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AFFITTI BREVI: LA GUIDA FISCALE

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Scritto da Riccardo Allievi

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scopo meramente informativo, educativo e di intrattenimento.
Sebbene sia stata adottata ogni ragionevole misura per garantire
che il contenuto pubblicato nel presente libro sia accurato e
aggiornato, non è possibile garantirne la massima completezza né
attualità.

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Il parere dell’autore non è da sostituirsi a quello legale, finanziario
o fiscale, tanto meno da considerarsi oggettivamente applicabile
a qualsivoglia caso personale e/o imprenditoriale.

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INDICE
INTRODUZIONE ..................................................................................6
LE LOCAZIONI BREVI E LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO ...............9
1. Una normativa in evoluzione ....................................................9
2. Le locazioni ad uso transitorio e le locazioni brevi ............... 11
3. Le diverse strutture ricettive ................................................. 13
LA SUBLOCAZIONE .......................................................................... 15
1. Le caratteristiche della sublocazione .................................... 16
a) Totale ...................................................................................... 16
b) Parziale ................................................................................... 16
2. La sublocazione e le imposte ................................................. 18
a) IRPEF ....................................................................................... 18
b) Cedolare secca ....................................................................... 19
3. Come dichiarare i canoni della sublocazione........................ 20
IL PROPERTY MANAGER ................................................................. 23
1. Prestazione occasionale e prestazione professionale .......... 25
2. L’apertura della Partita Iva..................................................... 26
a) Property Manager non organizzato (o non strutturato) ...... 26
b) Property Manager organizzato (o strutturato) .................... 27
3. L’importanza delle tempistiche di apertura della Partita Iva 29
I REGIMI FISCALI: DAL FORFETTARIO ALL’ORDINARIO ................. 31
1. Il Regime Forfettario .............................................................. 31
2. Il Regime Semplificato ............................................................ 34
3. Il Regime Ordinario ................................................................ 38
LE TASSE PER OGNI REGIME .......................................................... 40

4
1. Il Regime Forfettario .............................................................. 41
2. Il Regime Semplificato ............................................................ 44
3. Il Regime Ordinario ................................................................ 47
CONCLUSIONE ................................................................................ 50

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INTRODUZIONE
Ti sarà sicuramente capitato di acquistare servizi da Airbnb o da
Booking.com per alloggiare in strutture alberghiere, B&B o
appartamenti per esperienze turistiche o di lavoro.
Devi sapere che, partendo proprio da queste piattaforme ormai
conosciute ed utilizzate in tutto il mondo, è possibile dar vita ad
un business che permette di raggiungere anche importanti
guadagni, pur non essendo direttamente proprietari degli
immobili oggetto di locazione.
Mi riferisco all’attività di locazione turistica breve, esercitabile
anche “sfruttando” la pratica del subaffitto.
Non preoccuparti, la sublocazione è una cosa legale,
accuratamente prevista e regolamentata dal Codice Civile,
all’articolo 1594, secondo il quale:
Il conduttore, salvo patto contrario, ha facoltà di sublocare la cosa
locatagli, ma non può cedere il contratto senza il consenso del
locatore. Trattandosi di cosa mobile, la sublocazione deve essere
autorizzata dal locatore o consentita dagli usi.
In altri termini, ottenuto per iscritto (e mediante contratto) il
consenso da parte del proprietario dell’immobile, è possibile
sublocare l’appartamento o parti di esso!
Il business degli affitti brevi può portare ingenti guadagni sia a
coloro che decidono di operare nelle vesti di sublocatori (dunque,
locando un immobile di cui non si ha la proprietà) sia per i diretti
proprietari degli immobili che decidono di gestire, in prima
persona, gli annunci sui portali web e le prenotazioni dei clienti.
A queste figure si aggiunge quella del Property Manager, ossia un
professionista che può affiancare il proprietario o il sublocatore
nella gestione di un immobile da locare.

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Il Property Manager è una figura non dotata di particolari
abilitazioni professionali, ma che può interamente occuparsi di
tutte quelle incombenze relative ad una o più proprietà
immobiliari messe a reddito.
Quello del property management è un business nel quale poter
entrare senza doversi accollare alcun investimento iniziale (come
l’acquisto o l’affitto di un immobile), guadagnando una
percentuale dalle locazioni gestite.
****
Inizialmente, tutte queste informazioni possono sembrarti un po’
confusionarie, ma avremo modo di approfondirle nella lettura di
questo libro, fatto apposta per aiutarti ad affittare immobili o a
diventare un Property Manager in regola con il fisco.
Ma prima di cominciare mi presento: sono Riccardo Allievi e sono
un Commercialista. Con il mio Studio (www.studioallievi.com),
esperto nelle nuove professioni legate al digitale, ho lavorato con
il costante intento di far conoscere a più persone possibili gli
obblighi impositivi e dichiarativi da assolvere per lo svolgimento di
attività imprenditoriali o professionali erogate con l’utilizzo del
web.
Cercando online potrai trovare diversi articoli che abbiamo scritto
riguardo la professione del Property Manager, la locazione breve
e le imposte da dover assolvere per lo svolgimento di questo
nuovo business. Oppure, visitando il nostro canale YouTube potrai
visionare diversi contenuti video in cui approfondiamo proprio
questi temi.
Ebbene, in questo libro ho pensato di mettere ordine tra tutte le
informazioni presenti sul web, con l’obbiettivo di introdurti alle
basilari nozioni fiscali presenti nel nostro ordinamento giuridico,
nonché di farti conoscere i principali regimi, con i loro vantaggi e
svantaggi, ai quali una partita iva può accedere.

7
Spero che tutto questo lavoro ti possa essere utile per la tua
attività che hai intenzione di iniziare, o che hai già cominciato,
come Property Manager o come proprietario/sublocatore nel
mondo delle locazioni brevi.
Buona lettura!
Riccardo Allievi
www.studioallievi.com

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LE LOCAZIONI BREVI E LA NORMATIVA DI
RIFERIMENTO
La disciplina inerente alle locazioni brevi ha origine nel 2017. Il
suo primo riferimento normativo nasce dal Decreto Legge n. 50
che, con il suo articolo 4, ha introdotto per la prima volta uno
specifico regime fiscale da applicare ai redditi derivanti dalle
locazioni di immobili ad uso abitativo, di breve durata, gestiti da
persone fisiche.
Con l’articolo 4 del decreto, infatti, veniva introdotta la possibilità,
per il proprietario dell’immobile in qualità di persona fisica, di
optare per la cosiddetta Cedolare Secca, ossia di tassare con
imposta sostitutiva del 21% anche i redditi derivanti dalle
locazioni brevi.
Ovviamente, l’esercizio di tale facoltà porta con sé il doveroso
rispetto di nuove regole che riguardano, ad esempio, la
detraibilità o meno delle spese di gestione dell’immobile o gli
obblighi dichiarativi che possono essere differenti a seconda della
persona fisica operante nel business degli affitti brevi
(proprietario o sublocatore).
Tutte regole, queste, che impareremo a conoscere proseguendo
nella lettura di questo libro.
1. Una normativa in evoluzione
Con la legge di Bilancio 2021 i contribuenti persone fisiche hanno
avuto “l’ulteriore” conferma riguardo la possibilità di locare, per
un termine non superiore a 30 giorni, un appartamento di
proprietà senza che tale attività debba per forza configurarsi
come imprenditoriale.
La normativa presente nella legge di Bilancio si riferisce
all’articolo 1, comma 595, della legge 178/2020 secondo il quale:
9
“Il regime fiscale delle locazioni brevi […] con effetto dal periodo
d’imposta relativo all’anno 2021, è riconosciuto solo in caso di
destinazione alla locazione breve di non più di quattro
appartamenti per ciascun periodo d’imposta. Negli altri casi, ai fini
della tutela dei consumatori e della concorrenza, l’attività di
locazione di cui al presente comma, da chiunque esercitata, si
presume svolta in forma imprenditoriale ai sensi dell’articolo 2082
del Codice civile […]”.

Nonostante la lettura della norma sia chiara con riguardo al


limite oltre il quale la locazione breve debba rientrare
nell’ambito dell’attività imprenditoriale, va specificato che il
limite dei 4 immobili può variare, diminuire e non
aumentare, a seconda delle specifiche disposizioni regionali
o provinciali in cui gli immobili stessi sono ubicati.

