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MARIA CHIARA MARTINELLI

GLI STRUMENTI
DEL POETA
Elementi di Metrica greca

CAPPELLI EDITORE
MARIA CHIARA MARTINELLI

GLI STRUMENTI
DEL POETA
Elementi di Metrica greca

CAPPELLI EDITORE
Copyright © 1995 GEM s.r.l./Nuova Casa Editrice Cappelli
Via Farini 14, 40124 Bologna

Redazione di Giorgio Sandrolini


Copertina e progetto grafico di Sofia Accinelli

In copertina: Musa che suona il barbiton, frammento di cratere proveniente da Vulci, V sec. a.C.
[Roma, Museo Etrusco Gregoriano].
Sullo sfondo, scoli di Demetrio Triclinio agli Uccelli di Aristofane in un codice del XV sec. [Oxford,
Bodleian Library].

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o


parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i
Paesi.

Prima edizione: settembre 1995

Ristampa riveduta e corretta: gennaio 1997

Ristampe: 6

Finito di stampare
nel 2012 2011 2010 2009 2008

Fotocomposizione M.G., Città di Castello (Perugia)


Stampato presso la Tipografia Babina, San Lazzaro di Savena (Bologna)
PRESENTAZIONE

ft1olteplici soniJ le conoscenze necessarie a c.lri ''oglia accostarsi $i!ria1tu~n-


1e alla poesia di qualsiasi l!poca: per no11 ricordarne che alcu1te, quella
dello lingua in cui e.'isa è còn1postt1, tlel co111ts10 storico I! sociale ili cui .si
inser~·ce, dei destinatari a cui si r;valge. Tra queste no:ioni non c:er10
ul1i1na 111! ta1t10 meno acc~ssoria è quella della s1ru11ura 111e1rica in cui le
tontposlziortl poetiche si ltrlicolano, Mtht se di fatto 11011 pochi tendono
ad asseg11are al J·uo Studia 1111 ruolo marginale.
Questo manuale l'ttole nl/oJ•a 011zi1ut1<> o.Urire gli s1run1enri per n1e11ere ;,,
grado chi lo utilizzi di co1npreudere le caratteristiche fofldmnentoli della
111etrica gr11ca, e di saper rlecifrnre di 110/ta ln volta da questo p1cnto di
vis1a i 1.es1i poetici.
Un l!lent(Jnto fondan1entale di cui deve 1e11ere conto chi si accos1i per la
prlnra i·ol1a alltJ :;1udio cli que.tta disclpflna, è il}Gtro che la metrica. ta1110
pili quella greca, legata In parte ad una real1à per noi difficlln1e11le
ricostruibile quale la mr1sico antica. 11011è11110 scienza esatta. Non senrpre
gll stn1me111i b no.r1ra tlisposlzitJne e; permettono tli brrivare a conclusio1ti
sicure su t1tJri ordini di pr<>bll!n1i, 11110/i rul tSJ!n1pio /'inll!tpreta1itJ11e rii
de1ern1i11ati feno1neni 1netrici o, 11 "" lil•ello pili pratico, fa div4io11e
colo1nelrica dl un testo lirico. Non t/eve stupire tlunqut il fatto che piri <li
1c11a 1•olra no,, f!llU!rga la pfJ.fsibllirU di lrarré conc/i,sioni sicure I! sio srata
dunq11e in q11esti {'asi preferita un'esposizione in forn1a proble111atlea.
i: stato conu,,rque 1·1Jer\•ato il corpo n1inore o la colloct1ziot1e in noia alle
quesr/011/ più co111roverse o pitì sq11isi1anre11te 1ecniche. Vorre1111no infa11f
t.:he 11011 rlsul1asse ostico uno st,.unten10 Fa cui maggiof a1t1bit io11e è quella
di J>ertare un contributo affinchi: lo 111etrka sia rei11~·eri1a appieno negli
Jtrtdl ,·/aJsfci fin tlaf loro i11izf ,,ella scuola stcontlarit1. Ci pre111e i1tfa1ti
L'l1e t•euga rilevata la sua/unzione lutt'llltro che Secontlarla nella/ruiti()1tt
dei testi: quella di consentirci di rictJstn1ire per il 1•erstJ greco una 1nusica
n1e11tale e/te rappresenta una copia 11011 troppo difforrne dalla recftazWne
I! tlal canto degli anrithi Greci.

Maria Chiuro MartiDclli


Ringmrinmenli

Desitlero rlngra!iare alc1,ni a111ic:; che ht1nno 11vu10 In pa=lenza dJ leggere


quesr" lav"ro " di tllscutetrue e-on 1ne alcune parsi, tJ can1i11ciore dal cura-
101·e tlefl'intero Corso, Franw Fe1·rt1r;, a cui tfe,·o (111che /'inrpulso /11i'riale
(tf cun1pinte1t10 tlell'opera, I! poi luigi 8a11e2za10. Pier Alllrco Bertiuetto,
Glo••a11 Ba111:ç1t1 D'Alt.ssf.o. ft1arco Ft111tuni, f"ranco J_\ifolto111ini, Gio1•an-
na A1orotra, Enrico 1Werfda4
Ringro:io Mt1rfrJ Cantilena. JWnrco Fanlu::i, Roberto Prett1gt1Stini pur
averntl /H!1·1n,s.so di utillzzare ; /01·0 COfltributi clte appariranno in 1111
\olun1e sull'tsllntl!lrl> tli iJ,1111ilu1111e pubblitnzione.
1

Mi piace, ùifi11e, ricordare gli anni tlellt1111it1/o,.ma:Jo1u! pre.•·so lo Scuola


Nor1nale Su1>èriore tli Piso, quantlo. so110 la guida sapiente del 111i()
111ae:rtr(J Ylnce.nzò Di Be11etlet1b. o.s.1ù11i/ovo gli efe1nen1i di que.sro di.sci·
plino.
INDICE

Introduzione 1
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONl 3
SIMBOLl METRICI 13

Capltolo 1 Nozioni fondamentali 15


1.1. Metrica quantitativa 15
1.2. Definizione di quantita sillabica e criteri per la sua
determinazione 16
1.3. Lo schema metrico 18
lA. Le unita compositive della metríca greca 20
1.5. Costruzione ka/á metron 24
1.6. Costruzione non katá metron 25
1.7. Cesura e díeresi. Ponte. Il concetto di parola metrica 25

Capitolo 2 Lineamenti di storia della versificazione greca 27


2.1. L'esametro: epica omeríca e poesia dídascalica esiodea 27
2.2. Il giambo e ¡'elegía 28
2.3. 1 cola eolici: la lírica monodica 29
204. La lírica corale arcaica e tardo-arcaica.
La lirica di Anacreonte 30
2.5. JI dramma attico 31
2.5.1. La tragedia 32
2.5.2. La Commedia Antica 33
2.5.3. La Commedia di Mezzo e la Nuova 35
2.6. La produzione ellenistica
e la produzione dell'eta imperiale 36

Capitolo 3 .Prosodia 38
3.1. Definizione 38
VI IN DICE

3.2. Fenomeni relativi al contatto tra due vocali 38


3.2.1. L'elísione 38 Capitoto 7 n ti
3.2.2. La prodelisione 42 catl
3.2.3. Abbreviamento in iato 43 7.1.
3.2.4. Sinizesi. Crasi. Sinalefe 47
3.2.5. Fenomeni di perdita dell'autonomia sjllabica di iota
e hypsilon 49
3.2.6. Lo jato 50 7.2.
3.3. Fenomeni riguardanti consonanti o nessi consonantici 52
3.3.1. Corrept/o aft/ca 52 Capltolo 8 nt
3.3.2. Nessi biconsonantici eccezionalmente trattati come den
monoconsonantici 55
3.3.3. Allungamentí vari di slllabe finali di parola 57 8.1.

CapHolo 4 L'esametro 59
4.1. Definizione e caratteristiche generali 59
4.2. L'esametro omerico 63
4.3. L'esametro ellenistico
8.2.
67
8.3.
4.3.1. L'esametro dí Callímaco 68
4.4. L 'esametro di eta imperiale 72
4.4.1. L'esametro dei Dionysiaca di Nonno 72 Caprtola9 n tE
o re
9.1.
CapHolo 5 II trimetro giambico 77 9.2.

5.1. Definizione e caratteristiche generali 77


5.2. Il trimetro dei gíambografi arcaíci 81
5.3. Il trimetro della tragedia 86
5.4. Il trímetro del dramma satiresco 104
5.5. Il trimetro della commedia 106
5.6. Il trimetro dell'eta ellenistica 112
5.7. II trímetro dell'eta imperiale 113 CapHolo 10 Dat
10.1
CapHolo 6 n tetrametro trocaico catalettico. Le successioni trocaiche 10.2
della commedia 115 10.3
lOA
6.1. Definizione e caratteristiche generali 115
10.5
6.2. Il tetrametro trocaico catalettico dei giambografi arcaici 117
6.3. Il tetrametro trocaico catalettico della tragedia 119
CapHolo 11 Ana
6.4. II tetrametro trocaico catalettico della commedia 126
6.5. II tetrametro trocaico catalettico ín epoca ellenistica 11.1
e imperiale 130 11.2
6.6. Le successioni trocaiche della commedia 131 11.3
INDlCE VII

Capltolo 7 Il tri metro giambico scazonte o coliambo. 11 tetrametro trocaico


catalettico scazonte 133
7.1. Il tri metro giambico scazonte o coliambo 133
7.1,1, 11 coliambo dell 'eta arcaica 134
7,1,2, 11 coliambo dell'eta ellenistica 137
7,1,3, 11 coliambo dell'eta imperiale 139
7.2. Il tetrametro trocaico catalettico scazonte 140

Capitolo 8 11 tetrametro giambico catalettico. Le successioni giambiche


delta commedia. 11 tetrametro giambico acataletto 142
8.1. n tetrametro giambico catalettico 142
8,1,1, 11 tetrametro giambico catalettico di Aristofane e della
Commedia Antica 143
8.1.2, 11 tetra metro giambico catalettico della Commedia di
Mezzo 148
8.1,3, 11 tetrametro giambico cataleltico di Menandro e della
Commedia Nuova 149
8.2. Le successioni giambiche della commedia 151
8.3. 11 tetrametro giambico acataletto 152

CapHolo 9 Il tetrametro anapestico catalettico. 1 sistemi anapestici recitati


o recitativi della tragedia e della commedia 154
9.1. 11 tetrametro anapestico catalettico 154
9.2. 1 sistemi anapestici recitati o recitativi della tragedia
e della commedia 159

METRI L/Riel

Capitolo 10 Dattili 169


10.1. Attestazioni 169
10.2. 1 dattili nella lírica arcaica e tardo-arcaica 170
10.3. 1 «dattili eolici» 174
10.4. 1 dattili nel dramma attico 176
10.5. 1 dattili in eta ellenistica e in eta imperiale 181

Capitolo 11 Anapesti 183


11.1. Attestazioni 183
11.2. OH anapestici lirici del dramma attico 184
11.3. Olí anapesti in epoca ellenistica e imperia1e 189
VIII INDlCE

Capitolo 12 Giambi 191 Capitolo 18 Cola


12.1. Attestazioni 191 18.1.
12.2. Sequenze giambiche nella lírica arcaica 192 18.2.
12.3. 1 giambi in Simonide, Pindaro, Bacchilide 194
12.4. 1 giambi nella lirica del dramma 195
12.5. 1 giambi in eta ellenistica 200
12.6. 1 giambi in eta imperiale 201

Capitolo 13 Trochei 202


Capitolo 19 Ddo
13.1. Attestazioni 202
13.2. 1 trochei nella lirica arcaica 203 19.1.
13.3. 1 trochei nella lirica del dramma 205 19.2.
13.4. 1 trochei in eta ellenistica e imperiale 208 19.3.

Capilolo 14 Cretici, bacchei, molossi 210 19.4.


19.5.
14.1. Il cretico 210
14.2. Il baccheo 213
14.3. Il molosso 214

Capltolo 15 Coriambi 216


15.1. Descrizione e attestazioni 216
15.2. 1 coriambi in eta ellenistica 219
Capilolo 20 Strut
Capilolo 16 Ionici 220 20.1.
16.1. Descrizione e attestazioni 220 20.2.
16.2. Sequenze di ionid a minore nella lirica arcaica 221 20.3.
16.3. Gli ionici nel dramma attico 226
Capilolo 21 Strut
16.4. Gli ionici in eta ellenistica e imperiale 229
16.5. Gli ionici a maiore 230 21.1.
21.2.
Capilolo 17 Eolici o eolo-coriambi 233 21.3.
21.4.
17.1. Definizione e descrizione 233
21.5.
17.2. Gli eolici in Saffo e in Alceo 238
17.2.1. La strofe saffica 240
17.2.2. La strofe alcaíca 241 21.6.
17.3. Gli eolici in Anacreonte, negli scoli attici e in Corinna 241
17.4. Gli eolici in Simonide, Pindaro, Bacchilide 244 BIBU(
17.5. Gli eolici nella lírica del dramma attico 246
GLOE;
17.6. Dicola eolo-coriambici usati stichicamente nella cornmedia 251
17.7. Sequenze eoliche in eta ellenistica e imperiale 253
INDlCE IX

Capitolo 18 Cola enopliaci 255


18.1. Definizione e forme ricorrenti 255
18.2. 1 cosiddetti dattilo-epitríti 257
18.2.1. L'eta arcaica 258
18.2.2. Simonide, Pindaro, Bacchilide 261
18.2.3. 11 dramma attico 263
18.2.4. Riprese di sequenze "dattilo-epitrítiche»
in eta "tardo-classica» ed ellenistica 264

Capitolo 19 11 docmio 265


19.1. Definizione e forme ricorrenti 265
19.2. Forme docmiache nella lirica tardo-arcaica 266
19.3. 1 docmi nella tragedia 267
19.3.1. Le altre forme docmiache 274
19.4. Forme docmiache nella commedia 275
19.5. 1 docmí in epoca ellenistica 276

STRUTTURE EPODICHE

Capitolo 20 Strutture epodiche 1 279


20.1. Definizione 279
20.2. Strofe epodiche in eta ellenistica 284
20.3. Strofe epodiche in eta imperiale 286

Capitolo 21 Strutture epodiche 11: distico elegiaco 287


21.1. Definízione 287
21.2. II dístico elegiaco nell'epoca arcaica 290
21.3. Il dístico elegíaco nella letteratura ellenistica 291
21.4. Il dístico elegiaco nella letteratura di eta imperiale 292
21.5. Usi píu rari del dístico elegiaco e del «pentametro»
dattilíco 292
21.6. Appendice. 11 dístico elegiaco nell'Andromaca di Euripide 293

BIBL/OGRAFIA 295
GLOSSARIO 323
Introduzione

11 testo si propone una trattazione sistematica delle nozioni di prosodia


e di metrica, nonché una descrizione puntuale deBe principali forme
metriche.
In particolare, nel primo capitolo yerra chiarito il concetto di metrica
quantitativa, quale e appunto quella degli antichi Greci, e verranno
forniti i criteri generali relativi aBa divisione in sillabe e alla determina­
zione della quantita di queste ultime, lasciando al capitolo terzo la
trattazione di fenomeni particolari (relativi al contatto tra vocali o al
comportamento di particolari consonanti o gruppi consonantici).
Nel capitolo primo si illustreranno anche vari altri concetti di base, fra
cui le unita compositive fondamentali della metrica greca, e i principali
tipi di metri; íl breve schizzo cronologico che costituisce l'oggetto del
secondo capitolo mostrera le une (colon, verso, strofe, con particolare
riferimento alle forme piu importanti di costruzione strofica) e gli altri
all'interno delle varíe fasi e dei diversi generi della produzione poetica
greca, segnalando, dove e possibile, il modo di esecuzione (canto, in
opposizione a recitazione o esecuzione in recitativo) delle composizio­
ni: un aspetto, anche questo della performance, fondamentale per
l'interpretazione dei fatti metrici, oltre che per la maggiore intelligenza
del fenomeno poetico greco. E a proposito del dramma attico del
V secolo, «contenitore» di strutture metriche di forma ed esecuzione
diversa, si e ritenuto utile fornire una descrizione dell'articolazione di
tragedia e commedia in rapporto a talí strutture.
Nella descrizione metrica vera e propría (a partire dal quarto capitolo),
si einiziato con la trattazione delle principali sequenze stichiche destinate
fondamentalmente aBa recitazione o al recitativo; si tratta di: esametro (il
verso príncipale dell'epica e della poesía didascalica: capitolo quarto),
trimetro giambico (il verso dominante del dramma attico: capitolo
quinto), e ínoltre di: trimetro giambíco e tetrametro trocaico catalettíco
scazonti (capítolo settimo), tetrametro trocaico catalettíco (capitolo
sesto), tetrametro gíambico (catalettico e acataIetto: capítolo ottavo),
tetrametro anapestíco catalettico (capitolo nono). Nei capitoli dedicati
a questi ultími tre versi, impíegati nel dramma attico (il primo in tragedia
e cornmedia, gli altri due solo in commedia), si troveranno aleune
considerazioni sui rapporti tra I'uso di tali sequenze e la situazione
scenica, e inoltre si trattera dei brani che talvolta nella Commedia Antica
succedono a questi versi, presentandosi come successioni di diversa
2 JNTRODUZIONE

lunghezza, articolate per lo piu in dimetri dello stesso genere ritmico


rispetto ai versi suddetti (nel capitolo nono saranno trattati anche
i sistemi anapestici recitatí o recitativi del dramma che non fanno seguito
ai tetrametri anapesticí catalettici, quali sono sempre quelli della tragedia
e alcune volte quelli della commedia).
Nella trattazione deí versi si e ín genere adottato il criterio di seguirne
l'eventuale evoluzione nella misura in cui ció fosse possibile: e stata
perció posta dopo la presentazione delle caratteristiche generali e co­
stanti del singolo verso la descrizione delle peculiarita d'uso dí epoche
o autori diversi.
Il criterio della trattazione cronologica, posta dopo una presentazione
di tipo generale, e stato osservato anche nei capitoli successivi.
Nei capitoli dal decimo fino al diciannovesimo vengono prese in esame
Riviste
le sequenze liríche (tioe destínate al canto) a partire da quelle costruite
kata metron (formate da dattili, anapesti, giambi, trochei, cretici,
bacchei con la variante del molosso -, ionici, coriambi), per prosegui­ AFLC: «Annali d(
re con la trattazione di eoliei, cola enoplíací (con lo spazio maggiore Cagliari»
ríservato ai cosiddettí dattílo-epitriti), e infine di quella peculiare AFLL: «Annali de
sequenza che e il docmio. In ciascuno di questi capitoli, nelle sezioni AJPh: «American:
dedicate all'eta ellenistica e imperiale sono presentate, oltre alle sequen­ A&R: «Atene e Re
ze di composizioni ancora eseguite con il canto, anche quelle sequenze ASNP: «Annali de
originariamente liriche, che in queste epoche venivano piu volte riprese BICS: «Bulletin of
nella poesía destinata alla lettura o alla recitazione. BollClass: «Bolletti
L'ultíma parte e dedicata alla descrizione complessiva di partícolari BPEC: «Bollettino
strutture compositive (le strofe epodiche), neHe quali trovano posto, Classici greci e lati]
accanto ad alcune deBe sequenze descritte nella prima parte (soprattut­ BQR: « Bodleian Q
to l'esametro e íl trímetro giambíco), alcune tra queHe esaminate nel CFC: «Cuadernos
contesto dei metri liriei: ad esempío il dímetro giambieo o forme del CPh: «Classical Ph
tetrametro dattílieo; sara presentato anche il problema dei cosiddetti CQ: «Classical Qu:
asinarteti. Alla trattazione della piu famosa e usata tra le strutture CR: «Classical Re,
epodiche - il dístico elegiaco - e dedicato l'ultimo capitolo. CronErc: «Cronacl
Concludono il manuale un glossario e una bibliografia. Nel primo ven­ CW: «The Classica
gono spiegati i termini usati nel testo e anche brevemente enunciate le EClás: « Estudios (
principali «leggi» metriche trattate: esso puó servire quindi anche come GIF: «Giornale Ita
repertorio di nozíoní per una immedíata consultazione; allo stesso tem­ GRBS: «Greek, R(
po, grazie ai rimandí alle sezioni del manuale ín cui le singole vocí sono ICS: «IlIinois Clas~
trattate, lo si puó adoperare come índíce ragíonato. La bibliografia non IF: «IndogermaniSl
ha alcuna ambizione dí completezza, ma vuole segnalare, oltre agli stru­ JAW: «Jahresberic
mentí di lavoro fondamentali (quali ad esempio trattati di prosodia e me­ JCS: «Journal of e
trica, rassegne biblíografiche, scansioni e analisi metriche dei brani lirici JPhV: «Jahresberic
dei vari autori), soprattutto una serie dí contríbuti sugli argomenti che MCr: «Museum CJ
abbiamo piu specificamente trattato: cosi essa e organizzata, nei limiti MD: «Materiali e 1
del possibile, per temi, con qualche parola di spiegazione inserita sal­ MH: «Museum He
tuariamente per rendere meglio conto del contenuto del testo richiamato. MSS: «Münchener
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

Riviste

AFLC: «Annali della Facolta dí Lettere, Filosofía e Magistero della Universita di


Cagliari»
AFLL: «Annalí della Facolta dí Lettere di Lecce»
AJPh: «American Journal of Philology»
A&R: «Atene e Roma»
ASNP: «Annalí della Scuola Normale Superíore di Pisa. Cl. di Lettere e Filosofía»
BICS: «Bulletin of the Institute of Classical Studies of the Uníversity of London»
BollClass: «Bollettino dei Classici»
BPEC: «Bollettino del Comitato per la Preparazione dell'Edizione nazionale dei
Classici greci e latini»
BQR: «Bodleian Quarterly Record»
CFC: «Cuadernos de Filología Clásica»
CPh: «Classical Philology»
CQ: «Classical Quarterly»
CR: «Classical Review»
CronErc: «Cronache Ercolanesi»
CW: «The Classical World»
EClás: «Estudios Clásicos»
GIF: «Giornale Italiano di Filologia»
GRBS: «Greek, Roman and Byzantine Studies»
lCS: <dllinois Classical Studies»
IF: «lndogermanische Forschungen»
JAW: «Jahresbericht über die Fortschritte der klassischen Altertumswissenschaft»
JCS: «Journal of Classical Studies»
JPhV: «Jahresbericht des Philologischen Vereíns zu Berlín»
MCr: «Museum Critícum»
MD: «Materiali e Discussioni per l'analisi dei testi classici»
MH: «Museum Helveticum»
MSS: «Münchener Studien zur Sprachwissenschaft»
4 ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

NGG: «Nachrichten von der Gesellschaft der Wissenschaft zu Gottingen, Phil.Hist. Boeckh: A Boeckh,
Klasse» di A Boeckh,
PCPhS: «Proceedings of the Cambridge Philological Society» Bond: Euripides, H.
QUCC: «Quaderni Urbinati di Cultura Classica» Bond, Heracles: Eu
RCCM: «Rivista di Cultura Classica e Medioevale» Braswell: A Comme¡
RFIC: «Rivista di Filologia e di Istruzione Classica» Berlino-New 1
RhM: «Rheinisches Museum» Bulloch: AW. BuU
SAWW: «Sitzungsberichte der Osterreichischen Akademie der Wissenschaft in Wien, «Law» and Se
Philos.-Hist. Klasse» Burzacchini: Lirici ~
SBAW: «Sitzungsberichte der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Philos.­ Nuova Italia,
Hist. Klasse» CA: Collectanea A[I
SCO: «Studi Classici e Orientali» Cal(ame).: Alcman,
SDAW: «Sitzungsberiehte der Deutsehen Akademie der Wissenschaften zu Berlin, Cantilena: M. Canl
Klasse für Philosophie, Geschichte, Staats-, Rechts- und Wirtschaftswissenschaften» greco, a cura
SicGymn: «Siculorum Gymnasium» Internazi onale
SIFC: «Studi ltaliani di Filologia Classica» Ceadel: E.B. Ceadel
StudUrb: «Studi Urbinati di Storia, Filosofía e Letteratura» the Plays, CQ
TAPhA: «Transactions and Proceedings of the American Philological Association» CEG: Carmina Epi)
WJA: «Würzburger Jahrbücher für die Altertumswissensehaft» 1983-1989
WS: « Wiener Studien» CGFP: Comicorum
YCIS: « Yale Classical Studies» Berlino-New '
ZAnt: «Ziva Antika» Chantraíne, GH: P.
ZPE: «Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik» Coccia: M. Coccía,
ZVS: «Zeitsehrift für Vergleichende Sprachforschung» nea Philologic,
sita di Genov:
Cockle: Euripides, 1
Conomis: N.e. COI
Consbr.: Hephaesti
Edizioni critiche, commenti, saggi bruch, Lipsía,
Cropp-Fick: M. e
Allen, A & R: W.S. Allen, Accent and Rhythm, Cambridge, 1973 Fragmentary :
AlIen, VG: W.S. Allen, Vox Graeca, Cambridge, 19873 Cunningham: Hero
von Arnim: Supplementum Euripideum, a cura di H. von Arnim, Bonn, 1913 Dale, CP: AM. D¡
A(ustin).: Nova Fragmenta Euripidea in papyris reperta, a cura di e. Austin, Berlino, Dale, Helen: Euripi
1968 Dale, LMGD: AM
Barrett, Hippolytos: Euripides, Hippolytos, a cura di W.S. Barrett, Oxford, 1964 Dale, M ATC: AM
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U VOl
VOl
X ele
uu ele
- bi,
uu ele
uu ele
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00 CO
A m~

I fin
11 fin
111 fin
n po
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H
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anacr aD
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ba b2
cat ca
cho ce
cho enopl A el1
cho enopl B er
cr cr
o d(
dI
d2 U
D
·SIMBOLI METRICI

u vocale breve o sillaba breve o elemento breve


vocale lunga o síllaba lunga o elemento lungo
x elemento libero
uu elemento biceps
biceps contratto
elemento lungo solubile
elemento lungo soluto
elemento indifferente
00 coppia di elementi di cuí almeno uno e lungo
/\ mancanza di un elemento (acefalia o catalessi)
1 fine di parola; fine di parola regolare o ricorrente (cesura e dieresi)
11 fine di verso
111 fine di strofe
(\ ponte
cambio di interlocutore
. .
/ In responSlOne con
H
¡ato
ad adonio (- uu x)
an metron anapestico u u -)
anacr anacreontico o anaclomeno (u u - u - u --)
ar aristofanio (- u u - u - x)
ba baccheo (u -)
cat ca talettico
cho coriambo u u -)
cho enopl A enoplio coriambico A ( x - uu - u - x)
cho enopl B enoplio coriambico B ( x x - uu - x)
cr cretico ( u
() docmío (0 uuu
- - -uu)
dI uu
d2 uu
D uu uu
14 S!MBOLl METRICJ

~ -uu-uu-uu
da dattilo (- uu)
da vu chiusa dattilica ... - uu - uu
da ¡\ chiusa dattilica ... - uu - '-d
da ¡\ ¡\ chiusa dattilica ... - uu
dim cho A dimetro coriambico A (v. pp. 234; 239; 247)
dim cho B dimetro coriambico B (v. pp. 234; 238; 244; 246 s.)
dodr. A dodrans A (- uu - u -)
dodr. B dodrans B (x x uu -)
e u­
E -u---u­
enopl enoplio (x - uu - uu - x)
gl gliconeo (x x - u u - u
hó ipodocmio (- u u-)
hem hemiepes (- uu uu-)
hem femm hemiepes femminile (- uu uu x)
hi ipponatteo (x x - uu u x)
la metron giambico ( x u
ibyc ibiceo (- uu uu u
ion metron ionico (u u
ith itifallico (- u - u -) Lapr
kó docmio kaibeliano (x x x-) del ca
mol molosso (-­ gnata
phal falecio (x x uu u u '-d) parol,
pher ferecrateo (x x uu x) succe·
pros prosodiaco ( x u u u u metril
relZ la reiziano giambico (x u x) lingUé
reiz cho reiziano coriambico ( x u u x) inten,
sp spondeo (--) poeSl:
tel telesilleo ( x u u u -) e una
tr metron trocaico ( u x)
Accento Ci dil
Un numero posto davanti all'indicazione del metron indica il numero dei metra. intensivo quellc
lingui
Quando estato ritenuto utile per facilitare la scansione dei versi recitativi e per rendere caten
meglio comprensibili alcuni dei fenomeni metrici descritti, sono stati impiegati i segni delle
metrici di breve e di lunga. Per moti vi tecnici i segni risultano posti sopra le vocali o, Accento prom
nel caso di dittonghi, sopra la seconda componente di questi: bisogna comunque tonale era d
intendere (come spiegato nel paragrafo 1.2) che ci si riferisce di volta in volta alla tono
quantita delle sillabe a cuí appartengono le vocali e i dittonghi in questione. vedre
tra le
fino,
in m,
secor
CAPITOLO 1

Nozioni fondamentali

1.1. Metrica quantitativa


La produzione poetica greca si realizzó lungo due gran di filoni: quello
del canto e quello della recitazione, che poteva a volte essere accompa­
gnata dalla musica. In entrambi i casi il dato significativo, in altre
parole queno che viene ad essere concretamente «misurato», e il
succedersi di sillabe brevi e lunghe. E quello che viene in genere definÍto
metrica quantitativa, e corrisponde ad una coscienza quantitativa della
lingua. Si tratta di qualcosa di molto diverso dalla nostra maniera di
íntendere la metrica, che ci fa usare come criterio, almeno per la nostra
poesía «cIassica», il ritorno períodico di sillabe accentate: la nostra
e una metrica che viene detta, quindi, accentuativa.
Accento Ci differenzia dal greco anche la natura del nostro accento, che, come
intensivo quello di moIte altre lingue moderne, e intensivo: neHa nostra coscienza
linguistica l'accento, ovverosia quel fatto fonico che all'ínterno de1la
catena parlata consente dí mettere in evidenza una sillaba nei confronti
delle altre, e legato alla maggiore intensita con cui tale sillaba viene
Accento pronunciata rispetto a quelle circostanti. Nel greco, invece, l'accento
tonale era di tipo «tonale»: la sillaba accentata veniva pronunciata con un
tono piu alto rispetto a quelle vicine: ad un certo punto, come
vedremo, questo tipo di sensibilita dei parlanti per la diversita tonale
tra le sillabe cominció a cambiare, in favore di un accento intensivo, ma
fino alla tarda antichita, e in parte anche oltre, rimase in uso, sia pure
in maniera ormai del tutto artificiale, iI procedimento di composizione
secondo le forme deBa metrica classica.
16 CAPITOLO 1

Daqm
1.2. Définizione di quantita siUabica e criteri per la sua determinazione categor
Dato che abbiamo evidenziato come fatto fondamentale deHa metrica • quell(
greca la quantita della sillaba, soffermiamoci subito a chiarire i concetti vocale)
di sillaba e di quantita (sia in relazione alla vocale che alla sillaba). • quell(
Concetto Per sillaba (un concetto la cui definizione, in realta, non e affatto Le prin
di sillaba semplice, a voler tener conto di tutti gli aspetti da esso abbracciati) si Un cas
intende in generale una sequenza di suoni (fonemi) che fa perno su un tipo dil
nucleo sonoro che generalmente si identifica con un fonema vocalico. cale (es
Quindi in greco, ad esempio, nel continuum della catena verbale vi sono ditton~
tante silla be quante vocali sono presenti, e talvolta una sillaba e costi­ compo
tuita da una sola vocal e (cosi da alfa e costituita la prima sillaba della
paro la a1Íp). Piu spesso, intorno alla vocaIe si dispongono a formare la 11 concetto Per COl
sillaba altri fonemi. Tra questi si distinguono quelli che precedono di quantita ogni f¡
immediatamente la vocale, detti esplosivi (dal fenomeno che avviene fisico, '
nell'emissione dei suoni nel passaggio da un grado di apertura degli valore
organi fonatori piu piccoIo a uno maggiore) e queIli, pure ad essa lingue
strettamente collegati, che la possono seguire (detti implosivi, sulla distint
base del processo opposto che avviene in questi casi, cioe il passaggio in un
da un grado di apertura maggiore ad uno minore degli organi fonato­ a fone
ri). Per una semplice esemplificazione: nella parola pín-t(f) considerata intend
da sola, abbiamo due silla be, che concentrano il loro apice sonoro sempn
rispettivamente sui fonemi vocalici iota e omega; la prima sillaba queste
raggruppa intorno alla vocal e un fonema espIosivo (rho) e uno implosi­ lingue,
vo (pi), la seconda e formata da fonema esplosivo + vocale. Per nella
divide re in silla be una caten a verbale piu lunga conviene ricordare, verific.
empiricamente, che nel caso che due vocali siano separate da una sola altro,l
consonante, quest'ultima si collega strettamente alla vocale successiva, quelli
e quindi va considerata come facente parte della sillaba successiva; nel e noto
caso che esse siano separate da due consonanti (o dalle consonanti USO an
doppie S, '11, ~ = zd, ps, ks) in genere 1 la prima di queste ultime si mag,gl
comporta come implosiva rispetto alla vocale precedente e la seconda potev,
come esplosiva rispetto aquella successiva: in altre parole la prima timbri
consonante si lega, per formare una sillaba, alla vocale precedente, la Ora iI
seeonda aquella sueeessiva. come
che ql
<píA tate ~¿V(f)V ellwv bisogI
ta sill
si divide in
phil-ta-tek-se-no-ne-mon 2, Cf
1994,~
3, N{
1. Per casi particolari, v, oltre, p. 18, 4. Si
r NOZIONI FONDAMENTALI 17

Da quanto si e detto finora risulta che le sillabe si divido no in due


categorie:
• quelle che terminano per vocale (oppure son o costituite da un'unica
vocale)
• quelle che terminano per consonante.
Le prime sono dette aperte, le seconde chiuse.
Un caso particolare e rappresentato dai dittonghi comuni in greco, di
tipo discendente, ossia costituiti da una vocale seguita da una semivo­
cale (es. al Ol au etc.): secondo le teorie linguistiche piu accreditate taIí
dittonghi vanno assimilatí alle sillabe chiuse, in quanto la loro seconda
componente, semivocalica, chiude la sillaba.
11 concetto Per comprendere il concetto di quantita bisogna partire dal fatto che
di quantita ogni fonema di qualsiasi lingua possiede oggettivamente, come dato
fisico, una durata (che oggi, fra l'altro, si e in grado di misurare nel suo
valore assoluto con tecniche assai sofisticate per quanto riguarda le
lingue ancora parlate), ma non tutte le lingue attribuiscono valore
distintivo a questo dato: i Greci lo facevano e raggruppavano i fonemi
in un sistema che opponeva fonemí, nena fattispecie le vocali, brevi
a fonemi lunghi. In questo tipo di valutazione consiste queno che noi
intendiamo per quantita, che, nel1e lingue dove questo accade, funziona
sempre, per sua natura, per poche «opposizioni discrete» 2: in greco
queste opposizioni sono, come accade nella maggior parte delle altre
lingue, appunto due. In altre parole per i Greci, abituati a riconoscere
nella propria lingua opposizioni di quantita, non era importante
verificare di volta in volta la durata precisa di un fonema rispetto ad un
altro, ma stabilire l'appartenenza di un singolo fonema al1a categoría di
quelli brevi o di quelli lunghi. Fonemi vocalici brevi erano, come
enoto, E ed o, i cuí equívaIentí lunghi sono indicati nella grafia attica in
uso anche nei nostri testi come El e ou 3; fonemi Iunghi, ma di apertura 4
maggiore rispetto ai precedenti, erano 11 ed w; con i segni a, 1 ed u si
potevano rappresentare graficamente fonemi vocalici dei rispettivi
timbri sia lunghi che brevi.
Ora iI ritmo poetico greco si basa su una opposizione di quantita, ma,
come abbiamo gia notato, si tratta stavolta della quantita delle sillabe,
che quindi era sentita anch'essa dai Greci come fatto distintivo. Non
bisogna dunque confondere, come spesso avviene, iI concetto di quanti­
ta sillabíca con quello di quantita vocalica: non sempre infatti la

2. efr. P.M. Bertinetto, Grande dizionario enciclopedico, XVI, UTET, Torino,


1994, s.v. Prosodia, p. 678.
j 3. Non si tratta dunque in questo caso di dittonghi.
4. Si intende qui ji grado di apertura della hocca nell'emissione.
18 CAPITOLO 1

quantita delIa sillaba corrisponde aquella della vocale in essa contenu­ Cosi <l
tao Aquesto proposito risulta fondamentale, per determinare e soprat­ stessa
tutto per comprendere il concetto di quantita di sillaba, la distinzione posizi(
che abbiamo indicato sopra tra sillaba aperta e sillaba chiusa; per di una
facilitare la comprensione, si puó adottare una terminologia corrente in lunga,
linguistica, distinguendo tra lungo/breve come connotato delIa vocale quindi
e pesante/leggero come connotato della sillaba; nel seguito del discorso metric
ci adegueremo invece, per motivi pratici, alla terminología abituale concol
nell'ambito metrico, che adopera i concetti di brevejlunga ed anche mo lO
i simboli utilizzati per indicarli (u ; ~) pure in rapporto alIe sillabe. elemel
• e1em
La quantita Diremo aBora che in una silIaba aperta la quantita e determinata da in cui
sillabíca quella della vocale che la conclude, e che dunque la sillaba e pesante se • e1ern
contiene una vocale lunga, leggera se contiene una vocale breve. presen
Diremo d'altra parte che una sillaba chiusa e sempre pesante, sia che st'ultn
essa contenga una vocale lunga, sia che contenga una vocale breve, in sti cas
quanto il fonema implosivo che va a chiuderla aggiunge «peso». Come • e1err
caso particolare restano alcune sillabe che gli antichi definivano KOlvai, sillab¡:
comuni, in quanto potevano essere misurate ora come lunghe, ora come • elerr
brevi. Nelle silIabe aperte, ad esempio, si poteva avere una scansione triche.
diversa deBa vocale in esse contenuta, in quelle chiuse il nesso biconso­ tratte:
nantico poteva andare interamente ad appoggiarsi sulla vocale successi­ • e1en
va, lasciando aperta la sillaba precedente. Del fenomeno ci occuperemo quen:z
piu avanti (3.3.1; 3.3.2). Per ora ricordiamo come nei moderni manuali ve o (
e scritti di metrica tali silla be vengan o spesso definite ancipiti.
Per fa
11 sandhí Le unita significative in cui si articolano le composizioní poetiche greche tonon
sono dunque, come dicevamo, costituite da una successione di sillabe la ma
brevi e sillabe lunghe (con le silla be lunghe sentite convenzionalmente di tul"
come equivalenti a due tempi primi [morae] e le sillabe brevi a un tempo x - \
primo). Fino alla pausa che interrompe, come vedremo, le unit:'! metri­
che dotate di piena autonomia rítmica, la divisione in silla be avviene che v
considerando ininterrotto il flusso verbale contenuto in tali unít:'!: si realiz
parla, mutuando il vocabolo dagli antichi grammatici indiani, di sandhi, quart
ovverosia i vocaboli che si susseguono si influenza no prosodicamente da du
runo con l'altro secondo i principi che abbíamo indicato sopra. breve
una s

5. el
1.3. Lo schema metrico 6. Il
RFIC
La successione di brevi e di lunghe avviene secondo schemi e ordini metric
precisi e ricorrenti, ovverosia sotteso a quella concreta serie di sillabe indiffe
che costituiscono una unit:'! metrica c'e uno schema o modello astratto. ulteric
NOZIONI FONDAMENTALI 19

Cosi diremo, ad esempio, os servando la concreta realizzazione della


stessa sequenza metrica nelle sue varie ricorrenze, che in alcune
posizioni si nota sempre la presenza di una sillaba lunga, in altre quella
di una sillaba breve, in altre ancora e dato di trovare una sillaba sia
lunga che breve. Lo schema astratto ricavabile da questo processo, che
quindi comprende in sé tutte le possibili realizzazioni della sequenza
metrica a cui si riferisce, non si potra dire composto da sillabe (esse
concorrono alla sua realizzazione concreta di volta in volta): chiamere­
mo invece le sue componenti, secondo la proposta di Paul Maas 5,
elementi. E precisamente diremo:
• elemento breve o breve (u) quella posizione deBe sequenze metriche
in cui lo schema riehiede la presenza di una síllaba breve;
• elemento lungo o longum (-) quella posizione in eui lo sehema richiede la
presenza di una sillaba lunga. In alcuni casi esiste la possibiliÜi per que­
st'ultima di essere sostituita da due síllabe brevi: l'elemento lungo in que­
sti casi si dice solubile e a proposito del fenomeno si parla di soluzione;
• elemento libero (x) quella posizione in cui si puó trovare sia una
sillaba breve che una sillaba lunga;
• elemento biceps (uu) quella posizione che, in alcune strutture me­
triche, e occupata da due sillabe brevi che talora possono essere «con­
tratte;; in una sillaba lunga;
• elemento indifferente o indifferens (~) la posizione finale di una se­
quenza metrica autonoma che puó essere realizzata da una sillaba bre­
ve o da una sillaba lunga 6.
Per fare un esempio, a proposito di una unita metrica rÍtmicamente au­
tonoma come il tri metro giambico che costituisce con la sua ripetizione
la maggior parte delle sezioni dialogiche del dramma attico, dall'esame
di tutte le sue concrete occorrenze ricaveremo uno schema generale
x u-X-u x-u v
che va Ietto cosi: la prima, quinta e nona pOSlZlOne possono essere
realizzate sia da una sillaba breve che da una sillaba lunga; la seconda,
quarta, sesta, ottava e decima sono realizzate da una sillaba lunga (o
da due sillabe brevi); la terza, la settima e l'undicesima da una silIaba
breve; nella posizione finale si puó trovare, vista la pausa successiva,
una sillaba breve o una lunga.

5. Cfr. GM. § 8; 32 ss.


6. II termine e stato proposto da L.E. Rossi, Anceps: voca/e. sillaba, elemento,
RFIC 91 (1963), 61 ss. Esso deriva dal fatto che nella posizione finale di una unita
metrica autonoma, la pausa che separa questa unÍta dalla successiva rende
indifferente il fatto che qui sia posta una sillaba breve o una lunga (per qualche
ulteriore chiarimento concettuale, v. oltre, p. 22).
20 CAPITOLO 1

La strofe .0ppU
1.4. Le unita compositive della metrica greca una st
L'unita compositiva fondamentale della metrica greca, sia neHe sue stessa,
11 verso esecuzioni recita te o recitative sia in quelle cantate, e iI verso. Esso si II, in r
presenta come una unita rítmica, chiaramente separata da quanto strofe
precede e da quanto segue (e quindi in linea di principio aperta da canto (
inizio di paroIa e conclusa da fine di paroIa), con alcune caratteristiche music::
di cui abbiamo gia parlato: quella di presentare al suo interno un fIusso evoluz
verbale che viene sen tito come ininterrotto, diviso in silla be che si sezionl
infIuenzano prosodicamente runa con l'altra, e quella di andare prima
a concludersi con una pausa cosi forte da rendere indifferente iI modo corrisI
in cuí viene realizzato l'ultimo elemento. A quanto detto bisogna non al
aggiungere che, dato che la pausa della fine del verso determina anche tra le I
il blocco del fIusso verbale con quanto segue, la quantita dell'ultima
sillaba del verso viene determinata di per se stessa, senza alcuna 11 colon Una u
relazione con l'inizio del verso successivo. E inoltre che il distacco fra la e iI el

fine di un verso e l'inizio di un verso successivo permette di trovare una genere


contemporanea fine dell'uno e inizio dell'altro con vocale: l'incontro
etant,
diretto tra due vocali, lo iato, e qualcosa che al confine di parola in dente:
a fom
genere, tranne in particolari situazioni prosodiche, che esamineremo
piu avanti (cfr. 3.2.3; 3.2.6), viene evitato, e il fatto che qui apparente­ altrÍ (
mente compaia dimostra come i vocabolí in questione non vengono La sinafia a fom
pronunciati in immediata successione. (da cr
prosoc
Vediamo un esempio di quanto detto in una serie concreta di trimetri
giambici: si tratta dei versi iniziali dell' Edipo re di Sofocle grazie
ritmic
che ll(
Edipo re 1-5 ,ñ 1tKva, Ktio~oü 10\3 11:áA.at v~ii 1pOlp~,
verbal
'rTvac; 11:08' iopac; 1ticrO~ ~Ot eoti~~1E trovia
tK1iiptotc; ú,,&OOtcrtv ¿~Écr1É~~hoi; indipe
I16A.tC; o' 6~oD ~¿v eü~tii~á1&V Y~J1Et, sciuto
t;~05 o¿ 11:attivrov 1~ Kai cr1~VaY~&trov' 5 che si
di un
Oltre a verificare all'interno di ciascun verso il fenomeno del sandhi, colon
notiamo la presenza di una sillaba finale breve al v, 2, mentre negli altri altri 1
versi compare una sillaba Iunga; aBa fine del v. 2 e del v. 4 c'e iato con una s
l'inizio del verso successivo. aUrav
aHora
NeBe composizioni greche questa unita auto noma che e iI verso, nella tuisce
maggior parte dei casi:
lCll'CU (Híxov • si trova ripetuta in successÍoni piu o meno lunghe (Kanl CHíxov): 7. Pe
e quanto caratterizza i versi eseguiti con la recitazione o íl recitativo, base, e
come appunto il trimetro giambico che ~bbiamo appena visto; 8. Pe
NOZIONI FO~DAMENTALl 21

La strofe • oppure va a costítuíre, insíeme ad altri versi a leí uguali o dífferenti,


una struttura piu estesa che puó ripetersi per una o piu volte neHa
stessa composizione (con una varieta di modi che esamineremo nel cap.
n, in riferimento ai díversi generi letterarí e ai vari poeti): si tratta della
strofe (o stanza). Questo tipo di composizione e per lo piu legato al
canto e alla musica e in particolare alla ripetizione di una stessa sezione
r musicale. II nome strofe anzi sarebbe da mettere in relazione con le
evoluzioni di danza di un coro, e avrebbe in origine designato la
sezione di canto eseguita mentre il coro danzava in una direzione,
prima di volgersi (cr1"pé<petv) neUa direzione opposta, a cantare la
corrispondente sezione succcssiva; ma esso si usa anche per la lirica
non accompagnata dalla danza. La corrispondenza metrica esistente
tra le componenti delle strofe e detta responsione.

11 colon Una unita metrica situata in vece a livello «inferiore» rispetto al verso
e il colon. Con questo termine si intende una sequenza metrica in
genere non molto estesa, ma la cuí caratteristica princípale non
etanto la breve estensione, quanto l'essere ritmícamente non indipen­
dente: in genere essa e strettamente collegata ad altre sue simili
a formare un verso (assai piu raramente, in ambito lirico, insieme ad
altri cola, senza passare per l'intermediazione del verso, essa va
La sinafia a formare una strofe). La stretta unione tra cola viene detta sinafia
(da cruvánn::Lv «collegare»): in riferimento ai condizionamenti
prosodici che l'inizio di un colon esercita sulla fine del precedente
grazie al loro stretto coHegamento si parla píli precisamente di sinafia
ritmico-prosodica; se due cola son o collegati tra loro in maniera tale
che non ci sia tra loro fine di parola díciamo che essi sono in sinafia
verbale 7. Ma ci sono casi in cuí una sequenza che il piu delle volte
troviamo come colon presenta uno o piu di uno di quei segnali di
indipendenza da quanto precede e quanto segue che abbiamo ricono­
sciuto come caratteristÍche del verso: in tali casi possiamo ben dire
che si tratta di un colon assurto al rango di verso o, in altri termini,
di un verso costituito da un unico colon. Per fare un esempio, un
colon come il gliconeo (x x - u u - u-) 8 solítamente si unisce ad
altri neHa composizione di un verso; in Soph. O.e. 1215 troviamo
una sequenza di questo tipo (¿nel nOAAa I.U':v al ¡.taKpai) isolata
attraverso lo iato da quanto precede e da quanto segue: si puó dire
aHora che qui essa si presenta come rÍtmicamente autonoma e costi­
tuisce un verso.

7. Per que sta terminología, e la fondamentale díscussione teorica che ne e alla


base, efr. Rossi, 791-821.
8. Per il tipo di colon v. oltre, cap. 17, p. 233.
22 CAPITOLO 1

I versi o Mentre non comporta a1cun problema identificare i lunghi versi delle sequen
i sistemi dei serie recitate o recitative, ben riconoscibili e tutti uguali tra loro,
brani lirici in fuo.
quando ci troviamo di fronte ad un brano lirico le cose in genere non dell'au
sono molto semplici. Nella distinzione delle unita maggiori (quelli che
abbiamo chiamato versi, ma che se di particolare estensione si preferi­
sce talvolta chiamare sistemi) bisogna servirsi di alcuni criteri, che La dis]
corrispondono fondamentalmente ai fenomeni che abbiamo gia piudi tria. 1
una volta segnalato parlando delle caratteristiche del verso, e ehe sono cornee
stati brillantemente individuati in epoca moderna da A. Boeckh 9. e poi (
I criteri Per essere in presenza di fine di verso e condizione indispensabile la fine (talvoll
boeckhiani di parola; se questa condizione sussiste, la presenza di una fine di verso so e dt
puó essere dimostrata: una te~
comun
• dalla eventuale presenza di uno iato, proced
• e/o dalla eventuale possibilita di dimostrare il fenomeno dell'indiffe­ realizz::
renza finale: ció avviene se alla fine di una sequenza metrica, il cui evidem
schema prevede una lunga (ad esempio, il gliconeo, che abbiamo citato neUa s1
sopra), troviamo presente, in una delle sue occorrenze neUa composi­ che ne]
zione, una silIaba breve 10. spaziat
In questo tipo di fenomeno spesso definito, secondo una proposta di P. I periodi unirsi 1
Maas, brevis in longo, molti inc1udono anche casi in cuí, di fronte ad che seIl
inizio vocalico della sequenza successiva si presenti una sillaba ehiusa no con
con vocale breve: ad es. in caso di un gliconeo che termini in -€v di zione e
fronte ad una vocale; ma e bene segnalare che si tratta di un fenomeno
diverso, per il quale la sillaba finale deIla prima sequenza mantiene la
sua natura di sillaba chiusa, e quindi lunga (cioe non subisce il Nellea
condizionamento prosodico dell'inizio della sequenza successiva), di­ ci serví
mostrando cosi la rottura della continuita prosodica: in q uesti casi noi alla fin
parleremo di blocco della sinafia.
• usere
Per quanto riguarda tutti i fenomeni che abbiamo appena elencato si presen1
tratta, e bene sottolinearlo, di eventualita, in quanto, soprattutto in segnal,
caso di composizioni in cui la stessa unita strofica e ripetuta una sola iI segnc
volta o poche volte, e possibile che questi fenomefli «accessori»
• negli
aquello della fine di parola (che, ripetiamo, e indispensabile alla quandc
individuazione di un verso) non sí verifichino maL pender
• Soccorre allora l'ultimo fra í criteri boeckhiani, la cognitio metrorum, giambi
cioe la conoscenza sia del tendenziale comportamento deBe varíe • prese
evidem
userem
9. Cfr. Boeckh, 82; 308 ss. al qual
lO. Nella individuazione deí versi non ci possiamo servire di questo criterío, caso sI
ínvece, in caso dí cola il cui schema prevede elemento libero finale, che puó essere
realizzato da una siliaba breve o da una lunga in virtu della sua stessa natura
libera, e non in seguito all'indifferenza di fine di verso. 11. v.
NOZIOM FONDAMENT AL! 23

sequenze metriche, ad esempio il ricorrere di una determinata sequenza


in funzione di chiusa, o clausola, di una unita maggiore, sia dell'uso
dell'autore.

La disposizione di brani lirici per versi cosi individuati e detta sticome­


tria. 1 filologi alessandrini mettevano invece in pagina il testo per cola,
come ci e dimostrato dall'ordinamento editoriale (colometria) dei papiri
e poi delle edizioni medievali, che lo continuano; questo procedimento
(talvolta di realizzazione abbastanza semplice e lineare, talvolta comples­
so e dubbio nei risultati, per i quali non possiamo contare nemmeno su
una testimonianza completa dell'attivita degli Alessandrini) e quello piu
comunemente usato anche neHe edizioru critiche moderne. 1 due modi di
procedere, comunque, non si escludono vicendevolmente e sono talora
realizzati insieme nelle nostre edizioni: in tal caso in genere i cola sono
evidenziati da una indentatura verso destra (cfr., ad esempio, l'adonio
nella strofe saffica) ll; un ulteriore raffinamento e introdotto da editori
che nelle strutture piu elaborate cercano di identificare e segnalare con
spaziatura anche gli eventuali raggruppamenti in cui i versi possono
I periodi unirsi nell'andare a formare una strofe: si tratta dei cosiddetti periodi,
che sembrano caratteristici delle strutture strofiche piu ampie e doveva­
no corrispondere a diverse sezioni di danza del coro, ma la cui identifica­
zione e comunque in genere difficile.

Nelle analisi metriche che seguiranno nel corso della nostra esposizione
ci serviremo dei seguenti criteri quanto all'uso dei segni metrici relativi
alla fine di verso:

• useremo i segni di sillaba breve e di sillaba lunga quando sara


presentata la scansione di un esempio concreto sulla base di un testo,
segnalando, nei contesti lirici, l'eventuale presenza di fine di verso con
il segno 11 posto a conclusione della scansione;
• negli schemi astratti delle sequenze useremo il segno dell'indifferens
quando queste sequenze si presentan o abitualmente come versi indi­
pendenti (cosi ad esempio nello schema dell'esametro e del trimetro
giambico recitato o recitativo);
• presentando la scansione di'una strofe senza riprodurne il testo, per
evidenziare, qualora ció sia possibile, lo status dei versi rispetto ai cola,
useremo il medesimo segno dell'indifferens, anche se il criterio in base
al quale si decide che una certa sequenza costituisce un verso non e nel
caso specifico quello dell'indifferenza;

11. V. oltre, cap. 17, p. 240 (17.2.1).


24 CAPlTOLO 1

• quando la descrizione di una struttura lirica sara realizzata attraverso ·1;6.


l'elenco delle sue componenti senza mostrarne la scansione, per segna­
lare i versi adopereremo il segno 11. Seum
a che.
Anche
entrer.
1.5. Costruzione kata metron Sono(
Tra i 1
Se all'interno di una sequenza metrica (colon o verso) il ritmo ha un
costru
andamento tale da rendere riconoscibile una divisione in specie di
<mnita di misura» che si ripetono regolarmente, noi chiamiamo questa
suddivisione metron e definiamo le sequenze cosi composte sequenze
KU1:U IlÉ1:pOV, cioe serie di metra (avremo, a seconda del numero dei
metra, dime tri, trimetri, etc.).
1 metra 1 metra in cui si articolano queste sequenze son o fondamentalmente: Cesura e All'int
dieresi quelle
uu uu uu uu metron anapestico (an) regola
x - u - metron giambico (ia) parola
-u- x metron trocaico (tr) sono I
-uu dattilo (da) incisíc
-u- cretíco (cr) grupp
Ponte o Vicev(
u-­ baccheo (ba) zeugma la fiO(
-u u coriambo (cho) parler,
uu ionico a minore (ion) Resta
padia:
1 piedi Dai metricisti antichi alcuni di questi metra, e in particolare i primi tre, a prol
venivano analizzati in unita minori, dette «piedi», rispettivamente Parola Per p~
l'anapesto (u u il giambo (u -), iI trocheo (- u): ma, anche se il discor
movimento alla base di queste sequenze e in effetti rispettivamente del dh
l'alternanza 2 brevijlunga, breve/lunga, lunga/breve, la vera unita che discor
si ripete (come comunque avevano chiaro anche gli interpreti antichi) Le appositive appos
e in realta la «misura» doppia rispetto a questi piedi, il che ad esempio
nel caso di giambi e trochei e evidenziato dalla presenza di elemento • dell(
libero rispettivamente all'inizio e alla fine di ciascuna <mnita» di mi­ succes
sura. Durante la nostra trattazione manterremo talvolta, per comodita, non s
l'uso del termine «piede» per descrivere determina ti fenomeni metrici, negazi
e in corrispondenza aquesto il termine «sede»: cosi per indicare
i fenomeni che avvengono nel primo «piede» di un verso, ad esempio
in x all'inizio del trímetro giambico, parleremo di prima sede. 12. A
La catalessi Quando, in una sequenza formata da un certo numero di metra, dell'us(
l'ultimo si presenta piu breve di un elemento, parleremo di sequenza fatto ir
catalettica (da KU1:UArrYro, interrompo; il termine che designa iI fenome­ utile (e
no e «catalessi»). terminl
NOZ¡Ol\¡ FONDAMENTALI 25

1.6. Costruzione non kata metron


Se una misurazione come quella ora descritta non e possibile abbiamo
a che fare con sequenze non KU"CU ¡,¡t"Cpov.
Anche per queste sequenze, come si yedra, almeno a livello descrittivo,
entrera in gioco il fenomeno della catalessi.
Sono costruiti per lo piu KU"CU ¡,¡t"Cpov i versi e i cola recitati o recitativi.
Tra i versi e cola lirici ne troviamo sia di costruiti KU"CU ¡'¡É"Cpov che di
costruiti non KU"CU llt"Cpov.

1.7. Cesura e dieresi. Ponte. TI concetto di parola metrica


Cesura e All'interno di alcuni tipi di sequenze metriche (fondamentalmente
dieresi quelle recitate o recitative) si assiste, come forma di articolazione, al
regolare o tendenziale ripetersi in determinate posizioni della fine di
parola (non accompagnata, naturalmente, da quelle caratteristiche che
sono proprie deBa fine del verso): chiamiamo il fenomeno in generale
incisione e, piu precisamente cesura, se esso ricorre all'interno di un
gruppo metrico elementare, dieresi, se ricorre aBa fine di esso 12.
Ponte o Viceversa compaiono talora dei punti in cui, in determinate condizioni,
zeugma la fine di parola sembra tendenzialmente evitata: aquesto proposito
parleremo di ponte o zeugma.
Resta da chiarire infine che cosa intendiamo con «parola» quando
parliamo di fine di parola sia a proposito di cesura o dieresi sia
a proposíto di ponte sia in fine di verso.
Parola Per parola in senso metrico non intendiamo una qualunque parte del
discorso, ma piuttosto il complesso formato da una parte significativa
del discorso (come ad esempio un nome o un verbo) e da altre parti del
discorso che ad essa strettamente si saldano: si tratta delle cosiddette
Le appositive appositive, e piu precisamente
• delle prepositive, i vocaboli che tendono ad appoggiarsi al vocabolo
successivo, fra cuí, oltre all'articolo, ci sono: preposizioni (a meno che
non síano in anastrofe), congiunzioni (ad esempio Kuí, ó),,),,,ú, ~), le
negazioni (come OU, lllÍ, oMt, 11118t, otm:, ¡,¡lÍn;), particelle asseverative

12. Anche se la denomínazione di diere si risale ad un fraintendimento moderno


dell'uso del termine da parte dei metricisti antichi (cfr. West 1982, 292), resta un
fatto importante dal punto di vista metrico, e sembra opportuno o quanto meno
utile (cfr. Diggle 1984, 67) mantenere tra i due tipi di fenomeni una distinzione
terminologica.
26 CAPITOLO 1

(come i)) e interrogative (come apa), la particella interiettiva ro, il


pronome relativo
• e delle pospositive, cioe tutti quei vocaboli che tendono ad appoggiar­
si al vocabolo precedente, fra cuí, quindi: le enclitiche e particelle
(forse, al dí la della moderna accentuazione, anch'esse enc1itíche) come
IlÉv, óé, Si¡, Sfita, SfieEV, Saí, Ili¡v, oov, tOíVDV, ay, ao, apa.
Una maggiore indipendenza sembra essere goduta dalle appositive di
maggior peso sillabico. Nel succedersi di una prepositiva + una
pospositiva + il vocabolo retto dalla prepositiva (es. EK SE ~tÓ~) il
nesso dei tre vocaboli ha in genere i1 valore di un'unica parola metrica,
in quanto la pospositiva, con funzione di connessione, va a costituire
con la prepositiva precedente un nesso complessivamente prepositivo 13.

Nei criteri di definizione delle appositive, a parte i casi piu chiari,


restano margini di soggettivita e di incertezza 14; anche il comportamen­
to dei vocaboli dal carattere appositivo meno dubbio nei confronti
delle cesure e del loro opposto, cioe i pontí, non e sempre perfettamente
coerente 15; infine sembra di poter notare, a seconda dei generi letterari,
un diverso grado di elasticihi nelIa ammissibilita del valore appositivo
dí determina ti vocaboli (su questo ci soffermeremo affrontando i pro­
blemi dei singoli tipi di versi): si trattava forse di un modo diverso di
pronunciare i medesimi nessi.
Omero Laste
matm
redatt
sara il
di pO(
Corin
e dai I
dal ta
Esiodo a.e. (
canon
per q
13. Cff. Maas, GM, § 137; Bulloch, 262 n. 5; Slings, 55; Cantilena, 21 ss. dovet
14. Per un'ampia recente discussione cff. Cantilena, 11 SS.; per altri contributi sul a.e.)
problema cff. Frankel 1968, 142-147; K.J. Dover, Greek Word Order, Cambridge, raggu
1960, 12 SS.; Sobolevskij, 43-56; Bulloch, 260-263; M.O. Oleott, Metrieal Varia­ vicem
tions in the ¡amble Trimeter as a Funetion 01 Dramatie Teehnique in Sophocles' loro r
Philoctetes and Ajax, Ann Arbor-London, 1974, 1-55; van Raalte, 162-165.
15. A.M. Devine L. Stephens, CPh 73 (1978), 314-328, hanno proposto di
attribuire l'incoerenza del comportamento delle apposítive a variazioni di tempo di
emissione associate a livelli stilistici differentí: come nota Cantilena, 19, un l. Ce
concetto simile, pUf da non generalizzare, sembra in aleuni casi inevitabile per epoche
spiegare certe eccezioni alle regole proprie dei singoli tipi di versi. zadub
il

r­ CAPITOLO 2
le
le

di
la
il Lineamenti di storia
a,
re
13
della versificazione greca
n,

tti
te
n,
ro

di 2.1. L'esametro: epica omerica e poesia didascalica esiodea
Omero La storia deHa poesia greca si apre per noi con i poemi omerici, prodotti
maturi e geniali di una gia lunga tradizione di composizioni epiche,
redatti, in successione stichica, nel verso, l'esametro, che da allora in poi
sara iI verso canonico di ogni opera del genere (a comineíare da quelle
di poeti arcaici che per noi sono poco piu che nomi, come Eumelo di
Corinto, Pisandro di Rodi, Creofilo di Samo, Careíno di Naupatto,
e dai perduti poemi cosiddetti del Ciclo epico, assegnabili ad un periodo
dal tardo VII alla seconda meta del VI seco a.e.). Usato intorno al 700
Esiodo a.C. da Esiodo anche per la sua poesia didascalica, il verso divenne
canonico anche per que sto genere letterario. Esso fu adoperato inoltre
per quel tipo di composizioni a noi note come Inní Omerieí, che
dovettero pure avere origine in eta arcaica (almeno a partire dal VII seco
,ul a.e.) e che consistevano in preludi (n:pooí,.uu, talvolta di dimensioni
~e, ragguardevoli grazie aBo sviluppo degli elementi narrativi connessi alle
'a­ vicende deHe divinita a cui erano dedicati), premessí dai rapsodi aBe
~s' loro recitazioni dei poemi di Omero o di altri autori l.
di
di
In
l. Come e noto, nel Corpus a noi giunto di 33 «inní» sono contenuti prodotti di
er epoche diverse, dí cuí comunque alcuni, soprattutto i piu ampi, appartengono sen­
za dubbio all'eta arcaíca (VII-VI seco a.c.).
28 CAPlTOLO 2

2.2. TI giambo e I'elegia abbiru


dal m
In ambito ionico si sviluppa non molto píu tardí la poesía giambica, termÍr
definizione neHa quale sono comprese opere composte dalla ripetizione Solone vecchi
stichica deHo stesso verso (non solo il tri metro giambico, ma anche il che m
tetrametro trocaico catalettico). Di questa poesia che, legata soprattut­ catale'
to all'ambito del simposio (anche se le sue radici vanno forse cerca te Teognide Teogt1
La nelIa sfera del culto di Demetra) ed eseguita con ogni probabilita neBa autenl
parakataloghé forma di un recitativo (parakataloghé) accompagnato dal suono del­ anonil
l'aulo (uno strumento a fiato accostabile non tanto, come e stato talora parter
fatto, al moderno flauto, quanto all'oboe), si caratterizzava per la sua
Archiloco aggressivita, il primo autore a noi noto e Archiloco (seconda meta del
VII sec.); gli antichi lo associavano per eccellenza in questo genere let­
Semonide terario a Semonide di Amorgo e a Ipponatte, che sarebbe stato anche 2.3. I cola
e Ipponatte !'inventore di una variante del trimetro giambico, il cosiddetto coliam­
bo (un trimetro giambico con il penultimo elemento realizzato da Saffo e Alceo Inam
sillaba lunga), una invenzione che forse si proponeva un deliberato legata
effetto di rottura in linea con il generale atteggiamento del poeta. arista
n coliambo fu usato in eta arcaica anche da un giambografo per noi lopiu
Ananio assai piu oscuro (Ananio), il quale, come e forse piu di Ipponatte, uso princi
pure una forma del verso con finale ancora píu duro (realizzato da viame
lunga anche il quartultimo elemento) nel cosiddetto ischiorrogico; i due L'isosillabismo smo,
poeti utilizzarono anche una forma con chiusa «pesante» del tetrame­ stesso
tro trocaico catalettico. eleme
Gli epodí Ad Archiloco e a Ipponatte si deve inoltre la composizione di piccole usano
strofe, dette epodi, costruite abbinando due versi di differente estensio­ propr
ne, dei quali il primo piu lungo. Tra queste, in genere di contenuto denor
aggressivo e spregiudicato, si distingue, a quanto sembra, come veicolo (in el
di diversi contenuti, e se non altro almeno per la differente, enorme o due
fortuna a cuí era destinata, una strofetta utilizzata da Archiloco, il consÍ!
11 dístico cosíddetto dístico elegiaco, formato da un esametro e da} cosiddetto ma sI
elegiaco pentametro (in re alta un verso costítuito dalI'unione di due cola detti Struttura mono
hemiepe). E il metro deH'elegía, che trovava anch'essa la sua collocazio­ monostrofica sudde
ne precipua nei simposi, ma che si caratterizzava per i1 contenuto serio trocal
(dallo gnomico al parenetico all'amoroso al patriottico). Destinata ad consü
apparíre, con diversi sviluppi neI contenuto, in tutte le fasi della (ad e!
produzione Ietteraria greca, l'elegia, accompagnata dall'aulo, in eta union
arcaica era molto probabilmente eseguita col canto. 1 principali rappre­ stmtt
sentanti del genere in questo periodo, oltre ad Archiloco (che vi
immette, fra l'altro, riflessioni etiche, descrizioni di personaggi dei
simposi, resoconti deBe proprie esperienze militari), sono lo ionico
Callino, Callino, rappresentante al pari di Tírteo (forse ionico anch'egli, ma 2. Pe
Tírteo sicuramente attívo in ambito spartano) dí una elegía dedícata ai temí rícezio
n.s. 3S
Mimnermo della guerra e deHa parenesi eroica; Mimnermo (pure ionico), di cui
Ferrar
LINEA\1ENTI DI STORIA DELLA VERSIFICAZIONE GRECA 29

abbiamo frammenti che testimoniano un ambito di argomenti svariati,


dal mito alla storia, a temí che rimandano alraccezione moderna del
termine «e1egia», come la riflessíone sul contrasto tra il dolore deHa
Solone vecchiaia e l'effimera gioia della giovinezza; pió tardi I'ateniese Solone,
che usó l'elegia (come pure il trimetro giambico e il tetrametro trocaico
catalettico) per composizioni di tipo didattico-politico e il megarese
Teognide Teognide (nel corpus in due libri a noi giunto c't~ comunque poco di
autenticamente suo, mentre molto si configura nella forma di carmi
anonimi e di riprese alterate da Mimnermo e Solone usa te come punto di
partenza per nuovi spunti all'interno dell 'improvvisazione simposiale) 2.

2.3. I cola eolici: la lirica monodica


Saffo e Alceo In ambito eolico nel VII-VI secolo si colloca l'attivita di Saffo e Alceo,
legata rispettivamente all'ambito dei tiasi femminili e delle eterie
aristocratiche. Le composizioni dei due poeti sono liriche, affidate per
lo pió al canto a solo (lirica monodica). La loro metrica obbedisce a un
principio, probabilmente di notevole arcaicita, visto che non lo ritro­
viamo in altri ambiti, neppure in epoca precedente, come l'isosillabi­
L'isosillabismo smo, cioe l'uso di sequenze metriche rigorosamente composte deHo
stesso numero di sillabe, alle quali risultano estranei dunque gli
elementi bicipitia e la possibilita di soluzione dei longa. I due poeti
usano precipuamente una serie di cota non costruiti per metra, che
proprio per il loro largo uso in quest'aDbito vengono comunemente
denominati «eolici»: molti di essi sono caratterizzati da un inizio libero
(in epoca moderna detto «base» eolica), formato appunto da uno
o due elcmenti liberi. Gran parte delle composizioni di Saffo e Alceo
consiste nelIa ripetizione (secondo lo schema A A A ... ) di una medesi­
ma struttura strofica (si tratta del procedimento compositivo detto
Struttura monostrofico). Tali strofe, piuttosto brevi, son o formate ora dai cola
monostrofica suddetti (a cui sono da aggiungere anche cola di tipo giambico,
trocaico, ionico), elevati a rango di versi, e piu spesso da versi
consistenti in sequenze piu lunghe formate suBa base di principi diversi
(ad esempio, dalla combinazione dei cola eolici tra loro, o dalla loro
unione con segmenti di tipo principalmente giambico). Vi sono ale une
strutture strofiche che si ripetono da una composizione all'altra, usate

2. Per iI problema della formazione della silloge teognidea cfr. F. Ferrari, Sulla
ricezione dell'elegia arcaica nella silloge teognidea: il problema delle varían/i, Maia
n.s. 39 (1987), 177-197; Teognide, Elegie, introduzione, traduzione e note di F.
Ferrari, Milano, Rizzoli. 1989. 5-45.
30 CAPITOLO 2

probabilmente in collegamento con determinate modalita musicali; cosi sempt


avviene per le piu note strofe da essi usate: la saffica e la alcaica. unita:
Sembra attribuibile ai poeti di Lesbo anche ruso «stichico» dei versi Simonide, Simor
lunghi per interí componimenti, anche se ció non e sicuro, visto che gia Bacchilide, recent
Pindaro delle (
gli antichi nota vano per molti di questí casi la possibilita di essere
articolati in distici, i1 che piu volte si rifiette nella disposizione editoria­ mono
le dei papiri 3. con 111
che ra
ze fOl
cretici
2.4. La lirica coraJe arcaica e tardo-arcaica. La lirica di Anacreonte
Fiorisce piu o meno nello stesso periodo, con l'opera di Alcmane,
Alcmane, Stesicoro e Ibico, una lirica, soprattutto corale (legata alle esecuzioni dei
Stesicoro, cori neHe grandi feste pubbliche), ma anche monodica (legata sia
Ibico
all'ambito del simposio sia, probabilmente, a quello di gare citarodiche, Moltc
cioe agoni in cuí entra vano in concorrenza canti eseguiti con l'accompa­ attico
gnamento della cetra), caratterizzata dalla tendenza verso composizioni CtuCO
articolate in forma piu complessa. Intanto, non vengo no usate strutture perfor
convenzionali che si mantengono da una composizíone all'altra, come (come
abbiamo visto in Saffo e Alceo e come era il caso degli epodi dei poeti Le parti Le pa
recitate piu v(
ionici, ma, almeno a quanto ne sappiamo, viene creata per ogni e recitative
composizione una struttura metrica nuova. Inoltre Stesicoro e lbico stichi(
Struttura usano sempre, o per lo piu, la cosiddetta struttura triadica 4: quello che caico
triadica viene ripetuto in una composizione non e una singola strofe, bensi una tetran
struttura chiamata triade, formata da due sezioni in responsione tra loro talvol
(strofe e antistrofe) seguite da una sezione diversa (anche se in genere o mer
ritmicamente congruente con le precedenti), detta epodo (~ em:poó<;, seil. 11 canto Il can
cr't"p0<PlÍ); si ha quindi uno schema AAB AAB etc. Di notevole estensione artico
e complessita sono spesso anche i versi in cui le singole unÍta strofiche si finon
articolano; quanto ai ritmi usati dominano senz'altro i dattili, accanto ai fe tra
Ritmi dattilici
quali si fanno ampiamente strada in Stesicoro sequenze che domineran­ l'una
Dattilo­ no la lirica tardo-arcaica (i cosiddetti dattilo-epitriti, che fanno sporadi­ strutt
epitriti che apparizioni anche in quanto abbiamo di lbico); Alcmane presenta schen
pure ritmi giambici, trocaici, eolici e ionici. priva
Anacreonte Nel VI seco lo ionico Anacreonte, accanto ad una produzione appunto Proodo (si pa
di tipo ionico consistente in elegie, composizioni giambiche, poesia Mesodo COpp1
epodica, di cui pochissimo ci e pervenuto, si dedica, ancora per e an!
l'ambito del simposio, alla composizione di carmi monodici, soprattut­ Efimnio (efim
to, a quanto sembra, di tipo monostrofico; i ritmi predominanti sono deBo
alla 1

3. Cfr. West, GM, 32 n. 6.


4. Che que sta struttura fosse usata anche da Alcmane e questione assai dibat­ 5. e
tuta. 141-1'
LINEAMENTl DI STORIA DELLA VERSIFICAZIONE GRECA 31

cosi semplici eolici e ionici. La tradizione corale deHe lunghe ed elaborate


lica. unita strofiche prosegue in vece nel periodo tardo-arcaico con l' opera di
lerSI
Simonide, Simonide (autore anche di elegie, di cuí aleune recuperate in epoca
:gia Bacchilide, recentissima grazie ai papiri), Bacchilide e Pindaro. La maggior parte
sere
Pindaro deBe composizioni dei tre lirici e triadica, anche se non mancano odi
ma­ monostrofiche; i ritmi usa ti si dividono in tre grandi filoni: gli eolici,
con inserti di segmenti giambici ed anche docmiaci, i «dattilo-epitriti »,
che raggiungono in Pindaro una notevole complessita, e infine sequen­
ze formate daH'associazione di metra e cola giambici con trochei,
cretici, reiziani e docmi.

ane,
1 dei 2.5. 11 drarnma attico
sia
che, Molto di quanto e stato finora descritto si trova utilizzato nel dramma
lpa­ attico del V e IV secolo (tragedia, commedia, dramma satiresco), nella
ioní cuí complessa artícolazione ave vano spazío i tre modi fondamentali della
ture performance poetica e musicale greca: la recitazione, la parakataloghé
)me (come si e gia detto una sorta di recitativo accompagnato), il canto.
oeti le partí Le partí recitate e recitative, a proposito deHa distinzione tra le quali
recitate piu volte non si possono che formulare ipotesi, erano affidate a versi
)gni e recitative
,ico stichici (soprattutto il trimetro giambico, ma anche íl tetrametro tro­
che caico e, per la commedia, vari altri versi, fra cui principalmente il
una tetrametro giambico catalettíco e il tetrametro anapestico catalettico,
loro talvolta seguiti, come del resto il tetra metro trocaico, da successioni piu
lere o meno lunghe nello stesso ritmo).
sell. 11 canto Il canto, affidato aH'esecuzione del coro, ma anche di síngoli attori, si
one articolava soprattutto secondo una struttura differente da quelle
le SI
finora incontrate, consistente in una coppia strofica (strofe e antistro­
o ai fe tra loro in responsíone) oppure neBa successione di coppie strofiche
~an­
l'una diversa dall'altra, con la eventuale presenza finale di una
adi­ struttura che restava al di fuori della responsione (epodo), secondo gli
:nta schemi AA (X) oppure AA BB Cc. .. (X). Talvolta una sezione lírica
priva di responsione era collocata prima della coppia strofica iniziale
Into Proodo (si parla aHora di proodo), talvolta in mezzo ai componenti di una
esia Mesodo coppia strofica (e viene aHora detta mesodo). ABa fine di strofe
per e antistrofe si trova aleune volte inserito una sorta di ritomello
tut­ Efímnio (efimnio), con la ripetizione, oltre che deHo stesso schema metrico,
::mo dello stesso testo 5: si tratta di un procedimento legato in particolare
alla lírica cultuale.

bat- 5. efr. ad es. Aesch . •Sept. 975-977 = 986-988; Suppl. 117-121 129-132:
141-143= 151-1 162-167 = 175a-f; Eum. 328-333 341-346.
32 CAPITOLO 2

2.5.1. La tragedia mente


Euripíc
Per quanto riguarda la tragedia, la sua articolazione in rapparto ai vari
liriea (
11 prologo metri vedeva per lo piu all'inizio un prologo in trimetri giambici seguito
o lame
La parodo dall'ingresso del caro che esprimeva il suo primo canto nella parodo;
anape~
questo canto (a cuí a volte partecipava uno dei personaggi) poteva essere
preceduto (il che avviene in alcune tra le opere piu antiche) da anapesti,
eseguiti, probabilmente in parakataloghé, dai componenti del coro
durante la loro «marcia» per raggiungere l'orchestra 6. Seguivano i vari 2.5.2. La Commedi
Gli episodi episodi, di solito scene dialogiche (non prive di ampie rheseis) in trimetri Nella
Gli stasimi giambici, inframmezzate dagli stasimi, canti del coro (talvolta preceduti La struttura alcune
o seguiti da brani in anapesti non lirid). 11 dramma andava a concIudersi epirrematica cui se
L'esodo con l'esodo, in cui accanto ai trimetri venivano tal ora usati, ad accompa­ La sizigia cosidd
gnare con il loro ritmo di marcia l'uscita dei personaggi e del coro, gli epirrematica «copp
anapesti, a volte eseguiti dal coro, a volte in contesti di dialogo fra attori. unap
Nel corso dell'azione potevano essere Ínseriti anche canti (aIlOl~ala, tetrarr
I KOllllOí o canti alterni, e in particolare i cosiddetti KOIlIlOi, da KÓ1t't€crOCtl, fonda
«bat1ersi il petto» in segno di dolore), eseguiti dal coro e da uno o piu La parabasi quella
attori, e anche canti eseguiti dai singoli attori (monodie e duetti lirici scena
fra attari [llÉlvTl anó crKTlVi)C;] «canti dalla scena»); vi sono anche esempi (napa
di brevi can ti del coro all'interno degli episodi e, soprattutto in Eschilo, spetta
di strofe del coro infrarnmezzate da trimetri giambici o cola anapestici fattisI
degli attori (in questi casi probabilmente eseguiti in recitativo) secondo 11 kommation Arist(
una struttura che, con termine preso a prestito, come si yedra, dalla cange
Struttura cornmedia, viene detta epirrematica. In molti c;asi ralternanza nella un'op
epirrematica stessa scena tra canto e recitazione non sembra solo una necessita vera t
derivante dalla mancanza di piu di un attore in grado di eseguire un La parabasi const:
canto solistico, ma viene ricercata dal poeta per ottenere particolari anapestica (tant(
effetti drarnmatici. degli
ucr"CPO<fJU Si sviluppa, in particolare nell'ultimo Euripide, la tendenza ad affran­ altri .
carsi dalla responsione, con la composizione di lunghi pezzi astrofici castit
soprattutto per le monodie degli attori, che dovevano talvolta configu­ anapt
rarsi come brani di notevole virtuosismo, senza dubbio influenzati Lo pnigos grand
dalla nuova musica sperimentata in quel tempo ad Atene dai poeti del Ode e antode msen
cosiddetto Nuovo Ditirambo (tra cuí Melanippíde, attivo comunque esegu
fin dal secondo ventennio del V sec., Cinesia, Filosseno, Timoteo). divid~
Per i suoi canti la tragedia usa praticamente (con preferenze diverse da ment
parte dei singoli autori, che esamÍneremo) tutti i ritmi a disposizione; l'aut(
i poeti campongono talvolta strofe domínate da uno di talí ritmi, talvolta Epirrema e cansí
ne uniscono tra loro di diversi. Una notevole polimetria (a volte assoluta­ antepirrema tetrru
dove'

6. Neí Persiani e nelle Supplici di Eschilo. opere prive di prologo in trimetri, glí
anapesti di in gres so del coro si collocano all'inizio della tragedia. 7. Q
LI:-.lEAMEKfI DI STORIA OELLA VERSlfICAZIONE GRECA 33

mente abnorme rispetto alle epoche precedenti) si riscontra nell'ultimo


fari Euripide. Particolare sviluppo rispetto agli sporadici usi precedenti neHa
lito lirica corale assume il docrnÍo (usato in genere in contesti di agitazione
do; o lamento), ma anche, soprattutto ancora con l'ultimo Euripide, la lirica
.ere anapestica, articolata in lunghi sistemi per lo pili privi di responsione .
:sti,
)ro
'ari 2.5.2. La Cornrnedia Antica
~tri Nella Cornmedia Antica una struttura composItIva caratterística di
luti La struttura alcune partí fondamentalí e, come si e accennato, quella epirrematica, in
:rsi epirrematica cuí sezioni liriche si alternan o a sezioni recitate o recitative. Nella
pa­ La sizigia cosiddetta sizigia epirrematica abbiamo una coppia (si7igia «unione»,
gli epirrematica «coppia») ciascun componente della quale eformato dalla successione di
)ri. una parte lirica (odejantode) e di una sezione recitata o recitativa in
ia, tetrametri di qualche specie (epirrema/antepirrema). Questa struttura
al, fondamentale e spesso ampliata da altre componenti. Cosi avviene in
Jiu La parabasi quella parte peculiare della commedia detta parabasi, in cui, usciti di
lel scena gli attori, íl coro, piu volte tralasciando la finzione scenica, sfila
lpi (1tapa~aív(ü «procedo», «avanzo») rivolgendosi direttamente agli
10, spettatori, nei casi in cui essa si presenta in forma completa (nella
Jel fattispecie negli Acarnesi, nei Cavalieri, nelle Vespe e negli Uccelli di
do 11 kommation Aristofane). In questi casi essa viene introdotta dal kommation, saluto di
lla congedo del corifeo agli attori che escono, la cuí forma metrica varia da
Ila un' opera all'altra: talvolta e in metri lirici, talvolta no. Segue la paraba si
ita vera e propria, nella quale si concentra il colloquío con il pubblico: essa
un La parabasi consta normalmente di tetrametri anapestici catalettici kata stichon
an anapestica (tanto che questa sezione veniva designata talvolta anche come quella
degli «anapesti»), ma tal ora sono usati anche, in ripetizione stichica,
.n­ altri tipi di versi lunghi (ad esempio nelle Nuvole gli eupolidei, versi
lel costituiti da due cola di tipo sostanzialmente eolico). La parabasi
;u­ anapestica era conclusa da una successione anapestica eseguita con
11i Lo pnigos grande concitazione, de1ta pnigos (= soffocamento); a questo punto si
lel Ode e antode inseriva la sizigia epirrematica, in cuí le odi in responsione (ciascuna
uc eseguita da uno dei due semicori in cui si doveva in queste occasioni
dividere iI coro) contenevano in genere invocazioni agli dei e alla Musa,
:la mentre gli epirremi esprimevano contenuti diversi, quali ad esempio
le; l'autoelogio del coro, il lamento suBe condizioni politiche e sociali,
la Epirrema e consigli politici. Epirrema e antepirrema, formati dallo stesso numero di
:a­ antepirrema tetrametri trocaici catalettici (16 o 20, comunque un multiplo di 4),
dovevano essere eseguiti in recitativo dai corifei dei due sernÍcori 7. La

gli
7. Quanto ai casi in cui la parabasi si presentava in forma incompleta: neIle
r 34 CAPITOLO 2

simmetria nella costruzione delle partí della scena e probabilmente da


mettere in relazione col fatto che la sizigia era, come sembra certo,
La sizigia
giambica
giamb
costill
accompagnata da movimenti di danza. La sizigia epirrematica era alla e apIX
base anche di quell'altra scena peculiare deHa Commedia Antica, deHo!
L'agone l'agone, che vedeva il contrasto fondamentale tra due personaggi opere
«nemici» con intervento del coro. Nella sua forma completa esso si goden
Ode presentava costituito da: ode, con il commento del coro sullo scontro 11 prologo Inizia'
katake­ che stava per cominciare; katakeleusmós (= «invito»), breve csortazio­ La parodo scene
leusmós ne del coro rivolta al primo personaggio affinché prenda la parola, veniva
espressa neHo stesso metro (tetrametri anapestici catalettici o tetrametri a sezi<
giambici catalettíci) in cuí si svolgera subito dopo il discorso di ora in
epirrema quest'ultimo (epirrema), punteggiato da repliche dell'avversario ed tutto
pnígos eventuali interruzioni del coro o di un personaggio buffo (il bom%­ signifi
chos, buffone). L'epirrema sfociava in una parte finale condotta Gli episodi serie d
concitatamente nello stesso ritmo. La seconda parte dell'agone era era il
costituita (prima di andare eventualmente a concludersi con una L'esodo comm
sphragís, di forma metrica varia nei Cavalieri essa e in prosa -, in cui compl
il coro talvolta pronunciava le lodi del vincitore del dueHo oratorio), da recita;
Antode antode e antikatakeleusmós del coro, quindi da antepirrema e antipni­ La liri
antikatake­ gas dell'altro personaggio (con le possibili interruzioni di cui si e detto) di qUé
leusmós,
antepirrema,
non necessariamente in stretta corrispondenza quanto al numero dei casi C(
antipnígos versi impiegati. In antikatakeleusmós. antepirrema ed antipnigos pote­ numel
vano essere usati tetrametri e successioni nelIo stesso ritmo delle parti
corrispondenti della prima sezione: in questo caso si parla di agone
isoritmico, oppure potevano essere adoperate sequenze di ritmo diverso 2.5.3. La Commedi
(precisamente tetrametri e cola giambici se nella prima parte erano stati
usati tetrametri e cola anapestici e viceversa) e alIora l'agone e detto Lo sv
eterori tmico 8. Affine alla sizigia epirrema tica era la sizigia detta framn
zione
aristo
Nuvole (vv. 510-626) manca lo plligos; nella Pace (vv. 729-818) mancano epirrema parab
ed antepirrema; nella Usistrata (vv. 614-705) e nelle Ralle (vv. 674-737) e presente trovía
solo la sizigia epirrematica (nella prima deBe due commedie essa e raddoppiata, si ad i
vista la presenza di due cori, quello dei vecchi e quello delle donne); nelle conch
Tesmoforíazuse (vv. 785-845) mancano kommalion, ode, antepirrema ed antode; artícn
neHe ultime due commedie aristofanee in nostro possesso (Ecclesiazuse e Pluto) la
parabasi e assente. Una sizigia epirrematica interpretata dai critici antichi come
seconda parabasi, priva dunque deBe sezioni non in responsione, compare dopo la
prima parabasi in ale une commedie (Eq. 1264-1315; Pax 1127-1190, con brevi dello p,
Pllige alla fine di epirrema ed antepirrema; Av. lO58-1117; Vesp. 1265-1291, dove sono p
probabilmente la mancanza dell'antode e da spiegarsi con una caduta meccanica 9. Ac
di questa parte del testo nel corso della tradizione manoscritta). conclul
8. L'agone e presente in tutte le commedie di Aristofane a noi giunte ad monos
eccezione di Acarnesi, Pace e Tesmoforiazuse; ale une commedie presentano due e breve
agoni (si tratta di Cavalieri, vv. 303-456; 756-940; Nuvole, vv. 949-11 04; 1345-1451; 416-43
Vespe, vv. 334-402, in cui manca l'antipnigos; 526-724; Uccelli, vv. 327-399, privo eoffer
LINEAMENTI DI STORIA DELl.A VERSIFICAZIONE GRECA 35

La sizigia giambica, in cui le parti che sí alternavano a quelle liriche erano


giambica costituite da trimetri giambici. Oltre all'agone e alla parabasi, di cui si
e appena parlato (e che si collocavano in questa successione al centro
dello spettacolo) la commedia, a quanto almeno si puó dedurre dalle
opere di Aristofane in nostro possesso, aveva altre partí fisse, pur
godendo di una liberta estremamente maggiore rispetto alla tragedia.
11 prologo Iniziava con il prologo, affidato agli attori e articolato in una o piu
La parodo scene in trimetri giambici; la scena d'ingresso del coro, detta parodo,
veniva realizzata in modi molto diversi, ora unendo sezioni liriche
a sezioni non liriche (ad esempio la parodo delle Nuvole, vv. 263-475),
ora inserendo anche sezioni in prosa (Ran. 295-311), ora facendo del
tutto a meno del canto (ad es. nei Cavalieri). Un'altra componente
significativa, in genere posta dopo la parabasi, era costituita da una
GIi episodi serie di episodi, separati da brevi canti corali, in cui il metro dominante
era il trimetro giambico: vi si inserivano monodie e dialoghi lirici. La
L'esodo commedia si concludeva con resodo, che aveva una realizzazione varia,
comprendendo per lo piu sia il canto (del coro o dell'attore) che la
recitazione.
La lírica della Commedia Antica ein genere di costruzione piu semplíce
di quella della tragedia 9; rispetto a quest'ultima essa colpisce per vari
casi ec1atanti di responsione anomala, che riguarda sia l'estensione o il
numero diversi di cola in responsione, sia il loro aspetto ritmico.

2.5.3. La Cornrnedia di Mezzo e la Nuova


Lo sviluppo successivo della commedia, su cuí siamo ínformati solo
frammentariamente, sembra muoversí nella direzione di una diminu­
zione dí importanza del coro, gia rilevabile nelle ultime due commedie
arístofanee da noi possedute (Ecclesiazuse e Pitao), dove manca la
parabasi e dove, in luoghi in cui ci aspetteremmo un canto corale,
troviamo nei nostri manoscritti l'indicazione Xopou che doveva riferir­
si ad interventi «del coro» non composti per la specifica occasione. La
conclusione di questo processo ci appare nella commedia di Menandro,
articolata ormai in una serie di atti in trimetri giambici (non senza la

dello pnigos; 451-626. Gli agoni di Ecclesiazuse (vv. 571-709) e PiuLO (vv. 487-618)
sono privi delle quattro parti in responsione (nel Pluto manca anche rode).
9. Accanto al comune modo di composizione per coppie strofiche eventualmente
concluse da epodo troviamo nella commedia alcuni esempi di composizioni
monostrofiche, costituite dalla ripetizione di una medesima strofe, sempllce
e breve: Ach. 836-859; Eq. 973-996; 1111-1150; Thesm. 959-968; Ran. 397-413;
416-439; 814-829. Un esempio di questo tipo di struttura nel dramma satiresco
e offerto da Eur. Cyci. 495-518.
-
36 CAPlTOLO 2

presenza, per il dialogo, di altri versi, quali soprattutto il tetrametro Ma8


trocaico catalettico, ma anche iI tetrametro giambico catalettico) sepa­ dotti
rati da interludi corali, per i quali ci resta solo la medesima sigla quan
Xopoü. La presenza nelIa Commedia Nuova di brani lirici affidati agli cuí 1
attori, testimoniataci da alcuni frammenti, sembra legata solo a parti­ ment
colari situazioni sceniche. Il declino del coro dovette comunque essere língu
graduale, visto che continuiamo a trovare nel periodo cosiddetto della ísocr
Commedia di Mezzo frammenti da brani corali. posi;,¡
ritm<
nostI

2.6. La produzione ellenistica e la produzione dell'eta imperiale

Caratteristica della nuova musica delIa fine del V sec., alla quale ab­
biamo gia accennato, era stata la scelta di metri semplici: essi continuano
ad essere usati anche nella successiva epoca ellenistica soprattutto per
La lirica canti religiosi e popolari, articolati in semplice forma monostrofica (i
cantata metri preferiti sono eolici, ionici, e anche giambi). Lo spettacolo ellenisti­
co, a parte la continuazione della tragedia classica che ci resta per lo piu
oscura, dato il quasi totale naufragio dei testi, e quella della commedia
nena Commedia Nuova, che abbiamo gia visto, mostra una predilezione
per esibizioní di tipo antologico, in cui, accanto a riprese di brani di
epoca precedente (in genere eseguiti col canto, anche quelli trimetrici), ne
vengono prodotti di nuovi, sulla falsariga delle arie tragiche, come il
celebre Lamento dell'esclusa, in ritmi docmiaci, cretici, anapestici. Predo­
La lirica mina peró una lirica da lettura che vede, soprattutto nel III seco a.c., la
da lettura sperimentazione in questo nuovo ambito con forme metriche derivate
dal periodo arcaico: sequenze in uso neIla lirica ora adoperate per la
prima volta kata stichon; varíe combinazioni epodiche (non senza
l'immancabile distico elegiaco). Non manca la creazione di versi stichici
e forme epodiche nuovi. Notevole, per la personalita di a1cuni degli
I versi stichici autori (Callimaco, Teocrito, Apollonio Rodio), l'uso dei versi stichíci
tradizionali tradizionali, quali esametro (che raggiunge in Callimaco punte di raffina­
ta stílizzazione) e trimetro giambico (con una ripresa del coliambo).
Esametro e trimetro saranno costantemente usati anche nella successiva
epoca imperiale, in cui il primo sara sottoposto a ulteriori, severe regole
da Nonno (V seco d.C.) e dai suoi seguaci. Quanto alla lirica la
persístenza dall'epoca precedente di una limitata varieta nella scelta dei
metri sara interrotta solo nel II-UI secolo da un risveglio di interesse in
questo campo: ricordiamo soprattutto le composizioni in cretici e anape­
sti di Mesomede, attivo in epoca adrianea. Quanto al resto, i metri
«lirici}} piu usati sono i giambi, soprattutto nella forma del dimetro
catalettico, iI cosiddetto emiambo, gli ionici nella forma del sotadeo ma
soprattutto del dímetro anacIomeno.
LlNEAMENTl Dl STORIA DELLA VERSIFICAZlONE GRECA 37

Ma anche se in quest'epoca e fino ad un periodo assai phI tardo, i poeti


dotti continuarono a comporre secondo gli schemi della versificazione
quantitativa, dalla (tarda) epoca ellenistica era iniziato un processo per
cui l'accento venne gradualmente ad acquistare carattere dinamico,
mentre scomparivano a poco a poco le differenze quantitative della
lingua greca, con le vocali che finirono col diventare (ca. 400 d.C.) tutte
isocrone. Dalla composizione di versi con una regolamentazione nella
posizione dell' accento (in fine di verso) si arrivera ad una poesia il cui
ritmo era fondato sull'accento dinamico: i piu antichi documenti in
nostro possesso risalgono al IV-V seco d.C.
dal p
succe
CAPITOLO 3 ta e <l
Se ur
prece
l'ultir

JI. 4, 404 'l'EÚOI

Prosodia Sono
alfa .m,
• nel
pa p,
ya (d
crá ne
epsilon • sen
omicron • nell
• nei
• nel
3.1. Definizione • nel
• nel
Nell'ambito degli studi sulla versificazione classica, con il termine iota • nel
prosodia si intende oggi comunemente la disciplina che studia la
quantita delle vocali e delle sillabe. • nel
Di ale une nozioni fondamentali relative alla interpretazione prosodica • nel
della lingua greca abbiamo gia parlato nel cap. 1, anticipandone la • nel
crcpL
trattazione per esigenze di chiarezza espositiva. Quanto ai criteri per la
divisione in sillabe e la definizione della quantita di queste ultime
Non
bisogna fare ora una serie di precisazioni: come abbiamo in parte
anticipato, esse riguardano da un lato fenomeni che si verifican o quando alfa • cor
nel continuum verbale si troyano a contatto due vocali, dall'altro il es. m
comportamento di particolari consonanti o gruppi di consonanti. assev
• nel

3.2. Fenomeni relativi al contatto tra due vocali 1. Si


parolt
2. E:
3.2.1. L'elisione 233.
3. E
Si ha elisione (un fenomeno che corrisponde ad una tendenza della 4. e
lingua parlata) quando una vocale breve (generalmente di timbro a, e, 5. e
o) posta alla fine di un vocabolo scompare (e quindi non ha piu valore 6. T
PROSODIA 39

dal punto di vista prosodico) davanti alla vocal e iniziale del vocabolo
successivo. Quest'ultima vocal e puó essere di qualsiasi timbro e quanti­
ta e avere o no aspirazione.
Se un vocabolo si conclude con una sillaba costituita da vocale breve
preceduta da una sillaba aperta in vocale breve, puó essere elisa solo
l'ultima vocale, mentre quella che precede non subisce cambiamenti:

!l. 4, 404 'l'lOÚOlO' ¿rna'tÚJ.1lOVo<;

Sono regolarmente elidibili 1:


alfa ein vocaboli di due o piu sillabe 2;
e neí monosillabi:
pa partícella enclítica epica (= apa);
ya (dorico = ylO);
aú nel nesso nI mí;
epsilon e sempre (tranne casi isolati per cui v. oltre), anche nei monosillabi 3;
omicron e nelle terminazioni verbali 4;
e nei neutri singolari (tranne i casi indicati oltre);
e nelle preposizioni arcó e úrcó;
e nel numerale Oúo;
e neU'avverbio 0lOUpO;
lne iota e nelle terminazioni verbali 5;
la
e nelle preposizioni aJ.1q>í, av'tí, ¿rcí;
e nell'avverbio i:n (e quindi in oÓKÉn, J.1llKÉn, rcpoaÉn);
lea
e nelle forme del dativo plurale dei pronomi personali aJ.1J.11., UJ.1J.11.,
la
aq>1..
la
lIle
Non si e1idono invece:
rte
do a(la e come risuIta da quanto detto sopra, in quasi tutti i monosillabi (ad
il es. nella forma 'tú, nom. acc. plur. neutro dell'articolo, nella particella
asseverativa J.1ú);
e nel vocativo ava (da ava;) 6;

l. Si noti che in quanto segue non si prendera mai in considerazione l'elisione in


parole composte.
2. Esempi dalle varie categoríe di vocaboli sottoposti al fenomeno in K.-B. 1,
233.
3. Esempi in K.-B. 1, 233 s.
Ila 4. Cfr. K.-B. 1, 234.
e, 5. Cfr. K.-B. 1, 234.
,re 6. Tranne che in [Hom.] Hymn. in Apoll. 526.
...
40 CAPITOLO 3

epsilon _ neU'accusativo del pronome di terza persona singolare (F)r. 7;


- nella t
omicron _ in monosiUabi come: che in C
il relativo neutro o; - nel su
l'articolo neutro 1:Ó; hypsiloll
la preposizione rrpó;
_ nei genitivi in -(io e -010 (tranne che varie volte nella lirica corale 8 Talvolt::
e occasionalmente in iscrizioni); -al vien
iota _ neHe preposizioni axpl, fléXPl, rrepí 9; - neUe .
_ nel pronomeíaggettivo interrogativo e indefinito ("CÍ, 1:1) l0; dei poe1
_ neUa congiunzione 01:1 11; - neHe .
_ neUa terminazione del dativo singolare della terza declinazione (tran­ media 2(
ne che a1cune volte in Omero 12 e in qua1che raro caso successivo 13);

corregge
incerto (.
7. Tranne probabilmente che in ll. 24,154 (e forse ll. 4,315; 16,545; Od. 5, 135; vo, invec
23,335). Cfr. Chantraine, GH I, 119. si intervi
8. L'elisione dell' omieron del genitivo in -OtO e probabile anche in un caso per elim
archilocheo (fr. 120, I W., per cui cfr. Degani, in Burzacchini, 31, ad loe.); essa non propost(
e invece da ammettere in ll. 11, 35 (cfr. B. Hainsworth, The !liad: a Commentary, 326, a pi
IlI, Cambridge, 1993,221, ad loe.). 14.- In;
9. Tranne forse che, per quanto riguarda quest'ultima preposizione, in Pindaro sillabica
(cfr. 01. 6, 38, Pvth. 4, 265), dove comunque e anche possibile pensare (cfr. (a{1tu 0:1
Braswell, 366 s., ~d v. 265d) ad una forma alternativa della preposizione (m':p), K,-A. (e
attestata effettivamente in eolico e in altri dialetti. In [Hom.] Hymn. in Herm. 152 e'e cm p
bisognenileggere non m:p' iyvÚGl, bensi, con B. Forssman (ZVS 79, 1964-1965, proposil
28-31 ), m: pi yvuaí; elisione di RE pí sembra invece da vedere in Theocr. C?) sel-Aust
dove 1tEP' iyvúlJatv puó essere considerata come una ripresa dall'lnno ad Hermes, 15. Cfl
il che non dimostra peró la presenza di una tale elisione nel possibile modelIo, ma 16. Cfi
solo che iI testo di quest'ultimo era cosi interpretato dal poeta ellenistico (cfr. 17. Cf
Forssman, arto cit., 30 n. 3; Braswell, loe. cit.). elisione
)O. Casi di apparente elisione, come Theocr. 30, 12 ('tí €axarov) e forse
18. Cf
Empedocle, fr. 17,30 D.-K. (n {;myívE'tUl) e 115, 1 D.-K. (n 'AVÓ.yKT\C; v.I.), 19. In
sono invece probabilmente da interpretare come esempi di perdita dell'autonomia o quattl
sillabica dello iota finale (per cui V. oltre, p. 49 s.). West, (
11. Tranne forse che nell'epica (cfr. ad es. ll. 1,244,412; 4, 5, Od. 8, 78; produzi
14,366), a meno che in questi casi non si debba pensare ad un o n:, regolarmente ellenisÜ
eliso, con il significato dion (cfr. J. van Leeuwen, Enchiridium dictionis epicae, attestati
Lugduni Batavorum, 1918 2,218), oppure anche in questo caso a perdita dell'auto­ lirica ce
nomia sillabiea di iota in fine di paro1a. Lo stesso vale per TheocL 11, 54 (cfr. 418 e ¡:
Gow, Theocritus, ad loe.) e 79; 16,9, e per Emped. fL 139, 1 D.-K. e possil
12. Cfr. Chantraine, GH 1, 86. oltre, p
13. Ai vv. 265, 1326, 1329 della silloge teognidea; nell'Alessalldra di Licofrone ai zione d
vv. 894, 918; in iscrizioni; dei rarissimi casi rintracciabili in tragedia (elenehi in discussi
Sophocles, The Plays and Fragments, with Critical Notes, Commentary, and adacce
Translation in English Pros e by R.e. Jebb, II: The Oedipus Coloneus, Cambridge, 20. Cl
19002, 289 S.; G. Müller, Hermes 94, 1966, 260-263) la maggior parte o e da verbali
PROSODIA 41

• nella terminazione del dativo plurale della terza declinazione (tranne


che in Omero e in Esiodo);
• nel suffisso avverbiale -í;
hypsilon viene eliso solo nell'eolico urrú = cmó 14.

Talvolta subiscono elisione anche i dittonghi -al e -Ol.

-al viene eliso:


• neHe terminazioni verbali medie e passive 15 nell'epica 16, nella lírica
dei poeti di Lesbo 17, in Pindaro 18, neHa commedia 19;
• neHe terminazioni degli infiniti attivi in SatTo e Alceo e neHa com­
media 20.

correggere per motÍvÍ di senso (Aesch. Suppl. 7; Eur. Ale. 1118) o presenta un testo
¡., incerto (Aesch. Pers. 850), oppure e meglio interpretabile in altro modo (accusati­
vo, invece chc dativo singolare, eliso: Aesch. Pers. 913, Soph. Trach. 675), cosicché
si intcrviene di solito sul testo dei rimanenti (Soph. O.e. 1435 s.; Eur. fr. 21, 5 N. 2 )
:)
per eliminare I'anomalía; anche per questo fenomeno c'e stato comunque chi ha
:1
proposto di pensare a perdita dell'autonomía sillabica di iota: cfr. Kapsomenos,
326, a proposito di Aesch. Pers. 850.
14.- In alcuni casi probabilmente bisognenl riconoscere una perdita dí autonomía
sillabica dello hypsilon: cosi in Orac. 100,2 P.-W. (acrtu eptKlJ8ÉC;) e 382,4 P.-W.
(abtu am::vavtíov); in Theocr. 15,30 (ltOAÚ, altAl1crte) e in Antiphan. fr. 142, 10
K.-A. (OUx Tjóú; e¡.toi ¡.tEV ¡.teta tO ltAOlJ't'elV 8eún:pov): per quesfultímo brano
c'e chi preferisce invece pensare a iato e chi alla possibilita di elisione (cfr. aquesto
proposito le indicazioni bibliografiche fomite nell'apparato dell'edizione di Kas­
se1-Austin ad loe.).
15. Cfr. K-B. 1, 237 s.
16. Cfr. Chantraine, GH 1, 86.
17. Cfr. Lobe1, :LM, LXI, da vedere anche per altri esempi in Saffo e Alceo di
elisione di -al e per quelli di elisione di -01.
18. Cfr. K-B. 1, 238.
19. In tragedia fra i ran casi tramandati nel dialogo possiamo accettarne tre
o quattro (Eur. l. T. 679; I.A. 407; [Eur.] fr. 1080,2 N. 2 ; TrGF 1,39 F 29 (Agatone):
West, GM, 10 e n. 15 parla in proposito di un fenomeno occasionale della
produzione tragica piu tarda; cfr. anche TrGF II F705 blO, presumibilmente
ellenistico, addotto da Diggle 1984, 67 = Id., Euripidea, 313); quanto ai casi
attestati neHe sezioni liriche, che potrebbero trovare appoggio dal confronto con la
lirica corale (a parte Eur. Ion 1063-1064. che offre un testo corrotto). Eur. H.F.
418 e probabilmente da correggere, in Soph. Ai. 197, Trach. 216, Eur. El. 486
e possibile pensare per il dittongo finale ad un abbreviamento in iato (per cui v.
oltre, p. 43 s.), soluzione senz'altro da scegliere per Eur. Ale. 90 (con l'interprcta­
zione dcl relativo (i nell'antistrofe, v. 102, come neutro plurale). Per una recente
discussione del problema dell'elisione di -(11 in tragedia cfr. Hose, 32-43, propenso
ad accettare la maggior parte dei casi.
20. Cfr. Hose, 35 n. 15, anche per gli esempi comici di elisione in termínazioni
verbali medie e passive.
42 CAPITOLO 3
--
-OL viene eliso: • quellc
esse con
• nel dativo dei pronomi personali enclitici nell'epica 21 e nei Lesbii 22.
come t)
L'elisÍone di JlOL nell'elegia e nel giambo ionici e di OtJlOt in attico Aristoph. Lys. XropEt '(
davanti a vocale lunga o dittongo (O) o ou) potrebbe essere interpretata 605
anche come sinalefe o crasi 13. Eur. I.A. 719 JlÉAAo)'
Il fenomeno della elisione nei díttonghi va interpretato con ogni probabilita in
questo modo: quello che avveníva era un índebolimento della seconda componen­
Aristoph. Nub. <ppácrO)'
1354
te del dittongo, e una sua successiva caduta, con conseguente elisione di alfa breve
o omicron, diventate finali: -IlUl Eyro > * -Ila Eyro > -1l'Eyro. • queIlc
etc.):
Ricapitolando si puó dire che:
sono generalmente soggetti all'elisione í polísillabi in -a, -E, -o, e cosi Aristoph. Ach. líxOoJla
pure i monosillabi in -E; non vi sono invece soggetti in genere gli altri 62
monosillabi. L'elisione di iota avviene soprattutto, oltre che in alcune • l' alfa
preposizioni, nelle terminazioní verbali.
Nella lingua poetica il fenomeno dell'elisione, come vedrem0 24 , SI Aristoph. Lys. tib 'nol..
734
rarefa nei poeti piu controllati a partire dal periodo ellenistico.
I1 fenol
3.2.2. La prodelisione poesía (
= fr. :
Prodelisione, o elisio inversa (meno bene aferesi), e detto un fenomeno epigrafi
(molto piu raro dell'elisione) che si ha quando nella successione di due fare COI:
vocaboli, di cuí il primo termina con vocale lunga o dittongo e il jI prime
secondo inizia con vocale breve, quest'ultima viene eliminata. Laprod
Le vocali brevi iniziali interessate aquesto fenomeno sono solo epsilon da forte
e alfa (aspira te o no): molto piu comunemente la prima, di rado la e cfr. in
seconda.
Subiscono prodelisione soprattutto: 3.2.3. Abbreviament(
• lo epsilon dell'aumento: Si ha a
Aristoph. o un tri1
Vesp.501 KEAT]1':icraL ' KÉASUOV
VIene a(
• lo epsilon iniziale di Ecr'tí 15:
Men. Perik. Esempil
296 noü 'crtlV
11.6,69

21. Cfr. Chantraine, GH 1, 86.


22. In quest'ultimo ambito si trova anche I'elisione di EIlOl davanti ad uu't't:pJ
uu't'Q.. Saffo elide anche il vocativo 'Pá1tCpOl (frr. 1,20; 94, 5 V.). 26. Cm
23. Per questi fenomeni v. oltre, p. 47 s. compostl
24. V. oltre, cap. 4, pp. 71 e 74. contra T
25. Tranne quando e preceduto dalle forme enclitiche del dativo del pronome di Oxford,
prima e seconda persona singolare: in tal caso si ha crasi (ad es. Ilovcr't'í): v. oltre, 27. Per
p.47. Prodelisi.
PROSODIA 43

• quello iniziale di preposizioni (€K, €V, €~, f;rrí, €<;) e dei vocaboli con
esse composti (sostantivi, forme verbali, e anche avverbi e congiunzioni
come €yyú8sv, ev80v, €v8ú8s, eVTau8u, errst8tí, errElTa):
Aristoph. Lys. XropSl'<; 1:i¡v vuuv
605
Eur. l.A. 719 ¡.t¿t.t.oy 'rri 1:UÚ1:lJ

Aristoph. Nub. <ppúcrw' 'mn8tí


1354
• quello iniziale del pronome di prima persona singolare (t'(ro, E¡.tÉ,
etc.):
Aristoph. Ach. ax 80 ¡.tat ''(ro
62
• l' alfa iniziale della preposizione arró e di parole con essa composte:
Aristoph. Lys. €w 'rrot.¿cr8at
734
11 fenomeno della prodelisione cí e noto quasi esc1usivamente dalla
poesia drammatica (rari gli esempi nella lirica, ad es. Anacr. PMG 385
fr. 86 Gent.: €K rro1:u¡.tou 'rruv¿pxo¡.tat); molto rari gli esempi
epigraficí inequivocabili. Spesso non e possibiIe decidere se si ha a che
farc con prodelisionc oppure con crasi o sinalefe (in particolare quando
iI primo dei due vocaboIi ha carattere prepositivo come Tí, ¡.ttí 26).
La prodelisione ha luogo anche se le due paro le interessate sono separate
da forte interpunzione (come si vede gÍll da alcuni casi riportati sopra,
e cfr. inoltre, ad esempio, Soph. Phi/o 591 M'(w' 'rri 1:OU1:Ov) 27.

3.2.3. Abbreviamento in ¡ato

Si ha abbreviamento in iato quando una vocale lunga, un dittongo


o un trittongo (SlJ, EQ), posta all'interno o, piu spesso, in fine di parola,
viene ad essere abbreviato davanti ad un'altra vocale.
Esempio del fenomeno con vocale lunga in fine di parola:

JI. 6, 69 ¡.tt¡.tvhro &<; K€ rrt.slcrúi <p~p&v irrt v~a<; TKi11:Ut.

26. COS! ad esempio nei casi in cuí la preposizíone uvá e parole con essa
composte fanno seguito a IllÍ (un elenco dei casi nei tragici in Aeschylus, Septem
contra Thebas, Edited with Introduction and Commentary by G.O. Hutchinson,
Oxford, 1985, 221, ad v. 1076).
27. Per maggiori particolari sul fenomeno cfr. K.-B. 1, 241-243; M. Platnauer,
Prodelision in Greek Drama, CQ 10 (1960), 140-144.
pe

44 CAPITOLO 3

Esempio con dittongo in fine di paro1a: 380); fJ


HippoIJ
omega ro e at
collegal
Esempio con vocal e lunga all'interno di parola: 4, 58 31 ;
11; S 1.
ll. 2, 415 ateaA6f:v, Ttp~O'at i5~ TtUpÓC; OTltOtÓ eÓpi::'tpa.
Ma phi
Esempio con dittongo all'Ínterno di parola:
alfa iota al eab!
Aristoph. 14, 15;
Vesp. l65
EuphOI
L'abbrevia­ In fine di parola il fenomeno e comune nei bicipitia dei versi nell'epica in Esiol
mento in iato (da cuí la denominazione di correptio epica) e nell'elegia di eta arcaica, in diver
in fine ([Orph.
di paro la
ma compare anche nelIa successiva produzione esametrica ed elegiaca
e anche nella lirica (limitato pero qui quasi esclusivamente a ritmi con 230 seo
doppia breve, sia essa in dattili, anapesti 28, cola enopliaci, sia essa in nei poe
docmi, coriambi, eolo-coriambi, ionici) 29. (Hippo
nelIa til
Esempi di questo abbreviamento al di fuori delI'epica: vaírov
aioJ,oTt
Archil. (J(pi::vi56vu'í, EO't' av 5~ flroAÓV "Ápiíc; O'uviÍyij (pentametro In una CA 149
fr. 3, 2 W. composizione elegiaca) nel teat
TtaAatÓl
Aristoph. ~ut5 lLfl<Pi floi aO'ts, <!>otW liva~ (colon composto da coriambo e giambo) 1264)?;
fr. 12, ~
Aesch. Suppl. TtÓAloÓXOÜC; 'tE Kui: of XEGfl' 'Epacrfv06 (trimetro ionico)
1020 omicron iota 01 e ab1
nei poe
Soph. Ai. 349 1l6voi ~Ilrov <piAroV (docmio). bilment
fr. eleg.
L'abbrevia­ All'interno di parola troviamo il fenomeno (senza distinzione tra tipi di in divel
mento in iato verso e in ogni posizione) con vocali 1unghe.
all'ínterno pedo fr.
di parola nelIalit
eta 11 e abbreviato spesso nei casi obliqui dell'aggettivo 51Íloc; (<<ostile») in fr. 2
Omero (si veda l'esempio riportato sopra da Il. 2,415) e ne1 medesimo attico:
aggettivo in Nonno (Dionys. 14, 401 etc.); cfr. anche ~É~A11at (n. 11, nel teat
BOlroté

28. lnteressati al fenomeno anche glí anapesti non liricí del dramma attico (cfr.
ad es. Eur. Med. 1085) e iI tetrametro anapestico catalettico delIa commedia (cfr. 30. Pe]
ad es. Aristoph. Nub. 321). ad v. 15
29. Al di fuori di quest'ambito cfr. ad es. Pind. O/. 2, 83, 92 (cretici e giambi); 01. 31. CfJ
14,2, Nem. 3, 39 (giambi); fr. 140b, 2 M. (?) (dímetro coriambico B); Bacchyl. díth. 32. Pe!
16, 20 (?) (parte giambica di un dimetro coriambico-giambico). Gomme
PROSODIA 45

380); i11rov (Od. 5, 368); eplÍl~lv (Archil. fr. 93a, 6 W.; e v. anche
Hippon. frr. 72, 5 W. 72, 5 Deg.; 127 W. 125 Deg.). 30
omega ro e abbreviato in forme del vocabolo ñpros ed aggettivi ad esso
collegati (Tyrt. fr. 17 W.; Ibyc. S 151, 19 Davies; Pind. Pyth. 1, 53; 3, 7;
4, 58 31 ; Nem. 7, 46; fr. 133, 5 M.); cfr. anche Tprotas (Stesich. S 89,
11; S 118,6 Davies); TprotAOs (Q.S. 4, 155; 419).

