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“Allenarsi al Randori
attraverso i Kata”
Comprendere
e praticare
Randori - kata
Jigoro Kano apprese le prime forme di Kumi kata (prese) fondamentali per eseguire le tecniche di
lancio nella Kito Ryu.
Allora le prese erano condizionate dalla posizione Jigo tai (posizione difensiva) usata in quasi tutte le
scuole in maniera più o meno forzata.
Nella scuola di Takenaka apprese la fluidità e la leggerezza delle tecniche. In questa scuola il
Maestro Kano apprese i principi del Nage waza e cominciò a capire l‟importanza di modificare
posizioni e prese.
Subito dopo la fondazione del Kodokan, Jigoro Kano, modifica la posizione fondamentale da Jigo
tai (posizione difensiva) in Shizen hon tai (posizione naturale fondamentale) e sposta la presa da sotto il
braccio al bavero.
La presa al bavero e alla manica diventa la presa naturale fondamentale abinata alla posizione
shizen tai (posizione naturale) e rappresenta il punto di forza del Kodokan Judo.
Contrariamente alla presa sotto il braccio utilizzata in posizione Jigo tai (posizione difensiva) nei
Sutemi waza (tecniche di sacrificio) e nei koshi waza (tecniche di anca) , la presa bavero manica in
posizione shizen hon tai (posizione naturale fondamentale) permise lo sviluppo di molte nuove tecniche
di Te waza (tecniche di braccia) e Ashi waza (tecniche di gamba) , tecniche sconosciute nelle antiche
scuole Kito Ryu.
Apparentemente la scelta shizen tai (posizione naturale) con la presa bavero manica poteva apparire
inadatta alla pratica di un Arte Marziale ma la sua adattabilità a tutte le situazioni e la velocità
nell‟esecuzione negli attacchi o nella difesa divenne vincente nei confronti con le altre scuole.
Questa in estrema sintesi l‟evoluzione degli studi del Maestro Jigoro Kano nel Kumi kata (prese) e
nelle posizioni (Shisei) con naturali e fondamentali sviluppi sulla velocità ed efficacia negli
spostamenti (Shintai) che permisero l‟esecuzione di un maggior numero di tecniche (waza) liberando
il Randori o lo Shiai dall‟inproduttiva ricerca di NON FAR ESEGUIRE la tecnica all‟avversario.
Sintetizzato da : http://www.infojudo.com/tecniche-di-proiezione/posizioni/
“Quando ho creato il mio Dojo non seguivo più un Maestro di Tenshin-shin‟yo-ryu, ma Iikubo di
Kito-ryu, con il quale ho studiato fino al 18° o 19° anno di Meiji (1886-1887), quando già
insegnavo nei corsi per principianti.
Al momento della costruzione del Dojo, il maestro aveva più di 50 anni, ma era così forte che per
me era imbattibile nel randori.
Così insegnavo ai miei allievi e nello stesso tempo imparavo dal Maestro kata e randori.
E vorrei raccontare come ho fatto un progresso nel randori.
Dev‟essere avvenuto nel Meiji 18° (1886); un giorno facendo randori con il maestro. Riuscivo
molto bene a proiettarlo. A parte qualche eccezione, prima, era lui a vincermi sempre. Ma quel
giorno il Maestro non riuscì, mentre io riuscivo facilmente. Esendo di Kito-ryu, il Maestro
eccelleva nel nage e quindi mi proiettava sempre: Ma quel giorno era veramente particolare. Il
maestro era meravigliato ed anche pensieroso. Questo era il risultato della mia ricerca sulla
rottura di posizione.
Anche prima cercavo di sbilanciarlo … oppure mi sforzavo di adattarmi all‟azione del partner.
E questa volta ero concentrato sul rompere la sua posizione prima di attacare col waza e ci mettevo
tutta la mia attenzione.
Poi ho insegnato al kodokan la rottura di posizione Roppo (sei) e quella Happo (Tutte le direzioni;
happo no kuzushi : tutte le otto direzioni principali di squilibrio) che sono nate da questa ricerca.
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Il mio studio consisteva in questo: tirando o spingendo si ottiene senz'altro una rottura di posizione.
Se una persona si mantiene ferma in posizione eretta, anche se è fisicamente forte, spingendola da
davanti si inclina indietro e tirandolo si inclina in avanti, cioè si sbilancia.
Ma se la persona forte controspinge quando la spingo dal davanti, non si sbilancia indietro; allora
perde certamente l'equilibrio in avanti se la tiro improvvisamente.
Quindi, usando la teoria di tirare e spingere, si può rompere la stabilità del partner e sicuramente
gli si fa perdere il controllo della posizione.
La waza funziona applicato proprio al momento della instabilità del partner.
Prima ho parlato di roppo-no-kuzushi, che è: in avanti, indietro, in avanti-diagonale (destra e
sinistra), indietro-diagonale (destra e sinistra), che fanno in 6 direzioni. Happo-no-kuzushi
aggiunge altre 2 direzioni, laterale a destra e a sinistra.