L’attività di locazione breve svolta dal contribuente persona fisica,


al di fuori del regime d’impresa, permette di tassare i relativi
redditi con un’aliquota fissa, pari al 21% - restando, comunque,
nelle facoltà del proprietario dell’immobile la scelta di escludere
la cedolare secca per fare posto alla tassazione progressiva IRPEF.
Ma quali sono i requisiti che i contratti di locazione breve devono
presentare affinché il locatore possa conservare su di sé l’entità
giuridica di “persona fisica”?
I contratti di locazione breve devono essere:
 di locazione di immobili ad uso abitativo,
 stipulati tra persone fisiche e al di fuori dell’esercizio di
attività imprenditoriale,
 aventi durata inferiore a 30 giorni.

10
Dunque, la locazione breve deve riguardare unità immobiliari
appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11, con esclusione
della categoria A10 poiché inerente uffici o studi privati.
Oltre questo, è opportuno prestare attenzione al terzo elemento
in elenco:
“Aventi durata inferiore a 30 giorni”.
Mi capita spesso, in sede di consulenza, di confrontarmi con
proprietari convinti che i contratti “brevi” siano quelli con durata
inferiore agli ordinari 4 (rinnovabili), ma non obbligatoriamente
anche inferiori a 30 giorni.
Tale confusione è generata dall’esistenza dei contratti di
locazione cd. “ad uso transitorio” che ben si differenziano dai
contratti di locazione “breve”. Ed ora ne comprenderemo per
bene il motivo!
2. Le locazioni ad uso transitorio e le locazioni brevi
La materia relativa alle locazioni ed i suoi contratti è
regolamentata dalla legge italiana. Infatti, la disciplina inerente
alla particolare fattispecie giuridica della locazione turistica breve
la troviamo nell’articolo 1571 e seguenti del Codice Civile.
In precedenza, le locazioni brevi erano escluse dalla legge
392/1978 (conosciuta anche come “legge sull’equo canone”) e,
per questo, completamente libere in termini di canone e di
durata del pernottamento dell’ospite all’interno
dell’appartamento.
Il motivo di questa “liberalità” era dovuto al fatto che le locazioni
brevi rientravano nell’ambito delle locazioni transitorie.
L’abolizione della legge sull’equo canone ha permesso
l’introduzione di una nuova disciplina: grazie alla legge 431/1998
le locazioni brevi si sono viste finalmente separare e differenziare
dalle locazioni ad uso transitorio.
11
Dunque, il contratto di locazione breve, con una durata massima
di 30 giorni, resta nelle sue forme scritte e non certo verbali ma, a
differenza di tutte le altre forme contrattuali in materia di
locazione, quelli di locazione breve non sono soggetti a
registrazione in agenzia delle entrate, né al pagamento delle
imposte di bollo e di registro.
Non è, inoltre, prevista alcuna regola in merito alla
determinazione del canone (affidata alla piena autonomia delle
parti).
Attenzione! Affinché si possa parlare di locazione breve
esercitabile da persona fisica, il proprietario dell’immobile non
deve erogare servizi aggiuntivi quali, a titolo esemplificativo:
- cambio di biancheria durante il pernottamento,
- pulizia giornaliera,
- colazione,
- stiratura,
così da evitare equiparazioni o assimilazioni rispetto alla
differente attività esercitata sotto forma di bed & breakfast - che
porta con sé diversi oneri ed obblighi per l’esercente che di
seguito avremo modo di approfondire.
Il contratto di locazione ad uso transitorio trova molte differenze
rispetto al contratto di locazione breve. Difatti, con il primo, il
locatore decide di concedere al locatario il godimento del proprio
immobile ad uso abitativo, dietro corrispettivo di un prezzo, per
un determinato periodo di tempo più lungo rispetto ai 30 giorni
suddetti.
Il motivo della concessione dell’immobile ad uso transitorio per
oltre 30 giorni trova la sua ragione soprattutto nel rispondere ad
esigenze universitarie o lavorative, non anche turistiche, e questo
possiamo ben capirlo se consideriamo la durata che tali locazioni
possono avere.

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Infatti, com’è ben definito dalla legge 431/1998 in merito alle
condizioni e alle modalità di stipula dei contratti (soggetti a
registrazione in agenzia delle entrate), al loro contenuto ed alle
clausole di cessazione, risoluzione e rinnovo, è presente anche un
vincolo circa la loro durata minima e massima.

Un contratto di locazione di un immobile ad uso transitorio


deve avere una durata NON inferiore a 1 mese e NON
superiore a 18 mesi. Ogni clausola contraria è nulla.

Ben si comprende, dunque, la netta differenza esistente tra le


locazioni turistiche brevi e le locazioni aventi natura transitoria!
3. Le diverse strutture ricettive
La materia del turismo è stata fin da sempre oggetto di disciplina
del codice del turismo, nel tempo aggiornato e modificato.
Il codice definisce in maniera particolarmente precisa e puntuale
la fattispecie giuridica dell’“impresa turistica”, considerandola
come
un’attività economica, organizzata per la produzione, la
commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti, di
servizi […] volti alla realizzazione di un’offerta di beni e servizi utili
a soddisfare le esigenze del turista
Con specifico riguardo all’attività di locazione turistica breve, il
testo normativo per linee generali stabilisce che essa può essere
esercitata attraverso 3 differenti modalità:
 Case vacanza, gestibili sia in forma non imprenditoriale
che in regime d’impresa, utilizzando case o appartamenti
arredati e dati in locazione ai turisti, senza o con
l’erogazione di servizi accessori o di tipo alberghiero (a

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seconda dall’imprenditorialità o meno dell’esercizio
dell’attività);
 Affittacamere, ossia strutture ricettive composte da
camere ubicate in più appartamenti dello stesso stabile,
nelle quali poter fornire sia il solo alloggio che altri servizi
aggiuntivi (anche qui, a seconda della imprenditorialità o
meno dell’esercizio dell’attività da parte del proprietario);
 Bed & breakfast, ovvero strutture ricettive (solitamente
anche a conduzione familiare) che offrono servizi di
alloggio e prima colazione e che, a seconda dei casi,
possono o meno rientrare nell’ambito della “gestione
imprenditoriale”.

Attenzione, nel tempo il codice del turismo è stato oggetto


di diverse pronunce della Corte Costituzionale che ne hanno
segnato l’illegittimità costituzionale.

Con sentenza dell’aprile 2012, infatti, la Suprema Corte ha


dichiarato illegittimo il suo articolo 1, riconoscendo alle regioni
potestà legislativa in materia di turismo sia alberghiero che extra
alberghiero – dunque, anche in termini di locazioni brevi e a
prescindere dall’esercizio imprenditoriale o meno dell’attività.
Specifichiamo però un elemento di vitale importanza!
La disciplina regionale turistica regolamenta solo e soltanto la
mera condotta amministrativa che il proprietario di uno o più
immobili deve avere – ad esempio le modalità per il rilascio delle
autorizzazioni o i termini per le comunicazioni in questura dei
clienti. Invece le regioni non posseggono alcuna potestà
legislativa o regolamentare sulla la normativa fiscale ed i regimi
impositivi o dichiarativi da rispettare.

14
LA SUBLOCAZIONE
La locazione di un immobile ad uso abitativo, per un termine
anche non superiore a 30 giorni, è un’attività esercitabile sia
direttamente dal proprietario dell’immobile sia dal locatario che
acquisisce le vesti di sublocatore.
In questo capitolo cercheremo di capire chi è il sublocatore ed in
che modo si differenzia rispetto al reale proprietario di un
immobile ad uso abitativo.

Con il contratto di sublocazione il conduttore ha facoltà di


sublocare totalmente l’immobile ad uso abitativo che gli
viene concesso in locazione. Ovviamente, ciò può avvenire
solo previo consenso del proprietario.

Prima di approfondire la fattispecie della sublocazione in ogni sua


parte, anticipiamo che l’articolo 2 della Legge n. 392/1978
conferisce al conduttore la facoltà di sublocare l’immobile.
La sublocazione totale è possibile solo nei casi in cui l’espresso
consenso del proprietario sia previsto all’interno del contratto di
locazione.
Diversamente, nei casi in cui il conduttore voglia sublocare solo
parte dell’immobile e nel contratto non sia presente alcuna
clausola né permissiva né ostativa, questi può anche limitarsi a
darne comunicazione con lettera raccomandata al locatore,
specificando l’identità del sub-conduttore, la durata del contratto
ed i vani sublocati, ma senza dover apportare alcuna modifica al
contratto originario.

