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Sociologia Delle Organizzazioni
Università di Torino (UNITO)
25 pag.
Il rincaro dei prezzi alimentari interessa tutto il mondo e ha diverse cause: aumento dei prezzi
dei cereali ( il cui aumento ha conseguenze sull’intera catena alimentare), le politiche agricole,
le speculazioni finanziarie, l’uso dell’etanolo come carburante alternativo, i cambiamenti
climatici e la diminuzione delle scorte di cibo.
Il peso della quota di spesa dedicata ai consumi alimentari è in netto calo; si riduce la quota
di reddito relativo messo a disposizione per l’alimentazione, a fronte di una serie di spese
vincolate, per acquistare beni durevoli (ES: auto, mobili, elettrodomestici).
I consumi segnalano profonde disuguaglianze e la compresenza di situazioni di agiatezza e di
povertà. In Italia le difficoltà degli strati più deboli a seguito dell’aumento dei prezzi spiegano
la crescita del discount e dei marchi commerciali, fenomeni che rappresentano oggi una delle
più diffuse strategie di risparmio.
Contemporaneamente emerge il fenomeno degli sprechi (le famiglie italiane sono quelle che
sprecano di più in Europa) le ragioni sono dovute nella maggior parte dei casi all’eccesso di
acquisti (magari per offerte speciali) e a prodotti scaduti. Cambia anche la composizione dei
consumi alimentari degli italiani: crescono quelli dei prodotti salutisti, etnici, pronti e di lusso,
rimangono stabili quelli dei prodotti di base come pane, pasta e latte.
In una società prevalentemente agricola come quella dei primi Anni ‘50, vi era una diffusa
autosufficienza alimentare, ma l’introduzione di massa degli elettrodomestici ha contribuito
alla grande mutazione dei comportamenti. Le tecnologie più recenti (ES: dalle tecniche di
conservazione ai forni microonde) hanno accentuato ulteriormente la possibilità di una
gestione flessibile dei consumi domestici.
La vendita delle verdure pronte ha superato quella delle verdure fresche (aumento del 23%
tra il 2008 e 2007). La tendenza all’uso di piatti pronti sembra aver raggiunto l’apice negli
USA, dove grazie ai cibi pronti, i supermercati americani triplicano i prezzi dell’insalata; tale
crescita di consumi è supportato anche dal miglioramento delle tecnologie di conversazione
e di packing.
Un altro esempio di cibo flessibile è il consumo del pane, acquistato in anticipo e utilizzato al
bisogno. Si assiste a una regressione del consumo di pane all’interno delle mura domestiche
e a un incremento dell’uso fuori casa. Ciò è dovuto al cambiamento delle abitudini, al grande
aumento dei single, alla diversa gestione degli orari di lavoro e del tempo libero; crescono,
invece, i prodotti etnici e regionali (ES: piadina, pane azzimo, pani kebab).
I single spendono molto di più di coloro che vivono in famiglia. Le ragioni sono correlate ad
economie di scala, ma soprattutto agli stili di vita e al fatto che i single ripiegano molto di più
su piatti confezionati, e si concedono spesso prodotti orientati all’auto-gratificazione, come
compensazione della solitudine. Per quanto riguarda i consumi, si segnalano in forte crescita
birra, caffè, ma anche frutta e ortaggi. I single, oltre a saltare i pasti, non tengono conto del
giusto apporto di calorie e non danno alcuna importanza alla regolarità degli orari. Gli effetti
possono essere malessere, continue variazioni di peso, carenza di vitamine e minerali. La
maggior parte dei single basa la propria alimentazione solo sull’esigenza di rimanere in forma,
abusa del fuori pasto, alterna periodi di diete rigide ad un eccessivo consumo di cibi grassi e
alcolici tra aperitivi e cene. I single tendono a compensare con attività fisica e palestra le
scorrette abitudini alimentari. Secondo una ricerca condotta dall’agenzia di incontri Speed
Date, è cresciuto l’interesse dei single alla partecipazione di eventi legati alla buona tavola:
nel sito dell’agenzia si trovano proposte di dinner date, per professionisti che non hanno
tempo per incontrare nuove persone normalmente. Anche l’apprendimento delle tecniche
della cucina può essere un’occasione d’incontro, come dimostra la crescita dei corsi di cucina
in tutte le città.
