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Bizarre

collana diretta da Riccardo Bertoncelli


DIZIONARIO
COMPLETO DELLA

CANZONE
ITALIANA
A CURA DI ENRICO DEREGIBUS
Progetto grafico e copertina: Enrico Albisetti
Redazione e impaginazione: Michele Lauro

Schede a cura di:


Ricky Barone (r.ba.)
Alberto Bazzurro (a.ba.)
Cesare Borrometi (c.bo.)
Francesco Casale (f.ca.)
Alessia Cassani (a.ca.)
Enrico de Angelis (e.d.a.)
Paola De Simone (p.d.s.)
Alfredo Del Curatolo (a.d.c.)
Enrico Deregibus (e.de.)
Giorgia Fazzini (g.fa.)
Jole Silvia Imbornone (j.s.i.)
Annino La Posta (a.l.p.)
Melisanda Massei Autunnali (m.m.a.)
Beppe Montresor (b.mo.)
Michele Neri (m.ne.)
Aurelio Pasini a.pa.)
Antonio Piccolo (a.pc.)
Alessia Pistolini (a.pi.)
Attilio Recupero (a.re.)
Stefano Starace (s.st.)
Gianluca Veltri (g.ve.)
Nicoletta Verlezza (n.ve.)
Diego Zanti (d.za.)

Supervisione alle discografie di Michele Neri, con la collaborazione di Franco


Settimo.
Tutti i diritti riservati
www.giunti.it
©2006 Giunti Editore S.p.A.
Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze
Via Dante, 4 - 20121 Milano

Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

Prima edizione digitale 2010


INTRODUZIONE

B
isogna essere dei cafoni per fare un dizionario della
canzone. Perché manca questo e manca quello, perché
quell’altro non ha abbastanza spazio, perché…
Insomma, è un casino. Non è stato facile scegliere, e in
qualche caso il sottoscritto ha faticato anche a mettersi
d’accordo con se stesso. In queste pagine ci sono più o meno
600 nomi: fossero stati 1000 il problema sarebbe stato minore
ma ci sarebbe stato lo stesso, c’è sempre qualcuno in bilico fra
il dentro e fuori. E soprattutto si è voluto fare un volume
trasportabile a mano, diciamo così.
Comunque, fin da subito chiedo scusa a tutti quelli che non
ho inserito e che lo meritavano. Ma anche agli altri, per carità.

WHO
Per decidere gli artisti da includere (e gli spazi per ognuno)
si è cercato di usare dei parametri oggettivi, ovvero: a) la
notorietà e/o le vendite dei dischi, b) l’arco temporale delle
carriere. Ma insieme a questi criteri anche – inevitabilmente,
umanamente, opinabilmente, pesantemente – quello del
giudizio critico: sulla qualità, sulla rilevanza, sull’originalità di
ogni nome preso in considerazione. Giudizio che guarda caso
spesso coincide con quello del curatore di questo dizionario.
Però non sempre e non sempre del tutto.
In linea di massima non troverete nomi che non siano legati
alla canzone, intesa come quella cosa fatta di musica e parole
cantate e in cui quindi qui facciamo entrare, un po’ a sbafo,
anche rap e altro. Alcuni musicisti puri però li abbiamo
infilati, ma sono eccezioni che confermano la fregola di
metterli, in quanto importanti e comunque in qualche modo
affini al mondo trattato nel dizionario.
E poi – piccolo motivo d’orgoglio, se ci è concesso – ci
sono anche un po’ di semplici (?) autori, così come
arrangiatori e/o produttori. Perché sono fondamentali nella
canzone e nelle canzoni (sovente molto più di noti cantanti) e
perché spesso, quasi sempre, sono dimenticati se non
sconosciuti. Onore al merito, insomma. Si è voluto però
evitare personaggi riconducibili per lo più ad un singolo artista
(per questo non c’è Guido Elmi, ad esempio) giacché se ne
parla già nella scheda di quello. Mentre invece compaiono
alcuni discografici (pochi ma buoni, e indispensabili) anche se
in senso stretto non sono stati produttori. Con dispiacere si è
scelto invece di non inserire altri addetti ai lavori, come
organizzatori di festival o gestori di locali importanti, perché si
sarebbe aperto un capitolo infinito. Faccio qui due nomi, ad
alleviare il senso di colpa per averli lasciati fuori: Giancarlo
Cesaroni e Amilcare Rambaldi.
E poi: sono stati esclusi personaggi che pure hanno
all’attivo canzoni di una certa fortuna, ma legate ad esempio a
spettacoli televisivi. Quindi niente Corrado, per dire, anche se
per un must come Mi scappa la pipì papà la tentazione c’è
stata.
Altra grana è stata quella delle dimensioni di ogni scheda.
Anche qui valevano i criteri di cui sopra, compreso quello
critico e/o soggettivo. E quindi troverete ampio spazio per
Flavio Giurato o Max Manfredi, spazio che altri certo non
avrebbero concesso (magari non l’avrebbero dato neppure a,
chessò, Piero Ciampi o Mauro Pagani).
Aggravante a tutto questo è la scelta – cafonissima – di
selezionare un po’ di nomi, centocinquanta e passa, e per loro
aggiungere una discografia alla fine della scheda biografica.
Con il rischio di cadere nel burrone della distinzione tra artisti
di serie A e di serie B, certo, anche se non era questo il senso
della scelta. Ma – se burrone era – una volta dentro si è anche
quasi sempre voluto, per i primi, soffermarsi su alcuni loro
dischi, per consigliarne l’ascolto (o magari sconsigliarlo, in
qualche caso). Sono, diciamo, album rappresentativi,
qualunque cosa voglia dire questo termine.

WHEN
Si è ovviamente delimitato un periodo storico, che è quello
che va dal 1958 di Volare di Modugno (che la quasi totalità
degli storici del settore considerano come la nascita della
canzone “moderna”) a oggi (metà di settembre del 2006, per la
precisione). Però s’è pensato comunque di non lasciar fuori
Claudio Villa e Nilla Pizzi, perché hanno continuato ad aver
successo (parola odiosa, che sa di participio passato, ma che
troverete spesso nelle schede, non se ne può fare a meno)
anche dopo il 1958 e inoltre possono servire come riferimento
per far capire com’è cambiato il mondo della canzone dopo di
loro.

WHAT
Risolti, si fa per dire, i problemi relativi a nomi e spazi c’era
da decidere il titolo. Dizionario, sì, ma di che? Gli
anglosassoni hanno l’espressione “popular music” per definire
quel che c’è dentro a queste pagine, noi niente, visto che
“musica popolare” nel nostro Paese può significare anche altro
(vecchia faccenda musicologica, questa). Ci siamo
italianamente aggiustati con quel che avevamo. Il dubbio era
soltanto: dizionario della canzone o della musica? Alla fine,
prova e riprova, il termine canzone stava un po’ stretto, il
termine musica un po’ largo. Abbiamo tirato dentro la pancia e
scelto il primo. Però nel dizionario trovate la canzone vera e
propria (“leggera e “d’autore”), ma anche il rock di ogni
inclinazione (dal beat al progressive, all’indie, al resto), il rap,
il blues, il folk, la dance, il jazz cantato, ed altro ancora. In
questo senso il dizionario è “completo”.
Si sono insomma evitati paletti, includendo tutto quel che
sta nell’ambito della canzone e nei terreni confinanti, fin dove
lo sguardo (l’udito) arriva. Quindi con tutti i possibili limiti
umani, e librari.

WHERE
Quindi: “Dizionario della canzone italiana”. Non è vero –
salterà su il tipo del primo banco – ci sono anche Miguel Bosè,
o i Rokes, o Rocky Roberts. Vero, ma si tratta di personaggi
che hanno avuto uno specifico successo in Italia e questo
dizionario ha voluto accoglierli, dargli almeno un permesso di
soggiorno. E ci sono anche artisti che non cantano in italiano o
in dialetto (i bluesmen, ad esempio), ma escluderli non aveva
senso. Forse la dicitura corretta poteva essere “Dizionario
della canzone italiana o in italiano”, ma a quel punto
bisognava specificare nel titolo altre mille cose, che è quel che
stiamo cercando di fare in questa introduzione, già di per sé un
po’ lunghetta e figuriamoci come titolo.

WHY
L’ultimo problema – che in realtà è stato il primo e che in
fondo non è stato un problema ma la molla che ha fatto
scattare questo volume – era: c’è bisogno di un “Dizionario
della canzone italiana” quando su Internet si trova di tutto?
Pensiamo di sì. L’era di Internet ha molti vantaggi, la comodità
ad esempio, ma anche la pessima abitudine di copincollare
tutto, con lacune, reticenze, luoghi molto comuni. Ed errori,
tanti. Le stesse cose girano in rete con minime variazioni.
Dicesi: standard. Le pigre biografie degli artisti che trovate in
giro (sul web e altrove) son poi sovente le stesse dei
comunicati stampa ufficiali, che non solo sono
tendenzialmente e comprensibilmente agiografici, ma molte
volte riscaldano le solite minestre (senza contare che sovente –
troppo sovente – sono pieni di errori pure quelli) o le
producono in serie. Qui – cucina casalinga, pesce fresco ogni
giorno – si è cercato di fare un lavoro di ricerca lungo,
accurato, di incrocio di molte fonti, e poi di controllo.
L’intenzione di questo libro era proprio questa, al di là del
Mario Rossi che c’è o che manca. Quindi troverete molte
notizie poco note, inserite però in base alla reale importanza o
magari curiosità, e non tanto per.
Ecco, detto con tutta la modestia possibile: non ci pare che
questo sforzo sia stato fatto nei pochi o tanti dizionari usciti
negli ultimi quindici anni, dopo quello antesignano – e forse
irripetibile – curato da Gino Castaldo per Curcio nel 1990, ora
ovviamente datato.
A voi appurare se per questo dizionario la fatica è valsa la
pena, se ha portato risultati. Sono venute fuori schede
ipercaloriche, di poche ciance, nella tentazione e nel tentativo
di ricostruire le informazioni dalle fondamenta. Probabilmente
troverete anche qui errori (profonda riconoscenza a chi li
segnala) ma perlomeno non i soliti.
Fateci sapere.
Enrico Deregibus
(e.deregibus@virgilio.it)
Nota importante. Dato il lavoro suddetto, nel senso di fatica
e ricerca, ci dispiacerebbe assai vedere riprese parti di questo
dizionario senza una doverosa citazione. Assai. A buon
intenditor.
GUIDA ALLA
CONSULTAZIONE
DISCOGRAFIA

Le discografie, dove inserite, riportano gli album pubblicati in


Italia, ma si è cercato di includere anche tutte le pubblicazioni
estere contenenti canzoni in lingua diversa dall’italiano o
comunque inedite nel nostro paese. Per le antologie si è
seguito il criterio dell’ufficialità, aggiungendo le raccolte con
materiale inedito o raro, o comunque particolarmente rilevanti.
In alcuni casi (pochi) si tratta di discografie parziali, per
l’impossibilità di risalire a una discografia completa.
Per la maggior parte delle discografie è specificata l’etichetta
dell’edizione discografica originale e non le ristampe. Per
alcune schede (Carosone, Buscaglione, Modugno, Arigliano,
Quartetto Cetra e altri del periodo antecedente la diffusione
dell’ LP, ma anche per alcuni artisti successivi) è stato ritenuto
opportuno completare la discografia con i 45 giri extended
play (EP), poiché molte di quelle incisioni non sono più state
riepilogate in altri formati o per dare una visione d’insieme
della produzione discografica.
LEGENDA

All’interno delle schede gli strumenti suonati dai musicisti


sono stati abbreviati come segue:
ar. armonica
bs. basso
bt. batteria
cb. contrabbasso
ch. chitarra elettrica
cha. chitarra acustica
cmp. campionamenti
fi. fisarmonica
fl. flauto
mn. mandolino
pn. piano
pr. percussioni
sx. sassofono
sf. strumenti a fiato
tr. tromba
ts. tastiere
vc. voce
vi. violino
vl. viola
vlc. violoncello

RINGRAZIAMENTI
Pochi ma buoni.
Devo, ma soprattutto voglio, ringraziare Enrico de Angelis,
per l’aiuto, in alcune cose fondamentale, che mi ha dato per
portare a casa questo dizionario, al di là delle schede che ha
fatto come guest star.
Grazie a Franco Zanetti e a quelli che hanno dato
un’occhiata e anche più ad alcune schede: Menico Caroli,
Roberta Genovesi, Federico Guglielmi, Ugo Marcheselli,
Leonardo Marcheselli, Andrea Prevignano, Andrea Romeo,
Stefano “Solegemello” Latini, John Vignola, Isabella Zoppi. E
a tutti quelli che ora non ricordo.
Grazie ovviamente ai collaboratori, che oltre a fare le loro
schede hanno guardato anche quelle di altri, e in particolare a
Michele Neri per il lavoro sulle discografie.
E grazie al destino, si sa mai che s’incazzi se non lo
ringrazio.
A
ACUSTIMANTICO
Un percorso particolare quello dei romani Acustimantico,
sia dal lato artistico che da quello gestionale. Si formano nel
1998, provenienti da varie esperienze musicali, per proporre
una canzone d’autore morbidamente vestita di jazz, tra echi
balcanici e mediterranei e altre suggestioni. Guidati da Stefano
Scatozza (ch. e musiche) e dall’incisiva Raffaella Misiti (vc.),
con i testi sognanti di Danilo Selvaggi, dal 2000
autoproducono i primi tre album, curandone anche la
confezione: ACUSTIMANTICO (con Fiori di loto), LA BELLA
STAGIONE (la title track, Radio) e l’assai rarefatto SANTA ISABEL
(Musica immaginaria). Tutti intrisi di finezza strumentale e
letteraria. Gli Acustimantico divengono poco a poco band di
culto, specie a Roma, grazie anche a molte affermazioni in
premi e manifestazioni. Nel 2005 pubblicano per Il Manifesto
il live DISCO NUMERO 4. Completano la formazione: Marcello
Duranti (sx.), Carlo Cossu (vi.), Paolo Graziani (cb.),
Massimiliano Natale (bt.).

ADAMO
Siciliano di origine, Salvatore Adamo (nato a Comiso di
Ragusa il 1° novembre 1943) è uno dei cantanti più popolari in
Europa negli anni ’60. La carriera comincia in Belgio, dove si
è trasferito con la famiglia, alla fine degli anni ’50. I primi
successi discografici sono sul mercato francese, mentre in
Italia si affaccia nelle classifiche nel 1964 con Gridare il tuo
nome e spopola poco dopo con la celebre La notte. Altri
successi di quegli anni sono Non mi tenere il broncio, Lei,
Insieme, Amo e Inch’Allah. Il suo stile si caratterizza per la
fusione tra melodia italiana e stilemi della canzone francese.
Nel 1968 vince il Festivalbar con Affida una lacrima al vento,
che consegue anche ottime vendite. Col finire degli anni ’60
(mentre La tua storia è una favola e Tu somigli all’amore sono
tra le ultime canzoni a entrare in classifica) dirada la sua
presenza sui mercati italiani pur continuando a incidere dischi
nella nostra lingua – fra gli altri, …E COGLIERE L’ATTIMO
FUGGENTE (1972), composto con Herbert Pagani.

Quasi a sorpresa Adamo interviene al Festival di Sanremo


nel 1976, mentre nel 1982 riattiva la discografia italiana con
un nuovo album, FELICITÀ DOVE SEI…, a cui seguono altri lavori
con cadenza piuttosto rarefatta. Più stretto si è fatto invece il
rapporto tra Adamo e altri Paesi frequentemente visitati in
tournée, in particolare il Giappone dove sono stati pubblicati
decine e decine di dischi e dove alcune sue canzoni sono state
registrate da numerosissimi artisti locali. In Italia torna come
ospite d’onore nel 2002 al Premio Recanati. Orientativamente
il numero totale di dischi venduti nella sua carriera è vicino ai
cento milioni. All’attività di cantautore Adamo ha affiancato
quella di attore (e in sporadici casi di regista e produttore)
nonché quella di scrittore: al suo attivo romanzi e raccolte di
poesie.

AEROPLANITALIANI
Vercellesi, due album in dodici anni. L’esordio è a Sanremo
nel 1992 (Premio della critica) con Zitti zitti (Il silenzio è
d’oro), che comprende 30 secondi di silenzio, e attorno a
quelli un rap su musica piuttosto sofisticata e un testo denso di
giochi di parole. Nello stesso anno esce il primo album, STILE
LIBERO, con il nuovo singolo La vita è un treno, anch’esso
interessante. Il progetto del gruppo desta curiosità ma si
interrompe subito. I componenti seguono altre strade. Il
cantante Alessio Bertallot lavora come dj e conduttore
radiofonico e televisivo, e pubblica IO VI VOGLIO BENE nel 1994
e NON nel 1999. Roberto Vernetti e Ricky Rinaldi lavorano
come produttori. Nel 2005 il ritorno del gruppo con una cover
di Canzone d’amore delle Orme e quindi con SEI FELICE?, che
contiene sei inediti e altri rifacimenti, tra cui Vicious di Lou
Reed e Maestro della voce (un brano della PFM dedicato a
Demetrio Stratos).

AFRICA UNITE
Hanno una popolarità superiore alle cifre di vendita dei loro
dischi, consolidata in oltre vent’anni di attività dal vivo. Vitale
Bonino (Bunna, vc. e inconfondibile “immagine” del gruppo)
e Francesco Caudullo (Madda/Madaski, ts. e “mago” del dub),
nati a Pinerolo da genitori torinesi e meridionali, creano il
primo embrione del gruppo, con il nome di Africa United, nel
1981, in occasione di un concerto tributo a Bob Marley, morto
qualche mese prima. L’influenza di Marley sugli Africa (e in
particolare su Bunna) è netta, a cominciare dalla
denominazione scelta (un brano del cantautore giamaicano) e
– al di là degli elementi mediterranei, e positivamente
autoctoni, che via via renderanno più personale la poetica
dell’ensemble – rimarrà una costante lungo tutta la carriera del
gruppo.
Fino al 1986 la precisa direzione da prendere rimane
piuttosto confusa. Nel 1987 esce un mini, MJEKRARI (un
termine dall’albanese parlato in Calabria, così come per il
successivo LLAKA), che già chiarisce gli obiettivi del gruppo:
arrivare a definire un reggae che all’eredità di Marley
aggiunga connotazioni melodico-espressive di marca italiana.
Nel 1992 nasce il progetto parallelo “To.sse”, sull’onda dell’
hip hop. Dopo gli anni del culto di nicchia, l’ensemble assume
– tra il ’92 e il ’93 – l’attuale denominazione (senza la “d”
degli esordi) e dà alle stampe, per la Vox Pop, l’album
BABILONIA E POESIA (con Andare, Festa italiana, Ruggine)
stilisticamente più vario e accattivante dei precedenti, forse la
vetta del gruppo, che per la prima volta utilizza l’italiano.
Proprio dalla particolare alchimia tra l’anima reggae
“ortodossa” di Bunna e quella musicalmente più creativa di
Mada risulta un connubio che, pur con esiti più o meno alti,
continua a tutt’oggi a funzionare. Tra i lavori successivi, il live
IN DIRETTA DAL SOLE, del 1996, primo album per una major e
esemplare del valore aggiunto nella veste live. A questo punto
dalla formazione esce Max Casacci, per fondare i Subsonica.
Negli anni seguenti il gruppo non sempre riesce su disco a
trovare la giusta concentrazione. Nel 2001 pubblica 20,
omaggio a Marley, e nel 2003 MENTRE FUORI PIOVE, mentre
nasce una collaborazione con il quintetto d’archi Architorti.
Tre anni più tardi la band torna al mercato discografico con
l’ottimo CONTROLLI, senza lo storico sassofonista Paolo
Parpaglione.

AFTERHOURS
Il termine Afterhours indica letteralmente le ore a venire,
quelle successive, ma il nome del gruppo deriva da un brano
dei Velvet Underground. L’inizio è nell’autunno del 1986 a
Corbetta, nella periferia occidentale di Milano, dove muovono
i primi passi Manuel Agnelli (vc. e autore), Paolo Cantù (ch.),
Lorenzo Olgiati (bs.) e Alessandro Polizzari (bt.), una
formazione che ben presto si rinnova, come accadrà spesso
anche nel prosieguo. Agnelli, unico elemento costante, viene
affiancato prima da Giorgio Prette (bt.), poi da Xabier Iriondo
(ch.), fino all’attuale formazione con Dario Ciffo (vi.), Roberto
Dell’Era (bs.), Giorgio Ciccarelli (ts.) e Prette.
Anglofili nella fruizione musicale (debitori soprattutto a
gruppi come i Pixies), gli Afterhours suonano nella provincia
milanese e pubblicano brani in inglese firmati da Agnelli,
quasi contemporaneamente a ciò che accade oltreoceano, dove
band come i Nirvana seguono gli stessi riferimenti stilistici.
Nella primavera 1987 incidono un singolo con My Bit Boy e
To Win Or To Destroy, pubblicato nel 1989 per l’indipendente
Toast che dopo poco dà alle stampe anche il mini LP ALL THE
GOOD CHILDREN GO TO HELL, di impronta post punk e con
echi di Velvet Underground. Nel 1990 pubblicano una
stupenda e sfoltita versione di Shadowplay in un tributo ai Joy
Division, SOMETHING ABOUT JOY DIVISION, inciso per la Vox
Pop, etichetta di cui Agnelli è cofondatore, e lo scuro e denso
album d’esordio DURING CHRISTINE’S SLEEP (che “Rockerilla”
designa “album italiano dell’anno” e l’americana “Alternative
Press” “disco del mese”). Nel 1992 è la volta dell’altro mini
COCAINE HEAD, nato da un totale mutamento d’organico
attorno ad Agnelli, e nel 1993 del secondo, interlocutorio,
album: POP KILLS YOUR SOUL (Oxygen), che vede l’ingresso di
Iriondo nel gruppo. Questi episodi da un lato costituiscono la
premessa e il rodaggio per l’approdo a un rock cantato in
italiano, dall’altro valgono l’attenzione della più attenta critica
americana, la partecipazione al “New Music Seminar” di New
York nel 1990 e all’“Indipendence Days” di Berlino nel 1991.
In un momento storico in cui i nuovi gruppi s’imbastardiscono
con il rap, il reggae, la musica etnica, l’elettronica, gli
Afterhours tirano dritti per la loro strada rock, filtrando
molteplici riferimenti stilistici. Hanno proposte da etichette
americane come Geffen e MCA, ma decidono di restare in
Italia.
1993: l’ambiente in cui si consolida una delle band con più
personalità del decennio è quello milanese del Jungle Sound
Station, attorno al quale ruotano giovani musicisti alla ricerca
di sfogo e scambio di idee musicali e non, dai Carnival Of
Fools ai Casino Royale. Due cover in altrettanti album tributo
avvicinano gli Afterhours all’italiano cantato: Mio fratello è
figlio unico di Rino Gaetano in E CANTAVA LE CANZONI, e
l’anno dopo La canzone popolare di Ivano Fossati in I
DISERTORI. Finché nel 1995 la formazione milanese prende
coraggio e comincia a scrivere e cantare nella propria lingua
con GERMI. Pur con qualche legnosità, convincono brani nuovi
come Strategie (il primo testo in italiano scritto da Agnelli) e
Posso avere il tuo deserto ma anche trasposizioni in italiano di
vecchi pezzi come Ossigeno e soprattutto Dentro Marilyn (che
esce anche su singolo), ripresa poi da Mina come Tre volte
dentro me in LEGGERA.
La prima volta in italiano nasce da una forte progettualità e
dall’esigenza di una maggiore e migliore forza comunicativa.
E i risultati sono un salto di qualità. Sono presenti tratti
distintivi che saranno confermati negli album successivi,
un’originalità nell’approccio sia al rock (tra melodicità e
rumore, che qui si alternano mentre nei dischi precedenti erano
fusi insieme) che all’aspetto letterario, anche nei confronti di
altre band del sottobosco della musica italiana. Il linguaggio,
lontano da quello cantautoriale classico, ha molti elementi di
innovazione stilistica, la liricità è cruda, inesorabile,
istantanea, anche spiazzante (Agnelli dirà di aver appreso
molto da Edda dei Ritmo Tribale). La costruzione dei testi
avviene con il metodo del “taglia e cuci” o cut up, che consiste
nell’utilizzare frasi diverse per elaborarle insieme in un testo,
sull’esempio di William Burroughs. Le vendite confortanti
sono limitate dalla chiusura della Vox Pop. Agnelli entra in
crisi e con lui il gruppo, il bassista Zerilli se ne va ma dopo
due anni i germi producono HAI PAURA DEL BUIO? (in origine
progettato come doppio), inciso per un’altra indipendente, la
Mescal. Disco eterogeneo e con una vena melodica nel DNA,
è il colpo di reni, fondamentale non solo per la band che mette
a frutto le idee precedenti e inizia a poter vivere di musica, ma
per la credibilità di tutto il rock italiano. Il singolo Male di
miele contiene un’intensa State Trooper di Bruce Springteen e
un inedito (Televisione). L’attività live si fa densissima e
costituirà forse l’aspetto prevalente del gruppo: i musicisti
giocano sul palco con i travestimenti, restano con mutande e
calzini o si vestono da bambine per ironizzare sull’immagine
dissacrante del rock. Le gratificazioni di vendite e di critica
sono una spinta notevole per il gruppo (formato ora da
Agnelli, Iriondo e Prette), che però vive anche con turbamento
il nuovo ruolo e il consenso. Si sente in qualche modo
fagocitato. Il percorso successivo sarà caratterizzato anche
dalla ricerca di una via d’uscita. Nel 1999 esce NON È PER
SEMPRE (sulla cui copertina compare l’immagine premonitrice
di Iriondo nell’atto di andarsene). Brani come la title track,
Non si esce vivi dagli anni ’80, Oceano di gomma, La verità
che ricordavo dimostrano che gli Afterhours vivono ormai di
luce propria. Il gruppo ha un seguito notevole. Il doppio SIAM
TRE PICCOLI PORCELLIN riassume in un set acustico e in uno
elettrico (il primo voluto da Agnelli, il secondo da Iriondo)
tutto ciò che gli Afterhours sono, pensano, fanno,
contraddicono, cercando di sfuggire il più possibile la
celebrazione e l’autocelebrazione.
Un viaggio in India di Agnelli con Emidio Clementi, leader
dei Massimo Volume, influenza il successivo QUELLO CHE NON
C’È (2002), il primo senza Xabier Iriondo: due forti personalità
come la sua e quella di Agnelli non riuscivano più a
condividere lo stesso progetto. Ma la macchina non si inceppa
e il disco entra nei primi dieci in classifica. I testi si fanno in
qualche modo più narrativi, diminuiscono le frasi a effetto e
l’ironia non è più il salvagente; le parole ruotano attorno al
senso di disorientamento.
Alla triennale di Milano nel 2003 la band partecipa alla
mostra sulle “Città invisibili” di Italo Calvino, musicando “la
città di Irene”, e rifà con risultati egregi La canzone di
Marinella in un tributo a De André della rivista
“MucchioExtra”. Nel 2004 c’è il primo impegno nella
cinematografia: la colonna sonora di “Lavorare con lentezza”
di Guido Chiesa in cui il gruppo interpreta gli Area di Gioia e
rivoluzione, che esce anche su singolo. Gli Afterhours intanto
dividono il palco con i Twilight Singers di Greg Dulli, che li
apprezza da tempo e a sua volta lavora attivamente al nuovo
disco degli Afterhours, BALLATE PER PICCOLE IENE (2005). Nel
2006 esce il volume “Ballate di male e miele” di Simona
Orlando (Arcana). (e.de. - n.ve.)
DISCOGRAFIA

ALL THE GOOD CHILDREN GO TO HELL (Toast 1989, EP)


DURING CHRISTINE’S SLEEP (Vox Pop 1990)
COCAINE HEAD (Vox Pop 1992, EP)
POP KILLS YOUR SOUL (Vox Pop 1993)
GERMI (Vox Pop 1995)
HAI PAURA DEL BUIO? (Mescal 1997)
NON È PER SEMPRE (Mescal 1999)
SIAM TRE PICCOLI PORCELLIN (Mescal 2001, doppio live)
QUELLO CHE NON C’È (Mescal 2002)
BALLATE PER PICCOLE I ENE (Mescal 2005)
BALLADS FOR LITTLE HYENAS (Mescal 2006)
HAI PAURA DEL BUIO?. Una frase del Kubrick di “Shining” a
intitolare un contenitore di 19 canzoni. Ballate,
sperimentazione: dalla tensione di Male di miele
all’emozionante grido di Rapace, dal quasi pop di Voglio
una pelle splendida alla morbidezza di Pelle. Istantanee,
vere, aspre e mai pretestuose. L’album proietta gli
Afterhours nella rosa degli artisti più talentuosi della nostra
scena musicale.
SIAM TRE PICCOLI PORCELLIN. Due CD live. Il primo è una
cavalcata elettrica aperta da Germi e chiusa dall’unico
inedito La sinfonia dei topi; spicca una versione ipnotica,
affascinante, lunga più di dodici minuti di Simbiosi, con la
partecipazione di Emidio Clementi. Il secondo è un set
acustico che rende ancor di più l’efficacia comunicativa di
scritti duri eppure estremamente delicati, qui addolciti
ulteriormente. Avvincenti l’immancabile Dentro Marilyn,
Oceano di gomma, Strategie, Voglio una pelle splendida.
QUELLO CHE NON C’È. Intimo, sussurrato, con qualche
cupezza, sensibilmente diverso dai precedenti, meno
aggressivo. Canzoni mature, mai retoriche né presuntuose,
che vestono la forma della ballata come in Il mio ruolo,
oppure urlano Non sono immaginario, ma sempre in una
quieta ed emozionante atmosfera che raggiunge l’apice nella
title track, poggiata su un’elettronica timida, e ancor di più
in Ritorno a casa, dove Agnelli si spoglia in silenzio.
BALLATE PER PICCOLE IENE. Un album che si assorbe poco a
poco. Spicca la volontà, e la capacità, di non ripetersi,
restando comunque nel solco già tracciato: in altre parole, la
personalità del gruppo (ovvero di Agnelli). Con suoni ed
arrangiamenti curati, gli Afterhours sono rabbiosi, plumbei,
stratificati, intensi, compatti, non cercano il colpo a sorpresa
ma lo trovano. Il disco parla della mediocrità, sin dal brano
che lo intitola. Viene poi pubblicato anche in inglese per il
mercato europeo e americano.

MANUEL AGNELLI
Manuele Agnelli nasce a Milano il 13 marzo 1966. A sette
anni inizia ad armeggiare con l’organo Farfisa di suo padre,
polistrumentista dilettante. Ascolta molta musica classica, si
innamora delle “Polacche” di Chopin e intraprende uno studio
decennale di pianoforte. A 13 anni fa parte di una cover band
di Kiss e Pink Floyd, a 17 gira l’Europa, poi lavora due anni
come contabile mentre suona in molte band estemporanee,
come gli Ex-Parapsychology, influenzati da Joy Division e
post punk. Finché imbraccia la chitarra e nel 1986 fonda gli
Afterhours, dei quali sarà cantante, autore e leader sino ai
giorni nostri. Ma è figura pressoché indispensabile della scena
rock italiana anche per il suo lavoro dietro le quinte. Nel 1989
insieme ad altri (fra cui Mauro Ermanno Giovanardi, poi
leader dei La Crus) fonda la seminale etichetta Vox Pop che,
oltre agli Afterhours, pubblicherà fra gli altri Ritmo Tribale,
Casino Royale, Mau Mau, Prozac +. Una novantina di dischi
in meno di cinque anni di attività. Nel 1997 – mentre Mina
incide la sua Dentro Marylin intitolandola Tre volte dentro me
– Agnelli inizia un’importante carriera anche come produttore,
per gli esordi di Scisma e Pitch, per gli album di Cristina Donà
TREGUA (Targa Tenco come miglior disco d’esordio) e NIDO,
per CLUB PRIVÈ dei Massimo Volume. Proprio con il leader di
questi ultimi, Emidio Clementi, realizza lo spettacolo di
reading “Gli Agnelli Clementi”. Un CD del duo sarà allegato
nel 2000 a “Il meraviglioso tubetto” (Mondadori), una serie di
scritti e racconti giovanili di Agnelli. Innumerevoli da qui in
poi le collaborazioni, come in CROCEVIA dei La Crus in cui
canta con Giovanardi e Patty Pravo Pensiero stupendo. È a
questo punto, nel 2001, che Agnelli per portare sotto i riflettori
la nuova scena musicale italiana dà vita al Tora! Tora! (il grido
di attacco degli aviatori giapponesi a Pearl Harbour), festival
itinerante che si ripeterà ogni anno con grosso impiego di
mezzi ed energie, ripagate dal pubblico ma non altrettanto dai
media, che Agnelli attaccherà ripetutamente per questo. Gli
artisti coinvolti sono decine e decine: Almamegretta, Cristina
Donà, Marlene Kuntz, PGR, Avion Travel, Subsonica…
Intanto continua a produrre, da SOLO UN GRANDE SASSO dei
Verdena a TRASPARENTE di Marco Parente, vincendo l’Italian
Music Awards come miglior produttore italiano.
Nel 2004 con Giorgio Canali e Gianni Maroccolo dei PGR
firma e interpreta End Coming Over Action Bird in A.C.A.U.
LA NOSTRA MERAVIGLIA di Maroccolo, duetta con i
Tiromancino nel loro ILLUSIONI PARALLELE in Esplode e suona
in SHE LOVES YOU dei Twilight Singers di Greg Dulli,
partecipando come tastierista al tour americano ed europeo
della band. A inizio 2005 porta in tour “Songs With Other
Strangers” con Cesare Basile, Stef Kamil Carlens, Hugo Race,
John Parish e altri artisti, che si scambiano ruoli, repertori e
strumenti.

AGRICANTUS
Il gruppo palermitano costituisce una realtà assai
rappresentativa di un’attitudine tipicamente anni ’90: lo
“sconfinamento”, un approccio alla musica popolare volto al
rimescolamento di elementi arcaici e moderni, in particolare
nel loro caso con largo uso dell’elettronica. L’esordio
discografico vero e proprio, dopo oltre un decennio di attività,
è con GNANZÙ nel 1993, Targa Tenco nella sezione dialetto tre
anni dopo con l’album TUAREG, il loro migliore, realizzato nel
Mali. A questo punto i componenti sono Tony Acquaviva (pr.,
ts., cmp., vc.), Giuseppe Panzeca (mn.), Mario Crispi (sf.),
Mario Rivera (bs.), la voce della cantante svizzera Rosie
Wiederkehr a disegnare ipnotiche nenie. Salutato come la
migliore espressione di world italiano, con KALEIDOS (1998) il
gruppo propone una fusione con elementi classici (Berio,
Bartok) meno convincente, che gli vale però una certa
affermazione sul mercato internazionale, anche statunitense.
La ricerca sonora corre parallela a un’intensa attività per il
cinema, che frutta le colonne sonore de “Il Bagno turco” di
Ferzan Ozpetek, “I giardini dell’Eden” di Alessandro D’Alatri,
“Placido Rizzotto” di Pasquale Scimeca. Nel 1999, FAIDDI
assembla il repertorio precedente con sonorità digitali e
strumenti tradizionali. Nel nuovo millennio, ETNOSPHERE e
CALURA continuano il discorso con coerenza ma anche con il
rischio del cliché.

AK 47
Filiazione del collettivo romano Onda Rossa Posse come gli
Assalti Frontali, gli AK 47 (il nome del Kalashnikov
sovietico), particolarmente attenti al mondo delle carceri,
esordiscono nel 1993 con un 12 pollici, 0516490872, dedicato
a Silvia Baraldini. Li guida Castro X, già negli Assalti
Frontali. Insieme a lui Cle, DJ Zaui, Foco, Kid, King, Maicol,
Mart’Ufo, Zap. Solo nel 1996, dopo varie vicissitudini, esce il
primo e unico album, FUORI DAL CENTRO, per Il Manifesto.
Rappresenta uno dei punti più alti del rap italiano, grazie alla
potenza espressiva, alla raffinatezza ritmica, alla cura stilistica
e a brani di forte impatto come L’inferno dei sogni, Spigoli di
luce, Dove l’inferno si sposa con la strada, Dipende, Profondo
crack. Partecipa Vittorio Nocenzi del Banco. Dopo la
successiva tournée il gruppo si scioglie. Gli AK 47 sono
presenti con brani originali nelle raccolte EPICENTRO ROMANO
VOL. 1 e PAROLE ITALIANE.

AKTUALA
Gruppo milanese della prima metà degli anni ’70,
antesignani della “world music”, quindi cultori e divulgatori
delle musiche e degli strumenti popolari. Esordiscono con
AKTUALA (1973), dove si trovano anche influenze musicali
africane e mediorientali, con cenni jazzistici. Il
polistrumentista Walter Maioli ne è il leader e prosegue
tutt’oggi la sua attività di ricerca in campo etnomusicologico
(dal suo disco SYNAULIA del 1996 sono stati tratti due brani per
la colonna sonora del film “Il gladiatore” di Ridley Scott),
didattico e concertistico. Fra gli altri membri dell’ensemble,
Daniele Cavallanti e Lino “Capra” Vaccina. Il successivo
lavoro, LA TERRA (1974), fa da cornice a tournée
semiautogestite e concerti realizzati con copiosa
strumentazione, nella quale spiccano i cordofoni, i fiati e le
percussioni. Tra le collaborazioni, sono da segnalare quelle
con Trilok Gurtu e le produzioni di Pino Massara e Franco
Battiato. Con TAPPETO VOLANTE (1975) si chiude la breve ma
significativa carriera del gruppo.

AL BANO
Dotato di voce stentorea che sembra fatta apposta per il bel
canto all’italiana, Albano Carrisi nasce a Cellino San Marco
(BR) il 20 maggio 1943. Diverrà il simbolo della canzone
nazional popolare ma il suo nome sarà sulle riviste più per i
gossip che per motivi artistici. A 12 anni scrive la prima
canzone, Addio Sicilia. Nel 1959 emigra a Milano con il sogno
della musica e con il conterraneo Modugno come modello. Si
guadagna da vivere facendo l’operaio metalmeccanico e altri
lavori, finché entra nel giro del Clan di Celentano e prende il
nome d’arte di Al Bano. Qualche tournée, qualche programma
TV grazie a Pippo Baudo, poi nel 1967 Nel sole gli porta una
popolarità destinata a rimanere intatta, anche se i 45 giri
successivi (Mattino, Pensando a te e Mezzanotte d’amore) non
eguaglieranno quel successo. Alcuni dei brani di quegli anni
(quasi tutti scritti da lui) divengono spunto e titolo di vari film.
Durante le riprese di “Nel sole” Albano conosce Romina
Power, che diventa sua moglie nel 1970. Il sodalizio diventa
anche artistico: piccole affermazioni negli anni ’70 (Storia di
due innamorati, Sharazan) e poi nell’82 il botto a Sanremo
con Felicità e ARIA PURA, che sarà l’unico album in tutta la
carriera di Al Bano a raggiungere la cima delle classifiche.
Nell’84 la vittoria al Festival con Ci sarà, sempre con la
moglie. Nel frattempo Al Bano, solo o in coppia, ha acquisito
notorietà anche all’estero, in Europa e Sudamerica. In Italia,
nonostante le fittissime presenze a Sanremo, tranne nel caso di
Nostalgia canaglia, le vendite rimangono modeste, anche
quando dal 1996 riprenderà la carriera solista, tentando perfino
di avvicinarsi al mondo della lirica. EMOZIONALE (1995) ospita
Paco De Lucia e Montserrat Caballé. Negli anni ’90 Al Bano
denuncia Michael Jackson per il plagio di una sua canzone, I
cigni di Balaka, che sarebbe stata copiata da Jackson nella sua
Will You Be There. La vicenda si chiude con un accordo fra le
parti. Per il resto Al Bano si fa conoscere più come
personaggio che come cantante. Nel nuovo secolo incide
comunque dischi come CARRISI CANTA CARUSO e Buon NATALE
che, perlomeno in Italia, non vendono quasi nulla.

ALBERO MOTORE
Romani, il loro unico album, IL GRANDE GIOCO (1974), esce
per due etichette (Car Juke Box e Intingo) a breve distanza di
tempo. Le influenze musicali sono disparate: dal country al
jazz, dal blues al rock. Ma, possedendo squarci strumentali
prog, sono inseriti un po’ forzatamente nel filone progressivo.
Prodotti da Ricky Gianco (autore di molti dei loro testi), nel
1975, anno dello scioglimento, ottengono ancora un discreto
successo con il 45 giri Messico lontano. I componenti sono
Maurizio Rota (vc., pr.), Adriano Martire (ts.), Fernando Fera
(ch.), Glauco Borelli (bs.), Marcello Vento (bt.), alcuni dei
quali proseguono l’attività come turnisti di studio o in altri
gruppi.

ALEXIA
Artista dance di successo per tutta la seconda metà degli
anni ’90, Alexia (nome d’arte di Alessia Aquilani, originaria di
La Spezia, dove è nata il 19 maggio 1967) si afferma in Italia,
in tutta Europa e in Sudamerica grazie a cinque album in
lingua inglese, pubblicati tra il 1996 e il 2001. Dotata di una
vocalità caratteristica e molto grintosa, opta poi per una svolta
pop soul e approda al mercato in lingua italiana: una
partecipazione con il brano Dimmi come al Festival di
Sanremo 2002 (dove si classifica seconda) e la pubblicazione
di ALEXIA danno ragione a tale scelta. Nel 2003, la ballata soul
Per dire di no le vale la vittoria sanremese; pubblica subito
dopo IL CUORE A MODO MIO, mentre nel 2004 vede la luce GLI
OCCHI GRANDI DELLA LUNA. Nella stessa estate è in tour con
Renato Zero. Partecipa nuovamente alla kermesse ligure nel
2005 con Da grande, cui fa seguito in marzo un’omonima
raccolta di greatest hits, ma le vendite sono in calo.

ALICE
Una delle voci più imponenti della canzone italiana ha
rischiato di non poter cantare. Non ancora Alice, la tredicenne
Carla Bissi (nata a Forlì il 26 settembre 1954) ha una terribile
faringite che la rende quasi afona. Con fatica e con l’aiuto
delle sue maestre di canto, in due anni riacquista la naturale e
ampia estensione ma anche la tonalità maschile e il timbro
caldo che la caratterizzeranno. Gli esordi risalgono al 1971,
quando, diciassettenne, vince il festival di Castrocaro con
Tanta voglia di lei dei Pooh. L’anno successivo partecipa a
Sanremo con Il mio cuore se ne va e si aggiudica la Gondola
d’argento a Venezia con La festa mia (scritta da Franco
Califano), ma il successo è ancora lontano. Intanto lavora
come segretaria. Nel ’75 l’occasione di ripartire, come Alice
Visconti (anche se non è convinta di utilizzare un nome d’arte)
e con una nuova équipe di lavoro, quella dei Pooh e di
Giancarlo Lucariello. Escono LA MIA POCA GRANDE ETÀ e, con
lo stesso team, una manciata di 45 giri e il successivo COSA
RESTA… UN FIORE (1978).

La vera svolta avviene nel 1980 con CAPO NORD, album che
segna l’inizio della collaborazione con Giusto Pio e Franco
Battiato, il quale anni prima l’aveva esortata a proseguire nel
percorso artistico. I due l’affiancano nella stesura dei brani
(benché spesso non indicati tra gli autori), firmano gli
arrangiamenti, suonano e prestano il loro gruppo di lavoro,
formato, tra gli altri, da Filippo Destrieri, Roberto Colombo,
Lino “Capra” Vaccina, Alberto Radius e il produttore Angelo
Carrara. Il vento caldo dell’estate, che vede tra gli autori anche
Francesco Messina, ottiene un buon successo di critica e
pubblico. Oltre al maggiore spessore artistico, si delinea il
carattere di una cantautrice spavalda ed energica, come
testimonia l’anno successivo la vittoria al Festival di Sanremo
con la celebre Per Elisa, inserita poi in ALICE, album nel segno
della continuità con il precedente. Da qui arriva l’affermazione
anche in vari Paesi europei.
L’immagine di cantante seriosa viene alimentata
ulteriormente da AZIMUT (1982), che si distingue, tra l’altro,
per la collaborazione con Eugenio Finardi (che scrive Laura
degli specchi) e contiene brani dalla buona diffusione
radiofonica, come A cosa pensano, Messaggio e soprattutto
Chanson egocentrique, in duetto con Battiato. Meno
convincente il successivo FALSI ALLARMI, pur nella ricerca di
sonorità meno rock e di testi più intimisti. Questa nuova fase si
concretizza in una sosta compositiva nella quale si registrano
due duetti importanti: ancora con Battiato ne I treni di Tozeur e
con il cantautore tedesco Stephen Waggershausen, in Zu Nah
Am Feuer, che rafforza la notorietà di Alice in Germania. Da
questa pausa nasce soprattutto GIOIELLI RUBATI (che vince la
Targa Tenco come migliore interprete), in cui Alice
reinterpreta brani di Battiato imprimendo ad alcuni di essi,
come Prospettiva Nevski o Luna indiana (a cui viene aggiunto
un testo), la sua particolare sensibilità. Parallela al percorso
pop è l’incursione nel repertorio classico di Satie, Fauré e
Ravel con i concerti di MELODIE PASSAGÈRE (di cui verrà
pubblicato un intenso disco nel 1988).
È con questo itinerario alle spalle che Alice arriva a PARK
HOTEL, l’altra svolta nella sua carriera, seguita da una tournée
di successo in Germania. L’attenzione per il pop inglese del
suo produttore Francesco Messina, il cui peso è sempre
maggiore, si fa sentire in questo disco suonato da musicisti del
calibro di Jerry Marotta, Tony Levin, Phil Manzanera, Michele
Fedrigotti, e in cui emerge un’artista sempre più volta
all’introspezione e alla spiritualità. Queste caratteristiche e la
collaborazione con Juri Camisasca (autore per questo disco
della nota Nomadi) si consolidano nel 1989 in IL SOLE NELLA
PIOGGIA. Più rarefatte e intellettuali le atmosfere musicali e
testuali dei due dischi d’inizio anni ’90, MEZZOGIORNO SULLE
ALPI e CHARADE, in cui la fiera ragazza del decennio
precedente lascia definitivamente il posto alla raffinata autrice
e interprete di classe, che conferma anche la sua popolarità nel
Nord Europa, mentre partecipa all’album solo di Trey Gunn e
al progetto Devogue. Il successivo EXIT (1998), dalle sonorità
pop più immediate ma con tratti di ottima canzone d’autore,
vede la partecipazione di amici e collaboratori di lunga data
come Messina, Camisasca, Mino Di Martino, Vincenzo
Zitello, Peter Hammil insieme a giovani come Morgan, Luca
Urbani e Skye dei Morcheeba, che duetta con Alice nel
fortunato singolo Open Your Eyes. Che questo sia un periodo
di grande ispirazione è confermato anche dal seguente GOD IS
MY DJ. Nato come progetto dal vivo, raccoglie composizioni
risalenti a varie epoche e diversi autori, dal pop al gregoriano,
ma con la caratteristica comune di esprimere sacralità, tema
sicuramente non d’occasione, vista l’adesione di Alice a un
Cristianesimo permeato di filosofia gurdjieffiana. Il progetto si
inserisce nel suo filone “colto”, parallelo alla musica pop, che
aveva già dato vita a MELODIE PASSAGÈRE e successivamente al
progetto “Art et décoration”, mai pubblicato su disco. Di
segno opposto la partecipazione al Sanremo dell’anno
successivo con il brano di Camisasca Il giorno
dell’indipendenza, inserito in PERSONAL JUKE-BOX, rifacimenti
di brani editi.
Nel 2003 esce VIAGGIO IN ITALIA, che per lo più propone
canzoni (a volte poco note) di cantautori italiani, che Alice ha
sempre amato anche se frequentato – musicalmente – poco.
Alice canta Barrett, Battiato, Battisti, De André, De Gregori,
Di Martino, Fossati, Fripp, Gaber, Guccini, Joyce, Panella,
Pasolini, Sgalambro, Sinfield. (a.ca.)
DISCOGRAFIA

LA MIA POCA GRANDE ETÀ (CBS 1975, a nome Alice


Visconti)
COSA RESTA… UN FIORE (CGD 1978)
CAPO NORD (EMI 1980)
ALICE (EMI 1981)
AZIMUT (EMI 1982)
FALSI ALLARMI (EMI 1983)
GIOIELLI RUBATI (EMI 1985)
PARK HOTEL (EMI 1986)
ELISIR (EMI 1987, nuove versioni di brani già editi più The
Fool On The Hill)
KUSAMAKURA (Odeon/EMI 1988, Giappone, antologia dei
due dischi precedenti con un inedito)
MÉLODIE PASSAGÉRE (EMI 1988)
IL SOLE NELLA PIOGGIA (EMI 1989)
MEZZOGIORNO SULLE ALPI (EMI 1992)
IL VENTO CALDO DELL’ESTATE (EMI 1994, antologia con un
brano remixato)
NON ERO MAI SOLA (WEA 1995, mini CD con versioni
inedite)
CHARADE (WEA, 1995)
DAMMI LA MANO (WEA 1996, mini CD con versioni inedite)
EXIT (WEA 1998)
GOD IS MY DJ (Warner/Fonit 1999)
PERSONAL JUKE BOX (WEA 2000, antologia con alcuni brani
in nuova versione e 3 inediti)
FIORELLA E CARLA BISSI: I PRIMI PASSI (On Sale Music 2000,
antologia con tutte le canzoni incise a nome Carla Bissi
inedite su album e su CD)
VIAGGIO IN ITALIA (nUn, 2003)
IL SOLE NELLA PIOGGIA. Scritto per metà da Juri Camisasca,
realizzato con gli ex Japan Steve Jansen e Richard Barbieri,
oltre a Jon Hassel, Paolo Fresu, Dave Gregory, Peter
Hammil, Eugenio Finardi, questo lavoro suonato e cantato
in modo magistrale contiene brani dalla melodia
orecchiabile, dalle sonorità calde e avvolgenti e dai testi
impregnati di ricerca spirituale e umana, come la title track,
Visioni o Tempo senza tempo. C’è trascendenza, sensualità,
poesia, mistero.

GIOVANNI ALLEVI
Compositore e pianista (è diplomato al Conservatorio
“Giuseppe Verdi” di Milano), nasce nel 1969 ad Ascoli
Piceno. All’inizio degli anni ’90 tiene i primi concerti, mentre
in ambito discografico esordisce nel 1997 con 13 DITA, album
di solo pianoforte così come il seguente COMPOSIZIONI (2003).
I due dischi sono pubblicati da Soleluna, l’etichetta di
Jovanotti, di cui Allevi apre molti concerti. Si esibisce sia in
festival di musica classica che in altri ambiti, come, nel 2005,
al Blue Note di New York. Rielabora intanto la “Carmen” di
Bizet. Il 2005 è anche l’anno di NO CONCEPT, il quale gli vale
ulteriori gratificazioni a livello internazionale: il regista Spike
Lee utilizza il brano Come sei veramente per la colonna sonora
di uno spot. Si susseguono i concerti in tutto il mondo, dalla
Cina agli Stati Uniti. Il successivo lavoro discografico è JOY,
nel 2006. Nella musica di Allevi, che è laureato in Filosofia, la
matrice classica viene arricchita da suggestioni pop sia
ritmiche che melodiche. Nel 2006 gli è stato assegnato il
“Premio Carosone” come pianista dell’anno, per “il senso
melodico del suo pianismo, ma soprattutto per il suo muoversi
oltre ogni barriera di genere, al di fuori di qualsiasi categoria e
definizione”.

ALLUMINOGENI
Uno dei pochi gruppi torinesi dell’ondata progressive dei
primi ’70, gli Alluminogeni incidono quattro singoli nel 1970
sempre in formazione a tre (ch., ts. e bt.) i cui punti fermi sono
il tastierista e cantante Patrizio Alluminio e il batterista
Daniele Ostorero. Nel 1972, con Enrico Cagliero alla chitarra
e al basso, pubblicano SCOLOPENDRA, diventato oggetto di
culto sia per l’originalità del prodotto che per la sua rarità. Un
disco cupo, con l’organo in primo piano. Con l’uscita del 33
giri si interrompe il rapporto tra la Fonit Cetra e il complesso,
che contesterà fortemente la produzione e il missaggio
accusando i discografici di aver stravolto l’idea originale.
Dopo molti anni di interruzione dell’attività discografica – un
solo 45 giri all’attivo per Patrizio Alluminio, pubblicato nel
1975 – gli Alluminogeni si riformano e nel biennio 1993-1994
pubblicano due nuovi album (GENI MUTANTI e GREEN GRAPES)
con materiale registrato in epoche diverse.

ALMAMEGRETTA
Tra i maggiori innovatori del decennio ’90, gli
Almamegretta sono i capostipiti di un filone trasversale e
meticcio. Napoletani, devono il loro nome a una glossa in
volgare che significa “anima migrante”. Il nucleo primigenio è
un terzetto formatosi nei tardi anni ’80 da Gennaro Tesone,
Gianni Mantice e la cantante Patrizia Di Fiore, di cui prenderà
il posto il carismatico Gennaro Della Volpe alias “Reeno” e
poi “Raiss” e “Raiz”.
Il progetto sonoro è improntato a un crossover multietnico,
una scommessa eretica che coniuga Bristol e Tangeri, Napoli e
Kingston, sulla scia di quanto oltremanica sperimentavano
gruppi trip hop come Portishead e Massive Attack, ma con una
robusta corteccia vesuviana, esaltata da melodie e testi
napoletani. A rivelarli nel 1992 è l’EP FIGLI DI ANNIBALE,
quattro brani di dub partenopeo, ragamuffin ipnotico su tappeti
ritmici molto moderni. Il primo album, prodotto da Ben
Young, ha un titolo che traduce il loro nome, ANIMA MIGRANTE:
per l’occasione si unisce al gruppo il soundman Stefano
Facchielli (alias D.RaD). Il disco, che vale al gruppo la Targa
Tenco quale migliore opera prima, contiene Fattallà, Figli di
Annibale, Sanghe e anema, classici di un repertorio
contaminato definito da Pino Daniele “il suono della nuova
Napoli”. I Massive Attack propongono al gruppo di remixare
la loro Karmakoma, che diventa The Napoli Trip. Mentre
Mantice lascia la band, il regista partenopeo Pappi Corsicato
gira il video di Nun te scurdà e Adrian Sherwood, della On-U
Sound, produce il secondo album SANACORE. Arriva un’altra
Targa Tenco (miglior disco in dialetto del 1995). La capacità di
affrontare il nodo della tradizione senza renderla retorica, ma
calandola nei contesti dell’elettronica dance, fa degli
Almamegretta una realtà molto “di tendenza”. Raiss è un
muezzin innamorato, intarsia melodie berbere, è richiesto
come cantante a Londra (Letfield) e New York (Laswell).
INDUBB raccoglie brani remixati; Pino Daniele, a suggellare un
reciproco entusiasmo, li vuole ospiti in Canto do mar (in
DIMMI COSA SUCCEDE SULLA TERRA, 1997). Figli di Annibale
diviene brano portante della colonna sonora di “Sud” di
Gabriele Salvatores.
Dopo lavori che hanno definito un dub-reggae-funk di
matrice napoletana, il successivo capitolo LINGO (parola usata
dagli inglesi quando non capiscono che lingua si parla) è
registrato a Londra. Tra nevrosi metropolitane e misticismi
orientali, gli Almamegretta rivendicano la loro sostanza pop,
innervata di drum’n’bass, house, hip hop (nel singolo Black
Athena Raiss veste i panni di un rap gangster). Al disco
partecipano Bill Lawsell, i due Transglobal Underground
Count Dubulah e Nel Sparks, e Pino Daniele che suona la
chitarra su Rootz. Il gruppo torna in Italia e nel 1999 registra
4/4 (con Figli di Dio, Chi): quarto lavoro, esclusi gli EP, per
una formazione che sottolinea la ballabilità della propria
proposta. Gli studi milanesi Officine Meccaniche di Mauro
Pagani elargiscono strumenti vintage (Moog, Rhodes,
Hammond), suonati insieme alle alchimie di D.RaD, marchio
di fabbrica del suono, mentre Raiss si reincarna in Raiz.
Nell’album è ospite, oltre a Pagani, la cantante siberiana
Sainkho Namtchilak (Sainkho’s Blues). Intanto O sciore cchiù
felice entra a far parte della colonna sonora del film “The Cell”
girato dal regista angloindiano Tarsem Singh.
Nel 2001 esce IMAGINARIA (con Fa’ ammore cu’ mme,
Catene), ancora registrato alle Officine, vincitore della Targa
Tenco come miglior album in dialetto. L’esperanto degli
Almamegretta si celebra nel live VENITE! VENITE!, pubblicato
nel 2002 per il decennale di carriera. È un sipario: finisce il
rapporto con la BMG e, con l’abbandono di Raiz proiettato
verso la carriera solistica prende avvio una nuova fase,
inaugurata da SCIUOGLIE ‘E CANE. Apparso per l’etichetta
Sanacore, l’album ospita Marco Parente, Francesco Di Bella
dei 24 Grana e Patrizia di Fiore, di nuovo vocalist insieme a
Lucariello. Ma il 1° novembre 2004 in un incidente stradale
perde la vita Stefano Facchielli (D.RaD), responsabile di
campioni, loop e groove, l’anima dietro il suono
Almamegretta. Due mesi più tardi D.RaD viene ricordato in un
concerto all’Auditorium di Roma con Raiz e altri ospiti. Il
gruppo decide di continuare: nel 2005 viene pubblicato il
doppio disco dal vivo SCIUOGLIE ‘E CANE LIVE (Stelle, Polvere)
e nel 2006 il nuovo album DUBFELLAS, quasi completamente
strumentale.
(g.ve.)
DISCOGRAFIA

FIGLI DI ANNIBALE (Anagrumba/CNI/BMG 1992, EP)


ANIMAMIGRANTE (Anagrumba/CNI/BMG 1993)
FATTALLÀ (Anagrumba/CNI/BMG 1994, EP dub, remix e
live)
SANACORE 1.9.9.5. (Anagrumba/CNI/BMG 1995)
SANACORE REPRISES (Anagrumba/CNI/BMG 1996, EP
remix)
INDUBB(Anagrumba/CNI/BMG 1996, raccolta di brani
rivisitati)
LINGO (BMG 1998)
4/4 (BMG 1999)
IMAGINARIA (BMG Ricordi 2001)
FATTALLÀ (BMG Ricordi 2001, EP)
FA’ AMMORE CU’MME (BMG Ricordi 2001, EP)
VENITE! VENITE! (BMG Ricordi 2002, dal vivo)
SCIUOGLIE ‘E CANE (Sanacore 2003)
SCIUOGLIE ‘E CANE LIVE 2004 (Sanacore 2005, doppio dal
vivo)
DUBFELLAS (Sanacore/RAI Trade 2006)
SANACORE 1.9.9.5. Il vero manifesto: registrato a Procida, è
un omaggio al reggae dub che segna la collisione tra
melodie maghrebine, (bei) testi in napoletano e ritmiche da
club. Scioscie viento, Tempo, Nu te scurdà: Raiss & Co.
dimostrano che la tradizione del Mediterraneo convive
benissimo con le istanze più trendy.

ALUNNI DEL SOLE


Guidato dai fratelli Paolo (vc., pn.) e Bruno (ch.) Morelli, il
gruppo nasce a Napoli sul finire degli anni ’60, ottenendo una
prima notorietà con Concerto. Il primo LP, DOVE ERA LEI A
QUELL’ORA (1971), li inserisce nel filone del pop melodico, che
però non disdegnerà una certa raffinatezza di scrittura. L’anno
seguente pubblicano …E MI MANCHI TANTO... Con JENNY E LA
BAMBOLA (1974) praticano maldestramente la strada del
progressive rock, ma è con ‘A CANZUNCELLA (1977) e LIÙ
(1978) che toccano l’apice del loro successo, grazie ai due
omonimi singoli, buoni brani pop, il secondo dei quali risulta
vincitore al Festivalbar. Con TARANTÈ (1979) inizia il declino
commerciale. Il gruppo si scioglie nel 1983 e si ricompone nel
1992 per DI CANZONE IN CANZONE, accreditato principalmente a
Paolo Morelli, da sempre autore dei brani. Relegati a replicare
dal vivo i loro successi durante feste paesane o apparizioni in
trasmissioni televisive di revival, gli “Alunni” incidono quindi
E RISALIRE IL TEMPO (2005), dal titolo emblematico, contenente
i successi del passato e nuove canzoni.

FAUSTO AMODEI
Torinese, Fausto Amodei è uno dei padri della canzone
politica italiana. Nasce il 18 giugno 1934 e ben presto inizia a
studiare fisarmonica, quindi pianoforte e chitarra. Mentre si
laurea in Architettura e milita in movimenti politici di sinistra,
canta canzoni folk francesi e americane e brani di Brassens
che in alcuni casi traduce in torinese. Il suo primo brano è Le
cose vietate. Nel 1958 è uno dei fondatori di Cantacronache e
l’approccio cronachistico (in vari casi con elementi satirici)
sarà sempre una sua caratteristica, così come l’utilizzo degli
stilemi della tradizione per nuove composizioni.
Nel 1960 scrive Per i morti di Reggio Emilia, per i moti
operai contro il governo Tambroni, brano che diventa molto
popolare nei circuiti della Sinistra, quasi un inno, e che viene
poi inserito in CANTACRONACHE N. 6, interamente dedicato ad
Amodei. Dal 1962 porta avanti sia rielaborazioni di canti
popolari che proprie canzoni con il Nuovo Canzoniere
Italiano, incidendo vari 45 e 33 giri per i Dischi del Sole (tra
cui IL BARONE E LA PASTORA e CANZONI DIDASCALICHE). Nel
1975 riceve il Premio Tenco, mentre nel 1976 compone Il
partito, ambiziosa cantata per quattro voci e sei strumenti,
ispirata alle memorie politiche di Camilla Ravera. Negli anni
’70 continua l’attività live, ma dopo SE NON LI CONOSCETE
(1973) e L’ULTIMA CROCIATA (1974) per tre decenni non incide
più dischi, fino al 2005 quando pubblica PER FORTUNA C’È IL
CAVALIERE per l’etichetta Nota, caustico e ironico come sempre
e più di sempre.

ROBERTO ANGELINI
Tre album all’attivo disorientano chi volesse dare un nome
alla musica di Roberto Angelini (Roma, 17 ottobre 1975).
Eredita la passione per la musica in famiglia, dove si predilige
il jazz (Chet Baker frequenta la casa); si avvicina prima al
pianoforte e poi alla chitarra che, sin dai sedici anni, lo
accompagna in esibizioni live assieme alle sue prime band.
Deciso nel prediligere la chitarra acustica (suo pigmalione
Tuck Andress di Tuck & Patti), comincia a frequentare “Il
locale” di Roma e poi realizza il singolo Serenità per la Virgin.
Nel 2001 partecipa a Sanremo vincendo il Premio della critica
nella sezione “Giovani” per la canzone Il Sig. Domani, titolo
anche del suo primo album prodotto da Daniele Sinigallia.
Intanto porta la sua musica in giro per l’Italia aprendo i
concerti di Jarabe de Palo, Max Gazzè, Marina Rei, Carmen
Consoli. L’album ha un taglio cantautorale ma ottiene pochi
riscontri di vendite. Dopo due anni ANGELINI, preceduto dal
successo radiofonico Gattomatto, rimette in discussione il
lavoro precedente, puntando più al lato commerciale. Ma nel
2005 una nuova svolta, opposta: un album di cover molto
fedeli di Nick Drake, PONG MOON, realizzato con Rodrigo
D’Erasmo.

ANTOINE
Di origine corsa, Antoine Muraccioli nasce in Madagascar
nel 1944. Giramondo per esigenze familiari, approda infine in
Francia, dove, con brani come Les élucubrations d’Antoine e
Un éléphant me regarde, s’impone come cantante cosiddetto
di protesta (sono quelli gli anni). È il 1966 quando Herbert
Pagani lo convince a tentare la carta della musica anche in
Italia, dove in effetti il giovane capellone con quel marcato
accento francese sfonda subito, dapprima (Pietre, Sanremo
’67) ribadendo l’immagine di contestatore (sia pure piuttosto
all’acqua di rose), quindi abbracciando decisamente la via del
disimpegno con le varie La tramontana, Cos’hai messo nel
caffè, Taxi, che porta sempre a Sanremo (dove tornerà altre
due volte) fra il ’68 e il ’70, e Cannella. Spazzato via come
tanti da nuovi climi musicali, dal 1974 si dedica alla
navigazione solitaria, esperienza da cui scaturiscono libri di
memorie, foto, documentari TV, che riconfermano estro e
intelligenza di un artista lasciatosi irretire un po’ troppo in
fretta dalle sirene del successo.

BIAGIO ANTONACCI
Tra i più popolari esponenti pop degli anni ’90, Biagio
Antonacci nasce a Rozzano, in provincia di Milano, il 9
novembre 1963. Ha il suo primo approccio con il mondo della
musica da adolescente: suona la chitarra e la batteria, e mentre
ottiene il diploma da geometra scrive le prime canzoni. Si
trasferisce a Bologna alla fine degli anni ’80, in un ambiente
artistico estremamente ricettivo. Nel 1988 partecipa al Festival
di Sanremo, nella sezione Nuove Proposte, con un brano
scritto con Ron e da lui prodotto, Voglio vivere in un attimo;
l’esordio non è fortunato, ma nel frattempo si pongono le basi
per la realizzazione di un album che uscirà l’anno successivo –
ancora con la produzione del cantautore pavese – intitolato
SONO COSE CHE CAPITANO. Nello stesso periodo Antonacci apre
i concerti degli Stadio e gode di un buon riscontro il brano
Fiore, primo passo verso il successo del decennio a venire. Gli
anni ’90 si aprono con la pubblicazione di ADAGIO BIAGIO, che
ha la sua canzone di punta in Danza sul mio petto. Quello di
Antonacci è un cantautorato molto leggero, i temi sono
prevalentemente sentimentali, accompagnati da un delicato
pop. Una miscela scarsamente originale che la critica
apprezzerà poco.
La svolta arriva nel 1992 quando LIBERATEMI, prodotto da
Mauro Malavasi, e soprattutto il brano omonimo, lo
impongono all’attenzione del grande pubblico, complice anche
la partecipazione al Festivalbar: la canzone ha una musicalità
dirompente, vicina al rock, e si rivela di grande
coinvolgimento. Antonacci partecipa al Sanremo 1993 con
Non so più a chi credere. Nell’estate è di nuovo al Festivalbar,
con Prima di tutto. Nell’autunno 1994 esce BIAGIO
ANTONACCI, lanciato dal singolo Non è mai stato subito e
ancora prodotto da Malavasi. Moltissimi gli estratti per la
promozione radiofonica, su tutti Se io, se lei, una delle hit del
suo repertorio. Dopo due anni arriva nei negozi IL MUCCHIO, il
primo album dopo il distacco da Malavasi: Luca Carboni è
coautore di Happy Family, mentre tra il pubblico si affermano
Se è vero che ci sei e In una stanza quasi rosa,
sull’omosessualità. Il 1998 vede l’uscita dell’album di
maggior successo di vendite fino a questo momento, MI FAI
STARE BENE, che, promosso dal pezzo omonimo, ottiene una
grandissima popolarità grazie soprattutto a Iris (tra le mie
poesie).
Abile nel mediare romantiche melodie con spinte pop rock,
Antonacci perfeziona la sua cifra stilistica senza discostarsi
dallo stile che lo rende caro al pubblico giovanile. Alla fine del
2000 è tuttavia una canzone di respiro più esistenziale che
romantico a imporsi come uno dei risultati migliori della sua
produzione: Le cose che hai amato di più, inserita nella
raccolta TRA LE MIE CANZONI. Intanto scrive Tra te e il mare,
portata al successo da Laura Pausini, e produce COME UNA
GOCCIA D’ACQUA di Syria. Il successivo 9/NOV/01, lanciato da E
ritorno ad amare, è prevalentemente orientato su temi
sentimentali e sonorità più decise. Nel 2004 Antonacci
inaugura un significativo progetto, un album diviso in due
dischi, da distribuirsi, a prezzo ridotto, lungo un lasso di tempo
relativamente contenuto: prima CONVIVENDO PARTE 1, e poi,
all’inizio dell’anno successivo, CONVIVENDO PARTE 2, entrambi
concentrati sul tema suggerito dal titolo e premiati con un
successo di vendite notevole. Tra gli hit, Non ci facciamo
compagnia e Mio padre è un re per la prima parte, Sappi
amore mio e Pazzo di lei per la seconda. Alla fine del 2005 i
due dischi sono stati riuniti in unico CD, CONVIVENDO, a cui è
stato allegato un DVD di performance dal vivo. Le vendite
sono copiose. Intanto il giovane cantautore romano Simone
Cristicchi domina nelle radio con un brano di sottile ironia
dedicato ad Antonacci, Vorrei cantare come Biagio. (m.m.a.)
DISCOGRAFIA

Sono cose che capitano (Polygram 1989)


ADAGIO BIAGIO (Philips 1991)
LIBERATEMI (Universal 1992, ristampato nel 1993 con un
brano aggiunto)
NON SO PIÙ A CHI CREDERE (Universal 1993, raccolta con
inediti)
BIAGIO ANTONACCI (Polygram 1994)
IL MUCCHIO (Polygram 1996)
MI FAI STARE BENE (Polygram 1998, anche in edizione
limitata con diversi brani aggiunti)
TRA LE MIE CANZONI (Universal 2000, raccolta con inediti)
9/NOV/2001 (Universal 2001)
CONVIVENDO PARTE 1 (Iris 2004)
CONVIVENDO PARTE 2 (Iris 2005)
CONVIVENDO (Iris 2005, album che raccoglie i due
precedenti)
LIBERATEMI. La produzione di Mauro Malavasi offre spinta
ritmica al primo lavoro di grande successo di Antonacci. Il
più “sociale” dei suoi album, come testimoniano il brano
omonimo e Come siamo tanti al mondo. Assomigliami è
dedicata al neonato figlio Giovanni, avuto da Marianna
Morandi. Eros Ramazzotti voce e penna in Almeno non
tradirmi tu e chitarra in Le donne sole. L’album viene
ristampato dopo la partecipazione al Sanremo 1993 con
l’aggiunta di Non so più a chi credere.
RENZO ARBORE
Showman, autore televisivo, attore, regista, ma anche
cantante e musicista: sono molti i volti artistici di Lorenzo
“Renzo” Arbore (nato a Foggia il 24 giugno 1937, ma
napoletano d’adozione), una delle personalità in assoluto più
duttili e versatili del nostro panorama artistico. La sua carriera
ha inizio negli anni ’60 con la conduzione di alcune
trasmissioni prima radiofoniche (“Bandiera gialla”, “Per noi
giovani”), e poi televisive (“Speciale per voi”). Negli anni ’70
è ancora in TV con “Alto gradimento”, “L’altra domenica”, e
poi al cinema, regista del curioso “Pap’occhio”, nel 1980. A
partire da quel momento ha inizio la sua carriera discografica,
spesso legata a canzoni proposte all’interno dei suoi spettacoli
televisivi: dopo “Telepatia International”, del 1981, esce ORA
O MAI PIÙ, OVVERO CANTAUTORE DA GRANDE (con Smorza ‘e
llights), prima sintesi di un repertorio che spazia dal blues allo
swing, con Napoli come sosta obbligata. Lo stile è
accattivante, spesso ironico. Il secondo album fa seguito al
famoso programma televisivo dell’estate 1985, “Quelli della
notte”, e ne prende il nome: è un grande trionfo di classifica
trascinato dalla sigla Ma la notte no, e seguito a breve da
MEGLIO DAL VIVO CHE DAL MORTO. L’anno dopo Arbore prende
parte a Sanremo con la maliziosa Il clarinetto e si classifica
secondo: pubblica PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI e nello stesso
anno il live VIAGGIARE… OH, OH. Il 1987 è un anno
particolarmente intenso e fortunato: crea “D.O.C.”,
programma televisivo di raffinata sensibilità musicale, e
conduce lo storico “Indietro tutta!”, che lo riporta alla
discografia con l’album DISCAO MERAVIGLIAO. All’inizio degli
anni ’90 la sua dedizione per la musica prende le forme di un
nuovo progetto, destinato a grande fortuna: per sua volontà
nasce l’Orchestra Italiana, una band formata da quindici
elementi, che si ripropone di rilanciare i grandi classici della
canzone napoletana riarrangiati in una chiave moderna e
brillante. Il prodotto – specie nella proposizione live – verrà
esportato in tutto il mondo. Nel frattempo nascono alcuni
album, NAPOLI. PUNTO E A CAPO (1992), NAPOLI. DUE PUNTI E A
CAPO (1993), NAPOLI. PUNTO ESCLAMATIVO (1995), PERCHÉ NUN
CE NE JAMM IN AMERICA (1996) e SUD(S) (1998). Dopo aver
ricevuto soddisfazioni nei cinque continenti con l’Orchestra
Italiana, e qualche critica da altri musicisti com Pino Daniele,
nel 2002 Arbore fonda il gruppo Arbore e gli Swing Maniacs,
con cui incide un album, TONITE! RENZO SWING. All’inizio del
2005 il doppio VINTAGE!…MA NON LI DIMOSTRA rivisita con
approccio swing 35 successi italiani d’epoca, e anticipa il
programma “Meno siamo meglio stiamo”. Nel 2006 tocca a un
doppio album dal vivo: RENZO ARBORE L’ORCHESTRA ITALIANA
AT CARNAGIE HALL NEW YORK.

AREA
Uno dei più innovativi gruppi italiani, soprattutto
considerandone la discografia, la notorietà e un arco temporale
di attività continuativa non ampio. Gli Area nascono nel 1972,
con il carismatico cantante Demetrio Stratos (anche
all’organo) e Giulio Capiozzo alla batteria. Costruiscono la
propria fisionomia musicale in mesi e mesi di prove per poi
suonare come gruppo spalla di Rod Stewart, Gentle Giant, Soft
Machine e altri. Con Stratos e Capiozzo, all’esordio
discografico del 1973, ARBEIT MACHT FREI, ci sono Victor
Eddy Busnello ai fiati, Patrick Dijvas (bs.), Patrizio Fariselli
(ts.) e Paolo Tofani alla chitarra elettrica e VCS3 (un
sintetizzatore molto usato in quel periodo), che sostituisce il
primo chitarrista, Johnny Lambizzi. Ognuno di loro proviene
da esperienze diverse, dal beat come dal jazz più trasgressivo.
All’interno della copertina originale si trova la sagoma di
una pistola in cartone: è una delle prime provocazioni del
gruppo. I testi dell’album sono di Gianni Sassi alias
“Frankenstein”, art director della nuova etichetta Cramps,
nonché mentore e sesto componente del gruppo, che li
convince a cantare in italiano. Altra figura importante in
questa fase è quella del manager Franco Mamone che li vede
come una sorta di Mahavishnu Orchestra. I contenuti sono
radicali, di non facile presa: è l’inizio di una ruvidezza
costante nella storia della formazione. Gli Area, il cui nome
completo riporta la dicitura “International POPular group”,
provocano uno scossone nel panorama della nostra musica. Il
free jazz, la musica contemporanea e le influenze popolari
extraeuropee iniziano qui una laboriosa marcia di
avvicinamento: “musica di fusione di tipo internazionalista” la
definisce Stratos. Il mercato discografico resta però inerte,
continuando a preferire il rock di stampo anglosassone.
Abbandonano Dijvas, che entra nella PFM, sostituito da Ares
Tavolazzi, e Busnello (dopo una breve parentesi con Massimo
Urbani i fiati saranno poi suonati da altri componenti o
musicisti ospitati). Nello stesso anno il gruppo si esibisce alla
biennale d’arte di Parigi e intraprende un tour in favore del
popolo cileno, vittima di un colpo di stato. Nel 1974 esce
CAUTION RADIATION AREA (con Lobotomia, ZYG -Crescita
zero, Cometa rossa), album decisamente votato alla
sperimentazione e che segna il divorzio con Mamone. A
partire da questo momento gli Area danno una forte impronta
alla loro presenza dal vivo, legandosi fortemente ai movimenti
della Sinistra e ai loro festival. Suonano fra l’altro all’ospedale
psichiatrico di Trieste nel reparto di Franco Basaglia e
all’apertura del live act di Joan Baez al Vigorelli di Milano nel
1974 contro la guerra in Vietnam. (Il concerto viene anche
contestato ma dà il via al loro periodo di maggiore notorietà.)
“Siamo cinque musicisti che hanno una rabbia repressa perché
hanno suonato per tanti anni quello che volevano i padroni”
dice Stratos. L’anno seguente incidono CRAC!, una delle loro
opere migliori oltre che accessibili, e sono protagonisti al
secondo festival al Parco Lambro di Milano. Nel giro di tre
anni sono divenuti uno dei più noti gruppi italiani, pubblicati
anche in Francia e Giappone. È l’apice, con circa 200 concerti,
talvolta turbolenti, un tour in Portogallo, festival in Francia e
Cuba e l’uscita del live ARE(A)ZIONE (1975) con
L’Internazionale, pubblicata anche su 45 giri per il circuito
militante, e La mela di Odessa, che dal vivo vede talvolta un
componente che morsica una mela come preludio alla musica.
Il 1976 annuncia la fase più matura del gruppo, certamente
la più speculativa, con molta aggressività nei confronti della
musica stessa. Esce MALEDETTI, anticipato da uno storico
concerto di presentazione all’università di Milano. Altro
documento dell’epoca è EVENT ’76 (pubblicato nel 1979), con
la partecipazione di Steve Lacy al sax e senza Capiozzo e
Tavolazzi impegnati con Andrea Mingardi. È il segnale di una
crisi fra le due anime del gruppo: quella più sperimentale di
Stratos e Tofani e quella più jazzistica di Capiozzo e
Tavolazzi, con Fariselli come cerniera.
Sempre nel 1976, la ricomposizione e un’esibizione al
festival dell’Humanité di Parigi. In alcuni concerti il gruppo
sperimenta il coinvolgimento diretto del pubblico, ad esempio
collegando alcuni tasti del synth con cavi che giungono agli
spettatori, i quali toccandoli e dando calore e pressione
agiscono sul suono stesso. Gli Area sono ormai un gruppo
aperto a musicisti di varia estrazione, la loro proposta diventa
patrimonio della musica colta contemporanea. In un momento
in cui la critica, generalmente favorevole al gruppo, si
interroga sulla enorme dilatazione delle scelte della band,
viene presentata la raccolta ANTO/LOGICAMENTE (1977) al
Teatro Uomo di Milano. Ma il gruppo intanto si frammenta: il
fondamentale Tofani (che era arrivato a rifiutare la proposta di
far parte dei Roxy Music) entra negli Hare Krishna. Stratos
continua un proprio percorso che porta anche a due album; tra
i progetti discografici degli altri membri si possono citare
INDICAZIONI (1977) di Tofani e ANTROPOFAGIA (1977) di
Fariselli. Nel 1978 su spinta di Stratos gli Area lasciano la
Cramps e per la Ascolto pubblicano il controverso 1978: GLI
DEI SE NE VANNO GLI ARRABBIATI RESTANO, in gran parte basato
su materiale del cantante, sia testi che musiche. Sono anche
invitati al festival mondiale della gioventù a Cuba, ma Stratos
si allontana dal gruppo, in parte per esigenze di studio (il suo
lavoro sulla sperimentazione era appena iniziato), in parte per
dissapori con Fariselli, in parte per la sua volontà, non
condivisa dagli altri, di avvicinare la band a una maggior
comunicabilità.
Ma nel 1979 dopo una breve e incurabile malattia Stratos
muore. Il 14 giugno, giorno che segue il suo decesso in un
ospedale di New York, si svolge uno storico concerto che
inizialmente doveva servire per raccogliere fondi per le cure al
cantante. Vi partecipano numerosi cantautori e gruppi, oltre a
60.000 spettatori, all’Arena di Milano e ne viene tratto il live
IL CONCERTO (1979); gli Area suonano per ultimi ed eseguono
L’Internazionale.
Per alcuni la morte di Stratos coincide con la fine di una
stagione del rock progressivo italiano, sebbene questa
catalogazione sia poco pertinente per il gruppo, che ha dato
vita a una spigolosa proposta di difficile definizione. Nello
stesso anno esce CARNASCIALIA, un esperimento di crossover
con Capiozzo, Fariselli e Stratos, oltre a svariati altri artisti
italiani, mentre sotto il nome Area viene inciso il discontinuo
TIC & TAC (1980), con forti concessioni all’improvvisazione
jazzistica. A fine anno il gruppo, con Capiozzo, Fariselli e
Tavolazzi, esegue dal vivo al Teatro Regio di Parma le
musiche per “Gli uccelli” di Aristofane, con la regia di Memè
Perlini. Il lavoro ha quasi 150 repliche e viene seguito da un
secondo, ma ormai si è affievolito l’interesse del pubblico
verso il gruppo, che sospende l’attività. Non così i membri:
Capiozzo opera in ambito jazz e, senza molto esito, verso la
metà del decennio fonda gli Area II, dando alle stampe due LP
(AREA II e CITY SOUND); Tavolazzi inaugura la collaborazione
con Guccini e altri; Fariselli si occupa di colonne sonore. Nel
1993 Capiozzo e Fariselli riprendono a suonare insieme con
nuovi collaboratori e nel 1997 tornano con il vecchio marchio
e con il coraggioso CHERNOBYL 7991, registrato in 45 giorni e
presentato al centro sociale Leoncavallo, dove vengono
denunciati per inquinamento acustico. Emblematico
Are(a)ssunto, indecifrabile sovrapposizione stratificata dei loro
brani maggiormente noti. Le vendite del disco sono modeste,
così come il riscontro dal vivo. Il gruppo si scioglie nel 1999,
l’anno dopo muore improvvisamente Capiozzo. Patrizio
Fariselli dà vita al Fariselli Project, che incide LUPI SINTETICI E
STRUMENTI A GAS (2001). (e.de. - a.re.)
DISCOGRAFIA

ARBEIT MACHT FREI (Cramps 1973)


CAUTION RADIATION AREA (Cramps 1974)
CRAC! (Cramps 1974)
ARE(A)ZIONE (Cramps 1975, live)
MALEDETTI (MAUDITS) (Cramps 1976)
ANTO/LOGICAMENTE (Cramps 1977, antologia con un inedito
su album)
1978: GLI DEI SE NE VANNO, GLI ARRABBIATI RESTANO
(Ascolto/CGD 1978)
EVENT ’76 (Cramps 1979, live)
TIC & TAC (Ascolto/CGD 1980)
PARIGI-LISBONA (Cramps/Artis 1996, live)
CONCERTO TEATRO UOMO (Cramps/Artis 1996, live)
CHERNOBYL 7991 (Sony 1997)
ARBEIT MACHT FREI. Una voce di donna in arabo avvia
l’intro di Luglio, agosto, settembre (nero), nel quale Stratos
canta pochi versi scanditi come un lento inno, prima del
celebre tema-emblema del gruppo, ripreso da una frase
musicale folk. Il titolo del disco è la scritta che sovrastava
l’ingresso dei campi di concentramento nazisti: “Il lavoro
rende liberi”. Nessuno degli strumentisti cede il passo,
imprimendo ai brani un movimento elastico di
restringimento o di allungamento che lascia pochi momenti
di stasi. L’uso della voce, con il caratteristico timbro, unisce
reminiscenze beat a scansioni di stampo non europeo.
CRAC! Il disco del raggiunto equilibrio tra la comunicabilità
e la spinta improvvisativa e sperimentale, jazz rock con
canonici ritmi composti. Insieme al disco d’esordio è il più
diffuso del gruppo. Brani come La mela di Odessa, Nervi
scoperti e Gioia e rivoluzione (con versi come “il mio mitra
è un contrabbasso”) sono rimasti scolpiti nella memoria.
L’ultima traccia, Area5, è una sorta di preludio al difficile
disco successivo.
MALEDETTI (MAUDITS). Aperture alle influenze più disparate
e alle collaborazioni (da un giovane Walter Calloni alla
batteria a Steve Lacy al sax soprano). In ogni brano una
formazione differente: Tofani a tratti devastante alla chitarra
(in Evaporazione “suona” il rasoio elettrico); Stratos che
sperimenta sulla voce. Il disco è assimilabile a un concept
album, in cui viene immaginata un’utopistica società. Gli
strumentali sono incandescenti. Emblematico è Caos (parte
seconda), titolo perfetto per un intreccio di elettronica, voce,
percussioni e fiati. L’album contiene anche Gerontocrazia.

NICOLA ARIGLIANO
Più che di canzone, Nicola Arigliano è uomo squisitamente
di jazz. Nato a Squinzano (LE) il 6 dicembre 1923, approda
alla musica spinto dalla madre, chitarrista. Fuggito a Milano
(pare a soli 11 anni), studia composizione e si misura con
svariati strumenti (sax, clarinetto ma all’occorrenza anche
contrabbasso e altri), per passare abbastanza casualmente,
verso i diciott’anni, al canto (anche per combattere una
fastidiosa balbuzie): “Una sera ho attaccato un blues al sax
tenore e poi, del tutto naturalmente, ho proseguito con la voce.
Alla fine tutti a dirmi che dovevo assolutamente cantare, per
cui sono stato quasi costretto a farlo. Il mio verbo è sempre
stato ‘swingare’. Non ho mai praticato il bel canto all’italiana,
basato sull’impostazione e la potenza. Ho proseguito a fare
con la voce ciò che facevo con lo strumento”.
È il jazz (Benny Goodman su tutti) ad attrarlo, e Milano, in
tal senso, è un vero concentrato di talenti. Dopo cinque anni di
militare, durante i quali suona in gruppi che allestiscono
spettacoli per le truppe, inizia a frequentare alcuni dei
maggiori jazzisti dell’epoca (soprattutto Franco Cerri, e poi
Sellani, Valdambrini, De Filippi, un giovanissimo Gianni
Basso). Passa quindi alla canzone (il primo 45 giri a suo nome,
nel 1958, è una versione di Nel blu dipinto di blu), conoscendo
un momento di vasta fama a partire da una partecipazione a
“Canzonissima” alla fine anni ’50. Inanella successi quali
Amorevole, I sing ammore, My wonderful bambina (tutti del
1959), Sentimentale (1960), È solo questione di tempo (1961),
Marilù, Marilù (1962) e 20 km al giorno (Sanremo ’64), ma si
fa conoscere anche per la celebre pubblicità (non l’unica, del
resto, a cui presta il suo volto così particolare) di un digestivo
di cui rimane testimonial per ben 27 anni. Non disdegna
neppure il cinema (che peraltro non ama), apparendo in
particolare ne “La grande guerra” di Monicelli (1959).
Con l’avvento di nuove mode e nuovi idoli, poco per volta
la sua notorietà declina, finché, a cavallo fra anni ’80 e ’90, si
torna parlare di lui, guarda caso grazie soprattutto al circuito
jazzistico, nonché ad alcune delle principali rassegne
cantautorali (Recanati, Premio Tenco) che lo ospitano
consolidandone il rilancio (come del resto Umbria Jazz). Dopo
oltre dieci anni riprende anche a incidere, rigorosamente dal
vivo (“la musica deve nascere sempre davanti a un pubblico”).
Sarà per primo l’Onyx Club di Matera a proporgli di
pubblicare una sua performance del settembre 1995. Il relativo
CD, emblematicamente intitolato I SING ANCORA, è accolto da
un favore clamoroso e si aggiudica quasi plebiscitariamente la
Targa Tenco ’96 quale miglior album d’interprete. Nel ’99
ancora l’Onyx produce NU RITRATTO, mentre l’anno dopo è la
Philology a pubblicare ITALIAN CROONER, un carnet di brani
americani (a esclusione di Arrivederci) registrati a Macerata a
fine ’99. Tutti e tre questi lavori sono in quartetto: Giampaolo
Ascolese, autentico braccio destro di Arigliano, alla batteria,
Riccardo Biseo o Antonello Vannucchi al piano (oppure, in
alternativa, Dario La Penna alla chitarra), Massimo Moriconi o
Elio Tatti al contrabbasso.
Col nuovo millennio Arigliano si prende l’abitudine di
organizzare di fatto delle sedute dal vivo in funzione
discografica. Escono così, tutti per la Nun, GO MAN!, registrato
a Milano nel novembre 2000 con ospiti gli amici di sempre
(Basso, Cerri, Sellani, De Filippi) più Enrico Rava, MY NAME
IS PASQUALE! (titolo anche del volume su Arigliano a cura di
Ernesto De Pascale e Michele Manzotti edito in simultanea da
Stampa Alternativa), con Vannucchi, Tatti e Ascolese, più Roy
Paci, Maurizio Giammarco, Jimmy Villotti e altri, mentre
un’appendice della stessa serata ternana (dell’autunno 2002)
trova posto nel successivo I SWING ANCORA!, il cui corpo
centrale è la registrazione di un concerto un po’ speciale
tenutosi all’Alfieri di Asti per gli ottant’anni del cantante (oltre
a molti dei musicisti menzionati, vi figurano Dino Piana,
Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia). In tutte queste incisioni,
Arigliano rivitalizza mirabilmente evergreen quali (fra i tanti)
Maramao perché sei morto, Il pinguino innamorato, In cerca
di te, Lodovico, Buonasera signorina, senza dimenticare
composizioni di cui è lui stesso autore, da brani sottilmente
goliardici quali Ogni volta e Tressette a quattro, a gustosi
siparietti in napoletano.
Nel 2005 torna dopo oltre quarant’anni a Sanremo con
Colpevole (Premio della critica, nonché titolo del relativo CD
in cui Arigliano ripercorre, per una volta in studio, una ventina
di gemme del suo repertorio) nella sezione “Classici”. Chi, del
resto, potrebbe fregiarsi di tale titolo più legittimamente di un
arzillo ultraottantenne ancora in possesso di una voce fresca,
credibilissima, mantenuta tale anche grazie a quel modo
mirabilmente swingante, fluido, antiretorico di cantare, quasi
sopra il ritmo, non di rado in rubato, com’è del resto tipico dei
maggiori crooner? (a.ba.)
DISCOGRAFIA

MY FUNNY VALENTINE (Columbia 1958, EP)


ONE FOR MY BABY (Columbia 1958, EP)
NICOLA ARIGLIANO (Columbia 1958, 33 giri 25 cm)
CON TUTTO IL CUORE (Columbia 1958, EP)
ANGEL EYES (Columbia 1958, EP)
9° FESTIVAL SAN REMO (Columbia 1959, EP)
FESTIVAL DEL JAZZ SAN REMO 1959 (Columbia 1959, EP)
CHE C’È CONCE’ (Fonit 1959, EP)
UN GIORNO TI DIRÒ (Columbia 1959, EP)
NICOLA ARIGLIANO (Columbia 1959, 33 giri 25 cm)
DEVI RICORDARE (Columbia 1959, 33 giri 25 cm)
I SING AMMORE (Columbia 1959, EP)
AUTUMN IN NEW YORK (Columbia 1959, EP)
COME UN ANGELO (Columbia 1959, EP)
MY WONDERFUL BAMBINA (Columbia 1959, EP)
I SUCCESSI DI NICOLA ARIGLIANO (Columbia 1960)
SPEAK OF THE DEVIL (Columbia 1960, EP)
NICOLA ARIGLIANO (Columbia 1960, EP)
PERMETTETE SIGNORINA (Columbia 1960, EP)
SWING A GO-GO (Columbia 1960, EP)
NICOLA ARIGLIANO IN STEREO (Columbia 1961)
ROMANTICO AMORE (Columbia 1961, EP)
BUON NATALE ALL’ITALIANA (Columbia 1961, EP)
UNO CHE STA PENSANDO A TE (Columbia 1962)
CANTATUTTO (Columbia 1964)
NON IMPORTA QUANDO (EMIdisc 1973)
I MIEI SUCCESSI (Kanaria 1977, nuove esecuzioni di brani già
editi e inediti)
NICOLA ARIGLIANO (Edipan 1980)
I SING AMMORE (EMI 1984)
AMOREVOLE (Soundstudio 1984, live)
I SING ANCORA (Onyx 1995, live in Matera 1)
NU RITRATTO (Onyx 1999, live in Matera 2)
ITALIAN CROONER (Philology 2000, live)
GO MAN! (Nun 2001, live)
MY NAME IS PASQUALE! (Nun 2003, live)
I SWING ANCORA! (Nun 2004, doppio live)
COLPEVOLE (Nunflower 2005)
STUDIO COLLECTION (EMI 2005, doppia antologia con
inediti su album)
I SING ANCORA. L’album della rinascita. Ventun brani, per
lo più italiani (fra cui Le tue mani, Moritat, Permettete
signorina, Satchmo, Jessica e l’amatissima Arrivederci,
oltre a svariati fra quelli citati nel testo), riletti con tutto il
frizzante buon gusto tipico di Arigliano. Un CD
imperdibile, paradigmatico di un’infinità di concerti
percorsi da un sottile quanto palpabile piacere di intrattenere
il pubblico, arrivando talora a ripercorrere il proprio
repertorio quasi “a chiamata”.

ARTI & MESTIERI


Gruppo torinese noto e apprezzato alla metà degli anni ’70.
Si mettono in luce nel 1974 con la partecipazione al festival di
“Re Nudo” a Milano e l’esordio discografico con TILT
(IMMAGINI PER UN ORECCHIO), prodotto dal chitarrista degli Area
Paolo Tofani. Suonano come spalla per vari gruppi, tra cui i
Gentle Giant. La formazione vede tra gli altri Beppe Crovella
(ts.), Furio Chirico (bt.) e Gigi Venegoni (ch.). GIRO DI VALZER
PER DOMANI (1975) offre un maggior orientamento sul versante
jazz rock rispetto al progressive. Già in fase di declino
pubblicano QUINTO STATO (1979), una sorta di concept album
sui problemi sociali della Torino in quegli anni. Dopo
mutamenti di organico, alcuni dischi (ACQUARIO, 1983;
CHILDREN’S BLUES, 1985) e un lungo allontanamento dalle
scene, nel 1999 si riformano e pubblicano MURALES (2000).
Da qui in avanti le uscite discografiche si susseguono
(ARTICOLLEZIONE, 2002; LIVE 1974/2000, 2003; PROG DAY,
2003), così come le esibizioni. Nel 2004 celebrano il
trentennale di TILT al festival prog di Baja in Messico e nel
2005 pubblicano ESTRAZIONI, con brani inediti e differenti
versioni di alcuni classici.

ARTICOLO 31
Fenomeno di notevoli dimensioni commerciali, gli Articolo
31 sono un duo formato da J Ax (Alessandro Aleotti, nato nel
1972, voce) e Dj Jad (Luca Perrini, 1966, piatti). Entrambi
milanesi, si conoscono all’inizio degli anni ’90 e danno vita a
uno dei molti gruppi rap che solcano l’Italia in quegli anni. Il
nome deriva dall’articolo della costituzione irlandese sulla
libertà d’espressione, ma in origine doveva essere “Articolo
41”, quello del codice militare che stabilisce la non idoneità
alla divisa. I due, che a differenza di molti altri rapper non
hanno rapporti con il mondo dei centri sociali, provano in un
garage di Garbagnate e nel ’92 incidono un singolo con Nato
per rappare e Sei quello che sei. Nel 1993 esordiscono su
album con STRADE DI CITTÀ, che ottiene notorietà con il singolo
Tocca qui (pacchiana allusione sessuale). Passa un anno e la
loro miscela di rime, tentativi di impegno sociale, ironia
grossolana, atteggiamenti da ragazzacci e gergo giovanile li
porta a un successo più ampio con MESSA DI VESPIRI e Ohi
Maria (Maria Maria), inno alla marijuana basato sul
campionamento di Ahi Maria di Rino Gaetano. Quello che
sembrava un fenomeno momentaneo si rivela capace di
reggere sulla lunga distanza, grazie anche al lavoro
dell’etichetta Best Sound e del produttore storico del gruppo,
Franco Godi. Intanto J Ax fonda il collettivo Spaghetti Funk
(che comprende anche i Gemelli DiVersi, in cui milita il
fratello Grido).
Nel 1996 la conferma nelle classifiche con COSI COM’È,
trainato da Tranky Funky, e poi da Domani e Funky Tarro. I
tour successivi sono documentati nelle VHS “Così come
siamo” e “Articolo 31 Live”. Nel 1998 sfornano il singolo La
Fidanzata, in cui funziona l’idea di campionare il ritornello di
Oh mamma voglio anch’io la fidanzata, di Natalino Otto. Il
brano apre la strada al successo di NESSUNO, pieno di
riferimenti facili e di campionamenti variegati, seguito da un
libro di J Ax, “I pensieri di Nessuno” (Ricordi-Pop
Publications). Un anno soltanto e arriva XCHÈ SÌ con Guapa
loca e Senza regole, caratterizzato da una smaccata scurrilità
nei testi e siparietti recitati. Il disco, grezzo e meno pop, vende
meno dei precedenti. Ma in generale è il rap in Italia che sta
mostrando la corda. Così, dopo la raccolta : // GREATEST HITS,
J Ax e Dj Jad tentano nuove strade. A dicembre 2000 tengono
due concerti a San Vittore per i detenuti e nel 2001 provano
con il cinema in veste di attori e cosceneggiatori. Ma il film
“Senza filtro” è un flop sia di botteghino che di critica. Nel
2002 voltano pagina musicalmente, il nuovo DOMANI SMETTO
si apre decisamente verso il pop e il rock fin quasi al punk
(vago modello i Red Hot Chili Peppers), e riporta il duo in
testa alle classifiche. In Fuck You è ospite Paola Turci, nel tour
compare L’avvelenata di Guccini. L’anno successivo Come
una pietra scalciata, cover di Like A Rolling Stone di Dylan
pubblicata in NESSUNO, viene scelta per la colonna sonora di
“Masked And Anonymous”. A fine anno esce invece
L’ITALIANO MEDIO (con dito medio alzato in copertina), che
vede il totale abbandono dell’hip hop e che è anticipato dal
rockeggiante La mia ragazza mena. In un paio di brani
compare alla voce Dj Jad, che pubblica poi a proprio nome
BACK ON TRACK, una compilation in due CD da lui mixata.
Nel 2004 esce il live (con DVD) LA RICONQUISTA DEL FORUM,
con gli inediti Nato sbagliato e Barbecue. Due anni dopo J Ax
e Dj Jad pubblicano entrambi degli album solisti. Il secondo dà
alle stampe MILANO - NEW YORK, con ospiti vari personaggi
del mondo rap americano. J Ax esce invece con DI SANA
PIANTA, anticipato dal singolo Ti amo o ti ammazzo.
Mai amati dalla critica, gli Articolo 31 sono riusciti a
costruirsi una carriera fuori dai circuiti alternativi come da
quelli pop. (f.ca.)
DISCOGRAFIA

STRADE DI CITTÀ (Best sound/BMG 1993)


MESSA DI VESPIRI (Best sound/BMG 1994)
COSì COM’È (BMG 1995)
NESSUNO (Ricordi 1998)
XCHÉ Sì! (BMG 1999)
: // GREATEST HITS (BMG 2000, raccolta con inediti)
DOMANI SMETTO (BMG 2002)
ITALIANO MEDIO (BMG 2003)
LA RICONQUISTA DEL FORUM (BMG 2004, live CD + DVD)
: // GREATEST HITS. Autocelebrazione in 16 brani che tira le
somme di una decina di anni di hip hop, prima della svolta
rock. Il disco testimonia il tentativo di una via italiana al rap
(ad esempio con campionamenti tratti dalla storia della
canzone nostrana) in cinque dischi spesso accusati di
qualunquismo. Una manciata di hit da classifica e l’inedita
Volume, più che sufficienti a tratteggiare un fenomeno che
ha dalla sua la forza dei numeri.

ASSALTI FRONTALI
Nell’autunno 1991 il romano Militant A (Luca Mascini, 21
settembre 1966) crea Assalti Frontali, collettivo che è diretta
conseguenza dell’esperienza di Onda Rossa Posse e del centro
sociale Forte Prenestino. Nel 1992 esce TERRA DI NESSUNO,
autoprodotto e teso alla sostanza politica più che alla forma
stilistica. Ha grande risonanza nel mondo della Sinistra
antagonista, dà avvio a concerti su concerti. Segue un periodo
di stasi, in cui ci si dedica alla costruzione della Cordata,
etichetta della scena alternativa romana che produce i dischi di
Lou x, South Posse e Brutopop (che collaborerà spesso con gli
Assalti). Il 1993 è l’anno di Sud, brano per l’omonimo film di
Gabriele Salvatores, che non sarà concesso per la colonna
sonora edita dalla Sony ma verrà inserito nel 1996 in
CONFLITTO, album edito da Il Manifesto e realizzato al Forte
Prenestino come il precedente. E come il precedente duro e
ostico, con tratti hardcore. La produzione è di Don Zientara.
Nel 1997 Militant A pubblica il libro “Storie di Assalti
frontali” (DeriveApprodi), a cui seguirà nel 2001 “Il viaggio
della parola”. Accanto all’attività discografica si segnalano i
concerti nel circuito dei centri sociali e anche all’estero, come
un’incursione in Albania per un’iniziativa volta a chiedere
traghetti gratuiti per chi emigra. Nel 1999 BANDITI esce per la
major BMG, produce Ice One. Ma è una parentesi. Militant A
da lì in poi si dedica a reading con vari poeti e scrittori. Nel
2004 il ritorno con HSL (HIC SUNT LEONES) al Manifesto, a cui
segue nel 2005 un mini con quattro remix. Il suono torna
grezzo e impreciso, le parole prorompenti. Nel 2006 esce MI
SA CHE STANOTTE, prodotto, arrangiato e mixato a Casasonica,
lo studio dei Subsonica. “Ogni canzone è una trama compiuta
che si lega alle altre come tessere di un puzzle. Tutti
frammenti di una biografia collettiva” dice Militant A. Buoni i
riscontri di pubblico e di critica: il gruppo di conferma alla
testa del rap italiano più schierato.

AUDIO 2
Duo formato dai napoletani Gianni Donzelli (28 maggio
1961) e Vincenzo Leomporro (22 luglio 1961), fortemente
derivativo, sia a livello vocale che compositivo, da Lucio
Battisti. Il lancio nel mondo discografico avviene nel 1992,
quando Mina incide il loro Neve come singolo di SORELLE
LUMIÈRE. È l’inizio di una rapida ascesa: alla fine del 1993, Sì
che non sei tu riceve una significativa programmazione
radiofonica; segue la pubblicazione dell’album AUDIO 2,
prodotto da Massimiliano Pani per la PDU di Mina. I discreti
risultati di vendite confermano la capacità di scrivere canzoni
accattivanti. Nel 1994 duettano con Mina in Rotola la vita e
nel 1995 incidono E=MC2, contenente il successo da airplay
Alle venti e Io ho te, riproposte da Leonardo Pieraccioni nel
film “I laureati” insieme ad altre del gruppo. Nel ’96 esce
SENZA RISERVE, il terzo album, a cui fanno seguito brani per
l’album MINA CELENTANO, come il singolo Acqua e sale. Nel
1998 pubblicano la raccolta THE BEST AIRPLAY, l’ultimo
lavoro di buon riscontro commerciale. Seguono MILA (2000),
SORRISI E CANZONI (2002) e ACQUATICHE TRASPARENZE (2006).

AVION TRAVEL
“Musica leggera da camera”: così Peppe Servillo – cantante,
autore dei testi e immagine del gruppo – definisce il territorio
espressivo in cui si muovono, ed eccellono, gli Avion Travel, il
fascino unico della “Banda casertana” che negli ultimi anni ha
pur generato un gruppo di seguaci. Ma c’è voluto un decennio
prima che questa formazione (eccezion fatta per il
contrabbassista Ferruccio Spinetti, era già quella attuale a metà
anni ’80) trovasse la sua definizione stilistica decisiva. Per
buona parte degli anni ’80 il gruppo vaga nel mondo new
wave del periodo, che raccoglie un po’ di tutto, così come del
resto Servillo e compagni condividono con i loro coetanei
gusti e amori per band di marca anglofona assai diverse tra
loro, come Police, Madness, Talking Heads.
Gli Avion Travel (il nome è semplicemente quello di
un’agenzia viaggi di fronte alla casa dove provavano)
debuttano in concerto nel 1980. Con Servillo i fondatori sono
Peppe D’Argenzio (sx.) e Mario Tronco (pn., ts.); dal 1985 si
aggiungono il batterista Domenico “Mimì” Ciaramella (bt.) e
Fausto Mesolella (ch.), che Servillo stimava sin da ragazzino
come aggressivo interprete hendrixiano del suo strumento.
Nella prima, nebulosa fase, gli Avion Travel si dividono tra
canzoni in italiano e in inglese, con un profilo così indefinito
da far includere, nel 1981, il gruppo in un festival romano di
rock demenziale, sponsorizzato dalla rivista satirica “Il male”.
L’esordio discografico avviene dopo vari anni con il mini
album SORPASSANDO, prodotto da Nino Buonocore e
pubblicato per l’IRA, storica etichetta fiorentina di Litfiba e
Diaframma, seguito nel 1989 da PERDO TEMPO. Ma il primo
snodo importante è l’affermazione alla prima edizione di
Sanremo Rock, che porta in premio una tournée, per l’anno
successivo, addirittura in URSS, con altre promettenti band
come gli americani Thin White Rope. È la chiusura di un
ciclo: “Lontani dalla nostra provincia, che prima avevamo
cercato di fuggire, abbiamo riscoperto un senso dell’italianità
in musica, di una tradizione cui sentivamo adesso di fare
attenzione”, dice Servillo. Decisivo è poi l’incontro con il
produttore Lilli Greco (“ci ha insegnato tutto il mestiere, dai
segreti del linguaggio allo stare in scena”) e l’aggiunta al
nome della dicitura “Piccola orchestra”, mentre Servillo
acquisisce centralità e consapevolezza.
I prodromi della svolta sono in UNION, raccolta della CGD
in cui una serie di gruppi della scena alternativa si confrontano
con brani della canzone italiana. Gli Avion offrono una
sapiente versione di Cosa sono le nuvole, brano di Domenico
Modugno e Pier Paolo Pasolini per la colonna sonora di un
episodio, firmato dal poeta-regista, del film “Capriccio
all’italiana” (il gruppo nel 1994 parteciperà anche a FATTI E
RIFATTI, della BMG, con Ma che freddo fa di Nada, con cui in
seguito collaboreranno Mesolella e Spinetti). È il nuovo inizio,
testimoniato anche dalla colonna sonora del film “In una notte
di chiaro di luna” di Lina Wertmuller. Nel dar forma decisiva
alla “musica da camera” degli Avion Travel concorrono alla
fine vari elementi, dalla canzone d’autore italiana anni ’60-70
all’antico senso dell’allegro gioco dello swing e
dell’avanspettacolo, sino a influenze più contemporanee e
complesse, come il jazz “sghembo” di Lounge Lizards, John
Lurie e Arto Lindsay (quest’ultimo sarà poi il produttore di
CIRANO). E anche le frequentazioni dirette e indirette con il
teatro (compreso quello della stagione dell’avanguardia) e con
il cinema. Tra il 1992 e il 1995 la Piccola Orchestra Avion
Travel mette a segno i tre colpi decisivi per il gruppo, per la
maggior parte della critica qui ai suoi massimi esiti.
Nell’ordine, gli album sono BELLOSGUARDO (ristampato poi
dalla Sugar, a cui approdano a breve), lo splendido OPPLÀ e
FINALMENTE FIORI (con Orlando curioso, L’atlante, e una cover
notevole, Storia d’amore di Adriano Celentano). Sono album
che raggruppano ottime canzoni, anche se “più che pensare di
scrivere grandi canzoni, ci siamo sempre concentrati sulla
ricerca di uno stile”.
A questo punto del percorso, lo stile Avion Travel (che nei
testi, per esempio, privilegia spesso la sonorità della parola
alla sua valenza semantica) ha già conquistato più che una
ristretta accolita di buongustai. Del 1996 è LA GUERRA VISTA
DALLA LUNA, operina con Fabrizio Bentivoglio, rappresentata
per la prima volta il 15 maggio 1995 a Roma. Poco dopo esce
invece HOTEL PAURA E ALTRE STORIE, raccolta di brani tratti da
colonne sonore che segna la riconferma della caratura
musicale dell’ensemble e di quella dei singoli strumentisti. Nel
1998 e nel 2000, poi, la Piccola Orchestra partecipa al Festival
di Sanremo. Con Dormi e sogna nella prima occasione
arrivano il Premio della critica e quello per il miglior
arrangiamento (sempre curato collettivamente dall’ensemble);
con Sentimento, nella seconda, addirittura il primo posto
assoluto. Pur non assurgendo mai a vendite nazional popolari,
con Sanremo la Piccola Orchestra si assicura comunque una
notorietà anche a livello di grande pubblico, e prosegue
sempre più intensamente l’attività live (anche in Europa),
dimensione fondamentale della formazione. Il cantante,
fratello dell’attore-regista Toni Servillo, incarna sul palco altri
connotati decisivi del gruppo: eleganza nell’enunciazione e nei
movimenti, garbo sorridente e mai sopra le righe, un gusto
quasi rétro, più da gentiluomo colto che da aristocratico per
grazia ricevuta.
Nel 1999 esce la biografia ufficiale “Vivo di canzoni” di
Gianfranco Salvatore (Giunti), mentre il gruppo lavora alla
colonna sonora di un cortometraggio di Bentivoglio, “Tipota’’,
la cui sceneggiatura è scritta con Peppe Servillo. Nel
frattempo, dopo l’uscita di CIRANO (in cui il binomio con
Lindsay non funziona appieno), di un album dal vivo, di uno
di reinterpretazioni di classici e di uno antologico, l’inizio del
nuovo secolo propone POCO MOSSI GLI ALTRI BACINI, che ospita
Elisa in Vivere forte e Caterina Caselli (che dal ’93 è la
discografica della Piccola Orchestra, con la Sugar), nella sua
storica Insieme a te non ci sto più, firmata Conte-Pallavicini. Il
filo con il cantautore astigiano, per certi versi evidente in
alcune affinità elettive-espressive nelle rispettive poetiche, è
destinato a irrobustirsi. Il nuovo progetto degli Avion Travel è
infatti una raccolta di rivisitazioni dal canzoniere di Conte, in
veste – eccezionalmente – anche di produttore. Il disco in
realtà ha una gestazione lunghissima, dovuta all’accumularsi
degli impegni sia dell’artista piemontese che dei membri del
gruppo. Nel frattempo infatti la Piccola Orchestra Avion
Travel è divenuta una grande famiglia: ne sono testimonianza i
vari progetti di cui sono protagonisti o collaboratori in
particolare Mesolella, Spinetti e Tronco (Nada Trio e album-
libro solista per il chitarrista, il duo Magoni-Spinetti,
l’Orchestra di Piazza Vittorio diretta dal pianista), e che spesso
si intrecciano dal vivo. Fitti pure gli impegni di Servillo, anche
come attore. (b.mo.)
DISCOGRAFIA

SORPASSANDO (Ira 1987, EP)


PERDO TEMPO (Bubble 1989)
BELLOSGUARDO (Sugar 1992)
OPPLÀ (Sugar 1993)
FINALMENTE FIORI (Sugar 1995)
HOTEL PAURA E ALTRE STORIE (Sugar 1996, colonna sonora)
LA GUERRA VISTA DALLA LUNA (Sugar 1996, opera musicale)
VIVO DI CANZONI (Sugar 1997, live)
CIRANO (Sugar 1999)
SELEZIONE 1990-2000 (Sugar 2001, antologia con inediti)
STORIE D’AMORE (Sugar 2001)
POCO MOSSI GLI ALTRI BACINI (Sugar 2003)
PER COME TI AMO (Sugar 2004, Francia, antologia inedita in
Italia)
BELLOSGUARDO. Sul libretto del CD, alla voce “consulenza
artistica”, figura il nome di Lilli Greco. Per la Piccola
Orchestra Avion Travel è il disco decisivo, quello che
definisce in bellezza lo stile del gruppo. Ci sono canzoni dal
fascino irresistibile come Carmine e Abbassando, c’è il
finale “aperto” di Dalle stazioni al mare, e la riproposizione
di Cosa sono le nuvole. I brani fluiscono soavi eppure
corposi dal primo all’ultimo. Tutte le inconfondibili
coordinate Avion Travel sono già ariosamente tracciate.
OPPLÀ. L’album della prima notorietà, e forse il migliore in
assoluto. Il titolo è già programmatico rispetto all’opzione
della leggerezza, che caratterizza il suono e la poetica del
gruppo, figlie comunque di un lavoro estremamente
rigoroso. Aria di te è il brano forse più noto, incantevole
come L’amante improvviso. Ma tutto l’album si attesta su
altissimi livelli. C’è una vera poetica sia letteraria che
musicale: le canzoni discendono, in tutti i loro aspetti, da
quel progetto creativo, serio e corposo.