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1. Le caratteristiche della sublocazione
Con il contratto di sublocazione, comunemente chiamato
subaffitto, un inquilino di un immobile ad uso abitativo concede a
terzi soggetti l’uso di quel determinato appartamento (in tutto o
in parte). Questa facoltà, nonostante sia espressamente prevista
e normata dalla legge, ha bisogno del consenso espresso del
locatore, la cui mancanza rende assolutamente vietata la
sublocazione dell’immobile.
Di regola, i contratti di locazione possono prevedere o escludere,
con apposita clausola, la possibilità per l’inquilino di subaffittare
l’appartamento ad altre persone… e se l’inquilino decide
comunque di farlo nonostante un eventuale divieto esplicito, il
proprietario può agire legalmente nei suoi confronti per ottenere
la risoluzione del contratto e l’eventuale risarcimento del danno
per inadempienza contrattuale.
La sublocazione può essere di due tipi, totale o parziale.
Vediamone le differenze.
a) Totale
La sublocazione è totale quando riguarda l’intero immobile.
In tal caso il primo locatario (o inquilino principale) sarà tenuto a
lasciare l’appartamento subaffittato affinché il subinquilino ne
possa avere la piena disponibilità.
b) Parziale
La sublocazione è parziale se riguarda l’uso di solo alcuni locali di
un intero immobile (come, ad esempio, una o due stanze). In
questo caso, non occorre il consenso preventivo del locatore ma,
ricordiamo, previa lettera raccomandata, è obbligatorio
comunicargli i dati anagrafici del sub conduttore, i vani concessi e
la durata della sublocazione.

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A prescindere dal tipo di sublocazione, parziale o totale, questa
fattispecie giuridica si distingue nettamente rispetto ad altre
figure ad essa affini e con le quali, talvolta, viene confusa. Ad
esempio, la cessione del contratto di locazione, spesso confusa
con la sublocazione, in realtà si configura nei casi in cui la
posizione di inquilino viene completamente trasferita ad un altro
soggetto, in capo al quale prosegue il contratto, con la
conseguenza che il precedente inquilino esce completamente di
scena.
Ben capiamo la differenza rispetto alla sublocazione.
Il contratto di sublocazione dipende da quello di locazione
principale: difatti, se quest’ultimo si scioglie e cessano i suoi
effetti giuridici (per disdetta anticipata, scadenza o altre cause),
decade automaticamente anche il primo, nonostante i suoi
termini non siano scaduti.
Di conseguenza, se l’inquilino principale deve lasciare
l’appartamento, anche il sub conduttore dovrà farlo, liberando
l’immobile.
Anche il contratto di sublocazione, al pari del contratto di
locazione, se ha una durata superiore a 30 giorni deve essere
registrato presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione deve
avvenire entro 30 giorni dalla data della stipula, con versamento
dell’imposta di bollo e l’imposta di registro, con un’aliquota pari al
2% sul canone annuo stabilito, con un minimo di 67,00 €.
Invece ricordiamo che, nei casi in cui la sublocazione abbia una
durata inferiore a 30 giorni, (come nelle locazioni brevi), non è
richiesta la registrazione del contratto in Agenzia delle Entrate, né
il pagamento di alcuna imposta o bollo.

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2. La sublocazione e le imposte
Giunti a questo punto dovrebbe essere ben chiaro che il
sublocatore non è il reale proprietario dell’immobile. Di
conseguenza, anche i redditi derivanti dalla sublocazione non
possono rientrare tra i “redditi fondiari” (percepibili dal solo
proprietario).
I canoni riscossi per la sublocazione sono, infatti, “redditi diversi”,
seppur tassabili sia con cedolare secca al 21% sia con aliquota
progressiva, alla stessa stregua dei redditi fondiari.
Partendo, quindi, dalla differenza tra reddito fondiario e reddito
diverso, cerchiamo di capire le sostanziali differenze che esistono
in termini di detraibilità delle spese in caso di applicazione della
cedolare secca o dell’aliquota progressiva IRPEF.
a) IRPEF
I redditi che derivano dalla sublocazione di immobili ad uso
abitativo, come anticipato, possono essere soggetti ad IRPEF.
Questo significa che il reddito concorre alla formazione di tutto il
reddito imponibile IRPEF (assieme, ad esempio, ai redditi da
lavoro dipendente).
Ovviamente, la tassazione a scaglioni IRPEF trova applicazione sia
sui redditi fondiari che sui redditi diversi – dunque, sia sui redditi
direttamente prodotti dal proprietario dell’immobile locato, sia
sui redditi prodotti dal sublocatario.
Ciò che differenzia il reddito fondiario dal reddito diverso è la
“parte imponibile” e, di conseguenza, anche le spese detraibili.
Mi spiego meglio!
Il reddito fondiario diviene imponibile IRPEF per il 95% del suo
intero ammontare, con una conseguente deduzione forfettaria
del 5%. Ciò vuol dire che, salvo le detrazioni inerenti eventuali
ristrutturazioni dell’immobile, il proprietario non può portare in
18
detrazione o deduzione alcuna altra spesa inerente alla gestione
dell’immobile locato (come, ad esempio, le spese sostenute per i
servizi di pulizia o cambio biancheria).
I redditi diversi, invece, a differenza di quelli fondiari sono soggetti
ad IRPEF sempre per il loro intero ammontare, senza alcuna
deducibilità forfettaria del 5%. In tal caso, però, il sublocatore può
tassare la differenza tra corrispettivo attivo e affitto passivo,
nonché dedurre le spese sostenute per la pulizia dell’immobile
purché documentate con fattura ed inerenti alla locazione
turistica singolarmente erogata.
b) Cedolare secca
Oltre l’IRPEF, sui redditi derivanti dalla sublocazione è possibile
applicare un’imposta sostitutiva, cd. Cedolare secca, pari al 21%.
È opportuno precisare che (anche) la cedolare secca può
riguardare sia i redditi fondiari che i redditi diversi – dunque, sia i
redditi percepiti direttamente dal proprietario dell’immobile, sia i
redditi derivanti dai contratti di sublocazione.
Qui, però, ricordiamo che:
la cedolare secca trova applicazione solo nei casi in cui l’immobile
venga sublocato per un termine breve, ovvero gestito per
locazioni brevi con contratti aventi durata inferiore a 30 giorni.
Difatti, nei casi in cui i contratti di sublocazione non abbiamo la
specifica caratteristica della “brevità” (dunque, siano SUPERIORI a
30 giorni), l’unica aliquota applicabile sarà solo quella a scaglioni
IRPEF.
In ogni caso, la cedolare secca non permette di detrarre alcun
costo. L’unica spesa capace di ridurre il reddito è quella inerente
alle pulizie dei locali ma, anche in tal caso, la spesa deve essere
documentata con fattura attestante il pagamento.

19
3. Come dichiarare i canoni della sublocazione
I canoni percepiti da chi ha sublocato un immobile in maniera
totale o parziale devono essere riportati in dichiarazione dei
redditi, indicando l’importo complessivamente maturato
nell’annualità d’imposta di riferimento.
Ricordiamo che la categoria di competenze sarà quella dei
“redditi diversi”.
Ebbene, anche in termini dichiarativi la differenza tra redditi
fondiari e redditi diversi si fa importante in quanto, se dal un lato i
redditi fondiari sono da riportare nel quadro B del modello 730,
dall’altro i redditi diversi devono essere inseriti:
 nel rigo D4, indicando nella colonna 1 (tipo di reddito) il
codice “3” in caso di presentazione del modello 730;
 nel rigo 10 del quadro RL in caso di presentazione del
modello redditi persone fisiche (anche conosciuto come
modello unico).
Per dimostrare l’avvenuto incasso del reddito da sublocazione è
necessario il rilascio di una ricevuta non fiscale. Ai sensi
dell’articolo 1199 del Codice Civile, infatti, “il creditore che riceve
il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare
quietanza […]”.
****
Questo capitolo ci è servito per comprendere la tassazione alla
quale sono soggetti i redditi derivanti da locazioni brevi,
esercitate sia dal proprietario di un immobile che dal sublocatore.
Prima di concludere è importante sottolineare che entrambe
queste categorie di persone fisiche, nella gestione degli affitti
brevi, possono decidere di avvalersi di intermediari che operano
per loro conto (come agenzie immobiliari o piattaforme web
stabilite in Italia).

20
In tal caso, vi sono delle modifiche in termini di tassazione
rispetto a quanto detto sin ora?
Il proprietario o il sublocatore possono sempre decidere di
tassare i redditi in cedolare secca o a scaglioni IRPEF e, in
entrambi i casi, gli intermediari o i portali web (che hanno una
sede principale o una stabile organizzazione in Italia) sono tenuti
a trattenere un acconto pari al 21% rispetto all’ammontare dei
canoni percepiti dalle persone fisiche che erogano il servizio.
Tale acconto (o ritenuta) non è nient’altro se non un mero
acconto sull’Irpef liquidata in dichiarazione o un saldo in caso di
tassazione dei redditi in cedolare secca.

