Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
TANCREDI
Attrezzatura
Durante la pratica si usa rivolgersi ai presenti con termini giapponesi di invito e ringraziamento:
Onegaeshimatsu
Saluto in forma cortese, ha diversi significati secondo la situazione:
1. All’inizio della lezione per invitare alla pratica;
2. Quando si invita alla pratica il partner;
3. Dopo la spiegazione di una tecnica.
"Dojo'' è un termine usato nel Buddismo per indicare il locale destinato al raccoglimento ed alla meditazione
spirituale.
Esso è anche usato per denominare il locale in cui si praticano le «arti marziali". Questo sta a significare che nel
locale deve regnare una atmosfera attenta e concentrata come si addice ad un luogo di culto.
APPUNTI DI AIKIDO – GIUSEPPE G.L. TANCREDI
Il Dojo tradizionale consiste in una sala rettangolare di cui ogni lato ha una propria destinazione: il lato più Importante
viene chiamato KAMIZA, lato dove si dispongono gli insegnanti. A destra di Kamiza si trova JOSEKI o lato
superiore, destinato agli ospiti o agli spettatori. Di fronte a Joseki si trova SHIMOSEKI o lato inferiore, lato dove si
accede al tatami. Di fronte a Kamiza si trova SHIMOZA posizione destinata agli allievi.
I GRADI
LE QUALIFICHE
In Giappone In occidente
Kohai Atleta
Allievo, qualsiasi praticante Kyu o Dan che non qualsiasi praticante Kyu o Dan che non pratichi
pratichi l’insegnamento l’insegnamento
Sempai Aspirante allenatore e Allenatore
Discepolo. Le cinture nere (Yudansha) che hanno Atleta con il permesso di insegnare con la
la qualifica o il permesso di allenare e insegnare. supervisione di un istruttore o maestro
Sensei Istruttore
Maestro. Colui che ha il riconoscimento della Qualifica all’insegnamento e alla affiliazione delle
federazione per la trasmissione dell’Aikido associazioni di Aikido
O Sensei Maestro
Grande maestro. Titolo onorifico attribuito Rappresenta la qualifica più alta nella gerarchia
solamente a Morihei Ueshiba dell’insegnamento
TAI JUTSU
Tecniche del corpo
Con Tai Jutsu si intende lo studio di tutte le tecniche che prevedono l’uso del corpo a mani nude per difendersi da qualsiasi
tipo di attacco armato o no.
Del Tai Jutsu fanno parte gli esercizi fondamentali eseguiti con il compagno (Sotai Dosa):
Tai No Henko o Tai No Tenkan - esercizio di variazione della posizione del corpo
Morote Dori Kokyu Ho - esercizio di respirazione da doppia presa all’avambraccio (5 forme)
Suwari Waza Ryote Dori Kokyu Ho – esercizio di respirazione da seduti con doppia presa ai polsi (3 forme)
TAI JUTSU
Hanmi Postura di base
Ai Hanmi Postura in armonia (stesso lato)
Gyaku Hanmi Postura contraria (lati diversi)
Ma Ai Giusta distanza
Toii Ma Distanza fuori portata
To Ma Distanza lunga (lontano)
Chika Ma Distanza corta (vicino)
Direzioni
Mae avanti Uchi interno Atama wo Ireru la testa passa sotto
Ushiro indietro Omote positivo – davanti Atama wo Irerai (uchi kaiten)
Yoko di lato Ura negativo – dietro la testa non passa sotto
Migi destra Soto Mawari giro esterno
Hidari sinistra Uchi Mawari giro interno Soto esterno
Tai corpo
Men testa Mune petto
Kata spalle Koshi anca
Te arti superiori (bramano) Ashi arti inferiori (gamba, piede)
Kote polso Hiza ginocchio
Hiji gomito
Nelle arti marziali giapponesi generalmente si definiscono i due praticanti con Tori (colui che esegue la tecnica)
e Uke (ricevere - colui che subisce la tecnica).
Nell’Aikido esistono anche altri termini per definire il ruolo dei partner:
NelTaiJutsu
Uke o Aite colui che subisce la tecnica (che riceve la tecnica)
Tori colui che esegue la tecnica (Proietta o immobilizza)
NelBukiWaza
Uchi Jo colui che attacca-colpisce con il Jo
Uke Jo colui che riceve l’attacco, si difende e contrattacca con il Jo
Uchi Tachi colui che attacca-colpisce con il Ken
Uke Tachi colui che riceve l’attacco, si difende e contrattacca con il Ken
1. Ayumi Ashi: spostamento dei piedi avanzando o indietreggiando (Ushiro Ayumi Ashi) passando da Migi Hanmi
(posizione destra) a Hidari Hanmi (posizione sinistra);
2. Tsugi Ashi: spostamento dei piedi avanzando o indietreggiando (Ushiro Tsugi Ashi) mantenendo sempre la posizione
Hanmi dallo stesso lato, in questo tipo di spostamento il piede arretrato non passa mai avanti. Nello Tsugi Ashi classico il
piede posteriore avanza fino a contatto con il piede avanzato, spingendolo in avanti (verso la direzione in cui ci si muove) o
indietro (Ushiro Tsugi Ashi).
