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INTRODUZIONE ALLA
FITOTERAPIA
L’USO ETICO DELLE PIANTE MEDICINALI NELLA CURA DELLA PERSONA
Introduzione 1
Conclusioni 75
Bibliografia 78
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Introduzione
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del placebo in seguito, per approfondire come merita questo aspetto della
cura. Qui giova solo ricordare come esso sia responsabile, in media, di circa
il 30% delle “guarigioni” che i terapeuti alternativi attribuiscono ai rimedi o
alle cure da essi prescritte. La psicologia, che questi terapeuti non
conoscono, insegna con numerose e incontrovertibili argomentazioni come
il potere della suggestione è in grado di produrre effetti straordinari:
attribuirsene il merito è lʼaccorgimento da sempre utilizzato da guaritori
disonesti e ciarlatani.
Il fatto è che le scuole di medicine alternative che insegnano la
fitoterapia da un lato raccomandano lʼimportanza della corretta modalità di
estrazione dei principi attivi, della titolazione e standardizzazione del
rimedio, del loro effetto su patologie precise secondo procedure proprie
della cultura e del mondo medico-farmaceutico; dallʼaltro lato continuano a
insegnare una finta fitoterapia che affonda le sue radici nel mondo della
medicina popolare e dei rimedi della nonna, senza alcuna prova della loro
reale efficacia per il disturbo per cui sono state consigliate.
Si consideri questo fatto: milioni di persone oggi pensano di curarsi
con rimedi naturali, venduti in farmacia, erboristeria e nei supermercati,
per i quali manca totalmente la benché minima prova della loro reale
efficacia terapeutica. Se pensiamo alla marmellata, sappiamo che chi la
produce, chi la vende e chi la consuma non prende in considerazione i suoi
effetti terapeutici (che pure sono innegabili, dal momento che la marmellata
è a tutti gli effetti un integratore nutrizionale e naturale di vitamine,
minerali e diversi principi attivi). La marmellata si compra solo perché
piace ed è buona e nutriente, non perché possa avere, come in parte ha, un
effetto ricostituente, remineralizzante, attivatore del metabolismo o di
qualunque altro processo fisiologico specifico.
Se invece pensiamo a un integratore a base di estratto secco, per
esempio, di cardo mariano, chi lo produce, chi lo vende e chi lo compra,
non lo fa perché è anche un “alimento” (come chi lo vende è costretto dalla
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• “Da sempre questa pianta è utilizzata nella medicina popolare per le sue qualità..”
• “Fin dallʼantichità questa pianta è stata utilizzata per curare....”
• “La tradizione popolare attribuisce fin dallʼantichità virtù terapeutiche a questa
pianta..”
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non siano fitoterapici potrebbe avere una certa validità se inserito nel
contesto più ampio di una cura complementare o indipendente da una cura
medica, che sia rivolta alla presa in carico professionale degli aspetti
biopsicosociali della salute. Il blando effetto che rimedi a base di erbe o
piante medicinali possono produrre sul metabolismo potrebbe essere
utilizzato come “starter” o supporto psicologico che mette in moto i
meccanismi di autoguarigione, se nel contesto di un sistema di cura ben più
articolato. In altre parole una terapia non diretta alla cura delle malattie,
ma alla cura della persona.
Tutto ciò richiederebbe nel terapeuta una cultura, una formazione e
unʼesperienza che la quasi totalità di essi non possiede, e che comporterebbe
perlomeno lo studio approfondito di diverse scienze e discipline, dalla
chimica alla filosofia. Ma poiché quello delle medicine alternative si
conferma anche in questo caso come un sistema di vendita e non un
sistema terapeutico, è molto più comodo fornire agli aspiranti terapeuti una
informazione agile e sintetica, arricchita di alcuni riferimenti colti ad
antiche credenze, in modo da permettere loro di prescrivere prodotti senza
chiedersi tanti perché. Tanto, nella maggior parte dei casi questi rimedi
presentano una composizione e una posologia che li rende innocui e
inefficaci, permeabili solo allʼeffetto placebo, per cui tutti questi prodotti,
immessi sul mercato per la pretesa cura di tutte le malattie, perlomeno male
non fanno. Il principio del “Primum non nocere”, perlomeno, resta così
soddisfatto.
