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World Economic Forum, The role of technology innovation in accelerating food
systems transformation, gennaio 2018.
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Cfr. T. Searchinger, World resources report. Creating a sustainable food
future. A menu of solutions to feed nearly 10 Billion People by 2050 (Final
report, July 2019).
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Non sto qui per altro considerando la questione dell’abbattimento di animali
per scopi non alimentari, ad esempio per la produzione di scarpe, portafogli,
borse e altri accessori. Per avere un’idea di questi aspetti e riflettere,
nello stesso tempo, sulla questione della trasformazione dei sistemi di
produzione del cibo cfr. World Economic Forum, Innovation with a purpose, cit.
4
E, ancora, alla sostituzione completa di pelle con similpelle (detta anche
pelle sintetica o finta pelle), per quanto attiene all’industria
dell’abbigliamento e degli accessori.
5
Cfr. https://www.cnet.com/news/beyond-meat-vs-impossible-burger-whats-the-
difference/ (ultimo accesso 10 dicembre 2019).
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A. C. Williams, L. J. Hill, Meat and Nicotinamide: a causal role in human
evolution, history, and Demographics, in «International Journal of Tryptophan
Research», 10, pubblicato on line il 2 maggio 2017.
7
A proposito dell’esplosione cambriana cfr. S. J. Gould, Il pollice del panda.
Riflessioni sulla storia naturale (1980), tr. it. Il Saggiatore, Milano 2009.
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A. C. Williams, L. J. Hilo, op. cit.
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B. Pobiner, Evidence for Meat-eating by early humans, in «Nature Education
Knowledge», 4, 6, 2013.
10
Ibid.
11
Cfr. K. Milton, A Hypothesis to explain the role of meat-eating in human
evolution, in «Evolutionary anthropology», 8, 1, 1999.
12
D. R. Braun et al., Early hominin diet included diverse terrestrial and
aquatic animals 1.95 Ma in East Turkana, Kenya, in «Proceedings of the National
Academy of Sciences» USA 107, 2010, pp. 10002-10007.
13
K. D. Zink, D. E. Lieberman, Impact of meat and Lower Palaeolithic food
processing techniques on chewing in humans, in «Nature», 531, 2016, pp. 500-
503.
14
Cfr. J. Silvertown, A cena con Darwin. Cibo, bevande ed evoluzione (2017),
tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 2018.
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P. Donatelli, Il lato ordinario della vita. Filosofia ed esperienza comune,
Il Mulino, Bologna 2018, p. 146.
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In effetti, ciascuna epoca storica ha il proprio modus manducandi. Da questo
punto di vista, non deve stupire (neanche) che Homo abbia praticato il
cannibalismo in una specifica fase della sua storia evolutiva (cfr. V. Lusetti,
Il cannibalismo e la nascita della coscienza, Armando Editore, Roma 2008).
17
Cfr. C. Singer, Storia della tecnologia (1958), tr. it. Bollati Boringhieri,
Torino 1994 (in part. Il volume 5).
18
Cfr. S. Guarracino, Allarme demografico. Sovrappopolazione e popolamento dal
XVII al XXI secolo, Il Saggiatore, Milano 2016.
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S. Godlovitch, R. Godlovitch, J. Harris, Animals men and morals. An inquiry
into the maltreatment of non-humans, Gollancz, Londra 1971.
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P. Singer, Liberazione animale (1975), tr. it. Il Saggiatore, Milano 2015.
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Più complessa, invece, per Singer la questione della sperimentazione
animale. Per il filosofo australiano, infatti, quest’ultima in alcuni casi non
può essere evitata, dal momento che la sua esclusione provocherebbe maggiori
sofferenze rispetto a un suo impiego parsimonioso e attento al tema del
benessere animale.
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T. Regan, I diritti animali (1983), tr. it. Garzanti, Milano 1990.
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M. R. Rowlands, Contractarianism and animal rights, in «Journal of Applied
Philosophy», 14, 2008, pp. 235-347.
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Diversa è invece la posizione di un altro neocontrattualista come Narveson
per il quale il criterio per l’attribuzione di status morale è la capacità di
“reciprocazione”. Tale criterio deve essere posseduto dai contraenti,
all’interno di uno spazio sociale, quantomeno in potenza (come nel caso degli
infanti o di coloro i quali versano in talune forme di coma reversibili). Per
questa ragione, gli animali non possono godere di considerazione morale. Essi,
infatti, non sono capaci di “reciprocare”. Cfr. J. Narveson, Animal rights
revised, in H. B. Miller, W. H. Williams, Ethics and animals, Humana Press,
Clifton 1983.
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J. Rawls, Una teoria della giustizia (1971), tr. it. Feltrinelli, Milano
2017.
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Quantomeno alcuni animali non umani. Quelli che hanno un sistema nervoso
sviluppato in modo tale da poter provare piacere e dolore. La questione, in tal
senso, non è semplice da dirimere. Ci sono, infatti, alcuni animali non umani
per i quali non risulta ancora del tutto chiara la presenza di specifiche
capacità di senzienza. (Si veda questo tema, ad esempio, in relazione alle
capacità di senzienza, coscienza e autocoscienza del “polpo” in P. Godfrey-
Smith, Other minds. The Octopus, the sea and the deep origins of consciousness,
Farrar, New York 2016).