ENZO AVITABILE
Prima sassofonista, poi musicista completo, Enzo Avitabile
(nato a Napoli il 1° marzo 1955) a sette anni inizia a studiare
sax, per poi suonare nei locali americani della città e
diplomarsi in flauto al conservatorio di San Pietro a Maiella.
Fa parte, per un breve periodo, degli Showmen e anche dei
Città Frontale (con cui incide EL TOR nel 1975) e poi
intraprende un’attività di strumentista con Edoardo Bennato,
Pino Daniele e altri. A 27 anni esordisce in prima persona con
AVITABILE, lavoro intriso di soul. Nel 1983 esce per la EMI
MEGLIO SOUL, in cui inizia a essere più a suo agio come
cantante; il disco gli vale buoni riscontri anche di vendite e un
duetto con Richie Havens in Gospel mio, mentre Charlie è
dedicata a Charlie Parker (a proposito di questo brano c’è un
curioso aneddoto: un dirigente della EMI gli propone di
contattare per un eventuale video lo stesso Parker, morto nel
1955). In quel periodo suona con James Brown in alcuni
concerti e anche con Tina Turner. Dopo CORRERE IN FRETTA,
che si pone sulla scia dei precedenti, nel 1986 arriva un disco
importante, SOS BROTHERS, che anche grazie al brano Soul
Express accresce la notorietà di Avitabile. È un album meno
legato ai modelli stilistici soul e rythm’n’blues e più funky, e
accentua un linguaggio più diretto nei testi. ALTA TENSIONE
(1988) conferma le scelte del precedente, aggiungendo
elementi di impegno sociale: Punta il naso a nord è il singolo,
Resta Bob è dedicata a Marley. Sempre nell’88 Avitabile
pubblica il singolo Street Happiness con Afrika Bambaataa.
All’inizio del nuovo decennio escono STELLA DISSIDENTE,
poco convinto e poco convincente, e ENZO AVITABILE, per il
quale la EMI impone Corrado Rustici come produttore e
alcune scelte stilistiche e di immagine. La formula non
funziona da nessun punto di vista. Avitabile si allontana dal
mercato discografico fino al 1994 quando pubblica EASY, in
cui il singolo Leave Me Or Love Me è buon brano pop in
duetto con Randy Crawford. Ma le vendite latitano ancora e,
insieme al rifiuto di partecipare a Sanremo, portano alla
chiusura del contratto con la EMI. Questo libera la creatività di
Avitabile, che ora può fare le scelte che crede, alla ricerca di
una cifra stilistica sempre più personale. ADDÒ (1996), cantato
esclusivamente in napoletano, è un bel disco, una svolta, una
vera compenetrazione con la propria musica che si innerva di
elementi rap e etnici, soprattutto africani, mantenendo un
substrato soul. Anche i testi acquistano una spiccata valenza
sociale. Il singolo Aizetè diverrà colonna sonora di
“Incantesimo napoletano”. Da qui in poi l’attività live diverrà
predominante. Nel 1999 esce O-ISSA, con Isolato 0, Musica ‘e
scantinato e Mane e mane con Mory Kante, che è anche il
singolo, i cui proventi vanno all’UNICEF. A questo periodo
risalgono anche alcune colonne sonore di spettacoli teatrali e
brani scritti per Giorgia e per la cantante palestinese Amal
Murkus. A partire dal 2001 Avitabile lavora a un progetto live
con i Bottari di Portico, che utilizzano botti, tini e falci come
percussioni, per ritmi che si chiamano Pastellessa, Passo della
Morte e Zeza. Dopo molti concerti in Italia e all’estero, solo
nel 2004 questa esperienza si tramuta in disco, SALVAMM’O
MUNNO, che ha ottimi consensi, soprattutto all’estero. Nel 2006
esce invece SACRO SUD, dall’impronta spirituale, realizzato con
collaboratori come Luigi Lai e Maurizio Martinotti. (e.de.)
DISCOGRAFIA

AVITABILE(Produttori Associati 1982)


MEGLIO SOUL (EMI 1983)
CORRERE IN FRETTA (EMI 1984)
SOS BROTHERS (EMI/Costa Est 1986)
ALTA TENSIONE (EMI/Costa Est 1988)
STELLA DISSIDENTE (EMI/Costa Est 1990)
ENZO AVITABILE (EMI 1991)
EASY (EMI 1994)
AIZETÈ (CNI 1996, mini CD)
ADDÒ (CNI 1996)
MANE E MANE (CNI 1999, mini CD con Mori Kante)
O-ISSA (CNI 1999)
SALVAMM’O MUNNO (Wrasse Records/Il Manifesto 2004)
SACRO SUD (FolkClub Ethnosuoni 2006)
SALVAMM’O MUNNO. Uno degli esperimenti (riusciti) più
interessanti e originali del nuovo secolo in Italia: fondere
l’energia soul e gli elementi etnici della musica di Avitabile
con la grande tradizione dei Bottari. Tredici brani e un
nugolo di ospiti (fra cui Khaled, Manu Dibango, Hugh
Masekela) di ogni parte del mondo. Per salvarlo, appunto.
L’album è, come dice il libretto, “una chiamata a raccolta
delle voci di tutti i Sud del mondo”. L’ultima traccia, ‘O
munno se move, è in versione live e dà modo di cogliere
l’impatto di questa musica di grande, proficua
contaminazione.

OSCAR AVOGADRO
Il torinese Oscar Avogadro (classe 1951) è uno dei parolieri
che più si è distinto nella canzone leggera dalla seconda metà
degli anni ’70. A 25 anni inizia a collaborare con Daniele Pace
con cui scriverà canzoni per Loredana Bertè (E la luna bussò,
Indocina, Meglio libera, Serenade e altre). Molto proficue
anche le collaborazioni con Alberto Radius e con Mario
Lavezzi: per il primo scriverà interi album tra cui il riuscito
CARTA STRACCIA, per Lavezzi curerà, sempre con Pace, le
liriche di FILOBUS e IAIA. Sono diverse le edizioni del Festival
di Sanremo a cui ha preso parte come autore, a partire dal
1976 dove è presente con ben tre composizioni (per Opera,
Sandro Giacobbe e Profeti). La più ricordata è senz’altro
quella del 1983 quando Dori Ghezzi porta al terzo posto
Margherita non lo sa. Nel 1984 tocca ad Anna Oxa con la
grintosa Non scendo. Tra i maggiori successi che ha firmato ci
sono anche Gli occhi di tua madre (Sandro Giacobbe) e A me
mi piace vivere alla grande (Franco Fanigliulo).
B
LUIS ENRIQUEZ BACALOV
Originario dei dintorni di Buenos Aires (dove è nato il 30
agosto 1933), Luis Enriquez Bacalov è stato con Ennio
Morricone il protagonista della stagione d’oro della canzone
targata RCA degli anni ’60. Il suo sodalizio con Sergio
Endrigo ha dato vita a pagine immortali della nostra prima
canzone d’autore, ma vanno ricordati anche i suoi
arrangiamenti per Luigi Tenco, per Gino Paoli e per Modugno.
Nel 1971 realizza con i New Trolls il più riuscito esperimento
di commistione tra musica classica e musica pop, almeno tra
quelli tentati in Italia. CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS,
inizialmente concepito come colonna sonora del film “Vittima
designata”, ottiene un successo notevole di vendite, spingendo
Bacalov ad altri due tentativi con altrettanti gruppi: gli Osanna
(PRELUDIO, TEMA, VARIAZIONI, CANZONE) e il Rovescio della
Medaglia (CONTAMINAZIONE e, nella sua versione inglese,
CONTAMINATION). Pur validi, questi progetti avranno risultati
inferiori. Con gli anni ’70, Bacalov si specializza nella
realizzazione di importanti colonne sonore, da Federico Fellini
(“La città delle donne”) a Pier Paolo Pasolini (“Il Vangelo
secondo Matteo”). Dopo alcune nomination per l’Oscar, il
premio arriva per le musiche del film “Il postino” con
Massimo Troisi, ma assieme al riconoscimento giunge anche
la causa intentata dagli autori di Le mie notti, canzone incisa
nel 1975 da Sergio Endrigo (uno degli autori), che accusano il
compositore argentino di plagio. Di Bacalov esiste anche una
discreta discografia pubblicata a proprio nome per la RCA e
per altre case discografiche, mentre sue composizioni sono
state eseguite da importanti orchestre.

FRANCESCO BACCINI
Ha raccolto un’eredità pesante Francesco Baccini, quella
della musica che strappa il sorriso ma che nasconde il
tormento interiore, in un momento in cui, nel panorama
nazionale, era diventata merce piuttosto rara. Nato a Genova il
4 ottobre 1960, arriva a un buon successo nel 1989 con il
primo album, CARTOONS, che riceve anche la Targa Tenco
come miglior disco d’esordio. Segue nel 1990 IL PIANOFORTE
NON È IL MIO FORTE, in cui Genova blues è cantata con Fabrizio
De André. I primi due album rivelano un talento non
indifferente e racchiudono brani di ottima fattura (come
Fotomodelle, Ti amo e non lo sai, Vendo tutto, nel primo, La
giostra di Bastian, Ragazza da marito, Il mio nome è Ivo e la
nota Le donne di Modena, nel secondo), che non sempre
l’artista riuscirà a ripetere in seguito. Intanto arriva un grande
successo commerciale, Sotto questo sole, con i Ladri di
Biciclette, vincitore del Festivalbar e tormentone estivo.
Il cantautore continua la produzione di canzoni intrise
d’ironia con NOMI E COGNOMI, NUDO e BACCINI A COLORI, un
ritorno alla satira pungente. Nel ’97 partecipa al Festival di
Sanremo con Senza tu, tratta dall’album BACCINI AND BEST
FRIENDS, nel quale duetta tra gli altri con Enzo Jannacci,
Angelo Branduardi e con Sabrina Ferilli in Ragazza da marito,
dedicata al mito di Marylin Monroe. Nel maggio del 1999
pubblica NOSTRA SIGNORA DEGLI AUTOGRILL, probabilmente
l’album più completo e maturo, a cui segue nel 2001 FORZA
FRANCESCO. Due anni dopo esce un doppio CD live, LA NOTTE
NON DORMO MAI, con i brani più rappresentativi del suo
repertorio, in versione sia acustica che elettrica, oltre a quattro
inediti tra cui la canzone che dà il titolo all’album. Il 3
febbraio 2004 debutta a Cremona con lo spettacolo “Orco
Loco”, una “Clipcomedy con canzoni” dove per la prima volta
Baccini si misura nel duplice ruolo di cantante e attore,
portando in scena un testo firmato da Andrea G. Pinketts.
Dopo la partecipazione al reality “Music Farm”, nel 2005 esce
…STASERA TEATRO! con In fuga, dedicato a Marco Pantani.
L’anno dopo è la volta di FRA..GI..LE, con nove brani del
precedente e tre inediti. Pur con qualche appannamento nei
lavori in studio, Baccini dal vivo offre sempre un’ottima
presenza scenica ed energia intatta.

CLAUDIO BAGLIONI
“51, Montesacro e tutto cominciava”, canterà. Figlio unico
di un carabiniere e di una sarta, di Claudio Enrico Paolo
Baglioni non si può dire che abbia ereditato la passione per la
musica ma piuttosto che essa sia nata con lui il 16 maggio
1951 a Roma, in una periferia pasoliniana che non amerà
molto. A 14 anni riceve in regalo una chitarra e inizia ad
andare in giro a cantare. La prima canzone è Annabel Lee,
ispirata a una poesia di Edgar Allan Poe. Soprannominato
“Agonia”, per qualche atteggiamento intellettuale e i vestiti
neri, si divide tra gli studi di geometra ed esperienze artistiche
più o meno significative (al Festival degli Sconosciuti a
Lugano ottiene il secondo posto con Yesterday dei Beatles; con
il Collettivo Studio 10 mette in scena uno spettacolo costruito
su canzoni e poesie di Brecht, Pavese e altri). A cavallo tra il
’67 e il ’68 incide quattro provini a Milano per la Ricordi.
Bocciato. Ma non desiste, cerca il successo.
Il primo album sarà per la RCA che nel 1969 lo mette sotto
contratto per cinque anni. È ancora minorenne, firma il padre.
Nel 1970 esce CLAUDIO BAGLIONI, anticipato dai 45 giri Una
favola blu (firmata da Morina, D’Ercola, Melfa e Vicari) e
Isolina. Al Festivalbar presenta invece Signora Lia (che
doveva intitolarsi “Signora Lai” se non fosse stato che un
fonico della RCA aveva proprio quel cognome). Tranne lo
Zecchino d’oro, Castrocaro e Sanremo, partecipa a tutti i
festival possibili. Ma la critica è spietata e le vendite non
decollano, se non in Cile. Scrive canzoni per la RCA, da Ci
crederesti se… degli Showmen a Addio città vecchia di Valeria
Mongardini, da cinque pezzi di OLTRE LA COLLINA di Mia
Martini ad altri per Rita Pavone, tra cui Bonjour La France,
che in Francia conquisterà la vetta della classifica. Cede anche
due canzoni a Nada (che utilizzerà nel 1994) di cui una, Me so
magnata er fegato, scritta per Monica Vitti ma portata al
successo da Gigi Proietti. Nel frattempo pubblica il secondo
album, UN CANTASTORIE DEI GIORNI NOSTRI, non più fortunato
del primo. È il 1971. L’anno seguente c’è l’incontro con il
cinema: un cameo e la sigla finale In viaggio in “Ipotesi sulla
scomparsa di un fisico atomico” di Leandro Castellani, ma
soprattutto l’interpretazione di tre brani (Fratello sole sorella
luna, Preghiera semplice e Canzone di San Damiano) nel film
“Fratello sole, sorella luna” di Zeffirelli.
Scoraggiato e ostinato insieme, Baglioni si dedica agli studi
di architettura e ha già quasi deciso di chiudere la carriera o di
trasferirsi nei paesi dell’Est, dove gode di qualche notorietà,
quando nel 1972 cambia tutto. È l’anno che lo consacra
signore della musica leggera italiana con QUESTO PICCOLO
GRANDE AMORE, che scala le classifiche grazie alla canzone
omonima e trepidante, che in origine doveva essere solo il lato
B di un 45 giri (e ancor prima portava il titolo di Ci fosse lei).
E invece diventa un classico, un’icona, negli anni ’70 spesso
anche sbeffeggiata per il disimpegno e la banalità (“Non so
come sia diventata una canzone ‘classica’ – dirà lo stesso
autore – non ha la struttura della canzone, ha quattro parti e
un’introduzione che si ripete due volte, due cambi di tono,
varie asimmetrie”). L’album è un concept su una storia
d’amore post adolescenziale, in origine con parti dedicate alla
contestazione studentesca, poi tagliate. Il produttore è Antonio
Coggio, l’arrangiatore Tony Mimms. Bollato come cantante
per ragazzine (che in effetti lo eleggono a principe azzurro),
Baglioni nel 1973 bissa il successo con GIRA CHE TI RIGIRA
AMORE BELLO (che contiene Amore bello). La ricetta non è
cambiata: musiche melodiche e parole d’amore. Poi si dedica
alla scrittura di un musical, “Le avventure di Dudun Maloo”,
che dovrebbe incidere a Parigi con Vangelis. Ma non ne è
convinto: cestina una parte del lavoro, la restante la utilizza
nell’album successivo, E TU (con il brano omonimo che vince
il Festivalbar), a cui fa seguito nel 1975 SABATO POMERIGGIO
(la title track è quella di “passerotto non andare via”)
arrangiato da Luis Bacalov. Baglioni non è contento del
risultato ma la sua popolarità sembra non avere falle, una
tournée in America Latina lo conferma. Due anni più tardi
esce SOLO (con Gagarin, Quante volte), in cui si colgono
elementi di maturazione, con brani interamente di Baglioni
(Coggio che lo aveva affiancato fino a quel momento esce di
scena) e gli arrangiamenti di Totò Torquati. Dopo un tour in
Canada e negli Stati Uniti, una diatriba sui diritti d’autore con
la RCA lo porta alla CBS, per la quale nel 1978 esce E TU
COME STAI?, registrato in Francia e arrangiato da Ruggero Cini,
tradotto in francese, in spagnolo e a un certo punto perfino
ritirato dal commercio su richiesta dell’ex casa discografica. È
un altro album che a caldo non soddisfa l’autore (“Lo trovavo
troppo tenero, troppo sdolcinato”).
Anche per questo, proprio in corrispondenza di fine
decennio, Baglioni volta pagina. Quelli appena passati sono
stati anni di canzoni di facile ascolto, di scrittura straripante
spesso alla ricerca del brano estivo (che è sempre arrivato),
mentre in Italia la canzone d’autore dei De Gregori e dei
Guccini andava da tutt’altra parte. Negli anni ’80 le sue
prospettive mutano, alla ricerca di uno sguardo oggettivo verso
l’esterno, con testi tendenzialmente descrittivi. Nel 1981 arriva
STRADA FACENDO, album che segna un netto allargamento
delle tematiche, a cui segue una tournée sold out. Nel 1982
Baglioni sforna un figlio, una canzone per lui, Avrai, un altro
tour e un triplo dal vivo, ALÈ-OÒ. D’ora in poi alternerà
metodicamente album in studio e live. Dopo un periodo di
disorientamento, un ritiro durato tre anni e la premiazione di
Questo piccolo grande amore a Sanremo come “canzone
italiana del secolo”, riprende a mietere copie vendute (più di
un milione nel primo anno) con l’undicesimo album, LA VITA È
ADESSO, dalla formula simile al precedente. Seguono il primo
libro ufficiale, “Notte di note” (Rusconi), e il tour di “Assolo”,
che lo vede in solitudine sul palco a suonare tastiere, chitarre e
percussioni. Pretenzioso o innovativo che sia, dal tour nasce
anche un omonimo disco dal vivo, ancora triplo, e un altro
libro, “Assolo-Non solo” (Rusconi), con le partiture delle
canzoni del concerto.
Ma è l’8 settembre 1988 la data spartiacque, l’evento
scioccante di tutta la carriera del cantautore romano. Mentre
sta lavorando a un nuovo disco, Baglioni partecipa alla data
torinese dello “Human Rights Now Tour”, insieme a Peter
Gabriel e a Sting (che l’hanno invitato), Bruce Springsteen,
Tracy Chapman e Youssou N’Dour. Sul palco viene duramente
contestato. Gli viene rinfacciato il suo passato, il disimpegno,
le magliette fini. E lui entra in crisi. È un punto e a capo
interiore. Riflette, studia, elabora, viene anche colto dalla
tentazione di scomparire come Mina e Battisti (“ma poi ho
capito che non ce l’avrei fatta, perché per scrivere canzoni
bisogna stare in mezzo alla gente”).
E così nuovo decennio, nuova svolta, con tre dischi molto
diversi dai precedenti, molto architettati, anche velleitari, con
cui Baglioni sembra voler spostare in tutti i modi il peso della
bilancia dall’altra parte. Il primo è doppio e non può non
chiamarsi OLTRE, annunciato e poi rinviato diverse volte,
anche quando già nei negozi di dischi comparivano i cartelloni
con la data d’uscita. Baglioni si allontana dalla canzone facile,
e comincia a sperimentare, a curare spasmodicamente i testi,
andando anche a chiudersi in un ermetismo a volte
inconcludente. Basse le vendite rispetto ai suoi standard. A
poco a poco la crisi rientra, fermi restando i benefici della
stessa. Baglioni con la sua band improvvisa concerti, a volte in
giro su un camion, e OLTRE esce in Europa, in Giappone e in
America Latina; il 3 luglio 1991 RAI Uno trasmette “Oltre una
bellissima notte”, organizzato allo Stadio Flaminio di Roma:
un delirio di pubblico. A seguire altri due live, ASSIEME e
ANCORASSIEME e poi un’altra eclissi, la comparsa di un
Anonimo Italiano che, mascherato, fa canzoni alla Baglioni
anni ’70 con una voce e una somiglianza imbarazzante, e
Canzonaccia scritta per Paolo Rossi e Giampiero Solari. Nel
1995 arriva il seguito di OLTRE, intitolato IO SONO QUI, con
l’intensa Reginella e Acqua nell’acqua che l’anno prima era
stata inno ufficiale dei Campionati Mondiali di Nuoto a Roma.
Frutto di un lungo studio, il disco è costruito con un inizio, una
fine e un intervallo e suddiviso in più tempi introdotti da brevi
strofe. Il cantautore è anche arrangiatore insieme a Paolo
Gianolio, Tommaso Vittorini e Pasquale Minieri.
Una serie di concerti-spettacoli dai numeri (di persone
coinvolte e di spettatori) mirabolanti vanno a costruire
l’ennesimo disco dal vivo, ATTORI E SPETTATORI. Da qui in poi
Baglioni curerà sempre più la parte live, con concerti fiume,
mai meno di tre ore. Intanto partecipa al “World Food Day
Concert” organizzato dalla FAO e al “Concerto di Natale” al
Vaticano dove canta Avrai di fronte a Giovanni Paolo II. Nel
1997 accetta l’invito televisivo di Fabio Fazio a partecipare ad
“Anima mia”, la trasmissione di RAI Due che rilegge con
nostalgia e sorriso intellettuale la parte trash degli anni ’70. E
ne esce ironico e autoironico. Dai vari duetti che affronta nel
programma (con Jannacci, Vecchioni, I Cugini di
Campagna…) nasce ANIME IN GIOCO con brani che vanno da
Pippi Calzelunghe a Il nostro concerto di Bindi. 1998: inno
per la nazionale di calcio ai mondiali Da me a te (in mini CD
con dodici versioni della canzone), tour negli stadi,
pubblicazione del libro fotografico “C’era un cavaliere bianco
e nero” (Mondadori), triplo CD A-LIVE, anticipato dall’unico
inedito Arrivederci o addio. E anche un gioco: un giorno
Baglioni va per strada a Napoli a cantare le sue canzoni
travestito da hippie, prima di un concerto da 60.000 persone
allo stadio. Non lo riconosce praticamente nessuno, raccoglie
12.700 lire. Nel 1999 pubblica VIAGGIATORE SULLA CODA DEL
TEMPO (arrangiato da Corrado Rustici e Paolo Gianolio),
ultimo tassello della trilogia che ha messo in fila prima il
passato e la ricerca alle radici interiori, poi il presente e
l’affermazione di una identità, e ora il futuro e le domande
conseguenti. Pur mantenendosi nell’alveo del pop, e quindi in
quello di dischi che devono vendere, sono album di qualche
interesse. L’anno successivo ancora un live, ACUSTICO, SOGNO
DI UNA NOTTE DI NOTE, riassunto di una serie di concerti nei
“posti dell’arte” e nel 2001 il tour solitario “Incanto - tra
pianoforte e voce” con le canzoni messe in vendita su Internet.
Nel 2003 escono il poco ispirato SONO IO, L’UOMO DELLA
STORIA ACCANTO, e il libro di fotografie “A tempo di musica”
(a cura di Alessandro Dobici). Nel 2004 arriva la laurea in
Architettura, nel 2005 l’ottavo live, CERCANDO E CRESCENDO, e
la raccolta tripla TUTTI QUI con inediti e rarità che le danno
valore aggiunto, a cui segue nel 2006 GLI ALTRI TUTTI QUI.
Considerato negli anni ’70 un cantante per ragazzine, Baglioni
è riuscito nel tempo a conquistare il rispetto di molti. (e.de. -
n.ve.)
DISCOGRAFIA

CLAUDIO BAGLIONI (RCA 1970)


UN CANTASTORIE DEI GIORNI NOSTRI (RCA 1971)
QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE (RCA 1972, versione
spagnola UN PEQUEÑO GRAN AMOR, pubblicata in Spagna e
Argentina nel 1977 con lievi differenze tra le due edizioni)
GIRA CHE TI RIGIRA AMORE BELLO (RCA 1973)
E TU… (RCA 1974)
SABATO POMERIGGIO (RCA 1975, edizione spagnola SABADO
POR LA TARDE, in pratica un greatest hits in spagnolo)

SOLO (RCA 1977, anche in edizione parzialmente in


spagnolo)
E TU COME STAI? (CBS 1978, edizione spagnola UN POCO
MÀS, edizione francese UN PEU DE TOI)

STRADA FACENDO (CBS 1981)


ALÉ-OÓ (CBS 1982, live triplo)
LA VITA È ADESSO (CBS 1985)
ASSOLO (CBS 1986, live triplo)
OLTRE (CBS 1990, doppio, in Spagna singolo con quattro
brani in lingua)
ASSIEME (Columbia 1992, live)
ANCORASSIEME (Columbia 1992, live)
IO SONO QUI (Columbia 1995)
ATTORI E SPETTATORI (Columbia 1996, live doppio)
ANIME IN GIOCO (Columbia 1997)
A-LIVE (Columbia 1998, tripla antologia di brani registrati
dal vivo)
VIAGGIATORE SULLA CODA DEL TEMPO (Columbia 1999)
ACUSTICO, SOGNO DI UNA NOTTE DI NOTE (Columbia 2000,
doppio dal vivo)
SONO IO, L’UOMO DELLA STORIA ACCANTO (Columbia 2003)
CERCANDO E CRESCENDO (Columbia 2005, doppio dal vivo)
TODO BAGLIONI - GRANDES EXITOS EN ESPAÑOL (Columbia
2005, antologia in spagnolo)
TUTTI QUI (SonyBMG 2005, tripla antologia con inediti e
rarità)
GLI ALTRI TUTTI QUI (SonyBMG 2006, tripla antologia con
inediti e rarità)
STRADA FACENDO. In qualche modo un album della maturità
o perlomeno del distacco dall’adolescenza. Testi che anche
formalmente cercano nuove vie. Musiche meno melodiose
del solito, con un tono inglese – che a Baglioni sembra si
confaccia benissimo – impresso dal produttore Geoff
Westley. Canzoni arcinote: Strada facendo, Via, I vecchi,
Fotografie, Ragazze dell’est…
OLTRE. Il ragazzo si applica. Canzoni complesse – fin
troppo – sul senso dell’essere, dell’andare, del ricercare.
Contiene Stelle di stelle impreziosita dalla voce di Mia
Martini, Domani mai, Tamburi lontani, uno dei testi
preferiti dall’autore in assoluto, Mille giorni di te e di me,
canzone d’amore bella e assai diversa dalle precedenti,
covata per molti anni. E un mare di ospiti, come Pino
Daniele, Paco De Lucia, Richard Galliano, Manu Katchè,
Youssou N’Dour.
VIAGGIATORE SULLA CODA DEL TEMPO. Concept sul tema del
viaggio. Sul piano letterario c’è una indubbia sapienza
nell’uso di molte figure retoriche, qualche volta portate
all’eccesso. Anche gli arrangiamenti cercano di non
utilizzare soluzioni scontate e perfino le melodie tendono ad
aprirsi ma sino a un certo punto, finendo poche volte nel
melenso. Cuore di aliante sfonda in radio, le altre canzoni
meno.

DARIO BALDAN BEMBO


Autore che si cela tra le righe musicali di alcuni celebri
nomi della nostra canzone: un avvio da tastierista con Clan
Celentano, Battisti, Equipe ’84, per passare poi attraverso le
voci di Mia Martini (Piccolo uomo, Minuetto, per citarne
alcune) e Renato Zero (tra le altre Amico, Più su), Soleado per
Daniel Sentacruz Ensemble ma anche Ornella Vanoni, Mina,
Caterina Caselli. Milanese, classe 1948, si fa conoscere come
cantante a Sanremo, con particolare successo nel ’75 con Aria
e nell’81 con Tu cosa fai stasera?. Ma un riscontro ancor più
grande lo ottiene con la nazional popolare Amico è, nell’82
sigla finale della trasmissione di Mike Buongiorno
“Superflash”: una grande operazione commerciale (il video
proponeva un gruppo canoro condito di volti noti che i
telespettatori furono chiamati a riconoscere nella mischia, con
tanto di premio finale), ma anche una melodia di decisa
aspirazione corale, tanto da essere presto adottata dalle
tifoserie negli stadi. La sua personale discografia si concentra
nel decennio ’75-’85, periodo in cui escono otto dei suoi
undici album.

ALEANDRO BALDI
Interprete e cantautore di vaga impostazione soul, Aleandro
Baldi (Greve in Chianti, FI, 11 aprile 1959, vero nome
Aleandro Civai), non vedente, cresce artisticamente sotto l’ala
protettiva del clan di Giancarlo Bigazzi ed esordisce a
Sanremo nel 1986 con E la nave va. Partecipa nuovamente nel
1989 con la suggestiva E sia così, pubblicando poi un album
omonimo. Nel 1992 la terza presenza, sempre tra i “Giovani”,
con Francesca Alotta e la melensa Non amarmi, si conclude
con la vittoria. È il momento di una qualche popolarità: esce
l’album IL SOLE, a cui fa seguito una nuova vittoria sanremese
nel 1994, con Passerà, edita in TI CHIEDO ONESTÀ. Ancora al
Festival nel 1996, con Marco Guerzoni, esegue Soli al bar e
pubblica TU SEI ME. Meno fortunati gli anni successivi che
vedono la pubblicazione nel 2001 dell’album IL MEGLIO E IL
NUOVO, e nel 2005 del singolo La blussanova.

IL BALLETTO DI BRONZO
Nato da complessi napoletani alla fine dei ’60, il Balletto di
Bronzo firma un contratto con la RCA e nel 1970 pubblica il
primo album: SIRIO 2222, uno dei dischi migliori del periodo,
rimasto praticamente sconosciuto all’epoca ma rivalutato con
il passare degli anni. Non è un disco di progressive ma
piuttosto un vero lavoro rock con venature hard (genere che
nel 1970 era decisamente giovane). Dopo alcune registrazioni
in spagnolo e un singolo più commerciale (Sì, mama mama), il
Balletto di Bronzo rinnova la formazione con l’ingresso,
determinante, del tastierista Gianni Leone e registra il secondo
album per la Polydor. Il disco, intitolato YS, è completamente
diverso dal 33 giri d’esordio e vede l’intervento di Detto
Mariano e di Giuni Russo, non accreditata, in veste di corista.
L’album, considerato uno dei migliori dai cultori del rock
progressivo, chiude di fatto la carriera del gruppo, anche se nel
1973 esce, per motivi contrattuali, il singolo inedito La tua
casa comoda / Donna Vittoria. Gianni Leone pubblicherà
alcuni dischi a proprio nome e con lo pseudonimo di Leo
Nero, e negli anni ’90 tornerà sulle scene con una nuova
edizione del Balletto di Bronzo.

UMBERTO BALSAMO
La produzione discografica del catanese Umberto Balsamo
(nato nel 1942), seppure non ricca, copre lo spazio di un intero
ventennio, dal 1972 con il 45 giri Se fossi diversa, al 1992 con
l’album UN PUGNO NELLA NOTTE. Esordisce nel 1968 con il
nome di Bob Nero. È attivo come cantante soprattutto negli
anni ’70, e poi come autore per altri interpreti (tra cui Ricchi e
Poveri, Mino Reitano e Orietta Berti) a partire dal decennio
successivo. Pur senza avere una posizione di grande rilievo
nella storia della nostra canzone, due sue canzoni, peraltro
assai diverse tra loro, sono diventate veri classici. Una è
L’angelo azzurro (1977), dalla melodia dolce e cantabile di
sequenze discendenti, quasi magica nella sua forza evocativa.
L’altra è Balla (1979), dove è piuttosto l’elemento ritmico a
catturare, nel suo incedere regolare e ipnotico ribattuto anche
nel testo del ritornello (“balla per me balla balla/ tutta la notte
sei bella/ non ti fermare ma balla…”).

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO


Il gruppo progressive italiano che più ha saputo avvicinarsi
alla musica colta europea a cavallo tra ’700 e ’800, pianistica,
sinfonica e operistica. Nasce a Roma nel 1969, con nucleo
portante costituito da Vittorio Nocenzi, principale
compositore, all’organo, clavicembalo e successivamente
Moog, e dal fratello Gianni, al pianoforte con funzioni anche
ritmiche. I due incidono alcuni brani – come Vedo il telefono,
La mia libertà e Padre Francesco nella compilation SOUND 70
– che con altri inediti saranno pubblicati solo nel 1989. Nel
1971 al festival pop di Caracalla a Roma trovano la propria
identità con l’inserimento di Francesco Di Giacomo (vc.),
Marcello Todaro (ch.), Renato D’Angelo (bs.) e Pier Luigi
Calderoni (bt.), che arrivavano da esperienze con i Fiori di
Campo e gli Experience. Aprono i concerti di Rory Gallagher,
Colosseum, Curved Air ma si esibiscono anche in locali
notturni del tutto inadatti. Il disco d’esordio però entra in
classifica. È BANCO DEL MUTUO SOCCORSO (con R.I.P.-
Requisecant in pace, Il Giardino del Mago) del 1972, celebre
anche per la forma della copertina, sagomata a salvadanaio.
Dopo pochi mesi segue un altro caposaldo del prog italiano,
DARWIN!, e l’anno seguente IO SONO NATO LIBERO (con la nota
Non mi rompete e la notevole Canto nomade di un prigioniero
politico, ispirata alla morte del presidente cileno Salvador
Allende), disco più complesso anche nei testi, con Rodolfo
Maltese alle chitarre, ex Homo Sapiens. Questa importante
triade di dischi definisce alcune caratteristiche tipiche: la
ricerca nei suoni, la presenza di due tastieristi (con il
pianoforte che funge da cerniera tra i momenti acustici e quelli
elettrici) che permette una notevole ricchezza, la voce potente,
tonda, timbricamente particolare e quasi melodrammatica
dell’autodidatta Di Giacomo, e i suoi testi che si compenetrano
bene con la musica.
Nel 1975, dopo l’uscita di Todaro, c’è un album in inglese
per la Manticore degli Emerson, Lake e Palmer. La
registrazione a Londra ritarda di una settimana perché lo
studio è utilizzato dalla PFM che sta incidendo per la stessa
etichetta. Da questo episodio scaturiscono le voci (infondate)
di una competizione tra i due gruppi. Il titolo dell’album è
BANCO, un’antologia con un inedito in italiano, L’albero del
pane; Maltese suona anche la tromba e il corno francese.
Storica l’esibizione al Teatro Malibran di Venezia per la
presentazione del disco. Nei concerti, gli elementi più
spettacolari sono l’uso del Moog, l’articolazione dei brani e la
presenza scenica del cantante, malgrado la sua staticità. Il
gruppo arricchisce ulteriormente il proprio concerto con le
coreografie dei Danzatori Scalzi durante il tour di COME IN
UN’ULTIMA CENA (1976), album di pregio la cui versione
inglese vede i testi tradotti da Angelo Branduardi, che vi suona
anche il violino (alcuni componenti del Banco poi
affiancheranno il cantautore nel tour europeo del 1978-79 e
compariranno nel suo triplo CONCERTO). Siamo probabilmente
all’apice del successo del gruppo, che nello stesso anno
pubblica GAROFANO ROSSO, in gran parte colonna sonora (un
po’ stucchevole) del film omonimo.
Segue un tour europeo di spalla ai Gentle Giant, mentre
abortisce l’idea di un’opera rock su S. Francesco e stralci di
quelle musiche finiscono in vari LP. Proprio mentre l’epoca
del progressive sta finendo, nel 1978 il gruppo realizza
l’ambizioso …DI TERRA (inciso a nome “Banco”), uno
strumentale con l’Orchestra dell’Unione Musicisti di Roma,
ma eseguito poche volte dal vivo per i costi e le difficoltà
tecniche. Parte del materiale era stato pensato per la colonna
sonora di un film di fantascienza italiano mai uscito.
All’opposto il lavoro successivo, CANTO DI PRIMAVERA (1979),
con una virata verso la canzone; al basso ora compare Gianni
Colaiacono, mentre Gianni Nocenzi sostituisce il piano
acustico con uno Yamaha elettrico. Al tour partecipano i
trampolieri del gruppo torinese Assemblea Teatro che danzano
altissimi tra il pubblico. Dopo la partecipazione al tributo a
Demetrio Stratos IL CONCERTO, giunge il deludente CAPOLINEA
(1980), live nell’omonimo locale milanese.
Proseguendo nella direzione di una maggiore
semplificazione, sia a livello compositivo che di
arrangiamenti, URGENTISSIMO (1980) è un album più rock
trainato dal successo del singolo Paolo Pa, che tratta di
omosessualità, e Felice. Stessa formula per BUONE NOTIZIE
(1981) e BANCO (1983), che, con i singoli Moby Dick e
Lontano da conferma il buon momento di vendite, ma in parte
allontana la schiera dei vecchi appassionati. Intanto nel 1982
era uscito il volume “Banco - il manuale del gruppo rock”
(Antrophos). A questo punto Gianni Nocenzi abbandona il
gruppo: pubblicherà gli interessanti EMPUSA (1988), in cui
volutamente evita il pianoforte, e SOFT SONGS (1993). Intanto
nel 1985 il Banco pubblica l’appassito E VIA (con Grande Joe
che partecipa a Sanremo) che pare quasi un colpo di spugna
sul passato. Dopo di che il gruppo si ferma per vari anni. Nel
1989 compaiono NON METTERE LE DITA NEL NASO di Francesco
Di Giacomo (prodotto, con venature soul, da Vittorio Nocenzi
e suonato dalla formazione del Banco dell’epoca) e la raccolta
di inediti del primo periodo, DONNA PLAUTILLA, stampata dalla
rivista “Raro!”.
Gli anni ’90 segnano il ritorno alle origini e il distacco dal
pop, a partire dalla riedizione, nel 1991, dei primi due album,
registrati su 32 piste digitali contro le 8 analogiche degli
originali. Il lavoro si intitola DA QUI MESSERE SI DOMINA LA
VALLE (la frase che apriva il primo disco), un doppio album
condotto con pazienza e passione, nuovi arrangiamenti, un
notevole uso della tecnologia ma anche il rispetto per gli
originali. Una nuova generazione si avvicina al Banco, anche
se non arriveranno più grandi successi commerciali. Un
concerto del 1992 a Roma viene proposto in VHS (nel 2004 in
DVD) con il titolo “Ciò che si vede” e poi, a quasi dieci anni
di distanza dal precedente disco di inediti, nel 1994 viene
pubblicato IL 13 (con Bisbigli, solo piano e voce), tra
progressive e pop. Va annotata una fitta attività live (in alcuni
casi con concerti acustici in quartetto) non solo in Italia,
testimoniata dal doppio NUDO (1997), con l’omonimo lungo
brano inedito che denota il desiderio di riappropriarsi del ruolo
di gruppo progressive.
Nel corso del decennio giungono anche nuovi musicisti,
mentre vari componenti lavorano ad altri progetti. Ad esempio
Maltese nel gruppo “Indaco”; Di Giacomo con Eugenio
Finardi e altri in un disco sul Fado; Vittorio Nocenzi nel suo
MOVIMENTI (2002). Nasce anche la Banco Factory, con sala di
registrazione, teatro e altro. Nel 2003 viene pubblicato il
brioso NO PALCO, un altro live in occasione della ricorrenza del
trentennale del gruppo nel 2002, con il ritorno di Gianni
Nocenzi e Calderoli e con vari ospiti. La presenza di molti
brani degli anni ’70 e uno solo degli ’80, Moby Dick, ma
rivoluzionato, dice molto su questo disco. E sulla storia della
band. (e.de. - a.re.)
DISCOGRAFIA

BANCO DEL MUTUO SOCCORSO (Ricordi 1972)


DARWIN! (Ricordi 1972)
IO SONO NATO LIBERO (Ricordi 1973)
BANCO (Manticore 1975, antologia in inglese con un
inedito)
GAROFANO ROSSO (Ricordi 1976, colonna sonora)
COME IN UN’ULTIMA CENA (Manticore/Ricordi 1976, versione
inglese: AS IN A LAST SUPPER)
…DI TERRA (Ricordi 1978)
CANTO DI PRIMAVERA (Ricordi 1979)
CAPOLINEA (Ricordi 1980, live)
URGENTISSIMO (CBS 1980)
BUONE NOTIZIE (CBS 1981)
BANCO (CBS 1983)
E VIA (CBS 1985)
BANCO (Contempo 1989, mini LP con inediti del 1969)
DONNA PLAUTILLA (Raro! Records 1989, raccolta con inediti
del 1969)
DA QUI MESSERE SI DOMINA LA VALLE (Virgin 1991, doppio,
rifacimento dei primi due album)
IL 13 (EMI 1994)
NUDO (EMI 1997, live doppio)
NO PALCO (EMI 2003, live)
SEGUENDO LE TRACCE (Ma.Ra.Cash 2005, live, registrazione
del 1975)
DARWIN!. Concept sulle teorie sull’evoluzione dell’uomo del
celebre scienziato inglese, copertina apribile, piccoli
esperimenti, come le voci umane filtrate per rappresentare i
dinosauri oppure passaggini di chitarra suonata con
l’archetto. Sette brani con personalità, a partire da 750.000
anni fa…l’amore?, dove il pianismo romantico di Gianni
Nocenzi accompagna la scena descritta con poesia da Di
Giacomo. C’era l’idea di trarre dal disco una sceneggiatura
teatrale.
COME IN UN’ULTIMA CENA. Dopo lo strumentale GAROFANO
ROSSO, il cantato torna a essere elemento fondamentale. Si
comincia a fare i conti con la forma canzone. Brani curati,
dall’aggressiva Il ragno – un classico da concerto – alla
dolce È così buono Giovanni, ma…, sino all’ossessiva
Slogan. Da rimarcare nell’album l’ardito clavicembalo
filtrato nel synth.

BANDA OSIRIS
Gruppo formatosi a Vercelli nel 1980, propone una miscela
di musica, teatralità e comicità stralunata e dissacrante, inedita
per lo meno in Italia. Iniziano con gli spettacoli di strada, ma
ben presto arrivano alla dimensione teatrale con una serie di
spettacoli di crescente successo, anche all’estero, come
“Banda Osiris di Giorno” (il primo), “Storia della musica”
voll. 1 e 2 (regia di Gabriele Salvatores), “Le quattro stagioni
da Vivaldi” (regia di Gabriele Vacis), “Sinfonia Fantastica”
(regia di Maurizio Nichetti), “Roll over Beethoven” (con il
Quartetto Euphoria). Anche la TV si accorge del gruppo,
allargandone ulteriormente il seguito, insieme alla radio e al
cinema. In quest’ultimo ambito realizzano varie colonne
sonore che ottengono anche diversi riconoscimenti; nel 2000
le raccolgono nel CD COLONNE SONORE. Del 2001 è “Guarda
che luna” con Enrico Rava, Gianmaria Testa, Stefano Bollani.
Nel 2004 esce PRIMO AMORE, colonna sonora dell’omonimo
film. Ma l’attività è fittissima in ogni settore. Il quartetto è
formato da Giancarlo Macrì (pr., e basso tuba), Gianluigi
Carlone (sx., fl., vc.), Roberto Carlone (bs., tm., ts.), Sandro
Berti (ch., tm.). Nel 2006 viene pubblicato BANDA.25, il primo
vero album di canzoni (tutte inedite ad eccezione di quattro
cover) del gruppo piemontese, che si avvale di ospiti come
Petra Magoni, Frankie Hi-Nrg, Stefano Bollani, Fiorello, Ska-
je e Riccardo Tesi.

BANDABARDÒ
La Bandabardò nasce a Firenze l’8 marzo 1993 quando sette
musicisti entrano in una sala prove creando la miscela
fricchettona e acustica di ritmo ed energia che sarà la nota
distintiva del gruppo. “Siamo per la rivalutazione dei rapporti
umani, dei miscugli razziali e culturali. Lottiamo per un
mondo a misura di donna e di bambino e per vedere un giorno
trionfare allegria e gentilezza”. Le esperienze personali sono
molteplici e differenti, dal folk al rock, dalla preparazione
classica alla gavetta fatta suonando per le strade. Dopo una
serie di concerti tra Italia e Francia e un demo del ’94 incidono
il primo album nel 1996, IL CIRCO MANGIONE. Nei testi, in
italiano e in francese, il cantante e chitarrista Enrico Greppi,
“Enriquez”, trasfonde le sue origini franco-lussenburghesi e
una vena ironica e cantautoriale. Con lui: A.M. Finaz (cha.),
“Paolino” (pr.), Orla, (cha.), “Il giovane Nuto” (bt.), Don
Bachi (cb.), Cantax, fonico. Nomi e strumentazione che sono
un programma. L’album riceve apprezzamenti dalla critica per
i ritmi gitani e la vitalità goliardica che segnano una nuova
strada verso il folk rock, proseguita due anni dopo con INIZIALI
BÌ-BÌ e poi nel live del 1999 BARBARO TOUR.

Dopo innumerevoli concerti, serate con 4000 persone e altre


con 17, nel 2000 esce MOJITO FOOTBALL CLUB (con Povera
Consuelo, 20 bottiglie di vino, Vento in faccia, la title track), il
miglior lavoro della band grazie anche alla produzione di
Gianni Maroccolo, che ne focalizza meglio lo stile lasciandone
inalterata la freschezza sghemba da busker. Con il passaparola
la Bandabardò diventa band di culto e poi di successo anche
commerciale con SE MI RILASSO… COLLASSO (2001, live con un
inedito), BONDO! BONDO! (2002) e un’intensa attività
concertistica, anche all’estero, che ne sancisce la maggior
efficacia sul palco rispetto al lavoro di studio. Dopo la
sostituzione di “Paolino” con il cubano Ramon ai fiati e alle
percussioni, nel 2004 TRE PASSI AVANTI consolida la popolarità
e l’approccio genuino e anche originale di una band che ha
collaborato con artisti come Max Gazzè, Stefano Bollani,
Tonino Carotone e che ha fatto e fa della musica un momento
e una ragione di incontro e conoscenza, di divertimento che
passa attraverso testi dai contenuti sociali, prepolitici e
anticonformisti. Nel 2006 esce la prima raccolta, con quattro
inediti, intitolata FUORI ORARIO.

LUCA BARBAROSSA
Sulle orme dei songwriter americani, il giovane Luca
Barbarossa, scoperto da Shel Shapiro, fa il suo esordio a
Castrocaro nel 1980 e quindi porta a Sanremo nel 1981 Roma
spogliata, che ottiene buoni consensi, a cui fa seguito l’album
LUCA BARBAROSSA, spontaneo e gradevole.
Nato nella Capitale il 15 aprile di vent’anni prima, dovrà
attendere ancora qualche anno (e un paio di 45 giri) prima di
imporsi al grande pubblico: lo fa ancora dal palco dell’Ariston
nel 1986, con Via Margutta, dalle venature più intimiste. È di
nuovo a Sanremo l’anno successivo con Come dentro un film,
titolo anche del suo secondo album. Nel 1988 L’amore rubato
gli vale il terzo posto al Festival e ne rivela una qualche
predisposizione ai temi sociali: esce poco dopo il suo album di
maggiore successo, NON TUTTI GLI UOMINI, seguito nel 1989 da
AL DI LÀ DEL MURO. Nel 1992 la quinta partecipazione alla
kermesse ligure si conclude con la vittoria finale di Portami a
ballare, inserita in CUORE D’ACCIAIO. Nel 1993 pubblica la
prima antologia live, VIVO, dal titolo di una delle sue canzoni
più celebri, a coronamento di un periodo di popolarità che,
dopo LE COSE DA SALVARE (1994), non si ripeterà a questi
livelli. Nel 1996 esce SOTTO LO STESSO CIELO, che contiene Il
ragazzo con la chitarra, presentata a Sanremo, e nel 1999
MUSICA E PAROLE (in Segnali di fumo duetta con Tina Arena).
All’inizio del nuovo millennio pubblica VIAGGIO DI RITORNO,
in cui i brani più celebri vengono riproposti in nuove versioni.
Il ritorno alla pubblicazione di un CD di inediti avviene nel
2003 con FORTUNA, che è anche il titolo della canzone con cui
Luca Barbarossa fa ritorno dopo sette anni a Sanremo, la
manifestazione a cui deve buona parte della propria fortuna,
pur essendo molto distante dalle sue passioni musicali. In
questa contraddizione c’è molto del suo percorso.

SERGIO BARDOTTI
Autore e produttore tra i più importanti e intraprendenti del
nostro Paese, Sergio Bardotti è nato a Pavia nel 1939, da dove
si trasferisce a Roma per lavorare alla RCA. Ha in curriculum
sette anni di studi pianistici, il diploma in teoria e solfeggio, e
serate nei night con il nome d’arte di Sergio Dotti. Alla RCA
si occupa della collana “Edizioni Letterarie” lavorando con
poeti come Pasolini, Montale e Quasimodo. Nascono intanto
le prime canzoni, soprattutto come autore di testi. Il primo suo
brano inciso è La nostra casa, cantata prima da Riccardo Del
Turco e poi da Gino Paoli, che la pubblica come lato B di
Sapore di sale. Le vendite sono quasi epocali e così decolla
Sergio Bardotti paroliere. Con Era d’estate inizia una lunga
collaborazione con Sergio Endrigo (di cui è stato anche
pianista), che frutta le sanremesi Canzone per te, vincitrice nel
1968, Lontano dagli occhi, seconda nel 1969, Elisa, premio
per il miglior testo nel 1973. Frattanto Bardotti si occupa della
ARC, etichetta “cadetta” della RCA, seguendo personalmente
l’ascesa di un giovane ex jazzista bolognese, Lucio Dalla. Con
lui scrive molti brani, come Il cielo, Piazza Grande, Itaca, La
casa in riva al mare e, per Morandi, Occhi di ragazza. Negli
anni ’60 traduce, tra le altre, If I Had A Hammer (Datemi un
martello) per Rita Pavone e Et moi dans mon coin (Ed io tra di
voi) di e per Charles Aznavour: primi capitoli di una gloriosa
carriera di traduttore.
Nel 1969 diventa produttore di Chico Buarque De Hollanda,
fuggito in Italia dal regime militare brasiliano. E di un altro
grande brasiliano si occupa in Italia, Vinicius de Moraes, con
cui realizza una serie di capolavori: LA VITA, AMICO, È L’ARTE
DELL’INCONTRO, con Endrigo, Vinicius, Ungaretti e Toquinho
(ricordato dai più per La casa), L’ARCA, PER VIVERE UN GRANDE
AMORE. Nel 1971 con Luis Bacalov disegna il progetto
Concerto grosso, da affidare a un complesso molto noto. La
scelta cade sui New Trolls, con cui poi firmerà anche Quella
carezza della sera e Aldebaran. Intanto, fra le molte
collaborazioni, produce Patty Pravo per cinque anni e scrive i
testi di Aria e L’amico è per Dario Baldan Bembo. Dal 1974
diventa produttore per Ornella Vanoni. Nascono album di
valore come LA VOGLIA, LA PAZZIA, L’INCOSCIENZA E L’ALLEGRIA
(1976), RICETTA DI DONNA (1980), DUEMILATRECENTOUNO
PAROLE (1981), UOMINI (1983) e ORNELLA &…(1986). Nel 1983 è
Premio Tenco come operatore culturale e nel 1989 firma Ti
lascerò con cui Anna Oxa e Fausto Leali vincono il Festival di
Sanremo. Negli anni ’90 lavora sempre più come autore
televisivo.

ALEX BARONI
Interprete dalla caratteristica vocalità soul bianca,
apprezzata da molti, Alex Baroni, insegnante di chimica, nasce
a Milano il 22 dicembre 1966. Nel 1994 pubblica
FUORIMETRICA (prodotto da Eros Ramazzotti) come cantante
dei Metrica. Dopo anni di gavetta ed esperienze da corista con
vari artisti, si fa conoscere a Sanremo nel 1997 con Cambiare.
Pubblica l’album ALEX BARONI, dai discreti riscontri
commerciali, e in dicembre è la voce di Hercules nel film
Disney omonimo per la canzone Posso farcela. Nel 1998 è di
nuovo al Festival di Sanremo con Sei tu o lei (quello che
voglio). Subito dopo esce l’album QUELLO CHE VOGLIO, a cui
nel 1999 fa seguito ULTIMAMENTE, lanciato in radio da
Pavimento liquido, brano di presa discreta. Tutti episodi in cui
non sempre le indubbie qualità vocali sono sostenute da
canzoni all’altezza. Negli anni successivi è vicino
artisticamente e sentimentalmente alla cantante Giorgia (che
gli dedicherà Marzo). Alex Baroni scompare tragicamente il
13 aprile 2002 per le conseguenze di un incidente di moto.
Postumi vengono pubblicati gli album SEMPLICEMENTE e C’È
DI PIÙ.

PEPPE BARRA
Profondamente radicato nella realtà campana, Peppe Barra
ne è una delle espressioni più tipiche, in continuità con una
tradizione artistica e culturale di cui si fa interprete nel duplice
ruolo di attore e di cantante. Nato il 24 luglio 1944 a Roma,
segue le orme della madre, la celebrata e amatissima Concetta,
e apprende ben presto a stare in scena e a comunicare con il
pubblico. All’inizio degli anni ’70 incontra Roberto De
Simone, musicista e ricercatore, che lo inserisce nella sua
Nuova Compagnia di Canto Popolare, gruppo che ridà vita ad
antichi canti di tradizione orale. Barra ne farà parte fino al
1978. Sarà lo stesso De Simone nel 1976 a regalargli un’altra
esperienza fondamentale, con un ruolo nel suo sontuoso
spettacolo teatrale “La Gatta Cenerentola”. Assai variegata
sarà poi la carriera artistica di Barra, fatta di concerti, teatro,
film (tra cui “La Pelle” di Liliana Cavani, “Il mare di sotto” di
Sandro Dioniso e “Pinocchio” di Benigni, nel ruolo del Grillo
Parlante) e molte collaborazioni da cui scaturiscono ancora
idee e progetti. Negli anni ’80 con la compagnia “Peppe e
Barra” si dedica con successo al teatro e pubblica alcuni
dischi. Nel tempo costruisce un repertorio in napoletano di
brani classici e altri inediti, dei quali alcuni suoi. Nel 1993 con
MO’ VENE (esordio discografico come solista) vince la Targa
Tenco nella categoria “Interpreti”. Il se-guente, pregevole,
GUERRA è del 2001, PEPPE BARRA IN CONCERTO del 2003. Nel
1995 intanto aveva partecipato con una impetuosa versione in
napoletano di Bocca di rosa a CANTI RANDAGI, tributo a
Fabrizio De André.
I suoi spettacoli, qualunque sia il tema, sono sintesi efficace
della poliedrica figura di Barra. Colpisce prima la forza della
sua presenza sul palco, fatta di un fisico robusto, di una voce
potente in registro baritonale, e soprattutto di un volto
squadrato con tratti decisi, il trucco forte. Barra è una
maschera. Poi lo spettacolo, dove recitazione e canto si
intrecciano sempre. E sempre resta il filo comune che sta tra
ricerca musicale e letteraria, tra contaminazioni di antiche
ritmiche campane con moderni suoni mediterranei, tra fiabe di
ieri e storie di oggi, tra Napoli e resto del mondo.

DON MARINO BARRETO JR.


La sua voce caratteristica, tenue e punteggiata da un accento
squisitamente ispanico e da una scansione metrica leggermente
fuori tempo, arrochita da sigarette e whisky, ha segnato
l’epoca dei night club e della canzone confidenziale. Cubano,
classe 1926, ”Don” Marino Barreto, contrabbassista,
percussionista e cantante, un passato burrascoso, anche nella
Legione Straniera, esporta i ritmi centro-sudamericani nel
mondo, prima in Spagna, poi negli anni ’50 in Italia nei
nascenti ritrovi notturni. Riscuote successo soprattutto con i
“lenti” d’atmosfera. Escono, nel 1956-’57, le prime incisioni a
78 e a 45 giri. I primi successi sono La più bella del mondo,
già lanciata da Marino Marini, e Visino de angelo, seguiti da
Per un bacio d’amor e soprattutto Hasta la vista, senora (di
cui è anche autore). L’apice della gloria è nel 1959, grazie a un
45 giri con Angeli negri, grande classico latinoamericano, e sul
retro Arrivederci, di Umberto Bindi. Nell’inverno 1961-’62
l’ultimo acuto: l’orecchiabile Cinque minuti ancora che
riporterà Barreto in classifica per l’ultima volta. Poi con il beat
gli spazi per lui saranno preclusi. La cirrosi epatica porta
Barreto alla morte il 10 dicembre 1971, a soli 45 anni.
CESARE BASILE
È uno dei nomi di punta della nuova canzone d’autore
italiana imparentata con il rock. Catanese di nascita (7
febbraio 1964), è figura attiva sulla scena underground italiana
già dagli anni ’80, con band di buona notorietà come i Candida
Lilith (con cui esordisce nel 1987) e poi con Kim Squad e i
Quartered Shadows, formazione che arriva a condividere il
palco con gruppi di fama mondiale come Nirvana, Hole,
Primus. Dal 1994 si mette in proprio, conservando peraltro
l’attitudine al lavoro di gruppo, non solo con la sua band ma
coinvolgendo nei suoi dischi, accolti molto positivamente
dalla critica, ospiti di nome. L’album di debutto si chiama LA
PELLE, e, dopo STEREOSCOPE del ’98, il successivo CLOSET
MERAVIGLIA annovera tra i collaboratori Hugo Race (ex collega
di Nick Cave, un amante del blues nero e solforoso) e, agli
arrangiamenti orchestrali, John Bonnar dei Dead Can Dance.
Nello splendido GRAN CALAVERA ELETTRICA (uscito alla fine
del 2003) la galleria degli ospiti illustri annovera, fra gli altri,
la produzione di John Parish (già luminare alla consolle per
P.J. Harvey, Giant Sand, Tracy Chapman, Eels) e Nada (che ha
a sua volta ospitato Basile nel proprio TUTTO L’AMORE CHE MI
MANCA). Ancora con Parish alla produzione, HELLEQUIN SONG,
uscito per la Mescal all’inizio del 2006, ribadisce in bellezza,
allargandone ulteriormente lo spettro delle variazioni
stilistiche, la poetica ormai inconfondibile di Basile. Ancora
un corredo di ospiti-amici importanti, da Manuel Agnelli a
Hugo Race, a confermare una canzone d’autore di ambizione e
connotati internazionali.

FRANCO BATTIATO
Il più eclettico dei cantautori italiani nasce a Jonia (CT),
oggi Riposto, il 23 marzo 1945. Qui trascorre quella che
definisce un’infanzia “tribale” in un ambiente che segna
profondamente la sua formazione e poi la sua arte. La
vocazione musicale si fa sentire a 6 anni, quando convince i
genitori a mandarlo a lezione di pianoforte, e a 11, quando
comincia a suonare la chitarra da autodidatta. Ma è con il
trasferimento a Milano, a 19 anni, che decide di fare della
musica la sua professione. Inizialmente si guadagna da vivere
lavorando come fattorino, distribuendo, tra l’altro, anche
dischi cantati da lui stesso, in una collana economica che
pubblica i successi dell’epoca interpretati da cantanti
sconosciuti. Presto però si inserisce nell’ambiente artistico del
capoluogo lombardo (che tutt’oggi considera la sua città) e
inizia a esibirsi al Cab 64, uno dei primi cabaret, nelle vesti di
cantautore folk siciliano (in realtà esegue sue composizioni). È
questo il trampolino di lancio per altri ingaggi come musicista
e attore in balere, compagnie teatrali, feste. Il creativo e vivace
ambiente milanese lo porta a entrare in contatto con artisti che
sarebbero diventati famosi, come Enzo Jannacci, Herbert
Pagani, Bruno Lauzi, e soprattutto Ombretta Colli, con la
quale stringe una fraterna amicizia, e Giorgio Gaber, che
produce il suo primo 45 giri, in cui cambia il suo nome da
Francesco a Franco: La torre / Le reazioni del 1967 (Battiato
ricambierà il favore orchestrando, anni dopo, POLLI
D’ALLEVAMENTO). Seguono altri 45 giri con canzoni melodiche
e leggere, come È l’amore (1968) e Bella ragazza (1969). Alla
fine degli anni ’60, tuttavia, una crisi artistica e umana lo porta
a intraprendere una ricerca che abbraccia il campo spirituale e
quello musicale. Si avvicina alla pratica della meditazione, alla
filosofia di Gurdjieff e alle tradizioni mistiche ed esoteriche,
specialmente il sufismo. La musica leggera scompare dai suoi
interessi, è affascinato da una sperimentazione sonora che lo
porta a esibirsi in centri culturali e sociali con improvvisazioni
(su cui si baserà anche il progetto “Telaio Magnetico”), e
confluisce nell’LP d’esordio, FETUS, uno dei primi dischi
italiani di musica elettronica. Sono anni in cui si fa sentire
l’influenza dell’avanguardia, soprattutto tedesca, e il
sintetizzatore, la batteria elettronica e il collage di suoni sono
la cifra ricorrente dei suoi dischi di questa fase, il più riuscito
dei quali è SULLE CORDE DI ARIES. Attira l’attenzione di
Karlheinz Stockhausen, che lo convince a intraprendere gli
studi della notazione tradizionale, teoria e solfeggio, ai quali
seguono quelli di armonia, composizione e orchestrazione.
La fase successiva è caratterizzata dalla pubblicazione di
album di grande valore, come L’EGITTO PRIMA DELLE SABBIE
(1978), e soprattutto dall’incontro con il maestro Giusto Pio,
inizialmente suo insegnante di violino e poi coautore di tutti i
successi degli anni ’80. Il primo disco che vede la
partecipazione del violinista è JUKE BOX (1978), ma quello che
sancisce definitivamente il fortunato sodalizio – dopo un
curioso singolo pubblicato con lo pseudonimo di Astra (Adieu
/ San Marco) – è L’ERA DEL CINGHIALE BIANCO, il primo vero
successo commerciale che evidenzia già l’interesse per
tematiche legate all’Oriente e soprattutto al Medio Oriente.
Inoltre gli studi linguistici (Battiato studia arabo all’ISMEO,
Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente) e di canto
danno alla sua vocalità un’impronta singolare e
riconoscibilissima, di stampo orientale, particolarmente
evidente in brani come Luna indiana. La grande popolarità
arriva negli anni ’80: dopo PATRIOTS (con Prospettiva Nevski),
Battiato irrompe nel mercato discografico con LA VOCE DEL
PADRONE, con cui la sua eccentrica figura, armata di un
megafono e consegnando la propria resa al mondo moderno
(“Sul ponte sventola bandiera bianca”), diventa un vero
fenomeno musicale, sia in Italia che nei paesi di lingua
spagnola. Ritmi incalzanti, arrangiamenti pieni e vigorosi, tra
acustica ed elettronica, testi con i riferimenti letterari più
disparati, ironia e sberleffo innervano un raffinato pop
d’autore che stupisce e entusiasma pubblico e critica e diventa
il marchio di fabbrica di Battiato, che vive un momento di
creatività esplosiva. Oltre ai dischi per sé, infatti, insieme a Pio
confeziona album anche per Alice (CAPO NORD, ALICE), Giuni
Russo (ENERGIE), Milva (MILVA E DINTORNI, e anni dopo
SVEGLIANDO L’AMANTE CHE DORME), per le quali firma successi
come, rispettivamente, Per Elisa (che vince Sanremo nel
1981), Un’estate al mare e Alexander Platz. Ma a cavallo tra
gli anni ’70 e 80 collabora anche con Alfredo Cohen,
Catherine Spaak, Sibilla (che partecipa a Sanremo 1983 con il
brano Oppio, di Battiato-Pio). Lo stesso Giusto Pio pubblica
album solistici con lui come coautore (su tutti LEGIONE
STRANIERA, del 1982 e RESTORATION, 1984). In alcuni casi
Battiato si firma con degli pseudonimi. Il più utilizzato è
Albert Kui, per, tra le altre, Messaggio di Alice, Legione
Straniera di Giusto Pio, e le canzoni per Farida e Ombretta
Colli. In altri dischi compare come Franc Jonia (in NON
GETTATE ALCUN OGGETTO DAI FINESTRINI di Eugenio Finardi),
Martin Kleist, Kilim. Negli anni ’70 si celava con ogni
probabilità anche dietro il prolifico Ed De Joy, collaboratore
tra gli altri degli Osage Tribe. Nella sua parallela e più tarda
carriera di pittore utilizzerà l’alias Süphan Barzani.
In prima persona, a LA VOCE DEL PADRONE segue un disco di
stampo diverso per non smentire il carattere poco incline a
ripetersi del cantautore siciliano. L’ARCA DI NOÈ contiene
canzoni valide ma meno note (ad eccezione di Voglio vederti
danzare), omogenee, dal tono quasi epico dato dai testi e
dall’ampio utilizzo del coro dei Madrigalisti di Milano.
Seguono due album di minor successo, ORIZZONTI PERDUTI
(con la splendida La stagione dell’amore) e MONDI
LONTANISSIMI, intervallati da un Eurofestival in duetto con
Alice con I treni di Tozeur. Nel 1986 con GENESI inizia una
produzione parallela in campo classico, che prosegue con
GILGAMESH nel 1992, MESSA ARCAICA nel 1994 e CAMPI
MAGNETICI, musiche per balletto su commissione del Maggio
Musicale Fiorentino, nel 2000. Nel 1994 viene eseguita in
Sicilia “Il cavaliere dell’intelletto”, opera in due atti su libretto
di Manlio Sgalambro dedicata a Federico II di Svevia e
rimasta però inedita. Nell’ambito pop, insieme a varie
incursioni nei mercati di lingua spagnola (nei quali è tuttora
apprezzato) e inglese, la fine degli anni ’80 regala due perle: il
primo disco di canzoni con musiche scritte senza l’apporto di
Pio, FISIOGNOMICA, un’altra pietra miliare di Battiato (anche
sul piano delle vendite), e il primo disco dal vivo, GIUBBE
ROSSE, nel quale tra l’altro recupera alcuni brani scritti per altri
interpreti, come Alexander Platz, Lettera al governatore della
Libia (composta per Giuni Russo, che qui duetta con l’autore)
e Mesopotamia (già cantata da Gianni Morandi con il titolo
Che cosa resterà di me).
Gli anni ’90 iniziano con una immagine quantomai austera e
ascetica, con irsuta barba nera e occhiali scuri. Sinfonico e
meditativo, COME UN CAMMELLO IN UNA GRONDAIA del 1991
contiene quattro lieder classici e quattro canzoni originali,
accomunati dalla stessa atmosfera musicale. I brani di punta
sono Povera Patria (di spunto politico) e L’ombra della luce
(decisamente più spirituale). I brani vengono presentati anche
a Baghdad, in uno storico concerto contro l’embargo
occidentale imposto all’Irak. L’atmosfera sinfonica è in parte
interrotta da CAFFÈ DE LA PAIX (che ha buoni esiti
commerciali), ma decisamente recuperata nel live
UNPROTECTED, in cui Battiato riarrangia i brani in chiave
classica e per lo più acustica (non manca però il computer ad
addolcire e amalgamare i suoni) con l’orchestra dei Virtuosi
Italiani diretta da Giusto Pio, che tuttavia d’ora in poi preferirà
ritirarsi dalle scene per incidere musiche proprie, attività che
svolge tuttora. Un altro sodalizio importante sta però
nascendo, quello con il filosofo Manlio Sgalambro, di cui
Battiato musica i testi a partire da L’OMBRELLO E LA MACCHINA
DA CUCIRE, ostico e a tratti autocompiaciuto. Musiche e parole
(sempre, per lo più, di Sgalambro) aderiscono meglio in
L’IMBOSCATA, con cui torna ai vertici delle classifiche grazie a
sonorità più rock e alcuni pezzi memorabili, come La cura, il
brano in genere più apprezzato del Battiato di questi anni. Il
ruolo di Sgalambro si intensifica; presta la sua voce recitante
su disco e dal vivo, dove si cimenta anche in goffe esibizioni
canore, ma soprattutto continua la scrittura dei testi, in
collaborazione con il cantante. Il frutto più maturo è
GOMMALACCA, che si aggiudica come miglior disco la Targa
Tenco, che Battiato aveva già meritato con la canzone Povera
Patria e riotterrà nel 2000 come migliore interprete con
FLEURS, delicato, elegante e godibile disco di cover nel quale
arrangia in modo sinfonico e ricanta canzoni del passato,
avendo il merito di recuperare artisti come Sergio Endrigo.
Non raggiungerà lo stesso livello qualitativo il secondo
volume, ironicamente chiamato FLEURS 3. Tra i due si
inserisce FERRO BATTUTO, non tra le opere imprescindibili del
musicista, così come il successivo live LAST SUMMER DANCE,
che ha il pregio comunque di testimoniare l’atmosfera intensa
dei concerti di Battiato, che dagli anni ’80 non ha perso
pubblico ma ne ha anzi acquistato tra i giovanissimi. Si torna
ad alti livelli nel 2004 con DIECI STRATAGEMMI.
Musicista (ruolo in cui decisamente il suo talento si esprime
in modo più chiaro) ma anche pittore, produttore, editore e
discografico (con “L’Ottava”), direttore artistico (dei Festival
“Estate catanese” e “Il violino e la selce”), Battiato è anche
regista. “Perduto amor” (2003), la sua opera prima, gli è valsa
tra l’altro il Nastro d’argento come miglior regista emergente.
Prima del suo secondo lavoro, “Musikanten” (2005), basato in
gran parte sull’ultimo periodo della vita di Beethoven, dirige,
scrive e conduce per Rai Futura una trasmissione televisiva,
“Bitte Keine Réclame”, incontri con personalità straordinarie
della cultura, della spiritualità e della musica: gli argomenti
fondanti della sua arte. (a.ca.)
DISCOGRAFIA

FETUS (Bla Bla 1971)


POLLUTION (Bla Bla 1972)
SULLE CORDE DI ARIES (Bla Bla 1973)
CLIC (Bla Bla 1974, l’edizione inglese, pubblicata dalla
Island, presenta una scaletta differente)
M.ELLE LE GLADIATOR (Bla Bla 1975)
BATTIATO (Ricordi 1977)
JUKE BOX (Ricordi 1978)
L’EGITTO PRIMA DELLE SABBIE (Ricordi 1978)
L’ERA DEL CINGHIALE BIANCO (EMI 1979)
PATRIOTS (EMI 1980)
LA VOCE DEL PADRONE (EMI 1981, l’edizione spagnola, in
italiano, si intitola LA VOZ DE SU AMO)
FRANCO BATTIATO (Curcio Editore 1982, antologia di brani
inediti su album)
L’ARCA DI NOÈ (EMI 1982)
ORIZZONTI PERDUTI (EMI 1983)
MONDI LONTANISSIMI (EMI 1985)
ECHOES OF SUFI DANCES (EMI 1985, in inglese per il
mercato americano)
ECOS DE DANZAS SUFI (EMI 1985, in spagnolo, l’edizione
argentina si intitola SENTIMIENTO NUEVO)
GENESI (Fonit Cetra 1987, opera in tre atti)
NÓMADAS (EMI, 1987, in spagnolo)
BATTIATO EN ESPAÑOL (EMI 1987, antologia in spagnolo)
FISIOGNOMICA (EMI 1988, anche cantato parzialmente in
spagnolo: FISIOGNÓMICA, EMI 1989)
GIUBBE ROSSE (EMI 1989, doppio live, anche cantato
parzialmente in spagnolo)
BENVENUTO CELLINI (EMI 1990, colonna sonora del film TV
“Benvenuto Cellini - Una vita scellerata”)
COME UN CAMMELLO IN UNA GRONDAIA (EMI 1991, anche
cantato parzialmente in spagnolo: COMO UN CAMELO EN UN
CANALÓN, EMI 1993)

GILGAMESH (EMI 1992, opera lirica in due atti)


CAFFÈ DE LA PAIX (EMI 1993)
UNPROTECTED (EMI 1994, live)
MESSA ARCAICA (EMI 1994, composizione per soli, coro e
orchestra)
L’OMBRELLO E LA MACCHINA DA CUCIRE (EMI 1995)
L’IMBOSCATA (Mercury 1996, anche in spagnolo: LA
EMBOSCADA, Mercury 1997)

BATTIATO COLLECTION (Hispavox 1996, doppia antologia


con l’intera produzione EMI in spagnolo)
GOMMALACCA (Mercury 1998)
FOETUS (Vinyl Magic 1999, versione inglese di FETUS del
1972 registrata tra il 1973 e il 1974)
FLEURS (Universal 1999)
CAMPI MAGNETICI (Sony 2000, musiche per balletto)
FERRO BATTUTO (Sony 2001, anche in spagnolo: HIERRO
FORJADO)

FLEURS 3 (Sony 2002)


PERDUTO AMOR (Sony 2003, colonna sonora dell’omonimo
film)
LA CONVENZIONE (Azzurra 2003, disco di esecutori vari con
tre versioni inedite di brani di Battiato)
LAST SUMMER DANCE (Sony 2003, live doppio)
LE STAGIONI DEL NOSTRO AMORE (Universal 2003, doppia
antologia con brani inediti su album e CD)
DIECI STRATAGEMMI (Sony 2004)
UN SOFFIO AL CUORE DI NATURA ELETTRICA (Sony 2005, CD +
DVD live)
LA VOCE DEL PADRONE. È il disco della definitiva
consacrazione, tutte le canzoni diventano dei classici, da
Bandiera Bianca a Centro di gravità permanente a
Cuccurucucù. Audaci giochi linguistici, commistioni tra
cultura pop e filosofia (Adorno e Alan Sorrenti, Bob Dylan
e l’“Iliade”, Gurdjieff e Mina….), tra musica elettronica e
sinfonica lo rendono molto accattivante, ma anche per certi
versi rivoluzionario.
GENESI.Accantonata la rigidità della forma canzone, il
musicista può esprimersi con maggiore libertà. L’opera
tratta il tema della salvezza dell’umanità attraverso il
mantenimento di insegnamenti esoterici tradizionali. Il
libretto contiene parti in italiano, sanscrito, persiano, greco e
turco. Musicalmente l’elettronica (al computer c’è Filippo
Destrieri) si amalgama con un’orchestra sinfonica, il coro
del Teatro Regio di Parma (dove viene rappresentata e
registrata l’opera), due soprani, un tenore, un baritono e il
canto e la voce recitante di Juri Camisasca, oltre a parti di
danza.
FISIOGNOMICA. Intimo, meditativo e lirico, segna una nuova
tappa della carriera di Battiato. Arrangiamenti essenziali e
raffinati vestono canzoni in cui trascendenza e ricordo
permeano tutti i testi. I momenti più alti, E ti vengo a
cercare, Oceano di silenzio (che contiene una citazione di
Fleur Jaeggy, scrittrice a cui l’autore si è ispirato altre volte)
e una ritmata versione di Nomadi di Camisasca.
CAFFÈ DE LA PAIX. Il titolo è il nome del famoso caffè
parigino frequentato in passato da grandi personalità della
cultura (tra cui Gurdjieff); Battiato del resto ha sempre
preferito evocare l’eccellenza e l’altezza dell’uomo
piuttosto che denunciarne le miserie. Orientaleggiante nelle
sonorità e nell’ispirazione, alternando italiano, arabo,
persiano e latino, il disco presenta tematiche care a Battiato
come la reincarnazione o la meditazione e la ricerca di sé,
con brani orecchiabili e dagli arrangiamenti ricchi e pieni.
GOMMALACCA. Vigoroso e ispirato, è un album di grande
impatto sonoro, quasi techno, con suoni duri e distorti e
audaci campionamenti incastonati in fastosi arrangiamenti.
Contiene gioielli come Shock in my town, Shakleton e la
languida È stato molto bello.

LUCIO BATTISTI
Nel 1963 la celebre copertina di THE FREEWHEELIN’ BOB
DYLAN raffigura il cantautore abbracciato a Suzie Rotolo nelle
vie del Greenwich Village. Tre anni più tardi Mogol riprende
l’idea per l’esordio su 45 giri di Battisti, pupillo suo ma non
della Ricordi, che lo osteggia e impone che lui e la ragazza
siano ripresi di spalle; sullo sfondo la riproduzione di una
moneta, didascalico riferimento al titolo di una delle due
canzoni: Per una lira. Questo il difficile esordio di Lucio
Battisti (Poggio Bustone, provincia di Rieti, 5 marzo 1943),
uno dei più importanti artisti della storia della musica leggera
italiana. In quel 1966 vanta già esperienze in gruppi
sconosciuti (i Gabbiani, gli Svitati, i Tropicals), collaborazioni
con Gigi Proietti giovane cantante di rock’n’roll, ma anche
presenze in gruppi affermati: quello di Enrico Pianori, i
Mattatori e soprattutto i Campioni con cui suona dal 1963 al
1966 in centinaia di concerti in tutta Europa e incidendo tre
singoli. Grazie a Roby Matano, il cantante dei Campioni,
ottiene il primo contratto editoriale nel marzo 1965 con le
edizioni Les Copains dirette da Christine Leroux, artefice
dell’incontro tra Mogol e Battisti, che fino a quel momento in
diversi casi provvedeva anche ai testi delle canzoni.
La prima canzone depositata da Battisti alla SIAE (20 luglio
1965) è Se rimani con me, composta con Matano e incisa dagli
esordienti Dik Dik; all’inizio dell’anno successivo nascono il
binomio Battisti-Mogol – la più nota coppia di autori della
nostra canzone – e Per una lira, Dolce di giorno e Che
importa a me, incise da Ribelli, Dik Dik e Milena Cantù;
seguono canzoni per Riki Maiocchi (Uno in più) e per i Profeti
(Le ombre della sera e Asciuga le tue lacrime). Battisti viene
anche incaricato della produzione artistica dei Dik Dik ed
esordisce con un successo clamoroso come Sognando la
California, cover di California Dreamin’ degli americani
Mamas & Papas. La carriera di autore con Mogol prosegue a
Sanremo 1967 con Non prego per me, affidata all’amico Mino
Reitano e agli inglesi Hollies di Graham Nash (il 13 gennaio
Battisti e Mogol sono negli studi Abbey Road di Londra per la
registrazione del gruppo assieme a George Martin, produttore
dei Beatles). Si rinnovano le collaborazioni con Maiocchi
(Prendi fra le mani la testa) e con i Dik Dik (Guardo te e vedo
mio figlio nonché la produzione di Senza luce) ed esce 29
settembre dell’Equipe 84, primo grande successo di Battisti,
che invece riceve scarsa attenzione con il suo secondo 45 giri,
Luisa Rossi / Era. Sfumata nel 1968 la possibilità di
gareggiare a Sanremo con La farfalla impazzita (la canteranno
Johnny Dorelli e Paul Anka), Battisti viene iscritto al Disco
per l’estate con Prigioniero del mondo e al Cantagiro con
Balla Linda. Il 45 giri con le due canzoni è il primo ad
affacciarsi nelle classifiche. Battisti, grazie anche a Mogol,
riesce da subito ad avere una certa indipendenza, ad esempio
scegliendo i musicisti (Demetrio Stratos, Damiano Dattoli,
Andrea Sacchi e Gianni Dall’Aglio i più presenti in quel
periodo) in accordo con l’arrangiatore Detto Mariano.
Il 1969 è l’anno della consacrazione non solo italiana:
partecipa a Sanremo con Un’avventura, in coppia con Wilson
Pickett; vince al Festivalbar con Acqua azzurra, acqua chiara
(registrata con i Quelli, futuri PFM) e chiude l’anno con Mi
ritorni in mente, scritta e registrata a tempo di record. Viene
pubblicato il primo album, LUCIO BATTISTI. Intanto Giorgio
Gomelski (produttore di Yardbirds, Brian Auger, Rod Stewart)
ascolta la sua Il paradiso della vita, registrata da Ambra
Borelli l’anno prima, la fa tradurre da Jack Fishman e incidere
agli Amen Corner sul loro disco d’esordio per l’etichetta dei
Rolling Stones, la Immediate: primo posto in Gran Bretagna,
sesto negli USA e decine di cover in tutto il mondo. Meno
clamore riscuotono le versioni inglesi di Balla Linda (Bella
Linda dei Grassroots) e Mi ritorni in mente (Wake Me I Am
Dreaming dei Love Affair). Nel frattempo Battisti compone
per l’Equipe 84 (Nel cuore nell’anima e Ladro), Giuliana Valci
(Quando gli occhi sono buoni), Gene Pitney (Quando ti lascia
l’amore), Camaleonti (Mamma mia) e per tanti altri. Il 31
marzo 1969 nasce la Numero Uno, etichetta creata da Mogol
con suo padre (Mariano Rapetti) e Alessandro Colombini;
Battisti ha una piccola quota, che aumenterà dopo la
fuoriuscita di Colombini, ma, legato alla Ricordi fino al luglio
1971, non può ancora pubblicare con la nuova etichetta. I
primi artisti sotto contratto sono Formula 3, Verde Stagione,
Computer, Anonima Sound e Alpha Centauri e i solisti Tony
Renis, Luisella Guidetti ed Edoardo Bennato.
Nel Festival di Sanremo del 1970 c’è il suo zampino in La
spada nel cuore, ufficialmente firmata da Mogol e Donida, e
in La prima cosa bella, scritta da Gianfranco Reverberi,
Nicola Di Bari e Mogol. Il brano è stato arrangiato per la parte
ritmica proprio da Battisti, che vi suona anche la chitarra.
Nello stesso anno Fiori rosa, fiori di pesco sale al primo posto
in classifica e si aggiudica il Festivalbar. Il 1970 è anche
l’anno del famoso viaggio a cavallo di Battisti e Mogol da
Milano a Roma, degli ultimi concerti in assoluto della carriera
(fra luglio e settembre) e della registrazione di un album
innovativo, per metà strumentale, di cui la Ricordi blocca
l’uscita. La casa discografica preme invece per pubblicare su
singolo Anna ed Emozioni, registrata in presa diretta con
un’orchestra di quasi 60 elementi e con la sezione ritmica della
neonata PFM. Esce la raccolta EMOZIONI, mentre il disco
strumentale preparato in ottobre, AMORE E NON AMORE, verrà
pubblicato solo nel luglio del 1971. Intanto è nata la fruttuosa
collaborazione con Mina per Insieme e Io e te da soli del 1970
e Amor mio e La mente torna nel 1971 (nelle prime tre Battisti
interviene anche come musicista). Mogol e Battisti
compongono anche per Bruno Lauzi, in forza alla Numero
Uno, il suo primo grande successo di classifica, Amore caro,
amore bello (1971). Il contratto tra Battisti e la Ricordi si
conclude con l’exploit di Pensieri e parole (maggio 1971) e
con Le tre verità (novembre 1971), festeggiato con “Tutti
insieme”, speciale TV ideato da Mogol, registrato il 31 luglio
e trasmesso il 23 settembre. È una delle rare occasioni per
vedere Battisti dal vivo: esegue E penso a te e Pensieri e
parole, ma interviene anche in esibizioni collettive con gli altri
artisti. L’anno successivo appare per l’ultima volta alla
televisione italiana in “Teatro 10” per uno storico duetto con
Mina.
Con La canzone del sole (novembre 1971) si inaugura il
rapporto con la Numero Uno, distribuita dalla RCA italiana
per garantire una maggior presenza sui mercati esteri, da cui,
nel 1972, Le jardins de septembre in francese e Mi libre
cancion in spagnolo. Il 1972 è l’anno di ben due album,
splendidi: UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO (con I giardini di
marzo, E penso a te, Innocenti evasioni…) e IL MIO CANTO
LIBERO. L’anno dopo Battisti spiazza con IL NOSTRO CARO
ANGELO, realizzato con sonorità dure e due soli musicisti, Bob
Callero (bs.) e Gianni Dall’Aglio (pr.) a cui si aggiunge Gian
Piero Reverberi alla sua ultima collaborazione con Battisti. Il
picco sono i brani pubblicati anche su 45 giri, La collina dei
ciliegi e Il nostro caro angelo. Le vendite sono come sempre
altissime ma il disco suscita qualche riserva nella critica.
Battisti non pare curarsene e realizza un seguito ancora più
complesso, ANIMA LATINA, da cui per la prima volta non
vengono estratti 45 giri. Intanto è uscito in Germania UNSER
FREIES LIED, cantato in tedesco e con canzoni dei primi due
album per la Numero Uno.
Il 31 dicembre 1974 la Numero Uno viene ceduta alla RCA.
Battisti firma per la major un contratto per cinque album in
cinque anni, ma poi sforerà di tre anni. Il primo disco, trainato
da Ancora tu e distribuito nel febbraio del 1976 in tutto il
mondo (ma già stampato due mesi prima), è LUCIO BATTISTI, LA
BATTERIA, IL CONTRABBASSO, ECCETERA, di cui esiste una
versione inedita realizzata con Il Volo (giugno 1975) e una
spagnola. Nel settembre 1976 invece, mentre assiste alle
registrazioni di ULLALLA di Venditti, Battisti realizza i primi
provini per un album in inglese da registrare in California. Ma
le traduzioni di Marva Jan Marrow risultano troppo letterali e
la RCA incarica l’autore americano Peter Powell. In novembre
Battisti è a Hollywood per registrare il disco, ma per la
dilatazione dei tempi la RCA decide di far registrare negli
Stati Uniti anche il nuovo album italiano (le basi sono
praticamente le stesse), IO TU NOI TUTTI, che esce in Italia in
marzo con l’ennesimo singolo di grande successo, Amarsi un
po’ / Sì, viaggiare. Il fratello in inglese IMAGES viene
pubblicato negli Stati Uniti in agosto con scarso riscontro di
vendite nonostante una massiccia campagna pubblicitaria. Per
il successivo UNA DONNA PER AMICO Battisti sceglie
l’Inghilterra e per la prima volta si affida a un produttore,
Geoff Westley. È uno dei suoi migliori dischi. La versione in
inglese, FRIENDS, è rimasta inedita nonostante la distribuzione
di alcune copie di un singolo con Baby It’s You (Ancora tu) e
Lady (Donna selvaggia donna). L’ultimo atto della coppia
Battisti-Mogol è, nel 1980, UNA GIORNATA UGGIOSA (Con il
nastro rosa), ancora prodotto da Westley, che con la
sovraproduzione cerca di salvare un lavoro in parte minato da
canzoni non all’altezza, anche se suonato magistralmente da
alcuni dei migliori session men inglesi e con arrangiamenti
impeccabili.
La separazione da Mogol viene ufficializzata subito dopo
l’uscita del disco: si scatenano le voci sul sostituito, si fa anche
il nome di Francesco De Gregori. Ma nel 1982 E GIÀ, l’ultimo
album del contratto con la RCA (dopodiché Battisti venderà i
suoi lavori di volta in volta alle case discografiche), avrà la
firma di Battisti e Velezia, uno dei due pseudonimi di sua
moglie Grazia Letizia Veronese (l’altro, meno noto, è Leitz).
Non sono tanto i testi a stupire quanto l’utilizzo esclusivo
dell’elettronica. Il disco è deludente ma rimane un episodio
isolato, una ridefinizione totale del modo di fare musica di un
artista che non si è mai ripetuto. .
Il lavoro successivo arriverà addirittura dopo quattro anni, la
pausa più lunga. La realizzazione delle tredici canzoni (cinque
rimaste inedite) di DON GIOVANNI, pietra miliare della canzone
italiana, lo impegna per oltre un anno. È qualcosa di
completamente nuovo: i suoni, gli arrangiamenti, il modo di
cantare. Tutto è inedito, è sorpresa. Spiccano i testi del nuovo
paroliere, Pasquale Panella, acrobazie di parole, lontanissimi
da quelli di Mogol. Il nuovo binomio si ripete altre quattro
volte con scadenza biennale per album di fruizione sempre più
difficile: nel 1988 L’APPARENZA (con A portata di mano,
Specchi opposti, L’apparenza, Per altri motivi, Per nome,
Dalle prime battute), nel 1990 LA SPOSA OCCIDENTALE (La
sposa occidentale, I ritorni), nel 1992 COSA SUCCEDERÀ ALLA
RAGAZZA (Ecco i negozi, La metro eccetera, I sacchi della
posta) e nel 1994 il capitolo finale di HEGEL. Apparentemente
simili, ad ascolti attenti rivelano importanti differenze
stilistiche. È stupefacente la quantità di linee melodiche
originali in ogni singolo brano, una miniera che altri autori
avrebbero sfruttato per costruire molte più composizioni nel
consueto schema strofa-strofa-ritornello. In questi dischi
Battisti dimostra anche il valore come interprete, seguendo i
tortuosi testi di Panella senza sbavature. Escono poi alcuni
importanti libri su Battisti: “Pensieri e parole” di Luciano Ceri
(Edizioni Tarab, 1996), “Mogol-Battisti: l’alchimia del verso
cantato” di Gianfranco Salvatore (Castelvecchi, 1997) e
“L’arcobaleno - storia vera di Lucio Battisti vissuta da Mogol
e dagli altri che c’erano” (Giunti, 2000), sempre di Salvatore.
Il 9 settembre 1998 Lucio Battisti muore a Milano per una
rara malattia del sistema linfatico. L’emozione in tutta Italia è
enorme, radio e TV interrompono i programmi per dare la
notizia. Le voci su un album del 1996 non accettato dalle case
discografiche sono infondate: si tratta di canzoni non in forma
definitiva che la moglie sembra non avere intenzione di
pubblicare. Invece nel 2004 e 2005 la BMG (ex RCA)
pubblica due triple raccolte con alcuni inediti, provini risalenti
a un periodo che va dal 1968 al 1971, fra i quali Vendo casa,
cantata in origine dai Dik Dik. L’evento lascia sperare in altre
emissioni dell’enorme quantità di materiale inedito giacente
negli archivi della casa discografica e della famiglia Battisti.
(m.ne.)
DISCOGRAFIA

LUCIO BATTISTI (Ricordi 1969)


EMOZIONI (Ricordi 1970)
AMORE E NON AMORE (Ricordi 1971)
VOL. IV (Ricordi 1971)
UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO (Numero Uno 1972)
IL MIO CANTO LIBERO (Numero Uno 1972)
IL NOSTRO CARO ANGELO (Numero Uno 1973)
UNSER FREIES LIED (Numero Uno 1974, Germania, in
tedesco)
ANIMA LATINA (Numero Uno 1974)
LUCIO BATTISTI, LA BATTERIA, IL CONTRABBASSO, ECCETERA
(Numero Uno 1976, anche in spagnolo)
IO TU NOI TUTTI (Numero Uno 1977)
IMAGES (RCA Victor 1977, USA, in inglese,
successivamente edito in Italia)
EMOCIONES (Numero Uno 1977, Spagna, in spagnolo)
UNA DONNA PER AMICO (Numero Uno 1978)
UNA GIORNATA UGGIOSA (Numero Uno 1980, versione
spagnola UNA TRISTE JORNADA, parzialmente in spagnolo)
E GIÀ (Numero Uno 1982)
DON GIOVANNI (Numero Uno 1986)
L’APPARENZA (Numero Uno 1988)
LA SPOSA OCCIDENTALE (CBS 1990)
COSA SUCCEDERÀ ALLA RAGAZZA (Columbia 1992)
HEGEL (Numero Uno 1994)
LE AVVENTURE DI BATTISTI E MOGOL VOL. 1 (BMG 2004,
raccolta tripla con inediti)
LE AVVENTURE DI BATTISTI E MOGOL VOL. 2 (BMG 2005,
raccolta tripla con inediti)
EMOZIONI. Raccolta di dodici canzoni già comparse su 45
giri, molte però non su 33. Per questo l’album viene
considerato il secondo LP di Battisti. La scaletta è
micidiale: Acqua azzurra, acqua chiara, Emozioni, Anna,
Mi ritorni in mente, Dieci ragazze, Non è Francesca, 7 e 40,
Fiori rosa, fiori di pesco, Il tempo di morire sono tutti
classici della canzone italiana e altrettanto classica è la
copertina con il cantante fotografato di profilo.
IL MIO CANTO LIBERO. 1972: due album in pochi mesi e oltre
un milione e mezzo di copie vendute. Rispetto al 33 giri
precedente questo è meno omogeneo, registrato con
formazioni diverse e con molte “take” scartate (alcune
recuperate per l’edizione tedesca). Dal duetto pianoforte-
organo di Vento nel vento alla chitarra acustica di L’aquila,
dalla sinfonica title track al vaudeville di Luci-ah,
dall’eleganza formale di La luce dell’est e di Io vorrei… non
vorrei… ma se vuoi all’ironia pungente di Gente per bene e
gente per male non c’è un momento debole.
ANIMA LATINA. Il disco più controverso del periodo Mogol.
Registrato in un periodo piuttosto lungo e con costi molto
elevati (40 milioni del 1974), è un album che sembra non
subire l’effetto degli anni, con un’attenzione ai particolari
sorprendente. Al di là delle singole canzoni (Due mondi,
Anonimo, Gli uomini celesti e Anima latina sono quelle che
più si fanno ricordare) è l’atmosfera generale a intrigare.
Magnificamente suonato da alcuni mostri sacri del pop
italiano, tra i quali, non accreditati, Ares Tavolazzi e Tony
Esposito.
UNA DONNA PER AMICO. All’esordio la coppia Battisti-
Westley realizza un disco raffinatissimo, grazie alle canzoni
(Aver paura d’innamorarsi troppo, Prendila così e Perché
no sono tra le migliori di Battisti) e ai musicisti, tutti inglesi,
tra cui Gerry Conway e Frank Ricotti. Anche Mogol sembra
particolarmente ispirato nel confezionare spaccati di vita
quotidiana sulle crescenti difficoltà dei rapporti uomo-
donna. Delle 9 canzoni registrate una, Perché non sei una
mela, andrà sull’LP successivo.
DON GIOVANNI. Il primo Battisti-Panella è quello che meno
si distacca, nei suoni, dalla produzione internazionale
dell’epoca. Però raramente un disco ha avuto l’impatto di
questo sul pubblico e soprattutto sugli addetti ai lavori: in
quanti sono corsi da Panella con spartiti in attesa di strane
parole? In quanti da Greg Walsh o da suoi emuli inglesi? In
seguito Battisti ha estremizzato sempre più la sua
produzione, mantenendo intatta la sua capacità melodico-
ritmica, ma è con gli affreschi di Le cose che pensano, di
Che vita ha fatto, della affascinante Madre pennuta o della
sospesa title track che la cinquina di Battisti e Panella ha
avuto inizio.
BAUSTELLE
Originari di Montepulciano, in provincia di Siena, i
Baustelle hanno esordito nel 2000 con SUSSIDIARIO ILLUSTRATO
DELLA GIOVINEZZA, segnalandosi immediatamente come una
realtà tra le più personali e interessanti della nuova scena
tricolore. Le loro canzoni, avvolte da un manto di ricercata
raffinatezza, strizzano l’occhio sia alla tradizione melodica
italiana che a un certo modo tutto inglese di intendere il pop (i
Pulp tra i riferimenti più immediati), mentre i testi alternano
richiami a un immaginario che è tipicamente anni ’80 a una
visione da cartolina degli anni ’60. Il tutto ben sorretto dagli
intrecci delle voci di Francesco Bianconi e Rachele Bastrenghi
e dalle tastiere di Fabrizio Massara. Il disco si aggiudica il
premio “Fuori dal mucchio”, promosso dalla rivista “Il
Mucchio Selvaggio”, come migliore debutto italiano
dell’anno. Simile la formula del successivo LA MODA DEL
LENTO (2003) che, grazie anche ad alcuni fortunati videoclip,
ottiene lusinghieri risultati di vendita, tanto da portare alla
firma di un contratto con la Warner. I timori che la cifra
stilistica della formazione potesse venire compromessa dal
rapporto con una major vengono fortunatamente smentiti nel
migliore dei modi: LA MALAVITA (2005) è infatti la fotografia
di una band in gran forma, nonostante l’abbandono di
Massara, avvenuto comunque a registrazioni ultimate. I suoni
si fanno appena più rock, pur non perdendo nulla della loro
raffinatezza, mentre i testi rimangono intrisi di malinconia e
romanticismo decadente. Un ulteriore passo in avanti che,
grazie al buon successo del singolo La guerra è finita,
consente ai Baustelle di allargare ulteriormente il proprio
seguito, arrivando a sfiorare ambienti e canali solitamente
riservati al pop “mainstream”.

GIANNI BELLA
Da Catania, dove è nato il 14 marzo del 1947, alla fine degli
anni ’60 emigra a Milano con la sorella Marcella, per la quale
scrive le musiche di vari brani tra cui Hai ragione tu, Nessuno
mai e soprattutto Montagne verdi, hit nel 1972. Nella tipica
dimensione del 45 giri e in sodalizio (durato sino ai primi anni
’80) con il paroliere Giancarlo Bigazzi, ottiene risultati in
prima persona con Più ci penso (1974) e Non si può morire
dentro (1976), vincitrice del Festivalbar. Nel 1981 va a
Sanremo con Questo amore non si tocca, che manifesta ancora
le discrete doti di musicista melodico, tuttavia su testi e
interpretazioni spesso mediocri. Inaugura quindi la
collaborazione con Mogol e con il noto music maker Geoff
Westley per G.B.1 (1983), UNA LUCE (1986) e DUE CUORI ROSSI
DI VERGOGNA (1988), che non vendono però molto. In Bella
donna, da VOCALIST (1995), duetta con Gino Vannelli. Si
afferma poi come autore scrivendo con Mogol molti brani per
Adriano Celentano, in album di grande successo; nel 2001 si
ripresenta a Sanremo senza esito.

MARCELLA BELLA
Interprete catanese, legata al filone nazional popolare. Nata
il 18 giugno del 1952, dopo una vittoria al Festival di Ariccia
nel 1965, non assegnata perché troppo giovane, e l’esordio su
45 giri nel 1969 con Un ragazzo nel cuore, Marcella Bella
deve attendere fino al 1972 per raggiungere la notorietà.
Quarta al Festival di Sanremo con la celebre Montagne verdi,
Marcella, che nel frattempo ha scelto di farsi chiamare con il
solo nome di battesimo, ottiene un grandissimo successo di
vendite. Segue una serie di singoli piuttosto popolari nella
prima metà degli anni ’70 (Un sorriso e poi perdonami, Io
domani, che nel ’73 vince il Festivalbar, Mi ti amo, Nessuno
mai, Resta cu’mme, cover di Modugno). Il successo torna
quando riacquista il cognome negli anni ’80. Con testi di
Mogol e musiche come sempre del fratello Gianni, NELL’ARIA
(1983) e soprattutto il brano omonimo s’impongono
all’attenzione del pubblico. È spesso a Sanremo: nel 1986,
quando arriva terza con Senza un briciolo di testa, e poi ancora
nell’87, nell’88 e nel ’90. Ma le vendite calano sempre più.
Dopo un periodo di silenzio discografico, incide il singolo Fa
chic nel 2002 e nel 2005 partecipa al Festival con Uomo
bastardo. Ma il pubblico non risponde.

PAOLO BELLI / LADRI DI


BICICLETTE
Capeggiati da Paolo Belli (nato a Formigine in provincia di
Modena il 21 marzo 1962), i Ladri di Biciclette, gruppo
dall’ispirazione funky-swing-blues, esordiscono a Sanremo nel
1989: il loro brano, omonimo, riceve un consistente riscontro
da parte del pubblico. Nell’estate aprono i concerti di Vasco
Rossi. Dopo il primo album LADRI DI BICICLETTE, nel 1990
incidono assieme a Francesco Baccini Sotto questo sole, che è
il tormentone estivo e conquista il Festivalbar. Di nuovo a
Sanremo nel 1991, portano in gara Sbatti ben sul bep bop e
pubblicano FIGLI DI UN DO MINORE. Mentre il gruppo tenta con
fatica un ulteriore approdo sanremese nel 1993 a fianco di
Tony Esposito, Paolo Belli, che nel frattempo ha intrapreso la
carriera solista, colleziona negli anni ’90 alcuni album senza
grandi riscontri di vendite (PAOLO BELLI, SOLO, A ME MI
PIACE… LO SWING), fino a ottenere nuova visibilità a partire dal
2000 grazie alla partecipazione a numerosi show RAI. Sempre
legato a musica swing o rhythm’n’blues orecchiabile, pubblica
l’album BELLI DENTRO, a cui seguono BELLI… E PUPE (2002),
SORRIDI E VA AVANTI (2003), BELLI IN SMOKING (2004). È
entrato nel Guiness dei Primati per 36 ore consecutive di
spettacolo assieme alla sua Big Band.

EDOARDO BENNATO
L’ironia e lo sberleffo per accentuare la rabbia e l’impegno,
sottolineati da una vena polemica, fanno di Edoardo Bennato il
primo di una serie di autori che daranno voce al disagio del
Sud. Nato nella periferia industriale di Napoli il 23 luglio
1949, Bennato fa del paesaggio che lo circonda – Bagnoli, i
Campi Flegrei, l’Italsider… – il punto di partenza delle sue
canzoni e lo specchio di ogni altro luogo in esse rappresentato,
reale o immaginario che sia.
Appassionato di rock’n’roll, muove i primi passi nel “Trio
Bennato” con i fratelli Eugenio e Giorgio, e incide nel 1966 il
suo primo 45 giri, Le ombre, in cui per la prima volta un
cantautore italiano suona l’armonica. Seguono canzoni per
altri, come Bruno Lauzi, Herbert Pagani e la Formula Tre, e
una serie di 45 giri editi dalla Numero Uno che riflettono poco
la sua personalità artistica. Nel 1973 firma un contratto con la
Ricordi e pubblica il suo primo album, NON FARTI CADERE LE
BRACCIA, che ottiene un buon riconoscimento da parte della
critica. In questo periodo, dal vivo si presenta da solo e,
ispirandosi a John Hammond, si accompagna con chitarra,
armonica a bocca, kazoo e tamburello a pedale. Comincia così
a imporre l’immagine di One Man Band già portata in giro
negli anni precedenti quando, come artista di strada, aveva
suonato anche al Piccadilly Circus di Londra. L’anno
successivo realizza I BUONI E I CATTIVI, con Ma che bella città,
In fila per tre, Arrivano i buoni. La copertina raffigura due
gendarmi vicendevolmente ammanettati e, per la prima volta,
vi compare il logo, disegnato dallo stesso Bennato, con il suo
nome e cognome in minuscolo sormontato da un’armonica.
Contemporaneamente tiene su “Ciao 2001” una rubrica
firmata Professor Cono, dal titolo di una canzone che
comparirà nell’album successivo, IO CHE NON SONO
L’IMPERATORE (con Meno male che adesso non c’è Nerone e
Affacciati affacciati, dedicata a Papa Paolo VI), disco con
un’altra copertina manifesto: un progetto alternativo per la
metropolitana di Napoli, utilizzato anche come tesi per la
laurea in Architettura che consegue nello stesso anno. Sulla
copertina dell’album pubblicato nel 1976, LA TORRE DI BABELE
(la title track, Venderò, Cantautore), è disegnata invece,
sempre da Bennato, una torre composta da un centinaio di
soldatini di epoche diverse e sulla cima un missile. L’impegno
profuso nella musica è così completato da quello espresso
sulle copertine.
Il 1977 segna l’uscita di BURATTINO SENZA FILI, ispirato alla
favola di Pinocchio, e un grosso successo di critica ma anche
di pubblico (resta al primo posto in classifica per molte
settimane). Due anni dopo dà alle stampe “Dirotterotti”
(Edizioni Modulo Uno), un libro che raccoglie foto, articoli,
interviste, disegni, spartiti e altro. Nel 1980, dopo ben tre anni
di assenza, irrompe sul mercato con due album a distanza di
pochi settimane, stravolgendo le regole del mercato: UFFÀ!
UFFÀ! e SONO SOLO CANZONETTE. Il primo, che contiene Sei
come un juke-box, è scarno, quasi improvvisato, disorienta sia
il pubblico che la critica, e contiene tutta la vis polemica di
Bennato; il secondo, invece, basato sulla favola di Peter Pan,
rappresenta uno dei vertici della sua carriera. Entrambi i dischi
raggiungono la vetta alle classifiche. Segue una tournée
trionfale in Italia e in Europa, durante la quale Bennato
registra due brani, E invece no e Canta appress’ a nuie, che
escono su 45 giri un anno più tardi. Nel 1982 ripete
l’esperienza con un nuovo 45 giri, Nisida, denuncia del
degrado ambientale in cui versa la “sua” isola. L’anno
seguente vede la luce È ARRIVATO UN BASTIMENTO, album
formato da un 33 giri più un disco mix con due brani. Anche
qui lo spunto è una favola, “Il pifferaio di Hamelin”, ma a
differenza dei due album precedenti non tutti i brani sono
incentrati sui personaggi della storia. Il suono acquista sonorità
più marcatamente elettroniche. Le vendite sono in ribasso. Nel
1984 esce il primo disco dal vivo, che inizia e termina con due
brani registrati in studio: È Goal, nato come sigla de “La
domenica sportiva” di RAI Uno, e una nuova versione di Una
settimana… un giorno…, ripresa dal primo album. L’anno
successivo, KAIWANNA presenta un cambiamento di suono
ancora più radicale, verso il rock (che lui chiama “musica di
tensione”). Per la prima volta non compaiono i testi, a
sottolineare la scarsa importanza che, secondo Bennato, le
parole rivestono in questo periodo storico. Nel 1987 viene
pubblicato OK ITALIA. Interessante il video della canzone
omonima – considerando che tangentopoli non è ancora
nell’aria – in cui l’Italia, rappresentata da un’avvenente
fanciulla, viene spogliata da un gruppo di uomini con la
maschera dei politici più in voga. Alla fine del tour viene
pubblicato il disco dal vivo EDOARDO LIVE, con le inedite Vai
Milano, vai Milano e Chissà chissà!. Nel 1988 esce un album
con cinque canzoni, IL GIOCO CONTINUA, e l’anno successivo
ABBI DUBBI, intriso di atmosfere rock’n’roll e trainato da Viva
la mamma, che spopola come tormentone estivo. Nel 1990
l’Italia ospita i mondiali di calcio e la sigla della
manifestazione, la nazional popolare Un’estate italiana, su
musica di Giorgio Moroder, viene affidata a Bennato insieme a
Gianna Nannini, che sono anche gli autori del testo. Nello
stesso anno Bennato realizza l’ottimo EDO RINNEGATO, una
raccolta di brani già editi ma registrati, ed è una novità, in una
versione completamente acustica, cioè in un modo che qualche
anno più tardi diventerà molto popolare con il nome di
unplugged. Ad accompagnarlo ci sono solo le chitarre di
Roberto Ciotti, Luciano Ninzatti e Lucio Bardi, oltre alla
strumentazione, One man band, dell’autore, che, sempre nel
1990, suona insieme a B.B. King e Jeff Healey al Pistoia Blues
Festival.
Nella primavera del 1992 esce un album in napoletano, È
ASCIUTO PAZZO ’O PADRONE, cantato con lo pseudonimo di Joe
Sarnataro e suonato dalla blues band napoletana Blue Stuff.
Contemporaneamente, RAI Uno trasmette un film musicale a
puntate su Napoli, “Joe e suo nonno”, dove Bennato interpreta
entrambi i protagonisti. Dello stesso anno è un altro disco di
inediti, IL PAESE DEI BALOCCHI, pieno di rock, di autoironia e di
tematiche sociali. Nel 1993 la bufera di Tangentopoli gli ispira
un CD single con due brani, Tu chi sei? e Eugenio, oltre a una
sorta di “videoalbum”, cioè una videocassetta con una serie di
video, PERSONE PULITE. L’anno successivo esce SE SON ROSE
FIORIRANNO. Nel tour che segue inizia a collaborare con il
Solis String Quartet, con cui nel 1996 pubblica QUARTETTO
D’ARCHI, in cui ripropone alcuni suoi brani riarrangiati in
chiave classica. Sonorità intime e delicate caratterizzano
l’album del 1995, LE RAGAZZE FANNO GRANDI SOGNI, uno dei
più ispirati. Nonostante la verve intatta i riscontri di vendite
non sono più quelli dei decenni precedenti.
Passano tre anni prima dell’uscita di SBANDATO, seguito dal
singolo Finestre, sigla dell’omonima trasmissione di RAI Tre.
Nel 2000 SEMBRA IERI é la prima raccolta con brani identici
alla prima versione che il cantautore dà alle stampe.
L’antologia, dove compaiono anche tre inediti e torna il logo
dei primi anni di carriera, è seguita nel 2001 da un’altra,
AFFERRARE UNA STELLA, con alcune canzoni reinterpretate dopo
che la TIM ha scelto la musica di Bennato per la una sua
campagna pubblicitaria, rilanciando la sua notorietà. Intanto
nasce la colonna sonora del film di Leonardo Pieraccioni “Il
Principe e il pirata”. L’anno successivo partecipa, insieme ad
altri artisti, a uno spettacolo musicale per il Varo di
“Mascalzone Latino”, la barca in gara in Coppa America.
Bennato interpreta Mascalzone Latino, inno ufficiale della
barca (non pubblicato). Partecipa anche a “Lo Zecchino
d’Oro” in qualità di autore de Lo stelliere, premiato come
miglior testo. Nel 2003 pubblica L’UOMO OCCIDENTALE e
realizza, insieme al fratello Eugenio, la colonna sonora del
cartone animato “Totò Sapore e la magica storia della pizza”,
in cui il personaggio principale è ispirato a Bennato versione
One man Band. Nello stesso anno partecipa a “Faber, Amico
Fragile”, concerto (poi su CD) tributo a Fabrizio De André,
con Canzone per l’estate. Nel 2005 esce LA FANTASTICA STORIA
DEL PIFFERAIO MAGICO, concept album ispirato alla favola, con
alcuni brani già in È ARRIVATO UN BASTIMENTO. È una sorta di
rock musical in cui Bennato coinvolge una ventina di artisti
italiani tra cui Raf, Alex Britti, Piero Pelù, Jovanotti, i Negrita
e Morgan. Nel 2006 nasce una collaborazione con Alex Britti,
che frutta un tour insieme e il brano Notte di mezza estate.
(a.l.p.)
DISCOGRAFIA

NON FARTI CADERE LE BRACCIA (Ricordi 1973)


I BUONI E I CATTIVI (Ricordi 1974)
IO CHE NON SONO L’IMPERATORE (Ricordi 1975)
LA TORRE DI BABELE (Ricordi 1976)
BURATTINO SENZA FILI (Ricordi 1977)
UFFÀ! UFFÀ! (Ricordi 1980)
SONO SOLO CANZONETTE (Ricordi 1980)
È ARRIVATO UN BASTIMENTO (Ricordi 1983)
È GOAL (Ricordi 1984, live con inediti in studio)
KAIWANNA (Ricordi 1985)
OK ITALIA (Virgin 1987)
EDOARDO LIVE (Virgin 1987, doppio live)
IL GIOCO CONTINUA (Virgin 1988, mini)
EL JUEGO CONTINUA (Virgin 1988 Spagna, parzialmente in
spagnolo)
ABBI DUBBI (Virgin 1989)
EDO RINNEGATO (Virgin 1990, nuove esecuzioni di canzoni
già pubblicate)
È ASCIUTO PAZZO ‘O PADRONE (Virgin 1992, a nome di Joe
Sarnataro)
IL PAESE DEI BALOCCHI (Virgin 1992)
SE SON ROSE FIORIRANNO (Virgin 1994)
LE RAGAZZE FANNO GRANDI SOGNI (EMI 1995)
LE ORIGINI (Ricordi 1996, doppia antologia con i sei brani
Numero Uno, un inedito su album e le due registrazioni in
inglese)
QUARTETTO D’ARCHI (EMI 1996, nuove esecuzioni di
canzoni già pubblicate)
VIVA LA MAMMA! (EMI Odeon 1996 Cile, quasi interamente
in spagnolo, ristampato in Italia nel 2005 dalla Cheyenne
Records)
SBANDATO (EMI 1998)
I GRANDI SUCCESSI (BMG Ricordi 1999, contiene Cantautore
in versione studio pubblicata su singolo e inedita altrove)
SEMBRA IERI (WEA 2000, nuove esecuzioni di canzoni già
pubblicate e tre brani inediti)
LIVE @ RTSI (S4 2001, live inedito del 1979)
AFFERRARE UNA STELLA (WEA 2001, doppio con nuove
esecuzioni di canzoni già pubblicate)
IL PRINCIPE E IL PIRATA (WEA 2001, colonna sonora)
L’UOMO OCCIDENTALE (WEA 2003)
TOTÓ SAPORE (BMG 2003, colonna sonora, con Eugenio
Bennato)
…IO C’ERO… (Cheyenne Records 2005, doppio live inedito
del 1976)
LA FANTASTICA STORIA DEL PIFFERAIO MAGICO (Warner Bros.
2005)
NON FARTI CADERE LE BRACCIA. Il titolo originale era
“L’ultimo fiammifero”, per la struttura del disco che
riproduce una scatola di Minerva con solo un cerino.
Prodotto da Sandro Colombini, contiene già molto di
Bennato: la vena caustica e il sound metropolitano, che
rompono con la tradizione e impongono un nuovo modo di
interpretare il fermento delle nuove generazioni. Fra le
canzoni, Campi flegrei e Un giorno credi.
BURATTINO SENZA FILI. Ispirato a Pinocchio, raggiunge il
milione di copie vendute grazie a brani come Il gatto e la
volpe e È stata tua la colpa. I personaggi di Carlo Collodi –
Mangiafuoco, la Fata, il Gatto e la Volpe – visti in chiave
allegorica, diventano figure tipiche della nostra società, di
cui rappresentano i vizi e le virtù. Per questo album, che
costituisce la sintesi di tutto quanto maturato negli anni
precedenti, vengono realizzati alcuni video con attori e
costumi ispirati alle figure della favola, fatto assolutamente
inedito all’epoca in Italia.
SONO SOLO CANZONETTE. Brani come la title track, L’isola
che non c’è o Il rock di Capitan Uncino sono destinati a
restare nella storia della nostra canzone, e anche del
costume italiano. Pur conservando il suo impegno Bennato
qui è più armonico e raffinato, alle prese con la storia di
Peter Pan e con la forza dei sogni. I dischi seguenti poche
volte troveranno questa magia e questa ispirazione.

