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Pubblicazioni del Dipartimento di Scienze Giuridiche

Università degli Studi di Roma


«La Sapienza» 175

Le valutazioni tecnico-scientifiche
tra amministrazione e giudice
Concrete dinamiche dell’ordinamento

a cura di
ALFREDO MOLITERNI

Jovene editore
Napoli 2021
LE VALUTAZIONI TECNICO-SCIENTIFICHE
TRA AMMINISTRAZIONE E GIUDICE
CONCRETE DINAMICHE DELL’ORDINAMENTO
PUBBLICAZIONI DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA»

1. LEOPOLDO TULLIO (a cura di), La nuova disciplina del trasporto aereo. Commento della
Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, 2006.
2. FABIO VECCHI, Gli accordi tra potestà civili ed autorità episcopali, 2006.
3. ANDREA LONGO, I valori costituzionali come categoria dogmatica. Problemi e ipotesi, 2007.
4. BEATRICE SERRA, Arbitrium et aequitas nel diritto amministrativo canonico, 2007.
5. GIANLUCA BASCHERINI, Immigrazione e diritti fondamentali. L’esperienza italiana tra storia
costituzionale e prospettive europee, 2007.
6. LUIGI COLACINO CINNANTE, Pubblica amministrazione e trasformazioni dell’ordinamento,
2007.
7. G. CASSANDRO - A. LEONI - F. VECCHI (a cura di), Arturo Carlo Jemolo. Vita ed opere di un
italiano illustre. Un Professore dell’Università di Roma, 2007.
8. ROBERTA CALVANO (a cura di), Legalità costituzionale e mandato d’arresto europeo, 2007.
9. LAURA RONCHETTI, Il nomos infranto: globalizzazione e costituzioni. Del limite come principio
essenziale degli ordinamenti giuridici, 2007.
10. VINCENZO CERULLI IRELLI (a cura di), Il procedimento amministrativo, 2007.
11. FABIO FRANCESCHI, La condizione degli enti ecclesiastici in Italia nelle vicende politico-
giuridiche del XIX secolo, 2007.
12. SILVIA SEGNALINI, L’editto Carboniano, 2007.
13. VINCENZO MARINELLI, Studi sul diritto vivente. Prefazione di Augusto Cerri, 2008.
14. PAOLA COCO, L’imputazione del contributo concorsuale atipico, 2008.
15. MAURA GARCEA, I gruppi di società di persone, 2008.
16. FRANCO MODUGNO - PAOLO CARNEVALE (a cura di), Trasformazioni della funzione legislativa.
IV. Ancora in tema di fonti del diritto e rapporti Stato-Regione dopo la riforma del Titolo V della
Costituzione, 2008.
17. MARCO GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice, 2008.
18. GIUSEPPE CRICENTI, I diritti sul corpo, 2008.
19. DONATELLA BOCCHESE, L’ipoteca sulla nave in costruzione, 2008.
20. ELEONORA RINALDI, Legge ed autonomia locale, 2008.
21. LUCIA GIZZI, Il getto pericoloso di cose, 2008.
22. GIANLUCA CIAMPA, Il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, 2008.
23. ROMOLO DONZELLI, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi, 2008.
24. ELENA TASSI SCANDONE, Leges Valeriae de provocatione. Repressione criminale e garanzie
costituzionali nella Roma repubblicana, 2008.
25. ALESSANDRO ZAMPONE, Il rischio dell’impossibilità della prestazione nel contratto di passaggio,
2008.
26. FABRIZIO MARONGIU BUONAIUTI, Litispendenza e connessione internazionale. Strumenti di
coordinamento tra giurisdizioni statali in materia civile, 2008.
27. VALERIO MAIO, Contratto collettivo e norme di diritto, 2008.
28. LUIGI PRINCIPATO, La pubblicità commerciale. Fondamento costituzionale e limiti, 2008.
29. MASSIMILIANO PACIFICO, Il danno nelle obbligazioni, 2008.
30. FRANCO MODUGNO (a cura di), Attuazione e integrazione della Costituzione, 2008.
31. LEOPOLDO TULLIO (a cura di), Nuovi profili di responsabilità e di assicurazione nel diritto
aeronautico - Nuevos enfoques de la responsabilidad y del seguro en el derecho aeronáutico, 2009.
32. ANDREA BARTOCCI, Ereditare in povertà. Le successioni a favore dei Frati Minori e la scienza
giuridica nell’età avignonese (1309-1376), 2009.
33. GIUSEPPE SANTORO-PASSARELLI (a cura di), Francesco Santoro-Passarelli e l’autonomia
collettiva. Prima e dopo, 2009.
34. DANIELE PICCIONE, Libertà costituzionali e giudice amministrativo, 2009.
35. ROBERTA PELEGGI, La compensazione: profili di diritto comparato e di diritto del commercio
internazionale, 2009.
36. BERARDINO LIBONATI (a cura di), Giuseppe Ferri e il legislatore, 2009.
37. ALESSANDRA MIGNOLLI, L’azione esterna dell’Unione europea e il principio della coerenza,
2009.
38. EMILIANO MARCHISIO, Usi alternativi del gruppo di società. La regolazione dei gruppi tra
disciplina del «governo» delle società e diritto settoriale delle imprese, 2009.
39. AA.VV., Studi in memoria di Gian Antonio Micheli, 2010.
40. INES CIOLLI, Il territorio rappresentato. Profili costituzionali, 2010.
41. DOMENICO MEZZACAPO, Dirigenza pubblica e tecniche di tutela, 2010.
42. ALESSANDRO ODDI, Il «giusto processo» dinanzi alla Corte dei conti, 2010.
43. NICOLA VICECONTE, La forma di governo nelle regioni ad autonomia ordinaria. Il parlamentari-
smo iper-razionalizzato e l’autonomia statutaria, 2010.
44. GIUSEPPE SANTORO-PASSARELLI (a cura di), Rappresentanza sindacale e contratto collettivo,
2010.
45. MARIA CHIARA GERMANI, La tutela penale delle dichiarazioni «testimoniali» rese nel corso di
un procedimento penale, 2010.
46. ROBERTA APRATI, La notizia di reato nella dinamica del procedimento penale, 2010.
47. LINDA CERASO, I servizi di interesse economico generale e la concorrenza «limitata». Profili
interni, comunitari e internazionali, 2010.
48. LUIGI CAPOGROSSI COLOGNESI, Scritti scelti, 2010.
49. SILVIA SPINACI, Libertà di circolazione, cittadinanza europea, principio di eguaglianza, 2011.
50. IRENE SIGISMONDI, Il principio del buon andamento tra politica e amministrazione, 2011.
51. BARBARA MASTROPIETRO, Destinazione di beni ad uno scopo e rapporti gestori, 2011.
52. ROMOLO DONZELLI, L’azione di classe a tutela dei consumatori, 2011.
53. APAC (a cura di), Prospettive per un governo dell’aviazione civile in Italia. Quale veste giuridica
per l’ENAC (Roma, 26 maggio 2010), 2011.
54. ERNESTO APA, La pubblicità commerciale. Struttura, natura e referenti costituzionali, 2011.
55. SIRO DE FLAMMINEIS, Forme e specie della partecipazione nel medesimo reato, 2011.
56. ANDREA MIGLIONICO, La tutela del risparmio fra intervento pubblico e gestione privata, 2011.
57. MARIA TERESA NAPOLI, La Regia Monarchia di Sicilia. «Ponere falcem in alienam messem»,
2012.
58. NICOLA MADÍA, La tutela penale della libertà di concorrenza nelle gare pubbliche, 2012.
59. AA.VV., Per Gaetano Lo Castro. Omaggio degli allievi, 2012.
60. AA.VV., Il lavoro nei call center: profili giuridici, 2012.
61. DANIELA DI OTTAVIO, Ricerche in tema di «querela inofficiosi testamenti». I. Le origini, 2012.
62. ERSI BOZHEKU, L’infanticidio. Spunti e rilievi di parte generale, 2012.
63. GIOVANNI BONATO, La natura e gli effetti del lodo arbitrale. Studio di diritto italiano e
comparato, 2012.
64. PASQUALINA FARINA, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, 2012.
65. ROBERTA CALVANO, La legge e l’Università pubblica. I principi costituzionali e il riassetto
dell’Università italiana, 2012.
66. PAOLA COCO, La tutela della personalità individuale nel nuovo sistema ‘antistalking’, 2012.
67. FULVIO COSTANTINO, Autonomia dell’amministrazione e innovazione digitale, 2012.
68. FRANCESCO COMPAGNA, Illecito penale ed insindacabilità parlamentare, 2012.
69. MARIA CHIARA ROMANO, Autonomia comunale e situazioni giuridiche soggettive. I regolamenti
conformativi, 2012.
70. MARCO PIERDONATI, Dolo e accertamento nelle fattispecie penali c.d. “pregnanti”, 2012.
71. FRANCO VALLOCCHIA, Studi sugli acquedotti pubblici romani. I. La struttura giuridica, 2012.
72. FRANCO VALLOCCHIA, Studi sugli acquedotti pubblici romani. II. L’organizzazione giuridica,
2012.
73. LIVIO SCAFFIDI RUNCHELLA, Il riconoscimento delle unioni same-sex nel diritto internazionale
privato italiano, 2012.
74. ANGELO SCHILLACI, Diritti fondamentali e parametro di giudizio. Per una storia concettuale
delle relazioni tra ordinamenti, 2012.
75. MARIA GRAZIA DELLA SCALA, Società per azioni e Stato imprenditore, 2012.
76. ANTONIO FIORELLA - ALFONSO MARIA STILE (a cura di), Corporate Criminal Liability and
Compliance Programs. First Colloquium, 2012.
77. LUIGI CAPOGROSSI COLOGNESI - GIOVANNI FINAZZI (a cura di), Ricordo di Mario Talamanca,
2012.
78. LAURA ZOPPO, La soluzione delle controversie commerciali tra Stati tra multilateralismo e
regionalismo, 2013.
79. LAURA MOSCATI (a cura di), Dialettica tra legislatore e interprete. Dai codici francesi ai codici
dell’Italia unita, 2013.
80. ELISA OLIVITO, Le finzioni giuridiche nel diritto costituzionale, 2013.
81. GUIDO ALPA - ALESSANDRO SCHIESARO (a cura di), Teoria e prassi della giustizia. Un dialogo
tra Accademia Magistratura e Avvocatura, 2013.
82. ANGELO CASTALDO - FRANCESCA CERNUTO, Essential Facility Doctrine: tra evoluzione e nuovi
orizzonti. Alla ricerca di un test sistematico, 2013.
83. MARIA CHIARA ROMANO, Situazioni legittimanti ed effettività della tutela giurisdizionale. Tra
ordinamento europeo e ordinamenti amministrativi nazionali, 2013.
84. LUCA DI DONNA, Gentlemen’s agreements. Notazioni sulla fenomenologia degli accordi, 2013.
85. ALFONSO MARIA STILE - VINCENZO MONGILLO - GIOVANNI STILE (a cura di), La responsa-
bilità da reato degli enti collettivi: a dieci anni dal d.lgs. n. 231/2001. Problemi applicativi e
prospettive di riforma, 2013.
86. GIOVANNI MARCHIAFAVA, La natura giuridica dei Protecting & Indemnity Clubs inglesi, 2013.
87. ELENA TASSI SCANDONE, Quodammodo divini iuris. Per una storia giuridica delle res sanctae,
2013.
88. GABRIELLA TOTA, Individuazione e accertamento del credito nell’espropriazione forzata presso
terzi, 2014.
89. MARIO CARAVALE e FRANCESCA LAURA SIGISMONDI (a cura di), La Facoltà giuridica romana
in età liberale. Prolusioni e discorsi inaugurali, 2014.
90. LUIGI PACIFICI, Riflessi penalistici del principio di separazione tra politica e amministrazione,
2014.
91. RACHELE HASSAN, La poesia e il diritto in Orazio. Tra autore e pubblico, 2014.
92. ALFONSO M. STILE - ANTONIO FIORELLA - VINCENZO MONGILLO (a cura di), Infortuni sul
lavoro e doveri di adeguata organizzazione: dalla responsabilità penale individuale alla «colpa»
dell’ente, 2014.
93. GIUSEPPE SANTORO-PASSARELLI, I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Una
fattispecie in via di trasformazione?, 2015.
94. DONATELLA BOCCHESE, I diritti aeroportuali. Dalle origini ai nostri giorni, 2015.
95. ORAZIO LICANDRO, L’irruzione del legislatore romano-germanico. Legge, consuetudine e
giuristi nella crisi dell’Occidente imperiale (V-VI sec. d.C.), 2015.
96. ANTONIO FIORELLA - ANNA SALVINA VALENZANO (a cura di), La responsabilità dell’ente da
reato nella prospettiva del diritto penale ‘globalizzato’, 2015.
97. ROBERTA TISCINI (a cura di), Il processo del lavoro quarant’anni dopo: bilanci e prospettive,
2015.
98. ANTONIO FIORELLA - ROBERTO BORGOGNO - ANNA SALVINA VALENZANO (a cura di),
Prospettive di riforma del sistema italiano della responsabilità dell’ente da reato anche alla luce
della comparazione tra ordinamenti, 2015.
99. ANGELO LALLI, I beni pubblici. Imperativi del mercato e diritti della collettività, 2015.
100. ANTONELLA MARANDOLA - KATIA LA REGINA - ROBERTA APRATI, Verso un processo penale
accelerato. Riflessioni intorno alla l. 67/2014, al d.lgs. 28/2015 e al d.l. 2798/2014, 2015.
101. ROBERTO DE RUGGIERO - SALVATORE RICCOBONO - FILIPPO VASSALLI, Lezioni 1930-1932.
Scuola di diritto romano e diritti orientali raccolte da Károly Visky, 2015.
102. ENRICA VILLANI, Alle radici del concetto di ‘colpa di organizzazione’ nell’illecito dell’ente da
reato, 2016.
103. LEOPOLDO TULLIO, Scritti inediti di diritto della navigazione, 2016.
104. ALESSANDRA DI MARTINO, Le opinioni dissenzienti dei giudici costituzionali. Uno studio
comparativo, 2016.
105. AA.VV., Studi in onore di Cesare Imbriani, 2016.
106. DANIELA DI OTTAVIO, Uti legassit ... ita ius esto. Alle radici della successione testamentaria in
diritto romano, 2016.
107. ELEONORA RINALDI, Arcana imperii. Il segreto di Stato nella forma di governo italiana, 2016.
108. GIANLUCA BASCHERINI - GIOVANNI RUOCCO (a cura di), Lontano vicino. Metropoli e colonie
nella costruzione dello Stato nazionale italiano, 2016.
109. ALFREDO MOLITERNI, Amministrazione consensuale e diritto privato, 2016.
110. GIANLUCA SCARCHILLO, Mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale. Profili di
diritto dell’Unione europea ed esperienze di diritto comparato, 2016.
111. FRANCO VALLOCCHIA (a cura di), Un manoscritto inedito di Emilio Albertario sulle ‘usurae’
nel diritto romano, 2016.
112. GIANLUCA BASCHERINI, Il dovere di difesa nell’esperienza costituzionale italiana, 2016.
113. DOMENICO DURSI, Res communes omnium. Dalle necessità economiche alla disciplina giuridica,
2017.
114. GIORDANO FERRI, La formulazione della ‘editio libelli’ e la ‘vocatio in ius’ nei secoli XIII-XIV,
2017.
115. ALBERTA FABBRICOTTI (a cura di), Il diritto al cognome materno. Profili di diritto civile italiano,
di diritto internazionale, dell’Unione europea, comparato ed internazionale privato, 2017.
116. GIUSEPPE PASCALE, La tutela internazionale dei diritti dell’uomo nel continente africano, 2017.
117. AA.VV., Un progetto di riforma delle ADR, 2017.
118. MARIA TERESA TRAPASSO, La punibilità delle condotte autoriciclatorie, 2017.
119. ELISA OLIVITO, Il diritto costituzionale all’abitare. Spinte proprietarie, strumenti della rendita e
trasformazioni sociali, 2017.
120. GAIA DI TROLIO, Le leges regiae in Dionigi d’Alicarnasso. Volume I. La monarchia latino-
sabina, 2017.
121. ALESSIO BONAFINE, L’atto processuale telematico. Forma, patologie, sanatorie, 2017.
122. GIOVANNA CAPILLI, L’interpretazione del contratto secondo gli usi, 2017.
123. ELENA TASSI SCANDONE, Terre comuni e pubbliche tra diritto romano e regole agrimensorie,
2017.
124. STEFANO RODOTÀ, Critica del diritto privato. Editoriali e saggi della Rivista Critica del Diritto
Privato raccolti da Guido Alpa e Maria Rosaria Marella, 2017.
125. ALESSANDRA DI MARTINO, Profili costituzionali della privacy in Europa e negli Stati Uniti,
2017.
126. DANIELA COMANDE’, Dall’inderogabilità alla competenza: contratti collettivi e ordinamento
giuridico, 2017.
127. ELISABETTA CORAPI, Il risarcimento del danno antitrust. La direttiva n. 104/2014 UE e la sua
attuazione. Modelli a confronto, 2017.
128. CARMINE B.N. CIOFFI, L’informazione la trasparenza e la causa dei contratti derivati, 2018.
129. MARCO D’ALBERTI (a cura di), Corruzione e pubblica amministrazione, 2017.
130. EMANUELE CIMIOTTA, L’uso della forza nei rapporti tra Nazioni Unite e organizzazioni regionali
e sub-regionali, 2018.
131. ILARIO ALVINO, I rinvii legislativi al contratto collettivo. Tecniche e interazioni con la dinamica
delle relazioni sindacali, 2018.
132. MATTEO VERZARO (a cura di), Il lavoro agile nella disciplina legale, collettiva ed indiviuale.
Stato dell’arte e proposte interpretative di un gruppo di giovani studiosi, 2018.
133. GIANLUCA SCARCHILLO, Responsabilità e tutela dei diritti. Percorsi di diritto privato comparato,
2018.
134. GIANLUCA SCARCHILLO, Profili del diritto societario nella prospettiva della comparazione del
diritto, 2018.
135. ANTONIA FIORI, Espropriare e scomunicare. L’‘executio parata’ delle obbligazioni camerali
(secoli XIV-XIX), 2018.
136. FRANCESCA CAROCCIA, Ordine pubbblico. La gestione dei conflitti culturali nel diritto privato,
2018.
137. LIVIA LORENZONI, I princìpi di diritto comune nell’attività amministrativa, 2018.
138. BENEDETTA AGOSTINELLI, L’«autonoma iniziativa» dei privati nell’economia solidale. Nuove
prospettive della sussidiarietà, 2018.
139. ANGELO SCHILLACI, Le storie degli altri. Strumenti giuridici del riconoscimento e diritti civili in
Europa e negli Stati Uniti, 2018.
140. FEDERICO ROGGERO, Fisco e comunità in età moderna. Regno di Napoli, Ducato di Savoia, Sacro
Romano Impero, 2018.
141. FULVIO COSTANTINO, Libertà di scienza tra autonomia universitaria e centralizzazione
amministrativa, 2018.
142. MICHAELA GIORGIANNI, L’evoluzione della causa del contratto nel codice civile francese, 2018.
143. MARIA ZINNO, Le obbligazioni solidali e le dinamiche della «quota», 2018.
144. CHIARA VENANZONI, Copyright. I diritti e i rimedi nel sistema italiano e nella prospettiva della
comparazione, 2018.
145. VALENTINA BERTOLDI, L’arbitrato e le controversie di lavoro, 2018.
146. INES CIOLLI, La questione del vertice di Palazzo Chigi. Il Presidente del Consiglio nella
Costituzione repubblicana, 2018.
147. FRANCESCA LAURA SIGISMONDI, «Feudalità implicita». Giurisdizione signorile e pontificia in
età moderna, 2018.
148. FRANCESCO BOTTONI, La transazione lesiva, 2018.
149. STEFANO RODOTÀ, Elaboratori elettronici e controllo sociale. Ristampa anastatica a cura di
Guido Alpa, 2018.
150. MEILING HUANG, La promessa unilaterale come fonte di obbligazione. Dai fondamenti
romanistici al prossimo Codice Civile Cinese, 2018.
151. PIETRO BORIA, Il nuovo patto fiscale tra lo Stato ed i cittadini. Un progetto legislativo, 2018.
152. ANDREA CARBONE - ENRICO ZAMPETTI (a cura di), Concetti tradizionali del diritto
amministrativo e loro evoluzione. Atti del Convegno tra giovani studiosi tenutosi alla Sapienza
il 2 febbraio 2017, 2018.
153. SANDRO NARDI, Volontà oltre la morte e rapporto contrattuale, 2019.
154. MARIA IRENE PAPA - GIUSEPPE PASCALE - MARIO GERVASI (a cura di), La tutela internazionale
della libertà religiosa: problemi e prospettive, 2019.
155. AA.VV., Giuseppe Santoro-Passarelli, la Persona e il Giurista. Atti della giornata di presentazione
del Liber Amicorum, Roma 6 dicembre 2018, 2019.
156. NICOLA GIOVANNI CEZZI, L’interpretazione costituzionale negli Stati Uniti d’America. La storia
e il testo, 2019.
157. LAURA MOSCATI (a cura di), Storia e scienze del diritto. Incontro di studio in occasione
dell’LXXX compleanno di Mario Caravale. Roma 5 marzo 2019, 2020.
158. DOMENICO DURSI, Studi sui codicilli. Tra elaborazione casistica e repressione penale, 2020.
159. ROSA MATTERA, Responsabilità e danno nei mercati finanziari. Aspetti di diritto civile, 2020.
160. ROBERTA PELEGGI, Il Contract Farming. Contributo per un dialogo interdisciplinare, 2020.
161. BERNARDINO QUATTROCIOCCHI - PIETRO BORIA (a cura di), Ricerca e sviluppo quali fattori di
crescita e di promozione per le imprese, 2020.
162. STEFANO CAIROLI, Tempi e luoghi di lavoro nell’era del capitalismo cognitivo e dell’impresa
digitale, 2020.
163. CARLA LOLLIO, Lo statuto fiscale della mobilità temporanea all’estero del lavoratore dipendente,
2020.
164. ANTONIO ANGELOSANTO, Prevedibilità degli esiti giudiziali e ius controversum. Tecniche di
‘calcolo’ attraverso le formulae: tracce nel pensiero dei giuristi romani, 2020.
165. DARIO MARTIRE, Pluralità degli ordinamenti giuridici e costituzione repubblicana, 2020.
166. ANTONIO PRETEROTI, Saggio sui contributi sindacali, 2020.
167. DOMENICO MEZZACAPO, Limiti negoziali all’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici
essenziali, 2020.
168. ANDREA CARBONE (a cura di), L’applicazione dell’art. 6 CEDU nel processo amministrativo dei
paesi europei, 2020.
169. FRANCESCA MACINO, La verità e i suoi significati. Note sulla dottrina civilistica di diritto
comune, 2020.
170. ANDREA VERNATA, L’Ufficio parlamentare di bilancio. Il nuovo organo ausiliare alla prova del
primo mandato e della forma di governo, 2020.
171. ROBERTA TISCINI (a cura di), Titolo esecutivo ed efficienza della tutela giurisdizionale, 2020.
172. FABIOLA LAMBERTI, I limiti dell’autonomia individuale del lavoratore. Percorsi e prospettive tra
inderogabilità delle norme e disponibilità dei diritti, 2020.
173. GIORGIO REPETTO - FRANCESCO SAITTO (a cura di), Temi e problemi della giustizia costituzio-
nale in Germania. Una prospettiva comparativa alla luce del caso italiano, 2020.
174. M. ALESSANDRA LIVI, Quale diritto all’oblio?, 2020.
175. ALFREDO MOLITERNI (a cura di), Le valutazioni tecnico-scientifiche tra amministrazione e giudice.
Concrete dinamiche dell’ordinamento, 2021.
LE VALUTAZIONI TECNICO-SCIENTIFICHE
TRA AMMINISTRAZIONE E GIUDICE
CONCRETE DINAMICHE DELL’ORDINAMENTO

a cura di

ALFREDO MOLITERNI

JOVENE EDITORE
NAPOLI 2021
Questo volume è stato inserito nella Collana dopo procedura di valutazione.

DIRITTI D’AUTORE RISERVATI


© Copyright 2021
ISBN 978-88-243-2712-1

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Tel. (+39) 081 552 10 19 - Fax (+39) 081 552 06 87
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22 aprile 1941 n. 633.

Printed in Italy Stampato in Italia


INDICE

Prefazione di Marco D’Alberti ................................................................................ p. 1

CAPITOLO PRIMO
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA
TRA DIBATTITO DOTTRINARIO
E CONCRETE DINAMICHE DELL’ORDINAMENTO
Alfredo Moliterni

1. Tecnica, diritto e ordinamento amministrativo ................................................ » 5


2. Le vicende della discrezionalità tecnica nelle principali ricostruzioni dot-
trinarie ................................................................................................................ » 7
2.1. Il lento affrancamento dalla discrezionalità amministrativa: le nuove
ragioni della deferenza ............................................................................... » 7
2.2. Il controverso intreccio con il fenomeno delle autorità indipendenti .... » 12
2.3. La discrezionalità tecnica alla prova dell’effettività della tutela: recenti
tendenze e controtendenze ........................................................................ » 15
3. Contraddizioni e incertezze nel concreto trattamento giurisprudenziale della
discrezionalità tecnica: la necessità di un’analisi empirica .............................. » 18
3.1. L’ambito e le modalità del richiamo giurisprudenziale alla discrezio-
nalità tecnica: i diversi modelli di sindacato ............................................ » 18
3.2. Le concrete modalità di controllo della tecnica da parte del giudice .... » 29
4. Critica alla teorizzazione di un modello di sindacato sulla discrezionalità
tecnica ................................................................................................................. » 35
5. Le prospettive auspicabili del sindacato giurisdizionale: la centralità del
procedimento di valutazione tecnica ................................................................ » 45

CAPITOLO SECONDO
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AMMINISTRAZIONE
IN MATERIA DI SALUTE
Francesca Pileggi

1. Le valutazioni tecniche in materia di salute. Le fattispecie oggetto di in-


dagine ................................................................................................................. » 51
1.1. Le valutazioni medico-legali ...................................................................... » 53
1.2. Le ordinanze a tutela della salute pubblica. In particolare, le valutazioni
circa la sussistenza di una situazione di pericolo o di pregiudizio per la
salute umana ............................................................................................... » 57
XIV INDICE

2. Breve inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni


giurisdizionali ..................................................................................................... p. 62
3. Inquadramento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in
materia di salute ................................................................................................. » 64
3.1. I principali orientamenti concernenti le valutazioni medico-legali ......... » 67
3.2. I principali orientamenti concernenti le ordinanze a tutela della salute
pubblica ...................................................................................................... » 70
4. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede
di sindacato giurisdizionale ............................................................................... » 71
4.1. In materia di valutazioni medico-legali .................................................... » 71
4.2. In materia di ordinanze a tutela della salute pubblica ............................ » 78
5. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni
tecniche: le ragioni della deferenza ................................................................... » 80
6. Considerazioni di sintesi .................................................................................... » 83

CAPITOLO TERZO
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
NEL SETTORE FARMACEUTICO
Antonio Falchi Delitala

1. La disciplina pubblicistica dei farmaci per uso umano (cenni) ...................... » 87


2. Le valutazioni tecniche nel settore farmaceutico al vaglio della giurispru-
denza amministrativa ......................................................................................... » 93
3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto ............... » 84
4. Le tecniche del controllo giurisdizionale ......................................................... » 98
5. Il giudizio in concreto: il sindacato effettivamente esercitato dal giudice
amministrativo .................................................................................................... » 103
6. Conclusioni ........................................................................................................ » 105

CAPITOLO QUARTO
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
IN MATERIA DI AMBIENTE
Margherita Croce

1. Le valutazioni tecniche ambientali nei procedimenti di Via, Aia e nelle pro-


cedure di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati ............................ » 107
2. I conflitti ambientali tra politicità e complessità istituzionale ........................ » 118
3. I principali orientamenti giurisprudenziali ....................................................... » 121
4. Le tecniche di sindacato concretamente adottate ............................................ » 128
5. I giudizi di prevalenza nel vaglio giudiziale: le variabili dello sviluppo so-
stenibile e la preminenza dell’interesse paesistico ........................................... » 140
6. Considerazioni di sintesi .................................................................................... » 145
INDICE XV

CAPITOLO QUINTO
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI
E PAESAGGIO
Michele Bray

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine .......................................... p. 149


2. Inquadramento del contenzioso in materia di beni culturali e paesaggio ...... » 151
3. I principali orientamenti che caratterizzano il sindacato giurisdizionale sulle
valutazioni tecniche ........................................................................................... » 154
4. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede
di sindacato giurisdizionale ............................................................................... » 156
5. Conclusioni ........................................................................................................ » 165

CAPITOLO SESTO
IL SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA
IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE,
UNIVERSITARIE E CONCORSUALI
Francesco Savo Amodio

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine .......................................... » 169


2. Valutazioni in ambito scolastico ........................................................................ » 171
2.1. Breve inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valu-
tazioni giurisdizionali ................................................................................. » 171
2.2. I principali orientamenti giurisprudenziali ............................................... » 172
2.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in
sede di sindacato giurisdizionale ............................................................... » 174
2.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valu-
tazioni tecniche: l’attenzione al giudizio prognostico .............................. » 177
3. Valutazioni in ambito universitario ................................................................... » 179
3.1. Inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni
giurisdizionali ............................................................................................. » 179
3.2. I principali orientamenti giurisprudenziali ............................................... » 182
3.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in
sede di sindacato giurisdizionale ............................................................... » 185
3.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valu-
tazioni tecniche: la ricerca della coerenza sistematica ............................. » 191
4. Valutazioni in ambito concorsuale .................................................................... » 193
4.1. Inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni
giurisdizionali ............................................................................................. » 193
4.2. I principali orientamenti giurisprudenziali ............................................... » 194
4.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in
sede di sindacato giurisdizionale ............................................................... » 196
4.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valu-
tazioni tecniche: l’assenza di illegittimità manifeste ................................. » 202
5. Considerazioni di sintesi .................................................................................... » 203
XVI INDICE

CAPITOLO SETTIMO
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA
E DEL MERCATO
Silvia de Nitto

1. Le valutazioni tecniche in materia antitrust. Le fattispecie oggetto di in-


dagine ................................................................................................................. p. 209
2. Il contenzioso da cui traggono origine le valutazioni giurisdizionali .............. » 213
3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto ............... » 215
3.1. I principali orientamenti sulla valutazione del quantum delle misure
sanzionatorie pecuniarie ............................................................................ » 221
4. Le tecniche maggiormente utilizzate per il controllo giurisdizionale ............. » 223
4.1. Per un accertamento in via diretta dei fatti ............................................. » 224
4.2. Il problematico controllo giudiziale dei profili che presuppongono una
valutazione economica della fattispecie .................................................... » 228
5. Il giudizio in concreto: il sindacato effettivamente esercitato dal giudice
amministrativo .................................................................................................... » 237
5.1. La consulenza tecnica d’ufficio: ammissibilità in astratto e mancato
utilizzo in concreto .................................................................................... » 241
6. Considerazioni conclusive ................................................................................. » 245

CAPITOLO OTTAVO
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE
DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA
Federico Caporale

1. L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente e il giudice ammi-


nistrativo ............................................................................................................. » 251
2. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera secondo
la giurisprudenza ................................................................................................ » 254
3. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera nell’espe-
rienza concreta ................................................................................................... » 259
4. L’uso degli strumenti istruttori nel trattamento giurisdizionale delle valu-
tazioni tecniche dell’Arera ................................................................................. » 265
5. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera ............... » 273

CAPITOLO NONO
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM
IN MATERIA DI COMUNICAZIONI ELETTRONICHE
Livia Lorenzoni

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine .......................................... » 277


2. Inquadramento del contenzioso dal quale traggono origine le valutazioni
giurisdizionali ..................................................................................................... » 279
INDICE XVII

3. Inquadramento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche: i


principali orientamenti ...................................................................................... p. 281
4. Le tecniche di controllo maggiormente utilizzate per esercitare il sindacato
giurisdizionale .................................................................................................... » 287
5. L’atteggiamento concretamente assunto del giudice rispetto alla valutazione
tecnica ................................................................................................................. » 293
6. Considerazioni conclusive ................................................................................. » 296

CAPITOLO DECIMO
IL SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA
Leonardo Lippolis

1. La vigilanza sul sistema bancario e finanziario tra pluralismo ed elementi


unificanti ............................................................................................................. » 299
2. Primato della tecnica, sindacato deferente e prospettive di superamento ..... » 303
3. Il sindacato sul potere regolatorio .................................................................... » 308
3.1. Soft law e sindacato giurisdizionale: le Istruzioni e le Circolari della
Banca d’Italia ............................................................................................. » 311
4. Il sindacato sul potere decisorio: la “sana e prudente gestione” quale criterio
informatore dell’attività di vigilanza ................................................................. » 315
4.1. Il sindacato sul potere autorizzatorio ....................................................... » 316
4.2. Il sindacato sui poteri conformativi e ripristinatori ................................. » 319
4.3. Il sindacato sul potere di risoluzione di crisi delle banche ..................... » 321
5. Il sindacato sul potere sanzionatorio ................................................................ » 323
6. Il sindacato del giudice nazionale alla luce degli orientamenti delle Corti
sovranazionali (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Corte Europea dei
diritti dell’Uomo) ............................................................................................... » 325
7. Conclusioni ........................................................................................................ » 329

CAPITOLO UNDICESIMO
IL SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI
Massimo Nunziata

1. Introduzione: la discrezionalità tecnica nei contratti pubblici ........................ » 335


2. Le principali controversie da cui trae origine il sindacato sulle valutazioni
tecniche .............................................................................................................. » 339
3. Inquadramento del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni
tecniche: i principali orientamenti .................................................................... » 340
3.1. Il sindacato sulla determinazione della base d’asta ................................. » 341
3.2. Il sindacato sulla suddivisione in lotti della commessa ........................... » 343
3.3. Il sindacato sulla valutazione delle offerte ............................................... » 346
3.4. Il sindacato sul giudizio di anomalia ........................................................ » 350
4. Le tecniche del sindacato giurisdizionale ......................................................... » 352
5. Osservazioni conclusive ..................................................................................... » 355
XVIII INDICE

CAPITOLO DODICESIMO
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA
IN RELAZIONE ALL’INFORMATIZZAZIONE
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Fulvio Costantino
1. Premessa ............................................................................................................. p. 357
2. Quali provvedimenti possono essere adottati dagli elaboratori, e a quali con-
dizioni ................................................................................................................. » 358
3. Discrezionalità tecnica e informatizzazione ...................................................... » 360
4. Discrezionalità tecnica e rispetto degli algoritmi ............................................. » 363
4.1. (Segue) In generale, l’impiego di formule matematiche .......................... » 363
4.2. (Segue) Impiego di algoritmi e adesione del giudice all’operato dell’am-
ministrazione .............................................................................................. » 365
4.3. (Segue) Impiego di algoritmi e principio dell’equivalenza ...................... » 370
4.4. (Segue) Impiego degli algoritmi e intervento critico del giudice ammi-
nistrativo ..................................................................................................... » 372
5. Brevi conclusioni ................................................................................................ » 376

CAPITOLO TREDICESIMO
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE
DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA”
NELL’ESPERIENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
DELL’UNIONE EUROPEA
Mariolina Eliantonio - Annalisa Volpato
1. Introduzione ....................................................................................................... » 379
2. Inquadramento del contenzioso innanzi alla Corte di Giustizia dell’UE ....... » 381
2.1. Architettura giurisdizionale dell’Unione europea .................................... » 381
2.2. I motivi di ricorso alla Corte ..................................................................... » 382
2.3. I soggetti coinvolti ..................................................................................... » 383
3. La portata del sindacato sulla discrezionalità tecnica nell’ordinamento
giuridico dell’Unione: l’evoluzione del criterio dell’«errore manifesto» ........ » 384
3.1. La giurisprudenza risalente e l’approccio deferente ................................ » 384
3.2. La causa Tetra Laval e l’apertura ad un sindacato più approfondito ..... » 386
3.3. Oltre il diritto della concorrenza: l’errore manifesto in materia di salute
pubblica e ambiente .................................................................................. » 386
3.4. Verso un «controllo completo»: sanzioni e diritti fondamentali ............. » 389
4. L’intensità del sindacato della CGUE nella prassi giurisprudenziale: principi
e natura ............................................................................................................... » 391
4.1. Principi e tecniche per l’esercizio del sindacato nella prassi della CGUE » 391
4.2. La prassi giurisprudenziale della CGUE: tra sindacato procedurale e
sostanziale ................................................................................................... » 393
5. Considerazioni di sintesi .................................................................................... » 395
Postfazione di Bernardo Giorgio Mattarella .......................................................... » 399
Notizie sugli autori ................................................................................................... » 403
PREFAZIONE

Marco D’Alberti

Protagonista di questo volume è la “discrezionalità tecnica”. Un personag-


gio assolutamente italiano, che fa parte della nostra cultura e dogmatica giuri-
dica. Il nome – così come è da noi – non lo si ritrova facilmente altrove.
Basta prendere qualche esempio da ordinamenti stranieri per constatare
che è così. In Francia le decisioni e le valutazioni tecniche della pubblica ammi-
nistrazione rientrano nel concetto generale di pouvoir discrétionnaire, lì molto
esteso. Sta ad indicare il potere dell’Amministrazione di scegliere, tra più solu-
zioni possibili, la più adeguata. C’è una “échelle de discrétionnalité”, in alcuni
casi più forte in altri più contenuta. Ma tutte le decisioni amministrative – tec-
niche o meno – vi rientrano. L’intensità del controllo giurisdizionale sul pouvoir
discrétionnaire varia a seconda dei casi e dei settori di attività amministrativa.
Se si vuol guardare a sistemi diversi da quelli eurocontinentali e fondati
sulla tradizione del common law, negli Stati Uniti d’America la nostra protago-
nista neppure si trova. Anche lì c’è la discretion, o il discretionary power, nel cui
ambito concettuale rientra ciò che in Italia viene chiamata discrezionalità tec-
nica, cioè decisioni della pubblica amministrazione adottate sulla base di regole
tecniche. La dottrina statunitense parla spesso di “science and regulation” e la
“regolazione scientifica” è considerata un valore aggiunto per la buona ammini-
strazione. Un importante Executive Order del Presidente Obama lo ha precisato
con grande efficacia (Executive Order 13563 of January 18, 2011, Improving Re-
gulation and Regulatory Review). Ma l’espressione americana descrive semplice-
mente un modo di amministrare, senza farne discendere concettualizzazioni e
conseguenze giuridiche specifiche. L’intensità del controllo delle corti di giusti-
zia in materia è molto variabile.
Il ruolo del giudice nei confronti delle decisioni dell’Amministrazione ba-
sate sulla tecnica è un altro profilo dominante di questo bel volume curato da
Moliterni. Si è già accennato che l’intensità del sindacato giurisdizionale è varia-
bile. Sembra tuttavia prevalere un certo self restraint giudiziale.
Se si torna agli esempi fatti sopra, in Francia il giudice amministrativo eser-
cita un contrôle minimum o restreint in alcuni casi. O quando si tratta di deci-
sioni amministrative di “haute police”, come è per la “police des étrangers”, ma
qui si è fuori dalla tecnica; oppure, in casi in cui la tecnica è alla base della de-
cisione amministrativa: è il caso delle valutazioni sulla tossicità di un prodotto;
o dei giudizi di commissioni d’esame o di concorso pubblico.
2 MARCO D’ALBERTI

Negli Stati Uniti d’America si sono registrate diverse oscillazioni delle corti
di giustizia lungo il Novecento. I giudici sono stati timidi fino alla metà del se-
colo; poi più “attivi” dopo l’Administrative Procedure Act del 1946 e soprattutto
negli anni Sessanta e Settanta con la “hard look doctrine”, che consentiva loro di
effettuare una valutazione penetrante su tutti gli interessi, i fatti e gli altri fattori
(anche tecnici) rilevanti. In seguito, la giurisprudenza ha lasciato prevalere un
orientamento detto di “deference” nei confronti delle decisioni (anche e soprat-
tutto tecniche) delle agenzie amministrative. Il caso “Chevron” degli anni Ot-
tanta, paradigmatico della “deferenza” giudiziale, è divenuto uno spartiacque.
Per cui nella storia statunitense del “judicial review of administrative action” si
distingue la giurisprudenza pre-Chevron da quella post-Chevron. Il giudice è
meno attrezzato delle amministrazioni nelle materie tecniche: valuta la corret-
tezza del procedimento, la “permissible construction of the statute”, la plausibi-
lità della decisione amministrativa, la sua ragionevolezza, senza entrare di regola
nell’esattezza delle valutazioni tecniche.
E ora si può venire all’Italia. La dottrina classica partì – tra fine Ottocento
e primi del Novecento – da un solco concettuale che ripeteva le costruzioni
francesi. Il potere discrezionale della pubblica amministrazione si sostanzia nella
scelta della soluzione migliore nel caso concreto. L’amministrazione sceglie sia
quando non applica regole o criteri tecnici: si pensi ad un’autorizzazione allo
svolgimento di una manifestazione pubblica; sia quando le applica, come nel
caso dell’apposizione di un vincolo a un bene immobile d’interesse artistico.
Dunque, la nozione di discrezionalità è generale e ricomprende anche la discre-
zionalità tecnica. Non esiste spazio concettuale autonomo per quest’ultima.
Le cose cambiarono con la rivoluzione gianniniana in materia di potere di-
screzionale, avviata alla fine degli anni Trenta. La scelta della soluzione migliore
del caso concreto è, per Massimo Severo Giannini, il risultato della discreziona-
lità, non il suo contenuto: questo consta di una ponderazione comparativa tra
interessi pubblici, privati, collettivi e diffusi, più o meno complessa. L’esito della
valutazione e del bilanciamento tra interessi diversi conduce alla scelta. Giannini
cita come esempio di ponderazione particolarmente complessa quella che si
pone in essere quando si vara una programmazione urbanistica.
Ci sono scelte della pubblica amministrazione che non comportano ponde-
razioni tra interessi. Le scelte o decisioni tecniche prescindono da quelle pon-
derazioni e si limitano ad applicare regole tecniche. Così avviene quando l’am-
ministrazione pubblica è chiamata a stabilire se una sostanza sia tossica o no:
non c’è alcun bilanciamento tra interessi.
Di qui la necessità di distinguere tra una discrezionalità vera e propria, che
si concreta nella ponderazione comparativa tra interessi ed è chiamata discrezio-
nalità amministrativa o pura; e una non-discrezionalità basata sull’applicazione di
regole tecniche, impropriamente denominata “discrezionalità tecnica”. Ma que-
sto nome era stato utilizzato già da dottrina e giurisprudenza per indicare una
manifestazione del generale potere discrezionale di scelta e, seppure divenuto im-
proprio per l’evoluzione concettuale del potere discrezionale, è rimasto nell’uso.
PREFAZIONE 3

A quel punto, dunque, i due tipi di decisione amministrativa – quello ba-


sato sulla ponderazione comparativa e quello consistente in un giudizio tecnico
– si sono concettualmente distinti. E dalla differenza concettuale sono derivati
differenti effetti pratici, innanzitutto quanto alla giurisdizione e all’intensità del
controllo del giudice sulle diverse decisioni.
Poiché nella tradizione del diritto amministrativo, consolidatasi dal se-
condo decennio del Novecento in avanti, il potere discrezionale comporta de-
gradazione dei diritti soggettivi a interessi legittimi, i provvedimenti espressione
di autentica discrezionalità – cioè di ponderazione comparativa tra interessi –
sono rientrati nella competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. L’in-
tensità del suo sindacato si è potenziata nel tempo, soprattutto grazie a nuove e
più sofisticate figure di eccesso di potere.
Quando invece, nel caso delle decisioni tecniche, manca un potere discre-
zionale vero e proprio – tipico della discrezionalità amministrativa – non c’è de-
gradazione dei diritti e, quindi, almeno in un primo tempo ne è disceso che
fosse il giudice ordinario a conoscere di tali decisioni. A volte questo giudice,
anche mediante periti, ha verificato con una certa intensità i giudizi tecnici del-
l’amministrazione; più spesso, è rimasto fedele alla sua tradizionale “timidità”
nei confronti dell’amministrazione pubblica.
Le cose, poi, sono cambiate ancora. Sono emersi nuovi casi di “discrezio-
nalità tecnica”. Da un lato, vicende in cui le regole tecniche di cui si fa applica-
zione hanno livelli elevati di certezza, come quelle relative alla tossicità di una
sostanza o all’assetto geologico di un’area. D’altro lato, casi in cui i livelli di cer-
tezza calano, come avviene per le regole o i principi delle cosiddette scienze
“non esatte” o “non dure”. Si può fare l’esempio dell’autorità di concorrenza
che applica la teoria dei giochi per valutare se vi sia stato un cartello tra imprese;
o della soprintendenza che valuta il valore estetico di un immobile.
In questi ultimi casi, i margini valutativi, pur in assenza di ponderazioni
comparative tra interessi, sono assai estesi. La cosiddetta discrezionalità tecnica
si avvicina alla discrezionalità vera e propria. E in presenza di decisioni – pur
tecniche – dotate di grande ampiezza valutativa, il giudice amministrativo è en-
trato in gioco. Dapprima con grande “deferenza” verso quelle valutazioni tecni-
che complesse. Poi, dopo la nota sentenza del Consiglio di Stato del 1999 (n.
601), con un sindacato via via più penetrante, o almeno con la riconosciuta pos-
sibilità di un tale sindacato.
Ma in tal modo, le “due discrezionalità” – amministrativa e tecnica – an-
cora distinguibili concettualmente in ragione della presenza o meno di compa-
razione tra interessi, si sono tra loro accostate sempre più per quel che riguarda
gli effetti giuridici concreti. Il giudice competente a sindacare il loro esercizio è
comunque il giudice amministrativo. L’intensità del sindacato può raggiungere
livelli in tutto simili sia nell’un caso che nell’altro. I due concetti diversi sono
prossimi a divenire semplicemente due nomi diversi. Di qui, quasi un ritorno al
passato: la “discrezionalità tecnica” si avvicina ad essere di nuovo – per quel che
riguarda gli effetti pratici – una manifestazione del potere discrezionale.
4 MARCO D’ALBERTI

Siamo, così, all’oggi. L’indistinzione sostanziale, quanto agli effetti concreti,


tra i due tipi di decisioni dell’amministrazione pubblica rende difficile mante-
nere una nozione separata di discrezionalità tecnica. Un concetto giuridico me-
rita autonomia se ad esso si collegano effetti giuridici propri.
Quel che va indagato è l’effettivo grado di intensità del controllo giurisdi-
zionale sulle valutazioni tecniche della pubblica amministrazione. Si tratta di
un’analisi che è tanto più completa se riesce a verificare come si atteggia il sin-
dacato del giudice nei vari settori in cui l’amministrazione pubblica usa regole
tecniche.
È proprio quello che ha fatto – con grande pregio – il lavoro condotto da
Moliterni. L’indagine è stata svolta su un numero assai ampio di materie, alle
quali sono dedicati gli efficaci contributi contenuti nel volume. Si va dalla salute
ai prodotti farmaceutici; dall’ambiente al paesaggio; dai concorsi pubblici alla
concorrenza; dall’energia alle telecomunicazioni; dalla vigilanza bancaria ai con-
tratti pubblici; dall’informatica ai vari campi del contenzioso dinanzi alla Corte
di giustizia dell’Unione europea.
La tendenza di fondo va – come in altri ordinamenti – nella direzione della
“deference” del giudice nei confronti delle scelte tecniche dell’amministrazione.
Ma non sempre è così: ad esempio, in materia di concorrenza il giudice ammi-
nistrativo si è recentemente spinto oltre o, almeno, ha affermato di poterlo fare,
come quando ha sostenuto che può verificare l’attendibilità, e talora la maggiore
attendibilità, di valutazioni tecniche basate sulla scienza economica (applicata a
casi di cartelli tra imprese o di abusi di posizione dominante).
Ne emerge una giurisprudenza assai variabile. Di qui una grande incertezza
e una sempre minore prevedibilità delle decisioni del giudice. È vero che i giu-
dici devono valutare i singoli casi e che ogni caso ha la sua storia. Ma un’ecces-
siva contestualizzazione casistica di sicuro non si addice alla certezza del diritto.
CAPITOLO PRIMO

LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA


TRA DIBATTITO DOTTRINARIO
E CONCRETE DINAMICHE DELL’ORDINAMENTO

Alfredo Moliterni

SOMMARIO: 1. Tecnica, diritto e ordinamento amministrativo. – 2. Le vicende della di-


screzionalità tecnica nelle principali ricostruzioni dottrinarie. – 2.1. Il lento affran-
camento dalla discrezionalità amministrativa: le nuove ragioni della deferenza. –
2.2. Il controverso intreccio con il fenomeno delle autorità indipendenti. – 2.3. La
discrezionalità tecnica alla prova dell’effettività della tutela: recenti tendenze e
controtendenze. – 3. Contraddizioni e incertezze nel concreto trattamento giuri-
sprudenziale della discrezionalità tecnica: la necessità di un’analisi empirica. – 3.1.
L’ambito e le modalità del richiamo giurisprudenziale alla discrezionalità tecnica: i
diversi modelli di sindacato. – 3.2. Le concrete modalità di controllo della tecnica
da parte del giudice. – 4. Critica alla teorizzazione di un autonomo modello di sin-
dacato sulla discrezionalità tecnica. – 5. Le prospettive auspicabili del sindacato
giurisdizionale: la centralità del procedimento di valutazione tecnica.

1. Tecnica, diritto e ordinamento amministrativo


L’espansione della tecnica nella struttura delle relazioni giuridiche costitui-
sce sicuramente una delle più rilevanti tendenze in atto nell’ordinamento giu-
ridico1. La crescente complessità e conflittualità dei rapporti economici e sociali
– uniti alla forte interdipendenza globale dei fenomeni da regolare – ha reso
sempre più necessaria l’apertura dell’ordinamento a conoscenze e a saperi extra-
giuridici, al fine di offrire una risposta credibile all’ineludibile domanda di cer-
tezza, sicurezza e stabilità proveniente dalla società2. Di qui, la crescente rile-
1 Una simile dinamica costituisce il riflesso dello stesso dominio che la tecnica e la scienza

hanno assunto nelle civiltà occidentali, come già sottolineato da E. SEVERINO, La tendenza fonda-
mentale del nostro tempo, Milano, 1988, 76, secondo il quale «la potenza della scienza ottiene un
riconoscimento sociale che non è più ottenuto dalla magia, dalla religione, dalla politica».
2 E anche tale apertura alla tecnica è alla base del processo di «complessificazione» che ha

caratterizzato l’ordinamento giuridico, su cui si veda A. FALZEA, Complessità giuridica, in Enc. dir.,
Annali, I, Milano, 2007, 201 ss. D’altra parte, sono stati sottolineati gli stretti nessi esistenti tra
pervasitività della tecnica, imprevedibilità dei suoi risultati e conseguente accentuazione della
complessità dei problemi sociali: D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche. Una introdu-
zione, Bologna, 2010, 324.
6 ALFREDO MOLITERNI

vanza che ha assunto il problema della corretta definizione degli spazi di in-
gresso e delle modalità di riconoscimento, da parte del diritto, delle regole scien-
tifiche di provenienza extra-giuridica3: e questo, sia al fine di scongiurare un do-
minio incontrollato della tecnica sulla politica, sia al fine di ridurre – in una pro-
spettiva opposta – i rischi di un utilizzo distorto e strumentale della scienza (e
delle sue inevitabili incertezze) da parte del potere politico4.
Nell’ambito di tale percorso di progressiva tecnicizzazione dell’ordina-
mento5, un ruolo ormai rilevantissimo è ricoperto dalle amministrazioni, le quali
sono sempre più direttamente coinvolte nei processi di produzione, validazione
e applicazione delle regole tecniche6: e questo, sia al fine assicurare un più
veloce e rapido adattamento della dimensione giuridica all’evoluzione del pro-
gresso scientifico e tecnologico7, sia nella prospettiva di mettere al riparo la re-
golazione e la gestione di fenomeni complessi dall’imprevedibilità e dall’instabi-
lità della politica8, soprattutto all’interno dei processi sovranazionali di integra-
zione degli ordinamenti9. D’altronde, l’amministrazione – e il suo diritto – si
trovano ormai sempre più al crocevia di una fitta trama di rapporti e di interessi
pubblici, privati e collettivi, soprattutto allorché si affermi un nuovo bisogno da

3 Sul problema del ruolo e della funzione ordinante del diritto nei confronti della tecnica, N.

IRTI, E. SEVERINO, Dialogo su diritto e tecnica, Roma-Bari, 2001; nonché L. MENGONI, Diritto e tec-
nica, in Riv. trim. proc. civ., 2001, 1 ss.
4 Sui rischi di un utilizzo distorto delle conoscenze scientifiche da parte del diritto e del po-

tere politico, anche nella prospettiva di selezionare le conoscenze scientifiche rilevanti, rimane
fondamentale S. JASANOFF, Science at the Bar: Law, Science and Technology in America, Cambridge,
1995 (trad. it. La scienza davanti ai giudici, Milano, 2001). Ma sui rischi di un utilizzo non “neu-
trale” della tecnica, si veda già C. SCHMITT, L’epoca delle neutralizzazioni e delle politicizzazioni, in
Le categorie del ‘politico’. Saggi di teoria politica, tr. it. a cura di G. Miglio e P. Schiera, Bologna,
2013, 179 s.
5 Il quale pone problemi di assoluto rilievo anche e soprattutto per il sistema delle fonti,

chiamando in causa la questione dei limiti costituzionali all’apertura dell’ordinamento a regole di


condotta di provenienza scientifica, su cui da ultimo, A. IANNUZZI, Il diritto capovolto. Regolazione
a contenuto tecnico-scientifico e Costituzione, Napoli, 2018. Più in generale, sulla tensione esistente
tra politica e tecnica, di recente, M. LUCIANI, Dal cháos all’ordine e ritorno, in Riv. fil. dir., 2019,
349 ss. Non è mancato, tuttavia, chi ha prospettato anche l’esistenza di una «legittimazione scien-
tifica» per l’assunzione delle decisioni nello Stato costituzionale: si veda A. SPADARO, Sulle tre
forme di “legittimazione” (scientifica, costituzionale e democratica) delle decisioni nello Stato costi-
tuzionale contemporaneo, in A. D’ALOIA (a cura di), Bio-tecnologie e valori costituzionali. Il contri-
buto della giustizia costituzionale, Torino, 2005, 569 ss.
6 Proprio la crescente domanda di regolazione tecnica da parte delle amministrazioni è alla

base della stessa estensione dell’Administrative State, su cui, da ultimo, C.R. SUNSTEIN, A. VER-
MEULE, Law and Leviathan: Redeeming the Administrative State, Cambridge Ma. (U.S.), 2020.
7 Sull’estensione del fenomeno della produzione di norme tecniche da parte di enti pubblici,

ma anche di soggetti privati, si vedano già A. PREDIERI, Le norme tecniche nello Stato pluralista e
prefederativo, in Dir. econ., 1996, 251 ss.; F. SALMONI, Le norme tecniche, Milano, 2001, 159; non-
ché, F. CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, Milano, 2005, spec. 320.
8 D’altra parte, come sottolineava C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche,

Milano, 1985, 219 ss. nell’amministrazione «risiedono i mezzi per evitare che il sapere tecnico co-
stituisca veicolo per imporre a tutti i valori solo di alcuni, quelli propri di un determinato gruppo
e della cultura che esso esprime».
9 Sulla tendenza alla riduzione della discrezionalità amministrativa nella regolazione econo-

mica, anche a vantaggio di poteri tecnici, M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione,
Bologna, 2008, 99 ss.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 7

tutelare che – anche per la sua complessità tecnica – non riesce a trovare ade-
guata risposta né a livello solamente normativo, né in sede giurisdizionale10.
Nonostante la grande eterogeneità delle modalità con cui le amministra-
zioni pubbliche vengono ad essere coinvolte dal legislatore nei processi di rico-
noscimento e di validazione di una determinata conoscenza specialistica nel
campo del diritto, nel momento in cui la regola tecnica entra nell’ordinamento
giuridico attraverso l’attività giuridica delle amministrazioni pubbliche essa
viene inevitabilmente ad essere inserita nelle dinamiche e nelle problematiche
che caratterizzano il controllo giurisdizionale sull’attività amministrativa. È pro-
prio in questo momento che assume rilievo pratico il problema del trattamento
giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’amministrazione e, con esso, la
questione teorica della c.d. discrezionalità tecnica: questione che viene sostan-
zialmente a coincidere con l’individuazione del più adeguato (rectius: conforme
ai principi dello Stato di diritto) riparto dei compiti e delle responsabilità tra le-
gislatore, amministrazione e giudice con riferimento al processo di innesto e di
sedimentazione della conoscenze scientifiche extra-giuridiche nell’area del giuri-
dicamente rilevante.

2. Le vicende della discrezionalità tecnica nelle principali ricostruzioni dottri-


narie
2.1. Il lento affrancamento dalla discrezionalità amministrativa: le nuove ragioni
della deferenza
Il tema della discrezionalità tecnica assume, da sempre, un rilievo decisivo
per lo studio del diritto amministrativo, venendo ad offrire una prospettiva pri-
vilegiata di osservazione della concreta operatività del principio di legalità e, in
particolare, delle dinamiche che caratterizzano il rapporto tra legge, ammini-
strazione e giudice. D’altra parte, la stessa accettazione della categoria della di-
screzionalità tecnica come nozione giuridica autonoma impone inevitabilmente
di fare chiarezza sui concetti di discrezionalità, potere, interpretazione, merito11.
È quindi proprio l’inevitabile natura relazionale della categoria – che viene a im-
porre la preliminare condivisione di tutta una seria di nozioni ad essa presup-
poste o limitrofe – ad aver reso assai complesso e articolato il relativo dibattito
scientifico12.
A tali profili occorre poi aggiungere che la costruzione della categoria sul
piano sostanziale si è venuta inevitabilmente ad intrecciare alle vicende che
10 Proprio in ragione di ciò, è stato sottolineato da S. CASSESE, Lo stato presente del diritto

amministrativo italiano, in Riv. trim. dir. pubb., 2010, 389 ss., che lo stesso diritto amministrativo
si starebbe trasformando da «diritto della pubblica amministrazione» a «diritto della società».
11 Sottolinea la centralità del dibattito sulla discrezionalità tecnica per ridefinire la categoria

e le caratteristiche della discrezionalità, L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, in ID.,


Interpretazione e dogmatica nel diritto amministrativo, Milano, 2002, 68 ss.
12 D’altra parte già M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 1950, 110, evi-

denziava tutta la problematicità del riferimento alla discrezionalità tecnica, la quale sarebbe un
concetto «di uso comune, e quindi, anche se errato, non più espungibile».
8 ALFREDO MOLITERNI

hanno caratterizzato l’evoluzione del sistema di giustizia amministrativa: il che


ha in un certo qual modo contribuito a capovolgere il naturale rapporto che do-
vrebbe sussistere tra diritto sostanziale e processuale, conducendo ad un ano-
malo processo di condizionamento del primo da parte dei limiti che hanno a
lungo caratterizzato il secondo13. Al tempo stesso, è comunque indubitabile che
la questione teorica della discrezionalità tecnica abbia assunto – e continui ad
assumere – un rilievo soprattutto in sede di concreto trattamento giurisdizio-
nale14: a differenza della discrezionalità amministrativa – la cui definizione è
stata funzionale anche a delimitare, in positivo, l’area e le caratteristiche dell’at-
tività propria e tipica dell’amministrazione – la categoria della discrezionalità
tecnica è stata infatti elaborata soprattutto al fine specifico di graduare (rectius:
limitare) l’intensità del sindacato giurisdizionale dinanzi a certe attività e valuta-
zioni che – almeno sul piano delle caratteristiche sostanziali – non era possibile
ricondurre pienamente nell’alveo della vera discrezionalità15.
Proprio per questo motivo, al di là dei controversi percorsi che, nel secolo
scorso, hanno caratterizzato il consolidamento teorico e giurisprudenziale della
nozione – soprattutto in relazione all’equivoco rapporto con la discrezionalità
amministrativa e con la ponderazione degli interessi16 – è evidente che la cate-
goria si sia ad un certo punto venuta a scontrare con la crescente domanda di
rafforzamento delle garanzie giurisdizionali nei confronti dei pubblici poteri. È
in tale contesto che, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, inizia un processo
di lenta decostruzione e ridefinizione delle coordinate concettuali della c.d. “di-
screzionalità tecnica” e di più nitida differenziazione della stessa dalla vera di-

13 C. MARZUOLI, Discrezionalità amministrativa e sindacato giudiziario: profili generali, in Dir.

pubbl., 1998, 158, ha evidenziato che proprio l’intreccio tra considerazioni di ordine sostanziale e
riflessioni di ordine processuale non ha contribuito a chiarire se la limitata cognizione del giudice
amministrativo «dipenda dall’esistenza del merito amministrativo (ragione di diritto sostanziale) o
se, all’opposto, sia l’esistenza del merito amministrativo a dipendere dai limitati poteri di cogni-
zione (aspetto processuale)».
14 Come ha osservato M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione.

Concetto e problemi, Milano, 1939, 42, la nozione di discrezionalità tecnica «interessa soprattutto
il diritto amministrativo processuale». Più di recente, V. CERULLI IRELLI, Lineamenti del diritto am-
ministrativo, Torino, 2014, 294, secondo cui «la dottrina della “discrezionalità tecnica” attiene
propriamente al sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa». D’altra parte, come sottoli-
neato da B.G. MATTARELLA, L’imperatività del provvedimento amministrativo. Saggio critico, Pa-
dova, 2000, 438 s., la stessa distinzione tra scelte discrezionali e scelte tecniche è stata in larga mi-
sura condizionata dalle norme e dell’evoluzione del sistema di giustizia amministrativa.
15 Su cui rimangono fondamentali le ricostruzioni di F. CAMMEO, La competenza di legittimità

della IV Sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici, in Giur. it., III, 1902
ss. e di E. PRESUTTI, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, in Giur. it., 1910, pt. IV, 10 ss.
Sulla tendenziale riconduzione delle valutazioni tecniche nell’alveo della discrezionalità, si veda
invece O. RANELLETTI, Principii di diritto amministrativo, Napoli, 1912, 365 ss.; R. ALESSI, Sul con-
cetto di attività discrezionale della pubblica amministrazione, in Foro amm., 1935, 63 ss.
16 Come evidenziato da C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 31

ss., mentre all’origine delle ricostruzioni di Cammeo e Presutti vi era la consapevolezza della com-
plessità del fatto da accertare che lo rendeva per questo insindacabile, nella dottrina successiva si
venne invece erroneamente a saldare il profilo dell’insindacabilità con quello della discrezionalità
e della ponderazione del pubblico interesse.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 9

screzionalità amministrativa17; in ciò valorizzandosi quelle ricostruzioni che già


da tempo avevano cercato di distinguere più nettamente il potere discrezionale
(inteso come «combinazione di giudizio e di volontà resa necessaria dalla com-
parazione qualitativa e quantitativa degli interessi pubblici e privati in una data
situazione sociale oggettiva») dai giudizi classificatori necessari alla sussunzione
della situazione di fatto nell’ambito dei concetti giuridici indeterminati18.
Da più parti si denuncia, infatti, tutta l’inadeguatezza di un modello di sin-
dacato sulle valutazioni tecniche plasmato sul sindacato esercitato sulla discre-
zionalità amministrativa19. In particolare, si sottolinea il fatto che l’attribuzione
legislativa all’amministrazione del compito di effettuare valutazioni tecniche o di
assumere decisioni in base alla tecnica dovrebbe ampliare (e non già restringere)
gli spazi di sindacato in ragione della stessa incorporazione della regola tecnica
nella norma giuridica20 o, comunque, in ragione della maggiore presenza di «ele-
menti fissi» all’interno della fattispecie21: la tecnica, ancorché opinabile, non do-
vrebbe quindi rappresentare un ostacolo alla piena conoscibilità della valuta-
zione da parte del giudice, la quale rimarrebbe comunque all’interno dei tradi-
zionali canoni del sindacato di legittimità.

17 F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc.

amm., 1983, 427 ss.; V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e di sindacato
giurisdizionale, in Dir. proc. amm., 1984, 463 ss.; V. OTTAVIANO, Giudice ordinario e giudice ammi-
nistrativo di fronte agli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione, in Studi in memoria di Vittorio
Bachelet. II. Amministrazione e garanzie, Milano, 1987, 405 ss.; G. PASTORI, Discrezionalità ammi-
nistrativa e sindacato di legittimità, in Foro amm., 1987, 3165 ss.; G. AZZARITI, Discrezionalità, me-
rito e regole non giuridiche nel pensiero di Costantino Mortati, in Politica del diritto, 1989, 347 ss.;
G. PARODI, Tecnica, ragione e logica nella giurisprudenza amministrativa, Torino, 1990.
18 Secondo la nota prospettiva di M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica ammi-

nistrazione, cit., 60, secondo cui le valutazioni tecniche sarebbero l’espressione di un’attività co-
noscitiva ricompresa nell’applicazione della legge e in cui, non venendo in considerazione i carat-
teri sostanziali della scelta puramente discrezionale, il margine di valutazione affidato all’ammini-
strazione coinciderebbe con l’opinabilità dei giudizi scientifici: il «carattere conoscitivo
complesso» della scelta finale darebbe quindi luogo ad una «valutazione di tipo scientifico, con-
cernente cioè il fenomeno naturale in sé, non in coordinazione con gli altri fenomeni sociali».
19 Come messo in luce da F. LEDDA, Potere, tecnica, cit., 371, il sindacato, anziché più tenue,

avrebbe dovuto essere più stringente di quello esercitato sul potere discrezionale, dato che «in
questi casi la norma giuridica assorbe la regola tecnica e l’inosservanza di siffatta regola ridonda
nella violazione della norma di legge»; in una prospettiva non dissimile, V. CERULLI IRELLI, Note in
tema di discrezionalità amministrativa, cit., 468.
20 Nella prospettiva di F. LEDDA, Potere, tecnica, cit., 387, il diritto farebbe propria la nor-

matività presente in una data tecnica traducendola per ciò stesso in normatività giuridica e, da
questo punto di vista, l’attenzione andrebbe spostata sul piano dell’accertamento e dell’apprezza-
mento dei fatti che tradizionalmente sono stati estranei alla cognizione del giudice amministrativo.
21 V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa, cit., 463 ss., che muove

da una netta distinzione tra l’attuazione della legge e la discrezionalità vera e propria da intendersi
come creazione di un quid novi, sottolineando il fatto che la discrezionalità non discenderebbe
dall’imprecisione della norma, la quale può semmai richiedere un’attuazione più complessa ri-
spetto ad altri casi. Secondo l’A. anche l’accertamento del fatto complesso (che si distingue dal
fatto semplice solo per un profilo quantitativo) può ricondursi alla violazione di legge se la legge
individua il suo accertamento come condizione, presupposto, o oggetto dell’esercizio del potere;
e il giudice verrebbe a conoscere di questo fatto in maniera piena perché la legge stessa lo pone a
fondamento dell’esercizio del potere (509 ss.).
10 ALFREDO MOLITERNI

La maggiore chiarezza a cui – almeno a livello dottrinario – si perviene dal


punto di vista della distinzione tra l’attività di ponderazione degli interessi e la
valutazione tecnica di fatti complessi, non apre tuttavia le porte – neanche sul
piano teorico – alla prospettazione di un sindacato pienamente sostitutivo del
giudice amministrativo. E infatti, anche le ricostruzioni che hanno maggior-
mente avvicinato l’attività valutativa della p.a. alla sfera dell’interpretazione,
hanno comunque escluso un intervento sostitutivo del giudice in presenza di va-
lutazioni attendibili22 e, in ogni caso, non hanno mancato di salvaguardare al-
cune valutazioni caratterizzate dall’ineludibile soggettività e irripetibilità del giu-
dizio affidato all’amministrazione23. Ma soprattutto, una volta esclusa la possibi-
lità di giustificare la limitatezza del sindacato giurisdizionale in ragione dello
sconfinamento della valutazione tecnica in un giudizio di opportunità o di me-
rito, si è ravvisata da più parti l’esigenza di ridefinire su nuove (e più solide) basi
teoriche il senso e la ratio del possibile self-restraint del giudice amministrativo
sulle valutazioni tecniche delle amministrazioni.
Proprio in questa prospettiva, una prima ricostruzione dottrinaria ha cer-
cato di giustificare la garanzia di uno spazio di autonomia valutativa in capo alle
amministrazioni in ragione della loro maggiore rappresentatività democratica:
con riguardo al fatto opinabile, sarebbe proprio l’assenza di un potere di scelta
del giudice a rendere problematico un sindacato penetrante sulla valutazione
amministrativa24. La valutazione tecnica costituirebbe una «struttura di potere
reale»25, affidata in via esclusiva ad amministrazioni pubbliche legittimate a ga-
rantire l’imposizione e la prevalenza di certi valori rispetto ad altri, poiché «fil-
trati e influenzati dai valori dell’indirizzo politico»26. In un simile contesto, le va-
lutazioni operate dalle amministrazioni – ancorché non fondate su un apprezza-
mento di interessi – sarebbero quindi da ritenersi preferibili rispetto a quelle
poste in essere dal giudice in quanto espressione dei valori della collettività27.

22 Si veda F. LEDDA, Potere, tecnica, cit., 434 s.


23 Si veda V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa, cit., 493 ss., il
quale sottolinea la presenza di settori in cui è centrale l’interesse pubblico, ancorché avente rile-
vanza tecnica (come per i beni culturali); ma vi sono poi ambiti in cui la soggettività e l’irripetibi-
lità del giudizio pur non avendo natura discrezionale giustifica una maggiore deferenza, ancorché
non per una scelta del legislatore: si parla di esclusività della competenza (come nel caso dei con-
corsi e della scuola).
24 C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 162.
25 C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 205: «non solo e non tanto

nel senso che i suoi possessori sono gli unici idonei a risolvere certi problemi, ma altresì nel senso
che l’esercizio di quelle competenze (in quanto sapere soggettivamente specialistico) sfugge alle
possibilità di critica dell’opinione pubblica».
26 C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 227, «la valutazione tec-

nica è il tramite dell’imposizione (o della prevalenza) di certi valori rispetto ad altri […] i valori
espressi dall’amministrazione sono (in via generale qualificabili come) più rappresentativi dei va-
lori complessivamente espressi dalla società perché essi sono filtrati e influenzati dai valori del-
l’indirizzo politico».
27 C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 201 ss.; l’amministrazione

ha i mezzi per «imporre a tutti i valori solo di alcuni, quelli propri di un determinato gruppo e
della cultura che esso esprime» (219); ciò è motivo sufficiente per ritenere che la valutazione tec-
nica possa essere «oggetto di attribuzione alla esclusiva competenza dell’amministrazione».
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 11

Una seconda ricostruzione28 – sottolineando la necessità di spostare, alla


luce dell’esperienza tedesca, l’attenzione teorica dalla tecnica ai concetti giuri-
dici indeterminati29 – ha valorizzato invece l’attribuzione normativa alle ammi-
nistrazioni di uno spazio valutativo «nuovo ed originale»30, che non sarebbe ri-
conducibile né al potere vincolato, né a quello discrezionale. L’ineludibile opi-
nabilità (non solo tecnica) del giudizio affidato alle amministrazioni imporrebbe
di riconoscere un certo grado di «soggettività» della relativa valutazione31, da
correlarsi alla stessa maggiore adeguatezza dell’assetto organizzativo pubblico –
sotto il profilo della rappresentatività, della competenza tecnica o della respon-
sabilità – rispetto all’espletamento degli specifici compiti affidati dall’ordina-
mento32. Tuttavia, un simile potere dell’amministrazione di assumere «la scelta
ultima» dovrebbe comunque trovare fondamento in una esplicita indicazione le-
gislativa33, ferma restando la necessità di garantire, in ogni caso, un sindacato
pieno sull’accertamento dei fatti34.
In sostanza, entrambe le ricostruzioni hanno cercato di fondare su nuovi
presupposti teorici il senso e le ragioni della limitata sindacabilità delle valuta-
zioni tecniche, valorizzando l’insuperabile originalità e creatività del momento
valutativo affidato alle amministrazioni pubbliche, il quale – pur rimanendo net-

28 D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova, 1995.


29 Secondo D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 175 ss., un simile passaggio si ren-
derebbe necessario anche per la difficoltà di definire cosa sia la tecnica.
30 Si tratterebbe, secondo D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 235 ss., di «un ap-

porto nuovo ed originale del soggetto applicante, in quanto frutto di un suo apprezzamento sog-
gettivo, qualificato sotto il profilo valutativo, e innovativo rispetto ai contenuti della norma, la quale
affiderebbe appunto all’autorità applicante il compimento della valutazione». Tale attività valuta-
tiva non discrezionale sarebbe «oggetto di attribuzione di potere» e, non essendo riducibile alla
mera applicazione di una previsione normativa, legittimerebbe «uno spazio di apprezzamento in
ordine alla propria attuazione rimesso all’autorità applicante» (237 s.); si tratterebbe di un’attività
intermedia di «attuazione della legge mediante la quale la pubblica amministrazione pone in essere
apprezzamenti e scelte di carattere valutativo che non hanno ad oggetto interessi; in altri termini e
più riassuntivamente, possiamo chiamarla per ora attività valutativa non discrezionale» (243).
31 In questa prospettiva, secondo D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 312, sono «i

caratteri di opinabilità e di soggettività del giudizio» a «costituire il presupposto per arrivare ad


affermare la centralità dell’elemento dell’imputazione soggettiva della scelta»: è quindi nella stessa
«adeguatezza del “soggetto” prescelto (dal punto di vista del suo modo di essere) ad esprimere nel
modo migliore la scelta (soggettiva) che si tratta di operare» che vanno ricercate «le ragioni con-
crete di giustificazione dell’attribuzione, in via riservata, della scelta discrezionale della pubblica
amministrazione».
32 Così, ancora, D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 351 s.
33 Occorre pertanto verificare se il legislatore abbia voluto prevedere una attività di «mera

attuazione del contenuto della norma, in quanto tale da esperire dall’amministrazione necessaria-
mente mediante proprie valutazioni», o se al contrario «tale attività sia stata attribuita dalla legge
all’amministrazione stessa del compito di assumere a tal fine la scelta ultima (s’intende: essendo
essa a ciò organizzatoriamente legittimata)»: così, D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit.,
374 s.).
34 D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 399 ss., secondo cui il controllo di veridi-

cità dei fatti deve essere pieno, poiché se il fatto è individuato dalla norma come condizione di
esercizio del potere, la sua qualificazione e il suo accertamento costituiscono compiti amministra-
tivi non riservati rispetto ai quali vi deve essere un pieno sindacato per difformità dell’attività am-
ministrativa dalla norma (402-403).
12 ALFREDO MOLITERNI

tamente distinto dall’attività di ponderazione di interessi – imporrebbe comun-


que di salvaguardare uno nucleo impermeabile all’intervento del giudice in con-
siderazione del (più adeguato) assetto organizzativo delle amministrazioni o, co-
munque, della loro (maggiore) capacità di farsi espressione dei valori della col-
lettività. Tuttavia, la giurisprudenza dominante ha continuato, per lungo tempo,
a rimanere ancorata alla tradizionale riconduzione della discrezionalità tecnica
al merito dell’azione amministrativa35.

2.2. Il controverso intreccio con il fenomeno delle autorità indipendenti


All’interno di un contesto che – già solo sul piano dottrinario – è stato ca-
ratterizzato da una simile varietà di posizioni e di approcci sul piano teorico, la
questione del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche si complica ul-
teriormente nelle sue coordinate concettuali nel momento in cui il tema viene ad
intrecciarsi (e spesso a confondersi) con quello delle autorità indipendenti36.
Con riguardo a tali soggetti, infatti, la dimensione tecnica pervade non solo l’at-
tività decisionale di portata individuale ma anche l’attività regolatoria, contri-
buendo ad aggravare il problema dell’adeguato equilibrio tra legge, amministra-
zione e giudice. Ma la rilevanza della componente tecnica in tali enti è tale da
giustificare anche e soprattutto una rottura del tradizionale assetto organizzativo
delle amministrazioni pubbliche dal punto di vista del rapporto con il potere
politico37: l’elevato livello di tecnicità delle valutazioni affidate a tali soggetti sul
piano funzionale viene infatti ad incidere sulla stessa dimensione organizzativa,
imponendo un peculiare rapporto di indipendenza nei confronti del Governo e
una peculiare qualificazione del personale38. Come incidono tali profili sul piano
della ricostruzione del sindacato giurisdizionale?
In una fase iniziale, la specialità funzionale e organizzativa delle autorità in-
dipendenti conduce parte della dottrina a prospettare la necessità di esigere un
atteggiamento più prudente da parte del giudice, anche alla luce dell’esperienza
maturata negli ordinamenti giuridici in cui è nato e si è consolidato il modello

35 Si veda, ad esempio, Cons. St., Ad. Plen., 24 novembre 1989, n. 16; nonché Cons. St., VI

sez., 29 marzo 1983, n. 161. Sul ruolo ricoperto dalla giurisprudenza si veda F. CINTIOLI, Giudice
amministrativo, tecnica e mercato, cit., 109 secondo cui il giudice amministrativo «ha finito per ga-
rantire ai poteri attuativi dei concetti indeterminati un margine di insindacabilità ben superiore a
quello dei poteri discrezionali puri, dato che questi ultimi venivano comunque bersagliati dallo
sviamento di potere».
36 Su cui si vedano, tra gli altri, M. D’ALBERTI, Autorità indipendenti, in Enc. giur., vol. IV,

Roma, 1995; S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, Bologna, 1996; G. MORBI-
DELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, in ID., Scritti di diritto pubblico dell’e-
conomia, Torino, 1996; F. MERUSI, M. PASARO, Autorità indipendenti, in Enc. dir., Agg., vol. VI, Mi-
lano, 2001; M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005.
37 Secondo G. ROSSI, Principi di diritto amministrativo, Torino, 2017, 292, la tecnica può ve-

nire a costituire un «speciale fonte di legittimazione del potere di organizzazioni amministrative


che, in ragione di una specifica competenza tecnica, sono attributarie di valutazioni in ordine al-
l’interesse da curare».
38 Su cui M. D’ALBERTI, Il valore dell’indipendenza, in M. D’ALBERTI, A. PAJNO, Arbitri dei

mercati, Bologna, 2010.


LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 13

delle indipendent agencies39. La peculiare expertise di tali soggetti (che trova ri-
scontro sia sul piano dell’assetto organizzativo, sia nell’elevata competenza del
personale) sembrerebbe infatti un motivo sufficiente – già solo sul piano logico
– per giustificare un sindacato giurisdizionale meno penetrante da parte del giu-
dice, anche alla luce di quelle ricostruzioni dottrinarie che avevano già valoriz-
zato i nessi tra soggettività del giudizio e adeguatezza dell’assetto organizzativo.
D’altra parte, viene sottolineato che alcune delle funzioni attribuite a tali sog-
getti (come quelle antitrust) si sarebbero potute affidare al giudice, come avve-
nuto in altri ordinamenti: tuttavia, l’inequivocabile scelta legislativa di assegnarle
ad organizzazioni pubbliche altamente specializzate verrebbe ad essere contrad-
detta se si consentisse, a valle, un controllo pienamente sostitutivo da parte del
giudice (titolare di competenze generaliste)40.
In una direzione opposta, invece, diverse ricostruzioni dottrinarie hanno
impostato il problema del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche
delle autorità indipendenti valorizzando soprattutto il “polo” dell’assenza di una
diretta legittimazione democraticità delle loro scelte41. Tale profilo – che se-
condo alcuni costituirebbe l’elemento maggiormente caratterizzante tale mo-
dello organizzativo – avrebbe infatti dovuto condurre, quasi in virtù di una spe-
cie di “compensazione” postuma, ad un rafforzamento del sindacato giurisdi-
zionale da parte del giudice amministrativo42: e infatti, proprio attraverso il
rafforzamento delle garanzie – sia procedimentali, sia giurisdizionali – si riusci-
rebbe a stemperare il problema del deficit di legittimazione democratica. Ma al
di là di tale profilo, sarebbe anche e soprattutto la peculiare connotazione tec-
nica – e in taluni casi giustiziale – che caratterizza l’attività di tali soggetti a di-
schiudere, sul piano materiale, degli spazi di maggiore pervasività del controllo
giurisdizionale. E infatti, l’assenza di veri margini di discrezionalità (se non in

39 Si veda, tra gli altri, S. CASSESE, Le autorità indipendenti: origini storiche e problemi

odierni, in S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, cit., 219 il quale sottolinea
criticamente che «il sistema giudiziario si è rapidamente impadronito delle autorità, divenendo,
paradossalmente, autorità ultima della concorrenza, del controllo dei mercati, del controllo delle
assicurazioni».
40 Secondo L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 179, la peculiare struttura

neutrale del procedimento dell’Antitrust renderebbe vieppiù problematico un intervento diretto


da parte del giudice che mai riuscirebbe a ripercorrere interamente la vicenda e la sua comples-
sità. In chiave problematica sull’intensità del controllo, si veda anche R. CARANTA, Il giudice delle
decisioni delle autorità indipendenti, in S. CASSESE, C. FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole,
cit., 165 ss.
41 E che avrebbe giustificato e imposto una piena sottoposizione al controllo giurisdizionale:

G. MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, cit., 251. Sul problema della
posizione costituzionale delle Autorità, si veda, da ultimo, V. CERULLI IRELLI, L’amministrazione co-
stituzionalizzata, Torino, 2019, 25 ss.
42 Non a caso D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 321 s., nell’analizzare i diversi

circuiti che assicurano la legittimazione organizzatoria della p.a. – e consapevole della presenza
nell’ordinamento di organismi neutri o con diversi livelli di rappresentatività a cui sono affidati
poteri tecnici – sottolineava il fatto che il carattere democratico dell’organizzazione amministra-
tiva non sarebbe stato un legame sufficiente perché comunque si sarebbe trattato di un principio
mediato da altre esigenze e principi; e che la democraticità sarebbe stata assicurata innanzitutto
dal principio di legalità.
14 ALFREDO MOLITERNI

ambiti limitati e circoscritti43) e la tendenziale operatività di modelli di azione


ispirati ad un processo di applicazione e interpretazione di clausole generali do-
vrebbe consentire al giudice, anche amministrativo, di intervenire con maggiore
nettezza all’interno del processo decisionale e valutativo delle autorità44. Infine,
alcuni valorizzano, nella stessa prospettiva, anche la peculiare natura della posi-
zione soggettiva vantata dal privato dinanzi alle autorità indipendenti, la quale
in molti casi assumerebbe i tratti di un vero e proprio diritto soggettivo al libero
svolgimento dell’attività economica45.
In definitiva, l’erompere delle autorità indipendenti ha confermato solo in
parte i principali presupposti teorici che erano stati valorizzati dalla dottrina più
recente per giustificare una limitatezza del sindacato giurisdizionale: è vero, in-
fatti, che tali autorità si caratterizzavano per un assetto organizzativo – e proce-
dimentale – particolarmente adeguato alla peculiare rilevanza tecnica (e alla ine-
ludibile soggettività) delle valutazioni affidate dall’ordinamento; al contempo,
tuttavia, esse risultavano carenti – almeno nelle ricostruzioni prevalenti – dell’e-
lemento della legittimazione politico-democratica che pure era stato considerato
da alcune teoriche al fine di giustificare un maggiore self-restraint del giudice
amministrativo46. È proprio in ragione di ciò che la peculiare declinazione del
problema del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche nel “prisma”
delle autorità indipendenti ha contribuito, nel complesso, soprattutto a raffor-
zare gli argomenti e i motivi a sostegno di una maggiore pervasività del sinda-
cato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica47. Le autorità, d’altra parte,
avrebbero contribuito a rendere evidente un più generale processo di riduzione
dei margini di discrezionalità amministrativa a vantaggio di valutazioni e deci-
sioni “condizionali”, ispirate da criteri prevalentemente tecnici48 e – per ciò solo
– più facilmente replicabili e ripercorribili in sede di controllo giurisdizionale.
43 Come evidenziato da P. LAZZARA, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2002. In

una prospettiva diversa, F. CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, cit., passim.
44 Come evidenziato da A. LALLI, Il sindacato giurisdizionale sui provvedimenti dell’Autorità

garante della concorrenza e del mercato, in Giorn. dir. amm., 2003, 358 ss.; nonché ID., Disciplina
della concorrenza e diritto amministrativo, Napoli, 2008.
45 P. LAZZARA, Autorità indipendenti e discrezionalità cit., 305-306, secondo cui «l’intensità

del sindacato dipende dall’ampiezza delle situazioni giuridiche soggettive fatte valere; queste, a
loro volta, si atteggiano diversamente a seconda che l’amministrazione sia o meno titolare di un
potere autoritativo»; sul tema si veda anche F.G. SCOCA, Giudice amministrativo ed esigenze del
mercato, in Dir. amm., 2008, 277; sulla prevalenza di «situazioni di diritto soggettivo, spesso addi-
rittura di rango costituzionale», G. SCARSELLI, Brevi note sui procedimenti amministrativi che si
svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro controlli giurisdizionali, in Foro it., 2002, 491.
46 Sottolinea tale profilo, di recente, S. TORRICELLI, Per un modello generale di sindacato sulle

valutazioni tecniche: il curioso caso degli atti delle autorità indipendenti, in Dir. amm., 2020, 97 ss.
47 E questo, anche alla luce di un processo di progressiva “amministrativizzazione” delle au-

torità medesime, essendo state rigettate le prospettive ricostruttive che avevano tentato di valoriz-
zare la non completa riconducibilità di tale modello a quello delle amministrazioni pubbliche: si
tratta di una parabola che pare essersi definitivamente conclusa con la recente pronuncia della
Corte costituzionale 31 gennaio 2019, n. 13, che ha valorizzato la natura amministrativa delle Au-
torità, al fine di escludere la possibilità per l’AGCM di sollevare in via incidentale la questione di
costituzionalità di una legge per violazione delle regole di concorrenza.
48 Secondo M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospettive di un modello, cit., 151,

il ruolo neutrale di tali Autorità determinerebbe la configurazione di un potere che si sostanzia


LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 15

2.3. La discrezionalità tecnica alla prova dell’effettività della tutela: recenti ten-
denze e controtendenze
Tale percorso teorico di apertura ad un sindacato più penetrante sulla tec-
nica – che, a partire dalla fine degli anni Novanta, inizierà a trovare qualche si-
gnificativo riscontro anche in sede giurisprudenziale, in virtù del riconosci-
mento, almeno sul piano teorico, dell’astratta sindacabilità intrinseca delle valu-
tazioni tecniche opinabili49 – si viene peraltro a rinsaldare con il processo di
progressiva trasformazione del sistema di giustizia amministrativa nella prospet-
tiva di assicurare l’effettività della tutela50. Da più parti si sottolinea infatti che,
dinanzi all’accertamento e alla relativa valutazione dei fatti – ancorché “com-
plessi” – posti a fondamento della decisione amministrativa, la p.a. non do-
vrebbe più godere di alcuna attendibilità privilegiata in un processo ammini-
strativo realmente ispirato al principio della parità delle parti51. D’altronde, a
fronte del notevole ampliamento dei mezzi istruttori a disposizione del giudice
amministrativo52, quest’ultimo sarebbe ormai stato messo dall’ordinamento nelle
piene condizioni di ripercorrere internamente la logica e la sostanza della valu-
tazione tecnica53. Al contempo, sul versante dell’amministrazione, si ribadisce il
fatto che tale valutazione dovrebbe comunque muoversi nei binari della rigorosa
interpretazione normativa, senza essere sovraccaricata di una dimensione poli-
tica o valoriale54; e che rispetto alla ricostruzione del fatto non dovrebbe rico-
noscersi alcun margine di discrezionalità55. Proprio in ragione di ciò – non di-

«nella mera applicazione della legge al caso concreto», senza alcuna ponderazione di pubblici in-
teressi. Sul punto si veda anche F. MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità amministrative in-
dipendenti, in Dir. amm., 2002, 181 ss.
49 Ancorché nei limiti della loro attendibilità, secondo la nota prospettiva di Cons. St., sez.

IV, 9 aprile 1999, n. 609.


50 Per tutti, A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I,

Padova, 2000, 308. Sulla centralità del principio costituzionale dell’effettività della tutela giurisdi-
zionale ricavabile dall’art. 24 Cost., F.G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella
dottrina successiva, in Riv. trim. dir. pubb., 2000, 1045; in una prospettiva simile, si veda anche N.
PAOLANTONIO, Il sindacato di legittimità sul provvedimento amministrativo, Padova, 2000.
51 A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche: formule nuove e vec-

chie soluzioni, in Dir. pubbl., 2004, 439-60, sulla necessità di perseguire «l’obiettivo di un ‘pro-
cesso amministrativo paritario’, nel quale l’amministrazione non goda di un’attendibilità privile-
giata, ma per il giudice sia semplicemente ‘parte’».
52 L’importanza dell’ampliamento dei mezzi istruttori per l’effettività del controllo giurisdi-

zionale della discrezionalità tecnica è stata segnalata, tra gli altri, da A. TRAVI, Valutazioni tecniche
e istruttoria del giudice amministrativo, in Urb. app., 1997, 1263 ss.; L.R. PERFETTI, Il sindacato giu-
diziale sulla discrezionalità tecnica, in Foro amm., 1997, 1727 ss.; C. VIDETTA, Discrezionalità tec-
nica: problemi vecchi e nuovi dopo la l. 21 luglio 2000, n. 205, in Foro amm. TAR, 2002, 2251 ss.
In giurisprudenza si veda anche Cons. St., sez. IV, 8 ottobre 1998 che è sembrato trarre elementi
a favore di un’intensificazione del sindacato proprio in ragione dell’introduzione della consulenza
tecnica d’ufficio in sede di giurisdizione esclusiva.
53 Secondo A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2014, 268-269, «l’introdu-

zione della consulenza tecnica dovrebbe circoscrivere i margini di insindacabilità delle valutazioni
tecniche dell’amministrazione».
54 In questo senso, M. RENNA, Recensione a F. Cintioli, in Riv. trim dir. pubbl., 2008, 236 ss.
55 Come sottolineato da G. DE GIORGI CEZZI, La ricostruzione del fatto nel processo ammini-

strativo, Napoli, 2003.


16 ALFREDO MOLITERNI

versamente da quanto da tempo riconosciuto in sede civile con riguardo alle


clausole generali – anche il giudice amministrativo dovrebbe poter ripercorrere
la valutazione dell’amministrazione che ha dato contenuto e sostanza ai concetti
giuridici indeterminati di matrice tecnica, senza che ciò determini un’indebita
invasione del potere giurisdizionale nella sfera dell’amministrazione56. Il para-
metro della tecnica posto alla base della decisione consentirebbe, quindi, di ren-
dere pienamente verificabile e falsificabile il giudizio dell’amministrazione alla
stregua del confronto con la comunità scientifica esterna all’amministrazione e
rappresentata, nel processo, dal consulente57. Si tratta di argomentazioni che –
oltre ad aver ricevuto un chiaro conforto nel processo di intensificazione del sin-
dacato giurisdizionale della Corte di Giustizia sulle valutazioni tecnico-com-
plesse58 – sono state più di recente valorizzate anche alla luce di quegli orienta-
menti della Corte europea dei diritti dell’uomo che, soprattutto in materia di
sanzioni amministrative, hanno prospettato la necessità di un controllo pieno del
giudice sulle valutazioni (più o meno tecniche) poste a fondamento dell’eserci-
zio di un potere afflittivo59.
A dispetto dell’amplissimo consenso dottrinario sviluppatosi, nell’ultimo
ventennio, attorno ad una necessaria intensificazione del sindacato giurisdizio-
nale sulle valutazioni tecniche – anche in virtù del grande rilievo attribuitosi,
nell’intera scienza amministrativistica, al principio dell’effettività della tutela
giurisdizionale60 – non sono comunque mancate posizioni che, anche di recente,
hanno ribadito la necessità di preservare degli spazi di valutazione tecnica in
capo ai pubblici poteri, al fine di salvaguardare la necessaria distinzione del-
l’amministrazione dal potere giurisdizionale61 e scongiurare una pericolosa de-
quotazione del ruolo della prima nell’ordinamento62. Tali ricostruzioni – indiret-

56 E si sottolinea che la valutazione tecnica si porrebbe al di là del tradizionale esercizio dei

poteri amministrativi anche dal punto di vista della separazione dei poteri: G. D’ANGELO, Giu-
dice amministrativo e valutazioni tecniche dopo la L. 21 luglio 2000 n. 205, in Dir. amm., 2005,
659 ss.
57 Come evidenziato da G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2006, 178, la

tecnicità che ispira la valutazione costituisce «la premessa della sua verificabilità o falsificabilità»
dal momento che «è propria della comunità scientifica (che può essere rappresentata nel processo
dal consulente tecnico), la capacità di verificare i giudizi espressi al suo interno: un interno che
comprende anche le strutture amministrative con competenze scientifiche».
58 Su cui si veda ampiamente il cap. XII di M. Eliantonio e A. Volpato.
59 In questo senso, M. ALLENA, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecni-

che complesse: orientamenti tradizionali versus obblighi internazionali, in Dir. proc. amm., 2012,
1602 ss.; nonché F. GOISIS, La Full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della fun-
zione sanzionatoria v. separazione dei poteri, in Dir. amm., 2018, 1 ss. In una prospettiva diversa, F.
CINTIOLI, Giusto processo, CEDU e sanzioni antitrust, in Dir. proc. amm., 2015, 507 ss.
60 Come sottolineato da L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 68; d’altra

parte, già C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 3, negli anni Ottanta sot-
tolineava in maniera critica il problema dell’onnipotenza della giurisdizione, quale fattore che
avrebbe eccessivamente condizionato l’approccio scientifico al tema.
61 P. CARPENTIERI, Azione di adempimento e discrezionalità tecnica (alla luce del processo am-

ministrativo), in Dir. proc. amm., 2013, 385 ss.


62 Così, F. FRACCHIA, C. VIDETTA, La tecnica come potere, in Foro it., 2002, III, 498.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 17

tamente confortate sia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione63, sia da


una giurisprudenza amministrativa che, al di là delle più note (ma isolate) pro-
nunce, nella realtà continua a rimanere assai perplessa (si veda, infra, par. 3) –
sottolineano l’impossibilità di ricondurre la maggior parte delle valutazioni tec-
niche ad una mera attività interpretativa e sussuntiva, valorizzando, al con-
tempo, la netta distinzione che sussiste tra l’accertamento storico dei fatti e la
loro valutazione e qualificazione sul piano giuridico64. Da questo punto di vista,
lo stesso riferimento alla “discrezionalità tecnica” come autonoma categoria
concettuale consentirebbe di distinguere meglio – soprattutto sul piano sostan-
ziale – tale peculiare attività valutativa della p.a. sia dal mero accertamento, sia
dalla vera e propria discrezionalità65. In ragione di ciò, i mezzi istruttori nel pro-
cesso amministrativo dovrebbero essere prioritariamente indirizzati ad assicu-
rare l’esatta ricostruzione dei fatti, ma non a demandare l’intera (ri)valutazione
degli stessi ad un organo ausiliare del giudice (ad eccezione dei casi di giurisdi-
zione di merito)66. La stessa consulenza tecnica d’ufficio non dovrebbe legitti-
mare una piena sostituibilità della valutazione amministrativa, ma dovrebbe
semmai consentire di allargare gli spazi del sindacato di legittimità sull’eccesso
di potere67, nella prospettiva di assicurare un più penetrante controllo sulla con-
creta applicazione della regola tecnica, ferma restando la necessità di non oltre-
passare il giudizio di attendibilità68 o di plausibilità69.
63 Che ha tendenzialmente escluso la possibilità di sanzionare in sede di conflitto di giuri-

sdizione il mancato esercizio del potere sostituivo del giudice amministrativo sulle valutazioni tec-
niche: tra le altre, Cassazione Civile, sez. un., 12.5.2017, n. 11804. Sul tema, di recente, A. CASSA-
TELLA, L’eccesso di potere giurisdizionale e la sua rilevanza nel sistema di giustizia amministrativa, in
Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 635 ss.; ma si veda già, M. MAZZAMUTO, L’eccesso di potere giurisdizio-
nale del giudice della giurisdizione, in Dir. proc. amm., 2012, 1677 ss.
64 Si veda F. VOLPE, Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, in Dir.

amm., 2008, 791 ss., il quale distingue nettamente il fatto storico valutato dalla p.a. dal fatto
storico in sé, posto che la valutazione dei fatti non sarebbe mai un mero accertamento.
65 Si veda G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in

materia ambientale, in Giustamm.it, n. 7/2016, 3 ss., secondo cui la discrezionalità tecnica è una
categoria che va salvaguardata: «la norma giuridica richiede alla P.A. di acclarare la sussistenza di
uno o più presupposti tecnico-scientifici, imprescindibili per la sua azione, ma il verificare tale
sussistenza si presenta di controversa accertabilità. In altre parole, affinché possa assumere il
provvedimento, la legge lascia alla P.A. uno spazio discrezionale concernente la verifica della sus-
sistenza dei presupposti tecnico-scientifici di opinabile rilevabilità».
66 Sul punto F. VOLPE, Discrezionalità tecnica, cit., passim. Tale tesi, tuttavia, sembra essere

stata oggetto di parziale riconsiderazione dallo stesso Autore (ID., Eccesso di potere giurisdizionale
e limiti al sindacato della discrezionalità tecnica, in Giur. it., 2013, 692), secondo cui, alla luce del
nuovo codice del processo amministrativo, potrebbe ritenersi che l’art. 63 c.p.a. abbia implicita-
mente determinato un ampliamento dei casi di giurisdizione estesa al merito, la cui tassattività –
sempre nella prospettiva di questo Autore – non sarebbe fornita di una vera copertura costituzio-
nale. Sui limiti alla possibilità di formulare giudizi autonomi per il giudice, nonostante l’ammissi-
bilità della CTU, L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 176.
67 Come evidenziato da G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale, cit., passim.
68 Sulla differenza tra le due tecniche di sindacato, F. CINTIOLI, Tecnica e processo ammini-

strativo, in Dir. proc. amm., 2004, 983 ss., spec. 994 ss.
69 Sul punto F. SALVIA, Considerazioni su tecnica e interessi, in Dir. pubbl., 2002, 603, sostiene

– anche alla luce dell’introduzione della consulenza tecnica – l’ipotesi di un «controllo giurisdi-
zionale “diretto”, ma limitato … alla plausibilità, con esclusione della sostituzione del giudizio
dell’amministrazione con quello del giudice» (622).
18 ALFREDO MOLITERNI

3. Le principali criticità e incoerenze del concreto trattamento giurisprudenziale


della discrezionalità tecnica: la necessità di un’analisi empirica
3.1. L’ambito e le modalità del richiamo giurisprudenziale alla discrezionalità
tecnica: la prospettazione astratta dei diversi modelli di sindacato
Le incertezze che si riscontrano a livello dottrinario sono amplificate – e
rese ancor più problematiche – se dall’analisi teorica si passa ad esaminare il con-
creto trattamento che è stato riservato e continua ad essere riservato alla discre-
zionalità tecnica nella pratica delle corti. Si tratta, d’altra parte, di un’analisi che
si rivela assolutamente necessaria sia nella prospettiva di verificare, all’interno dei
singoli settori, quali sono stati gli equilibri, i percorsi argomentativi e i criteri de-
cisionali che si è tentato concretamente di seguire70; sia soprattutto nella pro-
spettiva di reperire – alla luce di tale analisi settoriale – eventuali elementi utili
per una ricostruzione (o decostruzione) della categoria a livello dogmatico71.
Un primo dato che emerge dall’analisi giurisprudenziale condotta nella
presente ricerca è l’ampio (ed assai eterogeneo) utilizzo che continua ad essere
fatto del concetto di «discrezionalità tecnica», nonostante la dottrina sia da
tempo tendenzialmente concorde nel sottolinearne l’imprecisione72. Tale con-
cetto sembra infatti ormai essersi sedimentato nella realtà dell’ordinamento e
continua ad essere utilizzato in moltissimi settori (sanità, ambiente, beni cultu-
rali, antitrust, regolazione dell’energia, mercati finanziari) e con riguardo a ma-
nifestazioni assai diverse dell’attività amministrativa. Spesso si riscontra la ten-
denza ad aggettivare la discrezionalità tecnica come «amplissima», «ampia»73 o,
comunque, in grado di giustificare un largo margine di apprezzamento. Nella
stessa prospettiva, altre volte si utilizza il concetto di «merito tecnico»74, valo-

70 Sulla
diversità degli equilibri raggiunti nei diversi settori, si veda già l’analisi di C. MAR-
ZUOLI, La «discrezionalità tecnica» nella giurisprudenza dei T.A.R.: analisi degli orientamenti relativi
ad alcuni settori, in U. ALLEGRETTI, A. ORSI BATTAGLINI, D. SORACE, (a cura di), Diritto ammini-
strativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza, vol. II, Rimini,
1987, 633 ss.; più di recente, G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pratica
delle corti, in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, 705 s.
71 In questo senso, si veda ancora C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche,

cit., 73 ss.; nonché L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 102.


72 Parla di «espressione imprecisa invero, ma ormai entrata nell’uso», V. CERULLI IRELLI, Li-

neamenti del diritto amministrativo, cit., 291; secondo M. D’ALBERTI, Lezioni di diritto ammini-
strativo, Torino, 2019, 190 «nonostante la terminologia, siamo al di fuori del vero e proprio potere
discrezionale della pubblica amministrazione»; anche M. CLARICH, Manuale di diritto amministra-
tivo, Bologna, 2019, 130, sottolinea l’erroneità del riferimento alla discrezionalità tecnica in ra-
gione dell’assenza dell’elemento volitivo; secondo G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo,
cit., 176, solo nel caso in cui sia accettata «l’idea che la discrezionalità attiene non soltanto al mo-
mento della decisione, ma anche al momento logicamente precedente della valutazione del fatto,
ha un senso la categoria della discrezionalità tecnica». In una prospettiva meno critica rispetto al
riferimento al concetto di «discrezionalità», poiché legata alla «esistenza di un’incertezza tecnico-
scientifica» che giustifica una scelta, D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, cit., 334.
73 Cons. St., sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4747 in materia di dichiarazione di interesse arti-

stico di un immobile, ove si fa riferimento ad una «ampia discrezionalità tecnico-valutativa».


74 Secondo Cons. St., sez. IV, 4 settembre 2019, n. 6091, «l’accertamento del nesso di cau-

salità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, in cui si sostanzia il giudizio sulla dipendenza o
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 19

rizzandosi la natura assai “specifica” delle valutazioni tecnico-scientifiche75. Tal-


volta, il riferimento alla discrezionalità tecnica è utilizzato per evidenziare l’am-
pio e oggettivo «margine di opinabilità» che caratterizzerebbe le valutazioni af-
fidate alla p.a.76. Con riguardo alle autorità indipendenti, si fa spesso riferimento
al concetto di «valutazioni tecniche»77 o «valutazioni tecniche complesse»78,
sebbene non sia infrequente, anche in tali casi, il richiamo alla nozione di «di-
screzionalità tecnica», soprattutto allorché si voglia legittimare un sindacato
maggiormente deferente79.
Nella maggior parte dei casi, la categoria continua a ricevere una sua legit-
timazione – e una sua giustificazione a livello pratico – soprattutto in virtù della
contrapposizione con la vera discrezionalità amministrativa: e così si sottolinea il
fatto che, mentre quest’ultima si fonderebbe su una comparazione di interessi,
la discrezionalità tecnica si caratterizzerebbe per la cura di un solo interesse af-
fidato all’amministrazione80. In una prospettiva non dissimile, in alcuni settori –
come quello dei contratti pubblici – il riferimento alla tecnicità della valutazione
o dei parametri tecnici utilizzati dalla p.a. è valorizzato nella prospettiva di limi-
tare l’arbitrarietà delle scelte amministrative a presidio della concorrenza81. E
tuttavia, non sono infrequenti i casi in cui la distinzione con la discrezionalità
amministrativa è molto meno nitida e in cui la giurisprudenza fa riferimento al
concetto di «discrezionalità tecnico-amministrativa»82 o ad un’attività valutativa
di tipo «tecnico-discrezionale»83.

meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo
di verifica delle cause di servizio».
75 In ambito farmaceutico si è fatto riferimento al concetto di «merito tecnico» con riguardo

a quelle «valutazioni tecnico-scientifiche in campo medico talmente specifiche da sottrarsi per


loro natura al sindacato del giudice amministrativo»: TAR Lombardia, sez. I, 6 luglio 2011, n. 817.
76 TAR Lombardia, Milano, 10 giugno 2016, n. 1171, sulle valutazioni delle offerte in mate-

ria di contratti pubblici.


77 Secondo Cons. St., sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6022, «la individuazione del mercato, sul

piano geografico e merceologico, è espressione del potere di valutazione tecnica che può essere
sindacato solo quando viola il principio di ragionevolezza».
78 Con riguardo alla vigilanza bancaria, TAR Lazio, sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157 ha sottoli-

neato che la verifica della «sana e prudente gestione» sarebbe «riconducibile alla categoria delle
valutazioni tecniche complesse».
79 In materia antitrust, Cons. St., sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3291 ha fatto riferimento alle

«scelte di merito dell’Autorità, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica».


80 In materia di valutazioni paesaggistiche TAR Veneto, sez. II, 26 gennaio 2017, n. 93, se-

condo cui l’amministrazione «è chiamata ad esercitare valutazioni proprie della discrezionalità


tecnica caratterizzata dal perseguimento di un unico interesse, e non può legittimamente svolgere
quell’attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alla sua cura (la tutela del
paesaggio) con interessi di altra natura e spettanza che è propria della discrezionalità ammini-
strativa».
81 Secondo Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081, la stessa individuazione del prezzo da

porre a base d’asta non implica una mera scelta di convenienza e opportunità ma una valutazione
che va condotta alla stregua di cognizioni tecniche al fine di escludere profili di arbitrarietà che
possano determinare una «alterazione della concorrenza».
82 Come in materia urbanistica relativamente alla «scelta fra la cessione delle aree necessarie

per la realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero la loro monetizzazione»: Cons. St., sez.
IV, 7 febbraio 2011, n. 824.
83 Si veda Cons. St., sez. II, 18 luglio 2019, n. 5071 in materia di concorsi pubblici.
20 ALFREDO MOLITERNI

All’ampio utilizzo del medesimo nomen – seppur, come si è visto, con fina-
lità e obiettivi non sempre coincidenti – non corrisponde, tuttavia, una reale
uniformità del trattamento giurisprudenziale che se ne fa discendere. L’analisi
dei diversi ambiti e settori in cui è frequente il ricorso alla discrezionalità tecnica
fa emergere, infatti, una grande disomogeneità delle tecniche e delle modalità
che caratterizzano in concreto il sindacato giurisdizionale, con prevalenza spesso
di equilibri interni ai singoli settori in cui interviene la valutazione tecnica, an-
che alla luce del peso attribuito agli specifici precedenti in materia84. Ma non
sono infrequenti discrasie e incoerenze all’interno dei medesimi settori, ove si
possono scorgere orientamenti assai differenti con riguardo alla medesima tipo-
logia di valutazione e di controversia85. In alcuni casi, d’altra parte, è lo stesso
giudice ad esplicitare la possibilità di attivare alternativamente, con riguardo a
certe decisioni, tecniche di controllo di carattere «formale ed estrinseco» o tec-
niche di controllo di carattere intrinseco per verificare «l’attendibilità delle va-
lutazioni/operazioni tecniche»86. Da questo punto di vista, quindi, il riferimento
al concetto di discrezionalità tecnica non conduce all’applicazione di uno stan-
dard di controllo unitario e uniforme: le “fughe in avanti” in termini di mag-
giore pervasività dell’intervento giurisdizionale (spesso assai valorizzate in am-
bito dottrinario) convivono con orientamenti molto più cauti, che si pongono in
linea di forte continuità con il tradizionale e consolidato approccio giurispru-
denziale al tema della discrezionalità tecnica87. La stessa “svolta” intervenuta nel
1999 – che avrebbe dovuto aprire le porte ad un sindacato sull’attendibilità
della valutazione tecnica – appare, in moltissimi casi, completamente ignorata
anche nello stesso settore delle valutazioni medico-legali in cui è intervenuta88: il
che appare in parte da ricondursi al fatto che anche tale pronuncia, al di là delle
condivisibili affermazioni di principio in merito alla distinzione tra opportunità

84 Come sottolineato da A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche,

cit., 454, secondo cui «se si esamina la giurisprudenza amministrativa, i criteri generali possono
essere utili solo in misura limitata: l’impostazione dogmatica spesso non aiuta e il suo spazio è
occupato semmai dalla cosiddetta analisi topica, basata sulla ricerca di equilibri “settoriali”». In
questo senso anche G. D’ANGELO, Giudice amministrativo, cit., 659 ss.
85 È quanto emerge – in maniera più o meno netta – con riguardo ad ogni settore conside-

rato, come si vedrà meglio nei Capitoli che seguono. Come emerge dal cap. VII di S. de Nitto, in
ambito antitrust affianco a pronunce caratterizzate da un controllo «pieno e particolarmente pe-
netrante» (Cons. St., VI, 15 maggio 2015, n. 2479; Cons. St., VI, 21 dicembre 2019, n. 8695), si
riscontrano orientamenti fondati su approcci assai deferenti (Cons. St., VI, 15 maggio 2015, n.
2479). E ancora, – come evidenziato da F. Pileggi nel cap. II – nell’ambito dei giudizi concernenti
la dipendenza da causa di servizio, si registrano isolate, ma significative, decisioni in cui il giudice
ha ritenuto di poter esercitare un sindacato pieno e non di mera logicità e razionalità sugli ap-
prezzamenti medico-legali, attraverso l’ausilio del consulente tecnico (TAR Lombardia, Milano,
sez. III, 21 maggio 2010, n. 1595). Anche in ambito farmaceutico, ove pure appare prevalente un
sindacato di tipo estrinseco, non mancano pronunce in cui il giudice afferma, in linea di principio,
la necessità di esercitare un sindacato di tipo “intrinseco” (TAR Lazio, sez. III-quater, 21 dicem-
bre 2016, n. 12722): si veda il cap. III di A. Falchi Delitala.
86 Così, esplicitamente, con riguardo al sindacato sull’analisi della parte tecnica delle offerte

dei concorrenti che partecipano ad una pubblica gara: TAR Trentino Alto Adige, Trento, 15 feb-
braio 2016, n. 86.
87 G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche, cit., 716.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 21

e opinabilità, non si caratterizzò per il concreto esercizio di un sindacato pene-


trante sull’attendibilità della valutazione tecnica89.
Venendo alle principali tendenze che caratterizzano la giurisprudenza, da
un lato, è possibile rinvenire una serie di orientamenti che – soprattutto con ri-
guardo all’attività delle autorità indipendenti – hanno utilizzato il riferimento
alla tecnica per prospettare (o quanto meno per dichiarare) un controllo assai
intenso, che può atteggiarsi come «intrinseco e forte»90: a fronte, infatti, di va-
lutazioni tecnicamente complesse come quelle relative alla regolazione del set-
tore energetico, il giudice sarebbe chiamato ad effettuare un controllo «con gli
occhi dell’esperto», ovvero riutilizzando le stesse regole tecniche impiegate dal-
l’Autorità91. Un simile sindacato può spingersi sino a «falsificare»92 la scelta del
modello scientifico adottato dall’Autorità e verificare la stessa «correttezza del
modello economico»93; e ciò, anche attraverso una stringente verifica sulla com-
patibilità di tale modello con le specifiche finalità della regolazione di settore94.
Si ribadisce che il giudice dovrebbe verificare il «rispetto dei canoni di ragione-

88 Si veda, sul punto, il cap. II di F. Pileggi.


89 Come è noto, nella sentenza Cons. St., sez. IV, 6 aprile 1999, n. 601, venne rigettato il
criterio tecnico utilizzato dal Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, non in seguito alle
risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, ma piuttosto sulla base di consolidati indirizzi
della giurisprudenza contabile e giuslavoristica in materia di dipendenza da causa di servizio nei
casi di infarto. Tale contraddizione è stata ampiamente sottolineata in dottrina, ove si è sottoli-
neato l’assorbimento della questione tecnica in una dimensione essenzialmente normativa e sulla
base di argomenti giuridici: si veda D. DE PRETIS, Discrezionalità tecnica e incisività del controllo
giurisdizionale, in Giorn. dir. amm., 1999, 1179 ss.; nonché A. TRAVI, Il giudice amministrativo e
le questioni tecnico-scientifiche, cit., 446 s. secondo cui «ancora una volta “il limite finale alla
statuizione del giudice” non è rappresentato dalla discussione sul profilo tecnico della contro-
versia».
90 In materia di regolazione dell’energia si veda Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 162,

secondo cui «la necessità di un sindacato intrinseco e forte sotto questo profilo rappresenta allora
una forma di garanzia non solo per il privato, ma anche e prima ancora per l’Autorità».
91 Si veda ancora Cons. St., n. 162/2016, secondo cui «le scelte regolatorie in materie tecni-

camente complesse possono risultare incomprensibili agli occhi del profano, ma questo non basta
per desumerne il difetto di motivazione, avendo il giudice l’onere di esaminarle riutilizzando gli
stessi criteri tecnici utilizzati dall’Autorità per verificare se, in tale ottica “specialistica”, la scelta
regolatoria riveli una sua intrinseca attendibilità o ragionevolezza»; sulla necessità di ricorrere alle
«conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministra-
zione indipendente», di recente, Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 780.
92 Come evidenziato in un caso di regolazione dei prezzi per l’accesso alla rete nel settore

delle comunicazioni elettroniche: Cons. St., sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5708, relativamente alla
possibilità di verificare la «falsicabilità» ma non la «falsità» del modello scientifico adottato dal-
l’Autorità in materia di algoritmi.
93 Si veda, in materia di comunicazioni elettroniche, anche Cons. St., sez. III, 14 luglio 2016,

n. 3143 anche sulla coerenza del modello economico rispetto alle finalità sottese alla scelta rego-
latoria.
94 Come emerso nelle molte pronunce in materia di canone di accesso alla rete, su cui si

veda ampiamente il cap. IX di L. Lorenzoni. Ad esempio, Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n.
1645 ha imposto all’Autorità di verificare «con un’analisi di tipo comparato e mediante un ade-
guato approfondimento istruttorio, se la strada indicata dalla Commissione, coerente in toto con
il modello BULRIC, sarebbe stata preferibile rispetto all’adozione del retail minus per i servizi
WLR e WBA, non soltanto per consentire una miglior concorrenza tra gli operatori, ma proprio
per favorire una maggior infrastrutturazione».
22 ALFREDO MOLITERNI

volezza tecnica, di congruità scientifica e di corretto accertamento dei presup-


posti di fatto»95; proprio in ragione di ciò, ad esempio, si è pervenuti a verificare
la concreta metodologia di calcolo usata dall’Autorità di regolazione per indivi-
duare il denominatore della formula matematica attraverso cui determinare la
soglia di tolleranza mensile degli sbilanciamenti96. Di recente, un sindacato assai
penetrante – e volto a verificare internamente la violazione del «principio di ra-
gionevolezza tecnica» della decisione – è stato esercitato anche in un settore tra-
dizionalmente caratterizzato da una maggiore deferenza, come quello farmaceu-
tico: in particolare, con riguardo alle valutazioni dell’Aifa sull’utilizzo dell’idros-
siclorochina per il trattamento del Covid-1997, il giudice ha sottolineato la
necessità di avvalersi delle «conoscenze tecniche appartenenti alla medesima
scienza specialistica applicata dall’amministrazione indipendente, sulla attendi-
bilità, coerenza e correttezza degli esiti, in specie rispetto ai fatti accertati ed alle
norme di riferimento attributive del potere»98.
Ma è soprattutto in ambito antitrust che – anche alla luce degli orienta-
menti della Corte di Giustizia99 – si è prospettata da tempo la necessità di porre
in essere un controllo pieno da parte del giudice, in grado di avvicinarsi alla
stessa sostanza dell’analisi economica condotta dall’Autorità100; in questa pro-
spettiva, attraverso il raffronto diretto tra i parametri giuridici indeterminati e i
fatti concretamente accertati, il giudice si è spinto a verificare se la soluzione
adottata dall’Agcm nel determinare il mercato rilevante rientrasse o meno nella
ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate, alla luce della
tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto101; o, ancora, si è
spinto a valutare la spiegazione logico-economica della sostituibilità di un pro-
dotto in un dato mercato, dando voce alle «componenti soggettive, legate al
fatto che le decisioni dei consumatori sono frutto anche di condizionamenti so-
ciali e di convinzioni diffuse in uno specifico contesto spazio-temporale»102.

95 Così TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1481, nonché Consiglio di Stato,
VI, 2 maggio 2012, n. 2521, ove, in un caso relativo alla regolazione delle tariffe energetiche, si è
fatto riferimento al concetto di «ragionevolezza tecnica». In materia di comunicazioni elettroni-
che, Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645.
96 Si veda ampiamente il cap. VIII di F. Caporale, relativamente a TAR Lombardia, n.

1481/2019.
97 Si tratta della recente ordinanza del Cons. St., sez. III, 11 dicembre 2020, n. 7097, la quale

ha sospeso l’ordinanza del TAR Lazio, sez. III, 16 novembre 2020, n. 7069.
98 Pur all’interno di un giudizio cautelare, il giudice ha sottolineato la necessità di procedere

alla «verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro coerenza
e correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo».
99 Sulla centralità che il settore antitrust ha avuto nel processo di intensificazione del sinda-

cato della Corte di Giustizia sugli accertamenti complessi, si veda il cap. XII di M. Eliantonio e A.
Volpato.
100 Come prospettato nella risalente e nota pronuncia Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n.

926, ove si sottolinea la possibilità del giudice di «rivalutare le scelte tecniche compiute da questa,
sia applicare la corretta interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie con-
creta in esame».
101 Sul punto, recentemente, Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2020, n. 1943.
102 Cons. St., sez. VI, 13 marzo 2020, n. 1832.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 23

Proprio a testimonianza della necessità di porre in essere un sindacato di mag-


giore intensità, è stata recentemente prospettata la necessità per il giudice di
esercitare un controllo che, lungi dal rimanere confinato nel giudizio di mera at-
tendibilità, si spinga a verificare la «maggiore attendibilità» della decisione anti-
trust, anche attraverso un puntuale confronto con le soluzioni e ricostruzioni
tecniche alternative prospettate dalle parti e, soprattutto, sulla base di una piena
e diretta verifica dei fatti sotto il profilo della loro «intrinseca verità»103.
In una direzione opposta, si collocano quegli orientamenti – a dire il vero
prevalenti – in cui il richiamo alla tecnicità della decisione è invece funzionale a
giustificare un controllo molto deferente e pressoché “appiattito” sulle tradizio-
nali tecniche di controllo di esercizio del potere (come nel caso delle valutazioni
paesaggistico-culturali, degli accertamenti medico-sanitari o delle valutazioni in
materia di contratti pubblici, concorsi, scuola e università)104. In tali casi, si ri-
badisce l’esistenza di un sorta di nesso biunivoco tra discrezionalità tecnica e
controllo limitato ai profili «di irragionevolezza manifesta» o di «palese travisa-
mento dei fatti»105: e così, si chiarisce che «i giudizi resi dagli organi medico-le-
gali sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata dal pubblico
dipendente sono connotati da discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperi-
bile su di essi dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di ir-
ragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti»106. In materia di concorsi, si
giunge a sottolineare l’assenza di un vero e proprio onere motivazionale in capo
alla p.a., in ragione del fatto che – non essendo l’attività valutativa della p.a. ca-
ratterizzata da una vera «scelta amministrativa» – sarebbe sufficiente l’indica-
zione di un punteggio numerico che non sarebbe «sindacabile in difetto di ar-
gomenti logici a comprova della eventuale abnormità della valutazione espressa
dalla Commissione»107. Anche là dove – come nel caso degli appalti – la tecnica

103 Si tratta della nota pronuncia del Cons. St., sez. VI, 19 luglio 2019, n. 4990 (Avastin Lu-

centis), ove si precisa che a fronte dell’individuazione normativa della fattispecie lesiva della con-
correnza «il giudice non deve limitarsi a verificare se l’opzione prescelta da quest’ultima rientri o
meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date a quel problema alla luce
delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto, bensì deve procedere ad una compiuta e di-
retta disamina della fattispecie». Ai fini dell’effettività della tutela, «al sindacato (non sostitutivo)
di “attendibilità” va dunque sostituito un sindacato pieno di “maggiore attendibilità”».
104 Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 3 luglio 2012, n. 3893 in materia di valutazioni

paesaggistiche, su cui si veda il cap. V di M. Bray. Naturalmente, come emerge dal cap. IV di M.
Croce, le ragioni e gli spazi della deferenza si amplificano là dove il giudice valorizza la stessa con-
tiguità tra la valutazione tecnica e la valutazione discrezionale, come in materia di VIA (Cons. St.,
sez. V, 23 marzo 2017, n. 1392).
105 Si veda, in materia di valutazioni medico-legali, Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2019, n.

1689.
106 Così, TAR Umbria, sez. I, 11 marzo 2016, n. 222, secondo cui si tratta di un limite che

«permette al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio
di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi ac-
certati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l’accertamento del nesso di causalità
tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal
servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo medico».
107 Così Cons St., sez. IV, 30 settembre 2016, n. 4040, in materia di esami di abilitazione per

l’accesso alla professione forense.


24 ALFREDO MOLITERNI

viene valorizzata per limitare l’arbitrio e la discrezionalità della stazione appal-


tante in funzione “pro-concorrenziale”, non se ne fanno discendere conseguenze
realmente significative sul piano dell’intensità del controllo, il quale continua ad
essere limitato ai casi in cui le valutazioni siano «manifestamente illogiche, irra-
zionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e ma-
nifesto travisamento dei fatti»108. Tali orientamenti sono stati, d’altra parte, forte-
mente confortati dalla stessa giurisprudenza di Cassazione che ha in più occa-
sioni censurato i tentativi del giudice amministrativo di entrare con maggiore
decisione nella valutazione tecnica, anche in virtù della possibilità di ricorrere alla
consulenza tecnica109. In questa prospettiva, quindi, proprio la tecnicalità che
ispira la decisione diviene talvolta motivo e occasione per assicurare un sindacato
più debole rispetto a quello esercitato sulla discrezionalità amministrativa.
Ad un utilizzo così disomogeneo della categoria non corrisponde neanche
un’esplicitazione delle ragioni che sottintendono, nelle diverse ipotesi, il diffe-
rente atteggiamento del giudice110, il quale continua ad essere il dominus nella
definizione dello stesso perimetro delle controversie tecnico-scientifiche da ri-
servare alla valutazione dell’amministrazione111; né si è cercato di prospettare
una possibile distinzione tra i giudizi tecnici in relazione alla loro diversa strut-
tura e natura112. Talvolta risultano prevalenti esigenze e obiettivi di politica del

108 Cons. St., sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6006.


109 Si veda, tra le tante, Cass., sez. un., 12 maggio 2017, n. 11804, la quale ha chiarito che
«non costituisce eccesso negativo di potere giurisdizionale la valutazione di sufficienza e congruità
che il giudice amministrativo operi sugli accertamenti tecnici svolti dall’autorità amministrativa,
nell’ambito di procedure di evidenza pubblica connotate da un elevato tasso di discrezionalità tec-
nica». D’altra parte, non può valere nel senso di riconoscere un sindacato maggiormente pene-
trante sulle scelte tecniche adottate dalla commissione di gara, la possibilità di nominare, ai sensi
dell’art. 67 c.p.c., un CTU, in quanto detta opzione «non implica che il giudice amministrativo
debba farvi ricorso per sostituire il proprio accertamento tecnico a quello effettuato dall’autorità
amministrativa ai fini delle operazioni di gara».
110 Come sottolineato già da C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit.,

145 ss., è grave la «mancanza di una esplicita prospettiva (o di una esplicita premessa) unitaria che
possa contribuire a spiegare, insieme e in coerenza con gli elementi di ciascuna fattispecie, perché
in un caso si adotta la soluzione del carattere riservato e in un altro no». Tale difformità continua
spesso ad affermarsi in via di fatto, come già sottolineato da M. NIGRO, Giustizia amministrativa,
IV ed., Bologna, 1994, 288, secondo cui, pur in un conteso di tendenziale self-restraint del giudice,
«in alcune materie (normalmente quelle in cui è più sentita dal Consiglio di Stato l’esigenza di di-
fesa dei diritti e delle libertà individuali dall’ingerenza pubblica: ad es. in materia di autorizza-
zioni) il sindacato de facto è più ampio che altrove».
111 Come sottolineato da A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche,

cit., «il giudice si ritiene competente a stabilire le linee di confine: è lui che decide quali contro-
versie riguardino profili tecnico-scientifici effettivamente controversi e perciò riservati all’ammini-
strazione».
112 Come già denunciato da F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisprudenziale della discreziona-

lità, in V. PARISIO (a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 114 s., se-
condo cui «per ragioni di semplificazione, la giurisprudenza amministrativa, dinanzi ad una gra-
duazione di possibili giudizi, che contempla giudizi di esistenza e inesistenza, giudizi di esattezza
e inesattezza, giudizi di congruità e incongruità e, in ultimo, giudizi di opportunità e inopportu-
nità, non ha operato una differenziazione sulla base dell’oggetto (o del criterio) del giudizio, ma
ha preferito porre in essere una differenziazione meno analitica, separando i giudizi di esistenza
semplici da tutti gli altri giudizi».
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 25

diritto tutti interni al settore considerato, che poi si cerca di amalgamare o ren-
dere compatibili, in maniera più o meno esplicita, all’interno di un modello ge-
nerale di sindacato sulla tecnica: si pensi al peso che – rispetto a un utilizzo as-
sai parsimonioso dei mezzi istruttori in sede processuale – viene ad assumere l’e-
sigenza di ridurre i rischi di disparità di trattamento nei concorsi pubblici113; ma
si pensi anche all’assoluta peculiarità che caratterizza il contenzioso in materia
antitrust, rispetto al quale sono emerse ragioni specifiche di intensificazione del
sindacato giurisdizionale (legate ad esempio all’afflittività del potere esercitato),
che spesso trascendono lo stesso problema della tecnica114.
In tale contesto, appaiono generalmente molto valorizzati, al fine di giusti-
ficare la diversa intensità del sindacato, gli argomenti – invero assai generici –
dell’effettività della tutela giurisdizionale115, da un lato, e dell’esigenza di salva-
guardare la separazione dei poteri, dall’altro116. Sono invece scarsamente inda-
gate sia le concrete modalità con cui – nelle diverse fattispecie – si perviene alla
decisione di natura tecnica, sia il modo in cui, sul piano soggettivo, la valuta-
zione tecnica si inserisce all’interno del processo decisionale, tenuto conto, ad
esempio, dell’eventuale coinvolgimento di organismi tecnici esterni alle singole
amministrazioni e stabilmente individuati dall’ordinamento al di là della speci-
fica fattispecie controversa117. È d’altra parte indicativo che, all’interno dei me-

113 Ad esempio, come emerge nel cap. II di F. Pileggi, il Consiglio di Stato disattende di fre-

quente le risultanze della verificazione e della consulenza tecnica disposte in primo grado, evi-
denziando la «sostanziale irripetibilità» dell’accertamento d’idoneità, in ragione del fatto che «la
legittimità dei provvedimenti amministrativi deve essere apprezzata avuto riguardo allo stato di
fatto e di diritto presente al momento dell’adozione dei relativi provvedimenti» – e, dunque, al
momento in cui i candidati vengono sottoposti alla visita medica in sede concorsuale – anche al
fine di non violare il principio della par condicio dei concorrenti: così Cons. St., sez. III, 7 novem-
bre 2018, n. 6703.
114 Sicuramente il contenzioso in materia antitrust appare caratterizzato da un notevole in-

terventismo e attivismo giudiziale, come dimostra l’elevato numero di sentenza annullamento e ri-
modulazione della sanzione (oltre il 60% dei casi decisi dall’Autorità), soprattutto se comparato
all’intervento del giudice europeo sugli stessi poteri esercitati dalla Commissione (attorno al 40):
si veda, in questa prospettiva, lo studio di A. CASTALDO, M. GRANTALIANO, N.M. FARAONE, La ri-
determinazione giudiziale delle sanzioni antitrust: tra discrezionalità tecnica e metodologica, in Mer-
cato, Concorrenza, Regole, 2018, 487 ss.; a livello europeo, T. TRIDIMAS, G. GARI, Winners and Lo-
sers in Luxembourg: A statistical analysis of Judicial Review before the European Court of Justice
and the Court of First Instance: 2001-2005, in European Law Review, 2010, vol. 35, 160-161.
115 Si veda la recente pronuncia Avastin-Lucentis del Cons. St., n. 4990/2019, ove si sottoli-

nea che «la propensione del giudice amministrativo a spingersi “oltre” la rappresentazione dei
fatti forniti dal procedimento è senza dubbio riconducibile alla nuova configurazione dell’oggetto
e della funzione del processo amministrativo, ispirato al canone della effettività della tutela».
16 Si veda, ad esempio, TAR Campania, sez. IV, 2 febbraio 2017, n. 704, secondo cui «il

principio di separazione dei poteri impone di escludere la possibilità che il g.a. eserciti un sinda-
cato, ad un tempo “intrinseco” (cioè effettuato utilizzando le cognizioni tecniche necessarie) e
“forte” (ossia tale da consentire al giudice di sostituire la propria valutazione tecnica a quella del-
l’Amministrazione) sull’esercizio della discrezionalità tecnica».
117 Si pensi, in materia di valutazioni medico-legali, al ruolo ricoperto dal Comitato di veri-

fica per le cause di servizio, rispetto al quale Corte cost., 21 giugno 1996, n. 209 ha valorizzato la
peculiare autorevolezza e soprattutto imparzialità che sarebbe garantita dalla sua stessa composi-
zione (magistrati, alti dirigenti, superiori medici). In una prospettiva simile, Cons. St., sez. IV, 18
febbraio 2003, n. 877; Cons. St, sez. III, 6 agosto 2015, n. 3878. Sulla rilevanza delle modalità di
26 ALFREDO MOLITERNI

desimi settori (come quello delle valutazioni ambientali), talvolta si valorizzi l’ex-
pertise tecnica delle amministrazioni coinvolte nell’attività istruttoria al fine di li-
mitare il sindacato118; altre volte, invece, viene valorizzata la natura politica del-
l’organo competente ad adottare il provvedimento finale (come ad esempio la
giunta regionale)119.
Scarsa attenzione viene invece generalmente prestata alla specifica dimen-
sione organizzativa del soggetto a cui è affidata la valutazione tecnica. In alcuni
ambiti (come quello dei beni culturali), la riserva in favore dell’amministrazione
sembra assumere un rilievo “immanente” non tanto in ragione della qualifica-
zione soggettiva del “corpo” burocratico a cui è affidata la decisione, quanto e
soprattutto in ragione della obiettiva incertezza e opinabilità delle valutazioni
tecniche, le quali proprio per questo motivo «spettano soltanto» alla p.a.120. Si-
milmente, in ambito ambientale si valorizza non già la particolare competenza
dell’Arpa, ma piuttosto l’assenza di «certezza scientifica» che caratterizza molte
valutazioni specialistiche121. La stessa autonomia riconosciuta all’ordinamento
universitario e alla comunità scientifica, sembra intensificarsi soprattutto in pre-
senza di valutazioni afferenti ad ambiti disciplinari non riconducibili alle scienze
esatte122. Ma appare assai debole la valorizzazione della peculiare competenza e

composizione degli organi tecnici, C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica. La tecnica fra pro-
cedimento e processo amministrativo, Napoli, 2008, 190 ss., 328 ss.
118 Come emerge nel cap. IV di M. Croce, con riguardo a Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2011,

n. 220, ove si è valorizzato il fatto che la Regione avesse «fondato la propria decisione su un pa-
rere tecnico emanato da un organo altamente specializzato» (cioè l’Ufficio Regionale per la Tutela
dell’Acqua e del Territorio); e questo anche nella prospettiva di limitare il ricorso ai mezzi istrut-
tori a disposizione del giudice amministrativo, a fronte della stessa infungibilità dei pareri tecnici
resi in sede istruttoria (Cons. St., sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392, relativo al c.d. “gasdotto TAP”).
119 Si veda Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254, ove il provvedimento di Via viene in-

teso come «un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo po-
litico-amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), at-
traverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urba-
nistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati, che su di esso
insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta re-
gionale».
120 Si veda Cons. St., sez. II, 7 febbraio 2020, n. 983, ove si chiarisce che l’eventuale rela-

zione tecnica di parte ricorrente «presenta (solo) valutazioni opinabili in merito alla compatibilità
paesaggistica del manufatto che, invece, spettano soltanto all’Amministrazione a ciò preposta e co-
stituiscono, come è noto, espressioni di discrezionalità tecnica». È una riserva, che, come eviden-
ziato da M. Bray nel cap. V, si viene ulteriormente a rafforzare con riguardo alle valutazioni delle
opere realizzate da “artisti d’avanguardia”. Valorizza, invece, la peculiare legittimazione organiz-
zatoria del giudizio, in quanto «“rappresentativa” della investitura degli esperti (storici e critici
d’arte) deputati a formularli», TAR Lazio, sez. II-quater, 30 luglio 2006, n. 7757.
121 Si veda Cons. St., sez. IV, 3 settembre 2019, n. 6071, ove in materia di rilascio di un’Au-

torizzazione unica ambientale (AUA) relativa alle emissioni in atmosfera prodotte da un impianto
industriale, si conferma la legittimità del provvedimento dell’ARPA valorizzandosi il fatto che tali
soggetti sono «competenti a formulare valutazioni prognostiche di natura specialistica involgenti
campi del sapere privi del carattere di certezza scientifica».
122 Come emerge chiaramente nel cap. VI di F. Savo Amodio, con riguardo, ad esempio, a

Cons St., sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 8471, ove si valorizza il fatto che «il provvedimento tec-
nico-discrezionale si costruisce e si esplica mediante l’attingimento di standard valutativi apparte-
nenti a scienze extra-giuridiche (scienze umane o scienze sociali, secondo una tradizionale termi-
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 27

dello specifico modello organizzativo anche con riguardo alle Autorità indi-
pendenti, pur essendovi stata una progressiva convergenza dei relativi orienta-
menti verso la giurisprudenza affermatasi in ambito antitrust123: solo in rare pro-
nunce si è infatti tentato di esplicitare, con chiarezza, la necessità di calibrare il
sindacato tenendo conto della peculiare expertise e conformazione di tali sog-
getti124.
La scarsa attitudine a esplicitare in maniera trasparente le ragioni – anche
“meta-giuridiche” – che nei diversi casi vengono concretamente a giustificare la
differente intensità del controllo giurisdizionale appare ancor più grave se si
considera che essa si unisce spesso ad una – non meno problematica – dissocia-
zione tra il sindacato annunciato e il sindacato concretamente praticato dal giu-
dice125. Al di là dell’utilizzo di massime giurisprudenziali che sono “trapiantate”
da un settore all’altro con esiti radicalmente opposti e senza grande attenzione
al modo in cui la peculiarità della controversia o del settore abbia effettivamente
pesato nella risoluzione del caso specifico, va evidenziata una diffusa discrasia
tra le affermazioni di principio addotte per giustificare un certo tipo di inter-
vento e la concreta modalità con cui viene esercitato il sindacato giurisdizionale:
è una discrasia, che, d’altra parte, appare strettamente riconducibile al fatto che
la stessa prospettazione (teorica) di un sindacato intrinseco non è quasi mai ac-

nologia epistemologica), che presentano per loro natura un alto tasso di opinabilità e che, a diffe-
renza delle scienze così dette esatte, rifuggono da parametri oggettivabili, calcolabili, misurabili in
termini aritmetici». Nella stessa pronuncia, comunque, si valorizza anche l’importanza di aver de-
mandato il giudizio «ad appositi organismi tecnici dotati di speciali competenze nella branca del
sapere direttamente interessata dall’affare amministrativo dedotto in giudizio, specie alla luce del
valore costituzionale dell’autonomia universitaria».
123 Come emerge in TAR Lazio, sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157, ove si sottolinea che, relati-

vamente a un’autorizzazione della Banca d’Italia, venendo «in rilievo provvedimenti discrezionali
di un soggetto riconducibile alla categoria delle autorità indipendenti, sembra congruo il richiamo
alla recente giurisprudenza della VI Sezione del Consiglio di Stato, per quanto applicabile, con cui
è stato affrontato funditus, in riferimento agli atti dell’Autorità garante della concorrenza e del
mercato, il complesso tema della discrezionalità tecnica e della sua sindacabilità in sede giurisdi-
zionale».
124 Si veda, con riguardo al sindacato sugli atti dell’Agcom, Tar Lazio, sez. III, 26 novembre

2019, n. 13568, ove si sottolinea che il sindacato in materia di discrezionalità tecnica «si pone in
una dimensione peculiare, in presenza delle regole tecniche e delle competenze, che rientrano nel
bagaglio di conoscenze specialistiche proprie delle cosiddette Autorità indipendenti». In ragione
di ciò, «in ordine all’apprezzamento – condotto in base a dette competenze e insindacabile nel
merito – occorre quindi un’ulteriore riflessione, intesa a coordinare l’evoluzione giurispruden-
ziale, in materia di sindacato di legittimità sugli atti discrezionali, con le peculiari esigenze del giu-
dizio su provvedimenti, emessi dalle citate Autorità Garanti. Per tali provvedimenti, infatti, l’evo-
luzione della giurisprudenza, in materia di sindacato sugli atti discrezionali, non può non incon-
trare una delimitazione almeno in parte diversa, tenuto conto della specifica competenza, della
posizione di indipendenza e dei poteri esclusivi, spettanti alle medesime Autorità» (corsivo ag-
giunto).
125 Come messo in luce già da G. PARODI, Tecnica, ragione e logica, cit., 108 ss., rispetto alla

possibilità di effettuare un sindacato intrinseco in maniera “camuffata” e attraverso una serie di


espedienti retorici. Si tratta, d’altra parte, di una tendenza che, secondo P. CRAIG, UK, EU and
Global Administrative Law. Foundations and Challenges, Cambridge, 2015, 486 caratterizzerebbe
in maniera particolare i sistemi continentali di judicial review fondati su classificazioni e modelli
teorici rigidi di sindacato.
28 ALFREDO MOLITERNI

compagnata dal ricorso agli strumenti istruttori, risolvendosi generalmente in un


controllo di natura documentale e sulla logicità sulla motivazione126.
Anche nel recentissimo caso in cui il giudice amministrativo ha prospettato
la possibilità di effettuare un controllo di «maggiore attendibilità», in realtà la
sentenza non è sembrata realmente discostarsi – se non nell’affermazione del
principio di diritto – dalla precedente e più consolidata struttura del sindacato
giurisdizionale sulle valutazioni Antitrust127: il che è peraltro dimostrato anche
dal fatto che, nelle pronunce successive, si è spesso fatto riferimento a tale sen-
tenza, ma per legittimare, in concreto, un sindacato limitato alla mera attendibi-
lità tecnica128. Al tempo stesso, possono rinvenirsi casi in cui, a dispetto dell’e-
splicita ricostruzione del sindacato come limitato ai profili di logicità e ragione-
volezza tecnica della decisione, si perviene in concreto ad effettuare valutazioni
sulla intrinseca bontà della soluzione prescelta dalla p.a. anche in settori forte-
mente specialistici (come quello tecnologico)129. Non diversamente, può capi-
tare che nell’ambito di una valutazione astrattamente limitata a verificare la ra-
gionevolezza e la logicità della processo di contestualizzazione dei parametri
giuridici indeterminati e di raffronto con i fatti accertati, il giudice pervenga in
realtà a considerare i concreti benefici derivanti dalla pattuizione conclusa dalle
parti e lo specifico effetto anticoncorrenziale delle clausole di non concorrenza,
con un’indagine approfondita del contesto economico e giuridico di riferi-
mento130.
La tensione che emerge tra il sindacato annunciato e quello concretamente
praticato appare in ultima analisi riconducibile alla stessa incertezza che ha ca-
ratterizzato il concreto utilizzo delle più ricorrenti “coppie concettuali” a cui si
è fatto riferimento per modellare l’intensità del sindacato (debole/forte, estrin-

126 Come emerge, ad esempio, negli stessi settori caratterizzati da un elevato livello di tecni-

calità delle valutazioni, come quello farmaceutico, su cui si veda il cap. III di A. Falchi Delitala, il
quale fa riferimento a TAR Lazio, n. 12722/2016, ove il giudice, in un caso concernente la classi-
ficazione di un farmaco in relazione al profilo di tossicità, pur affermando a livello teorico la ne-
cessità di un sindacato penetrante perviene poi all’annullamento dei provvedimenti solo in virtù
della contraddittorietà della decisione amministrativa rispetto alle risultanze istruttorie del pro-
cedimento.
127 Come evidenziato in maniera critica da M. DELSIGNORE, I controversi limiti del sindacato

sulle sanzioni Agcm: molto rumore per nulla?, in Dir. proc. amm., 2020, 743.
128 Si veda ad esempio Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2019, n. 6315, ove si richiama il pre-

cedente Avastin-Lucentis del Cons. St., n. 4990/2019, ma si sottolinea la necessità del giudice, pur
all’interno di un sindacato intrinseco, di limitarsi a «“verificare se siffatta risposta rientri o meno
nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate, che possono essere date a
quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto” (Cons.
Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990). Tale sindacato è stato definito di “attendibilità tecnica” e
“non sostitutivo” (Cons. Stato, sez. VI, n. 4990 del 2019, cit.)».
129 Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. III, 19 marzo 2020, n. 1957, il quale – come eviden-

ziato da F. Costantino nel cap. XII – arriva ad esprimere un apprezzamento per la nuova tecnolo-
gia adottata in materia di carte di identità elettroniche, la quale rappresenterebbe «la sintesi delle
soluzioni più avanzate in termini di sicurezza sia logica sia fisica», addentrandosi poi nella pro-
spettazione delle caratteristiche tecnologiche della stessa, anche in comparazione con le tecnolo-
gie pregresse che, ad avviso degli appellanti, sarebbero state invece più sicure.
130 Si veda, in materia antitrust, Cons. St., sez. VI, 4 giugno 2020, n. 3503.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 29

seco/intrinseco, attendibilità/maggiore attendibilità)131. Il riferimento al sinda-


cato “estrinseco” è generalmente prospettato per giustificare un sindacato limi-
tato agli «stretti limiti della configurabilità di profili di manifesta illogicità o di
palese erroneità, tali da evidenziare l’inattendibilità della valutazione tecnico-di-
screzionale censurata»132. Ma a risultati non così lontani si può pervenire anche
nei casi in cui il sindacato, pur essendo espressamente definito «intrinseco»,
viene limitato ad ipotesi di «irragionevolezza manifesta o palese travisamento
dei fatti»133.
In definitiva, si sono venute a consolidare delle contrapposizioni concet-
tuali utili soprattutto ad una descrizione astratta dei diversi modelli possibili di
sindacato, ma che poi hanno fatto fatica a trovare riscontro nella concreta dina-
mica del controllo giurisdizionale, il quale è continuato a caratterizzarsi per una
maggiore magmaticità. Proprio da questo punto di vista, continua ad essere as-
sai frequente l’artificio motivazionale di prospettare – come unica alternativa
possibile al sindacato estrinseco e limitato ai profili di manifesta inammissibilità
– il sindacato interamente sostitutivo del giudice, come se non vi fossero grada-
zioni e modalità intermedie nell’intensità del controllo134. D’altra parte, una si-
mile polarizzazione – recentemente riproposta nella contrapposizione tra il sin-
dacato «sostitutivo» e quello di «ragionevolezza tecnica» o di «attendibilità» –
non è stata neanche accompagnata da una sufficiente chiarificazione dei margini
di concreto esercizio del controllo giurisdizionale, il quale, una volta esclusa
l’ammissibilità di una piena sostituzione, viene poi di fatto ricondotto alle tradi-
zionali figure dell’eccesso di potere135.

3.2. Le concrete modalità di controllo della tecnica da parte del giudice


Quanto alle principali tendenze che – pur all’interno di un contesto assai
eterogeneo e frammentato – sembrano emergere in sede di concreto esercizio
del controllo giurisdizionale, va evidenziata innanzitutto la scarsissima attitudine
del giudice a ricorrere in via diretta alle conoscenze tecniche e specialistiche. In
molte pronunce si continua ad affermare esplicitamente che le nozioni scientifi-
che e i dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, in quanto estranei al
131 Su cui si veda, per tutti, A. GIUSTI, Contributo allo studio di un concetto ancora indeter-

minato: la discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, Napoli, 2007, 219 s. Sull’impreci-
sione e le incoerenze nel concreto utilizzo di tali formule, G. D’ANGELO, Giudice amministrativo,
cit., 659 ss.
132 Si veda, ad esempio, con riguardo al settore farmaceutico, Cons. St., sez. III, 22 dicem-

bre 2014, n. 6346.


133 Con riguardo agli accertamenti medico-legali, si veda Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020,

n. 1768.
134 Ad esempio, in materia di contratti pubblici, TAR Lombardia, n. 1171/2016.
135 Si veda, ad esempio, un recente caso del Cons. St., sez. VI, 11 novembre 2019, n. 7719,

ove si è chiarito – con riguardo ad un finanziamento di un’infrastruttura tecnologica – che la re-


lativa valutazione riconducibile alla discrezionalità tecnica «è sindacabile soltanto quando la valu-
tazione dell’amministrazione risulti contraria al principio di ragionevolezza tecnica. È vietato al
giudice amministrativo effettuare un “sindacato sostitutivo” potendo effettuare soltanto un “sin-
dacato di ragionevolezza” o, utilizzando altra espressione, un “sindacato di attendibilità”».
30 ALFREDO MOLITERNI

patrimonio culturale del giudice amministrativo, «sono sottratti al sindacato di


legittimità» e risultano soggetti al mero sindacato (esterno) dell’eccesso di po-
tere136: e questo, con riguardo a fattispecie – come quelle relative alle valutazioni
medico-legali – per cui il giudice ordinario è invece solito fare un ampio ricorso
alla consulenza tecnica137, giungendo a sanzionare il mancato espletamento della
stessa «grave carenza nell’accertamento dei fatti»138.
A dispetto del superamento dei tradizionali ostacoli presenti nel diritto po-
sitivo, il giudice amministrativo continua invece a non dotarsi degli strumenti
tecnici per capire se la soluzione rientri effettivamente tra quelle (indifferente-
mente) accettabili, né fa riferimento alle fonti da cui ricava l’attendibilità o la ve-
rosimiglianza del parametro tecnico applicato139. Generalmente, l’avvicinamento
alla componente tecnica dei fatti e delle valutazioni avviene attraverso il ricorso
a massime e a criteri di comune esperienza140. Anche nelle ipotesi in cui il con-
trollo si annuncia come più penetrante, ciò non viene a dipendere da una mag-
giore consapevolezza tecnica del criterio applicato, ma semmai da un generico
richiamo a «orientamenti consolidati delle scienze economiche»141, ovvero dalla
peculiare sensibilità o formazione del singolo giudice (come appare evidente nel
caso delle valutazioni giuridiche142). In materia ambientale, ad esempio, talvolta
il giudice intensifica il controllo attraverso il riferimento a nozioni specialistiche
che sono considerate “fatti notori”, ma che, in realtà, non appartengono al pa-
trimonio culturale o esperienziale dell’uomo medio (ossia al senso comune), né

136 È assai copiosa, in questa direzione, la giurisprudenza in materia di valutazioni medico-


legali, su cui si veda, ad esempio, Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3911.
137 Si veda, tra le altre, Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2002, n. 12629; Cass. civ., sez. lav., 13

luglio 2011, n. 15400.


138 In questo senso, Cass. civ., sez. lav., 11 settembre 2006, n. 19434, ove si è accolto il ri-

corso contestandosi che la sentenza di appello avesse accertato il carattere non professionale della
malattia senza essere «confortata da un accertamento medico legale sulle condizioni psichiche
della assicurata né da adeguata motivazione».
139 Ad esempio, in ambito ambientale – come sottolineato da M. Croce nel cap. IV – si so-

stiene la «verosimiglianza», l’«attendibilità» o l’«equivalenza» dei metodi scientifici e tecnici im-


piegati per svolgere le valutazioni tecniche, senza però fare riferimento alla fonte da cui viene
tratta tale conoscenza specialistica: si veda, ad esempio, Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254.
140 Sui limiti del ricorso alla nozione di comune esperienza si veda Cass. civ., sez. II, 16 di-

cembre 2019, n. 33154, secondo cui «tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rien-
trare le acquisizioni specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il pre-
ventivo accertamento di particolari dati estimativi». In dottrina, sul problema del ricorso alle no-
zioni di comune esperienza rimane fondamentale M. TARUFFO, Studi sulla rilevanza della prova,
Padova, 1970, spec. 197 ss., nonché ID., La prova dei fatti giuridici: nozioni generali, Milano, 1992.
In chiave critica su tale tendenza nel processo amministrativo, C. VIDETTA, L’amministrazione della
tecnica, cit., 327 ss.
141 Così, TAR Lombardia, sez. II, 26 marzo 2014, n. 779 e n. 780, relativamente alla verifica

sulla correttezza del «costo economico» in materia di regolazione tariffaria dei servizi idrici.
142 Si veda il cap. VI di F. Savo Amodio, il quale sottolinea che, all’interno di un contesto di

generale deferenza, spiccano pronunce caratterizzate da una peculiare attenzione del giudice agli
elaborati scritti, come nell’ambito della procedura per l’abilitazione alla professione forense: ad
esempio, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, del 3 ottobre 2017, n. 4609, perviene a sancire l’ille-
gittimità della valutazione della prova addentrandosi in considerazioni circa la presunta omissione
da parte del candidato della richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 31

possono essere ricondotte nell’ambito della semplice logica giuridica143. In am-


bito sanitario, ci si è spinti ad effettuare valutazioni più penetranti sull’attendi-
bilità delle valutazioni tecniche qualificando le cognizioni specialistiche alla stre-
gua di “fatti notori”144, e ciò, anche attraverso l’ausilio di internet che – secondo
il giudice – contribuirebbe ad arricchire gli strumenti conoscitivi a disposizione
dell’uomo medio145; e così si è ritenuto «di comune dominio» il fatto che le ar-
trosi e le discopatie siano «largamente diffuse» nella popolazione di età avan-
zata, «senza correlazioni statisticamente significative con l’attività lavorativa
esercitata»146.
Alla base della diffusa ritrosia a ricorrere ai mezzi istruttori – ritrosia che
peraltro caratterizza gli stessi giudizi di costituzionalità che si imbattono nell’e-
same di questioni “tecniche”147 – si rinviene anche e soprattutto un problema di
incerta delimitazione del perimetro della conoscenza tecnico-scientifica necessa-
ria alla decisione del caso. In particolare, emerge una frequente confusione tra
la ricostruzione dei fatti nella loro realtà storica e materiale e l’utilizzo di criteri
tecnici (ad esempio di natura economica) per la loro ricostruzione e valutazione
giuridica148. In alcuni ambiti, si assiste alla riconduzione di qualsiasi valutazione

143 Si veda, in questo senso, il cap. IV di M. Croce, la quale sottolinea la grande diversità esi-

stente tra la possibile rilevabilità dell’«impatto visivo» prodotto da un parco eolico (TAR Firenze,
sez. II, 15 dicembre 2009, n. 986) e la comprensibilità dell’impatto di un’opera sul ciclo vitale di
un’alga marina (per la quale in Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361, non mancano riferi-
menti a “fatti notori”, come quello per cui «mentre nel caso di spiaggia sottomarina progressiva-
mente declinante, l’energia del moto ondoso, è dissipata su una grande superficie lineare, l’appo-
sizione di una barriera fisica comporta invece che l’assetto del moto ondoso, specie in caso di
mare grosso, si concentri dove avviene l’incontro con la parte sommersa del molo generando ri-
flussi e mulinelli in grado di mettere a rischio tutto ciò che si trova sul fondo prospiciente», tra cui
la posidonia).
144 In questo senso, tra le altre, Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2004, n. 685; Cons. St., sez.

II, 20 giugno 2019, n. 4227.


145 Come sottolineato da F. Pileggi nel cap. II, il giudice ha desunto le conoscenze tecniche

necessarie per verificare l’attendibilità del giudizio dell’organo medico-legale da un sito internet di
carattere scientifico, ritenendo ciò consentito dal fatto che «il notorio coincide con la conoscenza
dell’uomo medio, in un dato tempo e luogo» e tale conoscenza «attualmente è arricchita dall’esi-
stenza di Internet (strumento di larga diffusione della conoscenza)»: così Cons. St., sez. VI, 23
febbraio 2004, n. 685, relativamente ad un caso di riconoscimento della dipendenza dal servizio
di un tumore al polmone.
146 Così Cons. St., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5511; ma anche Cons. St., sez. II, 22 maggio

2020, n. 3241.
147 Anche la Corte costituzionale ha manifestato una diffusa ritrosia ad indagare diretta-

mente le questioni tecnico-scientifiche sottese ai giudizi di costituzionalità, sottolineando il fatto


che, in presenza di questioni scientifiche controverse su cui sussistano profonde divisioni a livello
scientifico, la decisione ultima spetta al legislatore, «interprete della volontà della collettività»
(così sent. Cost., 22 marzo 2016, n. 84). Sottolinea tale profilo A. IANNUZZI, Il diritto capovolto,
cit., 201 ss., il quale suggerisce la necessità di allargare il contraddittorio e il pluralismo delle voci,
anche e soprattutto di tipo tecnico-scientifico, attraverso il ricorso alla figura dell’amicus curiae.
Sul tema, da ultimo, M. LOSANA, V. MARCENÒ (a cura di), Come decide la Corte costituzionale di-
nanzi alle questioni tecniche, Napoli, 2020.
148 In questo senso, S. de Nitto, nel cap. VII, la quale, con riguardo al caso Avastin-Lucen-

tis del Cons. St., n. 4990/2019, sottolinea il fatto che, se da una parte si afferma la necessità del
giudice di svolgere accertamenti fattuali che arrivino a considerare la maggiore attendibilità della
soluzione adottata dall’Autorità, dall’altra si effettua una sovrapposizione tra gli elementi fattuali
32 ALFREDO MOLITERNI

nel perimetro della discrezionalità tecnica, senza un’adeguata distinzione non


solo tra l’accertamento dei fatti e la loro qualificazione, ma anche tra i casi in cui
sia richiesta una valutazione (e un controllo) sulla base di una conoscenza tec-
nica e quelli in cui sia sufficiente fare ricorso a criteri e valutazioni di natura lo-
gica e giuridica: da quest’ultimo punto di vista, lo stesso ricorso al concetto di
“ragionevolezza tecnica” sembra talvolta celare una diffusa sovrapposizione tra
profili tecnici e profili giuridici della valutazione che si riverbera, assai proble-
maticamente, anche in sede di concreto ricorso ai mezzi istruttori149. Tale ten-
denza, naturalmente, si viene ad accentuare nei settori in cui è più forte la con-
tiguità tra la valutazione discrezionale e la valutazione tecnica, come nel caso
delle valutazioni in materia di salute pubblica150, o come nel caso dei provvedi-
menti in materia di ambiente, ove è molto rara la distinzione tra gli apprezza-
menti tecnici dei fatti presupposti e le valutazioni discrezionali151; ma è una
commistione che viene a caratterizzare anche altri ambiti, come quello delle pro-
cedure di gara, ove spesso si sottolinea la natura (anche) discrezionale di alcune
decisioni assunte dalla stazione appaltante in sede di organizzazione della gara,
ancorché fondate su criteri tecnico-economici152.

da verificare nella loro evidenza storica e i presupposti del provvedimento implicanti criteri tec-
nico-economici incerti.
149 In questo senso, si vedano le considerazioni di F. Caporale al cap. VIII, il quale eviden-

zia che il riferimento al criterio della ragionevolezza tecnica spesso conduce ad un assorbimento
al suo interno anche di profili squisitamente giuridici che sono comunque rimessi alla valutazione
del verificatore o del consulente esterno. Ad esempio, in una controversia sulla determinazione
della tariffa di stoccaggio (Cons. St., sez. VI, ord. 3 maggio 2019, n. 2884.), occorreva stabilire il
nesso di causalità tra due elementi tecnici (i CONI e i progetti di investimento): l’accertamento di
tale nesso di causalità è stato integralmente demandato al verificatore nonostante esso venisse a di-
pendere anche da considerazioni di natura giuridica.
150 Con riguardo, ad esempio, alle valutazioni tecniche effettuate nell’ambito di procedi-

menti diretti all’adozione di ordinanze contingibili e urgenti, rispetto alle quali – come evidenziato
da F. Pileggi nel cap. II – il giudice considera spesso tali provvedimenti quale espressione della
sola discrezionalità amministrativa, senza individuare e “isolare” il momento strettamente cono-
scitivo: là dove ciò avviene – con riguardo ad esempio alla sussistenza dei presupposti di pericolo
o pregiudizio per la salute richiesti dal legislatore per l’esercizio del potere di ordinanza – si tratta
in realtà di una mera verifica sull’esistenza di accertamenti tecnici, senza valutare la correttezza del
procedimento o del criterio utilizzati (tra le altre, TAR Lazio, Latina, sez. I, 21 giungo 2010, n.
1070).
151 Come emerge chiaramente dal cap. IV di M. Croce, la quale sottolinea, soprattutto in

materia di VIA, il richiamo alla «amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giu-
dizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di
misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità ammini-
strativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti»
(così, da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. III, 17 aprile 2020, n. 4009). Parimenti infrequente è la
distinzione tra la valutazione tecnica presupposta (il parere istruttorio) e la decisione finale, come
invece avvenuto in Cons. St., n. 1392/2017, ove il giudice, affrontando le doglianze espresse av-
verso «l’illegittimità intrinseca della positiva valutazione ambientale», sembra dividere il riesame
in una prima parte incentrata sul decreto di Via e in una seconda parte appuntata sul parere tec-
nico istruttorio «che integra la “causa giustificativa” della scelta», riferendo a quest’ultimo la pre-
senza di «valutazioni opinabili (ovviamente) ma nessuna di esse irrazionale od illogica».
152 Ad esempio, come rilevato nel cap. XI da M. Nunziata, nel settore dei contratti pubblici

si ritiene che abbia natura discrezionale la stessa individuazione della formula matematica da uti-
lizzare per la selezione delle offerte (Cons. St., sez. V, 26 agosto 2010, n. 5952), ma anche la valu-
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 33

In un simile contesto – anche in virtù di una certa confusione che continua


ad emergere tra il problema dell’astratta ammissibilità dei mezzi istruttori e
quello delle condizioni per il loro corretto utilizzo alla luce dei principi che go-
vernano l’istruttoria153 – il giudice giunge spesso a negare la possibilità di avva-
lersi della consulenza tecnica in assenza della preventiva dimostrazione di vizi o
errori manifesti nella valutazione contestata154: sulla base, quindi, di una vera e
propria inversione logica, si esclude in via preliminare la possibilità di avvalersi
di uno strumento di ausilio sul piano conoscitivo, il quale, invece, dovrebbe es-
sere direttamente preordinato proprio a verificare la logicità e la ragionevolezza
del criterio tecnico adottato dall’amministrazione (anche nella prospettiva di
evidenziare o escludere l’esistenza di macroscopiche illegittimità)155. In alcuni
casi, il giudice è giunto addirittura a sostenere che sarebbe stata proprio la ri-
chiesta delle parti di ricorrere ad una perizia a confermare l’assenza di un vizio
manifesto nella valutazione e, quindi, a rendere concreto il rischio di porre in es-
sere un inammissibile sindacato sostitutivo156. Solo in rarissime ipotesi, invece, il
giudice ha chiesto al consulente un ausilio nel ripercorrere l’intero iter decisio-

tazione sulla suddivisione in lotti, la quale pur essendo «normalmente ancorata, nei limiti previsti
dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico» risente anche del «bilanciato
complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto» (così Cons. St.,
sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224).
153 Sul punto si veda Cass., sez. VI, 15 dicembre 2017, n. 30218, ove si chiarisce che «la con-

sulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare
il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di
specifiche conoscenze». D’altra parte, attraverso il ricorso alla consulenza non può superarsi l’o-
nere di fornire almeno un principio di prova da parte del ricorrente: TAR Lombardia, Milano, sez.
II, 11 gennaio 2018, n. 49.
154 Come sottolineato da F. Pileggi nel cap. II, in ambito sanitario, il giudice spesso riduce

l’ambito di operatività di tali strumenti, e in particolare della consulenza tecnica d’ufficio, ai casi
in cui «il provvedimento impugnato appaia già prima facie affetto da vizi logici o di travisamento»
(Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877). Nel settore farmaceutico – come evidenziato da A.
Falchi Delitala nel cap. III – è stata persino esclusa la rilevanza dell’accertamento peritale dispo-
sto d’ufficio in sede penale sui medesimi fatti di causa (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2018, n.
2818). E ancora – come emerge dal cap. IV di M. Bray – nel settore dei beni culturali si è ritenuto
che «una volta acclarata la complessiva congruità e non irragionevolezza delle (pur opinabili) con-
clusioni cui era giunta in sede determinativa l’amministrazione appellata, l’eventuale acquisizione
di una C.T.U mirerebbe puramente e semplicemente ad acquisire un (altrettanto plausibile ma al-
trettanto opinabile) avviso tecnico discrezionale di fatto sostitutivo rispetto a quello – comunque
legittimamente – espresso dall’amministrazione medesima» (Cons. St., sez. VI, 10 settembre 2015,
n. 4220).
155 Come evidenziato da A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche,

cit., 447 ss.; G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche, cit., 716.
156 Si veda TAR Puglia, Bari, sez. II, 15 gennaio 2019, n. 61, ove si è sostenuto che sarebbe

stato richiesto al giudice un improprio sindacato sostitutivo, tra le altre cose in ragione della
«complessità dell’iter argomentativo prospettato in ricorso» e della «necessità di avvalersi di una
perizia tecnica». Tuttavia, la pronuncia è stata rigettata da Cons. St., sez. III, 2 settembre 2019, n.
6058, secondo cui il giudice «non può trincerarsi dietro ad una declaratoria di inammissibilità
delle stesse per l’impossibilità di esercitare un sindacato sostitutivo se non ha proceduto almeno
ad un sommario, essenziale, esame delle stesse, nella misura in cui appunto le ritenga idonee a su-
perare detta prova, un esame dal quale si evinca motivatamente che dette censure non disvelano
un’abnormità della valutazione, del tutto illogica e/o parziale, o un manifesto travisamento di
fatti».
34 ALFREDO MOLITERNI

nale dell’amministrazione, al fine di comprendere se la valutazione potesse in


qualche modo considerarsi ragionevole, anche sul piano tecnico157.
Appare invece più utilizzato lo strumento della verificazione158, il quale, se-
condo la giurisprudenza prevalente, sarebbe essenzialmente preordinato all’ac-
certamento (e non già alla valutazione) del fatto159. Da questo punto di vista, tale
strumento – anche in virtù del favor che sembrerebbe emergere a livello norma-
tivo160 – viene spesso considerato maggiormente compatibile con la tradizionale
struttura del sindacato giurisdizionale, poiché – almeno sul piano astratto – la-
scerebbe intatta la sostanza della valutazione tecnica dell’amministrazione: come
precisato di recente dal giudice amministrativo, infatti, la verificazione non sa-
rebbe funzionale a ripercorrere la valutazione tecnica, ma piuttosto a mettere in
luce l’eventuale contraddittorietà di fatti o di motivazioni assunte come rilevanti
dall’amministrazione ai fini della decisione161. A ciò si aggiungono anche consi-

157 Si tratta di un caso – menzionato da F. Costantino nel cap. XI – ove il giudice, con ri-

guardo ad una licitazione privata indetta dall’A.N.A.S. S.p.a. con procedura d’urgenza per l’affida-
mento a un contraente generale della realizzazione di un tratto dell’Autostrada Salerno - Reggio
Calabria, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ha chiesto al
consulente non già di ripetere la valutazione delle offerte tecniche, ma di individuare un «verosi-
mile “percorso logico”, ove esistente, che consenta di apprezzare la congruenza e ragionevolezza
dell’operato della Commissione aggiudicatrice, sulla base dei criteri di valutazione indicati nel
bando di gara, di principi tecnico-scientifici comunemente accettati, nonché di esperienza e buon
senso, idonei a spiegare se, come e quando le varianti apportate dai due concorrenti interessati al
progetto a base di gara» possano qualificarsi come migliorative di esso (così Cons. St. sez. IV, 28
marzo 2011, n. 1871); a tal fine il CTU elabora un algoritmo di formulazione dei punteggi, per ve-
rificare se l’attribuzione dei punteggi e il criterio tecnico adottato dalla p.a. fossero ragionevoli.
158 Come evidenziato nel cap. VIII da F. Caporale, si è assistito ad un grande utilizzo della

verificazione soprattutto nel settore delle valutazioni dell’Arera, con oltre una decina di casi negli
ultimi tre anni; solo raramente, tuttavia, il ricorso alla verificazione in sede di appello ha condotto
ad un ribaltamento della decisione: Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2018, n. 3704.
159 Si veda, tra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 11, secondo cui «la differenza

tra verificazione e consulenza consiste, oltre che nella differenza del soggetto che la effettua, nel
fatto che la prima non è diretta ad esprimere valutazioni e a fornire un giudizio tecnico, ma si li-
mita alla natura di mero accertamento tecnico». Secondo G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato
giurisdizionale, cit., passim, «la distinzione degli ambiti nei quali sarebbe possibile utilizzare l’uno
o l’altro mezzo istruttorio è da considerarsi netta: se la fattispecie normativa contempla un mero
accertamento tecnico, il giudice deve ordinare la verificazione; se invece contempla una discrezio-
nalità tecnica, ovvero una discrezionalità amministrativa a contenuto tecnico, egli deve disporre la
consulenza tecnica».
160 La preferenza verso la verificazione sembrerebbe trovare un fondamento nello stesso co-

dice del processo amministrativo, là dove dispone, all’art. 63, co. 4, che il giudice può disporre la
consulenza tecnica «se indispensabile». In chiave critica su tale previsione, A. TRAVI, Lezioni, cit.,
268 s.
161 Si veda, da ultimo, l’ordinanza istruttoria del Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2020, n. 5914,

pronunciata nel giudizio di appello avverso TAR Lazio, sez. III-quater, 1 gennaio 2020, n. 5771,
ove – con riguardo all’autorizzazione rilasciata dal Ministero della salute, sulla base di diversi pa-
reri di organismi tecnici, in merito all’esperibilità di alcune sperimentazioni scientifiche sugli ani-
mali – il giudice si preoccupa di chiarire in sede di motivazione del provvedimento che: «rilevato
infatti che la prima censura, respinta dal primo giudice, era il difetto di motivazione della auto-
rizzazione ministeriale al progetto di ricerca, e che detta motivazione, come detto, appare basata
su spiegazioni scientifiche in parte da approfondire ed in parte da completare, come si dirà, in or-
dine a taluni doverosi aspetti condizionanti il prosieguo della ricerca, che non sono stati esaminati;
considerato, in particolare, che tali profili non costituiscono sindacato della discrezionalità tec-
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 35

derazioni di ordine pratico, stante la minore formalizzazione e la maggiore fles-


sibilità che caratterizzano il ricorso a tale strumento162: da un lato, infatti, il giu-
dice attraverso la verificazione può chiedere conforto ad un’istituzione pubblica
qualificata (spesso un’università o un ente di ricerca163), senza porre in essere di-
rettamente la (delicata) scelta del singolo professionista164; dall’altro, non deve es-
sere neanche garantito il contraddittorio tra i consulenti di parte (sebbene nella
prassi in alcuni casi ciò viene comunque assicurato). Tuttavia, continua ad essere
assai perplesso il rapporto esistente tra la verificazione e la consulenza, soprat-
tutto alla luce della tendenza della giurisprudenza ad utilizzare la prima per ac-
quisire – sempre più spesso – un giudizio di natura valutativa165: ad esempio, nel
settore della regolazione energetica, si è chiesto al verificatore di valutare se una
certa argomentazione usata dall’amministrazione rientrasse «entro i margini di at-
tendibilità e di ragionevolezza tecnica»166. Si tratta di una tendenza che, d’altra
parte, appare in ultima analisi da ricondursi alla stessa difficoltà di distinguere, in
maniera netta, l’accertamento del fatto dalla sua qualificazione tecnica.

4. Critica alla teorizzazione di un autonomo modello di sindacato sulla discre-


zionalità tecnica
Le vicende che hanno caratterizzato – e ancora caratterizzano – la ricostru-
zione teorica e il concreto trattamento giuridico della discrezionalità tecnica
sembrano sollevare seri dubbi rispetto alla stessa possibilità e utilità di riferi-
mento ad un simile concetto167. Indipendentemente dalle equivoche vicende che

nica, bensì ambiti su cui sembra non vi sia stata alcuna valutazione o la stessa fosse sottoposta a
condizioni non tenute in conto dalla autorizzazione».
162 Come evidenziato chiaramente da M. CLARICH, Manuale di giustizia amministrativa, Bo-

logna, 2021, 233.


163 TAR Piemonte, sez. II, 15 novembre 2016, n. 1409, ove la verificazione è stata affidata al

Direttore del Dipartimento di Scienza e Tecnologie del Farmaco della Università di Torino (ordi-
nanza 22 aprile 2016, n. 563) al fine di chiarire cosa debba intendersi per “principio attivo” e per
accertare se la epoietina beta e la epoietina theta possano considerarsi principi attivi identici o
diversi.
164 Resa ancor più complessa dall’assenza di un albo di consulenti tecnici nel processo am-

ministrativo.
165 Ad esempio, in una controversia in materia di accertamenti medico-legali svoltasi dinanzi

al TAR Puglia (poi conclusasi con la sentenza TAR Puglia, Bari, sez. III, 16 giugno 2017, n. 643)
il giudice ha formulato il seguente quesito al verificatore: «dica il verificatore, sulla scorta della do-
cumentazione in atti, se l’espletamento del servizio ha costituito fattore causale ovvero concausale
efficiente e determinante per l’insorgenza nel ricorrente della patologia (…), tenendo conto di
tutti i fattori di rischio enunciati nell’istanza e nel ricorso».
166 Così Cons. St., sez. VI, ord. 30 giugno 2017, n. 3211. Si vedano, sul punto, le considera-

zioni di F. Caporale nel cap. VIII.


167 Il quale, d’altra parte, non trova riscontro a livello comparato, ove semmai la dimensione

tecnica della valutazione spesso viene a giustificare un controllo meno pervasivo del giudice, ma
all’interno di un modello di sindacato unitario. In Francia, ad esempio, il rifiuto del giudice di ad-
dentrarsi nelle maglie di una simile valutazione può risultare giustificato «dans certaines matière
marquées par un caractère de grande technicité (appréciations technique portées par des organismes
administratifs spécialisés tels que commissions d’assistance ou jurys de concours)» (così Y. GAUDE-
MET, Traité de Droit Administratif, t. 1, Paris, L.G.D.J, 2001, 500). Tale tendenza emerge in ma-
36 ALFREDO MOLITERNI

nel secolo scorso hanno condotto all’affermazione della categoria, appare infatti
evidente che la stessa non sia oggi più in grado né di evocare un regime giuri-
dico sostanziale ben definito, né di condurre a conseguenze pratiche realmente
significative dal punto di vista dello standard di sindacato giurisdizionale168.
D’altronde, i concetti – anche e soprattutto quelli giuridici – hanno senso solo
se e nella misura in cui siano in grado di condurre a risultati pratici sufficiente-
mente condivisi – e, quindi, prevedibili –, poiché idonei ad orientare l’attività
degli interpreti e degli operatori del diritto169.
Da questo punto di vista, sia nei casi di accoglimento della categoria della
discrezionalità tecnica, sia nel caso del suo rigetto in favore di altri concetti (ad
esempio di quello di «valutazioni tecniche»), non si è comunque riusciti a pro-
spettare, neanche a livello teorico, un modello generale di sindacato sufficiente-
mente definito con riguardo a tutte le fattispecie in cui la decisione amministra-
tiva è assunta sulla base di parametri tecnico-scientifici: il che è dimostrato dal
fatto che, anche a livello manualistico – dopo una definizione tendenzialmente
concorde del potere discrezionale e del potere vincolato – la discrezionalità tec-
nica continua ad essere prospettata come una categoria problematica e dai con-
fini incerti170. Ogni ricostruzione teorica lascia le ipotesi controverse (i c.d. hard
cases) fuori dallo schema generale, articolandole sulla base di una serie (più o
meno ampia) di eccezioni171, come peraltro dimostra la stessa esperienza di un
ordinamento, come quello tedesco, fondato sul principio della piena sindacabi-
lità dei concetti giuridici indeterminati172. Tali eccezioni continuano ad essere

niera chiara da una recente ricerca sull’intensità del controllo giurisdizionale in diciassette ordina-
menti di sistemi giuridici assai differenti: G. ZHU (ed.), Deference to the Administration in Judicial
Review: Comparative Perspectives, Cham (Switzerland), 2019; su tale volume – e sulle principali
tendenze che si ricavano dalla ricerca – sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Book Review of
Zhu G., Deference to the Administration in Judicial Review: Comparative Perspectives (Ius Compa-
ratum - Global Studies in Comparative Law vol. 39), Cham (Switzerland): Springer International
Publishing 2019, in Review of European Administrative Law, 2020, n. 3, 219 ss.
168 Come sottolineato da M. D’Alberti nella Premessa al presente Volume.
169 Sulla necessaria natura «operazionale» dei concetti giuridici, rimane fondamentale R.

ORESTANO, Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna, 1987.


170 Si veda, ad esempio, D. SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, cit., 339 sul fatto

che «le certezze sono però minori» con riguardo alle ipotesi in cui non vi sia vera discrezionalità.
171 Secondo L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 74 gli hard cases tendono

a rimanere fuori dalle ricostruzioni teoriche che predicano la piena sindacabilità degli accerta-
menti tecnici.
172 Sulla struttura della valutazione e del sindacato sui «concetti giuridici indeterminati», si

veda M. CLARICH, Manuale di diritto amministrativo, cit., 131, il quale richiama il caso del Bun-
dersverwaltungsgericht del 16 maggio 2007 - 3C 8.06, in materia di esame organolettico sul vino
operato da una commissione di esperti, ove il sindacato giurisdizionale sulla valutazione è stato li-
mitato valorizzando l’elemento della collegialità e della particolare professionalità dei componenti.
Sull’ampiezza delle eccezioni – sia di carattere normativo, sia consolidatesi in sede giurispruden-
ziale – in cui si riconosce un margine di discrezionalità nel processo di concreta applicazione del
concetto giuridico indeterminato, si veda E. SCHMIDT-AßMANN, Art. 19 Abs. 4, in T. MAUNZ, G.
DÜRIG (a cura di), Grundgesetz. Kommentar, München, 2014, 116 ss., il quale evidenzia ad esem-
pio che tali casi riguardano non solo le misure di pianificazione, ma anche misure regolatorie
come quelle adottate nel settore delle comunicazioni elettroniche per ovviare a un potere di mer-
cato dell’impresa (197 a).
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 37

fondate – sia a livello teorico, sia nella concreta pratica giurisprudenziale – su


argomenti e concetti eterogenei (irripetibilità e soggettività del giudizio, opina-
bilità del criterio scientifico di riferimento, limitata competenza del giudice). In
molti casi, pur muovendo da premesse teoriche simili, si perviene per le mede-
sime attività valutative alla prospettazione di paradigmi diversi di sindacato, a
conferma dell’inidoneità di categorie troppo rigide ad intercettare la complessità
del reale173.
La stessa analisi della prassi giurisprudenziale fa emergere tutta la difficoltà
di ricondurre ad unitatem – e sotto il vessillo della dimensione tecnico-scienti-
fica della valutazione – fattispecie normative caratterizzate da una così diversa
articolazione organizzativa e funzionale dei relativi poteri amministrativi174. Da
questo punto di vista, la presenza di parametri tecnici all’interno della fattispe-
cie normativa non sembra condurre a conseguenze realmente significative dal
punto di vista della declinazione del sindacato giurisdizionale nei confronti dei
pubblici poteri: e questo, sia per la crescente pervasività che la dimensione tec-
nico-scientifica assume con riguardo a qualsiasi esercizio del potere amministra-
tivo175; sia in ragione della grande difficoltà di pervenire, con riguardo a qual-
siasi scienza, a soluzioni univoche e non opinabili176; sia, infine, in virtù della
grande difficoltà di definire, con un certo livello di esattezza, l’effettivo perime-
tro delle conoscenze tecnico-scientifiche177.
Ma soprattutto, appare decisivo il fatto che, nella maggior parte dei settori
esaminati, risulta oltremodo difficile isolare, all’interno del processo decisionale,
gli ambiti caratterizzati dalla presenza di una valutazione di natura esclusiva-
mente tecnica178: a dispetto, quindi, della rigidità delle classificazioni con cui sul
piano astratto si è soliti distinguere le valutazioni discrezionali dalle valutazioni

173 Segnala tale contraddizione, con riguardo alle ricostruzioni che pervengono a prospettare

la necessità di una riserva in materia di beni culturali, L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi in-
terpreti, cit., 140.
174 D’altra parte, come già segnalato da C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tec-

niche, cit., 59, la valutazione tecnica «non vive di luce propria ma di luce riflessa: la sua sorte di-
pende da ciò a cui è connessa».
175 Con conseguente e progressiva erosione sia dell’area dell’attività vincolata, sia di quella

discrezionale pura, come evidenziato da F. CINTIOLI, Tecnica e processo amministrativo, cit., 989 ss.
176 Come già evidenziato da V. BACHELET, L’attività tecnica della pubblica amministrazione,

Milano, 1967, 51.


177 Le quali, ad esempio, come sottolineato già da C. MARZUOLI, Potere amministrativo e va-

lutazioni tecniche, cit., passim, potrebbero ricomprendere anche le competenze specialistiche ri-
chieste per l’assunzione di buone scelte amministrative.
178 Come evidenziato dallo stesso Giannini – che pure aveva contribuito sul piano teorico a

distinguere con nettezza la discrezionalità dalle valutazioni tecniche – con riguardo ai «giudizi tec-
nici valutativi», la separazione tra giudizio tecnico e decisione «è più una divisione ideale che
reale: la connessione tra giudizio tecnico e decisione amministrativa è strettissima» (così M.S.
GIANNINI, Diritto amministrativo, 1993, II, Milano, 1993, 57). Di recente, è stato messo in discus-
sione il fatto che la c.d. discrezionalità tecnica «esista distinta dalla discrezionalità tout court», da
F. MERUSI, Il giudice amministrativo fra macro e micro economia, in L. AMMANNATI, P. CORRIAS, F.
SARTORI, A. SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), I giudici e l’economia, Torino, 2018, 63; in una pro-
spettiva simile, C. DEODATO, Nuove riflessioni sull’intensità del sindacato del giudice amministra-
tivo. Il caso delle linee guida dell’ANAC, in Federalismi.it, n. 2/2017.
38 ALFREDO MOLITERNI

tecnico-complesse, nella concreta realtà dell’ordinamento tali distinzioni ap-


paiono solitamente assai più sfuggenti e magmatiche179. La stessa prospettazione
di una rigida segmentazione dell’iter decisionale in momenti meramente cogni-
tivi e in momenti puramente volitivi180, seppur del tutto condivisibile sul piano
teorico, non appare sempre in grado di cogliere e spiegare le reali dinamiche che
caratterizzano le concrete modalità di assunzione delle decisioni amministrative
più complesse181: e questo, naturalmente, soprattutto con riguardo a quei pro-
cedimenti che non si caratterizzano per la separazione netta – anche sul piano
soggettivo – tra gli organismi chiamati ad introdurre valutazioni tecniche nel
procedimento e gli organismi chiamati ad assumere la decisione finale182. D’altra
parte, a livello amministrativo, la selezione e la ricostruzione dei fatti rilevanti
può risultare condizionata dalla stessa prefigurazione degli effetti giuridici a cui
una determinata qualificazione può condurre in ragione della presupposta scelta
di policy o, comunque, dalla tutela concreta che si vuole dare ad un certo inte-

179 Come evidenziato da L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 90 ss. è as-

sai rara la possibilità di avere degli accertamenti tecnici distinti dalla ponderazione a fronte del-
l’intrinseca complessità del procedimento valutativo e dell’iter decisionale; al tempo stesso è solo
teorica la possibilità di distinguere e separare nettamente la valutazione della decisione; ed è diffi-
cile distinguere l’interpretazione dalla discrezionalità se vi sono elementi tecnici contigui alla
scelta discrezionale (p. 100); in una prospettiva simile, con riguardo alla materia ambientale, G.
CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale, cit., passim. D’altra parte, come già sottoli-
neato da F. SALVIA, Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., 1992, 711,
non si tratta solo di un intreccio nel momento finale tra la valutazione tecnica e la valutazione di-
screzionale, ma di una dinamica più complessa che sin dal momento livello legislativo e sino alla
stessa selezione degli interessi si caratterizza sempre per un condizionamento reciproco tra la di-
mensione tecnica e quella giuridica.
180 Su cui rimane fondamentale F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione,

Torino, 1967, 220 ss.; il punto è stato valorizzato di recente da G. CORSO, Manuale di diritto am-
ministrativo, cit., 170, secondo cui «la discrezionalità in senso proprio riguarda solo» il momento
della decisione «ma nella dottrina e soprattutto nella giurisprudenza la categoria viene usata an-
che con riguardo alla fase logicamente precedente (e qualificabile esclusivamente in termini co-
gnitivi) dell’apprezzamento del fatto».
181 Come già evidenziato da M. NIGRO, Giustizia amministrativa, cit., 286, «il guaio è però

che la distinzione fra questi due tipi di giudizio (giudizio di fatto e giudizio di valore amministra-
tivo)» appare «netta solo se ci si tiene ai due poli estremi dell’antitesi ora rappresentata. Nella
realtà, invece, vi è una transizione progressiva dall’un tipo di giudizio all’altro e vi sono, fra l’uno
e l’altro, una serie di ipotesi intermedie di collocazione difficile». Il punto è stato recentemente
sottolineato, con riguardo alla stessa evoluzione che ha caratterizzato il diritto europeo, da J. MEN-
DES, Administrative discretion in the EU: comparative perspectives, in S. ROSE-ACKERMAN, P.L.
LINDSETH, B. EMERSON (eds.), Comparative administrative law, II ed., Cheltenham (UK)-
Northampton (USA), 2017, 632 ss., la quale critica la distinzione rigida che si è affermata in giu-
risprudenza tra discrezionalità pura e valutazioni tecnico-complesse con riguardo ai poteri delle
Agenzie, sottolineando il fatto che essa è sembrata a volte ispirata soprattutto dall’esigenza pratica
di non porsi in contrasto con i postulati della giurisprudenza “Meroni” (come nel caso ESMA).
182 In tali ambiti, una maggiore contiguità tra tecnica e politica riceve un chiaro riscontro nel

fatto che, come evidenziato da L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 142 ss., le
valutazioni tecniche sono affidate a organismi interni alla stessa struttura ministeriale (come la va-
lutazione di pericolosità delle sostanze), ovvero le attività istruttorie sono assunte dalle stesse
strutture che assumono la decisione finale (come nel caso della soprintendenza nei beni culturali).
Tuttavia anche là dove vi è una separazione netta – come nel caso della commissione VIA – la giu-
risprudenza non è solita distinguere con nettezza l’emanazione del parere della decisione finale.
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 39

resse183. Ma anche a livello giurisdizionale, non è infrequente un utilizzo strate-


gico dell’asserita rigidità di simili distinzioni concettuali – come quella tra fatto
e diritto o tra discrezionalità e interpretazione – al fine di ampliare o restringere
gli spazi e l’intensità dell’intervento del giudice184: e questo, anche a seconda del
peso e del rilievo riconosciuto, di volta in volta, a determinati interessi sottesi
alla decisione185.
Tali profili – pur assumendo talvolta una dimensione patologica – sembre-
rebbero comunque sconsigliare di fare eccessivo affidamento sulla rigidità di si-
mili distinzioni teoriche al fine di giustificare una diversa intensità ed estensione
del sindacato giurisdizionale186. Si tratta infatti di distinzioni che – ancorché suf-
ficientemente chiare sul piano astratto – non sempre sono in grado di trovare
evidente riscontro nella prassi dell’ordinamento, ove, da un lato, risultano pres-
soché inesistenti i meri acclaramenti obiettivi di fatti (se non nella loro dimen-
sione storica)187 e in cui, dall’altro, appare sempre più difficile isolare il mo-
mento della valutazione tecnica da quello della prospettazione degli effetti di
una certa valutazione sul piano degli interessi in gioco188.

183 G. ROSSI, Principi di diritto amministrativo, cit., 289 sottolinea la difficoltà di distinguere

sul piano concreto ciò che è accertamento del presupposto da ciò che è la successiva decisione, il
che emerge quando il presupposto «non è semplicemente da accertare ma è un fatto da valutare
(ad esempio sulle valutazioni tecniche). Ma anche quando si è di fronte ad un fatto da accertare
può darsi proprio che l’accertamento che dovrebbe essere il presupposto della decisione è invece
il frutto della scelta della misura della tutela che si vuole assicurare dell’interesse pubblico». D’al-
tra parte, anche nelle ricostruzioni maggiormente attente a distinguere i processi sussuntivi da
quelli discrezionali – come quella di S. COGNETTI, Legge, amministrazione, giudice: potere ammini-
strativo fra storia e attualità, Torino, 2014, 148 – non si nega il fatto che la qualificazione del fatto
non è sempre pienamente distinguibile dal bilanciamento.
184 La possibilità che, anche nel modello continentale di sindacato sull’amministrazione, si

possa comunque manipolare l’apparentemente chiara distinzione tra «law/fact/discretion», si veda


P. CRAIG, Judicial review of questions of law: a comparative perspective, in S. ROSE-ACKERMAN, P.L.
LINDSETH, B. EMERSON (eds.), Comparative administrative law, cit., 402. Sottolinea la «porosità»
tra «law, fact and policy» anche P. CANE, Controlling Administrative Power. An Historical Compa-
rison, Cambridge, 2016, 241.
185 Come emerge chiaramente dall’analisi di L. Lorenzoni al cap. IX, ove si sottolinea che in

alcune ipotesi di maggiore interventismo del giudice sulle scelte dell’AGCOM sembrerebbe assu-
mere rilievo il peso riconosciuto a determinati interessi, come quello di favorire gli investimenti
sulla rete infrastrutturale o di favorire l’ingresso di nuovi operatori nel mercato.
186 Parla di «immaginari steccati», spesso slegati dalla realtà, L. BENVENUTI, La discrezionalità

e i suoi interpreti, cit., 75.