La rottura di posizione ottenuta dipende dalla reazione del partner e la conseguente mossa di
attacco si orienta, di conseguenza verso la più opportuna di queste direzioni.
Naturalmente le direzioni sono infinite, ma io le classifico in 6, o 8. Logicamente potrebbe anche
sbilanciarsi nella direzione dove il partner ha esercitato la prima forza. (go no sen)
Così avevo esercitato questa strategia con i miei allievi principianti, tanto che qualcuno di essi era
già diventato bravo. Poi, in quel giorno, ho potuto applicarla con il maestro sfruttando la sua
reazione.
Posizioni
Un insegnante Cadute
deve insegnare nell‟ordine : Strategie … poi le
Tecniche
Nage-no-kata. Il signor Kano ha voluto ricordare questa strategia nella Forma dei Lanci. Quattro
hon (fondamentale, assunto, strategia) vedono l'iniziativa di tori: uchi-mata, tomoe-nage, sumi-
gaeshi e uki-waza. Sono le strategie sen in cui tori rompe la posizione di uke ottenendo una
reazione.
In uchi-mata e in sumi-gaeshi sfrutta la posizione difensiva; nel primo caso nel momento in cui sta
per raggiungerla; nel secondo attaccandola nella sua stabilità. In entrambi i casi applica la sua
tecnica squilibrando a 90° dalla forza che ha provocato la reazione. In tomoe-nage spingendo
ottiene una reazione di forza e proietta quindi nella direzione a 180° dalla sua prima azione di
spinta. In uki-waza toglie il passo a uke mentre sta compiendo il movimento.
Ricollegandoci alla precedente affermazione riferita ai pugni (si mostra un‟azione simbolica) possiamo
ora classificare l‟attacco in più modi :
a ) Pugno
I contrattacchi utilizzeranno principi e strategie applicabili ad ogni
b ) Judo
c ) Verbale tipo di attacco, anche alle discussioni.
- Iniziativa
Uke
Tori
- Opportunità
Sen ( prendere iniziativa )
Omote ( cogliere l‟opportunità )
Go no sen ( contrattacco )
Hiyoshi ( renraku; renraku waza Attacco e variazione a causa di reazione)
Sen no sen ( anticipare l‟iniziativa )
Si ha una prevalenza di prese base per uke mentre tori effettua prese diverse che lo portano ad
eseguire diversi kuzushi allo scopo di creare diverse situazioni a lui favorevoli per proiettare (gake)
uke con la tecnica più adatta e con il minor dispendio di energia.
In questo modo ad una stessa situazione vengono applicate tecniche (waza) diverse.
Nel nage no kata vengono eseguite le tecniche più idonee a rappresentare Kumi kata (Prese), Shisen
(posizioni), Shintai (spostamenti) in sinergia per dimostrare come risolvere in maniera positiva
differenti situazioni :
Create da Tori (sen)
Conseguenti ad un attacco portato da Uke (Omote; Go no sen)
Conseguenti ad un attacco preparato ma non ancora portato (pensato) da Uke (sen no sen)
Conseguenti ad una reazione di uke per evitare l‟attacco (sen) di tori (Hiyoshi)
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SIGNIFICATO
DI RANDORI
E KATA
R ie laborazione m ateriale da :
http://www .judok odokanc ese na.it/20 17/03/15/signif ic ato-di-
r andor i-e -kata/
Dopo la prima forma, chiamata “uki otoshi”,che mostra come approfittare della forza esercitata da
uke, nel Nage no kata sono contenuti 4 esempi di omote, cioè opportunità offerta da uke.
Sono “Kata guruma, Harai goshi, Okuri ashi barai e Yoko otoshi”.
Ripetiamo che le tecniche usate nella dimostrazione sono solo il pretesto per rendere evidente la
dimostrazione del principio d‟azione. Così nella prima forma, quando uke spinge e poi spinge più
forte, risultando in equilibrio instabile, si potrebbe applicare una qualsiasi tecnica che proietta in
avanti; o, per estensione, si potrebbe dimostrare il principio all‟indietro, con uke che tira, tira più
forte restando squilibrato perché tori avanza insieme a lui, venendo poi proiettato con o soto gari
oppure tani otoshi. Ugualmente si potrebbe applicare il principio in ogni altra direzione (laterale
obbliqua). La schematizzazione della scuola di kito, da cui il signor Kano Jigoro ha mutuato i
principi d‟azione, considerava innanzitutto tre fattori propizi: forza, movimento, e posizione (che
infatti ritornano nei contrattacchi). Ma nel caso degli omote la visione si allarga a situazioni
psicologiche, portando il numero degli esempi di omote a cinque.
Nella forma caratterizzata dall‟esecuzione di okuri ashi barai si mostra come sfruttare il
movimento di uke per proiettarlo.
Avviene così: uke prende l‟iniziativa eseguendo la presa e muovendosi lateralmente, tori lo segue;
uke prosegue con un secondo passo e tori questa volta si muove insieme a lui; ora tori anticipa uke 10
nel movimento e coglie il tempo, quasi sull‟appoggio del secondo piede di uke, per proiettarlo.
