TESI
SUL KARATE
AGKAI CHIOGGIA(VE)
Indice
1. Il Significato di Karate 2
2. La Storia 4
3. Gli Stili 8
3.1 Lo Shotokan 8
4. Il Karate 17
4.1 Il Kihon 18
4.2 I Kata 21
4.3 Il Kumite 23
5. Bibliografia 24
Il nome antico di Karate era to-de "la mano ( de o te ) della Cina ( to )", o più semplicemente te o
de. L'ideogramma to si pronuncia anche kara , e all'inizio del ventesimo secolo ha cominciato ad
essere impiegata questa pronuncia: kara-te "la mano ( te ) della Cina ( kara )". Il termine te o de ,
letteralmente "mano" ha anche il significato di "arte" o "tecnica".
L'uso della parola kara permetteva di giocare su un doppio senso, poiché il suono kara in
giapponese significa anche " vuoto ", ma viene scritto con un'altro ideogramma (il primo a sinistra
nelle figure). Il cambiamento dell'ideogramma corrispondente al suono kara si spiega in due modi
complementari : da una parte il termine kara , che significa "vuoto" nell'accezione del buddismo
zen, ha in giapponese una profondità maggiore, dall'altra il termine "mano cinese" non andava
molto d'accordo col nazionalismo giapponese di inizio secolo.
Questa nuova forma, kara-te "mano vuota", si è diffusa nel corso degli anni ‘30, nel momento in
cui i maestri di Karate, arrivati dalla piccola OKINAWA, cercarono di inserire la loro arte nella più
vasta tradizione del budo (letteralmente significa la via delle arti marziali, in questo caso intende
l'insieme delle arti marziali dei guerrieri giapponesi).
Il termine Karate è spesso identificato anche con l’aggiunta del suffisso dō, Karate-dō.
Tutte le discipline del budo giungono alla fine ad uno stato di un uomo a mani vuote, e lo stato di
uomo a mani vuote è il principio di tutto il budo. È per tali motivi che G. Funakoshi aggiunge al
termine karate il suffisso do (via).
Promuovere "Il Karate-do come stile di vita" divenne la sua missione, non si tratta più di un arte
marziale e basta ma di un modo d'essere, un modo di comportarsi: di porsi di fronte agli altri, che
diventano non più il nostro nemico da distruggere ma un'amico da amare. Riprendendo una frase
di Egami (un suo grande allievo
...In un arte marziale prima, pieni d'odio, si cerca di distruggere l'avversario, poi di ucciderlo con
una sola tecnica, poi di sconfiggerlo senza ucciderlo, poi di batterlo senza fargli male ed infine,
pieni d'amore, di vincerlo senza combattere...
Questo è il do ( la via ).
Si puó dunque ritenere il do il più importante ideogramma. Per comprenderne ulteriormente il significato, è
necessario andare indietro nel tempo.
Arte marziale, quindi significa: "Conoscersi attraverso la pratica di una tecnica di combattimento".
L'importante non è il raggiungimento di una certa meta, ma il modo e lo spirito coi quali si procede
lungo la Via della propria conoscenza. Nel nostro caso, il significato di Karatedo si puó indicare con
la frase:
Il Karate-do secondo il maesto Gichin Funakoshi è la corretta interpretazione del Karate ed il suo
giusto impiego; è il cammino per raggiungere il Satori o illuminazione (comprensione del
significato oggettivo della vita) attraverso la pratica della difesa a mano nuda.
La via del Karate è un percorso per il perfezionamento e l'automiglioramento della tecnica, poiché
in tal modo si migliora anche se stessi. Il Karate-do mira internamente ad allenare la mente e a
sviluppare una coscienza chiara cosicché si possa affrontare sinceramente ed autenticamente il
mondo.
La mente e la tecnica devono divenire un'unica cosa nel Karate-do, il Do , la via, è molto più della
tecnica, più dell'arte: una via, un lento e misterioso cammino dell'essere verso la propria
perfezione, il proprio compimento.
Si deve superare lo sport, il fatto fisico e l'arte altrimenti si resta nel contingente, nell'incompiuto,
nel superficiale. Il Karate praticato solo come sport ha come obiettivo la vittoria nella gara mentre
il Karate-do quello di vittoria nella vita.