187 Alcuni fatti possono infatti venire in considerazione nella semplice dimensione storica a

prescindere dalla loro valutazione e apprezzamento (si pensi ai casi relativi all’esistenza di uno
scambio di mail o allo svolgimento di un incontro tra i vertici di imprese concorrenti nell’ambito
di un procedimento antitrust). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la ricostruzione dei fatti è
inestricabilmente intrecciata alla loro valutazione: proprio in questa prospettiva, F. LEDDA, Potere,
tecnica, cit., 432 sottolineava la necessità di superare la distinzione tra apprezzamenti e accerta-
menti, posto che in entrambi i casi la tecnica rileverebbe per il fatto di fornire «approssimazioni
attendibili». Sulla necessaria distinzione tra la veridicità del fatto dalla qualificazione e valutazione
del fatto, si veda D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 401.
188 In questo senso, è stato sottolineato da R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento am-

ministrativo, Torino, 2006, 165 che «rimangono oscuri il momento e le modalità con cui la valu-
tazione tecnica si inserisce nella valutazione di pubblico interesse e viceversa»; si tratta di un pro-
filo che «giustifica il permanere di valutazioni riservate all’amministrazione, salvo naturalmente il
40 ALFREDO MOLITERNI

Una simile tendenza risulta assai evidente nei campi in cui la dimensione
tecnica della valutazione è inestricabilmente intrecciata a profili di valutazione
degli interessi, come si verifica in ambito ambientale, sanitario, farmaceutico e,
più in generale, in tutti i contesti in cui i pubblici poteri sono chiamati a garan-
tire la sicurezza – fisica, sanitaria, ambientale, alimentare, tecnologica – della co-
munità, anche al di là del raggiungimento di certezze condivise sul piano scien-
tifico: in tali contesti – ove non appare spesso possibile distinguere in maniera
netta il momento dell’astratta “valutazione” del rischio da quello della sua con-
creta “gestione” – è quindi proprio l’inevitabile incertezza scientifica a giustifi-
care (rectius: imporre), ad un certo punto, una scelta sul piano amministra-
tivo189. Il che è stato recentemente confermato da una pronuncia del Consiglio
di Stato che – dopo aver contestato internamente la ragionevolezza tecnica della
decisione dell’Aifa di vietare l’utilizzo off-label dell’idrossiclorochina – non ha
mancato di censurare anche il difetto di proporzionalità della scelta posta in es-
sere dall’autorità regolatoria, anche in ragione dell’inadeguata considerazione
dei molteplici interessi pubblici che, soprattutto nel contesto pandemico, veni-
vano in considerazione190.
Anche negli ambiti in cui la valutazione tecnica dovrebbe assumere un ri-
lievo prevalente – come nel caso delle valutazioni in materia di beni culturali e
di paesaggio (in cui la giurisprudenza tende ad escludere la presenza di profili
di vera discrezionalità) – non può tuttavia negarsi il peso che viene concreta-
mente ad assumere l’interesse pubblico primario di riferimento, soprattutto in
relazione agli interessi – spesso economici – ad esso contrapposti191: il che è con-
fermato dal fatto che non mancano indirizzi giurisprudenziali che, pur senza ri-
conoscere espressamente la natura discrezionale della valutazione paesaggistica,

controllo esterno di logicità». D’altra parte, come messo in luce da G. SILVESTRI, Scienza e co-
scienza: due premesse per l’indipendenza del giudice, in Dir. pubbl., 2004, 435 «non bisogna tutta-
via dimenticare che l’attendibilità delle valutazioni tecnico-scientifiche dell’amministrazione deve
essere valutata non in sé e per sé, ma alla luce delle finalità stabilite dalla legge in primo luogo e
dai principi costituzionali in ultima istanza».
189 Sull’importanza del principio di precauzione, C. VIDETTA, L’amministrazione della tec-

nica, cit., 259 ss. D’altra parte, come sottolineato da G. SILVESTRI, Scienza e coscienza, cit., 416, «il
legislatore e l’amministrazione possono (…) modulare natura e contenuti dei propri interventi
sulla base dell’intreccio tra interessi da selezionare e proteggere – secondo una scelta più o meno
libera – anche alla luce del grado di incertezza dei dati oggettivi offerti dagli strumenti di cono-
scenza disponibili». Anche per questo motivo, sono stati sottolineati i rischi di un interventismo
del giudice in materia ambientale da F. FRACCHIA, Sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra
protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Napoli, 2010, 279 ss.
190 A partire dall’esigenza di alleggerire la pressione sui reparti di terapia intensiva negli

ospedali, la quale sarebbe stata indubbiamente favorita dall’autorizzazione dell’Aifa all’utilizzo off-
label dell’idrossiclorichina da parte dei medici di base e con riguardo ai pazienti meno gravi: in
questo senso, si veda la già menzionata ordinanza Cons. St., n. 7097/2020.
191 Sul punto, L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 138 s. con riguardo alla

materia beni culturali e alla inevitabilità di ricorrere all’argomento autoritativo per la decisione; lo
stesso Autore sottolinea il controverso il rapporto tra valutazione tecnica ed economica, spesso af-
fidata a ponderazione della p.a. (139). Come emerge dal cap. V di M. Bray, la giurisprudenza, tut-
tavia, almeno in astratto, sembra escludere la possibilità di una comparazione tra l’interesse cul-
turale e gli altri interessi (Cons. St., sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652).
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 41

hanno poi in concreto fatto riferimento ad un uso sproporzionato del potere au-
torizzatorio rispetto alla concreta situazione da tutelare192.
Ma la difficoltà di isolare i profili discrezionali (o comunque espressione di
scelte di policy) dai profili tecnici emerge anche nei settori in cui la dimensione
tecnica – per una chiara scelta del legislatore – sembrerebbe pervadere e condi-
zionare in maniera più netta l’organizzazione pubblica e il concreto esercizio
delle funzioni amministrative, come nel caso delle Autorità indipendenti193. Al
di là delle Autorità di regolazione e di vigilanza194 – ove tale tendenza è sicura-
mente assai evidente e meno contestata195 – anche con riguardo a quello che do-
vrebbe atteggiarsi come il potere amministrativo maggiormente neutrale e tec-
nico (cioè il potere antitrust) non sembra in realtà possibile escludere categori-
camente la presenza di margini e ambiti di scelta che risentono del contesto
economico e istituzionale di riferimento e degli obiettivi di “politica della con-
correnza” che, di volta in volta, si assumono come rilevanti196. Si tratta di profili
che, in fondo, vengono a condizionare (in maniera del tutto fisiologica) la deci-
sione di avviare o meno un certo procedimento, la ricostruzione del mercato ri-
levante, la qualificazione anticoncorrenziale di certe condotte e, naturalmente,
l’irrogazione (e la quantificazione) finale della sanzione197. D’altra parte, proprio

192 Si veda Cons. St., sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9578, il quale con riguardo ad un parere

paesaggistico sottolinea il fatto che «il giudizio di comparazione dell’opera al contesto da difen-
dere va compiuto tenendo presente le effettive condizioni dell’area in cui il manufatto è stato in-
serito». Sul problema dell’applicazione del parametro di proporzionalità nel settore dei beni cul-
turali, si veda G. SEVERINI, Tutela del patrimonio culturale, discrezionalità tecnica e principio di pro-
porzionalità, in Aedon, n. 3/2016; nonché, G. TROPEA, Il vincolo etnoantropologico tra
discrezionalità tecnica e principio di proporzionalità: “relazione pericolosa” o “attrazione fatale”?, in
Dir. proc. amm., 2012, 718 ss.
193 D’altronde, come sottolineato da M. CLARICH, Autorità indipendenti: bilancio e prospet-

tive di un modello, cit., 79, proprio in relazione ai poteri delle Autorità, «la distinzione tra discre-
zionalità amministrativa e discrezionalità tecnica, chiara in astratto, all’atto pratico si rivela in-
certa». Di recente, pur nella consapevolezza della grande eterogeneità dei poteri attribuiti a tali
soggetti, è stata tuttavia ribadita la necessità di distinguere nettamente le scelte tecniche dalle
scelte politico-discrezionali ai fini della stessa indipendenza delle Autorità: in questo senso, E.
BRUTI LIBERATI, La regolazione indipendente dei mercati. Tecnica, politica e democrazia, Torino,
2019, spec. 75 ss. In ogni caso, come sottolineato S. TORRICELLI, Per un modello generale di sinda-
cato sulle valutazioni tecniche, cit., 97 ss., il fatto di «escludere la natura discrezionale dei poteri
dell’autorità non implica escludere che quei poteri impattino sugli interessi; cambia solo il para-
metro che produce l’impatto e che non è di natura politica».
194 Come evidenziato da L. Lippolis nel cap. X, con riguardo alle Autorità di vigilanza emer-

gono spesso anche valutazioni di politica istituzionale – tra cui il preminente interesse a garantire
la stabilità e la solidità del sistema finanziario – che avvalorano l’atteggiamento maggiormente de-
ferente del giudice.
195 D’altra parte, con riguardo a queste Autorità viene spesso in considerazione soprattutto

un problema di controllo sul concreto esercizio del potere regolatorio (anche di natura tecnica) ri-
spetto alle finalità indicate dalla legge.
196 Come sottolineato da S. de Nitto, nel cap. VII, è indicativo il peso che, in sede di con-

trollo sul potere di accertamento delle ipotesi di abuso di posizione dominante, assume il princi-
pio di proporzionalità, nella prospettiva di scongiurare che l’intervento dell’Autorità possa osta-
colare lo sviluppo di nuovi prodotti, o tecniche commerciali, suscettibili di rappresentare un be-
neficio per i consumatori (in materia di salute): si veda Cons. St., n. 1832/2020.
197 Come confermato, da ultimo, da Cons. St., VI, 23 settembre 2019, n. 6314, secondo cui

nell’esercizio del «potere di valutazione tecnica» finalizzato alla individuazione del “mercato rile-
42 ALFREDO MOLITERNI

in ciò risiede il senso di aver affidato ad un soggetto pubblico altamente qualifi-


cato e indipendente – sebbene non assimilabile ad un giudice – il potere di ve-
rificare in concreto la gravità (ma anche la tollerabilità e la giustificabilità) delle
violazioni poste in essere dalle imprese198, all’interno di un contesto in cui la
concorrenza – oltre a non essere stata definita a livello normativo199 – costituisce
non già un presupposto dato ma l’esito di un processo dinamico e da co-
struire200. Tutti questi elementi conducono a rigettare la possibilità di prospet-
tare – se non sulla base di una vera e propria fictio iuris – un sindacato giurisdi-
zionale sostanzialmente sostitutivo da parte del giudice in ragione della pecu-
liare natura neutrale e meramente accertativa del potere antitrust, come invece
ha tentato di fare la più recente giurisprudenza, la quale ha valorizzato proprio
l’assoluta antiteticità di tale potere rispetto a quello amministrativo discrezionale
e che sarebbe invece da assimilarsi a quello del giudice penale201.
D’altra parte, a prescindere dalle grandi difficoltà di pervenire ad una no-
zione sufficientemente condivisa di “potere afflittivo” alla luce della giurispru-
denza euro-convenzionale in materia di “full jurisdiction”202, non appare del
tutto condivisibile la prospettiva – ad essa sottesa – volta a concepire il rapporto
tra procedimento e processo in termini pienamente sostitutivi203. L’eventuale ob-

vante” «l’Autorità ha esercitato il suo potere discrezionale in modo conforme a tale principio».
Sulla difficoltà di assicurare una separazione netta tra l’accertamento e la valutazione dei fatti nel-
l’ambito dell’attività di repressione degli illeciti antitrust, si veda B. TONOLETTI, L’accertamento am-
ministrativo, Padova, 2001, 323. D’altronde, anche le ricostruzioni che prospettano, sul piano ge-
nerale, la possibilità di una piena sostituibilità in sede giurisdizionale dell’attività interpretativa di
sussunzione e di valutazione dei fatti, non mancano di ricostruire come “fattispecie mista” proprio
gli accertamenti antitrust, alla luce del fatto che, ad esempio, l’avvio officioso dell’istruttoria sa-
rebbe un segno della sicura discrezionalità dell’accertamento: così S. COGNETTI, Legge, ammini-
strazione, giudice, cit., 125.
198 Con conseguente necessità di effettuare ineludibili bilanciamenti tra i diversi interessi in

gioco, come evidenziato da F. DENOZZA, A. TOFFOLETTO, Contro l’utilizzazione dell’«approccio eco-


nomico» nell’interpretazione del diritto antitrust, in Mercato Concorrenza Regole, 2006, 563 ss.
199 Come sottolineato da M. LIBERTINI, Il diritto della concorrenza dell’Unione europea, Mi-

lano, 2014, 43.


200 E questo, a tacer di ogni considerazione in merito ai possibili nessi tra tutela della con-

correnza e promozione di obiettivi di giustizia sociale, su cui, da ultimo, M. D’ALBERTI, La con-


correnza, in F. AMATORI, M. D’ALBERTI (a cura di), L’impresa italiana, II, Roma, 2020, 100 ss.
201 Si tratta del già menzionato caso Avastin-Lucentis del Cons. St., n. 4990/2019, ove si sot-

tolinea che si tratta di un «potere ontologicamente diverso dalla discrezionalità amministrativa che
presuppone una ponderazione di interessi» che «sul piano funzionale» appare «equivalente a
quello del giudice penale». Tale costruzione si basa sull’esaltazione di contrapposizioni che non
trovano però riscontro nella realtà dell’ordinamento (come quella tra un potere antitrust di mero
accertamento e una regolazione economica caratterizzata, invece, da un certo «livello di politi-
cità»). In chiave critica sulla sentenza, anche per gli effetti pregiudizievoli che ne potrebbero di-
scendere dal punto di vista di possibili pronunce propulsive del giudice amministrativo nei con-
fronti delle archiviazioni dell’AGCM, si veda M. CAPPAI, Il problema del sindacato giurisdizionale
sui provvedimenti dell’AGCM in materia antitrust: un passo in avanti, due indietro … e uno in
avanti. Una proposta per superare l’impasse, in Federalismi.it, n. 21/2019.
202 Come sottolineato di recente da A. CARBONE Il dibattito sull’art. 6 CEDU nel dirito

amministrativo italiano ed europeo, in ID. (a cura di), L’applicazione dell’art. 6 CEDU nel processo
amministrativo dei Paesi europei, Napoli, 2020, 1 ss.
203 In questa prospettiva, di recente, F. FOLLIERI, Art. 6 CEDU ed equilibrio dei poteri dello

Stato. Dall’infungibilità dell’amministrazione, all’infungibilità delle garanzie procedimentali, in


LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 43

nubilazione della distinzione strutturale e funzionale tra procedimento e pro-


cesso avrebbe infatti l’effetto di favorire il progressivo spostamento della fase
realmente decisionale nella sede giurisdizionale, con la conseguente trasforma-
zione del procedimento da luogo dell’imparziale (e tecnicamente fondata) com-
posizione di tutti gli interessi in gioco, ad una mera fase preliminare e istrutto-
ria in vista del “dibattimento” davanti al giudice204. Anche solo per esigenze di
economicità e di maggiore speditezza della decisione, ciò potrebbe indurre i
pubblici poteri (ma anche le parti private) a prendere (ancor) meno sul serio la
fase del procedimento e a spostare le risorse e i costi istruttori e difensivi nel
luogo di sostanziale e definitiva attribuzione del bene della vita205: il che non sa-
rebbe di certo ostacolato – ma anzi verrebbe ad essere favorito – dallo stesso
processo di progressivo indebolimento dei corpi tecnici nell’amministrazione e
di forte contrazione (e contingentamento) dei tempi dell’istruttoria e di conclu-
sione del procedimento che è già in atto da tempo nel nostro ordinamento.
In un simile contesto, appare quindi imprescindibile valorizzare e salva-
guardare la scelta del legislatore di aver attribuito ad un organo amministrativo
– e non ad un giudice – il potere di concretizzare l’interesse pubblico indivi-
duato in maniera astratta dalla norma206: e questo indipendentemente dalla mag-
giore o minore vicinanza dello stesso al potere politico. Proprio in ragione di
ciò, lo stesso parallelismo che spesso viene prospettato con il sindacato del giu-
dice ordinario sulle norme elastiche – il quale disvelerebbe l’inadeguatezza dello
standard di tutela offerto dal giudice amministrativo207 – può valere solo con ri-
guardo ai casi in cui, a fronte dei medesimi diritti riconosciuti dalla legge affidati
alle due giurisdizioni (come il diritto alla salute e all’assistenza), il giudice am-
ministrativo si rifiuti, in ragione della presenza di un’intermediazione ammini-
strativa nella valutazione, di ricorrere alla consulenza tecnica per l’accertamento
A. CARBONE (a cura di), L’applicazione dell’art. 6 CEDU, cit., 65 ss. Tutto questo a dispetto del
fatto che proprio il procedimento antitrust – da cui traggono origine alcune delle più importanti
pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo – costituisce nel nostro ordinamento uno dei
procedimenti maggiormente garantisti ed effettivamente ispirati al principio del contraddittorio
(pur non essendo garantita, sul piano strutturale la distinzione tra organi istruttori e organi giu-
dicanti).
204 Come prospettato, quale possibile conseguenza dell’accoglimento di un sindacato sosti-

tutivo sui provvedimenti dell’AGCM, da M. CAPPAI, Il problema del sindacato giurisdizionale, cit.,
passim.
205 D’altra parte il problema del tempo e dei costi andrebbe attentamente considerato nella

prospettiva di regolare i nessi tra intensità del sindacato e pesantezza delle garanzie partecipatorie
e procedimentali, come sottolineato da S. CASSESE, Il sorriso del gatto, ovvero dei metodi nello stu-
dio del diritto pubblico, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, 597 ss.
206 Sulla necessità di evitare una sostanziale sostituzione del giudice all’amministrazione an-

che con riguardo alle scelte tecniche, si veda B.G. MATTARELLA, L’imperatività del provvedimento
amministrativo, cit., 437.
207 Come prospettato da G. D’ANGELO, Giudice amministrativo, cit., 659 ss., secondo cui «la

separatezza tra le due giurisdizioni finisce pertanto col comportare una divergenza di fondo ri-
spetto all’ipotesi di una riserva amministrativa generale di valutazione tecnica. La divergenza ap-
pare ancora più netta alla luce di quella giurisprudenza civile che afferma la compatibilità delle
c.d. norme elastiche con un sindacato puntuale del giudice». Sottolinea tuttavia la diversa posi-
zione del giudice ordinario rispetto all’accertamento pieno dei fatti non oggetto di mediazione
amministrativa, si v. C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 228.
44 ALFREDO MOLITERNI

dei medesimi fatti materiali riguardanti lo stato di salute e il nesso con la speci-
fica condizione lavorativa208. Al di là di tali specifiche ipotesi – in cui effettiva-
mente il self-restraint del giudice amministrativo non appare giustificabile – va
invece adeguatamente valorizzato il fatto che, di solito, l’amministrazione è chia-
mata dalla legge ad integrare il parametro normativo o, comunque, ad assumersi
una responsabilità209 nei confronti dell’ordinamento rispetto alla concretizza-
zione dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio di un determinato potere, il
quale, sebbene fondato sull’utilizzo di regole tecniche, non è in grado di travali-
care per ciò solo il principio di separazione dei poteri210. La stessa definizione di
concetti chiaramente appartenenti a specifiche discipline scientifiche – come
quelli di “foresta”, “vulcano” o “ghiacciaio” – là dove è funzionale ad indivi-
duare l’esatta porzione di territorio sottoposta a vincolo ex lege rende necessaria
l’intermediazione dell’amministrazione preposta alla tutela paesaggistica211. Per-
sino la valutazione medica finalizzata ad accertare la «sana e robusta costitu-
zione fisica» o la «piena integrità psichica», se inserita nell’ambito di un con-
corso pubblico per valutare l’idoneità del candidato a ricoprire un certo inca-
rico, potrebbe ragionevolmente risentire della specifica conoscenza da parte
dell’amministrazione dei compiti e delle mansioni che si andranno concreta-
mente a ricoprire e, quindi, della responsabilità da essa assunta nei confronti
dell’ordinamento di avvalersi di professionalità adeguate212.

208 Come evidenziato da F. Pileggi nel cap. II, nei giudizi concernenti il diritto alle prestazioni

previdenziali o assistenziali dei dipendenti pubblici “contrattualizzati”, gli elementi tecnici sono co-
nosciuti con pienezza dal giudice, il quale ricorre normalmente alla consulenza tecnica d’ufficio, ai
sensi dell’art. 445 c.p.c.: con riferimento all’accertamento del nesso di causalità tra il servizio svolto
e la malattia contratta, ai fini del riconoscimento di una rendita per malattia professionale, la Corte
di Cassazione ha precisato che tale accertamento, in quanto giudizio di natura tecnica, «può for-
mare oggetto solo di valutazione tecnica, che il ricorrente deve fornire o sollecitare al giudice, tra-
mite consulenza tecnica d’ufficio» (così Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2002, n. 12629).
209 Come sottolineato da P.L. STRAUSS, Administrative Justice in the United States, Durham,

North Carolina, 2002, 335, il problema del judicial review è quello di «permitting the court control
the lawfulness of agency action without allowing it to displace agency responsibility». È una re-
sponsabilità che è l’esito della stessa decisione del legislatore di conferire certi compiti all’ammi-
nistrazione e non al giudice ed è quindi l’esito di una certa distribuzione del potere di valutazione
dei fatti tra p.a. e giudice (come sottolineato già da C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valuta-
zioni tecniche, cit., 4).
210 Non appare condivisibile la prospettiva di G. D’ANGELO, Giudice amministrativo, cit.,

659 ss., secondo cui «per le valutazioni tecniche non possono valere – nemmeno da un punto vi-
sta costituzionale – principi analoghi a quelli che presiedono alla separatezza fra potere esecutivo
ed ordine giudiziario». In chiave critica sull’argomento della separazione dei poteri, si veda anche
M. ALLENA, La full jurisdiction tra sindacato di “maggiore attendibilità” del giudice amministrativo
e mito della separazione dei poteri, in A. CARBONE (a cura di), L’applicazione dell’art. 6 CEDU, cit.,
23 ss.
211 In questo senso, si veda il cap. V di M. Bray, il quale richiama gli orientamenti giuri-

sprudenziali formatisi ad esempio attorno all’individuazione del concetto di bosco e alla sua di-
stinzione dal mero consorzio di alberi: da ultimo, Cons. St., sez. III, 13 febbraio 2020, n. 1124. Sui
vincoli ex lege, S. AMOROSINO, I vincoli paesaggistici ex lege n. 431 del 1985: concetti normativa-
mente indeterminati e valutazioni amministrative, in Riv. giur. ed., 1996; G. SCIULLO, I vincoli pae-
saggistici ex lege: origini e ratio, in Aedon, n. 1-2/2012.
212 Come sottolineato nel cap. II da F. Pileggi, la scelta di assumere nei ruoli della pubblica

amministrazione candidati che soddisfino determinati requisiti di integrità fisica, psichica e attitu-
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 45

5. Le prospettive auspicabili del sindacato giurisdizionale: la centralità del pro-


cedimento di valutazione tecnica
Il rigetto di prospettive e di approcci che – valorizzando il principio del-
l’effettività della tutela – giungono a giustificare (o ad auspicare) un sindacato
sostanzialmente sostitutivo sulle valutazioni tecniche non conduce necessaria-
mente a considerare soddisfacente l’equilibrio sin qui concretamente raggiunto
in sede di sindacato giurisdizionale sulla c.d. discrezionalità tecnica: d’altra
parte, è la stessa alternativa netta tra un controllo sostitutivo e un controllo li-
mitato ai profili di manifesta illogicità e irragionevolezza a non risultare accetta-
bile dal punto di vista del concreto sindacato che può e deve essere richiesto al
giudice in sede di controllo sulle valutazioni tecniche. Pertanto, vanno certa-
mente superati quegli orientamenti – invero assai diffusi – che continuano ad
utilizzare il riferimento alla “tecnica” per esercitare un sindacato meno intenso
di quanto è spesso assicurato – anche attraverso il principio di proporzionalità –
sull’esercizio del potere discrezionale; e che, al contempo, sembrano implicita-
mente valorizzare il concetto di opinabilità per legittimare un controllo mera-
mente formale sulla correttezza dell’iter decisionale, senza alcun tentativo di ri-
percorrere, in maniera sostanziale, il procedimento che ha condotto alla deci-
sione o di entrare nella dimensione fattuale della valutazione con l’ausilio di
adeguate competenze tecniche (e non già attraverso massime di esperienza). Tali
orientamenti, sulla base di una vera e propria inversione logica, finiscono infatti
per concepire il possibile supporto conoscitivo offerto dalla tecnica come un
qualcosa di utile a confermare l’illegittimità di una scelta, la quale dovrebbe
però già manifestarsi ictu oculi come illogica e irragionevole (e, quindi, a pre-
scindere dal ricorso ai mezzi istruttori).
Al contrario, è quindi necessario valorizzare maggiormente il fatto che la
dimensione tecnica della valutazione e la presenza di elementi tecnici nella fatti-
specie normativa – pur non essendo di per sé idonei a giustificare la prospetta-
zione di un autonomo modello di sindacato giurisdizionale – contribuiscono co-
munque a rafforzare, sul piano quantitativo, i vincoli giuridici e normativi che
circondano il concreto esercizio del potere, con conseguente allargamento dei
margini di controllo a disposizione del giudice213. Tuttavia, tale fenomeno –

dinale risulta, infatti, funzionale al buon andamento dell’organizzazione e dell’azione amministra-


tiva ex art. 97, co. 2, Cost., più che alla tutela della salute del singolo candidato. In questo senso,
Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n. 1018. Tuttavia, può rivelarsi comunque irragionevole il diffe-
rente trattamento riservato dal giudice civile con riguardo ai rapporti d’impiego attribuiti alla sua
giurisdizione, per i quali si ammette, in sede di licenziamento per inidoneità al servizio, la non vin-
colatività per il giudice del parere della Commissione medica di cui all’art. 1 d.m. 23 febbraio
1999 n. 88 «avendo egli – anche in riferimento ai principi costituzionali di tutela processuale – il
potere di controllare l’attendibilità degli esami sanitari effettuati dalla predetta Commissione»:
così Cass. civ., sez. lav., 8 febbraio 2008, n. 3095, con riguardo dell’accertamento dell’idoneità al
servizio dei dipendenti di aziende locali di trasporto pubblico.
213 In questo senso G. ROSSI, Principi di diritto amministrativo, cit., 290, il quale sottolinea

«il progressivo restringimento delle possibili alternative nel corso del procedimento». Come sot-
tolineato anche G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale, cit., passim, «più aumen-
46 ALFREDO MOLITERNI

lungi dal rilevare solo (o tanto) nel momento della valutazione finale (a cui si è
sempre riservata grandissima attenzione sul piano teorico) – dovrebbe condizio-
nare soprattutto il farsi del potere e le concrete modalità del suo esercizio214.
La presenza di un parametro tecnico da accertare o da definire sul piano
amministrativo viene infatti a rafforzare l’esigenza di una piena e rigorosa rico-
struzione materiale di tutti i fatti rilevanti, ma anche l’esigenza di una seria va-
lutazione degli stessi, soprattutto nella prospettiva di assicurare la massima com-
prensibilità e verificabilità dell’iter decisionale concretamente seguito dall’am-
ministrazione215: di qui, la necessità di prestare grande attenzione alle concrete
modalità di coinvolgimento nel processo decisionale delle istituzioni e degli or-
ganismi titolari di determinate competenze tecniche216. Inoltre, la dimensione
tecnica della valutazione viene a rendere vieppiù rilevante le modalità con cui è
assicurata, in sede procedimentale, la possibilità non solo di un contraddittorio
tra le parti217, ma anche di un confronto tra le diverse metodologie e approcci
scientifici per la qualificazione dei fatti o la ricostruzione dei parametri norma-
tivi di riferimento218; e questo, garantendo anche la possibilità di un’adeguata
rappresentazione dei diversi interessi sottesi alla decisione tecnica219. Si pensi,
ad esempio, al rilievo che – rispetto all’utilizzo dell’intelligenza artificiale per ef-
fettuare scelte amministrative concernenti l’attribuzione di benefici pubblici,

tano, insomma, i parametri di valutazione – o meglio la loro giuridicizzazione (o giuridicizzabilità


che dir si voglia) –, più si riducono i margini di discrezionalità, crescendo conseguentemente le
chances di sindacato giurisdizionale». Ma già V. BACHELET, L’attività tecnica della pubblica ammini-
strazione, cit., 51 s., segnalava la riduzione dei margini di discrezionalità attraverso il rinvio a «cri-
teri tecnici».
214 Secondo F. SALVIA, Attività amministrativa, cit., 698 «le modalità della sequenza procedi-

mentale oltre a influenzare in vario modo le scelte discrezionali, possono anche condizionare il
contenuto di alcuni apprezzamenti tecnici».
215 Sul punto L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 189 ss.
216 Anche dal punto di vista dell’autonomia – quantomeno funzionale – rispetto al decisore

finale. Da questo punto di vista, la dimensione tecnica della scelta dovrebbe escludere la possibile
coincidenza tra il responsabile dell’istruttoria e il titolare del potere decisionale che oggi è am-
messa dall’art. 6 della legge sul procedimento amministrativo: ad un simile risultato si potrebbe
pervenire soprattutto intervenendo nelle legislazioni di settore che disciplinano la maggior parte
dei procedimenti caratterizzati da valutazioni tecniche. Il tema assume un rilievo specifico nel-
l’ambito dei procedimenti Antitrust ove effettivamente si pone un problema di inadeguata sepa-
razione tra funzioni istruttorie e decisorie all’interno dell’Autorità alla luce della giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo 4 marzo 2014, ric. n. 18640/10, Grande Stevens e altri c.
Italia (e come incidentalmente evidenziato, di recente, dalla stessa Corte cost. n. 13/2019).
217 Sulla necessaria intermediazione procedimentale e sul contraddittorio «paritario» che ca-

ratterizzano la regolazione dei mercati, si veda F. MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti. Un


romanzo «quasi» giallo, Bologna, 2000.
218 Ad esempio, in materia di appalti, ove la tecnica è in continua evoluzione, l’amministra-

zione può favorire forme di contraddittorio sin dalla stessa fase di definizione del bando, al fine
di rafforzare la procedimentalizzazione della valutazione tecnica mediante il confronto dialettico
con posizioni esterne alla p.a.: si veda, in questo senso, l’istituto della consultazione tecnica ai
sensi dell’art. 66 del Codice dei contratti (d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50).
219 Sull’importanza della partecipazione anche democratica in sede procedimentale, si veda

L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 76; ma anche C. MARZUOLI, Potere ammi-
nistrativo e valutazioni tecniche, cit., 325, sulla centralità dei procedimenti e dell’organizzazione
«attraverso cui si possono più efficacemente ricollegare i valori espressi dalla tecnica e i valori dei
cittadini».
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 47

l’allocazione di risorse scarse, ma anche la valutazione e la gestione di rischi (sa-


nitari, ambientali o di sicurezza pubblica) – assume il momento procedimentale
della costruzione e della definizione dell’algoritmo, il quale deve assicurare la
massima trasparenza e intellegibilità della decisione, garantendo la partecipa-
zione degli interessati e un confronto chiaro tra le diverse prospettive metodo-
logiche e le relative implicazioni220.
In sostanza, l’attribuzione di un potere di valutazione tecnica ad un soggetto
pubblico – lungi dal determinare di per sé solo una riserva di amministrazione in
ragione della peculiare posizione ricoperta dell’amministrazione o dei valori di
cui è portatrice – viene soprattutto ad accrescere la rilevanza del procedi-
mento221, quale luogo privilegiato per assicurare un confronto dialettico tra le di-
verse metodologie e conoscenze scientifiche e, quindi, per assicurare la migliore
concretizzazione della regola tecnica a fronte dell’indeterminatezza della
norma222. Tutto ciò, a ben vedere, si pone in netta controtendenza con un pro-
cesso che, sul piano generale, è sembrato invece negli ultimi tempi privilegiare la
massima contrazione delle decisioni anche tecniche e, al contempo, ha spesso de-
quotato il procedimento a “mera forma” o a semplice ostacolo per la più rapida
assunzione delle decisioni223. Poiché la tecnica è raramente in grado di condurre
a certezze e verità assolute, l’amministrazione è soprattutto nel (e attraverso il)
procedimento che deve dimostrare di aver deciso nel modo migliore, anche dal
punto di vista tecnico, all’interno degli spazi conferiti dalla legge. Al contempo,
la rilevanza attribuita al procedimento quale luogo di concretizzazione della re-
gola tecnica – lungi dall’assumere un rilievo meramente formale – contribuisce a
rafforzare l’esigenza di garantire (e soprattutto di dimostrare attraverso la moti-
vazione224) la ragionevolezza e la coerenza della decisione finale rispetto alle con-
crete modalità con cui, in sede di svolgimento dell’istruttoria, si è pervenuti a de-
clinare il parametro tecnico e a ricostruire i fatti assunti come rilevanti225.

220 In questo senso, si vedono le considerazioni di F. Costantino nel cap. XII e, in partico-

lare, il riferimento alle più recenti tendenze che si stanno affermando nell’ordinamento statuni-
tense in termini di trasparenza e di adeguatezza del controllo delle Corti sulle modalità di costru-
zione dell’algoritmo, su cui C. COGLIANESE, D. LEHR, Transparency and Algorithmic Governance, in
Adm. Law Rev., 2019, 44.
221 Sulla capacità del giudice di pervenire ad un sindacato assai penetrante attraverso la con-

siderazione di errori procedurali o formali (soprattutto in termini di incompletezza dell’istruttoria


e inadeguatezza della motivazione), si vedano A. PRETO, B. CAROTTI, Il sindacato giurisdizionale
sulle autorità indipendenti: il caso dell’Agcom, in Riv. trim. dir. pubbl., 2016, 123 ss.
222 Sul punto L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 209 ss.
223 Sul problema della rilevanza dei vizi formali e sulla necessità di un sindacato rigoroso del

giudice, F. CINTIOLI, Giusto processo, CEDU e sanzioni antitrust, cit., 507 ss., secondo cui, vieppiù
nel procedimento antitrust «tali garanzie sono un valore sostanziale, addirittura rispondente a un
diritto fondamentale dell’individuo»; il giudice «né può rifugiarsi dietro la considerazione che, in
fondo, il processo è la prosecuzione del procedimento in una sua seconda fase, perché così, in
fatto, non è»; in questa prospettiva, «il giudizio sarà di piena giurisdizione anche se (e solo se) sa-
prà tutelare le garanzie procedimentali. Specie per un processo che, come rilevato, non può essere
sostitutivo in senso pieno».
224 Come evidenziato da G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale, cit., passim.
225 Sulla centralità del sindacato di ragionevolezza anche per la tecnica, F. LEDDA, Potere, tec-

nica, cit., 438 s., il quale sottolinea che la ragionevolezza assicura la chiusura e il controllo di tutte
48 ALFREDO MOLITERNI

Si tratta di profili che – se presi “sul serio” sia dal legislatore, sia dall’am-
ministrazione, sia dal giudice – contribuiscono indubbiamente ad ampliare gli
spazi dello stesso sindacato giurisdizionale, nella prospettiva di verificare la se-
rietà, la rigorosità e l’affidabilità dell’intero processo di valutazione tecnica posto
in essere dall’amministrazione. Da questo punto di vista, va quindi ribaltata la
prospettiva che spesso – nelle stesse motivazioni delle sentenze – tende a deru-
bricare a “mera forma” il controllo sul procedimento, in contrapposizione ad un
controllo sulla “sostanza” della decisione226. Soprattutto nell’ambito delle valu-
tazioni tecniche occorre verificare, non già la mera esistenza, ma soprattutto la
congruità, la qualità e la completezza dell’istruttoria, interpretando con grande
rigore i principi contenuti nell’art. 6 della legge sul procedimento amministra-
tivo e le discipline di settore che governano i singoli procedimenti, da intendersi
quali vere e proprie regole di condotta per l’amministrazione tecnica227. Nel-
l’ambito di un simile sindacato volto a verificare la completezza e la rigorosità
dell’istruttoria, potrà rivelarsi necessario per il giudice procedere ad un diretto
accertamento dei fatti storici rilevanti nella loro materialità228 o a considerarne
di nuovi se prospettati come rilevanti dalle parti e non considerati dall’ammini-
strazione (il che non costituisce un indebito sconfinamento dal tradizionale sin-
dacato di legittimità)229. Tutto ciò, ricorrendo al conforto degli esperti per la mi-
gliore comprensione della logicità, della razionalità e quindi dell’attendibilità
delle scelte effettuate dall’amministrazione in sede procedimentale alla luce dei
parametri giuridici e fattuali concretamente presi a riferimento230.
Naturalmente, una simile prospettiva non esclude che, nell’ambito delle di-

le proposizioni giuridiche indeterminate; nonché F. SALVIA, Attività amministrativa, cit., 691. Sot-
tolinea il fatto che il sindacato di ragionevolezza sull’accertamento tecnico sarebbe comunque
qualcosa di diverso dal controllo di ragionevolezza sulla discrezionalità amministrativa, F. CIN-
TIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, cit., 235.
226 Come evidenziato, di recente, anche da S. TORRICELLI, Per un modello generale di sinda-

cato sulle valutazioni tecniche, cit., 97 ss., secondo cui «il procedimento non è solo forma, è anche
sostanza, perché condiziona il risultato che l’azione amministrativa produce. In particolare la par-
tecipazione arricchisce (o imbriglia, a seconda dei punti di vista) l’istruttoria, consegnando al-
l’amministrazione elementi, argomenti, prospettive che essa non può trascurare e che richiedono
una specifica considerazione, anche obbligandola a vagliare la soluzione progettata alla luce delle
prospettive e delle prospettazioni dei soggetti che intervengono. Ciò può incidere a posteriori sulla
intensità del sindacato, perché la proliferazione degli elementi di cui tenere conto e delle soluzioni
da mettere a confronto riduce lo spazio della scelta, facendo risaltare l’eventuale irragionevolezza
della soluzione individuata e che, mancando quei parametri, con difficoltà sarebbe potuta emer-
gere».
227 Sugli obblighi istruttori come regole di condotta, C. CUDIA, Funzione amministrativa e

soggettività della tutela. Dall’eccesso di potere alle regole del rapporto, Milano, 2008, 251 ss.
228 Si tratta di una prospettiva che non è stata contestata neanche dalle ricostruzioni che

sono state più attente a preservare uno spazio di riserva valutativa alla p.a.: D. DE PRETIS, Valuta-
zione amministrativa, cit., 399 ss.
229 Sul punto, si veda G. DE GIORGI CEZZI, Giudizio prova verità. Appunti sul regime delle

prove nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2002, 907 ss.
230 D’altra parte, come sottolineato da A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tec-

nico-scientifiche, cit., 459, lo stesso «giudizio di equivalenza» sarà «possibile solo se la valutazione
di ordine tecnico-scientifico dell’amministrazione sia stata previamente verificata dal giudice».
LE DISAVVENTURE DELLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 49

verse fattispecie normative, potranno poi valorizzarsi ulteriori profili ed ele-


menti strutturali che caratterizzano la specifica relazione esistente tra la tecnica,
la legge, il potere amministrativo e la posizione del cittadino, al fine di giustifi-
care un differente livello di avvicinamento al cuore della valutazione effettuata
dall’amministrazione231. Ma ciò, nella consapevolezza che risulta generalmente
difficile ricavare un’esplicita indicazione del legislatore in merito all’intensità del
sindacato232, se non nei casi in cui si sia prevista la giurisdizione di merito su de-
terminati poteri233 o si sia inteso espressamente limitare il potere di cognizione
del giudice234. All’infuori di tali (rare) ipotesi, potrebbe al più valorizzarsi – nella
prospettiva di un’intensificazione del controllo – l’eventuale incidenza del po-
tere (di valutazione tecnica) su diritti fondamentali della persona (come quello
alla salute o all’assistenza)235. Al contempo, nella prospettiva di giustificare un
maggiore self-restraint del giudice, potrebbe valorizzarsi la scelta del legislatore
di attribuire – sul piano sostanziale – un peculiare rilievo e una particolare forza
(in termini di insostituibilità) a certe valutazioni tecniche, non già in ragione
della specifica competenza dell’amministrazione, quanto in ragione della ine-
renza delle stesse a valori costituzionali particolarmente rilevanti236.

231 Sul punto, sia consentito il rinvio a A. MOLITERNI, Streamlining the Judicial Review of

Administrative Decisions: a Comparative Institutional Approach, in Riv. trim. dir. pubb., 2018,
539 ss.
232 Nonostante diverse ricostruzioni dottrinarie hanno sottolineato la necessità di ricavare

specifiche indicazioni legislative in merito al conferimento di uno spazio valutativo alla p.a. (V. CE-
RULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa, cit., 493 ss.; D. DE PRETIS, Valutazione
amministrativa, cit., 376), nella concreta realtà dell’ordinamento ciò non appare affatto agevole
(come evidenziato da L. BENVENUTI, La discrezionalità e i suoi interpreti, cit., 173 ss.), anche per la
difficoltà di distinguere i casi di ambiguità consapevole dai casi di ambiguità inconsapevole del
testo normativo: il punto, come noto, assume un rilievo centrale nel dibattito statunitense sulla de-
ference alla luce di Chevron (Chevron USA, Inc. v. Natural Resources Defense Council, 25 giugno
1894, US Supreme Court, [1984] 467 US 837).
233 Con riguardo, ad esempio, al sindacato sulle sanzioni antitrust un sindacato giurisdizio-

nale integralmente sostitutivo potrebbe al più giustificarsi in ragione della previsione della giuri-
sdizione di merito sull’esercizio del potere sanzionatorio, la quale – già solo sul piano logico – ap-
pare difficilmente dissociabile dalla piena e integrale valutazione della fattispecie sostanziale ad
esso presupposta. In questo senso si veda già A. POLICE, Tutela della concorrenza e pubblici poteri.
Profili di diritto amministrativo nella disciplina antitrust, Torino, 2007, 304 s.
234 Come nel caso del sindacato sul potere di risoluzione di crisi delle banche, ove si è pre-

vista l’inapplicabilità ai relativi giudizi della verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio (art.
95, co. 2, d.lgs., 16 novembre 2015, n. 180): sul punto, L. Lippolis nel cap. X.
235 Sulla falsariga dell’ordinamento tedesco ove i diritti fondamentali costituiscono un limite

unitario all’esercizio del potere amministrativo, a prescindere dalle sue caratteristiche più o meno
discrezionali (come prospettato da S. COGNETTI, Legge, amministrazione, giudice, cit., 140). Ma si
tratta di una tendenza che emerge anche in altri ordinamenti, ove la stessa dimensione tecnica
della valutazione – che generalmente giustifica una deferenza del giudice – trova un limite nella
presenza di un diritto fondamentale: si veda G. ZHU (ed.), Deference to the Administration in Ju-
dicial Review, cit., passim.
236 Come sembrerebbe potersi ricavare dall’art. 17 della legge sul procedimento per le valu-

tazioni ambientali o paesaggistico-culturali, le quali se non sono sostituibili nel procedimento in


caso di una patologia (inerzia), a fortiori non dovrebbero essere sostituibili in sede processuale: D.
DE PRETIS, Valutazioni tecniche della pubblica amministrazione, in Diz. dir. pubbl., a cura di S. CAS-
SESE, VI, Milano, 2006, 6179.
50 ALFREDO MOLITERNI

Naturalmente, è essenziale che la valorizzazione di simili elementi av-


venga con grande prudenza237 e, soprattutto, sia chiaramente esplicitata dal giu-
dice238, soprattutto al fine di assicurare un costante confronto e dialogo con l’in-
tera comunità degli interpreti239. E questo, nella prospettiva di ridurre i rischi
(sempre incombenti) di un eccessivo “contestualismo”240 nelle decisioni giuri-
sprudenziali e di rafforzare, per questa via, l’imprescindibile esigenza di preve-
dibilità del sindacato241.

237 Anche in ragione del fatto che, in molti ambiti, come quello della salute o dell’ambiente,

non appare sempre agevole distinguere l’interesse (pubblico) sensibile che giustifica una riserva
dell’amministrazione dal diritto fondamentale della persona a cui è intrecciato, con conseguente
difficoltà di regolare su tali basi l’intensità del sindacato.
238 Sul dovere del giudice di motivare e spiegare il differente livello di intensità del suo scru-

tinio, senza trincerarsi dietro formule standard come avviene spesso per discrezionalità tecnica, si
veda P. CRAIG, UK, EU and Global Administrative Law, cit., 485.
239 Come evidenziato da D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa, cit., 386, l’ancoraggio del

problema dell’intensità ad una questione interpretativa fornisce uno stimolo alla razionalizzazione
del sindacato sulla base di una dialettica tra legislatore, amministrazione e giurisprudenza. D’altra
parte, la stessa elaborazione di una compiuta teoria della deferenza appare osteggiata in molti or-
dinamenti proprio per gli eccessivi limiti “esterni” che essa porrebbe alla creatività dell’interprete:
in questo senso, si veda W. JOHN HOPKINS, ‘The “Dreadful Truth” and Transparent Fictions: Defe-
rence in New Zealand Administrative Law’, in G. ZHU (ed.), Deference to the Administration, cit.,
50 ss.
240 Su cui, da ultimo, D. KNIGHT, Contextual review: The instinctive impulse and unstructu-

red normativism in judicial review, in Legal Studies, 2020, 40, 1 ss.


241 Da cui viene strettamente a dipendere la stessa effettività della tutela giurisdizionale,

come sottolineato da M. D’ALBERTI, Di alcuni limiti della giustizia amministrativa, in V. CERULLI


IRELLI (a cura di), La giustizia amministrativa in Italia e in Germania. Contributi per un confronto,
Milano, 2017, 89 ss.
CAPITOLO SECONDO

IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO


SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AMMINISTRAZIONE
IN MATERIA DI SALUTE

Francesca Pileggi

SOMMARIO: 1. Le valutazioni tecniche in materia di salute. Le fattispecie oggetto di inda-


gine. – 1.1. Le valutazioni medico-legali. – 1.2. Le ordinanze a tutela della salute
pubblica. In particolare, le valutazioni circa la sussistenza di una situazione di pe-
ricolo o di pregiudizio per la salute umana. – 2. Breve inquadramento del conten-
zioso da cui traggono origine le valutazioni giurisdizionali. – 3. Inquadramento del
sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia di salute. – 3.1. I
principali orientamenti concernenti le valutazioni medico-legali. – 3.2. I principali
orientamenti concernenti le ordinanze a tutela della salute pubblica. – 4. Le tecni-
che di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di sindacato
giurisdizionale. – 4.1. In materia di valutazioni medico-legali. – 4.2. In materia di
ordinanze a tutela della salute pubblica. – 5. L’atteggiamento concretamente as-
sunto dal giudice dinanzi alle valutazioni tecniche: le ragioni della deferenza. –
6. Considerazioni di sintesi.

1. Le valutazioni tecniche in materia di salute. Le fattispecie oggetto di indagine


Il perimetro delle valutazioni tecniche in materia di salute è molto esteso e
presenta contorni non sempre ben definiti. La ragione è in primo luogo da ri-
condursi all’ampiezza e alla complessità del concetto di “salute”, che costituisce
un bene tutelato dalla nostra Costituzione nella sua duplice dimensione di di-
ritto dell’individuo – declinabile in diritto all’integrità psico-fisica della persona
umana e in diritto sociale all’assistenza sanitaria – e di interesse della collettività
(articolo 32)1.
Nelle differenti declinazioni di tale diritto-interesse si inserisce una serie di
provvedimenti amministrativi di diverso tipo: dagli atti di organizzazione e di

1 La giurisprudenza ha progressivamente esteso l’ambito di tutela dell’art. 32 Cost., ricom-


prendendo al suo interno diverse situazioni giuridiche soggettive. Sulle diverse declinazioni del di-
ritto alla salute si vedano, in particolare, Corte cost., 16 ottobre 1990, n. 455; Corte cost., 31 gen-
naio 1991, n. 37.
52 FRANCESCA PILEGGI

programmazione del servizio sanitario nazionale e di razionalizzazione della re-


lativa spesa, ai decreti di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio
di infermità o di lesioni contratte dai dipendenti pubblici, fino alle ordinanze di
contenimento e abbattimento delle emissioni insalubri. Si tratta di provvedi-
menti profondamente eterogenei tra di loro, nei quali vengono in rilievo valuta-
zioni tecnico-scientifiche diverse quanto alla loro natura e alla commistione, più
o meno intensa, con la discrezionalità pura2.
In particolare, una prima distinzione può essere fatta tra valutazioni il cui
oggetto è lo stato di salute dell’individuo, inteso quale integrità psico-fisica della
persona umana – è il caso delle valutazioni medico-legali – e giudizi in cui la sa-
lute, o meglio la sua tutela, rivela quale finalità dell’esercizio del potere ammini-
strativo, come le valutazioni circa la sussistenza di una situazione di pericolo o
di pregiudizio per l’integrità fisica della collettività.
Ulteriori distinzioni riguardano, come si avrà modo di vedere nel seguito
dell’indagine, l’amministrazione coinvolta, la struttura del procedimento in cui
si innesta la valutazione tecnica e la natura del provvedimento. Di tutte queste
differenze naturalmente si terrà conto al fine di valutare se e come possano in-
cidere sull’intensità del sindacato che il giudice amministrativo esercita su tali
valutazioni tecniche.
Nello specifico l’analisi si concentrerà prevalentemente sulle valutazioni in
relazione alle quali si registrano maggiori pronunce del giudice amministrativo.
Tuttavia, rimarranno al di fuori di tale indagine i giudizi tecnici effettuati nel-
l’ambito di procedimenti riconducibili alla funzione pianificatoria e program-
matoria dell’amministrazione locale3, nonché le valutazioni tecniche in materia
di farmaci, che saranno analizzate dettagliatamente nell’apposito capitolo del
presente Volume.

2 Occorre, fin da subito, precisare che in tale sede si farà riferimento ad una concezione am-

pia di “valutazione tecnica”, comprensiva tanto degli accertamenti tecnici quanto degli apprezza-
menti (su tali categorie cfr. F. SALVIA, Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. proc.
amm., 1992, 685 ss.; F. VOLPE, Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, in Dir.
amm., 2008, 823 ss.). Trattandosi, infatti, di un’analisi incentrata sull’esperienza giuridica concreta
si ritiene opportuno allargare l’ambito di indagine a tutti i giudizi cui la giurisprudenza ammi-
nistrativa ha attribuito e attribuisce il carattere della tecnicità, indipendentemente dalla minore o
maggiore complessità dell’operazione tecnica effettuata dall’amministrazione o dall’organo
tecnico.
3 Si tratta, in particolare, degli atti di programmazione sanitaria di competenza delle Re-

gioni ex art. 32, co. 8, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dei piani di zonizzazione acustica
adottati dai Comuni ai sensi della legge 26 ottobre 1995, n. 447 e del d.lgs. 17 febbraio 2017, n.
42. Sul tema, si vedano R. BALDUZZI, La sanità italiana tra livelli essenziali di assistenza, tutela
della salute e progetto di devolution, Milano, 2004; G. BERTOCCHI, Il ruolo della programmazione
sanitaria nel raccordare la domanda ai bisogni, in M. ANDREIS (a cura di), La tutela della salute tra
tecnica e potere amministrativo, Milano, 2006, 169 ss.; S. MONZANI, La articolazione dei servizi sa-
nitari sul territorio tra vincoli pubblicistici ed esigenze aziendali, in M. ANDREIS (a cura di), La tu-
tela della salute tra tecnica e potere amministrativo, cit., 211 ss. Per quel che concerne la giuri-
sprudenza amministrativa sul punto si rinvia alla “Rassegna monotematica di giurisprudenza”, a
cura di Antonino Masaracchia, aggiornata al 31 dicembre 2018, pubblicata sul sito della giustizia
amministrativa.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 53

1.1. Le valutazioni medico-legali


La tipologia di controversie più ricorrenti attiene ai decreti relativi al rico-
noscimento della dipendenza da cause di servizio di lesioni o di infermità (o di
aggravamenti delle stesse) contratte dai dipendenti pubblici4. In tale sede si
prenderanno in considerazione le sole controversie che rientrano nella giurisdi-
zione del giudice amministrativo: quelle concernenti il personale della pubblica
amministrazione in regime di diritto pubblico (art. 3 d.lgs. 30 marzo 2001, n.
165) e quelle riguardanti gli altri dipendenti pubblici, non rientranti in quest’ul-
tima categoria, relativamente al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30
giugno 1998 qualora i relativi giudizi siano stati proposti «a pena di decadenza,
entro il 15 settembre 2000» (art. 69, co. 7, d.lgs. n. 165/2001). Si evidenzia, tut-
tavia, sin da ora che risulta molto rilevante anche il contenzioso dinanzi al giudice
ordinario, il quale sarà in parte richiamato in tale contributo, al fine di far emer-
gere le differenze rispetto al sindacato effettuato dal giudice amministrativo.
Il procedimento per il riconoscimento della dipendenza da causa di servi-
zio è oggi disciplinato dal d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 4615, che delinea le diverse
scansioni procedimentali e definisce le competenze degli organi tecnici chiamati
a pronunciarsi. Nello specifico, il procedimento può essere avviato ad istanza di
parte (dal dipendente che abbia subito lesioni o contratto infermità o dall’a-
vente diritto, in caso di morte del dipendente) o d’ufficio6. Prende, quindi, av-
vio la fase dell’istruttoria, nell’ambito della quale viene acquisita la documenta-
zione necessaria (compresa quella prodotta dall’interessato) e intervengono il

4 Va preliminarmente precisato che per “dipendente” ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 29 otto-

bre 2001, n. 461 si intende il personale, anche di qualifica dirigenziale, appartenente alle ammini-
strazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, alle Forze di polizia,
anche ad ordinamento militare, o alle Forze armate o alle altre categorie indicate dall’art. 1 del
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante il “Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza
dei dipendenti civili e militari dello Stato”).
Tuttavia, la legge 22 dicembre 22 dicembre 2011, n. 214, (che ha convertito in legge, con
modificazioni, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201) ha abrogato, per i dipendenti civili della pubblica
amministrazione, gli istituti dell’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio,
del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell’equo indennizzo e della pensione
privilegiata, per cui, a partire dalla data di entrata in vigore del d.l., tali istituti operano soltanto
con riferimento al «personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soc-
corso pubblico» (art. 6 della l. n. 214/2001). Ad ogni modo, rimangono salvi i «procedimenti in
corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché [i] procedimenti per i quali, alla
predetta data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché [i] pro-
cedimenti instaurabili d’ufficio per eventi occorsi prima della predetta data» (ancora l’art. 6 della
l. n. 214/2001).
5 Il quale contiene il “Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconosci-

mento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privi-
legiata ordinaria e dell’equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato
per le pensioni privilegiate ordinarie”. Tale decreto ha innovato il precedente procedimento, la cui
disciplina era dettata dal d.P.R. dell’8 giugno 1994, n. 349.
6 L’amministrazione inizia d’ufficio il procedimento quando un suo dipendente riporta le-

sioni, per certa o per presunta ragione di servizio, tali da poter divenire causa d’invalidità o di al-
tra menomazione dell’integrità fisica, psichica o sensoriale del dipendente stesso o in caso di
morte di quest’ultimo (art. 3 del d.P.R. n. 461/2001).
54 FRANCESCA PILEGGI

giudizio della Commissione medica territorialmente competente (d’ora in avanti


anche “Commissione”) e la valutazione del Comitato di verifica per le cause di
servizio (d’ora in avanti anche “Comitato”)7.
Le funzioni della Commissione e del Comitato sono distinte e non sovrap-
ponibili. Alla prima – che è composta «da tre ufficiali medici, di cui almeno
uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni» (art.
193, co. 3, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66) – spetta la visita e la conseguente dia-
gnosi dell’infermità o della lesione contratta dal dipendente, «comprensiva pos-
sibilmente anche dell’esplicitazione eziopatogenetica, nonché del momento della
conoscibilità della patologia», e delle conseguenze sull’idoneità al servizio (art.
198, co. 1 e 4, del d.lgs. n. 66/2010)8. Il Comitato, invece, – il quale è formato
da un numero consistente di componenti, con professionalità mediche, giuridi-
che e amministrative, nominati con decreto del Ministro dell’Economia e delle
Finanze – accerta «la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive
di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio e al rapporto causale tra i
fatti e l’infermità o lesione» (art. 11, co. 1, del d.P.R. n. 461/2001)9. La valuta-
zione effettuata da tale organo risulta assolutamente centrale ai fini del ricono-
scimento della dipendenza ontologica e giuridica dell’infermità dall’attività lavo-
rativa svolta10. Il parere espresso dal Comitato, infatti, è obbligatorio e vinco-
lante per l’ufficio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, che è

7 Il Comitato di verifica per le cause di servizio ha sostituito il Comitato per le pensioni

privilegiate ordinarie.
8 L’art. 6 del d.P.R. n. 461/2001, come modificato dal d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, dispone

che «i compiti e la composizione della Commissione sono disciplinati dal titolo V del Libro I del
codice dell’ordinamento militare», contenuto nel d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, per cui alle norme
di tale decreto si fa riferimento. Nello specifico, l’art. 193, co. 2, del d.lgs. n. 66/2010, afferma che
«le Commissioni mediche ospedaliere sono costituite presso i Dipartimenti militari di medicina
legale».
9 Entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, l’ufficio competente ad

emettere il provvedimento finale invia al Comitato, oltre al verbale stesso, una relazione nella
quale sono riassunti gli elementi informativi disponibili, relativi al nesso causale tra l’infermità o
lesione e l’attività di servizio, nonché l’eventuale documentazione prodotta dall’interessato. Al di-
pendente è data comunicazione della trasmissione degli atti al Comitato entro i successivi dieci
giorni, con nota nella quale viene indicata anche la possibilità dell’interessato di presentare ri-
chiesta di equo indennizzo entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, se-
condo quanto stabilito dall’articolo 2, co. 3, nonché di presentare opposizione nello stesso termine
di dieci giorni, ai sensi dell’articolo 5, co. 5.
10 Va rilevato che nella previgente disciplina era la Commissione medica ad effettuare il giu-

dizio sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità contratta dal dipendente. Il Comitato
delle pensioni privilegiate ordinarie (oggi sostituito dal Comitato di verifica) veniva interpellato ed
esprimeva il suo parere nell’ipotesi in cui venissero richieste la concessione dell’equo indennizzo
(artt. 5 e 8 del d.P.R. n. 349/1994) e il pensionamento privilegiato (in questa seconda ipotesi, so-
lamente in caso di parere favorevole della Commissione medica ospedaliera o di parere contrario
della stessa cui l’amministrazione non intendeva uniformarsi, ex art. 177 del d.P.R. n. 1092/1973).
Sul punto si veda R. DI PASSIO, Causa di servizio, equo indennizzo e pensionamento privilegiato dei
dipendenti, Santarcangelo di Romagna, 2002, 85 ss., spec. 99.
Si evidenzia sin da ora che la previsione di una duplice valutazione sulla dipendenza da
causa di servizio da parte di organi differenti determinava potenziali contraddizioni e discrasie,
spesso rilevate in sede processuale quale sintomo di eccesso di potere (si vedano a tal riguardo
Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877; Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2020, n. 1557).
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 55

competente ad emettere il provvedimento finale (art. 14, co. 1, del d.P.R. n.


461/2001)11.
Da tale provvedimento di riconoscimento consegue, peraltro, la conces-
sione di una serie di benefici, come il congedo straordinario per cure e l’aspet-
tativa per infermità per il personale di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 165/200112. La
valutazione sulla dipendenza dell’infermità effettuata dal Comitato, inoltre, co-
stituisce accertamento definitivo anche nell’ipotesi di successiva richiesta dell’e-
quo indennizzo – per la concessione del quale è necessario che l’infermità abbia
determinato la menomazione dell’integrità fisica, psichica o sensoriale del di-
pendente o la morte di quest’ultimo – e del trattamento pensionistico privile-
giato, concesso in caso di inabilità al servizio dell’amministrato (art. 12 del
d.P.R. n. 461/2001)13. Si tratta, dunque, di una valutazione che si innesta in un
provvedimento puntuale di natura ampliativa, idoneo a riconoscere in capo al-
l’amministrato situazioni giuridiche attive in una prospettiva rimediale di tutela
della sua salute14.
La seconda fattispecie presa in esame concerne i giudizi di idoneità fisica,
psichica e attitudinale dei candidati per l’accesso ai ruoli del personale della
pubblica amministrazione. Tali giudizi consistono nell’accertamento, da parte di
commissioni mediche nominate dalla stessa amministrazione di riferimento15,

11 È fatta salva la possibilità per l’amministrazione di richiedere, «per motivate ragioni», un

ulteriore parere allo stesso Comitato, parere al quale è poi tenuta ad adeguarsi. Nella previgente
disciplina, invece, il parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie era obbligatorio, ma
non vincolante per l’amministrazione, la quale poteva discostarsene, motivandone le ragioni (art.
8, co. 5, d.P.R. n. 349/1994).
12 Sul punto, più diffusamente, R. DI PASSIO, Causa di servizio, equo indennizzo e pensiona-

mento privilegiato dei dipendenti, cit., spec. 15 ss.; 75 ss.


Per il personale contrattualizzato, invece, il riconoscimento della dipendenza della malattia
determina l’insorgenza del diritto al trattamento giuridico ed economico previsto dalla disciplina
contrattuale (c.n.l. artt. 21 e 22, co. 2).
13 Nello specifico, il d.P.R. n. 461/2001 prevede che il dipendente – o l’avente diritto, in

caso di morte del dipendente – possa presentare, contestualmente o successivamente alla do-
manda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, la richiesta di equo indennizzo nel
caso di menomazione dell’integrità fisica, psichica o sensoriale ascrivibile ad una delle categorie di
cui alle tabelle A e B annesse al d.P.R. n. 834/1981 o di morte riconducibile all’infermità o lesione
accertata (art. 2, co. 3-6, del d.P.R. n. 461/2001). L’art. 64 del d.P.R. n. 1092/1973 prevede inoltre
che, qualora detta menomazione abbia reso il dipendente inabile al servizio, questi abbia diritto
alla pensione privilegiata. La valutazione circa l’incidenza dell’infermità sull’integrità fisica, psi-
chica e sensoriale del dipendente, nonché sull’idoneità al servizio, spetta alla Commissione medica
ospedaliera (art. 6, co. 6, del d.P.R. n. 461/2001). Sull’equo indennizzo e sul pensionamento pri-
vilegiato si veda R. DI PASSIO, Causa di servizio, equo indennizzo e pensionamento privilegiato dei
dipendenti, cit., 109 ss.; 151 ss.
Si rileva che le controversie in materia di pensione privilegiata sono devolute alla giurisdi-
zione della Corte dei Conti.
14 Si precisa che, nel procedimento in esame, non sono previste forme di partecipazione del-

l’interessato, fatta salva la possibilità per quest’ultimo di essere assistito, durante la visita medica,
da un medico di fiducia che non integra la composizione della Commissione (art. 198, co. 3, del
d.lgs. n. 66/2010).
15 Si vedano, a tal riguardo, il decreto del Ministero dell’Interno del 16 aprile 2012, n. 80

(contenente il “Regolamento recante modalità di accesso attraverso concorso pubblico alla qualifica
iniziale del ruolo dei direttivi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell’articolo 41 del de-
56 FRANCESCA PILEGGI

della sussistenza dei requisiti psico-fisici e attitudinali previsti da specifici rego-


lamenti ai fini della valutazione di idoneità al servizio del singolo candidato16. Si
tratta, pertanto, di giudizi tecnici aventi ad oggetto lo stato di salute dell’ammi-
nistrato (tra i predetti requisiti rientrano, ad esempio, la «sana e robusta costi-
tuzione fisica», la «piena integrità psichica», la «normalità del campo visivo»),
ma diretti principalmente ad assicurare il buon andamento dell’organizzazione e
dell’azione della pubblica amministrazione17.
L’amministrazione può accertare anche nel corso del rapporto d’impiego
l’idoneità al servizio del dipendente nel ruolo di appartenenza. Tale valutazione,
oltre che in seguito ad istanza presentata dal dipendente per la concessione del-
l’equo indennizzo o di altro beneficio, può essere disposta ai fini del trasferi-
mento e dell’impiego del personale in servizi compatibili con la sua ridotta ca-
pacità lavorativa e, in caso di inabilità assoluta e permanente, può determinare
la cessazione dal servizio del dipendente18. Dunque, le valutazioni in esame pos-
sono costituire il presupposto tanto di provvedimenti ampliativi (l’accesso ai
ruoli della P.A. o l’assunzione), che di provvedimenti limitativi della sfera giuri-
dica dell’interessato19.

creto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217”), il quale all’art. 8, co. 3, dispone che «gli accertamenti
psico-fisici e attitudinali sono effettuati da una commissione nominata con decreto del Capo del
Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile e composta da un
appartenente al ruolo dei dirigenti medici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che la presiede,
nonché da quattro medici» e il decreto del Ministero dell’Interno del 28 aprile 2005, n. 129 (con-
tenente il “Regolamento recante le modalità di accesso alla qualifica iniziale dei ruoli degli agenti ed
assistenti, degli ispettori, degli operatori e collaboratori tecnici, dei revisori tecnici e dei periti tecnici
della Polizia di Stato”), il quale all’art. 5, co. 3, afferma che «gli accertamenti psico-fisici sono ef-
fettuati da una commissione nominata con decreto del Capo della polizia - Direttore generale
della pubblica sicurezza e composta da un primo dirigente medico, che la presiede, e da quattro
direttivi medici della Polizia di Stato».
16 Si vedano, ad esempio, il “Regolamento concernente i requisiti psico-fisici ed attitudinali

per l’accesso nelle qualifiche dell’area operativa tecnica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” e il
“Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in
possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli apparte-
nenti ai predetti ruoli”.
17 La scelta di assumere nei ruoli della pubblica amministrazione candidati che soddisfino

determinati requisiti di integrità fisica, psichica e attitudinale risulta, infatti, funzionale al buon an-
damento dell’organizzazione e dell’azione amministrativa ex art. 97, co. 2, Cost., più che alla tu-
tela della salute del singolo candidato.
18 A tal riguardo, l’art. 15, co. 3, del d.P.R. n. 461/2001, dispone che «in conformità all’ac-

certamento sanitario di inidoneità assoluta a qualsiasi impiego e mansione, l’Amministrazione pro-


cede, entro trenta giorni dalla ricezione del verbale della Commissione, alla risoluzione del rap-
porto di lavoro e all’adozione degli atti necessari per la concessione di trattamenti pensionistici alle
condizioni previste dalle vigenti disposizioni in materia, fatto salvo quanto previsto per il personale
delle Forze armate e delle Forze di polizia, anche ad ordinamento civile». Sul punto si vedano TAR
Lazio, Roma, sez. I-ter, 9 luglio 2018, n. 7582; Cons. St., sez. IV, 6 dicembre 2018, n. 6910.
19 In tal caso spesso i regolamenti prevedono che la valutazione sia effettuata tenendo conto

di alcuni fattori come, ad esempio, «degli incarichi svolti, dell’età, dell’anzianità di servizio e del-
l’eventuale presenza di patologie pregresse o croniche». Così l’art. 2, co. 2, del decreto del Mini-
stero dell’Interno del 30 giugno 2003, n. 198, recante “Regolamento concernente i requisiti di ido-
neità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso
ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli”.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 57

Si rileva, inoltre, che mentre i giudizi di idoneità psico-fisica e attitudinale


per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione sono effettuati, come si è
visto, da commissioni di volta in volta nominate dalle singole amministrazioni di
riferimento20, le valutazioni tecniche funzionali al riconoscimento della dipen-
denza da causa di servizio sono fatte da organi tecnico-scientifici (la Commis-
sione medica e il Comitato di verifica) esterni alle singole amministrazioni e pre-
viamente istituiti.

1.2. Le ordinanze a tutela della salute pubblica. In particolare, le valutazioni circa


la sussistenza di una situazione di pericolo o di pregiudizio per la salute
umana
Un ulteriore settore d’indagine è costituito dalle ordinanze adottate dalle
amministrazioni centrali e locali a tutela della salute pubblica, venendo qui in ri-
lievo la declinazione della salute quale interesse della collettività (art. 32 Cost.).
Occorre fin da subito precisare che, in tale ambito, si segnala una prossimità tra
provvedimenti finalizzati ad assicurare la protezione della salute umana e atti
volti a garantire la tutela dell’ambiente. La ragione è in parte riconducibile alla
richiamata ampiezza del concetto di salute e alle sue diverse declinazioni. Il di-
ritto alla salute, infatti, ricomprende al suo interno anche il diritto ad un am-
biente salubre21: del resto, i provvedimenti a tutela dell’ambiente risultano sem-
pre e comunque funzionali a garantire anche la salute della collettività. Tuttavia,
non può negarsi che alcune valutazioni in materia ambientale abbiano una loro
specifica connotazione rispetto a quelle in materia di salute umana. In taluni casi
il dato legislativo può risultare decisivo: certamente, infatti, costituiscono valu-
tazioni ambientali quelle che trovano la propria disciplina nel d.lgs. 3 aprile
2006, n. 152, contenente le «norme in materia ambientale»22. In altri casi, invece,
il dato normativo non risulta dirimente, in quanto costituisce la fonte tanto di
provvedimenti specificamente diretti ad assicurare la tutela dell’ambiente quan-
to di atti a tutela della salute umana, per cui occorre fare riferimento alla speci-
fica finalità dichiarata e perseguita dall’amministrazione con il provvedimento
adottato23.
Si può, quindi, passare ad esaminare le diverse tipologie di provvedimenti
a tutela della salute pubblica. Alcuni di questi sono ascrivibili alla categoria delle
ordinanze di necessità e di urgenza, provvedimenti extra ordinem, il cui conte-
nuto non è definito dalla norma, adottati dalle autorità pubbliche per affrontare

20 I giudizi di non idoneità al servizio effettuati nel corso del rapporto d’impiego, invece,

vengono adottati dalla Commissione medica territorialmente competente di cui all’art. 6 del d.P.R.
n. 461/2001.
21 Alla base di tale declinazione del diritto di cui all’art. 32 Cost. vi è un concetto di salute

inteso come situazione generale di benessere dell’individuo derivante anche dal godimento di un
ambiente salutare.
22 Per l’esame di queste valutazioni si rinvia al cap. IV di M. Croce, in questo Volume.
23 È il caso delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all’art. 9 della legge 26 ottobre 1995,

n. 447 e degli artt. 216 e 217 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265.
58 FRANCESCA PILEGGI

situazioni eccezionali e imprevedibili di pericolo per l’igiene, la sanità e l’incolu-


mità pubblica, non fronteggiabili tempestivamente con gli ordinari strumenti
posti a disposizione dal legislatore24. In ragione dell’atipicità di tali provvedi-
menti e considerata la loro incidenza su diritti ed interessi privati, è necessario
che il potere extra ordinem sia esercitato in presenza degli specifici presupposti
previsti dal legislatore e che l’efficacia del provvedimento sia limitata nel tempo:
non è, infatti, ammesso che detti atti siano adottati per regolare stabilmente una
situazione o un assetto di interessi25.
Tali ordinanze trovano il loro fondamento normativo in una serie di dispo-
sizioni di legge ordinaria, quali: l’art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833
(“Istituzione del servizio sanitario nazionale”), che attribuisce al Ministro della Sa-
lute il potere di adottare «ordinanze di carattere contingibile e urgente, in mate-
ria di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’in-
tero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni» (co. 1) e al
Presidente della Giunta regionale o al Sindaco quello di emettere analoghe ordi-
nanze, con efficacia estesa ai territori di rispettiva competenza (co. 3); gli artt. 50,
co. 5, e 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (recante il “Testo unico delle leggi sul-
l’ordinamento degli enti locali”, d’ora in avanti “Tuel”), che attribuiscono in via
generale al Sindaco, in qualità di ufficiale di governo (art. 50) o di rappresentante

24 La norma attributiva del potere di ordinanza non definisce il tipo di prestazione che l’am-

ministrazione deve adottare né il soggetto destinatario della stessa, per cui si tratta di un potere
che è al di fuori del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi.
Sul tema esiste una copiosa letteratura, in parte risalente. Ci si limita a richiamare F. DI BAR-
TOLOMEI, Potere di ordinanza e ordinanze di necessità, Milano, 1979; F. MIGLIARESE, Ordinanze di
necessità, in Enc. giur., vol. XXII, Roma, 1990, 1 ss.; F. SATTA, Ordine e ordinanza amministrativa,
in Enc. giur., vol. XXII, Roma, 1990, 1 ss. Su tali ordinanze e sui rischi di frizione con il principio
di legalità si veda R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalità, Milano, 1990; cfr.
V. CERULLI IRELLI, Principio di legalità e poteri straordinari dell’Amministrazione, in Dir. pubbl.,
2007, 377 ss.; C. PINELLI, Un sistema parallelo. Decreti-legge e ordinanze d’urgenza nell’esperienza
italiana, in Dir. pubbl., 2009, spec. 3334 ss.; G. MORBIDELLI, Delle ordinanze libere a natura nor-
mativa, in Dir. amm., 2016, n. 1-2, 33 ss.
Sulla legittimità costituzionale delle ordinanze extra ordinem si rinvia a Corte cost., sent. n.
617 del 1987, la quale ha precisato che «è conforme a Costituzione la possibilità che alle autorità
amministrative siano affidati i poteri di emissione di provvedimenti diretti ad una generalità di cit-
tadini, emanati per motivi di necessità e di urgenza, con una specifica autorizzazione legislativa
che però, anche se non risulti disciplinato il contenuto dell’atto (che rimane, quindi, a contenuto
libero), indichi il presupposto, la materia, le finalità dell’intervento e l’autorità legittimata».
25 In particolare, l’adozione delle ordinanze contingibili e urgenti è condizionata «dall’esi-

stenza dei presupposti tassativi, di stretta interpretazione, di pericolo per l’igiene, la sanità o l’in-
columità pubblica, pericolo che deve essere peraltro dotato del carattere di eccezionalità tale da
rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell’imposizione di ob-
blighi di fare o di non fare a carico del privato. Dalla motivazione dell’ordinanza deve emergere
sia la sussistenza della situazione concreta di rischio per gli interessi pubblici sopra indicati, sia la
situazione di emergenza, non diversamente affrontabile (id est, l’extrema ratio)» (così TAR Emi-
lia-Romagna, Parma, sez. I, 28 dicembre 2016, n. 381). Sulla necessità di una limitazione tempo-
rale dell’efficacia di tali provvedimenti si veda Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2001, n. 580; TAR
Campania, Salerno, sez. I, 13 maggio 2015, n. 1000; TAR Campania, Napoli, sez. V, 17 febbraio
2016, n. 860; TAR Puglia, Lecce, sez. I, 12 gennaio 2016, n. 69; TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 26
settembre 2016, n. 2268; TAR Campania, Napoli, sez. V, 9 novembre 2016, n. 5162; Cons. St., sez.
V, 26 luglio 2016, n. 3369.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 59

della comunità locale (art. 54), il potere di adottare provvedimenti contingibili e


urgenti per fronteggiare emergenze sanitarie o di igiene pubblica e situazioni di
pericolo per l’incolumità pubblica26. Nell’ampio genus dei provvedimenti di ne-
cessità e urgenza rientrano, poi, le ordinanze in materia di protezione civile di cui
agli artt. 5 e 25 del d.lgs. 2 gennaio 2018, n. 1 (recante il “Codice della protezione
civile”)27, che possono essere adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri,
per il tramite del Capo del Dipartimento della Protezione civile28, durante «lo
stato di emergenza di rilievo nazionale» proclamato con deliberazione del Consi-
glio dei ministri ex artt. 7, co. 1, lett. c, e 24, co. 1, del d.lgs. n. 1/2018.
A tali provvedimenti si è fatto, peraltro, di recente ricorso per contenere e
contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione dell’epidemia di Covid-19.
In seguito, infatti, alla dichiarazione dello stato di emergenza del Consiglio dei
ministri del 31 gennaio 2020, sono stati adottati molteplici atti di natura emer-
genziale: dai decreti-legge ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
(che hanno trovato fondamento in tali decreti-legge) fino alle numerose ordi-
nanze del Capo del Dipartimento della Protezione civile, del Ministro della Sa-
lute, dei Presidenti delle Regioni e dei Sindaci29.
26 Più sullo sfondo rimane l’art. 2 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (recante il “Testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza”), che attribuisce al Prefetto, nel caso di urgenza e per grave ne-
cessità pubblica, il potere di adottare «i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine
pubblico e della sicurezza pubblica».
Per quel che concerne l’individuazione dell’amministrazione competente all’adozione del
provvedimento extra ordinem, l’art. 117 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di fun-
zioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59”) individua quale criterio dirimente quello della dimensione territoriale
dell’emergenza.
27 Sulla riconducibilità delle ordinanze di protezione civile al genus delle ordinanze di ne-

cessità e urgenza si veda Cons. St., sez. VI, 10 febbraio 2015, n. 701: oggetto della pronuncia era
un’ordinanza adottata ai sensi della previgente disciplina (legge 24 febbraio 1992, n. 225, recante
l’“Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”), il cui contenuto è analogo a quello del
Codice della protezione civile.
28 L’art. 5, co. 1, del d.lgs. n. 1/2018 dispone che il Presidente del Consiglio dei Ministri può

esercitare i poteri di ordinanza in materia di protezione civile per il tramite del Capo del Dipar-
timento della Protezione civile «salvo che sia diversamente stabilito con la deliberazione di cui
all’articolo 24», di dichiarazione dello stato di emergenza.
29 A tal riguardo, si veda la raccolta di atti emergenziali contenuta nel sito web di Astrid:

http://www.astrid-online.it/dossier/emergenza-sanitaria-sistema-delle-fonti-privacy/raccolta-atti-
emergenza-covid-19/index.html.
La copiosità di atti emergenziali di diversa natura e provenienti da differenti autorità (cen-
trali e locali) ha sollevato una serie di problemi di coordinamento tra tali atti, parzialmente risolti
dai decreti-legge, che hanno previsto limiti all’operatività delle ordinanze del Ministro della Salute
(di cui all’art. 32 della l. n. 833/1978) e di quelle regionali e sindacali, a beneficio dei decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri (artt. 2, co. 2, e 3 del d.l. 25 marzo 2020, n. 19). Non sono
mancati, tuttavia, cortocircuiti: a tal proposito si vedano il decreto del Presidente del TAR Lom-
bardia, Milano, sez. I, 23 aprile 2020, n. 634 e la sentenza del TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 9
maggio 2020, n. 841. Sul punto cfr. C. PINELLI, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emer-
genza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, in Astrid Rassegna, n. 5/2020.
Per una ricostruzione del quadro delle fonti e dei loro rapporti formali nella fase emergen-
ziale si veda M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Liber amico-
rum per Pasquale Costanzo, 2020. Cfr. M. BORGATO, D. TRABUCCO, Brevi note sulle ordinanze con-
tingibili e urgenti: tra problemi di competenza e controcircuiti istituzionali, in Dirittifondamentali.it,
n. 4/2020.
60 FRANCESCA PILEGGI

Una particolare tipologia di ordinanze contingibili e urgenti è poi costituita


dalle ordinanze di contenimento e abbattimento delle emissioni sonore, che pos-
sono essere adottate dal Sindaco, dal Presidente della Provincia, dal Presidente
della Giunta regionale, dal Prefetto, dal Ministero dell’Ambiente o dal Presi-
dente del Consiglio dei Ministri «qualora sia richiest[o] da eccezionali ed ur-
genti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente»30 (art. 9 della
legge 26 ottobre 1995, n. 447, “Legge quadro sull’inquinamento acustico”)31.
In tutti questi casi, la scelta discrezionale dell’amministrazione di provve-
dere, adottando l’ordinanza extra ordinem, presuppone sempre una valutazione
di natura tecnica circa la sussistenza di una situazione di pericolo o di pregiudi-
zio per la salute pubblica, valutazione che può essere effettuata anche sulla base
di pareri resi da organi dotati di specifiche competenze tecnico-scientifiche32.
Tuttavia, la situazione di pericolo o di danno non è tipizzata dal legislatore, per
cui è l’amministrazione che, di volta in volta, individua (e valuta) i fatti che pos-
sono integrare l’“ampio” presupposto richiesto dalla disposizione normativa.
Altre ordinanze sono inquadrabili nell’ambito dei c.d. provvedimenti a pre-
supposto necessitato. A differenza delle ordinanze contingibili e urgenti, in tali
atti «il contenuto dell’ordine che in concreto può impartire l’amministrazione
pubblica è predefinito dalla norma di legge attributiva del potere», ma l’ammi-
nistrazione può esercitare tale potere solo in particolari situazioni di eccezione,
espressamente individuate dal legislatore33. É il caso, ad esempio, dell’accerta-

30 Nel caso di servizi pubblici essenziali tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente
del Consiglio dei Ministri.
31 Si rileva che, secondo un certo indirizzo giurisprudenziale, «la disposizione di cui all’art.

9 della legge n. 447 del 1995 […] non va riduttivamente ricondotta al generale potere di ordi-
nanza contingibile ed urgente in materia di sanità ed igiene pubblica, dovendo piuttosto essere
qualificato, il potere in essa descritto, alla stregua di rimedio ordinario in tema di inquinamento
acustico, e ciò in assenza di altri strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali» (così
TAR Puglia, Lecce, sez. III, 17 dicembre 2019, n. 2010; cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 2
aprile 2008, n. 715; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 2 novembre 2009, n. 1814; TAR Toscana, Fi-
renze, sez. II, 27 luglio 2009, n. 1307).
32 Si vedano, ad esempio, TAR Puglia, Bari, sez. I, 29 settembre 2009, n. 2142, avente ad og-

getto l’impugnazione dell’ordinanza di cui all’art. 9 della l. n. 447/1995, adottata dal Sindaco «an-
che sulla base del verbale di intervento fonometrico effettuato dall’ARPA Puglia»; TAR Lazio,
Roma, sez. II-ter, 3 febbraio 2015, n. 1977, concernente l’impugnazione dell’ordinanza del Sin-
daco ex art. 50, co. 5, del Tuel, adottata in seguito ad un’ispezione all’interno dei locali del ricor-
rente da parte di tecnici della prevenzione dell’ASL di Rieti, all’esito della quale erano stati rile-
vati «gravi inconvenienti igienico-sanitari derivanti dalla detenzione di animali»; TAR Lombardia,
Milano, sez. IV, 18 luglio 2017, n. 1632, avente ad oggetto l’impugnazione dell’ordinanza contin-
gibile e urgente del Sindaco di Milano, adottata ai sensi dell’art. 50, co. 5, del Tuel e dell’art. 32
della l. n. 833/1978, sulla base della relazione dell’Asl competente la quale aveva ritenuto «pre-
senti i presupposti per l’emissione di una ordinanza contingibile e urgente».
Cfr. M.C. CAVALLARO, La rilevanza delle valutazioni tecniche nel procedimento di formazione
del provvedimento amministrativo e i profili del sindacato giudiziario. Il caso delle ordinanze di ne-
cessità, in www.giustamm.it, n. 8/2012, la quale rileva che «l’ordinanza di necessità […] costitui-
sce il terreno classico di applicazione della valutazione tecnica come funzionale all’accertamento
di un presupposto per l’esercizio del potere».
33 Così R. CAVALLO PERIN, Ordinanze (dir. amm), cit., 3981-3982. È stato giustamente evi-

denziato che in questi casi «il potere di urgenza ricade entro i canoni della certezza giuridica di-
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 61

mento di malattie infettive e diffusive di animali, trasmissibili all’uomo, che le-


gittima l’adozione, da parte del Sindaco o del Ministro della Salute, di ordinanze
di abbattimento degli animali o di misure comunque dirette ad impedire la dif-
fusione della malattia. Tali ordinanze trovano il loro fondamento normativo in
specifiche disposizioni di legge – quali l’art. 2 della legge 18 giugno 1988, n.
21834, l’art. 10 del d.P.R. 8 febbraio 1954, n. 32035, l’art. 8 del d.m. n. 592/199536
e l’art. 5 del d.P.R. 15 novembre 1996, n. 65637 – le quali, in via generale, ri-
chiedono l’accertamento o la valutazione del veterinario dell’unità sanitaria lo-
cale o comunque degli organi tecnici competenti, ai fini dell’adozione del prov-
vedimento finale.
Infine, di particolare rilievo sono le ordinanze di cui agli artt. 216 e 217 del
r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (recante il “Testo unico delle leggi sanitarie”, d’ora in
avanti anche “Tuls”). Tali disposizioni prevedono che il Sindaco38, «quando lo
ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica», possa vietare l’attiva-
zione di un impianto industriale qualificato come insalubre o adottare prescri-
zioni per prevenire e impedire la continuazione o l’evolversi di attività che, per
effetto di vapori, gas, esalazioni nocive, scoli e rifiuti, risultino pericolose per la
salute degli abitanti39. La valutazione circa la tollerabilità – sotto il profilo della
pericolosità per la salute – delle lavorazioni provenienti dalle industrie insalubri
deve essere effettuata dal Sindaco dopo idonea istruttoria, nell’ambito della
quale questi acquisisce pareri di organi tecnici, come l’unità sanitaria locale40.

sposti dal principio di legalità», così F. GIGLIONI, Amministrazione dell’emergenza, in Enc. dir., An-
nali, VI, Milano, 2013, 52. Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1993, 267 ss.
34 Tale legge contiene le “Misure per la lotta contro l’afta epizootica ed altre malattie epizooti-

che degli animali”.


35 Recante il “Regolamento di polizia veterinaria”.
36 Recante il “Regolamento concernente il piano nazionale per la eradicazione della tubercolosi

negli allevamenti bovini e bufalini”.


37 Recante il “Regolamento per l’attuazione della direttiva 92/40/CEE che istituisce misure co-

munitarie di lotta contro l’influenza aviaria”.


38 Si segnala che gli articoli 216 e 217 fanno riferimento alla figura del «podestà», l’organo

monocratico che durante il regime fascista era a capo dell’amministrazione comunale.


39 Si precisa che gli articoli 216 e 217 non hanno il medesimo ambito di applicazione. La

prima disposizione si applica alle industrie astrattamente qualificate come insalubri, in base ad un
apposito elenco. L’art. 216 prevede, infatti, che le “manifatture o fabbriche” che producono va-
pori, gas o esalazioni insalubri o comunque pericolose per la salute dei cittadini, siano inserite in
un elenco, compilato dal Consiglio superiore di sanità, diviso in due classi: la prima comprendente
le industrie maggiormente pericolose che devono essere isolate e tenute lontane dalle abitazioni (a
meno che il titolare dell’industria provi che l’esercizio della stessa non rechi danno alla salute del
vicinato e, conseguentemente, ottenga l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività nel centro abi-
tato); la seconda include le industrie che esigono speciali cautele per l’incolumità del vicinato. L’e-
lenco attualmente vigente è contenuto nel decreto del Ministro della Sanità, 5 settembre 1994.
L’art. 217, invece, ha un ambito di applicazione più ampio: la norma prevede, infatti, che le pre-
scrizioni del sindaco siano indirizzate in via generale alle industrie e ai gestori di impianti che pro-
ducano esalazioni pericolose per la salute pubblica, indipendentemente dall’inserimento nell’e-
lenco delle industrie insalubri contenuto nel citato decreto ministeriale. Per un’analisi più detta-
gliata di tali disposizioni si veda C. PASQUALINI SALSA, Diritto ambientale. Principi, norme,
giurisprudenza, Santangelo di Romagna, 2009, 33 ss.
40 Si veda TAR Valle d’Aosta, 14 aprile 2003, n. 52; Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2001, n.

766; Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687.


62 FRANCESCA PILEGGI

Da tale breve disamina, emerge chiaramente che i provvedimenti a tutela


della salute pubblica qui analizzati presentano un dato comune: si tratta di atti
aventi carattere afflittivo, che incidono sulle situazioni giuridiche degli ammini-
strati, imponendo loro obbligazioni e comportamenti finalizzati alla protezione
della salute della collettività. Le relative valutazioni tecniche si innestano, dun-
que, in procedimenti diretti all’adozione di misure limitative della sfera giuridica
dei destinatari.
Tuttavia, tali atti presentano significative differenze con riguardo al profilo
dell’individuazione dei fatti che giustificano l’adozione del provvedimento am-
ministrativo e degli organi tecnici chiamati ad adottare i pareri e le valutazioni
tecniche: come si è visto, mentre nelle ordinanze a c.d. presupposto necessitato,
il legislatore individua con esattezza sia i fatti in presenza dei quali sorge il po-
tere dell’amministrazione di intervenire (come l’accertamento di malattie infet-
tive o diffusive in animali) sia gli organi deputati all’accertamento di tali pre-
supposti (ad esempio, il veterinario dell’Asl), con riferimento alle ordinanze
contingibili e urgenti, il presupposto dell’esercizio del potere non è previamente
e specificamente determinato nella norma attributiva dello stesso ed è rimessa
alla singola autorità amministrativa l’individuazione (e la valutazione) dei fatti
che integrano, nello specifico, la condizione di eccezionale pericolo per l’igiene,
la sanità e l’incolumità pubblica e degli organi cui eventualmente richiedere pa-
reri e giudizi tecnici ritenuti utili ai fini di tale valutazione41. La conseguenza è
che, con riferimento a queste ultime ordinanze, non risulta sempre agevole di-
stinguere, nel complessivo procedimento di formazione della volontà dell’ammi-
nistrazione, il momento conoscitivo rispetto a quello di valutazione comparativa
degli interessi in gioco, che costituisce il proprium della discrezionalità ammini-
strativa: il che si riflette, naturalmente, sul piano del controllo giurisdizionale.

2. Breve inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni


giurisdizionali
Come si è evidenziato nel paragrafo precedente, le pronunce numerica-
mente più rilevanti concernono le valutazioni sulla dipendenza da causa di ser-
vizio di infermità e lesioni contratte dai dipendenti pubblici. Si consideri che, da
una ricerca sul portale istituzionale della giustizia amministrativa, inserendo la
locuzione “dipendenza da causa di servizio”, risultano pubblicate ben 69 sen-
tenze del Consiglio di Stato solo nell’anno 2019 (in aumento rispetto agli anni
precedenti, nel 2010 erano 33, mentre nel 2016 solamente 9)42. In particolare, si
tratta di giudizi promossi dai dipendenti della pubblica amministrazione cui

41 Cfr. F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministrazione, Torino, 1967, 267 ss., il

quale evidenzia che «l’attività conoscitiva della p.a. può essere orientata verso fatti collegati con la
norma in modo indiretto, attraverso la loro incidenza sull’interesse pubblico, ovvero in modo di-
retto, attraverso la descrizione precisa».
42 Nel mese di aprile del 2020 risultano pubblicate già 15 sentenze del Consiglio di Stato. Il

dato si riferisce alle sole sentenze del Consiglio di Stato.


IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 63

sono stati negati i benefici connessi al riconoscimento della dipendenza dal la-
voro di patologie o di infermità, come la concessione dell’equo indennizzo.
Spesso, oggetto di contestazione, e di conseguente diretto controllo giurisdizio-
nale, è la valutazione tecnica effettuata dal Comitato di verifica, in quanto vin-
colante per l’amministrazione. Peraltro, con riferimento ai provvedimenti adot-
tati nella vigenza della precedente disciplina, in cui potevano coesistere due dif-
ferenti valutazioni sulla dipendenza da causa di servizio – quella della
Commissione medica ospedaliera e quella del Comitato per le pensioni privile-
giate ordinarie (l’ex Comitato di verifica)43 – risultavano frequenti discrasie tra i
giudizi espressi dai differenti organi tecnici, che venivano individuate quale sin-
tomo di eccesso di potere del provvedimento44.
Consistente risulta anche la giurisprudenza relativa ai giudizi sull’idoneità
fisica, psichica e attitudinale dei candidati per l’accesso ai ruoli della pubblica
amministrazione, nonché dei dipendenti ai fini del mantenimento in servizio
(nel portale istituzionale della giustizia amministrativa risultano pubblicate 8
sentenze del Consiglio di Stato nel 2019, inserendo le parole “idoneità fisica,
psichica, attitudinale” e 7 inserendo la locuzione “idoneità psico-fisica”). Le
cause sono prevalentemente promosse dai candidati esclusi dai concorsi pub-
blici banditi dalle amministrazioni (come il Corpo nazionale dei Vigili del
Fuoco, la Polizia di Stato, la Guardia di Finanza) o dai dipendenti per i quali sia
stata disposta la cessazione dal servizio, che lamentano l’erroneità del giudizio di
inidoneità al lavoro compiuta dalle competenti commissioni.
Quanto alle controversie concernenti le diverse tipologie di ordinanze a tu-
tela della salute pubblica, si tratta di ricorsi promossi dalle imprese e dai singoli
individui destinatari dei provvedimenti ablatori, che contestano l’assenza dei
presupposti cui è subordinato l’esercizio dei poteri di ordinanza. In particolare,
con riferimento alle ordinanze contingibili e urgenti, si lamenta proprio il difetto
dell’urgenza o dell’imprevedibilità del pericolo, il mancato ricorso agli strumenti
ordinari predisposti dall’ordinamento e l’assenza del carattere temporalmente li-
mitato del provvedimento, nonché l’inadeguatezza e il difetto di proporzionalità

43 Sulla previgente disciplina si veda la nota 10. Si precisa che le due valutazioni si inscrive-

vano in due procedimenti differenti: il giudizio della Commissione si inseriva nel procedimento
diretto ad accertare la dipendenza dell’infermità da causa di servizio, mentre la valutazione del
Comitato interveniva nei procedimenti finalizzati alla liquidazione dell’equo indennizzo e della
pensione privilegiata. Nel primo caso l’esame aveva ad oggetto il nesso tra l’evento e l’infermità
che ne derivava, mentre, nel secondo caso, la verifica concerneva il rapporto tra l’infermità stessa
e la conseguente menomazione, per la quale venivano richiesti l’indennizzo e la pensione privi-
legiata.
44 Sul punto si veda, ad esempio, Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877, concernete

l’impugnazione, per violazione di legge ed eccesso di potere, del provvedimento del Consiglio Su-
periore della Magistratura di diniego della concessione dell’equo indennizzo. In particolare, il ri-
corrente, pretore nel circondario di Bari, aveva lamentato la manifesta contraddittorietà del prov-
vedimento, in considerazione del fatto che la competente Commissione medica aveva riconosciuto
la dipendenza dell’infermità “lombosciatalgia” dall’attività lavorativa, mentre il Comitato aveva ri-
tenuto «la patologia in questione ricollegabile esclusivamente a fatti degenerativi connessi al natu-
rale progredire dell’età» (il servizio prestato dall’interessato non poteva aver influito neppure
sotto il profilo concausale). Cfr. Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2020, n. 1557.
64 FRANCESCA PILEGGI

della misura adottata45. Quest’ultimo profilo è emerso in particolare con riferi-


mento ai giudizi aventi ad oggetto le ordinanze regionali e sindacali adottate per
fronteggiare l’emergenza epidemiologica di Covid-19, le quali hanno imposto
misure fortemente compressive di diritti fondamentali della persona, quali la li-
bertà di movimento, il lavoro e la privacy46.
Talvolta, oggetto di contestazione, e di conseguente sindacato da parte del
giudice, è la valutazione circa la sussistenza di una situazione di danno o di peri-
colo per la salute pubblica47. Questo avviene soprattutto nei giudizi promossi per
l’annullamento delle ordinanze di abbattimento di animali infetti, in cui il ricor-
rente spesso censura la correttezza della valutazione di pericolo di diffusione
della malattia48, nonché nei ricorsi avverso le ordinanze di cui agli artt. 216 e 217
del Tuls, in cui è frequente la contestazione dell’accertamento dei requisiti igie-
nico-sanitari posti a fondamento dei divieti di prosecuzione di un’attività insalu-
bre o delle prescrizioni dirette a ridurre i pericoli per la salute della collettività49.
Peraltro, con riferimento a tali tipologie di ordinanze, è frequente rinve-
nire, nelle premesse dei provvedimenti, richiami ad una pluralità di disposizioni
tra loro alternative, come gli artt. 50 e 54 del Tuel e gli artt. 216 e 217 del Tuls,
per cui può non risultare sempre agevole, per il giudice, individuare il corretto
parametro normativo di riferimento50. Tale incertezza normativa si riflette, natu-
ralmente, sul contenzioso giurisdizionale.

3. Inquadramento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in ma-


teria di salute
Le valutazioni tecniche in materia di salute e, in particolare, le valutazioni
medico-legali, costituiscono un’utile prospettiva di analisi del sindacato del giu-
dice amministrativo sulle valutazioni tecniche. Proprio con riferimento ai giudizi
relativi al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di malattie o

45 Si veda TAR Puglia, Lecce, sez. I, 23 marzo 2013, n. 1206; TAR Campania, Salerno, sez.

I, 13 maggio 2015, n. 1000; Cons. St., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2090; TAR Campania, Salerno,
sez. II, 21 agosto 2017, n. 1304; Cons. St., sez. V, 29 aprile 2019, n. 2725.
46 A tal riguardo si vedano TAR Campania, Napoli, sez. V, decreto del 18 marzo 2020, n. 41;

Cons. St., sez. III, decreto del 30 marzo 2020, n. 1553; TAR Friuli-Venezia Giulia, decreto del 10
aprile 2020, n. 61; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, decreto del 17 aprile 2020, n. 458.
Si rileva che i provvedimenti giurisdizionali finora adottati in tale settore sono soprattutto
decreti monocratici e ordinanze cautelari, in cui il sindacato del giudice è limitato alla verifica
della sussistenza dei presupposti per l’adozione della misura cautelare. Dalla lettura delle pro-
nunce emerge, ad ogni modo, che, nell’attuale fase epidemica, in sede di comparazione degli in-
teressi in conflitto, si «deve dare prevalenza a quello pubblico inerente la tutela della salute della
collettività e della necessità di arginare qualsiasi rischio di contagio» (TAR Calabria, Catanzaro,
sez. I, decreto del 28 marzo 2020, n. 165).
47 Cfr. Cons. St., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5807; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 gennaio

2012, n. 4; TAR Lazio, Latina, sez. I, 16 maggio 2014, n. 365.


48 Si veda TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2018, n. 112.
49 Si vedano Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2001, n. 766; Cons. St., sez. V, 27 dicembre 2013,

n. 6264; Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687; Cons. St., sez. III, 12 giugno 2015, n. 2900.
50 Si veda, ad esempio, TAR Campania, Napoli, sez. V, 18 febbraio 2015, n. 1138.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 65

infermità è stata, infatti, adottata la nota sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV,
9 aprile 1999, n. 60151, che ha tentato di superare il tradizionale orientamento
del giudice amministrativo sul controllo giurisdizionale della discrezionalità
tecnica52.
In tale pronuncia, infatti, il giudice amministrativo, recependo gli indirizzi
provenienti da una parte della dottrina53, ha affermato che le valutazioni tecni-
che, anche se complesse, sono pienamente sindacabili dal giudice amministra-
tivo. In particolare, il Consiglio di Stato ha chiarito che «ciò che è precluso al

51 La decisione in esame è stata oggetto di numerosi commenti, si vedano in particolare D.

DE PRETIS, Discrezionalità tecnica e incisività del controllo giurisdizionale, in Giorn. dir. amm.,
1999, 1179 ss.; M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche:
nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm., 2000, 185 ss.; P. LAZZARA, «Discrezio-
nalità tecnica» e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. proc. amm., 2000, 212 ss.; A. TRAVI, Nota a
Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, in Foro it., 2001, III, 9 ss.
52 Com’è noto, il giudice amministrativo si è dimostrato in origine molto cauto nel controllo

giurisdizionale sulle valutazioni tecniche, in ragione di una tendenza ad attrarre la discrezionalità


tecnica nell’orbita della discrezionalità amministrativa – e a confondere l’opinabilità dell’apprez-
zamento tecnico con l’opportunità della valutazione e, dunque, con il merito amministrativo – con
conseguente sindacabilità della prima solamente attraverso le figure sintomatiche dell’eccesso di
potere. Nelle pronunce dell’epoca è, infatti, frequente il richiamo alla massima secondo la quale
«le valutazioni tecnico-discrezionali o comunque caratterizzate da profili tecnici attengono al me-
rito amministrativo e non possono essere censurate dal giudice amministrativo se non nei limiti in
cui esse appaiono viziate per travisamento dei fatti, per illogicità od irragionevolezza od incon-
gruenze della motivazione». Tra le pronunce in materia, si richiama Cons. St., sez. VI, 2 settembre
1998, n. 1191, in cui si afferma che «il parere espresso da un organo tecnico, quale è la commis-
sione medica, è censurabile solo per carenza assoluta di motivazione, illogicità manifesta o per er-
roneo presupposto di fatto […] l’esame del giudice di legittimità non può spingersi alla valuta-
zione di giudizi a contenuto tecnico» e TAR Campania, Napoli, sez. I, 3 marzo 1997, n. 517 (la
sentenza riformata dalla pronuncia del Consiglio di Stato in esame), secondo il quale il contenuto
specialistico del procedimento valutativo «sfugge al sindacato di legittimità del giudice ammini-
strativo». Cfr. M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche,
cit., 187 ss.
53 Si veda in particolare F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione

pubblica, in Dir. proc. amm., 1983, 371 ss., spec. 431 ss., secondo il quale «se è vero che gli ap-
prezzamenti tecnici almeno in certo grado sono opinabili, ciò non giustifica alcuna riserva sul-
l’ammissibilità del sindacato giudiziario […] ma rende piuttosto necessaria una determinazione
dei limiti di questo sindacato»; il giudice, in questi casi, «deve sottoporre a verifica diretta le c.d.
operazioni tecniche, per vagliare la loro correttezza, e può annullare o disapplicare l’atto quando
il giudizio dell’amministrazione risulta inattendibile (o scarsamente verosimile) per l’insufficienza
del criterio o per un vizio del procedimento applicativo» (434). In senso analogo F.G. SCOCA, Sul
trattamento giurisdizionale della discrezionalità, in V. PARISIO (a cura di), Potere discrezionale e con-
trollo giudiziario, Milano, 1998, 107 ss., il quale sottolinea che «il sindacato sulla discrezionalità
tecnica dovrebbe cessare […] di essere ritagliato sul modello di quello (estrinseco) che si opera
sulla discrezionalità amministrativa. Nel controllo delle valutazioni tecniche, cioè, l’oggetto del
sindacato non dovrebbe essere costituito dalla correttezza (formale) del c.d. iter logico seguito
dalla pubblica amministrazione, bensì direttamente dal problema tecnico» (121). In particolare,
secondo tali autori, un sindacato più stringente e un controllo diretto sugli apprezzamenti tecnici
si giustifica in ragione dell’esigenza di assicurare una tutela giurisdizionale piena delle posizioni
giuridiche degli amministrati. Tale orientamento dottrinario era stato espresso anche da V. CE-
RULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, in Dir. proc.
amm., 1984, 463 ss. e da G. VACIRCA, Riflessioni sui concetti di legittimità e merito nel processo am-
ministrativo, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, 1573 ss.; ma si
veda già U. POTOTSCHNIG, Origini e prospettive del sindacato di merito nella giurisdizione ammini-
strativa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1969, 499 ss.
66 FRANCESCA PILEGGI

giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità […] è la diretta valuta-


zione dell’interesse pubblico concreto relativo all’atto impugnato (Cass., 3 no-
vembre 1988, n. 5922; 6 aprile 1987, n. 3309): dunque, del merito dell’atto am-
ministrativo», mentre «la c.d. “discrezionalità tecnica” […] è altra cosa dal me-
rito amministrativo. Essa ricorre quando l’amministrazione, per provvedere su
un determinato oggetto, deve applicare una norma tecnica cui una norma giuri-
dica conferisce rilevanza diretta o indiretta». L’applicazione di detta norma tec-
nica – prosegue il giudice amministrativo – può comportare «valutazion[i] di
fatti suscettibili di vario apprezzamento», dunque opinabili, ma «una cosa è l’o-
pinabilità, altra cosa è l’opportunità»: l’apprezzamento dei presupposti di fatto
del provvedimento amministrativo, «non si trasforma – soltanto perché opina-
bile – in una questione di opportunità», che sfugge al controllo giurisdizionale
di legittimità. Anzi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti di fatto del
provvedimento attiene ai requisiti di legittimità dell’atto e costituisce, dunque,
«lo specifico della giurisdizione amministrativa di legittimità»54. Ne consegue
che «il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi […]
in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dal-
l’autorità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle
operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tec-
nico ed a procedimento applicativo».
La pronuncia in esame, inoltre, contiene affermazioni rilevanti anche sotto
il profilo degli strumenti istruttori a disposizione del giudice amministrativo. Il
Consiglio di Stato, infatti, in un obiter dictum della sentenza, ha rilevato che la
consulenza tecnica d’ufficio – allora ammessa nelle sole materie di giurisdizione
esclusiva ex art. 35, co. 3, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 – in quanto «strumen-
tale al più completo accertamento del fatto, […] deve intendersi comune all’in-
tera giurisdizione di legittimità»55. Proprio tale strumento processuale, infatti,
consente al giudice di acquisire le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie per
verificare l’attendibilità della valutazione tecnica effettuata dall’amministrazione:

54 L’inversione di tendenza della giurisprudenza amministrativa si fonda, dunque, su una di-

versa qualificazione della discrezionalità tecnica, cui consegue una diversa definizione dei limiti
del suo sindacato. L’attività di valutazione tecnica della pubblica amministrazione, ancorché com-
plessa, non è espressione di una potestà discrezionale, ma costituisce attività conoscitiva, ricondu-
cibile all’operazione di applicazione della legge. Sul punto si rinvia a D. DE PRETIS, Discrezionalità
tecnica e incisività del controllo giurisdizionale, cit., 181 ss.; P. LAZZARA, «Discrezionalità tecnica» e
situazioni giuridiche soggettive, 226 ss.; C. VIDETTA, Il sindacato sulla discrezionalità tecnica della
pubblica amministrazione nella giurisprudenza successiva alla decisione 9 aprile 1999, n. 601 della
quarta sezione del Consiglio di Stato. Nota a TAR Veneto, sez. I, 15 gennaio 2003, n. 401, in Foro
amm., 2003, 1185 ss.
55 Sulle diverse tappe che hanno determinato la progressiva apertura del processo ammini-

strativo agli strumenti istruttori si rinvia a P. LAZZARA, «Discrezionalità tecnica» e situazioni giuridi-
che soggettive, cit., 239 ss.; C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica. La tecnica fra procedimento
e processo amministrativo, Napoli, 2008, 292 ss. Sulla consulenza tecnica d’ufficio nel processo am-
ministrativo cfr. F. CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato, Milano, 2005, 167 ss.
Si ricorda inoltre che, a poco più di un anno da tale pronuncia, la legge 21 luglio 2000, n.
205 ha esteso l’utilizzo della consulenza tecnica a tutti i giudizi demandati al giudice ammini-
strativo.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 67

viene così abbattuto un altro ostacolo processuale al controllo giurisdizionale


della discrezionalità tecnica56.
Nonostante tali premesse, però, nel caso di specie il Collegio ha ritenuto
inadeguato il criterio tecnico utilizzato dall’Amministrazione (rectius: dal Comi-
tato per le pensioni privilegiate ordinarie), non in seguito alle risultanze di una
consulenza tecnica d’ufficio (non disposta nel caso in esame), bensì sulla base
degli indirizzi della giurisprudenza contabile e giuslavoristica in materia: si
legge, infatti, nella pronuncia in oggetto, che «il giudizio di esclusione della di-
pendenza da causa di servizio dell’infermità “infarto del miocardio” per il solo
fatto della preesistenza di fattori di rischio, in fattispecie nella quale sia docu-
mentata l’attività continuativa particolarmente impegnativa e stressante del pub-
blico dipendente, costituisce affermazione di criterio tecnico inadeguato, come
segnalato da costanti acquisizioni giurisprudenziali». Il giudice, dunque, nella
fattispecie concreta, non ha verificato l’attendibilità della valutazione tecnica ef-
fettuata dall’Amministrazione facendo ricorso alle conoscenze proprie della di-
sciplina medico-legale. Il carattere innovativo delle affermazioni di principio,
contenute nella premessa in diritto della sentenza, non si è espresso, quindi, nel
sindacato concretamente effettuato dal Consiglio di Stato sull’apprezzamento
tecnico del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie57.
Tale dato, unitamente all’ambiguità del concetto di attendibilità58, potrebbe
aver inciso sul concreto atteggiamento adottato dal giudice amministrativo nella
maggior parte delle decisioni successive a tale sentenza.

3.1. I principali orientamenti concernenti le valutazioni medico-legali


Nella giurisprudenza amministrativa in materia di valutazioni medico-legali
risultano ancora prevalenti gli indirizzi restrittivi sul sindacato della discreziona-
lità tecnica. In particolare, nelle pronunce dei TAR e del Consiglio di Stato sui

56 Il giudice amministrativo, con tale sentenza, non solo ha chiarito che l’opinabilità delle va-

lutazioni tecniche è cosa diversa dall’opportunità (superando il «timore che, dietro alla tecnica, vi
fosse sempre una questione di merito»), ma ha rivendicato anche la piena cognizione del fatto e
della sua componente tecnica, anche grazie all’esperibilità della consulenza tecnica d’ufficio. Sul
punto si rinvia a F. CINTIOLI, Discrezionalità tecnica (dir. amm.), in Enc. dir., Annali, II, Milano,
2008, 481.
57 Sul punto si vedano A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche:

formule nuove e vecchie soluzioni, in Dir. pubbl., 2004, 446 ss., il quale rileva che nella decisione
del 1999, «accanto ad elementi importanti di novità, emergono conferme di indirizzi tradizionali»
in quanto «il Consiglio di Stato, anche in questa occasione, non si misura direttamente con un ap-
porto qualificato di ordine tecnico (infatti non dispone la consulenza), ma propone un ragiona-
mento che è incentrato su argomenti di diritto o su fonti giurisprudenziali e che quindi si esauri-
sce nell’ambito più strettamente giuridico»; M. DELSIGNORE, Il sindacato del giudice amministrativo
sulle valutazioni tecniche, cit., 209 ss., che sottolinea come «le affermazioni del Consiglio di Stato,
pur di ampio respiro nella parte in diritto, non trovano alcuna applicazione nella decisione del
caso».
58 Sul punto si veda C. VIDETTA, Il sindacato sulla discrezionalità tecnica della pubblica am-

ministrazione nella giurisprudenza successiva alla decisione 9 aprile 1999, n. 601 della quarta sezione
del Consiglio di Stato, cit., 1187; ID., L’amministrazione della tecnica, cit., 314 ss.; G. D’ANGELO,
Giudice amministrativo e riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di servizio, in Riv.
it. med. leg., 2012, 1407 ss.
68 FRANCESCA PILEGGI

giudizi concernenti il riconoscimento da causa di servizio dell’infermità dei pub-


blici dipendenti è frequente il richiamo al consolidato orientamento secondo il
quale il giudice deve limitarsi a effettuare «una valutazione “esterna” di con-
gruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, relativa alla mera esistenza
di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi
si ritiene di trarre» in ragione del fatto che «l’accertamento del nesso di causa-
lità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, in cui si sostanzia il giudizio sulla
dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di
merito tecnico riservato all’organo di verifica delle cause di servizio»59. Ne con-
segue un sindacato limitato ai profili «di irragionevolezza manifesta, palese tra-
visamento dei fatti, considerazione di circostanze di fatto tali da poter incidere
sulla valutazione medica finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e
del procedimento seguito»60, che conduce, il più delle volte, ad un rigetto del-
l’impugnazione del provvedimento di diniego. Dunque, nonostante il richiamo,
contenuto in molte pronunce, alla tecnica di sindacato annunciata nella sentenza
n. 601/1999 – in particolare, alla verifica della “correttezza del criterio tecnico e
del procedimento applicativo” – è costante, nella giurisprudenza amministra-
tiva, l’affermazione di quel controllo formale ed estrinseco che la pronuncia n.
601 intendeva superare61.
Sporadiche risultano le decisioni in cui il giudice ha esercitato un controllo
più intenso sui giudizi medico-legali, verificando l’attendibilità delle valutazioni,
sulla base di nozioni tecnico-scientifiche acquisite attraverso l’esperimento della
verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio, o considerate di comune espe-
rienza62.
59 Cons. St., sez. IV, 4 settembre 2019, n. 6091. Nello stesso senso, ex multis, Cons. St., sez.

VI, 27 novembre 2001, n. 5966; Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877; Cons. St., sez. IV, 24
febbraio 2004, n. 719; Cons. St., sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1341; Cons. St., sez. V, 14 aprile 2008,
n. 1693; Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2619; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11 marzo
2011, n. 1449; Cons. St., sez. IV, 16 maggio 2011, n. 2959; Cons. St., sez. V, 13 aprile 2012, n.
2093; Cons. St., sez. IV, 9 luglio 2012, n. 4049; TAR Umbra, Perugia, sez. I, 11 marzo 2016, n.
222; TAR Lazio, Roma, sez. I, 2 agosto 2016, n. 8933; Cons. St., sez. II, 22 maggio 2020, n. 3241;
Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768.
60 Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2019, n. 1689. In senso analogo: Cons. St., sez. IV, 22 settem-

bre 2005 n. 4950; Cons. St., sez. VI, 19 luglio 2006, n. 4592; Cons. St., sez. IV, 15 maggio 2008, n.
2243; Cons. St., sez. III, 27 gennaio 2012, n. 404; Cons. St., sez. III, 9 marzo 2010, n. 3827; Cons.
St., sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 885; Cons. St., sez. III, 21 luglio 2014, n. 3882; Cons. St., sez. III,
24 giugno 2014, n. 3193; Cons. St., sez. III, 11 novembre 2014, n. 5545; Cons. St., sez. III, 16 giu-
gno 2015, n. 3038; Cons. St., sez. III, 8 luglio 2015, n. 3412; Cons. St., sez. III, 6 agosto 2015, n.
3878; TAR Lazio, Roma, sez. I, 3 gennaio 2019, n. 43; TAR Lazio, Roma, sez. I, 3 gennaio 2020, n.
40; Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768; Cons. St., sez. IV, 25 maggio 2020, n. 3275.
61 Cfr. A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche, cit., 447 ss.;

G. D’ANGELO, Giudice amministrativo e riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di


servizio, cit., 1407 ss.; G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pratica delle corti,
in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, 713 ss.; C. VIDETTA, Il sindacato sulla discrezionalità tecnica della
pubblica amministrazione, cit., 1190 ss.
62 Si vedano TAR Campania, Napoli, sez. III, 4 ottobre 2001, n. 4552; Cons. St., sez. VI, 23

febbraio 2004, n. 685; Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4621; TAR Lombardia, Milano, sez.
III, 21 maggio 2010, n. 1595; TAR Puglia, Bari, sez. I, 17 gennaio 2014, n. 67; TAR Puglia, Bari,
sez. III, 16 giugno 2017, n. 643; TAR Piemonte, Torino, sez. I, 1 dicembre 2017, n. 1302; TAR Pu-
glia, Lecce, sez. II, 12 aprile 2018, n. 632.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 69

Un indirizzo parimenti restrittivo caratterizza il sindacato del giudice am-


ministrativo sui giudizi di idoneità psico-fisica e attitudinale dei candidati nei
concorsi pubblici per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione e dei di-
pendenti per il loro mantenimento in servizio. Nelle pronunce dei TAR e del
Consiglio di Stato è frequente l’affermazione secondo la quale «i poteri di co-
gnizione del giudice amministrativo non possono impingere il merito delle valu-
tazioni compiute dalla Commissione medica all’uopo istituita, trattandosi di at-
tività tipicamente tecnico-discrezionale, soggetta ad un sindacato giurisdizionale
limitato ai profili dell’eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza,
difetto di istruttoria, errore e/o travisamento dei fatti»63. Tale controllo deter-
mina il più delle volte la declaratoria di legittimità dell’atto adottato dalla pub-
blica amministrazione.
Tuttavia, in questo secondo ambito si rinvengono diverse pronunce, spe-
cialmente in primo grado, in cui il giudice effettua una verifica diretta della cor-
rettezza della valutazione tecnica adottata dalla competente commissione me-
dica, anche attraverso l’utilizzo di strumenti istruttori, quali la consulenza tec-
nica d’ufficio e la verificazione64. Il ricorso a tali strumenti e il conseguente più
incisivo controllo esercitato dal giudice sembrano, il più delle volte, trovare giu-
stificazione nella ritenuta minor opinabilità del giudizio effettuato dalla com-
missione medica: «i presupposti della valutazione medica possono costituire og-
getto di accertamento in sede giurisdizionale mediante l’espletamento di una ve-
rificazione che preveda nuovi esami medici, purché […] l’accertamento del
presupposto non presenti apprezzabili margini di opinabilità»65. A dispetto di
quanto affermato dal Consiglio di Stato, nella decisione n. 601 del 1999, l’opi-
nabilità della valutazione continua, dunque, ad essere individuata dal giudice
quale ostacolo al suo pieno sindacato.
Inoltre, nella giurisprudenza sui giudizi medico-legali emerge ancora una
sovrapposizione tra discrezionalità tecnica e merito: è frequente, infatti, nelle
pronunce in materia, il riferimento al “merito della valutazione” o all’“attività di
merito tecnico” o scientifico, riservata all’organo medico, che giustifica un sin-
dacato estrinseco del giudice sulle valutazioni in esame66.

63 Cons. St., sez. II, 18 luglio 2019, n. 5071. Ex multis Cons. St., sez. III, 5 novembre 2002,

n. 1657; Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6965; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 settembre 2005,
n. 6537; Cons. St., sez. III, 25 maggio 2010, n. 453; Cons. St., sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2845;
Cons. St., sez. II, 12 agosto 2013, n. 812; Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n. 1018; Cons. St., sez.
III, 22 dicembre 2015, n. 5813; Cons. St., sez. III, 4 marzo 2016, n. 887; TAR Lazio, Roma, sez.
I-bis, 25 maggio 2017, n. 6225; Cons. St., sez. III, 11 agosto 2017, n. 3999; Cons. St., sez. IV, 6 di-
cembre 2018, n. 6910.
64 Tra le altre, TAR Lazio, Roma, 17 novembre 2002, n. 9584; TAR Campania, Napoli, sez.

IV, 23 gennaio 2014, n. 478; Cons. St., sez. IV, 8 luglio 2003, n. 4053; TAR Valle d’Aosta, sez.
unica, 14 febbraio 2017, n. 3; TAR Lazio, Roma, sez. I-ter, 9 luglio 2018, n. 7582. Cfr. A. TRAVI, Il
giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche, cit., 451 ss.
65 Così la già citata sentenza del Cons. St., sez. IV, 8 luglio 2003, n. 4053. In senso analogo

Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2004, n. 4811; Cons. St., sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8027.
66 Si vedano, con riferimento alle valutazioni sulla dipendenza da causa di servizio di malat-

tie e infermità, Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2619; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 11
70 FRANCESCA PILEGGI

3.2. I principali orientamenti concernenti le ordinanze a tutela della salute pub-


blica
Dall’esame della giurisprudenza sulle ordinanze a tutela della salute pub-
blica emergono approcci e orientamenti profondamente eterogenei del giudice
amministrativo, che riflettono la diversità delle valutazioni tecniche prese in
esame e dei procedimenti in cui tali valutazioni si innestano.
In particolare, con riferimento alle ordinanze contingibili e urgenti, nono-
stante sia indubbia la sussistenza di valutazioni di natura tecnica, il controllo del
giudice raramente assume la forma di un controllo sulla discrezionalità tecnica.
Il giudice amministrativo considera il potere extra ordinem dell’amministrazione
come espressione della sola discrezionalità amministrativa e non anche di quella
tecnica, non distinguendo il momento strettamente conoscitivo da quello più
propriamente valutativo: il sindacato giurisdizionale rimane, dunque, nei limiti
del controllo sull’eccesso di potere. Il Collegio, anche là dove effettua un con-
trollo sulla sussistenza dei presupposti di pericolo e di pregiudizio per la salute
e per l’igiene, riconduce tale verifica nell’ambito del controllo sulla completezza
e adeguatezza dell’istruttoria o sulla sufficienza della motivazione67.
Diverso, invece, risulta l’approccio adottato dal giudice dinanzi alle ordi-
nanze a presupposto necessitato: il Collegio, infatti, considera il potere di ordi-
nanza riconosciuto all’autorità locale quale «espressione della discrezionalità
tecnica attribuita per legge agli enti preposti alla tutela della salute»68. Anche in
diverse pronunce concernenti le ordinanze di cui agli artt. 216 e 217 del Tuls, il
giudice ha qualificato l’ordine di chiusura di un’attività a causa delle sue esala-
zioni insalubri come espressione di discrezionalità tecnica69. Tuttavia, ciò non ha
determinato un controllo giurisdizionale diretto sull’«attendibilità delle opera-
zioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed
a procedimento applicativo»; in entrambe le fattispecie il giudice ha, infatti, ade-
rito al restrittivo indirizzo giurisprudenziale in base al quale le valutazioni tec-

marzo 2011, n. 1449; TAR Umbria, Perugia, sez. I, 11 marzo 2016, n. 222, là dove si legge che
«l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il
giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di me-
rito tecnico riservato all’organo medico». Quanto ai giudizi di idoneità fisica, psichica e attitudi-
nale si vedano: TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 settembre 2005, n. 6537; Cons. St., sez. II, 12 agosto
2013, n. 812; Cons. St., sez. III, 27 novembre 2018, n. 6703; Cons. St., sez. II, 18 luglio 2019, n.
5071; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3249.
67 Cfr. Cons. St., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5807; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 gennaio

2012, n. 4; TAR Lazio, Latina, sez. I, 16 maggio 2014, n. 365.


68 Così TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2018, n. 1126, avente ad oggetto l’impu-

gnazione dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Front che aveva disposto l’abbattimento di
tutti i bovini presenti nell’allevamento di proprietà del ricorrente, in ragione del rischio di tra-
smissione all’uomo della malattia da cui risultavano infetti alcuni dei bovini.
69 Si veda Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687, avente ad oggetto l’impugnazione

delle ordinanze del Sindaco di Montegiorgio che avevano prescritto, sulla base degli accertamenti
dell’ASL, prima taluni accorgimenti tecnici volti ad eliminare le esalazioni nocive dell’allevamento
suinicolo, poi, in seguito all’inadempimento del ricorrente, la chiusura dell’allevamento. Cfr.
Cons. St., sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6612.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 71

nico-discrezionali «non sono sindacabili se non per vizi di macroscopica irragio-


nevolezza o illogicità o travisamento del fatto» ed ha conseguentemente svolto
un sindacato meramente esterno sulla logicità della valutazione tecnica70.

4. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di


sindacato giurisdizionale
Al fine di verificare l’effettivo tipo di controllo effettuato dal giudice am-
ministrativo sulle valutazioni tecniche in oggetto – al di là delle formule astratte
utilizzate nelle pronunce – è opportuno esaminare nel dettaglio le modalità e gli
strumenti attraverso i quali egli valuta l’attendibilità di tali giudizi, tenendo
conto delle peculiarità e delle differenze dei singoli provvedimenti presi in
esame.

4.1. In materia di valutazioni medico-legali


Dall’analisi della giurisprudenza in materia di valutazioni medico-legali ri-
sulta che il giudice amministrativo raramente effettua una verifica dell’attendibi-
lità delle valutazioni tecniche alla luce delle specifiche cognizioni di ordine tec-
nico utilizzate dall’amministrazione.
Il più delle volte, infatti, il sindacato del giudice sulla valutazione è con-
dotto attraverso l’esame della motivazione del provvedimento – e, dunque, sulla
base della rappresentazione della realtà fatta dall’amministrazione71 – con la
conseguenza che la verifica di attendibilità del giudizio si risolve generalmente
in un controllo formale sulla logicità e sulla ragionevolezza delle argomentazioni
utilizzate dall’organo tecnico, poi recepite nel provvedimento72. Ciò è partico-
larmente evidente nei giudizi concernenti i decreti di riconoscimento della di-
pendenza da causa di servizio: è il caso ad esempio della recente pronuncia del
Consiglio di Stato, sez. II, del 18 febbraio 2020, n. 1244, in cui il giudice ha ri-
tenuto corretta e attendibile la conclusione della competente Commissione me-
dico-legale, in quanto «motivata in maniera che non appare incongrua, illogica
od irragionevole, essendo state chiaramente indicate […] le ragioni medico-le-
gali per le quali […] non sarebbe stato possibile considerare l’infermità come
dipendente da fatti di servizio»73. Ma analoghe considerazioni si rinvengono an-

70 Così TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2018, n. 1126; cfr. Cons. St., sez. III, 22 lu-

glio 2013, n. 3944; Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687.
71 Sui limiti del sindacato sulla motivazione si veda F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisdizio-

nale della discrezionalità, cit., 119 ss.


72 La motivazione per relationem è costantemente utilizzata quando l’amministrazione deve

assumere una decisione sulla base di un parere tecnico vincolante, come nel caso dei decreti di ri-
conoscimento della dipendenza dell’infermità dal servizio. Cfr. TAR Campania, Salerno, sez. I, 11
ottobre 2019, n. 1735; Cons. St., sez. II, 7 febbraio 2020, n. 981.
73 Si vedano, tra le altre, anche Cons. St., sez. IV, 30 ottobre 2018, n. 6169, in cui il giudice

ha ritenuto legittimo il rigetto dell’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio


e di quella per la concessione dell’equo indennizzo, poiché il parere del Comitato risultava «sor-
72 FRANCESCA PILEGGI

che nelle pronunce concernenti i giudizi di idoneità psico-fisica per l’accesso ai


ruoli della pubblica amministrazione74.
In altri giudizi, il controllo sulla correttezza dell’apprezzamento tecnico è
svolto attraverso il ricorso a massime elaborate dalla giurisprudenza, come
quella secondo la quale i fatti di servizio costituiscono «concausa efficiente e de-
terminante» dell’infermità là dove si tratti di «fatti ed eventi eccedenti le ordi-
narie condizioni di lavoro, gravosi per intensità e durata […], con esclusione,
quindi, delle circostanze e condizioni del tutto generiche, quali inevitabili disagi,
fatiche e momenti di stress, che costituiscono fattori di rischio ordinario in rela-
zione alla singola tipologia di prestazione lavorativa»75. In questi casi, però, il
giudice non valuta la correttezza dell’apprezzamento effettuato dalla Commis-
sione medico-legale sotto il profilo tecnico-scientifico, ma si limita a verificare
che le mansioni svolte dal ricorrente non abbiano ecceduto le normali condi-
zioni di lavoro, applicando il concetto di “concausa efficiente e determinante” –
di cui all’art. 64, co. 3, del d.P.R. n. 1092/197376 – fatto proprio dalla giurispru-
denza.
Non sono numerose le pronunce in cui la verifica di attendibilità è effet-
tuata attraverso l’utilizzo di conoscenze di natura tecnica. Su tale profilo incide,
d’altronde, lo scarso ricorso del giudice – specialmente nei giudizi attinenti alla
dipendenza da causa di servizio – a strumenti istruttori, quali la verificazione e
la consulenza tecnica d’ufficio77, che consentirebbero di acquisire innanzitutto
una conoscenza più approfondita dei fatti controversi e, poi, di compiere una

retto da una indicazione chiara, sebbene sintetica, delle ragioni per le quali la infermità discale
sofferta dall’appellante non poteva ritenersi strettamente riconducibile all’attività lavorativa dal
medesimo svolta ma piuttosto a fattori genetici o costituzionali»; Tar Lazio, Roma, sez. I, 3 gen-
naio 2019, n. 43, là dove si afferma che «il giudizio finale è articolatamente motivato ed argomen-
tato e non risulta conseguentemente inficiato da manifesta illogicità, nel qual caso soltanto, pro-
prio per la sua natura tecnica, sarebbe illegittimo e a cascata lo sarebbe anche il decreto che lo ha
fatto proprio»; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3247, in cui si afferma che «il sindacato giu-
risdizionale sulle decisioni dell’Amministrazione che recepiscono il parere del C.V.C.S. sulla di-
pendenza di un’infermità da causa di servizio è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici
desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodolo-
gica delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione stessa».
74 Si veda, ad esempio, la sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. I-bis, 25 maggio 2017 n. 6225,

che ha accolto il ricorso promosso dal candidato escluso in quanto «il giudizio espresso dalla
Commissione, così come rappresentato nella motivazione, oltre a mostrare singolari ed evidenti
contraddizioni logiche, segnala che la Commissione si è limitata ad una mera descrizione del col-
loquio cui il ricorrente è stato sottoposto, utilizzando esclusivamente formule di stile valide per
qualsivoglia candidato, omettendo di valutare e considerare, sotto l’indicato profilo, il pregresso
comportamento attitudinale del ricorrente espresso nel corso del servizio militare».
75 Così TAR Marche, Ancona, sez. I, 3 novembre 2017, n. 837; cfr. TAR Campania, Napoli,

sez. VI, 27 aprile 2018, n. 2818; TAR Lazio, Roma, sez. I, 3 gennaio 2020, n. 40; Cons. St., sez. II,
18 febbraio 2020, n. 1244; Cons. St., sez. II, 22 maggio 2020, n. 3241. Cons. St., sez. IV, 22 set-
tembre 2005, n. 4993; Cons. St., sez. IV, 20 marzo 2006, n. 1471; Cons. St., 19 ottobre 2006, nn.
6239 e 6242.
76 Tale norma prevede che, ai fini del diritto alla pensione privilegiata, «le infermità o le le-

sioni si considerano dipendenti da fatti di servizio solo quando questi ne sono stati causa ovvero
concausa efficiente e determinante».
77 D’ora in avanti anche “c.t.u.”.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 73

verifica critica della valutazione tecnica. Sicuramente il ricorso a tali strumenti è


condizionato dalle allegazioni e dalle produzioni documentali dei ricorrenti: è
frequente, infatti, nelle pronunce esaminate, l’argomento per cui «detti stru-
menti non possono essere utilizzati per supplire a un onere probatorio non as-
solto dalla parte»78. Tuttavia, indipendentemente dalle specifiche allegazioni at-
toree, il giudice spesso riduce l’ambito di operatività di tali strumenti, e in par-
ticolare della consulenza tecnica d’ufficio, ai casi in cui «il provvedimento
impugnato appaia già prima facie affetto da vizi logici o di travisamento»79. In tal
modo, però, si rischia di vanificare l’utilità dell’istruttoria: questa finisce per se-
guire l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento – peraltro condotto at-
traverso l’esame della logicità e della ragionevolezza della motivazione – anziché
condizionarlo80. La verifica del giudice sul profilo tecnico-scientifico diviene,
così, solo accessoria ed eventuale.
Nell’ambito dei giudizi concernenti la dipendenza da causa di servizio si
registrano isolate, ma significative, decisioni in cui il giudice ha ritenuto di po-
ter esercitare un sindacato pieno e non di mera logicità e razionalità sugli ap-
prezzamenti medico-legali, attraverso l’ausilio del consulente tecnico. È il caso
della sentenza del TAR Lombardia, Milano, sez. III, 21 maggio 2010, n. 1595, in
cui il Collegio ha affermato la piena cognizione dei giudizi medico-legali in ra-
gione del fatto che il presupposto sanitario (il nesso eziologico tra servizio e ma-
lattia), «per quanto di opinabile accertamento», risulta preso in considerazione
dalla norma nella sua «dimensione oggettiva di “fatto storico” giuridicamente ri-
levante»81: l’organo tecnico, in questo caso, non è chiamato a effettuare un’atti-
vità valutativa e integrativa, bensì ad accertare la sussistenza del fatto storico-
presupposto, «avendo già il legislatore compiutamente identificato il bisogno tu-

78 Si vedano, ad esempio, con riferimento ai giudizi in materia di causa di servizio: TAR Li-

guria, Genova, sez. II, 3 settembre 2014, n. 1328, in cui il giudice ha negato la richiesta di istanza
istruttoria, in ragione del fatto che il ricorrente non aveva fornito «alcun elemento (quale, ad
esempio, una perizia medica di parte) a sostegno della tesi inerente alla sottovalutazione delle sue
patologie»; TAR Campania, Napoli, sez. VI, 28 novembre 2018, n. 6901; TAR Emilia-Romagna,
Parma, sez. I, 23 dicembre 2019, n. 299. Quanto ai giudizi sull’idoneità psico-fisica si veda, ex
multis, Cons. St., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6965. Cfr. Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768,
il quale ha evidenziato che «la consulenza tecnica, nel processo amministrativo, costituisce non già
un mezzo di prova, ma al più di ricerca della prova (c.d. consulenza tecnica percipiente), avente
la funzione di fornire al giudice i necessari elementi di valutazione quando la complessità sul
piano tecnico-specialistico dei fatti di causa impedisca una compiuta comprensione (c.d. consu-
lenza tecnica deducente), ma non già la funzione di esonerare la parte dagli oneri probatori sulla
stessa gravanti. Ne consegue che la richiesta di verificazione o di c.t.u. non può essere assecondata
in mancanza di un qualsiasi concreto principio di prova, poiché in tal caso la verificazione o la
c.t.u. finisce per avere carattere meramente esplorativo».
79 Così Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877, concernente l’impugnazione di un di-

niego di concessione dell’equo indennizzo; cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2001, n. 2590; Cons.
St., sez. II, 7 febbraio 2020, n. 981.
80 Si veda A. TRAVI, Il giudice amministrativo e le questioni tecnico-scientifiche, cit., 447 ss.

Cfr. G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche, cit., 716.


81 In quest’ipotesi, secondo il giudice, vi sarebbe una “valutazione tecnica complessa non

discrezionale”, anche se solitamente tali giudizi sono ricondotti alla nozione di discrezionalità
tecnica.
74 FRANCESCA PILEGGI

telato mercé la determinazione del tipo di patologia e di lavorazione, dell’entità


del beneficio ritenuto compatibile con le altre missioni di bilancio pubblico, del
modello di relazione causale tra patologia e condizioni di lavoro»82. La conse-
guenza è che tali apprezzamenti medico-tecnici ben potrebbero essere sostituiti
«con gli accertamenti istruttori compiuti dal giudice che ne abbiano riscontrato
l’insufficienza quanto a criterio seguito e a procedimento applicativo utiliz-
zato»83. Al contrario, prosegue il TAR, nel caso in cui presupposto del provve-
dimento sia il fatto “mediato” e “valutato” dalla pubblica amministrazione, il
sindacato del giudice dovrebbe rimanere nei limiti di un controllo di ragionevo-
lezza e coerenza tecnica della decisione amministrativa, effettuato comunque at-
traverso il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche (eventualmente acquisite at-
traverso la c.t.u.)84. La ragione, dunque, di un controllo più incisivo (anche so-
stitutivo) sulle valutazioni medico-legali viene individuata nel carattere non
strettamente discrezionale – ma comunque opinabile – del giudizio tecnico85. In
particolare, nel caso di specie, il giudice ha disposto la consulenza tecnica d’uf-
ficio e ha poi confermato la decisione dell’amministrazione, in considerazione
del fatto che dalla consulenza risultava non dipendente dal servizio la patologia
da cui era affetto il ricorrente86.
Una maggiore apertura all’utilizzo dei mezzi istruttori, in particolare alla
verificazione, si rinviene, invece, nelle pronunce dei TAR sui giudizi di idoneità
psico-fisica dei candidati ai fini dell’ammissione ad un concorso o ad un im-
piego87. Non di rado, infatti, il giudice di primo grado dispone la verificazione
«al fine di accertare la fondatezza dei presupposti dalla pubblica autorità assunti
a fondamento dell’avversata determinazione», anche se – come anticipato nel
precedente paragrafo – tale maggior apertura è spesso connessa all’asserito mi-
nor margine di opinabilità del giudizio tecnico effettuato dalla commissione me-

82 Un ulteriore argomento utilizzato dal giudice per superare il tradizionale (e restrittivo) in-

dirizzo giurisprudenziale in materia attiene alla natura della posizione soggettiva tutelata nel caso
di specie: si tratta di un diritto soggettivo al riconoscimento di benefici assistenziali e previdenziali,
in relazione al quale l’amministrazione ha il dovere di verificare il ricorrere dei requisiti propri
della fattispecie.
83 In senso analogo anche TAR Piemonte, Torino, sez. I, 1° dicembre 2017, n. 1302.
84 In questi casi, rileva il TAR, «l’attività valutativa e integrativa della p.a. equivale in tutto e

per tutto a descrivere “implicitamente” l’interesse pubblico che l’atto stesso mira a soddisfare»;
solamente tale tipologia di apprezzamento tecnico rientrerebbe nella nozione circoscritta di di-
screzionalità tecnica – che si distinguerebbe dalla discrezionalità amministrativa per l’assenza di
una valutazione comparativa con altri interessi secondari – soggetta ad un sindacato “intrinseco”,
ma “debole”.
85 In quest’ipotesi mancherebbe, secondo il Collegio, l’attività valutativa propria della di-

screzionalità. Cfr. F. VOLPE, Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, cit., 823
ss., che esprime una posizione simile a quella del TAR.
86 Dunque, mentre normalmente, come si è visto, il giudice ricorre alla consulenza tecnica

d’ufficio per confermare la preliminare valutazione di illogicità e irragionevolezza della valuta-


zione tecnica, nel caso in oggetto ha disposto la c.t.u. in assenza di macroscopici ed evidenti vizi
del provvedimento.
87 TAR Lazio, Roma, 17 novembre 2002, n. 9584; TAR Lazio, Roma, sez. II, 4 aprile 2011,

n. 2948; TAR Lazio, Roma, sez. II, 6 maggio 2013, n. 4463; TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 23
gennaio 2014, n. 478.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 75

dica88. Tuttavia, in sede di appello, il Consiglio di Stato disattende di frequente


le risultanze della verificazione e della consulenza tecnica disposte in primo
grado, evidenziando la “sostanziale irripetibilità” dell’accertamento d’idoneità,
in ragione del fatto che «la legittimità dei provvedimenti amministrativi deve es-
sere apprezzata avuto riguardo allo stato di fatto e di diritto presente al mo-
mento dell’adozione dei relativi provvedimenti» – e, dunque, al momento in cui
i candidati vengono sottoposti alla visita medica in sede concorsuale – anche al
fine di non violare il principio della par condicio dei concorrenti89. Il difforme
esito di una verificazione disposta in sede processuale potrebbe, dunque, avere
rilievo dirimente solo nell’ipotesi in cui sia acclarato che il primo giudizio tec-
nico era frutto di un travisamento o risultava inattendibile per inaffidabilità
delle metodiche utilizzate90.
Peraltro, con riferimento ai casi in cui il giudice ricorre a mezzi istruttori,
si segnalano taluni elementi di ambiguità nella scelta della verificazione in luogo
della consulenza tecnica d’ufficio91. La preferenza verso la prima trova, da un
lato, un fondamento nello stesso codice del processo amministrativo, là dove
dispone, all’art. 63, co. 4, che il giudice può disporre la consulenza tecnica «se
indispensabile», dall’altro, sembra dipendere dalla minor dimestichezza del giu-
dice amministrativo con la c.t.u., che costituisce, in tale giurisdizione, uno stru-
mento ancora relativamente “nuovo”92. Per cui, nonostante la stessa giurispru-
denza amministrativa consideri la verificazione funzionale ad un mero accerta-
mento tecnico e la c.t.u. ad una valutazione tecnica, nella pratica spesso il
giudice utilizza la prima per acquisire un giudizio di natura valutativa93.
Ad ogni modo, va rilevato che in alcune controversie, il Collegio, pur senza
il contributo tecnico del verificatore e del consulente, provvede ad effettuare un
sindacato più intenso dell’attendibilità delle valutazioni tecniche, alla luce di co-
gnizioni specialistiche94. Queste ultime vengono introdotte nel giudizio attraverso

88 Si vedano le richiamate pronunce Cons. St., sez. IV, 8 luglio 2003, n. 4053; Cons. St., sez.

IV, 30 giugno 2004, n. 4811; Cons. St., sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 8027.
89 Così Cons. St., sez. III, 7 novembre 2018, n. 6703. Tale principio richiede, infatti, che l’ac-

certamento dell’idoneità avvenga in condizioni di tempo e luogo sostanzialmente identiche per


tutti i candidati. Nello stesso senso, ex multis, Cons. St., sez. IV, 26 settembre 2013, n. 4813; Cons.
St., sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3422; Cons. St., sez. II, 1° agosto 2019, n. 5460; Cons. St., 2019,
n. 5855.
90 Così la richiamata pronuncia del Cons. St., sez. IV, 24 maggio 2019, n. 3422.
91 Così, ex multis, Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 881; Cons. St., sez. III, 14 gennaio

2020, n. 330.
92 Sulla scelta di subordinare la disposizione della consulenza tecnica ad un giudizio d’indi-

spensabilità o stretta necessarietà si veda G. D’ANGELO, Giudice amministrativo e riconoscimento


della dipendenza della malattia da causa di servizio, cit., 1413, il quale evidenzia come tale previ-
sione rischi di «assecondare la ritrosia manifestata in questi anni da una parte della giurispru-
denza».
93 È il caso del giudizio dinanzi al TAR Puglia, sez. III, conclusosi con la pronuncia n.

643/2017, in cui il giudice ha formulato il seguente quesito al verificatore: «dica il verificatore,


sulla scorta della documentazione in atti, se l’espletamento del servizio ha costituito fattore cau-
sale ovvero concausale efficiente e determinante per l’insorgenza nel ricorrente della patologia
[…], tenendo conto di tutti i fattori di rischio enunciati nell’istanza e nel ricorso».
94 Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2004, n. 685; Cons. St., sez. II, 20 giugno 2019, n. 4227.
76 FRANCESCA PILEGGI

la loro qualificazione come fatti notori95. Ad esempio, è stata ritenuta dal Consi-
glio di Stato «di comune dominio la nozione che le artrosi e le discopatie sono
patologie largamente diffuse nella popolazione, sia pure con diversi gradi di sin-
tomatologia, e che si manifestano generalmente con l’avanzare dell’età, senza cor-
relazioni statisticamente significative con l’attività lavorativa esercitata – a mag-
gior ragione se quest’ultima […] non si caratterizza per gli sforzi fisici intensi e
protratti per tutto l’arco della vita lavorativa»96. In un altro caso, il giudice ha de-
sunto le conoscenze tecniche necessarie per verificare l’attendibilità del giudizio
dell’organo medico-legale da un sito internet di carattere scientifico, ritenendo
ciò consentito dal fatto che «il notorio coincide con la conoscenza dell’uomo me-
dio, in un dato tempo e luogo» e tale conoscenza «attualmente è arricchita dal-
l’esistenza di Internet (strumento di larga diffusione della conoscenza)»97.
In generale, però, al di là degli sporadici casi in cui il Collegio verifica ef-
fettivamente – attraverso gli adeguati strumenti istruttori e le necessarie cono-
scenze tecniche – la sussistenza del presupposto del provvedimento impugnato
(valutando l’attendibilità tecnica del giudizio effettuato dall’amministrazione), il
controllo del giudice sulla legittimità delle valutazioni medico-legali avviene pre-
valentemente secondo il modello di sindacato proprio dell’eccesso di potere98. Il
giudice, infatti, come si è evidenziato, limita spesso il suo controllo alle ipotesi
di manifesta irragionevolezza e illogicità, palese travisamento dei fatti, difetto di
istruttoria, finendo per sottoporre la discrezionalità tecnica al medesimo sinda-
cato, esterno e formale, effettuato sulla discrezionalità amministrativa.
Sotto tale profilo si rileva, peraltro, l’evidente contraddittorietà di alcune
pronunce in cui il giudice afferma che il sindacato in tale ambito «è, sì, intrin-

95 Sul ricorso alle nozioni di comune esperienza si rinvia a M. TARUFFO, Studi sulla rilevanza

della prova, Padova, 1970, spec. 197 ss.; ID., La prova dei fatti giuridici: nozioni generali, Milano,
1992. Sui limiti del ricorso alla nozione di comune esperienza si veda, ex multis, Cass. civ., sez. II,
16 dicembre 2019, n. 33154, la quale precisa che «il fatto notorio, derogando al principio dispo-
sitivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, e cioè come fatto
acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile.
Ne consegue che tra le nozioni di comune esperienza non possono farsi rientrare le acquisizioni
specifiche di natura tecnica e quegli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento
di particolari dati estimativi».
96 Così Cons. St., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 5511 e Cons. St., sez. II, 22 maggio 2020, n.

3241. Si vedano anche TAR Molise, Campobasso, sez. I, 9 maggio 2011, n. 238 e Cons. St., sez.
IV, 5 ottobre 2018, n. 5716.
97 Così Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2004, n. 685. Nello specifico, il ricorrente aveva ri-

chiesto il riconoscimento della dipendenza dal servizio di un tumore al polmone per aver prestato
attività lavorativa in ambiente inadeguato («polveri, umidi e saturi di fumo di sigaretta»). La com-
petente Commissione aveva escluso il nesso di causalità tra la patologia e il servizio in ragione del
fatto che il dipendente era un fumatore abituale e il Collegio ha ritenuto pacifico il fatto che il
fumo costituisca «un fattore di rischio specifico per il tumore al polmone».
Come evidenziato da C. VIDETTA in L’amministrazione della tecnica, cit., la trasformazione di
«cognizioni specifiche in (pretese) massime di comune esperienza» rischia di «banalizzare compe-
tenze ed esperienze» (327).
98 Cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. II, 30 ottobre 2009, n. 2369; TAR Puglia, Bari, sez. I, 17

marzo 2018, n. 364; Cons. St., sez. IV, 30 ottobre 2018, n. 6169; Cons. St., sez. II, 20 giugno 2019,
n. 4227.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 77

seco» – per cui il Collegio dovrebbe avvalersi delle medesime conoscenze tecni-
che applicate dall’amministrazione99 – «ma limitato ad ipotesi di mancata valu-
tazione di circostanze di fatto ovvero ad irragionevolezza manifesta o palese tra-
visamento dei fatti»100. Tale approccio esterno e superficiale alla valutazione tec-
nica viene giustificato, specie in recenti pronunce del Consiglio di Stato in
materia di dipendenza da causa di servizio, in ragione del fatto che il giudice
non può sostituire le proprie valutazioni a quelle, opinabili, effettuate dalle com-
petenti autorità amministrative101; ma un atteggiamento analogo caratterizza,
come si è visto, anche la giurisprudenza concernente i giudizi di idoneità psico-
fisica102. Il carattere opinabile della valutazione continua, dunque, ad essere per-
cepito come un ostacolo dal giudice amministrativo, specie di secondo grado103.
D’altronde, emerge ancora un’evidente resistenza ad accedere ad una cono-
scenza piena della componente tecnica del fatto: si afferma, infatti, in alcune pro-
nunce giurisdizionali, che le nozioni scientifiche e i dati di esperienza di carattere
tecnico-discrezionale, in quanto estranei al patrimonio culturale del giudice am-
ministrativo, «sono sottratti al sindacato di legittimità» e risultano soggetti al
mero sindacato (esterno) dell’eccesso di potere104. Inoltre, la valutazione medico-
legale continua ad essere ancora considerata, da molti giudici, quale espressione
di “attività di merito tecnico”, invece che attività di accertamento, anche se opi-
nabile, del presupposto richiesto per l’adozione del provvedimento amministra-
tivo105. Il che incide, naturalmente, sul ricorso agli strumenti istruttori.
Tali limiti cognitori e istruttori nell’accertamento della componente tecnica
del fatto non si rinvengono in analoghe controversie devolute alla giurisdizione
del giudice ordinario. Nei giudizi concernenti il diritto alle prestazioni previ-
denziali o assistenziali dei dipendenti pubblici “contrattualizzati”, infatti, gli ele-
menti tecnici sono conosciuti con pienezza dal giudice, il quale ricorre normal-
mente alla consulenza tecnica d’ufficio, ai sensi dell’art. 445 c.p.c.106. Nello spe-

99 Cfr. Cons. St., sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990.


100 Così Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768.
101 In tal senso Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768, là dove il Collegio ha affermato

che «il giudice amministrativo può censurare la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’am-
bito di opinabilità, in quanto il suo apprezzamento, inevitabilmente opinabile, finirebbe per af-
fiancarsi a quello altrettanto opinabile dell’Amministrazione, sostituendolo ed invadendo l’ambito
delle attribuzioni riservate alla medesima». Cfr. Cons. St., sez. II, 8 maggio 2019, n. 2975; Cons.
St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3247; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3248.
102 Si veda, a tal riguardo, la nota 65.
103 Tuttavia, in alcuni sporadici casi il giudice ammette un sindacato pieno anche sulle valu-

tazioni tecniche opinabili: è il caso della richiamata pronuncia del TAR Lombardia, Milano, sez.
III, 21 maggio 2010, n. 1595.
104 Così Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2007, n. 3911; TAR Puglia, Bari, sez. II, 13 giugno 2008,

n. 1497; TAR Lazio, Roma, sez. III, 13 maggio 2008, n. 4487; TAR Lazio, Roma, sez. I, 3 gennaio
2020, n. 40; Cons. St. sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768.
105 Si veda, a tal riguardo, la nota 66.
106 Tale articolo prevede che «nei processi regolati nel presente capo [le controversie in ma-

teria di previdenza e di assistenza obbligatoria], relativi a domande di prestazioni previdenziali o


assistenziali che richiedono accertamenti tecnici, il giudice nomina uno o più consulenti tecnici
scelti in appositi albi, ai sensi dell’articolo 424».
78 FRANCESCA PILEGGI

cifico, con riferimento all’accertamento del nesso di causalità tra il servizio


svolto e la malattia contratta, ai fini del riconoscimento di una rendita per ma-
lattia professionale107, la Corte di Cassazione ha precisato che tale accertamento,
in quanto giudizio di natura tecnica, «può formare oggetto solo di valutazione
tecnica, che il ricorrente deve fornire o sollecitare al giudice, tramite consulenza
tecnica d’ufficio»108. Peraltro, il mancato espletamento della consulenza tecnica
medico-legale in tale settore è considerato dal giudice civile quale «grave ca-
renza nell’accertamento dei fatti» e può risolversi in «un vizio di motivazione
della sentenza»109.
Si rileva, infine, che, anche in materia di giudizi d’idoneità al servizio la
giurisprudenza civile ammette maggiori aperture alla possibilità di verificare l’at-
tendibilità del giudizio espresso dalla competente commissione medica110.

4.2. In materia di ordinanze a tutela della salute pubblica


L’eterogeneità di ordinanze a tutela della salute pubblica prese in esame in
tale analisi e il diverso approccio del giudice amministrativo dinanzi a tali ordi-
nanze si riflettono naturalmente anche sulla tecnica di controllo utilizzata per
sindacare le valutazioni tecniche in oggetto.
Nello specifico, con riferimento alle ordinanze a presupposto necessitato –
che, come si è evidenziato, sono considerate dal giudice quale espressione della
discrezionalità tecnica dell’amministrazione – dall’analisi delle poche pronunce
in materia emerge che il sindacato del giudice sulla valutazione tecnica rara-
mente è esercitato attraverso il ricorso alle specifiche cognizioni tecnico-scienti-
fiche utilizzate dall’amministrazione e si risolve spesso in un controllo esterno e
superficiale sulla logicità e sulla ragionevolezza della valutazione. Affinché il
107 Va precisato che il d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, recante il “Testo unico delle disposi-

zioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”, pre-
vede che siano indicate in apposite tabelle le malattie professionali e le lavorazioni che provocano
tali malattie. Nell’ambito di tale sistema “tabellare”, il lavoratore è sollevato dall’onere di dimo-
strare l’origine professionale della malattia. Infatti, una volta che egli abbia provato l’adibizione a
lavorazione tabellata e l’esistenza della malattia anch’essa tabellata e abbia effettuato la denuncia
entro il periodo massimo di indennizzabilità, si presume per legge che quella malattia sia di ori-
gine professionale. La Corte costituzionale, però, con la sentenza del 18 febbraio 1988, n. 179, ha
introdotto il cosiddetto “sistema misto”, estendendo l’operatività della disposizione del d.P.R. n.
1124/1965 anche alle malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle e da quelle causate da una
lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, «purché si tratti di
malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro». Sul punto si rinvia a S. GIUBBONI,
G. LUDOVICO, A. ROSSI, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Padova, 2020, 203 ss.
108 Così Cass. civ., sez. lav., 28 agosto 2002, n. 12629; cfr. Cass. civ., sez. lav., 1° marzo 2006,

n. 4520; Cass. civ., sez. lav., 13 luglio 2011, n. 15400.


109 Così Cass. civ., sez. lav., 11 settembre 2006, n. 19434, in cui la Corte ha accolto il ricorso

proposto avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in ragione del fatto che la convin-
zione del giudice circa il carattere non professionale della malattia non era stata «confortata da un
accertamento medico legale sulle condizioni psichiche della assicurata né da adeguata motiva-
zione». Cfr. Cass. civ., sez. lav., 10 marzo 2004, n. 4927.
110 Sul punto si vedano Cass. civ., sez. lav., 8 febbraio 2008, n. 3095; Cass. civ., sez. lav., 20

maggio 2002, n. 7311. Cfr. G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pratica delle
corti, cit., 716 ss.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 79

provvedimento gravato sia annullato è, infatti, necessario che sia affetto da vizi
macroscopici ed evidenti ad un primo esame della fattispecie. Un esempio si rin-
viene nella pronuncia del TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2018, n.
1126, in cui il giudice ha rigettato l’impugnazione proposta dal proprietario di
un allevamento poiché «quanto affermato nel ricorso e nei pareri depositati in
giudizio circa l’insussistenza di pericoli di diffusione della malattia non è suffi-
ciente a fornire la prova dei […] macroscopici profili di erroneità o illogicità
della misura di abbattimento dell’intera mandria».
D’altronde anche il ricorso agli strumenti istruttori e, in particolare, alla
consulenza tecnica d’ufficio, viene limitato ai casi in cui la valutazione appaia già
manifestamente illegittima. È il caso della sentenza del Consiglio di Stato, sez.
III, 22 luglio 2013, n. 3944, che ha ritenuto non «necessario ai fini del decidere
lo svolgimento di una ulteriore istruttoria» poiché nelle valutazioni operate non
erano «riscontrabili elementi sintomatici di illogicità, contraddittorietà, ingiusti-
zia manifesta ovvero arbitrarietà o irragionevolezza», tali da determinare l’an-
nullamento dell’ordinanza di abbattimento degli avicoli presenti nell’alleva-
mento del ricorrente. Dunque, anche in tale settore, la verificazione e la c.t.u. fi-
niscono per essere utilizzati per confermare il convincimento circa l’illegittimità
del provvedimento già maturato nella mente del giudice.
Un atteggiamento analogo si rinviene peraltro in alcune pronunce concer-
nenti le ordinanze di cui agli artt. 216 e 217 del Tuls. Il Consiglio di Stato, ad
esempio, nella sentenza del 24 settembre 2013, n. 4687, ha ritenuto di non di-
sporre la verificazione e la consulenza tecnica d’ufficio richieste dall’appellante,
in quanto le valutazioni peritali presentate da quest’ultimo non evidenziavano
«profili di evidente illogicità, incongruenza o scorrettezza tecnico scientifica»
atti ad inficiare le conclusioni dell’Asl sulla nocività delle esalazioni provenienti
dall’allevamento suinicolo dell’appellante.
Un differente approccio, invece, come si è visto, concerne le valutazioni tec-
niche effettuate nell’ambito di procedimenti diretti all’adozione di ordinanze
contingibili e urgenti. Il giudice, infatti, considera tali provvedimenti quale
espressione della sola discrezionalità amministrativa, senza individuare e “iso-
lare” il momento strettamente conoscitivo. In questi casi, dunque, il sindacato
giurisdizionale non assume mai la forma di un controllo sull’attendibilità, sotto il
profilo tecnico-scientifico, dell’apprezzamento effettuato dall’amministrazione,
ma si svolge attraverso il ricorso alle figure sintomatiche dell’eccesso di potere.
Anche là dove il Collegio verifica la sussistenza dei presupposti di pericolo
o pregiudizio per la salute – richiesti dal legislatore per l’esercizio del potere di
ordinanza – lo fa attraverso il controllo sulla completezza e adeguatezza dell’i-
struttoria procedimentale e sulla sufficienza della motivazione111. In questi casi,

111 Cfr. M.C. CAVALLARO, La rilevanza delle valutazioni tecniche nel procedimento di forma-

zione del provvedimento amministrativo e i profili del sindacato giudiziario, cit., la quale rileva che
«se dentro l’istruttoria ci sono degli apprezzamenti tecnici, il giudice deve verificare che tali ap-
prezzamenti siano correttamente eseguiti. Invece troppo spesso si limita a verificare solo la ragio-
nevolezza e la completezza dell’istruttoria».
80 FRANCESCA PILEGGI

peraltro, il giudice si limita ad accertare che siano stati effettuati i necessari ac-
certamenti tecnici di ordine igienico-sanitario, senza valutare la correttezza del
criterio tecnico e del procedimento applicativo112. Un esempio si rinviene nella
sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 3 febbraio 2015, n. 1977, in cui il
Collegio ha ritenuto illegittima l’ordinanza ex art. 50, co. 5, del Tuel, con cui il
Sindaco del Comune di Borgorose aveva ordinato al ricorrente di allontanare
immediatamente tutti gli animali dal suo allevamento e di provvedere alla puli-
zia delle aree e degli immobili in cui erano custoditi, in quanto adottata «senza
porre in essere alcun tipo di accertamento circa i possibili danni e/o pericoli che
l’allevamento del ricorrente avrebbe potuto arrecare alla salute pubblica». Una
parziale eccezione, invece, è costituita dalla pronuncia del TAR Puglia, Lecce,
sez. III, 17 dicembre 2019, n. 2010, in cui il giudice ha rigettato l’impugnazione
del ricorrente, anche in ragione dell’attendibilità degli «accertamenti tecnici ese-
guiti dall’A.R.P.A. Puglia», i quali costituivano il presupposto dell’ordinanza
sindacale di cui all’art. 9 della l. n. 447/1995, senza esplicare, però la ragione di
tale valutazione di attendibilità.

5. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni


tecniche: le ragioni della deferenza
Pur nella diversità di provvedimenti esaminati in tale contributo, si è ri-
scontrato un controllo prevalentemente formale ed epidermico del giudice am-
ministrativo sulle valutazioni tecniche in oggetto. Il Collegio sembra, infatti, an-
cora restio a conoscere la componente tecnica del fatto e raramente fa ricorso a
quegli strumenti istruttori che gli consentirebbero di colmare la sua originaria
incompetenza tecnico-scientifica, in modo da operare un’effettiva indagine sul-
l’attendibilità delle valutazioni tecniche che intervengono nei provvedimenti in
esame.
Le ragioni del self restraint sono diverse e appaiono riconducibili, in parte,
alle caratteristiche dell’organo che effettua la valutazione e, in parte, al procedi-
mento in cui tale valutazione si innesta, anche se ciò non appare sempre esplici-
tato in maniera chiara nelle decisioni giurisdizionali.
In particolare, con riferimento alle controversie in materia di dipendenza
da causa di servizio, la deferenza sembrerebbe dipendere dalla variegata com-
posizione professionale dell’organo chiamato ad esprimere il parere tecnico,
nonché dalla particolare complessità di quest’ultimo. Il parere, infatti, interviene
all’esito di un complesso procedimento che vede il coinvolgimento di differenti
apparati (prima fra tutti, la Commissione medica ospedaliera) e costituisce –
come evidenziato in diverse pronunce – un momento di sintesi e di superiore
valutazione dei giudizi precedentemente espressi113. Viene poi adottato da un

112 Si vedano TAR Lazio, Latina, sez. I, 21 giugno 2010, n. 1070; Cons. St., sez. V, 27 di-

cembre 2013; n. 6264; TAR Lazio, Roma, sez. III-quater, 9 aprile 2015, n. 5267.
113 Cfr. Cons. St., sez. III, 30 luglio 2013, n. 4024; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3249.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 81

organo istituito ad hoc, il Comitato di verifica, che riunisce al proprio interno


soggetti con professionalità mediche, giuridiche e amministrative. Ciò consente
l’elaborazione di un giudizio oggettivo e imparziale, che tiene conto dei diffe-
renti aspetti medico-legali implicati nella decisione114. Tale particolare composi-
zione professionale, da un lato, sembra “instillare” fiducia nel giudice circa l’au-
torevolezza tecnica del Comitato; dall’altro, rende più difficile e complesso il
suo controllo: risulta, ad esempio, più ardua l’individuazione di soggetti dotati
di qualificazione e capacità tecnica equipollenti cui demandare la consulenza
tecnica necessaria ai fini della valutazione di attendibilità del giudizio medico-le-
gale115.
Un ulteriore elemento che sembrerebbe condizionare il controllo giurisdi-
zionale in tale settore attiene alle conseguenze sulla spesa pubblica del ricono-
scimento della dipendenza da causa di servizio della patologia contratta dal
pubblico dipendente: il positivo giudizio del Comitato, infatti, incide anche
sulla concessione dell’equo indennizzo e sul riconoscimento del trattamento
pensionistico privilegiato, per cui comporta un bilanciamento tra l’interesse del
singolo e quello dell’Erario116. Tale profilo, seppur non sempre esplicitato nelle
pronunce, spesso viene a influenzare l’atteggiamento concretamente assunto dal
giudice dinanzi a tali giudizi, determinando un appiattimento sulla valutazione
effettuata dall’amministrazione.
Quanto alle pronunce in materia di idoneità psico-fisica, la resistenza del
giudice – specialmente quello di secondo grado – ad esercitare un controllo di-
retto sul giudizio tecnico deriva, in parte, dall’asserita irripetibilità dell’accerta-

114 Il Comitato, infatti, è formato da un numero consistente di componenti, non superiore a

quaranta e non inferiore a trenta, nominati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Fi-
nanze e scelti tra esperti della materia provenienti dalle diverse magistrature, dall’Avvocatura dello
Stato e dal ruolo dei dirigenti dello amministrazioni dello Stato, nonché tra ufficiali medici supe-
riori delle Forze Armate e qualifiche equiparate delle Forze di polizia di Stato e tra funzionari me-
dici delle amministrazioni dello Stato preferibilmente specialisti in medicina legale e delle assicu-
razioni (così art. 10, co. 2 e 3, del d.P.R. n. 261/2001).
Cfr. Corte cost., 21 giugno 1996, n. 209, là dove la Corte, in riferimento al Comitato di ve-
rifica (allora Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie), afferma che «trattasi di un organo la
cui imparzialità è garantita dalla sua stessa composizione, poiché ne fanno parte membri prove-
nienti dalle tre magistrature, ordinaria, amministrativa e contabile, dalla dirigenza del Ministero
del tesoro e dagli ufficiali generali e superiori medici» e la cui opera «contribuisce a realizzare i
principi dell’art. 97 della Costituzione, sotto il profilo del buon andamento, valendo, in partico-
lare, ad arricchire gli elementi di giudizio di cui l’Amministrazione dispone al momento dell’ado-
zione del provvedimento». In senso analogo anche Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 877;
Cons. St, sez. III, 6 agosto 2015, n. 3878.
115 Sul punto si veda Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768. Sulla composizione degli or-

gani tecnici e sulle conseguenze in termini di sindacato giurisdizionale (specie sostitutivo) si veda
C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica, cit., 190 ss., 328 ss. Sulla fungibilità delle valutazioni
tecniche in esame, con riferimento all’art. 17 della l. 7 agosto 1990, n. 241 cfr. G. D’ANGELO,
Giudice amministrativo e riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di servizio, cit.,
1407 ss.
116 Si veda ancora la sentenza della Corte. cost., 21 giugno 1996, n. 209, in cui si afferma che

il Comitato «svolge una funzione consultiva di natura medico-legale, volta a verificare, nel merito,
l’operato delle singole commissioni mediche ospedaliere, onde garantire la tutela dell’interesse del
singolo e, nel contempo, quella non meno importante dell’Erario».
82 FRANCESCA PILEGGI

mento dell’idoneità al servizio del candidato, dovuta anche alla richiamata ne-
cessità di assicurare la par condicio dei concorrenti117. Ma sembra rilevare anche
la specifica competenza tecnica dell’organo preposto alla verifica d’idoneità,
come emerge da una sentenza del Consiglio di Stato, in cui il giudice ha eviden-
ziato che «la valutazione della CMO in sede amministrativa e la consulenza me-
dica di ufficio possono agire tecnicamente sullo stesso piano quanto all’accerta-
mento della malattia e dello stato fisico del paziente, ma non con riferimento
alla verifica di idoneità al servizio, per la quale le valutazioni dell’organo ammi-
nistrativamente preposto devono presumersi, salva la prova contraria, basate su
maggiore preparazione e competenza, stante la conoscenza dei requisiti richiesti
dal servizio e la necessaria uniformità dei parametri da adottare»118.
Dunque, nell’ambito delle valutazioni medico-legali, il minor attivismo giu-
risdizionale appare giustificato, oltre che dall’opinabilità del giudizio tecnico,
anche dalla presenza di uno specifico organo, appositamente istituito – e strut-
turalmente indipendente dall’amministrazione, nel caso del Comitato di verifica,
– cui tale giudizio è demandato119.
Con riferimento alle ordinanze a presupposto necessitato, invece, dall’ana-
lisi delle poche pronunce in materia la deferenza del giudice sembrerebbe esser
condizionata dalla rilevanza – anche in una prospettiva precauzionale – dell’in-
teresse pubblico alla salute sotteso al provvedimento adottato: ciò emerge in
particolare nei giudizi avverso le ordinanze con cui l’amministrazione dispone
l’abbattimento di tutti gli animali di un allevamento (non solo di quelli infetti)
per scongiurare il pericolo di diffusione della malattia120.
Per quanto concerne, invece, le ordinanze contingibili e urgenti e quelle di
cui agli artt. 216 e 217 del Tuls, il self restraint del giudice è dovuto all’inestri-
cabile intreccio – sia sul piano cronologico sia su quello funzionale – tra la valu-
tazione tecnica e la scelta politico-amministrativa. In tali fattispecie, infatti, il le-
gislatore non individua i fatti in presenza dei quali sorge il potere dell’ammini-
strazione (e dunque il bisogno di tutela dell’interesse pubblico), ma è l’autorità
amministrativa che, ai fini del perseguimento dell’interesse pubblico ad essa af-
fidato, ricerca e valuta i fatti che, nello specifico, integrano il presupposto per
l’adozione del provvedimento. Nell’ambito di tale complesso processo decisio-
nale il momento meramente conoscitivo risulta inglobato in quello valutativo:

117 Si veda la nota 89. Sull’irripetibilità del giudizio cfr. V. CERULLI IRELLI, Principio di lega-

lità e poteri straordinari dell’Amministrazione, in Dir. pubbl., 2007, 496 ss.


118 Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n. 1018. Nel caso di specie, il TAR aveva disposto la

consulenza tecnica d’ufficio e accolto il ricorso, ma il Consiglio di Stato ha ritenuto non sussistenti
i presupposti per l’esperimento di una c.t.u. («violazioni dei parametri normativamente previsti,
palesi illogicità o errori nei presupposti») e ha conseguentemente ritenuto che quest’ultima si
fosse «spinta al di là delle sue competenze».
119 In merito all’incidenza della separazione tra organo istruttore e organo che adotta la de-

cisione finale sull’intensità del controllo giurisdizionale (specialmente per quel che concerne la co-
gnizione del fatto) si veda A. MOLITERNI, Streamlining the judicial review of administrative deci-
sions: a comparative institutional approach, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 568 ss.
120 Si veda, a tal riguardo, la sentenza del TAR Piemonte, Torino, sez. I, 16 ottobre 2018, n.

1126.
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 83

d’altronde, la valutazione operata dall’autorità amministrativa circa la sussi-


stenza di una situazione di pericolo o di pregiudizio per la salute e la diversa va-
lutazione sull’intollerabilità delle lavorazioni industriali implicano inevitabil-
mente anche una valutazione dell’interesse pubblico primario e degli altri inte-
ressi che vengono in rilievo nel caso concreto. In particolare, nelle fattispecie in
esame, l’organo politico-amministrativo è chiamato a contemperare l’esigenza di
tutela della salute dei cittadini con le esigenze dell’attività produttiva (è il caso
degli artt. 216 e 217 Tuls) e con gli interessi dei privati lesi dal provvedimento
afflittivo121.
In tali ipotesi, dunque, si assiste ad una contaminazione tra tecnica e scelta
politico-amministrativa, tra opinabilità e opportunità. Ciò spiega perché il giu-
dice eserciti un sindacato sul provvedimento amministrativo nei soli limiti del
controllo formale dell’eccesso di potere122. In alcuni casi, peraltro, tale sindacato
deferente risulta condizionato dalla necessità di assicurare preminenza all’inte-
resse alla salute (a fronte di interessi oppositivi, che richiedono, invece, l’annul-
lamento del provvedimento): ciò è avvenuto, ad esempio, nelle decisioni con-
cernenti le ordinanze adottate recentemente per fronteggiare l’emergenza epide-
miologica da Codiv-19123.

6. Considerazioni di sintesi
Il quadro delle valutazioni tecniche esaminate in tale indagine risulta al-
quanto disomogeneo e ciò, come si è visto, si è riflesso su un trattamento giuri-
sdizionale estremamente diversificato: accanto a un primo ordine di giudizi
adottati da specifici organi tecnici, in alcuni casi appositamente istituiti (è il
caso del Comitato di verifica) e comunque vincolanti per l’amministrazione de-
cidente, v’è un secondo ordine di valutazioni effettuate, invece, dalla stessa am-

121 Si veda Cons. St., sez. III, 24 settembre 2013, n. 4687, là dove il giudice evidenzia che
«spetta al sindaco, all’uopo ausiliato dall’unità sanitaria locale, la valutazione della tollerabilità o
meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie classificate “insalubri”, e l’esercizio di tale po-
testà […] può estrinsecarsi con l’adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la
continuazione o l’evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per ef-
fetto di esalazioni, scoli e rifiuti, specialmente riguardanti gli allevamenti, e ciò per contemperare
le esigenze di pubblico interesse con quelle dell’attività produttiva».
122 Cfr. C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica, cit., 325 ss.
123 Si vedano TAR Campania, Napoli, sez. V, decreto del 18 marzo 2020, n. 41, in cui il giu-

dice ha respinto l’istanza di misure cautelari monocratiche anche in ragione del fatto che «nell’at-
tuale situazione emergenziale a fronte di limitata compressione della situazione azionata, va ac-
cordata prevalenza alle misure approntate per la tutela della salute pubblica»; Cons. St., sez. III,
decreto del 30 marzo 2020, n. 1553, là dove il giudice ha evidenziato che nell’attuale situazione
«per la prima volta dal dopoguerra, si sono definite ed applicate disposizioni fortemente com-
pressive di diritti anche fondamentali della persona – dal libero movimento, al lavoro, alla privacy
– in nome di un valore di ancor più primario e generale rango costituzionale, la salute pubblica, e
cioè la salute della generalità dei cittadini, messa in pericolo dalla permanenza di comportamenti
individuali (pur pienamente riconosciuti in via ordinaria dall’Ordinamento, ma) potenzialmente
tali da diffondere il contagio, secondo le evidenze scientifiche e le tragiche statistiche del pe-
riodo».
84 FRANCESCA PILEGGI

ministrazione procedente, talvolta sulla base di pareri e accertamenti richiesti


ad enti dotati di specifiche competenze tecnico-scientifiche (come l’Arpa o
l’Asl).
Se con riferimento a queste ultime, la commistione tra giudizio tecnico e
scelta politico-amministrativa ha costituito un ostacolo al controllo diretto del-
l’apprezzamento tecnico da parte del giudice, cosicché il sindacato giurisdizio-
nale è rimasto nei limiti di un controllo sulla discrezionalità amministrativa, con
riferimento alle prime, il giudice ha dichiarato di esercitare un controllo sulla di-
screzionalità tecnica. Malgrado ciò, al di là delle lievi oscillazioni nell’atteggia-
mento dei TAR e del Consiglio di Stato, il sindacato anche in tale ipotesi si è
svolto prevalentemente attraverso il ricorso alle figure sintomatiche dell’eccesso
di potere.
Infatti, nonostante il riferimento in diverse pronunce al criterio dell’atten-
dibilità del giudizio tecnico124 – enunciato espressamente nella sentenza n.
601/1999 –, il giudice spesso si è limitato ad effettuare un controllo meramente
formale del provvedimento amministrativo, incentrato sulla logicità e ragionevo-
lezza delle argomentazioni utilizzate dall’amministrazione.
D’altronde, secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, il provvedi-
mento può essere annullato solamente in presenza di vizi manifesti, “abnormi”
o “macroscopici”, percepibili ad un primo, immediato e superficiale esame della
valutazione. La valutazione giurisdizionale finale tende, in tal modo, ad appiat-
tirsi sulla valutazione effettuata dai competenti organi tecnici dell’amministra-
zione.
Il Collegio, peraltro, risulta spesso sprovvisto delle competenze necessarie
per effettuare una verifica più incisiva del giudizio oggetto di contestazione e ra-
ramente fa ricorso a strumenti che gli consentirebbero di completare la cono-
scenza dei fatti e di verificare l’attendibilità della valutazione sotto il profilo tec-
nico-scientifico. Anzi, come si è visto, l’utilizzo della consulenza tecnica d’uffi-
cio viene limitato ai casi in cui il provvedimento appaia già prima facie viziato.
Ma l’elevata tecnicità del giudizio potrebbe non rendere evidente agli occhi di
un giudice – normalmente privo di specifiche conoscenze specialistiche – il vizio
da cui è affetta la valutazione, per cui, come è stato correttamente evidenziato,
il Collegio dovrebbe abituarsi ad avvalersi del consulente tecnico «tutte le volte
in cui l’apprezzamento dei fatti richieda conoscenze non comuni»125. Né può va-
lere ad escludere tale ricorso il carattere opinabile della valutazione: il ricorso a
tali strumenti istruttori è, infatti, anzitutto funzionale a dotare il giudice delle

124 Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2001, n. 5996; Cons. St., sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1341;

Cons. St., sez. VI, 29 gennaio 2010, n. 378; Cons. St., sez. III, 7 novembre 2018, n. 6703; Cons.
St., sez. IV, 14 marzo 2019, n. 1689.
125 Così C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica, cit., 328, la quale evidenzia che «anche

valutazioni apparentemente “di dominio comune” potrebbero indurre in errore il giudice posto
che determinati apprezzamenti tecnici potrebbero, ad un profano, sembrare sbagliati ictu oculi,
ma ad un tecnico apparire esatti, o viceversa (…). Lo scrutinio su una valutazione tecnica, dun-
que, deve essere affrontato con particolare attenzione e, si potrebbe quasi dire, con “umiltà” da
parte del giudice amministrativo».
IL SINDACATO DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO 85

conoscenze necessarie per verificare la correttezza, sotto un profilo tecnico-


scientifico, della valutazione e non la sua condivisibilità126.
Inoltre, con riferimento ai giudizi medico-legali, la ritrosia ad avvalersi di
strumenti istruttori risulta ancor meno sostenibile in ragione del fatto che, come
si è evidenziato, il giudice ordinario in analoghe controversie verifica pacifica-
mente, mediante il ricorso alla consulenza tecnica, la correttezza della valuta-
zione effettuata dagli organi medico-legali. La conseguenza è che gli stessi giu-
dizi, e i medesimi interessi, sono soggetti ad un sindacato diverso in ragione del
diverso giudice cui è devoluta la controversia, il che solleva problemi di effetti-
vità della tutela assicurata dal giudice amministrativo127. Sarebbe, dunque, au-
spicabile, perlomeno in tale settore, un controllo diretto sull’attendibilità della
valutazione tecnica, che consenta al giudice di verificare, attraverso le necessarie
cognizioni medico-legali, quantomeno la ragionevolezza e la coerenza tecnica
del giudizio.

126 Mentre, come si è evidenziato nel par. 4.1, il Consiglio di Stato a volte non ricorre alla

c.t.u. proprio poiché ritiene di non poter sostituire le proprie valutazioni, opinabili, a quelle, al-
trettanto opinabili, effettuate dalle competenti autorità amministrative. In tal senso le seguenti, già
richiamate, pronunce: Cons. St., sez. II, 12 marzo 2020, n. 1768; Cons. St., sez. II, 8 maggio 2019,
n. 2975; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3247; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2020, n. 3248.
Cfr. ancora C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica, cit., 340 ss.
127 Sull’evidente diversità di atteggiamento tra giudice amministrativo e giudice ordinario si

vedano F. VOLPE, Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, cit., 792 ss.; G.
D’ANGELO, Giudice amministrativo e riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di ser-
vizio, cit., 1417 ss. Sul punto cfr. E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2008,
450, il quale rileva che «in generale la piena sindacabilità delle valutazioni tecniche è invece rico-
nosciuta al giudice ordinario (v. ad es. Cass. 100037/2007), chiamato però a giudicare di contro-
versie in ordine alle quali la parte deduce la violazione di un diritto soggettivo la cui soddisfazione
non può essere subordinata a scelte amministrative e, dunque, non trova ostacoli nella ricostru-
zione dei fatti operata dal soggetto pubblico»; G. D’AURIA, Discrezionalità tecnica, sindacato giu-
diziario e responsabilità amministrativa dei pubblici funzionari, in Lav. pubbl. amm., 2007, 829 ss.
CAPITOLO TERZO

IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
NEL SETTORE FARMACEUTICO

Antonio Falchi Delitala

SOMMARIO: 1. La disciplina pubblicistica dei farmaci per uso umano (cenni). – 2. Le va-
lutazioni tecniche nel settore farmaceutico al vaglio della giurisprudenza ammini-
strativa. – 3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto. –
4. Le tecniche del controllo giurisdizionale. – 5. Il giudizio in concreto: il sindacato
effettivamente esercitato dal giudice amministrativo. – 6. Conclusioni.

1. La disciplina pubblicistica dei farmaci per uso umano (cenni)


I progressi compiuti dalla farmacologia nel corso dell’ultimo secolo hanno
rivoluzionato la vita dell’uomo: solo per citare i casi più noti, si pensi alle sco-
perte sugli effetti di sostanze quali la penicillina o i sulfamidici, da cui sono stati
ricavati farmaci oggi largamente utilizzati per la cura di malattie molto diffuse,
un tempo persino mortali1.
D’altro canto, appartiene alla comune esperienza la consapevolezza che
l’uso di farmaci non è privo di rischi e di effetti c.d. collaterali o avversi, come
del resto risulta chiaro dalla stessa etimologia del termine “farmaco”2. Il notis-
simo caso della talidomide è esemplare: impiegato come sedativo per le donne
in gravidanza, tale farmaco è stato ritenuto responsabile dell’insorgenza di gravi
malformazioni nel nascituro.
L’intensa attività di ricerca e sperimentazione di farmaci il cui utilizzo sia al
contempo sicuro ed efficace nell’arrestare la pandemia di Covid-19 è la con-
ferma, drammatica, della perdurante validità dell’assunto3.
1 Per cogliere la portata di tali scoperte basti considerare l’incidenza determinante che esse

hanno avuto sulla speranza di vita: sul punto, anche per una più ampia panoramica storica, L. CA-
PRINO, Il farmaco, 7000 anni di storia dal rimedio empirico alle biotecnologie, Roma, 2011, spec.
238 ss.
2 Come ricordato da G.F. FERRARI, F. MASSIMINO, Diritto del farmaco, Bari, 2015, 12, il ter-

mine greco phármakon reca un’ambiguità semantica di fondo: il farmaco è al contempo «portatore
di salute, ma anche di malattia, rimedio ma anche veleno».
3 Con ricadute dirette anche nello specifico settore oggetto di indagine: v. Cons. St., sez. III,
88 ANTONIO FALCHI DELITALA

Anche limitandosi a queste sintetiche considerazioni, ben si comprende la


ragione della forte connotazione in senso pubblicistico che caratterizza la disci-
plina vigente dei farmaci per uso umano, estesa a tutte le attività di ricerca, spe-
rimentazione, produzione, importazione, pubblicizzazione e commercializza-
zione di questo particolare genere di prodotti: com’è stato autorevolmente os-
servato, la legislazione di settore è stata originariamente concepita «in funzione
della garanzia che tali farmaci non siano dannosi, che abbiano una certa effica-
cia terapeutica, e che gli eventuali loro effetti collaterali negativi trovino nei be-
nefici che possono arrecare un ragionevole compenso»4. Il fine primario delle
norme di cui si compone questo ordinamento settoriale è dunque la tutela del
diritto alla salute.
Nel tempo la disciplina pubblicistica dei farmaci si è peraltro arricchita di
ulteriori obbiettivi e finalità rispetto alla garanzia di sicurezza ed efficacia dei
prodotti farmaceutici, che tengono conto della rilevanza economica del settore
farmaceutico e che talvolta risultano di difficile contemperamento con l’origina-
ria finalità di tutela della salute. Si pensi all’esigenza di garantire la libera circo-
lazione dei prodotti farmaceutici a livello europeo5 e, specie in un sistema sani-
tario pubblico come quello italiano, ai problemi di razionalizzazione della spesa
sanitaria posti dai vincoli di finanza pubblica6.
La presenza di finalità eterogenee è certamente tra i fattori principali che
hanno determinato la complessa stratificazione che caratterizza la legislazione
vigente, sia per quanto concerne il livello (europeo, statale, territoriale) che il
rango (legislativo, regolamentare) delle fonti, senza tralasciare il ruolo assegnato
dall’ordinamento ad atti amministrativi di carattere generale e ad atti non pre-
cettivi di c.d. soft law o soft regulation.
Le direttrici fondamentali della disciplina di settore, per quanto qui di in-
teresse, possono rinvenirsi, a livello europeo, nel Regolamento (CE) n. 726/2004
del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, che istituisce proce-

ord. 11 dicembre 2020, n. 7097. L’ordinanza, pubblicata durante la revisione finale di questo
scritto, contiene affermazioni di principio di assoluta rilevanza per il tema trattato in questa sede
di cui si darà sinteticamente conto infra.
4 Così ALB. ROMANO, Autorizzazioni relative alla produzione e al commercio dei farmaci, in Se-

minari di studi giuridici in materia di farmaci, Milano, 1995, 101. Il considerando n. 2 della diret-
tiva 2001/83/CE è chiaro nello stesso senso: «Lo scopo principale delle norme relative alla pro-
duzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sa-
nità pubblica».
5 Da questo punto di vista, il settore viene inteso quale “mercato”: in proposito v. M. GNES,

Farmaci, in M.P. CHITI, G. GRECO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano,
2007, 1076; G. PASTORI, La normativa comunitaria in tema di autorizzazione e vigilanza sui medici-
nali dalla direttiva n. 65/65 al regolamento n. 2309/1993, in Riv. it. dir. pubb. com., n. 2/1996, 331.
6 Non è possibile dare anche solo sommariamente conto dell’intenso dibattito dottrinale svi-

luppatosi intorno a quelli che in dottrina sono stati definiti “diritti finanziariamente condizionati”:
si tratta di un tema che ha assunto un’importanza centrale negli ultimi anni e di cui peraltro la no-
stra giurisprudenza costituzionale e amministrativa si occupa da lungo tempo, anche con specifico
riferimento al diritto alla salute e alle esigenze di contenimento della spesa farmaceutica. Ci si li-
mita a richiamare, quale significativa testimonianza delle perduranti difficoltà di ricerca di un con-
temperamento tra interessi diversi e spesso divergenti, la recente sentenza del TAR Lazio, sez. III-
quater, 17 gennaio 2020, n. 592.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 89

dure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso


umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali, e nella
direttiva 2001/83/CE, relativa ad un codice comunitario concernente i medici-
nali per uso umano; a livello statale, nel d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219, noto come
“Codice dei medicinali”, che ha recepito la menzionata direttiva.
Una serie di ulteriori testi normativi, spesso frammentari anche a causa del
riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni, dettano la disciplina del re-
gime dei prezzi dei farmaci e le condizioni e i requisiti per l’erogazione con
onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Non rientra nei limiti di questo contributo tracciare un quadro esaustivo,
anche solo sintetico, della complessa normativa di settore vigente7; ci si limiterà
pertanto ad alcuni brevi cenni, utili a delimitare l’ambito di indagine e intro-
durre il tema del sindacato esercitato in concreto dal giudice amministrativo
sulle valutazioni tecniche dell’Amministrazione in questo specifico settore del-
l’ordinamento.
È innanzitutto opportuno precisare che la disciplina presa in considera-
zione si occupa dei soli farmaci – o “medicinali”, secondo l’espressione impie-
gata dal legislatore – per uso umano di produzione industriale8, con esclusione
dunque dei farmaci per uso veterinario e dei prodotti fitosanitari.
La normativa di settore attribuisce poteri di regolazione, vigilanza e san-
zione a diversi soggetti pubblici, appartenenti ai vari livelli. A livello europeo è
istituita una speciale agenzia, la European Medicines Agency, con funzioni di re-
golazione del settore a livello sovranazionale, da esercitarsi mediante atti di ca-
rattere generale (in particolare linee guida) e di carattere particolare (autorizza-
zioni), nonché funzioni di coordinamento delle agenzie istituite nei singoli Paese
membri.
In Italia, il d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni in
l. 24 novembre 2003, n. 326, ha istituito l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
In capo all’AIFA sono state accentrate una serie di competenze precedente-
mente frammentate tra diversi enti, e segnatamente: regolamentazione del set-
tore, in particolare per quanto concerne la rimborsabilità dei farmaci con onere
a carico del SSN; autorizzazione alla produzione, importazione e al commercio
di farmaci; vigilanza e controllo; sanzione9. Nello svolgimento della sua attività,
l’AIFA si avvale di uno speciale organo tecnico, la Commissione Tecnico Scien-

7 Per una ricostruzione, oltre al citato volume di G.F. FERRARI, F. MASSIMINO, Diritto del far-
maco, cit., si v. P. COSTANZO (a cura di), Aspetti e problemi della disciplina giuridica dei farmaci,
Genova, 2017; A. CAUDURO, L’accesso al farmaco, Milano, 2017, anche per ulteriori riferimenti
bibliografici.
8 Cfr. art. 2 d.lgs. n. 219/2006. La disciplina codicistica non si applica infatti a prodotti far-

maceutici di diversa origine, come ad esempio ai preparati galenici, per i quali vige la disciplina
amministrativa prevista per le farmacie.
9 Per approfondimenti sul modello amministrativo dell’AIFA, si v. L. CASINI, L’Agenzia ita-

liana del farmaco: ufficio-agenzia o agenzia-ente pubblico?, in Giorn. dir. amm., 2004, 132 ss.; M.
CLARICH, B.G. MATTARELLA, L’Agenzia del farmaco, in G. FIORENTINI (a cura di), I servizi sanitari in
Italia, Bologna, 2004, 263 ss.; più recentemente, M. MONTEDURO, Modelli organizzativi e funzione.
Il caso dell’Agenzia italiana del farmaco, Torino, 2018.
90 ANTONIO FALCHI DELITALA

tifica (CTS)10, a cui sono demandate, tra l’altro, competenze consultive circa il
rilascio di autorizzazioni e la classificazione dei farmaci ai fini del rimborso da
parte del SSN.
Nel sistema italiano un ruolo di non secondaria importanza spetta inoltre
alle Regioni, alle quali è demandata l’organizzazione del servizio sanitario su
base territoriale e la gestione delle relative spese, nel rispetto dei livelli essenziali
delle prestazioni (LEA) definiti a livello statale11.
Sotto il profilo dell’attività amministrativa, il controllo pubblico sul settore
si basa, in sintesi, sui seguenti meccanismi: i) la produzione, importazione e im-
missione in commercio dei farmaci è soggetta ad un controllo preventivo e ac-
centrato di carattere autorizzatorio da parte dell’Amministrazione; ii) l’uso e la
diffusione dei farmaci, in particolare per ciò che concerne il monitoraggio di
eventuali effetti avversi, sono sottoposti a costante controllo, attraverso speciali
banche dati che raccolgono le segnalazioni provenienti a livello nazionale ed eu-
ropeo dai titolari delle autorizzazioni al commercio (c.d. farmacovigilanza); iii)
per le violazioni della normativa da parte dei soggetti operanti nel settore far-
maceutico sono previsti poteri sanzionatori e inibitori dell’attività, esercitati
dalla EMA o dall’AIFA a seconda del livello di competenza, nonché sanzioni
penali.
Per il rilievo che assume nell’esperienza concreta e in sede contenziosa, tra
i provvedimenti di regolazione del settore merita particolare menzione l’auto-
rizzazione all’immissione in commercio dei farmaci (AIC), di regola rilasciata
dall’AIFA, fatta eccezione per talune categorie di farmaci (quali i farmaci c.d.
biotecnologici, ad esempio taluni ormoni e vaccini) per i quali è prevista una
procedura di autorizzazione centralizzata a livello europeo di competenza del-
l’EMA. Il provvedimento di autorizzazione al commercio è accompagnato da un
documento tecnico, detto Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP),
che riporta le indicazioni terapeutiche e le modalità di somministrazione del far-
maco. Si tratta di un atto essenziale, tra l’altro, ai fini dell’impiego “secondo eti-
chetta” (on-label) o “fuori etichetta” (off-label) del farmaco, con importanti ri-
cadute in termini di rimborso da parte del SSN. Rispetto al procedimento di au-
torizzazione, il privato interessato al rilascio dell’AIC – in genere una casa

10 In base a quanto dispone l’art. 19, co. 5, d.m. 20 settembre 2004, n. 245, la CTS si com-

pone di dieci membri «di cui tre designati dal Ministro della salute, uno dei quali con funzioni di
presidente, uno dal Ministro dell’economia e delle finanze e quattro dalla Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano», oltre al di-
rettore generale dell’AIFA e al presidente dell’Istituto Superiore di Sanità che sono componenti di
diritto, e sono scelti «tra persone di comprovata e documentata competenza tecnico-scientifica al-
meno quinquennale nel settore della valutazione dei farmaci». L’organizzazione e il funziona-
mento della CTS sono disciplinati con regolamento interno dell’AIFA, adottato ai sensi dell’art.
19, co. 6 del citato d.m. n. 245/2004 e da ultimo approvato con delibera del consiglio di ammini-
strazione dell’Agenzia n. 7 del 20 gennaio 2014.
11 In anni recenti, sono sorte numerose questioni di competenza tra il livello statale e il li-

vello regionale, specie per quanto attiene l’individuazione dei farmaci prescrivibili con onere a ca-
rico del SSN: tra le altre, si segnala Corte cost., 11 luglio 2008, n. 271; nella giurisprudenza am-
ministrativa, si v. Cons. St., sez. III, 29 settembre 2017, n. 4546.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 91

farmaceutica – è tenuto a predisporre un dossier per documentare gli studi pre-


clinici condotti al fine di accertare la sicurezza del farmaco e gli effetti benefici
per l’uomo. L’interlocuzione tra privato e Amministrazione non si limita peral-
tro al solo momento introduttivo del procedimento, né si esaurisce con il prov-
vedimento conclusivo: per tutto il tempo di efficacia dell’AIC, la legge impone
al titolare dell’autorizzazione, nei confronti dell’Amministrazione, specifici ob-
blighi di informazione e di condivisione dei dati acquisiti in relazione agli effetti
del farmaco e alle risultanze di eventuali studi sopravvenuti; dalla scoperta di ef-
fetti avversi o rischi precedentemente non noti possono derivare provvedimenti
di sospensione e revoca dell’autorizzazione.
Un ruolo centrale nello svolgimento delle attività istruttorie relative ai pro-
cedimenti di autorizzazione dei farmaci spetta alla menzionata CTS, con l’attri-
buzione di specifici poteri istruttori e la previsione di peculiari moduli procedi-
mentali a garanzia della partecipazione alle attività da parte di «esperti e consu-
lenti» invitati dalla stessa Commissione, nonché lo svolgimento di «audizioni di
rappresentanti di imprese farmaceutiche istanti, società scientifiche, associazioni
di pazienti o singoli soggetti portatori di interessi»12; l’impiego di tali strumenti
in conformità ai principi generali dell’attività amministrativa può certamente
contribuire a realizzare in questo particolare settore un essenziale confronto tra
i diversi interessi coinvolti in sede amministrativa, affiancando al “contradditto-
rio” – beninteso, in senso lato13 – tra destinatario dell’attività e Amministra-
zione, un “contraddittorio collettivo”14, tra i diversi portatori di interessi.
Come si vede anche da questa breve sintesi, nella disciplina di settore ven-
gono in rilievo una serie di atti e procedimenti che, seppur assai diversi quanto
a struttura e funzione, tendono tutti alle medesime finalità di interesse pubblico.
Caratteristica che accomuna tali atti e procedimenti è inoltre la frequente appli-
cazione dei numerosi concetti tecnici rinvenibili nella normativa vigente, quali
“bioequivalenza”, “biodisponibilità”, “efficacia terapeutica”, “differenze signifi-
cative delle proprietà relative alla sicurezza e all’efficacia”, “sperimentazioni cli-
niche appropriate”, “impiego medico ben consolidato”, “grado di diluizione

12 Tali garanzie di partecipazione, da ritenersi integrative di quanto previsto in linea generale

dal Capo III della L. n. 241/1990, sono previste dall’art. 4, co. 2 del regolamento interno del-
l’AIFA recante norme sull’organizzazione e il funzionamento della CTS e del Comitato prezzi e
rimborso approvato con la menzionata delibera del CdA dell’Agenzia n. 7 del 20 gennaio 2014.
13 Solo in senso lato si può infatti parlare di contraddittorio nel procedimento amministra-

tivo, in alternativa alla più appropriata espressione, usata anche dal legislatore, di partecipazione,
concetti tra loro non privi di affinità ma comunque relativi a fenomeni profondamente diversi,
come osserva F. SATTA, Contraddittorio e partecipazione nel procedimento amministrativo, in Dir.
amm., 2010, 2, 999 ss.: «Gli elementi di contatto tra contraddittorio e partecipazione sono evi-
denti. In entrambi i casi viene esercitato il right to be heard, il diritto di essere sentito. Mentre però
il contraddittorio si svolge tra posizioni per definizione antagoniste (tra parti: attore e convenuto,
pubblico ministero e imputato), di fronte ad un’autorità giudicante chiamata ad accogliere o re-
spingere la domanda, assolvere o condannare, la partecipazione non necessariamente vede parti
l’una contro l’altra armate. Il contrasto di interessi può esserci, ma anche non esserci. Ciò cui si
mira è conseguire il risultato più equilibrato, complessivamente il migliore».
14 Per riprendere l’espressione usata da M. D’ALBERTI, La ‘visione’ e la ‘voce’: le garanzie di

partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1/2000.