Certo che gli ashi barai (de ashi barai, okuri ashi barai, harai tsuri komi ashi) sono techine
rappresentative dell‟opportunità di movimento, tanto che richiedono sempre un passo per
l‟esecuzione (che può essere offerto da uke come opportunità, o provocato da tori come sua
iniziativa), questo non esclude che si possa sfruttare il movimento di uke con altre tecniche: ad
esempio con seoi otoshi sull‟avvanzare di uke.
Nella forma che è caratterizzata yoko gake si mostra come sfruttare la posizione di uke: uke afferra
e muove un passo incontrando l‟inerzia della posizione di tori; muove un altro passo avanti e,
incontrando la stessa resistenza, decide di adottare Kogeki shizei ( la posizione di attacco con un
piede decisamente avanzato) per risolvere la situazione attaccando; tori incoraggia questa iniziativa
premendo sul gomito.
Al terzo passo uke raggiunge la desiderata posizione di attacco e tori, che contemporaneamente si è
spostato all‟esterno, lo proietta con yoko gake.
Questo significa che anche: se uke assume una nuova posizione, bisogna attaccarlo prima che essa
sia stabilizzata; l‟avvertimento sarà ripetuto nella forma che usa uchi mata, dove tori costringe uke
ad assumere la posizione difensiva (jigo tai) e lo proietta cogliendolo proprio al compimento di
essa; ma questo è un principio sen, in cui tori ha l‟iniziativa e non è uke ad offrire l‟opportunità.
Nella forma caratterizzata da kata guruma si mostra la convenienza di attaccare dove uke non se
l‟aspetta.
Avviene così: uke prende l‟iniziativa, va in presa e spinge, trovando l‟inerzia della posizione di tori;
spinge ancora ma non trova resistenza perché tori si muove insieme a lui; subito procede al terzo
passo allungando la gamba per recuperare l‟instabilità in cui viene a trovarsi.
Senza concludere il terzo passo, tori si getta sotto di lui per sollevarlo in kata guruma.
In altre parole: se uke si attende di essere tirato in basso, applicate una tecnica che lo sollevi e
viceversa. 11
Nella forma che è caratterizzata da harai goshi si utilizza un‟altra distrazione di uke, che permette
una presa forte, favorevole alla proiezione.
Avviene così: uke prende l‟iniziativa, va in presa e spinge un passo avanti incontrando l‟inerzia
della posizione di tori; il movimento si ripete: uke spinge e tori indietreggia opponendo inerzia, ma
intanto, con un gesto inavvertito che muove soltanto l‟avambraccio lasciando fermo il gomito,
inserisce la mano dietro di uke; al terzo passo di uke, tori ruota contemporaneamente attaccando in
harai goshi e la sua trazione si inserisce nel movimento avanti di uke.
Qualcosa di simile avviene quando uke svincola la testa da una presa al collo, favorendo un attacco
immediato di eri seoi.
Ora veniamo a sen, iniziativa .
Il nage no kata ne riporta quattro esempi: “uchi mata, tomoe nage,sumi gaeshi e uki waza”, tutti
caratterizzati dal fatto che tori comincia a muoversi dopo la presa.
La forma denominata “uchi mata” chiede a uke di impegnarsi nella
posizione difensiva contro la trazione di tori in una direzione, venendo
attaccato invece in un‟altra. Si dimostra così : tori prende l‟iniziativa
tirando uke in circolare verso avanti sinistro; l‟irruenza dell‟azione
convince uke a mettersi in difesa per impedire di essere squilibrato in
quella direzione.
Nella dimostrazione l‟assunzione di jigo tai avviene nel corso dei tre passi.
Proprio nell‟attimo in cui uke raggiunge la posizione bassa, prima che essa si stabilizzi, tori attacca
con uchi mata, invertendo con un ampio gesto circolare la direzione della trazione delle braccia.
Con lo stesso movimento circolare “a spicchio d‟arancia” si potrebbe attaccare in seoi otoshi: ma
rientrando in questo principio d‟azione anche harai goshi, hane goshi e morote seoi nage eseguito
spingendo indietro l‟avversario.
La forma denominata “tomoe nage” chiede a tori di spingere per suscitare la reazione di uke in
avanti; l‟attacco coincide con l‟inizio del movimento in avanti del piede di uke.
Analogamente si può spingere per ottenere una reazione in avanti e applicare ippon seoi, ma è
conveniente tirare, ottenere una reazione all‟indietro e attaccare in quella direzione.
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Nelle ultime due forme che dimostrano il principio sen, uke si trova già nella posizione difensiva
stabile.
La forma denominata “sumi gaeshi” tori, incontrando la resistenza della posizione di uke,
soprattutto nella posizione avanti destra, crea il vuoto direttamente verso l‟avanti dell‟avversario,
con un piccolissimo tai sabaki.
In quella denominata “uki waza”, tori si trova nelle stesse condizioni, ma tira “oltre al limite” del
poligono di base della posizione di uke, direttamente verso l‟avanti destro.
