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Il politecnico di BARI e i 33 pugliesi al top

della scienza mondiale


La hit di Plos Biology sugli studiosi più citati al mondo mostra il Politecnico di BARI
in grande crescita: Ciavarella il più citato categoria “career”, Messeni Petruzzelli in
categoria “giovani”. Tornabene (Università del Salento) ricercatore emergente.

Il Politecnico di BARI, ispirato dal Prof.Alto e Ruggiero 30 anni fa, entra nel gotha mondiale dei 100 mila
scienziati più citati negli ultimi 24 anni. In Puglia, ci sono 37 pugliesi e lucani, di cui 24 dell’Ateneo di
Bari, 4 dell’Università del Salento, 2 di Foggia e 2 di Basilicata. Ci sono poi altri due scienziati
dell’ospedale San Carlo di Potenza, un ricercatore dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Bari e solo
in due, tra i magnifici della graduatoria dell’Università di Stanford, provengono dal Politecnico del
capoluogo pugliese. Si tratta di Michele Ciavarella, professore ordinario di progettazione meccanica e
Saverio Mascolo, capo del dipartimento di ingegneria elettronica e dell’informazione. La graduatoria,
aggiornata da poche settimane sul database Scopus e pubblicata sulla nota rivista scientifica Plos
Biology, tenta un approccio analitico ambizioso, considerata l’enorme mole di dati da esaminare,
essendo oltre 6milioni i ricercatori nel mondo e un criterio che esclude le autocitazioni. A guidare la top
ten degli scienziati, con i suoi 40 anni di carriera, è l’andriese Domenico Ribatti, ordinario di Anatomia
Umana dell’Università di Bari. Ma la classifica di Stanford ha voluto individuare anche chi ha avuto molte
citazioni nel solo anno accademico 2019. Diversi i docenti con una anzianità di carriera avanzata, anche
perché i loro studi sono ancora molto citati, o loro stessi sono ancora molto attivi. Ma proprio per questo
salta agli occhi la performance di un giovane ricercatore dell’Università del Salento. In questa seconda
classifica, che vede 40 scienziati degli Atenei di Puglia e Basilicata piazzarsi nella parte medio-alta,
Francesco Tornabene ribalta la prima posizione e diventa primo davanti a Ribatti. Tornabene, 42 anni,
è ricercatore di ruolo, si occupa di scienza delle costruzioni complesse come i gusci in materiale
composito ed è docente di scienza delle costruzioni e meccanica computazionale nel dipartimento di
ingegneria dell’Innovazione dell’ateneo salentino. Tra i 40 nomi, spicca per la giovane età accademica
anche Messeni Petruzzelli, professore associato del Politecnico di Bari, settore ingegneria economico-
gestionale, che si occupa di innovazione ed è autore di un recente testo su space economy. A brillare
sono anche Alessandro Muscio, dell’Università di Foggia, professore associato di economia applicata, si
occupa dei sistemi logistici dell’agro-alimentare e Antonio Azzollini, dell’Università di Basilicata,
ricercatore di matematica applicata, che studia principalmente il campo delle equazioni non lineari di
Schrödinger–Maxwell. La presenza del Politecnico di Bari tra i 100 mila top nel mondo, però, mostra
segni di miglioramento rispetto agli altri Politecnici del nord Italia. Nella classifica top 2% degli
scienziati citati in base alla loro sotto disciplina in considerazione delle citazioni in un solo anno
accademico, infatti, Poliba presenta una percentuale di ricercatori pari al 9% rispetto al 10% dei
politecnici di Torino e Milano. Le percentuali sono però ancora lontane se si considera il periodo di
carriera.
I rettori: servono risorse, il Recovery non parcellizzi