Tra coloro che vivono da soli ci sono anche gli anziani, la cui attenzione alla salute porterà
alla ricerca di nuovi prodotti.
Ai cibi tipici dell’intimità familiare si affiancano i cibi dei luoghi di ristorazione, di altri spazi
della vita (ES: distributori automatici nelle scuole e nei posti di lavoro). La destrutturazione
delle abitudini alimentari tradizionali si fonda su processi sociali come l’aumento del lavoro
femminile, la crescente difficoltà di spostamenti nelle aree urbane, la scarsa disponibilità di
tempo durante l’orario di lavoro inducono a consumare il pranzo fuori casa. L’atomizzazione
del consumo del pasto porta alla ricerca di soluzioni alternative rispetto a quelle tradizionali
ancora in uso nelle piccole città e in ambienti rurali. Fra i luoghi di consumo extra-domestici
ci sono i bar, ristorante/pizzeria, la mensa aziendale. Per la cena dominano ristoranti, trattorie,
L’etica del desiderio trova nel cibo un luogo di espressione perfetto: il desiderio di cibo si
rinnova rapidamente grazie al bisogno di nutrizione. Il rapporto con il cibo è segnato dal
binomio memoria-sorpresa: il ricordo di ciò che ha prodotto una sensazione piacevole
provato spinge alla ripetizione, il desiderio cerca sempre nuove strade per esprimersi e cerca
l’emozione nelle novità.
La moda del finger food esprime questo desiderio fuggevole e senza barriere. L’ultima
declinazione del finger food è rappresentata dalle bolle di sapore: biglie, perle, palline che
contengono aperitivi, dessert, condimenti, ma anche pietanze di carne.
Oggetto di desiderio non è più da tempo il cibo abbondante, ma il cibo raro: non quello che
riempie, ma quello che stuzzica. È evidente la lontananza dal passato, quando l’abbondanza
del cibo segnava di per sé una situazione di privilegio sociale. Soprattutto nel corso del 1900,
mangiare molto cessa di essere un privilegio: l’abitudine di mangiare molto, propria delle
classi alte si ridefinisce come pratica popolare del proletariato urbano e dei ceti contadini.
Il cibo si mescola con i luoghi di vendita di altri beni e servizi: sono sempre più frequenti
fenomeni di ibridazione ovvero luoghi in cui il cibo viene accostato alle più diverse attività
(ES: Eataly che fa sia da ristorante che da supermercato). Negli ultimi tempi si sono
moltiplicati anche i luoghi di ristorazione che propongono altre forme di intrattenimento o di
servizio (ES: ristoranti che svolgono attività culturale, altri con punti vendita di moda, altri
con mostre e proiezioni cinematografiche), il ristorante diventa, così, showfood, propone
spettacoli non convenzionali e tenta un coinvolgimento totale del cliente.
Da tempo ormai si è imposta la tendenza a coniugare shopping e ristorazione: molti negozi
hanno aperto il piano bar restaurant, dove si può mangiare a tutte le ore.
Anche gli oggetti rimandano al cibo: i sapori dei cibi sono evocati nei prodotti dedicati alla
cura del corpo (ES: sali da bagno al cioccolato).
Mangiare fuori è un’abitudine molto diffusa nella nostra società, ma talvolta si va fuori
restando dentro casa, a cena da amici. Tale pratica denota l’importanza della socialità legata
al cibo e sembra riprendere piede dopo una fase in cui l’approdo al ristorante sanciva
l’accesso a una condizione privilegiata. Diversi fattori spiegano la popolarità del fenomeno:
1. il cambiamento dei modelli di famiglia
2. il cambiamento nella struttura professionale.