Avanzare il piede avanti riassumendo Hanmi;
3. Okuri ashi: nello Okuri Ashi il peso del corpo viene trasferito sul piede posteriore (quello più lontano dalla direzione
scelta) avanzando il piede avanti (rispetto alla direzione scelta); riportare il piede indietro riassumendo Hanmi;
4. Shikko comprende tutti i modi di spostarsi in ginocchio
Con Sotai Dosa si intendono tutti gli esercizi di base eseguiti con il compagno, le esercitazioni comprendono lo studio della
distanza (MA AI), gli spostamenti, esercizi educativi per lo studio delle tecniche, cadute, esercitazioni degli atemi (Colpi di pugno,
di calcio, di mano…)
Si intende anche lo studio delle tecniche fondamentali elencate avanti, nel programma TAI JUTSU:
TAI NO HENKO o TAI NO TENKAN MOROTE
DORI KOKYU HO
SUWARI WAZA RYOTE DORI KOKYU HO
1. le prese
Le prese alle varie parti del corpo vengono effettuate da una delle seguenti posizioni:
Ai Hanmi posizione armonica – Uke e Tori hanno la stessa posizione (hanmi destro o sinistro)
Gyaku Hanmi posizione opposta – Uke è in posizione contraria a quella di Tori
Katate Dori presa al polso dalla posizione opposta (Gyaku Hanmi)
Kosa Dori presa al polso dalla stessa posizione (Ai Hanmi)
Kata Dori presa alla spalla da Gyaku Hanmi
Morote Dori presa dell’avambraccio con due mani da Gyaku Hanmi
Muna Dori presa al petto (baveri) da Gyaku Hanmi
Ryote Dori presa ai due polsi da Gyaku Hanmi
2. nage - le proiezioni
Irimi Nage
Shiho Nage
Kote Gaeshi
Kokkyu Nage
Tenchi Nage
Kaiten Nage
Koshi Nage
Juji Nage
udekimenage
udegarami
sokumen irimi nage (naname kokyu nage)
aiki otoshi
sumi otoshi
ushiro kiri otoshi
Kokyuho
Juji garami
3. atemi – le percussioni
Le percussioni vengono effettuate in ambedue le posizioni, Ai Hanmi e Gyaku Hanmi.
Tsuki Pugno da Ai Hanmi e Gyaku Hanmi
Shomen Uchi Fendente al centro testa da Ai Hanmi e Gyaku Hanmi
Yokomen Uchi Fendente al lato della testa da Ai Hanmi e Gyaku Hanmi
Keri (Geri) Calci da Ai Hanmi e Gyaku Hanmi
APPUNTI DI AIKIDO – GIUSEPPE G.L. TANCREDI
6. Hanmi handachi waza (tecniche eseguite dalla posizione seduta con attacchi dalla posizione in piedi) Quando le prese o gli
attacchi vengono effettuati dalla posizione seduta con Uke in piedi si antepone la parola “Hanmi Handachi” es. Hanmi
Handachi Ryote Dori – Presa ai due polsi da posizioni diverse (Tori seduto, Uke in piedi).
Tai No Henko
Ikkyo
Tachi Shomen Uchi Nikyo
Waza* Yokomen Sankyo Ai Hanmi
Uchi Tsuki Yonkyo Gyaku Hanmi
Suwari Katate Dori Gokyo Atama wo Ireru Ki Hon
Waza Kata Dori Rokkyo Omote Atama wo Irenai
Kosa Dori Irimi Nage Ura Soto Mawari Ki No Nagare
Hanmi Morote Dori Shiho Nage Uchi Mawari
Handachi Ryote Dori Kote Gaeshi Ni Hon
Waza Ushiro Ryo Kata Kokkyu Nage San Hon
Dori Tenchi Nage
Ushiro Ryote Kaiten Nage
Dori Koshi Nage
Juji Nage
* La posizione tachi waza generalmente non viene dichiarata
** In alcuni casi la variante o forma può essere dichiarata assieme al nome della tecnica
Esempi:
Shomen Uchi Ikkyo Omote Ki Hon (fendente alla testa - primo principio - davanti – energia di base)
RANDORI
Il randori è l’applicazione delle tecniche apprese con l’avversario che attacca liberamente, con prese, atemi
(calci e pugni), e con armi. Anche il randori prevede vari stadi di allenamento.
1. si parte con Uke che esegue sempre lo stesso attacco e Tori si difende applicando le tecniche opportune;
2. Si passa ad una fase dove Uke può combinare due o più attacchi, Tori si difende in modo adeguato;
3. Uke attacca, Tori si difende, Uke cerca di cambiare attacco, Tori applica una tecnica di Renraku
JUSAN NO JO KATA (Kata dei 13 movimenti) Serie di 13 tecniche prestabilite. Esecuzione da soli.
SANJUICHI NO JO KATA (Kata dei 31 movimenti) Serie di 31 tecniche prestabilite. Esecuzione da soli.
KUMI JO - Serie di combattimenti prestabiliti da eseguire a coppie.
SANJUICHI NO KUMI Jo (applicazione de Kata dei 31 movimenti) A coppie con parate e risposte del Sanjuichi No Kata.
JUSAN NO JO AWASE (applicazione del kata dei 13 Movimenti) A coppie del Jusan No Kata con armonizzazione.
APPUNTI DI AIKIDO – GIUSEPPE G.L. TANCREDI
AIKI KEN - programma tecnico
In definitiva si può affermare che la fase di Dan Kai Tekkini serve a sviluppare l’armonizzazione interiore, una volta acquisita
questa capacità individuale si passa ad armonizzarsi con il partner Awase des (con Awase)
L’AIKIDO, quale forma di Budo, è la derivazione delle antiche arti marziali giapponesi. Frutto
dell’illuminazione di Morihei Ueshiba, può essere considerato una forma di meditazione dinamica.
Il suo fine ultimo è l’Illuminazione, nel senso buddista del termine, ed il suo cammino passa attraverso
un’educazione alle relazioni con gli altri.
Tecnicamente può essere distinta dalle altre arti marziali per i suoi movimenti essenzialmente rotondi, per il
suo studio approfondito dell’energia interna e per la mancanza assoluta di competizioni.
Per volontà esplicita del suo fondatore, l’Aikido non doveva essere ritualizzato in sterili forme, ma avrebbe
dovuto vivere al passo coi tempi, adattandosi di volta in volta alla varietà delle situazioni, esprimendo in ogni
caso i suoi principi ma modellandosi contingentemente come “l’acqua al suo contenitore”.