Ma piu spesso con dittonghi; vediamo una serie di esempi:


alfa iota e
m abbreviato ín Omero: xallalEuval, -vá<ks (l!. 16,235; Od. 10,243;
14, 15; cfr. anche Emped. fr. 127, 1 D.-K.; Eub. fr. 137, 1 K.-A.;
Euphor. fr. 161 Powell; Nic. Ther. 532); EIln:alOv (Od. 20, 379);
in Esiodo: ymlÍ0Xov (Theog. 15);
in diversa poesía esametrica: AilÍT'lls ([Orph.] Argon. 1022); ucnpan:atos
([Orph.] Hymn. 15, 9; 20, 5); vaíEcrKE (Opp. Cyn. 2, 311); yaír¡s (Q.S. 2,
230 seeondo i codici; orac. ap. Eus. PE IV 9, 2 v. 14);
nei poeti giambici ed elegiaci: YEpalOús (Tyrt. fr. 10, 20 W.); ociAmos
(Hippon. fr. 36,4 W. = fr. 44, 4 Deg.);
nella lírica: Ar¡8aíou (Anacr. PMG 348, 4 = fr. 1, 4 Gent.); 'A8a­
vaírov (Bacehyl. dith. 17, 92); n:alávl~av (Bacchyl. dith. 17, 129);
atOAon:TÉpuyov (Teleste PMG 805c, 2); I1an'¡ova (peana di Limenio:
CA 149, 18);
nel teatro attico: spesso forme di oÓAalOs (in tragedia solo nella lirica),
n:aAmós, '(Epmós, I1ElpmEúS; atat; efr. inoltre aiffipms (Soph. O. T.
1264)?; , A8r¡vaírov (Eup. fr. 37 K.-A.; e v. anche Pherecr. fr. 39; Polyz.
fr. 12, 3 K.-A.); (jHAa8lÍvalOs (Aristoph. Vesp. 283) 32.
omicron iota e
Ol abbreviato in Omero: olos (TI. 13,275; 18, 105; Od. 7, 3]2; 20, 89);
nei poeti giambici ed elegiaci: TOLOlho s (Semon. fr. 7, 70 W.; e proba­
bilmente ad. ta. 11, 7 W.); '(AOlOtí (Sem. fr. 8 W.); uOOlácnros (Anacr.
fr. eleg. 1 W. = fr. 55 Gent.);
in diversa poesia esametrica: n:OllÍcras (Batrach. 93); Ún:ÉpqJAOla (Em­
pedo fr. 80 D.-K.);
nella lirica: {:;n:oíTJcrav (Sapph. fr. 32, 1 V.); n:OllÍm::ts (Anacr. PMG 354
= fr. 20 Gent.); BOlroTíOtcrlV (Bacchyl. fr. 21,4 S.-M.); ón:OtOs (scolio
attico: PMG 889, 1);
nel teatro attico: piu volte forme di TOlOUTOs, T01ÓcrO€, n:Ol€tV, ot€cr8at,
BOlroTÓS e anche otos; cfr. inoltre: I1oíavTOs (Soph. Phi!. 263, 329,

30. Per altri esempi di abbreviamento di eta ed omega cfr. West, Theogony, 157
adv. 15; ld., Studies, 79.
31. Cfr. Braswell, 140 S., ael loe.
32. Per una serie di possibili esempi in Menandro cfr. Handley, Dyskolos, 172 S.;
Gomme-Sandbach, 317, ad Epitr. 348.
pa

46 CAPITOLO 3

1261); no¡o~ (Aesch. Suppl. 911; Aristoph. Vesp. 1369); KOIcOlápxou~


3.2.4. Sinizesi. Crasi.
(Aristoph. Av. 1212).
Sínizesi Si ha si
epsílon eu e abbreviato in: IcEÚE1V (Hippon. fr. 37 W. = 46 Deg. 33 ); 811PEúEl
hypsilon (Hippon. fr. 43 W. 5 Deg.); EUOOVOV (Hippon. fr. 44 W. 45 Deg.); di due
sussegw
lXVEÚOOV (Pind. Pyth. 8, 35); EUllpdoa (Theocr. 24, 71); ÍKf:tEÚOO
(Herond. 3, 71)34; unocrKeulÍ (Ezechiele: TrGF 1, 128, 209); EUlÍVOpE~ articola
discusse
(A. P. 15,40, 31).
1:eóv).
hypsilon iota e
m abbreviato in: alcune forme di uíó~ (Omero: Il. 1, 489; 4, 473; 5,
612; 6, 130; 7, 47; 9, 84; 15, 244; 17, 575, 590; Od. 11, 270); 8uÍoVTa Il. 1, 1 MflvIv e
(Anacr. PMG 347, 17 = fr. 72, 7 Gent.).
11. 24, 769 oaéprov
epsílon iota El e abbreviato: forse in ópeíav (Eur. Ale. 446) e opeto~ (Eur. Hipp.
1127)35; iépElav (Men. Dysk. 496); cfr. anche I..IBtotrtat (Anon. De herb.
Crasi Si ha cr:
66, 87).
di un al1
Nella Commedia Antica sono sempre abbreviati la vocale lunga o il ne; la fl
dittongo posti davanti al suffisso dimostrativo -í: es. aÚ1:11í (Aristoph. coronid,
Ach. 20; Av. 301), 1:Otl1:ouí (Ach. 246; Vesp. 434). dei due
spirito ¡
L'abbreviamento di una vocale lunga davanti ad un'altra vocale (sia consona
all'interno che in fine di parola) e una tendenza generale del greco, pur crasi SO]
essendo ben lungi dal costituíre una regola, come in latino; quanto aí ele fon
dittonghi brevi, come quelli degli esempi sopra citati, non si tratta in breve n.
realta di un yero e proprio abbreviamento: il fenomeno va probabil­ = 1:o{m
mente spiegato come conseguente ad una pronuncia piu rapida della ela con
seconda componente del di ttongo, che si andava ad unire alla vocale • l'inter:
successiva, lasciando quindi aperta la sillaba precedente (mo-jen- in Od. lóvOp
1, 1; -la-jos in Aristoph. Vesp. 165). In certi casi, all'interno di parola, e il pror
la seconda parte del dittongo arrivava a scomparire nella sillabazione otoa =
e nella grafia, come e dimostrato da forme come nodv, doppione attico e la par
di nOldv 36. La scansione breve di dittonghi lunghi quali 1], qJ, q. (che f¡1:0t, oC
compare, sia pure raramente, soprattutto nell'epica) e probabilmente elpron
da spiegare con una tale caduta dcHo iota ed un successivo abbrevia­ es.: ~Ol
mento deBe vocali lunghe TI, 00, a 37.
La cras
vocabol
vocabol,
33. Nello stesso frammento il medesimo fenomeno e possibile anche nel vocabo­ in Arist.
lo iniziale eKÉAEuE: cfr. oltre, p. 135.
532 Klca
34. Cfr. Cunningham, 120, ad loe, ed inoltre cfr. Herond. 9,2 con il commento di
Cunningham, 204.
35. Cfr. Euripidis Alcestis, Edited with Introduction and Commentary by A.M.
Dale,Oxford, 1954,88; Barrett, Hippolytos, ad loe. 38. Da
36. Per un tale fenomeno in fine di parola cfr. Schwyzer, GG 1, 399 s. contrazio!
37. Cfr. Sch\vyzer, GG 1, 400. venivano
PROSODIA 47

3.2.4. Sinizesi. Crasi. Sinalefe


Sinizesi Si ha sinizesi quando assistiamo all'articolazione in una sola sillaba
El
di due vocali (de1le quali la prima e piu spesso epsilon) che si
,);
susseguono immediatamente all'interno di un vocabolo. La sillaba
articolata in questo modo e lunga (tranne pochissime eccezioni assai
discusse: Pindaro Pyth. 1, 56: OEÓC;; Prassilla, PMG 748, CA 160, 9:
.EÓV).
5,
:a

D.
b. erasi Si ha crasi quando tra la vocale finale di un vocabolo e quella iniziale
di un altro si arriva ad una fusione per contrazione o per dittongazio­
il ne; la fusione e resa evidente dalla scrittura (il segno adoperato e la
1. coronide, uguale aquello dello spirito dolee, omesso quando il primo
dei due vocaboli ha spirito aspro; se in vece e il secondo ad avere
spirito aspro, questo scompare, ma l'aspirazione si trasferisce neHa
consonante che precede, se essa e una occlusiva). Sono interessati alla
crasi soprattutto:
• le forme che escono in vocale lunga o dittongo e quelle in vocale
breve non elidibile dell'articolo e del pronome relativo; cs.: .ó eTCoc;
= 'WÚTCOC;; o E<pÓpEl OU<pOpEl
• la congiunzione Kaí; es.: Ka! &:yaOóc; K&:yaOóc;; Kai owv Xrow,v
• l'interiezione eh (soprattutto davanti ad alfa); cs.: eh avOprom;
rovOprom::
1, • i1 pronome personale ¿yro davanti a verbo ad esso accordato; es.: ¿yro
le oloa = ¿y<poa
o • la particella 101 e i vocaboli da essa composti (in particolare IltV'Wl,
le f¡.ot, oihot), soprattuUo davanti ad av ed apa; cs.: .01 av = .av
:e • i pronomi enclitici 1101 e 0'01, soprattutto davanti a ¿mí e ad ¿OóKE1;
1­ es.: 1101 ¿OóKEt 1l0UOóKEL.
La crasi interessa quindi quasi esclusivamente successioni di due
vocaboli, di cuí il primo e in realta una prepositiva, o comunque un
vocabolo meno «importante» del secondo; qualehe eccezione si trova

in Aristofane, che talvolta inverte que sto ordine di parole, ad cs. Pax
532 KAaúO'apa = KAaúO't;] apa, «dunque te ne pentirai».
li

1.
38. Da notare che spesso nei testi una grafia in due sillabe nasconde una
contrazione ormai consolidata nella pronuncia (ad es. in ambito ionico Ea, EO etc.
venivano normalmente pronunciate come una sola sillaba). Cfr. West, GM, 12 s.
F

48 eAPITOLO 3

Come si ricava dagli esempi sopra riportati la crasi avviene talvolta si trova
secondo le regole della contrazione, talvolta, vista la maggior impor­ un caso
tanza del secondo vocabolo, predomina i1 vocalismo di questo (come La ridu
ulteriore esempio di questo fenomeno citiamo: ó avi¡p, che in attico interessl
diventa &vi¡p, mentre in lesbico la medesima espressione, ó aVllP
diventa rovllP); lo iota di un dittongo appartenente al primo vocabolo Herond. 4, 66 Ó ~ou<; 1
si indebolisce e scompare (es. Kai BV1'aUOa KavmuOa, oí Blloi
001l0í). Vi sono infine esempi, molto piu rari, di crasi per dittonga­ Questo
zione; es.: 1'0 illánov = Oolllánov. nell'epi<
tragedi~
Sinalefe Quando la vocale finale (lunga) di un vocabolo e quella iniziale del
successivo vengono pronunciate in un'unica sillaba (lunga), senza che
ció sia evidenziato dalla scrittura, si parla di sinalefe (forse in tali casi 3.2.5. Fenomeni di p
non si arrivava ad una fusione del tipo della crasi: si puó pensare che ne
risultasse una particolare combinazione di suoni in cui erano udibili Dai cas
i timbri delle due componenti) 39. ed hyp.
In generale i casi di sinalefe vedono come primo dei due vocaboli propria
interessati: 'Ap 91l14
Quante
• monosil1abi terminanti in era come oi¡, 11 (soprattutto davanti ad 06), accetta!
ov, aAAá)
lí, ¡.ti¡ (soprattutto davanti a (in nI']"
be dun
JI. 20, 220 8<; 01] aq>VetÓ1'U1'o<; yivt:1'o Ovii1:'(~v lÍv9p6)m'íw
nel sen:
• il pronome personale i':yro ma, ce
nll Atá4
Soph. O.T.
332 lunga,
breve. :
• la congiunzione Erceí esempi
pensan
Soph. Phi!.
446 zione 1
dialeW
Ma non mancano anche casi con vocaboli di maggior peso: Quand
una ve
Sapph. fr. 1,
11 s. V. chiusa
con la
Oli editori, comunque, non si troyano sempre d'accordo, quando, essend
a parte i casi piu comuni, si presenta la necessita di scegliere fra crasi fr. 23,
o sinalefe. Cosi, per citare un caso, l'esempio ora riportato da Saffo che

41. ef
39. efe. Allen, VG, 99; West, GM, 13 ritiene invece che non si debba distinguere 42. M
fra i vari casi in cui due vocali si fondono in una sillaba e pensa che la crasi sia un GV152.
fatto puramente grafico. 43. e
40. efr. inoltre K.-B. 1, 229. 44. el
PROSODIA 49

a si trova cosi stampato nell'edizione Voigt da altri viene stampato come


'­ un caso di crasi.
.e La riduzione in una di sillabe appartenenti a vocaboli diversi puó
o interessare anche piu di due sillabe:
p
o

.­ Questo tipo di fenomeni deriva dalla lingua d'uso, e quindi e piu raro
nell'epica e neHa lirica corale, piu frequente nei versi dialogici di
tragedia e commedia, nei coliambi, e anche nd poeti di Lesbo 41.
:1
e
3.2.5. Fenomeni di perdita dell'autonomia sillabica di iota e hypsilon
e
J Dai casi di sinizesi vanno distinti alcuni altri in cui si ipotizza che iota
ed hypsilon, dopo consonante e prima di una vocale, perdano la
.i propria autonomía sillabica senza fondersi con la vocale seguente: es.
'Ap91l!á-OEro in Archil. fr. 29, 2 W., TIYJAlá-oa in Sotade, fr. 4a Powell.
Quanto al problema deHa sillabazione gli studiosi dívergono: alcuni
accettano come normale il mantenimento dello stesso confine sillabico
(in TIYJ-A!á-oa il nesso Al, collegandosi alla sillaba successiva, lascereb­
be dunque aperta quella precedente), altri lo spostamento del confine
nel senso deHa chiusura della sillaba precedente (TIYJA-lá-oa). Il proble­
ma, come si intuisce, e significativo non tanto in un caso come
TIYJAIMa, in cui la sillaba in questione, in quanto contiene una vocale
lunga, e comunque lunga, ma nel caso che essa contenga una vocale
breve. Probabilmente, dato che per casi di questo genere sono attestati
esempi sicuri sia dell'uno 42 che dell'altro tipo di sillabazione 43, si puó
pensare che le diverse possibilita potessero essere lega te all'evolu­
zione linguistica e/o a pronuncia diversa a seconda dei diversi ambiti
dialettali 44.
Quando iota o hypsilon perdono la loro autonomía síllabica prima di
una vocale lunga o dittongo o prima di una vocal e breve in sillaba
chiusa l'esito ai finí della scansione e lo stesso dí quello che si avrebbe
con la sinizesi, che abbíamo descritto nel paragrafo precedente,
essendo comunque una sillaba lunga. Es.: Il. 2, 537 'Icr-Tíat-av; Tyrt.
fr. 23, 6 W. Mecr-crYJ-vírov; Aesch. Suppl. 72 Kap-oíav (cfr. anche il

41. Cfr. Lobel, LM, LXII.


42. Mancata chiusura della sillaba precedente: A.P. 8, 115,2; epígr. 930, 1 Kaibel;
GVI523, 1; CEG 536, L
43. CEG 47,3; GVl466, 1; epígr. ap. Pauso 5, 18, 3; CEG 595, 1Il, 2.
44. Cfr. Scheller, 96 s.
50 CAPITOLO 3
--
v. 799 della stessa tragedia e Sept. 288); 'E-pt-vúrov (Eur. I.T. 931, 11. 15, 146 ZeiS<; crcp(i) I
970, 1456)45.
alla fine,

II. 15, 161 ~PXEcreai J.1


3.2.6. Lo ¡ato
• con vocal
Quando l'incontro tra due voca1i, dí cuí la prima finale di una parola,
la seconda iniziale della parola successiva, non provoca nessun muta­ in qualsi
mento fonetico, ma entrambe le vocali mantengono íl loro valore ammettonc
prosodico, si parla dí iato. soprattutto
Al di fuorí deí casi in cui, come si e gia detto, tale fenomeno ricorre tra e quello fir
parole separate tra di loro dalla pausa di fine di verso, lo iato, effetto di dopo vocal
per sé sgradito, e raro. o (ó), tÓ
La poesia Lo si trova soprattutto nella poesia omerica 46: a parte i casi in cui il 11. 5, 465 ¿<; tí ihi Kt
omerica fenomeno e spiegabile con il fatto che la seconda paro la doveva essere
sentita iniziare con un digamma, esso si riscontra sia con vocali lunghe 11. 10, 224 cr~v te 0\1' ;
e dittonghi sia con vocali brevi.
- altrimenl
• Con vocali lunghe e dittonghi: in coinci.
- si trova negli elementi lunghi, soprattutto in coincidenza con una l/. 1, 569 Kat p' aKi(
incisione
- della die]
11. 3, 130 oeGp' tel, v~tJ.cpa <plAt¡, {va etcrKEAa ~pya toilaI (in coincidenza con la
pen temímere) 11. 5, 221 1iA.A' ay' f¡.t
Fra le due ultime parole lo iato e apparente, in quanto I'ultima aveva originaria­ dopo il r
mente digamma iniziale; e cosi forse avviene fra le due parole precedenti, anche se
qui potrebbe anche esservi uno iato in coincidenza di dieresi bucolica per cui v. 11. 1, 532 d<; aAa dA'
oItre, p. 51 (il sostantivo EpyOV infatti in Omero in alcuni casi viene scandito con
inizio vocalico). E possibile el
questione fo
yeKAUE<;;) e (
sgradito, fen,
- e anche in bicipitia (dove aHora le lunghe in questione non subiscono a che fare o
correptio), soprattutto: mcatfl t'YXo~
- alla fine del primo metron
L'epica L'epica SU(
successiva omerica, C(
e I'elegia
Callimaco I
45. Di fronte a tali casi, c'e dunque chi, come Kapsomenos, 321 S., non esclude la
possibilita di avere a che fare con sinizesi (una tale interpretazione non e possibile,
comunque, per gli esempi citati alla n. 43, dove si ha allungamento della sillaba
precedente). Per la raccolta del materiale relativo al fenomeno della perdita di 47. Eccezio
autonOllÚa sillabica di iota cfr. L. Radermacher, SAAW 170. 9 (1912), 9 SS.; 48. Cfr. Lt:
Philologus 84 (1929), 257 S.; Scheller, 98 SS.; Kapsomenos, 323 ss. 224.
46. Si veda l'ampia trattazione in K.-B. 1, 190-195; Chantraine, GH 1,89-92. 49. Cfr. W~
PROSODIA 51

ll. 15, 146 zd)~ cr<pili d~ 'iofiv dA€ ' t' hO~J..l€V 8't'tt 'táx'ícr'tu
- alla fine del quarto

JI. 15, 161 ~pXEcrOu'í J..len1 <p\3AU Oe&v ~ de; dAU olüv

• con vocali brevi:


- in qualsiasi luogo del verso quando si tratta di vocali che non
ammettono l'elisione oppure la ammettono solo raramente, quali
soprattutto lo iota nel dativo singolare della terza declinazione
e quello finale di 'tl, n, 1t€pí 47; troviamo anche esempi isolati di iato
dopo vocaboli che terminano con hypsilon, e dopo l'omicron di 1tpÓ,
o (ó), 'tó
JI. 5, 465 te; 'ti h'í K'tdvEcrOut Mcre'tB Aii5v ' Áxuio1e;;

Il. 10, 224 criSv 't€ 06' ¿pxoJ..livm KuI 'tE 1tpiJ 8 'tOU ~v6ficrEV
altrimenti di preferenza in alcuni punti del verso, e precisamente:
in coincidenza della cesura femminile

JI. 1, 569 Kui p' aK~O'Ócru KiiO~cr'to ~1ttyv(iJ..l",ucrii <ptAOV K~P'

della dieresi bucolica

JI. 5,221 &.AA' dy' ~J..l&v 5x~mv ~1tl~~cr€O, 5<ppu iofiu'í

- dopo il primo metron

JI. 1, 532 de; &Aa dA'tO ~iieduv a1t' uiyA~EV'tOe; 'ÓAÓJ..l1tO'Ó.

E possibile che nel caso di fine di parola in -l, -l), -o e in dittonghi brevi i fonemi in
questione fossero seguiti da un elemento semivocalico di transizione (es. tí
ySKAUSC;) e che quindi non si avesse neppure in questi casi un vero e proprio,
sgradito, fenomeno di iato; nel caso di dittonghi lunghi abbiamo probabilmente
a che [are con la consonantizzazione della componente iota dei medesimi (es.
OKat ñ EYXoC;: -e-ye) 48.

L'epica successiva (come pure I'elegía 49) segue per lo piu la maniera
successíva omerica, con restrizioni piu o meno maggíori; evitano lo iato invece
e I'elegía
Callimaco e soprattutto Nonno.

47. Eccezionale in on,


raro in sn.
48. Cfr. Lejeune, Phonétíque, 315; Schwyzer, GG 1, 399; Allen, VG 96, A & R
224.
49. Cfr. West, Studies, 115.
52 CAPITOLO 3

11 giambo Nel giambo ionico troviamo iato dopo la congiunzione tí 50 e iati


secondo
apparenti (dato che i vocaboli erano in realta sentiti iniziare con consona
digamma) prima dei pronomi personali É, 01.
unirsi a
La lirica mono­ In ambito lírico i poeti dí Lesbo e i líríci corali presentano quasi esclu­ e dunqu
dica e corale sivamente iati apparenti davanti a vocaboli inizíanti per digamma 51. Cosi un;
11 dramma Nel dramma attico troviamo iato in tragedia prima e dopo interiezioni,
attico
o rrd-'tp<
vocativi che han no carattere interiettivo ed altre espressioni di esclama­ Nel cas(
zione, comando, urgenza 52, dopo I'interrogativo Ti 53, dopo cU posto
«allunga
davanti a forme di olba 54; in commedia esso si trova anche 55 dopo altre
denornÍr
parole non passibili di elisione come 01'\ e m:pí 56 e nelle espressioni tico del'
OUbE ¡:;{~ (EV), IlTJbi: d~ (EV) 57, Ili¡ ropam 58.
dialogic1
Le occh
refrattar
3.3. Fenomeni riguardanti consonanti O nessi consonantici correptit:
fenomen
mente 60,
3.3.1. Correptio attica riscontn
Da rico
Il nesso consonante occlusiva (re ~ q:¡; l' b e; K y x) piu liquida (A. p) diversi (
o nasale (Il v) non assume sempre lo stesso comportamento prosodico: attica nc
e dei COI
Nel peri
50. Cfr. West, Studies, 115.
da/nasal
51. Eccczioni in Saffo e Alceo secondo il testo tnidito: Sapph. fr. 134; Ale. fr. 393 biconsoI
V.; casi in cui il primo vocabolo termina in iota o dittongo, probabilmente iati solo ~
apparenti secondo quanto si e detto sopra, sono: Sapph. frr. 90a, 12; 100; 114, 2;
143 (tra I'altro in un esametro dattilico); 148, 1. Quanto alla lírica di Pindaro
59. Cfr.
e Bacchilide cfr. West, GA1, 15, n. 22: Pind. 1sth. 1, 16; Bacchyl. epin. IJI, 64 e 92
Xenoph. J
(la seconda voIta con un dittongo); V, 75; dith. XVI, 5; XIX, 15 (in vocaboli che
per quanl
terminano per iota); per altri casi dubbí cfr. Maas 1913,304 S.
ritiene la
52. Cfr. Descroix, 26 S.; West, GM, 15, n. 24; come esempío citiamo Soph. O.e.
cfr. comu
1485 ZEU ava.
1975,364
53. Cfr. Descroix, 26; Friis Johansen-Whittle ad Suppl. 306; Barrett, Hippolytos
60. Cfr.
272 (ad V. 598); Mastronarde, Phoenissae, 404 (ad V. 878).
Korzenie,
54. La lirica tragica ammette iato anche prima del pronome enclitico Ol (Soph.
61. In P
Traeh. 650; El. 195) e dopo la congiunzione il (ma solo in Eur. Phoen. 1515
diKáo~o
e Baeeh. 110 in una stessa espressione, che puó essere di derivazíone epica: cfr.
docmio k:
Mastronarde, Phoenissae, ad vv. 1515-1516; Dodds, Bacchae, 80, ad vv.
evitare un
109-110; West, Studies, 115).
yv: v. OltI
55. Per i casi con interiezioni, con l'interrogativo tí, con EU seguito da forme di
62. Ció,
otoa cfr. Descroix, 28 S.
comparat
56. Sí vedano i casi citati da Descroix, 28 S., che segnala anche (p. 29), dalla
come le :
commedia del IV secolo, esempi di iato con IlÉX,pt, liXpt, rcpó.
l'allungan
57. Cfr. Descroix, 28.
sillabe brc
58. Cfr. Aristoph. Lys. 391; Alessi, fr. 268, 1 K.-A. Sospetta la forma ~i¡ ropa.;; in
O'o<póm:p,
Men. Perik. 321 (cfr. comunque Gomme-Sandbach, 487, ad vv. 321-322).
Allen, VG
PROSODIA 53

secondo la prassi normale dei nessi biconsonantici la prima delle due


consonan ti puó andare a chiudere la sillaba precedente, oppure puó
unirsi alla sillaba successiva, lasciando quella che precede aperta,
e dunque, nel caso che tale sillaba sia conclusa da voca1e breve, breve.
Cosi una parola come 1tU'tpóc; e passibile di essere scandita 1tiit-pÓC;
o 1tU-'tpÓC;.
Nel caso in cuí il nesso occlusiva + liquida o nasale non vada ad
«allungare» una precedente sillaba si parla di correptio attica: una tale
denominazione deriva dal fatto che il fenomeno e caratteristico dell'at­
tico del V seco a.e., dove ricorre regolarmente, come sí vede dalle partí
dialogiche del dramma.
Le occlusive sonore (p b y) e le nasali si rivelano comunque pió
refrattarie rispetto alla correptio attica: cosi sono rarissimi i casi di
correptio con nasali prima del V seco a.e. 59, mentre per i nessi plv, Ylv il
fenomeno non e attestato prima di quest'epoca, e anche alIora rara­
mente 60, e per i nessi gamma o delta + nasale (¡~, ¡V, b~, bV) non 10 si
riscontra affatto 61.
Da ricordare che se le due consonanti afferiscono a due vocaboli
diversi o a parti diverse di un composto il fenomeno della correptio
attica non si verifica: e il caso esclusivamente della preposizione i':K
e dei composti con questa preposizione; es. i':Klva~pávO).
Nel periodo pió antico della lingua greca il nesso occlusiva + liqui­
dajnasale aveva indubbiamente lo stesso valore di ogni altro nesso
biconsonantico 62. Il fenomeno per cuí questo nesso veniva ad assumere

59. Cfr. Hes. Theog. 319; Op. 567; Hippon. fr. 28. 6 W. fr. 39, 6 Deg.;
Xenoph. fr. 30.2 G.-P. fr. 28, 2 D.-K. e forse Anacr. PMG 443 fr. 76 Gent.;
per quanto riguarda [Hom.] Hymn. in Pan. 20, la maggior parte degli studiosi
ritiene la composizione ascrivibile ad un periodo non precedente al V seco a.e.:
cfr. comunque le osservazioni di F. Cassola in Inni Omerici, Milano, Mondadori,
1975,364 S.
60. Cfr. K.-B. 1, 305 S.; Denniston, Electra, 174 S., ad v. 1014; Descroix. 19-21;
Korzeniewski, GM, 21 n. 29; E. Wüst, RhM 93 (1950), 341.
61. In Pind. Pyth. 8, 47 non c'e bisogno di scandíre come breve la prima sillaba
5 di Ká.úIlOU: abbiamo qui infatti un legittimo caso di responsione breve/lunga in un
docmio kaibeliano (CfL West, Glvl, 67). Per Eur. Bacch. 1285 non c'e bisogno, per
evitare un caso di violazíone della Legge dí Porson, di postulare correptio prima di
yv: v. oltre, cap. S, n. 102.
i 62. Ció e dimostrato anche dalla morfologia, e precisamente dalla formazione di
comparativi e superlativi dove le sillabe che precedono questo nesso si comportano
come le altre sillabe che precedono nessi biconsonantici: non provocan o cioe
l'allungamento della vocale tematica -0- in -ü}-, come avviene di regola dopo le
sillabe brevi (cosi, ad es., 1ttKpÓt!.:pOC; e formato come A!.:1ttÓT!.:pOC; e non come
1
cro<PCÍ>t!.:poC;: cfr. Barrett, Hippolytos, 309, ad v. 760; Lejeune, Phonétique, 290;
Allen. VG, 107 S., A & R, 210).
..
54 CAPlTOW3

valore monoconsonantico dovette all'inizio verificarsi soprattutto verifica ~


quando esso si trovava all'inizio di parola, posizione in cui piu livello sti
facilmente veniva a legarsi alla vocale seguente. Cosi nella produzione
poetica arcaica la correptio attica compare per lo piu in questa
posizione. 3.3.2. Nessi biconsona
Omero In Omero ed in Esiodo il fenomeno ricorre soprattutto in casi di questo
ed Esiodo tipo (piu spesso, anche se non esclusivamente, per introdurre vocaboli eILK,IZ
altrimenti non utilizzabili), ma vi sono anche casi (di frequente, anche Questi ni
se non esclusivamente, legati a necessita metriche), in cui le due consonaI
consonanti sono poste all'interno di parola 63. breve) ne
Elegía La produzione arcaica in trimetri giambici, d'altra parte, non fa registra­ rici) all'j¡
e giambo re esempi sicuri di correptio attica, se si eccettuano aleuni esempi in prima si"
trimetri (puri o scazonti) di Ipponatte 64; qualehe caso nell'elegia arcaica, trovare e
dove il fenomeno diventa piu frequente con il pass are del tempo 65. con parti
Liricí In Saffo e Alceo gli esempi di correptio attÍca sono assolutamente rari
monodici (Sapph. frr. 16, 19; 44, 8 e 14; 105a, 2; 150, 2 Y.; Ale. frr. 249, 9; 332, ll. 2], 223 €O'"'cai 'tui
e corali
l Y.), ma non per que sto da mettere in dubbio 66 • In Stesicoro
erilevante notare come il nesso occlusiva + liquida posta in inizio di Oltre al
parola conti sempre come monoconsonantico 67. LKUllávo
11 dramma All'interno del dramma attico la tragedia spesso si serve nel dialogo e aAEta
attico della possibiliÜt (mutuata da altri ambiti dialettali e letterari) di e O'Kt~ (l
allungare sillabe con vocale breve davanti a occlusiva + liquida
o nasale all'interno di parola 68, mentre nel dialogo comico cio si
occ1usiva
tra i luogt
D.L.Page
63. Per maggiori particolari sull'uso omerico cfr. Chantraine, GIl 1, 108 S.; per n. 22) pre,
Esiodo cfr. West, Theogony, 97 s. fatto all'ir
64. E cfr. anche ad. ia. 40 W. Per Ipponatte casi sicuri sono frr. 28, 3 W. = 39, = Poliido
3 Deg.; 28, 6 W. 39.6 Deg.; 36,1 W. 44,1 Deg.; 50,2 W. 53,2 Deg.; 176 bolo (avve
W. 207 Deg.; per fr. 67 W. 119 Deg. v. oltre, cap. 5, p. 82 (5.2); incerto il senso si pl:
caso di fr. 26,4 W. = 36,4 Deg.: la sillaba finale di &<Jn.: potrebbe anche rimanere maniera (
lunga davanti al gruppo xPl'l <JKárt'tEtV senza violare la legge di Porson (vista la correzione
natura prepositiva del vocabolo &<J'te), che comunque poi Ipponatte non rispetta cum Liqui
nei suoi coliambi (v. oltre, cap. 7, p. 136). zione tra~
65. Per maggiori particolari cfr. West, Studies, 114; Gentili-Prato 1, VIlI SS.; due e normale
esempi di correptio attica all'interno di un hemiepes si trovano in due dei discussi un'altra «
epodi di Strasburgo (Hippon. fr. *115,4 W. = °194,4 Deg.; *117, 5 W. = °196, che alI'int<
5 Deg.), dei quali ancora si discute la paternita (per questo v. oltre cap. 5 n. lO). ancora un;
66. Sulla questione cfr. Burzacchini, 176; B. Gentili, Síleno 10 (1984),241-243. prevede I'~
67. Per maggiori particolari sull'uso stesicoreo della correptio attica cfr. R. 69. COS!
Führer, Muta cum liquida bei Stesichoros, ZPE 28 (1978), 180-186, lavo ro in cui si 12,21; 20,
trova anche una discussione generale del fenomeno nelIa piu antica lírica greca. 70. In 11.
Per dati relativi ad altri lirici si vedano: per Alcmane, D.L. Page, Alcman. The 71. In 11.
Partheneion,Oxford, 1951, 110-113, Calame, 219; per Anacreonte, Gentili, Ana­ 12. II fel'
creon, 108 s.; per Bacchílide, I'edizione S.-M., p. XXI. 0d.21,17
68. Un tale fenomeno e invece eccezionale - e discusso . . . quando il nesso in <J'tlÍ'ta¡;
PROSODIA 55

verifica solo in casi di parodia tragica o di voluto innalzamento del


livello stilistíco.

3.3.2. Nessi biconsonantici eccezionalmente trattati come monoconsonantici


-ILK, IZ (= zd)
Questi nessi vengono ad assumere valore monoconsonantico (la prima
consonante, cioe, non va a chiudere una precedente sillaba con vocal e
breve) nelIa produzione esametrica arcaica (Omero, Esiodo, lnni Ome­
rici) all'inizio di aleune parole (soprattutto nomí propri) che, avendo la
prima sillaba breve e la seconda lunga, non potrebbero altrimenti
trovare collocazione nel verso oppure potrebbero essere utilizzate solo
con particolari limitazioni
1
Il. 21, 223
)

i Oltre al nome deHo Scamandro (e all'aggettivo ad esso collegato


LKUllávopto~) 69 il fenomeno ricorre nei nomi propri ZáKllVOo~ 70
) e ZEActa 71 ed inoltre nei nomi comuni aKErcupvov (Od. 5, 237; 9, 391)
•1 e aKllÍ (Hes. Op. 589) 72 •
a
,i
occlusiva + liquida o nasale compare nel dialogo all'inizio di parola: i piu sicuri
tra i luoghi in questione (citati da Denniston, Electra, 182 ad v. 1058; cfr. inoltre
D.L. Page, A New Chapter in the History ofGreek Tragedy, Cambridge, 1951,43 s.
:r n. 22) prevedono in realta un allungamento alla fine di una prepositiva, quindi di
fatto all'interno di parola (Eur. A/c. 542; El. 1058; fr. 411,4 N 2 .; fr. 642, 1 Ne.
>, Poliido TrGFI, 78 F 2,1; TrGFIJ, F 518) O comunque alla fine di un voca­
'6 bolo (avverbio) unito strettamente a quello che segue (Eur. fr. 402, 2 N".; in questo
iI senso si puó forse spiegare anche Aesch. Pers. 782, v¿u <ppovEi, con Vf.U ¡nteso alla
:e maniera di un avverbio, luogo che comunque resiste ad ogni tentativo di
la correzione); per una recente discussione generale del problema cfr. H. Dietz, Muta
:a cum Liquida im sophokleischen Trímeter, RhM 117 (1974), 202-212. Nella produ­
zione tragica piu tarda (e in Licofrone) l'allungamento in questa posizione
le e normale: cfr. West, GM, 160 e n. 74. Nella lírica tragica che, come e noto, usa
si un'altra «lingua», il fenomeno di un tale allungamento in inizio di parola (oltre
5, che all'interno di essa) sembra di per sé meno problematico: in realta, comunque,
). ancora una volta, la maggior parte dei casi (citati da Barrett, Hippolytos, 310, 345)
prevede l'allungamento alla fine di una prepositiva.
lo 69. Casi scanditi anche in Il. 2, 465, 467; 5, 36, 49, 77, 774; 6, 402; 7, 329; 11,499:
si 12, 21; 20, 74; 21, 124, 305, 603; 22, 148; Hes. Theog. 345.
a. 70. In 11. 2, 634; Od. 1,246; 9, 24; 16, 123,250; 19, 131; [Hom.] lIymn, in Ap. 429.
le 71. In JI. 2, 824; 4, 103, 121.
2­ 72. Il fenomeno si ha forse anche con il nesso Cf't in méu'toc;, gen. di Cf'tÉUp, in
Od. 21, 178, 183, dove peró e possibile pensare anche a sinizesi, e, molto piu tardi,
,o in CfTlÍ'tUC; al v. 1 dell' Altare di Dosiada (A.P. 15,26).
56 CAPlTOLO 3

Un caso isolato (con l'aggettivo O"KO'tE1VÓ~) SI riscontra III Pindaro, 139, 1; G


Nem. 7, 61. Kaib. =
.O"A
Per il nesso crK in inizio di parola e possibile pensare che il sigma venisse articolato Questo ni
in maniera debole, come sembra ricavabile dal fatto che in a1cune parole talvolta Pindaro r
tale nesso si alterna al semplice kappa (crKeoávvu!ll!KeoávvUI..n) 7'. il SUD val,
Lo zeta iniziale, in epoca piu tarda, si semplifico verso un suono unico 74, come
mostra una serie di brani poetici 7 5•

·IIh 3.3.3. Allungamenti va


In inizio di parola il nesso risulta di valore monoconsonantico nel • Nell'epi
Epica
vocabolo Ihi:pona, contenuto in un esametro citato da Platone nel sibilante
Fedro (252b), e nel vocabolo 1t'tEP<!> in un esametro cítato dalla Suda andare a<
(s.v. MODo"(Il KaAaí). quale si (
ricompaic
• K't
esc1use dI
11 nesso non provoca l'allungamento della sillaba precedente in Hip­
pon. fr. 20 W. 8 Deg. 6OKi:rov iKtiVOV 'tU ~UK'tfjpíij KÓ\jIai (imitato 11. 17,463 6.AA' oÓX
da Eronda 8, 60), e forse ancora, nel medesimo poeta, in fr. 21 W.
= 34 Deg. (dove comunque si puo pensare anche a perdita de]]'auto­
11. 9, 191 ÓihJlEVO<;
nomia sillabica di iota), e inoltre, a quanto ci etestimoniato dalla fonte
che ci ha conservato il passo, in un verso di Rintone (fr. 10, 2 Kaib.
11 fenomen
= 10,201.) che doveva contenere un'allusione scherzosa alla versifica­
nel primo.
zione ipponattea.
Un tale fenomeno puo essere postulato anche in Eur. Oro 804 'toD't' 11. 21, 368 1tOAAd A.le
EKElvo, K'tUO"O' t'taípou~, !-ti] 'to O"UY'YEVt~ JlÓVOV, dove l'interpretazione
normale del nesso causerebbe un'infrazione alla legge di Porson-Ha­ Dramma L'attíco
vet 76, e sembra infine ricorrere al V. 10 dell'Altare di Dosiada CA 175 attico drammat
A.P. 15, 26 77 • precedenl

• Mv
Questo nesso ha eccezionalmente valore monoconsonantÍco sia all'ini­
zio di parola (Euripide, I.A. 847; Cratino, fr. 162 K.-A.; CEG 78. Degli
Eur.I.A.6
5 testo e !
breve (in n
73. Cfr. West, Theogony, 98 S.; GM, 17. interpretat
74. Anche dopo raumento e in parole composte. giambico .
75. Forse gia Theocr. 29, 20: per altri passi piu tardi cfr. Gow-Page 1965, n, 629; 79. In du
West, GM, 17. breve la PI
76. Per questa pro posta di scansione cfr. Korzeniewski, Glvf, 22, che co­ i casi e sos
si scandisce anche il tradito EK1:tcrUV in Aesch. Pers. 289 ed inoltre Eur. El. baccheo el
850 1:A.tlllú)V 'Optm:ll<;' aA.A.á !llÍ !lE KU:{V€1:E per evitare una infrazione alla 39 e V. oltl
di Porson, che in realtit pero probabilmente non sussiste (v. oltre cap. 5, 80. Per le
n. 102). Maas, Gk
77. Cfr. West, GM, 17. fr. lB, 29
PROSODIA 57

ro, 139, 1; GVI 97, 3; Callim. fL 61 Pf.) 78 che al suo interno (Epich. fL 91
Kaib. 115 01.) 79 •
• crA
ito Questo nesso si comporta eccezionalmente come monoconsonantico in
,Ita Pindaro nel vocabolo ecrAóc;, nel quale comunque piu spesso mantiene
il suo valore normale.
me

3.3.3. Allungamenti vari di sillabe finali di parola


lel • Nell'epica le liquide (p, A) e le occ1usive nasali (/1, v) ed inoltre la
Epica
lel sibilante cr, e in origine il digamma, poste in inizio di parola possono
da andare ad allungare una sillaba aperta conclusa da vocale breve con la
quale si chiuda la parola precedente (nel sandhi prosodico della frase
ricompaiono dunque di fatto consonanti geminate che erano state
escluse dall'inizio di parola).

.10
N.
:0­
tte
lb. Il fenomeno si verifica normalmente negli elementi lunghi del verso; altrimcnti solo
:a­ nel primo biceps:

)1" 11. 21, 368 1toUó. AicrcrÓ¡.t8VO,; t1t8ii 1tT8p6eVTii 1tpócr1l6oii.


ne
,a­ Dramma L'attico conosce questo fenomeno solo con il rho. che in ambito
75 anico drammatico allunga quasi sempre 80 la sillaba finale della parola
precedente nei versi del dialogo.

li­
~G
78. Degli altri luoghi citati in maniera piu o meno dubitativa da West (GM, 18),
Eur. I.A. 68 fa parte della sezione spuria del prologo della tragedia; in PMG 1024,
5 testo e scansione sono incerti; in Aesch. Eum. 383 e pos sibil e scandire come
breve (in responsione con lunga) la sillaba iniziale sia che il colon in questione vada
interpretato come docmio kaibeliano sia che lo si consideri formato da metron
giambico + spondeo.
~9;
79. In due brani eschilei (Pers. 287 e Ag. 990) non c'e bisogno di scandire come
breve la prima silIaba, rispettivamente, di ¡.tE¡.tvftcrOo.t, e di Ó¡.tV(pOEl: in entrambi
:0­ i casi e sostenibile una responsione tra il molosso che risulta da questi vocabolí e il
fil. baccheo che e con esso in responsione antistrofica; cfr. Korzeniewski, GM, 22 n.
\la 39 e v. oltre, cap. 14, p. 215.
5, 80. Per le eccezioni in tragedia cfr. Dodds, Bacchae, 71. ad v. 59 e 236, ad v. 1338;
Maas, GM, § 130; Pattoni. 133-137; in commedia l'unica eccezione e Pherecr.
fr. 113, 29 K.-A.
58 CAPITOLO 3

Gíambo Nei giambografi e nella lirica que sto allungamento e comune con iI rho,
e lírica mentre per le altre lettere abbiamo solo esempi isolati 81.

Per iI P iI fenomeno si spiega con il fatto che que sta lettera, in posizione iniziale,
deriva da un originario *sr o *wr, nessi dei quaIi mantiene dunque nel sandhi
prosodico iI ritmo. Lo stesso avviene per quei vocaboli in cui gli Íniziali A, 11, v,
digamma risalgono ad un originario *sl, *sm, *sn, *sw, e, per analogia, in parole in
cuí tali fonemi iniziali sono di altra origine .

• In fine di parola la nasale v, la liquida p, la sibilante a, precedute da


vocale breve e seguite da paroIa che inizia p'er vocale possono essere
pronunciate in maniera tale da risultare legate anche alla sillaba
precedente: questa risulteni chiusa e quindi lunga. Ció avviene nell'epi­
ca, nell'elegia, in Pindaro e Bacchilide.

Anche questo fenomeno neIl'epica si verifica normalmente negli elementi lunghi;


altrimenti nel primo bíceps.

L'esan
(dove
aquel
stÍchic
esiodei
oracol
iscrizÍ<
fra qu
strofet

Nella
Erodo
catale1
in qua
(distin
questi,

l. Pe]
v.oltre
2. Cfi
81. Cfr. West, GM, 16.
3. Ur
CAPITOLO 4

L'esametro

Ii. Definizione e caratteristiche generali


L'esametro e il verso dell'epica, in tutti i suoi periodi, da quella arcaica
(dove es so era forse in origine eseguito in recitativo o col canto)
aquella ellenistica fino aquella dell'eta imperiale; fu usato in forma
stichica anche per poemi di contenuto didascalico, a partire da quelli
esiodei. Dall'eta arcaica in poi venne adoperato per inni, indovinelli,
oracoli e come il metro usuale (fino alla meta del VI secolo) per le
iscrizioni; lo si trova anche come componente di strutture epodiche, e,
fra queste, soprattutto, insieme con il cosiddetto pentametro, della
strofetta dell'elegia in uso anche per epigrammi l.

Nella sua forma canonizzata l'esametro (cosi denominato gia da


Erodoto) 2 si presenta come una successione di sei dattili, di cui I'ultimo
catalettico nella forma che i metricisti antichi definivano in disyllabum,
in quanto il metron dattilico catalettico veniva realizzato da due sillabe
(distinguendola da una catalessi in syllabam, in cui il metron m
questione era realizzato da una sola sillaba, v. oltre, p. 169) 3.

L Per I'uso dell'esametro in strutture epodíche varíe e neI dístico elegiaco


v. oltre, capp. 20 e 21.
2. Cfr. 1, 47, dove viene citato un oracolo deIfico.
3. Una questione che vanta ormai una lunga storia, in cuí agli aspettí metrici si
60 CAPITOLO 4 r
Il dattilo si presenta formato da un elementum longum e da un Realizzazione In gen
elementum biceps (come abbiamo gia detto un simile elemento e costi­ dei bicipitia realim
tuito da due sillabe brevi che possono essere contratte in una lunga). pnme I
tardi),
Vario e l'esito stilistico nell'uso delle cesure, nella collocazíone delle stilizzal
paroIe e delle finí di parola, nella realizzazione degli elementi del e una t
verso dall'epica arcaica aquella dell'eta imperiale, con uno svolgi­ detti 0'1
mento che sembra andare verso una sempre maggiore severita e stiliz­ di ques
zazione. quarto
paroIa

affianeano quelli di ordine storico-culturale, riguarda I'origine del verso, per la JI. 1,600 (be; loo,
quale si registra una serie di proposte interpretative, fondamentalmente divise in
due grandi filoni (se si prescinde dalla ipotesi di A. Meillet, Les origines Cesure L'incisi
indo-européennes des metres grecs, Parigi, 1923, che il verso non fosse di origine all'intel
indoeuropea, bensi un prestito egeo): uno che ipotizza che nell'esametro si debba
vede re la regolarizzazione stichiea di un verso lírico in forma espansa, un altro che • o do):
collega la genesi del verso alla combinazione di versi líriei preesistenti. II primo pentem
indirizzo si lega sostanzialmente ai nomi di due studiosi di epoehe diverse: O. sura ml
Schroeder (cfr. SBAW 1907,229-239 = Id., Vorarbeiten zur griechischen Versge­
schichte, Leipzig-Berlin, 1908, 31-43), che pensava ad una serie di successive
modificazioni di un Clr-Vers (l'enoplio '--'xv uxu - x)~ e G. Nagy (cfr.
JI. 1, I M~vrv
Comparative Studies in Greek and lndie Meter, Cambridge, Mass., 1974), che
ritiene l'esametro una regolarizzazione di un colon eolieo, il ferecrateo .OppUl
(X x U U ~ x), espanso internamente di tre dattili. 11 secondo indirizzo ha tphov'
trovato un maggior numero di sostenitori, a partire dalla meta del secolo scorso: di
recente nei lavori di M.L. West (cfr. CQ N.S. 23, 1973, 179-192), ehe, nell'ambito Od. 1, 1 "Ávopii
di una general e ipotesi suHa preistoria culturale greca, riprende la pro posta
ottocentesca deHa derivazione delI'esametro dalla combinazione di due versi lirici,
Nella p
identificati (diversamente dai suoi predecessori) in hemiepes (~uu uu~)
e x ~ uu uu x (enoplio); di B. Peabody (cfr. The Winged Word: a Study in vedrem
the Technique o{ Ancient Greek Oral Compositíoll as Seen Principal/y through
Hesíod's Works and Days, Albany N.Y., 1975), che, usando come termine di La quadri­ Nell'es~
comparazione le strofe della metrica avestica, propone una teoria secondo la quale partizione quadriJ
callimachea
l'esametro sarebbe stato composto o da tre dimetri di otto sillabe ciascuno o da ke1 4 , el
due trimetri di undici/dodici sillabe: la tendenza alla contrazione vocalica avrebbe
poi portato a ridurre questa struttura composita alla dimensione mas sima di 17 -­
"",,,,~,,,,,_.

sillabe, e la prevalenza dell'isocronismo quantitativo a regolarizzare le sei síllabe propostc


lunghe; di B.Gentili-P.Giannini (efr. Gentili-Giannini 1977), che, sulla base del con rego
confronto con strutture metriche attestate nelle iscrizioni arcaiche e nella lírica di con le VI
Stesieoro (hemiepes, enoplio, reizíano etc.), individuano in queste ultime, corri­ dimetro
spondenti con le principali strutture formulad omeriche, le componen ti originarie - uu
del verso: i1 sistema di saldature di tali componen ti sarebbe ancora visibile nei dimostra
fenomeni prosodici tipici deIla fine del verso, come iato, apparente presenza di before Ji
sillabe brevi in elementi lunghi ed apparente blocco della sinafia, che talora si insieme ~
riscontrano in quelli che sarebbero i punti di giuntura, corrispondenti con le ria delfe
cesure; di N. Berg, MSS 37 (1978), 11-36, e E. Tichy, Glotta 59 (1981), 28-67 (e efr. recen ti, J
ora anche N. Berg - F.O. Lindeman, Glotta 70, 1992, 181-196), che hanno 4. Cfr.
L'ESAMETRO 61

Realizzazione In generale per l'esametro di tutte le epoche si puó notare che la


dei bícípitía realizzazione del bíceps con sillaba lunga eammessa regolarmente neHe
prime quattro sedi (con una rarefazione del fenomeno nei poeti pió
tardi), mentre piuttosto rara, gia dall'epoca arcaica (e assente neHo
stilizzatissimo verso di Nonno e deHa maggior parte dei suoi imitatori),
e una tale contrazione in quinta sede. 1 versi ad essa interessati erano
detti cr1tOV8Etá~oV're<; (spondíaci): di fr~nte alla conc1usione «pesante»
di questi versi veniva di solito preferita una realizzazione dattilica del
quarto metron e, d'altra parte, una conclusione del verso con una
parola almeno trisillabica.

JI. 1,600

Cesure L'incisÍone principale in tutte le epoche della storia del verso si colIoca
all'interno del terzo metron:
• o dopo il suo elemento lungo (dopo iI quinto mezzo «piede», e quindi
pentemimere da 1t{;v'tc, «cinque», 1Ílll-, «meta», Il{;p0<;, «parte», o ce­
sura maschile)

• oppure dopo la prima breve del suo bíceps (cesura detta KU'tU 'tov
'tpÍ'tov 'tPOXUtOV o trocaica o femminile)

Nella prima e nella seconda parte del verso tendono comunque, come
vedremo, a definirsi altre posizioni preferite per una incisione.

La quadri­ Nell'esametro stiIizzato di Callimaco sembra chiaramente definÍta una


partizione quadripartizione, iI merito deHa cuí individuazione spetta a H. Fran­
caUimachea
kel 4 , che la dedusse dal tentativo di spíegare aleune «leggü> me tri che

proposto di individuare la genesí dell'esametro nell'abbinamento di un gliconeo


con regolarizzazione dattilica o spondaica della base eolica uu - uu u --,
con le varianti del dímetro coriambico A e B (per cuí v. oltre, cap. 17), e di un
dimetro coríambico catalettíco nelle forme o di ferecrateo o di aristofanio
- uu - u - x. Per converso un atteggiamento agnostíco sulla possibilita di
dimostrare una qualsiasi genesi del verso e quello di A. Hoekstra (cfr. Epic Verse
before Homer, Amsterdam-Oxford-New York, 1981). Una storia della questione
insieme alla discussione di aleune proposte interpretative in M. Fantuzzi, Preisto­
ria dell'esametro e storia del/a cultura greca arcaica: a proposito di a{cuni sludi
recenti, MD 12-13 (1984),35-60.
4. Cfr. Frankel 1926.
62 CAPITOLO 4

gÍ<i notate per il verso del poeta ellenistico (delle quali ci oc cupe remo
piu oltre): l'esametro callimacheo e sempre interessato da una delle
due incisioni del terzo metron; a sinistra e a destra di questa si Caratteristiche Per le e
pongono normalmente due ulteriori cesure: la prima collocata preferi­ prosodiche e indisp
bilmente dopo il terzo elemento (e la tritemimere, gÍ<i individuata ne mos1
dagli antichi come luogo di incisione) oppure alla fine del primo poetíci 1
metron (solo rarissimamente dopo il primo elemento o dopo la prima sezioní
breve del primo bíceps); la seconda dopo il quarto longum (settimo
«mezzo piede», quindi eftemimere, da f.1n:á, sette, ~I.lt- e ~f;pOC;) • abbre
oppure dopo iI quarto «dattilo» (detta dieresi bucoIica, in quanto • neSSl
l'incisione in questa posizione caratterizza massicciamente la produ­ ci (3.3.~
zione dei poeti bucolici). • iato;
(3.2.6, :
uu 1-1 uC) -1 Dju-¡ uul- uu Id Fenoml
1 2 trovanc
A B e si trova

NeHo schema sopra riportato con B 1 e B 2 si indicano le due possibili Allungamento Parlían
di vocali brevi parole
realizzazioni dell'incisione centrale, e con A e con e le zone interessate
dalle incisioni «laterali», con i rispettivi punti di incisione preferiti. oppure
determ:
Callim.
Hymn.2, 13 • Ques
dí tre e
Nei versí che non presentano una tale artícolazione in quanto privi di
JI. 5, 763
una incisione in A o in e (mai in B, come abbiamo detto sopra), la AlYYP&C
mancata quadripartizione si giustifica con la presenza di parole di una JI. 1, 74 (j) , AX!
certa durata, che scavalcano il punto di incisione in questione.
JI. S, 529 (j) q>lA(J

Nell'articolazione interna attraverso le cesure il verso omerico non zione di


1955 [l~
presenta la compiuta articolazione in quattro cola di quello callima­
omeriC<l
cheo, come e stato di recente convincentemente osservato 5: se emerge suscita...
infatti gia in Omero una cesura nella zona e (neHe posizioni «callima­ a precis
chee»), non e ancora definito compiutamente il sistema di cesure in A; YClS 1
in questa zona, comunque, la tendenza a preferire quelli che divente­ omerico
ranno i punti di incisione callimachei come conclusione di unita di (A.M. 1
senso segnate da interpunzione, puó essere considerata una prefigura­ (G.S. K
zione della futura compiuta articolazione in quattro cola 6. the HOl
Cambri
Glotta
vole a 1
5. Cfr. Cantilena, 9-67. Phoeni:
6. Era quanto sostanzialmente aveva affermato lo stesso Frankel nella prima Horner,
stesura del suo lavoro (Frankel 1926), venendo invece, nella profonda rielabora- nell'am
L'ESAMETRO 63

esanmetro onmerico
Caratteristiche Per le caratteristiche e le particolarita prosodiche, la cui conoscenza
prosodiche e indispensabile per una corretta scansione dell'esametro omerico, che
ne mostra un numero di gran lunga maggiore rispetto agli altri generi
poetici greci, si rimanda al capitolo sulla prosodia ed in particolare alle
sezioni relative a:
• abbreviamento in iato (3.2.3, p. 43 ss.)
• nessi biconsonantici eccezionalmente trattati come monoconsonanti­
ci (3.3.2, p. 55 s.)
• iato; correptio attica; allungamentí vari di silla be finalí di parola
(3.2.6, 3.3.1, 3.3.3, pp. 50 s.; 52 ss.; 57 s.).
Fenomeni come gli allungamenti di sillabe finali in genere non si
troyano nei bicipitia; quando questo avviene il maggior numero di casi
si trova nel biceps del primo metron.
Allungamento Parliamo invece qui per la prima volta di un altro fenomeno per cui in
di vocali brevi parole (o gruppi verbali) che non si adatterebbero al ritmo dattilico,
oppure vi si adatterebbero solo a determinate condizioni o solo in
determinate posizioni, viene «allungata» una vocale.
• Questo succede ad esempio con parole che contengono la successione
di tre o piu brevi
1/. 5, 763 AlJ'YP&S 1t€1t/jlyuTa Ilfixils t~ d1toóíffillui:
1/. 1, 74 d)' ÁXtAct\ KiAEuT IlE, óliq»lU, Ilüe~aaaeui:

Il. 5, 529 d) ¡pYAOt, dvlpts ~a1E KUr aAKtllOV ~10P ~A€aeE.

zione di esso apparsa nel suo Wege und Formenfrühgriechischen Denkens (Münehen
1955 [1968]3, 100-156), ad attribuire la divisione in quattro cola anche all'esametro
omerico. 1 contributi di Frankel, e soprattutto questo secondo lavoro, han no
suscitato, a riguardo dell'esametro omerico, una lunga serie di discussioni, ora volte
a precisarne o modificarne alcuni punti (H.N. Porter, The Ear~v Greek Hexameter,
YClS 12, 1951, 3-63; L.E. Rossi, Estensione e valore del «colon» neU'esametro
omerico, StUrb 39, 1965, 239-273); piu spesso orientate a confutarne la tesi di fondo
(A.M. Dale, Lustrum 2, 1957, 31-35) anche in vista di nuove proposte interpretatíve
(G.S. Kirk, Studies in Some Technical Aspects of Homeric Style. I. The Structure of
the Homeric Hexameter, YClS 20, 1966, 76-104; Id., The lliad: a Commentary, 1,
Cambridge, 1985, 18-24; R.S.P. Beekes, On (he Structure of the Greek Hexameter,
Glotta 50, 1972, 1-10). Una rassegna critica delle varíe tesi, sostanzialmente favore­
vole a Frankel, in W.B. Ingalls, The Structure of {he Homeric Hexameter: a Review,
Phoenix 24 (1970), 1-12; cfr. inoltre H.R. Barnes, The Colometric Structure of
Homeric Hexameter, GRBS 27 (1986),125-150, confutazione delle tesi di Kirk, pur
nell'ambito di un sostanziale scetticismo sulla tesi tetracolica di Frankel.
64 CAPITOLO 4

In quest'ultimo caso, come si vede, il fenomeno si verifica in una parola che ';1 . Ricordiam
potrebbe trovar posto altrove nel verso tramite un normale «allungamento»
con vocale
dell'ultima sillaba attraverso l'inizio consonantico del vocabolo successivo.
(ma in re¡
come lung
• oppure con parole che presentano una sequenza - u -:

~creAÓv o'

• o con parole di forma u - - u: dove notiao


cosi un vocabolo come 'ArróAAffiva, che puó trovare posto nel verso re 9 •
con la sua scansione normale se si colloca la breve iniziale alla fine di (.
un dattilo e si realizza come lunga la sillaba finale ponendola davanti 11 fenomel
ad un nesso biconsonantico
11. 17, 142 "EKtOP (F
11. 15, 220 KaI1i5-r" ÁnÓAJij)va rrpocri:q>i'j VEq>EAi'jYEphii ZEi\;,
e eccezion
se l'alfa iniziale viene scandito come lungo trova spazio in altre
posizioni, ad esempio, nel secondo e terzo metron del verso come in Od. 8,215 E{j Il~V 1Ó¡

Il. 1,86 oiS ,.111 yap 'AnÓAJij)v(i óttq>lAov, 0 1E crO, KiiAXiiv. Infine bis
-. presenza I
e
L'allungamento stato chiamato in causa anche per altri casi in cui, in stadio pH
parole di forma non problematica, sillabe brevi occupano il posto di aveva val,
una lunga; ció avviene
11. 16, 857 av nÓ11l0'
• soprattutto davanti ad una delle incisioni del verso:

Od. 10, 141 va0AOXOv li~ A11li:va, Kat 1i~ 8EÓ~ ~YEIl6vEÜEv dove bis(
(pentemimere) *a-nr-tá- t

• rare volte all'inizio del verso,

222-232). i
una taleco
sorta di gi<
dagra di l
7. Versi di questo tipo (elencati e discussi in W.F. Wyatt Jr., Metrical Lengthe­ dallo gnos!
ning in Homer, Roma, 1969,201-222) in epoca antica erano stati catalogati come seco trovia:
CJ'"cíXot UKÉ<pUAOt (<<senza testa», cioe con inizio incompleto u -); in epoca uu - u
moderna a1cuni studiosi accettano que sta interpretazione, mettendola in rela­ 8. Sulla
zione ad una possibile liberta originaria dell'inizio (cfr. ad esempio B. Gentili in arcaica, Cfl
Gentili-Giannini 1977, 32 s.); analogamente si pensava da parte di metricisti dam,1969
antichi (pure talvolta seguiti ai nostri tempi) all'esistenza di esametri ¡.u;íoupot 9. Cfr.!
(<<con la coda piu breve»), o ¡.túoupot (<<con coda di topo»), di esametri cioe con lO. Cfr. ~
I'ultimo metron di forma u\,,), sulla base di Il. 12, 208, T pCÜ¡;~ D' EppíyTJcruv orc(ü~ 11. Cfr.
1:Dov UiÓAOV o<ptV, in cui e pero probabile pensare ad una pronuncia orc<ptV, come (*a-nr-gW1
in Hippon. fr. 28, 6 W. = 39,6 Deg. (cfr. pero anche sul problema Wyatt, op. cit., e u(¡.tWpó·
L'ESAMETRO 65

Ricordiamo inoltre che talvolta in elementi lunghi sillabe finali chiuse


con vocale breve seguite da parola con inizio apparentemente vocalico
(ma in realta sentita ancora iniziare con il digamma) sono scandite
come lunghe 8

dove notiamo anche, per lo stesso motivo, lo iato solo apparente alla pentemime­
re 9.

Il fenomeno si trova talvolta anche nel primo biceps:

e eccezionalmente nel secondo:

Od. 8, 215 c(j Jltv tÓ~óv (F)oloa ~0~oov &Jl<Pa<piiüaOaL

Infine bisogna ricordare alcuni casi dall 'Iliade, in cui per spiegare la
presenza di forme contenenti i nessi vop, Jl~P bisogna risalire ad uno
stadio preistorico della lingua, precisamente quello in cuí la liquida *r
aveva valore di una vocale:

dove bisogna scandire il termine uvopotf¡ta come se SI trattasse di


*a-nr-ta-ta 11.

222-232). E ínteressante notare che, almeno a partire dall seco d.C., esametrí con
una tale conc1usione cominciarono ad essere composti sistematícamente, come una
sorta di gíoco metrico: li troviamo in scoli anoními (GDK 7; 8) e nella Tragodopo­
dagra di Luciano (vv. 312-324); tetrametri dattilici di questo tipo furono usati
dallo gnostico Valentino (U seco d.C.) per i suoi Salmi (GDK 43) e fra il II e il III
seco troviamo anche (cfr. GDK 3; 4; 45,4) paremiaci con la stessa caratteristica:
uu uu - uu u -).
8. Sulla sensibilita alla presenza del digamma nella diacronia della dizione epica
arcaica, cfr. A. Hoekstra, The Sub-Epic Stage 01 the Formulaic Tradition, Amster­
dam, 1969.
9. Cfr. sopra, cap. 3, p. 50.
10. Cfr. anche Il. 24, 6.
11. Cfe. West, GM, 15; Allen A&R 215 S. Lo stesso vale per avop¡:;t<póv't1]
(*a-nr-gWhon-tiii); all~po'táSo¡.u:v (*a-mr-takh-so-men) e forse per all<Pt~pÓ'tr¡
e a(Il)~pó'tr¡.
66 CAPITOLO 4

In pÍu di un caso, del resto, anomalie prosodiche o metriche risultano E il cosid


dalla sostituzione di vecchie forme con forme nuove o, d'altra parte,
dall'adattamento di formule: cosi la scansione ¡.t~pón&<; 6.v9pmn:ol in Non: e fre
11. 18, 288 sembrerebbe derivare da ¡.tep6noov &v9p6moov (cfr. 11. 1, realizzato
250).
• dopo il
come abt
Cesure L 'incisione principale all'interno del terzo metron e presente neHa
con paro
stragrande maggioranza deí casi. Alcune volte essa e invece spostata
ferenza el
dopo íl longum del quarto metron, dunque neHa posízione della
eftemimere:
Od. 4, 604 1tüpoí 'te
Il. 9, 145 Xpücr69i':¡.ti<; Kui Aiió8ÍKiil Kui 'I<p'í6.viicrcra. • in quar
chiuse d:
presenza
seguita e
L'íncisione principale si puó trovare in elisione: fenomenl

E evitata una fine di parola che tagli il verso a meta.

Divieto della Piu precisamente: non si ha fine di parola alla fine del terzo me/ron in mancanza II verso €
bipartizione della cesura al terzo o al quarto me/ron. Nella quasi totalíta dei gia pochissimi casi inni e ve
in cui ció sembra verificarsi, esiste la possibilita di ammettere la presenza di una poesiadi
delle incisioni suddette in coincidenza del confine tra una appositiva e iI vocabolo Fliunte t
ad essa collegato 12. Se questo ponte non venisse rispctlato, iI verso, rimasto senza Alessanc
nessuna delle cesure fondamentali, verrebbe a cssere composto di due partí
uguali 13.
manifest
licenze, e
Ponte In caso di realizzazione dattilica del quarto metron, e evitata fine di
di Hermann parola dopo la prima breve di un tale dattilo (la prima breve del bíceps
in questione). Esempio di una deHe rare «eccezioni» 14: 15. Cfr.
una fine <
Il. 6, 2 in Callim
mento» d
una delle
corrispon
fine di pa
12. La collocazione, nel verso omerico, e in generale nell'ambito della produzio­ 16. Tali
e
ne esametrica arcaica, di appositive ai confini della cesura, comunque assai rara. escludon<
Cfr. West, GM, 36: eccezionali i casi di prepositive monosillabiche; tra le del 2%. (
pospositive non si troyano mai SÉ, ~v, yáp, KI::V, av. 17. Un
13. Per ll. 15, 18 (Tí ou 1l¿llvij ihE -r' ~Kpl:llffi i5\V60Ev ~K St n:ói5oii:v), iI caso piu tE.
duro, in quanto privo della possibilita di rinvenire una cesura ai confiní di una 18. Ess(
appositiva, e stato proposto il cambiamento t~ KpÉIlÜl (cfr. Maas, GM, § 86). Gerhard,
14. 66 casi, pari allo 0,24% secondo Cantilena, 39 s. 19. Cfr.
L'ESAMETRO 67

E il cosiddetto ponte di Hermann 15.

Non e frequente, a parte il primo melron, fine di parola dopo un biceps


realizzato da sillaba Iunga:
• dopo iI quinto «spondeo» (dunque nei versi spondiaci 16, per i quali,
come abbiamo gül detto, in ogni epoca viene preferita una conclusione
con parola almeno trisillabica), fine di parola e eccezionale e di pre­
ferenza coincidente con un monosillabo:

• in quarta sede un biceps cosi realizzato si ha di solito solo con parole


chiuse da una sillaba con vocale lunga (particoIarmente sgradita la
presenza di una parola chiusa da sillaba aperta con vocale breve
seguita da inizio biconsonantico del vocabolo successivo) 17; un tale
fenomeno 18 si osserva a livello di tendenza anche nel secondo metron 19 •

• ~3. L'esametro ellenistico


Il verso e usato nel periodo ellenistico per poemi epici e didascalici, per
inni e versi di contenuto oracolare, e ínoltre per poesía bucolica e per
poesia di contcnuto satirico come quella di Cratete di Tebe e Timone di
Fliunte (IV-UI seco a.c.). Dall'inizio del IU secolo, e soprattutto ad
Alessandria, si nota la tendenza a una maggiore raffinatezza, che si
manifesta in particolare, a livello prosodico, nell'evitare lo iato e altre
licenze, e a livello di tecnica compositiva, in una articolazione interna

15. Cfr. G. Hermann, Orphica, Lipsiae, 1805,692. La tendenza a non collocare


una fine di parola in questo punto, che, come vedremo, diventera senza eccezioni
in Callimaco, e da Frankel 1926, 204 ss. spiegata con iI principio dello «sliUa­
mento» deHe incisioni attraverso «parola pesante»: quando nena zona C manca
una delle due incisioni abituali (la eftemimere o la dieresi bucolica) i punti ad esse
corrispondenti sono scavalcati da una parola «pesante», e quindi non compare
fine di paro1a neHa posizione intermedia tra i due.
16. Tali versi sono presentí nell'ambito della produzione esametrica arcaica, se si
escludono casi che derivano dalla contrazione come Od. 9, 306, in una percentuale
del 2%. Cfr. West, GM, 37 e n. 13.
17. Un caso come Hes. Theog. 135 edüv tE 'pdüv ti': e~I. tiv ti,¡ MvTj¡.tóaÓvi;v
te.
18. Esso e noto come Legge dí Wernicke, anche se era stato gÜl os servato da E.
Gerhard, Lectiones Apollonianae, Lipsia, 1816, 147 ss.
19. Cfr. West, GM. 37 en. 16.
F

68 CAPITOLO 4

elegante e armoniosa, e che raggiunge il suo culmine nella produzione metr01


di Callimaco. Tratteremo dunque con maggiore attenzione il verso di compe
questo poeta, con particoIare riferimento aquello degli lnni (a parte iI
quinto, in distici elegiaci), facendo confronti con I'ulteriore produzione
Hymn. 3, 173 11 '{va,
di eta ellenistica. Hymn. 3, 223 tosón

Fine di parola Con le


4.3.1. L'esametro di Callimaco
• e ev
Incísíoni L'incisione preferita e di gran lunga la cesura trocaica che e in genere la spondí
piu usata anche dagli altri poeti dell'epoca 20, mentre, come abbiamo • non
gil} detto, non ci sono esempi di incisione principale posposta nella spondí
posizione della eftemimere, un fenomeno poco gradito anche nel resto a quell
della produzione esametrica ellenistica 21. E rigo:
In coincidenza di cesura sono assolutamente eccezionali i casi di Callim
elisione (a parte quella di 8¿ in Hymn. 4,4 e 71) 22, mentre mancano casi primo
di cesura dopo preposizioni e prima di enc1itiche 23. realizz;
La preferita fra le due incisioni della seconda parte del verso e la dieresi
bucolica: si tratta di una incisíone caratteristica di tutta la versificazio­
ne esametrica alessandrina (e che sara propria anche delle epoche (22%),
successive), soprattutto (da cuí il nome) della poesia bucolica 24. e negli <
26. Ce
Realizzazione Piu rara, rispetto ad Omero, la realizzazione spondaica di bicipitia, se si GM,15
dei bicipitia 27. Q1.
esclude i1 secondo. poeti; p
In caso di cr1tOV8etá~o)V Callimaco (che fa un uso assai moderato di tali 756 Pe.
esametri)25 realizza sempre con due brevi iI biceps che precede i1 quinto 28. Fil
Xaip').
sa essen
20. Cfr. West, GM, 153, con dati percentuali per aIcuni poeti. Durante il IV seco
di nonc
era stata prevalente la cesura maschile, con la continuazione di una tendenza 29. Cf
accertabile nel tardo V seco (cfr. West, ibid.). 30. In'
21. I dati in West, GM, 153. Data la costante presenza di una cesura nel terzo
Cantilel
metron, non ci sono dunque mai in Callimaco esametri bipartiti. Un ulteriore quelli a
OúvaO'(J
fenomeno di raffinamento callimacheo, no tato da Bulloch, 259, consiste nel fatto
che negli esametri con fine di parola alla fine del terzo me/ron l'effetto sgradito propost
della bipartizione e evitato non solo dalla presenza della cesura del terzo me/ron, / UIJ.E'tÉI
ma anche da quella della dieresi bucolica (e inoltre di una rilevante pausa non e
semantica in coincidenza di quest'ultima e/o della cesura del terzo me/ron). ínfrazio
22. Hymn. 6, 65; cfr. anche, dal/' Ecale, il fr. 291, 2 Pf. 1l3, 2 Hollis (dove
(v. sopr
31. CI
I'irregolaríta e giustificata dalla costruzione anaforica).
23. Per gli eccezionali casi di cesura in coincidenza di preposi7joni bisillabiche 32. Cf
o di sequenze di due prepositive oppure prima di enclitiche negli altri poeti eHenísti
ellenisticí cfr. West, GM, 153. 33. Cl
núv't' f
24. Cfe. West, GM, 154: essa compare nel 74% dei versi bucolici di Teocrito, nel
casi in .
79% degli esametri dell'Epitafio di Bione.
f;O''ti¡~E
25. Cfe. West, GM. 154: versi di questo tipo, gia graditi ad Antimaco di Colofone
L'ESAMETRO 69

metron 26 e preferisce una chiusa in quadrisillabo oppure in un verbo


composto della forma uu - - X 27,

Hymn. 3, 173 fJ lva, óa¡~ov, 'AAa~ ,Apa<pllvíóa-c;; oiK''Ícroucra

Hymn. 3, 223 'tOsónv. OU yáp mptv Aayóv8~ crUVt'ltl\jltúcrovrat.

Fine di parola Con lo sviluppo di tendenze gia notate nell'esametro omerico:


• e evitata fine di paro la dopo un secondo metron realizzato da
spondeo 28 (Legge di Hilberg)29;
• non si pone fine di parola dopo un quarto metron realizzato da
spondeo 30 (Legge di Naeke 31 o «ponte bucolico », il fenomeno opposto
a quello delta dieresi bucolica).
E rigorosamente osservato il ponte di Hermann 32.
Callimaco evita piuttosto rigorosamente che una parola che inizia nel
primo metron vada a terminare con la prima delle due brevi da cuí sia
realizzato il secondo bíceps (prima Legge di Meyer) 33 o con la seconda

(22%), sono adoperati in quest'epoca soprattutto da Arato ed Euforione (17%)


e negli epilli di Eratostene (24%), ma assolutamente sgraditi ai poeti bucolici.
26. Cosi anche Euforione e Nicandro; per eccezioni negli altri poeti cfr. West,
GM, 154 n. 47.
27. Queste sono le chiuse preferite per gli crnov08tá~ov'n;e; anche dagli altri
poeti; per le chiuse con parola trisillabica (solo due in Callimaco: Hymn, 1,41; fr.
756 Pr. fr. 166 Hollis) e per altri tipi di chiusa cfr. West, GM, 154 n. 48.
28. Fine di parola si ha qualche volta con parole monosillabiche (es. Hymn. 1, 94
Xaip'). Dubbio se in Hynlll. 4, 113 il nesso ou IllÍv, presente al secondo metron pos­
sa essere considerato un nesso complessivamente prepositivo (v. sopra, p. 26) e quin­
di non costituire una infrazione alla legge, dato il carattere enfatico della particella.
29. Cfr. Hilberg, 264.
30. Infrazioni: Hymn. 3, 7 (secondo i criteri fissati per l'esametro omerico da
Cantilena, che escludono nessi come il qui presente IlTÍ 1l0t dall'ambito di
quelli a carattere prepositivo) e, ancora piu duro, Hymn. 4, 226, uAJ.á, <PíAll,
Oóvacrat yáp, UIlÚVé:tV, nÓ1:Vta, OOÚAote;, che in genere viene corretto secondo la
proposta di Maas-Cronert (cfr. Maas, GM, § 92) di scrivere UIlÚVEO e OOÚ/,OUS
/ Úf.!81ÉPOUS al v. 226 S., e E<pé:1IllÍV al posta di E<pé:1f.!'Íj alla fine del v. 227. II ponte
non e osservato dagli allri poeti ellenistici (a parte Nicandro, con una sola
infrazione): in caso di fine di parola es si osservano in genere la Legge di Wernicke
(v. sopra, p. 67 e cfr. West, GM, 155 n. 50).
31. Cfr. A.F. Naeke, RhM 3 (1835), 516 ss.
32. Cfr. sopra, n. 15. 11 ponte e generalmente osservato anche dagli altri poeti
ellenistici; per le eccezioni cfr. West, GM, 155.
33. Cfr. Meyer, 981; eccezioni: Hymn. 2, 41 (npú:l1(é:<; epaS8 nÉcrooO"tv uKlÍPW
náv1' 6yÉVOV1O); 6, 91 'Qe; 06 Míf.!avn XHÍlV, me; U8Aíq> EVl nAayywv); alcuni
e
casi in cuí questa prima breve formata da una pospositiva (ad es. Hymn. 2, 15
Écr1lÍ!;pV oe 1:0 1dxoe; En' upxaíolO"t tl8IlÉtlAOle;; cfr. 3, 77, 126; 4, 144; 6, 61,
70 CAPlTOLO 4 ,
di queste brevi (Legge di Giseke-Meyer) 34. Secondo la teoria di H. • O dopo
Frankel, a cui abbiamo sopra fatto riferimento (p. 61 S.; p. 67 n. 15)
questi fenomeni sono da mettere in relazione con la articolazione della Hymn. 3,245 ~pyov 'A'
prima parte dell'esametro callimacheo; essi si collegano alla preferenza
del poeta per l'uso, come incisione della zona A, della tritemimere Pochissm
o della incisione posta alla fine del primo metron: nei casi in cui una di
e
queste cesure non presente, ció avviene perché la loro sede scava1ca­ e Hymn.6,118 <- uu)'
ta da una «parola pesante» 35.
La Legge Secondo
Callimaco evita di porre una parola di forma giambica (u -) davanti di Tiedke contemp<
alla pentemimere (seconda Legge di Meyer) 36. e Meyer
Una sicu
Norma 1 versi con cesura pentemimere hanno di solito una incisione seconda­
dell'i ncisione ria 37:
secondaria Hymn. 4, 311 nacrl<pá~
• o dopo iI settimo elemento (alla eftemimere) in questi casi il sesto
e
elemento bisillabico: Legge del In fine di
monosillabo la dieresi
H ymn. 2, 8)- notKiA' &'ytvEGcrtl am~poülnvd6V1:6r
't"
J .., Hpcrñv
'1 38 finale
Fenomeni Dal punt
• O dopo il quarto biceps (bisillabico per la Legge di Naeke), cioe alla
di carattere poeti co:
dieresi bucolica: prosodico aggettivi,
Hymn. 2, 95 Ilvro6IlEV6C; np61:~pi1c;1 6.pmiK1:Ó6c;1. oÓ8~ Il~V aÓ1:oi Lo iato
apparentl
elemento
e anche il fr. 230 Pc. 1 HoHis, dall'Eca/e); e inoltre Hymn. 4, 153 11 Kai nona
nápot9¡:;v ¿nd Ká~¡:;v e<JnXE vlÍ<JOUC; (efe. Mineur, 39). Per la dimostrazione che
una tale non vigeva ancora nell'esametro omerico CfL Cantilena, 28 SS., che su
questo fatto basa la sua tesi della «non quadripartizione» di tale esametro. 39. Per ¡
34. Questa denominazione si deve al fatto che nell'osservazione di questo della teor
fenomeno (pure contenuta neHa sua prima legge) Meyer era stato preceduto da pentemim
Giseke, 128. di essa ci
35. Nella teoria frankeliana troyano anche una spiegazione positiva quei casi di zona e (d
infrazione alla prima Legge di Meyer che vedono terminare al punto proibito una sione di q
paroIa metrica íl cui inizio coincide con quello del verso (i casi come Hymn. 2, 15 40. Cfr.
citati sopra alla n. 33; Hymn. 4, 153 e forse anche Hymn. 6, 91): si tratterebbe, 41. Que!
ancora sotto l'azione di una «parola pesante», di spostamento di una o due l'incisione
posizioni della incisione della zona A. alla dieres
36. Cfr. Meyer, 983 ss. Rare le eccezioni: CfL ad es. Hymn. 1, 57 aAA' en fini di paI
nat8voc; ¿cOv c<ppá<J<Jao náv"W "C¿AEta; efr. inoltre Hymn. 6, 91 (riportato sopra, 42. Cfr.
a n. 33), 3, 173 (con un nome proprio); Hec. fr. 70, 9 Hollis. Quanto agli altri casi "Ce <l>lAÓp'
degli lnni citati da Wifstrand 1933, 65 S., non si tratta di infrazioni, in quanto come paSi
i vocaboli «giambici» sono preceduti da vocabo1i o nessi a carattere prepositivo. (altriment
Frequenti invece le eccezioni aquesta legge in Teocrito: cfr. Fantuzzi. 229. sopra; es!
37. La tendenza fu notata da R. Volkmann, Commentationes epicae, Lipsia. parlera tri
1854, 8-10, e riformulata da Meyer. 993. 43. Ecce
38. Cfr. Maas, GM, § 93. Una eccezione e in Hymn. 6. 47 ("CtKvOV, tÜvü<Jov, preferenz:
l'tIKv6vl nOAÓ9é<J"Cs. "CÓKEU<Jí) verso giudicato con sospetto da Maas, loe. cit. (cfr. parole m(
anche Wifstrand 1933, 39). 44. Per4
L'ESAMETRO 71

i. • o dopo entrambi questi elementi


5)
la Hyrnn. 3, 245 ~pyóv' AOiivafii<;,1 h,á<p01 Kax6v,1 ~8pallE 8' ~xc1
~a

re Pochissime le eccezioni:
di
a­ Hyrnn. 6, lIS

la Legge Secondo la Legge di Tiedke e Meyer 40 Callimaco evita fine di parola


lti di Tiedke contemporanea dopo il quarto e il quinto longum 41.
e Meyer
U na sicura eccezione e:

to
Legge del In fine di verso un monosillabo, anche se pospositivo, si ha solo dopo
monosillabo la diere si bucolica 43.
tinale
Fenomeni Dal punto di vista prosodico notiamo come Callimaco (similmente ai
la di carattere poeti contemporanei) faccia un ristretto uso dell'elisione di nomi,
prosodico
aggettivi, verbi.
Lo iato eda lui amrnesso (a parte i casi ripresi da Omero di iato
apparente prima di parole inizianti originariamente con digamma) in
elemento lungo per lo piu dopo Tí o prima di preposizioni in anastrofe 44.
~a
he
su
39. Per al tri casi (di cui alcuni dubbi) cfr. Frankel 1968, 130 n. 1; nell'ambito
,to della teoría dello studioso questo fenomeno si spiega tenendo conto che la
da pentemimere e una incisione sentita come meno armoniosa dal poeta: quindi dopo
di essa ci sarebbe bisogno di una cesura regolare in una delle due posizioni della
di zona e (dopo la cesura trocaica ci puó essere invece uno scavalcamento dell'inci­
na sione di quest'ultima zona).
15 40. efr. H. Tiedke, Quaestiones Nonnianae, Berlino, 1873, 15; Meyer, 987 ss.
le, 41. Questo troverebbe una spiegazione secondo Frankel nel fatto che, essendo
ue l'incisione dopo i1 quarto longum sentíta dal poeta come meno armoniosa rispetto
alla dieresi bucolica, la sua presenza sarebbe compensata o dall'assenza di ulteriori
:tt fini di parola, o dalla fine di una parola pesante.
:a, 42. efr. anche Hymn. 1,94, e forse Hymn. 1, 36npó'n;iarij YEVE~ IlEr6. yE LT~ya
lsi TE Cl>iA.~piiv se interpretiamo il nesso ll€Tá ye, di per sé a carattere prepositivo,
to come passibile di essere posto davanti a incisione in virtu del suo peso sillabico
'O. (altrimenti il verso viola la norma dell'incisione secondaria. di cui abbiamo detto
sopra; esso comunque viola anche la norma del monosillabo finale, di cui si
ia, parlera tra un attimo, cosicché la sua autenticita e da molti messa in dubbio).
43. Ecce7joni: Hymn. 1, 36, di cui si e appena detto; Hymn. 1, 94. Per la
preferenza che, d'altro canto, altri autori ellenistici mostrano per la colIocazione di
parole monosillabiche in fine di verso cfr. Maas, GM, § 96; West, GM, 156.
44. Per casi di iato in elemento lungo con al tri tipi di vocaboli cfr. Hymn. 3, 176,
72 CAPITOLO 4

Come in Omero troviamo fenomeni di allungamento di vocale finale iRealizzazione Nonno


breve di fronte a liquida o nasale iniziale dei bicipitia tendenz
Hymn. 3, 150 'tUupov 01:' EK oí<ppoto ¡.táA.O: ¡.ttyav Ti on; XAOÚVTJV
45
• tano al
riguardl
eaccem
4.4. L'esametro di eta imperiale Nei ven
trova pi
Anche in eta imperiale l'esametro continua ad essere utilizzato per una dOI
poemi epici e poemi didascalicí, per epilli e anche per epigrammi. Tra iI Il vers(
V e il VII seco d.C. un gruppo di poeti (Pamprepio, Cristodoro, realizza
Colluto, Museo, Giovanni di Gaza, Paolo Silenziario, Agazia, Giorgio (Callim
Pisida), sulla scorta dell'esempio di Nonno di Panopoli (V seco d.C.), si mente e
distingue per la costruzione rigorosa e uniforme del verso.
Collocazione E raro
delle parole a tennil
4.4.1. L'esametro dei Dionysiaca di Nonno «spondaiche»
PerqualJ
Cesure Nonno 46 non fa registrare la presenza di versi privi di una delle due con pent
cesure del terzo metron 47; come in genere gli altri poeti tardi (almeno assoluta;
quelli piu sorvegliati), egli preferisce l'incisione trocaica 48. Tiedke e
Nel poeta i versi con la meno gradita pentemimere han no di solito, Nonno
come in Callimaco, una incisione secondaria nel punto della eftemime­ nonam
re, della dieresi bucolica o in entrambe queste posizioni 49. da silla
Nel primo e nel terzo caso il sesto elemento e bisillabico5{,: Prima Legge La prir
dí Meyer caso ch
Dionys. 5, 160 6p96<; hiovairovl oioÓIlIDvl IlÉCíCíT¡yÓ Kiíp~VIDV
Dionys. 8, 143 oi(J'tpitl
Dionys. 9, 208 "HPTt, iCíÜA~9T¡<;I. 'Efp.fAT¡<;11:6KO<;1 tCí1:1v apdIDV
una sol
Dionys. 40, 399 EhE 'E~
233, 237. Lo iato dopo vocale breve in corrispondenza della cesura trocaica in
Hymn. 3, 8 e posto prima di una esclamazione (per cui V. sopra, p. 52) 00<; o' tou<; Legge di Piuttos
Kat 1:ó~a Ea rcán:p 00 Cíe ¡papt1:PTtv; incerto un caso di iato nella stessa posizione Giseke-Meyer Giseke·
in liymn. 4, 264. Per ruso deHo iato (in genere ammesso dopo vocal e lunga negli
elementi lunghi) negli altri poeti ellenistici, cfr. West, GM, 156. Un ese
45. In Hymn. 1, 36 riprodotto a n. 42, notíamo inveee I'allungamento di 1:e Dionys. 13,94 oi t' ,)
davantí a <P1AÓPl1V. Per fenomeni di allungamento nella ulteriore produzione
esametríca ellenística, cfr. West, GAf, 156.
46. Sull'esametro dei Díonysiaca si vedano in particolare Keydell, 35*-42*; Vian,
L-LV. 51. Cfl
47. Cfr. Keydell, 35*, § 1; per il comportamento di altri poeti dell'epoca cfr. present~
West, GM, 177. . proprio,
48. Dati percentuali sull'uso dei varí poeti in West, GM, 177. meno el
49. Per le eccezioni (che si presentano in un numero insignificante, e si giustifica­ 52. Ec
no con la presenza di nomi propri ° per la costruzione retorica anaforica) cfr. 37*, § 1
Keydell, 35*, § 4. 53. Cf
50. Solo due ~ccezioni, entrambe giustificabili, I'una (4, 183) in quanto eco di 54. Cf
Aeolloni~ Rod!o, I'altr~ (] 6, 67) in grazia delIa_costruzione retorica anaforica
55. Cf
(aihó<; o&pií yiíllIDv,1 aU1:ó<;1 rcocrü;;, lo<ppií XOpeÚCíID); cfr. Maas, GM, § 93.
56. Ce
L'ESAMETRO 73

Realizzazione Nonno e i poeti che seguono il suo esempio, radicalizzando una


dei bicipítía tendenza che avevamo gia riscontrato nell'esametro callimacheo, limi­
tano al massimo la contrazione dei bicipitia, in particolare per quanto
riguarda il primo e il terzo, evitando assolutamente, come gia si
e accennato, quella del quinto 51.
Nei versi di questi poeti a parte Colluto e Paolo Silenziario non si
trova piu di una contrazione spondaica prima della cesura né piu di
una dopo la cesura 52.
Il verso quindi si presenta in una varieta di forme, quanto alla
realizzazione dei metra, molto limitata: Nonno limita l'uso a 9 forme
(Callimaco ne aveva usate 20, contro le 32 omeriche), sen tite evidente­
mente come piu armoniose e scorrevoli.
Collocazione E raro che nel poeta parole costituite da due sillabe lunghe vadano
delle parole a terminare in uno degli elementi lunghi 53.
«spondaiche»
Per quanto riguarda il quarto longum, abbiamo gia visto sopra, parlando dei versi
con pentemimere ed eftemimere (p. 72 e n. 50), come la restrizione sÍa pressoché
assoluta; la restrizione nel quinto longum é un caso particolare della Legge di
Tiedke e Meyer (v. sopra, p. 71, e oltre, p. 74).
Nonno osserva rigorosamente il ponte di Hilberg e quello di Naeke,
non ammettendo fine di parola dopo secondo e quarto biceps realizzato
da sillaba ¡unga 54.
Prima Legge La prima Legge di Meyer viene da lui violata qualche rara volta nel
di Meyer caso che sia presente la cesura femminile:
Dionys. 8, 143 ol<J'tpf¡lh;l<Ju IlÓW1tt KepaO'q>6po<; ~1tAeEV '1&
una sola volta con cesura maschile 55:
Dionys. 40, 399 et-re I:(ipa1ti~1 ~q>i3<;,1 Aty6m:to<; avv¿q>eAó<; zdi<;
Piuttosto rigoroso il comportamento del poeta di fronte alla Legge di
Giseke-Meyer.
Un esempio di violazione:
o~ 1:' , Á<J1tI.f¡oÓvo~ &0'1:\3, Kal 6v Xápt<; oG 1t01:e Aet1tei. 56

51. Cfr. West, GM, 178: meno rigido da questo punto di vista é Colluto, che
presenta 17 esametri spondiaci su 392 versi, mentre una sola eccezione, in un nome
proprio, offre Pamprepio (3, 43); per esametri spondiaci in successione nei poeti
meno eleganti del periodo cfr. West, GM, 178 e n. 46.
52. Eccezioni: Nonno, Dionys. 14, 187 (con nomi propri); 47, 69: cfr. Keydell,
37*, § 11.
53. Cfr. Keydel1, 36*, § lO.
54. Cfr. Keydell, 35*, § 3; 36*, § 8.
55. Cfr. Keydell, 36*, § 7.
56. Come si vede, con un nome proprio, come é anche il caso di Dionys. 13, 466;
74 CAPITOLO 4

Seconda Legge Molte invece le eccezioni alla seconda Legge di Meyer Dionys. 42, 507 ,["'lV ttSV O,
dí Meyer
Dionys. 10, Kai vtóe:; ¿K,Óe:; ~llvl Il¡;etmúv t.AU<Pll ~ÓAÓV liYPllv. • rarissim:
224
• i casi ce
Quanto alla seconda parte del verso, Nonno osserva con estremo rigore omerica 63.
il «tradizionale» ponte di Hermann.
Legge di Il poeta evita fine di parola contemporanea dopo il quarto e il quinto Di fronte
Tíedke e Meyer longum 57 , e pone in fine di verso un monosillabo solo se prima c'e la non ci sia
Legge del dieresi bucolica 58.
monosíllabo
tinale Dionys. 12, 16 t1t¡;Utt~Va~
Fenomeni Quanto ai fenomeni prosodici notiamo come Nonno usi l'elisione qua­
di carattere si esclusivamente in vocaboli indeclinabili, e l¡miti lo iato ad aleune In fine di
prosodico evitano le
espressioni stereotipate o derivate da Omero o Apollonio Rodio 59; solo
pochissime volte egli si avvale dell'allungamento (in elemento lungo) di con ultim:
una sillaba finale aperta di fronte ad una liquida iniziale, mai dell'allun­
gamento di una sillaba finale chiusa con vocale breve conclusa da v, p,
() davanti a inizio vocalico del vocabolo successivo 60; ruso della correp­
tio attica e quasi esclusivamente limitato a parole che altrimenti non
potrebbero entrare nel verso; raro anche ruso della correptio epica 61 •

L'importanza In Nonno e nei suoi seguaci troviamo ben precise tracce dell'importan­
del!' accento za assunta dall'accento, divenuto di natura dinamica.
Per bicipitia contratti vengono di preferenza scelte sillabe lunghe accentate
piuttosto che atone (che prababilmente dovevano risultare troppo brevi)

Dionys. 3, 85

Di frante a cesura maschile I'accento e posto generalmente sulla


penultima sillaba:
• di solito si hanno qui parole parossitone

26,55. Cfr. Keydell, 36*, § 9; Maas, GM, § 94; Giseke. 128, fa rilevare la presenza
di un certo numero di casi in cuí le due brevi del secondo dattilo sono occupate da
enclitica bisillabica.
57. Cfr. Maas, GM. § che riconosce in Nonno un'eccezione ogni 500 versi 63. Cfr. I
drca (e mai in versi con cesura maschile tranne 7. 121). (1878), 59 !
58. Per le eccezioni cfr. Keydell, 36*, § 6. 64. Cfr. V
59. Cfr. Keydell, 40* S., § 17 (lo iato dopo una lunga in un biceps si osserva solo 65. Per Ir
in 35, 334); per bibliografia relativa all'uso di altri poeti cfr. West, GlVJ, 179 n. 53. relazione al
60. Cfr. Keydell, 38*, § 15, e, per fenomeni di allungamento in altri poeti, West, 66. Sulla,
GM,179. 67. Cfr. a
61. Per ulteriori dettagli sulla prosodia nonniana cfr. Keydell, 38*; Maas, GM, §§ 68. Cfr. I
124, 125; Vian, LIV s. siano da ce
62. Cfr. Wifstrand 1933, 36 s. 1018-1022,
L'ESAMETRO 75

• rarissimamente properispomene;
• i casi con ossitone o proparossitone sono quasi tutti di derivazione
omerica 63.

Di fronte a cesura femminile di solito si evitano gli ossitoní a meno che


non ci sia fine di parola dopo il secondo longum (tritemimere).64

In fine di verso, mentre le preferite sono le parole parossitone, si


evitano le proparossitone, e cosi pure ossitone piu lunghe di due sillabe
con ultima vocal e breve 65.

L'esametro nel dramma

Brani in esametri fanno la loro comparsa anche nel dramma, molto


probabilmente ora eseguiti con iI canto, ora in recitativo, ora recitati 66.
Nella tragedia accanto a passaggi esametrici che (al parí di singoli
esametri inseriti in contesti lírici) possono essere considerati melici 67 in
base alla patina «dorica» e alla stretta connessione con altri versi lirici
circostanti, troviamo nel Filottete (vv. 839-842), inserito fra le compo­
nenti della coppia strofica di uno stasimo, un brano in esametri eseguito
probabilmente in recitativo (jI personaggio a cui esso e affidato, Neotto­
lemo, non si esprime mai in questa tragedia con il canto): parrebbe che la
scelta dell'esametro sia da mettere in relazione con il contenuto delle
paro le legate ad una profezia 68; probabilmente era recitato l'indovinello
della Sfinge, inserito fra trimetri recitati nell'Edipo di Euripide (fr. 83,
22-25 A.). Indovinelli in forma esametrica sono inseriti, ínoltre, fra

63. Cfr. H. Tiedke, Quaestionum Nonnianarum specimen alrerum, Hermes 13


(1878), 59 SS.; Keydell, 38*, § 13.
64. Cfr. Wifstrand 1933,4 ss. (con esame delle eccezíoni); Keydell, 38*, § 14.
65. Per maggiori particolari cfr. Keydell, 37*, § 12; il fenomeno va posta in
relazione alla scarsa simpalia di Nonno per terminare il verso in sillaba breve.
66. Sulla questíone cfr. Pretagostini 1995.
67. Cfr. ad es. Eur. Suppl. 271-274; 282-285, con l'analísi di Pretagostini 1995.
68. Cfr. Pretagostini 1995, da vede re anche per la proposta interpretativa che
siano da considerare come non lirici pure gli esametri di Soph. Trach. 1010-1014;
1018-1022,1034-1040.
76 CAPITOLO 4

i trimetri della commedia attica, dove troviamo anche oracoli e brani di


contenuto sacro o di intendimento didattico, e anche passi collegati
a Qmero o Esiodo, tutti probabilmente, visto ir contesto, recitati 69.
Degno di nota 7Q in questi esametri recitati o recitativi il predominio della
cesura maschile su quella femminile, fenomeno che caratterizza in
genere gli esametri adoperati nel V seco dopo Empedocle (v. sopra p. 68
en. 20).

Il trimetr
giambici:

x -u-

Attestatc
inframm
r;
comico a
arcaica f
che vann
denomin
Semonid
sizioni e
dramma
seguito a
svariato
69. Per l'analisi dei brani in questione, efr. Pretagostini 1995, da vede re anche
per l'analisi di brani eomiei in eui esametri non lirici si associano a esametri liríei
e per i casi, spesso problematiei, di esametri liriei. l. Per 1'\
70. Cfr. West, GM, 98. v. oltre, p
CAPITOLO 5

II trimetro giambico

Definizione e caratteristiche generali


I1 trímetro giambico e un verso composto dalla successione di tre metra
giambici:

x-u-x-u x u\,d

Attestato sporadicamente in epitafi ed epigrafi dedicatorie, compare


ínframme72ato ad esametri dattilici nel Margite, poemetto narrativo
comico attribuito ad Omero, ma certamen te assai posteríore. In epoca
arcaica fu pero usato soprattutto, in serie continue, per composizioni
che vanno dall'invettiva alla riflessione politica, da alcuni poeti che si
denominano in genere giambografi arcaici (Archiloco, Ipponatte 1,
Semonide, Solone); Archiloco e Ipponatte lo usarono anche in compo­
sizioni epodiche. Divenne poi il verso recitato per eccellenza del
dramma attico (tragedia, commedia e dramma satiresco), e continuo in
seguito a essere usato nel dramma, ma anche per composizioni di tipo
svariato (da poemi didascalici a composizioni satiriche ad epigrammi).

1. Per ruso del trimetro «puro», inserito tra trimetri scazonti, da parte del poeta
v. oltre, p. 81.
78 CAPITOLO 5

e
Data la natura del metron giambíco, iI cuí primo elemento libero, si e il quart(
possono trovare realizzati da sillaba Iunga iI primo, quinto e nono 296 (dope
elemento del verso (per comodita si puo continuare a parlare della sede). Al
possibiIita di avere «spondeQ)} nelle sedi dispari). da due br
Soluzioni La possibilita di realizzare gli elementi lunghí con due sillabe brevi
porta, usando la stessa terminologia, all'ammissione del «tribraco}) in Enjambement Ogni trirr
tutte le sedi (tranne l'uItima, visto che, ricordiamo, l'elemento finale del unita ritrr
e
verso non un longum ma un indifferens) e del «dattilQ)} nelle sedi te, í suoi
dispari, quando l'elemento libero che precede il longum sia reaIizzato stretti, co
da una lunga (cio non avviene pero, come vedremo, nei giambografi
arcaici per l'ultimo elemento lungo, la cuí soluzione, libera in comme­ Cesure I1 trímetr,
e
día, ancora sottoposta a Iimitazioni in tragedia). che per 1<
L'anapesto In caso di realizzazione con due brevi degIi elementi liberí (o addiríttu­ dopo iI q
ra di quelli breví), risuIta (rispettivamente in sede disparí e parí, tranne cioe dop'
l'ultima, dove il movimento giambíco si mantiene sempre puro) il
cosiddetto anapesto (un fenomeno, come vedremo, non comune a tutti Aesch. Sept. 1 K&8/lOú'
e
i generi in cui iI trímetro stato usato).
oppure,
e
Per una esemplificazione di quanto si detto finora vediamo un brano
mezzo pi
delle Baccanti di Euripide con vari esempi dei cosiddetti piedi trisillabici:

Eur. Bacch. bd V1V ~ pn:acr' K


€ n:upÓe; KEpaüvtoü Eur. Hipp. 1 n:OAA~ /l:
288 ss.
zEiSe;, ¿e; 8' "ÓAü/.mov ppf<poe; iiv~yaYEv 8E6v,
Nella re<l
"Hpa V1V ~8EA' tK~aAdv &n:' oÓpavou' 290
tipo, phI
zsiSe; 8' ÓVTs/liíxav~cra8' ola 8~ 8E6e;. coincide1
p~¡;ae; /l~pOe; t1 toO x8óv' tYKUKAOÜ/l~VOÜ esamineJ
aIOfpoe;, ~8iíKS t6vó' 6/liípov ¿KólooiSe;, posta de
denza di
brano dt
t\¡i)vücrov "Hpae; VSíK~&V' xpóv0 oi VtV
denza di
~potoi paq:>~vai q:>acr1v tv /liíPc9 M6e;, 295
~VOllii /lEtacrt~ cravtE~, ihi 8sq 8EÓe; Quanto a
"Hpq, n:08' (f¡/l~psücrE crüv8¿VtEe; AÓyOV. fare alcur
/l&Vtte; ó' Ó oa{Il00V ÓÓ{;' tO y&p ~aKxsiScrl/lov 1. Nei ve
Kai .6 lliivl&oEe; /lav1:1K~v n:OAA~V há piena) do
poche vol
6Tav yap i) oEbe; tO crÚ)/l' tA8ij n:oAiSe;, 300
mo elem~
AiyEtV tO /l¿AAOV ToiSe; /ls/liívÓ1:ae; n:old. di contin
esempio i
Il primo elemento lungo si trova soluto al v. 296 dopo un primo
elemento libero realizzato da breve (<<tríbraco» in prima sede), ai vv. Semon. fr. 7, i1núvt' i
13 W.
293 e 299 dopo un elemento libero realizzato da lunga (<<dattilo}} in
e
príma sede). Il terzo elemento lungo soluto al v. 289 e al v. 298 dopo
elemento libero reaIizzato da lunga (<<dattilo» in terza sede). 11 secondo 2. Per (
I L TRI METRO GIAMBlCO 79

e il quarto elemento lungo sono soluti rispettivamente al v. 300 e al v.


296 (dopo un elemento breve: quindi «tribraco» in seconda e in quarta
sede). Al v. 294 compare un caso di elemento libero inizíale realizzato
da due brevi (<<anapesto» in prima sede).

Enjambement Ogni trimetro giambico, nelle composizioni stichiche, costituisce una


unita rítmica in sé conchiusa; dal punto di vista sintattico, naturalmen­
te, i suoi rapporti con il verso successivo possono essere piu o meno
stretti, cosi da far rilevare forme diverse di enjambement.

Il trímetro giambico e solitamente ínteressato da una cesura principale,


che per lo piu cade dopo il quinto elemento (nella terminología antica,
dopo il quinto mezzo piede, da cui la denominazione di pentemimere),
cioe dopo il secondo elemento libero del verso

oppure, in percentuale minore, dopo il settimo elemento (il settimo


mezzo piede, da cui eftemimere) cioe dopo il secondo elemento breve

Nella realizzazione della cesura si riscontrano vari livelli, a seconda del


tipo, piu o meno deciso, di fine di parola che entra in gioco, dalla
coincidenza con una pausa sintattica piu o meno forte a casi, che
esamineremo, di coincidenza con fine di parola non piena, in quanto
posta dopo una prepositiva o prima di una pospositiva; in corrispon­
denza della cesura si puó anche trovare elisione (si veda sopra, nel
brano deBe Baccanti, tale fenomeno ai vv. 288 e 290, 291, in corrispon­
denza di pentemimere ed eftemimere).

Quanto alla disposizione delle parole nel verso in relazione alla cesura si possono
fare alcune osservazioni generali 2:
1. Nei versi con cesura pentemimere e eoncomitante fine dí parola (piu o meno
piena) dopo il settimo elemento (nel punto cioe della eftemimere), si assiste non
poche volte ad una messa in evídenza del vocabolo che occupa il sesto ed il settí­
mo elemento, e con cuí inizia la seconda parte del verso, talvolta con un effetto
di continuazione o ripresa rispetto alla prima parte di quest'ultimo, come ad
esempio in:
Semon. fr. 7,
13 W.

2. Per queste considerazioni cfr. van Raalte, 175 ss.


80 CAPITOLO 5

Dtrimetro
Spesso iI vocaboIo in questione con corda grammaticaImente con quello che
DeHa prodl
conclude iI verso, in maniera tale che si viene a formare nel trimetro un secondo
colon come racchiuso in se stesso ogni probal
menti di Ar
Soph. Phil. 319 ¿yro oi; Km'rróc;1 'tOiO'OE ¡.táp'wC; ¿v A.óYOl~ no trimetri
alcuni fram
Eur. Dr. 293 ¿yoo 9' ó úi¡¡.tffivl 'toláo' eK1tAlÍGElV KClKá. di Ananio.
Ipponatte 10
2. Nei versi con cesura eftemimere e contemporanea fine di parola dopo il quinto
206,210-21
elemento 3 si puó avere una sorta di enjambement del primo colon: l'impressione
che una delle possibilita di strutturazione interna del verso sia stata realizzata tra gli esarr
viene come supe rata da una fine di paro la sintatticamente piu forte nell'altro
punto di cesura. Anche in questo caso I'effetto prodotto e quello di sottolineare il Cesure Ogni verso
vocabolo che occupa íl sesto e settimo elemento. Elisione in
casi di ceSl
Archil. fr. 19, 2 ouo' dlJ:; 1tOO ¡.tE ~iíl.o-;,¡ OÓO' ayaío¡.tat
W.

Soph. O.T. 410 ou yáp n GOi ~& ooiíl.o~,¡ a,,"Aa. Ao~íq.


4. Frr. 18,
Da notare una serie di casi in cui la parola collocata nel sesto e settimo elemento 5. Frr. 1-'
eun aggettivo dimostrativo o possessivo collegato ad un vocabolo posto preceden­ 6. Frr. 36
temente: (cfr. fr. 1 W
poeta comic
Eur. Dr. 1150 stichon alla t
cfr. inoltre P
3. In trimetri con cesura eftemimere privi di fine di parola dopo il quinto I1, p. 167 =
elemento, un equilibrio soddisfacente tra la collocazione delle parole nel verso commedia,1
e raggiunto di frequente grazie alla fine di parola coincidente con il terzo o il trimetri gíaI1
quarto elemento, specialmente se que sta fine di parola e sintatticamente rilevante, 7. Per qu
il che si verifica per esempio in caso di enjambement con il verso precedente: 1 Deg.; 28, I
4 W. = 44,~
Aristoph. Nub. alcA' ou 1tEptÓ\jfEnlí ¡.t' ó 9doC; MEyaKAÉllC; Deg.; 86,4
124 s. avut1tov. aA": EtGEt¡.tt,¡ Goií o' oó <ppovn&. Deg.; 104,4
8. Frr.2S
9. Frr. 1~
NeU'uso del verso (quanto a cesure, soluzioni, disposizione deBe parole (3 ia + hert
nella seconda parte) si possono notare differenze di non poco conto 10. Frr. 11
a seconda dei generi in cui esso fu utilizzato; si distingue cosi la tecnica frammento,
dei giambografi arcaici, quella della tragedia (all'interno della quale, composizíol
grazie ai testi che ci sono stati conserva ti , si possono riconoscere le 117W. = 11
particolarita dei tre grandi autori ateniesi del V seco a.e.) e quella della e ancora al
123-126).
commedia.
11. Frr. 5
(3 la + ith:
12. Dubbi
13. Fr. 14
3. In questi casi la prevalenza della eftemimere si ricava in base ad una
14. Cfr.'
realizzazione piu forte dal punto di vista sintattico della fine di parola rispetto
(yu vm KÓC;
a quella che si trova in coincidenza con il quinto elemento.
lL TRI METRO GIAMBICO 81

.trimetro dei giambografi arcaici


DelIa produzione trimetrica kata stichon dei giambografi arcalCI, con
ogni probabilita eseguita in parakataloghé, possediamo numerosi fram­
menti di Archiloco 4, Semonide 5, Solone 6; Ipponatte e Ananio inserisco­
no trimetri puri fra i trimetri scazonti 7; un solo tri metro puro ci resta in
alcuni frammenti di Ipponatte 8; di tre trimetri purí e composto i1 fr. 1 W.
di Ananio. In composizione epodica iI trímetro compare in Archiloc0 9,
Ipponatte 10, Anacreonte 11; di genere incerto i trimetri singoli dei frr. 205,
206,210-213,215-222 W. di Archiloco 12. Dei trimetri che Senofane inseri
tra gli esametri dei Si/li ne resta probabilmente solo uno 13.

Ogni verso e interessato da una cesura.


Elisione in cesura si trova comunemente solo dopo 8¿ 14; non si trovano
casi di cesura preceduta da singole prepositive monosillabiche, mentre

4. Frr. 18-87 W.
5. Frr. 1-41 W.
6. Frr. 36-40 W. Trimetrí stíchici furono composti forse anche da Anacreonte
(cfr. fr. 1 W. 52 GenL); in epoca successiva sí collocano i trímetrí dí Ermippo,
poeta comico della seconda meta del V sec., autore anche di composizioni kata
stichon alla maniera arcaica (frr. 1-3 W.), e di Eveno dí Paro (V-IV sec.: fr. 9a W.);
cfr. inoltre Panarce (lEG 11, p. 93), Susarione, dí cui abbiamo un frammento (lEG
n, p. 167 = fr. 1 K.-A.), che si e incerti se non sia da assegnare píuttosto alla
commedia, e ad. ia. frr. 1-35 W. (ad. ia. frr. 39-48 W. possono provenire o da
trimetri giambici o da tetrametri trocaici catalettici).
7. Per questi ultimi v. cap. 7. Trimetri puri in Hippon. frr. 26, 1 W. 36,
1 Deg.; 28, 6 W. 39,6 Deg.; 30, 1 W. 41, 1 Deg.; 32, I W. 42a, 1 Deg.; 36,
4 W. = 44,4 Deg.; 39,4 W. 48,4 Deg.; 42, 4 W. = 7,4 Deg.; 79,17 W. = 79,17
Deg.; 86, 4 W. = 88, 4 Deg.(?); 92, 1 W. = 95, I Deg. (?); 104. II W. = 107, 11
Deg.; 104,46 W. = 107,46 Deg.(?); per Ananio cfr. fr. 3, I W.
8. Frr. 29a W. = 118 Deg.; 67 W. = 119 Deg.; 114b W. = 134 Deg.
9. Frr. 172-181 W. (3 ia + 2 ia); 182-187 W. (3 ia + hemiepes); 196-196a W.
(3 ia + hem, 2 ia) e forse frr. 200, 201 W.
10. Frr. 118 W. 129 Deg. (3 ia + 2 ia); 118a W. = 15 Deg. (per quest'ultimo
frammento, composto di un uníco trímetro, Degani pensa alla provenienza da una
composizione stichica). Quanto ai frr. lIS W. = 194 Deg.; 116 W. = 195 Deg.;
117 W. = 196 Deg. (3 ia + hemiepes) il problema della paternita, molto dibattuto,
e ancora aperto (bíbliografia su! problema in D.E. Gerber, Lustrum 33 (1991),
123-126).
11. Frr. 5 W. 44 Gent.; 7 W. = 54 Gent. (3 ia + hem); 6 W. = 45 Gent.
(3 ia + ith).
12. Dubbi i fIT. 296-298 W. di Archiloco, spuri i frr. 327-328 W. del medesimo poeta.
13. Fr. 14, I D.-K. fr. 17, I G.-P.; cfr. anche frr. 22 e 41 G.-P.
14. Cfr. West, GM, 40 e n. 30, che fa notare come in Semon. fr. 7, 118 W.
(YOVatKOt; 6tW:K' ullqnDr¡p1ffilltvOOt;) si possa pensare ad una quasi-cesura
82 CAPITOLO 5

osservato S(
e comune prima di cesura la combinazione prepositiva + pospositiva
puó essere r
a volte anche con valore prepositivo (es. roe; ay) 15.
cede que sto
Soluzioni Le soluzioni dei longa non sono frequenti 16; un «anapesto» iniziale to da sillab
sembrerebbe essere ammesso da Ipponatte in fr. 67 W. 119 Deg. Legge di p(
5AÍyii <ppov¿oDcrlv oY X&Atv n€.nmK5-r~e;, dove peró si ottiene un lunga davar
«tribraco» assumendo correptio attica nella sillaba finale deBa prima
parola 17. Semon. fr. 7, -ri]v Ili:v yfJ.
28 W.
In genere le soluzioni sono limitate a parole di una certa estensione
ma non lo s
Archil. fL 49, <ptA~-ra vÓK-rmp nEpt n5AtV nmAwllivql
7W. Aristoph. Nub. aAA' S;EyEt¡
78
(siamo in presenza, si ricordi, di una parola metrica, secondo quanto
abbiamo deUo sopra a cap. 1, p. 25), e non se ne trova piu di una per che, come SI
verso 18.
Il quinto elemento lungo non si trova mai soluto. Il «cretíco»
Le due brevi che realizzano un elemento lungo appartengono alla vocabolo, c(
stessa parola 19. vocabolo o
1083 croí yE
Nel trimetro dei giambografi arcaici si possono osservare delle tenden­ paroIa che s
ze ben precise quanto alla possibile collocazione deBe fini di parola lungo, seguÍ'
nella seconda parte del verso. sv IlDxé¡)).
Viene rigorosamente osservato il ponte di Porson. Se invece al::
11 ponte Si tratta di un fenomeno che fu rilevato per la prima volta da R. e aperto d
di Porson Porson nel trímetro deBa tragedia 20. Esso consiste nel fatto che, se il strettament€
verso termina con una parola o con un gruppo verbale che forma un (ció si verifi
cretico (~u ,il cuí primo elemento, secondo quanto abbiamo enclitiche e
nuiDce;, ú¡.tEi
in quanto r
eftemimere dopo la prima parte del composto. Per Hippon. frL 78, 16 e 103.5 W.
anche in cas
78, 16 e 106,5 Deg., v. oltre, p. 134 n. 7.
15. In Semon. fr. 7, 15 W. AtAllKEV, nv Ka! ll11otV' av8pó)1l;(¡)V ópq davanti al come nell'es
punto della pentemimere eposto un nesso formato da due prepositive monosillabi­ de in re alta
che seguito da un vocabolo eliso che va a terminare nel punto della eftemímere.
16. Particolarmente restío aH' uso della soluzione sembra Semoníde, nei cuí 1 giambografi
frammenti non si trova un esempio sic uro (anche se sembra probabile doverne cm) finale 21, a
ammettere uno nel testo di fL 10 W.; cfr. IEG in apparato). lh;' ana' o(
17. Per la correptio attica in Ipponatte v. sopra, cap. 3, p. 54 n. 64. pospositiva d¡
18. Due «piedi trisillabici» in Susarione (per cui v. sopra. n. 6) sia al v. di pensare ac
1 (<<tribracO» in seconda sede, «anapesto» in quarta con nome proprio) che al v. Ipponatte, il (
2 (<<dattilo» in terza sede, «anapesto» in quinta con nome proprio).
19. Un esempio di soluzione divisa in una maniera tipica della commedia (per cui
v. oltre, p. 107) al v. 1 del frammento di Susarione.
21. Cfr. Sch
20. Intuito dal grande filologo inglese gili neHa edizione dell' Ecuba del 1797 (n. al
22. Per poss
v. 347) e delle Fenicie (1799, n. al v. 1464), il fenomeno fu da luí trattato
e 103.
estesamente con una formulazíone generale nel Supplementum ad Pr:aefationem
23. V. oltre,
della seconda edizione deIl'Ecuba pubblicata nel 1802 (pp. XLI-LIV).
IL TRIMETRO GIAMBICO 83

iva osservato sopra quanto alle possibili soluzioni presenti nel trímetro,
puó essere realízzato da due brevi: uu u -), l'elemento libero che pre­
cede questo «cretico» (cioe il terzo elemento libero del verso) e realizza­
ale to da sillaba breve, a meno che non si tratti di un monosillabo. La
Legge di Porson, in altre parole, vieta fine di polisillabo con sillaba
un lunga davanti al «cretico» finale. Quindi e ammesso un caso come
ma
Semon. fr. 7, t1l V ¡.tEV yeAfi te Ka! Y¿Y118evl ~¡.t~piiv
28W.

ma non lo sarebbe uno come

Aristoph. Nub. aA/...' ¿~eyeipat rep&wv aut6vl ~o()Aó¡.tal


78
lto
>er che, come si yedra, avra invece libero accesso nella commedia.