È bene specificare (e ricordare) che la cedolare secca trova


applicazione solo nei casi di destinazione alla locazione
breve di NON più di quattro appartamenti per ciascun
periodo d’imposta.

Al di fuori di questo limite, l’attività di locazione breve, da


chiunque esercitata, si presume svolta in forma imprenditoriale ai
sensi dell’articolo 2082 del Codice Civile, con conseguente obbligo
di apertura della partita iva.
Attenzione! Il limite dei 4 immobili suddetti può variare a seconda
delle specifiche disposizioni regionali o provinciali in cui gli
immobili stessi sono ubicati.
Oltre questo limite, l’obbligo di apertura della partita iva sorge
anche nei casi in cui il sublocatore (o proprietario) sia
intenzionato ad erogare servizi accessori ai clienti come, ad
esempio, prima colazione, cambio biancheria durante il
pernottamento e così via.

21
Ma, in termini di tassazione, cosa deve sapere il proprietario
dell’immobile in caso di apertura della partita iva da parte del
sublocatore?
Nei capitoli successivi approfondiremo i regimi fiscali nonché gli
obblighi dichiarativi ed impositivi in caso di partita iva. Prima di
concludere, però, è bene che tu venga messo a conoscenza della
“sorte fiscale” che avrà il proprietario dell’immobile qualora il
locatario – futuro sublocatore – decida di operare in regime
d’impresa.
Ebbene:

Il reddito fondiario riscosso dal proprietario dell’immobile


sublocato è UNICAMENTE tassato IRPEF nei casi in cui il
sublocatario operi con partita iva (non sussiste alcuna
differenza tra ditta individuale, società di persone o
società di capitali).
Al contrario, la sublocazione gestita da persona fisica (e
non in regime d’impresa) permette al proprietario di
tassare i propri redditi sia in cedolare secca che con
aliquota progressiva.

22
IL PROPERTY MANAGER
Il Property Management è l’attività propria di “gestione
immobiliare”, svolta professionalmente da una persona fisica o da
una società organizzata e specializzata nel settore.
Il Property Manager, figura non dotata di alcuna abilitazione
professionale come intermediario immobiliare, si occupa di tutte
le incombenze riguardanti una o più proprietà immobiliari messe
a reddito, facendo le veci del proprietario.
Tra le due parti, proprietario dell’immobile e Property Manager,
vige un rapporto di mandato con rappresentanza, utile a definire
le responsabilità dell’una verso l’altra parte.
Il mandato con rappresentanza, fattispecie giuridica
regolamentata dall’art. 1704 del Codice Civile, vede in capo al
Property Manager l’esercizio di una prestazione avente ad
oggetto la gestione delle locazioni brevi (o di media durata) di uno
o più immobili di proprietà del mandante. Ovviamente, all’attività
di gestione si affianca anche quella contabile, fiscale e/o
amministrativa inerente alle locazioni stesse.
Dunque, in termini pratici, il professionista Property Manager può
raggruppare presso di sé più incarichi, differenti a seconda del
momento di gestione dell’immobile.
Difatti, nella fase preparatoria dell’immobile, può essere richiesto
al Property Manager di:
 fare consulenza su arredamento e allestimento
dell’immobile da locare;
 redigere schede informative con servizi fotografici da
rendere visibili online;
 effettuare promozioni, pubblicazioni e aggiornamenti
delle piattaforme web che si occupano delle locazioni
degli immobili (come AirBnb o Booking.com).
23
Per quanto riguarda, invece, il rapporto con l’ospite, il Property
Manager può essere chiamato a:
 occuparsi del check-in e del check-out;
 prendere accordi circa l’ingresso e l’uscita
nell’appartamento e per il versamento della tassa di
soggiorno;
 occuparsi del controllo dello stato degli immobili al
termine del pernottamento e stipulare accordi con
aziende che possano occuparsi del lavaggio della
biancheria e della pulizia dello stabile;
 sottoscrivere i contratti di locazione per conto del
proprietario.
Oltre a tutti gli incarichi su elencati, come anticipato il Property
Manager è chiamato a gestire le piattaforme online (come AirBnb
o Booking.com) per l’inserimento delle inserzioni, per
l’aggiornamento delle tariffe e per il controllo delle prenotazioni.
Ma non solo. Difatti può essere incaricato anche
dell’assolvimento di tutti gli oneri amministrativi che fanno capo
al proprietario dell’immobile gestito.
A titolo esemplificativo, si pensi alla presentazione della SCIA in
comune o alla registrazione dei clienti sul portale online della
Questura, Alloggiweb (questo tema verrà di seguito
approfondito).
Come è ben intuibile, allo svolgimento della prestazione d’opera
da parte del Property Manager corrisponde una retribuzione in
denaro riconosciutogli dal mandante; retribuzione che, come
sempre, deve trovare allocazione in termini sia impositivi che
dichiarativi.
Dunque, la domanda da porsi è la seguente: il Property Manager
necessita di una Partita Iva?

24
1. Prestazione occasionale e prestazione professionale
La necessità di avere una Partita Iva per lo svolgimento di
un’attività professionale o di un’attività d’impresa è un tema
ancora molto discusso.
Una delle convinzioni più diffuse, e che spesso mi viene detta in
sede di consulenza, riguarda il limite dei 5.000 € di fatturato
annuo sulle vendite di beni o servizi.
“Finché non si supera la soglia dei 5.000€ non c’è il bisogno di
aprire una Partita IVA, né di pagare le tasse”.
Ebbene, devi sapere che questa affermazione non è
propriamente corretta, e credo sia giunto il momento di fare
chiarezza!
L’attività di vendita di beni o di servizi può essere inquadrata
come attività occasionale solo nei casi in cui ci troviamo dinnanzi
ad una cessione una tantum.
Volendo fare un esempio, se saltuariamente decido di erogare
una prestazione professionale per conto di un soggetto
committente, titolare o meno di partita iva, sto agendo sotto
forma di “prestazione d’opera occasionale”, e in tal caso posso
operare anche senza dover aprire una partita iva.
Ma attenzione! Affinché una collaborazione sia definibile come
occasionale, NON deve sussistere alcuna abitualità nello
svolgimento del lavoro.
Dunque, se da una parte – ed il linea meramente generale - è
possibile affermare che una qualsiasi attività professionale può
essere svolta senza partita iva nei casi in cui questa sia
occasionale, ossia esercitata in maniera saltuaria, sporadica e
senza vincolo di subordinazione, nonché in assenza di
organizzazione lavorativa, dall’altra parte è bene specificare che
quando il guadagno del professionista diventa l’unica o la

25
principale fonte di reddito, l’attività può solo che essere abituale,
professionale e non più occasionale.
Di conseguenza, a prescindere dal raggiungimento o meno della
soglia di fatturato di 5.000€ annui, dovrà essere aperta una partita
iva.

2. L’apertura della Partita Iva


Se si decide di avviare un’attività imprenditoriale o professionale,
al di fuori dei casi in cui la prestazione si possa definire
occasionale, è necessario avere una partita iva attiva fin da subito,
con il rispettivo codice ateco.

Il Codice Ateco è un codice attribuito alle partite iva per


identificare il tipo di attività da svolgere. Si tratta di una
combinazione di sei numeri, ciascuno dei quali fa
riferimento a categorie e sottocategorie dei vari settori
economici.

Va da sé che la scelta dell’ateco varia a seconda della tipologia di


inquadramento che avrà il neo imprenditore o il neo
professionista. Difatti, per lo svolgimento dell’attività
professionale di property management, il codice ateco da
utilizzare è il 68.32.00, “Amministrazione di condomini e gestione
di beni immobili per conto terzi”, sia che il Property Manager
presti il proprio servizio in maniera organizzata che non
organizzata.
Facciamo chiarezza!
a) Property Manager non organizzato (o non strutturato)
Il Property Manager non strutturato è quel professionista che
svolge la propria attività senza avvalersi di dipendenti o
collaboratori, e con bassi volumi d’affari.

