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18 dicembre 2013
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Di Enrico Budriesi
Vorrei parlare di quella parte dellallenamento, quella finale di solito, che
alcuni duri del fitness e un numero appena maggiore di sportivi
amatoriali, dedicano allallungamento muscolare.
La scena si ripete davanti ai miei occhi quotidianamente, da anni.
Il palestrato con i pettorali congestionati si dirige alla spalliera, ne afferra
unestremit e compie una torsione del busto di appena pochi gradi, cinque
secondi e cambio, poi si appende, giusto il tempo di resistere un po alla
forza di gravit e si lascia cadere pesantemente a terra.
Doccia.
Termina la classe di spinning, un allegro esercito di individui dalle scarpe
rumorose si dirige goffamente verso la stessa (povera) spalliera.
Con uno stacco degno di Heather Parisi il primo del gruppo lancia una
gamba sullo staggio in legno di met altezza, lo manca, il piede scivola
goffamente su quello sottostante, molleggiando si tocca le punte dei piedi.
Dieci secondi, doccia.
Allaperto le cose non migliorano, ricordo con calore la seguente scena.
Inverno 2011, il podista che ha appena terminato lallenamento si
appoggia stremato contro lo steccato che corre lungo il canale, cerca di
allungare i polpacci spingendo contro lo stesso ma il legno (marcio) si
rompe, cade nellacqua gelata e nel fango.
Non me ne vogliamo i rappresentanti delle rispettive categorie, ma
innegabile che per lamatore medio lo stretching occupi un gradino molto
basso della piramide che il nostro corpo.
Le ragioni sono molteplici, per prima cosa il tempo a disposizione, chi fa di
unattivit sportiva la sua passione normalmente obbligato a compiere
scelte organizzative e si ritrova a limare sulla grandezza che ritiene avere
il minore impatto estetico/prestativo, la flessibilit.
Spesso poi lo spazio dedicato allo stretching in molte palestre si limita a
due materassi sporchi buttati in fondo alla sala.
Labbigliamento scorretto e uninsufficiente aerazione dellambiente
arrivano subito dopo, terminato lallenamento siamo cos sudati e accaldati
che sdraiarsi sui materassi di cui sopra, ci alletta come cavalcare a pelo un
somaro.
Sudati e puzzolenti preferiamo dirigerci, spesso a ragione a quel punto,
verso le docce.
La vera ragione per, e credo di non sbagliare, che terminato il nostro
prezioso allenamento siamo gi soddisfatti, non troviamo gratificazione nel
perdere tempo in buffi giochi di equilibrismo.
Vorrei fare una riflessione.
Non ho mai sentito nessun podista vantarsi di correre piano, nessun
ciclista, nessun body builder o atleta di forza dichiarare di alzare pesi
irrisori, bene o male tutti abbiamo rispetto di quello che ci costato fatica
e il nostro ego timidamente ci accosta agli atleti che vediamo in
televisione, cui aspiriamo pur sapendo che loro sono meglio di noi perch
possono dedicare pi tempo allo sport (ma solo per quello eh).
Ecco, traslata sullo stretching invece la gara al contrario.
Come accade in tutti gli sport, il sistema nervoso centrale deve adattarsi a
utilizzare una precisa tecnica, una forma corretta da applicare
automaticamente e lo stretching, in ogni sua forma, ne abbina addirittura
due, una esteriore e una interiore.
Se vi abituerete a respirare come un drago, lentamente vi muoverete come
un drago, e, con il tempo, penserete come un drago.
Per sia chiaroin giro ci sar sempre qualcuno che vi dir che i draghi
non esistono.
Enrico Budriesi
Viaggiatore, classe 1976.
Ex ginnasta, ex cestista, ex nuotatore, ex pesista.
Da anni ho capito il sottile piacere dellessere ex in tutto quello che
decido di intraprendere.
Il corpo si muove, la testa lo segue con sereno e concentrato distacco.
Stretching: la mia
programmazione (di
Enrico Budriesi) Parte 1
29 ottobre 2014
Dopo il primo articolo di Enrico (leggilo per iniziare) gli abbiamo chiesto
dillustrarci la sua routine di stretching, finalmente eccola.
Di Enrico Budriesi
Dedico allo stretching delle sedute di allenamento apposite, alternate ai
giorni in cui mi alleno coi pesi; marted, gioved e sabato, entro in sala pesi
in infradito e mi sistemo sui materassini in fondo alla palestra.
