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Amleto, Shakespeare

Atto I

(1) La scena inizia con Francesco durante il suo turno di guardia. Entra Bernardo per dargli il cambio e poco
dopo Marcello e Orazio, quest’ultimo curioso di sapere se è effettivamente vero che le due guardie vedano
tutte le sere lo spettro di qualcuno, come vanno dicendo. Ad un certo punto effettivamente uno spettro si
palesa, e a Orazio pare che possegga le sembianze di re Amleto, da poco deceduto, armato e rivestito
d’armatura. Questo è forse dovuto a un «ribollimento» nello stato: si racconta di come Amleto abbia
sconfitto a duello Fortebraccio, re di Norvegia, costretto, morto, a concedere alcuni possedimenti alla
Danimarca. Ora che è Amleto ad essere morto, il figlio di Fortebraccio rivendica le proprie terre e schiera le
truppe alla battaglia. Dopodiché si assiste a una successiva apparizione dello spettro che, accingendosi a
parlare, scompare, poiché è arrivata l’alba. (2) alla corte del re Claudio, zio del principe Amleto, questi tiene
un discorso di come è bene, dopo avere sofferto per il lutto subito, iniziare a reagire e pensare ad altro.
Probabilmente il suo è un modo per non far riflettere i propri sudditi e ai propri cortigiani sulla morte del
precedente re. Invia poi due messaggeri a Norvegia, zio del principe Fortebraccio, così da fargli ritirare le
truppe. Si rivolge poi ad Amleto, ancora rattristito dalla morte del padre. Segue un monologo in cui si spiega
di come non è consono ad un principe maschio scoraggiarsi per un lutto, poiché sono avvenimenti che fanno
parte del ciclo naturale delle cose. Escono quindi tutti tranne Amleto, che fa qui il suo primo monologo, in
cui definisce incestuosa la relazione tra sua madre e suo zio. Entrano poi Marcello Orazio e Bernardo che gli
rivelano l’apparizione dello spettro. Amleto decide di verificare personalmente. (3) A casa di Polonio,
ciambellano di corte, invece di una situazione regale si presenta un clima famigliare, in cui Laerte, suo figlio,
intento a partire per la Francia, saluta accortamente la sorella Ofelia, e le suggerisce di non lasciarsi
invaghire da Amleto, che essendo un principe non può permettersi di sottostare alle proprie emozioni, che
dovrà sopprimere per il bene dello stato. Polonio invece impartisce lezioni di vita a suo figlio, in vista della
sua partenza. - Qui si vede la differenza che ha con Amleto. I due infatti sono da un lato vecchio, accorto e
vissuto, capace quindi di consigliare sulla base dell’esperienza, dall’altro giovane, impulsivo e pensieroso, in
grado di parlare solo sulla base dei propri ragionamenti incentrati sul senso della vita - . Dopo la partenza di
Laerte, Polonio si rivolge alla figlia a cui si consiglia di lasciar perdere Amleto, un principe fuori dalla sua
portata. (4) Ci spostiamo sulla cima della torre, il punto più alto, distante dalla terra, che possa confinare con
il mondo ultraterreno dei morti. È quasi mezzanotte. Si sente una gran fanfara, suoni di una festa data da
Claudio. Questo è motivo di Amleto per imprecare contro suo zio e i suoi usi in seguito alla morte del padre,
di cui ora ricopre la carica, sul cui posto si siede ma del quale non è degno nemmeno la metà. A questo punto
compare lo spettro che suscita in Amleto un misto di curiosità e paura. Pronuncia quindi un monologo sul
senso delle cose e sul senso della vita e il suo legame con il soprannaturale. Lo spettro fa cenno solo ad
Amleto di avvicinarsi. (5) È la scena dedicata al dialogo tra Amleto e lo spettro che si rivela suo padre e
un’anima dannata, forse destinata a una realtà simile al Purgatorio, in cui espiare le proprie colpe. Gli è
vietato raccontare ciò che avviene nell’oltretomba, perché «non è per orecchi di carne e di sangue», un essere
umano non riuscirebbe a metabolizzare certe rivelazioni. Suo figlio è costretto a vendicarlo, perché la morte
non è stata accidentalmente dovuta da un serpente ma pianificata da re Claudio, che versò nell’orecchio di
suo fratello un veleno, il giusquiamo, mentre dormiva nel suo giardino, rubandogli così «in un sol colpo la
vita, la corona e la regina» (Of life, of crown, of queen, at once dispatched). Nei confronti della regina lo
spettro ha un atteggiamento ambivalente: la incolpa di non vedere l’animo vile del cognato ma allo stesso
tempo è da questi che è tratta in inganno. Ciò che rende più atroce l’omicidio è il fatto che essendo stata colta
di sorpresa l’anima non ha potuto avere il tempo di fare ammenda dei propri peccati. Il monologo si chiude
con l’ammonimento alla vendetta e alla noncuranza della madre Gertrude, dato che lei da sola sa dei propri
peccati. Chiede al figlio di non dimenticarlo. Dopo la sparizione dello spettro Amleto giura che non vivrà per
altro d’ora in poi se non per vendicare suo padre, dimenticandosi di tutto il resto. Entrano quindi Marcello e
Bernardo che chiedono di sapere cosa sia successo con il fantasma, ma Amleto respinge la richiesta e anzi
costringe i due a reprimere la propria curiosità e di giurare sulla spada di non raccontare nulla e di non fare
dubitare altre persone sui suoi prossimi atteggiamenti. -Amleto sa che attuando la vendetta attirerà la propria
fine; è una sorta di eletto che deve sfruttare le proprie qualità coscienziose per riportare equilibrio e ordine.
La sua capacità di porsi dubbi e ragionare sul senso dell’esistenza gli permette di accedere alla verità prima
che gli venga rivelata, rendendolo così una «profetica anima» (prophetic soul)-.
Atto II