Quando poi la fitoterapia alternativa (cioè quella che non si basa sui
soli dati scientifici di efficacia clinica), dopo aver descritto le patologie che
essa andrebbe a curare (con un approccio non diverso da quello del medico
e del farmacista), si trova costretta a fornire qualche giustificazione in
ordine allʼefficacia di ogni pianta sulle patologie stesse, ecco che scatta la
contraddizione che già conosciamo bene: a differenza del medico e del
farmacologo, essa non fa riferimento a studi clinici sullʼessere umano, a
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ma è anche vero, e questo non lo dice quasi nessuno, che per ottenere
questo effetto sarebbe necessario somministrare una quantità di rimedio
tale che il suo costo e il disagio nella sua assunzione sarebbe spesso
insostenibile.
Si consideri il caso dellʼiperico: è evidente la sua efficacia e il suo
effetto sul sistema nervoso e sullʼumore, come seri e numerosi studi
scientifici dimostrano. Il problema è che esso è efficace in quantità decine di
volte superiori a quelle dei rimedi che lo contengono, per cui la spiegazione
della sua apparente efficacia nella cura degli episodi depressivi di minore
gravità si fonda proprio sulla caratteristica fluctuating del disturbo: se si
coglie la coincidenza tra il momento dellʼassunzione del rimedio e quello
della remissione ciclica dei sintomi depressivi, il gioco è fatto.
Altro caso interessante è quello di un antinfiammatorio naturale come
lʼarpagophitum procumbens, o artiglio del diavolo. La sua efficacia è
dimostrata da alcuni studi scientifici condotti sullʼessere umano, ma solo se
assunto per lungo tempo in quantità di almeno uno-due grammi al dì di
estratto secco. A questi dosaggi, però, il rimedio diventa mal tollerato,
specialmente per la mucosa gastrica, per cui viene a cessare il vantaggio di
utilizzare un rimedio naturale (per definizione popolare innocuo) al posto di
un farmaco gastrolesivo. Ma quello che è paradossale è che nonostante
quelle citate siano le uniche prove a sostegno dellʼefficacia del rimedio, esso
è comunemente inserito nel repertorio di centinaia di aziende produttrici di
rimedi naturali, in dosaggi tali da essere praticamente inutile, e cioè in
quello di poche decine di milligrammi.
Fino a qualche anno fa il prodotto che ne conteneva la massima
concentrazione in estratto secco era lʼAllya della Pascoe, che vantava un
dosaggio per compressa di ben 240 mg. di estratto secco. Poiché la
confezione standard è da 20 compresse e la quantità minima per produrre
un reale effetto antidolorifico è di 1-2 g tre volte al giorno, cioè pari a quella
contenuta in 12-24 compresse, si comprende lʼassurdità di dover assumere
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che non siano medici, sarebbe permesso pubblicare. Il fatto cioè che medici
e non semplici giornalisti di giornali scandalistici siano responsabili di tali
affermazioni non è solo grave perché esse sono prive di quelle cautele e
prove scientifiche che la medicina pretende, ma perché induce a pensare
che, proprio perché provengono da figure professionali di così alto prestigio,
esse non siano prive di fondamento, come in effetti sono, ma siano
corredate di sufficienti dimostrazioni circa la loro validità e veridicità.