La Storia di Okinawa
Si crearono così, verso il 1340, tre regni rivali ed Okinawa si ritrovò disunita. Dieci anni più tardi, il
più grande di questi regni iniziò relazioni politiche ed amministrative con la Cina, relazioni che
furono ufficializzate nel 1372 dallo stesso Imperatore cinese. Attraverso questa alleanza, gli
abitanti di Okinawa, come del resto tutti i popoli vicini alla Cina, tranne i Giapponesi, mandavano
delegazioni con regolari cadenze annuali verso la patria madre con tributi ed onori per
l'Imperatore. Alcuni nobili appartenenti a tali delegazioni avevano diritto a proseguire il loro
cammino dalla costa fino alla corte imperiale. Alcuni giovani principi si iscrissero alle scuole create
per studenti stranieri a Pechino, dove poterono apprendere la cultura ,l'arte e le scienze cinesi. In
tal modo molti abitanti di Okinawa divennero ospiti abituali della Capitale e della vita di corte in
Cina, imparandone le tradizioni. Nel 1429, dopo alcune guerre intestine di poco conto, Okinawa fu
unita sotto un unico regno e nacque la sua prima dinastia (Sho). Fu questa la premessa del periodo
d'oro della storia di Okinawa. Sorsero attività commerciali e si creò una rete di vie commerciali che
si estese non solo verso il Giappone e la Cina, ma fino all'Indocina, la Thailandia, la Malesia,
l'Indonesia, il Borneo e le Filippine. Okinawa divenne la Venezia d'Oriente, un grande nodo per la
distribuzione di legname pregiato, spezie, incensi, corna di animali, avorio, stagno e zucchero
provenienti dall'Asia meridionale.
Un altro fatto di assoluto rilievo storico in questo periodo fu la caduta della dinastia Sho, verso il
1470, che creò un periodo di turbolenza politica e caos che finì solamente con l'avvento della
nuova dinastia, sempre Sho, nel 1477. Il nuovo monarca, Sho Shin, dovette affrontare i nobili
cavalieri della Guerra che erano saldamente protetti nei loro castelli lungo l'isola. Una delle prime
norme introdotte dal monarca fu quella di bandire il trasporto d'armi da parte di chiunque, nobile
o contadino. La seconda mossa del re fu quella di sequestrare tutte le armi del Paese e custodirle
sotto sorveglianza continua nel proprio castello a Shuri. Infine ordinò a tutti i nobili, ora disarmati,
di andare a vivere vicino a lui nella capitale del Paese. E' interessante notare come questa politica
di disarmare e poi " spodestare" i nobili ribelli di Okinawa anticipa scelte analoghe fatte
successivamente dal Giappone. Infatti stesse norme nacquero negli editti di spada di Toyotomi nel
1586 e negli ordini dello Shogun di Tokugawa dove tutti i Signori della Guerra dovettero
raccogliersi attorno a lui nella Capitale nel 1634. E' un fatto, tuttavia, che lo Shogun non
obbligasse, nonostante la natura intricata delle relazioni tra Cina e Giappone, gli abitanti di
Okinawa ad interrompere le loro relazioni tributarie con la Cina. Al contrario, lo Shogun forzava gli
abitanti di Okinawa a mantenere una facciata di fedeltà assoluta verso i cinesi. Qualora fossero
sopraggiunti diplomatici dalla terraferma, i sovrani giapponesi avrebbero nascosto se stessi e tutto
ciò che potesse tradire la loro presenza sul territorio. I contatti indiretti con la Cina, di cui i
Giapponesi avevano bisogno, venivano dunque mantenuti attraverso Okinawa , anche se di fatto il
benessere economico e l'indipendenza politica dell'isola di Okinawa dipendevano dal Giappone.
Tutto ciò accade nel 1609.
Resta comunque il fatto che dopo il 1609 i giapponesi mantennero le regole che impedivano il
possesso e l'uso di armi e la nobiltà dell’isola continuò a rimanere segregata nella città di Shuri. I
Samurai giapponesi, peraltro, potevano trasportare armi anche ad Okinawa. Tale divieto esteso
solo agli abitanti nativi dell'isola restò valido anche durante i periodi successivi della storia del
Paese.
Oggi, ad Okinawa, i più grandi Maestri di Karate ritengono comunque che il divieto per le armi
posto dal loro primo Re fu atto di grande saggezza e non di oppressione.
Karate, o Karate-do (l'arte di per sé), come lo conosciamo oggi, è un prodotto di sintesi tra l'antica
arte Te del diciottesimo secolo, originaria di Okinawa, le antiche arti cinesi nate nel Tempio di
Shaolin, ed altri stili praticati nel sud della Cina nella provincia del Fukien. Negli ultimi 70 anni, le
Quando il Re Sho Shin disarmò i nobili e li raccolse intorno a sé nella città di Shuri, si ritiene che
sorsero 2 movimenti ad Okinawa. Da una parte i nobili, che unendosi, impararono e svilupparono
l'arte del combattimento a mano nuda (te). D'altra parte, i contadini ed i pescatori iniziarono a
sviluppare l'uso di armi che nascevano dal loro mondo del lavoro. Falci, falcetti, bastoni per la
mietitura e la pulitura delle sementi, briglie per cavalli e persino remi da barca divennero ben
presto armi letali.