Buona idea, ma ora il problema era insegnarlo!
Insegnarlo, cioè, ad un popolo come il giapponese, in cui la ritualizzazione e la copia fedele sono le basi dell’
apprendimento.
Allora il gran maestro, O Sensei, provò un metodo del tutto nuovo, rivoluzionario, potremmo dire.
Egli non avrebbe insegnato alcuna tecnica precisa, nessun kata statico, ma, semplicemente, avrebbe
insegnato solo i principi, lasciando un’immensa libertà alle forme.
Tutto ciò che i suoi allievi avrebbero imparato il giorno prima, non sarebbe stato più valido quello dopo, e così
via, finché una sola cosa sarebbe rimasta: il principio comune a tutte le tecniche, lo Spirito dell’Aiki, Aiki O
Kami.
Chiunque pratichi l’Aikido ha bisogno di assimilare questi principi di base al fine di applicarli durante
l’esecuzione delle tecniche di Aikido.
Tenete presente che i principi sono interdipendenti: per applicarne correttamente uno, sarà necessario
applicarne altri. Esaminando i principi più volte potrete apprezzarlo voi stessi.
In questo modo, Morihei Ueshiba, riuscì a fare dell’Aikido un’arte, in cui ogni praticante si sarebbe modellato
attraverso i principi ed espresso attraverso le forme.
Sembrava un’idea grandiosa, ma i problemi sorsero al momento della sua morte. Ogni suo allievo possedeva
un Aikido differente, e, sebbene la cultura giapponese preveda in merito un unico successore, generalmente un
discendente del fondatore, Kisshomaru Ueshiba, suo figlio, non fu accolto all’unanimità quale guida tecnica e
spirituale dell’ Aikido mondiale. Ogni maestro aveva dato maggiore rilevanza agli aspetti dell’insegnamento di O
Sensei che più lo avevano colpito, e, pur avendo avuto lo stesso maestro, i loro metodi erano talvolta in
antitesi.
Ognuno di loro, aveva cercato un metodo didattico più immediato e sistematico, congeniale, forse, al loro
modo di essere, in modo da ridurre i tempi di apprendimento e semplificare la vita a loro stessi ed ai loro allievi.
Si arrivò dunque all’immancabile scissione da cui derivarono le diverse scuole di Aikido che oggi si fanno
battaglia, accusandosi l’un l’altra di aver tradito gli insegnamenti del fondatore e di professare, così, un Aikido
“eretico”.
In realtà un Aikido “vero” non esiste. Ogni uchideshi (allievo interno al dojo) di Morihei ha ragione a
rivendicare la veridicità delle sue parole, perché le ha EFFETTIVAMENTE sentite da Lui; il problema è che non
diceva solo quelle.
Bisognerebbe mettere insieme gli insegnamenti di ognuno di loro per farci una vaga idea dell’Aikido del
Fondatore, e comunque non riusciremmo a comprenderlo perfettamente poiché per SUA volontà l’ Aikido muta
col passare del tempo, adattandosi all’ esperienza del singolo ed alle necessità della comunità.
Ma osservandoli più specificamente, ci rendiamo conto che i tre livelli hanno in effetti scopi differenti, e sono
nell’ insieme indispensabili alla formazione di un completo Aikidoka
Appunti di aikido
I giudici delle gare di atletica spesso qualificano un'esibizione in base a questi sei indici:
1. Rilassamento;
2. Ritmo;
3. Sincronizzazione;
4. Velocità;
5. Equilibrio;
6. Concentrazione.
Sebbene non siano sempre d'accordo sulla relativa importanza di ogni singolo elemento, insistono, però,
concordemente sulla assoluta necessità di una postura esatta.
Il problema, dunque, è come fare a mantenere sempre corretta la posizione del corpo.
Essenziali sono :
1. bacino eretto;
2. spina dorsale estesa in alto;
3. mento rientrato;
4. molari posteriori lievemente serrati;
5. concentrazione della forza nel tanden;
6. ano chiuso.
Se si riuscisse a padroneggiare almeno gli ultimi due elementi, ci si incamminerebbe nella giusta direzione.
Questo è particolarmente vero per le tecniche di Aikido che così spesso utilizzano il primcipio della rotazione
sferica (Entenno Ri).
Facendo del (tanden) il centro del movimento, si attivano forze centrifughe o centripete che consentono
di respingere o attrarre l'aite (partner di allenamento).
Se però, durante le tecniche, il punto centrale viene spostato o alterato, si perde il proprio il zanshin, e il
movimento diviene poco efficace.
Se si agisce senza perdere la forza nel tanden si è in grado di esprimere un movimento migliore oltre che il
proprio potenziale vitale.
Analogo è il significato di un classico cinese « La Dottrina del Mezzo » quando dice « nel mezzo di ciò che
deve ancora accadere ».
Una posizione del corpo appropriata è così importante da costituire la base e la fonte di ogni movimento.
Occorre mantenere una postura corretta 24 ore su 24.
I Maestri hanno tramandato quale fondamentale metodo di insegnamento, il principio della Quiete nel
Movimento.
Questo insegnamento esprime che, per quanto turbinosa possa essere una tecnica, non si deve mai perdere
la concentrazione della forza nell'unico punto o tanden.
Il complemento della « calma nel movimento » è i1 movimento nella calma.
Questo secondo principio si evidenzia sedendo in seiza o praticando il zazen.
La necessità di una posizione corretta è vista in questo caso da un'angolazione diversa.
Quando, ad esempio, dopo l'allenamento ci si siede anche per breve tempo in seiza occorre considerarlo
esattamente come un momento diverso dell’allenamento.
Appunti di aikido
Il seiza infatti, è un apparente stato di calma che può rapidamente convertirsi in movimento: non si tratta
quindi di uno stato di sopore o di apatico abbandono.