E‟ la condizione classica in cui si applica sasae tsuri komi ashi.
Quest‟ultima forma richiama uki otoshi nella meccanica, anche se la prima forma del kata esprime
omote sfruttando la forza di uke e l‟ultima appartiene a sen e usa la forza di tori.
Si è molto discusso in tanti anni e in tanti raduni tecnici ( stage ) su questo “migliore uso delle
energie”. C‟è chi sosteneva si fondasse su cinque principi : Sen – Se no Sen – Go – Chowa –
Yawara; chi soltanto su tre : Go - Chowa - Yawara.
A mio avviso questi non sono principi basilari ma semplicemente opportunità che, intelligentemente
sfruttate, possono portare alla ricerca dello scopo fondamentale: l‟Efficacia.
Se comunque questi fossero “principi”, non sarebbero nemmeno cinque, né tre. Andrebbero infatti
ampliati con l‟aggiunta del fondamentale (Uovo di Colombo?) Kuzushi che è la prima cosa che si
insegna (insieme all‟Ukemi), dei Renraku, dei Kaeshi, dei Damashi e forse altri ancora. Per me
dunque sono OPPORTUNITA’ alle quali darei questa formula :
(Sen, Go, Chowa, Yawara, Kaeshi, Renraku, Damashi…)
Sen no Sen (denominatore comune)
Yo Inn
Parole in libertà
Riassumiamo i precedenti
Il judo del sig. kano vuole unificare cuore mente e corpo nel miglior impiego dell‟energia; pertanto
esiste l‟aspetto di unificazione dei tre elementi, in cui convenzionalmente suddividiamo l‟essere
umano, e contemporaneamente quello di raggiungere la comprensione (presa di coscienza) del
principio morale.
Si affronta decisamente la comprensione del corpo, che richiede mesi o anni perché in questo
frattempo la mente (che chiede giorni o settimane) subiscono il processo di unificazione con il
corpo.
Bisogna avere idee chiare su questo, perché quella che in seguito chiamiamo “psicologia
dell‟insegnamento”, tiene conto che in judo non conta la percezione intellettuale quanto il “saper
fare”, cioè la comprensione del corpo.
Per la tecnica e la sua applicazione nel randori il sig. Kano suggerisce una serie di argomenti di
studio, tratti da Kito e Tenshin-shin‟yo-ryu, esposti in Randori-no-kata.
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Nage-no-kata parte dall‟alternanza di attivo e passivo (inn e yo); è una caratteristica della scuola
di Ki-to (il cui nome significa “luce e ombra”, uno degli aspetti di yin e yang, per dirla alla
cinese).
Attraverso la pratica di comportamenti inn – come possono essere gli omote (cogliere
l‟opportunità) e i Go-no-sen (contrattaccare) – o di comportamenti yo – come sen (prendere
l‟iniziativa) e yoshi (rompere il ritmo) – si giunge al di là di attivo e passivo, che è l‟esperienza
di sen-no-sen, basata sull‟intuizione.
Katame-no-kata ricorda che è possibile spostare il centro (inn) del ki; considera i principali 4
flussi dell‟energia (yo) schiacciando, sollevando, andando e tornando; infine classifica
contrattacchi e combinazioni: i primi „inn‟: controllando, deviando e schivando; le seconde „yo‟:
damashi, renraku eseguiti a terra.
Entrambi i kata espongono anche i kihon (fondamentali; le basi) di queste scuole [ shisei (posizioni),
shintai (spostamenti), kumi-kata (prese) ] .
Ma questi sono argomenti secondari rispetto alle modalità d‟azione e all‟uso dell‟energia che
abbiamo riassunto sopra. Le scuole di Jiu-justsu erano molto ricche di argomenti, non sempre
accettabili in tempi moderni, ma alcuni di essi hanno tuttora un indiscusso valore e il sign. Kano li
ha conservati in questi kata.
In particolare Kito è una scuola militare, in cui il problema del ki veniva evidenziato nel gekken
(spada) che il guerriero aveva occasione di usare anche in occasioni reali; Tenshin-shin‟yo è una
scuola civile, che introduceva i borghesi ai valori del combattimento, in cui l‟energia per affrontare
la vita aveva un‟importanza primaria.
I contrattacchi
La scuola di Kito ritiene di introdurre queste azioni considerando di contrattaccare la massa del
corpo che si avvicina („prima‟, a livello di tsukuri (costruzione del movimento, creare la situazione)),
oppure l‟attacco in se stesso („durante‟ nel kuzushi (squilibrio)), e finalmente la posizione
dell‟avversario quando l‟attacco è fallito („dopo‟).
E´un metodo razionale per la comprensione di sen-no-sen (che il sign. Otani ha definito „prima di
prima‟).