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W. Churchill, Fifty years hence, in «The Strand Magazine», dicembre 1931.
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P. Benati, L’hamburger di Frankenstein: la rivoluzione della carne
sintetica, EDB, Bologna 2017.
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H. Siipi, Dimensions of naturalness, in «Ethics and the environment», 13, 1,
2008, pp. 71-103.
47
Cfr. R. Scruto, The conscientious carnivor’, in S. F. Sapontzis (ed.) Food
for Thought: The Debate Over Eating Meat (Amherst, NY: Prometheus Books, 2004),
pp. 81–91. Cfr. anche D. B. Thompson, Natural food and the Pastoral: a
sentimental notion?, in «Journal of Agricultural and Environmental Ethics», 24,
2, 2011, pp. 165-194.
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Cfr. S. S. Fairlie, Meat? A Benign Extravagance (East Meon: Permanent
Publications and White River Junction, VT: Chelsea Green Publishing Co., 2010).
In effetti questo punto non può essere derubricato come inconsistente, perché
l’uso di carne sintetica potrebbe favorire atteggiamenti di indifferenza verso
gli animali non umani, dal momento che questi ultimi sarebbero visti solo come
donatori di cellule oppure come alterità con le quali non si può stabilire
alcuna autentica connessione.
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Sono allo studio delle tecniche di geo-ingegneria che vanno in questa
direzione.
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Valgono qui le argomentazioni sviluppate da D. Benatar, Meglio non essere
mai nati. Il dolore di venire al mondo (2006), tr. it. Carbonio Editore, Milano
2019.
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Che ognuno di noi, infine, morirà non vi è dubbio. Tuttavia, sarebbe
problematico se i nostri genitori potessero decidere, per il solo fatto di
averci generato, quando mettere fine alla nostra esistenza.
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W. Buehler Seabrook, JungleWays, George C. Harrap and Company, London 1931.
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J. Feinberg, Harm to others, Oxford University Press, New York 1984.
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F. Ferrè, Moderation, morals and meat, in «Inquiry», 29, 1–4, 1986, p. 403.
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P. D. Hopkins, A. Dacey, Vegetarian Meat. Could Technology save animals and
satisfy meat eaters?, in «Journal of Agricultural and Environmental Ethics»,
21, 2008, pp. 579-596
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Cfr. F. Minerva, The Ethics of Cryonics. Is it immoral to be immortal?,
Palgrave Pivot, London 2018.
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Questo autore ha parlato non a caso di “saggezza della ripugnanza” [cfr. L.
Kass, La sfida della Bioetica. La vita, la libertà e la difesa della dignità
umana (2004), Lindau, Torino 2007].
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Riflessione che potrebbe, infine, anche arrivare a conclusioni
diametralmente opposte rispetto a quelle emerse inizialmente sotto l’azione del
“senso di ripugnanza”.
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Faccio questa precisazione perché una delle strategie di depotenziamento
utilizzata dai negazionisti è quella di mettere in luce come fenomeni così
complessi (dall’impatto globale) non siano riportabili all’azione dell’uomo.
Tuttavia, l’errore che qui si compie è quello di confondere la causa esclusiva
con la concausa. Il surriscaldamento globale non è imputabile solo all’uomo (in
questo senso è corretto ricordare come nel corso della storia del nostro
Pianeta vi siano stati, per altro, diversi Global Warming) ma ha nell’uomo una
concausa rilevante. Una concausa che sta producendo un’accelerazione di un
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Cfr. S. Pollo, op. cit., pp. 94-96; Cfr. W. Seletan, The coscience of a
carnivore: it’s time to stop killing meat and start growing it, in «Slate
Magazine», Retrieved May 13 2008 from http://www.newscientist.com/article.ns?id
(ultimo accesso 10 dicembre 2019). Come sottolineano Patrick Hopkins e Austin
Dacey «il problema è dunque che molte persone non vogliono contribuire alla
sofferenza degli animali e tuttavia desiderano mangiare carne» e possono farlo
agevolmente con «il supporto della disconnessione concettuale e visiva tra il
loro mangiare-carne e la sofferenza degli animali» (P. D. Hopkins, A. Dacey,
Vegetarian Meat, op. cit.).
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Futile dal momento che potremmo ottenere lo stesso risultato evitando,
tuttavia, le conseguenze negative. Da questo punto di vista si può proporre
quanto segue: gli atti possono essere distinti in 1) moralmente doverosi; 2)
moralmente opportuni; 3) indifferenti sotto il profilo morale; 4)
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Il modo di cui qui discuto è quello della cooperazione in contrapposizione a
quello del dominio. In tal senso la carne sintetica potrebbe favorire
quantomeno l’emergere di un atteggiamento per il quale gli animali non umani
verrebbero visti non in quanto enti da dominare ma con i quali cooperare. In
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