Resto li circa due ore, due ore di lavoro senza pause, in cui il tempo
scandito dalla profondit del mio respiro.
Come dicevo nel precedente articolo (Il respiro del drago) ogni posizione
che assumo dura il tempo di dieci respirazioni profonde, diaframmatiche.
Questo approccio mi permette di essere concentrato sulla flessibilit,
collocandola in uno spazio e in un tempo ad essa sola dedicati e
soprattutto mi permette di rendermi conto delle variazioni del ritmo
respiratorio.
Quando sono stressato, quando sono eccitato, impaziente, il respiro si fa pi
veloce e la seduta risulta pi breve, mantenere una posizione dieci cicli
respiratori mi da modo di imparare a conoscermi, vedere il modo in cui
reagisco alle variazioni di intensit della vita.
Non credo ci sia un modo per opporsi ad essa, almeno, io non lho ancora
trovato, ma gi prendere coscienza del fatto che un elemento stressante
esterno stia condizionando la mia concentrazione, la ritengo cosa positiva.
La durata dellallenamento tanto pi lunga quanto decido di essere
rilassato.
Siamo su quel cazzo di materasso sporco per fare molto di pi che
allungarci, siamo li per scoprire se riusciamo a dominare la nostra vita
attraverso il respiro o se semplicemente ci lasciamo vivere, se lasciamo che
il respiro ansioso prenda la parte alta dei polmoni, interessi le spalle ed
irradi la cervicale.
Tante persone che soffrono di mal di testa si domandino il perch.
Tante signore che cagano come conigli si domandino se per caso il loro
diaframma (e di conseguenza lintestino ed il colon) non sia bloccato dalle
ansie di giornate vissute (e respirate) nel modo sbagliato.
Dedicare tempo ad allungarsi, solo ad allungarsi, come gatti appena
svegliati, ci permette di guardarci da dentro a fuori, dallinterno, e ci offre la
grande possibilit di capire quanto spesso viviamo male.
Inizio.
lungo il legno.
Ruotate su voi stessi stirando il muscolo pettorale.
La mano ruotata e il pollice steso vi offriranno una torsione dei muscoli
dellavambraccio molto carina.
Cambiate braccio, respirate.
Cambio esercizio.
Portate il polso dietro la schiena, allaltezza del fianco (come se voleste
infilare qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni, ma con il palmo
verso lesterno) ora con laltra mano afferrate il gomito piegato e tiratelo in
avanti, lentamente.
Non vi lussate una spalla.
State stirando i rotatori della spalla, quei bastardi che si infiammano con la
facilit di un adolescente davanti un film porno.
Proseguo con un classico della mobilit scapolo omerale, quello che in
genere viene utilizzato per allungare il muscolo tricipite.
La mani si uniscono dietro la schiena, idealmente, per chi riesce, si danno la
mano.
Un braccio dallalto e un braccio dal basso.
Cercate di toccarvi le dita allaltezza delle scapole.
Concludo la prima parte dellarticolo con un esercizio che una manna per
il mal di schiena (ovviamente non mi riferisco a infortuni seri, non sono un
medico).
State in piedi, coi piedi uniti e la braccia lungo i fianchi, cercate il centro
dellequilibrio sulla parte centrale del piede.
Alzate un braccio e portatelo sopra la testa.
Ora piegatevi lateralmente, dal lato opposto il braccio alzato, sentite la
tensione sul dorsale e su tutti i muscoli flessori alti della gamba, sugli
obliqui e sul quadrato dei lombi.
Spostate il fianco dal lato opposto il braccio alzato per bilanciare la discesa
(sempre e solo laterale, non frontale), i piedi sempre uniti a stabili.
Se perdete lequilibrio fissate un punto fisso davanti a voi (questo un
segreto che potete utilizzare ogni volta che perdete lequilibrio in un
esercizio).
Scendete trattenendo il respiro, vi verr pi facile perch crea stabilit.
Il braccio alzato si estende verso lesterno come a volere afferrare qualcosa,
mentre il braccio opposto cede alla gravit, si allontana dal fianco e resta a
penzoloni ad aumentare il peso dellesercizio.
Pronti?
decido di intraprendere.
Il corpo si muove, la testa lo segue con sereno e concentrato distacco.