Entrambe le nuove scuole, quella disarmata e quella armata , venivano praticate in massima
segretezza e confinate nelle rispettive classi sociali. Il Te veniva praticato dai nobili della corte
reale ed il Ryukyu bujitsu ( Arte con armi di Ryu kyu) crebbe tra la gente comune. Anche nel
ventesimo secolo, alcuni tra i maestri di karate più famosi, tra cui il più noto, Chotoku Kyan, erano
e sono tuttora discendenti delle nobili famiglie della città di Shuri.
La prima manifestazione, tramandataci, di arti marziali cinesi ad Okinawa risale al 1761. Ci sono
anche alcune storie biografiche di maestri del Te dell'epoca. Alcuni di questi maestri, compreso
Chatan Yara hanno studiato in Cina, nella provincia di Fukien. Un grande maestro cinese, Kusanku
passò 6 anni ad Okinawa. Durante il diciannovesimo secolo quest'arte iniziò a prendere il nome di
E' importante far notare come le città di Shuri, Naha e Tomari distino tra loro soltanto di pochi
chilometri e che le differenze tra le loro arti di combattere fossero date da differenze di "enfasi"
nelle varie pratiche più che di stile vero e proprio. Sotto tali differenze superficiali, metodi e
principi di tutto il karate di Okinawa sono assoggettati alla stessa Arte di combattimento.
Alla fine del diciannovesimo secolo nomi e stili cambiarono ancora nomi. L'arte di Shuri e Tomari
presero un unico nome di Shorin-ryu , che significa "la scuola del pino flessuoso". Naha-te divenne
quel che ora si chiama Goju-ryu, "la scuola dura e morbida" sviluppata dal maestro Kanryo
Higaonna. Lo Shorin-ryu si divide a sua volta in altre scuole che hanno lievi differenze tra lor o. Il
Goju-ryu è sempre rimasto stilisticamente unico. E' nata anche una tradizione ad Okinawa ed in
Giappone dove entrambi gli stili sono stati mescolati assieme ed insegnati come stile unico. La più
grande scuola che insegna questo metodo è la scuola giapponese Shito-ryu, portata avanti dal
maestro Mabuni Kenwa.
Per tradizione si suol dire che lo Shorin-ryu sia uno stile più leggero e veloce rispetto al Goju-ryu e
che le posizioni siano generalmente più naturali. I kata delle due scuole sono leggermente diversi:
nel Goju-ryu i movimenti di braccia e gambe sono più circolari e con posizioni più basse. Viene
anche data grande enfasi alle tecniche di respirazione.
Nel 1935, un comitato formato da maestri di stili diversi si trovò per decidere un nome da dare alla
loro Arte. La chiamarono Karate, che significa mano vuota o arte della difesa senz'armi. Alcuni
maestri ritengono che l'aggiunta di -do (la via ), andrebbe aggiunto al nome.
Oggi il Karate è fiorente ad Okinawa. La distruzione degli edifici antichi e degli archivi storici
durante la Seconda Guerra Mondiale ed in particolare durante la battaglia di Okinawa combattuta
tra Giappone ed Alleati nel 1945, ha portato a valorizzare ancor più, tra la gente, la cultura locale
attraverso la musica, il folklore e le arti marziali.
Seguendo quella che è la storia pregressa, i maestri di karate ad Okinawa sono tra i dignitari di più
alto onore ed i Dojo (palestre per le Arti) sono molteplici nelle aree urbane di Naha e Shuri. Non
essendovi maestri che predominino con il loro stile di insegnamento vi è molto spirito di unione ed
affiatamento tra le varie scuole dell'isola.
Lo Shotokan
Lo stile Shotokan di discendenza da entrambe le aree di
influenza del karate (Shorei e Shorin), fu creato e diffuso da
allievi del maestro Gichin Funakoshi, allievo diretto di Azato
e Itosu. Dopo il 1922, data di presentazione in Giappone
della sua arte, Funakoshi insegnò karate spostandosi da un
dojo all'altro; una prima sede fissa venne creata nel marzo
del 1938, quando Funakoshi aveva già settant'anni; fu lui
ad affiggere al dojo l'insegna con la scritta Shotokan (da
kan, casa e shoto, pseudonimo con cui il maestro soleva
firmare poesie e opere di calligrafia).
Tra le critiche che spesso vengono mosse sullo Shotokan, c'è quella della fermezza dei combattenti
durante il kumite. Questa diceria è dovuta al figlio di Funakoshi, che essendo malato di tubercolosi
volle creare uno stile inconfondibile, per cui addestrò dei combattenti con un allenamento
specifico per aumentarne la massa muscolare, a tal punto che potevano star fermi durante il
kumite poiché la loro mole bastava di per se a parare i colpi. Oggi non è più cosi, e i "saltelli" tipo
pugile sono entrati nel repertorio di qualsiasi karateka shotokan, e sono consigliati da tutti i
maestri.