(1) Si assiste a un dialogo tra Polonio e il suo servitore Rinaldo a cui viene chiesto di scoprire quali danesi
vivono a Parigi e capire se conoscono Laerte; Rinaldo dovrà cercare di farsi dire da questi quali abitudini
Laerte conduca, così che Polonio possa scoprire se il figlio conduce azioni indegne. È un primo esempio di
falsità usato per arrivare alla verità, cosa che metterà in atto anche Amleto, fingendosi pazzo per scoprire la
verità su suo padre. Lo stesso Polonio afferma che «con l’esca di una frottola si pesca una carpa di verità».
Esce Rinaldo e entra Ofelia, che parla del curioso comportamento di Amleto. Polonio sospetta che il principe
sia impazzito perché la figlia ha rifiutato le sue lusinghe, come le era stato consigliato. (2) Rosencratz e
Gildersten, amici d’università di Amleto, e chiaro riferimento all’esoterismo rosacrociano del periodo,
vengono invitati dal re e dalla regina per indagare sullo strano comportamento di Amleto, che secondo loro è
dovuto alla morte del padre. I due accettano e escono di scena. Entra Polonio, certo della causa della pazzia
di Amleto, ma prima di rivelarla annuncia il ritorno dei due ambasciatori mandati a Norvegia, i quali
riportano che il sovrano ha richiamato le truppe del nipote e che adesso queste saranno indirizzate verso la
Polonia, chiede però al re il permesso di passare per le proprie terre. Ora parla Polonio che ricerca nell’amore
non ricambiato dalla figlia per il principe la causa della sua pazzia. Ammette che la colpa è sua, dato che lui
dette questo consiglio alla figlia. Chiede quindi ai due regnanti di permettergli di scoprire la verità. Entra ora
Amleto con un libro in mano. Polonio dialoga con lui, che utilizza un linguaggio scomposto, insensato,
sconnesso, inadeguato ad un principe. Polonio esce, cascato nel tranello. Entrano invece Rosencratz e
Gildersten, dei quali Amleto, pur cambiando atteggiamento e linguaggio, scopre l’ingenuità, simile a quella
di Polonio. I due infatti si dimostrano lusinghieri a tal punto da far sospettare Amleto, che riesce a far loro
vuotare il sacco: non sono ad Elsinor per una semplice visita ma perché sono stati chiamati dal re. Segue uno
sproloquio di Amleto sull’insensatezza che il mondo e l’uomo, «quintessenza di polvere», hanno acquisito
per lui. La conversazione si sposta ora sugli attori che stanno arrivando per rallegrare la corte di re Claudio.
Ne entrano quattro o cinque dopo una discussione sul fare recitare i ragazzi e gli adolescenti. A uno di loro
viene chiesto di recitare un pezzo sulla morte di Priamo ed il lutto portato ad Ecuba. Amleto è colpito dalla
bravura dell’attore, i suoi compagni vengono fatti accomodare mentre a lui viene chiesto se l’indomani
potranno mettere in scena L’assassinio di Gonzago. Escono tutti, tranne Amleto che pronuncia un monologo
per inveire contro se stesso: diversamente dall’attore, che riesce a immedesimarsi anche in avvenimenti che
non lo riguardano affatto, Amleto non riesce nemmeno a provare sconforto per ciò che gli è stato
raccomandato, e per questo è un vile, non riesce a comprendere la causa per cui gli è stato chiesto di lottare.
La messa in scena de L’assassinio di Gonzago, che ricalcherebbe l’assassinio di suo padre, gli farà capire se
lo spettro, di cui ancora dubita, ha o meno le sue ragioni.