Mentre per giungere a sen-no-sen non è psicologicamente consigliabile fissare l‟attenzione sulla
difesa. L‟ideale è cominciare con i contrattacchi „durante‟ che sono di comprensione immediata;
offrire quelli „dopo‟, diciamo a livello di 1° kyu, illustrando le difese; giungere ai „prima‟ dopo il
dan quando l‟allievo ha conquistato un superiore controllo del tempo di reazione e allora,
disponendo di una buona base tecnica, è facile che il judoista sperimenti sen-no-sen attraverso i
contrattacchi (un altro modo per arrivarci è attraverso l‟iniziativa).
La scuola Tenshin considera i kaeshi suddivisibili in: controllando la tecnica, schivando l‟attacco,
deviando l‟azione dell‟avversario.
Non trovo in Katame-no-kata (e in Kimeno-kata, altra raccolta di forme derivata da quella scuola)
un riferimento specifico a sen-no-sen.
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Il messaggio di Randori-no-kata
Siamo soliti dire che i kata del Judo ne contengono i principi. Possiamo vedere che essi
sostituiscono i densho (libri segreti) delle scuole di Jiu-jutsu parlando il linguaggio del corpo, senza
passare per le spiegazioni razionali che si rivolgono alla mente.
Mi pare di osservare che il sig. Kano abbia voluto conservare attraverso Nage-no-kata i valori di
sen-no-sen della scuola di Kito e pertanto possiamo analizzare il kata suddividendolo nelle
componenti inn (omote e go-no-sen) e yo (sen e hyoshi), ma ricordandoci che il suo messaggio
globale consiste nel percorso suggerito per arrivare a sen-no-sen.
Ugualmente per Katame-no-kata il contenuto delle singole forme viene a comporre il mosaico del
ki.
Ki e sen-no-sen costituiscono il compimento della tecnica (waza) del Judo e i soloni dell‟arbitraggio
dovrebbero considerare che il termine “waza-ari” (“c‟è della tecnica”) indica un‟azione
incompiuta per l‟assenza del ki, non semplicemente una tecnica mal riuscita (aspetto che il Judo
agonistico ha mutuato dallo sport, spinto dalla necessità di definire in tempi brevi un vincitore).
Ippon, invece è l‟azione perfetta, composta da tecnica (quindi col rispetto dell‟avversario) e dalla
manifestazione dell‟energia vitale (non solo quella muscolare). Chi ha esperienza dell‟arbitraggio
giapponese nel Kendo può trovarvi una conferma di questo modo di vedere.
Stabilito che il sig. Kano considera un‟azione eseguita in sen-no-sen con il dovuto ki come il
massimo risultato della tecnica (“ippon magistrale”), troviamo nel Katame-nokata i modi del ki e in
Nage-no-kata due percorsi ideali per arrivarci (“molti sono i sentieri che scalano il Fuji, ma tutti
portano in cima”), precisamente le forme da 1 a 7, prevalentemente inn e quelle da 15 a 9,
prevalentemente yo (l‟ottava forma, denominata Tsuri-komi-ashi, dimostra sen-no-sen).
Per arrivare a sen-no-sen attraverso il percorso inn si possono usare i contrattacchi e serve osservare
che è possibile contrattaccare dopo la difesa, ma facendo presente che l‟azione migliore nasce dalla
disposizione d‟animo espressa da: “lui attacca, io attacco”, che può portare a sen-no-sen. Questo è
il contrattacco “prima” che porta a sperimentare il “prima di prima”.
Inculcare all‟allievo l‟idea che prima deve difendersi e poi, se può, contrattaccare è un errore
psicologico.
E‟ vero che il principiante non ha i mezzi tecnici per contrattaccare contemporaneamente all‟attacco
e quindi dovrà cominciare col difendersi, ma l‟obiettivo ideale che dobbiamo prospettargli è proprio
quello di attaccare nel momento in cui vede l‟avversario passare dall‟attenzione della difesa
all‟intenzione di attaccare. Ci arriverà per gradi e Randori-no-kata contiene i suggerimenti per
questo percorso.
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Go, chowa e yawara costituiscono un‟esposizione analitica delle difese (bogyo), utile
nell‟avventura agonistica del Butokukai (organizzazione di arti marziali ), quando l‟impegno di questa
organizzazione statale era di convincere il popolo che la gioventù nazionalistica era superiore e
vinceva in gara.
Altrettanto può essere utile oggi nell‟impegno agonistico, suggerendo la strategia di cominciare a
difendersi e poi se possibile attaccare.
Ma per educare a sen-no-sen occorre concepire la difesa come “estrema ratio” e dedicarsi il più
possibile ad attaccare nello stesso istante in cui l‟avversario attacca. Dopo la difesa si può
contrattaccare, ma limitandosi a questa opportunità si escludono i contrattacchi “prima” e gran
parte di quelli “durante”.
Riferimenti tecnici
Da una sensibile distanza uke avanza proponendosi di sferrare un pugno dall‟alto e tori deve
anticipare l‟azione, nello spirito di “lui attacca, io attacco” , per giungere a contatto prima che
l‟avvicinamento sia completato, altrimenti non sarebbe possibile sollevare il corpo.