È proprio grazie alla responsabilità di quella parte della classe medica che
diffonde notizie prive di basi scientifiche sulle medicine alternative che
queste riescono ancora a sopravvivere, insieme alla complicità della parte
sana, maggioritaria della classe medica stessa, che per motivi di gestione del
potere interno preferisce lasciar correre nascondendosi dietro la
giustificazione che compito del medico è anche quello di sperimentare ogni
rimedio utile per la salute dellʼessere umano. Che è appunto ciò che la
medicina fa quando effettua sperimentazioni condotte secondo criteri
scientifici, e non quando pubblica e diffonde affermazioni prive di ogni
fondamento.
Nessuno dovrebbe permettersi di affermare che “i ricostituenti salva
vita (guaranà, rodiola e ginseng) fanno ringiovanire e ricaricano dʼenergia, e
in dieci giorni rigeneri pelle e cervello”. Come è possibile annunciare
impunemente simili stupidaggini? Affermazioni di questo tipo non
potrebbero essere pubblicate su una rivista scientifica seria, ma quella da
cui abbiamo tratto queste ennesime perle è rivolta a un pubblico di normali
consumatori che non hanno gli strumenti culturali per potersi difendere da
notizie presentate come fatti scientificamente supportati.
Il rischio di illudere sul fatto che ci sia un fondo di verità in
affermazioni come queste: “Guaranà migliora la memoria, Rodiola
antidepressiva, Ginseng annienta lo stress” è un rischio reale. Che il
guaranà migliori la memoria è tutto da dimostrare, che la rodiola sia da
considerare un farmaco antidepressivo è invece una emerita stupidaggine,
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evidenza che tutto ciò che assumiamo per produrre una modificazione nel
nostro metabolismo è potenzialmente nocivo o dannoso.
Non mi pare che questa sia la linea seguita da queste riviste. Ma un
altro punto mi preme sottolineare, perché costituisce un lampante esempio
di come le medicine naturali siano utilizzate da o con la complicità di parte
della classe medica, tradendo e contraddicendo gli stessi principi su cui si
fonda questa professione. Tornando al ginseng, infatti, non solo è fuorviante
e illusorio (ricordo che non parliamo della bontà di un prodotto dolciario,
che può piacere o meno al palato, ma di un rimedio per la salute) affermare
che esso annienta lo stress, ma questa affermazione è in piena
contraddizione con lo spirito su cui si fondano tutte le discipline che non si
riconoscono nella medicina allopatica, pur anche se siano solo
complementari ad essa.
Eʼ proprio la medicina allopatica quella che utilizza farmaci o rimedi
di altro tipo per combattere la malattia, senza preoccuparsi più di tanto
della salute in senso globale della persona.
Ed è proprio per ovviare a questo limite insito nelle cure allopatiche
(che per loro natura sono rivolte solo alla malattia diagnosticata) che è nata
e si è sviluppata la medicina alternativa, complementare e naturale, quella
cioè di cui si occupa proprio la rivista in questione. La quale dovrebbe
perseguire lʼintento di aiutare a ritrovare una buona condizione di
benessere in maniera naturale, alternativa allʼuso di un farmaco. Qui
invece, in maniera rozza e becera, il ginseng viene ridotto al rango di un
potente farmaco che, allopaticamente, mira solo ed esclusivamente a
combattere il male, come qualsiasi altro farmaco ansiolitico o sedativo. Cʼè
di più, naturalmente.
Eʼ molto grave che proprio una rivista diretta da psichiatri e
psicoterapeuti non si preoccupi, in primo luogo, del benessere psicofisico
della persona, limitandosi a suggerire di “annientare lo stress”. Lo stress è
parte della nostra vita, non è un agente infestante o infettivo proveniente
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desiderano altro che sapere per la cura di quali disturbi ogni pianta è
indicata.