92 ANTONIO FALCHI DELITALA

tale da garantire la sicurezza”, “indicazioni appropriate per i medicinali di ori-


gine vegetale tradizionali”, “nocivo nelle normali condizioni d’impiego”, “dati
che incidono negativamente sul rapporto rischio-beneficio del medicinale”, “at-
trezzatura tecnica e strutture e possibilità di controllo adeguati e sufficienti”,
soltanto per limitarsi ad alcuni di quelli a cui fa riferimento il Codice dei medi-
cinali e senza considerare i molti altri rinvenibili nelle fonti regolamentari.
Si tratta di concetti la cui comprensione e applicazione presuppone, com’è
evidente, specifiche competenze tecnico-specialistiche basate sulla chimica e
sulle scienze mediche e biologiche, e in particolare sulla farmacologia e i suoi
vari rami (farmacocinetica, farmacogenetica, farmacodinamica, ecc.); in questo
quadro, l’Amministrazione è chiamata ad accertare fatti complessi, attingendo a
conoscenze tecniche ai fini dell’esercizio dei diversi poteri (di regolazione, vigi-
lanza e sanzione) attribuiti dalla legge.
In linea teorica, da queste constatazioni si dovrebbe ricavare che gli atti
adottati dall’Amministrazione in questo settore, e in particolare gli atti di auto-
rizzazione, consistono in valutazioni puramente tecniche, prive di profili di di-
screzionalità amministrativa in senso stretto15, espressione di poteri in certo
senso “vincolati”.
Tale assunto, la cui validità teorica non sembra potersi revocare in dubbio,
deve però misurarsi, da un lato, con un quadro normativo non privo di sovrap-
posizioni e complicazioni che sembrano riflettere l’esigenza di garantire tutela a
interessi di natura non sempre omogenea; dall’altro, con l’esercizio in concreto
dei poteri amministrativi, in cui non di rado fanno ingresso considerazioni non
strettamente tecniche e più ampie valutazioni di opportunità.
Da queste sintetiche considerazioni introduttive emerge l’importanza cen-
trale che riveste la disciplina del settore farmaceutico nell’ordinamento ammini-
strativo, tanto per la delicatezza dei valori e degli interessi coinvolti – attinenti, in
primis, alla tutela della salute e alla sicurezza delle cure, ma anche alla garanzia
della concorrenzialità del mercato e alla corretta gestione della spesa pubblica –,
quanto per la pluralità dei soggetti pubblici muniti di competenze in materia,
nonché per il rilievo economico del settore, come confermano taluni casi giuri-
sprudenziali particolarmente discussi negli ultimi anni. Non pare dunque del
tutto casuale che una delle più note pronunce della giurisprudenza europea, tal-
volta indicata come il corrispondente sovranazionale della fondamentale sentenza
del Consiglio di Stato n. 601/1999, sia stata resa proprio in relazione ad una con-
troversia in materia di autorizzazione al commercio di un farmaco16.

15 È in tal senso l’autorevole opinione di ALB. ROMANO, op. cit., 102. Secondo G. PASTORI, op.

cit., 332 ss., la normativa pubblicistica in materia di farmaci dà vita a «un’amministrazione di per
sé a carattere vincolato, comportante peraltro degli accertamenti o delle valutazioni tecniche com-
plesse su date qualità o requisiti di un bene, i farmaci: dotata di quella che si denomina corrente-
mente, per quanto impropriamente, discrezionalità tecnica, in quanto comportante valutazioni
che, per essere applicazione di regole e conoscenze tecnico-scientifiche, hanno una loro naturale
complessità e importano possibili margini di soggettività e di parzialità nel loro svolgimento con-
creto».
16 Il riferimento è alla sentenza di CGCE, 21.1.1999, in C-120/97, Upjohn.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 93

Lo studio del sindacato giurisdizionale esercitato in concreto sulle valuta-


zioni tecniche dell’Amministrazione in questo settore si presenta dunque di si-
curo interesse.

2. Le valutazioni tecniche nel settore farmaceutico al vaglio della giurisprudenza


amministrativa
Si è detto che le valutazioni tecniche prese in considerazione nel presente
contributo, pur nella diversità dei procedimenti in cui si collocano e delle Am-
ministrazioni competenti a seconda dei casi, possono ritenersi accomunate dalla
finalità perseguita (salute e sicurezza), dall’oggetto su cui ricadono (i medicinali
per uso umano) e dal costante impiego di concetti tecnici mutuati dalle scienze
mediche e chimico-farmaceutiche17.
Movendo da quanto premesso, non sorprende che il giudice amministra-
tivo, specie negli ultimi anni, abbia avuto occasione di pronunciarsi in numerosi
casi relativi alla legittimità di provvedimenti di regolazione, in senso lato, del set-
tore farmaceutico.
Prima di soffermarsi sul contenuto delle pronunce in materia, e in partico-
lare sulla questione del sindacato delle valutazioni tecniche, merita evidenziare
un dato statistico che si presenta anch’esso significativo: nel periodo preso in
considerazione (a partire dal 2000 e sino ad oggi), il numero di pronunce del
giudice amministrativo in materia di regolazione del settore farmaceutico è pro-
gressivamente aumentato e in particolare, a fronte di sporadiche decisioni rin-
venibili nel corso del decennio 2000-2010, nel decennio successivo si registra un
rilevante incremento del numero di pronunce, che divengono particolarmente
numerose nell’ultimo quinquennio18.
I principali filoni di contenzioso attengono ai provvedimenti di rilascio e
revoca dell’AIC; alla inclusione o esclusione dalle liste dei farmaci prescrivibili
con onere a carico del SSN; alla determinazione dell’oggetto delle gare pubbli-
che per la fornitura di medicinali, in particolare per quanto riguarda la valuta-
zione di equivalenza terapeutica. Inoltre, ancorché si tratti di casi isolati, per il
rilievo assunto, merita ricordare alcune note pronunce in materia di intese re-
strittive tra imprese del settore farmaceutico19.

17 Vi è un ulteriore elemento di comunanza, che sembra assumere particolare rilevanza in

una ricerca sul sindacato giurisdizionale esercitato in concreto, relativo all’identità del giudice am-
ministrativo chiamato a pronunciarsi: le Sezioni giurisdizionali, sia di primo grado che d’appello,
competenti in materia sono sempre le medesime per la maggior parte del periodo preso in consi-
derazione.
18 Da una ricerca nella banca dati istituzionale della Giustizia Amministrativa, delle oltre

settecento pronunce in materia rintracciate per il periodo 2000-2020, più della metà sono state
rese nell’ultimo quinquennio. Nell’insieme, sono state selezionate circa sessanta decisioni che sono
apparse particolarmente significative perché trattano specificamente la questione dei limiti del
sindacato sulle valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione, o perché riguardano casi che
hanno avuto notorietà anche presso l’opinione pubblica.
19 Il riferimento è alla nota vicenda relativa al commercio dei farmaci Avastin e Lucentis, su

cui si è pronunciato a più riprese sia il giudice amministrativo che la Corte di Giustizia del-
94 ANTONIO FALCHI DELITALA

Le istanze di tutela dinanzi al giudice amministrativo provengono, nella


quasi totalità dei casi esaminati, da imprese private operanti nella produzione e
distribuzione di farmaci; in taluni casi, si segnala la partecipazione a singole vi-
cende contenziose di enti esponenziali degli interessi dei consumatori o di enti
pubblici diversi da quello emanante l’atto impugnato, normalmente quali sog-
getti controinteressati.
Nei casi di appello della sentenza di primo grado, la decisione risulta essere
stata confermata nell’ottanta per cento circa dei casi esaminati; nei casi di
riforma delle sentenze di primo grado, si segnala una prevalenza delle decisioni
di appello nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado.
Di queste considerazioni sulle caratteristiche del contenzioso si terrà conto
in prosieguo allorché si dovrà verificare il concreto atteggiamento assunto dalla
giurisprudenza rispetto alle valutazioni tecniche, e in particolare al fine di veri-
ficare la corrispondenza tra enunciazioni di principio e sostanza della decisione.

3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto


Nella giurisprudenza presa in esame sono spesso riscontrabili enunciazioni
di carattere generale circa i limiti del sindacato giurisdizionale. Ciò avviene nella
maggior parte dei casi attraverso il ricorso a formule tradizionali, spesso con fi-
nalità di premessa o di chiarimento rispetto alle specifiche eccezioni sollevate
dalle parti; a tale ultimo proposito, è interessante rilevare che una delle linee ar-
gomentative dell’Avvocatura dello Stato per difendere la legittimità dei provve-
dimenti, ovviamente nei termini che risultano dal sintetico richiamo che se ne fa
nella motivazione delle sentenze, attiene alla ritenuta insindacabilità delle valu-
tazioni tecniche e all’impossibilità del giudice di sostituire una propria ricostru-
zione dei fatti rispetto a quella operata dall’Amministrazione20.
Nel prosieguo si verificherà se l’intensità del controllo esercitato in con-
creto dal giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche è in linea con l’enun-
ciazione formale dei limiti del sindacato o se, invece, il giudice si sia addentrato
nella sostanza della decisione; ma prima è opportuno richiamare sinteticamente
gli orientamenti emersi, attenendosi per ora alle enunciazioni di principio rinve-
nibili nella motivazione delle sentenze.
L’orientamento largamente maggioritario, riscontrato in oltre i due terzi
delle decisioni, tende ad affermare un sindacato che, usando la comune catego-

l’Unione Europea. Le decisioni relative alle sanzioni per illecito antitrust comminate dall’AGCM
(su cui si rinvia al cap. VII di S. de Nitto, in questo Volume) vengono prese in considerazione in
questa sede limitatamente a ciò che concerne le valutazioni compiute sulle caratteristiche dei far-
maci in questione.
20 In tal senso, ad esempio, si v. TAR Lazio, sez. III-quater, 22 luglio 2015, n. 10099, sul noto

caso “Stamina”, dove la difesa erariale aveva eccepito l’inammissibilità dei motivi aggiunti poiché
oggetto dell’impugnazione era «un parere espressione di discrezionalità tecnica», tesi respinta dal
TAR affermando la sindacabilità «nei limiti ben noti in cui sono valutabili, da questo giudice, gli
atti espressione di discrezionalità tecnica, e quindi in primo luogo quelli inficiati da vizi di carat-
tere procedimentale e istruttorio».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 95

rizzazione21, può definirsi di tipo “estrinseco”, basato sul riscontro di vizi palesi
nella ricostruzione dei presupposti di fatto, senza svolgimento di autonoma atti-
vità istruttoria, e tendenzialmente coincidente con il sindacato sulla ragionevo-
lezza, logicità e non contraddittorietà della decisione22.
All’interno di tale gruppo di decisioni, merita evidenziare un dato: in taluni
casi l’enunciazione formale del sindacato estrinseco viene premessa per ricon-
durre il sindacato giurisdizionale negli «stretti limiti della configurabilità di pro-
fili di manifesta illogicità o di palese erroneità, tali da evidenziare l’inattendibi-
lità della valutazione tecnico-discrezionale censurata»23, e dunque con finalità di
delimitazione del sindacato rispetto alle valutazioni amministrative; in altri casi,
anche recenti, tale richiamo sembra invece finalizzato a riaffermare il principio,
invero pacifico da tempo24, della sindacabilità anche della discrezionalità tec-
nica25, quasi a voler ribadire la piena sottoposizione al controllo giurisdizionale
anche di questo genere di valutazioni.

21 Sul punto, nella vastissima letteratura, per tutti si v. A. GIUSTI, Contributo allo studio di un

concetto ancora indeterminato: la discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, Napoli,


2007, 219-220, che distingue opportunamente la dicotomia sindacato intrinseco-estrinseco, che at-
tiene all’accertamento diretto o indiretto dei fatti che stanno alla base della decisione amministra-
tiva, da quella, talvolta ad essa impropriamente sovrapposta, sindacato forte-debole, che attiene
invece ad un momento successivo all’accertamento dei fatti, e riguarda la possibilità o meno per il
giudice di sostituire la propria decisione a quella dell’Amministrazione. Si v. anche le chiare pa-
gine di G. PARODI, Tecnica, ragione e logica nella giurisprudenza amministrativa, Torino, 1990, 55:
«del sindacato intrinseco è opportuno distinguere due varianti. Se rivolto a censurare, di una va-
lutazione, l’insostenibilità evidente all’esperto, lo si può denominare sindacato intrinseco in senso
debole o, mutuando l’espressione dalla giurisprudenza e dalla dottrina tedesche, sindacato di evi-
denza [… il] sindacato intrinseco che non si attiene a tali limiti e fa valere il diverso punto di vi-
sta tecnico formatosi nel processo, anche qualora questo non possa dirsi pacificamente meno opi-
nabile dell’Amministrazione [può definirsi] sindacato intrinseco pieno (o sindacato intrinseco in
senso forte)».
22 In tal senso, Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2020, n. 126; Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2020,

n. 85; TAR Lazio, sez. III-quater, 13 dicembre 2019, n. 14408; TAR Lazio, sez. III-quater, 25 feb-
braio 2019, n. 2537; Cons. St., sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1233; Cons. St., sez. III, 17 maggio
2018, n. 2964; TAR Lazio, sez. III-quater, 6 marzo 2018, n. 2546, in Rass. dir. farm., 2018, 3, 642
ss.; TAR Lazio, sez. III-quater, 6 giugno 2017, n. 6627; TAR Lazio, sez. III-quater, 10 febbraio
2017, n. 2236; Cons. St., sez. III, 21 novembre 2016, n. 4887; TAR Lazio, sez. III-quater, 1° giu-
gno 2016, n. 6417; Cons. St., sez. III, 1° aprile 2016, n. 1306; Cons. St., sez. III, 3 dicembre 2015,
n. 5503; Cons. St., sez. III, 23 novembre 2015, n. 5312; Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n. 1026;
Cons. St., sez. III, 22 dicembre 2014, n. 6346.
23 Così Cons. St., sez. III, 22 dicembre 2014, n. 6346, nonché Cons. St., sez. III, 3 dicembre

2015, n. 5503, entrambe frequentemente richiamate dalla giurisprudenza successiva nell’enunciare


i limiti del sindacato giurisdizionale.
24 Per tutti, A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I,

Padova, 2000, 308, in nota 106: «è principio oggi condiviso dalla giurisprudenza e dalla preva-
lente dottrina quello della piena sindacabilità dei c.d. “concetti giuridici indeterminati” espressi
dalla norma, ossia della possibilità per il giudice di verificare e comunque di ridurre al minimo
quel margine di indeterminatezza nella valutazione delle premesse di fatto. L’evolversi della disci-
plina dell’azione amministrativa, infatti, consente di ottemperare al principio della separazione fra
la vicenda che attiene alla qualificazione ed alla valutazione del fatto (Abwägungsergebnis), sulla
base di un fatto qualificato in termini di completezza».
25 In tal senso, ad esempio, TAR Lazio, sez. III-quater, 17 giugno 2014, n. 6387: «Va breve-

mente premesso, come ormai acquisito in giurisprudenza, che anche la discrezionalità tecnica è
96 ANTONIO FALCHI DELITALA

In altri casi ancora, l’opzione per il controllo estrinseco sembra trovare giu-
stificazione nella natura dell’atto impugnato, come in un caso di impugnazione
delle linee guida adottate dall’AIFA per disciplinare la decadenza dell’autorizza-
zione di un farmaco per mancata commercializzazione (c.d. sunset clause): «Tali
atti amministrativi generali non si sottraggono naturalmente ad un sindacato di
logicità e ragionevolezza da parte del giudice amministrativo soprattutto
quando, come nel caso di specie, essi siano chiamati a riempire spazi lasciati dal-
l’impiego di concetti giuridici indeterminati, come quelli di “casi eccezionali” e
di “ragioni di salute pubblica”, espressivi di discrezionalità tecnica, pura o mi-
sta, e anche l’adozione delle Linee guida non sfugge a tale sindacato laddove
emerga che la loro applicazione condurrebbe a risultati palesemente irragione-
voli, manifestamente iniqui o inammissibilmente discriminatori»26.
È d’altra parte interessante rilevare come in taluni casi è la stessa parte ri-
corrente ad invocare un controllo giurisdizionale soltanto di tipo estrinseco, cir-
costanza ritenuta rilevante dal giudice anche ai fini della valutazione di ammis-
sibilità dell’impugnazione: «Va pregiudizialmente ritenuta l’ammissibilità del ri-
corso e dei motivi aggiunti proposti […] Innanzitutto, va considerato come
l’impugnativa abbia legittimamente messo in dubbio l’esercizio della discrezio-
nalità tecnica da parte dell’AIFA, deducendo specifiche e puntuali censure di
violazione di legge e di eccesso di potere sul piano della manifesta illogicità e
della contraddittorietà, in tal modo sollecitando il sindacato esterno del giudice
sull’azione amministrativa e non anche predicando un’inammissibile sostitu-
zione delle valutazioni giudiziali a quelle tecnico-discrezionali effettuate dall’au-
torità pubblica»27.
Soltanto in casi isolati, invece, risulta che il giudice abbia affermato, in li-
nea di principio, la necessità di esercitare un sindacato di tipo “intrinseco”, pe-
raltro facendo riferimento agli orientamenti giurisprudenziali formatisi in altri
settori28. In tal senso si è significativamente espressa la citata ordinanza del Con-

suscettibile di sindacato da parte del giudice amministrativo là dove emerga la carenza di istrutto-
ria, la incompletezza del procedimento logico valutativo o la sua manifesta irragionevolezza».
26 Così Cons. St., sez. III, 7 gennaio 2020, n. 85. Nello stesso senso le sentenze del TAR La-

zio, sez. III-quater, 13 agosto 2020, n. 9203 e n. 9198.


27 TAR Lazio, n. 2546/2018 cit.; si v. anche Cons. St, sez. III, 7 aprile 2014, n. 1633, in Rass.

dir. farm., 2015, 295 ss., dove l’appellante insiste particolarmente nel denunciare le carenze istrut-
torie del procedimento amministrativo, lamentando la mancata considerazione delle stesse da
parte del giudice di primo grado.
28 TAR Lazio, sez. III-quater, 21 dicembre 2016, n. 12722, che argomenta richiamando una

propria giurisprudenza sul sindacato delle valutazioni per l’abilitazione alle funzioni di professore
universitario e una pronuncia del Consiglio di Stato in materia di provvedimenti dell’Autorità
antitrust.
Al sindacato intrinseco sembra anche riferirsi la recente sentenza del TAR Lazio, sez. III-
quater, 24 agosto 2020, n. 9260: «Orbene, ritiene il Collegio che i concetti di semplificazione e
non inferiorità vadano parametrati su quello dell’utilità della combinazione congiunta, ed è su
quello che l’istruttoria svolta appare convincente, tanto da escludere la verificazione o consulenza
ex officio astrattamente predicabile in casi come quello di specie, in cui il sindacato esterno del
giudice amministrativo si confronta con la discrezionalità tecnica sindacabile per sola evidente il-
logicità o irragionevolezza, non limitandosi alla valutazione della semplice congruità della motiva-
zione c.d. esterna ma giungendo fino alla radice dell’estrinsecazione del potere amministrativo
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 97

siglio di Stato n. 7097/2020, in relazione all’uso off label dell’idrossiclorochina


per il trattamento del Covid-19, ancorché nella fase cautelare e dunque all’esito
di un’istruttoria necessariamente sommaria29.
Sempre sotto il profilo dell’enunciazione formale della portata del sinda-
cato, si segnalano inoltre alcune isolate pronunce che, in controtendenza con
l’orientamento maggioritario, già in linea di principio sembrano fissare limiti re-
strittivi al controllo, fino ad escludere tout court la sindacabilità delle valutazioni
tecniche, ora affermandone la insindacabilità “al di fuori dei casi di manifesta
arbitrarietà”30, ora escludendo il controllo per quelle «valutazioni tecnico-scien-
tifiche in campo medico talmente specifiche da sottrarsi per loro natura al sin-
dacato del giudice amministrativo»31 facendo riferimento al concetto di “merito
tecnico”: «L’attività della Commissione Unica del Farmaco si concretizza indi-
scutibilmente in giudizi di merito tecnico, tali essendo le valutazioni circa la ca-
ratteristica dell’efficacia terapeutica di una specialità medicinale, la sua tossicità,
il grado di accettazione da parte del paziente, la gravità delle patologie curate,
basate evidentemente su specifiche conoscenze tecniche e scientifiche. Il giudi-
zio espresso dunque dalla Commissione Unica del Farmaco su una specialità
medicinale è espressione di puro merito tecnico, che – come tale – si sottrae al
sindacato di legittimità. È noto, infatti, che il giudice amministrativo, salvo gli
espressi casi di giurisdizione di merito, non può sostituirsi all’Amministrazione
nell’esercizio dei suoi propri poteri di apprezzamento»32.

(c.d. motivazione interna, correlata alla completezza e legittimità dell’istruttoria compiuta sfo-
ciante nel provvedimento impugnato)».
29 Con affermazioni di principio che, nondimeno, appaiono di notevole portata, pur non es-

sendo possibile stabilire se si tratti della formazione di un nuovo orientamento o di pronuncia ec-
cezionale giustificata dall’emergenza epidemiologica. Ad ogni modo, conviene riportarne un passo
particolarmente significativo per il tema trattato in questa sede: «La c.d. riserva di scienza che
compete ad AIFA non si sottrae al sindacato del giudice amministrativo, nemmeno in sede caute-
lare e meno che mai nell’attuale fase di emergenza epidemiologica, per l’indefettibile esigenza,
connaturata all’esistenza stessa della giurisdizione amministrativa e consacrata dalla Costituzione,
di tutelare le situazioni giuridiche soggettive, a cominciare da quelle che hanno un radicamento
costituzionale come il fondamentale diritto alla salute, a fronte dell’esercizio del potere pubblico
e, dunque, anche della discrezionalità c.d. tecnica da parte dell’autorità competente in materia sa-
nitaria». A prima lettura, l’ordinanza del Consiglio di Stato appare estremamente significativa,
non solo per l’enunciazione di principio, ma anche che per l’indicazione delle concrete modalità
di esercizio del sindacato, esteso ad una verifica sulla “credibilità razionale” della decisione am-
ministrativa, che deve essere “supportata da valide leggi scientifiche e correttamente applicate al
caso di specie”.
30 Si segnalano in tal senso le recenti sentenze del Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2019, n.

1391 e 1392, relative a provvedimenti di diniego dell’autorizzazione all’importazione parallela di


farmaci dalla Grecia e dalla Spagna.
31 Così TAR Lombardia, sez. I, 6 luglio 2011, n. 817.
32 In tal senso si esprime la risalente, ma comunque successiva alla sentenza n. 601/1999,

Cons. St., sez. IV, 15 luglio 1999, n. 1249, in Rass. dir. farm., 2000, 509 ss., che argomenta a par-
tire da una premessa sulla “altissima specializzazione” e sull’“elevatissimo profilo scientifico” della
Commissione Unica del Farmaco (a cui è subentrata l’AIFA). Il concetto di “merito tecnico” ap-
pare nuovamente, ma parrebbe con finalità differenti, anche nella giurisprudenza recente: si v.
TAR Lazio, sez. III-quater, 19 gennaio 2018, n. 662, secondo cui «Le affermazioni riportate negli
atti defensionali e nelle predette relazioni di parte si rivelano pur sempre inidonee a superare il
giudizio della competente commissione AIFA, data la loro genericità o comunque la mera so-
98 ANTONIO FALCHI DELITALA

Sul piano cronologico, il quadro giurisprudenziale appare tendenzialmente


costante, nel senso che l’orientamento maggioritario viene espresso durante
tutto il corso del periodo preso in considerazione; d’altra parte, i particolari casi
in cui è stata esclusa la sindacabilità delle valutazioni tecniche, poc’anzi menzio-
nati, sono stati rinvenuti sia in epoca più risalente, in anni in cui era ancora vivo
il dibattito sul controllo della discrezionalità tecnica in sede giurisdizionale, sia
in anni recenti: per la peculiarità dei casi e il loro esiguo numero, non sembra
tuttavia che ciò possa ritenersi significativo nella descrizione di un particolare
andamento della giurisprudenza.

4. Le tecniche del controllo giurisdizionale


Nell’esaminare le tecniche con cui il giudice amministrativo in concreto
esercita il controllo giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia di far-
maci, un dato preliminare da cui conviene muovere attiene allo svolgimento del-
l’istruttoria processuale e alle modalità con cui il giudice accede alla cognizione
dei fatti tecnici rilevanti per la vicenda contenziosa.
In linea con una generale tendenza della giurisprudenza amministrativa,
l’impostazione che si registra, all’interno dell’insieme di pronunce prese in con-
siderazione, va nel senso della ricostruzione esclusivamente documentale dei
fatti, sulla base delle risultanze del procedimento e della documentazione pro-
dotta in giudizio dalle parti.
Questa cognizione mediata dei fatti tecnici, d’altra parte, non sembra aver
impedito al giudice amministrativo di addentrarsi all’interno di considerazioni e
concetti prettamente tecnici. Merita riportare alcuni passaggi motivazionali
tratti da pronunce che appaiono particolarmente significative nel descrivere tale
tendenza.
In un caso relativo all’inserimento di un farmaco nella c.d. lista di traspa-
renza, dalla motivazione della sentenza si apprende che «il Collegio non ha
dubbi che il glatiramer acetato a base del Copemyl della Mylan non configuri
“nuova sostanza attiva”, dato che dalla documentazione in atti è evidente anche
ai profani che il medicinale è composto dalla molecola attiva glatiramer acetato,
la medesima che costituisce la base del medicinale Copaxone® di Teva […] In
definitiva “I due farmaci – Copemyl e Copaxone – sono … da considerarsi te-
rapeuticamente equivalenti ai fini della decisione di trattamento di un nuovo pa-
ziente con SM recidivante” (pag. 5 del parere dall’I.S.S.). Dunque, la conclu-
sione dell’AIFA concernente l’inserimento del farmaco Copemyl nella Lista di
Trasparenza appare legittimamente fondato sulla comprovata sussistenza di

vrapponibilità dei relativi giudizi espressi rispetto alle valutazioni operate, al riguardo, dalla Com-
missione Consultiva Tecnico Scientifica di AIFA […] Evidente, dunque, come si tratti di afferma-
zioni o giudizi del tutto sovrapponibili, in termini di merito tecnico, rispetto a quelle effettuate
della competente commissione AIFA, senza che la difesa di parte ricorrente abbia in alcun punto
messo in discussione le conclusioni di siffatto organismo sul piano della palese incongruità o della
manifesta erroneità».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 99

studi di sperimentazione clinica che, nel tempo, avevano affermato univoca-


mente non solo l’uguale composizione, ma anche la pari efficacia terapeutica tra
i farmaci confrontati, per cui sussistevano i presupposti necessari richiesti dalla
legge per l’inserimento del medicinale in questione nella Lista di Trasparenza»33.
I riferimenti a concetti tecnici appaiono ancora più numerosi e complessi
all’interno della motivazione di una delle sentenze pronunciate nell’ambito della
nota vicenda relativa ai farmaci Avastin e Lucentis, dove, sempre sulla scorta
della documentazione prodotta in giudizio e segnatamente dei pareri degli or-
gani tecnici dell’Amministrazione, si afferma che «Lucentis è il nome commer-
ciale del principio attivo ranibizumab, un frammento di anticorpo monoclonale,
indicato come RhuFabV2, derivato dal bevacizumab: il suo principio attivo,
come nel caso dell’Avastin, interviene con una specifica attività anti-angiogenica
rispetto al VEGF-A. 68. Tali molecole – al pari del pegaptanib contenuto nel
Macugen – hanno in comune, come si è già accennato, il meccanismo d’azione,
poiché riconoscono lo stesso bersaglio molecolare e, cioè, le isoforme biologica-
mente attive del fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari, il già men-
zionato VEGF, di tipo A (VEGF-A). 69. Esse si legano a tali isoforme, preve-
nendo così il legame del VEGF-A ai suoi recettori VEGFR-1 e VEGFR-2. 70.
Poiché il legame tra il VEGF-A e i suoi recettori porta ad una proliferazione
delle cellule endoteliali con neovascolarizzazione e ad un aumento delle per-
meabilità vasale, come ha rilevato il Consiglio Superiore della Sanità nel men-
zionato parere, il blocco dell’attività biologica di tale fattore di crescita fa regre-
dire la progressione della forma neovascolare sia nella degenerazione maculare
sia nei tumori. […] 72. Come emerge dalla relazione depositata il 15.4.2014 da
A.I.F.A. nel presente grado di giudizio, in ottemperanza dell’ordinanza di que-
sto Consiglio n. 669 del 6.2.2014, vi sono differenze sia di tipo strutturale che
farmacologico tra le molecole di bevacizumab e di ranibizumab. 73. Bevacizu-
mab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto in cellule ovariche di cri-
ceto cinese e ranibizumab è, invece, costituito unicamente dal frammento Fab
dell’anticorpo monoclonale umanizzato prodotto in cellule di Escherichia coli.
73.1. Essi sono pertanto due anticorpi monoclonali che differiscono per l’as-
senza/presenza del frammento Fc e, pur condividendo lo stesso bersaglio, si le-
gano ad esso con diversa affinità, poiché ranibizumab è caratterizzato da una
maggiore affinità nei confronti del VEGF-A rispetto al bevacizumab»34.
Ancora, in un caso in cui era controversa la valutazione di equivalenza te-
rapeutica, nella motivazione della sentenza si legge che «Il medicinale Steovess
33 Così Cons. St., sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1233, che riforma la sentenza appellata e re-

spinge il ricorso di primo grado. È significativo rilevare che il giudice amministrativo di appello,
in questo caso, ha ritenuto assorbenti i motivi di contenuto tecnico relativi al merito della contro-
versia rispetto ai motivi di rito attinenti al vizio di eccesso di potere giurisdizionale dedotto dalla
società controinteressata, appellante principale, e dall’Avvocatura dello Stato, che aveva proposto
appello incidentale adesivo.
34 Il passo è tratto dalla motivazione di Cons. St., sez. III, 8 settembre 2014, n. 4538, che ha

confermato la sentenza di primo grado con cui era stata annullata la delibera della Regione Veneto
che aveva ritenuto equivalenti i principi attivi bevacizumab (Avastin) e ranizumab (Lucentis) ai
fini della rimborsabilità negli usi off-label.
100 ANTONIO FALCHI DELITALA

70 mg compresse effervescenti, 4 compresse, non ha la stessa forma farmaceu-


tica dell’originator Fosamax della Merk Sharp & Dohme Limited e dei generici,
trattandosi di compressa effervescente e non compressa filmata. A tale diversa
forma farmaceutica segue un’attenuazione degli effetti collaterali sull’apparato
gastrointestinale del tratto superiore (stomaco ed esofago), irritabile dal princi-
pio attivo alendronato. La compressa effervescente consente infatti di rilasciare
il principio attivo in concentrazioni diluite, diminuendo in tal modo la probabi-
lità di effetti avversi dipendenti da alte concentrazioni di farmaco che si focaliz-
zano oralmente sulla mucosa gastrointestinale. La dimostrazione che lo Steovess
non sia identicamente sovrapponibile al generico presente sul mercato (e quindi
all’originator Fosamax) è data dalla circostanza che l’Aic è stata rilasciata alla
Nycodem s.p.a. seguendo la procedura dello Hybrid application […]»35.
Vi è poi un caso celebre, più risalente nel tempo, relativo alla legittimità del
decreto ministeriale che autorizzò la commercializzazione del farmaco contrac-
cettivo noto come “pillola del giorno dopo”, in cui il giudice amministrativo
ebbe ad affermare che «il farmaco “NORLEVO” esplica effetti di prevenzione
della gestazione al pari di altri usuali metodi contraccettivi, quale lo “IUD” o
spirale, che parimenti mirano ad inibire l’impianto dell’ovulo fecondato ed in
ordine ai quali non si pone questione circa la qualificazione come pratiche abor-
tive eccedenti i limiti stabiliti dalla legge n. 194/1978»36.
Risultano invece rari e isolati i precedenti in cui il giudice amministrativo
ha disposto approfondimenti istruttori ulteriori rispetto a quanto desumibile dai
documenti prodotti dalle parti. All’interno dell’insieme di pronunce selezionate,
sono soltanto quattro i casi in cui il giudice si è servito di verificazioni per ac-
certare i fatti tecnici alla base della controversia. In particolare, nell’ambito di
un contenzioso in materia di applicabilità di talune riduzioni tariffarie per la va-
riazione dell’AIC previste da una fonte regolamentare a condizione che la varia-
zione non attenga alla “qualità” del farmaco autorizzato e non introduca “ele-
menti nuovi”, tre recenti pronunce del Consiglio di Stato hanno disposto l’ac-
certamento della sussistenza di tali requisiti tecnici mediante verificazione
affidata all’Istituto Superiore di Sanità37; in una meno recente pronuncia del giu-
dice amministrativo di primo grado38, resa in un giudizio in cui si censurava la

35 Così TAR Lazio, sez. III-quater, 22 ottobre 2014, n. 10618, in Rass. dir. farm., 2015, 138 ss.
36 Così TAR Lazio, sez. I-bis, 12 ottobre 2001, n. 8465, in Rass. dir. farm., 2001, 988 ss., che
motiva sempre basandosi sulle risultanze documentali, in un quadro normativo e giurispruden-
ziale invero assai differente rispetto a quello attuale. Un analogo approccio si rinviene d’altra parte
anche nelle più recenti pronunce: cfr., ad esempio, TAR Lazio, sez. III-quater, 14 agosto 2020, n.
9214; TAR Lazio, sez. III-quater, 12 agosto 2020, n. 9183; TAR Sicilia, sez. I, 20 luglio 2020, n.
1493.
37 Si tratta delle sentenze del Cons. St., sez. III, 8 gennaio 2019, n. 155, 170 e 186. Si noti

che il verificatore scelto in questi casi, che pure è uno degli organi tecnici di vertice dell’Ammini-
strazione statale, come visto sopra, presenta stretti collegamenti sotto il profilo organizzativo con
l’AIFA, parte pubblica in causa.
38 TAR Piemonte, sez. II, 15 novembre 2016, n. 1409; in questo caso la verificazione è stata

affidata al Direttore del Dipartimento di Scienza e Tecnologie del Farmaco della Università di To-
rino, con ordinanza 22 aprile 2016, n. 563 reperibile anch’essa nella banca dati ufficiale.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 101

scelta della stazione appaltante di mettere in concorrenza in un lotto unico prin-


cipi attivi ritenuti dalla ricorrente diversi tra loro, la verificazione è stata invece
affidata ad un dipartimento universitario, per chiarire in particolare cosa debba
intendersi per “principio attivo” e per accertare se la epoietina beta e la epoie-
tina theta possano considerarsi principi attivi identici o diversi.
Tra le pronunce prese in considerazione, non risultano invece casi in cui sia
stata disposta consulenza tecnica d’ufficio e in un caso è stata persino esclusa la
rilevanza dell’accertamento peritale disposto d’ufficio in sede penale sui mede-
simi fatti di causa39, peraltro in contrario avviso rispetto a quanto ritenuto dal
giudice di primo grado, che invece alla perizia disposta in sede penale si era ri-
chiamato diffusamente40.
Come si vede, il limitato o inesistente ricorso ad approfondimenti istruttori
mediante esperimento di verificazioni e c.t.u. richiede in sede di motivazione del
provvedimento giurisdizionale uno sforzo di comprensione di dati ed elementi
di fatto che certamente esulano dalla comune esperienza e dalla conoscenza me-
dia e la cui piena ed effettiva cognizione difficilmente può prescindere da ac-
certamenti tecnici in sede istruttoria. Nondimeno, in diversi casi si registra un
tentativo del giudice amministrativo, particolarmente evidente nei passaggi mo-
tivazionali riportati sopra, di approfondire il contenuto degli assunti tecnici su
cui si basano le valutazioni dell’Amministrazione, al fine di valutarne ab interno
la legittimità.
Tale approccio – che trova probabilmente giustificazione nelle particolari
esigenze che caratterizzano il processo amministrativo in termini di conteni-
mento dei costi e di celerità della decisione – non pare tuttavia esente da criti-
cità, in particolare sotto il profilo della inevitabile limitazione del sindacato, an-
che al di là delle enunciazioni formali.
Nella giurisprudenza esaminata, risulta in effetti frequente una sovrapposi-
zione e in certi casi sostituzione tra la cognizione dei fatti (tecnici), normalmente
affidata alla capacità del giudice di comprendere i dati tecnici basandosi unica-
mente sulle prove documentali prodotte in giudizio, e l’interpretazione e appli-
cazione di norme tecniche. Ne deriva che il principale metodo di controllo rin-
venibile in tali sentenze consiste, nella sostanza, nella verifica di applicabilità

39 Si v. Cons. St., sez. III, 11 maggio 2018, n. 2818, che ha ritenuto irrilevante una perizia,

disposta dalla Corte d’appello di Torino in un giudizio penale sui medesimi fatti, che aveva
escluso la pericolosità dell’impiego di principi attivi nell’ambito della metodica di cura ideata dal
ricorrente: «Circa, poi, l’attenzione prestata sia dalla sentenza appellata sia dagli appellanti alle (al-
terne) risultanze del parallelo processo penale, il Collegio ne rileva: – per un verso, l’inconferenza,
stante la reciproca autonomia tra i due giudizi penale e amministrativo, tanto più ove, come nella
specie, il primo si sia risolto in un nulla di fatto a seguito della declaratoria di intervenuta pre-
scrizione; – e per l’altro, l’ultroneità, giacché la pericolosità per la salute umana delle sostanze in
questione emerge da uno dei dicta (riportato al precedente capo VII.2.) della sentenza n.
1777/2012 di questa Sezione, che hanno acquisito efficacia di cosa giudicata e tale dato non può,
pertanto, più essere messo in discussione da qualsivoglia risultato di questa o quella perizia resa in
un processo penale conclusosi, come detto, con la declaratoria di intervenuta prescrizione».
40 Seppure pervenendo anch’esso al rigetto del ricorso: TAR Lazio, sez. III-quater, 9 feb-

braio 2017, n. 2229.


102 ANTONIO FALCHI DELITALA

della fattispecie astratta ricavabile dal dato normativo ai fatti tecnici risultanti
dall’istruttoria procedimentale; ben raramente, infatti, le circostanze fattuali
sono oggetto di autonomo accertamento e qualificazione da parte del giudice.
Si comprende dunque il richiamo ai limiti del sindacato estrinseco che,
come visto sopra, caratterizza la maggior parte delle sentenze prese in conside-
razione: la rinuncia all’autonomo accertamento dei fatti impone al giudice di
servirsi unicamente delle principali figure sintomatiche dell’eccesso di potere
per vagliare la legittimità del provvedimento. In questa prospettiva, nella giuri-
sprudenza in materia assumono un rilievo centrale le categorie della ragionevo-
lezza41 e della logicità e non contraddittorietà42 della valutazione tecnica ammi-
nistrativa. È d’altra parte significativo rilevare l’assenza di riferimenti al princi-
pio di proporzionalità, mentre si registrano alcuni richiami, soprattutto tra le
sentenze più recenti, al principio di precauzione43, a cui si fa riferimento anche
in uno dei casi in cui è stata affermata espressamente la necessità di un sindacato
intrinseco delle valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione44: il giudice
amministrativo, accogliendo il ricorso, in quel caso ha ritenuto che il principio
di precauzione fosse stato «irrazionalmente sostenuto negli atti dell’Amministra-

41 Tra le altre, v. Cons. St., sez. III, 2 marzo 2015, n. 1026; 5. TAR Piemonte, sez. II, 15 no-

vembre 2016, n. 1409; TAR Lazio, sez. III-quater, 17 giugno 2014, n. 6387.
42 TAR Lazio, n. 9214/2020 cit.; TAR Lazio, n. 2546/2018 cit.; Cons. St., sez. III, 3 dicem-

bre 2015, n. 5503.


43 Ad es. TAR Lazio, sez. III-quater, 14 ottobre 2015, n. 11655, nell’ambito del contenzioso

sui farmaci Avastin e Lucentis; TAR Lazio, sez. III-quater, 10 gennaio 2017, n. 334, in Rass. dir.
farm., 2017, 1, 114 ss., che ha ritenuto illegittimo un decreto ministeriale che aveva vietato la pre-
scrizione di preparazioni magistrali dimagranti contenenti il principio attivo efedrina, in quanto la
ritenuta pericolosità di tale farmaco era stata motivata dall’Amministrazione con un richiamo al
principio di precauzione basato su valutazioni meramente ipotetiche e non su una valutazione che
tenesse conto della probabilità di un rischio per la salute; sullo stesso tema si v. anche la succes-
siva TAR Lazio, sez. III-quater, 3 ottobre 2018, n. 9703, che ha invece ritenuto legittimi i provve-
dimenti impugnati con cui era stato reiterato il divieto di prescrizione di preparati dimagranti a
base di efedrina e pseudoefedrina, anche alla luce del principio di precauzione, in base agli ap-
profondimenti istruttori condotti dall’Amministrazione e volti a dimostrare i rischi per la salute di
tali farmaci.
Il principio di precauzione è richiamato incidentalmente anche da TAR Toscana, sez. I, 31
ottobre 2012, n. 1744, che conclude per l’accoglimento del ricorso con riferimento alle carenze
dell’istruttoria amministrativa.
Per una più puntuale ricognizione del principio, si v. Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2019, n.
6655, che conclude: «anche se esaminate nell’ottica di una corretta applicazione del principio di
precauzione, non si evidenziano nelle scelte sottese agli atti impugnati gli elementi sintomatici di
un esercizio irragionevole del potere. D’altra parte, il sindacato sulla motivazione delle scelte di-
screzionali, anche se pervaso da significative componenti tecniche, deve essere rigorosamente
mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto
acquisiti; e, nel caso di specie, se è indiscussa l’attendibilità delle acquisizioni tecnico-scientifiche
poste a base di tale valutazione, altrettanto deve dirsi della plausibile ragionevolezza delle deter-
minazioni che l’amministrazione ha inteso trarne, all’esito della ponderazione dei diversi interessi
affidati alle sue cure».
44 TAR Lazio, n. 12722/2016 cit.: «In sostanza il principio di precauzione, che appare sot-

teso anche se irrazionalmente sostenuto negli atti dall’Amministrazione, andava coniugato con il
diritto alla salute di pazienti che, per essere affetti da una malattia cronica destinata ad aggravarsi
con perdita totale di funzionalità dei reni, hanno come unica prospettiva attuale la dialisi o il tra-
pianto».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 103

zione» e ha affermato la necessità di coniugare tale principio con il diritto alla


salute di una particolare categoria di pazienti.

5. Il giudizio in concreto: il sindacato effettivamente esercitato dal giudice am-


ministrativo
Nelle pagine precedenti si è detto delle enunciazioni formali circa i limiti
del sindacato rinvenibili nella giurisprudenza esaminata, e di come risulti larga-
mente prevalente l’orientamento che limita al controllo ab externo il sindacato
del giudice.
Si tratta ora di verificare se le pronunce prese in considerazione perven-
gono a conclusioni coerenti con tale premessa, e dunque se effettivamente possa
registrarsi un self-restraint da parte del giudice amministrativo rispetto alle valu-
tazioni tecniche.
Anticipando quanto si dirà nelle conclusioni, si deve fin d’ora rilevare che
se ci si sposta dal piano, formale, della ricostruzione degli orientamenti basata
sulle enunciazioni di principio contenute nelle singole pronunce, al diverso
piano, sostanziale, del sindacato in concreto esercitato dal giudice amministra-
tivo, ci si avvede subito di un dato: ad un quadro tendenzialmente costante ed
unitario si contrappone un panorama assai più disomogeneo e frammentato, in
cui è possibile individuare perlomeno le seguenti tipologie di pronunce: i) quelle
che ribadiscono i limiti del sindacato estrinseco e conseguentemente si occu-
pano unicamente di controllare la sussistenza o meno di figure sintomatiche di
eccesso di potere (difetto di istruttoria, difetto di motivazione, ecc.)45; ii) quelle
che, pur enunciando un sindacato soltanto estrinseco, in concreto accertano e
valutano direttamente i fatti tecnici, mediante applicazione di criteri di comune
esperienza o, più raramente, basandosi sugli approfondimenti disposti in sede
istruttoria, pervenendo infine ad un giudizio sulla attendibilità delle valutazioni
tecniche dell’Amministrazione46; iii) quelle che, pur enunciando il sindacato
estrinseco, in concreto negano o limitano fortemente il controllo47; iv) quelle che
espressamente negano o limitano fortemente il sindacato (casi, come visto, iso-
lati).
Vi è poi un caso isolato, già menzionato sopra, in cui viene enunciata for-
malmente la necessità di un controllo intrinseco, enunciazione a cui, tuttavia,

45 Cons. St, n. 1633/2014 cit., in Rass. dir. farm., 2015, 295 ss.; Cons. St., n. 5503/2015 cit.;

Cons. St., n. 1306/2016 cit.


46 Cons. St., n. 6655/2019 cit.; Cons. St., n. 1233/2019 cit.; Cons. St., n. 170/2019 cit.; TAR

Piemonte, sez. II, ord. 22 aprile 2016. n. 563; Cons. St., n. 4538/2014 cit.
47 TAR Lazio, sez. III-quater, 7 novembre 2016, n. 10983: «anche sulla base di un pacifico

orientamento espresso in analoghi settori […] la valutazione ministeriale circa l’immissione in


commercio di taluni prodotti, in qualità di farmaci oppure di dispositivi medici, costituisce espres-
sione di un potere nel quale sono presenti evidenti profili di discrezionalità tecnica, potere su-
scettibile in quanto tale di un controllo giurisdizionale di tipo debole. Siffatte valutazioni risultano
dunque sindacabili, secondo un giudizio non di mera opinabilità ma, piuttosto, di sicura inatten-
dibilità, esclusivamente in caso di macroscopica incongruità, illogicità o erroneità fattuale».
104 ANTONIO FALCHI DELITALA

non si accompagna lo svolgimento nel processo di un’istruttoria tecnica, così


che il giudizio finisce con il risolversi in un consueto sindacato di logicità della
motivazione48: pur avendo affermato in linea generale che «Il sindacato giurisdi-
zionale sugli apprezzamenti tecnici della PA può svolgersi in base non al mero
controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’autorità amministra-
tiva, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche sotto il
profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento applica-
tivo» e che «la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un
sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire al giudice un controllo in-
trinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche ap-
partenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’Autorità», nei casi
in questione il giudice è pervenuto all’annullamento dei provvedimenti impu-
gnati sulla scorta di una valutazione di contraddittorietà e irrazionalità della de-
cisione amministrativa rispetto alle risultanze istruttorie del procedimento49.
Non è agevole comporre considerazioni di carattere generale sulle ragioni
di tale disomogeneità, che con ogni probabilità deve ricondursi alle peculiarità
delle singole fattispecie, in particolare per quanto concerne le censure di volta in
volta dedotte dai ricorrenti.
Un fattore che sembra intervenire in diversi casi quale causa della (auto)li-
mitazione del sindacato al solo controllo estrinseco è la presenza, all’interno
della valutazione amministrativa, di considerazioni ed elementi non propria-
mente tecnici, che danno luogo ad una commistione tra valutazione tecnica e di-
screzionalità amministrativa: in questi casi, la tendenza della giurisprudenza a li-
mitare il controllo sembra in effetti motivata con riferimento alla ritenuta sussi-
stenza di una discrezionalità “mista”, tanto con riferimento a provvedimenti
puntuali50 quanto con riferimento ad atti di carattere generale51.

48 Il riferimento in particolare è alla citata sentenza del TAR Lazio, n. 12722/2016. Si trat-

tava di un caso di rigetto dell’istanza di classificazione di un farmaco ai fini della rimborsabilità,


motivato sulla base della tossicità epatica dello stesso: il TAR ha ritenuto irragionevole la mancata
concessione della classificazione, secondo le richieste della casa farmaceutica produttrice, perlo-
meno limitatamente a quelle sottopopolazioni di pazienti per i quali sono stati evidenziati i mag-
giori benefici clinici.
49 Come emerge in modo evidente dalla stessa motivazione della sentenza «destano dunque

perplessità le conclusioni della CTS ed il loro recepimento da parte dell’Agenzia, ma anche alla
luce delle due consulenze richieste proprio per sedare i dubbi sollevati in sede di valutazione della
istanza della ricorrente […] non pare che la CTS quando si è espressa nel senso che “non vi sono
le condizioni per identificare, all’interno delle condizioni terapeutiche registrate, delle sottopopo-
lazioni di pazienti che possano trarre un maggior beneficio clinico”, abbia tenuto conto di quanto
rilevato dalla consulenza conclusasi in senso positivo […] finendo così per confermare l’irrazio-
nalità delle conclusioni recate dall’atto, dedotta da parte ricorrente».
50 Si v. ad es. Cons. St., sez. III, 15 luglio 2019, n. 4967, nell’ambito del contenzioso sui

farmaci Avastin e Lucentis: «In via preliminare si osserva che le valutazioni alle quali l’AIFA è
chiamata sono espressione di un potere nel quale sono presenti profili di discrezionalità sia tecnica
che amministrativa, riservati all’Agenzia nell’ambito delle norme che disciplinano la fattispecie, e
sono sindacabili in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di
evidenza tale da far emergere l’inattendibilità di tale valutazione tecnico-discrezionale compiuta».
51 In tal senso, ad esempio, TAR Piemonte, sez. I, 14 febbraio 2018, n. 217: «Il fatto che la

Regione Piemonte abbia scelto di indicare ai medici curanti di procedere allo “switch terapeutico”
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 105

Laddove, peraltro, venga in particolare rilievo una specifica questione di


bilanciamento del diritto alla salute con altri interessi, la giurisprudenza si mo-
stra maggiormente sensibile alle esigenze della diretta cognizione dei fatti ai fini
dell’esercizio del sindacato52, come nel recente caso della sospensione dei prov-
vedimenti dell’AIFA che avevano inibito l’uso off label dell’idrossiclorochina
per il trattamento del Covid-19; non deve peraltro sorprendere che in questi casi
viene più frequentemente richiamato il principio di precauzione53, considerata
la funzione da esso svolta nell’ordinamento54.

6. Conclusioni
I dati esaminati nelle pagine precedenti consentono di svolgere alcune con-
siderazioni conclusive.
La prevalenza di un orientamento tendente a mantenere nel solco del tra-
dizionale sindacato esterno il controllo sulle valutazioni tecniche, senza una ri-
costruzione autonoma dei fatti tecnici, potrebbe trovare ragione non solo, e non
tanto, nelle, pur sempre sussistenti, esigenze di celerità e contenimento dei costi
processuali che caratterizzano i giudizi con parte la pubblica Amministrazione,
quanto, piuttosto, nella elevata specializzazione degli organi tecnici dell’Ammi-
nistrazione competenti in materia55 e nella previsione di specifiche norme a ga-
ranzia della partecipazione dei soggetti portatori di interessi di cui si è detto so-
pra, perlomeno per quanto concerne il livello statale.
Ogni riflessione sulla portata effettiva, e su quella auspicabile, del sinda-
cato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche dell’Amministrazione in materia di

nei pazienti già in cura con Enbrel per patologie dermatologiche, sia pure con buona risposta cli-
nica stabilizzata, non è però soltanto espressione di discrezionalità tecnica: tale fatto esprime an-
che la scelta, a carattere eminentemente discrezionale, di prendere posizione e di fare qualcosa di
concreto per indirizzare la spesa sanitaria anche nei pazienti non naive. Rispetto a tale scelta i mar-
gini di sindacato del Giudice Amministrativo sono evidentemente quelli tipici del sindacato gene-
rale di legittimità, e richiedono un riscontro di macroscopica irrazionalità, illogicità o travisamento
che non ha tanto ad oggetto la scelta medica di cambiare la terapia ai pazienti non naive, quanto
piuttosto l’opportunità, in sé considerata, di intervenire in maniera esplicita evitando di delegare
passivamente ogni scelta ai medici curanti».
52 TAR Lazio n. 12722/2016 cit.
53 TAR Lazio, sez. III-quater, 10 gennaio 2017, n. 334, in Rass. dir. farm., 2017, 1, 114 ss.
54 È stato osservato che il principio di precauzione svolge una funzione legittimante, nel

senso che esso consentirebbe l’adozione di misure altrimenti non consentite in ambiti in cui
spesso non vigono certezze scientifiche e la decisione amministrativa si caratterizza per una ine-
stricabile commistione tra l’elemento “politico” e l’elemento tecnico: in proposito si v. C. VIDETTA,
L’amministrazione della tecnica: la tecnica fra procedimento e processo amministrativo, Napoli,
2008, 259-260 e 270.
55 Come viene evidenziato espressamente nella motivazione di talune pronunce, ad es. Cons.

St., sez. III, 13 giugno 2011, n. 3572 e Cons. St., sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655, che sottolineano
l’autorevolezza scientifica dell’AIFA e dell’ISS; nello stesso senso la già citata Cons. St., n.
1249/1999. Particolare attendibilità agli studi e alle valutazioni degli enti pubblici rispetto a quelli
privati è riconosciuta anche da TAR Lazio, n. 662/2018 cit. laddove afferma che «i due studi pro-
dotti in giudizio, pur autorevoli per la fonte ed il relativo contenuto, non provengono in ogni caso
da organismi pubblici interni od internazionali, né da enti comunque dotati di comprovata neu-
tralità e indipendenza di giudizio».
106 ANTONIO FALCHI DELITALA

farmaci, tuttavia, non può prescindere dalla considerazione del fine primario
per il quale sono attribuiti i poteri pubblici in questo particolare settore, la tu-
tela della salute, di sicuro rango costituzionale, sia nella sua proiezione indivi-
duale che collettiva. La diffusione a livello globale di nuove forme di agenti pa-
togeni virali ha rivelato quanto complesso può essere individuare punti di equi-
librio nel perseguimento di tale fine e come questo abbia un impatto diretto
sull’esercizio del potere pubblico e sul sindacato di legittimità del giudice am-
ministrativo56.
È opinione di chi scrive che tale considerazione consenta, e forse persino
imponga, un controllo sui presupposti fattuali dell’esercizio del potere pubblico
che sia il più penetrante possibile che, senza limitarsi al solo richiamo di formule
tradizionali, valuti la legittimità dell’azione amministrativa andando diretta-
mente alla sostanza delle cose, quantomeno in tutti quei casi in cui, per la limi-
tata specializzazione tecnica dell’Amministrazione procedente o per la ridotta
portata delle garanzie di partecipazione in favore dei soggetti interessati57, il
procedimento non si sia concluso con un provvedimento amministrativo basato
sulla ricostruzione completa ed esatta di tutti i profili tecnico-fattuali rilevanti.

56 Come emerge chiaramente dalla richiamata ordinanza del Consiglio di Stato n. 7097/2020,

spec. par. 11.


57 La necessità di stabilire un rapporto tra il livello delle garanzie di partecipazione offerte

all’interno del procedimento amministrativo e l’intensità del sindacato giurisdizionale concreta-


mente esercitato sulla decisione amministrativa, nel senso che quanto maggiore è il primo tanto
minore può essere la seconda e viceversa, è stata recentemente prospettata da A. MOLITERNI,
Streamlining the Judicial Review of Administrative Decisions: a Comparative Institutional
Approach, in Riv. trim. dir. pubbl., fasc. 2, 2018, spec. 567 ss.
CAPITOLO QUARTO

LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ


SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
IN MATERIA DI AMBIENTE

Margherita Croce

SOMMARIO: 1. Le valutazioni tecniche ambientali nei procedimenti di Via, Aia e nelle


procedure di messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati. – 2. I conflitti am-
bientali tra politicità e complessità istituzionale. – 3. I principali orientamenti giu-
risprudenziali. – 4. Le tecniche di sindacato concretamente esercitate. – 5. I giudizi
di prevalenza nel vaglio giudiziale: le variabili dello sviluppo sostenibile e la pre-
minenza dell’interesse paesistico. – 6. Considerazioni di sintesi.

1. Le valutazioni tecniche ambientali nei procedimenti di Via, Aia e nelle pro-


cedure di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati
Un’analisi della giurisprudenza amministrativa, che provi a stimare il trat-
tamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche svolte dalle pubbliche ammi-
nistrazioni in materia ambientale, deve necessariamente individuare, in via pre-
liminare, il contesto normativo e la struttura dei procedimenti di “settore” in cui
queste si svolgono, oltre che i soggetti che in tali procedimenti compiono attività
istruttorie ed esercitano poteri decisionali1.
Questa analisi è necessaria soprattutto per circoscrivere l’ambito delle va-
lutazioni tecniche ambientali, i cui confini risultano molto permeabili, specie in
riferimento alle valutazioni di opportunità che stanno alla base delle scelte di-
screzionali delle amministrazioni.
La particolare prossimità che sussiste, in questa materia, tra valutazioni tec-
niche e scelte discrezionali dipende, in primo luogo, dalla natura relazionale del-

1 Per questo approccio metodologico si vv.: F. SALVIA, Attività amministrativa e discreziona-

lità tecnica, in Dir. proc. amm., 1992, 685 ss. e G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizio-
nale sulle valutazioni tecniche in materia ambientale, in Giustamm.it, n. 7/2016 che valorizzano i
profili normativi e procedimentali; A. MOLITERNI, Streamlining the Judicial Review of Administra-
tive Decisions: a Comparative Institutional Approach, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 539 ss., che
sottolinea la necessità di indagare anche la composizione, più o meno tecnica, delle amministra-
zioni coinvolte e di individuare il soggetto ultimo cui è devoluta la decisione amministrativa («the
ultimate decision maker»).
108 MARGHERITA CROCE

l’oggetto della regolazione giuridica, ossia l’ambiente2. Sulla scia delle acquisi-
zioni del pensiero sistemico3, infatti, la costruzione di una nozione unitaria di
ambiente si compie, sul piano della rappresentazione giuridica, concependo lo
stesso come sistema di relazioni tra fattori, forze e fenomeni naturalistici e an-
tropici. Una serie, dunque, di interrelazioni che costituisce oggetto di studio di
discipline specialistiche extra-giuridiche (naturali e sociali) e, contemporanea-
mente, oggetto di regolazione da parte del diritto, che guarda all’ambiente come
risultato mutevole del confronto tra gli interessi esistenziali ed economici che
riescono a trovare nell’ordinamento espressione e tutela4.
La materia ambientale si caratterizza, in senso giuridico, per l’impossibilità
di risolvere una volta per tutte questa dinamica relazionale – che costituisce, ap-
punto, il suo tratto qualificante – non essendo possibile individuare un “inte-
resse” o “valore” ambientale al quale dare prevalenza, a priori, nel giudizio di
comparazione con altri interessi5.
L’attività amministrativa di tutela dell’ambiente si svolge, quindi, all’interno
di un quadro normativo che attribuisce alle autorità chiamate ad applicare il di-
ritto – l’amministrazione, prima, e il giudice, poi – un margine di valutazione
ampio ed elastico6. D’altro canto, la normativa ambientale è caratterizzata anche

2 Sul punto non può prescindersi dal riferimento a M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tu-

tela dell’ambiente come sistema complesso, adattivo, comune, Torino, 2007, che espone la dimen-
sione relazionale dell’ambiente a partire da una prospettiva antropocentrica, temperata dal prin-
cipio di sviluppo sostenibile (30 ss. e 38 ss.), e tratta in modo rigoroso le implicazioni regolatorie
che ne discendono.
3 Sviluppatosi a partire dalla convergenza delle acquisizioni della fisica e della biologia, il

pensiero sistemico è un indirizzo di studio incentrato sui sistemi viventi e si caratterizza per
«un’impostazione interdisciplinare o, ancora meglio, transdisciplinare». Esso segna un «muta-
mento del centro di interesse degli scienziati dagli oggetti alle relazioni [che] va contro la tradi-
zione scientifica della cultura occidentale, la cui attenzione si concentrava su realtà pesabili e mi-
surabili, operazione non possibile invece con le relazioni, che dovevano essere mappate. Questi
cambiamenti di ottica – dalle parti al tutto, dagli oggetti alle relazioni, dalla misurazione alla map-
patura – sono caratteristici della tensione tra studio della materia (quantità) e della forma (qua-
lità). La discussione sulla materia si avvale del linguaggio della fisica e della chimica per la descri-
zione delle strutture, delle forze e dei processi che da esse derivano, mentre la discussione sulla
forma comporta una mappatura astratta delle relazioni, volta a descrivere modelli organizzativi
quali reti o cicli di retroazione (feedback loops)», F. CAPRA, U. MATTEI, Ecologia del diritto. Scienza,
politica, beni comuni, Sansepolcro, 2017, 127.
4 Sul punto si v. F. SPANTIGATI, Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto del-

l’ambiente, in Riv. giur. amb., 1999 e gli altri rimandi operati al par. 2.
5 L’interesse all’ambiente risulta, piuttosto, il risultato di un compromesso. Nei trattati eu-

ropei, ad esempio, l’obiettivo della protezione e del miglioramento della qualità dell’ambiente (art.
3 TUE) è ancorato al perseguimento di un livello di tutela «elevato» e non “massimo”: scelta che
sancisce la necessità di contemperare libertà economiche e protezione e miglioramento della sa-
lubrità ambientale (M. RENNA, Il sistema degli «standard ambientali» tra fonti europee e compe-
tenze nazionali, in B. POZZO, M. RENNA, L’ambiente nel nuovo Titolo V della Costituzione, Milano,
2004, 96).
6 L’indeterminatezza, la complessità, la scarsa organicità della normativa di riferimento, la

sua attitudine a ricomprendere sempre nuove finalità, l’estesa latitudine e indeterminatezza dei
principi che la governano sono solo alcuni dei principali fattori su cui viene fondata la descrizione
(e la rivendicazione) degli ampi spazi di azione da considerare riservati all’amministrazione. Per
questa prospettiva si vv. D. DE PRETIS, Discrezionalità e ambiente, in D. DE CAROLIS, E. FERRARI,
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 109

da un elevato tecnicismo7, che agisce in modo ambivalente sull’esercizio dei po-


teri amministrativi. I saperi (rectius, poteri8) scientifici e tecnici possono, infatti,
determinare sia la limitazione che l’estensione dello spazio valutativo dell’ammi-
nistrazione. Nel primo senso, è il valore “obiettivo” di (alcune) attività tecniche
ad essere chiamato in causa (si pensi ad esempio alla rilevazione delle compo-
nenti chimiche presenti in una sostanza). Nel secondo rileva, invece, la consape-
volezza della natura relativa, provvisoria e, soprattutto, valutativa della scienza e
della tecnica9. Una prospettiva, quest’ultima, che acquista particolare pregnanza
in questo ambito, se si considera che i giudizi tecnici, spesso prognostici, che ri-
guardano la compatibilità ambientale delle attività antropiche, la riconducibilità
ad esse dei fenomeni di inquinamento o le misure necessarie al ripristino della
salubrità e dell’equilibrio dei sistemi ecologici si fondano su complessi metodi di
indagine, spesso di natura probabilistica10.
Inoltre, poiché l’“interesse ambientale” attribuito in cura alle amministra-
zioni è «“un bene che consiste in un modo di essere di altri beni”»11, la funzione
amministrativa di tutela dell’habitat e dell’equilibrio ecologico ha carattere tra-
sversale: essa incide sulle attività di tutela di altri interessi giuridicamente protetti
– in particolare quelli della salute, del paesaggio, dello sviluppo economico e in-
frastrutturale, dell’approvvigionamento energetico, della libera concorrenza12 –

A. POLICE, Ambiente, attività amministrativa e codificazione, Milano, 2006, 433 ss. e F. DE LEONAR-
DIS, Le trasformazioni della legalità nel diritto ambientale, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’am-
biente, Torino, 2015, spec. 127 ss.
7 Il dialogo con la fisica, la chimica, l’ingegneria, la biologia, l’etologia, l’ecologia, la scienza

dei sistemi complessi, etc., è infatti fondante per la stessa efficacia della regolazione giuridica
delle questioni ecologiche, vale a dire per l’«idoneità a conseguire gli obiettivi di tutela» che essa
si prefigge (M. CECCHETTI, La disciplina giuridica della tutela ambientale come “diritto dell’am-
biente”, in Federalismi.it, 17). Sul punto si vv.: N. GRECO, Crisi del diritto, produzione normativa
e democrazia degli interessi. Esemplarità della normazione tecnica ambientale, Roma, 1999 e S.
GRASSI, M. CECCHETTI (a cura di), Governo dell’ambiente e formazione delle norme tecniche, Mi-
lano, 2006.
8 La tecnica è, infatti, una «struttura di potere reale» che «trasforma l’attività non regolata

in attività regolata (perché le sue norme subentrano laddove cessa l’influenza della norma di
legge)»; per questo essa è un «fattore antagonista della situazione di potere (o delle singole situa-
zioni di potere) dell’amministrazione», C. MARZUOLI, Potere amministrativo e valutazioni tecniche,
Milano, 1985.
9 A seguito della crisi della “certezza della scienza” si è acquisita consapevolezza che anche

le più formalizzate teorie scientifiche e le più rigorose pratiche applicative pongono lo scienziato
e il tecnico di fronte a diverse ipotesi ricostruttive e differenti soluzioni operative che, dal punto
di vista dei criteri di controllabilità empirica, si presentano «in situazione di sostanziale pareggio»:
soccorrono, allora, criteri «di secondo ordine» come «la coerenza, il potere esplicativo, la profon-
dità, e talvolta anche il valore estetico ed altri tipi di esigenze di carattere valutativo», V. VILLA, Il di-
ritto come modello per le scienze naturali, in Dir. quest. pubbl., 2005, 33 e 35.
10 Per una serie di istruttivi esempi, a grandi linee comprensibili anche ai profani, si v. A.

BODINI, C. BONDAVALLI, S. ALLESINA, L’ecosistema e le sue relazioni. Idee e strumenti per la valuta-
zione di impatto ambientale e di incidenza, Milano, 2007.
11 G. ROSSI (a cura di), Funzioni e procedimenti, in ID., Diritto dell’ambiente, cit., 65.
12 Come risulta anche dal testo dell’art. 3-bis del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (d’ora in poi an-

che “testo unico ambientale” o “testo unico”), secondo cui «i principi generali in tema di tutela
dell’ambiente» sono «adottati in attuazione» anche degli artt. 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44 Cost.
110 MARGHERITA CROCE

entrandovi in conflitto o risultando con esse convergente, potendo poi anche re-
starne assorbita13.
E questa funzione trasversale, per diverse ragioni, è affidata a un’organizza-
zione amministrativa policentrica14. Le funzioni amministrative sono ripartite, in
base ai principi di sussidiarietà e leale collaborazione, tra Stato, Regioni, Province
ed enti locali15, ai quali si affiancano numerosi enti e organismi, dotati di autono-
mia tecnico-scientifica, deputati alle attività di controllo, monitoraggio e ricerca e
anche a fornire supporto tecnico-scientifico alle autorità amministrative. Tra que-
sti ultimi, a livello statale, vi sono organismi tecnici collegiali incardinati nel Mi-
nistero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (ad esempio la Com-
missione istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata-IPPC16) o sottopo-
13 L’iniziale natura conflittuale o “ostativa” dell’interesse ambientale rispetto alla soddisfa-

zione di altri interessi, di tipo produttivo e non produttivo, è stata stemperata dall’affermazione
del principio di «sviluppo sostenibile», volto a inserire le valutazioni sulla salvaguardia della qua-
lità ambientale (anche futura) «nell’ambito delle dinamiche della produzione e del consumo», art.
3-quater, co. 3 del testo unico ambientale.
14 La creazione del Ministero dell’ambiente (ad opera della l. 8 luglio 1986, n. 349) ha sem-

plificato, infatti, solo in parte l’intreccio di competenze amministrative in materia di tutela del-
l’ambiente, nonostante si sia progressivamente trasformato da «ministero di indirizzo e coordina-
mento» a «organo di amministrazione attiva» (P. DELL’ANNO, Trattato di diritto dell’ambiente, Pa-
dova, 2013, vol. I, 318). Questa configurazione trova ragione nel «disallineamento fra la
dimensione dei problemi e quella dei livelli territoriali idonei a risolverli» (G. ROSSI (a cura di), Di-
ritto dell’ambiente, cit., 53), ma è anche il risultato dell’evoluzione disorganica della normativa (sul
punto si v. M. BROCCA, Interessi ambientali e decisioni amministrative. Profili critici e nuove dina-
miche, Torino, 2018, 95 ss.). Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (l.
17 luglio 2006, n. 233) è stato ridenominato “Ministero della transizione ecologica” dal d.l. 1
marzo 2021, n. 22. Poiché la giurisprudenza analizzata è antecedente a tale riforma, nel contributo
si utilizza la denominazione precedente.
15 Art. 3-quinques del testo unico ambientale.

Allo Stato è riservata la competenza ad emanare provvedimenti a contenuto generale (fissa-


zione di standard, obiettivi, metodologie), ma anche provvedimenti puntuali relativi ad attività e
opere infrastrutturali di particolare rilievo, come l’autorizzazione allo smaltimento di rifiuti in ac-
que marine; le autorizzazioni per gli elettrodotti con tensione superiore a 150 KV; il rilascio della
Via e dell’Aia per le opere più grandi e rilevanti. Di competenza ministeriale sono anche le pro-
cedure di bonifica relative ai siti di interesse nazionale di cui all’art. 250.
Alle Regioni spetta invece la competenza in materia di pianificazioni e programmazioni,
nonché l’adozione di alcuni importanti atti puntuali come: l’autorizzazione alla realizzazione e al-
l’esercizio degli impianti di gestione dei rifiuti; le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera; il rila-
scio della Via e dell’Aia quando non sono di competenza statale e non sono state conferite alle
Province; le procedure operative e amministrative di cui all’art. 242, relative alla caratterizzazione,
messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati.
Le Province, invece, in quanto «enti di area vasta», sono il livello territoriale privilegiato per
lo svolgimento di numerose funzioni (specie rispetto agli enti comunali, le cui ridotte dimensioni
non sono considerate ottimali per la gestione delle problematiche ambientali), come dimostrano
le recenti riforme statali e regionali che ne hanno rafforzato la competenza in settori importanti
come: la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti e, in certi casi, anche l’autorizzazione
alla loro costruzione e al loro esercizio; le autorizzazioni alle emissioni e agli scarichi inquinanti;
l’adozione dei provvedimenti di Via e Aia. Esse sono inoltre competenti all’emanazione delle or-
dinanze di bonifica di cui all’art. 244.
16 Istituita per la prima volta dall’art. 5, co. 9, del d.lgs. 18 febbraio 2005, n. 59, e ora pre-

vista dall’art. 8-bis del testo unico ambientale, la commissione è composta da ventitré esperti, no-
minati dal Ministro dell’ambiente, provenienti dal settore pubblico e privato e con elevata qualifi-
cazione giuridico-amministrativa (di cui almeno tre scelti fra magistrati ordinari, amministrativi e
contabili) oppure tecnico-scientifica. Nell’ambito dei procedimenti di Aia di competenza statale, la
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 111

sti alle sue «dipendenze funzionali» (ad esempio la Commissione tecnica di veri-
fica dell’impatto ambientale Via e Vas17), ma anche enti dotati di personalità giu-
ridica che operano sotto la sua vigilanza (Istituto superiore per la protezione e la
ricerca ambientale - Ispra18). A livello regionale, un ruolo centrale è svolto dalle
Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente - Arpa19: enti strumentali sot-
toposti al potere di indirizzo, vigilanza e controllo delle Giunte regionali.
Dal punto di vista della tipologia, le funzioni amministrative in materia am-
bientale sono ascrivibili fra quelle di regolazione settoriale. La funzione dell’am-
ministrazione, in questo ambito, è, infatti, quella di «garantire» la promozione e
realizzazione di «una pluralità di comportamenti virtuosi da parte dell’insieme
di soggetti privati e pubblici»20. Una regolazione che, è stato notato, non è de-
voluta a un’autorità indipendente, restando affidata alla competenza di una
struttura ministeriale perché contrassegnata da una spiccata politicità delle deci-
sioni finali21.

commissione ha il compito di fornire all’autorità competente, anche effettuando i necessari so-


pralluoghi, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonché ap-
profondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione (art. 10, co. 2. d.P.R. 14
maggio 2007, n. 90).
17 La Commissione è stata istituita dal testo unico ambientale e poi disciplinata dall’art. 9 del

d.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 oggi abrogato dal d.lgs. n. 104/2017. È quest’ultimo atto che ha ri-
dotto la sua autonomia, ponendola «alle dipendenze funzionali del Ministero» al quale assicura il
«supporto tecnico-scientifico». Ciò che fin d’ora è bene sottolineare è che, in base al novellato art.
8 del codice dell’ambiente, la commissione è composta da un numero massimo di quaranta com-
missari (scelti tra personale pubblico – ivi compresi professori o ricercatori universitari e personale
di enti di ricerca – o tra soggetti anche estranei alla pubblica amministrazione con adeguata espe-
rienza professionale di almeno cinque anni) «nominati dal Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, senza obbligo di procedura concorsuale e con determinazione motivata esclusi-
vamente in ordine al possesso da parte dei prescelti dei necessari requisiti di comprovata professio-
nalità e competenza nelle materie ambientali, economiche, giuridiche e di sanità pubblica».
Per il funzionamento e l’organizzazione della Commissione, che per lo svolgimento delle
istruttorie tecniche può avvalersi, tramite appositi protocolli d’intesa, anche del Sistema nazionale
a rete per la protezione dell’ambiente, si v. il d.m. n. 342 del 13 dicembre 2017. Per la disciplina
previgente si consulti il d.m. GAB/DEC/150/07 del 18 settembre 2007.
18 L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) è un ente pubblico

di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia tecnica, scientifica, orga-
nizzativa, finanziaria, gestionale, amministrativa, patrimoniale e contabile, istituito dalla l. 133/
2008 (conversione del d.lgs. 25 giugno 2008, n. 112). L’istituto è nato dalla fusione dell’APAT, del-
l’INFS e dell’ICRAM.
19 Dalle leggi regionali istitutive le Agenzie per la protezione dell’ambiente sono definite

come enti strumentali della Regione, dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, di autono-
mia amministrativa, tecnico-giuridica, patrimoniale e contabile; sono sottoposte al potere di indi-
rizzo, vigilanza e controllo (anche preventivo in alcuni casi) della Giunta regionale; il personale
proviene in parte dai servizi delle Asl/Usl in materia ambientale, mentre i direttori sono nominati,
secondo le procedure previste dalla legge per ciascun ente, tra soggetti di elevata professionalità e
qualificata esperienza nel settore ambientale che non ricoprano cariche politiche, amministrative
o societarie in imprese che «partecipano ad attività o programmi dell’ISPRA o delle agenzie» (così
l’art. 8 della l. 28 giugno 2016, n. 132. Le Arpa costituiscono insieme all’Ispra il Sistema nazionale
a rete di protezione dell’ambiente istituito dalla l. n. 132/2016.
20 G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, cit., 65. In questo senso rileva l’art. 3-ter del te-

sto unico ambientale. Sulla governance ambientale si v. anche P.L. PORTALURI, Tutela dell’ambiente
e poteri amministrativi, in Jus, 2016, 49 ss.
21 R. GIOVAGNOLI, Problematiche giuridiche della protezione dell’ambiente, 2015, pubblicato

su www.giustizia-amministrativa.it.
112 MARGHERITA CROCE

I provvedimenti ambientali possiedono, infatti, una valenza “direttiva”22 e


fortemente conformativa, che si esprime, in particolare, nel potere delle pubbli-
che amministrazioni di apporre ai provvedimenti una serie, anche numerosis-
sima, di prescrizioni specifiche e dettagliate, al rispetto delle quali è subordinato
l’assenso alla localizzazione, realizzazione ed esercizio dell’impianto o dell’atti-
vità antropica, oltre che la predisposizione dei piani di monitoraggio e controllo
successivi al rilascio del provvedimento23.
Le prescrizioni, condizionate alla «verifica dello stato delle conoscenze
scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni ed organi-
smi di norma nazionali o sovranazionali, a ciò deputati»24, sono contenute nel
provvedimento finale, ma solitamente costituiscono l’integrale trascrizione di
quelle raccomandate nei pareri resi dalle autorità a competenza tecnica interve-
nute in sede istruttoria. In questo senso esse sarebbero qualificabili come giudizi
tecnici inclusi nel provvedimento. In realtà, esse rappresentano, piuttosto, un
punto di incontro tra giudizi tecnici e decisioni discrezionali, in quanto strumento
che attribuisce efficacia operativa ad un’«ipotesi di sviluppo»25. Nel dettare tali
prescrizioni, infatti, l’amministrazione si assume il compito di compensare l’in-
teresse alla salvaguardia dei valori ambientali con la garanzia degli altri interessi
pubblici e delle libertà economiche, ispirata dal combinato operare dei principi
tipici del diritto ambientale – tra cui spiccano quello di prevenzione, precau-
zione e sviluppo sostenibile – e dai principi che governano più in generale l’at-
tività amministrativa – in particolare, l’imparzialità, il buon andamento e la pro-
porzionalità, ma anche l’economicità e la leale collaborazione.
Le prescrizioni rappresentano quindi degli «elementi elastici»26 dei provve-
dimenti e sono molto rilevanti nell’ambito della giurisprudenza, perché spesso
oggetto delle censure mosse dai ricorrenti.
I procedimenti ambientali, invece, al di là dell’assenza, in termini di diritto
positivo, di una categoria autonoma che li contraddistingua27, sono connotati da
una ripartizione in fasi particolarmente articolata, dalla necessità di approfon-

22 Sottolinea la valenza direttiva dei provvedimenti ambientali, F. FONDERICO, (voce) Am-

biente (tutela dell’), I) Diritto amministrativo, in Enc. giur. Treccani, 2007, 7 ss.
23 Art. 40 del testo unico ambientale. Sul punto si rinvia anche infra al par. 2. Proprio l’«in-

tensità delle previsioni» è uno dei tratti che hanno indotto la dottrina a configurare un «regime
amministrativo speciale dell’ambiente», la cui giustificazione risiederebbe nella valenza solidari-
stica e doverosa dell’azione di tutela esercitata. G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale
dell’ambiente, in Studi in onore di Alberto Predieri, Milano, 1996, 1163 ss.
24 Corte cost., 17 marzo 2006, n. 116.
25 F. FRACCHIA, Sviluppo sostenibile e diritti delle generazioni future, in Riv. quad. dir. amb.,

2010, 19.
26 R. GRECO, Via, Vas e AIA: Queste sconosciute, Relazione al Convegno di studi organizzato

dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno sul tema “Attività edilizia fra governo del ter-
ritorio e tutela paesaggistica ed ambientale”, 20 novembre 2009, pubblicato in www.giustizia-am-
ministrativa.it.
27 Per una tassonomia dei procedimenti di settore si v. A. CROSETTI, R. FERRARA, F. FRACCHIA,

N. OLIVETTI RASON, Diritto dell’ambiente, Roma-Bari, 2008, 192 ss. Per indicazioni sintetiche sulle
classificazioni proposte in dottrina: G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, cit., 65 s.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 113

dite attività istruttorie28 e dalla loro (ampia) apertura alla partecipazione non
solo di soggetti pubblici, ma anche privati29.
Ciò premesso, un’illustrazione più dettagliata della scansione procedimen-
tale risulta utile con riferimento ai procedimenti che verranno in rilievo nello
spoglio della giurisprudenza, ossia: la Valutazione di impatto ambientale (Via) e
l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)30 e le procedure di messa in sicu-
rezza e bonifica di siti contaminati. Tali procedimenti, oltre a essere significativi
per la loro incidenza quantitativa, offrono spunti di analisi comparativa rispetto
al trattamento giudiziale delle valutazioni tecniche, in virtù della diversità della
loro struttura e delle operazioni tecniche coinvolte.
Il procedimento di Via, che si configura come un sub-procedimento condi-
zionante rispetto all’autorizzazione per la localizzazione e realizzazione di un in-
tervento antropico, può essere suddiviso, semplificando31, in due momenti. Una
prima fase, istruttoria, incentrata sull’elaborazione e la valutazione dello Studio
di impatto ambientale (SIA) avanzato dal proponente e aperta agli apporti col-
laborativi di soggetti privati interessati e dei soggetti pubblici territorialmente o

28 Il capo IV della l. n. 241/1990 prevede che molti istituti di semplificazione non si appli-

chino ai c.d. interessi “sensibili”. Da questa disciplina derogatoria è stata tratta la vigenza del
«principio della necessità di un’istruttoria per l’esercizio di attività tecnico-discrezionali», G.
MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale dell’ambiente, cit., 1145. Secondo la giurisprudenza
europea e nazionale, però, il principio non deve essere interpretato nel senso di escludere dal-
l’ambito di applicabilità degli istituti di semplificazione tutti i procedimenti volti alla protezione in
modo assoluto, ma solo «quei procedimenti complessi per cui, per garantire l’effettività agli inte-
resse tutelati, si renda necessaria un’espressa valutazione amministrativa, quale un accertamento
tecnico o una verifica», P.L. PORTALURI, Autorizzazioni ambientali: tipologie e principi, in G.
GRASSI, M.A. SANDULLI, Trattato di diritto dell’ambiente, Milano, 2014, 47. Per la semplificazione
in materia ambientale si v. anche A. MOLITERNI, Semplificazione amministrativa e tutela degli inte-
ressi sensibili: alla ricerca di un equilibrio, in Dir. amm., 2017, 699 ss.
29 Essa si basa, oltre che sull’applicabilità degli artt. 7 ss. della l. n. 241/1990 (v. spec. art. 9),

sulle discipline specifiche previste dal testo unico ambientale. L’art. 3-sexies, infatti (e a differenza
di quanto prevede l’art. 13 della l. n. 241), assicura la partecipazione del «pubblico» all’elabora-
zione dei piani e dei programmi che ricadono nell’àmbito di applicazione della direttiva
2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003. Tale direttiva, è im-
portante sottolinearlo, ha stabilito che, a fronte della partecipazione procedimentale, il ricorrente
in sede processuale possa contestare la “legittimità sostanziale” oltre che procedurale di decisioni,
atti od omissioni soggetti alle disposizioni di ciascuna delle direttive sulla partecipazione del pub-
blico. Procedure specifiche di consultazione sono previste, inoltre, nella disciplina della Vas (art.
14) e, soprattutto della Via (art. 24), nell’àmbito della quale è consentito il ricorso allo strumento
dell’inchiesta pubblica (art. 24-bis).
30 Le cui definizioni sono contenute nell’art. 5 del testo unico ambientale.
31 Più precisamente, in base al testo unico ambientale, il procedimento di Via si articola in:

una prima fase relativa all’elaborazione e alla presentazione dello studio d’impatto ambientale da
parte del proponente (art. 21 e 22); una seconda fase in cui si svolgono le consultazioni pubbliche
(art. 24 e 24-bis) e si acquisiscono i pareri tecnici e delle altre amministrazioni coinvolte (art. 24);
una terza fase in cui l’amministrazione competente (il Ministero o gli enti territoriali), procede,
con il supporto delle commissioni di verifica o degli altri enti tecnici, alla valutazione dello studio
d’impatto ambientale, delle eventuali informazioni supplementari fornite dal proponente e degli
esiti delle consultazioni (art. 25); una quarta fase, di adozione del provvedimento di VIA da parte
dell’autorità competente (art. 25) e un’ultima fase di integrazione del decreto di VIA nel provve-
dimento di approvazione o autorizzazione del progetto (art. 26).
114 MARGHERITA CROCE

funzionalmente competenti a esprimersi. Una seconda fase, decisoria, di valuta-


zione dei risultati dell’istruttoria e adozione del provvedimento finale, di com-
petenza dell’autorità statale, regionale o provinciale32.
Dal punto di vista della finalità, il procedimento di Via è volto alla deter-
minazione della misura di protezione da accordare all’interesse ambientale ri-
spetto all’utilità socio-economica associata al progetto33. Evidente è dunque la
natura squisitamente discrezionale degli apprezzamenti che l’amministrazione è
chiamata a svolgere: il provvedimento conclusivo del procedimento di Via pos-
siede, infatti, una «causa tipica»34 complessa e realizza un bilanciamento in con-
creto tra interessi pubblici e privati, produttivi e non produttivi.
Tuttavia, in virtù della forte tecnicità della normativa – fondante per la sua
stessa efficacia regolativa – il provvedimento discrezionale è ampiamente condi-
zionato dalle valutazioni tecniche affidate per legge a enti, organismi o personale
tecnico35, a cui possono aggiungersi le valutazioni tecniche espresse da ammini-
strazioni caratterizzate da expertise, eventualmente coinvolte nel procedimento,
perché territorialmente interessate o comunque competenti ad esprimersi (come
ad esempio accade con le Autorità di bacino).
Il procedimento di Aia, invece, è condizionante per l’autorizzazione all’e-
sercizio di un impianto potenzialmente nocivo per l’ambiente. La scansione pro-
cedimentale è simile a quella prevista per il rilascio della Via per quanto ri-
guarda l’articolazione dell’istruttoria e l’apertura alla partecipazione36, ma se ne
differenzia per la convocazione obbligatoria di una conferenza di servizi, nel-
l’ambito della quale vengono acquisite le eventuali «prescrizioni del sindaco di
cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, nonché la
proposta dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale [Ispra],
per le installazioni di competenza statale, o il parere delle Agenzie regionali e
provinciali per la protezione dell’ambiente [Arpa], per le altre installazioni, per
quanto riguarda le modalità di monitoraggio e controllo degli impianti e delle

32 V. nota 15.
33 In base al testo unico ambientale, infatti, il decreto di compatibilità ambientale ha la fina-
lità di «assicurare che l’attività antropica sia compatibile con le condizioni per uno sviluppo so-
stenibile, e quindi nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della sal-
vaguardia della biodiversità e di un’equa distribuzione dei vantaggi connessi all’attività econo-
mica» (art. 4, co. 3) A questo scopo, il provvedimento «individua, descrive e valuta, in modo
appropriato, per ciascun caso particolare» (art. 4, co. 4, lett. b), gli impatti ambientali (potenzial-
mente) prodotti dall’attività antropica, ossia gli «effetti significativi, diretti e indiretti» su molte-
plici fattori, quali: «popolazione e salute umana; biodiversità […] territorio, suolo, acqua, aria e
clima; beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio» e anche sulle loro dinamiche interazionali
(art. 5, co. 1, lett. c).
34 L’espressione è presa dalla sentenza Cons. St., sez. IV, 1° marzo 2019, n. 1423. Sui molte-

plici significati della nozione di “causa” nel diritto ambientale, si v. P. CARPENTIERI, La causa nelle
scelte ambientali, in Riv. sc. sup. econ. fin., 2006, 99 ss.
35 La Commissione tecnica di verifica (in caso di Via statale), soggetti con competenze tec-

nico-scientifiche interni all’amministrazione o figure di comprovata professionalità, competenza


ed esperienza, in caso di Via regionale o provinciale. V. art. 8 del testo unico ambientale.
36 V. art. 5, co. 1, lett. l-ter).
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 115

emissioni nell’ambiente»37. Il provvedimento è poi adottato dall’autorità statale


regionale o provinciale competente38.
Dal punto di vista della finalità, il procedimento di Aia consente la valuta-
zione contestuale delle distinte forme di inquinamento prodotte da un impianto
e del loro impatto sulle diverse matrici ambientali39. Esso si concentra, quindi,
sugli aspetti gestionali dell’impianto e fissa le condizioni di esercizio di quest’ul-
timo tenendo conto delle sue «caratteristiche tecniche […] della sua ubicazione
geografica e delle condizioni locali dell’ambiente»40. Più in particolare, l’Aia
detta: i valori limite delle emissioni, tenendo conto «della loro natura e delle
loro potenzialità di trasferimento dell’inquinamento da un elemento ambientale
all’altro» e sostituendoli, se del caso, con parametri e misure tecniche «equiva-
lenti»41; le «opportune disposizioni per la gestione dei rifiuti prodotti dall’im-
pianto e per la riduzione dell’impatto acustico»; «disposizioni adeguate per la
manutenzione e la verifica periodiche delle misure adottate per prevenire le
emissioni nel suolo e nelle acque sotterranee e disposizioni adeguate relative al
controllo periodico del suolo e delle acque sotterranee»42.
Come suggerisce l’uso di alcuni sintagmi (come la “potenzialità di trasferi-
mento dell’inquinamento”) e aggettivazioni (come “opportune” e “adeguate”
disposizioni, oppure “equivalenti” parametri e misure) le valutazioni tecniche
presupposte e contenute nel provvedimento di Aia hanno natura opinabile.
Questo margine di opinabilità non è interamente soppresso neanche dal rilievo
attribuito alle c.d. migliori tecniche disponibili (Bat)43, le quali non impongono
l’adozione di specifiche soluzioni impiantistiche e costituiscono solo delle indi-
cazioni di massima44 o al più, se contenute in documenti tecnici approvati dalla
Commissione europea, degli standard minimi di protezione ambientale45. Non
solo, come indicato nell’Allegato XI alla parte II del testo unico46, la fissazione
dei valori limite di emissione deve fondarsi su un giudizio costi-benefici.

37 In base all’art. 29-quater, co. 5 del testo unico ambientale, la conferenza si svolge ai sensi

degli artt. 14 e 14-ter della l. n. 241/1990. A questa «sono invitate le amministrazioni competenti
in materia ambientale e comunque, nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri dell’in-
terno, del lavoro e delle politiche sociali, della salute e dello sviluppo economico, oltre al soggetto
richiedente l’autorizzazione, nonché, per le installazioni di competenza regionale, le altre ammini-
strazioni competenti per il rilascio dei titoli abilitativi richiesti contestualmente al rilascio del-
l’AIA».
38 V. nota 15.
39 Disciplinata dal Titolo III-bis della Parte II del testo unico ambientale, l’Aia è attuativa

della Direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento.


40 Art. 29-sexies, co. 4.
41 Art. 29-sexies, co. 3.
42 Art. 29-sexies, co. 3.
43 Art. 5, co. 1, lett. l-ter.
44 L’art. 29-bis, co. 1 dispone, infatti, che le condizioni dell’Aia siano «definite avendo a ri-

ferimento le Conclusioni sulle Bat».


45 Nel senso che i livelli di emissione associati all’applicazione delle best available technolo-

gies indicate negli atti esecutivi della Commissione europea sono derogabili in melius da parte
delle amministrazioni nazionali, mentre la deroga in peius deve essere rigorosamente motivata in
relazione al caso concreto.
46 Richiamato dall’art. 29-bis, co. 1.
116 MARGHERITA CROCE

Anche il provvedimento di Aia, dunque, è condizionato da valutazioni tec-


niche e da apprezzamenti di tipo discrezionale tesi a realizzare un bilanciamento
tra gli interessi pubblici e privati, economici e non economici, interessati da
un’attività antropica inquinante47.
Accanto alla giurisprudenza sulle autorizzazioni «a valenza ambientale»48,
saranno richiamate anche le pronunce relative alle speciali “procedure operative
e amministrative” volte alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino delle condi-
zioni ambientali di siti contaminati, previste nel Titolo V della Parte IV del te-
sto unico.
In particolare, il procedimento di cui all’art. 242, di competenza degli or-
gani gestionali delle regioni49, possiede una struttura molto articolata, svilup-
pandosi «secondo una logica di accertamento progressivo della situazione di con-
taminazione [di un sito] e di adozione delle soluzioni tecniche più adeguate a
salvaguardare la salute e l’ambiente, mediante l’adozione delle migliori tecnolo-
gie disponibili»50.
L’avvio delle procedure è determinato dal «verificarsi di un evento che sia
potenzialmente in grado di contaminare il sito» o dall’«individuazione di conta-
minazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della
situazione di contaminazione». La rilevazione di tali presupposti è posta a carico
del soggetto responsabile dell’inquinamento, che deve procedere all’«indagine
preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento» al fine di verificare il li-
vello delle «concentrazioni soglia di contaminazione (CSC)» per come indivi-
duate nell’Allegato V alla parte IV del testo unico ambientale. Nel caso in cui la
rilevazione attesti il superamento di detti parametri, il responsabile ne dà «im-
mediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la de-
scrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adot-
tate».

47 Cons. St., sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5292, secondo cui l’Aia: «è atto che sostituisce, con

un unico titolo abilitativo, tutti i numerosi titoli che erano precedentemente necessari per far fun-
zionare un impianto industriale inquinante (assicurando così efficacia, efficienza, speditezza ed
economicità all’azione amministrativa nel giusto contemperamento degli interessi pubblici e privati
in gioco) e incide quindi sugli aspetti gestionali dell’impianto». Negli stessi termini: Cons. St., sez.
V, n. 5299/2012. Nella giurisprudenza di I grado, si v.: TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 20
settembre 2010, n. 7892; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583. La natura discre-
zionale del provvedimento di Aia è affermata anche dalla giurisprudenza costituzionale. Si. vv. le
sentenze n. 85/2013 e n. 58/2018 relative al caso Ilva, per le quali si rimanda a M. CECCHETTI, La
Corte costituzionale davanti alle “questioni tecniche” in materia di tutela dell’ambiente, in Federali-
smi.it., n. 14/2020, 46 ss.
48 Per questa terminologia, che comprende sia la Via che l’Aia, si v. G. ROSSI (a cura di), Di-

ritto dell’ambiente, cit., 69.


49 Secondo la giurisprudenza, gli atti del procedimento di bonifica e il provvedimento finale

sono di competenza degli organi gestionali delle amministrazioni perché, a differenza della loca-
lizzazione e della perimetrazione delle aree di bonifica rimesse alla competenza del Ministro, essi
non implicano l’esercizio di un potere di indirizzo politico (Cons. St., sez. VI, 6 dicembre 2013, n.
5857).
50 F. GRASSI, Bonifica ambientale di siti contaminati, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’am-

biente, cit., 432, corsivi aggiunti. Sul punto si v. l’allegato III, al Titolo V, Parte IV del testo unico
ambientale.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 117

Si apre, dunque, una prima fase di interlocuzione tra privato e amministra-


zione, incentrata sull’elaborazione da parte del primo e sulla valutazione da
parte della seconda del c.d. «piano di caratterizzazione», teso alla ricostruzione
dei fenomeni di contaminazione a carico delle matrici ambientali e volto a ri-
durre le concentrazioni di sostanze inquinanti. Il provvedimento di autorizza-
zione del piano di caratterizzazione è adottato dall’amministrazione competente
a seguito della convocazione di un’apposita conferenza di servizi e può conte-
nere anche prescrizioni integrative51.
Successivamente, «sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito
è applicata la procedura di analisi del rischio sito-specifica per la determina-
zione delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)». Il documento di analisi del
rischio predisposto dal responsabile dell’inquinamento è valutato e approvato
dall’amministrazione in sede di conferenza di servizi.
Qualora l’analisi del rischio abbia attestato il superamento dei parametri
CSR, il responsabile dell’inquinamento deve presentare entro sei mesi all’ammi-
nistrazione «il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicu-
rezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di ripara-
zione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accetta-
bilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito»;
progetto che viene poi valutato e approvato dall’amministrazione, sempre in
sede di conferenza dei servizi.
Ai fini dell’analisi della giurisprudenza sulle valutazioni tecniche ambien-
tali, tre sono le caratteristiche del complesso procedimento appena descritto che
meritano di essere sottolineate.
In primo luogo, il procedimento si connota per una intensa partecipazione
del privato: tutte le fasi istruttorie, volte ad elaborare i documenti tecnici (piano
di caratterizzazione, analisi del rischio e progetto di bonifica) devono, infatti,
svolgersi in contraddittorio tra privato e amministrazione, essendo anche possi-
bile che intervengano, in sede procedimentale, atti consensuali sostitutivi del
provvedimento, come l’accordo di programma52.
In secondo luogo, i provvedimenti di approvazione della caratterizzazione
e del progetto di bonifica devono contenere «adeguata ed analitica motivazione
rispetto alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza» di ser-
vizi.
In terzo luogo, la tecnicità delle operazioni determina il coinvolgimento di
numerosi soggetti a competenza tecnica che coadiuvano l’autorità competente
(l’ISPRA, l’Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’ENEA, l’ISS e, natu-
ralmente, le ARPA regionali). La qualificazione delle attività tecniche da questi
compiute dipende dalla struttura composita del procedimento, che prevede
«una combinazione dell’approccio tabellare (tipico della previgente normativa)

51 Ai sensi dell’art. 242, co. 3: «L’autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le
opere connesse alla caratterizzazione, sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, con-
certo, intesa, nulla osta da parte della pubblica amministrazione».
52 Artt. 242, co. 2 e 3 e art. 246 del testo unico.
118 MARGHERITA CROCE

e dell’analisi del rischio»53. Ai fini della conoscenza delle condizioni fattuali che
giustificano l’adozione del provvedimento, gli enti tecnici svolgono, quindi, atti-
vità riconducibili sia alla categoria degli accertamenti sia a quella delle valuta-
zioni tecniche. Tra queste ultime, attirano un particolare interesse le valutazioni
volte ad accertare la sussistenza del nesso di causalità tra il fenomeno inquinante
e il comportamento del soggetto privato destinatario del provvedimento54. È
solo l’accertamento del titolo soggettivo (colpa o dolo), infatti, a giustificare
l’imposizione di misure di messa in sicurezza e bonifica55.

2. I conflitti ambientali tra politicità e complessità istituzionale


Dopo aver circoscritto l’ambito delle valutazioni tecniche ambientali og-
getto di sindacato giudiziale, è ora utile inquadrare la natura delle vertenze rela-
tive ai “beni” ambientali, le quali, in esponenziale crescita in tutto il mondo56,
testimoniano degli inestricabili intrecci che sussistono tra utilizzo produttivo
delle risorse naturali, da una parte, e salute, benessere materiale e dignità della
persona, dall’altra57.
Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche ambientali tocca, in
questo senso, il cuore della questione ecologica per come essa si manifesta in
una società pluralista, connotata dal «conflitto di interessi irrinunciabili»58.
53 F. GRASSI, Bonifica ambientale di siti contaminati, cit., 429.
54 Il soggetto responsabile dell’inquinamento non coincide, infatti, necessariamente, con il
soggetto gestore del sito potenzialmente o sicuramente contaminato. Si pensi, in particolare, al caso
di «contaminazioni storiche» o di siti produttivi limitrofi. Di questo particolare profilo, la giuri-
sprudenza si è occupata in particolare con riferimento alle ordinanze di competenza provinciale di
cui all’art. 244 del testo unico. Tali ordinanze, che si risolvono in una «diffida a provvedere», ven-
gono in rilievo quando l’inquinamento è rilevato dalle amministrazioni e non dal soggetto che ne è
responsabile o dal gestore incolpevole del sito. Esse sono di competenza provinciale, anche nel caso
dei siti di interesse nazionale di cui all’art. 250 del testo unico (Cons. St., sez. IV, 6 aprile 2020, n.
2301).
55 Sul punto si v. TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 9 aprile 2013, n. 227 in cui, dopo

aver ribadito che la corretta applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” impone un
«rigoroso accertamento del nesso di causalità fra il comportamento del “responsabile” e il feno-
meno dell’inquinamento», il collegio considera necessario sottolineare che solo una condotta ille-
cita giustifica l’imputazione in capo a un soggetto dei costi ambientali, che sono in effetti «costi
sociali estranei alla contabilità dell’impresa». Cfr. Cons. St., sez. V, 12 marzo 2020, n. 1759: «[…]
resta fermo che il proprietario del terreno sul quale sono depositate sostanze inquinanti, che non
sia responsabile dell’inquinamento (c.d. proprietario incolpevole), è tenuto solo ad adottare le mi-
sure di prevenzione, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gra-
vano sul responsabile della contaminazione, ossia su colui al quale sia imputabile l’inquinamento».
56 Per una mappatura dei conflitti ambientali nel mondo è utile la consultazione del database

on-line Environmental Justice Atlas.


57 La radicalità delle questioni giuridiche sollevate dai conflitti ambientali è ben rappresen-

tata dal fenomeno dell’“accaparramento delle terre”, su cui si v.: M. D’ALBERTI, L’accaparramento
delle terre: tra diritto pubblico e privato, in Riv. it. sc. giur., 2016, 277 ss.; M. MARGULIS, N.
MCKEON, S.M. BORRAS (eds.), Land Grabbing and Global Governance, London, 2014; R. CONNELL,
Il silenzio della terra, in R. CONNELL, L. CORRADI, Il silenzio della terra, Milano, 2014, 103 ss. La
dimensione socioeconomica delle questioni ambientali è presa in considerazione anche a livello
scientifico. Si v., ad esempio, le analisi sui sistemi ecologici condotte da R. LEVINS, Whose scienti-
fic method? Scientific methods for a complex world, in New Sol., vol. 13(3), 2003 (spec. 266).
58 F. SPANTIGATI, Le categorie giuridiche necessarie per lo studio del diritto dell’ambiente, cit.,
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 119

Negli ultimi anni, per un operare congiunto di fattori – dai cui effetti non
vanno indenni anche altre aree del contenzioso – le controversie in materia am-
bientale avviate davanti alla giurisdizione amministrativa, oltre ad essere cre-
sciute in quantità, sono anche cambiate in qualità, nella misura in cui il giudice
rischia, in molti casi, di pronunciarsi sul «conflitto politico e sociale che è sotteso
alla controversia esaminata»59.
La richiesta di mediazione e sintesi politica rivolta al giudice è sicuramente
divenuta più intensa negli ultimi anni, ma si possono trovare casi significativi an-
che agli inizi di questo secolo. Emblematica, sul punto, è una delle prime sen-
tenze sulla realizzazione di un’autostrada nel Veneto60, nella quale il tribunale
regionale, prima di motivare in punto di diritto e disporre l’annullamento del
provvedimento impugnato, premette – riferendosi all’opposizione sociale e delle
amministrazioni locali alla costruzione dell’opera e alle critiche che possono
muoversi al modello economico che ne è sotteso – di sentirsi investito di una
«questione di democrazia sostanziale». Una sentenza che sarà riformata dal
Consiglio di Stato proprio in base alla considerazione per cui il giudice di primo
grado si sarebbe così eretto a «tutore del merito amministrativo»61.
Alla luce di queste brevi considerazioni non stupisce che, nella maggio-
ranza delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di Via e Aia, prota-
gonisti del processo siano, su un fronte, i cittadini residenti nel territorio inte-
ressato da un’attività antropica potenzialmente nociva e gli enti esponenziali di
interessi diffusi62 e, sul fronte opposto, le imprese titolari (o aspiranti titolari)
dell’autorizzazione alla realizzazione o alla gestione di tali attività. Ai processi
partecipano, quindi, gli stessi soggetti che hanno preso parte al procedimento
amministrativo, che tendono a riproporre in giudizio le osservazioni presentate
in quella sede.
Sul versante pubblico, la struttura dei processi riflette, invece, la complessità
dell’organizzazione policentrica della tutela amministrativa dell’ambiente: le am-
ministrazioni coinvolte nei giudizi, infatti, variano a seconda dell’atto impugnato63.

221 ss., che vede il diritto ambientale come «effetto e causa» del pluralismo e sottolinea la qualità
intrinsecamente soggettiva dei giudizi che riguardano la preservazione e la trasformazione delle ri-
sorse naturali e del contesto ambientale (223). L’esistenza di un’intensa conflittualità sociale è al
centro anche delle ricostruzioni dottrinarie che considerano il diritto dell’ambiente un terreno di
superamento delle categorie della scienza giuridica positivista al fine di spostare l’attenzione dalla
questione della titolarità dei beni (siano essi imputati allo Stato-apparato o a singoli privati pro-
prietari) all’esigenza «di soddisfare gli interessi della collettività che trovano espressione attraverso
lo Stato-comunità», P. MADDALENA, La scienza del diritto ambientale ed il necessario ricorso alle ca-
tegorie giuridiche del diritto romano, in Riv. quad. dir. amb., n. 2/2011, 9.
59 A. PAJNO, Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2018, corsivi aggiunti.
60 TAR Veneto, Venezia, sez. I, 12 maggio 2005, n. 2234.
61 Cons. St., sez. VI, 18 gennaio 2006, n. 129.
62 Sull’evoluzione dei criteri con cui valutare la sussistenza della legittimazione ad agire e

dell’interesse a ricorrere dei comitati e delle associazioni ambientaliste si v. ampiamente Cons. St.,
sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36.
63 Restringendo il campo di osservazione alle controversie prese in considerazione in questo

contributo, si può rilevare che, nella gran parte delle occasioni, parti del processo sono: il Mini-
stero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (nel caso di Aia e Via statali), il Mini-
stero dei beni e delle attività culturali e del turismo (che agisce di concerto con il primo nel caso
120 MARGHERITA CROCE

Vi è poi il caso specifico della Via speciale per le opere strategiche64, in cui il
provvedimento di compatibilità ambientale viene adottato dal Comitato inter-
ministeriale per la programmazione economica (su proposta del Mit), che dun-
que partecipa ai relativi giudizi. Infine, ricorrono significative ipotesi in cui par-
tecipa al processo amministrativo anche il Consiglio dei ministri: ciò avviene
quando, nell’ambito della procedura di Via, si attiva su istanza del proponente
o dei ministri interessati la procedura per il deferimento della questione all’or-
gano politico di vertice dell’amministrazione oppure quando questo interviene
per il superamento del dissenso tra amministrazioni65.
Le criticità sottese all’utilizzo di moduli di azione concertativi incidono,
prima ancora che sull’intensità del sindacato giurisdizionale, sulla tenuta degli
equilibri istituzionali: le ipotesi di conflitto tra pubbliche amministrazioni e tra
livelli territoriali di governo sono, infatti, molto ricorrenti. Come riportato dal
Presidente Pajno, il caso delle autorizzazioni alla localizzazione e realizzazione
di infrastrutture strategiche è emblematico di un «sistema di giustizia ammini-
strativa […] sempre più spesso invocato dai livelli di governo territoriale che la-
mentano il loro mancato o non adeguato coinvolgimento nell’adozione di talune
scelte statali»66. Una conseguenza pratica di questa tendenza è che, molto
spesso, le istituzioni di prossimità (specie i Comuni) si trovano ad affiancare i
cittadini residenti e gli enti esponenziali di interessi diffusi, condividendo la
stessa parte processuale67.

di Via statale), gli organi politici o dirigenziali delle Regioni e delle Province (nei casi di procedi-
menti di Via e Aia regionali o provinciali). In molte occasioni poi, poiché le normative prevedono
la convocazione di una conferenza di servizi ai fini del rilascio del provvedimento, ai processi giu-
risdizionali partecipano anche gli altri ministeri che, di volta in volta, hanno preso parte al modulo
procedimentale concertativo. Per quanto di specifico interesse, la convocazione di una conferenza
di servizi è prevista dal testo unico ambientale per il rilascio dell’Autorizzazione integrata am-
bientale (ex art. 29-quater) e per l’approvazione del piano di caratterizzazione o del progetto di
bonifica di cui all’art. 242.
64 Inizialmente prevista dal d.lgs. n. 190/2002 (attuazione della l. n. 443/2001), abrogato dal

d.lgs. n. 163/2006 (art. 182 ss.). Il Codice dei contratti pubblici del 2016 ha abrogato anche que-
st’ultima normativa, disponendo l’applicazione delle norme sulla Via ordinaria. Tuttavia, gli artt.
182 ss. del d.lgs. n. 163/2006 si applicano ancora ai procedimenti avviati precedentemente all’en-
trata in vigore del nuovo Codice e alle varianti. La via speciale si svolge sul progetto preliminare
(più dettagliato del preliminare definito dal Codice dei Contratti) e l’istruttoria è affidata a una
Commissione tecnica ad hoc, composta da diciotto membri, oltre il presidente, scelti tra professori
universitari, professionisti ed esperti particolarmente qualificati in materie progettuali, ambientali,
economiche e giuridiche, e tra dirigenti della pubblica amministrazione (art. 184 d.lgs. n.
163/2006). Il procedimento di Via speciale si conclude con atto del Cipe, adottato su proposta del
Ministero dei trasporti, sulla base del parere espresso dal Ministero dell’ambiente e dal Mibact
(art. 165 del d.lgs. n. 163/2006).
65 In questi casi si applicano rispettivamente l’art. 25 del testo unico ambientale (v. modifi-

cato da ultimo dall’art. 50, co. 1, lett. m), n. 1), d.l. 16 luglio 2020, n. 76), e la disciplina generale
dell’art. 5, co. 2, lettera c-bis), della l. 23 agosto 1988, n. 400 (su questo si v. TAR Lazio, sez. III,
2 novembre 2017, n. 10936).
66 A. PAJNO, Relazione, cit.
67 Sul punto si v. A. AVERARDI, Amministrare il conflitto: costruzione di grandi opere e parte-

cipazione democratica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2015, 1173 ss., che riporta una serie di dati statistici
da cui emerge che poco meno della metà delle contestazioni è, non solo sostenuta, ma anche gui-
data da amministratori locali e di enti pubblici.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 121

Quando, invece, si tratta di esaminare la legittimità dei provvedimenti di


approvazione di cui all’art. 242 e delle ordinanze di cui all’art. 244, parti del
processo sono il privato destinatario del provvedimento (molto spesso un’im-
presa), le amministrazioni competenti all’adozione dei provvedimenti, quelle
che hanno preso parte alle conferenze di servizi, oltre che gli enti tecnici che
hanno svolto gli accertamenti e le valutazioni tecniche.

3. I principali orientamenti giurisprudenziali


All’interno del quadro appena disegnato, la mole del contenzioso e l’as-
senza di analisi empiriche rendono poco praticabile un’analisi statistica delle
pronunce, che potrebbe fornire risultati poco attendibili. In questo paragrafo si
darà quindi conto degli indirizzi consolidati, per come essi emergono dalla let-
tura dei principali passaggi motivi massimati nelle banche dati e aventi ad og-
getto le valutazioni ambientali in ambito di Via, Aia e siti contaminati68. Nel pa-
ragrafo seguente, ai fini dell’analisi delle tecniche di controllo concretamente
adottate dai giudici, si darà invece rilievo alle sentenze che sono apparse più si-
gnificative sotto il profilo argomentativo.
Dallo spoglio delle massime, la giurisprudenza amministrativa in tema di
Via e Aia appare particolarmente sensibile al pericolo di incorrere in un’indebita
intromissione nella sfera di competenza dell’amministrazione. Prima facie si ha
infatti l’impressione di ripercorrere una rassegna di elementi che, cumulativa-
mente considerati, valgono come indici di una tendenziale “riserva di potere va-
lutativo”69 in capo alla pubblica amministrazione.
Per quanto riguarda le procedure di Via, è bene in primis rilevare che le
sentenze sono caratterizzate da diffuse ambiguità argomentative dal momento
che, nello stesso impianto motivazionale, il decreto (conclusivo del sub-procedi-
mento) e anche lo stesso parere tecnico della Commissione di verifica sono qua-
lificati, contemporaneamente, come espressione di discrezionalità tecnica, am-

68 Per questa ricerca si sono utilizzate le banche dati De Jure e Leggi d’Italia, restringendo

la ricerca, dal punto di vista cronologico, agli ultimi dieci anni.


69 Sui requisiti che devono sussistere al fine di configurare un “spazio” di valutazione riser-

vato all’amministrazione le voci in dottrina sono piuttosto diversificate. Tra quelle che sostengono
la necessità di assicurare un tale spazio, vi è chi mette l’accento sulla legittimazione tecnica degli
organi a cui viene affidata la competenza delle valutazioni (D. DE PRETIS, Valutazione amministra-
tiva e discrezionalità tecnica, Padova, 1995), e chi, invece, facendo leva sulla “complessità” delle
valutazioni tecniche (e quindi sugli intrecci tra opportunità e opinabilità all’interno della stessa va-
lutazione tecnica) fonda la “riserva tecnica” di amministrazione sull’appartenenza (sebbene in
modo mediato) di questa al circuito di rappresentanza democratica (C. MARZUOLI, Potere ammi-
nistrativo, cit.). Posizioni che, invece, in linea di principio si pongono a favore di una riduzione
degli spazi di valutazione riservati, ammettono comunque che alcuni giudizi amministrativi, come
quelli caratterizzati da irripetibilità e soggettività, debbano essere sindacati soli in modo estrin-
seco: v. F. LEDDA, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. proc.
amm., 1983, 371 ss. e V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità e sindacato di legittimità, in
Dir. proc. amm., 1984, 463 ss.
122 MARGHERITA CROCE

ministrativa, mista o “istituzionale”70. Emblematico è il cospicuo numero di sen-


tenze in cui ricorre la citazione della seguente massima: «Nel rendere il giudizio
di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione […] esercita una am-
plissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in
quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di
misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discre-
zionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli inte-
ressi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della deci-
sione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che ammi-
nistrativo […]»71.
Questa massima testimonia la ricorrente difficoltà di distinguere gli ap-
prezzamenti (tecnici) che riguardano i fatti presupposti del provvedimento, da
quelli (discrezionali) che attengono alla sua parte dispositiva72.
Ciò è dovuto a una serie di ragioni, in gran parte riconducibili alla natura
“relazionale” dell’interesse ambientale. Sotto questo profilo, assume un rilievo
preminente la già citata complessità della «causa tipica» della Via73, che si carat-
terizza per la «pluralità degli interessi pubblici da ponderare e da bilanciare» in
sede procedimentale74. Analoghe considerazioni possono svolgersi anche nei
confronti del provvedimento di Aia75.
Le valutazioni ambientali connesse al rilascio della Via e dell’Aia, soprat-
tutto in virtù del loro carattere prognostico, sembrano, inoltre, potersi ricon-
durre a quella tipologia di attività tecniche amministrative che in dottrina è stata

70 Come è stato notato, il potere amministrativo viene ricostruito nei termini di un giudizio

di prevalenza quantitativa piuttosto che in termini «di giudizio di appartenenza esclusiva (o alla di-
screzionalità tecnica o, all’opposto, alla discrezionalità amministrativa)», F. ANCORA, Alcune preci-
sazioni in tema di «valutazioni di impatto ambientale» contenute in una interessante sentenza, in
Giur. mer., 2001, 1141b (corsivi aggiunti).
71 TAR Lazio, Roma, sez. III, 17 aprile 2020, n. 4009. Si vv., inoltre, tra le tante: Cons. St.,

sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 1240; TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 26 novembre 2018, n. 11460;
Cons. St., sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783 e Cons. St., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; Cons. St. sez.
IV, 27 marzo 2017, n. 1392 (sulla Trans-Atlantic Pipeline); TAR Veneto, Venezia, sez. III, 25
marzo 2016, n. 311; Cons. St., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246.
Per il riferimento alla discrezionalità “mista” si v. invece, TAR Toscana, Firenze, sez. II, 10
luglio 2017, n. 921.
72 Riferimento implicito di tale problematica è la differenziazione tra attività (intellettive) di

giudizio e attività (volitive) di scelta sostenuta da M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pub-
blica amministrazione, Concetto e problemi, Milano, 1939, 76 ss. e F. LEVI, L’attività conoscitiva
della pubblica amministrazione, Torino, 1967, 220 ss. Sui rapporti tra le categorie di discreziona-
lità “amministrativa” e “tecnica” e l’articolazione del procedimento in fasi conoscitive e disposi-
tive con specifico riferimento alla materia ambientale si v.: G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato
giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia ambientale, cit., che, distinguendo le norme che
attribuiscono all’amministrazione un potere qualificabile come “discrezionalità tecnica” da quelle
che, invece, configurano un potere discrezionale “a contenuto tecnico”, conclude che un intreccio
inestricabile tra giudizi tecnici e valutazioni discrezionali, già nel momento conoscitivo, si dà solo
in riferimento all’ultima ipotesi.
73 V. supra note 33 e 34.
74 In termini, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 8 marzo 2013, n. 627. Si v. anche TAR To-

scana, Firenze, sez. II, 20 aprile 2010, n. 986 e Cons. St., n. 1783/2013.
75 V. supra nota 47.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 123

definita come «apprezzamenti tecnici di tipo operativo». Tali attività, che si con-
cretizzano nell’elaborazione di una «terapia» – ossia di «azioni (future) da porre
in atto per risolvere un dato problema sul quale è richiesto l’intervento della
p.a.» – pongono il problema della «preventiva selezione e composizione degli
interessi» da parte dell’organo tecnico che procede alla valutazione76.
Gli stessi pareri tecnici alla base dei provvedimenti comprendono, infatti,
valutazioni complesse relative a bilanciamenti di interessi che le commissioni (e
non solo esse) compiono sulla base di criteri di opportunità77. La difficoltà di
sciogliere tale nodo problematico è accresciuta dal fatto che le Commissioni
(Via/Vas e IPPC) cui sono demandate le valutazioni tecniche sono composte,
non solo da scienziati e tecnici ambientali, ma anche da esperti in materie giuri-
diche ed economiche78.
A ciò si aggiungano i profili di criticità connessi alla disciplina normativa
dei procedimenti, che non chiarisce in modo definitivo il rapporto di condizio-
namento sostanziale che sussiste tra i pareri tecnici resi dai soggetti pubblici
competenti e le decisioni finali79.
Il testo unico ambientale si occupa, infatti, più che altro, di disciplinare i
rapporti tra gli atti conclusivi dei sub-procedimenti (di assoggettabilità a Via80 e
di Via) e i provvedimenti autorizzatori o concessori (tra cui anche la stessa

76 F. SALVIA, Attività amministrativa, cit., spec. 705-708 (corsivi nel testo aggiunti), al quale

si rimanda per una serie di istruttivi esempi.


77 Emblematica la recente sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. III, 1 luglio 2020, n. 7424

che, nel confermare la legittimità di un decreto di compatibilità ambientale positivo, argomenta


che: «Il parere della CTVIA […] dà atto che il metanodotto soddisfa, dunque, una serie di fina-
lità di interesse generale: ambientali (favorendo la sostituzione dei combustibili più inquinanti –
petrolio, carbone ecc. – con una fonte di energia pulita), di incremento della sicurezza dell’approv-
vigionamento energetico nazionale, con la diversificazione delle fonti energetiche, dei punti di en-
trata del gas sul territorio nazionale da più aree geografiche di importazione (Africa, con approdo
in Sicilia, e Asia, con approdo in Puglia), di promozione della concorrenza (consentendo l’accesso
alla rete di trasporto a più operatori della vendita del gas in competizione tra loro, con benefici
per i consumatori e il sistema economico), di miglioramento della flessibilità e dell’affidabilità del
sistema di trasporto (favorendo l’offerta di più alternative di trasporto, in caso di indisponibilità di
linee, per incidenti, guasti, manutenzioni), di promozione delle reti transeuropee di energia, di po-
tenziamento/supporto per le reti locali». In senso analogo, nella già citata sentenza del TAR La-
zio, Roma, n. 4009/2020, la presenza di apprezzamenti discrezionali – relativi alla valutazione
della necessità di costruire l’opera «in funzione delle esigenze di esercizio del sistema elettrico na-
zionale regionale» – è dai giudici rilevata all’interno della relazione commissionata dall’ARPA-
FVG a un perito, professore universitario di ingegneria. Risulta assimilabile la sent. Cons. St., sez.
VI, 22 settembre 2014, n. 4775 in cui, però, il collegio fa riferimento al solo interesse paesistico:
«la valutazione di impatto ambientale deferita al Comitato tecnico non può essere ridotta alla sola
verifica dell’impatto ecologico (ossia, dell’incidenza sull’ambiente-quantità), ma – come dimo-
strato dalle riportate definizioni legislative – ricomprende una serie di altri aspetti (quale, prima-
riamente, l’incidenza sull’ambiente-qualità, id est sul paesaggio), legittimamente tenuti in conside-
razione dal Comitato medesimo».
78 V. supra note 16 e 17.
79 Sulla questione dell’incidenza dei pareri tecnici «sul contenuto del provvedimento finale»

si v. F. SALVIA, Attività amministrativa, cit., 708 ss., e infra par. 4.


80 Per le opere di cui all’art. 6, co. 6, è prevista una fase prodromica, c.d. di screening, volta

a stabilire l’assoggettabilità a Via di un dato progetto (art. 19). In caso di esito negativo, è lo stesso
decreto di non assoggettabilità che può contenere prescrizioni conformative.
124 MARGHERITA CROCE

Aia)81. Rispetto, invece, al singolo sub-procedimento di Via, le normative pri-


marie e secondarie si limitano a stabilire che il decreto di compatibilità ambien-
tale – che costituisce un «provvedimento motivato»82 autonomamente impugna-
bile83 – venga «adottato sulla base dell’istruttoria»84, all’interno della quale la
Commissione tecnica di verifica esprime il proprio «parere motivato»85, che ri-
sulta quindi obbligatorio ma non vincolante.
A fronte della lacunosità normativa, le sentenze fanno di rado esplicito ri-
ferimento all’infungibilità dei pareri tecnici resi in sede istruttoria86, ma non
mancano passaggi motivi che richiamano l’expertise delle amministrazioni coin-
volte, specie al fine di limitare il ricorso ai mezzi istruttori a disposizione del giu-
dice amministrativo87.
81 Art. 10, d.lgs. n. 152/2006.
E anche su questo profilo non mancano incertezze. Nella giurisprudenza degli ultimi
vent’anni il decreto di compatibilità ambientale è considerato, infatti, sicuramente vincolante solo
dal punto di vista procedimentale, nel senso che la sua pretermissione determina l’illegittimità del
successivo provvedimento autorizzatorio o concessorio. Dal punto di vista del vincolo contenuti-
stico che esso potrebbe dispiegare si registrano, invece, alcune differenze di atteggiamento, a se-
conda che il giudizio di compatibilità abbia segno negativo o positivo. Secondo il Cons. St., sez.
V, 17 ottobre 2012, n. 5294: «la valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare
l’autorità decidente, attraverso l’apporto di elementi tecnico scientifici, idonei ad evidenziare le ri-
cadute sull’ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera. Si tratta di un forte
vincolo procedimentale, che non determina però l’automatico diniego di autorizzazione in caso di va-
lutazione negativa, che può essere superata con determinate procedure e con adeguata motiva-
zione… parimenti, l’autorizzazione potrebbe essere negata in ipotesi di V.I.A. favorevole». In questo
senso, l’eventuale annullamento del decreto di Via determina effetti solo vizianti, e non caducanti,
nei confronti del successivo provvedimento autorizzatorio o concessorio. Invece, secondo Cons.
St., sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928: «non può ragionevolmente negarsi che la valutazione negativa
di impatto ambientale condizioni negativamente il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione
integrata ambientale, giacché non può logicamente ancor prima che giuridicamente, ammettersi
che un impianto non compatibile con l’ambiente possa ottenere le autorizzazioni necessarie per il
suo funzionamento». In termini analoghi anche Cons. St., sez. V, 6 luglio 2016, n. 3000.
82 Di competenza del Ministro dell’Ambiente previo concerto con il Ministro dei beni e

delle attività culturali e del turismo.


83 Ex multis: Cons. St., sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 5092 e Cons. St., sez. IV, 13 settembre

2017, n. 4327, nella quale si precisa che la Via è impugnabile in modo autonomo dal soggetto in-
teressato quando abbia avuto esito negativo e dai controinteressati in caso di esito positivo.
84 Art. 5, co. 1, lett. o), d.lgs. n. 152/2006.
85 Art. 2 d.m. n. 342/2017.
86 Si v. Cons. St., n. 1392/2017 nella quale l’infungibilità del parere tecnico reso dalla Com-

missione Via è uno degli elementi che «conducono alla reiezione della doglianza, senza che si
possa neppure ipotizzare la necessità di un supplemento di istruttoria da parte del Collegio». In
dottrina è stato comunque contestato che l’infungibilità dei pareri tecnici ambientali sancita dalla
l. n. 241/90, dalla quale discende una «riserva di valutazione tecnica (e [...] di rilascio di pareri)
sul piano procedimentale», «possa automaticamente» comportare «un’analoga riserva anche nei
confronti del giudice amministrativo», C. VIDETTA, Le valutazioni tecniche ambientali tra riserva
procedimentale e self restraint del giudice amministrativo, in Foro amm. Tar, 2005, 1359 ss.
87 Ad esempio, nel giudizio concluso con la sentenza Cons. St., sez. V, 17 gennaio 2011, n.

220, nel quale è stata in parte confermata la legittimità di un’Aia rilasciata ai sensi del d.lgs. n.
59/2005: «conformemente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, l’amministrazione, nel
fare riferimento al parere dell’ufficio regionale […] nel quale è affermato che l’ampliamento si in-
serisce in zona a massima pericolosità geomorfologica tre e non quattro, ha fondato la propria de-
cisione su un parere tecnico emanato da un organo altamente specializzato [l’Ufficio Regionale per
la Tutela dell’Acqua e del Territorio di Pistoia e Prato], rispetto al quale la perizia di parte non è
idonea a dimostrare lo stato di estrema pericolosità di dissesto idrogeologico ipotizzato dalle as-
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 125

Sul punto è interessante notare che anche in recenti studi sulla giurispru-
denza costituzionale in materia ambientale, la ritrosia del giudice delle leggi ad
entrare nel merito delle questioni tecnico-scientifiche è stata ricondotta alle la-
cune dei procedimenti normativi (piuttosto che a pretese manchevolezze del si-
stema di giustizia costituzionale) e, in particolare, all’assenza di una “metanor-
mativa” che disciplini i rapporti tra l’acquisizione dei pareri tecnici e l’assun-
zione di valutazioni politiche nell’ambito del processo legislativo88.
La struttura dei procedimenti ambientali, comunque, influenza gli orienta-
menti giurisprudenziali anche al di là di questo specifico aspetto. Anche in que-
sto ambito sembra, infatti, confermarsi quella più generale linea di trasforma-
zione della giurisdizione amministrativa, tale per cui: in presenza di complesse
istruttorie tecniche e ampie consultazioni pubbliche, il sindacato del giudice «si
evolve e si rivolge non più solo all’atto finale, ma al procedimento, per assicu-
rare una tutela piena, per rinvenire ulteriori elementi di conoscenza e per poter
affermare la legalità procedimentale […]»89. Ma il trade-off tra rispetto delle re-
gole e delle garanzie procedimentali e intensità del sindacato giurisdizionale
viene alla luce soprattutto in sede di controllo sulla motivazione degli atti: è at-
traverso quest’ultima che il giudice valuta la sufficienza dell’attività istruttoria
svolta, specie per quanto riguarda la congrua considerazione dei pareri tecnici e
l’effettivo esercizio del right to be heard dei privati intervenuti90.
Vi sono poi casi in cui l’indirizzo orientato al self-restraint viene dai giudici
argomentato facendo leva sulla natura politica dell’organo competente ad adot-
tare il provvedimento finale. Ciò riguarda in particolare il decreto di Via91, che
viene in questi casi spesso definito come «un provvedimento con cui viene eser-
citata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo con parti-
colare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la
cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici
(urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e
privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di
governo, nel caso di specie la Giunta regionale»92.
Come è stato notato, questa tendenza generale valorizza gli spazi di deci-

sociazioni appellanti». Si v. anche Cons. St., sez. V, 2012, n. 2234 ove i profili di censura, per
carenza di istruttoria, sollevati avverso il provvedimento di Aia «si infrangono su risultanze
dell’istruttoria qualificate (in particolare il parere dell’Arpa) univocamente positive».
88 M. CECCHETTI, La Corte costituzionale davanti alle “questioni tecniche”, cit.
89 F. PATRONI GRIFFI, Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, che collega tale

tendenza al fatto che «la posizione di equiordinazione tra interessi pubblici, disposta, quasi sem-
pre, dalla disciplina sostanziale, “scarica” la soluzione dei problemi sul procedimento».
90 V. infra par. 4.
91 Per molto tempo la qualificazione dell’atto di Via seguiva il binomio “competenza del-

l’organo politico statale/atto di indirizzo” e “competenza dell’organo dirigenziale regionale/atto di


gestione”. Questa differenziazione è stata nel tempo superata dalla tendenza a riconoscere anche
alla Via regionale la natura di atto di indirizzo politico-amministrativo e affidando l’adozione della
stessa alla competenza del Presidente della Giunta Regionale.
92 Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254. Cfr.: Cons. St., sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928;

TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 8 giugno 2016, n. 218; Cons. St., sez. V, 11 luglio 2016 n.
3059; Cons. St., sez. IV, 10 febbraio 2017, n. 575.
126 MARGHERITA CROCE

sione degli organi politici, confinando le commissioni e gli enti tecnici a un


ruolo meramente ausiliario93, forse allo scopo di «controbilanciare» il ruolo
«sempre più spesso, determinante e non solo condizionante» degli scienziati e
degli esperti94.
Tuttavia, vi sono anche pronunce che non attribuiscono alla Via una fun-
zione di indirizzo politico-amministrativo95 e non valorizzano (sebbene nem-
meno escludano) la competenza dell’organo politico. Nondimeno, anche in que-
sti casi il provvedimento finale, che è qualificato da “amplissima discreziona-
lità”, è sindacabile «nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi
di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia
mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo scon-
finamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione»96.
L’argomento del “decisore finale”, quindi, sebbene capace di fondare una
riserva di potere valutativo in capo alla p.a., non sembra determinante ai fini
della limitazione del sindacato giurisdizionale, che può, appunto, comunque
giustificarsi in relazione ad altri fattori.
In conclusione, in tema di autorizzazioni a valenza ambientale, la limita-
zione del sindacato giurisdizionale si giustifica in base all’uso combinato di vari
argomenti – la sovrapposizione tra valutazioni tecniche e scelte discrezionali, la
complessità e il garantismo dei procedimenti amministrativi, la qualificazione
tecnica delle autorità, la natura politica del decisore finale – atti a ribadire la ne-
cessità di assicurare uno spazio di valutazione riservato in capo alle amministra-
zioni preposte alla tutela dell’interesse ambientale97.

93 Per un commento alla riforma di cui al d.lgs. 16 giugno 2017, n. 104 quale conferma di

questa tendenza si v.: R. DI PACE, A. RALLO, A. SCOGNAMIGLIO (a cura di), Impatto ambientale e bi-
lanciamento di interessi. La nuova disciplina della valutazione di impatto ambientale, Napoli, 2018
e, in particolare, i contributi di A. MILONE, M. CECCHETTI e E. SCOTTI.
94 Così M. BROCCA, Interessi ambientali e decisioni amministrative, cit., 180 e 197, che porta

ad esempio la riforma della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS,
per opera del d.lgs. n. 104/2017 (cfr. nota 16). Ciò accade, in particolare, quando nel procedi-
mento viene coinvolto l’organo politico di ultima istanza, ossia il Consiglio dei ministri (su cui v.
supra par. 2). Da sottolineare che in queste ipotesi, così come accade anche nei casi di Via speciale
per le opere strategiche, i provvedimenti finali vengono ricondotti alla categoria degli atti di «alta
amministrazione che afferiscono alla discrezionalità tecnica», Cons. St., sez. VI, 18 gennaio 2006,
n. 129. V. il commento di R. LAI, Alta amministrazione e VIA: tra discrezionalità tecnica e «discre-
zionalità politica», in Riv. giur. amb., 2006, spec. 516 ss.
95 Cons. St., sez. V, del 9 aprile 2015, n. 1805 secondo cui: «la funzione di indirizzo politico-

amministrativo presuppone l’autonoma individuazione di fini da perseguire (sia pur nell’ambito di


quelli generali in ogni caso stabiliti dalla legge), ipotesi che non ricorre nel caso di specie in cui le
finalità e gli obiettivi della Via sono individuati dalla legge e dalla stessa espressamente rego-
lamentati».
96 Cons. St., n. 1392/2017, in cui, cautamente e rigorosamente, il collegio si distanzia dalla

ricostruzione (fatta propria dalla sentenza del Tar appellata, oltre che dalla giurisprudenza del
Consiglio stesso) della Via come atto di indirizzo politico-amministrativo, ritenendo tuttavia che il
provvedimento «è attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa
sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto
all’interesse dell’esecuzione dell’opera».
97 Ciò dà luogo ad apparati argomentativi di tipo ricorsivo e, alle volte, tautologico. Sul

punto si v. infra par. 4.


LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 127

Per quanto riguarda, invece, i procedimenti di messa in sicurezza, bonifica


e ripristino ambientale dei siti contaminati, il sindacato giurisdizionale è appa-
rentemente orientato verso un più attento riesame del «substrato fattuale»98
della controversia.
Ciò potrebbe trovare ragione nel fatto che (a differenza di quanto accade
nelle autorizzazioni a valenza ambientale) le prescrizioni relative alle soluzioni
tecniche da adottare, essendo volte alla rimozione dei danni arrecati ai beni am-
bientali o al ripristino delle condizioni di gestione idonee a non comprometterli
in futuro, si pongono come esecutive di un previo bilanciamento di interessi. La
misura di protezione da accordare alle risorse e alle matrici naturali è, infatti,
previamente stabilita dalle norme legislative che codificano i valori soglia di in-
quinamento, o dettano i criteri direttivi per individuarli99. In questo senso, i giu-
dizi in materia di bonifica presentano alcuni tratti in comune rispetto a quelli
che vertono sull’esercizio da parte delle amministrazioni tecniche ambientali di
poteri di vigilanza e controllo100.
La specificità delle sentenze in tema di bonifiche sembra essere rappresen-
tata, però, dalla maggior propensione del g.a. a censurare l’atto amministrativo,
o almeno ad approfondire l’esame dei suoi presupposti di fatto, quando questo
abbia natura sanzionatoria e onerosa per il privato.
Un filone cospicuo della giurisprudenza si è occupato di chiarire le diffe-
renze che sussistono tra le misure di messa in sicurezza d’emergenza101, che ap-
partengono al «genus delle precauzioni» e non hanno carattere sanzionatorio102
e le misure di messa in sicurezza definitive e di bonifica che, invece, lo possie-
dono103. È in relazione a queste ultime che il controllo sulla correttezza proce-

98 Così la premessa alla parte motiva della sentenza Cons. St., sez. V, 22 maggio 2015, n.
2569.
99 V.supra par. 1.
100 Siv. ad esempio TAR Toscana, Firenze, sez. II, 17 ottobre 2013, n. 107 (relativa alla cen-
trale geotermica Bagnore 4) che, confermando la Via regionale positiva, annulla invece l’autoriz-
zazione unica ambientale per difetto dei presupposti e carenze motivazionali. Il collegio individua
profili di contraddizione tra i verbali di accertamento dell’ARPA, che rilevano l’inottemperanza
alle prescrizioni impartite con la Via, e il rilascio dell’autorizzazione (norma: art. 18 l.r. n.
79/1998), affermando, in linea di principio, che la competenza in materia di verifica dell’ottem-
peranza alle prescrizioni, attribuita all’Arpa, non costituisce espressione dello stesso potere eserci-
tato dall’autorità che ha pronunciato la compatibilità ambientale dell’opera. Infatti: «mentre le de-
terminazioni con le quali si impongono le prescrizioni migliorative al progetto definitivo costitui-
scono l’esercizio di un potere che, incidendo sull’assetto del territorio, avviene mediante scelte che
debbono necessariamente essere rimesse al vertice politico dell’ente competente, la verifica del-
l’attuazione delle prescrizioni, operando sul piano della vigilanza e del controllo, costituisce
espressione della funzione tecnica e non politica».
101 Definite dall’art. 240, co. 1, lett. m) del testo unico. Le «condizioni di emergenza» sono

invece definite dall’art. 240, co. 1, lett. t).


102 Si v. Cons. St., sez. V, 14 aprile 2016, n. 1509; sez. VI, 5 ottobre 2016, n. 4119; sez. V, 8

marzo 2017, n. 1089, sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 81; sez. V, 12 marzo 2020, n. 1759.
103 La difficile qualificazione della natura emergenziale o definitiva delle misure di messa in

sicurezza è ben rappresentata in una recentissima sentenza che, in relazione ai siti di bonifica di
interesse nazionale, si occupa di ricostruire i rapporti tra la fase volta all’identificazione del re-
sponsabile dell’inquinamento, di competenze provinciale, e la fase volta all’approvazione delle mi-
128 MARGHERITA CROCE

dimentale e sulla sufficienza della motivazione raggiunge livelli di incidenza più


intensi104, specie nel caso in cui sia stato necessario procedere all’accertamento
del nesso di causalità fra il comportamento del soggetto privato destinatario del
provvedimento e il fenomeno di inquinamento105.

4. Le tecniche di sindacato concretamente adottate


In linea con quanto rilevato nel precedente paragrafo, in ambito di Via e
Aia le tecniche di controllo utilizzate dalla giurisprudenza amministrativa non si
discostano da quelle esercitabili sulle valutazioni discrezionali. Il sindacato ap-
pare, infatti, “confinato” «negli stretti limiti che riguardano l’esistenza di even-
tuali vizi di legittimità per eccesso di potere»106 quali il difetto, l’insufficienza o
la contraddittorietà della motivazione, il difetto di istruttoria, l’errore di fatto, il
travisamento dei presupposti o l’illogicità e irragionevolezza della scelta ope-
rata107.
La giurisprudenza è orientata verso un sindacato di tipo estrinseco, ossia
inteso ad accertare, tramite un’analisi quasi sempre condotta sul piano mera-
mente documentale, la logicità, non contraddittorietà, razionalità e giustizia del-
l’iter logico seguito dall’amministrazione, senza ricorrere all’utilizzo di nozioni
tecniche specialistiche108.

sure di bonifica, di competenza ministeriale. In questo senso, i giudici chiariscono che quando
non sussistono le condizioni di emergenza di cui all’art. 240, co. 1, lett. t), «l’ordine di adozione
tempestiva di misure di messa in sicurezza» impartito dalla Provincia deve essere qualificato come
«diffida a provvedere». In questi casi, quindi, i provvedimenti provinciali non possiedono imme-
diata e diretta lesività «dovendo il loro contenuto costituire eventuale oggetto del procedimento
di bonifica di competenza ministeriale», Cons. St., sez. IV, 6 aprile 2020, n. 2301.
104 Esemplificative due sentenze del TAR Toscana, Firenze, sez. II, 6 luglio 2010, n. 2316 e

19 maggio 2010, n. 1524, nelle quali i provvedimenti di messa in sicurezza delle acque di falda
vengono annullati per il mancato rispetto delle norme sulla partecipazione, dal momento che «l’o-
nerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con questi ultimi un ampio
contradditorio». Da sottolineare, inoltre, che in queste pronunce (che fanno riferimento all’esi-
stenza di un consolidato indirizzo giurisprudenziale sul punto) la necessità del contradditorio si
estende anche ai momenti in cui la p.a. svolge operazioni tecniche e, in particolare, al prelievo dei
campioni. Su questo ultimo profilo si v. a contrario Cons. St., sez. V, 10 aprile 2019, n. 2346 che
riforma la sentenza di annullamento impugnata, sulla base della considerazione della diversa na-
tura del provvedimento che approva il piano di caratterizzazione e di quello con cui sono appro-
vate le misure di bonifica (sul punto si v. anche infra la nota 148).
105 V. supra par. 1 nota 55.
106 Cons. St., n. 4009/2020.
107 Tale elencazione è tratta dalla sent. Cons. St., n. 36/2014.
108 Contrapposto al sindacato di tipo estrinseco è quello di tipo “intrinseco”, caratterizzato

dall’uso da parte del giudice delle cognizioni tecniche specialistiche proprie delle discipline extra-
giuridiche impiegate dall’amministrazione ai fini della valutazione tecnica. Tale tipologia di sinda-
cato è soggetta a un’ulteriore differenziazione interna: facendo applicazione di nozioni tecniche il
giudice può, infatti, esercitare un controllo intrinseco “debole”, che si risolve nella mera censura
della valutazione tecnica considerata irragionevole alla luce delle cognizioni impiegate; oppure un
controllo intrinseco “forte”, che si concretizza nella sostituzione della valutazione tecnica risultata
viziata. In teoria, dunque, è solo quest’ultima forma di controllo a sollevare problemi di compati-
bilità relativi al rispetto del principio di separazione dei poteri. In dottrina si v.: F. CINTIOLI, voce
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 129

In questo quadro, alcuni profili di criticità possono essere rappresentati in


riferimento al concreto atteggiarsi del sindacato sulla motivazione, anche a causa
del rapporto di circolarità che si instaura tra questo e il controllo sulla suffi-
cienza dell’istruttoria. L’adeguatezza della motivazione è, infatti, tendenzial-
mente stabilita attraverso il raffronto con gli altri atti endoprocedimentali, se
non attraverso la valutazione del complessivo andamento dell’istruttoria. In que-
sto senso i giudici esercitano tendenzialmente un sindacato di tipo indiretto109:
tecnica che – come già accennato110 – può consentire di rilevare incongruità mo-
tivazionali che sfuggirebbero ad un vaglio appuntato sul solo testo del provve-
dimento, isolato dalla situazione storica e fattuale in cui si è formato111.
Nella materia de qua, tuttavia, il vaglio indiretto di tutta la sequenza proce-
dimentale sembra in alcuni casi giustificarsi in relazione alla (eccessiva) preoc-
cupazione di incorrere nel rischio di un sindacato sostitutivo, come se già il solo
esame diretto della valutazione tecnica costituisse un’indebita ingerenza nel me-
rito amministrativo112. Esso risente, inoltre, di alcune difficoltà di contesto,
come ad esempio l’incerto valore probatorio dei pareri tecnici endoprocedi-
mentali113, i quali vincolano l’amministrazione solo dal punto di vista argomen-
tativo, nel senso di onerarla a fornire un’adeguata motivazione nel caso in cui
decida di distanziarsene114. Ciò vale soprattutto quando i pareri hanno espresso
un giudizio negativo di compatibilità o abbiano fondato il diniego dell’autoriz-

Discrezionalità tecnica (dir. amm.), in Enc. dir., II-2, 2008; C. VIDETTA, L’amministrazione della
tecnica. La tecnica tra procedimento e processo amministrativo, Napoli, 2008; R. VILLATA, M. RA-
MAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, 135 ss.
109 Ossia appuntato sul procedimento amministrativo inteso come «processo conoscitivo» e

non sulla valutazione tecnica intesa come prodotto. La teorizzazione delle tecniche di sindacato
“diretto e indiretto” è stata proposta da F. LEVI, L’attività conoscitiva della pubblica amministra-
zione, cit. Per la sua importanza pratica si v. G. PARODI, Tecnica, ragione e logica nella giurispru-
denza amministrativa, Torino, 1990, 57 ss.
110 V. supra par. 3 nota 90.
111 Cons. St., sez. V, 23 marzo 2015, n. 1564, che conferma l’annullamento del provvedi-

mento (di approvazione di una variante essenziale al progetto di ampliamento di una discarica),
comprendente anche Via e Aia positive, basandosi interamente sul raffronto tra due pareri
espressi dalla Commissione regionale Via, il secondo reso a seguito dell’istanza di revisione pre-
sentata dalla società appellante. È bene notare che, secondo alcuni autori, in questi casi «oggetto
di controllo non è né la valutazione-prodotto in quanto tale […] né la valutazione-attività», G. PA-
RODI, Tecnica, ragione e logica, cit., 68. Il dispositivo di tale pronuncia si basa, infatti, interamente
sulla valutazione di conformità dell’operato amministrativo ai principi di imparzialità e buon an-
damento (v. par. 5 nota 154).
112 Ad esempio, quando si richiede che le censure mosse dai ricorrenti mettano «in evidenza

contraddizioni intrinseche ed insuperabili tra le risultanze istruttorie e le determinazioni assunte


dalla Regione» piuttosto che «avanzare proprie conclusioni che rientrano nei margini dell’opina-
bilità», TAR Toscana, sez. II, 10 luglio 2017, n. 921. Sul punto si v. anche Cons. St., sez. V, 17 gen-
naio 2011, n. 220 e Cons. St., n. 2234/2012.
113 V. supra par. 3.
114 Il senso dei vaghi rapporti tra contenuto del parere tecnico e motivazione del provvedi-

mento di compatibilità ambientale è ben espresso nella sentenza del Cons. St., sez. 22 febbraio
2007, n. 933, dove i giudici, nel confermare la legittimità di una Via negativa, fanno più volte ri-
ferimento ai rilievi (negativi) sollevati dal Comitato tecnico regionale, ma valorizzano al contempo
il fatto che la Regione abbia poi svolto una «valutazione finale autonoma».
130 MARGHERITA CROCE

zazione115. In questi casi, un’insufficienza della motivazione può giustificare l’e-


sercizio di un sindacato più intenso116, anche se a volte il giudice decide di ac-
cordare prevalenza ai giudizi positivi espressi da altre amministrazioni, anche di
natura non tecnica, intervenute nel procedimento117.
Se alle valutazioni tecniche espresse dagli enti pubblici qualificati è co-
munque riconosciuto – sebbene con alcune incertezze applicative – un valore
argomentativo nei confronti della decisione amministrativa, alle “doglianze tec-
niche” sollevate dai ricorrenti (siano essi privati o amministrazioni), tese a con-
testare l’insufficiente, errata o mancata valutazione di un presupposto del prov-
vedimento, è raramente attribuita una qualche forza confutatoria. Le censure
(che solitamente ripropongono osservazioni tecniche avanzate in sede procedi-
mentale) sono spesso sinteticamente rigettate, senza che il giudice si occupi di ri-
costruire il senso dei passaggi motivazionali contestati118, anche sulla base della

115 V. Cons. St., sez. V, 6 luglio 2016, n. 3000, secondo cui: «[…] un’autonoma valutazione

dei pareri sfavorevoli e dunque un particolare onere di motivazione del diniego, diversa ed ulte-
riore da quella per relationem, è necessaria solo se l’amministrazione procedente si voglia disco-
stare da quei pareri sfavorevoli» (nel caso di specie si dà particolare rilievo al parere tecnico-am-
bientale dell’Arpa). Nel caso in cui le amministrazioni si siano conformate al contenuto dei (posi-
tivi) pareri tecnici istruttori, il sindacato sembra, invece, appuntarsi su un controllo “epidermico”
della correttezza procedimentale.
116 Si vedano: Cons. St., sez. VI, 22 settembre 2014, n. 4775, nella quale il difetto di moti-

vazione per la mancata puntuale reiezione da parte della p.a. procedente dei «rilievi contenuti nel
parere negativo del Comitato ambientale che fa riferimento alla specificità paesaggistica dell’arco
alpino e alle pesanti ripercussioni negative della relativa urbanizzazione» ha condotto alla censura
del provvedimento, in quanto lo «scostamento della deliberazione della Giunta provinciale dal pa-
rere del Comitato ambientale, senza ulteriore attività istruttoria, costituisce, di per sé, indice sin-
tomatico di eccesso di potere inficiante la validità dell’impugnata deliberazione». In tale pronun-
cia svolge, però, un ruolo determinate la valutazione del contesto regolatorio, ossia il fatto che il
fabbisogno energetico della regione fosse codificato a livello normativo e già quasi integralmente
coperto grazie alle fonti di energia rinnovabili (cfr. infra nota 155). Si v. anche TAR Veneto, n.
877/2015, in cui l’annullamento «degli atti e dei provvedimenti preordinati alla realizzazione della
via acquea di accesso alla stazione marittima di Venezia, mediante adeguamento delle attuali di-
mensioni del canale Contorta Sant’Angelo» è fondato sul contrasto tra la scelta progettuale del-
l’autorità portuale e il parere della Commissione tecnica di verifica, considerato indice di un at-
teggiamento irragionevole e aprioristico dell’autorità decidente.
117 Cons. St., n. 6342/2018, che annulla il diniego dell’autorizzazione unica per un impianto

di energia eolica per essersi il provvedimento finale interamente schiacciato sul parere negativo
espresso dall’Arpa che, si sottolinea, non è però titolare di poteri decisori nell’ambito del proce-
dimento.
118 Ciò accade soprattutto in riferimento al “nodo” delle alternative. Sul punto è necessario

premettere che nell’ambito del procedimento di Via il soggetto proponente deve presentare al-
l’amministrazione uno «studio di impatto ambientale» contenente, tra le altre cose, «la «descri-
zione delle alternative ragionevoli prese in esame dal proponente, adeguate al progetto ed alle sue
caratteristiche specifiche, compresa l’alternativa zero, con indicazione delle ragioni principali alla
base dell’opzione scelta, prendendo in considerazione gli impatti ambientali». Successivamente, in
sede istruttoria, al fine di scegliere la soluzione tecnica ottimale per la realizzazione del progetto
(sia sotto il profilo dell’efficacia della protezione ambientale che sotto il profilo della sua fattibilità
economica), la pubblica amministrazione procederà alla valutazione delle alternative (che possono
essere anche ulteriori rispetto a quelle prospettate nello studio), motivando la propria decisione
sulla base di un’accurata attività istruttoria, delle norme giuridiche rilevanti e anche delle risul-
tanze delle consultazioni pubbliche.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 131

considerazione per cui l’amministrazione non è tenuta a confutare analiticamente


le singole osservazioni contenute negli apporti meramente collaborativi119.
Il continuo mescolarsi del controllo sulla motivazione e di quello sull’i-
struttoria appare, allora, risolversi in una ricorsività argomentativa, che elude il
riesame dell’attendibilità intrinseca delle valutazioni tecniche trasfuse nel prov-
vedimento, al di là della forza argomentativa posseduta dai motivi di ricorso120.

Tale complessa operazione è attirata spesso nell’area del “merito amministrativo”, anche
quando i ricorrenti contestano il fatto che l’amministrazione abbia del tutto omesso di prendere in
considerazione eventuali alternative (Cons. St., sez. V, 9 aprile 2015, n. 1805). In particolare, in al-
cuni casi il giudice rigetta il ricorso perché nell’articolare le proprie preferenze in ordine a solu-
zioni diverse da quella prescelta dall’amministrazione «i ricorrenti, in buona sostanza, attaccano
l’opportunità delle scelte, tecniche e amministrative, rimesse all’autorità preposta alla cura di tutti
gli interessi pubblici e privati coinvolti» (Cons. St., sez. V., 22 marzo 2012, n. 1640).
Solo di rado il giudice tratta il momento della valutazione sulle alternative alla stregua di un
apprezzamento dei presupposti di fatto per l’esercizio del potere amministrativo, qualificandolo,
di conseguenza, come operazione di natura tecnica esposta a un sindacato giurisdizionale pieno o
intrinseco e non sostitutivo. In questo senso si vedano due tra le poche sentenze in cui è stata di-
sposto anche il ricorso a una verificazione. La prima è la sent. Cons. St., sez. VI, 11 aprile 2006,
n. 2001 che ha concluso un giudizio (sul rinnovo di una concessione mineraria per l’estrazione di
“marna da cemento”) all’interno del quale la verificazione è stata disposta in sede cautelare al fine
di accertare l’importanza e la qualità delle fonti idriche, il concreto rischio di eliminazione e la pra-
ticabilità di soluzioni alternative. L’interesse nella pronuncia risiede nel fatto che la verificazione è
stata usata al fine conoscere il “merito” tecnico del provvedimento, mentre la censura dell’attività
amministrativa si è fondata (anche) su argomenti di senso comune e, dunque, sulla ragionevolezza
e non sull’opportunità del provvedimento: «L’utilizzo di acque superficiali non pregiate, sottopo-
ste a trattamenti, in grandi comuni, tra cui Firenze, non costituisce certo motivo per abbassare il
livello di qualità delle acque destinate al consumo umano, ma è invece un campanello di allarme
circa la scarsità sempre maggiore di acque pregiate». La seconda è la sent. TAR Abruzzo, n.
613/2013.
119 Cons. St., sez. V, del 2 dicembre 2014, n. 1805: «le censure dell’appellante si atteggiano

a mere apodittiche e generiche affermazioni di stile, tanto più che, ai fini della legittimità del prov-
vedimento, non era necessaria la puntuale confutazione delle singole osservazioni dei privati, che,
com’è noto, costituiscono semplici apporti collaborativi per l’amministrazione, finalizzati all’ac-
quisizione di elementi di conoscenza per la giusta valutazione delle scelte da compiere, senza dar
luogo ad alcuna peculiare aspettativa qualificata». Cfr: Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2018, n. 1619
(su un procedimento di screening) che considera sufficiente la mera “enumerazione” delle osser-
vazioni presentate nel corso del procedimento.
120 Istruttiva è la sent. TAR Campania, n. 3883/2015. Qui, la sufficienza delle operazioni tec-

niche istruttorie e il tenore delle scelte tecniche impiantistiche sono riesaminati solo apparente-
mente. Il controllo giudiziale sulle argomentazioni tecniche (anche trascritte in sentenza) verte
sulla mera plausibilità della narrazione offerta dagli enti tecnici e dall’amministrazione. Infatti, nel
respingere le censure sollevate avverso il parere espresso dell’Arpa (fondato sui principi di effi-
cienza, economicità e fattibilità tecnica di cui all’art. 178 del Tua e contrario a quello della Pro-
vincia, fondato invece sul principio di prevenzione di cui all’art. 179, co. 2) e avverso la scelta tec-
nica relativa all’altezza dei camini del termovalorizzatore (in applicazione dell’art. 8 l. 133/2005),
i giudici non entrano nel “merito tecnico” delle questioni, considerando «le motivazioni addotte
dall’amministrazione […] immuni da palesi profili di irragionevolezza ed illogicità […] in quanto
coerenti con gli esiti degli approfondimenti istruttori attuati con il contributo di organi tecnici». A
chiusura del cerchio, la scarsa efficacia confutatoria attribuita alle doglianze tecniche formulate
anche in sede procedimentale (e poi riproposte in sede processuale) viene definitivamente giusti-
ficata dal fatto che l’amministrazione non è tenuta a confutare analiticamente gli apporti collabo-
rativi. Si veda, inoltre: Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254 concernente una valutazione di
impatto ambientale regionale positiva (resa ai sensi della l.r. 2 giugno 2006, n. 9), nella quale i vizi
di difetto di istruttoria e di motivazione lamentati dal Comune sono respinti anche perché le la-
132 MARGHERITA CROCE

In questo senso, sembra che i giudici privilegino una nozione di tecnica in senso
soggettivo piuttosto che oggettivo.
Un meccanismo circolare è presente soprattutto nelle sentenze che, pur se-
parando le valutazioni tecniche dalle decisioni amministrative, limitano, poi, il
sindacato giudiziale su entrambi i momenti in virtù della natura discrezionale
del provvedimento finale121.
Un maggior rigore argomentativo è mostrato, invece, nelle pronunce in cui
i giudici esercitano un sindacato di tipo diretto sulla valutazione tecnica, che
viene intesa quindi come prodotto (e non come processo), sia essa rappresentata
da un parere istruttorio nel suo complesso, dai rilievi tecnici espressi nella moti-
vazione del provvedimento o dalle prescrizioni in questo contenute. Si pensi alle
sentenze in cui i giudici individuano l’oggetto del riesame nel parere istruttorio
reso dalla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale, riferendo al
contenuto di quest’ultimo la commistione tra giudizi tecnici e scelte discrezio-
nali122, oppure rilevando l’opinabilità delle valutazioni tecniche ivi incluse123.

cune del Sia (inattualità e incompletezza delle analisi sui profili ambientali) non sono state conte-
state dall’amministrazione in sede procedimentale.
Come notato da R. CARANTA, Still Searching for a Reliable Script: Access to Scientific Know-
ledge in Environmental Litigation in Italy, in Eur. En. Env. Law Review, 2018, 164, il giudice ita-
liano «tend to be satisfied when told a plausible story that gives consistent reasons as to the pro-
cedure followed and the decision taken. Provided that the right to be heard as been sufficiently
safeguarded during the administrative procedure, the courts will not be drawn into adversarial ar-
guments about the relevant facts. Even an articulate alternative presentation of those facts by the
applicant for judicial review will not be enough for the courts to consider asking expert advice».
121 TAR Milano, sez. III, 8 marzo 2013, n. 627: in questa sentenza si distingue tra la fase tec-

nica del giudizio, rappresentata dal confronto in merito allo Studio di impatto ambientale, e il mo-
mento discrezionale, rappresentato dalla valutazione dell’istruttoria da parte del Ministro, ma poi,
in base alla natura discrezionale di quest’ultimo, si limita il sindacato su entrambi i momenti. «In
merito la scelta dell’amministrazione di preferire la realizzazione dell’autostrada in trincea con l’a-
dozione di mezzi di tutela ambientale, piuttosto che realizzarla interrata, rientra in un ambito di
valutazione tecnica che pare esente da vizi macroscopici di illogicità e irragionevolezza. Se infatti
è vero che lo sviluppo del tracciato autostradale in galleria crea un minor impatto ambientale, è
vero anche che è rimesso all’amministrazione di definire quale possa essere il giusto rapporto tra
le esigenze di realizzazione dell’opera e quelle di tutela dell’ambiente e della salute. Infatti, il prov-
vedimento finale della Vias ha una duplice natura tanto di esercizio di discrezionalità tecnica,
quanto di manifestazione di discrezionalità amministrativa». Cfr. Cons. St., n. 3239/2020 dove,
sebbene in premessa sia posta la distinzione tra «valutazioni tecniche svolte in sede di istruttoria
dall’amministrazione» e «determinazioni assunte con il gravato decreto», le «doglianze tecniche»
sollevate dal ricorrente sono considerate non inidonee a confutare la manifesta logicità e ragione-
volezza delle valutazioni tecniche in considerazione della natura discrezionale della determina-
zione finale.
122 V. supra nota 77.
123 Si v. ad esempio: Cons. St., n. 1392/2017 nella quale, affrontando le doglianze espresse

avverso «l’illegittimità intrinseca della positiva valutazione ambientale», il collegio divide il pro-
prio riesame in una prima parte incentrata sul decreto di Via e in una seconda parte appuntata sul
parere tecnico istruttorio «che integra la “causa giustificativa” della scelta», riferendo a quest’ul-
timo la presenza di «valutazioni opinabili (ovviamente) ma nessuna di esse irrazionale od illogica».
Nella giurisprudenza di I grado si vv.: TAR Abruzzo, n. 70/2008, nella quale «l’opinabilità» è chia-
ramente riferita all’«esito della valutazione [tecnica]» rappresentata dal complesso parere istrutto-
rio del Comitato di coordinamento regionale per la Via, la cui tecnicità è destinata a riflettersi an-
che sulla motivazione dell’atto finale; TAR Lazio, n. 6575/2020, in cui le censure di merito relative
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 133

Il sindacato diretto può contribuire a promuovere un esame più accurato


del tenore delle valutazioni tecniche presupposte alla decisione, senza per que-
sto sbilanciare i rapporti tra potere amministrativo e giudiziario a favore di que-
st’ultimo. Anche il controllo diretto resta, infatti, in definitiva contenuto nei li-
miti della prospettiva eziologica retta da criteri di ragionevolezza124.
Semmai può rilevarsi che anche nelle ipotesi di sindacato diretto il con-
trollo estrinseco, se confinato negli “stretti limiti” dell’eccesso di potere, può ag-
girare la trattazione della sostanza del problema tecnico. Emblematico, in que-
sto senso, l’orientamento giurisprudenziale125 – considerato maggioritario, ma
non esente da virtuose eccezioni126 – che interpreta il mero dato quantitativo

alla (in)adeguatezza delle valutazioni tecniche sono vagliate dal collegio ripercorrendo le argomen-
tazioni svolte dalla Commissione tecnica di verifica nel proprio parere istruttorio motivato.
124 In questo senso rilevano le sentenze di annullamento il cui dispositivo è basato su ragio-

namenti induttivi e, anche, sull’utilizzo contestuale di tecniche di sindacato indiretto e diretto. Si


v., ad esempio: Cons. St., n. 1170/2020 che annulla la Via positiva relativa all’ampliamento del-
l’aeroporto di Firenze mediante il raffronto tra le valutazioni rese in momenti diversi dalla Com-
missione tecnica di Via e l’analisi del tenore delle prescrizioni contenute nel provvedimento; TAR
Lazio, sez. I, 15 dicembre 2010, n. 36740, che annulla un secondo provvedimento di Via positiva
perché «perplesso sotto più profili», ponendo a raffronto «le conclusioni raggiunte all’esito dei
due procedimenti nonché l’iter logico-giuridico della seconda valutazione»; Cons., St., n.
361/2013 che annulla una Via resa all’interno di un procedimento di variante urbanistica (i cui atti
sono parimenti annullati), rilevando che troppe prescrizioni di tenore critico e negativo determi-
nano l’incongruenza di un giudizio finale di compatibilità ambientale di tenore positivo; TAR Li-
guria, n. 9501/2010, che annulla un atto autorizzatorio per contraddittorietà motivazionali, intese
come indice di una carenza istruttoria relativa alla determinazione dei livelli di guardia. Cfr. Cons.
St., sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3107 con la quale i giudici annullano il provvedimento di Via po-
sitiva rinvenendo motivi di perplessità all’interno dello stesso parere istruttorio della Commissione
di verifica, dal momento che questo: «dopo aver rimarcato “la necessità di studiare particolari so-
luzioni per garantire comunque minimi impatti complessivi” e dopo aver richiamato le BAT [in
questo caso linee guida comunitarie relative ai grandi impianti di combustione], sostenendo che
“i valori garantiti dal progetto risultano in linea” con le stesse, in alcun modo esplicita le ragioni
di tipo tecnico che giustificano viceversa lo scostamento da quei valori; scostamento che è dato
registrare, nel progetto positivamente apprezzato, con riguardo a taluni inquinanti, in specie il
monossido di carbonio per il quale, a fronte di un range indicato dalle BAT di 3050 mg/Nm3, il
decreto ministeriale autorizza un valore di 120 mg/Nm3». La sentenza conclude, poi, sottoli-
neando che: «In assenza, peraltro, di una adeguata motivazione che dia compiutamente atto di
quelle ragioni, non può certo il giudice amministrativo formulare, sulla base delle indicazioni
difensive fornite in sede processuale, apprezzamenti di tipo tecnico, altrimenti finendo per sosti-
tuirsi, in spregio al fondamentale principio di separazione, all’amministrazione, invadendo uno
spazio alla stessa riservato. Ferma, quindi, la possibilità dell’Amministrazione di rimotivare, va
accolto l’indicato profilo di censura».
125 Tra le molte: Cons. St., sez. VI, 5 gennaio 2004, n. 1 (con nota di A. MILONE, Il sindacato

giurisdizionale sulla valutazione di impatto ambientale, in Riv. giur. edil., 2004, 983 ss.); TAR Ve-
neto, n. 2234/2005; TAR Lazio, n. 1345/2009; Cons. St., sez. VI, 23 febbraio 2009, n. 1049; TAR
Lazio, n. 11921/2017; Cons. St., n. 1392/2017, che però, non ne fa un argomento portante, limi-
tandosi a dire che: «è convincimento del Collegio che proprio la pluralità di prescrizioni imposte
dimostri l’affidabilità della istruttoria e la accuratezza della valutazione».
126 Non sono in effetti poche le pronunce nelle quali, sottraendo rilevanza sintomatica alla

mera presenza di prescrizioni, si manifesta un atteggiamento più equilibrato, ossia orientato al-
l’accertamento diretto, e caso per caso, della ragionevolezza delle valutazioni tecniche espresse
dall’amministrazione. Si v.: Cons. St., n. 1170/2020, TAR Toscana, n. 986/2010; TAR Puglia, n.
342/2018; TAR Lombardia, Brescia, sent. non definitiva, 27 aprile 2001, n. 689, con la quale i giu-
dici, al fine di decidere sui motivi di ricorso riguardanti le prescrizioni impartite dall’amministra-
134 MARGHERITA CROCE

della numerosità delle prescrizioni apposte al provvedimento come spia di


un’approfondita istruttoria e di un’adeguata motivazione (e quindi come indice
di legittimità del provvedimento). Parzialmente analoghe sono anche le pro-
nunce in cui, sebbene i giudici individuino il giudizio tecnico nella sua autono-
mia, non procedono a riesaminarne il contenuto, limitandosi a considerarlo at-
tendibile perché espresso da un’amministrazione dotata di expertise tecnica127; e
quelle in cui l’argomento dell’opinabilità dimostra un’attitudine fortemente
espansiva, tanto da arrivare a ricomprendere ipotesi che meriterebbero, forse,
un trattamento diverso128.
Al superamento delle problematiche rappresentate non contribuisce lo
scarso ricorso ai mezzi istruttori a disposizione del giudice amministrativo. Ri-
corrente è, infatti, l’argomentazione secondo la quale la rilevazione di vizi “ma-
nifesti” “evidenti” “macroscopici” “abnormi”129 che siano visibili ictu oculi130 è
necessaria, non solo per censurare l’illegittimità del provvedimento, ma anche
per svolgere un’indagine “piena” sui fatti presupposti del provvedimento, ossia
per procedere – soprattutto tramite la consulenza tecnica d’ufficio131 – all’even-

zione, hanno anche fatto ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio; TAR Lombardia, sez. I, 25 giu-
gno 2003 n. 3513; TAR Toscana, sez. I, 27 maggio 2019, n. 789.
127 Oltre alle sentenze citate nelle note 87 e 88, si vv.: Cons. St., n. 4009/2020 nella quale, in

riferimento al difetto di motivazione della delibera del Consiglio di Ministri, i giudici si limitano a
dire che «le ragioni che hanno condotto il Consiglio dei Ministri a condividere la posizione del
MATTM» sono giustificate dal «riferimento alle valutazioni compiute dalla Commissione tecnica
di VIA»; TAR Lazio, n. 6575/2020 nella quale, per confermare la legittimità del giudizio tecnico
afferente la «rilevanza» delle «biocostruzioni» incise dall’opera, si richiama la competenza dell’I-
SPRA; TAR Campania, n. 3883/2015, in tema di rinnovo/riesame di un’Aia, nella quale la censura
relativa all’omessa valutazione dei presupposti viene dai giudici respinta assumendo a riferimento
il contenuto del parere istruttorio dell’Arpa.
128 Sembra lecito, ad esempio, chiedersi se la contestazione della vetustà dei dati e delle ri-

levazioni utilizzati ed effettuate dalle amministrazioni sia davvero una questione che coinvolge ap-
prezzamenti opinabili. Il Cons. St., n. 4928/2014 risolve il dubbio in senso affermativo, mentre il
TAR Lombardia, Brescia, n. 1532/2010 considera la vetustà delle cartografie utilizzate dalla p.a.
un indice dell’irragionevolezza del provvedimento e della carenza di motivazione dello stesso. In
termini analoghi anche TAR Toscana, Firenze, n. 921/2017 che annulla una Via positiva nella
parte in cui l’istruttoria sull’incidenza sanitaria del progetto si è fondata su «dati risalenti nel
tempo, senza indagini epidemiologiche attuali».
129 A livello esemplificativo: Cons. St., n. 1392/2017; TAR Lazio, n. 11921/2017; Cons. St.,

28 febbraio 2018, n. 1330; TAR Lazio, Roma, sez. III, 15 maggio 2020, n. 6575; TAR Lazio, sez.
III, 1° luglio 2020, n. 7424.
130 Cons. St., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640; TAR Lecce, sez. I, 5 settembre 2014, n. 2304;

TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 30 giugno 2016, n. 218; TAR Lazio, sez. III, 12 marzo 2020,
n. 3239.
131 La consulenza tecnica d’ufficio (estesa anche alla giurisdizione di legittimità dall’art. 16

della l. 21 luglio 2000, n. 205) trova disciplina nell’art. 67 del codice del processo amministrativo.
Il suo ambito di applicazione sembrerebbe correttamente identificato con i giudizi tecnici di na-
tura complessa e di esito opinabile, come ad esempio quelli in cui sono coinvolte valutazioni di
grado. Distinto è l’ambito della verificazione, disciplinata dall’art. 66, il cui oggetto dovrebbe con-
sistere nelle operazioni di mero accertamento tecnico (che danno luogo a risultati univoci) o co-
munque esprimono giudizi di esistenza o non esistenza dei presupposti. Per un esempio di verifi-
cazione in ambito ambientale si v. TAR Abruzzo, 16 dicembre 2013, n. 613, dove si trattava della
legittimità di un provvedimento emanato ai sensi degli artt. 269 e 275 del testo unico ambientale.
In dottrina si v. G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in
materia ambientale, cit.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 135

tuale ripetizione delle operazioni e delle valutazioni tecniche effettuate dalla


pubblica amministrazione.
Particolare enfasi su questo punto è manifestata dalle sentenze in cui, in li-
nea di principio, l’esercizio di un sindacato “ab estrinseco” è giustificato in ra-
gione della natura (prevalentemente) discrezionale della valutazione ambien-
tale132.
Esemplificative alcune sentenze del Consiglio di Stato133 in cui il binomio
discrezionalità tecnica/amministrativa appare implicitamente sostituito da una
diversa contrapposizione: quella tra il «mero giudizio tecnico, suscettibile in
quanto tale di verificazione sulla base di oggettivi criteri di misurazione» e la va-
lutazione (tecnico) discrezionale. Posta questa distinzione, i giudici argomen-
tano che: «il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali: I) deve
essere rigorosamente mantenuto sul piano delle verifica della non pretestuosità
della valutazione degli elementi di fatto acquisiti, II) non può avvalersi di criteri
che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;
III) deve tenere distinti i poteri meramente accertativi da quelli valutativi (a più
alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendo esercitare
più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto ri-
guardo ai primi».
Tali affermazioni sollevano alcuni motivi di perplessità. In primo luogo, si
potrebbe argomentare che il semplice «portare ad evidenza» la non condivisibi-
lità della scelta amministrativa non superi, di per sé, i limiti del sindacato sosti-
tutivo, potendo il giudice arrestarsi su tale soglia, senza disporre l’annullamento
dell’atto, ove la non condivisibilità fosse apprezzabile solo dal punto di vista del-
l’opportunità della scelta134. In secondo luogo, relegare il ricorso alla verifica-

132 Così numerose sentenze di conferma del provvedimento impugnato: Cons. St., sez. V, 2

ottobre 2014, n. 4928 (su Via negativa relativa alla realizzazione di una discarica); Cons. St., sez.
V, 27 marzo 2013, n. 1783 (su Via negativa relativa alla realizzazione di un parco eolico); Cons. St.,
sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 1240 (su Via positiva per attività di prospezione geografica per la ri-
cerca di idrocarburi); Cons. St., sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640 (su Via positiva per la realizzazione
di un termovalorizzatore); Cons. St., sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392 (su Via positiva per la rea-
lizzazione della Trans-Atlantic Pipeline); TAR Emilia Romagna, Parma, sez. I, 8 giugno 2016, n.
218 (su Via positiva e modifica sostanziale dell’Aia relative a un impianto per la produzione di ce-
mento); TAR Lazio, sez. III, 12 marzo 2020, n. 3239 (su Via positiva relativa all’installazione di
una piattaforma non presidiata, nell’ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi
e gassosi); TAR Lazio, sez. III, 15 giugno 2020, n. 6575 (su provvedimento di non assoggettabilità
a Via della variazione del progetto esecutivo per completare l’ultimo tratto della Tap); TAR Lazio,
Roma, sez. III, 17 aprile 2020, n. 4009 (su Via positiva relativa a un Elettrodotto a 380 kV in dop-
pia terna); TAR Toscana, sez. II, 20 aprile 2010, n. 986 (su Via negativa relativa alla realizzazione
di un parco eolico); TAR Lazio, sez. II-bis, 26 ottobre 2018, n. 11460 (su Via positiva per progetti
di indagine sismica in aree di ricerca di idrocarburi).
133 Cons. St., n. 1783/2013, n. 1240/2018 e n. 1640/2012; TAR Lazio, n. 11460/2018.
134 I delicati equilibri tra sostituibilità delle valutazioni e conoscibilità delle stesse sono stati

segnalati, in termini generali, da C. VIDETTA, L’amministrazione della tecnica, cit., 314 ss., met-
tendo in luce come una confusione sul punto emerga anche nella sentenza n. 601 del 1999 del
Consiglio di Stato, ove il “rivoluzionario” sindacato di «attendibilità» è controbilanciato dalla sua
successiva riduzione al profilo della «correttezza» delle operazioni tecniche «quanto a criterio tec-
nico e a procedimento applicativo». Mentre il primo termine offre al giudice la possibilità di spin-
136 MARGHERITA CROCE

zione e alla consulenza tecnica ai soli «profili accertativi», escludendo quelli «va-
lutativi (a più alto tasso di opinabilità)», sembra condurre ad assimilare due isti-
tuti tra loro diversi, e sembra anche negare la ragione stessa dell’introduzione
della consulenza tecnica nel processo amministrativo, che è quella di fornire an-
che al giudice amministrativo uno strumento conoscitivo in grado di suppor-
tarlo proprio nel riesame delle valutazioni tecniche complesse, fondate su me-
todi e criteri extra-giuridici opinabili di non immediata individuazione e com-
prensibilità.
In questa impostazione, sembra emergere una certa confusione tra le que-
stioni che attengono all’ammissibilità di tale mezzo istruttorio e quelle che, in-
vece, riguardano le condizioni del suo corretto esperimento135. Una confusione
per certi versi paradossale se si pensa al fatto che la differenziazione di tali pro-
fili è stata chiaramente ed esaurientemente articolata in una risalente sentenza
che verteva proprio in materia di ambiente136.
In questo modo, la stessa conoscibilità dei profili tecnico-scientifici della
decisione appare assimilata a un’indebita tecnica di sindacato sostitutivo che
sconfina nel merito amministrativo137. Subordinare l’esperimento di una con-

gersi a considerare anche la «condivisibilità» logica e razionale della valutazione, il controllo sulla
«correttezza» richiama invece una mera verifica sulla «mancanza di un errore» o sulla «conformità
ad un paradigma». In questo senso, la giurisprudenza sembra attribuire ancora valore discrimi-
nante alla distinzione tra scienze esatte e non esatte, costruendo tra l’altro, come argomentato da
A. DE NITTO, Ancora su scienza e tecnica, in F. CERRONE, G. REPETTO (a cura di), Alessandro Giu-
liani: l’esperienza giuridica fra logica ed etica, Milano, 2012, 149, su questo “tralaticio ancoraggio”
la sua propria scientificità.
135 Significativo che la sent. Cons. St., n. 1783/2013, sebbene nella prima parte motiva cor-

rettamente censuri la sentenza di I grado per essersi il giudice interamente schiacciato sulle con-
clusioni del consulente, si limiti poi a ribadire che la valutazione di impatto ambientale è sindaca-
bile solo «ab estrinseco» per illogicità e incongruenze «macroscopiche e manifeste».
136 La sent. Cons. St., n. 5287/2001 costituisce, infatti, un riferimento giurisprudenziale am-

piamente citato al di là degli studi in materia ambientale. In estrema sintesi, tale sentenza ha ar-
gomentato che le condizioni per il corretto esercizio della ctu si sostanziano: per un verso, nel-
l’impossibilità di utilizzare la consulenza tecnica per «supplire l’onere della parte di allegare i fatti
e di introdurli nel processo» e, per altro verso, nella necessità che il giudice, in quanto «“domi-
nus” della qualificazione del fatto», non deleghi al consulente tale compito, recependo acritica-
mente la relazione tecnica, ma elabori in via autonoma le proprie conclusioni avvalendosi solo del
«percorso conoscitivo» mostrato nella relazione. Fermo restando che, anche esperito tale onore di
motivazione, il giudice non può successivamente sostituire le proprie valutazioni tecniche a quelle
compiute dall’amministrazione, anche nel caso in cui esse si siano dimostrate illogiche e irra-
gionevoli.
137 Come è noto, nonostante il proprium della giurisdizione amministrativa sia costituito

dalla possibilità di riesaminare ed eventualmente censurare l’esercizio del potere amministrativo,


il controllo del giudice non è illimitato: egli può annullare il provvedimento impugnato per i soli
vizi che attengono alla sua legittimità (essendogli invece preclusa la revisione dei profili ricondu-
cibili al cosiddetto merito amministrativo) e non può modificare, riformare o sostituire il conte-
nuto dell’atto illegittimo. Eccetto che si versi in una delle tassative ipotesi di «giurisdizione con
cognizione estesa al merito» nelle quali, oltre ad annullare l’atto illegittimo, può modificarlo, rifor-
marlo o anche interamente sostituirlo con uno nuovo. V. il combinato disposto degli artt. 7, co. 6,
34, co. 1, lett. d), e 134 del d.lgs. del 2 luglio 2010, n. 104. La fisionomia della giurisdizione estesa
al merito, secondo autorevoli ricostruzioni, si caratterizza solo per i poteri sostitutivi attribuiti al
giudice (art. 7, co. 6 e art. 34, co. 1, lett. d), senza che ciò implichi la possibilità di censurare il
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 137

sulenza tecnica alla rilevazione di evidenti o macroscopiche illegittimità cost-


ituisce, infatti, un’inversione logica, perché se le eventuali contraddizioni o
incongruenze del contenuto tecnico-scientifico dei provvedimenti fossero di im-
mediata lettura il giudice le scorgerebbe da sé (al pari di altri sintomi di illegit-
timità) e non sarebbe mai sorta la necessità di assicurarsi la mediazione di un
esperto per la rappresentazione dell’iter logico seguito dall’amministrazione.
Per concludere, è necessario dare conto del fatto che in alcuni casi il giu-
dice, pur rifiutando (su basi più o meno solide) il ricorso a mezzi istruttori, eser-
cita un controllo che sembra assimilabile alla tecnica del sindacato intrinseco138.
Il riferimento è alle ipotesi in cui la decisione giudiziale è fondata sull’uso di no-
zioni specialistiche che i giudici considerano “fatti notori”, ma che non sem-
brano, in verità, appartenere al patrimonio culturale o esperienziale dell’uomo
medio (ossia al senso comune) né possono essere ricondotte all’ambito della lo-
gica formale o giuridica139.
In senso analogo rilevano anche le sentenze in cui i giudici svolgono giudizi
di “verosimiglianza”, “attendibilità” o “equivalenza” dei metodi scientifici e tec-
nici eletti nel corso del procedimento, e diversi da quelli indicati dai ricorrenti,
senza però fare riferimento alla fonte da cui traggono tale conoscenza speciali-
stica140.

provvedimento per vizi di merito, diversi da quelli di legittimità. Sul punto si v. A. TRAVI, Lezioni
di giustizia amministrativa, Torino, 2010, 185 ss. Secondo altre, altrettanto autorevoli, voci, la giu-
risdizione estesa al merito amplierebbe, rispetto alla giurisdizione generale di legittimità, l’esten-
sione dell’«ambito conoscitivo» del giudizio; in questo senso V. CERULLI IRELLI, Note in tema di di-
screzionalità, cit., 521 ss. Anche solo alla luce di queste brevi considerazioni, può comprendersi
perché la nozione di sindacato sostitutivo non sia del tutto pacifica, né in dottrina, né tantomeno
in giurisprudenza.
138 Come è stato notato da G. PARODI, Tecnica, ragione e logica, cit., 108 ss., un sindacato

intrinseco può essere condotto in modo “dissimulato”, ossia attraverso una serie di espedienti
retorici, per disvelare i quali occorre individuare con maggior precisione le diverse tipologie di
argomentazione utilizzate ai fini dell’annullamento o della conferma del provvedimento.
139 Un conto è, infatti, sostenere la immediata rilevabilità dell’«impatto visivo» prodotto da

un parco eolico (TAR Toscana, Firenze, sez. II, 15 dicembre 2009, n. 986), altro conto è sostenere
l’immediata comprensibilità dell’impatto di un’opera sul ciclo vitale di un’alga marina, come sem-
bra accadere in Cons. St., sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361, nella parte in cui censura il decreto di
Via per mancanza di «ogni reale considerazione dell’impatto della struttura sulle praterie di posi-
donie». Qui si afferma che la particolare delicatezza della posidonia è dimostrata dal fatto che «i
relativi arbusti si rinvengono normalmente sugli arenili dopo le mareggiate». Sebbene ciò possa co-
stituire, in effetti, una nozione di comune esperienza, non si vede come si possa considerare «no-
torio che, mentre nel caso di spiaggia sottomarina progressivamente declinante, l’energia del moto
ondoso è dissipata su una grande superficie lineare, l’apposizione di una barriera fisica comporta
invece che l’assetto del moto ondoso, specie in caso di mare grosso, si concentri dove avviene l’in-
contro con la parte sommersa del molo generando riflussi e mulinelli in grado di mettere a rischio
tutto ciò che si trova sul fondo prospiciente», tra cui la posidonia.
140 Cons. St., sez. V, 31 maggio 2012, n. 3254 in cui, con riferimento alle contestazioni del-

l’amministrazione appellante riferite al metodo scelto per stimare gli impatti dello smaltimento di ri-
fiuti di amianto, i giudici ritengono che lo studio di impatto ambientale prodotto dal proponente
sia esente da vizi macroscopici, perché l’assenza di dati statistici attuali è adeguatamente “compen-
sata” da valutazioni prognostiche basate sull’analogia con lo studio della dispersione di altri fattori
inquinanti e alle misure che saranno adottate in sede gestionale, da considerarsi valide in termini
di «ragionevolezza» delle previsioni.
138 MARGHERITA CROCE

Di natura diversa dai casi presi in considerazione appaiono, invece, le pro-


nunce in cui l’attività di interpretazione dei concetti indeterminati presenti nella
normativa ambientale non sembra debordare dal perimetro delle operazioni er-
meneutiche che, in quanto relative alla qualificazione dei fatti, sono da conside-
rarsi appannaggio del giudice141. Da questo punto di vista, istruttive sono le mo-
tivazioni delle sentenze che affrontano il problema dell’indebito frazionamento
dei progetti attuato a scopi elusivi della disciplina di Via o Aia142.
Venendo, invece, alla giurisprudenza in materia di siti contaminati, è ne-
cessario sottolineare che, come già notato, questa appare maggiormente orien-
tata a una più attenta ricostruzione del substrato fattuale della controversia.
Sul punto è bene anche premettere che, in queste sentenze, i profili opina-
bili delle valutazioni appaiono più chiaramente distinti rispetto a quelli discre-
zionali o di opportunità, essendo ricondotti alle attività di accertamento o di va-
lutazione dei presupposti di fatto del provvedimento143. E tuttavia, anche in
queste pronunce, emergono perplessità in ordine al trattamento della discrezio-
nalità tecnica. Ad esempio, all’interno di una stessa pronuncia che fa precisi e
puntuali richiami ai principi della sentenza n. 601 del 1999 e distingue chiara-
mente le tecniche di sindacato intrinseco “debole” e “forte”, la discrezionalità
tecnica è comunque considerata sindacabile solo tramite i vizi dell’eccesso di
potere, che devono inoltre presentarsi in modo manifesto144. Anche in questo
ambito, la parte dispositiva delle sentenze si fonda, infatti, nella maggioranza dei

141 Rientrano in questo gruppo le sentenze in cui i giudici fanno uso di nozioni di senso co-

mune o riconducibili alla logica formale o giuridica. Per un esempio di sindacato fondato su ar-
gomenti di senso comune si v.: Cons. St., n. 6071/2019, che conferma la legittimità del provvedi-
mento dell’ARPA con cui si è qualificata come “sostanziale” una modifica di un progetto esecu-
tivo. Qui, se per un verso i giudici riconoscono il «perimetro ampio della discrezionalità tecnica
attribuita alle strutture dell’Amministrazione, quali la ARPAE, competenti a formulare valutazioni
prognostiche di natura specialistica involgenti campi del sapere privi del carattere di certezza scienti-
fica», per altro verso, essi basano la decisione anche sulla considerazione (di senso comune) per
cui: «è innegabile che il funzionamento contemporaneo di quattro linee determinerebbe un signi-
ficativo (ed esponenziale) incremento delle emissioni rispetto all’attuale conformazione produt-
tiva, connotata dal funzionamento alternato delle quattro linee de quibus: quattro linee, invero, in-
quinano certo più di una sola». Quanto al sindacato che si fonda sull’uso di argomenti logico-giu-
ridici, esso ha natura estrinseca nella misura in cui le nozioni e i metodi di analisi impiegati fanno
parte del bagaglio professionale del giudice e non sembrano riconducibili all’area della “ragione-
volezza tecnica”. Si v.: Cons. St., sez. V, 2 dicembre 2014, n. 1805 secondo cui la «genericità delle
prescrizioni» è considerata positivamente in quanto espressione di un vincolo di risultato e quindi
di una tecnica di regolazione meno soggetta a inattualità applicative.
142 Si v. ad esempio Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36, secondo la quale non è deter-

minante «al fine di negare il “carattere unitario” dell’intervento (come sostenuto dalle parti ap-
pellanti): la suddivisione di un’area in cinque o più comparti (e ciò a maggior ragione nei casi in
cui la destinazione dell’area complessivamente intesa risulti omogeneamente definita), poiché la
decisione di “parcellizzazione”, variamente attuata, di un’area a fini di pianificazione, se risponde a
possibili (e anche giustificabili) esigenze di chiarezza espositiva dello strumento, non può certo
determinare una modificazione del carattere unitario del territorio materialmente considerato sotto
gli aspetti geografici, paesaggistici, culturali». Sull’indebito frazionamento si v. anche: TAR Veneto,
n. 1539/2009 e Cons. St., n. 1170/2020.
143 Si v. ad esempio: Cons. St. n. 2569/2015 secondo cui è caratterizzata da opinabilità «la

valutazione [svolta dall’Arpa] degli esiti delle analisi del campione [di acqua] prelevato».
144 TAR Puglia, Lecce, sez. I, 5 settembre 2014, n. 2304.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 139

casi analizzati, sui vizi di insufficienza e contraddittorietà della motivazione145 o


di difetto di proporzionalità.
Una particolarità delle pronunce in materia di siti contaminati appare,
però, il fatto che, ad opera della stessa giurisprudenza, risulta essersi formato
«un quadro istruttorio e motivazionale» a cui attingere ai fini della rilevazione
dei menzionati vizi146.
Ancor di più, si registra la formazione di criteri giurisprudenziali basati su
schemi presuntivi. Esemplificativa la giurisprudenza in tema di accertamento del
nesso di causalità tra il fenomeno dell’inquinamento e il comportamento del
soggetto privato, che, per stabilire la validità delle ipotesi eziologiche formulate
dall’amministrazione, considera consolidato l’uso del criterio del “più probabile
che non”147, «altresì definibile come della “preponderanza dell’evidenza”»148.
Anche un esame superficiale delle questioni consente di rilevare, però, che il
nesso di causalità è suscettibile di apparire “evidente” all’occhio di un profano
solo in alcuni casi149. Tanto è vero che la legittimità di tale criterio è esplicita-

145 Si. v., TAR Toscana, n. 2316/2010 che annulla un provvedimento di bonifica anche per-
ché l’amministrazione ha mancato di indicare gli elementi tecnici in base ai quali ha prescritto l’in-
tervento e per contraddizioni intrinseche al verbale della conferenza di servizi.
146 Si vv. in particolare le sentenze sui provvedimenti di bonifica in cui le censure relative

alla proporzionalità delle misure dirette a prescrivere l’adozione di barriere di confinamento fisico
sono affrontante facendo riferimento «al quadro istruttorio e motivazionale delineato […] dalla
giurisprudenza […] secondo la quale la scelta in parola richiede: a) un’attenta istruttoria circa gli
effetti che l’indicata barriera avrebbe sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area
sottostante; b) un altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i due modelli di bar-
riera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di evitare duplicazioni di interventi, con inutile ag-
gravio dei costi, nonché interazioni negative comportanti aggravamento dei rischi che si intende-
vano scongiurare. A questo proposito deve, anzi, rilevarsi come nel caso di specie il difetto di
istruttoria e di motivazione risulti tanto più grave, alla stregua della circostanza che viene imposta
contestualmente la realizzazione sia della barriera fisica, sia di quella idraulica mediante almeno
due pozzi di emungimento; c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale con-
taminato di cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione» (TAR Toscana,
n. 2316/2010).
147 Sul punto: Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5668, che conferma una diffida alla

messa in sicurezza d’emergenza, rilevando che, sulla scorta delle indicazioni derivanti dalla Corte
di Giustizia UE, la giurisprudenza amministrativa esclude l’applicabilità di una impostazione “pe-
nalistica” (incentrata sul superamento della soglia del “ragionevole dubbio”), trovando invece ap-
plicazione, ai fini dell’accertamento della sussistenza del nesso di causalità tra attività industriale
svolta nell’area ed inquinamento dell’area medesima, il canone civilistico del “più probabile che
non”. Cfr. 18 dicembre 2018, n. 7121; 1° aprile 2020, n. 2195; 6 aprile 2020, n. 2301.
148 Cons. St., sez. IV, 8 ottobre 2018, n. 5761.
149 Uno di questi è, ad esempio, l’ipotesi delle contaminazioni storiche, rispetto alle quali la

narrazione costruita sugli indici sintomatici sembra possedere una certa forza persuasiva. Si v.
Cons. St., sez. IV 1 aprile 2020, n. 2195 «nella specie tale (relativa) solidità euristica è stata attinta
dalla Provincia nelle ordinanze gravate, ove si consideri che: – il sito è stato gestito per decenni da
società del gruppo Edison; – il sito è risultato contaminato da mercurio in pressoché tutte le ma-
trici ambientali (suolo, sottosuolo, acque di superficie, acque di falda); – i processi produttivi
adottati dalle società del gruppo Edison che hanno operato in situ si sono basati a lungo proprio
sull’utilizzo del mercurio; – l’assunto secondo cui altre società del settore utilizzavano, all’epoca,
le stesse tecnologie adoperate da Edison, in disparte ogni considerazione in ordine alla sufficienza
della documentazione prodotta a sostegno dell’affermazione, non elide la specifica responsabilità
di Edison per la conseguenze ambientali delle metodologie produttive che questa ha, a suo tempo,
140 MARGHERITA CROCE

mente connessa, in alcune sentenze, alla natura riparatoria e non sanzionatoria


delle misure di intervento prescritte dall’amministrazione150.
Inoltre, anche in materia di siti contaminati, sono rintracciabili casi di sin-
dacato intrinseco svolto senza l’ausilio dei mezzi istruttori a disposizione del giu-
dice, nella misura in cui i giudici formulano apprezzamenti in via autonoma fon-
dati su criteri che eccedono il senso comune151.

