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«Il corso è già di per sé una sfida – racconta la professoressa Falletti – perché si propone di
fornire una preparazione di base su alcuni elementi del diritto a studenti abituati a misurarsi
con altre discipline e altri linguaggi. Già prima dell’avvio delle lezioni, con l’avvento del
Coronavirus in Cina, ho adattato il programma perché potessimo parlare anche delle norme
che si stavano adottando in questa circostanza straordinaria. Con l’arrivo dell’epidemia nel
nostro Paese, non ho potuto fare altro che approfondire ulteriormente il tema. Può
succedere che la realtà a volte superi i programmi d’esame». Ma cosa stanno studiando nel
dettaglio gli ingegneri Liuc? «Stiamo studiando quali problemi gestionali possono sorgere in
una situazione di pericolo per la salute pubblica, come in questo caso. Ne abbiamo
focalizzati alcuni e stiamo studiando come la normativa d’emergenza predisposta dal
Governo disciplini la materia. Per esempio ci stiamo occupando delle public health issues
(salute pubblica), della supply chain (logistica), del people cointainment (limitazione della
libertà di movimento) e così via. E ancora, abbiamo analizzato le peculiarità della normativa
emanata sia a livello nazionale , sia a livello locale.La nostra attenzione si estende anche
all’impatto economico di questa situazione emergenziale. È necessariamente un corso
sperimentale, per molte ragioni: innanzitutto non si può far riferimento ad esperienze
analoghe, perché non ne esistono di uguali. Il nostro approccio consiste nel tener ben
presente che la situazione è in continua evoluzione e può mutare repentinamente. Inoltre,
vogliamo far emergere la necessità del metodo multidisciplinare e pertanto ci teniamo a
evidenziare l’intreccio delle nostre due prospettive, quella giuridica, che è la mia, e quella
ingegneristica, cioè quella degli studenti. Da subito ai miei studenti ho chiesto ragionare su
soluzioni ingegneristiche da attuare rispetto ai tanti problemi, anche giuridici, che questa
emergenza porta con sé». Uno scambio continuo e proficuo, che fa bene in una circostanza
senza precedenti. Perché, come ricorda la professoressa, «se è inevitabile che il pensiero
vada alla peste manzoniana, un fenomeno del genere nel mondo attuale e globalizzato è un
inedito assoluto».
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