Esistono poi al giorno d'oggi anche molte scuole che hanno ripreso a praticare lo shotokan full
contact, spesso però con un nome diverso dello stile.
Il Wado-Ryu, è oggi diviso sotto due linee di pensiero: Il Wado-Ryu e il Wado Kay.
Il Wado Ryu, pone come figura principale Hironori (Jiro) Otsuka II (X Dan), il figlio del fondatore
dello stile che segue le fila indirizzategli dal Soke stesso (suo padre). Nel vasto territorio
mondiale, egli ha posto come caposcuola europeo il maestro Masafumi Shomitsu IX Dan
Hanshi fondatore della Wado Academy.
Il Wado Kai è stata fondata dal M° Hironori Otsuka in persona, per divulgare il Wado Ryu nel
mondo, ora è gestita da uno dei più abili allievi del fondatore: Il maestro Tatsuo Suzuki (IX
Dan). Che modificò la linea indicatagli da Otsuka, ed introdusse gli Ohio Kumite. Suzuki portò il
Karate Wado Ryu dapprima in Inghilterra, poi nel resto dell'Europa e negli Usa. Sicuramente la
sua bravura e qualifica non ereditata ma acquisita lo pone come uno dei maestri storici di
questo stile.
La diatriba che portò alla scissione tra Wado Ryu e Wado Kay, è da attribuire al fatto che i
maestri dell'associazione Wado Kay (che in passato faceva parte, come associazione, del Wado
Ryu, e che solo da 30 anni è di fatti uno stile) chiedevano a torto o a ragione un'autonomia che
il M° Otsuka I non voleva concedergli. La situazione si tradusse in un processo, nel quale vi fu la
separazione legale dei due stili.
Nell'area in cui sbarcò Kanryo Higaonna vivevano insegnanti della Gru Bianca e probabilmente Ryu
Ryu Ko era uno di loro. La genealogia della Gru Bianca (Bai He) del Fujian risale a Fang Jiniang, la
figlia di Fang Shiyu, che si dice abbia studiato il pugno del monaco (Luohan Quan) durante il suo
soggiorno nel Tempio Buddista Shaolin del Fujian del sud sulla montagna Julianshan (Nine Lotus),
vicino Fuzhou nel distretto del Puliang. Fang Jiniang, del villaggio Yongchun vicino Fuzhou, aveva
studiato anche i movimenti di difesa e attacco della gru bianca e da ciò deriva il fondatore della
prima generazione degli insegnanti della Gru Bianca. Nella seconda generazione un grande
maestro della Boxe della Gru Bianca Yongchun fu Zeng Cishu, che era anche un maestro della Boxe
della Tigre Nera.
La tradizione della Gru Bianca del 17mo secolo del Fujian fu fortemente influenzata dal Pugno del
Monaco e dalla Boxe della Tigre, ed è probabilmente la base sulla quale Ryu Ryu Ko insegnò a
Kanryo Higaonna.
Tale era la devozione di Kanryo Higaonna che egli divenne l'uchi-deshi di Ryu Ryu Ko ovvero
ricevette gli insegnamenti più profondi imparando così l'intero sistema, così come lo studio delle
armi e della medicina tradizionale cinese.
Kanryo ebbe numerosi studenti di valore e alla fine il suo studente favorito, Chojun Miyagi, gli
succedette come il maestro guida del Naha-te.
Tornato ad Okinawa egli divenne amico di due mercanti del tè provenienti dal Fuzhou, Wu Xiangui
(in giapponese Go Ken Ki) e Tang Daiji (To Daiki), entrambi famosi insegnanti di arti marziali. Wu
Xiangui (1886-1940) arrivò a Naha nel 1912 per insegnare la boxe della Gru Bianca e divenne
amico, fra gli altri, di Juhatsu Kyoda, Chojun Miyagi e Kenwa Mabuni (1889-1952).
Insieme a Wu Xiangui, Chojun Miyagi tornò ancora nel Fuzhou alla fine degli anni venti
(probabilmente nel 1926).
Oltre che con Wu Xiangui, che emigrò dal Fuzhou verso Naha nel 1912, Miyagi ebbe una buona
relazione con Tang Daiji (1887-1937), un maestro della Boxe della Tigre (Hu Quan) anche lui
emigrato dal Fuzhou verso Naha. Introdotto da Wu Xiangui, Miyagi incontrò, nel febbraio del 1936
a Shanghai, il famoso maestro del Pugno del Monaco (Luohan Quan) Miao Xing (1881-1939). Si
ritiene che Miyagi si sia allenato per un periodo diligentemente con Miao Xing ed altri maestri
cinesi associati con l’Associazione Atletica Jingwu. Partecipò anche come visitatore ai campionati
nazionali di arti marziali. Miyagi dedicò tutta la sua vita allo sviluppo di quello che era chiamato
'toudijutsu' (mano della Cina) o semplicemente 'te' ad Okinawa.