26
In tal caso, l’apertura della partita iva consiste nella sola
presentazione di una comunicazione telematica in Agenzia delle
Entrate, con conseguente iscrizione alla Gestione Separata INPS
per l’assolvimento degli oneri previdenziali e contributivi da
versare in proporzione al reddito percepito.
b) Property Manager organizzato (o strutturato)
Il Property Manager strutturato, al contrario di quello non
strutturato, svolge la propria attività “servendosi” di dipendenti o
collaboratori che lavorano per lui… e a differenza del caso
precedente, il volume d’affari è molto più elevato.
Per tali motivi, il Property Manager strutturato è tenuto a
qualificarsi come imprenditore e non come semplice
professionista, con la conseguenza che:
 la pratica di apertura della partita iva sarà più lunga ed
onerosa
 dovrà procedersi con l’iscrizione in Camera di Commercio
e in Gestione artigiani e commercianti per l’assolvimento
degli oneri contributivi INPS.

Nell’ambito della Gestione Commercianti INPS è da


precisare che, a differenza delle Gestione Separata, al
soggetto iscritto è richiesto il versamento dei contributi
minimi obbligatori, anche in assenza di fatturato.

****
Ebbene, al di fuori delle casistiche di “prestazione d’opera
occasionale”, è ben chiara l’esigenza per il Property Manager di
avere una partita iva al fine di prestare i propri servizi essendo in
regola con il fisco.
Si apre, però, qui, un altro scenario, ossia quello inerente alla
scelta del Regime fiscale da utilizzare per avviare l’attività.
27
Certo, prima di dare realmente avvio ad un business, può esserci
un momento di transizione, una fase preliminare nella quale
impegnarsi a trovare il giusto committente nonché valutare come
impostare una efficace strategia di vendita.
Potrebbe esserci la necessità di seguire dei corsi di formazione
specifici per imparare ad operare da Property Manager.
Insomma, una fase durante la quale, tecnicamente, non vige
alcun obbligo di apertura di partita iva, proprio perché ancora
manca il fatturato o, magari, non vi è stata l’apertura di alcun
account sui portali telematici da utilizzare per le locazioni
immobiliari.
Molto spesso però, quando ci si rapporta con i committenti, futuri
mandanti, questi chiedono una partita iva e, molto spesso, lo
fanno per avere maggior sicurezza circa una futura
collaborazione.

Quindi, se da un punto di vista fiscale potresti non doverla


ancora aprire, da un punto di vista commerciale potrebbe
esserti già utile.

C’è poi da considerare un altro aspetto: sempre nella fase


preliminare, come anticipato, potrebbe nascere l’esigenza di
sostenere delle spese, ad esempio per l’acquisto di corsi di
formazione.
Devi sapere, infatti, che, a seconda del regime fiscale che
adotterai, potresti avere convenienza ad aprire subito la partita
iva per dedurre costi inerenti al tuo business… spese che non
potrai mai portare in deduzione se sostenute come persona fisica.

28
3. L’importanza delle tempistiche di apertura della Partita
Iva
Nel prossimo capitolo approfondiremo tutti i regimi fiscali ad oggi
presenti e regolamentati dall’ordinamento giuridico italiano, loro
vantaggi e svantaggi.
È bene, però, che tu sappia fin da subito quanto sia importante
valutare, caso per caso, quali siano le corrette tempistiche di
apertura di una partita iva.
Qualora tu decidessi per un inquadramento da Property Manager
organizzato, ricordiamo che i contributi previdenziali INPS sono
da versare in misura fissa, a cadenza trimestrale. Diversamente, la
qualifica di Property Manager non organizzato prevede il
versamento dei contributi INPS solo e soltanto in proporzione al
fatturato.
In altri termini, il Property Manager organizzato, a differenza del
Property Manager non organizzato, durante l’anno è tenuto a
pagare i contributi pensionistici anche se non fattura!
Un vincolo, questo, che potrebbe costare tanto ai neo
imprenditori.
Esiste una soluzione?
Devi sapere che quanto viene aperta una partita iva,
l’imprenditore può decidere di renderla attiva fin da subito,
oppure lasciarla per un po' di tempo inattiva.
Ovviamente, la partita iva attiva permette di iniziare subito a
fatturare ma, allo stesso tempo, nasce fin da subito anche
l’obbligo del pagamento dei contributi INPS.
Con una partita iva inattiva, invece, non è possibile fatturate né
dare avvio alla vendita di un servizio di consulenza immobiliare,
ma è possibile iniziare a sostenere delle spese, nonché intavolare
le prime relazioni professionali con i committenti interessati.
29
Ma, allora, se non posso fatturare, perché non rendere subito
attiva la partita iva?
Semplice, perché con la Partita Iva inattiva non dovrai versare i
contributi previdenziali!

30
I REGIMI FISCALI: DAL FORFETTARIO
ALL’ORDINARIO

Per avviare un’attività professionale o imprenditoriale (sia nel


caso di Property Manager che di proprietari o sublocatori
operanti in regime d’impresa) è necessaria la partita iva, con
conseguente “scelta” del regime fiscale più conveniente.
In Italia è possibile adottare diversi regimi fiscali:
 Regime forfettario
 Regime semplificato
 Regime ordinario
La scelta del regime fiscale più adatto va fatta in funzione
dell’attività da svolgere e dei principali costi da dover sostenere.
Inoltre, ciascun regime ha un insieme di regole ben precise da
dover rispettare, comprese quelle inerenti agli adempimenti
fiscali - che possono presentarsi come più o meno complesse.
Vediamo, di seguito i diversi regimi fiscali, gli aspetti più
significativi e la tassazione prevista per ognuno di essi.

1. Il Regime Forfettario
Il Regime Forfettario rappresenta il regime fiscale più agevolato e
che più si presta nei casi di avvio di una nuova attività
professionale o imprenditoriale.
Per poter beneficiare di questo Regime sono necessari alcuni
requisiti, quali:
 non aver percepito nell’anno precedente un reddito di
lavoro dipendente superiore a 30.000€ lordi;
 non avere partecipazioni in società di persone, associazioni
e imprese familiari;
31
 non avere il controllo diretto o indiretto di una società di
capitali che svolge un’attività professionale o
imprenditoriale riconducibile a quella della propria partita
iva;
 non operare con la partita iva, in via prevalente, verso
l’attuale o il precedente datore di lavoro;
 essere residenti in Italia.
Inoltre, per poter rimanere all’interno del Regime Forfettario,
bisogna considerare che vi è un limite massimo di fatturato annuo
pari a 85.000 euro. Nel momento in cui si dovesse superare
questo limite, ma si rimane sotto i 100.000 euro, allora si può
rimanere ancora durante quell’anno nel Regime Forfettario.
Diversamente, se si dovesse superare i 100.000 euro di fatturato,
allora la fuoriuscita sarebbe immediata.
Il termine “forfettario” fa riferimento ai costi potenzialmente
sostenuti nello svolgimento di un’attività d’impresa i quali, in
questo regime, vengono calcolati a forfait partendo dal codice
ateco associato alla partita iva.
In termini pratici, ogni codice ateco ha il proprio coefficiente di
redditività che, moltiplicato per il fatturato realizzato nell’anno,
determina il reddito imponibile su cui calcolare le imposte da
pagare.
Il regime forfettario prevede anche un’importante agevolazione
in termini di tassazione: è possibile, infatti, accedere all’aliquota
del 5% per i primi 5 anni di attività, per poi applicare l’aliquota
standard del 15%.
Non è, inoltre, previsto il calcolo e l’applicazione dell’IVA sulle
vendite. Dunque, l’imprenditore può emettere fattura senza il
bisogno di calcolare l’IVA al 22%; al contrario, si deve pagare l’IVA
sugli acquisti.