Il seiza è una forma di allenamento che quindi va tenuta durante le lezioni di Aikido, ed integrata ove sia
possibile durante la quotidianità.
Il prossimo futuro promette mutamenti non previsti dalle passate generazioni e nuovi e più gravi problemi da
affrontare.
I praticanti di Aikido dovrebbero sforzarsi di percorrere nuove strade per il raggiungimento del SE, anziché per
l’affermazione dell’Narcisistico IO.
Questa è la strada da percorrere affinché l'umanità non ripeta gli errori della sua storia.
La posizione, inoltre deve conferire al corpo un’attitudine aperta e distesa intorno ad un centro immaginario
posizionato tra i fianchi (TANDEN).
Esso corrisponde, praticamente, al nostro centro di gravità fisico e controllarlo equivale a controllare l’intero
sistema d’equilibrio del nostro corpo.
Se pensiamo che nelle arti marziali tutto, dal pugno alle tecniche più complesse, è basato su sottili giochi di
equilibrio, possiamo renderci conto del vantaggio che può costituire il controllo dei TANDEN.
Perché l’assetto sia corretto e perché sia possibile sfruttare il 100% della nostra forza, è indispensabile che
durante la pratica il nostro corpo resti eretto ed allineato.
Ciò è reso possibile da potenti movimenti di anche, supportate da ginocchia molto flessibili, che andranno ad
ammortizzare i continui affondi e rotazioni Siccome l’Aikido prevede attacchi da più direzioni e senza limitazioni
di bersagli, non viene utilizzata una guardia specifica come nel pugilato o nel karate, ma una posizione aperta
che ci consenta di visualizzare chiaramente ed accettare piuttosto che rifiutare gli attacchi dei nostri uke.
Uno sguardo profondo, attento ai movimenti del nostro compagno, sebbene non rapito da essi, sarà la nostra
sola guardia, ed un’attenzione continua ci proteggerà su ogni lato.
il 2° livello: aprire la mente (TANREN: imparare il modo di usare lo spirito e il corpo è Fortificare il
corpo).
Il primo livello è specificatamente riservato all’ apprendimento dei movimenti e delle posizioni di base.
Ma per evitare di trasformare l’Aikido in una ginnastica è necessario non perdere il contatto con la realtà.
E nella realtà il nostro avversario si muove.
Così la caratteristica del secondo livello è che il nostro uke ci attacca in movimento durante tutta la tecnica,
senza mai rassegnarsi alla sconfitta ma, al contrario, provando in ogni istante a ribaltare la situazione.
2 principi regolano le relazioni fra i praticanti
1. YOKU SOKU KEIKO, allenarsi con una promessa, ci obbliga alla scelta di un tema di allenamento in cui
muoverci. SHOMENUCHI, per esempio, è la promessa del nostro uke, IKKYO è la nostra promessa
verso di lui. Ciò ci impedirà, nel ruolo di uke, di fintare uno shomen e poi attaccare con un calcio, per
esempio, e, nel ruolo di tori, di nascondere i nostri errori dietro più o meno improvvisate “variazioni”.
2. INTEGRITA’. Esso ha diversi risvolti nella pratica quotidiana. Per integrità, innanzitutto, s’intende
integrità fisica di ogni praticante, sia nel ruolo di tori che di uke. Ogni insegnante dovrebbe mostrare delle
tecniche che preservino l’integrità fisica di tori anche a lunga scadenza, ed ogni tori dovrebbe garantire
l’integrità costante del proprio uke.
Torsioni agli arti e sforzi con le vertebre non piacciono molto al nostro fisico e gli piaceranno ancora
meno in età avanzata.
In seconda battuta, quando parliamo di Integrità, ci riferiamo anche all’ integrità morale dei nostri
compagni, specialmente i meno graduati, che molto spesso avrebbero bisogno di meno botte e più
spiegazioni.
Il nostro uke non c’entra affatto coi nostri problemi.
Non dobbiamo batterci con lui, ma col suo aiuto dobbiamo affrontare noi stessi. In questo stadio dell’
apprendimento, il secondo livello, importanza fondamentale la rivestono tutte le relazioni possibili che
intercorrono tra noi ed il nostro compagno.
Il continuo adattarsi alle posizioni dell’altro, relativamente alla distanza ed alla scelta di tempo ci riportano
alla mente le parole del Fondatore:
” La difficoltà dell’ Aikido sta nello studio delle leggi dell’ Universo”.
Spesso i grandi maestri consigliano di non limitare la pratica solo al dojo, ma di allenarsi all’aperto, dove il
terreno non è uniforme e lo spazio non è regolare, in modo da affinare la nostra percezione dell’ambiente
circostante.
Riuscire a praticare seriamente anche quando dentro di noi non è il momento adatto, significa adattarsi al
nostro tempo interno.
Nella nostra scuola si insegna a non retrocedere mai.
Questo significa che ad ogni azione del nostro partner ne consegue un nostro adattamento o non potendo
tornare indietro, la nostra resa.
Un colpo solo, come falchi al catturare di una preda.
Dovendo fare una similitudine, sceglierei senz’altro l’acqua piuttosto che la roccia, per descrivere il concetto di
forza in Aikido.
Dal punto di vista tecnico, il secondo livello è caratterizzato da un costante apertura fisica, simbolo di una ben
più difficile apertura mentale verso il nostro compagno.
Lo studio parte innanzitutto dal TAI ATARI, l’incontro dei corpi.
Perché una tecnica di Aikido possa nascere è indispensabile entrare nella sfera di azione del nostro uke per
prenderne il centro.
Più ci avviciniamo alla sfera di intimità del nostro compagno, più aumentano le resistenze da abbattere.