EUGENIO BENNATO
Nato a Napoli nel 1948, inizia a fare musica con i fratelli
Edoardo e Giorgio negli anni ’60. Nel 1969 fonda la “Nuova
Compagnia di Canto Popolare”, iniziando la ricerca di un
suono e di un modo di cantare la cui diffusione fino a questo
momento è dovuta unicamente alla tradizione orale. Nel 1976
abbandona il gruppo, come aveva già fatto un altro dei
fondatori, Carlo D’Angiò, insieme al quale dà vita a
Musicanova, con cui lavora fino al 1981. L’anno successivo
incide il primo album da solista, EUGENIO BENNATO (a volte
utilizzerà lo pseudonimo “Eugenio Ben”). Lo stile si sgancia
quasi completamente dalla tradizione, fino ad assumere una
connotazione più cantautorale man mano che passano gli anni
e i dischi: EUGHENES nel 1986, LE CITTÀ DI MARE nel 1989 e
NOVECENTO AUF WIEDERSEHEN nel 1990 quando con il brano
omonimo, insieme a Tony Esposito, partecipa al Festival di
Sanremo. Parallelamente inizia a scrivere colonne sonore per
cinema, teatro e balletto classico.
Per “Cavalli si nasce” di Sergio Staino vince il Nastro
d’Argento (1989). Nel 1997 torna alla riproposizione del
modello popolare con l’album MILLE E UNA NOTTE FA su cui
ricompare il marchio Musicanova. L’anno dopo fonda il
movimento “Taranta Power”, per rivalutare la componente
catartica della taranta, che nasce come forma terapeutica
contro il morso della tarantola, ma che oggi può essere
paragonata, nella sua essenza, alla trance liberatoria ricercata
nelle discoteche o durante i concerti rock. Si crea così un
collegamento tra passato e presente, con l’avvicendarsi sul
palco (per concerti tenuti in ogni parte del mondo) di ventenni
e ottantenni, come i Cantori di Carpino e i suonatori di
Montemarano, che cantano e suonano la taranta da decenni. Il
movimento, oltre a un album omonimo nel 1999, produce nel
2000 TARANTELLA DEL GARGANO (che raccoglie i brani più
significativi del repertorio della città di Carpino attraverso le
interpretazioni dei portatori diretti della tradizione) e LEZIONI
DI TARANTELLA (antologia di brani provenienti dalle maggiori
tradizioni popolari del Sud, eseguiti dai grandi maestri). E
ancora: CHE IL MEDITERRANEO SIA (2001), a nome di Eugenio
Bennato, e CHITARRA BATTENTE (2003), l’opera prima di
Marcello Vitale, il massimo suonatore contemporaneo di
chitarra battente; mentre TRIBÙ PUGLIA (2002) e TRIBÙ SUD
(2003) raccolgono giovani gruppi che propongono la musica
popolare in chiave contemporanea. Nel 2001, a Bologna, nasce
anche la “Scuola di Tarantella e danze popolari del
Mediterraneo”. Bennato intanto continua la sua attività di
compositore e nel 1999 per le musiche de “La stanza dello
Scirocco”, di Maurizio Sciarra, vince di nuovo il Nastro
d’Argento. Nel 2003, insieme al fratello Edoardo, compone la
colonna sonora del cartone animato “Totò Sapore” e per la
prima volta i due si esibiscono insieme su un palco. L’anno
successivo pubblica DA LONTANO, in cui rivisita suoi brani
storici. (a.l.p.)
DISCOGRAFIA

EUGENIO BENNATO (CGD 1982)


DULCINEA (CGD 1984, colonna sonora del film “Don
Chisciotte”)
EUGHENES (Bubble Blu 1986)
CAVALLI SI NASCE (Cinevox 1989, colonna sonora del film
omonimo)
LE CITTÀ DI MARE (Lucky Planets 1989)
NOVECENTO AUF WIEDERSEHEN E ALTRI RACCONTI (Bubble
CD-Blu 1990)
MILLE E UNA NOTTE FA (Tring 1997)
LA STANZA DELLO SCIROCCO (EMI 1999, colonna sonora del
film omonimo)
TARANTA POWER (DFV/CNI/RAI Trade 1999 - Nuova
edizione 2003)
CHE IL MEDITERRANEO SIA (Taranta Power/RAI Trade 2001)
TOTÒ SAPORE (BMG 2003, colonna sonora, con Edoardo
Bennato)
DA LONTANO (Venus/Lucky Planets 2004)
CHE IL MEDITERRANEO SIA. Un disco che nasce dal bisogno
sempre più pressante di dare alla taranta il ruolo che le
spetta nel linguaggio musicale del Mediterraneo. Segna
l’inizio di un nuovo corso nella ricerca di Bennato:
l’allargamento dei confini musicali, fino a inglobare in
un’unica famiglia tutti i popoli che si affacciano sul
“nostromare”, aprendo così un confronto e uno scambio
creativo con i ritmi e gli strumenti di tutti questi Paesi, dal
Marocco all’Algeria, dalla Spagna al Libano, alla Grecia e
alla Turchia.

PAOLO BENVEGNÙ
Chiusa l’esperienza con gli Scisma, Paolo Benvegnù
(Milano, 14 febbraio 1965) pubblica PICCOLI FRAGILISSIMI FILM
(2004), il primo passo di una fantomatica “trilogia del
tessuto”. Le canzoni svelano gradatamente, uno a uno, i tratti
della sua inconfondibile personalità. Il suo stile febbrile,
spiazzante, capace di sublime leggerezza e di immersioni
vertiginose, punta dritto al lato più oscuro di se stesso,
mettendo a nudo l’inquietudine, le contraddizioni e l’essenza
finale della nostra contemporaneità. Del marzo 2005 è il
singolo Cerchi nell’acqua.

LUCIANO BERETTA
Milanese (1° gennaio 1928), Beretta inizia artisticamente
come ballerino per poi diventare paroliere e consulente per il
Clan di Celentano. Ma è stato anche attore, pittore e
coreografo. Dal 1959 e fino agli anni ’70 per il “Molleggiato”
ha scritto, sovente con Miki Del Prete e lo stesso Celentano,
classici della canzone italiana come Il ragazzo della via Gluck,
La coppia più bella del mondo, Chi non lavora non fa l’amore,
Mondo in Mi 7, Storia d’amore, Una carezza in un pugno, Si è
spento il sole, spesso trovando (o contribuendo alla ricerca di)
una chiave per discostarsi dai testi dell’epoca. Ma lavora
anche per altri, come Modugno, Orietta Berti, Milva, Mina e i
Camaleonti. Sue sono anche le parole di Nessuno mi può
giudicare per Caterina Caselli, Pugni chiusi per i Ribelli di
Demetrio Stratos e Una ragione di più per la Vanoni. Ha
inoltre tradotto brani di Aznavour, Piaf e Bécaud. È scomparso
nel 1994. In via Garigliano a Milano c’è una targa che lo
ricorda.
SAMUELE BERSANI
“Sì, ho aperto i concerti dei Take That, lo dico io prima che
lo diciate voi” scherzava nella conferenza stampa del Premio
Tenco 2000, in cui vinceva la Targa per il miglior disco
dell’anno. È stato il momento della sua consacrazione. Il padre
è flautista classico, musicologo e insegnante di musica, e
Samuele Bersani (Rimini, 1° ottobre 1970) sin da piccolo
ascolta come ninne nanne Segovia e la musica barocca e prima
ancora di andare a scuola ha già in mano una chitarra. Cresce a
Cattolica. I genitori lo portano ai concerti dei cantautori storici
o degli Inti Illimani (una volta finisce sul palco a cantare con il
pugno chiuso El pueblo unido jamas serà vencido). Cinefilo di
antica data, fa la maschera al Festival del cinema noir di
Cattolica e scappa di casa per andare da Dario Argento e
proporgli di fare il regista di film dell’orrore. Fino ai 15 anni
prende lezioni di pianoforte, ma ama molto anche le parole:
l’equazione porta come risultato alla canzone. Lascia la scuola
a 18 anni e inizia a scriverne: alcune le cestina (Al buio, che
porta al “Festival della conchiglia d’oro” a Gabicce Mare),
altre le inciderà (Bottiglie vuote).
L’inizio è travolgente: il ventenne Samuele si presenta alle
prove di un concerto di Lucio Dalla con un registratore e gli fa
sentire un suo pezzo; Dalla è entusiasta, la sera lo fa salire sul
palco a cantarlo, dopo aver eseguito Caruso. È il 1991, la
canzone è Il mostro, una storia di pregiudizi, di emarginazione,
di diversità. Bersani sarà ospite in tutto il tour, il brano sarà
inserito nel live AMEN di Dalla e gli varrà l’invito al Premio
Tenco senza avere ancora registrato un disco. Il primo,
C’HANNO PRESO TUTTO, esce l’anno successivo per la Pressing,
l’etichetta di Dalla (“Non finirò mai di ringraziarlo ma quando
era il mio discografico ho dovuto ingoiare tanti rospi”).
Restiamo ancora qui è coinvolgente, Chicco e Spillo – altra
storia, di delinquenza minorile stavolta – da una parte ha
grande successo, dall’altra conquista la critica per la ventata di
novità non stupida né passeggera. Bersani viene però veicolato
come un cantante belloccio da teenager, anche se lui non si
identifica affatto nello stereotipo. Apre il concerto dei Take
That a Roma, se ne pentirà e inizierà a rifiutare anche i
peluche che gli tireranno sul palco.
Nel 1994 scrive Crazy Boy per Fiorella Mannoia, conduce
una striscia televisiva per Italia 1 all’interno di “Jammin’” e a
fine anno pubblica FREAK con ottime vendite e singoli di
successo, dalla title track (quella di “ciao ciao belle tettine”,
con video girato in India da Alex Infascelli) a Spaccacuore e
Cosa vuoi da me (cover dei Waterboys). È il periodo delle
filastrocche, leggere e mai banali, ironiche e mai pacchiane.
Vedi anche Coccodrilli che nell’estate ’97 lancia il successivo
SAMUELE BERSANI, che comprende anche brani di altra fattura
come Braccio di Ferro, sull’omosessualità, Crazy Boy rifatta
con gli Avion Travel e soprattutto un gioiello come Giudizi
universali, 4 minuti sospesi ed emozionanti (un verso per tutti:
“Sei solo la copia di mille riassunti”), che Bersani voleva
come primo singolo. È comunque la canzone che lo impone
come autore di grande spessore. Nel frattempo, nel 1996 aveva
scritto con e per Dalla Canzone, un successo enorme, e nel
1998 tradurrà Tango di Ryuichi Sakamoto (Isola) per Ornella
Vanoni e comporrà Siamo gatti per il cartone animato “Storia
di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Enzo
D’Alò, tratto dall’omonimo libro di Luis Sepulveda.
Dopo Giudizi Universali Bersani sente la responsabilità di
bissare un brano di tale livello ,e supera la linea d’ombra.
Nasce Replay (Premio della critica al Festival di Sanremo
2000), seguita, a tre anni dal precedente, da L’OROSCOPO
SPECIALE. Il Tenco, come detto, lo incorona come miglior
album, mentre Bersani compone la colonna sonora di
“Chiedimi se sono felice” di Aldo, Giovanni e Giacomo
(uscirà un singolo con tre brani), ulteriore spinta alla
popolarità. Di questi anni sono varie collaborazioni: canta in
dischi di Skiantos, Mingardi, La Crus e Concato; scrive per
Ron e anche per Mina (la non eccelsa In percentuale, su
VELENO nel 2002). Intanto, scartata l’idea di un disco dal vivo,
lavora a un nuovo album, di cui anticipa anche il titolo, “Socio
di minoranza”, ma che è bloccato nell’autunno 2002
dall’uscita della raccolta CHE VITA! voluta dalla sua nuova
casa, la BMG, che ha rilevato i suoi dischi dalla Pressing.
Segue il primo tour teatrale con filmati, doti di intrattenitore
intelligente e Pacifico come ospite. Il nuovo disco esce nel
2003 dopo una lunga lavorazione e il titolo mutato all’ultimo
in CARAMELLA SMOG. È anticipato dal singolo Cattiva. La
canzone e l’album vinceranno le due Targhe Tenco nelle
rispettive categorie, doppietta che era riuscita finora solo a De
André e a Conte. L’album non è prodotto da Beppe D’Onghia,
come i precedenti, ma dal chitarrista Roberto Guarino, e il
cambio nello strumento-guida lo caratterizza. È un album più
aperto ma anche discontinuo. Tra gli ospiti, Fabio Concato
(Binario tre) e Sergio Cammariere (pianoforte e coautore della
non molto riuscita Se ti convincerai). Nel 2004 esce per
Editrice Zona “Chiedi un autografo all’assassino”, monografia
su di lui di Marco Ranaldi. Intanto Bersani scrive le musiche
per uno spettacolo teatrale su poesie di Raffaello Baldini e le
parole di Ferragosto, contenuta in SUL SENTIERO di Sergio
Cammariere, uno dei suoi più bei testi in assoluto (“Mi ci sono
svuotato dentro”). Nel 2006 il nuovo album, L’ALDIQUÀ,
anticipato diversi mesi prima dal singolo Lo scrutatore non
votante.
Samuele Bersani, che è stato paragonato a Luigi Tenco, a 50
anni vorrebbe essere un ottavo di De André e un quarto di
Elvis Costello. (e.de. - n.ve.)
DISCOGRAFIA

C’HANNO PRESO TUTTO (Pressing/BMG 1992)


FREAK (Pressing/BMG 1995)
SAMUELE BERSANI (Pressing/BMG 1997)
L’OROSCOPO SPECIALE (Pressing/BMG 2000, ristampato con
l’aggiunta di Chiedimi se sono felice)
CHE VITA! (BMG 2002, raccolta con inediti)
CARAMELLA SMOG (BMG 2003)
L’ALDIQUÀ (BMG 2006)
L’OROSCOPO SPECIALE. Il punto più alto del suo percorso
sino a oggi. Canzoni disegnate su un fondale mesto,
introspettivo, onirico. Testi fitti, dalla notevole capacità di
metafora, musiche che fanno un giro attorno prima di
arrivare. Vari brani memorabili, da Replay a Il pescatore
d’asterischi, da Isola (su musica di Sakamoto
particolarmente evocativa) a L’oroscopo speciale. Verrà
ristampato con l’aggiunta di Chiedimi se sono felice dal film
con Aldo, Giovanni e Giacomo.
CHE VITA!. Un’ottima selezione antologica (senza nessuna
delle “grandi cagate”, come le ha definite lo stesso Bersani)
di entrambi i suoi registri, quello più giocoso e quello più
meditativo. Canzoni squisite, quadri vividi, fantasiosi, liberi.
Tre inediti: Che vita! non è solo un buon singolo, Le mie
parole è ripresa da Pacifico, Milingo contiene un cameo di
Paola Cortellesi.

LOREDANA BERTÈ
Rock nell’atteggiamento prima che nella musica, Loredana
Bertè nasce a Bagnara Calabra (RC) il 20 settembre 1950,
terza di quattro sorelle (la seconda è Domenica “Mimì”, Mia
Martini). Trascorre nelle Marche la prima infanzia in un clima
familiare non facile, e dopo la separazione dei genitori segue
la madre a Roma. Negli anni ’60 frequenta il Piper. Il suo
migliore amico è Renato Fiacchini, futuro Zero, con cui entra
nei “Collettoni & Collettini” di Rita Pavone. Con la sorella
forma il duo “Mimì & Lolò, le Sorelle brave e belle” e poi
cerca fortuna in Messico come ballerina; ma la madre la fa
rimpatriare. La gavetta: entra nel cast di “Hair”, orchestrato da
Bill Conti, insieme a Teo Teocoli e all’amico Zero (primi
scandali, si recita nudi…), prende parte a “Ciao Rudy” di
Garinei e Giovannini e alla versione cinematografica
dell’“Orfeo 9” di Tito Schipa jr., con Santino Rocchetti. La
sorella Mimì intanto sfonda con Piccolo uomo, ma si avvicina
anche il suo momento, quando ha già un nome nell’ambiente
come vocalist e collezionista di flirt. Il 1974 è l’anno
dell’ultima commedia teatrale, “Forse sarà la musica del mare”
con Buzzanca e la Minoprio, e, dopo molti tentativi, del
debutto discografico, STREAKING. Il disco contiene uno
scollacciato album fotografico, lei canta – per la prima volta in
Italia – la parola “cazzo” in Il tuo palcoscenico.
L’anno dell’esplosione è il 1975, con il singolo Sei
bellissima (che avrebbe voluto cantare anche Mimì) inserito in
NORMALE O SUPER, inizio del sodalizio con Mario Lavezzi. I
brani veicolano una Bertè non solo bomba sexy: Indocina
parla di Vietnam, Meglio libera di femminismo. Al cinema
però ha il ruolo della prostituta in “Attenti al buffone” di
Bevilacqua. Dopo un lavoro di transizione, TIR (1977)
arrangiato da Vince Tempera, il rilancio è con Dedicato, scritta
da Ivano Fossati, che offre un’interprete seria, toccante, per la
quale si schiude un successo a 360 gradi, confermato da
BANDABERTÈ (1979). Qui il singolo estratto è …E la luna
bussò del trio Avogadro-Pace-Lavezzi, mentre Macchina del
tempo e Prendi fra le mani la testa sono della coppia Mogol-
Battisti. E poi Radius, Graziani… Anche se con la tendenza a
strabordare, la Bertè è ora una delle migliori interpreti italiane,
con toni arrochiti e sofferti che non le impediscono di
arrampicarsi su registri impervi. La vicenda musicale prevale
ancora sulle disavventure private. Nell’80 LOREDANABERTÈ
contiene altri pezzi di cassetta (In alto mare) e segna la
collaborazione con nuovi autori (Daniele, Ron); MADE IN
ITALY del 1981 è una rifiatata fisiologica, prima della canzone
che vale una carriera, Non sono una signora (trionfatrice al
Festivalbar 1982) scritta per lei, come altri pezzi di
TRASLOCANDO, da Fossati, che produce l’album, così come i
successivi JAZZ (con Il mare d’inverno di Ruggeri) e SAVOIR
FAIRE: un trittico di insuperato valore per la ragazza ribelle.
Nel 1983 esce anche LORINEDITA, con materiale rimasto nei
cassetti.
Nel 1985 la Bertè pubblica CARIOCA con la collaborazione
del brasiliano Djavan (già autore in album precedenti), di cui
canta canzoni tradotte da Lauzi e Ruggeri. L’album è prodotto
personalmente dalla Bertè, in una fase di convinzione e
pienezza, che peraltro si chiude qui. FOTOGRAFANDO I MIEI
SUCCESSI è una raccolta del 1986 che contiene l’appannato
inedito Re di Mango, con cui prende parte al suo primo
Sanremo, esibendo una finta gravidanza con consumato gusto
della provocazione. Al Festival torna due anni dopo con Io, cui
fa seguito l’abborracciato album omonimo (in cui firma tutti i
testi), prodotto da Corrado Rustici. Avviata una tormentata
relazione con il tennista Bjorn Borg, seguono cinque anni di
silenzio discografico, se si eccettua la raccolta BEST, con due
inediti firmati da Pino Daniele, e un altro Sanremo che non
lascia il segno con In questa città, nel 1991, poco prima della
fine con Borg.
Nel 1993 c’è il ritorno con UFFICIALMENTE DISPERSI (Viva la
Svezia, Kabul, Il comandante Che), più convincente del
precedente, e l’anno dopo con il live BERTEX – INGRESSO
LIBERO, che contiene il festivaliero e assai autobiografico
Amici non ne ho. UFFICIALMENTE RITROVATI è un altro semi best
che dovrebbe sancire una ritrovata vena, ma le capacità
interpretative e vocali non sono quelle di dieci anni prima. Nel
1995 Siamo quel che siamo vede sul palco dell’Ariston la
Bertè in coppia con l’amata-odiata sorella Mia Martini, che
scomparirà poco dopo. Nel 1997 UN PETTIROSSO DA
COMBATTIMENTO – il modo in cui la chiamava Fabrizio De
André – restituisce una Bertè agguerrita, roca e rock, e
amareggiata da vicende personali (gli amori, la dedica a Mimì,
le frecciate al padre). Dell’album doveva far parte anche un
brano su Lucio Battisti. Il live DECISAMENTE LOREDANA (1998)
regala un duetto (In alto mare) con Renato Zero, con il quale
non sono mancati nel frattempo dissapori, e l’inedito
Solitudini. È scemata l’intensità, oltre che la continuità: la
Bertè accentua il suo lato personaggio, litigando con chiunque.
Nel 2002 ennesimo Sanremo con il brano di Pino Leon Dimmi
che mi ami (mini CD omonimo, relativo video con Asia
Argento e Morgan dei Bluvertigo). Nel 2003 è rimarchevole la
sua performance nel tributo a De André con Una storia
sbagliata, meno l’anno dopo la partecipazione al reality show
“Music Farm”. Nel 2005 pubblica BABY BERTÈ (NAR/Edel
2005), album fortemente voluto e che la vede in ottima forma.
Fra le cose più toniche della sua carriera. (g.ve.)
DISCOGRAFIA

STREAKING (CGD 1974)


NORMALE O SUPER (CGD 1976)
TIR (CGD 1977)
BANDABERTÈ (CGD 1979)
LOREDANABERTÈ (CGD 1980)
MADE IN ITALY (CGD1981)
TRASLOCANDO (CGD 1982)
LORINEDITA (CGD 1983, ripubblicato in CD in due edizioni
diversamente intitolate: TRACCE e SELVAGGIA, con due brani
in spagnolo aggiunti)
JAZZ (CBS 1983, la versione in musicassetta contiene un
brano in più)
SAVOIR FAIRE (CBS 1984, le versioni in musicassetta e in CD
contengono un brano in più)
CARIOCA (CBS 1985)
FOTOGRAFANDO… I MIEI SUCCESSI (CBS 1986, raccolta con
inediti)
LOREDANA BERTE (BMG Ariola 1988)
RADIO (CGD MusicA 1988, raccolta con un inedito in
inglese)
BEST (WEA 1991, raccolta con inediti)
UFFICIALMENTE DISPERSI (Columbia/Sony 1993
BERTEX – INGRESSO LIBERO (Fonopoli/Sony 1994, live)
UFFICIALMENTE RITROVATI (Columbia 1995, raccolta con
inediti)
UN PETTIROSSO DA COMBATTIMENTO (Sony 1997)
DECISAMENTE LOREDANA (Sony 1998, live)
DIMMI CHE MI AMI (B&G 2002, EP)
SEI BELLISSIMA (Epic 2004, raccolta con inediti in spagnolo)
BABY BERTÈ (NAR/Edel 2005)
SAVOIR FAIRE. Denso ed equilibrato, è l’ultimo dei tre album
prodotti da Ivano Fossati. Registrato a Londra, contiene
gemme come una notevole e vissuta versione di Ragazzo
mio di Luigi Tenco, un bel pezzo di Bernardo Lanzetti, Una
sera che piove e Non finirà che però l’autore, Enrico
Ruggeri, saprà valorizzare meglio. La firma di Fossati si
limita alla egregia traduzione di Petala del brasiliano
Djavan.

GUALTIERO BERTELLI
Veneziano (è nato il 16/2/1944), da sempre associa
l’esperienza artistica e quella politica. In giovane età studia
fisarmonica e poi si occupa di ricerca sulla musica popolare
veneta. Dal 1962 inizia a scrivere canzoni, su quei modelli e
sulla scorta dell’esperienza di Cantacronache; utilizza spesso il
dialetto come strumento espressivo per testimoniare la
marginalità, soprattutto operaia. Nel 1964 con Luisa Ronchini
fonda il Canzoniere Popolare Veneto (legato al Nuovo
Canzoniere Italiano), che nel 1967 mette in scena lo spettacolo
“Tera e aqua”, da cui l’anno dopo verrà tratto l’album ADDIO
VENEZIA ADDIO. Intanto nell’aprile 1966 nasce Nina, una
straordinaria canzone dall’afflato poetico e sociale insieme.
Sono anni densi di spettacoli e concerti, che accompagnano le
contestazioni operaie e studentesche e che portano, nel 1969, a
I GIORNI DELLA LOTTA. Negli anni ’70, terminata l’esperienza
con il Canzoniere Popolare Veneto, Bertelli fonda il Nuovo
Canzoniere Veneto con cui dà vita allo spettacolo “Marghera:
un popolo diventa classe”, e nel 1975 pubblica MI VORIA
SAVER. Due anni dopo è la volta di NINA, una raccolta di suoi
brani storici. Dopo vari anni ritorna a esibirsi dal vivo e
pubblica BARCHE DE CARTA, in cui il brano che dà il titolo
all’album è Targa Tenco 1987 per la miglior canzone in
dialetto. Poi ancora un lungo periodo di stasi che prelude, nel
nuovo secolo, a un’intensa attività: incide a suo nome QUANDO
LA LUNA A MEZZOGIORNO e con la Compagnia delle Acque
QUANDO EMIGRANTI…, POVERA GENTE e ANNICINQUANTA - I
CANTI DI UN’ITALIA CHE TORNA A VIVERE, con brani tratti da
spettacoli realizzati con Gian Antonio Stella.

ORIETTA BERTI
Diretta discendente di Nilla Pizzi sul piano stilistico, Orietta
Berti (all’anagrafe Galimberti) è nata a Cavriago (Reggio
Emilia) il 1° giugno del 1943. Dotata di una voce
perfettamente intonata, si impone negli anni ’60 per il garbo
delle sue interpretazioni, in un periodo in cui doveva
fronteggiare talenti come Mina e Ornella Vanoni. Nonostante
questo è riuscita a conquistare un ampio consenso di pubblico,
facendo leva su un repertorio popolare dalle poche pretese.
Esplosa nel 1965 con Tu sei quello, brano vincitore di “Un
Disco per l’Estate”, ha partecipato a numerosi Festival di
Sanremo, compreso quello del 1967 con Io, tu e le rose, citata
in negativo da Luigi Tenco nella sua lettera d’addio. Il suo più
grande successo è la celeberrima e nazional popolare Fin che
la barca va del 1970. Nei primi anni ’70 ha ancora un discreto
risultato con brani come Ah l’amore cos’è, In via dei
ciclamini, Città verde e Stasera ti dico di no, cui segue una
lenta ma inesorabile decadenza di consensi commerciali,
compensata in termini di popolarità da un massiccia presenza
televisiva, comprese molte partecipazioni a Sanremo.

PIERANGELO BERTOLI
Una voce contro, partecipe e libera, sempre in prima linea e
senza risparmi, che sacrifica all’occorrenza anche la poesia per
un verso che colpisca a fondo. Ma di Bertoli (Sassuolo,
provincia di Modena, 5 novembre 1942) colpisce anche la
voce, calda e dalla perfetta intonazione. Forte delle sue
convinzioni analizza con occhio lucido la nostra storia recente,
cogliendone gli aspetti più delicati e, attraverso un
personalissimo stile di cantore, solleva il velo dell’ipocrisia e
del pressappochismo. Nel 1976, dopo alcuni dischi
autoprodotti e vari 45 giri, esce EPPURE SOFFIA (con la
splendida title track, C’era un tempo, Sera di Gallipoli, Per
dirti t’amo) grazie all’interessamento di Caterina Caselli. Sono
già presenti i suoi temi fondamentali: da un lato l’impegno
sociale e dall’altro ruvide canzoni d’amore. L’anno dopo
incide IL CENTRO DEL FIUME (Rosso colore) e, restando nel
budget di un solo disco, riesce a registrare anche S’AT VEN IN
MEINT, interamente in dialetto sassolese. Nel 1979 è la volta di
A MUSO DURO. Con la canzone omonima, una sorta di
autoritratto in musica, sarà solito chiudere i suoi concerti. Il
primo vero successo di pubblico è rappresentato però da CERTI
MOMENTI (1981), in cui trovano posto la sua canzone più nota,
Pescatore, in duetto con Fiorella Mannoia, la bella title track e
Cent’anni di meno.
Nel 1982 ALBUM (La fatica, Caccia alla volpe) ne conferma
il talento e in parte il successo. Seguono, a cadenza annuale,
FRAMMENTI, che contiene Così, altro autoritratto musicale con
meno rabbia e più amarezza, DALLA FINESTRA (Maddalena,
Varsavia), PETRA (Maria Teresa), dedicato alla figlia appena
nata, tre bei lavori con una cura maggiore nell’impianto
sonoro. Nel 1986, per i dieci anni di carriera, vede la luce un
doppio album antologico, BERTOLI STUDIO & BERTOLI LIVE.
Spesso i brani, su testi di Bertoli, si avvalgono delle musiche
di collaboratori come Marco Dieci, Marco Negri, Alfonso
Borghi, Giuseppe Brandolini, Alberto Bertoni e poi Luca
Bonaffini. Sempre teorico del lavoro collettivo, nel 1987
realizza CANZONE D’AUTORE, in cui affianca composizioni di
autori nuovi a pezzi storici della canzone d’autore. Il disco del
1988, TRA ME E ME (con Sogni di rock’n’roll dell’esordiente
Ligabue) è il più intimista della sua produzione. Da sempre
costretto su una sedia a rotelle per una poliomielite infantile,
nel 1989 vince un Telegatto per lo spot della “Lega per
l’emancipazione dell’handicappato” e nello stesso anno
realizza SEDIA ELETTRICA. L’anno dopo pubblica ORACOLI, in
cui è presente anche Fabio Concato, che insieme a Bertoli
interpreta Chiama Piano, con cui torna al successo
discografico. Nel 1991 decide di presentarsi a Sanremo dove
canta Spunta la luna dal monte insieme ai Tazenda,
raccogliendo consensi di critica e di pubblico. L’esperienza del
Festival viene bissata l’anno successivo con Italia d’oro. In
seguito dà alle stampe GLI ANNI MIEI, la raccolta UNA VOCE TRA
DUE FUOCHI e ANGOLI DI VITA, un lavoro ricco e vario, a
dimostrazione della mai sopita vena creativa, anche se la
notorietà è in calo. Nel 2002, a fine agosto, esce la sua ultima
raccolta, contenente quattro inediti, 301 GUERRE FA. Il 7
ottobre Bertoli muore a Modena a soli 59 anni. Nel 2005 viene
pubblicato …A PIERANGELO BERTOLI, un tributo (un po’ troppo
pop) nei suoi confronti con Nomadi, Nek, Avion Travel,
Stadio, Branduardi, Ruggeri, Masini, Elio, Fiorello (che l’anno
prima aveva riportato al successo A muso duro) e altri, e un
brano su di lui scritto da Ligabue, Le cose cambiano, cantato
dal figlio Alberto. Nel 2006 esce la biografia ufficiale
“Pierangelo Bertoli - Un emiliano tragico non è un vero
emiliano” (Giunti), di Domenico Mangiardi. (a.l.p.)
DISCOGRAFIA

ROSSO COLORE DELL’AMORE (Edizioni del Vento Rosso 1974,


a nome Angelo Bertoli e il Canzoniere del Vento Rosso)
ROCA BLUES (Edizioni Roca Blues 1975, a nome Angelo
Bertoli; ristampato nel 2002)
EPPURE SOFFIA (CGD 1976, a nome Angelo Bertoli)
IL CENTRO DEL FIUME (Ascolto 1977, a nome Angelo Bertoli)
S’AT VEN IN MEINT (Ascolto 1978, a nome Angelo Bertoli)
A MUSO DURO (Ascolto 1979)
CERTI MOMENTI (Ascolto 1980)
ALBUM (Ascolto 1981)
FRAMMENTI (CGD 1983)
DALLA FINESTRA (CGD 1984)
PETRA (CGD 1985)
STUDIO & LIVE (CGD 1986, doppio, un disco antologico e
uno live)
CANZONE D’AUTORE (CGD 1987)
TRA ME E ME (CGD 1988)
SEDIA ELETTRICA (CGD 1989)
ORACOLI (Ricordi 1990)
SPUNTA LA LUNA DAL MONTE E I GRANDI SUCCESSI (Ricordi
1991, raccolta con due inediti)
ITALIA D’ORO (Ricordi 1992)
GLI ANNI MIEI (Ricordi 1993)
UNA VOCE TRA DUE FUOCHI (Ricordi 1995, raccolta di brani
riarrangiati con due inediti)
ANGOLI DI VITA (Crisler 1997)
301 GUERRE FA (Crisler 2002)
…A PIERANGELO BERTOLI (Sugar/Universal, 2005, album
tributo)
PAROLE DI RABBIA, PENSIERI D’AMORE (SonyBMG 2006,
antologia tripla con un inedito)
STUDIO & LIVE. Raccoglie molte delle cose migliori che la
voce profonda e ruvida di Bertoli abbia cantato. Un disco in
studio e uno dal vivo. Scarno come sempre, specie negli
arrangiamenti, ma nel contempo diretto, sincero, senza giri
di parole, brusco, scomodo. “Canterò le mie canzoni per la
strada/ ed affronterò la vita a muso duro/ con un piede nel
passato/ e lo sguardo dritto aperto nel futuro”: bastano
questi versi per capire la forza, l’impatto e la rabbia di un
grande autore.

GIANCARLO BIGAZZI
Un autore (ma anche produttore) fra i più presenti in quei
brani che piacciono al pubblico più ampio, grazie alla capacità
di saper seguire il gusto popolare nelle trasformazioni che il
tempo impone. Con immutata fortuna, infatti, il fiorentino
Bigazzi (1939) compone musiche e testi fin dal 1968, l’anno di
Un colpo al cuore per Mina e del primo grande successo,
Luglio, cantato da Riccardo Del Turco, cui fanno seguito
l’anno seguente Cosa hai messo nel caffè (ancora Del Turco) e
Lisa dagli occhi blu (Mario Tessuto). Titoli che ancor oggi
continuano a essere eseguiti e riproposti. Da allora molte sue
canzoni sono destinate a diventare evergreen, come Montagne
verdi (Marcella Bella), Lady Barbara (Renato dei Profeti),
Perché ti amo (I Camaleonti), Rose rosse e Erba di casa mia
(Massimo Ranieri), Non si può morire dentro (Gianni Bella).
Pioniere del genere trash in Italia con la costituzione, nel 1973,
degli Squallor, insieme ad Alfredo Cerruti, Daniele Pace e
Totò Savio, è invece molto serio dietro le quinte. Nel 1977
inizia a collaborare, in veste di paroliere e produttore, con
l’allora venticinquenne Umberto Tozzi: scrive Ti amo, che
registra incassi record, e poi Tu, l’anno seguente; per giungere
al 1979 con il dirompente successo di Gloria (esportata negli
USA nel 1983 in una celebre versione di Laura Branigan).
Negli anni ’80 è sempre al fianco di Tozzi in tutti i dischi (con
canzoni come Stella stai, Qualcosa qualcuno, Notte rosa,
Eva), ma è anche tempo di una nuova collaborazione, quella
con Raf. E sono ancora buoni incassi: Self control (’84),
Inevitabile follia (’88), Cosa resterà degli anni ’80 e Ti
pretendo (’89). Nel 1987 firma Si può dare di più, che vede il
trio di Tozzi, Morandi e Ruggeri vincere il Festival di
Sanremo, e la cantabilissima Gente di mare, in cui duettano
Tozzi e Raf. Negli anni ’90, oltre a scrivere Non amarmi per
Aleandro Baldi e Francesca Alotta, dalla collaborazione con
Marco Masini – cominciata qualche anno prima – nascono
nuovi successi come Disperato, Perché lo fai, Vaffanculo,
Bella stronza. Nel 1996 si interrompe la collaborazione con
Masini, ripresa poi nel 2001. Bigazzi continua intanto, sia pure
con minor fortuna, l’attività di talent scout.

BIGLIETTO PER L’INFERNO


Gruppo progressive con influenze hard rock (una fisionomia
non infrequente negli anni ’70), formatosi a Lecco dalla
fusione di The Gee e Mako Sharks e messosi in evidenza alla
rassegna “Be In” di Napoli nel 1973. Il loro primo LP,
BIGLIETTO PER L’INFERNO, viene pubblicato nel marzo 1974
dalla giovane etichetta Trident di Maurizio Salvadori con una
sinistra copertina di Cesare Monti. Nello stesso anno fanno
anche da spalla agli UFO e si esibiscono al festival del Parco
Lambro a Milano. La formazione tipo annovera: Giuseppe
(“Baffo”) Banfi (ts.), Giuseppe Cossa (organo Hammond),
Marco Mainetti (ch.), Mauro Gnecchi (bt.), Fausto Branchini
(bs.) e Claudio Canali (fl. e vc.); quest’ultimo diverrà frate. Il
rock duro con testi non banali, il synth da poco entrato a far
parte della strumentazione dei gruppi italiani, i travestimenti,
gli artigianali effetti scenici sul palco caratterizzano la loro
breve stagione. Si sciolgono dopo aver terminato le
registrazioni del secondo album, prodotto da Eugenio Finardi e
pubblicato postumo molti anni più tardi (IL TEMPO DELLA
SEMINA, 1992). L’ultima pubblicazione discografica dei
Biglietto per l’Inferno è un cofanetto con un libro, i due dischi,
un live ottenuto da una musicassetta restaurata e un DVD con
immagini tratte da una reunion e da filmati d’epoca.

UMBERTO BINDI
Fra gli esponenti della cosiddetta “scuola genovese”
Umberto Bindi è quello che gode di una preparazione musicale
superiore; per contro non scriverà mai testi. Nato a Genova il
12 maggio 1932, comincia a studiare pianoforte con passione
sin da ragazzino e a sedici anni lascia il liceo scientifico per
dedicarsi alle sette note. Conseguito il diploma al
Conservatorio, dove ha approfondito anche la composizione, si
occupa delle musiche originali di varietà e riviste come quelle
della compagnia teatrale goliardica “Baistrocchi”.
Alfredo Rossi dell’Ariston lo scrittura e inserisce la sua
orecchiabile I trulli di Alberobello all’ottavo Festival di
Sanremo. Ma già sono pronti pezzi molto più interessanti, che
si avvalgono quasi tutti dei testi di Giorgio Calabrese, altro
brillante genovese. Uno in particolare, Arrivederci, piace
molto a Marino Barreto, che ne fa la sigla dell’estate 1959.
Contemporaneamente Bindi viene scritturato come cantante
dalla neonata Dischi Ricordi, benché dotato di una timbrica
non educata professionalmente, ma comunque originale e
spontanea. Esordisce proprio con Arrivederci, offrendone
addirittura due versioni. La prima, breve, è canonica e
terzinata; più struggente ed emozionante la seconda, solo per
voce e pianoforte. Il brano diverrà un successo internazionale
anche per merito del trombettista jazz Chet Baker. Anche Non
so e Nuvola per due, pur ottenendo un successo di pubblico
minore, passano attraverso il filtro di Barreto prima di essere
consacrate dall’interpretazione dell’autore. Nel 1960 È vero,
scritta stavolta con Nicola Salerno (Nisa), è tra le protagoniste
del Festival di Sanremo: Mina e Teddy Reno, in veste “urlata”
l’una e sussurrata l’altro, ne decretano il successo. Poco dopo
c’è l’affermazione personale con Il nostro concerto, che
riecheggia certi compositori inglesi del ’900 (un misto tra il
Concerto di Varsavia di Richard Addinsell, la Rapsodia di
Cornovaglia di Hubert Bath e il Concerto n. 2 di
Rachmaninoff) e che ha proprio nell’arrangiamento
classicheggiante, preparato da Enzo Ceragioli con l’ausilio
dello stesso Bindi, il punto di forza. Partito un po’ in sordina
alla “Sei giorni della canzone” di Milano, il brano decolla
durante l’estate.
Il musicista genovese gioca la carta Sanremo come
interprete nel 1961 con Non mi dire chi sei. La sua
partecipazione fa scalpore per un brillante a un dito: da qui le
voci sulla sua omosessualità, mai negata, che diventano però
fonte di discriminazione. Segue Riviera, ultimo grande exploit
discografico per la Ricordi, ripresa in francese da Georges
Moustaki. Dopo un 1962 anonimo, con un solo disco
interessante, Jane, l’anno seguente Bindi passa alla RCA, il
cui direttore artistico, in quel periodo, è Nanni Ricordi. Il
primo 45, senza grandi esiti commerciali, comprende due
pezzi interessanti: Un ricordo d’amore, testo di Gino Paoli, e
Vacanze, testo di Carlo Rossi. Paoli scrive anche il testo di Il
mio mondo che, ripreso in Francia da Richard Anthony,
conquisterà i mercati anglosassoni grazie a Tom Jones, Cilla
Black e Shirley Bassey, per poi sbarcare nel 1977 in Nord
America per merito della cantante country Helen Reddy. La
versione originale, orchestrata ancora da Luis Bacalov con la
trovata dell’ostinato “sol” acuto dei violini atto a scandire il
tempo (il sempiterno terzinato), ha un discreto successo. È
l’ultima volta che un brano di Bindi gode di una vera
promozione. La suggestiva Ave Maria (1964), con lo
spettacolare e sinfonico arrangiamento di Ennio Morricone,
viene censurata dalla RAI perché “una preghiera per i deboli,
gli emarginati e i deformi non può entrare nelle case di tutti a
qualunque ora”. Scottato dalla vicenda, Bindi prova con
l’edulcorato yé yé di Quello che c’era un giorno, che però
passa inosservato. A questo punto chiude con la RCA e si
dedica alla composizione. Per il Festival di Sanremo scrive
diversi brani, fra cui, con Salerno e Franco Califano, La
musica è finita per Ornella Vanoni e per Mario “Papete”
Guarnera (1967). Ne esiste anche una versione inglese, Our
Song, di Robert Plant, futuro leader dei Led Zeppelin.
Bindi continua a scrivere brani altrettanto validi ma non
riesce a pubblicare dischi fino al 1972; nel nuovo album, CON
IL PASSAR DEL TEMPO, spiccano Io e la musica, con testo
assolutamente biografico scritto da Bruno Lauzi, e la
francesizzante Invece no. Si segnalano le orchestrazioni di Bill
Conti, futuro autore di colonne sonore hollywoodiane. Nel
1975 arriva il Premio Tenco alla carriera e nel 1976 esce
l’ottimo IO E IL MARE, ancora senza riscontri. Da quel momento
Bindi vive suonando sulle navi da crociera e nei night. Nel
1982, incoraggiato da Sergio Bardotti, incide un album
elettronico che vende pochissimo, D’ORA IN POI; nel 1985
realizza un disco di vecchi successi, duettando con alcune
cantanti di valore (Ruggiero, Bertè, Identici, Mannoia, Vanoni)
e altre meno. Dal punto di vista commerciale fallisce però
anche questo tentativo.
Nel 1989 invia alla commissione di Sanremo un polemico e
autobiografico brano, C’è voluto tempo (per imparare a vivere
da solo), che non viene neppure preso in considerazione. Bindi
denuncia l’ostracismo nei suoi confronti in un’intervista
televisiva a Red Ronnie in cui parla anche della propria
omosessualità. Lasciati i testi di Calabrese, ora si avvale della
penna di Ernesto Bassignano. A Sanremo tornerà nel 1996:
con l’aiuto di Renato Zero e la partecipazione dei New Trolls
nasce Letti, snobbato come il relativo album DI CORAGGIO NON
SI MUORE, prodotto dallo stesso Zero. Il titolo sarà profetico.
Da lì a poco Umberto Bindi cade in disgrazia e si ammala.
Quando lo Stato gli riconosce l’indennità Bacchelli è ormai
tardi: il compositore giunge al suo omega il 23 maggio del
2002. Nel 2005 esce, con il quotidiano “Il Secolo XIX”, IL MIO
MONDO, con sette inediti, per lo più strumentali. (c.bo.)
DISCOGRAFIA

LA SUA VOCE, IL SUO PIANOFORTE E LE SUE CANZONI (Ricordi


1959, EP)
GIROTONDO PER I GRANDI (Ricordi 1959, EP)
UN GIORNO, UN MESE, UN ANNO (Ricordi 1960, EP)
IL NOSTRO CONCERTO (Ricordi 1960, EP)
UMBERTO BINDI E LE SUE CANZONI – VOL.1 (Ricordi 1960)
UMBERTO BINDI (Ricordi 1961)
CON IL PASSARE DEL TEMPO (West 1972)
IO E IL MARE (Durium 1976)
D’ORA (Targa 1982, ristampato DV More come
IN POI LE
VOCI DELLA SERA)

BINDI (Ariston 1985, nuove interpretazioni, in duetto, di


canzoni già pubblicate)
DI CORAGGIO NON SI MUORE (Fonopoli/Sony 1996)
UMBERTO BINDI (BMG Ricordi 2002, doppia antologia con
brani inediti su album)
IL MIO MONDO (RAI Trade 2005)
UMBERTO BINDI. L’album dei “golden hits”: ci sono, con la
sola eccezione di Arrivederci, i motivi che in quel periodo
rappresentano indissolubilmente l’artista genovese, tutti in
versione originale e integrale, a partire da Il nostro
concerto, Se ci sei e Riviera. Dirige (pomposamente)
l’orchestra Enzo Ceragioli con il coro femminile “Vocal
Comet”. Tra i brani meno noti, la graziosa Ninna nanna di
Natale e l’orecchiabile Girotondo per i grandi.
IO E IL MARE. L’album contempla sia il cantautore raffinato
che il compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra serio
e preparato (in tandem con Bruno Battisti D’Amario, illustre
chitarrista classico-ritmico). Otto pezzi equamente
distribuiti tra vocali e strumentali. Sono questi ultimi a
risultare più pregevoli e vivi, tavolozze di note d’autore che
dischiudono nella mente paesaggi degni dei migliori pittori
impressionisti francesi: L’alba e Bogliasco notturno, che
escono anche a 45 giri, sono pagine memorabili. La title
track ha il testo di Lauzi.

BISCA
Gruppo storico del panorama alternativo italiano, uno dei
pochi tra quelli emersi negli anni ’80 a essere sopravvissuti, e
anche con grande dignità e creatività. I Biska nascono con la k
(per evidenziare l’approccio ska) a Napoli nel novembre 1980,
ma al debutto dal vivo, nel marzo 1981, hanno già assunto la
denominazione definitiva e una linea stilistica che rielabora
rock punk e musica black con ingegno ed energia. Nel 1982
escono la colonna sonora di “Tango Glaciale” per “Falso
Movimento” di Mario Martone e l’EP BISCA, e due anni dopo
il primo album, SDS, autoprodotto, a cui segue, pubblicato
dall’IRA, SOTTOPRODOTTI 3 (1985). Netto rilievo ha assunto
intanto l’attività live, che si sviluppa sempre più in Europa,
tanto che BIS del 1987 esce per la francese Just e non in Italia
e NIÑOS del 1989 (con l’inserimento di una voce femminile)
nasce tra Napoli, Londra e Parigi. Nel frattempo la formazione
si è assestata intorno alle due figure principali Sergio “Serio”
Maglietta (vc., sx.) e Elio “100 grammi” Manzo (ch.). Negli
anni ’90 si registra il ritorno a Napoli con IL TOPO (1992),
l’innesto di elementi quasi cabarettistici nei brani e soprattutto
l’incontro con le nuove realtà dei centri sociali che, dopo LA
BOMBA INTELLIGENTE (1993), porta alla fusione con i 99 Posse,
all’“Incredibile Opposizione Tour”, al relativo disco dal vivo e
a GUAI A CHI CI TOCCA. Ma le difformità stilistiche tra le due
band causano nel 1996 la chiusura dell’esperienza. In seguito,
a Maglietta e Manzo si unisce Fabio “Zeta Zero” Esposito (bt.)
e nasce LO SPERMA DEL DIAVOLO (con Oggi non ho niente da
dire). ALTROVE (1998) segna il ricorso all’elettronica,
testimoniato anche dal primo disco live, doppio,
SEMPLICEMENTE VIVO. Nel 2001 IL CIELO BASSO vede una
particolare cura per i testi, d’impronta quasi cantautorale, e
prelude alla celebrazione dei vent’anni di attività, racchiusi
nella raccolta doppia QUESTO NON È L’UNICO MONDO POSSIBILE,
titolo che sintetizza anche l’impegno sociopolitico e
antagonista che da sempre caratterizza questa band dal
tortuoso cammino discografico. MANCASOLOUNATTIMO (2003)
è l’episodio seguente, mentre AH! (2005) tenta il colpo grosso
con la partecipazione di Piero Pelù (in Sono come tu mi vedi),
Caparezza (in Facce) e Gianni Maroccolo. Nel 2006 esce
l’antologia IL RITORNO DI CARMELA.

BIT-NIK
Gruppo genovese fondato nel 1964. Producono incisioni di
livello superiore allo standard dell’epoca: l’esordio è nel 1966
con Preghiera per un amico beat, seguita a ruota da Manifesto
beat, entrambe con liriche di protesta piuttosto spregiudicate, e
interpretate dalla torrida voce di Mauro Boccardo che
compone il gruppo con Giulio Pistarino e Ezio Gaggioli. I Bit-
Nik sono i primi a portare la musica beat in teatro, musicando
“La passeggiata della domenica” per la regia di Dario Fo;
secondo la loro versione, Ninna nanna, scritta con Fo e Oscar
Prudente, è stata ripresa in parte da Fabrizio De André, previo
consenso, per la musica di Via del campo che in realtà è di
Enzo Jannacci. Dopo un lungo tour, e alcuni avvicendamenti
nella formazione, ammorbidiscono il repertorio inserendo in
scaletta cover dei Moody Blues (Ho difeso il mio amore,
migliore della versione Nomadi) e dei Beatles, per poi
trasformarsi nel 1970 in un ottimo gruppo progressive
registrando brani apparsi solo nel 1997, nell’antologico BEAT
PSICHEDELIA PROGRESSIVO (On Sale Music). I Bit-Nik si
sciolgono nel 1971, ma nel 2000 Boccardo, Pistarino e Nanni
Perazzo rifondano il gruppo.

BLUVERTIGO
Intellettualistici ma anche giovanilistici, attenti
all’apparenza quanto alla sostanza, pop ma legati al glam anni
’70 e soprattutto alla new wave degli ’80, da Bowie ai
Depeche Mode. Probabilmente è proprio la tensione che si
crea tra queste (a volte solo apparenti) dicotomie a fare di loro
una delle esperienze musicali più interessanti in Italia nella
seconda metà dei ’90, a dare riconoscibilità alla loro musica,
pur nella girandola di stili. Segno di una personalità forte, a
volte persino ingombrante.
L’esordio insieme dei monzesi Marco “Morgan” Castoldi
(vc., bs., ts.), e Andrea “Andy” Fumagalli (ts., sx., vc.) è con i
Lizard Mixture, a cui seguono gli Smoking Cocks e quindi i
Golden Age, che nel 1990 pubblicano CHAINS, passato
inosservato, e si sciolgono dopo poco. A questo punto Morgan
e Andy danno vita alla prima incarnazione del progetto
Bluvertigo (“vertigo” come vortice, vertigine e anche citazione
del film di Hitchcock). Reclutano prima Marco Pancaldi (ch.)
e quindi Sergio Carnevale (bt.), e portano Iodio a Sanremo
Giovani. Nel 1995 il primo album, ACIDI E BASI, piuttosto
affastellato: nella musica – che svaria dal pop sintetico al rock
duro, dalle ritmiche funk alla psichedelia, “blobrock” lo
chiamano loro – come nei testi, che alternano in modo acerbo
riferimenti culturali “alti” e “bassi”, filosofia e fantascienza,
critica sociale e introspezione. Si considerano un laboratorio di
sperimentazione sonora, grafica, filmica e gestionale, ma
colpisce anche l’aura di decadentismo dandy che i quattro
creano intorno a sé, il look forte e studiato a tavolino. Dopo
aver aperto i concerti italiani di Oasis e Tears for Fears, il
passaggio di consegne tra Pancaldi e Livio Magnini coincide
nel 1997 con METALLO NON METALLO, baciato da buone
vendite, frutto di un massiccio lavoro promozionale, una
intensa attività dal vivo, una certa attenzione ai videoclip e,
soprattutto, a canzoni di buona fattura. Nello stesso anno
partecipano a REGISTRAZIONI MODERNE di Antonella Ruggiero,
ma saranno molte le collaborazioni del gruppo.
Nel 1999 ricevono il “Premio Speciale per la
comunicazione ai giovani” dal Prix Leonardo, in cui
presentano “Concerto a colori”, con cortometraggi montati sui
loro brani. Nello stesso anno pubblicano l’ultimo capitolo di
una ipotetica “trilogia chimica”, ZERO (in origine il titolo
doveva essere “Uomo o macchina?”), ambizioso e complesso,
che, sotto una veste ancora una volta pop (lo testimonia il
successo dei singoli La crisi e Sono=Sono), nasconde un vasto
impianto teorico. Un approccio non dissimile da quello di
Franco Battiato (omaggiato nel 1996 nel tributo BATTIATO NON
BATTIATO con Prospettiva Nevsky, e nel 2000 con Chanson
egocentrique in PERSONAL JUKE-BOX di Alice), che non a caso
è ospite in due brani.
Poco dopo, al volume “Dissoluzione” di Morgan viene
allegato il CD CANONE INVERSO del gruppo, fusione tra pop e
poesia con Alda Merini, Manlio Sgalambro, Enrico Ghezzi e
altri. Quindi, nel 2001 la partecipazione a Sanremo con
L’assenzio (scritto con Luca Urbani dei Soerba, è uno dei due
inediti della raccolta POP TOOLS - ALCUNE FASI E FORME D’ONDA),
con cui tentano inutilmente di raggiungere un pubblico più
ampio. Nel 2002 aprono a Lucca un concerto di David Bowie.
Da qui Morgan sarà impegnato come solista, Andy come
pittore e dj e Magnini a proseguire la propria carriera parallela
di fonico e produttore. Le voci di uno scioglimento sono
smentite da alcuni concerti a fine 2004, non si sa quanto
estemporanei. Nel 2005 esce ON THE AIR, prima fatica dei
Jetlag, che vede tra i protagonisti Magnini con Andy come
ospite. (a.pa.)
DISCOGRAFIA

ACIDI E BASI (Columbia, 1995)


METALLO NON METALLO (Columbia, 1997)
ZERO (Columbia, 1999)
POP TOOLS (Columbia, 2001, antologia con inediti)
METALLO NON METALLO. Non il lavoro più maturo, né il più
ambizioso (in entrambi i casi la palma spetta a ZERO), ma
senz’altro il più importante, di avvio del “fenomeno
Bluvertigo”. Tra pop rock chitarristico e disco music,
tecnologia e orchestrazioni, citazioni colte e strizzate
d’occhio all’immaginario adolescenziale, un album tanto
stratificato quanto accessibile. Cieli neri e Altre f.d.v. sono
solo i titoli più noti. Produce lo stesso Morgan, tra gli ospiti
Alice e Mauro Pagani.

ANDREA BOCELLI
Un tenore nella musica leggera. L’intuizione è di Caterina
Caselli, la voce è di Andrea Bocelli, nato in una fattoria di
Lajatico, in provincia di Pisa, il 22 settembre 1958. I genitori
comprendono molto presto la sua inclinazione e lo spronano al
canto. A soli sei anni inizia lo studio del pianoforte, poi del
flauto e del sassofono, ma suona anche l’organo in chiesa; a
dodici anni un incidente lo priva della vista. Nello stesso anno
esordisce su un palco a Viareggio con O sole mio, ma, come
ha affermato l’artista, “il sogno e ambizione di tutta la mia vita
è quello di diventare un grande tenore”. Finisce il liceo, si
laurea in Giurisprudenza e continua a studiare canto con il
maestro Luciano Bettarini, già insegnante di quel Franco
Corelli per il quale il tenore toscano nutre sin da bambino
un’autentica venerazione e del quale diventa allievo in un
master.
Tra una lezione e l’altra Bocelli si dedica anche al piano bar
e a un certa sregolatezza, mentre cerca faticosamente di
trovare spazio nel mondo della canzone. Fino ad arrivare ai
suoi due debutti: nella canzone nel 1992 e nella lirica nel
1993. Il primo ad accorgersi di lui è Michele Torpedine, il
manager di Zucchero, che resterà sempre al suo fianco, in
un’audizione per trovare un tenore che duetti con “Sugar” su
Miserere. Nel disco canterà Pavarotti sulla voce guida di
Bocelli, ma in concerto sarà quest’ultimo ad affiancare
Zucchero. Dopo poco, l’incontro decisivo con Caterina Caselli
della Sugar. E così nel 1994 è a Sanremo dove vince, tra i
giovani, con la gradevole Il mare calmo della sera (testo di
Zucchero sotto lo pseudonimo Malise). Il brano dà il titolo
all’album del debutto che ha buoni riscontri di vendite. L’anno
seguente Bocelli torna all’Ariston con Con te partirò (inserita
in BOCELLI, 1995) che non ha grandi riscontri nell’immediato
ma è destinata a diventare un tormentone come colonna sonora
di uno spot televisivo che gli spalanca le porte del vero
successo, anche oltre i confini italiani. La tempestiva raccolta
ROMANZA (1997) lo consacra ai vertici delle classifiche (si
parla di 15 milioni di album venduti in tutto il mondo) e Con
te partirò diviene popolare in mezza Europa, grazie anche alla
versione inglese Times To Say Goodbye, cantata con Sarah
Brightman. Il testo italiano è del geniale Lucio Quarantotto
che firmerà anche altri brani del tenore.
Forte del successo nel mondo della canzone (che nel 1997
gli varrà anche un duetto con Ramazzotti in Musica è), Bocelli
tenta nel campo della lirica. Il suo ingresso nel mondo
operistico risale al 1994 con il Macbeth di Verdi, mentre
l’anno seguente pubblica VIAGGIO ITALIANO, registrato a
Mosca. Seguiranno altre esperienze in quel settore, come nel
1998 il ruolo di Rodolfo in una Bohème di Puccini
rappresentata in una prima a Cagliari fra le polemiche.
ROMANZA intanto ha conquistato anche gli Stati Uniti, dove
il pubblico gli tributa ovazioni, meno la critica americana
(“interpretazioni appariscenti ma senza gusto musicale”,
secondo il “Los Angeles Times”). Da qui in poi la carriera nel
campo della canzone si baserà su grandi produzioni
internazionali (e nel 1998 ARIA lo fa sfondare a livello
internazionale anche nelle classifiche di musica classica). La
prima è SOGNO (1999), che cerca il compromesso tra opera e
musica leggera e trova un enorme successo popolare in tutto il
mondo. Il brano cantato in duetto con Celine Dion, The
Prayer, aveva già vinto il prestigioso Golden Globe Award
1998 quale migliore canzone originale per colonna sonora e,
per la stessa categoria, è candidato all’Oscar 1999. Segue poco
dopo la raccolta di arie e canti religiosi ARIE SACRE (che a fine
anno è prima nelle classifiche americane di classica con ARIA
e VIAGGIO ITALIANO al secondo e terzo posto), e
contemporaneamente l’autobiografia romanzata “La musica
del silenzio” (Mondadori, 1999), scritta cambiando i nomi dei
protagonisti, compreso il suo, che diventa Amos Bardi. I
premi, fra cui il World Music Award, si sprecano. Bocelli
ormai è diventato un’industria e nel libro non lo nega.
Nel 2000 canta l’inno del Giubileo e pubblica VERDI, in
occasione del centenario della morte del compositore. A
questo punto vorrebbe abbandonare la canzone (fra l’altro, non
tiene mai concerti pop), ma la Caselli è di parere opposto.
Vince lei e nel 2001 esce CIELI DI TOSCANA con un’accorta
mistura di canzoni, ammiccamenti e ospiti (come Bono degli
U2 e Gerard Depardieu), sia autori sia produttori. Pop molto
patinato, impronta tenorile: successo planetario, tranne che in
Italia dove stenta a sfondare. Nel 2002 si torna al bel canto con
SENTIMENTO, che esplora la tradizione musicale delle canzoni
per voce e violino dell’inizio del XX secolo. Ancora premi e,
nel 2003, TOSCA, seconda opera completa di Bocelli, che
ormai monopolizza il mercato discografico mondiale della
musica operistica. L’anno seguente, con i soliti ingredienti
produttivi, arriva quello che Bocelli presenta come il suo
ultimo album pop, ANDREA. Tra i produttori Malavasi e
Rustici, tra gli autori Dalla, Minghi, Mango, Giuliano
Sangiorgi dei Negramaro, Maurizio Costanzo, Nick the
Nightfly, oltre ai soliti Quarantotto, Sartori, Guerrini. L’album
in Italia va a rilento, ma con il 2005 Bocelli supera i 50 milioni
di album venduti nel mondo nel corso della carriera. Nel 2006
esce AMORE, canzoni del repertorio romantico e classici della
musica pop insieme, mentre Bocelli è nominato, a Sanremo,
Grand’Ufficiale della Repubblica e sfuma l’idea di un disco
con Silvio Berlusconi. (p.d.s. - e.de.)
DISCOGRAFIA

IL MARE CALMO DELLA SERA (Sugar 1994)


BOCELLI (Sugar 1995)
ROMANZA (Sugar 1997, raccolta con inediti)
THE OPERA ALBUM – ARIA (Sugar 1998)
SOGNO (Sugar 1999)
ARIE SACRE – ARIE E CANTI RELIGIOSI (Sugar 1999)
CIELI DI TOSCANA (Sugar 2001)
ANDREA (Sugar 2004)
AMORE (Sugar 2006)
SOGNO. “Se ROMANZA era la ricerca di una soluzione, SOGNO
‘è’ la soluzione” dice Bocelli. Prodotto e arrangiato da
Mauro Malavasi, il disco tra piacevolezze e tediosità vanta
importanti collaborazioni: Dulce Pontes, Eros Ramazzotti,
Celine Dion e due grandi orchestre: la Filarmonica Italiana e
la Sinfonica di Bologna. Brani di Malavasi, Quarantotto-
Sartori, Peppe Servillo, Enzo Gragnaniello, Ennio
Morricone. Tutto molto curato. Made in Italy.

GIAMPIERO BONESCHI
Storico arrangiatore ma anche pianista e compositore, nasce
a Milano il 31 gennaio 1927. Studia composizione e a soli 18
anni inizia a lavorare presso l’EIAR, poi RAI. Fa parte di un
trio jazz con Gambarelli e Mojoli, vincendo spesso il
referendum della rivista “Musica Jazz” come miglior pianista,
e lavora per le etichette La Voce del Padrone e Fonit. Diviene
poi pianista e arrangiatore dell’orchestra di Gorni Kramer. Con
la nascita della RAI dal 1954 è direttore d’orchestra delle sedi
di Milano, Torino e Roma (in programmi come “Lascia o
raddoppia” e “Canzonissima”). Dagli anni ’60 è anche
condirettore artistico della Ricordi, curando gli arrangiamenti
per artisti come Ornella Vanoni, Sergio Endrigo, Gino Paoli,
Luigi Tenco, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Fabrizio De
André. Molte loro canzoni si sono affermate anche grazie al
suo lavoro. Continua l’attività ad alti livelli nei decenni
seguenti, fra l’altro collaborando con moltissime altre etichette
discografiche e componendo musica per pubblicità e per
sonorizzazioni di programmi TV sia RAI che Mediaset.

PAOLO BONFANTI
Chitarrista e compositore, è uno dei nomi di punta del blues
italiano. Nasce a Genova nel 1960 e nel 1985 diventa frontman
dei Big Fat Mama, con cui pubblica tre album. Dopo
un’esperienza con i Downtown (formati da musicisti blues
inglesi) avvia nei primi anni ’90 una carriera solistica ricca di
soddisfazioni. Debutta in prima persona su LP nel 1992 con
ON MY BACKDOOR, SOMEDAY, a cui seguono con cadenza
biennale THE CARDINAL POINTS AND OTHER SHORT TALES e
TRYIN’ TO KEEP THE WHOLE THING ROCKIN’. L’attività live si
infittisce, anche con varie partecipazioni a festival esteri, e
nascono collaborazioni con nomi di spicco del blues
internazionale, come Jono Manson, Roy Rogers e Mike
Bloomfield. Fra gli album seguenti, si segnalano il pregevole
ON THE OUTSIDE (1999) e il mini IO NON SONO IO (2004), in cui
Bonfanti canta e compone in italiano e genovese, mettendo in
luce doti anche come autore di testi. Intanto diviene produttore
artistico di altri artisti, come Fabio Treves e la Rosa Tatuata, e
partecipa a progetti come Red Wine e Slowfeet (quest’ultimo
con Mauro Pagani, Franz Di Cioccio e Vittorio De Scalzi).

FRED BONGUSTO
È uno dei protagonisti dell’epoca dei cantanti da night club.
Nato come Alfredo a Campobasso, il 6 aprile del 1935, si
trasferisce a Milano e quindi a Roma per lavorare nei locali
notturni, portando in Italia echi della lezione di Nat King Cole
e Louis Armstrong. Scrive canzoni che resteranno, come Doce
Doce, il suo primo 45 giri (che testimonia un legame con
Napoli che si protrarrà sempre), e Frida, brani lievi, quasi
sussurrati, finché nel ’64 si fa conoscere dal grande pubblico
con Amore fermati, firmata anche da Gorni Kramer, e
soprattutto con quello che diverrà un classico della canzone
italiana, Una rotonda sul mare. La strada è spianata: seguono
Aspetta domani, Se tu non fossi come sei, Prima c’eri tu. Nel
1968 esce un altro pezzo cardine del suo repertorio, Spaghetti
a Detroit (“spaghetti, pollo, insalatina e una tazzina di caffè/ a
malapena riesco a mandar giù”). Il taglio sentimentale ma
adulto dei suoi brani insieme al modo particolare di porgere le
parole, al viso intenso, contribuiscono alla notorietà di
Bongusto. Alla fine del decennio si sposta anche in Brasile e
in Argentina, dove è conosciuto e continuerà a fare tournée
(fra l’altro João Gilberto incide la sua Malaga). Del 1971 è
Quando mi dici così, seguita fra le altre da Tre settimane da
raccontare e La mia estate con te, ma sue sono anche colonne
sonore per film come “Matrimonio all’italiana”, “Malizia”,
“Venga a prendere il caffè da noi”, “La cicala”,
“Superfantozzi”. Negli anni ’80 partecipa in un paio di
occasioni al Festival di Sanremo (dove era già stato due volte
negli anni ’60) senza grandi riscontri. Pur non avendo mai
avuto grandissimi successi commerciali, Bongusto è riuscito a
caratterizzare un’epoca e a lasciare un segno nei decenni
successivi.

MIGUEL BOSÈ
Figlio del torero spagnolo Luis Miguel Dominguín e
dell’attrice italiana Lucia Bosè, Miguel Luchino González
Bosè nasce a Panama il 3 aprile del 1956 in un ambiente ricco
di suggestioni artistiche. Della cerchia di amici di famiglia
fanno parte, tra gli altri, Ernest Hemingway, Pablo Picasso,
Salvador Dalí, Jean Cocteau. Studia danza e mimo, intorno ai
15 anni comincia la carriera di attore cinematografico e a 19
quella di cantante. Il suo primo successo discografico in
Spagna, Linda, cover dei Pooh, risale al 1977. In Italia debutta
con l’album CHICAS del 1979, da cui viene estratto il singolo
Super Superman, successo estivo così come Olympic Games
(con cui vince il Festivalbar nel 1980). Torna in cima alle
classifiche in Spagna, Italia e tutta Europa nel 1982 con BRAVI
RAGAZZI (BRAVOS MUCHACHOS), raccolta di successi che
contiene l’omonimo hit firmato da Fabrizio-Morra, prima al
Festivalbar. In questi anni si muove tra pop e dance. Il
successivo MILANO-MADRID (MADE IN SPAIN) si segnala
soprattutto per la copertina firmata da Andy Warhol. Una
svolta nella sua produzione sarà BANDIDO, album del 1984
prodotto da Roberto Colombo, ancora oggi tra i suoi lavori più
interessanti, che contribuisce a creare la sua immagine attuale
di cantante sofisticato e dalla voce grave e suadente. Ma le
vendite sono in declino. Torna al successo nel nostro paese nel
1994 con SOTTO IL SEGNO DI CAINO e soprattutto con il
gradevole Se tu non torni. Altro singolo di una qualche
notorietà è L’autoradio, da LABIRINTO, nel 1996. Come
presentatore televisivo lo troviamo nel 1988 al Festival di
Sanremo accanto a Gabriella Carlucci e a “Operazione
Trionfo” nel 2002. Sul grande schermo segnaliamo almeno il
ruolo in “Tacchi a spillo” (1991) di Pedro Almodóvar.

ANGELO BRANDUARDI
Figura a metà fra quella del musicista e del cantautore,
Angelo Branduardi ha saputo rendere attuali musiche
medioevali e rinascimentali sconosciute al pubblico dei suoi
esordi, rivestendole con un velo pop o rock. Il “menestrello”
nasce a Cuggiono (MI) il 12 febbraio 1950 ma trascorre la
giovinezza a Genova, dove si diploma giovanissimo in violino
al Conservatorio “Niccolò Paganini”, esibendosi come solista
nell’organico concertistico dell’istituto. Lo caratterizza un
suono quasi violento che gli deriva anche dall’ascolto del
concertista Jascha Heifetz, suo mito dell’epoca.
Successivamente, a Milano, impara a suonare la chitarra, si
avvicina alla musica rock e, dopo il diploma in un Istituto
tecnico per il turismo, dove conosce un intellettuale del peso di
Franco Fortini, frequenta per un breve periodo la facoltà di
Filosofia. Inizia a comporre musiche, come quella che adatta a
uno scritto del poeta russo Esenin, morto suicida a trent’anni:
la celebre Confessioni di un malandrino. Universitario un po’
bohemien, conosce Luisa Zappa, che diventerà sua moglie e
coautrice dei suoi testi.
Il primo LP – che segue un demo del 1973 prodotto con
l’amico Maurizio Fabrizio e mai pubblicato – porta il suo
nome: siamo nel 1974 e la produzione è di Paul Buckmaster,
già membro della Third Ear Band, che dà ampio spazio a voce
e chitarra. La stampa lo accoglie con favore, lui si esibisce da
solista e anche di spalla ad altri artisti, tra cui Lou Reed in un
burrascoso concerto al Palasport di Roma. Il balzo di notorietà
avviene nel 1975 con LA LUNA (con Tanti anni fa, Gli alberi
sono alti), realizzato ancora con Maurizio Fabrizio e
presentato al Teatro Pergolesi di Jesi (AN) con, tra gli altri
accompagnatori, Gianni e Vittorio Nocenzi del Banco del
Mutuo Soccorso. L’album è il biglietto da visita dell’intera
carriera, con una ricerca estetica e musicologica nella
strumentazione, negli arrangiamenti e nella vocalità d’altri
tempi.
L’anno seguente giunge il Premio della critica discografica
italiana e soprattutto il successo con ALLA FIERA DELL’EST,
grazie a La serie dei numeri, Il dono del cervo, ma soprattutto
grazie al brano omonimo, una filastrocca della tradizione
pasquale ebraica, che entrerà persino nel repertorio di
canzoncine delle scuole materne. Ma tutto l’album è basato su
favole della tradizione popolare di tutto il mondo. Branduardi
si esibisce in un tour come spalla al Banco e grazie anche alla
produzione esecutiva di David Zard compie un ulteriore salto
di qualità. Con LA PULCE D’ACQUA (1977) replica il successo e
mette definitivamente a fuoco il suo mondo testuale e
musicale. Malgrado le accuse di rifugiarsi in un mondo
fiabesco per fuggire la realtà, la formula risulta vincente e lui
suona oramai nei palasport gremiti. E non solo italiani: dopo
venti giorni dal suo primo concerto in Germania, il 1° gennaio
1978 entra nella classifica tedesca. Nel 1979 pubblica COGLI
LA PRIMA MELA (con Donna ti voglio cantare, Colori, Il signore
di Baux), un esempio di equilibrio tra qualità e
commerciabilità. Vengono usati strumenti arabi che suonano i
quarti di tono; i testi complessivamente sono più diretti, a
cominciare dal brano omonimo che è un invito a godere delle
gioie della vita, musicalmente ispirato a un antico canto
popolare, come diversi altri brani di Branduardi.
All’apice del successo, il musicista registra un poderoso
triplo dal vivo, CONCERTO (1980), che sconta inevitabilmente
molto sul piano delle vendite e chiude l’epoca dei grandi
successi commerciali; sul palco vi sono dodici elementi,
compreso un quartetto d’archi, oltre a un apparato
scenografico e sonoro di prim’ordine. Un lungo e imponente
spettacolo, di taglio internazionale, all’interno del quale si
evidenzia la sua caratteristica figura fisica; ne viene poi tratto
un modesto film con spezzoni ripresi sul palco e fuori. In
estate prende avvio nei grandi spazi il secondo tour (dopo
quello del 1978) della “Carovana del Mediterraneo”, a cui
partecipano questa volta Richie Havens e Stephen Stills con la
sua band. Ancora nel 1980 COGLI LA PRIMA MELA viene
premiato dalla critica francese come miglior LP tradotto,
mentre un concerto alla Fête de l’Humanité a Parigi registra
oltre 120.000 spettatori.
L’artista lombardo pubblica poi BRANDUARDI (1981), album
un po’ spento che vede la momentanea sostituzione di Fabrizio
con Buckmaster e riceve due premi in Germania: per il disco e
come miglior artista dell’anno. Segue CERCANDO L’ORO (1983),
che vede la partecipazione di Alan Stivell alla cornamusa e
all’arpa. Ma la formula branduardiana inizia a mostrare una
certa usura e ripetitività. Lui se ne rende conto, ricomincia a
studiare e amplia il suo lavoro verso le colonne sonore (tra le
altre: STATE BUONI SE POTETE, 1983; MOMO, 1986; SECONDO
PONZIO PILATO, 1988) e incide quindi l’intenso BRANDUARDI
CANTA YEATS (1986), dieci liriche del poeta irlandese tradotte
dalla moglie Luisa Zappa, sua fondamentale collaboratrice per
i testi sin dagli inizi. Nei meno riusciti PANE E ROSE (1988) e IL
LADRO (1990) domina l’essenzialità in un clima di tensione
sospesa. Ritornato ormai alla dimensione teatrale, nel 1992
Branduardi pubblica SI PUÒ FARE, con la collaborazione di
Jorma Kaukonen e gli arrangiamenti di Vince Tempera, cui
segue nel 1994 DOMENICA E LUNEDÌ (con Fou de love), i cui
testi sono firmati da vari autori tra cui Paola Pallottino,
Eugenio Finardi, Pasquale Panella, Roberto Vecchioni.
Dal successivo tour europeo nel 1996 nasce il live
CAMMINANDO CAMMINANDO, con il ritorno nel gruppo, ormai
sparuto, del collaboratore di sempre Maurizio Fabrizio; vi
sono due inediti, Piccola canzone dei contrari e L’apprendista
stregone, con i testi di Giorgio Faletti e una trascinante
versione della bizzarra e multilingue Fou de love di Panella.
Nello stesso anno vede la luce FUTURO ANTICO, con pagine
musicali sacre e profane. È un buon successo commerciale, al
punto da essere seguito da altri due volumi (nel 1999 FUTURO
ANTICO II, dedicato alla musica di Mainerio, e nel 2002
FUTURO ANTICO III a quella della corte dei Gonzaga). Nel
contempo Branduardi accetta, o mostra di accettare,
l’appellativo di “menestrello” prima rifiutato, probabilmente
anche perché proposto stucchevolmente dalla stampa e dai
media radiotelevisivi. Il legame con Faletti si ripropone ne IL
DITO E LA LUNA (1998), seguito da un fortunato tour teatrale,
complice il brano Il giocatore di biliardo, interpretato al
Festivalbar. Nel 1998 a Roma Branduardi suona il violino
all’Auditorium di S. Cecilia con l’orchestra diretta da Ennio
Morricone, mentre al Conservatorio di Torino interpreta la
voce recitante nella favola per orchestra “Pierino e il lupo” di
Sergej Prokofev. Nel 2000 in occasione del Giubileo incide –
anche in versione tedesca, greca e francese – L’INFINITAMENTE
PICCOLO, nel quale mette in musica la vita e la poesia di S.
Francesco d’Assisi (con la partecipazione di Madredeus,
Ennio Morricone, Franco Battiato, la Nuova Compagnia di
Canto Popolare). All’amore sacro nel 2003 fa seguire l’amor
profano con ALTRO E ALTROVE, in cui musica poesie d’amore,
patrimonio della tradizione di popoli diversi, distanti tra loro
nel tempo e nello spazio. Nel 2004 è la volta di “Francesco La
lauda”, spettacolo teatrale in cui Branduardi esegue le sue
musiche su S. Francesco con l’accompagnamento di azioni
coreutiche di un corpo di undici ballerini.
Nei periodi più ispirati così come in quelli meno
memorabili, il percorso dell’artista lombardo è sempre stato
assolutamente personale, tanto che oggi un nuovo Branduardi
non troverebbe probabilmente spazi discografici. (e.de - a.re.)
DISCOGRAFIA

ANGELO BRANDUARDI (RCA 1974, anche in inglese)


LA LUNA (RCA 1975, ristampato nel 1980 come GULLIVER,
LA LUNA E ALTRI DISEGNI con la voce reincisa e con alcune
differenze nella scaletta, versione francese: CONFESSION D’UN
MALANDRIN)

ALLA FIERA DELL’EST (Polydor 1976, versione francese: A LA


FOIRE DE L’EST; inglese: HIGHDOWN FAIR)

LA PULCE D’ACQUA (Polydor 1977, versione francese: LA


DEMOISELLE; inglese: FABLES & FANTASIES)

COGLI LA PRIMA MELA (Polydor 1979, versione francese: VA


OÙ LE VENT TE MÈNE; inglese LIFE IS THE ONLY TEACHER)

CONCERTO (Polydor 1980, live triplo)


BRANDUARDI (Polydor 1981, anche in francese)
CERCANDO L’ORO (Polygram 1983, versione francese: TOUT
L’OR DU MONDE)

STATE BUONI SE POTETE (Polydor 1983, colonna sonora)


BRANDUARDI CANTA YEATS (Polygram 1986)
MOMO (Polygram 1986, colonna sonora)
SECONDO PONZIO PILATO (Polydor 1988, colonna sonora)
PANE E ROSE (Polygram 1988, versione francese: DU PAIN ET
DES ROSES)

IL LADRO (Polygram 1990)


CONFESSIONI DI UN MALANDRINO (1991, antologia con molte
parti ricantate o risuonate, versione spagnola: CONFESIONES
DE UN MALANDRIN)

SI PUÒ FARE (EMI 1992, versione francese: ÇA SE FAIT)


DOMENICA E LUNEDÌ (EMI 1994, versione francese: LA
MENACE)

CAMMINANDO CAMMINANDO (EMI 1996, live con inediti)


FUTURO ANTICO (EMI classics 1996)
IL DITO E LA LUNA (EMI 1998)
FUTURO ANTICO II (EMI classics 1999)
L’INFINITAMENTE PICCOLO (EMI 2000)
FUTURO ANTICO III MANTOVA: LA MUSICA ALLA CORTE DEI
GONZAGA (EMI classics 2002)
ALTRO E ALTROVE (EMI 2003)
THE PLATINUM COLLECTION (EMI 2004, tripla antologia con
inediti)
LA LUNA. Atmosfera di “medioevo moderno”, connotata da
elementi come gli strumenti ad arco e a pizzico, e dalla voce
del protagonista. Branduardi trae notevole ispirazione da
quei secoli, riuscendo nel connubio tra rock e medioevo con
qualche rinuncia su entrambi i versanti. Contiene la celebre
Confessioni di un malandrino, immancabile durante i
concerti, Tanti anni fa, Donna mia. Sarà ristampato nel 1980
come GULLIVER, LA LUNA E ALTRI DISEGNI con la voce
reincisa e alcune differenze nella scaletta.
LA PULCE D’ACQUA. Le musiche attingono fortemente al
passato, gradevolmente rielaborate, tramite l’uso di
numerosi strumenti a corda e a fiato, orchestrati
sapientemente: dalle launeddas di Luigi Lai in Ballo in fa
diesis minore al sitar in La bella dama senza pietà. Su due
poli lontani Il poeta di corte, proposto all’epoca a fine
concerto, per quel tratto rock accentato con garbo e le
cornamuse che chiudono il brano, e Il marinaio, con una
melodia d’oboe sostenuta dal pianoforte. Elegante
l’edizione, con le tavole del pittore Mario Convertino che
illustrano i titoli.
FUTURO ANTICO. Una rassegna di brani che attraversano
almeno tre secoli, nei quali sacro e profano si affiancano,
realizzati con il gruppo Chominciamento di gioia e con
Renato Serio. Vi sono composizioni di Guillaume de
Marchaut, di Rambaut de Vaquéiras e altre di anonimi.
Branduardi è voce solista e violinista, canta in francese,
inglese, catalano, tedesco e italiano. I pezzi paiono quasi
adattamenti antichizzati di sue canzoni.

ALEX BRITTI
Cantautore tra i più popolari della sua generazione, ma
soprattutto apprezzata chitarra blues, Alessandro “Alex” Britti
nasce a Roma il 23 agosto 1968. Si avvicina al mondo della
musica da bambino e perfeziona tecnica e stile
nell’adolescenza. Dopo il diploma si trasferisce ad
Amsterdam, dove suona in un gruppo blues in vari paesi
europei. Matura molto presto un’esperienza come
accompagnatore di grandi bluesmen, specie durante i loro
concerti italiani (Buddy Miles, Billy Preston, Lousiana Red).
Nel 1990 prende parte alla tournée europea di Rosa King ed è
sul palco del Primo Maggio nel ’94 e nel ’95. Incide frattanto
un primo album con l’etichetta Fonit Cetra (1992), ALEX
BRITTI, rimasto piuttosto anonimo, e sconfessato dall’artista.
Nello stesso periodo partecipa alla colonna sonora di due film,
“Uomini senza donne” (1995) e “Stressati” (1996).
Nel maggio del 1998 apre il concerto milanese di B.B.
King. La grande popolarità arriva nell’estate dello stesso anno,
quando sui circuiti radiofonici irrompe Solo una volta (o tutta
la vita), frizzante singolo pop scandito da una forte ironia. Il
brano era stato pubblicato già da due anni (come un altro
singolo, Quello che voglio) ma solo ora raggiunge il pubblico,
permettendo a Britti di lanciare qualche mese dopo, sotto
contratto Universal, IT.POP, il suo secondo album. Nel 1999
partecipa a Sanremo e si classifica primo tra le Nuove
Proposte grazie alla fortunata Oggi sono io (reincisa, tre anni
dopo, da Mina). Quindi mette a segno un nuovo colpo estivo,
grazie al tormentone Mi piaci, il cui video si avvale della
collaborazione di Carlo Verdone. Nell’autunno del 2000 esce
LA VASCA, da cui verranno estratti come singoli il brano
omonimo, la soave Una su 1.000.000 e, nell’estate 2001, un
altro dei tanti brani del suo filone “divertente” (Io con la
ragazza mia, tu con la ragazza tua). Frattanto con Sono
contento prende parte nuovamente a Sanremo, dove torna
anche due anni più tardi con 7000 caffé, un motivo ironico con
un’accattivante introduzione alla chitarra. È secondo alle
spalle di Alexia ma il riscontro radiofonico sarà assolutamente
superiore, mentre esce 3, nuova raccolta di inediti che però
non riscuote il successo di vendite dei precedenti CD.
L’8 luglio del 2005 partecipa al Live 8; poche settimane più
tardi esce il suo nuovo CD, FESTA, preceduto dal singolo
estivo Prendere o lasciare. L’album, il primo autoprodotto, è
segnato da un’evoluzione sensibile verso una direzione
melodica e dalla collaborazione con Maurizio Costanzo, che
scrive i testi di Quanto ti amo, …e dopo cercami, Polvere di
marmo. Assieme al popolare conduttore Britti, ancora nel
2005, ha realizzato un musical, “Lungomare”, che ha esordito
a Roma al Teatro Parioli nel mese di dicembre, con la
partecipazione dei ragazzi della trasmissione “Amici” di Maria
De Filippi. I deludenti riscontri commerciali di FESTA portano
Britti nuovamente a Sanremo nel 2006 con …Solo con te.
Nasce poi una collaborazione con Edoardo Bennato che porta
ad un tour insieme e al brano Notte di mezza estate.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

ALEX BRITTI (Fonit Cetra 1992)


IT.POP (Universal 1998, ristampato nel 1999 con due brani
aggiunti)
LA VASCA (Universal 2000, ristampato nel 2001 con due
brani aggiunti)
3 (Universal 2003)
FESTA (Universal 2005, ristampato nel 2006 con l’aggiunta
di …Solo con te)
IT.POP. Considerato, anche da Britti, come l’album di
esordio, tanto da vincere il referendum annuale di “Musica
& Dischi” per il miglior debutto. Il disco delinea la sua
figura musicale, privilegiando un’immagine da cantautore
pop che tralascia l’amore per il blues anche se non la tecnica
chitarristica. “Suonavo il blues/ il jazz qualche volta
m’assaliva di nascosto/ però per i cantautori c’era sempre
posto/ ed anche se il mio suono può sembrarvi strano/ io
faccio pop italiano”, canta nella title track. Oltre al singolo
estivo Solo una volta (o tutta la vita), contiene Gelido e
Jazz. Ristampato nel 1999 con l’aggiunta della sanremese
Oggi sono io e di Mi piaci.

SERGIO BRUNI
Cantante stimato, artefice del recupero e del rinnovamento
della tradizione napoletana, nonché della conservazione dei
suoi maggiori classici, Sergio Bruni (vero nome Guglielmo
Chianese), nato a Villaricca il 15 settembre 1921, intraprende
il suo percorso musicale innanzitutto come clarinettista, da
bambino, quando vive in condizioni di estrema povertà.
Comincia a studiare canto solo dopo la seconda guerra
mondiale, a cui prende parte. L’esordio come cantante è al
Teatro Reale di Napoli il 14 maggio 1944. L’anno dopo vince
un concorso per voci nuove bandito dalla RAI e partecipa a
numerose trasmissioni radiofoniche, in cui esegue brani che lo
renderanno popolare e che verranno incisi nei primi dischi
editi da La Voce del Padrone. Vocca ‘e rose (1949) è la sua
canzone di maggior successo di questo periodo, a cui si
aggiungono Surriento d’e’ ‘nnamurate (1950) e Viennetene a
Positano (1955).
Al Festival di Sanremo del 1960 è presente con due pezzi, È
mezzanotte e Il mare, che gli dà una grande visibilità. Alla
kermesse ligure partecipa anche nei tre anni successivi,
conquistando addirittura il secondo e il terzo posto nel 1962
con Tango italiano (assieme a Milva) e Gondolì gondolà (con
Ernesto Bonino). Vince poi il Festival di Napoli in due
edizioni, 1962 e 1966, rispettivamente con Marechiaro
Marechiaro, con la firma di Roberto Murolo, e Bella. A
Napoli, ma non solo, è popolarissimo grazie a interpretazioni
di brani come Fenesta vascia, La serenata di Pulcinella o La
rumba degli scugnizzi, anche se quel che lo caratterizza sono i
melismi arabeggianti e la vocalità lieve, assai distante dal
canto melodico all’italiana, e le scelte stilistiche sempre più
rigorose. Negli anni ’70 intensifica l’attività di compositore,
musicando i versi del poeta Salvatore Palomba, con la cui
collaborazione nasce la celebre Carmela nel 1975 e l’album (e
anche spettacolo televisivo e teatrale) LEVATE ‘A MASCHERA
PULICENELLA nel 1976, con cui Bruni rivitalizza la canzone
napoletana trasportandola fuori dai cliché. Nel 1980 esce UNA
VOCE UNA CITTÀ, in cui musica un testo di Eduardo De Filippo,
È asciuto pazzo ‘o patrone.
Gli anni ’80 sono intensamente dedicati alla realizzazione di
SERGIO BRUNI NAPOLI LA SUA CANZONE, una preziosa antologia
del patrimonio napoletano classico, con l’aggiunta di pezzi del
proprio repertorio. Bruni, assieme a Roberto De Simone, cura
anche le orchestrazioni. La prima parte (40 brani) vede la luce
nel 1984 (autoprodotta), ripubblicata nel 1991 insieme alla
seconda (altri 40 brani) da Bideri. L’anno prima Bruni aveva
fondato il “Centro di cultura per la canzone napoletana”. Nel
1994 viene pubblicata dalla EMI una raccolta di suoi brani,
con due inediti (uno dei quali, Napule doceamara, con la
Nuova Compagnia di Canto popolare). Il titolo è SERGIO BRUNI
– LA VOCE DI NAPOLI, la definizione con cui è conosciuto da
tutti. L’anno dopo tiene, a Napoli e a Roma, due concerti con
cui lascia le scene. Scompare a Roma il 22 giugno 2003.

MASSIMO BUBOLA
Nel patrimonio genetico di Massimo Bubola confluiscono
già al momento dell’esordio con NASTRO GIALLO, nel 1976,
elementi determinanti della sua poetica. Infanzia e adolescenza
vissute in un contesto rurale, la Bassa Veronese (è nato a
Legnago il 15 marzo 1954), con tutto il suo retaggio folk di
filastrocche, ballate e narrazioni popolari; l’educazione liceale
classica, che gli imprime il senso-desiderio della classicità
come valenza espressiva che deve resistere ai vezzi e all’usura
del tempo e delle mode; l’amore per la poesia, quella di Lorca
e di E.E. Cummings, di Rimbaud e di Leonard Cohen; e
l’amore per il rock, che ancora da teenager lo vede
impadronirsi, con la classica gavetta nei garage, del linguaggio
immaginifico di Bob Dylan ma anche di quello più stradaiolo
dei Rolling Stones.
Il primo incontro determinante è con Roberto Danè, che
produce il sopracitato album di debutto. Il secondo,
fondamentale, è con Fabrizio De André, che impartisce a
Bubola una sorta di garanzia doc, e nel contempo riceve dal
veronese nuova linfa per RIMINI del 1978 e FABRIZIO DE
ANDRÉ del 1981, e il 45 giri Una storia sbagliata, dedicata a
Pasolini. I due risultano coautori dei testi e delle musiche di
tutte le canzoni, e la mano di Bubola risulta evidente. Nel
frattempo il giovane cantautore scaligero ha dato alle stampe il
45 giri Chi ruberà / Bar dei cuori infranti e, prodotto con
Antonello Venditti, MARABEL, un bell’esempio di
predisposizione alla ballata elettrica in cui si sente l’influenza
del Dylan di BLOOD ON THE TRACKS e DESIRE (specie nella
stessa Marabel o in Billi, Iris e Re Michele). De André è
invece il produttore di TRE ROSE, che con il singolo Senza
famiglia sfiora anche i quartieri alti delle classifiche. Dal
punto di vista commerciale è probabilmente il momento più
favorevole di Bubola, che però non sfrutta furbescamente
l’onda, e nel disco del 1982, MASSIMO BUBOLA, privilegia
decisamente, un po’ in anticipo sui gusti italici degli anni a
venire, un rock più estroverso, diretto e sanguigno, alla
Springsteen.
Dopo una lunga pausa e VITA, MORTE E MIRACOLI (1989)
seguono anni in cui Bubola si propone come autore e
produttore, ad esempio per STORIE D’ITALIA dei Gang e, sempre
nel 1992, Il cielo d’Irlanda scritto per Fiorella Mannoia, dal
notevole successo. Poco prima era tornato a lavorare con De
André come coautore del testo di Don Raffaè. È il preludio a
un deciso ritorno al palco e ai lavori in prima persona. I suoi
dischi degli anni ’90, da DOPPIO LUNGO ADDIO ad AMORE E
GUERRA (in cui riprende brani scritti per altri), da MON TRESOR
(con Corvi, L’usignolo) a DIAVOLI E FARFALLE (Ballata dei
luminosi giorni), costituiscono un corpus produttivo, tra rock e
canzone d’autore, che gli assicura stima e un pubblico attento,
mentre testi e arrangiamenti si fanno via via sempre più scuri.
Attratto da una visione a tutto tondo dell’artista-artigiano in
senso rinascimentale, Bubola si è anche dedicato alla
traduzione dell’opera completa di Patti Smith (Sperling &
Kupfer, 1998).
Negli anni a seguire sconta alcune spigolosità caratteriali e
pubblica in quattro CD una testimonianza della sua attività live
e un nuovo lavoro inedito, SEGRETI TRASPARENTI. Nel 2005 un
album in cui riafferma, con intensità, le proprie radici, QUEL
LUNGO TRENO, accostando composizioni originali a brani della
tradizione veneta. (b.mo.)
DISCOGRAFIA

NASTRO GIALLO (Produttori Associati 1976)


MARABEL (Philips 1979)
TRE ROSE (Fado/Ricordi 1981, ristampato nel 2005 da
Eccher Music)
MASSIMO BUBOLA (Fado/CGD 1982)
VITA, MORTE E MIRACOLI (Ricordi 1989)
DOPPIO LUNGO ADDIO (Mercury 1994)
AMORE E GUERRA (Urlo/CGD 1996)
MON TRESOR (CGD 1997)
DIAVOLI E FARFALLE (CGD 1999)
GIORNI (Eccher Music 2001, ristampa di
DISPARI MASSIMO
BUBOLA con aggiunta di tre brani inediti)

IL CAVALIERE ELETTRICO - Volumi 1 e 2 (Eccher Music 2001,


doppio live con inedito)
IL CAVALIERE ELETTRICO - Volume 3 (Eccher Music 2002, live
con inedito)
NIENTE PASSA INVANO (Eccher Music/ElleU 2002, live
antologico con inedito)
SEGRETI TRASPARENTI (Eccher Music 2004)
IL CAVALIERE ELETTRICO - Volume 4 (Eccher Music 2004,
live, in omaggio il cofanetto per i quattro volumi della serie)
QUEL LUNGO TRENO (Eccher Music 2005)
DOPPIO LUNGO ADDIO. Pur con qualche eccessiva
levigatezza nei suoni, è uno dei migliori esempi del valore
di Bubola. Brani come Un sogno di più, Niente passa
invano, Dostoievskji sono di ottima fattura e rivelano doti e
mestiere nel saper coniugare testi importanti e rock folk
spesso di matrice americana. La produzione è di Piero
Fabrizi. Compare la versione di Bubola di Il cielo d’Irlanda.

BUGO
Cantautore ironico e molto sui generis, Cristiano “Bugo”
Bugatti (1969) da San Martino di Trecate (No) esordisce nel
1999 con il 45 giri Questione di eternità, seguito dal demo
PANE, PENE, PAN e dall’esordio ufficiale, LA PRIMA GRATTA
(2000), lavoro all’insegna di un folk rock sghembo e a
bassissima fedeltà. Una formula che, meglio rifinita, viene
riproposta nel più centrato SENTIMENTO WESTERNATO (2001).
Un po’ Battisti, un po’ Celentano, un po’ Beck, ma con una
visione della realtà di provincia e un umorismo dissacrante del
tutto personali, Bugo vede il proprio seguito allargarsi sempre
di più, tanto che il suo lavoro successivo, il poliedrico DAL
LOFAI AL CISEI (2002) esce addirittura per una multinazionale,
la Universal. Una scelta vissuta da parte della scena
indipendente come un vero e proprio tradimento. E marchiato
Universal è anche GOLIA & MELCHIORRE (2004), doppio CD
diviso tra una prima parte – prodotta da Roberto Vernetti – di
stampo elettrico-elettronico e una seconda improntata su
scarne ballate acustiche. Nel 2006 è la volta di SGUARDO
CONTEMPORANEO.

NINO BUONOCORE
Nato a Napoli il 26 luglio 1958, Adelmo (Nino) Buonocore
è un personaggio schivo, tendenzialmente distante dai circuiti
commerciali della musica, che pure ha praticato piuttosto a
lungo, in particolare con la RCA prima e con la EMI poi,
partecipando anche ad alcune edizioni del Festival di Sanremo.
Cantautore intimista e romantico, sempre raffinato nella cura
degli arrangiamenti, come molti artisti “ritrosi” è conosciuto al
grande pubblico per una piccolissima parte del suo repertorio,
e in particolare per due canzoni: la prima, presentata a
Sanremo nell’edizione 1987 (e classificatasi agli ultimi posti),
è Rosanna, suadente nel ritmo e nella strumentazione acustica,
adorna di un bel testo (“Come sei bella/bella da vivere/da
morire […] se pure diventassi il mio dolore/io non ti
sveglierò”); la seconda è Scrivimi, contenuta nel suo quinto
album SABATO, DOMENICA E LUNEDÌ, analoga nello stile al
precedente successo, dai versi infinitamente teneri, e che vanta
un ulteriore grande successo in ambito internazionale con
dodici traduzioni e quattro milioni di copie vendute. Dopo un
brano autoprodotto a 20 anni, Sferisterio, che incuriosisce gli
addetti ai lavori, Buonocore pubblica vari raffinati album
(ACIDA, 1980, Q-Disc; YAYA, 1982; NINO IN COPERTINA, 1983;
NINO BUONOCORE, 1984; UNA CITTÀ TRA LE MANI, 1988;
SABATO, DOMENICA E LUNEDÌ, 1990, LA NATURALE INCERTEZZA
DEL VIVERE, 1992; ALTI E BASSI, 1998; LIBERO PASSEGGERO,
2004) inizialmente vicini a una certa new wave. In tutti
compaiono episodi di valore, oltre a molti dei migliori
strumentisti italiani e internazionali: basti dire che tra i più
assidui collaboratori figura il grande trombettista Chet Baker.

FRED BUSCAGLIONE
Non arrivò certo all’improvviso il suo successo, ma dopo un
lungo e ricco cammino musicale percorso tra gli anni ’40 e
’50, del tutto autonomo dai luoghi deputati del Festival di
Sanremo, della radio e della nascente TV. Studente di
Conservatorio, Ferdinando Buscaglione aveva pian piano
imparato a suonare il violino e il contrabbasso, ma anche il
pianoforte, la tromba e il sax. Comincia ad amare lo swing e
dopo aver contribuito a “fondare” il jazz nella sua città, Torino
(dove era nato il 23 novembre 1921), con l’Hot Club Torino,
compie la classica gavetta della musica da ballo nei locali di
mezza Europa. Nel 1943, catturato dagli americani e portato in
Sardegna, entra nella banda militare, trasmessa dalla radio
alleata di Cagliari. Il jazz lo segna musicalmente, riflettendosi
poi anche nella produzione leggera. Basti dire che in quei
primi anni del dopoguerra, nella classifica dei migliori
violinisti jazz d’Europa della rivista “Musica Jazz”, dopo
Stephane Grappelly e Joe Venuti, figurava subito il suo nome,
come Nando Buscaglione. Ma contemporaneamente Nando
inizia a seguire anche un altro filone: un amico d’infanzia, Leo
Chiosso, poi avvocato e umorista, gli scrive originalissimi testi
per canzone, ispirandosi ai film di Eddie Constantine, ai
romanzi di Peter Cheyney e in particolare ai personaggi del
giallista Damon Runyion, come Dave lo Sciccoso, Cielo
Masterson o Nathan Detroit; insomma delle criminal songs, la
prima delle quali, Ogni notte così, risale al 1945; a sua volta
Tchumbala-bey, del 1953, avrà un buon successo interpretata
da Gino Latilla.
All’inizio sono ancora canzoni “leggere” alla Charles
Trenet, canzoni-racconto, a tema, dove sempre più compaiono
i nonsense, i divertimenti verbali, uno humour che in altra
epoca si sarebbe detto demenziale. Ferdinando diventa Fred e
prende così forma il suo personaggio, trasgressivo e
anticonformista nel roseo mondo della canzonetta anni ’50. Al
Campanaro della Valsugana risponde con Il dritto di Chicago,
alla Postina della Val Gardena con Che bambola (nel 1956 è il
primo grande successo), ad Acque amare con Whisky facile, a
Madonna fiorentina con Criminalmente bella, a La luna nel
rio con Cielo dei bar, a Buongiorno tristezza con Ciao Joe.
Ma tutto, s’intende, con ironia e autoironia, niente di maudit: è
un finto nottambulo, un finto dongiovanni, un finto
alcolizzato, un finto duro. In realtà un uomo spesso tenero,
perdente, un bullo di burro, vittima inerme delle sue
“bambole” e delle sue “piccole così”. Va cioè letto come pura
rappresentazione, rovesciato dall’ironia, il mito che nello
scorcio finale degli anni ’50 lo consegna a una larghissima
popolarità, ora anche discografica, televisiva e
cinematografica (sono diversi i film interpretati): la fama di
animale della notte e del night, la vita sregolata, i flirt con
attrici e attricette, la leggenda del rapimento di una
contorsionista marocchina di nome Fatima Ben Embarek e la
storia vera del matrimonio clandestino con lei, che diventò
così Fatima Robin’s, sua abituale partner vocale. Buscaglione
amava tuttavia precisare che il suo personaggio non era solo
letterario, ma nasceva anche dell’osservazione diretta della
realtà, seppur trasfigurata. È il caso per esempio di brani
notissimi come Teresa non sparare (1957) o Eri piccola
(1958): di quest’ultima diceva che “prima di una canzone è
una story, l’articolo di una rivista americana specializzata in
hot news, a cui noi aggiungiamo il paradosso, ottenendo il
grottesco. Basta togliere il burro, la marmellata e qualche altro
dettaglio scherzoso, e non resta un dramma vero, un fatto
patetico?”
Ma sarebbe riduttivo limitare il fenomeno Buscaglione ai
testi delle canzoni. Si tratta invece di un piccolo miracolo di
integrazione artistica, curato nei dettagli: l’adesione perfetta ai
versi di Chiosso, ma anche il “look” (ciuffo e baffetti alla
Clark Gable, sigaro, abito a righe, bretelle, gilet damascato,
cappellone alla Cab Calloway in principio, poi un più elegante
cappello con l’ala abbassata sulla fronte); e ancora la voce
atipica, apparentemente sporcata dal whisky; il canto
“recitato”, che sa interpretare e valorizzare la parola ma al
tempo stesso è puntualissimo nei tempi, nei ritmi, nello swing;
la modernità degli arrangiamenti eseguiti dal gruppo degli
Asternovas, ricchi di trovate estrose (“rumori” ed effetti
sonori, per esempio) e capaci di trapassare dal blues e dal
boogie, anche all’improvviso, al mambo o al tango. In tutto
Buscaglione ha inciso oltre un centinaio di canzoni, tra le quali
vanno ancora citate almeno le romantiche Love in Portofino e
Guarda che luna del 1958, e Che notte! del 1959. Una raccolta
reperibile è CRIMINALMENTE FRED (del 1992), oppure i cinque
CD di TUTTO BUSCAGLIONE (del 2000).
Come spesso accade, i confini tra la sfera della finzione e
quella dell’esistenza reale possono finire per confondersi,
anche senza volerlo. All’alba del 4 febbraio 1960 Fred
Buscaglione muore scontrandosi, al volante della sua Ford
Thunderbird rosa confetto, contro un autocarro Lancia Esau
carico di pietrisco; dopo lo scontro il macchinone viene
scaraventato davanti a Villa Taverna, residenza ufficiale
dell’ambasciatore americano a Roma. (e.d.a.)
DISCOGRAFIA
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI SOLISTI (Cetra 1956, EP
pubblicato anche come FRED BUSCAGLIONE E I SUOI
ASTERNOVAS)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS (Cetra 1956, LP 25
cm)
FRED Buscaglione e i Suoi Asternovas – PENSA AI FATTI TUOI
(Cetra 1956, EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAs (Cetra 1956, LP 25
cm)
LE NUOVE CANZONI DI FRED BUSCAGLIONE (Cetra 1957, EP)
LE NUOVE CANZONI DI FRED BUSCAGLIONE (Cetra 1957, LP
25 cm)
BALLIAMO CON FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS E
FATIMA ROBIN’S (Cetra 1957, LP 25 cm)
LE NUOVE CANZONI DI FRED BUSCAGLIONE – ‘A CODA ‘E
CAVALLO (Cetra 1957, EP)

FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS + FATIMA ROBIN’S


(Cetra 1957, EP)
Fred Buscaglione e i suoi ASternovas – NEL BLU DIPINTO DI BLU
(Cetra 1958, EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS (Cetra 1958, LP 25
cm)
FRED BUscaglione e i suoi ASternovas – VOCCA ROSSA (Cetra 1958,
EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS + FATIMA ROBIN’S
(Cetra 1958, EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS (Cetra 1958, LP 16
giri)
I’LL REMEMBER PORTOFINO (Cetra 1958, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – MAGIC MOMENTS (Cetra
1958, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – DONNA DI NESSUNO (Cetra
1958, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – TEQUILA (Cetra 1958, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – IO (Cetra 1958, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – OGNI NOTTE COSÌ (Cetra
1958, EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI SOLISTI (Cetra 1959, EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – PIANGI (Cetra 1959,
EP)
FRed Buscaglione e i suoi Asternovas – TERZIGLIA (Cetra
1959, EP)
FRED Buscaglione e i suoi Asternovas – CHE NOTTE (Cetra
1959, EP)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS (Cetra 1959, LP 16
giri)
I’LL REMEMBER… MY LOVED ADRIATIC SEA (Cetra 1959, EP)
Fred Buscaglione e i suoi Asternovas – OGNI NOTTE COSÌ (La Voce
del Padrone 1959, EP)
FRED BUSCAGLIONE NEL FILM “RAGAZZI DEL JUKE BOX”
(Cetra 1959, EP)
PER UNA DONNA (Cetra 1959, EP)
16 SUCCESSI DI FRED BUSCAGLIONE (Cetra 1959)
FRED BUSCAGLIONE E I SUOI ASTERNOVAS NELLE CANZONI DEL
FILM “NOI DURI” (Cetra 1960, EP)

LO RICORDEREMO COSÌ (Cetra 1960)


IL FAVOLOSO FRED BUSCAGLIONE (Fonit Cetra 1987)
CRIMINALMENTE FRED (Sugar 1992, con un inedito)
TUTTO BUSCAGLIONE (Elleu 2000, box di cinque CD venduti
anche separatamente)
L’ITALIANO IN BLUES (Warner Fonit 2000)
A QUALCUNO PIACE FRED (Warner Fonit 2003, album doppio)
C
ROBERTO CACCIAPAGLIA
Milanese, classe 1953, diplomato in composizione al
Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, è compositore e
produttore particolarmente apprezzato soprattutto nell’ambito
della ricerca a cavallo tra sperimentazione e popular music.
Ciò è già evidente nell’album d’esordio SONANZE (1975),
uscito per la tedesca OHR grazie alla quale entra in contatto
con gruppi tedeschi come Popol Vuh e Tangerine Dream. Nel
1979 esce SEI NOTE IN LOGICA, opera per voci, orchestra e
computer, mentre poco dopo inizia a lavorare anche come
compositore per teatro e cinema e come produttore per vari
artisti, come Gianna Nannini, Alice, Giuni Russo, Amanda
Lear, Ivan Cattaneo. Continua intanto a realizzare numerose
opere, eseguite dal vivo in vari festival, mentre sul fronte
discografico pubblica nel 1986 GENERAZIONI DEL CIELO, nel
1992 ANGELUS ROCK, nel 1996 TRA CIELO E TERRA (con la
partecipazione di Franco Battiato con cui aveva già
collaborato negli anni ’70), nel 2001 ARCANA, nel 2003
TEMPUS FUGIT, nel 2005 INCONTRI CON L’ANIMA. Personalità
multiforme, Cacciapaglia è un artista capace di rielaborare e
sintetizzare nella sua scrittura numerose influenze musicali.

GIORGIO CALABRESE
Autore di testi nato nel 1929 a Genova, è uno dei
protagonisti assoluti della canzone d’autore italiana delle
origini, quella pionieristica dei primi esponenti della scuola
genovese, di Nanni Ricordi e della sua scuderia di artisti di
razza come Paoli, Tenco, Gaber e Umberto Bindi. Con
quest’ultimo Giorgio Calabrese instaura un rapporto
professionale e umano che condurrà alla nascita di canzoni
immortali come Arrivederci e Il nostro concerto tra il ’59 e il
’60. Anche il Festival di Sanremo viene baciato dalla sua
penna elegante: Non mi dire chi sei e soprattutto E se domani
(notissima poi nella versione di Mina) sono tra le cose migliori
dell’autore ligure. Molta importanza, nella carriera di
Calabrese, rivestono le traduzioni, realizzate con fedeltà e
delicatezza: a lui si devono le magnifiche liriche italiane di La
pioggia di marzo (di Jobim) e Il disertore (di Boris Vian),
entrambe riprese negli anni ’90 da Ivano Fossati. Fin dagli
anni ’60 Calabrese ha affiancato all’attività di autore di testi
quella di autore e curatore di programmi televisivi, anche di
grande richiamo, come “Fantastico” e “Domenica In”.

FRANCO CALIFANO
Cantautore controverso, estremamente prolifico e spesso
caratterizzato da una vena “maudit”-popolaresca e da un’altra
più propriamente malinconico-poetica. Franco Califano,
salernitano di origine e romano di formazione (scriverà anche
in dialetto), nasce casualmente a Tripoli il 14 settembre 1938.
Dopo un periodo come attore di fotoromanzi, nella seconda
metà degli anni ’60 firma testi di successi come E la chiamano
estate (per Bruno Martino), La musica è finita e Una ragione
di più (per Ornella Vanoni). Nel decennio seguente il
“Califfo”, pur molto lontano dalla canzone d’autore imperante,
scrive per sé L’urtimo amico va via (1975), la nota Tutto il
resto è noia e M’innamoro de te (1977), ma anche per altri: nel
1972 Semo gente de borgata per i Vianella, e nel 1973
Minuetto per Mia Martini, Un grande amore e niente più per
Peppino Di Capri e l’intero album AMANTI DI VALORE di Mina.
Nel frattempo incide vari album (il primo, del ’75, è ‘N
BASTARDO VENUTO DAL SUD), senza mai grandi gratificazioni di
vendite, tranne, in parte, per TAC (1978). Al Festival di
Sanremo debutta nel 1988, con Io (per le strade di quartiere).
Nel 1990 è autore per Mia Martini de La nevicata del ’56, che
lui stesso incide, con qualche variazione nel testo, in un
proprio album omonimo. È ancora a Sanremo nel 1994 con
Napoli. Nel 2003 pubblica LE LUCI DELLA NOTTE. Spesso più
noto per vicende extra artistiche (la fama di playboy, il carcere
e poi l’assoluzione), Califano ha un pubblico devoto, specie
nel Lazio, e con il tempo è stato rivalutato da una parte della
critica nonché oggetto di omaggi da parte di artisti delle nuove
generazioni come i Delta V, che nel 2001 hanno portato al
successo un suo vecchio brano, Un estate fa. Nel 2005
Califano torna a Sanremo con Non escludo il ritorno, scritta
assieme a Federico Zampaglione dei Tiromancino, con il quale
compone anche il testo di Un tempo piccolo, pubblicata negli
album di entrambi.

I CALIFFI
Fiorentini, si affermano durante la fase matura del beat
italiano. Esordiscono come “I quattro Califfi” con il 45 giri Ti
giuro è così (1966), una cover dei Kinks, cui seguono, con il
nome “I Califfi”: Al mattino (1967), Così ti amo e Chiuso con
tutti (1968, dai Bee Gees). Nel 1969 pubblicano l’LP
omonimo contenente Pensieri, una cover dei Nice. La
formazione vede Franco Boldrini (bs. e compositore) nel ruolo
di “capobanda”, termine in uso all’epoca, Giacomo Romoli
(organo Hammond), Carlo Felice Marcovecchio (vc., bt.) e
Paolo Tofani (ch.), poi nei Profeti e negli Area; sono quasi tutti
musicisti di estrazione jazzistica, cosa rara all’epoca. Il
produttore è il noto Gian Franco Intra. Sul finire del decennio i
Califfi sono molto ricercati per le serate e partecipano al Disco
per l’estate con Fogli di quaderno (1969). Si sciolgono agli
inizi degli anni ’70, quindi, con il solo Boldrini del gruppo
originario, nel 1973 incidono FIORE DI METALLO, album dalle
influenze progressive, tutt’oggi ricercato. Ancora una breve
reunion nel ’92 con Boldrini e Romoli, e poi nel 2004 l’album
EVOLUZIONE con brani nuovi, rielaborazioni di alcuni vecchi
classici del gruppo e cover, proposti anche dal vivo.

CAMALEONTI
Storica formazione milanese nata nel 1963, suona
inizialmente nelle balere della periferia cittadina. Il nome
viene scelto nel 1965 per la versatilità nell’esecuzione di
generi musicali differenti. Il gruppo è composto da Antonio
Cripezzi (vc., ts. e vi.), Livio Macchia (bs., vc. e ch.), Riki
Maiocchi (vc.), Gerry Manzoli (bs.) e Paolo De Ceglie (bt.). I
primi 45 giri risalgono al 1965-’66: fra gli altri ricordiamo
Sha…lalalala, I capelloni, Io lavoro (una bella cover degli
Animals da We’ve Gotta Get Out Of This Place) e Chiedi
chiedi che ha buoni risultati di vendite. Segue l’LP THE BEST
RECORDS IN THE WORLD (1966) con cover interessanti,
Norvegian Wood su tutte. Il gruppo dimostra di possedere una
notevole carica, passando con disinvoltura dal beat alla
canzone di protesta. Dal 1966 Maiocchi lascia il posto a Mario
Lavezzi. Con lui i Camaleonti incidono Uno in più di Battisti e
i primi veri successi: Portami tante rose (cover di un brano
degli anni ’30) e soprattutto L’ora dell’amore (la celebre
Homburg dei Procol Harum), cui seguono Applausi e IO PER
LEI, album e singolo (1968). Virando decisamente verso uno
stile melodico, dopo Viso d’angelo (1969) nel 1970
partecipano al Festival di Sanremo insieme a Ornella Vanoni
con Eternità e incidono il discusso Lei mi darà un bambino,
brano di sette minuti. Nel 1973 vincono Un disco per l’estate
con Perché ti amo e poi ottengono ancora un buon riscontro
commerciale con Piccola venere (1975). Il passaggio dal beat
al pop melodico è positivo in termini di notorietà, al punto che
nasce l’effimera esperienza di un’etichetta in proprio, la
Camaleo. Nel 1979 tornano al Festival con Quell’attimo in
più, ma il nuovo decennio vede un minore seguito di fan e
alcuni cambi di formazione. Nel 1981 i Camaleonti
compongono la colonna sonora del film “Tango della gelosia”,
con Monica Vitti. Nel 1993, ormai nella fascia dei gruppi di
revival, cantano a Sanremo Come passa il tempo insieme ai
Dik Dik e a Maurizio Vandelli. Come spesso accade in
situazioni analoghe, sono numerose le antologie: fra le altre,
2001 E OLTRE (2001), con inediti e cover internazionali, e 40
ANNI DI MUSICA E APPLAUSI (2004), una riedizione di successi
con alcuni pezzi nuovi. Nel 2004 viene a mancare lo storico
batterista Paolo De Ceglie. Escono poi alcuni singoli e un
album che confermano il gruppo fra i più longevi della
canzone italiana.

