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Aldo Sandulli
1. All’inizio degli anni Settanta dello scorso secolo, gli studenti uni-
versitari nel mondo erano circa 30 milioni; attualmente, sono intorno a 200
milioni; negli anni Trenta dell’attuale secolo si prevede il superamento del
mezzo miliardo di studenti.
Ciò consente di percepire le ragioni per cui, con sempre maggiore in-
tensità, l’istruzione superiore è intesa quale area di potenziale mercato oltre-
ché (o anziché) servizio pubblico alla comunità. E ciò spiega anche il motivo
per cui, anche in Italia, imprese investono consistenti cifre nel settore, con
finalità lucrative, spingendo l’intero sistema in direzione della competizione
e del mercato. Tale fenomeno incide fortemente sulle invariabili di area,
nonché sull’assetto costituzionale relativo alla materia.
Sono in costante crescita anche i soggetti che operano in Italia nel set-
tore dell’istruzione superiore. Tra gli enti che fanno parte della costellazione
dell’istruzione superiore non vi sono soltanto le circa cento università (tra
statali, non statali e telematiche), ma anche le istituzioni dell’Alta Formazio-
ne Artistica Musicale e Coreutica (Afam), le Scuole per mediatori linguistici,
le università straniere autorizzate allo svolgimento di corsi in Italia. A ciò bi-
sogna aggiungere che presto le università saranno chiamate a svolgere anche
le cd. lauree professionalizzanti triennali di stampo accademico (per elevare
il titolo di studio di geometri, periti agrari, ecc.).
Peraltro, i dati italiani relativi al numero di studenti sono meno positivi
rispetto a quelli di altri paesi. Il picco di iscrizioni è stato raggiunto intorno
al biennio 2003-05, quando, cavalcando l’onda lunga della riforma del 3+2,
si è superata la soglia di 1,8 milioni di studenti. È seguito più di un decen-
nio di calo di iscrizioni, particolarmente accentuato nell’ultimo lustro. Tra il
2008 ed oggi si è perso circa il 15% di studenti universitari (e anche il 15%
di personale docente, circa 10mila unità); dal 2016-17, peraltro, i dati paiono
in controtendenza, poiché le iscrizioni sono tornate a salire e il numero di
laureati a crescere. L’aspetto più preoccupante del calo di iscrizioni consiste
nel fatto che la flessione non si è prodotta in modo omogeneo sull’intero
territorio nazionale, ma ha colpito particolarmente (quasi esclusivamente)
Munus, n. 3, 2017
Editoriale Scientifica srl
aldo sandulli
gli atenei del centro e, soprattutto, del meridione. Se le università del nord
hanno sostanzialmente tenuto (e alcune hanno addirittura incrementato gli
iscritti), quelle del centro hanno subito cali talvolta superiori al 20% e quel-
le del sud addirittura superiori al 40%. Questo dato fotografa, da un lato,
un’Italia tagliata in due e, dall’altro, il massiccio ritorno alla “migrazione”
di studenti universitari verso gli atenei del settentrione. Se a ciò si aggiunge
che soltanto il 50% dei diplomati si iscrive all’università (anche qui con dati
molto più pesanti per il meridione), contro il 70% della Francia, e che il 34%
dei nostri giovani tra i 20 e i 24 anni non studiano, non lavorano e non si
formano (contro il 9% della Germania e il 16% del Regno Unito), si capisce
che i segnali per il futuro non sono tra i più tranquillizzanti.
Quanto ai finanziamenti sia del Fondo di finanziamento ordinario (per
il 2017, di circa 7,5 miliardi di Euro) sia del Fondo per le università non sta-
tali (per il 2017 di circa 60 milioni di Euro), è noto che, nel corso dell’ultimo
quindicennio, si sono conosciuti cali consistenti nell’erogazione di fondi
pubblici (per un quadro complessivo di grande interesse sui profili contabili
e finanziari dell’università italiana, si v. il recente Referto sul sistema universi-
tario reso, nel novembre 2017, dalle Sezioni riunite di controllo della Corte
dei conti; il referto contiene informazioni molto utili anche sul personale).
Soltanto quest’anno pare che si possa assistere a un’inversione di rotta,
con un incremento del Fondo di finanziamento ordinario di circa mezzo
miliardo di Euro.
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