JI «cretico» finale, beninteso, puó consistere, oltre che di un unico


na vocabolo, come nei casi sopra riportati, anche di un gruppo formato da
vocabolo o nesso trocaico+monosillabo pospositivo (come in Eur. Oro
1083 croí ye ¡.tlÍv), e di un gruppo formato da prepositiva (o comunque
~n-
parola che si leghi strettamente a quanto segue), che occupa l'elemento
lungo, seguita da un vocabolo di forma giambica (es. Semon. fr. 7,46 W.
ev ¡.tuXep).
Se invece abbiamo una conclusione di verso in cui il possibile «cretico»
R. e aperto da (oppure coincide con) un vocabolo che si lega phI
~ il strettamente con quello che precede piuttosto che con quello che segue
un (ció si verifica soprattutto quando a realizzare il quinto longum sono
no enclitiche e particelle pospositive: es. Soph. O.T. 142 a/,A' 00<; '!áXtcrta,
reat8e<;, ú¡.tet<; ,.tv pásprov), non siamo piu nei casi previsti dalla Legge,
in quanto non abbiamo piu un «cretíco» finale autonomo, e quindi
anche in caso di vocabolo chiuso da lunga nell'ultimo elemento libero,
come nell'esempio sofocleo sopra riportato, una tale lunga non coinci­
de in realta con vera fine di parola.

1 giambografi arcaici sembrano evitare anche monosilIabi lunghi davanti a «creti­


co» finale 21 , ad eccezione forse di Ipponatte, fr. 36,4 W. = 44,4 Deg. Kai ]tÓAA'
l';-c' aAAa' bEÍACttO¡; yap ,a¡; q¡ptva¡;, se sí considera qui il yáp non una
pospositiva da unire a quanto precede, ma un monosillabo indipendente 22 invece
di pensare ad una infrazione al ponte di Porson da parte di un poeta come
Ipponatte, il quale, comunque, nei suoi coliambi trascura la Legge 23.

21. Cfr. Schein, 11; Slings, 55.


22. Per possibili paralIeli nello stesso Ipponatte e nelIa tragedia V. oltre, pp. 136
e 103.
23. V. oltre, p. 136 (si potrebbe comunque pensare anche, per evitare l'infrazione,
84 CAPITOLO 5

I ponti Si riscontrano inoltre le seguenti tendenze, note come ponti di Knox: b) secondo
di Knox di parola ~
a) primo ponte di Knox: come fu osservato da A.D. Knox 24 i giambo­
grafi arcaici evitano versi in cui si abbia fine di parola simultaneamente pentemime
alla cesura pentemimere, dopo l'ottavo e dopo il decimo elemento come quell;
e solo in questi luoghi (1 -- u - 1 x 1 u 'd). Evitano cioe ver si come Non sono,
Aesch. P. V. 22, O'llU, cn:u8cVt"o~ 8'1 ~Aioül q>oI~til q»,óyÍI 2\ che «trocheo»
saranno invece accolti dalla tragedia. (anche fon
YO, come a
Pochissime le eccezioni:
Semon. Archil. J.l" U:-rpUJ.l1
fr. 5 W. li8T)AO~ imtcrl n:&AÓ~ &~I &J.lul 'tph- 26 fr. 23,9 W.

fr. 7, 63 W. AOD'tUt bE n:ácrT)~1 ~J.li;pfi~llin:ol p6n:ov fr. 26, 5 W. ébvu~ y An:c

ma non: Come ecce


fr. 7, 79 W. Archil.
fr. 25,5 W. 'toih' olS'tu
Archil.
che 1'áp sia un nesso che colIega I'espressione del «cretico» finale con quello che la fr. 54, 5 W.
precede). Un monosillabo lungo di tipo prepositivo (la particella interiettiva ro) Archil.
e posta davanti al cretico finale nel frammento dí Susarione (cfr. n. 6) al v. 3. fr. 177,3 W. Acffipya KC
24. Cfr. A.D. Knox, Philologus 81 (1925),250; Knox 1932, 19.
25. 11 nome di Knox e spesso accostato, a proposito di que sto ponte (a partire da Archil.
fr. 181, 12 W.
Maas, GM, 95, che offre del ponte medesímo una formulazíone diversa e ancora
piu restrittiva - divieto di fine di parola contemporaneamente dopo il quarto e il
quinto elemento lungo, cioe divieto di doppio bisillabo finale, qualunque sia la prima di ess
divisíone delle paroJe precedentí per cuí v. oltre, n. 27, e inoltre p. 136), a que110 ia. fr. 7, 4 \\
di Wilamowitz, che aveva qualche anno prima (efe. GV, 289) notato come in tale interpre'
Archiloco fosse evitato un finale in due bisillabi con parola di forma spondaica in si trovasse u
penultima sede. L'osservazione di WilamowÍtz (la cui validita e stata poi da Knox per il secon
1926, 34; Id., 1932, 23 estesa all'intero ambito dei giambografi arcaici e dei loro 28. Cfr. S!
buoni imitatori) si riferiva comunque in realta non al problema generale deIla 29. Cfr. al
disposizione delle fini di parola nella seconda parte del verso, ma (cfr. Schein, 14) ad. ia. fr. :
piu specificamente al problema deBe condizioni secondo le quali l'uItimo elemento posizione nl
libero del trimetro poteva essere realizzato da sillaba lunga (Wilamowitz notava W., percui
come una tale lunga poteva essere solo iniziale di un quadrisillabo o sillaba fr. 1,20 W.
centraIe di un trisillabo). Una recente discussione di questo aspetto particoIare al sostantiv
della restrizione neBa collocazione di vocaboli spondaici, anche se essi stessi di tipo una compe
prepositivo o posti dopo prepositive, in penuItima sede (insieme alla discussione verso, + 3
degli aItri «ponti» della chiusa del trimetro arcaico) in A.M. Devine - L.D. posizione e
Stephens, Bridges in the Iambographers, GRBS 22 (1981), 308; 314 S.; 318-321. 55 S., ma v.
26. Resta incerto, visto il disaccordo delle fontí che citano il verso, se iI verbo che prepm
compariva in Semonide aHa terza persona singoIare delI'indicativo oppure «trocheo»
aH'infinito. fr. 1,7 W.;
27. Quí si puó considerare come strettamente coHegata tutta l'espressione aperta ripreso da f

dalla negazione: v. oltre, p. 85 s. en. 30. Non sembrano da considerare eccezioni casi taTt IlTJXa
in cuí nel bisillabo in penuItima posizione si trova una espressione che puó essere che'pure 11
interpretata come prepositiva, come in Sem. fe. 1,2 W. Kui TiEh¡a' OKU OÉASt, dove 30. A me
lL TRIMETRO GlAMBlCO 85

x: b) secando ponte di Knox (Knox 1926, 32; Id. 1932,20): in caso di fine
)0­ di parola al settimo elemento (in presenza o meno anche di cesura
nte pentemimere) si evita una conclusione del verso I ~ u I u Id, cioe una
lto come quella di Aesch. Sept. 432 yÜj.lvÓvl (iv8pal1Cüpq>6p5v.
me Non sono, naturalmente, da considerare come eccezioni i casi in cui iI
:he «trocheo» in penultima posizione e realizzato da vocaboli o nessi
(anche formati da prepositiva + pospositiva 28) di carattere prepositi­
vo, come ad esempio:

ArchiL
fr. 23, 9 W.
fr. 26, 5 W.

Come eccezioni si presentano:


ArchiL
fr. 25.5 W.
Archil.
:la fr. 54,5 W.
ro) ArchiL
fr. 177,3 W.

da Archil.
,ea fr. 181, 12 W.
~ il
i la prima di essa c'e anche elisíone (cfr. ínoltre ArchiL fr. 29, 7 W. lEtO' 01ClJ OúyEJU1; ad.
ia. fr. 7,4 W. 1m rí rol ¡lI':Aro: in questi due frarnmenti, se non si vuole aceettare una
tale interpretazione, si puó sempre supporre che davantí al bisillabo in penultima sede
si trovasse un monosillabo autonomo: cosi fa West che per il primo caso propone Old,
per il secondo n]ai). Una infrazione alla Legge e nel piu tardo Susarione, fr. 1, 1 W.
28. Cfr. Slings, 55.
29. Cfr. anche Archil. fr. 26, 6 W. (O)(J1(Ep); Sem. fr. 7, 59 W.; Sol. fr. 38.3 W.;
ad. ia. fr. 35, 12 W., e forse Archil. fr. 219 W. (oun;, che compare in que sta
posizione nel poeta anche in un trímetro da una composizione epodica, fr. 196a, 36
W., per cui v. peró alla nota successiva): Semon. fr. 7, 31; 14.2 W. (ouoÉ); Semon.
fr. 1,20 W. (uA./,á); Sol. fr. 36, 11 (olncÉr'); Semon. fr. 7, 110 W. (articolo, riferito
al sostantivo che chiude il verso, + oÉ); Hippon. fr. 115,9 W. = 194,9 Deg. (da
una composizione epodica: la preposizione, che regge il genitivo che chiude il
verso, + oÉ); Sol. fr. 36, 22 W. (d yáp); ArchiL fr. I96a, 15 W. (da una com­
posizione epodica: rrov n~, interpretando rrov come pronome relativo: cfr. Slings
55 S., ma v. anche nota suceessiva). Piu duri, ma forse assimilabili alle caratteristi­
che preposítíve delle particelle correlative e disgiuntive, alcuni casi in cui il
«trocheo» e occupato da espressioni di tipo correlativo o disgiuntívo: cfr. Semon.
fr. 1, 7 W.; SoL fr. 38, 1 W. (oí ¡.tÉv, poi proseguito da oí oé); Sol. frr. 39, 1 (01 oé.
ripreso da oí Oé); 36, 9 W. (liUov, rípreso da liAAOV). In Archil. fr. 24, 10 W. (]v
l:I:n~ ¡.tr¡Xavi¡) il «trocheo» in questione e invece formato da una enclítica, il
che pure non costituisce una eccezione al ponte (cfr. anche Slings, 55).
30. A meno che il trímetro degli epodi (cantato?), da cuí provengono gli ultimi
86 CAPITOLO 5

Per un eser
5.3. n trímetro della tragedia breve (<< trit
Soluzioni A differenza dei giambografi, e ammessa la soluzione del quinto Eur. Or. 936 ecr'tUt yuvui
elemento lungo, anche se ció si verífica meno spesso della soluzione dei
prími quattro langa e inoltre solo se l'elemento libero immediatamente Seguono, i
precedente e realizzato da sillaba breve (in altre parole non si trova mai soprattutto
«dattilo» in quinta sede).

Soph. O.T. 719 ~ppt'l'EV &AArov xepcrtv d~ iiPiÍ'tov ¿Spa;;


Aesch Af6 &rr~yay' l¡;;
e quella del
Eur. Or. 518 hd) M: I1tcr& I1tv YUVUtKa-; ijvocrtoü~
Soph. El. 707 hato~' Áa,
In Euripide le sillabe brevi in tale posizione soluta sono sempre sillabe iniziali di
un vocabolo o gruppo verbale quadrisillabico .11. Si puó not
soluzioni il
L'elemento ¡ungo piu spesso interessato da soJuzione (da solo risulta
verso (cioe
soluto piu frequentemente di tutti gli altri longa messi insieme) e il
preferenzial
terzo; la soluzione di questo elemento si trova soprattutto in concomi­
l'effetto del
tanza della cesura pentemimere: piu spesso dopo un elemento libero
fronti deHo
realizzato da sillaba lunga (quindi: «dattilo» in terza sede) soggetta a
Aesch. Sept. 60 xropct, Kóvlti,lrr8oÍa o' &pYiicr't~<; &<¡lp6;; analizzare 1

Anche in t
due versi citati, non fosse svincolato da tendenze rigide quanto alle fini di parola appartenga
(cfr. Schein, 6 n. 4). Per tutti e quattro i versi riportati (nei primi due dei quali
e comunque da notare in coincidenza del ponte, rispettivamente, la sinalefe e Non costitui~
l'elisione), vista la costante presenza di brevi forme di pronomi o di aggettivi pos­ ga ad una p
sessivi, e stata avanzata da Slings, 56 (cfr. inoltre in generale Id., Mnemosyne 42, ÉKÓV,' l¡.te),
1989, 510) la proposta che Archiloco potesse trattare in maniera simile alle l'articolo (es.
prepositive tutti i pronomi \\brevi» e anche gli aggettivi possessivi (cosi si spieghe­ relativo (es. J
rebbe, secondo lo stesso Slings, anche il v. 15 del fr. 196a W., che abbiamo citato una preposizi
alla nota precedente, se si interpreta ,ffiv come pronome dimostrativo). In ArchiL fr. crffi.9>povat:; ~
196a, 3 W., el o' (bv En:8ÍyWl Kuí crc Ou¡.tot:; lOÚcl (verso anch'esso proveniente da 1tA.&OV, 'ilAOC
un epodo) entra di nuovo in gioco una forma breve di pronome: qui comunque si VÓ¡.tl¡.tOV avE
puó pensare che il vocabolo trocaico in penultima sede non sia da considerare brevi, in qua
autonomo in quanto preceduto da un nesso prepositiva + pospositiva (KU( m;) da tiva puó esse
considerare nel complesso, come i casi gia segnalati alla nota precedente, di valore casi come qll
prepositivo: cfr. Slings, 55; un altro caso in cui il «trocheo» e preceduto da che e anche
prepositiva e Hippon. fr. 29a W. = 118 Deg. Per Semon. fr. 1,4 W. (ouo¿v ciOó,ct:;) la cuí conclu
Slings, 56 propone una giustificazione inserendo anche OUOBV tra le forme pronomi­ Bacch. 285 &
nali breví passibíli dí uso prepositivo, ma sembra meglio pensare che OUOBV fosse ~UfJ.<popi.t (lc1
sentito ancora diviso nei suoi due componenti (v. oltre, p. 101), venendo nel
complesso a costituire insieme al cretico finale una espressione negativa unitaria.
31. Cfr. Zielinski, 173-175; 191; West, GM, 81 en. 14. Il gruppo verbale meno
stretto, in quanto non coinvolgente un primo componente strettamente prepositi­ 32. Cfr. De
vo, si trova in I.A. 1247 Mo <ptAID, ma per il comportamento dei numerali v. oltre, 33. Cfr. Eu
pp. 107 e 109. 34. V. sopr
IL TRIMETRO GIAMBICO 87

Per un esempio del fenomeno dopo un elemento libero realizzato da


breve (<<tribraco» in terza sede):
uinto Eur. Oro 936 ~(rral yuvat¿;ivl 6(fioe;, oí) <p8ávol1:' h' ay.
le dei
nente Seguono, in ordine di frequenza, la soluzione del quarto longum,
a mal soprattutto dopo eftemimere

AeschAf¿ &n:~yay' te; 1:01~croEI 9avacrí~oüe; 1:6Xae;


e quella del primo longum
Soph. El. 707 heltoe;'A8iivrov 1:rov 8€oo!l~1:(ÚV 6,n:0.
iali di
Si puó notare quindi una certa preferenza per la collocazione deBe
soluzioni in corrispondenza del1'inizio dei cola che compongono il
isulta verso (cioe dopo le cesure) e al1'inizio del verso; questa collocazione
) e il preferenziale e probabilmente dovuta al fatto che in tale posizione
;omi­ l'effetto della soluzione era sentito come meno perturbante nci con­
ibero fronti deHo schema del verso, in altre parole che qui essa era meno
soggetta a rendere la concreta realizzazione del verso difficile da
analizzare per l'ascoltatore 32.

Anche in tragedia e evitato che le due brevi risultanti da soluzione


parola appartengano a parole diverse.
. quali
uefe e Non costítuÍscono naturalmente eccezioni casi in cuí la seconda breve apparten­
ri pos­ ga ad una pospositiva (es. Soph. O.e. 985 aAX EV yap oÚv ¡;I;otba, (Ji fliv
ne 42, {;KÓV't' Ej,l8), né casi in cui la prima breve ap('ar!enga ad una prepositiva come
le aBe ¡'articolo (es. Aesch. Eum. 232 ~;yw b' aplÍsw tOV iK8tl1V, 'te púcrOj,lat), il pronome
,ieghe­ relativo (es. Eur. Bacch. 1272 00<; EKA,8Al1crJ.1aí y' & napo<; dnoj,lev, njtep)D,
citato una preposizione (in Euripide anche bisillabíca: cfr. Bacch. 940 <hay napa 'Aóyov
:hiL fr. crw,9>pova<; ~á,Kxa<; 'iblJ<;). Si giustificano anche casi come Eur. Suppl. l~8 'tyo ó¿
nte da nAtov, ~AOOV ' Aj,lqnápew ye npo<; ~íav e Phoen. 538 cruVOel' 'to yap icrov
¡que si VÓJ.11j,lOV avOpwnol<; e€ pu, dove non si puó parlare di fine di parola tra le due
derare brevi, in quanto, come abbiamo visto sopra 34, il gruppo prepositiva + posposi­
::re) da tiva puó essere considerato costituire un nesso unico con il vocabolo successivo:
valore casi come questí ultimi, comunque, fra i tre tragici si trovano solo in Euripide,
lO da che e anche l'unico ad usare altri vocaboli bisillabici a carattere prepositivo
jó'te<;) la cui conclusione corrisponde alla prima delle due brevi derivate da soluzÍone:
nomi- Bacch. 285 rocr'tt óia tüí3tov 'tayúO' avOpoonou<; exetv; Oro 2 ouóf niiOo<; oubi:
. fosse . SUJlepopa. OelÍAatü<;.
lo nel
tria.
meno
Jositi­ 32. Cfr. Devine-Stephens 1980,66 S.; lid. 1984,96-98; Sicking, GV, 92.
oltre, 33. Cfr. Eur. I.T. 556; Phoen. 1647; Bacch. 826; I.A. 1104, Hyps. fr. 34, \O Bond.
34. V. sopra, p. 85 e n. 28.
88 CAPITOLO 5

Si troyano anche casi in cuí la prima breve fa parte di vocaboli il cui comporta­ In SofocIe iI
mento sembra assimilabile, in questo contesto, aquello delle prepositíve, come dlS' me; sx<
l' interrogativo -de; (Sofoc1e fa rilevare il fenomeno solo con forme monosillabiche: sostantivo b
es. O. T. 99 1toí(¡) Ka8apflQ>; tíc; ~ tpÓ1tOe; tl)e; ~Ufl<POpae;; Euri~ide invece lo
presenta anche con forme bisillabiche: es. Ion 931 tí <púe;; tívii My~:)V !,-o~íou A prescin(
lcatllyopde;;) e il pronome personale (es. l.A. 843 1:Í (:)f]t' av dll; (Ji) 1tiiAlv a{) sano postt
Aóyoue; EflOÓe;).35 Euripide presenta anche la prima breve realizzata da un
dei casi no
numeral e monosilIabico: Troad. 425 KlÍPUK¡;e;, ~v li1t¿Xellfla 1táyKOlvov
~potOic; 36. Sofoc1e ed Euripide presentan o casi in cuí tra le due brevi si trova volte, in c
I'elisione. Quasi sempre sono coinvolti nell'elisione vocaboli o nessi a carattere Sofocle e
prepositivo come quelli sopra e1encati: vari casi di articolo, + pospositiva, riferito Soph.0.1
a sostantÍvo seguente: Le due br
una parolé
Eur. H.F. 338 aA/.Ol Kpatof:>crt, t6 o' 6voJ.l' scre' lÍflrov sn 37

casi in cui compare il pronome relativo: E ammess


cosiddetta
Soph. Phi!. 1247 Kai 1troe; (:)íKawv, á y' i).a~¡;c; ~ouAai'c; Eflai'e; 38
a) in «pri
una congiunzione subordinatÍva: elemento 1

Eur, Bacch, 475 s{) tOUt' EKl~(:)lÍAwcrac;, Iv' liKoucrm et'.úJ Eur. Hec. 31 'EKdPiíc; e
Ci sono poi casi in cui compare I'interrogativo tíe;ití Aesch. Ag. 28 6)..0).. ÜYIlO'
Soph, Phi!. 1348 (h crtuyvóe; airov, ·ci 11' ~tl Sfjt' SXSle; avúJ b) nelle al
in Euripide anche in forma bisillabica: (quindi re.
e terzo ele
Eur. Bacch, 471 ta S' Opyl' Ecrti tív' ¡Mav sxovtá cro1 39
Eur. Oro 1655 NE01ttij)..E
il pronome personale:
Soph.O.e. 1:E'tUptOV
Soph. Phi!. 501 i'¡KúJ, cril crrocrov, (Jií 11' lAtllcrov, dcroprov 40 1317

e inoltre un pronome dimostrativo Eur. Hipp. , , ¿


1151 Kal 1l11V o

Soph. Ant. 11 ~Iloi IlÉV e

35. V. anche sopra, n. 30.


36. Cfe comunque sopra, n. 31 e, piu avanti, pp. 107 e 109. 42. 1 dati
37. Cfr. anche Soph. O.T. 936; Eue H.F. 106; Hel. 1559; Phoen. 471; Oro 390, 43. Come
720,1659; l.A. 1219 e inoItre El. 335 (ts); Bacch. 844 (YE). nel trimetn
38. Cfe anche Eue I.T. 728. avanzate.
39. Per altri casi euripidei di elisione in cui compaiono forme bisillabiche 44. La pe
dell'interrogativo cfr. El. 353; Hel. 293, 826; Phoen. 408; Oro 266. al dí fuori (
40. Cfr. anche Eue Troad. 1017, Oro 1617 e anche l.T. 334. n.s. 33, I9t
41. V. sopra, n. 30 e oltre, p. 137. Piu duro Eur. Bacch. 1268, dove tME e riferito arriva ad .
al sostantivo precedente. (1985), 198
IL TRIMETRO GIAMBICO 89

In SofocIe il fenomeno si riscontra anche con una forma deIrimperativo (Ant. 1108
r.."
i.i)ú· roe; lixw (HeíXOlJ..l' av' It', o11:áovee;); in Euripide una volta in un
sostantivo bisíllabico: Oro 632 MevÉAue, 11:01 crav n6b' ~1ti cruvvoíq. K\JKI..eie;.

A prescindere dal primo «piede» le due brevi derivate da soluzione


sono poste per lo piu in inizio di paro la ed inoltre nella maggior parte
dei casi non c'e fine di parola dopo di esse (il primo «piede» il piu delle
volte, in caso di soluzione del longum, e invece realizzato, in Eschilo,
Sofocle e nel primo Euripide, da una parola a forma di «tribraco»:
Soph. O. T. 377 ¡Kavii~ ,ArrójJ"Olv 4l 1:áO' EKrrpa~Ul f.u';j"et) 42.
Le due brevi nate da soluzione, quindi, di solito non coincidono con
una parola bisillabica.

E ammessa la realizzazione con due brevi di elementi liberi o brevi (la


cosiddetta sostituzione anapestica) alle seguenti condizioni:
a) in «prima sede» 43 (quindi realizzazione con due brevi del pnmo
elemento libero) con nomi propri ma anche con nomi comuni

b) nelle altre sedi, ad eccezione dell'ultima, solo per col1ocare nomi propri
(quindi realizzazione con due brevi in caso di nome proprio del secondo
e terzo elemento libero e dí tutti i brevia a eccezione dell'ultimo)44.

Soph. fif7 1:hap1:ov 'IrrrroJl~&ov1:' arr¿crtetABV n(Í't~ p

Eur. ~Tti Kui J..l~V ¿na8Óv 'InrroAij·wu 1:6v8' dcrop&

42. 1 dati in Cropp-Fick, 32 ss.


43. Come av remo piu di una volta modo di notare, I'inizio del verso (non solo
nel trimetro giambico) sembra godere di liberta maggiori rispetto alle posizioni piu
avanzate.
44. La possibile presenza dell'anapesto nelle sedi del verso successive alla prima
al di fuori di nomi propri e stata sostenuta da e. Prato (Maia 9, 1957.49-67; SIFC
n.s. 33,1961, 101-1l3), ma si veda la discussione dei casi in D'Angelo, 53-73, che
arriva ad una concIusione negativa. e cfr. inoltre M.e. Martinelli, RFIC 113
(1985), 198 S.
90 CAPlTOLO 5

L'«anapestm) in prima sede coincide normalmente (come si vede negli dall'll %


esempi riportati sopra al punto a) con una parala trisillabica o con tragedie,
l'inizio di una parala phI lunga (in Eschilo non troviamo neppure 4,8%, le
parale formate da prepositive coi vocaboli ad esse attinenti, in Sofocle presenta
que sto accade solo in Phil. 795, mentre in Euripide troviamo sia il Sofocle Nella SU]
primo elemento che i primi due realizzati da prepositive) 45. qualche I
Evitata in tutte le sedi fine di parola dopo una delle due brevi media dI
dell'anapesto, il cosiddetto «anapesto strappato», di cui parleremo piu 5,96% 54)
avanti a proposito del dramma satiresco e della commedia 46. l'alto (eh

Eschilo sembra limitare ruso dell'«anapesto)), anche con i no mi propri, alla prima
sede 47; Sofoc1e lo estende alle altre, con esclusione della seconda, che sara invece
cosi realizzata aleune volte da Euripide (si veda sopra l'esempio riportato al punto propri, tal
b): Oro 1655)48. poeta non
medesÍme.
statistiche
Numero dei Nello stesso verso si possono avere due o tre «piedi trisillabici» (tre in
«piedi trisillabici» e racco:tnal
Soph. O.T. 967 e Phi!. 932 e spesso, come si vedni, nell'ultimo bisognera
per verso
Euripide 49 ); in Euripide troviamo la soluzione di tre elementi lunghi o minore
e (a meno di non supporre perdita dell'autonomia sillabica deBo iota) consideraz
un «anapesto» iniziale. trame (per
compaion(
Eur. fr. 641, 52. Il da
3 N. 2 interpolati
sarebbe d(
Percentuale di Casi di soluzioni consecutive sono comunque in genere rari. 53. Le pi
«piedi trisillabici» Nell'opera superstite di Eschilo si assiste ad una progressiva diminuzio­
e cronologia: presentan!
Eschilo ne della percentuale dei «piedi trisillabici»: secondo le statistiche di Feet in thl
Garvie 50 che non prendono in eonsiderazione i no mi propri 51 si passa differenze
anche da ~
questo cas
la diversa
45. Cfr. Descroix, 211 S. relazione
46. In Eur. Ion 285 'tqlq cr<pE núf:ho.; Q.(l"tpanaí 'tE nÚetat non si tratta di un differente
«anapesto» mal diviso in quanto e possibile una scansione bisillabica del vocabolo differente
nÚelO<; assumendo perdita dell'autonomía sillabica dello iota. con sinize
47. In Sept. 569, U/dCT]V liptcr'tOv Ilávnv, 'AIlQlU1PEOl ~íav, dove avremmo sopra ripc
«anapesto» in quinta sede, e possíbile infatti anche una scansione bisillabica mentre co
della sequenza in questione supponendo perdita dell'autonomía sillabica dello propri, ne
iota; lo stesso puó dirsi per P. V. 840, cra<p&<; tnÍcr'tacr', 'lóv\o.; lCEKAT]crE'tat, dove lunghi (pe
l'anapesto sarebbe in quarta sede, a meno che qui il vocabolo 'lóvtO<; non vada l'Orestea
scandito con la prima sillaba breve (efr. comunque Mastronarde, Phoeníssae, 213). (tenendo e
48. Cfr. inoltre Supp. 889; I.T. 771; Hel. 88; I.A. 416; incerti H.F. 220, Ion 21. state appr
268, 1429, Oro 1314 per la possibílita di perdita dell'autonomia sillabica di iota da esse ri!
o hypsilon nei vocaboli in questione. 54. Cfr.
49. Cfr. Descroix, 136 s.; Koster, Traité, 107. 55. Le ~
50. Cfr. A.F. Garvie, Aeschylus' Supplices: Play and Trilogy, Cambridge, 1969,33. 6,2%; An
51. E questo un procedimento pitl volte, anche se non sempre, usato dagli 11,0%; E
studiosi che si occupano del fenomeno delle soluzioni, in quanto con i nomi calcoli di
IL TRIMETRO GIAMBICO 91

dall' 11 % dei Persiani al 9,3% dei Sette 52 all'8,4% delle Supplici; le


tragedie dell'Orestea fanno registrare rispettivamente: l'Agamennone il
4,8%, le Coefore il 5,2%, le Eumenidi il 5,0%; e intlne i1 Prometeo
presenta i1 4,8% 53.
Sofocle Nella superstite produzione sofoc1ea non si registra un processo in
qualche modo collegabile alla cronología dei drammi (la percentuale
media dei «piedi trisillabici», secondo i calcolí di Ceadel, e del
5,96% 54), anche se nel tardo Filottete c't'! un improvviso scatto verso
l'alto (che non ritroveremo nel successivo Edipo a Colono) 55.

propri, tanto pili se necessariamente collegati con il soggetto della tragedia, il


poeta non aveva una totale liberta di scelta quanto all'evitare o meno ruso deBe
medesime. E stato comunque giustamente fatto rilevare che, a parte considerazioni
statistiche generali, nel cuí ambíto questo modo dí procedere risuIta corretto
e raccomandabile, neHa valutazione stilistica deHe singole opere e dei síngoJí autori
bisognera invece tener conto anche dei nomi propri, nei loro rapporti di maggiore
o minore necessita col soggetto, e sotto questo punto di vista andranno presi in
considerazione anche nomi comuni e aggettivi strettamente collegati con le diverse
trame (per fare solo un esempio iK¿tll::; e termini ad esso collegati in tragedie in cuí
compaiono scene di supplica).
52. Il dato si ottíene escludendo dal computo i vv. 1005-1053, probabilmente
interpolati (con I'inclusione di questi versí la percentuale di «piedi trisillabíci»
sarebbe del 9,6%).
53. Le percentuali sono sostanzialmente simíli a quelle di Ceadel, 84 n. l e non
presentano significatíve differenze con i dati offertí da E.e. Yorke (cfr. Trisyllahic
Feet in the Dialogue 01 Aeschylus, CQ 30, 1936, 116-/19, in particolare 117). Le
differenze (in genere appunto non particolarmente significative) tra i dati offerti
anche da studiosi che basano la loro analisí su criteri fondamentalí similí (come in
questo caso I'esclusione dei nomi propri) sono dovute a vari ordini di fattori, quali
la diversa identificazione di versi o braní spuri o sospetti, scelte testuali diverse in
relazione alla presenza di vocaboli interessati al fenomeno della soluzione, una
differente valutazíone dei trimetri da escludere dall'analísi ín quanto liríci, un
dífferente comportamento nelle scelte prosodíche (ad esempio se scandire o meno
con sinízesi vocabolí come 1tó)".€ro:;). Un quadro sostanzialmente simile aquello
sopra riportato emerge anche dai dati presentati da West (GM, 85), il quale,
mentre condivide con i precedenti studiosi il criterio di non tener conto dei no mi
propri, ne differisce nel prendere in considerazione solo le soluzioni di elementi
lunghi (per i Persiani risulta il 10,5%; per i Sette 1'8,8; per le Supplici \'8,1 %; per
I'Orestea il 4,4 %; West non considera eschileo il Prometeo). Statistiche che
(tenendo conto di tutti i «piedi trisillabici») includono anche i nomi propri sono
state approntate da Schein (cfr. in particolare p. 17 n. 1; p. 77 tav. XXVIII): anche
da esse risulta confermato iI calo percentuale di cuí si e detto.
54. Cfr. Ceadel, 84 s. n. 2.
55. Le percentualí fomite da Ceadel (ibid.) per le singole tragedie sono: Aiace
6,2%; Antigone 3,9 %; Trachinie 5,9%; Edipo Re 6,0%; Elettra 3,4%; Filottefe
11,0%; Edipo a Colono 5,2% (dati praticamente similí a quelli che risultano dai
calcoli di H.O.F. Kitto, Sophocles, Slalislics, and the Trachiniae, AJPh 60,1939, in
92 CAPITOLO 5

Euripide In Euripide, invece, come era stato notato güi da G. Hermann nel e Sofocle 61 ),
del secondo i
1807 56 , e possibile notare una evoluzione cronologica nel senso di un lunga 63.
progressivo aumento dei «piedi trisillabici»: piu precisamente si parte
da un gruppo dí tragedie in cuí il poeta si mantiene intorno a una Viene ad ess
media sofoc1ea (fino all'Ippolito); in seguito, dall'Andromaca all'Oreste, sopra accen;
la percentuale sale rapidamente dall'11,3% della prima di queste due longum costi
tragedie al 39,4% dell'Oreste 57 , mentre le ultime due tragedie (Baccanti periodo euri
e Ifigenia in Aulide) mostrano un certo calo, pur mantenendosi a livelli
alti (rispettivamente il 37,6 e il 34,7%) 58. Ion. 742 tO tOD 1tOO'

Vocaboli p(
Tragediagrafi I tragediografi minori contemporanei dei tre grandi mostrano nella maggior parte limitata ad
minari dei casi, per quanto si puó giudicare dagli scarsissimi restí, un comportamento piu posizioni; si
sími1e a queHo medio di Euripide che a queHo di Eschilo e Sofocle, mentre un
ulteriore incremento sembra attribuibile ai tragici del IV sec.; alla fine di questo a) delle par,
secolo pare invece ormai essersi imposto uno stite assolutamente severo riguardo «piede»: Eu
aí «píedi trisillabici»: non se ne trova uno in Moschione né in Sosifane 59. I'uso in pe
KA1]t;;etat)6~
Evaluzione L'evoluzione della tecnica del trímetro euripideo nell'uso deIle soluzioni non b) dei vocal
del tri metro riguarda solo il loro aumento percentuale nella sua ultima produzione, ma 211): prima
euripideo coinvolge una serie di altri aspetti, molti dei quali sono stati apprezzati (e spesso iniziali coi n<
nelle soluzioni utilizzati per studi sulla cronologia delle opere di cui non si conosce la data
e anche delle opere frammentarie) soprattutto a partire dalle fondamentali
ricerche di Th. Zielióski 60, che hanno aperto la strada ad uno studio del
fenomeno delle soluzioni strettamente eollegato alla considerazione della forma 61. Si ved,
dei vocaboli da esse interessati: 85; i dati re
62. Per le
ferma restando la prevalenza sulle altre della soluzione del terzo /ongum, special­ di EschiIo e
mente se preceduto da elemento libero realizzato da lunga (con un calo percentua­ passare deg
le rispetto alle prime opere e rispetto alIa media delle tragedie dí Eschilo 63. Per le
89) íl primo
80luto nel t
particolare 183 S., che pure esclude, anche se senza convínzione, i nomi propri). La 64. 1 casi,
percentuale media di soluzioni degli elementi lunghi fomita da West, Glvf, 85 é del possono tre
5,4%. Per i dati di Schein cfr. in particolare p. 35 n.l; p. 77 tav. XXIX. delIa situaz
56. Per i dati bibliografici relativi a una tale osservazione del grande filologo tarie) si V(
tedesco cfr. Ceadel, 66, che traccia anche una storia della successiva ricerca particolare
sull'argomento. ne, come Íl
57. 1 dati riportati vengono da Ceadel, 70 s. sottolinea a
58. Le percentuali delle varie tragedie (escluse quelle gia cítate) secondo Ceadel, uu: iI tern
70, sono: A/cesti 6,2%; Medea 6,6%; Eraclidí 5,7%; Ippolito 4,3%; Ecuba 12,7%; antichi, apI
Supplici 13,6%; Elettra 16,9%; Erac/e 21,5%; Troiane 21,2%; l[¡genia Taurica strettament
23,4%; lone 25,8%; E/ena 27,5%; Fenicie 25,8%. Sostanzialmente simile il quadro 1980, 78 e
offerto da West (GM, 85), anche se, come si é detto, egli considera solo le soluzioni spiegaziom
dei longa (per rOreste la sua percentuale é del 34,7%). Per i dati percentuali re1ativi evoluzione
all'intero ambito dei «piedi trisillabici» del trimetro delle tragedie euripidee supersti­ Dati percel
ti, compresi quelli contenenti nomi propri, cfr. CeadeL 70, e la recente indagine (che Iegati stretl
conferma sostanzialmente i dati dello stesso Ceadel) di Cropp-Fick. 5. 65. Cfr. 1
59. Per questi sviIuppi, cfr. Ceadel, 87-89. situazione
60. Cfr. Zielióski, 133 ss. medesima;
IL TRIMETRO GIAMBICO 93

e Sofocle 61), Euripide potenzia via via l'uso di altre soluzioni: in partícolare quelIa
del secondo longum 62 e quelIa del primo longum, soprattutto se preceduto da sillaba
lunga 63.

Viene ad essere rilassata la tendenza del trimetro tragico (alla quale abbiamo gia
sopra accennato: v. p. 89) ad evitare che le due brevi derivate da soluzione del
longum costituiscano un bisillabo, soprattutto se «autonomo». Cosi nell'ultimo
periodo euripideo troviamo díverse volte casi come:

Vocaboli polisillabicí con successione di sillabe brevi, la cuí collocazione era


limitata ad aleune sedi del verso, vengono ad essere collocati anche in altre
posizioni; si tratta:
a) delle parole di forma anapestica u u ~, prima per lo piu collocate nel primo
«piede»: Euripide, ampliandone il numero, viene a coltivarne sempre pió anche
ruso in posizione precesurale (Hef. 126 ro<; Kdvo<; &q>av~<;1 cruv Oáflupn
KA1]setUl) 65;
b) dei vocaboli (e di gruppi verbali) della forma «peonica» u u u ~ (v. oltre, p.
211): prima esc1usivamente collocati nella seconda parte del verso con le due brevi
iniziali coinciden ti con un longum soluto, quindi con il terzo, il quarto o il quinto

61. Si vedano le percentuali complessive dei tre tragici nella tavola 4C di Ceadel,
85; i dati relativi alle síngole opere euripidee ¡bid., tav. 2 a p. 72.
62. Per le statistiche relative all'evoluzione eurípidea anche in confronto all'uso
di Eschilo e Sofocle (che pure fa registrare un incremento di questa soluzione col
passare degli anni), cfr. West, GM, 86 n. 29.
63. Per le percentuali cfr. West, GM, 86 n. 30. Come gia accennato sopra (cfr. p.
89) il primo Euripide, come i suoi grandi predecessori, preferíva un inizio di verso
soluto nel tri braco.
64. 1 casi eurípidei di longa soluti realizzati da bisillabi (anche non autonomi) si
possono trovare in ZieliÍlski, 152 S.; 161; 181-184; 196-198; per un quadro generale
della situazione relativo an'intero am bit o tragico (comprese le tragedie frammen­
tarie) si vedano le tavole di Cropp-Fick e i supplementi alle medesime (in
particolare pp. 32 S., 35; 38 S., 40; 44 S., 46-48, dove vengono presi in considerazio­
ne, come in ZieliÍlski, anche i nomi propri) e in generale, ¡bid., p. 28, dove si
sottolinea anche la necessita di una distinzione tra vocaboli pirrichi (cioe di forma
uu: i1 termine deriva da quello dí un «píede» che era riconosciuto dai metricisti
antichi, appunto il pirrichio) autonomi e vocaboli di tipo appositivo o comunque
strettamente congiunti a quanto segue, come gia avevano fatto Dcvine-Stephens
1980, 78 e fid., TAPhA 112 (1982), 49-51 (dove viene proposta anche una
spiegazione prosodica sul comportamento in soluzione dei bisilJabi piffichi nella
evoluzione che abbiamo segnalato, ripresa in Devine-Stephens 1984, 112-114).
Dati percentuali sulla pre¡¡enza di soluzioni realizzate da vocaboli bisillabici (anche
legati strettamente a quanto segue) in West, GM, 87.
65. Cfr. Dale, Helen XXVI; West, GM, 87 e n. 37; per un quadro generale della
situazione in tragedia si veda Cropp-Fiek, p. 38 S., tav. 4.2, e il supplemento alla
medesima a p. 40.
94 CAPlTOLO 5

longum 66 (es. Med. 18 yú~OtC; 'Iúcrrovl fl(íalA\Koi<; ¡:;ÓVÚS¡:;Tut) vengono posti, dév, alCol
a partíre dagli anni intorno al 415 e con una frequenza sempre maggíore, anche 1CE1tAElC"Cav
davanti alla pentemimere (es. Ion 1576 1tUlo¡:;C; 1fv~pivoll TScrcrUP¡:;C; píSllC; ~laC;)67,
sioni prosc
senza piu far coincidere la prima delle 2 brevi nate da soluzione con inizio di paro la;
e) dei vocaboli della forma peonica - u u u (v. oltre, p. 211): prima quasi
esclusivamente usati con le ultime due brevi a realizzare il terzo o íI quarto o iI Enjambement Talvolta si
quinto longum (es. Soph. El. 326 XpucróaE~tV, eK T¡:; ~llTPÓC;, tvtá(j)iii X¡:;polv)68, tale da COI
vengono poste anche all'inizio del verso (es. Bacch. 1267 Aiill1tpÓtfpoC; 11 1tpiv Kui successivo
OtEt1t¡:;TScrTEpOC;) 69 e , sia pure cccezionalmente, in coincidenza con gli elementi 5-7 soprattutt(
(es. Bacch. 278 oC; b' ~/,a' e1t¡:;tT', ~vtí1tiiJ...ov Ó LE~AllC; yóvoC;fO; congiunzic
d) dei vocaboli diforma dattílica _. uu : prima usati (se non resi di forma cretica dal Separazior
sandhi prosodico) solo alla fine del verso (es. Ale. 561 nroc; oÚv eKpU1tTEC; t6v
1tUPÓVtU ooiIlOVU) 71 vengono ad essere collocati anche all'inizio (es. J. T. 1173
Aesch. P.V. "Cotaü'ta ~
Iliitipii KUTctpyúcrUVTO KOlVroVé¡) t;Í<pEt) 72. 318 S.
'YA.ÓJO'O'T1~,
Coriambo Del tutto eccezionalmente il primo me/ron prende la forma di un
coriambo (- u u _) 73 SeparaziOl
Questo avviene di solito per collocare nomi propri:
Soph.O.e. 'EIlOi ¡ffiv
Aesch. S4s~ 'I1C1COJlfl)OV1:0C; crx:íilla lCai. IlÉyac; "CÚ1COC;' 495 s.
t0 JI" l)Ú\
Cfr. inoltre Sept. 547; Soph. fr. 880 R. Separaziol
Discussa e la possibilita che un tale fenomeno fosse ammesso nel primo
metron anche al di fuori di nomi propri. In due casi eschilei (Cho. 657 Ant.409 1tucrav KÓ'
VtKUV, IlU4

66. Sul problema della ammissibilita (di solito negata) nel primo Euripide di un Questo ti¡
quinto longum soluto cfr. Cropp-Fick, 30. mente usa
67. Cfr. Zielinski, 178, 194 S.; Dale, Helen, XXVI S.; West, GM, 87 e n. 34 (per
gli eccezionali casi di questo tipo rinvenibili nella tragedia al di fuori di Euripide,
che troviamo anche in Cropp-Fick, p. 38 S., tav. 4.2 e p. 42, nel supplemento alla
medesima tavola, da vedere, per avere un quadro generale sull'occorrenza in 74. Non ~
tragedia di parole di questa forma, insieme alle tav. 4.3, 4.4 e ai relativi in Eur. El.
supplementi: efr. pp. 44 S., 47 S.; 50 S.; 52-54). l'anaclasi c
68. Per le eccezioni in Eschilo e Sofode (per lo pili nomí propri) cfr. West GM, al nesso t
87 n. 36, a cui va aggíunto Aesch. Sept. 450. prepositivc
69. Cfr. Zíelinski, 167-169; 188-189. parola, pel
70. Per altri casi cfr. Zielinski, 176; 193 ss.; Decroix, 184 S. 75. Cfr.'
71. Eccezioni in West GM, 87 n. 38; Cropp-Fick, 34. inizio fu r
72. Cfr. Zielinski, 156; 167-69; 188-89; Cropp-Fick, tav. 4.1 p. 32 S. e suppl. (p. allungamel
34). Per un esame generale del lessico e della sintassi euripidea in relazione alle nato all'ar
soluzioni, negli aspetti stilistici e anche «ideologici» del fenomeno cfr. C. Prato (e dramma(\
altri), Ricerche sul trímetro deí tragici greci: metro e verso, Roma, Ed. dell'Ateneo, Garvie, el
1975, III SS.; alle pp. 35 ss. dello stesso lavoro il fe nomeno e analizzato negli altri 76. Per 14
due grandi tragici. griechischt
73. L'equivalenza fra metron giambico e coriambo e un fenomeno ben attestato, suchungen
come vedremo (v. oltre, cap. 15, p. 218 s.) in ambito lírico: aquesto proposito si (Enjambel
parla del fenomeno dell'anac1asi, con cui si intende la trasposizione di elementi íambícorw
brevi e lunghi all'interno di una unÍt<l metrica. (1948-194'
IL TRIMETRO G/AMBleo 95

eU:V, o'KOÚW' rco&arcó<; Ó ~¿vo<;; rcóeev; 1049 cpat0XÍ1:wve<; Ka!


rcercAeK'tavllIlÉVat) 74 e possibile eliminare il fenomeno ricorrendo a scan­
sioni prosodiche diverse 15.

Enjambement Talvolta si riscontra nella tragedia una realizzazione della fine del verso
tale da comportare la forma del piu violento enjambement con il verso
successivo 76, con la separazíone dí nessí come aggettivo/sostantivo, ma
soprattutto di nessi tra elementi prepositivi vari (articoli, preposizioní,
congiunzioni) e i vocaboli ad essi strettamente collegati.
Separazione aggettivo/sostantivo:

Aesch. P.V. 'tOtaUW Ilí.:nol 'tfi<; ayav \)\lltrtÓp0\)


318 s.
Y)"ÓlO'O'fJ<;, I1pOlllleeU, 'to'rcíXetpa yíyve'tat.

Separazione con preposizione:

Soph.O.e. 'EllO! ¡.u';v OUX Mw'tú' Actrcollat yap i;v


495 s.
'tl!) J.lt'J oúvaO'Om Ilit0' ópuv, &llolv KaKolv'

Separazione con articolo:

Allf. 409 rcuaav KÓVIV O"llpav'te<; il Ka'tclXe 'tov


vi:lmv, Illl&&v 'te a&lla yllllvcOaaV'tf.<; dí.

Questo tipo di enjambement con vocaboli di tipo prepositivo e notevol­


mente usato soprattutto da Sofocle: del fenomeno avevano coscíenza gia

74. Non si posssono prendere in considerazione i frr. 39,1 e 127,2 R. di Eschilo;


in Eur. El. 1058 apu KAÚOUO'U, ¡.tfítep, eit' ep~eH; KUICW¡:; la scelta efra ammettere
l'anaclasí coríambica o postulare l'allungamento della sillaba finale di apu davanti
al nesso muta cum liquida (qui si tratterebbe, comunque, visto il carattere
prepositivo della particella in questione, di un caso di allungamento aH'interno dí
parola, per cuí v. sopra, p. 54 s. e n. 68).
75. Cfr. West 1977, 100 e n. 28; Id., GM, 16; in particolare: per Cho. 657 (il cui
inizio fu ripreso da Arístoph. Pax 663) lo studíoso propone dí pensare ad un
allungamento della seconda sillaba. con un fenomeno che potrebbe essere parago­
nato all'ammissione deHo iato con ínteriezioni che si trova píli dí una volta nel
dramma (v. sopra, p. 52); per Cho. 1049 propone una scansione <pulo-o Cfr. inoltre
Garvie, Choephori, 225 S. (ad 657); 344 S. (ad 1049-1050).
76. Per lo studio del fenomeno cfr. T. Mommsen, Beitriige zu der Lehre von den
griechischen Priípositionen, Berlín. 1895, 770-779; H. Síess, Chronologische Unter­
suchungen ;;;u den Tragodien des Sophokles. Il.4. Enge Verhindung der Trimeter
(Enjambement), WS 37 (1915), in particolare 27-50; M. Brozek, De trímetrorum
iambícorum apud tragicos graecos exitu atque confinio observationes, Eos 43
(1948-1949),97-119.
96 CAPITOLO 5

• congiunzio
gli antichi che parlavano appunto aquesto proposito di d8o<;
• avverbi di
LO<pÓKAEWV. • forme bisil
594, I.T. 47S
In Eschilo il fenomeno si verifica:
• una volta con una preposizione monosillabica (repóe; Eum. 238) 77. e un paio di • negazioni
Archelao, fr.
volte con avverbi in funzione di preposizioni (ÓIlOD Pers. 426; 8íKllV Ag. 297);
Come Eschil
• con congiunzioni monosillabiche (rue; Ag. 1354: dopo yáp) e polisillabiche (on in
Eum. 98 e varie volte nel Prometeo; ¿m:í in P. V. 384; oreúle; in P. V. 463; lva in P. V. ne Kaí, ed i
61, e <háp in P.V. 341); dell' elisione
• con le negazioni ou (Ag. 556 lí 8'ou), IllÍ (Cho. 1005) e inoltre 10 1lT¡ ou (Eum.
914; P. V. 918); 10 IllÍ (P. v. 865); Gli studi e
• con gli avverbi di luogo Ol) (Pers. 486) e lva (P. V. 725, 793, 830); varie fom
• con pronomi relativi (01Q) P. V. 470, 989; am:p, con funzione avverbiale, Eum. so sia util
131) e con pronomi e aggettivi interrogativi (líe; P.v. 502; cfr. Ag. 601, Cho. 702:
tivi, per
lí yáp e inoltre P. V. 83 e 743);
• in Eum. 759 viene posto all'inizio del verso un EKan che regge il genitivo con cui si fondamen
chiude il verso precedente. tati ver si ~
grande ril
Alla fine del trimetro sofocleo troviamo casi simili a questi, ma in percentuale
la stessa
maggiore:
• preposizioni monosillabiche (¿v: O.e. 495, dopo yáp) e avverbi in funzione di Tifone:
preposlzloni;
• congiunzioni monosillabiche (rue;: cfr. e.g. O.e. 1130; ti: cfr. e.g. O.e. 993, dopo P. V. 360-362 0<; atrrov
av) e polisillabiche (íva, spesse volte on, ¿m:í, oreúle;, e anche altre come ouvEKa,
óeoÍlvEKa, oeav); KOJ11tOO'J1C
• le negazioni ou (Ant. 5 etc.); IllÍ (Ant. 324 etc.) e inoltre 10 IllÍ, 10 1lT¡ Ou; E<pE'V UAÓl1
• avverbi di luogo, come tva;
• pronomi relativi, correlativi etc., monosillabici e bisillabici. D'altra I
• Una volta (O.e. 48) e posta all'inizio del verso un avverbio con funzione di
preposizione - 8íXa - che regge il genitivo che chiude il verso precedente.
enjamben
analisi il
In piti, rispetto ad Eschilo: austero e
• forme dell'articolo (Ant. 409; El. 879; Phil. 263; O.e. 351). anche seguite da tare il ri'
pospositive (come Ilf:V, M etc.: es. O.T. 553);
.Ia congiunzione coordinativa Kaí (preceduta da 110: Ant. 171; O.T. 267, 1234; Phi!.
«naturali
312); personag
• preposizioni bisillabiche (¿reí: O.T. 555). ment il f
• Inoltre troviamo in Sofocle il fenomeno dell'elisione in fine di verso, che gli antichi co-sintat
chiamavano episinalefe: di solito con M (Ant. 1031; O.T. 29. 523,785,791,1224; El. impreve(
1017; O.e. 17) e 110 (O.T. 1184), ma anche con eaDea (O.T. 332)7K;
• e infine troviamo alcune volte una pospositiva collocata in inizio di verso: 8fila in
stile del'
Ai. 986, reOlE in O.T. 1085. della fn
linguagg
Euripide presenta, in percentuale assai minore rispetto a Sofocle: frase bre
• preposizioni bisillabiche (El. 852; Phoen. 1317) e avverbi usati come preposizioni
(es. Ale. 366);

79. Cfr.
77. Non tutti sono pero d'accordo nell'interpretare il vocabolo come preposizio­ (1936), 1
ne: c'e chi pensa ad un uso avverbiale, cfr. ad es. Sommerstein, Eumenides, ad loe. recitativo
78. Dubbia la lezione 1l0AÓV1' in fine di verso a O.e. 1164 (IlÓVOV Vauvilliers 80. Prat
e Lloyd-Jones - Wilson). riportate.
IL TRIMETRO GIAMBICO 97

o~
• congiunzioní (come on:oo<; Med. 322 etc.; em;í Herae!. 567; OH Med. 560);
• avverbi di ¡uogo (H.F. 186);
• forme bisillabiche o trisillabiche del pronome relativo (Herae!. 427; 582; Suppl.
594, 1.T. 475);
di • negazioni dopo pospositive (Heracl. 1016; Me/. Desm. 4, 4; 6, 19 von Arnim;
Arche/ao, fr. 14, 1 A.; fr. 51, 1 N. 2 ; Med. 1053).
ID Come Eschilo, Euripide non usa in fine di verso forme dell'articolo né la congiunzio­
V. ne Kaí, ed inoltre non presenta posposítive in inizio di verso; dubbia la presenza
dell'elisione in 1.T. 961 (con tE).
/n.
Gli studi condotti sul fenomeno deU' enjambement in tragedia, nelle sue
varie forme e gradazioni 79, hanno fatto rilevare come di frequente es­
m. so sia utilizzato, quando i termini ad esso interessati siano significa­
12:
tivi, per mettere in risalto vocaboli che si collegano a tematiche
si fondamentali deUe rispettíve tragedie. Si vedano ad esempío i güi ci­
tatí versi 318 s. del Prometeo: l'aggettívo «pesante» e applicato quí con
lle
grande rilievo a Prometeo, come sanl piu avanti usato (vv. 360 s.) nel­
la stessa posizione per conferíre un analogo rilievo all'altro titano,
di Tifone:
)()
P.v.360-362 oC; alrtÓV t~tnAll~E 'trov \nllllYóprov
a,
KOJl1tuO"Jlátrov. <pptvae; yap de; autae; 'tunEle;
t<pE'l'aAoo811 Ka~E~povní811 cr8tvoe;.

D'altra parte, quanto alIe differenze nell'uso deBe varíe forme di


enjambement da parte dei tre grandi tragici, che coinvolge in ultima
analisi il respiro da essi assegnato alla successione dei trimetri, se pió
austero e «stichico» si presenta Eschilo, non bisogna sempre interpre­
tare il rivoIuzionarío uso sofocleo, dai casi piu vioIenti a quellí piu
«natura]i», come un tentativo di adeguare iI linguaggio dei suoi
personaggi alla struttura del linguaggio parlato: tramite l' enjambe­
ment il poeta arriva spesso alla costruzione «di un organismo ritmi­
co-sintattico di piu largo respiro» 80, dall'andamento sinuoso e spesso
imprcvedibile. In parte diversa ]a funzionc dell'enjambement nelIo
sti]e del trímetro euripideo, che punta a favorire «i] natura]e snodarsi
della frase, avvicinando]a, iI piu possibí]e, ai modi comuni del
]inguaggio parlato e delIa prosa». In Euripide si susseguono giri di
frase brevi e ]ineari, che troyano per ]0 piu ]a loro normale conclusio­

79. Cfr. in particolare: E.e. Yorke, The Date ofthe Prometheus Vinctus, CQ 30
(1936), 153 s.; A. Filippo - R. Guido, Aspetti dell'enjambement nel trimelro
recitalivo di Eschilo, AFLL 8-10 (1977-1980), 83-132; Prato 1970.
80. Prato 1970, da cuí sono tratte anche le altre citazíoni che vengono di seguito
riportate.
98 CAPITOLO 5

ne entro la pentemimere del verso successivo; a volte invece la Eecezional


sfasatura introdotta da una inarcatura piu o meno espressiva conti­
nua per un certo tratto, obbedendo «piu alle leggi deHo schema logico Eur. l.T. 821 Ilv lllldá 'Y
che a quelle deBo schema metrico».
Euf. Oro 114 EA90ucra (
Cesure Davanti alla cesura e possibile trovare vocaboli (anche di una certa
Pió freque
estensione) elisi:
Soph. O. T. 809 Kápa Ot1t)
Eur. l. T. 302 nínTovTU Kui nopOoÚI..lI:::V' ,1 E~ronÁ.Í~ETO.
Aesch. Suppl.
Vi si trova il nesso prepositiva + pospositiva RI; ed inoltre anche una 467
successione di due prepositive 82: Cesura Mentre 11
mediana o di efte1
Soph. Ant. 503 KUTÉcrxov f] Tavl ulnúoEA<pov BV TÚ<pq> ridottissi:
coincider
forse in tal modo, appoggiando un vocabolo precedente, la prepositiva cesura ID
veniva ad acquistare un maggiore spessore. necessari
Invece e rarissimo se non eccezionale trovare in questa posizione una no non p
singola prepositiva monosillabica. giambicc
come ve<
8"
Fra quelli generalmente citati a parte un caso come Aesch. P. V. 589 1tille; 8' ou Spesso h
KAÚW 1:ile; Ol.cr1:pOOtV1ÍLOU KóPlle;, per il quale si puó ipotizzare una quasi-cesura so che, s
eftemimere tra le due parti del composto 84, sembra di poter ammettere:
cesura: il
Aesch. Eum. 1l1Í1:, , e~sAoucr' roe; Kap8íav U/,SK1:ÓpWV to di un
861 una efte:
nonostante la corruzione deHa prima parte del verso 85 Raalte, J
Eur. Melanippe
Sophé 2 (p. 26 "EUllV' snxO', oe; s~tq)Ucrsv AlOAOV Aesch. Ag. 605 ~Kdv 511
von Arnim)
sempre che il testo sia autentico 86.
Senza el:
assai piu
attestati
81. Per alcuni esempi cfr. Descroix, 282. In Eur. Hel. 267 troviamo davanti alla
pentemimere una combinazione di pospositiva + prepositiva (ouv e:;).
e
82. Di questo tipo la maggior parte dei casi di cesura dopo prepositive citati da
Descroix, 282 s. Cfr. anche Maas, GM, § 136; Basta DonzeIli 1987, 142 n. 32. sara forse
83. Cfr. in particolare Maas, GM, § 136; Basta Donzelli 1987, 142 s. e senso so
84. Cfr. West, GM, 83. 1978, 169·
85. Sul problema cfr. Sommerstein, Eumenides, ad loe. e
306 pos
86. Cfr. H. van Looy, Zes verloren Tragedies van Euripides, Brussel 1964,210 ss. p. 100) e
Quanto agli altri casi: in Eur. Oro 88 la prepositiva risuIta da una correzione di 1987, 142
Musgrave, non necessaria (cfr. Di Benedetto, Orestes, 25, ad loe.); in Soph. El. 282 87. Maf
e possibile aecettare la variante che non prevede la presenza della prepositiva (cfr. p. 103. P
la nota alluogo in Sophokles, Elektra, erkliirt von F.W. Sehneidewin, A. Nauck, questione
Berlín, 1912); in Eur. Hipp. 597, come fa notare Basta DonzeIli 1987, 142 n. 32, ci mediana,
IL TRIMETRO OIAMBICO 99

Eccezionali anche i casi di singole prepositive bisilIabiche:

tAOoucra o' aJ.upil tOV KAutatlllÍcrtpac; táq)Qv

Piü frequenti, invece, i casi di posposítive dopo la cesura:

Kápa ot1tAoiC; K¿vtpotcríl !.loo icaOiKEtO

Mentre nei giambografi arcaici sono assenti ver si privi di pentemimere


o di eftemimere, in tragedia se ne troyano alcuni, sia pure in quantita
ridottissima. In talí versi si ha quasi costantemente fine di parola
coincidente con il sesto elemento: il fenomeno viene spesso definito
cesura mediana; questa definizione sara usata anche qui, pur essendo
necessario notare che la percentuale estremamente limitata del fenome­
no non permette di inserirlo come caratteristica strutturale del trimetro
giambico tragico al pari di pentemimere ed eftemimere (lo sara, invece,
come vedremo, in commedia).
Spesso la parola cbe termina con il sesto elemento e un vocabolo eli­
so che, se non eIiso, raggiungerebbe iI secondo dei normaIi punti di
cesura: in questi casi, mentre sembrerebbe attenuato l'effetto sgradi­
to di una incisione perfettamente centrale, l'aspettativa frustrata di
una eftemimere puó aggiungere espressivita al fenomeno (cosi van
Raalte, 195).

Senza elisione il fenomeno della cesura mediana e ancora pm raro:


assai piu raro in Euripide che in Eschilo e Sofocle, al punto che i casi
attestati nel poeta vengono talara messi in dubbio; ma se alcuni di essi

sara forse «da tener conto deIla posposizione deHa negazione»; in Hel. 818 lezione
e senso sono incerti (cfr. Dale, Helen e Kannícht, Helena, ad loc., e inoltre Diggle
1978, 169-171 Id., Euripidea, 189-191; Basta DonzelIí 1987, 143 n. 36); in J.A.
306 e possibile pensare anche ad un caso di cesura mediana (per cuí v. oltre,
p. 100) e cosi pure probabilmente in Soph. Phi/o 125 e 416 (cfr. Basta DonzeIli
1987, 142 n. 32).
87. Ma sullo status di yáp v. quanto si e detto sopra, p. 83, e inoltre, piü avanti,
p. 103. Per un elenco di casi V. Descroix, 284-287. Quando le pospositive in
questione rícorrono al sesto elemento si puó sempre pensare a casi dí cesura
mediana, di cui parleremo tra un attimo.
100 CAPITOLO 5

offrono anche altri problemi 88, non c'e motivo che non sia queHo deHa grande n
rarita del fenomeno per dubitare di altri casi quali Suppl. 303 crepáAAl] giunzion:
yap BV "Coú"CQ} ¡..tóvQ}, "CaAA' sÚ eppovrov 89, 699 Kai cr\)¡..trea"Cá~av"Cs<; ¡..tÉcrov
Aesch. Sept. 61 xpaívst (
reáv't"U cr"Cpa"Cóv, J.A. 630 Ka! osupo olÍ -rea"CÉpa repócrstTCs crov epíAov.
In El. 546 (BK€Ípa"C', ii "Cficros <JKoreou<; Aa~rov X80vó<;), dato che il Eur. Ale. 628 AÚStv ~p
verso, come e da piu parti ammesso, si trova prima di una lacuna di
uno o piu versi, la situazione resta incerta, ma la cesura mediana senza col che I
elisione sembra comunque difficile da eliminare. Per tre casi simili quali presenza
Hec. 1159 (YÉVOtv't"O, oUlooxai<; a¡..tcí~o\)crat xsprov), Bacch. 1125 a quanto
(Aa~oücra o' WAÉVat<; aptcr"Cspav XÉpa), fL 495, 6 N." (op80cr"CaOóv prepositi
AÓyxat<; Bncíyov"Cs<; epóvov) e stato proposto di pensare a forme A presciJ
«lunghe» della desinenza del dativo plurale con elisione 90. In LA. 306 p. 83), ci
KAaíot<; av, sI repácrcrol<; a ¡..ti¡ npácrcrstv crs osi (v. sopra, n. 86) la scelta si colleg¡
resta aperta fra un fenomeno raro, che abbiamo gÍ<:i preso in considera­ alcune p
zione, quale la cesura dopo una singola prepositiva e l'ammissione di
cesura mediana senza elisione. Cesura mediana senza elisione e da a) casi i
vedere forse anche in Hel. 1209, dove essa risuIta dalla correzione di Eur. Ale. 671 iiv O' By
Tyrwhitt, che sembra la piu economica 91 e in Hel. 1602, se si legge
epóvQ} OE vau<; eppsl. "Co napaKÉAcucr)la o' l1v. einoltre:
Versi senza Eccezionali i casi di versi senza cesura pentemimere o eftemimere 4 A. M~
cesura e anche privi di cesura mediana. Si tratta di Aesch. Pers. 501 cr"Cpa"Có<;, titecomt
nspq, Kpucr"CaAAorefiya Ola reópov, dove comunque forse e possibile casi di rn
sentire una eftemimere indebolita nel punto di contatto fra le due partí si potre}
che compongono l'aggettivo; di Aesch. Suppl. 244 Ka! "CaAAa nÓAA'
b) casi I
8nStKácrat oíKatOV l1v, che in genere viene corretto: si potrebbe pensare
pero anche qui a cesura «indebolita» dopo il preverbio ¿ní; lo stesso Soph. Phi/. 22 Ü 110l rel
vale per Soph. Ai. 969 Tí ofi"Ca "Colío' 8resyysAq>sV av Ká"Ca, anch'esso in
genere oggetto della medesima (e in effetti facile, ¡h' per 8n-) corre­ e anche
zione 92. in quan
Legge Rispetto alla Legge di Porson la tragedia segue un comportamento attenual
di Porson assai rigoroso. elisi (ad
I monosiHabi lunghi coincidenti col terzo elemento libero (evitati 303), o·
anch'essi, come si e visto, dai giambografi arcaici) sono in realta in «effettÍ\

E inoltr
88. Hel. 86 e da alcuni ritenuto interpolato, e comunque e da correggere vista la Aesch. Pers. vro)lrov,
presenza di un anapesto in quarta sede; I.A. 635 e d'altro canto sicuramente da 321 presenz
espungere.
89. Cfr. Euripides, Suppliees, a cura di C.R. Collard, Groningen, 1975. n, ad Eur. Herae/. O) epÍA"CC
loe.; Basta Donzelli 1987, 143 s. 640
90. Cfr. Maas, GM, § 103; J. Diggle, GRBS 14 (1973), 263 s. Euripidea, 82 s.;
West, GM, 83. Una recente discussione della pro posta (che si conclude in maniera
sostanzialmente negativa) in Basta Donzelli 1987, 139-142. 93. Cfr
91. Cfr. Basta Donzelli 1987, 144 s. 94. Co:
92. Aesch. Ag. 1252 e corrotto; I.A. 1586 fa parte di una sezione interpolata. 95. He
IL TRIMETRO GIAMBICO 101

a grande maggioranza di natura prepositiva (articoli, preposizioni, con­


(l giunzioni etc.):
v
'. xpaíVSl cr1"aAaYJloi;:; ín1tlKrov EK nA€DJlÓvú)V
1 Eur. Ale. 628 AÚSIV ppo'tOiO"lV, Tj yaJltlV OUK a~tOV
1
1 col che possiamo dire ancora una volta di non essere propriamente in
I presenza di un «cretico» finale, visto che esso e strettamente congiunto
5 a quanto precede. Non mancano pero esempi di monosillabi lunghi non
prepositivi (es. Eur. 1. T. 501 ou 'tOty'[' tpÚ)Tro' 'tOü'tO JlEV 06;:; TU TÓxfl) 93.
A prescindere dalle eccezioni solo apparenti a cui si e güt accennato (v.
p. 83), cioe ai casi in cui l'e1emento iniziale del possibile «cretico» finale
si collega strettamente a quanto precede, restano pochissime eccezioni,
aleune poi anch'esse solo apparenti:
a) casi in cui davanti al «cretico» si trova ot'l8sí;:;, ot'l8¿v:

Eur. Ale. 671 ilv 8' EYyU;:; EA8lJ eúva'tO;:;, OMe!;:; pOÚAeTal
einoltre: Soph. O.e. 1022; Eur. H.F. 1338; Phoen. 747; fr. 494,1 N. 2; fr.154,
4 A. Ma e possibile che queste forme pronominali fossero ancora sen­
tite come due parole 94; non avremmo allora neppure qui deBe eccezioni, ma
casi di monosillabo lungo davanti a «cretico» finale, il quale, d'altra parte
si potrebbe sentire come strettamente unito alla negazione precedente.
b) casi con elísione come:
Soph. Phi!. 22 a JlOl npocreAerov criya míJlatv' eh' Exel
e anche At. 1101, Eur. Beracl. 529: casi che potrebbero essere giustificati
in quanto la nettezza dell'incisione davanti al «cretico» sarebbe assai
attenuata da tale fenomeno prosodico; in particolare, nel caso di bisillabi
elisi (ad es. Soph. An!. 910; O.T. 219; Phi!. 1277; O.e. 505; Eur. Suppl.
303), oltre all'effetto dell'elisione, puó entrare in gioco anche una
«effettiva» presenza di monosillabo lungo davanti al «cretico» finale.
E inoltre:

Aesch. Pers. Vú)Jlrov, o T' EcreAO;:; 'AplÓJlap80;:; Lúp8sO"lV (forse giustificabile vista la
321 presenza di nomi propri, per di piu «esotici»)
Eur. Herae/.
640
ro epíATa8', iíKS1;:; ó.pa crú)TllP vqJv PAÚPll;:; 95

93. Cfr. anche Dodds, Bacchae, 101 (ad vv. 246-247).


94. Cosi Porson, XLVI s.: Maas, GM, § 135; West, GM, 85.
95. 11 caso era stato condannato dallo stesso Por son insieme a Soph. O.e. 1543
102 CAPITOLO 5

Vi sono
ipotizzan
(K([-r' l'''jfl::ÚaOf,lUt Porson: K([-r' E\jfEUÓÓf,lllV Murray: ma l'infrazione non genere ce
sarebbe grave visto che il pentasillabo potrebbe essere interpretato
come una espressione unitaria) Eur. Phoen. 885 el. f,lit AÓ;

I.A. 1455 SctVOU~ ó:y&va~ SU1 as Kdvov Sd Spalldv (Sd KclVOV Porson) 96 Andr. 230 ~it'[cl nal

H.F. 933 pí~a~-r' EV oaaOl~ aif,la-rffinOtl~ EK~aAó)v (per cui e facile la correzione In quest'
proposta da Porson, aílla't&na~ 97) valore di
stretta ce
I.T. 580 Kaf,loí. -ro S' e\) f,láAta-rá y' OU-rffi yíyw:-rat (-rou-ro Nauck)
Antílabaí La ripar!
Eur. fr. 1040, -roúwu 'taxciav vÉf,lealv cUetl~ npoaÓÓKa termine
4 N. 2 a costitui
Eur. (?) fr. Aa~ffiv Se nclpav, f,lE'taf,lÉlcEtav Aall~ávct Sofocle e
1080, 3 N.
Crizia (?) 'O Xpóvo~ ánáall~ ea'tiv ópyf¡~ cpápf,laKov
TrGFI43
F 22 incontrato
e, soprattutto notevole, visto che si tratta del pnmo verso di una del De pi,
tragedia attestaziol
zione alla
Eur. Ion I "A-rAa~, Ó xaAKEOtal vÓ)-rOt~ oupavóv 98. con giustt
W. Luppe
cit.) non e
cr<pq>V uÚ lt{;<pucrIlUt lCUtvÓC;, rocrm;p cr<pw ltUtpt: In quest'ultimo passo peró di Filoden
sembra possibile collegare strettamente il pronome alla congiunzione precedente va nel pap
(efr. sopra, n. 29); per Herae/. 640 cfr. Euripides, Heraclidae, a cura di J. Wilkins, papiro da
Oxford, 1993, 133 S., ad loe.: lo studioso, mentre non esclude la possibílita per la lo stesso (
forma pronominale di essere interpretata, qui e nel passo sofocleo, come equiva­ 99. Cfr
lente di una enclitica, fa notare come vq>v sia strettamente collegato con il termine 100. Per
che lo precede. Alcuni studiosi ritengono, d'altro canto, in generale che la presenza 101. V. s
dí un monosillabo, anche se non pospositivo, a occupare il primo elemento del 102. rÚI
«cretico» finale costituisca di per sé una infrazione meno forte del ponte oppure costituend
non la costituisca affatto (cosi West, che su questa base propone una riformulazio­ <Dtp' e/.lt€
ne deHa legge: cfr. GM, 84 s. e soprattutto Introduetion, 25). yup 'tiV 11
96. Per la presenza del monosiHabo aH'inizio del «cretico» si veda quanto detto Cfr. d'altr
alla nota precedente. rrAÉouow
97. Anche se altrove in Euripide compare solo la forma ULIlUtroltÓC; si puó oucrtUXlJ,
confrontare I'uso, da parte del poeta, per altri aggettivi, ora della forma in -ro,!, ora lCteíVe'te .
di quella in -roltÓC; (yopyw,!, e yopyülltÓC;, xpucrÓJ,!, e xpucrroltÓC;); sul passo efr. sopra, p.
inoltre Bond, Heracles, 311, ad loe. comunqUl
98. II luogo e molto discusso, anche in relazione a difficolta presentate dai versi pronome
successivi. Per non citare che qualche opinione, si va da chi propone di accettare il edizioni, (
testo tradito supponendo una forma elisa VWtOlcr' (cfr. ad es. West, GM, 85) a chi forma del
pone le cruces de~perationis (Murray), a chi interviene con una trasposizione come ort.
(Elmsley, seguito di recente da J. Ebert, WJA 1983, 49-51: "At),uC; ó VW'tOlC;
XUA,lCÉOtcrtV oupuvóv, la soluzione piti semplice). Una posi7Jone che di recente ha • ft ltoMv
XPÓJ!1eVO
IL TRIMETRO GlAMBICO 103

Vi sono d'altra parte alcuni casi per i quali e stato proposto 99 di


ipotizzare un uso con valore «autonomo» di vocaholi adoperati In
genere come pospositíve. Si tratta di:

el JlT) AÓyOtcrt 1:01<; EJl01<; n<; 1tEícrE'tUt 100

Andr.230 slÍ'tEt 1tUpEA9dv' tWV KUKWV yap JlTJ 'tÉ prov.

In quest'ultimo caso si potrehhe d'altra parte anche pensare 101 ad un


valore di collegamento del yáp che, del resto si Ínserisce tra vocaholi in
stretta connessione tra di loro 102.

La ripartizione del verso tra piu di un interlocutore (avnAuPlÍ e il


termine tecnico che designa la singola hattuta che si viene cosi
a costituire) si ha una sola volta in Eschilo (P. V. 980), ma piu volte in
Sofocle e in Euripide, soprattutto nelle ultime tragedie.

incontrato consensi e la valorizzazione della testimonianza di un papiro ercolanese


del De pietate di Filodemo (P. Hercul. 1088 11 col. 1, 21 ss.) come possibile
attestazione di un testo diverso da quello della tradizione diretta e privo dell'infra­
zione alla regola (cosi Page, PCPhS 7, 1961,69, seguito da Diggle, e diversamente,
con giuste critiche alla ricostruzione del testo del papiro proposta da Page,
W. Luppe, CronErc 13 [1983J. 45 ss.); ma (come e stato fatto notare da Ebert, arto
cit.) non ci sono elementi sufficienti per rítenere che il- peraltro lacunoso - testo
di Filodemo contenesse una citazione letterale e comunque l' omicron che compari­
va nel papiro dopo vcóWtc; (obiezione decisiva contro la ricostruzione del testo del
papiro da parte di Page) potrebbe essere anche la lettera iniziale di oupavóv, con
lo stesso ordine di paroJe della tradizione diretta.
99. Cfr. West, GM, 85.
100. Per la difesa del testo tradito cfr. anche Mastronarde, Phoenissae, 406.
101. V. sopra n. 23 quanto detto a proposito di Hippon. fr. 36.4 W. 44,4 Deg.
102. ráp compare in altri casi dopo una prepositiva (cfr. Maas. GM, § 137)
costituendo quindi insieme ad essa un nesso con quanto segue: cfr. Soph. El. 376
$tp' Elnt oi¡ 1:0 OeLVÓV' el. yáp 1:&vot ¡.t0t, O.e. 115 1:{vac; MyODC; epoDcnv' tv
yap np ¡.ta9dv, Eur. El. 275 iíPOD 1:60'; ai<JXPóv y' etnac;' ou ya.p VDV UK¡.tlÍ.
Cfr. d'altra parte per un uso simile di altre pospositive, Soph. Phi!. 593 otcó¡.t01:ot
nAtoDcnv 11 ¡.ti¡v ií AÓYCP, Eur. Phoen. 403 ti) npu<J<Je' 1:a. eplAffiV o' ouotv, iív nc;
oU<J'tUxi], Eur. El. 850 secondo il testo tradito ülÍ¡.tú)v 'Opt<J1:l¡<;' UAAa. JllÍ JlE
K1:eíVe1:e (o mancata chiusura della sitiaba finale di ¡.te dinanzi al nesso K1:-?: v.
sopra, p. 56 e n. 76), Bacch. 1285 4>¡.tú)YJltvov yE npó<Jgev ií <JE yVÚ)pl<Jat, dove
comunque si potrebbe pensare di essere in presenza delIa forma ortotonica del
pronome di seconda persona singolare. come fanno Murray e Diggle neHe loro
edizioni, e cfr. anche Dodds, Bacchae, 231 ad loc.: davanti a «crctico» finale una
forma del pronome di seconda persona singolare che potrebbe essere interprctata
come ortotonica compare in Euripide anche in Troad. 1182 'O ¡.tií1:EP, 11UOU<;,
11 nOAúv <JOL ~O<J1:pÚXffiV e in fr. 721 N. 2 KUKÓC; 1:íC; t<Jn npo~tvcp <JOL
xproJleVOC;.
104 CAPITOLO 5

11 cambio di interlocutore tende a collocarsi In coincidenza con la Legge Quanto a:


cesura, di Porson almeno ale
gedia (ca s
Soph. Ai. 981 eycl. 304,
pato da v(
Ellr. lleco 1284 EyKA.lJET'· dpT)TUl yápl :: otJX oaov ráxoe;
esempi ser
ma, soprattutto nelle opere pió tarde, viene posto anche in altri luoghi nati dan'~
del verso forma del
TáXa TIe; Ü
Ellr. 1l.F. 1421 nme;; :: de; 'A81Ívae; nSJ.l\jJoJ.lUl eT)~mv ano 103 341 R.) 106
Una form
Ellr. l. T. 780 ro 8wí. :: Tí TOUe;
Aesch. fr. 78a,
Soph. Phil. 733 Tí eanv; :: oUó¿v OElvóv· UAA' 18', ro TSKVOV 23 R.
Siamo Ion
Phi!. 1296 E7C1Ja8óJ.lT)v; :: aá<p' ta8t· Kai nSAae; y' óp~e;
tamento d
Ellr. Oro 1239 8aKpÚOle; KawanÉvoro a'. :: Eyro o' otKTOtaí yE Anapesto Diversamc
l'«anapesl
Soph. O.T. 1173 ií yáp 8íorocrtv flOE aOl; :: J.láAtm', ava~ Tali «anal
delle due 1
Phi!. 981 o:nó80e;, a<pce; J.l0l, nal, Tá Tó~a. :: TOUTO J.lsv. almeno al
no iI ness(
In Sofocle e in Euripide troviamo versi divisi in tre battute Óa<ppa{vo
Soph. Phi!. 814 EKclac vuv J.l', EKclaE :: nOl AÉyEle;; :: avro

Eur.ll.F. 1418 npó~UlVc:: Xalp', (11 npsa~u. :: Kai aú J.l0l, TSKVOV probabilme
in quanto \
e in Sofocle anche in quattro battute anche Cycl
105. Per (
Soph. Phi!. 753 ola9', ro TÉKVOV; :: Tí eanv; :: ola9', <b nal; :: TÍ aoí; 106. Seco
mente a qt
re posposit
questa ean
n. 95, i Ca!
5.4. 11 trímetro del dramma satiresco pensare pe
parole che
Soluzioni In pió di un aspetto il trímetro del dramma satiresco del periodo cit., propo
«classico)}, su cui siamo meglio informati, si avvicina al trímetro interpretat
tragico piuttosto che aquello comico: la frequenza delle soluzíoni (fra altro dei e
cui, come in tragedia, non risulta attestata quella del quinto longum quanto ess
dopo elemento libero realizzato da lunga), ruso della cesura 104. 107. Dut
medesimo
riconoscer.
finale potr
103. Unico caso tragico di cambio di interlocutore in questa posizione, in un 108. Aes.
passo comunque assai tormentato: cfr. Bond, Herae/es, 414 ad 1420 s. Ciclope il •
104. Un caso di cesura mediana con elisione in Eur. Cycl. 586 e, senza elisione, 109. Cfr.
IL TRIMETRO GIAMBICO 105

Legge Quanto alla Legge di Porson, oltre ad alcune eccezioni, di cui


di Porson almeno alcune probabilmente solo apparenti, gia riscontrate in tra­
gedia (casi con oUód~, oóBév: Eur. Cye!. 120, 672; casi in elisione:
Cye!. 304, 639; un caso con il primo elemento del «cretico)} occu­
pato da verbo monosillabico !O5: Aesch. fr. 78a, 7 R.), restano a1cuni
esempi senza riscontro in ambito tragico: alcuni di essi sono accomu­
nati dall'avere il primo elemento del «cretico» occupato da una
forma dell'articolo, come ad es. Eur. Cye!. 210 tí qJU1:E; lí A€yE1E;
luxa n<; ú,..u:ov 1<9 ~ú}cCV (e inoltre Cycl. 681, 682, Soph. Ichn., fr. 314,
341 R.) 106.
Una forma isolata di infrazione compare invece in:
Aesch. fr. 78a,
23 R. I€ lEAAOV EúP1ÍcrE1V (ip' úIlÜ<;, roya90[í 107

Siamo lontani, comunque, da quello che, come vedremo, era il compor­


tamento della commedia aquesto proposito.
Diversamente dalla tragedia e ammesso, sia pure occasionalmente,
I'«anapesto}) con nomicomuni in seconda, terza, quarta e quinta sede lOS.
Tali «anapesti» non presentan o normalmente fine di parola dopo una
delle due brevi (l'«anapesto strappato»). Pochissime le eccezioni, di cui
almeno alcune probabilmente solo apparenti: cosi quelle che riguarda­
no il nesso Ila 8í' (es. Eur. Cycl. 154 d8~C; yeip aÓl~v; :: oíS J.l.a At', (Ü'/c'
6crqJpatvolla¡109) che doveva essere sen tito come strettamente collegato

probabilmente al v. 203, un verso di forma insolita rispetto aquello delIa tragedia


in quanto vi si trova «tribraco» consecutivamente neHe prime tre sedi (per cui cfr,
anche Cycl. 210, citato oltre, a p. 105).
105. Per questo v. sopra, p. 101 e nn. 95 e 96.
106. Secondo West, GM, 85, tali casi potrebbero essere consíderati analoga­
mente a quelli (per cui v. sopra, p. 103) in cuí in tragedia e possibile interpreta­
re pospositive come monosillabi indipendenti: qui avremmo una prepositiva con
questa caratteristica e quindi, secondo I'interpretazione di West, per cui v. sopra
n. 95, i casi non rientrerebbero in quelli previsti dalla legge (ma forse e meglio
pensare per Cycl. 681, 682 e le/m. fr. 314, 341 R. ad un legame di senso fra le
parole che occupano gli ultimi cinque elementi); in o,e. 664. per cui West, loe.
cit., propone una interpretazione simile, penso invece (secondo un'altra proposta
interpretativa deHo stesso West) che nel finale KUVEU 'ti¡.; ¿1l11'; sia da vede re un
altro dei casi in cui non si ha un vero e proprio «cretico)} finale autonomo in
quanto esso e preceduto da un nesso prepositivo.
107. Dubbio, per le condizioni lacunose del testo, Soph. lchn. fr. 314, 114 R.; nel
medesimo dramma satiresco, al v. 353 ]UO'KOV1:U 'tlJ 'lllJ IlffipÍl,t non e forse da
riconoscere, come fa West (GM, 88 n. 40), una infrazione in quanto il pentasillabo
finale potrebbe costituire nel complesso un'espressione indivisibile.
108. Aesch. fr. 205 R.; Soph. lchn. fr. 314,128 R.; fr. 120; 671 (?); 756 (?) R.; nel
Ciclope il fenomeno ricorre una ven tina di volte.
109. Cfr. inoltre vv. 558, 560.
106 CAPITOLO 5

con quanto ad esso seguiva, come sembra dimostrare iI suo comporta­ Aristoph. Av. TJJ.lttC; 1tEJ
1639
mento in commedia J 10; cfr. inoltre v. 343, n:Gp Kui n:ii1:pcpov 'tÓvos
l.,iPii't<1 y', 8<;; sicrü<;; 111; v. 334 &yroo15'ttvt 06& n:A~V ~Iloi, Oeoicrt o' oo. Nub. 1335 tOUtl. (ju

ai quali p'
n comportamento delle due brevi nate da soluzione di un longum personali,
sembra per lo piu conforme aquello della tragedia dove, peró, non vi e relati'
traviamo un caso come
l. nel pril
Aristoph. Eccl. 1tOn." KO
436
con fine di parala non collegata a quanto segue nel primo «piede», un Men. Dysk. 1ttIDXOc; d
fenomeno che potremo osservare piu avanti nella commedia. 296
In questa
dopo il bi
Aristoph. Ach.
5.5. TI trimetro della cornmedia 1023 1tÓ6EV; ::

Men. Dysk.
Soluzioni E ammessa la soluzione del quinto elemento lungo anche preceduto da 144
aót{)(;' Ú1t
elemento libero realizzato da lunga (cioe, diversamente dalla tragedia, 2. in altre
il «dattilof> in quinta sede): mente soh
Aristoph. Eq. K&ll oi OOKEÍ, Kui 'tilA".u y' cIvai Katacpuv&<;; a) quand<
943 indicati
Men. Dy;:S ~oii cr~ ot:Gpo 't~v 't' dO¡;I.. <p~v /ltt(lyUyB. Aristoph. Nub. eJJi; Jlev (j
29
La soluzione degli elementi lunghi e molto piu frequente rispetto alla Men. Dysk. ó tilv XA(
tragedia (47% in Aristofane; 53% in Menandra) 112. Si arriva a un 257
massimo di 5 elementi lunghi soluti in: b) quandl
Antiph. fr, 175,
fr. ad. 534 K. IIl<1'ttóv tcp6PEt IlUAUK6v tpt&v LtK€I..tKO:w. 3 K.-A. Ol> yóp K{

Nella divisione fra due parale di elementi lunghi soluti la commedia Ó YODV SfJ
presenta un comportamento piu disinvolto rispetto alla tragedia, anche
E(jtUl1tl11
se pur sempre con precisi limiti ll3.
Men. Dysk.
A parte casi (ehe abbiamo visto gia in tragedia) in cui non si puó parlare di vera 125 TJJlUC; :: ti
e propria divisione in quanto uno dei due vocaboli in questione e eostituito da una e) nelle fe
appositíva (piu spesso ehe ín tragedia bisillabica), ad es.:
/leíAa (Ar
giurament
EÚ q¡pOVEí
110. V. oltre, pp. 107 e 109; a meno di non pensare per tutti questi casi a fe­
nomeni di perdita dell'autonomía síllabiea di iota, ehe farebbero seomparire d) in poel
l'«anapesto». Nub.
111. Sulla proposta di assimilare tÓVOE alle prepositive cfr. comunque sopra n, 884 oC; taolKIl
30 e oltre, p, 137 n, 20.
112, Cfr. West, GM, 89.
113. Cfr. Fraenkel, KB 1, 440 e n. 3. 114. V.!
IL TRIMETRO GIAMBICO 107

Aristoph. Av. flw:ic; nEpi yuvaucoc; IltiiC; nOAElllÍaollEv


1639
Nub. 1335 1:Outi au VtKlÍaEte;; :: nOAú yr. Kai pq.8íroC;
ai quali possono essere assimilati casi in cui la prima breve appartiene a pronomi
personali, pronomi interrogativi, ed anche numerali bisillabici, avverbi interroga ti­
vi e relatívi, possiamo trovare longa divisi:
l. nel primo «piede»:

nOAAll KaKá :: Kai tí einE; :: np&tov ¡..ttv a' e¡Pll

Men. Dvsk.
'296
In questa posizione ci puó essere perfino una pausa o un cambio di interlocutore
dopo il bisillabo:

nó9r.v; :: ano <f>uAflc; eAa~ov oí Bot<ímOt


Men. D~74 ai'ltó~' únáyro, ~tA nate. au Oi; tOÚtq:¡ AáAE1.
2. in altre posizioni (soprattutto nei «piedi» pari) il fenomeno (talvolta probabil­
mente solo apparente) compare:
a) quando c'e elisione, anche con parole piu lunghe rispetto ai casi tragici sopra
indicati

Men. Dysk. 6 t1Ív XAavio' EXroV; OOto::; eativ Bv A¿yete;


257
b) quando la prima parola e un bisillabo (piu o meno legato a quanto segue):

Aristoph. Lys. Ó yODV eJ1o~ avi] p ntVte ¡..tflva::;, el) táAav


102
Antiph. fr. 57,
Eatat návunoAúc;' :: npo::; OE&V tcP KOttÚ~q:¡
12 K.-A.
Men. Dysk.
125 fl¡..ta::; :: tuxov 'laro::; <00') óSuvro¡..teVÓC; n VDV
c) nelle formule fisse: aKOÚetr. Ar.4> (Ar. Ach. 1000; Av. 448; Pax 551) e autlKa
p.úAa (Ar. Eq. 746; Pax 367; Av. 202; Lys. 739, 744; Ran. 785); nelle formule di
giuramento che comportano la presenza del termine Ala 114 (es. AL Nub. 817 OUK
eO ¡ppovei::;, ¡..ta tOV Aía tOV 'OAúllntOv.
d) in pochi altri casi:

oc; tü8tKa A&yrov avatptnet tOV KpeÍ1:tOVa

114. V. sopra, p. 105.


108 CA PITO LO 5

Lys.52 ,.11'10' acrnioa A,aPdv :: KLJlP¡:;PLKOV E:v8úcroJlat.


inizia In
Stratt. fr. 12, «strappati
1 K.-A. che termin
E ammessa la realizzazione con due brevi di elementi liberi e anche questa inte
brevi (tranne l'ultimo) 116 a formare il cosiddetto anapesto, sti di form:
troyano m
Aristoph. A;t¿ ini t~V OÓpav IlOi Xuipio~<; ~O!l~UiSAioi
Aristoph. Ach.
750 Ti;'Avi¡p
Men. Dysk. 53 ~ "tOih:' iPiipo6AEücr' ¿~i6)v, ipav tIVO<;
Av. 22 ó6ó~.:: Oí
Aristoph. ~-~6 si o' 6)<; !lihi<Y1:' aniixoi!lEO' 06 crG o~ IchEI<;
Men. Ep. 560 Móv.:: al

Si troyano anche piu «anapesti» in un verso, fino al numero massimo Her. 69 O"Ú, táAUlV
consentito di 5:
Per quantc
Aristoph. verso si tr
Vesp.979 e sicuramel
«Anapesto Occasionalmente si troyano anapesti strappati, cioe, come si e detto,
strappato» «anapesti» non contenuti nella medesima parola, ma con fine di parola l. «anapes
dopo la prima o la seconda breve. alle prepos
Dopo la prima breve: avverbi reh

Aristoph. Ran.
Aristoph.
Nub.62
nEpi 1"OUVÓ!lu"tO<; 011 'v1"EGOiiv tI."oiOOPOÚ!lEOU 479 oú"tO<;, ti 6:

Dopo la seconda: Ran. 171 OÚW<;, O"e A

Aristoph. Av.
1226
El 1"rov !lEV UAAWV UPXOfliiv, 6!lEl<; o' oí. Owi. Men. D"it:i 1"Tlvoi.:: <pé

Lo strappamento appare particolarmente sen sibil e se, come nei due


esempi ora citati, la parola che termina all'interno dell'«anapesto» 2. casi con
in forme di

115. Per un riscontro diretto del materiale cfr. White, VGC, 40-41, 43; Descroix,
Ma non ID
167-169; 188-194; Handley, 67 s. formato ci:
116. L'unico esempio di un tale fenomeno, Aristoph. Ran. 1203 Kai Kqloápwv
Kai Ar¡KÚ!hov Kai OUAáKtOV e senz'altro da considerare una eclatante Iicenza in
contesto parodíco; que sta considerazione vale a maggior ragione nel caso in cui,
117. Cfr. ac
postulando un ancor piu eclatante fenomeno di sinafia ritmico-prosodica tra la
distingue i du
fine di questo trímetro e l'inizio vocalico del verso successivo, índividuassimo nel
118. Cfr. Al
«piede» finale un tribraco (cosi. ad esempio, West. GM, 90, ma l'analogía con
in White, VG
i primi due metra mi sembra renda preferibile l'interpretazione precedente).
119. V. SOP]
IL TRI METRO GlAMBlCO 109

1ll1Zla in un «piede» precedente. Cosi molti studiosi consíderano


«strappati» solo «anapestb} di que sto tipo e non quelli in cuí la parola
che termina all'interno dell'anapesto inizia con l'anapesto stesso 117. In
questa interpretazione vengono alIora considerati «normali» gli anape­
sti di forma lul u - e lu ul --, quindi tutti quelli di questa forma che si
troyano nel primo piede:

Ti; •Avilp MByuplKÓ;; :: uyopuaouV'tB; elKO¡.tB;

Av. 22 ÓOÓG;.:: OME ¡.tu Lii' €vwGeá y' u'tpun:ó; ouou¡.tou

óOóv. :: aAA' Eym 'tóv n:ávw oODAeúaO) Xpóvov

Her. 69 aú, 'tÚA(llVU :: 'tÍ; :: <puvepw; yB vil Li{', dJ yÓVUl.

Per quanto riguarda anapesti di questo tipo nelle altre posizioni del
verso si tratta in effetti per lo piu di casi in cui lo strappamento
e sicuramente o molto probabilmente apparente]]8, interessando:
1. «anapesti» aperti da monosillabi o bisillabi prepositivi o assimilabili
alle prepositive (pronomi personali, interrogativi, numerali, e inoltre
avverbi relativi e interrogativi, imperativi di tipo interiettivo):

Ran. 171 OU1:O;, ai:. Af:yro ¡.t8V1:01, aE 'tóv 'teeVllKó'tU

Men. Dysk.
212 'tllvoi. :: <pi:pt Oti>po. :: 'tí n:OlB ~oúAee' oÚ1:Oaí.

2. casi con vocabo!i che formano espressioni fisse come la paro la Liiu
in forme di giuramento 119.

Ma non mancano casi in cui tra le componenti dell'anapesto cosi


formato ci sia una meno stretta unita di senso:

117. Cfr. ad es. Maas, GM, § 111; West, GM, 88; Strzelecki, 1961,268 n. 27
distingue i due tipi di anapesti in «discerpti» e «divisÍ».
118. Cfr. Amott, CQ n.s. 7 (1957), 189; Sobolevski, 44 s. Il material e e raccolto
in White, VGc, 45-48
119. V. sopra, pp. 105 e 107.
110 CAPITOLO 5

Men. Her. 22 nrEAÉacn, yEyovmc; OtKin:llC; vi:o<; ffiv 1tO'rE Coriambo Un uso
Cesure Sono al
e anche si collochi interpunzione o cambio di interlocutore: Tali ver
Aristoph. Lys. OUK d 1túÁ.lv; :: ftAA' ií~ro 'taXEroc; vil 'tm OEcO Aristoph. Nub.
aAA'fcr
731 797
Thesm. 219 xP'iicróv 'tí vuvlÍlltV ~\)póv. Au'toC; Aáll~avE Men. Asp. 224 Epyov A
Nell'uso della forma con strappamento piu sensibile sembra piu disinvol­ oppure.
ta la Commedia Antica; piu rari i casi nella Commedia Nuova e in
particolare in Menandro. Degli esempi piu sicuri (Perik. 178; frr. 620, 10; Men. Asp. 73 EKEt'tO' I

397, 3 K.-T.) i primi due sono attenuati dall'elisione; il comportamento


del poeta e stato oggetto comunque di molte discussioni, soprattutto Nella pe
a proposito del Dyskolos, in cuí gli «anapesti» dí questo tipo vengono da fa riscO)
alcuni studiosi per lo piu corretti, da altri invece considerati un indizio di contro 1
tecnica ancora legata aquella della commedia precedente 120. generale

Quattro brevi Quando un elemento libero o breve viene realizzato da due brevi, in Legge La Legg
di Porson varíe ep(
genere si evita che si venga a formare una successione di quattro sillabe
brevi, che si produrrebbe con la soluzione dell'elemento lungo adiacente. Epicarmo,
In altre parole: fr. 171, 7 Kaib eiófj Ila~

l. e evitata la soluzione dell'elemento lungo che precede l'elemento Aristoph.


OrtÓcrOlC;
Nub.20
libero o breve realizzato con due brevi, ovverosia si evita la successione
«dattilo» o «tribraco» + «anapestott: Id uu uu~~, u uu uu~. Men.
ayffiv IlEE
Dysk.608
Eccezioni in Aristofane soprattutto con «tribraco» secondo (Ach. 47, 928; Nub. Antilabaí La divisil
663; Av. 108; Eccl. 315); per un'eccezione con «tribraco» primo, cfr. Av. 1283.
Forse si troyano eccezioni (cfr. Vesp. 1169, Thesm. 100) anche con «tribraco»
quarto, ma in entrambi i casi ora riportati I'ammissione di perdita dell'autonomia
sillabica di iota in Ot6. fa scomparire la successione. con testo j
rezione sel
correzione
2. e evitata la soluzione dell'elemento lungo successivo a quello breve
vista ProSI
o libero soluto: in altre parole viene evitato il «piede» detto proceleu· facilmente
smatico (uuuu). accogliere
Epitr.239,
Dubbi i casi tramandati 111. in pratica :
nandro il t:
interpretat
un «anape:
120. Per una discussione del problema cfr. C. Gallavotti. RFIC 88 (1960), 21; co non stn
Coccia, 191; Handley, Dyskolos, 64-66. un testo inl
121. Per quanto riguarda la Commedia Antica, a parte i casi che si possono komischen
interpretare anche come successione di «dattilo» o «tribraco» + «anapesto» (aí Handley, l
luoghi cita ti sopra al punto 1, di cui i primi quattro sono comunque senz'altro da 122. Per j

dividere in quest'ultima maniera, visto che ne risultano «anapestit) di costruzione Vesp.902,


típica per la commedia, sono da aggiungere: Plat. fr. 204, 1 K.-A.; Nicostr. fr. 13, K.·A. In g
2 K.-A. con «proceleusmatico» corrispondente ad un «anapesto» strappato) e casi cfr. Schmic
IL TRIMETRO GIAMBICO 111

Un uso comÍco del coriambo nel primo metron del verso non e sicuro 122.
Sono ammessi versi privi della cesura pentemimere o eftemimere.
Tali versi o presentano la cesura mediana:

oppure non presentano neppure quest'ultima:

Nella percentuale di versi privi di pentemimere o eftemimere Aristofane


fa riscontrare un valore assai piu basso rispetto a Menandro (7,5%
contro 15% secondo i dati di West, GM, 88), che usa un verso in
generale caratterizzato da notevole varieta di movimento.

La Legge di Porson non e osservata nel dramma di Epicarmo e nelle


varie epoche della commedia attica:

Aristoph.
Nub.20
Men.
Dysk.608
La divisione del verso in antilabaí non e soggetta a limitazioni, quanto

con testo incerto o corrotto (Antiph. fr. 231, 6 K.-A.; per Thesm. 285 una cor­
rezione senza proceleusmatico e confermata da un papiro) oppure derivanti da
correzione (Av. 994, Lys. 1148), oppure interpretabili in modo diverso dal punto dí
vista prosodico (Aristoph. Vesp. 967 eRan. 76), restano Aristoph. Eq. 676,
facilmente eliminabile, Ach. 78; Eup. fr. 366 K.-A. Per Menandro la possibilita di
accogliere la maggior parte dei «proceleusmatici» tramandati (cfr. Dysk. 541,
Epitr. 239, Georg. 84, Sam. 407) e ancora piu dubbia, visto che essi risulterebbero
in pratica soluzioni di anapesti con il tipo di strappamento piu sensibile e a Me­
nandro il fenomeno e piu sgradito che ai comici antichi (Sam. 407 potrebbe essere
interpretato come «tribraco» + «anapesto», ma avremmo anche in questo easo
un «anapesto strappato»). Per íl fr. 326 K.-Th., dove avremmo un proceleusmati­
co non strappato, si pensa di solito che la tradizione indiretta ci abbia conservato
un testo incompleto. Su tutta la questione cfr. H.-J. Newiger, Prokeleusmatiker ¡m
komischen Trimeter?, Hermes 89 (1961), 175-184; in particolare per Menandro cfr.
Handley, Dyskolos, 70 S., Strzelecki 1961, 261-263.
122. Per Pax 663 v. sopra, p. 94 s. e n. 75; l'unico altro caso aristofaneo sarebbe
Vesp. 902, di solito corretto; incerto, visto lo stato frammentario, Pherecr. fr. ]86
K.-A. In generale sulla qucstione dell'anaclasi coriambíca nel trímetro giambico
cfr. Schmidt, 96-102.
112 CAPITOLO 5

a collocazione del cambio di interlocutore, numero ed estensione dei realta non


segmenti risultanti (in Aristoph. Ach. 46 e in Men. Dysk. 552 sono 5, in presenta u
Aristoph. Plut. 393 sono 6); si arriva anche, come abbiamo gia per ogm VI
segnalato sopra, a porre cambio di interlocutore tra le due brevi nate (solo 20) I
dalla soluzione di un elemento lungo o aH' interno di un «anapesto». compare ir
720) in qui
Enjambement Forme di enjambement «violento» tra un verso e l'altro (in genere con seco a.C.),
prepositive monosillabiche come articoli, negazioni, congiunzioni, pre­ argomentc
posizioni, queste ultime anche bisil1abiche) sono rinvenibili nel1e varie classica, d
fa sí della storia della commedia, ma soprattutto ne1la Commedia trímetro a
Nuova 123. Non manca quaIche caso di elisione (in coincidenza con M, sembra di¡
'tE, IlE) in fine di verso. particolar(
tri sillabicil
Aristoph. Ran. a:rroAoúIlEO', ilivuS 'HpáKAEte;. :: Ol> Ili¡ KUAde; 11', 131, 240, t
298 s. ilivOproq>', iKE'tEúro, Wrl0¿ Kun:pde; 'tOUVOIlU 124. Mentre ar
di costruzi
Un fenomeno come queno della sinafia verbale di un vocabolo (per di «piedi tri:
phi con sillaba breve alla fine del verso) attestato in Eupoli doveva Gnomai l29
appartenere ana sfera della parodia (si giocava, probabilmente, comun­ disinvolto
que, sul fatto che si trattava di una parola composta) e resta eccezionale. seco per e
Crantore,
Eupoli fr. 76 ,AAA' OUXi OUVU'tóv Ecmv. Ol> yap aAAa rrpo­
K.-A. del III sel
~OÚAEUIlU ~U(J'tásoucrt 'tfíe; rróAEroe; IlÉyu. spiritosi c:
trimetro, I
Paratragedia Ricordiamo che brani composti neno stile tragico presentano un carat­
tipo come
tere tragico anche dal punto di vista metrico: ció avviene soprattutto nei
Apollodo:
passi cosiddetti di paratragedia della Commedia Antica (ad es. Aristoph.
do-Scimn
Av. 1706-1719) ed in brani di tono piu sostenuto della Nea (ad esempio
quello del riconoscimento nella Perikeiromene di Menandro).

5.7. n trímetro del


5.6. n trimetro dell'eta ellenistica In quest't
Nel naufragio quasi totale della produzione tragica di quest'epoca (nei epigramrr
e
cui scarsi frammenti il dato piu interessante una stretta costruzione Filippo, j
dodecasillabica, con esclusione, dunque, di qualsiasi «piede trisillabi­
co» 125), i documenti piu estesi e significativi sull'uso del trímetro
giambico di tipo tragico sono due prodotti singolari come l'Alessandra 126. Sulla
Alexandra,
di Licofrone e la piu tarda Exagoghé (Esodo) di Ezechiele. La prima, in 127. Per I
testo cfr. B
128. Cfr.
123. Cfr. Descroix. 294 s. 129. Per i
124. Per altri esempi cfr. West, GM, 90, n. 48. 130. FGr,
125. Cfr. D'Ange[o, 80 s. con nn. 17 e 18. 131. Per I
IL TRI METRO GIAMBICO 113

re alta non vera e propria tragedia, bensi lungo monologo (1474 versi),
presenta una forma di trímetro rígorosa nell'osservanza della cesura
per ogni verso e nel rispetto costante deHa legge di Porson; rarissime
(solo 20) le soluzÍoni degli elementi lunghi, di cui una buona meta
compare in nomÍ propri; una sola occorrenza sÍcura dell'«anapesto» (v.
720) Ín quinta sede in un nome proprio 126. L'opera di Ezechiele (III o II
seco a.c.), probabilmente invece destinata alla messa in scena, ma di
argomento e caratteristíche strutturali assai lontane dalla tradizione
classica, di cui abbiamo quasi 300 versi (TrGF 1, 128), presenta un
trímetro assai vicino a quello di Eurípide (poeta da cuí Ezechíele
sembra dipendere anche per quel che riguarda l'aspetto linguistico), in
partícolare aquello dell'ultimo Euripide nella frequenza dei «piedi
trisillabici}>; la legge di Porson e osservata con qua1che licenza (vv. 62,
131, 240, tutti con elisione prima del «cretico» finale, 163, 174) 117.
Mentre anche il trímetro usato kata sticllOn per epigrammi 128 appare
di costruzione piuttosto rigida (soprattutto con la rinuncia all'uso dei
«piedi tri silla bici ») e cosi pure quello usato da Carete, autore di
Gnomai 129(che si concede invece questa possibilita), un trímetro piu
disinvolto, di tipo comico, venne adoperato a partire dalla fine del IV
sec. per composizioni di tipo filosofico e satírico da filosofi come
Crantore, Cratete di Tebe, Zenone di Cizio, Cleante; Macone (meta
del 111 sec.) in esso compose quella raccolta di pettegolezzi e detti
spiritosi che ci e nota con il nome di Chreiai. Piu tardi (H sec. a.c. ) il
trímetro, di stile comico, debuttó anche come metro per opere di altro
tipo come i Chroniká 130 (di argo mento storico e storico-filosofico) di
Apollodoro di Atene e iI poema del geografo noto come Pseu­
do-Scimno 131 •

. n trimetro dell'eta imperiale


In quest'epoca il verso continuo a essere impiegato kata stichon per
epígrammí (nello stile tragico quello dei poeti della Ghirlanda di
Filíppo, in uno stile un po' piu libero quello di Paliada ed altri

126. SuIla teeniea metriea dell'opera efr. soprattutto C. von Holzinger, Lykophrons
Alexandra, Leipzig. 1895,81 S.; K. Ziegler, RE XlII 2, 1927. eoll. 2348-2350.
127. Per maggiori dettagli e un'ampia diseussione dei problemi metriei eollegati al
testo efr. B. Snell. Die Jamben in Ezechiels Moses-Drama, Glotta 44 (1966),25-32.
128. Cfr. West, GM, 160 n. 73.
129. Per il testo cfr. Jaekel, Menandri Sententiae, 26-30.
130. FGrH 244 F 1-82.
131. Per qualche dettaglio su questo tipo di trímetro efr. West, GM. 160.
114 CAPlTOLO 5

epigrammisti) 132 e, nello stile comico, per poemi di soggetto tecnico


(medico, geografico, grammaticale) 133.
11 trimetro, essenzialmente nello stile della commedia (sia pure con rara
presenza di «piedi trisillabici», regolare uso delIa cesura, e comunque
in un contesto in cuí le differenze tra tecnica tragica e tecnica comica
non venivano piu apprezzate), fu usato a partire dal IV secolo d.C. per
ulteriori generi di composizione, fra cui innÍ ed encomi e (fra il IV e il
VI secolo) comunemente per proemi a poemi esametrici. L'ultimo
autore a comporre trimetri con una prosodia generalmente corretta
e Giorgio Pisida (inizio del VII sec.); in trimetri si continua a comporre
II tetrar
ancora in quest'epoca e praticamente fino aBa tarda grecita, ma iI
verso, con lo scomparire delle differenze quantitative della lingua e il
Le successil
mutamento nella natura dell'accento, era divenuto in effetti un dodeca­
sillabo con accento fisso suBa penultima sillaba 134.

6.1. Definizionee~~
Usato sOl
tragedia I
tetrametr.
quattro n
breve risp
Lo schern

u-x

Cesura Il verso e
cade aBa
chiamata
non risul1
che abbia
lunghezzél

Aesch. Pers.
132. Per maggiori dettagli cfr. West, GM, 183 e n. 68. 240
133. Cfr. West, GM, 183 e nn. 65,69.
134. Per gli sviluppi nella relazione fra fine di verso e accento in epoca imperiale Vista la r
cfr. West, GM, 184. puó esser
CAPITOLO 6

II tetrametro trocaico catalettico.


successioni trocaiche della commedia

Definizione e caratteristiche generali


Usato soprattutto dai giambografi arcaici, e quindi nel dramma (nella
tragedia e nelIa commedia attica e in quella dorica di Epicarmo), iI
tetrametro trocaico catalettico e un verso costituito dalla successione di
quattro metra trocaici, l'ultimo dei quali risulta di un elemento piu
breve rispetto agli altri, da cuí la qualificazione di catalettico.
Lo schema e:

u x-u xl--u x u'd

Il verso e articolato internamente attraverso una incisione centrale, che


cade alla fine del secondo metron (e quindi viene comunemente
chiamata dieresi): visto che l'ultimo metron e catalettico, dalla dieresi
non risulta un verso perfettamente bipartito ma, secondo la tendenza
che abbiamo gia osservato, un verso diviso in due partí diverse nella
lunghezza.

Aesch_ Pers.
240

Vista la natura «libera» dell'elemento finale del metron trocaico, esso


puó essere realizzato da silIaba breve o da silIaba lunga (si ha cosi,
116 CAPITOLO 6

a esprimersi per comodita in termini di «piedi», la possibilita di trovare


nelle sedi parí del verso, oltre al «trocheo», anche lo «spondeo}}, che,
6.2" n tetrametrD:~'1
ad esempio, nel verso eschileo appena citato, appare in seconda sede).
Della pn
arcaici, c
Soluzioni Gli elementi lunghi possono essere soluti: ció non avviene peró nei numerosi
giambografi arcaici per l'ultimo elemento lungo (il terzultimo elemento Solone 2;
del verso); nelIa tragedia tale elemento si presenta soluto eccezional­ trocaici c,
mente, come si vedra, solo in un paio di casi in contiguita con un Cesura Ogni ven
elemento libero realizzato da breve, mentre nella commedia il fenome­ casi di pn
no si verifica anche in vicinanza di elemento libero realizzato da lunga. ve dopo (
Dalla soluzione dei longa risuIta quindi la possibilita di ave re «tribra­ invece pÍl
co}} in tutte le sedi (con le limitazioni di cui si e detto per la settima). Legge II tetramc
Ecco un brano euripideo con varí esempi del fenomeno: di Porson caso di p
libero pn
I.A. 343-348 K~'r', bd Ka'rtaXE:; &px6:;,1 J1&tU~UI,¿)V &AI,OÜ:; 'rp6rroü:; verso) no
col:; <píAoialv oiSKi'r' ~aOal COl:; rrpTv &:; rrp6aOsv <pÍl.6:;, in questa
oüarrp6G\to~ ~affi 'rE KA-Q OpffivI G1tiiv\o:;. avopa o' o~ XPE¿)v 345 e soltante
tilv dyu06v rrp6aaov'ra J1&yiiAUI co~:; 'rp6rroü:; ¡.t80laTó'vui,
Archil. fr. 128, &AAii Xa~
&',')1 KuI ~~~uióv dvui¡ ti)T& fliiAtaTa LO!:; <pÍl.oi:;, 6W.
~VtK' (b<p8AslV ¡.tcÜimal ÓUVo.Ti):; ¿aTlv EO'rUÚOV. Come nel
anche nel!
co» finale.
Ai vv. 343,345,347,348 «tribraco» in quinta sede; al v. 345 «tribraco»
anche in seconda sede, al v. 346 in prima e in quarta sede. Un feno
Legge
di Porson­ son-Raye
Dalla soluzione dei longa risuIta inoltre «anapestm} nelle sedi parí Havet
di tale m.
(quando, naturalmente, l'elemento libero finale del metron e realizzato
da sillaba lunga); se ne vedano alcuni esempi in un altro brano della
stessa tragedia: 1. Frr.8~
197 W.).
I.A. 886 s. & OÓyUT&P, ~KEi:; trr' ÓÜ9p0 KuI aiS KuI ¡.t~'riíp atm:v; 2. Frr. 3~
OtK'rp& rr6aX8TOV O~' ol'>aui' OElV& o' 'Áyo.fl&flVrov h'vií 3. Fr. 5, .
4. Cfr. p.
di Anacrec
al v. 886 «anapesto» in seconda e in quarta sede, al v. 887 «anapesto» Per quantc
in sesta sede. cap. 5, p.
frr. 1-2 W.
Assai rara la realizzazione con due brevi degli elementi liberi o degli 5. V. sop
elementí brevi (da cui risulta il «dattilo»): assente nei giambografi, la si e dovuta a
seconda ec
trova occasionalmente nelIa commedia all'interno dei primi tre metra; 6. Infrazi
la tragedia la ammette solo in presenza di nomi proprí. Ne vedremo 7. La se(
i rari esempi piu avanti parlando dei singoli generi. formuló la
Esaminiamo ora le caratteristiche del verso nelIe principali forme métrique g,
poetiche in cui esso e stato usato. gia stato Ti
lL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTICO 117

11 tetrametro trocaico catalettico dei giambografi arcaici


Della produzione in tetrametri trocaici catalettici dei giambografi
arcaici, con ogni probabilita eseguita in parakataloghé, possediamo
numerosi frammenti di Archiloco 1, mentre molto meno ci e rimasto di
Solone 2 ; di Ananio abbiamo a1cuni tetrametri 3, mescolati a tetrametri
trocaici catalettici scazonti (per cui v. oltre) 4.
Ogni verso e interessato dalla incisione mediana. Non si riscontrano
casi di prepositive monosillabiche davanti a tale incisione, né pospositi­
ve dopo di essa, se si eccettua ecrnv in Archil. fr. 122, 1 W. Vi si trova
invece piu volte l'elisione di oí:;,
Il tetrametro dei giambografi arcaici osserva la Legge di Porson 5: in
caso di parola o gruppo di parole finale di forma cretica, l'elemento
libero precedente questo «cretico>} (cioe il terzo elemento libero del
verso) non puó essere realizzato da sillaba lunga finale di polisillabo. Se
in questa sede termina una parola polisillabica la sua sillaba finale
e soltanto breve:

Come nel trímetro gíambico, comunque, i giambografi arcaici sembrano evitare


anche nel tetrametro trocaico catalettico un monosillabo lungo davantí a «creti­
co» finale.