ALBERTO CAMERINI
Nato a San Paolo del Brasile il 16 maggio 1951 da genitori
italiani (per una breve autobiografia si ascolti il brano Alberto,
nell’album GELATO METROPOLITANO), Camerini cresce
artisticamente nella Milano degli anni ’70, in un ambiente di
vivace e creativo anticonformismo (Area, Stormy Six, Claudio
Rocchi). All’università conosce Eugenio Finardi e con lui
decide di fare il musicista. Dopo aver collaborato, a partire dal
1971, come apprezzato chitarrista rock con lo stesso Finardi e,
fra gli altri, con Claudio Rocchi, Stormy Six, Patty Pravo,
Fausto Leali, incide con la Cramps il 45 giri Pane quotidiano /
In giro per le strade e quindi tre album di nicchia, originali e
riusciti, di pregevole rock d’autore un po’ fricchettone, con
influssi sudamericani. La trilogia è costituita da CENERENTOLA
E IL PANE QUOTIDIANO, con Fariselli e Tofani degli Area (1976,
con Droga, Cenerentola), GELATO METROPOLITANO, cui
collaborano Lucio Fabbri e Ares Tavolazzi come produttore
(1977, Bambulè, Alì Babà nella jungla), e COMICI COSMETICI,
un concept prodotto da Shel Shapiro (1978, Poliziotto per
favore, Macondo) che ospita Marco Ferradini ai cori. Sono gli
ultimi anni della fantasia al potere, delle case occupate, del
Parco Lambro. La carriera di Camerini vira decisamente verso
un prodotto che cavalca l’onda dei tempi. Prodotto da Roberto
Colombo, il nuovo corso trasforma il cantautore in un
Arlecchino postmoderno e computerizzato. I primi anni ’80
rappresentano l’apice del riscontro di pubblico, con brani assai
apprezzati dalle radio (e meno dai primi fan) come Serenella,
Sintonizzati con me, Tanz Bambolina, Computer capriccio e
soprattutto Rock’n’roll robot, il suo pezzo più noto che gli
procura un seguito anche fra i bambini. Gli album ALBERTO
CAMERINI, RUDY E RITA e ROCKMANTICO (tutti per la CBS)
segnano un crescendo di soddisfazioni commerciali: è l’epoca
delle partecipazioni a “Domenica in” e al Festivalbar. Nel
1984 porta al Festival di Sanremo La bottega del caffè. Dopo
l’interlocutorio ANGELI IN BLUE JEANS (che non replica i
successi precedenti anche per una certa virata verso una
musica più adulta), la fine del rapporto con la CBS e una lunga
pausa. Il percorso artistico di Camerini, ripreso dopo quasi un
decennio con DOVE L’ARCOBALENO ARRIVA, si snoda lungo una
discontinua altalena fra trasgressione e ammiccamento,
comparsate televisive, riedizioni di passati successi e tentativi
di rinnovamento. Uno di questi ultimi è l’album KIDS WANNA
ROCK (2005),che lo propone in agguerrita ma poco originale
versione ska-punk. Intanto nel 2002 ha messo in scena un
monologo teatrale, ennesima conferma del suo amore per la
Commedia dell’Arte.

JURI CAMISASCA
Roberto “Juri” Camisasca esordisce nel 1974 con un album
anomalo, dai testi surreali, LA FINESTRA DENTRO, prodotto da
Franco Battiato e Pino Massara. Accolta con entusiasmo dalla
critica, quest’opera giovanile (l’autore è nato a Melegnano, in
provincia di Milano, il 9 agosto 1951) condensa il disagio di
un’epoca e si annovera tra gli episodi più originali del prog
italiano. Seguono i 45 giri La musica muore e Himalaya e la
partecipazione al progetto Telaio Magnetico. Di questi anni
sono anche le partecipazioni vocali a dischi di Battiato (CLIC,
1974, e JUKE BOX, 1978) e altri artisti. Alla fine degli anni ’70
l’inquietudine esistenziale sfocia in una ricerca religiosa che lo
porta a ritirarsi a vita monastica. Ne esce nel 1987 per
partecipare all’opera “Genesi” di Battiato, in cui è cantore e
voce recitante (sarà anche in “Gilgamesh” del 1992). In
seguito, alla vita monastica preferirà quella eremitica, alle
pendici dell’Etna. Di quel periodo è il suo TE DEUM (1988),
disco di canto gregoriano arrangiato elettronicamente, che
comprende brani della tradizione e composizioni originali.
Segue IL CARMELO DI ECHT (1991), forse la vetta della sua
produzione, e nel 1999 il più elettronico ARCANO ENIGMA,
suonato con i Bluvertigo; sono dischi che ne confermano le
doti di autore fuori dal coro, attento ai temi della ricerca
interiore, e di interprete dalla timbrica calda e suggestiva,
esaltata nelle rare esibizioni dal vivo. Lungo tutto il corso della
sua carriera Camisasca ha scritto canzoni per altri interpreti,
come Nomadi (incisa da Alice, Battiato e Giuni Russo) e
diversi brani per Milva (in SVEGLIANDO L’AMANTE CHE DORME,
1989) e Alice (IL SOLE NELLA PIOGGIA del 1989 e i singoli Open
Your Eyes, 1998, e Il giorno dell’indipendenza, portato a
Sanremo nel 2000). È presente come autore, tra gli altri, anche
in SERENDIPITY della PFM (2000) e in MORIRÒ D’AMORE (2003)
di Giuni Russo, e come interprete nel progetto Devogue
(1997). Camisasca si dedica con pari talento alla pittura di
icone, attività che negli ultimi anni è diventata la sua
principale.

SERGIO CAMMARIERE
Una relazione quasi congenita quella tra Sergio Cammariere
e la musica, un’attrazione che in maniera del tutto naturale lo
ha portato al pianoforte da autodidatta: ad appena sette anni
rifà perfettamente l’Ave Maria di Schubert, dopo che ne aveva
suonato la melodia con una melodica soprano, primo
strumento dal quale apprende il senso dell’armonia. Di lì a
poco diventa un esecutore eccellente di grandi compositori
classici, ma anche del rock più sinfonico e dei cantautori
italiani. Le prime esibizioni in pubblico di Sergio Cammariere
sono nella sua terra, Crotone, dove è nato il 15 novembre
1960, conterraneo ma anche cugino (come scoprirà solo dopo
molti anni) di Rino Gaetano. A 14 anni inizia a suonare il
piano da professionista, esibendosi in un ristorante della zona.
Dopo il diploma come geometra si trasferisce a Firenze (è il
1979) per frequentare la facoltà di Giurisprudenza, ma questa
città è il punto di partenza di un altro percorso di vita, quello
di un musicista che solo dopo una lunghissima gavetta riuscirà
a ottenere il dovuto riconoscimento. Nella città toscana, infatti,
suona in ristoranti e locali, venendo a contatto con diversi
chansonnier come Enzo Scianna e Giancarlo Chiari che gli
insegnano il mestiere. Inizia intanto a scrivere canzoni. Il jazz
è sempre più un riferimento, da Bill Evans a Keith Jarrett.
Dopo un periodo passato come pianista di piano bar in tutta
Italia, e specie in Sardegna, con un repertorio di tutto rispetto
tra standard jazz e canzone d’autore, Cammariere si trasferisce
a Roma. Lascia il piano bar e inizia a esibirsi in luoghi come
“Il locale”, quello di Daniele Silvestri, Max Gazzè, Alex Britti,
tutti amici ed estimatori dell’artista. In quel periodo – siamo a
inizio anni ’90 – conosce anche il cantautore Roberto Kunstler,
che diventa l’autore dei suoi testi. Con lui esordisce su disco
nel 1993 in un album a doppio nome, I RICORDI E LE PERSONE,
che non ottiene però visibilità. Inizia a scrivere musica per il
cinema (fra i vari film, “Quando eravamo repressi”, “Uomini
senza donne” e “Il decisionista”), dà vita a gruppi come Stress
Band e USD e a poco a poco entra nel circuito jazz romano,
dove conosce musicisti come il contrabbassista Luca
Bulgarelli e il batterista Amedeo Ariano che formeranno il
nucleo del suo gruppo, quella che lui stesso chiama la sua
“famiglia” (ne fanno parte, fra gli altri, Olen Cesari al violino,
Fabrizio Bosso alla tromba e Simone Haggiag alle
percussioni).
Nel 1997 viene invitato al Premio Tenco dove riceve il
Premio IMAIE per l’artista esordiente, creato in
quell’occasione. È un grande incoraggiamento. L’anno dopo
esce un EP con tre brani che non riesce però ad avere una
distribuzione. Sono anni difficili, molti riconoscono il talento
del musicista calabrese che però non trova una casa
discografica disposta a pubblicargli un disco. Ciò avviene solo
nel 2001, quando il produttore Biagio Pagano dapprima
stampa con la sua etichetta, Via Veneto Jazz, l’esordio in
prima persona di Cammariere (a 41 anni) e poi riesce a dare in
licenza il disco alla EMI nel gennaio 2002. Il titolo è DALLA
PACE DEL MARE LONTANO, con canzoni nate dall’ormai
decennale collaborazione Cammariere-Kunstler. Il disco
ottiene riscontri, anche di pubblico, sempre maggiori,
accompagnati da numerose esibizioni live e da vari premi e
riconoscimenti, sino alla Targa Tenco come migliore opera
prima. A fine 2002 il disco ha già raggiunto buoni risultati di
vendite ma la grande affermazione arriva poco dopo, al
Sanremo 2003, dove Cammariere porta Tutto quello che un
uomo, brano che vince il Premio della critica e cattura il
grande pubblico rilanciando DALLA PACE DEL MARE LONTANO,
che conquista la testa della classifica per più di un mese. La
EMI alla fine dell’anno pubblica poi il suo primo DVD “In
concerto – dal Teatro Strehler di Milano”. Alla fine del 2004 il
singolo Libero nell’aria anticipa SUL SENTIERO, nuovo album
ricchissimo di presenze (tra cui un’orchestra) che conferma la
statura di questo calabrese capace di cantare il jazz e dare
raffinata classicità alla canzone d’autore. Molti i brani di alto
livello, tra i quali l’intensa Ferragosto su testo di Samuele
Bersani, con cui Cammariere aveva scritto nel 2003 un brano
(Se ti convincerai) per il disco CARAMELLA SMOG del
romagnolo.
Sergio Cammariere, che ha composto anche per Paola Turci,
Ornella Vanoni e altri, è uno dei maggiori talenti prodotti dalla
musica italiana nell’ultimo decennio. (n.ve.)
DISCOGRAFIA

I RICORDI E LE PERSONE (IT 1993, con Roberto Kunstler)


TEMPO PERDUTO (Time music 1998, EP promozionale)
DALLA PACE DEL MARE LONTANO (Via Veneto Jazz 2001, poi
ristampato dalla EMI nel 2002 e nel 2003 con l’aggiunta di
Tutto quello che un uomo)
SUL SENTIERO (EMI 2004)
DALLA PACE DEL MARE LONTANO. Il disco è stato registrato
interamente in presa diretta, scelta fatta dopo aver appreso,
il primo giorno di registrazione, della morte di Charles
Trenet e aver inciso in quel modo la sua La mer, tradotta da
Pasquale Panella in Il mare. Tutti gli altri testi sono di
Kunstler. Molti i brani di valore, come Tempo perduto, Via
da questo mare, Cambiamenti del mondo, Vita d’artista e la
title track, ispirata alla poesia di Carlo Michaelstaedter “I
figli del mare”.

CAMPIONI
Nati dalle ceneri dei Rocky Mountain, i Campioni
raggiungono la popolarità negli anni ’50 come gruppo
d’accompagnamento di Tony Dallara. Punti fermi del
complesso sono Piero Villa (bs., vi. e vc.), Bruno De Filippi
(ch., ar. e vc.) e Paolo Ordanini (ts. fi. e vc.). Dopo la partenza
di Dallara per il servizio militare, ingaggiano il cantante
romano Roby Matano e inaugurano una discografia autonoma
con Mr. Wonderful (1958). Il successo arriva l’anno successivo
con Tintarella di luna, incisa successivamente da Mina. Nel
1962 De Filippi lascia il complesso e viene sostituito da Nino
Grassi, mentre negli anni cambierà anche il batterista: a Teo
Pascotto subentreranno Claudio Benedetti, Giorgio Vanni e
Giampaolo Zambon. Dopo un altro brano di una qualche
notorietà, Let’s Gonna Rock, nel 1963 il ruolo di chitarrista
viene affidato a un giovane Lucio Battisti con il quale
registrano tre singoli. La fine degli anni ’60 coincide con il
declino e infine con lo scioglimento del complesso.
Pochissime oggi, nonostante la vasta discografia, le incisioni
reperibili su CD per i Campioni, ricordati soprattutto per aver
ospitato Lucio Battisti.

BRUNO CANFORA
Noto al pubblico come direttore d’orchestra di vari
programmi TV negli anni ’60 come “Canzonissima” e “Studio
Uno”, in cui si rivela attento anche all’aspetto spettacolare del
suo lavoro. Nasce nel 1924 a Milano. Studia pianoforte, si
diploma in oboe e poi, appassionato di Duke Ellington, fonda
nel 1947 la sua prima orchestra, che ha successo anche
all’estero. Inizia a lavorare in radio e nel 1957 anche come
autore per il cinema. Il passo successivo è la TV, per la quale
compone varie sigle di successo. Nell’ambito della canzone è
arrangiatore affermato. Negli anni ’60 lavora molto per Mina,
firmando canzoni come Brava (costruita proprio per
valorizzare le doti vocali della cantante) e Due note. Ma di
Canfora sono anche le musiche di brani come Il ballo del
mattone e Il geghegè per Rita Pavone, Da-da-umpa e La Notte
è piccola (per noi) per le gemelle Kessler, Zum zum zum per
Sylvie Vartan e Stasera mi butto per Rocky Roberts. Grandi
successi, in alcuni casi non privi di una certa raffinatezza, in
molti altri invece decisamente leggeri e spensierati. È stato
anche autore per varie commedie musicali di Garinei e
Giovannini.

CANTACRONACHE
Il nome di Cantacronache designa non un gruppo musicale o
una formazione fissa, bensì un vero e proprio movimento
ideologico e politico, promosso a Torino da alcuni intellettuali
tra musicisti, poeti e scrittori, che alla fine degli anni ’50
stabilisce di esprimersi attraverso la forma canzone. Ideatore è
il musicista Sergio Liberovici: ha in mente di fare canzoni dal
valore critico, che possiedano però la scorrevolezza e la
fruibilità per arrivare a tutti; una “ballata storica” dalla valenza
sociale sul modello di Brecht-Weill, Brassens, Prévert-Kosma.
Ha in mente, cioè, di dare un contenuto ideologico alla
canzone di consumo. Ne parla con lo scrittore, poeta e
cantante Michele Luciano Straniero, e i due – siamo nel 1958
– prendono a riunire attorno a sé musicisti (Fausto Amodei,
Mario Pogliotti, Fiorenzo Carpi), scrittori, poeti e intellettuali
(Italo Calvino, Gianni Rodari, Franco Fortini, Emilio Jona,
Giorgio De Maria, Umberto Eco, Franco Antonicelli, Giustino
Durano), grafici (Lucio Cabutti), cantanti (Franca Di Rienzo,
Edmonda Aldini, Piero Buttarelli, Silverio Pisu) e accolgono
alcuni tra i primissimi cantautori italiani come Margherita
Galante Garrone, in arte Margot, Duilio Del Prete, gli stessi
Amodei e Pogliotti.
Storicamente innestato nel periodo d’oro del Festival di
Sanremo, tempio della canzonetta disimpegnata e prototipo
della macchina commerciale, il movimento di Cantacronache
nasce e cresce proprio in reazione a quel mondo edulcorato e
fittizio che i testi cantati raccontano a milioni di ascoltatori,
tacendo di fatto la realtà della vita quotidiana di un Paese
appena uscito dalle devastazioni della guerra. “Per riportare in
Italia la canzone a un livello decoroso […] loro giovani, ma
uniti dal fastidio per l’aumento dell’idiozia che regna nelle
canzoni italiane”, sono le parole illustri del musicologo
Massimo Mila. Tanti, vistosi e provocatori sono infatti gli
elementi di contrasto con le canzoni in voga all’epoca, specie
nel linguaggio: la parola è di uso corrente, sostantivi e
locuzioni che mai si era osato inserire in un testo diventano
peculiarità del repertorio di Cantacronache. E poi,
naturalmente, la straordinaria novità dei contenuti: “cantare la
cronaca”, appunto. Tutto questo corrisponde a un preciso
programma, reso chiaro dal primo lavoro del gruppo,
composto da un disco e una rivista: CANTACRONACHE
SPERIMENTALE. Il disco, edito da Italia Canta (che allora si
occupava dell’organizzazione di concerti), comprende le
canzoni Colloquio con l’anima (Jona), Canzone triste e Dove
vola l’avvoltoio (Calvino), che contiene i versi “Nella limpida
corrente/ ora scendon carpe e trote/ non più i corpi dei soldati/
che la fanno insanguinar”, Ad un giovane pilota (De Maria).
Dell’album fa parte anche quello che è un vero e proprio
manifesto in musica e versi, La canzone dei fiori e del silenzio,
firmato Jona-Liberovici (“Ci dicono cantate/ dei boschi e dei
fiori/ degli amori felici/ della gente lietamente/ Con filo di
ferro/ le palpebre cucite/ e di sorda ovatta/ le orecchie
imbottite. E se la ruota gira lasciatela girare/ se l’uomo
s’addormenta lasciatelo dormire […] e se qualcuno muore
lasciatelo morire […] Siate i ritmici giullari/ dell’era
industriale/ siate mercanti di piccola illusione […] E dicono
tacete/ perché il silenzio è d’oro/su miseria e lavoro/ Tacete
della vita/se ha giorni grigi e duri/ tacete degli amori/ se sono
tristi e oscuri […] Ma se la ruota gira non lasciamola girare/ se
l’uomo s’addormenta non lasciamolo dormire […] e se
qualcuno muore non lasciamolo morire”). La rivista contiene
un articolo programmatico in cui gli autori chiariscono il loro
intento di “evadere dall’evasione”, utilizzando un “linguaggio
piano e accessibile, in forme metriche tradizionali” e una
“musica melodica e immediatamente emotiva (cioè le stesse
armi della canzone d’evasione)”, descrivendo la realtà “in
modo critico e ironico, burlesco o commosso, aggressivo o
risentito, o persino drammatico”, per evidenziare le
contraddizioni e i problemi sociali e stimolando così la criticità
degli ascoltatori. Ogni fine commerciale è naturalmente
escluso. Anche l’aspetto interpretativo viene preso in esame:
contro “misticismo gratuito”, “generalizzazione e
arricchimento incontrollato”, “falso angelismo (infantilismo)”,
“strumentazione stereotipata e ‘di effetto’”, propongono il
modello del cantore popolare, dalla voce “grezza, incolta ma
naturale, viva, familiare, umana”, accogliendo le modalità
della recitazione, della declamazione, dell’accompagnamento
semplice fatto anche di un solo strumento come chitarra,
pianoforte o fisarmonica.
Riguardo alla discografia, la produzione è variegata quanto
lo sono le personalità di cui il movimento, nel tempo, si
arricchisce. Accanto ai diversi dischi CANTACRONACHE, ci sono
i CANTAFAVOLE (con le firme di Calvino, Gramsci, Fortini,
Jona, Rodari, con lo scopo di avvicinare presto i bambini per
insegnar loro a comprendere le forme narrative e poetiche più
elevate e difendersi dai meccanismi industriali); due manifesti
di poesia (con voci di Majakovskij e di Hikmet); ci sono
FIRENZE 1944 (sulla liberazione di Firenze, volutamente
“senza retorica”, per imprimere all’opera valenza
documentale) e NO AL FASCISMO (nato sulla scia del contestato
Governo Tambroni, che racconta le manifestazioni e gli eventi
più drammatici a esso legate, tra cui la celeberrima Per i morti
di Reggio Emilia); e ci sono i CANTI DI PROTESTA DEL POPOLO
ITALIANO (risultato delle ricerche su canti anarchici e socialisti)
e le canzoni ungheresi dell’Ottocento per Garibaldi; non
mancano infine testimonianze musicali sui moti di
indipendenza a Cuba, Angola, Algeria, Spagna (questi ultimi
comprendono registrazioni originali di canzoni raccolte in
viaggio, poi pubblicate da Einaudi, motivo per cui la casa
editrice subì persino un processo). È un periodo di forte
tensione politico-sociale, e il movimento di Cantacronache si
pone come testimone a tutto tondo. Nel loro repertorio di
canzoni i titoli sono già fortemente indicativi: Ballata ai
dittatori, Canzone alla classe dirigente, Il giorno
dell’uguaglianza. Tra i brani più significativi si ricordano,
oltre a quelli già citati, la Canzone della Michelin, riferita allo
sciopero del 1962 (“cerchiam d’esser cittadini/ e non sudditi
cretini”); le ironiche Ero un consumatore, nata dalla notizia
della scoperta di uno scandalo sull’adulterazione dei cibi, e
Una parola non molto distinta (“quando cerchi ad ogni costo/
d’esser caustico e blasfemo/ poi arrivi al primo posto/ al
concorso di San Remo”); Il riccio e la mela, racconto di
Gramsci da “Lettere dal carcere”, con accompagnamento
musicale da Liberovici; La zolfara, di Straniero-Amodei, sui
molti incidenti occorsi tra il ’57 e il ’58 nelle cave di zolfo
siciliane; Un paese vuol dire non essere soli, di Pogliotti,
ricordo-omaggio a Cesare Pavese a dieci anni dalla morte;
Questa democrazia, di Pogliotti, dall’incipit in perfetto stile
Cantacronache: “Ammesso e non concesso/che l’italiano
medio è un poco fesso…”.
L’azione del movimento si esplica in modo del tutto
trasversale rispetto ai canali di diffusione in cui è solita
muoversi la produzione musicale. C’è soprattutto molta
attività dal vivo: tanti concerti, manifestazioni di piazza,
circoli ricreativi, feste popolari, sezioni di partito, sedi dei
sindacati; ma anche lo “scambio” con gli anziani delle proprie
canzoni con quelle dei loro ricordi, attuando così quel
“folklore progressivo” di cui parlava allora l’etnomusicologo
Ernesto De Martino, che riconduceva lo studio della tradizione
orale a un atteggiamento progressista che muove dalla
comprensione profonda del passato, letto attraverso
l’espressione popolare più diretta; atteggiamento che
altrimenti posto rivela il suo carattere regressivo e classista.
De Martino era anche maestro e ispiratore di Roberto Leydi e
Gianni Bosio, che intanto a Milano – presso l’Editrice
“Avanti!” – accendevano il dibattito sull’importanza del
recupero degli antichi canti popolari tramandati oralmente e
altrimenti destinati alla scomparsa. L’affinità dei due nuclei –
quello torinese e quello milanese – li porta nel 1961 a una
serie di collaborazioni che sfocerà nel 1963 nella fusione in un
unico movimento sotto il nome di Nuovo Canzoniere Italiano.
Vi lavoreranno attivamente Amodei e Straniero,
approfondendo le ricerche sul canto popolare e gli studi
antropologici; intanto Liberovici e Jona, negli ambiti
rispettivamente musicale e poetico, si dedicheranno alla
musica colta e a quella etnica, mentre De Maria proseguirà la
propria attività di romanziere e critico. Nel 1964 esce un libro
molto importante a firma Jona, Liberovici, Straniero e De
Maria (Milano, Bompiani), dal titolo “Le canzoni della cattiva
coscienza. La musica leggera in Italia”, con prefazione di
Umberto Eco, una storia della canzonetta che è un documento
di critica dura nei confronti di quella che viene definita
“canzone gastronomica”, facile da mangiare e da digerire
rapidamente senza lasciare traccia di sé. Dopo molti anni, nel
1995, vede la luce il libro “Cantacronache. Un’avventura
politico-musicale degli Anni Cinquanta” a cura di Emilio Jona
e Michele L. Straniero, edito da Crel (Centro Regionale
Etnografico e Linguistico)-Scriptorium, testimonianza
preziosa e imprescindibile per la storia di Cantacronache e per
la sua piena comprensione.
(a.pi.)
DISCOGRAFIA

(a cura di Enrico de Angelis)


33 giri (piccolo e grande formato):
CANTACRONACHE SPERIMENTALE (Italia Canta 1958, poi
DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 1 (Italia Canta 1959, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 2 (Italia Canta 1959, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 3 (Italia Canta 1959, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 4 (Italia Canta 1960, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 5 (Italia Canta 1960, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 6 (Italia Canta 1960, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 7 (Italia Canta 1961, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 8 (Italia Canta 1961, poi DNG, poi Cedi)
CANTACRONACHE 9 (Italia Canta 1961, poi DNG, poi Cedi)
CANTAFAVOLE 1 (Italia Canta 1959, poi DNG, poi Cedi)
CANTAFAVOLE 2 (Italia Canta 1959, poi DNG, poi Cedi)
CANTAFAVOLE 3 (Italia Canta 1961, poi DNG, poi Cedi)
CANTI DI PROTESTA DEL POPOLO ITALIANO 1 (ITALIA CANTA
1959, POI DNG, POI CEDI)
CANTI DI PROTESTA DEL POPOLO ITALIANO 2 (Italia Canta 1959,
poi DNG, poi Cedi)
CANTI DI PROTESTA DEL POPOLO ITALIANO 3 (ITALIA CANTA
1960, POI DNG, POI CEDI)
VIVA GARIBALDI (Italia Canta 1960, poi DNG, poi Cedi)
CANTI DELLA RIVOLUZIONE ALGERINA (Italia Canta 1960, poi
DNG, poi Cedi)
CANTI DELLA RIVOLUZIONE CUBANA (Italia Canta 1960, poi
DNG, poi Cedi)
CANTI DELLA GUERRA DI SPAGNA (Italia Canta 1961, poi
DNG, poi Cedi, poi Albatros)
CANTI DELLA RESISTENZA SPAGNOLA (Italia Canta 1961, poi
DNG, poi Cedi, poi Albatros)
CANTI POPOLARI DELL’ANGOLA (DNG 1963, poi Cedi)
STORIA DELL’URSS ATTRAVERSO LE CANZONI (DNG 1963, poi
Cedi)
CARABINA 30-33, CANTI DELLA RIVOLUZIONE MESSICANA (DNG
1963, poi Cedi)
CANTI DELL’INDIPENDENZA CONGOLESE (DNG 1963, poi Cedi)
CANTI DELLA RESISTENZA EUROPEA (DNG 1963, poi Cedi)
CANTI PER NOI (DNG 1964, poi Cedi)
CANTACRONACHE 1-2-3-4 (Albatros 1971, 4 album
antologici)
CD:
CANTACRONACHE (DDT & Scriptorium1995, CD antologico
allegato al libro omonimo)

CANZONIERE DEL LAZIO


Quello che è uno dei gruppi più rilevanti e inventivi del folk
revival italiano si forma a Roma nel 1972 su iniziativa di Piero
Brega (vc. e cha.), Francesco Giannattasio (vc., pr. e
organetto), Sara Modigliani (vc. e fl.) e Carlo Siliotto (vc.,
cha., vi.), con la collaborazione dello studioso Alessandro
Portelli. L’attività inizialmente è legata a quella del Nuovo
Canzoniere Italiano. L’esordio discografico, QUANDO NASCESTI
TUNE (con Cu’ trenta carrini - Tarantella dei baraccati),
acustico e dedicato ai canti delle lotte contadine del centro-
sud, è con la storica etichetta dei Dischi del Sole. Segue un
album realizzato con l’ingresso, al posto della Modigliani, di
artisti come Luigi Cinque (sx., cl.), Pasquale Minieri (ch., bs.),
Gianni Nebbiosi (sx., cl.) e Giorgio Vivaldi (pr.): LASSA STA LA
ME CREATURA, nel quale la ricerca si muove nella direzione di
una nuova musica che si riallacci alla tradizione popolare, con
un approccio più sperimentale, jazzistico ed elettrico. Da
questa impostazione nel 1975 nasce il loro lavoro forse più
rappresentativo, SPIRITO BONO, con l’aggiunta di nuovi
elementi. Quattro lunghi brani dedicati al tema della festa
come rituale.
È un momento di grande vitalità, con diversi concerti anche
all’estero, compreso un tour in Africa. La fase seguente vede
vari cambi di formazione e un solo superstite del quartetto
originale, Carlo Siliotto. Con Clara Murtas voce solista al
posto del fondamentale Brega, gli ultimi due album, MIRADAS
e MORRA, del 1977 e del 1978, riscuotono solo in parte
l’interesse delle precedenti prove e preludono allo
scioglimento del gruppo. Può essere considerata un’appendice
la breve avventura dei Carnascialia, con l’omonimo album del
1979. Ma quasi tutti i componenti del gruppo porteranno
avanti con creatività e sulla base di quell’esperienza percorsi
personali di notevole interesse. Il cantante Piero Brega torna al
mercato discografico nel 2004 con un disco ottimo, COME LI
VIANDANTI. L’album contiene brani di alto livello (da Qanno sò
morto a San Basilio) e uno stuolo di ospiti che vanno da Rita
Marcotulli ad Ambrogio Sparagna.

CAPAREZZA
Appassionato di fumetti e cartoon, Michele Salvemini
(Molfetta, BA, 9 ottobre 1973) si avvicina alla musica fin da
ragazzino, con il nome di Mic Salvè. Dopo il diploma in
ragioneria si trasferisce a Milano per diventare art director; si
fa notare invece come rapper e partecipa prima a Castrocaro,
poi a Sanremo Giovani 1997 con l’hip hop commerciale di E
la notte se ne va, sotto lo pseudonimo di Mikimix. Ma il pezzo
passa inosservato, come l’album LA MIA BUONA STELLA.
L’artista soffre i condizionamenti della discografia, così nel
1998, dopo un ultimo singolo, Vorrei che questo fosse il
paradiso, decide di voltare pagina. Con un’immagine che
ricorda vagamente quella del suo mito Frank Zappa, e
l’adeguato nome d’arte di CapaRezza (in dialetto molfettese,
testa riccia), nel 1999 realizza ben tre demo autoprodotti, più
RICOMINCIO DA CAPA, ZAPPA e il CD di collaborazioni CON
CAPAREZZA NELLA MONNEZZA. Per l’etichetta Extralabels della
Virgin, incide con un campionatore casalingo il meglio della
sua nuova produzione nel disco CAPAREZZA?!. Fa ammenda del
passato in Mea culpa, e nel singolo Tutto ciò che c’è proclama
la sua insofferenza nei confronti di ogni cliché. Il successo
arriva nel 2003 con VERITÀ SUPPOSTE, registrato con la sua
band e prodotto da Carlo U. Rossi; la sua Fuori dal tunnel
diventa un tormentone, sigla del programma TV “Zelig”, ma
anche fraintesa hit per i discotecari derisi nel testo. Estimatore
di Frankie Hi-Nrg MC e di Vinicio Capossela, Caparezza
oltrepassa le barriere dei generi musicali, contaminando l’hip
hop con il rock, il pop, il reggae e il drum’n’bass; con i suoi
scioglilingua irriverenti e surreali satireggia l’interventismo
(Follie preferenziali), la retorica sentimentalista da classifica,
la discriminazione (Vengo dalla luna) e la corruzione. Nel
2005 duetta con i Bisca in Facce, singolo del loro album AH!,
mentre il suo DVD “In supposta veritas”, testimonianza della
teatralità dei suoi live, gli vale un riconoscimento speciale al
MEI. Nel 2006, anticipato da La mia parte intollerante, esce
HABEMUS CAPA, un concept con una storia che parte da una
sua ipotetica morte e finisce con la resurrezione. Il primo
brano è Annunciatemi al pubblico, che riprende l’ultimo verso
dell’album precedente (“Mamma quanti dischi venderanno se
mi spengo”).

VINICIO CAPOSSELA
Vinicio Capossela è un goloso. Esploratore del gusto,
indaga curioso sapori sempre nuovi. Amaro, salato, speziato,
dolce o piccante: squisitamente infantile, ogni genere di
ingrediente lo attrae. Maestro dei viaggi di percezione,
assaggia, annusa, respira, si immedesima, si traveste, persino;
nell’anelito di assaporare il fascino di mille vite diverse in
altrettanti luoghi, lontani tra loro nel tempo, nello spazio e
nello spirito. Tedesco di nascita (Hannover, 14 dicembre
1965), meridionale di origine (Irpinia), emiliano di adozione
(tra Reggio Emilia, Modena e Parma): i primi passi nella sua
vita sembrano presagire l’irrequieta poliedricità artistica. A 11
anni impara a suonare l’organo, quindi frequenta per breve
tempo il Conservatorio ed entra in un gruppo hard rock locale
(gli Hurricane) come tastierista e armonicista, finché a 19 anni
non scopre Tom Waits (FOREIGN AFFAIR, per la precisione) e ne
resta folgorato. Così, terminate le superiori (è perito chimico)
si iscrive all’università e forma, con la sua ragazza dell’epoca
come cantante e lui al piano, i Blue Valentine, duo che si
esibisce dal 1986 al 1988 con un repertorio di standard
internazionali. Prosegue poi da solo, suonando sulla riviera
romagnola (con una parentesi newyorkese) e iniziando anche a
cantare sue canzoni. Intanto frequenta il Club Tenco dove
conosce Francesco Guccini, il quale consegna un suo demo al
proprio produttore, Renzo Fantini (lo stesso anche di Conte).
Ed è così che nel 1990 Capossela incide ALL’UNA E
TRENTACINQUE CIRCA, Targa Tenco come miglior opera prima
dell’anno. Il disco offre facili accostamenti ad altri musicisti,
in particolare Waits e Conte, ma contiene già molti ingredienti
delle opere successive: la dimensione notturna,
l’autobiografismo, la strada, i bar, gli amori di passaggio o
perduti e, sotto il profilo musicale, la predilezione per i lenti
con pianoforte e i ritmi ballabili quali il tango, il blues, lo
swing. L’anno successivo esce MODÌ, in cui le derivazioni
sono ancora ben identificabili. L’impronta personale, però,
comincia a farsi decisa, evidenziando la capacità di far
combaciare lo spirito del testo con quello del genere musicale
che lo contorna (il locale jazz di Notte newyorchese fa da
esempio perfetto). In La regina del Florida c’è il Sudamerica
del Florida, locale modenese cui il musicista è in questa fase
particolarmente legato. È il disco di brani splendidi come
Ultimo Amore, Modì, Pasionaria, Solo per me. …E allora
mambo si guadagna una discreta diffusione, anche grazie alla
colonna sonora del film di Sergio Staino “Non chiamarmi
Omar” del 1992, che utilizza alcune canzoni del disco e offre a
Capossela il debutto come attore. Nel 1993 è ancora attore e
autore delle musiche nello spettacolo teatrale di Paolo Rossi
“Pop e Rebelot”; una collaborazione che si ripeterà negli anni
seguenti (negli album CANZONACCE, 1993, e HAMMAMET E ALTRE
STORIE, 1994, per gli spettacoli “Milanin Milanon”, 1994 e “Il
circo”, 1995, e in “Scatafascio”, programma TV del
1997-’98). Nello stesso anno incide la versione italiana de Il
pugile sentimentale per IL VOLO DI VOLODJA, omaggio al
cantautore russo Vladimir Vysotsky da parte del Club Tenco.
Saranno molte le sue partecipazioni a vari tributi (da Ciampi a
Tenco ed Endrigo), così come le collaborazioni in dischi di
altri musicisti (dai La Crus agli Estra).
L’ultimo suo album arrangiato da Antonio Marangolo,
CAMERA A SUD del 1994 (primo lavoro pubblicato anche
all’estero, in Francia), segna un passaggio stilistico. Ai ritmi
segnatamente sudamericani (Guiro, Camera a Sud, Che cossè
l’amor) si affiancano ora cenni balcanici (Zampanò). Gli stati
d’animo vanno dal romanticismo, alla rabbia (Furore),
all’autoironia (Il mio amico ingrato, Tornando a casa),
passando dalla cantabilità della melodia (Camminante) al suo
disfacimento (Il fantasma delle tre), al gusto per arrangiamenti
dal carattere un po’ desueto (Ma l’America), che sarà uno dei
tratti più originali impressi alle opere successive. Che cossè
l’amor viene inserita nel film “Tre uomini e una gamba” con
Aldo, Giovanni e Giacomo e contribuisce sensibilmente ad
aumentare la notorietà di Capossela, insieme a una sorta di
passaparola tra gli ascoltatori più attenti e alla nomea di artista
sregolato. Nel 1996 il cantautore e il suo amico, poeta e musa
ispiratrice Vincenzo Costantino “Chinaski” realizzano un
reading dedicato allo scrittore italoamericano John Fante, che,
visto il successo, offre lo spunto per un nuovo reading,
stavolta tutto personale, “Accaniti nell’accolita”.
Nel 1997 esce un disco dalla notevole levatura: IL BALLO DI
S. VITO. Sebbene riconduca sempre più alle sonorità del Waits
di BONE MACHINE e RAIN DOGS (anche per la comune presenza
del chitarrista Marc Ribot), l’apporto personale è ormai
evidente. I ritmi, tra il Sud d’Italia, l’America e l’isola di
Capoverde, si riempiono di arrangiamenti (curati da Evan
Lurie) pieni e trascinanti, con testi attenti ai due aspetti del
linguaggio, significato e significante. È ancora la varietà dei
sapori a colpire, e un’atmosfera a tratti un po’ retrò, inconsueta
in un trentenne. Una serata del tour seguente che vede la
presenza della Kocani Orkestar, scintillante orchestra
macedone, viene registrata per LIVEINVOLVO (1998), che
contiene il brano in studio Scatà scatà (sigla di “Scatafascio”)
e le cover live di Estate (Bruno Martino) e Cristal (João
Gilberto). L’attività dal vivo è del resto fondamentale per
Capossela, che concepisce la forma canzone come opera d’arte
completa, aperta all’interpretazione teatrale. Nel 1999 parte
con il tour “Parole d’altrove” (progetto anche discografico ma
mai realizzato) in cui traduce in italiano brani dai ritmi esotici,
sua passione del momento (tanghi, rebetici, morne). Intanto
crea un’affascinante sonorizzazione del capolavoro di Chaplin
“Tempi moderni”. Nel 2000, come una sorta di festoso addio
al millennio, esce CANZONI A MANOVELLA. È il momento del
superamento di sé, nel significato più vasto dell’espressione: il
disco abbandona quasi del tutto l’autobiografismo. “Esco da
me”, cantava alcuni anni prima nella sua Zampanò, brano dai
ritmi macedoni, precursore anche sotto il profilo musicale: lo
spostamento delle sonorità verso l’area balcanica, allora
episodio isolato in un contesto per lo più americano, permea
l’intero album. Sarà un buon successo di vendite, con un bel
video d’autore (Ago Panini) del brano Marajà e la Targa
Tenco 2001 per il miglior disco a pari merito con Francesco
De Gregori.
Dello stesso anno è l’esperienza radiofonica – la notte della
Vigilia – in cui Capossela recita la riduzione di “Canto di
Natale” di Dickens da lui stesso musicata. Il fascino per le
feste popolari è alla base del “San Nicola tour – da S. Nicola a
S. Silvestro” del 2002, e della nuova incursione radiofonica “I
cerini di Santo Nicola – racconto infiammabile per voci, suoni
e canzoni”, sempre nella notte di Natale. Nel 2003 la CGD
pubblica – con Capossela che accetta senza condividere la
decisione – la raccolta L’INDISPENSABILE, con una cover da
Celentano, Si è spento il sole. Nello stesso anno presenta al
Premio Tenco tre sonetti di Michelangelo da lui musicati e
incisi nell’album di Philippe Eidel “Renaissance”. Nel 2004
esordisce come scrittore con “Non si muore tutte le mattine”
(Feltrinelli), che diviene punto di partenza per nuovi reading.
Nel frattempo ha realizzato un nuovo album, CANZONI DELLA
CUPA, che non verrà però pubblicato, a cui fa seguito la
lavorazione di OVUNQUE PROTEGGI (uscirà nel gennaio 2006),
frutto di una ricerca di sonorità e atmosfere proprie per ciascun
brano. Il disco è ispirato da un nuovo sapore, quello per il
mondo archetipico della religione, della storia e della
mitologia. Capossela sembra portare qui a compimento un
percorso poetico che dal marcato autobiografismo iniziale
allarga sempre più lo sguardo fino a occuparsi dei misteri
profondi che accomunano l’umanità intera. L’album è accolto
in termini entusiastici dalla critica, nonostante si presenti come
un’opera fortemente intellettualizzata e che ancora una volta
deve molto a Waits (in particolare quello di MULE VARIATIONS).
Ma Capossela è ormai una stella di prima grandezza (il disco
entra al primo posto in classifica), fra l’altro egli stesso a sua
volta modello stilistico per molti cantautori emergenti. (a.pi.)
DISCOGRAFIA

ALL’UNA E TRENTACINQUE CIRCA (CGD 1990)


MODÌ (CGD 1991)
CAMERA A SUD (CGD 1994)
IL BALLO DI SAN VITO (CGD 1996)
LIVEINVOLVO (CGD 1998, live)
CANZONI A MANOVELLA (CGD 2000)
L’INDISPENSABILE (CGD 2003, raccolta con un inedito)
OVUNQUE PROTEGGI (Atlantic 2006)
ALL’UNA E TRENTACINQUE CIRCA. Esordio di lusso
arrangiato (da Antonio Marangolo) e suonato dai musicisti
abituali di Paolo Conte. I testi, caratterizzati da un
accentuato autobiografismo, raccontano con immediatezza
il vivere quotidiano e l’universo umano di Capossela. È
quasi commovente la semplicità di brani come la title track,
Stanco e perduto, Una giornata senza pretese, Resta con
me. Il disco contiene molte canzoni che resteranno nel
repertorio “classico” di Capossela. Fra le tante perle,
Scivola vai via, struggente di bandoneon.
IL BALLO DI SAN VITO. Qui c’è il mondo umano, ideale e
artistico di Capossela: la commistione di sacro e profano nel
ritmo della sua terra d’origine (Il ballo di San Vito), il
movimento caldo e struggente della morna capoverdiana
(Morna), i quartieri e l’umanità dell’America dei suoi libri,
la vita vissuta (Le case, La notte se n’è andata,
L’affondamento del Cinastic), i ricordi infantili (Al
veglione). E ancora: L’accolita dei rancorosi, irresistibile
storia di vecchietti viziosi e impuniti; Pioggia di novembre,
capolavoro di onomatopea musicale con parole di grande
potere descrittivo; Il corvo torvo, autoritratto ironico e
geniale.
CANZONI A MANOVELLA. Per la copertina Capossela indossa
uno scafandro, simbolo della profondità dell’opera; ma già
nel booklet diventa un imbonitore di fine ’800. Accompagna
il pubblico in un viaggio di fuochi d’artificio e magia. Gli
ottoni occupano il posto più rilevante ma l’impatto sonoro è
reso davvero nuovo dalla varietà e l’inconsuetudine degli
strumenti utilizzati. I contenuti e lo stile rimandano alla
ricchezza delle fonti di ispirazione: Céline in testa, poi il
Futurismo, Jarry e la “patafisica” o “scienza delle soluzioni
immaginarie”, Russolo e “L’arte dei rumori”. Tutto luccica
dell’entusiasmo carico di aspettative proprio dell’inizio del
’900. Oppure, semplicemente, proprio di un bambino.

SERGIO CAPUTO
Dotato di una scrittura letteraria fortemente ironica e
inventiva, Sergio Caputo, nato a Roma il 31 agosto 1954, è
uno dei cantautori più originali del nostro Paese. Dopo un
primo approccio con il folk rock americano nell’adolescenza,
alla fine degli anni ’70 scopre swing e be bop. Frattanto il
celebre Folkstudio lo vede protagonista delle prime esibizioni
come solista, che lo portano nel 1978 a un primo 45 giri,
Libertà dove sei, e poi nel 1981 a un mini di quattro brani oggi
introvabile, entrambi con venature rock. Il primo album, UN
SABATO ITALIANO (per la CGD), arriva solo nel 1983, pieno di
atmosfere frizzanti e swing e di verve compositiva che
contraddistingueranno diverse fasi del percorso di Caputo,
influenzate da Fats Waller e Cole Porter. La visibilità è buona,
anche grazie al sostegno del programma TV “Mister Fantasy”.
In questo periodo Caputo, che è architetto, alterna alla musica
la professione di art director pubblicitario, che lascerà solo
dopo il secondo disco. ITALIANI MAMBO arriva nel 1984, sulle
orme del primo e, nonostante la realizzazione affrettata e la
scarsa considerazione da parte dello stesso Caputo, contiene
un altro mazzo di brillantissime canzoni come T’ho incontrata
domani, Vita dromedaria, C’aggia fa with you, e la splendida
Amore all’estero. La title track vuole essere una accusa
all’inerzia italiana di quegli anni. L’album segna l’inizio della
carriera live del cantautore, che comincia a esibirsi assieme a
un quintetto jazz. La vena compositiva è molto prolifica:
Caputo traduce per Adriano Celentano Susanna, cover degli
Art Company, e nel 1985 pubblica NO SMOKING, trainato da
L’astronave che arriva: tra i momenti più convincenti,
Metamorfosi, Hemingway Caffè latino e il solo di sax in Ho
l’hobby del sassofono, eseguito dallo stesso Caputo. Un
casuale incontro con Dizzy Gillespie, uno dei più grandi
maestri della storia del jazz, porta l’anno dopo alla
partecipazione del trombettista a EFFETTI PERSONALI nei brani
Il pianeta Venere e Trio vocale militare. Da ricordare anche I
cinesi non si affacciano mai. Questi primi album di Caputo
registrano discreti risultati commerciali ma soprattutto
attraggono un seguito notevole da parte del pubblico più
attento. Alcuni mesi più tardi Caputo approda per la prima
volta a Sanremo con Il Garibaldi innamorato, incrementando
la sua popolarità. Il brano viene inserito nel live NE
APPROFITTO PER FARE UN PO’ DI MUSICA. È il 1987.
A questo punto Caputo decide di tentare strade diverse.
L’anno successivo STORIE DI WHISKY ANDATI, realizzato con
Rocco Tanica (al secolo Sergio Conforti) di Elio e le Storie
Tese, vede una svolta verso una sorta di pop rock riveduto, che
il suo pubblico accetterà solo parzialmente. Tra i brani, Non
bevo più tequila. Ancora una presenza a Sanremo senza troppa
convinzione nel 1989, con Rifarsi una vita, contenuta in
LONTANO CHE VAI, l’ultimo album con la CGD. Gli anni
successivi segnano per l’artista una fase riflessiva, mentre le
vendite andranno via via assottigliandosi. Ottiene ancora
qualche riscontro nel 1990 con SOGNO EROTICO SBAGLIATO,
realizzato in Germania e dopo il quale si esibisce in concerti
da solo, ma i successivi EGOMUSICOCEFALO (1993) e I LOVE
JAZZ (1996), che segna il ritorno alle suggestioni jazz, avranno
scarsa attenzione, tanto da fargli maturare un forte scetticismo
verso la scena musicale del nostro Paese. Ha un’occasione di
visibilità al Festival del 1998, con Flamingo (inserita in
SERENADAS, album che rilegge in chiave latina alcuni sue
vecchie canzoni), ma la canzone ha poco smalto. Nel 1999
Caputo si trasferisce in California alla ricerca di una
dimensione più congeniale alle proprie esigenze, da sempre
piuttosto lontane dalle sollecitazioni del mercato. Nel 2002
mette a disposizione la raccolta A TU PER TU solo su Internet.
Negli Stati Uniti pubblica come chitarrista nel 2003, con
apprezzabile successo radiofonico, un album strumentale di
smooth jazz dal titolo THAT KIND OF THING. Periodicamente fa
ritorno in Italia per esibirsi dal vivo.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

SERGIO CAPUTO (Ricordi 1981, EP)


UN SABATO ITALIANO (CGD 1983)
ITALIANI MAMBO! (CGD 1984)
NO SMOKING (CGD 1985, l’edizione in CD ha tre brani,
editi, in più)
EFFETTI PERSONALI (CGD 1986)
NE APPROFITTO PER FARE UN PO’ DI MUSICA (CGD 1987, live
con un inedito)
STORIE DI WHISKY ANDATI (CGD 1988)
LONTANO CHE VAI (CGD 1989)
SOGNO EROTICO SBAGLIATO (Fonit Cetra 1990)
EGOMUSICOCEFALO (CGD 1993)
I LOVE JAZZ (Flying 1996)
SERENADAS (Polygram 1998, contiene anche nuove
esecuzioni di brani già editi)
A TU PER TU (Idiosyncrasy Music 2002, nuove esecuzioni di
brani già editi)
THAT KIND OF THING (Idiosyncrasy Music 2003)
UN SABATO ITALIANO. Prima fulminante pubblicazione
ufficiale in LP con diversi classici di Caputo, a partire dal
brano omonimo per arrivare a Bimba se sapessi, Io e Rino,
Mettimi giù, Night e Mercy bocù. Prodotto da Nanni
Ricordi, l’album offre un gradevole pastiche di canzone e
swing, a cui aggiunge una penna giocosa e autodissacrante,
ricca di riferimenti letterari e cinematografici. Storie di
single trentenni e di vita notturna. All’interno della
copertina a ogni brano si accompagna un diverso cocktail.

LUCA CARBONI
L’humus in cui cresce Luca Carboni è quello di Bologna,
dove nasce il 12 ottobre 1962, da una casalinga e un impiegato
appassionato di musica, che avvia tutti i cinque figli allo studio
del pianoforte. A metà anni ’70 Carboni, ancora
quattordicenne, appena sfiorato dalle tensioni politicizzate
della città, fonda la Teobaldi Rock: lui suona la chitarra, i
palchi sono quelli dei teatri parrocchiali e dei centri di
quartiere. Presto si stanca di fare pezzi altrui e inizia a
scriverne di propri (il primo, di protesta, è Il fermo) fino
all’esordio su 45 giri della band, con Odore d’inverno e L.N.
(1980). È evidente l’influenza degli Skiantos, e non a caso
venti anni dopo Carboni partecipa a DOPPIA DOSE della band di
Freak Antony. Da ragazzo i suoi amori musicali – oltre a
Lucio Battisti che a dieci anni lo aveva folgorato con
UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO – stanno fra il rock e i
cantautori storici, e per questo la sua band inizia a cercare un
proprio linguaggio anche nei testi.
Ma i Teobaldi Rock non arrivano al secondo disco: alcuni di
loro si dedicano agli studi, mentre Carboni continua il suo
percorso artistico e per guadagnarsi da vivere lavora come
commesso in un negozio di scarpe. Trovare un proprio spazio
nella vitalissima Bologna dei Guccini, dei Lolli, dei Dalla e
dei Vasco Rossi non è difficile; frequenta l’osteria “Da Vito” e
gli studi Fonoprint finché proprio Dalla insieme agli Stadio gli
propone di scrivere una canzone per il primo disco della band
di Curreri. Si intitola Navigando controvento e lo stimola a
cantare le sue composizioni. Il risultato sono brani dal
temperamento romantico, dal gusto pop e dal linguaggio
piano, che utilizzano un punto di vista introspettivo per
raccontare la società e lo spiazzamento storico della sua
generazione.
Nel 1984 la RCA pubblica il primo album, INTANTO DUSTIN
HOFFMAN NON SBAGLIA UN FILM (con Ci stiamo sbagliando,
Fragole buone buone), registrato nel 1983 e slittato all’anno
successivo nel tentativo di prendere parte a Sanremo. Il disco è
coprodotto da Gaetano Curreri, tra i crediti compare il nome di
Ron, inevitabili i paragoni con Vasco Rossi (per qualche
affinità vocale e interpretativa) e Lucio Dalla (per alcune
strutture narrative e musicali). Intanto Carboni continua a
scrivere testi per gli Stadio (tra questi: Puoi fidarti di me,
Canzoni alla radio, Vorrei, C’è, Dentro le scarpe, Allo stadio)
e anche per altri, come Marco Armani.
Gli anni ’80, con le relative trasformazioni sociali, culturali,
tecnologiche (Sarà un uomo) e una generazione che continua a
stare in una linea d’ombra, tornano protagonisti anche in
FOREVER del 1985. Nel periodo successivo il cantautore
bolognese cerca solitudine e ispirazione, dedicandosi anche
alla pittura, e nel 1987 ha la consacrazione di vendite con
LUCA CARBONI, anticipato dal singolo Silvia lo sai. Carboni,
forse più per un fatto di tempi che di meriti, è l’unico
cantautore emerso negli anni ’80 ad aver incontrato il favore
del grande pubblico. Dopo l’epoca dei cantautori figli di un
contrasto politico, lui trova un’identità raccontando le piccole
cose ed ereditando comunque dai predecessori una qualche
visione critica. Sente sulla pelle i cambiamenti, anche se viene
spesso confuso per il sex simbol di turno. Il quarto album, più
intimo, è PERSONE SILENZIOSE (1989): a partire dall’esile
vocalità dell’autore vi convergono numerose influenze
musicali che non tradiscono il consolidato sound popolare,
così come nel seguente CARBONI (molti gli hit: Ci vuole un
fisico bestiale, Le storie d’amore e Mare mare, che è prima al
Festivalbar), prodotto da Mauro Malavasi e apprezzato come
sempre più dal pubblico, anche estero, che dalla critica.
Carboni non si sente capito e rivendica la sua trasversalità,
tanto da far convivere su un palco la sua musica con quella più
dinamica di Jovanotti. Tramontato il progetto di un disco
insieme, a dieci anni dal debutto Carboni pubblica la semi-
raccolta DIARIO CARBONI, seguita a distanza di due anni da
MONDO WORLD WELT MONDE, eterogeneo ma anche farraginoso
nei suoni (con alcuni brani in acustico) e nei contenuti. Da
segnalare il singolo Inno nazionale, dagli spunti interessanti.
Le vendite calano. Anche il successivo CAROVANA (1998)
appare poco nitido, complice una struttura musicale molto
scarna, basata su computer e tastiere.
L’anno seguente i discografici convincono Carboni a
pubblicare una raccolta di successi, IL TEMPO DELL’AMORE: 1999-
1984, con l’aggiunta di due inediti (La mia ragazza e Il tempo
dell’amore), album che non sarà supportato da promozione in
Italia ma solo oltre confine. Un tour in Europa anticipa la
pubblicazione nel 2001 dell’ottavo album di inediti, LU*CA,
che tralascia l’elettronica e apre un nuovo ciclo con il recupero
di quell’intimità tipica dei suoi dischi degli ultimi anni ’80.
Lui lo definisce una “reazione”, che mischia sentimenti privati
con l’aggressività del mondo esterno. Stellina (dei cantautori)
è un omaggio a Renzo Cremonini, suo primo produttore,
scomparso da poco.
Segue per la prima volta la partecipazione al Premio Tenco
e un lungo viaggio nelle città italiane, a testimonianza del
quale viene pubblicato un DVD intitolato AUTORITRATTO. Nel
2003 esce il primo disco interamente live, con 29 canzoni
tratte da concerti dell’ultimo decennio, un inedito in studio
(Settembre) e imperfezioni che lo rendono genuino. Carboni
ha spiegato di aver voluto evitare intenti autocelebrativi, anche
preferendo il titolo LUCA CARBONI LIVE a “Il grande live”
pensato inizialmente. Al disco, che torna ad avere ottimi
riscontri di vendite, seguono un libro di disegni e pensieri, un
“pasticcio di visioni” che mutua il nome dal DVD
(“Autoritratto”, pubblicato da Pendragon), e nel 2006 il nuovo
album, Le band si sciolgono, di cui Carboni è anche produttore
e arrangiatore. (p.d.s. - e.de.)
DISCOGRAFIA

…INTANTO DUSTIN HOFFMAN NON SBAGLIA UN FILM (RCA


1984)
FOREVER (RCA 1985)
LUCA CARBONI (RCA 1987, anche in spagnolo)
PERSONE SILENZIOSE (RCA/BMG 1989)
CARBONI (RCA/BMG 1992)
DIARIO CARBONI (RCA/BMG 1993, raccolta con inediti, in
parte live)
MONDO WORLD WELT MONDE (RCA/BMG 1995)
CAROVANA (RCA/BMG 1998)
IL TEMPO DELL’AMORE : 1999-1984 (RCA/BMG 1999, raccolta
con inediti)
LU*CA (BMG 2001)
LUCA CARBONI LIVE (BMG 2003, doppio live)
LE BAND SI SCIOLGONO (SonyBMG 2006)
LUCA CARBONI. Frutto di un periodo di riflessione, porta
all’attenzione del grande pubblico canzoni come Silvia lo
sai, Farfallina, Vieni a vivere con me. La canzone d’autore
cede il passo al pop e a qualche tentativo di
sperimentazione, fermo restando un linguaggio lineare e
romantico, lontano da ogni retaggio ideologico. Gli
arrangiamenti sono puntati verso il minimalismo, i suoni
complessivamente dolci.

ENZO CARELLA
Autore romano, classe 1956, cresce musicalmente
nell’ambiente delle “cantine” della capitale, a contatto quindi
con un clima culturale particolarmente vivace. È in questo
ambito che conosce Pasquale Panella, che anche grazie ai testi
scritti per Carella in seguito approderà a lavorare con Lucio
Battisti. Carella si mostra musicalmente onnivoro, spaziando
in modo personale dalla canzone d’autore, al rock, al funky.
Cinque in totale gli album realizzati, in un periodo che va dal
1977 (anno del disco d’esordio, VOCAZIONE) al 1995, quando
esce SE NON CANTASSI SAREI NESSUNO, che segna la sua uscita
dal mercato discografico. Tra questi il migliore è senz’altro
SFINGE, del 1981, che gode della produzione e degli
arrangiamenti di Elio D’Anna, una delle menti degli Osanna.
Un album dal suono suggestivo, tra acustico ed elettronico,
con qualche iniezione di fusion e di prog, nel quale si inserisce
in maniera equilibrata la libertà visionaria delle liriche di
Panella, qui con lo pseudonimo “Vanera”. L’unico suo brano
noto, sempre con testo di Panella, è invece Barbara (da
BARBARA E ALTRI CARELLA), secondo al Festival di Sanremo
1979.

CARNASCIALIA
Gruppo laziale autogestito, il cui nome deriva dalle feste
antenate del carnevale, nato da un progetto di Pasquale Minieri
e Giorgio Vivaldi. Si tratta di un’emanazione del Canzoniere
del Lazio, a cavallo tra folk, musica etnica ed esperimenti
sonori creati anche in fase di missaggio. Vi partecipano
svariati musicisti, in taluni casi apparentemente disparati, ma
influenzati dalle musiche dei numerosi paesi che si affacciano
sul Mediterraneo. Non a caso il loro ultimo spettacolo si
intitola “Contagio”. Oltre a Minieri (ch. e bs.) e Vivaldi (pr.),
vi sono tra gli altri: Piero Brega (vc.), Maurizio Giammarco
(sx.), Mauro Pagani (vi.), Danilo Rea (pn.), Carlo Siliotto (vi.),
Demetrio Stratos (vc.). In pratica un supergruppo. Il loro unico
album è CARNASCIALIA (1979), stampato in modesta tiratura e
oggi raro. Il gruppo tiene pochi concerti, tra i quali una serie in
vari Paesi dell’Africa, e partecipa al grande Festival “Rote
Lieder” di Berlino Est. Problemi di varia natura, uniti alla
difficoltà della proposta musicale, ne determinano il precoce
scioglimento.

RENATO CAROSONE
C’è stata una stagione della musica leggera italiana, gli anni
’50, in cui davvero pochi personaggi proponevano qualcosa di
diverso dalle melodie languorose e melense, e tra questi
Renato Carosone. Il musicista napoletano svolse allora una
funzione certamente d’avanguardia: quella di mediare e
introdurre, in un’Italia stanca di tragedia, la ritmica frenetica e
apparentemente spregiudicata del rhythm’n’blues, del boogie
woogie e del rock’n’roll. Carosone, nato a Napoli il 3 gennaio
1920, aveva cominciato a sette anni a studiare il pianoforte,
incoraggiato dal padre, impresario teatrale: sarà lo strumento
cui rimarrà inchiodato tutta la vita. Appena adolescente
comincia a suonare da professionista: in una compagnia di
avanspettacolo, per l’Opera dei Pupi, come “ripassatore di
canzoni” per i cantanti delle edizioni musicali di E.A. Mario.
Infine (nel 1937, a soli 17 anni, quando si diploma in
pianoforte al Conservatorio di S. Pietro a Majella) lavora come
direttore d’orchestrina in un ristorante; e come tale ottiene poi
un contratto in Etiopia, dove rimarrà nove anni, anche,
purtroppo, a combattere fra i granatieri. Rientrato in Italia (il 7
agosto 1946), nel 1949 riceve l’offerta cruciale della sua vita:
quella di formare un trio per lo Shaker Club di Napoli. Il fatto
che i due partner si chiamino Peter Van Wood, un olandese che
stava introducendo in Italia la chitarra elettrica con la
pedaliera, e Gegè Di Giacomo, un batterista che alla prima
prova suonò con bicchieri, forchette, vassoi e sedie perché
aveva lasciato la batteria dal cromatore, la dice lunga sul
futuro del “Trio Carosone” (stesso nome, fra l’altro, di un
gruppo formato in giovane età con il fratello e la sorella).
Crescendo alla grande scuola del night, i tre suonano di tutto;
ma Carosone, innamorato del jazz e del be bop, accelera i
brani alla maniera di Fats Waller. Una sera dal pubblico
chiedono al gruppo di fare Lo sceicco, ma più veloce. Per
Carosone è l’illuminazione decisiva: quella di prendere
serissime canzoni napoletane (Scalinatella, Anema e core,
Luna rossa) o italiane (la micidiale E la barca tornò sola), per
cambiarne segno, per stravolgerle con l’ironia e il ritmo, fosse
quello targato USA come anche quello dei nuovi balli
latinoamericani.
Dopo qualche tempo Van Wood lascia il gruppo, ma il
pianista continua con lo stesso spirito, prima con un quartetto
poi con un sestetto. Da lì prende avvio il repertorio originale,
anzi originalissimo, di Carosone. Il primo disco a suo nome è
del 1951. Accanto ai 78 giri e ai successivi 45 giri e 45 EP, tra
il 1954 e il 1958 incide i sette volumi di CAROSELLO
CAROSONE, che sono tra i primi 33 giri usciti in Italia, ancora
con il diametro di 25 centimetri anziché di 30 (verranno
ristampati negli anni ’70 dalla EMI in numerosi 33 giri 30 cm,
poi divenuti anche CD). Tra le canzoni, il primo successo è,
nel 1955, Maruzzella (dedicata alla moglie Marisa), con il
testo di Enzo Bonagura. Ma il repertorio di Carosone nasce
soprattutto con la collaborazione di un pigro ed elegantissimo
pittore napoletano, Nicola Salerno, in arte Nisa, al quale
Carosone stesso offre continuamente spunti e idee. Il primo
brano scritto insieme, alla fine del 1956, è Tu vuo’ fa’
l’americano. I loro testi conoscono, oltre i limiti consentiti dai
tempi, una disinvoltura, un’ironia disincantata e anche
autocritica, nonché una spettacolare resa teatrale di gruppo –
infarcita di gag, dialoghi e persino oggetti – che dall’epoca del
café chantant o di Raffaele Viviani erano penetrati ben
raramente nella nostra canzone. Testi prevalentemente in
dialetto che mantengono inalterato certo spirito gaglioffo e
arguto, edonistico e indolente, che è proprio della napoletanità.
Un ruolo stimolante, persino provocatorio, quello di
Carosone, con certi anticonformisti spunti critici, oltre che
spiritosi, presenti in quel preistorico e prepolitico repertorio.
Per esempio lo sfottò portato senza quartiere a tanti miti
d’allora e forse ancora di oggi. Miti oleograficamente
“nazionali”, e miti esotici imposti dalla nuova società dei
consumi e dalla nuova industria culturale: il mafioso di
periferia “c’o vestito ’e gabardine e n’addore ’e brillantine”
(’O mafiuso); l’“americano” mantenuto dalla borsetta di
mammà (Tu vuo’ fa’ l’americano); il “torero” da Holliwùd,
frutto della fantasia alimentata da quel dilagante strumento di
comunicazione che era in quegli anni il fumetto (Torero); il
cercatore di petrolio che scavando in piena via Toledo s’illude
di affrancare l’economia nazionale dalla schiavitù energetica
(Caravan Petrol); il rubacuori locale che preferisce farsi
passare per “sarracino” (‘O sarracino) e risolvere le delusioni
amorose a forza di pastiglie – la farmacomania, altro colossale
risvolto del nascente consumismo (Pigliate ‘na pastiglia).
Parte determinante nel successo di questo sestetto e delle sue
spiritose “sceneggiate” è da ascrivere anche al simpaticissimo
batterista Gegè Di Giacomo, voce inconfondibile di quel
ricorrente incipit “Canta Napoli…”, giocato con infinite
varianti a seconda del tema della canzone.
Nella seconda metà del decennio Carosone diviene sempre
più noto. Nel 1957 Torero, canzone scritta di corsa per
completare un disco, diventa un successo mondiale, con 32
versioni solo negli Stati Uniti, dove scala le classifiche. Allo
stesso anno risale anche un fortunato tour americano, partito
da Cuba per terminare alla Carnegie Hall di New York. Ma
anche in Italia i concerti si susseguono con successo, ad
esempio quelli alla Bussola di Viareggio, inaugurata proprio
dall’artista partenopeo nel 1955. Ma la storia di Carosone è
memorabile anche per un singolare evento (che lo accomuna a
un altro grande cantautore, Jacques Brel): l’addio alle scene al
culmine del successo. Carosone è ormai un divo della TV, al
cinema Anna Magnani canta la sua Maruzzella e Sofia Loren
Tu vuo’ fa’ l’americano… Ma il 7 settembre 1959, in diretta
televisiva, Carosone annuncia all’improvviso il suo
abbandono: “per scendere dalla ribalta – dirà poi – mentre ero
ancora vivo”. Si dedicherà, oltre che alla pittura, a un privato e
instancabile approfondimento degli studi pianistici che lo
porterà a virtuosismi sopraffini.
Ma sedici anni dopo, il 9 agosto 1975, Sergio Bernardini
riesce a stanarlo e a riportarlo alla Bussola di Viareggio per il
grande concerto del ritorno, documentato nell’album
CAROSONE ’75. È un ricominciare da capo. I suoi concerti, se
pur non frequentissimi, tornano a risuonare nei teatri più
prestigiosi. Nel 1982 torna anche in sala di incisione per
registrare l’album RENATO CAROSONE ’82 tutto di canzoni
nuove. Se da dimenticare è la sua partecipazione al Sanremo
1989 con ‘Na canzuncella doce doce (peraltro non sua), nel
1996 Carosone riceve invece a Sanremo il Premio Tenco,
eccezionalmente assegnato a un italiano. In questi anni il suo
repertorio ritorna in un’infinita serie di antologie in CD, la più
rappresentativa delle quali è RENATO CAROSONE E IL SUO
COMPLESSO (Disky) del 1996. Nel 1998 l’ultima esibizione, a
Napoli, per il Capodanno. Carosone muore il 20 maggio 2001
nella sua casa di Roma. Aveva appena pubblicato
l’autobiografia “Un americano a Napoli” (Sperling & Kupfer)
con la collaborazione del giornalista Federico Vacalebre.
L’anno dopo nasce a Napoli il Premio Carosone, che si sta
sempre più consolidando nel panorama delle manifestazioni
dedicate alla canzone d’autore, in questo caso con lo scopo
principale di valorizzare lo spirito della musica napoletana.
(e.d.a.)
DISCOGRAFIA

RENATO CAROSONE E IL SUO QUARTETTO – JOHNNY GUITAR


(Pathè 1955, EP)
CAROSELLO CAROSONE (Pathè 1955, LP 25 cm)
RENATO CAROSONE E IL SUO QUARTETTO – CIRIBIRIBIN
(Pathè 1956, EP)
RENATO CAROSONE E IL SUO QUARTETTO – CARLOTTA (Pathè
1956, EP)
CAROSELLO CAROSONE N°2(Pathè 1956, LP 25 cm)
CAROSELLO CAROSONE N°3(Pathè 1956, LP 25 cm)
RENATO CAROSONEE IL SUO QUARTETTO – MAMBO ITALIANO
(Pathè 1956, EP)
RENATO CAROSONEE IL SUO QUARTETTO – ROCK AROUND THE
CLOCK (Pathè 1956, EP)

RENATO CAROSONEE IL SUO QUARTETTO – IN UN MERCATO


PERSIANO (Pathè 1956, EP)

RENATO CAROSONEE IL SUO PIANOFORTE “OSCAR” (Pathè 1956,


EP)
RENATO CAROSONEE IL SUO QUARTETTO – GUAGLIONE (Pathè
1956, EP)
CAROSELLO CAROSONE N°4 (Pathè 1956, LP 25 cm)
“CANTA NAPOLI” (Pathè 1956, EP)
RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – ‘O SUSPIRO (Pathè
1956, EP)
CAROSELLO CAROSONE N°5 (Pathè 1957, LP 25 cm)
RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – SERENATELLA
SCIUÈ SCIUÈ (Pathè 1957, EP)

RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – CHELLA LLA


(Pathè 1957, EP)
RENATO CAROSONE ET SON SEXTETTE (Pathè 1957 Francia,
EP con un brano cantato in francese)
RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – LAZZARELLA
(Pathè 1957, EP)
CAROSELLO CAROSONE N°5 (Pathè 1957 Francia, LP 25 cm
con un brano cantato in francese)
“CANTA NAPOLI” (Pathè 1957, EP)
RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – BUON NATALE,
AMORE (Pathè 1957, EP)
RENATO CAROSONE E IL SUO SESTETTO – PICCOLISSIMA
SERENATA (Pathè 1957, EP)
RENATO CAROSONE ET SON SEXTETTE (Pathè 1957 Francia,
EP con una registrazione inedita in Italia)
CAROSELLO CAROSONE N°6 (Pathè 1957, LP 25 cm)
CAROSONE SUL FIUME KWAI (Pathè 1958, EP)
CAROSELLO CAROSONE N°7 (Pathè 1958, LP 25 cm)
NAPOLI PETROLIFERA (Pathè 1958, EP)
RENATO CAROSONE (Pathè 1958 Spagna, EP cantato in
spagnolo)
BLUE ITALIAN SKIES (Pathè 1959)
RENATO CAROSONE! (Pathè 1959)
CHARLESTON (Pathè 1959, EP)
HONEYMOON IN ROME (Pathè 1959)
GIACCA ROSSA (‘E RUSSETTO) (Stereo 1959, EP)
BERNARDINE (Stereo 1959, EP)
CAROVANA CAROSONE – LETTERA A (Stereo 1959, LP 25
cm)
‘O PELLIROSSA (Stereo 1959, EP)
RENATO CAROSONE ET SON SEXTETTE (Philips 1959
Francia, EP con un brano in francese)
CARNEVALE CAROSONE (Pathè 1960)
RENATO CAROSONE (Ri-Fi 1963, EP)
CAROSONE 75 - DAL VIVO ALLA BUSSOLA (CGD 1975, dal
vivo)
PIANOFORTISSIMO (Ricordi 1976)
RENATO CAROSONE ’82 (Lettera A 1982)
RENATO CAROSONE COLLECTION (Lettera A 1982, box
quadruplo con nuove esecuzioni di brani editi)
‘NA CANZUNCELLA DOCE DOCE (Easy Records/Fonit Cetra
1989)
TU VUO’ FA’ L’AMERICANO + REMIX …E ALTRI SUCCESSI (CGD
East West 2001, CD antologico con 2 remix)
NAPOLI È (Lettera A 2001, box con tre CD, ristampa
ampliata del quadruplo in vinile del 1982)
STUDIO COLLECTION (EMI 2005, doppia antologia in CD con
brani inediti su supporto digitale)
LIVE IN SIENA 1982 VOL. 1 (Lettera A 2005, live)
LIVE IN SIENA 1982 VOL. 2 (Lettera A 2005, live)
CAROSELLO CAROSONE VOLL. 1/7. La collana contiene tutte le
sue canzoni più popolari, ma anche brani strumentali (tra
cui il suo celebre Pianofortissimo che terrà in repertorio per
tutta la vita, sospingendolo su ritmi sempre più vertiginosi)
nonché – come allora usava, ben più che adesso –
riesecuzioni di successi altrui: da Rock Around The Clock a
Que sera sera, da Johnny Guitar a La pansé, da Ciribiribin
a numerosi brani del collega-rivale Modugno.
CAROSONE 75. È il documento dal vivo della clamorosa e
trionfale réntrée alla Bussola: 6 minuti di applausi al solo
suo apparire. Carosone non ha più, come un tempo, il suo
piccolo brillante complesso ma canta e suona con una
grande orchestra diretta da Danilo Vaona. L’effetto è
comunque entusiasmante. Rock Around The Clock, il
seminale rock’n’roll di Bill Haley che proprio Carosone
aveva lanciato in Italia, è elevato a sigla d’apertura e
chiusura del concerto (e del disco). In mezzo, i suoi grandi
successi più una bella canzone nuova, Lettera da Milano.
RENATO CAROSONE ’82. La vena compositiva di Carosone
non si era fermata agli anni ’50. Ne fa fede, per esempio,
questo album degli anni ’80 pubblicato insieme a molti altri
per una etichetta quasi “personale”; questo in particolare è
fatto tutto di canzoni nuove, prevalentemente in napoletano,
vivaci e umoristiche come sempre ma con qualche punta
agrodolce. Canzoni che non hanno rinverdito i fasti del
passato nel cuore della gente, ma che conservano la
consueta alta qualità di scrittura e di esecuzione.

ANGELO CARRARA
Produttore, discografico e talent scout, dagli anni ’70 è uno
degli uomini più inseriti nei meccanismi dell’industria
musicale italiana. Fonda nel 1973 insieme a Maurizio
Salvadori la Trident Records, agenzia di management attiva
tuttora (sebbene non più di sua proprietà) e per un breve
periodo anche etichetta discografica all’avanguardia nella
scena prog italiana. È anche fondatore della casa di edizioni
musicali Getar, che cede per fondare, nel 2004, Cronometro,
etichetta discografica e di edizioni musicali. Attualmente è
amministratore unico e direttore artistico di Target, etichetta
discografica e agenzia di booking e management da lui fondata
nel 1981. Ha il merito di avere prodotto e in molti casi
scoperto, tra gli altri, artisti come Alice, Franco Battiato,
Giusto Pio, Roberto Cacciapaglia, Mino Di Martino, Garbo,
Ricky Gianco, Pierangelo Bertoli, Eugenio Finardi, Ligabue, i
Timoria, i Clan Destino, Mango, Giuni Russo, Bluvertigo, e
più recentemente Cristiano De André, Tribà, Francesco
Baccini, Dolcenera, Povia.
MARIA CARTA
È stata in Italia e nel mondo la più alta bandiera della
musica (particolarissima) della Sardegna, da quella colta a
quella popolare. Nata nel Logudoro nel 1934, fin da bambina
intona i canti che sente dai vecchi, per diventare poi, di quel
patrimonio folclorico, splendida ricercatrice e interprete che
mezza Europa applaude (specie la Francia dove tiene frequenti
tour e pubblica dischi prima ancora che in Italia). Negli anni
’70 conosce anche una popolarità di massa, compresa quella
televisiva di “Canzonissima”. Ma via via rielabora
creativamente il materiale tradizionale, studia con rigore il
canto gregoriano, interpreta in musica poeti sardi del Sette-
Ottocento, infine scrive ex novo: nasce così una vera canzone
d’autore letterariamente rifinita, delicatamente poetica e
ricercata, tanto che A David a ninnia, dedicata al figlio avuto a
42 anni, vince la Targa Tenco come miglior canzone in dialetto
del 1985. La sua stessa voce di contralto, bellissima,
costituisce un valore artistico assoluto e, per quanto rispettosa
dei modi popolari, originale. Le sue incisioni discografiche
sono innumerevoli, senza scordare una raccolta di poesie
(“Canto rituale”) e una decina di film come attrice, nonché un
impegno politico sempre compreso nei suoi lavori. È
scomparsa nel 1994. Una Fondazione salvaguarda il suo
patrimonio culturale.

MAX CASACCI
Chitarrista e produttore, Massimiliano “Max” Casacci
(1963) esordisce nei primi anni ’80 nell’ambito della scena
new wave torinese, militando in formazioni quali Carmody,
Deafear (come bassista), Suicide Dadà, Misfits, The
Difference. Contemporaneamente, diplomatosi in fotografia,
inizia a collaborare con lo studio cinematografico del padre
Ferruccio, del cui film “Il giardino degli inganni” realizza nel
1986 la colonna sonora. Nel 1988 esce per la Toast la
compilation ORACOLO, in cui compaiono due suoi brani:
Cellophane, sigla di un omonimo programma radiofonico, e
una cover in chiave psichedelica della beatlesiana Ticket To
Ride. All’attività di musicista Casacci inizia ad affiancare
quella di tecnico del suono, collaborando nel corso degli anni
con i gruppi più vari, dagli Afterhours ai Loschi Dezi. Nel
1991 produce PEOPLE PIE degli Africa Unite, dei quali entra a
far parte e con cui registra vari album, tra cui il classico
BABILONIA E POESIA (1993). Nel gennaio del 1996, insieme al
cantante Samuel Romano e al tastierista Davide “Boosta” Di
Leo dà vita ai Subsonica, una delle poche esperienze nate in
contesti “alternativi” in grado di coniugare consensi di critica e
ottimi risultati di vendite. Parallelamente, la sua attività di
produttore lo porta a collaborare, tra gli altri, con Dr.
Livingstone, Mau Mau, Fratelli di Soledad, Mambassa, Mao e
la Rivoluzione, Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, Disco
Drive. Dopo il burrascoso passaggio dei Subsonica dalla
Mescal alla EMI, nel 2004 Casacci fonda l’etichetta
discografica Casasonica (dal nome del quartier generale
torinese della band), che l’anno seguente pubblica gli esordi
dei cagliaritani SikitikiS (FUGA DAL DESERTO DEL TIKI) e dei
bresciani Cinemavolta (WEEKEND). Infine, dal 2004 è
condirettore artistico del Traffic Torino Free Festival.

RAOUL CASADEI
Nipote d’arte, Raoul Casadei (nato a Forlì nel 1937)
raccoglie l’eredità dello zio, Secondo di nome ma primo nel
formare nel 1928 la nota Orchestra da ballo romagnola,
passata ufficialmente nelle mani del nipote solo quarant’anni
dopo. È però già alla fine degli anni ’50 che Raoul Casadei fa
il suo ingresso nell’Orchestra, nell’epoca delle balere e della
scoperta del tempo libero. “Vai col liscio e con la musica
solare” diviene presto lo slogan di quello che viene
ribattezzato “il re del liscio” e che ha portato Romagna mia
(scritta nel ’54 dallo zio) fra i cinque brani italiani più eseguiti
al mondo (dati SIAE). Ma Raoul Casadei non è solo sinonimo
di ballo, sole e Riviera: brillante mente imprenditoriale, ha
saputo costruire nel tempo un piccolo impero economico-
editoriale, alla cui gestione si è poi dedicato. Nel 2000, infatti,
Casadei ha rinnovato la tradizione della staffetta, appendendo
la chitarra al chiodo e lasciando l’Orchestra nelle mani del
figlio Mirko.
GIULIO CASALE vedi Estra
ROSSANA CASALE
Padre americano, madre veneziana, nasce a New York il 21
luglio 1959. Si fa inizialmente conoscere come corista di
artisti come Albero Motore (a soli 13 anni) e Alberto Fortis,
con cui scrive nel 1982 il suo singolo di debutto, Didin, dalla
buona programmazione radiofonica. Segue una significativa
apparizione in uno dei più bei film di Pupi Avati, “Una gita
scolastica”. Dotata di un timbro vocale particolare (da
ricordare il suo cameo in Let Me In di Mike Francis), un paio
d’anni dopo debutta sulla lunga distanza con un album
omonimo. Con Maurizio Fabrizio come arrangiatore e autore,
colleziona poi varie partecipazioni a Sanremo (Brividi nel
1986, Destino nel 1987, A che servono gli dei nel 1989, Terra
nel 1991), che le danno una certa popolarità così come gli
album LA VIA DEI MISTERI del 1986 (anno in cui è ospite a
Umbria Jazz), INCOERENTE JAZZ del 1989 e LO STATO NATURALE
del 1991, che denotano una progressiva evoluzione verso il
jazz, certe sonorità etniche e la canzone d’autore. Nel 1993
collabora con Grazia Di Michele, con cui porta a Sanremo Gli
amori diversi, un buon successo, e che a sua volta le scrive
brani per ALBA ARGENTINA. La direzione verso la musica
afroamericana si fa più esplicita con concerti jazz e con
l’album JAZZ IN ME, una rivisitazione di grandi standard, con,
tra gli altri, un omaggio a Billie Holiday, Don’t Explain. Torna
alla canzone nel 1996 con NELLA NOTTE UN VOLO, composto in
prima persona con Andrea Zuppini, mentre nel ’99, a
conferma di un percorso che si sta facendo artisticamente
ambizioso e meno attento a possibili riscontri commerciali,
incide un altro tributo, non privo di versioni convincenti,
JACQUES BREL IN ME, dodici pezzi del grandissimo chansonnier
belga tradotti in italiano da Bruno Lauzi, Duilio Del Prete,
Renato Dibì, Gino Paoli. L’anno dopo STRANI FRUTTI, ancora
un album di standard. Intanto lavora anche nel campo dei
musical e a teatro con Giorgio Albertazzi. Nel 2003, affiancata
in primis dal pianista Luigi Bonafede (già con lei nella
raccolta jazz di dieci anni prima), torna a occuparsi del
repertorio di “Lady Day” con BILLIE HOLIDAY IN ME, eseguito
anche dal vivo, con esiti più che dignitosi, in alcuni tra i più
importanti festival jazz italiani.

CATERINA CASELLI
“Eccovi ora una ragazza che possiamo definire un po’ la
versione femminile dei Beatles: Caterina Caselli, forse una
delle poche ragazze che hanno un personale, piccolo gruppo di
musicisti”: sono le parole con cui Mike Bongiorno la annuncia
al Sanremo 1966, il momento della sua esplosione. Caterina
Caselli, nata a Magreta (Modena) il 10 aprile 1946, cresce a
Sassuolo. Ben presto canta e suona il basso (strumento
decisamente insolito per una signorina di quei tempi) nel
gruppo “Gli Amici”, specializzato nel repertorio
angloamericano. Nel 1963 supera un provino per la piccola
casa discografica MRC (Milano Record Company) ed
esordisce con Ti telefono tutte le sere. Passa poi alla CGD e al
“Cantagiro 1965” porta Sono qui con voi, versione italiana di
Baby, Please, Don’t Go dei Them. Intanto fa gavetta suonando
al Capriccio e al Piper di Roma. L’anno dopo arriva l’enorme
affermazione al Festival con Nessuno mi può giudicare, uno
scarto di Adriano Celentano, realizzato con un arrangiamento
“yè yè” anche per mascherare la linea melodica che richiama il
classico napoletano Fenesta ca lucive. La Caselli,
soprannominata “caschetto d’oro”, diventa il personaggio
dell’anno, pubblicando anche L’uomo d’oro, Perdono, che
vince il Festivalbar, e Cento giorni (sul retro Tutto nero, cioè
Paint It, Black dei Rolling Stones) e recitando nei
“musicarelli” cinematografici “Nessuno mi può giudicare” e
“Perdono”. Nel ’67 l’icona femminile del beat italiano torna a
Sanremo con Il cammino di ogni speranza (primo brano a
essere eseguito dopo la notizia del suicidio di Luigi Tenco),
seguito nei mesi successivi da Sono bugiarda, cover di I’m A
Believer dei Monkees, e Sole spento, che inaugura un nuovo
corso, quello della canzone melodico-moderna, con meno
successo. Ma nel 1968 è ancora in cima alle classifiche dei 45
giri con L’orologio (con cui va al Disco per l’estate
nell’insolita veste di interprete sballata) e Il volto della vita
(versione italiana di Days Of Pearly Spencer di David Mc
Williams, con cui vince il Cantagiro). In autunno abbandona il
“casco d’oro”, sostituito da una più naturale chioma castano
scura, e lancia la splendida Insieme a te non ci sto più, scritta
da Paolo Conte e Vito Pallavicini, e Il carnevale. L’anno
seguente, la sanremese Il gioco dell’amore e Tutto da rifare
incontrano meno i gusti del pubblico e anche nel nuovo
decennio le vendite continueranno a scendere (tra il ’70 e il
’71 raggiungono risultati discreti La mia vita la nostra vita,
L’umanità, Viale Kennedy e La casa degli angeli).
Nel frattempo la Caselli ha sposato Piero Sugar, figlio del
titolare della casa discografica per cui incide. Attratta dal
mondo della gestione discografica, decide di passare dall’altra
parte della barricata, ma prima si congeda con l’album
PRIMAVERA, un concept del 1974. I 45 giri Momenti sì,
momenti no e Desiderare vendono discretamente. Se si
eccettua il Sanremo 1990, a cui partecipa con Bisognerebbe
non pensare che a te, da quel momento la Caselli diventa
manager a tempo pieno, prima con l’istituzione dell’etichetta
Ascolto, in cui si occupa anche di Pierangelo Bertoli e dello
sfortunato Franco Fanigliulo, e poi, dal 1989, con la Sugar. Tra
gli altri, lancia Gerardina Trovato, Andrea Bocelli, Elisa, gli
Avion Travel e i Negramaro.

CASINO ROYALE
Formatisi a Milano nel 1987, i Casino Royale degli esordi
suonano uno ska e un rocksteady coinvolgente e dal forte
taglio politico, tanto che i proventi del loro primo singolo,
Never Let You Go / Stand Up, Terry!, sono destinati al
finanziamento del fronte giovanile salvadoregno. Uno stile
perfezionato in SOUL OF SKA, pubblicato dalla Vox Pop,
etichetta tra le più attive nell’ambito indipendente italiano. Il
brano manifesto Casino Royale diventa colonna sonora di un
spot TV. Nel 1989 esce l’EP GO FOR THE MONEY.
Intanto arriva la partecipazione all’International Ska
Festival di Londra, suggello di un’attività live che sarà sempre
fitta. È la britannica Unicorn a dare alle stampe nel 1990
l’antologico TEN GOLDEN GUNS per il mercato
angloamericano; nello stesso anno, la partecipazione al
programma TV di Renzo Arbore “Doc” mette la band in
contatto con la Kono, etichetta del gruppo Ricordi, sotto il cui
marchio esce JUNGLE JUBILEE (con una cover di Caravan
Petrol di Carosone). Un rapporto dalla durata breve e minato
da profonde divergenze, tanto che, tempo tre anni, è la Black
Out (una divisione della Polygram dedicata al rock tricolore) a
produrre DAINAMAITA. Oltre all’uso della lingua italiana, il
nuovo album vede le istanze ska delle origini ibridate da
elementi rock, elettronici e hip hop, dando vita a un magma
sonoro lontano da qualsiasi facile definizione, anche se ancora
acerbo.
Il processo di crescita creativa tocca l’apice in SEMPRE PIÙ
VICINI: realizzato insieme al produttore inglese Ben Young e al
tecnico del suono Roberto Vernetti, l’album rappresenta una
miscela sonora fino a quel momento inedita, almeno per
l’Italia. Una sfida coraggiosa, un passo avanti per l’intera
scena indipendente nostrana (basti pensare all’influenza sui
Subsonica); e, soprattutto, una scommessa vinta, come
testimoniano le copie vendute e il successo del tour
successivo, documentato dal live 1996: ADESSO!. Per il
seguente CRX, la formazione si affida alla produzione di Tim
Holmes dei Red Snapper, e il risultato è un lavoro di matrice
più elettronica, che finisce per scontentare la casa discografica
(che si attendeva un prodotto maggiormente pop) e non riesce
a replicare le vendite del predecessore. Da qui una serie di
tensioni artistiche, culminate con l’abbandono del cantante
Giuliano Palma e la sospensione dell’attività. A seguire nasce
l’etichetta Royality.
Nel 1999 esce RYLZ, l’unico album dei Royalize, progetto
di matrice drum’n’bass che ha come protagonisti l’altro
cantante Alioscia Bisceglie e il chitarrista Michele “Pardo”
Pauli. Con l’inizio del nuovo decennio, Alioscia e Pardo danno
vita al progetto multimediale www.casinoroyale.it (anche per
la vendita dei dischi via web), raggiunti poco dopo dal
batterista Ferdinando “Ferdi” Masi. Alla pubblicazione di
alcuni brani su Internet e degli EP PROTECT ME e IN MY SOUL
KINGDOM, contenenti versioni remixate delle canzoni
omonime, ha fatto seguito la ripresa dell’attività concertistica,
anche se non più con i riscontri degli anni ’90. Nel 2006 esce
un nuovo album, REALE. (a.pa.)
DISCOGRAFIA

SOUL OF SKA (Vox Pop 1988)


GO FOR THE MONEY (Vox Pop 1989, EP)
TEN GOLDEN GUNS (Unicorn 1990, antologia)
JUNGLE JUBILEE (Kono 1990)
RIEN NE VA PLUS (Vox Pop 1991, antologia)
DAINAMAITA (Black Out 1993)
SEMPRE PIÙ VICINI (Black Out 1995)
1996: ADESSO! (Black Out 1996, live)
CRX (Black Out 1997)
BEST 1987-2002 (Universal 2002, antologia)
PROTECT ME (Royality 2003, EP)
IN MY SOUL KINGDOM (Royality 2003, EP)
REALE (V 2 Records 2006)
SEMPRE PIÙ VICINI. Un disco che suona ottimamente,
annullando il distacco tra le produzioni tricolori e quelle
(più blasonate) internazionali. Un melting pot che vede il
rock andare a braccetto con il migliore trip hop della scuola
bristoliana, la battuta in levare sposarsi con il pop, il rap
dialogare con un gusto melodico tipicamente nostrano
(grazie all’interazione delle voci di Alioscia e Giuliano
Palma). Spiccano brani come la title track, Cose difficili,
Anno zero, Guarda in alto. Un album seminale, le cui
intuizioni, allora non del tutto comprese, oggi si ritrovano in
cima alle classifiche con altri gruppi.

MARIO CASTELNUOVO
Schivo, riservato, dalla voce calda e suadente, Mario
Castelnuovo, nato a Roma nel 1955, dopo il singolo Oceania
che vince una selezione organizzata da “Domenica In”
pubblica il primo album, SETTE FILI DI CANAPA (1982, con
Sangue fragile, Illa), prodotto da Amedeo Minghi. La canzone
omonima partecipa al Festival di Sanremo di quell’anno,
destando interesse. L’anno seguente, da una tournée con
Marco Ferradini e Goran Kuzminac, nasce il mini album Q-
CONCERT. Il secondo lavoro, MARIO CASTELNUOVO (1984),
contiene Nina, la sua canzone più nota anch’essa grazie a
Sanremo, ma anche Lo schiaffo del soldato e Amore
impossibile. L’artista preferisce però sottrarsi alla popolarità e
invece di bissare Nina produce il suo capolavoro, È PIAZZA
DEL CAMPO (1985), un album senza percussioni, con la voce
che, in certi casi, è sostenuta solo dagli archi. Due anni dopo
torna controvoglia a Sanremo con Madonna di Venere, tratto
dall’album quasi omonimo, VENERE, un lavoro che cerca di
dare spazio a una sonorità e a una ritmica più corposa, con bei
brani come Nobildonna, Rondini del pomeriggio e Stellina
piccola. Da quel momento in poi cercherà sempre meno i
riflettori, pur continuando a produrre dischi ricchi di fascino
nei quali, attraverso una scrittura avvolgente e delicata, ricca
di riferimenti letterari, riversa la sua interiorità.
Nel 1989 viene pubblicato SUL NIDO DEL CUCULO, il primo
disco di Castelnuovo ad avere un discreto successo anche
all’estero, seguito nel 1991 da COME SARÀ MIO FIGLIO, una
raccolta con l’aggiunta di tre pezzi inediti. CASTELNUOVO, del
1993, strizza l’occhio alla chitarra elettrica e alla batteria,
mentre SIGNORINE ADORATE (1996) torna a un atteggiamento
più minimale cercando però di sfruttare le nuove possibilità
offerte dall’elettronica. Nel giugno 2000, con l’ottimo
BUONGIORNO, torna la collaborazione del produttore Lilli
Greco e una più marcata vena acustica. Il disco viene poi
ristampato con un nuovo brano, Il miracolo, che segna l’inizio
della collaborazione con Ambrogio Sparagna. Nel 2006
Castelnuovo si ripresenta con un nuovo lavoro, COM’ERANO
VENUTE BUONE LE CILIEGIE NELLA PRIMAVERA DEL ’42, che
restituisce un suono, il suo, che il tempo non ha ancora
intaccato. Nello stesso anno esce anche il volume “Mario
Castelnuovo, tante storie e qualcuna va a Roma”, scritto da
Mario Bonanno e pubblicato da Bastogi.

IVAN CATTANEO
Uno dei primi cantautori post moderni. Bergamasco (18
marzo 1953), Cattaneo suona in gruppi blues e frequenta
giovanissimo la Londra ancora swingante dei primi anni ’70.
Poi l’incontro con Nanni Ricordi dell’Ultima Spiaggia, con cui
pubblica UOAEI (1975) e PRIMO SECONDO FRUTTA (IVAN
COMPRESO) (1977), prodotto da Roberto Colombo, che
delineano una personalità provocatoria e demenziale. Il libro
“T.U.V.O.G.” (acronimo dei cinque sensi) introduce alla
multisensualità, anche con una mostra. Il debutto televisivo
con Benigni in “Televacca” precede SUPERIVAN (1979), con la
collaborazione della PFM. Cattaneo gioca a fare i DEVO
italiani, è multimediale, ironico, meccanizzato. URLO (1980,
con Polisex) è l’anticamera di un successo enorme, che arriva
nel 1981 con 2060 ITALIAN GRAFFITI. L’idea è quella di
spolverare vecchi successi italiani degli anni ’60 e riproporli in
versione attualizzata dal gusto corrente anni ’80, una sorta di
modernariato ante litteram. Rimarrà il disco per cui Cattaneo è
ricordato, con il sequel BANDIERA GIALLA, del 1983, che
prende il nome dalla celebre discoteca da lui aperta a Rimini
con Caterina Caselli e Red Ronnie. Sempre più personaggio e
meno musicista in senso stretto, Cattaneo dirada notevolmente
le uscite discografiche, per dedicarsi a pittura e multimedialità
(si definisce “manipolatore di energie creative”), occupando
spazio su giornali e rotocalchi per la partecipazione al reality
Music Farm (2004). È da sempre omosessuale dichiarato,
probabilmente il primo ad avere fatto outing nel panorama
musicale italiano.

MIMMO CAVALLO
Una combinazione di rock veemente e canzone d’autore è il
marchio di fabbrica di Mimmo Cavallo, nato a Lizzano, in
provincia di Taranto, nel 1951 e cresciuto artisticamente tra
Torino e Roma. Si presenta sulle scene nel 1980 con SIAMO
MERIDIONALI (la title track diventa quasi un inno, in alcuni casi
malinteso), in cui parla di un sud non rassegnato ma energico e
autoironico. Nello stesso anno viene chiamato a partecipare al
Premio Tenco. L’anno successivo esce UH, MAMMA, che
riscuote un discreto successo commerciale e, nel 1982,
STANCAMI STANCAMI MUSICA. Dischi che denotano uno stile
compositivo personale e interessante, via via sempre più
raffinato pur senza smarrire la carica rabbiosa. Intanto scrive
con Enzo Biagi MA CHE STORIA È QUESTA, sigla della
trasmissione televisiva “La storia d’Italia a fumetti”, e
compone per Fiorella Mannoia (Caffè nero bollente), Mia
Martini (Viva l’amore), Gianni Morandi (Mi manchi) e Ornella
Vanoni. Seguono anni di silenzio per una scarsa attitudine ad
accettare un certo tipo di industria discografica. Nel 1989 si
ripresenta con NON VOGLIO ESSERE UNO SPIRITO, titolo che è già
un manifesto programmatico. L’ultimo disco,
L’INCANTAUTORE, è del 1992. Nello stesso anno firma un
brano, Buio, che uscirà solo nel 2004 nella raccolta postuma di
Mia Martini NEL MIO MONDO.

CCCP/CSI/PGR
È quasi uno choc quello della fine dell’estate 1997, quando
Giovanni Lindo Ferretti – personaggio carismatico e
provocatorio – e i suoi compagni di allora, con il nome CSI,
toccano il primo posto in classifica. Ma la partenza risale a
quindici anni prima, sotto l’insegna CCCP-Fedeli alla Linea,
con l’incontro a Berlino Est tra Ferretti e Massimo Zamboni
(che aveva già fondato i Frigo). Con il tipico approccio punk
che permette di suonare anche a chi come loro non sa farlo,
partoriscono un progetto musicale in Italia, o meglio a Reggio
Emilia, in cui la Pianura padana è epicentro delle loro idee, e
della loro musiche, costruite mescolando il liscio all’etica e
soprattutto all’estetica punk. È il 1982, i due rifiutano ogni
sorta di americanismo, dicono di preferire all’effimero
occidentale il duraturo sovietico e, dopo una brevissima
parentesi come “Mitropa Nk” (la catena di autogrill
sull’autostrada per Berlino), formano, dopo mesi di prove, un
gruppo che manca di una struttura vera e propria e che
qualcuno scambia per i nuovi Skiantos. Ruvidi all’aspetto,
sensibili al mondo, proclamatori di idee proprie e forti, ai
confini mai netti con la parodia, i CCCP-Fedeli alla linea
apriranno un solco nella musica italiana. I membri sono:
Ferretti, voce e testi; Zamboni, chitarra, Umberto Negri, basso;
Danilo Fatur (detto Josè Lopez Macho Frasquelo), artista del
popolo italiano; Antonella Giudici, soubrette. Gli ultimi due
reclutati tra gli amici del giro emiliano per dare teatralità negli
spettacoli, per smuovere il pubblico; le loro esibizioni (con
puntate anche a Berlino e nel Nord Europa) sono lontane dal
rito immutabile del concerto. Ferretti dirà che chi conosce i
CCCP attraverso i loro dischi ne conosce solo la colonna
sonora.
Usano una drum machine, sostituita dopo poco dal batterista
Zeo Giudice e, tra il 1984 e il 1985, pubblicano per la loro
piccola casa indie, Attack Punk, i 45 giri Ortodossia (con Live
in Punkow, Punk Islam, Spara Jurij) e Ortodossia II (stessi
brani, con l’aggiunta di Mi ami?), e, in picture disc,
Compagni, cittadini, fratelli partigiani (con l’acclamata
Emilia paranoica, sorta di dichiarazione d’amore per la loro
terra, e Morire, con la celebre frase “Consuma, produci,
crepa”). Saranno poi ristampati su album nel 1988 come
COMPAGNI, CITTADINI, FRATELLI PARTIGIANI/ORTODOSSIA II. Nel
1985 esce anche il primo vero LP, intitolato 1945-1985.
AFFINITÀ-DIVERGENZE TRA IL COMPAGNO TOGLIATTI E NOI (DEL
CONSEGUIMENTO DELLA MAGGIORE ETÀ) con Io sto bene. Scarso
successo commerciale ma un pubblico devoto. L’impatto è
indubbiamente forte, “punk filosovietico” lo chiamano loro,
ma le componenti sono varie e difficili da evidenziare: il gusto
del cattivo gusto, liscio e canzoni immerse dentro un punk
nevrastenico e non anglosassone, il suono barbaro, i temi non
convenzionali, gli elementi della cultura sovietica e di quella
islamica, la realtà emiliana, un singolare rapporto con il
pubblico e con la musica stessa. Nel 1987 la musica da ballo di
Oh! Battagliero anticipa SOCIALISMO E BARBARIE, con Stati di
agitazione, Guerra e pace, la rivisitazione dell’inno sovietico
con testo di Ferretti e brandelli di Oriente e Medio Oriente.
L’album ha buoni riscontri commerciali e darà la stura a
polemiche per esser stato pubblicato con la multinazionale
Virgin; il successivo singolo Tomorrow con Amanda Lear non
fa che rinfocolare sorpresa e confusione, ma loro rifiutano
ogni barriera, compresa quella fra musica commerciale e non.
Le contraddizioni sono come spinte per andare avanti, sarà
sempre così. Vogliono “espandersi” e infatti il pubblico ai
concerti cresce. Salta l’idea di un disco dal vivo, passano due
anni e i CCCP presentano il nuovo lavoro, stavolta poco
centrato, prodotto da Ignazio Orlando, già bassista nell’album
precedente, CANZONI, PREGHIERE E DANZE DEL SECONDO
MILLENNIO-SEZIONE EUROPA. Inizia la crisi. È il 1989, si volta
pagina. Un tour in Unione Sovietica di qualche tempo prima
con i Litfiba aveva segnato l’incontro di Ferretti e Zamboni
con Gianni Maroccolo, il bassista del gruppo fiorentino, e con
lui nasce l’idea di un nuovo album. Oltre a Maroccolo, che
produce il disco, si uniscono altri due ex Litfiba, Francesco
Magnelli (tastiere) e Ringo De Palma (batteria), che però
morirà dopo poco. Sarà l’ultimo disco dei CCCP-Fedeli alla
linea, un doppio dal titolo EPICA, ETICA, ETNICA, PATHOS in cui la
componente musicale si fa più compatta e professionale. Il
1990, anno dell’uscita del disco e del booklet “CCCP Fedeli
alla Linea” per Stampa alternativa (con allegato il singolo
Ragazza emancipata), è quello della fine dei CCCP, per motivi
personali che si intrecciano con quelli artistici e politici. Ma
allo stesso tempo è anche l’anno della nascita di un’altra
cellula. Postume, verranno pubblicate le raccolte ECCO I MIEI
GIOIELLI e ENJOY CCCP e il live LIVE IN PUNKOW.

Il nome della nuova formazione sarà CSI (Consorzio


Suonatori Indipendenti), mentre l’Unione Sovietica non c’è
più e si è formata la CSI. Il nuovo progetto nasce quasi
spontaneamente, in un concerto a Prato in cui gli ex CCCP
suonano insieme a due gruppi emergenti: gli Ustmamò e i
Disciplinatha. Ferretti, Zamboni, Magnelli e Maroccolo
insieme a Giorgio Canali diventano gruppo (consorzio) stabile,
il cui primo disco sarà proprio la registrazione del concerto di
Prato: MACISTE CONTRO TUTTI. Le canzoni dell’ultimo album
dei CCCP vengono cristallizzate in un prodotto a nome CSI: è
il simbolo del trapasso. Il primo vero album, KO DE MONDO
(1993), fa capire subito che il nuovo gruppo non è un surrogato
del vecchio: la maturità personale, la scrittura ma soprattutto la
musica, ora più che mai al centro dell’attenzione, fanno sì che
Ferretti (ai testi) e compagni (alle musiche) diano al panorama
musicale-culturale alternativo italiano e a loro stessi una
ventata di innovazione che gode di una esperienza decennale.
Segue il live IN QUIETE, dall’impronta acustica, registrato per
un programma di Videomusic e che testimonia un’importante
attività dal vivo senza steccati (in molti concerti propongono
una bellissima versione di Noi non ci saremo, che sarà incisa
nel 1995 per un tributo ad Augusto Daolio dei Nomadi).
Intanto Ferretti e Zamboni hanno fondato una nuova etichetta,
“I dischi del mulo”, che dopo poco, insieme alla “Sonica”
gestita da Magnelli, andrà a costituire la faccia discografica
speculare dei CSI, il Consorzio Produttori Indipendenti (CPI).
Sarà una delle realtà di maggior rilievo per la musica
underground del nostro paese, e creerà spazi per giovani talenti
come Disciplinatha, Marlene Kuntz, Andrea Chimenti, Marco
Parente, Ustmamò e altri. Ad affiancare le attività del
Consorzio viene stampata periodicamente la rivista “Il
Maciste”. Per il CPI esce nel 1995 MATERIALE RESISTENTE,
album ideato dai CSI con Taver degli AFA, e inciso per il
cinquantenario della Liberazione, con le canzoni della
Resistenza reinterpretate dagli esponenti del rock alternativo.
Nel 1996 arriva LINEA GOTICA, con la bellissima rivisitazione
di E ti vengo a cercare di e con Franco Battiato, incisa anche
in un album tributo all’artista siciliano. Con questo disco
Ginevra Di Marco, già presente nel precedente, entra a pieno
titolo nei CSI come seconda voce. Partecipa come batterista
Marco Parente.
E poi ancora un evento da consacrare e conservare:
nell’ottobre del 1996 un concerto ad Alba in onore dello
scrittore Beppe Fenoglio. Arrangiamenti essenziali, parole
evocate, grande intensità. I CSI intanto lavorano alla colonna
sonora di “Tutti giù per terra” di Davide Ferrario (avevano già
partecipato a quella di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”)
coinvolgendo molti artisti del CPI e partecipando anche come
attori nel ruolo di una commissione d’esame. La loro notorietà
è salita, la critica li riverisce per il loro rock espanso, preciso,
di stomaco. Nell’estate 1997 aprono alcuni concerti di
Jovanotti e poi, come detto, raggiungono il primo posto in
classifica (e con esso l’estinzione) con T.R.E. (TABULA RASA
ELETTRIFICATA). L’album è riassunto o prodotto di un viaggio
in Mongolia nel ’96 di Zamboni e Ferretti (che ai tempi dei
CCCP avevano detto di voler raggiungere la Cina
attraversando l’Unione Sovietica), ripreso dal documentario
“Sul 45° parallelo” di Ferrario. I concerti ormai debordano di
pubblico, l’exploit nelle classifiche fa discutere. “Una boccata
di aria pura” commenta Ferretti, e aggiunge: “La musica vive e
si nutre di contraddizioni insanabili”. Intanto il concerto per
Fenoglio viene pubblicato a tiratura limitata con il titolo LA
TERRA, LA GUERRA, UNA QUESTIONE PRIVATA e riportato anche in
VHS (“Un giorno di fuoco”, regia di Guido Chiesa).
Dopo la tempesta di gratificazioni arrivano il silenzio, la
crisi d’identità, le tensioni interne, il “che fare?”. Canali lavora
al suo CHE FINE HA FATTO LAZLOTOZ? (a cui seguirà nel 2002
ROSSOFUOCO per Gammapop e nel 2004 GIORGIO CANALI E
ROSSOFUOCO per La Tempesta), la Di Marco con Magnelli al
suo TRAMA TENUE. Ferretti e Zamboni invece tornano a Berlino
con l’obiettivo di un disco tutto loro. Ma l’incanto si rompe
irrimediabilmente: i due a gennaio 2000 chiudono i loro
rapporti, i CSI suonano a Firenze – senza Zamboni e senza
spiegare la sua assenza – con Goran Bregovic e la sua
Weddings And Funeral Band. Ferretti porta a termine
ugualmente l’album ma a suo nome (il titolo è CO.DEX) con
l’ausilio di Eraldo Bernocchi come produttore, mentre
Zamboni abbandona i CSI (solo nel 2004 pubblicherà un
album, SORELLA SCONFITTA, e nel 2005, con Nada, L’APERTURA,
entrambi eccellenti). È un evento ancor più traumatico della
fine dei CCCP. Intanto anche il Consorzio Produttori
Indipendenti chiude i battenti per implosione. L’anno
successivo la Universal pubblica l’antologia in due volumi,
con inediti e rarità, NOI NON CI SAREMO.
Chiuso il capitolo CSI, i rimanenti membri del gruppo si
riuniscono il 19 gennaio 2001 per un concerto a Montesole, in
provincia di Bologna, in memoria di don Dossetti. Il collettivo
prende altra vita e altro nome: PGR-Per Grazia Ricevuta, e
PER GRAZIA RICEVUTA si intitola anche il loro primo disco
(controverso in ogni senso), uscito nel 2002 e prodotto dal
francese d’origine algerina Hector Zazou. Poco rock, molta
elettronica, accenni di world music. L’anno successivo il
concerto per don Dossetti diventa un CD intitolato
MONTESOLE. Contiene canzoni di CSI e CCCP (come era
accaduto per MACISTE CONTRO TUTTI) e una lettura tratta da “La
notte” di Elie Wiesel. Ma le vicende conducono a un altro
abbandono: Ginevra Di Marco e Francesco Magnelli lasciano
il gruppo che intanto ha quasi pronto il nuovo disco. Nel 2004
esce D’ANIME E D’ANIMALI, che nulla ha conservato del lavoro
preparato con i due ex componenti e che invece riprende
vecchi stimoli rock. (e.de. – n.ve.)
DISCOGRAFIA

CCCP:
1964-1985. AFFINITÀ-DIVERGENZE TRA IL COMPAGNO
TOGLIATTI E NOI (DEL CONSEGUIMENTO DELLA MAGGIORE ETÀ)
(Attack Punk 1985)
SOCIALISMO E BARBARIE (Virgin 1987)
COMPAGNI, CITTADINI, FRATELLI, PARTIGIANI/ORTODOSSIA II°
(Virgin 1988, ristampa dei primi tre 45 giri)
CANZONI, PREGHIERE E DANZE DEL II MILLENNIO - SEZIONE
EUROPA (Virgin 1989)

EPICA, ETICA, ETNICA, PATHOS (Virgin 1990, doppio)


ECCO I MIEI GIOIELLI (Virgin 1992, raccolta con alcuni brani
in versioni diverse dalle originali)
ENJOY CCCP (Virgin 1994, raccolta doppia)
LIVE IN PUNKOW (Virgin 1997, live)
CSI:
MACISTE CONTRO TUTTI (Virgin 1993, live con Ustmamò e
Disciplinatha)
KO DE MONDO (Mercury 1993)
IN QUIETE (Black Out/Mercury 1994, live)
LINEA GOTICA (Black Out/Mercury 1996)
TABULA RASA ELETTRIFICATA (Black out/Mercury 1997)
LA TERRA, LA GUERRA, UNA QUESTIONE PRIVATA (Black
out/Mercury 1998, live)
NOI NON CI SAREMO, VOL. 1 (Universal 2001)
NOI NON CI SAREMO, VOL. 2 (Universal 2001)
PGR:
PGR (Mercury 2002)
MONTESOLE (Mercury 2003, live)
D’ANIME E D’ANIMALI (Universal 2004)
COMPAGNI, CITTADINI, FRATELLI, PARTIGIANI/ORTODOSSIA II°.
Sono i primi brani incisi dai CCCP e come tali grezzi, nelle
strutture musicali e nell’uso della voce ma, proprio per
questo, immediati. Fuori da ogni categoria, artistica e
organizzativa. Prevale su tutte la componente delle parole,
urlate, disperate, arrabbiate. Spara Yurij, Mi ami?, Morire,
Emilia paranoica rimarranno per sempre nella storia della
musica italiana. Di traverso.
EPICA, ETICA, ETNICA, PATHOS. L’ultimo album dei CCCP (o
il primo dei CSI?), registrato già con i membri del gruppo
nascituro, in presa diretta in un casolare di campagna. Più
spazio alla struttura musicale, armoniosa nel suo complesso,
nonostante la grande complessità del disco: da linee
orientali a note popolari, dalla ballata al tango di Amandoti
(ripresa poi da Gianna Nannini), da Annarella a
Depressione caspica. Stop and go.
KO DE MONDO. Codemondo è una piccola località in
provincia di Reggio Emilia, KO DE MONDO è l’album di una
nascita artistica. La somma di esperienze importanti del
rock italiano dà come risultato un disco attento, curato e
manifestamente diverso dai lavori dei defunti CCCP.
Ancora un casolare di campagna, per favorire una
dimensione intima e mistica molto evidente. Compare per la
prima volta Ginevra Di Marco, anche se in punta di piedi.
Bellissime Intimisto e la ballata ormai storica Fuochi nella
notte.
TABULA RASA ELETTRIFICATA. Al di là dei nostalgici dei
CCCP che non approvano, le (pro)vocazioni di tanti anni in
questo disco prendono forma adulta e buona sostanza, e
l’irresistibile, tirata e lucida Forma e sostanza passa in tutte
le radio. Il canto diritto e dirotto di Ferretti, le parole
precise, il tappeto secco, acido, deciso, colpiscono anche in
Unità di produzione, Matrilineare, Mimporta ‘nasega. I
momenti lenti paiono camere di decompressione.
Comunque, e ovunque, palasport pieni.

CLAUDIO CECCHETTO
Figura poliedrica, da dj a produttore, del pop italiano più
disimpegnato degli anni ’80 e ’90. Nasce a Ceggia (Venezia)
nel 1952, a due anni si trasferisce a Milano. Inizia come
batterista, ma ben presto diventa disc jockey assai richiesto in
radio e discoteche. L’ascesa è fulminante: dalla fine degli anni
’70 conduce vari programmi TV dedicati alla musica, da
“Discoring” fino a Sanremo (dall’80 all’82) e al Festivalbar, e
nel 1982 fonda Radio Dee Jay. Entra anche in classifica nel
1981 con Gioca-jouer, seguita a ruota ma con meno successo
da Ska chou chou e Fotostop. Da metà anni ’80 diviene anche
produttore affermato, apportando elementi dance nella
canzone italiana: è alle spalle dei primi successi giovanilistici
di Jovanotti con cui firma anche Vasco, portata al Sanremo
1989. Ma nel corso degli anni lancia anche gli 883 (con cui
lavora ancora oggi) e Fiorello, più vari personaggi dai successi
estemporanei come Sandy Marton e Tracy Spencer.