Nel 1921 il principe ereditario Hirohito visitò Okinawa prima di intraprendere un viaggio per
l’Europa. In onore della sua visita vennero dimostrati sia lo Shuri-te che il Naha-te (di Chojun
Miyagi). Nel 1925 Miyagi fece una dimostrazione per il principe Chichibu-Nomiya, e poco dopo, nel
1926, fondò l’Okinawa Karate Kenkyu-Kai (Club per la Ricerca del Karate di Okinawa), insieme a
Nel 1933 Chojun Miyagi registrò ufficialmente come Goju-Ryu presso l’istituzione giapponese che
regolava il Budo, la prestigiosa Dai Nippon Butokukai, “l’Associazione di tutte le Arti Marziali
Giapponesi”. In seguito a Miyagi fu reso merito dal Ministro dell’Educazione Fisica, ricevette il più
alto onore del Dai Nippon Butokukai e fu insignito come rappresentante del dipartimento
Butokukai per Okinawa.
Così il Goju-Ryu Karate-Do, il nome deriva dal Bubishi, fu la prima e la più antica tradizione di
karate riconosciuta dal Dai Nippon Butokukai; il suo fondatore, Chojun Miyagi, acquisì una
posizione di rilievo nel karate-do.
Nel Maggio del 1934, Chojun Miyagi, su invito, viaggiò verso le Hawaii dove insegnò e diede
dimostrazioni fino al febbraio del 1935. I suoi insegnamenti in quell’occasione furono menzionati
come kempo karate. Il 25 Ottobre del 1936 i più insigni maestri di Okinawa (Chomo Hanashiro,
Chotoku Kyan, Choki Motobu, Chosin Chibana, Juhatsu Kyoda e Chojun Miyagi) si riunirono e
cambiarono il nome toudijutsu in Karate-Do.
Prima della seconda Guerra Mondiale il migliore studente di Chojun Miyagi era Jin’an Shinzato.
Oltre al karate praticava anche judo. Shinzato aveva un grande talento ed era opinione diffusa che
lui dovesse divenire il successore di Chojun Miyagi. Sfortunatamente venne ucciso durante la
seconda Guerra Mondiale. Durante la guerra Chojun Miyagi, oltre a Shinzato, perse anche due
figlie ed il suo terzo figlio.
Prima della guerra il metodo d’insegnamento di Chojun Miyagi cominciava con hojo undo, uke
harai, ude tanren, yakusoku kumite, kakie e quindi il sanchin kata. Questa era la routine che
seguivano gli studenti per i primi tre – cinque anni e comprendeva l’ottanta per cento
dell’insegnamento di Chojun Miyagi. Dopo venivano insegnati uno o due kaishugata, la profondità
e le applicazioni variavano a seconda del livello di apprendimento e dell’abilità tecnica. Jin’an
Shinzato imparò il sanchin, il sesan ed il tensho; Seiko Kina imparò il sanchin ed il seiyunchin;
Meitoku Yagi imparò il sanchin ed il suparinpei; Shunshin Furugen imparò il sanchin ed il
kururunfa. Comunque gli studenti più anziani di prima della guerra, Seiko Kina, Meitoku Yagi, Kiei
Tomoyose, Shunshin Furugen, Eiko Miyazato e Eiichi Miyazato, non si allenavano più poiché erano
impegnati a guadagnarsi da vivere in tempi così duri.
Quindi nel 1948 Chojun Miyagi accettò nuovi studenti e revisionò il sistema d’insegnamento,
organizzando i kata del Goju-Ryu in una sequenza, qualcosa che prima non era mai esistito.
Nel febbraio di quell’anno quattro studenti vennero nel suo dojo. Questi erano An'ichi Miyagi, Bise
Chojun Miyagi capì che si era fatto vecchio, insegnò l’essenza (gokui) del Goju-Ryu ad An'ichi
Miyagi. Dal febbraio del 1948 fino all’ottobre del 1953 Chojun Miyagi insegnò ad An'ichi tutto ciò
che conosceva per preservare interamente questa conoscenza per le generazioni successive.
Nel 1951 Miyagi accettò nuovi studenti. Il primo fu Shuichi Aragaki, dopo di lui, gradualmente, ne
seguirono altri. Di solito a questi studenti insegnava An'ichi. Nel 1952 gradualmente il numero dei
membri del dojo cominciò a crescere.
L’8 ottobre del 1953 il maestro Chojun Miyagi morì improvvisamente a causa di un attacco di
cuore. Gli allenamenti continuarono nel dojo del giardino (garden dojo) della casa di Chojun
Miyagi con An'ichi come istruttore. Per la prima volta dopo la seconda Guerra Mondiale il Goju-
Ryu del dojo del giardino cominciò a fiorire e poté acclamare molti illustri studenti.