Un fenomeno analogo (che possiamo chiamare Legge di Por­


son-Havet) 7 e riscontrabile anche nel primo metron del verso: se la fine.
di tale metron coincide con fine di polisillabo, il suo ultimo elemento

1. Frr. 88-167 W. Il poeta aveva usato anche un trímetro trocaico catalettíco (fr.
197 W.).
2. Frr. 32-35 W.
3. Fr. 5, 3-5 W.
4. Cfr. p. 140. Possedíamo frammenti in tetrametri trocaíci cataletticí puri anche
dí Anacreonte (frr. 2-4 W.) e Demodoco di Lero (forse del VI seco a.c., fr. 6 W.).
Per quanto riguarda l'epoca successíva, ne abbiamo di Ermippo (per cuí v. sopra,
cap. 5, p. 81 n. 6, frr. 4-6 W.), Scitino dí Teo (da assegnare forse al IV sec..
frr. 1-2 W.); cfr. inoltre ad ia .. frr. 36-38 W.
5. V. sopra, cap. 5. p. 82 s. La scoperta della legge nel tetrametro della tragedia
edovuta ancora al grande filologo inglese nel Supplemel1tum ad Prae.fationem deUa
seconda edizione dell'Ecuha (1802), p. LX.
6. Infrazioni solo nel piu tardo Scitino: fr. 1,2 e forse fr. 2, 1 W.
7. La scoperta del fenomeno viene comunemente fatta risalire a 1.. Havet, che
formuló la legge (da lui quindí detta «Legge di Haveb») nel suo Cours élémen/aire de
métríque grecque et latine (redígé par L. Duvau), París 1886, 104; in realta esso era
gia stato rilevato da Porson, come ha segnalato G. Torresin, RFIC 94 (1966), 184.
118 CAPlTOLO 6

e realizzato da una breve: o: Alla fine d


Archil. fr. 134 .
.::.:,\ lungo, cosi
W. Non si tro
'Tra le due
Si possono invece trovare in questa sede monosillabi Iunghí. Si tratta
comunque per lo piu di vocaboli collegati strettamente con quanto
segue, come la prepositiva Kaí:
ArchiL fr. 116 6.3. l\ tetrametro]
W. ~Il IIiipov Kili cruKa KElva Kai 9aA6.crcrTov prov.
Secondo
Primo ponte E osservato il primo ponte di Knox 8, per cui si evita una conc1usione di anche ID
di Knox verso in trisillabo piu due bisillabi (- u 1 x 1 u \,2), cÍoe si evita un
stato usal
finale di verso con fine di parola simultaneamente alla dieresi centrale,
ne «c1ass
dopo il sesto e dopo il settimo elemento lungo e solo in questi luoghi.
sezioni d
Unica eccezione sembra essere
215-248;
ArchiL fr. 93a, mennone
5W. state isol
dove comunque forse l'elisione attenua il senso della fine di parola. l'uccision
Non fa invece eccezione un caso come: molto lir
1515-1531
Archil. fr. 130,
2W. Euripide
rimaste, 1
in quanto gli ultimi due vocaboli costituiscono un'unica parola. brani día
nianza d
Secondo Il secondo ponte di Knox, per cui si evita una fine di verso sarebbe s
ponte di 1 u 1- u \,2 10, e violato in: erano i PJ
Knox
Sol. fL 34, sopraVVI~

1 W.
dove e comunque da notare l'elisione 11, e forse in: Cesura Di regola
di due po
ArchiL fr. 98, acppamó
9W.
6> yEvval'
vocabolo
normale.
8. V. sopra, p. 84.
9. Leggo cosi (diversamente da West) la fine dal verso con Edmonds, che in
questo modo intende il tradito ANHPAnlN vel ANHPArON.
10. V. sopra, p. 85.
11. Nello stesso frammento, al v. 5 AO~ÓV Ó<p8ÜA¡.lOiC; 5p&O''í1 n:{iv1:I:C;1 &0'1:1: 13. Due
o~~ov, il bisillabo in penultima sede ha carattere prepositivo (v. sopra, p. 85 n. 29); 14. H.F.
in Archil. fr. 106, 5 W. ]li1ttO'Xe,lllfiot 1:Ou1:ovl ~1l~&/,jJC; il bisillabo in questa po­ 1250-1260
sizione e preceduto da un vocabolo a carattere prepositivo (v. sopra, p. 86 n. 30). 1549-1553
12. Secando la ricostruzione di questo frammento, giuntoci per via epigrafica, 15. Cfr"
recentemente proposta da West (cfr. ZPE 61, 1985, II ss.) e da lui accolta nella 64.
seconda edizione di IEG. Una infrazione al secondo ponte di Knox si accompagna 16. 1 vv.
aquella sopra segnalata contro il ponte di Porson in Scitino, fr. 1,2 W. Di Benede
IL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTlCO 119

Alla fine del verso non si riscontra mai soluzione dell'ultimo elemento
lungo, cosicché la chiusa e sempre ~ u \,d.
Non si trovano versi con piu di una soluzione 13.
Tra le due brevi derivate da soluzione non si ha mai fine di parola.
l

n tetrametro trocaico catalettico della tragedia


Secondo la celebre testimonianza di Aristotele, Poet. 1449a 21 (v.
anche Rhet. III 1404a 30), il tetrametro trocaico catalettico sarebbe
stato usato nena tragedia prima del trimetro giambico. Nena produzio­
ne «c1assica» che ci e rimasta, per quanto riguarda Eschilo ampie
sezioni dialogiche in tetrametri ricorrono nei Persiani (vv. 155-175;
215-248; 703-758; cfr. inoltre vv. 697-699), ed una la si trova nen'Aga­
mennone (vv. 1649-1673); nella stessa tragedia, in precedenza, vi erano
state isolate espressioni del coro in questo metro in coincidenza con
l'uccisione di Agamennone (vv. 1344; ] 346 s.); Sofoc1e presenta un uso
molto limitato del verso (brevi brani in tre tragedie: Edipo re, vv.
1515-1530; FUottete, vv. 1402-1408; Edipo a Colono, vv. 887-890), che
Euripide non adopera nelle tragedie del suo primo periodo che ci sono
rimaste, mentre ne fara un uso costante nelle sue ultime opere 14. Due
brani dialogici compaiono nel Reso (vv. 683-691, 730-731). La testimo­
nianza della Suda alla voce Frínico, secondo la quale que sto poeta
sarebbe stato l'inventore del verso, va interpretata nel senso che i suoi
erano i piu antichi tetrametri trocaici catalettici di uso tragico ad essere
sopravvissuti 15.

Cesura Di regola e presente l'incisione centrale, solo eccezionalmente spostata


di due posizioni verso la fine (Aesch. Pers. 165 1"uu1"á ¡.t0l OlTCA:fj ¡..tÉpt¡.tv'
a<ppumóc;[ ecrnv BV <ppecriv; Soph. Phi/o 1402 el OOKel, cr1"EÍXW¡..teV. ::
d) yevvuiov[ elPTlKWC; 1€ tOC;) 16. Nel primo caso, comunque, e presente un
vocabolo eliso che, senza elisione, raggiungerebbe il punto dí incisione
normale.

13. Due soluzioni invece nel piu tardo Emúppo, fr. 4, 1 W.


14. H.F. 855-873; Troad. 444-461; I.T. 1203-1233; Hel. 1621-1641; Ion 510-565,
1250-1260,1606-1622; Phoen. 588-637, 1308 S., 1335-1339; Dr. 729-806,1506-1536,
1549-1553; Bacch. 604-641; I.A. 317-375,378-401,855-916,1338-1401.
15. Cfr. A. Pickard-Cambridge, Dithyramb, Tragedy and Comedy, Oxford, 1962 2,
64.
16. 1 vv. 1402 S. sono sta ti espuntí da Dawe, ma se ne veda la difesa da parte di
Di Benedetto, Sofocle, 216.
120 CAPITOLO 6

dopo il (
In coincidenza dell'incisione centrale, elisione si trova in Eschilo (solo
di M: Per..,. 754, 756) ed in Euripide (di ós: ad es. in Troad. 460; di aS: Phoen.614 ellll, Ilit
ad es. in l.A. 1369; di 'tE: ad es. in H.F. 860; di yE: ad es. in I.A. 1364;
e anche di vocaboli piu lunghi: es. Ion 1251 nu9íq: \jIi¡<pq> Kpa'tTJ9Ela" Versi dh
EKÓO'tOS ó¿ yíyVOllat); qualche caso di enc1itiche bisillabiche dopo tale Soph. Phi/o n:ro:; "';..&y
incisione: scrn(v) in Eschilo (Per..,. 238) ed Euripide (Or. 779); dlH in 1407
Eur. Ion 530; <pamv in Aesch. Pers. 734. Non si trovan o invece singole Eur. Dr. 1525 OÚK ñp(J
prepositive monosillabiche prima delta dieresi né singole pospositive
monosillabiche dopo di essa 17. Ponte Viene (
di Porson
Antilabaí L'uso di antilabai si riscontra in Sofoc1e (Edipo Re, Filottete) e in Aesch. Pers. ¿cr9Aá
222
Euripide (nei brani dall'.ljigenia Taurica e dall'Elena, e in Ion 530-562; ';' So
1255-1258; 1616-1618; Phoen. 603-624; Oro 774-798; 1525 s.; I.A. 1341 Eur. Dr. 760 OUX op
s.; 1345-1368). Di solito il cambio di interlocutore avviene in coinciden­
Si ved~
za con l'incisione centrale. Ma si troyano cambi di interlocutore anche
altrove. Soph. Phi/o AÍtÍuv
1404
In Sofocle ed Euripide dopo iI terzo elemento dove il
Soph. f.sió q>U:; TM' oÚv; :: li 1l1l q>povro yup ou q>lA& AÉyElV llaTT\V L'unic

dopo il sesto Eur. He/. 1628 oI1tSp

Eur. Oro 780 si TI)XOt, yÉvOtT' av :: OUKOUV toUTO KpdO'O'ov llllÉVElV e statc
Legge di
dopo I'undicesimo Porson- Viene
Havet
Soph. Phi!. Aesch. Pers. EÍ> t~
1404 173
- ,
In Euripide anche dopo il quarto elemento Eur. Bacch. eh<; Ea:
609
Eur. Ion 531 TÍ:; AÉyEt taO'; ~: o:; 0" EePEIJIEV OVta Ao~ía:; SIlÓV PeruJ
dame
dopo il quinto
Eur. Dr. 1509 1tuvtO
I.A. 1347 allq>i O'fí:; n:at6ó:;; :: n:OVT\póv dn:a:; Otrovóv AOyov
Un e
dopo il nono
avaív
Ion 559 tj Ató:; 11at60:; YEVÉO'(lat 11a1::;; :: (} O'oí yE yíyVEtat carat1
alla e

17. Ció avverrebbe solo in un caso euripideo, fr. 66 N. 2 ouot n:uvOavEO'lk taut',
ililn:apOÉvol, tav tij n:óI,El, dall' Alcmeone in Psofi, se si ammette che questo verso
vada tale e quale ricavato dal V. 1302 dei Cavalieri di Aristofane e non si tratti 18. 1
invece di una rielaborazione del comico, visto che suscita qualche perplessita un ovviar
uso cosi precoce (l'Alcmeone fu rappresentato nel438 a.e.) del tetrametro trocaico MiltOl
catalettico da parte dí Euripíde. 19. (
IL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTICO 121

dopo iI decimo

Phoen. 614 et¡.tt, f!tl1tóvet· crE o' uivOO, f!fítep. :: e~t(h xOovó;;.
Versi divisi in tre parti:

Soph. i:¿~ 1tOO',; AÉyet',;; :: etp~ú) 1teM~etV cri¡',; 1tátpu',; :: hU' ei (u


OOK apu KteVet',; f!'; :: (l<pdcrut. :: KUAOV e1tO',; AÉyet',; tÓOe.
Viene osservata la Legge di Porson

Aesch. Pers. ¿cr9Aá crol1t¿llm:;lv t~KV¿P tE yik ¿vepOEvll~ (Jli.ío~


222
Eur. Dr. 760 oÓx 6p~<;; (JlüAücrcr6llecr9a (JlpOüprolo'¡I1tO:vtaxU.

Si veda anche:

Soph. Phi!. AÍtÍüv ú~ 1t&.; ,ÁXa1&V (JlEii~Ollal; J1~ (JlPOVtt(fÜ~;


1404

dove il «cretico» finale e preceduto da monosillabo (prepositivo).


L'unico caso di violazione (in elisione)

e stato facilmente corretto (aepícr<mcr') 18.

Viene osservata la Legge di Porson-Havet

Aesch. Pers. f:6 t5ó' r(fOil, y~<; c'ivücrcra t~crúe, Il~ cre Úí.; epp&crElv
173
Eur. Baeeh. eh.; ic:rf:lóovl &crjl¿Vll crt, jlOV&ú' hoücr' lPlljllüv.
609
Per un esempio di osservanza della legge con quarto elemento occupato
da monosillabo lungo non prepositivo:

1to:vtiixo~ ~ftvl ~ú¡J IlUAAOV ~ 9avdv tOl'; crfheppocrlv.

Un caso come Aesch. Ag. 1652 &AAa K&Yci} Ili]V 1tpÓKffi1tO';, OUK
avaíVOjlal 9aVEtV non puó essere considerato una infrazione, visto il
carattere pospositivo di jllÍv grazie al quale non si avverte fine di parola
alla conc1usione del primo metron 19.

18. La correzione, proposta da Porson (Hecuba, Suppl. ad Praef, p. LX) per


ovviare alI'ínfrazíone alla regula da lui scoperta, era gill stata avanzata da J.
Mílton per motivi stilisticí (cfr. Kannicht, Helena. ad loe.).
19. Cfr. Fraenkel, Agamemnon, III, 789, ad loe.; si veda ínoltre Eur. I.A. 908.
122 CAPlTOLO 6

In Eur. Oro 804 toi)t' EKdvo·llC'riicre' haipouc;, Ili¡ 'ro cruyyEvEC; IlÓVOV E evitata
e forse possibile scandire come breve la guarta sillaba (wih' 6lCElVO) di un ele
sulla base di alcuni paralleli nei guali il nesso lC'r presenta comporta­
mento monoconsonantico 20 e guindi ottenere regolare fine di polísilla­ Il verso p
bo in sillaba breve. rispetto a
Dubbio resta un caso come Eur. I.A. 1391, dove il testo e incerto pronomei
le due bre
nesso arti,
Eur. I.A.:
in casi ce
ma in cui forse non e possibile sfuggire all'infrazione iniziale al ponte di ÓlPllll ¡.tÉV(
Porson-Havet 21. AOt).

Soluzioni Diversamente da guanto accade nel verso dei giambografi, troviamo L'osserva¡
1'ultimo elemento lungo soluto, ma solo in due casi ed in contiguita con ha portat(
un elemento libero realizzato da breve, e per di pió, in coincidenza della quando il
stessa parola: sillabe che
(alla prim
e possibil
eparlato l
sono límil
liberamen
e terzo /1'le
E eccezionalmente ammessa, in coincidenza con nomi propri, la realiz­ Esempi de
zazione con due brevi di un elemento libero o di un elemento breve (il
cosiddetto dattilo). Eur. I.A. 394a oÓ yap ¡i(
Il primo caso si ha in:
Oro 1524 sí) MySl<;'

Oro 738 rocr1tSP OU

l'altro in Un esempi

Oro 740 XpÓVlO<;· (

Due soluzioni in un verso sono presenti in Eschilo (Pers. 239), Sofocle E infineun
(Phi!. 1406) e varie volte in Euripide, iI guale ha anche versi con tre
Aesch. Pers.
soluzioni: Phoen. 609 (citato gia sopra in guanto presenta iI fenomeno 720
del «tribraco» in settima sede), I.A. 319, 884.

22. V. so
Euripide á
20. V. sopra, 3.3.2, p. 56. Nauck la (
21. L'infrazione non e evitata neppure in proposte moderne di correzione, come 23. Cfr. j

quella di Hermann '¡;Í 'to ÜíKUlOVI wíhó y'; ap' X € OlIl' av aV'tst1tsIV €no<;, 129-134.
accolta da Murray (da cui risulta un verso privo della diercsi «regolarc»), e queUa 24. Essa
di Hartung 'tí 'tO Ü{KUlOVI wv't'; x€ oqJ.sv ap' av anslltstv €no<;, accettata da giambogr2
Re. Günther nella sua recente edizione (Leipzig, 1988). anche oltr
IL TETRA METRO TROCAICO CATALETTICO 123

E evitata la fine di parola tra due sillabe brevi derivan ti dalla soluzione
di un elemento lungo.

11 verso presenta un comportamento analogo, se non forse un po' piu rigido,


rispetto a quello del trimetro giambico tragic0 22 , con qualche caso che interessa il
pronome interrogativo tí;/1:i (solo in forme monosillabiche), e qualcuno in cuí tra
le due brevi sí trova elisione: piu spesso con vocabolí o nessi prepositivi come il
nesso articolo + pospositiva concordato immediatamente con il sostantivo (es.
Eue. 1.A. 897 EKAUOV oucrav aeHav m:, t5 (j' i:flov ou q>aúAco; q>l':pco) ma anche
in casi come Eue. Bacch. 630 q>úcrfl' Enoíllm:v Kat' aUAT\V' iJ (j' i:nt 'toue'
wPflllfll':vo; e 1.T. 1205 ntcrtóv 'EI,Aa; otoev OUOf:v. :: It' ht ikcrflú, npócrno­
Aot).

L'osservazione puntuale del comportamento delle soluzioni nel tetrametro tragico


ha portato A.M. Dale 23 alla formulazíone della seguente, ulteriore, «norma» 24:
quando íl secondo elemento lungo di un metron trocaico e soluto, tutte e tre le
sillabe che formano la seconda meta del metron sono contenute nella stessa parola
(alla prima meta del metron e concesso un comportamento piu libero ed in essa
e possibile anche trovare quei fenomeni di, sia pur lieve, dívisione dí cuí si
e parlato appena sopra, come risulta dall'esempio citato da 1. T. 1205); le eccezioni
sono limitate al primo metron del verso (la cui seconda parte si comporta piu
liberamente, cioe, quanto alle flni di parola, rispetto alla seconda parte di secondo
e terzo metron).
Esempí del fenomeno in elementi lunghi soluti nella seconda parte dei vari metra:

Eur. I.A. 394a oÓ y¡ip if.:r¡}vEtOv tO estOY, a'A): EXet crUVtl':vUl (primo metron)

Or. 1524 eu Al':yet;· cr01:,d crt G¡}VtG'ír;. ana Batv' EcrCO ÓÓflCOV (secondo metron)

Or. 738 &crnep OUK f::Aeffiv EflOtye taÓt6v iini(jCóKcv I.lOAWV (terzo metron).

Un esempio ora della liberta goduta dalla prima meta del metron:

E infine un esempio delle eccezioni ammesse nella seconda parte del primo metron:

Aesch. Pers.
720

22. V. sopra, pp. 87-89. Cosí si e sospettato del testo del v. 2 del fe. 909 N. 2 di
Euripide ápeti¡ O' &vllcre nonúr; micra y¡ip iiyii8i¡ yuvi¡, ed e stata proposta da
Nauck la correzione di ayaei¡ in KeOVi¡.
23. Cfr. Resolutions in rhe Trochaic Tetrameter, Glotta 37 (1958),102-105 CP
129-134.
24. Essa vale anche, come e osservato dalla studiosa, per il tetra metro dei
giambografi arcaicí (efe. invece Ermippo, fe. 4, 1 W.), ma non, come vedremo
anche oltre, per quello della commedia.
124 CAP1TOLO 6

di to~
L'impiego Benché non sia possibile, data la scarsiUI della documentazione in nostro solleci'b
del possesso, fissare con sicurezza una storia dell'uso del tetra metro trocaico vimentc:
catalettico nella tragedia del V secolo, possiamo fare almeno alcune segnaQ
tetra metro
osservazioni sulla funzionalita drammatica del verso nelle opere superstiti iI qualt;
trocaico
dei tre grandi tragici e ricavarne probabili nessi sui rapporti fra i singoli portart:~
nella pericol(j
usi 25. Eschilo, come si é detto, adopera tetrametri piu di una volta in sezioni
tragedia l'ingre$ll
di dialogo in una tragedia antica come i Persianí: CiD va forse interpretato
come indizio di un permanere ancora massiccio nella tragedia di quello I'EdiPli;~
che, secondo la testimonianza aristotelica, sarebbe stato il suo metro uso ~
originario, ma bisogna comunque notare anche lo stacco, all'interno delle persec~1
medesime scene, tra tali sezioni trocaiche, riservate per lo piu all'espressio­ Oiimrov!'
ne di sentimenti di ansia, di angoscia, di conforto, di impazienza, in un tono Teseo,(¡
di sympatheia tra gli interlocutori, e le sezioni in trimetri giambici ad esse cittadh,¡
uníte, nel tono piu oggettivo del racconto. Assente nelle altre tragedie l:1t'tor¡~
eschilee, il tetrametro trocaico catalettico ritorna, in maniera assai meno precipite:
estensiva, nell'Agamennone, a sottolineare, con repentino cambio di ritmo, contraStl
momenti di particolare eccitazione e tensione: la reazione del coro nell'udi­ casi alf.'¡
re i lamenti del protagonista colpito a morte e, piu avanti, nella scena finale cone
del dramma, in una sticomitia, il contrasto (che sta per diventare fisico, dalle
prima di essere fermato dall'intervento di Clitemestra) tra i vecchi del coro, 510 ss.}l
da una parte, Egisto e i suoi uomini dall'altra. A proposito di quest'ultima un'altra~
scena e stato acutamente osservato 26: «Anche se né Aristotele né altri ci bra, da~tJ
avessero detto qualcosa sulla differenza nel carattere di tri metro giambico essere.
sempre!í~
e tetrametro trocaico, saremmo con ogni probabilita immediatamente
consci qui dello scarto con cui il ritmo cambia in direzione di una maggiore momentl
eccitazione, proprio come in alcune opere di Mozart siamo colpiti dal scena .Uí
cambiamento del tempo nel finale di un atto». profezie··
Non c'e da meravigliarsi del fatto che una scena di cosi grande impatto, imminenl
contrasto e movimento (posta per lo piu proprio alla fine della tragedia) comell
sia con ogni probabilita divenuta un modello per scene di grande espress~~
tensione nella produzione tragica successiva. Particolarmente vicina ad Era, a ~
essa sembra la parte finale deJl'Edipo Re di Sofocle, soprattutto nei versi che viene
che esprimono I'aspro contrasto tra Edipo e Creonte che si movimenta Baccantl
fino all'uso dell'antilabé. Antilabal sono presenti anche in un altro tinale significat
sofocleo (del Filottete) 27, dove esse conferiscono vivacita ad un dialogo,

Neottolell
25. Per studi relativi a questo tema, ai quali si e attinto anche per la dcfinizíone
fondamen
del quadro sopra riportato. efr. W. Krieg, Der troch¿iische Tetrameter he; Euripi­
finale ¡mI'
des, Phílologus 91 (1936), in particolare 42-45; M. fmhof, Tetrameterszenen in der
Eracle ex
TragOdie, MH 13 (1956). 125-143; T. Drew-Bear, The Trochaic Tetrameter in
28. Dan
Greek Tragedy, AJPh 89 (1968), 385-405; M. Centanni, Va/enza semamica efim­
la tragedil
zionalita drammatica del tetrametro trocaico neí Persiani dí Eschilo, QUCC n.s. 32,
non fosse
2 (1989), 39-46.
osservato,
26. Cfr. Fraenkel, Agamemnon, III, 780 (ad vv. 1649 ss.).
sopra alla
27. O meglio in quello che sarebbe il finale della tragedia secondo le intenzioni di
suo piu ve
IL TETRAMETRO TROCAICO CA TALETTICO 125

di tono peraltro completamente diverso, segnato dall'affetto e dalla


sollecitudine reciproca degli interlocutori. Un tono di concitazione e mo­
vimento ha la brevissima battuta in tetrametri che nell'Edipo a Colono
segna un momento-chiave del dramma come I'improvviso arrivo di Teseo,
iI quale ha interrotto addirittura un sacrificio che stava presiedendo, per
portare il suo aiuto ad Edipo e alle figlie in una situazione di estremo
pericolo. Nell'assegnare al tetrametro trocaico il ruolo di sottolineare
-:\"'~'\~""~ o~\\.o\.~ ~\ ~~ ~~~~'b~~\~ 'b\)\\'b ~\:.~\\o.. \\)%Th'\:) ~'\:)\'\:)\:'\~ ~~\-
e
rEdipo a Colono stato probabilmente influenzato da un tale frequente
uso euripideo: in Ion 1250 ss. I'arrivo di Creusa che fugge dai suoi
persecutori; in Oro 729 ss. I'arrivo di Pilade che dice di essere venuto
eacrcrov tí ,..u:: XPTlV (esprimendosi in una maniera molto simile a quella del
Teseo dell'Edipo a Colono) a portare la notizia della decisione dei
cittadini dí uccidere Oreste ed Elettra; in Oro 1506 ss. rarrivo di Oreste,
&1tTOTJIl&Vql 1tOóí, a contrastare lo schiavo Frigio; in /.A. 317 ss. I'uscíta
precipitosa dalla tenda da parte di Agamennone che interviene nel
contrasto tra JI suo vecchío servo e JI fratello Menelao. In quasi tutti questi
casi all'arrivo del personaggio segue un dialogo movimentato e talvolta
concitato: ruso per dialoghi di questo tipo del tetrametro, spesso diviso
dalle antilabaí (cosi anche nei brani di lfigenia Taurica ed Elena 28 , in lone
510 ss., e in Fenicie 588 ss., su cui cl softermeremo tra un attimo) sembra
un'altra caratteristica dell'uso euripideo a partire almeno, a quanto sem­
bra. da una certa data. In tragedie precedenti (anche se questo potrebbe
essere solo un caso) il verso era impiegato per rheseís di personaggi,
sempre comunque contrassegnate da agitazione emotiva. o situato in
momenti di tensione nella vicenda tragica: in tetrametri conclude la sua
scena la Cassandra delle Troiane. quando dal tono piu calmo delle
profezie relative ai suoi nemici passa ad esprimere quelle sul proprio
imminente destino di morte; in tetrametri ne11' Eracle un essere demoniaco
come Lissa si dice disposto, dopo una iniziale riluttanza, anch'essa
espressa in una brevissima sticomitia in tetrametri con Iri, messaggera di
Era. a compiere la volonta di quest'ultima e a provocare in Eracle la pazzia
che viene da lei stessa qui descritta nei suoi terribili effetti. Nelle piu tarde
Baccanti troveremo i tetrametri in una lunga rhesis, ma stavolta con una
significativa innovazione che non sembra azzardato attribuire allo speri-

Neottolemo. che vuole portar vía il protagonista, sottraendolo al suo ruolo di


fondamentale aiulo dei Greci nella distruzione di Troia. se non intervenisse il
finale imposto dall'alto. che recupera ¡'eroe aquesto suo ruolo. con l'arrivo di
Erac1e ex machina.
28. Da notare in questo brano l'uso del tetrametro per una scena che porterebbe
la tragedia ad un certo tipo di soluzione (la reazione violenta di Teoclimeno). se
non fosse per l'intervento del deus ex machina. una situazione che abbiamo gia
osservato. sia pure con modalita diverse nel tono del tetrametro. nel Filottete (cfr.
sopra alla nota precedente): anche quí forse c'e traccia dell'influsso di Euripide sul
suo piti vecchio collega.
126 CAPITOLO 6

mentalismo tardo-euripideo: il lungo discorso di Dioniso, sia pure posta in pospositi


immediata successione con un momento altamente emozionante come ji vocabolo
terremoto che ha distrutto il palazzo di Penteo, permettendo al dio di
uscirne, si configura come racconto, del tipo deí Aóyot uyysAtlCOt, di quanto Nei versi
e appena accaduto. Nelle Fenicie, una delle tragedie in cui Euripide elemento
riprende la tecnica che ci appare come protoeschilea di inserire piu di un
brano in tetrametri, viene raggiunto uno dei culmini nell'arte euripidea di
il dedmo
costruire una scena dialogica di estrema agitazione e drammaticita con Esempio
I'uso di questo verso: si tratta della conclusione dell'incontro tra Polinice, Aristoph. Nub.
Giocasta ed Eteocle (vv. 588 ss.), in un crescendo di movimento dramma­ 591
t)v KMro
tico nel definitivo scontro verbale tra i due fratelli, dalla sticomitia alle
antilaba!, fino all'inserzione del terzo attore con !'intervento di Giocasta. dopo il di
Nell' lfigenía in Aulíde il poeta arrivera infine al suo uso piu massiccio del
verso, in momenti variamente decisivi dell'azione tragica, e con ulteriori Aristoph. Nub. npo:l'W !le
novita: il tetrametro viene adoperato non solo per dialoghi piu o meno 609
concitati, ma per rheseis argomentative contrapposte (vv. 334 ss.; 378 ss.: Un esem¡
Menelao contro Agamennone) e, al termine di un dialogo in antilaba! tra
decimo el
Clitemestra e Achille, con cui I'azione si avvierebbe verso una impossibile
reazione dell'eroe contro il sacrificio di Ifigenia, per la lunga rhesis «deci­ Aristoph.
sionale» della protagonista (vv. 1368-1401), momento fondamentale, e fin roe; eyroy'
Vesp.427
da 11' antich ita d iscusso, del\' azione.
Sulle modalita esecutive dei vari tetrametri trocaici catalettici tragici non Anti/aba! Un libero
e possibile raggiungere certezze 29; la parakataloghé era forse impiegata che arriva
nelle scene di maggior tensione o eccitazione 30, anche se non si puó
essere sicuri che ad imprimere queste caratteristiche non bastasse il Sam.476 'tí M My<
cambiamento del ritmo da giambico a trocaico.
Il poeta p

Perik.288 ypatíe;. :: .
6.4. Il tetrametro trocaico catalettico della commedia Perik.334 elAA,' eyro)
Il verso e stato usato dalla commedia di ogni periodo, sia da quella Ponte La Legge
dorica (Epicarmo) sia da quella attica. Nella Commedia Antica veniva di Porson Esempi di
usato particolarmente in sezioni epirrematiche, soprattutto nella para­
basi; nella Commedia Nuova compariva come verso del dialogo. Aristoph. Lys. Aelva y&~
626
Cesura I versi possono essere costruiti anche senza dieresi mediana. Menandro
invece osserva costantemente questa incisione (a parte Sam. 484) 31, pur Men. Sam. 570 nOl (i5, 1tC

ammettendo occasionalmente prima di essa prepositive 32 e dopo di essa


Legge Non e OSS
di Porson-
Havet
29. Si veda la discussione in Pickard-Cambridge, Festiva/s, 158-160.
30. Cfr. West. GM, 78. 33. yáp:f
31. Cfr. Gomme-Sandbach, 597 S., ad loe. 290 K.-Th.
32. Si tratta di prepositive bisillabiche (uAM: Perik. 301, Sam. 486. 490, 526, 34. Cfr. P
587; ouM: Sik. 119) o di successioni di due prepositive (ouo' 00<;: Perik. 340; ouo' 485: 01>; vo<
si: Sam. 521). 728; Sik. l~
IL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTlCO 127

pospositive 33; iI poeta inoItre colloca in bassissima percentuale un


vocaboIo eliso in questa posizione 34.

Nei versi privi di dieresi di solito si ha fine di parola dopo il settimo


elemento (cioe un elemento prima dell'incisione normale) oppure dopo
iI decimo elemento (cioe due elementi dopo).
Esempio di incisione dopo il settimo elemento:

Aristoph. N~ti llv KAf;wva 'tov J,ápovl ómpwv ¿AÓV'tf;~ Kai KJ,01tile;

dopo il decimo:

Aristoph. Nub. npona Ilf:V XaipetV 'AOllvaiOlcrtl Kai 'tOle; ~DlllláXOl~.


609

Un esempio di verso con fine di parola sia dopo il settimo che dopo il
decimo elemento:

Arístoph. roe; eywy' all'tWV ópwvl ótóOlKal 'tae; EyKeV'tpióae;.


Vesp.427

Un libero e vario gioco di antilabaí si rileva soprattutto in Menandro,


che arriva a dividere il verso in cinque battute:

Sam.476 'tí 8t J,{;y<:te;; :: ~OÚA<:t q>pácrw crOl; :: návD y<:. :: ÓeUpO MI. :: A¿ye.

Il poeta pone cambio di interlocutore in tutte le posizioni.

Perik. 288 ypau~.:: 'to yam:pí~<:crO' <lp¿crKe[t, ]"(e"([OV¿VUt Ó¿ y' a~LOe;

Perik.334 <lAA' eywy' enetOOV. :: eUV' ÓeUpO MI ~áÓl~e. :: nOl;

La Legge di Porson non e osservata dalla commedia.


Esempi di mancata osservanza:

Aristoph. Lys. L\etvií yiip 1:Ot 'tiicrM y' ~Óil 1:OiSe; noÜ t¡¡~1 voüOetl:iv
626

Non e osservata neppure la Legge di Porson-Havet.

33. yáp: fe. 150, 1 K.-Th.; !l0t: Sik. 136; ¿cm: Dysk. 754, 763, Sam. 477, 729, fr.
290 K.-Th.
34. efe. Perik. 271: 1¡;; Perik. 324, Dysk. 731, Sam. 688: a¡;; Perik. 352: y¡;; Sam.
485: 6¿; vocaboli piu lunghi: Dysk. 726; Perik. 274. 300,353; Sam. 489, 514. 524,
728; Sik. 123, 130; frr. 24, 3 (?); 321; 751, 3 K.-Th.
128 CAPITOLO 6

Si veda ad esempio: Aristoph. Av. 5'tdv h'


1116
Arístoph. Ach. sha A6~s¡ I Kal 8aKpÚEt Kai AtyEl npoe; 1'OVe; <plAoue; si veda:
690
Men. cS·am. 467 dA,},: avÓYKl],lná'tEp. :: aváyKll; 1'Ú)V &¡.trov OU KÚplOe;. Men. Sam. 588 ¡.ti1l::pa ..

Soluzioni Si puo avere soluzione dell'ultimo elemento lungo anche in contiguita si vedan
di elemento libero realizzato da lunga: Menan<
9 K.-A.
Men. Sam. 460 "COGe; <p'l:Aotie;- ¿Ci ¡.t'. :: dYEVV~e; av nototl]v tnl'tptnrov.
Anche
11 «dattilo» E ammessa (occasionalmente) nei primi tre metra la realizzazione con parola 1
due brevi di un elemento libero o breve, iI cosiddetto dattilo.
Tra gli esempi (rarissimi, ma che non per questo ecorretto eliminare) 35: A parte
Epícharm., fr.
e realizzl
60,2 Kaib. p(iflPpa()~VEe; 1'E Ka! KiXAat, A«yoi 8páKOV1'te; 1" aAK1¡.tol lo piu PI
= 24,201. + pospc
e inoltre Epich. frr. 24 Kaib. 93 01.; 149, 3 Kaib. = 178. 3 01.; Myetv ~
CGFP fL 84, 36 e 87. monosiIl
areaAAa:
Arístoph.
Ach. 318 lmtp EmslÍvou '8ú.lÍcrco 't~V Ki:<paAtlV EXCOV AtyEIV guale, el
talvolta
Men. Sam. 731 8dipo 8' lÍ¡.ttV EK8ó1'co ne; 8118a Kai cni:<p6:voue;, tva Come si
la seconl
Sik. 135 Enu8ó¡.tllv. :: no/J.rov 1'aAáv1'cov, I>rpa"CO<pávl], Ka'tti crÚ¡.tpoAa 36. di cuí al

e inoltre, ancora dalla Commedia Nuova, CGFP frL 255, 15 (nome


proprio) e 292, 3.

Non mancano versi con tre soluzioni. l'impiego


del movimt
tetrametro ingres$j
trocaico o anqti
35. Alcune volte e comunque possibile pensare di essere in presenza non di un
«dattilo», ma di un normale «trocheo» o «spondeo» assumendo fenomeni dí perdita nella (Pax 51
.di
di autonomía sillabica di iota o hypsilon. per cui V. sopra, p. 49 s.: cfr. Aristoph. Eq. Commedia nenti.
336-34
319 vi¡ Ala KUlle wiYc' e8pacrs taU1:ÓV, éóms K(núYú,ú)v (la stessa espressione in
Men. Dysk. 774: cfr. West, GM, 14; contra W. Strzelecki. Üher den Gebrauch des neglie
Daktylus ¡m trocJ¡aischen Tetrameter bei Menander, in F. Zucker, Menanders comes
Dyskolos als Zeugnis seiner Epoche, Berlin. 1965,66 S. n. 26): cfr. inoltre Epich. frr.
44,2 Kaib. 13. B a) 01.; 58, 1 Kaib. = 22, 1 01.; 100, 2 Kaib. 51,201. (bis): 117
Kaib. 64 01.: Aristoph. Ecd. 1156 (efr. West, GM, 92 n. 52); Ve-lp. 496; Ermippo,
fr. 45, 2 K.-A. (nome proprio);/r. ad. 1325,1-3 K. (nome proprio); Men. Perik. 340. 37. Pe
In altri casi si puó assumere sinizesi di epsilon: cfr. Aristoph. Av. 1113 llv ;Sé reo\) 38. In
8cl1CVfí1:c, repijyopsrovuc; úJ.!lv néJ.!ljfoJ.!cv: efr. inoltre Epieh. frr. 42. 43, 11 Kaib. U]K1ÍKO
12, 11 01.; 165 Kaib. 25601.; CGFP fr. 85, 244; Tímoc\e. fr. 19. l K.-A. (nome in ques
proprio). Per íI «dattílo» tramandato all'ínizio di Men. Sam. 548n6.v1:a. 1:a repÚnLU1:' presenz
non sí puó escludere che esso sia stato originato da una dittografia; allo stesso modo compol
e faeílmente eliminabile quello tramandato in Aristoph. Av. 373. 39. Si
36. Per la difesa del testo efr. Gomme-Sandbach, 643 S., ad loc. Cavalie
IL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTICO 129

Aristoph. Av. 5'tav hil'ts XAavYM AeÜK~v, 't(nE ¡.uhi:cro' oihro ÚYKilv
1116
si veda anche, neIla stessa commedia, il v. 302.
Men. Sam. 588 l..ttKpd Jitt' tJiO~. :: 1ttpi1ta't~crro; :: Kui crEuü't6v y' dviÜ,aps
si vedano anche, nella stessa commedia, i vv. 437, 500,551 e inoltre, in
Menandro, Dysk. 766 e fr. 21.22, 23, 3 K.-Th.; infine Alessi, fr. 103,
9 K.-A., Aristofonte, fr. 5, 6 K.-A.
Anche in commedia la tendenza general e e quella di evitare fine di
parola tra le due brevi nate da soluzione di un elemento Iungo.
A parte casi del tipo di quelli sopra osservati in tragedia, in cui la prima breve
e realizzata da forme dell'interrogativo tír;jú, oppure vi e elisione di bisillabi. per
lo piu prepositivi o formati da nessi prepositiva (o vocabol0 ad essa assimilabile)
+ pospositiva, vi sono casi di natura diversa, come Perik. 341 líAElS :: vuv 801c]ste;
AÉyElV IlOt diit ti 1tih.1V :: 8oKi[lluaov, dove la prima breve e realizzata da
monosillabo enclítico)7 e Aristoph: Vesp. 504 tav na't~p' &n ~OÚ/,Ollat tOÚtrov
unuAAuxElÉV'tU 'trov, con un trisillabo eliso, un tipo di vocabolo in coincidenza del
quale, come si e visto (p. 107), il trimetro giambico della commedia ammette
talvolta fine di parola fra le due brevi note da soluzione ".
Come si vede anche dal primo degli esempi ora eitati, la commedia non os serva per
la seconda parte del metron in caso di soluzione la norma segnalata da A.M. Dale,
di cui abbiamo par/ato sopra.

L'impiego Nella Commedia Antica il verso, adatto come si e visto a scene di


del movimento, e usato píu volte per I'ingresso del coro (e segnatamente per
tetrametro ingressi baldanzasi o battaglieri, come quello nei Cavalíeri, vv. 247 ss.),
trocaico o anche quando il coro si ritira momentaneamente dalla scena dell'azione
nella (Pax 553-570/601-650); compare anche in sizigie epirrematiche conte­
nenti dialoghi eceitati o movímentati (Vespe, 430-460 ""-' 488-525; Vcce"í,
Commedia
336-342 '" 352-385) 39. L'uso prineipale, almeno in Arístofane, e quello
negli epirremi della parabasi, di carattere generalmente scoptico, dove,
come si sa, il poeta parla piu volte in prima persona: il verso si presenta qui

37. Per una proposta di giustificazione del caso efr. Handley. Dvskolos, 65.
38. In Men. Perik. 319- Otl napEl, «lll1óiv fu tüÚtrov», ~l1a[í, «nroe; 8'
a]KlíKoEV ... la prima breve e finale di un bisiÚabo: altro tipo di vocabolo tollerato
in questi casi dal trímetro comico; non si puó escludere comunque, di essere in
presenza di un caso in cui, essendo il pronome ancora sen tito diviso nelle sue due
eomponenti (per cui v. sopra, p. 101), e coinvolto un numerale monosillabieo.
39. Si veda anche il violento battibeeco proepirrematieo nel primo agone dei
Cavalieri (vv. 314-321 ~ 391-396).
130 CAPITOLO 6

meno libero nell'uso di soluzioni rispetto a quando compare altrove nella


commedia; eseguito probabilmente dall'un corifeo nell'epirrema, dall'altro
nell'antepirrema, in recitativo con J'accompagnamento dell'aulo, doveva
anche essere accompagnato da movimenti del coro (fatto che forse In Aris
aweniva anche in altre sezioni tetrametriche della commedia pure eseguite fanno s
in recitativo). pió in
Nella commedia di Menandro 40, dove abbiamo una serie di scene in te­ ma in ~
trametri (con maggior quantita di soluzioni e, come si e visto, un piu vivace Si trat
movimento dialogico di antílabaí), caratterizzate dal movimento, talvolta
e ante!
anche concitato, spicca la scena «risolutiva» del Dyskolos, in cui il vecchio
casi la
misantropo Cnemone esprime la propria personale crisi, con propositi di
«conversione» quanto alta necessita di mantenere rapporti con gli altri ed in 339-34:
particolare con Gorgia, che gli ha appena salvato la vita, ma allo stesso non si
tempo con I'affermare I'impossibilíta di un proprio mutamento totale, e in 1 cola t
fondo anche le ragioni di tale impossibilítá Nell'uso del tetrametro come (Pax 3
strumento di messa in rilievo di discorsi particolarmente importanti. Menan­ sintatti
dro puó si inserirsi nella tradizione dei versi parabatici della Commedia
Antica, ma, come credo sia stato piu giustamente suggerit0 41 , deve aver Piedi Nelle s
tenuto presente il modello euripideo del grande discorso dell'eroina dell'lfi­ trisillabici soprat1
genia in Aulide. Sulle modal ita esecutive dei tetrametri trocaici menandrei, 10»45.
non abbiamo pet ora elementi utili a decidere nei vari casi (come El invece il Nell'ut
caso dei tetrametri giambici catalettici del Dyskolos, dei quali, almeno
divers~
alcuni, come ved remo piu avanti, erano eseguiti in parakataloghé, secondo
la precisa indicazione del papiro che ci ha restituito il testo). sono a

Pax 651-656 Ii't't' a,


Kelml
KaiM
6.5. n tetrametro trocaico catalettico in epoca ellenistica e imperiale Kai Kó
'tafi9' 4
In epoca ellenistica il verso fu usato essenzialmente per poesia di
contenuto gnomico 42 e talora in iscrizioni, per le quali fu usato anche 'tO\)<; o
talvolta in epoca imperiale 43.
esse ce
tissim(
nota s
40. Per l'uso menandreo del verso cfr. Handley, Dyskolos, 251-253; Dedoussi,
59-65; F. Perusino, Tecnica estile nel tetrametro trocaico di lvfenandro, RCCM Eq.284-302 &11:00ií
4 (1962), in particolare 62-64; Ead., Le scene in tetramctri del Sicionio di
Menandro, StudUrb 39 (1965), in particolare 156 s. (la prima parte del primo dei
due articoli, pp. 45-62 e le pp. 157-166 del secondo costituiscono invece uno studio
delle caratterístiche tecniche del verso). 44. B
41. Cfr. Handley, Dyskolos, 252 S.; Dedoussi, 65. 45. II
42. La maggior parte di questa produzione ci egiunta sotto il nome di Epicarmo, dalla I
a cuí essa si ispirava: cfr. Kaibel, 133 SS., con le aggiunte nella ristampa di Latte perdita
(1958), pp. VII-IX; altri esempi di questo tipo di produzione: Carete fr. 3 in Jaekel, nell'alt
Menadri sententiae; Isillo, CA 132 A. possibi
43. Il materiale e raccolto in West, Gitl, 160 nn. 77-78; 182 n. 63. che e, (
IL TETRAMETRO TROCAICO CATALETTlCO 131

p. Le successioni trocaiche della commedia


In Aristofane varie volte a serie di tetrametri trocaici recitati o recitativi
fanno seguito successioni trocaiche piu o meno lunghe, articolate per lo
piu in cola dimetrici quasi sempre contrassegnati da fine di parola 44,
ma in sinafia, fino alla catalessi finale.
Si tratta, in un caso, di due serie che vanno a chiudere epirrema
e antepirrema della parabasi (Pax 1156-1158", 1188-1190); negli altri
casi la successione trocaica conclude un dialogo (Eq. 284-302; Pax
339-345, 571-581, 651-656; Av. 386-399). Nelle commedie piu recenti
non si trova a1cuna serie di questo tipo.
I cola trocaici sono strettamente legati ai tetrametri precedenti: talvoIta
(Pax 338 ss., 1155 ss.) fra gIi uni e gIi altri si trova anche continuita
sintattica.

Piedi Nelle successioni trocaiche troviamo i pie di trisillabici tipici del metro:
trisillabici soprattutto il «tribraco», piu raramente «l'anapesto», forse il «datti­
lo» 45.
Nell'uso delle soluzioni i vari brani si presentan9 in maniera molto
diversa Puno dall'altro: rarissime nei passi della Pace, tre dei quali ne
sono addirittura privi:

Pax 651-656 aH' av oOV Aéy1JI; sKeivov,


Kei rcavoüpyoe; ilv, ch' éST],
Ka! AáAOe; Kai aVKoq¡áV'tT]e;
Ka! K6KT]OpOV Kai tápaKtpOV,
taoO' urcasárcuvta vvvi 655
"roue; aeavtüü AOloopeie;,

esse compaiono invece in gran numero ne1 brano dei Cavalieri, l'agita­
tissimo e serrato scambio dia10gico tra salsicciaío e Paflagone, in cuí si
nota soprattutto iI continuo ricorrere del tri braco in prima sede:

Eq. 284-302 &rco9aveiaOov aÓtíKa fltila.

44. Eccezioni: Eq. 301, Pax 339.


45. 11 dubbio nasce anche qui in un caso (Av. 396 or¡/lOGlq. yap tva 'W<pro/lEV)
dalla possibílita di una diversa scansione prosodica (Or¡/lOGíq. trisillabo con
perdíta dell'autonomía síllabica di iota) che fa risultare un normale «trocheo»;
nel\'altro (Eq. 301 s. uoEKa"CEú"CoU¡; "Crov eErov iE-pa¡; exov"Ca KOlAía¡;) dalla
possibilita di assumere lo stesso tipo di fenomeno o di supporre una forma ípá¡;
che e, comunque, dialettalmente incongrua.
132 CAPITOLO 6

AA. TpinAáaiov K€Kpá~Ollaí <Jou. 285


TIA. Katapoi¡<Jollat ~o&v <J€.
AA. KataKEKpá~Ollaí <J€ Kpá~(i}v.
TIA. AiapaA& <J', fltv <J1:pm:llyije;.
AA. KuvoKoni¡<J(i} <Jou 1:0 v&1:Ov.
TIA. TIEpiEA& <J' uAa~ov€iate;. 290
AA. 'YnOtEIlOUllat 1:ae; óooúe; <Jou.
TIA. BAÉ'I'ov de; Il' u<JKapoáIlUK1:Oe;. II trimetro
AA. 'Ev {iyopq KUyro 1:Éepallllat.
TIA. Aiaq>opi¡<J(i} <J', €'í n ypÚ~€te;. II tetramet
AA. Konpoq>opi¡<J(i} <J', d AaAi¡<J€le;. 295
TIA. 'ÓJ.10AOy& KA.Én1:€lv· <Ju o' oóXí.
AA. Ni¡ 1:0V 'EPIlTlV tliv 'Áyopaiov.
TIA. KumopK& yE ~AEn:ÓVt(i}V.
AA. •AAAótpia toivuv <JOq>í~Et.
TIA. Kai q>av& <JE tote; n:pUtáVEaiv 300
{ioEKa1:EÚ1:OUe; 1:&v 8E6lv iÉ- 46
pae; exov1:a KOtAíae;.
Al v. 284 dei Cavalieri compare l'unico caso di longum soluto le cui
7.1. n trimetnt~í
brevi siano separate da fine di parola: da notare che si tratta di una Si tratt
formula fissa in cui avevamo riscontrato lo stesso fenomeno gia nel zato d~
trimetro comico 47.
x u

Il nom
purel'
dall'en
sensibi
«zoppi
trimetI
l'inven
con 1'~
i qual
carattt:
maco
e Teo<

46. V. sopra, n. 45.


47. V. sopra, p. 107. 1. V. I
CAPITOLO 7

II trimetro giambico scazonte O coliambo.


II tetrametro trocaico catalettico scazonte

7.1. TI trímetro giambico scazonte o coliambo


Si tratta di un trimetro giambico in cui iI penultimo elemento e realiz­
zato da una sillaba lunga

X-u x-u u-_"-!

Il nome coliambo (da XillAÓ¡;;, «zoppo», e lall¡30¡;;, «giambo»), come


pure l'epíteto di scazonte (da O"KÚSill, «zoppico»), sarebbe derivato
dall'effetto provocato dalla rottura del ritmo del verso in una parte
sensibile come la sua conclusione, che veniva ad assumere un ritmo
«zoppicante». Fu usato in serie stichiche, con l'immissione talvolta di
trimetri giambici puri, da Ipponatte (che ne sarebbe stato, anzi,
l'inventore, mirando forse ad un deliberato effetto di rottura, in linea
con l'atteggiamento generale della sua poesia) e da Ananio (presso
i quali si trovano anche tetrametri trocaici catalettici con que sta
caratteristica) 1; nell'eta ellenistica l'uso fu ripreso soprattutto da Calli­
maco ed Eronda, ma anche, fra gli altri, da Fenice di Colofone
e Teocrito, soprattutto (ma non solo) in componimenti neHo spirito

l. V. oltre, p. 140 s.
134 CAPITOLO 7

deHa poesia giambica ionica. In epoca imperiale i1 coliambo compare in Soluzioni Nei colia
alcune partí del Romanzo di Alessandro e in epitafi (fino aH'inizio del re le solu
III seco d.C.); Babrio lo uso per le sue favole esopiche. trímetro
metron):
Trimetro Quando in un coliambo anche il quartultimo elemento era realizzato
ischiorrogico da una lunga, e casi il verso era chiuso da una successione \d (un Hippon. fr. 26, oa¡v~p.i~
fenomeno raro in Ipponatte, rarissimo in Eronda, ed evitato da 3-4 W.
= 36, 3-4 Deg. Kat~(j)a"(¡
Callimaco 2), i metricologi antichi parlavano di finale o di verso
ischiorrogico (icrxtoppm"(tKÓC; «dalle anche rotte», «sciancato», da
tcrXíov «anca» e PlÍYVWu, «rompo»), sottolineandone l'andamento In tali el:
realizzarl
ulteriormente «zoppicante».
Un esempio di ischiorrogico da Ipponatte: inizio ea
Le due
fr. 92, 11 W.
~AeOV KrÍ't' 601l~V 1tAÉovec; ~ 1tEVt~KÓVta. parola 9•
= 95, II Deg.
Che il p(
Il coliambo presenta le medesime incisioní del trimetro giambico: dirsi SiCll
pentemimere ed eftemimere:
• Nei due e
Hippon. fr. 47 1tap' <p crO Af:ÜK51tÉ1tAÓvl ~Ilipiív Ildvac;
una diven
W. = 51 Deg. 1tpÓC; Il~v Kuv~crf:tC;I1:Óv <1>Auiícrt&v 'EPIl~V. 6 Xioe;; 8'
anche COI
Nel primo verso troviamo la eftemimere, nel secando la pentemimere. trimetro t
PÚA,A,EW 1
individual
7.1.1. II coliambo dell'eta arcaica fr. 25 W.
erede alla
Di Ipponatte ci restano numerosi frammenti 3; di Ananio solo tre (2-4 d.C.,Ippc
W.)4, in uno dei quali (3, 1 W.) compare un trimetro puro. e probabi
un caso i
bisogna Sl
Ces~re Davanti a cesura possiamo trovare vocaboli o nessi di tipo prepositivo
fra le due
(es. wmtf:p Hippon. fr. 26, 3 W. 36, 3 Deg., riportato qui sotto) 5 ..... d]9fp
e l'elisione di 8É 6, e forse anche di vocaboli piu lunghi 7.

2. V. oltre, p. 13S. 8. Cfr.


3. Cfr. in generale frr. 1-1l4a; 155-155a, b W.; 1-119 Deg. Per i frammenti che, 9. Poss
fra questi, contengono anche trimetri purí, cfr. sopra p. 81 n. 7; per quelli che 'AHÚAW
contengono un solo trímetro puro cfr. p. SI n. 8. primo e «
4. Cfr. inoltre ad. ia. frr. 49-53 W. (e frr. 54-55 W.: trimetri velletramelri claudi; tico, e qu
Difilo eta incerta in IEG n, p. 61). (cfr. West
5. Cfr. anche frr. 57 W. 59 Deg.; 4 W. = 77,4 Deg.; 155 W. = 40 Deg.; sopra, 3.2
e inoltre fr. 39, 3 W. 4S, 3 Deg. «(he;; av). (d1t6 a' 6
6. Cfr. Hippon. fr. 29a W. 118 Deg. (oppure va riconosciuta qui eftemimere 10. Cosi
dopo wa'te). p. 49 s.
7. Cfr. Hippon. fr. 78, 16 W. 78, 16 Deg., dove peró puó darsi che nella parte 11. Cosi
suceessiva del verso, che non ci e stata tramandata, comparisse l'eftemimere; lo 12. Cfr.
stesso si puó dire per fr. 103, 5 W. 106, 5 Deg. 13. Cosi
IL TRIMETRO GIA:-'1BICO SCAZONTE o COLlAMBO 135

Soluzioni Nei coliambi dí lpponatte sí riscontra una netta preferenza per colloca­
re le soluzioni, non molto usate (ma comunque piu frequenti rispetto al
trímetro puro dei giambografi arcaici), all'inizio del verso (nel primo
metron):

Hippon. fr. 26, Ó«ivtIlEvOt; &ansp AUj.!\jfaKiiv6t; sÓvouxOt;


3-4 W.
= 36, 3-4 Deg. KO:tf.:piiye 8~ 'tÓv KA ~ POyo &a'tE xP~ aKéin'tslv.

In tali casi si potrebbe pensare ad un'intenzione da parte del poeta di


realizzare un contrasto tra la conc1usione «pesante» del verso e un
inizio con sillabe brevi 8.
Le due brevi nate da soluzione di solito appartengono alla stessa
parola 9.
Che il poeta si sia servito anche della soluzione «anapestica» non puó
dirsi sicuro.

Nei due casi che presenterebbero la prima sede cosi realizzata, e possibile anche
una diversa scansione prosodica. Si tratta del fr. 30,2 W. 41,2 Deg. Kpltill~
6 XtOS EV higl Ka'tffitlKiglt 150Ú¡.H¡), in cuí la parola iniziale puó essere scandita
anche come bisillabo 10 (si tratta comunque di un nome proprio, anche nel
tri metro tragico passibile di una tale liberta); e del fr. 37 W. = 46 Deg. EKÉAWE
~áAAEt v Kat AEúEtv 'hmmvaKta, dove, con la correptio del dittongo tu, si puó
individuare all'inizio un «tribraco» 11. Un caso di anaJ?estp in_ quinta sede offre il
fr. 25 W. = 35 Deg. ánó ()' ÓA{;()EtEV "Ap'tt¡ltS. (ft Ot KronóAAffiv, ma se si
crede alla testimonianza di Efestione (p. 17, 5-7 Consbr.), metricista del II seco
d.C., Ipponatte non avrebbe mai usato piedi trísillabici in penultima sede, quindi
e probabile che Efestione leggesse un diverso finale (d 15' 'ñn6AArov ?) 12. Resta
un caso in cui per sfuggire alla presenza di un «anapesto» in seconda sede
bisogna supporre un «tribraco» o un «dattilo» iniziale 13 con fine di un vocabolo
fra le due brevi nate dalla soluzione: si tratta del V. ] 1 del fr. 78 W. 78 Deg .
..... &]ei':pfviív ts Ka~dp[rov] <J.>0h~[()K¡L

8. Cfr. van Raalte, 272.


9. Possibile eccezione: fr. 42, 2 W. = 7, 2 Deg. tet 15la AU15&v napa tOV
'AuáAEffi 'tÚIl~OV (verso che presenta, in questa forma. due soluzioni: «tribraco»
primo e «dattilo» terzo), a meno di non considerare il nesso 15t come biconsonan­
lico, e quindi in grado dí andare a chiudere la sillaba precedente, allungandola
(cfr. West, CM, 18, che all'inizio legge, con Knox, leú; per un tale fenomeno V.
sopra, 3.2.5., p. 49 e n. 43). In fL 25 W. = 35 Deg. iI nesso fra i vocaboli divisi
(&n6 ()' ÓA,{¡()E1EV) e molto forte.
10. Cosi F. Lasserre, Les épod.es d'Archiloque, París 1950, 282; cfr. sopra, cap. 3,
p. 49 S.
11. Cosi Degani, Hipponax, 67.
• 12. Cfr. West, CM, 41 n. 31.
13. Cosi Degani, Studi, 265.
136 CAPITOLO 7

Ipponatte si permette di giocare col verso, introducendo, dopo un Seconda Legge 11 seeon
inizio giambico, una conclusione esametrica: di Knox
Hippon. fL 78,
fr. 35 W. = 10 14 W. = 78,
Deg. 14 Deg.

forse con una vera e propria citazione parodica di un inno 14. Hippon. fr. 36,
2 W. = 44,
2 Deg.
Ponte La Legge di Porson 15 non e osservata da lpponatte; si veda:
di Porson
fr. 9, 1 W. 1tát..at yup aótOUe; 1tP0O'ó¿lCovtai X(i(fKOV'Ct~ 16
= 29, 1 Deg. 7.1.2. 11 coliambo del
(si parla naturalmente di versi ischiorrogici). Il verso
Un'altra caratteristica che separa il coliambo ipponatteo dai trimetri in Gian
puri dei giambografi arcaici e l'alta percentuale di fini di parola frr. 215
coincidenti con il nono elemento. epodica
nei Mi
Prima Legge Il primo ponte di Knox 17 sembra non essere osservato in: Colofo]
di Knox Sembra
Hippon. fr. 32, eccettUl
2 W. = 42a, ~1teiSX6Ilai tot,1 K(iptiÍ yiipl KiÍK&<;1 piy&
2 Deg.
Hippon. fr. 36, , _ _ _ _ _, _
1 W. = 44, Elloi óe llt..out6e;-1 t(f'Ci yapl Ai'fJvl 'tÜc:pA.(X;­ 19. V.
1 Deg. 20. SliJ
pronomi
ma in entrambi i casi e possibile che, come si e gia osservato a proposi­ sopra, p
to di un altro caso ipponatteo e di uno della tragedia 18, il yáp abbia il 21. A J
valore di un monosillabo indipendente, rientrando quindi nei casi non tanl
previsti dalla Legge secondo la sua formulazione originale. eliso. N
Lo stesso ponte e violato in = 95,4
(Qxmep;
I W. =
Ad. Ía. 50 W. <x - u) ~aiS, ~aiS, I Ka¡ KUVÓ<; Ic:prov~v 11&1<; che reg~
e probal
avverbic
14. Cfr. E. Degani, MCr 8/9 (1973-1974), 144 S., R. Pretagostini, QUCC 26 puó esS€
(1977), 64. Hippon
15. V. sopra, p. 82. trocheo
16. Cfr. anche frr. 59, I W. = 61,1 Deg.; 60 W. 62 Deg.; 65 W. 31 Deg.; la in una
congiunzione {úcrrtep posta davanti al cretico finale nel fr. 6, 2 W. 6, 2 Deg., p. 85 n.
e forse 92, 4 W. = 95, 4 Deg. puó invece essere sentita costituire con esso un gruppo av9pÓlT
unitario (v. sopra, cap. 5, nn. 29 e 95). Per Hippon. fL 26, 4 W. 36, 4 Deg., v. fr.196a
sopra, cap. 3.3.1, p. 54 n. 64. In Ananio, fr. 3, 2 W. Kal crtiKa l3ata Kal (5ó' ~ tpei; breve (,
av9pwrtous e forse possibile considerare come gruppo unitario il pentasillabo finale ProbleIl
sulla base del comportamento presentato aleune volte nel dramma, soprattutto in finale v
commedia, dai numerali quanto alla connessione con i vocaboli ad essi seguenti. 22. Pe
17. V. sopra, p. 84. Theophi
18. V. sopra, p. 83 e p. 103. Poets,e
IL TRIMETRO GIAMBICO SCAZO"lTE o COLIAMBO l37

Seconda Legge Il secondo ponte di Knox 19 sembra non essere osservato aleune volte:
di Knox
Hippon. fr. 78,
14 W. = 78, Ka! 1:'Ql KIJ!aíC9 1:'Óv[os] Irival q>01ví~q[e; 20
14 Deg.
Hippon. fr. 36,
2 W. = 44, se; 't'c)lKí' EAOffiv ouoáJ!' Idrcsvl <Ircrc&va~ 21
2 Deg.

7.1.2. n coliambo dell'eta ellenistica


Il verso fu usato soprattutto da Callimaco nei Giambi (ka/a stichon
in Giambi I-IV = frr. 191-194 Pf. e XIII fr. 203 Pf.; cfr. inoltre
frr. 215-216; 218-219 Pf.; iI Giambo V fr. 195 pr. e una struttura
epodica costituita da coliambo e dímetro giambico), e da Eronda
nei Mimiambi, ma anche da molti altri poeti, fra cui Fenice di
Colofone 22.
Sembra abbandonato I'uso di inserire fra coliambi trimetrí puri, se si
eccettua Fenice, fr. 1, l.

19. V. sopra, p. 85.


20. Slings, 56 propone invece di considerare tÓVO€ tra i casi da luí ípotizzatí di
pronomi e aggettivi «brevi» assimilabili alle prepositive di cui abbiamo parlato
sopra, p. 86 n. 30.
2l. A meno di non considerare qui il bisillabo trocaico in penultima posizione
non tanto autonomo bensi legato all'avverbio di negazione precedente, tra l'altro
eliso. Non costituiscono violazioni: Hippon. frr. 6, 2 W. 6, 2 Deg.; 92, 4 W.
= 95, 4 Deg., in cui il trocheo e occupato da un vocabolo di tipo prepositivo
(óxm€p; cfr. anche fr. 26,4 W. = 36, 4 Deg. per cui V. sopra, p. 54 n. 64); frr. 10,
1 W. = 30, 1 Deg.; 14, l W. = 22, I Deg. (in cuí esso e occupato da preposizione,
che regge un sostantivo seguente, + o{;; per il tipo di nesso V. sopra, p. 85 n. 29)
e probabilmente fr. 79, 8 W. = 79,8 Deg., dove e presente nella sede in questione
avverbio con funzione di preposizione (i!:yyó<;); del fr. 158 W, 140 Deg. non si
puó essere sicuri che la porzione di testo conservata costituisse la fine del verso. In
Hippon. fr. 14, 2 W. = 22, 2 Deg. (emvov' anOt' uutó<;, aAAm' 'Apirrr¡) il
trocheo e occupato da un vocabolo disgiuntivo simile a quelli che abbiamo notato
in una tale posizione nel trímetro giambico, davanti a cretico finale, sopra,
p. 85 n. 29; qui inoltre il vocabolo e eliso. Per Anan. fr. 4, 1 W. (!CUt (ji:: TCOAAOV
uv9p6mrov) v. p. 86 n. 30 quanto si e detto a proposito del simile finale di Archil.
fr. 196a, 3. Slings, 56, chiama invece in causa la presenza di una forma di prono me
breve (v. sopra, n. 20); per il fr. 3,2 W. del medesimo poeta v. sopra, p. 136 n. 16.
Problematico resta il caso di Hippon. fr. 68, 1 W. = 66, I Deg., dove per evitare il
finale vietato dalla legge dovremmo supporre un verso senza cesura.
22. Per questa produzione si veda la raccolta di Knox in The Characters of
Theophrastus, ed. by l.E. Edmonds: Herodes, Cercidas ami the Greek Choliambic
Poets, ed. by A.D. Knox, London-Cambridge Mass., 1929,228-74, e inoltre SH 604 A.
138 CAPITOLO 7

Tri metro 11 trímetro íschiorrogico si trova in percentuale non alta in Eronda 23 ed primo e
ischiorrogico e evitato da Callimaco, anche se in almeno un caso ne va probabilmen­ «tríbrac
te riconosciuta la presenza 24. Nei suoi ischiorrogici Eronda non osserva ascendel
il ponte di Porson 25. soluzion
Cesura La cesura piu usata da Callimaco e da Eronda e la pentemimere; in di paro
cesura si trova in Eronda l'elisione anche di parole di un certo peso 26 • 1toA.-A.-6v)
Ponti I1 primo ponte di Knox e osservato da Callimaco con rarissime Eronda
eccezioni: «anapes
:!I1 , ­

fr. 195, 11 PL ]¡.tvetVI K~S 8peü~1 dyelvl OA.-fiv VI 72 Epl OUlC

fr. 195,33 PL 'tqwty¡.ta Kai ¡.tTjI I11'tElioo~1 hEI xpdfiv 27 • Nei Min

Non cosi avviene per il secondo 28; per un esempio di violazione VI 55 'toii'too I<..
fr. 191,92 PL ]TJP ¡.toDvo<;1 dMI 't&<; [Mo]0crii<;. piu ince
Callima,
Eronda e Fenice non osservano nessuno dei due ponti.
mente d
Soluzioni Piuttosto basso nei coliambi di Callimaco il numero deBe soluzioni: ne Eronda
fa maggior uso Eronda, presso iI guale si riscontra la tendenza, gia
notata in Ipponatte, a collocare i «piedi trisillabici» nella prima parte I1I7 aí aO"1:pl
del verso 29. Freguente, nello stesso Eronda, in caso di soluzione del
Altri ca!
Due cas

23. In 32 casi (il 4,2%) secondo Cunningham. 219.


24. Si tratta di fr. 203, 33 PL : cfe. A. Ardizzoni, Callimaco « ipponatteo», AFLC 7.1.3. 11 coliambo del
28 (1960), 10-14, che propone di interpretare come finali ischiorrogici anche altri
casi callimachei, nei quali (fr. 191,2, 32, 54; fe. 193,32; fr. 194,22; 195,25 Pf.) Il poeta
siamo in presenza di quartultima sillaba dj per sé prosodicamente ambigua, in
Babrio,
quanto seguita, all'interno di parola, dal nesso occ1usiva + líquida o nasale, che lo
studioso scandisce, secondo l'uso prosodico ionico, come lunga. Cfr. inoltre fe. sicuro d
191,84 Pf. su cui Ardizzoni, ¡bid. e inoltre Id., GIF n.s. II (1980),207.
25. 12 violazioni su 32 casi: cfr. Cunningham, 220; efr. anche van Raalte, 303.
26. In Callimaco solo in fr. 191, 7 PL a meno che nel seguito del verso, lacunoso,
non fosse presente la eftemimere. 30. Cfr.
27. Qui il riconoscimento dell'infrazione non puó essere evitato considerando 31. Due
nt'teÉro~ strettamente unito alla negazione precedente, visto che dopo di essa deve all'inizio
trovarsi la cesura, che in questo caso é posta dopo la successione di due prepositive 32. In I
(v. sopra, p. 98). Per fr. 191, 34 Pf. (JlÉyu crxoAá~ro. od JlE yap JlÉcrov olVdv) si dell'autOl
potrebbe invece pensare ancora una volta v. sopra, p. 136 e n. 18 - ad un yáp con dell'anapt
valore di monosillabo autonomo; per fr. 191,83 PL (tl'Jv yArocrcrav +EArov Ó>~ KÚrov 33. Cfr.
OtaV nívU) il penultimo bisillabo e occupato da un vocabolo di tipo prepositivo 60 e 61.
(v. sopra cap. 5 n. 27). 34. Cfr.
28. Cfr. Knox 1932,29; Pfeiffer ad fr. 194, 36. 35. In t
29. Secondo le statistiche di van Raalte, 272, circa il 68% delle soluzioni in ricorrend
Eronda ricorrono prima della pentemimere. 36. Cfr.
IL TRIMETRO GIAMBICO SCAZONTE o COLlAMBO 139

primo elemento lungo, un inizio del verso con «dattilo» invece che con
«tribraco», forse un altro deliberato gioco rítmico rispetto all'inizio
ascendente del metron giambico 30. Le due sillabe brevi derivate da
soluzione in genere non sono in Callimaco e in Eronda separate da fine
di parola (tranne Eronda III 19 al oOpKaJ.joe~ 0~1 Ai1tap6)"C~pai
1tOAA6v) 31.
Eronda presenta 9 casi (4 in nomi propri) di inizio del verso con un
«anapesto», in genere contenuto in una sola parola, eccettuato VI 72
~/.,-e- -­
VI 72 spi OUK i!lq.vts~· Euv5¿crt~poV crKÜt¿a.

Nei Mimiambi troviamo inoltre un caso di «anapesto» in quarta sede:

piu incerta la presenza di anapesti in quinta sede 32.


Callimaco non fa in vece registrare l'uso dell'anapesto, inoltre, diversa­
mente da Eronda 3\ non presenta versi con due soluzioni.
Eronda presenta alcuni casi di primo metron con anaclasi coriambica:

III 7 al acrtpayt1Aai, Aa!l1tpícrKE, crtl!lq>opii~ o' iíOr¡.


Altri casi: I 67; IV 20 (incerti I 9; 111 81) 34.
Due casi dello stesso fenomeno in Callimaco: frr. 192, 14; 203, 21 pf. 35

7.1.3. Il coliambo dell'eta imperiale


Il poeta che ha fatto iI maggior uso di coliambi in questo periodo,
Babrio, presenta una versificazione abbastanza rigorosa: nessun caso
sicuro di ischiorrogico 36, anapesti usati raramente al di fuori della

30. Cfr. van Raalte, 274.


31. Due casi con un bisillabo a carattere prepositivo come Oll1:e, collocato
all'inizio del verso, in Herond. n 40, oBrE vÓIlOV KrA e II 56.
32. In II 82 e IV 72 (in entrambi i casi, comunque, nomi propri), con perdita
dell'autonomia sillabica di iota (v. sopra, p. 49 s. e Cunningham ad loce.) invece
dell'anapesto avremmo un «piede» giambico.
33. Cfr. ad es. I 30 ElE&v doeA<p&v tiIlEVÓ<; 6 ~a.cr'íAd;<; XPTlcrtó<; e inoltre VII
60 e 61.
34. Cfr. Schmidt, 101 S., dove vengono discussi anche alcuni casi da eliminare.
35. In tutti questi casi West, GM, 161 en. 82 preferisce eliminare il fenomeno
ricorrendo a diverse interpretazioni prosodiche.
36. Cfr. West, GM, 175, Luzzatto, Babrius, C.
140 CAPITOLO 7

prima sede 37. Interessante la clausula del suo verso, rappresentata da


una penultima sillaba accentata seguita quasi sempre da sillaba finale
con vocale lunga o dittongo. Excursus
storico

7.2. n tetrametro trocaico catalettico scazonte


Si tratta di un tetrametro trocaico catalettico il cui penultimo elemento SH lBId
e realizzato da lunga.
-u x-u xl-u x-_'d

Fu usato da Ananio (fr. 5 W., in cui i vv. 3-5 sono tetrametri puri) ed
Ipponatte (frr. 120-27 W. = 12; 121-25; °193 Deg.).

In Ananio e ammessa una realizzazione con lunga del quartultimo


elemento, iI che invece non si trova nei frammenti di Ipponatte.
Anan. fr. 5,
8W.

Cesure La dieresi centraIee sempre presente.


Ponte di Il ponte di Porson-Havet e violato in:
38
Porson - Havet

Hippon. fr. 122


W. °193 Deg.

Primo ponte Il primo ponte di Knox e violato in:


di Knox
Anan. fr. 5,
9W.

Soluzioni Nei frammenti rimasti le soluzioni sono poste nella prima parte del
verso prima dell'incisione centrale:

Hippon. fr. 120


W. = 121
Deg.

Le due silla be brevi nate da soluzione appartengono alla stessa parola.

37. Cfr. Luzzatto, Babrius, CII.


38. V. sopra, p. 117 s.
IL TRI'\1ETRO GIAMBICO SCAZONTE o COLIA'\1BO 141

Diversamente dal trímetro giambico scazonte, íl tetra metro trocaico di


questo tipo non sembra essere stato ripreso, a quanto risulta almeno dalla
documentazione in nostro possesso, in epoca ellenistica: lo si ritrovera
a Roma, usato da Varrone nelle Satire Menippee. Possediamo invece, di
epoca ellenistica, la testimonianza diretta dell'uso di un trimetro trocaico
catalettico scazonte:

SR 1131d (i) 9i::oI, 'ta OSlVa nÓvtd ¡,tOl oÓvtec;;.


come il t
adopera i
CAPITOLO 8 Aristofan
ultime e
anapestic
i due con

Soluzioni 1 primi s
possibilit
II tetrametro giambico catalettico. terza e q
liberi e d
Le successiolli gianlbiche della commedia. anapesto
in quest<
II tetrametro giambico acataletto
8.1.1. Il tetrametro gi
Sezioni i
all'inten
se 5 e nel
1 tetram
8.1. Il tetrametro giambico catalettico e precisé:
delle NI
11 tetrametro giambico catalettico e formato da tre metra giambici agoni iSI
completi e da uno catalettico, e in que

x-u- x - u - x -u-u-"-1

E stato adoperato stichicamente come verso recitato o recitativo dalla 2. Cfr


3. Vv.
commediaattica in tutte le sue epoche fondamentali. Usato in ambito po­ 4. Vv.
polare, fu introdotto nella letteratura con ogni verisimiglianza da Ippo­ 5. Vv.
natte, che ne viene frequentemente indicato dalla tradizione antica come parte ini.
l'inventore. Del poeta ci e rimasto un unico frammento in que sto metro 478 SS., (
6. Vv.
fr. 119 W. El !lOt Y{;VOt'to rrap8{;vos KaAlÍ 'tE Ka! 't{;pElva. tetramet
= 120 Deg. 7. V .•
8. Ai
Come e stato rilevato 1, Ipponatte e forse anche «il responsabile del prima, a
tono dimesso, giocoso, superficiale» che il verso assunse nella comme­ e al1'anl
dia. Significativamente la Commedia Antica lo esclude dalla sua parte Perusinc
piu impegnata, la parabasi, preferendogli per essa altri versi lunghi 9. Ai
10. Ai
11. V.
1. Nella fondamentale monografia su] verso ad opera di F. Perusino (JI tetrame­ 12. Ai
tro giambico catalettico nella commedia greca, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1968), 13. Ai
da cui dipende la maggior parte delle osservazioni contenute in questo capitolo. giambic
IL TETRAMETRO GIAMBICO CATALETTICO J4J

come il tetrametro anapestico e il tetrametro trocaico cata1ettici; Jo


adopera invece, come epossibile rica vare dalla superstite produzione di
Aristofane, soprattutto in parodi ed esodi e in scene agonali (in queste
ultime e pió di una volta opposto al solenne e severo tetrametro
I anapestico catalettíco, che Aristofane in genere attribuísce aquello fra
í due contendenti che gode deBe sue simpatie) 2.

Soluzioni 1 prími sei elementi lunghi possono essere soluti (ne risulta quíndi la
possibilita di avere «tribraco» neBe prime sei sedi, e «dattilo» in prima,
terza e quinta sede). Dalla realizzazione con due brevi degli elementi
líberí e del primo, secondo e terzo elemento breve risulta il cosiddetto
anapesto, il cui uso, come vedremo, non e esteso a tutta la produzione
in que sto metro.

8.1.1. Il tetrametro giambico catalettico di Aristofane e della Commedia Antica


Sezioni in tetrametri giambici catalettici recitati o recitativi compaiono
all'interno della parodo nene Vespe 3 , nella Lisistrata 4 , nelle Ecclesiazu­
se 5 e nel PIulO 6,
1 tetrametri sono usati nelle partí epirrematiche di agoní eteroritmici 7,
e precisamente nell'agone principale dei Cavalieri 8, in queno principale
delle Nuvole 9 e nell'agone delle Rane !O; nelle partí epirrematiche di
agoni isoritmici 11, e precisamente nell'agone secondario dei Cavalieri 12
e in quello secondario deBe Nuvole 13.

2. Cfr. Perusino, 45 ss.


3. Vv. 230-247.
4. Vv. 254 S., 266-270 ~ 281-285; 306-318; 350-381.
5. Vv. 285-288; vv. 479, 481 S., 489-492 ~ 500-503. Per la costruzione della
parte iniziale del1a commedia, con il coro che esce ai vv. 285 SS., per rientrare ai vv.
478 SS., cfr. Perusino, 38 s.
6. Vv. 253-289. Per l'esecuzione dei vv. 290-321 (che comprendo no anche alcuni
tetrametri giambici catalettici), affidata al canto, cfr. Perusino, 40.
7. V. sopra, p. 34.
8. Ai vv. 841 S., 843-910; tetrametri giambici catalettici compaiono anche
prima, ai vv. 756, 759 s. '" 836, 839 S., in una sezione corrispondente all'ode
e all'antode dell'agone típico, ma probabilmente eseguita in recitativo (cfr.
Perusino, 49 n. 19).
9. Ai vv. 1034 S., 1036-1084.
10. Ai vv. 905 S., 907-970.
11. V. sopra, p. 34.
12. Ai vv. 333 S., 335-366 '" 407 S., 409-440; 457-460: sphragís.
13. Ai vv. 1351 S., 1353-1385 ~ 1397 S., 1399-1444 (a parte il v. 1415, trimetro
giambico).
144 CAPITOLO 8

AIl'interno di esodi iI verso e usato negli Acarnesi 14, nella Pace 1\ nella elemento
Lisistrata 16. compaial
Il tetrametro giambico cataIettico e inoItre usato nelle Tesmoforiazuse, al cambi
come introduzione dell'assembIea popoIare indetta dalle donne, e so­ all'inizio
prattutto, pÍlI oltre, nella disputa di queste ultime con iI parente di maggior
Euripide 17. Tesmof01
Altri tetrametri si troyano in Vesp. 529 S., 538 s. ,.... 634 S., 642 s. (versi LisistratG
proepirrematici degIi attori inseriti nei canti del coro in una scena nuo cam
agonale); Pax 942, 948 s. ,.... 1026, 1031-1033 (versi eseguiti in recitativo partendo
da Trigeo durante un canto coraIe); Lys. 467-475 (introduzione ad un Aristofar
agone), 539 s. (introduzione alla seconda parte deBo stesso agone); Pax
508-511 (sphragís di una sizigia giambica). Thesm. 568 Kul Jl~V
Il verso era ora recitato ora eseguito in parakataloghé, senza che ci sia
sempre da parte nostra la possibiIita di stabiIire con certezza iI modo di Ran.926 ayvro'ta '[
esecuzione, che poteva anche variare all'interno deBe singoIe scene 18.
ed una Vj
Cesure L'incisione piu sentita e adoperata nei tetrametri giambici cataIettici
deBe commedie di Aristofane e quella «mediana», dopo l'ottavo Eq. 338 OÓK uÓ Jl
elemento.
Soluzioni Per quan
particola:
del prime
In mancanza di essa iI verso e inciso quasi sempre o dopo iI settimo
elemento In questi e
«tri braco»
una tendel
quarto qU!
Esempio d
oppure dopo il nono
Eq.851 tev QVopO
Nub. 1366 hib yap AlcrxóAov VOJli~rol 1tpoYrov ¿v 1toii'tut¡:;
Esempio d
Quindi l'incisione centrale e anticipata o posticipata di una posizione.
Thesm.535 'w'úrTJv Ui
Anti/abaí L'uso deBe antilabaí (che si inseriscono soprattutto in coincidenza della
dieresi central e, ma anche nella maggior parte deBe altre posizioni, Sulla base
tranne che dopo il primo elemento e dopo il terzultimo e il penultimo «tribracm>
nella magg
Secondo q
quandola
14. Vv. 1226-1231. una parola
15. Vv. 1305 S., 1308-1310 ~ 1311 S., 1314 s. Nelle sedi
16. Vv. 1316-1321. e l'«anape:
17. Vv. 381 S.; 531-573. poeta tend
18. Per maggiori particolari cfr. Perusino, 26-28, e piu avanti nello stesso lavoro con il terz
(35 ss.), l'analisi dei varí brani. primo mef¡
IL TETRAMETRO GIAMBICO CATALETTICO 145

elemento) non e particolarmente ricco; nelle scene agonali, dove


compaiano contras ti o battibecchi fra personaggi, Aristofane preferisce
al cambio di interlocutore all'interno del verso (limitato per lo piu
all'inizio o alla fine di queste sezioni) la sticomitia o la disticomitia. Il
maggior numero di antilabaí si riscontra nella scena in tetrametri delle
Tesmoforiazuse; il contrasto tra i due cori contenuto nella parodo della
Lisistrata arriva ad una sezione (vv. 378-381), caratterizzata da conti­
nuo cambio di interlocutore in coincidenza con la dieresi centrale,
partendo da una disticomitia e attraverso una sticomitia.
Aristofane divide il verso anche in tre parti:

Thesm.568 Kai !l~V Ü,06 :: Kai !l~V ro06 :: Aap~ 80i!l(j,:i6v, $iAicr'tii.

ed una volta anche in quattro

Soluzioni Per quanto riguarda le soluzioni degli elementi lunghi, si rileva una
particolare frequenza del «tribraco» in seconda e in sesta sede, alla fine
del primo e del terzo metron.

In questi casi Aristofane tende a far terminare una parola con la prima breve del
«tribraco», mentre le due seguentí formano l'inizio di un polisillabo: si nota quindi
una tendenza a collegare tra loro il primo con il secondo metron e il terzo con il
quarto quando la seconda e la sesta sede sono realizzate da «tribraco».
Esempio di un tale collegamento tra primo e secondo metron:

Eq. 851 1:0V aVbpii KOA.ácrat 1:OU1:oví, croi 1:OU1:0 !iT] 'KyéVll1:at.

Esempio del collegamento tra terzo e quarto metron:

Thesm. 535 1:uÍl'tllV swcrat 1:T]V epeópov 1:Oluu1:ii 1ttpiuPpí1;;ElV

Sulla base di questa osservazione e spiegabile anche la phi scarsa presenza del
«tribraco» in quarta sede, dato che in questa posizione la fine del melron e segnata
nella maggior parte dei casi dall'incisione centrale del verso.
Secondo quanto si puó osservare nell'esempio sopra citato dalle Tesmoforiazuse,
quando la sesta sede e realizzata da «tribraco», molto spesso il verso termina con
una parola di cinque sillabe.
Nelle sedi dispari il «tribraco» e raro: Aristofane preferisce qui il «dattilo»
e I'«anapesto». Quando la terza e la quinta sede sono realizzate da «tribraco», i1
poeta tende a collegare tra loro rispettivamente il primo con il secondo e il secondo
con iI terzo metron, evitando fine di paro la alla conclusione rispettivamente del
primo metron (es. Eq. 434 Kayroy', Eáv 'ti napaxuAtJ, 'tT]V avú.íuv epuAá~ro) e del
146 CAPITOLO 8

secondo metron (es. Vesp. 237 <PPO\)POUVt' ¿yeo tE Kai aú' K~tá 1tepl1tatOUVtE e, mene
VÚ1CtCOp). (p. 145)

Il «dattilo» e frequente soprattutto in terza sede. Numero Accant<


di «piedi (Eq. 33~
trisillabici»
In que sta posizione si trova spesso fine di parola dopo la sillaba lunga, piu volte per verso Carattel
anche con interpunzione o anti/abé, nella forma I uu : uno ste!
medesin
Ran. 958 KelX' Ú1toto1tElaOat, 1tepivodv a1tavta :: <PT]lli KaycO. nella st
quest'ul
Nella soluzione degli elementi lunghi si evita fine di parola tra le due lita dellc
brevi da essa derivate.
Eq. 892-895 llH. O'
Qualche volta compare l'elisione, soprattutto in vocaboli o nessi a carattere ·AA. KI
prepositivo 19; in Eq. 337 la breve in questione e realizzata dall'imperativo Aéy'.

Viene ammessa la realizzazione anapestica deBe prime sei sedi (piu


frequentemente ció avviene nella prima e nella quinta, solo eccezional­
mente nelIa quarta). Unica la realizzazione con «anapesto» della Ai VV. 8'
settima sede: la si trova con un nome proprio in: al v. 89:
sede; al
quinta s

II tipo pili comune di «anapesto» e quello posta all'inizio o all'interno di una Ran. 944-946 Eh' avÍ'.·
parola (es. Eq. 902 oLOtal Il" cb 1taVoupyE, ~CO~oA.oXE6IlaGt v tapáttctt;), che
supera quello con fine di parola dopo la lunga, tranne che nella quarta sede, spesso Elt' OUK
eoincidente con la dieresi centrale, e anche in sesta sede (Thesm. 568, riprodotto
sopra a p. 145), alla fine quindi rispettivamente del secondo e del terzo metron:
dunque, quando la quarta e la sesta sede sono realizzate anapesticamente,
Aristofane non evita dí staccare iI secondo dal terzo metron e neppure il terzo dal Nei tre ~
quarto. e quinta

Eccezionali gli esempi di «anapesto strappato 20» (a parte caSI In


Dall'esa
elisione o con nessi che comportano la presenza di prepositive o voca­
Aristofa
boli ad esse assimilabili) 21:
• iI tetr
Nub. l359 ou yap .ó.' EUOU~ xpfiv (j' apul 't6m8CíOai t8 Kal. 1ta.8lCíOm in rappe
epirrem:
conteng
19. Cfr. Ran. 919; Eq. 893 e forse anche Thesm. 554. variato
20. V. sopra, pp. 108 ss. ni, nelh
2!. Cfr. Eq. 359; Thesm. 558: Ran. 918, 920, 922 e (con formule di gíuramen­ giambic
to che comportano la presenza del vocabolo Ata, eliso), Nub. 1066; Thesm. 555;
Ran.937.
ni (tranJ
IL TETRAMETRO GIAMBICO CATALETTICO 147

e, meno duro (v. sopra, p. 108 s.), Thesm. 568, gili riprodotto sopra
(p. 145).

Numero Accanto a versi con due «piedi trisiBabici» se ne troyano anche con tre
di «piedi (Eq. 339, 357, 893, 910; Thesm. 547, 554, 567; Ran. 937).
trisillabici»
e
Caratteristica dei tetrametrí aristofanei la tendenza ad insistere su
uno stesso ritmo per alcuni versi consecutivi, sia attraverso ruso delle
medesime incisioni, sia attraverso la ripetizione delle stesse soluzioni
nella stessa sede o in sedi diverse. Diamo un paio di esempi di
quest'ultimo fenomeno, che ci servono anche da riepilogo sulla possibi­
lita deBe soluzioni nel verso:

Eq. 892-895 AH. OUK ec; K6paxiic; arroepOEpE¡ púperllC; KáKler'tov o~ov;
. AA. Ka! 'tOu't6 (y') hhllo¿c; ere rrep1tll,l1tEerx', lvii er' frrrorrv{~1J'
Kal rrp5TspoV ~rrepoú"vEuer¿ ero1. Tav KaUAav oterO' eKelVOV
Tav crlAep{OU Tav li~10V yev5¡..tsvov;

Ai vv. 892-894 rícorre sempre «tribraco» in seconda sede (notare anche


al v. 893 «tribraco» in quarta e sesta sede; al v. 894 «dattilo» in prima
sede; al v. 895, di cui si e riprodotta solo la prima parte, «tribraco» in
quinta sede).

Ran.944-946 Eh' frvhPEepOV ¡..tov<poímc; KllepleroeproV'ta ¡..tEtyvÚC;.


Eh' OVK eAtlPOOV 6 'tlTÚXOl¡..t' ovo' E¡..trrEerrov EepUpOV,
aAA' OÚ~trov rrpámerTa ¡..t¿v ¡..tOl TÓ ytvoc; cirr' av EUOÚC;...

Nei tre versi ricorre sempre il «dattilo», rispettivamente in prima, terza


e quinta sede.

Dall'esame dei tetrametri contenuti nelle commedie conserva te di


Aristofane, F. Perusino ha concluso in generale che:

• iI tetrametro giambico cataIettico presenta caratteristiche di verse


in rapporto al suo impiego neHe varie parti delta commedia: se gli
epirremi degli agoni (e la scena in tetrametri deBe Tesmoforiazuse)
contengono un alto numero di soluzioni e fanno registrare un uso piu
variato deBe incisioni, nei katakeleusmoi, neHe introduzioni agli ago­
ni, neHe ereppayloEC; del primo agone dei Cavalieri e delIa sizigia
giambica della Pace si presenta una quasi totale assenza di soluzio­
ni (tranne Lys. 539, Thesm. 381) e una netta preferenza per la dieresi
148 CAPITOLO 8
8.1.3. 11 tetrametro I
mediana; parodi ed esodi presentano pochi «piedi trisillabici» e inci­
sioni regolari. Del tet]
resti aIl
• la struttura del tetrametro giambico catalettico varia da commedia scopert;
a commedia, anche nell'ambito di parti uguali. Cosi all'interno degli intera SI
epirremi degli agoni (o scene affini) «piedi trisillabici» presenti nelle vv. 88C
commedie piu antiche diminuiscono o scompaiono in quelle piu tarde, a parte
lasciando il posta ad altri. Ad esempio il «tribraco», riccamente giocata
presente in Cavalieri e Nuvole, che hanno meno «anapesti», viene Nel par
a scarseggiare in Tesmoforiazuse e Rane, piu ricche di «anapesti». ne in t€
Queste due ultime commedie (e soprattutto le Rane, che presenta F. Perm
«piedi trisillabici» in tutte le sedi tranne la settima) costituiscono iI di un in
culmine della tecnica aristofanea del tetrametro giambico catalettico; gnamen
nelle successive Ecclesiazuse e PIulo il verso avra un ruolo assai forse si
minore. Geta al
un morr
Dall'esame dei frammenti di Aristofane e dei poeti della Comme­ per ripr
día Antica emerge, per quanto riguarda questi ultimi, ancora un ricco quest'ul
uso di soluzioni (con qualche differenza rispetto ad Aristofane nel (v. 910:
trattamento deBe medesime quanto alla posizione di fine di parola). bada all
E evitata la fine di parola tra le due brevi nate da soluzione di un
elemento lungo 22; si troyano due casi di « anapesto strappato», in Cesure 1 versi
genere corretti: Cratino, fr. 249, 2 K.-A. (an:aV-1t 1..5'(0), ano 2), incision(
Teopompo, fr. 56, 2 K.-A. (ti vuv 'lE 6tJ)-~oAov, ano 2, dove, evitare q
comunque, l'«anapesto» scomparirebbe postulando un fenomeno di Antilabaí 1 cambi
perdita dell'autonomia sillabica di iota). Non pochi i versi con due Aristofa
«piedi trisillabici»; versi con tre di essi: Ermippo, fr. 73 K.-A.; mediana
Platone, fr. 71, 6 K.-A. incisione
solo dop
e diviso
8.1.2. 11 tetrametro giambico catalettico della Commedia di Mezzo ~6i1 (jE;
Soluzioni Anche ~
Dagli scarsi res ti dei tetrametri usati nella commedia di questo periodo sesta sed
(Antifane, frr. 26; 293 K.-A.; Anassandride, fr. 35 K.-A.; Anassila, fr.
38 K.-A.) ben poco si ricava se non un'osservanza abbastanza rigida Come in;
della dieresi mediana, il persistere di una varieta di «piedi trisillabici}>, e il seconc
compreso l'«anapesto», e un comportamento simile a quello di Aristo­
fane nei rapporti tra soluzioni e fine di parola.
23. Poce
294; 766 :
e dubbia:
24. 11 ID:
22. In Aristoph. fr. 581, 10 K-A. le prime due sillabe di un «dattilo» sono sopra rip<
occupate dal nesso prepositiva + pospositiva OUK ay.
IL TETRAMETRO GIAMBlCO CATALETTICO 149

8.1.3. n tetrametro giambico catalettico di Menandro e della Commedia Nuova


Del tetrametro giambico cata1ettico deIla Commedia Nuova avevamo
resti ancor piu magri rispetto aBa Commedia di Mezzo 23, finché la
scoperta del testo del Dyskolos di Menandro non ha restituito una
intera scena in questo metro: si tratta di una parte del finale dell'opera,
vv. 880-958, in cui il vecchio Cnemone e costretto suo mal grado
a partecipare al banchetto nuziale della figlia in seguito alla burla
giocata ai suoi danni dal servo Geta e dal cuoco Sicone.
Nel papiro che ci ha fatto conoscere il testo (P. Bodmer 4), la sezio­
ne in tetrametri e preceduta dalla sigla UUAE!, che, come suggerisce
F. Perusino (138 ss.), non e senz'altro da interpretare come indicazione
di un intermezzo musicale, ma come avvio di una parte con accompa­
gnamento musicale, quindi in parakataloghé: la musica e il recitativo
forse si interrompevano quasi subito, al v. 881 (dopo l'esclamazione di
Geta al v. 880: «Ma che suoni, sciagurato? Non sono pronto, aspetta
un momento. Mi mandano a vedere come sta il malato 24. Aspetta.»)
per riprendere, dopo la «cospirazione» tra Sicone e Geta, quando
quest'ultimo stava per bussare aBa porta del vecchio protagonista
(v. 910: «E va bene. Andro prima io». KUt TOV (mOIlOV O'U TT1PEl «E tu,
bada alla musica»), momento culminante dell'azione.
Cesure 1 versi del Dyskolos mostrano una frequenza quasi uguale della
incisione mediana e di quella dopo il nono elemento, mentre si tende ad
evitare quella dopo il settimo.
Antilabaí 1 cambi di personaggio all'interno del verso, assai piu frequenti che in
Aristofane, son o posti di preferenza in coincidenza con la dieresi
mediana e con l'incisione del nono elemento, quindi nei punti di
incisione piu comuni, ma si troyano in quasi tutte le sedi (mancano
solo dopo il primo, settimo, quattordicesimo elemento). Piu di un verso
e diviso in tre battute, uno (v. 957) in quattro:
~oii O'e; :: Tí 1tó~O'(ñ; :: x5pEüe o~ O'G. :: <pipETEo KPEtTTÓV.

Soluzioni Anche Menandro, come Aristofane, usa il «tribraco» soprattutto in


sesta sede, raramente in prima e in terza.
Come in Aristofane sembra evitata la fine di parola rispettivamente dopo il primo
e il secondo metron, quando la terza e la quinta sede sono realizzate da «tribraco».

23. Poco pió di un verso di Difilo: fr. 1 K.-A.; alcuni versi di autore incerto: frL
294; 766 K.; e inoltre un paio di versi la cuí stessa attribuzione alla commedía
e dubbia: frL 1322; 1323 K.
24. Il malato e Cnemone, reduce dalla brutta caduta nel pozzo. La traduzione
sopra riportata e di G. Paduano.
150 CAPITOLO 8

Rispetto al suo predecessore Menandro mostra invece una tendenza molto minore (che ved
a non inserire fini di parola nella parte finale del verso quando la sesta sede do natUJ
e realizzata da un «tribraco». ta e fest(
se partí
11 «dattilo» e frequente soprattutto in quinta sede. tro gian
far noü
Qui Menandro pone per lo piu fine di parola dopo la lunga, spesso con prío ríal
ínterpunzione o cambio di intcrlocutore: aggressn
v.902 1tívoumv. OUK aicr81ÍcrE'"C' oMd¡;. ti) O' 5AOV ecr'"Clv TtlllV
esemplO
za»3~.
v. 922 liv8púl1tE' '"Cllv 8úpav Katá~El¡;. :: oii1t'íoac.; evvé' Ttlliv Nulla sa
co da p
Di solito si evita che le due brevi nate da soluzione siano separate da indíretta
fine di parola 25, ma un fatto del genere si trova due voIte proprio vole per
all'interno dello stesso verso della su<
adoperó
nato col
costumi
a condizioni che abbiamo gia visto nel trímetro comíco 26; la prima
volta nel primo «piede», la seconda dopo un bisillabo posta pió avanti
nel verso.
L'«anapesto» La differenza pió significativa tra Menandro (e i pur miserrimi fram­ 8.2. Le successjQl
mentí della Commedia Nuova) da una parte e la Commedia Antica e la
Commedia di Mezzo dall'altra e l'assenza, in questa produzione piu Come i
recente, dell' «anapesto» n. cataletü
Nel complesso il verso menandreo presenta, rispetto a quello di articolal
Aristofane, alcuni aspetti di maggiore severita (esclusione dell'«anape­ tra di lo
sto», maggiore regolarita nell'uso delle incisioni), altri di maggior Queste
liberta e varieta (una maggiore frequenza e una maggior varieta 367-381.
nell'uso delle antilabai; maggiore tendenza a spezzare il verso nella 1089-lli
parte finale). fine dell
Non poche discussioní ha suscitato nella critica la scoperta di un finale Le serie
cosi lontano «dal livello medio della quotidianita nella produzione denti, C(
superstite di Menandro}> 28 e, d'altra parte, cosi vicino, sia pure in toni continui
pili smorzati, a molti finali della commedia aristofanea, nel contenuto In ques

25. Aí vv. 957 (ríprodotto sopra) e 919 la prima delIe due breví nate da soluzione 29. Un
coincide in maniera non problematica (come abbiamo visto non solo nel trimetro Handley,
comico, ma anche in quello tragico, v. sopra, pp. 88; 107) con la fine di un che abbi2
pronome o aggettivo interrogativo (ti, tíva); al v. 902, pure sopra riprodotto, si lui conos
ha elisione alla fine di un nesso di tipo prepositivo. 30. Pen
26. V. sopra, p. 107. 31. Cfr,
27. Cfr. Perusino, 148-150; Coccia, 192-194. 32. Qut
28. Cfr. Paduano, 376 n. 93. a tetrame
IL TETRAMETRO GIAMBICO CATALE1TICO 151

(che vede una conversione, piu o meno forzata, ad una vita secon­
do natura) e neHo spirito (uno spirito dionisiaco di estrema vivaci­
Q
ta e festosita) 2 • Sembra cogliere nel segno la supposízione, da di ver­
se partí avanzata, che anche I'uso di un verso come il tetrame­
tro giambico catalettico sí colleghí con la volonta del poeta di
far notare al suo pubblico il cambiamento di tono e il pro­
prio riallacciarsi alla tradizione antica (pur con un tono «meno
aggressivo e volgare», e anche con qualche sfumatura nuova, come ad
esempio nella «poetica descrizione del banchetto allietato dalla dan­
za »30).
Nulla sappiamo di un possibile uso del tetrametro giambico cataletti­
co da parte del poeta in altre opere, ma, visto che la tradizione
indiretta non ci ha restituito alcun verso di questo genere, e ragíone­
vole pensare che esso non fosse considerato l'espressione piu típica
della sua produzione, e si puó avanzare l'ipotesi 31 che, se Menandro
adoperó il verso per scene scopertamente comiche, lo abbia abbando­
nato col tempo quando egli «approfondi ulteriormente lo studio del
costumi e dei caratteri rompendo con la tradizione» .

.2. Le successioni giambiche della commedia


Come i tetrametri trocaici catalettici, cosi anche i tetrametri giambici
catalettici sono talvolta seguíti in Aristofane da successioni giambiche,
articolate per lo piu in cola dimetrici in sinafia (spesso anche verbale)
tra di loro fino alla catalessi finale.
Queste successioni chiudono soprattutto epirremi di agoni (Eq.
367-381; 441-456 (tranne il v. 442, trimetro); 911-940; Nub.
1089-1104 32 ; 1386-1390; 1445-1451; Ran. 971-991); una la troviamo alla
fine deHa parodo della Lisistrata (vv. 382-386).
Le serie giambiche sono strettamente connesse con i tetrametri prece­
denti, con i quali si pongono talvolta (Nub. 1385 ss.; 1444 ss.) in diretta
continuita sintattica.
In queste successioni (tranne che nel brano della Lisistrata, privo di

29. Un altro punto dí contatto con il teatro di Aristofane, fatto notare da


Handley, Dyskolos, 285, e la rottura dell'illusione scenica nell'appello al flautista
che abbiamo riprodotto sopra, quando Menandro e invece altrove, in quello che di
luí conosciamo, assai attento nel mantenere l'illusione scenica.
30. Perusino, 136.
31. Cfr. Perusino, 137.
32. Questa serie differisce dalle altre in quanto non fa immediatamente seguíto
a tetrametri, ma e separata da essi da quattro trimetri giambici.
152 CAPITOLO 8

soluzioni) sono presenti tutti i «piedi trisillabicü> incontrati nel tetra­ (TrGF]
metro catalettico, a parte il «tribraco» in terza sede 33. Cillene,
Vediamo un passo con l'evidenziazione dei «piedi trisillabici»:
Ichn. 298-303 KY. ~
Ran. 984-991 Tt:<; 't~v KE<páA~V ii1tEb~85KEV XO, )
't~<; llatVÍb6<;; 't6 'tpÓ~A16v 985 KY. 1
't6 1tEpucrlVÓv 't¿9viiK¿ 1l0t; XO. 1
1toD 'tÓ crKÓp6b6v 'tÓ X9tslVÓv; KY.
'tt<; 't~<; ~)"Óii<; 1táphpáyEV; xo. ~
'tiffi<; b' ii~EA 'tEp6ná'tOt
KEXiivÓ'tE<; ll á llll&Ku90t, 990 Cesure II verse
IlEAt'tibUt Ká9~V'tÓ. (cfr. qu
302, 30
Al v. 984 «anapesto» in seconda e terza sede; «anapesto» in seconda volte (s
sede anche al v. 987; «tribraco» in prima sede al v. 986 e «dattilo» in quinto
terza sede al v. 988. pentem
Ponte Alla fir
Un caso di «anapesto strappato» in: di Porson Porson
Soluzioni Poco fr,
Eq. 453 riprode
elemen1
Meno duro 34 quello di: quarto
longum
Nub. 1098 nOAt1nA&ióvá<;, V~ 'tOiS<; 9toÓ<;. 11 tetra,
anche a
Talvolta il poeta fa uso di antilabaí: piu spesso il dimetro viene diviso in za un ft
due parti uguali, ma il cambio di personaggio puó essere inserito anche possian
dopo il quinto elemento. verso. 1
sito del
111 K.
second(
8.3. n tetrametro giambico acataletto
X-u X u xl-u- x ul,,}

Verso gia presente in contesti lirici in eta arcaica 35, lo troviamo usato
stichicamente in una scena degli Ichneutai, dramma satiresco di Sofocle

33. Cfr. Perusino, 93. 36. Cfr


34. V. sopra, p. 108 s. 37. Al
35. V. oltre, cap. 12, p. 193. complesl
IL TETRAMETRO GIAMBICO CATALETTICO 153

(TrGFIV F 314, vv. 298-328: una vivace sticomitia tra il coro e la ninfa
Cíllene, conclusa da tredici versi pronunciati dalla ninfa).

lchn. 298-303 KY. ~it vuv anícr'tEl' 1tlcr'ta 'lap crElltpocr'lEAg OEa:; Sltl'l.
XO. Kai nro<; ltí9ro~m wu Oavóvw<;1 <pOÉ'l~a 'tOtoihov ~pÉ~ElV;
KY. 1tlOou' Oavwv 'lap ecrXE <provi¡v,1 sffiv o' aVaDOO:; i'¡v Ó Oi¡p. 300
XO. notó<; n<; i'¡v doo<;; np[oJ~i¡Kl1<;,1 11 'níKDpw<;, 11 ~paxú<;;
KY. ppaxú<;, xutpoiol1<;, ltO[lJKíAlJl oopg KatEpplKvro~ÉVO<;.
XO. ro<; aiÉAoDpO<; ElKacrmlnt<puKEv 11 'tw<; ltópoaAt<;;

II verso e piu spesso interessato da una incísione dopo il nono elemento


(cfr. qui í vv. 298,299,300,301), che da una incisione centrale (cfr. vv.
302, 303), che divide il verso in due partí identíche. Si riscontra piu
volte (si vedano qui i vv. 298-300, 302, 303) fine di parola dopo il
quinto elemento, forse, come e stato suggerito 36, per analogía con la
pentemimere del trimetro giambico.
Alla fine del verso viene osservata piuttosto severamente la Legge di
Porson (non costituisce una infrazione iI v. 303) 37.
Poco frequenti sono le soluzioni: non ne compare neppure una nei versi
riprodotti; in un'altra sezione del testo troviamo soluto il primo
elemento lungo del terzo metron (v. 316) e il primo elemento lungo del
quarto (v. 311) e (secondo I'integrazione proposta da Radt) iI primo
longum del secondo metron (v. 316).
Il tetrametro giambico acataletto come verso stichico era forse usato
anche altrove nel dramma satiresco: di ció potrebbe essere testimonian­
za un frammento dall'O,!fale di Ione di Chio (TrGFI 19 F 20), ma non
possiamo averne la certezza, visto che tale frammento consta di un solo
verso. Lo stesso puó dirsi, per quanto riguarda la commedia, a propo­
sito dell'unico verso da cuí e formato un frammento di Ferecrate (fr.
111 K.-A., nel quale trovíamo soluto il quarto elemento, cioe il
secondo longum del primo metron).

36. Cfr. L.P.E. Parker, CQ n.s. 16 (1966), 13; Maltese. 90.


37. Al v. 303 il «cretico» finale e preceduto da un nesso tj tcOs (= ros) di valore
complessivamente prepositivo.
keleusn
Cavalit
CAPITOLO 9 ed ant(
delle R
agoni i
epirren
katake,
ne i1 ve
II tetrametro anapestico catalettico. ai ven
numen
e di all
I sistemi anapestici recitati O recitativi Cesura Quasi
second
della tragedia e della comnledia del pri

Aristoph. Av. nhiha


573

Circa
riporo
In COI
e ancl
9.1. Il tetrametro anapestico catalettico essa 13,
Definizione Si tratta di un verso composto da quattro metra anapestici, di cui Realizzaziona Frequ
dei dell'ul
l'ultimo catalettico. Il metron anapestico ha la forma uu ­ uu -, bicipitia
prevede cioe elemento bíceps in prima e terza posizione, elemento lungo
in seconda e in quarta.
Tragedia Mentre la tragedia deve aver adoperato tale verso solo nella sua fase 3. V
piu antica (come sembrerebbe ricavabile da una testimonianza relativa 4. V
a Frinico, TrGF 1 3 T 12), esso e assai frequente in ambito comico, 5. V
6. V
dove si presenta fondamentalmente neno schema
725-72:
7. V
uu - uu uu I uu - uu uu sphragl
8. V
Commedia Usato gia da Epicarmo (che in questo metro scrisse interi drammi, 9. V
Choreuontes ed Epinikios, forse interamente eseguiti da un coro), neHa 10. V
Commedia attica Antica lo troviamo soprattutto, eseguito con la 11. A
Eq.13
recitazione o la parakataloghé, nella parabasi (a volte nel kommátion 1,
S.; Ves,
regolarmente nella sezione ad esso successiva 2) e nell'agone (nel kata­ 1316-1
354-37
12. l
1. Aristoph. Ach. 626 S.; Pax 729-732 (seguito da un tetrametro trocaico ab = '
catalettico). metri ;
2. Ach. 628-658; Eq. 507-546; Vesp. 1015-1050; Pax 734-764: Av. 685-722; prover
Thesm. 786-813. 13. (
IL TETRAMETRO ANAPESTlCO CATALETTICO 155

keleusmós e nell'epirrema degli agoni eteroritmici secondo agone dei


Cavalieri 3, primo agone deBe Nuvole 4 - che hanno antikatakeleusmós
ed antepirrema in tetrametri giambici catalettici, vÍCeversa nell'agone
delle Rane 5; come unica componente di katakeleusmoí ed epirremi degli
agoni isoritmici di Vespe 6, Uccelli 7 , Lisistrata 8 ; nel katakeleusmós ed
epirrema degli agoni di Ecclesiazuse 9 e Pluto 10, che mancano di anti­
katakeleusmós ed antepirrema) 11. Dall'uso frequente fatto da Aristofa­
ne il verso sarebbe stato nell'antÍchita chiamato 'AplO"'toq>áv€lOV. Oltre
ai versi contenuti neHe commedie superstiti possediamo un certo
numero di tetrametri anapestici catalettici nei frammenti di Aristofane
e di altri comici della Commedia Antica 12.
Cesure Quasi tutti i versi presentan o una incisione centrale (alla fine del
secondo metron) e quasi altrettanti hanno una incisione pure alla fine
del primo metron.
Aristoph. Av.
573

Circa il 40% dei tetrametri presenta inoltre, come quello appena


riportato, fine di paro la dopo iI terzo metron.
In corrispondenza dcHa incisione centrale si puó trovare l'elisione
e anche prepositive e pospositive rispettivamente prima e dopo di
essa 13.
Realizzazione Frequente e la realizzazione con sillaba lunga dei bicipitia, tranne che
dei dell'ultimo (mai contratto in Aristofane).
bicipitia

3. Vv. 761 S.; 763-823.


4. Vv. 959 S.; 961-1008.
5. Vv. 1004 S.; 1006-1076.
6. Vv. 546 s. ~ 648 s.; 548-620 ~ 650-718; iI verso e adoperato qui (vv.
725-728) anche nella sphragís.
7. Vv. 460 s. - 548 S.; 462-522 - 550-610; cfr. inoltre vv. 626 s. (inizio della
sphragís).
8. Vv. 484 s. ~ 549 S.; 486-531- 551-597.
9. Vv. 581 S.; 583-688.
10. Vv. 487 S.; 489-597.
11. Altre sezioni in tetrametri anapestici neHe commedie superstiti di Aristofane:
Eq. 1316-1334 (nell'esodo); Nub. 263-274 ,..... 291-297; 314-438 (nella parodo); 476
S.; Vesp. 346 s. - 379 S.; 348-357 - 381-402 (proagone?); 875-878, 1516 S.; Pax
1316-1319; Av. 636 S., 658-660; Lys. 1072 S., 1108-1111, Thesm. 655-658, Ran.
354-371, 382 S.; Eccl. 514-519. Per maggiori particolari cfr. White, VGC, 122.
12. Una acquisizione recente e costituita da un frammento (P. Fackelmann 5 fr.
ab = TrGF 11 F 646a), nel quale compaiono le partí finali di una ventina di tetra­
metri anapestici catalettici di contenuto dialogico, che alcuni studiosi ritengono
provenire da una commedia, mentre altri da un dramma satiresco.
13. Cfr. White, VGC, 126 s.
156 CAPITOW 9

Si trova quindi il cosiddetto spondeo in tutte le sedi, a esclusione della In sesU


settima, che solo eccezionalmente (Cratino, fr. 143,2 K.-A.; Cratete, fr.
19, 1 e 4 K.-A,; Fili1lio, fr. 12, 1 K.-A.) in quanto ci e tramandato, Viene (
e interessata aquesto fenomeno. Cosi e
Aristoph.
Cratete fr. 19 Ka! trov paepávrov ~",Eiv Xp~ Vesp,397
a()t6v,
K.-A.
ixeu<; t' 6ntav 1:06<; tE taptxoü<;, ~/lrov ó' ano X€lpa<; hecreat.
OÓK ap' h' oM¿v Kp~a<;, &<; ()/l€l<; AhEt', oM' btlouv ~ó6/lecrea, dove e:
oÓó' ayopa<;, oÓo~ táKffivá<; noiTjcr6/lE8' oÓó' liA.A.avtá<; 14;
Ed ecc
Un esempio aristofaneo di verso interamente spondaico (tranne, come smatic:
si e detto la settima sede): La si t

Eq. 522 niicrá<; o' ()/llV epffivii<; id<; Kai \jfiiAAffiv Kai n1:Epuyi~ffiv. Aristoph. vuv a~
Vesp. lO15

Ed ora l'unico esempio in Aristofane di verso interamente anapestico: e

Av. 707 b /l~V Óp-cuya oOÓ<;, b ó~ nopepupÍffiv', b o~ X~v', b o~ lli':pcrlK5v Ópviv. Av. 688 npooi)
Il cosiddetto «dattilo», che risulta da soluzione di un elemento lungo come!
preceduto da biceps realizzato da lunga, non emolto frequente: si trova
comunque piu spesso nelle sedi dispari (ad esclusione, secondo quanto Come
abbiamo detto sopra, della settima) che in quelle parí. Rispetto ad altre Aristo
realizzazioni sono quindi rari metra della forma u() uu - UU. o tota
Esempio di «dattilo» in seconda sede: unafo
Aristoph. ~Vó5eEV nfip'&'t'& {(\poUÓ6v t5 KaK6v Kai 11i; Ka-c6Aá"rl-'n.áve-c' ~v06v
all'inii
Thesm. 794 '1 "t' r'l 1015-1
(un «dattilo» e qui presente anche in prima sede). carattc
In quarta sede, di fronte all'incisione centrale, il «dattilo» e usato solo
eccezionalmente: vUvai
/lé/l'V o
Aristoph. ~crt'ív 5n~ ó~e' ~v-c'ív' av ~V009EVI ot6<; 't' tjTj<; ólopÓ~ai aotKei
Vesp.350
-ca ¡.tE\
(un verso in cui troviamo un «dattilo» anche in prima e terza sede) 15.
/lt/lTJO
d<; af....
14. Una settima sede «spondaica» e presente in quelle che sembrano essere le /lE-Ca 1
attestazioni pili antiche del tetrametro anapestico catalettico: il verso superstite di OUK u.
un canto di marcia spartano (P MG 857: aYE-r' & Lrciip-riíC; ~vórc}coiKo0poi, rco-rt
-r6.v"Ápecúc; Kívücriv) e un verso di Aristosseno di Selinunte (lEG ll, p. 45), poeta
da collocare nel VII o VI seco a.e.: 6.A.iíl;;ovliív rcA.dcr-riív rca.p~X€i -roov
dv8pdmcúv; -roí JlÓ.vu:iC;). Efestione (p. 25, 21 Consbr.), che cita tali casi insieme
agli esempi del fenomeno in Cratino, conosceva per il tetrametro con chiusa
«spondaica» il nome di AUK(()V1KÓV.
15. Cfr. anche Aristoph. Nub. 326; Vesp. 397; Cratin. fr. 342, l K.-A. (?). 16. e
IL TETRAMETRO ANAPESTlCO CA TALETTlCO 157

In sesta sede il dattilo e evitato (a parte Filillio, fr. 12, 1 K.-A.).