5. I giudizi di prevalenza nel vaglio giudiziale: le variabili dello sviluppo soste-


nibile e la preminenza dell’interesse paesistico
L’indagine appena conclusa ha fatto emergere come, al di là delle petizioni
di principio, il sindacato sulle valutazioni tecniche ambientali non differisca da
quello esercitabile sulle valutazioni discrezionali, incentrato sulla prospettiva
eziologica dell’eccesso di potere e, in definitiva, sul controllo di ragionevolezza
della decisione finale152. Si è però anche notato che l’intensità, e soprattutto il ri-
gore argomentativo, delle sentenze è suscettibile di variare a seconda delle di-
verse tipologie di riesame giudiziale esercitato (sindacato indiretto o diretto), la
cui elezione appare, a sua volta, condizionata dalla differente considerazione ac-
cordata a fattori esterni alla valutazione tecnica, ma comunque di carattere giu-
ridico, come ad esempio la correttezza procedimentale o l’expertise tecnica dei
soggetti pubblici coinvolti.
Le variazioni di intensità del sindacato possono dipendere, però, anche da
fattori meta-giuridici153.

liberamente scelto di adottare; – Edison non ha indicato una concreta e credibile soluzione
eziologica alternativa, che non si riduca alla formulazione di mere ipotesi non suffragate da alcun
apprezzabile riscontro oggettivo […]».
150 Così Cons. St., n. 5761/2018. Cfr. Cons. St., sez. IV, 1° aprile 2020, n. 2195 che, invece,

applica il criterio al fine di confermare la legittimità di un progetto di bonifica.


151 Nella sent. Cons. St., n. 5761/2018, ad esempio, per confermare la validità dell’ipotesi

formulata dall’amministrazione, i giudici fanno riferimento anche al fatto che le analisi da essa
condotte sono «sviluppate secondo stilemi metodologici a quanto consta accolti come validi dalla
comunità scientifica». Si v. anche TAR Lombardia, n. 1311/2009 che annulla l’atto di approva-
zione di un piano di caratterizzazione perché i valori presi a riferimento nel parere reso dall’ISS
non risultano in linea con quelli adottati dalla letteratura scientifica internazionale citata dalla ri-
corrente. Tale ultima sentenza è stata riformata in sede di appello (Cons. St., n. 2346/2019 citata
supra alla nota 104), anche in considerazione della natura non direttamente afflittiva del piano di
caratterizzazione. Cfr. anche Cons. St., n. 2569/2015, ove i giudici svolgono considerazioni auto-
nome rispetto alla correttezza del giudizio di verosimiglianza svolto dall’Arpa, che ha qualificato
come acqua di falda il liquido oggetto di campionatura effettuata a una profondità di circa 4 m.
152 A conferma di ciò può notarsi che anche nelle (poche) sentenze in cui giudici “annun-

ciano” la possibilità di procedere ad un sindacato intrinseco sulle valutazioni tecniche, in linea con
i principi enunciati dalla sent. n. 601/1999, il controllo effettivamente esercitato è poi di tipo
estrinseco. Si vv.: Cons. St., n. 1564/2015; TAR Toscana, n. 921/2017; Cons. St., sez. VI, 22 set-
tembre 2014, n. 4775.
153 Tale circostanza è messa in luce anche negli studi storico-comparativi, tra cui si v. recen-

temente M. D’ALBERTI, «Judicial Review of Administrative Power». Intensity of Judicial Review of


Administrative Power: Changes and Prospects, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 891 ss., che dà risalto
alla questione relativa all’orientamento politico-culturale personale dei singoli giudici.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 141

In questa prospettiva, rivestono particolare interesse le parti motive delle


sentenze in cui i giudici valutano, alla luce del criterio della proporzionalità, la
conformità dei provvedimenti ambientali ai principi di precauzione e sviluppo
sostenibile154. Verificando l’eventuale violazione di detti principi il giudice
porta, infatti, alla luce i giudizi di preferenza espressi dall’amministrazione e sot-
tesi al bilanciamento di interessi realizzato dal provvedimento. Opzioni di pre-
ferenza che l’amministrazione esercita, il più delle volte, in base a norme inde-
terminate che non fissano alcuna gerarchia tra gli interessi concretamente in
gioco nel procedimento amministrativo, né individuano i criteri sostanziali che
devono ispirare il giudizio comparativo. Dall’analisi di tali parti motive sembra,
quindi, possibile fare emergere gli orientamenti di politica del diritto, sottesi alle
varie pronunce, che riguardano l’interpretazione delle finalità che devono ispi-
rare l’applicazione degli istituti del diritto ambientale.
In questo senso, è bene precisare che vi sono ipotesi – invero piuttosto fre-
quenti – in cui una riduzione dei margini della discrezionalità amministrativa
deriva da fonti legislative speciali155 e regionali156 o dal più ampio contesto re-

154 Si è scelto di rivolgere attenzione all’interpretazione giurisprudenziale di tali principi per-

ché quando si tratta di giudicare la conformità del provvedimento rispetto ai principi dell’impar-
zialità e del buon andamento non sembra che il riesame giudiziale si appunti sul giudizio compa-
rativo espresso dall’amministrazione. In questi casi, infatti, sebbene il giudice possa esercitare uno
scrutinio anche molto penetrante dell’attività amministrativa, spingendosi a valutare la «suffi-
ciency of interests taken into consideration» (il c.d. “hard look review” secondo la terminologia
americana, su cui si v. M. D’ALBERTI, Diritto amministrativo comparato. Mutamenti dei sistemi na-
zioni e contesto globale, Bologna, 2019, 142 ss.), esso sembra comunque mantenersi sul piano della
verifica della correttezza procedimentale. Si v., ad esempio, Cons. St., n. 1564/2015 che annulla un
provvedimento positivo per l’ampliamento di una discarica perché: «in attuazione dei principi di
imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa predicati dall’articolo 97 della Costitu-
zione, l’amministrazione, in presenza [dell’]istanza di revisione/riesame [presentata dal privato],
avrebbe in ogni caso dovuto evidenziare le ragioni per le quali il precedente parere [della Com-
missione tecnica di verifica], ancorché favorevole, fosse quanto meno inopportuno ed inadeguato,
evidenziando i motivi che rendevano non irragionevoli o non implausibili le argomentazioni poste
dall’A.T.I.R. a sostegno dell’istanza di revisione, solo così potendo eventualmente giustificarsi il
nuovo iter istruttorio ed il superamento del precedente parere». Sentenza nella quale, non a caso,
è precisato che vi sarebbe stato sconfinamento nella discrezionalità amministrativa se, invece di li-
mitarsi a rilevare le insufficienze motivazionali, i giudici avessero sindacato «l’erroneità in sé della
valutazione positiva di impatto ambientale (il che avrebbe implicato la sostituzione del giudice al-
l’attività volitiva/valutativa propria ed esclusiva dell’amministrazione)».
155 TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 26 novembre 2018, n. 11460, secondo cui le censure volte

a contestare l’omessa valutazione della c.d. “opzione zero” e dell’analisi dei costi-benefici non col-
gono nel segno, dal momento che: «nessun margine valutativo residuava sul punto in capo alle
Amministrazioni resistenti, tenuto conto che tale specifico contemperamento era già stato positi-
vamente risolto a monte dallo stesso legislatore (che, come è noto, costituisce l’organo massima-
mente rappresentativo sul piano democratico nonché degli interessi pubblici) attraverso la previ-
sione dell’art. 38, comma 1, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla l.
n. 164 dell’11 novembre 2014, secondo cui le attività di prospezione e di ricerca di idrocarburi ri-
vestono non solo “carattere di interesse strategico”, ma costituiscono, altresì, opere di pubblica
utilità “urgenti e indifferibili”».
156 A titolo esemplificativo si v.: Cons. St., sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3107, dove la legisla-

zione regionale determina un rafforzamento degli oneri motivazionali in capo all’amministrazione.


Infatti, «nella perdurante vigenza di una legge regionale volta ad introdurre, per quel contesto ter-
ritoriale, un criterio di preferenza delle centrali elettriche alimentate a gas metano, salve fonti di ali-
142 MARGHERITA CROCE

golatorio – di piani e programmi – in cui si inserisce il provvedimento, che sta-


biliscono a monte i criteri di prevalenza da utilizzare nel giudizio di compara-
zione157.
Al di là di questi casi (in cui il sindacato del giudice sull’assetto di interessi
realizzato dal provvedimento trova conforto in esplicite indicazioni legislative),
possono distinguersi due filoni giurisprudenziali: quello in cui l’interpretazione
del principio di precauzione risulta avere un ruolo assorbente e quello in cui,
invece, assume rilievo centrale l’interpretazione del principio di sviluppo soste-
nibile.
Il primo filone giurisprudenziale, che chiama direttamente in causa i rap-
porti tra decisioni amministrative e conoscenze scientifiche, risulta piuttosto
consolidato nell’utilizzare il criterio della proporzionalità al fine di escludere che
la tutela anticipata dell’ambiente, rispetto alle fonti di inquinamento e ad altri
fattori di compromissione, possa essere disposta in assenza di dati scientifici
adeguati158.

mentazione con minore o pari impatto ambientale», la decisione amministrativa di consentire la


localizzazione di una centrale a carbone deve fondarsi su una adeguata ed esaustiva comparazione
delle alternative che dia conto, «in un’ottica di trasparenza delle pur discrezionali scelte ammini-
strative, a garanzia della loro ponderatezza e di una consapevole assunzione di responsabilità», del
«minore o quanto meno equivalente impatto ambientale della centrale a carbone».
157 Cons. St., n. 1170/2020, secondo cui: al «contraddittorio ed illogico esito della VIA ha

poi contribuito anche l’assenza a monte di un valido procedimento di VAS. Si tratta di un profilo
che, assorbito dal TAR e riproposto in appello dal Comune originario ricorrente, merita di essere
approfondito nella misura in cui consente di inquadrare meglio il vizio funzionale del giudizio di
compatibilità ambientale in esame»; TAR Puglia, n. 342/2018 relativa a un provvedimento di Aia,
e secondo la quale: « l’attività di discarica non costituisce un’attività libera, bensì un’attività, ri-
servata a soggetti muniti di predeterminati requisiti, che assume un rilevante pubblico interesse e
viene “concessa” al gestore ambientale, con un’autorizzazione costitutiva, a fronte della presenta-
zione di una domanda, con il corredato progetto definitivo, che si colloca però all’interno di un’at-
tività pianificatoria e programmatoria delle autorità pubbliche preposte, che individua specifiche esi-
genze e criteri». Rientrano in tale ambito anche le pronunce in cui viene accordato rilievo alla pre-
senza di linee guida nazionali, sovranazionali o internazionali. V. Cons. St., n. 3107/2011.
Sull’incidenza del quadro regolatorio sul giudizio comparativo di interessi si v. in dottrina
D. DE PRETIS, Discrezionalità e ambiente, cit., 243 ss.
158 Si vv., ad esempio, TAR Toscana, n. 107/2014 e TAR Liguria, Genova, n. 9501/2010. Tali

sentenze sono in linea con l’indirizzo giurisprudenziale considerato maggioritario, che subordina
l’uso del principio di precauzione alla sussistenza di un rischio specifico, la cui valutazione deve
essere completa, nel senso di essere fondata su dati scientifici supportati da organismi tecnico-
scientifici, al fine di evitare che il rischio di una anticipazione della tutela del valore ambientale
possa vietare in linea di principio ogni attività rischiosa. Sul punto si v. recentemente L. SAMUELE
FERRETTI, Il principio di precauzione e la giurisprudenza amministrativa tra discrezionalità tecnica e
limiti al sindacato giurisdizionale, in R. DI PACE, A. RALLO, A. SCOGNAMIGLIO (a cura di), Impatto
ambientale e bilanciamento di interessi, cit., 443 ss., che commenta la sent. di conferma dei prov-
vedimenti impugnati Cons. St., 28 febbraio 2018, n. 1230.
Diversa, sembra, però, l’interpretazione del principio di precauzione fatta propria da TAR
Toscana, n. 921/2017, in cui, relativamente alle doglianze tecniche sollevate dai ricorrenti in rela-
zione alla «situazione» di un canale inciso dal progetto sottoposto a Via, si argomenta che: «il mo-
tivo appare fondato laddove viene contestata la permeabilità del canale, nel quale confluiscono gli
scarichi della controinteressata ed anche di altre imprese. Se a fronte di un inquinamento dei se-
dimenti superficiali è “ragionevolmente escludibile” che i contaminanti tendano a migrare nel sot-
tosuolo, secondo quanto afferma A.R.P.A.T. nel suo contributo del 2 settembre 2015, tuttavia l’ap-
plicazione del principio di precauzione impone che vengano messe in sicurezza le rive del corso
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 143

Le sentenze del secondo filone si caratterizzano, invece, per il fatto che il


giudizio di legittimità sull’assetto di interessi realizzato dal provvedimento di-
pende da come i giudici interpretano la causa tipica dei provvedimenti ambien-
tali, specie per quanto riguarda il peso da attribuire all’utilità socioeconomica
dell’intervento antropico159.
Si nota, allora, una certa convergenza tra le pronunce che annullano atti di
Via e Aia positivi e le sentenze che confermano la legittimità di provvedimenti
negativi o che hanno stabilito l’assoggettabilità a Via di un progetto (a seguito
della fase di screening). In questi casi il contenuto dispositivo è motivato sulla
base dell’idea che tali procedimenti debbano garantire in via principale l’effet-
tiva tutela delle risorse e delle matrici naturali rispetto al rischio di inquina-
mento. In questo senso, i giudici argomentano che la «salvaguardia dell’habitat
nel quale l’uomo vive […] assurge a valore primario ed assoluto, in quanto
espressivo della personalità umana»160. La prevenzione o la riduzione dei sacri-
fici imposti all’equilibrio ecologico sono qui considerati obiettivi prioritari ri-
spetto al sacrificio imposto alle esigenze produttive161-162.
In alcune delle sentenze che confermano Via o Aia positive emerge, invece,
con evidenza (anche se il passaggio è spesso sottointeso) che l’assenza di una

d’acqua poiché la penetrazione degli inquinanti nel sottosuolo non è esclusa in assoluto. Il mo-
dello matematico sviluppato da A.R.P.A.T. la cui mancata contestazione, secondo la controinte-
ressata, renderebbe inammissibile la censura, in realtà conclude nel senso che la mancanza di co-
noscenze sulle impronte dei fanghi del TRL e dei vari flussi di impianto non permette ad oggi di
definire la modalità di distribuzione del PCB-DL sicché “ad oggi non sono disponibili dati per
tracciare una correlazione tra i SST in uscita con lo scarico di S.E. ed i sedimenti superficiali della
foce”».
159 V., ad esempio, TAR Firenze, n. 986/2010, secondo cui le valutazioni che riguardano la

tutela della libera concorrenza o degli interessi economici privati possono trovare spazio solo in
sede di Aia e non di Via e, contra, TAR Lazio, n. 7424/2020.
160 Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36. In termini anche: Cons. St., n. 933/2007; Cons.

St., sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928; Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109; Cons. St., sez. IV,
5 luglio 2010 n. 4246; Cons. St., n. 2234/2012; Cons. St., sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 468.
161 Rilevano, ad esempio, Cons. St., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, secondo cui la disciplina

del governo del territorio è orientata ad un criterio sostanziale di «non consentire la totale consu-
mazione del suolo nazionale», e Cons. St., sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36: «In questo senso, la na-
tura discrezionale della decisione finale […] rende fisiologico – e coerente con la ratio dell’istituto
innanzi evidenziata – che si pervenga ad una soluzione negativa tutte le volte in cui l’intervento
proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento del-
l’interesse diverso sotteso all’iniziativa. Ne discende la possibilità di bocciare progetti che arrechino
un vulnus non giustificato da esigenze produttive».
L’applicazione di questa prospettiva comporta, tendenzialmente, la conseguenza di imporre
un «maggior impegno motivazionale» a carico dell’amministrazione nel caso in cui gli apporti col-
laborativi (anche dei privati) forniti in sede procedimentale abbiano fatto emergere «ricadute po-
tenzialmente negative sul contesto ambientale ed insediativo interessato dall’iniziativa» (Cons. St.,
n. 2234/2012 e Cons. St., sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928).
162 Ispirate alla prioritaria esigenza di conservazione delle risorse naturali e delle matrici

ambientali sono anche le pronunce in cui la rinnovazione del giudizio di compatibilità ambientale
– di regola doverosa allorché siano introdotte delle modificazioni progettuali che determinino la
costruzione di un manufatto significativamente diverso da quello già esaminato – è considerata su-
perflua ogni qualvolta al progetto originario siano apportate modifiche che risultino più conformi
agli interessi pubblici, determinando, in particolare, una più efficace mitigazione del rischio am-
bientale (Cons. St., sez. IV, n. 5972 del 2019).
144 MARGHERITA CROCE

preventiva determinazione normativa del criterio da applicare al fine di accor-


dare prevalenza a uno dei valori primari antagonisti in gioco stia a significare
che l’istituto della Via implica necessariamente che vi siano impatti negativi sul-
l’ambiente, essendo il decreto di compatibilità volto proprio alla loro mitiga-
zione163.
Sembra trattarsi, in definitiva, di differenti interpretazioni del principio di
sviluppo sostenibile, orientato nel primo senso al concetto di «protezione soste-
nibile» dell’ecosistema164 e, schiacciato, nel secondo senso sul «postulato (innato
nel liberismo capitalista) della indefettibilità della crescita all’infinito»165.
Il rango fondamentale attribuito alla conservazione dell’ambiente è un’ar-
gomentazione che si rinviene con frequenza nelle vertenze relative alla realizza-
zione di parchi eolici. In questi casi, però, la maggior incisività del controllo giu-
diziale è connessa alla primarietà del valore paesistico, inteso come veduta, (art.
9 cost.)166 oltre che, sembra, alla maggiore facilità con cui è dato rilevare la sua
potenziale compromissione (l’impatto visivo come fatto notorio, percepibile da
parte di chiunque)167.
In ogni caso, nell’ambito del giudizio di bilanciamento realizzato in sede
procedimentale, gli interessi connessi ai profili paesistici e culturali dell’am-

163 Cons. St., 18 gennaio 2006, n. 129 e Cons. St., n. 627/2013: «il concetto di valutazione di

impatto ambientale implica necessariamente che le opere da valutare abbiano comunque un’inci-
denza sugli elementi naturalistici del territorio, modificandoli in misura più o meno penetrante,
giacché tale valutazione è finalizzata a stabilire se le alterazioni conseguenti alla realizzazione delle
opere possano ritenersi “accettabili”».
164 Cons. St., sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246. In questo senso, «ciò che viene “sostenuto” […]

non è la crescita economica, il vantaggio competitivo o altri criteri di misurazione adoperati dagli
economisti, ma l’intera rete della vita dalla quale dipende la nostro sopravvivenza a lungo ter-
mine», F. CAPRA, U. MATTEI, Ecologia del diritto, cit., 57. Tale prospettiva, come rilevato anche
nella sentenza citata, è quella assunta nella regolazione delle aree protette, rispetto alle quali «non
dovrebbe parlarsi di sviluppo sostenibile ossia di sfruttamento economico dell’ecosistema compa-
tibile con esigenza di protezione, ma, con prospettiva rovesciata, di protezione sostenibile, inten-
dendosi con tale terminologia evocare i vantaggi economici che la protezione in sé assicura senza
compromissione di equilibri economici essenziali per la collettività, ed ammettere il coordina-
mento fra interesse alla protezione integrale ed altri interessi solo negli stretti limiti in cui l’utiliz-
zazione del territorio non alteri in modo significativo il complesso dei beni compresi nell’area pro-
tetta; si deve ammettere l’alterazione dei valori ambientali solo in quanto non vi siano alternative
possibili da individuarsi proprio grazie alla procedura di v.i.a.». Sembra si tratti, quindi, di una vi-
sione della protezione ambientale che, pur non spingendosi ad assumere un’etica ecocentrica, tut-
tavia tenta di mitigare gli eccessi estrattivisti della prospettiva antropocentrica.
165 P. CARPENTIERI, La causa nelle scelte ambientali, cit.
166 Cons. St., n. 4775/2014: «Ne consegue, per un verso, che, sul piano della comparazione

degli interessi da compiere in sede di valutazione di impatto ambientale dell’impianto eolico in que-
stione ai fini della rammentata compatibilità, è destinato ad assumere un ruolo preminente il valore
della tutela paesaggistica, con conseguente sussistenza di un onere motivazionale particolarmente
gravoso a suffragio di una VIA ad esito positivo, e, per altro verso, che appare contrario ai prin-
cipi di proporzionalità ed adeguatezza una soluzione, la quale, nonostante la diffusa presenza (con
ulteriori potenzialità espansive), in territorio provinciale, di impianti di produzione di energia elet-
trica da fonte rinnovabile, si orienti verso la realizzazione, in zona alpina, di impianti eolici per la
produzione di energia elettrica (quale quello in esame) a evidente incisivo impatto paesaggistico
nelle aree montane, salvo che venga fornita la prova contraria attraverso una precisa motivazione
che si fondi su elementi puntuali e concreti, da acquisire all’esito di un’approfondita istruttoria».
167 Sul punto v. supra nota 139.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 145

biente – che all’interno del procedimento di Via formano oggetto di valutazione


da parte del Mibact – risultano più chiaramente individuati, nella loro autono-
mia, rispetto ai valori latamente ambientali168. Ciò si riflette, in alcune interessanti
pronunce169, nella definizione del parere del Mibact (rectius, della Soprinten-
denza) e della Commissione tecnica di verifica, come atti espressivi di discrezio-
nalità tecnica, ai quali è e deve restare estraneo ogni giudizio volto alla compara-
zione di interessi, i pareri tecnici dovendo restare ispirati alla valutazione del solo
interesse primario attribuito alla cura dell’organo o dell’ente tecnico170.

6. Considerazioni di sintesi
Dall’analisi della giurisprudenza sulle valutazioni tecniche in materia di Via
e Aia, condotta anche attraverso il raffronto con le pronunce rese in tema di bo-
nifica di siti contaminati, è emersa una scarsa rilevanza pratica dell’opposizione
tra discrezionalità amministrativa “pura” e “tecnica”, che risulta spesso sosti-
tuita dalla diversa contrapposizione tra la categoria dei meri accertamenti tecnici
e delle valutazioni (tecnico) discrezionali.
In questa prospettiva, il sindacato sulle cosiddette valutazioni tecniche
complesse, ricondotte nell’ambito di quest’ultima (più ampia) categoria, risulta
schiacciarsi sulle tecniche proprie del sindacato per eccesso di potere. Ciò non
si traduce, tuttavia, necessariamente in una minore intensità del sindacato giudi-
ziale. Nel diritto ambientale, infatti, se per un verso l’ambito del sindacato si re-

168 Resta fermo che la maggiore autonomia del giudizio tecnico non si risolve, necessaria-

mente, nell’esercizio da parte del giudice di un sindacato più penetrante. Anzi, come emerge an-
che dal cap. V di M. Bray, in questo Volume, rispetto alle autorizzazioni paesaggistiche e ai prov-
vedimenti di apposizione del vincolo si registra un diffuso self-restraint del giudice che, però, si
fonda sulla natura altamente opinabile e relativa dei criteri (propri ad esempio della storia, del-
l’arte e dell’architettura) impiegati nei giudizi tecnici. Solo nelle controversie relative alle esporta-
zioni e ai prestiti di opere d’arte, la deferenza giudiziale appare, invece, giustificata in ragione
della natura discrezionale delle scelte amministrative, ricondotte all’ambito della politica culturale.
169 V. Cons. St., n. 1486/2020 che riprende le argomentazioni della sent. Cons. St., n.

3652/2015. Per un commento a quest’ultima si v. A. GIGLI, La funzione di tutela del paesaggio tra
discrezionalità tecnica e compresenza di interessi primari, in Riv. quadr. dir. amb., n. 2/2015, 195 ss.
170 Cons. St., n. 1486/2020: «[…] alla funzione di tutela del paesaggio (che il Ministero dei

beni culturali esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di
compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o
dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in
considerazione. Esso è atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale,
similmente a quanto avviene nell’espressione del parere di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004
l’intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tec-
nica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, “valutazione che è isti-
tuzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente va-
lore protetto” […] Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di
compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio
fondamentale dell’art. 9 della Costituzione […] Mentre, tuttavia, è sicuramente preclusa all’Am-
ministrazione procedente la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l’interesse paesag-
gistico con gli altri interessi in gioco, compreso quello ambientale appannaggio della Commissione
tecnica costituita all’uopo, ciò non vale per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ove venga at-
tivata la procedura prevista dall’art. 5, comma 2, lett. c-bis) [della l. 23 agosto 1988, n. 400]».
146 MARGHERITA CROCE

stringe, poiché si estende l’area delle decisioni discrezionali, per altro verso, i
parametri del controllo esterno si intensificano, potendo arrivare, attraverso lo
scrutinio di proporzionalità, a verificare la scelta amministrativa dal punto di vi-
sta dei costi e benefici prodotti171.
Sembrerebbe, quindi, cogliere nel segno l’osservazione secondo cui la giu-
risprudenza in questa materia si allinea alla tendenza comune a vari ordinamenti
nazionali, volta a superare le rigide distinzioni in tema di sindacato, a favore di
un approccio casistico: lo “spazio di valutazione” riconosciuto all’amministra-
zione è di volta in volta ricostruito in considerazione del contesto normativo e
organizzativo172.
Le cautele del giudice amministrativo, infatti, se, in linea teorica, potreb-
bero comunque giustificarsi in ragione del fatto che le valutazioni tecniche com-
plesse implicano un assorbimento dei momenti deliberativi in quelli propria-
mente decisori173, in concreto, risultano originate anche dalle criticità proprie
della disciplina normativa.
Si pensi, in primo luogo, alla difficile ricostruzione della forza condizio-
nante attribuibile ai pareri tecnici, obbligatori ma non vincolanti, resi dagli enti

171 Emblematico che in alcune occasioni il supremo giudice amministrativo argomenti che i

canoni di controllo della discrezionalità amministrativa e della discrezionalità tecnica si sono evo-
luti su binari paralleli. Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1330: «Per quanto riguarda infatti, in
particolare, la segnalata insindacabilità nel merito di apprezzamenti discrezionali, come quelli sot-
tesi alla perimetrazione di un Parco naturale, sembra opportuno ricordare come la predetta insin-
dacabilità abbia subito nel tempo una significativa evoluzione, in linea con i principi costituzionali
e comunitari del “giusto processo” – inscindibile dalla effettività della tutela – e del “giusto pro-
cedimento amministrativo”, che vede la pubblica autorità chiamata a rendere conto in modo sem-
pre più incisivo – e con accresciute modalità di partecipazione e di verifica dei diretti interessati –
della razionalità delle proprie determinazioni. Le vecchie formule, che limitavano il sindacato giu-
risdizionale di legittimità sugli atti discrezionali all’esatta rappresentazione dei fatti ed alla con-
gruità dell’iter logico, seguito dall’Autorità emanante il provvedimento, debbono ormai ritenersi
superate dai parametri di attendibilità della valutazione, che sia frutto di discrezionalità tecnica, e
di non arbitrarietà della scelta, ove sia stata esercitata una discrezionalità amministrativa. Sotto il
primo profilo, è infatti, ormai, pacificamente censurabile la valutazione che si ponga al di fuori
dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di uni-
voca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina domi-
nante in materia […] Un’evoluzione analoga non può non investire la discrezionalità cosiddetta am-
ministrativa, sotto il profilo non tanto dell’“an” e del “quid”, ma del “quomodo”, soprattutto ove le
scelte si proiettino su complessi bilanciamenti di interessi, legati ai parametri costituzionali di buon
andamento e imparzialità dell’Amministrazione. Un criterio di scelta, formulato come discrezionale
e pertanto insindacabile nel merito, può infatti ritenersi funzionalmente deviato – ed essere sin-
dacabile sul piano della legittimità – quando non renda esplicita e verificabile la logica interna che
lo ispira, non consentendo di appurare l’effettivo perseguimento della scelta ottimale fra più solu-
zioni possibili, nell’interesse pubblico ed in comparazione con ogni altro possibile interesse – an-
che privato – coinvolto».
172 D. DE PRETIS, Discrezionalità e ambiente, cit.
173 Sulla scia delle lezioni impartite dalla fisica moderna, secondo cui: «Nelle decisioni pra-

tiche della vita […] La decisione può essere il risultato della deliberazione, ma è nello stesso tempo
complementare alla deliberazione e finisce con l’escluderla», W. HEISENBERG, Fisica e filosofia. La ri-
voluzione nella scienza moderna, Milano, 1961, 246. Nella letteratura giuridica, rispetto allo speci-
fico della materia ambientale, questo fenomeno è stato definito come lo «‘scivolamento’ della di-
screzionalità tecnica in discrezionalità amministrativa», G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato
giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia ambientale, cit.
LA PORTATA DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ SULLE VALUTAZIONI TECNICHE 147

o organismi a competenza tecnica, ma anche alla composizione mista di questi


ultimi. Entrambi i fattori sembrano acuire il fenomeno – in certa misura, come
già notato, insopprimibile – di commistione tra opinabilità e opportunità. Una
più chiara disciplina normativa del valore probante dei pareri tecnici potrebbe,
forse, indirizzare la giurisprudenza a concentrare l’analisi sul tenore di questi ul-
timi174, contribuendo ad attenuare il fenomeno dei rinvii incrociati di responsa-
bilità tra enti e organismi tecnici e organi politici.
Quanto a possibili considerazioni in ordine alla resistenza specifica mo-
strata dai giudici nei confronti del sindacato di tipo intrinseco, occorre anzitutto
ribadire che in presenza di una valutazione “attendibile” non vi sono motivi di
principio né ragioni giuridiche che giustifichino l’aspirazione a un intervento
maggiormente incisivo del giudice175. Nondimeno, il timore del giudice ammini-
strativo di invadere la sfera delle decisioni di opportunità riservata alla pubblica
amministrazione sembra eccessivo là dove (come si è visto) esclude con argo-
mentazioni ricorsive – e quasi affermando una “presunzione di legittimità” del
provvedimento – anche l’indagine sul merito tecnico del provvedimento176. Per
evitare di sostituire “surrettiziamente” la propria opinabile valutazione a quella
svolta dall’amministrazione, il giudice rinuncia, infatti, all’esame delle questioni
tecniche, rendendo così difficile accertare la stessa plausibilità e ragionevolezza
tecnica della scelta operata in sede amministrativa177.
In questo quadro, le statuizioni di principio sul ruolo della motivazione
quale garanzia della trasparenza, della comprensibilità e dell’impugnabilità della

174 Una prospettiva che sembra consentire di mettere a fuoco il problema di cui rendeva

conto F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalità, in V. PARISIO (a cura di),
Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 115: «La verità è che, probabilmente per
ragioni di semplificazione, la giurisprudenza amministrativa, dinanzi ad una graduazione di possi-
bili giudizi, che contempla giudizi di esistenza e inesistenza, giudizi di esattezza e inesattezza, giu-
dizi di congruità e incongruità e, in ultimo giudizi di opportunità e inopportunità, non ha operato
una differenziazione sulla base dell’oggetto (o del criterio) del giudizio, ma ha preferito porre in
essere una differenziazione meno analitica, separando i giudizi di esistenza semplici da tutti gli al-
tri giudizi: giudizi complessi secondo criteri obiettivi, giudizi complessi secondo criteri opinabili,
giudizi complessi secondo criteri soggettivi (quali, ad esempio possono essere considerati quelli in
materia di vincoli archeologici, storici, e in senso lato culturali e ambientali)».
175 «I dubbi di carattere scientifico non si risolvono con lo strumento del potere […] per

questo aspetto, la bilancia del giudice vale quanto la spada dell’amministrazione», F. LEDDA, Po-
tere, tecnica e sindacato, cit., 434.
176 In questo senso appiano confermate le conclusioni formulate da C. VIDETTA, Le valuta-

zioni tecniche ambientali, cit., secondo cui non solo i giudici si arresterebbero «ad un controllo
estrinseco, più che intrinseco ma debole» ma sarebbe anche «ancora rinvenibile una certa sovrap-
posizione tra il concetto di valutazione tecnico-discrezionale e quello di merito, abbastanza co-
mune nella giurisprudenza anteriore» alla nota pronuncia n. 601 del 1999.
177 Secondo V.R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., 129: «il

mancato ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio non permette una ricostruzione dei fatti posti a
fondamento della valutazione medesima, il che, a sua volta, impedisce, prima ancora che la sosti-
tuzione della valutazione del giudice a quella effettuata dall’amministrazione, la semplice verifica
dell’attendibilità scientifica della decisione amministrativa assunta. Tuttavia, non va neppure
sottaciuto che sarebbero in gioco delicati equilibri di sistema laddove si attribuisse al binomio
giudice-consulente una credibilità ontologicamente superiore a quella di amministrazioni partico-
larmente qualificate sotto il profilo tecnico».
148 MARGHERITA CROCE

decisione amministrativa rivelano una certa fragilità poiché la motivazione con-


tinua ad atteggiarsi come uno «schermo» tra il fatto e il riesame giurisdizio-
nale178.
Anche le garanzie partecipatorie offerte dalla normativa ambientale ap-
paiano poco efficaci. Se è vero che «i soggetti che, partecipando al procedi-
mento, collaborano alla formazione dell’atto discrezionale, in effetti non intro-
ducono, come spesso si dice, degli interessi ma, fondamentalmente, indicano e
giustificano la soluzione che sarebbe più conforme ai loro interessi»179, la parte-
cipazione ai procedimenti ambientali risulta menomata nella misura in cui al-
l’amministrazione non è richiesto di articolare la motivazione del provvedimento
in riferimento alle prospettive e soluzioni tecnico-scientifiche, alternative ma
possibili, proposte dai soggetti intervenuti nel procedimento. È il problema
della particolare “resistenza” attribuita ai suddetti pareri tecnici rispetto alle
censure tecniche proposte nel procedimento e poi nel processo: una concezione
soggettiva della tecnica che, però, non sembra trovare un solido ancoraggio nor-
mativo.
Una considerazione specifica merita, infine, la giurisprudenza in tema di
messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati, nella quale, come rilevato,
sembra maggiormente diffuso l’esercizio di un sindacato intrinseco, senza che
ciò comporti, però, un conseguente più diffuso ricorso all’esperimento dei
mezzi istruttori. Un controllo intrinseco che non si avvale della mediazione di
un esperto appare rischioso nella misura in cui il riesame delle questioni tecni-
che è condotto da chi non possiede le necessarie competenze specialistiche180, a
meno di non intraprendere, sistematicamente, un percorso di specializzazione
delle corti.

178 F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalità, cit., 120.
179 F. LEVI, L’attività conoscitiva, cit., 227.
180 Sulle disparità di trattamento e sull’indebita ingerenza nel merito amministrativo asso-

ciate a un sindacato intrinseco “dissimulato” «mediante la fraseologia propria del sindacato estrin-
seco», si v. ancora G. PARODI, Tecnica, ragione e logica, cit., 118 ss.
CAPITOLO QUINTO

IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI
E PAESAGGIO

Michele Bray

SOMMARIO: 1. Introduzione: precisazione del campo di indagine. – 2. Inquadramento del


contenzioso in materia di beni culturali e paesaggio. – 3. I principali orientamenti
che caratterizzano il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche. – 4. Le
tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di sinda-
cato giurisdizionale. – 5. Conclusioni.

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine


Tutela del patrimonio culturale e discrezionalità tecnica rappresentano un
binomio inscindibile e «malgrado il carattere fortemente valutativo che possie-
dono siffatti giudizi, essi rimangono nell’ambito dell’apprezzamento tecnico, e
non debordano nella potestà discrezionale: abbiamo sempre dei giudizi tecnici,
giuridicamente distinti dai giudizi di opportunità e dal momento decisionale»1.
Ed invero, in tale ambito la valutazione dell’amministrazione si fonda sulla
conoscenza di discipline umanistiche o scientifiche, le quali consentono di col-
mare gli spazi lasciati dalla legge attraverso l’accertamento richiesto.
La valutazione in materia di patrimonio culturale è quindi condizionata in-
tegralmente da una serie di nozioni che possono qualificarsi come «tecniche», in
quanto riconducibili a discipline ben precise. Il termine «tecnico» deve essere
convenzionalmente inteso, in senso giuridico, in riferimento anche a discipline
umanistiche, come ad esempio la storia dell’arte, l’archeologia o l’architettura.
Nello specifico, la peculiarità delle “tecniche” che vengono in considera-
zione in questo settore, ai fini della dichiarazione dell’interesse culturale su un
bene ovvero ai fini dell’esercizio del potere autorizzatorio, è di appartenere al
novero delle “discipline scientifiche non esatte”, o soft sciences, nelle quali
l’ideale positivista della necessaria univocità delle soluzioni offerte dalla scienza
e dalla tecnica, tipico delle “scienze esatte”, o hard sciences, lascia il posto a ri-
sultati non certi, ma semmai attendibili.
1 Così M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, vol. 1, Milano, 489.
150 MICHELE BRAY

In particolare, nell’ambito che qui interessa, il grado di opinabilità delle va-


lutazioni effettuate è generalmente ampio, tenuto conto che il valore culturale e
paesaggistico costituiscono per loro natura un fatto incerto perché legato a va-
lutazioni che, coinvolgendo discipline contraddistinte da una fisiologica relati-
vità, quanto a premesse, metodologie e finalità tecniche, non si traducono nel-
l’applicazione di regole univoche. Conseguentemente è assai frequente che il ri-
sultato ottenuto resti comunque non dimostrabile e soggettivamente non del
tutto condivisibile. Infatti, il valore culturale di un’opera o il pregio paesaggi-
stico di un panorama non sono dati materiali, ma conseguono ad un’operazione
intellettuale che non si può schematizzare a priori, ma che deve essere compiuta
caso per caso2. Per tale ragione, ad esempio, se per certi capolavori artistici di
maggior rilievo non vi possono essere dubbi sull’interesse culturale, per moltis-
simi altri beni meno noti, la valutazione circa il suo interesse non avrà certo va-
lore assoluto.
La ragione della dimensione tecnica che deve ispirare tali valutazioni è (an-
che) di ordine costituzionale: infatti, l’elevazione della tutela del paesaggio e del
patrimonio storico e artistico a principio fondamentale della Costituzione (art. 9
Cost.) impone una salvaguardia del patrimonio culturale che non sia fondata
sulla scelta libera tra una pluralità di interessi come avviene per l’attività discre-
zionale. La dimensione costituzionale degli interessi sottesi alla valutazione della
p.a. impone di sottrarre la loro tutela non solo alla disponibilità delle contin-
genti maggioranze politiche, ma anche alle continue comparazioni con altri
interessi. Ciò in quanto è stata cura del costituente stabilire a priori, all’art. 9 ap-
punto, la prioritaria considerazione dell’interesse culturale e paesaggistico ri-
spetto ad ogni altro interesse, pubblico o privato, in ragione della loro ricondu-
cibilità a valori fondamentali della Repubblica.
In particolare, in questa direzione, in materia di paesaggio il giudice ammi-
nistrativo ha valorizzato il fatto che «alla tutela del paesaggio è estranea ogni
forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o
dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta
possono venire in considerazione», con la conseguenza che «il parere del MI-
BAC in ordine alla compatibilità paesaggistica non può che essere un atto stret-
tamente espressivo di discrezionalità tecnica»3.
2 Più in particolare sulla distinzione tra “hard sciences” e “soft sciences” in ambito culturale

si veda P. CARPENTIERI, Paesaggio, ambiente e sviluppo: la via italiana della tutela, in Giustamm.it,
2015; G. SEVERINI, Tutela del patrimonio culturale, discrezionalità tecnica e principio di proporzio-
nalità, in Aedon, n. 3/2016 secondo il quale “la particolarità delle “tecniche” da spendere in que-
sto settore – storia, storia dell’arte, architettura, scienze del paesaggio e del territorio, ecc. – è di
un marcato carattere di “non scienza esatta” delle conoscenze specialistiche necessarie alla rico-
gnizione per la dichiarazione di bene culturale o paesaggistico, ovvero alla stima di compatibilità
dell’intervento concretamente immaginato […] non si tratta di hard sciences dai dati sperimentali,
oggettivamente quantificabili, controllabili e ripetibili com’è invece per la fisica, la chimica e altre
scienze naturali o formali; ma di soft sciences, com’è appunto delle “discipline non esatte”; sulla
distinzione tra “scienze umane” e “scienze esatte” si veda altresì F. SALVIA, Attività amministrativa
e discrezionalità tecnica, in Dir. proc. amm., 1992, 685 ss.
3 In particolare, sul punto il Cons. St., sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652, ha ribadito che nel-

l’esprimere la sua valutazione il Ministero abbia invece «illegittimamente compiuto una non con-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 151

Tale conclusione è stata ricondotta direttamente all’art. 9 Cost., che tute-


lando al massimo livello possibile il paesaggio (così come il patrimonio artistico
e storico della Nazione) richiede alle amministrazioni preposte l’espressione di
valutazioni tecnico-professionali e non comparative d’interessi.

2. Inquadramento del contenzioso in materia di beni culturali e paesaggio


La giurisprudenza amministrativa ha avuto, e tuttora ha, un ruolo determi-
nante per lo sviluppo del diritto del patrimonio culturale.
In questa sede, ci si prefigge di andare ad analizzare le più recenti pro-
nunce del giudice amministrativo che coinvolgono le decisioni di carattere tec-
nico-discrezionale nell’ambito del patrimonio culturale. La verifica di un bene
come culturale o paesaggistico può dar luogo, infatti, ad un contenzioso con il
proprietario del bene in un giudizio che coinvolge inevitabilmente la soluzione
adottata dall’amministrazione e più specificatamente l’apprezzamento tecnico
compiuto.
I principali filoni di contenzioso, dai quali ben emerge in tutta la sua deli-
catezza il ruolo del giudice chiamato a sindacare le valutazioni di tipo tecnico in
questo settore, hanno innanzitutto come oggetto i provvedimenti di dichiara-
zione dell’interesse culturale o di quello paesaggistico.
L’individuazione delle cose cui applicare lo speciale regime giuridico previ-
sto per il patrimonio culturale rappresenta un prius rispetto a qualsiasi altra at-
tività di tutela e valorizzazione e ben rappresenta uno degli esempi più interes-
santi per ricostruire l’equilibrio dei rapporti tra giudice e pubblica amministra-
zione nell’applicazione della tecnica.
Perché, infatti, un bene sia qualificabile come culturale e sia conseguente-
mente assoggettabile al relativo regime giuridico previsto dal Codice dei beni
culturali e del paesaggio, è generalmente necessario un procedimento ammini-
strativo di identificazione del bene culturale sulla base di una dichiarazione del-
l’interesse culturale4. Nell’ambito di tale valutazione, l’amministrazione è chia-

sentita attività di comparazione e di bilanciamento dell’interesse affidato alle sue cure (la tutela del
paesaggio) con interessi pubblici di altra natura e spettanza (essenzialmente quelli sottesi alla rea-
lizzazione dell’elettrodotto e, dunque, al trasporto dell’energia elettrica)». Tale circostanza è stata
dedotta dal fatto che il Ministero «fonda il mutamento di giudizio esclusivamente sulla “conside-
rata impossibilità di realizzare l’elettrodotto in cavo [sotterraneo]”: con ciò muovendo dalla con-
siderazione non già dello stretto interesse paesaggistico, ma dall’interesse, da esso stesso fatto su-
periore, alla realizzazione dell’opera: cosa che non è di sua cura. Questo ordine di giustificazioni
ha fatto ritenere fondato il vizio di sviamento di potere».
4 Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 disciplina la dichiarazione dell’interesse culturale agli artt.

13 ss., con riferimento ai beni indicati all’art. 10, comma 3. La dichiarazione d’interesse deve ac-
certare nelle cose, immobili e mobili, appartenenti a privati, la sussistenza di un interesse artistico,
storico, archeologico o etnoantropologico, particolarmente importante. Il soprintendente avvia il
procedimento, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato,
dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa. Il ter-
mine per la presentazione di eventuali osservazioni è di 30 giorni e l’atto è adottato dal Ministero.
Successivamente la dichiarazione è notificata al proprietario, possessore e detentore a qualsiasi ti-
152 MICHELE BRAY

mata ad effettuare una valutazione tecnica che si sostanzia in un apprezzamento


sulla collocazione cronologica e storica del reperto, sulla sua definizione mate-
riale, sul suo inquadramento nell’ambito degli studi e delle conoscenze di riferi-
mento. Pertanto, «il giudizio, che presiede all’imposizione di una dichiarazione
di interesse (c.d. vincolo) culturale, è connotato da un’ampia discrezionalità tec-
nico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche
specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari (della storia, dell’arte e
dell’architettura) caratterizzati da ampi margini di opinabilità»5.
Parimenti, anche «la delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a
vincolo paesaggistico» mediante l’adozione di un provvedimento amministra-
tivo6, «costituisce tipica espressione di una valutazione di discrezionalità tec-
nica»7.
Un’attività di valutazione tecnica è richiesta anche per quanto riguarda i
beni culturali e paesaggistici individuati ex lege, per i quali il valore culturale è
considerato sussistere di per sé. In tali casi, infatti, pur non essendo prevista una
forma di individuazione attraverso l’adozione di un provvedimento amministra-
tivo, l’applicazione del regime giuridico specificamente dettato richiede un’atti-
vità volta ad accertare l’essenza e la consistenza di tali situazioni. In questi casi,
infatti, la formulazione in via legislativa fa riferimento molto spesso a concetti
indeterminati, la cui delimitazione ed individuazione richiede atti specifici che
l’amministrazione competente assume.
Emblematica, ad esempio, il caso dei beni paesaggistici individuati ex lege
comprendenti vulcani, ghiacciai e circoli glaciali8 o territori coperti da foreste o

tolo della cosa ed è trascritta nei relativi registri, su richiesta del soprintendente. Dei beni vinco-
lati, il Ministero forma e conserva un apposito elenco.
5 In questi termini, si veda la sentenza del Cons. St., sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4747, che

con riferimento alla dichiarazione di interesse artistico di un immobile ha ulteriormente chiarito


che «La valutazione in ordine all’esistenza di un interesse culturale (artistico, storico, archeologico
o etnoantropologico) particolarmente importante, tale da giustificare l’imposizione del relativo vin-
colo ai sensi degli artt. 13, comma 1, e 10, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni
culturali), è prerogativa esclusiva dell’Amministrazione preposta alla gestione del vincolo e può
essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di
evidenza tale da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico discrezionale compiuta».
6 Il Codice, all’art. 134, disciplina tre concorrenti forme di individuazione e tipologie di beni

paesaggistici:1) gli immobili e le aree di cui all’articolo 136 caratterizzati da un notevole interesse
pubblico, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141; 2) le aree indicate all’art 142, e cioè i beni
tutelati per legge, in ragione del loro interesse paesaggistico; 3) gli immobili ed aree specifica-
mente individuati ai sensi dell’articolo 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti da-
gli articoli 143 e 156.
7 In particolare, la pronuncia del Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 914, aveva come og-

getto la delimitazione dei confini di una zona da sottoporre a vincolo paesaggistico quale “bellezza
d’insieme” ex art. 136, comma 1, lett. d), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Le norme che disci-
plinano i “vincoli provvedimentali” contengono in apertura l’enunciazione della motivazione per
la quale le bellezze naturali sono sottoposte a particolare protezione ovvero il loro “notevole inte-
resse pubblico”. L’art 136 del Codice non fa che riprendere il dettato dell’art. 1 della l. 29 giugno
1939, n. 149 e descrive quattro tipologie generali di beni (di notevole interesse pubblico), ricon-
ducibili alle due note categorie delle bellezze individue e delle bellezze di insieme.
8 Nel caso dei vulcani, dei circoli glaciali e dei ghiacciai si tratta di delimitare l’area da vin-

colare, avvalendosi essenzialmente dei portati scientifici della vulcanologia e della glaciologia e, in
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 153

da boschi, per i quali la legge non fornisce una definizione giuridicamente auto-
sufficiente, ed è quindi necessaria l’intermediazione di un’attività amministrativa
che stabilisca, ad esempio, quali sono i requisiti che consentono di ricondurre
un consorzio di alberi entro i confini della categoria del bosco. Infatti, a diffe-
renza di altri casi in cui le aree tutelate risultano adeguatamente individuate dallo
stesso legislatore attraverso puntuali e precisi riferimenti metrici ed altimetrici,
ovvero attraversi richiami a precedenti specifiche classificazioni, nei casi dei bo-
schi e delle foreste, stante la genericità della nozione e mancando una specifica
qualificazione, la concreta determinazione del territorio vincolato richiede un
atto ulteriore che ne specifichi la localizzazione e ne delimiti i confini9. Compete
dunque all’amministrazione accertare, per ciascuno e per tutti i numerosi con-
sorzi di alberi esistenti sul territorio, se si sia o meno in presenza di un bosco10.
Infine, si andranno ad esaminare le decisioni che emergono dallo studio
delle pronunce del giudice amministrativo chiamato a valutare il diniego del cer-
tificato di libera circolazione delle opere d’arte emesso dall’Amministrazione.
Infatti, anche la decisione che concerne la circolazione delle opere d’arte e dei
beni culturali presuppone una valutazione circa il particolare interesse artistico,
storico o antropologico del bene al fine di considerare la possibilità di inclu-
derlo, o meno, all’interno del patrimonio culturale nazionale. Anche per questo
filone occorre interrogarsi su quale sia il margine di apprezzamento che il giu-
dice amministrativo ha nel valutare la decisione assunta dall’amministrazione11.

sede applicativa, della consulenza dei geologi e dei vulcanologi, esperti sia a fini scientifici che di
protezione civile. In particolare, sul punto si veda S. AMOROSINO, I vincoli paesaggistici ex lege n.
431 del 1985: concetti normativamente indeterminati e valutazioni amministrative, in Riv. giur. ed.
1996.; G. SCIULLO, I vincoli paesaggistici ex lege: origini e ratio, in Aedon, n. 1-2/2012.
9 Per la maggior parte delle situazioni individuate dall’articolo 142 del Codice, l’individua-

zione avviene mediante operazioni tecniche di misurazione (es. i territori costieri compresi in una
fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, i territori contermini ai laghi compresi
in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia) o mediante un’attività di riscon-
tro con atti normativi o amministrativi di settore che già qualificano giuridicamente queste por-
zioni di territorio e consentono di individuare quali sono e dove si trovano (i fiumi, i torrenti e
corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al t.u. del 1933, le zone umide incluse nell’elenco di cui
al d.P.R. 13 marzo 1976). Maggiori difficoltà emergono, in relazione alla natura dell’attività svolta
dall’amministrazione, nei confronti delle situazioni territoriali delle quali non è data nella legge
una definizione giuridicamente autosufficiente e delle quali si rende perciò indispensabile una va-
lutazione da parte dell’amministrazione. In relazione a tali tipologie di aree il concetto contenuto
nella legge è indeterminato e non auto esplicativo. Per tali beni è quindi necessaria l’intermedia-
zione di un ulteriore atto che vada a stabilire quali sono i requisiti affinché, ad esempio, un con-
sorzio di alberi sia riconducibile o meno entro i confini della categoria del bosco.
10 I problemi sono in primo luogo quantitativi: qual è la soglia oltre la quale un consorzio di

alberi è qualificabile come bosco? In secondo luogo, oggettuali, in quanto esistono molti tipi di
boschi, con caratteristiche assai differenziate. Sul punto l’orientamento giurisprudenziale preva-
lente (ex multis Cons. St., sez. III, 13 febbraio 2020, n. 1124; Id., IV, 4 marzo 2019, n. 1462; Id.,
V, 10 agosto 2016, n. 3574; Id., VI, 29 marzo 2013, n. 1851; Id., IV, 18 novembre 2013, n. 5452,
aderisce ad una nozione sostanziale di bosco «sebbene, secondo il dettato dell’art. 142, c. 1, lett.
g), d.lgs. n. 24 del 2004, essa risulta nozione normativa, postula la necessaria presenza di un ter-
reno di una certa estensione, coperto da “vegetazione forestale arborea” e – tendenzialmente al-
meno – da arbusti, sottobosco ed erbe».
11 La circolazione dei beni è regolata dal capo V del Titolo I della parte seconda del Codice

dei beni culturali e del paesaggio. Questo si articola in cinque sezioni che hanno come oggetto i
154 MICHELE BRAY

3. I principali orientamenti che caratterizzano il sindacato giurisdizionale sulle


valutazioni tecniche
Nell’ambito dei principali orientamenti giurisprudenziali è possibile indivi-
duare una tendenza assolutamente prevalente del giudice amministrativo a rico-
struire la decisione amministrativa quale esercizio di ampia discrezionalità tec-
nica, da cui discende, secondo un indirizzo consolidato12, un sindacato essen-
zialmente basato sul riscontro di vizi nella ricostruzione dei presupposti di fatto
e tendenzialmente coincidente, nella sostanza, con la verifica della sussistenza
degli indici sintomatici dell’eccesso di potere13.
Nondimeno, rimane il fatto che il giudice amministrativo «pur non po-
tendo sostituirsi all’amministrazione in ciò che è ad essa riservato, in ordine al
merito della funzione amministrativa» non può esercitare un sindacato limitato
«ad un esame estrinseco della valutazione discrezionale (secondo i noti parame-
tri di logicità, congruità e completezza dell’istruttoria), ma deve estendersi dal-
l’esatta rappresentazione dei fatti all’attendibilità delle operazioni tecniche,
sotto il profilo della correttezza dei criteri applicati, secondo i parametri della
disciplina nella fattispecie rilevante, in coerenza con il principio – costituzionale
e comunitario – di effettività della tutela giurisdizionale. Tale principio impone
che l’esercizio della discrezionalità tecnica sia verificabile nel giudizio di legitti-
mità, sotto i profili della coerente applicazione delle regole tecniche, rilevanti
per il settore, nonché della corrispondenza degli atti emessi ai dati concreti, in
modo logico e non arbitrario; sia l’apprezzamento dei fatti che i profili tecnici,
sottostanti al provvedimento, sono quindi censurabili, quando risulti superato il
margine oggettivo di opinabilità delle scelte»14.

Principi in materia di circolazione internazionale, l’Uscita dal territorio nazionale e ingresso nel
territorio nazionale, l’Esportazione dal territorio dell’Unione Europea, la Disciplina in materia di
restituzione, nell’ambito dell’Unione Europea, di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di
uno Stato membro e la Disciplina in materia di interdizione dell’illecita circolazione internazionale
dei beni culturali. In particolare, per quel che interessa ai fini della presente trattazione, l’art. 68
prevede, al comma 4°, che «Nella valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera cir-
colazione gli uffici di esportazione accertano se le cose presentate, in relazione alla loro natura o
al contesto storico-culturale di cui fanno parte, presentano interesse artistico, storico, archeolo-
gico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, a termini dell’articolo 10» e al
comma 6° che “Il diniego comporta l’avvio del procedimento di dichiarazione, ai sensi dell’arti-
colo 14. A tal fine, contestualmente al diniego, sono comunicati all’interessato gli elementi di cui
all’articolo 14, comma 2, e le cose sono sottoposte alla disposizione di cui al comma 4 del mede-
simo articolo». In entrambi i casi è richiesta all’amministrazione l’esercizio di una valutazione di
carattere tecnico. Sul punto, si veda in particolare A. PIRRI VALENTINI, Il controllo giurisdizionale
sull’esportazione di opere d’arte, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2/2020.
12 I più moderni sviluppi del dibattito giurisprudenziale, a partire dalla ben nota sentenza

del Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, hanno chiarito come il peculiare scrutinio giurisdizio-
nale di tali valutazioni è ambito diverso da un anacronistico privilegio riservato all’amministra-
zione (o a certi settori dell’amministrazione), dovendosi per conto ritenere che «l’effettività della
tutela giurisdizionale sia garantita solo attraverso un sindacato, anche sull’esercizio della c.d. di-
screzionalità tecnica, che non sia meramente estrinseco, limitata all’assenza di palesi travisamenti
o di manifeste illogicità».
13 In questo senso si veda ex multis, Cons. St., sez. VI, 6 novembre 2019, n. 7570; id., IV, 24

maggio 2018, n. 3112; id., VI, 26 luglio 2016, n. 3363; id., VI, 14 ottobre 2015, n. 4747.
14 In questi termini, il TAR Toscana, III, 19 febbraio 2018, n. 279, dopo aver chiarito l’am-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 155

Ne consegue, quindi, per quanto concerne in particolare l’ambito dei beni


culturali – ma le medesime considerazioni possono esser ben estendibili anche
al settore paesaggistico15 – che l’apprezzamento compiuto dall’amministrazione
preposta alla tutela – e da esercitarsi alla luce del principio fondamentale del-
l’art. 9 Cost. – è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili
della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per
l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento ap-
plicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni
scientifiche.
Pertanto, in sede di giurisdizione di legittimità, potrà essere censurata la
sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il
sindacato giudiziale non giunga a sovrapporre alla decisione dell’amministra-
zione una valutazione alternativa, parimenti opinabile6.
Ciò comporta che, ove la valutazione dell’amministrazione risulti plausibile
sul piano della logicità e della ragionevolezza, non è consentita al giudice una
mera sostituzione di valutazioni soggettive offerte dal ricorrente, che condur-
rebbe non alla sostituzione di una scelta illegittima con una scelta legittima, ma
alla semplice preferenza accordata in sede giurisdizionale ad una diversa solu-
zione. Ne discende che la parte ricorrente potrà contestare la sola erroneità,
inattendibilità o non veridicità degli enunciati motivazionali del provvedimento
impugnato, senza poter tuttavia potersi spingere «nella sostanza, nel sostituire le
valutazioni dell’amministrazione con le proprie, trascurando il fatto che – come
già evidenziato – quelle effettuate dall’amministrazione sono espressione di di-
screzionalità tecnica e, in quanto tali, esse sono sindacabili limitatamente ai vizi
di eccesso di potere per errore nei presupposti o per manifesta illogicità»17.

piezza dei poteri del giudice, accoglie il ricorso avverso i pareri negativi della Soprintendenza circa
la compatibilità paesaggistica rilevando un difetto di istruttoria e di motivazione.
15 Così Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2019, n. 3870, che riforma la sentenza impugnata e re-

spinge il ricorso di primo grado. È significativo rilevare come in tale circostanza il giudice di ap-
pello, contrariamente da quanto ritenuto da quello di primo grado, ritiene rispondente ad un cri-
terio tecnico del tutto logico, o comunque non irragionevole che l’esistenza di un’autorizzazione
paesaggistica per il solo periodo estivo non implica che la stessa debba necessariamente essere
concessa anche per il periodo invernale. Si tratta infatti di «una valutazione tecnica che, in defini-
tiva non viola il principio di ragionevolezza e rientra nell’ambito riservato all’autorità preposta alla
tutela del vincolo».
16 Il margine di opinabilità delle valutazioni adottate in questo ambito sono ben evidenziate

dalla sentenza del Cons. St., sez. VI, 14 ottobre, 2015, n. 4747, che statuisce che «La relazione tec-
nica di parte prodotta dall’odierno appellante, oltre ad essere inidonea ad intaccare gli elementi
centrali messi in rilievo nella relazione storico-artistica sovrintendentizia, si muove, ad ogni modo,
entro i limiti di opinabilità propri di un giudizio sul pregio storico-architettonico del bene, im-
pingendo nel merito della valutazione espressa dalla Soprintendenza e recepita nell’impugnato
provvedimento, senza essere in grado di evidenziare eventuali errori decisivi sui presupposti di
fatto o sui criteri tecnico-scientifici applicati, tali da inficiare, sub specie di illogicità ed incon-
gruità, l’impugnato accertamento della sussistenza, con riguardo all’edificio in questione, dell’in-
teresse richiesto dall’art. 10, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004».
17 In altri termini, la valutazione, ad esempio, in ordine all’esistenza di un interesse culturale

(artistico, storico, archeologico o etnoantropologico), tale da giustificare l’imposizione del relativo


vincolo ai sensi degli artt. 13, comma 1, e 10, comma 3, lett. a), d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è
156 MICHELE BRAY

Ma vi è di più, secondo il giudice, «una volta acclarata la complessiva con-


gruità e non irragionevolezza delle (pur opinabili) conclusioni cui era giunta in
sede determinativa l’amministrazione appellata, l’eventuale acquisizione di una
C.T.U mirerebbe puramente e semplicemente ad acquisire un (altrettanto plau-
sibile ma altrettanto opinabile) avviso tecnico discrezionale di fatto sostitutivo
rispetto a quello – comunque legittimamente – espresso dall’amministrazione
medesima»18.
Pertanto, fino a quando invece si fronteggiano soltanto “opinioni” diver-
genti, seppure avallate da esperti del settore, il giudice, per le ragioni anzidette,
deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo statale appositamente
investito, dalla legge, della competenza ad adottare decisioni in tale materia. Al
riguardo, se la parte ricorrente produce, ad esempio, una relazione tecnica «pre-
senta (solo) valutazioni opinabili in merito alla compatibilità paesaggistica del
manufatto che, invece, spettano soltanto all’Amministrazione a ciò preposta e
costituiscono, come è noto, espressioni di discrezionalità tecnica»19.
Quindi, «i poteri sindacatori attribuiti al giudice amministrativo perman-
gono di mera legittimità, con la conseguenza che il parere vincolante della so-
printendenza può essere censurato soltanto nel caso in cui decisione ammini-
strativa sia stata incoerente, irragionevole o frutto di un errore tecnico […] con
la valutazione compiuta dall’autorità amministrativa che deve risultare ictu oculi
in contrasto con la realtà fattuale: singole divergenze, pur esistenti, apparten-
gono al merito amministrativo»20.

4. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di


sindacato giurisdizionale
In questo quadro, appare utile esaminare, più nel dettaglio, le tecniche at-
traverso le quali il giudice amministrativo è andato nella sostanza ad esercitare il
controllo giurisdizionale sulle valutazioni tecniche che attengono al patrimonio
culturale, procedendo ad una specificazione degli orientamenti e degli strumenti
concretamente assunti nei singoli casi.

prerogativa esclusiva dell’Amministrazione preposta alla gestione del vincolo e può essere sinda-
cata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale
da far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta.
18 Così Cons. St., sez. VI, 10 settembre 2015, n. 4220. Il ricorso concerneva gli atti con cui

la Soprintendenza aveva dichiarato di interesse particolarmente importante un complesso in


epoca anteriore adibito a fabbrica di zucchero e che l’appellante intendeva destinare a centro po-
lifunzionale. Il collegio precisa inoltre che «il sindacato sulla motivazione delle valutazioni: i) deve
essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione
degli elementi di fatto acquisiti; ii) non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la pura
e semplice non condivisibilità della valutazione stessa; iii) deve tenere distinti i profili meramente
accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, es-
sendo possibile esercitare più penetranti controlli, anche mediante C.T.U, solo avuto riguardo ai
primi».
19 In questi termini, Cons. St., sez. II, 7 febbraio 2020, n. 983.
20 Così Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2262.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 157

In primo luogo, sussistono decisioni in cui il giudice è chiamato a giudicare


casi contraddistinti da un uso esorbitante della discrezionalità tecnica, attraverso
un controllo di ragionevolezza e di proporzionalità sulla decisione amministra-
tiva finalizzato ad evidenziare il superamento in concreto dell’anzidetta fisiolo-
gica ed ineliminabile opinabilità della valutazione21.
Emblematica, in questo senso, è la vicenda che ha condotto all’annulla-
mento da parte della Soprintendenza di Napoli di un parere paesaggistico favo-
revole ad un condono di una sopraelevazione abusiva del 1960, costruita in una
zona che nel tempo era stata trasformata in un’area ad alta intensità edilizia: tale
trasformazione rendeva quel luogo radicalmente diverso da quello che, in prin-
cipio, aveva giustificato l’assoggettamento al vincolo22.
Il Consiglio di Stato chiamato a pronunciarsi sulla legittimità del provvedi-
mento di annullamento chiarisce che nonostante «l’intervento della Sovrinten-
denza deve tendere alla conservazione dei valori presidiati dal vincolo al fine di
evitare ulteriori interventi deturpanti, a prescindere dall’esistenza di eventuali
altre evidenze abusive […] la prevenzione di siffatti ulteriori deturpamenti deve
essere effettiva e non solo teorica. Perciò la valutazione dell’Amministrazione
deve essere riferita alla circostante, anche se circoscritta, realtà. Perché l’azione
amministrativa risulti ragionevole, deve avere per obiettivo un’effettiva tutela
del paesaggio e non l’inutile evocazione di un valore astratto ed irreale. Perciò il
giudizio di comparazione dell’opera al contesto da difendere va compiuto te-
nendo presente le effettive condizioni dell’area in cui il manufatto è stato inse-
rito».
Pertanto, in questo caso, oltre ad un difetto dei presupposti di fatto per l’e-
sercizio del potere, il giudice accerta altresì una irragionevolezza della decisione
da rinvenirsi nella sproporzione tra l’uso concreto della discrezionalità tecnica e
la realtà della situazione da preservare.
In termini analoghi, il Consiglio di Stato23 è andato ad annullare il provve-
dimento della Soprintendenza di Napoli, mediante il quale quest’ultima aveva
proceduto ad annullare un’autorizzazione del Capo Settore Edilizia del Comune
di Gragnano, con la quale era stata consentita la realizzazione di un parcheggio

21 Sul rapporto che sussiste, in tale ambito, tra difetto di proporzionalità, irragionevolezza e

incongruenza si veda, G. SEVERINI, Tutela del patrimonio culturale, discrezionalità tecnica e princi-
pio di proporzionalità, cit., il quale precisa che «Si discute in dottrina se, visto l’innesto per il ri-
cordato effetto di espansione (spill over) da oltralpe, il difetto di proporzionalità sia altra cosa
dalle tradizionali irragionevolezza e incongruenza sintomatiche di eccesso di potere: ma non pare
qui il caso, perché la giurisprudenza sul patrimonio culturale usa queste promiscuamente per ad-
ditare un difetto di proporzione nell’uso del potere di tutela. Del resto, ragionevole deriva da ra-
tio, cioè rapporto, misura; e congruo da cum gruere, incontrare, corrispondere, allinearsi: in en-
trambi i casi si evoca un giusto e proporzionato rapporto tra due termini».
22 Così Con. St., sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9578.
23 Così Cons. St., sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4932, il quale conferma la sentenza appellata,

seppur con diversa motivazione, respingendo l’appello del Ministero, ritenendo che «le ragioni
espresse dal provvedimento, che contro la comune conoscenza considerano il vigneto come un
elemento privo di parabola di vita e immutabile quasi fosse una cosa inanimata, appaiono dunque
irragionevoli e travisanti».
158 MICHELE BRAY

interrato in un’area sulla quale era presente un vigneto, un agrumeto ed un oli-


veto da reimpiantare, al termine dei lavori, sopra il parcheggio. Il decreto di an-
nullamento emesso dalla Soprintendenza di Napoli era adottato sul presupposto
che la realizzazione dell’opera avrebbe comportato «la totale alterazione di un’a-
rea agricola adibita a vigneto, agrumi ed olivi di particolare interesse agrono-
mico e botanico».
Tale decisone è stata censurata dal giudice, il quale ha ritenuto irragione-
voli le ragioni espresse dal provvedimento in quanto «risulta irrazionale la con-
siderazione secondo cui nonostante il reimpianto del vigneto e degli alberi da
frutta (agrumi e olivi), vi sarebbe, comunque, una totale alterazione dell’area
agricola e una incidenza negativa sulla configurazione paesaggistica del luogo».
Il collegio poi aggiunge che «la valutazione di compatibilità che presiede a una
autorizzazione paesaggistica deve tenere come inalterabile riferimento materiale
gli elementi di pregio fissi, o almeno stabili nel lungo periodo, del contesto in
cui va a incidere l’innovazione. Ne esulano gli elementi arborei di non partico-
lare rarità o pregio individuo o collettivo, destinati a comunque naturalmente
esaurire il loro ciclo vitale in un breve/medio periodo».
In altri casi, invece, il giudizio effettuato si concentra sulla completezza
della motivazione di carattere tecnico che sta alla base del provvedimento am-
ministrativo24.
In questa direzione, in alcuni casi il giudice ha ritenuto legittima l’apposi-
zione di un vincolo archeologico su due edifici ubicati all’interno del perimetro
della colonia marina Salernum, in quanto prossimi ad uno dei decumani princi-
pali della città romana di età imperiale considerando che «ai fini della tutela vin-
colistica archeologica, l’effettiva esistenza delle cose da tutelare può essere di-
mostrata anche per presunzione […] basta che il complesso delle aree archeolo-
giche risulti adeguatamente definito e che la misura adottata con il vincolo
appaia adeguata alle finalità di pubblico interesse su cui è preordinato»25.
In altre circostanze, viceversa, la motivazione è stata ritenuta insufficiente,
e quindi la decisione illegittima, in quanto l’amministrazione non aveva dato
«adeguato conto della meritevolezza dell’impronta storico-archittetonica che si
vorrebbe posseduta dall’immobile comunale»26 o aveva fatto ricorso, nel per-

24 Infatti, sul punto, il TAR Umbria, sez. I, 1 settembre 2017, n. 556, precisa che «Pur in ra-

gione dell’elasticità e dell’indeterminatezza degli stessi parametri tecnici delle discipline storiche
ed archeologiche, si reputa indefettibile da parte dell’Amministrazione la specificazione dei pre-
supposti di fatto che ne giustifichino l’imposizione tali da consentire di individuare la correlazione
tra estensione del bene archeologico tutelato ed estensione dell’immobile di proprietà privata og-
getto del vincolo».
25 Così Cons. St., sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 17. Di indirizzo contrario il giudizio di primo

grado, TAR Campania, Salerno, 29 luglio 2014, n. 1431, secondo il quale «l’apposizione è stata
certo frutto d’una valutazione tecnico-discrezionale […] non v’è stata nella specie un’adeguata
istruttoria in quanto i pareri si sono limitati ad affermare la mera collocazione degli edifici stessi
all’interno della colonia marittima di Salernum ed a render nota la evoluzione delle loro vicende
storiche, ma senza fornire pure una spiegazione sulla loro concreta rilevanza archeologica».
26 Così Cons. St., sez. VI, 18 dicembre 2017, n. 5950. Con riferimento agli oneri motivazio-

nali in capo all’amministrazione il Collegio precisa ulteriormente che «La mera e generica circo-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 159

corso motivazionale, ad una «clausola di stile, utilizzabile in qualsiasi situa-


zione» non in grado di dare «sufficientemente conto delle peculiarità del conte-
sto di riferimento e con […] apprezzamenti discrezionali avulsi dal contesto fat-
tuale di riferimento, avendo l’Amministrazione omesso di evidenziare il per-
corso motivazionale»27.
Parimenti, relativamente al controllo che il giudice conduce circa l’adegua-
tezza della motivazione, appare emblematica la vicenda che ha riguardato l’ap-
posizione del vincolo per il particolare valore storico del cinema America a
Roma.
In primo grado il Tar Lazio28, dopo aver come di consueto ribadito che la
valutazione dell’Amministrazione è sindacabile dal giudice amministrativo sol-
tanto quando presenti profili di illegittimità ed irrazionalità di tale evidenza da
far emergere l’inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta
da valutarsi nella sua portata complessiva, ha ritenuto «nei limiti consentiti dal
sindacato di legittimità, e avuto riguardo all’ampia documentazione acquisita
agli atti di causa – che tale motivazione sia nel complesso attendibile, in quanto
essa lega le caratteristiche dell’edificio al contesto culturale dell’epoca, sotto i
due aspetti complementari della rilevanza dell’industria e dell’attività cinemato-
grafica e dei nessi con le soluzioni escogitate in sede architettonica sotto il pro-
filo estetico, tecnico e funzionale […] Ciò posto in ordine alla rilevanza intrin-
seca dell’esercizio del potere amministrativo di cui l’atto impugnato costituisce
esplicitazione, occorre quindi disattendere i profili di censura comunque volti,
direttamente o indirettamente, a configurare profili di illogicità e/o contraddit-
torietà con precedenti scelte amministrative di segno diverso».
Diametralmente opposta è risultata, successivamente, la decisione del Con-
siglio di Stato che accogliendo l’appello avverso la suddetta sentenza ha statuito,
sul medesimo profilo, la non sussistenza, alla luce della medesima relazione sto-
rico artistica, dei presupposti storico artistici per l’apposizione del vincolo chia-
rendo che «tutti questi elementi, come è evidente a semplice lettura, suggeri-
scono un possibile valore artistico dell’immobile, che però non viene in nessun
modo argomentato o anche solo affermato. In tali termini, manca del tutto il ri-
ferimento ad uno specifico evento storico, quale che ne sia il rilievo nella storia
generale della città e del nostro Paese: la struttura è vincolata con riferimento ad
un’epoca generica, nemmeno precisamente individuata, tanto nell’estensione

stanza tipologica che un fabbricato rappresenti una testimonianza di un tipo di costruzione di un


particolare periodo storico non è di per sé elemento sufficiente a giustificare l’adozione di un
provvedimento individuale e concreto, quale quello in questione. Qualsiasi fabbricato è di per sé
testimonianza di un tipo di costruzione del proprio periodo nella zona in cui si trova. Al tempo
stesso, un apprezzamento basato sulla mera valenza documentaria non è sufficiente per indivi-
duare giuridicamente un bene culturale: in questa operazione non si può infatti prescindere da un
elemento valutativo concreto, incentrato sul pregio distinto, selettivo e irripetibile della singola
cosa e dunque sul riferimento specifico agli elementi che questo pregio».
27 In questi termini, TAR Puglia, Lecce, sez. I, 24 marzo 2020, n. 372. In particolare, nel

caso di specie il decreto impugnato si limitava «ad esprimere un generico riferimento alla esigenza
di salvaguardare la godibilità della luce, della prospettiva e del decoro».
28 Così TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, 5 ottobre 2015, n. 11477.
160 MICHELE BRAY

temporale, quanto con il richiamo a personaggi o eventi che la contraddistin-


sero. Il vincolo, pertanto, deve ritenersi non legittimamente apposto sulla base
di quanto afferma il provvedimento impugnato»29.
Non sono d’altra parte rari i casi in cui si verifica una difformità tra la de-
cisione del giudice di primo grado e quello di appello in merito alla presunta
esaustività della motivazione del provvedimento impugnato: ad esempio, se per
il Tar30 il parere della soprintendenza andava annullato in quanto non «corre-
dato da un percorso motivazionale, riferito al concreto, alla realtà dei fatti e alle
ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non ammettere un
determinato intervento» per il Consiglio di Stato31, chiamato a pronunciarsi sul
ricorso proposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, «contrariamente
a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, l’apprezzamento espresso dalla So-
printendenza, relativo alla compatibilità paesaggistica del progetto di ristruttu-
razione della casa colonica e dell’ex fienile di proprietà della società appellata, è
supportato da una motivazione esaustiva che indica la disciplina di tutela, il con-
testo morfologico in cui si inserisce il fabbricato, le caratteristiche dell’opera,
l’impatto dell’intervento sul territorio, le ragioni del contrasto con le esigenze di
tutela dell’area».
In questi casi si pone – in maniera ancor più evidente – un interrogativo in
merito alle modalità e agli strumenti utilizzati dal giudice per verificare la com-
pletezza e l’esaustività del percorso motivazionale connesso alle analisi tecniche
compiute.
In linea con una più generale tendenza della giurisprudenza amministra-
tiva, va evidenziato che emerge complessivamente la tendenza del giudice ad ef-
fettuare una ricostruzione esclusivamente documentale dei fatti oggetto della

29 Così Cons. St., sez. VI, 14 giugno 2017, n. 2920. Recentemente, sulla vicenda si è nuo-

vamente pronunciato il TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, 5 maggio 2020, n. 5972, a seguito del
ricorso della società, proprietaria dell’Immobile, che ha impugnato il decreto della Direzione Ge-
nerale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio con cui lex Cinema America è stato dichiarato di in-
teresse culturale ai sensi dell’art. 10 co. 3, lett. d) del d.lgs. n. 42 del 2004. In particolare, il col-
legio ha ritenuto il ricorso «palesemente infondato» chiarendo, inoltre, che «il provvedimento
impugnato risulta immune dalle censure d’ordine sostanziale dedotte in quanto il vincolo di tu-
tela è stato determinato dalla considerazione dell’intrinseco rapporto tra arte-architettura, che
costituisce proprio una delle caratteristiche del pregio dell’opera architettonica e della sua esem-
plarità nel panorama delle sale cinematografiche. Ciò è chiaramente indicato nella comunica-
zione di avvio del procedimento in contestazione ed è altrettanto chiaramente illustrato nella
relazione tecnica in cui il nesso arte-architettura è una delle ragioni per cui lex Cinema America
costituisce “emblematico esempio” di tale connubio, fondamentale per la storia dell’arte-archi-
tettura delle sale cinematografiche (che è un interesse diverso rispetto all’interesse della storia ci-
nematografica)».
30 Così, TAR Toscana, Firenze, III, 5 luglio 2018, n. 972. In tale circostanza, il giudice am-

ministrativo riteneva illegittimo il provvedimento della Soprintendenza statuendo che «la motiva-
zione del provvedimento avversato riproduce sostanzialmente le prescrizioni del vincolo che si re-
puta non rispettato, ma non esplicita le concrete ragioni per le quali la disposizione risulterebbe
violata, con ciò non ponendo in grado l’interessata di comprendere, anche alla luce della modesta
rilevanza dell’ampliamento, quali modifiche progettuali (finiture; materiali; forme) consentireb-
bero di raggiungere l’auspicata compatibilità paesaggistica».
31 Così, Cons. St. sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 161

controversia, sulla base delle risultanze del procedimento e della documenta-


zione prodotta in giudizio dalle parti.
Risultano, infatti, assai rari e isolati i precedenti in cui il giudice ammini-
strativo ha disposto, in questo ambito, approfondimenti istruttori ulteriori ri-
spetto a quanto desumibile dai documenti prodotti in giudizio dalle parti.
Là dove, tuttavia, vi ha fatto ricorso, per accertare le modalità di esercizio
della valutazione tecnica, o attraverso verificazione o mediante consulenza tec-
nica d’ufficio32, la decisione dell’amministrazione è stata nella quasi totalità dei
casi esaminati dichiarata illegittima, in quanto valutata inattendibile alla luce
dei risultati ottenuti dall’espletamento dei suddetti mezzi di valutazione della
prova.
In particolare, nell’ambito di un contenzioso in materia di dichiarazione
dell’interesse culturale di un immobile – ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs.
n. 42 del 2004 – a seguito dell’appello del proprietario del bene che ha ripropo-
sto sostanzialmente le doglianze di primo grado, il Consiglio di Stato, censu-
rando il rigetto dei motivi di ricorso da parte del Tar, ha disposto una verifica-
zione, al fine di chiarire «se la dichiarazione di interesse decretata con il prov-
vedimento impugnato in primo grado, non sia stata emessa col supporto dei
correnti criteri tecnico – scientifici in materia di tutela storico-artistico-architet-
tonica». Tale strumento, non era stato, viceversa, ammesso in primo grado, su ri-
chiesta del ricorrente, in quanto il Tar non aveva ravvisato quegli aspetti minimi
di incongruenza ed illogicità, tali da far emergere l’inattendibilità o l’irraziona-
lità della valutazione tecnico-discrezionale e giustificare, conseguentemente, il
ricorso alla consulenza tecnica d’ufficio33.
All’esito della suddetta verifica tecnica, il Collegio ha accolto l’appello poi-
ché l’organo verificatore «ha messo in luce le carenze del procedimento e della
valutazione effettuata dalla Soprintendenza». In particolare, il testo della sen-
tenza precisa che «non è in discussione che le valutazioni espressione di discre-
zionalità tecnica dell’amministrazione, nella sua funzione di tutela del patrimo-
nio culturale, possono essere censurate in sede giurisdizionale soltanto quando
risulti la loro palese inattendibilità, senza la possibilità per il giudice di sovrap-
porre la propria valutazione di merito a quella dell’amministrazione. Nel caso di
specie, tuttavia, le carenze evidenziate nella verificazione si risolvono proprio in

32 In particolare, la possibilità di impiegare tali strumenti innanzi a valutazioni amministra-

tive di carattere tecnico è chiarita dalla nota, e già citata, sentenza del Cons. St., sez. IV, 9 aprile
1999, n. 601, la quale sul punto prevede che «Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tec-
nici della p.a. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter lo-
gico seguito dall’autorità amministrativa, bensì in base alla verifica diretta dell’attendibilità delle
operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedi-
mento applicativo, potendo il giudice utilizzare per controllo sia il tradizionale strumento della ve-
rificazione, che la C.T.U».
33 Il TAR Puglia, Bari, III, 4 maggio 2017, n. 476, precisa ulteriormente che «nell’ambito di

questo sindacato, la consulenza tecnica d’ufficio può essere disposta, solo se risulta oggettiva-
mente indispensabile all’accertamento di uno specifico, essenziale presupposto di fatto, ovvero
per vagliare la correttezza delle regole obiettive di carattere tecnico-scientifico o la loro applica-
zione alla fattispecie concreta».
162 MICHELE BRAY

un esito illogico ed irragionevole, in quanto non corrispondente ai correnti cri-


teri tecnico-scientifici in materia di tutela storico-artistico-architettonica»4.
In altri termini, le carenze innanzi descritte rilevate nell’operato dell’ammi-
nistrazione portano ragionevolmente a concludere nel senso dell’inattendibilità
dell’esito del giudizio circa il pregio culturale dell’immobile, senza in alcun
modo sovrapporre le considerazioni del verificatore a quella della Soprinten-
denza, ontologicamente caratterizzate, nella materia in questione, da un certo
margine di opinabilità.
In un’altra circostanza, i ricorrenti, legali rappresentanti di varie associa-
zioni di volontariato, lamentavano che un edificio in costruzione, destinato ad
ospitare la nuova sede del Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche
di Puglia e Basilicata fosse abusivo in quanto realizzato, senza autorizzazione, in
prossimità del castello medioevale, ossia su un’area gravata da vincolo monu-
mentale. Il Consiglio di Stato ha ritenuto indispensabile, «considerato che ri-
sulta contestata l’esistenza e l’effettiva perimetrazione del vincolo di tutela indi-
retta, disporre una consulenza tecnica d’ufficio, ai sensi dell’art. 67 c.p.a» per
poi ritenere, alla luce dei risultati ottenuti e contrariamente a quanto disposto
dall’amministrazione che «il vincolo in questione risulta senz’altro presente»35.
Di medesimo tenore è il risultato che emerge dall’analisi della giurispru-
denza in materia di circolazione d’opere d’arte e beni culturali.
In questo ambito, il giudice amministrativo conferma nei fatti un orienta-
mento piuttosto deferente, che si limita, in sostanza, a fare proprie le valutazioni
dell’autorità amministrativa, con un conseguente assai frequente rigetto delle
doglianze del privato che contesta la decisione amministrativa.
Anzi, vi è di più, in quanto in taluni casi il controllo esercitato è nei fatti
ancor più mitigato rispetto a quanto previsto dal tradizionale orientamento so-
pra analizzato.
In tal senso, ad esempio il giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi
circa l’annullamento dell’imposizione di vincolo storico artistico su un dipinto
attribuito a Gaspar Van Wittel (noto come il Vanvitelli), dal titolo Veduta del
Tevere da Castel Sant’Angelo, ha chiarito che «appare evidente che lo stringente
onere motivazionale del giudizio di valore sulla rilevanza e sulla significatività
dell’opera nella storia dell’arte o della tecnica artistica dell’opera imposto con
forza dalle precedenti decisioni in considerazione del relativismo delle valuta-
zioni estetiche non può che trovare attenuazione di fronte a riconosciuti capola-
vori che, per intrinseco carattere e natura, sono suscettibili di immediato ap-
prezzamento». Conseguentemente, la censura circa un presunto difetto di moti-

34 Così Cons. St., sez. VI, 18 luglio 2019, n. 5042. Diversamente, il TAR Puglia, Bari, III, 4

maggio 2017, n. 476, non ricorrendo ad alcun tipo di approfondimento istruttorio, aveva ritenuto
che la «P.A. ha dato prova del valore storico e artistico dell’immobile in esame con le deduzioni
della Soprintendenza del 13.1.2015 e con la relazione tecnica storico-artistica che accompagna il
provvedimento di vincolo, evidenziando il percorso logico che ha indotto la stessa Amministra-
zione al proprio orientamento. È quindi evidente che l’Amministrazione, diversamente da quanto
ritenuto da parte ricorrente, non ha affatto abdicato al proprio ruolo istituzionale».
35 Così Cons. St., sez. VI, 16 gennaio 2017, n. 105.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 163

vazione dell’atto va quindi ritenuta infondata «alla luce di quanto sopra esposto
e dello specialissimo quadro degli elementi di valutazione considerati (la noto-
rietà dell’opera e del suo autore, la significatività e la fortuna del soggetto, anche
presso un pubblico non specialistico, immutata nei secoli e la costante alta qua-
lità dei dipinti realizzati dal Maestro»36.
In altri termini, quindi, il giudice adito ha ritenuto legittima la decisione
dell’amministrazione la quale, seppur supportata da una motivazione non esau-
stiva, ha come oggetto un “capolavoro riconosciuto” che, per intrinseco carat-
tere e natura, è suscettibile di immediato apprezzamento e non necessita, per-
tanto, dell’ordinaria argomentazione motivazionale.
Analogamente, le prerogative del ricorrente nei confronti dell’amministra-
zione appaiono ulteriormente ridotte nel caso in cui il giudizio tecnico verta su
opere di artisti d’avanguardia.
In tale direzione, risultano di particolare interesse le motivazioni espresse
dal Tar del Lazio37 in una pronuncia relativa a un’opera di Pablo Picasso, dal ti-
tolo Le verre, nella quale i ricorrenti contestavano il rifiuto da parte dell’Ufficio
Esportazione di Milano del certificato di libera circolazione.
La sentenza statuisce l’impossibilità qualificata per il giudice amministra-
tivo di esprimersi in merito alle opere realizzate da “artisti d’avanguardia”. Que-
ste ultime, infatti, sono «caratterizzate da estrema relatività e da irriducibile opi-
nabilità, tali da non poter essere ridotti, in sede giurisdizionale, nemmeno me-
diante il ricorso alla consultazione di esperti: infatti, mentre il sindacato delle
valutazioni in cui si esprime in generale la c.d. “discrezionalità tecnica” può es-
sere condotto ricorrendo all’applicazione delle regole della disciplina interessata
con un certo grado di oggettività e condivisibilità […], il giudizio sul rilevante
interesse storico-artistico di un’opera d’arte contemporanea, invece, risulta irri-
ducibilmente caratterizzato da un elevato grado di mutevolezza non solo nei di-
versi periodi storici, in base al cambiamento dei valori estetici dell’epoca, ma,
nello stesso periodo, in virtù della estrema soggettività degli stessi com’è peral-
tro attestato dal drammatico “scollamento” delle valutazioni espresse dai critici
e dal “gradimento” delle opere da parte dei cittadini – fruitori delle stesse – che
ha dato luogo a fatti di cronaca ed al vivace dibattito tra gli stessi studiosi sulla
possibilità di qualificare certi “prodotti artistici” come “opere d’arte”».
In tali ipotesi, quindi, il collegio giudicante chiarisce che l’impossibilità per
il giudice di sostituirsi nella valutazione tecnica posta in essere dagli organi am-
ministrativi competenti è da intendersi in senso ancor più rigoroso «rispetto al-
l’analogo caso dell’impugnazione delle c.d. valutazioni “tecniche” dell’ammini-
strazione, in quanto il giudizio sull’importanza “storico-artistica” di un’opera
d’arte trova l’unica fonte di legittimazione semmai, sul piano meramente orga-
nizzatorio, dalla modalità indirettamente “rappresentativa” della investitura de-
gli esperti (storici e critici d’arte) deputati a formularli». Ne discende, pertanto,

36 Così TAR Lazio, Roma, sez. II-quater, 1 marzo 2011, n. 1901.


37 Così TAR Lazio, Roma, II-quater, 30 luglio 2006, n. 7757.
164 MICHELE BRAY

che ove la materia oggetto della controversia sia oggetto di ampi dibattiti anche
tra gli esperti chiamati ad esprimere un parere scientifico professionale, l’impos-
sibilità da parte del giudice di valutare le pronunce dei tecnici dell’amministra-
zione dovrà essere intesa in senso ancor più assoluto.
In sintesi, quindi, la consueta formula che prevede una sindacabilità per i
soli profili di illegittimità e irrazionalità tali da far emergere un’inattendibilità
della motivazione, subisce, in questo ambito, una diversa declinazione a seconda
della possibilità di qualificare l’opera d’arte in esame fosse come arte contem-
poranea o piuttosto come un conclamato capolavoro.
Ma la deferenza del giudice, in questo ambito, non si arresta qui.
Infatti, la valutazione riservata all’Amministrazione si rivela di un’estrema
delicatezza, in ragione sia delle valutazioni da compiere che degli interessi con-
trastanti da contemperare. Se da un lato, infatti, valutazioni tecnico-scientifiche
possono supportare la definizione di un bene come importante per il suo inte-
resse storico artistico, dall’altro vi possono essere valutazioni discrezionali e di
opportunità alla base della decisione di trattenere, o meno, il bene all’interno
dei confini nazionali.
In questo senso, appare emblematica, la pronuncia del Tar Veneto38, che ha
respinto la domanda cautelare proposta da Italia Nostra Onlus finalizzata ad an-
nullare il provvedimento del Direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia
di autorizzazione al prestito all’estero dello Studio di proporzioni del corpo
umano, detto Uomo Vitruviano in Francia.
In tale sede, il giudice amministrativo non si è soffermato sulle scelte tecni-
che sottese alla decisione amministrativa risultando viceversa “attratto” da un
giudizio sulla scelta discrezionale, di politica culturale, che ha condotto ad au-
torizzare il prestito dell’opera. In questi termini, il giudice amministrativo ha
così statuito che «non appare poter essere sindacata dal giudice amministrativo
in sede di legittimità, senza impingere nel merito delle valutazioni riservate al-
l’Amministrazione, la scelta di consentire l’esposizione ripetuta e ravvicinata nel
tempo dell’opera (a Venezia dal 17 aprile al 14 luglio 2019; a Parigi dal 24 otto-
bre al 14 dicembre 2019), che potrà eventualmente comportare, per rispettare
gli standard di lux/ora cumulabili per anno a cui l’opera può essere esposta, la
sottrazione alla visione del pubblico della medesima per un periodo prolungato
per consentirne il riposo al buio; che infatti tale determinazione non si pone in
contrasto con una specifica previsione normativa, e le scelte relative alle forme e
alle modalità di valorizzazione dei beni culturali sono connotate da ampi mar-
gini di discrezionalità; che pertanto, fermo restando il soddisfacimento delle esi-
genze di tutela delle opere, le scelte dell’Amministrazione, coinvolgenti la com-
parazione e ponderazione di molteplici interessi pubblici, possono essere censu-
rate solo in caso di manifesta illogicità, incongruità, travisamento o macroscopici
difetti di motivazione o di istruttoria»39.
38 Ilriferimento è all’ordinanza del TAR Veneto, Venezia, III, 16 ottobre 2019, n. 436.
39 Sulla tipologia di controllo giurisdizionale esercitato in questa vicenda si veda G. SCIULLO,
Valori “freddi” del diritto e cose d’arte: il caso dell’Uomo Vitruviano, in Aedon, n. 3/2019, il quale
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 165

Pertanto, in tali casi, le valutazioni che l’amministrazione è chiamata a


compiere dovranno prendere in considerazione una pluralità di elementi, tra i
quali rientrano non solo apprezzamenti di carattere tecnico, ma anche valuta-
zioni e scelte che investono il tipo di politica culturale che si intende attuare,
così che «il giudizio tecnico (datazione dell’immobile, attribuzione ad un certo
architetto anziché ad un altro, etc.) costituisce la base, e in concreto il presup-
posto, per l’esercizio del potere di scelta»40.

5. Conclusioni
Dalle suddette considerazioni emerge una tendenziale omogeneità del trat-
tamento giurisprudenziale delle valutazioni tecniche nel settore del patrimonio
culturale, rispetto alla quale risulta prevalente un atteggiamento piuttosto defe-
rente del giudice amministrativo. Infatti, ricorrendo un’intrinseca e fisiologica
opinabilità nelle valutazioni tecnica svolte, l’eventuale rivalutazione del fatto da
parte del giudice amministrativo viene intesa, nella maggior parte dei casi, come
una inaccettabile sostituzione rispetto alla decisione adottata dall’amministra-
zione con una conseguente limitazione del sindacato entro i tradizionali confini
del sindacato estrinseco e, quindi, anche dell’apparato probatorio utilizzabile.
Resta fermo, tuttavia, che seppur nell’ambito di un indirizzo giurispruden-
ziale tendenzialmente univoco, nel corso dell’analisi effettuata si è riscontrata la
presenza di pronunce che, mediante l’impiego dei parametri generali di con-
gruenza, proporzionalità e ragionevolezza o attraverso un sindacato circa l’esau-
stività della motivazione del provvedimento, sono andate a ricavarsi degli spazi
più ampi di sindacato.
In questa direzione, infatti, attraverso l’uso di parametri di carattere giuri-
dico, il giudice è andato a censurare l’uso del potere amministrativo esercitato su
basi tecniche, ravvisando o una sproporzione tra l’esercizio della discrezionalità
tecnica e la realtà fattuale da custodire o una incompletezza del percorso motiva-
zionale, così da entrare, concretamente, nella sostanza della decisione adottata.
Tale tendenza è stata riscontrata sia per le decisioni di carattere tecnico che
coinvolgono i beni culturali, sia per quelle che concernono i beni paesaggistici.

chiarisce che «Anzitutto sul piano strettamente tecnico è interessante il modo con cui la decisione
abbia declinato in termini di sindacato giurisdizionale il principio codicistico della priorità della tu-
tela sulla valorizzazione. Il giudice ha prima esaminato se l’amministrazione avesse correttamente
valutato il rischio di danni derivanti al disegno dal ventilato prestito, ossia il profilo della tutela af-
frontato in chiave di sindacato della discrezionalità tecnica (valutazione della salvaguardia del bene
sulla base di apprezzamenti tecnici). Concluso questo vaglio ha considerato la ponderazione degli
interessi sottostanti alla scelta di valorizzazione (rilevanza dell’esposizione, ritorno di immagine
ecc.), ossia l’uso di una discrezionalità tipicamente amministrativa. Per ambedue i profili ha utiliz-
zato il consueto criterio discretivo della non manifesta illogicità, incongruità ecc. In sintesi, senza
operare una commistione fra i due tipi di discrezionalità, l’ordinanza ha svolto un controllo sulla
legittimità della azione amministrativa in relazione a tutti gli aspetti che nella specie venivano in
rilievo, pervenendo a risultati che complessivamente appaiono corretti e persuasivi».
40 In questi termini, V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sin-

dacato di legittimità, in Dir. proc. amm., 493.


166 MICHELE BRAY

Le due tutele, quindi, pur essendo autonome e distinte con riguardo ai pre-
supposti e al regime condividono entrambe un giudizio di compatibilità con i
valori protetti dal vincolo mediante l’uso della valutazione tecnico discrezio-
nale41, a cui consegue un controllo giurisdizionale che si limita all’impiego dei
parametri anzidetti.
Neppure risulta differire la tipologia di controllo esercitato dal giudice a
seconda che la controversia abbia come oggetto una dichiarazione di interesse,
con conseguente apposizione del vincolo, o il rilascio di un’autorizzazione. In
entrambi i casi, pur differendo la posizione giuridica in capo al proprietario del
bene – da qualificarsi come di interesse legittimo oppositivo nel primo caso, e di
interesse legittimo pretensivo nel secondo – la giurisprudenza conferma comun-
que un certo self restraint.
In questo quadro, quando il giudizio ha avuto, invece, come oggetto la cir-
colazione d’opere d’arte e beni culturali il sindacato del giudice amministrativo
è risultato ancor più mitigato rispetto al tradizionale orientamento sopra analiz-
zato, specie, soprattutto quando la decisione ha coinvolto, accanto ad aspetti di
carattere meramente tecnico, anche profili afferenti a scelte di politica culturale.
La ragione che ha condotto, nel corso degli anni, a sedimentare gli orienta-
menti delineati è probabilmente ascrivibile al peculiare assetto organizzativo e
alla peculiare natura soggettiva che caratterizza le Soprintendenze, quali organi
periferici del Ministero dotati di un’elevata competenza tecnica e storicamente
chiamate ad assicurare una tutela uniforme del patrimonio culturale nell’ordina-
mento.
È opinione diffusa, infatti, come nel tempo le Soprintendenze abbiano as-
sunto i connotati di una sorta di «magistratura tecnica»42, dove l’autonomia tec-
nico-scientifica che le contraddistingue si traduce in una vera e propria autono-
mia ed indipendenza a cui consegue una sostanziale insindacabilità dei giudizi
tecnici e delle decisioni adottate.
In questa direzione, il modus operandi delle Soprintendenze è divenuto con
il tempo un esempio paradigmatico di un uso quasi «sacerdotale»43 del sapere
specialistico di cui le stesse sono detentrici, con una conseguente ritrosia del

41 Sulle differenze tra tutela in ambito paesaggistico e in ambito culturale si veda G. SEVE-

RINI, Culturalità del paesaggio e paesaggi culturali, in Federalismi.it, n. 16, 27 maggio 2020, il quale
precisa che «si tratta di valutazioni di compatibilità diverse: quella paesaggistica è appunto intesa
alla salvaguardia dell’integrità del pregio visuale del sito e dunque, se non c’è contrasto con
quello, può giungere a legittimare anche una rilevante innovazione; quella culturale mira alla sal-
vaguardia dell’integrità materiale delle tangibili res protette, nei termini che contribuiscono a
esprimere quel valore testimoniale, dunque poco concede alle innovazioni non necessarie alla per-
sistenza della cosa». Sul punto si veda, altresì, Cons. St., sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 399, secondo
il quale «Vincolo paesaggistico e vincolo archeologico sono, infatti, funzionali all’attuazione di un
diverso tipo di tutela. Il vincolo archeologico è volto a realizzare la tutela dei beni riconosciuti di
interesse archeologico, il vincolo paesistico la tutela del territorio che li conserva. La tutela pae-
saggistica delle zone di interesse archeologico ha carattere e contenuto diversi rispetto al puntuale
vincolo archeologico».
42 Il termine è impiegato da P. CARPENTIERI, Ruolo del Paesaggio, in Aedon, n. 2/2018.
43 Impiega il termine sacerdotale, con riferimento all’esercizio del potere in ambito cultu-

rale, P. FORTE, Un percorso di emersione, in Economia della cultura, 2017.


IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI IN MATERIA DI BENI CULTURALI 167

giudice ad entrare eccessivamente all’interno della sostanza delle valutazioni


dalle stesse effettuate.
Tale aspetto risulta importante, altresì, per spiegare – in tale specifico am-
bito – il motivo per cui il giudice amministrativo non ricorra con facilità all’im-
piego degli strumenti della verificazione e/o della consulenza tecnica.
In particolare, quello che è un generale atteggiamento refrattario del giu-
dice amministrativo nell’uso di approfondimenti istruttori44, nell’ambito in
esame si rivela ancor più accentuato, con una conseguente integrale rimessione
dell’attendibilità della soluzione adottata alla sensibilità tecnico-scientifica del-
l’esperto che ha adottato il provvedimento.
Ciò richiede, quindi, al giudice uno sforzo di comprensione di dati ed ele-
menti di fatto che certamente esulano dalla comune esperienza e dalla cono-
scenza media e la cui piena ed effettiva cognizione difficilmente può prescindere
da accertamenti tecnici in sede istruttoria. Tutto ciò si traduce, giocoforza, nel-
l’uso di enunciazioni di carattere generale circa i limiti del sindacato giurisdizio-
nale, mediante il ricorso alle già citate formule tradizionali, spesso con finalità di
premessa o di chiarimento rispetto all’eccezioni sollevate dalle parti, le cui argo-
mentazioni tendono a sostituire le valutazioni di carattere tecnico formulate dal-
l’Amministrazione.
In un simile contesto, gli spazi per una maggiore intensità del controllo giu-
risdizionale potrebbero dischiudersi soprattutto in virtù di un’eventuale auto-
limitazione, da parte delle Soprintendenze, degli ambiti di discrezionalità tec-
nica45, mediante la predisposizione di linee guida e la predeterminazione di
regole tecniche in grado di comprimere i margini di opinabilità che contraddi-
stinguono le valutazioni in tale materia46.

44 Sulle problematiche connesse ad un limitato di tali approfondimenti istruttori si veda R.

VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2006, 151: «il mancato ricorso
alla consulenza tecnica d’ufficio non permette una ricostruzione dei fatti posti a fondamento della
valutazione medesima, il che, a sua volta, impedisce prim’ancora che la sostituzione della valuta-
zione del giudice a quella effettuata dall’amministrazione, la semplice verifica dell’attendibilità
scientifica della decisione amministrativa assunta».
45 In particolare, sulla riduzione della discrezionalità in materia di interessi sensibili si veda A.

MOLITERNI, Semplificazione degli interessi sensibili: alla ricerca di un equilibrio, in Giorn. dir. amm.,
n. 4/2017, 735 ss. Sulla riduzione della discrezionalità amministrativa come tratto caratteristico
della regolazione dei mercati e sulla possibile collisione con le esigenze del mercato e della libera
concorrenza, si veda M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna, 2008, 99 ss.
46 Sulla predisposizione di linee guida in ambito paesaggistico si veda P. CARPENTIERI, Sem-

plificazione e tutela, in Aedon n. 3/2016, secondo il quale «Tuttavia, sulla considerazione che, nel
paesaggio, le linee guida e le regole tecniche sono già previste (e in parte già introdotte) quali con-
tenuti essenziali dei piani paesaggistici (artt. 135 e 143 del codice di settore) e della “vestizione”
dei vincoli (artt. 138, comma 1, e 141 stesso codice), non appare condivisibile la posizione che in-
tende “rinviare” e posticipare la semplificazione alla previa, completa definizione in tutto il terri-
torio nazionale di linee guida e regole tecniche di dettaglio che rendano fino in fondo autocertifi-
cabile la conformità dell’intervento. Occorre definire i piani paesaggistici e “vestire” i vincoli
“nudi”; occorre, quindi, applicare la legge che cè già da 12 anni, senza prevedere ulteriori, più o
meno ambiziosi atti fonte di rango secondario o terziario». Invece, in ambito culturale, S. DELLA
TORRE, Accertamento ex post di compatibilità in tema di conservazione dei beni culturali: la discre-
zionalità tecnica tra questioni di fatto e di diritto, in Aedon, n. 1/2019, precisa che «Da anni si va
dicendo che gli interventi sui beni culturali hanno bisogno di linee guida metodologiche, come
168 MICHELE BRAY

In questa direzione, potrebbe risultare pertanto opportuno prevedere che


la singola decisione amministrativa tenga adeguatamente conto dei requisiti mi-
nimi tecnici, preventivamente condivisi e resi noti, al fine di ridurre quell’ecces-
siva soggettività tecnico-scientifica che ha reso spesso eccessivamente impreve-
dibili, o perlomeno scarsamente intellegibili, le decisioni dell’amministrazione47,
con conseguente maturazione di un atteggiamento di ostilità nei confronti della
stessa istituzione della Soprintendenza, divenuta, agli occhi del cittadino, un po-
tere oscuro e incomprensibile48.
Ciò, consentirebbe, innanzitutto, di alleggerire il “peso” dell’attività istrut-
toria e decisoria dei singoli procedimenti, attenuando, al contempo, le molte in-
certezze che generalmente accompagnano le attività di giudizio e di valutazione
che coinvolgono profili tecnici. Ma soprattutto, una simile prospettiva consenti-
rebbe al giudice di esercitare – anche senza ricorrere a esperti o consulenti – un
più penetrante controllo sull’esito della valutazione, senza al tempo stesso scon-
finare nel merito della decisione adottata. Il controllo avrebbe ad oggetto prin-
cipalmente le modalità con cui l’amministrazione, nel caso concreto, si è atte-
nuta o si è discostata ai criteri tecnici già declinati in via generale (e possibil-
mente specificati per tipologia di opera e di intervento).
È una strada che, a ben vedere, potrebbe utilmente contemperare l’esi-
genza di salvaguardare il prestigio e l’autorevolezza tecnica dell’amministra-
zione, con l’esigenza di favorire un più penetrante controllo e una maggiore pre-
vedibilità.
esplicitamente dettato dal comma 5 dell’art. 29 del Codice. Che di queste linee guida finora poco
si sia prodotto è anche il frutto di resistenze che vanno superate». Il comma 5, del citato art. 29
prevede appunto che «Il Ministero definisce, anche con il concorso delle regioni e con la collabo-
razione delle università e degli istituti di ricerca competenti, linee di indirizzo, norme tecniche,
criteri e modelli di intervento in materia di conservazione dei beni culturali». In particolare, vanno
in questa direzione, per quanto concerne lo specifico ambito della circolazione delle opere, gli
«Indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell’attestato delibera
circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeolo-
gico, etnoantropologico» individuati dal d.m. 6 dicembre 2017, n. 537 del Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo.
47 Questa tendenza è riscontrabile, ad esempio, nella vicenda che ha visto coinvolta la so-

printendenza di Roma nei lavori della conferenza dei servizi indetta per la realizzazione dello sta-
dio della A.S. Roma. In tale circostanza, infatti, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Pae-
saggio per il Comune di Roma, con nota prot. n. 3051 del 15.2.2017 ha comunicato l’avvio del
procedimento di dichiarazione di interesse culturale e di prescrizione di misure di tutela indiretta
relativa alla porzione dell’immobile denominato Ippodromo di Tor di Valle ed all’area ad esso cir-
costante al termine del quale ha espresso «motivato dissenso alla realizzazione dell’intervento non
ravvisando condizioni per la sua ammissibilità nel sito proposto». A sostegno di tale decisione il
diniego è stato motivato specificando che «le nuove piantagioni» previste dal progetto «possono
avere un’incidenza negativa in un’area sede di nidificazione e riproduzione di specie di uccelli, ret-
tili e anfibi». Resta il fatto che la diffusione degli anfibi in quelle zone è ascrivibile più ad una si-
tuazione di degrado che ha ingenerato il sorgere di un contesto paludoso.
48 Tale è aspetto risulta anche un’inevitabile conseguenza di politiche che, nel corso degli

anni, hanno trascurato la quantità e la qualità degli organici, lasciando andare in pensione diri-
genti e funzionari, senza garantire un adeguato e fisiologico processo di turn over che assicurasse
un corretto funzionamento delle Soprintendenze. In tale direzione, appare positiva l’istituzione
della Scuola del patrimonio con il fine di valorizzare e sviluppare le risorse umane, la ricerca, la
conoscenza e l’innovazione nei settori del patrimonio culturale e del turismo al livello nazionale e
internazionale.
CAPITOLO SESTO

IL SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA


IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE,
UNIVERSITARIE E CONCORSUALI

Francesco Savo Amodio

SOMMARIO: 1. Introduzione: precisazione del campo di indagine. – 2. Valutazioni in am-


bito scolastico. – 2.1. Breve inquadramento del contenzioso da cui traggono ori-
gine le valutazioni giurisdizionali. – 2.2. I principali orientamenti giurisprudenziali.
– 2.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede
di sindacato giurisdizionale. – 2.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giu-
dice dinanzi alle valutazioni tecniche: l’attenzione al giudizio prognostico. – 3. Va-
lutazioni in ambito universitario. – 3.1. Inquadramento del contenzioso da cui
traggono origine le valutazioni giurisdizionali. – 3.2. I principali orientamenti giu-
risprudenziali. – 3.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente uti-
lizzati in sede di sindacato giurisdizionale. – 3.4. L’atteggiamento concretamente
assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni tecniche: la ricerca della coerenza si-
stematica. – 4. Valutazioni in ambito concorsuale. – 4.1. Inquadramento del con-
tenzioso da cui traggono origine le valutazioni giurisdizionali. – 4.2. I principali
orientamenti giurisprudenziali. – 4.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori
maggiormente utilizzati in sede di sindacato giurisdizionale. – 4.4. L’atteggiamento
concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni tecniche: l’assenza di il-
legittimità manifeste. – 5. Considerazioni di sintesi.

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine


Il campo d’indagine su cui verterà il presente capitolo, oltre a risultare
molto ampio, si caratterizza, innanzitutto, per la marcata eterogeneità soggettiva
e di contesto delle valutazioni oggetto di scrutinio. Quest’ultime, però, appaiono
al contempo sostanzialmente uniformi nel loro contenuto essenziale, ovvero l’ac-
certamento del livello di competenze personali, accademiche o professionali ma-
turato dai destinatari delle stesse.
In particolare, per quanto concerne il settore scolastico, l’analisi verterà es-
senzialmente sul contenzioso avente ad oggetto i provvedimenti di non ammis-
sibilità alle classi successive o agli esami di licenza, soffermandosi, in particolare,
sui caratteri del tutto peculiari delle valutazioni relative agli alunni portatori di
comprovati disturbi dell’apprendimento.
170 FRANCESCO SAVO AMODIO

In materia universitaria, invece, verrà principalmente in rilievo il conten-


zioso relativo ai giudizi d’idoneità all’abilitazione scientifica nazionale e la con-
nessa giurisprudenza sulla valutazione delle pubblicazioni scientifiche.
Da ultimo, con riferimento al settore dei concorsi pubblici, il criterio di
tassonomia prescelto privilegerà il contenuto della valutazione discrezionale
contestata, con un approccio trasversale rispetto alle tipologie concorsuali og-
getto di contenzioso. Si distingueranno, in particolare, gli accertamenti caratte-
rizzati dalla preminenza delle valutazioni soggettive dei commissari d’esame
(quali quelle relative ad elaborati scritti o a prove orali) dalle prove di verifica di
natura fisico-attitudinale, o comunque riconducibili al raffronto con parametri o
valori oggettivi e predeterminati.
In via preliminare, deve essere sottolineato il carattere peculiare della ma-
teria qui in esame, ovvero, in estrema sintesi, la sua innegabile eccentricità ri-
spetto al modello tradizionale di azione amministrativa procedimentalizzata, sia
dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo.
Quanto al primo profilo, viene in rilievo la marcata eterogeneità dei titolari
del potere pubblico esercitanti la propria discrezionalità tecnica.
Invero, in nessuno dei tre macro-settori di afferenza delle fattispecie qui in
esame – segnatamente, le valutazioni di profitto degli studenti in ambito scola-
stico, quelle relative al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale e ai
meccanismi di chiamata per la copertura dei ruoli universitari e, da ultimo,
quelle aventi ad oggetto prove concorsuali – è possibile individuare una strut-
tura amministrativa decidente unitaria, stabile ed organica.
Nel settore scolastico, infatti, sono i singoli consigli di classe ad adottare i
provvedimenti impugnati e in cui si concretizza l’esercizio della discrezionalità.
Si tratta, pertanto, di un contenzioso diffuso su tutto il territorio nazionale e in
cui al problema della discrezionalità tecnica si aggiunge quello del rispetto del-
l’autonomia didattica, costituzionalmente protetta. Nell’abilitazione scientifica
nazionale, così come nelle molteplici fattispecie concorsuali, l’unità amministra-
tiva cui è demandato il potere valutativo è la singola commissione giudicatrice, i
cui componenti, pur solitamente appartenenti ai ranghi dell’amministrazione,
sono chiamati a svolgere le specifiche funzioni in esame in via del tutto occasio-
nale ed episodica, spesso quali veri e propri “custodi” dell’accesso ad una de-
terminata qualifica o professione.
Anche sotto il diverso profilo oggettivo, la dinamica procedimentale pre-
supposta all’esercizio dei poteri in esame appare quanto mai peculiare.
In particolare, tra le fattispecie esaminate si individua una netta differen-
ziazione. Da un lato, le valutazioni di fine anno scolastico costituiscono il risul-
tato di una serie di giudizi intermedi, articolati in una dinamica procedimentale
di lunga durata, in cui, come si vedrà, grande spazio è dato all’effettiva comuni-
cazione allo studente – e ai genitori – del suo andamento – in termini sostan-
zialmente anticipatori del provvedimento finale – e alla predisposizione di stru-
menti idonei a scongiurare una valutazione finale insufficiente. All’opposto, le
valutazioni concorsuali sono frutto di un procedimento estremamente semplifi-
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 171

cato in cui la partecipazione dell’esaminando si esaurisce nella produzione del-


l’elaborato, delle risposte orali o di ogni altro elemento oggetto di giudizio e che
si sostanzia, per lo più, in una fase di accertamento discrezionale nettamente di-
stinta dal momento della produzione della documentazione valutata.
Per chiarezza d’analisi, si procederà dunque all’esame distinto dei tre ma-
cro-settori individuati, per poi tentare di individuare alcune conclusioni comuni.

2. Valutazioni in ambito scolastico


2.1. Breve inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni
giurisdizionali
Il settore scolastico è certamente tra quelli che fa registrare il numero mag-
giore di ricorsi. Solo al Tar Lazio, ad esempio, nel 2019, sono state presentate
più di 3625 impugnative, pari ad oltre il 20% del totale di quelle depositate nel
medesimo anno.
Di tale contenzioso, le questioni quantitativamente e qualitativamente più
significative ai fini di questo studio vertono, essenzialmente, intorno alla legitti-
mità dei provvedimenti di non ammissibilità alle classi successive o agli esami di
licenza1.

1 Si vedano, senza pretese di esaustività, gli arresti TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 30

marzo 2015, n. 110; TAR Marche, sez. I, 9 ottobre 2015, n. 719; TAR Marche, sez. I, 15 dicembre
2016, n. 718; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 5 giugno 2017, n. 1235; TAR Emilia-Romagna,
Bologna, sez. I, 20 novembre 2017, n. 749; TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 5 marzo 2018, n.
70; TAR Sardegna, sez. I, 30 maggio 2018, n. 529; TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 21 agosto 2019,
n. 10561; 23 settembre 2019, nn. 11230, 11231, 11232; 11 ottobre 2019, nn. 11777, 11781, 11787;
18 ottobre 2019, n. 12025; 7 novembre 2019, n. 12794; 14 novembre 2019, n. 13041; 3 dicembre
2019, n. 13811; 6 dicembre 2019, n. 14002; TAR Lazio, Latina, sez. I, 8 novembre 2019, n. 651;
TAR Valle D’Aosta, 10 dicembre 2019, n. 56; TAR Sezione Autonoma di Bolzano, 20 settembre
2019, n. 214; TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, 7 gennaio 2019, n. 3; 13 settembre 2019, n. 366; 2
novembre 2019, n. 458; 30 dicembre 2019, n. 564; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 13 settem-
bre 2019, n. 1972; 25 novembre 2019, n. 2494; 2 dicembre 2019, n. 2561; TAR Veneto, sez. III,
18 novembre 2019, n. 1258; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 4 febbraio 2019, n. 109; TAR Ve-
neto, sez. I, 31 dicembre 2019, n. 1421; TAR Piemonte, sez. II, 3 gennaio 2019, n. 12; 13 settem-
bre 2019, n. 970; TAR Liguria, sez. I, 9 settembre 2019, n. 717; TAR Emilia-Romagna, Bologna,
sez. I, 23 dicembre 2019, n. 1021; TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 1° luglio 2019, n. 182;
TAR Toscana, sez. I, 16 dicembre 2019, n. 1722; TAR Marche, sez. I, 27 dicembre 2019, n. 796;
TAR Umbria, sez. I, 29 ottobre 2019, n. 535; 14 gennaio 2019, n. 23; TAR Sardegna, sez. I, 1°
aprile 2019, n. 287; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 17 luglio 2019, nn. 3854, 3857; 19 dicem-
bre 2019, n. 6031; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 15 marzo 2019, n. 1457; TAR Campania, Sa-
lerno, sez. I, 25 ottobre 2019, n. 1841; TAR Molise, sez. I, 3 dicembre 2019, n. 427; TAR Basili-
cata, sez. I, 12 gennaio 2019, n. 48; TAR Puglia, Bari, ss.uu., 5 settembre 2019, n. 1184; TAR Pu-
glia, Bari, sez. III, 30 settembre 2019, n. 1253; TAR Puglia, Lecce, sez. II, 17 settembre 2019, n.
1480; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 20 dicembre 2019, n. 3041; Cons. St., sez. VI, 7 febbraio 2017,
n. 540; 10 aprile 2017, n. 1649; 12 aprile 2017, n. 1710; 26 luglio 2017, n. 3693; 12 ottobre 2017,
nn. 4729, 4730, 4731; 13 febbraio 2018, n. 937; 23 febbraio 2018, n. 1155; 6 marzo 2018, n. 1440;
6 aprile 2018, n. 2132; 17 maggio 2018, n. 2982; 9 novembre 2019, n. 6333; 3 dicembre 2018, n.
6848; 4 febbraio 2019, n. 851; 12 febbraio 2019, n. 1016; 29 maggio 2019, n. 3578; 9 luglio 2019,
n. 4817; 15 luglio 2019, n. 4994; 27 agosto 2019, n. 5917.
172 FRANCESCO SAVO AMODIO

Da una ricerca sul portale istituzionale della giustizia amministrativa, in-


fatti, inserendo quale criterio di selezione la frase «consiglio di classe», risultano
pubblicate, nel 2020, 121 sentenze di primo grado, meno sia rispetto alle 180
del 2019 che alle 149 dell’anno ancora precedente.
A fronte di tale dato, colpisce l’esiguo numero di sentenze pronunciate in
appello, solo 9 nel 2020, 6 nel 2019, 7 nel 2018 e addirittura 3 nel 20172.
Significativamente, tali pronunce risultano, nella quasi totalità, favorevoli
agli studenti ricorrenti, sovvertendo, in meno della metà dei casi, l’esito del giu-
dizio di primo grado.
Una caratteristica del tutto peculiare del contenzioso qui in esame è rap-
presentata dal ruolo determinante, rispetto all’esito del giudizio, assunto dai
provvedimenti di natura cautelare, là dove – invero raramente – concessi. Que-
sti ultimi, infatti, realizzando in concreto – sia pur in via interinale – l’utilità fi-
nale attesa dal ricorrente, ovvero la sua ammissione alla classe successiva o a una
data procedura d’esame, finiscono per superare, in via di fatto, il contenuto
stesso della valutazione discrezionale gravata.
Tale conclusione è felicemente compendiata nella c.d. teoria dell’assorbi-
mento, frutto di un consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la
frequenza con profitto della classe successiva o il superamento dell’esame di ma-
turità assorbono il giudizio negativo di idoneità del consiglio di classe, sospeso
in sede giurisdizionale con l’ammissione con riserva del candidato all’esame
stesso, comportando processualmente un effetto preclusivo analogo a quello de-
terminato da fatti sopravvenuti satisfattori dell’interesse sostanziale3.
Sebbene, quindi, il giudizio sia destinato a chiudersi formalmente con una
pronuncia in rito, per il venir meno della materia del contendere, non può non
porsi in evidenza come la delibazione del Collegio in sede cautelare finisca per
porsi come implicitamente sostituiva della valutazione impugnata, almeno rela-
tivamente alla capacità di recupero in itinere dello studente, consentendo al
contempo all’amministrazione – rectius al consiglio di classe dell’anno succes-
sivo – di rinnovare in un secondo momento il proprio giudizio, basandosi, però,
su di un più ampio intervallo di apprezzamento.

2.2. I principali orientamenti giurisprudenziali


Al di là di quanto appena illustrato in merito alla teoria dell’assorbimento,
l’analisi compiuta ha evidenziato una sostanziale e diffusa deferenza del giudice
2 Statisticaaggiornata al 26 ottobre 2020.
3 In ordine al quale cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 31 marzo 2009, n. 1892; 8 marzo 2003,
n. 1875; 5 marzo 2002, n. 1312; TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 4 novembre 2014, n. 11045; TAR
Puglia, Lecce, sez. II, 4 agosto 2014, n. 2088; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 5 maggio 2014, n.
1143; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 27 luglio 2012, n. 530; TAR Veneto, sez. I, 20 marzo
2019, n. 352, 17 luglio 2017, n. 674. Ai sensi dell’art. 4, comma 2-bis, del d.lgs. 17 agosto 2005, n.
168, l’applicazione di detto principio di derivazione giurisprudenziale risulta estesa anche alle ipo-
tesi di esami per l’abilitazione professionale, ma non anche ai concorsi pubblici, come autorevol-
mente confermato nelle pronunce C. cost., 9 aprile 2009, n. 108 e Cons. St., ad. pl., 28 gennaio
2015, n. 1.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 173

amministrativo rispetto alle valutazioni tecniche compiute dal collegio dei do-
centi circa il livello di apprendimento conseguito dagli alunni.
In particolare, nella giurisprudenza esaminata è sovente contenuto un rife-
rimento esplicito alla natura discrezionale del provvedimento impugnato, tale da
escluderne la piena sindacabilità.
La gran parte delle decisioni prese in esame, infatti, individua espressa-
mente quale limite al sindacato amministrativo, le figure sintomatiche della ma-
nifesta illogicità, del difetto d’istruttoria e del travisamento dei fatti.
In particolare, secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, le valuta-
zioni del collegio dei docenti circa il grado di preparazione e maturità del singolo
studente non costituiscono il frutto dell’applicazione di scienze esatte, tali da
condurre ad un risultato certo ed univoco4, bensì sono connotate da un fisiolo-
gico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente eviden-
ziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrarne la palese inat-
tendibilità. Viene quindi posto in capo al ricorrente l’onere di dedurre elementi
idonei e sufficienti a evidenziare la presenza di una chiara illogicità, tale da infi-
ciare la coerenza della motivazione espressa dalla commissione valutatrice5.
Similmente, nella materia in esame risulta assolutamente consolidato il
principio della non predicabilità della disparità di trattamento, se non in circo-
stanze del tutto eccezionali. Invero, il giudice amministrativo ha in più occasioni
riconosciuto che «nemmeno in presenza delle medesime valutazioni in termini
numerici si può parlare di identità di posizioni fra due o più studenti, essendo
al riguardo rilevanti altri parametri, quali: la base di partenza di ciascuno, la co-
stanza nell’applicazione, la condotta, i crediti scolastici maturati e, soprattutto,
la prognosi favorevole circa la proficua frequenza della classe superiore pur in
presenza di debiti formativi»6.
In alcuni casi, tuttavia, la disparità di trattamento, più che emergere quale
vizio in sé, finisce per essere ricondotta dal giudice amministrativo alla viola-
zione da parte del consiglio di classe dei criteri o parametri di giudizio previsti
a livello generale o autoimpostisi.
Invero, in molti casi l’accoglimento del ricorso è legato proprio al rilevato
mancato rispetto di tali requisiti oggettivi e predeterminati. Questi ultimi, specie
là dove prefissati dalla stessa commissione valutatrice, finiscono per porsi come
ostativi di ogni ulteriore esercizio di discrezionalità, considerata come ormai
esaurita nell’atto stesso della loro individuazione7.
A tale ipotesi devono ricondursi anche i giudizi in cui l’illegittimità del
provvedimento non discende dall’inattendibilità della valutazione del grado di
apprendimento dello studente, bensì dall’aver, il consiglio di classe, omesso di
dare specifica comunicazione alla famiglia del carattere eccessivo del numero di
assenze che si andava maturando nel corso dell’anno.

4 In via esemplificativa, si v. TAR Lombardia, Milano, sez. III, 5 giugno 2017, n. 1235.
5 Sul punto, si v., da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 3 dicembre 2019, n. 13811.
6 Così TAR Marche, sez. I, 27 dicembre 2019, n. 796.
7 Si v., ex multis, TAR Toscana, Firenze, sez. I, 16 dicembre 2019, n. 1722.
174 FRANCESCO SAVO AMODIO

Nello specifico, in diverse pronunce8, il giudice amministrativo ha indivi-


duato l’assenza di una specifica segnalazione alla famiglia dell’alunno circa il
monte ore minimo richiesto o la mancata attivazione, in itinere, di misure disci-
plinari, quali ragioni ostative all’adozione di un provvedimento finale di non
ammissione alla classe successiva, in quanto indici della contraddittorietà intrin-
seca della motivazione.
Da ultimo, l’analisi svolta ha evidenziato la presenza di un orientamento
del tutto peculiare da parte della giurisprudenza là dove il provvedimento di
non ammissione colpisca uno studente affetto da disturbi cognitivi.
In tal caso, infatti, la predisposizione di un adeguato piano didattico per-
sonalizzato e la sua coerente implementazione sono scrutinate funditus da parte
del giudice amministrativo. Secondo tale consolidato orientamento, invero, la
valutazione esercitata dal consiglio di classe dovrebbe fondarsi, a pena di illogi-
cità e carenza di presupposti, su di una previa verifica dell’effettiva e generaliz-
zata adozione, da parte di tutti i docenti, delle misure compensative/dispositive
previste, nonché sull’accertamento, ex post, dell’adeguatezza di queste ultime9.

2.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di


sindacato giurisdizionale
Indubbiamente, come già illustrato in premessa, una delle caratteristiche
più rilevanti del contenzioso in esame è la sua dispersione a livello territoriale,
da cui discende l’impossibilità di qualificare in modo univoco il grado di inci-
denza del sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici dei docenti, do-
vendosi rilevare la presenza di sentenze – quasi esclusivamente di primo grado –
che finiscono per porsi in contraddizione con orientamenti anche consolidati.
In via generale, tuttavia, al di là delle formule astratte utilizzate nelle pro-
nunce, il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni adottate dal con-
siglio di classe in sede di scrutinio appare sostanzialmente deferente rispetto alle
valutazioni discrezionali di tale organo collegiale.
Gli elementi valorizzati nelle pronunce, invero, risultano quasi esclusiva-
mente di tipo fattuale.
In particolare, sebbene molto raramente il Collegio giudicante faccia uso
dei propri poteri istruttori al fine di accertare l’esatto numero delle prove svolte
o la correttezza della media dei voti indicata nel verbale di scrutinio, è molto fre-
quente rinvenire nelle sentenze precisi riferimenti alla corrispondenza tra i dati
numerici rappresentati dai voti espressi nelle varie materie e il giudizio finale re-

8 Tra cui si v., ad esempio, TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 23 settembre 2019, n. 11231.
9 Così TAR Puglia, Bari, sez. III, 30 settembre 2019, n. 1253, ma si v., altresì, TAR Lazio,
Roma, sez. III-bis, 3 ottobre 2018, n. 9720; 10 aprile 2019, n. 4684; 7 novembre 2019, n. 12794.
In senso contrario, però, si v. la pronuncia TAR Piemonte, sez. II, 13 settembre 2019, n. 970, ove
si afferma che l’esistenza di un disturbo dell’apprendimento non può di per sé giustificare la pro-
mozione di uno studente, a prescindere da ogni considerazione relativa agli apprendimenti e alle
competenze. Nel caso di specie, tuttavia, il giudice piemontese aveva in precedenza accertato la
corretta attuazione del piano didattico differenziato.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 175

lativo al mancato raggiungimento degli obiettivi di preparazione previsti dalla


normativa vigente; risulta del tutto assente, invece, qualsivoglia indagine sull’ef-
fettiva rispondenza della singola votazione all’effettivo grado di conoscenza spe-
cificamente raggiunto.
Non deve dimenticarsi, d’altra parte, che il cuore della valutazione discre-
zionale demandata al collegio dei docenti è rappresentato dal giudizio progno-
stico circa la capacità dello studente di porre rimedio alle proprie lacune senza
necessariamente ripetere l’anno.
Sul punto, la sussistenza di numerose insufficienze, anche gravi, è solita-
mente riconosciuta quale elemento di per sé idoneo a giustificare la non ammis-
sione alla classe successiva, «anche a prescindere dallo specifico tenore e conte-
nuto delle disposizioni di riferimento»10.
Nondimeno, quest’ultimo riferimento alla normativa applicabile consente di
introdurre un elemento di grande rilevanza rispetto al grado di incidenza del sin-
dacato giurisdizionale. Il d.lgs. 13 aprile 2017, n. 62 ha introdotto, infatti, una
netta distinzione tra i meccanismi d’ammissione alla classe successiva e all’esame
conclusivo previsti per il primo – comprendente la scuola primaria e quella se-
condaria di primo grado – e il secondo ciclo d’istruzione. In particolare, il primo
ciclo d’istruzione si caratterizza per il sostanziale automatismo nell’ammissione
dello studente alla prosecuzione del percorso di studi, anche in presenza di livelli
di apprendimento raggiunti solo parzialmente. Un’eventuale bocciatura, infatti,
può essere disposta dal consiglio di classe solo se accompagnata da una motiva-
zione rafforzata e, nel caso della scuola primaria, se deliberata all’unanimità.
La previsione di un onere motivazionale particolarmente rafforzato si ri-
flette, quindi, anche sull’intensità del sindacato giurisdizionale. Ne è chiara te-
stimonianza – a titolo esemplificativo – la pronuncia del Consiglio di Stato del
27 agosto 2019, n. 5917, ove il giudice d’appello sottolinea come sia l’art. 6 del
già ricordato d.lgs. n. 62/2017 che la circolare MIUR del 10 ottobre 2017, n.
1865, richiedano al consiglio di classe di svolgere un esame predittivo e ragio-
nato delle possibilità di recupero da parte dello studente delle proprie carenze
sulla base di un arco temporale pluriennale, rinviando, così, all’anno successivo
la valutazione del livello di competenza e maturazione conseguito. Tale accerta-
mento, in aggiunta, deve tener conto, altresì, dell’effettiva attivazione, da parte
dell’istituto scolastico, delle specifiche strategie per il miglioramento dei livelli
di apprendimento previste dal suddetto art. 6. Nel caso in giudizio, infatti, l’il-
legittimità del provvedimento di non ammissione è stata rilevata proprio in con-
seguenza della mancata attivazione, durante l’anno, di tali strumenti di recupero
in misura adeguata e sufficiente e, soprattutto, dell’assenza di un’esaustiva con-
siderazione, nella motivazione, delle sue capacità di recupero, anche alla luce dei
risultati raggiunti nel quadrimestre precedente.
È opportuno sottolineare, però, che sulla decisione del Consiglio di Stato
ha senza dubbio esercitato un’influenza determinante la circostanza che lo stu-

10 Così di nuovo il TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 3 dicembre 2019, n. 13811.
176 FRANCESCO SAVO AMODIO

dente, ammesso in via cautelare alla frequenza dell’anno successivo, abbia poi
conseguito la promozione alla classe terza. Il giudice d’appello, invero, afferma
esplicitamente che tale giudizio positivo ha, in via di fatto, superato la stessa va-
lutazione impugnata, realizzando «in pieno lo schema previsto dalle disposizioni
citate, avendo consentito in concreto una valutazione più ampia, ponderata e
consapevole dei livelli di apprendimento raggiunti dall’alunno, su base biennale,
come ivi prefigurato». Non si può non rilevare, pertanto, come sia proprio la si-
tuazione di fatto successivamente venuta in essere ad aver inciso in misura de-
terminante sulla valutazione del Giudice circa l’adeguatezza della motivazione,
in linea con i contenuti della già descritta teoria dell’assorbimento11.
All’opposto, l’orientamento giurisprudenziale senza dubbio prevalente in
relazione alle fattispecie concernenti il secondo ciclo scolastico si pone in ter-
mini decisamente più deferenti rispetto alla particolare expertise degli insegnanti
e, soprattutto, del loro effettivo grado di conoscenza degli studenti, diretta e
consolidata nel tempo12.
In relazione alle medesime fattispecie, la legittimità delle valutazioni gra-
vate viene solitamente confermata anche nel caso della comprovata mancata at-
tivazione, nel corso dell’anno, di adeguate iniziative di supporto agli studenti o
di una piena comunicazione alla famiglia delle carenze dell’alunno.
Invero, malgrado il riconoscimento della gravità di tali vizi, la prevalente
lettura giurisprudenziale non si spinge sino a farne conseguire l’illegittimità del
provvedimento censurato, privilegiando piuttosto l’accertamento in concreto
dell’insufficiente grado di preparazione dello studente e dell’incompletezza del
suo percorso di maturazione.
Anzi, in più di una pronuncia, il giudice amministrativo si è premurato di
sottolineare come la mancata ammissione alla classe successiva non costituisca in
alcun modo una misura punitiva per l’alunno, bensì rappresenti la mera consta-
tazione oggettiva della necessità da parte di quest’ultimo di rafforzare la propria
preparazione, laddove la promozione all’anno successivo finirebbe per «costi-
tuire, anziché un vantaggio, uno svantaggio per l’allievo»13. In tale prospettiva,
l’eventuale violazione da parte della scuola dei propri doveri di assistenza e sup-
porto perde ogni rilevanza rispetto alla legittimità del provvedimento, potendosi
alla stessa riconnettere unicamente conseguenze di tipo risarcitorio14.

11 Un altro chiaro esempio del diverso, e più penetrante, sindacato sull’opportunità del

provvedimento di non ammissione alla classe successiva del primo ciclo scolastico (della scuola
primaria, nel caso specifico) è rappresentato dalla pronuncia TAR Sicilia, Catania, sez. III, 20 di-
cembre 2019, n. 3041. In tale occasione, il giudice ha censurato la mancata adeguata pondera-
zione, in sede di scrutinio, «della grave situazione familiare e personale che ha comportato una
scarsa frequenza scolastica» e, in particolare, «delle pesanti ripercussioni che il provvedimento
avrebbe avuto sulla patologia psichica del minore».
12 Così TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 6 dicembre 2019, n. 14002.
13 Così TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 27 novembre 2019, n. 1975; 2 dicembre 2019, n.

1986.
14 Idem. In senso conforme si v., ex multis, TAR Puglia, Lecce, sez. II, 19 gennaio 2015, n.

252; TAR Piemonte, sez. II, 29 gennaio 2015 n. 155; TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 29 dicembre
2014, n. 13155; 28 marzo 2014, n. 3468; TAR Abruzzo, sez. I, 15 aprile 2013, n. 232.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 177

Al di là della marcata differenza appena evidenziata in relazione ai giudizi


relativi ai due cicli scolastici – la cui causa ultima è da identificarsi proprio nel
diverso tenore della normativa regolatrice delle due fattispecie, oltre che nel di-
verso grado di maturità degli studenti colpiti dalla decisione –, l’analisi com-
piuta ha posto in luce come gran parte delle pronunce esaminate, sia che di-
spongano il rigetto sia che concludano per l’accoglimento del ricorso – ma in
particolare queste ultime – dedichino ampio spazio ad un’attenta ricostruzione
del percorso scolastico dello studente, proprio al fine di accertare la veridicità e
la coerenza degli elementi fattuali posti alla base del provvedimento di non am-
missione e, in particolare, delle conclusioni in esso tratte circa l’effettiva capacità
di recupero in itinere dello studente.
Invero, il giudice amministrativo ha, in più di un’occasione, censurato l’in-
sufficienza e l’incoerenza della motivazione in ordine all’effettiva insuperabilità,
in via graduale e autonoma, delle lacune accertate, specie laddove l’analisi del
rendimento passato dello studente dava prova di un peggioramento solo recente
e, quindi, del livello sostanzialmente accettabile delle conoscenze pregresse15.
In tal senso, nelle pronunce analizzate sono spesso contenuti richiami alla
necessità di una valutazione specifica dello studente, che ne valorizzi anche il
grado globale di maturità e gli eventuali sforzi di miglioramento registrati.
D’altra parte, come già sottolineato, proprio l’alto grado di personalizza-
zione dei giudizi richiesto dalla giurisprudenza per questa materia giustifica il
carattere del tutto eccezionale dei richiami alla figura sintomatica della disparità
di trattamento.

2.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni


tecniche: l’attenzione al giudizio prognostico
Alla luce dell’analisi svolta, il sindacato esercitato dal giudice amministra-
tivo sulle valutazioni scolastiche appare sostanzialmente conforme alla lettura
ermeneutica più recente secondo cui risulta ormai del tutto superata l’equiva-
lenza fra la discrezionalità tecnica e il merito insindacabile dell’azione ammini-
strativa, richiedendosi al contrario – anche alla luce del codice del processo am-
ministrativo – la pienezza del sindacato sulle valutazioni tecniche dell’ammini-
strazione, almeno sotto il profilo dell’attendibilità, intesa come corretta scelta
delle regole tecniche da impiegare e verifica dell’esattezza del procedimento ap-
plicativo seguito16.
In particolare, i giudizi esaminati danno conto dello scrutinio pieno del
giudice sui presupposti di fatto posti a fondamento del provvedimento, quali il
numero di assenze e i voti conseguiti dallo studente nel corso dell’anno.

15 Si v., in particolare, TAR Lazio, Roma, sez. III-bis, 21 agosto 2019, n. 10561; TAR Ligu-

ria, sez. I, 9 settembre 2019, n. 717; TAR Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 2 novembre 2019, n. 458;
30 dicembre 2019, n. 564.
16 Fra le tante, cfr. Cons. St., sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 505; 8 ottobre 2012, n. 5209; sez.

V, 23 giugno 2011, n. 3807; sez. VI, 20 aprile 2009, n. 2384.


178 FRANCESCO SAVO AMODIO

Per quanto concerne la valutazione in sé, invece, l’atteggiamento della giu-


risprudenza appare particolarmente proattivo nella verifica della coerenza degli
argomenti posti a fondamento della decisione gravata rispetto ai parametri nor-
mativi e ai criteri puntualmente individuati dallo stesso collegio dei docenti.
Al di là di tali ipotesi, in nessuna delle fattispecie esaminate il giudice è
parso voler sostituire il proprio accertamento dell’effettivo grado di maturazione
dell’allievo a quello gravato, anche in ragione dell’indubbia complessità tecnica
di tale indagine, richiedente un ampio ricorso allo strumento istruttorio della ve-
rificazione, invero molto raramente impiegata nel contenzioso in esame.
Tuttavia, è la piena valutazione del percorso di studi pluriennale del sin-
golo studente a rappresentare il cuore del giudizio di adeguatezza e ragionevo-
lezza compiuto in sede di gravame e a fornire la misura dell’incidenza del sin-
dacato giurisdizionale sull’attività amministrativa in esame. In altre parole, pur
non entrando nel merito dell’effettivo grado di preparazione dell’alunno, il giu-
dice amministrativo sovente finisce per soffermare il proprio scrutinio sulle con-
clusioni del consiglio di classe circa la capacità di futuro recupero dell’allievo,
indagandone la piena coerenza rispetto al percorso di studi compiuto e privile-
giando spesso un orizzonte temporale alquanto ampio.
In particolare, tale atteggiamento sembrerebbe dare testimonianza dell’ac-
quisita consapevolezza, da parte del giudice amministrativo, dell’indubbio im-
patto di un provvedimento di non ammissione sul futuro scolastico e personale
dell’alunno. In tale prospettiva, pur senza alcun esplicito riferimento a giudizi di
proporzionalità, il sindacato giurisdizionale finisce per legittimare la misura
della bocciatura unicamente quale extrema ratio rispetto a carenze didattiche or-
mai consolidate e al rischio di compromettere in modo definitivo la crescita di-
dattica dell’alunno.
D’altra parte, anche il già ricordato d.lgs. n. 62/2017, nel riformare la ma-
teria in esame ha, di fatto, confermato la centralità del bilanciamento tra la ne-
cessità di favorire il recupero delle lacune emerse e quella di assicurare a cia-
scuno studente un percorso di maturazione personale, didattico e relazionale il
più possibile graduale e progressivo. Invero, la descritta previsione di un mec-
canismo di promozione automatico per il primo ciclo scolastico può ricondursi
proprio alla necessità di tutelare maggiormente il naturale sviluppo degli alunni
nella prima età scolare, privilegiando modalità di recupero delle carenze didatti-
che sul lungo periodo; di contro, stante il grado di maturità relazionale e di con-
sapevolezza solitamente raggiunto dagli studenti coinvolti nel secondo ciclo di
studi, l’esigenza di assicurare a questi ultimi un livello minimo di conoscenze e
preparazione idoneo ad affrontare la vita adulta – e lavorativa – risulta indub-
biamente prevalente.
Alla medesima ratio appare riconducibile, altresì, il pervasivo scrutinio giu-
risprudenziale in merito all’effettiva predisposizione di tutti gli strumenti neces-
sari a supportare gli studenti con deficit cognitivi. La presenza di bisogni educa-
tivi speciali, invero, facendo sorgere in capo allo studente un vero e proprio di-
ritto soggettivo alla predisposizione di misure didattiche personalizzate, impone
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 179

al consiglio di classe di fondare la propria valutazione su tali criteri speciali, ap-


positamente definiti. L’attenta valutazione, in sede di impugnazione, circa l’ef-
fettiva adeguatezza delle misure introdotte e della coerenza del giudizio formu-
lato rispetto ai parametri stabili appare rispondere pienamente alla descritta ten-
denza della giurisprudenza a garantire il ragionevole bilanciamento tra la piena
acquisizione delle competenze e il regolare sviluppo socio-relazionale dello stu-
dente, laddove le peculiari difficoltà psicologiche dell’alunno suggeriscono di
privilegiare maggiormente la continuità del percorso didattico.

3. Valutazioni in ambito universitario


3.1. Inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni giuri-
sdizionali
Tra le principali fattispecie oggetto di contenzioso riconducibili all’ambito
universitario, quelle che si contraddistinguono per un più ampio contenuto valu-
tativo di tipo tecnico sono le procedure per il conseguimento dell’abilitazione
scientifica nazionale alla docenza e i conseguenziali procedimenti di chiamata dei
professori di prima e di seconda fascia per la copertura dei posti in ruolo vacanti.
Ci si soffermerà qui, essenzialmente sulle prime, per proseguire poi, nel
prossimo paragrafo, con una più generale analisi del sindacato giurisdizionale
sulle valutazioni c.d. concorsuali, non solo relative al contesto qui in analisi.
In particolare, nei pochi anni trascorsi dalla compiuta riforma del sistema
di reclutamento del personale docente universitario, realizzata mediante la l. 30
dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di
personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la
qualità e l’efficienza del sistema universitario), si è registrato un ampio livello di
contenzioso concernente i procedimenti di abilitazione scientifica, nell’ambito
del quale i giudici non hanno mancato di esercitare poteri di intervento partico-
larmente incisivi17.
In via puramente esemplificativa, inserendo nel motore di ricerca della
Giustizia amministrativa le parole-chiave «abilitazione», «scientifica» e «nazio-
nale», risultano, per il 2020, ben 193 sentenze pubblicate, di cui 24 in appello.
Numeri ancor più significativi si sono registrati negli anni precedenti: 387 deci-
sioni nel 2019, di cui 24 in appello; 231 nel 2018, di cui 34 del Consiglio di
Stato; 240 nel 2017, di cui oltre un quinto di secondo grado18.

17 Per un’analisi critica della giurisprudenza sull’abilitazione scientifica nazionale, si v., in

particolare, F. DE LEONARDIS, Gli orientamenti giurisprudenziali in materia di abilitazione scientifica


nazionale, in Munus, 2016, 715 ss. Cfr., altresì, con A. BANFI, L’abilitazione scientifica nazionale: un
edificio fragile, alla prova del giudice, in G. dir. amm., 4, 2015, 605 ss., e A. SAU, Il reclutamento dei
professori e dei ricercatori universitari dopo la legge 30 dicembre 2010, n. 240, in G. dir. amm., 3,
2018, 348 ss.
18 Statistica aggiornata al 26 ottobre 2020. Quanto alle più recenti pronunce sul punto, si ve-

dano, senza pretese di esaustività, TAR Lazio, Roma, sez. III, 13 luglio 2017, n. 8453; 18 aprile
2018, n. 4283; 14 febbraio 2019, n. 1966; sez. III-bis, 4 luglio 2017, n. 7695; 30 gennaio 2019,
180 FRANCESCO SAVO AMODIO

Al fine di comprendere a pieno i caratteri del sindacato giurisdizionale


sulle valutazioni in esame, però, appare opportuno esaminare brevemente la
normativa applicabile e, in particolare, la configurazione degli spazi di discre-
zionalità tecnica dalla stessa riservati alle commissioni valutatrici.
In attuazione dell’articolo 16 della già richiamata l. n. 240/2010, furono
dapprima adottati il d.P.R. 14 settembre 2011, n. 222 (Regolamento concernente
il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei pro-
fessori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240)
e il d.m. Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR) 7 giu-
gno 2012, n. 76 (Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei
candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica nazionale per l’ac-
cesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, nonché le modalità
di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi dell’articolo 16,
comma 3, lettere a), b) e c) della L. 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e
6, commi 4 e 5, del D.P.R. 14 settembre 2011, n. 222) ove si prevedeva in sintesi
che, nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di
prima e di seconda fascia, la commissione formulasse un motivato giudizio di
merito sulla qualificazione scientifica del candidato, basato sulla valutazione
analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate.
In altre parole, in base a tali atti di carattere generale, per conseguire l’abi-
litazione nel settore di riferimento, il candidato doveva possedere due macro-re-
quisiti: in primo luogo, doveva essere autore di una produzione scientifica di im-
patto significativo sulla comunità di riferimento; in secondo luogo, nell’ambito
di tale produzione, doveva essere autore di un certo numero di pubblicazioni
giudicate di qualità elevata in termini assoluti.
Il criterio dell’impatto della produzione scientifica costituiva un parametro
di tipo quantitativo, ovvero dipendente da dati numerici in qualche misura og-
gettivi, che il d.m. n. 76/2012 indicava al proprio allegato A, e individuati nel
numero di articoli pubblicati e ricompresi nelle principali banche dati interna-
zionali, nel numero di citazioni che tali opere avevano ricevuto nei lavori di al-
tri studiosi, a loro volta presenti nelle banche dati, e in un indicatore sintetico,
detto indice di Hirsch, funzionale a distinguere, in positivo, un autore di articoli
particolarmente significativi da chi invece avesse pubblicato molte opere, ma di
scarso interesse. Ciò posto, il requisito in esame si intendeva verificato se il can-

n. 1203; Cons. St, sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 859; 16 settembre 2016, n. 3897; 24 gennaio 2017,
n. 291; 23 marzo 2017, n. 1375; 10 aprile 2017, n. 1662; 27 aprile 2017, nn. 1949, 1950, 1951; 14
giugno 2017, n. 2921; 5 luglio 2017, n. 3316; 31 luglio 2017, n. 3817; 7 agosto 2017, n. 3938; 6
settembre 2017, n. 4242; 12 settembre 2017, n. 4317; 18 settembre 2017, n. 4362; 3 ottobre 2017,
n. 4596; 2 novembre 2017, n. 5059; 2 novembre 2017, n. 5060; 2 novembre 2017, n. 5065; 19 gen-
naio 2018, n. 354; 20 febbraio 2018, n. 1083; 5 marzo 2018, n. 1355; 6 aprile 2018, n. 1355; 6
aprile 2018, n. 2133; 16 aprile 2018, n. 2244; 18 aprile 2018, n. 2351; 4 luglio 2018, n. 4114; 29
agosto 2018, n. 5081; 5 ottobre 2018, n. 5727; 6 novembre 2018, n. 6332; 14 gennaio 2019, n. 334;
18 gennaio 2019, n. 476; 29 gennaio 2019, n. 729; 25 febbraio 2019, n. 1321; 19 giugno 2019, n.
4182; 23 ottobre 2019, n. 7206; 4 novembre 2019, n. 7528; 13 dicembre 2019, n. 8471; 3 febbraio
2020, n. 585; 16 marzo 2020, n. 1866.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 181

didato avesse raggiunto, relativamente ad almeno due dei criteri numerici sopra
indicati, un valore soglia fissato dallo stesso allegato A, ovvero il valore della me-
diana della relativa distribuzione nel gruppo considerato.
Il complementare giudizio in merito alla qualità e all’originalità, in termini
assoluti, dei risultati delle ricerche compiute dal candidato assumeva, invece, ca-
ratteri marcatamente più discrezionali, sebbene anche in questo caso gli atti nor-
mativi citati non mancassero di indicare i criteri e i parametri che avrebbero do-
vuto guidare la commissione nel valutare i titoli universitari conseguiti e le pub-
blicazioni scientifiche prodotte, pur consentendo alla stessa di discostarvisi,
fornendo, però, un’adeguata motivazione sul punto, sia preventivamente che nel
giudizio finale19.
Tale disciplina è stata di recente sostituita, tramite l’adozione del regola-
mento di cui al d.P.R. 4 aprile 2016, n. 95 (Regolamento recante modifiche al de-
creto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, concernente il
conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei pro-
fessori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240)
e del d.m. MIUR 7 giugno 2016, n. 120 (Regolamento recante criteri e parametri
per la valutazione dei candidati ai fini dell’attribuzione dell’abilitazione scientifica
nazionale per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari,
nonché le modalità di accertamento della qualificazione dei Commissari, ai sensi
dell’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240,
e successive modifiche, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presi-
dente della Repubblica 4 aprile 2016, n. 95) di sua attuazione. La normativa del
2016, tuttavia, ha sostanzialmente conservato l’impianto del previgente d.m.,
confermando, in particolare, il principio secondo il quale il conferimento dell’a-
bilitazione dipende dall’esito positivo della valutazione di due distinti profili,
rappresentati dai criteri e dai parametri di valutazione delle pubblicazioni, da un
lato, e dall’accertamento dei titoli, incluso l’impatto della produzione scientifica,
dall’altro, effettuato, quest’ultimo, attraverso indicatori distinti per i settori con-
corsuali bibliometrici e per quelli non bibliometrici.
Il nuovo decreto ha tuttavia mutato il valore di riferimento degli indicatori
a partire dal quale il candidato riceve un giudizio positivo, sostituendo al con-
cetto di mediana la nozione di valore-soglia e passando, dunque, dalla regola del
superamento dei valori di riferimento (mediane) a quella del raggiungimento
delle soglie, definite con decreto ministeriale su proposta dell’Agenzia nazionale
di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e sentito il
Consiglio universitario nazionale (CUN)20.
In relazione al giudizio qualitativo, invece, l’art. 4 del d.m. n. 120/2016 in-
dica cinque criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche: a) la coe-
renza con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari
ad esso pertinenti; b) l’apporto individuale nei lavori in collaborazione; c) la

19 Si v. sul punto quanto previsto dagli artt. 5 e 6 del citato d.m. n. 76/2012.
20 Si v. l’art. 6 del d.m. n. 120/2016.
182 FRANCESCO SAVO AMODIO

qualità della produzione scientifica; d) la collocazione editoriale dei prodotti


scientifici; e) il numero e il tipo delle pubblicazioni presentate nonché la conti-
nuità della produzione scientifica sotto il profilo temporale; f) la rilevanza delle
pubblicazioni all’interno del settore concorsuale.
In aggiunta, nella valutazione dei titoli presentati dal candidato, la com-
missione, oltre ad accertare l’impatto della produzione scientifica dei candidati
utilizzando obbligatoriamente i parametri e gli indicatori di cui al numero 1 del-
l’allegato A allo stesso decreto, è tenuta a verificare il possesso da parte del can-
didato di almeno tre dei sei titoli che la stessa è tenuta a scegliere, nella propria
seduta di insediamento, tra quelli indicati ai numeri da 2 a 11 del medesimo al-
legato A, in relazione alla specificità del settore concorsuale e della fascia per cui
è richiesta l’idoneità21.
Va precisato, infine, che nella valutazione di idoneità per le funzioni di do-
cente di prima fascia il curriculum del candidato deve dare prova del raggiungi-
mento di una «piena maturità scientifica», là dove per l’abilitazione alla seconda
fascia il giudizio può limitarsi alla verifica del raggiungimento di una più sem-
plice «maturità scientifica».
Da tale rapida analisi normativa – di cui si sono riportate unicamente le di-
sposizioni più rilevanti ai fini di questo studio – si comprende come già me-
diante la riforma del 2012 e, ancor di più, attraverso la novella del 2016, si sia
inteso chiaramente perseguire l’obiettivo di ridurre la discrezionalità delle com-
missioni valutatrici, sia attraverso la predeterminazione di molteplici parametri
cui ancorare la valutazione quantitativa, sia attraverso l’enfatizzazione di criteri
di giudizio di tipo quantitativo, cui è stata attribuita una determinante funzione
selettiva22.

3.2. I principali orientamenti giurisprudenziali


Le caratteristiche peculiari della procedura qui in esame condizionano in
maniera significativa il sindacato del giudice amministrativo. Invero da un lato,
la descritta progressiva oggettivizzazione della valutazione, realizzata tramite la
valorizzazione di criteri di giudizio particolarmente stringenti e, soprattutto, di
parametri e indici oggettivi di stima della qualità delle singole pubblicazioni, ha
consentito il parallelo rafforzamento dello scrutinio giurisdizionale sui presup-
posti di fatto del provvedimento gravato, ormai assolutamente pieno e perva-
sivo23.

21 Così l’art. 5 del d.m. n. 120/2016.


22 Invero, il superamento di almeno due dei tre indici di impatto (siano essi le mediane o i
valori-soglia) costituisce, in entrambe le discipline, una condizione necessaria, sebbene non suffi-
ciente, al conseguimento dell’abilitazione. Sul punto, si v. le pronunce Cons. St., sez. VI, 2 no-
vembre 2017, n. 5060 e 13 dicembre 2019, n. 8471, che, rispettivamente in relazione alla disci-
plina del 2012 e a quella del 2016, hanno posto in luce proprio la descritta finalità di ridurre lo
spazio discrezionale perseguita dai due interventi normativi successivi.
23 In via esemplificativa, danno chiara testimonianza dell’attenzione posta dal Collegio alla

ricostruzione di tutti gli elementi fattuali della controversia le sentenze TAR Lazio, Roma, sez. III,
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 183

Sul fronte opposto, però, la giurisprudenza continua a riconoscere l’insuf-


ficienza, alla luce della disciplina appena descritta, del solo possesso delle «me-
diane» al fine di conseguire l’abilitazione, permanendo, quale seconda condi-
zione, l’esito positivo del giudizio della commissione sulla qualità delle pubbli-
cazioni. Valutazione, quest’ultima, necessariamente caratterizzata da un ampio
grado di opinabilità e non riconducibile a parametri misurabili24.
Molto interessante, sul punto, è la riflessione compiuta dal Consiglio di
Stato nella recente sentenza della propria VI sezione, del 13 dicembre 2019, n.
8471. Invero, pur riconoscendo la significativa evoluzione in senso ampliativo,
tanto giurisprudenziale quanto teorica, del sindacato amministrativo sulla di-
screzionalità tecnica, oramai estesosi anche all’attendibilità scientifica del me-
todo valutativo impiegato, il Collegio prende atto che in determinate fattispecie,
come quella qui in esame, «il provvedimento tecnico-discrezionale si costruisce
e si esplica mediante l’attingimento di standard valutativi appartenenti a scienze
extra-giuridiche (scienze umane o scienze sociali, secondo una tradizionale ter-
minologia epistemologica), che presentano per loro natura un alto tasso di opi-
nabilità e che, a differenza delle scienze così dette esatte, rifuggono da parame-
tri oggettivabili, calcolabili, misurabili in termini aritmetici; emerge pertanto e si
impone, in modo particolarmente evidente, il divieto per il giudice di sostituire
con il suo libero convincimento la valutazione, intrinsecamente opinabile, de-
mandata dalla legge ad appositi organismi tecnici dotati di speciali competenze
nella branca del sapere direttamente interessata dall’affare amministrativo de-
dotto in giudizio, specie alla luce del valore costituzionale dell’autonomia uni-
versitaria»25.
Tale consapevolezza ha condotto all’affermazione di un indirizzo giurispru-
denziale sostanzialmente unitario, che circoscrive il sindacato esercitabile alla
verifica sulla (in)sussistenza di evidenti profili di difetto di istruttoria o di moti-
vazione o di eccesso di potere, in particolare sotto le figure sintomatiche della
palese irragionevolezza, della sproporzione valutativa e del travisamento dei
fatti26.
Tuttavia, proprio l’illustrata duplice natura delle valutazioni universitarie
condiziona in misura significativa l’atteggiarsi in concreto del sindacato del giu-
dice amministrativo, che, pur muovendo dalle affermazione di principio appena
riportate, mostra una chiara tendenza a valorizzare, nei termini che si vedranno
a breve, la pienezza del proprio scrutinio sugli elementi oggettivi della fattispe-
cie controversa, al fine di assicurare effettività e pervasività al proprio sindacato

13 luglio 2017, n. 8453 (in cui si evidenzia, oltre all’errore compito dalla commissione nell’indivi-
duazione del titolo di una delle monografie esaminate, la mancata di valutazione da parte della
stessa di alcune delle opere presentate), Cons. St., sez. IV, 3 ottobre 2017, n. 4596 (ove si rileva
l’assenza della discontinuità temporale della produzione scientifica asseritamene censurata dalla
commissione valutatrice).
24 Così la già richiamata pronuncia Cons. St., sez. VI, n. 8471/2019.
25 Ibidem, § 6.
26 Si v., ex multis, Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2016, n. 547; 10 aprile 2017, n. 1662; 5 ot-

tobre 2018, n. 5081.


184 FRANCESCO SAVO AMODIO

circa la congruità e la coerenza della motivazione del provvedimento impu-


gnato27.
Nel compiere tale delicato bilanciamento tra il rispetto della sfera discre-
zionale – in questo contesto strettamente interrelata al principio di autonomia
universitaria, costituzionalmente protetto – e l’effettività della tutela, il giudice
amministrativo, secondo un orientamento sostanzialmente unitario, nega l’am-
missibilità delle censure relative alla congruità del tempo dedicato dalla com-
missione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati.
Invero, come ha più volte sostenuto il Consiglio di Stato, oltre a mancare
una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti,
dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti, appare altresì impossibile, di
norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore conside-
razione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato; d’al-
tra parte, i calcoli risultano scarsamente significativi là dove siano stati effettuati
in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della
durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esa-
minati28.
Parimenti consolidato risulta l’indirizzo ermeneutico che, valorizzando la
natura abilitativa e non concorsuale della procedura in esame, esclude la confi-
gurabilità di ipotesi di disparità di trattamento, esaurendosi ciascun giudizio in
sé stesso e nella valutazione, in termini assoluti, della maturità scientifica di cia-
scun candidato29.
Particolarmente incisivo risulta, invece, il sindacato del giudice ammini-
strativo sulla scelta, invero grandemente discrezionale, dei criteri e dei parame-
tri di giudizio da parte della commissione valutatrice.
Invero, la disciplina del 2012 prevedeva, in capo all’organismo esamina-
tore, la possibilità, prima di dare avvio alle operazioni di scrutinio, di discostarsi

27 Particolarmente esemplificativa di tale atteggiamento in concreto assunto dal giudice am-

ministrativo è la pronuncia Cons. St., 21 novembre 2017, n. 5065, in cui, tra gli altri indici valo-
rizzati dal Collegio per dimostrare la contraddittorietà del giudizio di non idoneità formulato dalla
commissione valutatrice, si censura la mancata adeguata considerazione del peso della ricono-
sciuta collocazione editoriale su riviste editoriali qualificate e del peculiare profilo professionale e
curriculare del candidato.
28 Tale orientamento, che come si vedrà risulta condiviso anche dalla giurisprudenza relativa

ai concorsi, appare compiutamente espresso dalle pronunce Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2016, n.
1446; sez. VI, 19 gennaio 2013, n. 614; 12 giugno 2013, n. 5947; 10 aprile 2017, n. 1662. Que-
st’ultima, in particolare, mette in evidenza un ulteriore elemento fattuale idoneo a dimostrare
l’infondatezza della censura. Invero, come dimostrato in atti, alla commissione era consentito «ac-
cedere per via telematica alle pubblicazioni scientifiche e agli altri titoli di ciascun candidato sic-
ché, una volta messe a disposizione, sulla piattaforma, le domande dei candidati e la documenta-
zione, e individuato uno schema di giudizio individuale adeguato, i commissari avrebbero potuto
avviare le operazioni di lettura degli allegati e procedere singolarmente all’elaborazione dei giudizi
individuali con una metodologia di lavoro legittima, tanto più se si considera che l’intera proce-
dura era stata impostata proprio sul libero accesso dei commissari alla piattaforma delle domande
con la documentazione allegata, subito dopo la formulazione collegiale dei criteri avvenuta nella
seduta preliminare dell’11 marzo 2013».
29 Esemplificative sul punto le sentenze TAR Lazio, Roma, sez. III, 23 dicembre 2014, 11500

e Cons. St., sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4362.


SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 185

parzialmente dai criteri predeterminanti per legge, individuando quelli tra que-
sti ultimi a cui dare maggior rilievo o introducendone di nuovi, ovviamente
dando alle proprie determinazioni adeguata evidenza e motivazione. Simil-
mente, anche la disciplina del 2016 prevede, sia pur in misura meno incisiva, la
possibilità per la commissione di individuare i criteri a suo giudizio più idonei.
Pur riconoscendo tale potestà e il margine di discrezionalità ad essa asso-
ciato, il giudice amministrativo non ha mancato, però, di sottoporne l’esercizio
ad uno stringente scrutinio di legittimità.
In particolare, è possibile identificare un costante indirizzo giurispruden-
ziale volto a censurare la definizione di standard di valutazione tali da alterare il
metro di giudizio complessivo e, quindi, non coerenti con il modello normativo
di riferimento.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la formulazione di un adeguato giu-
dizio di maturità scientifica del candidato è resa possibile proprio dall’unitarietà
e dalla ponderata considerazione che caratterizza il complesso organico dei cri-
teri normativi, la cui proporzionalità deve, pertanto, essere costantemente man-
tenuta, pur in esito alle modifiche effettuate30.
Al fine di scongiurare tali squilibri, il penetrante sindacato del giudice am-
ministrativo si è concentrato primariamente sulla valutazione della corrispon-
denza dei nuovi criteri definiti dalla commissione rispetto al livello qualitativo
proprio della tipologia abilitativa considerata. Si è inteso in tal modo censurare
l’utilizzo per l’abilitazione a professore di seconda fascia – per la quale è richie-
sta la “sola” maturità scientifica – di un metro di valutazione fondato sulla pre-
senza di quegli elementi di necessaria eccellenza – e quindi di piena maturità –
previsti per il giudizio di idoneità alle funzioni di prima fascia31.

3.3. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di


sindacato giurisdizionale
Come accennato nel paragrafo precedente, il bilanciamento tra il rispetto
dell’autonomia universitaria – e della discrezionalità valutativa in cui la stessa si
concretizza – e la garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva viene perseguito
dal giudice amministrativo attraverso l’esercizio di uno scrutinio particolar-
mente incisivo sia sulla veridicità della situazione di fatto presupposta al prov-
vedimento impugnato che, soprattutto, sulla piena e coerente ponderazione di
tali elementi fattuali in sede di valutazione.
In particolare, gran parte delle pronunce analizzate concludono per l’accer-
tamento dell’illegittimità del provvedimento proprio in ragione dell’insufficienza
della motivazione, mancando la stessa di fornire argomentazioni idonee a supe-
rare l’esito positivo del giudizio oggettivo, fondato sui parametri quantitativi.

30 Così
le sentenze del Cons. St., sez. VI, 24 aprile 2017, nn. 1949, 1950, 1951.
31 Aderiscono a questo indirizzo ermeneutico, ex multis, le pronunce Cons. St., sez. VI, 29
dicembre 2016, n. 5534; 27 aprile 2017, nn. 1949, 1950, 1951; 2 novembre 2017, n. 5059; 9 no-
vembre 2018, n. 6332.
186 FRANCESCO SAVO AMODIO

In altre parole, valorizzando la già descritta struttura bifasica della proce-


dura di abilitazione – in cui ad una valutazione, oggettiva, dell’impatto delle
pubblicazioni si aggiunge una delibazione qualitativa, e largamente discrezio-
nale, della maturità scientifica del candidato –, la giurisprudenza, pur ricono-
scendo che il superamento delle mediane non sia ex se decisivo per il consegui-
mento dell’abilitazione32, tanto in positivo quanto in negativo33, in quanto «il
giudizio di merito sui candidati è un fattore imprescindibile»34, finisce, in con-
creto, per imporre in capo alla commissione un onere di motivazione particolar-
mente rafforzato. Onere consistente nell’analitica individuazione delle ragioni
per cui il candidato, pur in presenza di una produzione scientifica oggettiva-
mente buona – e come tale giudicata dalla comunità scientifica – risulti nondi-
meno inidoneo a conseguire l’abilitazione richiesta35.
Lo scrutinio sulla sufficienza e la coerenza della motivazione diviene, dun-
que, particolarmente incisivo in tutti quei casi in cui il giudizio oggettivo conse-
guito dal ricorrente è pienamente positivo e caratterizzato dal superamento di
tutte le mediane (o i valori-soglia) di riferimento. Il consolidato orientamento
giurisprudenziale di cui le pronunce analizzate sono testimonianza richiede, in-
fatti, che «a fronte del superamento delle tre mediante, la Commissione deve
chiarire in maniera analitica i motivi per i quali l’interessato non può conseguire
l’abilitazione»36.
Appare, altresì, alquanto significativo che, malgrado l’art. 14, comma 3-bis,
lett. b), n. 21 del d.l 24 giugno 2014, n. 90 – convertito con modificazioni dalla
l. 11 agosto 2014, n. 114 – abbia espunto, dall’originaria formulazione dell’art.
16, comma 3, lett. a), della l. n. 240/2010, l’aggettivo «analitica» riferito alla va-
lutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, sia proprio l’incisivo sinda-
cato del giudice amministrativo a far rivivere tale onere di maggior rigore in tutti
i casi in cui il giudizio qualitativo e discrezionale della commissione finisce per
porsi in contrasto con le risultanze in materia di impatto37.
Sebbene solo raramente sia possibile rinvenire nelle sentenze analizzate
vere e proprie valutazioni di merito circa la qualità della produzione o dei titoli
32 Così TAR Lazio, Roma, sez. III, 29 novembre 2015, n. 11354 e Cons. St., sez. VI, 5 aprile

2017, n. 3316. La medesima conclusione è contenuta, altresì, nella circolare MIUR del 11 gennaio
2013.
33 «Ciò comporta – chiarisce la sentenza del Cons. St., sez. VI, 21 novembre 2017, n. 5065 –

che le commissioni possono non attribuire l’abilitazione ai candidati che superino le mediane per il
settore di appartenenza, ma sulla base di un giudizio di merito negativo della commissione, ovvero
possono attribuire l’abilitazione a candidati che, pur non avendo superato tutte le mediane pre-
scritte, siano stati valutati dalla commissione con un giudizio di merito estremamente positivo».
34 Così la pronuncia Cons. St., sez. VI, 31 ottobre 2017, n. 4596.
35 Sul punto si v., ex multis, Cons. St., sez. VI, 3 ottobre 2017, n. 4596; 19 gennaio 2017, n.

226; 26 maggio 2015, n. 2665; 10 febbraio 2015, n. 723; 21 novembre 2017, n. 5065; 16 aprile
2018, n. 2244. Particolarmente interessante è, poi, la sentenza Cons. St., sez. VI, 4 luglio 2018, n.
4114, ove espressamente si sottolinea proprio la capacità dei requisiti oggettivi di porsi quale
forma di «giudizio espresso nei fatti da tutta la comunità scientifica di riferimento». Sullo speci-
fico punto, si v. anche Cons. St., sez. VI, 21 settembre 2017, n. 4523 e 2 novembre 2017, n. 5065.
36 Così Cons. St. sez. VI, 19 gennaio 2017, n. 226. In senso conforme si v. altresì Cons. St.,

sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2665; 10 febbraio 2015, n. 723; 3 ottobre 2017, n. 4596.
37 Cfr. Cons. St., sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 8471.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 187

dei candidati38, molto spesso l’insufficienza o la contraddittorietà della motiva-


zione vengono censurate dal Collegio in ragione della mancata considerazione di
molteplici elementi fattuali, quali il peso della, pur riconosciuta, collocazione
editoriale su riviste qualificate, la partecipazione del candidato a convegni, in-
contri o programmi di studio o di ricerca di comprovata rilevanza accademica,
il possesso di specifici titoli professionali o le caratteristiche peculiari del settore
scientifico di pertinenza39.
Particolarmente interessante, sul punto, risulta la sentenza del Consiglio di
Stato del 24 gennaio 2017, n. 291. Detto arresto, invero, ha censurato il provve-
dimento di diniego dell’abilitazione in ragione dell’inadeguatezza della valuta-
zione formulata dalla commissione in merito al valore dell’apporto individuale
fornito dalla candidata in una serie di pubblicazioni collettanee. Il giudice d’ap-
pello, nello specifico, ha rilevato che «la Commissione non ha tenuto in ade-
guata considerazione, come sostenuto nell’appello, la particolare natura dei la-
vori a carattere traslazionale presentati dalla dr.ssa […] (ai quali l’interessata ha
partecipato anche come unico medico chirurgo) che sono stati elaborati con la
partecipazione di professionisti appartenenti a branche diverse e nei quali non
poteva avere quindi rilievo decisivo la collocazione (prima o seconda, ultima o
penultima) nell’elenco dei professionisti». La sentenza, quindi, ha sanzionato
l’applicazione pedissequa da parte dell’amministrazione di un criterio pura-
mente presuntivo, là dove le specifiche caratteristiche delle opere presentante
avrebbe richiesto un’analisi puntuale del contributo della candidata40.
L’analisi condotta ha evidenziato, altresì, un frequente ricorso, da parte del
giudice amministrativo, al raffronto del contenuto motivazionale del provvedi-
mento impugnato con le valutazioni espresse in sede procedimentale dai singoli
commissari. Invero, molti degli arresti esaminati censurano l’insufficienza della
motivazione del gravato diniego dell’abilitazione in quanto, in presenza di con-
trasto tra i giudizi individuali, la stessa ha mancato di fornire «un adeguato
grado di sintesi nel giudizio finale collegiale di non idoneità»41.
38 In via esemplificativa si v. le sentenze TAR Lazio, Roma, sez. III, 29 novembre 2015, n.

11354; 13 giugno 2017, n. 8453; Cons. St., sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4362; 25 febbraio 2019,
n. 1321; di contro, maggior rispetto per l’esercizio dei poteri tecnico-discrezionali si rinviene nella
pronuncia Cons. St., sez. VI, 2 novembre 2017, n. 5060, in relazione allo specifico giudizio di
scarsa originalità formulato dalla commissione.
39 Sul punto, cfr. le pronunce Cons. St., sez. VI, 10 aprile 2017, n. 1662; 18 settembre 2017,

n. 4346; 30 ottobre 2017, n. 4596; 23 ottobre 2018, n. 7206; 4 novembre 2019, n. 7528; con
quella, di segno opposto, del medesimo giudice del 18 gennaio 2018, n. 476. Quest’ultima, rela-
tiva ad una fattispecie di tipo concorsuale, ha disatteso le censure fatte proprie dal giudice di
prime cure (concernenti, tra gli altri, il maggior prestigio internazionale derivante dalla partecipa-
zione a uno specifico progetto o dal conseguimento di un premio rispetto ad un altro), conside-
randole come incidenti sul merito della scelta, ma ha nondimeno dichiarato l’illegittimità del prov-
vedimento gravato in ragione della scelta, giudicata erronea, dell’amministrazione di distinguere
tra pubblicazioni relative al diritto pubblico e quelle di diritto amministrativo.
40 Il medesimo onere di valutazione analitica dell’apporto individuale del candidato all’in-

terno di opere collettane si rinviene anche nella pronuncia Cons. St., sez. VI, 3 ottobre 2017, n.
4596.
41 Così le sentenze Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2018, n. 2244; 12 settembre 2017, n. 4317.

Sull’onere del collegio di esaminare in modo attento e completo i giudizi dei singoli commissari,
188 FRANCESCO SAVO AMODIO

Similmente, anche la presenza di incongruenze all’interno del giudizio di


uno dei commissari, o l’emersione di elementi di inattendibilità dello stesso, fi-
nisce per ridondare nell’illegittimità del provvedimento finale. L’inattendibilità
della valutazione espressa da quest’ultimo discende, quindi, dall’incompletezza
dello scrutinio, che nel suo momento collegiale avrebbe dovuto trovare un mo-
mento di sintesi e di verifica della complessiva tenuta logica delle ponderazioni
individuali. Invero, come posto in luce dal Consiglio di Stato nella pronuncia
della sua sez. VI del 7 agosto 2017, n. 3938, «se la commissione si fosse fatta ca-
rico – come avrebbe dovuto – della palese non logicità di tale giudizio indivi-
duale – che, positivo su un tratto rilevante della produzione scientifica della can-
didata (monografia), chiudeva poi in senso complessivamente negativo – e
avesse sottolineato tale intima incoerenza al commissario interessato, per un
verso la commissione stessa avrebbe dimostrato collegialmente di essersi fatta
carico di un approfondimento doveroso (anche solo per rispetto della candidata
che attendeva un essenziale responso in relazione alle sue prospettive di car-
riera) e, per altro verso, non si sarebbe potuto nemmeno escludere (allora) una
rivalutazione del giudizio individuale negativo, il cui possibile mutamento di se-
gno (in senso positivo) avrebbe reso non schiacciante (pur nel deficit di quorum
deliberativo effettivamente necessario) la valutazione non favorevole dell’appel-
lante, con l’eventualità di un ri-apprezzamento complessivo della pregressa pro-
duzione scientifica della candidata o, all’opposto, con un più convinto e convin-
cente giudizio negativo al riguardo».
D’altra parte, l’intenso scrutinio esercitato dalla giurisprudenza sull’ade-
guatezza della motivazione finisce per soffermarsi spesso anche sull’analisi del-
l’intrinseca coerenza della stessa, adottando, in concreto, un parametro di valu-
tazione alquanto stringente. Invero, il giudice amministrativo, oltre a sottoli-
neare la necessità che il giudizio collegiale contenga riferimenti esaustivi – sia
pur sintetici – a tutti i profili oggetto di scrutinio, non potendo a tal fine sup-
plire le sole valutazioni dei singoli commissari42, ha in più occasioni evidenziato
come laddove la valutazione del candidato risulti positiva in relazione a uno o
più dei criteri predeterminati, la commissione, nel dichiarare l’inidoneità, è sog-
getta ad un onere motivazionale rafforzato, che dia conto delle ragioni che
l’hanno condotta a concludere per la preponderanza delle carenze riscontrate e,
quindi, per l’insufficienza del grado di maturità accademica raggiunto.
Esemplificativa di tale consolidato indirizzo ermeneutico è la pronuncia
della sez. VI del Consiglio di Stato n. 5065, pubblicata il 2 novembre 2017, ove
il giudice dell’appello ha rilevato che «i giudizi sono intrinsecamente contrad-
dittori, poiché, pur dando atto della coerenza della produzione scientifica del
candidato, dell’accettabilità della qualità delle pubblicazioni e del superamento
della media per quanto riguarda gli indici delle pubblicazioni, cionondimeno
concludono in senso negativo, senza alcuna motivazione idonea a superare la

ponendosi quale luogo di sintesi degli stessi, si v. anche l’arresto Cons. St., sez. VI, 7 agosto 2017,
n. 3938.
42 Così Cons. St., sez. VI, 10 aprile 2017, n. 1662.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 189

non congruità del giudizio rispetto alle premesse, da cui emerge un profilo pro-
fessionale comunque significativo»43.
In conclusione, al fine di comprendere pienamente il grado di intensità del
sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecnico-discrezionali nel-
l’ambito in esame, appare quanto mai opportuno dedicare alcune riflessioni an-
che alla giurisprudenza in materia di riedizione del potere valutativo conse-
guente all’annullamento di un provvedimento viziato44.
Nel dettaglio, proprio al fine di tutelare l’ampia sfera di discrezionalità in
capo agli organi universitari e l’autonomia di cui la stessa è espressione, il Col-
legio, dopo aver dichiarato l’illegittimità e annullato la valutazione gravata, è so-
lito disporne la rinnovazione da parte della commissione giudicatrice, eventual-
mente in diversa composizione, astenendosi così dal pronunciarsi sull’effettiva
spettanza in capo al candidato dell’abilitazione richiesta. In tal sede, tuttavia, il
giudice tende a specificare in maniera espressa se la rinnovazione dell’attività va-
lutativa debba essere totale o parziale45.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, tuttavia, anche nel
caso in cui l’ordine di rivalutazione sia espressamente esteso al giudizio valuta-
tivo nella sua interezza e, quindi, alla commissione giudicatrice in diversa com-
posizione sia consentito rivedere e modificare anche eventuali profili positivi di
giudizio espressi in precedenza, la stessa non può in alcun occasione estendere
ad libitum l’esercizio del proprio potere discrezionale, finendo altrimenti per
violare i principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministra-
tiva, oltre a ledere l’affidamento del candidato.
Più specificamente, la marcata ed immotivata divaricazione tra le valuta-
zioni espresse in sede di rinnovazione e quella rese in precedenza, e non censu-
rate in giudizio, costituisce, nel costante insegnamento giurisprudenziale, un
chiaro profilo di eccesso di potere. Invero, come posto in luce la giurisprudenza,
il sovvertimento della portata delle valutazioni precedenti, senza alcuna traspa-
rente constatazione della erroneità delle stesse, non può che risultare sintoma-
tico di un andamento perplesso e contraddittorio della pubblica amministra-
zione. Tale censura risulta ancor più forte laddove i due – o in alcuni casi i tre –
giudizi qualitativi risultino in marcato disaccordo tra loro, non essendo dato
comprendere – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, del 25 feb-
braio 2019, n. 1321 – come la medesima comunità scientifica – sia pure a mezzo
di studiosi differenti – possa valutare, applicando i medesimi parametri di giu-

43 In merito al medesimo indirizzo si v. anche, fra le tante, Cons. St., sez. VI, 16 aprile 2018,

n. 2244, ove si evidenzia come «la commissione giudicatrice, sulla base dei soli rilievi (gli unici di
tenore negativo) della scarsità complessiva della collocazione editoriale delle pubblicazioni e del
carattere limitato dell’impatto delle pubblicazioni scientifiche all’interno delle settore concorsuale
08/B2, peraltro in parziale aperta contraddizione intrinseca con le superiori valutazioni di tenore
positivo, è pervenuta, ex abrupto, ad un giudizio finale negativo sull’idoneità del candidato, con il
voto di tre su cinque componenti».
44 Più in generale, sul tema, si v. anche P. CARPENTIERI, Azione di adempimento e discreziona-

lità tecnica, in Dir. proc. amm., 2013, 385 ss.


45 Così, Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2018, n. 354.
190 FRANCESCO SAVO AMODIO

dizio, in modo così divergente la qualità scientifica espressa dai lavori e dai titoli
presentati dal medesimo candidato.
La pronuncia appena citata risulta quanto mai significativa anche in ra-
gione delle conclusioni, altamente innovative, cui giunge46.
La vicenda da cui trae origine è indubbiamente peculiare, in quanto carat-
terizzata dall’annullamento di ben tre valutazioni successive, ciascuna presen-
tando chiari indici di irragionevolezza. Il Consiglio di Stato, dovendosi quindi
pronunciare in appello sull’illegittimità del terzo provvedimento, dopo aver con-
fermato le conclusioni del giudice di primo grado, si è interrogato sulla que-
stione della “riduzione” dei margini di discrezionalità amministrativa (anche
tecnica) in conseguenza del suo progressivo esercizio, virtuoso o vizioso, da
parte dell’organo burocratico.
In particolare, sia pur dopo aver ribadito, secondo l’orientamento consoli-
dato, che «il giudice non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua de-
cisione a quella dell’Amministrazione, dovendo verificare se l’opzione prescelta
da quest’ultima rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che
possono essere date a quel problema alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli
elementi di fatto», il Collegio ha sottolineato che, in concreto, è possibile assi-
stere ad una progressiva riduzione della discrezionalità e che quest’ultima, oltre
ad essere l’effetto, sul piano sostanziale, degli auto-vincoli discendenti dal dipa-
narsi dell’azione amministrativa, contrassegnata dal crescente impiego di fonti
secondarie e terziarie, può essere causata anche dalla dinamica giurisdizionale.
In altre parole, l’erosione dei margini di opinabilità del giudizio può essere
conseguenza, sul piano processuale, di specifici meccanismi giudiziari – si pensi
alla combinazione di ordinanze propulsive e motivi aggiunti avverso l’atto di rie-
sercizio del potere, ma anche alle preclusioni istruttorie e alla regola di giudizio
fondata sull’onere della prova – che, sollecitando l’amministrazione resistente a
compiere ogni valutazione rimanente sulla materia controversa, consentono di
focalizzare l’accertamento, attraverso successive approssimazioni, sull’intera vi-
cenda di potere, concentrando in un solo episodio giurisdizionale tutta quella
attività di cognizione che prima doveva necessariamente essere completata in
sede di ottemperanza47.
In via del tutto innovativa, però, la sentenza in esame giunge sino a soste-
nere che «la consumazione della discrezionalità può essere anche il frutto della
insanabile “frattura” del rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadino, de-
rivante da un agire reiteratamente capzioso, equivoco, contraddittorio, lesivo
quindi del canone di buona amministrazione e dell’affidamento riposto dai pri-
vati sulla correttezza dei pubblici poteri».

46 Per una più completa e attenta disamina dei profili di rilevanza di questa pronuncia, si v.

F. CAPORALE, Discrezionalità tecnica della p.a. e azione di condanna ad un facere, in G. dir. amm., 4,
2019, 499 ss.
47 Sul punto, si v. anche A. TRAVI, Garanzia del diritto d’azione e mezzi istruttori nel diritto

amministrativo, in Dir. proc. amm., 1987, 558 ss. e D. DE PRETIS, Discrezionalità tecnica e incisività
del controllo giurisdizionale, in G. dir. amm., 1999, 1180 ss.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 191

In presenza di un’evenienza siffatta, resterebbe quindi precluso all’ammini-


strazione, secondo tale nuovo indirizzo, il potere di tornare a decidere sfavore-
volmente nei confronti dell’amministrato anche in relazione ai profili non an-
cora esaminati. In sostanza, secondo il Consiglio di Stato, la pervicacia degli or-
gani amministrativi a reiterare le statuizioni annullate arriverebbe a configurare
una elusione, palese o occulta, del giudicato, rispetto alla quale dovrebbe am-
mettersi la possibilità, per il giudice dell’ottemperanza, di sindacare anche su
aspetti non pregiudicati dalla sentenza.
Similmente, anche in una vicenda come quella in esame – in cui l’alternarsi
di tre diverse commissioni non ha consentito di ravvisare nel nuovo vizio di ille-
gittimità un palese sintomo dell’intento di non attuare il giudicato –, il susse-
guirsi di tre giudicati di annullamento ha comunque conseguito l’effetto di
“svuotare” l’amministrazione del proprio potere discrezionale, portando il Col-
legio a concludere per la condanna, ex artt. 31, co. 3, e 34, co. 1, lett. e) c.p.a.,
del Ministero al rilascio dell’abilitazione richiesta48.

3.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni


tecniche: la ricerca della coerenza sistematica
La pronuncia da ultimo esaminata fornisce indicazioni particolarmente
utili al fine di comprendere a pieno l’atteggiamento assunto in concreto dalla
giurisprudenza rispetto al sindacato delle valutazioni discrezionali in ambito
universitario.
Come già più volte sottolineato, infatti, la procedura di rilascio dell’abilita-
zione scientifica si caratterizza per il delicato equilibrio tra due momenti valuta-
tivi, quello quantitativo e quello qualitativo, costituenti il giudizio discrezionale
di un’apposita commissione.
Entrambe queste valutazioni, invero, condividono il medesimo oggetto, ov-
vero la maturità scientifica dell’aspirante professore, e si differenziano, in fondo,
solo dal punto di vista dei soggetti chiamati ad esercitare tali scrutini e delle mo-
dalità di giudizio impiegate. Invero, come messo in luce in precedenza, il giu-
dice amministrativo riconosce che dietro l’utilizzo degli indici di impatto o di al-
tri parametri quantitativi, ciò che davvero si intende accertare è il valore che la
comunità scientifica, nella sua impersonale interezza, attribuisce al lavoro del
singolo candidato49. I dati considerati, invero, forniscono null’altro che la quan-
tificazione dell’apprezzamento che le pubblicazioni considerate hanno ricevuto,

48 Significativamente, questa pronuncia ha ottenuto anche l’avallo delle SS.UU. della Corte

di cassazione, che, nella propria recente sentenza del 7 settembre 2020, n. 18592, hanno giudicato
le conclusioni dalla prima raggiunte «il frutto di un’interpretazione articolata ed evolutiva delle
norme del codice del processo amministrativo, a partire dall’art. 34, comma 1, lett. e) – e come
tale rappresentante il proprium della funzione giurisdizionale affidata al giudice amministrativo –,
che consente al giudice della cognizione di disporre le misure idonee ad assicurare l’attuazione del
giudicato e delle pronunce non sospese, ivi compresa la nomina di un commissario ad acta, eser-
citando così un potere, una volta spendibile solo nella successiva sede dell’ottemperanza».
49 Come espressamente affermato nell’arresto Cons. St., sez. VI, 4 luglio 2018, n. 4114.
192 FRANCESCO SAVO AMODIO

del loro livello di diffusione e del valore loro attribuito dagli altri studiosi. In tal
senso, anche la sola pubblicazione in una rivista di collocazione editoriale eccel-
lente è stata letta dalla giurisprudenza come un chiaro sintomo di validità del-
l’opera prodotta50.
Di contro, la preservazione di un ragionevole margine di discrezionalità in
capo alla singola commissione valutatrice risulta funzionale a tutelare l’autono-
mia della comunità scientifica nazionale di cui il candidato aspira a diventare
parte. Invero, la circostanza che il giudizio ultimo sulla qualità dell’aspirante
professore sia demandato ad accademici di comprovata competenza appare
volta proprio a scongiurare che un candidato non idoneo possa trarre vantaggio
dalla specifica configurazione, definita a livello ministeriale, dei criteri di im-
patto o degli altri parametri quantitativi, specie in quei contesti disciplinari
meno compatibili con una rappresentazione puramente bibliometrica.
Pur astrattamente ammettendo l’eventuale divergenza tra queste due valu-
tazioni, il giudice amministrativo appare porsi come garante dell’intrinseca coe-
renza dell’intero sistema, andando a censurare ogni situazione di manifesta di-
stonia tra i due giudizi. In tale prospettiva, le indicazioni quantitative o d’im-
patto costituiscono i parametri di riferimento – se non più propriamente i limiti
– per l’esercizio potere discrezionale riconosciuto in capo alla singola commis-
sione. Finisce così per ridursi in misura significativa quel margine di insindaca-
bile opinabilità del giudizio in concreto, pur formalmente riconosciuto dalla giu-
risprudenza a salvaguardia dell’autonomia della comunità scientifica.
In un contesto così delicato, si comprende agevolmente perché il Consiglio
di Stato, di fronte alla plurima reiterazione del conflitto tra il giudizio statistico-
oggettivo e quello valutativo-soggettivo, sia giunto a parlare di frattura del rap-
porto di fiducia. Al di là delle considerazioni più ampie e sistematiche51, nel-
l’ambito specificamente oggetto del contenzioso il presupposto della fiducia a
cui fa riferimento l’arresto da ultimo commentato è proprio la coerenza interna
del sistema di valutazione, ovvero del meccanismo di correlazione logica e reci-
proco completamento tra due giudizi espressi, sia pur in forme diverse, dalla
medesima comunità scientifica.
Là dove, quindi, l’illegittimo esercizio del potere discrezionale, sconfinante
i margini di ammissibile opinabilità, finisce per porsi in un insanabile e reiterato
contrasto con il diverso e più ampio giudizio statistico fornito dalla comunità
scientifica nella sua interezza, il giudice amministrativo, al fine di preservare la
legittima aspettativa del candidato, ha ritenuto – in via forse eccessiva – di non
poter far altro che dichiarare colpevolmente esaurita l’autonomia valutativa

50 Di contro, la pronuncia Cons. St., sez. VI, 19 settembre 2017, n. 4362, conclude, in me-

rito alla presenza di pubblicazioni in fascia A, che «un candidato all’abilitazione scientifica nazio-
nale per professore di prima fascia non possa esser privo di tale requisito».
51 Su cui si vedano, senza pretesa di esaustività, G. GRECO, L’accertamento autonomo del rap-

porto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980; B. SASSANI, Impugnativa dell’atto e disciplina nel
rapporto. Contributo allo studio della tutela dichiarativa nel processo civile e amministrativo, Pa-
dova, 1989.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 193

della p.a. e, quindi, di sostituirsi ad essa, valorizzando la sufficienza dei risultati


dell’analisi oggettiva al fine di riconoscere la spettanza del bene della vita.

4. Valutazioni in ambito concorsuale


4.1. Inquadramento del contenzioso da cui traggono origine le valutazioni giuri-
sdizionali
Venendo all’analisi delle pronunce in materia di concorsi pubblici, è indi-
spensabile premettere che, mantenendo un approccio trasversale rispetto alle ti-
pologie concorsuali oggetto di contenzioso, ci si soffermerà in questa sede solo
sui giudizi relativi al grado di preparazione, conoscenza e capacità del concor-
rente, ovvero sulle valutazioni delle prove di carattere non tecnico-scientifico in
senso stretto, quali gli elaborati scritti e i colloqui orali, e sull’apprezzamento dei
titoli e delle esperienze maturate. Di contro, la giurisprudenza relativa agli ac-
certamenti di tipo psico-fisico, medico ed attitudinale previsti nelle procedure
concorsuali sarà oggetto di approfondita disamina all’interno del capitolo dedi-
cato alle valutazioni tecniche in materia di salute52.
Tale scelta sistematica trae il proprio fondamento dallo stesso insegna-
mento del Consiglio di Stato, maturato proprio in relazione all’ambito qui in
esame, secondo il quale il giudice dovrebbe saper individuare i difficili spazi in
cui è chiamato a muoversi proprio nel rispetto della specificità della materia og-
getto del suo sindacato53.
Invero, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, mentre per
gli apprezzamenti di tipo squisitamente tecnico il sindacato dovrebbe potersi
estendere sino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche,
sotto il profilo della loro coerenza e correttezza nella scelta dei criteri scientifici
e nel procedimento applicativo di questi ultimi, relativamente alle valutazioni
più marcatamente qualitative il sindacato esercitato dal giudice non può che li-
mitarsi al controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dalla commis-
sione giudicatrice54.
Ciò premesso, non può non evidenziarsi, innanzitutto, che il contenzioso
qui considerato trae origine da fattispecie procedimentali alquanto variegate,
sebbene in linea di massima sostanzialmente assimilabili55. Invero, sebbene non
esista in materia una disciplina unitaria, nondimeno deve rilevarsi che all’elevata

52 Ovvero il cap. II di F. Pileggi, in questo Volume.


53 Così Cons. St., sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2295.
54 Senza pretesa di esaustività si v. le pronunce TAR Valle d‘Aosta, sez. I, 10 aprile 2017, n.

17; TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 28 marzo 2017, n. 1706; TAR Puglia, Bari, sez. I, 23 feb-
braio 2017, n. 188; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 novembre 2016, n. 10813; Cons. St., sez. IV, 6 feb-
braio 2017, n. 492; 1° giugno 2018, n. 3326.
55 Tra le più rilevanti, anche sotto il profilo quantitativo, si ricordano i concorsi per l’assun-

zione dei funzionari dello Stato, per l’accesso ai ruoli della magistratura contabile, le prove
d’esame per il conseguimento dell’abilitazione nazionale forense o, ancora, il concorso per l’ac-
cesso alla professione notarile.
194 FRANCESCO SAVO AMODIO

ricchezza tipologica delle procedure concorsuali ogni anno avviate in Italia non
corrisponde un livello di differenziazione della normativa applicabile, quanto-
meno nei suoi caratteri essenziali, parimenti significativo. Di conseguenza, anche
le censure sottoposte dai ricorrenti all’attenzione del giudice amministrativo ap-
paiono sostanzialmente comuni alle diverse procedure concorsuali.
Anche sotto il profilo quantitativo, l’ambito d’indagine si conferma decisa-
mente ampio; da una sommaria rilevazione realizzata tramite il motore di ricerca
della Giustizia amministrativa è emerso che le pronunce del Consiglio di Stato
contenenti le parole-chiave «concorso», «pubblico», «valutazione» e «tecnica»
pubblicate nel 2020 sono ben 87, mentre sia nel 2019 che nel 2018 il numero di
sentenze emanate superava le 140 unità, avendo registrato invece una lieve fles-
sione nel 2017, arrestandosi a 7156.
In particolare, il contenzioso si concentra, innanzitutto, sulla valutazione
dell’adeguatezza, della legittimità e della ragionevolezza dei criteri e dei para-
metri di giudizio di volta in volta individuati dalla singola commissione di con-
corso e, chiaramente, sulla loro applicazione. In particolare, spesso i ricorrenti
lamentano l’erroneità e l’apoditticità della motivazione espressa a corredo dei
giudizi discrezionali impugnati, censurando per lo più l’utilizzo della sola valu-
tazione numerica57.
Più raramente, invece, si fa riferimento alla figura sintomatica della dispa-
rità di trattamento, anche in ragione della marcata cautela del giudice ammini-
strativo nel rilevare tale vizio58.

4.2. I principali orientamenti giurisprudenziali


Le pronunce esaminate danno prova della marcata deferenza del giudice
amministrativo nei confronti della discrezionalità tecnica delle commissioni esa-
minatrici, cui sono rimesse sia la fissazione dei criteri generali di valutazione che
l’apprezzamento di quanto scritto nei singoli elaborati alla luce di detti criteri.
Invero, si legge nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che «fatte salve le
note figure dell’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti,

56 Statistica aggiornata al 26 ottobre 2020.


57 Tra le pronunce più significative tra quelle oggetto di analisi si ricordano TAR Valle d‘Ao-
sta, sez. I, 10 aprile 2017, n. 17; TAR Veneto, sez. I, 24 giugno 2016, n. 666; TAR Lazio, Roma,
sez. I, 31 gennaio 2011, n. 879; 1° marzo 2019, n. 2672; 8 agosto 2019, n. 10419; 19 novembre
2019, n. 13271; 5 dicembre 2019, n. 13945; id., sez. II, 2 novembre 2016, n. 10813; 8 settembre
2017, n. 9660; id., sez. III, 16 novembre 2015, n. 12950; 24 settembre 2019, n. 11306; TAR Cam-
pania, Salerno, sez. I, 29 aprile 2020, n. 454; TAR Campania, Napoli, sez. VIII 28 marzo 2017, n.
1706; TAR Molise, sez. I, 24 marzo 2020, n. 101; TAR Puglia, Bari, sez. I, 23 febbraio 2017, n.
188; 3 ottobre 2017, n. 4609; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 11 febbraio 2020, n. 329; Cons. St., sez.
IV, 11 luglio 2008, n. 3480; 13 gennaio 2010, n. 92; 11 maggio 2009, n. 2880; 15 febbraio 2010, n.
835; 21 agosto 2012, n. 4580; 5 settembre 2013, n. 4457; 6 febbraio 2017, n. 492; 1° giugno 2018,
n. 3326; 30 agosto 2018, n. 5117; id., sez. V, 13 luglio 2010, n. 4528; 7 dicembre 2017, n. 5770; 17
dicembre 2018, n. 7115; 24 settembre 2019, n. 6358; 4 novembre 2019, n. 7495; id., sez. VI, 20
ottobre 2014, n. 5162; 19 gennaio 2018, n. 353; 18 maggio 2018, n. 3013.
58 Anticipando quanto sarà più diffusamente illustrato in seguito, si v., in via meramente

esemplificativa, la pronuncia Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117.


SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 195

le competenze della commissione sono l’espressione di una scienza non sindaca-


bile da pareri di terzi, a meno che non venga prospettata con precisione e giu-
stificazione probatoria la sussistenza di una di queste figure»59.
Detto carattere altamente discrezionale e, come tale, non sindacabile in sede
giurisdizionale è associato sia alle attività di vera e propria valutazione delle prove
d’esame che a quelle relative alla definizione dei criteri di giudizio. Tale aspetto è
ancora una volta sottolineato con chiarezza dal Consiglio di Stato, secondo il
quale «è principio pacifico e incontrastato nella giurisprudenza amministrativa
che in materia di pubblici concorsi (nella specie, notarili) le commissioni esami-
natrici, chiamate a fissare i parametri di valutazione e poi a giudicare su prove di
esame o di concorso, esercitano non una ponderazione di interessi, ma un’am-
plissima discrezionalità tecnica, sulla quale il sindacato di legittimità del giudice
amministrativo è limitato al riscontro del vizio di illegittimità per violazione delle
regole procedurali e di quello di eccesso di potere in particolari ipotesi-limite, ri-
scontrabili dall’esterno e con immediatezza dalla sola lettura degli atti (errore sui
presupposti, travisamento dei fatti, manifesta illogicità o irragionevolezza)»60.
D’altra parte, secondo il medesimo indirizzo giurisprudenziale, proprio in
ragione dell’evidenziata assenza, nell’attribuzione di un giudizio di valore ad un
elaborato scritto o a una prova orale, di una ponderazione tra diversi interessi,
l’obbligo di motivazione in capo alla commissione sarebbe particolarmente atte-
nuato, intendendosi quest’ultima come la mera spiegazione di una scelta di di-
screzionalità tecnica61.
In particolare, appare oramai pacifica – anche a seguito dell’intervento di
due pronunce della Corte costituzionale, rispettivamente del 30 gennaio 2009,
n. 20 e del 8 giugno 2011, n. 175 e, da ultimo, della sentenza del Consiglio di
Stato in adunanza plenaria del 20 settembre 2017, n. 7 – l’ammissibilità dell’im-
piego della sola valutazione numerica, risultando costante «l’opinione giurispru-
denziale secondo cui il voto numerico attribuito dalle competenti Commissioni
alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in
mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico
discrezionale della Commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione,
senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità ammini-
strativa di valutazione, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle va-
lutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e
del potere amministrativo da essa esercitato»62.

59 Cons. St., sez. V, 7 dicembre 2016, n. 5086 in materia di concorso per magistrato ordina-

rio. Similmente, anche la Cassazione ha individuato i limiti esterni del sindacato del giudice am-
ministrativo nella rilevazione di fattispecie d’irragionevolezza, arbitrarietà e violazione del princi-
pio della par condicio tra i concorrenti; così Cass., SS.UU., 13 febbraio 2020, n. 3562; 28 maggio
2012, n. 8412; 19 dicembre 2011, n. 27283.
60 Così, Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117, che a sua volta, richiama il precedente

della medesima sezione del 6 febbraio 2017, n. 492.


61 V., da ultimo, Cons. St., sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4746.
62 TAR Campania, Salerno, sez. I, 29 aprile 2020, n. 454, che a sua volta richiama la pro-

nuncia TAR Lazio, Roma, sez. I, 23 febbraio 2019, n. 2372. In senso conforme anche TAR Lazio,
196 FRANCESCO SAVO AMODIO

Tuttavia, la medesima giurisprudenza non ha mancato di chiarire che l’a-


deguatezza e la sufficienza della motivazione numerica possono rinvenirsi «nel
solo caso in cui risultino definiti criteri di massima, anche a livello generale, e
precisi parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato»63, ren-
dendosi in tal modo possibile la traduzione del valore numerico in un vero e
proprio giudizio analitico.
Da ultimo, come già accennato, l’indirizzo ermeneutico prevalente tende
ad escludere la censurabilità, in concreto, della disparità di trattamento tra due
o più candidati in sede di valutazione, in quanto, innanzitutto, risulta posto in
dubbio che l’eventuale illegittima valutazione degli elaborati di altri concorrenti
possa assurgere a giustificazione di ulteriori e omologhe illegittimità a beneficio
del candidato che propone ricorso giurisdizionale, deducendo al riguardo la di-
sparità di trattamento64.
In aggiunta, il Consiglio di Stato ha in più occasioni sottolineato l’erroneità
dell’approccio atomistico con il quale la parte appellante isolava i singoli brani
della propria prova, ritenuti particolarmente significativi, per poi procedere a
una comparazione con gli analoghi passaggi argomentativi redatti dagli altri can-
didati, allo scopo di inferirne l’identità degli elaborati. Invero, «la valutazione di
un concetto giuridico e della sua concreta applicazione non necessariamente ri-
sulta apprezzabile sulla base della lettura della sola parte dell’elaborato in cui
sono contenuti i brani relativi, dovendo tenersi conto di come questi si inseri-
scono all’interno dello svolgimento della traccia nel suo complesso»65.

4.2. Le tecniche di controllo e i mezzi istruttori maggiormente utilizzati in sede di


sindacato giurisdizionale
Come appena illustrato, l’orientamento ermeneutico oramai consolidato in
materia di valutazioni concorsuali riconosce il carattere ampiamente discrezio-
nale del potere esercitato dalle singole commissioni, già in sede di definizione
dei criteri di giudizio.
Nondimeno, emerge dalle sentenze esaminate la volontà da parte del giu-
dice amministrativo di non sacrificare del tutto l’effettività della tutela dell’inte-
resse del ricorrente. Ciò emerge dalla particolare intensità dello scrutinio dallo
stesso esercitato sulla veridicità delle circostanze di fatto poste a fondamento del
provvedimento impugnato.
In particolare, molte delle pronunce di accoglimento analizzate censurano
la mancata determinazione dei parametri di valutazione in modo tempestivo e

Roma, sez. I, 1° marzo 2019, n. 2672; Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117; sez. V, 4 no-
vembre 2019, n. 7495.
63 Cons. St., sez. V, 24 settembre 2019, n. 6358 e, in senso conforme, anche sez. IV, 5 di-

cembre 2016, n. 5099; 8 gennaio 2018, n. 76; 1° agosto 2018, n. 4745; sez. V, 30 novembre 2015,
n. 5407; sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 5639.
64 Così Cons. St., sez. IV, 28 ottobre 2013, n. 5196; 27 giugno 2007 n. 3745.
65 Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117. In senso conforme, id., sez. IV, 27 maggio

2011, n. 3855; 4 giugno 2013, n. 3057; 5 gennaio 2017, n. 11.


SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 197

sufficientemente specifico, definendo tale vizio «un’irregolarità sostanziale […]


idonea ad inficiare l’intera procedura, in quanto una tale violazione non con-
sente alcun controllo in concreto circa il corretto esercizio della discrezionalità
tecnica spesa dalla Commissione, escludendo di fatto ogni possibilità di verifica
circa il percorso logico-argomentativo seguito da quest’ultima nella valutazione
degli elaborati scritti e dell’esposizione orale dei candidati e in ordine all’effet-
tiva rispondenza dei giudizi espressi alle prove effettivamente da questi soste-
nute, nonché dei singoli punteggi attribuiti, ad una griglia di valori preventiva-
mente stabilita, al fine di assicurare il regolare esito della selezione e garantire il
fine proprio della procedura concorsuale»66.
D’altra parte, anche lo scrutinio sulla ragionevolezza dei criteri così definiti
appare particolarmente attento, sebbene finisca comunque per arrestarsi ai mar-
gini dell’opinabilità della scelta amministrativa; nello specifico, il giudice ammi-
nistrativo procede al proprio esame facendo riferimento alle specifiche compe-
tenze e conoscenze caratterizzanti il profilo personale messo a concorso e verifi-
cando che i parametri individuati, oltre a non risultare né illogici, né irrazionali
né arbitrari, si focalizzino separatamente sulle une e sulle altre, consentendo così
di ricostruire il percorso logico compiuto dalla commissione e di mantenere di-
stinti i diversi elementi oggetto di valutazione67.
D’altronde, la descritta attenzione della giurisprudenza per la ragionevo-
lezza e l’effettività dei criteri di valutazione non appare dipendere dalla specifica
modalità di selezione impiegata, come evidenziato dalla pronuncia del Consiglio
di Stato, sez. VI, del 13 settembre 2012, n. 4862, con cui è stata annullata una
selezione per l’accesso ad un corso di laurea in fisioterapia a causa dell’illogicità
e contraddittorietà di alcune delle domande contenute nei quiz preselettivi68.
Invero, ha statuito il giudice dell’appello, «il vaglio giurisdizionale di ragio-
nevolezza di un test di ingresso a un corso di laurea non trova un limite nella
mera formulazione di un questionario con domande a risposta multipla, ma –
ferma rimanendo l’insindacabilità del giudizio tecnico – si estende all’apprezza-
mento della congruenza e della coerenza del medesimo, rispetto alla finalità
della selezione, secondo oggettivi criteri scientifici o tecnici».
Anche nelle prove orali, del resto, la giurisprudenza, al fine di salvaguar-
dare la par condicio tra i candidati, non ha mancato di censurare la formulazione

66 Cons. St., sez. V, 17 dicembre 2018, n. 7115. Ma si v., altresì, Cons. St., VI, 3 marzo 2014,

n. 990; 26 gennaio 2015, n. 325; 19 marzo 2015, n. 1411; 27 settembre 2016, n. 3976; 17 maggio
2017, n. 2334.
67 Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2091; id., sez. VI, 19 gennaio 2018, n. 353.
68 In particolare, la valutazione del giudice d’appello si fonda sul presupposto che «il vaglio

giurisdizionale di ragionevolezza di un test di ingresso a un corso di laurea non trova un limite


nella mera formulazione di un questionario con domande a risposta multipla, ma – ferma rima-
nendo l’insindacabilità del giudizio tecnico – si estende all’apprezzamento della congruenza e
della coerenza del medesimo, rispetto alla finalità della selezione, secondo oggettivi criteri scienti-
fici o tecnici». Il giudice ha puntualmente esposto le ragioni che rendevano alcune risposte o illo-
giche (essendo formulate in modo ambiguo, o ammettendo anche soluzioni corrette diverse da
quelle indicate come esatte ai fini della correzione, o non ammettendo alcuna risposta plausibile
con gli elementi messi a disposizione dei candidati) o non coerenti con le finalità della preselezione.
198 FRANCESCO SAVO AMODIO

da parte della commissione di concorso di quesiti eccessivamente specifici e


«atipici», come da ultimo compiuto dal Consiglio di giustizia amministrativa per
la Regione Siciliana nel proprio arresto del 20 ottobre 2020, n. 944.
In tale occasione, il giudice siciliano ha annullato la prova orale del con-
corso per magistrato ordinario nei confronti di un candidato rilevando che la
commissione non aveva provveduto alla previa definizione di un elenco di do-
mande da cui sorteggiare di volta in volta il quesito posto, come invece previsto
dall’art. 12 del d.P.R. n. 484/1997, applicabile al caso di specie per espresso ri-
chiamo del bando di concorso.
La decisione pone in luce, in particolare, come la violazione di tale regola
procedurale si sia tradotta in un oggettivo svantaggio per la concorrente, in
quanto per l’esame orale nella materia del diritto costituzionale le era stata po-
sta un’unica domanda – le sentenze intermedie della Corte costituzionale –, ca-
ratterizzata da una terminologia non impiegata né dalla legge né dalla manuali-
stica corrente ordinariamente utilizzata per la preparazione del concorso de quo,
senza peraltro alcuna dimostrazione, da parte dell’amministrazione, di aver po-
sto anche ad altri candidati domande di analogo tenore e livello di difficoltà.
Similmente, anche nei casi di errore della commissione nell’attribuzione di
punteggi numerici secondo criteri oggettivi e predeterminati, il giudice ammini-
strativo non ha mancato di correggere direttamente i calcoli censurati, non rile-
vando in tali fattispecie alcun margine di discrezionalità in capo all’amministra-
zione69.
A fronte del proprio atteggiamento deferente rispetto alle conclusioni rag-
giunte dalla commissione nell’esercizio del proprio potere valutativo, la giuri-
sprudenza appare, al contempo, attenta a censurarne ogni omissione. In parti-
colare, secondo alcuni degli arresti esaminati, il riconoscimento normativo in
capo all’amministrazione di un potere valutativo, insindacabile nel merito, co-
stringerebbe la stessa ad esercitare tale potere, sottoponendo ciascun candidato
ad un puntuale scrutinio e rifuggendo dall’applicabilità di qualsivoglia automa-
tismo.
Esemplificativa di tale indirizzo ermeneutico è la pronuncia del TAR Lazio,
Roma, sez. II, del 8 settembre 2017, n. 9660, relativa ad una procedura di am-
missione al Corpo della Guardia di finanza. Nello specifico, il giudice di prime
cure ha sanzionato la valutazione circa la sussistenza dei requisiti morali e di
condotta posta in essere dalla commissione, in quanto quest’ultima, essendosi li-
mitata a rilevare la presenza di una condanna giovanile, avrebbe abdicato all’e-
sercizio della sua funzione di giudicare, in concreto e in senso prognostico, il
grado di affidabilità del candidato in relazione alla sua adesione ad un modello
ispirato a valori positivi, al rispetto delle leggi, delle regole di convivenza sociale
e di limiti di decoro personale. D’altra parte, in una fattispecie simile, lo stesso
Consiglio di Stato ha ribadito che «tale giudizio prognostico non può non di-
stinguere tra episodi unici e isolati o invece reiterati nel tempo – e tali, quindi,

69 In via esemplificativa, si v. la pronuncia TAR Lazio, Roma, sez. I, 1° marzo 2019, n. 2672.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 199

da configurare in senso proprio una condotta di vita – né obliterare la loro risa-


lenza nel tempo e l’epoca in cui l’interessato vi è incorso (minore età), nonché e
in specie la successiva condotta non potendo accedere ad alcun automatismo ca-
sistico e dovendo detta specifica situazione (contraddistinta da un unico episo-
dio, isolato, commesso in età minore) inquadrarsi in una valutazione che deve te-
ner conto del complesso degli elementi desumibili dal profilo del candidato»70.
Venendo, quindi, al sindacato giurisdizionale sulle valutazioni relative al
merito delle prove d’esame, l’indirizzo ermeneutico oramai consolidato am-
mette, come già accennato, la possibilità per il giudice di rilevare esclusivamente
i vizi emergenti, ictu oculi, dalla lettura della motivazione del provvedimento o
degli altri documenti connessi (errore sui presupposti, travisamento dei fatti,
manifesta illogicità, irragionevolezza)71.
In aggiunta al carattere manifesto dei vizi ammissibili e della loro immediata
riconoscibilità ab externo, la giurisprudenza prevalente pone in capo al ricorrente
un onere di allegazione particolarmente rafforzato, consistente nella puntuale e
specifica individuazione delle circostanze di fatto comprovanti l’incoerenza della
valutazione, risultando di contro inammissibili le censure unicamente volte a sug-
gerire un diverso apprezzamento del merito tecnico della prova72.
In aggiunta su questo punto, appare utile sottolineare che, superando un
precedente orientamento diffuso in particolare tra i giudici di primo grado73, la
giurisprudenza del Consiglio di Stato sembrerebbe oramai concorde nel rilevare
l’inidoneità dei pareri pro veritate, rilasciati da esperti nel settore d’esame e de-
positati dal ricorrente, ad assolvere al gravoso onere probatorio descritto, atteso
che spetta in via esclusiva alla commissione giudicare lo sviluppo logico del ra-
gionamento giuridico, la maturità di pensiero e la completezza degli argomenti
posti a sostegno delle tesi sostenute74.
Purtuttavia, dall’attenta disamina delle più recenti pronunce si evince
come, malgrado la generale adesione all’atteggiamento di deferenza testè de-
scritto, non siano rari i casi in cui il giudice, a fronte di specifiche doglianze del
ricorrente, si sia soffermato sulla lettura dell’elaborato, al fine di verificare la
correttezza dei rilievi espressi della commissione in sede alla correzione.
A dire il vero, però, anche in queste fattispecie da ultimo considerate non
si rileva una vera e propria estensione del sindacato all’esercizio della discrezio-
nalità, in quanto l’accertamento giurisprudenziale appare piuttosto finalizzato

70 Cons. St., sez. IV, n. 22 agosto 2016, n. 3621.


71 Così TAR Lazio, Roma, sez. I, 19 novembre 2019, n. 13271; Cons. St., sez. IV, 6 febbraio
2017, n. 492; 30 agosto 2018, n. 5117.
72 Sul punto, si v. Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117; sez. V, 4 novembre 2019, n.

7495, 24 settembre 2019, n. 6358.


73 In via esemplificativa si ricorda l’ordinanza TAR Puglia, Lecce, 4 aprile 2009, n. 744. An-

cora in tempi più recenti, tali relazioni sono state valorizzate dalla giurisprudenza di primo grado,
ma solo raramente il loro utilizzo si traduce in un vero e proprio sconfinamento del giudice oltre
il margine di opinabilità della valutazione amministrativa. In particolare sul punto, si v. la sentenza
TAR Lazio, Roma, sez. I 8 agosto 2019, n. 10419, citata alla successiva n. 76.
74 In relazione a questo orientamento si v. Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2008, n. 71; sez.

V, 7 dicembre 2017, n. 5770; 4 novembre 2019, n. 7495.


200 FRANCESCO SAVO AMODIO

ad escludere la presenza di errori di fatto nella ricostruzione, in sede di valuta-


zione, del contenuto della prova scritta75.
Particolarmente significativa, sul punto, risulta la pronuncia del TAR Cam-
pania, sede di Napoli, sez. VIII, del 3 ottobre 2017, n. 4609, concernente la le-
gittimità della valutazione di complessiva insufficienza delle prove scritte soste-
nute dalla ricorrente nell’ambito della procedura per l’abilitazione alla profes-
sione forense.
In particolare, solo ad uno dei tre elaborati redatti era stato assegnato un
punteggio inferiore alla sufficienza, senza peraltro – come posto in luce dalla
sentenza in esame – che tale votazione fosse corredata da alcuna motivazione
sintetica. Il Collegio, tuttavia, soffermandosi sull’esame di alcune diciture e di al-
tri segni grafici apposti dalla commissione sull’elaborato in sede di correzione,
ha rilevato l’erroneità di una di esse – riportante l’espressione «e la provvisoria
esecuzione?» – in quanto volta a sanzionare la presunta omissione da parte del
candidato della richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo oppo-
sto, istanza, quest’ultima, che risultava invece correttamente formulata.
Sul punto, il presidente della commissione valutatrice nella propria rela-
zione illustrativa, prodotta in giudizio dalla difesa erariale, aveva giustificato
l’apposizione di detto rilievo sostenendo che «la richiesta del candidato di auto-
rizzare la provvisoria esecutorietà formulata immediatamente a seguito delle
conclusioni di merito, ha fatto pensare che volesse riferirsi alla provvisoria ese-
cutorietà della sentenza e non già alla provvisoria esecuzione del decreto in-
giuntivo in pendenza di opposizione ex art. 648 cpc, che avrebbe dovuto essere
motivata nell’ambito della comparsa di costituzione e la cui richiesta si è rite-
nuta pertanto omessa con pregiudizio per la parte assistita»76.
Nondimeno, il Collegio ha concluso censurando la manifesta illegittimità
della valutazione compiuta, in quanto viziata da «un errore rilevabile ictu oculi e
anche ammesso dall’amministrazione operante […] anche perché – prosegue in
modo significativo l’arresto – non avrebbe avuto senso che il candidato, nel pro-
prio elaborato, avesse chiesto la provvisoria esecuzione dell’emananda sentenza
di primo grado, già per legge provvisoriamente esecutiva, alla stregua di quanto
stabilito dall’art. 282 cpc»77.
Tale ultimo rilievo appare quanto mai significativo, in quanto testimonia la
propensione del giudice amministrativo a sindacare in misura più stringente la
ragionevolezza della motivazione associata alla valutazione impugnata, là dove
quest’ultima attenga ad un ambito scientifico a lui maggiormente familiare78.
75 Si v., ex multis, la già più volte ricordata pronuncia TAR Lazio, Roma, sez. I, n.

13271/2019, ove il Giudice si spinge a verificare la correttezza dei rilievi della commissione in me-
rito all’incompletezza dell’atto della candidata, sottolineando, in particolare, l’assenza dell’indivi-
duazione del soggetto deliberante, oltre all’indicazione, per l’aumento del capitale sociale, di un
importo diverso da quello specificato nella traccia.
76 TAR Campania, Napoli, sez. VIII, del 3 ottobre 2017, n. 4609.
77 Ibidem.
78 La medesima conclusione appare suffragata anche dall’analisi, tra le altre, delle pronunce

TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 novembre 2015, n. 12950 e Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n.
5117.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 201

In aggiunta, tra gli elementi maggiormente valorizzati dalla giurisprudenza


al fine di garantire l’effettiva e piena tutela giurisdizionale dei partecipanti alle
selezioni concorsuali, senza però arrivare a sostituire l’amministrazione nell’e-
sercizio delle proprie prerogative discrezionali, particolare rilievo assume lo
scrutinio sulla coerenza interna della valutazione gravata.
Il sindacato del giudice su tale aspetto risulta particolarmente incisivo, so-
prattutto nelle fattispecie concorsuali caratterizzate da una molteplicità di prove
scritte. In esse, infatti, il confronto tra la valutazione ampiamente positiva su
uno o più degli elaborati consegnati e quella negativa relativa agli altri prodotti,
in relazione ai medesimi criteri di giudizio, è spesso valorizzato dalla giurispru-
denza quale indice di evidente contraddittorietà dell’apprezzamento comples-
sivo d’insufficienza dell’esame. Secondo questo orientamento ermeneutico, il su-
peramento di alcune delle prove in modo brillante finirebbe per sollevare «seri
dubbi sulla correttezza del giudizio assegnato nella terza prova, pure dovendo
essere ragguagliata alla ricerca del possesso di quei requisiti che denotano nel
candidato una solida preparazione giuridica unitamente a capacità di analisi e
argomentative, di cui il ricorrente ha dato senz’altro prova e che, nell’ambito di
una doverosa valutazione complessiva del medesimo, non consente di valutare
se siano stati rispettati in pieno i criteri generali al cui rispetto è tenuta la stessa
Commissione che li ha stabiliti»79.
Specificità proprie presentano, da ultimo, le pronunce in materia di proce-
dure di valutazione comparativa, sovente previste per la copertura di posti di ri-
cercatore o professore universitario. Anche in relazione a tali tipologie concor-
suali, invero, si registra il medesimo orientamento ermeneutico deferente, che si
manifesta tanto nel riconoscimento dell’ampia discrezionalità della singola com-
missione nella selezione e ponderazione dei criteri di giudizio, quanto nella va-
lorizzazione della sinteticità del giudizio espresso dalla commissione esamina-
trice, quale implicita esclusione di un sindacato forte su di esso80. Tuttavia, nelle
specifiche fattispecie in esame, il giudice amministrativo riserva grande atten-
zione alla verifica della coerenza interna delle valutazioni espresse in merito ai ti-
toli in possesso dei singoli candidati, in assoluta coerenza con il penetrante sin-
dacato sui presupposti di fatto già illustrato in riferimento alle valutazioni in am-
bito universitario81.

79 TAR Lazio, Roma, sez. I, 8 agosto 2019, n. 10419. Tale pronuncia appare molto interes-

sante anche in relazione alla valorizzazione della relazione peritale di parte in essa contenuta. Nel
caso di specie, tuttavia, il Collegio si premura di sottolineare che il ricorso «non si limita a dare
conto della opinabilità propria delle valutazioni caratterizzate da discrezionalità tecnica nel campo
delle scienze non esatte (quale quello in esame), che in quanto tale non sarebbe indizio sufficiente
circa la illegittimità della valutazione operata, ma mette in luce la coerenza degli elementi emersi
nell’ambito della prova giudicata insufficiente rispetto ai parametri generali il cui possesso deve
essere dimostrato dai candidati e che sono stati riconosciuti dalla stessa Commissione in occasione
della correzione delle altre due prove».
80 Sul punto, si v. Cons. St. 2 novembre 2017, n. 5059.
81 Si v. la pronuncia Cons. St. 14 gennaio 2019, n. 334, particolarmente indicativa della per-

vasività del sindacato del g.a. sull’aderenza del profilo specifico della candidata vincitrice a quello
indicato nel bando.
202 FRANCESCO SAVO AMODIO

4.4. L’atteggiamento concretamente assunto dal giudice dinanzi alle valutazioni


tecniche: l’assenza di illegittimità manifeste
Come avviene in ogni altro ambito, anche in relazione alle vicende concor-
suali, il giudice amministrativo è chiamato a garantire l’effettiva e piena giusti-
ziabilità delle posizioni vantate dai soggetti che, partecipando alle selezioni pub-
bliche, si sottomettono alla valutazione altamente discrezionale dell’ammini-
strazione.
Di contro, però, nel contesto qui in esame, tale spinta verso un sindacato
sempre più incisivo si scontra con la necessità di scongiurare il pericolo che l’at-
tività giurisdizionale, sfuggendo al ruolo che l’ordinamento vigente le assegna,
possa trasformarsi in una sostanziale rinnovazione della valutazione già effet-
tuata in sede amministrativa, ovvero in un’autonoma verifica da parte del giu-
dice del possesso da parte del candidato di un livello di preparazione sufficiente
al conseguimento del giudizio idoneativo.
Nondimeno, alla luce delle considerazioni contenute nei paragrafi prece-
denti, appare ragionevole concludere che la giurisprudenza amministrativa sia
giunta a definire in maniera ormai stabile quali siano i limiti allo svolgimento
della funzione giurisdizionale, legati, in estrema sintesi alla presenza di macro-
scopiche illogicità, irrazionalità o travisamenti dei fatti.
Il giudice amministrativo, in altre parole, appare in concreto sostanzial-
mente rispettoso dell’ampia discrezionalità tecnica che caratterizza le valutazioni
delle commissioni di concorso, limitandosi al controllo dell’intrinseca coerenza
della motivazione e dell’assenza di vizi immediatamente evidenti.
Di contro, come sottolineato dalle stesse SS.UU. della Corte di Cassazione,
appare quanto mai complesso riuscire a cogliere, in concreto, la linea di discri-
mine – talora sottile, ma mai inesistente – tra l’operazione intellettuale consi-
stente nel vagliare l’intrinseca tenuta logica della motivazione dell’atto ammini-
strativo impugnato e quella che si sostanzia invece nello scegliere tra diverse
possibili opzioni valutative, più o meno opinabili, inerenti al merito dell’attività
amministrativa di cui si discute82.
In proposito, è lo stesso giudice amministrativo ad escludere l’ammissibilità
di ogni propria valutazione sulla validità delle soluzioni offerte dal candidato,
stante il fatto che «l’opinabilità delle questioni sottese alle prove scritte dei con-
corsi impedisce di esaminarle come se si trattasse di quiz, rispetto ai quali la
Commissione è chiamata soltanto a verificare l’esattezza o meno delle risposte
fornite»83.
Indubbiamente, quindi, il grado di incidenza del sindacato da questi eser-
citato risulta inversamente proporzionale rispetto all’ammontare di regole scien-
tifiche che possano supportarne l’esercizio del potere giurisdizionale, invero per
lo più assenti nell’ambito in esame o comunque non di immediata familiarità per
il giudice84.
82 Così Cass., SS.UU., 22 maggio 2012, n. 8071.
83 Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117.
84 Sulla funzionalità dell’esistenza delle regole tecniche per la pervasività del sindacato giu-
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 203

Tale rilievo giustifica la particolare attenzione, dedicata dalla giurispru-


denza esaminata, alla ricostruzione e alla verifica delle circostanze fattuali valo-
rizzate nella correzione degli elaborati.
Nel paragrafo precedente, in particolare, si è tentato di mettere in luce
come il giudice amministrativo sottoponga ad un intenso scrutinio i singoli pas-
saggi motivazionali relativi ad eventuali omissioni o ad altri errori immediata-
mente desumibili dalla lettura dell’elaborato, rispetto alla cui qualificazione, in-
vero, non sussiste un vero e proprio margine di opinabilità.
Ne discende, quindi, che, sebbene il nucleo più propriamente valutativo ri-
manga sempre sostanzialmente escluso dal sindacato giurisdizionale – in coe-
renza con quanto affermato dalla quasi totalità delle pronunce –, quella caratte-
ristica di “immediata evidenza” che dovrebbero possedere i vizi per non sfug-
gire al sindacato del giudice amministrativo deve declinarsi, invero, come
agevolmente percepibile attraverso l’attento e puntuale confronto della prova
oggetto di giudizio con la motivazione posta a sostegno della valutazione e con
i criteri di giudizio applicabili.
In conclusione, appare doveroso sottolineare come l’intensità di questo raf-
fronto da ultimo descritto – e quindi dello scrutinio in concreto esercitato – sia
significativamente più elevata laddove la prova d’esame abbia ad oggetto que-
stioni giuridiche, rispetto alle quali il bagaglio culturale del Collegio consente
una più attenta verifica della ragionevolezza e della correttezza delle conclusioni
della commissione.

5. Considerazioni di sintesi
Gli ampi margini di opinabilità che caratterizzano il contenuto dei provve-
dimenti maggiormente oggetto di contenzioso in tutti e tre i macro-settori con-
siderati, stante anche l’assenza di regole tecniche sufficientemente dettagliate da
indirizzare e oggettivare in toto l’attività valutativa dell’amministrazione, giusti-
ficano, ad una prima analisi, il generalizzato atteggiamento, sin qui descritto, di
deferenza del giudice amministrativo rispetto al potere di tecnico-discrezionale
della p.a.
D’altra parte, sia in merito al contenzioso che riguarda le valutazioni scola-
stiche che a quello relativo alla materia universitaria, al dovuto rispetto per l’au-
tonomia didattica e accademica e per la libertà scientifica, di cui tali apprezza-
menti sono espressione, si aggiunge, nel condizionare l’atteggiamento del giu-
dice, nella prima ipotesi, la consapevolezza del carattere complesso e diacronico
della valutazione del grado di maturità di uno studente, che non potrebbe di
certo essere efficacemente sostituita da un apprezzamento esterno, quale quello
giurisdizionale, e, nella seconda, il carattere altamente specialistico dell’oggetto
della valutazione – ovvero la qualità scientifica dei lavori e delle esperienze ma-

risdizionale, si v. C. VIDETTA, Concorsi, esami e sindacabilità giurisdizionale amministrativa, in Dir.


amm., 1996, 539 ss.
204 FRANCESCO SAVO AMODIO

turate dai singoli candidati – che richiede un’elevata e specifica qualificazione


dei soggetti chiamati ad esercitare tale potere discrezionale.
Più in generale, proprio questi ultimi elementi giustificano l’atteggiamento
della giurisprudenza in relazione all’intero contenzioso concorsuale, di cui il
procedimento di abilitazione scientifica rappresenta solo una delle molteplici
fattispecie, consentendo al contempo di meglio spiegare la lievemente maggiore
pervasività registrata in merito alle valutazioni rese nell’ambito di prove d’esame
o di abilitazione in campo giuridico85.
Nondimeno, però, si deve dare atto dell’avvenuto superamento, anche ne-
gli ambiti qui in esame, di quella sovrapposizione tra discrezionalità tecnica e
merito insindacabile propria degli orientamenti più risalenti e del conseguente
progressivo rafforzamento – evidenziato dalla maggioranza delle pronunce esa-
minate – del sindacato del g.a. sull’attendibilità dei giudizi tecnici delle diverse
commissioni valutatrici, espresso in termini di plausibilità e verosimiglianza
delle conclusioni da quest’ultime raggiunte86.
Invero, la necessità, avvertita anche dal legislatore oltre che dalla giurispru-
denza, di garantire una tutela giurisdizionale quanto più piena ed effettiva degli
interessi sostanziali dei cittadini appare sollecitare il giudice amministrativo a
esercitare uno scrutinio sempre più intenso sulla veridicità dei fatti posti a fon-
damento del provvedimento e sulla completezza e sulla coerenza degli apprez-
zamenti ivi contenuti, anche mediante una più marcata valorizzazione di ele-
menti, circostanze e parametri oggettivi – verificabili attraverso un mero accer-
tamento tecnico – e, come tali, vincolanti l’attività puramente valutativa della
p.a., in un’ottica di progressiva limitazione dei margini di discrezionalità ricono-
sciuti in capo alla stessa87.
Altamente significativa, in tal senso, è proprio l’evoluzione normativa che
ha caratterizzato, in particolare, sia le valutazioni scolastiche che quelle univer-
sitarie e di cui si è tentato di dar conto in precedenza. Il carattere più marcato
delle nuove previsioni appare, infatti, la tendenza ad inscrivere l’esercizio del
potere valutativo, di per sé insopprimibile, in una più ampia cornice di presup-
posti oggettivi, il cui accertamento non è più compreso nel perimetro dell’ap-
prezzamento discrezionale delle commissioni, bensì è divenuto oggetto di un’at-

85 In cui la maggior conoscenza della materia da parte del giudice induce quest’ultimo ad

adottare un atteggiamento più pervasivo nella censura delle valutazioni dell’amministrazione;


come reso evidente dalle già ricordate pronunce Cons. St., sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5117; TAR
Lazio, Roma, sez. III, 16 novembre 2015, n. 12950. Cfr., altresì, con G. SIGISMONDI, Il sindacato
sulle valutazioni tecniche nella pratica delle Corti, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2/2015.
86 Si v., in particolare, Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2091; sez. IV, 4 febbraio 2014,

n. 505; sez. V, 17 dicembre 2018, n. 7115; TAR Lazio, Roma, sez. I 8 agosto 2019, n. 10419.
87 Sul punto, cfr. con M. ALLENA, Art. 6 Cedu. Procedimento e processo amministrativo, Na-

poli, 2012, ove si pone in luce come, rispetto alle valutazioni delle autorità scolastiche o universi-
tarie e delle commissioni istituite nell’ambito delle procedure per l’abilitazione all’esercizio delle
professioni, la prevalente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha escluso l’ap-
plicabilità delle garanzie previste dall’art. 6, § 1, della Cedu, sostenendo la pertinenza delle stesse
a «profili del potere esercitato del tutto estranei a questioni giuridiche, cioè aspetti che sfuggono
totalmente al dominio delle regole fornite dall’ordinamento giuridico».
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 205

tività meramente ricognitiva da parte di queste ultime e, come tale, maggior-


mente prevedibile e assoggettata ad uno scrutinio giurisdizionale pieno.
Allo stesso modo, il giudice amministrativo, nelle pronunce e nei settori
esaminati nel presente capitolo, pur nella costante attenzione alla salvaguardia
del principio di separazione dei poteri e al rispetto della specifica expertise tec-
nica dei soggetti da cui proviene la valutazione – invero mai esplicitato ma po-
tenzialmente desumibile dallo scarso ricorso alla consulenza tecnica –, appare
aver assunto piena consapevolezza del proprio ruolo di garante di ultima istanza
dell’aspettativa del cittadino di conseguire una data utilità sostanziale rispetto ad
un esercizio erroneo da parte dell’amministrazione del proprio potere discre-
zionale.
Proprio la giurisprudenza in merito alle valutazioni universitarie pone, più
delle altre, in evidenza questa costante tensione del giudice amministrativo verso
la valorizzazione degli elementi di fatto, tra cui, in particolare, il soddisfaci-
mento di parametri quantitativi predeterminati – quali le mediane bibliometri-
che –, al fine di sottoporre le valutazioni discrezionali dell’amministrazione ad
un più stringente sindacato di coerenza estrinseca88.
In quest’ottica, non può non evidenziarsi il valore sistematico della pro-
nuncia del Consiglio di Stato n. 1321/2019, descritta in precedenza, in cui il
Collegio riconosce la necessità di farsi carico della tutela diretta di quell’inte-
resse della candidata ad ottenere l’abilitazione scientifica che l’amministrazione
non si è dimostrata in grado di assicurare, tanto da far venir meno la fiducia
nella sua capacità di operare scelte discrezionali.
Per di più, questa lettura particolarmente dirompente del ruolo del giudice
amministrativo quale garante e supplente del corretto esercizio potere tecnico
da parte della p.a. sembra trovare il consenso della Corte di Cassazione, le cui
Sezioni unite, proprio valutando la legittimità della pronuncia summenzionata,
recano l’auspicio che quest’ultima costituisca solo «una prima applicazione di
un rimedio che il Consiglio di Stato ha inteso apprestare per far sì che le proprie
decisioni di annullamento anche – e forse specialmente in caso di provvedimenti
di commissioni esaminatrici di concorsi pubblici dotate di discrezionalità tec-
nica – possano trovare una definizione della fattispecie sostanziale, conforme al-
l’esigenza di una tutela piena ed effettiva dell’interessato secondo i principi della
Costituzione e del diritto europeo»89.
Similmente, alla luce dell’indirizzo ermeneutico appena descritto e, soprat-
tutto, della particolare incidenza negativa della non ammissione alla classe suc-
cessiva sullo sviluppo di un giovane studente, è possibile comprendere a pieno
anche le ragioni che hanno portato la giurisprudenza sulle valutazioni scolasti-
che a formulare la descritta teoria dell’assorbimento e, più in generale, a porre
in capo al consiglio di classe un onere di analiticità particolarmente gravoso, so-
stanzialmente trasformando il giudizio puntuale in ordine al grado di prepara-
88 Su tale tendenza, cfr. con G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella pra-

tica delle Corti, cit., 705 ss.


89 Così, la già citata pronuncia Cass., SS.UU., 7 settembre 2020, n. 18592.
206 FRANCESCO SAVO AMODIO

zione dello studente in un più ampio giudizio prognostico sulla sua capacità di
maturazione, personale e didattica, durante il regolare percorso scolastico.
Invero, proprio tale scostamento da un giudizio puntuale sul grado di co-
noscenza acquisito, in un dato momento storico, dallo studente verso un più ge-
nerale apprezzamento circa l’intera carriera scolastica di quest’ultimo, ha per-
messo la sostanziale riduzione dei margini di discrezionalità tecnica della valuta-
zione, consentendo, quindi, un più penetrante sindacato giurisdizionale avente
ad oggetto la completezza della ricostruzione del percorso scolastico, oltre che
l’attendibilità e la ragionevolezza di detto giudizio90.
In misura non dissimile, anche nella materia concorsuale si è evidenziata la
particolare intensità assunta dal sindacato giurisdizionale sul fatto e, in partico-
lare, l’attenzione posta dal giudice nel confrontare la veridicità di tutti i rilievi
posti dalla commissione a fondamento dei propri giudizi di valore, tanto da
spingerlo a prendere diretta visione dell’elaborato formulato. Così come pene-
trante risulta l’interesse della giurisprudenza per la ragionevolezza e l’adegua-
tezza dei criteri e dei parametri valutativi fissati dalla singola commissione esa-
minatrice, in quanto preliminare oggettivazione del potere discrezionale in con-
creto esercitato.
In conclusione, quindi, il costante approccio del giudice si caratterizza per
due tendenze peculiari e contrapposte. Da una parte, si rileva la perdurante con-
dotta di self-restraint della giurisprudenza amministrativa, soprattutto d’appello,
rispetto al sindacato dei profili più marcatamente tecnico-discrezionali degli ap-
prezzamenti qui considerati, giustificata, d’altronde, dall’ineliminabile margine
di opinabilità valutativa coessenziale alla natura stessa dei giudizi sin qui consi-
derati e rispetto al quale il giudice appare consapevole di non possedere gli stru-
menti idonei a sostituirsi all’amministrazione91.
D’altra, invece, come si è appena posto in evidenza, la descritta forte spinta
verso la progressiva oggettivazione del processo valutativo ha amplificato, nel-
l’ottica di garantire una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, la pervasività del
sindacato del giudice sulla completezza dell’analisi tecnica compiuta dall’ammi-
nistrazione e sulla ragionevolezza e la coerenza delle conclusioni raggiunte92.
Proprio questa continua tensione nella ricerca di un instabile equilibrio tra
il rispetto dell’elevata competenza settoriale propria dei soggetti valutatori93

90 In tal senso non può che richiamarsi anche quanto osservato in merito al diverso grado di

intensità dell’onere motivazionale conseguente alla specifica età dello studente, § 2.3.
91 Cfr., in particolare, con V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e

sindacato di legittimità, in Dir. proc. amm., 1984, 463 ss., ove si fa riferimento a due caratteristiche
essenziali della valutazione, ovvero la soggettività e l’irripetibilità del giudizio, in ragione delle
quali l’attività amministrativa non è soggetta al sindacato giurisdizionale «non perché discrezio-
nale ma per la particolare struttura del tipo di attività svolta, che la renderebbe insindacabile da
qualunque soggetto venisse svolta» (p. 497).
92 Cfr. Cons. St., sez. VI, 25 febbraio 2019, n. 1321 e, M. FILICE, Verso un sindacato consa-

pevole sulle valutazioni tecnico discrezionali, in G. dir. amm., 2016, 684 ss.
93 Sebbene, si badi bene, le pronunce facciano tutte riferimento sempre alla discrezionalità

tecnica della singola commissione in quanto tale e quasi mai alla specifica competenza dei com-
ponenti della stessa.
SINDACATO SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA IN MATERIA DI VALUTAZIONI SCOLASTICHE 207

– nel settore concorsuale spesso addirittura estranei all’apparato burocratico in


senso proprio – e la garanzia di una tutela giurisdizionale piena ed effettiva at-
traverso la standardizzazione degli apprezzamenti tecnici costituisce, quindi, il
tratto caratterizzante della giurisprudenza esaminata e si pone alla base delle
aperture verso una tutela più pregnante di cui si è tentato di dare conto nel
corso dell’analisi svolta.
Per quanto concerne queste ultime, d’altra parte, i giudici di primo grado
appaiono tendenzialmente più inclini a un sindacato maggiormente penetrante,
mentre il Consiglio di Stato si attesta su posizioni lievemente più restrittive, pur
con significative aperture, come dimostra la pronuncia n. 1321/2019 più volte
citata94.
Indubbiamente, la frammentazione della competenza giurisdizionale di
prime cure in merito alle controversie riconducibili ai settori in esame – in par-
ticolare a quelli scolastico e concorsuale – costituisce un rilevante, per quanto
sostanzialmente ineliminabile, elemento di ostacolo all’individuazione di un
punto di stabile contemperamento tra le due esigenze citate.
Invero, non può non evidenziarsi la peculiare incidenza della personale
sensibilità dei componenti del collegio giudicante, e in particolare del relatore,
nell’individuazione di tale punto di equilibrio, divenendo, pertanto, cruciale, al
fine di una maggiore predittività dell’azione giurisdizionale, il ruolo di sintesi e
di indirizzo demandato al giudice di appello.
D’altra parte, non possono che suscitare perplessità i – sia pur sporadici –
tentativi del giudice amministrativo, per di più solo raramente assistito da figure
tecniche specializzate, di compiere una vera e propria sostituzione del proprio
apprezzamento tecnico-discrezionale a quello censurato, in quanto, in tal modo,
questi finisce sempre per amplificare il grado di incertezza e di imprevedibilità
delle proprie decisioni, esercitando un potere che l’ordinamento riserva esclusi-
vamente alla p.a., indipendentemente da ogni – inevitabilmente aprioristica e
opinabile – valutazione circa la capacità di quest’ultima, intesa come apparato,
di esercitare o riesercitare lo stesso in modo legittimo.
Invero, sebbene, come accennato, non si rinvenga nelle pronunce esami-
nate un espresso riconoscimento dell’elevato grado di expertise e specializza-
zione tecnico-scientifica delle figure professionali – in particolare, insegnati e
professori universitari – titolari del potere valutativo in esame, non può non evi-
denziarsi come quest’ultimo presenti margini di discrezionalità insopprimibili,
richiedendo conoscenze e sensibilità d’apprezzamento specifiche, istituzional-
mente non in possesso dal giudice e necessariamente oggetto di riserva ammini-
strativa, a meno di non ipotizzare la radicale sostituzione del giudizio dell’am-
ministrazione con quello di un consulente tecnico, ipotesi oltremodo rara nel
contenzioso analizzato.
Una maggior attenzione in sede di annullamento dovrebbe essere dedicata,
piuttosto, all’indicazione alla p.a. di quegli elementi di fatto e dei parametri di
94 Come pure evidenziato in G. SIGISMONDI, Il sindacato sulle valutazioni tecniche nella

pratica delle Corti, cit., 723.


208 FRANCESCO SAVO AMODIO

giudizio che dovrebbero costituire, per quest’ultima, il necessario punto di rife-


rimento nella rinnovazione dei propri apprezzamenti.
Nella medesima prospettiva di garantire una maggior certezza del diritto,
non può che auspicarsi, d’altronde, il rafforzamento della descritta duplice ten-
denza, normativa e giurisprudenziale, verso l’oggettivazione dell’agire ammini-
strativo, anche in settori come quelli in esame, al fine di ridurre all’essenzialità
gli spazi di discrezionalità riservati alla p.a. e intangibili da parte del giudice,
così che l’esercizio del potere valutativo tecnico avvenga in misura quasi chirur-
gica, inserendosi su un più ampio sostrato di accertamenti oggettivi e verificabili
in sede giurisdizionale.
L’effetto finale di tale dinamica appare, invero, sostanzialmente positivo, in
quanto, specie nelle fattispecie concorsuali, potrebbe portare ad una maggior
prevedibilità e verificabilità tanto dei risultati del potere burocratico-discrezio-
nale quanto dell’esercizio del medesimo sindacato giurisdizionale, limitando
quest’ultimo alla verifica – piena e penetrante – dei soli accertamenti tecnici
compiuti dalla p.a. e non anche delle vere e proprie valutazioni discrezionali a
quest’ultima riservate, salvaguardando, così, il proprium della riserva ammini-
strativa di cui all’art. 97 Cost.
CAPITOLO SETTIMO

IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLE VALUTAZIONI TECNICHE
DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA
E DEL MERCATO

Silvia de Nitto

SOMMARIO: 1. Le valutazioni tecniche in materia antitrust. Le fattispecie oggetto di inda-


gine. – 2. Il contenzioso da cui traggono origine le valutazioni giurisdizionali. –
3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto. – 3.1. I prin-
cipali orientamenti sulla valutazione del quantum delle misure sanzionatorie pecu-
niarie. – 4. Le tecniche maggiormente utilizzate per il controllo giurisdizionale. –
4.1. Per un accertamento in via diretta dei fatti. – 4.2. Il problematico controllo
giudiziale dei profili che presuppongono una valutazione economica della fattispe-
cie. – 5. Il giudizio in concreto: il sindacato effettivamente esercitato dal giudice
amministrativo. – 5.1. La consulenza tecnica d’ufficio: ammissibilità in astratto e
mancato utilizzo in concreto. – 6. Considerazioni conclusive.

1. Le valutazioni tecniche in materia antitrust. Le fattispecie oggetto di indagine


Lo svolgimento di un’analisi empirica che guardi all’effettivo controllo del
giudice sulle misure adottate dall’Antitrust impone di partire da una premessa:
se nel caso delle valutazioni tecniche compiute dalle Autorità indipendenti svol-
genti attività di regolazione risulta frequente l’utilizzo di criteri complessi e opi-
nabili – come quelli forniti dalla scienza economica o dalle discipline della fi-
nanza e del mercato1 – i quali implicano valutazioni soggettive che contribui-
scono all’individuazione degli elementi costitutivi della fattispecie concreta2, nel

1 Si vedano sul punto le considerazioni di D. DE PRETIS, Valutazione amministrativa e discre-

zionalità tecnica, Padova, 1995, 310, la quale afferma che «in questi casi diviene centrale l’indivi-
duazione del soggetto chiamato ad assumere la determinazione definitiva, controllabile, quanto ai
suoi termini di conformità con la norma, ma non sostituibile con la scelta ad opera di un altro sog-
getto».
2 Le Autorità indipendenti preposte al perseguimento del public interest declinano, infatti, le

finalità di regolazione attribuite dalla legge mediante l’esercizio di un potere pubblicistico che
vede fronteggiarsi situazioni di interesse legittimo, sia rispetto all’an che al quomodo dell’inter-
vento, in considerazione anche di una ponderazione delle diverse situazioni giuridiche soggettive
che vengono in rilievo nella situazione concreta. Il grado di incidenza e di integrazione della valu-
210 SILVIA DE NITTO

caso, invece, delle Autorità con compiti di aggiudicazione3, si tratta di effettuare


un accertamento dei presupposti di fatto e di applicazione di regole. Nel caso
specifico dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il giudizio ri-
guarda il rispetto (o la lesione) del principio di libertà di iniziativa economica.
Tale principio è legato o comunque presuppone certamente criteri tecnici o con-
cetti giuridici indeterminati, ma non occorre che sia preliminarmente confor-
mato da un intervento di regolazione dell’Autorità, trovando garanzia nella di-
chiarazione di accertamento di un abuso della libertà concorrenziale, grazie a
quella che è stata considerata una mera operazione ermeneutica norma-fatto4 (e
non norma-potere-effetto5).
Questa distinzione non sembra essere pienamente applicabile all’Autorità
antitrust, avendo essa sviluppato dei moduli di azione – aggiuntivi rispetto alle
funzioni che costituiscono propriamente la “mission” istituzionale di repres-
sione degli abusi concorrenziali – attraverso i quali essa tenta di favorire lo svi-
luppo della concorrenza intervenendo in maniera propulsiva sui mercati in via
“pro-concorrenziale”6. Si pensi, ad esempio, alle funzioni di advocacy, favorite
dalla previsione di una legittimazione speciale (art. 21-bis, l. 10 ottobre 1990, n.
287) in capo all’Autorità in difesa di un interesse pubblico specifico – ossia
quello alla tutela della concorrenza e del mercato – e dalla possibilità di tra-
smettere un parere ex art. 22, l. n. 289/1990, volto a correggere le distorsioni
del funzionamento concorrenziale del mercato di riferimento, per mezzo della
rappresentazione delle criticità regolative alle Autorità competenti a rimuoverle

tazione amministrativa dipenderà, oltre che dalla situazione concreta, dal tipo di parametro tec-
nico a cui si fa riferimento e dal settore di competenza. Si vedano, in tal senso, i capp.: VIII di F.
Caporale, IX di L. Lorenzoni e X di L. Lippolis, in questo Volume.
3 Si fa riferimento alla distinzione di G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di ga-

ranzia, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3, 1997, il quale, dopo aver registrato la pericolosa tendenza dot-
trinaria alla realizzazione di «semplificazioni unificanti» non in grado di valorizzare le diversità tra
le varie autorità indipendenti – pertanto non costituenti un autonomo genus –, individua il mo-
dello incarnato dall’Autorità antitrust, «che ha compiti esclusivamente di aggiudicazione e non di
regolazione dei settori di cui si occupa, giacché decide sillogisticamente di casi concreti appli-
cando la legge».
4 In tal senso F.G. SCOCA, F. DEGNI, Autorità amministrative indipendenti e sindacato giuri-

sdizionale, in L. PAGANETTO (a cura di), Authorities. Imparzialità e indipendenza, Roma, 2007, 20-
21, secondo i quali si tratta di una «attività che si qualifica come un’operazione ermeneutica
norma-fatto (e non norma-potere-fatto)».
5 Sulla base dello schema “Norma-potere-effetto”, prospettato nella nota sistemazione teo-

rica – ripresa dalla teoria di Guicciardi – di E. CAPACCIOLI, Interessi legittimi e risarcimento dei
danni, Milano, 1963, 119 ss., secondo il quale «la struttura del sistema normativo si ordina neces-
sariamente in uno di questi due schemi fondamentali: lo schema norma-fatto o lo schema norma-
potere»; tale ricostruzione è stata recentemente utilizzata con riferimento alle autorità amministra-
tive indipendenti da P. LAZZARA, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2001.
6 In tal senso si veda M. LIBERTINI, Autorità indipendenti e giurisdizione (con particolare rife-

rimento all’Autorità Garante della Concorrenza), in Astrid Rassegna, n. 3, 2019, 12-13, secondo il
quale «quando si dice che le autorità di concorrenza non fanno regolazione, si fa un’affermazione
solo parzialmente vera»: se è opportuno che i profili regolatori rimangano assenti nell’esercizio
delle funzioni “tradizionali”, risultano invece presenti, ad esempio, «nelle autorizzazioni condizio-
nate delle operazioni di concentrazione, nelle decisioni con impegni ed anche nella configurazione
delle diffide e dei successivi controlli sull’ottemperanza».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 211

e a rettificarle7. O si pensi, ancora, all’autorizzazione di operazioni di concen-


trazione vietate ai sensi dell’art. 6 della legge di settore, quando esse risultino
funzionali al soddisfacimento di «rilevanti interessi generali dell’economia na-
zionale, nell’ambito dell’integrazione europea» e «non comportino la elimina-
zione della concorrenza dal mercato o restrizioni alla concorrenza non stretta-
mente giustificate dagli interessi generali predetti» (art. 25, l. n. 287/1990). Per
tali atti l’Autorità è chiamata a compiere delle ‘valutazioni di efficienza’ ai fini
della comparazione tra gli effetti anticoncorrenziali, sia unilaterali che coordi-
nati, e gli effetti benefici che le concentrazioni possono produrre sulle imprese
coinvolte, in termini di efficienza tecnica, allocativa e dinamica. Più in generale,
in tutte queste fattispecie, non essendo l’Autorità «in posizione di indifferenza
e neutralità rispetto agli interessi e alle posizioni soggettive che vengono in ri-
lievo nello svolgimento della sua attività istituzionale»8, è possibile scorgere un
«conflitto tra interesse pubblico (la concorrenza, la tutela del risparmio, ecc.) e
le posizioni soggettive dei privati, garantiti ex art. 41, 1° comma, Cost., o ex art.
42, Cost.»9, che richiede una ponderazione dei vari interessi, diritti e valori in
gioco: ciò in quanto la «concorrenza è rilevante non solo come oggetto della si-
tuazione soggettiva protetta, ma anche come situazione di fatto socialmente
utile»10.
La sovrapposizione funzionale che caratterizza l’attività dell’AGCM impe-
disce, pertanto, di assumere come criterio utile sul piano giuridico la considera-
zione del fatto che l’Autorità appartenga alla categoria delle autorità di aggiudi-
cazione e non, invece, a quella delle autorità di regolazione. Risulta, invece, van-
taggioso accertare il tipo di potere esercitato dall’autorità stessa, proprio

7 Sul punto si veda Cons. St., sez. VI, 12 aprile 2017, n. 1708, in cui si sottolinea l’ambito

discrezionale che il potere presuppone: «l’uso delle parole “accertamento”, “valutazione” e “pos-
sibili violazioni”, per la loro valenza semantica, indicano in maniera palese la volontà del Giudice
di rimettere all’Autorità la scelta, che resta, quindi, discrezionale, sia delle modalità di acquisi-
zione istruttoria delle informazioni suddette (“accertamento” resta una parola neutra, quanto agli
strumenti formali delle verifiche imposte), sia dell’apprezzamento della rilevanza giuridica delle
notizie così ottenute (nel ché si risolve il significato della parola “valutazione”), sia, infine, della
configurazione di infrazioni alle regole della concorrenza (le parole “possibili violazioni” signifi-
cano chiaramente l’affidamento all’Autorità del pertinente scrutinio, che non può, pertanto, in-
tendersi assorbito e compreso nella decisione passata in giudicato)».
8 Corte cost., 31 gennaio 2019, n. 13, secondo la quale l’Autorità, essendo «portatrice di un

interesse pubblico specifico, che è quello alla tutela della concorrenza e del mercato (artt. 1 e 10
della legge n. 287 del 1990)», svolge una funzione amministrativa discrezionale, il cui esercizio
comporta la ponderazione dell’interesse primario con gli altri interessi pubblici e privati in gioco.
Tale carattere «emerge con particolare evidenza nei rilevanti poteri pararegolatori e consultivi at-
tribuiti all’Autorità garante (artt. 21, 22, 23 e 24 della legge antitrust […]) e nell’ampio margine
di discrezionalità amministrativa che connota istituti quali le autorizzazioni in deroga di intese vie-
tate, l’accettazione degli “impegni” e i cosiddetti programmi di clemenza (rispettivamente, artt. 4,
14-ter e 15, comma 2-bis, della legge antitrust)».
9 Così G. MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, in ID., Scritti di

diritto pubblico dell’economia, Torino, 2001, 246.


10 M. LIBERTINI, La prospettiva giuridica: caratteristiche della normativa antitrust e sistema

giuridico italiano, in Concorrenza e Autorità Antitrust. Un bilancio a 10 anni dalla legge. Atti del
convegno, Roma 9-10 ottobre 2000, in www.agcm.it, 72.
212 SILVIA DE NITTO

nell’ottica di verificare il concreto atteggiarsi del sindacato giurisdizionale11: oc-


corre, cioè, distinguere le funzioni mediante le quali, in via amministrativa, si in-
cide in senso conformativo su un determinato settore e su determinati soggetti
anche attraverso lo svolgimento di una ponderazione di interessi, dalle funzioni
che, invece, si sostanziano in un’attività decisoria di accertamento e repressione
degli illeciti. Se per le prime il discorso relativo all’intensità di controllo non do-
vrebbe allontanarsi da ciò che in termini generali vale per le attività di regola-
zione, per le seconde, invece, appare utile verificare se la circostanza che si tratti
di valutazioni che si sostanziano nella riconduzione di casi concreti all’interno di
fattispecie normative che utilizzano conoscenze tecniche o scientifiche com-
porti, o giustifichi, una differente profondità di analisi.
Ci si sofferma, per tale ragione, su queste ultime. Più in particolare si ana-
lizza il contenzioso relativo alle intese restrittive della concorrenza e agli abusi di
posizione dominante, fattispecie per la cui configurabilità risulta necessario rife-
rirsi a nozioni e concetti appartenenti al sapere tecnico-scientifico. È in ragione
di ciò che il d.P.R. 30 aprile 1998, n. 21712 ha introdotto una minuziosa regola-
mentazione delle varie fasi procedimentali, dei poteri dell’Autorità antitrust e
dei diritti delle parti e dei terzi, con la previsione di un ampio contraddittorio
procedimentale13. Più in particolare, il procedimento si suddivide in tre diverse
fasi: quella pre-istruttoria, che precede l’apertura del procedimento e assolve al-
l’importante funzione di consentire all’Autorità, soprattutto in caso di denunce,
una prima verifica e una valutazione degli elementi di cui è in possesso, al fine
di decidere se gli stessi giustifichino l’apertura di un formale procedimento
istruttorio o se debba procedersi, in caso contrario, all’archiviazione degli atti;
quella istruttoria propriamente detta, di acquisizione di elementi probatori e di
contraddittorio; e da ultimo, quella di chiusura del procedimento, con l’ado-
zione del provvedimento finale. Quanto alla fase istruttoria, gli uffici a ciò de-
putati sono dotati di ampi e incisivi poteri coercitivi, tali da consentire di pro-
cedere a ispezioni, a richieste di informazioni14 e di esibizione di documenti, di

11 Sul punto, A. MOLITERNI, Streamlining Judicial Review of Administrative Decisions: a Com-

parative Institutional Approach, in Riv. trim. dir. pubbl., 2018, 560-561, secondo il quale «in order
to compare the systems of control, it is necessary to pay great attention, for example, to the diffe-
rent levels of concentration of political and executive powers in each legal system and, in particu-
lar, to the different relations between administration and government. Therefore, it is fundamen-
tal to consider carefully the constitutional position of the specific administration and, above all,
the concrete tasks entrusted by the law to the agencies, since the intensity of judicial review
should be different in case of agencies entitled to the interpretation of the statutes, or if they are
in charge of the implementation of the law (with or without technical standards) or, again, in case
the agencies are entitled to carry on autonomous policies».
12 Recante il Regolamento in materia di procedure istruttorie di competenza dell’Autorità

garante della concorrenza e del mercato.


13 I soggetti che partecipano all’istruttoria hanno facoltà di presentare memorie scritte, do-

cumenti, deduzioni e pareri e di accedere ai documenti (art. 7, co. 1 e 2 del d.P.R. n. 217/1998) e
possono essere discrezionalmente ammessi dall’Autorità a rappresentare il loro punto di vista nel-
l’ambito dell’audizione finale (art. 14, co. 6).
14 Il novero dei soggetti destinatari delle richieste non è circoscritto alle imprese parti

dell’istruttoria, ma ricomprende chiunque sia in possesso di documenti utili a fini istruttori, che
deve per ciò solo considerarsi obbligato a fornire le informazioni richieste.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 213

disporre perizie e analisi statistiche ed economiche; nonché di consultare


esperti, ai fini sia di una migliore verifica della sussistenza dei presupposti della
violazione, sia della raccolta e analisi di elementi istruttori (ad esempio per la de-
terminazione della struttura dei prezzi di un determinato settore), sia, ancora, di
una più corretta elaborazione delle informazioni raccolte (in modo da rilevare
con metodi statistici o strumenti di analisi quantitativa, ad esempio, l’uniformità
dell’andamento dei prezzi praticati da più imprese in un certo periodo di
tempo). A seguito della comunicazione delle risultanze istruttorie da parte degli
uffici, si deve ritenere esaurita la loro competenza: è successivamente il collegio
ad adottare il provvedimento finale che si sostanzia in una diffida, con la quale
si intima alle imprese di tenere un comportamento tale da eliminare le infra-
zioni, entro un termine finale; in caso di inosservanza, viene adottato un ulte-
riore provvedimento, di carattere sanzionatorio, a seguito di un apposito proce-
dimento. La sanzione è prevista comunque ogniqualvolta la violazione rivesta un
carattere di gravità.

2. Il contenzioso da cui traggono origine le valutazioni giurisdizionali


Le pronunce numericamente15 più rilevanti concernono l’ipotesi dell’intesa
restrittiva normativamente vietata (art. 101 TFUE e art. 2, l. n. 287/1990). Si
tratta di ricorsi promossi dalle imprese destinatarie dei provvedimenti ablatori,
che contestano l’assenza dei presupposti cui è subordinato il potere sanzionato-
rio da esercitare nei confronti delle forme collusive dell’accordo o della pratica
concordata, fattispecie che, anche secondo la giurisprudenza eurounitaria16,
condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e mo-
dalità di svolgimento. La pratica concordata, infatti, costituisce una forma di
coordinamento fra imprese che non si spinge fino all’attuazione di un vero e
proprio accordo ma a esso sostituisce, in modo consapevole, un’espressa colla-
borazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza. I labili confini
normativi che caratterizzano tale illecito lasciano maggiori margini di impugna-
zione: il contenzioso risulta, infatti, assai più numeroso. Concede ulteriori spazi
di azione l’incertezza interpretativa derivante dal fatto che il vulnus al libero
gioco della concorrenza, in tali ipotesi, può essere di natura anche solamente po-
tenziale, non dovendo esso necessariamente essersi già consumato perché si pos-
sano ritenere configurate le fattispecie “di pericolo”17.
Quantitativamente inferiori sono le ipotesi in cui il contenzioso ha a og-
getto la configurabilità di un abuso di posizione dominante, ravvisabile quando

15 Si pensi che sul portale istituzionale della giustizia amministrativa, inserendo la locuzione

“intese antitrust”, risultano pubblicate, solo per il 2020 (fino a luglio), 88 sentenze, di cui 52 del
Consiglio di Stato (sez. VI), a fronte delle 29 sentenze per le fattispecie di “abuso di posizione
dominante”.
16 Corte giust. UE, 5 dicembre 2013, C-449/11P.
17 Cons. St., sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032; Cons. St., sez. VI, 24 ottobre 2014, nn. 5274,

5275, 5276, 5277, 5278.


214 SILVIA DE NITTO

l’impresa, grazie al suo potere di mercato, sia in grado di attuare pratiche e ot-
tenere benefici che non potrebbe conseguire in un contesto competitivo. L’ille-
cito in esame punisce, dunque, quell’impresa che, stante la propria forza di mer-
cato, si insinua nella dinamica concorrenziale al fine di minarla a proprio van-
taggio, a danno dei concorrenti o dei consumatori: stretto è il legame tra il
concetto di potere di mercato con quello, a rigore successivo, di abuso di tale
potere, nel senso che «intanto può predicarsi la sussistenza di un potere di mer-
cato in quanto è possibile che la impresa che lo detiene sia in grado di abu-
sarne»18. Questo costituisce il profilo di maggiore confronto processuale, anche
in ragione del fatto che l’elenco di condotte riportate all’interno dell’art. 102
TFUE e dell’art. 3 della l. n. 287/1990 non è considerabile come esaustivo: esso
riporta solo alcuni esempi di siffatti abusi, non esaurendo le modalità di sfrutta-
mento abusivo di posizione dominante contrastanti con la normativa. Partico-
larmente delicate appaiono le ipotesi in cui si contesti la sussistenza dei presup-
posti per l’applicazione della dottrina delle cc.dd. ‘essential facilities’.
Una parte rilevante delle pronunce ha a oggetto la valutazione relativa alla
determinazione della misura sanzionatoria, sotto un duplice profilo: il primo ri-
guarda la qualificabilità – ai fini sanzionatori – dell’illecito come “grave” o
“molto grave”19; il secondo attiene più propriamente al quantum. Relativamente
a quest’ultimo aspetto, occorre registrare che la legge 5 marzo 2001, n. 57 ha
modificato l’art. 15 della l. n. 287/1990, eliminando l’ammontare minimo (pari
all’1 per cento) della sanzione e prevedendone solamente uno massimo (pari al
10 per cento) da rapportare all’intero fatturato dell’impresa cui deve essere ap-
plicata la sanzione e non più solo al fatturato relativo ai prodotti oggetto del-
l’intesa o dell’abuso di posizione dominante. Ciò ha, da una parte, attribuito una
maggiore discrezionalità all’Autorità nella determinazione dell’entità della mi-
sura e, dall’altra, comportato la necessità di una più adeguata motivazione, at-
traverso l’indicazione di criteri di ordine generale o mediante specifiche e ap-
profondite spiegazioni relative ai singoli casi.
Con riferimento, invece, alle funzioni ancillari ma connesse a quella istitu-
zionale dell’Autorità, il potere in materia di protezione diretta dei consumatori
– da realizzare nelle ipotesi in cui si verifichino delle pratiche commerciali in-
gannevoli o aggressive considerabili sleali quando contrarie alle norme di dili-
genza professionale e quando falsino o siano idonee a falsare in misura rilevante
il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio
che le pratiche raggiungono o al quale sono dirette (direttiva 2005/29/CE) –
non pone particolari problematiche relative a profili di interpretazione e utilizzo
di tecnicismi o, meglio, di tecnicalità, tali da giustificare un’analisi specifica delle
relative pronunce. Occorre, però, precisare sul punto che un rafforzamento

18 Cons. St, sez. VI, 13 marzo 2020, n. 1832.


19 Siveda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, n. 5997 del 2017, secondo cui, con riferimento a
un’intesa sui prezzi che ha avuto quale “oggetto” la spartizione del mercato, «l’Autorità, nell’e-
sercizio dei propri poteri valutativi, può considerare come “molto grave” anche solo tale tipologia
di accordo a prescindere dalla valutazione degli effetti».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 215

della tutela giurisdizionale dei consumatori che subiscono un pregiudizio patri-


moniale derivante dal comportamento di un operatore economico, qualificabile
come violazione della concorrenza, è avvenuto a partire dalla direttiva
2014/104/EU – concernente il cosiddetto private enforcement e diretta ad am-
mettere regole processuali formalmente asimmetriche, volte a riequilibrare, nella
sostanza, le forze economiche contrapposte, anche al prezzo di attenuare la tu-
tela dell’operatore economico accusato di avere violato la concorrenza, a favore
del consumatore, soggetto “debole”, meritevole di una protezione differenziata
e più favorevole – e con la relativa disciplina di recepimento, la quale ha previ-
sto che «Ai fini dell’azione per il risarcimento del danno si ritiene definitiva-
mente accertata, nei confronti dell’autore, la violazione del diritto della concor-
renza constatata da una decisione dell’Autorità garante della concorrenza e del
mercato […], non più soggetta ad impugnazione davanti al giudice del ricorso,
o da una sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato»20.

3. L’intensità del sindacato giurisdizionale: orientamenti a confronto


Il settore antitrust costituisce un ambito in cui il giudice amministrativo,
con l’obiettivo di delineare un modello generale di sindacato – spesso indistin-
tamente esteso al controllo dell’attività di altre autorità indipendenti e ad ambiti
diversi21 –, ha tentato di sistematizzare i diversi orientamenti sul controllo giuri-
sdizionale avente a oggetto le valutazioni tecniche e sul relativo grado di inten-
sità. Tale finalità ha comportato, a partire dalla metà degli anni Duemila, la ne-
cessità di superare la contrapposizione tra sindacato ‘debole’ e ‘forte’22 – anco-

20 Art. 7, c. 1, d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3. Sul punto, in senso critico, M. LIPARI, Il sindacato

pieno del giudice amministrativo sulle sanzioni secondo i principi della CEDU e del diritto UE. Il re-
cepimento della direttiva n. 2014/104/EU sul private enforcement (decreto legislativo n. 3/2017):
le valutazioni tecniche opinabili riservate all’AGCM, in Federalismi.it, n. 8, 2018.
21 Sulle ragioni di tale estensione, il giudice amministrativo ha rinvenuto nell’indipendenza e

nella complessità tecnica delle valutazioni le ragioni di un trattamento giurisdizionale comune: sul
punto si veda Tar Lazio, sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157, che, relativamente a un’autorizzazione
della Banca d’Italia, afferma che, venendo «in rilievo provvedimenti discrezionali di un soggetto
riconducibile alla categoria delle autorità indipendenti, sembra congruo il richiamo alla recente
giurisprudenza della VI Sezione del Consiglio di Stato, per quanto applicabile, con cui è stato af-
frontato funditus, in riferimento agli atti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il
complesso tema della discrezionalità tecnica e della sua sindacabilità in sede giurisdizionale».
22 La prima formula è intesa come analisi volta a verificare che la scelta amministrativa sia

‘corretta’, ossia rientri tra quelle ragionevolmente possibili, anche alla luce delle valutazioni tecni-
che svolte, mentre la seconda come controllo in cui è possibile per il giudice elaborare una ‘pro-
pria’ scelta finale. Sul punto, Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050, secondo cui «il giu-
dice amministrativo – nella ricerca di un punto di equilibrio, da verificare di volta in volta in re-
lazione alla fattispecie concreta, tra le esigenze di garantire la pienezza e l’effettività della tutela
giurisdizionale e di evitare che il giudice possa esercitare egli stesso il potere amministrativo che
compete all’Autorità – può sindacare con pienezza di cognizione i fatti oggetto dell’indagine ed il
processo valutativo, mediante il quale l’Autorità applica al caso concreto la regola individuata, ma,
ove ne accerti la legittimità sulla base di una corretta applicazione delle regole tecniche sottostanti,
il suo sindacato deve arrestarsi, in quanto diversamente vi sarebbe un’indebita sostituzione del
giudice all’amministrazione, titolare del potere esercitato (cfr. in tal senso anche Cons. Stato, sez.
VI, 13 settembre 2012 n. 4873)». Tale sentenza è stata successivamente ripresa da Cons. St., sez.
216 SILVIA DE NITTO

rata al presupposto secondo cui le autorità indipendenti potessero vantare una


«speciale sfera di merito amministrativo insindacabile»23 –, definita sterile per-
ché «rischia, per l’eccessiva astrattezza dei suoi schematismi, di smarrire il pre-
supposto e il senso stesso del sindacato sulla discrezionalità tecnica»24.
Il superamento della classificazione meramente formale del sindacato non
ha però portato al consolidamento di un controllo omogeneo. Ne è al contrario
derivato un lungo alternarsi, fatto di evoluzioni e involuzioni, di differenti ten-
denze e approcci relativi al grado di intensità del controllo sull’attività dell’Au-
torità garante della concorrenza e del mercato: le numerosissime pronunce
aventi a oggetto le misure sanzionatorie dell’Autorità antitrust nel corso degli ul-
timi venti anni si sono caratterizzate per una intensità di controllo varia e diso-
mogenea, senza che venissero rese esplicite le ragioni alla base della scelta di ef-
fettuare un esame più o meno incisivo25.
A partire da alcune importanti pronunce del 2004, in linea con la tendenza
alla realizzazione di una definizione diretta e immediata del rapporto contro-
verso, il giudice amministrativo ha iniziato a svolgere una valutazione giurisdizio-
nale estesa «sino al controllo dell’analisi economica compiuta dall’Autorità (po-
tendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da questa, sia applicare la corretta
interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in
esame)»26. Si è così concretamente abbandonato il modello di sindacato ancorato
alla logica formale a favore di un controllo tendente all’individuazione di un mo-
dello comune a livello comunitario, «in cui il principio di effettività della tutela
giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie [e] in cui è attri-
buito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di
verificare – senza alcuna limitazione – se il potere a tal fine attribuito all’Autorità
antitrust sia stato correttamente esercitato»27. Ne sono seguite valutazioni in cui

VI, 14 ottobre 2016, n. 4266, secondo cui «Il controllo operato dal giudice di primo grado risulta
circoscritto in maniera appropriata a una verifica in ordine ai presupposti di fatto e alla ragione-
volezza, logicità e coerenza, delle argomentazioni e delle valutazioni finali posti dall’AGCM a fon-
damento del provvedimento impugnato in primo grado, alla luce della normativa di riferimento e
delle caratteristiche del caso concreto».
23 F. CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato. Poteri tecnici e “giurisdizionalizza-

zione”, Milano, 2005, 409, il quale per questo afferma che non si pone «la questione delle conta-
minazioni tra opinabilità e opportunità».
24 Cons. St., sez. III, 2 aprile 2013, n. 1856.
25 Sul punto, A. MOLITERNI, Streamlining Judicial Review of Administrative Decisions: a Com-

parative Institutional Approach, cit., 552 ss. secondo cui «the repetition of standard formula of
“manifest error” or “misuse of power” frequently occurs, without the explication of the factors
that have determined the different application and intensity of the single standard of review». E
ancora «there is a lacking inclination of Courts in evaluating deeply the economic analysis provi-
ded by the Antitrust Authority and, despite an “announced” strong judicial intervention on these
decisions, usually the Courts tend to consider mainly the rationality, the coherence, and the logi-
cality of the final decision from a legal point of view: this is confirmed by the lacking inclination
of judges in relying on technical external consultants, as well as in exercising the full jurisdiction
provided by the law on “questions of fact”».
26 Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n. 926.
27 Sempre Cons. St., sez. VI, 20 febbraio 2008, n. 597. Nello stesso senso, Cons. St., sez. VI,

17 marzo 2010, n. 1550; Tar Lazio, Roma, sez. I, 9 aprile 2010, n. 6185.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 217

il giudice si è spinto, ad esempio, oltre l’analisi fattuale delle condotte di esecu-


zione dell’intesa (come le condotte di ripartizione del mercato o quelle escludenti
dal mercato, tese cioè a creare artificiali barriere all’ingresso), andando a consi-
derare dettagliatamente gli effetti dell’intesa sul mercato (stabilità delle quote di
mercato, basso tasso di rotazione dei clienti, prezzo differenziale della merce ri-
spetto ad altri paesi europei). O in cui, relativamente alla certificazione dell’a-
buso di posizione rilevante e, più in particolare della condotta di compressione
dei margini (margin squeeze) – commessa da un’impresa verticalmente integrata,
ossia da un soggetto attivo in più stadi della filiera produttiva che vende all’in-
grosso l’input necessario per la produzione di un determinato bene/servizio fi-
nale, competendo poi nel relativo mercato al dettaglio –, il giudice è arrivato a ve-
rificare se il differenziale di prezzo tra l’input intermedio e il bene/servizio finale
fosse negativo o così ridotto da non mettere i concorrenti in condizione di poter
competere con l’impresa concorrente. Pronunce, quindi, caratterizzate da un
controllo «pieno e particolarmente penetrante»28 basato su analisi approfondite
dei criteri tecnico-economici, per come concretamente rilevanti29.
Parallelamente a tale tendenza giurisprudenziale, nel corso degli ultimi dieci
anni30, si è però andato delineando un diverso orientamento, meno coraggioso,
fondato su sentenze in cui il giudice appare ingabbiato in clausole di stile31 e in
cui lo svolgimento del controllo giudiziale che implica l’utilizzo di concetti tec-

28 Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479, in quanto «si svolge tanto con riguardo ai vizi

dell’eccesso di potere (logicità, congruità, ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza del


provvedimento sanzionatorio e del relativo impianto motivazionale), ma anche attraverso la veri-
fica dell’attendibilità delle operazioni tecniche compiute, quanto a correttezza dei criteri utilizzati
ed applicati»; nello stesso senso, già Cons. St., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154; Cons. St., sez.
VI, 4 luglio 2012, n. 2901; Cons. St., sez. VI, 28 settembre 2012, n. 5140.
29 In tal senso si veda Cons. St., sez. VI, 21 dicembre 2019, n. 8695, secondo cui «le con-

dotte contestate alle imprese appellanti, pur oggettivamente incasellabili, se decontestualizzate e


in sé considerate, in schemi tipicamente anticoncorrenziali, esigono, invece, alla luce delle pecu-
liarità del mercato in questione, una più attenta e approfondita disamina».
30 Sulla prevalenza della soluzione del sindacato ‘debole’ sull’attività delle autorità indipen-

denti, si v. – ex plurimis – Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479; Cons. St., sez. VI, 15 di-
cembre 2014, n. 6154; Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050; Cons. St., sez. VI, 12 no-
vembre 2014, n. 5548; Cons. St., sez. VI, 11 settembre 2014, n. 4629; Cons. St., sez. VI, 8 agosto
2014, n. 4228; Cons. St., sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2302; Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2013, n.
2722; Cons. St., sez. VI, 13 settembre 2012, n. 4873; Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2012, n. 4283;
Cons. St., sez. VI, 4 luglio 2012, n. 2901; Cons. St., sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2521; Cons. St., sez.
VI, 11 marzo 2012, n. 1192; Cons. St., sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 694; Cons. St., sez. VI, 4 set-
tembre 2007, n. 4635.
31 Seppur con qualche variazione, la formula utilizzata di frequente dal giudice amministra-

tivo è la seguente: «il giudice amministrativo, in relazione ai provvedimenti dell’Autorità, esercita


un sindacato di legittimità che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzio-
natorio: pertanto deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall’Auto-
rità risulti immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le disposizioni giuridiche siano
state correttamente individuate, interpretate e applicate, mentre, laddove residuino margini di
opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque so-
stituirsi all’AGCM nella definizione di tali concetti, se questa sia attendibile secondo la scienza
economica e immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici e da vizi di violazione di legge»
(Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197, che rinvia, in tal senso, a Cons. St., sez. VI, 30 giu-
gno 2016, n. 2947 e 13 giugno 2014, n. 3032).
218 SILVIA DE NITTO

nico-economici finisce in sostanza, il più delle volte, per risultare particolar-


mente ‘debole’. L’analisi rimane, infatti, ancorata alla censura della legittimità
delle misure amministrative per i soli «vizi di illogicità estrinseca»32 e trincerata
dietro l’“errore manifesto”, formula che, a ben vedere, consente al giudice di li-
mitarsi all’accertamento della mancata o non corretta valutazione da parte del-
l’Autorità dei fatti sostanziali del caso, alla verifica dell’incapacità dell’Autorità
di tener conto di un fattore rilevante – dando invece peso a un fattore irrilevante
distorsivo dell’analisi – o del mancato rispetto di uno standard di prova. Ne de-
riva un modello di sindacato tendenzialmente deferente, perché legato alla veri-
fica della ‘macroscopicità’ della illegittimità33. Si pensi, ad esempio, alla deci-
sione basata sulla rilevazione della «macroscopica inidoneità di un cartello for-
mato da imprese che complessivamente rappresentano solo il 25/30% del
mercato a produrre un apprezzabile effetto anticoncorrenziale, alla luce del
fatto che i consumatori avrebbero comunque avuto a disposizione numerose e
valide alternative (il rimanente 70/75% del mercato) tali da rendere inutile qual-
siasi ipotetica collusione»34.
Laddove, dunque, residuino margini di opinabilità in relazione a concetti
giuridici indeterminati o presupposti tecnico-economici e qualora la definizione
di tali concetti dovesse risultare attendibile secondo la scienza economica35, il
giudizio si arresta, finendo, in tale maniera, per appiattirsi sulla valutazione delle
prove fornite dalle parti, in base all’onere probatorio gravante a seconda delle
fattispecie concrete. In altri termini, ciò che il giudice si riduce a effettuare è l’a-
nalisi dell’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, della loro affida-
bilità e coerenza, e l’accertamento del fatto che tali elementi costituiscano l’in-
sieme dei dati rilevanti e siano idonei a corroborare le conclusioni che ne sono
state tratte36: la rilevazione di una eventuale carenza istruttoria finisce così per
trasformare «la sfera di opinabilità del giudizio tecnico svolto dall’Autorità, ri-
spetto alla quale […] il giudice amministrativo non può penetrare nello scruti-
nio, in una configurazione di incompletezza dell’istruttoria svolta»37.
Si registrano, inoltre, ipotesi in cui ciò che risulta proclamato espressa-
mente nelle premesse teoriche delle pronunce non corrisponde al processo de-
cisionale concretamente operato dal giudice amministrativo: il giudice, contra-

32 Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197.


33 Quando le censure dedotte sono sorrette da argomentazioni economiche e tecniche e in-
volgono «scelte di merito dell’Autorità, nell’esercizio della propria discrezionalità tecnica», le va-
lutazioni dell’Autorità non sono censurabili nel merito da parte del giudice amministrativo, ma
solo per vizi di illogicità estrinseca (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3291 e 26
gennaio 2015, n. 334). Nello stesso senso, la recente sentenza del Cons. St., sez. VI, 27 aprile 2020,
n. 2674.
34 Cons. St., sez. VI, 13 gennaio 2020, n. 296, 14 gennaio 2020, n. 361 e 21 gennaio 2020, n.

488.
35 In tal senso, ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 30 giugno 2016, n. 2947 e 13 giugno 2014, n.

3032.
36 Sul punto, Corte di Giustizia, 11 settembre 2014, C 67/13 P, Groupement des cartes ban-

caires, punto 46.


37 Cons. St., sez. VI, 27 aprile 2020, n. 2674.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 219

riamente alla premessa secondo cui occorre limitarsi a verificare se la risposta


fornita dall’Autorità nella “contestualizzazione” dei parametri giuridici indeter-
minati e nel loro raffronto con i fatti accertati sia logica e ragionevole, passa a in-
dagare la legittimità della misura amministrativa, considerando i benefici deri-
vanti dalla pattuizione complessiva conclusa, l’effetto anticoncorrenziale delle
clausole di non concorrenza, con un’indagine approfondita del contesto econo-
mico e giuridico di riferimento38.
Paradigmatica del manifestarsi di tale atteggiamento giurisprudenziale alta-
lenante è la questione relativa alla definizione del “mercato rilevante”39, la quale
implica una valutazione tecnico-economica cui segue l’applicazione delle norme
giuridiche sul tema, come interpretate dalla giurisprudenza comunitaria e nazio-
nale. Il controllo giudiziale di tale determinazione – che presuppone un’opera-
zione di “contestualizzazione” in grado di consentire di adattare concetti giuri-
dici indeterminati e criteri tecnici al caso specifico – si esaurisce non di rado nel
mero accertamento dell’evidenza dell’errore, in ragione del fatto che il riferi-
mento alla varia e mutevole realtà economica rende le valutazioni necessaria-
mente indeterminate e dunque opinabili. E ciò per le fattispecie riguardati tanto
gli accordi o le intese restrittive del mercato40 quanto l’abuso di posizione do-
minante41.
38 Tra le tante, si veda la recentissima sentenza del Cons. St., sez. VI, 4 giugno 2020, n. 3503.
39 Sul punto, si vedano le recenti sentenze: Cons. St., sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6022, per
cui «La individuazione del mercato, sul piano geografico e merceologico, è espressione del potere
di valutazione tecnica che può essere sindacato solo quando viola il principio di ragionevolezza»,
formula a cui la sentenza del Cons. St., sez. VI, 23 settembre 2019, n. 6314 fa seguire, in maniera
assertiva e concettualmente contraddittoria (si tratta, infatti, di valutazione tecnica o discrezio-
nale?) la definizione del tipo di potere esercitato dall’Autorità per l’individuazione del “mercato
rilevante”: «Nella fattispecie in esame l’Autorità ha esercitato il suo potere discrezionale in modo
conforme a tale principio». Si tratta di pronunce del medesimo giudice estensore. Sulla stessa li-
nea, si veda Tar Lazio, sez. I, 17 ottobre 2019, n. 11958.
40 Cons. St. sez. VI, 12 febbraio 2014, n. 693, secondo cui «la determinazione di circoscri-

vere il mercato rilevante a quello italiano relativo agli analoghi delle prostaglandine (tra i quali il
latanoprost, principio attivo dello Xalatan prodotto da Pfizer), con esclusione dei principi attivi
appartenenti alle altre classi di farmaci antiglaucomatosi, aventi diverse peculiarità terapeutiche, si
appalesa congruamente motivata e legittima sotto i profili sindacabili in giudizio, ristretti, secondo
un consolidato principio che il Collegio condivide (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 21 maggio
2013, n. 2722), ai soli vizi logici, di difetto di istruttoria e di motivazione, ovvero attinenti ad un
errore manifesto di valutazione, che nella specie non è dato riscontrare». Nello stesso senso, Cons.
St., sez. VI, 18 giugno 2020, n. 5156; 19 marzo 2020, n. 1943, secondo cui «la individuazione del
mercato, sul piano geografico e merceologico, è espressione del potere di valutazione tecnica che
può essere sindacato solo quando viola il principio di ragionevolezza».
41 Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228, secondo cui «il T.A.R. non si è limitato a rile-

vare l’asserita non congruità delle valutazioni che avevano indotto l’Autorità a ritenere che il mer-
cato qui rilevante si estendesse “quanto meno a livello provinciale”, ma – per poter affermare la
sussistenza dei presupposti dell’abuso di posizione dominante – si è spinto sino a sostituire la pro-
pria autonoma individuazione del mercato geografico rilevante, in tal modo ponendosi in evidente
antitesi con i richiamati e consolidati orientamenti giurisprudenziali»; Cons. St., sez. VI, 8 aprile
2014, n. 1673, secondo cui si tratta di una «valutazione complessa, che rapporta fattispecie giuri-
diche che, per il loro riferimento alla varia e mutevole realtà economica, sono di loro necessaria-
mente indeterminate, come quelle di mercato rilevante e di abuso di posizione dominante, al caso
specifico: una tale imprescindibile contestualizzazione sconta fatalmente “margini di opinabilità”
(tra tanti, Cons. Stato, VI, 20 maggio 2011, n. 3013; 16 settembre 2011, n. 5171)».
220 SILVIA DE NITTO

Non mancano, però, – seppur in numero ridotto – pronunce in cui, a ulte-


riore conferma della “schizofrenia” giurisprudenziale registrata, il giudice si oc-
cupa di valutare se, a seguito del raffronto dei parametri giuridici indeterminati
con i fatti accertati, la soluzione adottata dall’Autorità nel determinare il mer-
cato rilevante rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragio-
nevoli e proporzionate, che possono essere date a quel problema alla luce della
tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto42. Il giudizio, dun-
que, non si arresta con lo svolgimento di una valutazione “epidermica” ma, sul
modello eurounitario, si spenge alla considerazione dei contesti di riferimento,
per ciascuna fattispecie: i requisiti che deve soddisfare la definizione del mer-
cato variano in funzione delle circostanze di ogni caso di specie43, non potendosi
aprioristicamente estendere una definizione di mercato rilevante, operata con ri-
guardo a una fattispecie di abuso di posizione dominante, a ipotesi in cui venga
in rilievo la differente fattispecie di intesa restrittiva della concorrenza44; oc-
corre, inoltre, avere riguardo sia al mercato del prodotto rilevante, che com-
prende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sosti-
tuibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro
prezzi e dell’uso al quale sono destinati (Corte di Giustizia, 28 febbraio 2013, C
1/12, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, punto 77), sia al mercato geogra-
fico rilevante, che comprende l’area nella quale le imprese in causa forniscono o
acquistano prodotti o servizi e nella quale le condizioni di concorrenza sono suf-
ficientemente omogenee. Anche con riferimento alle questioni relative all’abuso
di posizione dominante e più in particolare alla valutazione della sostituibilità
del prodotto nello specifico ambito di riferimento, si registrano pronunce in cui
il giudice arriva a valutare la spiegazione logico-economica del fenomeno, dando
voce alle «componenti soggettive, legate al fatto che le decisioni dei consumatori
sono frutto anche di condizionamenti sociali e di convinzioni diffuse in uno spe-
cifico contesto spazio-temporale»45.

42 Sul punto, recentemente, Cons. St., sez. VI, 19 marzo 2020, n. 1943.
43 Corte di Giustizia, 11 luglio 2013, C-439/11 P, Ziegler SA, punto 72.
44 Recentissima è la pronuncia del Cons. St, sez. VI, 4 giugno 2020, n. 3503, in cui, ai fini di

una approfondita valutazione della individuazione del mercato rilevante svolta dall’Autorità, si ri-
percorre tale distinzione: «In materia di abuso di posizione dominante […] in linea di principio,
la definizione del mercato rilevante costituisce un presupposto per valutare l’eventuale esistenza
di una posizione dominante, dovendosi definire il perimetro all’interno del quale esaminare la
questione se l’impresa sia in grado di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti
dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e dei consumatori (cfr. Corte di Giustizia U.E., 30 gennaio
2020, in causa C-307/18, Generics (UK) Ltd). In materia di intese, invece, la definizione del mer-
cato rilevante tende a determinare se l’intesa sia tale da arrecare pregiudizio al commercio tra Stati
membri (per quanto di interesse nel presente giudizio, in cui si fa applicazione dell’art. 101
TFUE) e abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo sensibile il
gioco della concorrenza nell’ambito del mercato comune (cfr. Corte di Giustizia U.E., 11 luglio
2013, in causa C-439/11 P, Ziegler SA, punto 71)». In tal senso – ex multis – Cons. St., sez. VI, 10
marzo 2006, n. 1272; sez. VI, 13 maggio 2011 n. 2925 secondo cui la definizione del mercato ri-
levante è successiva rispetto all’individuazione dell’intesa in quanto sono l’ampiezza e l’oggetto
dell’intesa medesima a circoscrivere il mercato su cui l’abuso è commesso.
45 Cons. St., sez. VI, 13 marzo 2020, n. 1832.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 221

3.1. I principali orientamenti sulla valutazione del quantum delle misure sanzio-
natorie pecuniarie
La necessità di un sindacato esteso al merito sull’entità della misura san-
zionatoria pecuniaria risulta pacifica: il controllo è di «natura forte» dal mo-
mento che «la tutela giurisdizionale deve essere riconosciuta in maniera piena,
tenuto conto della vigenza, in materia di sanzioni pecuniarie, del principio di le-
galità che tutela il diritto del privato a non subire imposizioni patrimoniali al di
fuori dei casi previsti dalla legge (art. 23 Cost.)»46. Il consolidarsi, anche grazie
al forte impulso proveniente dalle pronunce della Corte europea dei diritti del-
l’uomo47, di tale esigenza è stato, nel 2010, recepito formalmente dal legislatore
con la previsione contenuta nell’art. 134, comma 1, lett. c) del Codice del pro-
cesso amministrativo, a norma della quale la cognizione del giudice amministra-
tivo relativamente alle sanzioni pecuniarie, comprese quelle applicate dalle au-
torità amministrative indipendenti, viene estesa al merito. Ma, alla soluzione
prevista dal legislatore, non è seguita un’uniformità interpretativa della norma.
Se, infatti, in via di principio si è affermata la tendenza a considerare il sin-
dacato sul calcolo della sanzione rinforzato dal potere di correggere il quantum
sanzionatorio con l’ammontare risultante dalla rinnovata operazione di calcolo
posta in essere dal giudice, non si è, invece, arrivati, ancora, a ritenere sciolto il
nodo concernente le modalità di tale sindacato. Il complesso di guidelines48 trat-

46 Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002, n. 926. Secondo A. LALLI, Il sindacato giurisdizionale sui

provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in Giorn. dir. amm., n. 4, 2003,
365, proprio l’esistenza di un diritto non meglio connotato a non subire impostazioni patrimoniali
al di fuori dei casi previsti dalla legge «costituisce il presupposto logico-giuridico in virtù del quale
il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile nella fattispecie l’art. 23 della l. n. 689/1981», che con-
sente al giudice di annullare in tutto o in parte l’ordinanza che irroga la sanzione amministrativa
o di modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta. Nello stesso senso si veda la
nota alla medesima pronuncia di F. FRACCHIA, C. VIDETTA, La tecnica come potere, in Foro it., 2002,
III, 497, secondo i quali «esigenze di ordine costituzionale e situazioni di “riserva” (per usare una
terminologia volutamente vaga) non giustificano […] l’esclusione tout court del sindacato giuri-
sdizionale, il che sarebbe tra l’altro in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost., ma unicamente la con-
figurazione del sindacato secondo la sua versione “debole”».
47 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, 27 settembre 2011, n. 43509/08, A. Mena-

rini Diagnostics Srl v. Italia. Significativo, in particolare, l’intervento del giudice Pinto secondo il
quale il controllo esercitato dal Consiglio di Stato si è limitato «ad un beneplacito formale e ad un
controllo meramente interno», non idoneo a garantire alcuna forma di tutela ai soggetti sottopo-
sti alla misura sanzionatoria. Sulla stessa linea, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sez. II, 4
marzo 2014, n. 18640/10, Grande Stevens e altri, dove si afferma che «le sanzioni pecuniarie in-
flitte ai ricorrenti, benché severe, non sembrano sproporzionate rispetto alla condotta loro
ascritta. Al riguardo, la Corte osserva che, nel fissare l’importo delle sanzioni, la CONSOB ha
preso in considerazione la posizione occupata dalle persone interessate e l’esistenza di un dolo e
che la corte d’appello ha ridotto le sanzioni inflitte a tre dei ricorrenti. Di conseguenza, non si può
considerare che le autorità interne abbiano applicato le sanzioni senza tenere conto delle circo-
stanze particolari del caso di specie o del fatto che i ricorrenti sono stati costretti a sostenere un
onere eccessivo e sproporzionato».
48 Gli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, par. 2,

lett. a), del Regolamento CE 1/2003, 2006/C 210/02 e le Linee Guida sulla modalità di applicazione
dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità in appli-
cazione dell’art. 15, comma 1, della L. n. 287/1990, in «Boll.», 42, 2014.
222 SILVIA DE NITTO

teggiato a livello sia europeo che interno fornisce sicuramente una cornice me-
todologica indispensabile per ancorare l’ampia discrezionalità tecnica di cui
gode l’Autorità a una serie di parametri deterministici, dai quali è consentito di-
stanziarsi al fine di valorizzare, nei margini della flessibilità prevista, la specifi-
cità dei singoli casi: è fisiologico che ciò accada, tanto in sede amministrativa
quanto in sede di rideterminazione della sanzione da parte del giudice. In tal
caso, però, assume una particolare rilevanza la motivazione relativa non solo alla
ragione del distacco dai criteri delle linee guida ma anche alle diverse scelte
compiute per la determinazione dell’entità della sanzione. Patologica diventa,
invece, l’ipotesi in cui il giudice, prescindendo dai limiti cui soggiace il potere
dell’AGCM, applichi una metodologia che non rientra tra quelle previste dalle
guidelines49, senza specificare dettagliatamente le ragioni della diversa scelta50.
Gli orientamenti giurisprudenziali sul punto si muovono, dunque, tuttora su
crinali ancora assai incerti: da un lato, è stato sottolineato che, anche se la san-
zione è amministrativa51, avendo essa natura punitiva-afflittiva, devono trovare
applicazione gli istituti e le garanzie tipiche di tutte le sanzioni di carattere puni-
tivo. Occorre, dunque, che il controllo da parte del giudice amministrativo sia in-
cisivo e «sfugg[a] da impropri automatismi»52, non potendosi sottrarre all’ambito
precettivo della generalità dei principi di diritto amministrativo e in particolare
del principio di proporzionalità53, sia in senso assoluto che relativo54, così te-
nendo in adeguato conto la realtà economica entro la quale opera l’impresa.
Dall’altro lato, invece, non mancano pronunce in cui il giudice, nonostante
la titolarità della giurisdizione estesa al merito, assume un atteggiamento defe-
rente nei confronti della determinazione effettuata dall’Autorità: appare, in tal
senso, emblematica la constatazione del fatto che il giudice abbia frequente-
mente rigettato la censura relativa a un asserito difetto di proporzionalità delle
sanzioni irrogate per un’intesa di prezzo limitandosi a osservare che il tratta-
mento sanzionatorio fosse caratterizzato da una «singolare tenuità afflittiva»55,
laddove, invece, «la valutabile gravità dell’intesa, (riguardata con riferimento al-
49 Per un’analisi economica che consideri i riflessi che l’incertezza metodologica alla base

della rideterminazione della sanzione da parte del giudice produce sulla capacità deterrente della
sanzione e sull’economia processuale si veda A. CASTALDO, M. GRANTALIANO, N.M.F. FARAONE, La
rideterminazione giudiziale delle sanzioni antitrust: tra discrezionalità tecnica e metodologica, in
Mercato Concorrenza Regole, n. 3, 2018, 487 ss.
50 Indicativa in tal senso è Tar Lazio, sez. I, 4 luglio 2002, n. 368.
51 Cfr., Corte cost., 4 giugno 2010, n. 196 che richiama la giurisprudenza della Corte di Stra-

sburgo, formatasi in particolare sull’interpretazione degli artt. 6 e 7 Cedu: Corte di Giustizia UE,
13 febbraio 1979, C-85/76 e Corte di Giustizia UE, 19 gennaio 2006, C-240/03.
52 Cons. St., sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4737.
53 Sul punto, Cons. St., sez. VI, n. 1943 del 2020, che sottolinea gli ultimi sviluppi della giu-

risprudenza sempre più propensa a valorizzare il principio di proporzionalità anche nell’ambito


delle sanzioni amministrative (a partire dalla sentenza della Corte costituzionale n. 112 del 2019);
Cons. St., sez. VI, 22 luglio 2014, n. 3896, secondo cui la graduazione delle sanzioni non risponde
a un mero calcolo economico ma occorre operare un bilanciamento fra i vari criteri (gravità della
violazione, dimensione e condizioni economiche dell’impresa, opera svolta per attenuare infra-
zione) al fine di raggiungere risultati efficaci e dissuasivi.
54 Così, tra le più recenti, si veda Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2019, n. 1551.
55 Tar Lazio, sez. I, 2 dicembre 2009, n. 12319.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 223

l’intensità del coinvolgimento delle parti, alla durata del concordamento posto
in essere da queste ultime, nonché alle divisate ricadute sul mercato di un bene
di così largo e diffuso consumo), ben [avrebbe] potuto condurre all’applica-
zione di misure afflittive caratterizzate da minore timidezza repressiva». E ciò
però senza procedere a una sua rideterminazione in peius. Ancor più significa-
tiva è una recente pronuncia del Consiglio di Stato, secondo cui, dovendosi con-
siderare «jus receptum (arg. ex Cons. St., sez. IV, 15 maggio 2017 n. 2256) che,
in tal materia, rientra nei poteri [del] Giudice non la riduzione della misura
della sanzione concretamente irrogata, ma la verifica del rispetto del principio di
proporzionalità in sede di quantificazione concreta della misura stessa e, dun-
que, del corretto esercizio del potere discrezionale da parte della P.A.», ci si
debba limitare ad un controllo che si limiti a considerare se la misura della san-
zione irrogata sia «ictu oculi irrazionale o sproporzionata»56.

4. Le tecniche maggiormente utilizzate per il controllo giurisdizionale


Nel tentativo di andare oltre il sindacato per come “dichiarato” o “defi-
nito” e di verificare se la categoria della c.d. discrezionalità tecnica – ammesso
che si possa ritenere ancora valida – giustifichi un diverso tipo di controllo del
giudice o se invece essa ponga un “falso problema”, così mettendo in discus-
sione la sua autonomia dalla nozione di discrezionalità amministrativa57, occorre
provare ad analizzare il contenzioso sull’attività dell’Autorità antitrust conside-
rando le tecniche di controllo maggiormente utilizzate.
Lo svolgimento di un esame in tal senso risulta necessario in primo luogo
per comprendere meglio le ragioni e i contesti storici, sociali e politici che
hanno potuto condizionare l’atteggiamento del giudice; in secondo luogo, per
evidenziare la confusa sovrapposizione58 effettuata a livello processuale tra la
valutazione dei fatti che integrano la condotta anticoncorrenziale disciplinata
dalla norma e l’interpretazione dei presupposti per l’adozione del provvedi-
56 Cons. St., sez. VI, 4 ottobre 2017, n. 4625.
57 Si veda sul punto C. DEODATO, Nuove riflessioni sull’intensità del sindacato del giudice am-
ministrativo. Il caso delle linee guida dell’ANAC, in Federalismi.it, il quale, nell’affrontare la pro-
blematica dei limiti del controllo del giudice amministrativo sugli atti amministrativi esercizio di
discrezionalità tanto amministrativa quanto tecnica, si chiede, in maniera provocatoria, se la di-
screzionalità tecnica non sia «un falso problema?». Nello stesso senso, F. MERUSI, Il giudice ammi-
nistrativo fra macro e micro economia, in L. AMMANNATI, P. CORRIAS, F. SARTORI, A. SCIARRONE ALI-
BRANDI (a cura di), I giudici e l’economia, Torino, 2018, 63, il quale mette in discussione il fatto che
la c.d. discrezionalità tecnica «esista distinta dalla discrezionalità tout court».
58 Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990, in cui se, da una parte,

come si vedrà successivamente, si afferma la necessità del giudice di svolgere accertamenti fattuali
che arrivino a considerare la maggiore attendibilità della soluzione adottata dall’Autorità, dall’al-
tra parte, si effettua una sovrapposizione tra gli elementi fattuali da verificare nella loro evidenza
storica e i presupposti del provvedimento implicanti criteri tecnico-economici incerti, come di-
mostra la seguente affermazione: «La sussunzione delle circostanze di fatto nel perimetro di esten-
sione logica e semantica dei concetti giuridici indeterminati (ad esempio, quella del “mercato rile-
vante”) è una attività intellettiva ricompresa nell’interpretazione dei presupposti della fattispecie
normativa, in quanto il tratto “libero” dell’apprezzamento tecnico si limita qui a riflettere esclusi-
vamente l’opinabilità propria di talune valutazioni economiche».
224 SILVIA DE NITTO

mento59. Se, infatti, la valutazione dei fatti non pone in senso stretto un pro-
blema di compatibilità – ma piuttosto di individuazione delle modalità e dei li-
miti entro cui svolgere l’istruttoria processuale – con l’opinabilità della scelta, né
con l’applicabilità dei criteri tecnici, particolari difficoltà emergono, invece,
come si vedrà, con riguardo alla considerazione dei presupposti del provvedi-
mento, soprattutto quando legati o basati su criteri socio-economici60, di teoria
economica (si pensi all’utilizzo della cosiddetta ‘teoria dei giochi’ nella regola-
zione antitrust) o tecnico-scientifici incerti, per i quali è possibile che l’esercizio
di un “apprezzamento” imponga all’Autorità l’effettuazione di una scelta.

4.1. Per un accertamento in via diretta dei fatti


Il sindacato sull’attività di repressione degli illeciti antitrust, dopo una
prima fase, negli anni Novanta, orientata a una tutela “incidentale” degli inte-
ressi privati protetti solamente quando corrispondenti al fine dell’interesse ge-
nerale alla libertà di concorrenza61 e nella quale non era possibile procedere a
una valutazione e a una definizione diretta e immediata del rapporto contro-

59 Seppur con riferimento al settore ambientale, sul punto si veda G. CLEMENTE DI SAN LUCA,

Il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia ambientale, in Giustamm.it, n. 7,


2016, secondo il quale, nell’ambito della discrezionalità tecnica, «affinché possa assumere il prov-
vedimento, la legge lascia alla P.A. uno spazio discrezionale concernente la verifica della sussi-
stenza dei presupposti tecnico-scientifici di opinabile rilevabilità». Più in generale, A. FALZEA, Gli
standards valutativi e la loro applicazione, in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica
giuridica. Teoria generale del diritto, vol. I, Milano, 1999, 419, il quale, nel chiedersi se l’identifi-
cazione e l’applicazione di uno standard valutativo da parte del giudice ponga una questione di di-
ritto o di fatto, afferma che il problema si risolve tenendo presente la distinzione «tra componente
di fatto della norma e questione di fatto del processo».
60 In tal senso si veda la Relazione annuale AGCM 2018, Presentazione del Presidente Gio-

vanni Pitruzzella, in https://www.agcm.it/dotcmsDOC/relazioni-annuali/relazioneannuale2017/


PresentazionePresid_2018.pdf, 5, secondo cui «Quando il market power è incontrastato, si realizza
un incremento del surplus del produttore che aumenta la ricchezza degli azionisti e dei top mana-
ger, cioè di coloro che si trovano nella parte alta della distribuzione dei redditi. Per questa ragione
un filone di pensiero autorevole – da Stiglitz a Piketty, da Fox a Baker e Salop – proprio negli anni
della crisi ha auspicato il rinvigorimento dell’intervento antitrust come mezzo efficace per contra-
stare le diseguaglianze. Queste finalità hanno inciso […] sulla scelta delle priorità e sulle policies
concretamente seguite negli ultimi sette anni». Sottolinea il forte legame tra la concorrenza e la
giustizia sociale M. D’ALBERTI, La concorrenza, in F. AMATORI, M. D’ALBERTI, L’impresa italiana,
vol. II, Roma, Treccani, 2020, 100 ss., secondo cui «Alcune decisioni dell’AGCM hanno avuto
particolare importanza, perché hanno riguardato settori assai delicati per l’economia nazionale,
per la tutela dei consumatori e per quelle finalità di protezione del pluralismo, della democrazia,
della giustizia sociale, che sono state alla base della moderna legislazione antitrust nata negli Stati
Uniti d’America».
61 Secondo la giurisprudenza amministrativa, infatti, nei confronti dei provvedimenti del-

l’Antitrust le imprese potevano vantare posizioni di interesse legittimo, senza tenere in considera-
zione la distinzione tra poteri di regolazione e quelli di repressione degli illeciti. In particolare, in
tal senso, si veda TAR Lazio, sez. I, 5 maggio 1994, n. 652, secondo cui rispetto al conseguimento
dell’interesse protetto «la posizione dei singoli – individui o imprese – che abbiano strumenti con-
trattuali ed organizzativi incisivi della libertà di concorrenza è garantita soltanto in quanto corri-
spondente al fine di interesse generale cui si è fatto riferimento e – quindi – con la tecnica propria
dell’interesse legittimo quale posizione soggettiva tutelata in modo diretto e occasionale in un pro-
cedimento amministrativo che tende a ripristinare – con il provvedimento finale – condizioni
piene ed effettive di libera concorrenza su un mercato nazionale».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 225

verso62, ha iniziato ad assumere, anche in conseguenza di una famosa pronuncia


della Corte di Cassazione63 dei primi anni Duemila, caratteri più specifici: ciò in
ragione del presupposto per cui l’Autorità antitrust agisce per ristabilire una si-
tuazione di fatto – ossia il corretto funzionamento dei mercati – che trova nella
legge e nell’ordinamento generale la sua unica “fonte” di regolazione. È la
norma, dunque, che si pone come limite esterno al diritto costituzionalmente tu-
telato dall’art. 41 Cost. ogniqualvolta si verifichi una lesione della concorrenza
provocata dall’abuso della libertà di attività economica. L’attività dell’Autorità si
esaurisce così nello svolgimento dell’accertamento dei fatti, di una loro valuta-
zione e inquadramento nelle fattispecie legali dell’abuso di posizione dominante
o dell’intesa restrittiva della concorrenza. Ne deriva che il sindacato del giudice
non si sostanzia in una valutazione della ponderazione dei vari interessi in gioco
basata sulla premessa dell’opportunità e opinabilità della scelta, ma in un’ope-
razione interpretativa in cui il giudice verifica l’interpretazione offerta dal-
l’AGCM in rapporto alle norme di riferimento, ossia agli schemi di un corretto
esercizio del diritto di libera iniziativa economica.
L’attenzione della giurisprudenza si è, pertanto, spostata sull’accertamento
dei fatti e sulla loro successiva riconduzione entro le fattispecie legali64, attri-
buendo importanza al momento della stretta interpretazione, al di là dell’ine-
renza delle valutazioni tecniche a sfere più o meno ampie di discrezionalità po-
litico-amministrativa dell’Autorità.
Del resto, anche le norme, per come formulate, sembrano andare in tal
senso: il verificarsi di un illecito anticoncorrenziale come un’intesa restrittiva – a
prescindere dal ruolo giocato nella stessa intesa dall’impresa destinataria della
misura65 – presuppone l’accertamento di fatti66 nella loro veridicità storica e ma-

62 Tra le tante, di assoluto rilievo sono due pronunce del Consiglio di Stato (Cons. St., sez.

VI, 23 aprile 2002, n. 2199 e Cons. St., sez. VI, 1° ottobre 2002, n. 5156) con le quali si è deli-
neato un modello di sindacato debole, fondato sulla distinzione netta tra ciò che costituisce mera
acquisizione di fatti e ciò che invece ne costituisce elaborazione.
63 Cass., sez. I, 20 maggio 2002, n. 7341, secondo la quale, al di là della natura amministra-

tiva delle autorità, alcune di esse – e in particolar modo il Garante per la protezione dei dati per-
sonali e l’AGCM – si vedono attribuiti dei «poteri decisori in materia di diritti soggettivi di rango
costituzionale». Più in particolare il potere antitrust «si occupa dell’esercizio del diritto soggettivo
alla libertà di impresa, verificandone la compatibilità con l’interesse pubblico alla conservazione
della struttura concorrenziale». E ciò accade dal momento che «non è affatto disconosciuto, al si-
stema delle Autorità indipendenti, la attribuzione di un potere amministrativo decisorio su diritti
soggettivi veri e propri, basato cioè sulla identificazione di posizioni giuridiche tutelate e non di
valutazioni semplicemente discrezionali».
64 Sul punto, M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto

e problemi, Milano, 1939, 71, secondo il quale «l’applicazione di regole [tecniche] per determi-
nare un fatto onde qualificarlo giuridicamente, dà luogo ad un giudizio (qualificatorio) che è uno
dei momenti dell’applicazione della legge».
65 Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2018, n. 2002, secondo cui è superfluo valutare se il singolo

partecipante all’intesa abbia avuto all’interno della stessa un ruolo maggiore o minore, attivo o ad-
dirittura meramente passivo, in quanto «l’intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si
limiti a trarne vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l’esonero
della responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall’intesa».
66 Basti vedere la formulazione dell’art. 2, co. 2, che descrive le circostanze fattuali in cui si

può ritenere verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza. Nello stesso senso, assai em-
226 SILVIA DE NITTO

teriale. Allo stesso modo, il verificarsi di una pratica commerciale scorretta67,


non implicando l’applicazione da parte dell’Autorità di principi economici né
l’impiego di criteri ad alto tecnicismo, richiede esclusivamente di dare conte-
nuto effettivo al concetto giuridico indeterminato di “condotta ingannevole
della pratica commerciale”68, ossia di accertare il concreto verificarsi dei pre-
supposti voluti dalla legge per ritenere sussistente una condotta illecita69. Di-
nanzi a tale potere di accertamento si fronteggia solo il diritto dell’operatore a
sapere se è stato effettivamente commesso un illecito, attraverso un’istruttoria
idonea a dimostrare la pratica anticoncorrenziale70.
Si è così arrivati a ritenere opportuno consentire al giudice – come preco-
nizzato dal Consiglio di Stato già nel 200071 – una piena conoscibilità, dal punto

blematica, sul punto, è la formulazione dell’art. 5 della l. n. 287/1990, che definisce in maniera
precisa tutte le ipotesi fattuali in cui l’operazione di concentrazione si realizza, ossia «a) quando
due o più imprese procedono a fusione; b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di
almeno un’impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia
mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro
mezzo, il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese; c) quando due o più imprese pro-
cedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un’impresa comune».
67 Riassume i casi di pratiche commerciali scorrette Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2019, n.

1167: «Per “pratiche commerciali” – assoggettate al titolo III della parte II del […] Codice del con-
sumo – si intendono tutti i comportamenti tenuti da professionisti che siano oggettivamente “corre-
lati” alla “promozione, vendita o fornitura” di beni o di servizi a consumatori, e posti in essere an-
teriormente, contestualmente o anche posteriormente all’instaurazione dei rapporti contrattuali. La
condotta tenuta dal professionista può consistere in dichiarazioni, atti materiali, o anche semplici
omissioni». La ratio della disciplina in materia di pratiche scorrette è, pertanto, «quella di salva-
guardare la libertà di autodeterminazione del destinatario di un messaggio promozionale da ogni er-
ronea interferenza che possa, anche solo in via teorica, incidere sulle sue scelte e sui riflessi econo-
mici delle stesse fin dal primo contatto pubblicitario» (Cons. St., sez. VI, 2 dicembre 2019, n. 8227).
68 Sul punto, Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2019, n. 2979, in cui si sottolinea che «la verifica

di piena corrispondenza di quanto sanzionato al fatto costituisce l’ubi consistam del sindacato di
legittimità avente ad oggetto la sanzione impugnata», espressione di una valutazione «non assimi-
labile a quella involgente un apprezzamento tecnico complesso e non involgente […] il sindacato
di merito sull’opzione attinta dall’Autorità». Nel caso di specie, dunque, «valorizzando (gli ele-
menti di fatto emersi nel) l’ispezione effettuata nello stabilimento della ricorrente dall’ASL – con-
clusasi con il rilievo che l’utilizzo di impianti di produzione e di metodologie differenti da quelle
classiche “legittima la locuzione artigianale al fine di qualificare un elemento che si differenzia so-
stanzialmente, per i metodi produttivi e tecnologici impiegati, da quello tradizionalmente pro-
dotto in larga scala” –, e nel sottoporre a giudizio critico l’addebito contestato si garantisce la
piena ed effettiva tutela all’impresa incolpata».
69 In tal senso, Cons. St., sez. VI, 21 settembre 2011, n. 5307, secondo cui «alla luce di

quanto detto, erroneamente l’Autorità ha ritenuto di ascrivere alla società appellata di aver posto
in essere una pratica commerciale “aggressiva”, in difetto dei presupposti voluti dalla legge per ri-
tenere sussistente tal genere di condotta»; e, di recente, Cons. St., sez. VI, 25 ottobre 2019, n.
7296: «Si tratta […] di una condotta concreta che integra gli estremi della condotta tipica della
pratica commerciale aggressiva consistente nella fornitura di servizi non richiesti. In particolare,
risulta che: i) i servizi in esame siano stati preimpostati e preattivati sulle carte SIM senza che il
consumatore sia stato adeguatamente informato in modo chiaro e adeguato; ii) il professionista ha
richiesto il pagamento del servizio non richiesto».
70 Possibile è, allora, la dichiarazione di invalidità del provvedimento dell’Autorità che non

abbia svolto un’istruttoria idonea a dimostrare che la condotta della società destinataria del prov-
vedimento integrasse effettivamente una pratica anticoncorrenziale. In tal senso si veda Cons. St.,
sez. VI, 20 febbraio 2019, n. 957, con riferimento ad una pratica commerciale scorretta.
71 Cons. St., sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2292, secondo cui «la tutela giurisdizionale, per es-

sere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, ma deve consentire al giu-
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 227

di vista fattuale, della sostanza della decisione, indipendentemente dal fatto che
si voglia considerare la situazione soggettiva su cui incide l’attività tecnica del-
l’Autorità antitrust come interesse legittimo, come diritto soggettivo72 o come
entrambi possibili a seconda della fattispecie concreta73. Contrariamente, infatti,
a quanto si è ritenuto fino ai primi anni del Duemila, il giudice amministrativo,
chiamato a verificare la corretta individuazione, interpretazione e applicazione
delle disposizioni giuridiche antitrust, ha iniziato ad assumere un atteggiamento
più incisivo e a prestare una particolare attenzione all’effettiva verifica della le-
sione concorrenziale.
Più in particolare, egli può conoscere il contenuto tecnico dell’atto ed ef-
fettuare una «verifica diretta dei fatti posti a fondamento della decisione impu-
gnata», come ora espressamente previsto dall’art. 7 del d.lgs. 19 gennaio 2017,
n. 374 e come avviene nelle azioni risarcitorie c.d. stand alone 75 (ossia non pre-
cedute da una decisione dell’Autorità), dove il giudice civile – sia pure a fini ri-
sarcitori – è chiamato a verificare direttamente e in prima persona l’illecito. Una

dice un controllo intrinseco, avvalendosi eventualmente anche di regole e conoscenze tecniche


appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministrazione».
72 Sul punto, sottolinea la difficoltà di distinguere le due situazioni soggettive, G. SCARSELLI,

Brevi note sui procedimenti amministrativi che si svolgono dinanzi alle autorità garanti e sui loro
controlli giurisdizionali, in Foro it., 2002, 491, il quale, però, prosegue affermando che «le situa-
zioni di privato vantaggio affidate alla cura delle autorità garanti debbano considerarsi situazioni
di diritto soggettivo, spesso addirittura di rango costituzionale». Sul punto si esprime anche F.G.
SCOCA, Giudice amministrativo ed esigenze del mercato, in Dir. amm., n. 2, 2008, 277, il quale pur
premettendo che «si tratta di tutela di diritti soggettivi mediante un processo impugnatorio», pro-
segue sottolineando l’importanza che si consideri anche, come oggetto del processo, il procedi-
mento, il quale deve mantenere integra la sua rilevanza.
73 Secondo A. ROMANO TASSONE, Situazioni giuridiche soggettive e decisioni delle autorità in-

dipendenti, in F. FRANCARIO (a cura di), Diritti, interessi ed amministrazioni indipendenti. Giornate


di studio sulla giustizia amministrativa dedicate ad Eugenio Cannada-Bartoli, Milano, 2003, 118, le
«situazioni potranno […] atteggiarsi sia come interessi legittimi, sia (sempre più spesso) come di-
ritti soggettivi».
74 In attuazione della direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26

novembre 2014. L’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017 aggiunge, di seguito alla frase sopra riportata, la se-
guente: «e si estende anche ai profili tecnici che non presentano un oggettivo margine di opinabi-
lità», ponendo non pochi problemi interpretativi. Sul punto si veda M. LIPARI, Il sindacato pieno
del giudice amministrativo sulle sanzioni secondo i principi della CEDU e del diritto UE, cit., 28, il
quale ha ritenuto «auspicabile la rapida cancellazione di una norma, la quale, seppure potrebbe
essere finalizzata a delineare ambiti di sindacabilità del fatto molto estesi, è in concreto destinata
a creare inutili complicazioni del sistema». Nello stesso senso erano già intervenute le Sezioni
Unite della Corte di Cassazione (20 gennaio 2014, n. 1013) che, riprendendo alcuni precedenti
(Cass., SS.UU., 29 aprile 2005, n. 8882; 17 marzo 2008, n. 7063; 13 maggio 2013, n. 11345),
hanno confermato la tesi secondo cui il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui
provvedimenti delle autorità indipendenti comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento
del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici.
75 Diversa è l’ipotesi delle azioni risarcitorie c.d. follow up, in cui il giudice civile non può

discostarsi dall’accertamento effettuato dall’Autorità antitrust, come ora previsto espressamente


dall’art. 7 del d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 13. La norma ha provocato un dibattito acceso in dot-
trina: in particolare, si veda G. GRECO, L’accertamento delle violazioni del diritto della concorrenza
e il sindacato del giudice amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 2016, 1016, il quale ha sotto-
lineato l’esigenza che il giudice amministrativo, come giudice del diritto soggettivo, «potrà (e do-
vrà) valutare l’esistenza dell’illecito antitrust, alla stessa stregua di qualunque illecito civile e con
la pienezza dei poteri cognitori, istruttori e decisori (anche sostitutivi), che ciò comporta».
228 SILVIA DE NITTO

recentissima pronuncia del Consiglio di Stato76 sembra, in qualche modo, aver


suggellato tale necessità, affermando che «nulla si oppone a che sia il giudice a
“definire” la fattispecie sostanziale». Infatti, in conseguenza della circostanza
per cui gli elementi descrittivi – anche quelli valutativi e complessi – del divieto
di intesa anticompetitiva siano stati presi in considerazione dalla norma attribu-
tiva del potere nella dimensione oggettiva di “fatto storico” accertabile in via di-
retta e non in quella di fatto “mediato” dall’apprezzamento dell’Autorità, il giu-
dice «deve procedere ad una compiuta e diretta disamina della fattispecie». Ne
consegue che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva e rispettosa della ga-
ranzia della parità delle armi tra le parti processuali, deve consentire al giudice
un controllo penetrante e diretto del fatto «sotto il profilo della sua intrinseca
verità77 (per quanto, in senso epistemologico, controvertibile)». E ciò in quanto
il modello antitrust è «una forma di garanzia amministrativa che presidia le
“condizioni di contesto” – prefigurate dal legislatore – all’interno delle quali i
rapporti interprivati possono legittimamente esplicarsi, non attingendo il livello
di politicità della regolazione economica. La vigilanza della condotta delle im-
prese presenti sul mercato […] realizza pur sempre una funzione “arbitrale” tra
interessi privati contrapposti, volta fondamentalmente all’accertamento della
corretta applicazione delle norme di legge»78.

4.2. Il problematico controllo giudiziale dei profili che presuppongono una valuta-
zione economica della fattispecie
Se oramai non sembrano più operare limiti relativamente all’accertamento
e alla ricostruzione della componente di fatto della norma, problemi sorgono
quando la «questione di fatto del processo»79 non risulta facilmente scindibile
da profili che presuppongono una valutazione anche economica della fattispecie
oggetto del giudizio: l’ipotesi ricostruttiva formulata dall’Autorità nell’ambito
dei procedimenti antitrust, infatti, si serve di leggi economiche e di «massime di

76 Cons. St., sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990, sulla quale si veda il commento, in parte cri-

tico, di M. CAPPAI, Il problema del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti dell’AGCM in mate-
ria antitrust: un passo in avanti, due indietro … e uno in avanti. Una proposta per superare l’im-
passe, in Federalismi.it, n. 21, 2019.
77 Sulla stessa linea, già Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2014, nn. 4511 e 4513, secondo cui

«sussist[o]no tutti gli elementi per supportare in modo adeguato l’attivazione del potere sanzio-
natorio esercitato nei confronti della società appellante e ciò non soltanto sulla base del dato for-
male ed estrinseco rappresentato dalla partecipazione alle riunioni in quanto tali, ma in base al
dato sostanziale ed intrinseco inerente la consistenza oggettiva della condotta individuale posta in
relazione alla condotta collettivamente realizzata dalle altre imprese partecipanti e la valutazione
della sua oggettiva gravità».
78 Ancora Cons. St., sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990.
79 Relativamente all’applicazione da parte del giudice di uno standard valutativo ricavato

da situazioni culturali non giuridiche ma appartenenti all’arte, alla scienza e alla tecnica, A. FAL-
ZEA, Gli standards valutativi e la loro applicazione, in Ricerche di teoria generale del diritto e di
dogmatica giuridica, cit., 419, sottolinea l’importanza della distinzione «tra componente di fatto
della norma e questione di fatto del processo».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 229

esperienza comuni a tutti gli esperti della disciplina»80, che rendono complicata
l’individuazione dei confini entro i quali si deve mantenere il giudizio.
Ma quali sono i criteri guida utilizzati dal giudice per la valutazione dei
fatti in termini “giuridici”, una volta che si sia provveduto al loro accertamento?
Senza dubbio l’individuazione dei parametri di valutazione giudiziale ha ri-
sentito del dibattito dottrinario ancora non del tutto sopito tra coloro che si
sono espressi a favore dell’utilizzo di un approccio economico nell’applicazione
del diritto antitrust e coloro che invece si sono mostrati a esso contrari. La scelta
metodologica effettuata dall’Autorità antitrust – ma anche dalla Commissione
europea – dell’approccio da seguire ha, infatti, comportato delle conseguenze si-
gnificative sulle modalità e sulla relativa intensità del controllo giudiziale. A par-
tire dagli anni Duemila è progressivamente divenuto prevalente l’utilizzo del co-
siddetto approccio economico81 che ha posto al centro della valutazione anti-
trust non già, come avveniva in base all’approccio tradizionale82, la conformità
(o difformità) delle pratiche indagate alle regole della disciplina antitrust, ma gli
effetti che da esse è ragionevole attendersi83. Ne sarebbe dovuta derivare una
prevalenza delle valutazioni di contesto rispetto alle presunzioni di illiceità. In

80 F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalità, in V. PARISIO (a cura di),

Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 121. Sul punto, S. KUHN, La struttura
delle rivoluzioni scientifiche, Torino, 2009, 73-74, esemplifica e relativizza l’importanza dell’espe-
rienza nella determinazione dei paradigmi delle ‘scienze normali’ – ossia di quelle fondate su uno
o su più risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica
riconosce la capacità di costituire il fondamento della sua prassi ulteriore –, riportando il caso di
un ricercatore che, sperando di sapere qualcosa circa l’opinione degli scienziati a proposito della
natura della teoria atomica, chiede a un famoso fisico e a un eminente chimico, se un singolo
atomo di elio fosse una molecola o no. Entrambi risposero senza esitare, ma in maniera opposta,
uno in ragione della teoria cinetica dei gas e l’altro in ragione dell’assenza di uno spettro moleco-
lare. Presumibilmente, conclude l’A., «entrambi parlavano della stessa particella, ma essi la consi-
deravano secondo le differenti prospettive delle loro rispettive formazioni ed attività di ricerca.
[…] Senza dubbio le loro esperienze avevano avuto molti punti in comune, ma in questo caso,
portavano i due specialisti a conclusioni diverse».
81 Si veda in tal senso un Report to Article 82 del 2005 dell’Economic Advisory Group on

Competition Policy.
82 F. DENOZZA, A. TOFFOLETTO, Contro l’utilizzazione dell’«approccio economico» nell’inter-

pretazione del diritto antitrust, in Mercato Concorrenza Regole, n. 3, 2006, i quali osservano «che
molte decisioni antitrust (probabilmente la maggior parte di quelle che richiedono «bilancia-
menti»), non diversamente da tutte le altre decisioni normalmente assunte da giudici ed autorità
varie, risolvono conflitti tra diversi interessi facenti capo a diversi soggetti. Questa banalità non
avrebbe avuto neppure bisogno di essere ribadita, se non fosse per la diffusione della distorta no-
zione di consumer welfare […] che in realtà è giuridicamente inutilizzabile. Se i consumatori
hanno interessi contrapposti, non ha senso operare con un concetto che presuppone la lineare
massimizzazione di un interesse comune».
83 Tra i molti, si veda, ad esempio, il recente provv. n. 28043/2019, nel quale l’AGCM af-

ferma che «Queste condotte hanno inciso sulla concorrenza non solo mediante il peggioramento
delle condizioni competitive sul mercato, con l’indebolimento ed esclusione di RN e del suo ac-
quirente, ma anche con effetti negativi consistenti nei maggiori costi che le rivendite promiscue
devono sostenere. Anche se la numerosità di tali rivendite è esigua, si deve osservare che tutto
questo avviene in un contesto di contrazione del mercato, nel quale la quantità delle rivendite di
quotidiani e periodici si riduce sempre più. Tali condotte, quindi, contribuiscono ad acuire la
profonda crisi del settore e, pertanto, non possono essere trascurate nell’analisi degli effetti per la
concorrenza».
230 SILVIA DE NITTO

realtà, anche l’effect based approach ha finito per produrre presunzioni o, me-
glio, per trasformare principi di analisi e teoria economica in presunzioni dotate
di valenza giuridica84. Sul piano processuale, ne è conseguito che l’onere della
prova venisse attentamente distribuito, sia escludendo la possibilità di presun-
zioni assolute, sia richiedendo all’Autorità antitrust un’attenta e non formale
considerazione delle controdeduzioni delle parti, con un rispetto sostanziale del
principio di completezza dell’istruttoria e dell’obbligo di motivazione85.
Più nel dettaglio, un criterio che è stato negli anni elaborato è quello «della
c.d. congruenza narrativa, in virtù del quale l’ipotesi sorretta da plurimi indizi
concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l’u-
nica a dare un senso accettabile alla “storia” che si propone per la ricostru-
zione»86 di un illecito anticoncorrenziale. La giurisprudenza, infatti, consapevole
della rarità dell’acquisizione di una prova piena, ha ritenuto «che la prova della
pratica concordata, oltre che documentale, possa anche essere indiziaria, purché
gli indizi siano gravi, precisi e concordanti»87. Tra questi, particolare valore as-
sumono la durata, l’uniformità e il parallelismo dei comportamenti; l’esistenza di
incontri tra le imprese; gli impegni, ancorché generici e apparentemente non
univoci, di strategie e politiche comuni; i segnali e le informative reciproche; il
successo pratico dei comportamenti, che non possono derivare da iniziative uni-
laterali, ma solo da condotte concertate88.
Ciò ha assunto particolare rilevanza nella distinzione tra le diverse fattispe-
cie che possono configurare un’ipotesi di intesa restrittiva della concorrenza, os-

84 Recentissimi sono i provv. n. 28044/2019, in cui l’AGCM delibera di non avviare l’istrut-

toria perché «Alla luce di quanto precede, si ritiene che non sia necessario ricorrere ad ulteriori
approfondimenti in merito all’impatto dell’operazione sotto il profilo degli effetti unilaterali» e n.
28047/2019 secondo cui «In ogni caso, nell’operazione in esame non appare necessario pervenire
a una più puntuale definizione dei mercati merceologici rilevanti, in quanto in tutte le possibili
configurazioni degli stessi non si produrrebbero effetti pregiudizievoli per la concorrenza».
85 L. TORCHIA, Il diritto antitrust di fronte al giudice amministrativo, in Mercato Concorrenza

Regole, n. 3, 2013, 529.


86 Così le due sentenze del Consiglio Stato, sez. VI, 25 marzo 2009, n. 1794 e sez. VI, 9

aprile 2009, n. 2201.


87 Cons. St., sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6031, il quale, con riguardo alle “intese per ef-

fetto”, che ricorrono quando non sussistono i presupposti per configurare la sussistenza di una in-
tesa per “oggetto”, con la conseguenza che diventa necessario verificare in concreto quali siano gli
effetti che esse causano nel mercato, sottolinea come la figura dell’accordo, rispetto alla diversa
ipotesi della pratica concordata, sia rara nella prassi in quanto «gli operatori del mercato, ove in-
tendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, ed essendo consapevoli della sua illiceità,
tenteranno con ogni mezzo di celarla, evitando accordi scritti o accordi verbali espressi e ricor-
rendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto». Nello stesso
senso, Cons. St., sez. VI, 31 luglio 2019, n. 5401; Cons. St., sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197. Già
prima, Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2018 n. 2002, secondo cui l’esistenza di una pratica o di un ac-
cordo anticoncorrenziale può essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi che,
considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente,
la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.
A livello europeo, si veda Corte di giustizia CE, 17 settembre 2015, Total Marketing Servi-
ces v. Commissione, C-634/13 e 10 luglio 2010, Knauf Gips v. Commissione, C-407/08.
88 Tra le tante in tal senso, si veda Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123; Cons. Stato,

sez. VI, 10 luglio 2018, n. 4211.


SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 231

sia quella intercorrente fra intese restrittive per oggetto e per effetto – contenuta
nell’art. 101, paragrafo 1, TFUE e riprodotta nell’art. 2 della legge n. 287/1990 –,
capace di incidere sul contenuto della prova da acquisire nell’ambito del proce-
dimento antitrust89: un accordo, infatti, può qualificarsi come intesa restrittiva
della concorrenza per oggetto ove presenti, di per sé, «un grado di dannosità per
la concorrenza sufficiente per ritenere che non sia necessario individuarne gli ef-
fetti»90. Si pensi agli accordi che, comportando una riduzione della produzione
e un aumento dei prezzi, in considerazione del loro tenore letterale, dei relativi
obiettivi e del contesto di riferimento, si caratterizzano per una scorretta alloca-
zione delle risorse – con pregiudizio dei consumatori, producendo effetti nega-
tivi sul prezzo, sulla quantità o sulla qualità dei prodotti e dei servizi – talmente
alta da ritenere inutile dimostrare la produzione in concreto di effetti sul mer-
cato. L’accordo può, invece, essere qualificato come intesa restrittiva per effetto
ove di fatto impedisca, restringa o falsi in modo sensibile il gioco della concor-
renza: occorre pertanto valutare quale sarebbe stato il gioco della concorrenza
nel contesto economico e giuridico di riferimento, se l’accordo non fosse stato
concluso, in particolare, verificando la relativa incidenza sui parametri di con-
correnza, quali il prezzo, la quantità e la qualità dei prodotti o dei servizi91.
L’Autorità è, dunque, tenuta a valutare la situazione concreta in cui l’accordo è
realizzato, tenendo conto del contesto economico e giuridico nel quale operano
le imprese interessate, della natura dei beni o servizi coinvolti, nonché delle con-
dizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato in esame. Si ag-
giunga che nel caso delle restrizioni verticali per effetto, così come non occorre
accertare la comune volontà anticompetitiva tra le parti della medesima intesa
verticale, non risulta parimenti necessario accertare una comune volontà esterna
alla singola intesa verticale, riferita alla condotta tenuta sul mercato di riferi-
mento.
Tale specifica distinzione tra intese anticoncorrenziali per oggetto e per ef-
fetto, evidenziata di frequente dalla giurisprudenza e con riflessi immediati sul
piano probatorio92, si serve di schemi concettuali che, però, lungi dal poter es-

89 Cons. St., sez. VI, 1° ottobre 2019, n. 6565.


90 Corte di Giustizia U.E., 2 aprile 2020, C-228/18, Gazdasági Versenyhivatal, punto 37.
91 Corte di Giustizia U.E., 30 gennaio 2020, C-307/18, Generics (UK) Ltd, punti 117 e 118.
92 Più precisamente, i termini “oggetto” ed “effetto” costituiscono semplicemente diverse

prospettive di uno stesso fenomeno, che passa da un effetto anticoncorrenziale potenziale (og-
getto) a un effetto anticoncorrenziale effettivamente prodotto (effetto), con i seguenti corollari sul
piano del regime probatorio: per un verso, la prova dell’effetto concreto è sufficiente ai fini del-
l’accertamento della violazione del divieto e, per altro verso, il divieto può applicarsi anche in caso
di effetto anticoncorrenziale solo potenziale» (Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2018, n. 2006). Nel
caso, dunque, delle intese anticoncorrenziali per effetto non risulta necessario verificare l’intento
anticoncorrenziale, essendo sufficiente riscontrare la comune volontà delle parti di tenere un dato
comportamento sul mercato. La volontà soggettiva delle parti di escludere dal mercato i propri
concorrenti costituisce, infatti, un elemento che, pur potendo essere preso in considerazione per
valutare l’illiceità dell’intesa, non risulta a tali fini essenziale (cfr. Corte di Giustizia U.E., 2 aprile
2020, in causa C-228/18, Gazdasági Versenyhivatal, punto 53). Ciò è confermato sia dagli Orien-
tamenti sulle restrizioni verticali (Comunicazione della Commissione Europea 2010/C 130/01),
secondo cui «perché vi sia accordo ai sensi dell’articolo 101, è sufficiente che le imprese in que-
232 SILVIA DE NITTO

sere intesi nel senso estremo di consentire la sanzione di un mero comporta-


mento, in sé considerato, avulso dalla reale condizione del mercato nel quale si
verifica, «pena il rischio che tale nozione si traduca in una sorta di sanzione etica
(e non giuridica) di una condotta non “virtuosa”, ma innocua, priva di effetti ri-
levanti per il diritto (priva di effetti lesivi, anche solo potenziali, del bene giuri-
dico oggetto di protezione)»93. Compito del giudice, pertanto, è anche quello di
verificare che l’Autorità non si “rifugi” dietro alla categoria astratta della intesa
per oggetto, slegata dal contesto e dai suoi effetti, come fattispecie tipica auto-
sufficiente dell’illecito sanzionabile, ma svolga un’attenta valutazione delle giu-
stificazioni “tecniche” fornite dalle imprese coinvolte, tenendo in maggior
conto, al di là delle intenzioni delle parti, gli oggettivi problemi tecnici presenti
nella fattispecie concreta. Si pensi alla particolare ipotesi del mercato dei servizi
di manutenzione correttiva sulla rete telefonica fissa, per la quale non risulta ra-
gionevole applicare la logica dell’intesa per oggetto – non essendo né tecnica-
mente, né giuridicamente possibile la fornitura disaggregata dei servizi di manu-
tenzione senza la necessaria intermediazione di Telecom, proprietaria del tratto
di linea interessato –, ma occorre istruire e comprovare sia la reale consistenza e
contendibilità del mercato, sia – e conseguentemente – la configurabilità e la
portata degli effetti lesivi della concorrenza94.
La distinzione tra l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale dell’illecito ap-
pare, invece, meno rilevante con riguardo alla fattispecie dell’abuso di posizione
dominante. Ai fini, infatti, dell’art. 102 TFUE e dell’art. 3 della l. n. 287/1990,
la prova dell’oggetto e quella dell’effetto anticoncorrenziale si confondono tra
loro: se si dimostra, in linea con l’orientamento eurounitario95, che lo scopo per-
seguito dal comportamento di un’impresa dominante è di restringere la concor-
renza, un tale comportamento è di per sé pregiudizievole, in quanto può anche
comportare tale effetto. L’illecito, dunque, si perfeziona con la condotta anti-
concorrenziale, purché di suo idonea a turbare il funzionamento corretto e in
esso la libertà stessa del mercato. È sufficiente a integrarlo già la mera potenzia-
lità dell’effetto restrittivo.
Il giudice amministrativo si è, inoltre, preoccupato di descrivere con preci-
sione il processo valutativo da seguire, affermando che il «tasso di equivocità del
stione abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in una determinata
maniera» (punto 25); sia dalla Corte di Giustizia, secondo cui «dalla costante giurisprudenza della
Corte (v., in particolare, sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, punto 112), ripresa dal Tribu-
nale al punto 198 della sentenza impugnata, risulta che la nozione di accordo ai sensi dell’art. 85,
n. 1, del Trattato deriva dall’espressione, da parte delle imprese partecipanti, della volontà co-
mune di comportarsi sul mercato in un determinato modo» (Corte di Giustizia, 8 luglio 1999, C-
49/92 P, Commissione c. Anic Partecipazioni SpA, punto 130).
93 Cons. St., sez. VI, 21 dicembre 2019, n. 8695.
94 Ancora, Cons. St., sez. VI, 21 dicembre 2019, n. 8695.
95 Tribunale Ue, 29 marzo 2012, T336/07, Telefonica; Tribunale Ue, 30 settembre 2003,

causa T203/01, Michelin; Tribunale Ue, 17 dicembre 2003, T219/99, secondo cui «qualora un’im-
presa in posizione dominante ponga effettivamente in essere una pratica che produca un effetto
preclusivo nei confronti dei propri concorrenti, la circostanza secondo cui il risultato voluto non
sia stato raggiunto non è sufficiente ad escludere la sussistenza di un abuso di posizione domi-
nante ai sensi dell’art. 102 TFUE».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 233

risultato (dipendente dal meccanismo a ritroso con cui si procede all’accerta-


mento del fatto e dal carattere relativo della regola impiegata) viene colmato at-
traverso una duplice operazione, interna ed esterna: la corroboration, che consi-
ste nell’acquisire informazioni coerenti con quella utilizzata nell’inferenza, e la
cumulative redundancy, che consiste nella verifica di ipotesi alternative. La prima
operazione fornisce un riscontro alla conclusione, la seconda ne aumenta la
probabilità logica grazie alla falsificazione di interpretazioni divergenti degli
elementi acquisiti»96. Nel caso di specie da cui trae spunto la massima riportata,
ad esempio, l’Autorità antitrust ha sanzionato i soggetti coinvolti nell’indagine
per violazione dell’art. 101 del TFUE, avendo queste dato vita a un complesso
sistema di alterazione delle dinamiche competitive nel settore nazionale dei pro-
dotti cosmetici commercializzati attraverso il canale ‘retail’, finalizzato al coor-
dinamento delle condotte commerciali (ivi compresi gli aumenti dei prezzi di li-
stino comunicati annualmente agli operatori della grande distribuzione organiz-
zata attraverso un costante e pervasivo scambio di informazioni sulle principali
variabili sulle quali normalmente i competitor assumono atteggiamenti concorren-
ziali). A seguito dell’impugnazione in appello di una delle imprese sanzionate, il
Consiglio di Stato si è pronunciato stabilendo di seguire il descritto processo va-
lutativo: il complesso degli ulteriori elementi emersi all’esito dell’istruttoria pa-
lesano la complessiva congruenza della narrativa dei fatti operata dall’Autorità e
delle conclusioni cui la stessa è pervenuta. In particolare, la prassi dei cc.dd.
‘giri di tavolo’ e i rilevanti scambi informativi svoltisi anche al di fuori della sede
associativa «conferiscono ex se elementi dirimenti atti a confermare la comples-
siva congruità e attendibilità delle premesse fattuali e delle conclusioni valuta-
tive cui è pervenuta l’Autorità, […] in tal modo consentendo di elidere (nel-
l’ambito di una visione di coerenza complessiva) taluni secondari aspetti di in-
congruenza»97. L’eventuale sussistenza di alcuni profili di discrasia nel quadro
indiziario non è, infatti, stata considerata «idonea a travolgere la complessiva te-
nuta dell’impianto accusatorio, salvo nelle ipotesi […] in cui le incongruenze ri-
sultino di tale gravità e rilevanza da compromettere la coerenza complessiva del
quadro ricostruttivo delineato dall’Autorità»98: la circostanza sottolineata dalla
società appellante secondo cui ben poco valore strategico avrebbe giocato nella
fattispecie concreta la conoscenza dei dati aggregati contenuti negli ‘Osserva-
tori’ tematici di un’Associazione italiana industriale – «stante [il] grado molto
elevato di aggregazione dei dati scambiati» – e il fatto che la stessa non fosse in
possesso delle cc.dd. ‘chiavi di decodifica’ – il cui utilizzo avrebbe consentito la
disaggregazione dei dati – non sono, dunque, valsi a smentire in modo puntuale
la sussistenza, la dinamica e la specifica valenza anticoncorrenziale dell’accordo.
In sostanza, tale procedura consente al giudice di acquisire le informazioni
coerenti con le contestazioni mosse (riscontri) e di escludere l’esistenza di valide
ipotesi alternative alla tesi seguita dall’Autorità. Sulle modalità di svolgimento di
96 Cons.St., sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2514.
97 Sempre Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2514.
98 Ancora, Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2514.
234 SILVIA DE NITTO

tale valutazione, l’approccio è ultimamente cambiato: se prima, infatti, perché


l’ipotesi accusatoria potesse essere considerata vera, questa doveva risultare tec-
nicamente attendibile, ossia l’unica in grado di giustificare i vari elementi o
quella nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente
esistente99, negli ultimi anni è richiesta la dimostrazione della maggiore attendi-
bilità (o plausibilità) della decisione, consistente nella valutazione della situa-
zione concreta, anche attraverso un puntuale confronto con le soluzioni tecniche
alternative emerse nel corso del processo100 e sulla base di una piena e diretta
verifica dei fatti «sotto il profilo della [loro] intrinseca verità»101. Ne consegue
che la decisione dell’AGCM andrebbe ritenuta non plausibile o inattendibile
non solo in relazione esclusiva al suo contenuto, ma anche quando, pur rien-
trando in termini assoluti nei margini di opinabilità richiamati dal concetto in-
determinato, risulti significativamente meno plausibile o ragionevole102 rispetto

99 In tal senso, ex multis, Cons. St., sez. VI, 24 settembre 2012, n. 5067; Cons. St., sez. VI, 9

aprile 2009, n. 2201; Cons. St., sez. VI, 20 febbraio 2008, n. 594: l’ipotesi sorretta da plurimi in-
dizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l’unica a dare un
senso accettabile alla “storia” che si propone per la ricostruzione della intesa illecita, o sia co-
munque nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente.
100 Segue tale criterio basato sulla dimostrabilità dell’interpretazione alternativa dei fatti

Cons. St., sez. VI, 14 gennaio 2019, n. 322, secondo cui «Gli elementi emersi ben possono trovare
una loro giustificazione alternativa a quella prospettata dall’Autorità nell’ottica di un’usuale pra-
tica imprenditoriale lecita tra imprese operanti nel medesimo settore, tra cui alcune […] legate da
rapporti di fornitura e non in diretta concorrenza». La giurisprudenza, infatti, riconosce alle im-
prese accusate la possibilità di «fornire una giustificazione diversa dei contatti e delle informazioni
e, in particolare, spiegare la razionalità economica delle condotte parallele in una prospettiva di
autonome iniziative di impresa» (Cons. St., sez. VI, 2 dicembre 2005, n. 618). In tal senso, già
Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123, secondo cui «l’assoluzione [dei concorrenti autori
della stessa condotta parallela] costituisce, di per sé, la prova dell’esistenza di spiegazioni alterna-
tive alla concertazione, dimostrando che la condotta contestata, lungi dal poter essere ricondotta
all’unica spiegazione possibile di un parallelismo collusivo, [è] plausibilmente riconducibil[e] ad
autonome e razionali scelte indipendenti e unilaterali dei vari operatori». Il Consiglio di Stato ha,
dunque, rilevato un vizio ab imis dell’approccio metodologico seguito dall’AGCM atteso che nella
valutazione delle condotte d’incremento tariffario era stato utilizzato il parametro del ricavo me-
dio unitario anziché il «corretto criterio, aderente alla fattispecie anticoncorrenziale addebitata
alle odierne appellate, di un’analisi concreta e puntuale dei prezzi reali applicati dalle singole com-
pagnie a raffronto, per tratte, singoli momenti della stagione e tipologie di viaggio e di servizi of-
ferti». Il criterio di analisi economica utilizzato dall’Autorità è stato quindi ritenuto non attendi-
bile o meno attendibile di quello proposto dalle parti. Proseguendo tale verifica dei profili tecnici,
il Consiglio di Stato, esercitando un intenso scrutinio sull’iter logico-probatorio seguito dall’Au-
torità, ha individuato molteplici spiegazioni al parallelismo dei prezzi, idonee a escludere l’asserita
pratica concordata vietata ai sensi dell’art. 101 TFUE.
101 Tale modello di analisi è stato approfonditamente esaminato nella pronuncia del Cost. St.,

sez. VI, n. 4990/2019, che nel riprendere quanto già affermato dalle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione con la citata pronuncia n. 1013/2014, ne sottolinea le potenzialità applicative: esso con-
sente di superare il sindacato di «“attendibilità tecnica” e “non sostitutivo”», lasciando invece in-
variato il limite di intangibilità della valutazione amministrativa complessa sul modello dei giudici
dell’Unione europea (che «hanno precisato che, nel controllo giurisdizionale sulle sanzioni anti-
trust, nessun ostacolo alla pienezza del sindacato può discendere dal “potere discrezionale di cui
dispone la Commissione, in forza del ruolo assegnatole, in materia di politica della concorrenza, dai
Trattati UE e FUE […] (Corte di Giustizia, 11 settembre 2014, in causa C-382/12, punto 156)”».
102 Si veda, ad esempio, Tar Lazio, sez. I, 10 febbraio 2016, n. 1934, in cui si verifica in sede

giurisdizionale la correttezza e attendibilità delle tesi proposte dalle parti e alternative all’analisi
svolta dalla Autorità indipendente.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 235

alle soluzioni tecniche alternative103, ciò comportando il passaggio da un «giudi-


zio si/no» ad un «giudizio più/meno»104.
Eppure tale criterio – che, del resto, sembrerebbe in linea con la previsione
normativa che, con riferimento alle misure sanzionatorie pecuniarie, ha esteso la
giurisdizione al merito amministrativo105 – non appare ancora del tutto consoli-
dato: considerevole è, infatti, il numero di pronunce106 in cui, sebbene si ri-
chiami formalmente la sentenza n. 4990/2019 sopra richiamata, sembra che il
giudice faccia piuttosto riferimento, nella sostanza, al precedente modello di at-
tendibilità tecnica o nelle quali il controllo rimane ancorato prevalentemente al
modello di sindacato proprio dell’eccesso di potere e, più in particolare, alle
ipotesi di manifesta irragionevolezza e illogicità, finendo per sottoporre la di-
screzionalità tecnica al medesimo sindacato formale effettuato sulla discreziona-
lità amministrativa.
Rimane, in ogni caso, la necessità di una piena conoscenza del percorso in-
tellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione: gli elementi di prova, affinché
comprovino la sussistenza dell’illecito anticoncorrenziale, perpetrato dalle parti
con le forme di condotta più varie (accordi, scambi di informazione, pratiche
concordate in senso stretto), devono essere analiticamente esaminati107 e ricom-

103 Così il documento dell’Ufficio studi, massimario e formazione del Consiglio di Stato su
“Autorità indipendenti e sindacato giurisdizionale”. Ogni potere ha il suo giudice e a tale regola ge-
nerale non sfuggono le Autorità indipendenti, 28.
104 S. TORRICELLI, Per un modello generale di sindacato sulle valutazioni tecniche: il curioso
caso degli atti delle autorità indipendenti, in Dir. amm., 2020, 97 ss., il quale, in via critica rispetto
al nuovo paradigma proposto dalla pronuncia, sottolinea il fatto che si tratterebbe di una scelta
ordinamentale che attiene al «grado di opinabilità della valutazione autonoma che il giudice com-
pie» (108); questo, però, «non stravolge la natura del rapporto giudice/amministrazione, ma […]
cambia qualitativamente il rapporto tra giudice e ausiliario tecnico, consulente o verificatore, mar-
ginalizzando il primo oltre i limiti in cui la sua decisione possa essere considerata consapevole e
sorretta da una base legittimante» (110).
105 A ben vedere, però, la pronuncia n. 4990/2019 non definisce in maniera precisa l’ambito
di applicabilità del criterio della maggiore attendibilità, non premurandosi di individuare come
fondamento giuridico alla base dell’esigenza di garantire un controllo di full jurisdiction sulle san-
zioni irrogate dalle Autorità indipendenti il fatto che rispetto alle sanzioni pecuniarie l’art. 134, co.
1, lettera c), c.p.a. abbia previsto una giurisdizione di merito. La norma, infatti, sembrerebbe es-
sere richiamata dal Consiglio di Stato solamente ai fini della ricostruzione delle tendenze di con-
trollo sulle misure antitrust.
106 Cons. St., sez. VI, 21 gennaio 2020, n. 512, secondo cui «il criterio guida per prestare il
consenso all’ipotesi ricostruttiva formulata dall’Autorità garante è quello della c.d. congruenza
narrativa»; Cons. St., sez. VI, 5 agosto 2019, nn. 5558-5564 e 2 settembre 2019, nn. 6022, 6023,
6025, 6027, 6030, 6032, che, nel rinviare a Cons. St., sez. VI, n. 4990/2019, riportano una frase
della sentenza in realtà dedicata alla ricostruzione del modello precedente, quello della “attendi-
bilità tecnica”. Indicativo – ai fini della registrazione delle tendenze giurisprudenziali – è il fatto
che le pronunce siano state redatte dallo stesso giudice estensore delle sentenze indicate con
riferimento al sindacato debole sull’attività di individuazione del “mercato rilevante”, alla
nota 39.
107 Cons. St., sez. VI, 13 febbraio 2019, n. 1025, secondo cui occorre non solo che i singoli
passaggi della valutazione si connotino «per la loro coerenza inferenziale interna e non-contrad-
dittorietà» ma anche che la valutazione stessa, «nella sua globalità e secondo un approccio meto-
dologico olistico combinato a quello analitico, si connot[i] per la congruità narrativa rispetto ai
fatti». Nello stesso senso, già Cons. St., sez. VI, 29 marzo 2018, n. 2006.
236 SILVIA DE NITTO

posti in una ricostruzione e valutazione non atomistica108 ma complessiva. Si


pensi, a partire dalla distinzione effettuata a opera della giurisprudenza eurou-
nitaria tra parallelismo naturale dei comportamenti e parallelismo artificiosa-
mente indotto da intese anticoncorrenziali109, all’impossibilità di ritenere che la
semplice identità delle condizioni di offerta da parte degli imprenditori possa
costituire da sola indizio idoneo a suffragare l’esistenza di un accordo o di una
pratica concordata, salvo il caso eccezionale nel quale l’anomalia dell’appiatti-
mento non sia spiegabile altrimenti che come frutto di un’intesa illecita sul ver-
sante concorrenziale110.
Con riguardo, invece, alle coordinate dell’elaborazione giurisprudenziale
sull’onere della prova in sede processuale, la disciplina sovranazionale (art. 2,
Reg. CE n. 1 del 2003) ascrive in capo all’Autorità procedente l’onere di dimo-
strare gli elementi costitutivi dell’illecito contestato (intese restrittive o abuso di
posizione dominante), da ritenersi adempiuto qualora l’esame complessivo degli
elementi istruttori raccolti conduca con certezza o con ragionevole probabilità al
medesimo risultato probatorio. Più in particolare, questo grava in capo all’Au-
torità111 o alle imprese a seconda che l’indizio sia considerato “endogeno” o

108 Sul punto, Cons. St., sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4010: «le singole condotte delle imprese

vanno valutate tenendo conto del quadro complessivo e non in modo atomistico. Infatti, in mate-
ria di intese restrittive, i singoli comportamenti delle imprese (i quali, presi isolatamente, potreb-
bero apparire privi di specifica rilevanza), qualora si rivelino elementi di una fattispecie complessa
[…] debbono essere considerati quali “tasselli di un mosaico, i cui elementi non sono significativi
di per sé, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della libertà
di concorrenza… in tale ipotesi, è sufficiente che l’Autorità garante tracci un quadro indiziario
coerente ed univoco, a fronte del quale spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative
alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione concorrenziale” (Cons. St.,
sez. VI, 1 marzo 2012, n. 1192)»; nello stesso senso, Cons. St., sez. VI, 30 giugno 2016, n. 2947;
Cons. St., sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3047 e Cons. St., sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673, in cui il Con-
siglio di Stato ha annullato una pronuncia del TAR che aveva ritenuto interrotto il nesso di cau-
salità tra la condotta abusiva e gli effetti della stessa, analizzando le varie condotte poste in essere
dall’abusante; tali condotte, seppur individualmente lecite, sono state ritenute nel loro complesso
oggettivamente idonee a limitare la concorrenza, senza che potessero valere «successive, aleatorie
reazioni di terzi»; in ambito europeo, tra le varie, si veda Corte di giustizia UE, 18 luglio 2013, C-
136/12: «le indicazioni di associazioni di imprese di tenere un determinato livello di prezzi, anche
laddove non vincolanti e costituenti una mera raccomandazione, costituiscono intese restrittive
della concorrenza, anche nell’ipotesi in cui richiamino a giustificazione della propria condotta la
dignità della professione o la qualità della prestazione».
109 Sulla quale si veda Cons. St., sez. VI, 17 gennaio 2008, n. 102.
110 In tal senso, tra le tante, si veda Corte giust., cause riunite C-23 89/85, C-104/85, C-

114/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, secondo la quale «se la spiegazione del parallelismo
di comportamenti basata sulla concertazione non è l’unica plausibile […], il parallelismo di com-
portamenti accertato dalla Commissione non può costituire la prova della concertazione».
111 Sul punto, Cons. St., sez. VI, 27 aprile 2020, n. 2674, secondo cui «per evitare che l’in-

dagine accertativa della collusione anticoncorrenziale tra le ridette imprese rimanga costretta nel-
l’alveo della “congettura” occorre(va) qualificare meglio, dal punto di vista della concretezza pro-
batoria, in cosa potesse essere consistito il patto non scritto tra le imprese, tale da potersi consi-
derare una vera e propria “intesa”. […] non si ravvis[a] nell’istruttoria svolta dall’Autorità quel
complesso di indizi seri, precisi e concordanti di una previa concertazione che sono (comune-
mente) considerati presupposto indispensabile per poter dimostrare l’intervenuta intesa collusiva,
con riferimento alle 16 gare più volte richiamate, tra Chef Express e MyChef, venendo dunque in
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 237

“esogeno”112. Resta fermo che la circostanza per cui «la prova sia indiretta (o in-
diziaria) non comporta necessariamente che la stessa sia meno forte», potendo
«presentare attitudine dimostrativa pari, se non superiore, a quella diretta
quando faccia applicazione di una regola fondata su criteri universalmente ac-
cettati o comunque adeguatamente motivati con argomentazioni non contrad-
dette»113.

5. Il giudizio in concreto: il sindacato effettivamente esercitato dal giudice am-


ministrativo
In base all’analisi giurisprudenziale svolta, sembra potersi evidenziare un
dato di massima: l’orientamento giurisprudenziale prevalente negli ultimi anni,
almeno per come dichiarato, risulta sempre più indirizzato a consentire un con-
trollo incisivo da parte del giudice amministrativo del potere di accertamento
degli illeciti anticoncorrenziali, all’interpretazione dei fatti e alla loro ricondu-
zione nelle fattispecie legali che integrano la condotta anticoncorrenziale. Sola-
mente lo svolgimento di un’analisi non epidermica né ancorata a definizioni
classificatorie (sindacato debole-forte, potere sostitutivo o non, full jurisdiction),
infatti, consente di rendere giustizia114.
Ma se ciò sembra potersi affermare in linea generale, così non è se, più in
particolare, si distingue il sindacato relativo alla ricostruzione dei fatti che la

evidenza un significativo deficit istruttorio che si riflette sull’ambito motivazionale del provvedi-
mento sanzionatorio impugnato in primo grado».
112 La giurisprudenza ha, infatti, distinto due tipologie di elementi indiziari: quelli endogeni,

ossia collegati alla stranezza intrinseca della condotta, ovvero alla mancanza di spiegazioni alter-
native nel senso che, in una logica di confronto concorrenziale, il comportamento delle imprese
sarebbe stato sicuramente o almeno plausibilmente diverso da quello in pratica riscontrato, e
quelli esogeni, concernenti invece i riscontri esterni circa l’intervento di un’intesa illecita e atti-
nenti, in particolare, ai contatti tra le imprese e, soprattutto, agli scambi di informazioni, non al-
trimenti spiegabili in un contesto di sano confronto concorrenziale e, quindi, sintomatici di un’in-
tesa illecita. Nel primo caso, la prova dell’irrazionalità delle condotte grava sull’Autorità; nel se-
condo caso, l’onere probatorio contrario viene spostato in capo all’impresa (Cons. St., sez. VI, 13
maggio 2011, n. 2925; sez. IV, sentenza 23 maggio 2012, n. 3026).
113 Cons. St., sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2514.
114 N. PAOLANTONIO, Il sindacato di legittimità sul provvedimento amministrativo, Padova,

2010, 368, secondo il quale l’operazione in cui «il giudice può far prevalere la propria personale
opinione tecnica su quella dell’amministrazione, nella misura in cui ciò sia necessario a rendere
giustizia, […] è non solo legittima, ma addirittura doverosa». Nello stesso senso, F. PATRONI
GRIFFI, Il sindacato del giudice amministrativo sugli atti delle Autorità indipendenti, in Giustizia-
amministrativa.it, 12, secondo cui «il principio di legalità e di azionabilità delle pretese in giudizio
richiede che il sindacato giurisdizionale, ordinario o amministrativo, sui provvedimenti delle au-
torità, di regolazione o sanzionatorie che siano, sia “pieno ed effettivo”, esteso ai fatti e alle valu-
tazioni tecniche»; C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli atti delle Auto-
rità indipendenti, in Giustizia-amministrativa.it, 26, il quale sottolinea che «Si tratta, del resto, di
una soluzione resa necessaria non solo dall’esigenza di garantire piena legittimazione democratica
(ex ante ed ex post) all’operato delle Autorità di settore, ma anche dalla concomitante esigenza di
riaffermare il principio di esclusiva soggezione alla legge (art. 101, II, Cost.) che rappresenta a
propria volta il fondamento stesso della legittimazione della Magistratura in un sistema genuina-
mente democratico».
238 SILVIA DE NITTO

norma descrive come integranti gli illeciti anticoncorrenziali da quello che at-
tiene alla valutazione dei fatti in termini “giuridici”, difficilmente scindibili da
profili che presuppongono un’analisi anche economica della fattispecie.
Con riguardo agli elementi fattuali alla base del provvedimento, non ap-
pare più trascurabile la necessità di una ricostruzione fattualmente precisa – in
quanto legata alla verità ‘storica’ – e sostanzialmente concreta e diretta115, non
sul piano meramente declamatorio ma nell’effettivo procedere del giudice116.
Molto più problematico risulta, invece, il controllo delle misure antitrust
quando l’individuazione della quaestio facti e la sua riconduzione all’interno de-
gli illeciti anticoncorrenziali previsti dal legislatore richiedono l’utilizzo di criteri
di natura tecnico-economica del provvedimento.
A partire dalla prima metà degli anni Duemila ha preso vita un filone giu-
risprudenziale attento alla verifica dei criteri tecnico-economici costitutivi della
scelta amministrativa. Ciò risulta avvenuto, più in particolare, nei casi in cui il
Consiglio di Stato ha riformato sentenze di primo grado di annullamento del
provvedimento sanzionatorio, accogliendo il ricorso dell’Autorità antitrust117: la
maggiore intensità di controllo, in tali ipotesi, ha trovato ragione nella necessità
– più o meno esplicita – di verificare il corretto bilanciamento tra l’interesse
pubblico a garantire l’effettività della tutela del mercato dai comportamenti di-
storsivi e quello privato al libero esercizio dell’attività economica, così potendo
valutare le condotte per quello che economicamente significano e adeguarle alla
utilità economica che perseguono. Indicativo della maggiore intensità è – nel
caso dell’abuso di posizione dominante – il riferimento al principio di propor-
zionalità, che consente di contemperare gli interessi in gioco, così verificando –
e magari scongiurando – che l’intervento dell’Autorità non costituisca un deter-
rente allo sviluppo di nuovi prodotti, o tecniche commerciali, suscettibili di rap-
presentare un beneficio per i consumatori118.
Al descritto controllo particolarmente penetrante si è affiancata una ten-
denza di sindacato formalmente legata alle formule tipiche del controllo intrin-
seco ma sostanzialmente lontana dalla considerazione dei percorsi di valutazione

115 Così F.G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva, in

Riv. trim. dir. pubbl., 2000, 1065, secondo cui «la piena tutela giurisdizionale assicurata dalla Co-
stituzione nei confronti dell’amministrazione pubblica, impone che le valutazioni tecniche, riguar-
dando l’accertamento dei fatti, possano essere pienamente sindacate (e, quindi, debbano esserlo),
anche quando siano opinabili, in sede giurisdizionale».
116 Sul punto, Cons. St., sez. VI, n. 926/2004, secondo cui significativo è «il fatto che la Corte

di Giustizia abbia ritenuto ammissibile la C.T.U. nell’ambito dei giudizi in materia di concorrenza,
ma abbia poi utilizzato lo strumento con estrema cautela (per un caso di utilizzo, vedi Corte Giust.,
CE, C-89/85, 31-3-93, Woodpulp - Pasta di legno, in cui è stato affidato ai periti l’incarico di accer-
tare alcuni fatti contestati alle imprese e determinate caratteristiche del mercato in esame)».
117 Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 8 aprile 2014, n. 1673, secondo cui è necessario

considerare le condotte «come stretti atti economici, in rapporto agli interessi concreti cui sono
orientate. Il che postula di renderle, a questi fini, indifferenti alle qualificazioni che eventualmente
ricevono altrove: e perciò di assumerle solo nella loro dimensione utilitaristica, prescindendo dalle
attribuzioni formali che possono caratterizzarle alla luce di altri ordinamenti di settore».
118 Cons. St., sez. VI, 13 marzo 2020, n. 1832, che sottolinea la delicatezza di tale valutazione,

soprattutto quando vengano in gioco interessi e valori fondamentali come il diritto alla salute.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 239

economica alla base della decisione dell’Autorità. Ne è derivato un controllo per


lo più ancorato alla rilevazione dell’“errore manifesto di valutazione”, il cui uti-
lizzo improprio ha consentito di avvolgere il sindacato in una nuvola di elusi-
vità119. L’equivoco generato dalla circostanza per cui qualora si faccia utilizzo di
concetti giuridici indeterminati o criteri tecnico-economici il sindacato debba
arrestarsi allo svolgimento di una valutazione estrinseca e limitata all’evidenza
dell’errore ha, infatti, reso assai disomogeneo e altalenante il sindacato sulle mi-
sure antitrust, anche in ragione della poca chiarezza che nella prassi interpreta-
tiva dei giudici ha caratterizzato la formula del controllo per così dire “epider-
mico” e marginale delle valutazioni economiche, soprattutto quando complesse.
Il limite consistente nell’impossibilità di effettuare «apprezzamenti che pre-
sentano un oggettivo margine di opinabilità (come nel caso della definizione di
mercato rilevante nell’accertamento di intese restrittive della concorrenza)»120
non appare, pertanto, affatto superato121, in alcuni casi per il timore del giudice
di sostituirsi all’Autorità122, in altri casi in ragione del riconoscimento da parte

119 Per un’analisi in tal senso a livello europeo, si veda la ricostruzione di A. KALINTIRI,
What’s in a name? The marginal standard of review of “complex economic assessments” in EU com-
petition enforcement, in 53 Common Market Law Review, 2016, Issue 5, 1315-1316, secondo il
quale «Although the “manifest error of assessment” test progressively became boilerplate in the
judgments of EU Courts, its operation remains by and large wrapped in a cloud of elusiveness, in
part due to the difficulties in defining the notion of complex economic appraisals and in part due
to the somewhat “sibylline” description of marginal review by the European judges».
120 Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2019, n. 1167, che riprende Cass. civ., SS.UU., 14 maggio

2014 n. 10411: «il sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della
motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica della non esorbitanza dai sud-
detti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello
dell’Autorità Garante».
121 Nello stesso senso si veda, tra le tante, Cons. St., sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 4733: «il

giudice amministrativo […] deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata
dall’Autorità risulti immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le disposizioni giuridiche
siano state correttamente individuate, interpretate e applicate, mentre, laddove residuino margini
di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque
sostituirsi all’AGCM nella definizione di tali concetti, se questa sia attendibile secondo la scienza
economica e immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici e da vizi di violazione di legge
(in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, VI, 30 giugno 2016, n. 2947; id., 13 giugno 2014, n. 3032)».
Nello stesso senso, Cons. St., sez. VI, 28 febbraio 2017, n. 928; 11 luglio 2016, n. 3047; 13 giugno
2014, n. 3032; 13 maggio 2011, n. 2925; 9 febbraio 2011, n. 896; 2 marzo 2004, n. 926.
122 Tra le tante, Tar Lazio, sez. I, 17 ottobre 2019, n. 11958, secondo cui «l’individuazione

del mercato rilevante, presupposto dell’esistenza della posizione dominante, che identifica e deli-
mita il contesto sociale ed economico ove opera l’impresa soggetta all’accertamento, è riservata al-
l’AGCM e il giudice amministrativo non può sostituirsi ad essa, salvo che l’operato dell’Autorità
presenti vizi di travisamento dei fatti, vizi logici e vizi di violazione di legge (T.A.R. Lazio, Roma,
sez. I, 25 luglio 2016, nn. 8499, 8500, 8502, 8504 e 8506; Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2014, n.
1673, id. 14 gennaio 2014, n. 693)»; Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050, secondo cui «il
Tar non si è sostituito in modo indebito all’Autorità nell’esercizio di poteri istruttori e valutativi
riservati a quest’ultima, così travalicando i confini della giurisdizione amministrativa, ma si è limi-
tato – anche, come detto, in risposta a deduzioni e questioni sollevate da PosteMobile nel ricorso
introduttivo – a verificare i presupposti di fatto e a sindacare la ragionevolezza, logicità e coerenza
delle argomentazioni, valutazioni e conclusioni dell’Autorità sul carattere scorretto e/o inganne-
vole della pratica commerciale posta in essere da PosteMobile»; Cons. St., sez. VI, 11 settembre
2014, n. 4629; Cons. St., sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228, secondo cui «il T.A.R. non si è limitato
240 SILVIA DE NITTO

del giudice stesso della mancanza del necessario grado di competenza specifica
e del rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri123, oltre
che della necessità di consolidare la corrispondenza a livello sostanziale e pro-
cessuale di prassi applicative concorrenziali. E ciò tanto nel caso in cui il con-
tenzioso tragga origine da un accordo o un’intesa restrittiva del mercato quanto
in quello scaturente da un abuso di posizione dominante. Tale atteggiamento
giurisprudenziale altalenante non risulta, dunque, dipendere dall’oggetto del
giudizio. Un fattore che, invece, sembra incidere e che non ha certamente age-
volato lo svolgimento di un controllo effettivo e concreto è dovuto alla vaghezza
che ha caratterizzato, anche a livello europeo, i confini della categoria dei “con-
cetti giuridici indeterminati e complessi”, rispetto ai quali si compie l’errore di
confondere valutazioni economiche complesse – per le quali l’Autorità compie
una scelta politica basata sull’economia – con studi, calcoli o dati economici
complessi124. In ragione, dunque, della sovrapposizione e dell’intreccio tra la va-
lutazione tecnica e la scelta politico-amministrativa e del fatto che, nell’ambito
del complesso processo decisionale, il momento meramente conoscitivo risulta
inglobato in quello valutativo il giudice finisce per svolgere un controllo formale
ed epidermico.
Una certa rilevanza sulla diversa intensità del controllo giurisdizionale sem-
bra, inoltre, assumerla il fatto che determinati ‘filoni’ giurisprudenziali risultano
consolidarsi in ragione del succedersi di pronunce che vedono lo stesso giudice
estensore: la tecnica del rinvio a precedenti casi aventi a oggetto fattispecie ana-
loghe o simili parrebbe confermare ciò. Significativo in tal senso, ad esempio, è

a rilevare l’asserita non congruità delle valutazioni che avevano indotto l’Autorità a ritenere che il
mercato qui rilevante si estendesse “quanto meno a livello provinciale”, ma – per poter affermare
la sussistenza dei presupposti dell’abuso di posizione dominante – si è spinto sino a sostituire la
propria autonoma individuazione del mercato geografico rilevante, in tal modo ponendosi in evi-
dente antitesi con i richiamati e consolidati orientamenti giurisprudenziali».
123 Da ultimo, la recentissima sentenza del Cons. St., sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4737, se-

condo cui «il sindacato giurisdizionale che viene in considerazione nell’ambito in esame è finaliz-
zato a verificare se l’Autorità ha violato il principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia con-
sentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione dei poteri, sostituire le valuta-
zioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle giudiziali»; Cons. St., sez. VI, 2 settembre
2019, n. 6032, secondo il quale il «sindacato giurisdizionale volto ad accertare le intese anticon-
correnziali è finalizzato a verificare se l’Autorità ha violato il principio di ragionevolezza tecnica,
senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le va-
lutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle giudiziali».
124 M. JAEGER, The Standard of Review in Competition Cases Involving Complex Economic

Assessments: Towards the Marginalisation of the Marginal Review?, in Journal of European Com-
petition Law & Practice, 2011, vol. 2, no. 4, 313, secondo il quale «The […] mistake is to confuse
complex economic assessments with complex economic studies, calculations, or data. There
should be no ‘deference’ as to these types of evidence on which the Commission may rely in its
decisions. Complex economic assessments should be understood as situations where the Com-
mission has to make an economics-based choice of policy. It should only be in such situations that
marginal review should be applied». Prosegue affermando che «the lingering doubts […] about
the exact meaning of the expression ‘complex economic assessments’ could lead to some inconsi-
stencies. This lack of clarity about an essential criterion defining the judicial control’s intensity –
and, consequently, the role of the judge – is definitely not satisfying and, having regards to today’s
context, it could be time to clear up this uncertainty».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 241

il fatto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 926/2004125 con la quale si è di-
chiarata la necessità di estendere la valutazione sino al controllo dell’analisi eco-
nomica compiuta dall’Autorità sia stata redatta dallo stesso giudice estensore
della pronuncia n. 2199/2002, una tra le prime sentenze nelle quali il giudice ha
preso coscienza dell’insufficienza e della limitatezza di un approccio meramente
estrinseco.
Con riferimento, infine, al profilo che attiene alla rideterminazione della
misura sanzionatoria, non risulta esplicitato il criterio – ammesso che esista – in
base al quale il giudice, una volta dichiarata illegittima la quantificazione della
sanzione comminata dall’Autorità, decida di rimettere a quest’ultima la nuova
determinazione dell’importo della sanzione o, invece, provveda egli stesso a ri-
quantificarla. Una delle ragioni per cui si può ipotizzare che il giudice non prov-
veda a una rideterminazione in peius della misura risiede nel pericolo di violare
il principio della corrispondenza tra ‘chiesto e pronunciato’. Si aggiunga che an-
cora di recente si è ribadito il rischio che l’esercizio della giurisdizione estesa al
merito possa compromettere l’attività propria dell’Autorità. Il mancato utilizzo
da parte del giudice degli strumenti probatori – in grado di consentire lo svolgi-
mento di una ricostruzione autonoma della fattispecie e di una valutazione con-
creta delle condotte poste in essere, che si riferisca al tenore degli obiettivi che
esse mirano a raggiungere, nonché al contesto economico e giuridico nel quale
si collocano126 – non fa che amplificare tale timore, soprattutto in considera-
zione della circostanza per cui la rideterminazione della misura sanzionatoria,
qualora venga effettuata, deve essere in ogni caso operata sulla base dei diversi
parametri utilizzati e indicati in motivazione dal giudice127.

5.1. La consulenza tecnica d’ufficio: ammissibilità in astratto e mancato utilizzo in


concreto
In linea con l’affermarsi della tendenza del giudice amministrativo a effet-
tuare un controllo penetrante e diretto della componente di fatto della norma,
particolare rilevanza assumono gli strumenti istruttori utilizzabili nel processo va-
125 Tale sentenza è stata poi ripresa da numerose pronunce successive, tra cui Cons. St., sez.

VI, 8 febbraio 2008, n. 421; Cons. St., sez. VI, 8 febbraio 2007, n. 515; Cons. St., sez. VI, 17 di-
cembre 2007, n. 6469, che hanno contribuito a delineare la nuova tendenza di sindacato.
126 Sul modello di quanto previsto dalla giurisprudenza eurounitaria, nella valutazione di

tale contesto, bisogna prendere in considerazione anche la natura dei beni o dei servizi coinvolti e
le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione. In
particolare, in tal senso si veda Corte di Giustizia UE, 11 settembre 2014, C-67/13 P, Groupement
des Cartes Bancaires; 14 marzo 2013, C-32/11, Allianz Hungária Biztosító Zrt.
127 Cons. St., sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 8591, secondo cui «vertendosi in un caso di giu-

risdizione con cognizione estesa al merito – che consente, ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c),
cpa, al giudice amministrativo di modificare, in base a una propria valutazione, la misura delle
sanzioni pecuniarie comminate dall’AGCM – devono rinviarsi gli atti all’Autorità per una nuova
quantificazione dell’importo della sanzione determinata. Tuttavia tale rivalutazione andrà operata
secondo i parametri diversi indicati in motivazione (ossia, la rideterminazione del valore delle ven-
dite in capo all’impresa appellante tenendo in considerazione la quota di partecipazione al RTI;
l’applicazione della percentuale ex art. 12 delle Linee guida come originariamente individuata
nella misura del 20%)».
242 SILVIA DE NITTO

lutativo128, in grado di fornire «un contributo molto importante alla ricerca della
verità»129. Significativa è la circostanza per cui, a cavallo tra la fine dello scorso
secolo e l’inizio del nuovo, il legislatore130 abbia non solo fatto crollare la barriera
fondata sul regime di distinzione dei mezzi istruttori ammessi a seconda delle
giurisdizioni131 ma anche introdotto la consulenza tecnica d’ufficio fra i mezzi
istruttori esperibili nel processo amministrativo, sempre nel rispetto del principio
che pone l’onere della prova a carico delle parti e del principio dispositivo nel-
l’ambito di un giudizio impugnatorio. Anche a livello giurisprudenziale, nono-
stante qualche iniziale incertezza applicativa132, si è iniziato negli stessi anni pro-
gressivamente ad ammettere, sulla scorta di quanto sostenuto a livello europeo133,
l’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio134: essa consente «di accertare tutti i
presupposti di fatto del rapporto controverso, anche quando l’applicazione della
norma di legge richiede all’amministrazione apprezzamenti di natura tecnica»135,
128 In tal senso si veda M.A. SANDULLI, La consulenza tecnica d’ufficio, in Foro amm. TAR, n.

12, 2008, 3533 ss., secondo la quale «il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della
p.a. non è più circoscritto al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’au-
torità amministrativa, ma può estendersi alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tec-
niche eseguite per valutarne la correttezza, sia in ordine al criterio tecnico utilizzato che al proce-
dimento applicativo, con la conseguenza che coerentemente il giudice deve poter utilizzare, per
tale controllo di adeguatezza dei mezzi istruttori, sia il tradizionale strumento della verificazione,
che la c.t.u.».
129 F. CINTIOLI, Giusto processo, sindacato sulle decisioni antitrust e accertamento dei fatti

(dopo l’effetto vincolante dell’art. 7, d.lg. 19 gennaio 2017, n. 3), in Diritto proc. amm., 4, 2018, 1234.
130 Con l’art. 7, c. 3 della l. 21 luglio 2000, n. 205, poi ripreso dal Codice del processo am-

ministrativo, all’art. 63, secondo cui «Qualora reputi necessario l’accertamento di fatti o l’acquisi-
zione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può ordinare l’ese-
cuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza tecnica».
131 È già nell’ordinanza del Consiglio di Stato (sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2292) di rimessione

alla Corte costituzionale che si pose la questione della legittimità costituzionale del divieto di uti-
lizzare tale strumento probatorio nella giurisdizione generale di legittimità, così eliminando «aree
di privilegio amministrativo» incompatibili con i principi elementari dello Stato di diritto e,
quindi, con gli artt. 3, 24, co. 1 e 2, e 113, co. 1 e 2 Cost.
132 Il Consiglio di Stato, infatti, riteneva non solo irrilevante l’effettiva necessarietà dello

strumento ma anche inammissibile la possibilità di «far “ripercorrere” dal C.T.U. le complesse va-
lutazioni rimesse in prima battuta all’amministrazione e sottoposte poi […] al sindacato giurisdi-
zionale» (Cons. St., sez. VI, n. 2199/2002).
133 Corte di giustizia Ce, Grande Sezione, 15 febbraio 2005, C-12/03, Commissione v. Tetra

Laval, secondo cui «Se la Corte riconosce alla Commissione un margine di valutazione in materia
economica, ciò non implica che il giudice comunitario debba astenersi dal controllare l’interpre-
tazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. In effetti, il giudice comunita-
rio deve in particolare verificare non soltanto l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti,
la loro attendibilità e la loro coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme
dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa
e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono». In senso contra-
rio, R. CHIEPPA, Il controllo giurisdizionale sugli atti delle autorità antitrust, in Dir. proc. amm.,
2004, 4, 1043, ritiene che la giurisprudenza comunitaria abbia optato per un tipo di sindacato giu-
risdizionale non pieno.
134 Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926, secondo cui «la riconosciuta ammissibilità an-

che della consulenza tecnica, quale strumento di verifica di fatti ed elementi rilevanti ai fini del-
l’analisi economica e delle valutazioni complesse effettuate dall’Autorità, conferma il grado di ef-
fettività della tutela giurisdizionale».
135 Così F. CINTIOLI, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale sulla discreziona-

lità tecnica, in Cons. St., 2000, 2375 ss.


SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 243

senza, però, arrivare a «oltrepassare i confini sostanziali della funzione, come de-
rivano dall’ampiezza delle situazioni giuridiche soggettive tutelate»136.
Il giudice, infatti, grazie a tale strumento utile a ridurre la complessità del-
l’istruttoria – purché questa poggi su valutazioni economiche opinabili e com-
plesse e non semplicemente su un’abbondanza di fatti agevoli da conoscere –,
amplia la sua conoscenza137; ma, proprio perché “dominus” della qualificazione
del fatto, non può mai limitarsi a recepire acriticamente le risultanze della con-
sulenza tecnica, essendo sempre tenuto ad un’autonoma valutazione e rielabora-
zione del fatto anche “alla luce” dei dati tecnico-scientifici offerti dal c.t.u. Gli è
dunque consentito considerare più che la valutazione finale del consulente, che
pure troverà gli opportuni spazi nella relazione illustrativa, il percorso conosci-
tivo che questi avrà svolto nel ripercorrere l’intero iter della determinazione tec-
nica assunta dall’amministrazione138.

136 P. LAZZARA, Le competenze comunitarie e i limiti al sindacato giurisdizionale in materia

Antitrust, in Giorn. dir. amm., 2006, n. 2, 187. Sul punto, a livello giurisprudenziale, si veda Cons.
St., sez. V, 4 febbraio 2015, n. 533, secondo cui l’utilizzo dello strumento della consulenza tecnica,
ma anche della verificazione, a supporto degli elementi indiziari di eccesso di potere denunciati al-
l’attenzione del giudice amministrativo incontra il solo limite dell’insindacabilità del merito dell’a-
zione amministrativa; e Cons. St., sez. VI, 29 settembre 2009, n. 5864, secondo cui la richiesta di
consulenza tecnica di ufficio «ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto
di cognizioni tecniche non possedute, ma non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova
dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste; fatti che devono essere dimo-
strati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova posti dal-
l’art. 2697 c.c. (Cons. Stato, VI, 12 marzo 2004 n. 1261)».
137 Soprattutto considerato quanto affermato di recente da Cass., sez. I, 15 giugno 2018, n.

15774, secondo cui al «divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative
è consentito derogare solo quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effet-
tuarsi unicamente con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito
al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risul-
tante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nel-
l’ambito strettamente tecnico della consulenza (Cass. 11 gennaio 2017, n. 512)».
138 I confini riguardanti l’utilizzabilità della consulenza tecnica d’ufficio in settori caratteriz-

zati da profili tecnici emergono all’interno della giurisprudenza amministrativa in ambito cultu-
rale, ma il Consiglio di Stato, in più pronunce, ha riportato massime a ciò relative adattandole al-
l’ambito della concorrenza e del mercato: in tal senso si veda Cons. St, sez. VI, 13 febbraio 2020,
n. 1165, che rinvia a Cons. St., sez. IV, 18 dicembre 2019, n. 8559, e Cons. St., sez. VI, n.
2199/2002, che rinvia a Cons. St., sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5287, secondo cui, attraverso l’uti-
lizzo della C.T.U., può essere delegato al consulente l’accertamento sotto il profilo tecnico di un
ben individuato presupposto del fatto: la consulenza tecnica d’ufficio, infatti, «è uno strumento di
conoscenza posto a disposizione del giudice, che giova unicamente ad arricchirne la cognizione di
nozioni che non appartengono al patrimonio dell’intera collettività, né sono desumibili dalle mas-
sime di comune esperienza. Grazie all’apporto del consulente il giudice fruisce di conoscenze tec-
nico-specialistiche appartenenti a campi del sapere caratterizzati da obiettiva complessità, ai quali
non si accede senza la disponibilità di sofisticati strumenti di indagine». Il Consiglio di Stato si
premura, però, di precisare che «in primo luogo, la c.t.u. non può supplire l’onere della parte di
allegare i fatti e di introdurli nel processo; in secondo luogo che il compito della fissazione e qua-
lificazione del fatto non è delegabile al c.t.u., ma dev’essere espletato direttamente dal giudice». In
base a tali premesse, il Consiglio di Stato fa derivare la conclusione secondo cui «nella decisione
impugnata tali regole non sono state rispettate, poiché il Tribunale non ha eseguito una valuta-
zione autosufficiente sulla correttezza delle valutazioni tecniche del Comitato tecnico forestale, ma
si è pressoché interamente piegato sulle conclusioni finali del consulente. L’assenza di una riela-
borazione effettiva di queste conclusioni, del resto, è comprovata, oltre che dalla motivazione
244 SILVIA DE NITTO

All’ammissibilità dello strumento in linea teorica, però, non è seguito un suo


concreto impiego: l’utilizzabilità della consulenza tecnica non è mai stata resa ef-
fettiva nei giudizi aventi a oggetto gli atti dell’Autorità antitrust139. Ciò in primo
luogo riduce sensibilmente la possibilità per il giudice di effettuare un sindacato
pieno, che consenta di avere un accesso diretto ai presupposti di fatto sulla cui
base è stato adottato il provvedimento e di verificare l’attendibilità intrinseca dei
parametri tecnici utilizzati; in secondo luogo, fa emergere l’irrazionalità del pro-
cesso valutativo del giudice che sceglie di entrare nella sostanza della decisione e
ne controlla i presupposti tecnici140 o provvede alla rideterminazione della misura
sanzionatoria, senza, però, avvalersi dei consentiti mezzi di prova, quali la verifi-
cazione, l’interrogatorio libero e la consulenza tecnica d’ufficio.
Infatti, in assenza di un effettivo – e non solamente proclamato – ricorso a
tali strumenti probatori, risulta difficile consentire al giudice di svolgere una
propria istruttoria, che non fornisca esclusiva importanza agli elementi emersi
nel procedimento amministrativo141 – anche considerando che l’Autorità risulta
di fatto avvantaggiata nell’opera di convincimento del giudice, potendo essa «ri-
versare nel processo tutte le prove già acquisite nel procedimento di guisa che le
risultanze antitrust diveng[a]no atti di parte e formidabili strumenti di convin-
cimento»142 – e che impedisca che «le teorie economiche costituisc[a]no stru-

della sentenza, dal fatto che il Tribunale non ha posto adeguatamente in luce le contraddizioni
emergenti dal testo della relazione e le sue obiettive incertezze».
139 Tale dato è confermato nel documento prodotto dall’Ufficio studi, massimario e forma-

zione del Consiglio di Stato su “Autorità indipendenti e sindacato giurisdizionale”, cit., 17.
140 Si veda, in tal senso, Tar Lazio, sez. I, 16 giugno 2016, n. 6921, che ha annullato un prov-

vedimento dell’Autorità antitrust conducendo un esame particolarmente penetrante in relazione


alle valutazioni circa la sussistenza di un’intesa anticoncorrenziale. Il Giudice ha esaminato gli ele-
menti probatori enucleati dall’Autorità nel corso dell’istruttoria in relazione a ciascuna singola
gara, per concludere che «non si rinviene la pratica concordata come sanzionata dall’AGCM, in
quanto non si desumono elementi in grado di attestare la volontà di dare luogo, mediante un ori-
ginario r.t.i. mantenuto “di fatto” fino al 2007, ad una collaborazione specifica e costante a danno
della concorrenza nel mercato di riferimento, in quanto i contatti tra le parti risultavano giustifi-
cati da valutazioni di mera convenienza strategico/imprenditoriale che, di volta in volta, erano le-
citamente orientate a conseguire un vantaggio, anche a discapito delle altre imprese “in cordata”
nel 1996».
141 Così R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, 156-157, i

quali sul punto rinviano a una significativa pronuncia del Tar Lazio, sez. I, 11 maggio 2005, n.
3655, secondo cui «la casistica è molto ampia e presenta aspetti di uniformità nelle modalità di
contrattazione che, nel corso dell’istruttoria, l’Autorità avrebbe dovuto individuare e considerare
nell’accertamento dell’attuazione delle condotte illecite e dell’intenzionalità di tali condotte (ele-
mento soggettivo dell’illecito). A fronte di un cliente “forte”, era opportuno chiedersi quale effet-
tivo rilievo avesse la domanda rispetto all’offerta in quel settore, accertando in concreto i reali rap-
porti di forza e, conseguentemente, la consistenza della posizione di dominanza di TI. Il provve-
dimento è, pertanto, illegittimo per difetto di istruttoria in quanto l’Autorità ha omesso di
effettuare tale indagine, utilizzando pedissequamente le verifiche fatte nell’ambito di altre fatti-
specie, in applicazione di un principio astratto di abuso di posizione dominante. In sostanza è
mancata una corretta contestualizzazione della nozione indeterminata di “abuso di posizione do-
minante” alle circostanze fattuali, poiché l’Autorità ha, pregiudizialmente, trasposto nella fattispe-
cie in questione l’accertamento relativo alla conduzione della gara Consip, dove, peraltro, è stato
trattato il solo profilo della non replicabilità dell’offerta».
142 In questo senso, P. LAZZARA, Le competenze comunitarie e i limiti al sindacato giurisdizio-

nale in materia Antitrust, cit., 188; analogamente, F. MERUSI, Giustizia amministrativa ed autorità
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 245

menti spesso malleabili che permettano di dissimulare, sotto un aspetto di rigore


analitico, obiettivi d’opportunità pura»143. Perché, dunque, sia concretamente
assunta una prospettiva che consenta di cogliere la «dimensione etica della
prova»144 e che permetta al contraddittorio e al metodo dialettico di costituire
uno strumento di verità, risulta indispensabile per il giudice ricorrere alla logica
«“argomentativa”, ch’è propria del discorso intorno a valori»145: la determina-
zione giudiziale deve, allora, necessariamente servirsi degli strumenti probatori
a disposizione e in particolare della consulenza tecnica d’ufficio. Solamente il
loro effettivo utilizzo consentirebbe di rendere concreta e reale l’estensione del-
l’ambito del giudizio alla ricostruzione fattuale autonoma e precisa, soprattutto
considerando il fenomeno della cosiddetta “dipendenza da percorso”, secondo
il quale, una volta avviato il procedimento dall’AGCM, è assai probabile che
questo si concluda, salvo che non si verifichino eventi straordinari, con una con-
danna146.

