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JESSE OWENS E LUTZ LONG

Il 4 agosto 1936 tra Hitler e la realizzazione del suo piano “sportivo” si mette di traverso un ragazzo
americano che a distanza di chilometri da quella pista ha frantumato diversi record di velocità, non è
ariano, non è tedesco, e secondo la follia nazista della catalogazione, è parte di una razza inferiore, essendo
anche nero. È l'ultimo di dieci fratelli, figlio di un coltivatore di cotone, il suo nome è Jesse Owens. Per
esorcizzare le paure e non minare alla base le loro teorie, i nazisti pensarono che nella corsa, nella velocità,
può anche accadere che un “selvaggio” possa correre più veloce, e allora provano a mettere le mani avanti
dicendo che è sul salto in lungo che si misura la superiorità, in un gesto fatto di potenza e coordinazione,
ma Owens è in lotta per una medaglia anche lì e il suo avversario, tedesco, ha tutte le stimmate del perfetto
rappresentante “ariano”: il suo nome è Lutz Long. Owens mentre si riscalda per prepararsi al primo salto,
calpesta la sabbia della pista e i giudici considerano il salto nullo, che innervosisce l'atleta afroamericano
che sbaglia il successivo salto. A questo punto, Jesse si gioca tutto nell'ultimo balzo. Ed è proprio lì che Long
consiglia a Owens di staccare in anticipo sull'ultimo tocco per non rischiare il salto nullo, la leggenda dice
addirittura che il tedesco lasciò cadere una sua maglia bianca in parallelo alla pedana per indicare il punto
sicuro per liberarsi in aria. Owens si fida e approda alla finale. In finale riesce a centrare una serie di balzi
che lo portano a vincere con un salto di anticipo però l'ultimo salto vuole farlo lo stesso, sebbene si sia già
assicurato la medaglia d'oro, e sotto gli occhi di tutti con un 8,06m stabilisce il nuovo record olimpico. Il
primo ad abbracciare e congratularsi col campione sarà proprio Long, che in seguito riceverà da Goebbels
l'ordine di “non abbracciare mai più un negro”. Owens intanto nei giorni successivi, vincerà altre tre
medaglie d'oro nei 100 e 200 metri e nella staffetta. Dopo la fine dei Giochi Olimpici Jesse tornerà in
un'America ancora profondamente razzista, divisa tra neri e bianchi, e nonostante le sue medaglie dovrà
salire sugli autobus sempre e solo dalla porta posteriore come tutti i neri. Mentre Long invece non si era
fatto amare dai nazisti per le sue idee troppo tolleranti verso le cosiddette “razze inferiori”, dopo un
impiego in un ufficio viene spedito al fronte. In Questi anni i due restano in contatto rinsaldando l’amicizia
nata quel giorno. Lutz muore in Sicilia, ferito in guerra e stato seppellito in provincia di Catania, a Motta
Sant’Anastasia, dove è tuttora. Pare che abbia scritto a Owens chiedendogli un giorno di raccontare al figlio,
del padre mai conosciuto. La guerra finisce, la Germania è liberata dal nazismo e Owens è invitato a Berlino
a tenere un discorso proprio nello stadio Olimpico davanti a 70mila persone. Alla fine un ragazzo si fa
coraggio e gli porge una foto da autografare, dove è raffigurato Long, e quel ragazzo è il figlio Kai a cui Jesse
racconterà tutto di quel lontano 4 agosto.

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