Francesco Cupertino, 47 anni, docente di “Convertitori, macchine e azionamenti elettrici”, è il rettore del
Politecnico di Bari e, guardando la classifica mondiale degli scienziati, rileva «che c’è una tendenza a
migliorare. Ci sono giovani che riescono a farsi largo in queste graduatorie e, ogni anno, c’è un piccolo
miglioramento. Poi, una nota a margine, queste metriche vanno bene per valutare l’impatto delle
ricerche e il top 2% al mondo è certamente importante, ma non vorrei passasse il concetto che il 20%
non lo sia. Noi abbiamo ricercatori nel top 2% mondiale e in proporzione simile a quella degli altri due
Politecnici, ovvero in base al totale dei docenti che hanno i tre Politecnici, soprattutto nella classifica
2019. Diciamo che abbiamo dati allineati a loro, siamo lì. Però l’altro giorno ero a una tavola rotonda con
Romano Prodi ed ero l’unico meridionale. Lui ha rilevato come un risultato al Sud valga il doppio dello
sforzo. Ecco, questo (questo piazzamento in graduatoria; ndr) non è motivo di vanto, ma arrivare al
livello dei due Politecnici è forse costato ai miei ricercatori il doppio dello sforzo». Il Recovery? «Mi
auguro - dice - che con esso si possano fare investimenti di medio periodo e penso, per esempio, agli
spazi. Noi siamo al limite di laboratori, aule e uffici e spero che si possa trovare il modo di aumentare gli
spazi per l’Università di Bari in genere. Se si trovasse il modo per allargare i confini del Campus (penso
alle casermette di Via Amendola di Bari), ciò consentirebbe più spazi per studenti e lavoratori. Se
vogliamo dare seguito ai fatti e vogliamo aumentare i laureati in Stem (letteralmente “fusto”, “stelo”, è
l’acrostico di Science, Technology, Engineering and Mathematics; ndr) dobbiamo dargli un luogo che sia
all’altezza delle loro aspettative. L’importante è che i fondi non si perdano in rivoli anche se, per
determinare la qualità della spesa, molto dipenderà da noi». «La mia idea - dice il Prof. Angelo Masi,
prorettore alla Ricerca dell’Università della Basilicata - è che la ricerca è un servizio, uno strumento per
ottenere risultati utili per far star meglio le persone. E non le parlo solo del mio settore, io mi occupo di
rischio sismico, ma parlo per tutti i settori. In questo momento, l’esigenza principale nel nostro Ateneo
è quella di valorizzare le nostre risorse umane. Abbiamo una platea imponen- te di ricercatori precari,
che hanno fatto tutto il percorso in modo brillante. E sono precari per dif- ficoltà finanziarie. Ci vorrebbe
un’attenzione maggiore alla competenza in ambito imprenditoriale e della Pa. Perché un ricercatore che
ha fatto un dottorato di ricerca, ha capacità di lavoro che vanno bene in qualsiasi luogo di lavoro, in
un’impresa, nella Pa e in un laboratorio di ricerca».

Il Politecnico di BARI vanta alcuni tra i migliori scienziati al mondo. Lo certifica l’ultima ricerca firmata
John P. A. Ioannidis dell’Università di Stanford con Kevin W. Boyack e Jeroen Baas, e pubblicata pochi
giorni fa su Plos Biology (online su https://data.mendeley.com/datasets/btchxktzyw/2; ndr). Lo studio
si basa sull’«indice H» di valutazione dell’impatto scientifico di un autore (se un suo lavoro è davvero
importante, sarà citato spessissimo e l’«indice H», basandosi sia sul numero delle pubblicazioni, sia sul
numero di citazioni ricevute, crescerà), coinvolge 7 milioni di ricercatori di università e centri di ricerca
di tutto il mondo, in 22 campi scientifici e 176 sottocampi. Le graduatorie sono più d’una e qui ci
limitiamo a considerare la lista di alcune delle carriere italiane più brillanti che operano in Puglia e
Basilicata (i nomi sono pubblicati nell’infografica in questa pagina; ndr), negli ultimi lustri e al netto
delle auto-citazioni. Sottolineiamo che «indice H» e graduatorie non sono, non possono essere, i soli
parametri di valutazione, molti «cervelli» di assoluto valore non sono qui citati. Tutti, per altro, lavorano
per il bene della collettività (e perciò stesso meritano un plauso), talvolta in condizioni difficili,
soprattutto nel nostro Sud.