ADRIANO CELENTANO
Se la storia della canzone italiana è fatta anche di fenomeni
sociali, Adriano Celentano ne è certamente uno dei pilastri,
esempio di dove possa arrivare, con perfetta padronanza dei
media, una personalità carismatica – sostenuta da un timbro di
voce caldo e pastoso, una spiccata musicalità e capacità
interpretativa – ma di semplici origini e d’aspetto non
avvenente; la scarsa cultura poi è quasi ostentata, vedi
l’appellativo “Re degli Ignoranti”.
La sua famiglia si trasferisce dalla Puglia a Milano, dove
Celentano nasce il giorno dell’Epifania del 1938, al civico 14
di quella via Gluck che renderà leggendaria con una delle sue
canzoni. Farà anche cinema e televisione ma è la musica a
lanciarlo. Da adolescente, mentre svolge vari mestieri (come
l’orologiaio), si avvicina al mondo dello spettacolo come
imitatore di Bill Haley (è la sua Rock Around The Clock a
fargli scoprire il rock) ma soprattutto di Jerry Lewis,
esperienza che plasmerà le sue movenze nel ballo, quasi delle
convulsioni – molto divertenti ed energiche – tanto da
regalargli il soprannome di “molleggiato”. L’avvio è bruciante:
il 18 maggio 1957 partecipa al Primo Festival del Rock’n’roll
al Palazzo del ghiaccio di Milano con Ciao ti dirò,
accompagnato dai Rock Boys, band con cui si esibisce al
Santa Tecla di Milano, che è un incredibile vivaio di artisti:
Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, e più avanti Luigi Tenco al sax.
Seguono esibizioni nel Centro e nel Nord Italia sotto
sorveglianza della polizia. Il suo primo 45 giri, Rip It Up, e
altre cover di Elvis Presley non hanno riscontri commerciali. Il
successo arriverà invece rielaborando il rock’n’roll
d’oltreoceano in canzoni nuove, come Il ribelle. Nel 1959,
dopo la prima esperienza cinematografica con “I frenetici”,
vince il Festival di Ancona con Il tuo bacio è come un rock
(scritta dal fratello Alessandro e da Piero Vivarelli), che gioca
con il nuovo linguaggio giovanile popolato di parole
americane (rock, swing, knock out, ring, shock…), scala le
classifiche e decreta l’inizio dell’inarrestabile ascesa. Nel 1960
Celentano gira con Mina e Joe Sentieri il film “Urlatori alla
sbarra”, e persino, nel ruolo di se stesso, “La dolce vita” di
Fellini. Nel 1961 porta a Sanremo, con Little Tony, 24.000
baci: è un trionfo, al di là del secondo posto. Celentano si
esibisce spalle al pubblico, creando addirittura un caso
politico. Il brano rappresenta la gioventù disincantata di allora,
poco incline al romanticismo, alle soglie della liberazione
sessuale.
In questo periodo si esibisce con i Ribelli, ovvero suo nipote
Gino Santercole (ch.), Detto Mariano (pn.), Gianni Dall’Aglio
(bt.), Giannino (bs.) e Natale Massara (sx.). Sono tutti suoi
amici e l’amicizia è uno dei valori professati in questo periodo
da Celentano ed è anche lo spirito con cui nel 1962 fonda –
primo in Italia – un’etichetta, il Clan, con tre cantanti,
Guidone, Ricky Gianco e Don Backy, e un paroliere, Miky Del
Prete. Il primo 45 giri, e grande successo, è Stai lontana da
me. Il Clan si ispira a una struttura simile a quella di Frank
Sinatra, il quale, fra l’altro, pare addirittura voler incidere un
paio di loro pezzi. La sede di quella che è ben più di
un’etichetta viene avvolta da un’aura di leggenda e segretezza,
come quella sulle “ragazze del Clan” dietro le quali si cela
anche la fidanzata di Celentano, Milena Cantù (poi soppiantata
da Claudia Moroni, in arte Mori, sposata – in segreto – il 14
luglio 1964). I misteri, Celentano lo sa bene, sono l’esca più
ghiotta per i media. Nel 1962 avvia il filone religioso portando
al successo la versione italiana di Stand By Me, canzone
d’amore di Ben E. King su cui Don Backy trapianta un testo
intitolato Pregherò. Il ’63 e il ’64 sono invece gli anni di
Grazie prego scusi, Il problema più importante e Sabato triste
che inaugura la vena sociale di Celentano, mentre il 1965
segna l’esordio come regista-interprete per “Super rapina a
Milano” (un flop), e l’uscita dei primi album raccolta del Clan,
NON MI DIR e LA FESTA. Celentano ormai è personaggio
affermato: mentre nel ’66 per Longanesi esce “Celentano”,
biografia di Umberto Simonetta ristampata nel 1995 da
Baldini & Castoldi, lui comincia a osservare il mondo. Nasce
così Il ragazzo della via Gluck: presentata a Sanremo nel 1966
ed eliminata dalla gara, sarà invece un successo mondiale,
tradotta in diciotto lingue e tutt’oggi conosciuta e amata. La
novità è nel contenuto naif e fortemente ecologista.
Quello di Celentano come istintivo innovatore è un aspetto
importante della sua produzione musicale (in quegli anni
spiega: “Scelgo le canzoni da cantare prevedendo e
adeguandomi ai gusti dei pubblico”). Il ’66 è anche l’anno dei
sette minuti di Mondo in Mi7a, testo di Mogol un po’
“j’accuse” e un po’ predica, con una sua schiettezza anche
musicale, mentre l’anno successivo vede la vittoria di
Celentano al Cantagiro in duetto con Claudia Mori con La
coppia più bella del mondo, che accorre in difesa dei valori
della famiglia. Fra l’altro la dichiarata fede cattolica, che ha
certo contribuito a conquistare un popolo largamente cattolico
come quello italiano, porta Celentano a sovrapporre sempre
più la vita privata a quella pubblica: sovente si esibirà con la
moglie, e ai tre figli dedicherà alcune canzoni. La coppia più
bella del mondo, altro grande successo, è un esuberante
valzerone di Paolo Conte, mentre il testo è di Luciano Beretta
e Miki Del Prete, coppia che firma molte delle canzoni di
questi anni di Celentano. Tra la fine del ’67 e l’inizio del ’68
l’equilibrio del Clan, già più precario rispetto agli inizi, specie
per motivi economici (Gianco era uscito già nel 1963), è rotto
da un forte diverbio tra Celentano e Don Backy, in
conseguenza del quale il Molleggiato porta Canzone (scritta da
Don Backy) al suo posto al Festival di Sanremo 1968 e
allontana Detto Mariano, l’arrangiatore dell’etichetta, per
cinque anni. Il Clan resterà comunque attivissimo come casa
discografica. Nello stesso anno esce un 45 giri con la sinuosa
Una carezza in un pugno, e sul lato B la marcetta Azzurro
(ancora di Conte, stavolta anche per il testo), due delle canzoni
più belle e popolari del repertorio di Celentano. AZZURRO sarà
anche il titolo dell’album seguente. Sempre nel 1968 escono
ADRIANO ROCK e il film “Serafino” (che gli apre fino in fondo
le porte del cinema) di Pietro Germi, mentre il 1969 è l’anno
di LE ROBE CHE HA DETTO ADRIANO, con la vigorosa Storia
d’amore.
Religione e famiglia, narcisismo e ironia, populismo e
impegno sociale, purezza dell’ignoranza e grande intuito: alla
fine dei suoi folgoranti anni ’60 c’è già tutto il Celentano
futuro. Il nuovo decennio si apre fragorosamente con
l’agognata vittoria a Sanremo, grazie a una canzone ancora
una volta ben piantata nell’attualità, stavolta contro la pratica
dello sciopero, Chi non lavora non fa l’amore, di nuovo in
coppia con la moglie. Il brano è accusato di qualunquismo,
anche se poi Celentano dirà di essere stato frainteso. Nel 1970
torna invece il filone religioso con IL FORESTIERO: la titletrack
ha Gesù per protagonista e l’album contiene diverse canzoni
natalizie. Nel 1971 Celentano porta a Sanremo Sotto le
lenzuola – storia di tradimento coniugale con pentimento –
arrivando quarto, e l’anno dopo scrive musica e parole di un
album candidamente intitolato I MALI DEL SECOLO (con Un
albero di trenta piani). Nel ’73 c’è un album del Clan,
NOSTALROCK, in cui interpreta vecchie canzoni come Be Bop A
Lula, Tutti frutti, Only You. Sono però sempre i 45 giri a dare
la misura dell’artista, ad esempio il trascinante
Prisencolinesinanciusol, sorta di rap ante litteram. In questi
anni abbondano i film, due dei quali – “Yuppi Du” del 1974 e
“Geppo il folle” del 1978 – lo vedono alla regia. Di “Yuppi
Du” è anche autore e sceneggiatore: il film ottiene critiche
particolarmente positive, caso quasi unico per lui, e un buon
esito ai botteghini, dovuto anche al brano omonimo cantato in
un raffazzonato inglese. Del 1976 è SVALUTATION, in cui la title
track ironizza sin dal titolo sulla crisi economica e la
situazione politica, con risultati esilaranti, quasi pre-
demenziali. Seguono L’ALTRA METÀ DEL CIELO (colonna
sonora), DISCO DANCE, TECADISK e il mini TI AVRÒ, senza
grandi consensi di pubblico, anche perché Celentano è più
concentrato sui molti impegni cinematografici, con incassi
notevoli. Nel 1979 però è tra i primi a esibirsi negli stadi, con
una tournée da cui trarrà il doppio dal vivo ME, LIVE!; esce
anche SOLI, con cui torna ad avere buoni risultati di vendite,
quasi bissati due anni più tardi da UN PO’ ARTISTA E UN PO’ NO,
sospinto da Il tempo se ne va, dialogo con la figlia
quattordicenne Rosita sulla difficoltà paterna di fronte alla sua
adolescenza. Nel 1981 esce per la Lato Side un appuntito
saggio di Gianfranco Manfredi intitolato “Adriano Celentano”.
In campo musicale Celentano ha già dato – a questo punto –
il meglio di sé: per molti anni la produzione sarà sottotono,
con gli album DEUS (1981), UH… UH… (1982, con alcuni
episodi gradevoli), ATMOSFERA (1983, prodotto da Miky Del
Prete), I MIEI AMERICANI e I MIEI AMERICANI 2 (1984 e 1986, due
selezioni di cover che sono forse i suoi maggiori successi del
decennio), IL CINEMA DI ADRIANO (1984, che raccoglie le
canzoni più celebri legate ai suoi film), e LA PUBBLICA
OTTUSITÀ (1987). Nonostante gli altalenanti esiti di questi
titoli, la sua popolarità non avrà alcuna incrinatura, grazie
anche a una serie di pellicole perlopiù leggere e brillanti, che
segnano grandi record d’incassi. Caso a parte è l’imbarazzante
kolossal “Joan Lui”, scritto, diretto e interpretato da un
Celentano messianico nel 1985. Pubblica anche due libri, uno
con Ludovica Ripa di Meana, “Il Paradiso è un cavallo bianco
che non suda mai” (Sperling & Kupfer, 1982), e uno da solo,
“Il Re degli ignoranti” (Mondadori, 1991), ma verrà in questi
anni ricordato soprattutto per alcuni programmi evento, a
partire da “Fantastico 8” del 1987, che infiammerà pubblico e
critica per le provocatorie prediche, così come “Svalutation”
(1992), “Francamente me ne infischio” (1999), “125 milioni di
caz…te” (2001), “Rockpolitik” (2005).
Sul versante musicale il nuovo decennio vede (alla fine del
1994) il ritorno ai concerti dopo molti anni, e alcuni album
poco significativi: IL RE DEGLI IGNORANTI (1991) che cerca di
essere impegnato e provocatorio, QUEL PUNTO (1994),
ARRIVANO GLI UOMINI (1996), ricco di collaborazioni. I dischi
di inediti sono inframmezzati da una serie di raccolte, fra le
quali nel 1997 ALLA CORTE DEL RE-MIX, successi appunto
remixati. La nuova svolta è nel 1998 con l’uscita dell’album
MINA & CELENTANO (in origine Celentano aveva pensato a un
progetto a tre con Lucio Battisti, dal titolo “H2O”), che
sospinge entrambi al grande successo e fa ritrovare al cantante
una nuova vena. Nel 1999 IO NON SO PARLAR D’AMORE riporta
una freschezza melodica e interpretativa che mancava da
tempo, e anche a ingenti vendite. Seguono, tra alti e bassi
qualitativi, ESCO DI RADO E PARLO ANCORA MENO del 2000, titolo
ricavato da un brano di Ivano Fossati confezionato apposta per
l’album, PER SEMPRE del 2002, con Vite di Guccini, e C’È
SEMPRE UN MOTIVO del 2004. Intanto, nel 1999, Bruno Perini
(suo nipote) ha pubblicato per Rizzoli la biografia “Adriano -
la sua vita è come un rock”.
Pur con molte cadute di tono, Celentano è tra i pochissimi
della sua generazione mai intrappolati nell’eterno revival. Sarà
ricordato come un mito.
(a.pi.)
DISCOGRAFIA

ADRIANO CELENTANO – RIP IT UP (Music 1958, EP)


ADRIANO CELENTANO – TELL ME THAT YOU LOVE ME (Music
1958, EP)
ADRIANO CELENTANO – IL TUO BACIO È COME UN ROCK (Jolly
1959, EP)
ADRIANO CELENTANO – TEDDY GIRL (Jolly1959, EP)
ADRIANO CELENTANO – PERSONALITY (Jolly1960, EP)
ADRIANO CELENTANO – IMPAZZIVO PER TE (Jolly 1960, EP)
ADRIANO CELENTANO (Jolly 1960)
ADRIANO CELENTANO – PITAGORA (Jolly 1960, EP)
FURORE (Jolly 1960)
ADRIANO CELENTANO – 24 MILA BACI (Jolly 1961, EP)
ADRIANO CELENTANO – NON ESISTE L’AMOR (Jolly 1961, EP)
PEPPERMINT TWIST (Jolly 1962)
ADRIANO CELENTANO – A NEW ORLEANS (Jolly 1963, EP)
A NEW ORLEANS (Jolly 1963)
ADRIANO CELENTANO (Clan 1965)
NON MI DIR (CLAN 1965)
LA FESTA (CLAN 1965)
IL RAGAZZO DELLA VIA GLUCK (Clan 1966, la ristampa in CD
del 1995 ha un brano in più)
AZZURRO (CLAN 1968, la ristampa in CD del 1995 ha un
brano in più)
ADRIANO ROCK (CLAN 1968, la ristampa in CD del 1995 ha
un brano in più)
LE ROBE CHE HA DETTO ADRIANO (CLAN 1969, la ristampa in
CD del 1995 ha un brano in più)
IL FORESTIERO (CLAN 1970, la ristampa in CD del 1995 ha un
brano in più)
ER PIÙ (Clan 1971)
I MALI DEL SECOLO (CLAN 1972)
NOSTALROCK (Clan 1973)
YUPPI DU (CLAN 1974, colonna sonora)
SVALUTATION (CBS/CLAN 1976)
L’ALTRA METÀ DEL CIELO (CLAN 1977, colonna sonora)
DISCO DANCE (CBS/CLAN 1977)
TECADISK (SUGAR/CLAN 1977)
TI AVRÒ (CLAN 1978, mini album)
GEPPO IL FOLLE (Clan 1978)
SOLI (CLAN 1979)
ME, LIVE! (CLAN 1979, doppio live)
UN PO’ ARTISTA UN PO’ NO (CLAN 1980)
DEUS (CGD/CLAN 1981)
IL CINEMA DI ADRIANO (CLAN 1982, raccolta)
UH… UH… (CGD/CLAN 1982, colonna sonora)
ATMOSFERA (CGD/CLAN 1983)
I MIEI AMERICANI… (CGD/CLAN 1984)
JOAN LUI (CGD/CLAN 1985, colonna sonora)
I MIEI AMERICANI… 2 (CGD/CLAN 1986)
LA PUBBLICA OTTUSITÀ (CGD/CLAN 1987)
IL RE DEGLI IGNORANTI (CLAN 1991)
QUEL PUNTO (CLAN 1994)
ARRIVANO GLI UOMINI (CLAN 1996)
ALLA CORTE DEL RE-MIX (CLAN 1997, raccolta remixata)
MINA & CELENTANO (PDU/CLAN 1998)
IO NON SO PARLAR D’AMORE (CLAN 1999)
ESCO DI RADO E PARLO ANCORA MENO (CLAN 2000)
IL CUORE, LA VOCE (CLAN 2001, raccolta con un inedito)
PER SEMPRE (CLAN 2002)
C’È SEMPRE UN MOTIVO (CLAN 2004)
NON MI DIR. Se si esclude un promozionale eponimo, è il
primo album pubblicato da Celentano con la sua etichetta
dopo una serie di 45 giri che restano le fondamenta della sua
carriera. E questo disco ne raccoglie alcuni: dal primo
successo del Clan Stai lontana da me (cover di Tower Of
Strength di Burt Bacharach, con uno dei primi testi di
Mogol) a Sei rimasta sola scritta da Gianco (i due brani
erano i lati A e B di un 45 giri); dall’ironica Grazie prego
scusi, con testo di Mogol, a Pregherò, versione italiana di
Stand By Me, in origine scritta per Gianco.
SOLI. Ha già un lungo e luccicante passato dietro le spalle,
Celentano, quando pubblica quest’album. In verità, non si
tratta di un lavoro rilevante da un punto di vista artistico. Si
inserisce infatti in una lunga fase tra le meno interessanti
della sua produzione musicale, fatta per lo più di canzoni
che non sono destinate a rimanere del tempo. C’è però la
deliziosa, romantica title track, con musica di Toto Cutugno,
che resiste placidamente agli anni; e resta il dato storico
dell’alto numero di copie vendute.
IO NON SO PARLAR D’AMORE. Alla fine degli anni ’90
Celentano inaugura l’ennesima fase felice della sua vita
musicale con un disco che – attesissimo anche per i testi di
Mogol – non solo non delude le aspettative del suo pubblico
più fedele, ma è accolto con buoni consensi dalla critica
specializzata. Con musiche di Gianni Bella e arrangiamenti
di Fio Zanotti, IO NON SO PARLAR D’AMORE è marcatamente
melodico – caratteristica che più di ogni altra si addice alla
voce calda di Celentano – centrato sul tema dell’amore
osservato in tanti suoi aspetti (citiamo Gelosia, L’emozione
non ha voce, Senza amore), che include però anche un brano
come L’arcobaleno, toccante omaggio di Mogol a Lucio
Battisti.
C’È SEMPRE UN MOTIVO. A cinque anni dal successo di IO
NON SO PARLAR D’AMORE, Celentano propone una nuova serie
di composizioni in cui spicca ancora il felice connubio
Mogol-Bella. All’interno, oltre a canzoni di grande forza
melodica come Marì Marì, si aggiunge Lunfardia, un brano
di Roberto Ferri al cui testo aveva collaborato anche
Fabrizio De André, e una curiosa e bella versione de Il
ragazzo della via Gluck, rielaborata nel ritmo e tradotta in
portoghese (si chiama infatti Quel casinha), cantata in duo
con la grande Cesaria Evora, regina della morna
capoverdiana.

ANDREA CHIMENTI
Aretino, classe 1959, raffinato e colto, mette la sua voce
granitica al servizio di una ricerca musicale in cui l’analisi
delle emozioni fluisce in un suono rigoroso ed essenziale, ma
al contempo evocativo e pregnante. Allo scioglimento dei
Moda – gruppo rock di rilievo del quale è stato cantante
dall’83 all’89 e per gli album BANDIERA, CANTO PAGANO e
SENZA RUMORE – realizza, con Gianni Maroccolo e Francesco
Magnelli, il suo primo disco, LA MASCHERA DEL CORVO NERO,
che esce nel 1992. Segue L’ALBERO PAZZO (1996), nel quale
scrive e canta un brano insieme a David Sylvian, in qualche
modo suo artista di riferimento: Ti ho aspettato (I Have Waited
For You). Nel 1997, in collaborazione con l’attore Fernando
Maraghini, realizza QOHELET, unendo le canzoni a momenti
recitativi nel tentativo di creare una sola forma d’arte. La
volontà di andare oltre il proprio ruolo di autore e interprete si
concretizza, l’anno seguente, nella creazione dell’etichetta “Le
Vie dei Canti”, con l’intento di mettere la propria musica al
servizio della parola. Nello stesso anno, infatti, esce IL
CANTICO DEI CANTICI con letture di Anita Laurenzi e musiche
di Chimenti. Nel 2000 mette in scena “Il porto Sepolto”,
spettacolo di canto, musica e letture. Due anni dopo ne trae
l’album omonimo, in cui canta alcune poesie di Giuseppe
Ungaretti. Del 2004 è un nuovo disco, equilibrato e maturo,
VIETATO MORIRE, realizzato con Massimo Fantoni e Matteo
Buzzanca.
GAIO CHIOCCHIO
Nato a Rio de Janeiro nel 1954. Polistrumentista,
compositore e paroliere romano, Gaio Chiocchio fa il suo
esordio nel 1974 fondando i Pierrot Lunaire. Dopo lo
scioglimento della band diviene direttore artistico della IT e
nel 1980 pubblica, da solista, il mini LONDRA. Produce dischi
di altri artisti e quindi comincia con Amedeo Minghi una
proficua collaborazione per i testi di 1950 (1983), QUANDO
L’ESTATE VERRÀ (1984) e CUORI DI PACE (1986), con brani come
1950 (un gioiello), Quando l’estate verrà, St. Michel. Insieme
lanciano Mario Castelnuovo. Scrive anche per altri,
mantenendo il tratto leggero e molto evocativo che lo
contraddistingue. Nel 1989 prende parte con gli Effetto Notte
al progetto multimediale “Il Poliedro di Leonardo”, presentato
alla Mostra del Cinema di Venezia. Scrive brani anche per
Paola Turci (per cui produce anche un album) e Riccardo
Cocciante. Chiocchio scompare prematuramente a Roma
nell’estate del 1996.

LEO CHIOSSO
Il nome di Leo Chiosso (Torino, 1921) è inscindibilmente
legato a quello di Fred Buscaglione, suo concittadino e
coetaneo, per il quale, dall’immediato dopoguerra alla fine
degli anni ’50, scrive i testi di oltre quaranta canzoni, sia su
musiche dello stesso Buscaglione (fra le tante Che bambola,
Porfirio Villarosa, Teresa non sparare, Eri piccola così, Love
in Portofino, Il dritto di Chicago, Whisky facile, anche se il
primo successo dell’accoppiata è Tchumbala-Bey, lanciata nel
1953 da Gino Latilla), sia di altri (A qualcuno piace Fred, Si
sono rotti i Platters, Voglio scoprir l’America ecc.). Dopo la
scomparsa dell’amico, Chiosso si dedica soprattutto a fortunati
varietà televisivi (su tutti la controversa “Canzonissima” del
1962 con Dario Fo e Franca Rame), nel cui ambito, non
avendo smesso di scrivere i testi di canzoni di successo, nel
’72 firma ad esempio la celeberrima Parole parole per il duo
Mina-Alberto Lupo. Suo è anche il testo di Torpedo blu di
Giorgio Gaber (1967).
CHRISTIAN
Nato a Boccadifalco, in provincia di Palermo, l’8 settembre
1948, Christian Gaetano Rossi approda al mondo del calcio
prima che a quello della musica, in cui esordisce negli anni
’70, che lo vedono alle prese anche con alcune esperienze
teatrali. Nel 1977 si segnala per il rifacimento di Non so dir ti
voglio bene. Il successo arriva nel 1980 con Daniela. Cantante
stilisticamente assimilabile a Julio Iglesias, predilige un
repertorio smaccatamente melodico, sulla base del quale
colleziona pezzi dai riscontri commercialmente significativi.
Nel corso degli anni ’80 partecipa a quasi ogni edizione di
Sanremo, ottenendo buone vendite soprattutto con Un’altra
vita un altro amore e Cara. Tra i suoi brani più conosciuti
anche Notte serena (1985) e Aria e musica (1987). Poi declina
velocemente, spostando la sua carriera quasi completamente
all’estero, dove ha un seguito soprattutto fra gli immigrati
italiani.

PIERO CIAMPI
Piero Ciampi era un poeta, l’unico della canzone italiana, e
cantautore forse solo per motivi di sopravvivenza economica.
Nasce a Livorno il 28 settembre del 1934: il padre commercia
in pellame, la madre, montenegrina, avrà grossi problemi con
l’alcool. Il rapporto con lei lo segnerà alquanto, specie dopo la
sua scomparsa.
In Ciampi la vita e le canzoni sono inscindibili. Dopo le
scuole superiori, che non termina (e quindi non è esatto quel
che spesso si scrive su di lui, e cioè che si era iscritto alla
facoltà di Ingegneria a Pisa), con i due fratelli forma un
gruppo, dove lui è il cantante; durante il servizio militare a
Fano conosce Gianfranco Reverberi con cui costituisce un
quartetto che si esibisce, anche se non professionalmente, in
un dancing ristorante della zona. Tornato a Livorno, suona
come contrabbassista in alcune orchestrine. Nel 1957 decide di
partire per Parigi. Qui, con il soprannome di “Piero l’Italianò”,
nasce il Ciampi cantautore, che si esibisce in vari bistrot del
Quartiere Latino cantando le sue poesie. Frequenta pittori,
scultori, scrittori, fra cui probabilmente Céline e Sartre, vive
alla giornata. Torna nel 1959 a Livorno. Reverberi, che intanto
lavora come musicista a Milano, lo chiama con sé e spesso
scrive le musiche delle sue canzoni.
Ciampi, con il nome d’arte di Piero Litaliano, incide i primi
dischi, ancora abbastanza in linea con la tipica canzone
italiana del periodo, ma con echi di Modugno e di ascolti
francesi. I due primi 45 giri sono con la Bluebell; Conphiteor /
La grotta dell’amore, del 1961, è il primo. Intanto ha
conosciuto Tenco e Paoli. Passa poi alla CGD, grazie a Franco
Crepax, e pubblica altri 45: Lungo treno del Sud (con musica
di suo fratello Roberto) ha anche un qualche ritorno
commerciale, l’unico della sua vita. Nel 1963 pubblica il suo
primo album, PIERO LITALIANO, che non ha riscontri ma rivela
una personalità compositiva e interpretativa. Passa poi alla
Ariel, dove è addirittura direttore artistico, ma la casa
discografica fallirà nel 1965. Alcune delle sue canzoni di
quegli anni sono cantate da artisti come Milly, Tony Del
Monaco, Katyna Ranieri, Gino Paoli, e da Gigliola Cinquetti e
Connie Francis che portano al Festival di Sanremo Ho bisogno
di vederti.
Durante gli anni ’60 Ciampi gira l’Europa, inizia a bere
sempre più, si sposa e viene abbandonato, ha un figlio e poi,
da un’altra donna, una figlia. Vuole essere chiamato poeta. Nel
1967 produce anche un album di sue canzoni per una cantante
sconosciuta (LUCIA RANGO SHOW), ma nella seconda metà del
decennio non pubblica più nulla, anche se con Reverberi
registra vari brani. A un certo punto Paoli lo porta alla RCA,
lui prende l’anticipo e scappa.
Nel 1970 la svolta. Conosce il musicista Gianni Marchetti
ed è l’incontro che porta Ciampi ai suoi massimi livelli
espressivi. Marchetti riesce a cucire musiche adatte alle sue
parole. Il primo frutto è il 45 giri con Barbara non c’è e Tu no.
Charles Aznavour lo invita a cantare quest’ultima a “Senza
rete”, il programma TV del sabato sera. Intanto Ennio Melis,
lo storico direttore della RCA, prende Ciampi sotto la sua ala:
farà di tutto per lanciarlo. Nel 1971 escono vari 45 giri e
l’album PIERO CIAMPI, con canzoni come Sporca estate, Il
vino, Il merlo, dedicata al merlo di Alberto Moravia, che abita
di fronte a Ciampi. L’LP, che ottiene il Premio della critica
discografica come migliore dell’anno, ha una confezione
lussuosa, un album accluso contiene 14 tempere del pittore
Aldo Turchiaro, amico di Ciampi. Con L’amore è tutto qui va
persino al Disco per l’estate, ma il successo non arriva, così
come nel 1973, quando esce IO E TE ABBIAMO PERSO LA BUSSOLA
(accompagnato da un volume di poesie), con capolavori come
Ha tutte le carte in regola, Te lo faccio vedere chi sono io, Il
lavoro, In un palazzo di giustizia, Io e te Maria. C’è il male di
vivere, la disperazione, la risata acida. Intanto Paoli nel ’71 ha
inciso alcune sue canzoni in LE DUE FACCE DELL’AMORE, e
nascono anche progetti di lavoro con Ornella Vanoni e con
Carmen Villani, che aveva portato a “Canzonissima” la sua
Bambino mio. Ma Ciampi è sfuggente e i progetti (dischi di
sue canzoni per le due interpreti) sfumano. Ha invece buon
fine un album di canzoni per Nada, livornese anche lei, nel
1973. Il titolo è HO SCOPERTO CHE ESISTO ANCH’IO. In questi
anni Nicola di Bari e Dalida cantano alcune sue canzoni.
Intanto Ciampi tiene a volte spettacoli dal vivo in cui sfiora
costantemente la rissa, spesso chiudendo i concerti prima del
tempo, sempre ubriaco. Nel 1975 esce un’antologia, ANDARE
CAMMINARE LAVORARE E ALTRI DISCORSI, con due inediti, fra cui
la straordinaria title track, e nel 1976 un nuovo album doppio
(prodotto nel 1975), DENTRO E FUORI, con altri gioielli come
L’incontro (composta in diretta, mentre la si registrava),
L’assenza è un assedio, Va, Disse “Non Dio, decido io”, Cara.
È l’ultimo lavoro pubblicato in vita. Il materiale inciso
successivamente sarà reso pubblico, in parte, dopo la morte. Il
1976 è l’anno della leggendaria apparizione al Premio Tenco,
documentata nel 1995 in LIVE AL TENCO ’76, INEDITI E PROVINI.
In un’intervista del periodo Ciampi dichiara: “Sono arrabbiato
per tre buoni motivi: sono livornese, anarchico e comunista”.
Nel 1977 in TV viene trasmesso uno speciale su di lui, “Piero
Ciampi no!”. Un altro, realizzato con Paolo Conte, Renzo
Zenobi e Nada, non andrà in onda. Queste e una del 1979 a
Bologna sono le ultime sue apparizioni. L’alcool lo ha vinto,
fisicamente sta sempre peggio. Torna spesso a Livorno ma si
spegne a Roma, il 19 gennaio 1980, per un cancro alla gola,
mentre da tempo era convinto di morire per cirrosi epatica.
Da quel momento, a poco a poco, molti artisti lo
omaggiano. Il primo è Paoli nell’80 con un intero album, HA
TUTTE LE CARTE IN REGOLA, mentre viene pubblicato “Piero
Ciampi - canzoni e poesie”, a cura di Enrico de Angelis (Lato
Side). Nel 1983 Massimo Bizzarri scrive Canzone per Piero
Ciampi (e nel 1993 Se ci fosse ancora Piero). Altri brani su
Ciampi saranno Artista moribondo di Marco Ongaro e
Maledetti amici di Pino Pavone. Dopo una prima giornata nel
1981, nel 1985 e nel 1987 si consolidano le prime
manifestazioni livornesi intitolate a Ciampi (con Fossati e De
Gregori tra gli ospiti), ideate dall’operatore culturale Mauro
Nocchi con la collaborazione del Club Tenco e del giornalista
Giuseppe De Grassi. Nel 1989 Zucchero pubblica il brano Il
mare impetuoso al tramonto salì sulla luna e dietro una
tendina di stelle… prendendo i versi del titolo da Ciampi,
senza citarlo. Il 1990 è un anno molto denso, e grazie a De
Grassi nascono due iniziative. La prima è un grande concerto
tributo (su CD due anni dopo) con artisti come Paoli, Nada,
Paola Turci, Toquinho, Teresa De Sio, Lucio Dalla, Pino
Pavone e Renato Zero, che scrive una canzone su Ciampi,
L’aquilone Piero. La seconda è un cofanetto di tre LP o due
CD, L’ALBUM DI PIERO CIAMPI, con vari inediti. Da lì in poi
cresce notevolmente il numero degli artisti che interpretano
Ciampi, compresi molti esponenti delle nuove generazioni,
come i La Crus. Nel 1992 esce il volume “Tutta l’opera”
(Arcana) di Enrico de Angelis, con allegato CD con inediti.
Nel 1995 De Grassi confeziona lo spettacolo “I musicisti di
Ciampi” (dall’omonima canzone di Claudio Lolli), con, fra gli
altri, Nada Trio, Vinicio Capossela, Alessandro Haber,
Umberto Bindi, La Crus, Dodi Moscati e Marco Ongaro, e lo
stesso Lolli. Il relativo CD, INCIAMPANDO, esce nel 2000, lo
stesso anno della biografia romanzata “Maledetti amici” scritta
per RAI/Eri da De Grassi (che da tempo progetta anche un
film su Ciampi) e di NON SIAMO TUTTI EROI, album con tutti i
brani pubblicati da Ciampi negli anni ’60, realizzato dal
Premio Ciampi di Livorno, manifestazione nata nel 1995. Nel
2005 esce “Piero Ciampi – Una vita a precipizio”, raccolta di
interviste di Gisela Scerman (Coniglio editore). Tenero e
violento, contraddittorio e unico: Piero Ciampi. (e.de.)
DISCOGRAFIA
PIERO LITALIANO (CGD 1961, EP accreditato a Piero
Litaliano)
PIERO LITALIANO (CGD 1963, accreditato a Piero Litaliano;
la versione in CD è accreditata invece a Piero Ciampi)
PIERO CIAMPI (Amico 1971)
IO E TE ABBIAMO PERSO LA BUSSOLA (Amico-RCA 1973)
ANDARE CAMMINARE LAVORARE E ALTRI DISCORSI (RCA 1975,
raccolta con inediti)
DENTRO E FUORI (RCA 1975, doppio)
L’ALBUM DI PIERO CIAMPI (RCA 1990, raccolta in tre LP o
due CD, con inediti)
PIERO CIAMPI (allegato al libro “Piero Ciampi – Tutta
l’Opera”, Arcana Editrice 1992. Registrazioni inedite del
periodo RCA)
TE LO FACCIO VEDERE CHI SONO IO (Blu, 1992, album tributo
dal vivo, allegato alla rivista “Blu”)
LIVE AL TENCO ’76, INEDITI E PROVINI (Papiro1995, live e
inediti in studio)
NON SIAMO TUTTI EROI (On Sale 2000, raccolta delle incisioni
degli anni ’60)
INCIAMPANDO (Interbeat 2000, album tributo)
L’ALBUM DI PIERO CIAMPI. Summa del miglior Ciampi,
quello degli anni ’70 soprattutto. Testi di rara bellezza e
nudità, sostenuti, accompagnati dalle musiche di Gianni
Marchetti. La sua esperienza di compositore di colonne
sonore ha offerto a Ciampi melodie e orchestrazioni
fortemente evocative. Nel disco si segnala una manciata di
inediti, fra i quali inevitabilmente colpisce Adius, con una
serie di vaffanculo finali alla donna che non lo vuole, agli
intellettuali, ai pirati, e forse anche a quel pubblico che non
lo rispettava.

CIAPA RUSA
Gruppo guida del folk revival norditaliano. Nasce nel 1977
a Casale Monferrato, in Piemonte, partendo da una ricerca sul
campo intesa a recuperare il misconosciuto patrimonio
musicale della tradizione contadina, soprattutto delle “Quattro
province” (Alessandria, Piacenza, Genova e Pavia), e sulla
scorta del folk revival americano e inglese. I fondatori e leader
sono Maurizio Martinotti (al quale si deve la riscoperta di uno
strumento come la ghironda) e Beppe Greppi (organetto). Ben
presto ai brani e agli strumenti tradizionali vengono affiancate
composizioni originali di Martinotti e l’uso delle tastiere e
dell’elettronica. Più ancora che in Italia i riscontri arrivano
dall’estero, che consacra il gruppo come uno dei più seguiti
nell’ambito folk. Numerose le tournée in tutta Europa ma
anche negli USA e in Canada, e sei album in discografia: TEN
DA CHENT L`ARCHET CHE LA SUNADA L`È LONGA (Premio della
critica discografica italiana del 1982), STRANOT D`AMUR, O
SENTÌ CHE BEL CANTÀ, FARUAJI, RETANAVOTA, AJI E SAFRÀN. Il
gruppo si scioglie nel 1997 ma l’ufficializzazione è solo del
2003 con un concerto d’addio, testimoniato dal live DIARIO DI
BORDO. Martinotti continua l’attività con il gruppo Tendachënt.

FAUSTO CIGLIANO
Napoli è il suo mondo, la chitarra è nel suo DNA. Cigliano
è cantante-chitarrista-ricercatore, tipica figura della canzone
napoletana, come Roberto Murolo e Sergio Bruni. Nato nel
1937 da una numerosa famiglia che ben presto perde la guida
paterna, alterna gli studi di ragioneria a vari lavori, finché non
riceve in dono una chitarra e inizia a cantare. Esordisce nel
1953. A 19 anni realizza i primi dischi, senza cadere negli
eccessi retorici della canzone napoletana e acquisendo in stile
dai crooner americani e dagli chansonnier francesi. Si rivela al
Festival di Napoli del 1959, con la pregevole Sarrà… chi sa!
di Murolo. I primi successi lo spingono a studi più
approfonditi, con il più importante chitarrista classico italiano,
il romano Mario Gangi, con il quale nascono le prime
collaborazioni. Anni dopo Cigliano conseguirà il diploma in
chitarra classica al Conservatorio.
Intanto colleziona tre partecipazioni consecutive al Festival
di Sanremo con interpretazioni raffinate e brani in qualche
modo innovativi (anche se Splende il sole, del 1960, ha un
ritornello molto simile al canto ebraico Evenu Shalom Alejem).
Dal 1962 comincia ad attraversare una fase di calo come
interprete commerciale, tanto che nel ’64 partecipa al Festival
con E se domani, in coppia con Gene Pitney, ma a portare al
successo il brano sarà Mina. Nel 1967 viene chiamato dalla
RAI a condurre “Chitarra club”. Uno dei suoi brani più noti è
Ossessione ’70, per i mondiali di calcio in Messico: è l’ultima
concessione al grande pubblico. Da quel momento realizza,
assieme a Gangi, una ricca antologia della canzone partenopea
in nove volumi, NAPOLI CONCERTO, con gioielli come alcune
piccole composizioni strumentali del ’700 partenopeo,
trascritte per due chitarre, o una travolgente esecuzione di
Pagliaccio (il brano che dal 1957 era stato utilizzato per la
sigla di “Carosello”). Con il passare degli anni, alla ricerca sul
repertorio napoletano meno noto Cigliano affianca canzoni
nuove, che affrontano anche temi impegnativi. Nel nuovo
secolo si assiste a una sua riscoperta, anche grazie al Club
Tenco. Tra i lavori più recenti, per l’etichetta Polosud, nel
2002 …E ADESSO SLOW, curiosa trasposizione in napoletano
del repertorio di Nat King Cole, e nel 2004 L’ORO DI NAPOLI,
antologia di canzoni napoletane d’autore, sia classiche che
recenti.

RUGGERO CINI
Il toscano Ruggero Cini (Scandicci, 1933) è stato uno dei
più importanti arrangiatori e direttori d’orchestra della
cosiddetta seconda generazione della RCA, quella che si è
affiancata ai maestri Morricone e Bacalov nella seconda metà
degli anni ’60. Dopo aver diretto Luigi Tenco nelle sue ultime
registrazioni (e suonato il piano in Vedrai vedrai), Cini si
occupa dei dischi, tra gli altri, dei Rokes, di Dino, di Morandi
e di Patty Pravo per cui scrive, arrangia e produce la fortunata
La bambola. Negli anni ’70 cura gli arrangiamenti per
Baglioni e accompagna Lucio Dalla nelle sue più fortunate
esecuzioni del periodo: 4 marzo 1943 e Piazza grande; con il
cantautore bolognese collabora anche alla trilogia realizzata
con il poeta Roberto Roversi e a COM’È PROFONDO IL MARE, per
poi occuparsi, nel 1977, dell’astro nascente Renato Zero,
affiancando l’altro toscano Piero Pintucci. Poco prima che un
male incurabile lo fermi l’8 aprile 1981, inizia a collaborare
anche con la televisione: l’esordio avviene con le musiche
dello sceneggiato “Martin Eden” del 1979.

GIGLIOLA CINQUETTI
Resterà sempre legata all’immagine timida e assai
morigerata con cui vince il Sanremo del 1964, ma nei decenni
successivi sarà decisamente altro. Veronese (è nata il 20
dicembre 1947), a 15 anni e mezzo vince Castrocaro con due
brani, fra cui Le strade di notte di Giorgio Gaber. Nel
novembre del 1963 pubblica il primo 45 giri, Penso alle cose
perdute, sull’onda del “twist triste”. A quel punto Nisa, Mario
Panzeri e Gene Colonnello hanno la canzone giusta per
Sanremo, Non ho l’età (per amarti): è un trionfo, non solo
nazionale. I 45 successivi sono sulla falsariga, titoli come Il
primo bacio che darò, Caro come te, Ho bisogno di vederti
(Sanremo 1965, testo di Piero Ciampi), con un paio di nobili
digressioni d’autore: Quando passo il ponte con te da Georges
Brassens e Sfiorisci bel fiore di Enzo Jannacci. Altro primo
posto a Sanremo nel ’66 per Dio, come ti amo!, di e con
Modugno, un buon successo così come La rosa nera, del
1967. Nel ’68 la Cinquetti porta a Sanremo Sera (fra gli autori
uno sconosciuto Vecchioni), che però vende poco. Per
rimediare Pace, Panzeri e Pilat le scrivono brani orecchiabili
ma di bassissimo livello: Giuseppe in Pennsylvania (1968), La
pioggia, Il treno dell’amore (ambedue del ’69 e successi in
Francia), Rose nel buio (1971) e Gira l’amore (1972).
Intanto però la Cinquetti sta acquisendo consapevolezza
della necessità di staccarsi dai facili cliché. Nel 1969 pubblica
in Francia un album con Maurice Chevalier, poi si dedica a LP
che rivisitano il folklore dell’Italia settentrionale (CANTANDO
CON GLI AMICI del 1971 e SU E GIÙ PER LE MONTAGNE del 1972,
che fanno conoscere nel Centro-sud canzoni come La bella
Gigogin, Qui comando io e La domenica andando a la messa),
a brani da balera (STASERA BALLO LISCIO del 1973) e anche a
episodi del Cantacronache. Intanto Alle porte del sole è la
“Canzonissima 1973”; segue una presenza all’Eurofestival di
Brighton del 1974 con Sì, censurata in Italia per motivi
elettorali (è il periodo del referendum sul divorzio), che trova
riscontri in Inghilterra dove è pubblicata con il titolo Go
(Before You Break My Heart).
A 30 anni compiuti pubblica l’album PENSIERI DI DONNA, in
veste di interprete colta e matura, in grado di passare da Tony
Renis (Ma chi l’avrà inventato quest’uomo?, eseguita anche in
inglese per tentare un lancio negli States) a Chico Buarque De
Hollanda (interpreta O que serà, undici anni prima di Ivano
Fossati e Fiorella Mannoia). L’album ha addirittura venature
femministe, diametralmente opposte a quelle di dieci anni
prima, ma commercialmente va male. Lei abbandona le scene
musicali, la si vede in TV (con cui aveva già avuto esperienze
in passato) come conduttrice o cantante-ballerina, ma è anche
autrice e giornalista. Nel 1985 eccola a sorpresa a Sanremo
con Chiamalo amore. Tornerà altre due volte: nel 1989 con la
scadente Ciao e nel 1995 con la decisamente più efficace
Giovane vecchio cuore, scritta per lei da Giorgio Faletti come
l’album omonimo. Del ’91 era invece TUTTINTORNO, prodotto
da Mimmo Locasciulli con varie canzoni d’autore. Anche qui
però le vendite sono scarse. Dopo queste esperienze la
Cinquetti lascia di nuovo la canzone per dedicarsi a
programmi televisivi dal taglio giornalistico.

ROBERTO CIOTTI
Chitarrista dal tocco particolarmente delicato e bluesman fra
i più apprezzati in Europa, Ciotti nasce a Roma nel 1953.
Inizia a suonare a 12 anni. Dal 1970 al 1972 milita nei Blue
Morning, gruppo jazz rock capitolino, per poi iniziare
un’attività come strumentista per Francesco De Gregori e
Edoardo Bennato. Intanto comincia a suonare blues, scrivendo
e cantando propri pezzi, in inglese: una carriera fortunata che
lo porterà a esibirsi nei principali festival blues italiani ed
europei e con vari musicisti americani di rilievo. Nel 1978
esordisce su disco con SUPERGASOLINE BLUES. Nel 1980 apre i
concerti di Bob Marley in Italia. Con il tempo il suo stile muta,
assorbendo varie influenze, jazz, soul e latine. Nel 1989
compone la colonna sonora del film “Marrakesh Express” di
Gabriele Salvatores, che gli porta ottimi riscontri, specie per il
brano principale No more blue, titolo anche di un suo
pregevole album. Per lo stesso regista scriverà anche le
musiche di “Turnè”. Nel 1992 pubblica ROAD ‘N’ RAIL a cui
segue nel 1994 KING OF NOTHING, entrambe colonne sonore di
film. Del ’96 è CHANGES, del ’99 WALKING, del 2002 BEHIND
THE DOOR.

RICCARDO COCCIANTE
Padre italiano e madre nata in Vietnam quand’era ancora
colonia francese: nella doppia nazionalità c’è già molto di
Riccardo-Richard Cocciante. Nasce il 20 febbraio 1946 a
Saigon, dove vive fino a undici anni, quando la famiglia si
trasferisce in Abruzzo e poi a Roma. Da bambino ama cantare,
ma i primi passi nella musica li muove solo alla fine degli anni
’60 quando, appassionato di rhythm’n’blues, suona l’organo e
occasionalmente canta in un locale per studenti stranieri di
Roma, l’Approdo, mentre lavora come segretario in un
albergo. Nasce un gruppo, i GL6, con Paolo Cassella e Marco
Luberti (che saranno i parolieri dei suoi primi dischi) e tre
brani in inglese che entrano nella colonna sonora del film
“Roma bene” di Carlo Lizzani; Down Memory Gane e
Rhythm, compaiono anche su un 45 giri a nome Richard
Cocciante. Con il nome francese esce nel 1972 anche il primo
album, composto a Parigi e registrato a Roma in quindici notti,
MU. È un’opera rock piuttosto farraginosa, pubblicata in
Francia con il titolo di ATLANTÌ, che dà a Cocciante una prima
popolarità. La discografia francese correrà parallela a quella
italiana, con album o scalette che sovente non coincidono,
pubblicate anche nei Paesi di lingua spagnola.
La personalità di Cocciante si delinea meglio nel 1973 con
POESIA, che ottiene in Italia i primi riscontri di pubblico con il
brano omonimo, cantato anche da Patty Pravo. Ma la vera
affermazione arriva con Bella senz’anima, testata e lanciata in
un tour con De Gregori e Venditti (“Racconto”) ai quali
Cocciante viene da alcuni accostato in un’ipotetica “scuola
romana” pur avendo caratteristiche assai diverse, a partire
dalle tematiche principali che riguardano i rapporti
sentimentali, per giungere alla musica, una sorta di rock dalla
matrice fortemente melodica (di gusto più francese che
italiano) che contraddistinguerà tutta la sua carriera, insieme
alla voce roca e possente. Bella senz’anima, inserita in ANIMA
(così come Quando finisce un amore), colpisce proprio per la
caratteristica vocalità irruente, ma anche per il crescendo
finale con i famosi versi (“E adesso spogliati/ come sa fare
tu”) che gli procurano polemiche con il femminismo
dell’epoca e la censura televisiva. Diventerà un classico, anche
se pochi coglieranno il senso anche metaforico del testo.
Mentre arrivano consensi anche dalla Francia e dal
Sudamerica, nel ’75 esce l’interlocutorio L’ALBA (con Era già
tutto previsto) con i testi del solo Marco Luberti. Il 1976 è
invece l’anno dell’esplosione con Margherita, altro evergreen
che trascina anche l’album CONCERTO PER MARGHERITA in cima
alle classifiche. Gli album successivi RICCARDO COCCIANTE del
1977 (con A mano a mano) e …E IO CANTO (con Il treno) del
1979 confermano in buona parte le linee stilistiche e i riscontri
commerciali.
Una svolta avviene negli anni ’80 con l’avvicendamento fra
Luberti e Mogol, che firma i testi di CERVO A PRIMAVERA
sostituendo in qualche modo Cocciante a Battisti, con il quale
ha interrotto la collaborazione. Il 45 giri omonimo segna un
altro successo. Mogol apporta registri meno mesti e introversi
nelle tematiche, che corrispondono a una vena musicale meno
impetuosa, una sorta di serenità espressiva che trova la
massima rappresentazione nel successivo COCCIANTE, long
seller che contiene vari brani graditi al pubblico. Intanto c’è
stato, nel 1981, un tour con Rino Gaetano e i New Perigeo,
documentato nel mini Q CONCERT, e i successi in Francia degli
album AU CLAIR DE TES SILENCES (1980) e VIEILLE (1982), che
non hanno però versioni italiane. Da noi andrà meno bene nel
1983 SINCERITÀ, inciso in America con membri dei Toto e con
le parole di Etienne Roda Gil e dello stesso Cocciante. Nel
1985 IL MARE DEI PAPAVERI (prodotto da Paul Buckmaster)
tornerà in cima alle classifiche grazie anche a un duetto con
Mina in Questione di feeling, che diventa un tormentone
radiofonico. Il testo è di Mogol, come per la maggior parte
dell’album e come per L’onda, pubblicato solo su singolo
nello stesso anno. Nell’86 Cocciante ricambia la cortesia
duettando con Mina in Bella senz’anima per SÌ BUANA e
pubblica il doppio live QUANDO SI VUOLE BENE, un bilancio
dopo quindici anni di carriera e molti brani fortunati. Dopo LA
GRANDE AVVENTURA del 1987 (arrangiato da Geoff Westley con
una certa dose di elettronica), che affianca a quelli di Mogol
un testo di Lucio Dalla e due di Ruggeri, Cocciante si
trasferisce in Florida e si prende una pausa discografica di
alcuni anni (interrotta solo da un altro live doppio, VIVA!, del
1988) durante la quale inizia a lavorare a un’opera musicale
che vedrà la luce solo molti anni più tardi.
Il rientro, nel 1991, è al Festival di Sanremo con la vittoria –
peraltro annunciata – di Se stiamo insieme. Il brano sanremese
apre la strada a COCCIANTE, che offre anche Prima gita
scolastica nel mondo del jazz, del blues e del rock e la
partecipazione di Paola Turci in E mi arriva il mare. Il disco
segna un approccio più rock e il ritorno ai vertici delle
classifiche. Nello stesso anno Cocciante partecipa in due brani
a VOCI di Mario Lavezzi. Andranno meno bene gli album
successivi EVENTI E MUTAMENTI del 1993 (con testi perlopiù
di Gaio Chiocchio, che firma un brano come La nostra lingua
italiana, e di Marco Luberti) e UN UOMO FELICE (in cui ogni
brano ha un diverso paroliere e una diversa cantante che duetta
con Cocciante, fra cui Mina in Amore) che mostrano una lenta
trasformazione e saranno inframmezzati dalla raccolta con
inediti IL MIO NOME È RICCARDO (1994). In compenso è la
Francia a tributare grandi consensi a Cocciante, ad esempio
con l’album L’INSTANT PRESENT del 1995 che avrà il
corrispettivo italiano solo nel 1997 con INNAMORATO, su testi
di Mogol, Massimo Bizzarri ma soprattutto di Luc Plamondon.
Per molto tempo sarà l’ultimo album in studio. Negli anni
seguenti ci sono le ospitate in STRANE STELLE STRANE del
Giovanni Tommaso Quintet con la sua Poesia, in ANIME IN
GIOCO di Baglioni con Pippi calzelunghe, e anche vari pezzi
scritti per artisti francesi come Sylvie Vartan. Da segnalare
ancora la presenza con tre brani nella colonna sonora italiana
di “Toy story” e con Lei non vede me in quella di “Asterix e
Obelix”. Cocciante partecipa anche alla quinta edizione di
“Christmas in Vienna” con Placido Domingo e altri. Nel 1988
da un concerto a Milano trae il doppio ISTANTANEA e la relativa
VHS “Adrenalina per un’istantanea”, ma soprattutto realizza il
suo progetto più ambizioso, un’opera pop basata su “Notre-
dame de Paris” di Victor Hugo, che riscuote un enorme
successo mondiale per anni e anni. Cocciante si ritaglia solo la
parte di autore, rifiutando il ruolo di Quasimodo. I relativi CD
nelle varie versioni (in cui spicca il brano Belle) ottengono la
stessa fortuna, arrivando a 10 milioni di copie vendute, e
Cocciante ottiene nel 1999 il World Music Award sia come
miglior artista francese sia come miglior gruppo. I testi
dell’opera sono di Luc Plamondon, con il quale Cocciante
collabora da tempo: insieme hanno firmato tra l’altro un brano
per Celine Dion e una raccolta di successi francesi che domina
le classifiche d’oltralpe. La versione italiana di NOTRE-DAME
DE PARIS viene pubblicata nel 2001 e portata in scena con
grande successo nel 2002; si avvale dei testi di Pasquale
Panella e di interpreti italiani (ad eccezione dell’argentina Lola
Ponce nelle vesti di Esmeralda) come Giò Di Tonno, dalla
vocalità simile a quella di Cocciante, nella parte di
Quasimodo. Intanto Cocciante ha realizzato in Francia un
nuova opera, basata sul “Piccolo principe” di Saint-Exupéry,
in cui si smorza l’enfasi melodrammatica di “Notre-dame de
Paris”. Segue una nuova opera, “Giulietta e Romeo”, il cui
debutto è previsto per il 2007. Intanto nel 2005 esce un nuovo
album di canzoni, preparato e rinviato varie volte: s’intitola
SONGS, contiene 16 brani, in quattro lingue, ed è disponibile
anche in versione con DVD.
(f.ca.)
DISCOGRAFIA

MU(RCA 1972, edizione in francese ATLANTÌ, 1973)


POESIA (RCA 1973)
ANIMA (RCA 1974, edizione in francese SI J’ETAIS, 1974)
L’ALBA (RCA 1975)
CONCERTO PER MARGHERITA (RCA 1976, edizione in
spagnolo: CONCERTO PARA MARGARITA)
RICHARD COCCIANTE (20th Century Records, 1976 in
inglese)
RICCARDO COCCIANTE (RCA 1978, edizione in francese:
CONCERTO POUR MARGUERITE, 1978)
…E IO CANTO (RCA 1979, edizione in francese: JE CHANTE,
1979)
AU CLAIR DE TES SILENCES (Polydor 1980, in francese senza
corrispondente italiano)
CERVO A PRIMAVERA (RCA 1980)
VIEILLE (Polydor 1982, in francese senza corrispondente
italiano)
COCCIANTE (RCA 1982)
SINCERITÀ (Virgin/Ricordi 1983, edizione in francese:
SINCERITÈ, in inglese: SINCERITY, in spagnolo: SINCERIDAD)
IL MARE DEI PAPAVERI (Virgin 1985)
LOS GRANDES EXITOS DE RICARDO COCCIANTE (RCA 1986,
USA, antologia in spagnolo)
QUANDO SI VUOLE BENE (Virgin 1986, live doppio)
L’HOMME QUI VOLE (Virgin 1986, in francese)
LA GRANDE AVVENTURA (Virgin 1988)
VIVA! (Virgin 1989, live doppio)
COCCIANTE (Virgin 1991)
EVENTI E MUTAMENTI (Virgin 1993, edizione in francese:
EMPREINTÉ; edizione in spagnolo: INVENTOS Y
EXPERIMENTOS, 1994)

IL MIO NOME È RICCARDO (Virgin 1994, raccolta con inediti e


nuove versioni di brani editi, pubblicato
contemporaneamente in spagnolo come DE COLECION e in
francese come RICHARD COCCIANTE)
UN UOMO FELICE (Virgin 1995, edizione in spagnolo: UN
HOMBRE FELIZ)

INNAMORATO (Columbia 1997, edizione in francese:


L’INSTANT PRESENTE)
ISTANTANEA (Columbia 1998, live doppio)
SONGS (SonyBMG, 2005)
CONCERTO PER MARGHERITA. Registrato fra Londra e
Roma, è prodotto e scritto da Marco Luberti, autore dei
testi. Gli arrangiamenti sono di Vangelis che utilizza
l’elettronica senza enfatizzarla. Ma a guidare sono la voce,
vibrante di tenerezza e violenza, e la scrittura di Cocciante,
che riesce a costruire un album nobilmente melodico
scavalcando i tipici e svenevoli moduli sanremesi. Oltre a
Margherita, spicca Quando si vuole bene.
COCCIANTE. 1982: con Mogol e con la maturità, la rabbia e
la tristezza degli inizi diventano Celeste nostalgia. Ma tutto
l’album è puntellato di canzoni orecchiabili e lievi, che in
molti casi diventano piuttosto popolari, come Un nuovo
amico, Un buco nel cuore, Parole sante zia Lucia e In
bicicletta. Arrangiamenti di Paul Buckmaster, copertina
sorridente, storie semplici, quotidianità, ascolto gradevole.

COCHI E RENATO
Aurelio Ponzoni e Renato Pozzetto, entrambi milanesi (il
primo del 1938, il secondo del 1940), sono tra i numerosi
cabarettisti nati al celebre Derby, animato fra gli altri da Enzo
Jannacci che prenderà i due comici sotto la sua ala protettiva,
collaborando alla stesura delle loro canzoni e producendone i
dischi. Sin dal 1968 l’attività televisiva è intensa e porta a una
popolarità rimasta intatta anche a distanza di decenni,
confermata nel ’74 da una canzone immortale come E la vita
la vita. I due incidono vari album, testimoni della loro surreale
e dissacrante ironia: il primo, UNA SERATA CON COCHI E RENATO,
documenta dal vivo le esibizioni cabarettistiche. Seguono IL
POETA E IL CONTADINO, E LA VITA LA VITA e RITORNARE ALLE 17
del 1976. Anche separatamente ottengono un buon successo di
critica (Cochi) e di pubblico (Pozzetto, impegnato
maggiormente sul versante televisivo e cinematografico),
allontanandosi però dalla canzone. Ottima antologia
(pubblicata nel 1995) è IL + MEGLIO DI COCHI E RENATO, oggi
purtroppo fuori catalogo, ma in cui erano reperibili, oltre
naturalmente a E la vita, la vita, perle come La gallina e
Canzone intelligente, ma anche A me mi piace il mare, Il
reduce, Libe-libe-là e Come porti i capelli bella bionda.

C.O.D.
Formatisi nella prima metà degli anni ’90, i trentini C.O.D.
(acronimo di Crack Opening Displacement, ovvero il valore
raggiunto per cui un metallo in trazione passa dalla crepa alla
rottura) si fanno immediatamente notare per uno stile originale
e maturo, che si colloca al confine tra new wave, rock
alternativo e melodie di stampo pop, su cui si innestano i testi
fortemente evocativi del cantante e chitarrista Emanuele
Lapiana. Una formula che permette al quartetto di farsi
conoscere in manifestazioni di carattere nazionale, fino
all’esordio POLAROIDIUNTUFFO, pubblicato dall’indipendente
Magenta nel 1997. Esce invece per la Virgin LA VELOCITÀ
DELLA LUCE (1999), contenente sia nuove versioni di brani
provenienti dal disco precedente che titoli inediti. Un lavoro
che si guadagna il plauso della critica, tanto che il mensile
“Musica e dischi” lo nomina esordio dell’anno. L’anno
successivo è invece la volta dell’ EP ZAPRUDER, ultima uscita
della formazione prima di un silenzio durato parecchi anni, per
una causa legale che l’ha vista opposta alla casa discografica.
Sciolto finalmente il contratto con la Virgin, nel 2005 i C.O.D.
hanno pubblicato per la Fosbury PREPARATIVI PER LA FINE, che
li ha confermati come una delle realtà più interessanti del
panorama indipendente tricolore.

COLLAGE
Formazione che ruota intorno ai fratelli sardi Piero e Tore
Fazzi, negli anni ’70 è uno dei gruppi di punta di una canzone
fotoromanzata e ipermelodica, colonna sonora di un’Italia al
miele, adolescenziale. Portano alla ribalta vari singoli: Due
ragazzi nel sole, Premio Castrocaro nel ’76, Lei non sapeva
far l’amore e Tu mi rubi l’anima, secondo posto a Sanremo.
Le ultime due saranno inserite in DUE RAGAZZI NEL SOLE, inciso
nel 1977. A seguire, Piano piano… m’innamorai di te (che dà
il titolo all’LP del ’78), La gente parla e Sole rosso (su
CONCERTO D’AMORE, Ricordi, ’79) fino a Quanto ti amo,
presentata a Sanremo nell’84. Al contrario dei Cugini di
campagna, lo stile canoro non si incentra su una voce solista
ma è corale: i ragazzi di Olbia cantavano a cappella brani
parrocchiali, come dimostrano in una puntata del programma
TV “Discoring”. Dopo aver vivacchiato per un paio di decenni
tornano alla ribalta sull’onda dell’amarcord targato ’70. Con
un pubblico affezionato alle spalle e una discreta attività live,
pubblicano un doppio antologico nel 2000
(SETTANTASEIDUEMILA) e tornano nel 2003 con ABITUDINI E NO,
rieditando i grandi successi.

OMBRETTA COLLI
Donna di spettacolo a tutto tondo, Ombretta Colli è stata
cantante, attrice cinematografica e teatrale, regista, produttrice,
soubrette e conduttrice televisiva. Nata a Genova il 21
settembre 1943 ma milanese di adozione dall’età di 17 anni,
incide alcuni 45 giri alla fine degli anni ’60 e quindi partecipa,
insieme al marito Giorgio Gaber (sposato nel 1965 e dal quale
ha una figlia, Dalia, nel 1966) ai fermenti artistici della Milano
degli anni ’70, animandone i primi cabaret. L’ironia, ma anche
l’impegno politico e l’attenzione verso la condizione
femminile, sono punti fermi della sua carriera e della sua
produzione discografica, che conta quattro LP, dei quali è in
parte anche autrice: VIVA L’AMMORE (1971), UNA DONNA DUE
DONNE UN CERTO NUMERO DI DONNE (1975, particolarmente
impegnato), A MARILYN (1983), UNA DONNA TUTTA SBAGLIATA
(1984, con Cocco fresco cocco bello di cui è coautore Franco
Battiato). Abbandonata la carriera artistica, Ombretta Colli si è
dedicata attivamente alla vita politica. È stata, nelle file di
Forza Italia, deputata, europarlamentare, assessore comunale e
presidente della Provincia di Milano dal 1999 al 2004.

ALESSANDRO COLOMBINI
Fondamentale produttore discografico, figura che in Italia
forse addirittura lui stesso ha creato, o perlomeno
formalizzato, nel 1965 con Little Man di Milva. Alessandro
Colombini, milanese, classe 1936, inizia come assistente di
Walter Gurtler alla SAAR per poi passare, fra l’altro, al Clan
di Adriano Celentano dove si occupa di edizioni e audizioni.
Dal 1966 è alla Ricordi dove è protagonista di incisioni come
29 settembre e Nel cuore nell’anima dell’Equipe 84, Non c’è
più niente da fare di Bobby Solo e i primi successi a 45 giri di
Battisti, come Balla Linda e Emozioni. Nel 1969 con Mogol e
Mariano Rapetti fonda la Numero Uno di cui assume la
direzione artistica. Ma già alla fine del 1970, a causa di
contrasti insanabili, lascia l’etichetta e diventa il produttore
indipendente più richiesto d’Italia: lavora con Bennato (fino a
SONO SOLO CANZONETTE), Banco, PFM, produce per Dalla
COME È PROFONDO IL MARE, LUCIO DALLA e DALLA. È anche il
responsabile del tour e del disco live BANANA REPUBLIC di
Dalla e De Gregori, evento di enorme successo. Dall’inizio
degli anni ’80 e sino a oggi è con Venditti, ma si occupa anche
di Michele Zarrillo.

ROBERTO COLOMBO
“Naso di fata”: così Franz Di Cioccio presentava
scherzosamente Roberto Colombo in uno dei dischi registrati
dal vivo dalla PFM con Fabrizio De André nel 1979, uno dei
tanti eventi che hanno visto protagonista Colombo, nato a
Milano nel 1951, produttore, tastierista e arrangiatore di rara
inventiva. Dagli esordi rock con gli Smog – anche Camerini in
formazione – alle sperimentazioni del primo Ivan Cattaneo in
PRIMO SECONDO FRUTTA (IVAN COMPRESO) nel 1977, alle
indovinate prove soliste come SFOGATEVI BESTIE, con la crema
dei session men milanesi, e BOTTE DA ORBI con ospiti di
prestigio quali Patty Pravo, Colombo ha saputo coniugare arte
e tecnologia come pochi altri nel difficile passaggio tra gli anni
’70 e ’80. Mirabile in questo senso il lavoro con i Matia Bazar
per il tecno pop di Vacanze romane. Colombo sarà poi al
fianco di Antonella Ruggiero (sua moglie), ma ha lavorato
anche con molti altri, dalle Orme a Morgan. La sigla di
“Beautiful” e l’elegante commento della trasmissione
radiofonica “Stereonotte” – Viaggiando – testimoniano della
parallela attività come realizzatore di colonne sonore.

FABIO CONCATO
Delicato interprete della quotidianità, musicalmente legato a
una melodia spesso arricchita da spunti jazzati, Fabio Concato
nasce il 31 maggio 1953 a Milano. Figlio di una poetessa,
cresce in un ambiente culturale vivace e stimolante: il padre
jazzista lo coinvolge spesso, assieme alla madre e al fratello,
in performance domestiche.
Concato prima forma con il fratello una band rock, quindi
un gruppo di cabaret, i Mormoranti, con cui si esibisce al
Derby di Milano. La vena ironica segna anche l’esordio come
cantautore nel 1977 con STORIE DI SEMPRE, che contiene A
Dean Martin. Nei due anni seguenti escono SVENDITA TOTALE e
ZIO TOM, che ospita l’armonicista Thoots Thielemans. La
popolarità giunge nel 1982 con FABIO CONCATO, lanciato da
Una domenica bestiale che diventa in breve tempo un classico
della canzone italiana leggera. La vocalità che riprende il
fraseggio jazz e precise intuizioni di arrangiamento portano al
successo il disco che arriva due anni dopo, anch’esso
omonimo, il più ispirato e di maggiore riscontro commerciale.
Segue nel 1986 SENZA AVVISARE, che propone, tra le altre,
Tornando a casa, e nel 1988 il singolo 051/222225, un
successo i cui proventi vengono destinati all’associazione
Telefono Azzurro. Nel 1990, a ben quattro anni di distanza da
SENZA AVVISARE, Concato pubblica il raffinato GIANNUTRI (con
Speriamo che piova), prodotto da Phil Ramone e non più da
Vince Tempera come i precedenti. Nel disco affiora una vena
più dolente.
Personalità artistica molto riservata, Concato attraversa la
scena musicale italiana con discrezione e grande
professionalità: il periodo a venire ripeterà solo in parte
l’exploit di vendite della metà degli anni ’80, ma troverà
comunque un pubblico attento e rispetto da parte della critica.
Nel 1992 l’artista milanese torna nei negozi con IN VIAGGIO,
con brani come Giulia ed È festa che percorrono la consueta
cifra stilistica minimale dell’autore, la struggente Quando non
ci sarai e una canzone scritta con Pino Daniele in napoletano,
Canzone di Laura. Una prima raccolta nel 1994, SCOMPORRE E
RICOMPORRE, contiene l’inedito Troppo vento, autoironico e
aereo. Nello stesso anno Concato è voce narrante del romanzo
“Il piccolo principe” di Antoine Saint-Exupery per un audio
book di cui cura anche le musiche di sottofondo. Nel 1996
Bella bionda è il primo singolo estratto da BLU, prodotto da
Flavio Premoli della PFM. Nel 1999 arriva il terzo disco
omonimo: tra le canzoni più significative, Ritrovarti qui e
M’innamoro davvero, in due versioni, una da solo, l’altra
assieme a José Feliciano. Nel febbraio 2001 Concato esordisce
a Sanremo con Ciao Ninin, seguita dall’album BALLANDO CON
CHET BAKER: nel titolo un omaggio al jazz, ma anche una
ripresa delle passioni consuete, Brasile e West Coast, con gli
arrangiamenti del giovane tastierista Bruno Zucchetti. Nel
2003 compare il primo live nella storia venticinquennale del
cantautore, VOILÀ CONCATO LIVE, con ospiti come Stefano Di
Battista, sax in Giulia e Naturalmente, Anna Oxa, Samuele
Bersani e Lucio Dalla. Arrangiamenti ancora di Zucchetti, che
potenzia gli elementi acustici. Due gli inediti: Voilà, firmata
dal cantautore, e Tutto il sentimento, versione italiana di Sergio
Bardotti di Todo o sentimento di Chico Buarque de Hollanda.
A partire dal febbraio 2004 Fabio Concato è protagonista,
assieme ad Anna Oxa, di una tournée teatrale.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

STORIE DI SEMPRE (Harmony 1977)


SVENDITA TOTALE (Harmony 1978)
ZIO TOM (Philips 1979)
FABIO CONCATO (Philips 1982)
FABIO CONCATO (Philips 1984)
SENZA AVVISARE (Philips 1986)
GIANNUTRI (Philips 1990)
IN VIAGGIO (Mercury 1992)
SCOMPORRE E RICOMPORRE (Mercury 1994, antologia con
inedito)
BLU (Mercury 1996)
FABIO CONCATO (Polygram 1999)
BALLANDO CON CHET BAKER (Universal 2001)
VOILÀ CONCATO LIVE (Universal 2003, live con due inediti)
FABIO CONCATO. È il secondo dei tre album omonimi,
pubblicato nel 1984, tra i successi discografici dell’anno. La
soave Fiore di maggio, dedicata alla figlia nata da poco,
introduce l’atmosfera dell’album, in cui i temi privati
accompagnano un curato background pop, ricco di piacevoli
contaminazioni. Ti ricordo ancora affronta con tenero
rispetto un episodio dell’infanzia. Un intenso per quanto
lieve anelito verso la speranza pervade Quando sarò
grande. E ancora: Rosalina, Tienimi dentro te, Sexy tango,
Guido piano, tutti brani divenuti popolari.

CONFUSIONAL QUARTET
Quartetto strumentale bolognese lanciato da Oderso Rubini.
Si forma nel 1979 come Confusional Jazz Rock Quartet, ma le
influenze stilistiche sono molteplici, dalla new wave
all’elettronica, dal jazz alla dance, filtrate dall’ironia e da
richiami al Futurismo. Debuttano al “Bologna Rock”, quindi
nel 1980 pubblicano un 45 con una cover di Nel blu dipinto di
blu di Modugno e l’album CONFUSIONAL QUARTET.
Particolarmente efficaci sul versante live, si presentano in
scena con abbigliamenti particolari. Affiancano alla musica
anche la produzione di filmati e l’organizzazione di sfilate di
moda. In formazione: Lucio Ardito (bs.), Gianni Cuoghi (bt.),
Enrico Serotti (ch.) e Marco Bertoni (ts.), che lascia il gruppo
nel 1981, prima dell’uscita di Documentario (cofanetto di 3
flexy disc) e di un minialbum, ancora con il titolo
CONFUSIONAL QUARTET. Nonostante i molti consensi di critica
si sciolgono dopo poco. Tra i loro brani, titoli emblematici
come Trallà Papppà, Dlin Dlon Cow Boy, Samba Paperino.
Nel 2004 le incisioni del gruppo sono ristampate dall’etichetta
Astroman.

CARMEN CONSOLI
Ancor prima che la grinta e le doti compositive e
interpretative, ciò che colpisce in Carmen Consoli è la
personalità: forte e ben definita, e soprattutto poco incline ai
compromessi. E, forse, proprio qui sta una delle chiavi del
successo della “Cantantessa” (soprannome da lei stessa
coniato per prendersi gioco del suo non sentirsi una vera
cantante), una delle artiste più amate e stimate della sua
generazione, caratterizzata anche dalla vocalità particolare,
che suscita perplessità in alcuni. Nata a Catania il 4 settembre
del 1974 da padre siciliano e madre veneta, cresce in un
ambiente in cui la sua passione per le sette note viene
apprezzata e incoraggiata – una passione che la porta fin dalla
prima adolescenza a esibirsi in pubblico e venire a contatto
con una scena rock locale quanto mai vivace, e con i suoi
esponenti di maggiore spicco, dai Denovo agli Uzeda. Dopo
un esordio in ambiti per lo più scolastici, i primi gruppi che
vedono la Consoli alla voce e alla chitarra (ad appena 14 anni)
si chiamano Iris Monday e Moon Dog’s Party, titolari
rispettivamente di un rock ispirato a REM e 10.000 Maniacs e
di un repertorio fatto di classici rock, blues e R&B. Dei
secondi fa parte anche il chitarrista Massimo Roccaforte, che
da quel momento sarà sempre al suo fianco, spesso anche nella
composizione dei brani.
Dopo una fallimentare esperienza romana attorno al 1993,
prende il via la collaborazione con Francesco Virlinzi,
giornalista e fondatore della Cyclope Records, talent scout e
figura chiave nel panorama musicale catanese. Sono il suo
entusiasmo e le sue capacità organizzative a creare un contesto
sonoro adatto a far risaltare le doti della giovane siciliana,
evidenti nelle prime apparizioni televisive, nella
partecipazione in due brani di DA DENTRO (1995) dei Lula e,
soprattutto, nella cover de L’animale di Franco Battiato nel
tributo BATTIATO NON BATTIATO, uscito nel 1996. Nel
frattempo, il novembre del 1995 l’aveva vista tra le
protagoniste delle selezioni per Sanremo Giovani con Quello
che sento. Si guadagna l’accesso al Festival vero e proprio, il
febbraio successivo: impegno onorato al meglio con Amore di
plastica, ballata scritta insieme a Mario Venuti, che porterà a
una discreta popolarità l’album di esordio DUE PAROLE. Il disco
è nato da 22 provini di canzoni, voce e chitarra, portati a
Virlinzi.
Sull’onda di un tour di spalla a Raf, Sanremo 1997 la vede
tra le protagoniste assolute con Confusa e felice, grintoso
brano rock dalla melodia e dal cantato tutt’altro che scontati o
adatti alle atmosfere festivaliere. Col passare delle settimane il
brano diventa un tormentone, il traino migliore per l’album
dallo stesso titolo, che sale ai primi posti delle classifiche. Ed è
solo l’inizio di un periodo particolarmente felice e
contrassegnato da riconoscimenti, dalla partecipazione al
concerto romano del Primo Maggio per due anni consecutivi, a
una serie di concerti e apparizioni televisive e a varie
collaborazioni (come il duetto con Marco Parente, Oio,
contenuto nell’album di quest’ultimo EPPUR NON BASTA). Il
1998 è invece l’anno di Mai come ieri, fortunato duetto con
Venuti, e di MEDIAMENTE ISTERICA, che di fatto chiude la prima
fase della carriera della Cantantessa, da qui in poi
maggiormente aperta a contaminazioni e sperimentazioni. Il
disco ripeterà solo in parte il successo del predecessore. Ma
l’esposizione mediatica è comunque in ascesa, grazie anche a
una serie di comparsate televisive (è ospite fissa del
programma “Comici” su Italia 1) e a un tour che la terrà
impegnata fino alla metà dell’anno successivo – senza
dimenticare la presenza come ospite in DIETRO LA CURVA DEL
CUORE dei La Crus. A Sanremo 2000 la Consoli presenta una
In bianco e nero dal vago sapore anni ’60: l’immagine è meno
volitiva rispetto al passato, al pari delle sonorità, più tendenti
all’acustico. Un’inversione di rotta solo parziale ma comunque
significativa, che attraversa gran parte dei brani di STATO DI
NECESSITÀ, a partire dal singolo Parole di burro, che ha un
notevole passaggio radiofonico, proseguendo con L’ultimo
bacio (omaggio a Piove di Modugno), che ispirerà al regista
Gabriele Muccino il titolo del suo film più noto, della cui
colonna sonora finirà per fare parte. Un momento magico,
culminato con un concerto romano in compagnia di Paola
Turci e Max Gazzè, inizio di una felice collaborazione con
entrambi (per la prima sarà coautrice di Saluto l’inverno,
presentata a Sanremo 2001, con il secondo realizzerà Il motore
degli eventi, nell’album OGNUNO FA QUELLO CHE GLI PARE?) e
con un tour teatrale acustico di successo. Nel frattempo però,
stroncato da un male incurabile, è venuto a mancare Virlinzi,
fino a quel momento sempre a fianco della Consoli, pur tra alti
e bassi. Numerosi i riconoscimenti di questi mesi, mentre
buoni riscontri raccoglie la versione francese dell’album,
contenente anche Gamine impertinente (ovvero Bambina
impertinente), Narcisse (Parole di burro) e la cover di Je suis
venue te dire que je m’en vais di Serge Gainsbourg, prodotta
da Henri Salvador.
Il 15 maggio del 2001 la rassegna Taormina Arte ospita uno
spettacolo dal titolo L’ANFITEATRO… E LA BAMBINA
IMPERTINENTE (dal quale saranno tratti un disco e un DVD),
che vede la Consoli e la sua band affiancati dall’Orchestra del
teatro Vittorio Emanuele di Messina. A fine 2001 esce anche
la biografia “Quello che sento - Il mondo, i pensieri, la musica
di Carmen Consoli”, di Federico Guglielmi, edita da Giunti.
L’estate, invece, la vede protagonista di un tour ancora con la
Turci e Gazzè. Insomma, la Consoli, senza la benché minima
concessione artistica, ormai è una star di prima grandezza,
rispettata dalla critica e adorata dal suo pubblico. Reazioni
confermate anche da L’ECCEZIONE (2002). Da quel momento in
poi, i progetti si moltiplicheranno: oltre ai concerti in tutta
Europa (uno dei quali, registrato negli studi di MTV, diventerà
il live UN SORSO IN PIÙ), ci sono la fondazione di una etichetta
discografica, la Due Parole, il cui primo disco è l’esordio
omonimo dei fiorentini La Camera Migliore (2003), da lei
stessa prodotto, e la pubblicazione di una versione del disco
per il mercato internazionale, intitolata semplicemente
CARMEN CONSOLI e contenente alcuni brani cantati in inglese.
Il 2004 è segnato dalla partecipazione al grande progetto
umanitario di Quincy Jones, “We Are The Future”, culminato
in un mega concerto al Circo Massimo di Roma il 16 di
maggio, e al festival statunitense South By South West
(Austin, Texas), oltre che dalla estemporanea ripresa del nome
Moon Dog’s Party, con il quale effettua alcuni concerti a fine
anno, riproponendo esclusivamente cover di classici del
passato, dal blues ai Rolling Stones a Janis Joplin. A febbraio
2005 partecipa, unica artista italiana, al grande concerto di
Addis Abeba in occasione di quello che sarebbe stato il
sessantesimo compleanno di Bob Marley. Nel 2006 un nuovo
album, EVA CONTRO EVA, legato alle radici siciliane e di ottimo
livello. Forse il suo migliore. (a.pa.)
DISCOGRAFIA

DUE PAROLE(Cyclope/Polydor 1996)


CONFUSA E FELICE (Cyclope/Polydor 1997)
MEDIAMENTE ISTERICA (Cyclope/Polydor 1998)
STATO DI NECESSITà (Cyclope/Polydor 2000, edizione
francese con tre brani in lingua: ÉTAT DE NECESSITÉ,
Cyclope/Universal 2001)
L’ANFITEATRO… E LA BAMBINA IMPERTINENTE (Polydor 2001,
live)
L’ECCEZIONE (Polydor 2002, edizione internazionale:
CARMEN CONSOLI, con brani in inglese, Polydor/Universal
2003)
UN SORSO IN PIù. DAL VIVO A MTV SUPERSONIC (Polydor 2003,
live)
EVA CONTRO EVA (Universal 2006)
MEDIAMENTE ISTERICA. Costruito su solide trame
strumentali e sonore di natura pop rock, è frutto dell’attenta
produzione dell’accoppiata Consoli-Virlinzi. Da Bésame
Giuda a L’ultima preghiera, dodici chiaroscurali ritratti di
donne, ora spigolosi (Geisha), ora più dolci e avvolgenti
(Quattordici luglio), ora rassegnati (Contessa miseria),
sempre comunque convincenti e seducenti, all’insegna di
uno stile oramai inconfondibile.
L’ECCEZIONE. Pur non rinunciando a sfuriate e momenti
aggressivi (Matilde odiava i gatti), la tensione si allenta
insieme ai legami con il passato e gli orizzonti si allargano,
dando più spazio a contaminazioni in precedenza soltanto
accennate, tra suggestioni sudamericane e inserti elettronici.
Anche le melodie paiono più curate ed efficaci che mai
(L’eccezione, Fiori d’arancio). Una prova di maturità che
allo stesso tempo apre interessantissime prospettive sul
futuro.
EVA CONTRO EVA. L’impeto rock lascia il posto a raffinate
suggestioni acustiche. Niente chitarre elettriche, quindi, ma
un ritorno ai suoni della tradizione siciliana, ottenuto anche
grazie alla collaborazione con la formazione etno folk dei
Lautari. Ad arricchire il piatto, caldi arrangiamenti di archi e
fiati, mentre i testi sono ritratti di altrettanti personaggi
tipici della vita di ogni paese, dall’amorale e dispotico
Piccolo Cesare a Maria Catena vittima di maldicenze e
pettegolezzi. Ospiti di riguardo, Goran Bregovic (coautore
de Il pendio dell’abbandono) e Angelique Kidjo (in Madre
Terra). Nel tour immediatamente successivo trova posto in
scaletta anche Ciuri di campo, versione musicata di
un’omonima poesia di Peppino Impastato.

GIORGIO CONTE
Di quattro anni più giovane del fratello Paolo (è nato ad Asti
il 23 aprile 1941), condivide con lui svariati amori giovanili,
specie per il jazz e la canzone francese (ma anche gli studi in
legge), formando vari gruppi in cui suona la batteria. Con
Paolo o da solo inizia a scrivere le prime canzoni, che è
proprio lui a cercar di piazzare, cosa che gli riesce con, fra le
altre, Tripoli ’69 (per Patty Pravo), Una giornata al mare
(Equipe 84), entrambe firmate con il fratello, e ancora
Deborah (Sanremo ’68, Fausto Leali e Wilson Pickett) e Non
sono Maddalena (Rosanna Fratello), tutte sue. L’esordio
discografico in proprio arriva nel 1983 con ZONA CESARINI,
titolo che allude chiaramente a un debutto così tardivo. Segue
nell’87 L’ERBA DI SAN PIETRO, poi un lungo silenzio, coperto in
parte producendo e collaborando alla scrittura dell’opera prima
di Francesco Baccini, CARTOONS (1989), e del successivo IL
MONDO CAMBIERÀ GIANNI 9. Il rientro avviene nel ’93 con
GIORGIO CONTE, molto riuscito (Il meccanismo e Parrucchiere
fra le cose migliori), coevo di felici collaborazioni con Bruno
Gambarotta, Gianni Coscia e Luca Ghielmetti e dell’inizio di
una feconda attività all’estero.
Il 1995 è così l’anno del suo primo live, seguito a scadenze
regolari (nel frattempo ha smesso di fare l’avvocato) da LA
VITA FOSSE (1997), ECCOMI QUA (1999), L’AMBASCIATORE DEI
SOGNI (2000) e IL CONTESTORIE (2003, con volumetto di
racconti allegato), tutti con canzoni dotate di scrittura sorniona
e accattivante. L’AMBASCIATORE DEI SOGNI in particolare
rappresenta uno degli apici della sua produzione: il tono è
lieve, quasi domestico, solare, a tratti gioioso, con gustose
aperture da strapaese (per esempio in Rock’n’roll & cha cha
cha, fra i brani migliori con Il veglione del ’99, Fine primo
tempo e Senza di te), con quel profumo d’antan che è così
tipico della poetica di Conte, specializzatosi – a suo dire –
nelle canzoni dell’uomo abbandonato, di cui dal vivo, facendo
leva su un’accattivante colloquialità, dispensa a volte un largo
florilegio. Nell’autunno 2005 arriva il suo secondo live, AT
THE SOVRANO FESTIVAL ALBEROBELLO.

PAOLO CONTE
Caposaldo e punto di riferimento indiscusso di tutto quello
che rientra a vario titolo nella cosiddetta “canzone d’autore”,
Paolo Conte ne è paradossalmente uno dei più atipici
esponenti. Atipico nella scrittura musicale, nell’approccio ai
testi, nel modo di cantare e in quello di muoversi nei panni di
musicista da un riscontro senza confini. Schivo e riservato lo è
rimasto sempre, infatti: dalle tre settimane di tutto esaurito
all’Olympia di Parigi già nel 1987, alla classifica fra i migliori
dischi dell’anno 1998 (THE BEST OF PAOLO CONTE) per
l’autorevole rivista statunitense “Rolling Stone”, alla Laurea
ad Honorem in Lettere all’Università di Macerata nel 2003,
per citare solo una delle innumerevoli onorificenze
riconosciutegli. Il suo è un atteggiamento mentale: avrà a dire
più volte di non aver mai composto una canzone pensando di
doverla cantare lui stesso, ma di avere in mente un interprete
ideale (identificato di solito con Celentano o Aznavour). Ha lo
spessore del “classico”, perché si erge al di sopra delle mode e
dei luoghi. Si attaglia a gusti raffinati, ma senza una
formazione o un contesto culturali specifici: il suo successo ha
connotazioni sovranazionali e sovraculturali. Sebbene non sia
facile individuare nella nostra canzone un cantautore che gli
sia veramente prossimo, è pur vero che tutti coloro che sono
venuti dopo di lui gli sono debitori in una qualche misura.
Il suo mondo poetico galleggia tra gli anni ’20 e ’30 –
stagione “classica” del jazz –, ed è espresso in atmosfere da
film, in descrizioni dai tratti pittorici, da fantasie nutrite
dall’immaginario collettivo verso luoghi lontani nel tempo e
nello spazio, e sua cifra stilistica è proprio il giocare con i
luoghi comuni. Gioco duplice: ne sfrutta l’efficacia evocativa
e comunicativa, ma ironizzandoci sopra. E l’ironia è
certamente una delle sue principali doti e chiave di lettura
delle sue composizioni. La vita artistica di Conte si stende
lineare e pigra lungo i ritmi discreti della sua Asti, dove è nato
il 6 gennaio 1937, dove è cresciuto e dove vive tuttora. La sua
è una famiglia di tradizione forense di cui segue le tracce –
non senza gusto e passione – nella prima fase della sua vita;
ma il ruolo dei genitori anche nella formazione musicale è
fondamentale. Appassionati di musica e musicisti dilettanti,
riempiono la casa di suoni di provenienze varie: Italia,
certamente, ma anche Francia e – affascinante novità portata
dagli eventi della guerra – America e quindi jazz. Questa è la
grande passione del giovane Paolo, che, grazie anche a uno
zio, ne diventa presto profondo conoscitore (noto aneddoto è
la sua partecipazione, a Oslo, a un quiz in qualità di esperto
del genere). Il pianoforte paterno è presenza viva nella casa dei
Conte, ed è anche lo strumento con cui i fratelli Paolo e
Giorgio vengono iniziati allo studio della musica, anche se
Paolo aveva iniziato con il trombone e poi con il vibrafono.
Dalla fine degli anni ’50 milita in vari gruppi che si esibiscono
anche fuori città: dalla Barrelhouse Jazz Band, ai Taxi for
Five, alla The Lazy River Band Society, tutti dilettantistici,
fino al semiprofessionistico Paul Conte Quartet – composto da
un pianista e un contrabbassista, dal fratello Giorgio alla
batteria e lui al vibrafono – che incide nel 1962 un EP di
standard jazz con la RCA, THE ITALIAN WAY TO SWING. Il
rapporto di collaborazione con il fratello minore è solido e
duraturo: proprio insieme a lui, nel 1964, Conte ottiene un
contratto per lavorare come autore per il Clan di Celentano. Il
primo brano è L’ultimo giorno per Carla Boni, nel 1965, ma la
grande affermazione arriva allo scadere del contratto, quando
firma lo spiritoso valzer vincitore del Cantagiro del 1967
presentato da Adriano Celentano e Claudia Mori, La coppia
più bella del mondo. Non passa che un anno e scrive – stavolta
anche come autore del testo – una canzone già considerata fra i
suoi grandi classici, e ancora per Celentano: Azzurro (il brano
darà anche il titolo all’album del cantante milanese). Il
successo è enorme, nonostante il pezzo sia quantomeno
singolare: il ritmo binario di marcia, certo inconsueto per il
repertorio della musica leggera in voga, e un curioso testo di
stampo romantico, in cui il desiderio di esotico del
protagonista si accende nel calore estivo cittadino (“cerco un
po’ d’Africa in giardino…”), è quasi già sintesi semplice ed
esplicita di parte della futura poetica contiana. Nello stesso
1968 è Caterina Caselli a portare al successo la sua Insieme a
te non ci sto più; la cantante incide anche Il dolce volo, altro
brano di Conte, sul lato B del 45 giri. Fino alla prima metà
degli anni ’70 Conte scrive canzoni per altri interpreti e per
molte i riscontri sono notevoli: Tripoli ’69 per Patty Pravo,
Mexico e nuvole per Enzo Jannacci, Genova per noi e Onda su
onda per Bruno Lauzi. Poi torna a occuparsi a tempo pieno
dello studio di avvocato.
Il passaggio al ruolo di interprete delle proprie creazioni
avviene grazie al produttore Lilli Greco nel 1974, quando
nasce, da alcuni provini che Conte aveva pensato di proporre
ad altri artisti, il primo omonimo album, un lavoro
estremamente interessante per un’analisi profonda della sua
creatività, che nel tempo andrà affinandosi nell’espressione
vocale e musicale ma che ha ormai i lineamenti ben tracciati.
Lui, del resto, ha già trentasette anni e le idee mature. Nel
disco compare il primo capitolo – Sono qui con te sempre più
solo – di una storia che vede protagonista il proprietario di un
mitico locale di nome Mocambo, uomo del dopoguerra e
sognatore inguaribile di avventure fallite, che si ritroverà negli
anni a venire in altre canzoni. Ma in questo primo album, e nel
successivo del 1975 anch’esso intitolato PAOLO CONTE
(Premio della critica discografica) e anch’esso piuttosto
ruspante, ci sono già vari brani importanti (Onda su onda, La
fisarmonica di Stradella, La Topolino amaranto, Genova per
noi, Una giornata al mare, Chi siamo noi). Nel 1976 c’è
l’esordio dal vivo, durante la terza edizione del Premio Tenco,
e il primo concerto vero e proprio, il 18 dicembre a Verona (le
esibizioni per diversi anni saranno solo per voce e pianoforte).
Nel 1979 esce UN GELATO AL LIMON, che, rispetto ai precedenti,
è arricchito nella strumentazione e negli arrangiamenti grazie
alla produzione di Claudio Fabi e offre una nuova
consapevolezza vocale, mentre la poetica contiana resta
essenzialmente la stessa, con l’aggiunta di elementi nuovi –
sempre aderenti allo stile – che si ritroveranno nei successivi
album, dall’immagine femminile ne La donna d’inverno, ai
colori di Un gelato al limon. L’album contiene anche, fra le
altre, la celebre Bartali, saporito racconto dell’epoca d’oro del
ciclismo italiano. Il disco rappresenta in un certo senso il
passaggio dal semibuio alla notorietà, tanto che il successivo
PARIS MILONGA del 1981 (con brani come Alle prese con una
verde milonga, Madeleine, Boogie, Parigi e la notissima Via
con me) viene presentato in una giornata monografica di cui lo
omaggia a Sanremo il Club Tenco (che nel 1983 gli
consegnerà anche il premio alla carriera). L’album è seguito da
una tournée che traccia una fortunata scia e che si conclude nel
1982 con APPUNTI DI VIAGGIO, ricco di altre gemme come
Dancing, Gioco d’azzardo, Lo zio, Hemingway, Diavolo rosso.
Trascorre un solo anno di silenzio, in cui Conte passa dalla
RCA alla CGD, poi pubblica la nuova raccolta di inediti, in cui
il jazz assume un ruolo di primo piano, scegliendo per la terza
volta – esattamente dieci anni dopo la prima – il titolo PAOLO
CONTE (con cui vince la Targa Tenco per il miglior album
dell’anno e quella per la miglior canzone con Sotto le stelle del
jazz). Il Paolo Conte semisconosciuto del ’74 e del ’75 è ora
forse il cantautore più considerato dalla critica nostrana, e
certamente il più celebrato cantautore italiano in terra di
Francia: la tournée che segue l’album, infatti, conquista il
pubblico parigino del Théâtre de la Ville, che non lo
abbandonerà più. Ed è un album doppio a raccogliere i suoni
della tournée, CONCERTI del 1985, vera summa del periodo, in
cui compare per la prima volta Azzurro nella versione
dell’autore. Hanno un ruolo di rilievo anche i musicisti che lo
accompagnano, nomi come Antonio Marangolo (che è anche
l’arrangiatore degli album di questo periodo), Ellade Bandini,
Ares Tavolazzi, Mimmo Turone e Jimmy Villotti. In questi
anni ci sono ancora alcuni episodi come autore (per Mina,
Gabriella Ferri, Mia Martini, Lauzi, Milva, Gipo Farassino e,
firmati con lo pseudonimo “Solingo”, per Patty Pravo e
Carmen Villani), molte musiche per il cinema (da Lina
Wertmüller a Roberto Benigni) e per il teatro (soprattutto per il
Magopovero di Asti).
L’attività creativa di Conte nella seconda metà degli anni
’80 è particolarmente feconda, tanto che nel 1987 è necessario
un doppio album, AGUAPLANO, di nuovo Targa Tenco. La
tournée dell’87 tocca trionfalmente Francia, Belgio, Olanda,
Germania, Grecia, Spagna, Austria, e vola fino al Canada e
agli Stati Uniti, dove Conte si esibisce al celeberrimo Blue
Note di New York. Ospite del Premio Tenco, sarà protagonista
di un improvvisato e straordinario quartetto con Roberto
Benigni, Francesco De Gregori e Ivano Fossati sulle note di
Sudamerica. Il successivo album di inediti vede la luce tre
anni dopo, periodo durante il quale escono PAOLO CONTE LIVE
(1988), la VHS “Nel cuore di Amsterdam” (1989) e un libro
(“Conte”, ed. Muzzio) egregiamente curato da Enrico de
Angelis. Arriva quindi il 1990 e il nuovo PAROLE D’AMORE
SCRITTE A MACCHINA (con la splendida Colleghi trascurati), il
primo disco arrangiato direttamente da Conte ma anche una
parentesi musicale atipica se considerata nell’ottica di allora
(che contiene però il filo che lo lega all’ancora lontano a
venire RAZMATAZ). Seguito nel 1991 dalla VHS “Live in
Montreux”, PAROLE D’AMORE SCRITTE A MACCHINA fa da ponte
verso 900 (1992) che vince di nuovo la Targa Tenco e nel
quale tornano gli elementi più tipicamente contiani, facendo
segnare anche un ulteriore incremento in termini di vendite.
Ancora un salto di tre anni – intanto è uscito il live TOURNéE,
1993 – ed ecco l’ottimo UNA FACCIA IN PRESTITO, che nel 1995
marca un ulteriore capitolo di uno stile ormai definitivo e
contiene perle come Epoca, Sijmadicandhapajiee e
l’autobiografica title track. Nel 1996 esce THE BEST OF PAOLO
CONTE, pubblicato negli Stati Uniti nel 1998 sancendo il
definitivo riconoscimento della statura internazionale dell’arte
di Conte. Senza mai abbandonare l’attività dal vivo, pubblica
nel 1998 TOURNÉE 2, doppio live, che comprende gli inediti
Swing, Legendary, Irresistibile, Roba di Amilcare (dedicata al
fondatore del Club Tenco Amilcare Rambaldi e insignita nel
1999 della Targa come miglior canzone dell’annata) e
Nottegiorno. Il 2000 è l’anno di RAZMATAZ, singolare e
composito progetto meditato per decenni dal cantautore,
moderno lavoro multimediale in cui trova finalmente spazio
anche l’altra sua grande passione artistica, quella per la pittura.
Nuove canzoni tardano ad arrivare. Nel 2003 esce REVERIES,
raccolta di vecchie canzoni in incisioni per lo più nuove,
appositamente riarrangiate. La nuova raccolta di inediti,
ELEGIA, particolarmente scura e lenta, è dell’anno seguente, e
si fregia della Targa Tenco per la miglior canzone dell’anno
grazie alla splendida title track. Nel 2005 Conte firma dopo
molti anni un nuovo brano, L’indiano, per Celentano e
pubblica un nuovo live, doppio, PAOLO CONTE LIVE ARENA DI
VERONA. (a.pi.)
DISCOGRAFIA

THE ITALIAN WAY TO SWING (RCA 1962, EP a nome Paul


Conte Quartet)
PAOLO CONTE (RCA 1974)
PAOLO CONTE (RCA 1975)
UN GELATO AL LIMON (RCA 1979)
PARIS MILONGA (RCA 1981)
APPUNTI DI VIAGGIO (RCA 1982)
PAOLO CONTE (CGD 1984)
CONCERTI (CGD 1985, doppio live)
AGUAPLANO (CGD 1987)
PAOLO CONTE LIVE (CGD 1988)
PAROLE D’AMORE SCRITTE A MACCHINA (CGD 1990)
900 (CGD 1992)
TOURNéE (CGD 1993, live)
UNA FACCIA IN PRESTITO (CGD 1995)
THE BEST OF PAOLO CONTE (CGD 1996, nuove esecuzioni di
brani già pubblicati)
TOURNéE 2 (CGD 1998, doppio live)
RAZMATAZ (CGD 2000)
PAOLO CONTE LIVE @ RTSI (S4/Sony 2001, live registrato nel
1988)
REVERIES (CGD 2003, nuove esecuzioni di brani già pubblicati)
ELEGIA (Atlantic-Warner 2004)
PAOLO CONTE LIVE ARENA DI VERONA (Atlantic-Warner 2006,
live doppio)
PAOLO CONTE (1974). È l’opera prima del Conte cantautore.
Ci sono Onda su onda, Una giornata al mare, La
fisarmonica di Stradella, Wanda… L’essenzialità degli
arrangiamenti, la scarna strumentazione spesso limitata al
solo pianoforte, al massimo coadiuvato da fisarmonica,
chitarra e violino, i testi generati dal microcosmo di Asti e
narranti mondi esotici idealizzati, e non ultimo l’uso della
voce – tanto distante da qualsiasi impostazione tecnica ma
istintiva, ruvida, spudoratamente e allegramente stonata e
trascinata sui ritmi semplici dei brani – mettono a nudo
l’essenza stessa del cantautore.
PAOLO CONTE (1984). Contiene il celebre titolo Sotto le
stelle del jazz (usato e abusato nel mondo degli eventi
jazzistici), e uno dei brani di Conte più noti all’estero, Come
di, tipicamente contiano nel gioco tra la parola scritta e il
suono di quella cantata: Come di, Comédie, Comedy. Di
questo genere di ironia è costellata la scrittura poetica di
Conte. E come nei due precedenti album omonimi, c’è un
altro capitolo della saga del Mocambo – iniziata nel 1974,
era già ricomparsa in La ricostruzione del Mocambo (1975)
– con Gli impermeabili, un pezzo considerato dallo stesso
autore fra le sue migliori composizioni. Altri brani fortunati
sono Sparring partner e Come mi vuoi?, che sarà colonna
sonora e titolo di un film di Carmine Amoroso, e verrà poi
interpretato da Fiorella Mannoia in FRAGILE.
AGUAPLANO. Doppio album che contiene alcuni fra i più
fortunati e significativi pezzi di Conte. C’è un brano che in
Olanda conquisterà anche le classifiche dei singoli, Max, in
gran parte solo musicale, con qualche accenno tratteggiato
di testo nella fase iniziale, dalla celebre suadente melodia di
ottoni che si arricchisce di strumenti e di intensità a ogni
ripetizione fino a sfumare via; Dopo le sei, delizioso
quadretto di vecchine sedute al bar a godersi il loro
“peccaminoso” gelato; Aguaplano, volo tra il reale e il
fantastico che ben rappresenta il pensiero poetico di Conte;
la tenerissima Jimmy ballando (dedicata al chitarrista
Jimmy Villotti); la finto napoletana Spassiunatamente; e
ancora tanti piccoli gioielli come Non sense, Paso doble,
Gratis, Recitando, Amada mia, Blu notte, Nessuno mi
ama… Un vero capolavoro.
900. I tratti stilistici di Conte si trovano qui delineati in
modo particolarmente chiaro ed esaustivo. Ad esempio,
l’attitudine alla descrittività fortemente visiva, quasi filmica,
è ben espressa dalla notturna Una di queste notti; la capacità
di fare ironia attraverso la stessa musica, nel modo di
suonare e di cantare (con i caratteristici “da-damm, da-
damm, da-da-damm…”) è esplicita in Pesce veloce del
Baltico; Novecento è uno splendido collage di suggestioni
visive e musicali; il jazz, quello più amato, dei suoi primi
anni, vive in Gong-ho; l’intimità discreta è ben descritta in
Per quel che vale.
RAZMATAZ. Album decisamente sui generis per la musica
nostrana. Una sorta di spettacolo-racconto la cui narrazione
avviene attraverso una serie di canzoni (e non tutte
comprese nel CD), scritte in tre lingue, francese, inglese e
italiano, e in questo riconducibile al musical; ma è anche
un’opera multimediale, dato che si compone anche di un
DVD contenente 1800 disegni dello stesso Conte a illustrare
la storia. Questa si svolge a Parigi nel 1925, data
profondamente significativa perché segna quell’incontro
musicale di Francia e America che diede vita al jazz. Meno
avvincente da un punto di vista musicale rispetto ad altri
lavori, l’album è però un’affascinante sintesi dell’universo
artistico contiano, o più probabilmente dei suoi punti di
partenza, la sua matrice (l’America e la Francia, il jazz, gli
anni ’20, la pittura…).

I CORVI
Gruppo beat di Parma, riconosciuto a posteriori tra i più
interessanti degli anni ’60 per le propaggini psichedeliche e
persino vagamente hard rock presenti nel loro ruvido sound.
Considerati i principali esponenti dell’“ala dura” del beat,
nascono nel 1965, suonano cover come tutti e, dopo una
vittoria al trofeo Davoli come miglior complesso, propongono
al “Cantagiro” del 1966 il 45 giri Ragazzo di strada (brano dei
poco noti Brogues, I Ain’t No Miracle Worker), il loro hit più
celebre che dà il titolo anche all’unico LP dell’epoca. Nei
concerti esibiscono, sulla paletta del basso, un corvo (che
morirà dimenticato all’interno del pullmino del gruppo in una
giornata di sole) e vestono con mantelline nere. L’elemento più
noto del gruppo è Angelo Ravasini, dotato di voce cupa e
chitarra graffiante, cui applica un timido distorsore
primordiale; vi sono poi Italo “Jimmy” Ferrari (bs. e vc.),
Claudio Benassi (bt.) e Fabrizio Levati (ch.). Tra i 45 giri
hanno buone vendite anche Bang Bang (di Sonny & Cher,
1966, più dura rispetto a quella dell’Equipe 84), Sospesa ad un
filo (degli Electric Prunes, 1967) e Quando quell’uomo
ritornerà (1967). Si sciolgono nel 1969 per poi ritrovarsi
estemporaneamente nel 1982, quando reincidono Ragazzo di
strada, nel 1989 per I CORVI HANNO PRESO LA BASTIGLIA
(etichetta Hiara) e nel 1996 per la raccolta con inediti I CORVI -
IL MEGLIO (per la DV MORE).

ROBERTO COSTA
Bolognese, nato nel 1955, Roberto Costa, produttore,
compositore, arrangiatore, ingegnere del suono, fin dalla metà
degli anni ’70 si occupa della realizzazione degli album di
molti artisti italiani e stranieri. Partecipa nel 1976 come
arrangiatore a HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI di Claudio
Lolli. All’inizio degli anni ’80 cura alcune produzioni dance
assieme a Mauro Malavasi e Celso Valli. Si dedica
successivamente alla produzione, tra il 1984 e il 1989, dei
primi quattro album di Luca Carboni (il primo assieme a
Gaetano Curreri), di tre lavori per gli Stadio più altri per Ron,
Ivan Graziani e i Matia Bazar. Caratterizzato da una certa
impronta black, a partire dallo stesso periodo diviene una
pedina essenziale dell’organico di Lucio Dalla: sound engineer
e produttore di quasi tutti i suoi album fino a oggi, compone
anche la musica di uno dei suoi brani più celebri, Se io fossi un
angelo, e suona spesso il basso durante i suoi concerti.
Collabora anche con Luca Barbarossa all’inizio degli anni ’90,
e compone brani per Mina, Morandi e all’estero, fra gli altri,
per Ana Belen e Victor Manuel.

CESARE CREMONINI
Cesare Cremonini prende le prime lezioni di piano a sei
anni, spinto dai genitori; la musica dei Queen lo spinge presto
a cantare e scrivere i primi pezzi con l’amico chitarrista
Gabriele Gallassi, nella Bologna estrosa del Dams, dove è nato
il 27 marzo 1980. Mentre frequenta il liceo scientifico, con
Gallassi e il batterista Alessandro “Lillo” De Simone forma
nel 1995 i Senza Filtro, a cui si aggiungono Andrea Furlanetto
(bs.) e Lorenzo “Lollo” Benedetti (ch.). Nel 1997 trovano un
produttore, Walter Mameli, e nel 1999 prendono il nome di
Lùnapop, la cui formazione definitiva comprende Michele
Giuliani, compagno di scuola di Cremonini, al posto di
Benedetti, e Nicola “Ballo” Balestri (bassista dei 20 Barrato)
che sostituisce Furlanetto. Il gruppo pubblica …SQUÉREZ? (in
gergo bolognese, “merda”), che diviene un successo enorme,
lanciato nel giugno 1999 dal singolo 50 Special. I brani
composti dal cantante-pianista Cremonini, coadiuvato in
alcuni pezzi da De Simone, oscillano tra un pop orecchiabile
(Qualcosa di grande, le ballate Se ci sarai, Niente di più, Un
giorno migliore) e il brit pop (vedi le robuste chitarre elettriche
di Zapping e Silvia stai dormendo); i testi lineari esprimono
luci e ombre del mondo adolescenziale. I Lùnapop spopolano;
nel 2000, fra l’altro, vincono il Festivalbar con Qualcosa di
grande. Viene pubblicata un’edizione speciale del CD con gli
inediti La fiera dei sogni e Walter ogni sabato è in trip, già
eseguite nei concerti, di cui è proposto un assaggio nel CD con
alcuni brani live o unplugged. Nel 2001 esce una versione per
il mercato spagnolo. Nello stesso anno Cremonini appare nella
sit com “Via Zanardi 33”, di cui con i Lùnapop incide la sigla,
Donne in perizoma. È poi protagonista di uno spot, che rende
popolare Vorrei, e del film di Valerio Andrei “Un amore
perfetto”.
Il gruppo è ormai un (discusso) fenomeno di costume. Basti
dire del libro “Mia figlia vuole sposare uno dei Lùnapop (non
importa quale)” di Freak Antoni, leader degli Skiantos. Ma il
successo diventa pesante da gestire: una pausa di riflessione e
alcune tensioni interne diventano aperta crisi. Cremonini
decide di andare avanti da solo, anche se smentisce le voci di
scioglimento. Con al suo fianco il solo Balestri pubblica il
singolo Gli uomini e le donne sono uguali, che anticipa di
diversi mesi il CD BAGUS (2002), termine che in indonesiano
indica tutto ciò che è positivo. Le prime strofe del pezzo sono
state scritte intorno ai 16 anni: Cremonini resta sospeso tra il
passato di icona pop per adolescenti e un futuro cantautorale.
Con BAGUS cerca un pubblico più adulto, rinunciando a
inseguire unicamente gli umori variabili dei teenager modaioli,
e Vieni a vedere perché per i suoi echi beatlesiani si guadagna
persino gli apprezzamenti di Francesco De Gregori. Il CD
comprende anche Mary seduta in un pub dei Lùnapop, scartata
dalla giuria di Sanremo 2000 perché ritenuta troppo lenta per il
gruppo, e PadreMadre, brano-confessione sulle difficoltà
relazionali con i genitori. BAGUS viene ristampato nel 2003
con un DVD (contenente i videoclip dei singoli e le riprese di
Ballo del backstage del tour) e il singolo Gongi-boy, che
riarrangiato come Gongi-boy #2 fa da anello di congiunzione
all’album MAGGESE (2005), registrato a più riprese a Londra,
in parte negli storici Abbey Road Studios, con molti ospiti, tra
cui Phil Palmer, Ian Thomas, Simon Chamberlain e la
TelePhilmonic Orchestra diretta da Daryl Griffith. (j.s.i.)
DISCOGRAFIA

…Squérez? (Universo/Hit Mania/Universal 1999; in


spagnolo Konga Music, 2001, a nome Lunapop)
…SQUÉREZ? SPECIAL 2000 (Universo/Universal 2000, due CD
con inediti e brani live, a nome Lunapop)
BAGUS (WEA 2002; poi WEA 2003, ristampa con un
inedito, anche in edizione con DVD)
MAGGESE (Warner 2005)
MAGGESE. Versi più cantautorali, tra rock d’autore, volontà
di raccontare storie, belle linee di piano (Ancora non sai e
l’intro di Momento silenzioso) e una vaga ispirazione
beatlesiana e dylaniana (come in Le tue parole fanno male,
terzo singolo tra arpeggi di mandolino e violini).
Marmellata 25# condensa con ironia la precoce malinconia
di chi ha l’impressione di avere avuto 20 anni per una vita.
La suite in tre parti per piano Linda & Moreno cerca di
sdoganare la musica classica presso i giovani.

RENZO CREMONINI
Bolognese, nato il 15 aprile 1936, è stato affermato
produttore esecutivo (ma in parte anche artistico) di dischi
storici degli anni ’70 e ’80. Dapprima è attratto dal mondo del
teatro e da quello del cinema; realizza anche alcuni
cortometraggi, fra cui nel ’68 uno su Lucio Dalla. L’incontro
con il cantautore bolognese lo porta a interessarsi di canzone.
Le prime esperienze sono la regia di alcuni spettacoli teatrali e
la produzione dei dischi incisi dal cantautore con i testi di
Roberto Roversi. Con Dalla lavorerà fino a CIAO del 2000.
Negli anni ’80 Cremonini produce il primo album degli Stadio
e alcuni lavori di Ron. Con Luca Carboni il rapporto si protrae
dal 1984 al 1989. Nel decennio successivo si occupa di Angela
Baraldi, Bracco Di Graci e insieme a Dalla scopre Samuele
Bersani. Alla sua scomparsa, nel 2001, riceverà l’omaggio di
molti degli artisti da lui prodotti e in particolar modo da Luca
Carboni, che scriverà per lui Stellina (dei cantautori)
nell’album LU*CA.

FRANCO CREPAX
Discografico, nato nel 1928 a Milano in un ambiente
familiare denso di musica (suo padre era violoncellista).
Pioniere del suo mestiere, fa parte di una tipologia di addetti ai
lavori – musicalmente competente, colto, intuitivo – ormai in
via di estinzione. Come direttore artistico della Ricordi scopre
interpreti di prim’ordine, da Milva a Ornella Vanoni; ma
soprattutto è a lui e a Nanni Ricordi che spetta l’immenso
merito di aver creato la figura del cantautore nell’Italia a
cavallo tra gli anni ’50 e ’60, proponendo agli autori di alcune
opere – che ritenevano cariche di quello spirito innovativo che
stavano cercando – di interpretarle loro stessi. Da questa
grande intuizione comincia la storia di Paoli, Bindi, Endrigo,
Tenco, Jannacci, Gaber e di tutta la canzone d’autore italiana.
Nel 1961 Crepax passa alla CGD e continua l’opera con
Gigliola Cinquetti, Caterina Caselli, i Pooh e molti altri. Nel
2004 pubblica l’autobiografia “Grazie Mac – La guerra, la
musica, la vita e tutto il resto” (Ponte alle Grazie).

SIMONE CRISTICCHI
Nato a Roma il 5 febbraio 1977. Inizia con una cover band
dei Nirvana ma la sua dimensione sarà quella di una
“macedonia pop” per una canzone d’autore ironica e teatrale,
tra satira e intimismo. Aspirante fumettista e studente di Storia
dell’Arte, nel 1998 vince il concorso dell’ARCI “Cant’autori”
con L’uomo dei bottoni. Si fa notare esibendosi al “Locale” di
Roma, dove conosce i coetanei Marco Fabi (cugino di
Niccolò) e Pier Cortese, con cui suonerà spesso; nel 2000
pubblica Elettroshock, nel 2002 partecipa a “Destinazione
Sanremo” con Leggere attentamente le istruzioni. Nel 2005
presenta l’ironica Vorrei cantare come Biagio (scritta con Leo
Pari), dedicata ad Antonacci, che gli permette di presentarla
nei suoi concerti. È il successo commerciale, che si affianca
però ai molti riconoscimenti di questi anni, come il primo
premio e la Targa della critica al Musicultura 2005. Il relativo
album FABBRICANTE DI CANZONI, che contiene un duetto con
Sergio Endrigo inciso nel 2002 per un disco mai pubblicato e
una ghost track del suo irriverente alter ego Rufus, è miglior
disco italiano di debutto per la rivista “Musica e dischi”. A
Sanremo 2006 Cristicchi porta Che bella gente (dedicata a Mia
Martini), che con altri due inediti è inserita nella ristampa di
FABBRICANTE DI CANZONI.