Viene evitata la successione di quattro brevi.


Cosi e eccezionale la combinazione di «dattilo» e «anapesto» in

~;!~tof;7 uÓT6v ó~criie;. :: 6) jltap6)tattl ti 1told<;; 06 jl~ Kata~~m:;t,

dove essi sono separati dall'incisione centrale.

Ed eccezionale (e discussa) e la presenza della soluzione «proceleu­


smatica» del «piede» anapestico.
La si trova in

Aristoph.
Vesp.1015'
vuv U6TE, A€(9, 1tpoGfxttt T6v vouv, d1tep KaElapÓv Tt tr'ItAch€
't'

come si vede, con la stessa espressione.

Come e stato osservato 16, nel 75% dei tetrametri deBe commedie di
Aristofane ogni verso va a terminare con una conclusione parziale
o totaJe del pensiero, il che rafforza il sen so della catalessi, lasciando
una forte impressione di completezza. Si veda ad esempio questo brano
all'inizio della parte anapestica della parabasi delle Vespe (vv.
1015-1028), dove tutti i versi, tranne il v. 1025, presentano questa
caratteristica:

vuv u(}tc, j"scp, 1tPOcrtXcTc tOV vouv, stncp KUeUpÓV Tt <plAcltS. 1015
jltjl'llucreUt yup 'to1m eWtate; ó 1tOlT\Ti]e; vuv tmeUjlcl.
aólKclcrem yáp <pr¡crlV npóTSpOe; nÓAA.' uinoDe; cU 1tc1tOlr¡KWe;'
tU jl¿v oó <puvsproe; aA": tmKouprov KpÚ~Ór¡V hÉpOlcrl 1tOlr¡tuie;,
jlljlr¡crájlcvoe; Ti]V EÓpuKAtoue; jluv'tGÍuv KUt ólávOlUV,
de; aAAo'tpíue; yucrTtpue; tvMe; Krojl<pÓtKU 1tOAAU XÉacr9m, 1020
jlSTU tou'tO ó¿ Kai <puvsproe; f¡ór¡ KtvÓUVSÚrov KaS' éautóv
OÓK aAj"oTpírov aAA' otKGÍrov Moucrrov crTÓjlaS' f¡vlOxtícrae;.
apede; ó¿ jltyae; KUt tljlr¡ecie; roe; ovÓSte; 1twnot' tv Ujl1V
OVK tKtSAtcrm <pr¡criv &1tUpeSte;, 008' oyKrocrm TO <ppóv11lla,

16. Cfr. White, VGC, 126.


158 CAPITOLO 9

OUOE 1tuAuícn:pue; 1tEp1Krollá1;;Elv 1tElproV' OUO', el ne; Epucrrr,e; 1025


KrollqlodcrOUl 1tUloíX' tUU'tOO IllO'rov c€ r1tcucrE 1tpOe; uU'róv,
OUOEVt mimo'rÉ <PllO'l 1tlO¿crOUl, yVOOIlTlv nv' exrov E1tlEtKfí
lVu 'rae; Moúcrue; uícrlV xpfí'rut Ilr, 1tpouyroyoue; U1t0<PlÍvD'
Definizione Freque
Ora fate attenzione, se amate la schiettezza. Il poeta desidera rivolgere ghé nel
un rimprovero a voi spettatori. Dice che l'avete traUato ingiustamente, lui Essi si ¡::
che per il passato vi avevafatto tanto bene; in principio non apertamente, in sinaJ
ma aiutando di nascosto altri poeti. Come il profeta Euricle si e insinuato dimetn
nel ventre di altri e vi ha versato un mare di spirito. Poi invece e uscito sionale
al/o scoperto, e affrontando i rischi in prima persona si e messo aUe redini della se
della propria Musa, non piu di quella altrui. Salito in grande fama mo tali
e
e onorato tra voi come nessun altro mai lo stato, puo dire di non essere tri anal
e
insuperbito, di non essersi montato la testa; e tanto meno andato a far epirren:
baldoria per le palestre; e se qualcuno in lite con ['amante si erivollo a lui mo sol
per farlo prendere in giro nella commedia, non gli ha mai dato ascolto, avanti,
serbando un animo rello per non fare della sua Musa una ruf/lana. e I'usci
framm€
(trad. G. Paduano) 17 Nuova
a tetraI
Nel complesso il tetrametro anapestico risulta un verso assai solenne
e dignitoso: esso ben si adatta al tono serio in cui íl poeta si rivolge Sequenze Perqm
direttamente agli spettatori nella parabasi e che lo stesso poeta concede acatalette all'intcl
per lo piu ai personaggi che godono della sua simpa tia nell'agone 18,
mentre in genere fa esprimere i perdenti nel piu dimesso e petulante Realizzazione a) la s(
dei metra (cioe iI
tetrametro giambico catalettico 19.
me/ron
., D
Soph. Ai, 155 O\)"K av

17. Aristofane, Le vespe. Gli uccelli, introduzione, traduzione e note dí G.


Paduano, Milano, Garzantí, 1990. quindi,
18. Come ha notato Perusino, 47 SS., fanno eccezíone íl primo agone dei Vediarr
Cavalieri, atipico, neIla sua «passionalita e vÍolenza», in quanto i suoi epirremi
non consÍstono in un lungo díscorso di un solo personaggio, interrotto brevemente Aesch. Ag, 797 ti¡ OO"KI
daIl'antagonista o dal coro, bensi in un violento scambio di battute tra il
Paflagone e il salsicciaio, in cuí dunque gli anapestí sono assegnati ad entrambi
i contendenti, e l'agone delIe Vespe, dove sia vincitore che vinto, a ciascuno dei 20. Ta
quali e affidato un epirrema, si esprimono in questo metro: forse qui la solennita a quant(
del verso era impiegata in maniera parodica contro il personaggío del vecchio essere o
infatuato dei processi, oppure l'uso del tetrametro anapestico era condizionato (quelIo (
daIl'atteggiamento del coro, favorevole al personaggio (come e il coro delle Rane per cui
nei confronti di Eschilo, finale vincitore della contesa), nonostante che questo aIl'inízic
fosse destinato ad essere neIla commedia perdente. elementi
19. Per le caratteristiche di questo verso proprio nelle scene agonali, e quindi per bilmentf
l'implícito significato «ideologico» conferito da Aristofane ai due diversi tetrame­ essere iI
tri, v, sopra, cap. 8, p. 142 s. consider
IL TETRAMETRO ANAPESTICO CAT ALETTICO 159

'.2. 1 sistemi anapestici recitati o recitativi della tragedia


e della commedia

Definizione Frequente ruso di sistemi di anapesti recitati o eseguiti in parakatalo­


ghé nel dramma.
Essi si presentan o come successioni di dimetri - uu uu Uu-)
in sÍnafia fino ad una pausa, generalmente marcata dalla catalessi nel
dimetro catalettico o paremiaco (üu - u0 uu _)20, con l'occa­
sionale inserzione di monometri, spesso posti immediatamente prima
della sequenza seguita da pausa. Nelle commedie di Aristofane trovia­
mo tali sistemi ora in successione immediata a lunghe serie di tetrame­
tri anapestici catalettici (soprattutto negli pnige della parabasi e degli
epirremi degli agoni), ora in forma indipendente; in tragedia li trovia­
mo solo in quest'ultima forma (eseguiti spesso, come vedremo phi
avanti, in scene collegate al movimento, quali ad esempio l'entrata
e l'uscita del coro). Dei sistemi anapestici che compaiono isolati nei
frammenti di Epicarmo, della Commedia di Mezzo e della Commedia
Nuova non siamo in grado di dire se facessero o meno seguito
a tetrametri catalettici.

Sequenze Per quanto riguarda le possibili realizzazioni delle sequenze acatalette


acatalette all'interno di questi sistemi ricordiamo in generale che:
Realizzazione a) la soluzione dellongum successivo a biceps realizzato da una lunga
dei metra (cioe iI cosiddetto dattilo) ricorre di preferenza nella prima parte del
metron anapestico:

quindi, rispetto ad altri, sono rari metra della forma uu uu uu.


Vediamo alcuni esempi:

Aesch. Ag. 797 '[6. OOKOijV'[' t6fj)poVO~ ~K ÓYuvoIúr;

20. Tale sequenza, che troviamo usata in un canto di marcia spartano (PMG 856),
a quanto risu1ta dalla testimonianza di Efestione, p. 26, 17 ss. Consbr., non doveva
essere originariamente che una forma del colon di schema x - uu uu x
(quello che chiarniamo di solito enoplio, imparentato con prosodiaci ed hemiepe,
per cui v. oltre, cap. 18), probabilmente in seguito razionalizzata nel ritmo sia
all'inizio (con una regolare realizzazione con doppia breve oppure lunga) che negli
elementi successivi (alternativamente, prima della chiusa, langa e bicípítia presumi­
bilmente di eguale durata). In tal modo la nuova sequenza o diventava o poteva
essere interpretata come una forma anapestica catalettica, e cosi sara infatti da
considerare con sicurezza quando essa compare in contesti anapestici.
160 CAPITOLO 9

Aristoph. fr. oCrr' iiv


Aesch. Pers. 1tOA-A-Oi~ apllUO''iv ¿~OPf..l&crtV 706,3 K.-A.
46
Mnesimaco, Kiipu~c
Aesch. Suppl. XOÓVU cr()YXOP'tOV !:i5pt«j qn;ÍlYOIlEV fr. 4, 44 K.-A.
5
.Oppu
Aesch. Sept. ~ 'tOi)~ f..lOyEpoi)~ Kai ÓüO'ÓaiIlOVU~
827
Eur. Troad. 101 f..lE'td~a
Eur. El. 1353 ¿KÁ.()Ovt~~ IlÓXOrov O'<!)~OIlEV - ,
Aristoph. 'tuv'tTo,
Thesm.822
Aristoph. Kai 1:a VOllIlU'tU crQ)secre' a6't&v
Vesp. 1055 Il secOl
Aesch. Pers. Soy6v &f..l<PTpuÁ.etv óo6A.'iov 'EA-A-áó'i
50 Aristoph. Nub. óTa O'~
916
Soph. T~a,¡~5 A-d1toü f..liiÓ~ O'Ó, napO¿v', iin' otKmv
Le seql
l'una ri
divise e
della f:
Aesch. Pers. KO~'tt 't'i~ aYYEA-O~ oi5'tE 'tT~ rnnd)~
14 coinciC
Aesch. P. V. 't~~ nOÁ.o't¿KVOÜ TiiOÓo~ fKYOVU
137 Soph. Ant. 931 KP.
ss.
Eur. l.A. 598 cr't&f..lev, XaÁ.Kt86~ ~KYOVU 0p¿f..lf..lu'ta
AN. I

E per finÍre due esempi - eccezionali per gli anapesti non lirici di
dimetri formati da quattro «dattili»:
22. el
Aesch. Ag. K6.nnEcrE, K6.'tOUVE, Kui KU'tuoihVOf..l EV finora ~
1553
brevi: 1
Aristoph. E~~~ mlcrt yap <1cp06va n6.v'tu nupt~6f..li1v tradizic
senza 1;
b) e evÍtata una sequenza di quattro brevi, nata, come S1 e visto troppo
parlando del tetrametro anapestico catalettico, o dalla contiguita di un da fine
23. A
elemento lungo realizzato da due brevi con un bíceps bisíllabico
cítato ~
(- uu uu) appartenenti a «piedb> diversi o dalla soluzione «proce­ Festsch
leusmatica» di un «piede» anapestico (uuuu). AristoI
Del primo di questi due fenomení sí hanno eccezionalí attestazioni sía paraba
Il «pro
in tragedia che in commedia: esso e:
• fra un metron e l'altro, ad es. 24. T
cheAr:
Aesch. Eum. ~ 'tá8' iiKOiShE, 1tijUm~ cppoiSpt6v 21 sollecit
948 Pretagl
25. e
21. Cfr. anche Eur. Hec. 145; Ion 226, inoltre Aesch. Sept. 827-828, Eur. El. sí veril
1319-1320, dove la sequenza di quattro brevi compare tra due dimetrí; Eur. El. non e1
1322-1324 (tra monometro e dímetro). 1396; J
IL TETRAMETRO ANAPESTlCO CATALETTICO 161

Aristoph. fr. oG1:' avUtÍ;Oilpov i)n(iypoiK01:¿PUV


706,3 K.-A.
Mnesimaco, Kcipu~o<;, ~(fI(ipO¡;;, cl<pfui, ~EA¿val
fr. 4, 44 K.-A.
• oppure all'interno di uno stesso metron, ad es.

Eur. Troad. 101 J..lE1:u~iiAAOJ..l~VOÜ 8aiJ..lovo¡;; clvhoü


Aristoph. 1:&v'tiov, ~ K(iV&>V, oi KUAue{crKol 22 •
Thesm.822
Il secondo e attestato eccezionaImente solo nella commedia:

Le sequenze acatalette all'interno di un sistema si presentano articolate


l'una rispetto all'altra da fine di paroIa 24 (talvolta con elisione), ma non
divise con la pausa di fine di verso: i rari casi attestati di fenomeni tipici
della fine di verso in coincidenza con fine di dímetro o monometro
coincidono con cambio dí personaggío:

Soph. Ant. 931 KP. TOlyap 1:0Ú1:úlV 'toicrtv uyoucrtv


ss.
KAaÚJ..lae' Ú1táp~¡:;l ~pa8iíT~'tO¡;; i3ntpll
AN. OiJ..lOl, eavá1:ou ¡OU¡' 8yyu¡á1:úl
WÚ1to<; acpiKTat 25.

22. Cfr. anche Arist. Pax 169; Ran. 1525 (?); Ephipp. fr. 12,8 K.-A.; in tutti ¡casi
finora elencati e sempre presente fine di parola tra i due elementi realizzati da due
brevi: perció viene generalmente corretto un luogo (Eur. Hipp. 1365) dove la
tradizione presenta una successioni di quattro brevi aH'interno dello stesso metron
senza la fine dí parola suddetta (cfr. Barrett, Hippolytos, 403 S., ad loe., peraltro
troppo severo sull'ammíssibiliti del fenomeno anche in caso di elementi separa ti
da fine dí parola; lo stesso vale per Diggle, Studies, 45 s.).
23. A meno di non invocare un caso di sinizesi (lo stesso vale per Eur. El. 1322-4
citato alla n. 21, ma cfr. E. Fraenkel, in Studien zur Textgeschichte und Textkritik.
F'estschrift Jachmann, Berlín, 1959, 30 Id., KB 1, 451). Per un altro caso cfr.
Aristoph. Eq. 503 ÚlldC; o' TlJ..Llv 1tpoO'ÉXEtE TOV votiv, nel kommation della
parabasi, che tuttavia viene tal ora interpretato come inserito in un contesto lírico.
II «proceleusmatico» compare neHa stessa espressione in cui, come abbiamo visto,
esso e attestato due volte nel tetrametro anapestico catalettico.
24. Tranne che in Vesp. 752, dove la sinafia verbale e forse spiegabile con il fatto
che Aristofane voleva riportare fedelmente la formula con cuí l'araldo nei tríbunali
sollecítava i gíudici a votare e non poteva farlo se non ricorrcndo alla sinafia (cosi
Pretagostini 1976, 200).
25. Cfr. anche Soph. An!. 936; O.e. 139,143,170,173,1757 (in O.e. 18810 iato
si verifica dopo un'interiezione, il che, come abbiamo visto sopra, cap. 3, p. 52,
non e problcmatico: cfr. Diggle 1984, 70 = Id., Euripidea, 317); Eur. Ale. 78; Med.
1396; El. 1333; Aristoph. Nub. 892.
162 CAPITOLO 9

Normalmente e presente nei dimetri dieresi centrale: Legge di Nei dir


Wifstrand e Nuov:
Eur. Troad. 568 'EKá~ii, AE6aaEl<; I 't~v8' 'Av8po¡..táxiiv porre d
monosil
Aristoph. &V8PE< 61tAhal I 8ta'ta~á"Evol. ne spon
Vesp.360'" r
Si evita
Essa e talvolta evidenziata dalla ripetlZlone di una parola, e la tramanl
bipartizione del colon corrisponde all'articolazione del testo: viene e
giunti, .
Aesch. Cho. vOv i1táKOUaOv, I vOv irrápii~ov.
725
TrGF 1 1 F4, 4 ipu9p<p
La commedia ama giocare, oltre che con questo effetto, con quella
della rima: Si arnr
monosl
Aristoph. Eq.
830 'tí 9aAanOK01tE1<; I Ka! 1tAa'tuyíSE1<;.
Soph. Ai. 134
Inoltre essa sfrutta l'incisione dopo ogni metron anche per accentuare
l'effetto comico di lunghe elencazioni: e casI ~
terzo e:
Aristoph. Nub. a'tf]90<; A11tapóv,1 XPOlav Aa¡..t1tpáv,
1012 ss. Aesch. Pers.
w¡..tou<; ¡..tEyáAOU<;,1 yAwnav ~atáv, 915
1tUyT]v ¡..tEyáAllV,I1tóa91lv ¡..tlKpáv· Eur. fr. 773, 61
N. 2 ~atvoü
Quando in un dimetro non e presente la diere si centrale (os ser­
vata in maniera rigorosa soprattutto da Euripide) 26 l'incisione Non e
come j
viene spostata per lo piu dopo la prima breve del metron succes­
sivo 27: del sec
quantc
Aesch. Su~~ aYE 8~, A¿~ffi¡..tEVI lIT' ' Apydol<; esso UI

Aristoph. P~~ 'to~<; 't' &v9p(;molal I q>páaov alyav 28.


interpn
questa I
26. L'unica eccezione sembra essere fr. 897, 4 N. 2; Hipp. 1374 e Bacch. 1373 sono per qw
probabilmente da interpretare come cola lirici in cui, come si yedra piu oltre (cap. sull'OPI
11), la diere si puó anche essere trascurata. 1978, 1
27. Eccezioni: Aesch. P. V. 172; fr. 192,4 R. (in entrambi i casi la dieresi verrebbe (che ha
a corrispondere con il punto di sutura di parole composte, rispettivamente sistente
~.u;At-yA(Í)aaotl; e rcUV1:O-1:póq>ov: cfr. Hermann, Elementa, 374); Aristoph. Pax segnale
1002; Av. 523, 536; Thesm. 49 (del brano e comunque incerta la resa). non liri
28. La dominante presenza della incisione tra i metra anapestici nelle successioni anche'
anapestiche recitate o recitative del dramma ha indotto vari studiosi a mettere in regolar
discussione l'interpretazione di questi brani come sistemi costruiti per cola (dimetri a quelli
e monometri, secondo la divisione che era gi<J. degli editori alessandrini, come 29. C:
e testimoniato dai papiri e dagli scoli metrici ad Aristofane) a favore di una loro Anapiis
IL TETRAMETRO A:-IAPESTICO CATALETTlCO 163

Legge di Nei dimetri acataletti della tragedia e deBa Commedia di Mezzo


Wifstrand e Nuova, come risulta dalle osservazioni di A. Wifstrand 29, si evita di
porre davanti aBa diere si centrale o in ultima posizione nel colon un
monosillabo (o un bisillabo di forma u u) preceduto da una successio­
ne spondaica conclusa da fine di parola.
Si evita, cioe, un fenomeno come quello attestato in un frammento
.a tramandato sotto il nome di Tespi, ma che non solo per questo motivo
viene considerato, come gli altri tre attribuiti al poeta che ci sono
giunti, una falsificazione:

o
Si ammettono invece, anche se non comunemente, caSI In cm il
monosil1abo e preceduto da un biceps realizzato da due brevi:

e casi simili, in cui ad essere realizzato con due brevi e il primo o il


terzo elemento lungo:
Aesch. Pers.
915
Eur. fr. 773, 61
N. 2

.e Non costituiscono naturalmente eccezioni aquesto fenomeno casi


,­ come Aesch. Pers. 630, rrf:ll'l'u-¡:' Evcp8cv 'l'UXllv te; q>&e;, dove alla fine
del secondo metron non c'e monosi11abo preceduto da fine di parola in
quanto esso e preceduto da una prepositiva, che costituisce insieme con
esso un'unica parola bisillabica. Un caso come Sofocle Ant. 801 (vuv 8'

interpretazione come sistemi costruiti attraverso la ripetizione di metra (su


questa distinzione in generale cfr. Pretagostini 1978; sulla storia della questione
o per quanto riguarda i sistemi anapestici non lirici efr. West 1977, 89). Ma
l. sull'opportunita di rimanere al primo tipo di interpretazione, cfr. Pretagostini
1978, 168, che segnala neIla regolarita della fine di parola dopo ogni di metro
e (che ha, come abbiamo visto, una sola eccezione, rispetto al numero piu con­
e sistente di eccezioni alla dieresi «obblígatoria» dopo ogni metron) un possibile
x segnale di confine tra i cola: un tipo di fenomeno che ben si adatta alla natura
non lirica di queste sequenze (come abbiamo detto, v. sopra. cap. 1, p. 25, e cfr.
ti anche L.E. Rossi, RFIC 94 (1966), 195 ss.; Id., RFIC 99 (1971), 176 S., la
11 regolarita del1e incisioni e caratteristica dei metri recita ti o recitativi rispetto
i a q uelli liricí).
e 29. Cfr. Wifstrand 1934, 210-14; efr. inoltre E. Lefevre, Zu einer Versregel für
) Anapiiste in der griechischen Tragodie, WS 72 (1959), IOS-1l2.
164 CAPITOLO 9

ií8r¡ 'yoo Kat)'tO~ eE<JIlOOV) potrebbe essere giustificato dalla prodelisio­ Aesch. P. v. q>tAO:; te
ne 30 ; casi come Soph. Trach. 1259 (ayE vuv npiv TlÍv8' aVaKlvT)<Jat) 297
e forse Eur. Ale. 863 (not ~OO; nOl <JTOO; Tí ASyro; Tí 8E Ilf);) dal carattere Aristoph. Av. o&c& nA
prepositivo dei vocaboli che precedono i monosillabi in questione. 736
Eq. 835
Dímetro Il dimetro catalettico presenta quasi sempre il bíceps iniziale del
catalettíco secondo metron realizzato da due brevi:
Legge di Quando
Rupprecht presenta
EUL Troad. 121
tragedia
Pochissime le eccezioni, ad es.: «spond(;

Aesch. Ag. 366 ~iAO~ ~t.;ferov (JK~",EtEV 31.

Di conseguenza la soluzione «dattilica» compare solo in prima sede: Con inizi,


3 N. 2, se i
Aesch. Sup~~ T~vli' aEK6vHÚV hr~~vat. una prepc
assai dub
Si avrebbe altrimenti infatti, se essa si verificasse in seconda sede, la
sgradita successione di quattro brevi; e per lo stesso motivo non si ha mai
una conclusione u u u u - (con soluzione, cioe, del terzo longum).

Cesure 1 dimetri catalettici presentano nella maggior parte dei casi incisione
centrale dopo il primo metron .

Eur. Ion 111 <l>ol~oli vi.io~:;1 eEpundj&

Aristoph. nA~v K&AUKpi-rolil yliAU nlvElv.


Vesp.724
Piu frequente pero in essi che nei dimetri completi lo spostamento
dell'incisione alla prima breve del metron seguente:

Soph. Ai. 147 KTdvOVT' aye&vrl <Jr8~p(9

Aristoph. Ecd tv Tol:; npoeÓpot<Jll ()~q>E<Jeal.


709
Alcuni esempi dei (rarí) dimetri catalettici pnvl delle inClslOni ora
ricordate:

Eur. El. 1359 evytTCilV di8atllovu npÓ<J<JEt 32. Cfr.


parola in
della seql
33. Per
30. Cfr. Wifstrand 1934, 212. 1958,84­
31. crr. anche Aesch. Pers. 32 (con un nome proprio), 152; Sept. 826; Suppl. 7; 34. Cos
Eur. Hipp. 1350; Dr. 1015 e v. Fraenkel, Agamemnon, n, 192, ad v. 366. Fraenkel
IL TETRAMETRO ANAPESTlCO CATALETTlCO 165

Aesch. P.v.
297
Aristoph. Av.
736
Eq. 835

Legge di Quando nel dímetro catalettico (con chiusa u u ~~) il primo metron
Rupprecht presenta una conclusione contratta in uno spondeo uu ~ ~), in
tragedia si evita fine di parola dopo la prima lunga di un tale
«spondeo», come e stato osservato da Rupprecht 32.

Con inizio della sequenza in u u - un'unica eccezione in tragedia (Eur. fr. 740,
3 N. 2, se in Soph. Trach. 977 si giustifica ilnroc; interrogativo come assimilabile ad
una prepositiva); con inizio di colon u u - un'unica eccezione in un luogo peró
assai dubbio e probabilmente da correggere (Soph. Ai. 1416)33.

Appendice Gli anapesti recitati O recitativi nella tragedia

Come si El gia accennato, nella tragedia i sistemi di anapesti recitati


o recitativi sono spesso eseguiti in situazioni di movimento, molte volte in
contiguita con brani lirici. Cosi essi precedono un brano lirico in una
forma che si puó ben ritenere caratteristica del periodo piu antico della
tragedia, e cío€! nelJ'ingresso del coro; El quanto avviene nei Persianí
e nelle Supplicí di Eschilo, tragedie il cui inizio corrisponde con I'arrivo
del coro 34, ed inoltre nell'Agamennone, nell'Aiace e nell'Alcesti, dove
quest'ultimo El preceduto dal prologo.
Anapesti prima di brani lirici accompagnano anche entrate e uscíte di
personaggi: cosl Edipo che, nel finale dell'Edípo Re, fa il suo ingresso in
scena nella sua nuova disperata condizione, annunciato dagli anapesti

32. Cfr. Einführung, 23. Per osservazioni relative al comportamento di fine di


parota in coincidenza con il terzo elemento, a seconda delle varíe realizzazioni
della sequenza, cfr. Parker 1958, 83-86.
33. Per quanto riguarda i dimetri anapesticí catalcttici in Aristofanc cfr. Parker
1958, 84-86 (vanno aggiunti Aristoph. fr. 28 e 365, 3 K.-A.).
34. Cosi doveva essere anche nei perduti Mirmidoni deHo stesso autore: cfr.
Fraenkel, Agamemnon, n, 27, ad 40-103.
=
166 CAPITOLO 9

del coro (w. 1297-1306), che precedono íl suo sfogo ín metrí lírící 35;
e d'altra parte Antígone, che nella tragedia omonima esce verso la morte
al ritmo dí anapesti da leí eseguítí insieme al coro e a Creonte (w.
929-943), prima che I'episodio vada a concludersí con uno stasimo;
mentre piu tardi e lo stesso Creonte a ricomparire in scena, annunciato
dagli anapesti del coro (w. 1257-1260) per piangere in un lamento lirico
I'annientamento della propria famiglia.
In Euripide troviamo diverse volte sistemi anapestici che accompagnano
movimenti scenici relativi a processioni funebri (o a qualcosa di simlle)
che precedono lamenti lirici: ad esempio in anapesti il coro annuncia, in
Andromaca 1166-1172, I'arrivo del cadavere di Neottolemo da Delfi; in
Fenicie 1480-1484 I'entrata in scena di Antigone insieme ai cadaveri dei
fratelli e della madre; in Suppl. 1114-1122 I'arrivo delle ceneri dei
caduti. Sistemi anapestici del coro dopo brani lirici annunciano spesso,
soprattutto in Euripide, I'entrata in scena di un personaggio; in alcuni
casi essí, affidati al coro o ad un attore, fanno da transízione verso
un nuovo brano lírico: una monodia, come quella di lo nel Prometeo
(w. 566 ss.), un duetto, come quello fra Ecuba e Andromaca in Troiane,
577 ss., un kommós, come quello tra Adrasto e iI coro nelle Supplicí di
Euripide (w. 798 ss.). E inserendosi tra le strofe di brani lirici, gli
anapesti talvolta accompagnano i movimenti di attori sulla scena, co­
me quelli eseguití da Antigone, Edipo e il coro (w. 138-148; 170-175;
188-191) tra una strofe e I'altra della parodo dell' Edipo a Colono di
Sofocle, o quelli eseguiti nell'Andromaca di Euripide da Menelao (w.
515-522; 537-544), mentre la protagonista e íl figlioletto sono condott;
al supplizio. In piu di un caso, infine, sistemi anapestici, stavolta senza
collegamento a brani lirici, accompagnano I'uscita dei personaggi e del
coro nell'esodo. Un uso ricorrente di questo ritmo, senza legami con il
movimento e, d'altra parte, quello in contesti dí lamento, dove sistemi
anapestici non lirici si alternano a stanze liriche: COSI ad esempio in Ale.
878 ss., dove gl; anapesti sono affidati ad Admeto. Peculíare di Eschilo,
e probabilmente, come gia notato per gli anapesti nelle parodoí, della
forma piu antica della tragedia, e I'uso di sistemi anapestici, pure non
collegati al movimento, e posti, nella forma di una preghiera, come
preludio di stasimi 36 (Pers. 532-547; 623-632; Sept. 822-831; Suppl.
625-62~Ag. 355-366)n.
Dei brani in cui sono adoperati anapesti non lirici alternati ad anapesti
lirici diremo piu avanti, parlando di questi ultimí.

r
35. Sul contrasto fra la prima parte di questo lamento. in anapesti lirici
e i precedenti anapesti non Iirici v. oltre, cap. 11, p. 186.
36. Cfr. W. Kranz, Stasimon. Berlín, 1933, 135, 166; Fraenke1, Agamemnon,
n, 184.
37. Cfr. anche Eum. 307-320. preludio delle Erinni al loro DllvOs bÉcrlltos.
METRI LIRlel
1 dattili
del met.
Possian
di varia
Tetrametro sembra
dattilico chi alCl
o alcmanio
alcman
sequen;
forma 1
tica in ~
La conl
comunl
... - VI
Esiste
Dattili apertu1
«ascendenti» da un
presso
Contrazione 1 dattil
spondaica ne SpOJ

~--

1. La
fondam
Fraenke
CAPITOLO 10

Dattili

Attestazioni
1 dattili lirici si presentano come sequenze costituite dalla ripetizione
del metron dattilico.
Possiamo trovare, come si vedra, composizioni articolate in sequenze
di varia estensione, e, d'altra parte, braní in cui l'unita di articolazione
sembra essere il tetrametro uu - uu uu detto dagli anti­
chi a1cmanio per l'uso da parte del poeta spartano. Con iI nome di
a1cmanio, comunque, venivano indicate in epoca antica anche altre
sequenze dattiliche usate daI poeta, fra cuí uu - uu uu -, una
forma rispetto alla precedente, secondo la terminologia antica, catalet­
tica in syllabam, per cui oggi essa viene chiamata alcmanio cataIettico.
La conc1usione delle sequenze dattiliche intese come versi si mostra piu
comunemente nella forma detta dagli antichi catalettica in disyllabum
... - uu Id
Esiste una particolare categoria di dattili lirici che presentano una
apertura di ritmo «ascendente», cioe con iI longum iniziale preceduto
da un altro elemento, di solito un bíceps (u O), ma anche, almeno
presso a1cuni autori, un elemento libero 1.
Contrazione 1 dattili lirici in generale presentano un uso piu limitato della contrazio­
spondaica ne spondaica rispetto ai dattili recitati.

l. La valorízzazione di queste sequenze, insieme ad uno studio complessivo


fondamentale sulle caratteristiche dei dattili lirici, si deve ad E. FraenkeL Cfr.
Fraenkel 1917-1918, 161-192 = Id., KB 1, 165-196.
170 CAPITOLO 10

Nonrna
10.2. 1 dattili nella lirica arcaica e tardo-arcaica frarnmel

Un ricco uso di dattili e attestato, con caratteristiche di verse, per fr. 26 Davies oi) ¡.t' Eh
Alcmane, Stesicoro e Ibico 2. = 90 Cal.
Alcmane e
Alcmane predilige, come si accennato, l'uso del tetrametro. yu'ia <péj
Talvolta il poeta lo adopera in stretta associazione ad altri tipi di metri:
0<; t' tn
fr. 3, 64 ss. 'A[olru¡.téAolcra oé ¡.t' ouoev aJ..lBí~etUl uu - uu uu - uu 4 da
Davies = 26,
64 ss. Cal. aAAa to]v nUAeillv' exOtcra -u-u u-u 2tr
VTJOee<; 1
(str. 1-4) [ro] tl<; ai:YAá[e]V'tO<; acrtTtP -u- u 2 tr
ropavill OlUl1tet1Í<; u u-u- 2 tr cat
JI fr. 56
Si tratta dell'inizio di una strofe la quale vede anche piu avanti (in tetramel
terzultima e penultima posizione) la presenza di due cola di questo tipo,
stavolta in successione: Particol
quenza
vv. 61-63 AUcrlJ...leAEl te nócr<p, t~~!?pÓJtepa O' - uu uu - uu uu 4 da facendo
(str. 7-9)
i)nvro Kal cravátro n<?~~OépKetUl. uu - uu uu 4 da cataletti
ouoé n J...lU\¡IlOíro<; yAU~íj~ ~1Íva uu - uu u - u 111 91 lP1Í\
hemiepes + reiziano -uu-
Questo
giambico (= encomiologico) 3
sequenz
Altre volte il tetrametro domina contesti che, almeno neHe condizioni
e stata
in cui ci sono giunti, si presentano come interamente dattilici: situazio

Sulla bas
fL 27 Davies Millcr' aYe KaAAlóna Oóyatep dlO<; - UU -- uu uu - uu
84 Cal. naturalm
apx' epatillv Fenérov, eni o' lJ...lePOV - uu uu- uu - uu simile int
ü¡.tv<p Kai xapteVta tíOTJ xopóv. uu - uu - u uu­
sequenza
Se siamo in presenza quí, come sembrerebbe ricavabile dalle fonti -uu
che tramandano il frammento, di una strofe completa, l'ultima se­ -uu
quenza andni interpretata come un alcmanio con chiusa «cretica» Cal. (cfr.
(-uu uu - uu u -), un tipo di chiusa che risulta at1estato e sequen:
x uu
anche per altre sequenze dattiliche 4 .
uu-u
Davies)1.

2. Per le sequenze dattiliche usate nelle composizioni epodiche dei poeti ionici, v.
oltre, cap. 20.
3. Per questa sequenza v. oltre, cap. 18, p. 258. La ricostruzione della sezione cen­ 5. Cfr.
trale deIla strofe eincerta: per riferimenti bibliografici al problema cfr. Calame, 220. 6. Ne tJ
4. Cfr. FraenkeI1917-1918, 176 ss. = Id., KB 1, 180 ss.; A. Gostoli, QUCC n.s. Soph. O.
2 (31), 1979, 96, e per Alcmane anche S 5(b) ( fr. 241 Cal.) ii 16 (e 15?), 18 Davies. 7. Cfr.
DATTILI 171

Non mancano in A1cmane altre sequenze, come gli esametri: nel celebre
frammento del cerilo essi compaiono in successione:

fr. 26 Davies Ol) IJ.' en, 1tapcrEvIKai IJ.ÜIyÚPUE<; íapó<provol,


90 Cal. uu - uu - uu uu uu ­
yuia <pÉPYJv Mva'tat. PÚlcE 8i¡, PÚlcE KYJPÚlcO<; ElYJv,
uu uu uu - uu - uu
0<; 't' e1ti KÚlJ.a'tO<; avOo<; alJ.' O:lcKuóvEcrm 1to'ti¡tat
- uu - uu uu uu uu­
VYJ8EE<; 'ÍÍ'tOp eXrov, Úlcl1tÓp<pUpo<; iapo<; oPVt<;.
uu - uu - uu - uu uu - 1I

11 fr. 56 Davies 125 Cal. offre d'altra parte un esametro dopo cinque
tetrametri.

Particolare interesse riveste un fenomeno che e attestato per la se­


quenza finale della strofe del primo partenio (fr. 1 Davies = 3 CaL):
facendo seguito ad un tetrametro, in responsione con il tetrametro
catalettico in syllabam uu uu - uu Id dei vv. 7, 21, 35, 91 (es. v.
91 ipi¡va<; epa'tu<; i':m~pav) compare ai vv. 49, 63, 77 la sequenza
- uu - uu u - Id (es. v. 49 nov Ú1to1tE'tp18írov oVEÍprov).
Questo fenomeno suggerisce di riconoscere come possibile chiusa per
sequenze dattiliche anche la serie u (la responsione in questione
e stata aHora interpretata da alcuni studiosi come indizio di una
situazione originariamente fluida delle c1ausole dattiliche).

SuBa base di queste osservazioni e stato proposto 5 di interpretare come dattiliche,


naturalmente in casi dove il contesto metrico circostante sÍa congruente con una
simÍle interpretazione, sequenze che presentan o una tale conclusione, come:
uu - uu - u 1,2, il cosiddetto decasillabo alcaico (che e, come si vede, la
sequenza di Alcm. fL I Davies, ai vv. 49, 63);
u u u u u u - u 1,2, il cosiddetto prassilleo 11;
- uu uu uu - uu - u 1,2, la sequenza di Alcm. fL 91 Davies = 136
Cal. (CfL Ibyc. S 151 Davies, str. 4-5);
e sequenze che rispetto alle precedenti si presentano con un inizio ascendente:
x uu u u u - 1,2 6;
uu - uu - uu uu u _1,2, il cosiddetto archebuleo (cfr. Stesich. fr. 244
Davies)7.

5. Cfr. Fraenkel 1917-1918, 166 ss. Id., KB 1, 170 ss.


6. Ne troviamo esempi nella tragedia: cfr. Aesch. Suppl. 526/533; P.v. 135/151,
Soph. O.e. 1244.
7. Cfr. anche Ces. Bass. GL VI, 256, 9, che ne attesta la presenza, oltre che in
172 CAPITOLO 10

Nei casi di sequenze ambigue tra generi metrici differenti il contesto e determi­
alcman
nante per l'interpretazione: in altre parole, l'ambiguita puó essere sciolta dalla
presenza nel contesto di sequenze dall'interpretazione metrica sicura al cuí genere Davies
la sequenza in questione puó essere sentita appartenere. Va da sé che restano non
pochi casi in cui neppure il contesto di per sé ci aiuta. fr. 286 Davies t¡pt J.lB\
J,lTlAiOE(
Stesicoro Nella produzione di Stesicoro (che ora conosciamo assai meglio grazie {;K n:O!(
ad una serie di ritrovamenti papiracei che ci ha permesso di ricostruire Kfln:oc;1
gli schemi di intere composizioni) 8 uno dei filoni portanti era costitui­
UO~ÓJ,le'
to da odi interamente dattiliche: cosi i Syotherai (l cacciatori del
cinghiale: frr. 221-222 Davies) e la Gerioneide (pp. 154-175 Davies). oivupé(
Esse sono artico1ate in sequenze di varia estensione, che vanno a con­ oOOEJ.lí(
cludersi nella catalessi piu comune (in disyllabum), oppure (in partico­
lare alla fine delle stanze) 9 neHa forma in syllabam. Tali sequenze 1 vv. 1-3
presentano ora un inizio dattilico: proprio,
ved remo
con gli I
S 15 col. 1I, 16 atE lWtU10'X ÚVOl O" á~~~<?y [Sf;J,lW; uu ~ uu - uu 4 da
Davies (ep. 2) dattilica
presenta
ora un inizio ascendente (queste ultime, visto l'inizio con un bíceps,
vengono talora denominate «dattilo-anapesti») Inoltre

S 15, col. I1, 6OúVUlO'tv "YSpUC;' 0't')'Q. S' o ')"


{;nlKAon:úSUV [(;]Vf;PEtO'E J,lEtÓ>n:Q) fr. 287, 5
Davies t¡ J.lav 1
6 Davies (str. 2) uu-uu -uu uu-uu uu- 7 uu da/\
e di seq
Lunghe sequenze dattiliche si trovano anche nelle composizioni, come
l'Ertfile (pp. 180-183 Davies), che costituiscono l'altro grande filone S 151, 24 EU 'EAl
Davies (str. 2)
della produzione stesicorea a noi nota, e che esamineremo piu avanti:
quelle in «dattilo-epitriti». Bacchilide In Bac
nell'epi
Nei dattili stesicorei, in caso di realizzazione con lunga di un bíceps, il bíceps del presem
metron precedente e quello del metron successivo sano realizzatí da due breví 10. (ep.7).
Mentre
Ibico Non altrettanto ricco e iI materiale a nostra disposizione per quanto e Pind
riguarda Ibico; ne ricaviamo comunque che il poeta aveva usato piu cuItual<
quali al
CA 13~
(IU-U ~
Stesicoro, in Ibico, Simonide, Pindaro, mentre Efestione, p. 28, 22 ss. Consbr. la
attesta per Alcmane.
8. Per uno studio complessivo della metrica stesicorea (precedente alIa pubbli­
cazione di P. UlIe 76, per cuí v. oltre, cap. 18, p. 259) efr. Haslam 1974: sulle
composizioni dattiliche in particolare efr. pp. 11 ss. 11. Se,
9. Cfr. West, GM, 50. zione.
10. Cfr. Haslam 1974, 15 en. 14. 12. Cf¡
DATIILI ]73

alcmani in successione: cosi, ad esempio, nella prima sezione del fr. 286
Davies I1 gli alcmani compaiono ai vv. 4-6:

fL 286 Davies típl IlEV al 1:e KUOroVtal - uu uu - u -


IlTJAioes apOólleVal pouv - uu ­ uu u-
BK 1to1:allmv, lva Ilapetvffiv - uu ­ uu u-
KT]1tOs aK1Ípa1:Os, al 1:' oivaveioes uu - uu­ uu
aUSÓlleVal crKlepOtcnv ú<p' epvecnv uu uu ­ uu uu 5
oivaptOl s eaAteOlcnV. BIlOi o' epos - uu uu ­ uu - uu
ouoelliav Ka1:áK011:Os éópav. uu uu u-­

1 vv. 1-3 sono fonnati dalla successione di una sequenza (- uu uu u -) chc,


proprio dall'uso in questa composizione, viene chiamata ibiceo; se altrove, come
vedremo (v. oltre. cap. 17, p. 248), una sequenza di questo tipo dimostra legami
con gli eolo-coriambi, qui sembra legittima una sua interpretazione come serie
dattilica con chiusa cretica; lo stesso si puó dire della sequenza finale, che si
presenta come un decasillabo alcaico.

Inoltre aveva fatto uso di sequenze con inizio ascendente:

fr. 287, 5
Davies tí Il av 1:pOlltffi VtV B1repXÓllevov - - uu uu - uu- 4 da 1\ 1\

e di sequenze con chiusa cretica:

S 151, 24
eu 'EAtKffi\;'ío[es] ~Il~aíev AÓycp - uu uu --~ u
Davies (str. 2)

Bacchilide In Bacchilide troviamo singole sequenze dattiliche fra cola eolici


nell'epinicio 4, e, in numero maggiore, nel ditirambo 16, che vede la
presenza anche di serie con inizio «ascendente» e della chiusa cretica
(ep.7).
Mentre sequenze dattiliche compaiono qua e la nelle odí di Simonide
e Pindaro, sembra di poter riconoscere una tradízione di poesía
cultuale legata alla misura dattilica, di cuí cí restano esempí píti tardí,
qualí alcuní peani: PMG 934 CA 136, peana di Eritre (IV sec. a.c.);
CA 138, peana di Macedonio (IV sec.?); PMG 937, peana di Epídauro
(III-II sec.?) 12.

11. Secondo West, GM, 51, si tratterebbc di una strofe completa della composi­
zione.
12. Cfr. West, GM, 141.
174 CAPlTOLO 10

Infine p
10.3. 1 «dattili eolici»
Sapph. fr. lIS V. 'tÍep er', (j
Una tradizione interpretativa antica classifica come dattili eolici 13
alcune sequenze ritenute aperte dalla base libera tipica dei metri Op1taKt I
eolici (v. oltre, pp. 233 e 238) e proseguenti in un certo numero di
dattili, ora con chiusa cretica, ora con chiusa catalettica in disylla­ In Alcce
bum.
Si tratta in particolare dei cosiddetti x X \.
tetrametro saffico o eolico x x ~uu uu ut,d
Alc. fr. 368 V. KÍ>AO¡laí
tetrametro eolico catalettico x x uu -uu t,d
pentametro eolico x x uu - uu - uu ut,d
x x uu . . . uu uu t,d ai XPt; (
pentametro eolico catalettico ~

Per la prima di queste sequenze:


Resta p<
ne datti
Sapph. fr. 130, "Epo<; OTJlY'CÍ> ¡l' Ó ADcrl¡léATJ<; OóVf.:t u - U U - Uu u costituít
l s. V.
yAUldmtKpOv a¡láxavov Op1tf.:tOV uu UU ~ uu u agli eob
vengone
per la seconda: dattili, j
quale se
Sapph. fr. llO V. Oupffipep1tóof.:<; B1ttOpóyUtot u uu -uu tro e íl
di una
ta. oe O"á¡l~aAa 1tf.:¡l1tf.:PÓf.:W uu uu - uu u I1
formazil
1tíO"O"UyyOt oe OÍ>K' B~f.:1tÓvTJO"av uu uu ~-II
del loro
cuí e ce
In pentametri eolici erano redatte le composizioni di Saffo raccolte
dagli Alessandrini nel secondo libro della poetessa:
15. Cfr.
Sapph. fr. 49 V. i]pá¡lav ¡lEV Eyro O"éOf.:V, 'AtOt, 1táAat 1totá 16. Cfr.
- u uu - uu - uu u u li metrica i:
e 143 V.
er¡líKpa ¡lot 1tát<; e¡l¡lf.:V' B<paívf.:O Kl'iXapt<; presenza
- - uu uu uu U 11
14 di versi (
dell'isosil
dattil0, e
11 pentametro eolico sarebbe poi stato ripreso da Teocrito in uno dei suoi idilli dattiliche
composti in dialetto eolico (29). cretica).
17. SeC(
dei dattil
la base si
13. Cfr. Efestione, p. 22 s. Consbr. ascenden
14. Cfr. anche Sapph. frr. 44-48; 50-51 V. (e forse frr. 43; 52; 156 V.); Ale. frr. queste pr
141; 365 V. (e forse frr. 38; 305a V.). 18. A P
DATTILI ]75

Infine per il pentametro catalettico:

Sapph.fr.115V. 't'íql a', cb q:¡íAz YÚIl~PE, KÚAro; E1Kúa8ro; u - uu uu - uu --11


i 13
opnaKt ~pa8í Vql aE IlÚA1a't" ¿lKúa8ro - uu uu - uu _ 11
15
tri
di
'a- In Alceo e attestata anche una forma ancora phi estesa (un esametro):
x x - uu uu - uu - uu

AJe. fL 368 V. KÉAoI.mí nva l'OV XapíEVl'a M{;vrova KúAEaaat,


uu uu uu - uu uu­
at xPTí aUllnoaia; ¿nóvacrtv EIl01YE y{;vEaOat
16
- - uu uu - uu - uu 11

Resta per noi problema tic o decidere se accettare una tale intepretazio­
ne dattilica di queste sequenze, soprattutto di fronte ad una base
costituita da due elementi liberí che sembra accomunarle piuttosto
agli eolici ved e propri 17: di alcuni dei piu diffusi cola eolici esse
vengono spesso 18 considerate come «espansioni» tramite l'aggiunta di
dattili, il tetrametro e il pentametro eolico del gliconeo (rispetto al
quale sono piu lunghi rispettivamente di uno e due dattili), il tetrame­
tro e il pentametro catalettici del ferecrateo. Al di la della legittimita
di una simile interpretazione per quanto riguarda il processo di
formazione di queste sequenze, non ci si puo sottrarre alla percezione
del loro rapporto con gli eolici di fronte ad un caso come la strofe di
cui e costituito il fr. 94 V. di Saffo: due gliconei (x x - uu u-)
te

15. Cfr. anche Sapph. fr. 136 V.


16. Cfr. anche Ale. fr. 367 V. (e forse frr. 296a; 318; 366 V.) e la testimonianza
11 metrica in Ale. fr. 458 V.; la stessa forma era presente anche in Sapph. frr. 142
e 143 V., ma qui, visto I'inizio spondaico, si puó pensare anche di essere in
presenza di esametri dattilici «normali»: la composizione da parte della poetessa
14 di versi di que sto tipo, con abbandono del principio, altrove sempre osservato,
dell'isosillabismo, che si manifesta nella possibilita di contrazione «spondaica» del
dattilo, e documentata da vari frammenti (104a, 1; 105; 106 V.). Per altre sequenze
lli dattiliche «normali» nella lirica eolica, efr. Ale. fr. 369 V. (4 da + 4 da con chiusa
cretica).
17. Secondo Fraenkel 1917-1918, 165 s. = Id., KB 1, 169 S., per il quale I'origíne
dei dattili eolici sarebbe invece da tenere nettamente distinta da quella degli eolici,
la base si spiegherebbe in questo modo: í poeti di Lesbo sarebbero partiti da dattilí
ascendenti con inizio in due sillabe brevi e avrebbero innovato trasformando
r. queste prime due posizioni in elementi liberi.
18. A partire da Korte, e poi soprattutto da S nell , Korzeniewski, West.
176 CAPITOLO 10

seguiti da un tetrametro eolico: Come si


notare 19 ~
nÓAAU, Kui ¡:óB' eEt1t~ [Ilot· u - uu - u (10 stessc
Sapph. fr. 94, 4)11' ros BelVU nEn[óv9]uIlEV - -- - uu u ricereato
3-5 V. responsic
'Pámp', 11 Iláv a' M:KOla' C1.1tUA1llnávro uu - uu - u 111
dattiliche
ca nelle a
e spesso 1
10.4. 1 dattili nel dranuna attico la messa
spondei s
Eschilo Stanze dattiliche sono presenti in Eschilo nei Persiani, nell' Agamenno­ colon COl
ne, neBe Eumenidi; in esse iI poeta ama alternare sequenze di diversa singolo ¡
estensione: si veda la prima coppia strofica della parodo dell'Agamen­ questo fe
none, di cui riproduciamo il testo della antistrofe (vv. 123-138, in tragici 20,
responsione con i vv. 104-121): parte di.
mennone
e i metri
Ag. 123-138 KEBvos BÉ a'tpu¡:óIlUv'tts iBmv 8úo Ai¡IlUcrt 81aaoDs
---uu uu uu-uu- 6da
Sofocle Sofoc1e ~
'A'tpd8u.; IlUXíIlOU'; ¿8áll Auy08uhus po misto
uu uu - uu uu·- - 5 da pesti 21 (1
sono la I
125
vv. 151­
uu --115 daA
visto il c·
Chiara 1
u-u uu uu - uu - ia 4 da vanno 1
náv'tu 8i': núpyrov uu - - 2 da estensiol
partieoll
K¡:i¡vllnpóa9E ¡:a 811lltOnA119f¡ uu uu--4da que piu
Moipu /.uná~Et npos ¡:o ~iutov' 130 tetrame1
uu - uu - - 11 4 da A sione
element,
otov Ili¡ ¡:l'; ayu 9EÓ9EV KVE<pá- - uu - u u u u 4 da
a1J npo'tunÉv a'tólltOv Il¿Yu Tpoíu.; - uu - uu uu -1I4daA O.C. <!'>'ttVl ¡:e
1673-1676
(/1700-1703)
aA/,o¡:e
a'tpu'tro9Év. oluql yap 8nÍ<p90vo.; 'Apn:1l1s áyva
u u - - uu uu u u - - ia 4 da
n'tuvotcrtv KUal. nu'tpó.; . . . uu - - 11 3 da A 135 19. Cfr
UU¡:Ó'tOKOV npo AÓXOU 1l0yEpav n¡:áKu 9uollÉVotatv, 20. Per
O.T. 175
- uu uu uu - uu u u····· 11 6 da A
21. Cm
(¡¡:uyet: 8É 8elnvov u{Eniw. u u -- u - u - 2 ia poeta se
giocand(
UtAtvOV Ull.tVOV dnÉ, ¡:o 8' El) V1KÚ¡:ro. 22. Cfr
-uu uu - uu-- 111 5 da A s./474 s.;
DATTILJ 177

Come si vede, si presentano sequenze della piu varia estensione. Da


notare 19 ai vv. 125 e 129 l'inizio spondaico che coincide con una paro la
(lo stesso avviene nella strofe): si tratta di un effetto che sembra
ricercato dal poeta; di esso egli si serve anche altrove, di solito in
responsione, come una sorta di solida base per le sue lunghe serie
datti1iche (cfr. ad esempio Pers. 864/871; 880). La contrazione spondai­
ca nelle altre sedi del verso, soprattutto quando avviene in responsione,
e spesso usata mirando a particolari effetti, come ad esempio al v. 125
la messa in rilievo di parole significative che qui coincidono con gli
spondei stessi. Da notare in fine la presenza di giambi: nella forma di un
colon completo (v. 137) e, piu significativamente, nella forma di un
singolo metron premesso a sequenze dattiliche (vv. 126, 134). Che
questo fosse peculiare di Eschilo, anche se si ritrova pure negli altri
tragici 20, lo si deduce dalla citazione di sequenze simili nelle Rane da
parte di Aristofane, il quale inoltre cita proprio i vv. 109-112 dell'Aga­
mennone per mostrare la connessione tra queste successioni eschilee
e i metri tipici dei nomoi citarodici.

Sofocle Sofocle ama inserire cola dattilici, spesso in successione, in contesti di ti­
po misto, soprattutto in contiguita con giambi, cola eolici ed anche ana . .
pesti 21 (le uniche stanze omogeneamente o prevalentemente dattiliche
sono la prima e la seconda coppia strofica della parodo dell'Edipo Re:
vv. 151-158/159-167; 168-177/179-189, con probabile riecheggiamento,
visto il contenuto dell'ode, di moduli cultuali dei peani: v. sopra p. 173).
Chiara la preferenza del poeta per l'articolazione in tetrametri, i quali
vanno piu volte a costituire versi, o meglio, sistemi di una certa
estensione, in genere chiusi da sequenze di altro genere metrico; e in
particolare ti pico (anche se non esclusivo del poeta, ma da lui comun­
que piu che da altri chiaramente ricercato) 22 il fatto che successioni di
tetrametri o anche singoli tetrametri (o altri cola) dattilici dalla conclu­
sione - u u si uniscano in sinafia ad una sequenza che inizia con un
elemento libero: si tratta per lo piu di sequenze giambiche come in:
o.e. q,nVl ""COV nOAuv - uu - uu 2 da
1673-1676
(/1700-1703) aAAo""Ct: /lEv nóvov E/lm::(5ov t:'(XO/lEV, - UU - uu - uu - uu 4 da

19. Cfr. Dale, LMGD, 43; West, GM, 128.


20. Per Eschilo cfr. anche frr. 132; 282 R.; per gli altri due gran di tragici: Soph.
O.T.175/187; Eur. Hipp. 1105/1114.
21. Cosi soprattutto nell'epodo della parodo dell' Elettra (vv. 233-250), dove il
poeta sembra ricorrere ad un effetto di transizione tra i due generi metrici,
giocando sulla contrazione spondaica nel tetrametro dattilico al v. 238.
22. Cfr. Dale, LMGD, 37 e 84; per I'uso in altri poeti cfr., ad es., Eur. Ale. 464
s./474 s.; Oro 1011 s.; Aristoph. Nub. 289 s./312 s.
178 CAPlTOLO 10

EV nUllá'tQ) 8' aAóytcr'tu nupoícroll€V uu uu uu - uu 4 da Ma iI IJ


iBóvt€ Kui nuBoúcru. u u u - - 11 2 iaA cfr. ad e

Per queste sequenze giambiche iI poeta sceglie talvolta un llllZlO Hel. 381 ss. av 'tÉ no
«dattilico;; con un effetto che sembra essere quello di addolcire la
transizione verso iI nuovo ritmo: XpucroKi

8É~€'tut €unu'tpí8uv, Ató~ díq>pOVt uu uu uu-uu 4 da


El. 162 s. KUAAOcn
(/183 s.)
~lÍllun 1l0Aóv'tu 'táv8€ yuv 'OpÉO"'tuv
uu u u u u - 11 3 ia A
roA€O"EV
Troviamo il fenomeno anche con altri tipi di sequenze: ad esempio con
una serie dattilica ascendente: OAOIlÉVC

O.T. 171 s. 4> n~ aAÉ~€'tut. oih€ yap EKyOVU uu uu uu uu 4da


Compar
Itifallico
(/182 s.)
KAU'tU~ XBovó~ UÜ~€Wt OÜ't€ 'tÓKOtcrtV costruiu
u - uu uu uu - - 11 x 4 da A variame
processi,
Anche in Euripide troviamo successioni in sinafia articolate per lo piu larmentc
Euripide avremo
in tetrametri:
inoltre e
Hyps. fr. 1 ií, OU 'tá8€ nlÍvu~, ou 'tá8€ K€PKí80~ UU uu uu 1 dattili
9-14 Bond
icr'tO'tóvOU nupullúBtu AlÍllVtU uu uu uu- uu inserisc(
MoüO"u BtA€l Il€ KptK€tV, O n 8' d~ ünvov uu uu uu-uu particol.
poeta, (
i) XáptV i1 B€pun€ÚIlUW npócrq>opu uu uu - uu - uu
abbiam(
[n]ut8i npÉn€t vwpiP uu UU
'tM€ Il€AQ)8ó~ uU8&. uuu u
Unicoin
(4 tetrametri, trimetro catalettico in syllabam, itifallico) Phoen. 7~
alcuni stL
dove l'antistrofe presenta fra i tetrametri il fenomeno della sinafia di «dattil
verbale 23

Hyps. fr. 1 iii, IlUKpOnÓAcov m'túACOV EpÉ~1JO"t K€­ uu UU uu uu 24. Cfr.


11-17 Bond 25. Cfr.
A€(KJIlU'tU Il€AnoIlÉVU, 'tÓ't€ 'IlEV 'tuxú­ uu UU uu ­ uu
nAOUV, 'tó't€ 8' dAU'tívu~ avánuullu nAá­ uu uu uu uu 26. Cfr.
27. 1 ve
w[~]. 't[á]8€ Ilot 'tá8€ eUlló~ i8dv l€­ uu UU uu ­ UU
375 ss.) ,
'tut, Auvu&v 8E nóvou~ -uu uu presenza
E'tEpO~ dvu~oá'tco UUUUUU 28. Cfr.
29. Qm
GM, 131
23. Per questo cfr. anche Phoen. 801 (i784); Soph. O.C. 229-231. metriche:
DATIILl 179

Ma il poeta fa diverse volte uso anche di sequenze piu lunghe;


cfr. ad es.

Het. 381 ss. liv tÉ not' "A.ptEJ.W; B~ExopEúcratO -uu-uu uu-uu 4da

XpucroKépat' liAa<pov M¿pono<; Tttavíbu KOÚpUV


uu - uu - uu -uu 6 da

- uu uu uu - uu 4 da

OOAEcrEv OOAE(JE népyuJ!u ~upbavíu<;


uu uu - uu uu - 5 da 1\ 1\

OAO¡'¡'¿VOU<; t' 'AXUlOÚ<;. uu u - u 111 itifallico.

Compare in questi due brani, con funzione di clausola, una sequenza


costruita non kata metron, detta itifallico (- u u -, qui in forme
variamente solute), il cui nome sarebbe derivato dall'essere usata nelle
processioni dionisiache in cui veniva portato in giro un fallo 24: partico­
larmente gradíta come colon clausolare in contesti metrici diversi,
avremo modo di riparlarne proprio ritrovandola in questa funzione ed
inoltre come componente di strutture epodiche 25 •
1 dattili di Euripide alcune volte dominano intere stanze 26, altre volte si
inseriscono in contesti misti, soprattutto nei lunghi brani astrofici
particolarmente frequenti nell'ultimo periodo della produzione del
poeta, come appunto quello dell' Elena da cui e tratto il passo che
abbiamo riportato 27.

Unico in tragedia e assai problematico un fenomeno che risulta dal testo tnidito di
Phoen. 796/813: la responsione del dattilo con iI « tri braco ». Esso e accettato da
alcuni studiosi 28 che pensano che nel «tribraco» sia qui da riconoscere una forma
di «dattilo leggero» 29: se un fenomeno simile di responsione in base al computo

24. Cfe. PMG 851a.


25. Cfr. in particolare capp. 18 e 20.
26. Cfr. ad es. Herae!. 608-617/618-628; Phoen. 784-800/801-817.
27. 1 versi riportati costituiscono la fine di una lunga successione dattilica (vv.
375 ss.) con cui va a concludersi il brano, che aveva gia prima fatto registrare la
presenza al v. 355 di un esametro dattilico.
28. Cfe. Wilamowitz, GV, 360 s.; Dale, LMGD, 66; West, GM, 131.
29. Quanto agli altri possibili casi di «dattili leggeri» in tragedia addotti da West,
GM, 131 (Phoen. 1498 e 1557), e preferibile ricorrere ad altre interpretazioni
metriche: efe. West, ¡bid. e Mastronarde, Phoenissae, 558, 561, ad loce.
180 CAPlTOLO 10

delle sillabe entra in gíoco, come vedremo, per alcuni casi in commedía, nella AeKTpuc
tragedia gli esempi addotti in un altro genere metrico (gli ana pes ti) restano AEtOA«/,
dubbí JO.
A01tTepl
VO~ Tax'
Aristofane Aristofane presenta aleune stanze nel complesso omogeneamente datti­
liche; piu di una volta esse sono occupate da invocazioni e preghiere:
cosi nell'ode della parodo delle Nuvole (vv. 275-290/298-313), in cui la Notevol
misura prevalente e il tetrametro, nei vv. 1748-1754 degli Uccelli, nei (2 tr), d
vv. 875-884 deBe Rane. In quest'ultima commedia, aB'approssimarsi tre datti
dell'agone tra Eschilo e Euripide, il coro aveva eseguito un canto iniziale
costituito dalla ripetizione della stessa strofe, formata da versi dattilici a 3 da il
solenni, ma ampiamente parodici nei confronti di Eschílo: Si traW
ditiraml
Ran. 814-817 7H 1tOU 8etvóv €ptPpE!lt1:U~ XÓAOV V
€ 800EV €~Et
(/818-821j822­
825/826-829) uu uu uu uu

lÍvÍlc' av ó~úAaAÓV 1tep t81J 01ÍYOV'tO~ ó8ÓVTa


- uu - uu- uu
In epoc:
aVTtTtxvOU' TóTe 8i) !lavía~ lmó 8Etvfi~ uu uu uu uu stato 38 1
disy/lab¡
O!l!la'w (Hpo~lÍO'ETat. -- u u - u 11I

Simia fr. 17 Xaipe lí


La successione dattilica, in cuí le prime due sequenze si presentano PoweIl
sicuramente come versí, e chíusa da un dimetro trocaico catalettico, In epocl
probabilmente ricalcando un uso eschileo 31. in syllal
Assolutamente peculiare ela grottesca, lunghissima sequenza dattilica, stessa e]
in gran parte occupata da una sola parola, in Eccl. 1170-1176: si tratta Attis (G
di 28 dattili (di cuí l'ultimo probabilmente in sinafia, ammesso che i1
cantante avesse ancora fiato, con iI colon successivo 32), articolati
L'archebuleo DeBe SI:
probabilmente in tetrametri:
eBenisti,

Eccl. 1168-1176 l'áxa yap 1€ tEtcrt uuuu-u


Ao1ta80TE!laxoO'EAaxoyaAEo­ uuuuuuuuuuuu
KpaVtOM1'Vav08pl!lU1tOTpt!l!laTO- uu uu uu uu
crtAqn01tapaAO!lEAtTOKal'aKeXU!leVo- - uu uu uu uu uu uu uu 33. 11 tl:
I'allunga:
KlXAE1tLKOO'O'ucpocpan01tEpWTepa- -uu uu uu uu
34. Un
Euripide¡
35. E q
30. Cfr. oltre cap. 11, p. 187 e n. 7. Vetta, 2~
31. Per la rícorrenza in Eschilo di successioni dattilíche chiuse da questa 36. In 1
sequenza cfr. Prato, Canti, 307 (ad Ran. 817): si vedano in particolare Pers. 880 ad vv. 11
887 S.; Ag. 165 s./174 S.; Eum. 3708./379 s. 37. Per
32. Si tratta di coriambo + cretico come in Soph. O.e. 237, 242, 249. 38. Cfr
DATTILI 181

A€K'tpOOVOTC1OK€q>aAlOKlyKAoTCe­ ~ UU ~ UU - UU uu
A€tOAayq>O(npalO~aq>l1'tpaya- ~ uu -­ UU UU- uu
AOTC'tepoyrov. (jO oe 'taD't' oxpoa(jálle­ uu ~ UU UU ~ UU
VOC; 'taXO Kai 'taxéroc; Aa!)e 'tpÚ!)Álov 33 ~ U U U U ~ U U U U

Notevole l'uso delle soluzíoní: nella sequenza, verosímilmente trocaica


(2 tr), del v. 1169, ma anche, a quel che sembra, neí langa degli ultimi
e
tre dattili di v. 1171 34; cosi forse possibile pensare anche per il colon
iniziale ad una interpretazione come 2 da 1\ 35 e per quello successivo
a 3 da interamente soluti.
Si tratta probabilmente di una parodia della contemporanea poesia
ditirambica 36.

íle.s. 1 dattili in eta ellenistica e in eta imperiale 37


In epoca ellenistica, nell'ambito della produzione «libresca» ci e atte­
stato 38 per Simia di Rodi ¡'uso del pentametro dattilico catalettico in
disy/labum che dal poeta prese il nome di «si(m)mieo»:

Simia fr. 17 Xatpe ava~ "EKa'te, ~aO¿ac; lláKap Tí ~ac;


Powell

In epoca imperiale si trova usato stichicamente iI tetrametro catalettico


in syllabam .,- uu uu- uu (A.P. 15, 23); in ambito lirico nena
stessa epoca troviamo una intera composizione in dattili in un inno ad
Attis (GDK 44, 2).

L'archebuleo DeBe sequenze con chiusa - U - venne usato stichicamente in eta


ellenistica l'archebuleo:

uu ­ uu ­ uu uu ­ U - \,d

33. Il testo riprodotto e quello dell'edizione di Vetta; al v. 1173 bisogna supporre


l'allungamento epico della seconda sillaba di K€<PUAlO (cfr. Vetta, 286).
34. Un possibile caso in tragedia e Eur. Andr. 490 (cfr. Diggle 1974, 26 Id.,
Euripidea, 122).
35. E quanto propone Prato, Can ti, 353. Per altre proposte interpretative cfr.
Vetta, 286.
36. In particolare di quella di argo mento «simpotico-culinario» (cfr. Vetta, 276,
ad vv. 1169-1175).
37. Per I'uso di sequenze dattiliche in strofe epodiche, v. oltre, cap. 20.
38. Cfr. Hephaest. p. 21, II Consbr.
F
182 CAPITOLO 10
I

Lo adoperó largamente il poeta da cui il verso doveva prendere il


nome, Archebulo di Tera (prima meta del 111 seco a.e.) 39; in questo
verso Callimaco compose il fr. 228 Pf., usando per esso anche un inizio
in singola breve, e un anonimo poeta una composizione forse dedicata
agli inganni di Laomedonte (SH 992). L'archebuleo fu usato in epoca
imperiale da Diogene Laerzio per un epigramma (4, 65).

11.1.
1 cola f(
liriche s
tetramet
che non
• il diml
uu u

• il diml

Attestat
una con

L Solo
parte di J.
aver usat
39. Cfr. Hephaest. p. 28, 9 ss. Consbr. E incerto peró se sia a lui da attribuire il
«anapesti
verso riportato come esempio dal metricista: SH 124.
sopra, ca
CAPITOLO 11

Anapesti

tít.1. Attestazioni
1 cola fondamentali che entrano a comporre le sequenze anapestiche
liriche sono gli stessi che abbiamo gia visto come articolazioni del
tetrametro anapestico catalettico non lirico e deBe sequenze anapesti­
che non liriche:
• il dímetro
uu uu uu uu

• il dímetro catalettico
uu ­ uu ­ u u - -

Attestati scarsamente nell'eta arcaica 1, glí anapesti lirici son o lllvece


una componente importante del dramma attico.

l. Solo una testímoníanza antíca cí informa delruso di un trímetro catalettico da


parte dí A1cmane (TE 13 XXIII Davies = test. de metro XXIII Cal.), che potrebbe
ayer usato anche il dímetro anapestico (fr. 48 Davies = fr. 118 Cal.); per gli
«anapesti di marcia» laconici, che potrebbero anche non essere stati cantati. v.
sopra, cap. 9 (p. 156 n. 14; p. 159 n. 20).
184 CAPITOLO 11

Eur. Jon 883 K~paO'¡v


11.2. GIi anapesti Iirici del dramma attico
Eur. J.T. 231 crÓyyovo
In tragedia e nella parodia tragica in commedia gli anapesti lirici si
presentano nel dialetto a patina dorica tipico della lirica della tragedia. Come si
Essi si distinguono da quelli non lirici (anche se una sicura individua­ precede.
zione e talvolta problematica) per una serie di caratteristiche 2 : «anapes1
l. compaiono frequentemente dimetri senza incisione centrale: ancor PI
anche ca
Soph. O.T. <p80yy& biuno:rro:wl <popiibav
1310 Aristoph. Av.
328
1tPOOE&~1
2. la percentuale di contrazioni spondaiche e piu elevata (si troyano
non di rado cola interamente spondaici e compare comunemente il 4. comp
paremiaco che chiude con tre lunghe): iniziale €

Eur. Troad. aial aial, noíou; b' olK'Wu; 2 an Eur. J.T. A1Íbac; é
197-200 210-212
..av crav Aú¡..tav E~atásEU;; 2 an cr<páylO\
OUK 'Ibaíou; {cr'Wü; KEpKíba -- -- -- - u u 2 an Ka! 8u¡..t'
blVEúoucr' E~aAAá~ffi -- -- -- - 2 an /\
5. venge
3. c'e una maggiore liberta nella soluzione di elementi lunghi.
Cosi e ammessa la successione di quattro sillabe brevi: essa puó
Eur. Jan 167 Ai¡..tvac; ¡
risultare dalla contiguita di elementi lungo e biceps appartenenti
a «piedi» diversi realizzati ciascuno da due brevi:
6. si riSI
Eur. Troad. 177 .. licrb' 'Áyu¡..t¿¡..tvovo~ l:naKoucro¡..tiva 2 an
Eur. Hec. E~aúba.
Eur. J. T. 215 'l'u¡..tii8ffiv AÓAtóO~ l:n~~acrav 2 an /\ 183-185
bEl¡..taívl
..í no..' ,
Eur. I.A. 1322 &<piiUv hihav nOIl1taiav 2 an /\
7. si ris
o, piu spesso, soprattutto nella commedia 3, dalla soluzione «proceleu­
ad un ~
smatica» del «piede» anapestico:
arditi, e

Ed ora
appena
Thesm. 707 11 av oOv dnolnpÓ~ 'tUthá ..'í~, 8..ii 2 an
Eur. J.T. im balJ.l
157-165
2. In generale cfr. Dale, LMGD, 47-68; West, GM, 121. Per uno studio corn­ ¡..tóvovc
plessivo del fenorneno nella cornrnedia di Aristofane, con proposte interpretative 'Aíb~ 1t
quanto alla performance dei vari brani, cfr. Pretagostini 1976. ¡..tÉAAffi .
3. Cfr. West, GM, 123.
ANAPESTI 185

2 an /\

Eur. I.T. 231 cr6yyovov 6v h.i1tOV ~rrtjla(J1:tbtoV 2 an

Come si vede, in quest'ultimo brano la realizzazione del «piede» che


precede il «proceleusmatico» con un «dattilo» e la realizzazione con
«anapesto» di quello che segue porta alla successione di un numero
ancor piu elevato di sillabe brevi, un fenomeno che puó verificarsi
anche con altre combinazioni:

4. compaiono frequentemente i dimetri catalettici, anche in posizione


iniziale e, spesso, in successione tra loro:

Eur. l. T. A1Íba<; á "CAájlrov Koúpa


210-212
cr<páytov 1ta"CP<txt Aro~q.. u u --­
Kal eUjl' OÓK eóyáeTJ"COv -- ---­

5. vengono usati in funzione c1ausolare anche dimetri acataletti:

Eur. Jon 167 Atjlva<; irrÍ~a "Ca<; ATjAiábO<; 11 (c1ausoIa intermedia)

6. si riscontra l'associazione con cola di altri generi metrici:

Eur. Hec. ¡';~aúba. jlT] KP(J\II'!J<; bapóv. -- -- -- - 2 an


183-185
betjlaívro betjlaívro, jla"Cep, 2 an
"Cí rr01:' avacr"CÉvet<; uuu u docmio

7. si riscontra, nello stesso contesto, iI passaggio dal ritmo anapestico


ad un altro tipo di ritmo (a volte anche con cambiamenti piuttosto
arditi, come in Aristoph. Vesp. 1009 ss., da anapesti a trochei).

Ed ora un brano ín cuí sí vedono riunite aJcune delle caratterístíche


appena esposte:

Eur. J.T. iro baijlov, an


157-165
jlÓVov 0<; jle KacrÍYVTJ"COV cr\)AI}<; uu uu 2 an
'Aíbq.. rrÉjl'l'a<;, <p "Cácrbe xoa<; u u - - - ············uu 2 an
jltAAro Kpa"Cfjpá "Ce "Cóv q>etjltvrov - u u uu 2 an 160
186 CAPlTOLO 11

ú8paíVelV yaía<; ev VÚnOlt; 2 an soprat


nT\yát; L' oópdrov eK Ilócrxrov 2 an ritmo i

BáKXOU L' oivT\pat; }vOl~a<; 2 anA sociazi


~ou8uv Le nÓVT\lla lleA,l(jcruv -- uu uu­ 2 an A forme
Ü VeKpOit; 8eAKLlÍpla Kel'tal. uu -- uu -- 2 anA
Ai vv. 3
mente a
Osserviamo in tutti i cola la contrazione spondaica (i vv. 157 e 161-163 procelel
sono interamente contratti); l'incisione central e e presente solo al v. respons
159; i vv. 163-165 sono tre dimetri catalettici in successione tra loro. questi c;
Assai d
eventua
La tragedia Nella tragedia anapesti l¡rieí appaiono qualche volta isolati in contesti
di altro genere metrico oppure in contesti polimetrici (cosi ad es. DiscuSSi
nell' Edipo Re di Sofocle, ai vv. 469-470/479-480 due dimetri anapestici della die
sono inseriti fra cola eolo-coriambici in una stanza che presenta anche delle se(
sequenze giambiehe), ma soprattutto li troviamo in successioni piu
o meno lunghe, ora a formare sezioni di brani che poi proseguono in
ritmo diverso, ora come protagonisti di intere composizioni liriche, con 5. Aril
l'immissione piu o meno sporadica di altri tipi di metri, tra cui soprat­ 343-351
tutto i docmi. Un uso peculiare equello di Euripide, che in aleune trage­ 6. Cos
cítato PI
die compone, in lunghe successioni di quest'ultimo tipo, brani (soprat­
v.350b,
tutto astrofici) affidati ad attori 4. Non poche volte gli anapesti liriei si forma SI
inseriscono in immediata successione ad anapesti recitati o recitativi, 7. Una
contribuendo talora a sottolineare un diverso livello di emozione: e ni luogh
quanto avviene, ad esempio, nell'Edipo re, ai vv. 1297 ss" in cui il coro do la stu
annuncia l'ultimo arrivo sulla scena del protagonista in anapesti non 197, del
lirici, ai quali segue subito, da parte di Edipo, un breve lamento in (u u u
136 (u I
anapesti lirici (vv. 1307 ss.), che prelude ad un piu ampio lamento lírico
al di la
del medesimo, cui poi si unid. il coro. Altre volte troviamo nel medesimo commed
contesto un'alternanza tra i due tipi; cosi nelle Trachinie, ai vv. 971-1003, in respo
Eracle in agonia si esprime in anapesti lirici, mentre al figlio Illo e al di colizz
vecchio sono assegnati anapesti non liriei; nelIa scena introduttiva 889 POS!
dell' Ifigenia in Aulide Agamennone e il vecchio iniziano in anapesti dimetri
non lirici un dialogo durante il quale, in corrispondenza del crescere introduc
contesto
dell'emozione, il primo passa (non senza fluttuazioni) agli anapesti lirid
tragedia
(vv. 115-163), rito mando poi di nuovo alla recitazione. miaco se
La commedia La commedia presenta anch'essa anapesti lirici come inserti sporadici, semplice
come metri di aleune sezioni liriche che proseguono con ritmi diversi, e giambic(
infine offre brani dominati dagli anapesti: in quest'ultimo caso si tratta meglio, I
metron a
secondo
che al f€
4. Si tratta di Hec. 68-97, 154-215; Troad. 122-152 (a cui seguono due coppie (quest'ul
strofiche anapestiche che forman o la parodo: vv. 153-175/176-196 e 197-213/ immedia
214-229); I.T. 123-235; Ion 144-183, 881-922. da inequ
A::-<APESTI 187

soprattutto di brevi canti corali di struttura piuttosto semplice e di


ritmo omogeneo 5• Peculiare degli anapesti lirici deBa commedia e l'as­
sociazione con i cretici, soprattutto quando compaiono le rispettive
forme solute del «proceleusmatico» e del peone primo (- u u u).

Ai vv. 333-335/349-351 degli Uccelli, che fanno seguito ad una sezione omogenea­
mente anapestíca, e attestato un ripetuto fenomeno di responsione libera tra tali
proceleusmatici e peoni primi; in Vesp. 339/370 la tradizione conserva una
responsione tra uu u u u u - e - u uu u-: sembrerebbe contare in
questi casi, a livello di responsione, la corrispondenza tra il numero deBe sillabe 6.
Assai dubbio che un tale principio del computo deBe silIabe potesse essere
eventualmente operante anche nella tragedia euripidea 7.

Discussa e la possibilita che negli anapesti lirici I'allentamento nell'uso rigoroso


della dieresi tra metra abbia portato in alcuni casi ad una costruzione kata poda
delle sequenze. Una pentapodia anapestica e per lo pió riconosciuta in Aristoph.

5. Aristoph. Ach. 1142-1149; Eq. 498-506; Pax 939-946JI023-1031; Av. 328-335/


343-351; 1726-1730; 1743-1747; Ran. 372-376/377-381.
6. Cosi Dale, LMGD, 56 S., che, per questo motivo, nel brano degli Uccelli prima
citato propone di correggere iI v. 334b per ottenere una responsione sillabica con il
v. 350b, invece di quella tnidita, peraltro non problematica, tra cretico e la sua
forma soluta uu u -.
7. Una tale interpreta7jone e stata proposta da A.M. Dale, LMGD, 62 ss. per a1cu­
ni luoghi problematici di brani anapestici astrofici dove si presenterebbero, secon­
do la studiosa, piedi «anapestici» di forma u u u : si tratta (a prescindere da I.T.
197, del cui testo la stessa Dale riconosce le dubbie condizioni), di I.T. 220, Jon 889
(u u u u u u u u u u u u); I.1'. 213 (u u u u u u -); Ion 900, Troad.
136 (u u u u u u u u u u -); J.1'. 130 (u u u u u u u u u u): ma,
al di la delle difficolta teoriche di ammettere per la tragedia licenze che per la
commedia sarebbero almeno sostenute da una pió frequente ricorrenza, per di piu
in responsione, resta il fatto che per i brani in questione si aprono altre possibilíta
di colizzazione o di interpretazione che possono sostenersi tra loro: J. T. 220 e Ion
889 possono essere interpretati come dimetri giambici (cfr. Diggle, Studies, 96) o
dimetri trocaici, e per Jon 889 e possibile anche una colizzazione diversa, che
introduce docmi (cosi Biehl nella sua edizione) gia prima comparsi in questo
contesto, ed inoltre, interpretando come lungo l'a/fa di <pápecrtv, per il quale in
tragedia sono attestate entrambe le possibilíta di misurazione, avremmo un pare­
miaco soluto. Troad. 136, se non si vuol introdurre una correzione, peraltro molto
semplice (cfr. Biehl 1989, 138), e interpretabile, al pari di Jon 900, come metron
giambico + anapesto, e I.T. 213 come ia + molosso (v. oltre, cap. 14, p. 214 s.) o,
meglio, come ia + an catalettico. Piu problematico I. 1'. 130, interpretabile come
metron anapestico + ia con fine di paro la tra le due breví nate dalla soluzione del
secondo longum del primo ana pesto, o come paremiaco fortemente soluto, ipotesi
che al fenomeno suddetto unisce queHo deHa soluzione del penultimo elemento
(quest'ultima interpretazione, comunque, potrebbe essere favorita dal contesto
immediatamente circostante, visto che il colon in questione e preceduto e seguito
da inequivocabili paremiaci).
188 CAPITOLO 11

Ach. 285: ~s IlSV Ol>V KU"CUAsúcrollsv, <b Ilwpa KS(jlUAT] 8: ma, dato che essa
Da seg
e inserita in un contesto non anapestico, non se ne possono escludere altre
del COI
interpretazioni, come ad esempio queUa di serie dattilica ascendente.
sembra
Come misura anapestica dispari e stata interpretata una sequenza formata da
o dalla
sei lunghe che compare alcune volte in con tes ti anapestici, neUa tragedia e
«invem
anche neUa commedia 9, e cosi pure forme considerate rispetto ad essa «solute»
uu _10, uu - uu uu _JI, UU UU uu uu uu UU 12. Piu sottil­ avopec;
mente A.M. Dale ha proposto!3 di pensare, per il colon di sei lunghe, come pure crl)WTCtt
per un altro di cinque lunghe, che in alcuni casi troviamo in contesto anapestico 14,
ad un modo di misurare gli anapesti lirici a seconda del numero delle sillabe Si discl
lunghe (da quattro a otto), con occasionali «soluzioni». In realta peró, neHa forma a una ~
con cinque lunghe, come ammette la stessa studiosa, e possibile identificare trattass
un docmio 15; per quella con sei lunghe e per le sequenze uu ­ veri e 1
e uu uu - uu si puó pensare a forme di prosodiaco 16 (la seconda anapest
con apertura in doppia breve), visto che il prosodiaco ad apertura monosilla­ co 22 , se
bica non e privo di riscontri in associazione con gli anapesti 17; infine con qUi
u u u u u u u u u u u u puó essere interpretata come un di metro giambico 18. anche s
i fereen

8. Prato, Canti, II pensa invece (con Schroeder) ad una serie di dnque cretíci,
citando a sostegno il caso sopra ricordato (v. p. 187) degli Uccelli, che presenta re­
sponsioni tra proceleusmatici e peoni: un confronto piu stringente sarebbe peró la
responsione che abbiamo gia citato, in Vesp. 339;370, fra «piede» anapestico e cretico.
9. Per la tragedia cfr. Eur. Hec. 200; Troad. 144 (per Ion 904 e possibile anche
11.3.. Gli aJUttR
una diversa colometria: cfr. Diggle 1974,24 s. = Id.. Euripidea, 119 S., scettico Poco e
anche suHe condizioni del testo); per la commedia: Aristoph. Ran. 374.
10. Cfr. Eur. I. T. 150.
eta ¡m
11. Cfr. Aesch. Pers. 952/965; Aristoph. Lys. 479 s.;543 S., per cui v. anche sotto Gotta
alla n. 16. inni d:
12. Cfr. Eue. l. T. 232; in Aristoph. Av. 328/346 la serie in questione risuIta abbonc
secondo una colometria proposta per il brano, che vede anche la presenza di una kala sI
tripodia di forma u u uu u u uu - ma che non e l'unica possibile. 2, in 1
13. Cfr. LMGD, 60 SS.; la proposta e stata seguita da D. Bohnke, Lyrische paremi
Anapiiste, Kiel 1960. passim.
14. Cfr. Eur. Hec. 182,190,193,201; I.T. 126 S.; 188?; Ion 906-909.
15. Nel brano dell'Ecuba in cuí compaiono i casi riportati alla nota precedente il
19. Ce
contesto presenta anche un docmio (v. 185) di forma piu riconoscibile (mentre al
ne che 2
v. 1057 della stessa tragedia una serie di cinque lunghe e in mel.zo a docmi: solo piu
20. Cf
avanti cominciano gli anapesti). Nel brano deHo Ione ci sono pure docmi riconoscibi­
21. Cf
ti: qui peró in piu e forse possibile identificare un sottile gioco di transizione ritmica
22. Cf
di questi docmi (vv. 894-896) neUa successione verso gli anapesti. Per la possibilita di
23. Cf
trovare anche un docmio isolato in contesti anapestici, cfr. Soph. El. 205/225.
a docmi
16. Cosi, ad esempio, per il caso di Ran. 374, Prato, Canti, ad loc.; per Lys. 479 s.1
543 s., Pretagostini 1978, 177 s., che colizza quanto segue in due dimetri anapestici oltre, PI
fortemente soluti (diversamente, per questo luogo, Henderson, Lvsistrata, 130, che tetrame'
(Simia (
con Dale, LMGD, 56, e West, GM, 123, colizza i vv. 479-483/544-548 in 4 tripodie
estensio
anapestiche e un metron anapestico).
24. La
17. Cfr. Eur. Med. 993 sJ999 s.; He!. 692 S.; Aristoph. Ran. 679.
serein n
18. Cosi Diggle, SLUdíes, 96. Per la possibilita di cola giambici m contesti
25. Cf
anapestici v. sopra, n. 7.
Lacomr
ANAPESTI 189

Da segnalare infine il difficíle problema presentato da un frammento (84 K.-A.)


del comico Ferecrate (probabilmente proveniente da una parabasi, visto che
sembra contenere una allocuzione al pubblico, ma non si sa se dal kommátion
o dalla parabasi vera e propria), nel quale il poeta presenta una sua nuova
«invenzione», i crÓ¡.t1t'tUK'tot UVá1tatcr'tOl, «anapesti compiegati»:
liv8psC; 1tpócrxs'ts tÓV vouv i'.:~St)pi¡¡.tU1:l KatVij} Uv vU
crU¡.t1tTÚKtolC; UVU1tUicrTOlC; Uv

Si discute se l'invenzione qui vantata da Ferecrate consistesse nell'aver dato


a una successione di tripodie anapestiche la forma di ferecratei 19 oppure se si
trattasse di una allusíone scherzosa alla forma ambigua di talí sequenze, peraltro
veri e propri ferecratei 20 oppure se la novÍta consistesse nell'uso di tripodie
anapestiche accoppiate 21 oppure ancora, come proponeva gía un esegeta antÍ­
co 22, se con il termine uvá1tatcrtot il poeta intendesse (come talvolta fa proprio
con questo termine Aristofane) riferirsí alla sezione principale della parabasí,
anche se costítuita da un altro metro, come eupolidei nelle Nubi, e quí, appunto,
i ferecratei accoppíati.

11.3. GIi anapesti in epoca ellenistica e imperiale


Poco diffusa in epoca el1enistica 13, la poesía anapestica fu coltivata in
eta imperiale, soprattutto per inni, ad es. nel II seco d.C. l'inno alla
Gotta in Luciano, Podagra 191-203 (dimetri con catalessi finale) e gli
inni di Mesomede (ad un cigno, n. lO Heitsch, monometri, con
abbondanza di «proceleusmaticú>; n. 4 Heitsch, a Physis, paremiaci
kata stichon) 24 e, piu tardi (IV sec.), gli inni di Sinesio di Cirene (nn. 1;
2, in monometri anapestici ciase uno costituente un verso; n. 3 in
paremiaci )25.

19. Cosi Dale, LMGD, 61 S., che, piu precisamente, secondo la sua interpretazio­
ne che abbiamo riportato sopra, parla di hexamakron anapestico.
20. Cfr. Gentili 1952,46.
21. Cfr. Palumbo Stracca 1979,65 S.
22. Cfr. p. 161,9 ss. Consbr.
23. Cfr. PMG 863-865 (Carmina popularia); cola anapesticí si troyano, insieme
a docmí e cretici, gíambi e dattili, nel Lamento dell'esc!usa (CA 177), per cui V.
oltre, pp. 200 e 276; al di fuorí della lírica effettivamente cantata, furono usati iI
tetrametro catalettíco (Alessandro Etolo, fr. 7 Powell), íl trímetro catalettico
(Simia di Rodi, fr. 9 Powell), il dimetro (PMG 1033), e successioni di una certa
estensione (CA 187-189: elogio di Omero: profezie di Cassandra).
24. La presenza ai vv. 7 e 15 di un inizio in singola breve potrebbe far pensare di es­
sere in realta in presenza di enopli: efe. peró anche Gentili 1952,202; West, GM, 172.
25. Cfr. Synésios de Cyrene, tome 1, Hymnes, texte etablí et traduit par C.
Lacombrade, Paris, 1978.
190 CAPITOLO 11

In alcune composizioni di Mesomede (nrr. 2, 7-25; 3; 6-9; 11-12


Heitsch) e in Luciano, Podagra 87-111, a paremiaci si alterna una
sequenza uu uu uu - u --, che veniva detta clrróKpo'toV e dove­
va essere intesa come anapestica 26. Una sequenza uü - uu u fu
usata piu tardi per tre inni (nn. 6-8) da Sinesio, che ne vanta
l'invenzione; negli inni 7 e 8 si trova anche la sua forma catalettica
uu uu

Le sequ
• il dim

con la s
X-u

• il trirn
X-u
con la s
x u .

• il tetn
X-u·

In quest
in epoce
la varia]
26. Per altre composizioni che vedo no la presenza di una tale sequenza, in e sempr
unione o meno con anapesti, cfr. West, GAf, 173. fenomer
CAPITOLO 12

Giambi

,ll.l. Attestazioni
Le sequenze gíambiche attestate nella lírica sono principalmente:
• il dimetro
x~u X--u~

con la sua forma catalettica


x u u

• il trimetro
x u x u~x u~

con la sua forma catalettica


x u-x u-u­

• i1 tetrametro
x u - x u ~ x u - x u -.

In questo tipo di sequenze l'associazione al metron giambico (frequente


in epoca tardo-arcaica e classica) di unitti come il baccheo (u ~ -, con
la variante del molosso ~), il cretico (- u ~), lo spondeo (- ~) non
e sempre agevole da giudicare: puó trattarsi (a parte naturalmente il
fenomeno della catalessi bacchiaca e, forse, di quella spondaica) di
192 CAPITOLO 12

forme sentite come equivalenti al metron giambico 1, il che sembra • il trir


talvolta, come vedremo, confermato dalla responsione della sequenza fr. 89, 5
- u - (e forse anche di u - -) con un metron giambico completo 2; Davies = 159, Ka! KVI
oppure possiamo essere in presenza di veri cretici e bacchei. 5 Cal.
L'uso di cola giambici (dimetri, dimetri catalettici, trimetri), talvolta con • il triI
anaclasi coriambica, cioe con la sostituzione del metron giambico con il
coriambo, di cui abbiamo avuto gia modo di parlare (v. sopra, p. 94, fr. 96 Davies f¡8r¡ 1[{
n. 73), per semplici canti (o formule) legati al rito e per canti popolari di = 130 Cal.
Xí8pO\
varia natura (che troviamo in genere raccolti nelle edizioni dei lirici sotto
l'etichetta di «Carmina popularia») ci e testimoniato da diversi fram­
• il tet
menti 3. La loro datazione e difficile, ma e legittimo pensare che alcuni di
essi possano risalire almeno ad epoca classica, e considerare che il ritmo fr. 2 (1), 1
Davies = 2a, 3 Kácr't(i
giambico fosse stato sempre collegato a questo tipo di produzione. Cal.
--u-
PMG 852 rrou ~Ol 'tU pó8a, rrou ~Ol 'tU ta, dimetro giambico
rrou ~Ol 'tU KaAu crÉAlva; dimetro giambico catalettico Saffo e Alcea Iltrim
m8i 1U pó8a, m8i 1U ta, dimetro giambico acatal,
m8i 1U KaAu crÉAtva dimetro giambico catalettico fine di
non si

Anaereonte Quan1
12.2. Sequenze giambiche nella Iirica arcaica dimetl

Alemane Le principali sequenze giambiche sembrano attestate gia in Alcmane 4: PMG 428 = EpÉ(j) ,
fr. 46 Gent. Ka! !lC
• il dimetro:

fr. 20 ropa<; 8' Ecrr¡KE 1pd<;, 8Épo<; - - u - u - u - Il poc


Davies = 12
Kai XEl~a KomÓlpav 1pimv - - u - - - u - a larg
Cal.
Kai 1É1palOv 10 Ffíp, OKa - - u - u - u U

cráAAEl ~Év, Ecr8ir¡v 8' ii8av - -


u - u - u ­ PMG 429 = ó !lf;V
fr. 49 Gent. rrápEC
OUK Ecrn - - u ....

• il di metro catalettico: ed inl


S 5(b), 14 tetrar
Davies = fr. 241, cri8a<; 800 yAllK~a<; u - u - u - ­ PMG
14 Cal. Bena
respo
l. Spesso si parla aquesto proposito di forme sincopate, anche se il termine non
e dei piu felici, visto soprattutto il suo diverso uso moderno in ambito musicale.
2. Per spiegare il fenomeno si puó allora pensare alla protrazione, nella perfor­
mance, di una delle lunghe in questione, o alla presenza di un Xpóvo<; KEVÓ<; 5. Pe
(tempo vuoto): la perdita della musica non ci permette di scegliere con sicurezza. e cola
3. Cfr. West, GM, 146-148. 6. A
4. Per le sequenze giambiche componenti delle strutture epodiche di Archiloco, 7. e
Ipponatte, Anacreonte, v. oltre, cap. 20. 8. P,
GIAMBI 193

• iI trimetro:
fL 89, 5
Davies = 159, Kai Kvro8aA' BV ~tv9E(J(n nopq)Upéa~ áAÓ~ -- u - -- u u u
5 Cal.
on • iI trímetro catalettico:
1il
~4,
fr. 96 Davies f¡8TJ nap€~d nUÚV1ÓV tE nO/" tÓV - - U - - U U U U
di 130 Cal.
Xí8pov 'te AEUKOV KTJpívav t' ónropav --u- --u- U
tto

di • íI tetrametro:
no fr. 2 (1), 1
Davies = 2a, 3 Kúcmop tE nroArov roKErov 8jlatfípE~ ínnówt <JO<j)oí
Cal.
--U U -U-U U

Saffo e Alceo Il trímetro catalettico fu adoperato da Saffo (fr. 117 V.), iI tetrametro
acataletto da Alceo (fr. 374 V.), che uso anche dimetri all'inizio e alla
fine di una strofetta (fr. 303A b V.) formata da tre sequenze, deBe quaIi
non si e riusciti a recuperare quella centraIe 5.

Anacreonte Quanto ad Anacreonte, ci viene riferito che compose intere odi In


dimetri giambici:
,4.
, . PMG 428 = ¿ptro 't€ 8TJo't€ KOUK ¿PEro U U - U - u-
fr. 46 Gent. Kal jlaívojlat KOU jlaívojlat 6 U - - - u­

11 poeta usó anche il dímetro catalettico destínato, come vedremo,


a larga fortuna, con íI nome di emiambo, in eta imperiale:

PMG 429 ó jleV 9EArov jlÚX€<J9at, U U U - -


fL 49 Gent. núpE<Jl"t yúp, jlaXE<J9ro 7 U U U - ­

ed inoltre iI trimetro (PMG 425; 426 = frr. 52; 53 Gent.), e anche il


tetrametro acataletto (PMG 499(d) = test. VIII Gent.; cfr. inoItre
PMG 424 = fr. 54 Gent.).
Ben attestato nel poeta ruso di cola giambo-coriambici, con scambio in
responsione tra i due metras .
.
,.
Ir­
'>c; 5. Per l'uníone, nella lírica eolica, e anche successivamente, tra metra giambici
a. e cola eolici v. oItre, cap. 17, p. 236; p. 239; p. 249 s.
6. Altri dimetri in successione in PMG 427 fr. 48 Gent.
0, 7. Cfr. anche PMG 430 fL 50 Gent.
8. Per questo v. oltre, cap. 15, p. 217 s.
194 CAPlTOLO 12

l'ipodoc
12.3. 1 giambi in Simonide, Pindaro, Bacchilide uu
x- u-
A parte l'uso, a liveIlo di inserzione di metra o di cola, all'interno di Nella gi
composizioni prevalentemente eolo-coriambicbe, e quello nei cosiddetti di quatt
«dattilo-epitriti», dei quali ci occuperemo piu avanti, i giambi COffi­ Vediam
paiono in alcune odi dei tre grandi lirici corali (quelle cbe Snell indica
nelle sue edizioni di Pindaro e Bacchilide come costituite da metra «ex Pind. U u­
iambis orta»); esse sí presentano nel complesso come associazioni di Olimpica 2 U u u ­
metra e cola giambici con cretici e trochei, con la comparsa anche dí -u­
altri tipi di sequenze, quali ad esempio docmi, reiziani, cola enopliaci U-\.,.
u\.,.
o eolo-coriambici 9.
u--\'"
Le composizíoni in questione sono: Simonide PMG 541, la Olímpica 2 U-
e il fr. 75 M. di Pindaro e il ditirambo 17 di Bacchílide (e cfr. anche
Simon. PMG 579; Pind. fr. 108 M.; Bacchyl. fr. 14 S.-M.).
In queste odi il cretico, almeno alcune volte, eda interpretare come una
forma del me/ron giambico; questo sembra sicuro nei casi del diti­
rambo bacchilideo 10 in cui le due forme sono attestate in responsione 11:
in str. 6 12 Cia, inveée del cretico degli altri luoghi, al v. 72); str. 15 (a, Nella t
invece del metron giambico degli altri luoghi, al v. 38); str. 19 Eschilo ritmo e
(ia, invece del cretíco degli altri luoghi, al V. 42); str. 21 (er er ai vv. 21, 1 cola (
44, ia cr ai vv. 87 ellO); ep. 6 (er er a al V. ia cr a al v. 118) 13. o trimel
Sono presentí le varie forme docmiache, il docmio, Ü uu u UU, grande
forme
etram~
9. Per questa interpretazione cfr. Gentili 1974,86-89; R. Pretagostini, Conside­ fenome
razioni SU! cosiddetti «metra ex iambis orla» in Simonide. Pindaro e Bacchi/ide, chen01
QUCC n.s. 6 (35) 1980, 127-133. 163/18:
10. 1 problemi del testo e deHa colometria di questa difficile ode sono stati che, vis
ampiamente discussi da Gentili 1974: R. Führer, Beitriige zur Metrik und Textkri­
trocaicl
lik der griechischen Lyriker l/a. Text und Kolometrie von Bakchylides' 'HíOeot (e.
l7), NAWG 1976, 167-243; West 1980, 137-140.
troppo
11. Per un fenomeno analogo nelle componenti giambiche dei dattilo-epitriti
bacchilidei V. oltre, cap. 18, p. 262. Per la difesa di un simile caso di responsione in
un contesto eo10-coriambico in Pind. 01. 10, 105, cfr. B. Gentili, in Mélanges P. 14. Cf
Lévéque, 5, Paris, 1990, 119 s. 15. Cf
12. 1 numeri corrispondono ai cola de11a edizione di S.-M. 1980, 13
13. Cfr. anche str. 8-9, ia cr cr ia (vv. 8-9, 31-32)/ ia cr ia ia (vv. 74-75; 97-98), cit. a n.
secondo la proposta di West 1980, 137 S., che riconosce una responsione di questo anche P
tipo anche in str. 2 (al V. 68 cretico invece del metron giambico degli altri luoghi) 16. UI
scandendo MíVffit come bisillabo; diversamente Gentili 1974,97 S., che, scanden­ fr.204b
do 10 stesso vocabolo come trisil1abo, e mantenendo il testo tradito del V. 91, am­ a riconc
mette nel luogo, con una diversa colometria, una responsione'd 'd per la cuí Stuttgal
possíbilíta nelle componen ti trocaiche dei «dattilo-epitriti» V. oltre, cap. 18, p. 262. síoni ne
Quanto alla responsione ammessa da West 1980, 139 S., a str. 14 (ia ia a vv. 14 e LIGD,
80fia cr a vv. 37 e 103) essa si basa su una ricostruzione del testo di str. 13-14 (in producti
partícolare vv. 13 s.; 79 S.; 102 s.) inferiore a quella di Snell e di Gentili 1974,92 ss. Liingen
GIAMBI 195

l'ipodocmio u u u - u u u e il docmio kaibeliano nella forma


Ux_ u - u - (cosi in Bacchyl. dith. 17) 14.
Nella giustapposizione dei metra e dei cola vengono evitate successioni
di quattro sillabe brevi o di tre sillabe lunghe 15.
Vediamo la struttura dei versi in cui si articola la coppia strofica di:

Pind. u-u--u-"-J ia tr
Olimpica 2 u uu ­ u - - u uu ­ u uu ­ u "-J 8. cr cr cr.
- - u - - u uu ­ u uu ­ - u - uu u "-J la cr cr la cr
- u - uu u "-J cr cr
- - u uu ­ u - uu u - uu u "-J la cr cr cr
u - ­ u uu ­ u uu ­ u - u - ­ u-"-J 8 cr cr ba ba
- - u - uu u - u - u - u u "-J ia cr dim cho B acefalo

1 giambi nella lirica del dramma


Nella tragedia l'autore che fa registrare l'uso piu frequente di questo
ritmo e senz'altro Eschilo.
I cola da lui adoperati sono semplici, di derivazione popolare: dime tri
o trimetri (acataletti e catalettici). In essi il metron giambico si unisce con
grande frequenza al cretico: l'ipotesi che almeno alcune volte si tratti di
forme equivalenti potrebbe essere rafforzata da alcuni casi in cui
e tramandata una responsione tra i due metra: si tratta comunque di un
fenomeno assai discusso, visto che, a parte Sept. 170j178, gli altri esempi
che non siano palesemente corrotti (Pers. 1006/1012; Sept. 330/342; P. v.
163/182; Eum. 526/538; 492/501; Cho. 800/812, gli ultimi due in sequenze
che, visto i rispettivi contesti, potrebbero essere interpretate anche come
trocaiche: avremmo allora una responsione cr/tr) si prestano a correzioni
troppo facili per essere addotti come prova 16.

14. Cfr. str. 12; 17.


15. Cfr. West, GM, 68. Eccezioni in Bacchy1. 17: vv. 74/97 (str. 8, secondo West
1980, 137 S., per cui v. sopra, n. 13), 116; 82; 91-92 (str. 2-3: cfr. Gentili 1974,97 s.
cit. a n. 13); 102 (str. 14 secondo il testo di Gentili e Snell, per cui v. alla n. 13); cfr.
anche Pind. 01. 2, 10.
16. Un esempio di responsione tra ia e ba da un drarnma satiresco: Prom. Pyrk.
fr. 204b, 4/13 R. Sul problema cfr. G. Zuntz, Hermes III (1983),275, propenso
a riconoscere in Eschilo la responsione tra ia e cr, M.L. West, Studies in Aeschylus,
Stuttgart, 1990, 109 S., piu critico. Per una discussione su questo tipo di respon­
sioni ne!l'intero ambito tragico cfr. West, loe. cit.; Id., GM, 103 S.; Denniston,
LIGD, 143-144 e i lavori di S. Reiter (De syllabarum in trisemam longitudinem
productarum uso Aeschyleo et Sophocleo, Leipzig, 1887; Drei­ und vierzeitige
Liingen bei Euripides, SAAW 129, 1893).
196 CAPITOLO 12

giambicc
Viene decisamente preferita la realizzazione con sillaba breve degli
elementi liberi, e non particolarmente diffuso e l'uso della soluzione:
El. 211 s. Jllloé 1t01
essa compare per lo piu in responsione esatta; nei luoghi fortemente (/231 s.)
interessati al fenomeno si puó notare anche una stretta corrispondenza 'tOtÚO' eh
tra i gruppi verbali in responsione.
incuiee
ü u u u uu u uu u ­ Tra i tri
preferen:
Chao 25/35 1tpÉ1tEt 1tap1J~<poiVtO'O" (l!lUYI.tO¡~ OVUXo~ aAOKt VEO'!ÓJlCfl /
Come el
UropÓVUK'!OV UJl~óaJla JlUXÓ9EV EAaKE 1tEpi <pÓ~Cfl usato pi'
catalettic
Eschilo usa spesso in successione sequenze giambiche, variamente giambic¡
«complete» o «sincopate», in stanze in cui altri tipi di ritmi o sono
assenti o compaiono in piccolissima quantita; piu di una volta, allora, La respOl
una sequenza di ritmo diverso e collocata nella penultima posizione 369/384; I
prima che si tomi, con il colon finale, ai giambi: cosi ad esempio nella
prima coppia strofica della parodo delle Coefore (da cui viene anche Euripide Euripid€
l'esempio appena riportato), in cui prima della clausola giambica dell'elen
troviamo al v. 30/40 una sequenza formata da cinque dattili. diventa
Come clausole sono preferite il colon della forma - u - x - u ­
cr + ia (dimetro «sincopato»?), quello della forma - u - u - ­ fu '!ÉKeu
H.F. 115-11 8
cr + ha (dimetro «sincopato» e catalettico?), trimetri «sincopati», (/127-30)
l'aristofanio (che ben si collega al fenomeno dell'anaclasi coriambica fu yeput
che qualche volta interessa questi metra giambici) e anche il ferecrateo. '!Ep, a '!
1tómVel
Eum. 550-557 f:KWV o' uváyKa~ lÍ'!Ep oiKatO~ &v u - u - - u - u - u - la cr la
(/558-565)
OUK avoA~o~ EO''!at· - u - u - - cr ba Da not
1taV(Í)AE9po~ <o') OU1to't' av yÉvOt'!O. u - U - - u - u - u 11 ia cr ba «compl
'!óv UV'!Í'!OA!lOV oÉ <pa!lt 1tap~áoav u - u - - u - u - u - la cr la Piu spe
intrecci
ayov'!a 1tOAAU 1tav'!ó<pup'!' avEU oiKa~
u - u - u - u - u - u - 3 ia
Possibili
~tairo~ ~0v XPÓVCfl Ka9lÍO'EtV u - - - u - u - - 11 ba cr ba 1143/1l~
Aa¡<po~, o'!av Aá~1J 1tÓVO~ -uu-u-u- cho ia
9pauoJlÉva~ KEpaia~. -u u-u--III ar =
cho ba 18. Cfr
19. Cfr
Pubblic~
Sofocle Sofocle, che usa assai meno di frequente i giambi, fa registrare la loro
del v. 14
presenza soprattutto in stanze polimetriche, in unione a cola eolici 20. Cfl
o dattilici. Ricordiamo l'uso caratteristico del poeta, che abbiamo gia 21. Qu
visto sopra parlando dei dattili 17, cioe quello di porre un colon pati»: p
riguard~
non sus:
v. 194 (/
17. Cfr.p.l77s.
GIAMBI 197

giambico in sinafia con un precedente colon dattilico:


Ii
El. 211 s. ¡..tllOt not' ó:yAufu<; unovuíutO u u u u u u u u 4 da
e (/231 s.)
a t01ÚÚ' uvÚcrUV1:E<; epyu. uu u u u 1II 2 ia cat

in cui e da notare l'inizio della sequenza, ambiguo con i dattili.


Tra i tre grandi tragici Sofoc1e e quello che mostra una maggiore
preferenza per la realizzazione dell'elemento libero con sillaba lunga.
Come c1ausola, mentre scompaiono l'aristofanio e il ferecrateo, viene
usato pió di una volta, diversamente da Eschilo, il trimetro giambíco
catalettico (ad es. in O.e. 541/548 alla fine di una stanza interamente
e giambica, ad eccezione del penultimo colon, un tetrametro dattilico) IH.
)

La responsione tra metron giambico e cretico si presenta nel testo tradito di AL


e 369¡384; O.T. 867/877; O.e. 1454/1469 19 •
l
e Euripide Euripide, che ritorna ad una realizzazione prevalentemente breve
l dell'elemento libero, fa un ricco uso deBa soluzione dei longa, che
diventa ancora pió frequente in contesti di eccitazione emotiva:

H.F. 115-118 ro tÉKEU, téKEU nutpo<; unútop', ~ uu u uu u uu u uu 2 ia


(/127-30)
l
ro yEpUlt crú tE tÚAUlVU ¡..ta- uu u uu u - u 2 ia
tsp, a tov 'Aíúu ÚÓ¡..tOt<; u u -u u 2 ia
nócrl v UVUcrl:EVÚ~St<; uu U u- 111 cr ba

Da notare anche, nel passo, l'uso in successione di dimetri giambici


«completi» di cuí Euripide si serve anche in varie altre occasioni 20.
Pió spesso che negli altri tragici, i1 movimento rítmico dei giambi si
intreccia, come vedremo, con quello trocaico.

Possibili casi di responsione ¡a/cr: Andr. 467/475; El. 1185/1201; in Suppl.


1143/1150 e tramandato un caso di responsione tra metron giambico e baccheo 21 •

18. Cfr. West, GM, 101.


19. Cfr. F. Ferrari, Ricerche sul testo di Sofocle, Pisa, Scuola Nomlale Superiore,
Pubblicazioni della Classe di Lettere e Filosofía, 1983, 62-65 per la difesa del testo
del v. 1454.
20. Cfr. Dale, LMGD, 85 s.
21. Quanto ad altri casi di responsione tra metra giambici «completi» e «sinco­
pati»: per alia, Andr. 140/146 e troppo facilmente correggibile; per quanto
riguarda bajia, in Oro 965/976 la responsione «irregolare» con ogni probabílita
non sussiste: cfr. Diggle 1984, 67 Id., Euripidea, 314; nella stessa tragedia al
V. 194 (/173) la correzione tricliniana (oÍlcQ:) si impone per ragioni stilistiche.
198 CAPITOLO 12

Commedia La commedia fa registrare un uso assai piu semplice dei metri gíambici, Si trattll
probabilmente da mettere in relazione con la produzione di tipo eiaseum
popolare 22. re eatall
Vi sono canti di costruzione assolutamente uniforme, ad esempio il primo e
dialogo lirico di: Cosi pu
so una 1
Arístoph. Ach. XO. 'Avi]p aVllúpllKtv n 1Ute; -u -u cui ripo
( 1008-10 17/)
1037-1046 crnov8Ul<nV 1Í8ú, KOUK ~Ot- ~.
u-u
U
Ran. 397-403 "IuKXE 1
KEV OU8EV! IlE1U8ÓlcrUV. u - u uu u _11 23
M. KU1áXEl cru 1fíe; xopofíe; 10 IltAt· uu u- u uu 1040
1!1e; crTJníue; má9wE. u-u u
XO. "HKoucrue; op9tacrllánov; -u u-u npoe; 1~
M. 'On1u1E 1ayxtAEta. -- u u-u KUlocié
XO. 'AnoK1EVde; Allli¡) , Ili: KU! u u u nOAAllv
!
'tOue; yd'tOvue; KvícrlJ 1E KU! u~uu- 1045 "IuKXE (

I
<pwvfJ 1otUU1U AÚO'KWV. u u 111

Si tratta di una composizione lirica articolata in un'unica coppia


strofica; la stanza e formata dalla successÍone di due dimetri giambici La pres
~
l

+ dímetro gíambico catalettico; dímetro giambíco + dímetro gíambico molto s


catalettico; dímetro giambico + dímetro giambico catalettico; due dí­
metri giambici + dímetro giambico catalettíco. Da notare al v. 1040 la Aristoph. Nub. Ut.l1Óe; 1
realizzazione del primo elemento libero del dimetro con due brevi 24. 1207-1209 xo{oV't
Piu spesso, comunque, ai dimetri giambici si uniscono anche trimetri <PlÍcrouc
o metra giambici isolati. Cosi nella brevíssima stanza dalla euí ripetizio­
ne (8 volte) si articola il canto in Aristoph. Ran. 416-439; riportiamo il (si tratt
testo della sua terza oeeorrenza: Oppure
il finale
Ran.422-424 Tóv KActcr9Évoue; o' aKoúw u u - I¡B
Meno e
tv 1Ule; 1U<pUlm npWK10v U u 11 metrieh
'tíAAClV ÉUU10D Kui crnupáuElV 1ae; yvá90ue; u- u- u -111 Una se<
• bieo, el
eendo s
(Nub.l
22. Cfr. Dale, LMGD, 75-77, a cuí si deve molto in questa trattazione.
23. La fine di verso e assicurata qui dal confronto con il resto della strofe, che In Nub.
vede sempre pausa dopo il dimetro giambico catalettico. sp/reiz, p
24. Cfr. Aristoph. Ach. 848, dove ad essere realizzato da due brevi, in coinciden­
za di un nome proprio, e un elemento breve; lo stesso avviene, con un nome
comune, in Thesm. 686. In Nub. 812 e Thesm. 721 il fenomeno (in elementí liberi) si
elimina scandendo con sinizesi; in Thesm. 680 supponendo un fenomeno di perdita 25. Cfr
dell'autonomia sillabica deHo iota di ¡.tavüw;. 26. Cfr
GIAMBI 199

Si tratta dí due dimetri giambici cataletticí e di un trímetro giambíco,


ciascuno costituente un verso (come e gÍí:l ímmagínabile visto il caratte­
re catalettico dei prími due ed e inoltre reso evidente dallo iato fra íl
primo e il secondo; uno íato fra il secondo e il terzo si trova al v. 435).
Cosi pure nell' üllVO<; KAlltlKÓ<; a laceo che precede quest'ode, anch'es­
so una struttura monostrofica articolata in tre stanze (vv. 397-414), di
cuí riportiamo la prima:

Ran. 397-403 "luKXe rroAu.íllll.e, lléAo<; top.fí<;


u u uu - - u uu u - - 11 3 ia cat
fíOHHOV eúpÓ)v, oef)po (JUVUKoAoó8el
-u - - u uu u - 3 ia cat
rrpó<; T11v 8eóv -u la
KUl oei~ov 00<; aveu rróvou -u u u - 2 ia
rrOAAl]v Móv rrepuível<;. -u u- 2 ia cat
"luKXe qnAoxopemá, (Jullrrpórrelmé Ile.
u u uu u - u - u u u 11I 3 ia
(che si ripete con 10 stesso testo in tutte
le stanze, facendo da refrain).

La presenza di rí tmi {( sincopati» si limita per lo piu a cola di struttura


molto semplice 25, come ad esempio in:

Aristoph. Nub. UU.ó<; .' Bqm<;, 00<; (Jocpó<;, -u -u


1207-1209 xo1ov .óv Ulóv .p{;;cpel<;, u - u­
cpft(JOUO'l oft 11' oí. cpiAOl u u

(si tratta di dimetri formati da melron giambico e cretico 26).


Oppure questi rítmi sono usati in casi di evidente parodia tragica, come
il finale degli Acarnesi (vv. 1190 ss.).

Meno comune che in tragedia l'uso di cola giambici in strutture polí­


metriche.
Una sequenza piu volte associata a cola giambici e il reiziano coriam­
bico, che compare come clausola (finale di stanza o intermedia), fa­
cendo seguíto a dimetri (cfr. ad es. Pax 955/1038) o trimetrí giambici
(Nub. 1304/1312; 1345 ss./1391 ss.: 3 volte la successione 3 ia + reiz).