Alla fine il giardino Dojo fu chiuso e tutti si trasferirono al Jundo Kan, un nuovo Dojo costruito e
gestito da Eiichi Miyazato, un allievo di Miyagi, dove An'ichi era il capo-istruttore.
Dopo il completamento degli studi superiori, durante il suo servizio militare, decise di arruolarsi
nella polizia. Questo lavoro gli permise di visitare tutti i distretti di Okinawa e di imparare tutte le
arti marziali praticate nell'isola. Lasciò la polizia dopo circa 12 anni di servizio; nel 1929 si stabilì in
Osaka, dove aprì un Dojo per insegnare e promuovere la pratica del Karate.
Il Dojo del Sensei Kenwa Mabuni fu presto frequentato da un grande numero di allievi, soprattutto
studenti universitari. Il suo insegnamento teorico era basato sulle tecniche del Maestro Anko ltosu
(Shurite) e del Maestro Konryo Higaonna (Nahate), dai loro nomi ha origine la parola Shito-Ryu,
che divenne il nome della sua scuola. L'ideogramma "Shi" proviene da "Ito" (Itosu) e l'ideogramma
"To" proviene da "Higa" (Higaonna). I lettori non giapponesi trovano difficile vedere la derivazione:
la motivazione è che esistono due differenti modi di pronunciare lo stesso ideogramma. Il Sensei
Kenwa Mabuni non si limitò ad unire semplicemente i due stili: egli diede al suo metodo di
allenamento un' organizzazione sistematica ed una base logica e scientifica e seppe supportare
anche i suoi insegnamenti con fondamenti profondamente morali e fllosofici. Morì il 23 maggio
1952, all'età di 63 anni. Suo figlio maggiore, Kenei Mabuni, gli succedette nella direzione della
scuola centrale di Karate Shito-Ryu. Il Sensei Kenei Mabuni nacque il 13 febbraio 1918 a Shuri.
Imparò i differenti stili del Karate nella sua prima infanzia. Più tardi imparò Jujutsu da suo padre,
Kendo dal Sensei Yasuhuro Konishi, Ninjutsu dal Sensei Seiko Fujita e studiò tutte le altre arti
marziali.
Nel 1962 il Sensei Kenei Mabuni andò in Messico e Guatemala con I'intenzione di insegnare e
promuovere la pratica del Karate Shito-Ryu e stette Ià circa un anno. Un suo allievo indiano, che
aveva imparato il Karate Shito-Ryu in Giappone introdusse questo stile nel suo paese; quando il
Maestro Kenei Mabuni e sua moglie arrivarono in India furono profondamente commossi
dall'entusiastico benvenuto che ricevettero. Il Maestro Kenei Mabuni ha portato il Karate Shito-
Ryu anche in Australia, Nord America ed Europa. Ora in tutto il mondo ci sono suoi allievi che
tramandano l'insegnamento delle tecniche, della morale e dei principi filosofici stabiliti da suo
padre, il Sensei Kenwa Mabuni, fondatore del Karate Shito-Ryu.
Sankukai, fondato dal maestro Y. Nanbu nel 1969, il quale ruppe definitivamente con lo
stile Shukokai, cosciente dei limiti di quello stile, il maestro dopo un lungo tempo di
riflessione e di meditazione trovò la soluzione dei suoi problemi, fondando la sua tecnica
personale, che chiamò SANKUKAI. Quando il Sankukai prese la sua fisionomia definitiva, il
maestro Nanbu sottopose le sue conclusioni a un istituto riconosciuto ufficialmente, che ne
studio i rapporti di forza e la dinamica dell'energia. La conclusioni che gli esperti trassero
furono ottime; infatti essi approvarono la nuova tecnica, poiché questa mostrava
chiaramente che si potevano migliorare in maniera considerevole alcune tecniche.
Grazie all'inesauribile energia e alla serenità del maestro Nanbu, il Sankukai mise radici in
Giappone, in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Germania, in Norvegia, in Marocco, in
Svizzera, in Belgio, in Messico, in Guatemala e in Canada.
Ispirato al Confucianesimo e alla filosofia Zen, il Kyokushinkai, è oggi tra le arti marziali più
popolari al mondo. Lo stile di karate è la sintesi delle esperienze del maestro Mas Oyama
che sin da giovanissimo si è dedicato alle arti marziali praticando il judo e la boxe.
Determinante per la sua formazione la frequentazione del dojo di Gichin Funakoshi, presso
l'università Takushoku, dove inizia a studiare con dedizione il Karate Okinawa (oggi Karate
Shotokan). Tra le esperienze del fondatore del kyokushinkai l'ingresso nella Butokukai,
l'accademia formativa dell'Arma Imperiale Giapponese, specializzata in guerriglia,
spionaggio e combattimento a mani nude, dove Oyama passa 2 anni.