«Creare cattedre con stipendi più alti


con finanziamenti automatici associati»
Ciavarella (PoliBa): e la Regione potrebbe bandire un Premio
Michele Ciavarella, 50 anni tondi («E non ho potuto festeggiarli causa pandemia »), è professore
ordinario di Progettazione meccanica e Costruzione di macchine al Politecnico di Bari. «I miei genitori
sono medici - dice - A me però piaceva la meccanica. Facevo quasi il meccanico da giovane. D’estate
andavo a lavorare dai meccanici di moto e auto, gratis ovviamente. Una passione, quella per la
meccanica, nata con le costruzioni, passata per i motorini delle macchine e approdata, oggi, ad
argomenti più accademici come i materiali, la meccanica della frattura (quella che studia come si
spaccano con le cricche i corpi, sia con i carichi applicati una volta sola ma a lungo e sia con carichi
ripetuti, applicati milioni di volte, nel tempo) eppoi l'adesione dei corpi, cioè come i corpi aderiscono
tra loro o si staccano per effetto di varie forze e tutti gli effetti dell'attrito e dell’usura». Laureato nel
Politecnico in cui ora insegna, ha «fatto il dottorato a Oxford e il professore a Parigi all’École
polytechnique ». A suo dire «i giovani studiosi devono girare, devono andare fuori, all'estero. Ma,
soprattutto, i giovani devono rientrare. Io l’ho fatto e non è facile». «Perché quando hai molte
opportunità ti chiedi “ma perché devi tornare per forza a Bari?”. Credo sia necessario creare
opportunità anche per chi vuole rientrare, sennò si rischia di prendere solo chi rimane qui. Bisogna
creare più opportunità per i “cervelli”». «Ci sono stati vari tentativi - afferma - di fare programmi per
far rientrare i “cervelli”. Penso anche alla legge Gelmini, che ha cercato di incentivare l’obbligo di
assumere docenti esterni. Però, nella pratica, si trova il modo per farlo funzionare poco, il minimo.
Bisogna rendere questi obblighi più stringenti. Creare cattedre con stipendi più alti, con finanziamenti
automatici associati. Inoltre, la Lombardia ha creato dei premi per i ricercatori più citati con il
“Lombardia è Ricerca”. La Regione Puglia non mi pare abbia mai premiato i ricercatori eccellenti>>.

Il Prof.Ing. Michele Ciavarella, n.1 del Politecnico di BARI secondo il ranking di Stanford.
«Per volare davvero, il Mezzogiorno
ha bisogno di più fondi pubblici»
Tornabene (UniSalento): puntare anche sulla ricerca di base

Francesco Tornabene, classe 1978, è il più giovane nel firmamento delle carriere scientifiche più
brillanti al mondo, tra quanti operano in Puglia e Basilicata. Ricercatore a tempo indeterminato
dell’Università del Salento, in Scienza delle costruzioni, ha lasciato il medesimo incarico all’Università di
Bologna per seguire sua moglie. «Zero rimpianti, l’unica differenza tra UniSalento e Bologna è che lì ci
sono più fondi. Al Sud si dovrebbe investire di più nel capitale umano - dice - ci sono molte persone
promettenti che, purtroppo, per scarsità di finanziamenti del sistema universitario non hanno le dovute
progressioni di carriera. Persone scientificamente al top ma che, per scarsità di finanziamenti statali
rimangono un po' più indietro rispetto alle Università del Nord. Più finanziamenti ci vorrebbero anche
per la ricerca di base, perché solo così si può attirare una maggiore quantità di giovani studenti».
Partnership col privato? «No - dice - ci vuole proprio che lo Stato aiuti le Università del Sud. Per noi non
sarebbe un problema trovare fondi con le aziende, ma quei soldi possono servire a mandare avanti i
progetti, non per far progredire la carriera delle persone. Ci vogliono fondi pubblici per fare al top il
proprio mestiere. Secondo me, bisogna incentivare le Università del Sud. Le faccio il mio caso: io sono
ancora ricercatore perché mancano i finanziamenti. Se ci fossero, potrei stare a capo di dieci persone e
farei molto di più di quanto faccio attualmente».

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