La società urbana aveva strutturato il consumo del pasto, affidando alle donne il ruolo di
approvvigionamento, l’apprendimento della cucina era parte della trasmissione del sapere
domestici che le generazioni femminili tramandavano: l’ingresso delle donne sul mercato
lavorativo pone in secondo piano queste abilità, legittima lo spreco della spesa veloce e
un’ancora più veloce preparazione del pasto. Per i giovani che consumano cibo da soli è il
segno di un processo di affrancamento da un controllo familiare. L’individualizzazione dei
pasti corrisponde all’individualizzazione delle scelte di vita.
Il mangiare fuori rappresenta una fonte di soddisfazione che compensa il diffuso senso di
insoddisfazione che sembra pervadere il tempo presente.
La cucina italiana vive un periodo di crescente gloria a New York. L’Italian Culinary
Institute, grazie al boom di tutto ciò che riguarda l’Italia negli ultimi due anni, ha raddoppiato
le vendite della rivista “La cucina italiana”. L’Italian Style nel cibo manifesta una
straordinaria forza attrattiva, si diffonde la moda di aperitivi a base di vino italiano
accompagnato da prodotti made in Italy. Le pizzerie e le trattorie sono divenute locali di
moda, le catene italian style hanno 1200 punti di ristoro: in esse i visitatori s’illudono di
provare i sapori della cucina italiana pagando in media 15 $ a testa.
Il renting è la nuova moda per cui si va a casa di qualcuno a bere, giocare, guardare un film
dalle 19 alle 23, per non interferire con il lavoro facendo tardi. Si delinea così un’area a metà
tra il consumo domestico tradizionale e quello extra-domestico della ristorazione. Si tratta di
un’area che configura nuove tipologie di cibi (ES: per lo più finger food) e che incentiva i
consumi alimentari di lusso. I menù a domicilio con un modello in franchising si è
rapidamente imposto sull’intero territorio nazionale. Il prezzo del cuoco a domicilio varia a
Anche nel cibo il lusso tende ad associarsi al concetto “su misura”. I costi elevanti sono una
prova dell’esclusività; Il lusso ha iniziato a investire anche il fast food, che in qualche caso
assume declinazioni da cucina d’autore.
L’esigenza di trovare soluzioni adeguate alla società di massa porta alla ribalta il fenomeno
delle catene eccellenti: Come in altri settori del mercato anche nella ristorazione comincia ad
emergere un’offerta low cost (prezzi bassi, ma senza rinunciare alla qualità). Si tratta di una
strategia che consente a un numero più elevato di clienti di mangiare fuori. Il Gambero Rosso
dal 2007 pubblica una guida low cost dedicata a un pubblico giovane: i locali vengono distinti
secondo fasce di prezzo, per un costo massimo di 30 euro.
Il fenomeno dei nutraceutici, o cibi funzionali, è nato in USA attorno al 1990: il termine si
riferisce ad ogni sostanza alimentare che offra, in aggiunta alle sue naturali proprietà, benefici
medici e salutisti, incluso il trattamento di malattie. L’utilizzo di questi cibi ha come obiettivo
il miglioramento delle condizioni fisiche curare, ridurre e prevenire stati patologici più gravi.
L’area del “Functional food” si estende ai “Functional drinks” e agli “Energy drinks”, alle
bevande consumate nel tempo libero e nelle attività sportive con funzioni rivolte a migliorare
lucidità e vigore.
Il successo dello yogurt ha origine dagli studi batteriologici di uno scienziato russo che
collegava gli effetti benefici di un’alimentazione a base di yogurt alla longevità dei popoli
che da sempre ne facevano uso. Questa idea si è fissata nella mente del grande pubblico e lo
yogurt è entrato a fare parte dei riti purificatori che accompagnano l’esistenza quotidiana. Gli
yogurt si sono poi evoluti e ora appartengono al regno dei probiotici.