Atto III

(1) Il re e la regina si fanno dire da Rosencratz e Gildersten che Amleto è effettivamente pazzo ma non ha
voluto rivelare perché. Con Polonio si decide quindi di farlo interagire con Ofelia, così da vedere se
ammetterà il motivo della sua follia. Avverrà quindi un doppio gioco di sguardi: mentre Polonio e re Claudio
osservano Amleto da dietro una tenda, questi li osserva da dietro la follia. Escono tutti tranne Ofelia. Qui
entra Amleto che pronuncia il celebre monologo sull’esistenza: «Essere o Non Essere». Subito dopo entra a
colloquio con Ofelia, che afferma di aver compreso l’amore di Amleto. Ma questi nega di averla mai amata,
e le suggerisce, piuttosto che sposarsi, di andare in convento. Ofelia da questa dichiarazione diventerà
davvero pazza e come il suo amato, che folle è per gioco, sarà destinata a morire . Il re ha ora capito che la
pazzia di Amleto è dovuta ad altro, ed è deciso a segregarlo in Inghilterra, ma Polonio suggerisce di condurlo
a colloquio con la madre, subito dopo la recita, e se nemmeno con lei riuscirà a dichiarare ciò che lo ha
dissennato allora il re sarà libero di spedirlo dove vuole poiché «La pazzia dei grandi deve essere
sorvegliata». (2) La scena inizia con Amleto intento a dare una lezione di recitazione agli attori, così che
possano essere il più naturali possibili nell’interpretazione. È una fonte essenziale per scoprire le tendenze
recitative dell’Inghilterra elisabettiana, e ci regala un’idea di esibizione molto moderna e che ne vede il fine
nel «reggere lo specchio della natura». Nel recitare gli attori non devono essere né troppo esibizionisti né
troppo irrisoluti, ma devono cercare di conciliare adeguatamente l’intelligenza, che è allenabile, al gusto, il
senso di sensibilità artistica, che è però innato. Seguendo queste dritte, gli attori potranno persuadere il
giudizio degli «esperti», che deve valere più degli «inesperti». Detto questo, gli attori vanno a prepararsi,
mentre Amleto pianifica con Orazio, di cui si fida, di osservare bene il re durante la rappresentazione, che
parla dell’assassinio di Gonzago, un duca italiano. L’assassinio viene attuato in una maniera simile a come lo
spettro aveva affermato di essere stato ucciso, e così durante la recita il re si alza e scappa: «Luce, luce, luce»
è ciò che urla, perché nell’oscurità della rappresentazione – si è scoperta la verità, conviene quindi per lui di
tornare alla luce. Amleto è ben soddisfatto perché adesso si è convinto a fidarsi dello spettro, e dopo aver
fatto capire a Rosencratz e Gildersten di sapere i loro intenti, viene informato da Polonio che la madre vuole
parlare con lui. Accetta, e si ricorda che nell’ora della notte non deve lasciarsi guidare da cattive intenzioni.
(3) Il re ha ormai deciso di spedire Amleto, additato come un minaccia per lo stato, in Inghilterra e incarica
Rosencratz e Gildersten di accompagnarlo. I due accettano ed escono. Polonio ribadisce al re dell’imminente
colloquio tra la regina e il principe e che lo ascolterà tutto. Rimasto da solo, Claudio inizia un lungo
monologo: più che un pentimento è una confessione del delitto commesso, per rendersene conto e per
comprenderne la gravità. Vorrebbe pentirsene ma non gli riesce, la sua colpa lo opprime troppo e il pensiero
di essa - ancora una volta - lo rende incapace di agire. Forse è nella preghiera che può trovare una sorta di
salvezza, pregare di essere perdonato. È un desiderio realizzabile nel mondo terreno «ma lassù?» Il mondo
celeste non può essere ingannato, non concede la grazia se si persevera nel peccato, come Claudio che ha
ancora corona e regina di suo fratello. L’essere umano deve espiare da solo, con il proprio pentimento, le
proprie colpe. Si inginocchia e prega, sperando di trovare la possibilità di pentirsi. Entra quindi Amleto che
lo vede. Potrebbe agire ora e ucciderlo, ma non lo fa: crede che lo zio stia prendendo atto delle proprie colpe
e se lo uccidesse ora la sua anima sarebbe accolta in cielo, diversamente dal padre che ucciso
improvvisamente deve subire i fardelli dell’aldilà. Se ne va quindi da sua madre, mentre Claudio con le sue
ultime battute fa intendere che il pentimento non era reale. (4) È ora la scena che vede interamente il dialogo
tra Amleto e la madre, che Amleto pensa complice del re. Assume quindi un atteggiamento che spaventa la
regina e fa sussultare Polonio, dietro la tenda, il quale, scambiato per il re, viene pugnalato da Amleto, che
subito dopo rimprovera la madre per la sua condotta priva di virtù. Ma viene rimproverato dallo spettro del
padre, che compare solo a lui. Si crea quasi una situazione famigliare. Amleto è ora condotto ad ammonire la
madre verso una retta condotta, in cui finga la virtù se proprio non l’ha, e poi le dice di rivelare il tutto a
Caudio. Esce trascinando via il cadavere di Polonio - consapevole del destino che lo aspetta: per vendicare la
morte del padre ne ha ucciso un altro che richiede la sua morte, immettendosi in una spirale di sangue -.