Le braccia, specialmente, spesso rigidamente distese, rappresentano una molteplice barriera fra noi e l’altro,
poiché, quasi a respingerlo, non ci consentono la chiusura della distanza.
Dobbiamo, quindi, progressivamente vincere la resistenza del polso (KOTE GAESHI), poi quella del gomito
(SHIHONAGE), e infine quella delle spalle (IRIMINAGE) per ottenere il TAI ATARI completo.
Una volta raggiunta la posizione più vantaggiosa durante una tecnica, è necessario creare un asse di
rotazione, o comunque di movimento, che faccia da perno alla nostra azione di squilibrio, che , in questo modo,
verrà a trovarsi quanto più possibile su una linea verticale piuttosto che orizzontale.
La tecnica che ne deriva, è diretta secondo le linee dell’ attrazione gravitazionale e, cioè, perpendicolarmente
al suolo.
Questo ci permetterà di conservare un assetto stabile, come studiato al primo livello, restando allineati
all’interno della nostra base d’appoggio.
È necessario, d’altra parte, che ogni tecnica di Aikido venga eseguita nel massimo rilassamento, pur
mantenendo le sue caratteristiche di efficacia.
Questo sarà possibile servendosi dello squilibrio causato al nostro uke dal nostro lavoro di disallineamento
all’interno della sua postura.
L’adattamento agli altri al fine di creare una relazione è certamente l’insegnamento più profondo del secondo
livello.
Più essi sono ben assimilati, più si arriva a capire che questi punti non sono altro che l’applicazione di principi
di buon senso.
Tuttavia, per imparare, è assolutamente necessario seguire i consigli di un istruttore competente… e
praticare regolarmente. Nulla sarà acquisito e completamente assimilato senza sforzo.
Un movimento deve essere effettuato efficacemente nello stesso tempo dell’avversario. L’awase non può
essere raggiunto se si reagisce troppo presto, o troppo tardi.
Al tempo stesso, la forza e il kokyu applicati in una tecnica deveno essere adattati a quelli del
partner/avversario. Più saldamente si è bloccati, più tranquillamente si dovrebbe essere, e viceversa.
Nel dojo di Iwama, era vietato bloccare una tecnica utilizzando la forza. Questo perché ogni tecnica dell’Aikido
si applica a un particolare tipo di attacco.
Se la situazione fosse diversa, si dovrebbe utilizzare una tecnica diversa. L’Aikido ha una gamma sufficiente
di tecniche per rispondere a tutti i tipi di situazione.
L’armonizzazione del proprio sguardo…
L’awase coinvolge anche l’armonizzazione con lo sguardo dell’altro: per dirigere correttamente il kokyu, lo
sguardo deve essere allineato in modo appropriato rispetto all’avversario.
SANKAKUTAI
La figura che il corpo crea in questo modo è simile ad una clessidra o a due triangoli in cui un vertice è
sovrapposto.
Fra i piedi c’è tensione, come se volessero allontanarsi uno dall’altro.
Tensione che si ripercuote nelle gambe e che si scarica nelle anche creando un accumulo di energia
potenziale.
Una corretta postura nasce nel momento in cui la testa, come vertice superiore, si posiziona perfettamente in
asse con i piedi, la base, per formare un triangolo d’equilibrio.
L’asse del triangolo è ovviamente l’asse del corpo. Su di esso si scarica completamente la forza di gravità.
L’importanza assoluta di una buona postura è evidente nel momento in cui ci si rende conto che laddove
l’asse è impuro, il corpo spreca parte della sua energia per contrastare gli effetti della gravità.
L’obiettivo dovrebbe essere invece quello di ottimizzare al massimo le proprie risorse per canalizzarle
nell’azione principale,evitando gli sforzi parassita che dissipano la nostra energia.
Un ottimo test per misurare la percentuale di energia presente in un gesto è quello di lavorare sugli atemi.
Ci son 2 maniere di utilizzare il proprio potenziale per colpire:
1. Energia Progressiva;
2. Energia Esplosiva.
L’Energia Progressiva si esprime attraverso una spinta che il corpo imprime all’arto che colpisce.
L’immagine è quella di un giocatore che lancia una palla da baseball: il braccio carica il gesto, il corpo si
srotola e cade in avanti in direzione del bersaglio un attimo prima che la mano lancia a palla.
L’energia progressiva sfrutta parte della forza peso per colpire. il suo impatto è estremamente dipendente
dalla massa del corpo che lancia l’attacco.
L’energia esplosiva sfrutta tutta la forza peso e la moltiplica attraverso il corretto uso delle catene cinetiche.
La sua potenza è dipendente non solo dalla massa del corpo che attacca ma anche da un fattore legato alla
qualità della trasmissione dell’impulso.
Nel primo caso, l’impatto si ripercuote identico ma in direzione contraria sull’arto portante, che resta
schiacciato tra il corpo dell’attaccante e quello dell’attaccato.
Nel secondo caso l’impatto resta nel corpo di chi lo riceve, poichè l’arto non è costretto dopo aver colpito.
PUNTO DI TRIANGOLAZIONE
Nelle arti del corpo, siccome non esiste l’assoluto e l’equilibrio statico, ogni azione possiede il suo reciproco.
L’idea che sia impossibile creare un’azione assoluta, che copra in maniera definitiva ogni apertura è frutto di
una romantica ingenuità che pervade pellicole cinematografiche e principianti.
Sapere che ogni azione ha dei punti morti, che ogni movimento ha delle ombre, ci consente di comprendere
come nascondere e di approfittare di esse quando ce le troviamo davanti.
Sankaku no Kamae presenta due punti vuoti, due aperture nelle quali l’equilibrio è fortemente instabile.
Se consideriamo la posizione del cavaliere (Kibadachi), la base di tutte le discipline marziali, da Judo al
Sumo, dal Karate agli stili cinesi, due punti sono vuoti.