6. Considerazioni conclusive
La circostanza per cui le determinazioni antitrust sono fondate su presup-
posti tecnico-economici incerti e opinabili che richiedono apprezzamenti o
scelte valutative amministrative e di opportunità, in quanto tali non sostituibili
in sede processuale, non deve valere a costituire uno scudo dietro il quale il giu-
dice amministrativo sia legittimato a celarsi. Sicuramente – a meno che non si
voglia arrivare a ipotizzare una disposizione legislativa che preveda una giurisdi-
zione estesa al merito per la generalità delle valutazioni tecniche147 – al giudice
amministrativo rimane impedito lo svolgimento di un giudizio che assuma ca-
rattere sostitutivo attraverso l’introduzione di una valutazione che possa non te-
nere in adeguata considerazione la competenza tecnica, l’affidabilità e l’espe-
rienza dell’Autorità antitrust, oltre alle specificità proprie della struttura proce-

indipendenti, in Dir. amm., 2002; e F. CINTIOLI, Tecnica e processo amministrativo, in Dir. proc.
amm., 2004, 1014 ss.
143 R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., 172, i quali, per tale ra-

gione, sottolineano l’esigenza di «valorizzare un ricorso più frequente a strumenti di consulenza


indipendenti, in grado di aiutare il giudice ad esercitare un controllo maggiormente ampio sulle
argomentazioni economiche complesse offerte dalle parti».
144 A. GIULIANI, Giustizia ed ordine economico, Milano, 1997, 240, il quale, nel ricostruire il

pensiero e l’opera di Perelman, afferma che, nell’ordine definito «isonomico», «prova e verità
sono strumenti per rendere giustizia».
145 E. FAZZALARI, Introduzione alla giurisprudenza, Padova, 1984, 30.
146 Il fenomeno della «dipendenza da percorso», o «path dependence» è stato sottolineato da

C. OSTI, Un giudice a Berlino. Controllo giudiziale del giudice amministrativo italiano, nella sua re-
lazione tenuta al Convegno Poteri e garanzie nel diritto antitrust: l’esperienza italiana del sistema
della modernizzazione del 23 luglio 2007, 29 ss., secondo il quale, una volta avviato il procedi-
mento dall’AGCM, questo «si concluderà, inevitabilmente, salvi eventi prossimi al miracoloso,
con una condanna spesso pesante ovvero, in tempi più recenti, con la presentazione di impegni,
di regola assai stringenti e gravosi».
147 Sui pericoli che deriverebbero dalla previsione di una full jurisdiction nei casi di esercizio

di discrezionalità tecnica si veda il recentissimo articolo di P. CARPENTIERI, La decisione amministra-


tiva discrezionale. Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale, in Giustamm, n. 1, 2020.
246 SILVIA DE NITTO

dimentale delle decisioni da essa adottate. Parrebbe, al contrario, vantaggioso


valorizzare tali elementi e, quindi, da una parte, il fatto che l’accoglimento del-
l’approccio economico sopra descritto impone all’Autorità di agire secondo una
logica di intervento che non sia definita “caso per caso”148 ma che si basi su li-
nee guida che, pur non potendo essere onnicomprensive, diano conto di tipolo-
gie particolarmente rilevanti di illeciti e di un metodo di valutazione ispirato ad
una «economic wisdom»149; dall’altra parte, la natura garantista del procedi-
mento dal quale scaturisce la misura antitrust, tale per cui la fase istruttoria e de-
cisoria sono tra loro ben delimitate e l’istruttoria è interamente fondata sulla
centralità del contraddittorio150, oltre che sulla pienezza ed effettività della par-
tecipazione degli interessati al procedimento.
Sarebbe ragionevole – eppure così non emerge dal processo valutativo del
giudice151 – che questi elementi possano giustificare, a seconda dei casi con-
creti, una gradazione del controllo giurisdizionale152. Risulta, però, allo stesso
tempo necessario che questi non arrivino a costituire un pretesto per legitti-

148 Logica propria della rule of reason nella sua forma più pura.
149 M. POLO, A favore di un approccio economico nell’applicazione del diritto antitrust, in Mer-
cato Concorrenza Regole, n. 1, 2007, 136. Nello stesso senso, R. PARDOLESI, Chi ha paura dell’in-
terpretazione economica del diritto antitrust?, in Mercato Concorrenza Regole, n. 1, 2007, 127, se-
condo cui non si tratterebbe tanto di «un set di regole operazionali, che rimane prerogativa del
giurista, quanto un impianto teorico persuasivo, un’economic wisdom cui ispirarsi per divisare
coordinate appropriate, capaci di incidere dov’è davvero opportuno farlo (almeno per quanto ci è
dato capire, sulla base del bagaglio di conoscenze di cui disponiamo). Ciò non significa, benin-
teso, consegnare un segmento dell’esperienza giuridica a nuovi sacerdoti, che ripetono da altri sa-
peri una legittimazione arbitraria. Implica, piuttosto, l’abbandono di comodi preconcetti e sillogi-
smi formali, alla ricerca di una disciplina che non abbia, dalla sua, i soli crismi della liturgia, ma
miri con sagace umiltà a fare autentica giustizia (economica)».
150 Sul punto, S. TORRICELLI, Per un modello generale di sindacato sulle valutazioni tecniche:

il curioso caso degli atti delle autorità indipendenti, cit., 123-124, secondo il quale riemerge «il tema
della partecipazione come onere, dal che derivano conseguenze preclusive (non in termini di pre-
clusioni processuali, ma di preclusioni alla rilevanza di certi elementi sul piano sostanziale della le-
gittimità dell’atto). Se così è, si comprende allora perché la procedimentalizzazione è in grado di
incidere sul sindacato sulle valutazioni tecniche».
151 Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 15 maggio 2015, n. 2479, secondo cui «Il Colle-

gio ribadisce ancora una volta che tale fase di sindacato giurisdizionale, per quanto approfondita,
non può però consistere in una puntuale reiterazione di ogni specifico e minimo, se pure impor-
tante, passaggio logico della fase procedimentale dinanzi al Garante della concorrenza».
152 In particolare l’elemento della distinzione tra uffici (aventi funzioni istruttorie) e collegio

(avente funzione decisoria) non viene valorizzato dal giudice che, sulla base della distinzione ef-
fettuata a livello sovranazionale tra un diritto penale in senso stretto (“hard core of criminal law”)
e casi non strettamente appartenenti alle categorie tradizionali del diritto penale (Corte EDU, 23
novembre 2006, 73053/01, Jussila c. Finlandia), sottolinea che non tutte le garanzie di cui all’art.
6, c. 1 della CEDU, devono essere necessariamente realizzate nella fase procedimentale ammini-
strativa, potendo esse, almeno nel caso delle sanzioni non rientranti nel nocciolo duro della fun-
zione penale, collocarsi nella successiva ed eventuale fase giurisdizionale. Risultano, dunque, se-
condo il giudice, compatibili con l’art. 6, c. 1 le sanzioni “penali” imposte in prima istanza da un
organo amministrativo – anche a conclusione di una procedura priva di carattere giudiziale, vale
a dire che non offra garanzie procedurali piene di effettività del contraddittorio –, purché sia as-
sicurata una possibilità di ricorso dinnanzi ad un giudice munito di poteri di “piena giurisdizione”
e, quindi, le garanzie previste dalla disposizione possano attuarsi compiutamente quanto meno in
sede giurisdizionale (Cons. Stato, sez. VI, n. 1596 del 2015). Il problema persiste, dunque, quando
tale “giurisdizione piena” non si esercita.
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 247

mare l’arretramento del giudice dallo svolgimento di un corretto esercizio del


potere di cui è titolare, ma rappresentino una base di partenza per consentire
al giudice una migliore comprensione dei parametri tecnico-economici utiliz-
zati ed esplicitati in via amministrativa. Ciò non solo favorirebbe, a livello giu-
diziale, l’elaborazione di criteri di controllo definiti e univoci, nell’ottica di una
loro progressiva condivisione e di un conseguente consolidamento, ma ridur-
rebbe anche il rischio che si affermino tendenze giurisprudenziali arroccate su
indebite appropriazioni di competenze o, viceversa, su ingiustificati appiatti-
menti – magari legati a convinzioni personali di singoli giudici – sulle determi-
nazioni amministrative.
Una maggiore coerenza nei criteri di controllo e di analisi giurisdizionale, a
sua volta, comporterebbe un duplice vantaggio: in primo luogo, faciliterebbe il
tentativo di responsabilizzare, come in una catena virtuosa, tanto i soggetti eco-
nomici, nello svolgimento della loro attività, quanto l’Autorità nell’esercizio del
suo potere di vigilanza (e non solo), quanto ancora il giudice nell’effettuazione
del controllo di legittimità delle misure amministrative che implichino valuta-
zioni tecnico-economiche; in secondo luogo, aumenterebbe l’efficienza e l’effet-
tività del controllo giurisdizionale, con sicuri riflessi anche in termini di unifor-
mità e prevedibilità delle pronunce. Efficienza, perché il giudice risulterebbe
maggiormente in grado di rispondere all’esigenza di stare al passo con la tecni-
cità crescente delle situazioni153, oltre che con il prevalente ruolo oramai occu-
pato dall’economia industriale nei giudizi amministrativi; effettività, perché la
sostanza della decisione rimarrebbe comunque vincolata alla concreta verifica
della sua intrinseca logicità154 e coerenza155, così come della sua proporzionalità,

153 E che, secondo R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., 172, è tale

da «far temere che il giudice non sia in grado di esercitare un controllo approfondito sui casi sot-
toposti al suo esame».
154 Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2017, n. 1066: «il provvedimento dell’AGCM presenta un vi-

zio di intrinseca illogicità, nella misura in cui non riesce a spiegare in maniera plausibile in che
modo l’intesa sia stata conclusa e attuata senza il coinvolgimento di altre compagnie assicurative.
[…] Il parallelismo di condotte, in effetti, come appunto confermato dal fatto che alle gare non
partecipavano neanche le imprese estranee alla contestata intesa, può allora essere giustificato
sulla base di diverse valide ragioni economiche, nella specie rappresentate, come è emerso sia nel-
l’istruttoria davanti all’AGCM, sia nel presente giudizio, da ragioni di non appetibilità economica
dell’offerta. In particolare, assumono rilevanza, come valide spiegazioni alternative fornite del pa-
rallelismo di condotte, la scarsa remuneratività del comparto (il servizio assicurativo della respon-
sabilità civile a favore delle aziende di trasporto pubblico locale), e la strutturale carenza infor-
mativa e conseguente incertezza sulla remuneratività delle singole gare per le compagnie diverse
dal fornitore storico».
155 Si veda Cons. St., sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3769, con cui il Consiglio di Stato ha cen-

surato l’accertamento relativo alla condotta collusiva, ritenendo vi fosse una «significativa incoe-
renza» sul piano logico motivazionale tra il provvedimento impugnato e le numerose segnalazioni
e i provvedimenti con i quali, a partire dal 1995, l’Autorità antitrust aveva espressamente criticato
la regolamentazione adottata dalla Regione Campania, ritenendola ostativa al pieno dispiegarsi
delle dinamiche concorrenziali nel mercato dei golfi di Napoli e Salerno. L’Autorità avrebbe per-
tanto dovuto approfondire l’istruttoria al fine di valutare l’influenza della regolamentazione regio-
nale e illustrare le ragioni per le quali riteneva di modificare le precedenti valutazioni svolte nelle
proprie segnalazioni e nel provvedimento del 25 ottobre 2009 di chiusura del procedimento con
impegni.
248 SILVIA DE NITTO

ragionevolezza effettiva e della completezza dell’istruttoria156. Sul presupposto


per cui «anche teorie o principi economici [possono] essere applicati ben al di là
del loro margine di elasticità e opinabilità, con risultati non consentanei alle loro
premesse e, dunque, erronei»157, rimane infatti fermamente salda l’esigenza di
svolgimento di un’analisi che non si limiti a un’operazione di mera enunciazione
e «di semplice cosmesi semantica»158, ma che, al contrario, per stabilire se le va-
lutazioni tecniche – anche quando basate su «elementi elastici»159 – siano non
solo legittime ma anche «le più convincenti»160, si spinga a penetrare nel pieno
della ratio che contraddistingue ciascun principio che regola l’azione amministra-
tiva. La precondizione perché ciò avvenga in maniera razionale è, come visto, il
necessario ricorso ai consentiti strumenti probatori, senza i quali risulta difficile
svolgere un’analisi aderente alla sostanza della decisione oggetto del giudizio.
Anche sul versante della rideterminazione da parte del giudice dell’entità
della sanzione amministrativa – dove, peraltro, sussiste una giurisdizione estesa
al merito – appare ragionevole ritenere che il giudice tenga in adeguata consi-
derazione i criteri di valutazione individuati dall’Autorità all’interno delle Linee
Guida, per evitare che le incertezze rispetto alle modalità con cui effettuare una
nuova determinazione della sanzione incentivino l’attivazione del contenzioso e
rendano il rischio di una sanzione antitrust non in grado di produrre sulle im-
prese un effetto realmente deterrente a tenere una condotta anticoncorrenziale.
Legare la valutazione del giudice a tali criteri consentirebbe, infatti, di giustifi-

156 Cons. St., sez. VI, 8 febbraio 2019, n. 957, secondo cui, «è necessario che la condotta

scorretta sia causalmente riconducibile al professionista cui essa è addebitata. Nella fattispecie
concreta in esame, l’Autorità non ha dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della
pratica scorretta. [Pertanto] l’appello va accolto, con conseguenziale invalidità del provvedimento
dell’Autorità che ha ritenuto sussistente una pratica commerciale scorretta, senza avere svolto una
istruttoria idonea a dimostrare che detta pratica fosse effettivamente riconducibile ad una con-
dotta della società appellante».
157 Cons. St., sez. III, 2 aprile 2013, n. 1856. Nello stesso senso, C. Cass., SS.UU., 20 gennaio

2014, n. 1013, secondo la quale, qualora vi sia una valutazione tecnica che presupponga una scelta
tra un ventaglio di soluzioni possibili, essendo così destinata inevitabilmente a risolversi in un ap-
prezzamento non privo di un certo grado di opinabilità, «il sindacato del giudice, essendo pur sem-
pre un sindacato di legittimità e non di merito, è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la
stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce d’individuare un pa-
rametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo. Con l’ovvio corollario
che compete comunque al giudice di vagliare la correttezza dei criteri giuridici, la logicità e la coe-
renza del ragionamento e l’adeguatezza della motivazione con cui l’amministrazione ha supportato
le proprie valutazioni tecniche, non potendosi altrimenti neppure compiutamente verificare quali
siano in concreto i limiti di opinabilità dell’apprezzamento da essa compiuto».
158 S. COGNETTI, Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistemica,

Torino, 2011, 177.


159 V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità,

in Dir. amm. proc., 1984, 463 ss., il quale ritiene che, mentre per il controllo giurisdizionale sugli
elementi fissi il sindacato sulla legalità deve essere rigido, invece quello non di legalità ma di
legittimità sugli elementi elastici deve essere necessariamente elastico.
160 F.G. SCOCA, Giudice amministrativo ed esigenze del mercato, cit., 279, secondo cui la co-

gnizione giurisdizionale sui provvedimenti resi dall’AGCM «deve spingersi a stabilire se esse siano
le più convincenti, alla luce del confronto con le tesi tecniche alternative portate in giudizio dalle
parti, introdotte dall’eventuale consulenza tecnica d’ufficio, o elaborate dallo stesso giudice am-
ministrativo».
SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’AUTORITÀ GARANTE 249

care in maniera più puntuale la richiesta all’amministrazione di rideterminare la


sanzione nel rispetto di quanto disposto in sede processuale161; o di decidere di
discostarsi in modo trasparente dalle Linee stesse, fornendo una motivazione
rafforzata sulle circostanze eccezionali che hanno reso opportuna la non ade-
renza e facendo leva soprattutto sugli strumenti istruttori, capaci di favorire una
verificazione fattuale precisa che tenga conto anche degli effetti che una rimo-
dulazione del quantum produrrebbe nell’assetto complessivo. Viceversa, uno
scarso utilizzo dei mezzi istruttori e di analisi economiche approfondite alimen-
terebbe il verificarsi di una distonia, ossia la circostanza per cui il giudice
avrebbe un potere sulla sanzione più ampio di quanto non sia il correlato potere
sul fatto: non sarebbe, dunque, possibile comprendere le ragioni fondanti la
scelta del giudice di effettuare una rideterminazione della sanzione.
Tutto questo consentirebbe forse di individuare, in un delicato bilancia-
mento di funzioni162, quel punto di equilibrio che, da una parte, custodisca la ri-
serva di valutazione in capo all’Autorità – ponendo, in forza dell’acclarata spe-
cificità istituzionale della stessa, una quota della relativa attività al riparo dal
controllo del giudice – e, dall’altra, garantisca al giudice amministrativo, ancor
meglio se dotato di una particolare “sensibilizzazione” tecnica163, la possibilità
di svolgere un sindacato pieno, che non si serva della discrezionalità tecnica
come espediente per comprimere la conoscibilità dell’azione amministrativa164.

161 In tal senso, da ultimo, Cons. St., sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6030; Cons. St., sez. VI,

17 febbraio 2012, n. 853, secondo cui «circa la censura inerente la quantificazione della sanzione
di Euro 215.000 in concreto irrogata, il Collegio premette che la sanzione dovrà essere ridetermi-
nata dall’Autorità, atteso che con la sentenza impugnata (avente contenuto dispositivo di parziale
accoglimento) è stato espressamente disposto il parziale annullamento del provvedimento impu-
gnato in relazione ai profili della ritenuta sussistenza della aggressività della condotta ascritta a
Eutelia s.p.a.».
162 In tal senso, B. SORDI, Giustizia e amministrazione nell’Italia liberale. La formazione della

nozione di interesse legittimo, Milano, 1985, 420, secondo cui il giudice avrebbe il compito di ri-
solvere, in chiave giurisdizionale e «nei limiti che il potere di cognizione incontra nell’assenza o
imprecisione dei parametri normativi, i margini di autonomia degli apparati».
163 In tale prospettiva appare utile, al fine di favorire l’utilizzo di criteri di controllo più de-

finiti da parte di giudici con una maggiore sensibilizzazione tecnica, considerare l’ipotesi di pre-
vedere udienze ‘tematiche’, dedicate esclusivamente, in uno stesso giorno, alla trattazione di casi
limitati decisi dall’Autorità; o di prevedere espressamente – oltre alla già esistente devoluzione,
proprio per tale ragione, delle fattispecie alla competenza funzionale inderogabile del Tar Lazio,
sede di Roma (art. 135, co. 1, lett. b), c.p.a.), scelta che ha senza dubbio contribuito ad accrescere
progressivamente la comprensione da parte dei giudici delle rationes e dei concetti tipici della le-
gislazione antitrust – una Sezione ad hoc per il settore interessato dall’azione dell’Autorità anti-
trust nel contenzioso amministrativo. O, ancora, potrebbe ipotizzarsi una modifica legislativa che
condizioni il potere di rimodulazione della sanzione da parte del giudice alla richiesta di una con-
sulenza tecnica d’ufficio. O, sul modello europeo dell’Administrative Board of Review in ambito
bancario e finanziario, si potrebbe istituire un Consiglio indipendente composto da soggetti di
elevatissima competenza tecnica, che svolga un’attività di nudging, di “suggerimento” alla legitti-
mità della misura, tanto per l’Autorità garante stessa, quanto per il giudice amministrativo. Altra
cosa sarebbe, invece, intendere la specializzazione nel senso di includere nei collegi giurisdizionali
anche soggetti dotati di competenze e conoscenze non giuridiche ma tecniche-economiche.
164 Si veda, ad esempio, E. PRESUTTI, I limiti del sindacato di legittimità, Milano, 1911, 16, se-

condo il quale la nozione di discrezionalità tecnica ha rappresentato l’«ultimo, ineliminato residuo


dei grandi, estesi ed incontrollati poteri, che dovette arrogarsi il potere regio nel così detto Stato
di polizia per por fine al regime feudale»; nello stesso senso V. CERULLI IRELLI, Note in tema di di-
250 SILVIA DE NITTO

Risulta necessario che ciò avvenga – in un quadro caratterizzato da una delicata


combinazione e interrelazione tra problematiche varie, tra cui assumono parti-
colare importanza il deficit di legittimazione democratica, la volontà di indipen-
denza politica e la possibilità di ammettere un sindacato effettivo sul potere tec-
nico – a tutela dei diritti soggettivi, peraltro di rilevanza costituzionale, di cui
sono titolari i cittadini, così che dal mantenimento del carattere non sostitutivo
del sindacato non derivi una diminuzione delle garanzie di tutela difensiva.
Nelle circostanze in cui gli atti oggetto del sindacato provengano da soggetti che
svolgono funzioni ‘finalisticamente orientate’ ma le cui determinazioni possono,
allo stesso tempo, incidere su una molteplicità di libertà, interessi e diritti costi-
tuzionalmente tutelati165, infatti, il giudice è chiamato a svolgere un ruolo parti-
colarmente delicato, che non si limiti ad accertare l’evidenza del vizio ma inseri-
sca la misura amministrativa all’interno di un sistema valoriale complesso – in
cui emergono aspetti non solo economici, ma anche politici, sociali e morali166 –
e valuti la correttezza del procedimento amministrativo adottato per giungere al
risultato167. A ciò, a ben vedere, non dovrebbe opporsi l’Antitrust: la sua auto-
revolezza non deriva dall’insindacabilità degli atti adottati ma dal rigore e dalla
correttezza del processo logico in essi effettuato.
screzionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 476, secondo cui la nozione di discre-
zionalità tecnica non sarebbe stata altro che «un espediente per comprimere la conoscibilità del-
l’azione amministrativa (e segnatamente dell’azione amministrativa che si estrinseca in una mera
attuazione della legge) in sede di sindacato di legittimità».
165 Sul punto, si veda F. PATRONI GRIFFI, Il sindacato del giudice amministrativo sugli atti delle

Autorità indipendenti, cit., 1-2, secondo il quale «i diritti del consumatore – la cui protezione re-
clama una tutela effettiva – si inseriscono, come ogni diritto che viva nella modernità, in un com-
plesso sistema di bilanciamento tra diritti, valori e doveri, che – a mio avviso – non consente di
“ridurre” la disciplina della concorrenza a una questione di tutela dei diritti dei consumatori: la
disciplina della concorrenza serve anche a evitare le distorsioni del liberismo selvaggio, a correg-
gere il mercato in funzione di protezione dei soggetti deboli (che non sono soltanto i consuma-
tori), ad assicurare crescita e sviluppo in un mercato libero e tra liberi mercati, e così via».
166 Sullo stretto legame tra le politiche concorrenziali e la disuguaglianza sociale, si veda J.B.

BAKER, S.C. SALOP, Antitrust, politica della concorrenza e disuguaglianza, in Mercato Concorrenza
Regole, n. 1, 2016, 7 ss., secondo cui, in riferimento al sistema americano, «la Corte Suprema po-
trebbe riconoscere quali obiettivi antitrust le preoccupazioni economiche e sociali connesse alla
disuguaglianza, congiuntamente al benessere del consumatore e all’efficienza. In alternativa (o in
aggiunta), il Congresso potrebbe inserire nello Sherman Act e nel Clayton Act un esplicito obiet-
tivo di “interesse pubblico”, attribuendo alle corti la facoltà di interpretare gli statuti nella pro-
spettiva di utilizzare la disciplina antitrust per valorizzare gli effetti distributivi. Analogamente, le
autorità di regolazione chiamate ad affrontare questioni concorrenziali in base al proprio standard
di “interesse pubblico”, potrebbero apprezzare gli aspetti distributivi quali obiettivi espliciti e con
elevata priorità in termini di interesse pubblico» (30).
167 In tal senso, Tar Lazio, Roma, sez. I, 17 ottobre 2019, n. 11960, secondo cui «il provve-

dimento gravato risulta gravemente lacunoso, nel suo percorso motivazionale, in ragione dei tra-
visamenti e delle carenze istruttorie nell’analisi della idoneità della prima condotta contestata a
produrre effetti anticoncorrenziali, nonché per la presenza di considerazioni apodittiche circa la
rilevanza, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di una medesima strategia escludente, della se-
conda condotta». Prosegue: l’«Agcm non chiarisce, quindi, nel provvedimento, e neppure pro-
spetta a livello presuntivo, in che modo tali dati potevano essere utilizzati da Acea per orientare o
monitorare l’efficacia della sua politica di marketing volta a “trattenere” la clientela già presente
nel mercato tutelato. La condotta illecita di Areti viene, del resto, ricostruita in chiave puramente
presuntiva, in assenza di alcuna spiegazione plausibile sulla astratta capacità delle informazioni
acquisite di “facilitare” la realizzazione del piano di svuotamento del mercato tutelato».
CAPITOLO OTTAVO

IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE
DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA

Federico Caporale

SOMMARIO: 1. L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente e il giudice ammi-


nistrativo. – 2. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera
secondo la giurisprudenza. – 3. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tec-
niche dell’Arera nell’esperienza concreta. – 4. L’uso degli strumenti istruttori nel
trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera. – 5. Il trattamento
giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera.

1. L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente e il giudice ammi-


nistrativo
Il trattamento giurisdizionale degli atti dell’Autorità di Regolazione per
Energia Reti e Ambiente (d’ora in avanti Arera) e, prima ancora, dell’Autorità
per l’energia elettrica e il gas e dell’Autorità per l’energia elettrica il gas ed il si-
stema idrico, è argomento molto delicato.
Infatti, come per le altre autorità indipendenti, l’effettività del sindacato giu-
risdizionale non è solo fondamentale per tutelare i soggetti regolati, ma anche per
collegare l’autorità al complesso del sistema istituzionale, garantendo che l’indi-
pendenza non si trasformi in separatezza, e per legittimarne ex post l’attività1.
In particolare, da più parti si è ritenuto che, per compensare l’assenza di le-
gittimazione democratica, sarebbe auspicabile un controllo giurisdizionale più
intenso rispetto a quello riservato generalmente alle valutazioni tecniche delle al-
tre pubbliche amministrazioni2, anche se non sono mancate letture diametral-
mente opposte, secondo cui i giudici dovrebbero osservare una maggiore defe-

1 Sull’importanza del sindacato giurisdizionale come uno dei possibili contrappesi per evi-

tare che l’indipendenza si trasformi in separazione, compromettendo il complesso del sistema isti-
tuzionale, cfr. G. MAJONE, Independence vs. Accountability? Non-Majoritarian Institutions and
Democratic Government in Europe, EUI Working Paper SPS no. 94/3.
2 Cfr. F. SCLAFANI, Scelte regolatorie comunitarie e nazionali e sindacato giurisdizionale, in M.

DE FOCATIIS, A. MAESTRONI (a cura di), Libertà di impresa e regolazione del nuovo diritto dell’ener-
gia, Milano, 2011, 51 ss., specie 53-54. Sulla sindacabilità delle decisioni delle autorità indipen-
denti, cfr. diffusamente P. LAZZARA, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2001.
252 FEDERICO CAPORALE

renza in ragione della particolare competenza tecnica che contraddistingue i re-


golatori indipendenti3.
In realtà, il sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Arera presenta molti
tratti di originalità anche rispetto alle altre autorità indipendenti4.
I caratteri del controllo giurisdizionale sugli atti dell’Arera sono stati in-
fluenzati – rispetto alle altre autorità indipendenti – dalla sua articolata missione
istituzionale, dalla sua particolare evoluzione, dal contesto istituzionale in cui è
stata inserita (segnato dalla presenza di numerose altre amministrazioni a livello
statale e locale5), dall’elevata tecnicalità dei settori regolati.
Infatti, sin dalla sua istituzione (con la legge n. 481 del 14 novembre 1995),
l’Arera è stata uno snodo fondamentale per l’evoluzione della regolazione dei
mercati in Italia: è stata la prima autorità indipendente deputata alla regolazione
di un servizio pubblico a rete e ha inaugurato un modello che è stato ripreso,
poi, in altri settori, come le telecomunicazioni (con l’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni) e i trasporti (con l’Autorità di regolazione dei trasporti)6.
Negli anni, l’autorità è cresciuta per importanza e funzioni: in origine, la
sua competenza era limitata ai settori del gas e dell’energia; nel 2011, ha assor-
bito la regolazione dei servizi idrici7; quindi, la regolazione dei servizi di teleri-
scaldamento e teleraffrescamento8; da ultimo, i rifiuti9. Ne è derivato un quadro
composito, dal momento che si tratta di settori molto diversi per caratteristiche
economiche e giuridiche, attraversati da differenti interessi pubblici e privati e
da esigenze e tecniche regolatorie talvolta disomogenee10; di conseguenza, anche
i poteri attribuiti all’autorità sono molto diversi da materia a materia11.
3 Cfr. F. MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, in Annuario AIPDA 2002,

Milano, 2003, 175 ss.


4 Del resto, parlare di un modello unitario di sindacato sugli atti delle autorità indipendenti

non ha molto senso, perché sussistono differenze profonde, da settore a settore, come per la di-
screzionalità tecnica degli altri moduli organizzativi, come ha ricordato R. VILLATA, Giurisdizione
esclusiva e amministrazioni indipendenti, in Dir. proc. amm., 2002, 792 ss.
5 Cfr. F.A. ROVERSI MONACO, L’autorità per l’energia e il gas, in E. BRUTI LIBERATI, F. DONATI

(a cura di), Il nuovo diritto dell’energia tra regolazione e concorrenza, Torino, 2007, 59 ss.
6 Sull’evoluzione della regolazione dell’energia elettrica, come esempio paradigmatico per i

servizi pubblici a rete, cfr. F. VETRÒ, Il servizio pubblico a rete. L’esempio paradigmatico dell’ener-
gia elettrica, Torino, 2005.
7 Cfr. d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 21, co. 19, convertito con la l. 22 dicembre 2011,

n. 214.
8 Cfr. d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102.
9 Cfr. l. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, co. 527 ss.
10 Per la regolazione del settore elettrico, cfr. F. VETRÒ, Il servizio pubblico a rete, cit., 213 ss.,

D. SORACE, Il modello di regolazione dell’energia: profili generali, in Il nuovo diritto dell’energia,


cit., 1 ss. e G. BELLANTUONO, Contratti e regolazione nei mercati dell’energia, Bologna, 2009; per
quella del gas, cfr. a cura di G. NAPOLITANO, A. ZOPPINI (a cura di), Quali regole per il mercato del
gas?, Bologna, 2014 e M. DE FOCATIIS, A. MAESTRONI (a cura di), Il mercato del gas tra scenari nor-
mativi e interventi di regolazione, Milano, 2013; per quella dei servizi idrici, cfr. F. CAPORALE, I ser-
vizi idrici. Dimensione economica e rilevanza sociale, Milano, 2017; per quella dei rifiuti, cfr. A.
MASSARUTTO, I rifiuti, Bologna, 2009, L. CARBONE, G. NAPOLITANO, A. ZOPPINI (a cura di), La di-
sciplina della gestione dei rifiuti tra ambiente e mercato, Bologna, 2018 e A. MASSARUTTO, Un
mondo senza rifiuti? Viaggio nell’economia circolare, Bologna, 2019.
11 Cfr. S.M. SAMBRI, A. MUOLLO, Le autorità di regolazione e di regolamentazione nel settore

delle energie, in E. PICOZZA, S.M. SAMBRI (a cura di), Il diritto dell’energia, in Trattato di diritto del-
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 253

In secondo luogo, il sindacato giurisdizionale sull’Arera è complicato dalla


pluralità di interessi pubblici che questa amministrazione è chiamata a bilan-
ciare (ad esempio, la concorrenza, la tutela degli utenti, l’efficienza operativa, la
continuità nella fornitura, la tutela dell’ambiente), dall’oscillazione dei rapporti
con la politica (in alcuni casi, infatti, l’autorità si può trovare a dover sviluppare
una continuità tra indirizzo politico e regolazione, come nel settore energetico12,
mentre in altri deve adottare tecniche regolatorie tali da mantenere un’equili-
brata distinzione tra decisione politica e scelta tecnica, come nei servizi idrici13),
dalla varietà di poteri che le sono attribuiti e dalle molteplici tipologie di prov-
vedimenti che può adottare.
Questo incide anche sulle valutazioni tecniche rese dall’Arera, che possono
essere oggettive od opinabili e possono associarsi a un’attività di ponderazione
di interessi, intervenire nella qualificazione giuridica dei presupposti di fatto del
provvedimento o condurre a un mero accertamento di fatti. Spesso, il giudice
amministrativo ha trattato tutte queste ipotesi alla stessa maniera, consideran-
dole casi di discrezionalità tecnica14, benché non appaiano tutte ugualmente ri-
conducibili a questa nozione, che dovrebbe essere limitata alle sole valutazioni
opinabili sui presupposti di natura tecnico-scientifica del provvedimento ammi-
nistrativo, rimanendone escluse le altre due tipologie di valutazioni tecniche del-
l’amministrazione (l’accertamento dei presupposti tecnico-scientifici oggettivi di
un provvedimento, pienamente ripetibile dal giudice, e le valutazioni tecniche
effettuate nella ponderazione degli interessi, che andrebbero assorbite, invece,
nella discrezionalità vera e propria)15. Va riconosciuto, però, che in concreto,

l’economia, diretto da E. Picozza e E. Gabrielli, Padova, 2015, 131 ss. e F. VETRÒ, Il servizio pub-
blico a rete, cit., 174 ss.
12 Sul rapporto tra politica e tecnica nella regolazione del gas e dell’energia, cfr. F.A. ROVERSI

MONACO, L’autorità per l’energia e il gas, cit., 60 ss. e, con particolare riferimento al rapporto tra
regolazione indipendente e politica energetica, E. BRUTI LIBERATI, Regolazione indipendente e poli-
tica energetica nazionale, in Riv. regol. mercati, 2014, 81 ss.
13 Si pensi all’adozione degli schemi tariffari. Sul rapporto tra funzioni di regolazione indi-

pendente e decisioni organizzative degli enti locali, sia consentito rinviare a F. CAPORALE, Politica
e amministrazione nei servizi pubblici locali: in cerca di un equilibrio tra rappresentatività ed effi-
cienza economica, in Diritto amministrativo e società civile. Muovendo dalle opere di F.A. Roversi
Monaco, III, Bologna, 2020, 421 ss.
14 Come ha sottolineato F.G. SCOCA, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalità, in

V. PARISIO (a cura di), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1998, 107 ss., la giuri-
sprudenza amministrativa, tradizionalmente, non ha distinto «secondo quali criteri debba essere
reso tale “giudizio” [tecnico scientifico], se si tratta cioè di un giudizio effettivamente da infor-
mare all’interesse pubblico o, viceversa, di un giudizio da condurre alla stregua di criteri scienti-
fici o tecnici, che possono essere nell’esperienza comune (o generale) ovvero nell’esperienza di
esperti qualificati, ma di certo non nell’esperienza “riservata” di organi amministrativi. La verità è
che probabilmente, per ragioni di semplificazione, la giurisprudenza amministrativa, dinanzi ad
una graduazione di possibili giudizi, che contempla giudizi di esistenza e inesistenza, giudizi di
esattezza e inesattezza, giudizi di congruità e incongruità e, in ultimo, giudizi di opportunità e
inopportunità, non ha operato una differenziazione sulla base dell’oggetto (o del criterio) del giu-
dizio, ma ha preferito porre in essere una differenziazione meno analitica, separando i giudizi di
esistenza semplici da tutti gli altri giudizi» (114-115).
15 In questo senso, cfr. G. CLEMENTE DI SAN LUCA, Il sindacato giurisdizionale sulle valuta-

zioni tecniche in materia ambientale, in giustamm.it, n. 7/2016, 3 ss. Del resto, come hanno osser-
254 FEDERICO CAPORALE

specialmente quando si tratta di valutazioni opinabili, è molto difficile capire se


la valutazione tecnica si fermi ad accertare l’esistenza di un fatto, inerisca alla
qualificazione giuridica di un fatto, incida su un presupposto per l’esercizio del
potere o interessi un aspetto tecnico che emerge nella fase di ponderazione de-
gli interessi o di esercizio del potere.
Inoltre, sul sindacato sugli atti dell’Arera incidono anche aspetti di carat-
tere processuale, come l’attribuzione della competenza funzionale al Tribunale
amministrativo regionale di Milano.
La scelta di creare un foro speciale è stata legata alla decisione di collocare
l’Arera a Milano, per favorirne l’indipendenza dalla politica16: volontà, questa,
che ha avuto l’effetto, da un lato, di allontanare – anche geograficamente – il
controllo giurisdizionale dai condizionamenti politici (distanziandolo da Roma17)
e, dall’altro, di formare, negli anni, una classe di giudici dotata di un’expertise
particolare nella regolazione dell’energia elettrica, del gas, dei servizi idrici e,
ora, dei rifiuti, aumentando la qualità e la prevedibilità delle decisioni18.
Tutte queste considerazioni – e l’elevata tecnicalità dei settori regolati –
hanno portato il giudice amministrativo ad adottare un approccio innovativo e
molto aperto, almeno apparentemente, nel sindacato sulle valutazioni tecniche
dell’Arera, vincendo la propria tradizionale resistenza all’uso dei mezzi istrut-
tori19.

2. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera secondo la


giurisprudenza
La formula astratta con cui la giurisprudenza descrive il proprio sindacato
costituisce il necessario punto di inizio di qualsiasi valutazione sulle modalità del

vato diversi autori, fra cui, ad esempio, M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, Milano,
1950, 110 e F.A. ROVERSI MONACO, Autorizzazioni cinematografiche di polizia e discrezionalità tec-
nica, in Giur. it., 1966, pt. II, 385 ss., specie 393, la discrezionalità tecnica sarebbe un concetto «di
uso comune, e quindi, anche se errato, non più espungibile», dal momento che non esiste una di-
screzionalità tecnica, ma solo un’attività vincolata all’applicazione di norme tecniche oppure
un’attività discrezionale vera e propria, normale, basata sull’utilizzo anche di norme tecniche.
16 Sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta di collocare la sede a Milano, cfr. P. RANCI,

L’avvio dell’autorità: una valutazione in retrospettiva, in F. MERUSI, S. ANTONIAZZI (a cura di),


Vent’anni di regolazione accentrata di servizi pubblici locali, Torino, 2017, 15 ss., specie 32-33.
17 Anche se questo aspetto è stato in parte attenuato dal fatto che il TAR ha cercato di evi-

tare contrasti con il Consiglio di Stato: tanto che quest’ultimo è stato considerato «particolar-
mente “incombente”» in questo settore (così, A. TRAVI, Autorità per l’energia elettrica e giudice
amministrativo, in Il nuovo diritto dell’energia, cit., 73 ss., specie 78).
18 In questo senso, cfr. A. TRAVI, Autorità per l’energia elettrica e giudice amministrativo, cit.,

78.
19 Cfr. Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 162, su cui cfr. M. FILICE, Verso un sindacato

consapevole sulle valutazioni tecnico-discrezionali, in Giorn. dir. amm., 2016, 684 ss. Sulle resistenze
del giudice amministrativo nell’uso degli strumenti istruttori, cfr. S. LUCATTINI, Il giudice ammini-
strativo alla prova dei fatti: per una specialità di servizio, in Judicium, 2016, 1 ss. e G. D’ANGELO,
Giudice amministrativo e valutazioni tecniche dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205, in Dir. amm.,
2005, 659 ss. Tradizionalmente, infatti, la conoscenza del fatto è stata mediata dal provvedimento
e sindacare la qualificazione proposta dall’amministrazione era considerata un’invasione del me-
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 255

controllo giurisdizionale, perché fotografa l’impostazione – almeno teorica –


con cui il giudice si avvicina a un determinato settore.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale tradizionale, doveva «essere ri-
conosciuta all’Autorità [di regolazione dell’energia elettrica, gas e servizi idrici,
ora Arera] un’ampia discrezionalità, censurabile soltanto in caso di manifesta ir-
razionalità ed illogicità contrastanti con la c.d. ragionevolezza tecnica»20.
Questa impostazione è propria soprattutto delle decisioni relative a prov-
vedimenti regolatori generali: ad esempio, a proposito della determinazione del
valore di conguaglio, per l’anno 2008, del costo evitato di combustibile per l’e-
nergia elettrica ritirata dal GSE ai sensi del provvedimento CIP-6/92, il Consi-
glio di Stato ha concluso che le valutazioni tecniche dell’Arera possono essere
annullate solo se sono affette da «abnormità ed irragionevolezza»21; in merito alle
modalità di determinazione dei costi degli impianti, ai fini della formulazione
della proposta di tariffa dei servizi di distribuzione e misura del gas, che le de-
terminazioni dell’autorità possono essere annullate «per macroscopiche incon-
gruenze logiche»22; con riguardo alla determinazione del valore della compo-
nente della tariffa di trasporto e dispacciamento del gas naturale, che tali scelte
sono «connotate da ampia discrezionalità» e, quindi, «possono essere sindacate
dal giudice amministrativo solo nel caso in cui le stesse si pongano in contrasto
con […] il principio di ragionevolezza tecnica. Pertanto, il giudice non può so-
stituire le proprie valutazioni a quelle compiute dall’Autorità, ma deve limitarsi
a verificare se le decisioni da questa assunte siano affette da evidenti vizi logici
che le pongano in contrasto con il suddetto principio» e che «la presenza di evi-
denti vizi logici non va confusa con l’inopportunità»23; a proposito della tariffa
del servizio idrico, che l’Autorità è connotata da un’ampia discrezionalità tec-
nica, che «secondo la regola generale, è sindacabile nella presente sede giurisdi-
zionale di legittimità solo in caso di esiti manifestamente illogici e arbitrari»24
(tutti i corsivi sono aggiunti).

rito della decisione. Sull’importanza dell’accertamento del fatto nel processo amministrativo, cfr.
G. DE GIORGI CEZZI, La ricostruzione del fatto nel processo amministrativo, Napoli, 2003.
20 L’espressione è di TAR Lombardia, Milano, sez. II, 12 novembre 2015, n. 2381, § 1.2.

Nello stesso senso, cfr. anche Cons. St., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6153; Cons. St., sez. VI, 18
novembre 2016, n. 4825; Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2017, n. 4199.
21 Così, Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2014, n. 3465, in cui il primo vocabolo compare ben sei

volte e il secondo addirittura dieci. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il provvedimento del-
l’autorità.
22 Così, Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2017, n. 4199, § 4. Il Consiglio di Stato ha ritenuto

legittimo il provvedimento dell’autorità.


23 Così, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 20 dicembre 2016, n. 2411, § 19-20. Il paragrafo

prosegue rilevando che «[l]a scelta rivelatasi, in base ad un giudizio formulato ex post, inoppor-
tuna può rivelarsi al contempo immune dai suddetti vizi allorché dall’esame degli atti si possa de-
sumere che l’AEEGSI, nel momento di assunzione della scelta stessa, abbia operato in maniera
non palesemente illogica, valutando correttamente le circostanze fattuali presupposte e compa-
rando altrettanto correttamente i diversi interessi investiti dalla decisione». Nello stesso senso, cfr.
anche TAR Lombardia, Milano, sez. II, 21 settembre 2017, n. 1842, § 74. In entrambi i casi, il
provvedimento dell’autorità è stato ritenuto legittimo.
24 Così, Cons. St., sez. VI, 27 novembre 2017, n. 5530, § 5. Nello stesso senso, cfr. Cons. St.,
256 FEDERICO CAPORALE

Di recente, l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa sembra aver


preso una piega diversa, evocando espressamente la possibilità di effettuare un
controllo più intenso.
Ad esempio, in un caso relativo alla modifica del computo della remunera-
zione del capitale investito ai fini della determinazione della tariffa dei servizi di
distribuzione e misura del gas, si è fatto espressamente riferimento a «un sinda-
cato intrinseco e forte», orientato, però, non tanto a favore dei ricorrenti,
quanto dell’amministrazione: ripetere la valutazione tecnica servirebbe ad evi-
tare che il giudice sia indotto in errore dalla complessità tecnica dei provvedi-
menti, ritenendoli illegittimi, quando sarebbero, in realtà, semplicemente poco
comprensibili al non tecnico25.
In particolare, il Consiglio di Stato ha osservato che «[l]a complessità tec-
nica delle valutazioni che precedono la scelta regolatoria, pur non determinando
un indebolimento del sindacato giurisdizionale, ne condiziona tuttavia l’oggetto e
le modalità. A fronte di valutazioni tecnicamente complesse il sindacato giurisdi-
zionale deve, infatti, avvenire “con gli occhi dell’esperto”, ovvero riutilizzando le
stesse regole tecniche impiegate dall’Autorità: il giudice deve valutare se, da un
punto di vista tecnico-specialistico, la scelta dell’Autorità risulti attendibile e ra-
gionevole, senza confondere il piano della difficile intelligibilità (che è il riflesso
fisiologico della complessità tecnica della materia regolata) con quello della irra-
gionevolezza o dell’inadeguatezza motivazione. Certamente, infatti, molte scelte
regolatorie se guardate “con gli occhi del profano” risultano di difficile com-
prensione e proprio in ragione di questa scarsa intelligibilità possono apparire
non supportate da un adeguato supporto motivazionale volto ad esplicitare il
percorso logico-argomentativo che ne ha preceduto l’adozione. Se il giudice si li-
mita, pertanto, ad un sindacato estrinseco (cioè dall’esterno, in base ai canoni del
senso comune) è forte il rischio di sovrapporre, fino a farle coincidere, comples-
sità ed irragionevolezza, il rischio di ritenere, in altri termini, irragionevole e non
adeguatamente motivato tutto ciò che sfugge alla immediata comprensione del
profano. La necessità di un sindacato intrinseco e forte sotto questo profilo rap-
presenta allora una forma di garanzia non solo per il privato, ma anche e prima
ancora per l’Autorità, onde evitare che scelte regolatorie supportate da una ade-
guata motivazione tecnica possano essere censurate solo perché risultano, se
guardate dall’esterno, di difficile comprensione. Concludendo sul punto, le scelte
regolatorie in materie tecnicamente complesse possono risultare incomprensibili
agli occhi del profano, ma questo non basta per desumerne il difetto di motiva-
zione, avendo il giudice l’onere di esaminarle riutilizzando gli stessi criteri tecnici
utilizzati dall’Autorità per verificare se, in tale ottica “specialistica”, la scelta re-
golatoria riveli una sua intrinseca attendibilità o ragionevolezza».
Dunque, l’elevata tecnicalità del settore impone di rendere più penetrante
il controllo giurisdizionale per non incorrere in errori o fraintendimenti: almeno

sez. VI, 4 maggio 2020, n. 2807. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo il provvedimento del-
l’autorità, nell’ultimo caso addirittura riformando la sentenza di primo grado.
25 Cfr. Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 162, § 10.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 257

apparentemente, è una garanzia per il privato e per l’amministrazione, come del


resto accaduto nel caso di specie, in cui il Consiglio di Stato ha riconosciuto la
legittimità del provvedimento impugnato.
Dopo qualche incertezza iniziale, questa impostazione si sta progressiva-
mente affermando nella prassi giurisprudenziale. Ad esempio, in un caso rela-
tivo alla legittimità di un provvedimento puntuale prescrittivo, con il quale l’au-
torità aveva contestato un abuso nel mercato all’ingrosso dell’energia elettrica, il
TAR, riprendendo un indirizzo del Consiglio di Stato formulato a proposito
delle valutazioni tecniche dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni26, ha
osservato che, «in materie connotate da un elevato tecnicismo», è opportuno su-
perare l’antinomia tra sindacato forte e debole per assicurare un controllo più
attento della legalità sostanziale27. Pertanto, il giudice dovrebbe verificare il «ri-
spetto dei canoni di ragionevolezza tecnica, di congruità scientifica e di corretto
accertamento dei presupposti di fatto»28. Anche in questo caso, la maggiore per-
vasività del controllo giurisdizionale non ha condotto a risultati differenti, visto
che il Consiglio di Stato ha finito per dichiarare la legittimità del provvedimento
impugnato.
La stessa impostazione è stata confermata anche in altri casi recenti: a pro-
posito del calcolo di alcuni costi per la determinazione della tariffa del servizio
di gas, il Consiglio di Stato ha ribadito che «il controllo giurisdizionale, teso a
garantire una tutela giurisdizionale effettiva, anche quando si verta in tema di
esercizio della discrezionalità tecnica dell’Autorità indipendente, non è limitato
ad un sindacato meramente estrinseco, ma si estende al controllo intrinseco, an-
che mediante il ricorso a conoscenze tecniche appartenenti alla medesima
scienza specialistica applicata dall’amministrazione indipendente (Cons. Stato,
VI, 17 dicembre 2007, n. 6469). In questa ottica, da un lato, “il giudice non può
sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione
complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia
sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizza-
zione della norma posta a tutela della concorrenza che nella fase di raffronto tra
i fatti accertati ed il parametro contestualizzato” (Cons. Stato, VI, 2 marzo 2004,
n. 926); dall’altro, anche l’apporto conoscitivo tecnico, conseguito anche tramite
apporti scientifici, non è ex se dirimente allorché “soccorrono dati ulteriori, di
natura più strettamente giuridica”, che limitano il sindacato in sede di legitti-
mità ai soli casi di risultati abnormi, ovvero manifestamente illogici (Cons. Stato,
VI, 6 marzo 2019, n. 1550)»29.

26 Cfr. Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645, § 3.6.


27 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1481, § 10.3, in cui viene preci-
sato che il giudice non potrebbe comunque mai sostituirsi all’amministrazione quando viene ef-
fettuata una ponderazione di interessi, per evitare «un’indebita sovrapposizione del giudizio
espresso dall’organo di verifica del corretto esercizio della legalità sostanziale a quello effettuato
dal competente plesso amministrativo».
28 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1481, § 10.3.
29 Cfr. Cons. St., sez. VI, 30 gennaio 2020, n. 780, § 5.2.
258 FEDERICO CAPORALE

O ancora, a proposito di un provvedimento prescrittivo nei confronti di un


operatore relativo a delle strategie di programmazione non diligenti nell’ambito
del servizio di dispacciamento, il Consiglio di Stato ha affermato che «il sinda-
cato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della amministrazione può oggi
svolgersi non in base al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico se-
guito dall’autorità amministrativa, bensì alla verifica diretta dell’attendibilità
delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro coerenza e correttezza, quanto a
criterio tecnico ed a procedimento applicativo. Va evidenziato, in tale ottica, che il
controllo giurisdizionale, teso a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, an-
che quando si verta in tema di esercizio della discrezionalità tecnica dell’Auto-
rità indipendente, non può essere limitato ad un sindacato meramente estrin-
seco, estendendosi al controllo intrinseco, anche mediante il ricorso a cono-
scenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata
dall’amministrazione indipendente, sulla attendibilità, coerenza e correttezza
degli esiti, in specie rispetto ai fatti accertati ed alle norme di riferimento attri-
butive del potere. In tale contesto, in tema di esercizio della discrezionalità tec-
nica dell’Autorità indipendente, il giudice non può sostituirsi ad un potere già
esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’eserci-
zio del potere debba essere ritenuta corretta, sia sotto il profilo delle regole tec-
niche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela
della concorrenza che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro
contestualizzato; anche l’apporto conoscitivo tecnico, conseguito tramite ap-
porti scientifici, non è ex se dirimente allorché soccorrono dati ulteriori, di na-
tura più strettamente giuridica, che limitano il sindacato in sede di legittimità ai
soli casi di risultati abnormi, ovvero manifestamente illogici. Sul versante tec-
nico, in relazione alle modalità del sindacato giurisdizionale, quest’ultimo è
volto a verificare se l’Autorità abbia violato il principio di ragionevolezza tec-
nica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di se-
parazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con
quelle giudiziali. In particolare, è ammessa una piena conoscenza del fatto e del
percorso intellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione (cfr. ad es. Consiglio
di Stato, sez. VI, 5 agosto 2019, n. 5559)»30.
Insomma, il sindacato sulla discrezionalità tecnica sembra – finalmente –
spingersi sino alla verifica del rispetto delle regole della scienza utilizzata nella
valutazione tecnica: queste scienze (si pensi, ad esempio, all’economia, all’inge-
gneria o all’idrologia), anche quando conducono a risultati opinabili, impon-
gono di utilizzare un determinato metodo scientifico. In queste scienze esiste,
per così dire, un ‘procedimento’ con le sue regole particolari, di cui il giudice
amministrativo deve verificare la corretta applicazione da parte dell’amministra-
zione, esattamente come fa, dal punto di vista squisitamente giuridico, per le
norme del procedimento amministrativo.
30 Cfr. Cons. St., sez. VI, 6 luglio 2020, n. 4322, § 10. Particolarmente interessante è Cons.

St., sez. VI, 15 febbraio 2021, n. 1392, § 21 ss., in cui questo approccio ha portato all’annulla-
mento di un provvedimento prescrittivo in materia di dispacciamento.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 259

L’orientamento tradizionale e quest’ultimo che si va progressivamente af-


fermando sembrano accomunati da pochi elementi: entrambi tengono a ribadire
il principio di separazione dei poteri31, richiamano gli indirizzi generali del sin-
dacato sulle autorità indipendenti e, spesso, contengono riferimenti puntuali alle
decisioni relative all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato e delle al-
tre autorità amministrative indipendenti32. Per il resto, il secondo appare, al-
meno nelle intenzioni dichiarate dalla giurisprudenza, più equilibrato, perché
consente di sindacare la correttezza della valutazione tecnica, senza ripeterla33.

3. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera nell’espe-


rienza concreta
Per comprendere i caratteri reali del trattamento giurisdizionale delle valu-
tazioni tecniche dell’Arera è bene passare dalle formule astratte all’esperienza
concreta.
Secondo le letture tradizionali, le modalità di trattamento giurisdizionale
delle valutazioni tecniche dell’Arera non sono omogenee: infatti, il giudice am-
ministrativo imposta il sindacato a seconda del settore regolato, della natura del
provvedimento e della funzione esercitata dall’autorità.
Innanzitutto, la giurisprudenza amministrativa svolge un controllo più at-
tento nei settori elettrico e dell’energia, probabilmente perché essi costituiscono,
da un lato, la parte prevalente del contenzioso relativo ai provvedimenti dell’A-

31 Per un’analisi della separazione dei poteri dopo il codice del processo amministrativo, si

rinvia a G. TROPEA, L’“ibrido fiore della conciliazione”: i nuovi poteri del giudice amministrativo tra
giurisdizione e amministrazione, in Dir. proc. amm., 2011, 965 ss. e F. CORTESE, Amministrazione e
giurisdizione: poteri diversi o poteri concorrenti?, in P.A.-Pers. e amm., 2/2018, 99 ss.
32 Cfr., ad esempio, il frequente richiamo a Cons. St., sez. VI, 6 febbraio 2001, n. 1671;

Cons. St., sez. VI, 20 marzo 2001, n. 4118; Cons. St., sez. VI, 17 dicembre 2007, n. 6469; Corte di
Cassazione, sez. Unite, 20 gennaio 2014, n. 1013, § 4.3.
33 Questo approccio è sintetizzato in maniera molto efficace da Cons. St., sez. VI, 15 feb-

braio 2021, n. 1492, secondo cui «il controllo giurisdizionale, teso a garantire una tutela giurisdi-
zionale effettiva, anche quando si verta in tema di esercizio della discrezionalità tecnica dell’Au-
torità indipendente, non può essere limitato ad un sindacato meramente estrinseco, estendendosi
al controllo intrinseco, anche mediante il ricorso a conoscenze tecniche appartenenti alla mede-
sima scienza specialistica applicata dall’amministrazione indipendente, sulla attendibilità, coe-
renza e correttezza degli esiti, in specie rispetto ai fatti accertati ed alle norme di riferimento at-
tributive del potere. In tale contesto, in tema di esercizio della discrezionalità tecnica dell’Autorità
indipendente, il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se
la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta, sia sotto
il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma che nella
fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato; anche l’apporto conoscitivo
tecnico, conseguito tramite apporti scientifici, non è ex se dirimente allorché soccorrono dati ul-
teriori, di natura più strettamente giuridica, che limitano il sindacato in sede di legittimità ai soli
casi di risultati abnormi, ovvero manifestamente illogici. Sul versante tecnico, in relazione alle mo-
dalità del sindacato giurisdizionale, quest’ultimo è volto a verificare se l’Autorità abbia violato il
principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costitu-
zionale di separazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle
giudiziali. In particolare, è ammessa una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e
volitivo seguito dall’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 5 agosto 2019, n. 5559)».
260 FEDERICO CAPORALE

rera e presentano, dall’altro, profili di particolare tecnicalità. Perciò, il giudice,


per superare la complessità di questi settori (che è istituzionale, regolatoria e tec-
nica), ha finito per acquisire, nel corso del tempo, una discreta competenza spe-
cialistica e una certa padronanza nel maneggiare i principali concetti tecnico-
scientifici.
In questi settori, il giudice affronta gli aspetti tecnici con decisione, ap-
procciandosi con scioltezza persino a complicate formule matematiche; in
quello idrico e nei rifiuti, invece, gli aspetti tecnici sono esaminati dall’esterno,
guardando all’interpretazione del dato normativo, all’iter logico della motiva-
zione, alla tenuta ‘esteriore’ dei criteri utilizzati. Così, ad esempio, a proposito
del sistema di dispacciamento, il TAR Milano è arrivato a verificare la metodo-
logia usata dall’autorità per calcolare il denominatore della formula utilizzata
per determinare la soglia di tolleranza mensile degli sbilanciamenti34.
Negli altri settori, invece, il controllo giurisdizionale sembra ancora legato
a canoni più classici: ad esempio, per i rifiuti, lo stesso TAR Milano ha limitato
il proprio sindacato alla verifica di «profili di evidente illogicità rispetto agli
obiettivi da perseguire» e di un’eventuale «disparità di trattamento tra la ge-
stione delle fasi della raccolta e del trasporto dei rifiuti rispetto a quella delle fasi
caratterizzate da un più elevato tasso di capitalizzazione negli investimenti» e
«tra gestioni efficienti e gestioni inefficienti»35.
Anche all’interno di uno stesso settore, però, la profondità con cui il giu-
dice esamina le valutazioni tecniche può oscillare in maniera anche molto signi-
ficativa.
La variabile che incide maggiormente è la tipologia di provvedimento og-
getto di sindacato: il giudice esercita poteri piuttosto contenuti per gli atti di re-
golazione a contenuto generale, più significativi per i provvedimenti puntuali e
particolarmente ampi per le sanzioni36. In questi casi, infatti, sono diversi l’inten-
sità dei condizionamenti posti dalla legge, lo spazio residuo della discrezionalità
amministrativa e l’aspetto della decisione su cui incide la valutazione tecnica37.
Nella regolazione a contenuto generale (basti pensare alla determinazione
delle tariffe), il principio di legalità sostanziale è molto attenuato e, nonostante
l’applicazione di regole tecniche, l’Arera mantiene un margine molto ampio per
la ponderazione degli interessi. Del resto, con questi provvedimenti l’autorità
concorre a plasmare il mercato, operando ex ante rispetto al fatto economico: vi

34 Il caso più emblematico è TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1481.
35 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 30 giugno 2020, n. 1249.
36 Per un approfondimento, cfr. E. QUADRI, I provvedimenti tipici dell’ARERA; la loro clas-

sificazione e i riflessi sull’ambito del sindacato giurisdizionale, pubblicato l’11 marzo 2019, all’indi-
rizzo www.giustizia-amministrativa.it.
37 Infatti, l’elaborazione di atti sulla base di regole tecniche, specialmente nella regolazione

economica, non esclude che vi sia anche un momento di espressione di potere amministrativo in
senso proprio, come ha ricordato A. TRAVI, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli
atti delle Autorità indipendenti; il riparto di giurisdizione e il controllo della Cassazione sulle deci-
sioni del Consiglio di Stato, 3, pubblicato l’11 marzo 2019, all’indirizzo www.giustizia-amministra-
tiva.it.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 261

è, quindi, un inevitabile bilanciamento degli interessi che si mescola alla valuta-


zione tecnica e che attenua il sindacato giurisdizionale. Come ha osservato il
Consiglio di Stato in un caso relativo all’introduzione dell’obbligo, per gli utenti
del dispacciamento, di definire i loro programmi di immissione e prelievo, «nel-
l’attività di regolazione i margini al di là dei quali è ravvisabile un uso distorto
del potere sono necessariamente più ampi rispetto alla tradizionale attività prov-
vedimentale e ciò si riflette sul controllo giurisdizionale, che deve arrestarsi di
fronte a scelte di merito sul contenuto della regolazione da adottare, quando ri-
sultino razionali e deliberate in esito a una consultazione effettiva dei soggetti
destinatari della regolazione»38.
I collegi si sono concentrati prevalentemente sulle procedure di consulta-
zione e sulla logicità, coerenza e congruità della motivazione39: il controllo ‘in-
trinseco’ è consistito – almeno tradizionalmente – in una puntuale ricostruzione
dell’attività dell’autorità in base all’iter logico seguito dall’autorità medesima,
trasformandosi, di fatto, in un controllo di logicità, coerenza e congruità della
motivazione. Un ottimo esempio di questa tendenza è ancora il caso relativo alla
determinazione del valore di conguaglio, per l’anno 2008, del costo evitato di
combustibile per l’energia elettrica ritirata dal GSE ai sensi del provvedimento
CIP-6/92, in cui il giudice ha ricostruito in maniera molto attenta e accurata le
valutazioni tecniche dell’autorità, ma guardando esclusivamente all’attendibilità
logico-giuridica del risultato e non alla correttezza tecnica della scelta com-
piuta40. In questo modo, solo apparentemente il giudice ha compiuto un’analisi

38 Cfr. Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1586, § 5.2. Nello stesso senso, cfr. anche Cons.

St., sez. VI, 11 gennaio 2021, n. 341 e Cons. St., sez. VI, 30 marzo 2021, n. 2672, in cui lo scruti-
nio equilibrato, serio e attento della valutazione tecnica si concretizza, poi, nella verifica delle al-
ternative regolatorie o, comunque, della pienezza dell’istruttoria svolta dall’autorità. Nella se-
conda, in particolare, il sindacato giurisdizionale sugli atti di regolazione è descritto in maniera
molto efficace: «in tema di sindacato del giudice amministrativo sull’attività di regolazione, è am-
messa una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito del regolatore.
L’unico limite in cui si sostanzia l’intangibilità della valutazione amministrativa complessa è quella
per cui, quando ad un certo problema tecnico ed opinabile (in particolare, la fase di c.d. “conte-
stualizzazione” dei parametri giuridici indeterminati ed il loro raffronto con i fatti accertati) l’Au-
torità ha dato una determinata risposta, il giudice (sia pure all’esito di un controllo che si avvale
delle medesime conoscenze tecniche appartenenti alla scienza specialistica applicata dall’Ammini-
strazione) non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Autorità,
dovendosi piuttosto limitare a verificare se siffatta risposta rientri o meno nella ristretta gamma di
risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate (sul piano tecnico), che possono essere date a quel
problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto. Nel caso
della regolazione economica, il controllo giurisdizionale “non sostitutivo” trova giustificazione in
ragione di una specifica scelta di diritto sostanziale: quella per cui il legislatore, non essendo in
grado di governare tutte le possibili reciproche interazioni tra i soggetti interessati e di graduare il
valore reciproco dei vari interessi in conflitto, si limita a predisporre soltanto i congegni per il loro
confronto dialettico, senza prefigurare un esito giuridicamente predeterminato. In tali casi, l’atti-
vità integrativa del precetto corrisponde ad una tecnica di governo attraverso la quale viene ri-
messo all’Autorità di delineare l’interesse pubblico concreto che l’atto mira a soddisfare, senza al-
cuno spazio all’interno del quale il giudicante possa sostituirsi all’Autorità».
39 Cfr., ad esempio, Cons. St., sez. VI, 29 luglio 2019, n. 5315.
40 È emblematica Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2014, n. 3465, in cui il giudice amministrativo

effettua una ricostruzione molto accurata e precisa delle valutazioni tecniche dell’autorità, ma
262 FEDERICO CAPORALE

tecnica, ma in realtà ha svolto esclusivamente un controllo di coerenza e ragio-


nevolezza logico/giuridica della decisione, come si può desumere anche dai ri-
chiami frequenti ai «presupposti logici e concettuali» della decisione, ai «profili
di palese abnormità ed irragionevolezza» e ai «vizi logici» della scelta. In altre
parole, il controllo ‘intrinseco’ si è trasformato, di fatto, in un controllo
‘esterno’, in cui la ragionevolezza tecnica è stata sindacata solo guardando alla
motivazione del provvedimento.
Il giudice non ha verificato davvero gli aspetti tecnici della decisione (il me-
todo, il processo e le ragioni tecnico-scientifiche), che pure dovrebbero far parte
del sindacato sulla discrezionalità tecnica, visto che le regole tecniche e metodo-
logiche invalse nella scienza utilizzata per formulare la valutazione tecnica inte-
grano quelle sul procedimento amministrativo nel suo complesso41.
Il controllo giurisdizionale si è concentrato principalmente su aspetti for-
mali, come il rispetto delle garanzie di partecipazione e di motivazione: atten-
zione, questa, che può essere spiegata con la particolare importanza che parteci-
pazione e motivazione acquisiscono per legittimare i poteri delle autorità ammi-
nistrative indipendenti42.
A spiegare la prevalenza di questi aspetti formali e il numero limitato di an-
nullamenti di provvedimenti generali possono concorrere anche i particolari ef-
fetti delle sentenze di annullamento: specialmente negli atti di regolazione a con-
tenuto generale, il giudice può essere indotto a tenere conto dell’ampiezza degli
effetti soggettivi del giudicato, dell’affidamento dei terzi che non hanno parteci-
pato al giudizio, della necessità di regolare retroattivamente quanto accaduto

sempre a partire dalle motivazioni offerte nel provvedimento amministrativo. Cfr. anche TAR
Lombardia, Milano, sez. II, 30 giugno 2020, n. 1249.
41 Infatti, data l’opinabilità dei risultati scientifici e la riduzione del perimetro delle scienze

esatte (cioè di quelle scienze in cui il risultato scientifico è uno, oggettivo, misurabile e riproduci-
bile), si sono ampliati i casi in cui i risultati scientifici dipendono da parametri non quantitativi e
da premesse logiche soggettive. Queste circostanze hanno comportato due fenomeni. In primo
luogo, se la decisione tecnica è influenzata da premesse soggettive e parametri non quantitativi, il
diritto riacquista una funzione ordinante, avendo il compito di stabilire gli interessi che la tecnica
deve servire, perché premesse soggettive e parametri non quantitativi della valutazione tecnica de-
vono essere conferenti con i fini legali dell’esercizio del potere. In secondo luogo, la decisione è
opinabile, ma il metodo scientifico utilizzato (o, in altre parole, il “procedimento” attraverso il
quale si giunge a un certo risultato) no: questo procedimento ha delle regole sue proprie (di ca-
rattere scientifico) che sono soggette al controllo del giudice e integrano le regole sulla correttezza
del procedimento amministrativo nel suo complesso.
42 Motivazione e partecipazione, infatti, rappresentano un canale di legittimazione insosti-

tuibile, in assenza di quello politico, per le autorità indipendenti e integrano, almeno in chiave
procedimentale, il principio di legalità, che, nella sua dimensione sostanziale, nel caso dei poteri
di regolazione, è attenuato. Sul rapporto tra procedure partecipative, principio di legalità in senso
procedimentale e principio di legalità in senso sostanziale, cfr. Cons. St., sez. VI, 27 dicembre
2006, n. 7972. Sulle procedure di partecipazione e sugli obblighi di motivazione nelle autorità in-
dipendenti, anche in chiave funzionale, cfr. M. RAMAJOLI, Procedimento regolatorio e partecipa-
zione, in E. BRUTI LIBERATI, F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico
generale, Torino, 2010, 189 ss. Sulle ragioni della dequotazione del principio di legalità in senso
sostanziale nelle autorità indipendenti, cfr. F. MERUSI, Sentieri interrotti della legalità. La decostru-
zione del diritto amministrativo, Bologna, 2007, 65 ss.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 263

nelle more dell’annullamento del provvedimento, della difficoltà di ripristinare


la situazione antecedente all’emanazione del provvedimento illegittimo43.
In questo modo, però, si rischia di porre «un’eccessiva enfasi sulla legalità
procedimentale»44, che può portare a dimenticare il contenuto sostanziale del
provvedimento, trasformando il sindacato giurisdizionale in uno strumento a tu-
tela della legittimazione delle decisioni dell’autorità (garantita attraverso proce-
dure di partecipazione e consultazione e obblighi di motivazione, che vengono
ricondotti al principio di legalità, inteso in chiave procedimentale, data l’atte-
nuazione di quello sostanziale) piuttosto che delle posizioni giuridiche sogget-
tive individuali.
La stessa impostazione si nota nel sindacato su alcuni provvedimenti pun-
tuali (come la rideterminazione dei costi operativi riconosciuti a una società per
il servizio offerto e l’approvazione dei costi ammessi per un certo operatore45),
nonostante i poteri siano tendenzialmente tipizzati e le garanzie di partecipa-
zione più intense (sino a prevedere quasi un vero e proprio contraddittorio46) e
i margini per l’esercizio di poteri puramente discrezionali, per quanto pur sem-
pre ampi, siano molto più ristretti rispetto a quanto accade nell’attività di rego-
lazione generale.
Certo, il nuovo orientamento di cui si è detto al paragrafo precedente sem-
bra mutare questa impostazione, ma è ancora troppo poco consolidato per po-
ter formulare una valutazione definitiva: sembra di poter dire, però, che il giu-
dice amministrativo si stia indirizzando verso un controllo molto più approfon-
dito anche dei provvedimenti generali.
Diversamente, per i provvedimenti puntuali con effetti sostanzialmente
sanzionatori e per le sanzioni, la giurisprudenza amministrativa è stata molto più
attenta: pur non avendo sempre ripetuto l’accertamento tecnico opinabile o va-
lutato eventuali alternative, ha argomentato in maniera molto approfondita gli
aspetti tecnici della decisione47.
Del resto, in questo tipo di provvedimenti, la disciplina legislativa è molto
puntuale, la discrezionalità è meno ampia, la valutazione tecnica concerne l’an e

43 Sull’incidenza degli effetti delle sentenze di annullamento sul trattamento giurisdizionale

delle valutazioni tecniche dell’Arera, cfr. A. MARRA, Brevi note sugli effetti dell’annullamento di
una delibera dell’Arera in tema di costi di sbilanciamento e sul legittimo affidamento delle imprese,
in Riv. regol. mercati, 2018, 252 ss. e ID., Ottemperanza al giudicato e regolazione retroattiva, ivi,
2015, 199 ss.
44 Così M. RAMAJOLI, L’attuale configurazione delle Autorità indipendenti di regolazione dei

mercati: la natura giuridica delle funzioni e la tipologia degli atti, 13, pubblicato il 18 marzo 2019
all’indirizzo www.giustizia-amministrativa.it.
45 In questa categoria non vanno considerati, invece, gli atti di risoluzione delle controversie

che, come ha osservato M. RAMAJOLI, L’attuale configurazione delle Autorità indipendenti, cit., 9,
«pur avendo un ambito soggettivo di applicazione limitato alle sole parti coinvolte, possono tra-
dursi in vere e proprie raccomandazioni rispettate dall’intero settore in virtù dell’effetto c.d. di
moral suasion, assumendo una funzione generale di tipo regolatorio (regulation by litigation)».
46 Sulle garanzie di partecipazione nei procedimenti individuali, cfr. M. RAMAJOLI, Procedi-

mento regolatorio e partecipazione, cit., specie 203 ss.


47 Cfr. Cons. St., sez. VI, 27 giugno 2019, n. 4422; TAR Milano, sez. II, 24 maggio 2019, n.

1183; TAR Milano, sez. II, 8 maggio 2019, n. 1031; TAR Milano, sez. II, 25 febbraio 2019, n. 399.
264 FEDERICO CAPORALE

il quantum della sanzione48, l’autorità agisce ex post49. Di conseguenza, il con-


trollo giurisdizionale è andato più in profondità, come nel caso dei provvedi-
menti prescrittivi, con cui l’autorità ha contestato degli abusi nel mercato all’in-
grosso dell’energia elettrica50.
Il quadro complessivo delle modalità di esercizio del controllo giurisdizio-
nale è ancora piuttosto incerto.
L’interpretazione giuridica delle disposizioni applicate e la correttezza delle
valutazioni tecniche rilevanti nella decisione della causa tendono a sovrapporsi,
comportando uno schiacciamento della decisione sui profili giuridici o su quelli
tecnici. Trovare un equilibrio tra interpretazione della norma giuridica e solu-
zione della questione tecnica non è semplice: quando il confine tra problemi
giuridici e questioni tecniche rilevanti nella decisione della causa è labile, il giu-
dice tende a risolvere le prime appoggiandosi acriticamente sulle seconde (o il
contrario), finendo per rendere la decisione debole sia dal punto di vista tecnico
che da quello giuridico51.
Inoltre, la giurisprudenza sembra utilizzare la nozione di discrezionalità
tecnica in maniera onnicomprensiva e assorbente. Onnicomprensiva, perché la
giurisprudenza applica questa nozione a qualsiasi tipo di valutazione tecnica:
che sia oggettiva o opinabile, che si abbini a un’attività di ponderazione di inte-
ressi, che intervenga nella qualificazione giuridica di presupposti di fatto del
provvedimento, o che sia funzionale a un mero accertamento di fatti. Assor-
bente, perché la giurisprudenza, quando si trova di fronte una valutazione tec-
nica, include nella sfera della discrezionalità tecnica anche gli aspetti della deci-
sione in cui l’amministrazione esercita discrezionalità pura52.
In questo contesto di incertezza, si può affermare con sicurezza solamente
che le sentenze di annullamento sono ancora una minoranza e censurano, per lo
più, l’inadeguatezza della motivazione o l’insufficienza delle procedure di parte-

48 Sul sindacato giurisdizionale sulle sanzioni delle autorità indipendenti, cfr. Cons. St., sez.

VI, sent. n. 4990/2019; nonché F. CINTIOLI, Giusto processo, sindacato sulle decisioni Antitrust e ac-
certamento dei fatti (dopo l’effetto vincolante dell’art. 7, d.lg. 19 gennaio 2017, n. 3), in Dir. proc.
amm., 2018, 1207 ss.; M. LIPARI, Il sindacato pieno del giudice amministrativo sulle sanzioni
secondo i principi della CEDU e del diritto UE. Il recepimento della direttiva n. 2014/104/EU sul
private enforcement (decreto legislativo n. 3/2017): le valutazioni tecniche opinabili riservate al-
l’AGCM, in Federalismi, 2018/8 e C. CONTESSA, Forme e metodi del sindacato giurisdizionale sugli
atti delle Autorità indipendenti. Le peculiarità dell’AGCOM, in C. CONTESSA, P. DEL VECCHIO (a
cura di), Codice delle comunicazioni elettroniche, Piacenza, 2018, 27 ss., specie 41 ss.
49 Sulla differenza tra poteri di regolazione e di sanzione, cfr. M. D’ALBERTI, Poteri pubblici,

mercati e globalizzazione, Bologna, 2008, 72.


50 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26 giugno 2019, n. 1481 e Cons. St., 6 luglio 2020,

n. 4322.
51 Un esempio è Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2481, sul computo dei costi di inve-

stimento nella disciplina tariffaria del settore idrico dopo il referendum, in cui il collegio ha basato
la propria decisione interamente sulla relazione dei consulenti, tralasciando (o comunque trattando
solo liminalmente) altri aspetti giuridici rilevanti, come l’effetto giuridico del referendum.
52 Del resto, come ha segnalato M. CLARICH, Le autorità indipendenti tra regole, discreziona-

lità e controllo giudiziario, in Foro amm. TAR, 2002, 3859 ss., specie 3867, spesso è difficile di-
stinguere, all’atto pratico, tra casi di discrezionalità tecnica e pura.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 265

cipazione e consultazione53. La giurisprudenza, tradizionalmente, ha adottato


una logica tesa a sanzionare solo le deviazioni particolarmente evidenti dalla
corretta applicazione delle regole tecniche e non, invece, la fondatezza e la so-
stenibilità dal punto di vista tecnico di una decisione, anche alla luce delle pos-
sibili alternative54. Il giudice, anziché procedere alla ricostruzione dell’iter logico
del provvedimento, ha preferito prestare attenzione a delle fratture macroscopi-
che dell’azione amministrativa55: un’impostazione «tradizione di un’epoca in cui
vigeva ancora il modello del sindacato indiretto»56.
Oggi, la giurisprudenza sembra indirizzata verso un atteggiamento più per-
vasivo, che si estende anche alla verifica del rispetto delle regole tecniche e me-
todologiche che caratterizzano la scienza utilizzata per formulare la valutazione
tecnica.
In concreto, però, questo orientamento risulta meno distante di quanto si
pensi dal precedente: infatti, sembra ancora dominante un esame in negativo (di
non illegittimità), anziché in positivo (di legittimità), della valutazione tecnica
dell’amministrazione: approccio, questo, che non può essere solo una conse-
guenza dell’attribuzione dell’onere della prova in capo al ricorrente.

4. L’uso degli strumenti istruttori nel trattamento giurisdizionale delle valuta-


zioni tecniche dell’Arera
Una variabile molto importante per comprendere l’orientamento della giu-
risprudenza nel trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera
è rappresentata dall’uso dei mezzi istruttori, da molti anni ritenuto essenziale
per l’effettività del controllo giurisdizionale della discrezionalità tecnica57.

53 Valgono ancora le riflessioni di A. TRAVI, Autorità per l’energia elettrica e giudice ammini-

strativo, cit., 80. Si veda, ad esempio, Cons. St., sez. VI, 29 luglio 2019, n. 5315.
54 Come ha ricordato A. TRAVI, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli atti

delle Autorità indipendenti, cit., 9, esorbiterebbe dal sindacato giurisdizionale «solo la “personale
condivisibilità” della soluzione, profilo che è al di là dell’ordine tecnico ed implica che, di fronte
a più soluzioni tutte tecnicamente sostenibili, sia operata una scelta per l’una anziché per l’altra».
55 Per una più ampia illustrazione di questo concetto, cfr. F. MERUSI, Ragionevolezza e di-

screzionalità amministrativa, Napoli, 2011, 28 ss., che sottolinea come si tratti di «una logica
“opaca” di tipo di sintetico, favorita dal fatto che l’accertamento giudiziario è preceduto da un
confronto dialettico fra ricorrente e resistente su alcune fasi logico-linguistiche descrittive della
razionalità o non razionalità dell’esercizio del potere».
56 In questo senso, cfr. A. TRAVI, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli atti

delle Autorità indipendenti, cit., 5, secondo cui i vizi relativi all’istruttoria vanno ancora conside-
rati alla stregua di vizi formali.
57 Cfr., ad esempio, A. TRAVI, Garanzia del diritto di azione e mezzi istruttori nel giudizio am-

ministrativo, in Dir. proc. amm., 1987, 558 ss.; L.R. PERFETTI, Il sindacato giudiziale sulla discrezio-
nalità tecnica, in Foro amm., 1997, 1727 ss.; A. TRAVI, Valutazioni tecniche e istruttoria del giudice
amministrativo, in Urb. app., 1997, 1263 ss.; S. MIRATE, La consulenza tecnica nel giudizio di legit-
timità: verso nuovi confini del sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica della
pubblica amministrazione, in Giur. it., 2000, 2402 ss.; F. CINTIOLI, Consulenza tecnica d’ufficio e sin-
dacato giurisdizionale della discrezionalità tecnica, in F. CARINGELLA, M. PROTTO (a cura di), Il
nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001, 913 ss.; C. VI-
DETTA, Discrezionalità tecnica: problemi vecchi e nuovi dopo la l. 21 luglio 2000, n. 205, in Foro
amm. TAR, 2002, 2251 ss.
266 FEDERICO CAPORALE

Non a caso, l’introduzione della consulenza tecnica e dell’interrogatorio li-


bero nella giurisdizione di legittimità – tra il 2000 e il nuovo codice del processo
amministrativo58 – è stata considerata tradizionalmente un tassello fondamentale
per realizzare il passaggio da un controllo estrinseco a uno intrinseco e per la
pienezza della tutela giurisdizionale59.
Peraltro, proprio il passaggio da un controllo estrinseco a uno intrinseco ha
reso ancor più rilevante l’istruttoria processuale (e specialmente le verificazioni
e la consulenza tecnica), perché attraverso di essa il giudice può farsi supportare
da un tecnico nell’analisi dell’attendibilità e della correttezza delle valutazioni
tecnico-scientifiche.
Perciò, approfondire quanto, quando e in che modo vengono utilizzati gli
strumenti istruttori diventa dirimente per comprendere come la giurisprudenza
tratti le valutazioni tecniche nella prassi, al di là delle mere formule astratte.
Come anticipato, nel contenzioso che interessa l’Arera, il Consiglio di Stato
ha adottato un orientamento pionieristico: ha affermato di riporre una partico-
lare fiducia nell’istruttoria, ricordando come una piena conoscenza degli aspetti
tecnici rappresenti la condizione necessaria per rendere penetrante lo scrutinio
del giudice60, pur mantenendolo entro i limiti rappresentati dal controllo di ra-
gionevolezza61.
Tuttavia, come per le affermazioni relative al modello di sindacato del giu-
dice amministrativo, è necessario approfondire la casistica per comprendere lo
spirito e il modo con cui il giudice ricorre ai mezzi istruttori (in particolare, ve-
rificazioni, consulenze tecniche e interrogatorio formale, che rappresentano gli
strumenti privilegiati attraverso cui il giudice può conoscere il fatto, verificare se
sia stato qualificato correttamente dall’amministrazione e integrare le proprie
competenze con le cognizioni tecnico-specialistiche necessarie a sindacare l’at-
tendibilità e la correttezza delle valutazioni tecniche).

58 Per un’analisi dell’ampliamento dei mezzi istruttori, dopo il 2000, cfr. L.S. BERTONAZZI,

L’istruttoria nel processo amministrativo di legittimità. Norme e principi, Milano, 2005 e M. LIPARI,
I principi generali dell’istruttoria nel processo amministrativo dopo la l. n. 205 del 2000. Le trasfor-
mazioni del giudizio e gli indirizzi della giurisprudenza, in Dir. proc. amm., 2003, 55 ss. Per un’ana-
lisi della disciplina dell’istruttoria nel nuovo codice del processo amministrativo, cfr. P. CHIRULLI,
L’istruttoria, in R. CARANTA (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, 521 ss.
Per un quadro della conformazione tradizionale dei poteri istruttori del giudice amministrativo,
cfr. F. BENVENUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, Padova, 1953.
59 Come ha osservato S. BACCARINI, Giudice amministrativo e discrezionalità tecnica, in Dir.

proc. amm., 2001, 81 ss., prima dell’estensione della consulenza tecnica, «il controllo v[eniva] ef-
fettivamente esercitato nei casi più semplici, là dove il giudice ri[usciva] ad arrivare con le regole
di esperienza dell’uomo medio o con quelle che apparten[evano] al suo personale patrimonio cul-
turale»: di conseguenza «l’affermazione della insindacabilità d[oveva] attribuirsi, più che ad in-
timo convincimento del giudice, a carenza di elementi conoscitivi» (94). L’impossibilità di esperire
la consulenza tecnica nel giudizio di legittimità era percepita nitidamente come un vulnus alla pie-
nezza della tutela giurisdizionale, come è evidente da Cons. St., sez. IV, ord. 17 aprile 2000, n.
2292, su cui cfr. S. MIRATE, La consulenza tecnica nel giudizio di legittimità, cit., 2402 ss.
60 In linea con la consapevolezza che l’accesso al fatto è un tassello fondamentale per redi-

gere una sentenza “giusta”, come ha ricordato F. PATRONI GRIFFI, La sentenza “giusta” e il metodo
di decisione del giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2018, 106 ss.
61 Il riferimento è sempre a Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 162, § 10.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 267

Innanzitutto, va segnalato che dalla decisione di cui si è detto, si è iniziato


a registrare un incremento evidente nell’esperimento dei mezzi istruttori, spe-
cialmente delle verificazioni, che sono lo strumento di gran lunga più utilizzato,
con oltre una decina di casi negli ultimi tre anni62.
Nella maggioranza dei casi, le verificazioni sono state disposte nel giudizio
di appello63, solo raramente, però, con il risultato di ribaltare la sentenza di
primo grado64.
L’aspetto più interessante è il progressivo ampliamento del loro ambito,
che dagli accertamenti oggettivi si è esteso anche alle valutazioni opinabili. Anzi,
queste ultime sono diventate addirittura prevalenti: se ancora, talvolta, le verifi-
cazioni vengono utilizzate per ripetere accertamenti oggettivi (come i metri di
rete di distribuzione gas che è possibile costruire, in media, entro un dato limite
di spesa, utilizzando uno specifico elenco di prezzi informativi, o il rapporto me-
dio esistente in un dato territorio tra la lunghezza della rete gas e il numero dei
clienti allacciati65), prevalentemente esse sono funzionali a compiere apprezza-
menti opinabili. Ad esempio, il Consiglio di Stato ha chiesto al verificatore di ac-
certare se un certo calcolo effettuato dall’autorità fosse «conforme ai “requisiti
di buona tecnica”»66 o se fosse «attendibile, sotto un profilo tecnico-scienti-
fico»67 o, ancora, se una determinata argomentazione usata dall’autorità per giu-
stificare un provvedimento rientrasse «entro i margini di attendibilità e di ragio-
nevolezza tecnica»68.
Inoltre, le verificazioni vengono sempre più spesso affidate ad università,
sicché, anche dal lato soggettivo, la differenza con le consulenze tecniche inizia
ad attenuarsi e anche nella prassi questi due strumenti istruttori iniziano ad es-
sere percepiti come succedanei69. Lo si evince chiaramente dal fatto che gene-
ralmente le parti domandano indifferentemente di disporre l’una o l’altra e, in
questi casi, i collegi adottano una motivazione unitaria per accogliere o rigettare
l’istanza70.
62 Dal 2012 a oggi, è possibile reperire sul sito www.giustizia-amministrativa.it almeno una
ventina di casi in cui si è fatto ricorso alla verificazione, più della metà dei quali sono stati discussi
dopo il 2016.
63 In alcuni casi, il TAR non ha disposto mezzi istruttori neppure quando una delle parti

aveva presentato una propria relazione tecnica; nel successivo giudizio di appello, il Consiglio di
Stato ha, invece, disposto una verificazione (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 4 marzo 2016,
n. 439 e Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2019, n. 1550).
64 Fra i pochi casi in cui la verificazione è stata essenziale per accogliere l’appello, cfr. Cons.

St., sez. VI, 15 giugno 2018, n. 3704.


65 Cfr. Cons. St., sez. VI, ord. 5 novembre 2018, n. 6236 e Cons. St., sez. VI, ord. 20 dicem-

bre 2018, n. 7158.


66 Cfr. Cons. St., sez. VI, ord. 28 ottobre 2016, n. 4544.
67 Cfr. Cons. St., sez. VI, ord. 3 maggio 2019, n. 2884.
68 Cfr. Cons. St., sez. VI, ord. 30 giugno 2017, n. 3211.
69 Così, la giurisprudenza amministrativa ha preso l’abitudine di prestare grande attenzione

alle garanzie del contraddittorio. In proposito, mi sia consentito rinviare a F. CAPORALE, L’uso dei
mezzi istruttori nel trattamento giurisdizionale della discrezionalità tecnica. Il caso dell’Arera, in Riv.
trim. dir. pubbl., 2020, 429 ss., specie 445.
70 Cfr., ad esempio, Cons. St., sez. VI, 19 giugno 2018, n. 3774; Cons. St., sez. VI, 26 set-

tembre 2016, n. 3939; Cons. St., sez. VI, 16 maggio 2013, n. 2659.
268 FEDERICO CAPORALE

Dal punto di vista delle conseguenze sul piano dell’intensità del sindacato,
non è possibile registrare un indirizzo uniforme. Nella maggioranza dei casi, la
tecnica del controllo giurisdizionale è rimasta la stessa e l’istruttoria ha consen-
tito solo di conoscere meglio la dimensione fattuale della controversia (comun-
que, un’evenienza non secondaria)71; in qualche altro caso, però, le verificazioni
sono state usate per penetrare nella decisione amministrativa in maniera più ap-
profondita.
Ad esempio, in un caso, il collegio ha affidato al verificatore un controllo
affine al test di proporzionalità72, cui diversi settori caratterizzati da discreziona-
lità tecnica sono impermeabili73, chiedendogli di esaminare l’idoneità, l’adegua-
tezza e la necessità della misura assunta dall’Arera: il giudizio si è concluso con
la dichiarazione di legittimità del provvedimento impugnato, ma il collegio, at-
traverso la verificazione, ha saggiato «l’adeguatezza/congruità/logicità della pre-
visione del requisito della duration, risolventesi nella fissazione di uno standard
minimo di efficienza del sito di stoccaggio, rispetto all’obiettivo (enunciato dal-
l’art. 37, comma 3, d.-l. n. 133/2014) di accrescere la risposta del sistema nazio-
nale del gas in termini di punta di erogazione, non travalicando l’adozione di tale
criterio i margini di attendibilità e di ragionevolezza tecnica della determinazione
tariffaria incentivante adottata dall’Autorità (in rapporto agli obiettivi prefissati
dal legislatore), per il resto insindacabile nel merito. […] Del pari, deve ritenersi
osservato il criterio della minimizzazione dei costi, contemplato dalla stessa
norma e da riferire, sotto un profilo tecnico, ai costi di immobilizzo legati al vo-
lume di gas immagazzinato, risultando preferiti i sistemi che, a parità di presta-
zioni di punta, richiedano l’immobilizzazione di minori volumi, con conseguenti
minori costi da sostenere»74 (i corsivi sono aggiunti).
In un altro caso ancora, è stato chiesto al verificatore di stabilire la «cor-
retta procedura per determinare la quantità di combustibile fossile consumata
nel periodo in cui è contestato il superamento della QSI dall’impianto CCT di
cui in premesse, se quella adottata dall’Autorità, o quelle prospettate dalla ri-
corrente appellante, o altra; determini poi secondo la procedura ritenuta cor-
retta la quantità in questione e dica se essa superi la QSI», esercitando un tipo
di sindacato che poteva preludere a una sostituzione piena, salvo poi essere ri-
condotto dal collegio entro i consueti binari75.
Quest’ultima tendenza è dovuta a due aspetti.

71 Cfr., ad esempio, Cons. St., sez. VI, 6 marzo 2019, n. 1550 e Cons. St., sez. VI, 21 maggio

2013, n. 2715.
72 Sul principio di proporzionalità e sulla struttura trifasica che lo caratterizza, cfr. A. SAN-

DULLI, La proporzionalità dell’azione amministrativa, Padova, 1998.


73 Cfr., ad esempio, G. TROPEA, Il vincolo etnoantropologico tra discrezionalità tecnica e princi-

pio di proporzionalità: “relazione pericolosa” o “attrazione fatale”?, in Dir. proc. amm., 2012, 718 ss.
74 Cfr. Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1578, § 5.5.
75 Cfr. Cons. St., sez. VI, ord. 2 marzo 2017, n. 984, in cui il verificatore – come richiesto dal

collegio – ha predisposto quattro diverse formule per determinare il consumo di gas da parte della
linea CCT e ha calcolato la quantità di combustibile fossile effettivamente consumata dall’im-
pianto. Questa attività, che è consistita, di fatto, in una sostituzione piena del giudice amministra-
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 269

Innanzitutto, in alcuni casi limite, è difficile stabilire se una valutazione tec-


nica sia oggettiva od opinabile, non solo per la particolare complessità della ma-
teria, ma, più in generale, per la crisi del mito della certezza scientifica (e,
quindi, è un fenomeno che non è limitato solo al settore in esame)76.
In secondo luogo, specialmente quando si tratta di valutazioni opinabili, è
molto difficile capire se la valutazione tecnica riguardi l’esistenza di un fatto,
inerisca alla qualificazione giuridica di un fatto, incida su un presupposto per
l’esercizio del potere o interessi un aspetto tecnico che emerge nella fase di pon-
derazione degli interessi o di esercizio del potere.
Quanto alla consulenza tecnica, essa è ancora poco diffusa77. Nella mag-
gioranza dei casi, i giudici hanno rigettato la richiesta di esperirla lamentando
l’inutilità di questo mezzo istruttorio o l’assenza di un principio di prova78. In
un caso, piuttosto che disporre una consulenza tecnica il collegio ha preferito

tivo, è stata ricondotta entro i limiti canonici del sindacato del giudice amministrativo dal collegio,
che ha osservato che «[a]i fini della decisione, non è necessario seguire nei dettagli il ragiona-
mento tecnico scientifico svolto nei documenti di cui sopra, perché soccorrono dati ulteriori, di
natura più strettamente giuridica. Va infatti ricordato che l’apprezzamento dell’Autorità è espres-
sione di un potere discrezionale, il quale, per giurisprudenza costante, che come tale non neces-
sita di puntuali citazioni, è sindacabile nella presente sede di legittimità nei soli casi di risultati ab-
normi, ovvero manifestamente illogici. Alla luce degli elementi acquisiti, il carattere abnorme o il-
logico della decisione dell’Autorità nel caso presente non si riscontra. Dall’istruttoria tecnica
svolta, infatti, alcuni elementi emergono come certi e sono ad avviso del Collegio sufficienti a de-
cidere. In primo luogo, ci si muove in una situazione di incertezza, che rende possibile effettuare
il calcolo che interessa, ovvero verificare il superamento della QSI, solo a prezzo di una serie di
ipotesi, plausibili quanto si vuole, ma pur sempre oggetto di supposizione. La stessa contestazione
dei risultati ottenuti dal verificatore da parte dei consulenti della ricorrente appellante segue que-
sta metodologia, ovvero modifica le ipotesi di partenza seguite dal verificatore con altre, che por-
tano a un risultato diverso e più favorevole, sulla base di diverse condizioni di funzionamento del-
l’impianto che si sarebbero potute verificare, ma non sono certe ed obiettive» (cfr. Cons. St., sez.
VI, 6 marzo 2019, n. 1550, § 4.12 e 4.13).
76 Questa crisi è avvertita non solo nella prospettiva logico-filosofica del dibattito sul rap-

porto tra verità e scienza, ma è tangibile nella quotidianità della ricerca scientifica, dal momento
che la gran parte degli esperimenti non supera i test di riproducibilità (cfr. M. BAKER, 1,500 scien-
tists lift the lid on reproducibility, in Nature, 25 maggio 2016, consultabile all’indirizzo www.na-
ture.com/news/1-500-scientists-lift-the-lid-on-reproducibility-1.19970).
77 In linea con una tendenza generale al mancato utilizzo della consulenza tecnica, almeno

nel contenzioso relativo alle autorità indipendenti, fino al 2008, come rilevato da M.A. SANDULLI,
La consulenza tecnica d’ufficio, in Foro amm. TAR, 2008, 3533 ss., specie 3551.
78 Cfr., ad esempio, TAR Lombardia, Milano, sez. III, ord. 26 maggio 2011, n. 1367, che ri-

leva l’inutilità della consulenza e TAR Lombardia, Milano, sez. II, 11 gennaio 2018, n. 49, che la-
menta l’assenza di un principio di prova, in cui la richiesta istruttoria è diventata ragione – fra
molte – per presumere la legittimità del provvedimento («[l]’insussistenza di solidi argomenti a
confutazione delle previsioni impartite dall’AEEGSI con la deliberazione n. 208/2013 (sostrato
della ripetizione degli indebiti conguagli delineata nella deliberazione n. 134/2016), è, infine, in-
direttamente confermata dalla richiesta di ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio diretta
ad “acquisire le necessarie valutazioni tecniche sull’analisi del meccanismo della Del. 208/2013 e
sulle conseguenze distorte della sua applicazione al caso particolare di GSEI per l’anno 2011, con
particolare riferimento alla macroscopica sproporzionalità dell’impatto applicativo della del. 134
sull’anno 2011 rispetto alla media tendenziale dei corrispettivi ricevuti da GSEI per gli anni pre-
cedenti e successivi”»). Vi sono stati anche casi in cui i collegi hanno declinato la richiesta istrut-
toria, rispondendo nel merito alle censure dell’istante e non riconducendo il rifiuto né all’inutilità
né al difetto di prova (cfr., ad esempio, Cons. St., sez. VI, sent. n. 2659/2013).
270 FEDERICO CAPORALE

domandare alle parti nuove memorie sui profili tecnico-scientifici delle conte-
stazioni della società ricorrente79.
Probabilmente, questo deriva anche dalla residualità della consulenza tec-
nica nell’impianto del codice del processo amministrativo: il giudice può di-
sporla solo se «indispensabile»80, una condizione che non è prevista per la veri-
ficazione, a dimostrazione della preferenza del legislatore per quest’ultimo
mezzo istruttorio.
Inoltre, per disporre la consulenza tecnica è necessario un principio di
prova: perciò, la scarsa frequenza con cui viene esperita potrebbe dipendere an-
che dalla difficoltà di bilanciare principio di prova dedotto dalle parti, formula-
zione dei quesiti da sottoporre al consulente e autonomia del consulente nella
redazione della propria relazione. È possibile ipotizzare che i collegi temano che
il consulente tecnico – nello svolgimento del suo mandato – possa andare al di
là dei quesiti proposti (e, quindi, del principio di prova), sbilanciando l’istrutto-
ria verso il metodo acquisitivo81.
Non sembrano condivisibili quelle letture secondo cui la resistenza all’uso
della consulenza sarebbe dovuta alla grande complessità tecnica del settore in
esame (che renderebbe difficile, per i giudici, comprendere i consulenti) o a un
modello di sindacato a intensità progressiva (in cui la consulenza verrebbe di-
sposta solo se non sono emersi evidenti segnali di illegittimità)82: infatti, la con-
sulenza tecnica ha comunque il merito di affiancare al giudice un esperto che
può chiarire, anche solo parzialmente, l’oscurità del dato tecnico. Peraltro, lo
stesso problema si porrebbe anche per gli altri mezzi istruttori (verificazione e
interrogatorio libero) ed è proprio della controversia nel suo complesso e non
del singolo mezzo istruttorio, che, anzi, può sempre essere d’aiuto.
Semmai, un ostacolo può essere rappresentato, per il giudice, dalla difficoltà
di motivare l’adesione alla relazione tecnica di uno dei consulenti, in luogo degli
altri: un’attività molto complessa, quando non si possiedono competenze tecni-
che specifiche (e del resto, se il giudice le avesse avute, non avrebbe disposto la
consulenza). E quindi, sempre per l’elevata complessità tecnica, può accadere
che i giudici di prime e seconde cure interpretino diversamente le risultanze delle
relazioni, ribaltando l’esito del giudizio, come accaduto nella controversia sulla
determinazione delle tariffe per l’erogazione dei servizi di trasmissione, distribu-

79 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, ord. 28 marzo 2011, n. 823. Le parti hanno poi

presentato le memorie e la consulenza non è mai stata disposta.


80 Cfr. l’art. 63, co. 4, del c.p.a., secondo cui: «[q]ualora reputi necessario l’accertamento di

fatti o l’acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche, il giudice può
ordinare l’esecuzione di una verificazione ovvero, se indispensabile, può disporre una consulenza
tecnica».
81 Sul principio che governa l’istruttoria nel processo amministrativo, cfr. F. BENVENUTI, L’i-

struzione nel processo amministrativo, cit., 187 ss. Sul rapporto tra principio dispositivo e metodo
acquisitivo, cfr., da ultimo, L.R. PERFETTI, L’istruzione nel processo amministrativo e il principio di-
spositivo, in Riv. dir. proc., 2015, 72 ss. e A. TRAVI, recensione a R. Briani, L’istruzione probatoria
nel processo amministrativo. Una lettura alla luce dell’articolo 111 della Costituzione, in Riv. trim.
dir. pubbl., 2014, 514 ss.
82 In questo senso, M. FILICE, Verso un sindacato consapevole, cit., 690.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 271

zione e misura dell’energia elettrica per l’anno 2009, in cui la medesima con-
sulenza tecnica, esperita in primo grado, è stata utilizzata dal TAR Milano per
accogliere il ricorso e dal Consiglio di Stato per accogliere l’appello83.
Quanto all’utilizzo concreto, la consulenza tecnica è stata disposta per lo
più in quei casi in cui, dopo un primo controllo epidermico, il giudice ha dei
dubbi circa la legittimità del provvedimento. Del resto, il sospetto di illegittimità
del provvedimento presuppone l’esistenza di un principio di prova e l’indispen-
sabilità del mezzo istruttorio ai fini del giudizio84.
La consulenza è diventata un mezzo per confortare il giudice circa la fon-
datezza di un vizio del provvedimento, già emerso nel contraddittorio docu-
mentale. Nella pratica, insomma, si registra un’inversione della funzione di que-
sto mezzo istruttorio: non è utilizzato per aumentare l’intensità del sindacato
giurisdizionale, né per garantire l’effettività della tutela, né per configurare un
sindacato “progressivo” sulla discrezionalità tecnica, né per ripetere la valuta-
zione tecnica, né per sostituirsi all’amministrazione nella decisione, ma per sot-
toporre a un ulteriore controllo, ancora più attento, un provvedimento già ap-
parentemente illegittimo85.
Questo non esclude che, in qualche caso, la consulenza tecnica possa effet-
tivamente accompagnarsi ad un incremento dell’intensità del sindacato giurisdi-
zionale: così, in un caso, in cui però la vicenda aveva carattere principalmente
fattuale e i profili tecnici erano piuttosto semplici, la consulenza tecnica è stata
propedeutica a un controllo di proporzionalità del provvedimento86.
Nel contenzioso sugli atti dell’Arera ha trovato spazio, per quanto molto
raramente e solo in primo grado, anche un terzo strumento istruttorio: l’interro-
gatorio libero delle parti87.
83 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, ord. 21 ottobre 2008, n. 269, con cui è stato dispo-

sto il mezzo istruttorio e TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 29 dicembre 2009, n. 6269, specie § 2
e 3, con cui è stato definito il giudizio e Cons. St., sez. VI, 27 luglio 2010, n. 4906. In particolare,
il Consiglio di Stato ha sostenuto che il TAR, in alcuni passaggi, avesse «acriticamente recepito le
risultanze della CTU» e, in altri passaggi, invece, se ne fosse «immotivatamente discostato».
84 Questo utilizzo della consulenza tecnica nella giurisprudenza amministrativa è evidente,

ad esempio, in Cons. St., sez. VI, 12 ottobre 2011, n. 5519, § 5.2, secondo cui il TAR aveva cor-
rettamente escluso l’esperimento di un consulenza tecnica «poiché dall’esame delle valutazioni
tecniche poste a base della delibera di aggiornamento non emergono vizi di illogicità, irragione-
volezza o travisamento dei fatti, né elementi tali da far ritenere che sia stato superato l’ambito di
opinabilità secondo i correnti criteri tecnico-scientifici, trattandosi di valutazioni rispettose dei
margini di opinabilità/plausibilità propri dei giudizi connotati da ampia discrezionalità tecnica,
quali quelli in esame». Si veda anche Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 900, in cui la consulenza
tecnica è stata disposta per verificare se sussistessero davvero alcuni profili di illegittimità emersi
nel contraddittorio documentale, di cui il collegio aveva rilevato prima facie la fondatezza.
85 Questa dinamica si percepisce in maniera evidente in Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2016, n.

900, § 7.4, in cui il collegio ha disposto la consulenza tecnica per verificare se alcune apparenti
contraddizioni del provvedimento impugnato, «insuperabil[i] alla luce delle attuali risultanze
istruttorie», potessero sciogliersi e scongiurare l’annullamento.
86 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 1 dicembre 2011, n. 3012, relativa all’illegittimità di

una disposizione che prevedeva la presenza obbligatoria del cliente durante le operazioni di di-
stacco della fornitura per risoluzione del contratto o per morosità.
87 Si tratta di uno strumento assolutamente eccentrico rispetto al processo amministrativo,

ritenuto tradizionalmente inadatto alla prova testimoniale per il carattere formale dell’attività am-
272 FEDERICO CAPORALE

In molti casi, il giudice si è rifiutato di disporlo, ritenendo la causa già suf-


ficientemente istruita in via documentale88: anche in questo caso, la riluttanza
del giudice potrebbe dipendere non solo dall’inusualità della prova orale nella
dinamica del processo amministrativo, ma anche dalla difficoltà di conciliare –
ancor più di quanto già non accada nella consulenza tecnica d’ufficio – princi-
pio di prova dedotto dalle parti e poteri del giudice.
Infatti, data la natura informale di questo mezzo istruttorio, l’indicazione
degli argomenti su cui esso verte non è tassativa e la forma orale espone il giu-
dice al rischio di spingersi, anche inconsapevolmente, al di là delle allegazioni
delle parti, finendo per sbilanciare troppo l’istruzione probatoria verso il me-
todo acquisitivo89.
Nella prassi, la giurisprudenza lo ha utilizzato per ottenere dei chiarimenti
sugli elementi di fatto degli scritti difensionali e per individuare quelli non og-
getto di contestazione90. Ad esempio, sono stati argomento di interrogatorio i
presupposti per l’attivazione del servizio di default trasporto, la concreta natura
di quest’ultimo, le analogie con il servizio di default per la distribuzione e le pre-
stazioni che l’impresa di trasporto deve rendere in caso di default91; o, ancora, il
significato di alcune voci – relative alla remunerazione integrativa dei ricavi – in-
cluse nel nuovo metodo di calcolo del corrispettivo riconosciuto ai produttori di
energia che rendono disponibile la capacità produttiva dei loro impianti, per
assicurare l’adeguatezza dell’offerta di energia anche nei giorni di alta e media
criticità, in cui vi è il rischio che la domanda di energia superi l’offerta92.
Insomma, l’interrogatorio libero è stato utilizzato in quelle controversie che
presentano presupposti di fatto particolarmente complessi dal punto di vista
tecnico, ma la cui soluzione si esaurisce nell’interpretazione di criteri e concetti
propri della scienza giuridica.
Così, a proposito del servizio di default trasporto, occorreva comprendere
se la nuova disciplina trasformasse un operatore di trasporto di gas in un vendi-
tore: una qualificazione giuridica di un fatto, per quanto connessa a questioni
tecnicamente complesse93.
ministrativa e documentale del processo. Sulle ragioni per cui si escludeva l’uso della prova testi-
moniale nel processo amministrativo, cfr. G. D’ANGELO, Prove atipiche nel processo amministra-
tivo, Napoli, 2008, 39 ss.
88 Cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2018, n. 2758, § 5.
89 Sulla compatibilità tra principio dispositivo con metodo acquisitivo e interrogatorio libero

delle parti, si rinvia a P. DIVIZIA, Riflessioni in tema di confessione ed interrogatorio libero nel pro-
cesso amministrativo, in Foro Amm. Tar, 2002, 2729 ss. e TAR Lombardia, Milano, sez. III, ord. 6
aprile 2011, n. 904.
90 Cfr., ad esempio, TAR Lombardia, Milano, sez. II, ord. 18 giugno 2013, n. 1575, in cui il

collegio, nel riassumere sinteticamente quanto esposto dai rappresentanti delle parti, sottolinea i
fatti non oggetto di contestazione.
91 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, ord. 4 novembre 2013, n. 1174.
92 Il provvedimento in questione ha dato luogo a un contenzioso seriale, in cui è sempre

stato disposto l’interrogatorio libero delle parti. Una delle ordinanze in questione è TAR Lom-
bardia, Milano, sez. III, ord. 21 giugno 2012, n. 1766.
93 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27 dicembre 2013, n. 2973. È il contenzioso in cui

sono state emesse le già menzionate TAR Lombardia, Milano, sez. II, ord. 4 novembre 2013, n.
1174 e TAR Lombardia, Milano, sez. II, ord. 18 giugno 2013, n. 1575.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 273

Allo stesso modo, nella decisione relativa al metodo di calcolo del corri-
spettivo riconosciuto ai produttori di energia che rendono disponibile la capa-
cità produttiva dei loro impianti, il giudice doveva comprendere se la disciplina
penalizzasse o meno i produttori di energia da fonti rinnovabili94. Anche in que-
sto caso, l’interrogatorio libero è servito a chiarire un fatto complesso la cui
comprensione era necessaria per interpretare un problema squisitamente giuri-
dico.
Insomma, non si tratta propriamente di ipotesi di discrezionalità tecnica,
ma di discrezionalità pura, il cui presupposto, però, è un fatto tecnicamente
complesso95.

5. Il trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera


A questo punto, è possibile formulare alcune considerazioni conclusive sul
trattamento giurisdizionale delle valutazioni tecniche dell’Arera.
Nella casistica, si registra ancora una notevole disomogeneità: la tecnica di
sindacato utilizzata dai collegi è influenzata da molte variabili (settore regolato,
natura del provvedimento impugnato, funzione esercitata dall’autorità, interessi
coinvolti); il TAR tende a ripercorrere in maniera più penetrante del Consiglio
di Stato l’attendibilità e la correttezza tecnica del provvedimento; d’altra parte,
il Consiglio di Stato utilizza sempre più spesso (e con maggiore frequenza ri-
spetto al TAR) i mezzi istruttori, ma quasi mai con l’effetto di ribaltare la sen-
tenza impugnata.
Complessivamente le sentenze di annullamento sono una netta minoranza;
in secondo grado, la maggior parte degli appelli accolti è a vantaggio dell’Arera;
le sentenze di annullamento si concentrano principalmente su vizi formali (come
l’inadeguatezza della motivazione o l’insufficienza delle procedure di partecipa-
zione e consultazione) e non su aspetti sostanziali; anche nel nuovo orienta-
mento giurisprudenziale, propenso a un sindacato più penetrante, prevale un
esame in negativo (di non illegittimità), anziché in positivo (di legittimità), della
valutazione tecnica dell’amministrazione come è evidenziato dal modo in cui
vengono utilizzati i mezzi istruttori.
L’istruttoria si è inserita in una logica tesa a sindacare solo i vizi macrosco-
pici della valutazione tecnico-scientifica: lo si evince con chiarezza dal fatto che
il giudice ha esperito la consulenza, la verificazione e l’interrogatorio libero solo
per confermare (o sconfessare) un dubbio preesistente circa la legittimità del
provvedimento.
Questa impostazione è dovuta alla tradizione culturale dei giudici ammini-
strativi che, nel controllo giurisdizionale delle valutazioni tecniche, sembrano

94 Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. III, 17 ottobre 2013, n. 2310. È il contenzioso in cui è

stata emessa la già citata TAR Lombardia, Milano, sez. III, ord. 21 giugno 2012, n. 1766.
95 In questi casi, l’interrogatorio libero delle parti è da preferirsi alla consulenza tecnica e

alla verificazione perché consente di accelerare la durata del giudizio e limitare i costi pro-
cessuali.
274 FEDERICO CAPORALE

ancora legati a un modello di sindacato indiretto e convinti della centralità del


provvedimento amministrativo (anche quando utilizzano poteri molto intensi96),
finendo per adottare un’interpretazione molto rigida del principio di prova (in-
teso come prova dell’illegittimità del provvedimento e non come semplice indi-
cazione delle ragioni per cui un aspetto tecnico appare controverso).
I mezzi istruttori sono serviti a «evitare che scelte regolatorie supportate da
una adeguata motivazione tecnica po[tessero] essere censurate solo perché ri-
sulta[vano], se guardate dall’esterno, di difficile comprensione»97. In altre pa-
role, sono stati utilizzati per provare la legittimità di un provvedimento più che
la sua illegittimità, dimostrando la manifesta irragionevolezza di una valutazione
tecnica più che la sua correttezza; sono diventati una garanzia per l’Autorità
prima ancora che per i ricorrenti.
Quindi, nonostante significative eccezioni98, il sindacato sugli atti dell’A-
rera è modulato su un’impostazione che è «tradizione di un’epoca in cui vigeva
ancora il modello del sindacato indiretto»99.
Inoltre, l’utilizzo dei mezzi istruttori ha determinato un problema di cer-
tezza e prevedibilità della tutela giurisdizionale.
Infatti, il codice del processo amministrativo attribuisce al giudice un am-
pio margine di discrezionalità nel disporre il mezzo istruttorio: il collegio deve
stabilire quando un mezzo di prova sia utile o addirittura indispensabile (per le
consulenze tecniche) o quando sussista un principio di prova (aspetto partico-
larmente delicato nella consulenza tecnica e nell’interrogatorio libero).
I collegi hanno motivato l’accoglimento o il rigetto delle richieste istrutto-
rie in maniera stereotipata, tautologica e generica100; sicché non si è costruito un
sistema di precedenti giurisprudenziali capaci di guidare il collegio nella deci-
sione e consentire agli utenti del sistema giustizia di prevedere l’esito della ri-
chiesta istruttoria.
Si registra una forte disomogeneità negli orientamenti giurisprudenziali:
non a caso, sono state segnalate alcune decisioni che hanno disposto mezzi

96 In proposito, mi sia consentito rinviare a F. CAPORALE, L’esaurimento della discrezionalità

e le valutazioni tecniche dell’amministrazione, in Giorn. dir. amm., 2019, 499 ss.


97 Lo ammette espressamente Cons. St., sez. VI, 19 gennaio 2016, n. 162, § 10.
98 Ad esempio, cfr. Cons. St., sez. VI, 7 marzo 2019, n. 1578, e TAR Lombardia, Milano, sez.

IV, 1 dicembre 2011, n. 3012, in cui i mezzi istruttori sono stati propedeutici al controllo di pro-
porzionalità della valutazione tecnico-scientifica dell’Arera.
99 La citazione è tratta da A. TRAVI, Il problema generale del sindacato giurisdizionale degli

atti delle Autorità indipendenti, cit., 5, secondo cui i vizi relativi all’istruttoria vanno ancora consi-
derati alla stregua di vizi formali.
100 Ad esempio, l’indispensabilità della consulenza tecnica è stata motivata con la necessità

di «assicurare la completezza dell’istruttoria» (così Cons. St., sez. VI, ord. 14 ottobre 2015, n.
4745 e Cons. St., sez. VI, ord. 7 marzo 2016, n. 899) o di far fronte all’«elevato tecnicismo» della
materia (TAR Lombardia, Milano, sez. IV, ord. 21 ottobre 2008, n. 269). Non è chiaro, in parti-
colare, se si tratti dello stesso concetto di indispensabilità che va applicato per l’acquisizione di
nuovi mezzi di prova e nuovi documenti in appello, su cui cfr. F. SAITTA, Onori (?) ed oneri della
“processualcivilizzazione”: Palazzo Spada alle prese con il controverso concetto di indispensabilità
della prova, in Dir. proc. amm., 2012, 1069 ss.
IL TRATTAMENTO GIURISDIZIONALE DELLE VALUTAZIONI TECNICHE DELL’ARERA 275

istruttori ben al di là del diligente comportamento delle parti, per garantire l’ef-
fettività della tutela processuale101.
Infine, nella prassi, si evidenzia un forte schiacciamento tra soluzione dei
problemi di interpretazione giuridica delle disposizioni applicate e delle valuta-
zioni tecniche rilevanti nella decisione della causa.
Spesso, infatti, è molto difficile distinguere tra merito delle valutazioni del-
l’autorità e margine di opinabilità tecnico-scientifica, specialmente quando non
esiste una posizione comune neppure nella comunità scientifica di riferi-
mento102. In questi casi, il confine tra problemi giuridici e questioni tecniche ri-
levanti nella decisione della causa è labile e il giudice tende a risolvere le prime
appoggiandosi acriticamente sulle seconde; un problema che si riverbera anche
nell’istruzione probatoria, perché i quesiti sottoposti allo specialista esterno lam-
biscono (o comunque coinvolgono) aspetti inerenti all’interpretazione della
legge e dei poteri dell’autorità103.
Quanto alla nozione di discrezionalità tecnica, essa viene utilizzata in ma-
niera onnicomprensiva ed assorbente: onnicomprensiva, perché la giurispru-
denza applica la categoria di discrezionalità tecnica a valutazioni tecniche ogget-
tive e valutazioni tecniche opinabili; a valutazioni tecniche che si abbinano a
un’attività di ponderazione di interessi, a valutazioni tecniche che intervengono
nella qualificazione giuridica di presupposti di fatto del provvedimento, a valu-
tazioni tecniche che sono funzionali a un mero accertamento di fatti; assorbente,
perché la giurisprudenza, quando si trova di fronte una valutazione tecnica, in-
clude nella sfera della discrezionalità tecnica anche gli aspetti della decisione in
cui l’amministrazione esercita discrezionalità pura.
Il quadro finale è in chiaroscuro: il giudice amministrativo ha ancora diffi-
coltà a conoscere direttamente la valutazione tecnica dell’amministrazione, veri-
ficando che il metodo scientifico adottato sia ragionevole e conferente agli
obiettivi stabiliti dalla legge e che, in concreto, sia stato svolto correttamente. La
logica del sindacato giurisdizionale appare ancora legata prevalentemente a un

101 Queste decisioni sono segnalate da P. LOMBARDI, Riflessioni in tema di istruttoria nel pro-

cesso amministrativo: poteri del giudice e giurisdizione soggettiva “temperata”, in Dir. proc. amm.,
2016, 85 ss., specie 104, secondo cui si rischia di assistere a una «una supplenza del giudice ri-
spetto a “negligenze” della parte», in qualche caso dovute anche a «una maliziosa strategia difen-
siva», per evitare la quale è necessario «un rigoroso accertamento della specifica rilevanza dell’ap-
porto probatorio».
102 Lo si coglie in maniera chiara in Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2017, n. 2481, § 5.1.2,

quando il collegio osserva che «le critiche al riguardo mosse dai consulenti di parte e dai rispettivi
difensori […] vengono ad impingere nel merito delle valutazioni dell’Autorità, ritenute dall’or-
gano peritale rientranti entro i limiti dei margini di opinabilità tecnico-scientifica dei settori delle
conoscenze dell’economia industriale, della finanza aziendale e dell’economia della regolamenta-
zione e della finanza».
103 In questi casi, il collegio sembra appiattire la propria decisione finale sulla relazione del

tecnico. Un esempio di questa tendenza può essere offerto da Cons. St., sez. VI, 26 maggio 2017,
n. 2481, sul computo dei costi di investimento nella disciplina tariffaria del settore idrico dopo il
referendum, in cui il collegio ha basato la propria decisione interamente sulla relazione dei con-
sulenti, tralasciando (o comunque trattando solo liminalmente) altri aspetti giuridici rilevanti,
come l’effetto giuridico del referendum.
276 FEDERICO CAPORALE

modello di sindacato indiretto, imperniato su un esame in negativo (di non ille-


gittimità), anziché in positivo (di legittimità), della valutazione tecnica dell’am-
ministrazione. Negli ultimi mesi, questa tendenza sembra incrinarsi: le impor-
tanti aperture degli anni passati nella formula astratta del sindacato e nell’uso
degli strumenti istruttori stanno influenzando la tecnica utilizzata in concreto. Il
giudice amministrativo sta adottando un nuovo approccio, molto equilibrato,
grazie al quale riesce a effettuare un controllo attento sull’attendibilità e sulla ra-
gionevolezza tecnica della valutazione operata dall’autorità, verificandone i pre-
supposti e il metodo scientifico, senza ripeterla e senza sostituirsi all’ammini-
strazione. C’è da auspicarsi che questa tecnica di sindacato, al momento utiliz-
zata in poche decisioni104, possa consolidarsi, perché può rappresentare una
soluzione ragionevole per bilanciare l’effettività del sindacato sulle valutazioni
tecniche con le prerogative funzionali delle amministrazioni tecniche.

104 Si fa riferimento, in particolare, alle sentenze del Cons. St., sez. VI, 11 gennaio 2021, n.

341, Cons. St., sez. VI, 15 febbraio 2021, n. 1392 e Cons. St., sez. VI, 30 marzo 2021, n. 2672.
CAPITOLO NONO

IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM
IN MATERIA DI COMUNICAZIONI ELETTRONICHE

Livia Lorenzoni

SOMMARIO: 1. Introduzione: precisazione del campo di indagine. – 2. Inquadramento del


contenzioso dal quale traggono origine le valutazioni giurisdizionali. – 3. Inqua-
dramento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche: i principali
orientamenti. – 4. Le tecniche di controllo maggiormente utilizzate per esercitare
il sindacato giurisdizionale. – 5. L’atteggiamento concretamente assunto del giu-
dice rispetto alla valutazione tecnica. – 6. Considerazioni conclusive.

1. Introduzione: precisazione del campo di indagine


Le valutazioni tecniche nel campo delle comunicazioni elettroniche si inse-
riscono in una variegata gamma di poteri regolatori, autorizzatori e sanzionatori,
attribuiti, nell’ordinamento italiano, a diversi soggetti istituzionali. In partico-
lare, i poteri in materia di autorizzazioni e licenze per i servizi di comunicazione
elettronica ad uso pubblico e privato e per i servizi postali sono affidati al Mini-
stero dello sviluppo economico1. I poteri di regolazione, invece, sono esercitati
dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (nel prosieguo solo Agcom o
Autorità), con riferimento ai mercati delle comunicazioni elettroniche, dei ser-
vizi media e dei servizi postali. Le finalità sottese alla regolazione economica po-
sta in essere dall’Autorità sono la promozione della concorrenza, lo sviluppo dei
mercati, la vigilanza sulla corretta applicazione delle regole da parte degli ope-
ratori e la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi regolati.
La regolazione di settore dell’Agcom si interseca, oltre che con quella del
Ministero, anche con le competenze dell’autorità antitrust. Alla luce della forte
rilevanza degli obiettivi proconcorrenziali nel settore delle comunicazioni elet-
troniche, quest’ultimo costituisce uno dei campi nei quali è maggiormente evi-
dente la sovrapposizione tra l’azione dell’autorità di regolazione di settore e l’in-

1 Si veda in proposito l’art. 25 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, Codice delle comunicazioni elet-

troniche.
278 LIVIA LORENZONI

tervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sia sotto il pro-
filo della tutela della concorrenza2 sia in materia di protezione dei consumatori3.
L’attività regolatoria dell’Agcom è disciplinata in larga parte dalla norma-
tiva di derivazione europea. In particolare, il decreto legislativo 1° agosto 2003,
n. 259, recante il “Codice delle comunicazioni elettroniche”, rappresenta il re-
cepimento di una serie di direttive europee che hanno interamente riformato la
regolazione di settore per gli Stati membri4. Tale normativa prevede una neces-

2 Sul rapporto tra regolazione di settore e tutela della concorrenza in materia di comunica-

zioni elettroniche la letteratura è molto vasta. Si vedano, senza pretese di esaustività, M. D’AL-
BERTI, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. amm., n. 4/2004, 705; F. DI
PORTO, La regolazione “geneticamente modificata”; c’è del nuovo in tema di rapporti tra regolazione
e concorrenza, in Riv. it. dir. pubbl. comun., n. 6/2006, 946; H. SCHWEITZER, The History, Interpre-
tation and Underlying Principles of Sec. 2 Sherman Act and Art. 82 EC, EUI Working Paper, 2007;
J. VICKERS, Competition Law and Economics: a mid-Atlantic viewpoint, in Eu. Competition Journal
1/2007; S. CASSESE, La nuova Costituzione economica, Roma-Bari, 2007; M. D’ALBERTI, Competi-
tion Law and Regulatory Reform, in P. PAVLOPOULOS, S. FLOGAITIS (edited by), Multilevel Gover-
nance and Administrative Reform in the 21st Century, London, 2008, 273; M. D’ALBERTI, Poteri
pubblici, mercato e globalizzazione, Bologna 2008, 79; G. MONTI, Managing the Intersection of Uti-
lities Regulation and EC Competition Law, in Comp. Law Rev., 2/2008; F. CINTIOLI, Integrazione e
sovrapposizione tra regolazione e antitrust. Il caso dei servizi di interesse economico generale, in giu-
stamm.it 29/12/2009; P. IBÁÑEZ COLOMO, On the Application of Competition Law as Regulation:
Elements for a Theory, in Yearbook of European Law, 1/2010; P.L. PARCU, The surprising conver-
gence of antitrust and regulation in Europe, EUI Working Papers RSCAS, 35/2011. Sia consentito
rinviare, altresì, a L. LORENZONI, The role of Competition Law in network industries subject to sec-
tor-specific regulation in L. ORTIZ BLANCO, N. RUIZ GARCÍA (edited by), Derecho de la Competencia
Europeo Y Español, vol. XI, Madrid, 2013, 243-287.
3 L’individuazione di un chiaro riparto di competenze tra autorità Antitrust e Agcom si è ri-

velato problematico soprattutto in materia di pratiche commerciali sleali. Sul tema, nell’ultimo de-
cennio, si sono succeduti numerosi interventi normativi e giurisprudenziali, tra i quali Cons. St.,
sez. I, parere 3 dicembre 2008, n. 3999; Cons. St. Ad. Plen., 11 maggio 2012, n. 11, n. 12, n. 13,
n. 14, n. 15 e n. 16. Si vedano, poi, l’articolo 23, comma 12-quinquiesdecies, d.l. 6 luglio 2012, n.
95, aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135; TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 feb-
braio 2013, n. 1742, n. 1752 e n. 1754; Autorità garante della concorrenza e del mercato, Provve-
dimento n. 24467 «Adeguamento a giurisprudenza tar su competenza Agcom» in Bollettino Set-
timanale Anno XXIII - n. 38, pubblicato sul sito www.agcm.it, 30 settembre 2013; procedura d’in-
frazione n. 2013/2169 del 18 ottobre 2013, ai sensi dell’articolo 260 del Trattato, per violazione
della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel
mercato interno; articolo 1, comma 6, lett. a), d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21, Attuazione della di-
rettiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13/CEE e
1999/44/CE e che abroga le direttive 85/577/CEE e 97/7/CE; Cons. St., Ad. Plen., 9 febbraio
2016, n. 3 e n. 4. Da ultimo, si vedano le rimessioni alla Corte di giustizia in ordine alla Autorità
competente a sanzionare un operatore economico per pratica commerciale scorretta, TAR Lazio,
Roma, sez. I, ord. coll., 17 febbraio 2017, n. 2547 e Cons. St., sez. VI, ord. coll., 17 gennaio 2017,
n. 167 e n. 168, sfociate nella pronuncia della CGUE del 13 settembre 2018, nelle cause riunite C-
54/17 e C-55/17. Tale sentenza è riportata nelle più recenti sentenze amministrative sul tema. Tra
le molte, TAR Lazio, Roma, sez. I, 16 aprile 2019, n. 922. Per alcune considerazioni sul tema, pre-
cedenti a questi ultimi interventi giurisprudenziali, sia consentito rinviare a L. LORENZONI, Il Ri-
parto di competenze tra Autorità Indipendenti nella repressione delle Pratiche Commerciali Scor-
rette, in Rivista Italiana di Antitrust/Italian Antitrust, 2015, 1 83-132.
4 Si vedano, in particolare, la direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 7 marzo 2002, relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate,
e all’interconnessione delle medesime (direttiva accesso); la direttiva 2002/20/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di co-
municazione elettronica (direttiva autorizzazioni); la direttiva 2002/21/CE del Parlamento euro-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 279

saria collaborazione nell’attività regolatoria tra le Autorità di regolamentazione


dei diversi Stati membri, la Commissione europea e il Berec (Body of European
Regulators for Electronic Communications) per garantire lo sviluppo di prassi
regolamentari coerenti e l’armonizzazione nell’applicazione delle direttive euro-
pee recepite con il Codice. L’Autorità nazionale è tenuta ad attribuire la mas-
sima rilevanza alle osservazioni dei soggetti sopra menzionati5. Inoltre, il proce-
dimento di adozione dei provvedimenti regolatori maggiormente significativi
(concernenti l’individuazione e l’analisi dei mercati rilevanti, l’accesso e l’inter-
connessione, gli obblighi nei confronti degli operatori dotati di un significativo
potere di mercato, e che siano tali da influenzare gli scambi tra Stati membri)
prevede un vero e proprio coinvolgimento della Commissione, del Berec e delle
autorità nazionali di regolamentazione, disciplinato dall’art. 7 della c.d. direttiva
quadro.

2. Inquadramento del contenzioso dal quale traggono origine le valutazioni giu-


risdizionali
Come per le altre Autorità amministrative indipendenti, l’intervento giuri-
sdizionale sui relativi provvedimenti ha assunto un ruolo essenziale al fine legit-
timarne i poteri e l’operato6.

peo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i
servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro); la direttiva 2002/22/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in
materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale); la direttiva
2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle
reti e dei servizi di comunicazione elettronica.
5 Art. 12 Codice delle comunicazioni elettroniche. Si veda, sul tema, A. PRETO, B. CAROTTI,

Il sindacato giurisdizionale sulle Autorità indipendenti: il caso d AGCOM, in Riv. trim. dir. pubbl.,
1/2016, 123-154.
6 La letteratura sul tema è sconfinata. Si vedano, senza pretese di esaustività, M. D’ALBERTI,

Autorità indipendenti (diritto amministrativo), in Enc. giur., IV, Roma, 1995; G. AMATO, Le auto-
rità indipendenti nella costituzione economica, in Regolazione e garanzia del pluralismo, le autorità
amministrative indipendenti, in Quad. riv. trim. dir. proc. civ., Milano, 1997, 3; M. CLARICH, I. MAR-
RONE, Autorità Garante della Concorrenza e del mercato, Concorrenza, in Enc. giur., IV, Roma,
1998; P. LAZZARA, Autorità indipendenti e discrezionalità, Padova, 2001; F. CINTIOLI, Giudice am-
ministrativo, tecnica e mercato: poteri tecnici e «giurisdizionalizzazione», Milano, 2005; M. DE BE-
NEDETTO, Autorità indipendenti, in S. CASSESE (a cura di), Diz. dir. pubbl., Milano, 2006, 588; A.
POLICE, Tutela della concorrenza e pubblici poteri. Profili di diritto amministrativo nella disciplina
antitrust, Torino, 2007; A. LALLI, Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo, Napoli,
2008; A. PRETO, B. CAROTTI, Il sindacato giurisdizionale sulle Autorità indipendenti: il caso d AG-
COM, in Riv. trim. dir. pubbl., 1/2016, 123-154. Di recente, sul potere sanzionatorio delle autorità
indipendenti, si vedano le pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 27 settembre
2011, ricorso n. 43509/08, A. Menarini Diagnostics Srl c. Italia, in Riv. it. dir pubbl. com., 2012,
414; sez. II, 4 marzo 2014, ricorso 18640/10, 18647/10, 18663/10, 18668/10, 18698/10, Grande
Stevens e altri c. Italia, in Giorn. dir. amm., 2014, 1053, con nota di M. ALLENA, Il caso Grande Ste-
vens c. Italia: le sanzioni Consob alla prova dei principi CEDU. Su tali pronunce, si vedano, tra i
molti, F. GOISIS, La full jurisdiction sulle sanzioni amministrative: continuità della funzione sanzio-
natoria v. separazione dei poteri, in Dir. amm., 1/2018, 1. F. CINTIOLI, Giusto processo, sindacato
sulle decisioni antitrust e accertamento dei fatti (dopo l’effetto vincolante dell’art. 7, d.lg. 19 gennaio
2017, n. 3), in Dir. proc. amm., 4/2018, 1207; L. PREVITI, Il tramonto della full jurisdiction per gli
280 LIVIA LORENZONI

Nel campo delle comunicazioni elettroniche, il contenzioso amministrativo


appare piuttosto corposo. Da una ricerca sul portale istituzionale della giustizia
amministrativa, inserendo le parole chiave “comunicazioni elettroniche”, risul-
tano pubblicate settantanove sentenze del Consiglio di Stato nell’anno 2019
(quasi il doppio rispetto alle quaranta del 2018) e sessantasette del T.A.R. Lazio,
sede di Roma (anche in questo caso in sostanziale aumento, a fronte delle cin-
quantadue del 2018).
Le principali attività oggetto del sindacato giurisdizionale concernono mi-
sure di regolazione ex ante, ovvero sanzioni amministrative per violazione della
disciplina di settore e di quella generale in materia di tutela dei consumatori. Le
controversie instaurate dinanzi al giudice amministrativo hanno visto coinvolti
principalmente operatori del mercato, l’Autorità di regolazione di settore, il
Mise e, per quanto concerne le sanzioni in materia di pratiche commerciali
sleali, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Ci si limita in questa sede ad analizzare le più recenti pronunce del giudice
amministrativo che affrontano (anche implicitamente) il tema della discreziona-
lità tecnica delle autorità coinvolte nel processo regolatorio e, in particolare, del-
l’Agcom. Non saranno, pertanto, prese in esame le sentenze relative all’installa-
zione di impianti di comunicazioni elettroniche – che attengono maggiormente
a questioni di governo del territorio e coinvolgono enti pubblici territoriali – né
quelle in materia di sanzioni comminate per la violazione della disciplina in ma-
teria di pratiche commerciali sleali, incentrate prevalentemente sul problematico
riparto di competenze tra Agcom e Agcm in materia7.
Gli ambiti di contenzioso maggiormente significativi ai fini della presente
ricerca hanno avuto ad oggetto, in primo luogo, il tema della ripartizione del co-
sto del servizio universale di telefonia fornito da Telecom Italia s.p.a. ai sensi
dell’art. 58 del Codice delle comunicazioni elettroniche8 e, in secondo luogo,
una delle funzioni regolatorie più delicata dell’Agcom, ossia quella inerente alla
determinazione delle condizioni tecniche ed economiche di accesso alle infra-
strutture di proprietà di Telecom9. La giurisprudenza presa in esame riguarda,

antitrust infringements: la chiusura italiana ai principi dettati dalla corte europea dei diritti
dell’uomo in tema di sanzioni amministrative e giusto processo. il caso delle intese anticoncorren-
ziali, in Dir. process. amm., 4/2018, 1325.
7 Si veda supra, nota n. 3.
8 Si vedano, senza pretese di esaustività, TAR Lazio, Roma, 14 gennaio 2002, nn. 249, 250,

quest’ultima riformata da Cons. St., sez. VI, 12 novembre 2003 n. 7257; TAR Lazio, Roma, sez.
III, 16 novembre 2007, nn. 11258, 11260, 11261, 11262 riformate in appello da Cons. St., sez. VI,
25 gennaio 2010 n. 243; 5 febbraio 2010, n. 535; 26 gennaio 2010 n. 281; 9 febbraio 2010 n. 644;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 13 maggio 2014 n. 4926, confermata in appello dal Con. Stato, sez. III,
7 luglio 2015 n. 3388. Da ultimo, si vedano TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 aprile 2019, n. 4934;
TAR Lazio, Roma, sez. III, 17 giugno 2019, 7783; TAR Lazio, Roma, sez. III, 11 giugno 2018, nn.
6458, 6459, 6461 e 6463, riformate dal Cons. St., sez. VI, 8 ottobre 2019, n. 6881. Si vedano, al-
tresì, Cass. civ., sez. un., 24 giugno 2011, n. 13905; Cass. civ., sez. un., 20 gennaio 2014, n. 1013;
Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017, n. 30974; Cass. civ., sez. un., 9 aprile 2018, n. 8719.
9 Cons. St., sez. III, 2 aprile 2013, n. 1856; TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 febbraio 2015, nn.

2769, 2772, 2775; TAR Lazio, Roma, sez. I, 9 marzo 2015 n. 3916, sulle quali si veda A. PRETO,
Unbundling 2013 e Tar del Lazio, «turning point» della regolazione, in Corriere delle comunicazioni,
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 281

principalmente, profili di regolazione ex ante relativi, pur se sotto diverse ango-


lature, al rapporto tra il monopolista storico e proprietario della rete e le im-
prese nuove entranti nel mercato. Nelle numerose pronunce adottate di recente
sulle suddette questioni è stato affrontato espressamente il tema dell’intensità
del sindacato giurisdizionale in materia di comunicazioni elettroniche.
Altre sentenze in materia di discrezionalità tecnica nel settore delle comu-
nicazioni elettroniche hanno riguardato l’irrogazione di sanzioni amministrative
pecuniarie agli operatori economici per violazione di diverse discipline di set-
tore riguardanti, ad esempio, i titoli abilitativi per l’offerta al pubblico di servizi
postali, ovvero gli obblighi inerenti l’autorizzazione generale10; la revisione delle
voci di listino per le prestazioni a fini di giustizia effettuate a fronte di richieste
di intercettazioni e di informazioni da parte delle competenti autorità giudizia-
rie per gli operatori telefonici11; l’assegnazione di frequenze televisive alle emit-
tenti locali12; le condizioni giuridiche ed economiche di restituzione degli invii
affidati ad altri operatori e rinvenuti nella rete di Poste Italiane13; i provvedi-
menti di autorizzazione di offerte commerciali da parte dell’operatore domi-
nante nel mercato delle comunicazioni elettroniche14; i provvedimenti di pro-
roga dei diritti d’uso di alcune bande di frequenza15.

3. Inquadramento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche: i prin-


cipali orientamenti
Nell’ambito dell’ampia e variegata giurisprudenza in materia, è possibile
individuare un primo orientamento del giudice amministrativo piuttosto defe-
rente, che si limita, in sostanza, a fare proprie le valutazioni dell’Autorità di set-
tore, sulla base dell’osservazione che esse sarebbero state frutto di una lunga ed
accurata istruttoria.
In questo orientamento rientrano, ad esempio, le sentenze adottate dai giu-
dici di primo grado in materia di sanzioni per la violazione degli obblighi ine-
renti ai titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali da parte di
gruppi societari operanti nel settore dei servizi di corriere espresso. Il giudice
amministrativo ha valutato come esaustiva l’istruttoria svolta dall’Agcom, che ha
riguardato «l’esame di copiosa documentazione, in parte acquisita nel corso
delle verifiche svolte e, in parte, fornita dagli affiliati»16, volto ad evidenziare
16 marzo 2015, su www.corrierecomunicazioni.it, parzialmente riformate dalla sentenza Cons. St.,
sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143; Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2018, n. 5215.
10 TAR Lazio, Roma, sez. III, 8 gennaio 2019, n. 235; TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 luglio

2018, n. 8151; da ultimo TAR Lazio, Roma, 3 maggio 2019, n. 5625.


11 TAR Lazio, Roma, sez. 9 aprile 2019 n. 4600, n. 4604, n. 4596, n. 4594.
12 Cons. St., sez. III, 1 marzo 2018, n. 1272.
13 Cons. St., sez. VI, 25 settembre 2017, n. 4460.
14 TAR Lazio, Roma, sez. III, 31 ottobre 2017 n. 10920; TAR Lazio, Roma, sez. III, 24 feb-

braio 2020, n. 2375; Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257.
15 TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568.
16 TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 luglio 2018, n. 8151; TAR Lazio, Roma, sez. III, 8 gennaio

2019, n. 235; TAR Lazio, Roma, 3 maggio 2019, n. 5625.


282 LIVIA LORENZONI

l’esistenza di una rete unitaria di fornitura del servizio. Sulla base di tale osser-
vazione, è stato escluso che la valutazione dell’Autorità potesse essere qualificata
“irragionevole”17.
Anche in materia di determinazione ministeriale delle tariffe per le presta-
zioni obbligatorie fornite dagli operatori di telecomunicazioni a fronte di richie-
ste di intercettazioni e di informazioni provenienti dall’Autorità Giudiziaria, il
Collegio giudicante di primo grado ha avallato il provvedimento poiché prece-
duto da «un’intensa e mirata attività istruttoria, che si è concretizzata nella co-
stituzione […] di un gruppo di lavoro, al quale sono stati attribuiti compiti di
analisi ed elaborazione delle voci di costo necessarie per l’aggiornamento del li-
stino»18.
Analogamente, in un caso relativo all’assegnazione di frequenze televisive
alle emittenti locali per la Regione Lazio, il fatto che gli enti coinvolti nel pro-
cesso regolatorio fossero stati ausiliati da un apposito supporto tecnico da parte
di un soggetto dotato di specifica competenza nel settore19 è stato considerato
determinante nel limitare la possibilità di sindacato del giudice20.
In altri casi, il Consiglio di Stato ha ritenuto l’elevato tasso di discrezionalità
esercitata dall’Amministrazione quale limite al sindacato giurisdizionale. Ad
esempio, in relazione ad un provvedimento dell’Agcom in materia di condizioni
giuridiche ed economiche di restituzione degli invii affidati ad altri operatori e
rinvenuti nella rete di Poste Italiane, si è sostenuto che la valutazione dell’Auto-
rità in questo campo involge la necessità di ponderare una variegata serie di
aspetti, interessi e obiettivi (come l’affidabilità delle reti di distribuzione postale,
la posizione del fornitore del servizio universale, la libera concorrenza nel mer-
cato dei servizi postali, ecc.), la cui composizione non è riducibile a mere valuta-
zioni tecniche dell’Autorità, bensì ad un vero e proprio giudizio di opportunità21.
Un secondo orientamento appare, invece, favorevole ad un sindacato mag-
giormente incisivo, esteso anche all’indagine sul contenuto di concetti giuridici
indeterminati (mercato rilevante; sostituibilità fra servizi; orientamento al costo
dei canoni di accesso alla rete). In questi casi, la decisione del giudice è stata

17 «Sulla base di tali premesse non può dirsi “irragionevole” la valutazione compiuta dal-

l’Autorità circa la qualificazione sostanziale dei contratti o accordi commerciali stipulati tra Posta
Power GMBH e i diversi operatori postali facenti parte della rete di imprese coordinata dalla
ricorrente» (TAR Lazio, Roma, 3 maggio 2019, n. 5625).
18 TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 aprile 2019 n. 4596.
19 Si trattava, nel caso specifico della Fondazione Bordoni, ente morale senza fine di lucro,

sottoposto alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico, avente lo scopo di effettuare e
sostenere ricerche e studi scientifici ed applicativi nelle materie delle comunicazioni elettroniche,
dell’informatica, dell’elettronica, dei servizi pubblici a rete, della radiotelevisione e dei servizi au-
diovisivi e multimediali in genere, al fine di promuovere il progresso scientifico e l’innovazione
tecnologica. Tale Fondazione coadiuva operativamente lo stesso Ministero, altre Amministrazioni
pubbliche e Autorità amministrative indipendenti, tra cui Agcom, nella soluzione delle problema-
tiche di carattere tecnico, economico, finanziario, gestionale, normativo e regolatorio connesse alla
loro attività.
20 Cons. St., sez. III, 1 marzo 2018, n. 1272.
21 Cons. St., sez. VI, 25 settembre 2017, n. 4460.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 283

adottata principalmente mediante il riferimento alle figure sintomatiche dell’ec-


cesso di potere e, in particolare, sotto il profilo del difetto di istruttoria e della
conseguente carenza di motivazione. Questo orientamento è stato espresso dai
giudici amministrativi, soprattutto di secondo grado, e confermato in più occa-
sioni dalle Sezioni Unite della Cassazione chiamate a decidere se tali valutazioni
esorbitassero i limiti esterni della giurisdizione. Tale orientamento è stato
espresso prevalentemente in controversie aventi ad oggetto il mercato della te-
lefonia mobile e, in particolare, i rapporti tra operatore storico e nuovi entranti
in tale mercato.
Un primo tema particolarmente controverso in materia di regolazione delle
comunicazioni elettroniche è stato quello della ripartizione del costo netto degli
obblighi per la fornitura del servizio universale da parte di Telecom Italia s.p.a.
Il presupposto sul quale si basa tale ripartizione è la sussistenza di un sufficiente
grado di sostituibilità tra i servizi di telefonia mobile e fissa, tale da identificarli
come unico mercato di servizi di comunicazione. Sulla base della ritenuta fungi-
bilità fra i servizi di telefonia fissa e mobile, l’Agcom ha adottato, tra la fine de-
gli anni Novanta e i primi anni Duemila, numerosi provvedimenti con i quali re-
distribuiva fra tutti gli operatori del mercato i costi sostenuti da parte di Tele-
com s.p.a. per la prestazione del servizio universale. Tali provvedimenti sono
stati impugnati, a più riprese, dalle imprese operanti esclusivamente nel settore
della telefonia mobile che hanno contestato la considerazione unitaria dei due
diversi servizi di telefonia fissa e mobile, negando di conseguenza il proprio
onere di partecipazione alla ripartizione del costo del servizio universale, affe-
rente esclusivamente al servizio di telefonia fissa. Nella maggior parte dei casi, il
giudice amministrativo ha accolto i ricorsi, quantomeno in secondo grado, con-
testando l’istruttoria operata dall’Autorità per dimostrare la sostituibilità dei
due servizi22.
Le decisioni del Consiglio di Stato sono state poste all’attenzione delle Se-
zioni Unite della Corte di Cassazione per difetto di giurisdizione del giudice am-
ministrativo. Il gestore del servizio universale ha sostenuto che il giudice d’ap-
pello avesse esorbitato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa, sconfi-
nando in una valutazione di merito riservata all’amministrazione. In particolare,
si contestava che la determinazione del mercato rilevante spettasse in via esclu-
siva al potere amministrativo. Le Sezioni Unite hanno respinto i ricorsi, affer-
mando che spetta al giudice amministrativo il controllo sulla correttezza dei cri-
teri giuridici, della logica, della coerenza di ragionamento e di adeguatezza della
motivazione con cui l’amministrazione – ancorché in uso di discrezionalità tec-

22 Si vedano, tra le molte, TAR Lazio, Roma, 14 gennaio 2002, nn. 249, 250, quest’ultima

riformata da Cons. St., sez. VI, 12 novembre 2003 n. 7257; TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 novem-
bre 2007, nn. 11258, 11260, 11261, 11262 riformate in appello da Cons. St., sez. VI, 25 gennaio
2010 n. 243; 5 febbraio 2010, n. 535; 26 gennaio 2010 n. 281; 9 febbraio 2010 n. 644; TAR Lazio,
Roma, sez. I, 13 maggio 2014 n. 4926, confermata in appello dal Con. Stato, sez. III, 7 luglio 2015
n. 3388. Da ultimo, si vedano TAR Lazio, Roma, sez. III, 16 aprile 2019 n. 4934; TAR Lazio,
Roma, sez. III, 17 giugno 2019, 7783; TAR Lazio, Roma, sez. III, 11 giugno 2018, nn. 6458, 6459,
6461 e 6463, riformate dal Cons. St., sez. VI, 8 ottobre 2019, n. 6881.
284 LIVIA LORENZONI

nica – esercita i suoi poteri23. A parere della Corte, si era trattato «di un sinda-
cato dei giudici amministrativi operato su soluzioni tecniche di problemi opina-
bili risolti in contrasto con le leggi e in modo irrazionale, che non ha inciso sul
merito del provvedimento, ma che ha individuato i limiti normativi e logici en-
tro cui l’atto amministrativo impugnato e la discrezionalità che in esso si mani-
festa può e deve essere esercitata per essere legittima»24. Di conseguenza, le Se-
zioni Unite hanno escluso che la questione attenesse ai limiti della giurisdizione
del giudice amministrativo o al tipo di tutela da questo erogabile25.
Un secondo importante filone di contenzioso è relativo alle determinazioni
dell’Agcom che hanno quantificato l’ammontare dei canoni di accesso alla rete.
In questo campo, il Consiglio di Stato ha ritenuto condivisibile l’affermazione
delle appellanti sulla possibilità per il giudice di effettuare, nei confronti delle
valutazioni tecnico discrezionali delle Autorità indipendenti, «un sindacato
pieno e penetrante», con il solo limite dell’opinabilità in relazione a concetti giu-
ridici indeterminati, purché la motivazione esposta nel provvedimento risulti
«comprensibile, attendibile secondo la scienza economica, e immune da travisa-
mento dei fatti, da vizi logici o da violazioni di regole normative»26. In una re-
cente sentenza (di ben 181 pagine), il giudice di appello ha apertamente criti-
cato l’orientamento del T.A.R. che «trincerato dietro i limiti del sindacato sulla
discrezionalità tecnica»27, ha recepito le tesi dell’Autorità senza prendere in suf-
ficiente considerazione le difese dei privati ricorrenti. Il Consiglio di Stato ha
analiticamente ripercorso tutto l’iter istruttorio che, con il coinvolgimento della
Commissione europea ed il Berec, ha condotto alle determinazioni dell’Agcom,
per esaminare l’esistenza o meno di un difetto di istruttoria o motivazione sulla
rispondenza dei prezzi e le condizioni tecniche di accesso alla rete ai criteri in-
dividuati dalla disciplina europea e nazionale ed ha concluso per la riforma dei
provvedimenti adottati dall’Autorità nazionale28.

23 Si vedano, in questo senso, Cass. civ., sez. un., 24 giugno 2011, n. 13905; Cass. civ., sez.
un., 20 gennaio 2014, n. 1013; Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017 n. 30974; Cass. civ., sez. un.,
9 aprile 2018, n. 8719.
24 Cass. civ., sez. un., 24 giugno 2011, n. 13905.
25 In senso analogo, è stato affermato che «il Consiglio di Stato ha esercitato il sindacato di

legittimità in merito ai provvedimenti amministrativi impugnati, attraverso il controllo della loro


motivazione e dell’adeguatezza dei dati acquisiti e valutati. Non può seriamente porsi in dubbio,
infatti, che la risposta al quesito circa una ricaduta dell’espansione del servizio di telefonia mobile
sul servizio di telefonia fissa, tale da rendere iniquo l’onere a carico dell’organismo incaricato della
gestione del secondo, debba avvenire in base alla valutazione di una serie di dati, anche eteroge-
nei, in funzione della quale i risultati possono anche assumere un connotato di opinabilità, com-
portando l’incidenza di aspetti di natura squisitamente discrezionale» (Cass. civ., sez. un., 27 di-
cembre 2017 n. 30974).
26 Cons. St., sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143.
27 Ibid.
28 Il Collegio ha statuito quanto segue: «in sintesi, è possibile censurare la sola valutazione

che si pone al di fuori dell’ambito di opinabilità, cosicché il sindacato non divenga sostitutivo con
l’introduzione di una valutazione parimenti opinabile. Qualora residuino margini di opinabilità in
relazione a concetti indeterminati, la valutazione compiuta dall’Autorità non può ritenersi viziata
se, attraverso le motivazioni esposte, risulti comprensibile, attendibile secondo la scienza econo-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 285

Un’ulteriore giurisprudenza ha riguardato i provvedimenti dell’Agcom che


hanno autorizzato alcune offerte commerciali da parte dell’operatore domi-
nante, ritenendole idonee a superare il cosiddetto “test di replicabilità” da parte
dei concorrenti. Nel settore delle comunicazioni elettroniche, infatti, l’Autorità
di regolazione è tenuta a verificare ex ante la possibilità per gli operatori del
mercato di sostenere economicamente le offerte commerciali al dettaglio prati-
cate dall’impresa dominante che opera anche nel mercato all’ingrosso, in regime
verticalmente integrato. Ciò è previsto al fine di evitare che quest’ultima adotti
pratiche abusive escludenti, riconducibili alla cosiddetta “compressione dei
margini”, praticando prezzi finali inferiori ai costi di produzione, grazie alla pro-
pria posizione dominante sul mercato a monte, non replicabili da parte degli
operatori concorrenti che utilizzano servizi di accesso e interconnessione all’in-
grosso29. Il T.A.R. aveva annullato i provvedimenti dell’Agcom che autorizza-
vano le pratiche commerciali in questione, ritenendo che l’Autorità, nell’analisi
di replicabilità dell’offerta, dovesse tenere in considerazione non solo le caratte-
ristiche economiche delle singole offerte, bensì anche la loro frequenza nel
tempo, per valutarne il reale impatto sulle dinamiche competitive del mercato di
riferimento, sebbene ciò non fosse esplicitamente previsto da alcuna disposi-
zione regolatoria30. Il giudice di appello ha riformato la pronuncia di primo
grado, valutandola eccessivamente intrusiva rispetto alla scelta discrezionale ri-

mica, e immune da travisamento dei fatti, da vizi logici o da violazioni di regole normative». Il
Collegio ha precisato che le impugnazioni in esame si erano mantenute nei limiti del sindacato di
legittimità consentito al giudice amministrativo. La sentenza ha ribadito il principio per cui «il li-
mite del sindacato giurisdizionale, al di là dell’ormai sclerotizzata antinomia [antitesi] forte/de-
bole, deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della
pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza, an-
che e […] soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo, per le quali vengano in ri-
lievo poteri regolatori con i quali l’autorità detta, appunto, “le regole del gioco”; e sottolineare
che, anche nel presente giudizio, il controllo invocato, di volta in volta, dagli operatori economici
appellanti, sulla correttezza del modello economico in concreto applicato dal AGCom a fini di re-
golazione, “non mira a sostituire la valutazione del giudice a quella della competente Autorità, ma
solo a verificare se tale modello, una volta adottato, sia stato coerente nei suoi sviluppi proprio alla
luce delle finalità che la scelta regolatoria, nel suo complesso, mira a perseguire. L’incoerente o in-
completa applicazione di quel modello, ponendosi in contrasto con i principi che l’informano,
può infatti frustare le stesse finalità che hanno giustificato la sua adozione, essendo indubbio che
anche teorie o principi economici possano essere applicate ben al di là del loro margine di elasti-
cità e opinabilità, con risultati non consentanei alle loro premesse e, dunque, erronei» (Cons. St.,
sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143).
29 Il cosiddetto “margin squeeze” si configura quando il differenziale tra il prezzo dell’input,

fornito dall’impresa dominante nel mercato a monte – impresa verticalmente integrata –, e il


prezzo dell’output, offerto da quest’ultima sul mercato a valle, risulta essere negativo o insuffi-
ciente a coprire i costi di un operatore, attivo nel downstream market, efficiente quanto l’impresa
che attua tale condotta. Tale condotta costituisce un tipico esempio di intersecazione del diritto
della concorrenza con la regolazione di settore. Sul tema si vedano, tra i molti, D. GERADIN; R.
O’DONOGHUE, The concurrent application of competition law and regulation: the case of margin
squeeze abuses in the telecommunications sector, in Journal of Competition Law and Economics,
1/2005, 357; A. HEIMLER, Is a margin squeeze an antitrust or a regulatory violation?, in Journal of
Competition Law & Economics, 6/2010, 884. Sia consentito rinviare, altresì, a L. LORENZONI, The
Role of Competition Law in Network Industries subject to Sector-Specific Regulation, cit., 243-287.
30 Si veda in tal senso TAR Lazio, Roma, sez. III, 31 ottobre 2017 n. 10920.
286 LIVIA LORENZONI

servata all’amministrazione e non adeguatamente suffragata da riferimenti nor-


mativi ed elementi istruttori sufficienti a invalidare l’attività svolta dall’autorità
di settore31. Tuttavia, il Consiglio di Stato ha ritenuto errato il criterio adottato
dall’Agcom nella valutazione economica della replicabilità delle offerte ed ha ri-
tenuto illegittimi, sotto questo diverso profilo, i provvedimenti di autorizza-
zione32. La medesima pronuncia, dunque, si è mostrata più deferente su alcuni
aspetti, mentre su altri ha giustificato un sindacato maggiormente intenso. In en-
trambi i casi è stata citata la precedente giurisprudenza in materia di sindacato
giurisdizionale sulle valutazioni tecniche. Tuttavia, a seconda delle questioni tec-
niche oggetto di sindacato, ne sono stati valorizzati i passaggi che giustificano at-
teggiamenti più o meno restrittivi.
Infine, una recente pronuncia del T.A.R. del Lazio ha ripercorso i princi-
pali orientamenti del giudice amministrativo in materia di sindacato giurisdizio-
nale sugli atti delle Autorità amministrative indipendenti (non solo in materia di

31 Il Collegio ha così motivato: «se è pur vero che in generale sussiste la sindacabilità della

discrezionalità tecnica delle determinazioni delle cc.dd. Autorità indipendenti, nei termini su cui
infra, è altrettanto vero che sia inibito al Giudice imporre verifiche tecniche diverse da quelle pre-
viste dal vigente quadro regolatorio. Infatti, sebbene il sindacato giurisdizionale, pieno ed effet-
tivo, sugli atti regolatori delle Autorità indipendenti si estenda anche all’accertamento dei fatti
operato dall’Autorità sulla base di concetti giuridici indeterminati o di regole tecnico-scientifiche
opinabili (al fine di evitare che la discrezionalità tecnica trasmodi in arbitrio specialistico; v. sul
punto, ex plurimis, Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645), e implichi la verifica del rispetto
dei limiti dell’opinabile tecnico-scientifico (e, nell’ambito di tali confini, anche del grado di atten-
dibilità dell’analisi economica e delle valutazioni tecniche compiute, alla stregua dei criteri della
ragionevolezza e della proporzionalità), attraverso gli strumenti processuali a tal fine ritenuti ido-
nei (ad. es., consulenza tecnica d’ufficio, verificazione, ecc.), tale sindacato non può, tuttavia, spin-
gersi fino al punto di sostituire le valutazioni discrezionali dell’Amministrazione, come avvenuto
nel caso di specie, peraltro sulla base di una motivazione apodittica non supportata da specifici ri-
ferimenti normativi ed adeguati elementi istruttori (cfr. in termini Cons. St., sez. VI. 25 settembre
2017 n. 4460)», Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257.
32 Sotto questo diverso aspetto, il Consiglio di Stato ha motivato in senso favorevole ad un

sindacato più intrusivo: «va ribadito che, relativamente ai provvedimenti tecnici delle Autorità
amministrative indipendenti, pur non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione in ciò che
è ad essa riservato, in ordine al merito della funzione amministrativa, il sindacato giurisdizionale
non può limitarsi ad un esame estrinseco della valutazione discrezionale (secondo i noti parame-
tri di logicità, congruità e completezza dell’istruttoria) ma deve estendersi, invece, dall’esatta rap-
presentazione dei fatti all’attendibilità delle operazioni tecniche, sotto il profilo della correttezza
dei criteri applicati, secondo i parametri della disciplina nella fattispecie rilevante: quanto sopra in
coerenza con il principio – costituzionale e comunitario – di effettività della tutela giurisdizionale.
Tale principio impone che l’esercizio della discrezionalità tecnica sia verificabile nel giudizio di le-
gittimità, sotto i profili della coerente applicazione delle regole tecniche, rilevanti per il settore,
nonché della corrispondenza degli atti emessi ai dati concreti, in modo logico e non arbitrario; sia
l’apprezzamento dei fatti che i profili tecnici, sottostanti al provvedimento, sono quindi censura-
bili, quando risulti superato il margine oggettivo di opinabilità delle scelte (cfr. ad es. Cons. St.,
sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888). Come ribadito ancora di recente dalla sezione (cfr. ad es. sen-
tenza 8 ottobre 2019 n. 6881), è assodato (cfr. Cass. civ., sez. un., n. 30974/2017), che la discre-
zionalità tecnica non sia espressione di un potere di supremazia della P.A., tant’è che le relative va-
lutazioni, inserite in un procedimento amministrativo complesso e dipendenti dalla valorizzazione
dei criteri predisposti previamente, sono assoggettabili al sindacato giurisdizionale di questo Giu-
dice, senza che ciò implichi l’invasione della sfera del merito amministrativo», Cons. St., sez. VI,
19 febbraio 2020, n. 1257.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 287

comunicazioni elettroniche)33. La sentenza è scaturita da un contenzioso con-


cernente diversi provvedimenti di proroga dei diritti d’uso di alcune bande di
frequenza adottati dal Mise ed i relativi pareri dell’Agcom, impugnati dall’im-
presa aggiudicataria della successiva gara per l’assegnazione di frequenze analo-
ghe. L’utilizzo delle frequenze era stato concesso agli operatori in proroga a
fronte di un corrispettivo significativamente inferiore rispetto a quello offerto
dall’aggiudicataria dell’asta indetta per l’assegnazione delle nuove frequenze. Il
giudice amministrativo ha annullato gli atti di proroga, fondando la propria de-
cisione su una carenza di istruttoria da parte dell’Agcom, che avrebbe reso in-
coerente la valutazione da parte dell’amministrazione. In particolare, il Collegio
ha ritenuto «singolare che una volta individuato, in sede di gara, un corrispet-
tivo di circa undici volte superiore a quello di riserva (o base d’asta) – l’Autorità
non abbia effettuato, o quanto meno subito preannunciato, un’ulteriore valuta-
zione, né abbia offerto al riguardo spunti difensivi autonomi (avendo presentato
memoria unitaria con i Ministeri chiamati in giudizio, tramite l’Avvocatura dello
Stato, in ogni caso mostrando di ritenere congruo il contributo già fissato)». Il
TAR ha ritenuto che, in tale contesto, l’Autorità Garante non avesse esercitato
«in pieno e congruamente – le funzioni regolatorie di cui era investita, sulla base
di parametri non solo strettamente tecnico-giuridici, ma anche, come già sopra
specificato, “di natura prognostica, economica o sociologica”, in vista del deli-
cato equilibrio da garantire, nell’interesse dello Stato (anche sotto il profilo fi-
nanziario), nonché a tutela degli operatori del settore, a cui dovevano assicurarsi
corrette regole di mercato e paritario accesso alla concorrenza»34. Per giustificare
il proprio intervento intrusivo, il Collegio ha evidenziato le peculiarità del sinda-
cato sugli atti discrezionali adottati dalle c.d. authorities, dotate di specifica com-
petenza, di poteri esclusivi e di indipendenza dal potere politico, chiarendo che
la propria valutazione si inseriva nel quadro sostanziale di un settore «nell’ambito
del quale si impongono competenze specialistiche di alto profilo e strumenti
istruttori di particolare complessità, non pienamente ripercorribili dal giudice
amministrativo», dove «quest’ultimo, tuttavia, può utilizzare la più ampia dimen-
sione del controllo di legittimità su atti, che siano espressione di discrezionalità
tecnica, per effettuare il proprio apprezzamento in una dimensione maggior-
mente analitica dell’eccesso di potere, ove non risulti un’adeguata ponderazione
dell’Autorità, per ogni fattore rilevante ai fini della decisione da assumere»35.

4. Le tecniche di controllo maggiormente utilizzate per esercitare il sindacato


giurisdizionale
La giurisprudenza amministrativa in materia di discrezionalità tecnica è
consolidata nel ritenere che il sindacato giurisdizionale debba estendersi in

33 TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568.


34 Ibid.
35 Ibid.
288 LIVIA LORENZONI

modo pieno sui fatti posti alla base dei provvedimenti impugnati, secondo i pa-
rametri della disciplina applicabile, anche mediante il ricorso allo strumento
della consulenza tecnica d’ufficio36.
Nelle decisioni esaminate in materia di comunicazioni elettroniche, tutta-
via, l’indagine sui fatti assunti alla base della valutazione tecnica non sembra
agevolmente distinguibile da quella sulla valutazione tecnica in senso stretto. Ol-
tretutto, quest’ultima è generalmente svolta direttamente dagli stessi giudici am-
ministrativi, in assenza di consulenza tecnica d’ufficio.
La ricostruzione in fatto costituisce, nella quasi totalità dei casi studiati, so-
stanzialmente, un’analisi della disciplina applicabile e dei concetti giuridici in-
determinati alla base dei provvedimenti impugnati (ad esempio, la nozione di
servizio universale, di diritto di accesso non discriminatorio alla rete, di verifica
di replicabilità dell’offerta, di servizi postali). Il giudice, ancorando la situazione
fattuale ai concetti giuridici a fondamento della valutazione tecnica che ne di-
scende, ha potuto effettuare un sindacato piuttosto penetrante, mediante l’ana-
lisi delle vicende evolutive dei mercati di riferimento, del contesto economico e
sociale, dello sviluppo tecnologico.
Ad esempio, le sentenze in materia di ripartizione dei costi del servizio uni-
versale contengono precise indicazioni sui criteri che l’Autorità dovrebbe se-
guire nell’analisi di sostituibilità. Si afferma che i suddetti criteri debbano essere
non solo incentrati sull’analisi dello sviluppo del mercato della telefonia mobile,
ma su come l’espansione della domanda in tale settore abbia inciso negativa-
mente sulla domanda di telefonia fissa37. Le pronunce, tuttavia, non contengono
alcuna indagine sui fatti posti alla base delle decisioni amministrative oggetto di
impugnazione. Sul punto, le Sezioni Unite della Cassazione hanno espressa-
mente affermato che «la circostanza che non siano stati messi in discussione i
dati fattuali delle delibere impugnate non esclude che potesse esprimersi, come
in effetti è stato espresso, un giudizio di adeguatezza sugli stessi, tale da com-
portare un giudizio di insufficienza dell’attività istruttoria scolta e soprattutto
dei parametri assunti da Agcom […]»38.
In altri casi, il giudizio di attendibilità sulla scelta regolatoria è stato effet-
tuato alla luce della coerenza tra il modello economico adottato e le finalità della
regolazione. Ciò è emerso, in particolare, nelle pronunce in materia di canone di
accesso alla rete. In tale ambito, è stata valutata la coerenza tra il modello eco-
nomico di riferimento per il calcolo delle tariffe, rispetto all’obiettivo di favorire

36 Si veda Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999 e successive pronunce conformi.
37 Si veda, ad esempio Cons. St., sez. III, 7 luglio 2015 n. 3388.
38 Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017 n. 30974. Nella medesima pronuncia è stato chiarito

che «la non estensione al merito del sindacato giurisdizionale sugli atti dell’Autorità Garante im-
plica, certo, che il giudice non possa sostituire con un proprio provvedimento quello adottato da
detta Autorità, ma non che il sindacato sia limitato ai profili giuridico-formali dell’atto ammini-
strativo, restandone esclusa ogni eventuale verifica dei presupposti di fatto, in quanto la pienezza
della tutela giurisdizionale necessariamente comporta che anche le eventuali contestazioni in
punto di fatto debbano esser risolte dal giudice, quando da tali contestazioni dipenda la legitti-
mità del provvedimento amministrativo che ha inciso su posizioni di diritto soggettivo».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 289

la concorrenza ed incentivare l’infrastrutturazione nel settore. In una pronuncia


particolarmente significativa (sovente citata nelle decisioni successive), dopo
un’accurata ricostruzione delle posizioni giurisprudenziali in materia di sinda-
cato sulle valutazioni tecniche delle autorità indipendenti, il Consiglio di Stato
ha annullato il provvedimento di regolazione per insufficienza, illogicità, con-
traddittorietà della motivazione e difetto di istruttoria, in ordine al modello eco-
nomico adottato dall’Agcom per il calcolo dei prezzi delle tariffe di accesso alla
rete. La sentenza ha chiarito che «il controllo, invocato dall’appellante, sulla
correttezza del modello economico in concreto applicato dal Agcom sul piano
regolatorio non mira, in alcun modo, a sostituire la valutazione del giudice a
quella della competente Autorità, ma solo a verificare se tale modello, una volta
adottato, sia stato coerente nei suoi sviluppi proprio alla luce delle finalità che la
scelta regolatoria, nel suo complesso, mira a perseguire. L’incoerente o incom-
pleta applicazione di quel modello, ponendosi in contrasto con i principi che
l’informano, può infatti frustare le stesse finalità che hanno giustificato la sua
adozione, essendo indubbio che anche teorie o principi economici possano es-
sere applicate ben al di là del loro margine di elasticità e opinabilità, con risul-
tati non consentanei alle loro premesse e, dunque, erronei»39. Il Collegio ha,
quindi, imposto all’Autorità di verificare «con un’analisi di tipo comparato e
mediante un adeguato approfondimento istruttorio, se la strada indicata dalla
Commissione […] sarebbe stata preferibile […] non soltanto per consentire una
miglior concorrenza tra gli operatori, ma proprio per favorire una maggior in-
frastrutturazione»40.
Sempre in materia di tariffe di accesso alla rete, il Consiglio di Stato ha
riformato le decisioni amministrative sulla base dell’esame delle osservazioni
della Commissione europea sul procedimento di adozione dei provvedimenti
dell’Agcom e di quelle degli operatori privati. Il Collegio ha, quindi, ritenuto
non rigorosa la determinazione da parte del regolatore italiano del prezzo all’in-

39 Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645. Per il giudizio di ottemperanza sulla sentenza

si veda Cons. St., sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5707, che ha respinto le censure di elusione del
giudicato da parte del provvedimento successivamente adottato dall’Agcom affermando che «il
sindacato giurisdizionale sull’esercizio della discrezionalità tecnica, persino in sede di ottempe-
ranza, ha ad oggetto che la falsificabilità, e non già la falsità, del modello scientifico prescelto dal-
l’Amministrazione e verifica se tale modello, una volta prescelto dall’autorità competente, sia poi
applicato da essa coerentemente e conformemente alle premesse, regole e ai principi propri di
quel modello e, cioè, iuxta propria principia, senza giungere a risultati aberranti o, per la diver-
genza del risultato rispetto al fine del potere esercitato, sconfinanti nell’eccesso di potere. Il giu-
dice amministrativo non può sostituire il proprio modello scientifico a quello individuato dal-
l’Amministrazione, ma solo verificare se l’ipotesi in concreto seguita dall’Amministrazione si sia
avverata, e sia quindi verificabile, secondo i principi e le regole del modello. Tali principi e tali re-
gole, nel caso, però, della scienza economica, non sono fissi, rigidi e immodificabili, poiché essi,
proprio per l’oggetto di questa, hanno un grado o un margine di elasticità e di opinabilità tale da
giustificare, come in questo caso l’Autorità ha motivatamente giustificato, l’adozione di formule
miste o di soluzioni “miste”, purché nel complesso garantiscano la coerenza e l’efficienza degli
obiettivi in concreto raggiunti dall’Amministrazione rispetto alla causa del potere che le è attri-
buito».
40 Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645.
290 LIVIA LORENZONI

grosso rispetto alla necessaria corrispondenza al metodo di orientamento al co-


sto previo efficientamento dei costi dell’incumbent, alla luce della finalità di fa-
vorire l’accesso dei nuovi operatori e di promuovere l’infrastrutturazione e l’am-
modernamento della rete41.
Nella giurisprudenza in materia di analisi di replicabilità dell’offerta com-
merciale dell’operatore dominante, il T.A.R. ha ritenuto necessario un accerta-
mento da parte dell’Autorità sull’impatto nel lungo periodo della suddetta pro-
posta commerciale sul mercato, sebbene tale indagine non fosse prevista da al-
cuna disposizione regolatoria. Anche in tal caso, il giudice sembra effettuare il
proprio controllo alla luce della finalità della regolazione di settore. Il Collegio
ha ritenuto che tale accertamento fosse «implicitamente richiesto dalle disposi-
zioni regolatorie in tema di valutazione di replicabilità»42 alla luce della ratio po-
sta a fondamento di tali disposizioni, ossia la valutazione del «limitato impatto
concorrenziale» dell’offerta. Sul punto, lo stesso T.A.R. ha ritenuto necessario
specificare che la propria pronuncia non mirava «a svolgere un sindacato di tipo
sostitutivo rispetto all’esercizio della discrezionalità tecnica già compiuto e ri-
servato all’Agcom»43 ed ha fatto ricorso al difetto di istruttoria per giustificare il
proprio intervento che, tuttavia, è stato successivamente ritenuto eccessivamente
invasivo della discrezionalità dell’amministrazione dal Consiglio di Stato.
Nondimeno, sebbene il giudice d’appello abbia criticato il T.A.R. per aver
esercitato un sindacato di tipo sostitutivo rispetto alla discrezionalità dell’Auto-
rità di settore, ha anch’esso ritenuto illegittimi i provvedimenti amministrativi
impugnati, criticando il metodo seguito dall’Agcom nell’autorizzare la proposta
commerciale, sempre invocando le finalità della regolazione di settore (tutela
della concorrenza fra operatori, mediante una regolazione asimmetrica in grado
di “correggere” le problematiche derivanti dal ruolo dell’incumbent vertical-
mente integrato). In particolare, il Collegio ha ritenuto contraddittoria la deci-
sione dell’Autorità che aveva omesso di effettuare un test di replicabilità com-
pleto, secondo quanto previsto dalla disciplina di settore, semplicemente per la

41 Il Consiglio di Stato ha riformato le sentenze di primo grado che avevano avallato la de-

cisione dell’Agcom, nonostante essa fosse difforme dal parere della Commissione europea. Tali
pronunce avevano escluso la sussistenza di particolari vizi di manifesta irragionevolezza o di grave
ingiustizia e concluso per la non sindacabilità delle scelte dell’Autorità considerate valutazioni di
merito. Su tali pronunce, prima dell’esito dell’appello, si era soffermata la dottrina che aveva in-
dividuato il tale giurisprudenza «una lettura teleologica delle norme europee di settore», volta a
ricercare «una soluzione giurisdizionale coerente e condivisa», tesa «al consolidamento dell’ordi-
namento di settore in prospettiva non solo nazionale, ma europea» (A. PRETO, B. CAROTTI, Il sin-
dacato giurisdizionale sulle Autorità indipendenti: il caso d AGCOM, cit., 139). Il Consiglio di Stato
ha giustificato il proprio intervento affermando che «non viene chiesto al giudice di sostituirsi ad
una valutazione opinabile spettante ad Agcom, ma solo di sindacare una lacuna fondamentale del
procedimento di determinazione del prezzo, così che, una volta riscontrata l’illegittimità derivante
dal mancato orientamento al costo, spetterà poi ad Agcom in sede conformativa rivedere le ta-
riffe» (Cons. St., sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143). La decisione finale viene, quindi, rimessa al-
l’Autorità di settore, alla quale il giudicato ha imposto l’obbligo di riconsiderare motivatamente le
parti dei provvedimenti interessate, tenendo conto dei profili critici indicati.
42 TAR Lazio, Roma, sez. III, 31 ottobre 2017 n. 10920.
43 Ibid.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 291

considerazione dell’offerta commerciale come temporanea (che, nella realtà, ve-


niva costantemente replicata nel tempo)44.
Analogamente, valorizzando la finalità della regolazione, in materia di pro-
roga per i diritti d’uso delle frequenze, il giudice amministrativo di primo grado
ha concluso nel senso che l’assegnazione delle frequenze agli operatori in pro-
roga, a condizioni nettamente più vantaggiose rispetto a quelle accordate al-
l’operatore aggiudicatario della gara per frequenze sostanzialmente analoghe,
producesse un’inammissibile alterazione delle regole di mercato. Il T.A.R. ha
fondato la propria decisione sulla ricostruzione del quadro normativo e regola-
torio ed ha concluso nel senso che i provvedimenti impugnati fossero in contra-
sto con i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento e
proporzionalità ad esso sottesi45.
La giurisprudenza oggetto di analisi ha fatto solo in alcuni casi espresso ri-
corso alle categorie del sindacato “debole-forte”46 o di “sindacato pieno e pene-

44 Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257. Nello specifico, il Collegio ha chiarito che,

ai fini della verifica della replicabilità delle offerte al dettaglio dell’operatore dominante, l’Autorità
è chiamata ad applicare un duplice test di prezzo. La prima analisi (c.d. DCF) è volta a verificare
il recupero dei costi complessivi, fissi e variabili, relativi all’offerta in esame e considera, pertanto,
in senso complessivo costi e ricavi generati dall’insieme delle promozioni applicate all’offerta in
un dato periodo di riferimento (un anno). La seconda analisi (c.d. period by period) mira, invece,
ad accertare il recupero dei costi variabili generati da ogni nuovo cliente dell’offerta ed è pertanto
applicata separatamente a ogni singola promozione. Il test DCF verifica la redditività globale del-
l’investimento sotteso alla commercializzazione dell’offerta, mentre la verifica period by period è
volta ad accertare che ciascuna promozione sia caratterizzata da un livello di prezzo superiore alla
soglia dei costi variabili, ossia dei costi incrementali generati dall’acquisizione del nuovo cliente
che aderisce alla promozione. La sentenza di appello ha censurato la pronuncia del TAR per aver
considerato meramente esemplificativa la previsione dei test di prezzo, reputando, a contrario, ne-
cessaria un’analisi unitaria delle diverse offerte, intese nella loro sommatoria e combinazione, nel
lungo periodo, con riferimento all’effetto che possono avere avuto sulle dinamiche del mercato di
riferimento, con ciò reputando integrato un difetto di istruttoria negli atti impugnati. Il Consiglio
di Stato ha concluso imponendo all’Agcom di rideterminarsi «con una valutazione svolta ex ante
circa la corretta e non contraddittoria qualificazione delle offerte in discussione, anche con riferi-
mento all’offerta limited edition, tramite il canale web, in specie a fronte della reiterazione della
stessa».
45 TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568.
46 Le Sezioni Unite della Cassazione, nei giudizi in materia di ripartizione del costo per il

servizio universale è stato ricordato che «i provvedimenti dell’Autorità Garante sono sindacabili
dal giudice amministrativo per vizi di legittimità e non di merito, nel senso che non è consentito
al giudice amministrativo esercitare un controllo c.d. di tipo “forte” sulle valutazioni tecniche opi-
nabili, che si tradurrebbe nell’esercizio da parte del suddetto giudice di un potere sostitutivo
spinto fino a sovrapporre la propria valutazione a quella dell’amministrazione, fermo però re-
stando che anche sulle valutazioni tecniche è esercitabile in sede giurisdizionale il controllo di ra-
gionevolezza, logicità e coerenza» (Cass. civ., sez. un., 27 dicembre 2017 n. 30974). Si veda anche
TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568 dove si legge che: «si parla […] di
“sindacato debole”, ritenendosi non consentito per il giudice l’esercizio di un potere accertativo,
anche espresso mediante affidamento ad un consulente tecnico d’ufficio delle complesse valuta-
zioni, riservate agli organismi in questione (ad eccezione di quanto previsto per le sanzioni pecu-
niarie, sulle quali è ammesso un controllo più penetrante). […] Il Collegio non ignora pronunce
(cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645), in cui non emerge (o è
addirittura esclusa) la qualificazione riduttiva di “sindacato debole”, ma le sfumature lessicali non
mutano il quadro sostanziale di un settore, nell’ambito del quale si impongono competenze spe-
cialistiche di alto profilo e strumenti istruttori di particolare complessità, non pienamente riper-
292 LIVIA LORENZONI

trante”47. Tuttavia, le categorie tradizionali sono state spesso richiamate implici-


tamente. In molti casi, come anticipato, le sentenze hanno fatto riferimento al li-
mite della opinabilità della valutazione, in relazione ai concetti giuridici indeter-
minati presenti nella regolazione di settore. Tale limite è stato valorizzato al fine
di impedire che il sindacato del giudice potesse sostituire con una propria scelta,
altrettanto opinabile, quella della P.A., in assenza di un parametro giuridico per
definire la legittimità della decisione amministrativa48. Alla stregua di tale crite-
rio, il sindacato da parte dell’organo giudiziario non può incidere sulla selezione
della metodologia scientifica di verifica dei presupposti economici di una deter-
minata misura regolatoria, ma rimane confinato ad una verifica circa l’esistenza
di vizi di travisamento dei fatti, vizi logici o di violazioni delle regole normative
che evidenzino la coerenza del modello scientifico adottato rispetto alle finalità
sottese alla scelta regolatoria. Invero, nella maggior parte dei casi, la scelta rego-
latoria finale è stata rimessa all’Autorità amministrativa di regolazione.
Ad esempio, non è stata considerata sindacabile la scelta dell’Agcom di
non adottare, per l’analisi di sostituibilità, il metodo dello “SSNIP - Small but Si-
gnificant Non-transitory Increase in Price - test”, utilizzato normalmente in mate-
ria antitrust per individuare il mercato del prodotto49. Nello stesso senso, il Con-
siglio di Stato non ha ritenuto ammissibile una valutazione del giudice di primo
grado sui criteri adottati dall’Autorità di settore nell’analisi di replicabilità del-
l’offerta dell’operatore dominante50.
Una delle principali difficoltà che emerge dell’analisi del sindacato giuri-
sdizionale deriva dall’elevato tecnicismo delle materie oggetto di regolazione in-
dipendente e dall’assenza di regole tecniche univoche o riferibili a scienze esatte
nella disciplina di settore. Il criterio del “margine di opinabilità” adottato in al-
cune sentenze, infatti, appare piuttosto evanescente in un settore nel quale non
vigono principi discendenti dalle c.d. “scienze esatte”. Lo stesso giudice ammi-
nistrativo ha riconosciuto come le valutazioni delle Autorità indipendenti assu-
mano come parametri di riferimento «non solo regole scientifiche esatte e non
opinabili, ma anche valutazioni di natura prognostica, ovvero a carattere econo-
mico, sociologico, o comunque non ripercorribile in base a dati univoci, con
ambito di sindacabilità oggettivamente ridotto»51. Ciò nonostante, le medesime

corribili dal giudice amministrativo; quest’ultimo, tuttavia, può utilizzare la più ampia dimensione
del controllo di legittimità su atti, che siano espressione di discrezionalità tecnica, per effettuare il
proprio apprezzamento in una dimensione maggiormente analitica dell’eccesso di potere, ove non
risulti un’adeguata ponderazione dell’Autorità, per ogni fattore rilevante ai fini della decisione da
assumere».
47 Cons. St., sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143.
48 Si vedano, tra le molte, TAR Lazio, Roma, sez. III, 14 febbraio 2019, n. 1964; TAR Lazio,

Roma, sez. III, 17 giugno 2019, n. 7783; Cons. St., sez. III, 2 aprile 2013, n. 1856; Cons. St., sez.
VI, 19 febbraio 2020, n. 1257.
49 TAR Lazio, Roma, sez. III, 17 giugno 2019, n. 7783.
50 Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257.
51 Ibid. La sentenza richiama diversi precedenti del Consiglio di Stato sul punto, non solo in

materia di comunicazioni elettroniche. Si vedano, tra le molte, Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002,
n. 2199.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 293

questioni, relative, ad esempio, alla individuazione del mercato rilevante, alla


posizione dell’operatore storico nella fornitura del servizio universale, alla repli-
cabilità dell’offerta, sono state considerate in alcune sentenze come valutazioni
di opportunità afferenti al merito della scelta amministrativa, mentre, in altre
pienamente sindacabili dal giudice.

5. L’atteggiamento concretamente assunto del giudice rispetto alla valutazione


tecnica
Alla luce della precedente analisi giurisprudenziale, l’intensità del sinda-
cato del giudice amministrativo sulle scelte regolatorie dell’autorità di settore in
materia di comunicazioni elettroniche appare molto diversificata a seconda del-
l’oggetto della controversia. In alcuni casi, il giudice amministrativo – soprat-
tutto di secondo grado e su questioni oggetto di un contenzioso seriale – è en-
trato in modo piuttosto significativo nella sostanza della decisione, in particolare
per quanto concerne la configurazione dei mercati di riferimento e della quanti-
ficazione del canone di accesso alla rete. In altri casi, il giudice si è limitato ad
esercitare un sindacato estrinseco senza entrare nello specifico delle valutazioni
alla base delle decisioni amministrative impugnate.
La lunghezza e complessità del procedimento, con il coinvolgimento anche
delle istituzioni europee, accanto all’elevata expertise tecnica dell’amministra-
zione, hanno agito in alcuni casi come freno, in altri come strumento per un
maggiore attivismo dei giudici.
Come anticipato, in alcune sentenze, l’intensità e l’approfondimento del-
l’attività istruttoria svolta dall’Autorità è stata utilizzata come argomento per
giustificare un atteggiamento deferente da parte del giudice. Ciò è avvenuto, ad
esempio, in materia di titoli abilitativi per l’offerta al pubblico dei servizi postali
da parte delle imprese operanti nel mercato del corriere espresso52; di determi-
nazione delle tariffe per le intercettazioni richieste dall’Autorità Giudiziaria53; di
assegnazione di frequenze televisive alle emittenti locali54.
In altre, invece, le valutazioni degli altri organismi coinvolti nel procedi-
mento (in particolare, la Commissione europea ed il BEREC), sono state poste
a fondamento della valutazione sull’illegittimità dei provvedimenti adottati dal-
l’Autorità di regolazione nazionale. Ciò è avvenuto in modo particolarmente evi-
dente in materia di quantificazione dell’ammontare dei canoni di accesso alla
rete, dove il Consiglio di Stato ha esercitato un sindacato particolarmente in-
tenso sulla decisione amministrativa dell’Autorità, ripercorrendo interamente l’i-
struttoria da essa svolta55. In altri casi, la consultazione pubblica che aveva pre-
ceduto l’adozione delle misure tecniche oggetto del giudizio, cui avevano parte-

52 TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 luglio 2018, n. 8151; TAR Lazio, Roma, sez. III, 8 gennaio

2019, n. 235; TAR Lazio, Roma, 3 maggio 2019, n. 5625.


53 TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 aprile 2019 n. 4596.
54 Cons. St., sez. III, 1 marzo 2018, n. 1272.
55 Ibid.
294 LIVIA LORENZONI

cipato tutti gli operatori del settore, non è stata considerata sufficiente ad impe-
dire l’intervento giurisdizionale56.
Il diverso atteggiamento del giudice amministrativo di fronte alle valuta-
zioni tecniche complesse può essere ricondotto ad alcune considerazioni gene-
rali da parte del giudice circa il diverso peso degli interessi pubblici coinvolti
che sembra aver condizionato implicitamente il sindacato.
Un esempio utile in tal senso si può evincere dall’analisi dei casi relativi al
canone di accesso alla rete. In tale contenzioso appare aver rivestito un’impor-
tanza particolare la considerazione da parte del Collegio dell’interesse pubblico
ad incentivare gli investimenti nell’infrastruttura da parte dell’operatore storico,
che ha giustificato un sindacato maggiormente incisivo. Infatti, la scelta dell’Ag-
com di rapportare il costo di accesso alla rete alle condizioni effettive dell’infra-
struttura, invece che ad un modello teorico di rete efficiente e moderna, sembra
costituire, in concreto, un freno allo sviluppo tecnologico ed all’efficientamento
dell’infrastruttura, consentendo, sostanzialmente, al gestore di coprire i costi
delle proprie inefficienze con i canoni pagati dai fornitori dei servizi di comuni-
cazioni elettroniche. Tale contenzioso assume, peraltro, particolare interesse
sotto il profilo del bilanciamento tra interessi pubblici e privati. Il Consiglio di
Stato ha riformato la sentenza del T.A.R. per non aver sufficientemente consi-
derato le tesi dei privati ricorrenti, aderendo acriticamente alla ricostruzione Ag-
com e non attribuendo la necessaria rilevanza a quanto emerso dalle consulta-
zioni con gli operatori del mercato prodromiche all’adozione dei provvedimenti
impugnati.
Nel caso della contribuzione agli oneri del servizio universale, i Collegi giu-
dicanti sembrano essersi basati, altresì, su considerazioni di ordine generale
circa l’evoluzione dei mercati di telefonia fissa e mobile e su regole di comune
esperienza, al fine di individuare un criterio che consentisse di ripartire gli oneri
del servizio universale in modo coerente con le finalità della regolazione asim-
metrica di favorire l’ingresso di nuovi operatori sul mercato. I giudici hanno, in-
fatti, evidenziato in più occasioni come il significativo sviluppo del mercato
della telefonia mobile non abbia avuto, soprattutto tra fine anni Novanta e primi
anni Duemila (quando venivano adottati i provvedimenti impugnati), un rile-
vante impatto su quello della telefonia fissa57. Le suddette affermazioni, tuttavia,
non sono fondate su precise analisi di mercato effettuate da appositi organismi
tecnici, bensì su ciò che il Collegio ritiene “notorio” sulla base dell’esperienza
comune58.