CSI vedi CCCP


TONY CUCCHIARA
Cantautore e compositore agrigentino (30 settembre 1937).
Appassionato di musica e teatro, entra presto in contatto con
altri giovani siciliani con velleità artistiche, tra cui Pippo
Baudo al quale resta legato anche dopo il trasferimento a
Roma, a fine anni ’50. Pubblica alcuni 45 giri, fra cui modeste
cover di canzoni nordamericane in lingua originale e poi, nel
1962, brani propri come Genoveffa, L’amuri (in dialetto e con
un bell’arrangiamento in cui compare il friscalettu siciliano) e
Annalisa (dedicata alla figlia), sigla finale del programma TV
“Alta pressione”, con cui ottiene una certa popolarità.
L’etichetta Durium gli propone, sulla scorta della
“Napoletana” di Roberto Murolo, un’antologia di canti
siciliani, lavoro però interrotto nel 1967, quando lascia la
Durium. Intanto, sul fronte più commerciale, incide Gioia mia
(1965), Se vuoi andare vai, È l’amore (1966) e Ciao,
arrivederci! (1967), che ottengono discreti riscontri, specie il
secondo. Ma spazia anche nel folk internazionale pubblicando
con la moglie Nelly Fioramonti, a nome Tony e Nelly, Ma sto
pagando (cover di There But For Fortune di Phil Ochs) nel
1966 e un LP legato al programma TV “Le strade del folk ”.
Dopo un’esperienza nel cabaret, nei primi anni ’70 porta in
vari festival brani come Vola cuore mio (che ha buone
vendite), Preghiera, Malinconia e L’amore dove sta. In quel
periodo nasce “Caino e Abele”, ambiziosa opera “folk rock”
che Cucchiara scrive ispirandosi alla Genesi e che sarà spesso
replicata, anche all’estero. Ne compone poi altre, da “La
baronessa di Carini” a “Pipino il Breve”, ma si occupa anche
delle musiche degli ultimi spettacoli di Peppino De Filippo. In
seguito ha lavorato anche come autore televisivo.

CUGINI DI CAMPAGNA
Romani, formazione parrocchiale ma sensibile
all’immaginario glam, i Cugini di Campagna sono gli
iniziatori del fotoromanzo musicale e del trash. Sotto la
leadership dei gemelli Ivano e Silvano Michetti, esordiscono
nel 1972 e già l’anno dopo sfondano con un successo notevole,
Anima mia (su album omonimo), brano capace di fotografare a
suo modo un’epoca. La voce in falsetto di Nick Luciani
spopola. Seguiranno altri successi (Innamorata, 64 anni,
Meravigliosamente), al ritmo di un album all’anno, fino a
METALLO (1980). Poi, il fatale declino. A risollevare le sorti
del gruppo, la trasmissione TV di Fabio Fazio “Anima mia”
(1997), che riscopre in chiave amarcord l’intero armamentario
anni ’70. I Cugini di campagna ne diventano colonna sonora e
pubblicano raccolte a valanga (ANIMA MIA, LA NOSTRA VERA
STORIA, LA STORIA). L’ultima è UNA STORIA INFINITA (2002),
che contiene sei brani inediti tra cui Stigmate, dedicata a Padre
Pio. In un album del 1998, AMOR MIO, musicano un testo di
Papa Karol Wojtyla, La nostra terra.

BETTY CURTIS
È Teddy Reno a scoprire Roberta Corti (Milano, 21 marzo
1936) e a consigliarle il nome d’arte di Betty Curtis: chiara
l’ispirazione di matrice americana. Sin dal 1955 avvia
un’intensa attività di cantante con complessi minori che
comunque le permettono di esibirsi in rinomati locali della
Lombardia e poi di essere chiamata da più importanti orchestre
che la introducono nell’ambiente radiofonico e televisivo. La
carriera discografica inizia alla fine degli anni ’50 come
“urlatrice melodica” grazie ad alcune indovinate cover di brani
americani (Con tutto il cuor, ovvero With All My Heart) ma
anche tratte dal repertorio di Becaud (La pioggia cadrà, cioè
Le jour où la pluie viendra). La grande occasione arriva con il
Sanremo del 1959 in cui, in coppia con Wilma De Angelis,
presenta Nessuno, definitivamente lanciata da Mina poco dopo
anche se in versione molto diversa. In occasione di quel
Festival la Curtis esegue anche Un bacio sulla bocca e Una
marcia in fa in coppia rispettivamente con Claudio Villa e
Johnny Dorelli. Dopo un interlocutorio Festival nel 1960,
vince l’edizione successiva con Al di là, interpretata con
Luciano Tajoli e scritta da Carlo Donida con il quasi
debuttante Mogol. Diventa così una delle più popolari
interpreti italiane. Nel 1962 ottiene uno dei suoi più grandi
successi discografici con Chariot, versione italiana
dell’omonimo brano lanciato da Petula Clark. Con la stessa
artista inglese partecipa al Sanremo del 1965 con Invece no,
l’ultimo suo brano di successo. C’è ancora un Festival di
Sanremo (1967) con È più forte di me. Forte di un’estensione
vocale invidiabile, Betty Curtis ha inciso centinaia di canzoni.
Numerose sono state le sue tournée, anche internazionali, e le
partecipazioni a programmi TV, gli ultimi dei quali dedicati al
revival.

TOTO CUTUGNO
Quintessenza del nazional popolare, Salvatore Cutugno,
nato nel 1943 a Fosdinovo (Massa), inizia con gruppi come
Toto e i Tati e gli Albatros e intraprende poi una carriera come
autore: vari suoi brani diventano successi sia in Francia sia in
Italia, interpretati fra gli altri da Celentano (Soli) e da Miguel
Bosè. Continuerà a scrivere per noti artisti internazionali con
buoni esiti commerciali in molti paesi. Dal 1978 affianca a
quella di autore la carriera solista e l’anno dopo pubblica il
primo album, VOGLIO L’ANIMA, mentre nell’80 vince a
Sanremo con Solo noi. Nell’83 torna all’Ariston con
L’italiano, sfilata di luoghi comuni e musica facile, che
permea anche gli altri brani presentati negli anni a Sanremo,
con alti e bassi di popolarità (da Figli a Le mamme). Nel 1990
è la volta di Gli amori, cantata anche da Ray Charles, che però
la reinventa. Cutugno continua facendo televisione (dall’87 è
anche presentatore) e concerti in giro per il mondo per un
pubblico di emigrati italiani. Mai un suo album ha avuto
apprezzabili risultati di vendite in Italia.
D
GIGI D’ALESSIO
Erede della tradizione napoletana conservatrice ed enfatica
di Mario Merola e del primo Nino D’Angelo, Luigi “Gigi”
D’Alessio è l’esponente di gran lunga più conosciuto del
genere neomelodico partenopeo. Nasce a Napoli il 24 febbraio
1967 da genitori che lo spingono fin da piccolo alla passione
per la musica. Dopo la terza media studia presso il
Conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli e
contemporaneamente comincia a esibirsi alle feste e ai
matrimoni, accompagnando vari interpreti fino a cantare poi in
prima persona. Intanto scrive un’infinità di brani per altri
artisti della stessa scena, tra cui D’Angelo e Gigi Finizio, e
diventa pianista di Mario Merola. Incide con lui il brano
Cient’anne, ma Merola gli nega il permesso di utilizzare la
propria voce: D’Alessio elude la richiesta e il brano diventa un
successo sul piano locale. È l’inizio degli anni ’90, stagione
ricca per il fenomeno neomelodico: ormai consacrato a Napoli
come giovane rivelazione, D’Alessio pubblica il primo album,
LASCIATEMI CANTARE, del 1992, seguito appena dopo un anno
da SCIVOLANDO VERSO L’ALTO. Nel 1994 c’è il primo disco con
la Ricordi, DOVE MI PORTA IL CUORE, mentre PASSO DOPO PASSO,
contenente la celebre Annaré, esce per la Fonit Cetra nel 1995.
Autore notevolmente prolifico, D’Alessio cura
essenzialmente la parte musicale delle sue canzoni, affidandosi
per i testi al paroliere Vincenzo D’Agostino, con cui realizza
un connubio destinato a durare negli anni: al momento tuttavia
i loro brani, scritti perlopiù in dialetto, non permettono ancora
al cantante di affermarsi oltre i confini locali. A Napoli,
intanto, il pubblico che partecipa ai suoi spettacoli è in crescita
continua: gli album FUORI DALLA MISCHIA (1996), È STATO UN
PIACERE (1998) e il film “Annaré” sanciscono definitivamente
l’ascesa. L’uscita del primo album dal vivo, TUTTO IN UN
CONCERTO (forte di brani che in certe zone del sud sono già
molto noti, come Anna se sposa e Fotomodelle un po’ povere)
segna nello stesso anno l’inizio della seconda parte della
carriera, con i primi riscontri in tutta Italia, anche grazie alla
scelta di presentare brani non soltanto dialettali. PORTAMI CON
TE, del 1999, ottiene una distribuzione anche estera: frattanto
D’Alessio recita accanto a Mario Merola nel film
“Cient’anne”. Alcuni mesi dopo, nel febbraio 2000, arriva la
prima partecipazione al Festival di Sanremo,
promozionalmente indovinata, con Non dirgli mai: subito dopo
esce l’album QUANDO LA MIA VITA CAMBIERÀ. Il brano
omonimo, Una notte al telefono e la latineggiante ed estiva
Como suena il corazon rientrano a pieno titolo tra i successi
dell’artista, improntati all’immediatezza di suoni e di liriche, e
a una vocalità se non altro immediatamente riconoscibile.
È l’affermazione a livello nazionale. L’anno successivo il
secondo Festival: D’Alessio si presenta con Tu che ne sai,
primo singolo estratto dall’album IL CAMMINO DELL’ETÀ, che
ottiene un riscontro di vendite ancora più soddisfacente del
precedente (nel 2002 sarà edito anche per il mercato spagnolo
come EL CAMINO DE LA EDAD). La onnipresente melodia viene
rimodernata con suoni attenti persino alle ultime novità
internazionali. D’Alessio è poi protagonista dell’estate 2001
con Mon amour, un nuovo brano giocato sullo scambio
linguistico italiano-spagnolo. Il successivo UNO COME TE,
anticipato dal singolo Miele, esce nel 2002 e vede il contributo
di strumentisti di fama internazionale. Tra le quattordici tracce
Un nuovo bacio è interpretata con la giovane Anna Tatangelo,
mentre Caro Renato è dedicata a Carosone, recentemente
scomparso e di cui D’Alessio acquista il pianoforte. A questo
punto arriva una doppia raccolta di successi, BUONA VITA, con
due inediti. L’autunno del 2004 porta nelle radio Quanti
amori, apripista dell’omonimo CD che tra le altre contiene
Napule, interpretata assieme a Lucio Dalla, Gigi Finizio e Sal
Da Vinci. Ancora un grande successo di vendite, confermato
nel 2005 dalla partecipazione a Sanremo con L’amore che non
c’è e la pubblicazione di CUORINCORO (anche in DVD), il
secondo CD dal vivo di Gigi D’Alessio, ormai principale
simbolo italiano della canzone più facile e come tale
scarsamente considerato dalla critica. Resta comunque
stupefacente, come fenomeno sociale, l’ascesa di notorietà nel
corso degli anni, che lo ha portato a essere uno degli artisti
italiani più venduti.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

LASCIATEMI CANTARE (1992)


SCIVOLANDO VERSO L’ALTO (Zeus Records 1993)
DOVE MI PORTA IL CUORE (Ricordi 1994)
PASSO DOPO PASSO (Fonit Cetra 1995)
FUORI DALLA MISCHIA (Zeus Records1996)
È STATO UN PIACERE (Zeus Records 1998)
TUTTO IN UN CONCERTO (BMG Ricordi 1998, live)
PORTAMI CON TE (BMG Ricordi 1999)
QUANDO LA MIA VITA CAMBIERÀ (BMG Ricordi 2000)
IL CAMMINO DELL’ETÀ (BMG Ricordi 2001)
UNO COME TE (RCA/BMG 2002)
BUONA VITA (BMG Ricordi 2003, raccolta doppia con
inediti)
QUANTI AMORI (RCA/BMG 2004)
CUORINCORO (RCA/BMG 2005, doppio dal vivo)
QUANDO LA MIA VITA CAMBIERÀ. Un disco fra i tanti,
rappresentativo di tutta la produzione di D’Alessio, fra
facile impatto e consistenti melodie. È l’album della
conferma su scala nazionale, trascinato dalla visibilità
sanremese di Non dirgli mai: l’amore vissuto senza troppe
mediazioni concettuali, pescando a piene mani dalla
tradizione sentimentale, è il tema centrale di quasi tutti i
brani. Lina Sastri e Peppe Barra accompagnano D’Alessio
in Sole, cielo e mare.

LUCIO DALLA
Impossibile dimenticare la sua data di nascita, 4/3/1943,
titolo del suo primo grande successo. Bolognese, da piccolo fa
parte di una compagnia teatrale di bambini. La leggenda vuole
che Padre Pio cerchi di dissuaderlo dal continuare la carriera
artistica, ma lui avverte sempre più forte il richiamo del palco.
Nonostante piovano offerte da De Sica e Taranto preferisce
dedicarsi alla musica: suona la fisarmonica e impara poi il
clarinetto. La scuola è quella dei teatrini parrocchiali, poi delle
sale da ballo e dei locali jazz; dal repertorio popolare alla
musica nera il passo è breve, e il suo amore per il jazz sarà una
strada parallela alla carriera più ufficiale di cantautore. Come
clarinettista milita nella Reno Jazz Gang, poi nel ’58 va a
Roma, ingaggiato dalla Second Roman New Orleans Jazz
Band (con la quale nel 1961 c’è la sua prima incisione in
Telstar), e diventa professionista. Nel 1962 entra nei Flippers,
“inventando bugie col clarinetto”, ma nel frattempo ha già
suonato con Chet Baker e potrà dire d’esser stato sullo stesso
palco con Charles Mingus, Bud Powell e Eric Dolphy. Il
futuro cantautore, ancora “soltanto” musicista, ha una speciale
propensione a stare sulla scena (farà anche cabaret). A un
Cantagiro in cui suona con i Flippers viene scoperto da Gino
Paoli, che lo convince a cantare e gli fa avere un contratto con
la RCA. Ma le prime uscite (fra cui il 45 giri d’esordio, Lei
(non è per me), uno spiritual tradotto da Paoli) non danno
buoni conforti di vendita. Va un po’ meglio Paff… Bum!, con
cui partecipa a Sanremo nel 1966, abbinato agli Yardbirds di
Jeff Beck, ma Dalla viene considerato quasi un cantante
d’avanguardia, e lui si veste e si comporta in modo buffo,
provocatorio. In questo periodo fa anche esperienza come
attore cinematografico, mentre nel corso della sua carriera
firmerà diverse colonne sonore e sue canzoni saranno riprese
in vari film (tra i registi con cui lavora ci sono Ferreri,
Monicelli, Verdone, Mingozzi, Placido, Antonioni-Wenders,
Bigas Luna e altri).
Dalla inizia a fare serate nelle balere dell’Emilia, a scrivere
musiche per le sue canzoni e anche per altri (la prima è
Comincia l’amore per Dino). Intanto esce l’album 1999,
realizzato con gli Idoli e molto influenzato dalla black music.
Torna a Sanremo nel 1967 con Bisogna saper perdere, che
entra in classifica. È l’anno in cui muore Luigi Tenco, Dalla
alloggia nella stanza a fianco alla sua. Tenderà a non parlarne
mai. Apre il concerto di Jimi Hendrix a Milano e, dopo un tour
di successo in Argentina, nel ’69 esce un’antologia (ESTA LA
COSA NEGRA NEGRA) per il mercato sudamericano con cinque
brani tradotti, mentre alcune registrazioni del 1969 e 1970
vedranno la luce solo molti anni dopo, nel 1991, in GENIALE?
1969-70.

A questo punto Dalla raggiunge una propria cifra stilistica,


dal sapore plebeo, con brani composti con parolieri come
Sergio Bardotti (altro suo talent scout) e Gianfranco Baldazzi,
che gli regalano una prima celebrità: Itaca, Il gigante e la
bambina, ma soprattutto 4/3/1943, portata con enorme
risonanza a Sanremo nel 1971, censurata nel titolo (doveva
essere Gesù Bambino) e in alcuni versi (come “per i ladri e le
puttane” che diventa “per la gente del porto”). Dalla la canterà
sempre nella versione originale, scritta da Paola Pallottino, un
testo a cui lui ha applicato la melodia canticchiandola senza
strumenti e ispirandosi a La famiglia dei gobboni. Il brano va
bene anche in Brasile e in Francia nelle versioni di Chico
Buarque e Dalida. Etichettato come cantante di sinistra, bissa
in buona parte il successo con Piazza Grande (Sanremo 1972),
filosofia di vita randagia. Gli album di questi anni sono TERRA
DI GAIBOLA (arrangiato dallo stesso Dalla, con brani come Il
fiume e la città e Occhi di ragazza, composta per il
conterraneo Gianni Morandi) e STORIE DI CASA MIA. Sono i
primi capitoli di un repertorio destinato a divenire sterminato e
popolarissimo. Ora gli strumenti di Dalla sono il piano, le
tastiere, il sax, e una vocalità personale e inventiva.
Conquistata una postazione nel parterre della musica
leggera, l’artista bolognese lavora con il produttore Renzo
Cremonini che lo aiuta a imprimere un deciso mutamento di
rotta. A cominciare dalla feconda collaborazione con il poeta
bolognese Roberto Roversi che, tra il ’73 e il ’76, frutta tre
album splendidi e nervosi, di poesia spigolosa e civile, con gli
arrangiamenti di Ruggero Cini: IL GIORNO AVEVA CINQUE TESTE
(con Passato presente, Il coyote, Un’auto targata TO),
ANIDRIDE SOLFOROSA (Ulisse coperto di sale), AUTOMOBILI
(Mille miglia prima e seconda, Nuvolari, Intervista con
l’avvocato, in cui Dalla si produce in una delle sue specialità:
il vocalizzo scat). È una trilogia fondamentale nel percorso
formativo dell’intera canzone d’autore italiana, un corpus
organico di assoluto valore, una quindicina di anni più tardi
compendiato nella raccolta IL MOTORE DEL 2000. Alcuni brani
(come Statale adriatica, chilometro 220, Assemblaggio e
Rodeo) resteranno invece inediti. L’obiettivo di Dalla è quello
di dividere il pubblico, di spiazzare con proposte inattese, in
contrapposizione alle scelte del decennio successivo, senza
dubbio più pacificanti e a più alta condivisione. I concerti del
tempo confermano le sue doti istrioniche, abbinate all’aspetto
d’antidivo (basso, peloso, calvo). Classica è la sua
performance di smontaggio del clarinetto.
Il sodalizio con Roversi s’interrompe – non senza
incomprensioni, poi sanate – nel 1976. Dalla ne esce
arricchito, sente di aver acquisito i segreti e la mentalità per
scrivere interamente da sé le sue canzoni: in precedenza aveva
composto solo il testo del brano Non sono matto (o la capra
Elisabetta), molti anni prima, su musica di Gino Paoli. Un
buen retiro alle Isole Tremiti si rivela proficuo. Nasce un
cantautore completo, che debutta con COM’È PROFONDO IL
MARE, tra ecologia (la title track), erotismo (Disperato erotico
stomp) e malinconico disincanto (Il cucciolo Alfredo e la
splendida Quale allegria). Comincia un percorso verso la
“grammatica leggera”, per una più vasta commestibilità. Di
questo periodo sono la raccolta di saggi “Lucio Dalla”, a cura
di Simone Dessì (Savelli), e un concerto (il 20 dicembre 1978)
alla TV svizzera italiana che verrà pubblicato nel 2001. Il
plauso al nuovo Dalla è unanime, ma andrà ancora meglio due
anni dopo con l’ottimo LUCIO DALLA (un anno e mezzo in
classifica), con l’imperitura L’anno che verrà, dal celeberrimo
attacco “Caro amico ti scrivo”. L’album risente dell’influenza
nei testi di Francesco De Gregori, a cui d’altro canto Dalla ha
aperto nuovi orizzonti musicali, ma anche regalato i suoi
singolari vocalizzi su Quattro cani, e zampate nelle musiche di
Pablo e Giovane esploratore Tobia. I due ufficializzano il
rapporto nel 1979 con un tour estivo, primo esempio italiano
di collaborazione non sporadica e paritaria tra artisti già
affermati. La serie di festosi concerti dei due cantautori,
accompagnati da Ron e dagli Stadio, sarà immortalata
nell’album dal vivo (anche film) BANANA REPUBLIC (con Ma
come fanno i marinai, Un gelato al limon di Paolo Conte),
testimonianza di una musica d’autore capace di far fischiettare
e pensare contemporaneamente (non era scontato, all’epoca).
Di nuovo solo, Dalla licenzia il terzo capitolo del trittico
inaugurato con COM’E PROFONDO IL MARE, dal titolo DALLA,
l’album di Futura e Balla balla ballerino. “Adesso la mia
soddisfazione è quella di vedere unita la gente che mi ascolta”,
dice. E ci riesce. La formula è vincente, al passo coi tempi ma
con una credibilità distante da cliché giovanilisti. Il sax
diventa la sua seconda voce. Con i decisamente meno riusciti
Q-DISC e 1983 (con Stronzo, Pecorella) un altro straordinario
periodo si chiude: occorreranno molti anni per ritrovare
quell’intensità creativa e poetica.
Dalla intanto partecipa come prestigioso ospite a lavori di
diversi colleghi: suona il sax per Roberto Vecchioni in
MONTECRISTO; a Bruno Lauzi regala la canzone Angeli,
rimasta fuori dall’album LUCIO DALLA; contribuisce a
TELEFONO ELETTRONICO di Renzo Zenobi; è autore della
trasposizione italiana di The Road, che diventa Una città per
cantare, nell’album omonimo (e prodotto da Dalla) dell’amico
Ron, con cui collaborerà sempre; produce il primo album degli
Stadio. È pronto a catturare le innovazioni e le svolte proposte
dai tempi, ma nel 1984 e nel 1986 VIAGGI ORGANIZZATI (con
Washington, Tutta la vita) e BUGIE (Ribot, Se io fossi un
angelo) sono su uno standard medio, tra funky e accenni di
nuova elettronica apportati dalla produzione di Mauro
Malavasi, in attesa di nuovi acuti. Che, dopo un’incursione nel
divertissement jazz con il pianista Marco Di Marco (LUCIO
DALLA/MARCO DI MARCO), arrivano con il doppio live
DALLAMERICARUSO, il cui unico inedito, Caruso, è
considerato uno dei brani italiani più toccanti di tutti i tempi.
La canzone vede la luce a Sorrento, un po’ per caso: in una
delle sue navigazioni in barca nel Mediterraneo, Dalla alloggia
nella stanza d’albergo che aveva ospitato il grande cantante
lirico Enrico Caruso. Lì compone il pezzo, che, venduto in 8
milioni di copie nelle trenta e più versioni tratte (una anche da
Pavarotti, un’altra da Julio Iglesias, con Dalla cointerprete), e
Targa Tenco 1986 per la miglior canzone, conferma una volta
di più l’eclettismo di Dalla, la capacità poetica della sua
scrittura quando è sorretta da un’ispirazione alta, che da qui in
poi verrà però spesso a mancare.
Nel 1988 intraprende una nuova collaborazione eccellente,
con Gianni Morandi. Nasce DALLA-MORANDI, che contiene hit
destinate a facile popolarità (Vita), riedizioni (Il motore del
2000, che risale ad AUTOMOBILI) e la partecipazione come
autori di Mogol, Lavezzi, Cocciante, Ron, Guccini, nonché,
dopo oltre un decennio, di Roversi. Segue una tournée
trionfale con Morandi per tutto il biennio 1988-89, con
relativo album dal vivo, IN EUROPA, dopo il quale per Dalla
arriva il botto commerciale di Attenti al lupo, singolo
tormentone di largo consumo composto da Ron. L’album
relativo è CAMBIO, nato dalla voglia di abbattere le ultime
frontiere tra sé e il successo a 360 gradi, anche a costo di
qualche caduta qualitativa. Non è il caso di un antico brano
inedito scritto con Roversi nel 1975, Comunista, che nel
frattempo ha acquistato significati ben diversi e mutato anche
titolo (all’epoca s’intitolava Ho cambiato la faccia di un dio).
Sempre nel 1990 esce la biografia di Gianfranco Baldazzi
“Dalla” (Franco Muzzio editore). Poi ancora un live, AMEN,
con l’unico inedito del brano omonimo, e con l’elemento di
maggiore interesse nella presenza del giovanissimo romagnolo
Samuele Bersani, scoperto da Dalla, che canta un brano
proprio, Il mostro. Osannato dal nuovo vasto pubblico e un po’
snobbato da chi lo ha conosciuto e amato quindici o venti anni
prima, Dalla pubblica HENNA, un lavoro diseguale e
controverso, ma in qualche modo affascinante (con Merdman,
Treno, con l’intervento di Tosca, Rispondimi). Nel 1994 gli
viene consegnato da Carlo Bo il Premio Montale, che
riconosce la sintesi poetico letteraria raggiunta con le sue
composizioni. Quello di Dalla è un provocatorio elogio della
retorica canora e una rivalutazione della canzone – e anche
della canzonetta – come spazio letterario autonomo rispetto
alla poesia. CANZONI, nel 1996, è un nuovo album monstre in
termini di vendite, con un nuovo enorme successo radiofonico:
Canzone, un pezzo finto allegro e tutto melodia, scritto con
Bersani.
Intanto, senza mai mettere da parte il jazz, con frequenti jam
sessions che lo vedono protagonista, Dalla propone una sua
versione di “Pierino e il lupo” di Prokofev all’Auditorium di
Santa Cecilia, è in tournée con l’Orchestra Toscanini (76
elementi), scrive, canta e produce la colonna sonora di “Enzo
Re”, spettacolo teatrale di Roversi. Riceve la laurea honoris
causa in Lettere e Filosofia dall’Università di Bologna ed è
addirittura conduttore televisivo RAI con Sabrina Ferilli (“La
Bella e la Besthia”). Sempre più al centro di eventi
mastodontici, è mattatore alla “Sera dei miracoli” nel porto di
Gioia Tauro (ancora amore traboccante per il Sud). Non si
contano più apparizioni e partnership assai eterogenee, tra le
quali quelle con Murolo, Skiantos, Concato, Elio e le Storie
Tese, Napoli Centrale, Shel Shapiro, Andrea Mingardi. Il
9.9.1999 esce lo sfocato CIAO, segnato dal disagio per la vicina
guerra nel Kosovo. Il saluto dell’artista al millennio è
l’ennesimo appuntamento con la numerologia: l’album
contiene 1999, composto nel 1966. Amarezza e leggerezza
viaggiano insieme. Una pensosità che torna in LUNA MATANA
(2001), per il quale Dalla è tornato a comporre nel suo eremo
alle Tremiti. Ancora dediche sportive (Baggio… Baggio), una
dichiarazione d’identità sudista (Siciliano) e una canzone
d’amore (Kamikaze) dal titolo quanto mai inquietante per i
tempi, nell’anno dell’attacco alle Torri Gemelle. Nello stesso
anno appare il suo primo libro di racconti “Bella Lavita”, edito
da Rizzoli, e per Einaudi “E forse fu per gioco, o forse per
amore”, un cofanetto con tutti i testi delle canzoni e un video,
curato da Vincenzo Mollica. Dopo un brano scritto per lo
Zecchino d’oro, le musiche composte con Chico Buarque per
il musical “Dona Flor e i suoi due mariti” (dall’omonimo libro
di Jorge Amado) e il DVD “Retrospettiva”, nel 2003, anno del
suo 60° compleanno, esce LUCIO. L’album contiene fra gli altri
un duetto con Mina e due brani tratti da “Tosca, Amore
disperato”, opera lirico-teatrale scritta da Dalla e ispirata alla
Tosca di Puccini. Nel 2004 prende avvio il tour “Dalla in
jazz”, con il quartetto di Stefano Di Battista (brani di Dalla e
standard), ma c’è anche la partecipazione a un disco di Gigi
D’Alessio. Nel 2006 il cantautore firma la regia di un’opera
lirica, l’“Arlecchino” di Ferruccio Busoni, e interpreta Sancho
Panza nel film “Quijote” di Mimmo Palladino. Intanto esce
Dark Bologna, che anticipa una tripla antologia, 12,000 LUNE.
Una carriera inquieta quella di Dalla, di grandi picchi, di
creazioni appassionate, ma anche di scadimenti e decadimenti.
(e.de. - g.ve.)
DISCOGRAFIA
1999 (Arc Special 1966)
LUCIO DALLA (RCA Victor 1968 Argentina, EP
parzialmente in spagnolo)
ESTA LA COSA NEGRA Y OTROS EXITOS EN CASTELLANO Y
ITALIANO (RCA 1969 Argentina e Cile, parzialmente in
spagnolo)
TERRA DI GAIBOLA (RCA 1970)
STORIE DI CASA MIA (RCA 1971)
IL GIORNO AVEVA CINQUE TESTE (RCA 1973)
DAL VIVO - BOLOGNA 2 SETTEMBRE 1974 (RCA 1975, live
con Francesco De Gregori, Maria Monti e Antonello
Venditti)
ANIDRIDE SOLFOROSA (RCA 1975)
AUTOMOBILI (RCA 1976)
COM’È PROFONDO IL MARE (RCA 1977)
LUCIO DALLA (RCA 1979)
BANANA REPUBLIC (RCA 1979, dal vivo con Francesco De
Gregori)
DALLA (RCA 1980)
Q-DISC (RCA 1981, EP)
1983 (RCA 1983)
VIAGGI ORGANIZZATI (Pressing 1984)
LUCIO DALLA/MARCO DI MARCO (Fonit Cetra 1985)
BUGIE (RCA 1986)
LIEDERALBUM (RCA 1986 Germania, con due brani inediti
in Italia)
DALLAMERICARUSO (RCA 1986, doppio dal vivo, l’edizione
in singolo CD contiene tre pezzi in meno)
DALLA-MORANDI (RCA 1988, doppio con Gianni Morandi,
l’edizione in CD singolo contiene tre pezzi in meno)
IN EUROPA (Ariola 1988, riduzione in album unico per il
mercato europeo, edizione in spagnolo: EN EUROPA, Ariola
1988 Spagna)
CAMBIO (Pressing 1990)
GENIALE? 1969-70 (INEDITI) (RCA 1991, registrazioni live
inedite, ristampato con diversa copertina)
AMEN (Pressing 1992, dal vivo tranne la title track)
HENNA (Pressing 1993, edizione spagnola: LIBERI,
parzialmente in spagnolo)
ATENTO AL LOBO (RCA 1994, parzialmente in spagnolo)
CANZONI (Pressing 1996, anche parzialmente in spagnolo:
CANCIONES)
DANCE REMIX (Pressing 1996)
ENZO RE (Pressing 1998, CD fuori commercio)
CIAO (Pressing 1999)
LUNA MATANA (Pressing 2001)
LIVE@RTSI (S4 2001, dal vivo, registrazione di un concerto
del 1978)
LUCIO (Pressing 2003)
HISTORIAS Y CUENTOS (BMG 2004, antologia quasi
interamente in spagnolo)
12,000 LUNE (SonyBMG 2004, tripla antologia con inediti)
STORIE DI CASA MIA. La fotografia del primo Dalla, quello di
Itaca, La casa in riva al mare e Il gigante e la bambina.
Quella dell’aria e dalle arie naif. Ma soprattutto quello di
4/3/1943, dedica accorata rivolta agli ultimi. Gli
arrangiamenti sono essenziali, d’epoca. Diretta e
autobiografica Lucio dove vai, una delle prime musiche
composte.
ANIDRIDE SOLFOROSA. Capitolo centrale della trilogia con
Roversi. Il Dalla più impegnato e sperimentale che
incontreremo mai. La lavorazione è difficoltosa, viene
interrotta bruscamente e poi ripresa. Ferrante Aporti è
dedicata al carcere minorile di Torino; la Borsa valori è un
gioco linguistico tra scat e non sense; Lei parlava una
lingua meravigliosa una delle sue più belle canzoni
d’amore.
LUCIO DALLA. Il disco della definitiva consacrazione di
vendite e autorevolezza. Una sfilata di bei pezzi e
consapevolezza artistica: L’ultima luna, Stella di mare,
Anna e Marco, Tango, L’anno che verrà. Partecipano alcuni
dei futuri Stadio, il gruppo alter ego di Dalla, Rosalino
Cellamare (in arte Ron), coautore di Cosa sarà, interpretata
insieme a De Gregori.
DALLA. Benedizione assoluta, anche presso un pubblico
giovane. Brani illuminati da felicità melodica e testi precisi,
lirici e prosaici insieme. Dai più ai meno noti: Futura, Balla
balla ballerino, Cara, La sera dei miracoli, Il parco della
luna, Mambo, Meri Luis, fino alla teneramente ironica
Siamo dei. Orecchiabile e struggente.
DALLAMERICARUSO. Registrato al Village Gate di New
York il 23 marzo 1986, è documento del tour americano con
gli Stadio. A parte Caruso, inserita all’ultimo momento
(tanto che il disco doveva intitolarsi solo “Dallamerica”),
c’è tutto il Dalla di questi anni, prima della svolta
commerciale. Cantautorale e inventivo.

TONY DALLARA
Tony Dallara, nome d’arte di Antonio Lardera, è nato a
Campobasso il 30 giugno 1936. Diventa, sull’esempio dei
Platters e di Frankie Lane, il capostipite degli “urlatori”, che
seppur con molta ingenuità introducono nella canzone italiana
nuovi elementi, a partire da un’interpretazione più energica.
Inizia a esibirsi nel 1954 a Milano (è figlio di un corista della
Scala), si fa poi accompagnare dai Campioni. Nel 1958
esplode con Ti dirò e soprattutto con Come prima, l’anno dopo
replica con Julia e Ghiaccio bollente, tanto che arriva ad avere
diversi brani contemporaneamente in classifica. Vince poi il
Sanremo 1960 con Romantica insieme a Renato Rascel, che è
anche autore del brano con Dino Verde. La canzone vince
anche “Canzonissima” come, un anno più tardi, Bambina
bambina. Con questi e altri brani Dallara si afferma
notevolmente sulla scena nazionale, ma dopo qualche altro
piazzamento in classifica (nel ’62 con Chicago e nel ’64 con
Come potrei dimenticarti, portata a Sanremo con Ben E. King)
con l’avvento del rock la sua parabola discende rapidamente.
Negli anni ’80 si riaffaccia con Amada mia e Senza piangere
ma è il revival a rimetterlo di nuovo in pista, a colpi di Come
prima e Romantica.

NINO D’ANGELO
Da icona commerciale del neomelodismo partenopeo ad
apprezzato esponente di una canzone dai colori etnici: la
vicenda musicale di Gaetano D’Angelo, detto Nino, nato alla
periferia di Napoli il 21 giugno 1957, si snoda tra gli anni ’70
e il Duemila, tra lo scugnizzo e il raffinato artista, in un
apprezzabile cammino di evoluzione, raro nel nostro
panorama. Proveniente da una famiglia modesta, il giovane
Nino si lega al tessuto canoro della Napoli melodica e matura
le prime esperienze negli ambienti popolari, ai matrimoni, alle
feste di piazza. Il primo 45 giri, autofinanziato, arriva nel ’76:
il titolo è ‘A storia mia, lo stesso che – dato il successo del
disco – avrà la prima delle sue molte sceneggiate. All’impegno
in teatro affianca presto quello nel cinema, recitando in una
lunga serie di film di buon successo commerciale che
contribuiscono a definirlo come l’erede di Mario Merola. Nel
frattempo pubblica i primi album, fra cui nel 1981 ‘A
DISCOTECA e nel 1982 ‘NU JEANS E ‘NA MAGLIETTA, con il
famoso brano omonimo (pubblicato come singolo l’anno
precedente). La prima metà del decennio prosegue in questa
fortunata alternanza di musica e cinema che rende il cantante
uno dei più seguiti nella sua zona di provenienza, e anche uno
dei più soggetti al fenomeno della pirateria. Il “caschetto
biondo” diviene l’immagine con cui un po’ tutti lo
identificano. D’Angelo continua a esprimersi in dialetto, senza
per questo precludersi una visibilità al di fuori dei confini
campani; partecipa al Festival di Sanremo nel 1986 con Vai, e
per la prima volta si affaccia nelle classifiche nazionali. Il
brano viene pubblicato in CANTAUTORE, uno dei tantissimi
album del periodo (in media più di uno all’anno), che danno il
via al fenomeno neomelodico partenopeo. Fitta anche l’attività
cinematografica con titoli come “L’ammiratrice”, “Giuro che ti
amo”, “La ragazza del metro’”, quasi sempre a fianco della
partner prediletta, Roberta Olivieri. D’Angelo compone le
colonne sonore spesso con la collaborazione di Enzo
Malepasso, in quel periodo suo produttore.
Gli anni ’90 sono quelli della svolta. D’Angelo si adopera
per affrancarsi dalla tradizionale immagine, affiancando ai
temi sempre prediletti dell’amore un tentativo di riflessione
introspettiva e sociale. In questo senso, TIEMPO del 1993 è
l’album a cui la critica rivolge le prime attenzioni, dopo averlo
sempre attaccato ripetutamente. Comincia il periodo della
riabilitazione e soprattutto di una maggior consapevolezza:
l’anno più significativo è il 1997, con A NU PASS D’ ‘A CITTÀ e
la stesura della colonna sonora di “Tano da morire”, visionario
musical sulla mafia della giovane regista Roberta Torre, già
autrice de “La vita a volo d’angelo”, cortometraggio dedicato
all’artista. Da “Tano da morire” verrà tratto un CD di brani
composti da D’Angelo e interpretati dagli attori del film: per
quest’opera il cantante riceverà moltissimi riconoscimenti in
campo cinematografico, tra cui un David di Donatello, un
Nastro D’Argento e un Globo d’oro. Nel 1999 partecipa al
Festival di Sanremo con Senza giacca e cravatta, che,
spruzzata di etnico, riscuote ottimi consensi e lo sdogana
definitivamente insieme all’album STELLA ‘E MATINA, realizzato
con la preziosa collaborazione di Daniele Sepe. Seguono
TERRA NERA (2000), il film come regista “Aitanic”, parodia di
“Titanic”, e la raccolta LA FESTA, in cui viene inserito come
brano inedito Marì, il pezzo con cui nel 2002 partecipa per la
terza volta a Sanremo. L’anno successivo è ancora al Festival
con un brano molto discusso e coraggioso, anche
artisticamente, ‘A storia ‘e nisciuno, confessione di un
camorrista, incluso in ‘O SCHIAVO E ‘O RRE.
Al 2005 risale IL RAGÙ CON LA GUERRA. D’Angelo negli anni
ha continuato ad affiancare alla propria carriera di interprete e
musicista anche quella di attore cinematografico (per Pupi
Avanti, “Il cuore altrove”, 2002) e teatrale, portando in scena
numerose pièce di composizione propria o più spesso
dell’autore Raffaele Viviani, anche qui elevando notevolmente
il livello qualitativo. (m.m.a.)
DISCOGRAFIA

‘A STORIA MIA (Dangal Records 1976)


NINO D’ANGELO VOLUME 2 (Presence Records 1977)
NINO D’ANGELO VOLUME 3 (Presence Records 1978)
‘A PARTURENTE (Zeus Records 1979)
CELEBRITÀ (Discoring 2000 1980, raccolta con inediti)
‘A DISCOTECA (Discoring 2000 1981)
‘NU JEANS E ‘NA MAGLIETTA (Discoring 2000 1982)
LE DUE FACCE DI NINO D’ANGELO. STORIA (Discoring 2000
1982, doppio)
SOTTO ‘E STELLE (Discoring 2000 1983)
FORZA CAMPIONE (Discoring 2000 1984)
NINO D’ANGELO (Discoring 2000 1984, doppio)
CANTAUTORE (Vis Radio 1986)
ECCOMI QUA (Vis Radio 1987)
TEMA D’AMORE (Vis Radio 1987)
GRAND EXITOS EN ESPAÑOL (Discoring 2000 1987)
FOTOGRAFANDO L’AMORE (Ricordi 1987)
COSE DI CUORE (Ricordi 1987)
IL CAMMINO DELL’AMORE (Ricordi 1988)
LE CANZONI CHE CANTAVA MAMMÀ (Ricordi 1988)
INSEPARABILI (Ricordi 1989)
AMO L’ESTATE (Ricordi 1990)
E LA VITA CONTINUA (Ricordi 1991)
BRAVO RAGAZZO (Ricordi 1992)
TIEMPO (Ricordi 1993)
MUSICAMMORE (Ricordi 1994)
‘A NEVE E ‘O SOLE (Ricordi 1995)
A NU PASS D’ ‘A CITTÀ (RTI Music 1997)
TANO DA MORIRE (Sugar 1997, colonna sonora)
STELLA ‘E MATINA (RTI Music 1999)
AITANIC (Sony Music 2000, colonna sonora)
TERRA NERA (Sony Music 2001)
LA FESTA (Sony Music 2002, raccolta con inediti)
‘O SCHIAVO E ‘O RRE (Sony Music 2003)
IL RAGÙ CON LA GUERRA (Sony Music 2005)
TANO DA MORIRE. Colonna sonora – premiatissima –
dell’omonimo film, affida alla trama surreale della pellicola
ritmi che spaziano dal rap al rock’n’roll, alle più tradizionali
tarantelle, alla bossanova e ad ariose melodie senza mai
perdere di vista l’ironia del progetto globale (che deve a
questo, innanzitutto, la sua riuscita). Gustoso e
piacevolmente irriverente.

PINO D’ANGIÒ
All’anagrafe Giuseppe Chierchia, nato a Pompei nel 1952.
Oltre che cantante e autore Pino d’Angiò è anche presentatore.
Crea un personaggio che si basa sull’ironia, ispirandosi in
qualche modo alla figura di Fred Buscaglione, trasportata però
negli anni ’70 e ’80 delle discoteche. Dopo un 45 giri del
1979, È libero scusi?, pubblica l’anno dopo quello che è di
gran lunga il suo pezzo più noto, Ma quale idea, storia di un
esilarante approccio in discoteca (“Fred Astaire al mio
confronto era statico e imbranato”) su una base musicale funky
dance, arrangiata da Enrico Intra. Irresistibile. Il brano ha un
notevole successo anche in Europa, Inghilterra compresa, nella
versione in italiano. D’Angiò tenta poi di ripetere quella
intuizione con Un concerto da strapazzo, nel 1981, quando
esce anche il suo album BALLA. Nel 1982 riprova con Fammi
un panino, nel 1983 con Genoveffa e poi con molti altri singoli
e album (come TI REGALO DELLA MUSICA nel 1982 o DANCING
IN JAZZ nel 1989), mantenendo una certa verve ma senza più un
riscontro da parte del pubblico. Scrive intanto per Mina Ma chi
è quello li. Poi continua come presentatore.

PINO DANIELE
Appassionato della tradizione, fin da giovanissimo studia da
autodidatta la chitarra per poi accostarsi agli studi classici, ai
quali presto affianca le passioni per jazz e blues. Ma i nuovi
interessi non soppiantano i vecchi, anzi si amalgamano in una
singolare espressività. Nella Napoli brulicante degli anni ’70
(dove è nato il 19 marzo 1955), Daniele si muove tra la voce
forte della classicità e i nuovi laboratori di NCCP, Roberto De
Simone, Toni Esposito, Jenny e Alan Sorrenti, James Senese e
Napoli Centrale, Teresa De Sio. Ciascuno, a suo modo,
attualizza gli echi delle radici, fondendoli e confondendoli con
la musica nera. Daniele milita nei Batriomachia con Jenny
Sorrenti e collabora con Senese – che rappresenta quel che lui
sente di essere intimamente: un nero napoletano, “nero a
metà” – suonando nei Napoli Centrale, per i quali imbraccia il
basso e mette momentaneamente da parte l’amata chitarra, che
suonerà sempre con risultati egregi, affinati nel tempo dallo
studio.
Nel frattempo sta preparando quel che sarà il suo debutto,
che esce nel 1977, anticipato dal 45 giri Che calore e
nobilitato da quello che diventerà un vero e proprio classico:
Napule è. TERRA MIA rappresenta la partenza di un cammino
innovativo, che media tra la romanza napoletana e le influenze
afroamericane, tra la musica rock e il blues, imponendo una
modalità cantautorale inedita nel panorama italiano. La
contaminazione, o la fusione, o incontro.
Il discorso, non ancora del tutto compiuto, prosegue con
PINO DANIELE, pubblicato due anni dopo. Con un brano del
disco, Je so’ pazzo, Daniele partecipa al Festivalbar e riesce
nel risultato ragguardevole di far diventare tormentone
nazionale il verso “Nun ce scassate ‘o cazzo”. L’album (che
contiene Chi tene o mare e Je sto vicino a te) è suonato in
prevalenza da una band di musicisti di area “Napolitan Power”
(Ernesto Vitolo, Gigi De Rienzo, Carl Potter). È il trampolino
per la consacrazione, che avviene nel 1980, con l’uscita di
NERO A METÀ. Daniele ha messo a punto una fusione pregevole
tra la melodia tradizionale e il groove del funk, un linguaggio
di successo e in anticipo sui tempi, brani come E so’ cuntento
‘e stà e Quanno chiove lo incoronano re della nuova canzone
(meglio: della nuova musica) mediterranea e un concerto lassù
a Milano, stadio San Siro, davanti a 80.000 spettatori
rappresenta il battesimo. Intanto nascono anche brani per
grandi interpreti italiane: Nanninella per la De Sio,
Buongiorno anche a te e Un po’ di tutto per la Bertè. Il
musicista partenopeo pubblica l’anno dopo VAI MO’, ancora
con una formazione all star partenopea, mentre i lavori
successivi sono frutto di esperienze e incontri memorabili oltre
confine (Wayne Shorter, Mel Collins, Alphonso Johnson) e più
in generale della curiosità di Daniele, che si muove rinfrancato
dai riscontri di critica e pubblico. Nascono così BELLA
‘MBRIANA (1982, con Tutta ‘nata storia, Maggio se ne va,
Annarè) e MUSICANTE (1984, Lazzari felici), che perfezionano
una world fusion in forma di canzone mediterranea. È
importante in questo periodo la partecipazione al festival
cubano di Varadero dove le parentele riscontrate tra Cuba e
Napoli lasceranno più d’una traccia, a partire dall’allestimento
di una nuova band con il percussionista Nana Vasconcelos, il
trombettista Adalberto Lara e il trombonista Juan Pablo
Torres. Anche l’incontro con il bluesman Ritchie Havens porta
feeling, soddisfazioni e, nel 1983, la produzione dell’album di
Havens COMMON GROUND. È tempo di tirare le somme di
questi primi anni. Daniele lo fa nel doppio album live SCIÒ
(1984) che lo ritrae in copertina nella posa apotropaica
classicamente napoletana del gesto delle corna.
Comincia una nuova fase. Gli album della seconda metà del
decennio esprimono la maturità di quello che è diventato
ormai il principale interprete della nuova canzone
contaminata. Che non disdegna la melodia, anzi la valorizza
virtuosamente, rifuggendo dai sentimentalismi oleografici di
una certa napoletanità. È un nuovo genere, si chiami latin
blues o fusion italiana o “world del Vomero”. FERRYBOAT
(1985, Bona jurnata, ‘A rrobba mia) vede la partecipazione di
Steve Gadd e Mino Cinelu – un altro Weather Report alla corte
di Daniele, dopo Shorter e Alphonso Johnson, e prima di Peter
Erskine; BONNE SOIRÉE (1987, Baccalà, Guardami in face)
volge lo sguardo verso Oriente e s’incuriosisce di etnica, con
Daniele in copertina avvolto in una keffiah araba. Due titoli
appena un gradino sotto ai precedenti, eccelsi, dischi.
SCHIZZECHEA WITH LOVE, il primo lavoro mixato all’estero (in
Francia) vale al suo autore la Targa Tenco quale migliore disco
del 1988, mentre a chiudere il decennio arriva, con suoni
acustici e accenni di elettronica, MASCALZONE LATINO, la
ricercatezza attraverso la semplicità. Il disco (“uno dei miei
preferiti”) serba in grembo una delle più belle canzoni di Pino
Daniele, Anna verrà, dedicata ad Anna Magnani.
A cavallo di decennio, oltre a cantare una canzone
nell’album OLTRE di Claudio Baglioni (Io dal mare), Daniele
collabora intensamente con Massimo Troisi, a cui lo unisce
l’espressione di una maniera nuova di vivere Napoli,
antiretorica, intellettualmente onesta, volta al futuro, senza
perdere spontaneità, senso di appartenenza e simpatia. Il
musicista compone le colonne sonore per due film dell’attore-
regista. Dopo un’operazione al cuore che lo tiene fermo per un
po’, Daniele cambia casa discografica – dalla EMI alla CGD –
e con una voce ancora più caratterizzata nel suo falsetto
indolente e sofferto, pubblica nel 1991 UN UOMO IN BLUES. Ha
tutta l’aria di un nuovo esordio, quasi un ricominciamento, è il
disco di ‘O scarrafone, che da una parte rinsalda il legame
carosoniano con l’idea del “turco napoletano”, dall’altra lo
conduce ancora più in alto nelle classifiche. Seminale è la
collaborazione con il chitarrista Mick Goodrick (“da questo
disco in poi ci sarà sempre un po’ di Goodrick nelle mie
armonie”). L’anno seguente, con gli stessi musicisti (Potter,
Jermano, Melotti, Goodrick) e una voglia nuova, Daniele
riarrangia un lotto di brani tratti dai primi tre album,
aggiungendovi due inediti. Ma SOTTO ‘O SOLE resta
indimenticabile soprattutto per la presenza di Massimo Troisi:
il duetto in Saglie saglie, la scrittura a quattro mani di ‘O ssaje
comme fa ‘o core, e la splendida ballad Quando, scritta per il
film di Troisi “Pensavo fosse amore invece era un calesse”. Il
brano Sotto ‘o sole si veste d’un abito samba: è la nuova
fusion mediterranea.
È un periodo in cui Daniele si presta a intervenire come
special guest in lavori altrui: è autore di Pinocchio per Heather
Parisi, musica la poesia di Totò ‘A livella, scrive il testo di
Canzone di Laura per Fabio Concato (per il suo IN VIAGGIO), è
chitarrista per Vasco Rossi in Hai ragione tu (dall’album GLI
SPARI SOPRA). Che sia tornato in ottima forma è confermato nel
1993 da CHE DIO TI BENEDICA, uno dei suoi migliori album, una
sequenza di brani che tengono insieme un’altissima qualità e la
capacità di arrivare a un pubblico numeroso. Segue SONA MO’,
registrato dal vivo a Cava dei Tirreni con la percussionista
Carol Steele in due serate trionfali: un puntello prima di una
nuova fase.
Pino Daniele è ormai una star della musica italiana. NON
CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO (con hit come ‘O cammello
‘nnamurato, Io per lei, Se mi vuoi), DIMMI COSA SUCCEDE
SULLA TERRA (Che male c’è, che si aggiudica il Festivalbar,
Dubbi non ho), COME UN GELATO ALL’EQUATORE (Ladro
d’amore, Come un gelato all’equatore), pubblicati tra il 1995 e
il 1999, sono tappe di un percorso omogeneo, di
contaminazione a 360 gradi, di grandi hit radiofonici, anche se
segnano il passo sotto il profilo creativo. È il momento di un
pop ammiccante che guadagna nuove adesioni: gaudio per
quindicenni, un po’ meno per i vecchi fan. La voce di Daniele
duetta con quelle di Jovanotti, Irene Grandi, Giorgia, Maria
Pia De Vito, Noa, Rossana Casale, Raiss degli Almamegretta –
fra i nuovi gruppi napoletani forse quello che, nello spirito, più
gli assomiglia e più gli è debitore. Daniele colleziona dieci
dischi di platino, organizza un tour con Pat Metheny e
continua a circondarsi di fuoriclasse del jazz e della fusion,
che lo aiutano a mettere a fuoco il suo progetto sonoro: Manu
Katche, lo Steps Ahead Mike Mainieri, Rita Marcotulli, Mino
Cinelu. Ha trovato la formula per colpire sia il cerchio che la
botte.
Continuano le attività a latere: pigmalione di nuove
interpreti della canzone italiana, autore per Irene Grandi (nel
disco della cantante toscana IN VACANZA DA UNA VITA, del
1995) del brano Il gatto e il topo, in cui i due duettano, come
anche in Io per lei, un brano di Daniele contenuto in NON
CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO (che è Targa Tenco 1995 per il
miglior disco). Stesso scambio di cortesie nel 1997 con
Giorgia (ospite in DIMMI COSA SUCCEDE SULLA TERRA), il cui
album MANGIO TROPPA CIOCCOLATA viene prodotto e in parte
composto da Daniele, che è anche produttore, arrangiatore e
autore di diversi brani del tributo ROBERTO MUROLO AND
FRIENDS e che si presta poi a duettare con quanti (Gino Paoli,
Pavarotti) riprendono la sua Napule è. Nel 1998 collabora con
il chitarrista Al Di Meola e pubblica la prima raccolta, THE
BEST OF PINO DANIELE. YES I KNOW MY WAY. Sedici brani,
undici realizzati appositamente in studio (due inediti), più
cinque registrazioni tratte da album precedenti. Senza peccato
rivisita Yes I Know My Way, con l’apporto di Jim Kerr e
Charlie Burchill dei Simple Minds; Napule è rivive nei colori
di un’orchestra d’archi. Lo aiutano in questo best atipico Peter
Erskine, Jimmy Earle, Lele Melotti, Rita Marcotulli. E il 18
luglio di quell’anno il San Paolo di Napoli gli tributa un
impressionante bagno di folla.
Il filone del “turco napoletano” riprende nel 2001 con
MEDINA, idealmente il quarto capitolo di una tetralogia iniziata
con NON CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO. Nell’anno
dell’attacco alle Torri Gemelle, Daniele realizza il suo piccolo
miracolo: un disco suonato con musicisti americani e arabi. È
tempo di rutilanza multietnica, che guarda al Maghreb, alla
Spagna, al Medio Oriente. Tempo di cambiare è un campanello
che annuncia nuove svolte. Un assaggio è nella traccia
fantasma contenuta a fine disco: un sorprendente madrigale a
quattro voci del ’600 napoletano, di Gesualdo da Venosa. Dal
passato di Napoli comincia il futuro musicale. Come ogni
cesura nella carriera di Daniele, come ogni cambio di pagina,
anche questa svolta viene consacrata con un album live, che è
summa e preludio. La singolarità di CONCERTO MEDINA TOUR,
prevalentemente acustico, è di esser realizzato con un cast
femminile: Rachel Z, Karam Mourald, Miriam Sullivan,
Allison Miller, Mia Kooper. Unica eccezione il fedele Rino
Zurzolo.
Coerente nella ricerca di sintonie e stimoli con altri colleghi,
Daniele inventa una collaborazione in quartetto con Francesco
De Gregori, Ron e Fiorella Mannoia, con i quali attraversa
l’Italia nell’estate del 2002, in un progetto solo parzialmente
riuscito. 27 date che danno vita a un doppio album dal vivo: IN
TOUR. L’attività solistica riprende a nome “Pino Daniele
Project”, con PASSI D’AUTORE (2004), che conferma più che
mai Daniele come autore di successo, capace di accostare e
alternare raffinatezze sudamericane e tormentoni in FM.
Immancabili i singoli di sicura presa come Pigro e Dammi una
seconda vita, in un disco suonato come al solito
magistralmente (con Peter Erskine, Alan Pasqua, Dave
Carpenter). L’interesse verso la musica di un passato remoto è
divenuto costante: lo dimostrano i due canti gregoriani inseriti
nell’album. Nel 2005 arriva IGUANA CAFÈ con le cover di It’s
Now Or Never (versione inglese di ’O sole mio) e di Patricia
di Perez Prado. (g.ve.)
DISCOGRAFIA

TERRA MIA (EMI 1977)


PINO DANIELE (EMI 1979)
NERO A METÀ (EMI 1980)
VAI MO’ (EMI 1981)
BELLA ‘MBRIANA (EMI/Bagaria 1982)
MUSICANTE (EMI/Bagaria 1984)
SCIÒ (EMI/Bagaria 1984, live doppio)
FERRYBOAT (EMI/Bagaria 1985)
BONNE SOIRÉE (EMI/Bagaria 1987)
SCHIZZECHEA WITH LOVE (EMI/Bagaria 1988)
LE VIE DEL SIGNORE SONO FINITE (EMI 1988, colonna sonora)
MASCALZONE LATINO (Bagaria/EMI 1989)
UN UOMO IN BLUES (CGD 1991)
SOTTO ‘O SOLE (CGD 1991, antologia con inediti)
CHE DIO TI BENEDICA (CGD 1993)
E SONA MO’ (CGD 1993, live)
NON CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO (CGD East West 1995)
DIMMI COSA SUCCEDE SULLA TERRA (CGD East West 1997)
YES I KNOW MY WAY – THE BEST OF PINO DANIELE (CGD
East West 1998, antologia con alcuni brani in nuova
esecuzione)
COME UN GELATO ALL’EQUATORE (CGD East West 1999)
MEDINA (BMG 2001)
PINO DANIELE LIVE @ RTSI (S4/RTSI 2001)
CONCERTO (BMG 2002)
DANIELE, DE GREGORI, MANNOIA, RON IN TOUR (Blue
Drag/Sony 2002, live doppio)
PASSI D’AUTORE (Blue Drag/BMG 2004)
IGUANA CAFÈ (BMG/Blue Drag 2005)
TERRA MIA. Pur con qualche indecisione è un debutto di alto
livello. Ironia, miscuglio linguistico, una scrittura che sa
essere acquerellata e insieme colma di una rinnovata fisicità,
che l’universo cantautorale dell’epoca ancora non
conosceva. L’apice: Napule è, dura denuncia e dichiarazione
appassionata. Ad accompagnare Daniele nel debutto, Enzo
Avitabile, Rino Zurzolo, Rosario Iermano.
NERO A METÀ. Nasce il blues latino. Lavoro di svolta per
Daniele, in stato di grazia compositivo. Il cocktail, tra
dolcezze e asperità, jazz, blues e melodia, slang
anglonapoletano, è in perfetto equilibrio. A me me piace ‘o
blues è una dichiarazione programmatica. Alcuni brani sono
destinati ad assurgere a evergreen, su tutti Quanno chiove (il
secondo livello dei chitarristi dilettanti, dopo La canzone del
sole di Lucio Battisti).
VAI MO’. Tassello di un periodo esemplare, è l’album che
conferma e rafforza la statura raggiunta da Daniele sotto il
profilo melodico, di arrangiamento, di personalità artistica,
di commistione tra dialetto napoletano e scampoli di
inglese. Blues elettrico e delicatezze acustiche, con brani di
forte impatto come l’irresistibile Yes I Know May Way e Che
te ne fotte.
SCIÒ. Doppio live. Splendido, coinvolgente, partecipato, sia
negli episodi ritmici che in quelli più d’atmosfera. La
sostanza è fatta di blues, rock, jazz, fusion, salsa alla
maniera di Pino Daniele, che è accompagnato da una band
eccezionale. Tra gli altri, Bob Berg, Gato Barbieri, Agostino
Marangolo, i percussionisti Toni Esposito e Tullio De
Piscopo. Viene registrato al festival di Montreaux,
all’Olympia di Parigi, all’Arena di Verona.
CHE DIO TI BENEDICA. Saudade ed energia, il funk e la
ballad. È il disco di T’aggia vedè morta, di Massimo Troisi,
che di lì a qualche mese sarebbe scomparso. Il brano venne
composto da Troisi e Daniele durante un viaggio in
macchina da Roma a Viareggio. L’album contiene anche la
versione-canzone di uno strumentale di Chick Corea, Sicily,
che conquista la Targa Tenco come miglior canzone in
dialetto. Sono un cantante di blues ribadisce il concetto. In
scuderia, Ralph Towner.

BEPPE DATI
Nato in Toscana, a Camaiore, nel novembre del 1950, dopo
le classiche esperienze nei gruppi giovanili e due album
(BEPPE DATI, 1982, e, con testi di Gianni Rodari, CARO PICCOLO
AMICO, 1984), si afferma dalla fine degli anni ’80 come uno
degli autori italiani più popolari del filone sanremese.
Contribuisce alle fortune della scena fiorentina e collabora
continuativamente come coautore per Raf (Cosa resterà degli
anni ’80, il primo brano di successo, Oggi un Dio non ho),
Masini (Disperato, Le ragazze serie, Vaffanculo,
T’innamorerai), Paolo Vallesi (La forza della vita, Le persone
inutili) e Laura Pausini (l’album TRA TE E IL MARE). Scrive
anche per Ranieri e Al Bano e Romina, ma lega il proprio
nome anche a Gli uomini non cambiano cantata da Mia
Martini e Cirano e Don Chisciotte di Francesco Guccini. Alla
fine degli anni ’90 si dedica a nuove realtà compositive,
musicando fiabe di Rodari e scrivendone di proprie, dando vita
così a canzoni per bambini, raccolte poi in alcuni libri
musicali. Tiene anche dei corsi di scrittura e si dedica alla
regia di spettacoli per bambini.

CRISTINA D’AVENA
Nata a Bologna nel 1964, è la cantante per antonomasia di
canzoni per bambini, grazie a una fitta attività televisiva sui
canali Mediaset. A tre anni e mezzo canta Il valzer del
moscerino allo Zecchino d’oro e nel 1981, grazie a Bambino
Pinocchio, sigla di una serie di cartoni animati, inizia a
lavorare in TV. Da lì l’ascesa è irrefrenabile. Nel 1983 La
Canzone dei Puffi e John e Solfami arrivano ai primi posti
delle classifiche, e così sarà per molti altri brani a cui presta la
voce. Tre anni più tardi interpreta il ruolo di Licia in quattro
serie di telefilm e raggiunge una notorietà ancora più vasta,
anche grazie ai brani Kiss Me Licia e Love Me Licia. Diventa a
questo punto protagonista lei stessa di una serie TV, “Arriva
Cristina” (1988), che apre la strada ad altrettanti buoni
successi discografici come Cri cri del 1990 e gli album che
escono parallelamente alla serie. Diviene nel frattempo
presentatrice e tiene anche concerti con folto pubblico di
bambini e ragazzini. I testi delle sue canzoni sono di
Alessandra Valeri Manera, responsabile dei programmi per
ragazzi di Mediaset, mentre le musiche sono di Augusto
Martelli o di Carmelo Carucci. Sono brani comunque molto
più banali del repertorio per bambini di artisti come Sergio
Endrigo o Bruno Lauzi.

CRISTIANO DE ANDRÉ
Figlio di Fabrizio, Cristiano De André è cantante,
polistrumentista, arrangiatore, autore. Nasce a Genova il 29
dicembre 1962. Per ovvi motivi famigliari la musica è da
subito presente nella sua vita: presto impara a suonare la
chitarra, poi studia per cinque anni violino al conservatorio.
Nel 1981 forma con tre ragazzi veronesi (Carlo Facchini,
Marco Bisotto e Carlo Pimazzoni) i Tempi Duri, che
riscuotono buoni consensi con una proposta di rock ispirato ai
Dire Straits. Dopo l’album CHIAMALI TEMPI DURI (1982) il
gruppo però si scioglie, anche se con Facchini la
collaborazione continuerà. Nel 1985 Cristiano inizia una
carriera come cantautore portando a Sanremo la acerba ma
piacevole Bella più di me, che vince il Premio della critica
nella sezione “Giovani”. Dopo altri singoli, nel 1987 esce
l’album d’esordio CRISTIANO DE ANDRÉ e nel 1990 L’ALBERO
DELLA CUCCAGNA (con Natale occidentale, scritta con Mauro
Pagani). Due anni dopo è la volta di CANZONI CON IL NASO
LUNGO, prodotto da Massimo Bubola, già collaboratore nei
dischi precedenti. L’album viene ristampato l’anno seguente
con l’aggiunta di Dietro la porta, bellissimo brano firmato con
Daniele Fossati e presentato con successo a Sanremo, dove si
aggiudica il Premio assoluto della critica. In questo periodo
l’artista ligure partecipa a tributi di vari artisti con ottimi esiti,
soprattutto nel 1993 per IL VOLO DI VOLODIA, omaggio del
Club Tenco a Vladimir Vysotskij, in cui interpreta in modo
straordinario Il bagno alla bianca. Nel 1995 esce SUL CONFINE,
un disco di valore, dolente e rarefatto, composto come i
precedenti con vari colleghi tra cui Eugenio Finardi. Tra i
brani spicca Notti di Genova, firmata con Oliviero Malaspina e
Giorgio Vanni. Nel 1996 arrangia un brano di ANIME SALVE (Le
acciughe fanno il pallone) e del padre è il braccio destro in
tournée, fino alla sua scomparsa. Bisogna però attendere molto
per un suo nuovo lavoro, che esce alla fine del 2001. Il titolo è
SCARAMANTE ed è ottimo, pieno di intuizioni, tra canzone
d’autore e rimandi alla musica etnica. Un disco importante
anche sul piano personale (“ho esorcizzato i dubbi, le
incertezze e le strade sbagliate della mia esistenza”). Nel 2003
poi De André presenta a Sanremo la meno riuscita Un giorno
nuovo, titolo anche di un “live in studio” in cui riprende varie
sue canzoni con nuovi arrangiamenti. Nel 2005 Cose che
dimentico, in una versione live cantata con il padre (il brano
era stato scritto con lui e Facchini per SUL CONFINE), è il pezzo
che presenta in radio una raccolta tripla di Fabrizio. Nel
frattempo è protagonista di alcune vicende extra artistiche: nel
2004 viene condannato per lesioni alla sua convivente e nel
2006 fermato per violenza e minacce verso pubblico ufficiale.
Non sempre durante la sua carriera Cristiano De André è
riuscito ad affrancarsi dalla ingombrante figura paterna, ma
non era una cortesia quando il padre diceva che come
musicista Cristiano gli era superiore.

FABRIZIO DE ANDRÉ
Fabrizio Cristiano De André nasce a Genova il 18 febbraio
1940. La sua è una stimata famiglia borghese (il padre
diventerà vicesindaco repubblicano della città), con cui a due
anni sfolla a Revigliano, vicino ad Asti. Lì si forma il suo
amore per la terra, per la campagna, per la natura, che tornerà
in diverse sue canzoni. Finita la guerra, torna a Genova e già
alle elementari è evidente il suo carattere ribelle, che lo porterà
da adolescente a frequentare i carruggi genovesi: un mondo in
cui vede e sente una libertà che lo attrae. Nel 1954 il padre
torna da un viaggio in Francia con dei dischi di Georges
Brassens, e lui ne resta folgorato. Fino a quel momento aveva
studiato violino, ora passa alla chitarra e inizia ad ascoltare
musica sudamericana e poi jazz, fino a suonare il banjo e
cantare in un gruppo country, The Crazy Cowboys e The
Sheriff One, per poi esibirsi come chitarrista (influenzato da
Jim Hall, del trio di Jimmy Giuffre) nel Modern Jazz Group
del pianista Mario De Sanctis, che ogni tanto ospita anche il
sassofonista Luigi Tenco. Siamo tra il 1956 e il 1957. De
André si iscrive alla Federazione anarchica di Carrara e fa
amicizia con Paolo Villaggio (è lui a soprannominarlo Faber),
con cui conduce una vita bohémienne pur lavorando come
impiegato in una delle scuole private di proprietà del padre.
Intanto si iscrive all’università, ma non arriverà mai alla
laurea. A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 inizia a cantare alla
Borsa d’Arlecchino, un teatrino, e nella rivista goliardica “La
stagione dei melograni”, dove interpreta Arlecchino ha paura
(la musica è di Umberto Bindi).
È nel 1960 che esce il primo 45 giri di Fabrizio (il cognome
per molti anni non comparirà), per una piccola etichetta
genovese, la Karim, con Nuvole barocche e E fu la notte, brani
poco significativi e scritti da altri. L’esordio da cantautore è
con il singolo successivo, in cui compaiono La ballata del
Michè (scritta nell’estate del ’60 con Clelia Petracchi, la sua
insegnante di francese) e La ballata dell’eroe, brano
antimilitarista che l’amico Tenco riprende nel film “La
cuccagna” un anno più tardi, quando De André, fra l’altro, si
sposa con Enrica ‘Puny’ Rignon, da cui ha un figlio, Cristiano.
Intanto una sera Gino Paoli lo trascina a cantare per la prima
volta le sue canzoni in pubblico, al circolo della Stampa di
Genova. Nel 1963 escono due 45 giri. Il primo con due brani
scritti con Villaggio: sul lato A Il fannullone e sul B Carlo
Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, che gli offre una
prima minima notorietà, dovuta al termine “puttana” sino a ora
quasi mai utilizzato in canzone (un antecedente è Il povero
Elia di Fausto Amodei), e per il quale viene anche denunciato.
Il secondo album contiene Il Testamento, quasi un manifesto
del De André di quegli anni: anticonformismo senza
compromessi e sapori noir. L’anno dopo arrivano canzoni che
gli daranno, tempo dopo, grande popolarità: prima La guerra
di Piero con musica di Vittorio Centanaro, un amico chitarrista
che però non la firma, e poi La canzone di Marinella, scritta
con intenti in qualche modo commerciali. I 45 giri del 1965 e
1966 contengono brani come Fila la lana (cover di un brano
francese), La città vecchia, La canzone dell’amore perduto
(con una musica da un adagio di Georg Philipp Telemann),
Geordie (un celebre brano tradizionale inglese) e Amore che
vieni, amore che vai. Le vendite sono in continua crescita,
tanto che viene dato alle stampe il primo 33 giri, TUTTO
FABRIZIO DE ANDRÉ, in cui per la prima volta compare il
cognome, e che raccoglie molti dei brani già pubblicati. Nel
1967 è la volta di Preghiera in gennaio, dedicata, anche se non
esplicitamente, al suicidio di Luigi Tenco, e basata su una
poesia di Francis James, “Prière pour aller au paradis avec les
ânes”. Insieme al retro (Si chiamava Gesù, anche qui con
musica di Centanaro non firmata) viene inclusa nell’album
VOLUME 1, che contiene Via del Campo (la cui musica solo
dopo decenni verrà attribuita a Enzo Jannacci) e Bocca di
rosa, che diventeranno due dei brani più noti di De André.
Intanto Mina incide La canzone di Marinella, con esiti che
permettono all’autore di lasciare l’impiego e dedicarsi solo
alla canzone, e poi gli propone un tour insieme, che lui però
rifiuta. È il 1968. VOLUME 1 arriva ai primi posti della
classifica degli LP (che in Italia hanno ancora un mercato
ridotto) e De André progetta un nuovo album, in cui le canzoni
siano legate fra loro. È TUTTI MORIMMO A STENTO (con brani
come Cantico dei drogati, La ballata degli impiccati, Inverno,
Girotondo), in cui Giampiero Reverberi, già a fianco di De
André da molti anni, collabora alle musiche e cura gli
arrangiamenti. Verranno registrate anche delle versioni in
inglese, ma mai pubblicate. L’album riceve il Premio della
critica discografica. Altro concept è SENZA ORARIO SENZA
BANDIERA, dei New Trolls, in cui De André adatta per i testi
alcune poesie di Riccardo Mannerini, un poeta anarchico suo
amico. Intanto La canzone di Marinella vende bene anche
nella versione del suo autore, che la reincide in VOLUME 3,
insieme a La guerra di Piero, che ora diventa molto
conosciuta. Il risultato è che a inizio 1969 i due ultimi album
sono ai vertici delle classifiche. Nel 1970 escono, con
successo, un 45 giri (Il pescatore) e un nuovo concept album,
suonato dai membri della futura PFM, LA BUONA NOVELLA,
basato sui Vangeli apocrifi. E l’anno dopo un nuovo disco a
tema, NON AL DENARO NON ALL’AMORE NÉ AL CIELO, riletture
dall’“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters,
realizzate con l’ausilio di Giuseppe Bentivoglio per i testi e di
Nicola Piovani per le musiche. I consensi per questi dischi
sono notevoli, meno per STORIA DI UN IMPIEGATO (1973), scritto
sempre con Bentivoglio e Piovani, un racconto sul potere e la
rivoluzione, calato in un contesto contemporaneo.
A questo punto De André entra in un periodo di stasi
creativa, che cerca di risolvere affidandosi a un giovane
cantautore, Francesco De Gregori, con cui nasce Via della
povertà (da Desolation Row di Bob Dylan), incisa in CANZONI
(una semi antologia del 1974, con varie cover) e poi buona
parte dei brani di VOLUME 8 (1975), lavoro in realtà molto
degregoriano e poco riuscito, tranne che per la straordinaria
Amico fragile, del solo De André, l’ultimo suo pezzo scritto da
solo insieme a Giugno ’73. Nel 1975 gli viene anche assegnato
il Premio Tenco alla carriera, mentre nel 1976, dopo anni di
rifiuti (per paura del palco), decide di esibirsi dal vivo. Con lui
c’è il nucleo della nuova formazione dei New Trolls: l’esordio
avviene il 18 marzo alla Bussola di Viareggio, ed è un grande
successo, che accompagna il tour fino al luglio dell’anno dopo.
Per il nuovo disco invece bisogna aspettare il 1978 e un nuovo
coautore, il giovane Massimo Bubola. Il titolo è RIMINI, e
contiene brani come la title track, Volta la carta, Andrea (che
in origine era Lucia) e Sally che diventano molto noti anche
grazie al tour successivo. Con De André in concerto stavolta
c’è la PFM, che rinnova gli arrangiamenti dei vecchi brani in
chiave rock, segnando l’ennesima svolta stilistica del
cantautore, documentata in due album dal vivo.
Il 27 agosto nella sua tenuta in Sardegna De André viene
rapito insieme alla cantante Dori Ghezzi, sua compagna da
qualche anno (hanno anche avuto una figlia, Luvi). Vengono
liberati, dietro riscatto, appena prima di Natale. Da
quell’esperienza nascerà Hotel Supramonte, costruita su Hotel
Miramonti, un brano inedito di Bubola, che affianca De André
nella stesura dei brani di un 45 giri del 1980 (con Una storia
sbagliata, dedicata a Pasolini, e Titti) e poi di un nuovo album.
Il titolo è FABRIZIO DE ANDRÉ ma viene ribattezzato
“L’indiano”, un nuovo concept dedicato a due popoli, quello
sardo e quello dei nativi americani. Il tour conseguente vede la
partecipazione come strumentista di Mauro Pagani, già con la
PFM pre De André. Con lui nasce l’idea di un nuovo disco,
con musiche e arrangiamenti suoi (che influenzeranno anche
tutto il De André successivo) e testi in dialetto genovese del
cantautore. È un capolavoro: CREUZA DE MÄ. L’album e la
canzone omonima vincono le neonate Targhe Tenco come
“miglior disco” e “miglior canzone in dialetto”.
Passerà molto tempo prima di un nuovo lavoro. Nel
frattempo, nell’85 De André scrive senza firmarlo il testo di
Faccia di cane, che i New Trolls portano a Sanremo, e
partecipa a una versione di Nel blu dipinto di blu di Modugno,
i cui proventi vanno a opere umanitarie, mentre nell’88 canta
con De Gregori e Ivano Fossati Questi posti davanti al mare
dello stesso Fossati (da LA PIANTA DEL TÈ). Il nuovo album, LE
NUVOLE, esce nel 1990: è realizzato di nuovo con Pagani e di
nuovo di altissimo livello, ma, a differenza del precedente, ha
vendite notevoli. Otto tracce, e almeno tre gioielli: la colorata
Don Raffaè, la scarna La domenica delle salme, la ritmata
Mégu Megún. Il disco si aggiudica la Targa Tenco, mentre La
domenica delle salme primeggia nella sezione “Canzoni”.
Segue un tour da cui viene tratto il doppio CONCERTI. Intanto
De André canta Davvero davvero nell’album di Pagani PASSA
LA BELLEZZA e interpreta insieme a Francesco Baccini Genova
blues. Ma sono molti gli interventi in dischi di altri in questi
anni: nel 1991 con Roberto Murolo in Don Raffaè, nel 1992
nell’album LIMBA dei sardi Tazenda e in Navigare di Ricky
Gianco, nel 1994 in La fiera della Maddalena di Max
Manfredi, nel 1995 in Mis amour dei provenzali Troubaires de
Coumboscuro e in Un libero cercare di Teresa De Sio. Nello
stesso anno De André per la prima e unica volta scrive un
brano, Cose che dimentico, con il figlio Cristiano, che ha
ormai una sua carriera come musicista, fra l’altro di grande
talento. Una versione live a due voci della canzone sarà edita
nel 2005 nella raccolta IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA.
Del 1995 è anche CANTI RANDAGI, un tributo a De André da
parte di alcuni dei maggiori artisti di musica tradizionale
italiana. Nel frattempo è nata l’idea di un album a quattro mani
e due voci con Ivano Fossati: terminata la composizione però
in sede di preproduzione il lavoro viene sospeso e poi ripreso
dal solo De André. Uscirà nel 1996 con il titolo ANIME SALVE,
disco bellissimo. Sarà l’ultimo. Ancora doppia Targa Tenco:
miglior album e miglior canzone per Prinçesa. Alla fine
dell’anno c’è anche l’esordio come romanziere con “Un
destino ridicolo”, scritto con Alessandro Gennari. Poi un altro
tour, e nel 1997 la raccolta M’INNAMORAVO DI TUTTO, con un
duetto con Mina in La canzone di Marinella. Durante l’estate
del 1998 i primi sintomi di un male incurabile, e l’11 gennaio
1999 la morte. La notizia occupa pagine e pagine dei
quotidiani, segno di quanto abbia rappresentato Fabrizio De
André nell’Italia del Novecento.
Dopo la sua scomparsa si moltiplicano in modo incredibile
le iniziative per ricordarlo, con una densità che non trova
riscontro per nessun altro artista italiano. Il 12 marzo 2000 a
Genova si tiene un grande concerto commemorativo, con un
cast invidiabile (Celentano, Vasco Rossi, Mannoia, Paoli,
Jovanotti, Ligabue, PFM, Mauro Pagani, Zucchero, Jannacci,
Battiato e molti altri), da cui viene tratto, nel 2003, il doppio
album FABER, AMICO FRAGILE, realizzato (come molte altri
progetti) dalla Fondazione Fabrizio De André, presieduta da
Dori Ghezzi. Ma le canzoni di De André verranno interpretate
negli anni seguenti anche da molti altri artisti, mentre escono
dischi dal vivo e raccolte, come un cofanetto di 14 CD
intitolato OPERE COMPLETE, anche se in realtà mancano vari
brani. Moltissimi anche i libri su di lui: fra gli altri, la
discografia commentata “Passaggi di tempo: da Carlo Martello
a Prinçesa” di Doriano Fasoli (Edizioni Associate), le
biografie “Amico fragile” (Sperling & Kupfer) e “Smisurate
preghiere” (Arcana) di Cesare G. Romana, “Non per un Dio,
ma nemmeno per gioco” di Luigi Viva, i volumi di analisi o
altra documentazione “Accordi eretici”, a cura di Romano
Giuffrida e Bruno Bigoni (EuresisEdizioni), e “Belin, sei
sicuro?”, a cura di Riccardo Bertoncelli (Giunti).
Un percorso, quello di De André, che ha sempre saputo
rinnovarsi stilisticamente, mantenendo intatta l’ispirazione
morale, e mai moraleggiante, a favore delle minoranze, degli
emarginati, e contro il potere, qualunque forma esso assuma.
Dalla sua anche una voce profonda ed evocativa e la capacità
di utilizzare al meglio gli apporti di tutti i collaboratori e
coautori. (e.de.)

DISCOGRAFIA
TUTTO FABRIZIO DE ANDRÉ (Karim 1966, raccolta di brani
già editi a 45 giri)
VOLUME 1 (Bluebell 1967, edizione mono con copertina
marrone ed edizione stereo con copertina bianca; le prime
copie dell’edizione mono presentano una versione diversa di
Bocca di rosa mai ristampata)
TUTTI MORIMMO A STENTO (Bluebell 1968, alcune copie della
prima tiratura hanno i brani divisi)
VOLUME 3 (Bluebell 1968, contiene anche brani già editi ma
in nuova esecuzione, alcune copie della ristampa del 1970
contengono Il pescatore al posto de Il gorilla)
LA CANZONE DI MARINELLA (Roman Record Company 1968,
ristampa di TUTTO FABRIZIO DE ANDRÉ)
NUVOLE BAROCCHE (Roman Record Company 1968,
contiene il materiale Karim rimasto escluso da TUTTO
FABRIZIO DE ANDRÉ)
LA BUONA NOVELLA (Produttori Associati 1970)
NON AL DENARO NON ALL’AMORE Né AL CIELO (Produttori
Associati 1971)
STORIA DI UN IMPIEGATO (Produttori Associati 1973)
CANZONI (Produttori Associati 1974, contiene anche brani
già editi ma in nuova esecuzione)
VOLUME 8 (Produttori Associati 1975)
FABRIZIO DE ANDRÉ (Produttori Associati/Orizzonte 1976,
antologia con un brano inedito su album)
RIMINI (Ricordi 1978)
IN CONCERTO CON PFM (Ricordi 1979, live)
IN CONCERTO CON PFM VOL.2 (Ricordi Orizzonte 1980, live)
FABRIZIO DE ANDRÉ (Ricordi 1981, conosciuto come
“L’indiano”)
CREUZA DE MÄ (Ricordi 1984)
LE NUVOLE (Fonit Cetra/Ricordi 1990)
1991 CONCERTI (Fonit Cetra, 1991, doppio dal vivo)
CANTI RANDAGI (Ricordi 1995, tributo da parte di artisti di
musica tradizionale)
ANIME SALVE (BMG Ricordi 1996)
M’INNAMORAVO DI TUTTO (BMG Ricordi 1997, antologia con
un inedito)
IN CONCERTO (BMG Ricordi 1999)
ÄIA DA RESPIÂ (Little think 1999, doppio, tributo)
OPERE COMPLETE (BMG Ricordi 1999, cofanetto di 14 CD)
ED AVEVAMO GLI OCCHI TROPPO BELLI (Editrice A 2001,
registrazioni di discorsi con due canzoni)
IN CONCERTO VOL. 2 (BMG Ricordi 2001)
MILLE PAPAVERI ROSSI (Editrice A 2003, doppio tributo
realizzato da “A/Rivista anarchica”)
NON PIÙ I CADAVERI DEI SOLDATI (Stemax 2003, tributo
allegato alla rivista “MucchioExtra”)
FABER AMICO FRAGILE (BMG Ricordi 2003, doppio tributo
dal vivo)
IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA (BMG Ricordi 2005,
raccolta tripla con un inedito assoluto e una canzone inedita
su CD tratta da singolo)
LA BUONA NOVELLA. Da un’idea di Fabrizio Danè, è il
racconto di un Cristo visto come un rivoluzionario, partendo
dalle figure dei genitori per arrivare ai suoi ultimi giorni di
vita. Il brano conclusivo, Il testamento di Tito, è splendido,
scritto sulla melodia di Blowin’ In The Wind di Dylan e poi
musicato da Corrado Castellari. Per il resto dell’album De
André si avvale del contributo di Giampiero Reverberi.
NON AL DENARO NON ALL’AMORE NÉ AL CIELO. È ispirato all’
“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, ma le
poesie scelte sono totalmente reinventate, con lucidità e
inventiva, disegnando una serie di figure simboliche di
grande forza. L’ultima, Il suonatore Jones, con un approccio
autobiografico. Le musiche e gli arrangiamenti del
debuttante Piovani danno profondità e allucinazioni alle
canzoni. Nel 2005 il disco sarà interamente rifatto da
Morgan.
FABRIZIO DE ANDRÉ. Il popolo sardo e quello dei nativi
americani si specchiano in un nuovo album a tema. È denso
di belle canzoni, scritte con Bubola e arrangiate da Mark
Harris (che è anche la voce in Ave Maria) e Oscar Prudente.
Quello che non ho è una sorta di manifesto etico, la
stupenda Fiume Sand Creek è sul massacro del popolo
indiano, Se ti tagliassero a pezzetti parla della libertà. Molto
suggestive anche Canto del servo pastore e Hotel
Supramonte. Un disco forse un po’ sottovalutato nella
discografia deandreiana.
CREUZA DE MÄ. Un album che canta il Mediterraneo grazie
ai testi in genovese di De André, che utilizza al meglio la
creatività musicale di Mauro Pagani e i suoi studi sulla
musica etnica, un lavoro che il musicista lombardo stava
portando avanti da anni e che si concretizza in alcuni
provini che entusiasmano De André, tanto che finiscono
direttamente su disco. È l’album della svolta più netta del
cantautore genovese: influenzerà molti artisti, in Italia e
anche all’estero.
ANIME SALVE. Un disco perfetto. Nato come un progetto a
due con Ivano Fossati (coautore di tutti i brani), verrà poi
dato alle stampe a nome del solo De André per insanabili
divergenze artistiche con il collega, soprattutto per la veste
musicale. Il risultato – con gli arrangiamenti dal sapore
etnico di Piero Milesi (e in un caso di Cristiano De André) –
è di altissimo equilibrio formale; nove brani senza
cedimento alcuno, dall’iniziale Prinçesa alla finale
Smisurata preghiera, quasi un testamento etico e artistico.

EDOARDO DE ANGELIS
Promotore della canzone d’autore, oltre che suo raffinato
esponente, è nato a Roma nel 1945. Dalla fine degli anni ’60
frequenta il Folkstudio, mentre una delle sue prime canzoni,
Lella, in duo con Stelio, diventa popolare. Ispirato soprattutto
dal songwriting americano, realizza il primo album nel 1972,
IL PAESE DOVE NASCONO I LIMONI (a nome Edoardo e Stelio).
Produce i primi due dischi di Francesco De Gregori, che, fra
l’altro, basandosi su un suo racconto d’infanzia, scrive La casa
di Hilde. De Angelis fonda poi la Schola Cantorum con cui
incide quattro dischi e, in generale, si mostra incline alle
collaborazioni. Fra i suoi album: IL TUO CUORE È CASA MIA
(1976, con Sulla rotta di Cristoforo Colombo scritta con e per
Lucio Dalla anni prima), ANCHE MEGLIO DI GARIBALDI (1980,
con Storia americana e Ramirez), CAMMINA CAMMINA (1985,
con Brutta storia). Tra le moltissime attività, ha tenuto
rubriche su “Ciao 2001” e su Radiouno, è stato produttore di
Sergio Endrigo e direttore artistico delle etichette “Cantare in
italiano” e “D’Autore”. Tra gli ultimi album: la raccolta di
duetti ANTOLOGIA D’AUTORE (1997, con Ron, Venditti,
Branduardi e altri) e LE ALLODOLE DI SHAKESPEARE (2004).

EDUARDO DE CRESCENZO
Dotato di una voce suggestiva e graffiante, Eduardo De
Crescenzo, nato a Napoli l’8 febbraio 1951, è stato tra i pochi
a raccogliere l’eredità dei grandi protagonisti della canzone
napoletana, pur discostandosi dal classico repertorio popolare
così come dalla vocalità partenopea. Si avvicina alla musica
suonando nei night, partecipando a concorsi e militando in
gruppi come cantante e tastierista. Sorprendente il suo debutto
come solista al Festival di Sanremo 1981 con Ancora,
interpretata in maniera intensissima e inserita nell’omonimo
album. La canzone (musica di Claudio Mattone e liriche di
Franco Migliacci) diventa un classico, grazie anche alle
interpretazioni di Mina, Ornella Vanoni, Anna Oxa e perfino di
Thelma Houston, che ne ha fatto una versione inglese (I’m
Losing). Seguono gli album AMICO CHE VOLI (1982), DE
CRESCENZO (1983), DOVE C’È IL MARE (1985) e NUDI (1987).
Ma dopo l’exploit dell’esordio De Crescenzo retrocede
gradualmente verso posizioni di retrovia in termini di vendite,
nonostante la qualità sempre buona delle sue canzoni, vedi gli
altri brani portati a Sanremo come Via con me (1985), L’odore
del mare (1987) e Come mi vuoi (1989), in cui la componente
melodica non diviene mai stucchevole, corroborata da
suggestioni soul. Intanto “la voce nera di Napoli” si è messa a
scrivere le sue canzoni, mostrando una buona vena. Lo
conferma nel 1989 quando pubblica C’È IL SOLE, nel 1993 con
DANZA DANZA e nel 1995 con un disco dal vivo, LIVE. Nel
2002, dopo anni di silenzio, realizza un ottimo lavoro come LA
VITA È UN’ALTRA, titolo indicativo del nuovo corso, che
presenta uno straordinario cantante, meno impetuoso rispetto
ai primi anni della sua carriera. Il disco conferma la sensibilità
musicale di De Crescenzo anche come compositore, riuscendo
a dar colore a brani che ruotano sostanzialmente attorno al
tema inflazionato dell’amore, che la voce emozionante di De
Crescenzo riesce a tener lontano dalla retorica. Nel 2006 esce,
su CD e DVD, il live LE MANI (UN RAGAZZO DELLA FERROVIA IN
CONCERTO), sedici brani tratti da un concerto del 2005 alla
Stazione centrale di Napoli.

FRANCESCO DE GREGORI
Francesco De Gregori è un caposcuola: negli anni ’70 ha
profondamente modificato la musica italiana, specie dal punto
di vista letterario e formale, con un’ulteriore rivoluzione
rispetto a quella contenutistica della canzone d’autore degli
anni ’60, tanto che tracce della sua influenza si possono
riscontrare in molti altri cantautori.
Nasce a Roma il 4 aprile 1951. Il nonno è uno dei maggiori
bibliotecari del secolo, e anche il padre ha seguito la stessa
strada; lo zio era un partigiano, ucciso in Friuli da partigiani di
altra parte politica; la madre è insegnante di lettere. De
Gregori ben presto si trasferisce con la famiglia a Pescara, per
poi tornare nella capitale, nel 1960. Instradato dal fratello
Luigi (che con il cognome della madre, Grechi, inizierà poi
una sua carriera, cantando anche brani firmati da Francesco),
ascolta il rock e il folk americano e comincia a suonarli con
l’armonica e la chitarra del nonno. Scrive una delle sue prime
canzoni – Buonanotte Nina – invertendo l’ordine degli accordi
di una canzone di De André, di cui è un grande ammiratore.
Partecipa al ’68 e intanto esordisce al Folkstudio di Roma, che
gli permetterà di assorbire molteplici influenze: alle sue
canzoni, infatti, alterna canti politici e tradizionali, brani di De
André e di Leonard Cohen e Bob Dylan, che segneranno
profondamente la sua scrittura, ma compone anche canzoni
satiriche, peraltro mai pubblicate (da Roma capitale a Miele di
rose per Giorgio Lo Cascio). Al Folkstudio, insieme a Ernesto
Bassignano, Giorgio Lo Cascio e Antonello Venditti dà vita a
“I Giovani del Folk”. Con il secondo forma un duo mentre con
Venditti, dopo una breve tournée in Ungheria, pubblica un
primo disco, firmato da entrambi: THEORIUS CAMPUS (1972).
L’album però si fa conoscere soprattutto per la Roma capoccia
di Venditti. La storia cambia nel ’73 con Alice, brano di rottura
nella storia della canzone italiana per l’approccio visionario
(“come un quadro cubista”, dice De Gregori) e la finezza
lirica. Alice ottiene anche un minimo di notorietà grazie alla
partecipazione al “Disco per l’estate”, dove peraltro De
Gregori arriva ultimo. Il relativo album, ALICE NON LO SA (con
Buonanotte fratello, La casa di Hilde), prodotto da Edoardo
De Angelis, fa presagire la portata innovatrice della sua opera.
Arrivano le prime accuse di ermetismo, alle quali il cantautore
replica con Niente da capire, una sorta di manifesto
programmatico contenuto in FRANCESCO DE GREGORI del 1974
(conosciuto come “La Pecora” per l’animale in copertina, che,
in realtà, è un agnello). Questo album è probabilmente il meno
considerato nella sua discografia ma, a testi talvolta non
ancora del tutto a fuoco, accosta gusto melodico e
arrangiamenti minimali, come in Cercando un altro Egitto,
Bene, Souvenir. A questo punto Fabrizio De André gli propone
una collaborazione che si concretizzerà in due album del
genovese: CANZONI, che contiene Via della povertà (da
Desolation Row di Bob Dylan), e VOLUME 8 con quattro brani
scritti a quattro mani più Le storie di ieri – efficace denuncia
contro il neofascismo – del solo De Gregori.
Sono anni in cui vedono la luce diverse canzoni mai
pubblicate. Una su tutti: De Gregori era morto, che anticipa
con una preveggenza stupefacente quel che sarebbe accaduto
di lì a poco al suo autore. Il successo e la contestazione. Nel
1975 infatti arriva RIMMEL, l’LP più venduto dell’anno in
Italia. È un disco straordinario, con molti brani diventati
classici, ed è la consacrazione presso il grande pubblico. Poi
all’inizio del 1976 De Gregori intraprende un tour i cui
proventi vanno a Lotta Continua e quindi pubblica BUFALO
BILL: altro album di notevole valore anche se sensibilmente
diverso dal precedente, più ostico. De Gregori è, ormai, un
personaggio affermato, e come tale anche duramente
contestato. Durante un concerto al Palalido di Milano, il 2
aprile 1976, un gruppo di autonomi della Sinistra
extraparlamentare sale sul palco: è una sorta di processo
pubblico, traumatizzante per il giovane cantautore, che
interrompe il tour. Ne terrà ancora uno in autunno e poi si
ritirerà dalle scene. È uno snodo fondamentale del suo
percorso. Dopo due anni di silenzio esce DE GREGORI, trainato
da uno dei suoi pezzi più riusciti, Generale, un’evocativa
raffigurazione di guerra. L’album (che contiene anche Natale,
Renoir, Due zingari) conferma la statura artistica e la notorietà
dell’artista. Il 1979 è densissimo: c’è uno storico tour (e
relativo album live) con Lucio Dalla, intitolato “Banana
Republic”, che ha un enorme riscontro di pubblico, segnando
il ritorno, in Italia, della stagione dei grandi concerti. Nella
scaletta De Gregori inserisce anche la cover di un cantautore
all’epoca poco noto, Un gelato al limon di Paolo Conte.
Sempre nello stesso anno prende a raccolta una band di
musicisti anglosassoni e pubblica VIVA L’ITALIA: un disco
minore nella sua discografia ma con guizzi notevoli come la
title track, Capo d’Africa e L’ultima nave, delizioso
divertissement.
Dopo aver prodotto INTORNO A TRENT’ANNI di Mimmo
Locasciulli, nel 1982 pubblica TITANIC: disco di altissimo
livello in cui De Gregori mostra pienamente la sua maturità
artistica e che nel 2006 verrà indicato in un referendum del
quotidiano “La Repubblica” come il migliore degli ultimi 30
anni. Il 1983 è l’anno del suo più grande successo, La donna
cannone, che conquista anche il pubblico più lontano dai
canoni della canzone d’autore. È contenuta in un Q-Disc
omonimo, in cui spicca anche La ragazza e la miniera.
SCACCHI E TAROCCHI (1985) è un disco non del tutto riuscito –
specialmente per gli arrangiamenti –, anche se contiene tracce
di valore come Ciao ciao, A Pa’ (dedicata a Pasolini) e, su
tutte, La storia, toccante e pregiata canzone d’amore per la
storia. Due brani del disco sono prodotti da Ivano Fossati, che
partecipa come chitarrista anche al lungo tour seguente con De
Gregori, il quale gli offre lo spazio per un proprio set durante i
concerti. Con questo album comincia anche la collaborazione
con il bassista Guido Guglielminetti, che avrà anni dopo un
ruolo fondamentale. Nell’86 De Gregori esordisce al Premio
Tenco (anche se era in cartellone già alla prima edizione, nel
1974), cantando fra l’altro Sudamerica di Conte insieme
all’autore, Fossati e Roberto Benigni. Nel 1987 esce
l’affascinante TERRA DI NESSUNO: risaltano Pilota di guerra
(ispirata alla figura di Antoine de Saint-Exupéry), Mimì sarà e
la seducente Il canto delle sirene, che preavvisa la svolta rock.
Il disco è premiato con la Targa Tenco per il miglior album
dell’anno, così come il successivo MIRA MARE 19.4.89, molto
legato all’attualità, sin dal titolo in cui compare la data di
pubblicazione. Contiene canzoni dignitosissime come Bambini
venite parvulos o Vento dal nulla, ma è guastato dagli
arrangiamenti (di Fio Zanotti) e dalle sonorità laccate (ad
eccezione di Cose, un gioiello). A vari brani sarà data nuova
veste nelle versioni dal vivo successive. Nel 1989 De Gregori
scrive anche il testo di Diamante per Zucchero, mentre l’anno
prima aveva partecipato a LA PIANTA DEL TÈ di Fossati,
cantando con lui e De André Questi posti davanti al mare.
L’attività dei concerti è ormai di primaria importanza e nel
1990 viene testimoniata da tre contemporanei album live, fra i
quali spicca MUSICA LEGGERA. Le canzoni subiscono, talvolta,
dei veri e propri stravolgimenti, proprio come ha sempre fatto
uno dei suoi maestri: Dylan. Versioni come quelle di Caterina
o La donna cannone (alla chitarra, anziché al pianoforte) sono
memorabili. Nel frattempo l’amico Lo Cascio pubblica per
Franco Muzzio Editore una calorosa biografia, “De Gregori”.
Dopo aver scritto le musiche per il film “Il muro di gomma” di
Marco Risi, De Gregori pubblica CANZONI D’AMORE (1992): si
guarda intorno, entusiasma e vende bene. E fa un altro passo
verso il rock. Poi comincia a scrivere editoriali per “L’Unità”
diretta da Walter Veltroni, e nel 1993 esce con un nuovo live,
forse il migliore, IL BANDITO E IL CAMPIONE, con la gustosa title
track scritta dal fratello Luigi (che vince la Targa Tenco per la
canzone dell’anno) e due cover: Vita spericolata di Vasco
Rossi e Sfiorisci bel fiore di Jannacci. Pochi mesi dopo un
altro disco dal vivo, BOOTLEG, che contiene fra le altre
Mannaggia alla musica, scritta molti anni prima per Ron, e
Anidride solforosa di Dalla, cantata con Angela Baraldi. Il
nuovo disco di inediti, PRENDERE E LASCIARE (1996) contiene
canzoni minori (Tutti hanno un cuore), così come delle perle
(Compagni di viaggio, Battere e levare); in generale, gli
arrangiamenti di Corrado Rustici hanno inclinazioni pop che
mal si addicono al cantautore e che permangono in parte anche
nel doppio live LA VALIGIA DELL’ATTORE (1997). In questo
lavoro trovano posto però dei bellissimi inediti: la title track
(scritta per Alessandro Haber e che si aggiudica la Targa
Tenco come miglior canzone), Il suono delle campane, Dammi
da mangiare e Non dirle che non è così (traduzione di If You
See Her Say Hello di Dylan). Da qui in poi Guglielminetti
diventa il produttore fisso di De Gregori, oltre che
“capobanda” delle sue band.
Nel 2001, dopo alcuni anni di silenzio discografico, esce
AMORE NEL POMERIGGIO, lucido ed eterogeneo, Targa Tenco
come disco dell’annata. Comprende fra le altre Canzone per
l’estate (scritta con De André nel ’74), L’aggettivo “mitico” e
Il cuoco di Salò, un capolavoro arrangiato da Franco Battiato.
Nasce il sito “Rimmelclub”, comunità di appassionati
degregoriani. De Gregori intanto inizia a tenere concerti con
una frequenza sbalorditiva, dagli stadi ai localini, dando un
taglio nettamente rock al suono, come testimoniato su FUOCO
AMICO (2002), live dalla carica irruente e dal missaggio
imperfetto, che contiene anche L’attentato a Togliatti. In estate
il cantautore intraprende un tour con Pino Daniele, Fiorella
Mannoia e Ron, con molte interpretazioni collettive,
documentato in gran parte sul doppio CD IN TOUR. Il 14
settembre 2002 invece canta alla manifestazione dei Girotondi
a Piazza San Giovanni a Roma, davanti a una marea di
persone, poi si chiude nella sua tenuta in Umbria con la band e
con Giovanna Marini per registrare IL FISCHIO DEL VAPORE, un
album sporco e meraviglioso di brani della tradizione popolare
italiana, Targa Tenco dell’anno nella sezione “Interpreti”. Le
vendite sono notevoli, specialmente rispetto alle aspettative,
contribuendo a far conoscere la Marini a un ampio pubblico.
Nel 2003, per la prima volta, De Gregori partecipa al concerto
del Primo Maggio a Roma; dopo un cameo nel film “Perduto
amor” di Battiato, collabora a CHE FANTASTICA STORIA È LA VITA
di Venditti, cantando in duetto Io e mio fratello, di cui firma
anche il testo. Intanto esce la biografia “Quello che non so, lo
so cantare” di Enrico Deregibus (Giunti). Per Natale è nei
negozi il doppio MIX, antologia metà in studio e metà live con
una cover rock blues di A chi, Come il giorno (traduzione di I
Shall Be Released di Dylan) e Ti leggo nel pensiero (scritta
precedentemente per Ron). Nel 2005 il nuovo album, PEZZI,
insignito della Targa Tenco come migliore della stagione,
rappresenta l’apice della svolta rock di De Gregori, all’opposto
del successivo e inatteso CALYPSOS, pubblicato solo undici
mesi dopo: un disco delicato e acustico, dalla rinnovata
ispirazione, specie per Cardiologia, ennesimo capolavoro del
suo repertorio.
De Gregori è un artista e intellettuale che ha sempre dato
prova di vitalità artistica, sia nei contenuti che nelle forme, pur
nella coerenza stilistica: la sua opera intera continua a essere
indipendente e inconfondibile. (a.pc.)
DISCOGRAFIA

THEORIUS CAMPUS (IT 1972, con Antonello Venditti)


ALICE NON LO SA (IT 1973)
FRANCESCO DE GREGORI (RCA 1974, conosciuto come “La
Pecora”)
DAL VIVO - BOLOGNA 2 SETTEMBRE 1974 (RCA 1975, live
con Lucio Dalla, Maria Monti e Antonello Venditti)
RIMMEL (RCA 1975)
BUFALO BILL (RCA 1976)
DE GREGORI (RCA 1978)
BANANA REPUBLIC (RCA 1979, live con Lucio Dalla)
VIVA L’ITALIA (RCA 1979)
TITANIC (RCA 1982)
LA DONNA CANNONE (RCA 1983, Q-Disc)
SCACCHI E TAROCCHI (RCA 1985)
TERRA DI NESSUNO (CBS 1987)
MIRA MARE 19.4.89 (CBS 1989)
NIENTE DA CAPIRE (Serraglio 1990, live)
CATCHER IN THE SKY (Serraglio 1990, live)
MUSICA LEGGERA (Serraglio 1990, live)
CANZONI D’AMORE (Columbia 1992)
IL BANDITO E IL CAMPIONE (Serraglio 1993, live con inedito)
BOOTLEG (Serraglio/Epic 1994, live)
PRENDERE E LASCIARE (Columbia 1996)
LA VALIGIA DELL’ATTORE (Serraglio 1997, doppio live con
quattro inediti)
AMORE NEL POMERIGGIO (Columbia 2001)
FUOCO AMICO (Serraglio 2002, live)
IL FISCHIO DEL VAPORE (Caravan 2002, con Giovanna Marini)
IN TOUR (Blue Drag 2002, doppio live con Pino Daniele,
Fiorella Mannoia e Ron)
MIX (Columbia 2003, doppio con un CD live e un CD
antologico con due inediti)
PEZZI (Caravan 2005)
CALYPSOS (Caravan 2006)
RIMMEL. Arrangiato da De Gregori stesso in chiave
(prevalentemente) country folk e suonato ottimamente da
musicisti anche jazz, è di stupefacente forza espressiva,
grazie all’armonia tra i testi, limpidi e incisivi, e le musiche,
aperte e coinvolgenti. Contiene alcuni capisaldi del
repertorio del cantautore, come la title track, Pezzi di vetro,
Pablo (il cui ritornello è scritto con Dalla) e Buonanotte
fiorellino.
BUFALO BILL. È il disco in cui De Gregori sperimenta se
stesso al massimo: “È lo stadio della musica più scarna
melodicamente ma più densa armonicamente”, ha spiegato.
Ricco di idee e creatività, che si manifestano nella cura della
voce – tra cantato e semi recitativo –, negli arrangiamenti,
nel linguaggio ispirato e, talvolta, volutamente enigmatico.
La title track (un grande affresco sull’America) e Atlantide
(fortemente influenzata da Three Angels di Dylan) sono
capolavori assoluti. Non da meno Ninetto e la colonia (che
tratta della multinazionale United Fruites), Festival (sul
suicidio di Luigi Tenco) e Santa Lucia.
TITANIC. In piena rotta con il vuoto ottimismo degli anni
’80, è ispirato da “La fine del Titanic”, poema di Hans
Magnus Enzensberger. Maturo, fresco e spontaneo, suonato
da una band affiatata, carico di allegorie e ritmi, è uno degli
apici della discografia di De Gregori. Oltre alla vicenda del
transatlantico, compaiono tematiche come il ’68, la guerra, i
rapporti affettivi. Caterina è Caterina Bueno, grande
interprete di canto popolare, sui moduli del quale è costruita
L’abbigliamento di un fuochista, cantata con Giovanna
Marini. È anche il disco di La leva calcistica della classe
’68.
CANZONI D’AMORE. Titolo ingannatore per un album che di
canzoni d’amore, effettivamente, ne ha solo una
(Bellamore). Il tranello può essere spiegato dalla copertina:
una foto scattata da De Gregori stesso a Santiago del Cile,
in cui due personaggi spaventati sono stretti nell’“abbraccio
di chi si sente in pericolo”. Pericoli diversi: da una
brechtiana Chi ruba nei supermercati? ai ritratti sfuggenti di
Hitler e Craxi. Un disco duro e delicato al contempo, con
arrangiamenti briosi (di Vincenzo Mancuso) che prendono
una piega decisa verso il rock.
PEZZI. Cupo e duro, nitida fotografia della realtà
contemporanea con testi dal tono apocalittico, in cui ricorre
la parola “sangue”. Tranne pochi brani (Le lacrime di Nemo
- l’esplosione - la fine e Passato remoto), l’album è fatto di
rock travolgente, elettrico e che sa molto di Dylan. Due
brani su tutti: Tempo reale, ritratto di un’Italia corrotta e
menefreghista, e l’incantevole Gambadilegno a Parigi. Il
mandolinista Marco Rosini scompare poco prima dell’uscita
dell’album.

JOHN DE LEO vedi Quintorigo


JULA DE PALMA
Iolanda “Jula” De Palma (Milano, 1932) si affaccia alla
ribalta nei primi anni ’50, sfoggiando una vocalità prossima a
quella delle grandi interpreti americane di impostazione
jazzistica. Non sempre il suo repertorio è in linea con questo
tipo di approccio, per l’Italia sicuramente innovativo, che le
consente comunque di nobilitare anche brani di impianto
tradizionale, grazie soprattutto a una voce suadente, intrisa di
una sensualità che non manca di scandalizzare più di un
purista (in tutti i sensi). Quintessenza di ciò (anche per la
notorietà che il brano si guadagna) è la sua interpretazione di
Tua, che nel 1959 l’artista porta a Sanremo (cinque in totale le
sue partecipazioni al festival) e che non a caso le provoca
l’ostracismo della RAI. Altri brani degni di nota sono Nel
giardino del mio cuore (1957), Noi (1960) e A.A.A. adorabile
cercasi (1961), alla vigilia di un rapido declino che la
accomuna a molti colleghi rimasti tagliati fuori dai nuovi
modelli canori proposti dagli anni ’60.

TULLIO DE PISCOPO
Cresciuto in una famiglia di percussionisti, inizia a suonare
la batteria a tredici anni, a Napoli (dove è nato il 24 febbraio
1946), nei night club nei pressi del porto. Da autodidatta
diventa un batterista di altissimo livello, poliglotta
musicalmente e per questo in grado di passare con disinvoltura
dal jazz (la sua musica d’elezione) al pop, alla musica per
balletto. A partire dagli anni ’70 pubblica vari album come
batterista, ma tra le molteplici esperienze si segnala la
partecipazione a sei album di Astor Piazzolla e poi al periodo
d’oro di Pino Daniele (in album come VAI MO’). Ha lavorato a
fianco di eccellenti jazzisti italiani ed esteri come Gianni
Basso, Enrico Intra, Franco Cerri, Chet Baker, Wayne Shorter,
Gerry Mulligan, Gato Barbieri, Billy Cobham e molti altri.
Come cantante (e autore) ottiene un vasto successo nel 1988
con Andamento lento, replicato in parte da Stop Bajon.
Apprezzatissimo musicista, grazie al suo valore e alla sua
fama De Piscopo è riuscito a far aprire, per la prima volta, le
porte del Teatro S.Carlo di Napoli al jazz e a far inserire la
batteria nell’Orchestra Scarlatti.

ROBERTO DE SIMONE
Etnomusicologo, regista e musicista, anima della tradizione
musicale partenopea, Roberto De Simone nasce a Napoli nel
1933. Studia pianoforte e composizione e intraprende quindi
l’attività di concertista. Successivamente si dedica alla ricerca
musicale e di tradizione, alla regia teatrale e alla scrittura
drammaturgica. Gli studi etnomusicologici lo portano alla
pubblicazione dei sette dischi de IL CANTO, IL SUONO, LE
TRADIZIONI IN CAMPANIA. È noto però soprattutto per tutto il
lavoro di ispiratore della Nuova Compagnia di Canto
Popolare, con la quale arriva anche a esibirsi dal vivo
suonando la tammorra. Con la NCCP, del 1976 è la messa in
scena di LA GATTA CENERENTOLA (considerata una delle sue
vette) e nello stesso anno di LA CANTATA DEI PASTORI. Ma molte
altre sono le opere di teatro musicale di De Simone. La sua
non è una sterile riproposizione di materiale popolare, ma una
rielaborazione ricca di invenzioni musicali. Nel 1977 mostra
inattese qualità di cantautore con l’album IO NARCISO IO,
mentre tra il 1981 e il 1987 è direttore artistico del Teatro S.
Carlo di Napoli e nel 1995 direttore, per “Chiara Fama”, del
Conservatorio S. Pietro a Majella. Nel 1998 viene nominato
Accademico di Santa Cecilia. Nel 2003 pubblica LI TURCHI
VIAGGIANO, un CD eseguito dai Media Aetas, l’ensemble che
per tanti anni lo accompagna nei suoi lavori teatrali, e nel
2006, con lo stesso gruppo, BELLO CANTARE.

TERESA DE SIO
Autrice, oltre che interprete, elegante e al contempo
pregnante e sanguigna, Teresa De Sio nasce a Napoli il 3
novembre 1955, ma trascorre l’adolescenza a Cava dei Tirreni
per poi trasferirsi a Roma. A 5 anni sale per la prima volta su
un palco per un saggio di danza e capisce che quella è la sua
strada. Avrà anche alcune esperienze teatrali con la sorella
Giuliana, poi nota attrice. Ma 15 anni assiste a un concerto di
Joan Baez a Roma e resta folgorata dalla forza della musica
popolare. Grazie a una bella voce, a metà anni ’70 proporrà il
repertorio tradizionale della sua terra come cantante nel
gruppo Musicanova di Eugenio Bennato. Sull’onda di quella
densa esperienza, inizia la sua carriera da solista nel 1978 con
VILLANELLE POPOLARESCHE DEL ’500 (con la direzione
musicale dello stesso Bennato) a cui fa seguito l’ancora acerbo
SULLA TERRA SULLA LUNA (1980) di cui è autrice di tutti i testi.
Due anni dopo con TERESA DE SIO, trascinato da Voglia ‘e
turnà, Marzo e Aumm Aumm, giunge un grande riscontro
popolare, confermato dal seguente TRE. Sono dischi realizzati
con l’ausilio di Gigi De Rienzo e Francesco Bruno.
Nel 1985, con AFRICANA, primo disco dove compaiono
composizioni in lingua italiana, inizia un legame artistico con
Brian Eno e una nuova stagione. Il suono, arricchito da
venature autoriali, assume un respiro più ampio. Ma il
seguente TOLEDO E REGINA segna una virata inattesa verso il
repertorio napoletano classico, del quale la De Sio dà
un’interpretazione di stampo quasi camerale. Il suo lato
funambolico torna nel 1988 con il doppio SINDARELLA SUITE,
in cui il secondo disco è occupato da una suite, La storia vera
di Lupita Mendera, composta con Eno e Michael Brook e
interpretata con Piero Pelù, mentre ‘A neve e ‘o sole vince la
Targa Tenco per la migliore canzone in dialetto.
Chiusa la collaborazione con Eno, nella prima metà degli
anni ’90 pubblica tre album che segnano un approccio
cantautorale e la completa maturazione: OMBRE ROSSE, LA
MAPPA DEL MONDO NUOVO (con un solo brano in napoletano) e
UN LIBERO CERCARE. Nell’estate del 1996 realizza “Brigate di
Frontiera”, una serie di concerti con Yo Yo Mundi e Andrea
Chimenti, e l’anno successivo pubblica PRIMO VIENE L’AMORE,
una raccolta con tre inediti fra cui Anima lenta, una sorta di
manifesto spirituale. Nell’album compare l’arrangiatore Sasà
Flauto, che diviene un suo inseparabile compagno di strada.
Da qui in poi l’intensa attività concertistica non sarà
accompagnata da una corrispondente attività discografica e
l’approccio cantautorale tornerà a essere avvolto da una
ricerca etnica. Il 1999 è l’anno della direzione artistica di “La
notte del Dio che balla”, un omaggio a una delle più
importanti tradizioni culturali italiane, la taranta, presentato al
concerto del Primo Maggio a Roma con, tra gli altri, il Parto
delle Nuvole Pesanti, i Nidi d’Arac, Daniele Sepe e Vinicio
Capossela. Con questa esperienza la De Sio conferma il ruolo
di madrina nei confronti di diversi gruppi degli inizi degli anni
’90.
Nel 2000 interviene con una personalissima versione de La
ballata del Miché alla serata commemorativa per Fabrizio De
André “Faber, amico fragile”, trasposta su disco nel 2003. Del
2001 sono la biografia “Uno sguardo attraverso” di Doriano
Fasoli e Stefano Crippa (Edizioni Associate) e lo spettacolo,
replicato per tre anni, “Da Napoli a Bahia da Genova a
Bastia”, una sorta di ideale viaggio per mare scritto assieme al
navigatore Giovanni Soldini. Seguirà nel 2004 “Craj”,
dedicato alla musica popolare dell’area pugliese, con l’apporto
di Matteo Salvatore, Uccio Aloisi e i Cantori di Carpino, oltre
alla voce carismatica di Giovanni Lindo Ferretti. La volontà di
ritornare alle radici trova la sua naturale prosecuzione con A
SUD! A SUD!, un lavoro completamente in dialetto, napoletano
e pugliese. Di questi idiomi la voce calda e sgargiante della De
Sio coglie tutte le gradazioni, le sfumature e le assonanze,
congiungendole in una esplosione di energia avvolgente, una
danza di vita, di rigenerazione e di ritorno alle origini della
parola e del suono. Come ha sempre saputo fare. (a.l.p.)
DISCOGRAFIA

VILLANELLE POPOLARESCHE DEL ’500 (Philips 1978)


SULLA TERRA SULLA LUNA (Philips 1980)
TERESA DE SIO (Philips 1982)
TRE (Philips 1983)
AFRICANA (Philips 1985)
TOLEDO E REGINA (Philips 1986)
SINDARELLA SUITE (Philips 1988, doppio con solo tre
facciate incise)
OMBRE ROSSE (Philips 1991)
LA MAPPA DEL NUOVO MONDO (CGD 1993)
UN LIBERO CERCARE (CGD 1995)
PRIMO VIENE L’AMORE (CGD 1997, live)
LA NOTTE DEL DIO CHE BALLA (CNI 1999, esecutori vari)
A SUD! A SUD! (Lucente/Venus 2004)
UN LIBERO CERCARE. Le due anime della De Sio, quella
legata indissolubilmente alla musica popolare del sud e
quella d’impronta cantautorale, si fondono in una
coinvolgente consapevolezza armonica, lasciando emergere
un suono compiuto e uno straordinario ritratto di donna.
Registrato in presa diretta in un teatro vuoto sfruttando gli
echi e il riverbero naturale dell’ambiente, si avvale della
collaborazione vocale di Fabrizio De André e Fiorella
Mannoia.