In Nub. 1304/1312, e forse 1350/1396 compare una responsione x u Id la


spíreiz, per la quale e stata invocata una spiegazione addotta, come abbiamo visto

• 25.
26.
Cfr. Dale, LMGD, 79-80 .
Cfr. Prato, Canti, 89, ad Nub. 1207-1209.
200 CAPITOLO 12

(cap. 11, p. 187), anche per a1tri fenomeni comici di responsione anomala: che cioe
in tali casi il numero delJe sillabe in questione fosse il fattore piu importante, SH 233 BotcrKol
a spese di quello quantitativo 27 .
Ancora piu sorprendente la responsione tra telesilleo e ia cr in Pax 951/1035a e,
nello stesso contesto, fra due dimetri giambici (952 s.) e due telesillei (1035 s.). Nell'epi
In Lys. 262 s./277 s. assistiamo due volte alJa responsione tra una sequenza
eataletti
- u u - u u u u (raramente attestata in tragedia cfr. ad es. Eur. Hipp.
1108 e di per sé interpretabile come 2 da + ia secondo quel tipo di unione tra
i due ritmi che abbiamo osservato sopra in Sofocle) e u uu u uu u - u un
dimetro giambico con la prima parte interamente soluta. Come qualcosa di simile
potrebbe forse essere interpretata la abnorme responsione (da molti eliminata con
correzione) che interessa, poco piu avanti nella stessa commedia, una sequenza
interpretabile come dimetro giambo-coriambico con la prima parte soluta Un inte
u uu u - - uu (v. 324) e la serie - uu uu - - u (v. 338): in entrambi incidere
i casi una eccezionale responsione (forse parodica) tra dattiU e un metron giambico
gnato d
prima di un metron giambico o di un coriambo 2s •
Restano infine da segnalare alcuni casi in cui nel testo conservato compare uno delle lu
scarto nel numero dei metra giambici tra strofe e antistrofe: Ach. 938b/950; Nub. iniziale.
1310b/1319-1320; Pax 866b/920b 29 • In epoc
(nr. 1, ]
Il dime!
forme g
12.5. 1 giambi in eta ellenistica (dalla té
delle Ai
Costantemente in uso, come abbiamo gia segnalato, per canti in ambito talvolta
cultuale 30, cola giambici sono adoperati in monologhi o dialoghi lirici l'anada
destinati alla rappresentazione: cosi, ad esempio, nel Lamento dell'esclusa ferecrat
(CA 177, risalente, con ogni probabilita, alla fine del 11 seco a.e.) essi com­
cui agli
paiono come brevi inserti in un contesto prevalentemente docmiaco 31.
anaclor
E attestato d'altra parte l'uso (verosímilmente sempre o quasi stichico) In un ¡::
dei seguenti versi composti in un ambito non destinato al canto: forse ¡::
• trímetro giambico catalettico: Faleeo, epigr. 2 Page (cfr. anche (eptapc
Anon., SH 1131 B); precede
• tetrametro giambico eatalettico: Anon., SH 997;
• ottametro catalettico, della euí invenzione si vanta il poeta Boiseo

27. Cfr. Dover, Clouds, 247, ad v. 1312.


28. Sul complesso problema cfr. le discussioni di Dale, LMGD, 78 n. 1;
Zimmermann 1, 45 S.; Henderson, Lysistrata, 100; Romano, 119 S.; T.C.W. 32. Cf]
Stinton, CR N.S. 15 (1965), 142-145 utilizza i due luoghi aristofanei per la composi
discussione di problematici casi di responsione in tragedia. Efes1Íon
29. In general e, su questo fenomeno che interessa, come ved remo, anche altri tipi 33. Cf!
di metri in commedia, cfr. W. Trachta, Die Responsionsfreiheiten bei Aristophanes, 34. Si'
Diss. Wien, 1968; Me Dowell, Wasps, 175, Romano, 93-101. 'Y'lfUV,
30. Per maggiori particolari cfr. West, GM, 148. te che e
31. Cfr. West, GAf, 149 e v. oltre, p. 276. bico br~
PMG9(
GIAMBl 201

SH 233 BO~(J'Ko,; úrró KUS1KOU, KUlVOU ypUq>EU'; rr01TJIlU'W';


róv OKrÚrrOUV eÚproV cr1íxov, <l>oí~Ql ríf)llcrl O&pOV.

Nell'epigramma 37 Pf. Callimaco adoperó coppie di dimetri giambici


catalettici 32.

ji.6. 1 giambi in eta imperiale


Un interessante documento appartenente al 1 seco d.C. e l'epitafio fatto
incidere su pietra da un certo Sicilo (Pohlmann 18): il testo e accompa­
gnato dalla notazione musicale, che attesta direttamente la protrazione
delle lunghe in corrispondenza della catalessi e anche di un baccheo
iniziale.
In epoca adrianea Mesomede usó in una delle sue composízioni liriche
(m. 1, 1-4 Heitsch) dimetri giambici acataletti e catalettici.
II dímetro catalettico (detto anche emiambo) restó la piu usata fra le
forme giambiche dí origine lirica. Per un lunghissimo periodo di tempo
(dalla tarda eta ellenistica al V seco d.C.), esso costitui il metro di molte
delle Anacreontiche: piu spesso disponendosi in successioni continue,
talvolta raggruppandosi in quartine. Sono at1estate aleune liberta quali
l'anaclasi coriambica del primo metron e l'intercambiabilita con il
ferecrateo; vi sono anche aleuni esempi (di epoca sicuramente tarda) in
cuí agli emiambi si uniscono dimetri giambici acataletti e dimetri ionici
anaclomeni.
In un paio di epigrafi del III seco d.C. risultano adoperate (in un caso
forse per incompetenza dell'autore)33 sequenze misurate per piedi
(eptapodie), che ricompaiono nel Partenio di Metodio e possono avere
precedenti in eta ellenistica 34.

32. Cfr. anche Escrione, SH 12: la struttura, che Callimaco adopera anche in
composízione epodíca (epigr. 39 Pf., per cuí V. oltre p. 285) era classificata da
Efestione tra gli asinarteti, per cuí V. oltre, cap. 20.
33. Cfr. West, GM, 166. _ _,
34. Sí veda la problematica sequenza dí Callim. ia. 11 (fr. 201 Pf. ), ' A"A"A' ou TOV
'Y\jI(lv, 8~ T6 cra,..u'i Ileu, che trova un parallelo in SH 1131 A, definíto dalla fon­
te che ce lo tramanda (Mario Plozio Sacerdote, GL VI, p. 52l) trímetro giam­
bico brachicatalettíco, cioe con un piede in meno nena dipodia finale; cfr. anche
PMG 991.
In conte
osservatc
CAPITOLO 13 tare com
metron gi
• il trime
-v x

Trochei • il tetraI
-v-x
con le ris

Alcmane Varie seq


dimetri Cl
Nel prim4
13.1. Attestazioni stanza di:
sequenza
Le sequenze trocaiche usate nella lirica son o principalmente: della seri4
letti:
• il dímetro,
fr. 1 Davies, Oií't'E Ilroll~
v-x v-x 44-47
ouo' áll~
• il dimetro catalettico (frequentemente clausolare) SKrrpE1t11C;
EV po't'otc;
v-x v
fr. 3 Davies, Nel parü
Quest'ultima sequenza era stata denominata dagli antichi lanche 64-67 i trochei (
euripideo o lecizio, dalla parodia aristofanea dei prologhi euripidei di si tratta d
Ran. 1200 SS., in cui i trimetri giambici pronunciati da Euripide riprodott(
vengono talora interrotti, dopo la cesura pentemimere, dal suo avver­
sario Eschilo; questi aggiunge tutte le volte l'espressione AT}KÚ8l0V
arrmAEcn;v (<<perse la boccetta»), corrispondente appunto al colon in
questione (con soluzione del terzo elemento), con effetti comici dovuti 2. V. SOpl
3. V. oltn
alla banalita della frase dopo solenni presentazioni di eroi del mito. 4. V. SOpl
5. Cfr. an
Cal.; 65 Da
L Cfr. Hephaest. p. 18, 6 ss. Consbr. = 110 Cal.
TRaCHEI 203

In cantesti giambici, dave una sequenza identica, come abbiamo


osservato sopra 2, compare piu di una volta, essa sara da interpre­
tare come composta da cretico (metron giambico «sincopato»?) +
metron giambica .
• il tri metro

• il tetrametro
-u x U x-u-x u x

con le rispettive forme catalettiche.

13.2. 1 trochei nelIa lirica arcaica


Alcmane Varie sequenze trocaiche furono usa te da Alcmane: dimetri, trimetri,
dimetri catalettici.
Nel primo partenio (fr. 1 Davies = 3 Cal.) compaiono all'inizio deHa
stanza dimetri catalettici (ai vv. 1, 3, 5, 7, precedendo ogni volta la
sequenza coriambo-enapliaca x - u u - u - X3); piu avanti, prima
della serie dattilica finale \ 2 trimetri e una coppia di dimetri acata­
letti:

fr. 1 Davies, ou'!€ f..lCOf..llÍcrOm Vtv á KA.€VVa xopayós u - u - u - 11


44-47
ouo' áf..lws f€ j' oOKci yap iíf..l€V au'!a - u - u u u u - 1I 45
!€ C1tP€1tlÍs 1:(:Os ó'm€p atns - u - -u-u
BV ~o'!Oi<; cr,!(lcr€tV€ t1t1tOV u - u -11

fr. 3 Davies, Nel partenio per Astimelusa (fr. 3 Davies = 26-56 Cal.) troviamo
64-67 i trochei dopo un colon dattilico (l'a1cmanio che da inizio alla stanza):
si tratta di due dimetri e di un dimetro catalettico (il testo si puó vedere
riprodotto sopra, cap. 10, p. 170) 5.

2. V. sopra, cap. 12, p. 196.


3. V. oltre, cap. 17, p. 235.
4. V. sopra,cap. 1O,p.171.
5. Cfr. anche frr. 49 Davies = 115 Cal.; 55 (1) Davies 121 Cal.; 63 Davies = 94
Cal.; 65 Davies = 107 Cal.; 68 Davies = 95 Cal.; 74 Davies 101 Cal.; 108 Davies
110 Cal.
204 CAPITOLO 13

11 fr. 60 Davies = 126 Cal. presenta forse, dopo due dimetri trocaici, una OU1E no,
sequenza trocaica chiusa da uno spondeo che ritroveremo nel dramma 6: UAAa 8u

fr. 60 Davies Kai 1iv EUXOllat <pÉpolcra - u - u - u - u Moucrá'


1óvb' ÉAlXPÚcrffi nUAErova - u - - - u - u EV crKÚq>
Ki¡pa1ro Kunaípffi. -u-u--

Anacreonte Di Anacreonte abbiamo diversi frammenti che attestano una sua


produzione nei ritmi trocaici. Piu di una volta (PMG 347 = frr. 71-72
Gent.; PMG 417 = fr. 78 Gent.) troviamo una strofetta formata da tre Bisogna
dime tri trocaici chiusi da dimetro trocaico catalettico. in quella
Almeno per quanto riguarda PMG 417, il celebre frarnmento della sioni la 1
puledra tracia, la strofetta probabilmente si articolava in due versi, un te­ sequeIlZl:
trametro e un tetrametro catalettico: l'altro m
spondeo
PMG 417 nroAE 0P1JKíll, 1í bij IlE -u-u-u-u -u-x
AO~OV OllllaO"t ~AÉnoucra -u-u-u-u lente del
VllAÉffi<; <pEÚyEl<;, bOKEl<; bÉ 11' -u---u-u 2
OU8EV EibÉVat cro<póv; - u - u - u -111 Tragedia Nella tn
co.
lcr8l 101, KaAro<; IlEV av 101 -u-u-u-­ Eschilo In Esch
10V xaAlvov EIl~áA01lll, - u - u - u - u IIH stanza, (
i¡vía<; b' EXffiV cr1pÉ<P01llí cr' -u-u-u-u 4 Ne ripr<
UIl<Pi 1ÉPlla1a bPÓIlOU' - u - u - u -111
P.v. 415-419 KOAXíbl
vuv bE AElllrová<; 1E ~ÓcrKEal -u---u-­ (/420-424)
nap8Éve
Kou<pá 1E crKlp1rocra naít;El<;, - u - - - u - - 1
bE~lOV yap ínnonEÍpllv -u-u-u-­ 6
- u - u - u -111 8. Per
OUK EXEl<; EnEIl~á11lv.
normale I
di respon
(che dal poeta era usato un tetrametro acataletto sappiamo da Efestio­ 9. Per
ne p. 19, 19 s. Consbr.: PMG 418 = fr. 74 Gent. KAU8í IlEO yÉpovw<; 1735/174'
EM8Elpa xpucrónEnAE Koupa). ad vv. 68:
10. Per
Bacchilide Dell'epoca tardo-arcaica possediamo forse un'intera strofetta completa «sincopal
in ritmo interamente trocaico nel fr. 21 S.-M. di Bacchilide 7: studiosi r
processo
presenza
ou ~orov nápEcr"[l crÓllla1', OU1E xpucró<;, - u - u - u - u - u - u preferisc(
3 tr colometri
1736/1751
(palimbal
6. V. oltre, p. 206. dimetro 1
7. Per i trochei come componenti dei «dattilo-epitriti» v. oltre, cap. 18. griechiscl
TROCHEI 205

oihE 1tOp<pÚpCOl 'tá1tT)'tE;, -u-u-u-u 2 tr


UAAU BuJ.ló<; EUJ.lEVi¡;, u u u 2 tr 1\

Moucrá 'tE yAUKEta, Kat BOlOHiOlOW u U u u u u 3 tr


SV crKÚ<pOlO'lV olvo; i¡0ú<; --u·-u u- 2 tr

13.3. 1 trochei nella lirica del dramma


Bisogna innanzitutto notare come neUa lirica del dramma, e soprattutto
in quella della tragedia, sia talvolta difficile decidere per aleune succes­
sioni la natura giambica o trocaica, data la presenza iniziale, in esse, di
sequenze che possono essere interpretate come forme dell'uno o del­
l'altro metro o almeno come forme ad entrambi associabili (il cretico 8, lo
spondeo 9, il molosso lO) e data la possibilita, in caso di un attacco
u x -, di interpretare la sequenza «cretica» iniziale come equiva­
lente del metron giambico, o come sequenza ad esso associata.

Tragedia Nella tragedia sono rare le sezioni con movimento interamente trocai­
co.
Eschilo In Eschilo troviamo semplici e chiari cola trocaici all'inizio di una
stanza, che va a concludersi con un verso di tipo eolico:
Ne riproduciamo la strofe

PY.415-419 KOAXíoo; 'tE yu<; EVOU:Ol -u u u 2 tr


(¡420-424)
1tapB¿VOl J.láXa; I'Í1PEcr101, u u-u- 2 tr

8. Per cretici all'inizio di sequenze trocaiche (a prescindere dunque dal loro


normale uso nella catalessi trocaica) cfr. Eur. Phaen. 655bj674b. Per possibili casi
di responsione tra cretico e metran trocaico in tragedia v. sopra, cap. 12, p. 195.
9. Per lo «spondeo» in inizio di cala trocaici cfe. ad es. Soph. O.e. 1734bf1748;
1735/1749 e inoltre Fraenkel, Agamemnon n, 59; Mastronarde, Phoenissae, 334,
ad vv. 685-687; per la commedia cfr. Dale, LMGD, 88.
10. Per questa sequenza davanti a trochei cfr. Soph. O.e. 1747. Un'altra forma
«sincopata» del metran trocaico (ma stavolta non di quello giambico) e da taluni
studiosi riconosciuta nel cosiddetto palimbaccheo - u, generato dal medesimo
processo da cuí sarebbe visto nascere in ambito trocaico il molosso, ma stavolta in
presenza dell'elemento libero del metran trocaico realizzato da breve; altri invece
preferiscono per i passi in questione (tutti nella tragedia) una interpretazione o una
colometria diversa, in sostanza di tipo giambico: cosi ad es. la serie di Soph. O.e.
1736/1750 - u u -- - viene ora interpretata come dimetro trocaico sincopato
(palimbaccheo + tr: cosi Dale, LMGD, 94; Pohlsander, 90; Dawe) ora come
dímetro giambico catalettico (la + ha: cosi W. Kraus, Straphengestaltung in der
griechischen TragOdie. l, Aischylos und Sophakles, Wien, 1957, 179).
206 CAPITOLO 13

u u u 2 tr L'artieola
EO'xarov ró1tov UIlCPi Mal- ~ U U U U gliconeo stiehieo: (
u u u 111 aristofanio strofe tro(
di dimetri
Sofocle In Sofoc1e i brani trocaici pió rilevanti sono posti, non senza ambigui­ Ad esem¡
ta, in conc1usione di stanze che iniziano con ritmi giambici 11; una volta che si ripI
essi seguono un colon giambico alla fine di una stanza la cui prima + dim. el
e
parte di ritmo eolo-coriambico:
.. Ran. 589-596 Nuv O'ov
O.e. 1219-1223 orav 'tt~ E~ 1tAÉOV 1tÉO'l] u ~ u u u 2 ia rT¡v O'toA'
(/1234-1238)
toU 8Éovto~· Ó 8' E1tÍ1(OUpO~ iO'orÉAEO'to~, ElXEe;;, E~
uvavEá~El
~ u u uu u u uu u u 3 tr 1220
Kat ~AÉm
'Al8oe;; orE Moip' uvullÉvatoe;; uu u uu uu u u 2 tr
toU Owu
aAUpOe;; axopoe;; uva1tÉCPTJVE, uu u uu u uu u u 2 tr
<p1tSp SiK(
Oávatoe;; E~ n:Awráv. uu u u tr sp? "Hv 8E 1t(
KUK~áA1Jí
L'ultimo colon potrebbe essere interpretato come un indivisibile itifalli­
aOOIe;; aíp
co: ma forse, dato il contesto, siamo in presenza di una serie trocaica
con l'ultimo metron in forma «spondaica». 'O'rat 1tá)
Nell'uso di successioni trocaiche 12 e anche in alcune loro caratteristiche
A essere
(ad esempio la frequenza delle soluzioni, la preferenza per la realizza­
zione degli elementi liberi con sillaba breve, l'unione con i giambi) sopra, al
Euripide Sofocle potrebbe aver subito l'influenza dell'ultimo Euripide, che cataletticl
inserisce brani trocaici neHe parti liriche di Elena, Fenicie, Ores te ed del metro
lfigenia in Aulide. sequenze,

Phoen. 657-61 evOa cpÓVtoe;; i)v OpáKWV uu


~u U u 2 tr cat Alcune vo
(/638-42) Thesm.43:
'ApEOe;; WIlÓCPPWV cpÚAa~ uu u u u 2 tr cat
vállar' evu8pa Ka! pÉEOpa uu
~u u~· u u 2 tr Frequent
XAOEpa oEPYllárwv KÓpalO'l uu u ~u ~ u u 2 tr 660 siamo in
1tOAU1tAávOl~ EmO'Komüv. uu u ~u ~ u ~ 2 tr cat o addirit1

In Euripide l'intreccio dei trochei con i ritmi giambici talvolta e


talmente stretto da generare ambiguita difficilmente risolvibilí 13. 14. Lafi
della sina!
Commedia Frequentí ínvece cantí trocaici nella commedia, probabilmente perché anche ¡ate
illoro ritmo si adattava alla danza vivace. 8uccessivo
e oltre, p.
15. Cfr.
Thesm.43
11. El. 1281-1287; O.e. 1730-1736jI743-1750. per la qua
12. Cfr. Dale, LMGD, 92. 2628./277
13. Si vedano in particolare Hel. 167-178jl79-190; 191-210/211-228; 238 SS.; e cfr. Ron
Phoen. 1030-1042jl054-1066; 1731 ss. 16. Cfr.
TROCHEI 207

L'articolazione piu semplice esimile a quella del tetrametro catalettico


stichico: dimetro + dimetro catalettico, ma prima della catalessi nelle
strofe trocaiche possiamo trovare di volta in volta un numero qualsiasi
di dimetri (la misura preferita dalla commedia).
Ad esempio, nella coppia strofica dei vv. 533-541/542-548 delle Rane,
che si ripete ai vv. 589-596/597-604, ogni stanza e articolata in: 2 dim.
+ dim. cal.; 2 dim. + dim. cal.; 2 dim. + dim. cal.; dim. + dim. cal.
Ran. 589-596 Nuv O'ov 8PYOV 80'1:', ¿rcwl)ll u u u-­
rllv O'TO/cllV dA:llq>a<; fívm::p -u u-u 590
dXe<;, ¿~ apxf]<; rcáAtV -u u 11 14
avaveásetv uu u
Ka! ~A¿rcetV aOOt<; ro óetvóv, -u ... u - ­
TOD OeoD Ilellvllllévov u u-I
qmep elKáset<; O'emnóv. u u-u
"Hv óe rcapaAllProv ÚA<p<; fí -u uu u
KaK~áA1J<; '!t llaAOaKÓv, -u-u u 595
aOOt<; alpeO'Oaí 0" aváYKll -u - - u
'O'mt rcálctv 1:U m:pcOllara. - u-- u u 111

A essere soluto e preferibilmente il primo longum del metron (come


sopra, al v. 592); frequente sía nel dímetro acataletto che in quello
catalettico la realizzazione con sillaba lunga dell'elemento libero finale
del metron (nel brano ríportato la trovíamo almeno una volta in tutte le
sequenze, tranne che al v. 595).

Aleune volte l'elemento libero del metron trocaico e realizzato da due brevi:
Thesm. 435 (/522), 956; Eq. 406 (/332) 15.

Frequente e l'associazione con i cretici: spesso e impossibile decidere se


siamo in presenza di veri cretici o di una forma del metron trocaico,
o addirittura se una tale distínzione era in effetti sentita 16.

14. La fine di verso e segnalata quí, e negli altri due luoghi indicati, da blocco
della sinafía, il che avviene anche al v. 598 nelI'ultima stanza, dove troviamo
anche iato alla fine del secondo verso (cfr. v. 602). Per il problema del colon
successivo, che in questa unita strofica manca di un metron, v. sopra, p. 200
e oltre, p. 208).
15. Cfr. Dale, LMGD, 91; assolutamente abnarme e invece la responsione, in
Thesm. 437/525, all'interno di un dimetro trocaico, tra «dattilo» e «tribraco»,
per la quale si e pensato a qua1cosa di analogo alla stessa responsione che in Lys.
262 s.j277 s. si verifica prima di un metron giambico: v. sopra, cap. 12, p. 200,
e cfr. Romano, 53 ss.
16. Cfr. Dale, LMGD, 89.
208 CAPITOLO 13

Sono attestati in Aristofane alcuni casi di responsione tra metron trocaico e cretico In epoca i
(Eq. 325/398; Pax 349b/389b I7 ; Nub. 1309/1317; Av. 1701 rispetto a 1477,1489, Heitsch): si
1560; Ran. 1486/1495: negli ultimi tre casi risuIta complessivamente quella che dimetri di f
sembra essere una responsione tra dimetro trocaico acataletto e catalettico) e tra il da dimetri
metron trocaico e il cretico soluto nella forma del peone 18 primo (- u uu: Vesp. Il ritmo tro
1062a/l093a, dove si verificherebbe la responsione tra 2 tr e 2 tr cal; 1064/1095; catalettici,
Lys. 785/809, 787/811, 789 s./812 S., 1206b rispetto a 1047, 1062, 1192b; Pax
interpretarl
350/390 19 ) e del peone quarto (u u u -: Vesp. 342b/374 ancora con una
responsione 2 tr/2 tr cal; 343a/375). anche un 11
Anche tra le strofe trocaiche si trovano casi di scarto nel numero dei metra da una meta del Il
stanza all'altra: cosi in Lys. 781-791/805-814; Ran. 592 (v. p. precedente) rispetto
a 536/545/599; 896b/993b; particolarmente intricata la situazione di Vesp.
403-414/461-470, complicata anche dalla presenza di alcuni problemi testuali 20 •

13.4. 1 trochei in eta ellenistica e imperiale


Presentí in epoca eIlenistica in ambito cultuale 2\, troviamo in questo
periodo trochei anche in un genere completamente diverso, quale
quello di un canto dialogico (CA 184, rinvenuto, inciso su una tomba,
a Marisa, localita posta tra Gerusalemme e Gaza), che si apre con
dnque tri me tri di questo ritmo 22.
Callimaco, che aveva ripreso da Archíloco l'uso del trímetro trocaico
catalettico (ia 12 fr. 202 PfY\ impiegó anche, in un epigrarnma, un
pentametro catalettico:

fr. 399 Pf. "EPXE1UlTeOA-UC; !lEV Aiyulov 8lU1!li¡~UC; aTe' olvTjpilc; Xíou
a!l<i>OPEÚC;, TeOA-UC; 8t AEcrPíTj<; aú)'roc; VÉK1Up oiváveTjC; ayrov

17. Il brano costituito dai vv. 582-600 (al cui interno risponderebbe con i due ora
citati il v. 586b, che si presenta uguale a 349b), non sembra da considerare in
responsione strofica con quellí che contengono i vv. 349b e 389b (rispettivamente
vv. 346-360/385-399): cfr. White, VGC, 13; M. Platnauer, «Antistrophic Variation
in Aristophanes», in Greek Poetry and Lije. Essays Presented lo G. ,\1urray,
Oxford, 1936,255 S., e ora Romano, 71-74.
18. Per questo v. oltre, cap. 14, p. 211.
19. Per il problema della responsione della coppia strofica in cui sono inseriti
i cola in questione con i vv. 582-600, v. sopra. n. 17.
20. Per una discussione del passo, cfr. Mc Dowell, Wasps, 188 ss" Zimmermann
I, 109-111; Romano, 41-43.
21. Si veda l'analisi del re/rain dell'lnno dei Cureti rinvenuto a Creta (CA 160) ad
opera di West, GM, 148.
22. Cfr. West, GM, 149.
24. Cfr.'
23. V. sopra, p. 117 n. 1.
TROCHEI 209

In epoca imperiale troviamo dime tri trocalcl m Mesomede (nr. 13


Heitsch): si tratta piu precisamente di una composizione articolata in
dimetri di forma pura seguiti a intervalli irregolari (vv. 2,4, 7, 8, 11, 12)
da dimetri catalettici.
11 ritmo trocaico (una successione di 18 dimetri, di cui il primo e il nono
catalettici, avente come chiusa l'invocazione rituale ro 111 Ilav Ilav, da
interpretare probabilmente come dimetro sincopato) informa di sé
anche un Inno a Pan di Epidauro (PMG 936), risalente forse aBa prima
meta del 11 seco d.C 24.

24. efr. West, GM, 165, con la n. 9 per la bibliografia sul testo in questione.
Peone quarto, Nella
peone primo, del pr
e cretico
CAPITOLO 14 Op81O<;
peone
presel
detta
Di B.
e traD
indic,

Cretici, bacchei, rnolossi Bacchyl. OUX e


fr. 15 S.-M. 6),).,,0.
XPll 11
OÓ\

Di ur
mente

fr. 16 S.-M. odIE

Tragedia Per q
14.1. 11 cretico in ter,
mente
Descrizione Il cretico e un metron della forma u~, che si riteneva collegato con le
danze nell'isola di Creta e «inventato» dal poeta e musico cretese Aesch. Suppl. <ppóv
Taleta di Gortina (VII sec. a.e.) l. 418-422
(/423-427) EUcrEf
Il yero e proprio cretico e da distinguere (anche se nei casi concreti 1UV q:
spesso ci si trova in imbarazzo, data la perdita della musica) dalla
identÍca sequenza che, come abbiamo visto, in successioni di tipo 1uve
giambico o trocaico puó comparire come forma «sincopata» o catalet­ 8ucr81
tica di tali metra.
Brani
Sequenze di cretici si troyano in A1cmane: dee, I

fr. 58 'A<ppooí1a IlEV OUK scrTt, Ilápyo~ O' "Epm~ ota <1tat~> 1tuícr8El Eur. Oro
1419-1424
IllÍ 1:1
Davies = KUÓÓ'
147 Cal. aKP' E1t' ayer¡ Ku~uívmv, ii IllÍ 1101 eiyl];, 1& KlJ1tUlpíO'lCCO

Si tratta di due versi (separati dallo iato) che possiamo interpretare


come esametri catalettici, considerando come sequenza catalettica del 2. In
cato (
cretico la serie-o L'uso di sequenze di cretici da parte del poeta
sillab~
e attestato anche dal fr. 173 Davies = 264 Cal. quind
e rinh
3. e
1. Cfr. Strabone 10,4, 16; [Plutarco] De musíca 10. 4. e
CRETlCI, BACCHEl, MOLOSSl 211

Peone quarto, Nella lirica successiva troviamo anche cretici che presentano soluzione
peone primo, del primo o del terzo elemento e che venivano denominati dagli antichi
e cretico
6p91O; peone quarto (uu u ~) e peone primo (~ u UU)2, e una forma che
presenta la soluzione di entrambi questi elementi, (uu u uu), che era
detta cretico OpOlO~ o UpíOlllO~.
Di Bacchilide abbiamo un frammento interamente in cretÍci che ci
e tramandato come proveniente da un iporchema, di cui il cretico viene
indicato come metro caratteristico 3.

Bacchyl. OUX €Bpa~ €pyov oM' UIl~oAa~, - u-- -u u~ cr cr cr


fr. 15 S,-M.
UA/jI xpucraíytBo~ 'l1;rovia~ u u uu~ u cr cr cr
XPTJ 1tap' ¡;;MaíBaAov vaóv fJ~- ~u ~ u·- u~ cr cr cr
Oóv"Ca~ ét~póv n Bd~at <u ~) u~ u- - <u-) cr cr cr

Di un'altra composizione del poeta, che sarebbe stata redatta intera­


mente in cretici non soluti 4, ci resta una successione di cinque metra:

Tragedia Per quanto riguarda il dramma bisogna notare che sequenze costituite
in te ramente di cretici sono rarissime in tragedia: l'unica strofe intera­
mente composta di es si si trova in:
le
re Aesch. Suppl, <ppóvncrov Kai y¡;;VOU 1tavBíKro~ -u - u- u - cr cr cr
418-422
(/423-427) ¡;;ucr¡;;~TJ~ 1tpÓ~¡;;vo~' u- -u cr cr
ti
"Cav <puyáBa IlTJ 1tpoB0~, - u uu- u- cr cr
la
o € aO¡;;V EK~o)~ai~
"Cav K -- u uu u cr cr
t- BucrOÉOt~ ópollÉvav -u uu u 111 cr cr

Brani in cretici si trovan o anche in aleune monodie astrofiche euripi­


dee, polimetriche:

Eur. Or. IllÍ n~ ¡;;ll1 BÓAO~. u-- u-- cr cr


1419-1424
KUBóK¡;;t 'tOi~ Ilf:V 00, - u - u cr cr

1 2. In questo tipo di terminologia si distinguevano quattro ti pi del piede ídentifi­


cato come peone, denomínati a seconda della posizione in esso occupata dalla
sillaba lunga. Oltfe ai due peoni indicatí sopra, in effetti cretici soluti, venivano
quindi indíviduatí un peone secondo e un peone terzo, la cuí esistenza, peró,
e rintracciabile solo in epoca tarda (v, oltre, p. 213).
3. Cfr. Keil, Anal. gramm. 7, 21.
4. Cfr. Hephaest. p. 42, 23 ss. Consbr.
212 CAPITOLO 14

'role; o' se; apKucr'tá'Wv u -- u - cr cr


L'epoca In epoc
IlTjXUvav SllnAéKetv u - - u cr cr ellenistica di poeti
nUlOu 'tav Tuvoupío' ó u - u uu cr cr a.c., di
IlTj'tpOepÓV'tUe; OpáKffiV 5. - U U - cr cr P6hlma
inni in (
Cola formati da cretici si troyano in associazione a cola docmiaci (cosi
rappresl
come troveremo 6 singoli cretici uniti a docmi).
lao, res1
Cosi, ad esempio, la stanza che abbiamo citato sopra dalle Supplici di
nel La"
Eschilo viene seguita da una struttura strofica che si apre con un
agli an:
trímetro cretico, e prosegue fino alla sua conclusione con docmí.
compos
Un altro esempio di questa associazione, da un brano sofocleo:
consiste
Soph. El. uvéepeAov své~uAee; ou nO'te KU'tUAÚcrtIlOV AlIa sfe
1246 ss. U uu uu U uu -uu uu U uu 2 docmi usati in
(/1266 ss.) Rodi. A
oMé no'te ATjcróllevov <lllé'tepov -u uu -u uu -u uu 3 cr
scioglie\
olov eepu KUKÓV. uu u docmio
dell'ultü
Commedia Lunghe successíoni di cretici sono invece assai diffuse nella commedia 7, Simia fr. 15
Powell cré no'te
soprattutto nella forma peonica: ne conosciamo da Cratino, Eupoli,
Teopompo 8, Eubulo; Aristofane ne fa uso in particolare nelle prime
commedie 9. La forma di verso piu comune e un tetrametro formato da L'epoca In epoc.
tre peoni primi e un cretico: imperiale 5 Heitsc
diversan
Aristoph. lÍVíK' av snuvOpuKíoee; ihcrt nupuKEÍlleVat
Ach.670 dimetri i
-u uu u uu u uu - u-
forme s(
Piu rara la soluzione del primo longum. muu-
La responsione tra forme solute e forme non solute e il piu delle volte
esatta.
Talvolta Aristofane fa terminare queste successioni di cretici con
sequenze trocaiche 10 oppure passa dalle une alle altre 1I.
Descrizione Il bacch,
5. Cfr. anche Hec. 1080 S.; 1100 S.; Phoen. 1524 s.
Come al
6. V. oltre, cap. 19, p. 272. catalessi
7. Per successioni di cretíci nel dramma satiresco cfr., dagli Iclmeutaí di Sofocle, giambi: :
TrGFIV F 314,329 s./371 S.; 332-335/374-377. tratti di
8. Da questo poeta aveva preso il nome un pentametro cretico, detto appunto metron b
teopompeo, i cuí primi quattro metra si presentavano nella forma di peone primo:
cfr. fr. 39 K.-A.
9. Ach. 208-217/224-233; 289-291, 295, 299-301/338-340, 342, 344-346; 665-675/
692-702; 971-986/988-998; Eq. 303-310/382-388; 324 8./398 S.; 618-620/684-687. 12. Cfr.
Cfr. Prato, Cantí, 5 (ad Ach. 208 ss.). aPMG9
10. Cfr. Ach. 987/999; Eq. 311 s./389 s. 13. Cfr.
11. Cfr. ad es. Eq. 616-623/683-690; Lys. 659-670/682-695. Per il problema dei 14. Corr
rapporti tra creticí e trochei in Aristofane v. sopra, cap. 13, p. 207 s. 15. La 1
oltre, cap
CRETICI, BACCHEI, MOLOSSI 213

In epoca ellenistica troviamo successioni di cretici in due peani astrofici


di poeti ateniesi (il secondo di nome Limenio) eseguiti a Delfi nel 127
a,e., di cui ci e giunta anche la notazione musicale (CA 141 ss. =
P6hlmann 19, 20), rappresentanti di una probabile lunga tradizione di
in ni in cretici legati al culto deIfico 12, Non manca l'uso di cretici nelle
rappresentazioni, del quale e testimone una monodia di Elena a Mene­
lao, restituita da un papiro della fine del 11 sec, a,e. (CA 185, nr. 6,);
nel Lamento del/'esclusa (CA 177, v, sopra, p. 200) i cretici si univano
agli anapesti e ai docmi, Forse era destinata al canto anche la
composizione di un Ermia della quale ci e stato tramandato un verso
consistente in 4 cretici (SH 484),
Alla sfera della lirica libresca appartengono invece i tetrametri cretici
usati in alcune sue composizioni (cfr. frr. 13-15 Powell) da Simia di
Rodi. A proposito di una di queste ci viene riferito 13 che in essa il poeta
scioglieva in ogni verso gli elementi lunghi di ogni metron, a esclusione
dell'ultimo elemento del verso
Simia fr. 15 (JÉ rrO"CE ~lÓ~ aya rrú~a"Ca vcapi: KÓpE vE~poXhú)v
Powell
uu u uu uu u uu uu u uu uu u -

In epoca imperiale troviamo crel1cl In un inno di Mesomede (m,


5 Heitsch, a Iside), sicuramente eseguito col canto 14, ma del quale,
diversamente da altri, non ci e rimasta la musica: esso e articolato in
dimetri in sinafia, con il cretico che si presenta in tutte le sue possibili
forme solute, ed inoltre nene forme anaclastiche - - u, anche soluta
In uu ­ u, e u - uu,

.2. n baccheo
Descrizione 11 baccheo e un metron della forma u - -.
Come abbiamo visto, una tale sequenza e comune come forma della
catalessi giambica 15 ed appare anche all'inizio di sequenze composte da
giambi: in questi ultimi casi non e sempre possibile farsi un'idea se si
tratti di una forma «sincopata» del giambo o di un ver o e proprio
metron bacchiaco, Una sceIta in quest'ultimo senso sembra invece essere

12. Cfr. Koster, Traité, 259 e West, GM, 146, che aquesto proposito rimanda
a PMG 950 (a), (b), 1031 (tetrametro).
13. Cfr. Hephaest. p. 41, 24 ss. Consbr.
14. Come e attestato da uno scolio al testo. Cfr. West, GM, 170.
15. La trove remo anche come forma catalettica di sequenze coriambiche: v.
oltre, cap. 15, p. 216.
214 CAPlTOLO 14

e
favorita (ed in effetti da molti accolta) nei casi in cui, soprattutto forma
dramma, il baccheo si trova ripetuto in serie piu o meno lunghe. baeche
Ció avviene diverse volte neIla tragedia, con i singoli metra (si va
numero di due aIla successione piu lunga, che si trova in Eur.
1437-1440: 9 ha) piu di una volta evidenziati dalla fine di parola:

Aesch. P. V. .te; &X<b, .te; 6oJ.l.& 1tpócrtmá J.I.' a<:peyy~e; oi'J KtO'I
115
Otmto't
Varie volte le sequenze di bacchei si inseriscono in contesti di
O'E <:ptA.
pathos. Si veda, ad es., oltre alla serie del Prometeo che abbiamo
sopra, un luogo come:
Una SI
Eur. Troad. AN. J.l.ÓAOte;, 6) 1tócrte;, J.l.0l '0- - v --- baba contest
587 s.
EK. ~o~e; .óv 1tap' 'Atoa 16 v ~ v - ba ba
Il mole
E cosi non e forse casuale che esse si trovino diverse volte legate variantj
o meno direttamente a docmi:
spru.to\'
Eur. Phoen. KAúste; 6) Ka.' aUAav v - v - ba ba <:puyete; (
1536 ss. aAaí VffiV yspatov v - v ~ - ba ba 1\ 'IIOSe1
1t08' il OSJ.l.víote; v ~ v docmio 17 1\ 'II0gel
In Eur. Suppl. 990/1012 una sequenza formata da due bacchei introdu­ Con i1
ce un pezzo, anch'esso fortemente patetico, quale e la monodia di respons
Euadne, completamente imbastita su ritmi eolici (tranne l'inserzione di
un'analoga serie di due bacchei al v. 1002/1025). Sembra assai probabi­
le che un tale uso della sequenza sia aUa base di piu di una parodia
aristofanea: Vesp. 316 ss. (monodia di Filoc1eone, daU'inizio - vv.
317-323 compattamente eolico); Ran. 1346 ss. (la monodia di Eschilo
parodica degli usi euripidei in cui aUa sequenza di due bacchei
fanno seguito cola ionici ed eolici) 18.

19. Cfi
Eur. Su.
14.3. n molosso Lys.26­
978/990
Descrizione Il molosso e una sequenza della forma- - -. 20. Pe
La si trova, sia pur assai raramente, nel dramma, in contesti giambici 21. ef
1149/11
e anche trocaici, metra dei quaU viene aUora da molti considerata esempi(
121/15~
respom
16. E cfr. anche Soph. El. 1280; [Eur.] Rhes. 706-708. Eur. O
17. Per il nesso fra il singolo baccheo ed i1 docmio v. oltre, cap. 19, p. 272. ~Abpdl
18. Cfr. inoltre Thesm. 1143-1144 e Prato, Canti, 101 ad Vesp. 316 ss. potrebl
CRETlCL BACCHEL MOLOSSl 215

forma «sincopata», variante del cretico o (solo fra i giambi) del


baccheo:

Eur. Oro ,wíEtV J.,aq.lrov E I l E t , - - u mol cr


1472 S.
J..EV ElGm IlÜav ;Í<pOe;. u - u u ba ia

Aristoph. GU Kl(JGO<pÓpE BUKXElE u u uu u 11 ia mol


Thesm. 988 ss.
oÉG1to-r" Eym OE KmllOte; uu u cho ba
GE <ptAOXÓp01Gl IlÉA'IIm u uu u u ia ba

Una sua responsione con il baccheo e attestata sia tra giambi sia in
contesti diversi 19.

Il molosso si trova anche in unione a docmi 20, probabilmente come


variante del cretico:

Eur. Phoen. EPllllOV 1tu-rp¿pov EJ..mEe; OóIlOV u u-uuu-u- 2 docmi


318 ss.
<puyae; CmOG-rUAEle; ÓlluíllOU Am~g, uuu u u 2 docmi
1Í 1t08EIVOe; <pO"Ole; u u cr cr
1Í 1t08ElVOe; e1Í~ate;. u cr mol

Con iI cretico esso compare piu di una volta In questi contesti in


responsione 21 •

19. Cfr. Aesch. Sept. 356/368; Soph. El. 485/501; Phil. 1134/1157; O.e. 513/524;
Eur. Suppl. 622/630; Troad. 580;585; Ion 190/201; Phoen. 1026/1050; Aristoph.
Lys. 264/279; la responsione compare anche forse in Aesch. Pers. 281/287; Ag.
978/990 (v. sopra, cap. 3, n. 79).
20. Pcr un esame complessivo cfr. Medda, pp. 146 ss. e 185 ss.
21. Cfr. Soph. Trae/¡. 654/662 (e V. Medda, 132 s.); O.e. 1559/1571; Eur. El.
1149/1157 (cfr. Medda, 123 s.); Ion 676/695; Oro 168/189; 171i192. Per un possibile
esempio di questa responsione al di fuori di contesti docmiaci cfr. Soph. O.e.
121/153 secondo il testo di Dawe aceettato da Lloyd-Jones e Wi1son. Un caso di
responsione, in contesto docmiaco, tra molosso e baccheo, si ha forse all'inizio di
Eur. Oro 145/157 (cfr. Medda, 156 s.) ti ti (J(ip¡yyó~ Ó1t&~ 1tvóá¡ ÓA¡:;¡~
~/,~<papa K¡V~(J¡:;¡~ mol/ha + docmio, dove pero neHa strofe rinteriezione
potrebbe essere scandita anche come u -.
.SecOfl<
usato UI1
precedut
CAPITOLO 15
Anacreonte In Anac

PMG 382 = OaKpUÓ€


fr. 109 Gent.

Coriambi In una s
usati da]
• Vediat
mpnma
PMG 383,
2 fr. 110, otvov 't~
2 Gent.
• un teí:
PMG 385 =
fr. 86 Gent.
¿K nO'ta

uno con
15.1. Descrizione e attestazioni
PMG 380
fr. 91 Gent. XatPE q>
Il coriambo e un metron della forma u u
Sequenze interamente formate da coriambi non sono molto frequenti.
Piu spesso il me/ron compare insieme ai giambi. Come,
testo 5,
Lírica eolica Successioni di coriambi puri si troyano a partire dalla lirica eolica: dall'iniz
• tetrametri catalettici in Saffo permett
Sapph. fr. 114, nap8Evía, nap8Evía, not JlE Aínotcr' unoíX;IJ; PMG 378
IV. uvanÉ't(
- uu uu -­ uu ­ u fr. 83 Gent.

fr. 128 V. dEi3"rÉ vuv appat Xápl1:E<; lCUAAíKOJloi TE Motcrat 1 Ota. TOV
- uu uu - ­ uu ­ u

La catalessi, come si vede, e la medesima in uso per i giambi 2.


In una

1. Tetrametri di questo tipo forse anche nel fr. 103,3,4, 5, 7, 10 V. Composizioni


in coriambi erano forse raccolte nell'ottavo libro della poetessa (cfr. Page, S & A,
3. Al v.
118 n. 1; 320).
«puro».
2. Una diversa catalessí, nella forma del cretico, e riconosciuta da Efestione
4. Cfr.
(p. 29, 7 ss. Consbr.): cfr. PMG 975a, b, c (rispettivamente uno, due e tre coriambi
5. Cfr.
seguiti da cretico).
CORIAMBI 217

• Secondo alcune testimonianze antiche Alceo (cfr. fr. 455 V.) avrebbe
usato una strofetta composta da un tetrametro coriambico catalettico
preceduto dalla serie u u u - - (dimetro catalettico o aristofanio).

Anacreonte In Anacreonte troviamo il trimetro catalettico

PMG 382 = uu - uu u --­


fr. 109 Gent.

In una sequenza di questo tipo, come pure in varie forme di tetrametri


usati dal poeta i coriambi possono alternarsi a metra giambici.
• Vediamo ad esempio un trimetro catalettico con il metron giambico
in prima posizione:
PMG 383,
2 fr. 110, otvov rplKúu90v KEAt~llv exoucru3 - u uu - uu - u u
2 Gent.
• un tetrametro con il metron giambico in seconda posizione:
PMG 385 =
fr. 86 Gent. SK 1toruJ..lOU '1tuvépX0J..lut 1távra <ptpoucru AUJ..l1tpá 4
uu - u - u uu u - u 11

uno con il metron giambico in terza posizione


I PMG 380 =
fr. 91 Gent. XUtpE <ptAOV <pro<; xupíEvn J..lEtOtrov 1tpom))mp
uu uu u _.. u u-

Come viene indicato da una delle fonti che ci hanno conservato il


testo 5, Anacreonte uso per una ¡ntera composizione un tetrametro
dall'inizío costantemente soluto, con un tipo di realizzazione che non ci
permette di decídere se il primo metron era giambico o coriambico

PMG 378 = uvu1téWJ..lat oi¡ 1tpo<; "OAUJ..l1tOV 1trEpúyEcr(Jt KOÚ<p1J<;


fr. 83 Gent.
uuuu - - uu - uu - u
Oto. rov "Epon" 00 yup ¿J..loi <-u> 9tAEl cruvll ~av
uuuu - uu - uu - u - ­

In una strofetta, che CI e giunta completa, un dimetro giambico

3. Al v. 1 del medesímo frammento trovíamo un trímetro coriambico catalettico


«puro».
4. Cfr. anche PMG 386 fr. 88 Gent.
5. Cfr. Hephaest. p. 30, 6 ss. Consbr.
218 CAPITOLO 15

e preceduto da due tetrametri acataletti con scambio in responsione tra Al v. lIt


giambo e coriambo: coriamb(

PMG 388 Ttpiv fli.:v EXWV ~Bp~ÉptoV, KuAóflflU1:' taqHIKwflÉVU, cho cho ia ia li Aristoph. Ach. Toií1:O ¡.ul
fL 82 Gent. (1l50-1l54j)
Kui ~oAívooe; aa1:puyáAooe; tv mai Kui \JftAÓV TtBpi cho cho ia ia 1162-1I66
TtASopijcrt <-x -) ~oóe;, 2 ia 111 VOK'tEpW.
T}muArov
V1ÍTtAOWV BlAOflU KUKiíe; aaTtíooe;, apwTtroAtcrtv cho cho cho ia 11
iTtTtum
Ka.eEAOTtÓpVOtcrtv ÓfllAÉWV Ó TtOvlJpóe; 'Ap1:ÉflWV, cho cho cho ia
Eha TtUl:~
Kí~OlJAOV sópíaKwv ~iov, 2 ia 111
TtOAAU fli.:v EV ooopi nElde; uuXévu, TtOAAU o' EV cho cho cho ia 11

1:pOx0,
1COAAU oi; vrowv aKo1:ívu fláanyt ElwfltXElEie;, KÓfllJV cho ia ia ia Al terzo I
Ttroywvá 1:' EK1:EnAflévoe;' giambico
2 ia 111
Succcssic
vuv o' Em~uívEt
aunvtwv xpúaw <poptwv cho cho ia ia 11 Eschilo ('
KuElépflum manifest~

huie; KÚKlJe;t KU! aKtaoíaKlJV EAE<pUV1:íVlJV <popd cho cho ia quenti so


yuvat~iv UU1:We; <-u -) 2 ia 111

Dramma Quest'uso della associazione e anche della possibile responsione con


attico giambi si ritrova neUa lirica del dramma. In essa infatti ~Itre a sequenze
di varia estensione formate da coriambi: In epoca
che pÍlI o
Aesch. Suppl. TtUp 1Comfloúe; 1:' aEváooe; - uu - uu cho cho
553-555 • il penta
(í544-46) Kui ~UElÚ1CAoowV XElóvu Kui 1:av 'A<ppooi­
uu - uu - - uu cho cho cho fr. 229, 1 Pf. ~uíflove~

me; TtOAÓTtOpOV u{uv - uu - u - -111 cho ba


.l'esame
philicius 1
troviamo sequenze costituite dall'unione di coriambi e giambi 6:
Simia di
Soph. Phi/o rróElEV yap Ea1:at ~to1:á; u - u - uu - ia cho catalettic<
(1136-1139/)
1159-1162 1:ie; ilio' EV UUpUte; 1:pé<ps1:at, u u - uu ia cho Powell) 10
fllJK€n fllJOEVÓe; KpU1:ÓVWV aau TtÉfl­
uu u - u - uu cho ia cho
TtEt ~tÓOWpoe; uTa; - uu - u u cho ba 7. Cfr. a
8. Per a
coriambici
340b (negU
6. Per il problema delle ambiguita che tali sequenze, e quelle interamente 9. Cfr. I
coriambiche, possono presentare con gli ionicL V. oltre, cap. 16, p. 227 s. la. Cfr.'
CORIAMBI 219

Al v. 1161 il metron giambico in seconda posizione corrisponde ad un


coriambo che si trova nella strofe (v. 1138) 7.

Aristoph. Ach. ToCÍ'to IlEV aun!'> KaKov EV, - uu -­ uu -­ uu­ cho cho cho
(1l50-1154/)
1162-1166 Kq,8' EU:pOV
VUK'tEptvOV yÉVOt'to. - uu - u - u H 11 cho ba
111naArov yap olKaó' E~ - uu - u - u -- uu - u -- cho ia cho ha
Í1macría<; ~aóít;rov,
ElLa 1ta'tá~EtÉ n<; au'tou IlE8úrov
-uu-­ uu-­ uu­ cho cho cho
'tr,v KEq>aAr,v 'OpÉcr'tll<; - uu - u - - 11 cho ba

Al terzo coriambo del v. 1162 risponde nella strofe (v. 1150) un metron
giambic0 8 .
Successioni coriambiche o giambo-coriambiche sono usate piu da
Eschilo e dal primo Sofocle di quanto non lo siano nelle piu tarde
manifestazioni della tragedia del V seco che ci sono note; non infre­
quenti sono in Aristofane 9.

15.2. 1 coriambi in eta eUenistica


In epoca ellenistica si diffonde l'uso kata stichon di sequenze coriambi­
che piu o meno lunghe con clausola catalettica:
• il pentametro, usato da Callimaco (fr. 229 Pf.):
fr. 229, 1 PL ~aílloVE<; EUUllvó'ta'tot, <Doi~É 'tE Kai ZEU, ~t8úllrov yEvápXa .

• l'esametro: Filico SH 676-680, da cui la denominazione antica di


philicius versus.

Simia di Rodi usó le misure dall'esametro catalettico al monometro


catalettico per due dei suoi carmi figurati, le Ali e la Scure (frr. 24 e 25
Powell) lO.

7. Cfr. anche, sempre in contesto giambo-coriambico, Phi!. 1099/ 112l.


8. Per altri esempi in Aristofane di una tale responsione in contesti giambo­
coriambici cfr. Nub. 955/1030; Vesp. 526 s./631 s.; 533/637; 537/641; Lys. 326b/
340b (negli ultimi due casi si tratta di dimetro cho ba/ia ba).
9. Cfr. Prato, Can ti, 29, ad Ach. 1150 ss.
10. Cfr. West, GM, 151 n. 36.
• trime
uu-­
CAPITOLO 16 • tetral
uu

• e seq
dell'ult

Ionici Una f(
dall'us

uu

i1 colo
interpr
posizic
second

.
1:1.6.2 Sequ
,

16.1. Descrizione e attestazioni


Per Al
odi in
La denominazione di ionico era collegata all'uso del metro tra gli Ioni
Alcmane Di Ale
d'Asia l.
Veniva distinto un metron ionico a minore di forma u u da uno ad
fr. 46 Davies = SKflW 1
esso speculare, detto ionico a maiore - u u. Ma l'uso di quest'ul­ 114 Cal.
timo come metron a sé stante usato in serie non risulta attestato con
sicurezza per I'eta arcaica e cIassica 2 (le interpretazioni dei metricisti
Essa i
antichi che lo prevedono per tali epoche sembrano scaturire dal
forma
tentativo di scandire per metra dei cola irriducibili in realta ad una tale
divisione). Troviamo ionici a maiore a partire dal IV seco a.e. nel fr. 50(b)
Davies 124 'IveO a
cIeomacheo (dimetro acataletto) e nel sotadeo (tetrametro brachicata­ Cal.
lettico).
Saffo Un ve
Sequenze formate da ionici a minore si troyano invece nella lirica
puro,
a partire da Alcmane.
Si tratta di:
fr. 133 V. BX€t J.I
• dimetri
uu--uu-­
3. He
4. Cf
l. Cfr. schol. B a Efestione, p. 302, 26 s. Consbr. 5. Cf
2. Cfr. B. Gentili, Maia 2 (1949), 30 SS.; Id. 1950,69 ss. second
IONICI 221

• trimetri
uu uu uu­

• tetrametri
uu uu uu - - uu­
• e sequenze che si presentano ríspetto alle preceden ti con la catalessi
dell'ultimo metron (uu -).

Una forma peculiare e íl cosiddetto anacreontico (il cui nome deriva


dall'uso frequente che dí esso fu fatto da] poeta di Teo):

uu u u -­

íl colon e chiamato anche dímetro ionico anaclomeno in quanto


ínterpretato come un dímetro ionico con anaclasi, cioe con scambio di
pOSlZlOne tra l'ultimo elemento del primo metron e il primo del
secondo.

15.2. Sequenze di ionici a minore nella Iirica arcaica


Per Alcmane, Saffo e Alceo e testimoniata la composizíone dí intere
odi in questo metro.
Alcmane Di Alcmane la nostra fonte 3 ci ha conservato un tetrametro:

fr. 46 Davies = BKatOV Iltv, AlOe; uíóv, tá:8c MÓlcrat KpOKOrcbtAOl


114 Cal. uu -- uu -- uu uu

Essa inoltre 4 ci testimonia l'uso da parte del poeta di un trímetro


formato da metron giambico + dimetro ionico:
fL 50(b)
Davies 124 'Ivro craAacrcrollt6otcr' av arco llacr6&v 5 - - u - uu -- uu
Cal.
Saffo Un verso simíle, ma con un dímetro anaclomeno al posto del dimetro
puro, fu adoperato da Saffo:

fr. 133 V. eXel lleV ' Av6pollt6a KáAav alloi¡3av u - u - uu u u

3. Hephaest. p. 37, 22 ss. Consbr.


4. Cfr. Hephaest. p. 46, 4 ss. Consbr.
5. Cfr. anche fr. 50(a) Davies 116 Cal., e forse fr. 79,2 Davies 100,2 Cal.
secondo l'interpretazione metrica offerta da Calame.
222 CAPITOLO 16

qJámpot, tí taV 1tOAÚOAPOV 'A<ppooírav - u uu - u u Altri iOl


1taAálla
Per la poetessa ci e attestato pure Puso del trímetro ionico proviene
8 s. V.
fL 135 V. tí J.1S IIavoiovt¡;, iliE1:pava, xsA,{orov6 uu - uu uu-
Anacreonte Un rice
anche nella forma dímetro anaclomeno + metron ionico si e det
meno.
fr. 134 V. Za (.) EAs~áJ.1av ovap Ku1tpo)'svf¡Q. uu - u - u - uu - -
Si veda
Nei versi che compongono un altro frammento saffico e possibile
PMC 400 = 1tapa or¡
vedere la successione di un dimetro giambico catalettico e di un fr. 35 Gent.
anaclomeno 7: Kattúuv

fr. 102 V. )'AÚK1lU J.1UtSp, ou tOt 06vallal KpéKT]V tOV tcrrov Da un 1


U U - U - uu u u­ dimetri,
1toOq:¡ 6áJ.1staa 1tal0o¡; ppaoívav Ot' 'A<ppooítav posizion
u U - U - uu u u-
PMG 395, 1tOAlOi ~
1-6 fr. 36,
Alceo Di Alceo abbiamo un frammento (10 V.)8 da una composizione 1-6 Gent: KpÓta<pC
articolata dalla ripetizione di una stanza composta da 10 metra ionici xapíwa
(la forma fu ripresa da Orazio, Carm. 3, 12), della quale e difficile
1tápa, )'r
stabilire con sicurezza la colometria: se la prima sequenza, almeno
secondo una delle fonti che ci hanno conservato il frammento 9, doveva )'AUKepo
senz'altro essere un tetrametro, chiaramente articolato in metra (come PtÓtüU ~
gia il verso sopra citato di Alcmane) dalla costante fine di parola 10,
Sembra,
fr. 10,1 V. SIlS odAav, SJ.1S m.IÍaav KaKOtátrov 1tSOéXOHfUV, ma, di c(
facendo
per quanto segue si resta incerti tra due trimetri 11 oppure tetrametro Si veda:
e dímetro 12.
PMG 411b =
fr. 32 Gent. dlOvÍ)ao

6. Il verso compare forse anche nel fr. 113 V. dove il fi


7. Cosi, ad esempio, interpreta Snell, CM, 35. due silla
8. Se ne veda ora una ampía discussione in Pardíni, 25-47.
9. Cfr. Hephaest. pp. 38, 4 SS.; 65, 12 SS.; 66, 10 ss. Consbr.
10. Cfr. Pardini, 33.
11. Cfr. R. Führer, Beitriige zur Metrik und Textkritik der griechischen Lyriker, Lieder, M
I1I: Die Kolometrie von SI.U:; OEtAaV (Alkaiosfr. /O L.-P.), NAWG 1976,253-257, Cambrid~
seguito da Snell, CM, 34 n. 33a, che in precedenza (cfr. Philologus 96, 1944, 13. Ma!
288-290) aveva sostenuto una diversa, e non soddisfacente, divisione, accolta nella 14. Cfr.
edizione della Voigt; cfr. anche West, CM, 33. 15. Cfr.
12. In un primo tempo sostenuta da Lobel (BQR 3, 1920-1922.289 S.; 'AAKaiou 16. Cfr.
¡..t{;}'TJ, Oxford 1927, 7 s.), e da lui poi successivamente abbandonata, questa 17. Per
divisione e stata adottata da GentíIi 1950, 150; Id. 1952, 132; da M. Treu (Alkaios PMG499
10NICI 223

Altri ionid in Alceo si trovano nei frr. 380 V. (brETov KunpoYf-vi¡a¡:;


naAÚJlat<}1v), secondo a1cuni da riportare alla composizione da cuí
proviene il fr. lO·V. 13 , e nei frr. 393 e 397 V.; si veda inoltre fr. 306g,
8 s. V.

Anacreonte Un ricco uso degli ionid venne fatto da Anacreonte che, come
si e detto, mostra una spiccata preferenza per il dimetro anaclo­
meno.
Si veda ad esempio:

PMG 400 napa 0110'tE I1uOÓJlavopov uu u - u -­


fr. 35 Gent.
Ka'tÉOUv "Epro'ta <PEÚYrov uu - u u-

Da un paio di attestazioni conosciamo una strofetta formata da sei


dimetri, tutti anaclomeni meno il quinto, puro, forse usato in questa
posizione per definire il ritmo alla fine della stanza 14:

PMG 395, nOA101 Jlev llJliv iíOll uu-u u­


1-6 fL 36,
1-6 Gent. KPÓta<pot KÚPll 'tf- ABUKÓV, uu - u u -~

Xapíf-crcra o' OUKÉ't' ií~l1 uu- u u -­


núpa, YllpaABot S' 60óv'tf-s, uu - U - U -­

yAUKf-pOU S' OUKÉ'tl nOAAos uu -uu


~tÓ'tOu XPóvos AÉAf-tn'tUl 15 uu u-u 111

Sembra attestato anche in Anacreonte l'uso, che troveremo nel dram­


ma, di contrarre le due brevi iniziali deBo ionico a minore in una lunga,
facendo risultare un «molosso».
Si veda:
PMG411b=
fr. 32 Gen!.
AlOvÚcrOU crauAUl BacrcrapíoB~ uu - - - uu­

dove il fenomeno (che pero potrebbe essere eliminato scandendo come


. due sillabe au 16) avvíene in un trímetro catalettico 17.

Lieder, München, 1963 2) e da Campbell (Greek Lyric transL by D.A. CampbeIl, 1,


Cambridge, Mass. - London, 1982).
13. Ma cfr. Pardini, 45 n. 28.
14. Cfr. West, GM, 59.
15. Cfr. anche PMG 356 fr. 33 Gent.
16. Cfr. van Ophuijsen, 111.
17. Per ¡'uso da parte di Anacreonte del trimetro ¡onico catalettico, cfr. anche
PlvfG 499d Test. VI Gent. Per altfe forme di trimetri usate dal poeta cfr. PMG
224 CAPITOLO 16

In due frammentí troviamo una sequenza uu - uu u u­ vv. 7-9 'rae; úCl


u -. Si confronti: Y]va K
{¡pota,
PMG 413 ¡.uoyál.cp Dlllyrt Il' "Eproe; EKo'l'ev wcrre xaAKeÚe;
fr. 25 GenL
neAtKet, xetllepíl] D' Vcooaev EV xapáOpl] 18. Unan
pretat
Una tale sequenza e
interpretabile come composta da un dímetro da un'
giambico catalettico preceduto da un colon di forma uu - uu iI ionici,
cosíddetto parteneo 19, che si trova taIvolta associato a ionící e a co­ ionico
riambi, e che qui puó essere interpretato come dimetro ionico cataletti­ tron ic
co 20; oppure si potrebbe pensare a una divisione in metron ionico metric
+ uu u u - u - -, interpretando quest'ultima sequenza, che pretaz
compare in Bacchilide fr. 19 S.-M. (v. 2: napa. tflv c.ptAllV yuvaiKa parten
c.peúyete;), presumibilmente ín contesto ionico, come uu u u-, eviden
anaclomeno catalettico 21 + U -, forma «acefala» del metron ioni­ posizi<
co 22. decisic
guita o
Un fenomeno interessante, sia pure problematico, si riscontra in ro,ad'
PMG 346, fr. 1 = fr. 60 Gent.: íI papiro che ci tramanda il testo Unas(
(P. Oxy. 2321) divide, con fine di parola al termine di ogní sequen­ in Cor
za, In: vedep

- uu u - u­
vv. 17-22 lley]áA.
e;] SAe .
uu u u­
lláKapl
uu - uu- u Id 111
c.p]eptll
Kp]OUq:
aoc.pait
351 fr. 27 Gent. (3 ion); PMG 410 e 411a frr. 30 e 29 Gent. (trímetro formato
da anacIomeno + metron ionico, che abbíamo gia visto in Saffo 134 V.); PMG 415
fr. 31 Gent. (trímetro speculare rispetto al precedente). Incerta la divisione di 23. UJ
PMG 408 fr. 28 Gent., cfr. West, GM, 59. collocat
18. L'altro frammento e PMG 414 = fr. 26 Gent. 24. Pe
19. Cfr. Gentili 1950, 82 n. 1; la denominazione compare in un frammento 25. C<
di un anonimo grammatico del I seco d.C. (P. Oxy 220: cfr. col. XII, p. 407 26. In
Consbr.), che indica per la sequenza anche una possibilita di realizzazione strofett
vv -- v - v che in contesto ionico e interpretabile come una forma cataletti­ 27. Pe
ca deIl'anacreontico. 28. La
20. Una divisione di questo tipo e offerta anche da Gentili 1950, 165 s. e 82 n. 1, none al
che preferisce pero pensare a una interpretazione coriambica. piu rece
21. Per attestazioni nel dramma, in ambito ionico, di que sta sequenza (alla 553-557
quale abbiamo gia accennato sopra, n. 19, come ad una delle forme del parte­ B.M.P:
neo riconosciute dall'anonimo metricista di P. Oxy 220) si veda piu avanti, reta el/¡
p.226. n3ZÍona
22. Cfr. Snell, GM, 35; Korzeniewski, GM, 119. cui SOpl
JONICI 225

vv. 7-9 ta~ uaKtv[eíva~ ap]oúpa~,


'í]va KÚ1tpt~ EK AS1táovrov
EpOÉ<J<J]a[~ K]atÉOn<JSV 'í1t1tOU~.

Un anacreontico epreceduto da una sequenza che potrebbe essere inter­


pretata come un anacreontico preceduto da un elemento 23, e seguito
da un'altra, che ritroveremo in altri autori in chiusa di successioni di
ionici ed e interpretabile in questi contesti come composta o da metron
ionico + una serie uu u - _24 oppure da parteneo «ionico» + me­
(ron ionico «acefalo» 25. D'altra parte, con la medesima divisione colo­
metrica il primo e il terzo colon potrebbero ricevere anche una inter­
pretazione di tipo eolo-coriambico (coriambo + reiziano giambico e
parteneo «coriambico» + baccheo), mentre cola coriambici ancora piu
evidenti nsultano con un'altra colometria che divide ogni volta in una
posizione precedente a quella del papiro (cho ia, cho ia, chocho ba) 26. La
decisione e difficile e si potrebbe anche pensare ad una voluta ambi­
guita o ambivalenza 27 o, forse meglio, accettando la colometria del papi­
ro, ad una forma di «modulazione ritmica» dai coriambi verso gli ionici.
Una sequenza identica all'ultima delle tre presenta te dal papiro si trova
in Corinna 28 (PMG 654, col. 1,11-52) come chiusa di una strofetta che
vede precedentemente una successione di cinque dimetri ionici:

vv. 17-22 flsy]áAav t' [a]eaváerov E<J- uu - uu­


~] SAS tq..táv· táo' EflcA\lfSV. uu- uu-­
fláKapa~ O' au"tÍKa Mro<Jn uu -- uu
q>]EpéflSV \lfUq>ov E[t]attOv uu - uu-­
Kp]ouq>íav KáAmoa~ EV Xpou­ uu- uu
<Joq>aía~. tU o' Ufla 1táVt[E]~ &pesv uu - - uu - u --111

23. Una successione identica a quella di questi due cola. e con fine di parola
collocata aBo stesso modo, si trova in PMG 398 = fe. III Gent.
24. Per la serie uu - v - come possibile c1ausola di ionici, v. oltre, n. 30.
25. Cosi Snell, GM, 35.
26. lndicazioni bibliografiche relatíve alle varíe interpretazioni offerte per la
strofetta in Rossi, 815 s. n. 11.
27. Per fenomení di ambiguita íonico-coriambiche nel dramma, v. oltre, p. 227 s.
28. La datazione della poetessa, se contemporanea di Pindaro secondo una tradí­
zione antica, oppure di eta ellenistica, costituísce tuttora un problema aperto: fra i
phI recen ti interventi M.L. West, CQ N.S. 20 (1970),277-287, Id., CQ N.S. 40 (1990),
553-557,favorevole ad una datazione tarda; M. Davies, SIFC ser. 3,6 (1988),186-194;
B.M. Palumbo Stracca, in Tradizione e innovazione nella cultura greca da Omero al­
reta ellenistica. Scritti in onore di B. Gentili, n, Roma, Gruppo Editoriale Inter­
nazionale, 1993,403-412, sostenitrice della datazione alta. Per il testo del frammento di
cuí sopra riproduciamo un brano, v. ora G. Burzacchini, Eikasmos 2 (1991), 64 ss.
226 CAPITOLO 16

Tragedia L'uso e
16.3. GIi ionici nel dranuna attico nserva
Supplic
I1 metron si puó presentare, anche fuori da una posizione clausolare,
tragedi
neHa forma uu
«strani
L'articl
Aesch. Pers. Sllu80v O' eOp01tÓpOlO 8UAáaaw; uu uu -uu
109 s. stica de
1tOAtatVOlllwu<; 1tVEÚllun Aá~Pf9 u u uu - uu
difficil~
Quand,
Le due brevi possono essere contratte in una lunga (ne risuIta un sopratt
«molosso»). e diffie
ambigt
Eur. Bacch. 81 Kta(j($ "Ce a"CEcpuvro8Eí<; -uu dal poe
iniziale
Esempi di soluzione degli elementi lunghi sono attestati in particolare moloss
nell'ultimo Eurípide (neHe Fenicie e neHe Baccanti). Ne risultano metra
di forma u u uu e u u - uu 29, di cui l'ultimo si trova diverse O.e. 714
(í70 1) t1t1tot<r
volte (Bacch. 372/388; 382/398; 522/541; 525/544) in responsione con il
metron non soluto. di per
La responsione tra dimetro ionico e anacreontico e attestata in Eur. minore
Bacch. 530/549 e in Aristoph. Ran. 327/343. Non rn
frarnrnc
Oltre a chiuse complete o catalettiche del metron ionÍco in sequenze di coriarn
diversa lunghezza, e al dimetro anaclomeno, possiamo incontrare in fine di
clausola le forme:
• uu - u - u (che abbiamo gül indicato sopra - p. 224 n. 19 come Aesch. Ag. aAAO"C~
equivalente anaclastico di un dimetro ionico catalettico): Aesch. Pers. 448-451
(í466-469) "CáOe oí
107/114; cp8oVe~
• uu u - - (forma con chiusa «pesante» rispetto aHa precedente): 1tpOOíK
Eur. Bacch. 71, eycl. 502/510/518;
Una st
• uu - u (forma catalettica rispetto alle preceden ti? o reiziano
bo-cori
giambico inserito in contesto ionico?): Aristoph. Vesp. 302/315 3°;
• uu uu - u (parteneo «ionico» + /\ ion oppure ion + la clau­
sola che abbiamo appena indicato, uu - u - -): Eur. Bacch. 536/555; 31. Su:
ela sequenza clausolare che abbiamo gia visto in Anacreonte e Corinna. 32. Cfi
33. Cfi
8s./1078
un colO!
29. Cfr. anche per la prima forma Aristoph. Thesm. 110, 113, 121; per la seconda come Uf
forma, nello stesso brano parodico, il v. 122, eRan. 1347 (parodia euripidea). Aesch.l
30. Sulla ammissibilita di que sto colon come clausola ¡onica cfr. Wilamowitz, interprel
GV, 338; Fraenkel 1954,282 s. = Id., KB 1,403 S.; Gentili 1950, 183 SS.; Id. 1952, creonte)
134-137; Id., Anacreon, 180. Esso ricorre anche in Aesch. P.v. 130/146; 134/150 pensa p
nella divisione colometrica del brano in ionid, per cui v. oltre, n. 34. Korzeni
IONICI 227

Tragedia L'uso degli ionici non e molto diffuso nella tragedia, che comunque
riserva ad essi intere stanze: cosi, ad esempio, nei Persiani e nelle
Supplici di Eschilo e nelle Baccanti di Euripide: il ritmo ionico in queste
tragedie caratterizzava forse l'elemento esotico-orientale, o comunque
«straniero», che era al centro deBe rispettive trame.
L'articolazione sembra per lo piu in dimetri e trimetri, ma la caratteri­
stica del ritmo ionico di comparire in lunghe successioni rende spesso
difficile una divisione colometrica.
Quando gli ionici non formano da solí intere stanze, si associano
soprattutto con cola eolici e coriambici, talvolta in maniera tale che
e difficile stabilire i confini tra i due ritmi 31. Un tipo particolare di
ambiguita, che si trova soprattutto in Sofoc1e, e sembrerebbe ricercata
dal poeta, e quella che si determina con sequenze il cui movimento
iniziale puó essere interpretato come inizio di ionici con contrazione
molossica oppure come inizio di sequenze eoliche:
O.e. 714
(/701) -uu uu

di per sé interpretabile come trimetro ionico o come asclepiadeo


minore catalettico 32.
Non mancano casi che presentan o una significativa somiglianza con il
frammento di Anacreonte di cui abbiamo parlato sopra, con un inizio
coriambico che porta verso sequenze divisibili come ioniche secondo la
fine di parola, altrimenti come giambo-coriambiche:

Aeseh. Ag. UAA01"pía<; owi yuVatKÓ<;' - uu u- u -­


448-451
((466-469) 1"áOE O'tyá n<; ~a{)~Et· uu u - u-­
c:p60VEpOV O' ún' (i'Ayo<; EpnEt uu - u - U

npOOtKOt<; 'A1"pEÍoat<; 33 uu - U

Una struttura simile, con un attacco stavolta apparentemente giam­


bo-coriambico (u -- u u u - -), si trova in Aesch. Sept. 720 ss./

31. Sul fenomeno cfr. Dale, LMGD, 143-147.


32. Cfr. aquesto proposito le considerazioni di Dale, LMGD, 143 s.
33. Cfr. anche Aesch. Pers. 659 58./666 88.; Soph. Phi!. 688 88./701 S8.; El. 1066
ss./l078 ss. In Aesch. Ag. 686 s.1705 s. una successione di questo tipo pre1ude ad
un colon assolutamente singolare (vv v - vv -) che sara da interpretare
come un voluto gioco del poeta sul nome (a doppio sen so) di Elena. Cfr. ínoltre
Aesch. Pers. 633 s./641 S.; 647 s./653 S.; Soph. O.T. 48488./499 ss. A favore di una
interpretazione uniformemente ionica di questi passi (compreso quello di Ana­
creonte) e G. Zuntz, Drei Kapitel zur griechi~chen Metrik, Wien, 1984,42 SS., che
pensa per l'elemento iniziale ad una sorta di «Vorsilbe» (per cuí cfr. gía
Korzeníewskí, GM, 119 S.; West, GM, 125).
228 CAPITOLO 16

727 SS., un brano, comunque, la cuí costruzione retorica sembrerebbe riazuse


parlare ancor piu decisamente per quanto segue a favore di una 343-35
divisione in cola ionici: Viene
presen
nÉ<pplKU 1:av roAEcríOlKOV u u -uu 720 (posta
eEÓV, ou eCO!'; Ólloíuv, uu u u un dirn
potrerr
nuvuATleil KUKÓllUVLtV, uu - uu
e u
nU1:po,; EUK1:uíuv 'Eptvuv uu- -u­
vano 1
1:EAÉcrUl 1:a.; m:p1eÚllOU'; uu - uu stino (
KU1:ápu.; Oiomóou PAU'lfí<ppovo.;· uu - uu - uu - 725 l'altra
nUtOoAÉLrop o' Ept.; ao' 01:pÚVet 34 -UU UU u -111 metra i
(v. 27'­
In questa divisione l'ultima sequenza e un decasillabo alcaico, la prima riazuse
potrebbe essere un'a forma modulante da giambo-coriambi verso ionici, questo
oppure un metron ionico preceduto da un reiziano giambico. Il v. 723, soluta,
nella scansione sopra riportata, si presenta come una forma di anado­ u U!

meno con il terzo elemento realizzato da lunga (uu u -), sé, e,


sequenza che compare altrove in Eschilo in un chiaro contesto ionico (v. 10:
(Suppl. 1021/1029: nEptVUtOUcrtv nUAUtóV l1:óSe lletAícrcroV1:E'; ouou.;); u U 1

non si puó esdudere, peró, la presenza di un piu normale anadomeno


con la correptio del dittongo di EUKLUiuv 35. In Vesp.
ionico e
lunga ('1
Commedia Nella commedia di Aristofane troviamo brani interamente, o quasi,
(v. 297a
composti di ionici nelle Vespe (vv. 291-302/303-315)36, nelle Tesmofo­

34. Per questa di visione e interpretazione (di contro aquella giambo-coriambica 16,,4. Gli iom
che troviamo in varie edizioni), cfr. Fraenkel1954, 278 s. = Id., KB 1,399 S., che
anche in base al confronto con questo brano propone una interpretazione simile L'assO(
per altre due stanze ambigue, quali Aesch. P. V. 128 s8.j143 8S.; 397 s8./406 ss.:
sull'interpretazione di questi due brani cfr. Pattoni, 36 ss. tato ir
35. Anche il testo dell'antistrofe (v. 730 TCuepó<;, ID¡.tÓ<pproY crí8apo<;) vista la period(
presenza dí occlusiva + líquida all'interno di parola in ID¡.tÓ<pproY e aperto alle due peana (
possibilita di scansione. Un altro esempio in tragedia del colon uu - - u - si
ha in Aesch. P. V. 399, se si accetta l'interpretazione ionica del passo (per cuí v. alla
n. precedente), dove esso rísponderebbe (v. 408) ad un dímetro ionico puro
(quanto ad un altro possibile caso, P. V. 405/414, va notato che qui la presenza di 37. Pe]
un tale colon non e accettata neppure unanimemente da coloro che sono favorevoli Frogs, 2
ad una interpretazione complessivamente ionica della stanza: cfr. ad esempio 38. El
Pattoni, 41 s.: e in effetti sembra preferibile colizzare in una maniera tale da far anaclorr
risultare al verso in questione una forma di decasillabo alcaico, ottenendo una 39. Cf
corrispondenza con la chiusa della parodo). 40. Cf
36. Nena coppia strofica dei vv. 273-280/281-290 (per la cuí collocazione nelIa 41. Cf
commedia cfr. G. Mastromarco, Storia di una commedia di Atene, Firenze 1974,67 42. Pe
ss.) sequenze ioniche sono íntercalate a «dattilo-epítriti», per cuí v. oltre, cap. 18. n. 123.
IONICI 229

riazuse (vv. 101 SS., peana di Agatone) e nelle Rane (vv. 327-336/
343-353 37 , invocazione a lacco degli iniziati).
Viene usata la fonna u u - - - u - in Ran. 328, 330, 346 essa si
presenta in responsione con la fonna «normale» dell'anaclomeno
(posta rispettivamente ai vv. 345, 349, 329); in Ran. 336 risponde ad
un dimetro ionico puro (v. 353). In alcuni brani sembra che quelle che
potremmo descrivere come le due parti dell'anaclomeno uu u
e - u -, che in luoghi come quelli appena cita tí 38 si sovrappone­
vano nella responsione a forme normali del metron ionico, acqui­
stÍno autonomia, comparendo anche indipendentemente l'una dal­
l'altra a formare sequenze: cosi ad esempio in Vesp. 281b dopo tre
metra ionicí, troviamo in responsione ad un metron ionico «normale»
(v. 274) la fonna uu - u 39; nel peana di Agatone delle Tesmofo­
riazuse, forse con una parodia delle eclatantí innovazioni musicali di
questo poeta tragico 40, trovíamo la serie u - -, anche in fonna
soluta, a costítuire «dimetri» del tipo di - u - - - u - (vv. 111 s.),
- u uu u uu u - -- (v. 114) e uu u u - - (v. 105), di per
sé, e vero, interpretabili come trocaici, ma anche - u uu - ­
(v. 108), u uu - uu . (v. 109) e dimetri catalettíci come
u uu uu (vv. 106, 118, 125)41.

In Vesp. 291 55./303 ss. ci sono tramandati un caso di responsione tra un dímetro
ionico catalettico (v. 308) e un anacreontíco con terzo elemento realizzato da
lunga (v. 296) e uno in cuí ad un metro n ionico (v. 309) corrisponde un dimetro
(v. 297a) 42.

16.4. GIi ionici in eta ellenistica e imperiale


L'assocíazione del metro con il canto rituale, che abbiamo gia consta­
tato in alcuni esempi dalla commedia, continua anche in questo
periodo. Ce lo garantiscono diverse testimonianze, tra cui il cosiddetto
peana di lsillo (CA 133): si tratta di un'ode, conservatací da un'epígrafe

37. Per í problemi testuali offerti dall'inizio di questa coppia strofica cfr. Dover,
Frogs, 233 ss.; Romano, 136 ss.
38. E cosi anche nei casi che abbiamo segnalato sopra (p. 226) di responsione tra
anaclomeno e dimetro puro.
39. Cfr. Zimmermann 1,99.
40. Cfr. Prato, Can ti, 243.
41. Cfr. Koster, Traité, 206.
42. Per il problema della responsione tra i vv. 314a e 30la cfr. West, GM, 127
n. 123.
-
230 CAPITOLO 16 ,
ÍnsÍeme ad altre composizioni di Isillo, poeta di Epidauro deH'inizio del una sec
III seco a.C 43 . La composizione, interamente ionica, e astrofica: i cola nella fo
presentano spesso elementi lunghi soluti e la sostituzione al metron e inoltr
ionico delle forme - u (anche sol uta) e u u - u; sono presentí anche ii
anacreontici, anche nella forma con terzo elemento realizzato da lunga.
Nel peana di Filodemo di Scarfea (CA 165, IV seco a.c.), che pure ci 11 sotadeo All'uso
e giunto per via epigrafica, gli ionici sono limitati ai refrain, il primo sue cor
costituito da un trimetro ionico, il secondo da 2 ionici, gliconeo, ~ verso, e
ferecrateo (per l'analisi del resto della composizione V. oltre, p. 254). si artic(
ABa sfera cultuale apparteneva anche il cosiddetto galliambo: si tratta (second
di un tetrametro ionico catalettico, una forma attestata anche nel di uno
dramma, ma che doveva questo nome, come ci viene riferito 44, al fatto costitui
di essere stata usata, a quanto sembra kata s tichon , da parte di
VEÓJtEPot in connessione con il culto deHa Grande Madre, i cui uu
sacerdoti erano detti rÚ},},ot. Il verso, secondo una diversa fonte 45 ,
sarebbe stato adoperato anche da Callimaco. In quel]
sicuram
In epoca imperiale la sequenza ionica piu usata fu l'anacreontico (a ma-basl
volte associato al dimetro ionico): ad es. nella Podagra di Luciano (vv. forma a
30-53); nelle Anacreontiche, composte fino ad epoca bizantina 46; in lunghi (
Gregorio di Nazianzo (1 1,30; 1 2,7; 11 2,129); in Sinesio di Cirene (Inno trova ir
5 e 9).
fr. 2 Powell 'O b'an

t bta bEVI
16.5. Gli ionici a maiore
ftAÉ~a'tl
11 cleomacheo Come abbiamo accennato, gli ionici a maiore fanno la loro comparsa
nel IV seco a.C. A quest'epoca appartiene iI poeta CIeomaco di
Magnesia, da cui prese iI nome il cleomacheo, dimetro ionico a matore Adoper
acataletto. ; fra i te~
SR 341 1:Í<; ti]v ÓbpíllV i)~&v - - uu ­
47
-u-u--­ 48. Cfr,
49. Frr,
Powell: e
50. Nel
43. Si tratta di: due carmi dedicatori, un inno ad Asclepío e una composizione in 51. Si 1
esametrÍ contenente la descrizione di una processione che il poeta sí proponeva di contenut,
istituire in onore di Apollo e Asclepio e durante la quale avrebbe dovuto essere Maronea
appunto eseguito il peana. Podagra,
44. Cfr. Hephaest. p. 38, 14 ss. Consbr. Massimo
45. Cfr. Chaerob. p. 246, 5 Consbr. 1969,n. l
46. Per maggiori particolari cfr. West, GM, 168 S. ~ CharitioI
47. Cfr. anche SR 342. Oxy.413
I
10NICI 231

una sequenza nena quale, come si vede, lo ionico poteva comparire


nena forma contratta di un molos so e in quena anaclastica - u . . . u,
e inoltre, secondo la testimonianza di Efestione (p. 35, 14 Consbr.),
anche in quella di un coriambo.

11 sotadeo All'uso da parte di Sotade di Maronea (inizio del III seco a.e.) per le
sue composizioni oItraggiose e scurrili deve iI suo nome il sotadeo,
verso, come risuIta da alcune testimonianze antiche 4g , non lirico. Esso
si articola in quattro metra ionici a maiore, di cui l'ultimo catalettico
(secondo la terminologia antica, brachicatalettico, in quanto mancante
di uno dei due piedi da cui iI metron ionico a maiore si riteneva
costituito: v. sopra, p. 201, n. 34).

uu ............ uu --- uu

In quelli, fra i frammenti tramandati a nome di Sotade, che sembrano


sicuramente autentici 49 iI verso si presenta, oitre che neHa sua for­
ma-base, anche con uno o piu tra i metra «completi» realizzati nella
forma anadastica - u - u; dalla possibilita di soluzione degIi elementi
lunghi derivano per i metra forme quali uu uu e - u u u u; e si
trova infine la contrazione molossica 50•
• fr. 2 Powell 'O ó'a1to<J1:qáau~ TO -rpfíjlU -rfí~ omaSs AUÚPll~
uu-uu -u-u u u
Óta ÓSVópoq>ópou q>ápu'YYo~ {;~tmas ~povTi¡v
• uu uu - u u u u
ilMjluwv, óKoíllV apO'ti¡p ytpmv XU/.q, ~ou~
- u uuu uu u ... u--

Adoperato in contesti di vario genere fino all'eta imperiale, in alcuni


fra i testi in questione, e precisamente nei cosiddetti «Sotadea» 51, il

48. Cfr. Strab. XIV, 1, 41; Aríst. Quint. 1, 13, p. 32, 1, W.-I.
49. Frr. 1-4c Powell, a cuí e da aggiungere con ogní probabilita il fr. inc. 17
Powell: cfr. Bettiní, 61 S.
50. Nel fr. 17 Powell, citato alla nota precedente.
5\. Si tratta deí frr. 6-15 PoweIl, conservati da Stobeo, assai diversí per
contenuto e caratteristiche linguistiche dai frammenti attribuibili al poeta di
Maronea. Quanto aglí altri testi redattí in questo metro, si tratta dí: Luciano,
Podagra, vv. 113-124; aIcune iscrizionÍ metriche (due di un Moschione, una di un
Massimo: CfL E. Bemand, lnscríptíons métriques de I'Égypte gréco-romaine, Paris,
1969, n. 108, 5-22; 41-49: n. 168, 1-23); sotadei sono inserití nel cosiddetto mimo di
Charition (cfr. P. Oxy. 413, 88-91), per cuí v. ora S. Santella, Charilion liberata (P.
Oxy. 4 J3), Barí, Levante Editori, 1991; un brano in sotadei compare nel cosiddetto
--
232 CAPITOLO 16

verso presenta una liberta ancora piu notevole nella realizzazione degli
ionici a maiore 52: oltre alla contrazione nel «molosso», ammessa solo
nel secondo metron, si trova insieme ad essa la soluzione di uno dei
longa, che fa risultare (a quanto sembra solo nel primo metron) uno
«ionico a minore» oppure un «corÍambm>; inoltre sia nella forma
«normale» che in quella anaclastica del metron, una delle due brevi puó
essere sostituÍta da una lunga, dando origine alle ulteriori forme
- - u-, u, u - - 53, a loro volta passibili di soIuzione in forme
come - u u u u u - u, u u u .
1

17.1. DefiniziOll
Per col
ruso n.
metron,
corrisp.

Le priIJ
11 gliconeo • iI glic
«Romanzo di Iolao», P. Oxy. 3010, 14-33 (cfr. P. Parsons, BICS 18, 1971,53 ss.);
in tali versi e con ogni verosimiglianza composto un encomio della citta di x x -
Alessandria, conservato in P. Gron. inv. 66 (cfr. LH.M. Hendriks, P.J. Parsons,
K.A. Worp, ZPE 41, 1981, 71 ss.); per la fortuna del verso in epoca pió tarda, cfr. in cui
W.J.W. Koster, Mnemosyne, s. IV, 16 (1963), 135 SS.; M.L. West, Journal of sequen:
Theological Studies 33 (1982), 98 SS.; B.M. Palumbo Stracca, Orpheus 11 (1990), epoca J
65 ss. «base»
52. Su que sta base, e anche in seguito al confronto con la produzione latina in
sotadei, Bettini ha proposto di distinguere una forma «pura» del sotadeo, quena
Come rr
appunto di Sotade (usata precipuamente anche in seguito nene composizioni nome di
letterarie greche e latine, dal Sota di Ennio ai versi inseriti da Petronio nel suo Glicone.
romanzo, da Marziale a Terenziano Mauro), e una forma «allargata», veicolo in
Grecia (appunto nei «Sotadea», con una tarda ripresa in Ario ed Eunomio) e poi
anche a Roma (in Accio e Varrone) di contenuti filosofici o in generale didascalici.
53. Sul problema della presenza o meno di una tale forma nel vero Sotade, cfr. l. SuU;
Bettini, 62 ss. sequenzc
2. Cfr.
CAPITOLO 17

Eolici O eolo-coriambi

17.1. Defmizione e descrizione

Per cola eolici intendiamo una serie di sequenze (cosi denorninate per
ruso notevole che ne venne fatto da Saffo e Alceo) costruite non kata
metron, che presentano come nucleo centrale la successione uu
corrispondente ad un coriambo, per cui sono anche dette eolo-coriambi.

Le principali sequenze di questo tipo sono:


11 gliconeo • il gliconeo
x x - uu - u­
in cui facciamo subito notare una caratteristica di molte di queste
sequenze, e cioe un attacco caratterizzato da due elementi liberi 1, che in
epoca moderna, a partire da G. Hermann 2, viene spesso denominato
«base» eolica.

Come molte di queste e altre sequenze della metrica greca il colon deriva il suo
nome da un poeta che (in cta cllenistica?) ne avrebbe fatto un uso stichico,
Glicone.

1. Sulla realizzazione di questi due elementi nelle varie epoche della storia delle
sequenze v. oItre, pp. 238, 241, 244, 248.
2. Cfr. Hermann, Elementa, 68-71.
-
234 CAPITOLO 17

11 dimetro • Fin dall'epoca piu antica il gliconeo appare in responsione con un colon rapport
coriambico (sentito dunque come ad esso equivalente) che potremmo descrivere come almeno
o wilamo­
witzianus
la sua forma anac1astica: in esso iI nuc1eo coriambico si trova spostato
alla conc1usione, abbiamo cioe la forma x x x X 3 ~ UU~. Questo Eur. fr. 773, op9pS\)(
colon viene spesso chiamato dímetro coriambico (una denominazione che 25/33 W.
nuyu'i<; .
risale a Wilamowitz, che lo studio in un articolo ripreso poi in un capitolo
della sua Griechische Verskunst) 4, anche se in realta non si tratta di una 11 reiziano • La se(
sequenza costruita per metra: alcuni studiosi preferiscono aHora chiamar­
10 wilamowitzianus, in omaggio al suo «scopritore» moderno. Esisteva, x uu
anche se ci enel complesso meno nota, una forma in cui il «coriambo» si II nome,
trovava all'inizio. Dato che la seconda parte di essa e il piu delle volte Reiz, il ~
occupata da una successione identica ad un metron giambico, e in consÍ­ PI auto) i
derazione dell'affinita tra coriambi e giambi, in contiguita di giambi essa giambico
sara da interpretare come una successione kata metron di tipo giambo­ forma Jil
x uu
coriambico; non mancano pero, come vedremo, alcuni casi in cuí il colon riambico:
aperto dal «coriambo» si colloca in rapporto di responsione e quindi di altre POS!
diretta affinita con il gliconeo o con il wilamowitzianus. Per distinguere
i due cola di cui si e appena detto vengo no ad essi aggiunte le qualifi­ Vi sono'
cazioni di dímetro coriambico B o II per la forma chiusa dal «coriambo), fine (sec
dí dimetro coriambico A o 1, per quella che invece da esso e aperta.
L'ipponatteo .1'ippOl
Vi sono poi: x x l....

11 ferecrateo • la forma catalettica rispetto al gliconeo, il ferecrateo: iI cui no]


x x uu ~ x rimasta n

Il nome e legato a quello del commediografo attico Ferecrate. L'enoplio • e la fo


coriambico
11 telesilleo • la forma che rispetto al gliconeo ha un elemento in meno all'inizio, il AeB x Uu
telesilleo: che vien
x uu u- coneo (1
talora el
JI nome gli deriva dalla poetessa Telesilla (V seco a.c.), che lo avrebbe adoperato A per di
per i suoi carmi dedicati al culto. responsi
te M.L.
11 dimetro Esiste anche una forma «acefala» rispetto al dímetro coriambico B,
coriambico cioe con la base realizzata da tre elementi. Attestata in Pindaro e nella
B «acefalo»
tragedia, e possibile che essa fosse con il telesilleo nei medesimi
5. Un u]
scansione
6. Sulla
3. Sulla maggiore o minore liberta con cui questi e1ementi iniziali sono realizzati I'Istituto (
nelle varie epoche della storia del colon ci soffermeremo piu avanti: v. oltre, 7. Sulla
pp. 238, 244, 246 ss. 8. L'esel
4. Cfr. U. von Wilamowitz-Moellendorff, Choriambische Dimeter, SDAW 1902, peraltro \
865 SS.; Id., GV, 210 ss. moderna;
EOUCI o EOLQ-CORIAMBI 235

rapporti in cui il di metro coriambico B stava con il gliconeo, visto che


almeno una volta e attestata una responsione tra i due cola:

Eur. fr. 773, op8pElJOllÉva yÓ01~ / - - UU - u


25/33 N 2•
naya\~ 1:' En' 'QKWVOí) 5 u- UU

11 reiziano • La sequenza catalettica rispetto al telesilleo e nota come reiziano:


x- uu x
11 nome, moderno, deriva da queIlo di un filologo tedesco del XVIII secolo, F.W.
Reiz, il quale piu precisamente 6 aveva scoperto in ambito latino (nei canrica di
Plauto) il cosiddetto versus reizianus, una sequenza formata da un quaternario
giambico ( quattro piedi giambici, secondo la misurazione latina) e da una
forma libera del colon di cuí stiamo parlando, Per designare la sequenza
x - uu x si aggiunge talvolta al termine reiziano la qualificazione di «(CO­
riambico», al fine di distinguerla da quella che viene interpretata come una delle
altre possibili realizzazioni del reiziano, queIla «giambica» x -- u x?

Vi sono poi: una forma che, rispetto al gliconeo, ha un elemento in piu alla
fine (secondo la terminología antica e, rispetto ad esso, ipercatalettica):
L'ipponatteo • l'ipponatteo
x x uu u - x
il cui nome viene da Ipponatte anche se e probabíle che del poeta non ci sia
rimasta nemmeno una sequenza di questo tipo 8;

L'enoplio • e la farma rispetto ad esso «acefala»


coriambico
AeB x- uu - u x
che viene talara chiamata appunto ipponatteo acefalo, talora paragli­
coneo (cioe gliconeo con un elemento slittato dall'inizio alla fine),
talora enoplio coriambico, con la specificazione di enoplio cariambico
A per distinguerlo da una forma affine con la quale esso e attestato in
responsione, x x u u - x, detta enoplio coriambico B. Di recen­
te M.L. West ha proposto per la sequenza x - uu u - x la

5. Un ulteriore esempio si trova in Eur. Jon 112í128 secondo iI testo tnidito (e la


scansione «dorica» di VW9UAÉI;).
6. Sulla questione, cfr. C. Questa, JI reiziano ritrovato, Genova, Pubblicazioni del­
l'Istituto di Filología Classica e Medioevale dell'Universita di Genova, 1982, 10-124.
7. Sulla questione v. oltre, cap. 18 p, 256.
8. L'esempio della sequenza testimoniato da Efestione (p. 32, 18 ss. Consbr.), che
peraltro usa la denominazione di enneasillabo saffico, e stato solo in epoca
moderna attribuito al poeta di Efeso.
..
236 CAPlTOLO 17

denominazione di agesicoreo, derivata da un luogo del primo partenio Fra le:


di Alcmane (fr. 1, 57 Davies = 3, 57 Cal.: 'AYl1crtxópa ¡.ú:v aü'm), Gli
composizione in cuí la sequenza ricorre varie volteo asclepiadei • gli a!
Il nome
Ci son o infine forme che rispetto alle precedenti si presentano come
prive della «base»: Conos(
L' aristofanio • si tratta dell'aristofanio x x ­
uu u ~ x format,
a proposito del quale bisogna notare quanto gia detto sopra per il
l'asclep
dímetro coriambico A con chiusa giambica, cioe la possibiliÜ't, a secon­
da dei casi, di una interpretazione come sequenza giambo-coriambica x x- i.
catalettica; piadeo
Troviar
11 dodrans • del dodrans o catale
AeB uu u -, detto anche dodrans A o 1, visto che ne esiste anche una al temI
forma speculare, con base: x x - uu ~,che viene detta dodrans B 011. fondam
riambic:
La denominazione di questo tipo di colon si deve ad uno studioso moderno, O.
Schroeder 9 • Si tratta di una voce latina (da de e quadrans, la «quarta parte di un 11 falecio • Una],
asse», moneta romana), usata a Roma per indicare la moneta il cui valore che di SI
corrispondeva a 3/4 di quello dell'asse, e quindi, piu in generale, vari tipi di unÍta
mancanti di un quarto (somme dí denaro, unita di lunghezza, di tempo, etc.). x x- \...,
Schroeder la applicó alle due sequenze di cui stiamo parlando, considerandole
come i 3/4 di un gliconeo. In ambito italiano viene spesso adoperata, su proposta II nome s
di B. Gentilí, la denomínazione di emiasclepiadeo, in quanto l'unione dei due cola
in questione forma, come si yedra fra un attimo (p. 237), l'asclepiadeo mínore. " prassilleo • Del fal
x - u\...,
L'adonio • e del cosiddetto adonio
uu x La qualif
un'altra JI
Esso prende íl nome dal grido rítuale con cui si piangeva la morte di Adone, 6l ,OV a.c.).
MAOroVlV. Una tale sequenza puó essere interpretata, di per sé, anche come
dattilica. In genere é il contesto a chiarire la corretta interpretazione, ma c'e anche Queste s
chi pensa che in realta siamo di fronte sempre al medesímo colon, passibile, grazie ne rispel
alla sua forma ambivalente, di associazione con entrambi i generi metrici. ¡nteso el
esempi s
Accanto aqueste sequenze fondamentali ne troviamo molte altre che non pos:
risultano per lo pió 10 dall'unione delle medesime sequenze tra di loro
elemente
o dalla loro combinazione con segmenti di natura giambica o cretica ad interpret
esse premessi o posti alla loro conc1usione. giambic(

9. efr. Griechische Singverse, Leipzig, 1924, 61. '"*~--

10. Un'interpretazione certa e in non pochi casi problematica. 11. Nea


EOLICI ° EOLO-CORIAMBI 237

Fra le sequenze piu comuní e diffuse nei vari periodi della poesía greca:
Gli
asclepiadei
• gli ascIepiadei
II name viene dal paeta alessandrina Asclepiade.

Conosciamo il cosiddetto asclepiadeo minore


x x uu - - uu u
formato dall'unione di dodrans B e dodrans A;

l'asclepiadeo maggiore
x x uu - uu - uu u -, che si puó descrivere come un ascle­
piadeo minore accresciuto internamente di un coriambo.
Troviamo inoltre alcune sequenze che si presentan o come «acefale»
o catalettiche rispetto agli asc1epiadei, o anche «acefale» e catalettiche
al tempo stesso. Alcuni poeti ampliano ulteriormente la struttura
fondamentale dell'asclepiadeo inserendo al suo interno sequenze co­
riambiche piu meno lunghe.

11 falecio • Una lunga diffusione nell'arco della poesia greca ha anche il faledo,
che di solito si presenta come sequenza clausolare:
xX-uu u-u-':d
II name si lega a quella del paeta ellenistica Faleco.

11 prassilleo • Del falecio esiste anche una forma «acefala», il cosiddetto prassilleo 1
x - uu u u - ':d
La qualificaziane di «primo» viene attribuita alla sequenza per distinguerla da
un'altra 11, anch'essa legata al name della paetessa Prassilla di Siciane (meta V seco
a.c.).

Queste sequenze possono essere interpretate come costituite dall'unio­


ne rispettivamente di un gliconeo e di un telesilleo con un baccheo,
inteso come metron giambico catalettico; non avendo peró di esse
esempi sicuri in sinafia con quanto segue con responsione breve/lunga
non possiamo pronunciarci con certezza sulla natura del loro ultimo
elemento, che potrebbe essere anche libero, portando allora verso una
interpretazione come dodrans B (e dodrans B acefalo) + reiziano
giambico.

11. Ne abbiama parlata sapra, al cap. 10, p. 171.


238 CAPITOLO 17

Sapph. fr. 82 EUIlOP<P1


17.2. GIi eolici in Saffo e in Alceo aY.
Queste (
Nei poeti di Lesbo la base x x si presenta in una forma estremamente
una fom
libera: essa puó essere realizzata da due sillabe brevi, da due sillabe
ne di UI
lunghe, da una breve e da una lunga; nei casi di dimetro coriambico
enopliol
B e attestata solo l'apertura di forma u ~ u.
Saffo e Alceo usano quasi tutti ¡cola eolici fondamentali nelle loro Strofe Altrimer
forme basilari e nelle forme ampliate di cui si e detto sopra.
piu di ti
Le sequenze piu lunghe sono da loro spesso usate per intere composi­ loro div(
zioni, forse almeno in alcuni casi divise in distÍci 12:
• Talvol
Sequenze • cosi ad esempio l'asclepiadeo maggiore, a proposito del quale ci viene Ale. fr. :
usate kata riferito 13 che era il metro delle composizioni che erano state assegnate
stichon o
in distici
al terzo libro di Saffo e che era stato usato per diverse composizioni V. 6 S. VEúotcrn
anche da Aleeo. 8provay
Sapph. fr. 56. oM' lav oOKíllrolll npocríoolcmv <páo~
aAtro
1 s. Y. - u
uu - uu ~ uu - U IIH Sapph. f
EcrcrEcr8at cro<piav náp8EvoV d~ oDótva nro XPóvov 14
-~ uu - - uu -- uu - u
V. 12 ss. a 8' (t):
Aatcrl 8E
• una sequenza composta da due aristofani: 8pucrKU

Sapph. fr. 112, "O).~tE yáll~PE, crOl 1l8V O" yállo~ ro~ apao In quest'u
1-2 Y. uu - u - - uu ~ u
- U IIH dímetro CI
{XtE't¿AEO"1;', EXUC; 88 náp8EvoV, av apao per il qua
- uu u - u - uu u - u I1 versi, ha];
95 in lue
• e sequenze di forma: struttura
nutcrt ~á;
x ~ uu - - uu - u V
fr. Ine. Auet. Kpfícrcraí vú no't' mo' ¿IlIlE/cÉroC; nóoEcrcrlv • Piu spc
16, 1 Y. della stn
• e ancora:
x uu uu uu u - V (della quale erano forse costituite le • Ed dI
composizioni di Saffo raccolte nel quarto libro, e nella quale sono si ripeto
composti i frr. 58, 81, 82, 91 V. di Saffo) 15. e della s

12. Cfr. West, GM, 32 e n. 6. 16. Per I


13. Cfr. Sapph. fr. 229 Y.: e la testimonianza in proposito di Efestione. 17. Cfr.
14. Cfr. anche Sapph. frr. 53-55; 57 Y.; fr. 150 Y. (?); per ruso in Alceo cfr. 18. Cosi
i frammenti citati in Yoígt, 23 (C 3 d). 19. Per;
15. Per altri frammenti della poetessa forse composti in questo metro cfr. Yoigt, 20. Ne:
19(C3k). eolici ».
EOLICl o EOLQ·CORIAMBI 239

Sapph. fr. 82 EDIlOP<PO'!Épu MVUO'lbíKU 1'0:<; o:náAu<; rupívvro<;.


aY.
Queste due sequenze potrebbero essere interpretate come costituite da
una forma acefala del dodrans B 16 seguita da aristofanio, con l'inserzio­
ne di un coriambo per quanto riguarda la seconda 17; oppure come
enoplio coriambico A ampliato internamente da uno e due coriambi 18.

Strofe Altrimenti i poeti dí Lesbo costruiscono strofe (aleune adoperate per


piu di una composizione) non molto estese costituite da sequenze tra
loro diverse.
• Talvolta le strofe sono composte da cola in sinafia tra loro:
Ale. fr. 140 V.: gl gl ia 19, cfr.:

V.6 s. VEÚOlOW, KE<páAalO'lV UV- uu ~u

bprov ayáAllu1'U. xáAKtal bE nuaaáAOl<;;


u .- uu u u - u 111

Sapph. fr. 96 V.: cr gl gl phal, cfr.:


v. 12 ss. a b'<¿)Épau KáAu KÉxvtat, 1'E8á­ ~ u u ~ uu u ~

Aalal bE ~póóa KunaA' uv- u uu-u


8puaKa Kai IlEAíArow<; av8EIlIDbl1<; u - uu u u - - 111

In quest'ultima composizione al v. 7 in corrispondenza del gliconeo e presente un


dimetro coriambíco B. Lo stesso avviene al v. 9 del fr. 95 Y., se questo frammento,
per il quale il papiro che lo ha restituito ci fa conoscere solo le parti iniziali dei
versi, ha la medesima articolazione metrica del precedente; al v. 6 del medesimo fr.
95 in luogo del gliconeo doveva comparire un dimetro coriambico A, sulla
struttura della cui seconda parte rimaniamo incerti (abbiamo solo come testo
natat lláAtam.[).

• Piu spesso le strofe sono articolate in versi. Cosi e iI caso, ad esempio,


de1la strofe del fr. 94 V. di Saffo (gl 11 gIl, pentam. eol.lll) 20.

• Ed eil caso deBe piu note tra le strutture strotiche di questi poeti, che
si ripetono in moltissime composizioni: si tratta della strofe saftica
e della strofe aleaica.

16. Per questa forma cfr. Martinelli, 167 s. n. 13.


17. Cfr. Gentili 1950, 102 s.
18. Cosi sostanzialmente Snell (G M, 46).
19. Per altri esempi di questa struttura in Alceo cfr. Yoigt, 24 (C 6).
20. Ne abbiamo riprodotto un brano sopra, a p. 176, parlando dei «dattili
eolici».
240 CAPITOLO 17

17.2.1. La strofe saftica 17.2.2. La strofe a1cai


La strofe saffica, di cui abbiamo molte attestazioni per Saffo e anche La strofe
per Alceo 21 si articola in tre versi, Saff0 24, ~

u - x -~ uu - u I:d x-u
-u x uu u x u­
u x - uu - u - x x-u

uu -v\..

L'endecasil­ 1 primi d
1 primi due versi (chiaramente definiti come tali dallo iato che talvolta labo alcaico composti
compare tra l'uno e l'a11ro) son o ciascuno costituito da una sequenza
drans A
Endecasillabo detta endecasillabo saffico, che si presenta come un dimetro coriambi­
saffico
secondo:
co B con l'appendice di un baccheo, ma che, data la costante realizza­
L'enneasil­ enneasill~
zione dell'inizio con la medesima successione sillabica, sembra poter labo e il
essere meglio interpretata come composta da cretico ed enoplio co­
+ reiziar
decasillabo
ne e stal
riambico A; il verso che conc1ude la strofe era considerato, nella
sequenza
divisione colometrica alessandrina (che e quella riportata qui sopra
come um
e si trova comunemente nelle edizioni moderne), composto da un
ulteriore endecasillabo saffico e da un adonio. In epoca moderna ne Vediamo
e stata proposta un'interpretazione come cretico, telesilleo, reiziano
coriambico. Alceo, fr. 72, Kiivo<; 08
Vediamo un celebre esempio di questa strofe: 7-10 V.
roVT]P ETCe
TCuícrat<; )
Sapph. fr. 31, <l>uíVc1:uí ~Ot Kiivo<; lcro<; 8Éotcrtv n'o 88 TCía
1-4 V.
E~~EV' roVT]P, 0't't1<; tvávnó<; 1:01
icrS6.VE1 Kui TClcácrlOV aou <provEÍ­
cru<; UTCUKOÚcl *7.3. GIi eolid
Al v. 9 di questa composizione assistiamo ad elisione (di Ot) in coincidenza di fine Anacreonte In quello
di verso, un fenomeno che abbiamo güi visto nel trimetro giambic0 22 , non privo di piusempl
riscontri anche in altri luoghi della lírica. attestata
zione in (

21. Per Saffo (il cui primo libro ne\l'edizione alessandrina era composto di 23. Cfr. f
carmi in questo metro) i frr. 1-42 V. e forse il fr. 160; per Alceo i frr. 34, 41, 42, 327,328,3
45,66,68,69, 150,283,308,362 V. (e forse i frr. 35, 51,63, 148, 149,200,214, 302c,306i,
302a, 361, 363). 24. Cfr.'
22. Cfr. sopra, cap. 5, p. 96; e V. oltre, cap. 21, p. 289, per l'elisione tra 25. V. so
esametro e pentametro di un distico elegiaco in Callim. epigr. 41, 1 Pf.; 26. V. so
qualche volta nella lírica (soprattutto in Pindaro, per cui cfr. Barrett 1956, 27. Da t
250 c e n. 5, e nel dramma) si trova d'aItro canto la presenza di prepositive in dei minori
fine di verso. PMG 499
EOLICI o EOLO-CORIAMBI 241

17.2.2. La strofe alcaica

La strofe alcaica, usata spesso da Alceo 23 e forse attestata anche per


Saffo 24, e anch'essa composta di tre versi:

x-u-x-uu-u V
X-u- x-uu-u v
x-u-x-u-x
- uu - uu - u _v
L'endecasil­ 1 primi due sono detti endecasillabi alcaici e sono interpretabili come
labo alcaico composti della sequenza x u x (reiziano giambico) e di un do­
drans A (oppure di metron giambico + telesilleo). Il terzo verso,
secondo la colometria a1essandrina (sopra riportata) si articola in un
L'enneasil­ enneasillabo alcaico (sequenza interpretabile come metron giambico
labo e il + reiziano giambico) e in un decasillabo alcaico 25; in epoca moderna
decasillabo
ne e stata proposta una divisione in un dimetro giambico e una
sequenza x - uu - uu - u V che potrebbe essere interpretata
come una successione dattilica ascendente 26 •

Vediamo ora un esempio di questa strofe:

Alceo, fr. 72, Kfívo<; bE wúnov OUK EnEAáOETO


7-10 V.
lóvr¡p Enc1 b" npo)"Cov oVÉ'rponE,
nUÍcrat<; ¡ap OVVWplVE VÚKTa<;,
no bE níOw nUTá¡EcrK' o núO~r¡v

J7.3. GIi eolici in Anacreonte, negli scoli attici e in Corinna


Anacreonte In quello che ci e rimasto degli eolici di Anacreonte dominano le forme
piu semplici, gliconei e ferecratei 27, con una base per la quale non e mai
attestata una realizzazione in due brevi, mentre e usuale una realizza­
zione in due lunghe.

23. Cfr. frr. 6. 58, 71-73, 75, 76, 119, 129,206,208,249,298,307,310,311,325,


327,328,331,332,334,335,338,382 V. (e forse frr. 7,74,124,132,149,204,300,
302c, 306i, 313, 314, 320, 329, 330, 333, 336, 337, 339 V.).
24. Cfr. Voigt, 16.
25. V. sopra, cap. 10, p. 171.
26. V. sopra, cap. 10, p. 171.
27. Da testimonianze antiche sappiamo che iI poeta uso inoltre asclepia­
dei minod (anche acefali e catalettici) e asclepiadei maggiori (cataIettici): cfr.
PMG 499. Un esempio di asclepiadeo minore (con soIuzione del decimo
242 CAPITOLO 17

Ricorrente nel poeta sembra una breve struttura strofica composta da strofett
tre gliconei seguiti da un ferecrateo 28
PMG 886 EV LlitA(
PMG 358 = crcpuípD 81lú1:f: J.lE nopcpupiJ ---vv-v~ <I>oiPov
fr. 13 Gent. PÚAAffiv XPUcrOKÓJ.lll<; "Epffi<; v v ~ v­ EAUCPllP
VÍlVl nOlK1AocrUJ.lPÚAC[) vv v 'Ap1:EIlt'
crUJ.lnUí~E1V npoKut,d1:Ul' vv 111 Si tratté
11 8', ECJ1:iv yap un' EUK1:í1:OU v v v-~
dimetro
Af:crpou, 1:T)V J.l€V EJ.lT)V KÓJ.lll V, ~~vv-v
tragedia
AWKÍl yúp, KU1:aJ.lf:J.lCPE1:at, v v - v Un'altr¡¡
npó<; 8' aAAllV nva XácrKEl. v v ~~"I PMG 8
asc1epia~
I medesimi cola sono adoperati per una strofe piu estesa (PMG 348 da due s
fL I Gent.), articolata, secondo la testimonianza di Efestione 29, in
due sistemi formati il primo da due gliconei e ferecrateo, il secondo da Corinna Di Corir
quattro gliconei e ferecrateo 30. sizione (
Forse una struttura simile aveva il carme di PMG 357 = fL 14 Gent., fetta fon
dove come secondo colon del secondo sistema compare un dímetro nei) e da
coriambico B (di forma - - v v V ~)31. Nei rest
P MG 361 = fL 4 Gent. mostra invece una successione: dimetro caratteri
giambico 32, 2 gliconei, ferecrateo: sce una:
La base
PMG 361 Eyro 1:' av OtÍ1:' 'AIlUt,9íll<; v ~ v v v- cosi tro'
POUAOlllllV Kf:pU<; oih' E'tW vv ~ v e quella
nEV1:T)KOV1:Ú 1:E KUKU1:ÓV vv v~
Tup1:llcrcrou pucrtAdicrat -vv
34. In p,
proprio) r.
Scoli attici Nella collezione di scoli (canti conviviali) attici che ci e stata tramanda­
realizzato
ta da Ateneo (PMG 884-908: fine VI-V seco a.e.) ricorre píu volte 33 una abbiamo I
abbiamoa
in tragedil
l'elemento
elemento) in PMG 374, l = fr. 96, 1 Gent., secondo il testo tnidito. La forma 35. PM(
x x uu uu uu ~- u x si trova in PMG 375 fr. 95 Gent.; l' asclepiad
PMG 376 fr. 94 Gent. (dopo un gliconeo). brevi che e
28. Cfr. anche PMG 360; 362 = frr. 15; 7 Gent. formasolu
29. Cfr. p. 68 Consbr. verso succ
30. Per altre interpretazioni moderne della struttura del carme, che prevedono la 36. PM(
presenza di un mesodo, cfr. Gentili, Anacreon, 109. distico ele
31. Il colon (con la stessa base) compare probabilmente anche in PMG 349, 37. Per i
1 = fr. 2, 1 Gent., prima di un gliconeo. 38. E po
32. In associazíone al gliconeo un dímetro giambico (dall'inizio so luto) si trova che per ql
in PMG 372 fr. 8 Gent. x-u
33. Cfr. PMG 884-890; 893-896; 907. gli eolici,
EOLlCIO EOLO-CORIAMBl 243

a strofetta articolata in quattro versi. Si veda


PMG 886 V
€ dlÍ'"QlnOt' t€ 1Ktc tÉKVU Auno, uu u u -11
<l>oi~ov XpucroKólluv avuKt' 'AnóAAw - uu - u - u-- 1I
€AU<Pll~ÓAOV -r' aypotÉpuv uu u -- uu-li
"AptclltV, ti yuVatKrov ¡.tÉy' X
€ ct KpátoC; - uu u uu u 111

Si tratta di due faleci 3\ di una forma di dimetro coriambico B (o


dimetro giambo-coriambico) con un tipo di inizio che ritroveremo nella
tragedia, e di un verso formato da due dodrantes A.
Un'altra strofe (PMG 892) consiste di due telesillei e due gliconei;
PMG 897, 902-905 e 908 consistono ciascuno in una coppia di
asc1epiadeí maggiorí 35; PMG 898-901, infine, sono costítuiti ciascuno
,8 da due sequenze ínterpretabili come cho ia dodrans A e cIJo ia ibiceo 36.
n
a Corinna Di Corinna 37, oltre ad alcuni frammenti minori, conosciamo una compo­
sizione (PMG 654 col. II 13 ss.) articolata dalla ripetizíone dí una stro­
., feHa formata da quattro dimetrí coríambici B 38 (intercambiabili con glico­
o nei) e da un ferecrateo (intercambiabile con l'aristofanio? cfr. PMG 675a).
Nei resti di un'altra composizione della poetessa (P MG 655), pure
o caratterizzata dalla successione di dímetri coriambíci B. non si ricono­
sce una struttura strofica.
La base dei cola eolici si presenta in Corinna anche in forma soluta:
cosi troviamo quella di gliconeo e ferecrateo realizzata da uuu
e quella del dímetro coriambico B nella forma uuu - ';d.