56 TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568.


57 Si veda, a titolo di esempio la sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. I, 13 maggio 2014 n.
4926, dove si legge: «è infatti notorio – e comunque verrà ulteriormente chiarito nella decisione –
che la possibilità di sostituzione è andata crescendo nel tempo, con l’affinamento della tecnologia,
l’incremento degli impianti destinati alla telefonia mobile, e il maggior uso della stessa da parte
della popolazione: così, se si dovesse escludere per il 2003 una possibile sostituzione, ciò varrebbe
a maggior ragione per gli anni precedenti, cui si riferiscono gli altri contenziosi».
58 TAR Lazio, Roma, sez. I, 13 maggio 2014 n. 4926.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 295

Gli effetti concreti dell’intervento regolatorio sul mercato sono risultati de-
terminanti, altresì, nel contenzioso relativo alle autorizzazioni delle offerte com-
merciali dell’operatore dominante. In tale ambito, il giudice di primo grado ha
ritenuto necessaria, ai fini dell’analisi di replicabilità dell’offerta, la considera-
zione della frequenza nel tempo delle promozioni, pur non imposta da alcuna
disposizione regolatoria. La reiterazione delle pratiche commerciali dell’opera-
tore dominante, autorizzate dall’Agcom, è stata valutata dal giudice per eviden-
ziarne l’effetto significativo sulle dinamiche del mercato di riferimento, anche
alla luce anche del numero complessivo di attivazioni conseguite59. Il Collegio
ha ritenuto di annullare i provvedimenti sulla base di un «“dato di fatto” ogget-
tivo e non eludibile»60, costituito dalla reiterazione di analoghe promozioni in
un prolungato arco di tempo, e del relativo effetto complessivo sul mercato. Se-
condo il TAR, quindi, l’Agcom non avrebbe adeguatamente considerato gli ef-
fetti sul mercato delle pratiche oggetto di contestazione.
Sotto questo profilo, il Consiglio di Stato ha censurato l’atteggiamento ec-
cessivamente intrusivo del giudice di primo grado, ritenendolo sostitutivo ri-
spetto alle scelte tecnico discrezionali dell’Autorità. Ciò alla luce dell’inesistenza
– riconosciuta dallo stesso T.A.R. – di disposizioni normative o regolamentari
che imponessero all’Autorità una verifica più estesa rispetto a quella effettuata

59 Ad esempio, il TAR di Roma ha affermato che «rientra nel notorio non solo che attual-

mente la telefonia fissa e quella mobile sono largamente integrate, ma altresì che, dopo l’introdu-
zione, nella seconda metà del trascorso decennio, degli standard 3G (3§ generazione) – come
UMTS e HSPA – accompagnata dalla propagazione delle celle, quella mobile ha ormai raggiunto
un grado di efficienza, anche nel servizio di trasmissione dati, tale da indurre un numero crescente
di utenti a rinunciare alla linea fissa (e alle relative spese) adeguatamente surrogata da quella mo-
bile. È dunque possibile sostenere che, negli ultimi anni, si è creato un adeguato livello di con-
correnzialità del mercato tra fisso e mobile – per cui l’onere sopportato dal gestore del servizio
universale va debitamente ripartito anche con i gestori di telefonia mobile; ma è assai più opina-
bile che ciò fosse già vero nel periodo compreso tra il 1999 e il 2003». La sentenza ha affermato
che le promozioni offerte dall’incumbent, «per come proposte, finivano per integrare una offerta
sostanzialmente stabile i cui effetti in termini di acquisizioni di nuovi clienti non possono essere
esaminati solo in modo frazionato, soltanto cioè con riguardo ad un singolo mese (come
l’AGCOM mostra di avere fatto), bensì sono da valutare anche in modo “aggregato”, facendo
cioè riferimento all’intero periodo di loro reiterazione» (TAR Lazio, Roma, sez. III, 31 ottobre
2017 n. 10920).
60 La presente pronuncia non mira a svolgere un sindacato di tipo sostitutivo rispetto

all’esercizio della discrezionalità tecnica già compiuto e riservato all’AGCOM, né, in questa ottica,
questo Giudice può affermare che le promozioni TIM SMART in contestazione debbano neces-
sariamente essere sottoposte, ora per allora, al test di replicabilità aggravato (DCF e PdP), trat-
tandosi di valutazione altamente tecnica e di scelte che competono all’Autorità. Il Collegio, vice-
versa, senza esorbitare dai limiti entro i quali è ammesso il proprio sindacato giurisdizionale ri-
spetto all’esercizio di poteri 27/29 regolatori in materie connotate da elevato tecnicismo (vedi
Cons. St., sez. III, 14 luglio 2016, n. 3143; 2 aprile 2013, n. 1856), ritiene fondata la censura di di-
fetto di istruttoria e, conseguente carenza di motivazione degli atti impugnati, per essersi l’Auto-
rità limitata a considerare il limitato impatto della singola offerta promozionale di volta in volta
approvata, senza avere considerato anche il “dato di fatto” oggettivo e non eludibile, costituito
dalla reiterazione di analoghe promozioni “limited edition” della TIM succedutesi in un pro-
lungato arco di tempo (quanto meno, dal luglio del 2016 in poi), la valenza delle quali doveva
essere certamente tenuta in debito conto al fine di vagliare l’effetto complessivo di esse sul
mercato.
296 LIVIA LORENZONI

dal regolatore61. D’altra parte, il giudice di appello ha annullato i provvedimenti


impugnati sotto un diverso profilo, inerente alla scelta del metodo adottato dal-
l’Agcom per effettuare il test di replicabilità delle offerte in questione. L’assenza
di un’indagine completa in relazione ai test di replicabilità del prezzo imposti
dalla regolazione di settore da parte dell’Agcom è stata considerata dal Collegio
d’appello come pienamente sindacabile, in quanto derivante dall’analisi del dato
normativo e regolatorio e non da considerazioni più ampie (come avvenuto nel
giudizio di primo grado).
Infine, alla base della giurisprudenza in materia di proroga di diritti d’uso
di bande di frequenze, oltre all’espresso giudizio circa l’obiettiva alterazione
delle regole di mercato, sembra potersi individuare una valutazione anche di
tipo economico sulle entrate per l’amministrazione. I provvedimenti ammini-
strativi sono stati, infatti, annullati perché consentivano alle imprese già operanti
nel settore di usufruire delle bande di frequenze mediante proroga, versando un
contributo significativamente ridotto rispetto a quello versato dall’impresa ag-
giudicataria dell’asta indetta per l’uso di frequenze analoghe62.

6. Considerazioni conclusive
L’intensità del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche nel set-
tore delle comunicazioni elettroniche appare differenziarsi a seconda delle fatti-
specie oggetto del giudizio, degli interessi pubblici in gioco e del rilievo (anche
in termini numerici) del contenzioso.
Dall’esame casistico sono stati individuati due principali orientamenti.
Il primo, maggiormente deferente, che ravvisa nell’elevata competenza tec-
nica dell’autorità di settore e nel coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali
(politici e tecnici) nell’ambito del procedimento regolatorio un elemento di
freno rispetto al possibile intervento giurisdizionale. Nell’ambito di tale orienta-
mento si inseriscono le sentenze in materia di autorizzazioni per lo svolgimento
del servizio postale ad operatori nel mercato del corriere espresso; di tariffe per
le prestazioni obbligatorie degli operatori telefonici a fronte di intercettazioni ri-
chieste dall’autorità giudiziaria; di assegnazione di frequenze televisive; di rego-
lazione delle restituzioni degli invii affidati ad altri operatori e rinvenuti nella
rete di Poste Italiane.
Il secondo, maggioritario, che, al contrario, tende ad avvalersi proprio dei
pareri e delle osservazioni di soggetti terzi (Commissione europea, Berec, orga-
nismi tecnici) emersi nel lungo e complesso procedimento di definizione della
regolazione di settore per poter contestare la sostanza e la razionalità delle deci-
sioni assunte dall’Agcom. Tale orientamento appare prevalente soprattutto nelle
controversie in materia di rapporti tra operatore dominante e nuovi entranti nel
mercato della telefonia mobile.

61 Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257.


62 TAR Lazio, Roma, sez. III del 26 novembre 2019, n. 13568.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SUI PROVVEDIMENTI DELL’AGCOM 297

I casi analizzati hanno riguardato due filoni di contenzioso piuttosto signi-


ficativi in materia di ripartizione tra gli operatori di telefonia mobile degli oneri
per la fornitura del servizio universale di telefonia fissa da parte di Telecom Ita-
lia s.p.a. e di canone di accesso alla rete (sempre di proprietà di Telecom Italia
s.p.a.); un caso inerente all’autorizzazione di offerte commerciali da parte del-
l’operatore dominante nel mercato della telefonia mobile (anche qui Telecom
Italia s.p.a.) ed uno relativo alla proroga del diritto d’uso di bande di frequenze
ad alcuni operatori del mercato della telefonia mobile. In questi ambiti, il giu-
dice amministrativo è intervenuto in modo penetrante nell’ambito delle scelte
regolatorie, mostrando, oltretutto, una significativa competenza tecnica sulle
questioni oggetto di contenzioso, pur non essendosi avvalso di strumenti pro-
cessuali quali la consulenza tecnica d’ufficio.
Le differenze di atteggiamento dei giudici sembrano derivare dalla materia
oggetto di causa, oltre che dalla rilevanza – sostanziale e numerica – del conten-
zioso sulla specifica questione. Invero, l’atteggiamento deferente sembra preva-
lente in tutti quei casi tendenzialmente isolati di controversie su fattispecie pe-
culiari. Al contrario, in relazione ai provvedimenti maggiormente incisivi sulle
dinamiche del mercato della telefonia mobile, o soggetti ad un contenzioso se-
riale, i giudici, soprattutto di secondo grado, hanno mostrato una tendenza ad
entrare in modo molto più incisivo nella scelta regolatoria, valutandone in con-
creto gli effetti, anche alla luce di interessi pubblici di ordine generale.
Elementi, pur non espressamente menzionati, ma che paiono porsi alla
base dell’atteggiamento maggiormente interventista dei giudici in questi ultimi
casi sono stati, ad esempio, l’incentivo ad investire sulla rete infrastrutturale
(emerso nel contenzioso riguardante i canoni di accesso alla rete); l’esigenza di
favorire i nuovi entranti nel mercato rispetto allo storico operatore dominante
(nel contenzioso in materia di ripartizione degli oneri del servizio universale, di
autorizzazioni alle offerte commerciali dell’operatore dominante, di proroga dei
diritti di uso delle bande frequenze). In questo ultimo settore appare emergere,
altresì, la considerazione circa la necessità di incrementare le entrate per l’am-
ministrazione.
In conclusione, sembra che il giudice amministrativo, quantomeno nelle
controversie in materia di telefonia mobile, abbia esercitato il proprio sindacato
in modo pieno, non appiattendosi sulla valutazione effettuata dall’organismo di
regolazione di settore, ma analizzando nel profondo l’attività istruttoria posta in
essere. Ciò appare legato alla maggiore consistenza numerica ed all’impatto del
contenzioso sugli interessi pubblici coinvolti nella regolazione delle comunica-
zioni elettroniche. Tuttavia, un intervento maggiormente sostanziale da parte del
giudice anche su questioni oggetto di un contenzioso più limitato, possibilmente
con l’ausilio di mezzi istruttori come la consulenza tecnica d’ufficio, potrebbe
produrre l’effetto, da un lato, di arricchire il bagaglio tecnico degli organi giuri-
sdizionali e, dall’altro, di uniformare gli strumenti ed il grado di effettività della
tutela, quantomeno all’interno del medesimo settore di regolazione.
CAPITOLO DECIMO

IL SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE


DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA

Leonardo Lippolis

SOMMARIO: 1. La vigilanza sul sistema bancario e finanziario tra pluralismo ed elementi


unificanti. – 2. Primato della tecnica, sindacato deferente e prospettive di supera-
mento. – 3. Il sindacato sul potere regolatorio. – 3.1. Soft law e sindacato giurisdi-
zionale: le Istruzioni e le Circolari della Banca d’Italia. – 4. Il sindacato sul potere
decisorio: la “sana e prudente gestione” quale criterio informatore dell’attività di
vigilanza. – 4.1. Il sindacato sul potere autorizzatorio. – 4.2. Il sindacato sui poteri
conformativi e ripristinatori. – 4.3. Il sindacato sul potere di risoluzione di crisi
delle banche. – 5. Il sindacato sul potere sanzionatorio. – 6. Il sindacato del giu-
dice nazionale alla luce degli orientamenti delle Corti sovranazionali (Corte di
Giustizia dell’Unione europea, Corte Europea dei diritti dell’Uomo). – 7. Conclu-
sioni.

1. La vigilanza sul sistema bancario e finanziario tra pluralismo ed elementi uni-


ficanti
L’attività finanziaria è il tipo di attività economica in cui si manifestano in
maniera più evidente situazioni di “fallimenti del mercato”, che impongono una
regolazione pubblica volta, in un’ottica microeconomica, a correggere le asim-
metrie informative che affliggono le relazioni tra risparmiatori e imprese di in-
vestimento, ed altresì, in un’ottica macroeconomica, a garantire la solidità patri-
moniale e finanziaria degli operatori economici, minimizzando il rischio di falli-
menti e crisi sistemiche1. Tale regolazione è affidata in gran parte ad autorità
amministrative indipendenti dal potere politico, dotate di poteri normativi e am-
ministrativi molto ampi2. Negli ultimi decenni il sistema di regolazione e vigi-

1 M. CLARICH, (voce) Autorità di vigilanza sul mercato finanziario (profili generali), in Enc.

dir., ann. V, Milano, 2012, 152.


2 Nell’impossibilità di tener conto dei numerosissimi contributi dottrinali sul tema delle au-

torità indipendenti, ci si limita qui a segnalare i più significativi: M. D’ALBERTI, (voce) Autorità In-
dipendenti (dir. amm.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1995; M. MANETTI, Autorità indipendenti (dir.
Cost.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1997; M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospet-
tive di un modello, Bologna, 2005; C. FRANCHINI, Le autorità amministrative indipendenti, in Riv.
trim. dir. pubbl., 1988, 549 ss.; A. MASSERA, “Autonomia” e “indipendenza” nell’amministrazione
300 LEONARDO LIPPOLIS

lanza sui mercati finanziari si è sviluppato secondo un modello “pluralistico”,


ossia prevedendo una molteplicità di autorità finanziarie (Banca d’Italia, Com-
missione Nazionale per le società e la borsa - CONSOB, Istituto di vigilanza
sulle assicurazioni private - ISVAP, Commissione di vigilanza sui fondi pensione
- COVIP)3, e per “finalità”, secondo cui la delimitazione delle rispettive compe-
tenze non dipende dalla categoria di impresa vigilata o dalla natura dell’attività
esercitata (c.d. vigilanza “per settori”), bensì dagli obiettivi che sono affidati alle
rispettive autorità (c.d. vigilanza “per finalità”)4.
Ferme le peculiarità di ogni disciplina settoriale, un modello unitario delle
autorità finanziarie può comunque essere tratteggiato lungo due direttrici prin-
cipali.
In senso orizzontale, ossia sul piano nazionale, il tratto unificante risiede
nella rilevanza costituzionale della tutela del risparmio, da proteggere «in tutte
le sue forme» (art. 47 Cost.). Tale formula, pensata in origine per il settore del
credito, colpito dalla Grande crisi degli anni Trenta del secolo scorso, si presta
a coprire una gamma molto più ampia di relazioni finanziarie che coinvolgono
la massa di risparmiatori5.
In senso verticale, il diritto dell’Unione europea ha portato a superare l’im-
postazione originaria dell’ordinamento sezionale, nata da una concezione dirigi-

dello Stato, in Scritti Giannini, III, Milano, 1988, 449 ss.; G. VESPERINI, Le funzioni delle autorità
amministrative indipendenti, in Dir. banc. merc. fin., n. 1/1990, 415 ss.; A. CAGLI, Il quadro nor-
mativo delle amministrazioni pubbliche indipendenti, in Foro amm., 1991, 1627; N. LONGOBARDI,
Le “amministrazioni indipendenti”: profili introduttivi, in Scritti per M. Nigro, Milano, 1991, 173
ss.; C. FRANCHINI, Le autorità amministrative indipendenti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1988, 549 ss.;
A. MASSERA, “Autonomia” e “indipendenza” nell’amministrazione dello Stato, in Scritti Giannini,
III, Milano, 1988, 449 ss.; G. VESPERINI, Le funzioni delle autorità amministrative indipendenti, in
Dir. banc. merc. fin., n. 1/1990, 415 ss.; A. CAGLI, Il quadro normativo delle amministrazioni pub-
bliche indipendenti, in Foro amm., 1991, 1627 ss.; N. LONGOBARDI, Le “amministrazioni indipen-
denti”: profili introduttivi, in Scritti per M. Nigro, II, Milano, 1991, 173 ss.; R. RODORF (a cura di),
Le autorità amministrative indipendenti, Quest. giust., 2002, 407 ss.
3 Ognuna di queste autorità è caratterizzata da una genesi e da un percorso evolutivo pluri-

decennale assai diverso. A differenza delle altre autorità indipendenti, che sono nate sotto la
spinta propulsiva del diritto comunitario (come quella antitrust, quella garante della privacy, o
quelle di regolazione dei servizi pubblici) l’insieme delle autorità di vigilanza finanziaria «sono
emerse progressivamente per forza propria nell’ambito dell’ordinamento giuridico nazionale» (in
tal senso F. MERUSI, M. PASSARO, (voce) Autorità indipendenti, in Enc. dir., Milano, 2002, 187).
Come si vedrà, il diritto europeo ha poi contribuito a ridefinire i connotati del sistema di regola-
zione di vigilanza finanziaria, innescando profondi cambiamenti costituzionali che sono culminati
con l’istituzione del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), e la creazione della Unione
bancaria europea (UBE).
4 Si pensi al coordinamento della vigilanza tra Banca d’Italia e CONSOB, ove alla prima

spetta la tutela della stabilità e del buon funzionamento del sistema finanziario, mentre la seconda
è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti (art. 5, d.lgs.
n. 58 del 1998, di seguito t.u.f.). Ad esempio, la Consob include nel suo raggio di azione anche i
prodotti emessi dalle banche e dalle imprese di assicurazione (art. 25-bis t.u.f.), al fine di garantire
una protezione omogenea del risparmiatore investitore che acquista un prodotto finanziario a pre-
scindere dalla sua natura (mobile, bancaria, assicurativa) e dal soggetto che lo emette (è il c.d.
level playing field).
5 Come evidenziato da F. MERUSI, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione,

Rapporti economici, t. 3 (art. 45-47), Bologna-Roma, 1980, 158 ss.


SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 301

stica dei rapporti tra Stato e mercato6, per aprire le regolazioni di settore alle re-
gole della libera concorrenza. Ciò ha determinato un progressivo affrancamento
delle autorità finanziarie dalla dipendenza ministeriale, seguito dal loro parallelo
inserimento nel concerto dei regolatori emersi al livello europeo. La crisi finan-
ziaria mondiale del 2008, causata dai mutui sub prime, ha dimostrato la neces-
sità di un approccio sempre più globale ed integrato tra organismi di regola-
zione nazionale ed internazionali. Al livello europeo, il processo di convergenza
ha portato, in un primo momento, alla istituzione di nuove autorità europee al-
l’interno del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF), con funzioni di
impulso e di indirizzo delle autorità finanziarie nazionali. Si è giunti, quindi, a
individuare un disegno normativo istituzionale di ampio respiro, l’Unione Ban-
caria Europea (Banking Union), con l’obiettivo principale di rompere il circolo
vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario7.
Tale disegno riformatore, attraverso l’attribuzione agli apparati amministra-
tivi di vigilanza di poteri caratterizzati dall’ampiezza, dalla flessibilità e dalla pe-
netratività, ha sancito la prevalenza dell’elemento tecnico, nell’ottica di favorire
l’omogeneità delle regole e della loro applicazione8.
In questo contesto, può forse considerarsi accidentale, ma senza dubbio
opportuna, la spinta interna all’omologazione tra le autorità finanziare nazionali
operata dalla legge sul risparmio (L. n. 262 del 20059), che ha introdotto nuove
forme di coordinamento paritario e orizzontale, tese a garantire un flusso di
informazione completo e continuo fra i controllori, e ha dettato regole comuni

6 L’elaborazione della teoria dell’ordinamento del credito come ordinamento sezionale, in

cui l’autorità di vigilanza determina in positivo la conformità delle scelte imprenditoriali all’inte-
resse pubblico, si deve a M.S. GIANNINI, Osservazioni sulla disciplina della funzione creditizia, in
Scritti giuridici in onore di Santi Romano, II, Padova, 1940, 707 ss.
7 Il progetto di Unione Bancaria poggia su tre pilastri: (i) il Meccanismo di Vigilanza Unico

(Single Supervisory Mechanism - SSM) nell’area Euro, affidato alla Banca Centrale Europea e, per
le banche less significant, alle autorità di vigilanza nazionali; (ii) un sistema centralizzato di ge-
stione delle crisi (Single Resolution Mechanism - SRM); (iii) uno schema unico di garanzia dei de-
positi (EDIS), il quale dovrebbe così superare l’attuale network di sistemi di garanzia dei depositi
nazionali armonizzati introdotto con la Direttiva 2014/49/UE (DGS). Sull’Unione bancaria, cfr. F.
CAPRIGLIONE, L’Unione bancaria europea: una sfida per un’Europa più unita, Torino, 2013; G. BOC-
CUZZI, L’Unione bancaria europea. Nuove istituzioni e regole di vigilanza e di gestione delle crisi ban-
carie, Roma, 2015; D. BUSCH, G. FERRARINI, European Banking Union, Oxford, 2015; R. IBRIDO,
L’Unione bancaria europea. Profili costituzionali, Torino, 2017. Con specifico riferimento al primo
pilastro dell’Unione bancaria, cfr. C. BRESCIA MORRA, La nuova architettura della vigilanza bancaria
in Europa, in Banca Impresa Società, n. 1/2015, 73 ss. Sull’evoluzione della disciplina nazionale,
con riguardo al settore bancario, cfr. M. CLARICH, La disciplina del settore bancario in Italia: dalla
legge bancaria del 1936 all’Unione bancaria europea, in Giur. comm., fasc. 1, 2019, 32 ss.; con ri-
guardo al settore finanziario, cfr. G. FERRARINI, Il Testo Unico della Finanza 20 anni dopo, in Riv.
soc., n. 1/2019, 1 ss.
8 In questi termini A. NIGRO, Il nuovo ordinamento bancario e finanziario europeo: aspetti

generali, in Giur. comm., n. 2/2018, 184-185.


9 Legge che è nata a seguito dei due noti dissesti Cirio e Parmalat, che hanno suscitato in-

terrogativi sul ruolo delle autorità di vigilanza, sulla ripartizione dei loro poteri, sulle tecniche di
repressione e prevenzione delle frodi, sulla corporate governance degli emittenti quotati ecc. Per ri-
ferimenti sulla legge sul risparmio, cfr. P. ABADESSA, F. CESARINI, La legge per la tutela del rispar-
mio, Bologna, 2007.
302 LEONARDO LIPPOLIS

per l’adozione di provvedimenti amministrativi e degli atti di regolazione, deter-


minando un innalzamento delle garanzie partecipative e di contraddittorio a fa-
vore delle imprese regolate.
Se dal piano delle attribuzioni sostanziali si passa al sistema della tutela giu-
risdizionale va invece rilevato un quadro maggiormente problematico.
Fino all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, l’attribu-
zione della giurisdizione in ordine agli atti di determinate Autorità indipendenti
era contenuta in singole leggi speciali, prive di un contenuto unitario. Emergeva,
però, un’accentuata preferenza legislativa in favore del giudice amministrativo,
quale “giudice naturale” delle controversie relative all’attività delle autorità in-
dipendenti10.
Il codice del processo amministrativo ha reso omogenea la tutela proces-
suale attraverso un’opzione netta a favore del giudice amministrativo. Il codice,
infatti, assoggetta alla giurisdizione esclusiva le controversie aventi ad oggetto i
provvedimenti amministrativi, compresi quelli sanzionatori, di tutte le autorità
finanziarie (art. 133 c.p.a.11), con giurisdizione estesa al merito per le sanzioni
pecuniarie (art. 134 c.p.a.).
Sono quindi state abrogate quelle disposizioni, dettate dagli artt. 145 del
d.lgs. n. 385/1993 (Testo unico bancario, di seguito t.u.b.) e dall’art. 195 del
d.lgs. n. 58/1998 (Testo unico finanziario, di seguito t.u.f.) che, in deroga alla
politica legislativa di favore verso il giudice amministrativo, riconduceva alla
giurisdizione del giudice ordinario (segnatamente, alla competenza della Corte
d’appello di Roma) le controversie concernenti i giudizi di opposizione avverso
le sanzioni amministrative irrogate dalla Consob e dalla Banca d’Italia.
Occorre ricordare che vi era già stato nel 1998 un tentativo legislativo di at-
trarre al plesso giurisdizionale amministrativo il vaglio dei provvedimenti san-
zionatori emanati dalla Consob e dalla Banca d’Italia12. Tentativo poi fallito
quando, con la riforma del diritto societario, veniva riaffermata la giurisdizione
del giudice ordinario13 sui giudizi d’opposizione alle sanzioni irrogate in materia
creditizia e mobiliare.
La revisione della disciplina processuale amministrativa ha nuovamente
comportato l’attrazione verso la giurisdizione amministrativa delle sanzioni irro-
gate dalla Banca d’Italia e dalla Consob.

10 Cfr. M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 188.


11 Nell’art. 133 c.p.a. si prevede la giurisdizione esclusiva sugli atti della Autorità indipen-
denti (lettera l), con esplicita estensione ai provvedimenti sanzionatori (z-bis). Sembrerebbe es-
serci una logica unitaria: tutta l’attività delle Autorità indipendenti comprende, senza distinzioni
qualitative, le funzioni di regolazione, vigilanza, controllo e applicazione delle sanzioni.
12 In questo senso, l’art. 33, d.lgs. n. 80/1998, come sostituito dalla l. 21 luglio 2000, n. 205,

aveva esteso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla materia dei servizi pubblici.
L’originario dettato dell’art. 33 recava un esplicito riferimento ai «servizi afferenti al credito» in-
tesi in senso lato; successivamente, la lettera della disposizione veniva rimodulata dalla l. 21 luglio
2000, n. 205, ricomprendendo tra i pubblici servizi ricondotti alla giurisdizione amministrativa
unicamente «quelli afferenti alla vigilanza sul credito»
13 Cfr. art. 1, c. 2, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, successivamente confermato sul punto dalla

l. 28 dicembre 2005, n. 262.


SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 303

Tale ultimo intervento legislativo è stato giudicato incompatibile con il det-


tato normativo costituzionale dalla Corte costituzionale14, in quanto il Governo
non avrebbe rispettato i limiti della delega, che gli avrebbero imposto l’osser-
vanza degli orientamenti della giurisprudenza della stessa Corte costituzionale e
delle Corti superiori15, tesi a riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario
sulla funzione sanzionatoria della Banca d’Italia e della Consob, restando at-
tratta alla giurisdizione del giudice amministrativo la sola cognizione sulla fun-
zione di vigilanza delle Autorità finanziarie16.
A seguito di questi interventi si è chiuso il cerchio di quello che è stato ef-
ficacemente definito il «balletto delle giurisdizioni»17. Si tratta di un quadro non
pienamente coerente con la finalità della concentrazione delle tutele, quale cri-
terio guida indicato dalla legge delega e correlato con il principio di «effettività
della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo»18. Nei
paragrafi che seguiranno si cercherà di capire se e in che modo tale frammenta-
zione della giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario viene ad
incidere sul concreto esercizio del sindacato giurisdizionale.

2. Primato della tecnica, sindacato deferente e prospettive di superamento


Il modello attuale di regolazione e di vigilanza sul sistema finanziario deli-
nea un contesto dominato da valutazioni tecniche complesse affidate alle auto-
rità finanziarie19, in ragione sia della particolare composizione e qualificazione

14 Cfr. C. cost., 20 giugno 2012, n. 162, in relazione alle sanzioni irrogate dalla Consob, e C.

cost., 9 maggio 2014, n. 94, in relazione alle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia, entrambe in
www.cortecostituzionale.it.
15 Art. 44, co. 1, l. 69/2009: «Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di

entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto del processo
avanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vi-
genti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle
con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicu-
rare la concentrazione delle tutele».
16 Il ragionamento della Consulta, richiamando gli orientamenti del Consiglio di Stato e

della Cassazione a cui il Governo non si sarebbe adeguato, riposa sulla ritenuta assenza di discre-
zionalità amministrativa nell’attività di applicazione delle sanzioni (sia pecuniarie che interdittive),
da parte delle Autorità in discussione. Pertanto, dall’attività di vigilanza in senso stretto, la quale
concerne, tra l’altro, la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, oltre alla stabilità comples-
siva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario, e si basa perciò su valutazioni di ca-
rattere discrezionale, andrebbe distinta l’attività sanzionatoria, che, invece, avrebbe natura vinco-
lata, e sarebbe retta dai principi generali dettati in materia dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Di conseguenza, venendo in rilievo una posizione di diritto soggettivo (ricavabile dall’art. 23
Cost., per cui «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base
alla legge»), la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario.
17 M. CLARICH, A PISANESCHI, Le sanzioni amministrative della Consob nel “balletto” delle giu-

risdizioni, in Giur. comm., 6, 2012, 1166 ss.


18 Così l’art. 44, c. 2, lett. a), della l. n. 69/2009. Per una ricognizione del dibattito cfr. W.

TROISE MANGONI, Le sanzioni irrogate dalla Consob e dalla Banca d’Italia: riflessioni in tema di
giurisdizione, in Dir. amm., n. 1/2018, 33 ss.
19 Cfr. L. TORCHIA, La nuova governance economica dell’Unione europea e l’Unione bancaria,

in M.P. CHITI, V. SANTORO (a cura di), L’unione bancaria europea, 2016, 61.
304 LEONARDO LIPPOLIS

tecnica dell’amministrazione, sia della loro indipendenza. Due sono, quindi, gli
elementi che, ai fini del sindacato giurisdizionale, accomunano le autorità am-
ministrative indipendenti e che vengono inevitabilmente ad assumere rilievo an-
che sotto il profilo del sindacato giurisdizionale.
Il primo è proprio il massiccio ricorso a scienze sociali non esatte (ad es. ra-
gioneria, aziendalistica, micro e macroeconomia) ed applicazione di concetti
giuridici indeterminati che esse specificano nella loro prassi applicativa, tramite
la propria normativa secondaria, ovvero direttamente con i singoli provvedi-
menti amministrativi20.
Il secondo elemento che accomuna l’azione delle autorità indipendenti è
che le loro decisioni sono assunte al di fuori del circuito dell’indirizzo politico,
per il perseguimento di un obiettivo fissato direttamente dalla legge, di talché il
sindacato giurisdizionale si esercita su di un potere tendenzialmente neutrale21.
Nel sistema costituzionale di “pesi e contrappesi” il judicial review – insieme
con il contraddittorio procedimentale che incide sull’esplicazione dei poteri da
parte dell’amministrazione – rappresenta l’unica forma di controllo successivo
all’esercizio del potere compatibile con l’indipendenza di tali soggetti.
Entrambi i fattori evidenziano che il problema del sindacato sui poteri
delle autorità indipendenti attiene, da una parte, alla tematica generale dei limiti
e delle modalità del controllo giurisdizionale sulla c.d. discrezionalità tecnica, e,
dall’altra, alla delicata ricerca di un punto di equilibrio tra l’esigenza di garantire
un sindacato pieno ed effettivo – che non si appiattisca sulla valutazione effet-
tuata dall’amministrazione – e il necessario rispetto dell’indipendenza ricono-
sciuta all’autorità22.
Il tema è particolarmente sentito con riguardo all’agire delle autorità finan-
ziarie, che possono esercitare poteri conformativi particolarmente incisivi ri-
spetto all’autonomia imprenditoriale dei soggetti sottoposti alla loro vigilanza23.
Peraltro, l’ampiezza dei poteri di amministrazione attiva è resa vieppiù pro-
blematica dalla grande elasticità e indeterminatezza che caratterizza le formule
legislative, che dischiudono un ampio spazio per l’esercizio di poteri regolatori
da parte delle autorità a completamento della normativa: con la conseguenza

20 Si pensi, in riferimento al settore qui interessato, alle “clausole generali” che costituiscono

le finalità dell’azione di queste autorità quali «la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati», «la
salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario» o la sua stabilità, il suo buon funzionamento e
la sua competitività, «la tutela degli investitori»; ovvero criteri generali di comportamento imposti
agli intermediari e, specularmente, obiettivi da presidiare per il loro agire amministrativo, quali gli
obblighi di «comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza per servire al meglio l’interesse
dei clienti e per l’integrità dei mercati» oppure svolgere «una gestione indipendente, sana e pru-
dente» e adottare «misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati».
21 Su questo profilo, da ultimo, cfr. E. BRUTI LIBERATI, La regolazione indipendente dei mer-

cati, Torino, 2019.


22 Cfr. M.E. SCHINAIA, Il controllo giurisdizionale sulle autorità amministrative indipendenti,

in Foro Amm. CDS, 2003, 1360 ss., che esprimeva nel contempo la preoccupazione che «un giu-
dice speciale (o tale sostanzialmente) in definitiva rischierebbe, per usare un concetto caro agli
economisti, ma che il giurista non può ignorare, di essere ‘catturato’ dall’autorità o al contrario di
sostituirsi ad essa».
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 305

che il controllo giudiziale sulle valutazioni tecniche assunte in concreto venga a


coinvolgere i loro stessi atti regolatori presupposti.
Il problema, poi, è ulteriormente accentuato anche sul piano delle fonti del
diritto, visto il frequente ricorso ad atti atipici (circolari, istruzioni, raccoman-
dazioni) che, seppur caratterizzati da un certo grado di informalità, svolgono un
ruolo di moral suasion per i destinatari24, pur non essendo giuridicamente vin-
colanti e, quindi, non sindacabili direttamente dal giudice.
A ciò si aggiunge, in molte ipotesi, il riconoscimento di una certa «conte-
stualità cronologica» e di una «parziale sovrapposizione logica» tra la tecnica e la
valutazione discrezionale25. Tale sovrapposizione in passato era in passato atte-
nuata dalla presenza di una sorta di “diarchia” tra autorità tecnica e autorità po-
litica. Si pensi all’amministrazione straordinaria degli enti bancari in crisi, in cui,
fino al 2015, si assisteva alla coesistenza di un “momento tecnico”, affidato alla
Banca d’Italia in sede di proposta, e di un “momento politico”, affidato al Mini-
stro dell’economia in sede di decisione. Oggi la sovrapposizione tra giudizio tec-
nico e giudizio politico appare accentuata in ragione della concentrazione, in
capo alla stessa autorità di vigilanza finanziaria, della riserva di valutazione tec-
nica e del potere di decisione. Si possono richiamare, tra gli istituti di più recente
introduzione, i poteri della Banca d’Italia quale autorità di risoluzione nazionale
in relazione alla scelta della misura più idonea a fronteggiare la crisi dell’ente
bancario. Tutto questo fenomeno trova impulso nel generale atteggiamento di fa-
vore dell’Unione europea verso regolazioni indipendenti26, al fine di rendere
omogenee le politiche, e quindi le regole, tese a garantire la stabilità del credito.
L’insieme dei fattori appena evidenziati spiega perché, più che in ogni altro
settore sensibile affidato alla regolazione e/o al controllo di un’autorità indipen-
dente, il sindacato giurisdizionale sulle autorità di vigilanza finanziarie sia stato
tradizionalmente caratterizzato per una diffusa deference, non solo da parte del
giudice amministrativo, ma anche da parte del giudice ordinario, costringendo il
controllo del giudice nei ristretti spazi della verifica della manifesta illogicità o
ingiustizia dell’atto e dell’incoerenza esterna della valutazione27.

23 Si pensi al potere di convocazione degli organi societari e di definizione dell’ordine del

giorno (art. 53, co. 3, t.u.b., 7, co. 1, t.u.f., 188, co. 1, c. ass.). La Banca d’Italia può spingersi ad
adottare specifici provvedimenti sull’attività della banca (art. 53, co. 3, lett. d, t.u.b.), nonché nella
fase di gestione delle crisi bancarie, come si vedrà in seguito.
24 Sul punto si veda I. BORRELLO, La Banca d’Italia, in G. VESPERINI, G. NAPOLITANO (a cura

di), Le autorità indipendenti: norma, procedimento e giudice, Viterbo, 1998. Sul tema più generale
della soft law in rapporto ai poteri delle autorità indipendenti cfr. M.E. BUCALO, Autorità indipen-
denti e soft law-forme, contenuti, limiti e tutele, Torino, 2018.
25 In questi termini, Cons. St., sez. IV, 6 ottobre 2001, n. 5287, in www.giustizia-ammini-

strativa.it.
26 Il favor verso regolazioni indipendenti contrasta i tentativi delle politiche nazionali di re-

sistere all’instaurazione di un quadro comune, di un mercato interno (art. 3 del Trattato sul-
l’Unione Europea), teso ad assicurare la parità delle relazioni concorrenziali. Sul tema cfr. M.
D’ALBERTI, Il valore dell’indipendenza, in M. D’ALBERTI, A. PAJNO (a cura di), Arbitri dei mercati,
Bologna, 2010, 16.
27 Su tali profili cfr. E. GALANTI, Discrezionalità delle autorità indipendenti e controllo giudi-

ziale, in Quaderni di ricerca giuridica della Banca d’Italia, Roma, 2009, 68 ss.
306 LEONARDO LIPPOLIS

Ad esempio, in una pronuncia risalente, il giudice amministrativo giungeva


a riconoscere un ampio margine di insindacabilità delle decisioni incidenti sul-
l’esercizio dell’impresa bancaria, ricondotte al merito amministrativo28. Allo
stesso modo, nell’ambito del giudizio di opposizione alle sanzioni, il giudice or-
dinario, pur riconoscendo che il potere sanzionatorio si sarebbe distinto, nel-
l’ambito della complessiva attività di vigilanza, proprio per la forte riduzione de-
gli spazi di discrezionalità amministrativa in sede di irrogazione della sanzione,
per l’elevato grado di tecnicità e di complessità della valutazione preordinata
alla riconduzione della fattispecie concreta nella previsione normativa astratta,
nonché per il riconoscimento di ampie garanzie partecipative in capo ai soggetti
sanzionati, non esitava a legittimare l’esistenza di margini di insindacabilità del
giudizio tecnico prospettato29.
Se questo era lo stato del sindacato giurisdizionale sulle autorità finanziarie
sino agli inizi degli anni novanta, numerosi sono stati gli stimoli ad un supera-
mento dell’atteggiamento deferente del giudice nei confronti delle autorità indi-
pendenti.
Come è noto, si riconosce alla giurisprudenza amministrativa – sin dalla
storica pronuncia del Consiglio di Stato, n. 601 del 1999 – il merito di aver dato
avvio ad un percorso di intensificazione del sindacato giurisdizionale sulle valu-
tazioni tecniche che, per quanto concerne le autorità indipendenti, è stato ini-
zialmente modellato sugli atti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato (AGCM)30, per poi essere adattato anche alle altre Autorità31.
In sintesi, e tralasciando di ripercorrere le singole tappe di tale evoluzione,
la giurisprudenza è giunta a ritenere pienamente sindacabile l’attendibilità delle
valutazioni tecniche svolte, promuovendo un sindacato intrinseco che si estende
«sino al controllo dell’analisi economica compiuta dall’Autorità (potendo sia ri-
valutare le scelte tecniche compiute da questa, sia applicare la corretta interpre-
tazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame)»32.

28 TAR Lazio, sez. I, 15 maggio 1986, n. 661, secondo cui, rispetto alle valutazioni sottese

all’esercizio dell’attività bancaria, perde «d’incisività il sindacato del giudice, perché si allarga al
potere di merito».
29 Corte App. Roma, sez. I, 27 aprile 1994, n. 1006; Corte App. Roma, sez. I, 31 maggio

2005, n. 1007; Corte App. Roma, sez. I, 23 novembre 1994, n. 2444; Corte App. Roma, sez. I, 4
febbraio 1995, n. 307. In una pronuncia, ad esempio, il giudice ordinario, rinunciando ad avva-
lersi della consulenza tecnica d’ufficio, ha sottolineato che gli accertamenti che sorreggono l’eser-
cizio del potere sanzionatorio, essendo «operati da un organo tecnico di grande esperienza non-
ché sicuramente affidati in ragione delle garanzie di imparzialità connesse alla sua posizione di ter-
zietà, devono ritenersi del tutto attendibili» (Corte App. Roma, sez. volont. giurisdiz., 18 maggio
1995, decreto n. 3).
30 Cfr. F. CINTIOLI, Giudice amministrativo, tecnica e mercato: poteri tecnici e giurisdizionaliz-

zazione, Milano, 2005.


31 Con riguardo alla Banca d’Italia, Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2003, n. 2553, TAR Lazio,

sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157; con riferimento alla Consob, TAR Lazio, sez. I, 26 novembre 2002,
n. 10709.
32 Cons. St., sez. VI, 2 marzo 2004, n. 926. Tale orientamento, peraltro, ha trovato conforto

nella più recente giurisprudenza comunitaria: si veda Corte di Giustizia CE, 15 febbraio 2005,
causa C-12/03 P, ove si precisa che il giudice comunitario «è tenuto in particolare a verificare non
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 307

In definitiva, l’unico limite per il giudice resta quello dell’impossibilità di sosti-


tuire le valutazioni compiute dall’amministrazione con altre ugualmente opina-
bili, mentre il giudizio sul concetto giuridico indeterminato non appare più re-
legato ai soli errori macroscopici sul piano dell’illogicità e della ragionevolezza
della valutazione, potendo estendersi fino alla conoscenza della correttezza del-
l’analisi compiuta.
D’altra parte, tale processo è stato favorito dalle innovazioni intervenute
sul piano processuale: si tratta dell’introduzione della consulenza tecnica d’uffi-
cio, prima (e limitatamente a determinate materie) per merito della giurispru-
denza33, e successivamente anche nella giurisdizione generale di legittimità (l. n.
205/00). Ciò che si pone in linea con quell’evoluzione della giurisdizione ammi-
nistrativa secondo cui, in virtù dei principi di effettività della tutela giurisdizio-
nale (artt. 24 Cost, 1 c.p.a., 47 Carta di Nizza) e del giusto processo (art. 2
c.p.a.), alla tutela dei diritti soggettivi non può che riconoscersi la stessa inten-
sità di protezione garantita davanti al giudice ordinario. Il che significa ricono-
scere non solo le medesime azioni, ma altresì i medesimi mezzi istruttori.
Tale percorso evolutivo ha presto investito anche la vigilanza bancaria e fi-
nanziaria. Vessillifera di questa “nuova stagione” è una pronuncia del T.A.R. per
il Lazio del 2005, originata dalla nota vicenda della scalata alla banca Antonve-
neta34, in cui il giudice amministrativo ha affermato che la «sana e prudente ge-
stione» (art. 5, co. 1, t.u.b.), che costituisce uno dei cardini dell’operare della
Banca d’Italia nella sua attività di vigilanza, sarebbe «riconducibile alla catego-
ria delle valutazioni tecniche complesse, ossia a quel particolare tipo di giudizi
implicanti l’apprezzamento di una serie di elementi di fatto – definiti nella loro
consistenza storica o naturalistica – in relazione fra di loro ed alla stregua di re-
gole che […] non hanno il carattere di regole scientifiche, esatte e non opinabili,
ma sono il frutto di scienze inesatte ed opinabili, di carattere prevalentemente
economico». Su questa premessa si dichiara di voler porre in essere un sinda-
cato penetrante, spinto a verificare l’attendibilità della valutazione complessa
circa la compatibilità delle operazioni assentite con la garanzia di stabilità del
credito e con i principi di «sana e prudente gestione».
Tuttavia, al di là delle dichiarazioni di principio, che pur riflettono la con-
sapevolezza del giudice amministrativo di poter svolgere un ruolo più incisivo in
sede di controllo giurisdizionale sui poteri di regolazione dei mercati, il sinda-
cato concretamente esercitato ha continuato a porsi in una linea di sostanziale
continuità con gli orientamenti tradizionali, limitandosi ad un giudizio sulla ra-

solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza,
ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscono l’insieme dei dati rilevanti che devono essere
presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se sono di natura tale da corro-
borare le conclusioni che se ne traggono».
33 Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, in Foro it., 2001, III, 9, ma non mancano prece-

denti importanti anche nella giurisprudenza dei primi anni novanta del secolo scorso. Ne offre
una ricostruzione G. D’ANGELO, Giudice amministrativo e valutazioni tecniche dopo la l. 21 luglio
2000, n. 205, in Dir. amm., 2005, 659 ss., spec. 672, nota 40.
34 TAR Lazio, sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157, in www.giustizia-amministrativa.it.
308 LEONARDO LIPPOLIS

gionevolezza della motivazione, secondo il modello dell’eccesso di potere35.


Nella pratica delle corti, come si vedrà, sono spesso valorizzati i limiti intrinseci
del sindacato di legittimità sulle valutazioni delle autorità finanziarie di vigi-
lanza, e la conseguente impossibilità di accedere a valutazioni di merito (cui le
valutazioni di fatti opinabili vengono implicitamente o esplicitamente ricon-
dotte); di rado, poi, il giudice si è avvalso dei mezzi istruttori che gli avrebbero
permesso una ricostruzione autonoma dei presupposti di fatto, o anche solo
un’indagine sull’attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall’ammini-
strazione.
Al fine di meglio analizzare il sindacato concretamente esercitato dalle
corti, si procederà all’analisi degli orientamenti giurisprudenziali rilevanti sulle
valutazioni tecniche delle autorità finanziarie, distinguendo il controllo eserci-
tato sulle funzioni regolatorie (rulemaking), da quello condotto sulle decisioni
amministrative (adjudication). Tale esame verrà naturalmente inserito all’interno
del più ampio contesto di evoluzione della regolamentazione creditizia e finan-
ziaria, alla luce del processo di integrazione finanziaria europea: proprio in que-
sta prospettiva, gli orientamenti interni verranno confrontati con gli orienta-
menti che, in tale settore, si ricavano anche dalla giurisprudenza sovranazionale
della Corte di Giustizia dell’Unione europea e della Corte Europea dei diritti
dell’uomo.

3. Il sindacato sul potere regolatorio


La tendenza alla delegificazione in campo bancario e finanziario ha conse-
gnato alla normativa di rango subprimario parte rilevante della disciplina di fat-
tispecie ed istituti che, originariamente, erano interamente regolati dalla legge.
Le autorità finanziarie, come già accennato, si trovano spesso ad applicare nor-
mative secondarie da loro stesse emanate. Si delinea, pertanto, una struttura ‘bi-
fasica’ dell’attività di vigilanza36, che si compone di una prima fase (necessaria),
di declinazione dei concetti giuridici indeterminati in normative regolamentari o
di carattere generale, e di una fase (eventuale) di controllo e di applicazione at-
traverso l’esercizio di poteri autorizzatori, conformativi e sanzionatori. Ne con-
segue che, in sede di impugnazione dell’atto applicativo, il giudice amministra-
tivo può essere chiamato a verificare la legittimità della normativa secondaria37.

35 Come osservato da uno dei pochi studi pubblicati in merito (G. SIGISMONDI, Il sindacato

sulle valutazioni tecniche nella pratica delle corti, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2/2015, 705 ss.), il pro-
blema sembra generalizzato.
36 In questo senso, A. MOLITERNI, Vigilanza creditiza e diritto amministrativo nella fase di av-

vio della procedura di amministrazione straordinaria delle banche, in Foro amm. CDS, n. 6/2011,
1919.
37 Sull’intreccio fra i poteri individuali e il generale potere normativo, e sul rischio di un ec-

cesso di discrezionalità derivante dall’attribuzione alla stessa autorità di vigilanza della specifica-
zione delle regole fondamentali della propria azione di vigilanza, si veda, in riferimento alla Banca
d’Italia, M. NIGRO, Intervento alla Tavolo rotonda sull’attuazione della II Direttiva Cee in materia
bancaria - LUISS 1992, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 1993, 187 ss. Sull’estensione
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 309

Nell’esiguità di pronunce rinvenibili sul tema38, si può richiamare un caso,


portato nel luglio del 2007 all’attenzione del giudice amministrativo. L’Associa-
zione Nazionale fra le Banche Popolari, insieme ad alcune Banche popolari,
aveva impugnato il Regolamento Emittenti nella parte in cui prevedeva quote
minime di partecipazione per la presentazione delle liste di candidati alla no-
mina degli organi di amministrazione e controllo. In sostanza, si contestava la
scelta regolamentare di correlare la quota di partecipazione minima richiesta per
la presentazione delle liste anche al capitale sociale, anziché esclusivamente al
numero dei soci. Tale opzione veniva ritenuta dalle ricorrenti in asserito contra-
sto con il principio mutualistico posto alla base della disciplina delle società
cooperative39.
La Commissione, nel motivare tali scelte, aveva invocato la peculiare situa-
zione in cui versavano queste società: l’elevatissima capitalizzazione delle ban-
che popolari e l’assimilabilità delle stesse – per numero di sportelli, dimensioni
e quote di mercato – ai maggiori operatori economici nazionali. Tale situazione
veniva considerata come «idonea a giustificare un ripensamento sul tema della
mediazione problematica tra la funzione mutualistica originariamente perseguita
da tali soggetti e il fine lucrativo che essi sono venuti ad assumere in termini
sempre più accentuati, al punto che lo svolgimento di un’attività creditizia “a
tutto tondo” li ha portati a distaccarsi in modo netto dalla categoria delle ban-
che di credito cooperative».
Questo percorso evolutivo aveva comportato la necessità di innalzare l’effi-
cacia dei controlli interni sulle banche popolari quotate aumentando, per le mi-
noranze, la possibilità di esprimere propri rappresentanti negli organi sociali.
Le motivazioni formulate dalla Consob, nella consultazione e ad esito della
stessa, sono state condivise dal TAR del Lazio40, che ha respinto l’impugnativa.

dell’autolimite anche alla discrezionalità tecnica si veda C.M. VIPIANA, L’autolimite della pubblica
amministrazione, Milano, 1990, 265.
38 Un filone giurisprudenziale interessante riguarda una serie di pronunce del TAR Lazio

(TAR Lazio, sez. I, 7 aprile 2000, n. 2907, in Dir. banc. merc. fin., 2000, 491; TAR Lazio, sez. I, 22
febbraio 2005 n. 1437, in Foro Amm. TAR, 2005, 410 ss.; TAR Lazio, sez. I, 28 febbraio 2006 n.
1475, in Foro amm. TAR, n. 2/2006, 633 ss.; TAR Lazio, sez. I, 23 giugno 2010, n. 20463, in Dir.
economia assicur., n. 3/2011, 1116 ss., con nota di G. PROSPERETTI) riguardanti decreti del Ministro
del Tesoro in materia di requisiti di onorabilità e professionalità degli esponenti di intermediari fi-
nanziari, richiesti ai sensi dell’art. 26 t.u.b. In particolare, i giudici amministrativi hanno costante-
mente rilevato l’illegittimità per illogicità ed ingiustizia di quelle previsioni che prevedevano, come
“situazione impeditiva”, quella di aver svolto, nei due esercizi precedenti l’adozione dei relativi
provvedimenti, funzioni di amministrazione direzione e controllo in imprese sottoposte a proce-
dure concorsuali.
39 In particolare, i ricorrenti avevano chiesto l’annullamento delle disposizioni – articoli 144-

quater, commi 3 e 4, e 144-sexies, commi 2 e 9 – che prevedono, per le società cooperative quo-
tate, sia una soglia riferita al capitale sociale (pari allo 0,5%, con facoltà statutaria di prevedere
una minore percentuale) sia una soglia da stabilire in via statutaria, riferita solo al numero dei soci
(per la quale si fissa il limite massimo di 500 soci), per l’asserito contrasto delle norme regola-
mentari indicate, ed, in particolare, della previsione di una soglia riferita al capitale sociale, con i
principi generali posti alla base della disciplina delle società cooperative.
40 TAR Lazio, 28 marzo 2008, n. 2684, con nota di G. BONFANTE, Le banche popolari, la

Consob e i principi di democrazia cooperativa, in Le società, 2010.


310 LEONARDO LIPPOLIS

In particolare, il giudice amministrativo ha valorizzato, quali parametri di


legittimità della produzione regolamentare, i principi di partecipazione e di pro-
porzionalità.
Sulla partecipazione, il TAR ha statuito, in via generale, che le norme se-
condarie emanate nell’esercizio delle funzioni di vigilanza possono essere annul-
late quando siano emanate non all’esito di procedure di consultazione aperte e
trasparenti. Tale adempimento assume una rilevanza centrale per l’estraneità
delle Authorities al circuito della legittimazione politico-democratica. Proprio ri-
guardo alla regolazione dei settori finanziari si è avuto un importante riconosci-
mento formale con l’entrata in vigore della già citata legge sul risparmio. È stata
introdotta una disciplina generale per i procedimenti delle autorità finanziarie,
compresi quelli aventi portata generale, al fine di colmare il “vuoto legislativo”
della legge n. 241 del 1990, che, all’art. 13, esclude tali atti dall’obbligo di moti-
vazione e dalle norme in tema di partecipazione. L’obbligo di consultazione de-
gli operatori del settore e l’obbligo di motivazione costituiscono i capisaldi del
procedimento. La legge, infatti, obbliga l’autorità a presentare una relazione che
illustri l’impatto della regolazione sugli operatori e consumatori41 e dimostri la
minimizzazione del sacrificio imposto ai destinatari, in ossequio al principio di
proporzionalità.
Proprio grazie alla consultazione effettuata dalla Consob è stato possibile
sottoporre a scrutinio la ragionevolezza e la proporzionalità della scelta regola-
toria. Il giudice amministrativo, riprendendo la relazione dalla Consob presen-
tata all’esito della consultazione degli operatori di settore, ha osservato come nel
vigore delle vecchie disposizioni non fosse possibile tutelare le minoranze, anche
a causa delle difficoltà frapposte dagli statuti in ordine alla presentazione delle
liste (essendo in alcuni casi richiesta la cumulativa sussistenza di due elementi,
collegati sia all’entità dell’investimento che al numero dei presentatori). Le
norme contestate, seguendo il criterio del “minimo mezzo”, non facevano altro
che riprendere i medesimi presupposti già individuati dall’autonomia statutaria,
rendendoli però alternativi, in modo da agevolare la presentazione di liste con-
correnti sia da parte di soci in grado di raccogliere intorno a sé altri azionisti sia
da parte di soci che avessero impiegato nel capitale una cifra molto elevata.
Il caso analizzato rappresenta un lampante esempio di come il giudice, ser-
vendosi di un percorso procedimentale trasparente, possa sindacare in maniera
incisiva e penetrante la scelta regolatoria. Del resto, come osservato in dot-
trina42, con la figura del difetto di proporzionalità il controllo del giudice sull’o-
perato dell’amministrazione è in grado di raggiungere un’estensione e una con-
sistenza maggiore. Il giudice, infatti, nel valutare se l’atto sia indispensabile, se
sia adeguato al fine che l’amministrazione intende perseguire, se costituisca la
misura meno restrittiva possibile nei confronti del destinatario, effettua, talora,
un vero e proprio bilanciamento fra benefici e costi.
41 Sull’analisi dell’impatto della regolazione delle autorità indipendenti si veda N. RANGONE,

Autorità indipendenti e AIR, in M. D’ALBERTI, A. PAJNO (a cura di), Arbitri dei mercati, cit., 135.
42 In tal senso M. D’ALBERTI, Lezioni di diritto amministrativo, Torino, 2018, 308-310.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 311

3.1. Soft law e sindacato giurisdizionale: le istruzioni e le circolari della Banca d’I-
talia
Se con riguardo agli atti formalmente regolamentari il giudice è stato in
grado di esercitare un sindacato talvolta penetrante – anche valorizzando la
maggiore formalizzazione delle relative garanzie procedimentali – la forte pre-
senza, in funzione regolatoria, di atti atipici e spesso di soft law (caratterizzati da
un certo grado di informalità e che svolgono un ruolo di moral suasion43) ha in-
vece contribuito a circoscrivere enormemente la possibilità di un sindacato ef-
fettivo da parte del giudice44.
Nonostante la loro natura (formalmente) non vincolante, tali strumenti rie-
scono a scardinare il sistema delle fonti come tradizionalmente inteso, collocan-
dosi in quel processo generale di progressiva destrutturazione dell’assetto delle
fonti, per come disegnato nella Costituzione repubblicana, che ha interessato so-
prattutto la normazione secondaria.
Riguardato in termini generali, il dibattito sorto intorno al ricorso agli stru-
menti di regolazione flessibile ha dato il via ad una disputa in ordine agli effetti
e dunque agli obblighi che tali atti producono. Pur non essendo ascrivibili tra le
fonti del diritto (né primarie, né secondarie), le prescrizioni in essi contenute
possono tuttavia produrre effetti pratici, che si traducono non solo in un auto-
vincolo per l’amministrazione45, ma anche in una “influenza” verso i destina-
tari”46. Di qui, l’interrogativo di fondo: l’effetto pratico è anche giuridicamente
rilevante? l’atto è sindacabile dal giudice?
La risposta non può essere univoca, perché diverse e variegate sono le ma-
nifestazioni della soft law, ad ognuna delle quali corrispondono effetti diversi47.
La tematica ha interessato soprattutto la Banca d’Italia. Il potere regolato-
rio dell’Autorità si esplica principalmente nelle “istruzioni di vigilanza”, che
presentano la forma di circolare, e che, sul piano quantitativo, regolano presso-
ché tutti gli aspetti dell’attività bancaria48. Le disposizioni in esse contenute si

43 Sul ruolo della moral suasion nella regolazione finanziaria si veda F. CAPRIGLIONE, Strut-

tura ordinamentale del settore finanziario, in F. CAPRIGLIONE (a cura di), L’ordinamento finanziario
italiano, I, Padova, 2005, 189 ss.
44 In tal senso I. BORRELLO, cit., 1998, 39.
45 Con riguardo all’effetto di autovincolo, una conferma si rinviene nella decisione 19 luglio

2016, C-526/14 Kotnik e A., ove la Corte di Giustizia ha ritenuto che una comunicazione della
Commissione europea sul settore bancario fosse un atto di soft law non vincolante per gli Stati, ma
vincolante per la Commissione.
46 Tanto che in un rapporto di studi del Conseil d’État del 2013 dedicato a Le droit souple

si legge: «il y a identité de fonction entre le droit dur et le droit souple. Tous deux ont pour objet
d’influencer le comportament de leur destinataire».
47 Cfr. G. MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, cit.; M.E. BUCALO, Autorità indi-

pendenti e soft law, cit., 99 ss.


48 Si veda l’art. 53 t.u.b. che, sotto il titolo «vigilanza regolamentare», consente alla Banca

d’Italia di regolare vari aspetti fondamentali dell’attività bancaria; l’art. 117, co. 8, t.u.b., che pre-
vede, per la violazione delle norme emanate dalla Banca d’Italia, cause di nullità di diritto civile,
ponendosi sullo stesso piano delle norme del codice civile sulla nullità del contratto; l’art. 133
t.u.b., che nel disciplinare il reato di abuso di denominazione bancaria, attribuisce alla Banca
312 LEONARDO LIPPOLIS

presentano più come consigli o indicazioni per una buona gestione che come
fonti di obblighi giuridici: non contengono preamboli o clausole di entrata in vi-
gore, né prevedono sanzioni (che, invece, sono previste dalla legge, ed irrogate
anche per la violazione delle «disposizioni» della Banca d’Italia, ai sensi dell’art.
144 t.u.b.).
La ambigua natura delle istruzioni di vigilanza si riflette nel modo in cui il
legislatore del testo unico bancario del 1993 ha disciplinato il potere normativo
della Banca d’Italia, che dimostra una certa confusione terminologica49.
Tale ambiguità non poteva che riversarsi sulla qualità del sindacato giuri-
sdizionale. Due sono le questioni che, direttamente o incidentalmente, hanno in-
teressato le corti: (i) la sindacabilità delle istruzioni di vigilanza, che sottende il
problema della loro vincolatività; (ii) l’ambito del sindacato del giudice a fronte
di scelte tecniche errate effettuate dall’Autorità di vigilanza attraverso le sue
istruzioni.
Dall’analisi della casistica giurisprudenziale sul tema emerge anzitutto un
dato. Nella pressoché totalità dei casi le istruzioni e le circolari della Banca d’I-
talia rilevano in via indiretta, non essendo quasi mai oggetto di impugnazione
diretta, proprio perché non vincolanti giuridicamente.
Il classico terreno su cui si registra tale tendenza è rappresentato dai pro-
cedimenti sanzionatori. Spesso il ricorrente, in relazione alle sanzioni irrogate in
dipendenza della violazione delle Istruzioni di Vigilanza e di circolari, invoca la
loro natura di atti interni, inidonei a produrre obblighi di comportamento per i
terzi. Fermo è l’orientamento della Corte di Appello di Roma, confermato poi in
sede si legittimità, secondo cui, al di là della formale denominazione degli atti,
occorre considerarne la «natura sostanziale di norme di rango secondario, ema-
nate dalla Banca d’Italia»50. Dalla affermata vincolatività delle Istruzioni – che
per la giurisprudenza sembra trovare fondamento in un argomento di carattere
pratico più che dogmatico51 – ne potrebbe discendere la sindacabilità dei pre-

d’Italia la definizione dei casi in cui le parole vietate possono essere usate: le norme della Banca
d’Italia, dunque, incidono in materia penale, ponendo cause di giustificazione speciali; infine,
l’art. 144 t.u.b., che assoggetta a sanzione pecuniaria la violazione non solo di varie norme del te-
sto unico, ma anche delle relative disposizioni della Banca d’Italia.
49 B.G. MATTARELLA, Il potere normativo della Banca d’Italia, in U. DE SIERVO (a cura di), Os-

servatorio sulle fonti, Torino, 1996, 243-244. L’analisi condotta dall’A. dimostra che il legislatore
non ha voluto risolvere il nodo del potere normativo della Banca d’Italia, preferendo perpetuare
una situazione di ambiguità. Secondo l’A. sarebbe stato preferibile, seguendo un criterio sostan-
ziale, riconoscere la natura normativa di molte disposizioni della Banca d’Italia, che spesso inci-
dono anche nella sfera giuridica di soggetti diversi da quelli sottoposti a vigilanza, e distinguerle
chiaramente dalle istruzioni che esauriscono i loro effetti nell’ambito del rapporto di vigilanza.
50 In questi termini, ex multis, Cass., sez. I, 3 maggio 2016, n. 8730.
51 Cfr. M. CLARICH, L’attività normativa della p.a., I poteri normativi della Banca d’Italia, in A.

SPENA, G. GIMIGLANO (a cura di), Le fonti del diritto bancario, Milano, 2003, 70-71. Secondo l’A.,
con l’apertura del mercato e il progressivo abbandono dell’idea di un ordinamento sezionale
chiuso, la natura di meri atti interni di tali disposizioni è entrata in crisi; da ciò andrebbe confer-
mata l’idea che a prescindere dal nomen utilizzato, le istruzioni siano norme regolamentari vere e
proprie, ma solo con riferimento ai soggetti sottoposti alla vigilanza, nei cui confronti solamente
può sussistere un generale potere di normazione.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 313

supposti del provvedimento sanzionatorio (ossia l’an dell’esercizio del potere


punitivo), tutte le volte in cui la valutazione tecnica alla base dell’atto regolato-
rio non solo sia inattendibile ma errata. Tuttavia il giudice, in sede di impugna-
zione dell’atto applicativo, non arriva mai a mettere in discussione la scelta tec-
nica contenuta nell’istruzione.
Questo essendo, sino a tempi recenti, lo stato complessivo del sindacato in-
diretto sul potere regolatorio della Banca d’Italia, occorre, a questo punto, dare
conto di una nota vicenda giudiziaria che, per la prima volta52, ha portato il giu-
dice amministrativo ad esercitare un sindacato “diretto” e “pieno” sulle circolari
dell’Autorità.
Si tratta di un contenzioso originato dalla riforma delle banche popolari.
Allo scopo di favorire la obbligatoria trasformazione in s.p.a. delle popolari il
cui attivo supera otto milioni di euro, è stato previsto che il diritto al rimborso
dei soci recedenti, a seguito della delibera di trasformazione, possa essere limi-
tato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia «che in deroga a norme di
legge laddove ciò è necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel pa-
trimonio di vigilanza di qualità primaria della banca» (art. 28, co. 2-ter, t.u.b.,
inserito dal d.l. n. 3/2015 e modificato dal d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72). L’Au-
torità, con l’aggiornamento alla circolare n. 285, del 17 dicembre 2013, ha dato
corpo all’enunciato generale, stabilendo che la limitazione può essere disposta
introducendo nello statuto, in sede di trasformazione della popolare in s.p.a.,
«la clausola che attribuisce all’organo con funzione di supervisione strategica su
proposta dell’organo di gestione […] la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o
in parte e senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni del socio recedente e
degli altri strumenti di capitale computabili nel CET1».
Nell’ambito di un giudizio promosso da talune popolari per l’annullamento
della circolare della Banca d’Italia, il Consiglio di Stato53 ha individuato una se-
rie di profili di possibile incostituzionalità della normativa in esame. Si è rilevato
che tale amplissima facoltà di limitazione del rimborso, seppur accordata per
consentire alle popolari trasformate in s.p.a. di mantenere i prescritti requisiti
del patrimonio di vigilanza, penalizza in modo sostanzialmente ablatorio il di-
ritto al rimborso dei recedenti, in violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 del
protocollo addizionale CEDU54. Soprattutto, è stata censurata l’inedita ed in-
giustificata latitudine del potere regolamentare attribuito alla Banca d’Italia, in
deroga allo stesso codice civile in materia di società55.
52 Tale dato era stato già messo in evidenza da B.G. MATTARELLA, cit., 229.
53 Cons. St., sez. VI, ord. 15 dicembre 2016, n. 5277, in www.giustizia-amministrativa.it.
54 Alla controeccezione, dedotta nel giudizio amministrativo dalla difesa della Banca d’Italia,

incentrata sulla conformità della disposizione “interna” (come “declinata” dall’Autorità di vigi-
lanza) alle norme europee (art. 10 del Regolamento delegato n. 241/2014 UE, che integra il Re-
golamento n. 575/2013/UE), il Consiglio di Stato replicava, a sua volta, che il legislatore nazionale
«a fronte di più “opzioni” comunitariamente consentite ha l’obbligo di scegliere quella che meglio
assicuri il rispetto dei principi costituzionali nazionali».
55 Sull’ordinanza di remissione alla Corte costituzionale si veda S. AMOROSINO, Incostituzio-

nalità della riforma delle banche popolari per decreto legge e con l’attribuzione a Banca d’Italia di po-
teri regolamentari e derogatori «in bianco» in Dir. banc. merc. fin., n. 2/2017.
314 LEONARDO LIPPOLIS

La Corte costituzionale56, tuttavia, ha dichiarato infondate tutte le que-


stioni sollevate, ritenendo giustificate le limitazioni della proprietà in relazione
all’interesse generale alla stabilità del sistema bancario. Sull’ampiezza del potere
precettivo “lasciato” alla Banca d’Italia, la Consulta ha ritenuto che il legislatore
nazionale non fosse libero di determinarsi sulla tematica delle limitazioni del
rimborso perché la materia era stata compiutamente disciplinata dalla disciplina
europea (art. 29, Reg. UE n. 575/2013, art. 10, Reg. UE n. 241/2014), ed era
quindi vincolato a prevedere che alla banca devono essere attribuite entrambe le
facoltà, di rinviare il rimborso per un periodo illimitato o di limitarne in tutto o in
parte l’importo. Opzione, quest’ultima, che è stata fatta propria dalla novella del
2015, secondo un criterio del “minimo mezzo”, nella misura e nello stretto
tempo in cui ciò sia necessario per soddisfare le esigenze prudenziali.
La questione, che sembrava ormai definita, è stata riaperta dal Consiglio di
Stato nell’ottobre 201857, che ha ritenuto di non potersi sottrarre al rinvio pre-
giudiziale alla Corte di Giustizia. Il sindacato sulle Istruzioni si è dispiegato at-
traverso un esame della circolare di Banca d’Italia, al fine di accertarne la
conformità o meno rispetto alla disciplina del diritto dell’Unione58, all’esito del
quale si è evidenziato come «il testo della circolare sia andato tangibilmente –
ma illegittimamente – oltre il perimetro di quanto dettato dalla pertinente fonte
sovranazionale»59. Il giudice amministrativo, andando a scandagliare il concetto
giuridico indeterminato di «limitazione del rimborso», ha rilevato che la limita-
zione temporale e quantitativa del rimborso ai soci recedenti, nell’interpreta-
zione estensiva adottata della Banca d’Italia, attiene ad una conformazione della
proprietà (azionaria) che deborda in una sua sostanziale ablazione, non giustifi-
cata dal diritto sovranazionale, come invece ritenuto dalla Corte costituzionale.
La Corte di Giustizia, con la sentenza del 16 luglio 202060, ha ritenuto in li-
nea generale compatibile, con il diritto dell’Unione, la disciplina nazionale, nella

56 Corte cost., 15 maggio 2019, n. 99, in Riv. dir. soc., 2018, 868, con nota di D.U. SANTOSUSSO.
57 Cons. St., sez. VI, ord. 26 ottobre 2018, n. 6129, con nota di S. AMOROSINO, La “teleno-
vela” giurisdizionale delle “limitazioni” del rimborso dei soci recedenti dalle banche popolari trasfor-
mate in s.p.a., in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 58, 2018.
58 Questo il “nocciolo duro” della motivazione dell’ordinanza: «– nel testo della circolare le

parole “limitare” e “rinviare” sono invertite di posizione rispetto a quella che esse hanno nel testo
della fonte sovranazionale; – nel testo della circolare figurano due virgole, ai lati del frammento
dell’espressione costituito dalle parole “in tutto o in parte e senza limiti di tempo”, che non esi-
stono invece nel testo della fonte sovranazionale e che, per come collocate nella circolare, possono
effettivamente ingenerare il convincimento che detto frammento debba reputarsi riferito, indistin-
tamente, sia al caso della ‘limitazione’ sia a quello del ‘rinvio’ (del rimborso delle azioni); nel testo
della fonte sovranazionale sia il frazionamento della frase in due periodi sia, e soprattutto, la tec-
nica compositiva del secondo dei due, lì dove viene utilizzata una “o” con valenza disgiuntiva,
conduce a poter ritenere che la possibilità della ‘non limitazione temporale’ valga esclusivamente
per il caso della ‘limitazione’ (del rimborso delle azioni); – nel testo della fonte sovranazionale non
figurano affatto le parole ‘in tutto o in parte’ che invece, nella circolare, risultano con sufficiente
certezza tali da legittimare una limitazione o rinvio (del rimborso delle azioni) anche assoluto (ol-
tre che anche senza limiti di tempo). Una legittimazione che la citata sentenza della Corte costitu-
zionale, anzi, conferma».
59 Cons. St., ult. cit., par. 19.4.
60 Corte giust. UE, sez. I, 16 luglio 2020, in causa C-686-18.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 315

parte in cui introduce, in materia di banche popolari, limiti al rimborso delle


quote di proprietà dei soci recedenti. Ciò in quanto il diritto di proprietà (legato
al possesso di quote dei suddetti istituti) ben può trovare un limite in obiettivi
di interesse generale quale è la stabilità del sistema bancario e finanziario61. Il
tutto a condizione che si rispetti il fondamentale principio di proporzionalità: le
misure limitative debbono infatti essere circoscritte a quegli istituti che si tro-
vino effettivamente in determinate situazioni ove risulti strettamente necessario
adottare simili misure di carattere prudenziale62. Il giudice del rinvio dovrà in
particolare valutare il rispetto di siffatti parametri.
Il percorso motivazionale seguito tanto dal giudice amministrativo, quanto
dalla Corte di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, palesa, ancora una volta,
la centralità della proporzionalità, quale parametro di legittimità della scelta re-
golatoria cui ricorrere per garantire un sindacato effettivo e penetrante sul potere
regolamentare delle autorità di vigilanza, allo stesso tempo rispettoso della parti-
colare qualificazione tecnica e della neutralità del ruolo riconosciuti al regolatore.

4. Il sindacato sul potere decisorio: la “sana e prudente gestione” quale criterio


informatore dell’attività di vigilanza
Il principio cardine dell’attività di vigilanza nell’ordinamento finanziario è in-
dividuano nel criterio della «sana e prudente gestione» dei soggetti vigilati (art. 5
t.u.b., art. 5 t.u.f., art. 3 c.d.a.). Tale criterio rileva in un’ottica micro e macro pru-
denziale, in quanto rappresenta il veicolo per assicurare l’adeguata protezione ai
clienti, nonché per realizzare un mercato stabile, efficiente e competitivo. Come è
stato osservato, la clausola in questione «è divenuta il principio chiave non solo
della disciplina dell’autorizzazione ma dell’intera regolamentazione»63 dell’attività
delle imprese bancarie, finanziarie ed assicurative, ed assurge esso stesso a fina-

61 Così Corte giust. UE, ult. cit., secondo cui «il diritto di proprietà […] non costituisce una
prerogativa assoluta e […] il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni a condizione che tali
restrizioni rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non
costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da
ledere la sostanza stessa del diritto così garantito». Nel caso di specie, gli obiettivi di interesse ge-
nerale sono dati dalla esigenza di «assicurare la stabilità del sistema bancario e finanziario nonché
di evitare un rischio sistemico». I servizi finanziari svolgono infatti «un ruolo centrale nell’econo-
mia dell’Unione», sia perché «banche e gli istituti di credito sono una fonte essenziale di finan-
ziamento per le imprese attive nei diversi mercati», sia perché le banche sono sempre più spesso
interconnesse e «la grave difficoltà di una o più banche rischia di propagarsi rapidamente alle al-
tre banche». In quest’ottica, «vi è un chiaro interesse pubblico a garantire che l’investimento nel
capitale primario di una banca non venga improvvisamente ritirato e ad evitare in tal modo di
esporre detta banca nonché l’intero settore bancario a un’instabilità prudenziale».
62 In particolare, secondo Corte giust. UE, ult. cit., occorre valutare la sussistenza degli ele-

menti di cui all’art. 10 del regolamento delegato n. 241 del 2014 (ossia la «situazione complessiva
dell’ente in termini finanziari, di liquidità e di solvibilità», nonché «l’importo del capitale prima-
rio […] rispetto all’importo complessivo dell’esposizione al rischio»).
63 In tal senso A. NIGRO, L’autorizzazione «all’attività bancaria» nel t.u. delle leggi in materia

bancaria e creditizia, in U. MORERA, A. NUZZO (a cura di), La nuova disciplina dell’impresa banca-
ria, Roma, 1996.
316 LEONARDO LIPPOLIS

lità della attività di vigilanza. La sana e prudente gestione diviene, dunque, il pa-
rametro legale integrativo dell’azione di controllo della vigilanza durante l’intero
arco di vita delle imprese («dalla culla alla tomba»64): dall’autorizzazione dell’at-
tività, al sistema di governance societario, alle fusioni e scissioni ecc.
L’elasticità della clausola attribuisce alle authorities un ampio margine di
valutazione che viene inevitabilmente ad incidere sulla qualità e sull’intensità del
sindacato giurisdizionale.
In tale settore, la pratica delle corti è stata tradizionalmente caratterizzata
da un sindacato particolarmente deferente e indiretto, limitato ai profili di ma-
nifesta illogicità, erroneità, irragionevolezza del provvedimento impugnato. Tale
approccio risponde, storicamente, al timore di una sostituzione del giudice nel-
l’esercizio di un potere riservato ad un’Autorità particolarmente qualificata sul
piano tecnico, a cui si aggiunge il carattere composito delle decisioni assunte,
spesso caratterizzate da una certa sovrapponibilità tra valutazione tecnica com-
plessa e valutazione di merito.
Come già accennato, l’avvento della ‘nuova stagione’ del sindacato giuri-
sdizionale sulle valutazioni tecniche delle autorità indipendenti, accompagnata
dall’inclusione di tutta l’attività di vigilanza sul credito nell’ambito della giuri-
sdizione esclusiva del giudice amministrativo, avrebbero dovuto favorire l’affer-
marsi di un sindacato più intenso sull’attività di vigilanza finanziaria.
Per delineare compiutamente il quadro attuale del sindacato giurisdizio-
nale sul potere decisorio delle autorità finanziarie si analizzeranno le principali
tipologie di decisione che hanno interessato le corti, partendo dall’esercizio del
potere autorizzatorio, per passare alla vigilanza sulla governance societaria, fino
al sindacato esercitato sulle decisioni prese nel campo della gestione delle crisi.

4.1. Il sindacato sul potere autorizzatorio


Con riguardo al potere autorizzatorio, uno dei casi più eclatanti ha riguar-
dato proprio il contenzioso giurisdizionale scaturito dai noti tentativi di ‘scalate
straniere’ alla banca Antonveneta, sfociato nella nota sentenza del Tar Lazio del
2005 sopra ricordata.
La vicenda ha riguardato il rilascio dell’autorizzazione all’offerta pubblica di
acquisto della Banca Antonveneta nei confronti di due banche che l’avevano ri-
chiesta, una nazionale e una estera. Il ricorrente estero contestava che la Banca
d’Italia, con i suoi atti, avesse privilegiato l’istanza del richiedente italiano a svan-
taggio di quello estero. Il cuore della censura riguardava l’insussistenza in capo
alla banca italiana dei requisiti di sana e prudente gestione richiesti dalla legge ai
fini dell’ottenimento dell’autorizzazione, ma non definiti in maniera puntuale
dalla legge in base a parametri ragionieristici o di matematica applicata.
Il giudice amministrativo, una volta ricondotta la natura dell’attività valuta-
tiva svolta dalla Banca d’Italia in sede autorizzatoria nell’ambito delle valuta-
64 In tal senso F. SARTORI, Disciplina dell’impresa e statuto contrattuale: il criterio della sana e

prudente gestione, in Banca, borsa e tit. cred., n. 2/2017, 131.


SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 317

zioni tecnico complesse svolte dalle autorità indipendenti65, per la prima volta
dichiara l’intento di porre in essere un sindacato penetrante, sul modello di
quello esercitato con riferimento all’attività antitrust, spinto a verificare l’atten-
dibilità della valutazione circa la compatibilità delle operazioni assentite di ac-
quisizione della partecipazione bancaria con la garanzia di stabilità del credito e
con i principi di «sana e prudente gestione».
Nell’applicazione concreta del modello, tuttavia, il giudice sembra aver
mantenuto un atteggiamento di self restraint, che mal si concilia con il principio
affermato in astratto. I punti della decisione su cui si sono addensanti maggiori
dubbi circa la corretta applicazione del modello di sindacato sulle decisioni
delle autorità indipendenti hanno riguardato: (i) la cognizione sull’accertamento
dei fatti a fondamento della decisione; (ii) la verifica della attendibilità della
scelta effettuata.
Quanto al primo profilo, il giudice ha svolto un sindacato piuttosto blando:
in realtà, oggetto di istruttoria del Tar è stata solo la documentazione già rac-
colta dall’Istituto, al fine di valutare la correttezza dell’istruttoria stessa, con
un’evidente petizione di principio66.
Sul secondo punto, il giudice avalla l’interpretazione della Banca d’Italia
per cui il rispetto del grado di patrimonializzazione e il coefficiente di solvibilità
deve verificarsi al momento delle acquisizioni delle quote e non dell’autorizza-
zione. In tal modo, la valutazione della Banca d’Italia, che altrimenti sarebbe ri-
dotta a mera verifica contabile, si fonda su un giudizio prospettico caratterizzato
da un alto tasso di discrezionalità tecnica, teso a verificare se il rafforzamento
patrimoniale progettato dalla banca richiedente sia congruo in relazione all’en-
tità dell’acquisizione ipotizzata. Su questa premessa, il giudice si limita a verifi-
65 La questione sulla natura discrezionale o vincolata dell’attività autorizzatoria della Banca

d’Italia, sia ai sensi dell’art. 14 t.u.b. che, per l’acquisto di partecipazioni, dell’art. 19 t.u.b., non
era stata superata con l’emanazione del t.u.b. Secondo alcuni, da una parte i poteri autorizzatori
della Banca sono caratterizzati come vincolati al rispetto di requisiti oggettivi, di modo che i rela-
tivi provvedimenti sarebbero di mero accertamento (per tutti R. COSTI, L’ordinamento bancario,
Bologna, 2001, 293). Altri Autori caratterizzavano i provvedimenti singolari della Banca come di-
screzionali (in tal senso, M. NIGRO, L’autorizzazione «all’attività bancaria, cit., 78). Il richiamo, da
parte del giudice amministrativo, alla sana e prudente gestione quale architrave dell’attività di vi-
gilanza, è utilizzato per caratterizzare in senso “monodimensionale” l’interesse pubblico alla base
dell’attività di autorizzazione all’acquisizione di partecipazione nelle banche. In questa prospettiva
l’attività svolta dalla Banca d’Italia sarebbe priva di discrezionalità amministrativa e dovrebbe mi-
rare all’accertamento del requisito prescritto secondo il modello delle valutazioni tecniche com-
plesse (in tal senso E.L. CAMILLI, Verso un modello generalizzato di sindacato sui poteri neutrali?,
in For. amm., Tar, n. 11/2005, 3564).
66 Come è stato osservato da E.L. CAMILLI, cit., 3564, tale carenza era aggravata dalla disci-

plina vigente al tempo dell’adozione dei provvedimenti autorizzatori, non essendo ancora stata va-
rata la c.d. legge sul risparmio, contenente i principi del contraddittorio procedimentale applica-
bili a tutte le autorità di vigilanza finanziaria. Nel contesto descritto, dunque, l’accertamento dei
fatti derivava dalle informazioni fornite dai soggetti regolati, più che da una dialettica in sede pro-
cedimentale. All’interno di questo modello, al fine di verificare la correttezza delle valutazioni del-
l’Organo di vigilanza, assumeva un profilo fondamentale l’esercizio del suo potere di controllo
sulle informazioni fornite (la c.d. vigilanza ispettiva). Il deficit di trasparenza, però, avrebbe po-
tuto essere recuperato a livello giurisdizionale, mediante una valutazione stringente dell’operato
istruttorio della Banca.
318 LEONARDO LIPPOLIS

care la ragionevolezza delle prescrizioni imposte al gruppo italiano autorizzato,


con riferimento alla stretta correlazione fra rafforzamento patrimoniale e acqui-
sto della partecipazione67. Allo stesso modo, non si reputa incongrua la conces-
sione di una seconda autorizzazione all’acquisto di partecipazioni nello stesso
gruppo, nonostante le misure di rafforzamento prescritte nella prima autorizza-
zione non fossero state attuate, il che, come è stato osservato, «getta qualche
ombra sulla congruità della seconda valutazione della Banca circa la concreta
fattibilità degli interventi di rafforzamento patrimoniale necessari per mantenere
un coefficiente di solvibilità sufficiente»68.
In alcune pronunce successive il giudice amministrativo si spinge a valutare
in via diretta i presupposti tecnico-economici assunti dalla Banca d’Italia al fine
di sindacare l’effettiva permanenza delle adeguate garanzie di affidabilità all’e-
sercizio dell’attività di intermediazione finanziaria69; ma, in ogni caso, la fun-
zione di vigilanza continua ad essere analizzata esternamente e indirettamente
alla luce dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità. Sono isolate quelle pro-
nunce che, coerentemente con le premesse teoriche, indagano a fondo la valuta-
zione effettuata dalla Banca d’Italia, arrivando a disporre una consulenza tecnica
d’ufficio70. Come in un caso recente, in riferimento alla cancellazione di una so-
cietà dall’elenco degli intermediari ai sensi dell’art. 111 t.u.b., dove il giudice,
alla luce delle risultanze della c.t.u., ha ritenuto che la «la lettura integrata degli
elementi addotti dalla Banca d’Italia, di natura quantitativa (come i requisiti pa-
trimoniali) e qualitativa (l’adeguatezza della governance, dei controlli interni e
del sistema informativo contabile), dimostrano in modo attendibile che la so-

67 Cfr., TAR Lazio, sez. I, 9 agosto 2005, n. 6157, par. 3.2.7.


68 In tal senso E.L. CAMILLI, cit., 3562.
69 Cfr. Cons. St., sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4521, avente ad oggetto la revoca da parte

della Banca d’Italia di un’autorizzazione all’esercizio dell’attività di intermediario finanziario ai


sensi dell’art. 111 t.u.b. Il giudice, «assodato allora il venire meno, per un lasso di tempo peraltro
nient’affatto trascurabile, di requisiti minimali vitali per l’affidabilità della società operante nel
campo in parola» ritiene che «il potere sanzionatorio, lungi dall’abbisognare di un esplicito radi-
camento nel decreto ministeriale in parola, è fondato sul dettato dell’articolo 111 TU bancario, in
forza del quale la misura in questione può esser disposta, fra l’altro, qualora risultino gravi viola-
zioni di norme di legge o delle disposizioni emanate ai sensi del presente decreto legislativo, quale
deve ritenersi l’articolo 2 del d.m. 2 aprile 1999». Il Consiglio di Stato prosegue sostenendo che,
«la difesa della parte appellata ha puntualmente controdedotto alle rappresentazioni svolte nel ri-
corso di primo grado in merito alla ricorrenza del requisito della liquidità, osservando in modo
particolare che il credito da locazione finanziaria sulla cui esistenza anche in appello si insiste non
era in ogni caso suscettibile di integrare il concetto di attività liquida».
70 TAR Lazio, sez. I, primo febbraio 2006, n. 1536, avente ad oggetto la cancellazione, ai

sensi dell’art. 111 t.u.b., della società Finworld S.p.a. dall’elenco degli intermediari di cui all’art.
107 t.u.b., in cui il giudice ha disposto una c.t.u. volta a verificare «il livello di importanza delle
irregolarità accertate dalla Banca d’Italia ed il grado di incidenza delle stesse sul rispetto dello
standard della “sana e prudente gestione”» da parte dell’intermediario»; TAR Campania, sez.
staccata di Salerno, 4 giugno 2010, n. 8315, avente ad oggetto il diniego di autorizzazione all’atti-
vità bancaria sull’istanza avanzata dalla Cooperativa Meridionale, in cui la c.t.u. è stata disposta
per verificare se fossero stati rispondenti ai canoni di riferimento le modalità di svolgimento del-
l’ispezione presso la società ricorrente e se le negative evenienze in tale occasione riscontrate (pa-
trimonio inferiore a quello indicato; non idoneità dell’assetto organizzativo della società e degli
esponenti) presentassero effettivo fondamento.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 319

cietà appellante era effettivamente venuta meno al canone normativo della vigi-
lanza bancaria (esplicitato dall’art 5 del d.lgs. n. 385 del 1993 e ripreso dall’art.
107 con riferimento al settore degli intermediari finanziari) costituito dalla «sana
e prudente gestione» dei soggetti vigilati, intesa come sostenibilità anche pro-
spettica e non solo contingente dell’iniziativa imprenditoriale»71.
Nella maggioranza dei casi, invece, il sindacato si arresta ad un giudizio
sulla coerenza della decisione assunta, alla luce del quadro d’insieme degli ele-
menti raccolti in sede istruttoria dall’autorità di vigilanza72.

4.2. Il sindacato sui poteri conformativi e ripristinatori


Nel campo della vigilanza prudenziale ci si può riferire alle prime applica-
zioni, da parte della Banca d’Italia, dell’inedito potere di removal, ossia di rimo-
zione forzata degli esponenti aziendali, nel caso del Credito Romagna, banca già
sottoposta ad amministrazione straordinaria73, cui è seguito, dopo il ritorno alla
gestione ordinaria, un intenso monitoraggio da parte dell’autorità di vigilanza.
In particolare, sulla scorta delle ripetute verifiche ispettive condotte dall’Auto-
rità di vigilanza, che avevano evidenziato il mancato rispetto dei coefficienti di
adeguatezza patrimoniale, perdite di esercizio, criticità nel processo di eroga-
zione del credito e carenze nella governance, la banca è stata destinataria di spe-
cifiche misure di vigilanza prudenziale ex art. 53-bis t.u.b.74, onde assicurare la
discontinuità con la precedente gestione, cui si è accompagnata, successiva-

71 Cons. St., sez. VI, 30 aprile 2019, n. 2826.


72 Si vedano Cons. St., sez. VI, nn. 4124 e 4923 del 2011, e Cons. St., sez. VI, 24 gennaio
2012, n. 298, aventi ad oggetto la revoca delle autorizzazioni a detenere partecipazioni dirette e in-
dirette nel conglomerato finanziario Delta S.p.a. Le verifiche ispettive condotte hanno evidenziato
come la Cassa di Risparmio di San Marino esercitasse, attraverso il controllo di soggetti interpo-
sti, un controllo di fatto sulla holding Delta. La valutazione del giudice si è concentrata, pertanto,
sulla nozione di controllo, configurata dai pertinenti articoli del codice civile e dall’art. 23 t.u.b.
Pur essendo comune alla detta normativa il dato della influenza dominante quale elemento iden-
tificativo della situazione del controllo, nell’art. 23 T.u.b., questa, assume rilevanza ancora più pre-
gnante poiché, tra i parametri presuntivi del controllo, figura anche quello dell’assoggettamento a
direzione comune «per altri concordanti elementi», ossia in forza di indici idonei a far ritenere la
situazione del controllo in fatto al di là della posizioni societarie formali. Il collegio, nel giudicare
la fondatezza dei provvedimenti impugnati, restringe il sindacato alla ragionevolezza degli ele-
menti sintomatici raccolti in sede ispettiva (in particolare, l’intensità dei rapporti finanziari tra la
cassa sammarinese ed il gruppo Delta ed una palese sovrapposizione nella composizione degli or-
gani direttivi della Cassa di San Marino e delle società del gruppo), ritenendo non seriamente du-
bitabile, alla luce del quadro d’insieme prospettato dall’autorità di vigilanza, l’esistenza di un con-
trollo di fatto esercitato sulla holding Delta s.p.a.
73 L’amministrazione straordinaria era stata disposta, ai sensi dell’art. 70, lett. a), t.u.b., per

via di gravi criticità nei processi creditizi e nelle procedure di controllo della banca. Problematici
erano apparsi, inoltre, i rapporti tra quest’ultima ed un intermediario della Repubblica di San Ma-
rino, con il quale sussistevano collegamenti proprietari e gestionali che la Banca d’Italia aveva
(inutilmente) raccomandato di rescindere.
74 Tra le misure richieste, vi erano il rafforzamento patrimoniale, il divieto (con efficacia im-

mediata e nelle more delle operazioni di aggregazione o della messa in liquidazione della società)
di effettuare erogazioni di credito a nuovi clienti e di ampliare le linee di credito esistenti, la re-
strizione della struttura territoriale, il divieto di aprire e trasferire sportelli, il divieto di istituire
una rete di promotori finanziari e nuove linee di prodotto.
320 LEONARDO LIPPOLIS

mente, la rimozione degli organi di amministrazione e controllo e del direttore


generale, ai sensi dell’art. 69-vicies-semel t.u.b.
Il TAR per il Lazio75, chiamato a confrontarsi con tale funzione, ne chiari-
sce, preliminarmente, la finalità e la natura. Il giudice ricorda che il removal col-
lettivo si qualifica come strumento di intervento precoce, trattandosi di un prov-
vedimento adottabile nello stadio embrionale della crisi, onde scongiurare il de-
finitivo deterioramento della situazione aziendale. Lo scopo cui mira il
legislatore, invero, è arginare il processo degenerativo in corso, attraverso una
serie di misure (tra cui, appunto, l’estromissione degli organi responsabili del
declino) che permettano alla banca di restare sul mercato senza ricorrere alle
più gravi misure dell’amministrazione straordinaria (peraltro già disposta nei
confronti del Credito di Romagna nel 2010), della liquidazione coatta ammini-
strativa o della risoluzione. La finalità della misura spiega, allo stesso tempo, la
sua natura: il potere di removal, precisa stringatamente il TAR, non presenta al-
cuna connotazione sanzionatoria, ciò che impedisce di invocare le garanzie pro-
cedimentali “rafforzate”, ossi di stampo penalistico, che interessano i procedi-
menti sanzionatori, trattandosi, invece, di un potere con funzione eminente-
mente prudenziale e ripristinatoria76.
Il contesto descritto (finalità e natura dell’istituto) fa emergere, secondo il
giudice, l’ampia discrezionalità di cui gode l’autorità di vigilanza che, una volta
accertata l’esistenza dei presupposti oggettivi enunciati dall’art. 69-octiesdecies,
co. 1, lett. b), t.u.b.77, è chiamata a decidere, sulla base di una valutazione pro-
gnostica, se la rimozione collettiva sia idonea a fronteggiare la situazione di dif-
ficoltà in cui versa la banca (presumibilmente, per via di una governance non
corretta), rispetto a misure più o meno invasive.
Su questa base il TAR effettua un sindacato essenzialmente concentrato
sulla valutazione della proporzionalità dell’operato (o della misura) della Banca
d’Italia: tale operato viene ritenuto legittimo in ragione della progressività delle
altre misure di vigilanza prudenziale precedentemente adottate, le quali si erano
75 TAR Lazio, sez. II-quater, primo febbraio 2017, n. 1627, con nota di F. CIRAOLO, Il remo-

val alla prova dei fatti. Note minime intorno al caso Credito di Romagna s.p.a., in Riv. dir. banc., n.
9/2017.
76 Secondo i primi commentatori (F. CIRAOLO, La Banca d’Italia e il potere di rimozione degli

esponenti aziendali, in Banca impresa soc., n. 1/2016) il removal, invece, può essere considerato,
alla luce dei criteri Engel elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU, come un provvedi-
mento di natura sanzionatoria (con esso si intendono colpire i soggetti responsabili, uti singuli o
collettivamente, di una gestione della banca non conforme al criterio della sana e prudente ge-
stione), da cui conseguirebbe l’applicazione delle garanzie procedurali, di stampo penalistico, che
informano i procedimenti sanzionatori stricto sensu punitivi. Sul tema sia consentito il rinvio a L.
LIPPOLIS, Ne bis in idem e illeciti finanziari: un’analisi alla luce di Corte cost. n. 102/2016 e della
nuova disciplina eurounitaria sul market abuse, in Federalismi. it, settembre 2016, ed in Rassegna
Avvocatura dello Stato, n. 3/2016, 33 ss.
77 La Banca d’Italia può disporre nei confronti di una banca «la rimozione degli esponenti

di cui all’articolo 69-vicies-semel, quando risultano gravi violazioni di disposizioni legislative, re-
golamentari o statutarie o gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero quando il deterioramento
della situazione della banca o del gruppo bancario sia particolarmente significativo, e sempre che
gli interventi indicati nella medesima lettera a) o quelli previsti negli articoli 53-bis non siano suf-
ficienti per porre rimedio alla situazione».
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 321

tuttavia rivelate inidonee ad assicurare l’auspicata discontinuità nella governance


aziendale78.

4.3. Il sindacato sul potere di risoluzione di crisi delle banche


Profili di particolare interesse, per indagare l’atteggiamento assunto dalle
corti nei confronti delle autorità di vigilanza finanziaria, si rinvengono nella giu-
risprudenza recentemente formatasi sui primi provvedimenti di risoluzione delle
crisi bancarie.
Il cuore della normativa (d.lgs., 16 novembre 2015, n. 180, di recepimento
della direttiva BRRD) è la disciplina della «risoluzione» vera e propria (artt. 17
e ss.), nuovo termine con cui si indica l’ordinata gestione del dissesto dell’inter-
mediario. Essa prevede che, in caso di dissesto, devono essere disponibili stru-
menti che, qualora la liquidazione della banca possa avere un impatto sistemico
(cioè avere ripercussioni sull’economia reale), consentano di garantire la conti-
nuità delle sue funzioni essenziali senza ricorso, o con un ricorso limitato, a
fondi pubblici o ad aiuti esterni (in virtù del divieto di aiuti Stato imposto dal
principio concorrenziale nel mercato interno)79.
Posto che il compito di verificare la sussistenza dei presupposti per l’inter-
vento è affidato alla Banca d’Italia, la risoluzione è disposta quando l’Autorità
abbia accertato la sussistenza dell’interesse pubblico alla risoluzione: tale inte-
resse ricorre quando la risoluzione è necessaria e proporzionata al consegui-
mento di uno o più obiettivi indicati dalla legge (la continuità delle funzioni es-
senziali delle banche, la stabilità finanziaria, il contenimento degli oneri a carico
delle finanze pubbliche, la tutela dei depositanti e degli investitori protetti da si-
stemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della
clientela) e, in secondo luogo, quando la liquidazione coatta amministrativa
della banca non consentirebbe di realizzare tali obiettivi nella stessa misura.
Le prime pronunce del TAR per il Lazio80 sull’esercizio di tale potere sono

78 Già nel 2010 il Credito Romagna era stato sottoposto ad amministrazione straordinaria, ai

sensi dell’art. 70 T t.u.b., per violazioni e irregolarità commesse dagli esponenti della banca, in
particolare per le operazioni svolte insieme all’istituto bancario sanmarinese, attività per le quali
gli amministratori ed il direttore generale sono stati anche condannati in sede penale e sottoposti
a sanzioni amministrative. Su questa base, il Tar ult. cit. conclude che «nella particolare situazione
del Credito di Romagna […] è evidente che le misure di vigilanza prudenziale non sarebbero state
da sole sufficienti, in quanto già da alcuni anni era emerso che tale situazione della banca era do-
vuta anche alla inadeguatezza organizzativa e gestionale della banca, rispetto alla quale, peraltro,
tutti gli interventi tesi a garantire la discontinuità con la gestione precedente all’Amministrazione
straordinaria si sono rivelati inefficaci. È quindi, dimostrato anche il presupposto della insuffi-
cienza della misure disposte ai sensi dell’art. 53-bis come richiesto dall’art. 69-octiesdecies e come
contestato dalla difesa ricorrente».
79 Essi sono, principalmente: 1) lo strumento della cessione di tutte le attività e le passività,

o parte di esse, a terzi o a un ente-ponte, che li rilevano assicurando la continuità dell’attività ban-
caria; 2) il bail-in, che appunto incide sul passivo, cancellando le azioni, gli strumenti finanziari e
i debiti nella misura necessaria per conseguire gli obiettivi della risoluzione.
80 TAR Lazio, sez. II, 30 dicembre 2016, n. 12886, n. 12887, 12888, nonché Tar Lazio, sez.

II, 7 gennaio 2017, n. 166 e n. 167, in www.giustizia-amministrativa.it.


322 LEONARDO LIPPOLIS

maturate in occasione della nota vicenda sulla risoluzione delle “quattro ban-
che” (Banca delle Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Ri-
sparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti) nel novembre 2015.
Principalmente, si contestava l’effettivo verificarsi del presupposto del dis-
sesto, costituito dalle «perdite patrimoniali di eccezionale gravità» (art. 17, co. 1,
lett. b), d.lgs., n. 180/2015. In particolare, la difesa non contestava integralmente
le perdite, ma riteneva che queste fossero state la conseguenza di una eccessiva
svalutazione dei crediti deteriorati operata dalla Banca d’Italia.
Il TAR respinge le censure, osservando come il giudizio tecnico dell’auto-
rità sia stato condotto attraverso una approfondita istruttoria, in maniera
conforme ai criteri di valutazione maggiormente realistici e prudenziali elaborati
in sede europea81. La valutazione della situazione di crisi, effettuata seguendo
tali stringenti criteri, ha comportato nuove svalutazioni, tali da determinare un
considerevole aggravio delle perdite, ma tale impianto, secondo il giudice, ap-
pare perfettamente in asse con la strategia comunitaria di prevenzione e risolu-
zioni delle crisi bancarie.
Tali considerazioni permettono al giudice di respingere, altresì, la que-
stione di legittimità costituzionale sollevata dalle ricorrenti con riferimento al-
l’art. 95, co. 2, d.lgs. 180/2015, che rende inapplicabile a tali giudizi la verifica-
zione e la consulenza tecnica d’ufficio, con un evidente incrinatura dei principi
di effettività della tutela giurisdizionale82. Si afferma, in maniera piuttosto laco-
nica, che la completezza della documentazione presentata e le approfondite di-
samine istruttorie svolte scongiurano la necessità di disporre tali strumenti
istruttori, di talché la censura di illegittimità costituzionale non appare rilevante
ai fini della controversia.
La sottrazione diretta della consulenza tecnica d’ufficio e della verifica-
zione agli strumenti istruttori a disposizione del giudice può essere vista coma

81 La questione della valutazione dei crediti deteriorati è stata posta come elemento di at-

tenzione per la situazione di crisi generale delle banche. Proprio al fine di ovviare a tale situazione
di deterioramento del credito del sistema bancario sono stati indicati dalla Commissione, nella co-
municazione sul trattamento delle attività che hanno subito una riduzione di valore nel settore
bancario comunitario (la comunicazione 2009/C72/01), criteri in base ai quali il portafoglio cre-
diti di una banca debba essere valutato in modo il più possibile rispondente all’effettivo valore di
mercato.
82 Si evidenzia che la sottrazione della c.t.u. agli strumenti istruttori a disposizione del giudice

non rappresenta una misura imposta dal diritto dell’Unione Europea ma rientra nell’ambito della
discrezionalità riconosciuta ai legislatori nazionali in virtù del principio di autonomia processuale
degli Stati membri. Al riguardo, emblematico appare il considerando 89 della Direttiva BRRD: «Le
misure di gestione delle crisi intraprese da autorità nazionali di risoluzione possono richiedere com-
plesse valutazioni economiche e un ampio margine di discrezionalità. Le autorità nazionali di riso-
luzione sono specificamente dotate delle competenze necessarie per effettuare tali valutazioni e de-
terminare il corretto uso del margine di discrezionalità. È quindi importante assicurare che le com-
plesse valutazioni economiche effettuate dalle autorità nazionali di risoluzione in tale contesto
servano da base ai giudici nazionali che riesaminano le misure di gestione delle crisi interessate.
Tuttavia, la complessa natura di tali valutazioni non dovrebbe impedire ai giudici nazionali di esa-
minare se le prove sulle quali l’autorità di risoluzione si è basata sono accurate, affidabili e coerenti,
se contengono tutte le informazioni pertinenti di cui occorre tenere conto per valutare una situa-
zione complessa e se possono confermare le conclusioni che ne sono state tratte».
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 323

una conferma della sostanziale condivisibilità, da parte del legislatore, di un at-


teggiamento maggiormente deferente. In queste controversie, infatti, l’unico ap-
porto tecnico della decisione è rappresentato dalla stessa valutazione utilizzata
dall’autorità di risoluzione per disporre l’avvio della procedura: il che, tuttavia,
determina un chiaro pregiudizio del principio del contraddittorio e della parità
tra le parti in sede giurisdizionale83.
Il contesto risulta ancora più aggravato, in sede cautelare, dalla previsione
della presunzione relativa di contrarietà all’interesse pubblico della sospensione
del provvedimento di risoluzione impugnato: la prova contraria, data l’assenza
di adeguati strumenti di difesa, è assai difficile da fornire84, e così è assai arduo
sindacare il provvedimento anche solo sotto il profilo del fumus boni iuris.

5. Il sindacato sul potere sanzionatorio


Un ambito nel quale riaffiora la dialettica fra valutazioni, difesa in giudizio
e controllo del giudice è quello delle sanzioni amministrative pecuniarie ai sensi
degli artt. 145 t.u.b. e 195 t.u.f., il cui giudizio, sebbene sia affidato alla giurisdi-
zione del giudice ordinario, presenta comunque carattere impugnatorio e com-
porta valutazioni non dissimili da quelle effettuate dal giudice amministrativo.
Per quanto riguarda il settore bancario spesso è contestata, quale infra-
zione all’art. 51 t.u.b. (vigilanza ispettiva), la mancata segnalazione di crediti o
altre partite anomale all’autorità di vigilanza, tutte le vote in cui lo scostamento
tra valutazioni ispettive e quelle aziendali denunci un processo di valutazione
del credito lacunoso, e quindi tale da inficiare l’apprezzamento, da parte del-
l’autorità di controllo, della reale situazione patrimoniale dell’intermediario.
Quando i ricorrenti contestano le valutazioni del portafoglio crediti effet-
tuate dagli ispettori, non è raro che chiedano che sulle posizioni di rischio inte-
ressate venga disposta una c.t.u. Tuttavia, nell’ambito del processo di opposizione,
le Corti di appello competenti di solito vengono ad attribuire al rapporto ispettivo
un particolare valore probatorio85, non giungendo quasi mai a ritenere di dover
disporre una c.t.u. al fine di “rivedere” le valutazioni in esso contenute86.
Al riguardo, gli argomenti più frequentemente utilizzati dai giudici ordinari
per escludere il ricorso alla consulenza tecnica fanno riferimento: (i) alla natura
di pubblici ufficiali degli ispettori di vigilanza; (ii) alla presunzione di legittimità

83 In questo senso, in dottrina, si vedano E. RULLI, Contributo allo studio della disciplina

della risoluzione bancaria. L’armonizzazione europea del diritto delle crisi bancarie, Torino, 2017,
70-71; F. FIORDIPONTI, Le aspettative restitutorie di azionisti e creditori ai tempi del bail-in, in Ana-
lisi giuridica dell’economia, n. 2/2016, 547-550; G.L. CARRIERO, Crisi bancarie, tutela del risparmio,
rischio sistemico, in AGE, n. 2/2016, 378 ss.
84 A tal punto da esser stata definita «diabolica» (G.L. CARRIERO, op. ult. cit., 379).
85 Sul valore probatorio dei verbali ispettivi della Banca d’Italia cfr. G. FAUCEGLIA, Osser-

vazioni sul valore processuale dei verbali ispettivi della Banca d’Italia, in Giur. comm., n. 5/2018,
812 ss.
86 C. App. Roma, sez. volont. giurisdiz., decr. 14.11-17.12.2001, Decr. 5 novembre - 29 di-

cembre 1999, decr. 26 marzo 2008.


324 LEONARDO LIPPOLIS

che assiste gli atti della pubblica amministrazione87; (iii) al fatto che gli accerta-
menti stessi sono effettuati «da un organo tecnico di grande e specifica espe-
rienza nonché sicuramente affidabile in ragione delle garanzie di imparzialità
connesse alla sua posizione di terzietà»88.
A tali considerazioni si aggiunge il fatto che, dal punto di vista processuale,
a fronte della particolare attendibilità che i citati elementi conferiscono al rap-
porto ispettivo, semplici affermazioni del soggetto sanzionato non possono es-
sere considerate elementi sufficienti a convincere il giudice dell’opportunità di
disporre una C.T.U.89.
Tale ultimo profilo riconduce alla peculiare natura della consulenza tecnica
d’ufficio, la quale è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria): essa
è finalizzata infatti ad integrare le conoscenze extragiuridiche del giudice di me-
rito e il suo concreto utilizzo è sottratto alla disponibilità delle parti, essendo af-
fidato al prudente apprezzamento del giudice stesso. Il suddetto mezzo di inda-
gine, pertanto, non può esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume
ed è negato qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle pro-
prie allegazioni o offerte di prova, ovvero cerchi di compiere una indagine
esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati90.
Si scorge, allora, una certa sintonia di vedute tra gli orientamenti del giu-
dice ordinario e del giudice amministrativo, entrambi rispettosi del “nucleo
duro” delle valutazioni tecnico-discrezionali delle Autorità. Non sembra che su
tale assetto abbia neanche inciso la recente riforma del sistema sanzionatorio at-
tuata su impulso del diritto dell’Unione europea.
Come è noto, il recepimento della CRD IV (Capital Requirements Direc-
tive, direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2013, n.
2013/36/UE) ha rappresentato l’occasione per introdurre importanti novità
nella disciplina delle sanzioni amministrative. La direttiva realizza un importante
rafforzamento del sistema sanzionatorio, indicando le violazioni per le quali
deve essere prevista una sanzione, elevando la misura massima delle sanzioni pe-
cuniarie ed elencando i criteri in base ai quali l’autorità di vigilanza deve orien-
tare la scelta della sanzione applicabile.

87 In tal senso C. App. Roma, sez. volont. giurisdiz., decr. 14-28 gennaio 2002, causa n.

4663/2000, Guariglia ed altri; Id., decr. 14 novembre - 17 dicembre 2001, causa n. 4669/2000,
Messina.
88 C. App. Roma, sez. volont. giurisdiz., decr. 3-18 maggio 1995, proc. n. 889/1994, Mari-

noedaltri; Id., decr. 8.5-22.7.1995, proc. n. 886/1994, Barone; Id. decr. 4.2.1995; decr. 25.5-21 set-
tembre 2001.
89 In questo senso Cass. civ., sez. II, 7 settembre 2016, n. 17689, Banca di Credito coopera-

tivo di Aversa.
90 Cfr. M. ADORNO, La consulenza tecnica d’ufficio nel codice del processo amministrativo, in

Dir. proc. amm., 2014, 486 ss. In giurisprudenza, di recente, cfr. Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2018,
n. 5917, in riferimento ad un provvedimento sanzionatorio delle Banca d’Italia emanato per rile-
vate «carenze nell’organizzazione e nei controlli interni da parte dei componenti del Consiglio di
Amministrazione»; Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2019, n. 4099, in riferimento ad una sanzione pe-
cuniaria irrogata dalla Consob nei confronti di amministratori e sindaci di un intermediario, per
l’inadeguata rappresentazione, nei confronti della stessa Autorità di controllo, delle vicende rela-
tive ai prospetti informativi relativi all’acquisizione della Banca Antonveneta.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 325

Sul piano procedurale, tenuto conto della colorazione sostanzialmente pe-


nale di tali procedimenti, sono stati necessari alcuni adattamenti, nonostante, in
linea di principio, il procedimento sanzionatorio italiano fosse già disciplinato
da regole che consentivano l’esercizio del diritto di difesa (l’accesso ai docu-
menti rilevanti, la presentazione di difese scritte, l’audizione personale, se ri-
chiesta, e la separazione tra le funzioni istruttorie e decisorie; è inoltre sempre
assicurato il controllo giurisdizionale). Sul punto, la riforma, introdotta con il
d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72, stabilisce che il giudizio innanzi alle Corti d’ap-
pello si svolga in udienza pubblica (artt. 145 t.u.b, 195 t.u.f.), superando così le
criticità individuate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che aveva rilevato
come la previsione di un procedimento in camera di consiglio in tal giudizi, do-
minato dal principio dell’accertamento sommario, rappresentasse una limita-
zione ad un sindacato pieno da parte del giudice (full jurisdiction) per l’attua-
zione del giusto processo ai sensi dell’art. 6 CEDU91.

6. Il sindacato del giudice nazionale alla luce degli orientamenti delle Corti so-
vranazionali (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Corte Europea dei di-
ritti dell’Uomo)
Gli orientamenti espressi dal giudice nazionale, e sin qui ripercorsi, pos-
sono ora apprezzarsi alla luce del sindacato esercitato dalle corti sovranazionali
sulle valutazioni tecniche delle autorità di vigilanza finanziarie.
Con riguardo alla giurisprudenza maturata in seno all’Unione europea, le
prime pronunce sulle decisioni di vigilanza della BCE sembrano testimoniare la
volontà del giudice dell’Unione di aderire a un modello di sindacato che, seppur
rigorosamente limitato al vaglio di legittimità, non rinuncia alla messa a punto di
tecniche volte a consentire un controllo più incisivo sull’esercizio della funzione
e meno deferente rispetto al margine di apprezzamento riservato alle istituzioni
dell’Unione92.
91 Corte eur. dir. uomo, 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia, divenuta definitiva il

7 luglio 2014, a seguito del rigetto dell’istanza del Governo italiano di rinvio alla Grande Camera,
in www.echr.coe.int. Per i primi commenti alla sentenza Grande Stevens cfr. M. ALLENA, Il caso
Grande Stevens c. Italia: le sanzioni Consob alla prova dei principi Cedu, in Giorn. dir. amm., 2014,
1053 ss.; F. D’ALESSANDRO, Tutela dei mercati finanziari e rispetto dei diritti umani fondamentali, in
DPP 2014, 614 ss.; G. DE AMICIS, Ne bis in idem e “doppio binario sanzionatorio”: prime riflessioni
sugli effetti della sentenza “Grande Stevens” nell’ordinamento italiano, Atti dell’incotro di studio: Il
principio del ne bis in idem tra giurisprudenza europea e diritto interno, Aula Magna della Cassa-
zione, in www.cortedicassazione.it, 2014; G.M. FLICK, V. NAPOLEONI, Cumulo tra sanzioni penali e
amministrative: doppio binario o binario morto? “Materia penale”, giusto processo e ne bis in idem
nella sentenza della Corte EDU, 4 marzo 2014, sul market abuse, in Rivista AIC, 3/2014; A.F. TRI-
PODI, Uno più uno (a Strasburgo) fa due. L’Italia condannata per violazione del ne bis in idem in
tema di manipolazione del mercato, in www.penalecontemporaneo.it, 2014; V. ZAGREBELSKY, Le san-
zioni Consob, l’equo processo e il ne bis in idem nella Cedu, in Giur. it., 2014, 1196 ss.
92 Com’è noto, il diritto dell’Unione non conosce una distinzione netta tra discrezionalità

amministrativa (in senso proprio) e discrezionalità c.d. tecnica. Nell’ordinamento dell’Unione si


tratta, invece, di due dimensioni del più generale fenomeno della libertà di scelta/apprezzamento
delle istituzioni nell’esecuzione del diritto dell’Unione (così J. SCHWARZE, European Administrative
Law, Londra., 2006, 297 ss.).
326 LEONARDO LIPPOLIS

Si ricorda che l’avvio dell’Unione bancaria europea e, in particolare, del


meccanismo di vigilanza unica, aveva sollevato inevitabili interrogativi circa l’e-
stensione e l’intensità del judicial review da assicurarsi sulle decisioni della BCE
in qualità di autorità di vigilanza93. Ci si è chiesti, in particolare, se il giudice eu-
ropeo sarebbe stato portato ad applicare alle decisioni di vigilanza il medesimo
standard of review riservato alle misure di politica monetaria della BCE94 ovvero
se, per la natura eminentemente provvedimentale dell’attività di vigilanza
avrebbe ritenuto di aderire a un modello di sindacato più vicino a quello via via
sviluppato in relazione alle decisioni antitrust95.
Le prime risposte sono arrivate a distanza di pochi anni dall’avvio del Sin-
gle Supervisory Mechanism (SSM). Il Tribunale dell’Unione, nel luglio 2018, ha
annullato per la prima volta alcune decisioni di vigilanza adottate dalla Banca
centrale europea96 che avevano rifiutato ad alcuni istituti di credito francesi l’au-
torizzazione a escludere dal calcolo del coefficiente di leva finanziaria97 alcune
esposizioni connesse ad alcuni prodotti regolamentati.
Il Tribunale conferma l’interpretazione abbracciata dalla BCE circa la na-
tura discrezionale del potere di esenzione di cui all’art. 429 del Capital Require-
ments Regulation (Reg. UE, 26 giugno 2013, n. 575) che le consente di esclu-

93 Si vedano, in particolare, i diversi contributi raccolti in Aa.Vv., Judicial review in the

Banking Union and in the EU financial architecture, in Quaderni di Ricerca Giuridica della Banca
d’Italia, n. 84, 2018; C. BRESCIA MORRA, The administrative and judicial review of decisions of the
ECB in the supervisory field, in Aa.Vv., Scritti sull’Unione Bancaria, in Quaderni di Ricerca Giuri-
dica della Banca d’Italia, n. 81, 2016.
94 L’attività di vigilanza bancaria risulta caratterizzata da un forte intreccio tra tecnica e po-

litica (cfr. L. TORCHIA, La nuova governance economica dell’Unione europea e l’Unione bancaria,
cit., 2016, 61). La discrezionalità della BCE, infatti, non si esaurisce nella sola dimensione tecnica
di valutazione, tendenzialmente neutrale, di presupposti tecnico-giuridici dal contenuto opinabile,
ma assume altresì una dimensione lato sensu politica, come del resto espressamente riconosciuto
dall’art. 127, par. 6, TFUE, allorché prevede che alla BCE possono essere attribuiti «compiti spe-
cifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi».
95 Com’è noto, la questione dello standard of review sulle scelte discrezionali e sulle valuta-

zioni tecniche complesse dell’amministrazione dell’Unione è stata ampiamente dibattuta nell’am-


bito del sindacato di legittimità sugli atti della Commissione europea, con particolare riferimento
alla materia della concorrenza e aiuti di Stato. In quel settore, la Corte di giustizia ha mostrato, nel
tempo, di affinare le proprie tecniche di sindacato giurisdizionale, pervenendo a forme di con-
trollo meno deferenti rispetto al margine di apprezzamento riconosciuto all’autorità amministra-
tiva, seppur formalmente ancorate a un modello di sindacato non sostitutivo, nel rispetto del li-
mited standard of review. Cfr., ex multis, A. MEIJ, Judicial Review in EC Courts: Tetra Laval and
Beyond, in O. ESSENS, A. GERBRANDY, S. LAVRIJSSEN, National Courts and the Standards of Review
in Competition Law, cit., 7; P. SABBATINI, Concentrazioni. Le tre sconfitte della Commissione in Tri-
bunale, in Mercato concorrenza e regole, 2003, 159 ss.
96 Trib. UE, 13 luglio 2018, causa T-733/16, La Banque postale c. BCE; causa T-745/16,

BPCE c. BCE; causa T-757/16, Société générale c. BCE; causa T-751/16, Confédération nationale
du Crédit mutuel c. BCE; causa T-758/16, Crédit agricole SA c. BCE; causa T-768/16, BNP Pari-
bas c. BCE, con nota di A. MAGLIARI, Sindacato sulla discrezionalità e decisioni di vigilanza della
BCE, in Giorn. dir. amm., n. 1/2019, 82 ss.
97 Il coefficiente di leva finanziaria indica il rapporto fra l’esposizione della banca e i fondi

propri. L’obiettivo che il legislatore europeo si è posto, sulla base dell’esperienza emersa dalla
crisi, è quello di arrivare ad obbligare le banche ad adottare livelli di leva finanziaria adeguati al
proprio modello aziendale.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 327

dere il beneficio dell’esenzione in presenza di un rischio per la sana e prudente


gestione dei soggetti vigilati.
Al fine di verificare se la BCE abbia esercitato correttamente il proprio po-
tere discrezionale, lo scrutinio si appunta sulla motivazione dei provvedimenti di
diniego.
Il ragionamento del Tribunale può essere scomposto in due passaggi.
Nel primo, incentrato sulla corretta interpretazione della disciplina norma-
tiva, si rileva che la decisione di escludere il beneficio dell’art. 429 può dirsi affetta
da un errore di diritto, in quanto fondata su un’interpretazione talmente restrit-
tiva, tale da privare la norma del suo “effetto utile”, rendendola inapplicabile.
Il secondo passaggio, invece, coinvolge il sindacato sull’esercizio della di-
screzionalità da parte della BCE, avente ad oggetto l’incidenza del periodo di
adeguamento delle posizioni degli enti creditizi sul coefficiente di leva finanzia-
ria. Il giudice premette che i rischi legati alla leva finanziaria si realizzano nelle
situazioni di insufficienza di liquidità98. Si osserva, quindi, che il periodo di ade-
guamento non configurava un rischio di liquidità, proprio in ragione dell’esi-
stenza di una garanzia dell’amministrazione centrale e della brevità di tale ter-
mine. Tale periodo di adeguamento delle posizioni sarebbe idoneo ad avere
un’incidenza sul rischio di leva solamente nell’ipotesi di improvvisi prelievi di
massa dei depositi, tipici di una condizione di forte stress. Eppure, anche in tal
caso, la BCE non aveva condotto un esame approfondito delle caratteristiche
del risparmio regolamentato e non aveva proceduto ad alcuna verifica circa la
probabilità di verificazione di tale evenienza. Ne deriva che l’autorità di vigi-
lanza è venuta meno all’obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale
tutti gli elementi rilevanti della fattispecie, con ciò determinandosi l’illegittimità
delle decisioni impugnate e il loro annullamento.
Si è osservato99 come, se da una parte il Tribunale non si è arrestato all’e-
same della legittimità formale e procedimentale dell’atto impugnato, ponendo in
essere un sindacato sulla correttezza materiale della decisione sotto il profilo
della completezza istruttoria, allo stesso tempo, tuttavia, non giunge mai a veri-
ficare la plausibilità in concreto degli elementi fattuali sottesi alle considerazioni
della BCE. In altri termini, il giudice non sovrappone al giudizio della autorità
di vigilanza una propria autonoma valutazione delle circostanze di fatto, ad
esempio riscontrando l’improbabilità del default della Francia o del rischio di
una imminente “corsa agli sportelli”. Il sindacato giurisdizionale si arresta, al-
lora, al riscontro dell’errore manifesto, inteso qui come vizio attinente all’appli-
cazione delle pertinenti prescrizioni normative.
Al fine di trarre valide indicazioni in merito all’incisività del sindacato sulle
valutazioni tecniche complesse effettuate dalla BCE, giova allora procedere al-
l’esame di un’altra, e di poco precedente, pronuncia del Tribunale (Crédit mu-

98 È, infatti, al fine di ottenere maggiore liquidità che un istituto di credito può trovarsi ad
adottare misure non previste nel piano di impresa, ivi compresa una dismissione immediata delle
proprie attività.
99 A. MAGLIARI, cit., 87-88.
328 LEONARDO LIPPOLIS

tuel Arkéa100), relativa a una decisione con cui la BCE aveva imposto a un isti-
tuto di credito francese la detenzione di fondi propri supplementari nell’ambito
del processo di revisione e valutazione prudenziale (SREP) di cui all’art. 97 della
CRD IV. Oggetto del sindacato era la valutazione tecnico-discrezionale della
BCE relativa alla sussistenza di rischi prudenziali tali da non assicurare una ge-
stione solida e una copertura dei rischi da parte dell’istituto. In particolare, i ri-
schi attinenti alla sana e prudente gestione derivavano dalla possibile separa-
zione dal gruppo bancario Crédit mutuel cui l’ente ricorrente aderiva, eventua-
lità che veniva ricavata dall’esistenza di un conflitto interno al gruppo. Il
Tribunale – pur senza sostituire una propria valutazione circa il profilo di ri-
schio rispetto a quella effettuata dalla BCE – ha verificato le singole circostanze
fattuali sintomatiche dell’esistenza di un conflitto tra l’istituto e il gruppo di ap-
partenenza, concludendo, infine, che l’eventuale separazione dal gruppo non ri-
sulta così improbabile da rendere la determinazione dell’autorità di vigilanza vi-
ziata da un errore manifesto di valutazione.
Anche in tal caso il sindacato assume carattere non sostitutivo delle scelte
riservate all’autorità di vigilanza, venendosi ad attestare in presenza di situazioni
economico-finanziarie dall’accertamento complesso, su una verifica dell’attendi-
bilità dei presupposti di fatto sottesi alla valutazione tecnico-discrezionale.
Un siffatto approccio, coniuga, allo stesso tempo, due fondamentali esi-
genze: quella di garantire una tutela effettiva dei privati potenzialmente lesi nei
propri diritti fondamentali dalle decisioni di vigilanza, insieme con la necessità
di controbilanciare l’espansione dei poteri dell’amministrazione europea attra-
verso forme di controllo giurisdizionale più incisive101.
Tali istanze, inoltre, si pongono in linea con il concetto di full jurisdiction
elaborato, sin dagli inizi degli anni Ottanta102, dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo. Quest’ultima coincidente con il potere del giudice di riformare
qualsiasi punto, in fatto come in diritto, della decisione impugnata, senza rite-
nersi vincolato dai precedenti accertamenti degli organi amministrativi su punti
decisivi per l’esito del caso, così prescindendo da un esame indipendente di tali
questioni.
In particolare, tale sindacato pieno consente di rimediare ex post ai deficit
del procedimento amministrativo, nell’ottica funzionale di un’integrazione vir-
tuosa tra procedimento e processo103.

100 Trib. UE, sent. 13 dicembre 2017, T-712/15, Crédit mutuel Arkéa c. BCE
101 J. SCHWARZE, Il controllo giurisdizionale, cit., 158.
102 Corte eur. dir. uomo, 10 febbraio 1983, nn. 7299/75 e 7496/76, Albert and Le Compte v.

Belgium, in ww.echr.it.
103 Come è stato osservato da F. GOISIS, La full jurisdiction nel contesto della giustizia ammi-

nistrativa: concetto, funzioni e nodi irrisolti, in Dir. proc. amm., 2, 2015, 546 ss., sotto questo pro-
filo la giurisprudenza CEDU sembra confermare la nota osservazione del Kelsen per cui, due sole
essendo le funzioni di base dello Stato (la creazione e l’applicazione delle norme) e non essendo
quindi logicamente giustificabile il principio di separazione dei poteri, «se la costituzione pre-
scrive che non vi possano essere interferenze con la proprietà, la libertà o la vita degli individui
salvo che attraverso un giusto processo, ciò non implica necessariamente un monopolio delle corti
sulla funzione giudiziale», bastando che «il procedimento amministrativo attraverso cui la fun-
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 329

Particolarmente significativo, in relazione al settore in esame, appare un


caso relativo alla valutazione della situazione patrimoniale di una banca (ai fini
del sindacato su un provvedimento di revoca della relativa licenza)104. Qui, la
Corte europea affronta direttamente e senza ambiguità forse una delle principali
ragioni di fondo che stanno – da sempre – alla base della tendenza del giudice a
non invadere le valutazioni tecniche all’Amministrazione: a fronte della ogget-
tiva difficoltà dei giudici (data la loro preparazione essenzialmente giuridica) di
sostituirsi all’amministrazione nella valutazione di un requisito caratterizzato
dalla grande tecnicità (solidità finanziaria dell’istituto), può venire in considera-
zione la creazione di giudici tecnici, o, in alternativa, si deve chiedere l’assi-
stenza di consulenti tecnici del giudice. Non si può invece, in ragione del solo
carattere tecnico complesso della questione, negare la pienezza del riesame giu-
diziale: il giudice deve poter direttamente «accertare se la banca ricorrente fosse
o meno insolvente»105.
Tale insegnamento è stato ripreso in un caso analogo, ove si trattava anche
qui del rifiuto da parte del giudice amministrativo di riesaminare valutazioni
condotte sullo stato patrimoniale di un istituto bancario, quale presupposto
della scelta del suo commissariamento, invece che dell’assunzione di altri prov-
vedimenti meno invasivi. La Corte106 ha offerto un’importante puntualizzazione
sul suo approccio generale al problema: contrasta con il canone della full juri-
sdiction la circostanza che non sia dato un effettivo ricorso giurisdizionale in re-
lazione alla «valutazione dei fatti in una decisione assunta da un’autorità ammi-
nistrativa investita di un potere discrezionale», perché, senza una tale facoltà, «il
sindacato giurisdizionale non realizza mai un sindacato pieno sulle basi fattuali
della decisione».

7. Conclusioni
Dall’indagine condotta in relazione al sindacato giurisdizionale sulle valu-
tazioni esercitate nel settore bancario e finanziario emerge che la giurisprudenza
amministrativa, al di là delle dichiarazioni di principio, ha tendenzialmente
mantenuto – salvo casi isolati – un approccio deferente nei confronti delle auto-
rità finanziarie, venendo a valorizzare l’estensione dei poteri di intervento con-
zione giudiziale è esercitata» sia «organizzato in modo da corrispondere all’idea di giusto pro-
cesso» (H. KELSEN, General Theory of Law and State, Harvard, 1945, 269 ss., citato dall’A.).
104 Corte eur. dir. uomo, sez. V, 24 novembre 2005, caso n. 49429/99, Capital Bank AD v.

Bulgaria, in ww.echr.it.
105 Corte eur. dir. uomo, cit., § 113: «The Court, for its part, is prepared to accept that the

BNB’s opinion on this issue carries significant weight because of its special expertise in this area.
However, it is not persuaded that the domestic courts, if need be with the assistance of expert opi-
nion, could not themselves ascertain whether the applicant bank was insolvent or not. The diffi-
culties encountered in this respect could also be overcome through the provision of a right of ap-
peal against the BNB’s decision to an adjudicatory body other than a traditional court integrated
within the standard judicial machinery of the country, but which otherwise fully complies with all
the requirements of Article 6 § 1, or whose decision is subject to review by a judicial».
106 Corte eur. dir. uomo, sez. V, 31 luglio 2008, caso n. 72034/01, Družstevní záložna Pria

and Others v. the Czech Republic.


330 LEONARDO LIPPOLIS

feriti dall’ordinamento alle autorità di vigilanza107. Si tratta di una tendenza che


si è venuta ad accentuare in occasione del recente processo di riorganizzazione
del governo del credito nell’Unione, il quale ha ulteriormente rafforzato i poteri
delle Autorità di controllo, nell’ottica della prevenzione, per un verso, e, per al-
tro verso, dell’ordinata soluzione delle crisi.
Tale atteggiamento si è registrato, anzitutto, rispetto all’esercizio di poteri
regolatori. Certamente, occorre considerare la generale tendenza al rafforza-
mento del principio di legalità procedimentale che si sostanzia, tra l’altro, nella
previsione di forme rafforzate di partecipazione degli operatori del settore al
procedimento di formazione degli atti regolamentari108. Esigenza, come è noto,
dovuta alla necessità di compensare, attraverso una “legittimazione dal basso”109,
l’inevitabile e fisiologico deficit di legalità sostanziale, dato che il particolare tec-
nicismo del settore impone di assegnare alle Autorità il compito di prevedere e
adeguare costantemente il contenuto delle regole tecniche all’evoluzione del si-
stema. Tale tendenza, come osservato, ha avuto un importante riconoscimento
formale con riguardo agli atti delle autorità finanziarie, grazie alla disciplina in-
trodotta nel 2005 dalla legge sul risparmio. La garanzia della partecipazione, ed
il correlato obbligo di motivazione, ha avuto un impatto positivo sulla profon-
dità del sindacato in concreto esercitabile, permettendo a giudice di valutare in
maniera assai incisiva la proporzionalità della scelta regolatoria.
Tali conclusioni, però, vanno ridimensionate, in quanto si è rilevato che la
stessa possibilità di sottoporre ad un controllo giurisdizionale le scelte tecniche
effettuata “a monte” dall’autorità è stata spesso impedita dalla prassi di ricorrere
a strumenti di soft law, non formalizzati, ma ritenuti sostanzialmente vincolanti.
Prassi favorita, come osservato, dall’ambiguità nella identificazione della natura
di alcuni strumenti regolatori (come nel caso delle circolari della Banca d’Italia).
Lo stesso atteggiamento di self restraint si riflette, poi, in relazione al potere
decisorio, ove il sindacato del giudice, sia amministrativo che ordinario, si arre-
sta, quasi sempre, ad un controllo estrinseco della decisione, limitato ad una va-
lutazione della decisione sotto il profilo della ragionevolezza o della proporzio-
nalità della misura (rispetto ad altri strumenti meno invasivi dell’autonomia im-
prenditoriale del soggetto inciso).
Così è stato con riguardo all’esercizio di poteri autorizzatori, in relazione
alla citata vicenda della scalata Antonveneta, dove la debolezza del controllo
giurisdizionale è testimoniata dal fatto che il giudice si è limitato a verificare la
107 Queste conclusioni sul piano del diritto vivente hanno portato la dottrina a stigmatizzare

la formula della «sana e prudente gestione» dei soggetti vigilati. Secondo D. SICLARI, Costituzione
e autorità di vigilanza bancaria, Padova, 2007, 294, «il parametro di legittimità dell’azione dell’au-
torità di vigilanza ha un contenuto così indeterminato ovvero rimesso alla determinazione succes-
siva e caso per caso della stessa autorità da rappresentare, in realtà, la leva che consente di esclu-
dere legittimamente il principio di legalità».
108 Ciò è stato evidenziato da M. D’ALBERTI, La «visione» e la «voce»: le garanzie di parteci-

pazione al procedimento amministrativo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, I, 1, che ha sottolineato
come nell’ambito dei procedimenti di carattere generale il procedimento amministrativo e la par-
tecipazione degli amministrati trovino la loro ragion d’essere proprio nell’opportunità di dare evi-
denza agli interessi coinvolti nella ponderazione nel corso del farsi dell’azione.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 331

congruità delle prescrizioni imposte al gruppo italiano autorizzato all’offerta


pubblica di acquisto, senza alcuna indagine sulla fattibilità in concreto degli in-
terventi di rafforzamento patrimoniale necessari per garantire la solvibilità del
gruppo bancario.
Un atteggiamento piuttosto deferente si è manifestato anche in relazione al-
l’esercizio dei nuovi poteri di removal in relazione alla vicenda del Credito Ro-
magna, dove il sindacato si è focalizzato esclusivamente sulla proporzionalità
della misura imposta. Ma a ben vedere, nel caso in esame, il sindacato non par-
ticolarmente penetrante del giudice amministrativo non appariva del tutto privo
di giustificazione. L’esercizio del potere di removal è un esempio di decisione
amministrativa composta, dove alla valutazione tecnica (la verifica dei presup-
posti delle gravi violazioni di legge o delle gravi irregolarità, ovvero del deterio-
ramento significativo, seppur non irreversibile, dell’azienda) si accompagna una
scelta puramente discrezionale (l’opportunità della misura da adottare, sempre
che, come prescrive l’art. 69-octiesdecies, gli altri interventi «non siano suffi-
cienti per porre rimedio alla situazione»). Una volta scissi questi due ambiti di
valutazione, appare evidente che, qualora i presupposti di fatto risultino incon-
testati, come è emerso nella vicenda in esame110, il sindacato del giudice sulla
scelta effettuata dall’autorità di vigilanza non potrà che arrestarsi ad un giudizio
di coerenza della misura adottata alla luce del principio di proporzionalità. Cio-
nonostante, va comunque evidenziato che le misure astrattamente adottabili dal-
l’Autorità nelle fattispecie in esame (removal individuale, collettivo, amministra-
zione straordinaria) si pongono tra loro in un rapporto di sostanziale alternati-
vità111, non ravvisandosi una netta definizione dell’ambito di applicazione
dell’una e dell’altra misura, la cui scelta sembra riconducibile, in sostanza, a va-
lutazioni discrezionali dell’autorità di vigilanza.
Proprio in ragione di ciò, appare comunque necessario assicurare un sinda-
cato particolarmente penetrante sull’accertamento dei presupposti di fatto che
sono stati considerati dall’autorità nella scelta della concreta misura di intervento,
al fine di consentire il pieno svolgimento dello scrutinio di proporzionalità112.

109 Secondo S. CASSESE, Negoziazione e trasparenza nei procedimenti davanti alle autorità in-

dipendenti, in AA.VV., Il procedimento davanti alle autorità indipendenti, Torino, 42, la partecipa-
zione procedimentale divenendo correttivo, sia del deficit di legittimazione democratica, sia della
perdita di legalità sostanziale, conferirebbe alle autorità indipendenti un diverso sistema di legitti-
mazione, nel quale la ragione giustificativa «non discende dalla democrazia politica ma dalla de-
mocrazia procedimentale».
110 I fatti addebitati, tra i quali rientrava la grave circostanza che i vertici erano stati con-

dannati in sede penale, non sono stati contestati dai ricorrenti, con ciò giustificando la necessità
di discontinuità nella governance societaria.
111 Così si evince dal tenore letterale dell’art. 69-vicies-semel, che fa salva, da un lato, la pos-

sibilità in ogni momento di disporre l’amministrazione straordinaria della banca (procedura ba-
sata, del resto, su presupposti oggettivi quasi del tutto identici a quelli della rimozione collettiva),
contemplando, dall’altro, il potere di rimuovere singoli esponenti aziendali ai sensi dell’art. 53-bis,
co. 1, lett. e), ove ritenuto sufficiente per porre rimedio alla situazione. Cfr., sul punto, F. CIRAOLO,
Il removal alla prova dei fatti, cit.
112 Sul punto cfr. A. CASTIELLO D’ANTONIO, L’amministrazione straordinaria delle banche nel

nuovo quadro normativo. Profili sistematici, in AGE, 2/2016, 557 ss., a parere del quale la discre-
332 LEONARDO LIPPOLIS

Tali istanze, tuttavia, non sembrano essere state recepite nei più recenti orienta-
menti aventi ad oggetto provvedimenti di rimozione individuale113.
Un ragionamento analogo può compiersi in riferimento al sindacato sul po-
tere di risoluzione di crisi bancarie. Anche qui si è al cospetto di una decisione
composta, in cui la valutazione tecnica sulla sussistenza dei presupposti di fatto
(il dissesto irreversibile della banca) è servente rispetto ad una scelta propria-
mente discrezionale (la misura più adattata a perseguire gli obiettivi di conti-
nuità aziendale, nell’ottica macroeconomica di stabilità del credito). Ne do-
vrebbe conseguire, quindi, una diversa modulazione del sindacato giurisdizio-
nale: incisivo, rispetto alla verifica dei presupposti di fatto, sino alla possibilità
di ripercorrere, senza sostituirsi all’autorità di vigilanza, la correttezza della va-
lutazione effettuata; deferente, invece, rispetto all’opportunità della misura indi-
viduata, da valutare alla luce del principio di proporzionalità. Tale modello di
sindacato, tuttavia, non ha trovato riscontro in relazione alla risoluzione delle
“quattro banche”. Qui, dove si dibatteva se la Banca d’Italia avesse proceduto
ad una eccessiva svalutazione dei crediti deteriorati, tale da favorire il presup-
posto della risoluzione, rappresentato dalle “perdite eccezionali di eccezionale
gravità”, il TAR Lazio si è limitato a verificare se l’istruttoria compiuta dalla
Banca d’Italia fosse o meno conforme ai criteri di valutazione realistici e pru-
denziali elaborati in sede europea.
Tale atteggiamento restrittivo delle corti si è poi riflesso in uno sporadico
ricorso ai mezzi istruttori da parte del giudice. Si è osservato che la consulenza
tecnica d’ufficio rappresenta la principale tecnica di tutela invocata dai ricor-
renti per sindacare le valutazioni tecniche. Tuttavia, trattandosi dell’applicazione
di un mezzo istruttorio che ripercorre quanto “fisiologicamente” appartiene al
procedimento amministrativo, il rischio di sostituzione nelle valutazioni riser-
vate all’amministrazione spiega l’atteggiamento restrittivo dei giudici nel di-
sporla. Le rare volte in cui è stata disposta è dipeso: a) dalla novità della mate-
ria trattata; b) dalla singolarità del caso affrontato (intrinseca o rapportata all’e-
sperienza del giudice).

zionalità dell’Autorità di vigilanza, nell’esercizio della scelta di uno dei provvedimenti della triade
removal individuale – removal collettivo – amministrazione straordinaria, troverebbe un limite nel-
l’onere di motivazione gravante sulla Banca d’Italia, dovendo quest’ultima dare conto, secondo le
nuove norme del t.u.b., «non già soltanto delle ragioni intrinseche alla scelta effettuata ma anche,
e soprattutto, dei motivi della reputata inadeguatezza di ogni altra alternativa potenzialmente pra-
ticabile».
113 Si veda, ex multis, TAR Lazio, sez. II, 7 agosto 2018, n. 8868, avente ad oggetto un prov-

vedimento di rimozione individuale da una società operante nel campo del private equity e degli
investimenti alternativi, adottato, ai sensi dell’art. 7, co. 2-bis, t.u.f., dalla Banca d’Italia. Il giudice
amministrativo, in prima battuta, respinge le censure sulla gradualità della sanzione, osservando
come la rimozione individuale sia rimessa al prudente apprezzamento dell’Autorità di vigilanza,
senza che per essa sia stabilito, come per altre più incisive misure, alcuna clausola di sussidiarietà
(v. artt. 53-bis, co. 1, lett. e), e 7, co. 2-bis, t.u.f.). Nel merito, poi, si limita ad affermare che «come
riportato nel provvedimento», era emersa una strumentalizzazione della società da parte del ri-
corrente in favore delle finalità del gruppo e delle altre società che lo compongono, attraverso il
conseguimento di indebiti vantaggi personali, il mancato rispetto dei termini di pagamento da
parte delle società creditrici, l’imposizione di commissioni maggiorate e di condizioni svantaggiose
per gli investitori adempienti e l’imputazione alla società di costi non di sua pertinenza.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE DELLE AUTORITÀ DI VIGILANZA FINANZIARIA 333

Anche con riguardo al sindacato concretamente esercitato dal giudice ordi-


nario sui provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia e della Consob può
scorgersi una sostanziale affinità con gli orientamenti espressi dal giudice ammi-
nistrativo.
In linea generale, la normativa di settore consente alla Corte di appello di
disporre, anche d’ufficio, tutti i mezzi di prova previsti dall’ordinamento pro-
cessuale civile che ritenga necessario ammettere o dispiegare sul solo presuppo-
sto della loro necessità. Tuttavia, in concreto, il fatto che le sanzioni in esame
debbano essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto
dell’eventuale recidiva, quali parametri non espressivi di discrezionalità ammini-
strativa, bensì di valutazioni tecniche opinabili, insieme al fatto che il corredo
documentale è per lo più costituito dal materiale acquisito in sede di verifica
ispettiva, se da un lato hanno comportato nella pratica una cognizione piuttosto
penetrante quanto allo scrutinio degli elementi fattuali, dall’altro fanno regi-
strare l’assenza di un dispiegamento di particolari mezzi istruttori, in particolar
modo officiosi, ai fini di acquisizione di ulteriori dati di fatto o di accertamenti
di tipo tecnico. Come se «il giudice ordinario consapevole di essere (in sede di
controllo giudiziale sulle sanzioni) giudice del corretto esercizio del potere, de-
cidesse di non travalicare i limiti che il giudice espressamente deputato a tale
controllo si è dato»114. Se questo è il quadro, anche il disegno riformatore del
2015 sui procedimenti sanzionatori, con la previsione di una udienza pubblica e
della discussione orale della causa, pur rimuovendo un ostacolo di ordine pro-
cedurale alla disposizione di mezzi istruttori da parte del giudice115, certamente
rappresenta un timido passo in avanti verso un sindacato più consapevole da
parte del giudice, ma non scalfisce il “cuore” del problema, rappresentato dai
più volte ribaditi “autolimiti” che il giudice – nonostante le potenzialità degli
strumenti istruttori messi a disposizione dall’ordinamento – si è dato nel timore
di invadere l’esercizio della delicata funzione riservata alle autorità di vigilanza.
All’atteggiamento restrittivo delle corti, si affiancano poi, in alcune ipotesi,
limitazioni del legislatore rispetto alle concrete modalità di esercizio della tutela
giurisdizionale. Appare emblematico il settore della risoluzione delle crisi ban-
carie ove, ex lege, è disposta l’inapplicabilità dei mezzi istruttori riconosciuti al
giudice amministrativo (art. 95, co. 2, d.lgs. 180/15). La nota vicenda delle
“quattro banche” in crisi poteva costituire l’occasione per sottoporre al vaglio di
costituzionalità una simile restrizione degli strumenti di tutela giurisdizionale.
Questione, tuttavia, giudicata irrilevante, una volta ritenuta superflua la richie-
sta di disporre una consulenza tecnica.
114 In tal senso E. GALANTI, Discrezionalità delle autorità indipendenti e controllo giudiziale,
cit., 71.
115 Nella giurisprudenza della Corte d’Appello (C. App. Roma, sez. Volont. giurisdiz., decr.ti
30.3-23.5.2000 in causa n. 167/1997, Di Cesare e causa n. 168/1997; decr. 11.12.2000-12.2.2001,
causa n. 2043/2000 Aloe e Maggiolini; decr. 11.12.2000-4.5.2001, cause riun. n.ri 722/1999 e
2044/2000, Maggiolini) non mancavano, infatti, considerazioni attinenti alla non compatibilità
della c.t.u. con la natura dei procedimenti in camera di consiglio, per i quali il codice di rito pre-
vede esclusivamente la possibilità che il giudice acquisisca semplici «informazioni» (cfr. art. 738
ult. co. c.p.c.).
334 LEONARDO LIPPOLIS

Il quadro tratteggiato evidenzia come la natura fortemente tecnica delle de-


cisioni rischi di depotenziare il sindacato giurisdizionale.
Certamente vi sono valutazioni di politica istituzionale che – al di là del
problema della natura del potere attribuito alle autorità (e delle competenze del
giudice) – avvalorano l’atteggiamento maggiormente deferente del giudice: nello
specifico, la deferenza verso le decisioni delle autorità è un riflesso del premi-
nente interesse a garantire la stabilità e la solidità del sistema finanziario116.
Tale approccio, seppur giustificato e comprensibile, non appare tuttavia
pienamente conforme alle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale, così
come declinate anche dalle corti sovranazionali. Certo, si può rintracciare qual-
che enunciato che va nel senso indicato dalle Corti sovranazionali. Si vedano ad
esempio le Sezioni unite della Cassazione del 2014, secondo cui «anche sulla
spinta evolutiva dell’ordinamento comunitario i confini tra limiti della discrezio-
nalità amministrativa, non sindacabile, e limiti della giurisdizione, si sono ormai
definitivamente aperti ad un cammino improntato al rispetto dei due principii
fondamentali: della pienezza della tutela giurisdizionale (full jurisdiction: art. 6
CEDU e art. 47 dei Diritti fondamentali dell’Unione) e dei limiti di proporzio-
nalità, finalizzati a restringere l’area del merito amministrativo, insindacabile»117.
Da questo punto di vista, l’intensità del sindacato giurisdizionale in sede
nazionale deve ancora fare molta strada per adeguarsi allo standard of review de-
finito dalle Corti dell’Unione europea ed al canone della full jurisdiction elabo-
rato dalla Corte di Strasburgo. Concetti che richiamano, nel rispetto delle attri-
buzioni riconosciute all’autorità di settore, innanzitutto la necessità di un pieno
accesso ai fatti, senza alcuna riserva esclusiva di valutazione tecnica. Il che si-
gnifica che ogni punto della decisione amministrativa (anche quelli fattuali tec-
nicamente complessi) deve essere, in linea di principio, nella competenza del-
l’organo “superiore” (il giudice)118.
Allargando lo sguardo, le conseguenze di un simile approccio restrittivo
delle corti non possono essere sottovalutate nel complesso rapporto tra giudice
ed economia. Nell’era moderna l’autorità giudiziaria non può trascurare gli ef-
fetti delle sue azioni e non farsi carico dei costi che le sue decisioni hanno sul si-
stema bancario, finanziario e assicurativo. Tra l’esigenza di parità tra le parti e
l’opportunità di valorizzare l’interesse pubblico “custodito” dall’Autorità do-
vrebbe essere trovato un punto di compresenza sostenibile, onde evitare una to-
tale soccombenza della parte privata dinanzi all’amministrazione, ma allo stesso
tempo modulare l’esigenza di tutela del privato sull’opposto interesse pubblico
alla stabilità del mercato del credito.

116 V. nota 82.


117 Cass. civ., sez. un., 16 gennaio 2014, n. 774.
118 Cfr., con riferimento all’Italia, in una causa riguardante il riconoscimento di un’infermità

per causa di servizio, Corte eur. dir. uomo, sez. II, 21 gennaio 2014, caso n. 48754/11, Placì v.
Italy, §§ 78 e 79, con commento di L. PRUDENZANO, Giusto procedimento amministrativo, discre-
zionalità tecnica ed effettività della tutela giurisdizionale nella giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo, in AIC, 2014.
CAPITOLO UNDICESIMO

IL SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE


NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI

Massimo Nunziata

SOMMARIO: 1. Introduzione: la discrezionalità tecnica nei contratti pubblici. – 2. Le prin-


cipali controversie da cui trae origine il sindacato sulle valutazioni tecniche. –
3. Inquadramento del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecni-
che: i principali orientamenti. – 3.1. Il sindacato sulla determinazione della base
d’asta. – 3.2. Il sindacato sulla suddivisione in lotti della commessa. – 3.3. Il sinda-
cato sulla valutazione delle offerte. – 3.4. Il sindacato sul giudizio di anomalia. –
4. Le tecniche del sindacato giurisdizionale. – 5. Osservazioni conclusive.

1. Introduzione: la discrezionalità tecnica nei contratti pubblici


Il campo dei contratti pubblici è tra quelli in cui il problema della discre-
zionalità tecnica – e quindi dei margini per la sua sindacabilità – si è posto con
grande forza e concretezza. Si tratta, infatti, di un settore che proprio per le ca-
ratteristiche degli interessi coinvolti impone all’amministrazione di compiere
scelte che presentano un elevato contenuto tecnico in ogni fase dell’attività con-
trattuale, dal suo avvio con la determina a contrarre sino alla sua conclusione
con il collaudo.
L’amministrazione è chiamata a compiere scelte di natura tecnica anzitutto
nel frangente procedimentale preliminare all’indizione della gara, momento in
cui deve vagliare i bisogni e gli interessi della collettività e stabilire il modo mi-
gliore per soddisfarli. Per la stessa ragione assume rilievo anche la redazione del
bando e degli altri documenti che compongono la legge di gara che, se per al-
cuni profili sono predeterminati nel loro contenuto direttamente dalla legge al
punto da essere etero-integrati in caso di lacune o carenze, impongono all’am-
ministrazione di assumere decisioni che sono governate da ragioni e valutazioni
di ordine tecnico. Per sua stessa natura, assume un elevato contenuto tecnico la
fase della progettazione nell’ambito della quale l’amministrazione svolge un
ruolo fondamentale, talvolta provvedendo alla stessa attività tecnica di reda-
zione degli elaborati progettuali o dovendo comunque procedere alla loro vali-
dazione e approvazione. Probabilmente la fase in cui l’attività dell’amministra-
zione assume un più evidente contenuto tecnico è quella di selezione delle of-
336 MASSIMO NUNZIATA

ferte, ivi inclusa l’eventuale valutazione della loro anomalia o congruità. Seb-
bene l’approfondimento sulla discrezionalità tecnica si soffermi per lo più sul
frangente della procedura ad evidenza pubblica, giova evidenziare che non mi-
nore sfumatura tecnica hanno le scelte che l’amministrazione deve compiere
nella fase esecutiva del rapporto, come ad esempio per l’accertamento dei pre-
supposti per ricorrere alle varianti in corso d’opera o nello stadio finale del col-
laudo quando deve accertare la corretta l’esecuzione della commessa.
La gara e l’esecuzione del contratto pubblico non richiedono naturalmente
solo decisioni riconducibili alla sfera della discrezionalità tecnica.
Da un lato, la legge e gli atti normativi secondari tendono a predeterminare
diversi aspetti relativi alla partecipazione dei concorrenti, come ad esempio
quelli relativi ai requisiti, conseguentemente comprimendo gli spazi di discre-
zionalità rimessi all’amministrazione. A tal riguardo, la giurisprudenza è sempre
stata chiara nel ritenere che la discrezionalità di cui gode la stazione appaltante
nel fissare le condizioni di una gara (riguardo, ad esempio, i requisiti di parteci-
pazione e i documenti richiesti) trova un limite in quelle condizioni già previste
in via generale dalla legge e comunque va esercitata in conformità ai principi di
ragionevolezza e imparzialità1.
D’altro lato, le scelte che l’amministrazione compie soprattutto prima del-
l’indizione della gara, per individuare le migliori modalità per soddisfare l’inte-
resse pubblico, rappresentano espressione anche della ordinaria discrezionalità
amministrativa. Secondo la giurisprudenza, «la determinazione del contenuto
del bando di gara (in ordine alle prestazioni delle parti, e dunque a quelle da
eseguire da parte dell’aggiudicatario e alle somme dovute dalla stazione appal-
tante) costituisce espressione un potere discrezionale in base al quale l’Ammini-
strazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati,
opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perse-
guimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare. Le
scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione
amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministra-
tivo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, ar-
bitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto e al-
l’esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non preco-
stituire situazioni di privilegi»2.
Così, ad esempio, è rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione ag-
giudicatrice individuare una procedura piuttosto che un’altra per l’affidamento
di una determinata commessa. Inoltre, si è ritenuto che siano rette da valuta-
zioni principalmente di opportunità le scelte che l’amministrazione compie in
sede di redazione degli atti di gara in merito all’individuazione del criterio di
aggiudicazione e degli elementi di valutazione delle offerte; in particolare, «sia
[…] la scelta del criterio più idoneo per l’aggiudicazione di un appalto (tra

1 TAR Puglia, Lecce, sez. II, 18 aprile 2001, n. 1772.


2 Cons. St., sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6006.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 337

quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più


basso), sia la scelta dei criteri più adeguati (tra quelli esemplificativamente in-
dicati dall’art. 83, d.lgs. n. 163 del 2006) per l’individuazione dell’offerta eco-
nomicamente più vantaggiosa, costituiscono espressione tipica della discrezio-
nalità della Stazione appaltante […] impingendo nel merito dell’azione ammi-
nistrativa»3. Parimenti è stata riconosciuta una sfumatura discrezionale nella
individuazione della formula matematica da utilizzare per la selezione delle
offerte4.
Diversamente, sono ricondotte senz’altro alla classica discrezionalità tec-
nica le valutazioni compiute dalla Commissione di gara in sede di scrutinio delle
offerte o nelle attività direttamente correlate, come la valutazione dell’anomalia5.
L’attività di selezione delle offerte richiede valutazioni che sono espressione di
discrezionalità tecnica ed esse si inseriscono nell’ambito di una procedura i cui
contorni essenziali sono delineati da scelte più tipicamente discrezionali che at-
tengono alla individuazione degli strumenti più adeguati per il perseguimento
dell’interesse pubblico6.
Al di là della loro ascrivibilità a forme discrezionalità amministrativa o tec-
nica7, ciò che interessa per ora sottolineare è che la prevalenza delle valutazioni
compiute dall’amministrazione nei vari segmenti dell’attività contrattuale, tanto
nella fase della procedura ad evidenza pubblica quanto in quella esecutiva ne-
goziale, risponde a parametri di ordine prevalentemente tecnico.
Proprio per questa preponderanza degli apprezzamenti di natura tecnica è
importante indagare i possibili contorni del sindacato giurisdizionale la cui con-
creta declinazione – in termini di maggiore o minore incisività sulle determina-

3 Cons. St., sez. V, 19 novembre 2009, n. 7259 e in termini analoghi, tra le molte, Cons. St.,

sez. V, 16 giugno 2010, n. 3806; Id., 16 febbraio 2009, n. 837; TAR Lazio, Roma, sez. III, 24 aprile
2012, n. 3663; TAR Umbria, 1 dicembre 2011, n. 389; TAR Liguria, sez. II, 24 agosto 2011, n.
1343; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 3 aprile 2012; Id., sez. II, 6 ottobre 2010, n. 2576. Più con-
troverso l’orientamento in seno all’Autorità di regolazione settoriale. Con determinazione 8 otto-
bre 2008, n. 5, l’AVCP ha ritenuto che «la scelta del criterio di aggiudicazione rientra nella di-
screzionalità tecnica (e non certo amministrativa) delle stazioni appaltanti» anche se in successivi
interventi si è riconosciuta la sfumatura tecnica della declinazione della formula, soprattutto
quanto al necessario equilibrio tra la componente del prezzo e della qualità (AVCP, deliberazione
23.3.2011, n. 41).
4 Cons. St., sez. V, 26 agosto 2010, n. 5952; Cons. St., sez. VI, 17 novembre 2004, n. 7522;

Cons. St., sez. V, 28 settembre 2005, n. 5194; Cons. St., sez. V, 10 settembre 2008, n. 4327.
5 Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1332; Id., sez. V, 29 dicembre 2011, n. 6980; Id., 1 ot-

tobre 2020, n. 7262.


6 Come affermato da S. VINTI, L’evidenza pubblica, in I contratti con la pubblica ammini-

strazione, a cura di C. FRANCHINI, in Trattato dei contratti, diretto da P. RESCIGNO, E. GABRIELLI,


VIII, Torino, 2007, 306, le valutazioni compiute dalla stazione appaltante “sono per lo più ca-
ratterizzate da discrezionalità tecnica, che si concreta per lo più nella scelta delle modalità più
idonee di selezione delle offerte in relazione all’oggetto dell’appalto. È ovvio, però, che tale po-
tere di scelta non afferisce a una selezione degli interessi, ma alla ottimizzazione del persegui-
mento dell’interesse pubblico fatto proprio dall’amministrazione al momento dell’avvio del pro-
cedimento di valutazione comparativa. La discrezionalità vera, insomma, si consuma in un
momento precedente, ossia quello nel quale viene creato il presupposto per l’avvio della succes-
siva procedura di scelta”.
338 MASSIMO NUNZIATA

zioni amministrative – può avere un notevolissimo impatto sotto diversi punti di


vista. Se, da un lato, il carattere altamente tecnico dei provvedimenti dovrebbe
limitare i casi di un sindacato penetrante in grado di sovvertire l’esito della va-
lutazione operata da organi altamente qualificati, d’altro lato vanno anche te-
nute presenti le ragioni che viceversa depongono per il rafforzamento di un sin-
dacato più pieno.
È evidente, infatti, che il tradizionale carattere debole dell’apprezzamento
giudiziale svolto dalla giurisprudenza in questa materia mostra non poche per-
plessità in relazione all’effettività della tutela cui aspira chiunque si ritenga leso
da una decisione amministrativa ingiusta.
Fra l’altro, rispetto agli altri settori presi in considerazione dalla presente
ricerca, non va dimenticato che nel campo dei contratti pubblici l’effettività
della tutela giurisdizionale è intesa quale strumento per la promozione della
concorrenza verso l’implementazione del mercato unico. È noto infatti che l’in-
fluenza del diritto europeo ha mutato l’oggetto tutelato in via prioritaria dalle
norme sui contratti pubblici per cui all’interesse dell’amministrazione al rispar-
mio di spesa si sono affiancati, con sempre maggior rilevanza, quelli delle im-
prese, oggettivati nel principio di concorrenza e nelle regole di corretto funzio-
namento del mercato8. Mentre nella generalità dei settori economici l’intervento
del diritto europeo è rimasto circoscritto ai profili sostanziali, nel campo dei
contratti pubblici le c.d. “direttive ricorsi” (dalle più risalenti 89/665/CEE e
92/13/CEE sino alla più recente 2007/66/CE) e l’orientamento della Corte di
Giustizia hanno progressivamente imposto agli Stati membri di prevedere ri-
medi processuali in grado di assicurare un adeguato standard di garanzia di tu-
tela giurisdizionale effettiva9.
Ciò giustifica – e forse impone – una maggiore attenzione all’intensità del
sindacato del giudice che, rispetto agli altri settori presi in esame, ha ricadute
più generali sulla dimensione concorrenziale del mercato.
Un ulteriore aspetto caratterizzante il settore dei contratti pubblici risiede
nel fatto che in questo campo le valutazioni tecniche sono spesso compiute da
professionisti esterni all’organico della stazione appaltante e cui oggi la legge im-
pone anche l’iscrizione in apposito albo gestito dall’ANAC sebbene attraverso
un sistema non ancora operativo (cfr. art. 78, d.lgs. n. 50/2016). Aspetto, questo,
che tutto sommato incide relativamente poco rispetto al tema del sindacato poi-
ché l’orientamento costante della giurisprudenza non valorizza a questi fini l’al-
terità della commissione di gara, il cui operato è comunque imputabile alla sta-
zione appaltante.

7 Per un’indagine in tal senso, può vedersi D. SENZANI, Discrezionalità della pubblica ammi-

nistrazione ed offerta economicamente più vantaggiosa, in Riv. trim. app., n. 3/2013, 902 ss.
8 M. D’ALBERTI, Interesse pubblico e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, in Dir.

amm., n. 2/2008, 297 ss.


9 M. RAMAJOLI, Un diritto processuale europeo in materia di appalti pubblici?, in G. GRECO (a

cura di), La giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Milano, 2012, 95 ss.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 339

2. Le principali controversie da cui trae origine il sindacato sulla tecnica


Il presente approfondimento ha una matrice prettamente empirica muo-
vendo da un esame dei principali orientamenti giurisprudenziali, nella convin-
zione che tale approccio possa consentire di focalizzare meglio le caratteristiche
del contenzioso rilevante.
Il problema del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni di-
screzionali tecniche nell’ambito dei contratti pubblici emerge prevalentemente
nelle controversie afferenti alle procedure di aggiudicazione dei contratti pub-
blici. Ciò non significa che non vi sia una forte componente discrezionale anche
nelle scelte che l’amministrazione compie nella fase esecutiva (si pensi all’ap-
provazione delle varianti o alla gestione delle riserve); tuttavia, le occasioni di
sindacato del giudice amministrativo nella fase esecutiva del rapporto sono ec-
cezionali e sostanzialmente riconducibili agli istituti della c.d. revisione prezzi e
del recesso per vicende antimafia, nei quali però non si riscontrano elevati mar-
gini di apprezzamento discrezionale.
Quanto invece al contenzioso sui procedimenti ad evidenza pubblica, il
problema della sindacabilità delle scelte tecniche si pone prevalentemente nelle
controversie concernenti la scelta del criterio di aggiudicazione, l’eventuale sud-
divisione in lotti della commessa, la valutazione tecnica delle proposte dei con-
correnti, l’esame delle offerte sospette di anomalia.
Da un punto di vista generale, si tratta di un contenzioso in cui tradizional-
mente la legittimazione attiva spetta agli operatori economici partecipanti e
quella passiva alle stazioni appaltanti che hanno indetto la gara; è quindi un con-
tenzioso molto vasto dal punto di vista soggettivo, venendo in considerazione, da
un lato, imprese singole o associate, professionisti, enti esponenziali e, dall’altro,
pubbliche amministrazioni, enti aggiudicatori, organismi diritto pubblico.
Dal punto di vista quantitativo, l’indagine recente più precisa è quella con-
dotta dall’Ufficio studi del Consiglio di Stato in merito all’“Analisi di impatto
del contenzioso amministrativo in materia di appalti”, pubblicata nel dicembre
201710. Sebbene sia stata elaborata sulla base dei dati relativi agli anni 2015 e
2016, la ricerca rappresenta ancora un significativo punto di riferimento.
Dall’indagine emerge che il numero dei ricorsi in materia di contratti de-
positati dinanzi ai TAR è di 3.565 ricorsi nel 2015 e di 3.329 ricorsi nel 2016. In-
crociando tali dati con quelli relativi al numero di gare bandite, l’indagine ha ac-
certato che sono stati impugnati al TAR nel 2015 il 2,61% degli appalti banditi
(3.565 ricorsi su 136.645 bandi) e nel 2016 il 2,76% (3.329 ricorsi su 136.645
bandi). In entrambi i casi, dunque, il valore è inferiore al 3% del totale delle
commesse bandite. In ogni caso, dalla ricerca emerge che le procedure più con-
testate sono quelle di maggiore importo economico, rappresentando le impu-
gnazioni delle procedure sopra il milione di euro circa il 50% del totale.

10 La ricerca è liberamente accessibile sul sito istituzionale della giustizia amministrativa al

link https://www.giustizia-amministrativa.it/studi-e-rassegne/-/asset_publisher/M2jdZL26fejg/con-
tent/analisi-di-impatto-del-contenzioso-amministrativo-in-materia-di-appal-1.
340 MASSIMO NUNZIATA

Un ulteriore campo di progressivo interesse, anche con riguardo al pro-


blema del sindacato sulle valutazioni tecniche, attiene al giudizio di responsabi-
lità amministrativo-contabile e al controllo che, in quella sede, la Corte dei conti
può svolgere sull’operato delle pubbliche amministrazioni. Da questo punto di
vista, sono sempre più frequenti indagini della Procura erariale e successivi giu-
dizi di responsabilità per l’accertamento di danni relativi sia alla fase della gara
che a quella dell’esecuzione di commesse pubbliche.

3. Inquadramento del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tec-


niche: i principali orientamenti
Si può ora passare ad approfondire i principali orientamenti del giudice
amministrativo in merito alla possibile estensione del sindacato sulle valutazioni
tecniche compiute dalle stazioni appaltanti.
Superato il tipico self restraint che caratterizzava l’atteggiamento giurispru-
denziale sino a qualche decennio fa11, negli ultimi anni risulta piuttosto consoli-
dato il principio che riconosce la sindacabilità delle scelte tecniche pur rima-
nendo generalmente entro il perimetro dei noti paradigmi della manifesta erro-
neità, contraddittorietà e illogicità.
Come è noto, un primo passo in avanti verso la generale sindacabilità della
scelta tecnica risale alla giurisprudenza del Consiglio di Stato degli anni No-
vanta che, rispetto alle precedenti decisioni espressione «di un orientamento –
quello della insindacabilità della c.d. discrezionalità tecnica dell’amministra-
zione – assai diffuso presso il giudice amministrativo», aveva ritenuto che tale
approccio «non sembra resistere, anche alla luce di autorevole dottrina, ad una
riconsiderazione dell’argomento». L’argomento sotteso a questo cambio di im-
postazione è che se «è ragionevole l’esistenza di una riserva di amministrazione
in ordine al merito amministrativo, elemento specializzante della funzione am-
ministrativa», non lo è «in ordine all’apprezzamento dei presupposti di fatto del
provvedimento amministrativo, elemento attinente ai requisiti di legittimità e di
cui è ragionevole, invece, la sindacabilità giurisdizionale». Da ciò consegue che
«il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici può svolgersi, allora, in
base non al mero controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’au-
torità amministrativa, bensì invece alla verifica diretta dell’attendibilità delle
operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tec-
nico ed a procedimento applicativo»12.

11 Come noto, infatti, esaminando gli orientamenti della giurisprudenza del secolo scorso,

emerge che «nonostante gli sforzi della dottrina, il giudice amministrativo sia rimasto, con qual-
che rarissima eccezione, “arroccato” praticamente per tutto il secondo scorso su posizioni imper-
meabili alle citate istanze garantiste, perseverando nel considerare sostanzialmente intangibili le
valutazioni tecniche dell’amministrazione, (auto)limitando la propria capacità di controllo ai soli
aspetti formali ed estrinseci del provvedimento amministrativo», C. VIDETTA, L’amministrazione
della tecnica, Napoli, 2008, 286.
12 Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, secondo cui «non è, quindi, l’opinabilità degli ap-

prezzamenti tecnici dell’amministrazione che ne determina la sostituzione con quelli del giudice,
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 341

In questa prima fase, dunque, la maggiore intensità del sindacato era volto
a verificare l’effettiva attendibilità delle valutazioni tecniche compiute dall’am-
ministrazione.
In epoca più recente, poi, l’orientamento della giurisprudenza si è ulterior-
mente evoluto consentendo al giudice di entrare ancor più nel dettaglio della
decisione amministrativa anche mediante l’utilizzo dei mezzi istruttori quali ve-
rificazioni e consulenze tecniche d’ufficio.
L’esame empirico delle decisioni mostra un orientamento abbastanza omo-
geneo della giurisprudenza rispetto alle varie fasi della procedura ad evidenza
pubblica in cui le controversie si originano.
Nei successivi paragrafi verranno illustrati alcuni casi esemplificativi di
esercizio del sindacato, seguendo l’ordine del normale iter del procedimento di
gara, muovendo dalla determinazione della base d’asta e dall’eventuale suddivi-
sione in lotti della commessa, per arrivare alla valutazione tecnica delle proposte
dei concorrenti e all’esame delle offerte sospette di anomalia.

3.1. Il sindacato sulla determinazione della base d’asta


Una prima questione rilevante attiene al sindacato svolto dal giudice am-
ministrativo sulle valutazioni operate dalla stazione appaltante per determinare
l’importo del contratto da porre a base d’asta: si tratta di una valutazione molto
delicata che l’amministrazione deve compiere sulla base di un’approfondita
istruttoria relativa alle caratteristiche del settore merceologico di riferimento e
che, incidendo sull’effettiva apertura al mercato della commessa, non di rado
forma oggetto di contestazione da parte degli aspiranti partecipanti alla gara.
Il modo migliore per approfondire la declinazione dell’intervento giudi-
ziale sembra quello di ripercorrere i tratti di un contenzioso definitosi proprio
di recente.
La questione di fatto era relativa all’indizione di una commessa per l’ac-
quisizione di una fornitura in ambito medico-sanitario in cui la stazione appal-
tante aveva modificato l’importo a base d’asta originariamente indicato nella de-
termina a contrarre sulla base di un’apposita indagine di mercato, dapprima
operandone una diminuzione in sede di bando e poi innalzandola nuovamente
con un atto successivo sulla base di alcune pressioni provenienti da operatori
economici che ritenevano la base d’asta incapiente rispetto alla qualità dei pro-
dotti che avrebbero potuto offrire.
Rispetto a tale situazione, il TAR accoglieva il motivo di censura con cui un
operatore aveva denunciato tale innalzamento della base d’asta ritenendo inopi-
nata la modificazione apportata alla legge di gara e non corredata da una con-
vincente motivazione; in particolare, osserva il TAR, «la prima versione del
bando era derivata dalla ricordata indagine di mercato commissionata dalla sta-
zione appaltante, mentre la modificazione dell’opinione originariamente accolta

ma la loro inattendibilità per l’insufficienza del criterio o per il vizio del procedimento appli-
cativo».
342 MASSIMO NUNZIATA

è derivata dalle sole pressioni esercitate da due operatori del settore che hanno
vantato di poter offrire prodotti di livello superiore alla sola condizione di poter
aspirare a praticare un prezzo più elevato». Di talché, il TAR disponeva l’annul-
lamento integrale della gara assumendo che, potendo ben accadere che un’am-
ministrazione si avveda di essere incorsa in errore nella fissazione di una base
d’asta, essa ha però l’obbligo di motivare adeguatamente la ragione per cui ha
improvvisamente disatteso un’indagine di mercato soprattutto se per un im-
porto così rilevante13.
La decisione del TAR veniva poi riformata dal Giudice di appello, il quale
riteneva che «a differenza di quanto sostenuto dall’originaria ricorrente, la de-
terminazione dell’Amministrazione è motivata congruamente con riferimento
alle istanze svolte da taluni operatori economici e alle nuove indagini di mercato
effettuate»14.
Nell’ambito del percorso argomentativo il Consiglio di Stato ha ribadito al-
cuni principi che governano la determinazione dell’importo da porre a fonda-
mento del confronto competitivo, rammentando che la base d’asta va indivi-
duata facendo riferimento a criteri oggettivamente verificabili e che essa, sep-
pure non deve essere corrispondente necessariamente al prezzo di mercato,
tuttavia non può essere arbitraria o manifestamente sproporzionata, con conse-
guente alterazione della concorrenza15.
Secondo il Giudice d’appello, quindi, la misura del prezzo a base d’asta
non implica una mera scelta di convenienza e opportunità ma una valutazione
che va condotta alla stregua di cognizioni tecniche che si riferiscono, tra l’altro,
all’andamento del mercato nel settore, alle tecnologie richieste alle ditte per l’e-
spletamento dell’appalto, al numero di dipendenti che devono essere impiegati,
al rapporto qualità-prezzo per ogni contratto.
In altri termini, il valore da porre a fondamento della competizione deve
essere determinato facendo riferimento a criteri verificabili, in quanto «[…] la
base d’asta stessa, seppure non deve essere corrispondente necessariamente al
prezzo di mercato, tuttavia non può essere arbitraria perché manifestamente
sproporzionata, con conseguente alterazione della concorrenza»16.
Del resto, la legge prevede che le stazioni appaltanti debbano garantire la
qualità delle prestazioni, non solo nella fase di scelta del contraente (cfr. art. 97,
d.lgs. n. 50/2016, in tema di esclusione delle offerte anormalmente basse) ma
anche nella fase di predisposizione dei parametri della gara (cfr. art. 30, comma
1, d.lgs. n. 50/2016). Il che ha portato la giurisprudenza amministrativa a rite-
nere che «la determinazione del prezzo posto a base di gara non può, quindi,
prescindere da una verifica della reale congruità in relazione alle prestazioni e ai
costi per l’esecuzione del servizio, ivi comprese le condizioni di lavoro che con-

13 La sentenza è del TAR Liguria, sez. I, 19 aprile 2019, n. 360.


14 Cons. St., sez. III, 24 settembre 2019, n. 6355.
15 In argomento, Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081; Id., sez. III, 10 maggio 2017, n.

2168.
16 Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081; Id., sez. III, 10 maggio 2017, n. 2168.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 343

sentano ai concorrenti la presentazione di una proposta concreta e realistica,


pena “intuibili carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell’azione della
Pubblica Amministrazione, oltre che di sensibili alterazioni della concorrenza
tra imprese»17.
Anche l’Autorità di regolazione ha precisato che «le stazioni appaltanti,
nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi,
non possono limitarsi ad una generica e sintetica indicazione del corrispettivo,
ma devono indicare con accuratezza e analiticità i singoli elementi che compon-
gono la prestazione e il loro valore. Le stesse devono procedere già in fase di
programmazione alla stima del fabbisogno effettivo in termini di numero di ore
di lavoro/interventi/prestazioni e alla predeterminazione del costo complessivo
di ciascuna prestazione»18.
Tuttavia, da tale declinazione prevalentemente tecnica dell’apprezzamento
affidato all’amministrazione si fa discendere – quanto al controllo giurisdizio-
nale – che il sindacato debba essere «limitato ai casi di complessiva inattendibi-
lità delle operazioni e valutazioni tecniche operate dall’amministrazione, alla il-
logicità manifesta, alla disparità di trattamento, non potendo il giudizio, che il
Tribunale compie, giungere alla determinazione del prezzo congruo»19. In altri
termini, «le valutazioni tecniche, come quelle che riguardano la determinazione
della base d’asta, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte
al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano mani-
festamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un
altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti che non può dedursi dalla
presentazione di conteggi e simulazioni, unilateralmente predisposti dalla parte
appellante, che non evidenziano alcun manifesto errore logico o di ragionevo-
lezza e che, comunque, non dimostrano un’impossibilità oggettiva, a carico di
ogni potenziale concorrente, di presentare un’offerta, ma dimostrano semplice-
mente l’impossibilità soltanto per l’attuale appellante, di presentare un’offerta, il
che è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità della procedura di
gara»20.
Da ciò consegue che, nei casi in cui la scelta risulti congruamente motivata,
la decisione giudiziaria non può sovrapporsi a quella della stazione appaltante,
pena il «travalicamento da parte del giudice amministrativo del limite al proprio
sindacato di legittimità»21.

3.2. Il sindacato sulla suddivisione in lotti della commessa


Un ulteriore filone giurisprudenziale interessante per approfondire l’esten-
sione del sindacato è quello che incide sulle valutazioni compiute dall’ammini-
17 TAR Campania, Napoli, sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5887; TAR Sicilia, Palermo, 18

marzo 2011, n. 2360.


18 Linee Guida ANAC, delibera 20 gennaio 2016, n. 32.
19 TAR Sardegna, sez. I, 18 ottobre 2011, n. 992, recentemente ribadita da Cons. St., n.

6355/2019, cit.
20 Cons. St., sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6006.
21 Cons. St., sez. III, 24 settembre 2019, n. 6355.
344 MASSIMO NUNZIATA

strazione ai fini della eventuale suddivisione in lotti della commessa oggetto


d’appalto. Come noto, la più recente normativa europea e nazionale prevede
che, al fine di favorire l’accesso al mercato dei contratti pubblici di micro, pic-
cole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti fun-
zionali o prestazionali. L’obbligo è talmente pregnante che, in caso contrario, «le
stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel
bando di gara o nella lettera di invito»22.
La disposizione normativa, in altri termini, impone alle Stazioni appaltanti
di suddividere l’appalto in diversi lotti proprio per assicurare una più ampia
partecipazione possibile in ossequio al principio fondamentale di concorrenza
sotteso allo svolgimento delle pubbliche commesse.
Al riguardo, la giurisprudenza ha chiarito il carattere prettamente tecnico
di tale valutazione, con le connesse ricadute in tema di modalità e limiti del re-
lativo sindacato giurisdizionale. In quest’ottica, si è precisato che «la scelta della
stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, costi-
tuisce dunque una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordi-
namento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto
esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei
lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente
con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal proce-
dimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ri-
cordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ra-
gionevolezza»23.
Alla luce di ciò, l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione tec-
nica attribuito all’amministrazione è sottoposto ad un sindacato giurisdizionale
nei noti limiti dei canoni generali dell’azione amministrativa, ovvero ragionevo-
lezza e proporzionalità, oltre che adeguatezza dell’istruttoria; istruttoria che
deve essere volta «volta a conciliare l’esigenza, posta a base della normativa sulla
centralizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, di evitare con-
venzioni “mono-contratto”, con i contrapposti imperativi di massima concor-
renzialità ed apertura del mercato dei contratti pubblici agli operatori di minori
dimensioni, debitamente posti in rilievo dal tribunale amministrativo»24.
Alla luce del parametro normativo sopra richiamato, lo schema del con-
trollo giudiziale su questo tipo di valutazioni è duplice: in primo luogo, il giu-
dice deve accertare se il valore dei lotti stabilito dalla stazione appaltante sia
22 Attualmente la disposizione di interesse è recata dall’art. 51, d.lgs. n. 50/2016. A tal ri-

guardo, fra l’altro, la giurisprudenza ha precisato «il diverso spessore che il dovere di suddivisione
ha assunto nel passaggio dalla previgente disposizione di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.lvo n.
163/2006, che ne subordinava l’assolvimento a condizioni di “possibilità” e “convenienza econo-
mica”, a quello attualmente vigente di cui all’art. 51 d.lvo n. 50/2016, laddove più perentoria-
mente e, verrebbe da aggiungere, incondizionatamente sancisce che “le stazioni appaltanti suddi-
vidono gli appalti in lotti…”, rafforzando tale dovere con la previsione di uno specifico onere mo-
tivazionale», Cons. St., sez. III, 26 settembre 2018, n. 5534.
23 Cons. St., sez. III, 13 novembre 2017, n. 5224.
24 Cons. St., sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038; in argomento, anche Id., sez. III, 22 febbraio

2018, n. 1138.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 345

«adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte


delle microimprese, piccole e medie imprese»; in ogni caso, e soprattutto ove
questo primo riscontro sia negativo, il giudice deve verificare se l’amministra-
zione abbia osservato il “protocollo” operativo dettato dalla norma e cioè se ha
correttamente adempiuto al prescritto obbligo motivazionale, pervenendo a so-
luzioni logiche e plausibili. In questa seconda fase, la ragionevolezza della scelta
è valutata soprattutto sotto il profilo tecnico alla luce di criteri che variano in re-
lazione al caso di specie, quali le caratteristiche intrinseche dell’oggetto della
commessa e dei connessi processi produttivi oltre naturalmente all’aspetto tem-
porale che evidentemente incide sulla effettiva apertura al mercato.
Infatti, la mancata suddivisione in lotti non rappresenta un autonomo sin-
tomo di illegittimità e però, soprattutto in relazione alle procedure di notevole
importo bandite dalle grandi centrali di committenza e dai soggetti aggregatori
di grandi dimensioni, «la tutela della concorrenza impone una ragionevole e
proporzionata determinazione dell’oggetto e della tipologia delle prestazioni,
dell’importo dei lotti, della loro allocazione territoriale, della durata, delle im-
posizioni di clausole o di condizioni particolari che, in ogni caso, non devono fi-
nire di fatto per favorire una impresa rispetto ad un’altra»25.
Esaminando i più recenti orientamenti interpretativi, si nota che la giuri-
sprudenza esercita un sindacato abbastanza incisivo sulle valutazioni effettuate
dalla stazione appaltante soprattutto se si considera il carattere spesso apodittico
della motivazione dei provvedimenti.
Così, ad esempio, si è ritenuto del tutto insufficiente a integrare l’onere
motivazionale imposto dalla norma la dichiarata «esigenza di “evitare disfun-
zioni organizzative conseguenti al frazionamento dell’appalto” laddove non ven-
gano “precisate le “disfunzioni organizzative” cui il “frazionamento dell’ap-
palto” darebbe luogo né dimostrata l’insussistenza di rimedi atti ad evitarle”».
Rilevata l’insufficienza della motivazione, in alcuni casi la giurisprudenza si è
spinta anche a proporre una legittima soluzione alternativa, ad esempio rile-
vando che il rispetto dei canoni operativi che devono ispirare la suddivisione in
lotti dell’appalto avrebbe «imposto quantomeno, nel caso concreto, la suddivi-
sione dell’appalto in lotti corrispondenti alle diverse strutture sanitarie benefi-
ciarie del servizio, prescindendo dagli accorpamenti che hanno caratterizzato i
lotti 2, 3, 4, 5 e 7»26.
Il carattere stringente del sindacato deriva anche dalla circostanza che la
suddivisione dei lotti auspicata dalla norma deve “effettivamente” consentire la
partecipazione alla gara dei soggetti economici di più modeste dimensioni.
Sotto questo profilo, non mancano decisioni che riscontrano il carattere
solo apparente dell’articolazione in lotti disposta dalla stazione appaltante che

25 Cons. St., sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491, in cui la valutazione negativa della ragionevo-

lezza della scelta amministrativa è dipesa dalla considerazione unitaria del basso numero dei lotti
in cui l’appalto è stato suddiviso, dal loro rilevante importo, dalla notevole estensione temporale,
dalla concreta articolazione sotto il profilo negoziale e produttivi.
26 Cons. St., n. 5534/2018, cit.
346 MASSIMO NUNZIATA

però in concreto non si rivela conforme ai paradigmi normativi e ai principi in


materia di tutela della concorrenza e del libero mercato, soprattutto laddove
«una maggiore articolazione dei lotti e l’apposizione di limiti all’aggiudicazione
di tutti i lotti a un’unica impresa, costituiva nel caso di specie un’opzione tecni-
camente possibile e non eccessivamente gravosa per la Pubblica Amministra-
zione committente»27.
In definitiva, il contenzioso sulla suddivisione in lotti si caratterizza per un
sindacato che, per un verso, tiene conto delle peculiarità oggettive della com-
messa per valutare la ragionevolezza tecnica della scelta28 e, per altro verso e
forse maggiormente, si sofferma sulla congruità del percorso motivazionale che
supporta la decisione dell’amministrazione con la conseguenza che, laddove
questa sia esaustiva ed esente da vizi logici, raramente viene sottoposta ad ulte-
riore verifica da parte del giudice amministrativo (ad esempio ricorrendo ad ac-
certamenti peritali).

3.3. Il sindacato sulla valutazione delle offerte


Il terreno principale per studiare il sindacato giudiziale sulla discrezionalità
tecnica in materia di contratti è sicuramente quello relativo alle controversie che
attengono alla valutazione delle offerte tecniche. È noto, del resto, che le nuove
direttive europee del 2014 hanno tentato di superare la tradizionale equi-ordi-
nazione dei criteri di aggiudicazione in favore della prevalenza dell’offerta eco-
nomicamente più vantaggiosa, fondando il confronto competitivo tra i concor-
renti più che altro sulla meritevolezza tecnica delle soluzioni progettuali con la
conseguenza che il tradizionale problema del sindacato sulle valutazioni tecni-
che assume oggi ancora più importanza.
Al riguardo, è pacifico l’orientamento della giurisprudenza secondo cui le
censure che entrano nel merito della valutazione opinabile svolta dalla Commis-
sione sono inammissibili perché, fatto salvo il limite della abnormità della scelta
tecnica, conducono il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitu-
tivo al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a. in materia di giurisdi-
zione di merito29.
In altri termini, il giudice di legittimità può spingere il proprio accertamento
fino a controllare l’attendibilità delle valutazioni tecniche eseguite dalla Stazione
appaltante, al fine di verificare se il potere amministrativo sia stato esercitato nel

27 Cons. St., n. 1491/2019, cit., secondo cui «per contro, le reali ragioni sottese alla suddivi-

sione dell’appalto in sei macro-lotti non sono state specificamente indicate negli atti di gara. Né le
finalità delle scelte complessivamente adottate sono ricavabili dagli atti istruttori della Commis-
sione Tecnica Regionale depositati nel giudizio di primo grado dall’Azienda […] dai quali emerge
solo genericamente un richiamo alla contiguità territoriale delle Aziende Sanitarie».
28 Ad esempio, nel giustificare la mancata suddivisione in lotti di una commessa che preve-

deva prestazioni sia di vigilanza armata che di portierato, Cons. St., n. 1138/2018, cit. si sofferma
sulla difficoltà tecnica di distinguere nettamente i profili riconducibili ai due servizi.
29 Di recente, Cons. St., sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173; Id., sez. III, 21 novembre 2018, n.

6572.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 347

rispetto dei criteri di logicità, congruità e ragionevolezza ma non può sostituirsi


all’amministrazione negli apprezzamenti di merito; da ciò consegue, a fronte dei
giudizi tecnici della Commissione, la sola ammissibilità di censure con cui ven-
gono evidenziate macroscopiche irrazionalità, incongruenze o palesi illogicità e
travisamenti30. Infatti, «la valutazione delle offerte tecniche, ai fini dell’attribu-
zione del relativo punteggio, costituisce senza dubbio manifestazione di discre-
zionalità tecnica dell’Amministrazione, connotata da un oggettivo margine di
opinabilità e pertanto censurabile soltanto per errori di fatto o per manifesta il-
logicità o irrazionalità del giudizio della Commissione. In altri termini, il giudice
amministrativo, pur potendo pienamente conoscere i fatti di causa, non può però
sostituire la propria valutazione con quella riservata in via esclusiva alla stazione
appaltante, pena l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del primo (cfr. Cas-
sazione civile, Sezioni Unite, 17.2.2012, nn. 2312 e 2313)»31.
Da tale assunto consegue che, per potere efficacemente sconfessare il giu-
dizio della Commissione giudicatrice, non è sufficiente evidenziare la mera non
condivisibilità della valutazione, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inat-
tendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto.
E tuttavia, esaminando gli orientamenti interpretativi in materia di sinda-
cabilità delle valutazioni tecniche emerge un atteggiamento evolutivo della giu-
risprudenza che, rispetto a un’originaria ritrosia, sembra talvolta addentrarsi
maggiormente nel percorso motivazionale seguito dal Seggio.
Emblematica di questo percorso evolutivo è una vicenda giurisprudenziale
in cui il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo che il sindacato invocato
avrebbe avuto carattere sostitutivo, afferendo al merito delle valutazioni tecnico-
discrezionali espresse dalla Commissione, e che l’assenza di abnormi anomalie,
indici dell’eccesso di potere sindacabile dal giudice amministrativo, sarebbe
stata dimostrata «sia dalla complessità dell’iter argomentativo prospettato in ri-
corso sia dalla necessità di avvalersi di una perizia tecnica»32. In altri termini,
probabilmente ispirandosi a schemi concettuali ormai anacronistici, il giudice di
primo grado aveva ritenuto che l’esigenza di dover disporre un accertamento
peritale fosse un indice presuntivo tale da condurre la censura nel perimetro del
merito tecnico insindacabile.
Rispetto a tale statuizione del primo giudice, il Consiglio di Stato ha vice-
versa precisato che né l’iter argomentativo particolarmente complesso del ri-
corso, con una molteplicità di censure piuttosto articolate sul piano tecnico in
riferimento ai numerosi elementi di valutazione, né l’invocato esperimento di
una attività istruttoria, a mezzo di verificazione o di consulenza tecnica d’ufficio,
possono ritenersi indici del fatto che le censure afferirebbero al merito della va-
lutazione tecnica; infatti, prosegue il giudice di appello, l’anomalia della valuta-
zione e l’abnormità dell’errore non sempre emergono ictu oculi ma implicano la

30 Cons.St., sez. V, 17 gennaio 2018, n. 279.


31 TAR Lombardia, Milano, 10 giugno 2016, n. 1171.
32 TAR Puglia - Bari, sez. II, 15 gennaio 2019, n. 61.
348 MASSIMO NUNZIATA

messa a fuoco e la comprensione di fatti particolarmente complessi già sul piano


tecnico. Ciò viceversa impone, sotto il profilo istruttorio, che il giudice ammini-
strativo ricorra a cognizioni tecniche altamente specialistiche e differenziate
«con un pieno accesso ai fatti che solo una doverosa attività istruttoria, in molte
ipotesi, può garantire sul piano di una tutela giurisdizionale piena ed effet-
tiva»33. Laddove manchi un esame istruttorio di questo tipo, da svolgersi anche
per mezzo di consulenti tecnici, dietro la declaratoria di inammissibilità del ri-
corso si celerebbe una “formula pigra” o una “motivazione apparente” che si
traduce in un sostanziale rifiuto di giurisdizione e in un’abdicazione alla propria
doverosa potestas iudicandi da parte del giudice amministrativo anche entro il li-
mite, sempre indiscusso anche in questa prospettiva, di un apprezzamento che
rimane entro il margine del sindacato giurisdizionale intrinseco, ma “debole”.
Proprio alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato, «integrando la
motivazione alquanto carente della sentenza impugnata» ha ritenuto di proce-
dere all’esame dei singoli motivi di ricorso per verificare se le censure tecniche
proposte «siano effettivamente capaci di infirmare il giudizio espresso dalla
Commissione giudicatrice, dimostrandone l’inattendibilità, e rovesciare l’esito
della comparazione o non siano invece solo il frutto di un ragionevole, per
quanto opinabile, apprezzamento tecnico, non sindacabile se non a costo di so-
stituire la valutazione del giudice amministrativo a quella della pubblica ammi-
nistrazione»34. Nel caso di specie, comunque, il giudice d’appello ha comunque
convalidato l’attività dell’amministrazione ritenendo, in esito all’esame dei cri-
teri di valutazione e delle offerte presentate, che l’operato della commissione
fosse esente dai vizi contestati.
Nonostante l’estensione interpretativa rintracciabile in alcuni orientamenti
più recenti, permangono alcune “zone franche” in cui le valutazioni rese dalla
Commissione restano effettivamente quasi insindacabili.
Fra queste, emblematico è il caso della valutazione delle offerte secondo il
metodo del c.d. confronto a coppie.
Come noto, attraverso il meccanismo del confronto a coppie, la valutazione
delle offerte non avviene in termini assoluti ma attraverso un giudizio compara-
tivo di ciascuna rispetto alle altre. In questi casi l’iter di selezione si fonda su
“preferenze” perché i commissari non esprimono un “voto” ma confrontano a
due a due (di qui “confronto a coppie”) le offerte con attribuzione delle relative
preferenze da parte del singolo commissario secondo una gradazione dei livelli
di preferenza35.