MARIA PIA DE VITO


Nata a Napoli nel 1960, studia canto lirico e
contemporaneo. Fin dal 1976 milita in gruppi etnici (anche
come strumentista), avvicinandosi poi al jazz che per qualche
tempo pratica sul campo a New York. Rientrata in Italia, si
lega alla pianista Rita Marcotulli, prima per NAUPLÌA (1994),
quindi per FORE PAESE (1996), centrato sul repertorio di
Raffaele Viviani, e per un duo stabile a cui non è estraneo
l’uso dell’elettronica. Del 1998 è PHONÉ (come i due album
precedenti, con Enzo Pietropaoli al basso), in cui al piano
siede John Taylor, suo partner ancora in VERSO (2000), in trio
con Ralph Towner alla chitarra, e NEL RESPIRO (2002), con gli
stessi più Steve Swallow e Patrice Heral, batterista-
manipolatore elettronico francese. Quest’ultimo torna in
TUMULTI (2003), l’album in cui la De Vito, sperimentatrice
vorace che ama il vocalismo puro (cioè senza quei testi che
spesso si scrive da sola, per lo più in napoletano), più si spinge
su un versante prossimo alla ricerca contemporanea colta.

DECIBEL
Nato intorno al 1976 sulle ceneri degli Champagne
Molotov, il gruppo è formato da alcuni giovani milanesi
guidati da Enrico Ruggeri, attratti dalle esperienze del rock
inglese di quegli anni. La scelta nei confronti di un punk
italianizzato caratterizza il primo disco, omonimo ma
conosciuto anche come “Punk” per la scritta in copertina, poco
considerato dalla critica e penalizzato da una pessima
distribuzione. Nel 1979, dopo esserci sciolti e riformati con
cambi nella line up, esce il 45 giri Indigestione disco, che offre
nuove sonorità. Nell’80 i Decibel partecipano a Sanremo con
Contessa, ottenendo una certa visibilità. Secondo voci di
corridoio il brano è dedicato a Renato Zero: in realtà non è
così ma il gruppo non smentisce per alimentare l’attenzione su
di sé. Segue la pubblicazione dell’album VIVO DA RE, con il
suggestivo pezzo omonimo: sarà l’ultimo lavoro importante
realizzato dalla band. Poco dopo infatti Ruggeri, che ne è la
voce, l’autore e l’immagine, deciderà di intraprendere la
carriera solista, e il complesso rientrerà nel sottobosco
musicale. I membri rimanenti, guidati da Silvio Capeccia e
Fulvio Muzio, pubblicheranno NOVECENTO (1982) e
DESAPARECIDA (1998).

DEDALUS
Gruppo nato nel 1972 tra Pinerolo e Torino, costituito da
Fiorenzo Bonansone (pn. e violoncello), Furio Di Castri (bs.),
Marco Di Castri (ch. e sx.) ed Enrico Grosso (bt.). La musica è
basata su un jazz rock con una forte componente elettronica.
Esordiscono nel 1973 con DEDALUS, partecipando ad alcuni
rilevanti festival e ricevendo critiche positive dalla stampa
specializzata. Nell’LP MATERIALE PER TRE ESECUTORI E NASTRO
MAGNETICO (1974) la sperimentazione prende il sopravvento,
avendo come riferimento la musica concreta e quella
elettronica del ’900. Si sciolgono nel 1979. Dopo una lunga
pausa, varie vicissitudini, prove e mutamenti di organico, nel
1997 esce PIA VISIONE in edizione limitata. Il gruppo si
ripropone quindi come “Bonansone Dedalus group”,
orientandosi ancora verso la ricerca e verso il post
minimalismo, con molta attenzione alla resa timbrica. In trio
con Bonansone, Anita Cravero al flauto e Riccardo Chiriotto
al trombone, viene pubblicato NOMOS APACHE ALPHA (2004)
che presenta un sound cameristico calato nella musica
contemporanea colta.

DUILIO DEL PRETE


Attore, cantautore, traduttore e operatore culturale di gran
classe, nato a Cuneo nel 1936 e morto a Roma nel 1998.
Gentiluomo intelligente e coltissimo, elegante e ironico,
troppo eclettico per raggiungere il grande successo popolare,
che sfiorò soltanto recitando in “Amici miei” di Monicelli.
Sono innumerevoli i film a cui ha preso parte (anche per
registi stranieri come Bogdanovich e Losey), ma la sua
passione più grande è il palcoscenico, che aveva iniziato a
calcare nel dopoguerra, lavorando anche con Strehler e poi con
Ronconi. Riguardo alla canzone, già alla fine degli anni ’50
aderisce allo storico movimento torinese Cantacronache,
portando il suo incisivo contributo, graffiante e insieme tenero,
a una nuova canzone di impegno civile, di satira e di critica
sociale, che nel corso degli anni frequenta sia da autore che da
interprete, diventando pure uno dei pionieri del cabaret in
Italia. Alle canzoni scritte da uno dei protagonisti dei
Cantacronache, Italo Calvino, dedica un intero spettacolo. La
vocazione per il teatro musicale, tanto il musical americano
quanto il music hall francese, ne fa un uomo di spettacolo
totale, un perfetto chansonnier italiano (ad esempio è
protagonista con Ornella Vanoni della commedia musicale
“Amori miei”). Spirito indipendente, riluttante a subire
compromessi con l’industria discografica, ha inciso in vita
solo due album (uno dei quali arrangiato da Nicola Piovani),
apparsi coraggiosamente alla fine degli anni ’60 per la collana
d’avanguardia Off: DOVE CORRETE? e LA BASSA LANDA. Ha
lasciato una magnifica produzione di canzoni in registrazioni
inedite ma quegli unici due dischi, nonché la sua
frequentazione del Club Tenco, sono bastati a consacrarlo sia
come cantautore sia come interprete in italiano di uno dei
grandi mostri sacri del ’900, Jacques Brel. Da Brel in persona
aveva avuto apprezzamenti, amicizia e l’autorizzazione per
alcuni anni a tradurre in esclusiva le sue canzoni. Un’affinità
culminata nel 1994 in un’opera monumentale: un volume con
la traduzione cantabile di tutte le 200 canzoni di Brel, al quale
ha fatto seguito uno spettacolo teatral musicale documentato
postumo in un doppio CD voluto e curato dal Club Tenco nel
2002.

MIKI DEL PRETE


Michele all’anagrafe, nato a Bari il 23 luglio 1935. Storico
collaboratore di Adriano Celentano già dal 1959, Del Prete lo
affianca non solo dal punto di vista artistico ma anche nella
gestione del Clan e nell’organizzazione delle serate.
Trasferitosi a Milano con il padre calciatore, inizia a esibirsi
come ballerino di rock’n’roll negli anni ’50. Nel 1961 scrive la
prima canzone, Impazzivo per te, per il Molleggiato. La sua
firma compare in molti dei successi di Celentano, specie negli
anni ’60, di solito insieme al cantante stesso e al paroliere
Beretta: brani come Ciao ragazzi, Chi non lavora non fa
l’amore, Il ragazzo della via Gluck, La coppia più bella del
mondo, Sotto le lenzuola, Storia d’amore, Viola, Si è spento il
sole, Mondo in Mi 7’, Una carezza in un pugno. Poche le sue
canzoni per altri, la più nota è Nessuno mi può giudicare per
Caterina Caselli. Nei decenni successivi dirada la sua presenza
come autore (fra i brani, Susanna del 1984, cover degli Art
Company tradotta con Sergio Caputo). Negli anni ’80 produce
alcuni dischi di Celentano, poi continua a collaborare con lui
in vario modo, anche come autore di programmi TV.

ENZO DEL RE
Nato a Mola di Bari, è un musicista atipico, sorta di
cantastorie impegnato politicamente e socialmente, e
rigorosamente coerente con le proprie idee. Si diploma al
Conservatorio di Bari. Autodefinitosi un “corpofonista”,
debutta nel 1969 in campo teatrale; nelle sue performance dei
primi anni ’70 propone monologhi e canti accompagnandosi
con una sedia che percuote ritmicamente o con altri oggetti
della quotidianità. Chiede di esibirsi in luoghi che siano
raggiungibili con i mezzi pubblici, concordando compensi pari
a quelli di un lavoratore dell’industria metalmeccanica. Il
disco IL BANDITORE (autoprodotto come tutti i suoi lavori) nel
1971 valorizza testi recitati, giochi di parole, onomatopee e
lievissime ironie, come nel brano Lavorare con lentezza, che
diviene sigla della radio libera bolognese “Alice”, riscoperto
poi per il film omonimo (2004) di Guido Chiesa. Dotato di una
voce calda, Del Re si è occupato anche della valorizzazione
della musica tradizionale della sua regione, componendo tra
l’altro una monumentale opera dal titolo “La leggenda della
nascita di Mola”.

RICCARDO DEL TURCO


Cantautore, nasce a Firenze nel 1940. Nei tardi anni ’50
inizia a esibirsi nei night e nel 1962 viene ingaggiato dalla
RCA. I primi 45 giri (La nostra casa, Dimmi se vuoi, Mi
hanno detto che, firmata con Gianni Meccia e il futuro cognato
Sergio Endrigo, Parla di te, scritta con Paoli) non hanno molti
riscontri. Nel 1966 passa alla CGD e ottiene la prima
affermazione con una personale traduzione di un successo
brasiliano, Trem das onze, ribattezzato Figlio unico. Ancora un
paio di singoli e poi l’incontro con un autore toscano,
Giancarlo Bigazzi, con cui Del Turco scrive Luglio, il
tormentone dell’estate 1968. Da lì in poi non arriveranno più
altri hit, nonostante vari tentativi (Cos’hai messo nel caffè, Il
compleanno, Uno nessuno, Tanto io non vinco mai) fino al
1973. Del Turco apre un bar a Firenze e negli anni ’80 ritorna
al mercato discografico con un paio di presenze a Sanremo:
Non voglio ali nell’82 e Serena alienazione nell’84. A questo
punto nasce una nostalgica iniziativa con tre compagni dei
primi anni in RCA, Gianni Meccia, Jimmy Fontana e Nico
Fidenco, che sotto il nome “Superquattro” giocano la carta del
revival in dischi, tour e programmi TV.

DELFINI
Nascono a Padova, la “Liverpool italiana”, nel 1961, per
iniziativa di Renzo Levi Minzi, Franco Capovilla, Mario Pace
e Sergio Magri. Nella loro musica si notano strascichi di rock
melodico anni ’50 e l’uso singolare del sax. Nel 1965, l’anno
anche del primo LP, registrano Voglio essere il tuo uomo (I
Wanna Be Your Man dei Beatles, incomprensibilmente con
titolo in italiano e testo in inglese) e Tu devi ritornare da me,
cover di Tell Me dei Rolling Stones, oscurata però da una
versione dell’Equipe 84 dello stesso pezzo. Il successo arriva
con Tu te ne vai, brano ben costruito e vincitore a Bandiera
Gialla, tanto da provare il lancio americano (con il titolo You
Went Away) nel 1967, che però non riesce. I 45 giri successivi
(fra cui Beat Beat Hurrà portata al Disco per l’estate) hanno
scarsi risultati. I Delfini si sciolgono nel 1970. Sporadicamente
si riuniscono per serate estive nel Norditalia. Da segnalare, in
anni recenti, le ristampe su CD curate da On Sale Music e
intitolate I DELFINI e I DELFINI N°2, con 6 bonus tracks.

DELIRIUM
Gruppo genovese di progressive, formatosi alla fine degli
anni ’60 da un precedente gruppo beat, i Sagittari. Il primo 45
giri, Canto di Osanna, presentato al primo Festival Pop di
Viareggio nel 1971, dà un’immediata popolarità al gruppo,
formato da Ivano Fossati (vc., fl., cha.), Mimmo Di Martino
(vc., cha.), Ettore Vigo (ts.) Marcello Reale (bs., vc.) e
Peppino Di Santo (pr., vc.). L’esordio su 33 giri con DOLCE
ACQUA mette in luce il leader Fossati come cantante, nonché
compositore dei brani insieme a tale “Magenta”. L’anno
successivo i Delirium sono a Sanremo con Jesahel, un
successo enorme (già inciso l’anno prima ma tenuto in serbo
per il Festival), e al Disco per l’estate con Haum. Ma poco
dopo Fossati lascia il gruppo, che prosegue con minor
successo, sostituendolo con Martin Frederick Grice e
pubblicando nello stesso anno il secondo album, LO SCEMO E IL
VILLAGGIO, dalle influenze jazz molto più marcate. Nel 1974
esce DELIRIUM III e, dopo alcuni singoli più leggeri, nel 1975
il gruppo si scioglie dopo aver tentato una reunion con Fossati.
Si riformano molto tempo dopo, pubblicando nel 2006
DELIRIUM 4.

IVAN DELLA MEA


Grande protagonista della canzone di protesta sociale, Luigi
“Ivan” Della Mea, nato il 16 ottobre 1940 a Lucca, ha dedicato
la sua vita, oltre che alla composizione in prima persona, a un
lavoro di recupero e riscoperta dei canti del popolo. Il suo
nome, unitamente a quello di altri artisti come Paolo
Pietrangeli e Giovanna Marini, si associa in special modo alla
collana dei “Dischi del Sole”, che documentano in musica le
vicende della storia e della cultura popolare italiana, pubblicati
originariamente tra l’inizio degli anni ’60 e l’inizio degli ’80, e
quindi ristampati dall’etichetta Ala Bianca. Trasferitosi ben
presto a Milano, dopo aver svolto vari lavori, a inizio anni ’60
inizia a scrivere canzoni (anche in dialetto lombardo). Il primo
album, del 1962, è LA BALLATA DELLA GRANDE E PICCOLA
VIOLENZA. Partecipa poi al Nuovo Canzoniere Italiano, un
progetto politico culturale nato nel 1962 che recupera
l’esperienza di Fausto Amodei e Michele L. Straniero,
entrambi provenienti dal Cantacronache. Cara moglie, la sua
canzone più nota, è del 1965, mentre dell’anno seguente è il 33
giri IO SO CHE UN GIORNO. Dotato di una scrittura vivace e
chiara, pubblica poi molti album: IL ROSSO È DIVENTATO GIALLO
del 1969, SE QUALCUNO TI FA MORTO e LA BALORDA del 1972,
RINGHERA del 1974, COMPAGNO TI CONOSCO e FIABA GRANDE
del 1975, LA PICCOLA RAGIONE DI ALLEGRIA del 1978, SUDADIO-
GIUDABESTIA I e II del 1979-80. Dopo una lunga pausa, nel
1997 torna al mercato discografico con HO MALE
ALL’OROLOGIO, a cui segue nel 2000 LA CANTAGRANDE FORSE
WALZER. A oggi Ivan Della Mea ha pubblicato una quindicina
di album e vari libri tra romanzi, racconti e poesie. Dal 1996 è
direttore dell’Istituto De Martino.

DELTA V
Formazione milanese nata alla fine del 1997, e centrata sul
torinese Carlo Bertotti e Flavio Ferri. Si conoscono alla fine
degli anni ’70: dopo varie esperienze in gruppi milanesi, come
i Vienna (con cui pubblicano nel 1990 GIÙ, SENZA FARE
RUMORE e nel 1992 FIORI BLU), realizzano diversi jingle
pubblicitari con la loro società di produzione Straker & Foster
e iniziano la lunga preparazione di quello che sarà il primo
disco a nome Delta V (che sta per Delta di Venere). Ai due si
unisce la cantante Alice Ricciardi, con cui vengono composte
anche alcune canzoni, poi sostituita da Francesca Touré che
sarà l’interprete di SPAZIO, esordio del 1998 prodotto da
Roberto Vernetti. Le sonorità dei Delta V sono
sostanzialmente innovative per l’Italia: un uso creativo
dell’elettronica per vestire brani che si rifanno anche alla
miglior tradizione della canzone italiana, in una sorta di
mediazione fra i due mondi. Non a caso la cover di Se
telefonando (uno dei migliori episodi del repertorio di Mina) è
un singolo particolarmente fortunato. Dopo un importante
tour, l’anno successivo esce PSYCHOBEAT, realizzato con una
nuova cantante, Lou Heredia, e con l’apporto, fra gli altri, di
Angela Baraldi e Garbo (i singoli sono Sul filo e Il primo
giorno del mondo). Segue una collaborazione con Ornella
Vanoni: un brano, L’infinito, pubblicato con lei dopo esser
stato rifiutato a Sanremo, e una tournée assieme. Nell’estate
2001 il gruppo è nelle playlist con Un’estate fa, cover di
Franco Califano di Une belle histoire, che anticipa l’album
MONACO ’74 (con Numeri in mia vita e Un colpo in un
istante). Il disco è meno elettronico: compaiono un’orchestra
d’archi, campionamenti di musica e colonne sonore anni ’70 e
una nuova cantante, l’americana Gi Kalweit, scelta anche per
la decisione di inserire brani in inglese. Sempre con Gi
Kalweit, due anni e mezzo più tardi i Delta V pubblicano LE
COSE CAMBIANO, che rinnova la tradizione delle cover con
Prendila così di Battisti, il cui video viene fatto ritirare dalla
vedova del cantautore. Nel 2006, anticipato in radio dal
singolo Adesso e mai, esce PIOGGIA ROSSO ACCIAIO, che si
avvicina al rock con il ritorno di Francesca Touré,
confermando la scelta di utilizzare una vocalist diversa in
funzione di ogni singolo album, per una proposta musicale
basata su un pop di qualità.

DENOVO
Nel 1981, in una Catania già ricca di fermenti artistici e
culturali nascono i Denovo, band tra le più rappresentative
della new wave italiana. Il nome viene da quello di un
copertone per auto, particolarmente resistente. Un anno più
tardi i Denovo acquistano visibilità piazzandosi secondi al
Festival Rock Italiano di Bologna, vinto dai Litfiba: è l’inizio
di un’attività concertistica in tutta l’Italia e anche in Europa.
Nel 1984 pubblicano l’EP NIENTE INSETTI SU WILMA. Luca
Madonia e il siracusano Mario Venuti si alternano alla chitarra,
alle tastiere e alla scrittura, e ognuno dei due è voce solista
nelle proprie composizioni. Con loro, Gabriele Madonia (bt.) e
Toni Carbone (bs.) che aveva sostituito Raffaele Gulisano, il
quale avrà poi importanti riscontri con gli Uzeda. I Denovo
sono un gruppo di ventenni, con due leader, e non solo per
questo ricordano dichiaratamente i Beatles, pur mantenendo
un equilibrio tra pop rock anglosassone (quello degli XTC, ad
esempio) e stile cantautorale che sarà la loro cifra anche negli
anni a venire. Nel 1985 esce per l’etichetta indipendente
Kindergarten il primo vero LP, UNICANISAI, che conferma lo
stile accattivante ed eccentrico, fatto di melodie orecchiabili e
attenzione ai ritmi e ai testi. Tra i brani, Animale di Madonia e
Ma cos’è che mi fa volare di Venuti. Sulla stessa scia il
successivo PERSUASIONE (1987), con gioielli come
Sant’Andrea, ancora oggi immancabile nelle esibizioni soliste
di Venuti, e Grida, lounge ballad che mette in risalto la
suadente voce di Madonia e il sax carezzevole di Venuti; di
rilievo anche la tirata cover di Come Together dei Beatles. Un
album di tale valore e un gruppo così promettente attirano
l’attenzione di una major, la Polygram, con cui nel 1988
partecipano a Sanremo piazzandosi terz’ultimi: il palco
dell’Ariston non è il loro habitat naturale. La loro Ma che idea
è inserita in COSÌ FAN TUTTI, più levigato dei precedenti, che fa
capolino in classifica e vede come membro aggiunto il
tasterista Dino Scuderi. Oltre al brano sanremese, spicca Un
fuoco, che partecipa al Festivalbar. Altre significative
apparizioni televisive di questi anni saranno quella a “D.O.C.”
di Renzo Arbore e a “Be bop a lula” di Red Ronnie.
Con il successivo album – VENUTI DALLE MADONIE A CERCAR
CARBONE, titolo forgiato da Franco Battiato, produttore
artistico del disco – i Denovo raggiungono il culmine della
produzione discografica. La grande popolarità sembra alle
porte ma inaspettatamente nel 1990 si sciolgono, lasciando il
passo alle carriere soliste dei due vocalist. L’equilibrio fra i
due, che era sempre stato stimolo, si è incrinato. Inizialmente è
Madonia a essere più attivo, mentre sarà poi Venuti a
conseguire una maggiore notorietà. Anche Carbone rimane in
ambito musicale, come produttore, mentre Gabriele Madonia
si ritira dalle scene. Nonostante i buoni album solisti dei due
leader rimane il rimpianto per un gruppo originale, scioltosi
proprio quando altre band coetanee, come i Litfiba,
raggiungevano il successo. I Denovo restano un gruppo di
culto, destinatario dalla fine degli anni ’90 di un rinnovato
interesse e di ristampe digitali dei loro dischi. Nel 1997 il
pubblico catanese ha potuto assistere a una estemporanea
reunion della band, testimoniata su un CD allegato al libro di
Jonathan Giustini “Tempi di libero rock. La storia dei Denovo
e della Catania rock” (Arcana, 2004). Campeggia in quarta di
copertina una frase di Battiato: “Quando arrivarono da me
possedevano già un nome, un suono ben determinato, un
marchio Denovo”. (a.ca.)
DISCOGRAFIA

NIENTE INSETTI SU WILMA (Suono 1984, EP)


UNICANISAI (Kindergarten 1985)
PERSUASIONE (Kindergarten 1987)
COSÌ FAN TUTTI (Polygram 1988)
VENUTI DALLE MADONIE A CERCAR CARBONE (Polygram
1989)
LIVE (Arcana 2004, concerto del 1997, allegato al volume
“Tempi di libero rock. La storia dei Denovo e della Catania
rock”, Arcana)
VENUTI DALLE MADONIE A CERCAR CARBONE. Franco
Battiato coinvolge nella produzione di questo disco gran
parte del suo staff: Giusto Pio, Filippo Destrieri, Enrico
Maghenzani e il fonico Benedict-Tobias Fenner. Il risultato
è un prodotto dal suono rotondo e pieno, che non cambia lo
stile del gruppo ma ne accentua le componenti di
raffinatezza. Anche in questo album c’è equilibrio tra il
numero delle canzoni dei due leader, brani di grande
eleganza e impatto, come Buon umore (Madonia) o Mi viene
un brivido (Venuti).

CLAUDIO DENTES
Chitarrista, arrangiatore e produttore nato a Londra nel
1955. È figura di rilievo della scena milanese alternativa degli
anni ’70, quando lavora come produttore con numerosi artisti,
tra cui Gianfranco Manfredi, Ricky Gianco e Alberto Fortis.
Nel 1978 pubblica il primo album da solista, PANTAREI,
prevalentemente strumentale; successivamente costituisce il
gruppo Mercenaries e si occupa anche di colonne sonore (tra
cui “Identificazione di una donna” di Antonioni nel 1982).
Negli anni ’80 arrangia lavori di svariati artisti, fra cui
Eugenio Finardi, Mango e PFM, mentre con lo pseudonimo di
Otar Bolivecic produce i primi dischi di Elio e le Storie Tese.
Interrotta la produzione discografica, Dentes rimane in ambito
musicale in qualità di talent scout e occupandosi dello studio
di registrazione Psycho a Milano.

DETTO MARIANO
Nato in provincia di Ascoli Piceno nel 1937, Detto Mariano
(pseudonimo che inverte cognome e nome) è tra gli
arrangiatori più importanti del decennio 1962-1972, anche se
la semplice definizione di arrangiatore appare riduttiva alla
luce delle moltissime composizioni che portano la sua firma,
tra tutte Il ragazzo della via Gluck e L’immensità.
Importantissimo il sodalizio con Adriano Celentano: Mariano
è tra i primi a entrare nel celebre Clan, per cui firma tutti gli
arrangiamenti fino al 1967, in pratica non c’è brano pubblicato
dall’etichetta in quel periodo che non sia realizzato sotto la sua
supervisione. Tra il 1968 e il 1970 collabora assiduamente con
Lucio Battisti: suoi gli arrangiamenti di Mi ritorni in mente e
Fiori rosa, fiori di pesco. Sempre con Battisti segue Mina in
sala di registrazione per Insieme (marzo 1970), mentre si
occupa, nei primi anni di carriera, anche di Al Bano. Negli
anni ’70 si distacca dal lavoro per conto terzi in sala di
registrazione per dedicarsi alla composizione di colonne
sonore (fra le altre, “Eccezzziunale veramente”, “Ratataplan”,
“Il bisbetico domato”), di una commedia musicale con Renato
Rascel, “In bocca all’ufo”, e fortunate sigle di cartoni animati,
tra tutte “Gundam” e “Judo Boy”.

NICOLA DI BARI
Uno dei mostri sacri della canzone leggera italiana, autore e
interprete di romantica intensità. Michele Scommegna
all’anagrafe, dotato di voce profonda, lascia giovanissimo la
sua terra – la Puglia di Zapponeta (FG) dov’è nato nel 1940 da
famiglia contadina – per tentare l’avventura musicale a
Milano. Sacrifici ripagati: primo successo nel 1964, Amore
ritorna a casa. In coppia con Gene Pitney partecipa a tre
edizioni di Sanremo, si piazza secondo nel ’65 (il brano è
Amici miei). Il passaggio alla RCA è datato 1968, ai tempi di Il
mondo è grigio il mondo è blu. Il filotto sanremese d’oro è
nelle tre edizioni dal ’70 al ’72: La prima cosa bella (con i
Ricchi e poveri, secondo posto), Il cuore è uno zingaro (con
Nada: vittoria), e I giorni dell’arcobaleno, ancora primo posto.
Nello stesso ’72 si aggiudica “Canzonissima” con Chitarra
suona più piano. Incide anche l’album NICOLA DI BARI CANTA
LUIGI TENCO (più in là interpreterà anche Io e te Maria di
Piero Ciampi). In Italia la popolarità cala ma i lunghi tour
all’estero ne faranno una star internazionale, specie in
Sudamerica (oltre che in Giappone, Canada e Australia). La
sua attività discografica si dirada; nel 2000 pubblica UN LUNGO
VIAGGIO D’AMORE.

PEPPINO DI CAPRI
L’uomo che, assieme a Renato Carosone ma senza la sua
inventiva, ha avuto il merito di adattare la canzone napoletana
classica ai ritmi moderni, principalmente americani, si chiama
Giuseppe Faiella. Nato a Capri il 27 luglio 1939, si cimenta
con un pianoforte giocattolo già a quattro anni, suscitando
simpatia nelle truppe americane di stanza sull’isola, che lo
ricompensano con piccoli omaggi. Esordisce ancora ragazzino
al Number Two, locale tra i più frequentati dai turisti
dell’isola, per poi creare una propria formazione, i Rockers.
Nel 1956 la band esordisce in TV e nel 1958 arriva il contratto
discografico: nasce ufficialmente Peppino Di Capri. Escono
contemporaneamente 45, 33 e perfino tre 78 giri dal sound per
l’epoca innovativo. Titoli come Let Me Cry, rifacimento in
inglese di Nun parlà!, Nun è peccato di Carlo Alberto Rossi,
con arrangiamento terzinato, e soprattutto la versione di
Malatia di Armando Romeo, per metà in napoletano e per
metà in inglese. Nel 1959 è la volta di una versione a terzine
della gloriosa Voce ‘e notte: il pubblico più attempato grida
allo scandalo ma Di Capri è ormai in cima alle classifiche, così
come con un altro classico napoletano, I’te vurria vasà,
qualche mese dopo.
Il cantante pianista dalla voce nasale intanto prende a
prestito successi statunitensi da lanciare in Italia: a volte li
esegue nella nostra lingua (Nessuno al mondo, ossia No Arms
Can Ever Hold You di Pat Boone, successo del 1960), altre
volte li propone con testo originale, rielaborando
l’arrangiamento, come con Let’s Twist Again, nel 1961. Il
trionfo di questo pezzo fa di Peppino Di Capri il divulgatore
italiano per eccellenza del nuovo ballo, sicché il 1962 è
praticamente dominato dai suoi successi a tempo di twist (la
notissima St. Tropez Twist, ma anche Daniela e Speedy
Gonzales). L’anno si conclude con Don’t Play That Song! di
Ben E. King, pubblicato assieme ad Addio, mondo crudele!,
versione italiana di un pezzo di Jimmy Darren. All’inizio del
1963 c’è un altro hit con un bel brano, impeccabilmente
orchestrato da Luis Bacalov (non accreditato per motivi
contrattuali-discografici) intitolato Roberta, che diventa uno
dei nomi di battesimo prediletti del momento. Dopo il
Cantagiro del 1963, vinto con l’insignificante Non ti credo,
comincia per l’artista caprese un periodo di appannamento,
anche per l’arrivo del beat. Si susseguono Dischi per l’Estate,
Festival di Napoli, Canzonissime, una prima sortita a Sanremo
nel 1967, ma le sue quotazioni nella seconda metà del
decennio sono molto in calo, nonostante apra i concerti dei
Beatles in Italia.
Nel 1970 fonda una propria etichetta, la Splash!, e a poco a
poco torna ad affermarsi sul mercato, a partire da Amare di
meno, sigla del seguitissimo “Rischiatutto”, edizione
1971-’72. Nel 1973 arriva la vittoria a Sanremo con Un
grande amore e niente più dall’efficace testo di Franco
Califano, e quindi Champagne, che s’impone con una forza
tale da diventare un po’ la sigla incubo di Faiella. A 34 anni
Peppino Di Capri vive una seconda giovinezza artistica. Nel
1976 vince ancora Sanremo con Non lo faccio più senza però
grandi riscontri di vendite, che d’altro canto non si
verificheranno più. Continua tuttavia con rinnovato attivismo:
tournée in Italia e all’estero, album di canzoni nuove con
arrangiamenti che cercano di stare al passo con i tempi, ma
soprattutto costanti presenze a Sanremo al punto da battere il
record delle partecipazioni (15 in tutto). A volte con compagni
d’eccezione (Pietra Montecorvino nel ’92 e Luigi Proietti e
Stefano Palatresi nel ’95), a volte con pezzi di una certa
validità quali Il sognatore (1987), Pioverà (Habibi ennè)
(2001) e La panchina (2005). Nel 2004 esce per RAI/ERI la
biografia “Il sognatore” di Geo Nocchetti. (c.bo.)
DISCOGRAFIA

Discografia completa Carisch:


PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1958, LP 25
cm)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - PIOVE (Carisch 1959,
EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - LET ME CRY (Carisch
1959, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - MIDNIGHT (Carisch
1959, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - SI’ TURNATA (Carisch
1959, EP)

JUKE BOX 1959 (Carisch 1959, EP)


SANREMO 1960 (Carisch 1960, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1960)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - DANNY BOY (Carisch
1960, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1960)
VOCE ‘E NOTTE (Carisch 1960, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - MARINA (Carisch 1960,
EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1961)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - I TE VURRIA VASÀ
(Carisch 1961, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1961)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - LUNA CAPRESE (Carisch
1961, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - PARLAMI D’AMORE
MARIÙ (Carisch 1961, EP)

PISCATORE ‘E PUSILLECO (Carisch 1961, EP)


PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - APRILE A NAPOLI
(Carisch 1962, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1962)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - LET’S TWIST AGAIN
(Carisch 1962, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - DANIELA (Carisch
1962, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS - SPEEDY GONZALES
(Carisch 1962, EP)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1963)
PEPPINO DI CAPRI E I SUOI ROCKERS (Carisch 1964)
Discografia selezionata post Carisch:
IL GIOCATORE (Splash! 1974)
NON LO FACCIO PIÙ (Splash! 1976)
…E COMINCIO’ COSÌ (Splash! 1976)
AIERE (Splash! 1977)
VERDEMELA (Splash! 1978)
…CON IN TESTA STRANE IDEE (Splash! 1980)
BONA FURTUNA! (Splash! 1981)
JUKE-BOX (Splash! 1982)
IL SOGNATORE (Polydor 1987)
IN CONCERTO (Polydor 1988, doppio dal vivo alla Royal
Albert Hall)
I RAGAZZI DI IERI (Ricordi 1990)
DUE RAGAZZI COSÌ, LIVE 96 (Polydor 1996, live con Fred
Bongusto)
FASE 3 (Polydor 2001)
PEPPINO DI CAPRI IN TOUR (Polydor 2003)

MASSIMO DI CATALDO
Nato a Roma nel 1968. Dopo il liceo matura esperienze
dissimili, tra il canto e la recitazione, che lo portano nel 1993
ad avere una piccola parte da cantante in un episodio della
serie TV “I ragazzi del muretto”. Il debutto ufficiale in musica
è quasi immediato, e nel 1995 il cantautore pop melodico Di
Cataldo partecipa a Sanremo con Che sarà di me. L’album
SIAMO NATI LIBERI ottiene un qualche riscontro, replicato l’anno
dopo da ANIME e dalla sanremese Se adesso te ne vai. Nel
1997 è la volta del fortunato CRESCENDO, il suo album di
maggior successo. La proposta complessiva di Di Cataldo è in
linea con un pop giovanile privo di motivi d’interesse. Musica
e parole scontate non sono riscattate dalla discreta tecnica
vocale. Nel ’99, dopo il terzo Sanremo, in cui porta Come sei
bella, esce DIECI. Gli anni successivi sono contraddistinti da
una parabola discendente: la raccolta IL MIO TEMPO (2001) e
l’album di inediti SULLA MIA STRADA, pubblicato nel 2005,
sono degli insuccessi. Nel 2006 esce la doppia antologia con
inediti I CONSIGLI DEL CUORE.

GINEVRA DI MARCO
Cantante e poi anche autrice. Nata a Firenze il 15 luglio
1970, inizia con i toscani ESP ma la grande occasione arriva
nel 1993 quando i CCCP si trasformano in CSI (e poi in PGR);
nel gruppo è la voce sinuosa che accompagna i quasi recitativi
di Ferretti, si ritaglia sempre maggiore spazio e
contemporaneamente si muove anche come solista: all’interno
del Consorzio Produttori Indipendenti (ad esempio le raccolte
MATRILINEARE e THE DIFFERENT YOU – ROBERT WYATT E NOI),
realizza con il compagno Francesco Magnelli la performance
musical cinematografica “Il Fantasma dell’Opera” e compare
in GOMMALACCA di Franco Battiato. Nel moltiplicarsi delle
collaborazioni esordisce quindi nel 1999 con TRAMA TENUE
(Targa Tenco come migliore opera prima), nel 2002 è in tour
con Max Gazzé e pubblica il live SMODATO TEMPERANTE. Nel
2004 partecipa al progetto itinerante “Stazioni Lunari”, ideato
da Magnelli, e allo spettacolo teatrale per bambini “Iris”. Nel
2005, uscita nel frattempo dai PGR, pubblica DISINCANTO (con
Madre severa), e nel 2006 STAZIONI LUNARI PRENDE TERRA A
PUERTO LIBRE, con felici riscontri di critica. La caratterizza una
capacità vocale non comune.

GRAZIA DI MICHELE
Nata a Roma nel 1955, esordisce in pubblico nel 1977 al
Folkstudio di Roma. Dopo un paio di album (il primo nell’80),
guardati con attenzione dalla critica ma privi di impatto sul
grande pubblico, la cantautrice arriva a un discreto successo
nel 1986 con LE RAGAZZE DI GAUGUIN, che si apre con
l’omonimo e fortunato brano ma contiene altri pezzi che fanno
breccia, come Rosa, Manuela, Sha la la. La sua è una canzone
d’autore marcatamente al femminile, delicata ed elegante, in
qualche modo in linea con quella di cantautrici americane
come Suzanne Vega. Il disco successivo, L’AMORE È UN
PERICOLO, conferma con buon successo le coordinate stilistiche
della Di Michele. Dal punto di vista della notorietà l’apice è
nel 1993 quando, in coppia con Rossana Casale, partecipa al
Festival di Sanremo con Gli amori diversi. In seguito si
diploma in musicoterapia mentre la produzione discografica si
fa più sporadica, abbracciando tematiche sociali e civili come
in RESPIRO, del 2006, che arriva a quattro anni di distanza da
NATURALE.

DIAFRAMMA
Band fiorentina fondata da Federico Fiumani all’inizio degli
anni ’80, è stata tra i protagonisti della nascita della rock wave
italiana, una corrente che, stimolata dai fermenti del punk e
della new wave internazionale, ha saputo scuotere il suono
plastificato di quella decade. Fiumani, inizialmente autore dei
brani e chitarrista ma dal 1989 anche cantante, è tra i migliori
parolieri del rock italiano, dotato di una poetica visionaria che
si muove tra impeti rabbiosi e slanci di dolcezza.
Nonostante alcuni album di valore e una notevole forza
espressiva, soprattutto dal vivo, i Diaframma non hanno mai
conquistato la fama dei concittadini e coetanei Litfiba,
pagando probabilmente la scelta di non compromettere la
propria integrità artistica. Nati come cover band dei Joe
Division, esordiscono dal vivo il 21 novembre 1981 e nel 1982
incidono il loro primo 12 pollici Pioggia. Dopo alcuni EP e la
partecipazione a varie compilation, nel 1984 esordiscono con
l’album SIBERIA (pubblicato dalla storica etichetta indipendente
IRA), che rimane ancor oggi il loro lavoro migliore, con Miro
Sassolini che sostituisce il fondatore Nicola Vannini alla voce.
Il brano Amsterdam diventa nel 1985 un 45 giri con i Litfiba
(che ne curano gli arrangiamenti). L’anno successivo la band
cerca di uscire dalle atmosfere decadenti della prima incisione
con la cover del noto brano dell’Equipe 84 Io ho in mente te,
tentando di inserirsi con maggior forza nel mercato
discografico. Più solare, nonostante il titolo, è anche l’album
del 1986, 3 VOLTE LACRIME. Discreto pure BOXE del 1988
(pubblicato dalla Diaframma records) il cui suono, a dieci anni
di distanza, risente ancora della lezione del punk. È l’ultimo
disco con Sassolini alla voce. Nel 1990 si presenta l’occasione
per uscire dall’ambito indipendente: con la Ricordi il gruppo
pubblica IN PERFETTA SOLITUDINE e l’anno successivo DA
SIBERIA AL PROSSIMO WEEK-END, parziale antologia (con Vince
Tempera alla produzione di entrambi i lavori). Ma il mercato
fatica a recepire il suono dei Diaframma, che ritornano quindi
a lavorare con la massima indipendenza, dopo aver fra l’altro
rifiutato più volte di partecipare a Sanremo. Fiumani riparte
con rinnovato entusiasmo e, con l’aiuto di nuovi collaboratori,
realizza l’ottimo ANNI LUCE nel 1992 e IL RITORNO DEI DESIDERI
(prodotto da Gianni Maroccolo) nel 1994, l’anno anche del
suo disco solista CONFIDENZIALE.
Con il trascorrere degli anni i Diaframma si consolidano su
posizioni di nicchia, scelta più voluta che forzata e nel 1995
ricevono il Premio Ciampi, giusto riconoscimento a una band
sottovalutata. L’anno seguente esce SESSO E VIOLENZA, che
contrappone alcune buone intuizioni a una certa fatica
espressiva, sia da un punto di vista sonoro che lirico. Nel 1998
è la volta di SCENARI IMMAGINARI, uscito per la Self, che dal
2001 ripubblica i loro primi album e dà alle stampe anche live,
inediti e rarità di vari periodi. La produzione di materiale
continua con regolarità e buoni risultati qualitativi negli album
CORAGGIO DA VENDERE, IL FUTURO SORRIDE A QUELLI COME NOI
(VOLUME 13) e soprattutto in I GIORNI DELL’IRA, che raccoglie le
emozioni forti degli esordi, quando l’aria fibrillava di idee e di
entusiasmo e Firenze somigliava alla Liverpool degli anni ’60.
(r.ba.)
DISCOGRAFIA

ALTROVE (Contempo 1983, EP)


SIBERIA (IRA 1984)
AMSTERDAM (IRA 1985, EP con i Litfiba)
3 VOLTE LACRIME (IRA 1986)
BOXE (Diaframma 1988)
DIAFRAMMA8183 (Contempo 1989, antologia di inediti e
rarità)
GENNAIO (Diaframma, 1989, EP)
IN PERFETTA SOLITUDINE (Ricordi 1990)
DA SIBERIA AL PROSSIMO WEEK-END (Ricordi 1991, antologia
con inediti)
LIVE AND UNRELEASED (Anthology 1992, live e inediti in
studio)
ANNI LUCE (Abraxas 1992)
IL RITORNO DEI DESIDERI (Contempo 1994)
CONFIDENZIALE (Abraxas 1994, a nome di Federico
Fiumani)
NON È TARDI (Abraxas 1995)
SESSO E VIOLENZA (Flying 1996)
ALBORI 1979-83 (Abraxas 1997, antologia di inediti e rarità)
SCENARI IMMAGINARI (Diaframma/Self 1998)
CORAGGIO DA VENDERE (Diaframma/Self 1999)
LIVE AL ROTOTOM (Diaframma/Self 2000)
CANZONI PERDUTE (Diaframma/Self 2000, antologia di
inediti e rarità)
IL FUTURO SORRIDE A QUELLI COME NOI (Diaframma/Self
2001)
SASSOLINI SUL FONDO DEL FIUME (Diaframma/Self 2002,
antologia di inediti e rarità)
I GIORNI DELL’IRA (Diaframma/Self 2002)
LIVE AL BIG CLUB (Diaframma 2003, fuori commercio, live
del 1988 allegato alla rivista “Mucchio Extra”)
(VOLUME 13) (Diaframma/Self 2004)
SIBERIA. Album storico che fotografa alla perfezione il
clima musicale alternativo di quegli anni. Chitarre
lancinanti – alla Tom Verlaine – basso e batteria d’assalto e
un fiume di parole intense e ficcanti. Un disco dai testi
poetici e dal suono vigoroso, venato da sferzate
malinconiche e trascinato da due grandi canzoni,
Amsterdam e Neogrigio.

DIK DIK
Milano, primi anni ’60: Pietro Montalbetti (“Pietruccio”, ch.
e vc.) viene folgorato da un album live di Cliff Richard & The
Drifters. Nel suo quartiere, via Stendhal e zona Magenta,
allora periferia, vivono (oltre ad altri futuri personaggi famosi
come Cochi Ponzoni, Ricky Gianco, Moni Ovadia) gli amici
Giancarlo Sbriziolo (“Lallo”, bs. e voce principale) ed Erminio
Salvaderi (“Pepe”, ch. e vc.), a tutt’oggi il nucleo del gruppo. I
primi nomi che si danno sono Dreamers e Squali. A loro si
aggiungeranno, al momento del debutto discografico, Sergio
Panno (bt.) e Mario Totaro (ts.). Pietruccio, Lallo e Pepe si
ritrovano per parecchio tempo a suonare nel parco della vicina
Piazza Napoli, prima di presentarsi alla Ricordi e superare il
provino. Ora si chiamano Dik Dik, dal nome di una gazzella
africana, ed esordiscono nel 1965 con un brano di Lucio
Battisti, Se rimani con me, inserito dalla Ricordi in una
raccolta di artisti vari. Nel gennaio dell’anno successivo esce
1-2-3, presentato a “Bandiera gialla” da Gianni Boncompagni,
che venderà 70.000 copie. Sul retro viene riproposto il brano
di Battisti (allora nei Campioni), che in seguito si sarebbe
trasferito anch’egli in zona Magenta. Con il successivo
ingresso in scena di Giulio Rapetti, in arte Mogol, si costituirà
un team di lavoro che per un quinquennio darà risultati
eccellenti, a livello sia artistico che di vendite, facendo dei Dik
Dik uno dei gruppi più popolari d’Italia almeno fino al 1971.
Il retroterra fondamentale della loro musica s’identifica con
grandi gruppi dell’epoca dotati di vocalità di forte impatto:
Beatles, Rolling Stones, Byrds, Them, Yardbirds, accanto agli
Shadows di Hank Marvin. Il grande successo, nel 1966, arriva
però con una cover, tradotta da Mogol, degli americani
Mama’s & Papa’s, l’inno alla terra della pace e dell’amore
Sognando California, nell’originale California Dreamin’ (sul
retro del 45 c’è la battistiana Dolce di giorno), e differenzia
subito il gruppo dagli altri complessi beat italiani, che nelle
riletture privilegiano pezzi provenienti dall’Inghilterra. La
grande popolarità è suggellata dalla chiamata di Federico
Fellini (dopo un tentativo fallito con i Beatles) per contribuire
con un brano alla colonna sonora di “Giulietta degli spiriti”. Il
pezzo, Belfagor, è composto e registrato in un’unica session
durata quasi 24 ore, ma la relativa scena del film viene tagliata
dalla censura, e con essa la canzone.
Intanto i Dik Dik inanellano una serie di altri successi: nel
’66 Il mondo è con noi e soprattutto nel ’67 Senza luce,
fortunatissima copia italiana di A Whiter Shade Of Pale dei
Procol Harum, cantata anche, ma con meno successo, da
Rocky Roberts, Al Bano, Fausto Leali e altri; nel ’68 Il vento,
nel ’69 Il primo giorno di primavera. Finché nel 1970 un bel
pezzo come Io mi fermo qui, eseguito in coppia con Donatello,
viene eliminato a Sanremo. È forse la più grossa delusione per
il gruppo. Seguono altri hit, spesso dovuti alla collaborazione
con Maurizio Vandelli dell’Equipe 84, come L’isola di Wight
(cover della francese Wight Is Wight, di Michel Delpech),
Vendo casa (altro splendido regalo di Mogol-Battisti), Viaggio
di un poeta e infine, nel ’72, un lavoro più ambizioso: l’album
SUITE PER UNA DONNA ASSOLUTAMENTE RELATIVA, prodotto da
Vandelli con testi di Herbert Pagani. Ma un’epoca è ormai
finita e dopo Storia di periferia (1973) il gruppo comincia a
perdere colpi in termini di popolarità, venendo
sostanzialmente incasellato tra le “reliquie” anni ’60. Loro
stessi nel 1993 si presentano a Sanremo insieme a Vandelli e ai
Camaleonti per la nostalgica Come passa il tempo.
Se la produzione che ha dato ai Dik Dik un posto sicuro
nella musica leggera italiana va effettivamente ascritta agli
anni ’60, il gruppo continua tuttora – con Pietruccio, Lallo e
Pepe (affiancati da un giovane quartetto di strumentisti) – a
esibirsi in concerto, anche interpretando l’ampio repertorio di
canzoni dell’amico fraterno Lucio Battisti. Vicino a Milano
hanno aperto il ristorante music club “L’Isola di Wight”, dove
li si può ascoltare frequentemente. (b.mo.)
DISCOGRAFIA

DIK DIK (Ricordi, 1967)


IL PRIMO GIORNO DI PRIMAVERA E ALTRI SUCCESSI (Ricordi,
1969)
L’ISOLA DI WIGHT (Ricordi, 1970)
SUITE PER UNA DONNA ASSOLUTAMENTE RELATIVA (Ricordi,
1972)
STORIE E CONFESSIONI (Ricordi, 1973)
VOLANDO (Dik/Ri-Fi 1976)
DIK DIK (CGD Record Bazar, 1977, nuove esecuzioni di
brani già pubblicati)
SOGNANDO LA CALIFORNIA E ALTRE STORIE (Carosello 1990,
doppio live)
COME FOSSERO FARFALLE (Carosello 1991)
ISOLE IN VIAGGIO (Duck Records 1997)
L’ISOLA DI WIGHT E ALTRI SUCCESSI (MBO, 2000)
SOGNO BEAT (MBO, 2000)
DIK DIK. L’esordio su 33 giri, una raccolta dei brani di quel
periodo, da Senza luce a Sognando la California. Il disco è
prodotto da Mogol (che firma quasi tutti i testi) con
direzione artistica e arrangiamenti di Lucio Battisti. Il suono
dei Dik Dik, più dolce e melodioso rispetto ad altri gruppi
beat, è in Italia quello che più si avvicina alle atmosfere
della West Coast californiana. Dieci brani, molte cover e un
paio di episodi Mogol-Battisti.
DINO
Veronese, classe 1948, Dino Zambelli vince il Festival di
Ariccia del 1962 e a metà anni ’60 è già leader dei Kings, uno
dei più sottovalutati gruppi beat dell’epoca. Voce chiara e
brillante, la sua, grazie alla quale incide nel ’64 Eravamo
amici. È l’inizio di una buona carriera solistica, anche se viene
plasmato per esibire il suo lato melodico. All’anno successivo
risale Te lo leggo negli occhi, splendido brano scritto da
Bardotti e Endrigo, che diventa disco simbolo per le ragazzine
e il “lento” immancabile in ogni festa tra amici. Dino prosegue
con Gli occhi miei, con cui partecipa al Sanremo 1968, La tua
immagine, cover di Simon & Garfunkel, e Il sole è di tutti,
versione di A Place In The Sun di Stevie Wonder registrata
nell’estate del 1969, la stagione che vede Dino al suo massimo
splendore. Con l’inizio degli anni ’70 la produzione
discografica cala drasticamente. Alla metà degli ’80 Dino
riappare assieme alla ventata revivalista. Nel 1997 è nel cast di
“Domenica in” e incide DOLCI CANZONI (per la Duck) con
successi riarrangiati e alcuni brani nuovi.

DIROTTA SU CUBA
Gruppo fiorentino che mescola funky, soul, R&B in una
sorta di acid jazz italiano, fondato nel 1989 da Rossano Gentili
(ts.) e da Stefano De Donato (bs.), a cui si aggiunge prima
come corista e poi come front woman Simona Bencini (vc., 31
agosto 1969); il nome Dirotta su Cuba è tratto da una striscia
del fumettista Bonvi del 1° settembre 1969. Nell’estate 1993 la
voce potente della Bencini si fa notare anche nel quartetto
femminile delle Matte in Trasferta, che annovera anche Irene
Grandi; nel 1994 il fortunato singolo Gelosia anticipa di un
anno l’uscita di DIROTTA SU CUBA (con Liberi di liberi da),
prodotto da Pierpaolo D’Emilio. Seguono NONOSTANTE TUTTO
(con i fiati di Demo Morselli; tra i brani, Sensibilità) nel 1996
e la raccolta È ANDATA COSÌ (1997), che contiene l’omonimo
brano sanremese e una cover di Jesahel dei Delirium. Le
canzoni della band, impegnata nel sociale (AMREF), sono
scelte anche per alcuni spot. Nel 2000 esce DENTRO AD OGNI
ATTIMO (Bang!, Piove con Mario Rosini), nel 2002 FLY (Sono
qui), realizzato senza De Donato (che da solo inciderà
BOLLETTINO PER I NAVIGANTI, disponibile in mp3 gratis su
Internet) e CD d’addio della Bencini, che scrive per
l’occasione L’ultimo ballo. Dopo un tour in cui è
accompagnato da più vocalist, Gentili sceglie come nuova
cantante dei Dirotta la giovane Marquica e pubblica per la sua
etichetta Jazzet l’album anni ’60 JAZ (2005). La Bencini
esordisce invece come solista con il brano di Pacifico Questa
voce (piano di Stefano Bollani, con cui la cantante aveva già
collaborato per un album benefico nel 2001) e il disco
SORGENTE (Warner, 2005), prodotto da Nicolò Fragile e
ristampato con l’inserimento della sanremese Tempesta
(2006), composta con Elisa.

DOLCENERA
Emanuela Trane, nata a Scorrano (LE) il 16 maggio 1977,
figlia di musicisti, studia piano, canto e clarinetto e a 14 anni
scrive le prime canzoni. Dopo il liceo classico si trasferisce a
Firenze e fonda il gruppo “I Codici Zero”, che suona di spalla
agli Articolo 31. Conosce Lucio Fabbri (ex PFM), che diventa
suo produttore. Dopo aver cantato jingle pubblicitari e aver
lavorato come corista in TV, con il nome Dolcenera (dalla
canzone di De André e Fossati) incide Solo tu, con cui
partecipa nel 2002 al programma “Destinazione Sanremo”.
Con Siamo tutti là fuori vince Sanremo Giovani 2003 e
anticipa l’album SORRISO NUCLEARE. Sono due cover (Sei
bellissima e Pensiero stupendo) a farla notare nel 2005 al
reality show “Music Farm”, di cui è la vincitrice. I brani
appaiono in UN MONDO PERFETTO, che ottiene qualche riscontro
di vendita. L’edizione natalizia include un DVD e duetti live
con Baglioni e la Bertè. Nel 2006 torna al Festival di Sanremo
con Com’è straordinaria la vita (tema del film “Ma l’amore
sì”), che anticipa l’uscita de IL POPOLO DEI SOGNI. Artista di
qualche potenzialità vocale, resta ancora troppo legata a
scontati moduli pop.

DON BACKY
Interprete fra i più originali degli anni ’60, con un timbro
nasale di grande intensità, nonché autore, Aldo Caponi nasce a
S.Croce sull’Arno (PI) nel 1939. Inizia con il rock’n’roll, per
poi legarsi al Clan di Celentano, con cui rompe bruscamente
(con strascichi legali) alla vigilia di Sanremo ’68 (anno in cui
gira fra l’altro “Banditi a Milano” di Lizzani), dove lo stesso
Celentano, in coppia con Milva, finisce terzo con la sua
Canzone (e un altro suo brano, Casa bianca, è secondo grazie
al binomio Vanoni-Sannia). Di Canzone anche Don Backy non
manca di fornire un’interpretazione pienamente nel suo stile;
fra gli altri suoi vertici, Poesia e soprattutto L’immensità,
portata a Sanremo nel ’67 (così come, nel ’69, Un sorriso,
terzo in coppia con Milva, e nel ’71 Bianchi cristalli sereni). Il
suo astro declina con il nuovo decennio, benché la sua attività
(anche discografica) prosegua. È comunque il fenomeno del
revival, insieme a un’innata vis polemica e provocatoria, a
riportarlo di quando in quando sotto i riflettori, specie per
attaccare l’ex amico Celentano. Nel 2006 viene pubblicata la
doppia antologia DON BACKY, IERI E OGGI, che contiene anche
diversi inediti, mentre uno dei nuovi gruppi italiani più
affermati, i Negramaro, propone la sua L’immensità.

CRISTINA DONÀ
Artista multiforme, prima ancora che musicista e cantante,
Cristina Donà (vero nome: Cristina Trombini) nasce a Rho,
alle porte di Milano, il 23 settembre 1967 da genitori veneti. A
17 anni, folgorata da Springsteen, decide di fare musica, ma
intanto studia al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti di
Brera; a 22 anni inizia a calcare i palchi dei pub con un
repertorio di cover in inglese (U2, Waterboys, Sinead
O’Connor e altri), da sola o con la band di allora, i Lullematt.
Intanto lavora come decoratrice scenografa, anche per i set di
alcuni videoclip, come Gioconda dei Litfiba. Nel ’91 apre un
concerto degli Afterhours di Manuel Agnelli, il quale la spinge
a dedicarsi stabilmente alla musica e a scrivere in italiano
(Agnelli produrrà poi i suoi primi due dischi). Lei inizia a
comporre, e per i testi delle prime canzoni in inglese collabora
con il giornalista Davide Sapienza, che diverrà suo marito. Il
primo testo in italiano è L’aridità dell’aria, ispirata a Just Like
You Said It Would Be di Sinead O’Connor. La gavetta culmina
con l’ingresso alle finali del Premio Ciampi del 1995.
L’anno successivo il brano Terra blu dalla compilation
MATRILINEARE crea interesse nei suoi confronti, ampiamente
ripagato da TREGUA (1997), che la rivela come interprete e
autrice dalla sensibilità originale, rocker e cantautrice con una
scrittura e un suono immaginifici, raffinati e obliqui. Il disco
riceve la Targa Tenco per l’opera prima. In questo periodo la
Donà è ospite in dischi di La Crus (dei quali apre vari
concerti), Eric Wood e Marco Parente, e duetta con Ginevra Di
Marco in Maryan, sul tributo THE DIFFERENT YOU. ROBERT
WYATT E NOI (1998). Wyatt la apprezza molto, tanto da
comparire come ospite in Goccia, uno dei brani di punta del
notevole NIDO (1999), un lavoro ancora una volta carico di
tensioni più o meno malcelate ma non privo di dolcezza, tanto
nella musica quanto nei testi. Con il disco la Donà vince il
Premio SIAE/Club Tenco come miglior autore emergente.
Attorno a lei si è creato intanto un gruppo fisso di musicisti,
formato da Lorenzo Corti (ch.), Marco Ferrara (bs.) e il
fedelissimo Cristian Calcagnile (bt.), ma non mancano ospiti
vecchi e nuovi quali Morgan, Parente e Agnelli, che subentra
nella produzione del disco a Mauro Pagani.
Ormai considerata una delle figure femminili di spicco del
rock indipendente tricolore, la Donà progetta una versione in
inglese delle sue canzoni e dà alle stampe nel 2000 il singolo
Goccia. Nello stesso anno esce per Mondadori la raccolta di
poesie, pagine di diario e lettere “Appena sotto le nuvole” (che
le assicura nuovi fan), seguita nel 2003 da “God Less
America”, diario di viaggio con Michele Monina. L’evento
fondamentale di questo periodo è però la partecipazione – la
prima per un artista italiano – al Meltdown Festival di Londra
del 2001, dove conosce Davey Ray Moor, allora tastierista dei
Cousteau. Accantona il materiale elaborato fin a quel
momento per un nuovo album e con la produzione di Moor
realizza nel 2003 DOVE SEI TU (con Invisibile e Give It Back in
inglese), maggiormente incentrato su una forma-canzone di
stampo classico, anche se con deviazioni e contaminazioni.
L’album appare in classifica, e il singolo Triathlon, remixato
dai Subsonica, ottiene buoni passaggi radiofonici e televisivi.
L’anno successivo la Donà partecipa a TELEPATHY di Stellar
Ray, il progetto solista di Moor, e a A.C.A.U. - LA NOSTRA
MERAVIGLIA di Gianni Maroccolo. In autunno, sulla scorta dei
ripetuti consensi ottenuti all’estero, pubblica CRISTINA DONÀ,
versione con testi tradotti in inglese (da Sapienza e Moor)
dell’album precedente, più una cover dei Bee Gees, How Deep
Is Your Love. Pubblicato dalla Ryko in 33 paesi del mondo, tra
cui il Regno Unito, l’album riceve una buona accoglienza da
parte della critica. La versione di Triathlon esce come singolo
nel gennaio del 2005, con quattro brani live. Poco dopo la
rivista “MucchioExtra” allega un CD con un live acustico del
2002 insieme a Manuel Agnelli e Marco Parente. Nel 2006
prende avvio il tour “Il suono della luce” in cui la Donà è sola
sul palco. (e.de. - a.pa.)
DISCOGRAFIA

TREGUA (Mescal, 1997)


NIDO (Mescal, 1999)
DOVE SEI TU (Mescal, 2003)
CRISTINA DONÀ (Mescal/Ryko, 2004, versione in inglese del
precedente)
TREGUA. La Donà del primo disco è un’artista già dotata di
una personalità matura e sfaccettata. Testi suggestivi si
affiancano a convincenti soluzioni sonore e melodiche,
avvolgenti e acustiche o cariche di elettricità, ma sempre
caratterizzate da una certa oscurità di fondo, esaltata dalla
produzione di Manuel Agnelli. Spicca Stelle buone.

PINO DONAGGIO
Veneziano di Burano, classe 1941, conosce un largo
successo negli anni ’60 come autore-interprete di brani
dall’ampio respiro melodico, il cui prototipo è Io che non vivo
(senza te), portato a Sanremo ’65 e che conoscerà fama
internazionale. Canzoni quali Come sinfonia, Motivo d’amore,
Io per amore, tutte presentate a loro volta a Sanremo (10 le sue
partecipazioni) ottengono anch’esse buoni consensi, il che non
impedisce a Donaggio di aprirsi a partire dal 1973 a una nuova
e ancor più luminosa carriera come autore per il cinema. Sono
innumerevoli le colonne sonore realizzate per registi del
calibro di Brian De Palma (“Vestito per uccidere”, 1980,
“Omicidio a luci rosse”, 1985 ecc.), Liliana Cavani (“Oltre la
porta”, 1983, “Interno berlinese”, 1985) e tanti altri, passando
dalla commedia (Troisi-Benigni in “Non ci resta che
piangere”, Verdone, Vanzina), al thriller (anche con Dario
Argento), a un ambito più impegnato (da Marcello Aliprandi,
ripetutamente, al “Caso Moro” di Giuseppe Ferrara).
Numerosi i riconoscimenti, in Italia e all’estero.

DONATELLO
Giuliano Illiani muove i primi passi nel movimento
complessistico di Tortona, dov’è nato nel 1947. Prima con i
Wanted’s dal ’62 al ’66, poi con gli Amici, finché dal ’68
diviene chitarrista nel gruppo che accompagna Gianni
Morandi. Debutta con il nome d’arte di Donatello nel 1970 al
Festival di Sanremo, presentando in coppia con i Dik Dik Io
mi fermo qui, che non va in finale ma lo lancia nel firmamento
canoro. In settembre la sua Malattia d’amore è Gondola
d’Argento a Venezia, mentre dal ’71 al ’73 Sanremo lo vede
sempre presente (con Com’è dolce la sera, Ti voglio e Tu
giovane amore mio) e sempre in finale. Ancora nel 1973 è
protagonista del film “Diario di un italiano” (nel ’79 lo si
rivedrà in “Liquirizia” di Samperi). Dopo “Un disco per
l’estate” ’74 (Irene), chiude con la Ricordi (una decina di 45
giri e un LP), recuperando via via antichi legami (in seno al
Canzoniere Popolare Tortonese, poi a Graphonica, con cui nel
1994 vara il progetto “Liverpool, via Emilia”) e incidendo il
suo album più maturo (non a caso firmato con il suo vero
nome), A MIO NONNO AMBULANTE (1978). La moda del revival
lo vede di rado in prima linea.

JOHNNY DORELLI
Figlio del cantante Nino D’Aurelio, Giorgio Guidi, noto al
pubblico come Johnny Dorelli, nasce a Milano il 20 febbraio
1937. Legato sia allo swing che alla melodia, acquisisce
inizialmente notorietà in America per tornare in Italia alla fine
degli anni ’50, portando in dote una vocalità quasi da crooner:
vince per due volte consecutive il Festival di Sanremo a fianco
di Domenico Modugno, nel 1958 con Nel blu dipinto di blu,
l’anno dopo con Piove. Una serie di successi (fra cui nel 1958
My Funny Valentine, nel 1959 Love in Portofino e Julia, nel
1960 Lettera a Pinocchio, nel 1962 Le rose sono rosse e
Speedy Gonzales) ne fa una star della canzone, mentre
contemporaneamente comincia ad affermarsi anche come
attore teatrale e cinematografico, nonché come personaggio
televisivo. Partecipa nuovamente al Festival nel 1967 con
L’immensità, nel 1975 riempie i teatri con il musical teatrale
“Aggiungi un posto a tavola”, per poi concedersi quasi
totalmente alla TV e al teatro. Solo nel 2004 torna nei negozi
di dischi con SWINGIN’, poi anche su DVD.

PAOLO DOSSENA
Produttore e discografico. Giunto a Roma da Parma, la sua
città natale (1942), all’inizio degli anni ’60, intraprende una
proficua collaborazione con la RCA che culmina nella
produzione di importanti artisti d’oltralpe: Sylvie Vartan,
Aznavour, Dalida e Barrière per cui svolge anche l’attività di
autore-traduttore per molti brani di successo. All’inizio degli
anni ’70 fonda la Delta Italiana, inizialmente società editoriale
e poi etichetta con cui lancia Riccardo Cocciante; in qualità di
produttore, e a volte arrangiatore, collabora con Francesco De
Gregori, Antonello Venditti, Schola Cantorum e Patty Pravo,
per la quale scrive il testo di Pazza idea. Collabora poi con la
CAM, celebre società editoriale e discografica, e fonda una
nuova etichetta, la Compagnia Nuove Indye (CNI), oggi
caratterizzata da un ricco catalogo discografico,
particolarmente improntato alla contaminazione con la musica
etnica. Da alcuni anni organizza a Roma il “Premio Fabrizio
De André”.

DRUPI
All’anagrafe Giampiero Anelli, Drupi nasce a Pavia nel
1947. È autore di alcuni dei suoi brani, e cantante dal timbro
quasi blues e rhythm and blues (i suoi punti di riferimento
iniziali), ma lega la propria popolarità a brani melodici che lo
lanciano come una delle star della canzone leggera degli anni
’70 in Italia. L’esordio, dopo vari mestieri, risale al Festival di
Sanremo 1973 con Vado via, che raggiunge i vertici delle
classifiche ed è seguita da una serie di hit che affermano il suo
personaggio in Italia e in Europa: Rimani, Piccola e fragile,
Sereno è (con il relativo album del ’74 che entra in classifica),
Due (con cui nel 1975 vince il Festivalbar) e soprattutto
Sambariò. Negli anni ’80 ottiene ancora qualche riscontro con
le sanremesi Soli, Regalami un sorriso ed Era bella davvero,
ma a partire dal decennio successivo la notorietà si appanna,
specie in Italia, nonostante la pubblicazione di un album ricco
di firme prestigiose, AVANTI del 1990, e le consuete incursioni
festivaliere. Tuttora noto nei paesi dell’Est Europeo, nel 2004
torna sulle scene, senza esiti commerciali, con BUONE NOTIZIE.
E
E ZEZI
Il nome completo è “Gruppo Operaio E Zezi” ed esprime in
maniera efficace l’identità artistica e sociale dell’ensemble. E
Zezi è un collettivo musicale (e teatrale) nato nel 1974 a
Pomigliano d’Arco (NA) da un gruppo di lavoratori
dell’Alfasud, con l’obiettivo di cantare le lotte di fabbrica
della Campania e del Meridione, per iniziativa di Marcello
Colasurdo (voce e anima del gruppo per i primi vent’anni),
Angelo De Falco (pr.), Luca Dell’Aversana (cha.) e Matteo
D’Onofrio (vc.). Nel 1976 il primo disco – tra scoppiettanti
tammurriate e commoventi ballate – affianca a brani
tradizionali come Bandiera rossa inediti racconti operai come
‘A Flobert: il titolo è TAMMURRIATA DELL’ALFASUD (in cui
suona anche un giovanissimo Daniele Sepe). Nonostante
l’oscuramento da parte dei media per tutti gli anni ’80, il
gruppo continua con successo la sua lodevole attività, tra
concerti in tutta Italia e all’estero, esperienze teatrali e
contaminazioni artistiche, collaborando con numerosi
musicisti. Nel 1994 si aggiunge Antonio Fraioli (vi.) e gli E
Zezi rinascono con l’album AUCIELLO RO MIO, pubblicato
anche da un’etichetta americana, la Lyrichord: un lavoro vitale
e appassionato, che miscela musica popolare, canzone politica
e riscritture moderne, grazie al contributo di ospiti come
Maglietta dei Bisca, Capuano e Raiss degli Almamegretta.
Dopo l’entusiasmante PUMMAROLA BLACK (1995, in cui
spiccano la title track e Posa e sorde), Colasurdo abbandona la
formazione ed è sostituito da Monica Pinto, che si aggiunge
insieme a Pasquale Volante (cb.). Il gruppo desta l’interesse
della critica internazionale, tanto che Peter Gabriel entra in
contatto con loro tramite la Real World, la sua etichetta
discografica di musica etnica per la quale però uscirà ANIME
PERZE a nome Spaccanapoli, formazione composta da ex
componenti di E Zezi. Nel 1999 la Manifestolibri pubblica “Il
Vesuvio nel motore”, biografia scritta da Giovanni Vacca. Del
2003 è DIAVULE A QUÀTTO (in cui compare Zulù, ex 99 Posse).
La storia di E Zezi è, oggi, imprescindibile per qualunque
esperienza di musica popolare del sud.

EIFFEL 65
Formazione di musica da discoteca, formatasi nel 1998 e
composta dal cantante Jeffrey Jey, da Maurizio Lobina e dal dj
Gabry Ponte, già insieme in vari progetti dell’etichetta dance
Bliss Corporation. Inizialmente compongono e interpretano
brani in lingua inglese, con grandi riscontri soprattutto
all’estero. Il primo singolo è Blue (Da ba dee). Per i loro primi
album, EUROPOP e CONTACT e i relativi singoli (Move Your
Body, Too Much Of Heaven dal primo; Back In Time, Lucky e
80’s Stars, remix di Centro di gravità permanente di Franco
Battiato, dal secondo) si parla di 15 milioni di copie vendute.
Nel 2002 cominciano a produrre anche in italiano e
conquistano i primi posti delle playlist radiofoniche estive con
Cosa resterà. Nel 2003 sono a Sanremo con Quelli che non
hanno età, brano di scarso livello che otterrà un discreto
successo. Dopo l’uscita di EIFFEL 65, il loro terzo album, in
estate bissano con Viaggia insieme a me.

LUDOVICO EINAUDI
Compositore e pianista che riesce a radunare platee molto
meno sparute di quelle che normalmente ottiene la musica
colta contemporanea. Nato a Torino il 23 novembre 1955,
dopo una formazione accademica con diploma in pianoforte e
in composizione, diviene assistente di Luciano Berio. Scrive
STANZE (1992) per arpa, cui segue LE ONDE (1996) che gli dà
una certa notorietà. Il suo è uno stile minimalista ma
impregnato di lirismo, diluito su archi sonori che lasciano
traccia della melodia. Con un pianismo molto attento alla
dinamica e aperto a differenti culture musicali, Einaudi
compone per il cinema, la danza, il teatro e anche per
ensemble cameristici e per orchestra. Esegue i suoi lavori in
sedi prestigiose quali l’IRCAM di Parigi e ottiene successo in
Inghilterra. Dopo I GIORNI (2001) pubblica il doppio album dal
vivo LA SCALA: CONCERT 03 03 03 (2003), frutto dei concerti
solistici. Alla costituzione del quintetto Einaudi Electric
Ensemble segue il nuovo lavoro UNA MATTINA (2004).
ELETTROJOYCE
Guidati dal cantante e bassista Filippo Gatti, gli Elettrojoyce
si formano a Roma nel 1993 e ben presto, grazie al demo
“Fumo” e all’attività live, diventano i beniamini del pubblico e
delle radio rock della capitale. Il primo lavoro dell’ensemble,
l’autoprodotto ELETTROJOYCE (1996), ben definisce una
personalità al bivio tra cantautorato rock e influenze new
wave. La vittoria a numerosi concorsi nazionali porta alla
firma con la Epic/Sony, per la quale esce nel 1999 un secondo
album, anch’esso omonimo, salutato più che positivamente
dalla critica. Con il passare degli anni tuttavia i contrasti tra
Gatti e gli altri componenti del gruppo – Stefano Romiti (ch.),
Andrea Salvati (ts.) e Fabrizio D’Armini (bt.) – diventano
insanabili, fino al loro abbandono, durante le lavorazioni di
ILLUMINA (2000). Il disco, innegabile prova di maturità
stilistica, rappresenta il canto del cigno per gli Elettrojoyce e
l’anticamera dell’esordio solistico di Gatti, che avviene due
anni più tardi con l’intimo e raffinato TUTTO STA PER CAMBIARE,
con ospiti Vittorio Nocenzi del Banco e Bruno Lauzi. Nel
frattempo, il resto della band ha dato alla luce, con il nome di
E42, l’EP THE ALBUM PART 1 (2003) e LIBERA (2004).

ELIO E LE STORIE TESE


Nonsense, giochi di parole, goliardia, volgarità, irriverenza
e una proverbiale perizia tecnica dei componenti: Elio e le
Storie Tese costituiscono certamente un fenomeno unico nella
canzone italiana. Nonostante l’aggettivo “demenziale” sia
riduttivo per l’ensemble milanese, l’unica entità a loro
paragonabile per certi versi (nonostante alcune diatribe tra i
due gruppi) è quella degli Skiantos, che rimangono tuttavia su
un piano musicale senz’altro meno elaborato ed eclettico, ma
anche su standard – forse volutamente – più elementari e meno
imprevedibili sul piano del linguaggio. A venticinque anni di
distanza dagli esordi, Elio e le Storie Tese riescono ancora,
soprattutto a livello di contenuti testuali, a divertire e
sorprendere. Gli Elii (come vengono spesso chiamati) nascono
a Milano nel 1979, in un liceo frequentato da Stefano “Elio”
Belisari (che poi si laureerà in Ingegneria oltre a diplomarsi in
flauto al Conservatorio) e Pierluigi Zuffellato (bt.), che lascerà
dopo poco. Il nome “Elio” è quello del primo brano scritto.
Dopo vari avvicendamenti, nel 1985 la formazione si
stabilizza con Elio (1961, vc. fl.), che lascia la chitarra che
aveva suonato sino a ora, Sergio “Rocco Tanica” Conforti
(1964, ts.), Davide “Cesareo” Civaschi (1962, ch.), Nicola
“Faso” Fasani (1965, bs.). Al posto della batteria viene
utilizzata la drumulator di Tanica. Il batterista Christian Meyer
(1965) entra nel 1989, insieme a Paolo “Feiez” Panigada
(1962, sx. e ps.).
Il primo concerto si tiene nel luglio 1980 alla festa del CAF
San Siro, mentre la prima incisione ufficiale è nel 1985 con il
brano Abbecedario, inserito nella compilation MUSICA
METROPOLITANA. Ma già ora, almeno nel Nord Italia, Elio e le
Storie Tese sono il nuovo gruppo culto per antonomasia,
immortalati in numerosi bootleg come “Live in
Borgomanero”. I locali prediletti che li vedono protagonisti
sono a Milano il Magia Music Meeting e poi lo Zelig, non
ancora diventato nazional popolare e fenomeno televisivo.
Nell’88 si esibiscono al teatro Ciak per una settimana
richiamando 4000 spettatori. Gruppo veramente di culto, nel
senso che al momento dell’esordio discografico ufficiale,
datato 1989, gli Elii hanno già un abbondante pubblico che
spinge il disco – con il vezzo di un titolo improbabile, ELIO
SAMAGA HUKAPAN KARIYANA TURU (traduzione in cingalese di
“Sburriamo e scureggiamo con Elio in allegria”) – oltre le
100.000 copie. L’esordio discografico contiene brani ormai
classici come John Holmes (una vita per il cinema), Silos,
Cassonetto differenziato per il frutto del peccato, Cara ti amo.
Nel 1990 pubblicano THE LOS SRI LANKA PARAKRAMABAHU
BROTHERS FEATURING ELIO E LE STORIE TESE (con Agnello
Medley, Born To Be Abramo) e stabiliscono il record mondiale
per la canzone più lunga, con un’esibizione di 12 ore di Ti
amo, di cui anni prima avevano già offerto una versione di 43
minuti con tredici bassisti sul palco. Nel 1991 sono al concerto
del Primo Maggio dove eseguono Sabbiature che attacca vari
uomini politici e viene perciò censurata. Dal 1992 si affianca
alla band dal vivo “Mangoni”, architetto nella vita e “pirla” sul
palco. Dello stesso anno è ITALYAN, RUM CASUSU ÇIKTI con
ospiti come Enrico Ruggeri, Diego Abatantuono, Timoria,
Riccardo Fogli, Chieftains e Le Mystère des voix bulgares,
questi ultimi nel singolo Pipppero, che entra in classifica. Tra i
brani, Servi della gleba, Essere donna oggi, Uomini con il
borsello (ragazza che limoni sola), Il vitello dai piedi di balsa.
Nel 1993 inseriscono in ESCO DAL MIO CORPO E HO MOLTA PAURA
vari brani del primo periodo mai incisi ma ben noti al loro
pubblico come La saga di Addolorato, Cavo, You, Noi siamo i
giovani (con i blue jeans), Catalogna, Né carne, né pesce. Al
disco partecipano anche i primi componenti del gruppo. A fine
’95 gli Elii, con il nome di Il Complesso Misterioso e il
cantante Graziano Romani, incidono Christmas With The
Yours.
Il culto non smette di consolidarsi, arrivando poi a
dimensioni anche nazional popolari dapprima grazie alle
durature collaborazioni con la fortunata trasmissione televisiva
”Mai dire gol” (brani come Amico uligano, Nessuno allo
stadio o La cinica lotteria dei rigori), poi con un programma
su Radio Deejay e infine con la storica partecipazione a
Sanremo nel 1996, con l’irresistibile La terra dei cachi. Al di
là del secondo posto e del Premio della critica, il pezzo rimane
nella memoria collettiva anche visivamente per le bizzarre
esecuzioni degli Elii: ad esempio nella terza serata, quando il
regolamento impone di proporre solo un minuto di ogni brano
in gara, il gruppo esegue la canzone per intero in una versione
acceleratissima; nella serata finale si esibiscono invece vestiti
da Rockets. L’album relativo, EAT THE PHIKIS, ottiene un
notevole successo anche di vendite: oltre 200.000 copie, e una
nuova infornata di “classici” (El Pube, Mio cuggino, Li
immortacci, Tapparella) che definiscono in termini chiari,
anche nella percezione del grande pubblico, le coordinate della
poetica del gruppo: le “parolacce” e le volute fanfaronate dei
testi, che dietro l’apparente, incommensurabile stupidità
arrivano invece a sottolineare e “spernacchiare” vizi e vezzi
con un senso dell’umorismo molto personale; la
predisposizione, ovviamente a fronte dell’indiscutibile perizia
tecnica dei musicisti, a toccare i più disparati generi stilistici
(dalla dance anni ’70 più kitsch a citazioni di ogni sorta), nel
segno della dichiarata ammirazione per Frank Zappa; e anche
la predisposizione a coinvolgere colleghi dalle improbabili
affinità, da James Taylor a Giorgio Bracardi, da Gianni
Morandi a Maurizio Crozza. La terra dei cachi, nel frattempo
diventata un classico tout court della “canzonetta” italiana,
viene incisa anche con l’Orchestra Casadei e in dialetto sardo
dai Tenores di Neoneli, con i quali Elio si esibisce spesso.
Intanto il gruppo, chiamato da Rocco Siffredi, partecipa (con
ruoli non attivi) al film hardcore “Rocco e le Storie Tese”.
Ironia al potere anche nella raccolta DEL MEGLIO DEL NOSTRO
MEGLIO VOL. 1 (con foto di copertina a chiara citazione delle
confezioni di una marca di preservativi).
Nel 1998 la band è colta da un grave lutto: Feiez muore
colpito da ictus, durante un concerto con la Biba Band 8
(progetto parallelo di alcuni membri della formazione). Al
posto di Feiez entrerà Antonello “Jantoman” Aguzzi (ts.).
All’album successivo, del ’99, spetta il premio per il più
impronunziabile titolo, CRACCRACRICCRECR. Dal vivo, intanto,
il fenomeno Elio e le Storie Tese si caratterizza sempre più per
la sfrontatezza ilare condivisa con un pubblico sempre più
ampio e complice, e non è un caso che nello stesso anno il
gruppo si aggiudichi un MTV Award europeo come “Best
Italian Act”. Ancora una sfrontata citazione nel live MADE IN
JAPAN, in cui titolo e copertina fanno il verso al celeberrimo
album dei Deep Purple e la musica assembla ogni tipo di
genere musicale. Nel 2003 esce un nuovo album in studio,
CICCIPUT, con Shpalman, Fossi figo e l’accorata “preghiera”
Litfiba tornate insieme (fra l’altro con Pelù e Renzulli), e una
parata di ospiti come Max Pezzali, Enrico Ruggeri, Laura
Pausini, Claudio Bisio e Mauro Pagani. Nel 2004 escono i libri
“Fiabe centimetropolitane” e “Animali spiaccicati”,
rispettivamente a nome di Elio e di Elio e le Storie Tese, per
Bompiani ed Einaudi Stile Libero, e “L’importanza di
chiamarsi Elio”, saggio biografico di Angelo Di Mambro, per
Castelvecchi.
Il successivo, importante passo, sorta di punto di svolta
nell’ambito del mercato discografico, è l’invenzione del
cosiddetto “CD brulè”, ovvero la registrazione (fatta sul
momento e a prezzo decisamente inferiore rispetto al
tradizionale CD, per essere acquistata dal pubblico a fine
serata) della prima ora di ogni concerto. Una sorta di “bootleg
ufficiale” che evidentemente scardina i tradizionali ruoli
dell’etichetta discografica e della rete di distribuzione, e che si
propone soprattutto come una testimonianza-ricordo del
concerto. I “CD brulè” saranno ripresi nel 2004 in IL MEGLIO DI
“HO FATTO 2 ETTI E MEZZO LASCIO?”, e nel 2005 in IL MEGLIO DI
“GRAZIE PER LA SPLENDIDA SERATA”. (e.de. - b.mo.)
DISCOGRAFIA

ELIO SAMAGA HUKAPAN KARIYANA TURU (Psycho 1989)


THE LOS SRI LANKA PARAKRAMABAHU BROTHERS FEATURING
ELIO E LE STORIE TESE (Psycho 1990)
ITALYAN, RUM CASUSU ÇIKTI (HUKAPAN 1992)
ESCO DAL MIO CORPO E HO MOLTA PAURA (HUKAPAN 1993,
raccolta di inediti del periodo 1979-1986)
EAT THE PHIKIS (Aspirine, 1996)
DEL MEGLIO DEL NOSTRO MEGLIO VOL 1 (HUKAPAN, 1997,
raccolta con nuove versioni e due inediti)
PERLE AI PORCI (Aspirine 1998, cofanetto con tutti gli album
ufficiali e con PEERLA, raccolta di inediti e delle sigle di
“Mai dire gol”)
CRACCRACRICCRECR (Aspirine, 1999)
TUTTI GLI UOMINI DEL DEFICIENTE (Aspirine, 1999, colonna
sonora dell’omonimo film)
MADE IN JAPAN (Aspirine 2001, doppio dal vivo)
CICCIPUT (Aspirine, 2003)
IL MEGLIO DI “HO FATTO DUE ETTI E MEZZO, LASCIO?” (Hukapan,
2004, cofanetto di 3 CD live contenente il meglio dei primi
39 “CD brulè”)
IL MEGLIO DI “GRAZIE PER LA SPLENDIDA SERATA” (Hukapan,,
2005, cofanetto di 3 CD live contenente il meglio dei primi
28 “CD brulè” dell’anno)
EAT THE PHIKIS. È l’album che li consacra al successo
nazional popolare, e che a tutt’oggi rimane il più
memorabile “colpo” degli Elii. La terra dei cachi è l’hit
sanremese, cui seguono altri classici come El Pube, in salsa
cubana, Li immortacci, Mio cuggino, Lo stato A lo stato B,
Tapparella. James Taylor al canto in First Me, Second Me.
CRACCRACRICCRECR. L’album comincia con un solo di sax
che vuol essere un chiaro omaggio a Feiez, scomparso pochi
mesi prima. Parodie di Ligabue in Bis e un tono generale da
presa in giro accentuata in La bella canzone di una volta, Il
rock and roll, e soprattutto in Caro 2000, surreale invito a
“volare basso” rivolto all’attesissimo terzo millennio.
IL MEGLIO DI “HO FATTO DUE ETTI E MEZZO, LASCIO?”. 32
brani, suddivisi in tre dischi, registrati in presa diretta senza
correzioni in studio, selezionati da 39 concerti del tour
2004. Una summa abbastanza indicativa di come gli Elii
possano contare su una particolare forza live. Con classici
come La vendetta del fantasma formaggino, John Holmes
(una vita per il cinema), Pippero, Il vitello dai piedi di
balsa, Supergiovane e Cara ti amo..

ELISA
Elisa Toffoli (Monfalcone, Gorizia, 19 dicembre 1977) è un
talento compositivo e interpretativo di rara intensità. Lo
capisce subito Caterina Caselli, quando nel 1995 ascolta un
nastro con i suoi provini passatole dal cantautore Lucio
Quarantotto. Elisa compone già da alcuni anni, solitamente in
inglese ma a volte anche in dialetto friulano. La prima
canzone, Anthea, la scrive a 11 anni, cresce leggendo i testi e
le poesie di Jim Morrison e ascoltando il rhythm’n’blues
americano. A 14 anni canta con il suo primo gruppo, i Seven
Roads, a cui seguono varie cover bands, esperienze di piano
bar e con la Blue Swing Orchestra, una big band di ventidue
elementi. Il contratto con la Sugar, l’etichetta della Caselli, si
concretizza nel 1996 e nel settembre dell’anno successivo esce
il primo album, PIPES & FLOWERS, interamente scritto da Elisa
in inglese, registrato negli Stati Uniti con la produzione di
Corrado Rustici e che ha i suoi punti di forza in Labyrinth e in
Sleeping In Your Hand, quest’ultima già edita su singolo nel
maggio precedente. Il successo viene consolidato con la
partecipazione al tour di Eros Ramazzotti, con la Targa Tenco
come miglior opera prima e con il singolo Cure me, che
arricchisce la ristampa del CD.
La crescita artistica si confronta con produttori di fama
internazionale come Howie B. e Darren Allison, che con gli
italiani Vernetti, Malavasi e Leo Z realizzano il secondo disco
ASILE’S WORLD, pubblicato il 5 maggio 2000 dopo una
travagliata lavorazione. Gift è il primo singolo. Alla fine
dell’anno Elisa compone (con la madre) una nuova canzone,
Come Speak To Me; la sua casa discografica la convince a
partecipare al Festival di Sanremo con la versione in italiano,
firmata dalla stessa Elisa con Zucchero, intitolata Luce
(tramonti a nord est). Elisa vince il Festival e anche il Premio
della critica ma la canzone mieterà successi per tutto il 2001,
compreso un prestigioso MTV-European Music Awards come
miglior artista italiana. In Spagna esce la versione spagnola
intitolata Hablame. THEN COMES THE SUN è il terzo album di
Elisa, prodotto ancora da Rustici e registrato interamente negli
Stati Uniti; nel disco spiccano Heaven Out Of Hell e Rock
Your Soul oltre alla struggente Dancing consacrata nel film “A
Time For Dancing”. Subito dopo la pubblicazione del disco
viene approntata un’edizione esclusiva per il mercato estero,
intitolata semplicemente ELISA, che include anche alcuni pezzi
di ASILE’S WORLD. Il disco esce in quasi tutto il mondo
comprese nazioni atipiche per la diffusione della musica
italiana come il Sudafrica, la Nuova Zelanda e la Turchia.
L’edizione spagnola contiene anche Hablame. Intanto le
vendite dei primi tre album si mantengono sempre alte. Nel
2002 Elisa debutta a Palermo come protagonista di “Ellis
Island”, un’opera musicale sul tema dell’immigrazione, e nel
2003 torna a cantare in italiano con la cover di Almeno tu
nell’universo (dal repertorio di Mia Martini), scelta per la
colonna sonora del film “Ricordati di me” di Gabriele
Muccino e pubblicata anche su singolo. Nel frattempo
partecipa a dischi degli Avion Travel e dei Tiromancino. Alla
fine dell’anno esce a sorpresa LOTUS, un disco fortemente
voluto da Elisa, in cui reinterpreta alcune perle del suo
repertorio accanto ad alcune cover. Il progetto di LOTUS
comprende anche una lunga tournée e un doppio DVD. Se
LOTUS privilegia sonorità acustiche e atmosfere morbide, le
canzoni di PEARL DAYS, il quinto album di Elisa pubblicato il
15 ottobre 2004, sono decisamente più rock, complice anche la
collaborazione con il produttore Glen Ballard. Together e The
Waves sono i brani del disco più programmati dalle radio, che
Elisa promuove con il “Pearl days tour”, inaugurato nel
dicembre dello stesso anno.
(m.ne.)
DISCOGRAFIA

PIPES & FLOWERS (Sugar/Universal 1997, ristampato nel


1998 con un brano aggiunto)
MR. WANT(Sugar/Universal 1997, mini CD con inediti live)
CURE ME (Sugar/Universal 1998, mini CD con inediti su
album)
ASILE’S WORLD (Sugar/Universal 2000, ristampato nel 2001
con tre brani aggiunti)
THEN COMES THE SUN (Sugar/Universal 2001)
ELISA (Sugar/Sony/Epic 2002, per il mercato estero,
l’edizione spagnola ha un brano in lingua)
ALMENO TU NELL’UNIVERSO (Sugar/Universal 2003, mini CD
con inediti su album)
BROKEN (Sugar/Universal 2003, mini CD con inediti su
album)
LOTUS (Sugar/Universal 2003, pubblicato anche in versione
SACD con DVD allegato)
EARL DAYS (Sugar/Universal 2004, ristampato nel 2005 con
un brano aggiunto)
UNA POESIA ANCHE PER TE (Sugar/Universal 2005, mini CD)
SOUNDTRACK - THE BEST OF 1996-2006 (Sugar/WEA 2006,
antologia con tre inediti)
Nota: la discografia non comprende CD singoli o mini CD
che non abbiano brani o versioni realmente inedite e non
solo remix.
LOTUS. Il primo disco in cui Elisa si autoproduce. Con i suoi
fedeli accompagnatori e Pasquale Minieri rilegge alcune sue
composizioni come Sleeping In Your Hand, Rock Your Soul
o Luce e le affianca con pregiate versioni di canzoni
manifesto come Femme Fatale dei Velvet Underground o
Hallelujah di Leonard Cohen (anche se Elisa sembra più
ispirata dalla versione che Jeff Buckley presentava
regolarmente nei suoi concerti). Le sonorità delicate e
l’atmosfera da live per pochi intimi fanno risaltare anche le
nuove composizioni, come Broken. Il disco mette in luce
una Elisa diversa, più consapevole della sua arte e
perfettamente in grado di affrancarsi dalle necessità
produttive del pop globale.

SERGIO ENDRIGO
“Il cantante che piace anche alle persone serie”, lo definiva
una rivista all’inizio della carriera. Sergio Endrigo nasce a
Pola il 15 giugno del 1933. Il padre è tenore autodidatta ma
muore quando Sergio ha solo sei anni: “Un articolo su di lui
diceva, più o meno, che finalmente c’era un tenore che non
esagerava con gli ooooooh e gli aaaaaah… Credo che
quell’articolo abbia avuto una grande influenza su di me. Non
ho mai amato i gigioni e il birignao”. A dieci anni manifesta
interesse per il canto, a quattordici l’annessione di Pola alla
Iugoslavia (l’attuale Croazia) lo costringe a riparare a Grado e
poi a Venezia. Frequenta il ginnasio a Brindisi ma è
insofferente; lavora come fattorino e lift di un grosso albergo
del Lido di Venezia.
Il vecchio liuto del padre gli tiene compagnia, impara a
suonare anche chitarra e contrabbasso, e all’inizio degli anni
’50 canta e suona il basso acustico nelle balere di periferia e
poi nei night. In repertorio pezzi italiani, francesi e statunitensi
che furoreggiano in quel periodo, con uno stile vocale che si
rifà un po’ a quello di Johnny Mathis, tra i più noti crooner
dell’epoca. Dopo poco entra come cantante e contrabbassista
nel complesso di Riccardo Rauchi (già sassofonista di Renato
Carosone) con cui incide anche alcuni dischi per l’etichetta La
Voce del Padrone, anche se il suo nome non compare nei
crediti. C’è anche un’apparizione TV del 1959 in “Musica alla
ribalta”. Sono anni di tournée in Italia e all’estero,
specialmente in Libano, di whisky e ballerine.
Nel 1960 Endrigo decide di tentare la via come solista. Fa
un provino per la Ricordi con Giampiero Boneschi, che tollera
qualche piccola stecca sfuggita per l’emozione e dà via libera
per il contratto. La svolta avviene quando Nanni Ricordi gli
chiede se oltre a cantare scrive canzoni. Endrigo va a casa e
compone Bolle di sapone che lo consacra cantautore. Seguono
Chiedi al tuo cuore, I tuoi vent’anni e La brava gente, ma un
altro passaggio importante è sul finire del 1961, quando segue
Ricordi alla RCA di Roma. La lettura dei versi in friulano del
Pier Paolo Pasolini di “La meglio gioventù” folgora Endrigo,
che musica Il soldato di Napoleone (farà lo stesso nel 1965
con La rosa bianca di Josè Martì). Nel frattempo incontrano i
favori degli ascoltatori più attenti Aria di neve e Basta così,
ma soprattutto Via Broletto, 34, ballata dal sapore quasi
trobadorico che parla dell’omicidio di una giovane donna. Il
grande successo popolare arriva con Io che amo solo te,
lanciata in sordina nell’estate del 1962 ma che esplode a fine
anno (anche in Brasile): Endrigo lo scopre a Bologna, un
mattino, quando sente un panettiere che ne fischietta il motivo.
Il brano apre il primo LP, SERGIO ENDRIGO (1962), che
comprende Viva Maddalena, certamente ispirata a Jacques
Brel. Fra l’altro nel testo fa scalpore all’epoca l’espressione
“vacche magre”, mai utilizzata prima in una canzonetta.
Endrigo è compositore raffinato e istintivo, scrive parole e
linea melodica quasi contemporaneamente. Quando invece
occorre sviluppare un testo su musica preesistente, ricorre
spesso a Sergio Bardotti che, a partire da Era d’estate,
diventerà collaboratore fondamentale, così come Luis Bacalov
per le musiche e gli arrangiamenti. Siamo nel 1963, anno in
cui Endrigo regala a Miranda Martino la bellissima, ma poco
considerata, Ballata di una donna sola, e pubblica ENDRIGO
(con l’antimilitarista La guerra), che ottiene il Premio della
critica discografica. È il momento dei primi concerti, con Enzo
Jannacci come pianista, con il quale suonerà anche in Brasile,
Paese che gli riserverà sempre molta attenzione.
Nel 1965 il passaggio alla Fonit Cetra segna un periodo
particolarmente felice, sia dal punto di vista creativo che da
quello promozionale: Endrigo partecipa più spesso ai festival
ma sempre con pezzi lontani dalla banalità. La vena è ancora
malinconica ma lo sprovveduto pubblico televisivo si fida sin
troppo di certe parodie che lo dipingono come cupo,
perennemente scontento e lamentoso. Con Mani bucate e
Come stasera mai, il brano più apprezzato del periodo è
Teresa, di cui la RAI impone una versione modificata non per
il concetto del “per te non sono stato il primo e nemmeno
l’ultimo”, ma per il “mica” dialettale di “Teresa, non sono
mica nato ieri”. La prima volta a Sanremo è con Adesso sì
(1966), seguita da altre cinque partecipazioni consecutive. Nel
1967 con l’amarognolo “shake” Dove credi di andare e poi
con Canzone per te (dallo stupendo inciso: “Chissà se finirà,
se un nuovo sogno la mia mano prenderà…”) che vince il
Festival del ’68 cantata insieme al brasiliano Roberto Carlos.
Sulla stessa falsariga l’anno dopo Lontano dagli occhi, mentre
L’arca di Noé, nel 1970, è perfetta contrapposizione tra il
clima apocalittico descritto nelle strofe (il tema della canzone
è la distruzione della natura) e la ricerca di pace
dell’orecchiabile ritornello. Nel frattempo Endrigo prosegue
nella sua ricerca in ambito poetico e culturale: traduce e
musica Paul Fort, Rafael Alberti, Gerardo Vandré, produce due
album di poesie dialettali per Biagio Marin e Ignazio Buttitta,
ma in particolare nel 1969 idea con Bardotti il concept LA
VITA, AMICO, È L’ARTE DELL’INCONTRO. È un incontro di figure
legate alla vita e alla cultura brasiliana: il grande poeta
Giuseppe Ungaretti (vissuto per anni a San Paolo), Vinicius
De Moraes e l’esordiente chitarrista Antonio Pecci, in arte
Toquinho. Il disco, fra l’altro, grazie alla celebre La casa, dà il
via a uno stimolante repertorio di Endrigo dedicato all’infanzia
con due pregevoli lavori come L’ARCA del 1972 (con Il
pappagallo), bestiario musicale di Vinicius De Moraes, e CI
VUOLE UN FIORE del 1974, con testi di Gianni Rodari.

Ma gli anni ’70 sono cominciati per Endrigo con gli ottimi
riscontri per un suo recital al Piccolo Teatro di Milano,
documentato nel doppio album L’ARCA DI NOÈ, mentre poca
fortuna hanno le presenze, con brani non facilissimi, nel 1971
a “Canzonissima” (Le parole dell’addio e La prima
compagnia) e a Sanremo (Una storia), nel 1972 al Disco per
l’estate (Angiolina) e nel 1973 ancora a Sanremo con Elisa,
Elisa, omaggio alla canzone francese che viene premiato come
miglior testo grazie all’impegno di uno dei giurati, Amilcare
Rambaldi; quest’ultimo, inaugurando nel 1974 il Premio
Tenco, gli attribuisce il Premio alla carriera della
manifestazione. Intanto alla fine del 1973 Endrigo è tornato
alla Ricordi: oltre a CI VUOLE UN FIORE, escono l’intenso LA
VOCE DELL’UOMO (con Nelle mie notti) e la raccolta ENDRIGO
DIECI ANNI DOPO.

Da questo momento l’opera di Endrigo viene praticamente


(e ingiustamente) snobbata. Il Festival di Sanremo 1976 con
Quando c’era il mare prelude a un lavoro di rilettura del
folklore veneto, CANZONI VENETE. Ma tra i 33 giri che seguono
il solo a godere di vendite apprezzabili è il pregevole …E NOI
AMIAMOCI del 1981. Vanno male SAREBBE BELLO e DONNA MAL
D’AFRICA, per non dire del felicissimo EXCLUSIVAMENTE BRASIL,
inciso per il mercato brasiliano con due brani di Vinicius de
Moraes e Chico Buarque de Hollanda, e mai distribuito in
Italia. Pregevole anche MARI DEL SUD, con la copertina di
Hugo Pratt che firma con Endrigo Pandora, uscito nel 1982,
anno in cui Lato Side pubblica “Sergio Endrigo”, un
volumetto di Vincenzo Mollica con testi e testimonianze. La
partecipazione a Sanremo 1986 con la debole Canzone
italiana coincide con un momento d’appannamento creativo:
ne risente E ALLORA BALLIAMO, il disco uscito in
concomitanza. Seguiranno lustri segnati da problemi personali
e da dischi usciti sostanzialmente in clandestinità ma di valore:
IL GIARDINO DI GIOVANNI nel 1988 e QUALCOSA DI MEGLIO nel
1993, stampato in 1500 copie mai distribuite. È di questo
periodo la denuncia per plagio nei confronti di Luis Bacalov
per le affinità tra la sua colonna sonora, premiata con l’Oscar,
di “Il postino” con Massimo Troisi e Nelle mie notti di
Endrigo.
Nel 1995 il cantautore pubblica un romanzo fortemente
autobiografico, “Quanto mi dai se mi sparo?”, ripubblicato nel
2004 da Stampa Alternativa, con buoni risultati di vendita. Nel
2000 Endrigo torna di nuovo a esibirsi in pubblico, pur con
alcuni problemi di sordità e di salute, ed esce dall’oblio grazie
a due suoi brani storici (Te lo leggo negli occhi e Aria di neve)
incisi da Franco Battiato in FLEURS e all’intera edizione del
Premio Tenco 2001 a lui dedicata e compendiata nel 2002
dall’album tributo (CANZONI PER TE) con Capossela, Vecchioni,
Jannacci, Paoli, La Crus, Cammariere e altri. Dal 2001 è
direttore artistico della rassegna friulana “Canzoni di confine”,
mentre nel 2002 esce una biografia di Doriano Fasoli e
Stefano Crippa, ”La voce dell’uomo”, per Edizioni associate.
Nel 2003 vede la luce un nuovo album, ALTRE EMOZIONI, con
vecchi brani rifatti e l’inedito che dà il titolo al lavoro, nel
2004 CJANTANT ENDRIGO, album tributo di artisti friulani.
Il grande cantautore muore a Roma il 7 settembre 2005.
L’11 gennaio 2006 viene ricordato con un concerto a Roma a
cui partecipano, tra gli altri, Zero, Morandi, Paoli, Vanoni,
Vecchioni, Morgan, Cammariere, Lauzi. (c.bo.)
DISCOGRAFIA ESSENZIALE

SERGIO ENDIRGO (RCA 1962)


ENDRIGO (RCA 1963)
ENDRIGO (Cetra 1966)
ENDRIGO ?* (Cetra 1968)
LA VITA, AMICO, È L’ARTE DELL’INCONTRO (Cetra 1969)
L’ARCA DI NOÈ (Cetra 1970, live doppio)
NUOVE CANZONI D’AMORE (Cetra 1971)
L’ARCA (Cetra 1972, con Vinicius De Moraes, Marisa
Sannia, i Ricchi e Poveri, Vittorio De Scalzi)
LA VOCE DELL’UOMO (Ricordi 1974)
CI VUOLE UN FIORE (Ricordi 1974)
ENDRIGO DIECI ANNI DOPO (Ricordi 1975, nuove esecuzioni di
brani già pubblicati)
CANZONI VENETE (Ricordi 1976)
SAREBBE BELLO (Vanilla 1977)
DONNA MAL D’AFRICA (Vanilla 1978)
EXCLUSIVAMENTE BRASIL (Philips 1979, Brasile, esecuzioni
in portoghese inedite in Italia)
…E NOI AMIAMOCI (Cetra 1981)
MARI DEL SUD (Fonit Cetra 1982)
E ALLORA BALLIAMO (RCA 1986)
IL GIARDINO DI GIOVANNI (New enigma 1988, doppio, con
nuove esecuzioni di brani già pubblicati)
QUALCOSA DI MEGLIO (GRD 1993)
I SUCCESSI (DV More 1997, nuove esecuzioni di brani già
pubblicati)
CANZONI PER TE (Ala Bianca 2002, album tributo live)
ALTRE EMOZIONI (D’Autore 2003, raccolta di brani
riarrangiati con un inedito, ristampato nel 2006 da RaiTrade
con due brani in più)
CJANTANT ENDRIGO (Numar 2004, album tributo in friulano)
ENDRIGO. Nel 1966 l’album più bello dei tempi d’oro.
Accanto a Mani bucate, Teresa e Adesso sì, un’affettuosa
versione aggiornata di Chiedi al tuo cuore in ricordo dei
primi, timidi esordi, la cover di La donna del Sud di Lauzi
(a cui Endrigo nel 1967 replicherà con Il treno che viene dal
Sud), La ballata dell’ex e Girotondo intorno al mondo.
CI VUOLE UN FIORE. La collaborazione con Rodari porta otto
canzoni, le migliori mai composte per l’infanzia nel nostro
Paese. Il poeta piemontese affronta le ipocrisie sul
concepimento e il parto (Mi ha fatto la mia mamma), il
concetto della consequenzialità (Ci vuole un fiore), la storia
(Napoleone) e la geografia (Un signore di Scandicci). E
trova il giusto appoggio nelle musiche di Endrigo e Bacalov.
…E NOI AMIAMOCI. Una lezione di stile. Più discorsivo e
meno artefatto nel canto, Endrigo fluttua in modo
elegantemente confidenziale tra ricordi d’infanzia (Mille
lire, sigla del programma TV “Di tasca nostra”, e Trieste),
rimpianti-saudade (Ciao, poeta in ricordo di Vinicius De
Moraes), passione politica (Se il primo maggio a Mosca),
bozzetti d’autore (Trasloco e Rosamarea) e un cenno di
swing (Che importa se qualcosa non va?). Da cercare.

EQUIPE 84
Guidata dallo stratega Maurizio Vandelli, l’Equipe 84 è stata
forse la massima espressione del beat italiano. Nasce in una
cantina vicino all’autodromo di Modena, dove si riuniscono
elementi di vari gruppi della zona; viene invitato a partecipare
anche Francesco Guccini che però rifiuta. La prima line up
comprende Vandelli (ch., ts., vc.), Alfio Cantarella (bt., pr.),
Franco Ceccarelli (ch.) e Romano Morandi (bs.), con Pier
Farri quinto membro e produttore artistico, ed esordisce con
Canarino va, commissionato dalla Caravel (piccola etichetta
locale) per la promozione in serie A del Modena. Dopo la
sostituzione di Morandi con Victor Sogliani, l’Equipe 84,
ingenua risposta italiana ai Beatles, pubblica per la Vedette
Papà e mamma, accreditata ad autori italiani ma in realtà
cover dal repertorio dei Rivingston, e altri singoli di successo
come La fine del libro, Sei già di un altro e Un giorno tu mi
cercherai, portata al Festival di Sanremo nel 1966, nonché un
album che raccoglie buona parte della produzione a 45 giri
(EQUIPE 84).
Gli spettacoli al Piper di Roma hanno intanto decretato la
loro fama tra i ragazzi italiani, ai limiti del divismo. Alla
Ricordi ha inizio il periodo d’oro. Oltre alle cover Io ho in
mente te (You Were On My Mind), Resta (Stay) e Bang Bang
(dal repertorio di Cher) sarà la collaborazione con due autori
esordienti a dare la consacrazione definitiva. Il primo è proprio
Francesco Guccini con Canzone del bambino nel vento, nota
come Auschwitz, immortale denuncia dei campi di
concentramento nazisti, che per molti anni non è stata
attribuita al vero autore; il secondo è Lucio Battisti che (con
Mogol) cede all’ensemble due perle come 29 settembre e Nel
cuore nell’anima (quest’ultima in realtà registrata da Vandelli,
Battisti, Franz Di Cioccio, Damiano Dattoli e Andrea Sacchi
con l’Orchestra della Scala di Milano). 29 settembre e
Auschwitz verranno incise dall’Equipe anche in inglese per
Gran Bretagna e Stati Uniti. Il consenso di pubblico continua
inalterato sino alla fine degli anni ’60, con canzoni come Un
angelo blu (I Can’t Let Maggie Go), Pomeriggio ore 6 (Marley
Purt Drive) e Tutta mia la città (Blackberry Way), raccolte,
con gli altri brani del periodo Ricordi, in IO HO IN MENTE TE
(1966) e STEREOEQUIPE (1968), il primo lavoro con canzoni di
Vandelli e tracce di psichedelia. Oggi quei dischi sono
disponibili in vari CD antologici.
Il gruppo a questo punto apre a Milano e poi in tutta Italia
una catena di negozi di vestiti, ma le vendite calano e
subentrano vari cambi di formazione in seguito a liti e
problemi interni, fra cui l’arresto di Cantarella per detenzione
di hashish. Nel 1970 Vandelli esordisce come solista con
L’ALTRA FACCIA DI MAURIZIO VANDELLI (Ricordi 1970) e
Sogliani entra a far parte del Supergruppo di Ricky Gianco. A
nome Equipe 84 esce ID, maldestro tentativo di concept album
sull’onda del nuovo filone progressivo inglese; in formazione
oltre a Vandelli e Sogliani compaiono Franz Di Cioccio (in
prestito dai Quelli) e Mario Totaro dei Dik Dik. I tempi d’oro
però sono finiti. Dall’anno successivo la sigla cambia in
Nuova Equipe 84 (accanto a Vandelli e Sogliani ci sono Di
Cioccio e Dario Baldan Bembo), che partecipa a Sanremo con
4 marzo 1943 di Lucio Dalla e incide due singoli e l’album
CASA MIA (con Una giornata al mare di Giorgio e Paolo
Conte).
Poi altri due 33 giri, DR. JECKILL & MR. HYDE (1973) e
SACRIFICIO (1974), una manciata di singoli tra cui spicca
Mercante senza fiori (1974) e persino un disco per il PSI. In
questo periodo collaborano con il gruppo Alberto Camerini e
Franco Orlandini. Ma i riscontri sono scarsi: l’ultima prova
discografica è del 1977 con un singolo assolutamente
trascurabile, Opera d’amore / Anguilla rock, anche se nel 1990
ci sarà l’appendice di UN AMORE VALE L’ALTRO. Sotto l’antica
sigla ci sono Victor Sogliani (scomparso qualche anno più
tardi) e Franco Ceccarelli, accompagnati da tre nuovi
musicisti. Anche Vandelli torna all’attività solistica dopo molti
anni di silenzio, pubblicando nel 1989 due album cui fanno
seguito moltissimi concerti nel circuito nostalgico e
partecipazioni a trasmissioni televisive.
Il marchio “Equipe 84” continua comunque a esistere, in un
susseguirsi di scioglimenti e ricomposizioni con formazioni
sempre diverse (a metà degli anni ’90 nasce anche per un
breve periodo l’Equipe Extra-D). Anche qui è soprattutto
l’ambiente del revival e delle feste di piazza a ospitarli. La più
recente line up vede all’opera: Franco Ceccarelli (vc., ch.)
Antonio “Tony” Mione (vc., ch.) Lorenzo Lanciotti (pn., ts.)
Giuliano De Leonardis (bs.) Massimo Di Rocco (bt.).
Ceccarelli (che negli anni ’70 ha intrapreso anche una carriera
come cantautore) nel 1996 ha pubblicato un libro in cui
rievoca la storia del gruppo: “Io ho in mente te - storia
dell’Equipe 84” (Zelig). (m.ne.)
DISCOGRAFIA

EQUIPE 84 (Vedette 1965)


IO HO IN MENTE TE (Ricordi 1966)
STEREOEQUIPE (Ricordi 1968)
ID (Ricordi 1970)
CASA MIA (Ricordi 1971, a nome Nuova Equipe 84)
DR. JEKILL & MR. HYDE (Ariston 1973)
SACRIFICIO (Ariston 1974)
UN AMORE VALE L’ALTRO (Rose rosse 1990)
IO HO IN MENTE TE. Certo manca la canzone simbolo
dell’Equipe 84, 29 settembre, ma è l’album della maturità.
Pubblicato dalla Ricordi alla fine del 1966, contiene i
recenti successi Bang Bang, Resta, Io ho in mente te,
Spiegami come mai e soprattutto Auschwitz, scritta da
Francesco Guccini che la riprenderà spesso in concerto e
anche su disco. Oggi nel mercato del CD (dove è reperibile
una bella ristampa dell’album) è preferibile orientarsi sulle
antologie del complesso, ma il valore di questo disco è
rimasto immutato negli anni.

TONI ESPOSITO
Percussionista, nato a Napoli il 16 luglio 1950. Elemento di
punta della vivace Napoli anni ’70, collabora con importanti
musicisti (i Bennato, Luciano Cilio, Sorrenti, Senese),
arricchendo i lavori in cui interviene con una percussività
originale caratterizzata da spunti coloristici e melodici,
utilizzando stoviglie, pentole e oggetti comuni, introducendo
elementi innovativi nel tessuto tradizionale. Suona anche con
Guccini, Dalla, De Gregori e molti altri. Come band leader
incide con la crema del Napolitan Power (Fix, Bruno, Vitolo,
Sabatini, De Rienzo) quattro album splendidi e sottovalutati,
in anticipo su molta contaminazione futura: ROSSO
NAPOLETANO (1975) insieme al musicista inglese Paul
Buckmaster; PROCESSIONE SUL MARE (1976), che spruzza nel
jazz rock italiano tratti mediterranei; GENTE DISTRATTA (1977),
fusion nera napoletana, debitrice a Miles Davis, ai Weather
Report e al progressive; LA BANDA DEL SOLE, che assembla
world music e jazz (1978). Dopo aver inventato il
“tamborder”, percussione che emette note musicali, Esposito si
dedica a un esotismo manierato e facile, che gli regalerà
qualche affermazione: Pagaia, sigla di “Domenica in”,
Kalimba de luna, il suo più grande successo commerciale, e la
conseguente As tu as. Partecipa anche ad alcuni Festival di
Sanremo (Sinuè, 1987; Novecento Auf Wiedersehen, 1990, con
Eugenio Bennato; Cambiamo musica, 1993, con i Ladri di
Biciclette). Del 1996 è TROPICO, con Sasà Flauto e Gino Paoli.
Torna nel 2003 con VIAGGIO TRIBALE, insieme a illustri ospiti
(Franco Battiato, Eugenio Bennato).

