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La protesta degli Inuit a Strasburgo, avvenuta nel 2015, ha sollevato questioni cruciali legate al
divieto di caccia alle foche imposto dal Parlamento europeo, che coinvolge non solo questioni
ambientali, ma anche le tradizioni e le economie locali.
Il divieto ha avuto un impatto significativo sulle esportazioni di pelli di foca, causando un crollo del
90%. Questo ha colpito duramente le economie di molte comunità costiere della Groenlandia,
mettendo a rischio il sostentamento di quest'ultime.
Molti rappresentanti Inuit hanno difeso con fervore la caccia alle foche, considerandola un
elemento vitale del loro modo di vivere, fornendo alimenti, abbigliamento e fonti di reddito per le
proprie comunità.
Gli Inuit hanno cercato il sostegno finanziario dei deputati europei per avviare una campagna
informativa volta a cambiare l'immagine negativa legata alla lavorazione delle pellicce di foca.
L'obiettivo è quello di ripristinare le esportazioni ai livelli precedenti al divieto del 2010. Tuttavia, si
sono scontrati con una notevole ostilità pubblica, soprattutto a causa della caccia ai cuccioli di foca
in Canada.
Di fronte a questa complessa situazione, gli ambientalisti suggeriscono che l'Unione europea possa
fornire sostegno finanziario ai cacciatori Inuit. Questo supporto mirerebbe ad alleviare le difficoltà
economiche causate dal divieto, contribuendo simultaneamente alla conservazione delle
popolazioni di foche.
Il movimento globale contro la caccia alle foche ha le sue radici in un curioso episodio
cinematografico: un film del 1964 intitolato "Les Grands Phoques de la Banquise". Questo film in
bianco e nero, trasmesso sia in Europa che in Canada dalla Canadian Broadcasting Corporation, era
sensazionalistico e conteneva scene di tortura animale al limite dell'insopportabile anche per gli
standard attuali. Tra le sequenze più discusse c'era un filmato manipolato che sembrava mostrare
una foca scuoiata viva.
L'impatto di queste immagini fu immediato, suscitando una forte reazione dalle organizzazioni
internazionali per la protezione degli animali. Tuttavia, le reazioni erano basate su una
rappresentazione distorta della realtà, poiché i cacciatori di foche professionisti seguono
procedure specifiche per ridurre al minimo la sofferenza degli animali uccisi.
In quel periodo, la protezione delle foche era essenziale a causa della loro pericolosa diminuzione
delle popolazioni e del rischio di estinzione. Oggi, sia sostenitori che critici concordano sul fatto
che le diverse specie di foche non sono più in pericolo di estinzione, né nell'Oceano Atlantico né
nella regione dei Grandi Banchi di Terranova. Secondo Fisheries and Oceans Canada,
un'organizzazione governativa che monitora la caccia alle foche, la popolazione di foche della sella
canadese conta oggi circa 7,4 milioni di individui, sei volte di più rispetto agli anni '70.
L'efficacia dei movimenti per la salvaguardia degli animali ha contribuito all'aumento delle
popolazioni di foche, rendendo più complesso per l'industria ittica proteggere altre specie marine
a rischio. Ad esempio, un singolo esemplare adulto di foca grigia può consumare circa due
tonnellate di altre specie marine in un anno, tra cui il merluzzo, che costituisce il 50% della sua
dieta. Questo solleva domande cruciali sul delicato equilibrio tra la conservazione di una specie e
l'impatto sulle altre.
È interessante notare che i cacciatori professionisti di foche seguono una procedura specifica di tre
passaggi per ridurre al minimo la sofferenza dell'animale ucciso, il che solleva un'ironica riflessione
sulla crudeltà relativa delle pratiche alimentari. Questi cacciatori sostengono che la caccia di oggi è
meno crudele di quella che avviene nei macelli, dove vengono portati i comuni animali
d'allevamento.
John Ralston Saul, autore e intellettuale canadese, spiega la paradossale situazione in cui le società
industriali hanno cercato di persuadere gli Inuit a cacciare secondo il modello europeo, solo per
poi rifiutare questa pratica e dichiararla abominevole. Ciò ha costringendo le comunità aborigene
a riorganizzare le loro vite su standard esterni. Questo cambio repentino di atteggiamento solleva
interrogativi sulla coerenza e la comprensione delle diverse pratiche di caccia.
Le società industriali spesso faticano ad accettare la possibilità di prendersi cura degli animali e,
contemporaneamente, utilizzarli come risorsa per cibo, abbigliamento o altri scopi. Questo
dualismo, come evidenziato da John Berger in "Why Look at Animals", costituisce la base del
rapporto uomo-animale. Il rifiuto di questo dualismo potrebbe addirittura contribuire alla
formazione di una forma di totalitarismo moderno, secondo Berger.
Berger sottolinea che, nel momento in cui l'essere umano dimentica le leggi della natura, perde
gradualmente la capacità di riconoscere altre verità. Ogni forma di vita esistente si nutre di altre
forme di vita, e il lupo, per esempio, non esprime rimorso prima di consumare la preda appena
cacciata.