32
Per l’attività specifica di property management (codice ateco
68.32.00), il coefficiente di redditività è pari all’ 86%, dunque si
presume che su di un fatturato ipotetico di 1.000€, i costi siano
pari al 14%, ovvero 140€.
La restante parte del fatturato, ossia 860 €, sarà la “base
imponibile”, al netto dei contributi versati, sulla quale calcolare
l’imposta sostitutiva standard del 15% (o eccezionale del 5% in
presenza del “requisito della novità”).
La medesima sorte spetta al proprietario o al sublocatore che
decide di aprire partita iva in regime forfettario. Il tal caso il
codice ateco (55.20.51) ha un coefficiente di redditività pari al
40%.
Dunque, portando ad esempio un fatturato ipotetico di 1.000€, i
costi presunti dal fisco sono pari al 60%, ovvero 600€.
La restante parte del fatturato, ossia 400 €, sarà la “base
imponibile” sulla quale calcolare, sempre al netto dei contributi
versati, l’imposta sostitutiva standard del 15% o eccezionale del
5%.
Ulteriore vantaggio del regime forfettario è legato alla scarsità
degli adempimenti fiscali da assolvere. Infatti, a differenza di una
contabilità semplificata o ordinaria, non sono previsti
adempimenti fiscali scadenzati durante il corso dell’anno
d’imposta. Di conseguenza, anche l’onorario del Commercialista
sarà inferiore.
Davvero un grande vantaggio sotto tanti aspetti!
Attenzione però: il regime forfettario ha un altro volto della
medaglia che riguarda i suoi principali limiti, di seguito spiegati!
a) IVA
Abbiamo anticipato che, se da un lato non è richiesto
all’imprenditore di apporre (e versare) l’IVA del 22% in fattura,
33
dall’altro lato lo stesso dovrà pagare l’IVA sugli acquisti, a
prescindere dalla residenza fiscale del fornitore, senza mai
poterla recuperare. Dunque, nel regime forfettario l’IVA sarà un
costo che l’imprenditore non potrà mai portare in detrazione.
b) IRPEF e detraibilità delle spese
Un ulteriore limite riguarda esclusivamente gli imprenditori o i
professionisti che non hanno alcuna altra occupazione di tipo
subordinata.
Questi ultimi, infatti, non percependo alcun altro reddito che sia
“passivo IRPEF” perdono il beneficio della detraibilità su tutte le
spese considerate normalmente detraibili (come le spese
mediche, gli interessi del mutuo, le spese di istruzione, le spese
veterinarie, le ristrutturazioni, ecc.).
Si può quindi dedurre che il Regime Forfettario risulta
sicuramente molto agevole per tutti quei neo imprenditori o neo
professionisti che intendono avviare un business per la prima
volta; è bene, però, prendere in considerazione anche tutta una
serie di importanti limitazioni che lo caratterizzano – e che
talvolta possono far protendere per un suo abbandono.

2. Il Regime Semplificato
Il Regime Semplificato rappresenta il regime fiscale “standard” per
coloro che sono intenzionati a svolgere un’attività di vendita di
beni o servizi. Tale regime trova applicazione nei casi di:
 società di persone,
 persone fisiche che svolgono attività d’impresa, come
ditte individuali.
Ovviamente, l’accesso a tale regime richiede il rispetto di due
fondamentali requisiti, ossia:
 ricavi non superiori a 500.000€ per chi presta servizi

34
 ricavi non superiori a 800.000€ per chi non presta servizi
Nel caso del property management o della gestione d’immobili in
forma imprenditoriale, il limite da non superare è pari a 500.000€.
Attenzione: l’apertura della partita iva in regime semplificato non
è obbligatoria! Difatti, è una possibilità nei casi in cui non si
abbiano i requisiti o non vi siano benefici nell’accedere al regime
forfettario.
Tale regime prevede degli adempimenti aggiuntivi rispetto al
regime forfettario (come l’obbligo di tenuta dei registri IVA e il
registro degli incassi e pagamenti), talvolta considerati come
svantaggiosi; ma la più importante differenza riguarda
l’apposizione dell’IVA in fattura nonché l’obbligo di emissione
della fattura elettronica.

L’IVA è una delle principali imposte in questo regime ed è


prevista una dichiarazione trimestrale ad hoc mediante la
quale questa viene versata – cd. “Liquidazione periodica” o
“LIPE”.

La LIPE prevede il calcolo totale dell’IVA pagata sugli acquisti e


dell’IVA applicata sulle operazioni di vendita, con conseguente
versamento al Fisco della differenza tra queste due voci.
Ovviamente, qualora tale calcolo dovesse dar vita ad un credito,
questo potrà essere compensato nei successivi trimestri.
In termini di tassazione, l’aliquota prevista nel regime fiscale
semplificato rappresenta un ulteriore elemento di svantaggio in
quanto, generando un reddito passivo IRPEF, i ricavi conseguiti
vengono tassati per scaglioni di reddito, e l’aliquota più bassa
parte dal 23% per i redditi fino a 15.000€.
Di seguito, ecco le percentuali di tassazione, collegate alle varie
fasce di reddito:

35
Per quanto concerne, invece, gli adempimenti dichiarativi, il
regime semplificato ne prevede un numero maggiore rispetto al
regime forfettario. Difatti, è richiesta la presentazione della
Dichiarazione IVA, dell’Esterometro e dei Modelli ISA, nonché il
versamento della ritenuta d’acconto in caso di ricezione delle
fatture da parte di professionisti che erogano prestazioni d’opera.
Il principale vantaggio rappresentato dal regime fiscale
semplificato consiste nella possibilità di scaricare tutti i costi, sia
personali che inerenti all’attività svolta con la partita iva. Difatti, a
differenza del regime forfettario, non esiste una percentuale di
costi imputati a forfait: se l’imprenditore sostiene costi elevati
può interamente dedurli!
La contabilità semplificata si basa, infatti, sull’equazione
Costi meno Ricavi uguale Reddito Imponibile (soggetto ad IRPEF),
con conseguente tassazione del solo margine reale.
Da queste differenze possiamo ben capire che non esiste una
linea standardizzata per cui un imprenditore o un professionista
con partita iva debba adottare il regime forfettario piuttosto che il
Regime Semplificato.

36
Ogni partita iva ha le proprie caratteristiche: ecco perché è
ragionevole affidarsi ad un professionista che possa
consigliare il regime più adeguato alla singola posizione.

****
Inizialmente, l’apertura di una partita iva richiede una prima
scelta tra regime forfettario e semplificato. Nel corso del tempo,
qualora l’imprenditore dovesse accorgersi di non poter più
permanere nel regime fiscale scelto inizialmente, l’anno
successivo può decidere di cambiarlo.
Con la precisazione che, se sei nel Regime Forfettario e superi i
100.000 euro di fatturato, non potrai aspettare l’anno successivo
per passare al regime semplificato, ma dovrai farlo da subito.
Se, invece, il regime fiscale adottato fosse quello semplificato,
l’imprenditore può accedere al forfettario con l’anno nuovo,
sempre che, ovviamente, siano rispettati i requisiti previsti dalla
legge.
Attenzione! Questi passaggi non necessitano di alcuna
comunicazione agli Enti in quanto il cambio di regime fiscale è
efficace per fatti concludenti. Dunque, nel caso di passaggio da
forfettario a semplificato, è sufficiente adottare la fatturazione
elettronica, oppure cessarne l’utilizzo per il passaggio inverso (da
semplificato a forfettario).
Nel merito, è da menzionare la Risoluzione n. 64/2018 con la
quale l’Agenzia delle Entrate ha specificato che gli esercenti
attività d’impresa che hanno optato per la contabilità semplificata
possono accedere al regime forfettario a partire dal periodo
d’imposta successivo, senza dover attendere il decorso del
vincolo triennale di cui al DPR 442/1997.
In linea specifica, secondo la Risoluzione ci dice che:
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"i contribuenti possono sempre transitare dal regime semplificato
al forfettario se in possesso dei requisiti per la sua applicazione,
senza alcun vincolo triennale anche se in precedenza è stata
espressa opzione per il regime semplificato, e ciò in quanto il
regime semplificato ed il regime forfettario costituiscono entrambi
“regimi naturali” dei contribuenti minori".

3. Il Regime Ordinario
Il Regime Ordinario è il regime tipico delle grandi attività, infatti si
applica alle:
 società di capitali
 imprese individuali che superino il limite di 500.000€ per
prestazioni di servizi o di 800.000€ per le altre attività.
È un regime che implica maggiori adempimenti, sia contabili che
fiscali, tanto da essere necessaria una struttura gestionale ben
organizzata.
Come per il regime semplificato, vige l’obbligo di fatturazione
elettronica e di applicazione dell’IVA sulle vendite. Inoltre, è
previsto l’obbligo di tenuta di una serie di documenti aggiuntivi,
come il libro giornale, il libro degli inventari, il registro dei beni
ammortizzabili, i registri IVA e così via.
La principale differenza rispetto al regime semplificato riguarda la
contabilità mensile a discapito di quella trimestrale.
Oltre questa, le contabilità ordinarie prevedono sia una gestione
patrimoniale sia una gestione economica e finanziaria - voci che
troviamo nel cd. Bilancio di esercizio, comprendente:
- Stato Patrimoniale e
- Conto Economico.
La “gestione patrimoniale” obbliga alla verifica ed al monitoraggio
costante di tutti gli incassi e i pagamenti transitati sul conto
38
corrente della società, affinché vi sia coerenza tra questi e le
fatture emesse e ricevute.
Dunque, vista la complessità del regime ordinario, qual è la sua
reale convenienza?
Sicuramente la cd. Limitazione della Responsabilità: a differenza
delle altre realtà, infatti, le società di capitali consentono di
distinguere il patrimonio del socio imprenditore dal patrimonio
della società. In questo modo, le eventuali perdite possono
intaccare solo e soltanto il patrimonio della società e mai quello
del socio.
Inoltre, nel caso in cui si conseguano grossi fatturati, anche la
tassazione risulta essere più agevolata: nel regime ordinario,
indipendentemente dal volume d’affari, l’aliquota è sempre pari
al 24%.