Atto IV

(1) Entra il re, e viene informato dell’accaduto dalla regina. Claudio adesso è più deciso che mai ad
allontanare Amleto dal proprio regno, e lo farà prima del tramonto («non ancora il sole avrà toccato i monti
che noi lo imbarcheremo»). Ordina poi a Rosencratz e Gildersten di cercare Amleto e farsi dire dove sia il
cadavere. (2) I due trovano il principe ma non riescono a farsi dire dove sia il corpo di Polonio. Lo
conducono poi dal re (3) che nel frattempo sta pianificando l’allontanamento del nipote. Amleto arriva al suo
cospetto ma si rifiuta di rispondere alle sue domande. Accetta però l’esilio in Inghilterra, dove il re ha fatto
richiesta che venga ucciso. (4) Prima di partire per l'Inghilterra, Amleto incontra Fortebraccio che attraversa
la Danimarca per conquistare delle terre in Polonia. Parlando con il capitano delle truppe Amleto capisce che
l’impresa è più irrilevante di quanto Fortebraccio voglia farla sembrare. L’incontro suscita quindi la
declamazione di un monologo: Amleto pensa che l’imbattersi in questo esercito sia dovuto per motivarlo al
compimento della sua causa. Trova che l’uomo non sia nient’altro che una bestia, dato che spreca il suo
tempo «nel dormire e nel mangiare», ma diversamente dalle altre bestie ha avuto in dono il «giudizio», che
possa esser dimenticanza delle origini bestiali dell’uomo o «vile scrupolo di meditar troppo» che ancora una
volta blocca all’azione. E infatti Amleto nonostante «causa mezzi forza e volontà» per compiere ciò che gli è
stato richiesto sta fermo, non agisce. Fortebraccio invece sta conducendo truppe in una battaglia che è
sollevata da motivazioni futili e inconsistenti. E così compare ad Amleto questo divario che lo distingue
dall’esercito norvegese: lui, motivato da intenzioni degne d’azione, si trova in una situazione dormiente,
mentre i soldati, incitati a combattere per un pezzo di terra inutile «che nemmeno basta a coprire i morti»,
sono ben che pronti a mettersi in gioco, sapendo anche di rischiare la morte. Amleto prende quindi la sua
ultima decisione: il momento di pensare è finito, è momento di agire e tingersi di sangue. (5) La scena si apre
con Ofelia, ormai folle per il dolore per la morte del padre e il rifiuto di Amleto. La regina tenta di riportarla
alla ragione ma Ofelia non risponde e si limita a cantare tristi canzoni d’amore. Laerte torna dalla Francia ed
esige che gli dicano la verità sulla morte del padre, e il perché non gli siano stati concessi i funerali di Stato.
Anche il popolo è in subbuglio. Mentre il re si prepara ad offrirgli spiegazioni, Ofelia entra in scena in preda
alla pazzia, e Laerte, vedendola, giura vendetta ai responsabili. (6) Orazio riceve una lettera di Amleto da dei
marinai. Viene informato che il principe è stato rapito da dei pirati che hanno attaccato la sua nave, che lo
hanno trattato con ritegno e che deve dare delle lettere al re. Rosencratz e Gildersten sono ancora in viaggio.
(7) Claudio ha intanto rivelato a Laerte che il responsabile della morte di Polonio è Amleto, che non ha
potuto punire per l’affetto che gli porta la madre e la grande stima che il popolo ha di lui. Entra poi un messo
che porta delle lettere, in cui si annuncia il ritorno di Amleto. I due escogitano quindi un’imboscata: Laerte,
elogiato da Claudio per la sua abilità nella scherma, dovrà sconfiggere Amleto a duello. Sulla punta della
spada Laerte cospargerà un unguento mortale, che anche con il minimo taglio inflitto condurrà Amleto a
morte certa. Claudio preparerà nel frattempo una coppa, avvelenata anche quella, con la quale il principe
possa dissetarsi durante il duello. Entra infine la regina che annuncia la morte di Ofelia, annegata in un lago
mentre intrecciava ghirlande di fiori. Laerte adesso ha tutti i buoni motivi per vendicarsi.