Tale mancanza è dovuta la fatto che la stabilità viene cercata su due appoggi, mentre geometricamente una
base minima ne richiederebbe tre.
I punti vuoti cadono,dunque, esattamente nel punto in cui manca il terzo appoggio: o davanti o dietro
l’esecutore.
Quando dal Kibadachi si passa in qualunque altra posizione le anche vengono ruotate lateralmente.
Con esse ruotano anche i punti vuoti, che chiameremo Punti di Triangolazione, perchè con essi si potrebbe
costruire proprio il triangolo mancante.
I principi di verticalizzazione che l’Aikido mutua dall’uso della spada, ci permettono di visualizzare i
punti di triangolazione come ottimi riferimenti per esprimere le azioni taglienti a noi tanto care: il punto
anteriore per le azioni omote e quello posteriore per le azioni ura.
Visualizzare chiaramente i punti di triangolazione ci permette di non lavorare mai contro uke, spingendolo via,
ma di squilibrarlo da una distanza in cui le nostre braccia possono eseguire completamente i movimenti
discendenti senza scontrarsi con lui.
Appunti di aikido
Un’altra questione interessante è legata all’utilizzo dei punti di triangolazione, proprio in relazione alla
distanza di lavoro.
Se la distanza è toppo ampia, ci sarà impossibile scaricare in maniera efficace tutti il nostro peso nei punti
vuoti della struttura di uke.
Ma allo stesso tempo, se occupiamo col nostro corpo i suoi punti vuoti, noi stessi diventiamo l’appoggio
mancante.
L’equilibrio di uke si completa con il nostro asse ed ogni nostra azione su di esso non può che essere frutto di
una forzatura.
In quel caso bisognerà lavorare sul movimento, o uscendo per liberare il punto di triangolazione o facendo
muovere uke, per crearne di nuovi.
Ad ogni modo, la purezza dell’azione prevederebbe, per ragioni di economia di movimento e velocità di
reazione, che i punti di triangolazione fossero sempre vuoti e sfruttabili istantaneamente.
SHIKOKU
Dal punto di vista strategico, il generale che è in grado di servirsi dello spazio a proprio vantaggio, ha enormi
possibilità di vittoria, come diceva Sun Tzu.
Scontrarsi in maniera lineare, è un buon esercizio per allenare la centralizzazione e la tempistica.
La Kihon Dachi di Kashima lavora essenzialmente in questo modo.
Eppure strategicamente questa è un’azione border line, un rischio enorme quando non si conoscono a priori
le intenzioni e le qualità del nostro attaccante.
Le serie successive, difatti, prediligono un approccio più dinamico, in cui la strategia sia evadere l’attacco per
rientrare a nostra volta sul centro.
Ura Dachi o Jissen Kumidachi, per esempio, sono un eccellente dimostrazione di questa strategia.
La particolarità di un’evasione tesa a rientrare, è negli angoli che si sceglie di percorrere rispetto
all’attaccante.
Se visualizziamo il Kensen (la linea d’attacco) come una bisettrice, andiamo a coprire esattamente la linea
esterna dell’angolo che la bisettrice taglia, glissando sull’attacco, in modo da evitarlo restando in una distanza
in cui sia ancora possibile contrattaccare.
Al termine dell’uscita, le anche si riposizionano ed il nostro centro rientra sul centro di uke, chiudendo il
triangolo di forze che ci permette di rompere sui lati a pressione dell’attacco.
Una strategia cara al grande esercito di Roma: aggirare ed attaccare ai fianchi l’esercito nemico con una
manovra di cavalleria a forbice.
Tale azione può essere sviluppata agevolmente in ingresso o in aspirazione, a seconda dell’intensità
dell’attacco avversario e degli spazi disponibili.
La sperimentazione ci permette di visualizzare facilmente gli angoli che ci permettono di conquistare una
posizione interna alla guardia dell’attaccante, ma difficile da raggiungere per un suo doppiaggio: 22,5° e 45°,
90° e 180°.
Essi corrispondono in maniera diretta ai taisabaki: Okuriashi, Tenshin senza cambio di appoggi, Tenshin
cambiando gli appoggi e Tenkan.
GUARDIA A TRIANGOLO
La possibilità di affrontare situazioni impreviste e ricche di variabili richiama all’esigenza di dover coprire in
maniera immediata più fronti possibile per poterci proteggere e prendere contatto con l’arto attaccante.
Rispetto alle possibili linee d’attacco, è intuitivo notare che il triangolo, con la sua forma appuntita e
spiovente, rappresenta un eccellente approccio difensivo-offensivo.
Di per se, un braccio esteso con il tegatana in linea col nostro asse è la forma di lavoro che utilizziamo nella
base come atari.
Dato però che la nostra esigenza è quella di approcciarci ad un attacco del quale non conosciamo la
direzione, ha poco senso immaginare una difesa che utilizzi solo un emilato del nostro corpo, lasciandone
inerte un’altro.
La necessità ci impone di ricorrere a tutte le nostre risorse.
Musashi, sfoderando la sua seconda katana, è stato un esempio per le scuole di kenjutsu a venire…
Dunque l’idea è quella di servirsi di entrambi i lati, sfruttando un approccio a due braccia.
La punta del triangolo consente di incunearsi negli attacchi, per controllare il centro, mentre le braccia
inclinate servono da spiovente per portare gli attacchi fuori dai nostri bersagli, sfruttando la posizione e non il
movimento per deflettere le azioni di uke.
E’ un principio che nei nostri programmi è presente in una moltitudine di azioni, una su tutte KURAI DACHI, il
quinto Kumi Dachi della Prima Serie di Kashima.