Questa concezione del ruolo delle piante affonda le sue radici in una
mentalità prescientifica e medievale che solo la naturopatia tradizionale e le
medicine alternative si ostinano a mantenere in vita per puri scopi
commerciali. Essa, infatti, è ancora legata a una visione della vita che è
stata ormai rifiutata da secoli e che era all'origine della cosiddetta "Teoria
della grande catena dell'essere" utilizzata dai primi naturalisti per
giustificare l'idea che vi fosse un disegno divino alla base del mondo
naturale (Si veda in proposito: Smith, C.M., Sullivan, C. (2008). I falsi miti
dell'evoluzione. Bari:Dedalo Edizioni, www.edizionidedalo.it). L'intero
universo era considerato invariabilmente fisso e si attribuiva alla volontà di
Dio la creazione di qualsiasi essere vivente, ognuno dei quali aveva uno
scopo ben preciso, ma sempre funzionale all'interesse dell'uomo.
Sembra impossibile che ancora oggi, quando la scienza e la teoria
evoluzionistica hanno fatto piazza pulita di queste concezioni contrarie
persino alla dignità dell'uomo, si continui a diffondere un'idea
antropocentrica aberrante della natura posta al servizio dell'uomo. Eppure,
solo le nostre Scuole (si veda anche : http://
www.scuoladicounselingtorino.it/) propongono una visione delle cure
naturali come eticamente ed ecologicamente corretta, mentre tutte le
Scuole di naturopatia tradizionale continuano a sostenere una concezione
medievale ed eticamente primitiva della relazione uomo/ambiente (si veda,
tra gli altri siti in proposito: http://www.naturopatia.it/; http://
www.naturopataonline.org/; http:// www.naturopatiaitaliana.it/; http://
www.naturopatia.org/;)
Creazionismo ed evoluzionismo sono dʼaccordo su pochissimi punti:
uno di questi è che lʼuomo, per sopravvivere, ha bisogno di uccidere altre
forme di vita. Ci sono voluti decine di migliaia di anni perché una
minoranza di persone, i vegetariani, che si credono, spesso, elette, abbia
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Anche se può sembrare strano, le piante, come gli animali, non sono
per nulla state messe a disposizione dellʼuomo da Dio, perché egli ne facesse
quello che voleva. Tutte le forme di vita, compreso lʼuomo, sono il frutto di
un processo evolutivo in relazione allʼambiente, del quale tutti fanno parte
con uguale “dignità” e diritti”.
Le piante non sono nate e non si sono diffuse ovunque per soddisfare
un bisogno dellʼuomo: questa visione che mutua il più superficiale
antropocentrismo con la più bieca propaganda religiosa, costituisce lʼalibi
pseudoculturale di tutti coloro che nascondono la loro paura per la propria
salute dietro uno sbandierato e falso amore per la natura. La “superiorità”
in senso evolutivo dellʼuomo sulle altre forme di vita è tale solo se essa tiene
conto delle esigenze di queste ultime a godere (a modo loro, naturalmente)
dellʼambiente in cui si sono evolute. In questo ambiente lʼuomo ha preso il
sopravvento, ma è giunto a un limite storico-evolutivo in cui è ora che
cominci a prendere in considerazione il fatto di liberarsi dalla schiavitù
dello sterminio di altre forme di vita per garantire la propria sopravvivenza.
In conclusione, ci stupisce profondamente come un legittimo interesse
verso la cura di patologie umane, di per sé ovvio e banale nella sua
caratteristica di bisogno naturale primario, debba essere mascherato con
una squallidissima propaganda ideologica diffusa tra i sedicenti amanti
della natura. Se davvero amassimo la natura e il mondo delle forme di vita
vegetale cercheremmo di evitare, dove e quando possibile, di dover uccidere
altre forme di vita, dal momento che la maggior parte dei malanni che
vengono curati con la fitoterapia sarebbero prevenibili ed evitabili
adottando uno stile di vita più sano e corretto. E invece, persone che non si
curano della salute del loro corpo, della mente e dello spirito, sono sempre
pronte a suggerire e a fare uso di piante per qualsiasi disturbo, anche il più
stupido e lieve. E si fanno chiamare naturopati.
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