34. In PMG 893, 2; 895, 2 e 896,2 il faledo si presenta (in coincidenza di nome
proprio) neHa forma u u u - - u - Id, cioe eon íl quintultimo elemento
l­ realízzato da lunga, il che trova una spiegazione in entrambe le interpretazioni che
a abbiamo ricordato sopra (p. 237) per il verso: se si tratta di gliconeo + baccheo
abbiamo a ehe fare con una forma a chiusa «spondaica» di gliconeo che ritroveremo
in tragedia; se si tratta di dodrans B + reiziano giambico abbiamo a che fare con
['elemento libero iniziale del reiziano.
a 35. PMG 903, altrove attribuito a Prassilla di Sicione, mostra al v. I la base del­
l'asclepiadeo realizzata da due síllabe brevi, seeondo l'uso degli eolící. Le due siJIabe
brevi che compaiono nella base di P M G 892, 1 sembrano invece da interpretare come
forma soluta di una base monosillabica, data l'occorrenza di una base di questo tipo al
verso successivo. Per le forme solute deBa base, v. soprattutto oltre, p. 244 ss.
a 36. PMG 891 e una strofe tratta da Aleeo (fr. 249 V.); PMG 906 e costituÍto da un
dístico elegiaco.
I, 37. Per i problemi di datazione della poetessa v. sopra, cap. 16, n. 28.
38. E possibile, anche se non sufficientemente documentato (cfr. PMG 664b, 2),
che per questo colon la poetessa adoperasse anche una forma di attacco giambico
x u uu Sul problema se una tale sequenza possa essere annoverata tra
gli eolici, v. oltre, p. 244.
244 CAPITOLO 17

17.4. Gli eolici in Simonide, Pindaro, Bacchilide dei col


inserite
I grandi lirici dell'epoca tardo-arcaica fanno un ricco uso di sequenze sopratt
eoliche. delle se
Essi ammettono, come abbiamo visto in Corinna, forme con inizio ne) e lt:
e
soluto: in questi casi la base eolica comunemente realízzata da tre edocm
silla be brevi, ma si trova usata per essa anche la forma anapestica 39. Pindaro In Pind
Dato l'uso della soluzione, quando si trovi un'apertura in doppia bre­ spesso
ve, bisognera pensare di essere di fronte non a una sequenza con base semplic
realizzata da due elementi, come nel caso dei poeti di Lesbo, ma a una
forma «acefala» con base «soluta». Per questo motivo negli schemi 1
astratti delle sequenze alcuni studiosi adoperano per la base, invece dei 2
due segní x x, i segní con cuí si intendono due elementi, dei quali 3- u
uno almeno deve essere lungo. 4
Dimetro Per quanto ríguarda il dimetro coriambico B, diversi studiosi tendono 5
coriambico B a non considerare come una delle sue possibili realizzazioni quella in
cui la base si presenta in forma di coriambo o dí metron giambico,
assegnando sempre talí sequenze alla categoría dei giambo-coriambi,
e quíndi propongono per i primí quattro elementi del vero dímetro La disp
coriambico B uno schema x: ma la forma u u - u u sua edi:
e attestata in responsione con una forma di quest'ultimo colon con pretativ
inizio u - u in Bacchyl. epin. 4, 14 (str. 4). zione d
vede es!
Soluzioni Per la prima parte del dímetro coriambico B, quanto alle «soluzioni», attraveI
possiamo trovare una realizzazione interamente soluta 40, e anche va­ metrici
ríe altre forme quali, ad esempio, u - - u U 41, U U - U U 42,
l'elemer
U - U U U 43, U U U - U 44; per la sua forma «acefala»: u u u 45, x - u~
U U U - 46, - U U U 47.
simi(ad
Pindaro adopera la soluzione anche per il primo e l'ultimo elemento del anaclas1
«coriambo», ed inoltre per l'ultimo elemento del gliconeo. quella d
un color
Strofe Solo in pochi casi le strofe si articolano in versi costituiti dall'unione iniziale.
con cuí
diverso
39. Cfr. ad es. Bacchyl., dilh. 18 str. 1. kaibelia
40. Cfr. Pind. al. IV ep. 8.
41. Cfr. Pind. al. x ep. 2.
42. Cfr. Pind. Nem. VI str. 5. 48. Cos
43. Cfr. Pind. Pae. IV ep. 1. GM, 62)
44. Cfr. Bacchyl. epin. IV 9. e l'epodo
45. Cfr. Pind. fr. 94a str. 1 M. 49. Cfr.
46. Cfr. Pind. fr. 169a, 1 M. 50. Cfr.
47. In Pind. Nem. VI str. 8 questa forma e attestata in responsione con una 51. Cfr.
aperta da - u - e con una aperta da - uu.
52. Cfr.
EOLICI o EOLO-CORIAMBI 245

dei cola eolici fondamentali 48; per lo piu invece tali sequenze sono
inserite in contesti che vedono la presenza di altri metri 49, quali
soprattutto i giambi e i cretici (non solo nella forma di «appendicÍ»
delle sequenze eoliche, ma anche come sequenze di maggiore estensio­
ne) e le forme docmiache (docmio x - u , ipodocmio u - u ­
e docmio kaibeliano x x u _) 50.
Pindaro In Pindaro (ma güi in Simonide) 51 le stanze di questo tipo raggiungono
spesso una notevo1e complessita. Vediamo una delle strutture piu
semplici, la strofe deHa VII Istmica

uu uu u u-\"! vUprassilleo I
2 x- uu - u u-u -u\"! telesilleo ia cr
3- u- x- uu - u - ia enoplio cho A
4 - uu u- u-\"! prassilleo I
5 uu u gliconeo
-uu-u x u uu- tel dim cho B acefalo
-u u\"! 8 kaib

La disposizione deHo schema metrico equella adottata da B. SneH nella


sua edizione teubneriana di Pindaro e corrisponde al principio inter­
pretativo deHo studioso, che riconosce acutamente i modi. di composi­
zione dei versi in cui si articolano queste stanze in un processo che
vede essenzialmente la variazione e lo sviluppo di forme fondamentali
attraverso mezzi quali: differenze nella realizzazione degli elementi
metrici (ad esempio, nella strofe sopra riportata, la realizzazione del­
l'elemento iniziale del prassilleo 1 nei vv. 1 e 4, e anche della successione
x - uu u -neivv.I,2-3,4,5b);slittamentinellaposizionedeimede­
simi (ad es. al v. 5b e c quello che potremmo descrivere come uno scambio
anaclastico che porta dal telesilleo al dim cho B acefalo); aggiunte (come
quella di un metron giambico iniziale all'enoplio coriambico del v. 3; di
un colon giambo + cretico al telesilleo del v. 2; l'aggiunta di un elemento
iniziale al v. 5a) ed omissioni (quella, nel v. 5b, di un elemento all'inizio,
con cuí si ritorna al motivo del telesilleo), trapassi in seq uenze di ritmo
diverso (come, ai vv. 5c e d, da dimetro coriambico acefalo al docmio
kaibeliano tramite l'omissione di un elemento) 52.

48. Cosi la strofe in cuí si articola la IV Nemea di Píndaro (per cui cfr. West.
GM, 62); cfr. inoltre Pind. Nem. 11 (pure monostrofica); la coppia strofica
e l'epodo di Parch. II (fr. 94 b M.); Bacchyl. dicho 18.
49. Cfr. West, GM, 62; Gentili 1979a, 15 ss.
50. Cfr. oltre, cap. 19.
51. Cfr. Gentili 1979a, 25 S.; West, GM, 66.
52. Cfr. Snell, GM, 54-57. Negli schemi metrici dell'edizione di Pindaro le
246 CAPlTOLO 17

Per qua
17.5. GIi eolici nella Iirica del dramma attico respons
ambito,
Sono usate anche qui tutte le forme fondamentali. una fOI
compar
1 cola con chiusa - u - (gliconeo etc.) presentano aleune volte il
penultimo elemento realizzato da sillaba lunga: Eur. El. Kaí jl' e
116/131
'ttiijloV
Eur. Hípp. oívav; ¿v vOTiat<; UAI.W<;
150/160 - u u- gliconeo
Euvaía OÉOETat \1fl)Xá E docu
dell'eno
Soph. Aí. ó L\áAto<; ElSyvooaTo<; Id
704/717 uu - telesiUeo
Ala<; jlE¡;avqvwa8r¡ Soph.O.e. 0jlOO<; o'
512/523
TOÚ'tOOv
dunque un chiusa «pesante», che puó comparire anche in responsione
con la chiusa ordinaria u --: Soluzioni Anche I
bilita, a
Eur. Hípp. Ta<; T)AEKTpo<paEl<; auyá<; uu
(per ese
741/751
X8ffiv Euoatjlovíav 8Wt<; -uu u non da
caso on
Frequente la responsíone del dímetro coriambico B con il gliconeo: Nella tr
to in El
Soph. Phi!. nóvTou 8tvó<; E<P1ÍjlEVO<; uu - u­ ma e :
1124/1147
E8vr¡ 8r¡prov, OÜ<; 00' EX8t uu - ecceziOl
solo pe
Eur. I.T. n080ua' 'l\pTEjltv Aoxíav u - u - uu interess,
1097/1114
8Ei'i<; Ujl<pínoAov Kópav u -uu u-

Ma anche la forma x - u - uu -, dí cuí, come si e detto, molti 53. I1 te


negano la natura di colon eolico, compare almeno una volta in sicuro ca
54. Cfr
responsione con un gliconeo:
e dimetfl
55. COl
Eur. Suppl. npó<; a' E~av OpOjlU<; ¿~ EjlroV - u u u u proprio(
1000/1023
as TÓV 8avóvT' ourroT' Ejli!- u - u - u u ­ telesilleo
om:pi O
una resp
. Per una
sequenze fra loro collegate dai rapporti che abbiamo sopra illustrato sono mandata
stampate, come abbiamo fatto anche noi, allineate fra loro. in modo tale che da una b
questi rapporti risultino evidenti; spesso, per sottolineare tali rapporti, Snell ado­ (1981), 3
pera per le sequenze definizioni inserite tra parentesi, che si riferiscono non ad una 56. Ch
loro reale classificazione bensi al tipo di forma di cui esse costituiscono un riecheg­ sarebbe
giamento o una variazione: cosi, ad esempio, per la sequenza finale della strofe Choeph(¡
sopra riportata Snell parla di (1\ gl) vel (1\ dim cholo Per uIteriori particolari sulla 57. Co
tecnica compositiva di queste odi della lírica tardo-arcaica cfr. West, GM, 64-66. 1136·11:
EOUCI O EOLO-CORIAMBI 247

Per quanto riguarda l'assai meno comune dimetro coriambico A, una


responsione tra la forma - u u - u - u - e il gliconeo eattestata solo in
ambito comico (Aristoph. Vesp. 532/636), ma sembra assai probabile che
una forma «pesante» rispetto a quella ora citata (- uu - u - --)
comparisse in responsione con un gliconeo a chiusa «pesante» in:

Eur. El. Kaí 11' E1EKEV KAU1atll1Í<Hpa 53 / - uu - u - - -


116/131 ÜUlloV crúyyov' aAa1EúEl~. - - - u u - - ­

E documentata anche la responsione tra le due forme coriambiche


dell'enoplio:

Soph.O.e. OIlW~ 8' Epallat 1tu8Écr8at / u - uu - u - ­


512/523 ---- uu-­
lOÚ1WV 8' aó8aípE10v ouoÉv 54

Soluzioni Anche nel dramma possiamo trovare forme solute. Vista que sta possi­
bilita, anche in quest'ambito una base realizzata da due silla be brevi
(per esempio uu - uu - u -) sembra da interpretare come costituita
non da due elementi, bensi da uno solo, realizzato da due brevi (nel
caso ora riportato avremmo dunque un telesilleo) 55.
Nella tragedia il fenomeno della soluzione negli eolici ricorre soprattut­
to in Euripide, in particolare nell'ultimo periodo della sua produzione,
ma e attestato qualche volta anche in Sofocle, solo in maniera
eccezionale invece in Eschilo 56. Aristofane usa la soluzione di solito
solo per il primo elemento dei rispettivi cola, a meno che non sia
interessato ad una parodia della tragedia, e in particolare di Euripide 57.

53. Il testo si ottiene espungendo la glossa KOÚpU posta prima di Kuí al v. 116. Un
sicuro caso della forma di dim cho A - uu - u - - - e in Soph. Trach. 949/952.
54. Cfr. ino1tre Soph. Trach. 960/969; per la possibile responsione tra telesilleo
e dimetro coriambico B acefalo v. sopra, p. 234 s.
55. Come prova di questo fatto viene da alcuni citato un luogo euripideo in cui
proprio questa sequenza con base in due brevi comparirebbe in responsione con un
telesilleo aperto da sillaba lunga: si tratta di Hyps. fr. 1, ii, 23 Bond lEpov 8f:poe;
o11Epi bpuÓe; = 1, iii, 26 ,plGGOle; nl11EV Kpá-roe;, dove pero non si puo escludere
una responsione esatta all'inizio dei cola ammettendo nella strofe una forma ipov.
. Per una discussione del problema offerto da alcuni 1uoghi euripidei in cui e tra­
mandata una dubbia responsione tra base realizzata da due brevi e base realizzata
da una breve e una lunga, efr. I. Giudice Rizzo, Euripide, Baccanti 406, SicGymn 34
(1981), 3 ss. (in partico1are per Bacch. 406, efr. F. Ferrari, SCO 35, 1985, 44-46).
56. Cfr. Ag. 698/716, Eum. 330 = 343 e forse Cho. 317, dove ad essere soluto
sarebbe il terzo elemento di un gliconeo (sui prob1emi del passo efr. Garvie,
Choephori, 128 s., ad 315-318).
57. Cosi nella parodia della lirica euripidea ai vv. 1309 ss. delle Rane e in Thesm.
1136-1159 (efr. West, GM, 116 e n. 101).
248 CAPITOLO 17

Per quanto ríguarda la «base», nelle sequenze ín cuí essa e dí due ele­ Possono
mentí, la sua forma soluta e generalmente costituita da tre sillabe brevi:
Soph. Ant. 1tIÍVOU¡.t.(
Eur. Ion. 1238 "CÍVU qmyav 1t"C€PÓ€crCJaV lí U U U uu U gliconeo 1141/1150
ibvu~, cr
Andr. 509 ¡.t.ÓA€ epiAOtC; t1tÍlcoupoe; U U U uu- ferecrateo
(/531) Eur. I.A. 222 A€UK00'1
La presenza, almeno in Euripide, di un gliconeo con base dattilica (- uu) sembra
garantita in alcuni luoghi dalla responsione: cosi in l. T. 1144, dove una tale forma e cosi pl
compare in responsionecon un gliconeo apertoda tre brevi (v. 1129); in l.T. 1092,dove
essa risponde con un dimetrocoriambico B di forma u u u uu (v. 1109)58. Eur. Hec. 452 KUAAícrt
Nei passi privi di responsione o in quelli dove la responsione sí presenta esatta sussiste
spesso l'incertezza se una tale forma uu uu u sia da interpretare come (il corrí
gliconeo con apertura dattilica o come sequenza dattilica con chiusa cretica 59. invece u
Un gliconeo con base anapestica sembra attestato in Euripide (Hyps. fe. 756 N.2);
sulla ammissibilita di una tale sequenza molti sono scettici, ma che Euripide se ne Eur. El. 125 18t 'tov (
sia servito sembra garantito dalla parodia di Aristofane in Ran. 1322, che non puó
non avere come bersaglio un uso euripideo. Se in ge
la deBe
Quanto alla base del dímetro coriambico B le forme solute píu comuru uniscon(
sono: ma ancl
e U U u- autori c'
Eur. Ion. 495 tVU XOpOUC; cnei~oucn 1tOoOtv
Eschilo Eschilol
euuu-u eolo-cor
Eur.Or. 1tUpa Lt¡.t.OUV'tÍOte; 0XHOte; I XpÓU, ¡.t.€AIÍVO€"COV Oe epÓvcp 332-339;
809;821
euuuuuu sezlOne 1
Eur. H-F. 682 1tUpIÍ "C€ Bpó¡.t.wv olvooómv (nell'antistrofe - v. 696- risponde una composl
forma con inizio U U U - -: Atoe; ó 1tUte;. "Cae; o' u€ y€víue;).
Sofocle Sepocht
Non mancano peró altre combinazioni, come - u u x (Soph. At. 702/715; Eur. distingu
Or. 840,841 ;f.A. 556, 574,576); - u u u u u (Eue. I.A. 168/189); u u u u u successit
(Eur. Bacch. 112j127; 115/130; I.A. 1093); u - u u (Eue. Suppl. 1021; El. abbiam<
439/449); u u u (Soph. At. 231/255); - u u u - (Eur. He/. 521; Dr. di ambiJ
814/826; 836) e, con inizio anapestico, u u - u - (Eue. H.F. 640;658) sempre che la
sequenza non sia da interpretare come colon giambo-coriambico con realizzazione Ai. 624 ss. ~H 1tOU .
con due brevi del primo elemento (v. sopra, p. 243). </635 ss.) AeUKIÍ 'tI
La base soluta nel dimetro coriambico B «acefalo» si presenta nena 'tU epP€V'
forma x U U u:

Eur. Hel. 520 UAA' en KU"C' O{O¡.t.' aAWV - u u u - uu


-".".,~-

60. SUPJ
402; 416­
formatar
58. E si veda anche Phoen. 208 (/220), per cui cfr. Mastronarde, Phoenissae, 213 375-379/~
(utile anche per un esame generale del problema). von Wila
59. Cfr. K. Itsumi, The Glyconíc in Tragedy, CQ 34 (1984), 72 s. 61. V. s
EoLlCI o EOLO-CORIAMBI 249

~le­ Possono essere soluti anche gli elementi lunghi del nudeo «coriambico»:
~vi:
Soph. Ant. návOUIlOe; nóAte; eni vócrou/ uu uu u - gliconeo
1141/1150
d)vu~, crUte; fillu nepmÓAOte; - - - uu uu u - gliconeo

Eur. I.A. 222 uu uu dim cho B


bra
ma e cosi pure il longum finale del gliconeo:
ove
,) 58. Eur. Hec. 452 KUAAicrtrov Úoátrov nUt¿pu - u u u uu
iste
Ime (iI corrispondente gliconeo dell'antistrofe - v. 464 non presenta
invece una tale soluzione)

Eur. El. 125 191 tOV uthov eyelpe yóov uuu - uu - u uu

Se in generale, quanto all'uso nel dramma, possiamo notare che, al di


la. delle stanze costituite prevalentemente da eolici, questi cola si
mi uniscono, in contesti misti, soprattutto ai giambi e ai giambo-coriambi,
ma anche ai dattili, per quanto riguarda le particolarita dei diversi
autori c'e da notare quanto segue.

Eschilo Eschilo fa un uso pÍlI ricco di sequenze giambo-coriambiche rispetto agli


eolo-coriambi; poche sono le stanze puramente eoliche (Cho. 315-322/
332-339; 466-470/471-475); notevole l'uso di concludere strofe con una
sezione ritmicamente e sintatticamente indipendente da quanto precede
na composta da 2 versi eolici (2 ferecratei 11 gliconeo ferecrateo)óO.

Sofocle Se poche sono anche in Sofocle le stanze interamente eoliche, il poeta si


uro distingue dagli altri tragici soprattutto per un ricco e vario uso delle
u successioni piu lunghe. Le sequenze del tipo degli asclepiadei, come
El. abbiamo gia osservato 6\ piu di una volta presentano nel poeta effetti
')r. di ambiguita con gli ionici.
:la
Ai. 624 ss. ~H nou 1tUAUU} Ilev E:VtpO(poe; Úll¿pq:, u - - u uu - u -
(/635 ss.)
AeuKá te Y1ÍPq: llátTJp VlV OtUV vocrouv- U - - uu - u 625
lla tU q>pevopóproe; clKOÚcr1), u UU u u _ IIH

60. Suppl. 639-642/651-655; 663-666/ 674-677; 684-687j694-697; Ag. 381-384j399­


402; 416-419/433-436; 452-455/471-474. Strutture simili (ma con una prima parte
formata rispettivamente da tre e quattro ferecratei) compaiono in Eur. H.F. 359-363/
13 375-379/389-392/403-407; 419-424/436-441. Cfr. Euripides, Herakles, erkliirt von U.
von Wilamowitz-Moellendorff, 11, Berlín 1895 2, 80 S.; Fraenkel, Agamemnon 11, 186.
61. V. sopra, cap. 16, p. 227.
250 CAPITOLO 17

UtAtvOV UtAtvOV uu u contes


060' OiK1:piis yóov opvt90 s UllOOUs - uu - - uu­ per ill
fí<JEl M<JI.WPOs, UAA' uu 630 Si ved
Ó~l)1:ÓVOUS IlEV epous -uu u 1111-1
reizian
8PllvT)<JEl, XEpÓ1tAUKlOl o' uu-
EV <J1:SpVOlcrt 1tE<JOUV1:Ul - - uu­
Eq. 1121 ss. Nou~,
OOU1tOl Kui 1tOAliis UIlUYIlU Xuí1:us· - - uu - u u - -111 úllrov,
VOllí~E
Le prime due sequenze sono costituite da metron giambico + glico­
neo; segue un dímetro gíambico catalettico concluso da pausa, come 1:UU1:' T
e dimostrato dallo iato; quindi un dodrans A (con blocco della sinafia) At.l1:Ó~
e un asclepiadeo minore catalettico, pure seguito da pausa (c'e iato ~PÚAA(
nell'antistrofe al v. 640). Si prosegue con dodrans B + aristofa­ KAf:1t1:0
nío, quíndi vengono due ferecratei seguiti da un falecio: e da no­ 1:pScpEl1
tare, a partire dal v. 629, l'ambiguita delle sequenze, interpreta­ 1:0UlOV
bili anche come ioniche (3 ion, 2 ion + uu - u -, 2 ion, 2 ion, Upu~ El
ion + anacr).
e l'epit
Euripide Intere strofe eolo-coriambiche sono una caratteristica di Euripide, in interarr
particolare dell'ultimo periodo della sua produzione, quando esse si
presentano per lo piu come strutture regolari, dominate dal gliconeo
e dal suo equivalente, dimetro coriambico B, spesso in lunghe succes­
SlOm. 17.6. Dicola4
Si veda ad esempio Phoen. 202 ss./214 SS., di cui riproduciamo lo schema,
per evidenziare l'estrema liberta nella realizzazione delle sequenze: Nella e
venti di
u u u - uu u- gl (dunqUl
uu u- gl cO,che
uu - pher Essi SOl
- u-uu 1\ dim cho B L'eupolideo • l'eupc
u u u uu v u u­ gl comme,
- - uu - ~ pher 11 Nuvole
u uu ._- uu u I",L~ gl di altri
esso rÍc
uu uu u - gl
drammé
u u u - - uu / uuu uu u - dim cho Bjgl sarebbe
u u u - uu - u gl secondc
uu-u gl
- - uu pher 111
62. L'e~
63. Per
Arístofane Aristofane, mentre in generale fa un uso piu frequente di successioni AlPh 101
giambo-coriambiche, tra gli eolici veri e propri (a parte il loro uso in 64. Mt,
Eouc! o EOLO·CORIAMB! 251

contesti di parodia delIa tragedia) mostra una particolare prediIezione


per iI telesilleo e la sua forma catalettica.
Si veda ad esempio la strofetta che si ripete quattro volte in Eq.
1111-1150 (formata da 3 telesillei, reiziano coriambico; 5 telesillei,
reiziano):

Eq. 1121 ss. Nou<; OUK EVl 'tat<; KÓJlat<; uu u


ÚJlrov, on: Jl' ou cppovdv uu u
vOJlí1;;E't'· ¿yro o' ¿KroV u uu u
.au.' TJAIOlá1;;ro. uu
Au.ó<; 'tE yup fíoOJlat uu u 1125
~pÚAAroV 'tO KaO' lÍJlÉpav, uu u
KAÉ1t'tOv.á 'tE ~OÚAOJlat uu u
.pÉcpEIV Eva 1tpoO''tá'tllV' u uu u
'tOu'tOv o', o'tav lJ 1tAÉro<;, uu u
apa<; E1tu.a;a. uu u 111 1130

e l'epitalamio da cui e costituito l'esodo della Pace (vv. 1329-1358),


interamente composto da questi due cola.

17.6. Dicola eolo-coriambici usati stichicamente nella cornmedia


Nella Commedia Antica fra i versi usati talara stichicamente in inter­
venti dialogici del coro o, sia pure occasionalmente, nella parabasi
(dunque recitati o recitativi) 62 ve ne sano alcuni di tipo eolo-coriambi­
ca, che presentano notevoli liberta.
Essi sano:
L'eupolideo • l'eupolideo, il meglio noto in quanto usato da Aristofane in una delle
commedie a noi giunte integralmente, precisamente nelIa paraba si deBe
Nuvole (vv. 518-562); ce ne resta inoltre un certo numero in frammenti
di altri comicio quali Cratino, Ferecrate, Eupoli e Platone 63. Inoltre
esso ricorre in Alessi (frr. 209; 239 K.-A.) e in un frammento da un
dramma satiresco del IV seco a.e. (TrGF 160 F 4); l'uso dell'eupolideo
sarebbe continuato neBa Commedia Nuova (in Difilo e Menandro,
secondo la testimonianza di un metricista antico) 64.

62. L'esposizione che segue de ve moHo alla lucida analisi di West, GM, 95 ss.
63. Per uno studio complessivo del verso cfr. J.W. Poultney, Eupolidean Verse,
AJPh 100 (1979), 133-144.
64. Aftonio, GL VI, p. 104,4.
252 CAPITOLO 17

Lo schema e:
- x uu -x-u\,,}
yeÁrov 8'
Esso risulta dunque costituito da un dimetro coríambico B e da una
sequenza che viene per lo pió interpretata come una forma catalettica
del medesimo colon.
In un al
Aristoph. Nub. intercam
535
to da di!
La forma soluta deHa base del primo colon si presenta per lo pió come coriambi
u u u - x; i due cola molto spesso non sono separa ti da incisione. teo, com
11 cratíneo • il cratineo, di cuí abbiamo attestazíoni molto meno numerose. Dalla Si ha qu
testimonianza di Efestione 65 si ricava per esso lo schema della COI
gliconeo
uu u - --u
u - -u
- -u­
u forme ca
L'epionico • Un ult
Eup. fr. 42, liVOpE'; haipol, OEUp' iíOll 'ttlV yvWf.lllV n:pocrí.crXEn: comico epionico
1 K.-A.
x - x ­
A questa che cí appare, per il primo colon, come una libera realizzazio­
ne di un dímetro coriambico A, si sarebbero accompagnate, nell'uso interpreto
del verso da parte di Eupoli nella parabasí di una sua commedía, come Pf(:
secondo la medesima testimonianza di Efestíone, altre liberta ancora tipo mo~
pió notevoli, come la sostituzione del secondo colon con un aristofaruo coriambi
e altre non meglio precísate. Esso e at
Dell'uso da parte di Eupoli della successione (dim cho A + ar) nata
da tale scambío abbiamo testimonianza diretta neí frr. 172 e 395 Eupoli fr. 316, d) lCaAAk
1 K.-A.
K._A. 66 , in cuí il verso si ripete senza variazioni. Lo stesso verso
e invece usato da Ferecrate, fr. 138 K.-A., in alternanza a versi
formati da dimetro coriambico A + ferecrateo e gliconeo + ferecra­
tea (un verso, quest'ultimo, noto in epoca antica con il nome di
priapeo) 67.
• Cola e
caratteri~
Pherecr. d) f.laAáxa.; f.l€V e~ep&V, avan:v{;rov O' úálCtv90V,
fr. 138 K.-A. - uu - u - u - uuu - uu ­ di costn
seconda
Kal W:AlAWnVOV AaAOOV Kai póOa 1tpocrcrEcrllPw,;. formata
- uu - u - u - - uu - U ­
Vi si not
che una

65. Cfr. p. 54, 11 ss. Consbr.


66. Cfr. anche Aristoph. frr. 30; 31 K.-A. 68. Cfr.
67. Per esempi comicí di questo verso cfr. Cratin. frr. 236; 358 K.-A. 69. Cfr.
EOLlCI o EOLO·CORIAMBI 253

dl qnAIDv ,.U':V ullápaKOV, rrpOO'KIVIDV OE O'f>AIVa


U uu u uu -u
"{EAOOV O' ÍrrrroO'f>Atva Kai KOO'Il0O'ávoaAa ~aívrov
U uu U U uu
E,,{XE1 KU1t:l~Óa "CpÍ1:ov rrmoov' ro<; VÓIlO<; ~O'''Civ
uu U uu - ­

In un altro frammento di Ferecrate (114 K.-A.) si presentano come


intercambiabili un verso formato da gliconeo e aristofanio, uno forma­
to da dímetro coriambico B e aristofanío e uno costituito da dimetro
coriambico B + ferecrateo (catalogato, al parí di gliconeo + ferecra­
teo, come priapeo da Efestione)68.
Si ha quíndi l'impressione di un comportamento estremamente libero
della commedia nella intercambiabilita, in questi versi stichici, tra il
gliconeo e le due forme del dímetro coriambico da una parte, e tra le
forme catalettiche di ferecrateo e aristofanio dall'altra .

L'epioníco • Un ulteriore verso usato stichicamente in commedia e il cosiddetto


comico epionico comico
x x uu x U uu

interpretabile come composto da dim cho B acefalo + dim cho B o,


come preferisce West 69 sulla base del fatto che gli altri versi di questo
tipo mostrano un primo colon piu lungo del secondo, da enoplio
coriambico B + dim cho B acefalo.
Esso eattestato in Eupoli fr. 316 K.-A., di cui riportiamo iI primo verso

Eupoli fr. 316, dl KaAA1O'''C1) rróA t rraO'IDv oO'a<; KA.¿rov ~<popq..


1 K.-A.

17.7. Sequenze eoliche in eta ellenistica e imperiale


• Cola eolici furo no usati nella lírica cuItuale, che mostra, come
caratteristico in generale della lírica ellenistíca, una grande semplicita
di costruzione: cosi nel peana di Aristonoo (CA 162) risaIente alla
seconda meta del IV seco a.c., in cui viene ripetuta una strofetta
formata da gI gI11 gl ph, íntercalata da} refrain rituale.
Vi si nota l'intercambiabilita del gliconeo con il dimetro coriambico B,
che una volta (v. 29) si presenta nella forma U - U - - u u .

68. Cfr. pp. 33, 19; 56, 10 Consbr.


69. Cfr. GM, 97.
254 CAPITOLO 17

11 peana di Filodemo di Scarfea (CA 165), che appartiene aBo stesso pe­
riodo, si articola neBa ripetizione di una strofe piú lunga: 3 dim cho A ar 11 3
ion (refrain ripetuto) 11 gl phal gl gl pher 11 secondo refrain: 2 ion gl pher.
Nel peana di Limenio (CA 149 = P6hlmann 20, v. sopra, p. 213),
astrofico, la sezione finale, contenente la preghiera, e costituita da una
successione di gliconei (intercambiabili con iI dim cho B, uno v. 43
di forma - - u uu -) conclusi da un ferecrateo.
Di ambito popolare il canto dei bambini di Rodi, PMG 848, che si
presenta neBa sua prima parte (vv. 1-10) come una successione di
reiziani coriambici 70.
DaBa tradizione deí canti conviviali, dí cuí abbíamo gül parlato (v.
sopra, p. 242 s.) deve essere derivata la forma deBa composizione di CA
176, un canto di carattere conviviale in asclepiadei maggiori composto
all'inizio del JI seco a.e. da Seleuco .
• NeBa poesia destinata alla lettura spicca la ripresa stichica di molte
sequenze eoliche: l'asclepiadeo minore da parte del suo eponimo
Asclepiade (SH 215); il falecio da parte di Faleco (epigr. 3 Page),
Teocrito (epigr. 22 Gow), Callimaco (fr. 226 Pf.) 71, che usó anche il
ferecrateo (fr. 401 Pf.). 11 dicolon priapeo fu usato da Eufronio (CA
176) in una forma che vedeva la costante realizzazione del primo colon
con un dímetro coriambico B, da Erodoro (autore, probabilmente in
eta tardo-eBenistica, di un inno acrostico tramandato per vía epigrafi­
ca: SEG 7, 14) costantemente nella forma gl pher. Enoplio A partirl
Per alcuni dei suoi idilli composti in dialetto eolico (28 e 30) Teocrito il termÍr
riprese l'uso dell'asclepiadeo maggiore 72 (ritornando talvolta anche aBa forme m
base in doppia breve).
Simia di Rodi (fr. 16 Powell) adoperó stichicamente la sequenza vv
X
vv
X
x x uu uu - - u u u Id, una sorta di este so asclepiadeo
ipercatalettico o di ipponatteo aumentato internamente di due co­ cioe una
riambi 73. element(
• In eta imperiale rimase in uso sostanzialmente solo iI faIecio, verso lunga, e
nel quale Eraclide Pontico il Giovane scrisse tre libri (SH 475-481),
e nel quaIe continuarono ad essere composti epigrammi 74. x u\..,

(anchec(
70. Per una diversa interpretazione cfr. West. GM, 147.
71 Cfr. inoltre CA 194, nrr. 28 e 29. Prosodiaco Analoga
72. Asc1epiadei maggiori compaiono anche nel frammento 400 pc. di Callimaco. ca della
73. Per I'uso ellenistico di sequenze eoliche in strutture epodiche v. oltre, cap. 20,
p.285.
74. Cfr. West, GAf, 167 n. 14, per un elenco del materiale in questione. In
contesto polimetrico (insieme ad anacreontici, tetrametri trocaici catalettici, dime­
tri giambici e anapestici, e anche al tetrametro coriambico catalettico) il falecio
compare nell'Altare di Besantino (A.P. XV, 25). 1. Cfr. (
CAPITOLO 18

Cola enopliaci

18.1. Definizione e forme ricorrenti

Enoplio A partire da uno studio di Wilamowitz 1 molti metricisti moderni usano


il termine enoplio per designare una struttura metrica realizzata in
forme molteplici che sarebbero riconducibili aBo schema originario:
V'v UV
X - X - X

cioe una sequenza con tre elementi lunghi, ciascuno preceduto da un


elemento realizzabile con la piu estrema liberta (con doppia breve, con
lunga, e anche con singola breve), la cui forma piu ricorrente e:

x - uu - uu x

(anche con realizzazione «anapestica» delrinizio uu uu - uu - x).

Prosodiaco Analogamente viene usato il termine prosodiaco per la forma cataletti­


ca della sequenza precedente:
vv
- x ­

1. Cfr. G V, 376 ss.


256 CAPITOLO 18

la cui forma piu comune e: 1 cola


compOl
x - uu - uu­
te in s
(anch'essa con possibile inizio «anapestico» uu - uu - uu -). dattilo­
tendo u
E infine quello di reiziano per una sequenza piu breve di forma: e fonte
Reiziano
uu uu
X - X - X

per la quale troveremmo una realizzazione «coriambica»


x - uu - x
La den
(anch'essa in una variante con inizio «anapestico» uu - uu - x) scorso,
sequen;
e una «giambica»
antichi
x-u-x e una 1
a quatt
(pure con la variante uu - u - x). «terzo>
epitriti,
Se que sta interpretazione e corretta, e possibile pensare che a1cune
ticolare
forme di queste sequenze si sarebbero poi «stabilizzate» e regolarizza­
L'intefJ
te, fino probabilmente ad assumere in determina ti contesti metrici una
la che 1
valenza peculiare: e il caso, ad esempio, delle forme del cosiddetto
enoplia
enoplio coriambico A (x - u u - u - x) e B (x - x - u u - x),
ru, e se
e del reiziano di forma coriambica, la cui trattazione e stata perció
realizza
inserita tra quella delle sequenze eolo-coriambiche 2.
a minOf
Hemiepes Wilam<
1 e 11
Collegati con le forme piu diffuse dell'enoplio e del prosodiaco che
abbiamo sopra indicato, e alle quali sara limitato nel corso della nostra ad un (
trattazione l'uso dei due termini «enoplio» e «prosodiaco», sono i due piu anti
cola chiamati rispettivamente stesso'
spesso:
hemiepes 1 o maschile Grandf
- uu - uu­ per que
hemiepes 11 o femminile tivo, UI
- uu - uu - x
descrivibili come equivalenti alla prima sezione dell'esametro fino alla D -1..
d l _ 1..
cesura maschile e aquella femminile. Prese in astratto costituiscono
due sequenze ambivalenti, passibili di essere interpretate, a seconda del d 2 U 1..
e - 1..
contesto, o come cola enopliaci, evidentemente affini all'enoplio e al
prosodiaco, oppure, in compagnia di dattili, come cola dattilici (trime­
tro catalettico in syllabam; trimetro catalettico in disyllabum).
3. Per
contribu
2. V. sopra, cap. 17, p. 235 s. 4. Cfr.
COLA ENOPLlACI 257

1 cola enopliaci ricorrono nei vari periodi della lirica greca come
componenti di strutture miste; il loro impiego piu massiccio e ricorren­
te in strutture di questo tipo e quello che avviene nei cosiddetti
dattilo-epitriti, di cui ci si occupera quin di piu diffusamente, premet­
tendo una breve storia dell'interpretazione di tali versi, che a tutt'oggi
e fonte di controversie.

18.2. 1 cosiddetti dattilo-epitriti


La denominazione di dattilo-epitriti risale ad uno studioso del secolo
scorso, R. Westphal, che ricondusse questi versi alla congiunzione di
sequenze dattiliche con membri «epitritici». Nella terminologia degli
antichi iI termine epitrito indicava un piede costituito da tre lunghe
e una breve, tra le cui parti sussisteva un rapporto di durata di tre
a quattro o viceversa (di qui il nome, da ¿ní nel senso di «piu» e tphoC;
«terzo»: «uno e un terzo in piu»). Si distinguevano quattro tipi di
epitriti, in relazione alla posizione occupata dalla breve: cosi, in par­
ticolare, uno «trocaico» (- v e uno «giambico» v -).
L'interpretazione piu soddisfacente dei cosiddetti dattilo-epitriti 3 e quel­
la che vi riconosce fondamentalmente una associazione tra cola di tipo
enopliaco, quali enopli, prosodiaci, hemiepe maschili e femminili, reizia­
ni, e sequenze giambiche e trocaiche con l'elemento libero per lo piu
realizzato da lunga (e la sporadica presenza del coriambo e dello ionico
a minore, forse intesi come forme anaclastiche dell'epitrito trocaico).
Wilamowitz aveva proposto di chiamare tali versi calcidesi, con allusione
1
ad un canto popolare da Calcide che potrebbe costituirne l'attestazione
piu antica (PMG 873): la denominazione, successivamente rifiutata dallo
stesso Wilamowitz, fu adottata da O. Schroeder; in ambito italiano viene
spesso adottata quella di kat'enoplion epitriti proposta da B. Gentili.
Grande successo e diffusione ha visto la proposta di P. Maas 4 di usare
per questi versi di struttura complessa, a scopo dichiaratamente descrit­
tivo, un sistema di sigle:

D vv - vv­
dI vv
d 2 vv
e v

3. Per la storia di questa ínterpretazione cfr. Gentili 1952, 106; per ulteriori
contributi dello studioso cfr. Id., in Gentili-Giannini 1977, 7-27.
4. Cfr. GM, § 55.
258 CAPITOLO 18

In que sto sistema i gruppi fondamentali D ed e (oltre a gruppi piu spo­ Stesicoro, L'uso are
radici quali dI e d 2) vengono descritti come associati tra di loro per lo piu fr. 222b meglio in
Oavies
tramite l'inserimento di un elemento detto ancipite o anceps interpositum sizione re
(in re alta sarebbe meglio parlare di elemento libero). Per la frequente relativa a
unione di due gruppi e tramite elemento libero realizzato da lunga (in estato pe
realta un dimetro trocaico catalettico) Maas adopera un'ulteriore sigla: eolava: VI
epitriti», ~
E - u- u ne bisillal
Ecco lo s
Se il sistema descrittivo di Maas puó risultare talvolta utile per
visualizzare piu velocemente i rapporti tra un verso e l'altro, soprattut­ str. 1 - uu .
to neHe composizioni piu complesse, ed inoltre nei casi in cui, indivi­ ~uu .
duati i confini di verso, rimane invece incerta la definizione dei cola, uu·
non bisogna dimenticare che esso non ha valore interpretativo: in altre
-uu­
parole il principio compositivo di questi versi non e da ricondurre al
collegamento attraverso l'elemento libero dei gruppi elementari suddet­ 5 x - u
ti, bensi all'associazione tra cola o tra cola e metra del tipo che abbiamo -uu ­
sopra indicato. Nelle composizioni piu complesse, poi. subentrano x u
anche altri tipi di cola, per i quali il sistema descrittivo di Maas si rivela
particolamente fuorviante: ep. 1 - uu·
ad esempio piu di una volta uu uu·~ uu -, l'alcmanio cataletti­ u-u
co, per il quale, se si vuol schematizzare in senso maasiano, sara meglio
abbandonare comunque la sigla di Maas Dd 2 a favore di quella
-u­
proposta da West 5 D 2 • -uu­
5 x - u
-uu­
18.2.1. Veta arcaica 1.

L'encomio­ Composti di tipo «dattilo-epitritico» ci sono attestati, piu o meno Sieuri COl
logico o direttamente, per Alcmane, Alceo, Ibico, Anaereonte.
elegiambo 3; alla fir
Cosi l'eneomiologico o elegiambo, formato da hem e reiz ia questa se
va: nei «c
uu - uu - x - u - x:
mai infat
Ale. fr. 383 V. ilp' ¡hl 81VVOIlÉV1J 1ep TuppaK1Íq:J
tapll€ v a AállTCpa KÉOVt' f:V MupO'lV1Íq:J 6 7. Le aIt
o meno el
Davies); I€
(pp. 180-1
5. Cfr. West, GM, 70, che propone anche di utilizzare D 3 al posto di Dd 2d 2 8. Cfr. S
(rinunciando dunque sempre all'uso del simbolo d 2), e al post o di Exe. spesso COI
6. Cfr. anehe Alem. fr. 3 Davies 26 Cal. str. 9 (v. sopra, cap. 10, p. 170); Ibico, í tipi di co
fr. 315, 2 Davies; Anacr. PMG 391 fr. 100 Gent.; PMG 392 = fL 101 Gent.; Traité, 18
PMG 393 = fL 97 Gent.; PMG 416 fr. 99 Gent.; PMG 438 = fr. 98 Gent.; 4 (1983), •
PMG 957 fr. 188 Gent. stione, cfr
COLA ENOPLlACl 259

Stesicoro, L'uso arcaico di questi versi per intere composizioni ci eattestato oggi al
fr. 222b meglio in alcune odi di Stesicoro. Particolarmente significativa la compo­
Davies
sizione restituita recentemente da un papiro di Lille (fr. 222b Davies)
relativa ad un episodio del ciclo tebano 7. Da quanto ci e conservato
estato possibile ricostruire la struttura della triade in cui il carme si arti­
colava: ver si costituiti dai piu semplici e cmari ingredienti dei «dattilo­
epitritÍ», con una caratteristica significativa quale la possibile realizzazio­
ne bisillabica degli elementi liberi che compaíono nelle sequenze.
Ecco lo schema:

str. 1 - uu uu x - uu uu xl hemiepes + enoplio (DxDx)


-uu uu - x -u Id hemiepes + reiziano (Dxex)
uu uu - x uu- uu xI hemiepes + enoplio (DxDx)
uu-uu hemiepes (D)
5 x - uu uu - x - u xl prosodiaco + reiziano (xDxex)
-uu uu hemiepes (D)
x u u - u - Id metron giambico + reiziano (xexex)

ep. 1 uu - uu hemiepes (D)


u - uu - uu prosodiaco + reiziano (xDxex)
u - u - xl
-u-u u dimetro trocaico (exex)
- uu uu - x - uu uu- Id hemiepes + enoplio (DxDx)
5 x u - x I reiziano (xex)
uu - uu x uu - uu xl hemiepes + enoplio (DxDx)
- - u _Id molosso + baccheo (- - e-)

Sicuri confini di verso son o indicati dallo iato aBa fine di str. 2 e di ep.
3; alla fine dí ep. 4 dalla gíustapposizione dell'elemento libero finale di
questa sequenza con l'elemento libero iniziale della sequenza successÍ­
va: neí «dattilo-epitriti» la giustapposizione di elementi liberi non si da
mai infatti in sinafia 8.

7. Le altre composizíoní del poeta in que sto metro di cuí abbíamo partí piu
o meno estese sono: l'l/iou Persis (pp. 183-205 Davies), l'Orestea (pp. 208-209
Davies); le Palinodie (pp. 177-180 Davíes); i Nostoi (pp. 206-207 Davies); I'Erifile
(pp. 180-183 Davies); cfr. inoltre fr. 223 Davies.
8. Cfr. Snell, nell'edizione di Bacchilide, XXX; il principio (a cuí ci si riferisee
spesso con il nome di anceps iuxta anceps) e stato esteso da molti metricisti a tutti
i tipi di cola lirici della metriea greca, ma l'estensione sembra indebita: efL Koster,
Traité, 18 e 181; Pretagostini 1977, 56 S.; B.M. Palumbo Straeca, BollClass s. III,
4 (1983), 82 ss. Per l'interpretazione sticometriea del earme di Stesieoro in que­
stione, CfL Pretagostini 1977, 53-58; Haslam 1978, 34-36.
260 CA PITOLO 18

Viene realizzato in alcune occorrenze con due brevi l'elemento iniziale 18.2.2. Simonide, Pin
dell'enoplio (in str. 1, ep. 4 e 6) 9; possibile, ma non sicura, una tale
realizzazíone anche per l'elemento iniziale del reiziano di str. 5 al Mentre ~
V. 215: qui peró il tradíto bWCpUÓt:V'tu potrebbe essere scandito anche monianz
con perdíta dell'autonomia sillabica dell'hypsilon, facendo risultare un sizioni in
elemento libero realizzato da breve 10. meta de!
1 cola si presentano sempre separati da fine di parola, secondo una Una dell
tendenza che sembra ricorrente anche nelle altre composizioni «dattí­ della rea
lo-epítrítiche» di Stesícoro 11. Come risulta evidenziato sopra nello metra ch
schema, si trova alcune volte neí cola enopliaci la contrazione di due realizzaz
brevi in una lunga (ció avviene solo in mancanza di fine di parola dopo giambo-1
la contrazione). Vediam(
La clausola finaIe (che compare anche in un altro carme stesicoreo) 12 meno co
puó essere interpretata come un dimetro giambico catalettico con
realizzazione molossica del primo metron, un fenomeno che non lsthm. III + IV uu
sembra estraneo ai «dattilo-epitriti» di Pindaro 13. uu­
Nel complesso siamo di fronte ad una costruzione limpida, ben lontana u-x
dalla complessita che sara propria di molte odi pindariche in questo -u­
metro; come estato fatto giustamente notare 14, si tratta al contempo di -uu
una costruzione sapiente: si noti ad esempio l'uso del reiziano giambico

in ep. 2, in funzione chiaramente «modulante» da sequenze in doppia
breve verso una sequenza in singola breve. uu
u-
Soluzioni In Pind~
dei mem

Schemati¡
sia nel pr
i luoghi i
9. Cfr. in particolare i vv. 207, 211, 230, 272, 291, 293. compare
10. Cfr. C. GalIavotti, BPEC n.s. 25 (1977), 5 s. schema e~
11. Cfr. Haslam 1978, 54 s.
12. Si tratta dell' Eriflle: cfr. S 148 Davies, str. 7. In Baccl
13. Un confronto significativo (segnalato da Haslam 1978, 37 n.l6 e ulterior­ ep. 4 e ~
mente approfondito da Gentili 1979b, 128) e offerto da Pind. Pyth. 1 str. 3 dove
compare una sequenza - - - u -- u -, una struttura che rispetto aquella EceezioI
stesicorea si presenta ampliata, alIa fine, di un cretÍco. Per una sequenza identica essa eOIl
a quella di Stesicoro, ripetuta due volte come clausola della sezione «dattilo­
un noml
epítritica» di una stanza in ambito tragico, Gentili 1979b, 129 cita opportunamen­
te Soph. Trae/¡. 523 S. E si veda infine Alcmane fr. 14b, c Davies ( frr. 5,6 Cal.)
e Simon. PMG 64ge, dove una tale sequenza potrebbe essere rintracciata dopo un
reiziano giambico; nel frammento di Alcmane, se, come e verosimile, il v. a3 (= fr. 15. Con
4, 3 Cal.) e costituito dalla medesima sequenza dei due sopra citati, bisogna v. 92), un
pensare alla responsione del molosso iniziale con il cretico (v. sopra, cap. 14, l'altro sti
p.215). esaminat(
14. Cfr. B.M. Palumbo Stracca, BPEC n.s. 25 (1977), 43. 16. Ince
COLA ENOPLlACl 261

18.2.2. Simonide, Pindaro, Bacchilide


Mentre assai poco possediamo dei «dattilo-epitriti» di Simonide (la testi­
monianza pili cospicua ecostituita da P MG 581), abbiamo molte compo­
sizioni in questo metro di Pindaro (in «dattilo-epitriti» ecomposta circa la
meta degli epinici) e di Bacchilide (epinici 1, III, V, VII-XIV; dith. XV).
Una delle principali differenze rispetto all'uso stesicoreo e l'abbandono
della realizzazione bisillabica degli elementi liberi presenti nei cola o nei
metra che compongono le sequenze 15: per essi si preferisce inoltre una
realizzazione con sillaba lunga. Aumenta la presenza della componente
giambo-trocaica.
Vediamo alcune di queste caratteristiche in una stanza pindarica tra le
meno complesse: sí tratta dell'epodo di

lsthm. III + IV uu uu - - uu I.,d enoplio corÍambo (xDxd 1)


uu uu y hem femm (Dx)
-u x u Y 2 tr cat o cr + ia (ex e)
u x u 2 ia (xexe)
uu uu· x-u­ prosod ia (xDxe)
--u u x-ul.,d 3 ia (xExe)
-- uu uu u - x - u- prosod 2 tr cat o cr + ia (xDexe)
-- u u uu ul.,d 3 ia (xExe)

Soluzioni In Pindaro si trova, ma solo raramente, la soluzione di uno dei longa


dei membrí «epítrítíci».

Schematizzando in termini maasiani potremmo dire, precisando, che essa si trova


sia nel primo longum di e, sia nel secondo; alcune volte essa e presente in tutti
i luoghi in responsione (cfr. ad es. 01. VII ep. 5; Isthm. II ep. 6). piu spesso
compare solo in uno di essi (nella stanza di cui abbiamo riprodotto sopra lo
schema essa compare solo al v. 72b).

In Bacchilide íl fenomeno rícorre con sicurezza solo nell'epinicio III,


ep. 4 e 5 16 •

Eccezionale la realizzazione con due brevi dí un longum di un hemiepes:


essa compare in Isthm. III + IV 63 (~pvst TSAsattiúii) in coincidenza di
un nome proprio in cui si susseguono quattro sillabe brevi.

15. Come unico possibile esempio puó essere citato Pind. Pyth. 1 str. 6 (cfr.
v. 92), un 'ode neIla quale, come e stato segnalato da Gentili 1979b, 131, ricorre
¡'altro stilema «stesicoreo» della sequenza molosso + baccheo, che abbiamo
esaminato quí sopra (v. p. 260 e n. 13).
16. lncerta la sua occorrenza in epin. VIII, 12; XIII, 64.
~


262 CAPITOLO 18

I
I

Contrazione Nei cola enopliaci in Pindaro e Bacchilide si trova, sia pure raramente, 18.2.3. TI dramma att
la contrazione spondaica dei bicipitia, soprattutto del primo.
Clausole L'uso come clausola dell'itifallico, che troveremo piu volte in tragedia, Ampie SI
non e attestato per Pindaro e Bacchilide (esso compare invece in teo; ne ~
Simonide (PMG 581, 7); nei due poeti predomina largamente in fine di opere de
unita strofica il ritmo in singola breve (come e il caso della stanza che Comme(
abbiamo esaminato) 17.
Vediame
Responsioni Assai discusso e il problema delle liberta di responsione in queste costruzi(
composizioni di Pindaro e Bacchilide 18. In a1cuni luoghi pindarici (01.
lB 35; Pyth. IV 118, 184; Pyth. lB 6; Ol. VI 28) il testo tradito
Eur. Andr. - - \..
presenta, in successioni di 2 epitriti trocaici, la responsione tra coriam­ 766/778 ss.
bo ed epitrito trocaico: negli ultimi tre casi si puó pensare anche
a fenomeni di allungamento di síllabe con vocale breve chiuse da nasale \..
prima di inizio vocalico successivo, e per gli altri due non e difficile una u­
correzione, ma in considerazione degli aspetti che accomunano tutti
- u\..
questi casi (oltre al ricorrere nella stessa successione metrica, son o posti
in vicinanza di fine di verso, e tre di essi anche di fine di stanza) la 5 --\..
possibilita di una licenza va presa in considerazione.
Un fenomeno di responsione «anomala» che ricorre piu di una volta \..
e quella tra un metron giambico o trocaico ed un cretico, attestata per
u-
tre luoghi dell'epinicio V di Bacchilide: all'interno della prima coppia
strofica al v. 8, 14 e 30, 12 e 27.
In 6 veé
E forse in piu di un caso (Bacchyl. epin. V ep. 1: cfr. in particolare v.
fenomen
151 e 191; ep. 9b: cfr. v. 160; fr. 4, 70 S.-M.: str. 10) si potrebbe
e rara 1
rinvenire in un epitrito trocaico una responsione del tipo l",J u -, che
limitata
la tradizione presenta anche, come vedremo, in due casi della tragedia.
Chiude 1
Ponte di Bacchilide evita di porre fine di parola dopo il primo elemento nelle dramma
Maas- Barrett seguenti successioni: 1) x u -- xl; 2) x u - I e dopo il penultimo stanze fe
elemento nelle seguenti: 3) I - u x -; 4) I x - u x - . La ten­ Altre se,
denza (che e legittimo nel complesso chiamare ponte di Maas-Barrett 19) giambic(
non e riscontrabile in Pindaro. Particolarmente rigoroso e il comporta­ cioe con
mento di Bacchilide soprattutto nel primo caso, ma anche nel terzo, singola 1
mentre diverse «eccezioni» sono presenti negli altri due casi. dendo v
orienta e
vento as
17. L'osservazione e di Zuntz (cfr. Maas GM, § 55); cfr. inoltre West, GM, 72
e nn. 93 e 94.
18. Per una discussione generale del problema cfr. Maas 1913; H. H6hl,
Responsionsfreiheiten bei Pindar, Diss. K61n, 1950, 5-71; R. Führer, Beitrage zur 20. Dop
Metrik und Textkritik der griechischen Lyriker, IIb, NAWG, 1976, 244-250. 1147/1151
19. Cfr. West, GM, 74 n. 103: P. Maas (Philologus 63,1904,297 ss. = Id., Kleine 21. Corr
Schriften, München, 1973,8 ss.) aveva notato la tendenza a proposito di elementi liben p.258.
realizzati da lunga, Barrett 1956, 251-253 ha fatto ulterion osservazioni e precisazioni
anche riguardo alla fine di parola dopo elemento libero realizzato da breve.
• 22. Cfr.
23. Cfr.
COLA ENOPLlACI 263

18.2.3. Il drarnrna attico


Ampie sezioni in dattilo-epitriti compaiono in Eschilo solo nel Prome­
feo; ne abbiamo anche in Sofocle (Aiace, Edipo re, Trachinie), nelle
opere del primo Euripide 20 e nel Reso; qualche esempio anche nella
Commedia Antica e nella Commedia di Mezzo.

Vediamo alcune caratteristiche di queste strutture in una stanza di


costruzione piuttosto semplice:

Eur. Andr. - u - uu uu- relz la + hemiepes (e iI cosiddetto


766/778 ss.
giambelego 21) xexD
- - u - - uu - uu Id reiz ia + hem (giambelego) xexD
u - u uu - uu Ü tr hem femm exDx
uu -uu hem D
5 - uu uu u- prosod ia xDxe
uu - - uu - uu- hemiepes prosodiaco DxD
u - - - uu - uu giambelego xexD
u-u Id itifallico

In 6 vediamo l'hemiepes con all'inizio la contrazione spondaica, un


fenomeno rarissimo nei cola enopliaci di queste strutture 22, come pure
e rara la soluzione nelle sezioni giambiche o trocaiche (in genere
• limitata al primo longum delle rispettive forme epitritiche).
Chiude la stanza un itifallico, piu volte usato in queste strutture nel
dramma come clausola finale (talvolta si trova anche all'interno delle
stanze forse anche qui con funzione clausolare).
Altre sequenze usate frequentemente come clausola finale: il dímetro
giambico catalettico (di solito con i1 primo metron di forma epitritica,
cioe con il primo elemento realizzato da lunga) e in genere quelle in
singola breve a preferenza di quelle in doppia breve. Talvolta, proce­
dendo verso la fine della stanza, il movimento «dattilo-epitritico» si
orienta decÍsamente verso quello giambico, che puó prendere il soprav­
vento assoluto 23.

20. Dopo le Troiane (415 a.e.) troviamo solo, se si eccettua Hel. 1137­
1147/1151-1161, versi di questo tipo inseriti in contesti misti.
21. Come si vede, il verso speculare alI'elegiambo, che abbiamo visto sopra a
p.258.
22. Cfr. Eur. Med. 980;987; [Eur]. Rh. 535/554.
23. Cfr. West, GM, 134. con I'indicazione di alcuni esempi.
264 CAPITOW 18

Realizzazione Diverse volte trovíamo l'elemento libero realizzato da doppia


del!' elemento breve:
libero
Aristoph. Av. 80AEpov IlEV ud KUta 1távtu 811 tpÓ1tOV
451 uu uu uu u u pros ia o enopl cr

Rara l'inserzione di cola dattilici 24.

Responsioni Come abbiamo accennato sopra, ci sono stati tramandati due casi di
una responslOne anomala attestata dalla tradizione anche per l'eta
tardo-arcaica:
Aesch. PV.
535 uu

Eur. Andr.
1035 KtEávrov IlUtpO~ <pOVEÚ~ I 1045 Kui 1tpO~ EUKáp1tou~ yúu~
uu u

18.2.4. Riprese di sequenze «dattilo-epitritiche» in eta «tardo-classica» ed ellenistica


Attestati nei frammenti dei poeti del Nuovo Ditirambo (dunque ancora
presentí in ambito lirico) i «dattilo-epitriti» continuarono ad essere 19.1.
usati anche in seguito (almeno fino all'inizio del II seco a.c.), per vari
tipi di composízioni: da brani di tipo «conviviale» 25, ad inni, come Il docmi,
quello «coito» di Aristotele ad 'Apctá (PMG 842)26. varieta d
allo sehe
Ricordiamo in particolare le sequenze usate da Cercida dí Megalopo­
li 27 per composízioni certamente non destinate al canto: sícuramente
astrofiche, le composizíoni del poeta si articolavano in versi in cui i vari
cola (per lo piu, ma non solo, l'hemiepes maschile, l'enoplio, il reiziano La denol
giambico e il dimetro trocaico catalettico) erano sempre distinti da fine nel ritm(
di parola (una caratteristica che, insieme probabilmente aquella della antichi a
astroficita, li accomunava al resto della produzione in «dattilo-epitritü) u u
tardo-classica ed ellenistica). cretico, e
accostam
Mentre I
che iI do!
24. Cfr. Soph. Ai. 172/183; Eur. Troad. 838/857; Aristoph. Nub. 460.
e stato d
25. PMG 917 b e c: sono i cosiddetti «Canti di Elefantina», per cui cfr. F.
Ferrari, SCO 38 (1988), 181-227; SH 521-526: scoli dei Sette Sapienti.
26. Per un elenco delle altre composizioni in tale metro di quest'epoca, cfr. West, 1. A. Seic
GM, 139 s. 1 e 11, Lips
27. Cfr. L. Lomiento, QUCC n.s. 27 (55),97-100; QUCC n.s. 29 (58), 101-108; restano sol
J.L. López Cruces - J. Campos Daroca, ZPE 102 (1994), 81-94. 2. Cfr. PI
CAPITOLO 19

II docmio

19.1. Defmizione e forme ricorrenti


Il docmio (8) e una sequenza metrica che si presenta in una grande
varieta di forme 1, talvolta anche in responsione tra loro, riconducibili
allo schema

La denominazione, dal significato di «obliquo»), «storto», «trasverso


nel ritmo», sarebbe derivata da una delle interpretazioni date dagli
antíchi alla sequenza, quella che ne riteneva fondamentale la forma
u - - u -, interpretata come unione di un «piede giambico» e di un
cretico, con un rapporto temporale tra le due partí di tre a cinque e un
accostamento immediato di due elementi lunghi.
Mentre presso molti metricistí moderni si era formata la convinzione
che il docmio facesse la sua prima comparsa nena lirica della tragedia,
e stato di recente dimostrato 2 che esso era presente nei grandi lirici

l. A. Seidler, nella sua monografia De versibus dochmiacis tragicorum graecorum,


1 e 11, Lipsiae 1811·1812, ne aveva elencato come possibili 32, ma di queste alcune
restano solo teoriche.
2. Cfr. Pretagostini 1979.
266 CAPITOLO 19

corali del VI-V secolo, in particolare in Pindaro, anche se non in serie Pindaro Forme e
continue, ma per lo piu unito a giambi e ad eolo-coriambi. Píndaro
L'ipodocmio Lo stesso vale per altre sequenze dí que sto tipo, e precisamente per abbiamo
l'ipodocmio (h8) giambici.
quanto í:
5 (u u I

U U U \.
11 docmio e per il cosiddetto docmio kaíbeliano, interpret:
kaibeliano della seq
x - x - x verosímil
Come eSí
una forma legata al nome di G. Kaibel che la studió nella sua edizione
dell'Elettra di Sofocle 4 • 01. 1, ep. 5 e 6 U u-u
-u u

Per un es
19.2. Forme docmiache nella lirica tardo-arcaica
Pae. JI, str. 2 U--U-\

Come si e güi avuto modo di dire, forme docmiache compaiono nelle


PaeJI, v.2 IIo(jJet80
odi di Simonide, Pindaro, BacchiIide composte nei cosiddetti metra ex
Bacchilide iambis orta 5; BacchiIide presenta anche una forma di docmío kaibelia­ v. 38 Ü'l'tcr'tOV
no in cuí íI primo elemento puó essere realízzato da due brevi: v. 74 ~ulOiC; (jl

dilh. 17, 40 Kf:AOIlUl n:oÁÚ(j'tOVOV

a cui corríspondono, nelle altre occorrenze strofiche (si tratta di str. 17 1 docmi
secondo la numerazione di Snell), forme aperte da breve o da lunga 6.
Come si e
suamassi
3. Dalla testimonianza di un metricista antico (Aftonio, cfr. GL VI p. 122, 23 ss. in contest
Keil) ruso di una tale sequenza sembrerebbe risultare anche in epoca precedente, so, ma ar
e precisamente da parte di Archiloco (fr. 314 W.), in unione con un tetrametro mento). 1
dattilico (cfr. Pretagostini 1979,114 s.).
4. Cfr. G. Kaibel. Sophokles, Elektra, Leipzig, 1896, 148. Per la sequenza si Le forme
trovano adoperate denominazioni diverse: ora docmio «esasillabico», ora long
dochmiac. B. Gentili (cfr. ad es. Gentili 1952,69) lo chiama prosodiaco docmiaco,
• u - \
considerandolo una delle reaIízzazioni del prosodiaco. Per il possibile uso della • u uu
sequenza anche in epoca arcaica, cfr. Pretagostini 1979, 115, che rimanda ad Alcm.
fr. 45 Davies = 113 Cal., e cfr. inoltre Anacreonte PMG 440 fr. 51 Gent. . - uu­
5. V. sopra, cap. 12, p. 194.
6. Un'altra occorrenza di questa forma neHo stesso carme si ha in str. 12, mentre
ad ep. 2 compare un docmio kaibeliano di forma u - u u -. Un caso di
responsione docmiojipodocmio in BacchyI. 17, str. 13 secondo il testo e l'interpre­ 7. Cfr. Pi
tazione colometrica offerti da Gentili 1974, 92 e 95 S. (v. sopra, cap. 12, p. 194 n. 8. Per Uf
13: questa versione del testo era accettata anche da Snell, che quanto a colometria 23-48 (le I
seguiva pero quella del papiro che ci ha restituito I'ode). commedia
IL DOCMIO 267

Pindaro Forme docmiache compaiono piu di una volta anche neBe odi di
Pindaro che vengono di solito classificate come eoliche e che, come
abbiamo visto, fanno registrare anche la presenza di metra e cola
giambici. In alcuni casi esse risultano particolarmente evidenti, in
quanto isolate come ver si indipendenti: cosi ad es. in Pyth. VII, str.
5 (u u u - u Id Ó o hó); in Pyth. V, str. 4 e 6 (rispettivamente
u u u u u u Id e u - u Id, sequenze di cui la prima e di per sé
interpretabile sia come ipodocmio che come docmio, ma che, suBa base
della sequenza che la segue due versi piu sotto, andra con ogni
verosimiglianza interpretata in quest'ultima maniera) 7.
Come esempi non ambigui di ipodocmi in questi contesti, cfr.:

al. 1, ep. 5 e 6 u u u - u u - u - u Id 1\ dim cho B hó


u u - u - u u Id tel h8

Per un esempio di docmio kaibeliano:

Pae. 1I, str. 2 u - u u--

Pae 1I, v. 2 I1ocr]l.>tÓCivó<; 1:1.> nUl


v. 38 U\¡IlO'WV tcr1:U1:at
v. 74 ~atOl<; cruv V € 1:l.>crtv

19.3. 1 docmi nella tragedia


Come si e giS. detto, la tragedia 8 el'ambito in cui il docmio ha trovato la
sua massima utilizzazione, improntando di sé interi brani lirici, per lo piu
in contesti fortemente segnati da} pathos (soprattutto di carattere doloro­
so, ma anche per effusioni di gioia, ad esempio nelle scene di riconosci­
mento). 1 docmi sono presentí in tutte le opere che ci sono rimaste.

Le forme piu comunemente usate sono:


UAuívrov €~U (Eur. El. 589)
• u uu - u KI.>XU!lf:vrov xouv (Aesch. Cho. 156)
• uu u .- roKmá1:Q) n1:l.>pi¡) (Eur. Hipp. 1271),
particolarmente cara ad Eschilo.

7. Cfr. Pretagostini 1979, 110 n. 30.


8. Per uno studio complessivo sui docmi della tragedia e da vedere Conomis,
23-48 (le pp. 48-50 sono dedícate ai doCllÚ usati nel dramma satiresco e nena
commedia).
268 CAPlTOLO 19

• Un esempio di una forma interamente soluta (otto sillabe brevi): • U uu


u uu uu u uu EAU~OV € n u80v axo<; (Eur. Ion 764)
• Un esempio di una forma realizzata da cinque sillabe lunghe: Quando il
ii OOÚAU OOÚAU<; (Eur. Andr. 860) fine di par
nel terzo e
II quarto elemento e normalmente realizzato da sillaba lunga quando
quelli ad es so adiacenti non sono solutÍ 9; cosi, ~Itre alla forma in Discussa
cinque lunghe che e stata appena citata troviamo pió volte: casi essa
Nell'lnac
• u - - - OÓllou<; olKitaro (Eur. Ion 792) tale form
• u uu - - ­ nupuAíuv 'lfÚIlIlOV (Aesch. P. V. 573) Pió di un
in alcuni
• uu nAu¡;;óllevov Aeúaarov (Soph. Ai. 886) circostanl
mente sol
Sono invece eccezionali (e discusse) forme come: forma - \
• u uu uu X80vó<; te', he núv1:e<; (Aesch. Sept. 109) 10 mo forse
e- u u
• u uu uu - uu yévo<; ayovov uihíKU (Eur. H.F. 888) JI
• - uu uu - - ÚAIlUPÓV 8ni nóv1:ov (Eur. Hipp. 1273) 12
.u- uu Tí CPÚ<;, & nu!, 1:Ívu (Soph. Ant. 1289) 13 íl testo de
Antigone,l
14. Quest
15. Peril
1152; H.F.
9. Cfr. West, GM, 109. Barrett, Hi
10. Per il testo cfr. Ferrari 1983, 984 S.; in generale, sul problema del blocco fenomeni d
della sinafia successivo aquesto docmio, v. oltre, p. 271. La presenza di una anche Eur.
forma come questa in Eur. Hel. 694b lCalCó1wTI.WV apaíav non e sicura, vista essere amrn
la possibilita di scandire come breve iI dittongo di apaíav (v. sopra, cap. 3, la forma (]
p. 45, e cfr. Kannicht, Helena II, 179, i cuí argomenti mi sembrano convin­ possibilita I
centi, nonostante Diggle 1978. 165 = Id., Eurípidea, 184), col che risulterebbe Hipp. 670,
una forma docmiaca assolutamente comune; in Eur. H.F. 1052 la sequenza Id., Euri
u u u u u (la cui presenza, tra l'altro, non e sicura, vista una diversa dí posizion
possibilita di scansione, per cui cfr. Conomis, 27 s.) sarebbe probabilmente da n.75.
interpretarsi come una forma soluta rispetto ai tre cola precedenti, reiziani di 16. La set
forma u - uu «pesan te» (
11. Cfr. anche Eur. Hel. 687a e Hyps. fr. 64, 74 Bond ( v. 1595 Cockle) cuí una inte
secondo il testo tnldito. Un docmio di questo tipo era forse stato usato da 55 e, almen
Aristofane, Ran. 1336 J.l.EAUVOVElCUdJ.l.oVU (cfr. Dale, LMGD, 116; Zimmer­ randola in
mann, III, 93; Dover, Frogs, 360), in contesto di parodia euripidea: la divisione qui un'affin
colometrica del pass o e tuttavia controversa. sibile anche
12. Un altro possibile caso di questa forma (ritenuta probabíle come docmio da dove iI colo,
Conomis, 26, e cosi interpretata da Barrett, Hippolytos, 392, ma non da West, 17. Cosi 1
GM, 109 n. 84, che probabilmente pensa ad una forma soluta di cr ba) in Eur. esatta u u
H.F. 1027 (cfr. Bond, Herae/es, 329, ad loe.); per Soph. O.e. 1561 v. oltre, n. 21. oppure una
13. In corrispondenza antistrofica (v. 1266) compare la forma u u -. Per
iota di óM€
IL DOCMIO 269

• U uu - - uu TÓÚS, <piAUl Tp(¡)ÚÚS~ (Eur. Troad. 239, il cuí testo


e comunque íncerto)
Quando il secondo elemento dí un docmio e realízzato da due breví, e frequente la
fine di paro la dopo la prima dí queste due brevi; raro e invece un tale fenomeno
nel terzo e nel quinto elemento 14.

Díscussa l'esistenza di una forma con attacco «anapestico»: in alcuni


casi essa e difficilmente eliminabile (Eur. Hipp. 1276, Troad. 1239 15 ).
Nell'Inaco di Sofocle (fr. 269c, 27-29 R.), un dramma satiresco, di una
tale forma ci sono tre esempi in successione tra loro.
Piu di una volta e attestata una sequenza u u u u - - che almeno
in alcuni luoghi (Soph. Phi!. 832/848; Eur. Ion 149-150; 896) il contesto
circostante suggerisce di interpretare come docmio con inizio Íntera­
mente soluto: essa e infatti in tali passi sempre preceduta da docmi di
forma - u u - - - e/o u u - U 16; in Soph. Ai. 403/420 abbia­
mo forse un caso di responsione tra u u u u (óAtOptovaildsEt)
e u u - - - (EÜ<ppOVE~ 'ApYEÍOl~) 17.

il testo del v. 1289, cfr. J.e. Kamerbeek, The Plays ol Sophoe/es, JJI, The
Antigone, Leiden, 1978,206.
14. Questo e stato osservato da Parker 1968,264 ss.
15. Per íl testo cfr. Biehl 1989,431, ad loe. In al tri casi (Soph. Ai. 358; Eur. El.
1152; H.F. 878; J. T. 859: Bacch. 998), come e stato fatto talvolta notare (cfr.
Barrett, Hippolytos, 434; Bond, Herae/es, 299; Kapsomenos, 325), ammettendo
fenomeni di perdita dell'autonomia sillabica di iota il fenomeno scompare; cfr.
anche Eur. Hipp. 82lb, 868a, Jon 764, dove lo stesso tipo di fenomeno potrebbe
essere ammesso nel vocabolo a~ío.no..; (qui si potrebbe invero anche ammettere
la forma a~í01;o,,;). Altri casi incerti o per la presenza di varianti o per la
possibilita di una diversa colometria o di un semplice intervento sul testo: Eur.
Hipp. 670, 1279; I.A. 1284; per Eur. Hel. 670 cfr. Diggle, ICS 2 (1977), 123
Id., Euripidea, 167 n. 28. Per la bibliografia sul problema, con le diverse prese
di posizione in proposito da parte di metricisti ed editori, cfr. Medda, 132 s.
n.75.
16. La sequenza, di per sé interpretabile anche come ia + sp o come forma
«pesante» di docmio kaibeliano e individuabile anche in Soph. El. 505 e 515 (per
cui una interpretazione giambica e fomita da Denniston, LJGD, 121, Pohlsander,
55 e, almeno per il v. 505, West, GM, 102, mentre Dale, LMGD, 103, con side­
randola in generale un colarion associabile a varie forme di metri, ne riconosce
qui un'affinita con i docmi); cfr. anche Eur. I. T. 649, luogo per il quale e pos­
sibile anche una diversa colometria (cfr. Dale, MATe 1II, 86); per Eur. Jon 905,
dove il colon compare nell'edizione di Murray, cfr. sopra, cap. 11, p. 188 n. 9.
17. Cosi Pohlsander, 12. Non si puó escludere comunque una responsione
esatta u u u u scandendo nella antistrofe l:úCPPovc"; come quadrisillabo,
oppure una responsione ',d u u con perdita deIl'autonomia sillabica dello
iota di OA{;eptov al v. 403.
270 CAPITOLO 19

In alcuni luoghi (Aesch. Suppl. 350;361; Eur. Bec. 1027) trovia­ lunga ne (
mo insieme a docmi quena che sembra essere una forma docmiaca responsiol
con apparente realizzazione bisillabica del penultimo elemento
u yU uu _ lS.
Successioni I1 docmi
di docmi o cola di
In succes
Responsione In responsione tra loro 19 troviamo per lo piu o forme di docmio identiche o forme
sostanzialmente simili, con «liberta» (intesa come responsione sia lunga/ breve sia anche ve
lunga/doppia breve) Iimitata ad un solo elemento: docmi ce
iato o si]
Soph.O.e K(li. :2.:túylOv Oó~ov uu u casi in Cl
1564/1575 tv KaOapi¡) ~iíVUl - uu puó pens
interessa
Ma non mancano casi di liberta estesa a due elementi: quali, COI
Aesch. Sept. tptXOc; 8'opOía::; u - - u
lo iato ce
564/627 ú~cti;pac; tcAciO' - uu u
Per quar
o casi, sia pure eccezionali, di liberta estesa a tre elementi: genere, Vi
za ai giar
Soph. Ant. Oco::; tÓt' iípa tÓtc u- uu u uu L' associazione Cosi, ad
1273/1296 'd::; iípa, tí::; ~c ltÓt(-~o::;) U UU .­ u- con il giambo docmio e
Phi!. 395/510 (ji; KUKd, ~atcp u­
Aesch. Suppl. IIaAaíxet
d 8i; 1ttKpOÚ::;, iíva~ uu -u 348(/359)
Eur. Dr. (u~-) ltÚnccrO', al~atOC; u ed ora in
322b/338b O (j' uva~aKXcúcl U uu
cola giarn
Una doppia responsione lunga/breve (come quella che troviamo in Soph. Phi!. Soph.O.e. "Ea ea, iS
395/510; Eur. Dr. 322b/338b citati sopra) e in genere evitata: ma soprattutto 1477 ss.
sembra evitato 20 che ad un docmio con primo e quarto elemento realizzati da (/1491 ss.) et.e;· a~<píc
"Uaoe;, lb

18. Come segnalato da West GM, 111, in un paio di luoghi (Eur. Med. 1259;
[Eur.] Rh. 821 con la colometria che isola in strofe e antistrofe come extra metrum 21. Aesch
l'esclamazione iniziale) la tradizione offre una tale forma in responsione (rispetti­ v. 657 con
va mente ai vv. 1269 e 455 delle suddette tragedie) con docmi di forma «normale»: ~apüiiXcf/c
ma nel primo caso, anche accettando il testo della tradizione, la forma «anomala» testo (sulla
scompare postulando perdjta dell'autonomia sillabica di iota in (j)ovíav; in Riles. resta apero
821 ji senso e molto oscuro. Un ulteriore caso di responsione citato dubitativa­ interpretan
mente da West GM, lII (Aesch. Sept. 125/148) si basa su una ricostruzione del a meno di 1
testo che presuppone l'ammissione del fatto che i vv, 109-126 e 127-149 siano in 22. Da P8
responsione tra loro, il che sembra da respingere (cfr. Ferrari 1983, 983 ss.). loro da fine
19. Sul problema cfr. West, GM, 109, e, con la messa in evidenza del fatto che 60% in Eu:
non si assiste, nell'uso dei docmi da parte dei tre grandi tragici, ad uno sviluppo 23. efr. SI
nel senso di una progre ssiva «liberta» di responsione, A. Tessier, «La responsione 24. Cfr.'
tra sequenze docmiache», in Tradizione e innovazione nella cultura greca da Omero esempio si
a/teta ellenistica. Scritli in onore di Bruno Gentili, Roma, Gruppo Editoriale KatcJ...e1Í(jo
Internazionale 1993, II, 667-674. particolare
20. Cfr. West, GM, 109. N.S. 27 (19
IL DOCMIO 271

lunga ne corrisponda uno in cui essi sono entrambi realizzati da breve: di questa
responsione abbiamo solo due esempi incerti 21.

Successioni Il docmio e spesso usato in lunghe serie, anche in unione con metra
di docmi o cola di altro tipo (soprattutto giambi, cretici e anapesti).
In successione tra loro i docmi si presentan o per lo pió in sinafia (tal ora
anche verbale)22 fino ad una pausa; non mancano esempi di singoli
docmi conclusi dai fenomeni che caratterizzano la fine di verso, come
iato o sillaba breve finale o blocco della sinafia: potrebbe trattarsi di
casi in cui il singolo docmio assume valore di verso, ma alcune volte si
puó pensare anche ad un tipo di esecuzione simile a quella che talora
interessa imperativi, interiezioni ed espressioni simili, prima e dopo le
quali, come si e detto sopra 23 puó trovarsi iato vero e proprio (cioe non
lo iato comunemente ammesso in fine di verso) 24,

Per quanto riguarda l'associazione del docmio con metri di altro


genere, va notato innanzítutto come esso si unisca con grande frequen­
za ai giambi,
L'associazione Cosi, ad esempio, troviamo in contesti docmiaci la stretta unione tra
con il giambo docmio e metron giambico:
Aesch. Suppl.
348(/359) IIaAaíxeovoc; tÉKOC;, KADeí lloU u u-u- u- ia 8

ed ora invece un esempio di stanza in cuí con i docmi si intersecano


cola giambici:

Soph. O.e. "Ea ea, lOOD Ilá/,,' aÚ- u u­ u u - 2ia


1477 ss.
(/1491 ss.)
ele;' &,.u:pi<nU1"at 01Urrpú01oc; o'W~oe;, u u u uu uu u uu 2 o
"IAaoe;, ili oaíllWV, lAaoe;, el 1:1 yfj. UU - -uu u- 28

21. Aesch. Pers. 657/664 (dove una delle due responsíoni scompare assumendo al
v, 657 co.!reftio del ditton$? al in apxaio;); Soph. O.e. 1561/1572 (ll11t' ~1tt
~iipuiiXci/<pUAiiKii 1tiip' 'Ai:Dq) dove, al v. 1561, a prescíndere dai problemi di
testo (sulla prima parte del verso cfr. comunque Di Benedetto, Sofocle, 245 n. 74),
resta aperta la possibilita di una scansione breve del secondo alfa di ~apuaxet (ció
interpretando iI vocabolo come composto di lixo;): con questo, tra I'altro, si fa
a meno di una forma di docmio assai rara.
22. Da Parker, BICS 5, 1958, 17, si ricavano le percentuaIi di docmí separatí tra
loro da fine di parola nei tre grandi tragici: in Eschilo iI 72%, i1 66% in Sofocle, iI
60% in Euripide.
23. Cfr. sopra, cap. 3, p. 52.
24. Cfr. West, GM, 110, che parla di «a kind of staccato delivery». Come
esempio si veda un caso di imperativo in anadiplosi in Soph. fr. 730b, 11 R.
KateAelÍcrate, KQ1;¡;AelÍcrate (cfr. anche Soph. Anl. 1321). Sul fenomeno cfr. in
particolare T.C.W. Stinton, Pause and Period in the Lyrics of Greek Tragedy, CQ
N.S. 27 (1977), 45-47 Id., CP, 334-337; cfr. anche Medda, 123 n. 48.
272 CAPITOLO 19

1lU1:¿Pl 'tUYXáVel~ U!peyyE.~ !p¿PffiV. - UU u u - u 2o oppure,


'EvmcrÍou OE. croO 'tÚX01- U - U - U - u 2 ia a docmi 3
111, 1l110' aAacrwv avop' l(5rov U U U U 2 ia L'associazione Un altro
uKBp(5fi Xáptv IlB'tácrXOlIlÍ nffi~ U - U U - -- U - 2o con gli Cosi, con
anapesti
Zeo aya, crOl !pffiVro. uu 111
ci vengo
docmiaci
L'associazione F requente anche l' associazione con il cretico 25:
con il cretico Aesch. Eum.
843 'tí~ 11' ón<
• varíe volte esso si unisce al docmio a formare un'unica sequenza
come in:
oppure e
Eur. Bacch. uvaxopBúcrffillBV BáKXlOV U UU - -u- (5 + cr Euripide,
1153 s. uva~oácrffilleV ~UIl!Popáv U uu -u- (5 + cr
Phoen. 328-330 un~va~ Ó
in cuí la costruzíone retorica evidenzia le componenti metriche delIa ~UyBícrc
sequenza 26;
nóeov Ull'
Eur. H.F. 1203 eh 'ttKVOV, nápe~ un' Ollllá'tffiv -- U - U U U - U - cr + o
L'associazione L'associa¡
con j coriambi quente: ir
Eur. Oro 189 oóOi: yap nÓeOV eXel ~Opa~ U U uu U
dell'aristo
dove il cretico si presenta in responsione con il molosso presente nel - u u - ~
corrispondente v. 168 (effiú~acr' e~aAe~ ¿~ ünvou U uu - U - )
Aesch. Suppl. 11 ~ 'tí n01:'
Aesch. Eum. 11 eeÓV 11 ~tvov nv' ucrB~rov U u - u - u u u 392-396
(/402-406) Kpá'tBcrtv I
270 S'11wKta~ !píAOU~ - u u - u
Ilfixap ópi
• Oppure sequenze pm o meno lunghe di cretici sono inserite in !puy~· ~ÚIlI
contesto docmiac028 • KptVe cré~t

L'associazione E cosi pure un singolo baccheo puó entrare in composizione con il Euripide,
con il baccheo docmio nelIa medesima sequenza: contempoJ
e monodie
ba 0 29
possibilita
i'abbondaJ
25. Per uno studio complessivo deHe associazioni del docmio con cretico, ad essi ass,
baccheo, molosso (e quelle piu discusse e problematiche con coriambo e trocheo)
efr. Medda, 101-234.
26. Cfr. Medda, 167 S.
27. Per la presenza di un singolo cretico inserito aH'interno di una serie docmiaca
30. V. SOP]
anche neUa lírica di Euripide, fenomeno messo in dubbio da J. Diggle in vari suoi 31. Cfr. so
contributi al testo del poeta, cfr. la discussione in Medda, 199 ss. 32. Cfr. W
28. Cfr. gli esempi citati sopra, neUa trattazione dei cretici. cap. 14, p. 212. 33. Cfr. R
29. Cfr. Medda, 154 e 189, che fa rilevare come questo tipo di assoCÍazione sia I.T. 827-89'
assai piu rara rispetto a quella con il cretico. 1369-1502; 1
IL DOCMIO 273

20 oppure, molto piu di frequente, successioni di bacchei si associano


2 ia a docmi 30.
2 ia L'associazione Un altro ritmo piu volte associato con i docmi e quello anapestico.
con gli Cosi, come abbiamo güi notato 31, in contestí prevalentemente anapesti­
20 anapesti cí vengono ínseríte forme docmiache e, d'altro canto, ín contesti
5
docmíaci al docmío sí unísce iI metron anapestico:

Aesch. Eum.
843 'tic; 11' úreOOÚ€'tul reAcupac; óMvu; uu~u~~~uu o+ an
tlZa

oppure cola anapestíci si associano ai docmi: questo e típico dí


Euripíde, a partire dall'Andromaca 32 :
cr
cr
Phaen. 328-330 urelÍvuc; Óllore'ti::pou 'tUC; ureo- u ·····~u~u~ u 20
~l1a suyEÍauc; Oóllrov u ~u~
o
reó90v UIl<P1M,lepu'tov ud leu'tÉXrov uu u u ~u u ······u u 2 an

-o L'associazíone L'associazione con i coriambi e gli eoIo-coriambi non e molto fre­


con i coríambi quente: in Eschilo essa si manifesta soprattutto nell'uso clausolare
dell'aristofanio dopo una serie di docmi, di cui alcuni di forma
~u u u
nel
)
Aesch. Supp/. IllÍ 'ti rem' oÚv y€voíllUV úreoXEÍptOC; uu u~ uu u
~~

¡ cr 392-396
(/402-406) lepa't€atv upaÉvrov. ureumpov 8i:: 'tot u uu- u u ~ u ~

¡27
Ilfíxup ÓpísOllat yallou Ma<ppovoc; uu u u -- u
~ ~

in <puyq' ~ÚIlIlUXOV o' éAÓIl€VOC; i1íleUV u u ~ u uu u


leptV€ aÉ~uc; 'to repoc; 9€rov. uu u ~~ 111

1 il Euripide, probabilmente sull'onda del nuovo gusto musicale a lui


contemporaneo, usa soprattutto nei brani priví di responsione (duetti
e monodie) 33 una forma flessibile come il docmio nelle sue piu varíe
possibilita di realizzazione, talvolta per noi difficili da distinguere visto
l'abbondante uso delle soluzioni nei docmi medesimi e neHe sequenze
ad essi associate.
ICO,
,eo)

aca 30. V. sopra, cap. 14, p. 214.


UOl 31. Cfr. sopra, cap. 11, p. 185; p. 188 e n. 15.
32. Cfr. West, GM, 112.
33. Cfr. Hec. 1056-1106; Troad. 239-291; H.F. 875-921; 1016-1085; 1178-1213;
sia I.T. 827-899; Ion 1445-1509; He/. 625-697; Phoen. 103-192; 293-354; Oro
1369-1502; I.A. 1283-1335.
274 CAPlTOLO 19

Come fom
19.3.1. Le altre forme docmiache u -,n
L'ipodocmio U U --, che troviamo anche in forme variamente alcuni rico
L'ipodocmio
solute 34, puó trovarsi in stretta unione con il docmio:

Eur. Ale. 393 .4. Forme .


(/406) U ·····u--u-u (5 + h8
Docmí ri
Eur. Oro 152
(/140)
U u-u U U U h(5 + o paratragi
riconosci
Compaiono anche ipodocmi in successione, in contesto docmiaco TesmofOl
o giambo-docmiaco (Soph. AL 401 s.j418 s.; 404a-405j421-423; D.T.
1208a-cj1216-1217b: El. 246-247), altre volte in contesti giambici e in Aristoph. AU~É Ile,
contesti misti in presenza o meno di altre forme docmiache (Eur. Ale. Thesm.
vv. 913-915
218/231; Hipp. 126 s';136 S.; Phoen. 1023 s./1047 s.).
La presenza di una forma di ipodocmio con penultimo elemento
realizzato da lunga sembra garantita da Andr. 839, che corrisponde ad 36. Cfr.,
una forma «normale» al v. 835 35 • 37. In E
entrambi i
11 docmio Il docmio kaibeliano (ü - ü - ü -), che compare per lo pili in as socia­
kaíbelíano zione con altri docmi, presenta anch'esso la possibilita per gli elementi
+ u-­
Ritchie, T.
lunghi di essere soluti: 1974, 15s.
evidenza 1
Eur. Troad. IlUKápW<; Ó YUIlÉw<; / 1'úx,at<;. Ó x,op6<; ocno<; Medda, H
311/328 u uu u uu u - / u u uu u uu 657,680,(
presenza (
interpreta!
La forma aperta da due brevi che abbiamo trovato in Bacchilide (v. una form2
sopra, p. 266) e forse da rinvenire anche in qualche luogo della armoniac
tragedia: cfr. Eur. Hipp. 125/135 (dove essa e seguita da due ipodoc­ una seque
mi); l. T. 879. Ancora pi
Per un esempio di forma con conc1usione «pesante» si veda con una i
dittongo (
giambico
Eur. Hee. ou(5É lto'r' Q<HÉVUK1:0<; ó'8áKptnO<; a- - uu . . . u u uu - u 2 (5 zionemetl
691 S. IlÉpu 11' bnux'1Íuel u u k(5 ades. Frii
zione troc
questo di
interpreta
34. Piu precisamente troviamo soluti il terzo e iI quinto elemento, talvol­ inoltre Bit
ta anche entrambi. Una soluzione del primo porta a non distinguere, in 640/647 e
mancanza di una eventuale chiave offerta dalla responsione, tra docmio e ipo­ soluta) e
docmio. Garvie, e
35. Una responsione simile si ha secondo il testo tradito anche in Aesch. Cho. il testo e
603/613 in un brano che non vede la presenza di altre forme docmiache. Ipodocmi potrebbe<
con chiusa «pesante» sono forse da identificare anche in Eur. Troad. 283, 286; di respon:
H.F. 899, 909 (cfr. Di Benedetto, Orestes, 242) e in Phoen. 309. Per una discus­ Aristoph.
sione del problema della ammissibilita di questa forma di ipodocmio, cfr. Medda, son o anc1:
131 n. 73. genere fa
IL DoeMIO 27~ •

Come forma docmiaca viene riconosciuta da a\cuní studiosi 36 anche la sequenza


u - -, ma nessun caso e realmente sicuro 37. Una forma ipercatalettica viene da
a\cuni riconosciuta in Aesch. fr. 204b, 3/12 R. u uuuu u

19.4. Forme docmiache nella commedia


Docmi ricorrono in alcuni brani di Aristofane, soprattutto in contesto
5 paratragico: ad esempio la chiara parodia de He appassionate scene di
riconoscimento euripidee, messa in bocca al parente di Euripide neHe
)
Tesmoforiazuse:
Arístoph. Aa~¿ IlE, Aa~¿ IlE, ttócrt, ttEpí~aAE
8E X¿pw;.
Thesm. u uu uu u uu u uu uu u 28
vv. 913-915
[)

j 36. Cfr. ad es. West 1982, 285 S.; Id., GM, IU; Bond, Heracles, 328, ad v. 1024.
37. In Eur. H.F. 1024 e in [Eur.] Rhes. 832 la serie u u - u - u - ~. (in
entrambi i casi posta dopo uno o piu docmi) puó essere interpretata come docmio
.­ + u - - ma non si puó escludere una interpretazione come cho ia sp (cfr. W.
ti Ritchie, The Authenticity ofthe Rhesus of Euripides, Cambridge, 1964,313; Diggle
1974, 15 s. Id., Euripldea 107 s.) o coriambo + docmio kaibeliano (sulla scarsa
evidenza per il collegamento diretto tra coríambo e docmio si veda tuttavia
Medda, 166; 197 S.; 230 s.). A\cuni luoghi (Eur. Ion. 1494, e forse 1480 e 1482; Hel.
657,680,681; Hyps. fr. 64,94 Bond) presentano, in contesti che fanno registrare la
presenza di docmí, una successione u u - u u u -, che potrebbe essere
interpretata come metron anapestico + u - -, ma e possibile pensare anche ad
,. una forma di telesilleo + spondeo oppure ad una forma con chíusa «pesan te)} (in
a armonía con í docmi circostanti) del cosiddetto cirenaico u u u u - u - u --,
;­ una sequenza ben attestata in contesti docmiaci (e interpretabile come an + la).
Ancora piu incerta una serie di altri luoghi: in Eur. Hlpp. 814 abbiamo a che fare
con una interiezione; in Hyps. fr. 64, 103 Bond si puó assumere correptio nel
dittongo di AtraíolJ e ottenere cosi, invece della sequenza in questione, un metron
giambico (e comunque si aprono per il passo anche altre possibilita di interpreta­
zione metrica); per Aesch. Suppl. 117 e possibile una interpretazione giambica (cfr.
ad es. Friis Johansen-Whittle, Supplices, 111, 351); per Eur. I.A. 30 luna interpreta­
zione trocaica; in Eur. Troad. 260 la situazione e ancora piu complessa, visto che
questo difficile passo si presta ad un numero ancora superiore di possibili
interpretazioni (si vedano aquesto proposito le osservazioni di West, GM, 114, ed
I­ inoltre Bieh11989, 465); lo stesso puó dirsi per Eur. I.T. 645 e 649; per Aesch. Cho.
n 640/647 e 962 (Iuogo, quest'ultimo, dove la sequenza comparirebbe in forma

sol uta) e possibile una diversa colometria (cfr. per í due luoghi rispettivamente
Garvie, Choephori, 222 ad V. 646-7 e Dale, M ATC III, 22); in Eur. Andr. 467 (/475)
7.
il testo e incerto (con una delle lezioni offerte dalla tradizione per I'antistrofe si
Ú
potrebbe comunque pensare, come si e güi notato sopra, cap. 12, p. 197 ad un caso
5; di responsione erlia). Casi come Aesch. Sept. 152/159, Eur. (~vcl. 661, e anche
5­ Aristoph. Nub. 1165, infine, dove avremmo una tale forma aperta da sillaba lunga,
1,
sono anche interpretabili come metra anapestici: in Eur. Andr. 861 una forma del
genere fa da ponte tra docmi e anapesti.
276 CAPITOLO 19

<pÉpE, crE lCÚcrOO. an:ayÉ jl' an:ay' an:ay' an:ayÉ jlE


uu uu u uu u uu uu u uu 28

sr}
U

Le piú diffuse L'assocÍazione pió frequente e con i giambi, ma pió volte compare
associazioni anche quella con gli anapesti.
Ipodocmi Sono attestati pure gli ipodocmi (forse anche con chiusa «pesante»:
cosi in Lys. 1309, 1311, dove una simile interpretazione per la sequenza
u sembra favorita dalla presenza, due versi prima, di un
ipodocmio «normale»).
Un caso di responsione tra docmio e ipodocmio e offerto dalla
tradizione in Ach. 494 (ávT¡p OU tpÉjlEl u -) /570 (tEIXOjláxo<;
aV1Íp - u uu u -).

19.5. 1 docmi in epoca ellenistica


Caduto, a quanto sembra, generalmente in disuso in epoca ellenistica, il
docmio impronta di sé tuttavia, alla maniera tragica, una intera
composizione lirica quale il Lamento dell'esclusa (CA 177, v. sopra,
p. 200), in cui compaiono anche l'ipodocmio e il docmio kaibeliano;
alle forme docmiache (fra le quali troviamo anche il docmio con inizio
«anapestico») si uniscono, come abbiamo gia avuto modo di rilevare
(p. 189 n. 23; p. 200), il cretico, il metron giambico e quello anapestico,
e non mancano cola giambici, cretici, dattilici e anapestici, ed una
sequenza formata da metron anapestico + cretico.
Ne riportiamo un breve passo (vv. 27-30) dalla sezione centrale,
compattamente docmiaca:

vv. 27-30 KÚplE, jl1Í jl'a<pij¡:; an:oKf.lCAf.ljlÉVIlv· uu-u- u uu-u- 2o


oé~at jl'. ¡:;UOOK& sllA& bOUA¡:;Ú¡:;tv. u- 2o
'En:tjlav&¡:; epav jlÉyav eXf.l n:óvov u u u - u - u uu u 2o
sllAotun:dv yap bd, crtÉy¡:;lV, Kapt¡:;peiv - uu u u - 28

Ipodocmi stichici furo no usati da Pancrate (SR 603).


STRUTTURE EPODICHE
,>:
:a
n

la
I~

Trattiamo qui una serie di strutture adoperate per la prima volta


nell'ambito della produzione deí giambografi ionici e in seguíto riprese
I (con la creazione anche di nuove forme) soprattutto nella produzione
epigrammatica di eta ellenistica e anche di eta imperiale. Una trattazio­
ne phi particolareggiata, tra queste strutture, sara dedicata aquella
iI che ha avuto la maggiore vitalita nell'arco della poesía greca, il dístico
ra elegiaco.
'a,
.0;
io
re
:o,
Ila

le,
Con il
intende'
versi (dl
te. Il h
a desigr
distici.
Aprese
avanti,
direttan

l. strut
a) esarr
za di ur
b) esan
Archil. fL 193 W. 8úcr'tT] V
lhjIDX oC;
1tE1tUPIl

1. Tere
CAPITOLO 20

Strutture epodiche 1

20.1. Definizione
Con il nome di epodo, Ó Enq>bóc; (scil. míxoC;), i metricisti antichi
intendevano il secondo verso di una struttura strofica formata da due
versi (distico) quando quest'ultimo era piü breve rispetto al preceden­
te. Il termine fu adoperato poi ad indicare i distici stessi e infine
a designare le composizioni poetiche formate dalla ripetizione di tali
distici.
A prescindere dal distico elegiaco di cui, come si e detto, parleremo piü
avanti, nell'ambito del giambo arcaico ci sono attestate, piü o meno
direttamente, le seguenti strutture epodiche:

l. strutture che hanno come primo verso l'esametro:


a) esametro Ii hemiepes maschile 111 (Archil. fr. 198 W.: ela testimonian­
za di un metricista antico 1);
b) esametro li dimetro giambico 111 (Archil. frr. 193; 194? W.):
Archil. fr. 193 W. bÚCí1:11VoC; EyKEtllat 1tó9q>,
lh¡mxoc;, xaAE1tuen 9EroV óMvlJOW EKll'!l
1tE1tap¡.ú;voc; bt' OO"tÉrov.

l. Terenziano Mauro 1801 ss. in GL VI 379.


280 CAPITOLO 20

c) esametro 11 tetrametro dattílíco catalettíco in disyllabum 111 (Archíl. fr. Un disc


195 W.: rícavato da testímoníanze antiche 2); risulta e
dei paI
d) esa metro 1I dímetro giambico hemiepeslll (Archil. fr. 199 W.: ricava­ secondc
to da una testimonianza antica e dall'uso da parte di Orazio, epod. 13). sola rig
Versi 1 verSI a
2. strutture che hanno come primo verso íl trimetro giambico: asinarteti tica de<
a) trímetro giambico 11 hemiepes maschilelll (Archil. frr. 182-187 W.; divise.]
Hippon. frr. II 117 W. = 194-196 Deg. \ efr. anche Anacr. frr. la. 5; ncava 1
7 W. = frr. 44; 54 Gen!.): verso (1
indiffer
Archil. fr. 185 tp¿ro nv' OJllV aIvov, ro K11PUKí811, togliere
W. alla co
aXVDJlÉV1J crKDtáA1J,
nW11Ko~ DEt 911 pírov anoKpt9Ei~ segwva
~LOUVO~ av' EcrXU1:tlÍv,
sarebbt
motivi
n'p 8' ap' aAó)1t11~ KEp8aAfí cruvlÍVtEtO, di lun~
nDKvov ExoDcra vóov specula
la «no
b) trimetro giambico 11 dímetro giambicolll (Archil. frr. 172-181 W.; consistl
Hippon. fr. 118 W. 129 Deg.): scritte
Archil. fr. 172 nátEp AUKáJlPa, nOlov Ecppácrro tó8E; Coloni:
W. stampa
't'í~ (j('t~ naplÍEtpE cppÉva~
Dall'ar
iJ~ 1'0 npiv llPlÍP11cr9a; vuv 8E 8T] nOAo~ semb
acrtOlcrt cpaívwl yÉAro~ abbrac
ti pote
c) trimetro giambico 11 itifallico 111: tanto 1
ncono~
Anacr. fr. ia. KO\') J.lOKAOV EV 9óp1Jcrt 8t~fjcrtv paAwv
6W.
doveva
íícrt)Xo~ Ka9Eú8Et poteva
d) trímetro giambíco 1 hemiepes dímetro gíambíco 111 (Archíl. frr. 196, provoc
196a W.: il cosiddetto ({epodo di Colonia», che deve questo nome al rítmica
fatto di esserci stato tramandato da un papiro conservato a Colonia: o per 1:
P. Colon. 58): a crear

ArchiL fr. 196a crO] J.lEV yap OUt' li1ttcrtO~ OU't'E 8t1tA<?11
W., 36 ss. 4. Lej
ti 8]E J.láA'o~D't'Ép11, nOAAoo~ 8E notdw[t cpíAOt)~ 5. Cor
ripresa I
(quella i
cO,ma:
2. Cfr. G. Morelli, «Un nuovo verso asinarteto archilocheo», in Prohlemi di 6. Cfr
melrica classica, Genova 1978, lO4-106. 7. Cfr.
3. Sul problema della paternita di queste composizioni, cfr. sopra. cap. 5, n. 10. 8. Cfr.
STRUTTURE EPODlCHE 1 281

Un discorso a parte meritano le forme Id e 2d. Quest'ultima, come ci


risulta dalla testimonianza dei metricisti antichi e dalla prassi editoriale
dei papiri, era considerata al pari delle altre una struttura distica: il
secondo verso veniva scritto, come abbiamo riprodotto sopra, su una
sola riga ed era inserito nell'ambito della speculazione teorica antica fra
Versi i versi asinarteti, «sconnessi» 4. E questo un concetto di assai problema­
asinarteti tica decifrazione, sul quale le opinioni degli studiosi moderni si sono
divise. In considerazione del fatto che dal testo del papiro di Colonia si
ricava per 2d la presenza alla fine della prima sequenza del secondo
verso (l'hemiepes) degli indizi tipici della fine di verso (iato, elemento
indifferente, blocco della sinafia) 5 alcuni han no ritenuto di dover
togliere al concetto di asinarteto qualsíasi valore ermeneutico quanto
alla comprensíone di talí strutture epodiche: le due sequenze che
seguivano il primo verso, in realta esse stesse versi indipendenti,
sarebbero state trascritte negli esemplari antichi sullo stesso rigo per
motivi di opportunita editoriale (costituire nella strofetta due sequenze
di lunghezza simile) ed in questo modo si sarebbero offerte alla
speculazione teorica successiva che ne avrebbe rilevato la indipendenza,
la «non connessione», senza tuttavia riuscire ad afferrare che essa
consisteva neHo stesso tipo di indipendenza goduta dalle sequenze
scritte su righi diversi. In una tale interpretazione 6 aHora l'epodo di
Colonia viene considerato una struttura tristica e talvolta anche
stampato 7 su tre righi.
Dall'analisi delle fontí antiche - pur non prive di contraddizioni
sembra peró di poter ricavare che il concetto di asinarteto veníva ad
abbracciare nella speculazione teorica anche sequenze le cui componen­
ti potevano non essere divise tra loro dalla fine di parola, e quindi
tanto meno da una originaria fine di verso; per cui aBa base del
riconoscimento di una «non connessione», di mancanza di unitarieta,
doveva esserci l'osservazione di qualcosa di diverso: questo qualcosa
poteva essere, come estato piu volte suggerito g la sconnessione rítmica
provocata dall'accostamento delle sequenze componenti (sentite come
ritmicamente incongruenti secondo i principi teorici delle nostre fonti,
o per la diversíta del genere ritmico o per frattura rítmica che si veniva
a creare al loro punto di accostamento).

4. Le fonti antiche sono state raccolte e discusse da Palumbo Stracca 1979.


5. Come del resto avveniva all'interno della medesima struttura epodica nella
ripresa da parte di Orazio (epod. 11) ed inoltre, nel medesimo Orazio in epod. 13
(quella struttura epodica, come si e visto, non attestata direttamente per Archilo·
co, ma a lui sicuramente da ascrivere).
6. Cfr. R. Merkelbach - M.L. West, ZPE 14 (1974), 102.
7. Cfr. IEG 1, 76 ss.
8. Cfr. Palumbo Stracca 1979, in particolare pp. 58 s.; Gentili 1983, 135·143.
282 CAPITOLO 20

Dalle testimonianze delle fonti resta tuttavia difficile arrivare ad una Archil.
soluzione del problema. Non echiaro se il concetto vada applícato ad un
principio teodeo elaborato dagli antiehi quanto alla cIassificazíone di Archil. fr. 188
una categoría di versi 9 (su cuí possiamo essere piu o meno d'accordo), W.
oppure se negli asinarteti sia da vedere un fenomeno eireoscritto,
eollegato ad un momento di sperímentalísmo formale legato all'esperíen­
za di Archiloco, e successívamente ripreso (dalla Commedia Antica 10
alla poesía ellenística fino alle ímitazioní oraziane) per vía puramente nveúll}
imitativa. Quest'ultima proposta e stata formulata da B. Palumbo
Stracca 11; eliminando molti deglí asinarteti citati dalle fontí antiche come Archil. fr. 190 Kut ~~
w.
«frutto dí scansioní scorrette o di teorie opínabíli», la studiosa collega la
«sconnessione» rítmica all'ambito della «canzone scommatica e popola­ nelIa el
reggiante»; per la problematica presenza deBe caratteristiche di fine vedere
di verso negli esempi archilochei e oraziani da cui siamo partiti, ella fine de
propone di pensare che, in una fase arcaica «fluida», una netta distinzio­ comun
ne tra colon e verso boeckhiano non esistesse ancora, in altre parole che derare
in questo periodo fosse ancora possibile arrivare alla costruzione di un c1ausol
verso lungo «conservando le liberta dei versicoli originari» 12. che do
Nell'ottica della presenza dei fenomeni di fine di verso all'interno delIe anche
componenti degli «asinarteti» potrcbbe essere interpretata anche la
prima sequenza (che pure veniva c1assificata tra gli asinarteti) di una .Com
ulteriore struttura epodica archilochea. ma di
anche
3. 4 da uu itifallico 13 1 reiziano giambico + itifalIico (o 3 ia cat.) 111:
[Archil.] frL x-u
322-323 W. -u
9. Ancora piu in generale Gentili 1983 (e cfr. anche Gnomon 60, 1988, 481 s.)
propone, attraverso un tentativo di interpretazione unitario delle fonti antiche, che e nei f
la nozione di asinarteto si applichi non «ad una particolare categoria di versi, ma
alla distinzione generale sul piano metrico-ritmico fra metri omogenei e metri non ArchiL fL 168 x -u
omogenei». W. u­
10. Per l'uso stichico in commedia di sequenze «asinartete» v. oltre, p. 282;
p. 284 e nn. 13 e 17.
,EpuO'
11. Cfr. Palumbo Stracca 1979, 84-86.
12. Per questo la studiosa rimanda, fra I'altro, all'ipotesi di Gentili-Gianniní xpi'¡IlÓ
sull'origine dell'esametro che abbiamo indicato sopra. cap. 4, n. 3. LE. Rossi,
«Teoría e storia degli asinarteti dagli arcaici agli alessandrinh>, in Problemi di Ció ir
metrica classica, Genova, 1978, 29-48, nell'ambito della sua interpretazione degli
questie
asinarteti in cui viene valorizzata la componente della fine di parola fra le sequenze
costitutive, pensa invece che il fenomeno attestato nell'epodo di Colonia corri­ rateo JI
sponda ad un momento di sviluppo della storia dell'asinarteto in cui le sue una in
componenti, da una fase iniziaIe di assoIuta indipendenza sarebbero passate ad
una di «incisione con Iicenza», prima di giungere alla fase «matura>! della semplice
fine di paro la.
13. Nella forma 4 da~ ith la sequenza fu usata in commedia: cfr. Cratino frr. 14. e
225; 363 K.-A.; Aristoph. fr. 452, 1 K.-A. 15. e
T STRUTTURE EPODICHE 1 283

Archil. frr. 188-192 W.

Archil. fr. 188 OUK¿e' OJ,.lW<; SáAAEt<; cmuAov XPóu' KápepE"tUt yáp tíoll
W.
OyJ,.lOl<;, KUKOU 8E yrwuo<; KuSatpEi
]aep'
. iJ,.lEp't'OU 8E Soprov yAOKD<;.. lJ,.lEpo<; n[pocrál1too
~.. ..
]~EV. 1í yap nOAAá olÍ cr'~niJ~Ev
nVEÚJ,.l]q't'U XEtJ,.lEpírov avéJ,.lrov, ~q1:q 1E<?AAáKt<; 8'E[
Archil. fr. 190 Kut p~crua<; 6p~&v 8ücrnuinlÍJ..oü'), otó<; ~v ~ep' ~ Pll<;
w.
nella chiusa del tetrametro dattilico attestata nel fr. 190 W. si potrebbe
vedere una clausola cretica trattata altrove con le caratteristichc della
fine del verso (indifferenza e blocco della sinafia) 14. Il problema,
comunque, e assai spinoso e non pochi studiosi sono propensi a consi­
derare corrotto il termine 8ounut1táAoo<;. Ce da notare peró che la
clausola cretica compare anche in un epigramma di Teocrito (20, 2),
che doveva quindi conoscere il testo archilocheo nelle condi:bÍoni in cuí
anche a noi enoto.

• Come strofette distiche ioniche (non propriamente di forma epodíca,


ma di struttura ugualmente semplice) sono state classificate da West 15
anche le strutture presentí rispettivamente in:

[ArchiL] [rr. x -u-x - u ­ 2 ia


322-323 W. u-u-u'<- cr ia o 2 tr cat

e nei frammenti 168-171 W. del poeta di Paro

Archil. fe. 168 x - uU uu x enoplio


W. -u-u itifallico:

'EpUUJ,.lovíOll XUpíAUE,
xpf]J,.lá 1:'Ot YEAO'iOV

Ció in linea con l'interpretazione dello studioso relativamente alla


questione degli asinarteti, fra i quali le due strutture venivano annove­
rate. Ma, a parte il desiderio di arrivare per tutte queste strutture ad
una interpretazione uniforme, non ci sono elementí per individuare una

14. Cfe. K. Rupprecht in Korzeniewski, GM, 75 n. 6.


15. Cfr. GM, 44.
284 CAPITOLO 20

fine di verso aBa fine della prima sequenza di cui esse sono composte 16 Epigramma Una
(e, del resto, degli asinarteti di Efestione lo stesso West mantiene come
sequenza unitaria la seríe 4da + ith dei frr. 188-192 di Archiloco), esam
e quindi non ci sono motivi validi per rifiutare una interpretazione
dicolica invece che dística deBe sequenze. La costruzione sara stata
kata stichon (cosi come kata stichon il verso formato da enoplio
+ itifallico fu poi adoperato aIcune volte neIla commedia: si veda in esam
particolare il finale delle Vespe di Aristofane, vv. 1529-1537) 17. esam¡

Soluzioni Nelle strutture epodiche arcaiche c'e da notare per le sequenze giambi­ esamc
che come sia i trimetrí che i dimetrí non presentino il fenomeno della esame
soluzione.
Ponti Quanto al comportamento nei eonfronti dei ponti, il trimetro di queste 4 ia e
composizioni e stato trattato sopra, nel eapitolo generale sul trímetro
giambico, indicando quando opportuno i diversi ambiti di provenienza 3 ía 11
dei trimetri trattati 18. 3 ía 11

3 ia 11
Contrazione L' hemiepes non presenta il fenomeno della contrazione spondaica.
spondaica
2 ia c.

4 da I
4 da I
20.2. Strofe epodiche in eta ellenistica 4 da I
4 da I
Dall'epoca arcaica furono riprese nell'eta ellenistica alcune strutture,
4 da I
quali:
a) esametro 11 tetrametro dattilico catalettico in disyllabum 111 (SR 990); faleci()
b) trímetro giambico 11 hemiepes 111 (SR 965).
• Nell
c) trímetro giambico 11 ítifallico 111 (Callim. la. 6-7 = frr. 196-197 Pf.).
Molte sono invece quelle che troviamo per la príma volta in questo 2 ia ca
periodo: cosi Callimaco nei Giambi usa la struttura: colíambo 11 2 ia 111 4da 1
(la. 5 = fr. 195 Pf.).
• Una
di Te<
e
16. L'elemento finale dell'enoplio libero. Cfr. R. Pretagostini, II colon nella quarti
teoría metrica, RFIC 102 (1974). 278 s. bico, 1
17. Cfr. inoltre Cratino. frr. 32; 360; 364 K.-A. (e ¡noltre fr. 62 K.-A., lírico); corian
Eupoli, frr. 250; 317 K.-A. (cfr. inoltre fr. 148 K.-A.); Ferecrate, fr. 71 K.-A.;
Stratti (?) CGFP fr. 220, 70-103; Difilo, fr. 12 K.-A.; con un enoplio di altra forma
la stessa sequenza e adoperata in Cratino, fr. 11 K.-A. ('EpucrllOV10r¡ Búel1t1ts,
TIDV uropo"strov), in cuí e evidente il richiamo ad Archil. fr. 168 W.
19. e
18. Cfr. p. 85 S., in particolare nn. 29-30.
20. PI
STRUTTtJRE EPODlCHE 1 285

Epigramma Una grande varieta di forme e riscontrabile nell'epigramma 19:

esametro 11 3 ia 111 Egesippo, epigr. 3; 6 Page; Nice­


neto, epigr. 5 Page; Arcesilao,
SH 122
esametro 11 3 ia cat 111 «Simon.», epigr. 64 Page
esametro 11 ipponatteo 1I1 «Simon.», epigr. 43 Page

esametro 11 leeizio 111 A.P. XIII, 17


esametro 11 faleeio 111 A.P. XIII, 18 (Parmenone)

4 ia cat 11 3 ia eat 111 Asclepiade, epigr. 33 Page

3 ia 11 itifallieo 111 Teodorida, epigr. 15 Page


3 ia 11 decas. alcaico 111 Fedimo, epigr. 3 Page
3 ia 11 faledo 111 Theoer., epigr. 17 Gow

2 ia eat 11 faleeio 111 Callim., epigr. 38 Pfeiffer

4 da 1 itifallico 11 3 ia 111 Faleco, epigr. 4 Page


4 da 1 itifallico 1 3 ia cat 111 «Simon.», epigr. 36 Page
4 da 1 itifallieo 1 reiz ia + dee. alc. 111«BacehyL», epigr. 3 Page
4 da 1 itifallico 1 falecio 111 Callim., epigr. 40 Pfeiffer
4 da 1 itifallieo 11 «pentametro» 111 GV! 102

faleeio 11 4 da 1 itifallico 111 Theocr., epigr. 20 Gow 20

• Nell'ambito dell'epigramma sono usate anche strutture tristiche:

2 ia cat 11 2 ia cat 11 4 da 1 itifallieo Callim., epigr. 39 Pfeiffer


4 da I itifallico 11 3 ia 11 3 ia cat Theoer., epigr. 21 Gow

• Una struttura ancora piu elaborata presenta l'epigramma 18 Gow


di Teocrito: si tratta di una sorta di piccola triade in cui ad una
quartina formata da 4 tr eat 11 reiz eoriambico 11 3 ia 1 reiz coriam­
bieo, ripetuta due volte, segue un «epodo» costituito da 4 tr eat 11 reiz
eoriambieo.