L'associazione "Karate Kyokushinkai" conta oggi migliaia di allievi con scuole sparse in tutto
il mondo e sede principale a Tokio. Al vertice dell'organizzazione il maestro Akiyoshi Matsui
ha sostituito Oyama dopo la sua morte nel 1994. L'organizzazione risulta comunque divisa
perché altri illustri allievi ritengono di essere i veri eredi dello stile di Oyama.
Goju USA, è stato fondato dal Shihan Peter Urban. L'associazione Butokukai, visti i meriti
acquisiti in decenni di vita dedicata allo studio delle arti marziali, gli riconobbe il grado di
cintura nera 10° Dan. Grazie al lavoro svolto dal maestro Urban e da i suoi numerosissimi
alievi, il Goju Usa si diffuse a macchia d'olio, prima negli States e successivamente in tutto il
mondo. Il maestro Gianni Rossato di Padova, fu il primo allievo italiano del maestro Urban,
che introdusse la scuola del Goju Usa nel nostro paese. Successivamente il maestro Rossato
chiamò la sua scuola Goju Italia con il consenso del maestro Urban.
Nel 1959 il maestro Peter Urban introdusse il karate Goju Ryu negli USA, e il lavoro svolto
successivamente produsse una rivoluzione nel mondo del karate statunitense, per questo
da molti fu chiamato 'George Washington' o il 'Padrino del Goju'. Nel 1966 il maestro Peter
Urban fonda la sua scuola, chiamandola GOJU USA, con il consenso dei suoi precedenti
maestri, R. Kim, G. Yamaguchi e M. Oyama. I kata di questo stile sono essenzialmente quelli
dello stile Goju-ryu, con alcune differenze.
Agli stili di karate citati se ne possono affiancare altri, più o meno noti, si tratta in genere di
personalizzazioni di ottimi maestri che sostanzialmente fanno riferimento agli stili principali, di cui
conservano molti elementi.
Fu il maestro Gichin Funakoshi ad adottare per primo quest'abito. Infatti, in occasione della
prima dimostrazione al Budokan di Tokyo, lui e un suo allievo indossarono un karate-gi
fatto da Funakoshi stesso la notte precedente, ispirandosi al modello del judo-gi ed
utilizzando, però, una tela più leggera e comoda.
La cintura nel Karate è un riferimento che indica l'abilità, attestata dal superamento di
appositi esami, nella pratica della disciplina di chi la indossa.
Esistono, presso alcune scuole, ulteriori cinture intermedie o una diversa classificazione delle cinture. Dopo
la cintura marrone si passa a cintura nera, che rimane tale al raggiungimento di gradi superiori (dan), dal 1°
al 10°, il più elevato.
Generalmente dopo il 6° dan, il grado viene assegnato solo per meriti speciali e non più in seguito ad esami
(anche se il modo in cui vengono rilasciati i più alti gradi dan può variare da federazione a federazione). Per
i gradi più elevati, infatti, non viene valutata solamente la mera capacità tecnica raggiunta, ma soprattutto
le doti di esperienza, di didattica, di organizzazione, di sviluppo e di dedizione a quest'arte marziale.
Il karate si può suddividere essenzialmente in tre parti fondamentali dell’allenamento: Kihon, Kata, e
Kumite.
In italiano potremmo tradurlo con le parole "basilare" o "rudimenti". La parola kihon è composta
da due sezioni: Ki (fondamenta o radici) e Hon (base). Visualizzando gli ideogrammi delle due
sezioni si nota che Ki è formato da due parti, una che simboleggia la terra e l'altra rappresenta
l'inizio; Hon, invece, mostra un albero le cui radici sono rivolte verso il basso. La parola Kihon ha
dunque il significato della necessità di porre delle solide fondamenta, delle profonde radici per
poter costruire qualche cosa di duraturo. Nella cultura giapponese viene data molta importan za
alla preparazione prima di mettere mano a qualunque progetto ed è importante essere padroni
delle basi di qualunque disciplina, prima di progredire in essa.
Nel karate, dunque, ma anche in qualsiasi altra disciplina, senza una perfetta padronanza degli
esercizi i base, non è possibile progredire e raggiungere notevoli livelli di pratica. Le basi del
karate, i primi esercizi insegnati all'allievo, portano a imparare il corretto uso del proprio corpo, sia
esso in movimento o statico.
Il Kihon, quindi, è la forma di allenamento base, di parata o di attacco, su cui si basa il Karate.
Nella pratica del kihon si impara a migliorare la propria resistenza e a ottenere una maggiore
rapidità nell'esecuzione; aiuta anche a rafforzare lo spirito combattivo e l'allievo apprende come
gestire le "armi" del nostro corpo.