Questo è ciò che avviene contrattaccando Uchimata con Harai-goshi,
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Questo modo di fare non prevede difesa e non rientra in go, chowa e yawara.
Considerate la forma Kataseoi del kata, dove c‟è unione col movimento di attacco vero e proprio,
cioè con l‟abbassamento del braccio che sferra il pugno.
Questo è ciò che avviene con Uchimata-sukashi, quando le braccia e il peso del corpo abbattono
l‟avversario contemporaneamente al sollevarsi della sua gamba;
Certo nutrendo un intento difensivo a cui far seguire l‟intenzione del contrattacco l‟azione finirebbe
spezzata (come avviene nell‟Uki-goshi del kata)
Sen-no-sen
Percorrendo una strada prevalentemente inn, di cui abbiamo un esempio nelle prime sette
tecniche del Nage-no-kata, ci si allena nell‟essere passivi in attesa di un‟opportunità offerta
dall‟avversario, o di una grande opportunità rappresentata da un attacco.
La sequenza delle prime sette tecniche del kata è infatti: omote, go-no-sen, omote, hyoshi (e questo
è l‟unico caso yo), omote.
Nello sforzo di affinare questo cogliere l‟occasione e contrattaccare è inevitabile che accada
l‟esperienza di attaccare quando credevamo che fosse imminente un attacco, ma tuttavia uke non si
è ancora mosso quando noi avevamo abbozzato il contrattacco.
Ne segue una caduta rovinosa dell‟altro, quasi sproporzionata all‟energia che avevamo messo
nell‟attacco (questo è uno dei segni per cui si riconosce sen-no-sen). Analizzando l‟episodio ci
accorgiamo che l‟energia del nostro attacco si è sommata all‟intenzione del suo e noi siamo partiti
anticipando la sua azione. Quando questo modo di agire ci diventa abituale, siamo padroni di sen-
no-sen e ci viene spontaneo definirlo come “contrattacco all‟intenzione”.
Percorrendo la strada yo indicata (dalla 15° alla 9° tecnica del Nage-no-kata) ci si allena
soprattutto nell‟essere attivi, nel prendere l‟iniziativa. Questa sequenza è infatti: sen, hyoshi, omote,
sen, go-no-sen, sen, sen (vi sono due forme inn su sette).
Nello sforzo di affinare questa iniziativa ci si accorge che qualche volta il risultato è superiore alle
aspettative e la tecnica riesce con grande efficacia. Allora siamo disposti a definire sen-no-sen come
“iniziativa superiore”.
Il sig.Kano dice:
Ho sempre pensato che il Katame-no-kata fosse di supporto a chi, nello studio della ne-waza
volesse allenarsi al controllo (nel caso di osae-komi-waza) o alla velocità di esecuzione nello
sfruttare le opportunità offerte da uke nelle shine-waza (tecniche di strangolamento) o nelle
Katsetsu-waza (tecniche di leve articolari) , questo per quanto riguarda il lato Tori.
Il ruolo sincero di Uke, oltre a rendere possibile l‟evoluzione nella ne-waza di Tori (sopra descritta) fa
si che lui stesso possa studiare le più varie possibilità per liberarsi dal controllo o evitare
soffocamenti o leve articolari. Significativo il fatto che Uke debba battere con la mano o il piede
per determinare la sua resa e, con questo la fine dell‟azione.
“Per segnalare la sconfitta (maitta) uke batte con la mano due volte su di Tori, oppure,nel caso in
cui le mani non fossero libere batte due volte sul tatami con entrambi i piedi.”
Da : “Il grande manuale dei kata” di Bruno Carmeni
Questa battuta non è però un semplice e solo atto di sconfitta; rappresenta anche un atto di massima
rispetto nei confronti di Tori e di se stesso (Uke); significando a Tori che la tecnica è stata eseguita
in maniera magistrale nonostante da parte sua (di uke) nulla sia rimasto intentato.
“Ugualmente per il Katame-no-kata il contenuto delle singole forme viene a comporre il mosaico
del Ki. Ki e sen-no-sen costituiscono il compimento della tecnica (waza) del Judo. …
Stabilito che il sig. Kano considera un‟azione eseguita in sen-no-sen con il dovuto Ki come il
massimo risultato (ippon magistrale), troviamo nel Katame-no-kata i modi del Ki …”
da http://kodokanjudoinstitute.org/en/waza/forms/textbook/
Da : https://it.wikipedia.org/wiki/Ki_(filosofia)
[1 Katame-no-kata deve molto alla Tenshin-shin‟yo, scuola borghese di ju-jutsu nella quale Kano
studiò da giovane; scuola dove l‟energia interiore per affrontare situazioni di combattimento per 22
persone che non avevano fatto del combattere la propria ragione di vita è al centro della sua
analisi. E‟ a questo Kata di Judo,che Kano affida il compito di tramandare i principi riguardanti
l‟uso dell‟energia. … Come nel nage-no-kata, vi è una panoramica sui Kihon (fondamentali; di base)
che riguardano il combattimento al suolo.