19. Cfr. West, CM, 150 s.


20. Per la clausola cretica del tetrametro dattiJico al v. 2, v. sopra, p. 283.
286 CAPITOLO 20

20.3. Strofe epodiche in eta imperiale


Troviamo ancora strutture epodiche nell'epigramma (in particolare in
quelli composti da Diogene Laerzio, che ci son o pervenuti, inseriti
qua e 1<1 nel1a sua opera sulle vite dei filosofi) 21:
esametro 1I 4 dat cat in disyllabum 111 D.L. 4, 3
esametro 11 encomiologico 111 D.L. 7, 31
esametro li coliambo ? 111 A.P. VII, 132 StrutturE
esametro 11 2 ia 111 D.L. 5, 60; GVI 1088

4 da cat in disyll. 1 hemiepes 111 Greg. Naz. 2, 1, 21

3 ia 11 hemiepes 111 D.L. 5, 79


3 ia 11 hemiepes 1 2 ia 111 D.L. 2, 120
3 ia 11 2 ia 111 D.L. 2, 112
3 ia 11 2 ia cat 111 Greg. Naz. 2, 1, 68

coliambo 11 hemiepes 111 D.L. 2, 110


coliambo 11 2 ia 111 D.L. 7, 184

/\ 4 da 1 itifallico 11 3 ia 111 D.L. 2, 144 21.1.


2 ia cat 11 itifallico 111 D.L. 4, 27
Il distic
2 ia 11 x - u u 111 Greg. Naz. 2, 1, 30
e dal CI

Strutture di maggior estensione:


uu­
esametro li «pentametro» 11 3 ia 111 D.L. 4, 15 - uu-
esametro 11 2 ia 11 3 ia 111 GVI372
E i1 me
3 ia 11 3 ia 11 hemiepes 111 D.L. 6, 100 nermo,
3 ia 11 2 ia 1I 3 ia 11 reiz ia 111 Greg. Naz. 1, 2, 24. canto,
seguito
inoltre
del VI
singola
in disti4
diEuri

11 La den
«pentametro» perla J
21. Cfr. West, GM, 175 s. reaIt<.i ¿
CAPITOLO 21

Strutture epodiche 11: distico elegiaco

21.1. Definizione
Il dístico elegiaco e una struttura epodica costituita da un esametro
e dal cosiddetto pentametro o elegiaco

- uu uu ~. uu - uu uu - Id
- uu - uu 1- uu uu Id

E il metro (tÓ l:Acydov) della elegia arcaica, ionica (Archiloco, Mim­


nermo, Callino) espartana (Tirteo), la cui esecuzione avveniva col
canto, accompagnato dall'aulo (Paus. 10, 7, 5, ps. PI. de Mus. 8). In
seguito continuó ad essere adoperato per composizioni elegiache ed
inoltre divenne il metro favorito dell'epigramma. A partire dalla meta
del VI secolo fu sempre piu usato nelle iscrizioni. Assolutamente
singolare a livello delle nostre conoscenze resta la presenza di un brano
in distici elegiaci nella tragedia: si tratta dei vv. 103-116 dell' Andromaca
di Euripide.

11 La denominazione del secondo verso come pentametro, che e attestata


«pentametro» per la prima volta in Ermesianatte (fr. 7, 36 Powell), e invalsa, ma in
realta e fuorviante perché non abbiamo a che fare in nessun modo con
288 CAPITOLO 21

cinque metra; la sequenza risuIta invece, come correttamente gil} natura


indicato dalle fontí antiche, dall'unione di due hemiepe maschili (v. inizio
sopra p. 256), di cuí il secondo non presenta comunque la contrazione Un ca
deÍ bicipitia l. in Cal
L'incisione Costante e l'incisione tra i due membri del verso; in coincidenza di essa un'Íscl
centrale nel si puó trovare elisione:
pentametro e Aris
tra i d
Theogn.484 parola

In Callimaco una volta l'incisione cade fra le partí di un nome La Nel r­


composto: disposizione messo
delle parole
nel parole
fL 384a Pr. 'Iepá, vGv oE 8'í6cr!KOliploEcO yevE~, pentametro in qua
zione:
certo non un errore del poeta: potrebbe trattarsi di un intenzionale Tyrt. fr. 12,
gioco per sottolineare l'inseparabilita dei gemelli divini, i Dioscuri, di 30W. Kai 1tO

cui si sta parlando 2.


E evitato l'uso di parola monosillabica alla fine dei due hemiepe. Alla Inoltr€
fine del « pentametro» si pongono invece volentieri parole trisillabiche vo i r
o quadrisillabiche, e talvolta l'intero secondo colon e occupato da Korze1
un'unica parola
1. <lisI
Call. fr. 1,
2W.
ro V¿Ol; 008' aiodcr8'! UJ.l<Pl1t€PlK1'íova<;
Theogn.250 ayJ.aa

una te
La cesura Nell'esametro la cesura pentemimere, nell'elegía arcaica e, in epoca Inno d
nell'esametro ellenistica, da parte dei poeti pili raffinati, e usata meno frequentemente modo.
rispetto a quella dopo il «terzo trocheo», per differenziare il ritmo
rispetto a quello del pentametro. La cesura femminile viene volentieri 2. disI
unita alla dieresi bucolica 3: anche questo puó essere messo in relazione
con la volonta di arrivare ad un chiaro contrasto rítmico tra la seconda Theogn.80 1tlG'tOl
parte dell'esametro (in questo modo di inizio «ascendente», una succes­
siva ripresa del movimento «discendente» e una chiusa, secondo la
3. disI

Sol. fr. 4, 8 W. Ü~ptO~

l. GIi esempi, peraItro rarissimi, del fenomeno, rinvenibili in contesto epigrafico,


sano per lo phI da attribuire aH'opera di versificatori incompetenti: cfr. G.B.
D' Alessio, ZPE 106 (1995), 23 e n. 4; per i pentametri stichici di Fílippo di
Tessalonica v. oltre, p. 293. 4. Cfr
2. Casi suggerisce van Ophuijsen, 153. 5. Per
3. Statistíche in M.L. Clarke, The Hexameter in Greek Elegiacs, CR 5 (1955), 18. 6. Cfr
STRUTTURE EPOD1CHE II: D1STICO ELEGIACO 289

natura del verso, «femminile») e la seconda parte del «pentametro» (di


inizio «discendente» e di conclusione «maschile») 4.
Un caso di elisione tra la fine dell'esametro e il pentametro si trova
in Callim. epigr. 41, 1 Pf.; un caso limite e «Simonide», epigr. 1 Page,
un'iscrizione composta per un monumento ai tirannicidi Armodio
e
e Aristogitone, dove un nome proprio Apl(f'!;olysÍ1rov) viene diviso
tra i due versi, con elementum indifferens non coincidente con fine di
parola 5.

La Nel pentametro il parallelismo dei due componenti viene piu volte


disposizione messo in evidenza attraverso un'accurata scelta e disposizione delle
delle parole
nel
parole: cosi possiamo trovare i due hemiepe in stretto parallelismo
pentametro in quanto occupati da espressioni collegate dalla medesima congiun­
zione:
Tyrt. fr. 12,
30W. Kai 1tuíorov 1tutosC;1 Kai yÉVOC; 8~o1tícrro

Inoltre nella collocazione delle coppie formate da sostantivo ed aggetti­


vo i poeti si permettono, come e stato accuratamente descritto da
Korzeniewski 6, varie possibilita di combinazione:

1. disposizione «alternata»: ABA'B':

Theogn. 250 a:y"Aaa MODcrúrovl bó)pa lOO"ts<púvrov

una tecnica che domina, in tutte le sue possibili variazioni, nel quinto
Inno di Callimaco, in cui su 71 pentametri 34 sono costruiti in questo
modo.

2. disposizione chiastica: ABB/A':

Theogn. 80 1tlO"'tO~ EV XUAS1tOtC; I 1tP1ÍYflUcrt ylvOfltvOl)~

3. disposizione «normale», AA'BB';

Sol. fr. 4, 8 W. fiPplOC; EK flcyákr]c;1 fiAyW 1tOAAU nuedv.

4. Cfr. Sicking, GV, 87.


5. Per imitazioni di epoca successiva cfr. West, GJl, 44 s.
6. Cfr. GM, 38 S., da cuí sono ricavate le osservazioni sopra riportate.
290 CAPITOLO 21

21.2. n dístico elegiaco nell'epoca arcaica


Di epoca arcaica ci restano frammenti de11e composizioni elegiache degli Il distic
autori di ambito ionico (Archiloco 7, Callino 8, Mimnermo 9), dí Tírteo !o, e per 1'.
Solone ll, e il materiale che evenuto raccogliendosi nel Corpus Theogni­ soprattl
deum 12. Notevoli le scoperte papiracee che recentemente hanno restituÍto codiO
ampi resti di elegie di un autore tardo-arcaico come Simonide 13. sua Li(¡
Esametro: Come si e gia detto, nell'esametro la cesura femminile viene preferita distici c
cesure a queHa maschile: ció accade soprattutto nell'elegia ionica 14 e in Tírteo, l'Inno'
ma anche (sia pure con percentuale meno lontana rispetto alla frequen­
za della pentemimere) in Teognide, Solone, Senofane e neHe elegie di Cesure La tecr
Simonide; rarissima la sostituzione deHa cesura centrale con la eftemi­ degli e
Esametri mere. domina
spondiaci Bassa la percentuale di esametri spondiaci. tri spor
11 ponte di Hermann e rispettato senza eccezioni; rispettata anche la
Pontí legge di Naeke IS. Elisione nella Si trov
dieresi del ma per
pentametro
Elisione nella In coincidenza deHa dieresi del pentametro si puó trovare elisione l'artico
dieresi del anche di parole di una certa estensione: preposi
pentametro

Callo fr. L Nell'esal


9W. epica; d
conclud~
Particolarita Le particolarita prosodiche nell'esametro del distico sono piu rare rispetto a quelle conclusi4
prosodiche delresametro stichico. Nel pent
Quanto al pentametro si trovano, ma solo eccezionalmente: iato in elementi lunghi davanti
(Theogn. 778, 960, 1052); iato alla dieresi centrale (Theogn. 478 16 ; «Simon.» epigr.
9, 2 Page); allungamento di sillabe chiuse con vocali brevi (Theogn. 2; 1232) 17.

verso: se
per cui .
7. Frr. 1-17 W. aH'intel]
8. Frr. 1-7 W.; 1-4 G.-P. trattare
9. Frr. 1-21 W.; 1-23 G.-P. due seql
10. Frr. 1-23a W.; 1-14 G.-P. 18. Gli
11. Frr. 1-30a W.; 1-27 G.-P. Abbiamo anche qualche frammento di Anacreonte raccolti
(e/eg. 1-5 W. = frr. 55-59 GenL); Asio (VI sec.? fr. 14 W.); Demodoco di Lero tramand
(v. sopra, cap. 6, p. 117, n. 4, fr. 1 W.); Senofane (frr.I-9 W.; 1-8 G.-P.) e forse uno nelle edi
di Focilide (fr. 1 G.-P.). Cfr. inoltre ad. el. frr. 1-62 W., 1-45 G.-P. Cambrid
12. V. sopra, p. 29. 19. CfI
13. I frammenti elegiaci di Simonide sono raccolti in IEG n, 114-137. trovano
14. Cfr. West, GM, 45. 20. CfI
15. Anche in Tyrt. fr. 19.8 W. = fr. 10, 16 G.-P., dove con SneH (efr. GM, 15 21. I fl
n. 17) bisogna leggere 'YU,)~¡:;<;. raccolti:
16. Il fenomeno qui, comunque, puó essere rimos so con un semplicissimo 22. PeI
intervento, di solito accettato: efr. Palumbo Stracca 1985, 73 n. 9. 1968,1,
17. Secondo alcuni si tratta, negli ultimi due casi, di caraUeristiche della fine di 23. PeI
STRUTTURE EPODICHE 11: DISTlCO ELEGIACO 291

21.3. TI distico elegiaco nella letteratura ellenistica


II dístico fu usato in questo periodo comunemente per l'epígramma 18
e per l'elegia, che venne acquistando un carattere nuovo, presentando
soprattutto intenti di carattere narrativo, secondo l'esempio di Antima­
co di Colofone (V/IV seco a.c.), che in questo metro aveva composto la
sua Lide 19. Ricordiamo in particolare gli Aitia di Callimaco (che in
distici compose, comunque, anche la maggior parte degli Epigrammi 20,
l' Inno V e altre elegie d'occasione) 21 •

Cesure La tecnica dell'esametro in generale e piu stretta rispetto aquella


degli esametri utilizzati nelle composizioni stichiche 22. Nel verso
domina quasi incontrastata la cesura femminile. Rarissimi gli esame­
tri spondiaci.

Elisione nella Si trova ancora l'elisione alla incisione centrale del pentametro,
dieresi del ma per 10 piu solo con Óe. Vi si trovan o anche prepositive come
pentametro
l'articolo o la congiunzione Kuí, ma in genere precedute da un'altra
prepositiva.

Nell'esametro ristretta e la presenza dello iato ed e limitato I'uso della correptio


epica; davanti alla cesura trocaica si trova normalmente un vocabolo che si
conc\uda naturalmente nella forma di trocheo e non uno che raggiunga una tale
conc\usione tramite correptio epica o elisione.
Nel pentametro rari sono i casi di iato alla incisione centrale 2\ qualche volta sí ha
davanti alla dieresi sillaba chiusa con vocale breve prima di un successivo inizio

verso: segnaliamo che il pentametro era annoverato da Efestíone tra glí asinarteti,
per cuí v. sopra, cap. 20, p. 281 ss. Palumbo Stracca 1985, 73, che non crede
alI'interpretazione asinartetica del pentametro, suggerisce, comunque, che si possa
trattare del fatto che il verso, originato (come l'esametro) dalla congiunzione di
due sequenze diverse, non si fuse mai realmente in un ritmo unitario.
18. Gli epigrammi ellenistíci tramandati dall'Antologia Palatina e Planudea sono
raccolti in Gow-Page 1965 e Gow Page 1968; epigrammi precedenti al 50 d.C.
tramandati sia dalla Antología Palatina e Planudea sia da altre fonti e non inclusi
neHe edizioni ora ricordate sono raccolti da D.L. Page, Further Greek Epigrams,
Cambridge, 1981.
19. Cfr. frr. 56-72 W. Gli altri frammenti elegíaci di epoca preelIenistica si
troyano raccolti in IEG n e in G.-P.
20. Cfr. Epigr. I-XXXV; XLI-LXII.
21. 1 frammenti degli elegiaci alessandrini (Filita, Ermesianatte e Fanocle) son o
raecolti in CA, 90-109; cfr. inoltre SH 318-320.
22. Per la tecnica particolarmente rigorosa degli epigrammísti cfr. Gow-Page
1968,1, XLII-XLIV.
23. Per íl materiale cfr. West, GM, 158; Palumbo Stracca 1985, 74.
'F
292 CAPITOLO 21

vocalico 24. A partire dalla fine del III seco a.e. si nota d'altra parte una accentuata Un uso s
tendenza aporre alla fine del primo colon del pentametro sillabe con una vocale da Arisl
lunga o un dittongo piuttosto che sillabe la cuí quantita lunga dipenda dall'inizio grammis
del vocabolo successivo 25. (A.P. X
«sponde
Si nota una tendenza in graduale aumento ad evitare di terminare il presenta
pentametro con una sillaba accentata 26. stichico
Etiopich.
i pentarr

21.4. n distico elegiaco nella letteratura di eta imperiale


In que sto periodo resta costante I'uso del distico elegiaco per 21.6. Appendicít
l'epigramma 27, mentre esso fu quasi del tutto abbandonato (dopo
alcuni poemi del 1 seco d.C. contenenti prescrizioni mediche)28 per Come!
composizioni di piu ampio respiro. distici
Nel III e nel IV seco d.C. si osserva una notevole liberta nella presenza dolore.
di iato e apparente pausa davanti alla dieresi del pentametro 29 , mentre Gli esa
una tecnica piu rigorosa e mostrata dai poeti del Ciclo di Agatia fine di
(VI sec.). contra2
La tendenza ad evitare che in que sta posizione ci sia una sillaba con que se J
vocale breve continua negli epigrammisti della ««Corona di Filippo» 30. tre volt

21.5. Usi pio rari del distico elegiaco e del «pentametro» dattilico
DistÍci forma ti dalla successione, invertita rispetto aquella usuale, di pentametro
ed esametro furono usati dal poeta del V seco Dionisio Calco JI e compaiono anche
in un oracolo (n. 327 P.-W.). Alcune iscrizioni mostrano esametri e «pentametri»
in successione non regolare 32. In alcune composizioni elegiache uno dei «pentame­
tri» e talvolta sostituito dal tri metro giambico per motivi particolarí: cosi ad
esempio nell'elegia dedicata da Crizia ad Aldbiade (fr. 4, 2 W. fr. 2 G._P.)3J.

24. Cfr. West, G M, ibid.; Palumbo Stracca, 1985, 73 S. e n. 10.


25. Per i dati percentuali, confrontati con quelli sostanzialmente simili tra loro,
degli elegiaci arcaici e degli elegiaci del primo ellenismo, cfr. West, GAI. 158.
26. Per i dati percentuali, cfr. West, GAI, 159.
27. Per altri usi cfr. West, GAI, 181, n. 59.
28. Cfr. West, GAI, 181 en. 58.
29. Cfr. West, GAI, 181; Palumbo Stracca 1985, 73 S., con nn. 11 e 12.
30. Per i dettagli percentuali cfr. West, GAI, 181 S., da vedere anche per i dati sul
comportamento dei vari gruppi di poeti quanto all'evitare di porre in fine di
pentametro una sillaba accentata.
31. Cfr. Athen. 602bc.
32. Cfr. West, GAI, 45. 34. Cf
33. Per altri esempi di questa particolarita cfr. A.P. XIII, 29; Koster, Traité, 80. 35. a
STRLiTTURE EPODlCHE II: D1STICO ELEGIACO 293

Un uso stichico del «pentametro» e attestato in alcune iscrizioni, fra cuí una citata
da Aristotele nella Costitu::ione deglí Ateniesi (7, 4)34; molto píu tardi l'epi­
grammísta Filippo di Tessalonica compose un epigramma dí cínque «pentametrí»
(A.P. XIII 1) caratterizzati dal fatto dí essere ciascuno composto da uno
«spondeo» ín piu e da un «dattilo» in meno del verso precedente (gli ultimi due
presentano quindi anche la contrazione dei bicipítía del secondo colon). Un uso
stichico del «pentametro» e attestato anche in un inno a Teti contenuto nelle
Etiopíche di Eliodoro (IlI 2, 4 = A.P. IX 485) e in alcune iscrizioni, in cuí
í pentametri fanno seguito a uno o píu esametri 35.

21.6. Appendice. Il distico elegiaco nell' Andromaca di Euripide


Come si e accennato, nell' Andromaca Euripide inserisce un brano in
distici elegiaci (vv. 103-116), in cui la protagonista esprime il suo
dolore.
Gli esametri sono tutti caratterizzati dalla divisione in tre sezioni, con
fine di paro la alla pentemimere e alla dieresi bucolica; in essi la
contrazione spondaica compare solo nei primi due bicipitia, e comun­
que se ne fa un uso assolutamente parco; nel pentametro essa compare
tre volte (vv. 104, 108, 114), interessando il secondo biceps.

34. Cfr. inoltre GV/1805; 1400.


35. Cfr. Palumbo Stracca 1985, 72.

I


RASSEGNEí

GENERAL!
E. Kali
teljahrJ.
1-160 (
LustrUl
Encielo
Greek j

METRICA OMER
H.J. M
1966-1!
(1976),

MANUALI
G. HeI
doctrin
• und Ri
grecqU/
tion to
NewY
sche V
BIBLIOGRAFIA

RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE

GENERALI
E. Kalinka, Griechisch-romische Melrik und Rhythmik im lelzlen Vier­
teljahrhundert, JAW 250 (1935),290-494; 256 (1937), 1-126; 257 (1937),
1-160 (per il periodo 1908-1933); A.M. Dale, Greek Metric 1936-1957,
Lustrum 2 (1957), 5-51; C. Del Grande, La metrica greca, in AA.VV.,
Enciclopedia Classica, V, Torino, SEI, 1960, 155 SS.; L.P.E. Parker,
Greek Metric 1957-1970, Lustrum 15 (1970), 37-98.

METRICA OMERICA
H.J. Mette, Homer 1930-1956, Lustrum 1 (1956), 14 S.; Id., Homer
1966-1971, Lustrum 15 (1970),102; Id., Homer 1971-1977, Lustrum 19
(1976), 11-14.

MANUALI E TRATTAZIONI GENERALI


G. Hermann, Elementa doctrinae metricae, Lipsia, 1816; Id., Epitome
doclrinae metricae, Lipsia, 1818 (18694); W. Christ, Metrik der Griechen
und Romer, Lipsia, 1879 2 ; L. Havet, Cours élémentaire de métrique
grecque el latine, Parigi, 18964 ; W.R. Hardie, Res metrica. An Introduc­
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New York-Londra, 1979); U. von Wilamowitz-Moellendorff, Griechi­
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«Metrica greca}}, in Enciclopedia Italiana, XXIII, Roma, Istituto della


Enciclopedia Italiana, 1934, 104 ss. (ora in Rapsodia sul classico. Con­
tributi all'Enciclopedia Italiana di Giorgio Pasquali, a cura di F. Bom­
mann, G. Pascucci, S. Timpanaro, Roma, Istituto della Enciclopedia
Italiana, 1986, 287-295: v. anche le pp. 273 ss., dove sono riprodotte le Questioni varie di ·
altre vocí di contenuto metrico redatte da Pasquali per r Enciclopedia
M.S.Ru
Italiana); A. Dain, Lefon sur la métrique grecque, Parígi, 1944; Id., Traité
239-255;
de métrique grecque, Parigi, 1965; M. Lenchantin De Gubernatis, Manua­
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metrica, redatte dallo stesso Gentili e da R. Pretagostini); P. Maas, Greek
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anche le altre voci metriche redattc dallo stesso Snell); P.L. Heller,
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Oxford, 1987; C.M.J. Sicking, Griechische Verslehre, Monaco, 1993. a cura
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O. Schroeder, Nomenclator metrícus, Heidelberg, 1929; J.B. Hofmann Papers
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minologie, Heidelberg, 1963 2 • discipl¡
BIBLlOGRAFIA 297

CONCETTI GENERALI

Questioni varie di metodo e interpretazione; problemi terminologici


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239-255; E. Grassi, Osservazioni sulla metrica greca e latina, in Inediti di
Eugenio Grassi, a cura di S. Timpanaro, A&R 11 (1961), 152-165; L.E.
Rossi, Anceps: vocale, sil/aba, elemento, RFIC 91 (1963), 52-71; Id.,
Metrica e critica stilistica. Il termine «ciclico» e l'aymyTt ritmica, Roma,
Edizioni dell'Ateneo, 1963; Id., recensione a Korzeniewski, Griechische
M etrik (citato sopra al Par. «Manuali e trattazioni generali»), RFIC 97
(1969),314-323; AM. Devine - L.D. Stephens, Anceps, GRBS 16 (1975),
197-215; lid., Preliminaries 10 an Explicit Theory of Greek Metre,
TAPhA 107 (1977),103-129; lid., Evidencefrom Experimental Psycholo­
gy for rhe Rhythm and Metre of Greek Verse, TAPhA 123 (1993),
379-403; L.P.E. Parker, Catalexis, CQ 26 (1976), 14-28 (definizione del
concetto di catalessi estudio della sua funzione per la determina7ione
della presenza di pausa metrica); B. Gentili, «La metrica greca oggi:
problemi e metodologie», in Problemi di metrica classica, Genova,
Pubblicazioni delI'lstituto di Filologia classica e medievale deU'Universi­
ta di Genova, 1978, 11-28; M. L. West, Three Topics in Greek Metre, CQ
N.S. 32 (1982), 281-297 (vengono discussi i concetti e i termini: catalessi,
anceps - neHa sua accezione metrica - cesura e ponte); T. Cole, Epiploke.
Rhythmical Continui(v and Poetic Structure in Greek Lyric, Cambridge,
Mass./Londra, 1988; J.B. Lidov, Alternating Rh,vthm in Archaic Greek
Poetry, TAPhA 119 (1989), 63-85; R.L. Fowler, A New Theory ofGreek
Metre, Échos du Monde Classique 35 (1991), 1-20.

Studi dedicati in particolare alla definizione e alla individuazione


delle unita compositive della metrica greca

A. Boeckh, De metris Pindari libri tres, in Pindari opera quae supersunt,


a cura di A. Boeckh, Lipsia, 1811-1821, Tomi primi pars secunda, 82;
308 ss.; W.J,W. Koster, De studiis recentibus ad rem metricam pertinen­
tibus, Mnemosyne ser. 4, 3 (1950), 21-53; 127-157; A.M, Dale, The
Metrical Units ofGreek Lyric Verse, 1, CQ 44 (1950),138-148 = Ead.,
Collected Papers, Cambridge, 1969,41-60; 11, CQ n, s. 1 (1951),20-30
= Collected Papers, 61-79; 111, CQ n. s. 1 (1951),119-129 Collected
Papers, 80-97; Ead., Stichos and Stanza, CQ N.S. 13 (1963), 46-50
= Ead., Collected Papers, 173-179; L.E. Rossi, La metrica come
disciplina filologica, RFIC 94 (1966), 185-207; Id., «La sinafia», in
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11 colon nella teoria metrica, RFIC 102 (1974), 273-282; Id., Sistemi Mojena,
KUta KffiAov e sistemiKUta Ilttpov, QUCC 28 (1978),165-179; T.C.W. 5 (1991)
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1990, 310-361; K. Itsumi, Metron, Colon and Period, JCS 32 (1984),
1-15 (in giapponese; riassunto in inglese: ¡bid., 153-154); G. Zuntz, Drei
Kapitel zur griechischen M etrik, Vienna, 1984, 6-13.
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tura?, Ei
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li Mojena, El problema de la cesura en la métrica griega. Minerva
5 (1991), 91-98 (discussione del problema con particolare riferimento
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en el verso griego, Emerita 60 (1992), 225-234.
"
~,
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s

i
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( Dramatic Technique in Sophocles' Philoctetes and Ajax, Ann Arbor­
Londra, 1974, 1-55; A.M. Devine - L. Stephens, The Greek Appositives:
Toward a Linguistically Adequate Defini/ion of Caesura and Bridge,
CPh 73 (1978), 314-328; M. van Raalte, Rhythm and Mefre. Towards
a Systematic Description of Greek Stichic Verse, AssenjMaastricht­
Wolfeboro, New Hampshire, 1986, 162-165; S.R. Slings, recensione a
M. van Raalte, Rhythm and Metre, cit., Mnemosyne 42 (1989), 509-511;
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«11 ponte di Nicanore), in Struttura e storia dell'esametro greco, a cura
di M. Fantuzzi e R. Pretagostini, 1, Roma, Grnppo Editoriale lnterna­
zionale, 1995, 11-28; M. Fantuzzi, «Variazioni sull'esametro in Teocri­
to», ibid., 228 ss., in partieolare nn. 27 ss.
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racataloghe, in Enciclopedia dello spettacolo, VII, Roma, Le maschere, J. La R
1960, coll. 1599-1601; F. Perusino, Il problema della paracataloghé nei heim, 1
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9-14; A.W. Pickard-Cambridge, The Dramalic Festivals ol Athens, in Hom~
a cura di J. Gould and D.M. Lewis, Oxford, 1968, 156-167; C.O. in Hom
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Genova, Pubblicazioni dell'Istituto di Filo1ogia classica e medievale Hexam~
dell'Universita di Genova, 1978, in particolare 51-60. y mode,
1977; A
31 (197
Greek 1
PROSODIA 41 (198

Oltre alla trattazioni generali contenute nei manuali citati sopra, sono
da consultare:
R. Kühner, Ausführliche Grammatik der griechischen Sprache. Erster Suí diversi fenolT
Teil: Elementar- und Formenlehre, terza edizione rivista da F. Blass, 1,
Hannover, 1890; Griechische Grammatik, im Anschluss an K. Brug­ Elisione LE. R(
manns Griechische Grammatik, a cura di E. Schwyzer, 1, Monaco, (1969),
19532; M. Lejeune, Phonétique historique du mycénien et du grec ancien,
Parigi, 1972; W. S. ABen, Vox Graeca. A Guide to lhe Pronunciation 01
Classical Greek, Cambridge, 19873 . Abbrevia- R. Sj611
mentí varí

Abbrevia- E.B. CI
Discussioni e contributi teorici mento ín iato

M.S. Ruipérez,Cantidad silábica y métrica estructural en griego antiguo, Sinizesi e L Rae


Emerita 23 (1955), 79-95; M.L West, A New Approach to Greek fenomeni di 9 SS.; 1
Prosody, Glotta 48 (1970), 185-194; W.S. AlIen, Accent and Rhythm. perdita
del!' autono­
rung d
Prosodic Features 01 Latín and Greek: a Sludy in Theory and Reconstruc­ mía sillabica Nymar
lion, Cambridge, 1973, 107-148; J. Vara, Phonological Slructure ollhe di iota e Synize~
Syllable in Ancient Greek: a Synchronic and a Diachronic Study, Glotta hypsilon ges, H
58 (1980), 24-32; A.M. Devine - L.D. Stephens, Towards a New Theory ConSOl
olGreek Prosody: lhe Suprasyllabic Rules. TAPhA 112 (1982), 33-63; C. E.ssays
J. Ruijgh, MAKPA TEAEIA et MAKPA AAOr02: (Denys d'Halicar­ M.Kr:
nasse, De la composition des mots, chapo 17 el 20). Le prolongement de la
durée d'une syllabe jinale dans le rythme du mot grec, Mnemosyne 40
(1987),313-352; IeJ., Les anapestes de marche dans la versification grecque Correptio B. Snel
et le rythme du mol grec, Mnemosyne 42 (1989), 308-330. attica
1 BIBLlOGRAFIA 301

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P. Chantraine, Grammaire homérique, 1, Parigi, 1958 3, 84-112; su


questioni particolari (anche in rapporto a problemi di composizione):
J. La Roche, Homerische Untersuchungen, 1, Lipsia, 1869 (rist. Hildes­
heim, 1975), 1-41 (sulla correptio Attica); H. Happ, Zur metrischen
Dehnung, G10tta 40 (1962), 41-42; B. Hainsworth, A Note on the Elision
in Homer, BICS 14 (1967),17-21; W.F. Wyattjr., Metrical Lengthening
in Homer, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1969; Id., Homeric Hiatus,
Glotta 70 (1992), 20-30; G.R. McLennan, Hiatus in the Homeric
Hexameter, QUCC 17 (1974), 131-135; E. Crespo, Elementos antiguos
y modernos en la prosodia homerica, Minos Suppl. VII, Salamanca,
1977; A. Hoekstra, Metrical Lengthening and Epic Diction, Mnemosyne
31 (1978), 1-26; E.J. Bakker, Long Diphthongs and Hiatus in Early
Greek Epic. Phonology and lhe Role of Formulaic Diclion. Mnemosyne
41 (1988), 1-26.

Sui diversi fenomeni prosodici

Elisione L.E. Rossi, La pronuntiatio plena: sinalefe in luogo d'elisione, RFIC 97


(1969),433-447.

Abbrevia­ R. Sjü1und, Metrische Kürzung im Griechischen, Diss. Uppsala, 1938.


menti vari

Abbrevia­ E.B. Clapp, On Correption in Hiatus, CPh 1 (1906), 239-252.


mento in iato

Sinizesi e L. Radermacher, Das Epigramm des Didius, SAAW 170, 9 (1912),


fenomeni di 9 ss.; Id., Philologus 84 (1929), 257-259; O. Scheller, Die Oxytonie­
perdita
dell'autono­
rung der griechischen Substantiva in -ta, Diss. Zurigo, 1951; M.
mia sillabica Nyman, «Lexicalization out of Casual Speech: the Greek-Latin
di iota e Synizesis», in AA.VV., Four Linguistic Studies in Classical Langua­
hypsilon ges, Helsinki, 1978, 65-95; A. Kapsomenos, «Synecphonesis and
Consonantalization of lota in Greek Tragedy», in Owls to Athens.
Essays on Classical Subjects Presented lo Sir K. Dover, a cura di E.
M. Kraik, Oxford, 1990, 321-330.

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Formula,
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ESAMETRO Shannon
tionstech¡
E.G. O'Neill Jr., The Localization of Metrical Word-Types in the Greek na-New'
Hexameter. Homer, Hesiod, and the Alexandrians, YC1S 8 (1942), Theory o
105-178. Cantilem
Metrica I
1988, Ur!

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The Winged Word: a Study in the Technique of Andent Greek Oral daktylisc}¡
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Albany, N.Y., 1975; B. Gentili - P. Giannini, Preistoria eformazione omerico, ~
dell'esametro, QUCC 26 (1977), 7-51; J.F. Vigorita, The Indo-Euro­ Aspects ~
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Hexameters, MSS 37 (1978), 11-36; N. Berg - F.O. Lindeman, The Structure
Etymology of Greek alíos and Od. 19.327 aU<J1UAÉo s : Homeric Me­ R. Beck,-,
trics and Linguistics: a Question of Priority, Glotta 70 (1992), 181-196; 213-231; ]
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des griechischen Hexameters, Philologus 131 (1987),2-18. Orphica, :
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L'esametro omerico

Rapporto M. Parry, Les formules el la mélrique d'Homere, Parigi, 1928, ora


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Verse: the Collected Papers of Milman Parry, a cura di A. Parry,
Oxford, 1971, 191-239; W. lngalls, Another Dimension of the Homeric
Formula, Phoenix 26 (1972),111-122; G. Nagy, «Formula and Meter»,
in AA.VV., Oral Literature and the Formula, a cura di A. Stolz - R.S.
Shannon, Ann Arbor, 1976, 239-260; E. Visser, Homerische Versifika­
tionstechnik. Versuch einer Rekonstruktion, Francoforte s. M.-Ber­
na-New York, 1987; Id., Formulae or Single Words? Towards a New
Theory on Homeric Verse-Making, WJA N.F. 14 (1988), 21-37; M.
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Metrica classica e linguistica. Allí del Colloquio, Urbino 3-6 ottobre
1988, Urbino, Edizioni QuattroVenti, 1990,45-86.

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interna Remains of the Andent Doctrine, AlPh 40 (1919), 343-372; H. Frankel,
Der kallimachische und der homerische lIexameter, NGG, 1926, 197-229,
articolo completamente rielaborato dall'autore e pubblicato, con il nuovo
titolo Der homerische und der kallimachische Hexameter in H. Frankel,
Wege und Formen frühgriechischen Denkens, Monaco, 1955 (1968)3,
100-156; Id., Dichtung und Philosophie des frühen Griechentums, Monaco,
19623, 30-37; Id., Noten zu den Argonautika des Apollonios. Monaco,
1968, 6-19; G. Pasquali, recensione alla prima redazione del lavoro di
Frankel, Gnomon 3 (1927), 241-247; H.N. Porter, The Early Greek
Hexameter, YCIS 12 (1951), 3-63; H.J. Mette, Die Struktur des ¿¡ltesten
daktylischen Hexameters, Glotta 35 (1956), 1-17; A.M. Dale, Lustrum,
2 (1957),31-35; L.E. Rossi, Estensione e valore del «colon» nell'esametro
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Aspects of Homeric Style. l. The Structure of the lIomeric Hexameter,
YC1S 20 (1966), 76-104; Id., The !liad: a Commentary, 1, Cambridge,
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Structure of the Homeric lIexameter: a Review, Phoenix 24 (1970), 1-12;
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citato sopra neHa sezione «Appositive e concetto di parola metrica».

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cÍtato sopra, a p. 312 nella sezione dedicata ai «sistemi anapestici recitati
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86-100 (vi viene discusso anche íI problema della interpretazione stico­
metrica dell'ode bacchilidea, ed inoltre quello delle responsioni libere in
essa presentí secando il testo tradito); R. Führer, Beitrage zur Metrik und
Textkritik del' griechisehen Lyriker. lla. Text und Kolometrie VOll Bakchy­
lides' 'Híe€ o t (c. 17), NAWG 1976, 167-243; R. Pretagostini, COll:údera­
zioni .'luí eosiddetti «metra ex iambis orta» in Simonide. Pindaro e Bacchi­
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di inl,
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partí,
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ofCe

DATTILO-EPITRITI
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R. Pr·
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della cultura siceliota, BPEC n.s. 25 (1977), 1-30; B. Gentili, Preistoria
e formazione deU'esametro, QUCC 26 (1977), in particolare 7-27; Id., Nel dramma
Molossus + Bacchius in lhe New Stesichorus Fragment (P. Lille
76abc) , GRBS 20 (1979),127-131; B.M. Palumbo Stracca, Osservazioni A. Se
metriche al nuovo Stesicoro (Pap. Lille 76abc), BPEC n. s. 25 (1977), 1811-:
31-43; R. Pretagostini, Sticometria del Papo Lille 76a, b, e (i! nuovo 1915,
Stesicoro) , QUCC 26 (1977),53-58; E. Tsitsibakou-Vasalos, The Meter ConOJ
of Ihe Lille Stesichorus, GRBS 28 (1987),401-431. Tessie
di Fil.
sequel
Simoníde, Pindaro e Bacchílide Omen
GruPI
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1. Note testuali al/e Pitiche, QUCC n. s. 38 (67), 1991, 7-13; Pindarica II.
Note testuali al/e Pitiche, QUCC n. s. 39 (68), 1991, in particolare 78 ss.

Cercida

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di interpretazione testuale e metrica, QUCC n.s. 29 (58), 1988,95 ss., in
particolare 101-108; J.L. López Cruces - J. Campos Daroca, The Metre
ofCercidas, ZPE 102 (1994),81-94.

DOCMI

Nella lirica

R. Pretagostini, Il docmio nel/a lirica carale, QUCC n. s. 2 (31), 1979,


101-117.

Nel dramma

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1811-1812; P. Maas, Textkritisches zu Aeschylus /l, Sokrates 69 (3),
1915, 312-314 = Id., Kleine Schriften, Monaco, 1973, 39-41; N.C
Conomis, The Dochmiacs of Greek Drama, Hermes 92 (1964), 23-50; A.
Tessier, Per un inventario di docmi ripetitivi in Euripide, Boll. dell'lstituto
di Filo1ogia Greca, Trieste, 11, 1978, 130-143; Id., «La responsione tra
sequenze docmiache», in Tradizione e innovazione nel/a cultura greca da
Omero all'eta el/enistica. Scritti in onore di Bruno Gentili, 11, Roma,
Gruppo Editoriale Internazionale, 1993, 667-674; E. Medda, Su alcune
associazioni del docmio con altri metri in tragedia (Cretico, Molosso,
Baccheo, Spondeo, Trocheo, Coriambo), SCO 43 (1993), 101-234.

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T.CW. Stinton, Two Rare Verse-Forms, CR 79 (1965), 142-146; Id.,


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degli asinarteti dagli arcaici agli alessandrini», in Problemi di metrica 101-1
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co-ritmica degli antichi», in Festschrift R. Muth, Innsbruck, 1983,
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135-143; A. Gostoli, Le «invenzioni» metriche di Archiloco nella testi­
abbre
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l'anal
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Pentametro
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101-113.

STUDI SULLA LlRICA ARCAICA E TARDO-ARCAICA


Per le scansioni dei singoli poeti lirici le edizioni (v. Elenco delle
abbreviazioni) di C. Calame (Alcmane); E.M. Voigt (Saffo e Alceo); B.
Gentili (Anacreonte); B. Snell - H. Maehler (Pindaro e Bacchilide).
B. Gentili, Metrica greca arcaica, Messina-Firenze, D'Anna, 1950 (con
l'analisi metrica dei frammenti di Saffo, Alceo, Anacreonte); J. Irigoin,
Cólon, vers et strophe dans la lyrique monodique grecque, Révue de
Philologie 31 (1957), 234-238.

Studi complessivi su singoli autori

Stesicoro M.W. Haslam, Stesichorean Metre, QUCC 17 (1974), 7-57.

Pindaro W. Theiler, Die zwei Zeitstufen in Pindars Stil und Vers, Schriften der
K6nigsberger gelehrten Gesellschaft, Geisteswissenschaftliche Klasse
17 (1941), 255 ss.

Bacchilide F. García Romero, Estructura de la oda Baquilidea: estudio composicio­


nal y metrico 1-11 (Tesis doctoral), Madrid, 1987.

STUDI SULLA LlRICA DEL DRAMMA


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Questioni varie

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Atti I
Respl
Strop
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Francoforte, 1987.

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Strophic Construction in Aristophanic Lyric, Diss. Indiana University,
1968; Th. McEvilley, Development in the Lyrics of Aristophanes, AJPh
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canti di Aristofane, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1992.

Studi relativi J. UhIe, De Menandri arte metrica, Diss. Münster, 1912; R. Pretagosti­
alla metrica ni, 1 me tri della commedia postaristofanea, Dioniso 57 (1987), 245-265
(non solo lirica)
della commedia
(Commedia di Mezzo con discussione di problemi di esecuzione);
postaristofanea F. Perusino, 1 metri di Difilo, QUCC n. s. 2 (31), 1979, 131-139.
L'asterisco (') che pn
termini rimanda alle ,
11 rimando alla tratlaz
é posto alla fine della
fra parentesi quadre.

Abbreviamento.ui
sodico che si ha q",
un dittongo o un.
all'intemo o, piu
viene ad essere abOí!
sa
altra vocale. Sullab¡¡
di parola, un tale~
versi dell'epica, ·esI
correptio (= abb~
n. 19; 43-46; 74] ;:i

Acataletto. A
quenza metrica ( ..
una conc1usione co~
cioe catalettica. ~¿~1

Accento. Fatto rod


catena parlata conse¡¡
za una si11aba nei ~
greco antico esso e~
laba accentata veni~
tono piu alto risp
[pp. 15; 37; 74 S.; lU

Acefalo. AggettivP'
scrittiva) a una seq~
coJon, verso), che si p
ad essa simile come.'
to all'inizio (ad esem]
al *gliconeo). [pp. 2l

Adonio. 11 *colon.­
me deriva dal grido
geva la morte di A,<.
[pp. 236; 240]
GLOSSARIO

L'asterisca (') che precede alcuni


termini rimanda al le vaci specifiche.
11 rimando alla trattazione nel testo
é posta alla fine della vace
fra parentesi quadre.

Abbreviamento in iato. Fenomeno pro­ Aferesi. Vedi prodelisione.


sodico che si ha quando una vocal e lunga,
un dittongo o un trittongo (¡:;U, ¡:;q», posto Agesicoreo. Vedi enoplio coriambico A.
all'interno o, piu spesso, in fine di parola,
viene ad essere abbreviato davanti ad una Alcaico. Termine usato a designare alcune
altra vocale, Sulla base del fatto che, in fine sequenze metriche ed una strofe, lega te al­
di parola, un tale fenomeno e comune nei ruso da parte di Alceo. Le sequenze in
versi dell'epica, esso e noto anche come questione piu note sono: l'endecasillabo
correptio ( abbreviamento) epica. [pp. 41 (x u x u u - u - interpretabile
n, 19; 43-46; 74] come reiziano giambico + dodrans A o me­
tron giambico + telesilleo). [p, 241], I'ennea­
Acataletto. Aggettivo riferito ad una se­ sillabo ( x u x u- x, metron giam­
quenza metrica (metron, colon, verso) avente bico + reiziano giambico). [p. 241], il deca­
una conclusione completa, e non abbreviata, sillabo uu uu - u - \,d). [pp. 171;
cioe catalettica. [pp, 152; 159 SS.; 185] 241; 285]. La strofe alcaica e una struttura
formata, secondo la divisione gia proposta
dagli editod alessandrini, da due endecasil­
Accento. Fatto fonico che all'interno della
labi alcaici, un enneasillabo e un decasilla­
catena parlata consente di mettere in eviden­
bo. [pp. 30; 241]
za una sillaba nei confronti delle altre; nel
greco antico esso era di tipo tonale: la sil­ Alcmanio. Nome assegnato da metricisti
laba accentata veniva pronunciata con un antichi a diverse serie di metri (sentite in
tono piu alto rispetto a quelle vicine. collegamento con I'uso fattone da Alcma­
[pp. 15; 37; 74 S.; 114; 140; 292] ne), soprattutto dattíliche, in particolare il
tetrametro acataletto (- uu - uu - uu
Acefalo. Aggettivo riferito (in maniera de­ e quello catalettico in syllabam,
scrittiva) a una sequenza metrica (metron, (- uu uu uu -), per i quali una tale
colon, verso), che si presenta rispetto ad una denominazione e anche oggi comunemente
ad essa simile come mancante di un elemen­ utilizzata. [pp. 169-173; 176-179; 258; 280;
to all'inizio (ad esempio il *telesilleo rispetto 283; 285; 286]
al *gliconeo). [pp, 234 S.; 237]
Allungamento metrico. Fenomeno per
Adonio. II *colon u u x; il suo no­ cui una vocale breve viene misurata co­
me deriva dal grido rituale con cui si pian­ me lunga in vista di adattare un vocabolo
geva la morte di Adone (dJ 1:0V "AÓroVlV). allo schema di un verso. [pp. 63 s.; 72; 181
[pp. 236; 240] n.33]
324 GLOSSARIO

Anaclasi «(piegatura», «spezzatura», da Anceps (<<ambiguo», «ancipite»). Termine (·prepositive) o a


aVaKA.CÍro). Termine usato (come pure I'ag­ usato a partire almeno dal periodo umanisti­ tive). [pp. 25 S.;
gettivo da esso derivato, «anaclastico») per co da molti studiosi in riferimento sia aHa
indicare la trasposizione di elementi brevi vocale, intesa graficamente (a, l, u), sia alla Archebuleo.
e lunghi all'interno di un metron o di un sillaba (ad esempio a proposito delle sillabe vu-uu-v­
colon (ad esempio quando un metron giam­ che, vista la presenza del nesso occlusiva poeta ellenistico
bico e sentito intercambiabile con un co­ + liquida/nasale, possono essere misurate sia a.c.), che fu
riambo). [pp. 94 n. 73; 95 n. 74; III n. 122; come lunghe che come brevi: Vedi correptio usarla StlC:h1CatDI
192; 196; 217 SS.; 221] Attica) sia all'elemento (in riferimento ad serie dattilica
elementi che possono essere realizzati da una mato da '"n.·"ct''\I'
sillaba lunga o da una breve all'interno del con l'elemento
Anaclomeno. Vedi Anacreontico. verso, e anche in riferimento aH'elemento brevi. [pp. 171; 1
finale del verso). Per eliminare l'ambiguitil
Anacreontico, o anaclomeno. 11 colon terminologica e stato proposto (L.E. Rossi) Aristofanio. Il
u u - u - u ricorrente in contesti io­ di adottare vocaboli diversi, in parte ripresi in collegamento
nici fin dalla lírica arcaica, e particolarmen­ dalla tradizione dei grammatici e dei metrici­ v - x. [pp. 236;
te caro ad Anacreonte, al cui nome e rima­ sti antichi: oíXPovoC; (<<di doppia possibilitil
sto legato. Viene detto anche dimetro ioni­ di misurazione quanto al valore temporale»)
co anaclomeno in quanto interpretato co­ in riferimento alle vocali suddette, che non
me un dimetro ionico con scambio (*ana­ presentano differenziazione grafica fra la bre­ -vv uu­
clasi) del quarto e del quinto elemento. ve e la 1unga; comune (gr. KOtvi¡, laL commu­
formato daU'unio*
[pp. 36; 221 ss.] nis) in riferimento alla siliaba prosodicamen­
te ambigua; per l'elemento passibile all'inter­ ~~uA~,_e~duU~0~
no del verso di essere realizzato sia da breve
Anapestico, tetrametro catalettico. 11 .te ma cón un coI'ia.d\t
che da lunga la qualificazione di elemento
verso, tipico della Commedia Antica, for­ asclepiadeo ~
libero; per quello finale di verso la qualifica­
mato da quattro metra anapestici, di cui aselepiadei acefaJi,i
zione di elemento indifferente. [pp. 18-19]
l'ultimo catalettico (uu - uu - uu . . anche aselepiadei ~
uu - I uu uu u u 1,1). [pp. 31; 33 80 tempo ed inolt:í'e' .
S.; 44 n. 28; 154-158]
Ancipite. Vedi anceps. n nome deriva da
Asclepiade di ~:
Antilabé. Termine usato a designare, in 237 S.; 241 s. n. 27;!~
Anapesto (da ava1taíro, forse nel sen so di ambito drammatico, la divisione del verso in
.Asinarteto «(non~
«battuto», «cadenzato», in riferimento al corrispondenza del cambio di interlocutore.
ritmo della marcia). La sequenza u u -; iI [pp. 103 s.; 111 S.; 120 s.; 127; 144 s.; 149; 152] concetto metrico ~
metron anapestico e in realta uu - uu ­
(conlasoluzionedeilongauu uu uu UU). e sembra riguarda1'ei
Antistrofe. Termine con cui si designa la per cui venivano _
[p. 24]; anapesti non Iirici. [pp. 32-34; 44 n. 28; seconda componente di una coppia di strofe considerate tra lor(J~
159-166]; anapesti lirici. [pp. 33; 36; 44; tra loro in responsione. [pp. 30 s.; 178] vista del ritmo. [ppij
183-190; 213; 273; 275 n. 37] i~
'~"d8

Aperta, sUlaba. Vedi sillaba.


Anapesto strappato. Denominazione
tradizionale di un fenomeno per cui, nei Apókroton (<<battuto fuod»?). La sequen­ Astrophon .sQt l

versi stichici giambici, il cosiddetto ana pesto za uu uu - uu - u usata in eta im­ l'aggettivo corris~
derivante da realizzazione con due brevi di periale. [p. 190] un brano poetico
un elemento libero o di un elemento breve, canza di una dr"t..,...
risulta diviso al suo interno da fine di paro­ Appositive. Vocabo1i privi di indipenden­ mente (in altre
la. [pp. 90; 105 s.; 108-110; 146 s.] za, strettamente collegati a quanto segue *responsione). [p.
GLOSSARIO 325

(*prepositive) o a quanto precede (*posposi­ Baccheo. La sequenza v - -. II suo no me


tive). [pp. 25 S.; 66 e n. 13; 81 S.; 106] deriva probabilmente dall'uso in canti cul­
tuali bacchíci. [pp. 24; 57 n. 79; 213 S.; 215];
Archebuleo. La sequenza vv vv­ baccheo tra giambi. [pp. 191; 196 s.]
vv - vv v _'::d, iI cui no me e legato al
poeta ellenistico Archebulo di Tera (III seco Base. Termine introdotto in epoca moder­
a.c.), che fu probabilmente il primo ad na da G. Hermann ad indicare la sezione
usarla stichicamente. E interpretabile come íniziale delle sequenze eoliche, costituita in
serie dattilica ascendente oppure come for­ genere da uno o due elementi tiberio [pp. 29;
mato da *prosodiaco + *reiziano giambico 233; 238; 241; 243; 244; 247 s.]
con l'elemento íniziale realizzato da due
brevi. [pp. 171; 181 s.] Bíceps (<<diviso in due», sot1. elementum).
Elemento metrico realizzato da una coppia
Aristofanio. Il colon (cosi denomínato di sillabe brevi che possono essere «contrat­
in collegamento ad Arístofane) - v v te» in una lunga (es.: le due brevi del datti­
v - X. [pp. 236; 238; 243; 252 s.; 273] lo). P. Maas, da cuí il termine e stato íntro­
dotto in epoca moderna, lo usava anche per
Asclepiadeo. Denominazione attribui­ designare elementi lunghí con la possibilita
ta a una sequenza della forma x x di essere realizzati da due brevi (ad esempio
- v v - v v v - (asclepiadeo minore, i longa del metron giambico), per i quali
formato dall'uníone di *dodrans B + *do­ e meglio pero adoperare la denominazione
drans A), e ad una di forma x x - v v di longa solubili. [pp. 19; 29; 44; 50; 60 S.; 63;
v v - v v - v (simíle alla preceden­ 65; 67-71; 73; 154-156; 159 s.; 163; 172]
te ma con un coriambo in piu al suo interno:
asclepiadeo maggiore). Si troyano anche Brachicatalessi. Brachicatalettico.
asc1epiadei acefali, asclepiadei catalettici, e Termine (e aggettivo corrispondente) usato
anche asclepiadei acefali e catalettíci alto stes­ nena teoria antica nel caso in cuí unita
so tempo ed inoltre asclepiadei ípercatalettici. metriche che si ritenevano formate da una
Il nome deriva da quello del poeta ellenistico coppia di piedi (ad esempio queno che noi
Asclepiade di Samo (IV¡III seco a.c.). [pp. chiamiamo metron trocaico, visto come
237 s.; 241 S. n. 27; 243; 249 s.; 254] l'unione di due «piedi» trocaici) si presen­
tassero con un piede in meno. [pp. 201 n. 34;
Asinarteto (<<non connesso»). Problematico 220; 231]
concetto metrico che risale alla teoria antica
e sembra riguardare un modo di composízione Breve (sotí. elementum, o breve. elemento).
per cuí venivano accostate sequenze metriche Quella posizione in una struttura metrica
considerate tra loro «sconnesse» dal punto di che e occupata da una sillaba breve. [p. 19]
vista del ritmo. [pp. 201 n. 32; 281-284; 291]
Breve. sillaba. Vedi sillaba.
Astrofico. Vedi astrophon.
Brevís ín longo. Espressione adoperata
Astrophon, astrofíco. Termine (con da moltí metricisti moderni (a partíre da P.
l'aggettívo corrispondente) con cui si indica Maas) a designare i1 fenomeno per cui in
un brano poetico caratterizzato dalla man­ coincidenza con la pausa della fine di verso
canza di una struttura che si ripeta regolar­ una sequenza il cui ultimo elemento e lungo
mente (in altre paro le, dalla mancanza dí puo essere realizzata da un'unica sillaba
*responsione). [p. 32] breve. [p. 22]
326 GLOSSARIO

Bucolica, dieresi. Incisione delresametro dall'uso fattone da Callimaco) interpretabi1e concluso dalla serie­
dattilico (che deve il suo nome al fatto di come an + ia (Koster) oppure come *do­ parte occupata da qt
essere partieolarmente gradita ai poeti buco­ drans acefalo + *reiziano giambico eatalet­ sibilita di realizzazi
lici) posta dopo l'ottavo elemento, che in tali tieo). [p. 275 n. 37] evidenziare il fatto (
casi e quasi sempre realizzato da due brevi. colon costruito kata
[pp. 51; 62; 68; 70; 72J Clausola. Termine usato a indicare la se­ preferiscono chiamaJ
zione final e di una unita metrica (*verso, tri invece aggiungol
Bucolico, ponte. Vedi Naeke, legge di. *periodo, *strofe). [pp. 23; 179; 185; 196 s.; assegnata al colon da
202; 226; 260; 262 S.; 273] eazione di B o II
Calcídesi. Vedí dattilo-epitriti. forma assai meno fre
Cleomacheo. Dímetro eostituito da due re, detta dímetro ro
Catalessi (da KaraA.lÍYro, «termino»), ca­ *ioniei a maiore; il eui nome e collegato al seconda parte non
talettico. Termine (e aggettívo eorrispon­ poeta Cleomaco di Magnesia (IV seco a.c.). disposti ad ammette
dente) adoperato fin dall'antiehita a indica­ [pp. 220; 230] nabile aquella deUa
re il fenomeno per cuí la chiusa di certi ti pi tro coriambico B.I
di *metra, *cola, *versi si presenta come Coliambo (da XroMc" «zoppo» e ta¡.t~or;, 239 S.; 242-244; 24~
abbreviata rispetto alle forme «normali». «giambo»). Trimetro giambico in eui il pe­ A. [pp. 234, 239, 24'7
[pp. 24 S.; 115; 140; 142; 154; 164 S.; 183; nultimo elemento e realizzato da sillaba lun­
191-193; 202-204; 208 s.; 210; 216; 220 s.; ga. [pp. 28; 36; 133-140; 284; 286] Coriambíco dim8'l
224; 226; 234 S.; 237; 251J Per serie metriehe che si presenta, ris}X!
misurate per piedí trísillabici, come quelle Colometria (da KroA.OV (Vedi colon) e bico B, con in elem
dattiliche, gli antichi distinguevano una ca­ ¡.u;rpdv, «misurare»). Disposizione editoria1e [pp. 234 s.; 244 s.; 2~
talessi di due sillabe, che portava aHora dei testi (soprattutto lirici) secondo i cola
l'ultimo piede a essere realizzato da una di cui essi sono composti. [pp. 23; 162 n. 28; Coriambo. n metra
sola sitIaba (c. in syllabam), [pp. 169; 171 s., 224 S.; 227 s.] Il nomederiva da utll
181], da quella di una sola sillaba, in segui­ che lo considerava ut
to alla quale l'ultimo piede si presentava Colon. Termine che designa una sequenza nome attribuito altrl
come bisillabieo (c. in disyllabum). [pp. 59; metrica dotata di una sua indívidualita sentita [pp. 24; 192 S.; 196;
169; 172; 174; 181] come componente di una struttura metrica pili 248; 249; 262; 273};:;
ampia (come il *verso o il *sistema). [pp. 21 S.; giambico. [pp. 94 Si;
Cesura. Termine usato per designare, al­ 23 S.; 162 s. n. 28]
l'interno dei versi recitati o recitativi, sedi in
cuí la fine di parola appare ricorrente e rí­ Comune, síllaba. Termine adoperato dalla
cercata; nelia terminología eorrente il termi­ tradizione antiea per indicare sillabe passibili
ne e pió precisamente usato quando tale fine di misurazione sia breve che lunga: ad esempio
di parola ricorre aH'interno di un metron, nel caso di sillabe con voeale breve seguita dal
mentre se lo stesso fenomeno si ha in chiusa nesso oeclusíva + liquida. [p. 18]
di un metron si parla di díeresi*. [pp. 25 s.;
60-62; 68; 72; 79-81; 98-100; 104; 111; 134; Contrazione. Termine adoperato in ambito
138; 144; 149 s.; 153; 288; 290 s.] metrieo a indicare il fenomeno típico dell'ele­
mento *biceps, per eui la coppia di brevi che lo
Chíusa, sillaba. Vedi sillaba. compongono puó essere sostítuita da una
lunga. [pp. 19; 60 S.; 67-69; 73; 155 S.; 159; 169;
Chronos. Vedí Mora. 172; 184; 186; 223; 226; 260-263; 284; 290 s.]

Cirenaico. La sequenza u u u u ­ Coriambico, dímetro. Denominazione,


u - u (íl cuí nome deriva probabilmente risa lente a U. von Wilamowitz, di un colon
GLOSSARIO 327

concluso dalla serie - v v -, con una prima Cratineo. Dicolon (il cui nome e legato
parte occupata da quattro elementi con pos­ a quello del poeta comico del V seco a.C.
sibilita di realizzazione assai diverse; per Cratino) usato in successioni stichiche nella
evidenziare il fatto che non si tratta di un cornmedia, a quanto pare in contesti non
colon costruÍto kata metron alcuni studiosi lirici. Dalle poche attestazioni in nostro pos­
preferiscono chiamarlo wilamowítzianus. AI­ sesso deriva uno schema v v Ü
tri invece aggiungono alla denominazione Ü Ü Ü v V (*dimetro coriambico
assegnata al colon da Wilamowitz la qualifi­ A + una serie forse interpretabile come forma
cazione di B o II per distinguerlo dalla catalettica del dímetro coriambico B. [p. 252]
forma assai meno frequente ad esso specula­
re, detta dimetro coriambico A, per la cui Cretico. 11 metron v -, il cui nome deri­
seconda parte non tutti gli studiosi sono va dal fatto che lo si riteneva collegato con
disposti ad ammettere una liberta parago­ le danze nell'isola di Creta e «inventato» dal
nabile aquella della prima parte del díme­ poeta e musico cretese Taleta di Gortina.
tro coriambico B. dim cho B. [pp. 234; [pp. 24; 31; 36; 210-213; 215; 236; 245; 272];
239 S.; 242-244; 246-250; 251-254]; dim cho cretico tra giambi. [pp. 191 S.; 194-199]; cre­
A. [pp. 234, 239, 247, 252-254] tic o tra trochei. [pp. 205, 208]

Coriambico dimetro B. acefalo. Colon Dattilo (Oá1<'WAOC; «dito», forse in riferi­


che si presenta, rispetto al dimetro coriam­ mento al segnare il tempo musicale con un
bico B, con in elemento iniziale in meno. dito). Il metron della forma - vv. [pp. 24;
[pp. 234 S.; 244 S.; 248] 30; 169-182; 196; 258; 264; 280; 283; 285 s.].
Dattili ascendenti. [pp. 169; 172 S.; 175 n.
Coriambo. Il metron della forma - v v 17; 178]
Il nome deriva da una interpretazione antica
che lo considerava unione di un coreo (altro Dattilo-epitriti. Denominazione invalsa
nome attribuito al trocheo) e di un giambo. per designare versi di costruzione complessa
[pp. 24; 192 S.; 196; 216-219; 225; 227 S.; usati a partire dalla lírica arcaica: tale den 0­
248; 249; 262; 273]; coriambo nel trimetro minazione (dovuta a R. Westphal) deriva
giambico. [pp. 94 S.; 111] dall'erronea opinione che i versi in questione
fossero costituiti dalla congiunzione di se­
Correptio Attica. Fenomeno prosodico quenze dattiliche con epitríti (Vedi). L'inter­
per cui una silla ba con vocale breve rimane pretazione piu soddisfacente e invece quella
aperta, e quindi breve, di eronte al nesso che riconosce in questi versi I'associazione di
occlusiva + liquida o nasale, che va ad cola enopliaci con metra o cola giambici
appoggiarsi alla sillaba successiva. [pp. e trocaici di forma «epitritica» (su questa
52-55; 74; 95 n. 74] base in ambito italiano i versi vengono spes­
so chiamati. su proposta di B. Gentili,
Correptio epica. Vedi abbreviamento in kat'enoplion epitriti; U. von Wilamowitz
iato. aveva invece per essi coniato la denomina­
zione di calcidesi con allusione ad un canto
Crasi. Fenomeno prosodico che si verifica popolare di Calcide PMG 873 dove essi
quando tra la vocale finale di un vocabolo sono attestati per la prima volta). [pp. 30;
e quella iniziale di quello successivo si arriva 31; 257-264]
ad una fusione (resa evidente dalla scrittura)
per contrazione o per dittongazione. [pp. 42 Dic%n. Verso costÍtuito da due cola.
e n. 25; 43; 47 s.] [pp. 251-253]
328 GLOSSARIO

Dieresi. Termine usato correntemente nel legato in particolare alla lirica cultuale. EncomiologicoJI,
linguaggio metrico per indicare la fine di [p. 31]
parola (tendenziale o generalizzata) coinci­ Enjambement. F.
dente con la fine di un metron. [pp. 25; 115; Eftemimere (da é1t1:ú, «sette», lÍl..Lt-, «me­ tura sintattica di UQ
117; 119 S.; 126 S.; 144; 149; 155; 157; ta» e !1tpO¡;, «parte»). Termine usato per con l'estensione deU
162-164; 184; 187] designare la cesura che nell'esametro dattili­ la; puó essere di van
co e nel trimetro giambico ricorre dopo il per cuí al confine
Dichronos. Vedi anceps. settimo elemento. [pp. 62; 66; 68; 70; 72; 79 appositiva, che vie
crO(j)ÓlCAEtOV. [pp. 19
s.; 100]
Dimetro. Sequenza costituita da due me­
tra. [pp. 131 S.; 151 S.; 159 SS.; 170; 176; 183 Elóoc; <fO(j)ÓKl.tlOV. Vedi enjambement.
Enopliaci, coJa. e
SS.;189; 191 SS.; 196 SS.; 201; 202 SS.; 220 SS.; viduata in epoca a
226; 230; 264; 272 SS.; 279 S.; 283; 285 s.] kat'enóp!ion), compJ!
Elegiaco, dístico. Strofetta epodica for­ sodiaco, *reiziano1
Dístico. Termine che designa strofe costi­ mata da un esametro dattilico e dal cosid­ e femminile. [pp. 25:
tuite da due versi. Senza ulteriori specifica­ detto verso *elegiaco (spesso denominato
zioni si usa spesso a designare il cosiddetto impropriamente pentametro). E il metro Enoplio. TermineJ
J
dístico *elegíaco. [pp. 28 S.; 30; 287-293] dell'elegia e di gran parte dell'epigramma. armi) adoperato in.
[pp. 28 S.; 36; 287-293] una particolare catoJ
Docmio (o), «obliquo», «storto», «tra­ plion. Esso viene a~
sverso nel ritmo». Sequenza metrica che si Elegiaco, verso. Il verso che insieme all'e­ cisti modemi a delI
presenta in una grande varieta di forme, sametro forma il distico *elegiaco; e costi­ quenze riconducibili
tuito da due *hemiepe maschili nella forma ri o v)(' _ v)(' v)('_1I
talvolta anche in responsione tra loro, ricon­
ducibili allo schema u uu .1,.Lu Ü uu. La -uu uu-I-uu uu V . [pp. 28; ficazioni i1 termine~
denominazíone sarebbe derivata da una del­ 286; 287 ss.] la sequenza x y
le interpretazioni date dagli antichi alla se­ altri erasmonideo (JI
quenza, quella che ne riteneva fondamentale Elegiambo o encomiologico. La sequenza
) locheo (B. Gentili) 4
la forma u - u -, interpretata come unio­ - uu- uu x -- u - x, formata da *he­ Archil. fr. 168,·
.ne di un «piede giambico» e di un cretico, miepes maschile + *reiziano giambico. XapíA.as). [pp. 6011
con un rapporto temporale tra le due parti [p. 258] 261; 264; 283 s.}
di 3: 5 e un accostamento immediato di due
elementi lunghi. [pp. 31; 33; 36; 185; 188; Enoplio coriaml
Elemento. Termine introdotto da P. Maas
194 S.; 212; 214 S.; 245; 265-276] x - uu - u - x.'
a designare la componente di uno schema
ta anche enoplioe:
metrico astratto. [pp. 18-20]
Dodrans. Nome assegnato (da O. Schroe­ natteo acefalo (Snc
der) ad un tipo di colon di forma ster), agesicoreo (W
Elisione. Fenomeno prosodico che si ha 245; 247; 256]
u u u - (dodrans A o 1) o
quando una vocale breve (generalmente a, e,
x x·- u u - (dodrans B o II); in ambito
o) finale di parola scompare (e quindi non Enoplio coriami
italiano viene spesso denominato, su propo­
ha piu valore dal punto di vista prosodico) x x - uu X;
sta di B. Gentili, emiasclepiadeo (1 e ll).
davanti aBa vocale iniziale della parola suc­
[pp. 236 S.; 239; 243; 250]
cessiva. [pp. 38-42] Eolica, metric8.
Efimnio. Struttura (una sorta di ritomello) Lesbo, che obbedisl
che si trova a volte inserita alla fine di unita Emiambo. Altro nome del dimetro giambi­ sillabismo. [p. 29)
strofiche corrispondenti con la ripetízione, co catalettico. [pp. 36; 201]
oltre che dello stesso schema metrico, dello Eolici o eolo-COI
stesso testo: si tratta di un procedimento Emiasclepiadeo. Vedi dodrans. denorninate per 1'1.11
GLOSSARIO 329

Encomiologico. Vedi elegiambo. fatto da Saffo e Alceo) costruite non kata


metron, che presentano come nucleo centra­
Enjambement. Fenomeno per cui la strut­ le la successione uu -, corríspondente ad
tura sintattica di un verso non corrisponde un coriambo. [pp. 29; 30; 31; 36; 60 n. 3;
con l'estensione del medesimo, scavalcando­ 173; 205; 225; 233-254]
la; puó essere dí vari tipi: il píu forte equello
per cuí al confine di verso si trova una Eolici, dattili. Sequenze classificate in
appositiva, che viene deUo anche dooC; epoca antica come successioni dattiliche
croq>óKAelOv. [pp. 79; 95-98; 112; 240 n. 22] aperte da una *base bisillabica libera. Si
tratta in particolare di: tetrametro eolieo
Enopliací, cola. Categoria di cola gia indi­ (x x - u u u u - u Id); tetrametro eo­
viduata in epoca an1Íca (con il nome di lieo eatalettieo (x x uu uu _Id);
kat'enóplion), comprendente *enoplio, *pro­ pentametro eolieo (x x - u u u u
sodiaco, *reiziano, *hemiepes maschile - uu u Id); pentametro eolieo eatalettieo
e femminile. [pp. 255-264] (x x uu-uu uu- Id ). [pp. 174­
176; 239]
-, Enoplío. Termine (collegato alle danze ín
armi) adoperato in epoca antica a designare Epionico comico. Il dteolon x - x
una partícolare categoria di cola: i *kat'eno­ - uu x - u - uu interpretabile co­
plion. Esso viene adoperato da alcuní me tri­ me composto da dim. cho. B acefalo + dim.
cisti moderni a designare una serie di se­ cho B o da enoplio coriambico B + dim.
quenze riconducibili ad uno schema origina­ cho. B acefalo (M.L. West). [p. 253].
rio uxu _ u)(' v)(' _ x. Senza ulteriori speci­
ficazioni il termine e stato da noi usato per Epítrito. Nella terminologia metrica antica
la sequenza x - uu uu - x, detta da una sequenza costituita da tre lunghe ed una
altri erasmonideo (B. Snell) o enoplio archi­ breve, tra le cui parti sussistesse un rapporto
locheo (B. Gentili) dall'uso della sequenza in temporal e di tre a quattro o viceversa (da cui
Archil. fr. 168, 1 W. ('Epacr¡.tovíoT] il nome, da btí, nel senso di «piu»,
XapíAae). [pp. 60 n. 3; 255 S.; 257; 259 s.; e "Cpl"COC; «terzo»: «uno e un terzo in piu») ed
261; 264; 283 s.] anche il genere metrico in cui tati sequenze
venivano classificate. Gli epitriti venivano
Enoplio coriambico A. La sequenza distinti, a seconda della posízione della breve,
x uu - u - x, che si trova denomina­ in epítrito primo (u secondo (in prati­
ta anche enoplio cratineo (Gentili), ippo­ ca un metron trocaico con l'ultimo elemento
natteo acefalo (Snell), paragliconeo (Ko­ realizzato da una lunga: - u -), terzo (in
ster), agesicoreo (West). [pp. 203; 235; 240; pratica un metron giambico con il primo
245; 247; 256] elemento realizzato da una lunga: - - u -),
quarto (- u). [pp. 257; 261-263]
Enoplio coriambico B. La sequenza
x x - uu x. [pp. 235; 256] Epodo. Termine usato nella terminología
antica essenzialmente in due accezioni:
Eolica, metrica. La metrica dei poeti di Ó €7tQlOóC; (sott. cr"CíxoC; «verso}», il secondo
Lesbo, che obbedisce al principio dell'*iso­ verso di una breve strofe costituita da due
sillabismo. [p. 29] versi, piu breve rispetto al verso precedente;
il termine fu poi adoperato a indicare i disti­
Eolici o eolo-coriambi. Sequenze (cosi ci stessi e infine (come e comune anche oggi)
denominate per I'uso notevole che ne venne a designare le composizioni poetiche forma­
330 GLOSSARIO

te dalla ripetizione di tali distici. [pp. 28; 30; metro coriambieo catalettico, in collegamen­ Havet, ponte di. V~
36; 279 ss.]; 1Í 61tcpOóC; (sott. O"'t"poG'lÍ « stro­ to con il poeta alessandrino Filieo. [p. 219] te di.
fe»), la struttura metríca che in un tipo di
composizione lirica (Vedi triade) si aggi un­ Galliambo (o metroaco). Tetrametro ioni­ Hemiepes. DenO[
geva a concludere la coppía formata da co a minore catalettico (uu ­ - uu -­ a due sequenze affm
strofe e antistrofe tra loro in responsione, uu uu V) che deve íl suo nome aH' uso forma - uu - uu
presentandosi rispetto ad esse in una forma per canti legati al culto della Grande Madre una di forma uv
metrica diversa. [pp. 30; 31] degli dei, i cui sacerdoti erano detti yáAAOL J femminile). Quando.Sj
[p. 230] appaiono in contesti e
Erasmonideo. Vedi enoplio. da in terpretare rispet
Giambelego. La sequenza x - u - x cat. in syllabam e 3 da
Esametro. Verso costituito da sei metra. [p. uu uu formata da *reiziano giam­ denominazione di he11
219]; senza uIteriore specificazione con il ter­ bieo + *hemiepes maschile. [p. 263] che le due sequenze ce
mine si intende comunemente l'esametro dat­ di un esametro (€1tO~)
tilico (- uu - uu - uu - uu uu V). Giambico tetrametro acataletto. Il ver­ alla sezione del verso
[pp. 59-76; 279 s.; 284-286] so x u x u x u x u v; uso ra «*maschile», la se
stichico. [p. 152 s.]; nelIa lírica. [pp. 191; 193] estende fino alla (
Esplosivo, fonema. Vedi sillaba. [pp. 28; 60 n. 3; 256
Giambico tetrametro catalettico. I1 284; 286]
~~ x u x u x u u_V
Eupolideo. Dicolon usato in commedia
dallo schema c:) - x - uu - x [pp. 142-151] Hermann, ponte d
u V: lo si considera per lo piu costituito I'esametro dattilico: e
da due forme (di cuí la seconda catalettica) Giambico, trímetro, I1 verso x u ad evitare, in caso di 1'1
del dimetro coriambico. [pp. 33; 251 s.] x U x u v. [pp. 28; 29; 31; 32; 35 S.; biceps con due sillabe 1
77-114; 191; 193; 199; 280 S.; 284; 286] queste due brevi. Prese
da Omero, e rigoro~
Euripideo, Vedi lecizio.
Giambo. Il «piede» u (I'etimologia J poeti piu raffinati. [pp
Falecio. La sequenza x x - uu - u ­
e oscura); unita di misura di versi e cola
giambici e in realta il metron giambico di Hilberg, legge di.]
u - V, che trae íl no me dal poeta ellenistico
forma x - u -; cola giambici nelIa lirica. le nelI'esametro ellem
Faleco. Puó essere interpretato come unione
[pp. 24; 29; 31; 36; 177; 191-201; 215-219; quello di Callimaco (I
di *gliconeo e *baccheo oppure di *dodrans
236; 239; 241-245; 249 s.; 271 s.; 280; 285 s.]. di Nonno e dei suoi se
B a *reiziano giambico. [pp. 237; 243; 254;
Successioni giambiche deHa commedia. [p. vÍtare fine di parola I
285]
151 s.] ceps realizzato da 11
dopo un secondo mel
Femminile, cesura. Altra denominazione Giseke-Meyer, legge di. Fenomeno ri­ «spondeo»). [pp. 69; !
della cesura *trocaica dell'esametro. [p. 61] scontrabile nell'esametro callimacheo (e poi
in quello dí Nonno), per cuí si evita che una lato. Fenomeno prosc
Femminile, hemiepes. Vedi hemiepes. parola che inizia nel primo metron vada a ter­ una vocale finale di UI
minare con la seconda delle due brevi da cui cedere vocale iniziale (
Ferecrateo. La sequenza x x uu - x, sia realizzato il secondo bíceps. [pp. 69; 73] senza perdere iI suo va
catalettica rispetto al gliconeo; il nome ecol­ n. 14; 50-52; 63; 65; 11
legato al poeta comico ateniese del V seco Gliconeo. Il colon x x uu u -; il ammesso in fine di VE
a.e. Ferecrate. [pp. 60 n. 3; 234; 241-243; nome deriva da quello di un non meglio fatto che ín realta J
248-250; 252-254] identificato Glicone, poeta da collocare for­ contatto tra le due ..
se in eta ellenistica. [pp. 21; 60 s. n. 3; 206; quanto esse sono sepw
Filicio. Denominazione attribuita all'esa­ 233 ss.; 239; 241-243; 245-250; 252-254] 13; 175; 176; 198; 203;
I
:) GLOSSARIO 331

Havet, ponte di. Vedi Porson-Havet, pon­ Ibiceo. La sequenza - uu uu - u - (il


te di. cui nome e legato a quello del Iirico arcaico
Jbico) da interpretare a seconda del contesto
Hemíepes. Denominazione attribuita come sequenza dattilica con chiusa cretka
a due sequenze affini agli enopli, una di o come serie di típo eolico (in pratica un
forma - uu uu (hemiepes maschile), *gliconeo con inizio «dattilico»). [pp. 173;
una di forma - uu uu x (hemiepes 248]
J femminile). Quando sequenze di que sto tipo
!
appaiono in contesti dattilici saranno invece Incisione. Si dice in generale del tendenzia­
da interpretare rispettivamente come 3 da le o generale ricorrere di fine di parola in
cal. in sy/labam e 3 da cat. in di5yllabum. La determinati punti del verso. [p. 25]. Se essa
denominazione di hemiepes deriva dal fatto ricorre alll'interno di un metron, e detta
che le due sequenze corrispondono alla meta *cesura: se ricorre alla fine di un metron
di un esametro (E1tOC;): la prima corrisponde *dieresi.
alla sezione del verso che raggiunge la cesu­
ra «*maschile», la seconda a quella che si
estende fino alla cesura «*femminile». Implosivo, fonema. Vedi sillaba.
[pp. 28; 60 n. 3; 256-259; 261-264; 279 S.;
284; 286] Indífferens (sotL elementum). L'elemento
posto davanti alla pausa di fine di verso, che
Hermann, ponte di. Ponte che riguarda puó essere indifferentemente occupato da
l'esametro dattilico: consiste nella tendenza una sillaba lunga o da una sillaba breve.
ad evitare, in caso di realizzazione del quarto [pp. 19 s.; 22-24]
bíceps con due sillabe brevi, fine di parola tra
queste due brevi. Presente nel verso a partire In dísyllabum, catalessi. Vedi catalessi.
da Omero, e rigorosamente osservata dai
:1. J poeti piu raffinati. [pp. 66 s.; 69; 74; 290]
In sy/labam, catalessi. Vedi catalessi.
'l
.1 Hilberg, legge di. Fenomeno riscontrabi­
le nell'esametro ellenistico, in particolare in lonico (o ionico a minore). 111etron, il cui
,
l' quello di Callimaco (e, in seguito, in quello nome si collega all'uso da parte degli Joni
di Nonno e dei suoi seguaci): consiste nell'e­ d'Asia, deHa forma u u - attestato nel­
vitare fine di parola dopo un secondo *bi­ l'ambito lirico fin dall'epoca arcaica come
ceps realizzato da lunga (in altre parole componente di sequenze di diversa estensio­
dopo un secondo metron realizzato da uno neo [pp. 24; 29; 30; 31; 36; 218 n. 6; 220-230].
,­ «spondeo»). [pp. 69; 73] Il cosiddetto ionico a matare, forma speculare
11
rispetto alla precedente (_. - u u). non e in­
!l lato. Fenomeno prosodico che si ha quando vece attestato come metran a sé stante, se non
'. una vocale finale di un vocabolo viene a pre­ fino all'inizio dell'eta ellenistica, durante la
cedere vocale iniziale del vocabolo successivo quaJe e adoperato come componente del
senza perdere il suo valore prosodico. [pp. 41 *cleomacheo e soprattutto del non-lirico *so­
n. 14; 50-52; 63; 65; 71; 74; 95 n. 75]. Lo iato tadeo. [pp. 230-232]
ammesso in fine di verso e conseguenza del
) fatto che in realta non c'e uno sgradito Ipercatalettico, ipercatalessi. Aggetti­
contatto tra le due vocali in questione, in vo e termine corrispondente, derivato dalla
quanto esse sono separate da una pausa. [pp. dottrina metrica antica e adoperato talvolta
13; 175; 176; 198; 203; 238; 240; 259] anche oggi a scopo descrittivo per indicare
332 GLOSSARIO

una sequenza che, rispetto ad un'altra ad posizione a sequenze dette non katiz me­ leggera, sillabai~
essa simile, presenta aBa fine un elemento in tron, che non presentano una tale articoJa­
pió (ad es. l'*ipponatteo rispetto al *glico­ zione. [p. 24]
libero, elemento
neo). [pp. 235; 254]
sequenza metrica c~
Kat'enop/ion. Vedi enoplíaci, cola.
da sillaba breve che1
Ipodocmio. La sequenza docmiaca - u 259 en. 8] .l
u-o [pp. 195; 245; 266; 274] Kat'enop/ion epitriti. Denominazione
proposta da B. Gentili e usata da molti
longum (sott. e/eJi
Ipponatteo. La sequenza eolica (il cui no­
me e coIlegato a queHo di Ipponatte)
metricisti italiani per i cosiddetti dattilo-epi­
triti *. [p. 257]
mento). Quella PO.
x x - uu u x. [pp. 235; 254]
e
metrica che occup@
Kata stichon (o stichica). Si dice di un (in alcuni casi «sol
[pp. 19; 50; 71; 73;·¡'
Ipponatteo acefalo. Vedi enoplio co­ tipo di composizione articolata dalla ripeti­
riambico A. zione ininterrotta dello stesso verso. [pp. 20;
27-31; 36] lunga, sillaba. vél
Ischiorrogico. Si dice del trimetro giambi­
Kata ton triton trochaion, cesura. Ve­ Maas-Barrett, I~
co (e del tetrametro trocaico catalettico) sca­
di trocaica, cesura. servabile nei «dattiló
zonte in cui anche il quartultimo elemento
e realizzato da una lunga. [pp. 28; 134; 140]
e relativa al compol
confronti di fine dí·
Knox, ponti di. Ponti che interessano il
libero nelle succesSÍi
Isosillabismo. Principio compositivo ge­ trímetro giambico e il tetrametro trocaico
siste in particolarc:
nerale deIla lirica eolica, che consiste nelIa catalettico dei giambografi arcaici; 1 ponte
lide evita fine di P@;
composizione di sequenze metríche caratte­ di Knox: si evitan o versi in cui si abbia fine
dopo il primo ele~
rizzate da un numero costante di sillabe (a di parola simultaneamente: alla cesura pen­
... x - u - x 1; b) 1
tale principio risultano dunque estranei l'e­ temimere (ció nel trimetro giambico; nel
tetrametro trocaico alla dieresi centrale), do­ po il primo elemm:
lemento bíceps e la possibilita di soluzione
po iI quintultimo e il terzultimo elemento ne ... x u 1; c) P
dei longa). [p. 29] dopo il penuItimo el
e solo in questi luoghi (1- u - 1 x - 1 u Id).
sione I - u - x -; . ~
Itifallico. Il colon (costituito non katiz [pp. 84; 118; 136; 138; 140]; II ponte di
dopo il penultimo.d
metron) u u . n nome deriva daí Knox: in caso di fine di parola al settimo
sione I x - u - x ""
canti in onore del dio Fallo, símbolo della elemento del trímetro (anche senza la pre­
fertilita. [pp. 81 n. 11; 178 s.; 262 S.; 280; senza di pentemímere) e al decimo del tetra­
metro trocaico si evita una conclusione del Maschile, cesura.
283; 285] della cesura *pen~
verso 1- u 1 u Id. [pp. 85; 118; 137 s.]
dattilico. [p. 61]
Kaibeliano, docmio. Forma docmíaca
dallo schema x x - x -. La denomina­ Koiné {scil. sy/labé}. Vedi comune.
Mesodo. Struttura
zione e legata al nome di G. Kaibel che sponsione che talvo1
studió questa sequenza nella sua edizione Lecizio (o euripideo). Denominazione at­ due unita strofichet
den' Elettra di Sofocle; talvolta invece essa tribuÍta gia in epoca antÍca al dimetro tro­ [pp. 31; 242 n. 30J
e denominata docmio esasillabico o long caico catalettico. Essa deriva dalla parodia
dochmiac O prosodiaco docmiaco (B. Genti­ aristofanea dei prologhi euripidei di Ran. Metroaco. Vedi gaJ
Ji). [pp. 53 n. 61; 195; 245; 266; 274 s.] 1200 ss., in cui i trimetri giambici pronun­
ciati da Euripide vengono talvolta interrot­ Metron. Vocabolo
Kata metron. Si dice delIa costruzione ti, dopo la cesura pentemimere, da Eschilo, gia metrica modem
di sequenze (cola, versi o sistemi) articoJa­ che aggiunge tutte le volte l'espressione misura di alcuni ve~
te attraverso la ripetizione di una <<unitib> ATjKÚfhov um:OAeO'eV (<<perse la boccetta»). attraverso la ripetÍZÍ<:
di misura, che chiamiamo *metron, in op­ [p. 202] simi ti (ad es. il trilD(l:1
GLOSSAR10 333

Leggera, sillaba. Vedi sillaba. dalla ripetizione della sequenza detta appun­
to metron giambico). [p. 24]
Libero. elemento. La posizione di una
sequenza metrica che puó essere realiz.zata sia Meyer, leggi di. Leggi dell'esametro calli­
da sillaba breve che da sillaba lunga. [pp. 19; macheo; 1 legge: si evita che una parola che
259 en. 8] inizia nel primo metron vada a terminare con
la prima deBe due brevi da cui sia realizzato iI
Longum (sott. elementum) (o lungo, ele­ secondo biceps; oppure che termini con la
mento). Quella posizione in una struttura seconda di queste due brevi (in quest'ultima
metrica che e occupata da una sillaba lunga osservazione Meyer era stato preceduto da B.
(in a1cuni casi «solubile» in due brevi). Giseke, per cui abbiamo scelto per il fenome­
[pp. 19; 50; 71; 73; 74; 78] no la denominazione di legge di *Gise­
ke-Meyer). [pp. 69 SS.; 73 s.]; 11 legge: si evita
Lunga, sillaba. Vedi sillaba. di porre una parola di forma giambica da­
vanti alla pentemimere. [pp. 70; 74]
Maas-Barrett, legge di. Fenomeno 05­
servabile nei «dattilo-epitriti» di Bacchilide: Miuro (in gr. IlEÍoupOC; «con la coda piu bre­
e relativa al comportamento del poeta nei ve», o ¡.túoupOC; «a coda di toPO»). Tennine
confronti di fine di· parola dopo elemento adoperato in epoca antica per indicare esa­
libero nelle successioni «epitritiche»; con­ metri omerici che si ritenevano incompleti nel­
siste in particolare nel falto che Bacchi­ l'ultimo nletron (-- uu ..... u uu _. uu­
lid e evita fine di parola: a) rigorosamente u u u Id); versi di q uesto tipo cominciarono
dopo il primo elemento in una successione ad essere composti sistematicamente in am­
... x - u - x 1; b) non rigorosamente do­ bito greco almeno a partire dal 1 seco d.C.
come una sorta di gioco metrico; furono

¡
po il primo elemento in una successio­
ne ... x u 1; c) piuttosto rigorosamente composti anche tetrametri dattilici con que­
dopo il penultimo elemento in una succes­ sta caratteristica e cosi pure paremiaci.
sione 1 u - x -; d) non rigorosamente [pp. 64 s. n. 7]
I dopo il penultimo elemento in una succes­
sione I x - u x [p. 262] Molosso. La sequenza - - -. In contesti
giambici e trocaici viene spesso interpretata
Maschile. cesura. Altra denominazione come forma «sincopata» di questi metra.
della cesura *pentemimere dell'esametro [p. 214 s.]; molosso tra giambi. [p. 191];
dattilico. [p. 61] molosso tra trochei. [p. 205]

Mesodo. Struttura metrica priva di re­ Monostrofico. Si dice di un componi­


sponsione che talvolta si trova inserita tra mento poetico strofico che si articola attra­
due unita strofiche tra loro in responsione. verso la ripetizione della medesima strofe (A
[pp. 31; 242 n. 30] A' A" etc.). [pp. 29; 30; 31; 35; 245; 251]

Metroaco. Vedi galliambo. Mora. Nella teoria antica la piu piccola


unita di tempo, corrispondente, secondo
Metron. Vocabolo usato neUa terminolo­ i metricisti, ad una sillaba breve, mentre due
gia metrica moderna a indicare l'unita di more erano considerate corrispondenti ad
misura di a1cuni versi e cola che si articolano una lunga. [p. 18]
attraverso la ripetizione di gruppi elementari
simili (ad es. il trimetro giambico, costituito Naeke. legge di. Legge dell'esametro ales­
334 GLOSSARIO

sandrino, osservata in maniera particolar­ ei) e ionici, in cui puó svolgere anche una n. 9; 139 n. 32; 198í
mente rigorosa da Callimaco (e, in seguíto, funzione di modulazione ritmica da un e 17; 270 n. 18]
da Nonno e dai suoi seguaci); vieta fine di genere metrico all'altro. Secondo la testi­
parola dopo un guarto bíceps realizzato da monianza di un metricista antico (P. Oxy Periodo. Vocabolo~
sillaba lunga (in altre parole dopo un guarto 220, col. XlI, p. 407 Consbr.) la seguen­ nologia metrica mod
metron realizzato da spondeo); il fenomeno za era realízzabile anche in una forma seguenza metrica am,
viene anche detto ponte bucolico, in guanto uu u u [pp. 224; 225 s.] verso, cioe un ra~
costituisce il contraltare della dieresi *buco­ tito come sottoarti~
lica. [pp. 69; 73] la strofe lirica; pei,i
Pentametro. Verso formato dalla succes­
ambito anglosassonej'
sione di cingue metra. [pp. 174 s.; 181; 208; "

Non kata metron. Vedí katá metron. 212 n. 8; 219; 239]; per il «pentametro»
[pp. 25; 233] componente del distico elegiaco, Vedi elegia­ Pesante, sillaba. P
co, verso. [pp. 28; 286; 287 ss.]
Piede. L'unita mini
Palimbaccheo (<<baccheo al contrario»).
nella tradizione dei 1
La successione - - u, da taluni conside­ Pentemimere (da nÉv'tE, «cingue», 1ÍI.l.t-, molti casi esso nonl
rata una forma «sincopata» del metron tro­ «met;'!.» e IlÉpOt:;, «parte»). Termine usato anche se si tende a
caico. [p. 205 n. 10] per designare la cesura che nelresametro motivi descrittivi. [p.
dattilico e nel trimetro giambico ricorre do­
Paragliconeo. Vedi enoplio coriambico A. po il guinto elemento. [pp. 61 s.; 64 s.; 70; Pirrichio. DenomÍI
72; 79 s.; 98; 100; 111; 134; 153]
metricisti antichi ad'
Parakataloghé. Uno dei modi di esecu­ da due sillabe brevi (\
zione della poesía greca: doveva corrispon­ Pentemimere giambico. Vedi reiziano. na il termine viene w
de re ad una sorta di recitativo accompagna­ a indicare la succesí
to da uno strumento musicale. [pp. 28; 31; determinati punti di
Peone. Designazione di seguenze metriche
32; 33; 126; 130; 144; 149; 154; 159] proposito della strutt
della forma u u u e u u u -, dette
rispettivamente, secondo la terminologia boli. [pp. 93 n. 64]
Paremiaco. Termine adoperato fin da metrica antica che distingueva a seconda
epoca antica a designare iI dimetro anapesti­ della posizione della lunga, peone primo Ponte o zeugma. 1
co catalettico uu - uu - uu (forse si e peone guarto: si tratta di forme solute care sedi delle sequen
trattava di una forma di *enoplio regolariz­ del cretico. 1 metricisti antichi classifica­ in particolari conoo
zata neI ritmo, con la costante alternanza di vano anche un peone secondo (u - u u) fine di parola. [p. 25
doppia breve e lunga). La denominazione di e un peone terzo (u u u). Il nome peone
paremiaco deriva dal fatto che molti prover­ deriva dal ritornello 111 OUláv con cui veni­ Porson, Legge o
bi (nupo*iul) presentavano guesta forma va invocato Apollo nella sua funzione di riscontrabile nel tm
metrica. [pp. 159 e n. 20; 164 S.; 183-186; 187 guaritore, e va connesso all'uso del metro in tetrametro trocaico (
n.7; 189 s.] canti in onore del dio, di cui abbiamo testi­ grafi arcaici e dei tra@
monianze dirette. [pp. 187; 208; 211] per cui si evita fine di
Parola metrica. Concetto con il guale si lunga di fronte a par
intende non un vocabolo gualungue ma una Perdita dell'autonomia sillabica di o «peonica» che coru:
parte del discorso significativa ed, eventual­ iota e hypsilon, fenomeni di. Fenome­ 76; 82 s.; 100-103; H
mente, i1 complesso formato da tale parte ni per cui iota e hypsilon posti tra una 127; 136; 138]
e da altri vocaboli che ad essa strettamente consonante e una vocale perdono la loro
si saldano, detti *appositive. [p. 25 s.] autonomia sillabica, andando a formare Porson e Havet,
con la vocale successiva una sola sillaba. detto ponte di Havet,
Parteneo. JI colon uu - - uu -, asso­ [pp. 40 nn. 10, 11; 40 s. nn. 13, 14; 49 s.; vato da Porson). F
eiabile a eontesti giambo-coriambici (o eoli­ 90; 106 n. 110; 128 n. 35; 131 n. 45; 135 nel tetrametro trocai(
GLOSSARIO 335

n. 9; 139 n. 198 n. 24; 260; 269 nn. 15 bografi arcaici e dei tragici (ma non dei
e 17; 270 n. 18] comici), per cui si evita fine di polisillabo
chiuso da sillaba lunga alla fine del primo me­
Periodo. Vocabolo adoperato nella termi­ {ron del verso. [pp. 56; 117 S.; 121 s.; 127 s.]
nología metrica moderna a designare una
sequenza metríca autonoma piu estesa del Pospositive. Vocaboli che tendono ad
verso, cioe un raggruppamento di versi sen­ unirsi strettamente al vocabolo precedente
tito come sottoarticolazione immediata del­ (ad es. le enclitíche). [pp. 26; 71; 73 n. 56; 83;
la strofe lírica; per l'uso del termine in 87; 99; 103; 120]
ambíto anglosassone, Vedi verso. [p. 23]
Prassilleo. Denominazione attribuita gia
Pesante. sillaba. Vedi sillaba. in epoca antica a due sequenze messe en­
trambe in relazione con la poetessa Prassilla
Piede. L'unita minima di analisi metrica di Sicione (meta V seco a.c.): prassilleo 1:
neHa tradizione dei metricologi antichi. In x u u u - u - \,d, sequenza «acefala»
mohi casi esso non ha alcun valore reale, rispetto al *falecio. [p. 237]; prassilleo JI:
anche se si tende a mantenerne ruso per uu uu uu u - \,d, interpretata
motivi descrittivi. [p. 24] come serie dattilica o come unione di hemie­
pes maschile e *reiziano giambico con rele­
Pirrichio. Denominazione attribuita da mento iniziale realizzato da due brevi.
metricísti antichí ad un «piede» composto [p. 171]
da due sillabe breví (u u). In epoca moder­
na íl termine viene usato per motivi pratici Prepositive. Vocaboli che tendono ad
a indicare la successione di due brevi in unirsi strettamente al vocabolo successivo
determinatí punti di sequenze metriche o a (ad es. articoli, preposizioni, congiunzioni).
proposito della struttura prosodica di voca­ [pp. 25 S.; 47; 54 nn. 64 e 68; 69 nn. 28 e 30;
bolL [pp. 93 n. 64] 71 n. 42; 83; 84 n. 25; 85 S.; 86 n. 31; 87 S.; 88
n. 81; 90; 95-98; 103 n. 102; 105 n. 106; 107;
Ponte o zeugma. Termine usato per indi­ 109; 118 e n. 11; 120 S.; 123; 126 n. 32; 136
care sedi delle sequenze metriche nelle quali, n. 16; 137 n. 20 S.; 240 n. 22; 291]
in particolari condizioni, viene evitata la
fine di parola. [p. 25 s.] Priapeo. Verso formato dall'unione di un
gliconeo e di un ferecrateo. II gliconeo pote­
Porson. legge o ponte di. Fenomeno va essere «sostituíto» dal dímetro coriambi­
riscontrabile nel trímetro giambico e nel co B (cosi regolarmente nei carmi in onore
tetrametro trocaico catalettico dei giambo­ di Príapo dell'alessandrino Eufronio). Dalla
grafi arcaici e dei tragíci (ma non dei comici) commedia ricaviamo esempí caratterízzati
per cui si evita fine di polisillabo con sillaba da una liberta ancora piu notevole (dimetro
lunga di fronte a parola di forma «cretica» coriambico A, oltre che B al posta del
o «peonica» che concluda il verso. [pp. 56 n. gliconeo; aristofanio al posta del ferecra­
76; 82 s.; 100-103; 105; 111; 113; 117; 121; teo). [pp. 252 S.; 254]
127; 136; 138]
Proceleusmatico. Nella terminología me­
Porson e Havet. ponte di (di solito tríca antica il piede u u u u, che veniva
detto ponte di Havet, ma in realta gia osser­ proposto anche come possibile realizzazione
vato da Porson). Fenomeno riscontrabile di un «piede» anapestico. Il termine viene
nel tetrametro trocaico catalettico dei giam­ usato in quest'ultimo senso anche oggi, per
336 GLOSSARIO

motivi di praticita espositiva, e cosi pure lo gnare un colon riconducibile, secondo nu­ tetrametro trocaico"~
si usa per indicare eventuali «piedi» giambi­ merosí studiosi, ad uno schema originario trariamente allo sc~
ci completamente soluti. [pp. 110; 157; 160 x . [pp. 31; 256]. Con reiziano giam­ la penultima posiziol
S.; 184 s.; 187; 189] bico si intende la forma x u - x . [pp. 225 sillaba lunga. [pp. l~
s.; 228; 235; 237; 241; 256; 258 s.; 263]; con
Prodelisione, o (meno bene) aferesi. Fe­ reiziano coriambico x u u x. [pp. 235;
251; 254; 256]. Gli studiosi ehe non aceettano Schema metricot~
nomeno prosodico che si ha quando nella
la liberta di schema di cui si e det10 restringo­ una sequenza metriCá
successione di due vocaboli, di cui il primo
no ruso del termine reiziano all'ultima se­ deBe sue concrete ~
termina con vocale lunga o dittongo e il
secondo inizia con vocale breve, quest'ulti­ quenza che abbiamo indicato; per la prece­
ma viene eliminata. [p. 42 s.] dente adoperano per lo piu la denominazione Sede. Termine adopc
di «pentemimere» giambico. vi descrittivi e corm
Proodo. Strut1ura metrica priva di respon­ *piede. [p. 24]
sione, talvolta premessa ad una coppia stro­ Responsione. La corrispondenza metrica
fica in responsione. [p. 31] tra le unita strofiche. [pp. 21; 30 S.; 35; 53 n. Sillaba. Segmento (¡
61; 57 nn. 78 e 79; 171; 177; 187; 194 s.; 197; un nucleo sonoro cm
Prosodia. Termine usato, nell'ambito degli 199 S.; 205 n. 8; 208; 215; 218 S.; 226; 234 S.; tifica con una voa
studi suIla versificazione classica, a designa­ 239; 243; 246-248; 250; 252-254; 262; 264; costituire da sola una
re la disciplina che, nelI'insieme deglí accor­ 270 S.; 274; 276] possono unirsi altri
gimenti che i poeti dovevano usare per rego­ esplosivi i fonemi (
lare metricamente il proprio discorso, studia Rupprecht, legge di. Fenomeno per cui della sillaba, precedo
in particolare la quantita delle vocali e delle nei dimetri anapestici catalettici con ehiusa vocale; implosivi que
sillabe. Nella sua accezione pió antica il u u quando iI primo metron presenta mediatamente. Si dia
vocabolo (che deriva da 1tpÓ~, «a, verso», una eonclusione contratta in uno spondeo termina con la vocale
e epoi¡, «canto») era usato (secondo il signi­ uu -), si evita in tragedia fine di vocale e seguita da fe¡
ficato di « tono sul quale eintonato un canto parola dopo la prima lunga di un tale brevi le sillabe aperte
o un discorso») per designare l'accento me­ «spondeo». [p. 165] lunghe tutte le altre
lodico della lingua greca. [pp. 38-58] parlare rispettivamel
Saffico. Termine usato a designare aleune e sillabe pesanti, ma
Prosodiaco. Termine (collegato alle pro­ sequenze metriche ed una strofe, legate al­ zione si e continuato
cessioni religiose, 1tpócroOOt) presente con ruso da parte di Saffo. Tra le sequenze in zionali termini brevel
piu di una accezione nelIa trattatistica anti­ questione ricordiamo soprattutto l'endeca­ ancora prevalente
ca, usato da aleuni metricisti moderni per sillabo saffico, - u - x - u u - u - x . [p. [pp. 15-19]
designare una serie di sequenze riconducibili 240]; la strofe saffica, secondo la divisione
ad uno schema originario u~ v><, v><, In gia adottata dagli editori alessandrini, era Si(m)miaco. Den.
questo lavoro se ne e limitato l'uso alla composta da tre endecasillabi saffici e da un aBa forma «ipercatall
forma x - uu - uu -. [pp. 188; 255 s.; adonio. [pp. 30; 240] maggiore (x x-\;)
25~ 259; 261; 263 sJ u - \..!), in collegame
Sandhí (<<collegamento»). Vocabolo san­ di Rodi, che probabl
Quantitativa, metrica. Una metríca, co­ scrito con cui si designano i fenomeni (gia usarla kata stichan. Ú
me quelIa greca antica, nella quale il dato studiati dagli antichi grammatici indiani) di
significativo consiste nel succedersi ordinato condizionamento prosodico, determina ti dal­ Si(m)mieo. Denon
di sillabe brevi e sillabe lunghe. [pp. 15-19] Ia concatenazione tra vocaboli all'interno pentametro dattilico
della caten a silIabica. [p. 18] bum, - u u - u u
Reiziano. Termine moderno (collegato al collegamento al poeu
nome del filologo tedesco del XVIII secolo Scazonte (<<zoppicante»). Si dice del tri­ probabilmente fu il
F.W. Reiz), usato in ambito greco a desi­ metro giambico (Vedi anche coliambo) e del stichon. [p. 181]
GLOSSARIO 337

tetrametro trocaico catalettico, in cui, con­ Sinafia da ()\)VÚTClW, «attacco». Termine


trariamente aBo schema normale del verso, tecnico che indica la connessione di un colon
la penultima posizione e occupata da una con quello successivo; quando tra di essi
sillaba lunga. [pp. 133 SS.; 140 s.] non c'e fine di parola si parla piu precisa­
mente di sinafia verbale; a proposito dei casi
in cui la fine di un colon coincidente con fine
1 Schema metrico. Il modello astratto di
una sequenza metrica ricavabile daIl'analisi
deBe sue concrete occorrenze. [pp. 18-19]
di parola subisce condizionamenti prosodici
dall'inizio del colon successivo (ad es. l'aper­
tura della sillaba finale tramite lo sposta­
mento della sua consonante finale nella sU­
Sede. Termine adoperato talvolta per moti­ laba successiva) si parla, su proposta di L.E.
vi descrittivi e corrispondente a quello di Rossi, di sinafia ritmico-prosodica. [pp. 21
*piede. [p. 24] S.; 177 s.; 197]

Sillaba. Segmento fonico che fa perno su Sinalefe. Fenomeno prosodico che si veri­
un nucleo sonoro che generalmente si iden­ fica quando la vocale finale (lunga) di un
tifica con una vocale; quest'ultima puó vocabolo e quella iniziale del vocabolo suc­
costituire da sola una silIaba oppure ad essa cessivo vengono pronunciate in un 'unica sil­
possono unirsi altri fonemi: sono detti laba (lunga) senza che ció sia evidenziato
esplosivi i fonemi che, nella formazione dalla scrittura. [pp. 42 S.; 48 s.]
deBa sillaba, precedono immediatamente la
vocale; implosivi quelli che la seguono im­ Sincope, sincopato. Termine e aggettivo
mediatamente. Si dice aperta una sillaba che corrispondente adoperato piu volte in ambi­
termina con la vocale, chiusa quella in cui la to metrico moderno a indicare il fenomeno
vocale e seguita da fonema implosivo. Sono per cui sequenze come *cretico, *baccheo,
brevi le sillabe aperte con vocale breve; sono *molosso, *spondeo compaiono in contesti
lunghe tutte le altre (sarebbe piu corretto giambici, e sequenze come *cretico, *molos­
parlare rispettivamente di sillabe leggere so, *spondeo compaiono in contesti trocaici
e sillabe pesan ti, ma nel corso della tratta­ come forme equivalenti rispettivamente del
zione si e continuato ad adoperare i tradi­ metron giambico e trocaico. [pp. 192;
zionali termini brevejlunga, dato il loro uso 194-196; 205; 209; 213]
ancora prevalen te in ambito metrico).
[pp. 15-19] Sinizesi. Fenomeno prosodico che consiste
nell'artícolazione in una sola sillaba di due
Si(m)miaco. Denominazione attribuÍta vocali (di cui la prima e piu spesso epsilon)
alla forma «ipercatalettica» dell'asclepiadeo che si susseguono immediatamente all'interno
maggiore (x x u u u u - - u u di un vocabol0. La sillaba articolata in que­
u \d), in collegamento al poeta Si(m)mia sto modo e lunga. [pp. 47; 49 S.; 55 n. 72]
di Rodi, che probabilmente fu il primo ad
usarla kata stichon. [p. 254] Sistema. Termine adoperato a indicare
una successione piuttosto estesa di cola
Si(m)mieo. Denominazione attribuita al o metra connessi tra loro in sin afia fino alla
pentametro dattilico catalettico in disylla­ pausa finale: si distingue dal verso solo per
bum, u u - u u u u- u u - \d, in una maggiore estensione. [pp. 22; 159 ss.]
collegamento al poeta Si(m)mia di Rodi, che
probabUmente fu il primo ad usarla kata Soluzione. Fenomeno metrico consistente
stichon. [p. 181] ne11a possibilita di realizzare all'ínterno di
338 GLOSSARIO

una sequenza metrica con due sillabe brevi Stichico. Vedi kata stichon. [pp. 20' 27-31' parola contemporan.
3~ , ,
un elemento lungo, che in tal modo viene ad quinto elemento lungi
essere «sciolto» in due componenti. Il con­ riscontrata una ~
cetto e il termine di soluzione vengono spes­ Stichos. Vedí verso. [pp. 71; 74]
so applicati, sebbene ció sia stato contestato
dal punto di vista teorico, anche ai casi di Sticometria (da aTÍX0<;, «verso» e Triade, o triade epOc
realizzazione con due sillabe brevi di ele­ IlS'tPStV, «mísurare»). La disposizione edi­ due unita strofiche in
menti liberi o brevi. [pp. 19 s.; 29; 78 s.; 80; toriale di un testo !irico secondo i versi di (strofe e antistrofe)j
82; 83; 86 ss.; 104; 106 ss.; 116; 119; 122 S.; cui esso e composto (i cola componenti terza di diversa fOJj
128 s.; l31 s.; l35; l38 s.; 140; 145-147; 149 vengono in genere segnalati tramite indenta­ [pp. 30; 31]
s.; 151 s.; 153; 156 S.; 159 s.; 184 S.; 187 s.; tura tipografica). [p. 23]
196 S.; 207; 211-213; 226; 229-232; 243 S.; Tribraco (da tpí¡;.,
247-249; 261; 268 S.; 274] . «breve»). Nella termil
Strofe (o stanza). La pió estesa tra le
strutture metriche in sé conchíuse; consta di il piede u u u: una
Sotadeo. Verso non-lírico costltmto da reaIta da considerarei
una serie di uníta minori. talvolta cola in
quattro ionici a maiore, di cui l'ultimo di luzione; pertanto il ter:
sinafia tra loro dall'inizio alla fine, piu spes­
forma abbreviata - - uu - - uu - - uu spesso usato, per moti
so versi l'uno ritmicamente autonomo ri­
- Id. E legato al nome di Sotade di Maro­ eare sedi solute nellesc
spetto aIl'altro (i quali possono unirsi tra
nea (inizio lB seco a.e.) che lo usó per 78 S.; 87; 89; 93 n. 63;
loro a costituire unita pió estese, delte perio­
composizioni di tipo oltraggioso e scurrile, 149 S.; 152]
di). [pp. 21; 28-31; 171; 176 s.; 179 s.; 186;
ammettendo (a quanto rísuIta dai fram­
195 s.; 198 s.; 203; 207; 211 s.; 217 S.; 223;
menti a lui sicuramente attribuibili) nei Trímetro. Termine JI
225; 227; 238; 239-243; 245; 249 s.; 263]
metra completi l'anaclasi - u-u. La pro­ sequenze costituite da
duzione in s. continuó in epoca ellenistica metra. [pp. l33 SS.; r
e imperiale, toccando punte di notevole Telesilleo. La sequenza eolica x­
u u u -, «acefala» rispetto al gliconeo. 203; 206; 217; 221 s.
liberta nelIa realizzazione dei primi tre me­ ulteriore qualificazioll
tra in un tipo di produzione dí caraltere [pp. 234 S.; 240 s.; 247]
termine la pió nota e
moraleggiante (i cosiddetti «sotadecl»). [pp. ze, il *trimetro giambi
36; 220; 231 s.] Teopompeo. Pentametro cretico con
i primi qualtro metra realizzati nella for­
ma di peoni primi (Vedi peone); il suo Tritemimere, ceSUI
Spondeo. La sequenza - -; in contesto
e
nome legato a queIlo del poeta comico «meta» e IlÉpO¡;, «p:
giambico e trocaico essa viene spesso inter­
Teopompo (fine V/ inizio IV sec.). [pp. 212 l'esametro posta dOI
pretata come forma «sincopata» o cataletti­
n. 8] [p. 621
ca di questi metra. [pp. 191 S.; 205 s.]

l:nOV()tl~roV. Vedi spondiaco. Tetrametro. Termine usato a indicare Trocaica, cesura. 1


una sequenza costituita da quattro metra. posta dopo il <<terzo t
[pp. 142 ss.; 154 ss.; 169 ss.; 174 s.; 191; 193; prima breve del bicep
Spondiaco o anovDEtúsroV. Si dice di un
verso. [pp. 51; 61 S.; «
esametro in cui il quinto biceps e realizzato 203 S.; 212; 216-220; 221; 230 s.; 280; 283;
285 s.]. Senza uIteriore qualificazione si in­ 75]
da sillaba lunga, dunque con uno «spon­
deo» in quinta sede. Esametri di questo tipo tende con questo termine la piu nota e diffu­
sono rarí in tutte le epoche della storía del sa di queste sequenze, il tetrametro *trocai­ Trocaico, tetrame
verso e assolutamente evitati da Nonno di co catalettico. [pp. 115-132] verso - u - x - V
Panopolí e daí suoí seguaci. [pp. 61; 67; 68; [pp. 28; 29; 31; 33; 36
73] Tiedke e Meyer, legge di. Fenomeno
os servato nell'esametro callimacheo e in Trocheo (da tpÉXElV
Stanza. Vedi strofe. quello di Nonno: consiste nell'evitare fine di ne probabilmente al I
GLOSSAR10 339

parola contemporanea dopo il quarto e il versi trocaici). Il «piede» - u; unita di misu­


quinto elemento lungo. In Nonno e stata ra di ver si e cola trocaici e in realta il metron
riscontrata una eccezione ogni 500 versi. trocaico di forma - u - x. [pp. 24; 29-31;
[pp. 71; 74] 170; 202-209; 212; 257; 259; 262 s.; 263];
succeSSlOlll trocaiche della commedia.
Triade, o triade epodica. Struttura in cui [pp. 131 s.]
due unita strofiche in responsione tra loro
(strofe e antistrofe) sono seguite da una Verso. Termine adoperato ad indicare uni­
terza di diversa forma metrica (epodo). ta metriche ritmicamente autonome, sia nel­
[pp. 30; 31] la metrica recitata (ció che i greci chiamava­
no O'Tíxor;, ad esempio, il trimetro *giambi­
Tribraco (da Tpír;, «tre volte», ~paxúr;, co) sia nella lirica; in quest'ultimo ambito
«breve»). Nella terminologia metrica antica i metricisti anglosassoni adoperano spesso,
il piede u u u: una tale successione e in invece del termine verso, il termine «pe­
realta da considerare il risultato di una *so­ riod», oppure, specificando ulteriormente,
luzione; pertanto il termine viene anche oggi «minar period», sentendo questa unita come
spesso usato, per motivi di praticita, a indi­ inserita in una piu estesa, appunto il *perio­
care sedi solute nelle sequenze metriche. [pp. do. [pp. 20; 21 s.; 24; 169 s.; 210; 240; 267;
78 s.; 87; 89; 93 n. 63; 116; 131; 145 s.; 147; 271; 281; 283]
149 s.; 152]
Wernicke, legge di. Legge dell'esametro
dattilico (in realta gia notata da E. Gerhard),
Trimetro. Termine adoperato a designare
relativa al fatto che in quarta sede si ha di
sequenze costituite dalla successione di tre
solito uno «spondeo» coincidente con fine
metra. [pp. 133 ss.; 176; 178; 191; 198-200;
di parola solo con parole la cui ultima
203; 206; 217; 221 s.; 227; 285 s.]. Senza
sillaba abbia una vocale lunga o un dittongo
ulteriore qualificazione si intende con tale
(in altre parole si evita una parola terminata
termine la piu nota e diffusa di tali sequen­
da sillaba aperta con vocale breve seguita da
ze, il *trimetro giambico.
inizio biconsonantico del vocabolo successi­
vo e una parola terminata da sillaba chiusa
Tritemimere, cesura (Tpdr;, «tre», lÍl-tt-, con vocale breve seguita da inizio consonan­
«meta» e I-iÉpor;, «parte»). Incisione del­ tic o del vocabolo successivo). [pp. 67; 69 n.
l'esametro posta dopo il terzo elemento. 30]
[p. 62]
Wifstrand, legge di. Legge osservata nei
Trocaica, cesura. La cesura dell'esametro dimetri anapestici non lirici della tragedia
posta dopo il «terzo trocheo», cioe dopo la e della Commedia di Mezzo e Nuova, per
prima breve del biceps del terzo metron del cui si evita di porre davanti alla dieresi
verso. [pp. 51; 61 s.; 66; 68; 71 n. 39; 72 s.; centrale o in ultima posizione nel colon un
75] monosillabo (o un bisillabo di forma u u)
preceduto da una successione spondaica
Trocaico, tetra metro catalettico. 11 conclusa da fine di parola. [pp. 163 s.]
verso - u - x - U - X - U - X - u 'd.
[pp. 28; 29; 31; 33; 36; 115-132] Wilamowitzianus. Vedi coriambico, di­
metro. [p. 234]
Trocheo (da TpÉXf:1V, «correre», in relazio­
ne probabilmente al movimento rapido dei Zeugma. Vedi ponte.

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