33 Cons. St., sez. III, 2 settembre 2019, n. 6058, in cui si è precisato che, soprattutto laddove

le censure proposte sono idonee a superare la c.d. prova di resistenza e quindi a rivelarsi astratta-
mente decisive, il giudice «non può trincerarsi dietro ad una declaratoria di inammissibilità delle
stesse per l’impossibilità di esercitare un sindacato sostitutivo se non ha proceduto almeno ad un
sommario, essenziale, esame delle stesse, nella misura in cui appunto le ritenga idonee a superare
detta prova, un esame dal quale si evinca motivatamente che dette censure non disvelano un’ab-
normità della valutazione, del tutto illogica e/o parziale, o un manifesto travisamento di fatti».
34 Cons. St., n. 6058/2019, cit.
35 Cons. St., sez. III, 15 novembre 2018, n. 6439.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 349

In questo senso, il metodo del c.d. “confronto a coppie” è un peculiare


modo attuativo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nel-
l’ambito del quale ogni elemento qualitativo dell’offerta è oggetto di valutazione
attraverso la determinazione dei coefficienti all’interno di una tabella triango-
lare, nella quale le offerte di ogni concorrente sono confrontate a due a due e,
per ogni coppia di offerte, ogni commissario indica l’elemento che ritiene prefe-
ribile, attribuendo un punteggio che esprime un certo grado di preferenza36; cia-
scun commissario esprime il proprio giudizio di preferenza variamente graduato
espresso in forma lessicale che viene successivamente sommato a quello degli al-
tri commissari, per formare la preferenza della commissione sull’offerta di cia-
scun concorrente37.
Alla luce di tale specifica declinazione del criterio di valutazione, l’orienta-
mento della giurisprudenza è ormai consolidato nel ritenere che, una volta ac-
certata la correttezza dell’applicazione del metodo del confronto a coppie, non
resta spazio alcuno per un sindacato del giudice amministrativo nel merito dei
singoli apprezzamenti effettuati e, in particolare, sui punteggi attribuiti nel con-
fronto a coppie, che indicano il grado di preferenza riconosciuto ad ogni singola
offerta in gara, con l’ulteriore conseguenza che la motivazione delle valutazioni
sugli elementi qualitativi risiede nelle stesse preferenze attribuite ai singoli ele-
menti di valutazione considerati nei raffronti con gli stessi elementi delle altre
offerte38. In tale contesto, la motivazione può ritenersi insita nei punteggi pur-
ché il bando contenga a monte criteri di valutazione sufficientemente dettagliati
che consentano di risalire con immediatezza dalla ponderazione numerica alla
valutazione ad essa sottesa39.
Sul piano del sindacato, dunque, l’indagine si sposta sul grado di specificità
dei criteri di valutazione predeterminati nel caso concreto, essendo pacifico che
l’onere motivazionale cui sono astrette le Commissioni valutatrici può ritenersi
assolto solo allorché siano definiti nel dettaglio i criteri e i sub-criteri di valuta-
zione, con un’adeguata ponderazione tra di essi40.

36 Cons. St., sez. III, 21 luglio 2017, n. 3622.


37 Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2016, n. 4415.
38 Cons. St., sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969; Id., sez. V, 24 ottobre 2016, n. 4415; Id., sez.

III, 24 aprile 2015, n. 2050: Id., 21 gennaio 2015, n. 205).


39 Cons. St., sez. III, 25 giugno 2019, n. 4364; Id., 1° giugno 2018, n. 3301.
40 Il principio è stato ribadito autorevolmente dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

che – nel confermare sotto questo profilo i rilievi dell’ordinanza di rimessione (Cons. St., sez. V,
22 gennaio 2015, n. 284) – ha sottolineato che «il principio della previa fissazione dei criteri di va-
lutazione delle prove concorsuali che devono essere stabiliti dalla commissione esaminatrice, nella
sua prima riunione – o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte – deve essere inqua-
drato nella ottica della trasparenza dell’attività amministrativa perseguita dal legislatore, che pone
l’accento sulla necessità della determinazione e della verbalizzazione dei criteri stessi in un mo-
mento nel quale non possa sorgere il sospetto che questi ultimi siano volti a favorire o sfavorire al-
cuni concorrenti; e tra la necessaria fissazione dei criteri anzidetti e la legittimità dell’attribuzione
del voto numerico che legittimamente sintetizza la valutazione della commissione sussiste un nesso
indissolubile, poiché – se mancano criteri di massima e precisi parametri di riferimento cui rac-
cordare il punteggio assegnato – risulta illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica»,
Cons. St., Ad. Plen., 13 aprile 2015, n. 4.
350 MASSIMO NUNZIATA

3.4. Il sindacato sul giudizio di anomalia


Un altro punto di osservazione privilegiato per studiare l’estensione del
sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche in materia di contratti pub-
blici è il contenzioso riferito al sub-procedimento di verifica dell’anomalia.
Come è noto, alla stregua della normativa nazionale ed europea, il giudizio di
verifica dell’anomalia, finalizzato alla verifica dell’attendibilità e serietà dell’of-
ferta ovvero dell’accertamento dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire
correttamente l’appalto alle condizioni proposte, ha natura globale e sintetica e
deve risultare da un’analisi di carattere tecnico delle singole componenti di cui
l’offerta si compone, al fine di valutare se l’anomalia delle diverse componenti si
traduca in un offerta complessivamente inaffidabile41.
Questo giudizio costituisce espressione di un potere tecnico-discrezionale
dell’amministrazione di cui viene costantemente predicata l’insindacabilità in
sede giurisdizionale, fuorché nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità
o irragionevolezza42.
Al riguardo, secondo l’orientamento tradizionale, il giudice amministrativo
può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione in quest’ambito
sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria,
senza poter tuttavia procedere ad un’autonoma verifica della congruità dell’of-
ferta e delle singole voci, il che rappresenterebbe un’inammissibile invasione
della sfera propria della pubblica amministrazione43. Infatti, «è insegnamento
giurisdizionale pacifico che, con riferimento al procedimento di verifica dell’a-
nomalia delle offerte, il giudice amministrativo possa sindacare le valutazioni
compiute dalla stazione appaltante solo sotto lo stretto profilo della logicità e
della congruità dell’istruttoria, senza poter operare autonomamente alcuna veri-
fica della congruità dell’offerta presentata e delle singole voci, poiché, così fa-
cendo, invaderebbe una sfera propria della p.a., connotata dall’esercizio di di-
screzionalità tecnica»44; ciò sulla base del presupposto che «il sindacato del
G.A. sui giudizi espressione di discrezionalità tecnica deve limitarsi al controllo
formale dell’iter logico seguito; ne consegue che esula dalle competenze di que-
sto il riesame delle autonome valutazioni dell’interesse pubblico compiute dalla
S.A. sulla base delle cognizioni tecniche acquisite, non potendo consistere nella

41 Per un approfondimento di carattere generale sul procedimento di verifica delle offerte


c.d. sospette di anomalia possono vedersi, fra i molti, D. IARIA, I. MARRONE, Aggiudicazione nei
settori ordinari, in M. CLARICH (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici”, Torino,
2019, 738 ss.; F. CAPUTI IAMBRENGHI, Le novità in tema di anomalia dell’offerta, in Il correttivo al
codice dei contratti pubblici, Milano, 2017, 289 ss.; D. CAPOTORTO, L’anomalia dell’offerta: criteri di
individuazione delle offerte sospette e incombenti concernenti gli oneri per la sicurezza, in A. CAN-
CRINI, C. FRANCHINI, S. VINTI (a cura di), Codice degli appalti pubblici, Torino, 2014, 492 ss.
42 Cons. St., sez. V, 5 marzo 2019, n. 1538; Id., 30 ottobre 2017, n. 4978; Id., sez. III, 13

marzo 2018, n. 1069.


43 Cons. St., sez. V, 18 febbraio 2013, n. 974; Id., 19 novembre 2012, n. 5846; Id., 23 luglio

2012, n. 4206.
44 Cons. St., sez. V, 18 febbraio 2013, n. 974.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 351

integrale ripetizione delle operazioni valutative compiute poiché ciò comporte-


rebbe un’inammissibile violazione del principio di separazione dei poteri»45.
Anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti per dimo-
strare la sostenibilità della propria offerta rappresenta un’espressione di discre-
zionalità tecnica e anche con riferimento ad esse il giudice di legittimità può
esercitare il proprio sindacato soltanto in caso di macroscopiche illegittimità,
quali gravi ed evidente errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o infi-
ciate da errori di fatto, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giu-
dizio a quello del seggio di gara46. Anche in questo caso il giudice utilizza
espressamente il concetto di «discrezionalità tecnica» per giustificare un sinda-
cato restrittivo, affermando che «l’esame delle giustificazioni, il giudizio di ano-
malia o di incongruità dell’offerta costituiscono sempre espressione di discrezio-
nalità tecnica di esclusiva pertinenza dell’Amministrazione ed esulano dalla
competenza del giudice amministrativo, che può sindacare le valutazioni della
pubblica amministrazione soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali
gravi e plateali errori di valutazione abnormi o inficiati da errori di fatto; giam-
mai il giudice amministrativo può sostituire il proprio giudizio a quello dell’am-
ministrazione e procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta
e delle singole voci»47.
Pacifico, dunque, che la cognizione del giudice amministrativo sia confi-
nata nei limiti di un sindacato poco invasivo, ne discende l’inammissibilità di
censure preordinate ad ottenere sostanzialmente una riedizione del giudizio di
anomalia da parte dell’organo giudiziale e, dunque, ad impingere nel merito di
una valutazione che costituisce espressione tipica della discrezionalità tecnica
propria della Stazione appaltante.
Fra l’altro, se anche in questo campo la possibilità di utilizzare strumenti
istruttori prima inediti ha consentito al giudice amministrativo di operare un
controllo più stringente sulle valutazioni delle Commissioni, resta fermo il prin-
cipio per cui «con riferimento al sindacato sulle valutazioni amministrative in
tema di anomalia, compito primario del giudice è quello di verificare se il potere
amministrativo sia stato esercitato con un utilizzo delle regole tecniche
conforme a criteri di logicità, congruità, ragionevolezza e corretto apprezza-
mento dei fatti». Da questo punto di vista «il superamento, quindi – grazie an-
che alla novità di cui all’art. 16 l. 21 luglio 2000 n. 205, in tema di consulenza
tecnica – di ostacoli di ordine processuale capaci di limitare in modo significa-
tivo in astratto la latitudine della verifica giudiziaria sulla correttezza delle ope-
razioni e delle procedure in cui si concreta il giudizio tecnico, non toglie che,
anche in relazione ad una non eludibile esigenza di separazione della funzione
amministrativa rispetto a quella giurisdizionale, il giudice non possa sovrapporre

45 Cons. St., sez. V, 28 ottobre 2010, n. 7631; Id., 12 giugno 2009, n. 3769; Id., 18 settembre

2008, n. 4494.
46 Cons. St., sez. V, 5 febbraio 2019, n. 881; Id., 5 settembre 2014, n. 4516; Id., 6 giugno

2012, n. 3340; Id., 29 febbraio 2012, n. 1183.


47 Cons. St., sez. V, 5 febbraio 2019, n. 881.
352 MASSIMO NUNZIATA

la sua idea tecnica al giudizio non contaminato da profili di erroneità e di illogi-


cità formulato dall’organo amministrativo al quale la legge attribuisce la pene-
trazione del sapere specialistico ai fini della tutela dell’interesse pubblico nel-
l’apprezzamento del caso concreto». Con la conseguenza che «nella verifica del-
l’anomalia, pertanto, l’esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del
giudice amministrativo solo allorquando il giudizio negativo sul piano dell’at-
tendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, ren-
dano l’intera operazione economica non plausibile e, per l’effetto, non suscetti-
bile di accettazione da parte della stazione appaltante, e ciò a causa del resi-
duare di dubbi circa l’idoneità dell’offerta minata da spie strutturali di
inaffidabilità, a garantire l’efficace perseguimento dell’interesse pubblico»48.

4. Le tecniche del sindacato giurisdizionale


Il contenzioso amministrativo sui contratti pubblici è un tipo di giudizio in
cui assume un rilievo assai ridotto l’elemento della ricostruzione dei fatti assunti
alla base della valutazione tecnica. Trattandosi di un giudizio di carattere essen-
zialmente documentale – che riflette la natura parimenti documentale del pro-
cedimento – i “fatti” oggetto di quelle valutazioni sono solitamente ben noti al
giudicante e non sono generalmente oggetto di contestazione. La questione pro-
blematica, invece, attiene all’estensione del potere del giudice di sindacare le va-
lutazioni poste in essere dall’amministrazione.
A questi fini, l’intervento che il giudice si assume legittimato a svolgere è
individuato ricorrendo espressamente in modo assai frequente alle categorie tra-
dizionali del “sindacato debole” o del “sindacato estrinseco”.
Come recentemente ripercorso, «nella materia dell’analisi della parte tec-
nica delle offerte dei concorrenti che partecipano ad una pubblica gara, il sin-
dacato del giudice amministrativo può svolgersi:
– con il controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dalla Sta-
zione appaltante nell’esprimere le proprie valutazioni; per questo profilo, la giu-
risprudenza amministrativa ritiene che, in sede di valutazione comparativa delle
offerte, il giudizio di discrezionalità tecnica, caratterizzato dalla complessità
delle discipline specialistiche di riferimento e dall’opinabilità dell’esito della va-
lutazione, sfugga al sindacato del giudice in mancanza di indici sintomatici
esterni (difetto di motivazione, illogicità, erroneità dei presupposti, ecc.) (cfr.,
C.d.S., sez. IV, 10.3.2014, n. 1085; sez. V, 12.3.2012, n. 1369; sez. V, 18.11.2010,
n. 8091; sez. V, 1.10.2010, n. 7262).
– ma anche intrinsecamente, pur senza impingere nel merito delle scelte
dell’Amministrazione, attraverso la verifica diretta – eventualmente tramite l’au-
silio di una consulenza tecnica – dell’attendibilità delle valutazioni/operazioni
tecniche poste in essere, per il profilo della loro correttezza quanto ai criteri tec-
nici applicati (cfr., T.R.G.A. Trento, 11.2.2015, n. 60; 8.4.2011, n. 112).

48 Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2002, n. 2334.


SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 353

In ogni caso, il giudice amministrativo può e deve sottoporre ad analisi il


procedimento seguito dalla Pubblica amministrazione e i relativi esiti valutativi,
per verificare se in essi siano ravvisabili elementi sintomatici della sussistenza di
uno dei tre vizi di legittimità formale e sostanziale (incompetenza, violazione di
legge, eccesso di potere) che della discrezionalità, amministrativa o tecnica, co-
stituiscono il limite. In definitiva, compete a questo giudice il sindacato sulle
modalità e sui percorsi logici attraverso i quali l’Amministrazione è pervenuta
alle contestate conclusioni»49.
Da ciò deriva la convinzione tradizionale che il margine di ammissibilità
delle censure sia circoscritto alla manifesta abnormità o irragionevolezza, sulla
base dell’assunto per cui «il sindacato del giudice amministrativo sui giudizi che
si atteggiano alla stregua di espressione di discrezionalità tecnica, può limitarsi
al controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito nell’attività ammini-
strativa se ciò appare sufficiente per valutare la legittimità del provvedimento
impugnato e non emergano spie tali da giustificare una ripetizione, secondo la
tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche; tale sindacato può
anche consistere, ove ciò sia necessario ai fini della verifica della legittimità della
statuizione gravata, nella verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche
sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico e procedimento
applicativo, fermo restando che esula dal compito del giudice amministrativo il
riesame delle autonome valutazioni dell’interesse pubblico compiute dall’ammi-
nistrazione sulla base delle cognizioni tecniche acquisite»50.
Sempre nei limiti di un controllo estrinseco, la giurisprudenza esercita il
proprio sindacato facendo sempre più spesso riferimento alle figure sintomati-
che dell’eccesso di potere e, fra queste, alla lacunosità dell’istruttoria o della mo-
tivazione, al difetto di proporzionalità, alla disparità di trattamento.
Naturalmente, anche il giudizio amministrativo sui contratti pubblici ha
conseguito una maggiore effettività ricorrendo alle grandi potenzialità dei mezzi
istruttori della verificazione e della consulenza tecnica d’ufficio.

49 TAR Trentino Alto Adige, Trento, 15 febbraio 2016, n. 86 e Id., 11 febbraio 2015, n. 60.
50 Cons. St., sez. VI, 3 maggio 2002, n. 2334. In termini simili (ma l’orientamento è molto
nutrito), può vedersi anche TAR Piemonte, 14 agosto 2015, n. 1320, secondo cui «per costante
giurisprudenza, anche di questa Sezione, le valutazioni della commissione di gara sulle offerte tec-
niche devono considerarsi espressione di discrezionalità tecnica della stazione appaltante e,
quindi, sono assoggettabili ad un sindacato giurisdizionale limitato alla presenza di macroscopiche
illogicità o di evidenti errori di fatto (cfr., ex multis, di recente, Cons. St., sez. V, sentt. nn. 1565 e
1567 del 2015), dovendosi peraltro tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valuta-
tivi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, con la precisazione che il
sindacato del giudice amministrativo può esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u.
o verificazione, solo avuto riguardo ai primi (così Cons. St., sez. V, n. 533 del 2015; TAR Pie-
monte, questa II sez., nn. 854 e 995 del 2015). Si è quindi ritenuto che il riscontro del giudice am-
ministrativo su tali valutazioni discrezionali deve essere svolto “extrinsecus”, nei limiti della rileva-
bilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, risultando preclusa una sostituzione dell’amministra-
zione che costituirebbe un’ipotesi di sconfinamento non ammesso della giurisdizione di legittimità
nella sfera riservata alla p.a. (così TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, n. 13119 del 2014; TAR Friuli-Ve-
nezia Giulia, n. 65 del 2014)».
354 MASSIMO NUNZIATA

Infatti, i limiti della originaria impostazione e «la crescente insoddisfazione


nei confronti della distanza venutasi […] a creare tra il giudice ed i fatti contro-
versi, sono alla base della successiva evoluzione, normativa e giurisprudenziale,
che ha notevolmente ristretto i margini operativi della c.d. discrezionalità tec-
nica. La propensione del giudice amministrativo a spingersi “oltre” la rappre-
sentazione dei fatti forniti dal procedimento è senza dubbio riconducibile alla
nuova configurazione dell’oggetto e della funzione del processo amministrativo,
ispirato al canone della effettività della tutela. Il nuovo codice di rito ha inteso
superare in radice la realtà originaria di un processo in cui la fase istruttoria ver-
teva prettamente su prove precostituite – ovvero su documenti che non si for-
mavano innanzi al giudice nel processo in contraddittorio tra le parti, ma prima
del processo, nel momento stesso in cui il potere veniva tradotto in atto –, do-
tando il giudice di tutti i mezzi di prova necessari a realizzare un sistema rime-
diale “aperto” e conformato al bisogno differenziato di tutela dell’interesse evo-
cato in giudizio»51.
La giurisprudenza ha subito respinto le prime eccezioni formulate all’uti-
lizzo della consulenza tecnica ritenendo che «negare l’ammissibilità del sinda-
cato operato da parte dei C.T.U. nel caso di specie significherebbe precludere al
giudice di legittimità quella piena conoscenza del fatto che costituisce necessa-
rio strumento per un corretto esercizio del proprio potere giurisdizionale. I
C.T.U., nella loro attività, ed il Collegio, nel condividerne le conclusioni, non so-
stituiscono in alcun modo una propria ponderazione dell’interesse pubblico a
quella dell’Amministrazione, ma si limitano piuttosto a saggiare l’attendibilità,
nel caso di specie ritenuta sussistente, dell’attività tecnico-valutativa della
stessa»52.
Superando un atteggiamento originariamente molto timido in tal senso, at-
tualmente non è infrequente il ricorso da parte del giudice amministrativo a tali
mezzi istruttori officiosi per acquisire approfondimenti tecnici in merito al seg-
mento procedimentale contestato anche se ciò avviene ancora in misura molto
modesta rispetto al giudizio ordinario dinanzi al giudice civile.
L’attività del consulente tecnico è sostanzialmente di ausilio al giudicante ai
fini di un migliore accesso a fatti e valutazioni tecniche non immediatamente in-
tellegibili tramite le competenze giuridiche. All’organo peritale, in altri termini,
non è richiesto di formulare una propria valutazione tecnica sostitutiva di quella
già compiuta dall’amministrazione ma, ad esempio, nei contenziosi relativi alle
valutazioni della Commissione è affidato loro il compito di «ripercorrere gli ele-
menti dell’offerta per individuare le caratteristiche di questa e quindi sviscerarla
per far comprendere al Giudice come essa sia stata formata ed a quale risultato
economico conduca nella realtà»53.
Peraltro, laddove le risultanze di tali incidenti istruttori si caratterizzino per
la piena aderenza ai quesiti posti, la compiutezza dell’indagine svolta, la chia-
51 Cons.St., sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990.
52 TAR Lazio, Roma, sez. III, 19 luglio 2007, n. 6775.
53 C.G.A, sez. giurisdiz., 23 luglio 2007, n. 673.
SINDACATO SULLE VALUTAZIONI TECNICHE NEL CONTENZIOSO SUI CONTRATTI PUBBLICI 355

rezza espositiva e l’accuratezza degli accertamenti, essi integrano un rilevantis-


simo strumento istruttorio ai fini dell’esame delle censure e si rivelano spesso
decisivi per la decisione della controversia54.
Ancora sporadiche, invece, sono le occasioni in cui l’approfondimento pe-
ritale è disposto da parte della Corte dei conti nei giudizi di responsabilità, no-
nostante si tratti di un rimedio pacificamente ammesso come da ultimo ribadito
anche dalla recente previsione codicistica secondo cui «il giudice anche d’ufficio
può disporre consulenze tecniche» (art. 94, co. 1, c.g.c.)55. L’auspicio è che an-
che in questo campo possano trovare espansione i mezzi istruttori di carattere
tecnico, soprattutto se si considera che, non di rado, la stessa Procura erariale
pone a fondamento delle proprie azioni le risultanze contenute in consulenze
tecniche di parte.

5. Osservazioni conclusive
La ricostruzione del sindacato sulle valutazioni tecniche in materia di con-
tratti pubblici ha contribuito ad evidenziare il tendenziale superamento dell’ori-
ginario self restraint che caratterizzava il primo approccio giurisprudenziale, in
favore di uno scrutinio che appare oggi più penetrante.
Nonostante questa indubbia evoluzione, il sindacato si rivela ancora in
larga parte insoddisfacente nel senso che permane un atteggiamento troppo ti-
mido della giurisprudenza che, trincerandosi dietro la formula del sindacato de-
bole o estrinseco, di fatto preclude una tutela piena ed effettiva dinanzi alle va-
lutazioni di carattere tecnico.
Alla luce dell’approfondimento sin qui condotto sembra che le ragioni di
tale insoddisfazione non derivino da ostacoli di carattere tecnico-giuridico, po-
tendo questi essere efficacemente affrontati con il ricorso ai mezzi istruttori della
verificazione e consulenza tecnica d’ufficio56, ma siano più di origine culturale, ri-
sultando difficile superare la tradizionale ritrosia del giudice amministrativo ad
entrare nei contenuti di una decisione amministrativa di tipo tecnico.
Una conferma di ciò si rinviene nel fatto che gli orientamenti più evoluti
sembra si stiano formando sugli istituti di più recente applicazione empirica
(come ad esempio la suddivisione in lotti) in merito ai quali gli schemi interpre-

54 TAR Lazio, Roma, sez. II, 12 febbraio 2018, n. 1658.


55 In passato la questione circa l’ammissibilità della consulenza tecnica dinanzi alla Corte dei
conti era stata controversa per lo più in ambito pensionistico, con dubbi comunque sopiti dalla
pronuncia della Corte dei conti, sez. riun., 22 novembre 2007, n. 10.
56 Per un inquadramento dei mezzi officiosi di accertamento istruttorio nell’ambito del per-

corso di giuridificazione dell’efficienza, può vedersi L. IANNOTTA, Merito, discrezionalità e risultato


nelle decisioni amministrative (l’arte di amministrare), in Dir. proc. amm., n. 1/2005, 1 ss., in cui
viene messo in luce che «efficacia, economicità, tempestività, qualità, quantità chiamano in causa
la dimensione tecnica ed economica dell’Amministrazione di risultato ed il rispetto delle relative
regole, attratte nell’ordinamento e divenute parametri giuridici delle decisioni tecniche la cui sin-
dacabilità è stata ammessa prima dalla giurisprudenza amministrativa e poi consacrata dal legisla-
tore attraverso l’estensione della consulenza tecnica alla giurisdizione generale di legittimità, dive-
nuta anche in ragione di ciò giurisdizione piena».
356 MASSIMO NUNZIATA

tativi risultano meno condizionati dalle classiche massime giurisprudenziali in


materia di sindacato debole ed estrinseco che negli altri casi (come ad esempio
in materia di valutazione delle offerte o di esame dell’anomalia) spesso vengono
riportate in modo tralatizio e impediscono un sindacato giudiziale pieno.
La linea evolutiva qui proposta verso un ampliamento del sindacato deve
naturalmente essere armonizzata con la peculiare declinazione dell’attività con-
trattuale in modo da non pregiudicare la certezza e la stabilità delle situazioni
giuridiche oggetto delle determinazioni amministrative. È certo, però, che la na-
tura tecnica dell’apprezzamento non può più rappresentare un ostacolo apriori-
stico alla tutela giudiziale.
CAPITOLO DODICESIMO

IL SINDACATO GIURISDIZIONALE
SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA
IN RELAZIONE ALL’INFORMATIZZAZIONE
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Fulvio Costantino

SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Quali provvedimenti possono essere adottati dagli elabora-


tori, e a quali condizioni. – 3. Discrezionalità tecnica e informatizzazione. – 4. Di-
screzionalità tecnica e rispetto degli algoritmi. – 4.1. (Segue) In generale, l’impiego
di formule matematiche. – 4.2. (Segue) Impiego di algoritmi e adesione del giudice
all’operato dell’amministrazione. – 4.3. (Segue) Impiego di algoritmi e principio
dell’equivalenza. – 4.4. (Segue) Impiego degli algoritmi e intervento critico del giu-
dice amministrativo. – 5. Brevi conclusioni.

1. Premessa
Ci si chiede se e come sinora il giudice amministrativo abbia effettuato il
sindacato sulle valutazioni tecniche dell’amministrazione in tema di informa-
tizzazione.
La ricerca di pronunce che facciano riferimento all’uso dell’informatica da
parte dei poteri pubblici, rispetto alle quali sia posto il tema del sindacato tec-
nico del giudice amministrativo, restituisce pochissimi risultati, e le decisioni
rinvenibili non costituiscono un filone: le sentenze non si citano a vicenda, i ri-
ferimenti in esse contenuti sono relativi a principi consolidati relativi alla discre-
zionalità tecnica, non vengono enunciati dei principi specifici. Dall’analisi della
giurisprudenza amministrativa non emergono così indicazioni univoche relative
all’uso di algoritmi, alla predisposizione e all’impiego di software, alla digitaliz-
zazione dell’operato della pubblica amministrazione in connessione con la di-
screzionalità tecnica.
Un approfondito esame delle pronunce dell’ultimo decennio consente tut-
tavia di identificare alcuni casi nei quali il legame tra informatizzazione e ammi-
nistrazione è presente e in cui si fa riferimento al sindacato sulla discrezionalità
tecnica: proprio perché, come accennato, queste decisioni non sono tra di loro
legate e non sono numerose, non è però possibile fondare agevolmente un di-
scorso ragionato e coerente sul tema.
358 FULVIO COSTANTINO

La trasversalità dell’impiego dell’informatizzazione in ogni campo dell’a-


gire umano, e quindi anche dell’attività amministrativa, ha come riflesso la va-
rietà dei settori ai quali le pronunce giurisprudenziali si riferiscono: i casi esami-
nati riguardano, in particolare, la valutazione dei candidati di un concorso e
delle imprese di una gara, la concessione di finanziamenti, la valutazione dei ri-
schi legati ad infrastrutture.

2. Quali provvedimenti possono essere adottati dagli elaboratori, e a quali con-


dizioni
Vivo è il dibattito sul sindacato del provvedimento oggetto di automazione.
Lo stato della c.d. intelligenza artificiale permette oggi ai software di effettuare
in autonomia molte operazioni procedurali; grazie a sofisticati algoritmi1 essi
sono in grado di modificare nel tempo il loro comportamento iniziale sfruttando
l’esperienza acquisita, di apprendere dai propri errori e prendere decisioni gra-
zie ad enormi moli di dati e sulla base di un’elevata quantità di variabili.
Senza potere né volere qui ripercorrere questo dibattito, si può osservare
che in dottrina si è sinora ritenuto che i provvedimenti vincolati siano automa-
tizzabili2; di conseguenza l’operato della macchina viene ricondotto, in termini
di responsabilità, alle istruzioni dei programmatori e di chi immette i dati 3, il
software viene ricostruito come un atto amministrativo generale4, che può vi-
ziare i provvedimenti derivati e che è frutto di discrezionalità impugnabile a
monte. Si è discusso se anche provvedimenti amministrativi a c.d. bassa discre-
zionalità siano suscettibili di essere automatizzati: in tal caso, la produzione di
tali atti sarebbe il frutto di una legittima scelta di autolimitazione da parte della
pubblica amministrazione, la quale dovrà in tal caso dare indicazioni precise,

1 Non ci si sofferma sulla nozione di algoritmo. Per comodità, ci si richiama alla sentenza

Cons. St., sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2270 secondo la quale si tratta genericamente di «una sequenza
ordinata di operazioni di calcolo».
2 Sul punto sono fondamentali i lavori di A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico.

Primi lineamenti di una ricostruzione, in Enc. dir., Milano, 1997, Aggiorn. vol. I, 221; F. SAITTA, Le
patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del giudice amministrativo, in Riv. dir.
amm. elettronico, 2003, 2; A.G. OROFINO, La patologia dell’atto amministrativo elettronico: sinda-
cato giurisdizionale e strumenti di tutela, in Foro amm. CDS, 2002, 2256 e in Giur. merito, 2003,
400; G. DUNI, L’amministrazione digitale. Il diritto amministrativo nella evoluzione telematica, Mi-
lano, 2008; P. OTRANTO, Decisione amministrativa e digitalizzazione della p.a., in Federalismi.it,
2018. Ricostruiscono le vicende, nella dottrina più recente, L. VIOLA, L’intelligenza artificiale nel
procedimento e nel processo amministrativo: lo stato dell’arte, in Federalismi.it, 2018; I.A. NICOTRA,
V. VARONE, L’algoritmo, intelligente ma non troppo, in Rivista AIC, 2019; M.C. CAVALLARO, G.
SMORTO, Decisione pubblica e responsabilità dell’amministrazione nella società dell’algoritmo, in Fe-
deralismi.it, 2019. In merito all’attività vincolata, si vv. M. MINERVA, L’attività amministrativa in
forma elettronica, in Foro amm., 1997, 1304 e B. SELLERI, Gli atti amministrativi “in forma elettro-
nica”, in Dir. soc., 1982, 140.
3 A.G. OROFINO, La patologia dell’atto amministrativo elettronico: sindacato giurisdizionale e

strumenti di tutela, cit.; F. SAITTA, Le patologie dell’atto amministrativo elettronico e il sindacato del
giudice amministrativo, cit., 19; A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico. Primi lineamenti di
una ricostruzione, Napoli, 1993, 116.
4 U. FANTIGROSSI, Automazione e pubblica amministrazione, Bologna, 1993, 55.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 359

traducibili nel software5. Maggiori perplessità sono state manifestate rispetto alla
produzione automatizzata di provvedimenti discrezionali: il cuore dell’attività, la
ponderazione degli interessi pubblici, non appare facilmente riducibile ad un
calcolo matematico effettuato da un elaboratore6. In questa direzione, si è anche
affermato che l’automazione richiede un carattere di univocità della soluzione,
che non si verificherebbe quando i risultati dell’analisi tecnica, operata attra-
verso il riferimento a scienze non esatte, siano opinabili: per questa ragione l’au-
tomazione degli atti amministrativi oggetto di discrezionalità tecnica appari-
rebbe esclusa in radice7. Nel caso in cui la disciplina scientifica che trova appli-
cazione desse invece luogo ad un risultato esatto, non vi sarebbero ostacoli
particolari all’automazione, sulla base del verificarsi del presupposto, accertato
con l’applicazione della regola scientifica; nel caso di analisi tecnica che avvenga
in fase istruttoria, invece sarebbe possibile una parziale automazione8.
La giurisprudenza amministrativa più recente non ha escluso che anche
l’attività discrezionale e tecnica possano essere oggetto di ricorso agli strumenti
informatici, pur riconoscendo che sarà l’attività vincolata più facilmente e stati-
sticamente oggetto di tale trattamento: «Né vi sono ragioni di principio, ovvero
concrete, per limitare l’utilizzo all’attività amministrativa vincolata piuttosto che
discrezionale, entrambe espressione di attività autoritativa svolta nel persegui-
mento del pubblico interesse. In disparte la stessa sostenibilità a monte dell’at-
tualità di una tale distinzione, atteso che ogni attività autoritativa comporta una
fase quantomeno di accertamento e di verifica della scelta ai fini attribuiti dalla
legge, se il ricorso agli strumenti informatici può apparire di più semplice uti-
lizzo in relazione alla c.d. attività vincolata, nulla vieta che i medesimi fini pre-
detti, perseguiti con il ricorso all’algoritmo informatico, possano perseguirsi an-
che in relazione ad attività connotata da ambiti di discrezionalità. Piuttosto, se
nel caso dell’attività vincolata ben più rilevante, sia in termini quantitativi che
qualitativi, potrà essere il ricorso a strumenti di automazione della raccolta e va-
lutazione dei dati, anche l’esercizio di attività discrezionale, in specie tecnica,
può in astratto beneficiare delle efficienze e, più in generale, dei vantaggi offerti
dagli strumenti stessi»9.

5 A. CONTALDO, L. MAROTTA, L’informatizzazione dell’atto amministrativo: cenni sulle proble-

matiche in campo, in Dir. informatica, 2002, 571, § 2.1.


6 G. SARTOR, Le applicazioni giuridiche dell’intelligenza artificiale. La rappresentazione della

conoscenza, Milano, 1990, 84.


7 A. CONTALDO, L. MAROTTA, L’informatizzazione dell’atto amministrativo: cenni sulle pro-

blematiche in campo, cit., ibidem.


8 A. MASUCCI, L’atto amministrativo informatico, Primi lineamenti di una ricostruzione, cit., 40.
9 Il punto citato è tratto dalla seconda delle due pronunce del 2019 del Consiglio di Stato

relative alla trasparenza degli algoritmi. Sebbene esse non si occupino direttamente del sindacato
sulla discrezionalità tecnica, vi sono dei profili meritevoli di attenzione, soprattutto per gli sviluppi
futuri, visto l’interesse che esse hanno suscitato. Nella pronuncia Cons. St., sez. VI, 8 aprile 2019,
n. 2270, con conclusioni confermate da Cons. St., sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 8742, si afferma
che «la regola tecnica che governa ciascun algoritmo resta pur sempre una regola amministrativa
generale, costruita dall’uomo e non dalla macchina, per essere poi (solo) applicata da quest’ul-
tima, anche se ciò avviene in via esclusiva. Questa regola algoritmica, quindi: possiede una piena
360 FULVIO COSTANTINO

Non è dato tuttavia riscontrare nella giurisprudenza delle ipotesi di prov-


vedimenti riconducibili all’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica adottati au-
tonomamente dagli elaboratori in assenza di decisione umana. Pur tuttavia, non
è del tutto raro rinvenire giudizi che abbiano ad oggetto provvedimenti fondati
sui risultati indicati dai software. Su questi provvedimenti si focalizzerà l’atten-
zione.

3. Discrezionalità tecnica e informatizzazione


Il tema, per quanto non ci si concentrerà su questo profilo, riguarda anzi-
tutto la scelta dell’amministrazione relativa agli strumenti informatici cui fare ri-
corso. Sul punto si veda la recente pronuncia del Consiglio di Stato sez. III, 19
marzo 2020, n. 1957 (caso 1): è stata contestata la legittimità degli atti con i
quali il Ministero dell’Interno ha disciplinato le modalità tecniche di emissione
della nuova carta Carta d’Identità Elettronica (CIE 3.0), in attuazione dell’art.
10, co. 3, del d.l. n. 78 del 2015, in quanto l’innovazione ha privato la società ri-
corrente, che aveva commercializzato la tecnologia c.d. 2.0, ritenuta obsoleta dal
punto di vista tecnico e non più adeguata alle esigenze dell’ordinamento, della
propria posizione di esclusiva. Nel caso esaminato la scelta della pubblica am-
ministrazione è stata qualificata dal giudice come esercizio di discrezionalità tec-
nica, e «l’apprezzamento decisionale […] non è sindacabile, quanto alla scelta

valenza giuridica e amministrativa, anche se viene declinata in forma matematica, e come tale,
come si è detto, deve soggiacere ai principi generali dell’attività amministrativa […] La discrezio-
nalità amministrativa, se senz’altro non può essere demandata al software, è quindi da rintracciarsi
al momento dell’elaborazione dello strumento digitale; vede sempre la necessità che sia l’ammini-
strazione a compiere un ruolo ex ante di mediazione e composizione di interessi, anche per mezzo
di costanti test, aggiornamenti e modalità di perfezionamento dell’algoritmo (soprattutto nel caso
di apprendimento progressivo e di deep learning); deve contemplare la possibilità che […] sia il
giudice a “dover svolgere, per la prima volta sul piano ‘umano’, valutazioni e accertamenti fatti di-
rettamente in via automatica”, con la conseguenza che la decisione robotizzata “impone al giudice
di valutare la correttezza del processo automatizzato in tutte le sue componenti”. In merito poi al
sindacato, si afferma l’irrinunciabile necessità di poter sindacare come il potere sia stato concreta-
mente esercitato, ponendosi in ultima analisi come declinazione diretta del diritto di difesa del cit-
tadino, al quale non può essere precluso di conoscere le modalità (anche se automatizzate) con le
quali è stata in concreto assunta una decisione destinata a ripercuotersi sulla sua sfera giuridica.
Solo in questo modo è possibile svolgere, anche in sede giurisdizionale, una valutazione piena
della legittimità della decisione; valutazione che, anche se si è al cospetto di una scelta assunta at-
traverso una procedura informatica, non può che essere effettiva e di portata analoga a quella che
il giudice esercita sull’esercizio del potere con modalità tradizionali. In questo senso, la decisione
amministrativa automatizzata impone al giudice di valutare in primo luogo la correttezza del pro-
cesso informatico in tutte le sue componenti: dalla sua costruzione, all’inserimento dei dati, alla
loro validità, alla loro gestione. Da qui, come si è detto, si conferma la necessità di assicurare che
quel processo, a livello amministrativo, avvenga in maniera trasparente, attraverso la conoscibilità
dei dati immessi e dell’algoritmo medesimo. In secondo luogo, conseguente al primo, il giudice
deve poter sindacare la stessa logicità e ragionevolezza della decisione amministrativa robotizzata,
ovvero della “regola” che governa l’algoritmo». Su queste due sentenze la dottrina è cospicua: per
tutti, si v. V. CANALINI, L’algoritmo come ‘atto amministrativo informatico’ e il sindacato del giudice,
in Giorn. dir. amm., 2019, 781; R. FERRARA, Il giudice amministrativo e gli algoritmi. Nota estem-
poranea a margine di un recente dibattito giurisprudenziale, in Dir. amm., 2019, 773.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 361

delle stesse discipline o tecnologie di fondo, perché è sempre riservato alla pub-
blica amministrazione un potere/dovere di opzione per l’una o per l’altra nel
merito non contestabile da qualsivoglia soggetto dell’ordinamento, per quanto
direttamente interessato al mercato di riferimento»10. Il giudice si è posto il pro-
blema del sindacato dell’esercizio della discrezionalità tecnica nei limiti della ra-
gionevolezza e della logicità, e ha finito per rigettare le censure11, pur dopo
avere esaminato nel dettaglio i profili tecnici relativi alle due tecnologie, averle
comparate e quindi effettuato una valutazione nuova ed approfondita, con un
sindacato sul contenuto della scelta. In questo senso, il Consiglio di Stato arriva
ad esprimere un apprezzamento per la nuova tecnologia, che «rappresenta […]
la sintesi delle soluzioni più avanzate in termini di sicurezza sia logica sia fisica
e, a riprova di ciò, è non a caso adottata dalla quasi totalità dei Paesi aderenti al-
l’Unione europea», dando una valutazione che appare esorbitante rispetto al
sindacato di mera logicità della amministrazione, e giunge a spiegare nel detta-
glio i profili tecnici e i benefici della tecnologia che giustificano la scelta del-
l’amministrazione12.

10 § 6.2.
11 In particolare per il ricorrente la nuova CIE 3.0 sarebbe stata una soluzione meno efficace
e sicura rispetto alla 2.0, in ordine ai rischi di contraffazione, falsificazione, clonazione e furto di
identità; a ulteriore supporto della propria prospettazione esso osservava anche che il sistema
pubblico per la gestione dell’identità digitale (SPID) e l’attuazione dell’Anagrafe Nazionale della
Popolazione Residente (ANPR), necessari per il funzionamento della CIE 3.0, non erano stati por-
tati a termine.
Il Consiglio di Stato replica alle affermazioni della parte ricorrente attraverso una lunga ed
articolata spiegazione tecnica dell’operatività della CIE 2.0 e CIE 3.0. Difatti esso afferma che «la
CIE 2.0 è una carta di identità emessa presso Comuni cc.dd. sperimentatori e, a bordo della carta,
è presente un chip “a contatti”, la cui lettura necessita, cioè, di un contatto elettrico e, sul retro,
di una banda ottica, tecnologia esclusiva del gruppo HID Global, commercializzata in Italia dalla
società ricorrente; che la banda ottica riporta, leggibili a vista, la foto del titolare, alcuni dati ana-
grafici e il codice fiscale e gli stessi dati sono, poi, riportati in modo codificato e leggibile solo con
dei dispositivi speciali; che la scrittura della banda ottica avviene presso il Comune di emissione,
attrezzato con speciali dispositivi di scrittura forniti dalla ricorrente. Al tempo stesso afferma che
la CIE 3.0, in linea con i documenti di sicurezza più avanzati, è dotata di elementi di sicurezza sul
supporto, è stampata centralmente in laser engraving (una tecnica che non utilizza inchiostri o
pigmenti, ma brucia letteralmente l’interno della carta in modo irreversibile), ed è dotata di un
chip senza contatti che assicura le stesse funzionalità dei passaporti e dei permessi di soggiorno
emessi in Europa; che la sicurezza di questa soluzione è garantita da certificazioni di sicurezza in-
ternazionali perché la tecnica della CIE 3.0 consiste, come detto, nella bruciatura degli strati in-
terni della carta ed è considerata, attualmente, la più sicura tecnica di stampa su documenti».
12 Ad ulteriore supporto della decisione, il collegio disegna anche l’evoluzione della tecno-

logia, affermando che «si deve considerare che la sicurezza moderna si basa su algoritmi ritenuti
sicuri a livello internazionale e non sui dispositivi necessari al loro uso; che la scelta, effettuata nel
2000, di prevedere una banda ottica sulla carta di identità rispondeva, in quel tempo, all’esigenza
di inserire un elemento legato alla persona e realizzato al laser presso il Comune di emissione; che
la personalizzazione e, cioè, la stampa dei dati anagrafici e delle foto nonché la memorizzazione
dei dati sul microchip avveniva presso il Comune e le tecniche di stampa di allora non consenti-
vano di realizzare tali elementi senza specifiche macchine industriali; che negli ultimi anni i note-
voli progressi tecnologici hanno consentito di realizzare ologrammi all’interno della struttura della
carta (interlaver hologram) e stampare in laser direttamente negli strati interni della carta (laser
engraving); che dal 2006 sono sorti documenti conformi alle specifiche ICAO 9303, che permet-
tono di memorizzare informazioni in formato interoperabile all’interno di un microchip e queste
362 FULVIO COSTANTINO

Ancora, correlato, sebbene non quantitativamente e qualitativamente signi-


ficativo rispetto al cuore della ricerca, è il sindacato giurisdizionale sulla parte-
cipazione a finanziamenti, il cui oggetto sia la presentazione di progetti in tema
di innovazione. Nel caso deciso da Consiglio di Stato sez. VI, 11 novembre
2019, n. 7719 (caso 2), relativamente ad una società, che aveva chiesto un finan-
ziamento13, e presentato un progetto di innovazione di prodotto in ambito di e-
learning, il Comitato tecnico per l’innovazione tecnologica deputato alla valuta-
zione ha ritenuto il progetto privo di contenuti innovativi, anche a seguito del
supplemento d’istruttoria di un esperto disposto a seguito del preavviso di ri-
getto. La sentenza di primo grado aveva sostenuto che la valutazione espressa
dall’amministrazione fosse espressione di discrezionalità tecnica non sindaca-
bile. Anche in questo caso il collegio di primo grado non ha ritenuto di dovere
scendere nel merito e in appello il Consiglio di Stato ha confermato la decisione,
ribadendo che «la giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che la
discrezionalità tecnica è sindacabile soltanto quando la valutazione dell’ammini-
strazione risulti contraria al principio di ragionevolezza tecnica. È vietato al giu-

tecnologie hanno avuto una rapida diffusione, attese la loro portata innovativa e la loro compro-
vata efficacia; che, attesa la rapida obsolescenza della c.d. banda ottica, il suo utilizzo è rimasto
confinato a poche tipologie di documenti».
Il giudice arriva quindi a dire che «la CIE 3.0 è stata progettata al fine di garantire sia livelli
che soluzioni di sicurezza svincolati anche da possibili limiti di disponibilità commerciale, in
quanto l’utilizzo dell’interlaver hologram, combinato con la stampa in laser engraving della foto
del titolare, determina un’unione inscindibile e non modificabile tra il dato e la carta su cui è
apposto».
Sulla base di queste motivazioni il giudice rigetta la tesi per cui «la nuova tecnologia della
CIE 3.0 sarebbe meno sicura di quella, già sperimentata, della CIE 2.0, dovendosi aggiungere che
anche il nuovo Reg. UE/2019/1157 ha definito le caratteristiche minime di sicurezza delle carte di
identità elettroniche, rilasciate dagli Stati membri, e tali caratteristiche coincidono con quelle della
CIE 3.0, appena sintetizzate. La nuova tecnologia adottata consente di superare, del resto, la si-
tuazione di lock in, determinata dal diritto di esclusiva vantato dall’odierna appellante, che impe-
disce alla stessa pubblica amministrazione di cambiare facilmente fornitore alla scadenza del pe-
riodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali che consentirebbero ad
un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente».
Il Consiglio di Stato ritorna sul punto, allorché contesta l’affermazione per cui «la tecnolo-
gia sarebbe stata adottata sul presupposto della sua coerenza con la rete SPID e con l’ANPR, non
ancora completati, e per consentire la lettura del chip anche con la tecnologia touchless, di cui
nessuna pubblica amministrazione sarebbe dotata, il Consiglio di Stato afferma che la soluzione
tecnologica adottata non si basa sul completamento di ANPR e di SPID, in quanto al massimo
consente di ottenere l’identità digitale SPID in maniera più rapida. In secondo luogo, si afferma
che il chip contactless, permette già la verifica automatica del documento CIE presso gli stessi
punti dove viene utilizzato il passaporto, dotato della medesima tecnologia (come negli aeroporti
di Fiumicino e Malpensa), e – quanto alle pubbliche amministrazioni e ai notai – la dotazione dei
lettori necessari alla verifica del chip contactless avverrà progressivamente, secondo una logica in-
crementale, via via che vi sarà un volume sufficiente di CIE 3.0 circolanti, e comunque la lettura
delle informazioni presenti sul chip della CIE 3.0 e la verifica dell’autenticità delle stesse può ben
essere effettuata anche attraverso dispositivi di utilizzo comune».
13 Ai sensi del Programma Operativo Nazionale (PON) “FESR Ricerca e Competitività

2007-2013”, sulla base del decreto del ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2009, sul
Fondo rotativo per l’Innovazione Tecnologica (FIT). La sentenza è richiamata in S. TORRICELLI,
Per un modello generale di sindacato sulle valutazioni tecniche: il curioso caso degli atti delle auto-
rità indipendenti, in Dir. amm., 2020, 97, nota 16.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 363

dice amministrativo effettuare un “sindacato sostitutivo” potendo effettuare sol-


tanto un “sindacato di ragionevolezza” o, utilizzando altra espressione, un “sin-
dacato di attendibilità”». Si è ritenuto che, sia dal contenuto delle censure che
dalle valutazioni, l’appello fosse teso a richiedere un sindacato sostitutivo, che il
collegio si è rifiutato di effettuare, in assenza di specifiche figure sintomatiche
dell’eccesso di potere e in presenza di una mera contestazione delle valutazioni
espresse, ritenute non condivisibili14.

4. Discrezionalità tecnica e rispetto degli algoritmi


L’aspetto più interessante del tema in esame è costituito dalle ipotesi in cui
privati o società siano chiamati a rispettare algoritmi determinati dall’ammini-
strazione, o da quelle in cui l’amministrazione valuti i privati sulla base di algo-
ritmi.
In entrambi i casi i principi applicati sono i medesimi, sia allorché l’ammi-
nistrazione si serva di elaboratori che effettuino autonomamente valutazioni e
verifiche sulla base dei parametri impostati, sia nel caso in cui valutazioni e ve-
rifiche vengano utilizzati senza ausilio del computer. Del resto, non è quasi mai
facile comprendere, nel leggere le sentenze, se l’amministrazione si sia servita o
meno di elaboratori nell’applicazione delle suddette formule, e spesso non è
neppure chiaro capire se si tratti di formule elementari o complesse.

4.1. (Segue) In generale, l’impiego di formule matematiche


In questo senso, anche in assenza di pronunce specifiche legate all’infor-
matizzazione, il problema di fondo è quindi l’applicazione di formule matemati-
che per le decisioni amministrative15.
Limitatamente al rapporto tra discrezionalità e formule matematiche la giu-
risprudenza è cospicua, in particolare in materia di pubblici appalti, ed è con-
corde nel riconoscere all’amministrazione ampia discrezionalità sia nella deter-
minazione dei criteri da porre quale riferimento per l’individuazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, che delle relative formule matematiche da uti-
lizzare16. Il profilo è particolarmente importante, perché evidenzia che l’uso di

14 Il Comitato tecnico per l’innovazione tecnologica ha motivato nel dettaglio la non finan-

ziabilità del progetto, rilevando che si trattasse soltanto di attività di sviluppo industriale ordina-
rio di un sistema per lo sviluppo della piattaforma di e-learning per la formazione continua, e che
non contenesse nulla di innovativo, non facendo rifermento a open data, e modalità cloud per l’e-
rogazione del servizio. All’esito del supplemento istruttorio il gestore aveva confermato il giudizio,
rilevando che alcune funzionalità/attività riportate dalla società proponente sotto la voce “innova-
zione da inseguimento” non potevano essere ritenute funzionalità/attività finanziabili secondo il
bando, in quanto erano un mero adeguamento agli standard tecnologici di mercato pro tempore
vigenti nel 2009.
15 Sul punto si v. S. BACCARINI, Motivazione ed effettività della tutela, in Foro amm. TAR,

2007, 3311; M. MATTALIA, L’offerta economicamente più vantaggiosa e l’applicazione della formula
matematica prevista dal disciplinare di gara, in Foro amm. CDS, 2010, 2400.
16 TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 giugno 2020, n. 6248, Cons. St., sez. V, 12 giugno 2013, n.

3239, 22 gennaio 2015, n. 257, 18 giugno 2015, n. 3105.


364 FULVIO COSTANTINO

formule matematiche non esclude affatto che ci si muova nell’ambito delle valu-
tazioni tecniche e sul punto si è chiaramente affermato che le «valutazioni tec-
niche sono giudizi (che tali restano anche laddove implichino l’impiego di for-
mule matematiche)»17.
La scelta della formula quindi rientra nell’attività discrezionale tecnica, per
cui la massima ripetuta dalla giurisprudenza sul punto afferma che «la scelta
della formula matematica da utilizzare per la valutazione dell’offerta economica
è rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione e di conseguenza
nei confronti di tali scelte, che sono tipica espressione di discrezionalità tecnico-
amministrativa, il sindacato giurisdizionale può intervenire solo nei casi in cui le
stesse risultino abnormi, sviate o manifestamente illogiche»18. Molti sono i casi
in cui è stato applicato e rispettato questo principio19.

17 Cons. St., sez. III, 27 novembre 2017, n. 5449.


18 Negli stessi termini in Cons. St. sez. V, n. 2185/2018, id., sez. V, 10 agosto 2016, n. 3579;
id., sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5375; id., sez. V. 15 luglio 2013, n. 3802.
19 TAR Umbria, Perugia, sez. I, 9 aprile 2018, n. 205, in cui il ricorrente ha contestato la

scelta del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto
qualità/prezzo utilizzato per aggiudicare l’appalto in questione, in quanto non si sarebbe tenuto
conto dell’evidente sproporzione tra il peso del prezzo rispetto alla valutazione del merito tecnico;
TAR Toscana, Firenze, sez. III, 5 aprile 2018, n. 478, in cui è stata contestata la formula di attri-
buzione del punteggio all’offerta economica asserendo che detta formula «non è ancorata ai ri-
bassi, ma al mero rapporto fra i prezzi considerati» e che la medesima sarebbe dovuta consistere
in un metodo conducente ad attribuire 0 punti all’offerta peggiore ed il massimo punteggio al-
l’offerta migliore; TAR Lazio, Roma, sez. I, 20 aprile 2017, n. 4737; TAR Lazio, Roma, sez. I, 29
marzo 2017, n. 4001; TAR Veneto, Venezia, sez. III, 10 giugno 2016, n. 619, in cui il ricorrente ha
contestato la formula di attribuzione del punteggio economico per violazione dei principi di eco-
nomicità, ragionevolezza e proporzionalità, in quanto la formulata matematica utilizzata avrebbe
consentito ai concorrenti di conoscere, in anticipo, il punteggio che avrebbero conseguito per la
propria offerta economica; in TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 10 giugno 2016, n. 1171, è stato
denunciato il criterio previsto dal disciplinare per valutare le offerte economiche (all’offerta eco-
nomica è stato attribuito un punteggio massimo all’importo più basso e alle altre offerte punteggi
inversamente proporzionali, con il risultato – ritenuto dal ricorrente irragionevole – di ridurre ec-
cessivamente la rilevanza del profilo economico dell’offerta); Cons. St., sez. VI, 23 ottobre 2015,
n. 4883; Cons. St., sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257 in cui si è ritenuta illegittima la formula previ-
sta dal bando di gara per l’attribuzione del punteggio all’offerta economica, che non sarebbe stata
idonea ad esprimere adeguatamente il notevole divario esistente tra i ribassi percentuali offerti,
determinando un illegittimo appiattimenti dei punteggi conseguiti dalle singole offerte in gara;
TAR Puglia, Bari, sez. I, 8 gennaio 2015, n. 14; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2014,
n. 4; TAR Molise, Campobasso, sez. I, 10 ottobre 2014, n. 520 diffusamente ha precisato che,
nelle procedure selettive, la formula da utilizzare per la valutazione dell’offerta economicamente
più vantaggiosa può essere scelta dall’Amministrazione con ampia discrezionalità, con la conse-
guenza che essa dispone di vasti margini sia nella determinazione dei criteri che nella individua-
zione delle formule matematiche, purché i criteri stessi siano coerenti con le prestazioni che for-
mano oggetto specifico dell’appalto e pertinenti alla natura, all’oggetto e al contenuto del con-
tratto e il sindacato giurisdizionale nei confronti di tali scelte, tipica espressione appunto di
discrezionalità tecnico-amministrativa, è consentito unicamente in casi di abnormità, sviamento e
manifesta illogicità; Cons. St., sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6278 ha stabilito, in un caso in cui
l’autorità portuale di Venezia ha appellato la sentenza con la quale il TAR ha rigettato i suoi ricorsi
che chiedevano l’annullamento dell’ordinanza della Capitaneria di Porto di Venezia, recante ade-
guamento delle tariffe di rimorchio e la parziale ristrutturazione delle tariffe stesse, che la norma-
tiva che affida le tariffe alla certificazione dei dati ed alla formula matematica che li elabora regola
il potere dell’amministrazione in materia e, se dispone limitazioni sul punto, si tratta di autolimi-
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 365

4.2. (Segue) Impiego di algoritmi e adesione del giudice all’operato dell’algoritmo


L’esame di dettaglio dei singoli casi affrontati dal giudice amministrativo,
relativi all’impiego di strumenti informatici, conferma questo indirizzo.
Nel caso affrontato dal Consiglio di Stato sez. III, 1° marzo 2018, n. 1272
(caso 3), con riferimento alla procedura di assegnazione delle frequenze televi-
sive in tecnica digitale nella Regione Lazio, una fondazione, su incarico dell’am-
ministrazione, ha elaborato gli algoritmi di calcolo (relativi alle formule di attri-
buzione dei punteggi) e predisposto la graduatoria dei soggetti abilitati. La ri-
corrente ha sindacato l’attribuzione del punteggio20. Non sono stati posti in
dubbio gli algoritmi e le formule matematiche applicati dall’amministrazione,
ma il Consiglio di Stato, anche in virtù della decisione assunta di dichiarare l’ap-
pello irricevibile, ha ritenuto lo stesso anche infondato, ed invocando generica-
mente «l’elevato tasso di discrezionalità tecnica esercitata dall’amministrazione»,
ha affermato di non volere entrare nel merito della questione.
Nel giudizio conclusosi con sentenza T.A.R. Torino, (Piemonte) sez. I, 1°
agosto 2017, n. 91311 (caso 4), la ricorrente ha posto in dubbio l’esattezza della
affermazione, fondata sulla base di algoritmi, secondo cui i terreni di sua pro-
prietà, e quelli più vicini, fossero esposti ad un rischio idrogeologico connesso
alla presenza del Torrente Frejus. Il Collegio ha ribadito che la valutazione del
rischio idrogeologico è espressione di discrezionalità tecnica, che non consente
la sostituzione del giudice alle scelte della amministrazione; il sindacato deve es-
sere per il collegio “debole”, al fine di verificare solo se la valutazione della am-
ministrazione sia attendibile e bisognosa di nuova ponderazione. Il Collegio ha
ribadito, che per evitare di potere anche surrettiziamente sostituirsi alla ammi-
nistrazione, fondando la decisione su ragioni tecniche dalle quali la amministra-
zione potrebbe sentirsi vincolata, il sindacato, che può richiedere anche una ve-
rifica tecnica dell’operato della amministrazione, risulta ammissibile solo ove
emergano macroscopiche illogicità o travisamenti, che nel caso di specie il col-
legio non ha ravvisato21. Nel testo della pronuncia c’è la consapevolezza che «i

tazioni previste dalla normativa e che nella sua discrezionalità l’amministrazione stessa può ed ha
ritenuto di disporre, per cui la contestazione sulla formula stessa costituisce richiesta di ap-
profondimento di un sindacato che non può estendersi agli aspetti attinenti al “merito tecnico”
delle scelte operate dall’amministrazione; TAR Lazio, sez. II, 4 giugno 2014, n. 5889.
20 In particolare, per mancata attribuzione del punteggio per il patrimonio, mancata mag-

giorazione del punteggio per l’esercizio in ambito infraregionale di frequenze impiegate anche da
altre emittenti, riconsiderazione dello stesso punteggio per copertura di rete.
21 Il Collegio rileva che gli studi sulla base dei quali l’amministrazione ha adottato la sua

determinazione non sono disconosciuti dal ricorrente ma ritenuti «molto cautelativi»: fenomeni di
colata idrica o di ostruzione dell’alveo non possono escludersi; e gli eventi del 2004 avrebbero di-
mostrato che i calcoli, gli algoritmi non sono in grado di prevenire ogni possibile rischio, in
quanto erano state collaudate, sulla base della sola documentazione, opere di mitigazione del ri-
schio terminate da poco e che la colata idrica dell’agosto aveva in parte travolto, non perché pre-
sentassero difetti costruttivi ma perché l’evento era stato caratterizzato da una energia maggiore di
quella prevista. Di conseguenza, non ritiene affetta da manifesta illogicità o travisamento la valu-
tazione secondo cui le aree di proprietà del ricorrente sono esposte ad un rischio idrogeologico
connesso alla vicina presenza del Torrente Frejus.
366 FULVIO COSTANTINO

calcoli, gli algoritmi non sono in grado di prevenire ogni possibile rischio». Cio-
nonostante, il collegio non è arrivato a mettere in dubbio le scelte di fondo del-
l’amministrazione.
Altro caso di applicazione da parte dell’amministrazione di algoritmi è af-
frontato dal Consiglio di Stato nella pronuncia sez. III, 17 dicembre 2015, n.
5707 (caso 5)22, relativa al settore delle telecomunicazioni: si tratta di un giudi-
zio di ottemperanza di una pronuncia che ha parzialmente annullato la delibera
n. 578/10/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, nella parte
in cui essa, fissando il prezzo dei servizi di accesso all’ingrosso alla rete fissa, ha
ritenuto di mantenere il sistema del retail minus (secondo cui, a partire dal
prezzo al dettaglio, viene definito il prezzo all’ingrosso al fine di assicurare un
adeguato margine di remunerazione delle attività per chi opera nel mercato in-
termedio), e non quello dell’orientamento al costo, nella determinazione del
prezzo dei servizi di accesso a banda larga all’ingrosso (WBA) e di rivendita del
canone all’ingrosso (WLR). Tale fissazione è il frutto di due algoritmi23: per en-
trambi risultano fondamentali input e dati24, ma per la ricorrente nessuno di
questi ultimi sarebbe sufficientemente motivato, determinato e, comunque, cor-
retto25. Il Consiglio di Stato ha deciso per la correttezza dell’analisi eseguita dal-
l’Autorità: il ragionamento a fondamento del calcolo è stato ripercorso e non è
stato ritenuto viziato da alcun errore logico ma anzi è stato valutato come lim-
pido, lineare, coerente26; il Consiglio ha altresì smentito che l’Autorità avesse

22 La sentenza è menzionata, per via del suo riferimento alla “falsificabilità”, da A. CASSA-
TELLA, L’eccesso di potere giurisdizionale e la sua rilevanza nel sistema di giustizia amministrativa, in
Riv. trim. dir. pub., 2018, 635.
23 Il primo dei quali utile a condurre alla determinazione del costo medio per linea (“AC”)

sopportato dall’operatore alternativo per fornire il servizio broadband al dettaglio avvalendosi del-
l’accesso disaggregato alla rete locale (“ULL”) e il secondo utile per identificare la dimensione mi-
nima della centrale che rende conveniente per l’operatore alternativo avvalersi dell’ULL anziché
acquistare il bitstream dall’operatore incumbent.
24 Quali il valore dei costi fissi di infrastrutturazione (“FC”) dell’operatore alternativo, la

penetrazione della banda larga nell’area di riferimento e la quota di mercato dell’operatore al-
ternativo.
25 «Per la ricorrente a) i costi fissi di infrastrutturazione sarebbero aprioristicamente e apo-

ditticamente determinati sempre nella misura di 20 euro, senza considerare la variabile della si-
tuazione e della localizzazione della singola centrale, dalla quale dipendono; b) la percentuale di
penetrazione, determinata nel 65%, non indica se si tratti di penetrazione del servizio in tutte le
centrali in aree non aperte all’ULL; c) la quota di mercato si fonderebbe su un’obiettiva sovra-
stima, incentrata sulle figure di un ipotetico operatore “A” e di un ipotetico operatore “B”, che
sono ben lontane e anzi del tutto sganciate dalla realtà del mercato, privando di qualsiasi attendi-
bilità la valutazione effettuata dall’Autorità. La ricorrente critica quindi l’assunto sul quale si
fonda l’Autorità e, cioè, la sua rinnovata scelta di discostarsi dal modello dell’orientamento al co-
sto e alla formula indicata nel Rapporto ERG 2009, andando in direzione esattamente “opposta”
[…], dando per dimostrato un profilo – quello di innalzare il costo del bitstream – che doveva, in-
vece, preventivamente valutare e giustificare, dando luogo ad un vizio proprio della delibera n.
86/15/CONS, per eccesso di potere, e a un vizio di inottemperanza, per elusione del giudicato».
26 «Nel § 21 della delibera n. 86/15/CONS l’Autorità, utilizzando l’apparato analitico for-

nito nel Rapporto ERG 2009, premette di voler procedere, nell’ottica del confronto richiesto da
questo Consiglio, nella sentenza n. 1645/2013, tra l’efficacia della metodologia retail minus in
luogo dell’orientamento al costo, ad una analisi quantitativa volta a dimostrare la ragionevolezza e
la congruità dell’applicazione dello spazio economico fissato nella delibera n. 578 ottobre CONS.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 367

posto a base dei propri calcoli dati inspiegabili, immotivati e/o erronei27; le cen-
sure28, a detta del collegio, sono frutto di un malinteso senso degli effetti confor-
mativi del dictum giudiziale e viziate da un fondamentale errore metodologico,
che consiste nell’assolutizzare il valore del modello economico dell’orienta-
mento al costo, dimenticando che esso, al pari di ogni ipotesi scientifica, può es-
sere falsificato, come insegna l’epistemologia moderna, e non è dunque un
dogma o un punto di partenza indispensabile, ma semmai il risultato, preferibile
o meno, di una indagine rigorosamente condotta sul piano istruttorio dall’Auto-
rità competente. Secondo il giudice amministrativo «il sindacato giurisdizionale
sull’esercizio della discrezionalità tecnica, persino in sede di ottemperanza, ha
ad oggetto la falsificabilità, e non già la falsità, del modello scientifico prescelto
dall’Amministrazione e verifica se tale modello, una volta prescelto dall’autorità

Per analizzare il problema da un punto di vista analitico, chiarisce il successivo § 23 della delibera
n. 86/15/CONS, è necessario calcolare il costo medio per linea sostenuto da un operatore alter-
nativo che fornisce il servizio broadband alle proprie divisioni commerciali utilizzando il servizio
ULL regolamentato. L’Autorità ha espresso il valore di questo costo medio attraverso un’equa-
zione, indicata sempre nel § 23, nella quale assume importanza fondamentale la variabile C, che è
in funzione della dimensione totale della centrale (numero di linee attive S), della penetrazione dei
servizi broadband al dettaglio (P) e della market share dell’operatore alternativo (M). Affinché un
operatore alternativo, caratterizzato da una certa quota di mercato (market share), possa avere co-
sti di infrastutturazione inferiori al prezzo dei servizi bitstream, con conseguente convenienza eco-
nomica ad infrastrutturarsi passando all’ULL, la dimensione della centrale locale S deve essere su-
periore ad un valore minimo (Smin), perché, come si evince dai §§ 24-25 della delibera, più basso
è il prezzo del bitstream, maggiore dovrà essere la dimensione della centrale per far sì che l’ope-
ratore alternativo sia incentivato a collocarsi presso di essa e ad investire in ULL».
27 «Il costo fisso di infrastrutturazione in ULL per un operatore alternativo […] è quello de-

finito dal modello BU-LRIC per l’anno 2012 […]. La percentuale di penetrazione dei servizi
broadband, “in coerenza con i dati utilizzati nel modello di costo” (§ 30 della delibera n.
86/15/CONS), è stata ritenuta pari al 65% sulla base di una ragionevole stima, effettuabile nel
2010 (quando la penetrazione era, circa, il 60%), del valore nazionale nel 2012. L’Autorità ha ben
spiegato, peraltro, che ai fini della scelta del valore medio nazionale, quale valore medio di pene-
trazione, concorra il fatto che le politiche di marketing degli operatori venivano definite dagli ope-
ratori, all’epoca della delibera n. 578 ottobre CONS, in maniera pressoché omogenea sul territo-
rio nazionale e ne ha tratto la ragionevole conclusione che un operatore, nel prendere una deci-
sione di investimento, valuti il rischio di tale investimento, presupponendo che la penetrazione dei
servizi broadband nelle aree interessate sia allineata al valore nazionale. La quota di mercato,
identificata nel 20% per l’operatore di tipo A, tiene conto del fatto che nel 2010 la quota di mer-
cato dell’operatore alternativo di dimensioni maggiori era pari al 15% (e al 21% nelle aree ULL),
mentre i due operatori che seguivano, nella distribuzione dimensionale, vantavano quote di mer-
cato confrontabili, sebbene inferiori, a quelle del primo».
28 Immediatamente prima aveva scritto: «Ritiene il Collegio che il tessuto argomentativo

della delibera n. 86/15/CONS resista, quindi, alle censure qui sollevate, il cui impianto di fondo
appare viziato, in radice, da un errore prospettico, nell’interpretare la sentenza di questo Consi-
glio, laddove essa, senza assumere il modello dell’orientamento al costo ad un assioma, ha de-
mandato all’Autorità di rivalutare, “con un’analisi di tipo comparato e mediante un adeguato ap-
profondimento istruttorio, se la strada indicata dalla Commissione, coerente in toto con il modello
BU-LRIC, sarebbe stata preferibile rispetto all’adozione del retail minus per i servizi WLR e
WBA, non soltanto per consentire una miglior concorrenza tra gli operatori, ma proprio per
favorire una maggior infrastrutturazione”. E tanto l’Autorità ha fatto, nella delibera n. 86/
15/CONS, in modo motivato, logico, e ragionevole, senza eludere l’indagine demandatale e senza
sviare il suo potere, anche istruttorio, per contestare ex post, in sede di riesame dopo l’annulla-
mento giurisdizionale, scelte regolatorie già assunte e già una volta annullate».
368 FULVIO COSTANTINO

competente, sia poi applicato da essa coerentemente e conformemente alle pre-


messe, regole e ai principi propri di quel modello e, cioè, iuxta propria principia,
senza giungere a risultati aberranti o, per la divergenza del risultato rispetto al
fine del potere esercitato, sconfinanti nell’eccesso di potere. Il giudice ammini-
strativo non può sostituire il proprio modello scientifico a quello individuato
dall’Amministrazione, ma solo verificare se l’ipotesi in concreto seguita dal-
l’Amministrazione si sia avverata, e sia quindi verificabile, secondo i principi e le
regole del modello. Tali principi e tali regole, nel caso, però, della scienza eco-
nomica, non sono fissi, rigidi e immodificabili, poiché essi, proprio per l’oggetto
di questa, hanno un grado o un margine di elasticità e di opinabilità tale da giu-
stificare, come in questo caso l’Autorità ha motivatamente giustificato, l’ado-
zione di formule miste o di soluzioni “miste”, purché nel complesso garanti-
scano la coerenza e l’efficienza degli obiettivi in concreto raggiunti dall’Ammi-
nistrazione rispetto alla causa del potere che le è attribuito».
Nella pronuncia T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2014, n. 426
(caso 6)29, in riferimento a una procedura pubblica per la concessione di aiuti a
valere sulla misura 123 del Programma di Sviluppo Rurale Calabria 2007/2013,
la parte ricorrente ha dedotto di avere elaborato il proprio piano industriale in
base ai criteri predeterminati del bando, corredandolo della relativa scheda di
autovalutazione, ed avrebbe illegittimamente conseguito un punteggio inferiore,
in applicazione di criteri sopravvenuti, che hanno introdotto un diverso algo-
ritmo di calcolo30. Il collegio si accontenta di illustrare la procedura e di consta-
tare che i passaggi previsti sono stati rispettati: ricorda che l’atto di specifica-
zione dei criteri di valutazione, adottato dall’autorità è funzionale, come preci-
sato dal bando, alla valutazione, mediante un’oggettiva formula matematica, di
quegli indicatori non automaticamente determinabili in base al bando. In se-
guito, alla commissione valutatrice spetta calcolare – in base agli algoritmi de-
terminati con la nota, assunta prima della valutazione delle domande – il pun-
teggio attribuibile a ciascuna domanda, ai fini della formazione della graduato-
ria. Per tale ragione l’attività di specificazione dei criteri, compiuta dall’autorità,
è ritenuta espressione di discrezionalità tecnica, come tale sindacabile soltanto
in presenza di macroscopiche irrazionalità e incongruenze, ravvisabili qualora
l’organo tecnico, nell’elaborare i sottocriteri, si discosti dalle previsioni conte-
nute nella lex specialis di gara31. Tale circostanza per il collegio non ricorre nel
caso di specie, non si considera illegittima la specificazione dei criteri realizzata
dall’autorità, e il punteggio attribuito in loro applicazione non viene ritenuto in-
ficiato da elementi di macroscopica illegittimità.
Algoritmi sono utilizzati anche nell’ambito dei concorsi universitari. In par-
ticolare si segnala T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 14 marzo 2012, n. 496 (caso
7): il collegio, pur non volendosi addentrare in considerazioni che attengano alla

29 Ma si v. anche TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 14 giugno 2013, n. 679.


30 Con l’assegnazione di un premio di “incidenza” della priorità di filiera, al raggiungimento
di un valore minimo dell’importo ascritto.
31 Si v. TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 29 ottobre 2008 n. 1480.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 369

discrezionalità tecnica della commissione, ha ritenuto il giudizio espresso par-


ziale. Contrariamente alle previsioni del bando, la commissione aveva omesso di
effettuare un accenno all’impact factor dei lavori presentati solo nei confronti
della controinteressata. I quindici contributi redatti dalla ricorrente sono stati
considerati genericamente di “elevato valore scientifico”, senza alcuna precisa-
zione. Viene richiamato l’orientamento secondo cui, in merito alla valutazione
delle pubblicazioni scientifiche, la Commissione d’esame, pur non essendo vin-
colata a decidere in stretta osservanza degli indici di cui all’art. 3 del decreto mi-
nisteriale n. 89 del 2009 (numero totale di citazioni, impact factor totale e medio
per pubblicazione, indice di Hirsch o simili), deve comunque prenderli in consi-
derazione e motivare le proprie determinazioni conclusive anche con riguardo ad
essi, chiarendo le ragioni di un’eventuale pretermissione di tali parametri valuta-
tivi i quali, grazie al loro tendenziale carattere oggettivo ed algoritmico, premiano
la neutralità del giudizio32. Di conseguenza, il metodo seguito nella valutazione
comparativa è apparso irragionevole e non coerente, per avere omesso di ap-
prezzare il peso specifico delle pubblicazioni della controinteressata anche con
riferimento all’impact factor. In questo caso, quindi, viene censurata la mancata
giustificazione del non ricorso al parametro algoritmico, considerato oggettivo.
Nella pronuncia del Consiglio di Stato sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1871
(caso 8), relativa alla licitazione privata indetta dall’A.N.A.S. S.p.a. con proce-
dura d’urgenza per l’affidamento a contraente generale33 della realizzazione di
un tratto dell’Autostrada Salerno - Reggio Calabria, da aggiudicarsi con il crite-
rio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il Collegio decide di disporre
una Consulenza Tecnica d’Ufficio34.

32 Si v. TAR Reggio Calabria, sez. I, 11 agosto 2011, n. 653.


33 Ex art. 1, c. 2, lett. f), della legge 21 dicembre 2001, nr. 433 e 9 del d.lgs. 20 agosto 2002,
nr. 190.
34 Il Collegio riconosce che il sindacato è particolarmente penetrante. Afferma di essere

«ben consapevole dei rischi di un’ingerenza del sindacato giurisdizionale in una sfera di valuta-
zioni discrezionali (quelle relative al giudizio sugli elementi delle offerte tecniche e sulla conse-
quenziale attribuzione dei punteggi) pacificamente riservata all’Amministrazione; tuttavia, è ormai
da circa un decennio che la giurisprudenza è approdata a una più chiara consapevolezza della de-
marcazione esistente tra le valutazioni di opportunità afferenti alla discrezionalità “pura”, ovvero
addirittura al merito amministrativo, e quelle che la p.a. è chiamata a condurre alla stregua di re-
gole tecniche richiamate dalla stessa legge: si è così pervenuti ad ammettere da parte del giudice
un sindacato non soltanto limitato alla verifica di coerenza logica tra le regole tecnico-scientifiche
cui si è fatto ricorso nella scelta discrezionale e la determinazione conclusiva (c.d. sindacato estrin-
seco), ma bensì esteso anche alla stessa attendibilità delle operazioni tecniche e dei loro risultati
(c.d. sindacato intrinseco)». «Secondo l’indirizzo ormai prevalente, un tale sindacato va condotto
sotto il duplice profilo della correttezza del criterio tecnico individuato dalla p.a. e della corret-
tezza del procedimento seguito dalla stessa Autorità per l’applicazione del criterio tecnico pre-
scelto, e si giustifica sulla base della netta distinzione tra la “opinabilità” che caratterizza le valu-
tazioni tecniche e la “opportunità” che connota invece le scelte di merito, tale da rendere da un
lato giustificata e ragionevole la riserva delle seconde all’amministrazione, ma al tempo stesso do-
veroso e imprescindibile il controllo di legalità (anche) sulla corretta applicazione delle regole tec-
niche cui fa richiamo la norma giuridica, che costituisce comunque il parametro di riferimento del
giudizio di legittimità dell’azione amministrativa». «Nella giurisprudenza successiva, peraltro, è
stato chiarito che il predetto sindacato “intrinseco” deve pur sempre arrestarsi al momento della
370 FULVIO COSTANTINO

Al consulente35 viene chiesto non di ripetere la valutazione delle offerte


tecniche, ma di individuare un «verosimile “percorso logico”, ove esistente, che
consenta di apprezzare la congruenza e ragionevolezza dell’operato della Com-
missione aggiudicatrice, sulla base dei criteri di valutazione indicati nel bando di
gara, di principi tecnico-scientifici comunemente accettati, nonché di esperienza
e buon senso, idonei a spiegare se, come e quando le varianti apportate dai due
concorrenti interessati al progetto a base di gara» possano qualificarsi come mi-
gliorative di esso. Per valutare le offerte tecniche, il C.T.U. elabora così un algo-
ritmo di formulazione dei punteggi, fondato su quanto previsto dal bando in or-
dine ai punteggi assegnabili a ciascuna voce delle offerte tecniche ed esamina le
offerte, assegnando alle stesse per ciascuna voce il relativo punteggio in applica-
zione dell’algoritmo. Il collegio, all’esito delle operazioni, rileva una sostanziale
invarianza del rapporto tra i punteggi conseguiti dalle due offerte: l’appellante
replica che l’algoritmo che costituisce il nucleo delle valutazioni condotte dal
C.T.U. è arbitrario e disancorato dagli atti. Il collegio nel caso in esame, con po-
che battute, difende la scelta fatta sostenendo che obiettivo dell’attività istrutto-
ria non era individuare l’iter seguito dalla Commissione di gara per assegnare i
punteggi alle offerte tecniche, ma accertare se esistesse un “percorso logico” in
grado di spiegare ragionevolmente i risultati.

4.3. (Segue) Impiego di algoritmi e criterio dell’equivalenza


A questi casi, nei quali sostanzialmente il giudice non è intervenuto se non
per confermare l’operato dell’amministrazione, va affiancato l’esame di quelle
ipotesi in cui pur sempre il giudice approva l’operato dell’amministrazione, là
dove quest’ultima però ammette soluzioni diverse dal rispetto scrupoloso del-
l’algoritmo.
In primo luogo, nella sentenza T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 9 aprile 2018,
n. 3896 (caso 9), relativa a una procedura aperta per la conclusione di un ac-
cordo quadro con più operatori economici, per la fornitura di defibrillatori im-
piantabili attivi e dei servizi connessi per le pubbliche amministrazioni, il colle-
gio, in applicazione dell’art. 86 comma 8 del Codice dei Contratti Pubblici36,

verifica di congruenza del procedimento tecnico adottato dalla p.a., senza pretendere di sostituire
al giudizio di quest’ultima quello del giudice (c.d. sindacato “debole”): ciò in quanto, allorché vi
siano interessi la cui cura sia dalla legge espressamente delegata ad un certo organo amministra-
tivo, l’ammettere che il giudice possa “autoattribuirseli” rappresenterebbe quanto meno una vio-
lazione delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri dello Stato».
35 Il collegio riconosce come un progresso ineliminabile, sul piano delle garanzie per i citta-

dini amministrati, la possibilità di accesso del giudice al fatto attraverso lo strumento della C.T.U.,
e la conseguenziale piena censurabilità anche del vizio di eccesso di potere, sotto la figura sinto-
matica dell’erronea rappresentazione o dal travisamento dei fatti. Si ritiene la formulazione dei
quesiti e la “rigorosa” modalità seguita «un esempio quasi emblematico di esercizio di un sinda-
cato sulle valutazioni tecnico-discrezionali dell’Amministrazione».
36 Secondo il quale, in linea con il suo antecedente diretto, l’art. 68 d.lgs. n. 163/2006, l’of-

ferente può dimostrare, con qualsiasi mezzo appropriato e idoneo, che le soluzioni offerte corri-
spondono in maniera equivalente alle prestazioni ed ai requisiti funzionali dell’amministrazione
aggiudicatrice.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 371

stabilisce che un concorrente non può essere escluso se possiede una certifica-
zione equivalente ovvero se propone caratteristiche tecniche sostanzialmente
equivalenti e corrispondenti agli standard richiesti dall’amministrazione. Nel
caso esaminato, oggetto del contenzioso era un algoritmo relativo ad una fun-
zionalità37 e, secondo la ricorrente, una delle società vincitrici non avrebbe alle-
gato alla propria offerta idonea letteratura scientifica tale da dimostrare l’effica-
cia dello stesso, asseritamente equivalente a quello richiesto dal capitolato38. In
questo caso il collegio ha ribadito trattarsi di valutazione tecnica e che lo scruti-
nio del Tar doveva intendersi come di carattere estrinseco e non sostitutivo, nei
limiti della apparente logicità e congruenza della scelta opinabile condotta dal-
l’amministrazione, e per tale ragione ha accettato la decisione della commissione
secondo cui la finalità era stata comunque perseguita. Il collegio entra molto nel
dettaglio, ma per confermare quanto sostenuto dalla commissione alla luce della
letteratura scientifica presentata39.
Nello stesso senso, Consiglio di Stato sez. V, 11 giugno 2020, n. 3716 (caso
10): l’appellante impugna la sentenza che aveva accolto il ricorso proposto dal
secondo classificato per l’affidamento dei servizi di sviluppo e gestione del Si-
stema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) per AGEA. Il giudice, a detta
dell’appellante, avrebbe equivocato l’impostazione della gara, ritenendola a
«produttività vincolata», perché la modalità di presentazione dell’offerta econo-
mica era strutturata in modo tale che i concorrenti, avvalendosi di un file excel
messo a loro disposizione, avrebbero dovuto indicare le sole tariffe unitarie per
le figure professionali previste dal capitolato, mentre la formulazione del prezzo
finale della prestazione sarebbe scaturito da un algoritmo basato su un determi-
nato indice di produttività minima stimata dal capitolato. Dal momento che in-
vece l’appellante aveva giustificato il costo delle proprie prestazioni dichiarando
un indice di produttività superiore a quello posto a base dell’algoritmo, la sen-

37 In particolare, l’algoritmo di monitoraggio dell’integrità dell’elettrodo ventricolare.


38 La finalità era quella della riduzione della stimolazione ventricolare destra non necessaria.
L’algoritmo richiesto dal bando era quello di commutazione AAA-DDD. Una delle vincitrici
aveva proposto un dispositivo in grado di stimolare il ventricolo destro in caso di intervenuto
blocco atrio-ventricolare di secondo e terzo grado) mediante il protocollo VIP (sigla che sta per
“Preferenza Intrinseca Ventricolare”) in modo poi ritenuto dal collegio sostanzialmente equiva-
lente a quello espressamente menzionato dalla legge di gara.
39 Si v. sul punto: «nell’impianto di defibrillatori cardiaci bicamerali è preferibile preservare

il ritmo cardiaco intrinseco e stimolare il meno possibile”; “nei pazienti con malattia del nodo del
seno, si mira a una stimolazione del tipo AAI, visto che la stimolazione del ventricolo destro può
essere a lungo termine dannosa. Secondo la valutazione tecnica della commissione, l’algoritmo
della società vincitrice assicura una stimolazione fisiologica (e non una stimolazione ventricolare
che potrebbe determinare anzi un danno). Sul presupposto che l’obiettivo sia la riduzione della
stimolazione ventricolare destra non necessaria, la commissione ha ritenuto l’algoritmo offerto cli-
nicamente equivalente a quello della “commutazione automatica AAI-DDD”. Quanto ritenuto
dalla Commissione trova peraltro pertinente supporto nella letteratura scientifica offerta e men-
zionata. La società indicata ha quindi conseguito il punteggio relativo alla caratteristica migliora-
tiva, in quanto ha dimostrato di possedere la dotazione di un algoritmo di monitoraggio. secondo
il collegio le differenti tecnologie sono riconducibili alle categorie basate su una gestione dell’in-
tervallo AV e quelle basate sul cambio modo AAI/DDD».
372 FULVIO COSTANTINO

tenza avrebbe ritenuto modificata l’offerta economica. L’appellante, nella so-


stanza, ritiene che la deferenza all’algoritmo non avrebbe rispettato quanto pre-
visto nella sostanza nel capitolato e sarebbe stata irragionevole e disfunzionale40.
Il collegio ricorda che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta co-
stituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in
sede giurisdizionale, salvo nei casi in cui la manifesta erroneità o l’irragionevole
operato renda indubbia l’inattendibilità dell’offerta, e ritiene nel caso specifico
la valutazione non affetta da vizi41, in quanto legittimamente è stato permesso al-
l’appellante di dimostrare una produttività migliore rispetto a quella minima sti-
mata nel capitolato42.

4.4. (Segue) Impiego degli algoritmi e intervento critico del giudice amministra-
tivo
In altri casi ancora la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto l’algoritmo
illegittimo.
Nel caso affrontato dal Consiglio di Stato sez. III, 23 gennaio 2017, n. 268
(caso 11), ai fini dell’attività di gestione dei rimborsi dei farmaci, la Regione Pu-
40 Per l’appellante, invece, il Capitolato era univoco nel qualificare la produttività posta a

base dell’algoritmo come “minima stimata”, e la legge di gara non ha previsto in nessun punto
l’obbligo per le imprese di vincolarsi a quella produttività anche nel calcolare i costi che avreb-
bero dovuto sostenere per eseguire la prestazione richiesta. Inoltre, una simile impostazione, oltre
che contrastante con la lettera della legge di gara, sarebbe manifestamente irragionevole e disfun-
zionale: da un lato, si costringerebbero le imprese a misurarsi in sede di giustificativi con una pro-
duttività predefinita e virtuale, e dunque prescindendo dalle caratteristiche effettive della loro or-
ganizzazione aziendale; dall’altro lato, si costringerebbero i concorrenti a contenere i costi esclu-
sivamente sul versante della manodopera, impedendo loro di sfruttare tutte le altre variabili del
processo di produzione.
41 «Ritiene il Collegio che, nonostante per la lex specialis, l’indice di produttività ivi stimato

costituisca il dato convenzionale rilevante per la quantificazione del corrispettivo dovuto per la
realizzazione del singolo function point, ciò non può significare una predeterminazione del costo
che ciascuna impresa dovrà in concreto sopportare, atteso che la procedura concorsuale in que-
stione non tende all’acquisizione di un ammontare predeterminato di personale, bensì all’acquisi-
zione di un determinato numero di function point. Ciò che rileva, in sostanza, è il risultato, e non
la quantità di personale con cui lo stesso sarà raggiunto. Non può condividersi, quindi, la statui-
zione del primo giudice, secondo cui l’espressione “produttività minima stimata” finisce per coin-
cidere con quella di “produttività massima stimata”. Se la lex specialis di gara avesse voluto espri-
mere questo concetto, avrebbe dovuto precisare con una formulazione espressa che si trattava di
un dato inderogabile per i concorrenti sia in peius che in melius. Ed invero, la produttività di-
pende da due elementi: il costo del lavoro e l’efficienza organizzativa; la stessa non può essere,
quindi, vincolata. Aderendo all’interpretazione sposata dalla sentenza, si finirebbe con il limitare
il confronto competitivo sulla componente del prezzo esclusivamente alla remunerazione del per-
sonale, così da premiare il concorrente che riesce a risparmiare sulla retribuzione dei dipendenti
e penalizzare quello che, invece, riesce a contenere i costi sviluppando l’efficienza delle altre va-
riabili del proprio processo produttivo, come la produttività. Questo determinerebbe, peraltro,
l’utilizzazione di personale meno specializzato e che impiega più tempo per espletare le proprie
mansioni, invece di assumere dipendenti più qualificati in grado di produrre quanto richiesto in
un tempo minore. Se la legge di gara obbligasse a questo, contrasterebbe con la ratio ispiratrice
della disciplina europea e nazionale in materia di evidenza pubblica».
42 L’appellante perciò non si ritiene abbia modificato l’algoritmo alla base del foglio di cal-

colo, ma ha, piuttosto, dimostrato di sopportare minori costi in relazione ad una più elevata
produttività.
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 373

glia e le ASL competenti si erano avvalse di una società di servizi che ha proce-
duto, dietro presentazione delle Distinte Contabili Riepilogative (DCR) mensili
da parte delle singole farmacie ed applicazione del relativo algoritmo, a compu-
tare i rimborsi spettanti alle farmacie43; a seguito di controlli, la Regione, dopo
diversi anni, si è resa conto che l’algoritmo applicato ancorava erroneamente a
base di calcolo il prezzo di riferimento, anziché il prezzo di vendita al pubblico
e aveva avviato un procedimento per la correzione della base di calcolo e il re-
cupero delle somme indebitamente corrisposte alle farmacie. Il caso, che non
rientra nella tipologia delle pronunce in cui vengono dichiarati illegittimi gli al-
goritmi dal giudice, è comunque interessante. Il collegio dà per acquisita l’erro-
neità dell’algoritmo, non interviene sul punto, e invita a rivalersi sulla società in-
teressata: infatti la sentenza del Tar era stata impugnata per violazione dell’art.
2033 c.c. (norma sull’indebito oggettivo), sul presupposto che, poiché le società
di servizi avevano errato nella elaborazione dell’algoritmo, sarebbero state esse
tenute a rispondere del danno e non i farmacisti, ignari dell’erroneità del sistema
di calcolo dello sconto. Il Collegio indica che l’illegittimità del comportamento
delle Società di servizi potrebbe generare una responsabilità contabile per il ri-
tardato percepimento delle somme, ma che tale profilo esula dai giudizi. La di-
screzionalità tecnica dell’amministrazione, che il giudice ribadisce essere sot-
tratta al proprio sindacato, è ricordata nel testo anche con riferimento alle con-
dotte più recenti: quali la decisione di acquisire pareri sulla vicenda, la
possibilità di adottare procedure concordate ed eventuali formule transattive,
pur non lambendo il profilo relativo all’algoritmo.
Venendo invece ai casi in cui l’algoritmo è stato ritenuto illegittimo, va ri-
cordata la pronuncia del Consiglio di Stato sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888
(caso 12) in merito alle modalità di determinazione delle tariffe del gas. Il colle-
gio ha osservato che gli incrementi previsti fossero in contrasto con l’art. 23,
comma 3, del d.lgs. n. 164 del 2000, secondo cui «le tariffe per il trasporto e il
dispacciamento e le tariffe per lo stoccaggio tengono conto della necessità di
non penalizzare le aree del Paese con minori dotazioni infrastrutturali, ed in
particolare le aree del Mezzogiorno»: ciò in quanto i nuovi criteri non rispon-

43 Oggetto della controversia, come ricorda il collegio, è il calcolo degli “sconti” che le far-

macie devono riconoscere al SSN per i farmaci inseriti nelle c.d. liste di trasparenza previste dalla
legge n. 405/2001 (specialità con brevetto scaduto ed equivalenti o generici) oltre che sull’ossi-
geno terapeutico (ex art. 1, c. 40, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662), che consistono in una
quota sull’importo al lordo dei ticket e al netto dell’IVA. Ex art. 7 del d.l. n. 247 del 2001, con-
vertito con legge 405 del 2001, i farmaci erano rimborsati al prezzo più basso del corrispondente
farmaco generico esistente sul mercato, e alle Regioni era demandata la disciplina del prezzo di
rimborso. Le regioni si sono mosse in maniera difforme e la situazione è stata successivamente
riformata dall’art. 48, c. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella legge 24 novembre
2003, n. 326 che prevede “dal 1° gennaio 2005, lo sconto […] si applica a tutti i farmaci erogati
in regime di SSN, fatta eccezione per l’ossigeno terapeutico e per i farmaci, siano essi specialità o
generici, che abbiano un prezzo corrispondente a quello di rimborso” (poi per questi ultimi, con
art. 11, comma 6, del d.l. n. 78/2010 convertito in legge n. 122/2010 è stato fissato uno sconto ag-
giuntivo). Tra gli ulteriori interventi sul punto va ricordata l’istituzione dell’Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA), che pubblica i prezzi (di riferimento, rimborso e di vendita al pubblico) dei far-
maci a brevetto scaduto e generici e/o equivalenti.
374 FULVIO COSTANTINO

devano alle esigenze di copertura dei «costi effettivi» del servizio, con «recupero
delle quote di ricavo riconducibili al capitale», in corrispondenza al principio di
«semplificazione amministrativa». Il Consiglio di Stato non ha contestato la pre-
disposizione di un algoritmo, in cui avrebbero dovuto trovare adeguata compo-
sizione le numerose variabili, da considerare per la determinazione delle tariffe
di cui trattasi, ma ha censurato l’assenza di adeguati supporti – logici e/o nor-
mativi – all’avvenuto sbilanciamento fra le due componenti tariffarie, o all’indi-
viduazione di un «baricentro del mercato […] ubicato nel centro-nord e segna-
tamente nella pianura padana»44.

44 «Di tale scelta – presumibilmente penalizzante, per la valutazione della componente mag-
gioritaria capacity, in funzione del percorso del gas dai punti di ingresso del meridione – l’Auto-
rità non fornisce motivazioni ulteriori, rispetto a quelle riferite alla concentrazione nell’area in
questione dei siti di stoccaggio, nonché della quota più rilevante dei consumi. Viene poi soste-
nuto, in modo apodittico, che il vecchio si sistema di ripartizione, fra le componenti commodity e
capacity, avrebbe determinato un “sussidio incrociato, a vantaggio degli utenti del servizio che uti-
lizzano le infrastrutture, lontane dal baricentro del mercato”, tenuto conto del fatto che, “quanto
più il luogo di ingresso del gas è lontano dal luogo di consumo, tanto più alti sono i costi per il
trasporto del gas”. In quanto, poi, deve ritenersi interesse della collettività che il gas costi il meno
possibile, l’obiettivo dovrebbe essere perseguito acquistando la risorsa “nel luogo più vicino […]
al punto di consumo, minimizzando i costi di trasporto complessivi”; i soggetti interessati, per-
tanto, dovrebbero essere incentivati “ad acquistare il gas il più vicino possibile ai luoghi di con-
sumo e ai siti di stoccaggio”. Le argomentazioni sopra sintetizzate appaiono poco convincenti. At-
tendibilmente, infatti, la società appellata segnala l’assenza di comprensibili parametri istruttori, in
base ai quali l’individuazione del cosiddetto “ baricentro “ possa ritenersi conciliabile con l’art.
23, comma 3, del citato d.lgs. n. 164 del 2000, che richiede di non penalizzare le aree “con minori
dotazioni infrastrutturali”, né è dato comprendere in che modo la fissazione del medesimo bari-
centro – appunto nel luogo con più dotazioni strutturali e maggiori consumi – potrebbe incenti-
vare l’ingresso di nuovi operatori sul mercato e la maggiore rispondenza delle tariffe ai costi
effettivi del trasporto, come richiesto anche dal regolamento n. 715/2009/CE.
Appaiono, infatti, indebitamente trascurate circostanze anche estrinseche, legate alle con-
tingenze possibili del mercato internazionale, per cui gli acquisti di gas potrebbero trovare mag-
giore spazio, di volta in volta, presso Paesi diversi e collocati in aree geografiche anche opposte:
quanto sopra, in corrispondenza a situazioni reali e di sistema di primario rilievo, necessariamente
da considerare per una valutazione attendibile. Al. tempo stesso, non possono ragionevolmente
essere escluse ragioni aziendali che, in regime di libera concorrenza, comportino forniture e con-
sumi concentrati, per alcuni operatori, nelle aree meridionali del Paese, con non comprovata pos-
sibilità di riequilibrio nel rapporto entry-exit. Le circostanze sopra indicate richiedono l’indivi-
duazione di punti di immissione nella rete, riconducibili non solo (come prospettato dall’Autorità)
all’elemento della statica vicinanza ai siti di stoccaggio o ai luoghi di maggior consumo, ma anche
a ragioni geografiche, ambientali, economiche e, in senso lato. politiche.
La complessità del quadro generale di riferimento, pertanto, non appare al Collegio ade-
guatamente considerata negli equilibri tariffari di cui trattasi. È dunque convincente la rappresen-
tazione di uno sbilanciamento, a favore degli interessi del principale gestore della rete, la cui po-
sizione è stata rafforzata in rapporto a qualsiasi variabilità del mercato, attraverso la forte prepon-
deranza della componente capacity, associata ad un “baricentro”, in realtà fortemente decentrato.
Quanto sopra in un sistema marcatamente svincolato dai percorsi reali, soprattutto per le imprese
operanti – in via principale se non esclusiva – nelle zone meridionali del Paese (mentre – è il caso
di ricordarlo – l’art. 23, comma 3, d.lgs. n. 164 del 2000 impone di tenere conto della “distanza di
trasporto in misura equilibrata, al fine di evitare le penalizzazioni territoriali”).
Fondatamente, pertanto, la società appellata richiama l’esigenza di una diversa ripartizione
fra trasportatori e utenti “dei rischi derivanti da andamenti della domanda complessiva di gas,
difformi rispetto alle previsioni, per ragioni climatiche, macroeconomiche, o per motivi connessi
con l’andamento dei mercati energetici”».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 375

Altro caso risolto similarmente è quello affrontato dalla sentenza T.A.R.


Lazio, Roma, sez. III, 6 novembre 2018, n. 10686 (caso 13), che ha deciso una
controversia concernente l’appalto dei “Servizi di gestione e sviluppo del Si-
stema Informativo del Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione, gli Affari
Generali ed il Personale”, impugnato dalla terza classificata. Il collegio ha rite-
nuto la formula matematica individuata dal Ministero per l’assegnazione del
punteggio alle offerte economiche illegittima per irragionevolezza in quanto, per
un verso, comprimeva il divario di punteggio tra gli offerenti, non garantendo
un differenziale coerente con la distanza tra i diversi ribassi proposti, per altro
verso, impediva l’impiego dell’intero ventaglio dei punti previsti dalla lex spe-
cialis45.

45 «L’istante ha dedotto l’irragionevolezza del criterio previsto per la valutazione e l’attribu-

zione dei punteggi relativi alla componente economica dell’offerta, che avrebbe portato all’“ef-
fetto di appiattimento” dei punteggi relativi alle offerte economiche la stazione appaltante appli-
cando la formula individuata nella lex specialis, effetto che avrebbe determinato una illegittima
sterilizzazione della incidenza dei ribassi, di modo che l’aggiudicazione della gara è venuta preva-
lentemente a dipendere dalla valutazione tecnico-discrezionale della qualità dell’offerta tecnica.
Invero per effetto della peculiare formulazione del logaritmo di calcolo pel punteggio dell’offerta
economica le due offerte economiche sono venute a differenziarsi di soli 1,33 punti, sebbene le
stesse siano caratterizzate da un’oggettiva diversità e il ribasso formulato da una concorrente sia
considerevolmente superiore rispetto a quello formulato dall’altra.
Sul punto: “nell’ambito delle gare da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economica-
mente più vantaggiosa è necessario che, nell’assegnazione dei punteggi venga utilizzato tutto il po-
tenziale differenziale previsto per il prezzo – attribuendo il punteggio minimo pari a zero all’of-
ferta che non presenta sconti rispetto al prezzo a base di gara, ed il punteggio massimo all’offerta
che presenta lo sconto maggiore – al fine di evitare uno svuotamento di efficacia sostanziale della
componente economica dell’offerta” (Cons. St., sez. V, 14 agosto 2017, n. 4004). È stata quindi ri-
tenuta illegittima la previsione di una formula matematica per la valutazione delle offerte econo-
miche incentrata sul rapporto tra la base d’asta e i valori assoluti delle offerte presentate, anziché
sul rapporto tra i ribassi percentuali con attribuzione del punteggio massimo al maggior ribasso,
con conseguente notevole restrizione dei differenziali di punteggio per tale componente, malgrado
differenze di prezzi altrettanto significative (cfr. Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017, n. 4081)».
«Il criterio per la valutazione e l’attribuzione dei punteggi relativi alla componente econo-
mica dell’offerta previsto nella lex specialis è stato quindi considerato illegittimo per palese irra-
gionevolezza. La formula individuata dall’Amministrazione, infatti, ha svuotato di contenuto la
componente economica in relazione alla quale erano previsti 30 punti, in modo tale che la stazione
appaltante ha finito per snaturare lo stesso criterio di aggiudicazione scelto dell’offerta economi-
camente più vantaggiosa, in quanto dalla formula applicata ne è conseguita una significativa con-
centrazione tra i punteggi, tale da svilire il profilo economico delle offerte presentate dalle parte-
cipanti. In senso contrario non vale il riferimento della difesa del Ministero e della controinteres-
sata alle linee guida n. 2 dell’ANAC, in quanto, a prescindere da quanto fin qui osservato sulla
legittimità della formula in questione, la formula individuata dalla stazione appaltante figuri tra
quelle indicate dall’ANAC nelle sue linee guida. Le medesime linee guida, infatti, sottolineano l’e-
sigenza di evitare “formulazioni oscure o ambigue assicurando la trasparenza dell’attività e la con-
sapevolezza della partecipazione”, al fine di consentire ai concorrenti di calibrare consapevol-
mente la propria offerta. Tuttavia l’Amministrazione ha individuato un algoritmo che è frutto
della combinazione di una formula “indipendente” (per le quali il punteggio attribuito al concor-
rente non dipende dal punteggio attribuito agli altri concorrenti, cfr. pag. 13 linee guida ANAC)
e di una formula c.d. “parabolica (o non lineare)” che non rientra tra quelli espressamente sugge-
riti o comunque considerati nel paragrafo IV delle linee guida (sulla valutazione degli elementi
quantitativi). […] La medesima ANAC, pur ritenendo “possibile utilizzare anche formule indi-
pendenti” ha sottolineato la possibilità che queste diano luogo a “rischi di coordinamento tra i
concorrenti, facilitati dalla maggiore trasparenza nelle procedure di gara, o tra la stazione appal-
376 FULVIO COSTANTINO

5. Brevi conclusioni
L’indagine, pur nella difficoltà di rinvenire pronunce in cui fosse evidente
il legame tra discrezionalità tecnica e attività informatizzata (o informatizzabile),
ha messo in evidenza come il Consiglio di Stato e i Tar si siano già in alcune oc-
casioni ritrovati a sindacare la discrezionalità tecnica con riferimento ad algo-
ritmi.
Dalle pronunce emerge come il giudice amministrativo sostanzialmente ap-
provi l’operato dell’amministrazione che vi faccia ricorso (casi 3-10). Si assiste
ad una sostanziale deferenza nei confronti delle decisioni di carattere tecnico-di-
screzionale con l’eccezione di due casi, l’uno relativo ad una valutazione della
offerta economica, l’altro alla tariffazione: nel primo tuttavia l’algoritmo era
stato ritenuto già dall’amministrazione erroneo (caso 11); nel secondo il giudice
ha ritenuto di dovere intervenire, peraltro su un tema e in un ambito (tariffe del
gas, fissata da autorità indipendente) nel quale notoriamente il sindacato è con-
siderato penetrante (caso 12).
Il collegio spesso si limita semplicemente a rifiutare di addentrarsi nel-
l’esame delle valutazioni tecniche (caso 2, caso 3); talaltra, invece, ripercorre le
decisioni dell’amministrazione, anche approfonditamente, arrivando persino ad
integrarle (caso 1), ma forse non casualmente, in chiave adesiva. Si accontenta
inoltre che la valutazione non sia frutto di macroscopiche illogicità o travisa-
menti (caso 4).
Là dove il sindacato sembra più penetrante, il giudice comunque sottolinea
che non può sostituire il proprio modello scientifico a quello individuato dal-
l’amministrazione, ma solo verificare se i risultati abbiano rispettato i principi e
le regole del modello (caso 5) o se sia stata correttamente seguita la procedura
prevista (caso 6).
Qualora invece l’algoritmo abbia l’effetto di impedire la partecipazione ad
una competizione (caso 9) o comunque di ostacolare le soluzioni più efficienti ai
problemi per i quali è posto il bando (casi 9-10), il collegio non esita a conte-
starne l’impiego.
Solo in uno dei casi è stato richiesto l’intervento del CTU (caso 8), laddove
invece si sarebbe potuto ipotizzare un ricorso più intenso, e in quel caso, peral-
tro, il giudice si è preoccupato che l’intervento fosse molto rispettoso dell’ope-
rato dell’amministrazione.
Se questo è il quadro delle pronunce, più difficile è trarre considerazioni
generali, valide sia rispetto ai casi esaminati, sia rispetto agli sviluppi futuri.
Si è assistito sinora ad una sottovalutazione del fenomeno. Gli algoritmi ap-
paiono configurati semplicemente come delle mere istruzioni, che devono essere
applicate per giungere al risultato atteso, e ciò sebbene la scelta degli stessi sia

tante e uno o più operatori, per la determinazione del punto di flesso ad un livello idoneo a favo-
rire questi ultimi”. Ciò in quanto “ribassi superiori a quelli del punto di flesso danno vantaggi
molto limitati in termini di punteggio”, indipendentemente dai rischi corruttivi o collusivi, la co-
noscenza ex-ante del punto di flesso incentiva l’allineamento delle offerte verso quel valore”».
IL SINDACATO GIURISDIZIONALE SULLA DISCREZIONALITÀ TECNICA 377

già stata qualificata come esercizio di discrezionalità tecnica (§ 4), e quindi me-
ritevole di una dedicata attenzione. A riprova, anche laddove, per la soluzione di
un caso, venga nominato un CTU, questi viene scelto in quanto esperto di lavori
pubblici e non certo in quanto informatico (caso 8).
Eppure il fenomeno della progressiva informatizzazione richiede che alla
maggiore complessità degli algoritmi e al loro crescente impiego, per le valuta-
zioni più disparate, corrisponda una maggiore attenzione nei loro confronti.
Proprio per queste ragioni ci si può chiedere se sia stato, anche dalla dottrina,
sufficientemente posto il tema della costruzione degli algoritmi: essi non pos-
sono essere elaborati se non da esperti, ma è fondamentale che siano resi com-
prensibili, controllabili, verificabili ex ante, e non solo in sede giurisdizionale,
per evitare pregiudizi.
Il sindacato del giudice non si potrà evidentemente limitare a verificare se
essi abbiano operato bene, ma dovrà indagare come essi siano stati costruiti, se
siano stati neutrali e quali scelte di fondo implicassero, il che però impone a
monte l’assunzione di un modello o comunque il rispetto dei principi procedi-
mentali, così come a valle una maggiore attenzione agli stessi.
Nell’attuale situazione, è plausibile immaginare che la complessità degli al-
goritmi possa scoraggiare un sindacato intenso del giudice (caso 8): simili preoc-
cupazioni sono presenti nella letteratura statunitense, sulla base dell’esperienza
giurisprudenziale maturata46. Proprio per tali ragioni, l’introduzione di indica-
zioni procedimentali e metodologiche potrebbe svelare nuovi scenari.

46 Si v. C. COGLIANESE, D. LEHR, Transparency and Algorithmic Governance, in Adm. Law

Rev., 2019, 44: «Federal courts have long demonstrated a tendency to defer to administrative
agencies’ judgments in cases involving complex mathematical modelling and scientific analysis.
Although the arbitrary and capricious test calls for judges to ensure that agencies have carefully
considered relevant factors, the Supreme Court has also indicated that, when a government deci-
sion “‘requires a high degree of technical expertise,’ we must defer to ‘the informed discretion of
the responsible agencies.’” Designing and validating a machine-learning algorithm will certainly
require a high level of technical expertise. Furthermore, as the Ninth Circuit Court of Appeals has
noted, when a governmental action “involves a great deal of predictive judgment,” these “judg-
ments are entitled to particularly deferential review.” Enhancing the government’s ability to make
predictive judgments constitutes the main purpose of designing and validating machine-learning
algorithms, so we should expect that judicial deference would be afforded in cases where agencies
rely on algorithmic governance». Il contributo esamina poi nel dettaglio il caso Alaska v. Lub-
chenco (825 F. Supp. 2d 209 (D.D.C. 2011). In questo senso, osserva che i tribunali si limitano a
verificare se ci sia stato un chiaro errore di giudizio nel disegnare e validare un algoritmo per per-
seguire uno scopo valido, non se il risultato specifico sia spiegabile in maniera intuitiva; e prevede
che, nella maggior parte dei casi, sarà probabilmente sufficiente che i funzionari governativi sod-
disfino il test se possono dimostrare che (a) un sistema algoritmico è stato costruito per ottenere
un obiettivo legalmente valido, (b) funziona correttamente e (c) viene utilizzato come previsto.
CAPITOLO TREDICESIMO

IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE
DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA”
NELL’ESPERIENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
DELL’UNIONE EUROPEA

Mariolina Eliantonio - Annalisa Volpato

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Inquadramento del contenzioso innanzi alla Corte di


Giustizia dell’UE. – 2.1. Architettura giurisdizionale dell’Unione europea. – 2.2. I
motivi di ricorso alla Corte. – 2.3. I soggetti coinvolti. – 3. La portata del sindacato
sulla discrezionalità tecnica nell’ordinamento giuridico dell’Unione: l’evoluzione
del criterio dell’«errore manifesto». – 3.1. La giurisprudenza risalente e l’approc-
cio deferente. – 3.2. La causa Tetra Laval e l’apertura ad un sindacato più ap-
profondito. – 3.3. Oltre il diritto della concorrenza: l’errore manifesto in materia
di salute pubblica e ambiente. – 3.4. Verso un «controllo completo»: sanzioni e di-
ritti fondamentali. – 4. L’intensità del sindacato della CGUE nella prassi giuri-
sprudenziale: principi e natura. – 4.1. Principi e tecniche per l’esercizio del sinda-
cato nella prassi della CGUE. – 4.2. La prassi giurisprudenziale della CGUE: tra
sindacato procedurale e sostanziale. – 5. Considerazioni di sintesi.

1. Introduzione
La creazione e la progressiva espansione delle competenze attribuite al-
l’Unione europea (UE) hanno determinato lo sviluppo di un apparato ammini-
strativo a livello sovranazionale che esercita poteri discrezionali in una vasta va-
rietà di ambiti. Dalla gestione della politica agricola comune alla definizione di
complesse norme di dettaglio per la regolamentazione del mercato interno, le
istituzioni europee sono costantemente chiamate ad adottare atti di natura am-
ministrativa, sia di carattere individuale sia di carattere generale1. Sebbene
l’adozione di tali atti si sia accompagnata sin dall’inizio all’attribuzione di un

1 Per una analisi dell’apparato amministrativo europeo e degli atti da esso adottati, si rinvia

a H.C.H. HOFMANN, G.C. ROWE, A.H. TURK, Administrative Law and Policy of the European
Union, Oxford, 2011; P. CRAIG, EU Administrative Law, Oxford, 2012; D. CURTIN, Executive
Power of the European Union, Oxford, 2009; M.P. CHITI, G. GRECO (a cura di), Trattato di diritto
amministrativo europeo, Milano, 2007.
380 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

certo margine di libertà nell’attuazione e applicazione del diritto dell’UE2, la di-


screzionalità esercitata dalle istituzioni dell’UE e il suo sindacato da parte della
Corte di Giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: CGUE) sono state og-
getto negli ultimi anni di rinnovato interesse da parte della dottrina3.
A questo riguardo, è importante sottolineare sin da subito che sono aliene
all’ordinamento giuridico dell’Unione le categorie di sindacato “debole-forte” o
“intrinseco-estrinseco” e, soprattutto, che non esiste una chiara distinzione con-
cettuale tra “scelte discrezionali” e “scelte tecniche” (ovvero, come nell’ordina-
mento giuridico italiano, tra “discrezionalità amministrativa” e “discrezionalità
tecnica”) delle autorità amministrative dell’Unione. Nel corpus giurispruden-
ziale della CGUE non c’è traccia di questa distinzione, che, come è noto, non è
affatto agevole sul piano pratico4. Nell’ambito della dottrina europeistica, si può
tuttavia parlare di “discrezionalità stricto sensu o amministrativa” in relazione ad
un procedimento nel quale l’amministrazione dell’Unione può valutare e pon-
derare interessi pubblici concorrenti in una determinata scelta. La nozione di
“discrezionalità tecnica” si riferisce invece alla valutazione, nell’ambito di criteri
normativi determinati, degli elementi del procedimento decisionale che richie-
dono conoscenze tecniche (e che possono anche non lasciare all’autorità alcun
effettivo potere discrezionale stricto sensu). Nella misura in cui le conoscenze
tecniche raccolte lasciano ancora spazio ad una scelta interpretativa, le autorità
sono poi autorizzate a scegliere una tra le alternative possibili esercitando la loro
discrezionalità tecnica5. Tale “discrezionalità tecnica” si esercita a livello del-
l’Unione sia al momento della determinazione di un quadro fattuale complesso
sia dell’accertamento di fatti complessi e della loro valutazione alla luce del di-
ritto applicabile6.
2 H.C.H. HOFMANN, G.C. ROWE, A.H. TURK, Administrative Law and Policy of the European

Union, cit., 491 ss.


3 V., inter alia, J. MENDES (a cura di), Discretion in EU Law, London, 2019; M. PREK, S.

LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of Appraisal” in Judicial


Review Proceedings before the General Court, in Common Market Law Review, 2019, 339-380; R.
WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, in J. DE POOR-
TER, E. HIRSCH BALLIN, S. LAVRIJSSEN (a cura di), Judicial Review of Administrative Discretion in the
Administrative State, Cheltenham, 2019, 39-62; A. ALBANESE, Il sindacato sulla discrezionalità nel-
l’ordinamento europeo, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2018, 769-793.
4 V., su questo punto, J. MENDES, Discretion, Care and Public Interests in the EU Admini-

stration: Probing the Limits of Law, in Common Market Law Review, 2016, 419-451. V. anche
H.C.H. HOFMANN, G.C. ROWE, A.H. TURK, Administrative Law and Policy of the European Union,
cit., 498.
5 L’Avvocato Generale LEGER qualifica questo tipo di valutazione come «discrezionalità

tecnica», v. conclusioni in causa C-40/03 P, Rica Foods (Free Zone) NV c. Commissione,


EU:C:2005:93, para 46; SCHIMMEL e WIDDERSHOVEN preferiscono la nozione di ‘margin of appre-
ciation’: M. SCHIMMEL, R. WIDDERSHOVEN, Judicial Review after Tetra Laval: Some Observations
from a European Administrative Law Point of View, in O. ESSENS, A. GERBRANDY, S. LAVRIJSSEN (a
cura di), National Courts and the Standard of Review in Competition Law and Economic Regula-
tion, Amsterdam, 2009, 65. CRAIG qualifica tale nozione come «jurisdictional discretion»: P.
CRAIG, EU Administrative Law, cit., 404.
6 A. FRITZSCHE, Discretion, Discretion, Scope of Judicial Review and Institutional Balance In

European Law, in Common Market Law Review, 2010, 364. V. anche M. PREK, S. LEFÈVRE,
“Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of Appraisal”, cit., 344 ss.
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 381

Il trattamento giurisdizionale della discrezionalità tecnica, così specificata-


mente intesa, ha dato vita a peculiari orientamenti giurisprudenziali da parte
della CGUE che hanno subìto un’evoluzione significativa nel tempo. Il presente
contributo mira a prospettare le principali tendenze e gli elementi che caratte-
rizzano il sindacato esercitato dalla CGUE nei confronti delle istituzioni e delle
agenzie dell’Unione europea, cercando di ragionare sulle ragioni alla base delle
posizioni giurisprudenziali. A tal fine, dopo un necessario inquadramento del
contenzioso innanzi alla CGUE, si darà conto dei principali orientamenti, sof-
fermandosi su specifici ambiti di rilievo e sul ruolo dei principi di diritto ammi-
nistrativo europeo che più influenzano l’intensità del sindacato della CGUE.

2. Inquadramento del contenzioso innanzi alla Corte di Giustizia dell’UE


2.1. Architettura giurisdizionale dell’Unione europea
Nell’ordinamento giuridico dell’Unione, il sindacato sulla discrezionalità
dell’amministrazione è esercitato da un organo denominato “Corte di giustizia
dell’Unione europea” (CGUE) con sede in Lussemburgo. Tale istituzione è at-
tualmente composta da due organi giurisdizionali, ovvero la Corte e il Tribu-
nale. A seguito della riforma del Tribunale intervenuta nel settembre 2016, il
Tribunale della funzione pubblica ha cessato di funzionare ed è stato assorbito
dal Tribunale7.
Le cause più importanti nelle quali il Tribunale è competente sono (i) il ri-
corso di annullamento degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione europea,
dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea ai sensi dell’art. 263 TFUE;
(ii) il ricorso per carenza proposti da persone fisiche o giuridiche ai sensi del-
l’art. 265 TFUE; (iii) azioni per il risarcimento dei danni causati dalle istituzioni,
dagli organi o dagli organismi dell’Unione europea o dal loro personale, ai sensi
degli articoli 268 e 270 TFUE; (iv) i ricorsi fondati su contratti conclusi dall’U-
nione europea che conferiscono espressamente al Tribunale la competenza ai
sensi dell’art. 272 TFUE. Le decisioni del Tribunale possono, entro un termine
di due mesi, essere oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte, limitatamente
alle questioni di diritto. Ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 3, TFUE, il Tribu-
nale è competente a decidere in via pregiudiziale nelle materie previste dallo
Statuto. Tuttavia, poiché nessuna disposizione dello Statuto è stata introdotta al
riguardo, la Corte è attualmente la sola competente a pronunciarsi in via pre-
giudiziale, su questioni relative all’interpretazione o alla validità del diritto del-
l’Unione trasmesse dai giudici nazionali (art. 267 TFUE).
Oltre alle funzioni di impugnazione avverso le sentenze pronunciate dal
Tribunale, la Corte è competente in primo e ultimo grado per i ricorsi per ina-

7 Regolamento UE 2015/2422 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il pro-
tocollo n. 3 sullo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (Euratom) [2015] GU
L341/14. V. C. AMALFITANO, Note critiche sulla recente riforma dello Statuto della Corte di giustizia
dell’Unione europea, in Il diritto dell’Unione europea, 2019, 29-53.
382 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

dempimento ai sensi degli artt. da 258 a 260 TFUE (ricorso di annullamento e


per carenza proposti dalla Commissione contro gli Stati membri e in forza del
diritto dell’Unione), nonché per i ricorsi di annullamento e per carenza propo-
sti da uno Stato membro o da un’istituzione dell’Unione8.
Al pari dell’ordinamento giuridico francese, i giudici della Corte sono assi-
stiti da undici avvocati generali (di seguito: AG). L’AG non fa parte della se-
zione giudicante, ma partecipa alla fase orale e può interrogare le parti. Inoltre,
l’AG formula in pubblico le sue conclusioni sulle questioni giuridiche della
causa, sulla base di un’analisi approfondita e simile ad un dibattito accademico,
e suggerisce la soluzione del caso. Nell’ambito del Tribunale non esiste un av-
vocato generale, ma i giudici stessi possono essere chiamati ad esercitare la fun-
zione di avvocato generale.
Nell’ordinamento giuridico dell’Unione non sussiste, pertanto, una separa-
zione concettuale tra i giudici ordinari e giudici amministrativi. Esiste un solo si-
stema giurisdizionale, la CGUE, che esercita simultaneamente le funzioni di giu-
dice amministrativo, ordinario e, a volte, costituzionale9. In questo contributo,
focalizzato sulle forme di controllo di tipo amministrativo da parte della CGUE,
verrà esaminato principalmente il sindacato della Corte in relazione a ricorsi per
annullamento e ricorsi in carenza10.

2.2. I motivi di ricorso alla Corte


Nel sistema europeo esiste un insieme tipico di vizi degli atti, che si tradu-
cono in motivi di ricorso alla Corte, elencati all’art. 263 TFUE. Il ricorso per an-
nullamento può essere fondato solo su motivi di «incompetenza, violazione delle
forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa
alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere». Sono così presi in con-
siderazione i vizi fondati su motivi di procedura, nonché i vizi relativi alla viola-
zione del diritto sostanziale. Ai sensi dell’articolo 265, il ricorso per carenza può
essere proposto quando l’omissione ad agire è asseritamente «in violazione dei
trattati». I vizi di annullamento sono stati inizialmente ripresi dall’ordinamento
giuridico francese, ma hanno subito un’evoluzione autonoma e hanno attual-
mente una forma propria11.

8 Per una disamina del procedimento innanzi alla CGUE, si rimanda a C. AMALFITANO, M.
CONDINANZI, P. IANNUCCELLI (a cura di), Le regole del processo dinanzi al giudice dell’Unione euro-
pea - Commentario articolo per articolo, Napoli, 2017.
9 A. ALBANESE, Il sindacato sulla discrezionalità nell’ordinamento europeo, cit., 263.
10 Questi ricorsi rappresentano la maggior parte delle cause decise dal Tribunale: dal 2015 al

2019 i ricorsi per annullamento hanno rappresentato il 47,39% delle nuove cause davanti al Tri-
bunale, mentre i ricorsi in carenza l’1,49%, v. CGUE, Annual Report 2019 - Judicial Activity,
Luxembourg, 2020, 285. Per ulteriori informazioni su dati quantitativi sul contenzioso della
GCUE, è possibile consultare le statistiche contenute nelle relazioni annuali sul sito https://cu-
ria.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_7000/en/.
11 Per un’analisi più approfondita dei vizi in relazione al sindacato sulla discrezionalità, v. A.

ALBANESE, Il sindacato sulla discrezionalità nell’ordinamento europeo, cit., 769-793.


IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 383

È importante sottolineare che tali vizi riguardano soltanto il controllo della


legittimità dell’azione o dell’inerzia dell’Unione, il che esclude la possibilità, per
i giudici europei, di valutare il merito delle decisioni oggetto del ricorso12. Nelle
parole della CGUE, «non spetta alla Corte sindacare l’opportunità dei provve-
dimenti adottati dal legislatore. Il controllo […] deve limitarsi alla legittimità
dell’atto impugnato»13.

2.3. I soggetti coinvolti


La CGUE esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti
del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano
raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Con-
siglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi14. Le-
gittimati passivi in questo tipo di contenzioso sono, tuttavia, non soltanto le isti-
tuzioni dell’Unione europea, ma anche organi e organismi dell’UE, tra i quali si
annoverano le agenzie. Questi organismi permanenti di diritto pubblico, creati
dal diritto secondario e dotati di personalità giuridica distinta, costituiscono enti
altamente specializzati in determinate aree tecniche o scientifiche15. Nel loro
ruolo di supporto nell’esecuzione delle politiche dell’Unione europea, essi pos-
sono adottare atti di carattere individuale o generale, che possono essere oggetto
di ricorso per annullamento16.
Legittimati a presentare ricorso per annullamento o in carenza sono, in-
nanzitutto, gli Stati membri, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commis-
sione, nonché la Corte dei conti, la Banca centrale europea ed il Comitato delle
regioni per la salvaguardia delle loro prerogative17. Le persone fisiche e giuridi-
che possono adire la CGUE per l’impugnazione di atti adottati nei loro con-
fronti o che li riguardino «direttamente e individualmente»18. Come reazione al-
l’interpretazione fortemente restrittiva data dalla CGUE al requisito della “indi-
vidualità”19, il Trattato di Lisbona ha aperto la possibilità di impugnare un atto
12 M. BARAN, The Scope of EU Courts’ Jurisdiction and Review of Administrative Decisions -

the Problem of Intensity Control of Legality, in C. HARLOW, P. LEINO, G. DELLA CANANEA (a cura
di), Research Handbook on EU Administrative Law, Cheltenham, 2017, 295.
13 GCUE, 12 novembre 1996, in causa C-84/94, Regno Unito c. Consiglio, EU:C:1996:431,

para 23.
14 Art. 263 co. 1 TFUE.
15 Sul fenomeno della c.d. ‘agenzificazione’ dell’amministrazione europea, v., inter alia, M.

EVERSON, C. MONDA, E. VOS, European Agencies in between Institutions and Member States,
Alphen aan den Rijn, 2014; M. CHAMON, EU Agencies. Legal and Political Limits to the Transfor-
mation of the EU Administration, Oxford, 2016; E. CHITI, Le agenzie europee. Unità e decen-
tramento nelle amministrazioni comunitarie, Padova, 2002; C. TOVO, Le agenzie decentrate del-
l’Unione europea, Napoi, 2016; J. ALBERTI, Le agenzie dell’Unione europea, Milano, 2018.
16 In causa T-411/06, Sogelma, para 36. V. ora art. 263 TFUE: La Corte «esercita inoltre un

controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti
giuridici nei confronti di terzi».
17 Art. 263, co. 3 TFUE.
18 Art. 263, co. 4 TFUE.
19 V. GCUE, 15 luglio 1963, in causa 25/62, Plaumann c. Commissione europea,

EU:C:1963:17, 107. Per una critica v. J. BAST, New Categories of Acts after the Lisbon Reform:
384 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

anche in assenza di tale requisito, ma solo con riferimento ad atti regolamentari


che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

3. La portata del sindacato sulla discrezionalità tecnica nell’ordinamento giuri-


dico dell’Unione: l’evoluzione del criterio dell’«errore manifesto»
3.1. La giurisprudenza risalente e l’approccio deferente
In molti ambiti del diritto dell’UE, le istituzioni europee sono chiamate a
svolgere valutazioni economiche complesse o considerazioni tecniche che ri-
chiedono un certo grado di conoscenze tecnico-scientifiche20. Questo aspetto è
stato principalmente portato all’attenzione dei giudici europei in materia di con-
correnza, in cause in cui i giudici europei erano chiamati a sindacare le decisioni
della Commissione europea con le quali quest’ultima, ad esempio, constatava
una violazione dell’art. 101 TFUE (relativo agli accordi anticoncorrenziali) o
dell’art. 102 TFUE (sull’abuso di posizione dominante) o dichiarava un’opera-
zione di concentrazione compatibile o incompatibile con il mercato comune. Un
altro settore in cui sono spesso in gioco scelte fortemente tecniche è la politica
agricola comune, che autorizza la Commissione ad adottare ad esempio misure
di stabilizzazione in caso di squilibri sul mercato21. Molto meno spesso, il giu-
dice europeo valuta altresì decisioni che richiedono valutazioni tecniche nel set-
tore della protezione dell’ambiente e della salute umana22.
Tradizionalmente, l’esistenza di questa “complessità tecnica” induce la
CGUE ad affermare che l’istituzione dell’Unione dispone di un ampio potere di
discrezionalità tecnica, nei confronti della quale l’approccio del giudice dell’U-
nione è molto deferente. Ai sensi della giurisprudenza della CGUE, il sindacato
giurisdizionale deve essere limitato alla verifica «del rispetto delle norme di pro-
cedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussi-

Dynamics of Parliamentarization in EU Law, in Common Market Law Review, 2012, 885-928;


M. ELIANTONIO, C.W. BACKES, C.H. VAN RHEE, T. SPRONKEN, A. BERLEE (a cura di), Standing Up for
Your Right(s) in Europe: A Comparative Study on Legal Standing (Locus Standi) Before the EU and
Member States’ Courts, Cambridge, 2013, 45; P. NIHOUL, La recevabilité des recours en annulation
introduits par un particulier à l’encontre d’un acte communautaire de portée générale, in Revue tri-
mestrielle de droit européen, 1994, 171-194; D.F. WAELBROECK & A.M. VERHEYDEN, Les conditions
de recevabilité des recours en annulation des particuliers contre les actes normatifs communautaires:
à la lumière du droit comparé et de la Convention des droits de l’homme, in Cahiers de droit
européen, 1995, 399-441.
20 F. MUNARI, Il ruolo della scienza nella giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di

tutela della salute e dell’ambiente, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2017, 131-153.


21 V. CGUE, 18 marzo 1975, in causa 78/74, Deuka, Deutsche Kraftfutter GmbH, B.J. Stolp

c. Einfuhr- und Vorratsstelle für Getreide und Futtermittel, EU:C:1975:44; CGUE, 25 gennaio
1979, in causa 98/78, A. Racke c. Hauptzollamt Mainz, EU:C:1979:14.
22 V., ad esempio, CGUE, 22 dicembre 2010, in causa C-77/09, Gowan Comércio Interna-

cional e Serviços Lda c. Ministero della Salute, EU:C:2010:803, sulla questione se una sostanza sod-
disfi i requisiti di sicurezza di cui alla direttiva 91/414/CEE del Consiglio relativa all’immissione
in commercio dei prodotti fitosanitari.
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 385

stenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere»23. Poiché


spesso soltanto la Commissione europea è nella posizione di poter valutare ele-
menti scientifici, tecnici e economici di natura complessa e incerta, la CGUE
non può «sostituire le proprie valutazioni in materia a quelle dell’autorità com-
petente»24. Dunque, il giudice effettua il controllo sulle scelte discrezionali del-
l’amministrazione senza addentrarsi nella discussione o nell’analisi delle osser-
vazioni fattuali alla base della decisione dell’amministrazione25. Le valutazioni
complesse che le istituzioni UE sono chiamate a svolgere possono essere di na-
tura economica, tecnica o persino sociale26, ma non è del tutto chiaro quale sia
il livello di complessità che determini l’applicazione di questo scrutinio margi-
nale da parte della Corte27.
La ratio di tale deferenza può essere fatta risalire all’art. 33 del Trattato di
Parigi che, nel conferire alla Corte di giustizia la competenza sui ricorsi per an-
nullamento delle misure della Alta autorità, specificava che «l’esame della Corte
non può vertere sulla valutazione della situazione derivante da fatti o circostanze
economiche in base alla quale sono state emesse»28. In dottrina, l’approccio
della CGUE è attribuito alla nozione di discrezionalità che Azoulay presenta
come «il principio cardine di tutti gli interventi della Commissione nel settore
della politica di concorrenza» e all’idea che la Commissione disponga, in tale
settore, di un’«attribuzione di competenza esecutiva vicina ad una riserva»29.
Craig osserva altresì che, nei primi decenni di attività della Corte, una valuta-
zione più approfondita sarebbe stata impraticabile, in quanto avrebbe implicato
un riesame di misure spesso adottate con urgenza per la soluzione di un pro-
blema specifico nel mercato interno in via di realizzazione. Non sorprende

23 CGUE, 11 luglio 1985, in causa 42/84, Remia e a. c. Commissione, EU:C:1985:327, punto

34; CGUE, 17 novembre 1987, in cause riunite 142 e 156/84, BAT and Reynolds, EU:C:1987:490,
para 62; CGUE, 28 maggio 1998, in causa C-7/95, Deere c. Commissione, EU:C:1998:256, para
34; CGUE, 8 dicembre 2011, in causa C-272/09 P, KME Germany c. Commissione, EU:C:2011:810,
para 39; CGUE, 12 ottobre 2004, in causa C-87/00, Roberto Nicoli c. Eridania SpA, EU:C:2004:604,
para 37. V., nell’ambito della politica agricola comune, CGUE, 25 gennaio 1979, in causa 98/78,
A. Racke c. Hauptzollamt Mainz, EU:C:1979:14.
24 V., inter alia, CGUE, 12 ottobre 2004, in causa C-87/00, Nicoli c. Eridania, EU:C:2004:305,

para 37; CGUE, 6 ottobre 1999, in causa T-123/97, Solomon c. Commissione, EU:T:1999:245,
para 47; CGUE, 16 settembre 2013, in causa T-333/10, Animal Trading Company (ATC) BV e
Others c. Commissione, EU:T:2013:451, para 64.
25 P. CRAIG, EU Administrative Law, cit., 411.
26 CGUE, 5 marzo 2015, in causa C-667/13, Estado português c. Banco Privado Português,

EU:C:2015:151, para 67. V. M. PREK, S. LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal”


and “Margin of Appraisal”, cit., 350.
27 M. PREK, S. LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of

Appraisal”, cit., 368. In rari casi la Corte ha cassato la sentenza del Tribunale, ritenendo che non
ci fossere elementi di complessità tali da giustificare un sindacato minimo, v. CGUE, 22 dicembre
2008, in causa C-487/06 P, British Aggregates Association c. Commissione, EU:C:2008:757, para
114-115; CGUE, 21 giugno 2012, in causa C-452/10 P, BNP Paribas e BNL c. European Commis-
sion, EU:C:2012:366, para 103-104.
28 Art. 33, co. 1 del Trattato istitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio,

firmato a Parigi il 18 aprile 1951.


29 L. AZOULAY, The Court of Justice and the Administrative Governance, in European Law

Journal, 2001, 425-441, 429-430.


386 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

quindi che la Corte non abbia voluto intromettersi in valutazioni economiche


complesse30. Più in generale, anche considerazioni relative alla necessità di ri-
spettare l’equilibrio istituzionale31 e di definire il ruolo della Corte in relazione
alle altre istituzioni giustificano la notevole deferenza riservata dalla CGUE alle
decisioni della Commissione32.
Tuttavia, nel corso dei decenni successivi, sebbene il criterio dell’«errore
manifesto» sia divenuto una formula ripetuta sistematicamente dalla CGUE33,
ciò non ha impedito ai giudici europei, a partire dagli anni ’90, di procedere ad
un controllo più rigoroso degli atti delle istituzioni dell’Unione, specialmente
per quanto riguarda gli accertamenti fattuali34. In questo senso, il criterio
dell’«errore manifesto» non è formalmente cambiato, ma la sua portata si è evo-
luta progressivamente per consentire un esame sempre più approfondito da
parte della CGUE35.

3.2. La causa Tetra Laval e l’apertura ad un sindacato più approfondito


La svolta verso uno scrutinio più intenso nei confronti della discrezionalità
delle istituzioni UE è spesso attribuita alla sentenza Tetra Laval36, in materia di
concorrenza, nella quale la CGUE ha espressamente affermato che: «Se […] la
Commissione dispone di un potere discrezionale in materia economica, ciò non
implica che il giudice comunitario debba astenersi dal controllare l’interpreta-
zione, da parte della Commissione, di dati di natura economica»37. Al contrario,

30 P. CRAIG, EU Administrative Law, cit., 415.


31 Del quale la CGUE è parte, v. CGUE, 2 marzo 1977, in causa 109/75 R, National Carbo-
nising Company Limited c. Commissione, EU:C:1975:133; CGUE, 21 giugno 1988, in causa
415/85, Commissione c. Irlanda, EU:C:1988:320; CGUE, 21 giugno 1988, in causa 416/85, Com-
missione c. Regno Unito, EU:C:1988:321. Cfr. S. PRECHAL, ‘Institutional Balance: A Fragile Princi-
ple with Uncertain Contents’, in T. HEUKELS, N. BLOKKER e M. BRUS, The European Union after
Amsterdam, (Kluwer Law International, 1998), 281. Contra G. GUILLEERMIN, Le principe de l’équi-
libre institutionnel dans la jurisprudence de la Cour de Justice des Communautés européennes, in
Journal de droit international, 1992, 328.
32 A. FRITZSCHE, Discretion, Scope of Judicial Review and Institutional Balance In European

Law, cit., 387 ss. V. anche H.C.H. HOFMANN, G.C. ROWE, A.H. TURK, Administrative Law and
Policy of the European Union, cit., 495.
33 V., ad esempio, CGUE, 13 dicembre 2011, in causa T-377/07, Evropaïki Dynamiki - Proig-

mena Systimata Tilepikoinonion Pliroforikis kai Tilematikis AE c. Commissione, EU:T:2011:731,


punto 22 e giurisprudenza ivi citata.
34 R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review,

cit., 55.
35 P. CRAIG, EU Administrative Law, cit., 415-416.
36 CGUE, 15 febbraio 2005, in causa C-12/03 P, Tetra Laval, EU:C:2005:87. Per alcuni

autori, i primi segnali della svolta giurisprudenziale sono invece da riconoscere già nella sentenza
Technische Universität München (in causa C-269/90, Technische Universität München c. Hauptzol-
lamt München-Mitte, EU:C:1991:438) del 21 novembre 1991, v. R. WIDDERSHOVEN, The European
Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit., 55.
37 CGUE, 15 febbraio 2005, in causa C-12/03 P, Tetra Laval, EU:C:2005:87, punto 39. Per

l’esame del criterio Tetra Laval e la distinzione tra l’accertamento dei fatti rilevanti ai fini
dell’adozione della decisione e la loro valutazione, nonché il diverso controllo esercitato dai giu-
dici dell’Unione, v. M. SCHIMMEL, R. WIDDERSHOVEN, Judicial Review after Tetra Laval: Some
Observations from a European Administrative Law Point of View, cit., 61.
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 387

«detto giudice è tenuto in particolare non solo a verificare l’esattezza materiale


degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì
ad accertare se tali elementi costituiscono l’insieme dei dati rilevanti che devono
essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se sono di
natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono»38.
Nonostante una certa elusività della formulazione adottata dalla CGUE39, è
chiaro che sia necessario un esame approfondito e attento dei fatti anche
quando la loro determinazione è oggettivamente complessa e presuppone cono-
scenze specifiche40. Questo esame è compiuto dal giudice stesso, evitando il ri-
corso a consulenti tecnici esterni pur se le previsioni del Regolamento di Proce-
dura glielo consentirebbero41. La possibilità di procedere ad un’analisi approfon-
dita degli elementi fattuali che hanno costituito il fondamento della decisione
s’impone anche nella misura in cui il giudice dell’Unione è competente a valu-
tare l’opportunità dell’interpretazione data dalla Commissione a nozioni giuridi-
che indeterminate42.
Da questa sentenza emerge che, in taluni casi, il giudice dell’Unione non si
è formalmente discostato dal criterio dell’«errore manifesto», ma per valutare se
sia stato commesso un errore manifesto da parte delle istituzioni dell’Unione, la
portata del suo sindacato si è estesa ad un’indagine sugli elementi assunti alla
base della valutazione tecnica. Questi elementi devono apparire «corretti, affi-
dabili, coerenti e completi»43 per permettere al giudice di concludere che la
Commissione non abbia commesso un errore manifesto di valutazione.
La CGUE ha applicato questo approccio non soltanto nelle cause relative
alle istituzioni europee, ma anche alle agenzie dell’UE. Nella causa Schräder, ri-
guardante la protezione dei diritti sulle varietà vegetali, il Tribunale (adito in
primo grado nell’ambito di un ricorso di annullamento ai sensi dell’art. 263
TFUE) ha espressamente utilizzato la formula Tetra Laval, indicando che questo
è lo standard di sindacato applicabile nei casi in cui la decisione è il risultato di

38 CGUE, 15 febbraio 2005, in causa C-12/03 P, Tetra Laval, EU:C:2005:87, punto 39. Tale

criterio è stato ripreso in una lunga linea giurisprudenziale successiva a quest’ultima, v. CGUE,
8 dicembre 2011, in causa C-389/10 P, KME Germany e a. c. Commissione, EU:C:2011:816,
punto 121; CGUE, 15 dicembre 2016, in causa T-177/13, EU:T:2016:736, punto 79. Per
un’analisi di Tetra Laval e della successiva giurisprudenza, v. A. MEIJ, ‘Judicial Review in the EC
Courts: Tetra Laval and Beyond’ in O. ESSENS, A. GERBRANDY, S. LAVRIJSSEN (a cusa di), National
Courts and the Standard of Review in Competition Law and Economic Regulation, Amsterdam,
2009, 8-21.
39 A. KALINTIRI, What’s in a name? The marginal standard of review of “complex economic

assessments” in EU competition enforcement, in Common Market Law Review, 2016, 1285, con ul-
teriori riferimenti alla discussione relativa allo standard di controllo nelle questioni economiche.
40 CGUE, 11 settembre 2002, in causa T-13/99, Pfizer c. Consiglio, EU:T:2002:209, punto

172.
41 E. BARBIER DE LA SERRE, A.L. SIBONY, Expert evidence before the EC Courts, in Common

Market Law Review, 2008, 973 ss.


42 M. BARAN, The Scope of EU Courts’ Jurisdiction and Review of Administrative Decisions -

the Problem of Intensity Control of Legality, cit., 307.


43 CGUE, 10 luglio 2008, in causa C-413/06 P, Bertelsmann AG e Sony Corporation of Ame-

rica c. Independent Music Publishers e Labels Association (Impala), EU:C:2007:790, punto 240.
388 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

una valutazione economica o tecnica complessa44. Il Tribunale ha peraltro ag-


giunto che lo stesso criterio può applicarsi nei casi in cui la complessità tecnica
risulti da «valutazioni effettuate in altri settori scientifici, quali la botanica o la
genetica»45.
Nonostante alcune incertezze nella sua applicazione46, la dottrina è larga-
mente concorde nel ritenere che tale test preveda un controllo relativamente ri-
goroso delle decisioni della Commissione47. Pertanto, si può concludere che Te-
tra Laval rappresenti una sostanziale evoluzione dell’approccio della CGUE in
diritto della concorrenza48, nel senso di una maggiore intensità del sindacato ed
un controllo dell’esattezza di fatto, dell’affidabilità, della coerenza e della com-
pletezza delle prove, che consente al giudice di valutare se serva da base suffi-
ciente alle conclusioni della Commissione49.

3.3. Oltre il diritto della concorrenza: l’errore manifesto in materia di salute pub-
blica e ambiente
La suddetta evoluzione del criterio dell’errore manifesto è stata riscontrata
anche al di là dell’ambito del diritto della concorrenza. Un primo esempio di con-
trollo più approfondito delle scelte discrezionali dell’amministrazione dell’Unione
è rappresentato dalla sentenza Pfizer, che riguardava la contestazione di un prov-
vedimento di revoca dell’autorizzazione di un additivo per l’alimentazione degli
animali50. Anche in questo caso, il Tribunale, senza discostarsi formalmente dal
criterio dell’«errore manifesto», ha proceduto ad una valutazione approfondita
per valutare se la Commissione avesse commesso un errore manifesto. Questo
stesso orientamento è stato parimenti ripreso in una giurisprudenza successiva re-
lativa alla regolamentazione dei rischi per la sanità pubblica o per l’ambiente51.
44 CGUE, 19 novembre 2008, in causa T-187/06, Ralf Schrader c. Ufficio comunitario delle

varietà vegetali (UCVV), EU:T:2008:511, para 61.


45 Ibidem, para 62.
46 CGUE, 29 giugno 2010, in causa C-441/07 P, European Commission c. Alrosa Company

Ltd, EU:C:2010:377.
47 W. WILS, The Increased Level of EU Antitrust Fines, Judicial Review and the European

Convention on Human Rights, in World Competition law and Economics Review, 2010, 31; S. LA-
VRIJSSEN, M. DE VISSER, Independent Administrative Authority and the Standard of Judicial Review,
in Utrecht Law Review, 2006, 131; LENAERTS e GERARD rilevano che, «nonostante i termini dell’ar-
ticolo [263 TFUE], il criterio dell’“errore manifesto di valutazione” per controllare l’applicazione
da parte della Commissione dell’art. [101 (3) TFUE], ad esempio, si è notevolmente evoluto verso
uno standard di controllo completo». K. LENAERTS, D. GERARD, Decentralisation of EC Competi-
tion Law Enforcement: Judges in the Frontline, in World Competition, 2004, 340.
48 V. inter alia CGUE, 21 gennaio 2016, in causa C-603/13 P, Galp Energía España SA and

Others c. European Commission, EU:C:2016:38, para 72; CGUE, 26 settembre 2018, in causa C-
99/17 P, Infineon Technologies AG c. European Commission, EU:C:2018:773, para 48.
49 M. BARAN, The Scope of EU Courts’ Jurisdiction and Review of Administrative Decisions -

the Problem of Intensity Control of Legality, cit., 311.


50 CGUE, 11 settembre 2002, in causa T-13/99, Pfizer Animal Health SA c. Consiglio del-

l’Unione europea, EU:T:2002:209. V. E. VOS, The European Court of Justice in the Face of Scientific
Uncertainty and Complexity, in B. DE WITTE, E. MUIR, M. DAWSON (a cura di), Judicial Activism at
the European Court of Justice, Cheltenham, 2013, 152-160.
51 V. CGUE, 9 settembre 2011, in causa T-475/07, Dow Agro Sciences Ltd e a. c. Commis-
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 389

In relazione ad altri ambiti del diritto dell’UE, tuttavia, il sindacato della


CGUE rimane limitato. Ad esempio, nel contenzioso in materia di aiuti di Stato,
la CGUE tende ad attenersi strettamente al criterio dell’«errore manifesto» clas-
sico52. Allo stesso modo, nel sindacato di alcuni aspetti delle decisioni antidum-
ping, il Tribunale ha riconosciuto una discrezionalità tecnica alla Commissione
esente da un’analisi approfondita da parte del giudice53. Né l’analisi dottrinale
né il linguaggio delle sentenze permettono, tuttavia, di evincere la ratio di que-
sto diverso approccio da parte del giudice europeo. Anche in materie nelle quali
uno scrutinio più intenso viene applicato nei confronti delle decisioni della
Commissione europea, quale la regolamentazione del rischio, l’approccio della
Corte appare più deferente nei confronti delle agenzie dell’UE54. Sebbene la
giurisprudenza relativa alle agenzie non sia ancora stata oggetto di un’analisi si-
stematica che porti a concludere definitivamente in questo senso, la particolare
posizione di indipendenza e la forte expertise tecnica di questi enti (oltre ai limiti
costituzionali alla delegazione di poteri discrezionali ad essi)55 potrebbero giu-
stificare un diverso atteggiamento del giudice europeo.
Pur significativa, l’evoluzione verso un sindacato più intenso da parte della
CGUE appare, pertanto, ancora parziale e ondivaga56.

3.4. Verso un «controllo completo»: sanzioni e diritti fondamentali


In alcuni ambiti, il sindacato della CGUE appare invece decisamente
orientato verso un controllo pieno della discrezionalità dell’amministrazione eu-
ropea. Ai sensi dell’art. 261 TFUE, la CGUE esercita una competenza giurisdi-
zionale anche di merito per quanto riguarda sanzioni e ammende previste in atti
legislativi. È il caso delle ammende inflitte dalla Commissione europea in caso di

sione, EU:T:2011:445, para 150-153; CGUE, 9 settembre 2011, in causa T-257/07, Francia c. Com-
missione, EU:T:2011:444, punto 87.
52 Inter alia, CGUE, 30 novembre 2016, in causa C-486/15 P, Orange SA c. European Com-

mission, EU:C:2016:912, para 87-88; CGUE, 2 settembre 2010, in causa C-290/07 P, European
Commission c. Scott SA, EU:C:2010:480, para 68.
53 CGUE, 15 marzo 2018, in causa T-211/16, Caviro Distillerie Srl and Others c. European

Commission, EU:T:2018:148, para 49; CGUE; 4 marzo 2010, in causa T-410/06, Foshan City
Nanhai Golden Step Industrial Co., Ltd c. Consiglio dell’Unione europea, EU:T:2010:70, para 64-
67. V. M. PREK, S. LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of
Appraisal”, cit., 359; R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial
Review, cit.
54 Si confrontino, ad es., le sentenze CGUE, 7 marzo 2013, in causa T-93/10, Bilbaína de Al-

quitranes e a. c. ECHA, EU:T:2013:106, e CGUE, 22 novembre 2017, in causa C-691/15 P, Com-


missione europea c. Bilbaína de Alquitranes (Bilbaìna II), EU:C:2017:882. Pur vertenti su fatti del
tutto analoghi (stesse ricorrenti, stessa sostanza tossica e stessa metodologia contestata), l’intensità
dello scrutinio della CGUE differisce vistosamente.
55 V CGUE, 13 giugno 1958, in causa C-10/56, Meroni c. Alta autorità, EU:C:1958:8;

CGUE, 22 gennaio 2014, in causa C-270/12, Regno Unito c. Parlamento europeo e Consiglio,
EU:C:2014:18.
56 Con riferimento alla giurisprudenza in materia di regolamentazione del rischio, G.C. LEO-

NELLI, The Fine Line between Procedural and Substantive Review in Cases involving Complex
Technical-Scientific Evaluations: Bilbaìna, in Common Market Law Review, 2018, 1218.
390 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

violazione del diritto della concorrenza57. In questo caso, il giudice è autorizzato


«al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valu-
tazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o
aumentare l’ammenda o la penalità inflitta»58.
Un ambito di particolare rilievo per l’intensità del controllo giurisdizionale
è quello in cui l’esercizio di discrezionalità tecnica si interseca con i diritti fonda-
mentali. In relazione ai diritti fondamentali, «che costituiscono parte integrante
dei principi generali del diritto comunitario»59, la giurisprudenza presenta un ap-
proccio specifico, definito di «controllo in linea di principio completo» dalla
CGUE stessa60. Emblematica a questo proposito è la sentenza Kadi II 61.
La saga giudiziale Kadi riguarda il congelamento dei beni dei sospetti di
terroristi derivanti dalla loro iscrizione in un elenco redatto dal Comitato per le
sanzioni dell’ONU. Nella causa Kadi II, il ricorrente sosteneva che il fonda-
mento fattuale alla base dell’iscrizione del suo nome nella lista del Comitato per
le sanzioni dell’ONU avrebbe dovuto essere controllato dal giudice dell’Unione.
La Commissione, sostenuta da taluni Stati membri, ha tentato di invocare la giu-
risprudenza sull’“errore manifesto”62. In relazione all’accertamento e all’apprez-
zamento dei presupposti di fatto del provvedimento, il Tribunale ha, però, di-
chiarato che: «Il fatto che l’istituzione comunitaria competente disponga, in tale
ambito, di un margine discrezionale non implica che la Corte si astenga dal con-
trollare l’interpretazione, da parte di tale istituzione, dei dati rilevanti. Infatti, il
giudice comunitario è tenuto, in particolare, non solo a verificare l’esattezza ma-
teriale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma
altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che
devono essere presi in considerazione per valutare la situazione e se siano di na-
tura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte. Tuttavia, nel-
l’ambito di tale controllo, egli non è tenuto a sostituire la propria valutazione
d’opportunità a quella dell’istituzione comunitaria competente»63.
In appello, dove la Commissione e gli Stati membri hanno definito tale ap-
proccio come «eccessivamente intervenzionista»64, la Corte ha confermato l’o-
rientamento adottato dal Tribunale facendo riferimento all’art. 47 della Carta
dei diritti fondamentali dell’UE e dichiarando che «ciò comporta una verifica
57 R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit.,
44.
58 CGUE, 8 dicembre 2011, in causa C-389/10 P, KME c. Commissione europea,

EU:C:2011:816, para 130.


59 CGUE, 3 settembre 2008, nelle cause riunite C-402/05 P e C-415/05 P, Kadi,

EU:C:2008:461, para 326.


60 Ibidem, para 326. V. M. BARAN, The Scope of EU Courts’ Jurisdiction and Review of Admi-

nistrative Decisions - the Problem of Intensity Control of Legality, cit., 313.


61 V. CGUE, 30 settembre 2010, in causa T-85/09, EU:T:2010:418.V. anche cause CGUE, 12

dicembre 2006, in causa T-228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran c. Consiglio,
EU:T:2006:384, e CGUE, 23 ottobre 2008, in causa T-256/07, People’s Mojahedin Organization of
Iran c. Consiglio, EU:T:2008:461.
62 Kadi I, punto 96.
63 Kadi I, punto 142.
64 CGUE, 18 luglio 2013, in causa C-584/10 P, Kadi II, EU:C:2013:518, punto 74.
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 391

dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il
controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimi-
glianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o
per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la mede-
sima decisione, siano fondati»65. L’ampiezza dell’indagine, più marcata che in al-
tri ambiti66, è dunque non solo auspicabile, ma anche sempre più diffusa in ma-
teria di diritti fondamentali nell’ordinamento europeo67.

4. L’intensità del sindacato della CGUE nella prassi giurisprudenziale: principi


e natura
4.1. Principi e tecniche per l’esercizio del sindacato nella prassi della CGUE
Pur mantenendo un sindacato asseritamente marginale, abbiamo visto
come la giurisprudenza della Corte abbia subìto una parziale evoluzione verso
un più intenso scrutinio della discrezionalità tecnica esercitata dalle istituzioni e
agenzie dell’UE. L’analisi della prassi giurisprudenziale ha evidenziato come ciò
sia stato possibile anche grazie ad un controllo più rigoroso del rispetto di al-
cune garanzie procedurali e alcuni principi che informano il processo decisio-
nale dell’amministrazione europea e “strutturano” l’esercizio della sua discre-
zionalità (tecnica e amministrativa, data la mancanza di una simile distinzione
teorica nel diritto dell’Unione europea)68.
Innanzitutto, l’ampiezza del sindacato della CGUE è stata estesa attraverso
il controllo del modo in cui la decisione è stata presa dall’amministrazione, che
deve dimostrare dinanzi alla Corte di aver adottato l’atto mediante un esercizio
effettivo del suo potere discrezionale69. Ciò implica non soltanto «la presa in con-
siderazione di tutti gli elementi e le circostanze pertinenti della fattispecie»70, ma
anche il rispetto de «l’obbligo […] di esaminare, in modo accurato e imparziale,
tutti gli elementi pertinenti della situazione di cui trattasi e di motivare le proprie
decisioni in modo sufficiente»71. La CGUE dunque procede all’analisi degli ele-
menti fattuali e degli interessi in gioco attraverso la lente della diligenza e impar-
zialità nel processo decisionale, annullando la decisione qualora la valutazione
della autorità europea risultasse insufficientemente completa o imparziale72. Così
65 Ibidem, punto 119.
66 M. BARAN, The Scope of EU Courts’ Jurisdiction and Review of Administrative Decisions -
the Problem of Intensity Control of Legality, cit., 313; P. CRAIG, EU Administrative Law, cit., 424
ss.; R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit., 46.
67 V. inter alia CGUE, 8 aprile 2014, in cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital Rights

Ireland, EU:C:2014:238, para 46-48.


68 M. PREK, S. LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of

Appraisal”, cit., 365.


69 Inter alia, CGUE, 7 settembre 2006, in causa C-310/04, Spagna c. Consiglio, EU:C:2006:521,

para 133.
70 Ibidem.
71 Inter alia, CGUE, 16 giugno 2015, in causa C-62/14, Gauweiler, EU:C:2015:400, para 69.
72 H.C.H. HOFMANN, The Interdependencies between Delegation, Discretion and the Duty of

Care, in J. MENDES (a cura di), Discretion in EU Law, London, 2019, 235 ss.
392 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

i principi di diligenza e imparzialità – doveri in capo all’amministrazione in


forza del principio di buona amministrazione ai sensi dell’art. 41 della Carta dei
diritti fondamentali UE – diventano il grimaldello grazie al quale il giudice en-
tra nella razionalità della decisione e delle valutazioni che hanno portato ad
essa73. Non è tuttavia chiaro nella giurisprudenza della Corte quale sia il conte-
nuto e la profondità della valutazione richiesta, né se sia sempre necessario un
vero e proprio impact assessment da parte delle istituzioni74.
Spesso questa analisi è strettamente legata al controllo dell’obbligo di mo-
tivazione al quale le istituzioni comunitarie sono soggette ai sensi dell’art. 41 co.
2, lett. c)75. La CGUE, dunque, esamina le motivazioni addotte dall’amministra-
zione per identificare vizi del ragionamento che inficino la razionalità delle va-
lutazioni, anche tecniche, compiute dall’amministrazione europea. A questo ri-
guardo, è interessante notare come l’enfasi sul dovere di diligenza e di motiva-
zione appaia più marcato nei confronti della Commissione europea rispetto alle
agenzie dell’UE. La lettura della giurisprudenza relativa all’Agenzia europea
delle sostanze chimiche (ECHA), ad esempio, rivela uno scrutinio meno esteso
su questi punti, forse in ragione della particolare expertise di questo ente o per
la presenza di commissioni di ricorso interne all’agenzia76.
Infine, soprattutto in relazione all’esercizio di discrezionalità che coinvolge
il bilanciamento di interessi contrapposti (discrezionalità stricto sensu o ammini-
strativa), un ruolo chiave è svolto dal principio di proporzionalità. La propor-
zionalità è un principio fondamentale nel diritto amministrativo dell’Unione e,
benché mutuato dalla tradizione del diritto amministrativo tedesco, ha acquisito
un significato proprio a livello dell’Unione77. Come nell’ordinamento giuridico
tedesco, il giudice dell’Unione esamina gli interessi in gioco e si chiede se la mi-
sura di cui trattasi fosse idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e ad esso ne-
cessaria. Quest’ultimo punto impone di esaminare se l’obiettivo perseguito
avrebbe potuto essere raggiunto con mezzi meno gravosi, ma altrettanto efficaci.
Mentre il test di proporzionalità tedesco richiede anche una terza valutazione, di
c.d. proporzionalità stricto sensu, ovvero se l’onere imposto sia proporzionato
alla realizzazione dell’obiettivo perseguito78, l’applicazione di questa terza parte

73 V. inter alia, CGUE, 13 dicembre 2001, in cause riunite T-45/98 e T-47/98, Krupp Thys-

sen Stainless GmbH e Acciai speciali Terni SpA c. Commissione, EU:T:2001:288, para 237. Per
un’analisi del ruolo del dovere di diligenza nella giurisprudenza della CGUE, H.C.H. HOFMANN,
The Duty of Care in EU Public Law, in Review of European Administrative Law, 2020.
74 R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit.,

54.
75 V. inter alia, CGUE, 12 giugno 1997, in causa T-504/93, Tiercé Ladbroke, EU:T:1997:84,

para 158 ss.; CGUE, 10 luglio 2012, in causa T-304/08, Smurfit Kappa Group, T:2012:351, para
110 ss.
76 A. VOLPATO, Judicial Review of the Acts of EU Agencies: Discretion Escaping Scrutiny?,

CERIM Working papers, 2019, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id= 3500731.


77 V. inter alia, T. TRIDIMAS, Les principes général du droit de l’Union, 2a ed., Oxford, 2007,

capitolo 3; J. SCHWARZE, European Administrative Law: Revised First Edition, London, 2006, capi-
tolo 5.
78 V. C. BACKES, M. ELIANTONIO (a cura di), Casebook Judicial Review of Administrative

Action, Oxford, 2019, Capitolo 6, parti 6.3 e 6.5.A.


IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 393

del test è più controversa nell’ambito del controllo delle scelte discrezionali del-
l’amministrazione dell’Unione79.
Secondo De Búrca, che ha svolto uno studio approfondito sull’utilizzo del
principio di proporzionalità da parte del giudice dell’Unione, il ruolo di questo
principio nel sindacato giurisdizionale varia in funzione della relativa expertise,
della posizione e della competenza della Corte nei confronti dell’autorità che ha
deciso80. Mentre in alcuni casi il rispetto di questo principio è semplicemente ap-
piattito ad una verifica dell’assenza di manifesta inappropriatezza della misura81,
in altri casi questo principio si è dimostrato uno strumento utile nelle mani dei
giudici europei soprattutto in combinazione con il dovere di diligenza82. Così, ad
esempio, in una causa riguardante taluni regimi di importazione sul mercato
della banana, il Tribunale ha sottolineato che, quando le istituzioni dell’UE di-
spongono di un ampio potere discrezionale, il giudice è tenuto ad esaminare
«solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, ri-
spetto allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire»83. Invece, nella
causa Gauweiler, relativa allo strumento OMT elaborato dalla Banca centrale eu-
ropea (BCE) per fronteggiare la crisi finanziaria, la CGUE ha efficacemente ri-
chiamato il dovere di diligenza all’interno dell’analisi della proporzionalità84 e,
nonostante il margine di discrezionalità goduto dalla BCE, ha proceduto ad una
analisi puntuale delle valutazioni condotte e delle ragioni addotte85.

4.2. La prassi giurisprudenziale della CGUE: tra sindacato procedurale e sostan-


ziale
L’evoluzione del criterio dell’errore manifesto e il ricorso alle summenzio-
nate tecniche di verifica del rispetto dei principi amministrativi da parte della
79 P. CRAIG, EU Administrative Law, cit., 592. La discrasia tra i due test di proporzionalità è

emersa vistosamente nella recente sentenza PSPP della Corte costituzionale tedesca, BVerfG, 5
maggio 2020 -2 BvR 859/15.
80 G. DE BÚRCA, The principle of proportionality and its application in EC law, in Yearbook of

European Law, 1993, 111.


81 V. CGUE, 12 luglio 2012, in causa C-59/11, Association Kokopelli, EU:C:2012:442, para

38. L’approccio della Corte è stato criticato da AG Kokott nelle sue conclusioni in causa C-
558/07, SPCM and others, EU:C:2009:142, para 73-77.
82 H.C.H. HOFMANN, The Interdependencies between Delegation, Discretion and the Duty of

Care, cit., 238 ss.


83 CGUE, 20 marzo 2001, in causa T-30/99, Bocchi Food Trade International c. Commissione,

EU:T:2001:96, para 94. V. anche CGUE, 21 settembre 2011, in causa T-343/10, Etimine,
EU:T:2011:509, para 98. In relazione agli atti delle agenzie, v. CGUE, 7 marzo 2013, in causa T-
94/10, Rütgers e a. c. ECHA, EU:T:2013:107, para 134: «l’ECHA dispone di un ampio potere di-
screzionale in un settore che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale ri-
spetto alle quali essa è chiamata ad effettuare valutazioni complesse. Solo la manifesta inidoneità
di una misura adottata in tale ambito, in rapporto allo scopo che il legislatore intende perseguire,
può inficiare la legittimità di una siffatta misura».
84 CGUE, 16 giugno 2015, in causa C-62/14, Gauweiler, EU:C:2015:400, para 66-69. Per

un’analisi della sentenza e delle sue implicazioni per il concetto di discrezionalità, v. J. MENDES, Di-
scretion, Care and Public Interests in the EU Administration: Probing the Limits of Law, cit., 419.
85 See also, inter alia, CGUE, 7 aprile 2016, in causa C-556/14 P, Holcim (Romania),

EU:C:2016:207.
394 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

CGUE hanno spostato l’attenzione dal contenuto dell’atto, nei confronti del
quale rimane fermo il divieto per giudice di sostituire le proprie valutazioni a
quelle dell’amministrazione, alla procedura con la quale tale atto è stato adottato,
la quale deve presentare garanzie tali da indurre il giudice a confermarne la va-
lidità. La necessità di prendere in considerazione tutti gli elementi, di vagliarli
accuratamente e imparzialmente, di dare la possibilità di essere sentiti e di mo-
tivare adeguatamente l’atto sono, infatti, aspetti prettamente procedurali dell’a-
dozione dell’atto86. Analogamente, anche il giudizio sulla proporzionalità di una
misura da parte della CGUE ha conosciuto una forma di “proceduralisation”87,
ovvero di applicazione in senso procedurale, come emerso in Gauweiler e in
successive sentenze88.
La crescente attenzione per questi aspetti mira a compensare il sindacato
marginale sulla sostanza tradizionalmente adottato dalla CGUE. Questo sposta-
mento del punto focale dell’analisi, infatti, appare lungi dall’essere casuale; al
contrario, è stata ritenuta una scelta deliberata da parte del giudice europeo89.
Nel 2012, Koen Lenaerts, attualmente presidente della Corte, auspicava l’ado-
zione di una «process-oriented review» che permettesse di intensificare il sinda-
cato giurisdizionale sul processo decisionale delle istituzioni europee, senza però
intromettersi nelle scelte politiche90. Pur non aderendo esplicitamente alle teorie
strutturaliste statunitensi91, egli riconosceva come tale forma di sindacato miri a
migliorare il modo in cui le istituzioni politiche adottano le loro decisioni92.
Plausibilmente, questa motivazione sta alla base del più intenso scrutinio adot-
tato dalla CGUE negli ultimi anni.
Sebbene concentrato sugli aspetti procedurali nell’individuazione dell’er-
rore manifesto, l’approccio della CGUE tende talvolta a sconfinare nella so-
stanza della decisione, mettendo in luce quanto sfumata sia la linea di demarca-
zione tra sindacato “procedurale” e sindacato “sostanziale”93. Emblematica in

86 G.C. LEONELLI, The Fine Line between Procedural and Substantive Review in Cases invol-

ving Complex Technical-Scientific Evaluations: Bilbaìna, cit., 1231.


87 L’espressione è di H.C.H. HOFMANN, The Interdependencies between Delegation, Discre-

tion and the Duty of Care, cit., 240.


88 V. anche CGUE, 7 aprile 2016, in causa C-556/14 P, Holcim (Romania) SA, c. Commis-

sion, EU:C:2016:207, para 80; CGUE, 19 dicembre 2012, in causa C-534/10P Brookfield New
Zealand and Elaris c. CPVO and Schniga, EU:C:2012:813, para51; CGUE, 16 dicembre 2008, in
causa C-47/07 P Masdar (UK) c. Commission, EU:C:2008:726, para 92 e 93.
89 R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit.,

60.
90 K. LENAERTS, The European Court of Justice and Process-Oriented Review, in Yearbook of

European Law, 2012, 15.


91 V. S.A. BARBER, J.E. FLEMING, Constitutional Interpretation: The Basic Questions, Oxford,

2007, citato a p. 3.
92 K. LENAERTS, The European Court of Justice and Process-Oriented Review, cit., 3. Casi em-

blematici per LENAERTS sono le sentenze: CGUE, 8 giugno 2010, in causa C-58/08,Vodafone and
Others, EU:C:2010:321; CGUE, 9 novembre 2010 in cause riunite C-92 e 93/09, Volker und
Markus Schecke GbR, EU:C:2009:284; CGUE, 1 marzo 2011, in causa C-236/09, Association belge
des Consommateurs Test-Achats and Others, EU:C:2011:100.
93 G.C. LEONELLI, The Fine Line between Procedural and Substantive Review in Cases invol-

ving Complex Technical-Scientific Evaluations: Bilbaìna, cit., 1233.


IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 395

questo senso è la causa Bilbaìna, nella quale la Corte è stata chiamata a pronun-
ciarsi sulla legittimità della classificazione di una certa sostanza ai sensi del re-
golamento (CE) n. 1272/2008 da parte della Commissione94. Soprattutto nella
comparazione con una precedente sentenza su una fattispecie analoga95, appare
evidente come l’esame del giudice «se tale istituzione abbia esaminato, in modo
accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie sui quali si fon-
dano le conclusioni che ne vengono tratte»96 si sia tradotto de facto in una ri-
messa in discussione del contenuto stesso dalla decisione della Commissione. La
CGUE, infatti, ritenendo che la decisione fosse viziata poiché la Commissione
non aveva tenuto in debito conto un limite della metodologia utilizzata per la
classificazione, è giunta di fatto a imporre alla Commissione di adottare una di-
versa metodologia nella sua decisione. Il confine tra sindacato della non manife-
sta erroneità della decisione e quello della sostanziale verifica della sua corret-
tezza scientifica appare dunque estremamente labile, se non latentemente su-
perato97.

5. Considerazioni di sintesi
Il trattamento giurisprudenziale della discrezionalità tecnica nell’esperienza
della CGUE presenta in sostanza un quadro complesso e non privo di incoe-
renze. L’orientamento adottato dal giudice europeo è asseritamente deferente,
limitato a sanzionare vizi manifesti della misura dell’amministrazione europea
ogni qualvolta essa sia frutto di valutazioni ritenute tecnicamente, scientifica-
mente, economicamente o socialmente complesse. Ciononostante, nel corso de-
gli ultimi anni il sindacato della CGUE è divenuto via via più intrusivo, giun-
gendo a vagliare la sostanza della decisione attraverso un’inedita attenzione per
il rispetto delle garanzie procedurali e i principi di buona amministrazione.
Questa evoluzione, tuttavia, è più evidente soltanto in alcune materie su cui
la CGUE è chiamata a pronunciarsi, quali il diritto della concorrenza e la tutela
dei diritti fondamentali. Quest’intensità differenziata del sindacato della CGUE
– nel tempo e negli ambiti di applicazione – mette ancor più in luce la discrasia
tra una formula stereotipata, quella dell’errore manifesto elaborata nelle prime
pronunce, e l’atteggiamento concretamente assunto oggi dal giudice rispetto alla
valutazione tecnica compiuta da istituzioni e agenzie dell’UE.
Strettamente legata a questa discrasia, sebbene non necessariamente in un
rapporto di causa-effetto, è l’assenza nel diritto dell’UE di una chiara concet-
tualizzazione della nozione di discrezionalità tecnica e di una distinzione dal

94 In causa C-691/15 P, Commissione europea c. Bilbaína de Alquitranes, EU:C:2017:882.


95 CGUE, 7 marzo 2013, in causa T-93/10, Bilbaína de Alquitranes, SA e a. c. ECHA,
EU:T:2013:106.
96 CGUE, 22 novembre 2017, in causa C-691/15 P, Commissione europea c. Bilbaína de Al-

quitranes, EU:C:2017:882, para 35.


97 G.C. LEONELLI, The Fine Line between Procedural and Substantive Review in Cases invol-

ving Complex Technical-Scientific Evaluations: Bilbaìna, cit., 148.


396 MARIOLINA ELIANTONIO - ANNALISA VOLPATO

concetto di discrezionalità amministrativa. Pur rimanendo indistinte nelle parole


e nei fatti per la GCUE, la recente elaborazione da parte della dottrina potrebbe
portare ad una progressiva razionalizzazione della materia. Interessante, a que-
sto proposito, è la recente proposta elaborata da Silvère Lefevre e Miro Prek
(quest’ultimo giudice del Tribunale) di distinguere tra «margin of appraisal» (di-
screzionalità tecnica) e «power of appraisal» (discrezionalità amministrativa), li-
mitando solo a quest’ultimo il sindacato debole del giudice europeo. Mentre in-
fatti in caso di power of appraisal il test dell’«errore manifesto» è giustificato da
argomenti forti, legati al rispetto dell’equilibrio istituzionale, nel caso di margin
of appraisal l’approccio deferente della GCUE sarebbe soltanto una forma di
«self-restraint», una limitazione autoimposta che nulla impedirebbe di superare
definitivamente98. Non è implausibile immaginare che, come nel caso della «pro-
cess-oriented review», queste considerazioni in seno alla CGUE si riflettano in
una futura evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale.
Se ciò dovesse essere, si acuirebbe ancor più un fenomeno che è stato os-
servato in relazione alla progressiva “proceduralizzazione” del sindacato della
CGUE, ovvero la parziale “scientificazione” del sindacato del giudice europeo99.
Estendendo il suo scrutinio non soltanto sulla plausibilità delle ragioni addotte
ma anche sulla correttezza delle valutazioni tecniche delle istituzioni europee e
all’esatta ricostruzione dei fatti, la CGUE si è sempre più addentrata nel domi-
nio della scienza e della tecnica. Sebbene il fatto che una questione contenga
elementi economicamente o tecnicamente complessi di per sé non significhi ne-
cessariamente che sia fuori dalla portata intellettuale del giudice100, ci si può pur
tuttavia chiedere se la CGUE sia un foro sufficientemente dotato della specifica
expertise per affrontarla. Il Regolamento di Procedura del Tribunale prevede la
possibilità di disporre perizie101, ma ciò è avvenuto in rare occasioni, principal-
mente in materia di valutazioni mediche in controversie in materia di pubblico
impiego102. Alternative discusse sono l’opportunità di ricorrere più sistematica-

98 M. PREK, S. LEFÈVRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of

Appraisal”, cit., 369 ss.


99 E. VOS, The European Court of Justice in the Face of Scientific Uncertainty and Complexity,

cit., 152 ss.; G.C. LEONELLI, The Fine Line between Procedural and Substantive Review in Cases
involving Complex Technical-Scientific Evaluations: Bilbaìna, cit., 1218. V. anche M. LEE, EU
Regulation of GMOs, Cheltenham, 2008, 84 ss.; C. ANDERSON, Contrasting Models of EU Admini-
stration in Judicial Review of Risk Regulation, in Common Market Law Review, 2014, 432 ss.
100 H.C.H. HOFMANN, G.C. ROWE, A.H. TURK, Administrative Law and Policy of the Euro-

pean Union, cit., 495.


101 Artt. 70-75 del Regolamento di Procedura del Tribunale.
102 CGUE, 14 luglio 1972, nelle c.d. cause Dyestuff: in causa 48/69, ICI c. Commissione,

EU:C:1972:70; in causa 49/69, BASF c. Commissione, EU:C:1972:71; in causa 51/69, Bayer c.


Commissione, EU:C:1972:72; in causa 52/69, Geigy c. Commissione, EU:C:1972:73; in causa
53/69, Sandoz c. Commissione, EU:C:1972:74; in causa 54/69, Francolor c. Commissione,
EU:C:1972:75; in causa 55/69, Cassella c. Commissione, EU:C:1972:76; in causa 57/69, Acna c.
Commissione, EU:C:1972:78; CGUE, 31 marzo 1993, nelle cause riunite C-89, 104, 114, 116, 117,
125-29/85, Ahlström Osakeyhtiö and Others c. Commissione, EU:C:1993:120; CGUE, 12 luglio
1990, in causa C-169/84, Cofaz and Others c. Commissione, EU:C:1986:42. V. M. PREK, S. LEFÈ-
VRE, “Administrative discretion”, “Power of Appraisal” and “Margin of Appraisal”, cit., 375.
IL TRATTAMENTO GIURISPRUDENZIALE DELLA “DISCREZIONALITÀ TECNICA” 397

mente a perizie di parte103 o di introdurre Tribunali specializzati – possibilità


ammessa ai sensi della procedura istituita dall’art. 257 TFUE, ma non ancora at-
tuata. La questione dell’intensità del sindacato della CGUE si interseca dunque
con il dibattito sull’assetto futuro di quest’organo giurisdizionale104.
Infine, un aspetto correlato alle osservazioni sinora svolte è la questione
dell’influenza che l’orientamento adottato a livello europeo possa avere nei con-
fronti della discrezionalità tecnica sul sindacato da parte delle corti nazionali. A
questo riguardo, se l’effetto convergente della giurisprudenza europea sul diritto
amministrativo nazionale e sull’autonomia procedurale degli Stati membri è
stato ampiamente analizzato in altri ambiti105, meno chiaro è quanto i principi di
equivalenza ed effettività imposti ai giudici nazionali quando applicano il diritto
dell’UE richiedano loro di modificare il livello di intensità del loro sindacato.
Nelle pronunce della CGUE sul punto106, la Corte appare aver abbandonato
l’iniziale atteggiamento di laissez-faire in linea con il principio di autonomia pro-
cedurale, per richiedere ai giudici nazionali di intensificare il loro sindacato, so-
prattutto in casi in cui il rispetto dell’art. 47 della Carta è in gioco107. Questa
evoluzione dell’orientamento della CGUE, parallela a quella analizzata in rela-
zione all’intensità del suo stesso sindacato, apre dunque a interessanti scenari
sulla loro possibile mutua interazione e sul ruolo dell’art. 47 della Carta, che
meriterebbero maggiore attenzione da parte della dottrina.

103 E.BARBIER DE LA SERRE, A.L. SIBONY, Expert Evidence before the EC Courts, cit., 973 ss.
104 A.W.H. MEIJ, Courts in Transition: Administration of Justice and how to Organize It, in
Common Market Law Review, 2013, 6 ss.; F. DEHOUSSE, The Reform of the EU Courts. The Need
of a Management Approach, in Egmont Paper 53, 2011, 21, F. DEHOUSSE, The Reform of the EU
Courts (II). Abandoning the Management Approach by Doubling the General Court, in Egmont
Paper 83, 2016; J. ALBERTI, Verso un sistema giurisdizionale “a specializzazione decentrata”? Brevi
note sulla specializzazione del sapere giudiziario dell’Unione all’indomani della riforma del Tribu-
nale, in Il Diritto dell’Unione europea, 2018, 23.
105 V. M. ELIANTONIO, Europeanisation of Administrative Justice, Zutphen, 2008; D.U. GA-

LETTA, Procedural Autonomy of EU Member States: Paradise Lost?, Heidelberg, 2010; F. GRASHOF,
National Procedural Autonomy Revisited: Consequences of Differences in National Administrative
Litigation Rules for the Enforcement of European Union Environmental Law, Zutphen, 2016; J.
JANS, Europeanisation of Public Law, Zutphen, 2016, capitolo 6.
106 Inter alia, CGUE, 21 gennaio 1999, in causa C-120/97, Upjohn, EU:C:1999:14; CGUE,

24 aprile 2008, in causa C-55/06, Arcor, EU:C:2008:244; CGUE, 6 ottobre 2015, in causa C-
71/14, East Sussex County Council, EU:C:2015:656; CGUE, 21 dicembre 2016, in causa C-203/15,
Tele2 Sverige, EU:C:2016:970; CGUE, 28 luglio 2011, in causa C-69/10, Samba Diuf,
EU:C:2011:524; CGUE, 16 maggio 2017, in causa C-682/15, Berlioz, EU:C:2017:373. V. anche T.
PALONIITTY, M. ELIANTONIO (a cura di), Special Issue: Scientific Knowledge in Environmental Judi-
cial Review: Safeguarding Effective Judicial Protection in the EU Member States, in European
Energy and Environmental Law Review, 2018, 108 ss.
107 R. WIDDERSHOVEN, The European Court of Justice and the Standard of Judicial Review, cit.,

39 ss.
POSTFAZIONE

Bernardo Giorgio Mattarella

I saggi contenuti in questo volume forniscono risposte esaurienti ai nume-


rosi quesiti che circondano l’ambiguo concetto di discrezionalità tecnica. A que-
sti quesiti corrispondono le domande di ricerca che il curatore del volume aveva
sapientemente posto agli autori e che gli autori hanno saputo affrontare, redi-
gendo testi che uniscono l’analisi settoriale a un’impostazione comune, che age-
vola la comparazione.
Il principale elemento comune ai diversi contributi, e uno dei pregi del li-
bro, deriva dall’avere posto al centro dell’analisi il rapporto tra le teorie e la con-
creta esperienza giurisprudenziale: i vari contributi mettono a confronto gli
orientamenti desumibili dalle enunciazioni dei giudici e le tecniche di controllo
concretamente utilizzate da essi. È questa la principale domanda, enunciata nel
titolo del volume, alla quale gli autori hanno inteso rispondere: al di là delle ri-
flessioni degli studiosi e delle occasionali enunciazioni contenute in singole sen-
tenze, come si atteggia in concreto il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni
tecniche compiute dalle pubbliche amministrazioni?
Riflessioni teoriche ed enunciazioni programmatiche sono accuratamente
riassunte nel testo introduttivo di Alfredo Moliterni, il quale segnala la fre-
quente distanza tra queste suggestioni e la realtà, silenziosa ma solida, della giu-
risprudenza maggioritaria, che ha sempre mantenuto una certa ritrosia rispetto
al sindacato sulle scelte tecniche operate dall’amministrazione. Se ne può trarre
un utile insegnamento: la realtà giuridica sfugge alle eccessive semplificazioni; le
tendenze e le svolte giurisprudenziali vanno verificate nel tempo, con un attento
lavoro di analisi degli orientamenti nei diversi settori.
Moliterni, infatti, non manca di notare la notevole disomogeneità tra i set-
tori considerati e all’interno di essi, dove coesistono orientamenti molto diversi
e si affermano logiche ed equilibri interni al singolo settore. Questa disomoge-
neità, che conferma la bontà del metodo seguito nel volume, è confermata dalla
lettura dei diversi saggi. La maggior parte di essi registra la compresenza di due
distinti orientamenti, l’uno caratterizzato dalla tradizionale deferenza e l’altro
orientato a un controllo più incisivo. Il primo tende nel complesso a prevalere,
ma il rapporto tra i due orientamenti varia notevolmente da un settore a un al-
tro e anche all’interno di qualcuno dei settori considerati. Per esempio, l’analisi
di Antonio Falchi Delitala mostra che, sia pure in un quadro mutevole, nel set-
tore farmaceutico il sindacato del giudice è tendenzialmente prudente, mentre
400 BERNARDO GIORGIO MATTARELLA

in materia di contratti pubblici, riferisce Massimo Nunziata, si è sviluppato un


certo maggior rigore. In materia ambientale, osserva Margherita Croce, il con-
trollo è più intenso per i provvedimenti inerenti alla bonifica che per le valuta-
zioni di impatto. Questa varietà di tendenze si riscontra anche nei rapporti tra
giudici e autorità indipendenti. L’analisi di Leonardo Lippolis, per esempio, mo-
stra che il sindacato sulle valutazioni tecniche delle autorità di vigilanza finan-
ziaria è molto prudente. In materia di tutela della concorrenza, invece, spiega
Silvia de Nitto, al di là delle oscillazioni, il tentativo del giudice amministrativo
di definire una specifica tecnica di sindacato ha condotto a un controllo gene-
ralmente più penetrante. In materia di comunicazioni elettroniche, poi, il con-
tributo di Livia Lorenzoni spiega che l’intensità del controllo dipende dall’og-
getto della controversia.
Il quadro che emerge dal libro, quindi, è quello di una forte varietà di in-
dirizzi, che impediscono di ricostruire concetti unificanti e di ricostruire un mo-
dello unitario di controllo giurisdizionale. Non si può fare a meno, allora, di in-
terrogarsi sulle ragioni di questa varietà di approcci giurisprudenziali: il libro of-
fre utili elementi di risposta anche a questa seconda domanda, perché i vari
contributi individuano molti fattori che sembrano incidere sugli atteggiamenti
dei giudici.
Sembra avere un rilievo notevole, per esempio, l’assetto normativo: più il
diritto positivo vincola e restringe il campo di scelta, più il giudice ha strumenti
per approfondire il suo controllo. Lo dimostrano le osservazioni di Francesco
Savo Amodio sulla giurisprudenza in materia di abilitazione scientifica nazionale
dei professori universitari, ben più severa di quella in materia scolastica e con-
corsuale. A volte il giudice sembra essere indotto alla prudenza dall’importanza
degli interessi in gioco: ciò vale, in primo luogo, per l’interesse alla salute, come
suggerito dall’analisi di Francesca Pileggi in materia di ordinanze a tutela della
salute pubblica e di valutazioni medico-legali, per le quali pure l’interesse finan-
ziario dell’amministrazione sembra avere un peso. Per valutazioni come quelle
in esame, può giocare un ruolo anche il loro carattere ripetitivo e standardiz-
zato: sicuramente gli orientamenti giurisprudenziali hanno bisogno di una certa
massa critica per formarsi e consolidarsi. Ciò può spiegare la timidezza rilevata
da Fulvio Costantino nella giurisprudenza relativa alle valutazioni tecniche con-
nesse all’informatizzazione amministrativa. Sembrano avere una certa impor-
tanza, infine, gli assetti organizzativi: quelli dell’amministrazione, perché il giu-
dice tende a considerare più attendibili le valutazioni delle amministrazioni che
si pongono in una posizione di terzietà, come notato da Michele Bray con rife-
rimento all’amministrazione dei beni culturali e del paesaggio; ma anche quelli
dello stesso giudice, con riferimento ai quali appaiono particolarmente interes-
santi le osservazioni di Federico Caporale sulla giurisprudenza del Tribunale
amministrativo regionale della Lombardia sugli atti dell’Autorità per l’energia
elettrica, con riferimento alla quale la specializzazione del giudice ha prodotto
spiccati elementi di originalità sia nella profondità del sindacato e nell’uso di
concetti tecnici, sia nel ricorso a mezzi istruttori.
POSTFAZIONE 401

Altre domande è lecito porsi e altri elementi di risposta sono offerti dal li-
bro. La giurisprudenza amministrativa sulle valutazioni tecniche delle ammini-
strazioni si è evoluta realmente negli ultimi decenni? Ha raccolto le suggestioni
offerte dalla scienza giuridica e le potenzialità, in termini di mezzi istruttori, of-
ferte dai cambiamenti del processo amministrativo? Sembra doversi rispondere,
nel complesso, in modo negativo: a volte la giurisprudenza si attesta sul modello
proprio del sindacato sulla discrezionalità amministrativa, arrestandosi corretta-
mente sulla soglia dell’opinabilità; a volte si ferma ancora prima, rinunciando a
verificare che la valutazione tecnica sia stata operata applicando correttamente
le conoscenze specialistiche e facendo a meno di ricorrere alla consulenza tec-
nica. Maggiore uso, in alcune materie, viene fatto della verificazione: segno,
forse, che il giudice continua a muoversi, almeno in teoria, nella logica dell’ac-
certamento dei fatti piuttosto che in quella della loro valutazione esperta.
Ci si può chiedere, ancora, se l’assetto raggiunto sia soddisfacente. Anche
qui, gli scritti raccolti nel volume consentono di formulare elementi di risposta,
ma di una risposta che non può essere unitaria: si può solo rilevare le differenze
e segnalare, qualora ce ne fosse bisogno, che ogni caso è diverso dagli altri e che
le ragioni che possono aver indotto il giudice a un controllo più o meno rigoroso
possono essere le più varie e inerire alle peculiarità del settore o a quelle del
caso concreto.
Ciò premesso, non senza avere rilevato che l’uniformità delle tecniche di
giudizio è comunque auspicabile e la prevedibilità delle decisioni un valore da
tutelare, la lettura del libro consente di affermare che la presenza di valutazioni
tecniche costituisce ancora, troppo spesso, un freno eccessivo al controllo del
giudice. In molti casi esso rinuncia a utilizzare gli strumenti a sua disposizione
per verificare la correttezza del percorso decisionale seguito dall’amministra-
zione. La tecnica propria del controllo per eccesso di potere, che implica l’ap-
plicazione di princìpi e regole generali e non richiede conoscenze specialistiche,
è adeguata al controllo delle valutazioni squisitamente amministrative – quelle
che la nostra tradizione riconduce alla ponderazione di interessi e considera se-
parate da quelle tecniche – ma non sempre lo è per le valutazioni che richiedono
l’applicazione di arti, scienze o tecniche particolari. Essa consente, per esempio,
di verificare che il procedimento amministrativo si sia svolto in modo corretto,
ma non che altrettanto sia avvenuto per il procedimento tecnico, all’interno di
un laboratorio di analisi o di un foglio di calcolo. Consente di verificare che
l’amministrazione abbia compiuto un’istruttoria adeguata, ma non che la sua va-
lutazione tecnica abbia tenuto conto di tutti i dati rilevanti. Il controllo della
correttezza del processo di formazione del provvedimento, infatti, può richie-
dere il ricorso a conoscenze specialistiche, ferma restando l’insindacabilità delle
valutazioni opinabili.
Rimane la domanda più rilevante sotto il profilo dogmatico, quella posta
da Marco D’Alberti nella prefazione e dal curatore nel suo saggio introduttivo:
quella relativa al concetto di discrezionalità tecnica. L’analisi della giurispru-
denza ne giustifica l’esistenza? La risposta non può prescindere dalla circo-
402 BERNARDO GIORGIO MATTARELLA

stanza, evidenziata anche dal testo di Mariolina Eliantonio e Annalisa Volpato


sulla giurisprudenza europea, che questo concetto è proprio della sola scienza
giuridica italiana, che da tempo ritiene che le valutazioni inerenti a interessi e
quelle inerenti a fatti possano essere tenute distinte e debbano ricevere un trat-
tamento diverso da parte della giurisprudenza.
Questo libro dimostra che, in realtà, la diversità di trattamento non c’è, al-
meno in termini generali. Che le valutazioni squisitamente amministrative e
quelle tecniche sono spesso inestricabilmente intrecciate, quali componenti di
scelte unitarie. Che per le une e per le altre la giurisprudenza maggioritaria
tende ad applicare lo stesso criterio: quello di arrestarsi di fronte alle valutazioni
opinabili, spettanti all’amministrazione. Che per le valutazioni tecniche questo
criterio dà luogo ad applicazioni molto differenziate. E, soprattutto, che al con-
cetto di discrezionalità tecnica non corrisponde una specifica e unitaria tecnica
di controllo.
Anche in questo, dunque, appaiono convincenti le considerazioni del con-
tributo iniziale di Alfredo Moliterni. Indipendentemente dal tipo di valutazione
che la decisione amministrativa richieda, è importante che il giudice verifichi la
correttezza del suo procedimento di formazione. Il concetto di discrezionalità
tecnica è forse un intralcio sulla strada di un controllo adeguato sull’esercizio
dei poteri amministrativi. Un controllo che non dovrebbe mai spingersi alla so-
stituzione delle decisioni dell’amministrazione, ma non dovrebbe mai fermarsi
dinanzi a valutazioni falsificabili alla luce di una corretta applicazione delle co-
noscenze tecniche.
NOTIZIE SUGLI AUTORI

MICHELE BRAY
Dottore di ricerca in diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
Sapienza di Roma. Viceprefetto Aggiunto presso la Prefettura di Lucca

FEDERICO CAPORALE
Assegnista di ricerca in diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza
della LUISS Guido Carli. È abilitato alle funzioni di professore associato di diritto ammi-
nistrativo

FULVIO COSTANTINO
Ricercatore di diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze Politiche, della Co-
municazione e delle Relazioni Internazionali dell’Università di Macerata. È abilitato alle
funzioni di professore ordinario di diritto amministrativo

MARGHERITA CROCE
Dottoranda di ricerca in diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
Sapienza di Roma e Research Collaborator presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca

MARCO D’ALBERTI
Professore emerito di diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Uni-
versità Sapienza di Roma

SILVIA DE NITTO
Assegnista di ricerca in diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza
della LUISS Guido Carli

MARIOLINA ELIANTONIO
Professor of European and Comparative Administrative Law and Procedure presso la
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Maastricht

ANTONIO FALCHI DELITALA


Dottore di ricerca in diritto pubblico presso l’Università Tor Vergata di Roma

LEONARDO LIPPOLIS
Dottore di ricerca in diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
Sapienza di Roma

LIVIA LORENZONI
Ricercatrice di diritto amministrativo presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Uni-
versità degli Studi Roma Tre. Abilitata alle funzioni di professore associato di diritto ammi-
nistrativo
404 NOTIZIE SUGLI AUTORI

BERNARDO GIORGIO MATTARELLA


Professore ordinario di diritto amministrativo presso il Dipartimento di Giurisprudenza
della LUISS Guido Carli

ALFREDO MOLITERNI
Ricercatore di diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
Sapienza di Roma. È abilitato alle funzioni di professore ordinario di diritto amministrativo

MASSIMO NUNZIATA
Ricercatore di diritto amministrativo presso l’Università Tor Vergata di Roma. È abilitato
alle funzioni di professore associato di diritto amministrativo

FRANCESCA PILEGGI
Dottoranda di ricerca in diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
Sapienza di Roma

FRANCESCO SAVO AMODIO


Dottorando di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre

ANNALISA VOLPATO
Assistant professor in European Administrative Law presso la Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Maastricht

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