La possibilità di azione concessaci dal triangolo è vastissima:
Appunti di aikido
1. Possiamo approfittare della potenza della sua struttura per scaricare la pressione di uke e rompere la
forza del suo attacco. L’immagine è entrare in ura da yokomenuchi;
2. Si può tranquillamente destrutturare un lato del triangolo e filtrare con lʼaltro.
Immaginiamo katatedori Tenchinage;
3. E’ possibile prendere contatto con l’atro che colpisce e scivolare con le braccia in direzioni opposte, come
in Jodantsuki Iriminage;
4. Ed è inoltre possibile intercettare gli attacchi su tutte le altezze, e da tutte le distanze, scivolando da una
posizione seigan, con in triangolo disteso in avanti, ad una posizione mugamae, col triangolo che punta
in basso, per scaricare al suolo il contatto, come in Naname Kokkyunage.
5. La sua applicazione si esprime però al meglio in Koji Kamae: ad una distanza ristretta, le braccia
salgono in posizione triangolare sopra la nostra testa,contrastando l’attacco con i due vertici del triangolo
posti sulla base, i gomiti, e caricando sulla testa le armi che più abbiamo allenato nel quotidiano: le azioni
di taglio in Shomen e Kesagiri, sia come contatto e sviluppo di un Waza, sia come minaccia di
percussione singola o doppiata.
ATARI
Disinnescato l’attacco principale, resta ancora il compito di prendere le redini della situazione e di controllare
uke in un circuito di proiezione o immobilizzazione dal principio aiki.
Fronteggiando attacchi variabili, non è pensabile il partire avendo già in mente la tecnica da portare.
La situazione, le contingenze, le reazioni e gli spazi ci diranno cosa è possibile fare caso per caso, sentendo
col corpo e non visualizzando con la mente, le nostre possibilità, in modo che le azioni scaturiscano dall’animo
e non dalla memoria.
L’esigenza di ricevere delle informazioni che vadano in maniera diretta a stimolare la coscienza del corpo e
non la memoria tecnica, ci obbliga ad incentrare sulla presa di contatto il momento della scelta e della
decisione.
Ma cerchiamo di andare con ordine.
Prendere il contatto significa anzitutto controllare l’attacco.
Osservando in maniera realista una situazione composta da un numero infinito di variabili,
pensare di poter intercettare un pugno,nel nostro esempio, che può colpire un numero incalcolabile di bersagli,
intervenendo sulla sua manifestazione nello spazio è pressocchè utopistico.
In uno spazio composto da punti infiniti, infinite solo le posizioni che il colpo può occupare
al momento dell’impatto.
D’altro canto invece, pur avendo innumerevoli manifestazioni in relazione all’angolo, ed alla traiettoria
d’attacco, i colpi possibili hanno tutti un’unica sorgente: la spalla portante, nel caso di un attacco di braccio, ed
il ginocchio portante, nel caso di un attacco di gamba.
Tale riferimento, il cui controllo ci mette in condizione di arrestare tutte le possibili linee d’azione dell’arto, è
chiamato Cancello Primario.
In secondo luogo, il controllo tattile si è dimostrato, scientificamente, un recettore molto più immediato a
livello neuronale, del controllo visivo.
L’immagine in movimento deve essere codificata dall’occhio per essere trasmessa al cervello come stimolo
nervoso.
Lo stimolo tattile per contro, non necessita di questa codifica e, immediatamente, comunica allʼ Sistema
Nervoso Centrale le informazioni sull’evento stimolante.
Dato che questa considerazione è ambivalente, ossia vale per tori come per uke, viene spontaneo
sottolineare come sarà invece compito di tori evitare il più possibile di attivare tale processo nell’attaccante,
evitando, una volta preso il contatto, il passaggio di qualunque informazione preparatoria, che metterebbe
l’altro in condizione di cambiare la propria posizione, per chiudere le aperture evidenziate, passandogli invece
solo ed unicamente la sensazione definitiva.
Ogni volta che un contatto vienecreato, esso deve darci la possibilità di essere al contempo coperti e
minacciosi: uke deve sentire tale minaccia e comprendere istintivamente che il contatto è importante allo stesso
modo anche per lui, al fine di non lasciare a tori la possibilità di entrare per linee dirette.
Un corretto piazzamento, un’attenzione totale alla posizione ed alle intenzioni dell’altro, come agli spazi
disponibili, sono gli unici riferimenti che ci consentono di scegliere una tecnica adeguata, possibile ed assoluta
con cui finalizzare la situazione.
Il perno evolutivo, dunque, si sposta da ciò che abbiamo in mente di fare, a ciò che realmente possiamo fare
a partire dalle premesse finora create.
Saper ascoltare il contatto vuol dire poter scegliere la risposta corretta.
La rivoluzione della tesi si incentra proprio su questo: sviluppare una pratica che ci porti ad una
tecnica adeguata alla situazione creata, e non creare una situazione perfetta per entrare con la tecnica
preventivamente selezionata.
Appunti di aikido
RANDORI
Randori è il lavoro sul Caos.
Spesso lo si associa, nell’immaginario dei meno esperti, alla capacità di gestire una moltitudine di attacchi.
Con la pratica, con gli errori, con i lividi….Il corpo impara a gestire, invece, gli spazi.
Mano a mano che attacchi ed attaccanti disegnano intorno a noi uno spazio pieno, mano a mano che
si definisce il nostro spazio di pericolo, allo stesso tempo si disegna uno spazio di libertà, un’apertura
sicura in cui potersi muovere.
L’obiettivo è vedere quell’apertura e piazzarsi nello spazio in rapporto ad essa, piuttosto che in rapporto al
pericolo.
Come un rigo sul quaderno, per noi è la definizione dello spazio vuoto in cui poter scrivere, allo stesso modo le
linee d’attacco sono per noi il rigo rispetto al quale muoverci, l’indicazione che uno spazio vuoto sta creandosi e
la percezione che il nostro centro deve occuparlo.