Il biologico è un mercato che ha raggiunto i 2,5 miliardi di fatturato; i motivi di interesse sono
i seguenti: il biologico esclude l’uso di sostanze chimiche, prevede solo l’utilizzo di concimi
organici o minerali e tecniche di lavorazione dolci, richiede controlli di organismi
specializzati, non determina impatti negativi sull’ambiente a livello di inquinamento di acque,
terreni ed aria. La qualità superiore giustifica, agli occhi di chi consuma, prodotti biologici a
un prezzo più alto. Dal punto di vista sociale, tutto ciò esprime un diffuso e forte desiderio di
rinascita; la ricerca di prodotti per l’eterna giovinezza si sposa con il mito del ritorno alle
origini, ad un mondo originario incontaminato che si traduce in un orientamento verso il
locale per contrastare i rischi di omologazione connessi al cibo industriale.
L’idea del cibo sintetico si è tradotta nell’idea alla base degli integratori alimentari, che hanno
l’obiettivo di concentrare sostanze in grado di produrre effetti più intensi rispetto ai normali
alimenti e di sostituire le carenze della normale alimentazione. Il consumo degli integratori
si diffonde rapidamente; i consumatori hanno stili di vita moderni, sono informati, hanno titoli
di studio e reddito superiore alla media.
In Italia lo spazio degli integratori è ancora marginale nella distribuzione, al contrario, negli
USA si trovano lunghi scaffali che propongono in barattoli giganteschi integratori per ogni
esigenza e fascia d’età. Integratori e vitamine hanno rivitalizzato il mercato delle caramelle:
la vitaminizzazione delle caramelle ha consentito un rilancio del settore. La mania delle
vitamine si è affermata in America a partire dal 1960: già allora la metà degli americani
assumeva regolarmente vitamine come supplementi all’alimentazione. La presunta carenza
vitaminica è alla base del successo di questo business, senza che vi sia in realtà alcuna idea
Qualche mese dopo la caduta del muro di Berlino, la McDonald’s Corporation annuncia
l’apertura del suo primo ristorante nella Germania Orientale; nello stesso periodo si tiene la
prima manifestazione del movimento dello Slow Food. Possiamo dire che questi due son
episodi emblematici di come il cibo catalizzi l’aspirazione ad una fase di valorizzazione del
bisogno di consumo dopo la lunga compressione operata del regime comunista.
McDonald’s è l’emblema dell’omologazione, la sua ascesa ha inizio nel 1937 quando i fratelli
Dick e Mac McDonald aprono ad Arcadia un baracchino di hot dog che diviene popolare con
il nome di “California Sexy Hot Dogs”. Nel 1953 il marchio diventa un franchising. Il turn-
over del personale impiegato è tra i più alti. La declinazione locale di modelli di fast food ne
dimostra l’eccezionale capacità pervasiva; l’iper-razionalizzazione facilita l’insediamento
in contesti diversi da quelli d’origine. Il segreto del successo risiede su molti piani:
dall’organizzazione di una catena che comprende l’approvvigionamento delle materie prime,
al sistema distributivo, al marketing: si rivolge al gruppo dei consumatori che ha
l’attaccamento minimo alla tradizione (ES: bambini e giovani; alleanze con aziende di giochi;
spazi di giochi).
Tuttavia questo modello riceve delle critiche per lo sfruttamento del lavoro di giovanissimi
immigrati senza tutele, un sistema di macellazione e di confezione della carne non rispettoso
delle condizioni igieniche e metodi intensivi di allevamento. Il McDonald decide allora di
cambiare le proprie strategie: proponendo meno hamburger e più piatti a base di verdure e
dando un nuovo look ai ristoranti, quindi si può dire che abbia trasformato le critiche dei no-
global e dei salutisti in una strategia di mercato.