I kihon presi in esame :
Kei ( in questo contesto traducibile con piano; schema) di Tori
Stabilità nella posizione Sia in shizen-tai che in taka-kyoshi-no-kamae
Corretta distanza Toma e chikama
Modo di spostare il proprio corpo Ayumi-ashi o shikko
Ritmo e cadenza respiratoria espirazione che sottolinea la posizione solida
Inspirazione lenta durante shintai (spostamenti) ; profonda
e veloce prima di „entrare‟ nella tecnica vera e propria
Uke durante l‟esecuzione di questo Kata dovrà evidenziare i tentativi di ribaltamento (nogare-kata)
o di liberazione (fusegi-kata) ai quali Tori si contrapporrà modificando la propria posizione.
In questa azione viene sottolineato come per un efficace controllo non sia sufficiente una buona
tecnica ma sia necessaria la capacità di adattamento a quanto compie Uke nel tentativo di sottrarsi
ed è in questo adattamento che Tori manifesta il reale controllo: sarà infatti sempre la resa di Uke a
porre fine all‟azione di controllo di Tori battendo con la mano. 1]
[2 Tutte le arti marziali presentano delle posizioni di combattimento definite Kamae In ciascuna
disciplina, il praticante assume una posizione concepita per mostrare forza e spirito combattivo …
per rendere le posizioni inespugnabili.
Le kamae delle arti classiche del Giappone feudale sono differenti. In queste antiche forme, le
posizioni di combattimento spesso mostrano evidenti brecce, aperture in cui la spada, il torso o le
mani serrate sull‟arma sono esposte al pericolo.
Osservando tali posizioni, si potrebbe pensare che questi guerrieri fossero suicidi, quasi volessero
farsi colpire. In un certo senso, le Kamae delle arti antiche sono effettivamente un invito ad
attaccare, e celano una trappola mortale, in quanto le brecce nelle posizioni delle arti classiche non
sono errori strategici, fanno deliberatamente parte di una strategia.
Il kamae del guerriero induce ad un attacco che è in grado di controllare. Esponendo un bersaglio
specifico sa da quale direzione arriverà l‟assalto, e quindi se ne avvantaggia. …
Un Kamae si costruisce sia con la posizione fisica che con l‟atteggiamento mentale e può essere
considerata alla stregua di una solida fortezza concepita per proteggere, mentre la posizione da
combattimento del samurai del passato era piuttosto un trabocchetto,ideato per attirarvi l‟avversario
ed intrappolarlo. …
Uno “spazio lungo“ (toma) è un concetto che implica una considerevole distanza fra gli avversari.
La distanza è tale che non è possibile portare nessun attacco, e quindi non è neppure necessaria una
difesa.
La distanza di un solo passo Itto issoku no ma effettuato da
entrambi i combattenti li porterà a distanza sufficiente l‟uno
dall‟altro. È da questa distanza, quando le punte delle spade
sono separate dalla lunghezza di un dito, che gli spadaccini
manovrano per combattere.
La distanza ravvicinata chikama permette alle lame di
scontrarsi, qui si decide il risultato del duello.
Ricapitolando, Toma è lo spazio iniziale; Itto issoku no ma è quello in cui si ingaggia il duello e
chikama è quello in cui se ne decide il risultato. 23
Definizione di spazio Ma
Un tipico dipinto a pennello ed inchiostro della tradizione sumi-e giapponese mostrerà forse un
unico ramo nodoso di susini in inverno e un verso o due di poesia inserito su un lato della
composizione. Dall‟altra parte ci sarà probabilmente un ampio spazio vuoto.
Per l‟esteta, è questo spazio bianco che stimola l‟immaginazione grazie alla possibilità che lascia
aperta, che rende l‟opera d‟arte viva e interessante. Ciò che non si vede è importante nel dipinto
tanto quanto quella che si vede.
Il ma, questo il nome che viene attribuito allo spazio bianco, anima tutte le arti orientali allo stesso
modo. La distanza tra gli avversari è ricca di possibilità di attacco e di difesa. Imparare a chiudere il
ma per raggiungere il bersaglio è un‟importante lezione che deve essere appresa dal praticante.
Altrettanto lo è quando è necessario mantenere un ma di sicura distanza. 2]
Avete mai visto un gatto giocare col topo, non è certo un‟immagine piacevole (almeno per il topo) ma
rende esattamente l‟idea di quanto è stato fin qui esposto.
A voi ulteriori riflessioni e accostamenti con atteggiamenti e/o situazioni presenti nella pratica del
Katame-no-kata.
Proseguiamo la nostra analisi alternando brani da “Origine e significati dei kata di Judo” di M.
Marzagalli a immagini tratte dai book-kododan “Katame-no-kata” opportunamente elaborate. 25
[ 1 Come accennato prima ritengo che in questo Kata il M° Jigoro Kano abbia voluto sottolineare
e tramandare l‟esperienza del Ki della Tenshin-shin‟ryu, la scuola civile di jujitsu che introduceva i
„non samurai‟ ai valori del combattimento in cui la gestione dell‟energia primaria (Ki), per
fronteggiare senza emozioni un‟azione che poteva valer la vita, aveva un‟importanza determinante.