39
LE TASSE PER OGNI REGIME
La scelta del regime fiscale è uno degli aspetti più importanti in
sede di avvio di una nuova attività professionale o imprenditoriale
e, come anticipato, la convenienza di uno o dell’altro regime ad
oggi presente nel nostro ordinamento giuridico dipende da molte
variabili (fatturato annuo, spese sostenute, settore in cui si opera
e così via).

È impossibile prevedere a priori quale sarà l’andamento di


un business, soprattutto se si sta iniziando tutto da zero e
si è alle prime armi! Ecco perché il consiglio è quello di
iniziare, laddove ne sussistano i requisiti, con una ditta
individuale in regime forfettario ed, eventualmente,
adeguare il regime fiscale negli anni successivi a seconda
dell’evoluzione della propria attività.

Oltre alle imposte, un altro aspetto a cui prestare particolare


attenzione riguarda i contributi previdenziali da versare all’INPS:
per chi svolge un’attività imprenditoriale (come accade per il
Property Manager strutturato o per il proprietario/sublocatore
con partita iva), i contributi previdenziali vanno versati in misura
fissa, a cadenza trimestrale e a prescindere dal fatturato.
Diversamente, nel caso di libero professionista (ossia, di Property
Manager non strutturato), i contributi previdenziali sono calcolati
in proporzione al fatturato annuo.
Diversamente, il pagamento delle imposte (sostitutiva o a
scaglioni IRPEF) avviene sempre e solo in sede di dichiarazione dei
redditi, entro il 30 giugno di ogni anno.
Dunque, qual è il carico fiscale previsto per ogni regime?

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Nel seguente capitolo approfondiremo il trattamento sia fiscale
sia contributivo dei vari regimi fiscali, così da capire quali siano le
imposte da pagare e come queste debbano essere calcolate.

1. Il Regime Forfettario
Il Regime Forfettario, come anticipato, è un regime agevolato in
quanto prevede un’imposizione piuttosto bassa.
Difatti, l’imposta da applicare al reddito imponibile è pari al 15%,
con possibilità di ridurla al 5% per i primi 5 anni di attività nei casi
in cui:
 il contribuente non abbia esercitato, nel corso dei tre anni
precedenti l’apertura della nuova partita iva, attività
artistica, professionale o d’impresa, neppure in forma
familiare o associata;
 la nuova attività non sia una mera prosecuzione di quella
svolta in precedente, a prescindere che quest’ultima sia
stata esercitata sotto forma di lavoro autonomo o di
lavoro dipendente.
Qualora non vengano rispettati questi due primari requisiti,
l’imprenditore subisce la tassazione standard del 15%.
Per quanto riguarda i contributi INPS, è di fondamentale
importanza fare una distinzione rispetto alla tipologia di attività
svolta.
a) Property Manager strutturato e Proprietario/sublocatore con
partita iva
Il Property Manager strutturato nonché il proprietario o il
sublocatario di un immobile con partita iva devono iscriversi alla
Gestione INPS artigiani e commercianti, salvo che non siano anche
lavoratori dipendenti (con almeno 30 ore settimanali).

41
L’iscrizione a tale gestione previdenziale comporta il pagamento
dei contributi fissi di importo pari a 627€ - non anche 980€ in
quanto il regime forfettario dà la possibilità all’imprenditore di
richiedere una riduzione del 35%.
I contributi devono essere versati su base trimestrale attraverso il
modello F24, nelle cifre suddette, a copertura di un reddito
minimo (cd. Reddito minimale INPS) che viene definito
annualmente con la Legge di Bilancio. Qualora il reddito
imponibile annuo sia superiore a questa soglia minima,
l’imprenditore è tenuto al versamento di ulteriori contributi
pensionistici in sede di dichiarazione dei redditi - anche in tal
caso, la Legge di Bilancio annuale definisce l’aliquota contributiva
da applicare al fatturato eccedente il minimale.
Nello specifico caso del proprietario di un immobile o di un
sublocatore, sappiamo che questi possono decidere di affittare un
intero appartamento o solo delle singole camere di esso.
Per quanto questa differenza (meramente operativa) possa
sembrare banale, in termini di contributi INPS sembra essere,
invece, molto importante.
Come specificato dalla circolare INPS n. 17 del febbraio 2021,
esiste una netta differenza tra la gestione di una “Casa vacanze” e
l’attività di “Affittacamere”.
Nel primo caso, infatti, i contributi pensionistici vengono versati
così come su riportato (in misura fissa e a cadenza trimestrale).
Nel secondo caso, invece, l’affittacamere, nonostante debba
iscriversi alla Gestione commercianti INPS, non è tenuto
all'osservanza del minimale annuo.
In altri termini, coloro che, in regime d’impresa, operino come
“affittacamere” sono chiamati a versare i contributi previdenziali
in proporzione ai ricavi.

42
b) Property Manager non strutturato
Discorso a parte va fatto nel caso in cui il Property Manager operi
come “libero professionista”.
Qui, come abbiamo anticipato, non è richiesta l’iscrizione né in
Camera di Commercio né in Gestione artigiani e commercianti
Inps. In termini puramente contributivi, la sua iscrizione riguarda
la Gestione Separata INPS che richiede il versamento di una quota
pari al 26,23% del reddito derivante da partita iva.
Attenzione! Se, contestualmente, il Property Manager è anche
lavoratore subordinato, percepisce un reddito pensionistico o
esercita una seconda attività per la quale è richiesto il versamento
contributivo fisso, con iscrizione in Gestione artigiani e
commercianti Inps, la percentuale non sarà più del 26,23% ma del
24%.
****
Il Regime Forfettario non esime l’imprenditore o il professionista
dal pagamento degli acconti sulle imposte.

“L’acconto delle imposte” nasce dalla presunzione, da


parte del legislatore, del conseguimento dello stesso
fatturato nell’anno successivo così come conseguito
nell’anno corrente.
Di conseguenza, si chiede al contribuente con partita iva di
pagare con un anno di anticipo le imposte relative all’anno
successivo.

L’acconto, versato con una prima rata entro il 30 giugno e con una
seconda rata entro il 30 novembre, viene poi dichiarato nel
Modello Unico dell’anno successivo e comporta una riduzione del
carico d’imposta, poiché già anticipata e versata l’anno
precedente.
43
2. Il Regime Semplificato
Il Regime Semplificato rappresenta il regime standard per
l’imprenditore, i cui redditi sono soggetti alle aliquote IRPEF.
Per comprendere tale regime, si consideri un Property Manager
che ha deciso di aprire partita iva per svolgere la propria attività
in maniera imprenditoriale (ossia, strutturata) e che abbia
percepito per il 2023 un reddito al netto dell’iva di 160.000€, da
dover indicare in dichiarazione dei redditi a giugno 2024.
Nel regime semplificato l’imponibile dipende dai costi sostenuti
per lo svolgimento dell’attività d’impresa (non è infatti previsto un
coefficiente di redditività come per il regime forfettario in quanto
si procede con la deducibilità analitica dei costi). In tal senso, si
ipotizzi di aver sostenuto spese complessivamente pari a
125.000€.
Il reddito imponibile si ottiene sottraendo al fatturato complessivo
gli oneri deducibili.
Negli oneri deducibili, oltre ai costi sostenuti per l’attività, sono da
aggiungere anche i contributi previdenziali e assistenziali versati
durante l’anno di imposta 2023. Difatti, come abbiamo visto, il
Property Manager strutturato sarà iscritto alla Gestione
commercianti, salvo che non sia anche lavoratore dipendente
(con almeno 30 ore settimanali), e verserà i contributi fissi
annuali, pari a 3.800€ circa. Tali contributi andranno a copertura
di reddito minimale INPS pari a circa 16.000€.
Il superamento di tale soglia, ricordiamo, obbligherà il ricalcolo
dei contributi, con conseguente versamento del 24,48% sul
reddito eccedente il minimale. Questa percentuale potrebbe
variare di anno in anno sulla base di quanto comunicato dall’INPS.
Ma scendiamo nel pratico!