Tutto nasce dalla capacità di utilizzare al massimo le percezioni sensoriali piuttosto che le elucubrazioni
mentali.
La vista, in primis, va estesa in maniera periferica. In modo da provare a ricevere l’immagine del movimento
invece che una moltitudine di momenti fermi nel tempo.
La visione periferica può essere migliorata con l’allenamento, fino a coprire un angolo di visuale di 170 gradi,
che vuol dire percepire ogni pieno ed ogni vuoto in movimento sull’emilato frontale.
Proprio in rapporto a tali vuoti il corpo si posiziona e la tecnica si definisce.
Laddove esiste un vuoto esiste uno spazio di libertà, in cui poter esprimere il proprio aikido
e, allo stesso tempo riuscire ad esprimerlo significa aver trovato la libertà.
Molte possono essere le visioni della pratica e gli obiettivi morali a cui essa possa condurre.
Il traguardo non è liberarsi di uke, ma diventare liberi nonostante lui.
CONTUNDENZA
In una situazione in cui è il Caos ad essere sotto esame, non possiamo non prendere in considerazione le 2
variabili più casuali: Spazio e Tempo.
Proprio per la loro natura contingente, esse si manifestano sempre in maniera disordinata, disorientante e
penalizzante per Tori.
I test sul campo dimostrano sempre che nel Randori la gestione dello spazio e del tempo è una
caratteristica che fa la differenza fra riuscire e fallire.
Per gestione, però, deve intendersi la capacità di adattarsi alle mutazioni improvvise in termini di
velocità,ritmo e distanza che possono presentarsi in una situazione non preordinata.
Alla base c’è la difficoltà di adattare le forme di base ad uno spazio che all’improvviso diventa ristretto e
claustrofobico e ad un tempo che in maniera incontrollabile diviene troppo corto per poter agire serenamente.
Nonostante ciò, i principi dell’arte non devono mutare: se essi sono tali, devono poter essere adattati ad ogni
situazione, per poter ritrovare un ordine nel caos, un’area conosciuta all’interno di un mondo sconosciuto.
In un quadro in cui i tempi sono più cadenzati ed il lavoro può essere sottoposto ad un check up più capillare,
il principio è prendere un contatto in maniera da ricevere informazioni sulla posizione e sulle intenzioni
dell’attaccante.
Laddove, però, il tutto assume una veste più frenetica, prendere un contatto potrebbe rivelarsi più
dispendioso, in termini di tempo e di spazio, di quanto possiamo permetterci.
La necessità è dissuadere l’attaccante dal perseverare nell’attacco.
Rompere la struttura, le armi e l’intenzione indispensabili per proseguire.
La risposta a questo problema è all’interno di una strategia chiamata
Contatto contundente.
L’immagine è di un’onda che si infrange su uno scoglio.
L’attacco arriva e si schianta su un punto del nostro corpo che ci permette allo stesso tempo di percepire
spazio e tempo e di arrestare, letteralmente, il colpo o la sequenza di colpi di uke.
Dalla guardia triangolare, imparare ad utilizzare i gomiti e le ginocchia per intercettare un attacco ci consente
di trasformare i ridotti spazi e tempi da svantaggio in vantaggio per tori, dalla posizione kojikamae, intercettare
utilizzando i gomiti ci permette:
1. di prendere contatto a distanza d’omero invece che del braccio disteso;
2. di infrangere l’azione costringendo l’attaccante ad organizzare una nuova strategia;
3. di mantenere armate le braccia sulla testa (con Shomen/Yokomen sempre carichi);
4. di chiudere immediatamente la distanza con l’attaccante andando subito sul suo centro.
OSTAGGIO
Nel randori si assiste sempre ad una fretta eccessiva nel proiettare gli attaccanti.
Si costruisce un momento di controllo a fatica e ci si libera di esso il prima possibile.
Un controsenso, in qualche modo!
Appunti di aikido
Così come nel lavoro con uke singoli è necessario trovare un momento nell’azione che ci consenta di
raccogliere informazioni su ciò che è possibile fare, a maggior ragione nel lavoro con uke multipli è
indispensabile avvalersi dei momenti vedetta per tenere sotto controllo l’intera situazione.
Gestire appieno l’equilibrio di un uke, mantenerlo in sospensione e servirsene per
controllare le posizioni degli altri attaccanti nello spazio, è la chance che ci viene data
quando nella tecnica viene evidenziato il Controllo e la Vedetta.
La fretta, in questo studio, è cattiva consigliera...
1. IRIMI-NAGE
2. SHIHO-NAGE
3. TENCHI-NAGE
4. UDEKIME-NAGE
5. UDE-GARAMI
6. KOKYU-NAGE
7. SOTOKAITEN-NAGE
8. UCHIKAITEN-NAGE
9. KOSHI-NAGE
10. KOTE-GAESHI
11. HIJIKIME-OSAE
12. USHIRO-KIRIOTOSHI
Posizioni
Tachi
waza
Hanmi
Handachi
waza
Suwari
waza
Appunti di aikido
Forme di attacco
ai-hanmi katatetori
katatetori gyaku-hanmi
ryotetori
katatori
katatori menuchi
Appunti di aikido
ryokatatori
munetori
ushiro ryokatatori
ushiro ryohijitori
ushiro eritori
Appunti di aikido
ushiro kubishime
shomen uchi
yokomen uchi
chudan tsuki
jodan tsuki
mae geri
Appunti di aikido
osae
(immobilizzazioni)
ikkyo
nikkyo
sankyo
yonkyo
gokyo
hijikimeosae
Appunti di aikido
Tecniche di proiezione
udekimenage
udegarami
irimi nage
tenchi nage
Appunti di aikido
shihonage
kaiten nage
kotegaeshi
aiki otoshi
sumi otoshi
kokyu nage
koshinage
Kokyuho
<
Juji garami