Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
-1-
PierVittorio Formichetti, Ulisse di Joyce: il naufragio dell’eroe
l’ora dei suoi incontri con l’amante (per i pignoli: tra le 4 e le 4 e mezza del
pomeriggio). Quando Ulisse torna a Itaca, l’ultima prova a cui Penelope lo sottopone
per sincerarsi che sia veramente lui è ordinare alle serve di spostare il letto
matrimoniale dalla loro stanza, ma Ulisse – unico a poter saperlo - risponde che è
impossibile perché lo costruì lui stesso ancorato al tronco di ulivo intorno al quale
sorge il palazzo; Bloom, a tarda notte, torna a casa e inciampa in un mobile che
proprio Molly ha spostato in sua assenza.
Anche mr. Bloom però vive il suo momento epico, quando, pur rischiando una rissa,
tiene testa al Cittadino (anonimo perché lui sì, al contrario di Ulisse, è un perfetto
Nessuno!) che è un piccolo Ciclope perché non fa che guardare (ma con un occhio
solo, dunque non vedendo bene come crede) e sbranare, verbalmente, gli stranieri
immigrati in Irlanda, come il padre di Bloom, l’ebreo ungherese Rudolf Virag. Le
lontane origini orientali di mr. Bloom tornano spesso nei suoi pensieri ondivaghi,
sovente rievocate da ritagli di paesaggio marino che sono quasi il correlativo
oggettivo degli orizzonti, più vasti della “grigia” Dublino, che Leopold sogna ma mai
raggiunge.
La piccola Odissea – mentale e urbana - di mr. Bloom è infatti anche il tentativo, solo
in parte consapevole ma abituale, di trovare qualcosa, forse «il punto morto del
mondo» come direbbe Eugenio Montale (Ossi di seppia – I limoni), che gli permetta di
uscire dal labirinto della quotidianità e del conformismo. Conformismo da lui subìto
e allo stesso tempo espresso, e labirinto che è forse soprattutto quello della sua stessa
vita, il cui «egresso» Bloom immagina di trovare nell’affetto paterno per il giovane
Stephen Dedalus, il cui cognome, non per caso, è il nome del mitologico inventore
del Labirinto di Creta. Sia Bloom, conformista e sognatore, sia Dedalus, idealista e
contestatore, aspirano a raggiungere una “patria umana” più viva di quella in cui
vivono; in entrambi (e talvolta anche in noi) si ripete l’inquieta domanda del giovane
Encolpio, uno dei protagonisti del Satyricon di Petronio: «Quid faciamus, homines
miserrimi, et novi generis labyrintho inclusi?» (Satyricon, 73, 1), durante la permanenza
nella labirintica domus del liberto Trimalcione e durante la sua cena ancor più
labirintica – in quanto costellata di sorprese e d’inganni – preparata non a caso da un
cuoco, indubbiamente omerico, di nome Dedalus.
PierVittorio Formichetti
-2-