44
Ipotizzando di far riferimento alle rate INPS 2023, pagate alle
scadenze previste dalla legge (16/05/2022, 20/08/2022,
16/11/2022, 16/02/2023): l’onere deducibile sarà pari a 962,64€
* 3 = 2.887,92 €
N.B.: la quarta rata non è riportata come onere deducibile perché
non è stata pagata nell’anno 2022 ma nell’anno successivo e, di
conseguenza, sarà riportata nella dichiarazione dell’anno
successivo.
Ebbene, quanto sarà il reddito imponibile da assoggettare a
tassazione IRPEF?
L’equazione da seguire è la seguente:
Fatturato meno Costi meno Contributi inps uguale Reddito
imponibile
160.000 € - 125.000 € - 2888 € = 32.112 €

Dal punto di vista fiscale, ricordiamo che chi adotta il Regime


Semplificato è passivo IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone
Fisiche), ossia è soggetto ad un’imposta progressiva a scaglioni,
dove il reddito prodotto dall’imprenditore viene tassato per fasce
di reddito.
Con la Legge di Bilancio 2022 sono stati rivisti gli scaglioni di
reddito e le relative aliquote:
 fino a 15.000€ si applica l’aliquota del 23%
 da 15.001€ fino a 28.000€ si applica l’aliquota del 25%
 da 28.001€ fino a 50.000€ si applica l’aliquota del 35%
 oltre i 50.000€ si applica l’aliquota del 43%
Una volta effettuato il calcolo e definite le tasse da pagare in base
allo scaglione di appartenenza, si determina l’acconto per il
periodo d’imposta successivo.

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Infatti, proprio come accade nel caso di regime forfettario, anche
nel Regime Semplificato l’imprenditore sarà tenuto al pagamento
degli acconti sulle imposte in sede di dichiarazione dei redditi.
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Si considerino, infine, le addizionali regionali e comunali.
Insieme al pagamento dell’IRPEF, in dichiarazione dei redditi è
previsto anche il versamento delle addizionali comunali e
regionali.
a) L’addizionale regionale all’IRPEF è stabilita dalla Regione in cui il
contribuente ha la residenza, e viene pagata sul reddito
imponibile (determinato ai fini IRPEF).
L'addizionale regionale viene versata in unica soluzione, alla
regione in cui il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1°
gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa, con le
modalità ed entro i termini previsti per il versamento delle
ritenute e del saldo IRPEF.
Attenzione: questa particolare imposta deve essere versata se per
lo stesso anno risulta dovuta l’IRPEF. Sono, infatti, esclusi dal
campo di applicazione dell’addizionale regionale le persone
fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni che
applicano il regime forfettario.
b) Oltre le Regioni, ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998,
anche i Comuni hanno la facoltà di istituire un’addizionale
comunale all’IRPEF, fissandone l’aliquota in misura non eccedente
lo 0,8%.
Tale addizionale è dovuta al comune nel quale il contribuente ha il
domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce il
pagamento dell’addizionale stessa. L’imposta è calcolata
applicando l’aliquota stabilita dall’ente al reddito complessivo

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determinato ai fini IRPEF, ed è dovuta solo se, per lo stesso anno,
risulta dovuta anche l’IRPEF.
Anche il versamento dell’addizionale è effettuato in acconto e a
saldo, unitamente al saldo dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche.

3. Il Regime Ordinario
Il Regime Ordinario è il regime tipico ed obbligatorio delle società
di capitali, ossia delle Società per azioni, Società in accomandita
per azioni e Società a responsabilità limitata.
Esso diventa obbligatorio anche per gli imprenditori o i
professionisti in regime semplificato in caso di superamento delle
soglie di:
 500.000€ per la vendita di servizi;
 800.000 per la vendita di altre attività.
L’imprenditore o il professionista in ditta individuale resta
comunque soggetto passivo IRPEF (secondo la normativa prima
illustrata), mentre le società di capitali sono soggetti passivi
autonomi, il cui reddito prodotto è tassato ai fini IRES, ossia con
una flat tax pari al 24%.
Il primo passo per la determinazione dell’IRES consiste nella
individuazione del Reddito Imponibile calcolato seguendo
l’equazione Ricavi meno Costi.
Per le società di capitali, oltre l’IRES è dovuta anche l’IRAP, ossia
l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive la cui aliquota è
stabilita nella misura massima del 3,90% - ricordiamo, infatti, che
le regioni hanno discrezionalità nella variazione dell’aliquota,
potendola diminuire fino allo 0,92%, o anche differenziarla per
settori di attività o categorie di contribuenti.
In linea generale, sono soggetti passivi IRAP:

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 le società ed enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) e b)
del TUIR;
 le società in nome collettivo, in accomandita semplice, e le
società ad esse equiparate, le persone fisiche esercenti
attività commerciali;
 le persone fisiche, le società semplici e le società ad esse
equiparate esercenti arti e professioni;
 gli enti privati di cui all’art. 73, comma 1, lett. c) del TUIR,
nonché le società ed enti di ogni tipo, compresi trust non
residenti;
 le amministrazioni pubbliche.

Va precisato che dal 1° gennaio 2022, al fine di ridurre la


pressione fiscale, è entrato in vigore l’esonero IRAP per le
imprese individuali titolari di partita iva esercenti attività di
impresa o professionale. Nessuna esclusione è stata
introdotta, invece, per le società, tranne che per le imprese
familiari.

L’imposta si applica sul valore della produzione netta derivante


dall’attività esercitata nel territorio della Regione o della
Provincia.
Dunque, proviamo a fare anche qui un semplice esempio.
Si consideri la “Alfa Beta Srl” che consegue nell’anno 2023 un
fatturato di 100.000 € e sostiene costi di gestione pari a 60.000 €.
Il reddito ante imposte sarà pari alla differenza tra i ricavi di
vendita e i costi di produzione: 100.000 € – 60.000 € = 40.000 €.
Su questo Reddito andranno calcolate l’IRES e l’IRAP
(considerando l’aliquota maggiore):
 Saldo IRES = 40.000€*24% = 9.600€
 Saldo IRAP = 40.000*3,90% = 1.560€

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Ovviamente, anche per l’IRES e l’IRAP saranno dovuti gli acconti
per il periodo d’imposta successivo.

L’utile della società può essere utilizzato in vari modi:


 è possibile reinvestirlo in società accantonandolo a riserva,
favorendo la capitalizzazione e la crescita della società
stessa
oppure
 è possibile distribuirlo tra i soci sotto forma di dividendo, in
funzione della loro partecipazione all’interno della società,
garantendo agli stessi un ritorno economico dei propri
investimenti (in tal caso, vi sarà una ulteriore tassazione
pari al 26%, trattenuta alla fonte direttamente dalla
società prima della distribuzione tra i soci).

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CONCLUSIONE
Alla luce di quanto trattato, è evidente che svolgere un’attività di
locazione breve, sia come Property Manager che come
proprietario/sublocatore di un immobile, non è così facile come
sembra, soprattutto quando si parla di fisco e contabilità.
Di seguito voglio darti un consiglio per avviare al meglio il tuo
business, affinché questo sia impostato correttamente, senza
tralasciare alcun aspetto.
È fondamentale, infatti, che non dimentichi o sottovaluti
l’importanza che, in questo settore, può avere la gestione di una
buona campagna di marketing e di comunicazione poiché, se
sviluppate in modo efficace, permettono di raggiungere un bacino
di clienti davvero ampio.
Un errore che spesso viene commesso dagli imprenditori o dai
professionisti che si affacciano per la prima volta al mondo del
property management o degli affitti brevi in generale è quello di
sottovalutare l’importanza del risvolto contabile e fiscale, che
rende questa attività un lavoro a tutti gli effetti, con i suoi costi e i
suoi guadagni. In questo caso il consiglio che posso darti è quello
di affidarti ad un Professionista specializzato nel settore, che ti
possa assistere sia nella fase iniziale di scelta del regime fiscale
più adeguato sia nelle fasi successive di tenuta della contabilità e
di predisposizione degli adempimenti.
Ti saluto ricordandoti che, se lo vorrai, potrò esserti ancora utile.
Ti aspetto, infatti, sia sul sito internet dello Studio Allievi
(www.studioallievi.com) sia sui nostri canali social. Puoi trovarci su
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produciamo contenuti dedicati a tutti i nuovi business digitali in
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Un grande in bocca al lupo a te, qualunque sia l’attività d’impresa
o professionale che desideri avviare.
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Ci vediamo presto online!

Riccardo Allievi

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