Atto V

(1) La scena si apre con due becchini intenti a scavare la fossa per Ofelia e nel mentre conversano. Il loro
dialogo specula sull’«Essere o Non Essere», si interroga sulla morte, sul suicidio, sulle condizioni terrene
che influenzano la grazia dei vivi sui morti. Esce un becchino, e al suo posto entrano Amleto e Orazio, che
vedono l’altro becchino scavare la fossa e dissotterrare teschi di morti, noncurante dell’azione sconsolante
che sta compiendo. È solo «un’indifferenza che nasce dall’abitudine». I teschi fanno ancora una volta
riflettere Amleto sul senso della morte: si stupisce di come chiunque essi fossero o di cosa avessero compiuto
in vita, adesso sono tutti in possesso di «Madama Verme», cumuli e ammassi di ossa inutili che «non
servono neppure a giocare alle bocce». Si commuove nello scoprire il cranio del buffone di corte, Yorick,
che tanto lo aveva divertito da piccolo, e la cui vitalità ora è spenta. Arriva il corteo funebre di Ofelia. Il
prete sostiene che la defunta non si meriti queste esequie, sostenendo che si sia suicidata, e viene quindi
maledetto da Laerte che si getta nella bara per abbracciare un’ultima volta la sorella, seguito da Amleto che
dichiara un amore per Ofelia insuperabile da quello del fratello. I due iniziano a battersi e li separano.
Amleto esce e viene seguito da Orazio (2) a cui racconta che prima di essere stato rapito dai pirati era
riuscito a scoprire la missiva di re Claudio al re di Inghilterra a cui veniva chiesto di decapitare Amleto. Il
principe allora aveva scambiato la lettera con un’altra in cui veniva specificato che chi veniva mandato a
morte erano Rosencratz e Gildersten. Entra poi Osric, che informa Amleto che Laerte lo sfiderà a duello e
che il re ha scommesso su di lui. Amleto tenta un riconciliamento con Laerte, che pur sembrando di
accettarlo vuole sfidarlo a duello. Il duello comincia. Dopo i primi scambi, il re offre la coppa avvelenata ad
Amleto, che la mette da parte. Amleto vince il primo assalto e la regina beve alla sua salute, bevendo dalla
coppa avvelenata. Nella confusione che ne segue, Amleto e Laerte si scambiano le armi e ne restano
entrambi avvelenati. La regina muore e Laerte rivela il suo stratagemma e quello del re. Amleto si getta
allora sul re e lo trafigge con la punta della spada avvelenata, poi lo costringe a bere dalla coppa avvelenata.
Laerte muore dopo essersi riconciliato con Amleto, perdonandolo: il perdono è l’unica via di scampo da
questa spirale di morte. Orazio vorrebbe bere a sua volta dalla coppa avvelenata, ma Amleto lo dissuade e gli
dà l'incarico di far conoscere la sua storia. In fin di vita il principe vorrebbe parlare ai sudditi, al pubblico che
ha assistito a questo massacro ma… si ferma, non vale la pena parlare ancora, lascia agli spettatori la
riflessione su ciò che hanno visto. Beve quindi dalla coppa avvelenata e muore, esprimendo il desiderio che
il principe Fortebraccio, di ritorno dalla Polonia, regni anche sulla Danimarca. Entrano anche ambasciatori
inglesi che annunciano l'esecuzione di Rosencrantz e Guildenstern. Orazio afferma di poter riferire tutto
l’accaduto che ha portato a questa strage, e subito dopo Fortebraccio ordina le onoranze funebri di Amleto.

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