L‟energia che nel Nage-waza è concentrata sempre nell‟addome (tanden) e si sprigiona dalle parti
del corpo indispensabili all‟azione (es.il piede negli ashi-barai, il braccio in tai-otoshi, la spalla in
kata-guruma, ecc.), nel Katame-waza si concentra nel punto determinante per il controllo, e il
Katame-no-kata ci fa vivere questa esperienza con il corpo.
Nelle prime cinque tecniche infatti è ben percepibile per Tori quello che è il proprio punto di
energia stabile, ovvero il punto in cui concentrare la propria attenzione (per il principiante può essere più
semplice pensare che il punto in cui concentrarla propria forza) :
al contrario nella quinta tecnica (Gyaku-juji-jime) l‟energia di Tori necessaria a contrastare la difesa
di uke e a evidenziare un reale controllo, va verso l‟alto.
(nel nage-waza ad esempio due situazioni simili in O-soto-hane-goshi e in Tomoe-nage dove l‟energia di Tori è volta
rispettivamente a schiacciare e sollevare Uke)
O-soto-hane-goshi
Tomoe-nage
Il terzo e il secondo shime-waza esprimono invece l‟energia che viene e che ritorna.
Ovvero: nel gesto del braccio destro di Tori in Hadaka-jime vi è un flusso di energia che prima
tende quasi ad allontanarsi da Tori ma poi immediatamente torna
( analogamente si potrebbe considerare l‟uso del braccio in Seoi-nage
28
mentre nel gesto del braccio per eseguire il controllo in Okuri-eri-jime il flusso d‟energia va sempre
nello steso senso
in Tai-otoshi )
Questo uso dell‟energia infatti, studiato nella forma dei controlli, non è patrimonio esclusivo del
Katame-waza, anzi il Katame-waza è un pretesto per impadronirsene e poi esprimerlo anche nel
Nage-waza.
I contro colpi contenuti nel Katane-no-kata sono facilmente percepibili: infatti anche in questa
forma vi sono tre occasioni in cui Uke prende l‟iniziativa e si muove per primo simulando un
attacco. La risposta di Tori sarà diversa nei tre casi e sottolinea un principio diverso nella gamma
dei gonosen.
Nel primo caso Tori si oppone all‟azione di Uke rompendo l‟attacco e concludendo in Ude-garami,
nel secondo caso devia l‟attacco di Uke (juji-gatame)
29
Il punto centrale dell‟energia è nella parte del corpo destinato ad essere „in prima fila‟ nel
contrattacco (addome prima e braccia poi, in Ude-garami;
gambe in Juji-gatame;
al particolate hikkomi (trascinamento) espresso nella penultima azione dove Tori, dopo essersi
assicurato una particolare presa con il braccio sinistro, costringe Uke al suolo dove eseguirà Hiza-
gatame, frutto del suo trascinamento a terra.
Zanshin è una parola giapponese che indica lo stato di vigilanza controllata e serena che il maestro di arti marziali deve
avere prima durante e dopo un aggressione: è uno stato in cui si è coscienti di tutto ciò che ci circonda (pericoli e
aggressori inclusi) senza per questo cedere alla paura, all'ira o ad altri sentimenti negativi.
Da : http://www.ilgiornale.it/news/cronache/zanshin-tech-l-arte-marziale-digitale-difendersi-dai-1382975.html
NO
SI (1) Tori Interviene sulla gamba d‟appoggio
Seguire
Utilizzando il punto morto alla fine dell‟attacco dell‟avversario
Bloccare
Controllare il suo attacco bloccandolo per poi proiettare
È il classico caso dei sutemi all‟indietro applicati ad attacchi di anca o spalla
Schivare
Utilizzando l‟attacco dell‟avversario
Contrattaccare direttamente
Il migliore allenamento per praticare e studiare dei contrattacchi si attua durante Yakusoku
geiko (allenamento alla opportunità) tipo di prova pratica detta anche scambio di tecniche. 2]
Go-no-sen-no-kata da : “IL GRANDE MANUALE DEI KATA” di Bruno Carmeni 35
Naturalmente solo la pratica potrà farvi meglio capire i principi in essi contenuti.
Molte combinazione sono state apprese indipendentemente dalla conoscenza dei relativi Kata,
credo sia però ora giunto il momento di un approfondimento; in ultima pagina troverete riferimenti
utili per proseguire nello studio proposto.
Go no sen no kata, prima forma 1916 circa elaborata da Università di Waseda
37
O soto gari
O soto otoshi
Harai goshi
O uchi gari
Seoi nage
Uchi mata
Tai otoshi
Seconda parte : Ura (1) Nanami no kata, elaborazione del M° Takio Hirano 45
Go no Kata
1. Seoi Nage
2. Ushiro Goshi
Go no Kata (2) 48
3. Sukui Nage
5. Uki Goshi
8. Ō Soto Otoshi
9. Ushiro Goshi
Riferimenti :