Il Kime è uno degli aspetti fondamentali nel kihon: insegna la concentrazione durante gli esercizi e
la decisione con cui si deve eseguire ogni singola tecnica: sia che si combatta contro un avversario
o che ci si stia allenando singolarmente, nel karate tradizionale nessuna mossa viene eseguita "a
vuoto", ma sempre al massimo delle proprie capacità.
L'allievo durante il kihon ha l'opportunità di imparare i nomi in giapponese dei colpi e delle
posizioni.
Un elemento importante del karate, che abbiamo più volte citato è il kime.
Il Kime, nella pratica del Karate, può essere definito come "focalizzazione della massima potenza
esplosiva del colpo" in un punto stabilito.
Nessun praticante di Karate, dunque, può aspirare a progredire verso i gradi superiori della
disciplina se non è in grado di applicare un buon Kime durante l'esecuzione delle tecniche. Lo
stesso principio si applica, a maggior ragione, nelle manifestazioni agonistiche, nelle quali il Kime è
uno degli elementi fondamentali di valutazione dell'atleta.
Per i praticanti rappresenta l'essenza dell'arte marziale perché racchiude in sé sia lo studio delle
tecniche fondamentali (Kihon) che il ritmo e la tattica del combattimento (Kumite): è perciò
basilare per progredire nella ricerca della Via (Dō). E, dal punto di vista strettamente tecnico, si
può ben dire che studiare i Kata è studiare il Karate nella sua completezza, senza quelle limitazioni
poste dal Karate agonistico: in questo senso, si può affermare con certezza che non soltanto nei
Kata risiede tutto il Karate, ma che le caratteristiche di ogni singolo stile possono essere comprese
appieno soltanto dallo studio dei Kata propri dello stile medesimo. Non si deve tuttavia
commettere l'errore di interpretare questo assunto nel senso che uno stile è tanto più completo
quanto più elevato è il numero dei Kata che in esso si praticano: non si può affermare ad esempio
che lo Shito - Ryu sia uno stile migliore, più completo e più perfezionato dello Uechi Ryu, dato che
quest'ultimo annovera un numero di Kata molto inferiore... Ciò che conta è non il numero di Kata
presenti in uno stile, ma che in questi Kata siano rappresentati gli elementi distintivi e
caratterizzanti dello stile medesimo.
L'esercizio del kata non si pratica solo nelle discipline marziali, ma in tutte quelle arti orientali che
abbiano come fine il Dō: ju-dō (via della cedevolezza), ken-dō (arte della spada), kyu-dō (arte del
tiro con l'arco), aiki-dō (unire l'energia), ma anche sho-dō (calligrafia), ka-dō (composizione
floreale) e sa-dō (cerimonia del tè). In tutte queste discipline ci si propone di fondere, attraverso la
respirazione, le componenti fisica e mentale eseguendo una predeterminata sequenza di gesti per
raggiungere una più elevata condizione spirituale.
Ogni kata è composto da una serie di movimenti che ne costituiscono la caratteristica evidente,
ma presenta altri elementi che sfuggono alla comprensione più immediata: i maestri che li hanno
creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi per evitare che altri
se ne impadronissero. Per esempio i kata vennero mimetizzati in danze innocue, nel periodo in cui
ad Okinawa vigeva la proibizione di praticare le arti marziali.
Tutte le tecniche devono essere sostenute dal corretto uso della respirazione e della contrazione
addominale (Kime) che, in due particolari momenti esplodono nel kiai. Dimenticare il grido o
eseguirlo fuori tempo è indice di emotività, ed è un errore.
Il termine giapponese kumite viene tradotto con la parola combattimento, però tale termine è
imcompleto, cioè privo degli elementi compresi nel concetto di kumite. Kumite si compone della
parola kumi, che significa "mettere insieme", e della sillaba te, che significa "mano".
Per kumite si intende quindi l'incontrarsi con le mani: nel confronto reale come in quello di
palestra è necessario un avversario. Lo scopo del vero combattimento è quello di abbattere
l'avversario, quello del kumite è la crescita reciproca dei praticanti.
Il kumite presuppone due fasi ben distinte: l'apprendimento delle tecniche dal punto di vista
formale e la loro applicazione. l'importanza che riveste la forma (kata) in funzione del
combattimento è quindi fondamentale, perché racchiude le basi del karate. La filosofia del karate-
do impone di migliorarsi continuamente per ricercare la massima padronanza tecnica e mentale,
così da raggiungere equilibrio interiore, stabilità, consapevolezza. Per allenare il combattimento,
nel senso del karate-do, vengono studiati alcuni tipi di kumite fondamentale: combattimento a
cinque passi, a tre passi, a un passo, semilibero e libero.
Kenji Tokitsu. “Storia del karate. La via della mano vuota” edito da Luni Editrice.
Enciclopedia Wikipedia.