ESTRA
Esponenti di punta del rock d’autore della seconda metà
degli anni ’90, i trevigiani Estra esordiscono nel 1996 con
METAMORFOSI. Prodotto da Massimo Bubola, il disco si muove
lungo la falsariga del rock chitarristico statunitense e, pur con
qualche ingenuità, mette in mostra doti compositive ed
esecutive non comuni, in bilico tra slancio poetico e fisicità. In
particolare, a colpire sono l’ottimo lavoro del chitarrista Abe
Salvadori e il carisma del cantante Giulio “Estremo” Casale,
frontman di spessore e autore di testi dalla forte valenza
letteraria (completano la formazione il bassista Eddy Bassan e
il batterista Nicola “Accio” Ghedin). Una proposta che verrà
ulteriormente migliorata nel successivo ALTERAZIONI (1997),
realizzato ancora insieme a Bubola, fino a raggiungere il
compimento in NORDEST COWBOYS (1999), opera matura e
affascinante, tra le più importanti del periodo, forte anche di
un ospite come Vinicio Capossela nella title track. Meno
convincente, in confronto, TUNNEL SUPERMARKET (2001),
coprodotto da Giovanni Ferrario, che vede il quartetto
avventurarsi in territori più vicini al pop, con l’introduzione di
elementi elettronici e fiati. La critica storce il naso ma il buon
successo del singolo Sei così semplice, versione italiana di The
Passenger di Iggy Pop, sembra dare ragione alla band. Nel
frattempo, Casale aveva pubblicato la raccolta di poesie “Sullo
Zero” (Papergraf, 2000) – per presentare la quale viene
organizzata una fortunata serie di concerti-reading,
immortalati nel 2002 da un album omonimo – oltre ad avere
curato insieme al giornalista Giancarlo Susanna il volume “Le
canzoni di Tim & Jeff Buckley” (Papergraf, 2000). Quando
ormai le voci di uno scioglimento degli Estra si fanno sempre
più insistenti, il gruppo dà alle stampe il doppio live A
CONFICCARSI IN CARNE D’AMORE (2003), contenente anche tre
brani inediti registrati in studio. Il 2005 è segnato dall’uscita di
IN FONDO AL BLU, secondo disco solista di Casale, in cui il rock
lascia almeno in parte il posto a un approccio più raffinato, in
qualche modo avvicinabile al teatro canzone di Giorgio Gaber.
F
LUCIO FABBRI
Nato a Crema il 25 marzo 1954. Polistrumentista,
arrangiatore, produttore, diplomato in violino (da cui il
soprannome “Violino”). Nella prima metà degli anni ’70 suona
con il Pacco e i Piazza delle Erbe; collabora poi come
strumentista con numerosi artisti dell’area milanese, come
Claudio Rocchi, Roberto Vecchioni e soprattutto Eugenio
Finardi, con il quale compone La radio. Nel 1978 entra nella
Premiata Forneria Marconi come violinista e tastierista. Nello
stesso anno pubblica il suo album AMARENA, quasi tutto
strumentale. A partire dagli anni ’80 arrangia i lavori di
numerosi artisti, fra cui Umberto Tozzi, Krisma, Massimo
Ranieri e Grazia Di Michele. In seguito si dedica anche ad
attività musicali collaterali, compone colonne sonore per
videogiochi e pubblicità, dirige spesso l’orchestra al Festival
di Sanremo e successivamente produce Dolcenera. Nel 2005
ha partecipato in qualità di direttore d’orchestra al “Music for
Asia” in sostegno dei rifugiati di vari paesi asiatici.

CLAUDIO FABI
Produttore e compositore nato a Roma il 29 marzo 1940, nel
1963 si diploma in pianoforte al conservatorio. Dal 1966
lavora alla RCA, prima nell’ambito della musica classica, poi
per rock e canzone, occupandosi anche del repertorio estero.
Diventa poi, dalla fondazione, direttore artistico della Numero
1, e produce i primi dischi della PFM. Si occupa, fra gli altri,
di Bruno Lauzi, Gianna Nannini e di UN GELATO AL LIMON di
Paolo Conte (1979), e produce i primi lavori di Alberto Fortis.
Nel 1979 è direttore artistico della Polygram, mentre nel 1982
pubblica ALEPH. Continua negli anni ’80 a lavorare
nell’ambiente musicale con vari ruoli, tornando a occuparsi
anche di musica classica. Poi si trasferisce in Spagna per
dedicarsi alla ricerca musicale. Nel 1999 realizza la
cantataoratorio ANIMA MUNDI, pubblicata nel 2001 anche in
Italia. Intanto anche il figlio Niccolò inizia, con successo, una
carriera artistica come cantautore. I due saliranno insieme sul
palco del Premio Recanati nel 2003.

NICCOLÒ FABI
È lontano parente di Renzo Arbore e soprattutto figlio del
produttore Claudio Fabi che negli anni ’70 lo porta in giro per
storici studi di registrazione e concerti. Ma Niccolò Fabi, nato
il 16 maggio 1968 a Roma, è figlio anche degli anni ’80
(“cresciuto con in testa la musica dei Bronski Beat, Nick
Kershaw e Howard Jones”), quindi di un certo gusto per
l’intrattenimento che non sconfesserà mai. Nel 1986, assistente
di palco del tour di Alberto Fortis (con cui nel 1998
condividerà una serata a “Night Express” su Italia Uno), sente
l’esigenza di fare musica in prima persona. Comincia
strimpellando brani di James Taylor e di Joni Mitchell, con il
primo gruppo suona gli Earth, Wind & Fire, ma è anche
batterista e bassista nei Fall Out, cover band dei Police, poi
negli Adica Pongo e negli Endiade. Contemporaneamente
studia Lettere all’università (si laureerà in Codicologia, lo
studio dei manoscritti medievali). Nella prima parte degli anni
’90 suona in vari locali di Roma, tra cui “Il Locale”;
nell’estate 1996 incide il tormentone Dica, poi accede a
Sanremo Giovani 1997 e conquista il Premio della critica con
un altro hit, Capelli. Fabi canta con ironia ma viene
inizialmente etichettato con l’immagine del biondino per
adolescenti. Segue l’album d’esordio, il fresco e piacevole IL
GIARDINIERE (con Ostinatamente e Rosso), che ottiene buoni
risultati di vendita.
Nel 1998 torna a Sanremo con Lasciarsi un giorno a Roma,
altra canzone di buon pop che lancia il secondo album,
NICCOLÒ FABI (in cui Il male minore è la cover di un brano di
Duncan Sheik e Vento d’estate, con l’amico Max Gazzè, vince
il Disco per l’estate): la scrittura dimostra di crescere, anche se
il disco è realizzato in poco tempo ed è un po’ soffocato
dall’elettronica dei fratelli Sinigallia (al disco partecipa anche
Frankie Hi-Nrg, voce rap in Immobile). Nei mesi successivi
conduce un programma radiofonico con un altro giovane della
“Roma bene”, Pierluigi Diaco. Nel 2000 esce quindi, registrato
in casa e sinceramente intimista, l’autarchico SERENO AD OVEST
(in cui spicca 10 centimetri), disco di transizione, con cui
“chiudere un’ideale trilogia, partita con la sperimentazione,
passata per una fase di ‘correzione’ e ora giunta a una sorta di
sintesi per liberarsi dei pensieri tutti rivolti a sé”. Come a
chiudere il cerchio con l’inizio della carriera, si esibisce di
spalla a Sting durante le sei tappe italiane della sua tournée
estiva. Nel 2001 pubblica in Spagna una raccolta con cinque
brani in castigliano e le collaborazioni di Jorge Drexler e
Nacho Campillo.
Il periodo di cambiamento si esplica nel 2003 quando,
“orgogliosamente spossato dopo due anni di travaglio”,
pubblica LA CURA DEL TEMPO, l’ottima prova della svolta
maturata. Il suo primo album “adulto”, cui partecipano il sax
di Stefano Di Battista (che curando la colonna sonora del film
“Ora e per sempre” di Vincenzo Verdecchi, ricambierà il
favore ospitandone l’inedita I Wish) e la voce di Fiorella
Mannoia. Nei concerti a seguire viene registrato il DVD “La
cura del tempo Tour”. Durante l’estate del 2003 partecipa, nei
panni del naufrago Ferdinando, all’opera jazz di Massimo
Nunzi liberamente ispirata a “La Tempesta” di Shakespeare.
Nel 2006 il nuovo disco, NOVO MESTO (dal nome della località
slovena dove è stato registrato), che lo conferma cantautore
dalla pennellata tenue e seducente, a partire dal singolo
Costruire ma anche in Oriente, Rapporti, Mettere le ali e nella
title track. Al fondo, una cover di So Lonely, uno dei primi hit
dei Police. Dopo un decennio quello di Fabi è un percorso in
ascesa, che può dare frutti ancora migliori. (g.fa.)
DISCOGRAFIA

IL GIARDINIERE (Virgin 1997)


NICCOLÒ FABI (Virgin 1998)
SERENO AD OVEST (Virgin 2000)
NICCOLÒ FABI (Virgin 2001, raccolta con versioni inedite in
spagnolo)
LA CURA DEL TEMPO (Virgin 2003)
NOVO MESTO (EMI 2006)
LA CURA DEL TEMPO. Nato in tre anni, è un disco di canzone
d’autore, in cui trovano reciproco equilibrio parole e
arrangiamenti; un salto di qualità di cui la critica si accorge
solo in parte, perché l’etichetta di “riccioletto”
evidentemente è dura a morire. Splendida Offeso, in duetto
con la Mannoia, mentre con Senza prudenza prende forse
per la prima volta una posizione precisa verso la società (“se
di speranze ci si può sfamare/ se un uomo ricco può
governare”).

MAURIZIO FABRIZIO
Autore e arrangiatore dal curriculum fittissimo, nasce a
Milano nel 1952. Dopo gli studi al conservatorio, nel 1969
suona come percussionista alla Scala con Abbado. In duo con
il fratello Popi, realizza nel 1970 Come il vento (titolo anche di
un album) e nel ’71 Andata e ritorno, che partecipa al Festival
di Sanremo. Dal 1972 arrangia i dischi di Angelo Branduardi
(LA LUNA, ALLA FIERA DELL’EST, LA PULCE D’ACQUA, COGLI LA
PRIMA MELA), ma lavora anche con Patty Pravo, Ornella Vanoni
e Mia Martini, per cui compone, da solo o in coppia, vari brani
negli anni ’70, come Almeno tu nell’universo incisa però solo
nel 1989 e scritta con Lauzi. Pubblica intanto quattro album,
AZZURRIORIZZONTI (1975), MOVIMENTI DEL CIELO (1978),
PRIMO (1979) e PERSONAGGI (1980), ma senza riscontri di
vendita. La carriera come autore si intensifica dalla fine degli
anni ’70 quando compone, di solito con il paroliere Guido
Morra, successi come Che ne sai, Storie di tutti i giorni,
Malinconia (per Riccardo Fogli), Sarà quel che sarà (per
Tiziana Rivale), La via dei misteri, Brividi, A che servono gli
dei (per Rossana Casale), Bravi ragazzi (per Miguel Bosè).
Negli anni ’80 arrangia dischi di Bosè, Casale, Concato, De
Crescenzo, Togni, Toquinho e, ancora, Branduardi. Nei
decenni successivi firma, tra le altre, Strano il mio destino (per
Giorgia), Dove c’è musica (per Ramazzotti), I migliori anni
della nostra vita (per Renato Zero), Tutti gli zeri del mondo
(per Zero e Mina), Che fantastica storia è la vita (per
Venditti). Ha composto anche per il teatro.

GIORGIO FALETTI
Personalità artistica assolutamente eclettica, Giorgio Faletti,
nato ad Asti il 25 novembre 1950, diviene noto al grande
pubblico negli anni ’80 come cabarettista in alcune
trasmissioni di successo come “Drive in”. A parte il 45 giri
Tette a lampadina nel 1988, è il decennio successivo che lo
vede approdare anche alla canzone come cantautore: nel 1990
pubblica DISPERATO MA NON SERIO (con Ulula), nel 1992
partecipa a Sanremo con Orietta Berti (Rumba di tango) e dà
alle stampe CONDANNATO A RIDERE. Torna al Festival nel 1994:
il brano, Signor Tenente, vince il Premio della critica, oltre a
diventare un caso per il testo (un recitativo) ispirato e toccante.
Il brano viene inserito in COME UN CARTONE ANIMATO, seguito
un anno più tardi da L’ASSURDO MESTIERE (in cui il brano
omonimo è di nuovo a Sanremo). Faletti scrive intanto vari
testi per Angelo Branduardi, ma anche per Mina, Fiordaliso e
Gigliola Cinquetti. Visti i non soddisfacenti risultati di vendite
dei suoi dischi, negli anni successivi continuerà come
cabarettista prima di affermarsi straordinariamente come
scrittore di narrativa thriller. Nel 1999 pubblica un nuovo
album, NON SENSE.

FRANCO FANIGLIULO
Menestrello singolare, ironico, dalla breve e sottovalutata
carriera, Franco Fanigliulo nasce a La Spezia nel 1944 da
genitori pugliesi. Il padre è ufficiale di Marina, lui stesso
lavora per anni sulle navi e, dopo altri svariati mestieri,
approda alla musica. Nel 1977 pubblica l’album MI ERO
SCORDATO DI ME e due anni più tardi si fa notare a Sanremo con
il valzer A me mi piace vivere alla grande, unico suo brano
noto, scritto con Pace e Avogadro e passato sotto la scure della
censura (i versi “foglie di cocaina” sono trasformati in “bagni
di candeggina”). Escono successivamente due prove d’autore
originali, IO E ME e RATATAM PUM PUM, che mettono in risalto la
teatralità delle sue interpretazioni, poi Fanigliulo si ritira
nell’entroterra ligure per allevare animali e lavorare nei campi.
Dopo il mini del 1983 BENVENUTI NELLA MUSICA e la
collaborazione a BLUE’S di Zucchero, l’amico Vasco Rossi lo
convince a lavorare per la sua etichetta Bollicine a un album
più rock, che dovrebbe avere come titolo “Sudo ma godo”.
Uscirà postumo e incompleto come GOODBYE MAI: Franco
Fanigliulo muore improvvisamente per un ictus durante la
lavorazione, a soli 45 anni.

FARABRUTTO
Veronesi, si formano nel 1999, guidati da Luca Zevio (vc. e
cha.), autore dei brani, con Niccolò Sorgato (mn. elettrico),
Francesco “Sbibu” Sguazzabia (pr.) e Enrico Terragnoli (ch.),
che dal 2006 resta solo come componente aggiunto. I primi
due avevano già militato insieme nei Ratatuja (Zevio come
batterista), mentre Sguazzabia ha in curriculum importanti
collaborazioni, da Patty Pravo e Billy Cobham a Luciano
Berio.
Devono attendere fino al 2004 per l’uscita del primo album,
ALZARE LA VOCE, che unisce testi cantautorali di viscerale e
visionaria denuncia sociale a una miscela musicale di estrema
originalità, dall’impatto rock e dai moduli jazzistici,
caratterizzata anche dalla strumentazione inusuale. Tra i brani,
Eternamente, Simona, Odio. A poco a poco il disco incontra
notevole attenzione da parte della critica, mentre prende avvio
un’importante attività live, punto di forza del gruppo anche per
le capacità tecniche e d’improvvisazione dei componenti. Nel
2005 i Farabrutto sono protagonisti con i loro brani del
progetto teatrale “Romeo and Juliet” e si aggiudicano il
Premio SIAE-Club Tenco come artista emergente.

FAUST’O/FAUSTO ROSSI
Nome d’arte di Fausto Rossi, Faust’o è uno dei personaggi
più interessanti ed emarginati della musica italiana. Friulano di
nascita (Sacile, provincia di Pordenone, 1954) ma milanese di
adozione, alto e allampanato, attinge i suoi riferimenti
dall’estero. Innamorato della decadenza di autori come Lou
Reed, David Bowie, Brian Eno e Ultravox, cerca di porsi fin
da subito in alternativa alla scena italiana, che considera
asfittica. Nel 1978 esordisce con un disco che si presenta come
un manifesto esistenziale prima ancora che come un ottimo
lavoro discografico. Si intitola SUICIDIO, e dà la netta
impressione di voler rompere le barriere, grazie anche alla
produzione di Alberto Radius. È sempre lui a coadiuvare
Faust’o nella realizzazione di POCO ZUCCHERO nel 1979, anche
questo molto amato da una ristretta cerchia di cultori. Il terzo
album, che chiude una sorta di trilogia, è J’ACCUSE… AMORE
MIO, che esce nel 1980 e propone un suono che si avvicina al
pop (il brano Hotel Plaza viene presentato addirittura a
Sanremo, dove Faust’o lascia scorrere il playback senza
cantare ma addentando una mela) senza però perdere la sua
aurea di raffinatezza: l’accusa al sistema comunque rimane, e
si manifesta nelle diverse sfaccettature del disco. Faust’o
ribadisce la sua posizione ”alternativa”, a cominciare dal
canto, che si snoda in maniera talvolta contorta tra giochi
onomatopeici e vocalizzi, con l’utilizzo di idiomi che pescano
dall’inglese, dal francese, dal tedesco e persino dal ladino.
I risultati commerciali però non arrivano e spingono Faust’o
a tentare la via della musica elettronica, che converge
nell’album solo strumentale dal titolo OUT NOW, pubblicato
nel 1982. È la canzone però lo sviluppo naturale del cantautore
friulano, che in contemporanea a OUT NOW lavora ad altri due
dischi, LOST AND FOUND, un live che sarà pubblicato solo nel
’96, e FAUST’O, uno dei suoi migliori lavori, nel quale
profondità e bellezza procedono di pari passo. L’ultimo
capitolo di questa prima fase musicale vissuta tra oscurità e
slanci pop è LOVE STORY del 1985. L’album è cantato in
inglese, la produzione è affidata a un personaggio dal valore
riconosciuto come Angelo Carrara, che indirizza Faust’o verso
un suono cupo e ossessivo. Bisogna attendere il 1992 per
ritrovarlo, con l’abbandono del nome d’arte: è a nome Fausto
Rossi che esce CAMBIANO LE COSE (tra i brani, Tentazione di
esistere). E le cose cambiano davvero: il lavoro è cantato di
nuovo in italiano e presenta una serie di novità musicali
suggestive. Convivono frammenti di elettronica con elementi
classicheggianti e ad amalgamare le diverse tensioni c’è un
tappeto sonoro di derivazione ambient, che riesce a fare da
collante. Ancora qualche anno di stasi e poi il ritorno con la
eccellente produzione nel 1995 di LUNGO I BORDI dei Massimo
Volume (per i quali aveva scritto il testo di Cinque strade, nel
loro precedente album STANZE) e con due album a proprio
nome, fatti di rock blues scabro e acido, L’ERBA del 1995, con
Perché il mio amore e Chiudi gli occhi (la vita è un sogno), e
EXIT, con Blues, del 1997. I testi sono recitati, biascicati,
allucinati e trasgressivi (“pagine riempite di milioni di parole
PROIBITE e sfide contro leggi divine…” ha scritto l’autore).
Poi di nuovo un’eclissi.
Tra il 2005 e il 2006 Rossi torna a fare concerti e lavora a
un disco in inglese, il nuovo capitolo della discografia di un
“poeta elettrico”, artista libero e misconosciuto, visionario e
dai tanti abusi.
DISCOGRAFIA

Faust’o:
SUICIDIO (CGD 1978)
POCO ZUCCHERO (Ascolto 1979)
J’ACCUSE… AMORE MIO (Ascolto 1980)
OUT NOW (FG 1982)
FAUST’O (Ricordi 1982)
LOVE STORY (Target 1985, ripubblicato nel 1996 con inediti)
Fausto Rossi:
CAMBIANO LE COSE (Target 1992, ripubblicato nel 1996 con
inediti)
L’ERBA (Target 1995)
LOST AND FOUND (Target 1996, album del 1982 non
pubblicato all’epoca)
EXIT (1997)
SUICIDIO. Pare il riflesso di suoni respirati altrove, dalla
cold wave europea soprattutto, arrangiati da Alberto Radius,
la cui esperienza permette a Faust’o di capitalizzare idee e
stimoli. Colpiscono sia la musica di derivazione europea sia
le liriche, che rappresentano il tentativo riuscito di dare una
spallata ai canoni della canzone italiana, con quel senso di
terrore e angoscia per il mondo – non solo musicale. Ne
viene tratto il singolo Anche Zimmermann, dal suono
sofisticato e d’élite, che il pubblico non comprende forse
perché lontano da qualsiasi sviluppo commerciale.
CARLO FAVA
Nato a Milano nel 1965, studia pianoforte e arte
drammatica. Nel 1993 va a Sanremo con il brano In caduta
libera dall’ottavo piano (penultimo fra i giovani) e al Premio
Recanati, esordendo su disco nel ’94 con RITMO VIVENTE
MUSCOLARE DELLA VITA, ai cui testi collabora, come in seguito,
Gianluca Martinelli. Bazzica ambienti jazz e sperimenta un
teatro canzone fisiologicamente segnato dal modello Gaber.
Fondamentale è il 1998, anno in cui Mina inserisce nell’album
CREMONA la sua Dottore (duo con Beppe Grillo) e Ornella
Vanoni fa lo stesso in ARGILLA con Santallegria. Nel 2000 dà
alle stampe il secondo lavoro, PERSONAGGI CRIMINALI, il cui
relativo spettacolo tocca fra le altre la piazza di Milano
(Piccolo Teatro), Fano e Mantova (Festival della Letteratura).
In TV partecipa a “Colorado Café” e nel 2004 esce il terzo
album, L’UOMO FLESSIBILE, che porta fra l’altro al Premio
Tenco. Molti i brani validi, da Sotto il quadro di Chaplin a La
palude. Nel 2006, in coppia con Noa, torna al Festival di
Sanremo con Un discorso in generale, ottenendo il Premio
della critica.

MARCO FERRADINI
Nasce a Como il 28 luglio 1949. Inizia come cantante e
chitarrista in vari gruppi giovanili e poi come corista, fino a
esordire come cantautore nel 1978 con Ma quando Teresa
verrà (con album omonimo), portata a Sanremo. Il successo
arriva due anni più tardi con il Q-Disc SCHIAVO SENZA CATENE,
in cui trova posto il suo brano più noto, Teorema (con testo di
Herbert Pagani), che diverrà un evergreen della musica
italiana. Nel 1981 partecipa a una tournée con Mario
Castelnuovo e Goran Kuzminac, pubblicando con loro un
nuovo Q-Disc. Nel 1983 torna a Sanremo con Una catastrofe
bionda, senza grandi riscontri. Nell’album omonimo compare
il secondo cavallo di battaglia di Ferradini, Lupo solitario DJ.
Inciderà poi vari album, da MISTERI DELLA VITA del 1985 sino a
GEOMETRIE DEL CUORE del 2001 e FILO ROSSO del 2005,
all’insegna della melodia e degli arrangiamenti pop rock, ma
gli esiti commerciali saranno insoddisfacenti.
GIOVANNI FERRARIO
Cantante, polistrumentista e produttore nell’ambito del rock
alternativo, Giovanni Ferrario ha esordito ufficialmente come
membro dei bresciani Views, con i quali ha realizzato il mini
LP NAMBY PAMBY nel 1988 e MUMMYCAT THE WORLD #2 nel
1990. Il suo nome comincia però a circolare con insistenza
solamente qualche anno dopo, quando entra a far parte dei
Lula di Amerigo Verardi, dei quali coproduce il secondo,
omonimo album nel 1999. Subito dopo entra negli Scisma, in
tempo per realizzare il loro canto del cigno, ARMSTRONG, nel
1999. Da allora ha collaborato con svariati artisti e gruppi,
dagli Snaporaz agli Estra (TUNNEL SUPERMARKET, 2001), da
Hugo Race a Cristina Donà fino a Morgan. Come musicista,
invece, ha dato vita al progetto Micevice, di cui hanno fatto
parte, tra gli altri, Giorgia Poli e Michela Manfroi (Scisma),
Marta Collica e l’australiana Cat Hope. Tre gli album al loro
attivo – EXPERIMENTS ON THE DURATION OF LOVE (Lollypop
1999), BIPOLARS OF THE WORLD UNITE CPL (Great Machine
Pistola 2000) e STOP HERE: LOVE STORE (Homesleep 2002) –
tutti all’insegna di un efficace e scuro cantautorato elettrico di
matrice statunitense.

NINO FERRER
Agostino Ferrari nasce a Genova nel 1934, ma di francese
ha la madre e gran parte della sua vita. Studente alla Sorbona,
suona il contrabbasso nei jazz club parigini, poi inizia con le
canzoni, che non di rado scrive da solo: è nato Nino Ferrer. In
Italia sbarca nel 1967 con successo con La pelle nera,
imponendosi in fretta come bizzarro interprete di brani
semiseri quali Agata, Donna Rosa, Il re d’Inghilterra, portata
nel ’68 a Sanremo, dove tornerà nel ’70 con Re di cuori e
l’anno dopo con Amsterdam (sua è anche C’est irreparable,
portata al successo da Mina come Un anno d’amore).
Ritiratosi dalle scene (“la musica mi stressa: c’è sempre un
contatore che gira a suon di milioni”), torna nel Midi francese,
dedicandosi alla pittura. Nino Ferrer pone fine alla sua vita in
un pomeriggio di agosto del 1998, alla vigilia del suo 64°
compleanno. Dal ’95 non si mostrava in pubblico; due anni
prima aveva inciso il suo ultimo album, DESABUSION, già
intriso di un male subdolo chiamato depressione.

GABRIELLA FERRI
Nata il 18 settembre 1942 a Testaccio, uno dei più
caratteristici rioni di Roma, avvia l’attività canora, dopo aver
fatto i più diversi lavori, con Luisa De Santis, cantando nei
locali di Milano e poi di Roma. Nel 1963 il duo diviene molto
popolare in seguito all’apparizione, con un rifacimento della
celebre La società dei magnaccioni, nel programma TV “La
fiera dei sogni” condotto da Mike Bongiorno. L’etichetta Saar
è la più rapida nel proporre un contratto al duo Luisa &
Gabriella, che inizia con il 45 giri del 1964 Alla Renella / La
società dei magnaccioni e dura fino al 1967: esperienza tutta
dedicata al repertorio romano, popolare, popolaresco e
d’autore (anche con firme quali Romolo Balzani, De Chiara-
Morricone, persino Strehler-Carpi, e la stessa Ferri). Con il
passaggio alla RCA dopo lo scioglimento del duo, comincia
una nuova fase della carriera della cantante (ma anche
cantautrice) con l’ampliamento del repertorio, gli spettacoli di
teatro e cabaret al Bagaglino di Roma, la partecipazione nel
1969 (con Stevie Wonder) a Sanremo con Se tu ragazzo mio e
una serie di incisioni molto apprezzate dal pubblico e dalla
critica. Il primo album per la RCA è GABRIELLA FERRI, mentre
di nuovo al repertorio romanesco è dedicato …LASSATECE
PASSÀ del 1971. Nello stesso anno la Ferri, con una strepitosa
interpretazione, dona nuova vita alla celebre Dove sta Zazà,
inserita nell’album …E SE FUMARONO A ZAZÀ, tutto sulla
canzone napoletana. Colpisce la capacità, amara e comica
insieme, di interpretare, la vocalità possente e screziata. Il
disco successivo, realizzato con gli Olivier Onions, L’AMORE È
FACILE, NON È DIFFICILE, si rivolge ancora al repertorio classico,
ottenendo buone vendite, mentre in SEMPRE (1973), vicino a
brani originali, troviamo Il valzer della toppa firmato da Pier
Paolo Pasolini e già inciso da Laura Betti. Sulla scia del
successo di SEMPRE (sia l’album che il 45 giri omonimo, sigla
televisiva) la Ferri può realizzare un disco difficile come
REMEDIOS (1974), curiosamente diviso tra repertorio
romanesco e latinoamericano, mentre i lavori seguenti nascono
parallelamente a omonime e fortunate trasmissioni TV:
MAZZABUBÙ (1975), dove interpreta persino Carosone, Totò,
Buscaglione e Celentano, e …E ADESSO ANDIAMO A
INCOMINCIARE (1977), dove riprende un’altra canzone di
Pasolini e Vedrai vedrai di Tenco.
Da questo momento dirada l’attività per problemi personali.
Nel 1981 esce GABRIELLA (con quattro canzoni di Paolo
Conte) e nel 1987 NOSTARGIA. Nel 1996 torna a calcare le
scene, partecipando anche al Premio Tenco, e l’anno dopo
pubblica RITORNO AL FUTURO. L’ultimo album, splendido, è
CANTI DIVERSI, realizzato nel 2000 per la Rossodisera di
Renato Venturiero. Il 3 aprile del 2004 Roma rimane orfana di
una delle sue voci più belle e rappresentative: Gabriella Ferri
muore in seguito a una caduta dal balcone della sua casa nel
Viterbese, probabile suicidio. Negli ultimi anni aveva
partecipato ad alcuni programmi TV e progettava un nuovo
disco. Rimane la lezione di una grande interprete non solo
romana.

GIANNI FERRIO
Arrangiatore e compositore di colonne sonore per film e per
la TV, nato a Vicenza il 15 novembre 1924. Studia
composizione e direzione d’orchestra, prima al Conservatorio
della sua città e poi a Venezia. Sin dalla seconda metà degli
anni ’50 scrive canzoni (Piccolissima serenata, 1957, per
Teddy Reno) e compone per il cinema (“Totò, Peppino e le
fanatiche”, 1958). Collabora con Gorni Kramer per la
trasmissione “Il musichiere”; come per altri direttori
dell’epoca, il suono della sua orchestra risente dell’influenza
del jazz, anche se il genere in cui si troverà più a suo agio sarà
quello confidenziale melodico. Tra i maggiori collaboratori di
Mina come arrangiatore sin dagli anni ’60, è coautore di
Parole parole (1972) e Non gioco più (1974), che vede
all’armonica Toots Thielemans. Lavora intanto per molte
trasmissioni televisive come “Teatro10”, “Canzonissima”,
“Milleluci”, “Fantastico”. In campo cinematografico scrive
circa 120 colonne sonore, molte delle quali per il genere
spaghetti western o soft erotico. Nel 2005 ha collaborato al
disco L’ALLIEVA di Mina.
TIZIANO FERRO
Nato a Latina il 21 febbraio 1980, da ragazzo studia chitarra
classica, batteria e pianoforte. L’incontro con il gospel, a sedici
anni, si rivela fondamentale. Si iscrive all’Accademia della
Canzone di Sanremo: nel 1997 viene eliminato subito ma nel
1998 è tra i finalisti e si fa notare dai produttori Alberto
Salerno e Mara Majonchi. Dopo le esperienze come corista dei
torinesi ATPC (1998) e dei Sottotono (1999), nel 2001 il
singolo Xdono e l’album ROSSO RELATIVO (con il gospel Soul-
dier), inciso anche in spagnolo, spopolano in tutta Europa
grazie alla sensualità e al semplice romanticismo dei pezzi, ma
anche alla miscela di R&B e melodia all’italiana degli
arrangiamenti di Michele Canova. Nel 2002 è premiato al
Festivalbar e al PIM come artista rivelazione; ai Latin
Grammy si aggiudica una nomination nel 2003 e due nel 2004,
quando vince un premio con Alucinado, versione spagnola
della ballata Imbranato.
Nel 2003 bissa il grande successo con 111 CENTOUNDICI
(con Sere nere e il jazzato Temple bar), che porta come titolo
un numero ricorrente nella sua vita, lo stesso dei chili di un
passato ormai alle sue spalle. Nello stesso 2003 compone
Dove il mondo racconta segreti per Michele Zarrillo, con cui
duetta in una serata speciale di Sanremo 2006; nel 2004 incide
con Jamelia Universal Prayer per l’album delle Olimpiadi di
Atene, mentre per i Blue scrive il testo di A chi mi dice,
versione italiana di Breathe Easy. Nel 2005 esce il film
d’animazione “Shark Tale”, in cui Ferro, che ha alle spalle
anche un corso di doppiaggio, presta la voce al protagonista
Oscar; il suo tour tocca anche l’America Latina, dove
guadagna una nomination agli MTV Latin Awards. Rinnovato
il contratto con la EMI, nel 2006 pubblica NESSUNO È SOLO,
undici brani prodotti da Michele Canova.

FABRI FIBRA
Rapper che nel 2006 ha riportato l’hip hop in cima alle
classifiche italiane dopo anni di buio, Fabrizio Tarducci nasce
il 17 ottobre 1976 a Senigallia. La difficile situazione
famigliare durante l’adolescenza sarà elemento importante dei
suoi testi. Nel 1993 inizia a scriverne e nel 1995 incide il
primo demo. Dopo varie altre produzioni, nel 1999 avviene
l’esordio ufficiale con il gruppo Uomini di mare (ovvero Fibra
e “Lato”) e l’album SINDROME DI FINE MILLENNIO. Il debutto
come solista risale invece al 2002 con TURBE GIOVANILI,
prodotto da Neffa. Nel 2003 ancora un EP con gli Uomini di
mare e nel 2004, a nome proprio, MR. SIMPATIA, album che gli
procura una certa attenzione da parte degli addetti ai lavori. Il
disco, pubblicato dall’indipendente Vibra Records, è realizzato
con il fratello, Nesli Rice, che si occupa delle basi.
L’esplosione avviene due anni più tardi con Applausi per
Fibra e l’album TRADIMENTO, pubblicato da una major, la
Universal. Fra i brani, E la pula bussò, cover di E la luna
bussò del repertorio della Bertè. In linea con il modello rap
americano, i testi di Fibra – talvolta fortemente autobiografici
– sono grezzi, politicamente scorretti, diretti (“tra l’ostentata
spacconeria e la vulnerabilità” recita il suo sito ufficiale).
Provocano anche alcune polemiche, conseguenti al successo di
vendite.

NICO FIDENCO
Nome d’arte di Domenico Colarossi. Nato a Roma nel 1933,
rientra in quella categoria di autoriinterpreti che, dai primi
anni ’60, affiancano da posizioni più lievi la prima
generazione di cantautori veri e propri. Attivo fin dalla metà
del decennio precedente, sfonda nel 1960 con What A Sky e
soprattutto nel 1961 con Legata a un granello di sabbia, che,
rifiutata a Sanremo, rimarrà il suo maggior successo, via via
rinverdito da canzoni quali Se mi perderai, Con te sulla
sabbia, Come nasce un amore, A casa di Irene, e da temi
cinematografici come Il mondo di Suzy Wong, La ragazza con
la valigia, L’uomo che non sapeva amare che peraltro ne
accompagnano il declino, rafforzando per contro il suo legame
con il cinema, per il quale compone innumerevoli colonne
sonore, via via specializzandosi nel filone erotico (citiamo, per
tutti, “Emmanuelle nera”) fino al puro hardcore (a partire dagli
anni ’80). Interprete sobrio e calibrato, conosce una nuova
visibilità grazie al fenomeno del revival, formando, con i
colleghi Del Turco, Fontana e Meccia, i Superquattro negli
anni ’80.

AURELIO FIERRO
Notissimo cantante e autore campano, nato a Montella
(Avellino) il 13 settembre 1923. Vince un concorso per voci
nuove nel 1951, l’anno seguente incide le prime canzoni, si
esibisce con il grande Gennaro Pasquariello e in seguito si
laurea in Ingegneria, preferendo però la carriera artistica. Il
suo primo successo è Scapricciatiello (1954), che lo consacra
re della canzone scanzonata e nel 1957 gli fa vincere
“Canzonissima”. Intanto va in tour negli USA e in Canada, e
con Guaglione (che in Francia avrà successo con il titolo di
Bambino) nel 1956 vince il Festival di Napoli, a cui
parteciperà molte volte (nel 1966 con ‘A pizza insieme a
Giorgio Gaber) vincendolo in diverse occasioni. È presente
anche a sei edizioni di Sanremo. Altro suo successo è
Lazzarella nel 1957. Dal decennio seguente inizia a comporre
le proprie canzoni, partecipa a vari film (“Serenatella sciuè
sciuè”, “Ricordati di Napoli”) e trasmissioni televisive, anche
se la sua vera dimensione rimane la canzone napoletana che
negli anni proporrà in tour in tutto il mondo. Nel 1970
abbandona la canzone per diversi anni e viene eletto
consigliere comunale DC a Napoli. Si batte tra l’altro per varie
istanze sociali. Negli anni ’80 si dedica allo studio e pubblica
alcuni libri tra cui una “Grammatica della lingua napoletana”.
Per i suoi 70 anni mette in scena lo spettacolo “Settanta per
cominciare da capo” (1993). Dopo una decennale malattia
incurabile, muore l’11 marzo 2005.

EUGENIO FINARDI
Mezzo italiano (il padre, tecnico del suono) e mezzo
americano (la madre, cantante lirica), nasce a Milano il 16
luglio 1952. La musica entra ben presto nella sua vita: a nove
anni incide il 45 giri per bambini Palloncino rosso fuoco, a
dieci partecipa a una raccolta di canti natalizi (CHRISTMAS
CAROLS) e a una di brani tradizionali in inglese (ENGLISH IN
ACTION – A HARVEST OF TRADITIONAL SONG). Nel 1965
durante una vacanza dalla nonna in America vede i Rolling
Stones in TV, si appassiona al rock e al blues e tornato in Italia
si fa comprare una chitarra elettrica. Da lì a poco fonda, con
Alberto Camerini (con cui collaborerà spesso anche in futuro),
la Dreaming Bus Blues Band che poi diventa Corso Sempione
Blues (in cui milita anche Fabio Treves) e quindi L’Enorme
Maria e Il Pacco: si esibiscono nel Nord Italia, compreso il
Festival di Re Nudo a Zerbo. Finardi suona o collabora a vario
titolo anche con altri artisti milanesi fra cui Claudio Rocchi, i
La Bionda, gli Stormy Six ma anche i Pooh (come tecnico).
Viene ingaggiato dalla Numero Uno per cui incide, nel 1973, il
45 giri in inglese Hard Rock Honey / Spasey Stacey che porta
al primo Festival del Parco Lambro. Nel 1974 produce IL
TEMPO DELLA SEMINA per il Biglietto per l’inferno, pubblicato
però solo negli anni ’90.
Nell’estate dello stesso anno a Terrasini, in provincia di
Palermo, partecipa a una comune con altri musicisti e lì decide
di intraprendere la strada di un rock italiano e in italiano,
politicizzato e il più possibile lontano dalle influenze
angloamericane che lo avevano caratterizzato fino a quel
momento. È con la storica Cramps di Gianni Sassi che
pubblica il primo album, NON GETTATE ALCUN OGGETTO DAI
FINESTRINI (nel 1975) con Afghanistan e il rifacimento di
Saluteremo il signor padrone. Il disco è ancora un po’ acerbo,
intriso del rock tipico della Milano di quegli anni, così come i
seguenti album. I testi sono di impegno sociale e politico,
anche se solo l’anno seguente Finardi, quando aprirà parte dei
concerti del primo tour di Fabrizio De André, capirà il valore
delle parole, fino a quel momento considerate come uno sfogo
emotivo, in un’ottica tipica del blues.
Il nuovo lavoro, SUGO, rivela una nuova consapevolezza
letteraria, anche se più vicina alla prosa che alla poesia. È
l’album di Musica ribelle, una sorta di manifesto per Finardi e
la sua generazione, un brano che, insieme a La radio,
contribuisce a dargli una prima notorietà, anche attraverso una
fitta serie di concerti, a volte come spalla della PFM o con
Gianna Nannini. La consacrazione arriva nel 1977 con DIESEL,
a cui segue l’anno dopo BLITZ, l’album di Extraterrestre
(scritta pensando a due amici, uno dei quali è il giornalista
Carlo Massarini), registrato con il gruppo Crisalide alla pari di
ROCCANDO ROLLANDO (con La canzone dell’acqua, 15 bambini
e Legalizzatela), dischi che fotografano le tensioni e le istanze
del movimento del ’77 e che chiudono un ciclo. Finardi si è
conquistato un posto tra i maggiori rocker italiani ma con il
nuovo decennio evolve verso una dimensione più cantautorale,
che gli porterà nuovi consensi.
Nell’81 avvia il rapporto con il produttore Angelo Carrara e
registra per la Fonit Cetra FINARDI, che ha ancora episodi duri
come Trappole ma anche momenti più pacati come Patrizia,
che si aggiunge alla lista di brani noti di Finardi. Collabora ai
testi Valerio Negrini, il paroliere dei Pooh. In origine il disco
avrebbe dovuto essere in inglese, e come tale, pur con solo sei
pezzi, esce nell’82 con il titolo SECRET STREETS. L’album della
svolta è, nell’83, il delicato DAL BLU, con Amore Diverso. Ma
il pezzo forte è l’avvolgente Le ragazze di Osaka, scritto con
Francesco Messina e Danilo Madonia, melodia e
arrangiamento indovinati e un testo che parla di solitudine. Nel
1984 esce il live STRADE, mentre nell’85 Finardi si presenta
addirittura al Festival di Sanremo con Vorrei svegliarti
(all’arrangiamento contribuisce Franco Battiato, che aveva già
partecipato al suo disco d’esordio con lo pseudonimo di Franc
Jonia). Il pezzo non riesce però a trainare l’album COLPI DI
FULMINE, che ha episodi riusciti come Libero veramente. Da un
soggiorno americano nasce due anni dopo DOLCE ITALIA, in cui
più che la title track colpisce la secca e ispirata invettiva di
Soweto. Nel 1989 esce l’ottimo IL VENTO DI ELORA e nel 1990,
a inaugurare un contratto con la WEA, LA FORZA DELL’AMORE,
raccolta dei suoi brani più noti con l’inedito che dà il titolo al
disco e cita Battisti. Partecipano Ivano Fossati (che duetta in
Musica ribelle e nella sua Una notte in Italia), Rossana Casale
(in Dolce Italia) e il quasi esordiente Ligabue (in Soweto). Ma
Finardi in questi anni scrive canzoni, fra gli altri, per Alice,
Fiorella Mannoia, Grazia Di Michele, Andrea Mirò, Cristiano
De Andrè, Branduardi. Produrrà anche L’OTRE DI EOLO di
Giancarlo Parisi nel 1992.
MILLENNIO del 1991 ribadisce solo in parte la creatività di IL
VENTO DI ELORA mentre, dopo Cinquecento sogni realizzata per
la pubblicità dell’utilitaria FIAT, nasce un buon progetto dal
vivo che diventa anche disco, ACUSTICA, con brani di Finardi e
di altri artisti suonati in trio con il tastierista Vittorio Cosma
(già arrangiatore dei suoi ultimi dischi) e il nuovo chitarrista
Francesco Saverio Porciello. Spicca fra le altre Jamaica
Farewell dal repertorio di Harry Belafonte. Tour e album
consacrano Finardi come interprete di altissimo livello, con
conferme che arrivano dalla partecipazione a vari tributi, fra
cui IL VOLO DI VOLODJA, realizzato dal Club Tenco per
Vladimir Vysotskij, e INNOCENTI EVASIONI, dedicato a Battisti,
con una impareggiabile versione di I giardini di Marzo. OCCHI,
il nuovo disco di inediti prodotto a New York da Finardi e
Mino Cinelu, arriva a cinque anni dal precedente e alterna cose
valide e altre meno. Contiene fra le altre Uno di noi, cover di
One Of Us di Joan Osborne. È il 1996, anno anche della
biografia “Allo specchio” (Arcana) scritta da Claudio
Sanfilippo, a sua volta cantautore nonché coautore di brani di
Finardi dell’ultimo periodo. Nel 1998 esce ACCADUEO, con
Costantinopoli e la batteria di Vinnie Colaiuta. Il disco vende
poco e nel tentativo di rilanciarlo Finardi va a Sanremo con la
modesta Amami Lara, ma senza riscontri. Per molto tempo
resterà l’ultima canzone in italiano scritta da Finardi, che
decide di allontanarsi ancora di più dai meccanismi
commerciali. Chiude il contratto con la WEA con LA FORZA
DELL’AMORE VOL. 2 (WEA 2000) e poi si dedica a tutt’altra
musica, valorizzando le sue qualità di interprete. Nasce il
progetto, sia live che discografico, O FADO, ideato da Marco
Poeta e con Francesco Di Giacomo del Banco. Poi nel 2002
CINQUANTANNI, in cui riprende brani del primo periodo, tra cui
Northampton genn. ’78 ribattezzata A mio padre (che era la
dedica della versione originale). Altro progetto tematico è IL
SILENZIO E LO SPIRITO, spettacolo e poi disco nel 2003 di brani
legati alla spiritualità (Bach, Battiato, De André, Cohen,
Amalia Rodriguez e altri) con Cosma, Porciello e Parisi. E poi
il blues, vecchio amore che confluisce in ANIMA BLUES (con
Pippo Guarnera, Massimo Martellotta e Vince Vallicelli),
tournée e disco che Finardi vive con grande partecipazione.
Un percorso, il suo, di continui approfondimenti e svolte.
(e.de.)
DISCOGRAFIA

NON GETTATE ALCUN OGGETTO DAI FINESTRINI (Cramps 1975)


SUGO (Cramps 1976)
DIESEL (Cramps 1977)
BLITZ (Cramps 1978)
ROCCANDO ROLLANDO (Cramps 1979)
FINARDI (Cicogna 1981, versione italiana dell’album
successivo in un primo tempo rifiutato dalla casa
discografica)
SECRET STREETS (Fonit Cetra 1982, in inglese)
DAL BLU (Fonit Cetra 1983)
STRADE (Fonit Cetra 1984, live)
COLPI DI FULMINE (Fonit Cetra 1985)
DOLCE ITALIA (Fonit Cetra 1987, l’edizione in CD contiene
come bonus tracks quattro esecuzioni tratte da STRADE)
IL VENTO DI ELORA (Fonit Cetra 1989)
LA FORZA DELL’AMORE (WEA 1990, un inedito e nuove
esecuzioni di brani editi)
MILLENNIO (WEA 1991)
ACUSTICA (WEA 1993, contiene anche nuove esecuzioni di
brani già editi)
OCCHI (WEA 1996)
ACCADUEO (WEA 1998)
LA FORZA DELL’AMORE VOL. 2 (WEA 2000, raccolta con una
versione inedita di La forza dell’amore e altri brani editi
solo su miscellanee)
O FADO (Edel 2001, a nome Eugenio Finardi - Francesco Di
Giacomo – Marco Poeta)
CINQUANTANNI (Edel 2002, contiene nuove esecuzioni di
brani editi)
IL SILENZIO E LO SPIRITO (Edel 2003, CD + DVD)
ANIMA BLUES (EF Sounds 2005, l’edizione in doppio vinile
contiene due brani in più pubblicati anche su CD singolo)
DIESEL. Particolarmente rappresentativo del Finardi anni
’70, di dischi intessuti da un filo politico e sociale, con testi
molto diretti e un linguaggio che risente molto dell’epoca in
cui sono stati scritti. Qui il suono è nervoso, riprende
suggestioni persino jazz rock. Tra le canzoni, Non è nel
cuore, Tutto subito, Non diventare grande mai. E la title
track: “Il diesel è il ritmo delle cose/ è la giusta propulsione
per la mia generazione”.
IL VENTO DI ELORA. Probabilmente il disco più
misconosciuto di Finardi, il più equilibrato tra composizione
e canto, con l’urgenza di dire mediata da una scrittura
matura. Canzoni di forte emotività come L’albero delle
spade, sincere come Come in uno specchio, delicate come
Favola, giocose come Vil Coyote, forti come la title track. E
poi la sconosciuta Il fiume, una delle vette assolute di
Finardi.

FIORDALISO
Cantante discretamente impostata e dotata di voce grintosa,
ma con un repertorio poco convincente, Marina Fiordaliso
nasce a Piacenza il 19 febbraio 1956. Studia canto e pianoforte
e nel 1981 vince il festival di Castrocaro con Scappa via; nel
1982 è a Sanremo con Una sporca poesia, a cui seguono
Oramai, il primo album FIORDALISO (1983) e soprattutto Non
voglio mica la luna (1984), scritta da Zucchero, quinta a
Sanremo e suo maggiore successo. Quindi prende avvio un
tour internazionale. Dopo Fatti miei (1986) partecipa ancora al
Festival prodotta da Toto Cutugno con Se non avessi te nel
1989, ma le vendite continuano a diminuire. La discreta
notorietà successiva si deve solo alle presenze sanremesi, che
non hanno però riscontri commerciali, ad esempio con Il mare
più grande che c’è. Nel 1995 si dedica al teatro con il musical
“Fratelli di sangue” di Willy Russel. L’attività dal vivo è
prevalentemente estiva, soprattutto in piccoli centri della
penisola, dove propone oltre al suo repertorio i brani di
successo degli ultimi decenni, in uno spettacolo dal titolo
“Fiordaliso disco live”. Nel 2002 partecipa ancora a Sanremo
con Accidenti a te e nel 2004 al reality show “Music Farm”.
FIORELLO
Showman amato e versatile, il catanese Rosario Tindaro
Fiorello vanta anche numerose esperienze musicali. Classe
1960, inizia a lavorare come aiuto cuoco, barman e animatore
nei villaggi turistici, dove viene notato da Claudio Cecchetto
che gli offre l’opportunità di entrare nel circuito di Radio
Deejay e Deejay Television. In questi ambiti Fiorello si
esibisce in ottime imitazioni canore che gli permettono di
realizzare il primo album, VERAMENTE FALSO (1991, primo di
una serie di dischi di sole imitazioni). Nello stesso anno arriva
la popolarità grazie alla trasmissione musicale “Karaoke”, che
conduce ogni sera su Italia 1. Nel 1993 pubblica SPIAGGE E
LUNE, album di successo in cui è contenuta San Martino, che
usa come testo l’omonima poesia di Carducci. Si o no (cover
di Please don’t go di KC & The Sunshine Band) e Il cielo (con
Caterina) sono altri suoi successi del periodo. Nel 1995
partecipa al Festival di Sanremo con Finalmente tu, scritta da
Max Pezzali degli 883. Dopo molte esperienze televisive e
alcuni CD di musica da discobar, nel 2004 esce A MODO MIO,
primo disco qualitativamente di un qualche interesse, in cui
interpreta anche brani di cantautori (Paolo Conte si
complimenta pubblicamente per la versione di Via con me).

FLOR DE MAL
Band catanese nata sul finire degli anni ’80, i Flor De Mal
hanno rappresentato un caso musicale anomalo, grazie alla
loro personale (e particolare) miscela di rock americano e
radici siciliane, resa in maniera particolarmente forte dal vivo.
L’incontro con il talent scout Francesco Virlinzi, dopo che
erano approdati alla fase finale di “Anagrumba 1989” (come
testimonia la raccolta NOTE DI LIBERTÀ del 1990), li ha spinti
alla pubblicazione del primo album, FLOR DE MAL, nel 1991.
Un disco che ripercorre i suoni folk rock di riferimento e
cantato quasi esclusivamente in inglese. Dopo un tour
oltreoceano e la partecipazione al disco tributo ai REM
SURPRISE YOUR PIG – A TRIBUTE TO REM del 1992, i Flor De Mal
registrano l’anno seguente REVISIONI, questa volta cantato in
italiano e in dialetto siciliano. Un disco da cui è tratto il ruvido
45 giri Re dell’est e al quale partecipano il chitarrista dei REM
Peter Buck e l’ex cantante dei 10.000 Maniacs, Natalie
Merchant. Nel 1993 partecipano alla compilation $ 1,000
WEDDING, dedicata a Gram Parsons. Mutato il nome in Flor,
pubblicano l’apprezzato ARIA nel 1995. Realizzano poi un
demo tape nel ’98, sempre guidati da Marcello Cunsolo,
cantante, chitarrista e autore. Continueranno poi con
sporadiche esibizioni dal vivo.

DARIO FO
Il grande uomo di teatro, nato a San Giano (VA) il 24 marzo
1926 e che nel 1997 ha ricevuto il Premio Nobel per la
Letteratura, è stato anche un grande autore (e interprete) di
canzoni. Con l’aiuto di musicisti diversi (Fiorenzo Carpi, Enzo
Jannacci, Paolo Ciarchi, Oscar Prudente, Enzo Del Re,
Antonio Infantino), ma qualche volta componendo egli stesso
le musiche o attingendo alla tradizione popolare, già a partire
dai primi anni ’50 ha avviato la canzone verso un cammino
nuovo per la musica leggera italiana, pregno di contenuti
civili, satirici e di costume: si pensi infatti che titoli come La
luna è una lampadina, Il taxi nero o T’ho cumprà i calzett de
seda, resi celebri molto tempo dopo da Jannacci, risalgono al
1953-54. Con Jannacci la collaborazione fu poi direttamente
attiva intorno alla metà degli anni ’60, dallo storico spettacolo
“22 canzoni” del 1964, immortalato nell’album ENZO JANNACCI
IN TEATRO (dove Fo, anche regista, firma molti brani, tra cui
Veronica, L’Armando, Prete Liprando e il giudizio di Dio),
fino ai grandi successi del ’68 Vengo anch’io. No, tu no e Ho
visto un re, passando per altri capolavori come Sei minuti
all’alba. Da una ricerca di Fo viene anche il testo
medievaleggiante di La mia morosa la va alla fonte, su una
musica di Jannacci utilizzata da Fabrizio De André per Via del
Campo. Breve ma intensa pure la collaborazione con il Nuovo
Canzoniere Italiano, culminata in un memorabile spettacolo
documentato nell’omonimo disco CI RAGIONO E CANTO (1966).
Ma Fo è stato interprete egli stesso delle proprie canzoni,
naturalmente inglobate per lo più all’interno dei suoi
innumerevoli lavori teatrali, dove la forma espressiva della
canzone e della musica ha sempre avuto un ruolo primario.
Solo parzialmente queste sue esecuzioni sono state pubblicate
su disco, sia da parte di etichette ufficiali sia autoprodotte per
circuiti militanti. Lo stesso dicasi per i vari brani scritti per la
famosa “Canzonissima” televisiva del 1962, violentemente
interrotta per censura. In teatro come in TV, anche alternandosi
con lui nelle interpretazioni canore, lo ha sempre affiancato la
moglie Franca Rame. Del resto le sue composizioni sono state
interpretate da altre importanti voci femminili come Ornella
Vanoni (Hanno ammazzato il Mario, Sentii come la vosa la
sirena), Mina (Stringimi forte i polsi), Milly (La brutta città),
Laura Betti (Fammi ancora un livido sul femore). Per tutto
questo lavoro in forma di canzone (raccolto in un volume edito
da Giorgio Bertani nel 1974, tanto fondamentale quanto
introvabile) nel 1977 Fo ha vinto il Premio Tenco come
operatore culturale.

PIERO FOCACCIA
Cantante indissolubilmente legato al decennio dei ’60, nato
a Cervia (Ravenna) nel 1944. Da giovane lavora come
bagnino. In campo musicale, dopo l’esordio con il 45 giri Il
pappagallo, ottiene un grande successo con il tormentone
estivo Stessa spiaggia stesso mare (1963), perfettamente in
linea con il periodo, che gli consente di vincere il “Disco per
l’estate”, grazie anche agli autori Mogol e Piero Soffici. Dopo
di che Focaccia incontra ancora un buon esito con Permette
signora (1970) e, in misura minore, con Santo Antonio Santo
Francisco, su musica di Paolo Conte, portata nel 1971 con
Mungo Jerry a Sanremo, dove l’ex bagnino tornerà nel ’74
senza riscontri. Frequentatore di trasmissioni TV legate al
revival, si esibisce tuttora con un suo gruppo o in solitudine su
basi musicali. Versi come “Per quest’anno non cambiare/
stessa spiaggia, stesso mare/ per poterti rivedere/ per tornare
per restare insieme a te” sono ancora oggi un classico.

RICCARDO FOGLI
Nato a Pontedera (PI) il 21 ottobre 1947, suona da
giovanissimo nella banda cittadina e poi con gli Slenders, che
si esibiscono anche al Piper di Milano, dove Fogli conosce i
Pooh. Con loro come cantante e bassista incide vari 45 giri e
alcuni album di successo, dal 1966 al 1972, per poi
intraprendere la carriera solista. Tranne che per Mondo (1976),
dovrà attendere diversi anni per giungere a una breve ma
intensa popolarità. Tra gli anni ’70 e ’80 porta al successo Che
ne sai, Malinconia e Storie di tutti i giorni, prima al Festival di
Sanremo del 1982 – tutti brani con testi di Guido Morra e
musica di Maurizio Fabrizio. Continuerà con pochi riscontri a
partecipare a Sanremo e a pubblicare dischi d’impronta pop
melodica come LE INFINITE VIE DEL CUORE (1987), TEATRINO
MECCANICO (1992), FOGLI SU FOGLI (1995), ROMANZO (1996);
nel 1999 allega alla rivista Raro! l’album MATTEO, realizzato
25 anni prima e mai pubblicato. Successivamente Fogli suona
in feste di piazza e partecipa a trasmissioni televisive con
connotazioni di revival.

FOLKABBESTIA!
Folkways è il nome che nel 1994 si era dato un gruppo di
ragazzi baresi appassionati di musica irlandese. Si esibiscono a
suon di folk danzereccio pur personalizzato dalla presenza
robusta di elementi rock, punk, balcanici e ska. Il primo nucleo
si forma attorno a Lorenzo Mannarini (ch. e vc.), Francesco
Fiore (bs.), Osvaldo Laviosa (vl.) e Nicola De Liso (bt.); con
Antongiulio Galeandro (fs. e fl.) e il momentaneo ingresso in
formazione di Umberto De Palma (tammorre, bodhran e vc.) il
nome del gruppo diventa definitivamente “i Folkabbestia!”.
Nel 1996 vincono il Folkontest, principale concorso italiano
del settore. Con i nuovi Cesare Dell’Anna (tr) e Fabio Losito,
che sostituisce al violino Laviosa, nel 1998 si arriva allo
scoppiettante esordio BREVE SAGGIO FILOSOFICO SUL SENSO
DELLA VITA (con Tammurriata a mare nero e Azzurro di
Conte). Il disco rappresenta al meglio il suono e la filosofia
eternamente goliardica del gruppo. Un paio d’anni, un piccolo
riassestamento nella formazione ed ecco il secondo lavoro, SE
LA ROSA NON SI CHIAMEREBBE ROSA RITA SAREBBE IL SUO NOME,
con Styla Lollomanna che nel 2003 entra nel Guinness dei
primati per essere stata rappresentata per oltre 30 ore
consecutive. Nello stesso anno esce NON è MAI TROPPO TARDI
PER AVERE UN’INFANZIA FELICE e nel 2005 il live PÈRCHE, a cui
l’anno dopo segue 25 - 60 - 38 (sottotitolo “Breve saggio sulla
canzone italiana”), raccolta di cover fra cui spicca
L’Avvelenata di Guccini cantata con Franco Battiato.

JIMMY FONTANA
Al secolo Enrico Sbriccoli, nasce a Camerino (MC) nel
1934. Interprete dalla vocalità piena e rotonda oltre che autore,
inizia in ambito swing. Benché fin dal 1961 prenda parte a
Sanremo (Lady Luna) e ottenga un buon successo con Cha cha
cha dell’impiccato, in coppia con Gianni Meccia, e con Non
dirlo a nessuno, sfonda definitivamente solo nel 1966 con Il
mondo, brano dall’ampio respiro melodico che varca i confini
nazionali grazie a numerose versioni in altre lingue. Nel 1967
torna al Festival di Sanremo un po’ in sordina con Nasce una
vita, ma subito dopo vince il Disco per l’estate con La mia
serenata e l’anno seguente pubblica La nostra favola. Da
ricordare è anche la sua traduzione di Delilah di Tom Jones.
Come autore, quando ormai la sua stella di cantante sembra
affievolirsi, s’impone nuovamente con Che sarà, che sfiora la
vittoria a Sanremo ’71 e ancora una volta diventa un successo
internazionale. Attivo sporadicamente anche come autore per
il cinema, a partire dagli anni ’80 Fontana sfrutta come tanti
colleghi l’onda del revival, costituendo i Superquattro, con
Meccia, Riccardo Del Turco e Nico Fidenco, e tornando a
Sanremo con Beguine nell’82.

FORMULA TRE
Uno dei più noti gruppi italiani dalla fine degli anni ’60 fino
al primo scioglimento del 1973, formato originariamente da
Alberto Radius (ch.), Tony Cicco (bt. e vc.) e Gabriele Lorenzi
(organo). Formazione insolita, visto che non si avvale del
basso, vanta però tre buoni strumentisti, soprattutto Radius, già
valente chitarrista. La Formula Tre nasce nel 1969, prodotta da
Lucio Battisti, e sarà il gruppo che lo accompagnerà nelle sue
rare apparizioni live. La prima incisione, Questo folle
sentimento, arriva ai primi posti in classifica e diventa
indissolubilmente il loro cavallo di battaglia. L’anno
successivo esce l’album d’esordio, DIES IRAE, un disco
coraggioso che cerca di superare le ingenuità beat con sonorità
a metà strada fra il rock progressivo e l’hard rock. Tra i brani,
Sole giallo sole nero, Dies Irae (dalle atmosfere cupe,
originariamente realizzato su 45 giri nel 1967 dai Samurai, in
cui militava Lorenzi) e una versione del brano dei Four Tops
Walk Away Renee. Il secondo album, FORMULA 3, è
interamente basato su canzoni di Battisti e Mogol e contiene
altri due classici, Eppur mi son scordato di te e la lunga
Nessuno Nessuno. Nell’ottimo SOGNANDO E RISOGNANDO
(1972) il gruppo inserisce alcune composizioni originali,
insieme ai soliti brani di Mogol-Battisti. In evidenza una
versione estesa di Sognando e risognando (già incisa da
Battisti), e la notevole suite Aeternum. LA GRANDE CASA,
prodotto da Mogol con musiche di Radius, è forse il più
debole, imperniato soprattutto sulla chitarra acustica. Il trio
continua a suonare con Battisti fino allo scioglimento,
avvenuto alla fine del 1973. Lorenzi e Radius entrano nel
supergruppo “Il Volo” mentre Tony Cicco intraprende una
carriera solistica poco fortunata con il nome di “Cico”.
Riformatasi nel 1990, la Formula Tre è tutt’ora in attività. Nel
2002 ha pubblicato LA FOLLE CORSA (titolo di un altro successo
storico del gruppo), con rifacimenti di vecchi brani. A Lorenzi
sono subentrati Maurizio Metalli e poi vari altri tastieristi.
Partecipano al Festival di Sanremo nel 1992 con Un
frammento rosa e nel 1994 con La casa dell’imperatore.

ALBERTO FORTIS
Cantautore dalla spiccata personalità, con elementi di
misticismo, e vocalmente molto dotato (con il tipico uso del
falsetto), ha continuato a produrre con una certa regolarità i
suoi dischi, anche nei momenti di minore popolarità. Nato a
Domodossola il 3 giugno 1955 ma milanese d’adozione, dopo
una formazione iniziale di batterista e poi di pianista, Fortis
pubblica nel 1979 il primo album, ALBERTO FORTIS, che conta
le presenze importanti degli allora componenti della PFM. Il
successo è rilevante, grazie al singolo Milano e Vincenzo
(dedicato all’ex produttore Vincenzo Micocci) ma anche a A
voi romani (un’invettiva contro la capitale) e alle splendide Il
duomo di notte e La sedia di lillà. Il disco è prodotto da
Claudio Fabi, che collaborerà anche ai lavori seguenti. L’anno
successivo esce TRA DEMONIO E SANTITÀ, più oscuro e difficile
del precedente ma molto amato dai suoi estimatori. Nel 1981 è
la volta di LA GRANDE GROTTA, con la popolare Settembre e la
collaborazione di importanti strumentisti americani, e nel 1982
di FRAGOLE INFINITE, registrato agli Abbey Road di Londra. (Il
brano che dà il titolo al disco è dedicato a John Lennon,
essenziale figura di riferimento per Fortis.) Sono altrettanti
episodi fortunati per questo artista così eclettico. Testi intensi e
una certa sperimentazione musicale caratterizzano la sua
produzione, in questo periodo molto prolifica; tuttavia dopo tre
album realizzati intorno alla metà degli anni ’80 (ancora con
musicisti americani) Fortis si concede un periodo di riflessione
nel corso del quale prosegue i propri studi – iniziati qualche
tempo prima – negli Stati Uniti, per ritornare in Italia nel 1990
dove lavora con i più stretti collaboratori di Vasco Rossi.
CARTA DEL CIELO (1990), la raccolta L’UOVO (1991) e nel 1994
DENTRO IL GIARDINO sono accolti abbastanza positivamente
dalla critica ma il pubblico reagisce tiepidamente, fatta
eccezione per uno zoccolo duro; trascorreranno a quel punto
sette anni prima dell’uscita di un nuovo lavoro, ANGELDOM
(2001), seguito dall’antologico UNIVERSO FORTIS (2003) e da
FIORI SULLO SCHERMO FUTURO (2005). Tre lavori che pur senza
grandi risposte di vendite, confermano l’onestà di un
cantautore che ha sempre cercato di migliorarsi, dedicandosi a
studi musicali rigorosi e a una sostenuta attività live. Nel 2006
esce IN VIAGGIO, una nuova raccolta con inediti, in
concomitanza con la presenza di Fortis al reality televisivo
“Music Farm”.

IVANO FOSSATI
Già da bambino avverte il sacro fuoco della musica, Ivano
Alberto Fossati: nasce a Genova il 21 settembre 1951, a otto
anni studia pianoforte, poi prediligerà la chitarra e anche il
flauto. Attorno ai tredici anni scopre i Beatles: è una svolta.
L’adolescenza scorre tra liceo classico (lascia al terzo anno) e
conservatorio, tra gruppetti beat e orchestrine, tra posti dove
provare e posti dove suonare. Finché non entra nei Sagittari,
che poi si chiameranno Delirium, ne diventa leader e con loro
inizia a vivere di musica. Spopola con Jesahel (la prima
canzone scritta, con Oscar Prudente) ma ben presto si
allontana per fare da sé. Il primo disco a suo nome, realizzato
con notevole dispiego di mezzi (compresa un’intera orchestra),
è nel 1973 IL GRANDE MARE CHE AVREMMO TRAVERSATO che nel
titolo, forse inconsapevolmente, contiene già molto del
percorso artistico successivo. Dopo pochi mesi segue POCO
PRIMA DELL’AURORA, in coppia con Oscar Prudente. Con lui
Fossati compone anche i brani per un disco del collega,
INFINITE FORTUNE, e una serie di musiche per gli audiolibri
Mondadori, per rappresentazioni teatrali, specie del Teatro
della Tosse di Genova, e per il cartone animato “L’uccel
belverde” di Emanuele Luzzati. Fossati si sente principalmente
un musicista in questo periodo, che, dopo la pubblicazione di
GOOD-BYE INDIANA (in cui suona tutti gli strumenti), si
conclude nel 1977 con LA CASA DEL SERPENTE, un lavoro
spartiacque che contiene già elementi del cammino seguente.
In questa prima fase non mancano idee e spunti, anche se la
personalità artistica non è ancora a fuoco e le vendite latitano.
Ma la RCA in qualche modo crede in lui e lo stipendia
regolarmente per le più diverse mansioni (ad esempio è nei
cori di ZEROFOBIA di Renato Zero). Lavora molto come autore:
per Gianni Morandi (suoi e di Prudente i brani di IL MONDO DI
FRUTTA CANDITA del 1975), Patty Pravo (Pensiero stupendo),
Anna Oxa (Un’emozione da poco), Loredana Bertè (Dedicato,
che riprenderà lui stesso da solista) e Mia Martini, per la quale
scrive e produce l’intero DANZA con pezzi come Vola e La
costruzione di un amore. Anche Mina decide di riprendere
alcune sue canzoni in MINA LIVE ’78. Grazie anche ai notevoli
esiti commerciali di alcuni di questi brani, Fossati può
continuare parallelamente il percorso solistico con una nuova
consapevolezza: restano i legami con la musica rock ma si fa
strada anche l’esigenza di un maggiore equilibrio compositivo,
la parola anzi assumerà da lì a poco un peso fondamentale,
sulla scorta di esempi come quello di Francesco De Gregori.
LA MIA BANDA SUONA IL ROCK nel 1979 gli porta una grande
popolarità in prima persona con la title track e il primo tour
vero e proprio, in locali e palasport. La canzone che dà il titolo
al disco rimane ancor oggi una delle sue composizioni più
note, ma diventa un fantasma contro cui lottare, fra l’altro
vittima di vari rifacimenti scacciapensieri (quello delle
meteore Ciao Fellini nel 1988 scalerà anche le classifiche). Il
fatto è che con il passare del tempo la banda di Fossati suonerà
sempre meno rock. Lui non si ritroverà più in quel pezzo
(peraltro mai amato), che a un certo punto arriverà a proporre
dal vivo in una versione per pianoforte e voce, così da rendere
del tutto esplicita la lontananza da quel modello, fino a
liberarsene poi del tutto. I primi anni ’80 di Fossati sono di
lenta trasformazione, contrassegnati da buoni dischi come
PANAMA E DINTORNI (con Panama, J’adore Venise, la sua
versione di La costruzione di un amore), LE CITTÀ DI
FRONTIERA (La musica che gira intorno) e VENTILAZIONE,
considerato da molti come l’avvio di una nuova fase. Nel disco
compaiono ottimi brani come Il pilota, Viaggiatori
d’occidente, Parlare con gli occhi, la title track e una cover di
Boogie di Paolo Conte, che inizialmente doveva essere cantata
con l’autore. In questo periodo è rilevante il lavoro per
Loredana Bertè, per la quale Fossati produce TRASLOCANDO
(1982), JAZZ (1983), SAVOIR FAIRE (1984) e firma, fra le altre,
Non sono una signora (altro successo in carnet). Per Mia
Martini scrive e produce E non finisce mica il cielo, presentata
a Sanremo nell’82. Nel 1985 produce due brani di SCACCHI E
TAROCCHI di De Gregori e sarà chitarrista e ospite del suo tour
seguente.
Ma nel 1986 Fossati diventa altro ancora. La svolta
scaturisce anche dall’ascolto del seminale capolavoro di
Fabrizio De André, scritto e prodotto con Mauro Pagani,
CREUZA DE MÄ (nella scaletta del tour del 1986 compare
proprio Creuza de mä). Ed è proprio con il mondo etnico che
si confronta il nuovo Fossati. In qualche modo la produzione
precedente conteneva i prodromi di questa scelta, a partire da
una concezione non turistica del viaggio e del viaggiare: ma
ora il cerchio si chiude. Dalla chitarra elettrica si passa a
quella classica, cambiano i riferimenti musicali e culturali,
prende forma una precisa identità vocale, musicale, letteraria.
La prima testimonianza è 700 GIORNI (Targa Tenco 1986), a
cui segue la prima tournée teatrale, e nel 1988 LA PIANTA DEL
TÈ, pietra angolare del suo cammino. Nasce un lungo tour e un
solido e duraturo riscontro di pubblico. Lo stacco è netto,
specie per Fossati stesso, che nei futuri concerti raramente
proporrà brani dei periodi precedenti. Cessa anche di produrre
altri artisti, unica eccezione per Ornella Vanoni (l’album O del
1987), ma nascono comunque nuove collaborazioni: con De
André (con il quale scrive due testi in genovese di LE NUVOLE
nel 1990), con Eugenio Finardi (con cui duetta in due brani di
LA FORZA DELL’AMORE, 1990) e soprattutto con Fiorella
Mannoia, per la quale compone fra le altre Le notti di maggio
(1988), Lunaspina (1989), I treni a vapore (1992), L’amore
con l’amore si paga (1999) e traduce Oh che sarà di Chico
Buarque De Hollanda, duettando nel brano con l’interprete
romana (1989).
Fossati vuol concentrarsi su se stesso e su dischi che ne
confermano la statura, la capacità di lavorare con originalità e
accuratezza su tutti gli aspetti della canzone: nel 1990, ispirato
da un lungo viaggio in Portogallo, esce DISCANTO (con
Discanto, Lunario di settembre, Italiani d’Argentina,
Confessione di Alonso Chisciano, Unica rosa) e nel 1992
LINDBERGH - LETTERE DA SOPRA LA PIOGGIA (La canzone
popolare, Mio fratello che guardi il mondo, Notturno delle tre
e Il disertore di Boris Vian), entrambi Targhe Tenco come
migliori album dei rispettivi anni. In mezzo c’è un episodico
incontro con la letteratura per il brevissimo racconto “Il
giullare”, edito da Stampa Alternativa nella fortunata collana
Millelire. Giunge poi il momento di riportare su disco
l’esperienza dei concerti, a cui Fossati si è avvicinato con
convinzione solo in tempi relativamente recenti: nel 1993
escono, a qualche mese di distanza l’uno dall’altro,
BUONTEMPO e CARTE DA DECIFRARE, splendida summa live del
lavoro di anni, supportato da una band esemplare: Beppe
Quirici (produzione, cb., bs.), Elio Rivagli (bt.), Armando
Corsi (cha.) Vincenzo Zitello (arpa e tin whistle), Mario Arcari
(sf.), Stefano Melone (pn., ts.).
Ivano Fossati è ormai un punto fermo della nostra miglior
canzone. Anche per artisti delle generazioni successive alla
sua, che nel 1994 gli dedicano un disco tributo, DISERTORI, a
cui partecipano band quali Gang, Afterhours, Mau Mau, La
Crus, Modena City Ramblers. Nello stesso anno Fossati
compone e pubblica la colonna sonora del film “Il toro” di
Carlo Mazzacurati, per il quale in futuro firmerà anche
“L’estate di Davide”, “La lingua del Santo” e “A cavallo della
tigre”, che rimarranno inedite su disco. Dopo la biografia “Per
niente facile – Ivano Fossati si racconta a Massimo Cotto”
(Arcana) e le musiche di scena per lo spettacolo teatrale
“Magoni” di Lella Costa, entrambi del 1994, il cantautore
ligure si dedica a due diversi progetti. Il primo è un disco a
quattro mani con Fabrizio De André, che verrà poi pubblicato
nell’autunno del 1996 – dopo varie divergenze artistiche fra i
due e con il titolo di ANIME SALVE – solo a nome di
quest’ultimo, anche se in tutte le composizioni si sente la
mano di Fossati, e in due anche la sua voce. È uno dei più bei
dischi italiani del decennio. Fra l’altro, come coautore del
brano Prinçesa Fossati vince la Targa Tenco per la miglior
canzone dell’anno. L’altro progetto è il nuovo album a proprio
nome, MACRAMÈ, anch’esso pubblicato nel 1996, in cui si
consolida decisamente l’approccio jazz: non a caso il
pianoforte diventa lo strumento principe di Fossati. Il disco è
di nuovo Targa Tenco. Intanto l’Ulivo utilizza la sua La
canzone popolare come inno in campagna elettorale.
Il cantautore ligure prende tempo dal 1997 al 1999. In questi
anni collabora con il musicista brasiliano Ivan Lins (ma senza
alcuna ufficializzazione discografica, se non il brano Nada
sem você, pubblicato sul disco di Lins A COR DO PÔR DO SOL,
edito in Brasile nel 2000) e pubblica CANZONI A RACCOLTA –
TIME AND SILENCE (il suo primo disco antologico, con un
inedito). E ancora: suona in piccoli locali jazz europei,
partecipa come “superospite” a Sanremo, realizza con
Elisabetta Pozzi uno spettacolo che abbraccia musica, lettura,
teatro, e compone le musiche per il testo teatrale “Alice oltre
lo specchio”. Solo nel 2000 arriva il nuovo album di canzoni
inedite, il lento, meditato LA DISCIPLINA DELLA TERRA (con La
mia giovinezza, La disciplina della terra, Invisibile, Iubilaeum
bolero), mentre nasce su Internet la mailing list del sito
fossati.net, luogo di ritrovo virtuale dei suoi estimatori. Nel
2001 esce un disco solo strumentale, NOT ONE WORD, attribuito
a “Ivano Fossati Double Life”, in cui l’artista genovese dà
sfogo alla sua anima da musicista (e in particolare a quella
pianistica), in bilico tra il jazz e la ricerca. In autunno Einaudi
pubblica un cofanetto con il libro intervista “Carte da
decifrare”, a cura di Pietro Cheli, e il CD CONCERTO IN VERSI,
testimonianza del progetto con Elisabetta Pozzi. Nascono nel
frattempo collaborazioni con due nomi storici della canzone
italiana, Adriano Celentano (a cui Fossati regala un brano
inedito, Io sono un uomo libero) e Mina (che ripesca Notturno
delle tre, in cui compare anche Fossati in un breve cameo
vocale), e ospitate in dischi di nomi nuovi e vitali della scena
nostrana, Yo yo mundi, Quintorigo e Pacifico.
A inizio 2003 esce un disco particolarmente solare, LAMPO
VIAGGIATORE, seguito da due tour teatrali e, la notte di
Capodanno a Roma, da un concerto con Fiorella Mannoia
davanti a 200.000 persone. A fine 2004 è la volta del seguito
dei due straordinari dischi live di una decina di anni prima, un
buon album che però non raggiunge quelle vette. Nel 2006 il
singolo Cara Democrazia annuncia il nuovo lavoro,
L’ARCANGELO, sostanzialmente in linea con il precedente. Poco
dopo esce per Giunti “Il volatore”, biografia ufficiale di
Andrea Scanzi. (e.de.)
DISCOGRAFIA

IL GRANDE MARE CHE AVREMMO TRAVERSATO (Cetra 1973)


POCO PRIMA DELL’AURORA (Cetra/Numero Uno 1973, con
Oscar Prudente)
GOOD-BYE INDIANA (Cetra 1975)
LA CASA DEL SERPENTE (RCA 1977)
LA MIA BANDA SUONA IL ROCK (RCA 1979)
PANAMA E DINTORNI (RCA 1981)
LE CITTÀ DI FRONTIERA (CBS 1983)
VENTILAZIONE (CBS 1984)
700 GIORNI (CBS 1986)
LA PIANTA DEL TÈ (CBS 1988)
DISCANTO (Epic 1990)
LINDBERGH (LETTERE DA SOPRA LA PIOGGIA) (Epic 1992)
DAL VIVO VOL. 1 – BUONTEMPO (Epic 1993, live)
DAL VIVO VOL. 2 – CARTE DA DECIFRARE (Epic 1993, live)
IL TORO (Epic 1994, colonna sonora)
MACRAMÈ (Columbia 1996)
CANZONI A RACCOLTA (TIME AND SILENCE) (Columbia 1998,
antologia con inedito)
LA DISCIPLINA DELLA TERRA (Columbia 2000)
NOT ONE WORD (Sony Classical 2001)
LAMPO VIAGGIATORE (Columbia 2003)
DAL VIVO VOL. 3 – TOUR ACUSTICO (Columbia 2004, live)
L’ARCANGELO (Columbia 2006)
LA MIA BANDA SUONA IL ROCK. Trascinato dalla canzone
omonima – su cui fin da subito Fossati nutre forti dubbi
tanto che è la casa discografica a imporla come singolo – è
il suo primo disco da solista a entrare in classifica. Ma
contiene canzoni pregevoli, da due brani noti per
interpretazioni di altri, Vola e Dedicato, all’intensa E di
nuovo cambio casa. Registrato in America, l’album cerca e
spesso trova un moderno suono rock, a partire dalla scelta
della band, la stessa che collabora con Eric Clapton.
700 GIORNI. Il rock è alle spalle, davanti c’è un nuovo
mondo da scoprire: l’uso di strumenti, figure ritmiche e
moduli espressivi di altre culture (sia europee che non) è
filtrato comunque da una personalità artistica sempre più
caratterizzata. Contiene Buontempo e la miliare Una notte in
Italia, uno dei migliori brani di Fossati, anche a suo dire. La
produzione è di Allan Goldberg.
LA PIANTA DEL TÈ. Continua la ricerca verso nuove terre,
vicine e lontane (la Francia, l’Oriente, il Sudamerica),
valorizzata anche dal flauto andino di Uña Ramos. Prodotto
ancora da Goldberg, è probabilmente il disco in cui Fossati
dispiega al meglio la sua potenzialità comunicativa, con
classici come La pianta del tè, Terra dove andare, L’uomo
coi capelli da ragazzo, Chi guarda Genova, La volpe (con
un intervento vocale di Teresa De Sio) e Questi posti
davanti al mare, cantata con De André e De Gregori, che è
Targa Tenco come miglior canzone dell’anno.
DAL VIVO VOLUME 1 – BUONTEMPO.
DAL VIVO VOLUME 2 – CARTE DA DECIFRARE.
Due perfetti meccanismi a orologeria, due live avvolgenti,
suonati e arrangiati con grande perizia, che inanellano una
serie di versioni di acre bellezza e profondità, alcune
totalmente difformi da quelle originali. Nel primo CD E di
nuovo cambio casa acquista maggior consistenza, Panama
perde l’incedere reggae, guadagna in colori e intensità e
sfocia nel tributo brasiliano di La pioggia di marzo di
Jobim; nel secondo (che comprende l’unico inedito, Carte
da decifrare) Discanto guadagna fluidità e una nervosa,
trascinante coda finale, Italiani d’Argentina si
ammorbidisce, vecchi brani come J’adore Venise e La
costruzione di un amore trovano i loro veri vestiti. È forse
l’apice della carriera di Fossati.
MACRAMÈ. È stipato di stimoli, di parole, di suoni, di
perfezione e perfezionismo, tanto che lo spazio della
canzone a volte pare non essere più sufficiente. Diventa
palese l’uso di moduli tipici del jazz. Fra le canzoni: La vita
segreta, L’angelo e la pazienza e la splendida, armonica,
ipnotica L’orologio americano; fra gli ospiti: Tony Levin,
Trilok Gurtu, Riccardo Tesi. Album bello e difficile.

MIKE FRANCIS
Influenzato inizialmente dalla musica e dalla cultura
americana, Francesco Puccioni è cantante, compositore e
arrangiatore. Nato a Firenze il 26 aprile 1961, dopo il consueto
apprendistato musicale nel 1984 con il nome d’arte di Mike
Francis porta al successo, anche europeo, Survivor (contenuta
in LET’S NOT TALK ABOUT IT) e Friends, composta per Amii
Stewart. Il suo è easy listening con influenze dance, ma
personale e di grande atmosfera, con pianoforte in evidenza e
una scrittura non banale, come confermano le successive prove
discografiche. Prima l’avvolgente Let Me In (con assolo finale
di voce di Rossana Casale) e poi, con la Stewart, Together (in
FEATURES), entrambe dai notevoli esiti commerciali. Francis si
avvicina quindi al mondo jazz romano e, dopo i minori
riscontri di FLASHES OF LIFE (1987) e DREAMS OF A LIFETIME
(1989), si dedica anche a colonne sonore. Si afferma intanto
nelle Filippine, dove registra un live (LIVE IN MANILA, 1989).
Negli anni ’90 passa a sonorità più acustiche e testi in italiano
di Mogol e Panella (IN ITALIANO, 1991, FRANCESCO
INNAMORATO, 1994, e MISTERIA, 1998), ma trascorre gran parte
del decennio a Londra, lavorando con Richard Darbyshire, già
leader dei Living in a Box. In Italia si registra la discutibile
esperienza come autore per i Ragazzi Italiani, effimera boy
band nostrana. Nel 2000 fonda i Mystic Diversions, tra
ambient e influenze latine ed etniche, con diversi piacevoli
dischi all’attivo e buoni riscontri in tutta Europa. Nel 2006
ricompare con un disco a nome Mike Francis, per il mercato
estero.

FRANKIE HI-NRG
Nel 1991, mentre il rap italiano sta per esplodere, Frankie
Hi-Nrg MC si presenta con occhialoni, una spiccata abilità
linguistica e il singolo Fight da Faida (inizialmente inserito
nella compilation ITALIAN RAP ATTACK pubblicata da Irma
Records), un duro attacco alla mafia e alle istituzioni italiane
che grazie anche al passaparola diventa un caso non solo
discografico. Il vero nome di Frankie è Francesco Di Gesù, è
nato a Torino il 18 luglio 1969 da genitori siciliani; si è
avvicinato al rap con la Posse del Regio di Torino, e ha poi
vissuto a Caserta e Città di Castello.
Con il secondo singolo, Faccio la mia cosa, risponde alle
accuse che gli arrivano da gran parte del circuito hip hop
indipendente italiano per aver firmato un contratto con una
major. Si tratta della BMG, per la quale pubblica nel 1993 il
primo album VERBA MANENT (con brani come Libri di sangue
e Omaggio tributo riconoscimento) mescolando
campionamenti, “scratchate” e universi distanti come Topo
Gigio e l’accusa sociale. Gira il video di Faccio la mia cosa
con gli Aeroplanitaliani, mentre Fight da Faida e Potere alla
parola sono inserite nella colonna sonora del serial televisivo
“La Piovra 7”. Segue un tour di oltre un anno e mezzo, in cui
apre anche i concerti di mostri sacri come Run DMC e Beastie
Boys.
Il successo s’accompagna fin da subito a un alto spessore
qualitativo e lo indica come una terza via hip hop fra quella
più politica delle tante Posse e il versante più spensierato alla
Jovanotti prima maniera. Cultura e talento, energetiche
riflessioni a ritmo sincopato; lo apprezza anche Vittorio
Gassman che, notatolo al “Maurizio Costanzo Show”, gli
chiede un rap da utilizzare nello spettacolo “Camper” del
1993. Due anni dopo il rapper è invece in piazza Plebiscito a
Napoli per il 25 aprile, con La cattura e Michael Brecker. Poi
un lungo silenzio. LA MORTE DEI MIRACOLI arriva a distanza di
quattro anni, trascinato nelle classifiche dal secondo singolo,
Quelli che ben pensano, che segna l’esordio di Frankie Hi-Nrg
come videomaker, una passione che negli anni a venire quasi
sostituisce il suo primo mestiere. Dopo un altro lungo tour
torna di nuovo nell’ombra per vari anni (scelta consapevole
ma di cui si dispiacerà a posteriori) se non per qualche
zampata: in Immobile di Niccolò Fabi (NICCOLÒ FABI, 1998),
nel 1999 con Elisa in Nottetempo, per il disco MEDICINA
BUONA de La Comitiva e nel ritornello della versione italiana
di Hate Me Now dei rapper statunitensi Nas e Puff Daddy. Si
occupa intanto della sceneggiatura e della regia di clip come
Oui je t’aime (Nocca), Bada (Flaminio Maphia) e i fortunati
La descrizione di un attimo, Muovo le ali di nuovo e Due
destini dei Tiromancino, che segue anche come fonico per
qualche tempo.
Nel 2000 firma la prefazione a “Il rap spiegato ai bianchi”
di David Foster Wallace e Mark Costello (Minimum fax) e
partecipa alla colonna sonora di ZORA LA VAMPIRA dei Manetti
Bros (Il sonno della ragione). Alla fine dell’anno canta con
Raiz un rap contro la pena di morte nell’ambito dell’iniziativa
“Life Aid” presso l’Università di Roma. Nel 2002 collabora
con l’ensemble Alter Ego, prima per un concerto monografico
dedicato a Frederic Rzewski su Radio3 (pubblicato da
Stradivarius), poi all’opera rap “Brut Beat Brute Bruit” di
Alvin Curran, commissionata dal Festival delle Nazioni di
Città di Castello (nel febbraio 2004 all’Auditorium di Milano
si ritroverà in concerto con Rzewski e Curran, i due fondatori
del MEV, collettivo tra improvvisazione e sperimentalismo,
minimalismo e impegno civile e politico). Quindi, con la
Banda Osiris, realizza la nuova sigla di “Caterpillar” di
Radio2, e partecipa, in qualità di gangster, al film “Paz!” di
Renato De Maria.
Nel 2003 RZA, produttore dei Wu-Tang Clan, lo invita a
partecipare al suo THE WORLD ACCORDING TO RZA (Passaporto
per resistere, lettera immaginaria sui comuni problemi
discografici affrontati), mentre gira il video dell’amico
Pacifico Gli occhi al cielo. In autunno, a sei anni di distanza
dal disco precedente esce ERO UN AUTARCHICO, citazione da
Nanni Moretti, presentato dal singolo Chiedi chiedi, il cui
video, girato scimmiottando un clip de Le Vibrazioni, già
ripreso da Elio e Le Storie Tese, è un mix di citazioni come
“Un Chien Andalou” di Luis Buñuel. Da una parte il disco
sorprende per la coerenza nell’uso del rap che molti suoi
colleghi hanno abbandonato, dall’altra delude in parte chi si
aspettava una crescita dal punto di vista musicale. Sempre
vitali le rime serrate e la denuncia sociale. Manca stavolta un
singolo ariete come nei dischi precedenti. All’album
contribuiscono i due cammei in apertura e chiusura di Franca
Valeri, e le partecipazioni fra il serio e il faceto di Paola
Cortellesi, dell’attore Antonio Rezza e di Pacifico; contiene
inoltre un estratto rimontato di un discorso del 1974 di
Arnoldo Foà sul divorzio, mentre Aldo Biscardi recita nel
video di Rap Lamento, che campiona Pancho, la storica sigla
di “90° minuto”. Nel 2005 a sorpresa esce RAP©ITAL, che
insieme all’inedito Dimmi dimmi tu raccoglie una dozzina di
suoi brani completamente reinventati.
Frankie Hi-Nrg MC è artista di notevole coerenza: nel suo
restituire il “potere alla parola” ha mostrato, meglio di molti
altri, quanto il rap in italiano possa essere un incredibile mezzo
di comunicazione – potente come il ritmo, libero come il
pensiero. (g.fa.)
DISCOGRAFIA

VERBA MANENT (BMG 1993)


LA MORTE DEI MIRACOLI (BMG 1997)
ERO UN AUTARCHICO (BMG 2003)
RAP©ITAL (BMG 2005, raccolta di brani reincisi con un inedito)
LA MORTE DEI MIRACOLI. Disco prezioso e scuro (l’autore lo
definirà “un tunnel senza fine”) che legittima la vena
originale dimostrata fin dagli esordi. Un flusso ininterrotto
di parole da seguire attentamente. Ai vinili Ice One e DJ
Style, partecipa la voce di Riccardo Cocciante, Riccardo
Sinigallia canta il ritornello del brano killer Quelli che ben
pensano. Spicca Giù le mani da Caino.

FRANTI
Nascono a Torino alla fine degli anni ’70. Il primo nucleo è
formato da Stefano Giaccone (sx.), Massimo D’Ambrosio
(bs.) e Marco Ciari (bt.), compagni di liceo. Il primo nome è
Guerrilla’s Band, mutato poi in Luna Nera e dall’82 in Franti,
come il cattivo del libro “Cuore”. Si considerano militanti
rivoluzionari, tutti i loro lavori saranno autoprodotti: prima
due brani nella cassetta A/B nell’82, poi nell’83 LUNA NERA,
che segna l’ingresso di Marinella “Lalli” Ollino (vc.) e Vanni
Picciuolo (ch.), anche se molti altri musicisti saranno coinvolti
nelle loro incisioni. LUNA NERA (uscito prima in cassetta e poi
ristampato in vinile nell’85) mostra già una band eclettica,
coraggiosa nel miscelare influenze diverse, punk,
sperimentazione, jazz rock, new wave e canzone d’autore
(riassunte nella definizione di “hardcore folk”). Il disco ha
notevole diffusione nel circuito alternativo dell’epoca, che a
poco a poco li elegge a band di culto. FRANTI/CONTRAZIONE
(del 1985) con il gruppo punk dei Contrazione, è inciso per
l’etichetta Blu Bus, fondata dai Franti con i Kina. Nel 1986
esce IL GIARDINO DELLE 15 PIETRE, album in cui il suono
originale dei Franti si fa ancora più personale, in particolare
grazie alla voce avvolgente e unica di Lalli e al sax di
Giaccone. Ma l’anno seguente la raccolta con inediti NON
CLASSIFICATO (4 LP o 2 CD) chiude l’esperienza del gruppo;
verrà ristampata nel 1999 con altri inediti in un triplo CD
pubblicato per “A/rivista anarchica”. Un percorso di forte
coerenza ideale e politica quello del gruppo, che si rinnova in
molte altre esperienze dei vari componenti. Marco Ciari suona
con Blind Alley, Party Kidz e Fratelli di Soledad. Giaccone e
Lalli fondano l’etichetta Inisheer e vari gruppi a partire dagli
Environs, autori di due album – 3 LUGLIO 1969 (1989) e
CINQUE PARTI (1990), più l’antologia postuma UN PETTIROSSO
IN GABBIA METTE IN FURORE IL CIELO INTERO (2002) – che in
qualche modo proseguono il discorso iniziato coi Franti. Due
anche i dischi degli acusticheggianti Orsi Lucille – CANZONI
(1989) e DUE (1992) – e tre quelli del progetto di folk
psichedelico Howth Castle: RUST OF KEYS (1990), GOOD
MORNING, MR. NOBODY (1992) e THE LEE TIDE (1996). Infine
la breve esperienza degli Ishi, documentata da SOTTO LA
PIOGGIA (1994). Poi le strade divergono. Lalli pubblica alcuni
dischi di alto valore, Giaccone (che aveva anche militato nei
Kina per tre anni) dà vita a vari album, d’impronta più
cantautorale, anche lui con ottimi esiti: CORPI SPARSI (1997,
con Claudio Villiot), LE STESSE COSE RITORNANO (1998, a nome
Toni Buddenbrook), IMMORTALI OSPITI SONO ARRIVATI (2000),
THE DIFFICULT LAND (2001), TUTTO QUELLO CHE VEDIAMO È
QUALCOS’ALTRO (2003), CANZONI SENZA FINALE (2004, con
Mario Congiu), TRAS OS MONTES (2006). Nel 1996 ha
pubblicato con Marco Pandin “Nel cuore della bestia”
(Edizioni Zero in Condotta), un volume che ripercorre
l’esperienza degli anni ’80. Nel 2005 il nome Franti torna per
ESTAMOS EN TODAS PARTES, con registrazioni dal vivo
dell’epoca, presentato con una reunion di due serate a Torino.

FRATELLI DI SOLEDAD
Nascono alla fine degli anni ’80 nella Torino dei Murazzi. Il
nome, che in un primo momento era “Soledad Brothers”, è
preso a prestito da un libro di George Jackson (attivista delle
Black Panthers ucciso nel 1971). Lo stile è caratterizzato da un
tappeto reggae con trame ska, pop, rap e rock, mentre i testi
sono militanti ma vestiti di ironia. A guidare il gruppo è
Roberto “Bobo” Boggio. Numerose le esibizioni live fino al
primo album, nel 1992: BARZELLETTE E MASSACRI. Due anni
dopo arriva GRIDALO FORTE, che conferma una miscela
musicale di una qualche personalità e di forte impatto live.
SALVIAMO IL SALVABILE è invece un’opera di recupero di varie
canzoni italiane, mentre BALLI E PISTOLE torna a raccogliere
brani originali in un lavoro prodotto da Max Casacci dei
Subsonica e pubblicato dalla Virgin. Dopo un momentaneo
scioglimento, nel 2002 il gruppo riparte con un tour e con il
live SULLA STRADA IN CONCERTO, a cui segue nel 2005 il nuovo
MAI DIRE MAI. Nel frattempo alcuni membri della band, guidati
dal percussionista Vito Miccolis, hanno dato vita ai Tribà,
ottenendo un notevole successo radiofonico nel 2001 con
Mama insegnami a ballar.

ROSANNA FRATELLO
Tipica interprete della più classica melodia italiana,
Rosanna Fratello, nata a San Severo (FG) il 26 marzo 1950,
esordisce al Festival di Sanremo 1969 con Il treno. Nello
stesso anno pubblica il suo primo hit, Non sono Maddalena,
composto da Giorgio Conte. Nel 1971 un’esperienza
cinematografica importante nel film “Sacco e Vanzetti” di
Giuliano Montaldo le vale il Nastro d’Argento come migliore
attrice esordiente. L’anno dopo esplode sul versante
discografico con la celebre Sono una donna, non sono una
santa, ma non bisserà mai più quel successo. Negli anni
seguenti pubblica molti singoli (l’unico con qualche timido
riscontro di vendite è Schiaffo del 1981, quando tenta di
costruirsi un’immagine sexy), cercando anche di misurarsi con
la musica folk e con la dance. Partecipa diverse volte al
Festival e, dall’inizio degli anni ’80, a numerose trasmissioni
TV dedicate al revival. Alla fine del decennio con Little Tony
e Bobby Solo dà vita per un breve periodo al trio Robot.
G
GIORGIO GABER
Di origini triestine, Giorgio Gaberscik nasce a Milano il 25
gennaio 1939 in una famiglia della piccola borghesia.
Imbraccia la chitarra per emulazione familiare (il padre e il
fratello sono musicisti dilettanti), sviluppando una buona
tecnica, ma la passione per la musica prende forma
lentamente, in un periodo in cui l’esplosione del rock’n’roll
porta nuove ventate. Suona nei Rocky Mountains Old Time
Stompers, italianissimi nonostante il nome anglofono e uno
strano repertorio country western. Alla fine degli anni ’50 –
nel frattempo è esploso il fenomeno Modugno – Gaber, non
ancora ventenne, è uno dei primi a fare rock in Italia: non
sfugge a Giulio Rapetti (più tardi Mogol), discografico della
Ricordi, che gli fissa un appuntamento, a cui però lui,
credendo sia uno scherzo, neanche si presenta. Chiarito
l’equivoco incide Ciao ti dirò (di Calabrese e Reverberi, anche
se spesso erroneamente attribuita a Gaber e a Luigi Tenco, che
invece avrebbe dovuto esserne l’interprete al posto di Gaber),
rivisitazione italiana dei successi presleyani. È la prima uscita
di musica leggera per il catalogo di Nanni Ricordi. Di lì a poco
Gaber entrerà nell’orbita di Celentano, per il quale farà il
chitarrista. Per ora la musica è ancora un gioco un po’ casuale
ma il 18 maggio 1957, al Palazzo del Ghiaccio di Milano, è
mattatore al Primo festival nazionale del rock & roll, ma è
anche presenza fissa al Santa Tecla di Milano, una sorta di
“Cavern liverpooliana” a due passi dal Duomo, dove si
esibisce abitualmente con Enzo Jannacci e Tenco e dove
conosce Sandro Luporini, ingegnere viareggino anarchico con
la passione per la pittura. È già l’incontro che vale una
carriera: Luporini sarà l’altra metà artistica di Gaber, il suo
doppio inseparabile, coautore fisso di tutta la produzione
futura del teatro-canzone, dal 1970 in poi (ma già negli anni
’60 i due scriveranno insieme Barbera e champagne e altre).
Diverse composizioni dell’epoca recano invece la firma di
Gaber e Umberto Simonetta. Quel corpus di primi brani incisi
per la Ricordi a cavallo dei due decenni porta al successo, oltre
che il giovane Gaberscick, anche un modus molto milanese,
urbano, giovanile, d’ispirazione popolare ma per niente sordo
al cabaret, a Fo e Strehler: La ballata del Cerutti, Porta
Romana, Trani a gogò. A questo repertorio si affiancano brani
di scrittura più sentimental confidenziale: Non arrossire,
Geneviève, Le nostre serate. Il passaggio che sta avvenendo è
da un rock’n’roll ruspante a una canzone televisiva ironica e
romantica, debitrice a Henri Salvador, a Gino Paoli e agli
chansonnier francesi. Con Maria Monti, sua compagna di
allora, Gaber porta in scena nel 1960-1961 il primo recital, al
Teatro Gerolamo di Milano, “Il Giorgio e la Maria”. Ma
intanto è nato un cantante di grande successo, un’apparizione
al “Musichiere” nel 1959 ne ha fatto un volto noto. Gaber
entra nel decennio dei ’60 come uno dei personaggi più amati
di una televisione ancora giovane. Prenderà anche parte a
quattro Festival di Sanremo (Benzina e cerini con Maria
Monti, 1961; Così felice, 1964; Mai mai mai, Valentina, 1966;
E allora dai!, 1967), sarà secondo al Festival di Napoli con ‘A
pizza. Intanto interviene regolarmente a trasmissioni di forte
seguito (“Canzonissima”, “Canzoni di mezza sera”,
“Giochiamo agli Anni Trenta”, “Canzoniere minimo”, “Le
nostre serate”): buca il video, è simpatico, fa entrare nelle case
italiane canzoni frizzanti, ma anche malinconiche. È un
cantante che ha due anime, e sa utilizzarle entrambe al meglio,
con pudore e carisma. Goganga, Il Riccardo, Barbera e
champagne, Torpedo Blu, Com’è bella la città, Suona chitarra
sono alcuni dei titoli di maggiore presa (incisi per la Ri-Fi e
per la Vedette) di quella stagione di straordinaria popolarità.
“Sorrisi & Canzoni”, nell’aprile 1965, dedica la copertina al
matrimonio tra Gaber e Ombretta Colli. L’anno seguente
nascerà Dalia, l’unica figlia della coppia.
Anche se in lui si intuisce già chiaramente uno spessore
maggiore rispetto agli intrattenitori del sabato sera, la svolta
che si sta preparando sarà clamorosa. Gaber avverte la
contraddizione di un ruolo divenuto pesante, quasi
insostenibile. Quella del cantautore per forza cordiale ed
ecumenico è una maschera che non è fatta per uno spirito
critico in perenne movimento come il suo (“Ero stanco di
interpretare il personaggio di Giorgio Gaber”). Gli esempi di
Fo, la cui esperienza teatrale con la “Comune” sta indicando
nuove vie, e di De André diventano nuovi fari, inizia un
periodo di trasformazione, attività parallele che contengono i
prodromi del futuro. L’ASSE DI EQUILIBRIO, pubblicato nel 1968,
è il primo album davvero organico, una prova generale, uno
strappo. Nel 1969 Gaber è all’apice di una popolarità
direttamente proporzionale all’insoddisfazione. La svolta
teatrale imminente sarà favorita, paradossalmente, da Mina,
compagna di tanti duetti televisivi. Con lei Gaber intraprende
un trionfale tour nei teatri, che lo pone di fronte alla ricchezza
del contatto diretto, non mediato dalla TV.
E poi c’è il ’68. I nuovi stimoli allontanano definitivamente
Gaber da salotti e tinelli del sabato sera. Come aveva intuito
Umberto Eco, la sua strada è un’altra. IL SIGNOR G (1970) è la
nascita del teatro-canzone di Gaber & Luporini, formula che
caratterizzerà la carriera futura in una miscela originale, di
deflagrante energia, amarissima e ironica, in un ritratto
sferzante della società. I dischi, per lo più doppi e dal vivo,
documenteranno le stagioni teatrali. La descrizione della
borghesia, debitrice a Jacques Brel (I BORGHESI, 1972); la
denuncia dell’ipocrisia, il rifiuto di verità dogmatiche
(DIALOGO TRA UN IMPEGNATO E NON SO, 1973, con Lo shampoo,
La libertà, Nixon, È sabato). Gaber sta già dalla parte del “non
so”, nuova incarnazione del Signor G, i recital nascono da
sedute incessanti, in cui i due autori si mettono a nudo,
analizzando dubbi, nodi esistenziali, intrecci tra pubblico e
privato, i tic e i limiti d’ogni ideologia. Si lavora alla
composizione degli spettacoli d’estate, dopo inverni di
riflessioni solitarie: l’uno a Milano o in tournée, l’altro a
Viareggio a dipingere. Non ci sarà esposizione
massmediologica ma il passaparola del pubblico teatrale
premia il nuovo Gaber, in tour continuo. Sarà un decennio
importante; un altro. FAR FINTA DI ESSERE SANI (1974, l’anno in
cui gli viene assegnato il Premio Tenco) enfatizza il ruolo del
corpo, sempre più saggio e sincero della mente; ANCHE PER
OGGI NON SI VOLA (1976) smaschera polemicamente le “mode
obbligatorie” di certa Sinistra, con scherno non meno feroce di
quello dedicato ai modelli del consumismo capitalista. Il suo
pubblico è mutato in pochi anni.
Il “cant-attore” e il suo sodale abbracciano un sarcasmo
avvolto sempre più in una spirale di pessimismo. La delusione
per una stagione sprecata – quella del ’68 – sarà il filo rosso
dei lavori futuri: LIBERTÀ OBBLIGATORIA e POLLI DI
ALLEVAMENTO. Il teatro di Gaber attraversa il decennio come
forte fenomeno di costume, impregnato dei tempi, a sua volta
imprimendo una traccia importante sul suo tempo, creando
linguaggi nuovi, con una cifra etica di straordinaria onestà
intellettuale. L’artista milanese è il testimone di una stagione
di sperpero, che non si riconosce in nulla. Non conosce il noi,
declina solo l’io. Intanto l’orchestrazione dei suoi recital è
affidata a due musicisti nei quali Gaber crede molto: Franco
Battiato e Giusto Pio. La disillusione deflagra soprattutto in
POLLI DI ALLEVAMENTO, con i primi fischi da parte del
pubblico. Lui, che era stato Mister Simpatia, che aveva cantato
Il Riccardo e Torpedo Blu, sta per divenire impopolare: cuneo
troppo scomodo e appuntito, troppo severo il suo rigore.
Piovono le accuse di qualunquismo; “Me ne frego”, in sintesi,
la risposta del signor Gaberscik, abituato a seguire la sua voce
intima e nient’altro.
Dopo un’interruzione dell’attività teatrale durata due anni,
vedono la luce all’alba degli anni ’80 IO SE FOSSI DIO,
PRESSIONE BASSA e ANNI AFFOLLATI. Il pittore Luporini e il
“cantattore” Gaber non hanno vissuto all’unisono la stagione
di sangue che ha spezzato l’Italia, erano in disaccordo quasi su
tutto. La cantata Io se fossi Dio torna a riunirli, in un’invettiva
apocalittica e dantesca, contro tutto e tutti, le Brigate Rosse e il
PCI, giornalisti e diritti civili, la DC e persino Aldo Moro. Il
lungo brano, rifiutato da diverse case discografiche, troverà
posto in un nuovo spettacolo, per finire poi sui solchi di un 33
giri autoprodotto, a una sola facciata. Sono “anni affollati” di
paure e ricatti, e Gaber li racconta da par suo. Il ritorno al
teatro-canzone è con IO SE FOSSI GABER, dopo la parentesi di
prosa interlocutoria rappresentata da “Il caso di Alessandra e
Maria” con Mariangela Melato, su testo di Gaber & Luporini.
Il nuovo “teatro d’evocazione” riparte dalla ricerca del
sentimento come unica espressione possibile, nel tentativo di
“far chiarezza nel malessere”. La scorticata disamina degli
anni ’70 sta lasciando il posto a uno sguardo più pregno di
pietas, come emerge in PARLAMI D’AMORE MARIÙ, definita da
Gaber “una perlustrazione nell’intimo”, incursione un po’
minimalista che gli permette di spostare l’accento sulle sue
doti di attore. Le canzoni stanno per lasciare maggiore spazio
alla parola, con il monologo IL GRIGIO, racconto teatrale e
“parabola esistenziale”, “Aspettando Godot” (da Beckett, con
Jannacci) e “Il dio bambino”, altro romanzo in prosa che
indaga sul narcisismo maschile.
Gaber ha vinto anche questa scommessa: è un grande,
acclamato attore teatrale. Ma la canzone chiama, il pubblico ha
nostalgia del Gaber cantante, e Gaber risponde con Qualcuno
era comunista, un brano recitato da brividi (in IO COME
PERSONA, 1994), un manifesto immortale sul desiderio di
cambiamento, in cui l’istantanea scolora nella nostalgia e nella
perdita. Negli anni ’90, con il ritorno della politica, torna il
teatro-canzone. Gaber e Luporini traducono in linguaggio
teatrale i fermenti polemici della società. È la genesi di nuovi
spettacoli, E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO e UN’IDIOZIA
CONQUISTATA A FATICA. Gaber si conferma uno degli ultimi
intellettuali inesausti, osservatore di rara lucidità, fuoriclasse
del paradosso.
Clamoroso e commovente il ritorno in televisione nel 2001,
ospite di Celentano. Gaber è malato, il suo ultimo tour viene
interrotto più volte. La qualità filosofica della sua carriera
trova compimento negli epitaffi finali, esclusivamente
discografici, prodotti da Beppe Quirici e che arrivano in testa
alle classifiche: LA MIA GENERAZIONE HA PERSO (con La razza
in estinzione, Targa Tenco come miglior canzone dell’anno) e
IO NON MI SENTO ITALIANO (Targa Tenco come miglior disco),
pubblicato postumo, con brani come Il tutto è falso, Non
insegnate ai bambini. Sono gli ultimi album, pervasi da
drammatico disincanto, realizzati con la malattia che gli
accorcia i giorni. Il 1° gennaio 2003 l’artista si spegne nella
sua casa in Versilia. Nel 2004 con la rivista “Mucchio Extra”
esce UN’ATTRAZIONE UN PO’ INCOSCIENTE, CD tributo di vari
artisti emergenti, mentre nasce a Viareggio, promosso
dall’Associazione Culturale Giorgio Gaber, il “Festival Teatro
Canzone Giorgio Gaber” con ospiti come Baglioni, Battiato,
Jannacci, Ligabue, Morandi. (g.ve.)
DISCOGRAFIA
CIAO TI DIRÒ (Ricordi 1958, EP)
HULA HOOP (Ricordi 1959, EP)
NAIROBI (Ricordi 1959, EP)
PRISCILLA (Ricordi 1959, EP)
GENEVIÈVE (Ricordi 1959, EP)
I DUE CORSARI (Ricordi 1960, EP a nome I Due Corsari,
ovvero Gaber e Jannacci)
GIORGIO GABER (Ricordi 1961, ristampato nel 1963 con
diversa copertina)
GIORGIO GABER – NON ARROSSIRE (Ricordi 1961, EP)
GIORGIO GABER – TRANI A GOGÒ (Ricordi 1962, EP)
LE CANZONI DI GIORGIO GABER (Ricordi 1964)
GIORGIO GABER – PORTA ROMANA (Ricordi 1964, EP)
BOLERO FILM PRESENTA QUESTO & QUELLO (Ricordi 1964)
MINA & GABER. UN’ORA CON LORO (RI-FI 1965)
TUTTI I SUCCESSI DI GIORGIO GABER VOL. 1 (Ricordi 1967)
TUTTI I SUCCESSI DI GIORGIO GABER VOL. 2 (Ricordi 1967)
L’ASSE DI EQUILIBRIO (RI-FI 1968)
SAI COM’È (Vedette 1968, ristampato nel 1975 con il titolo
MA PENSA TE, Quadrifoglio Int.)
SEXUS ET POLITICA (I Dischi dello Zodiaco 1970, ristampato
nel 1981 con il titolo DOVE ANDATE?, Ed. Sciascia)
IL SIGNOR G (Carosello 1970)
I BORGHESI (Carosello 1971)
DIALOGO TRA UN IMPEGNATO E UN NON SO (Carosello 1972)
BARBERA E CHAMPAGNE (Quadrifoglio Int. 1972, antologia)
FAR FINTA DI ESSERE SANI (Carosello 1973)
G COME GABER (RI-FI 1973)
ANCHE PER OGGI NON SI VOLA (Carosello 1974)
LIBERTÀ OBBLIGATORIA (Carosello 1976)
POLLI DI ALLEVAMENTO (Carosello 1978)
NOI NELLA SOCIETÀ. MARIA MONTI-GIORGIO GABER (RI-FI
1979)
IO SE FOSSI DIO (F1 Team 1980, album inciso su una sola
facciata)
PRESSIONE BASSA (Carosello 1980)
ANNI AFFOLLATI (Carosello 1981)
IL TEATRO DI GIORGIO GABER (Carosello 1982)
SPECIAL (Editoriale Sciascia 1982)
GABER. PROFILI MUSICALI (Ricordi 1982)
JA-GA BROTHERS (CGD 1983, mini album con Enzo
Jannacci)
GABER (Carosello 1984)
IO SE FOSSI GABER (Carosello 1985)
PICCOLI SPOSTAMENTI DEL CUORE (Carosello 1987)
PARLAMI D’AMORE MARIÙ (Carosello 1987)
IL GRIGIO (Carosello 1989)
IL TEATRO CANZONE (Carosello 1992)
IO COME PERSONA (Carosello 1994)
E PENSARE CHE C’ERA IL PENSIERO (Carosello 1995)
GABER 96/97 (Go.Igest 1996)
UN’IDIOZIA CONQUISTATA A FATICA (Go.Igest 1998)
GABER 1999/2000 (Go.Igest 1999)
GABER STUDIO COLLECTION (EMI 2001, doppia antologia
con brani inediti su CD e in spagnolo inediti in Italia)
LA MIA GENERAZIONE HA PERSO (CGD 2002)
IO NON MI SENTO ITALIANO (CGD 2003)
ROCK’N’ROLL, AMORE E STORIE METROPOLITANE (BMG 2004,
doppia antologia con un inedito e rarità)
PRIMA DEL SIGNOR G – GIORGIO GABER 1958-1970 (BMG
2005, tripla antologia con brani rari)
L’ASSE DI EQUILIBRIO. Concepito in parte con Herbert
Pagani, con Brel ispiratore, lascia trasparire un Gaber più
intimo, che parla della fragilità dell’uomo comune in una
società solcata da grandi mutamenti. Non c’è traccia di
canzone di consumo, né della melassa di cui era cosparsa
una fetta della precedente produzione. Contiene Suona
chitarra, La Chiesa si rinnova, La vita dell’uomo. Inizia la
collaborazione con Giorgio Casellato, che sarà
l’arrangiatore di molti degli spettacoli del teatro canzone.
IL SIGNOR G. Gaber racconta l’uomo medio, dalla nascita
alla morte, in un recital unitario che alterna musica,
monologhi, riflessione e comicità, sulla scia di una
tradizione d’Oltralpe consolidata da Montand, Brel,
Brassens. Testi precisi, musiche orecchiabili ma non banali:
ecco a voi il teatro-canzone.
FAR FINTA DI ESSERE SANI. Forse il vertice del teatro-
canzone, l’equilibrio tra osservazione sociopolitica e
capacità introspettiva, in forma di spettacolo, monologhi e
musica. Personale e pubblico, ricerca di autenticità, mentre
la “sua generazione” ha perduto tutto. Chiedo scusa se parlo
di Maria, Cerco un gesto un gesto naturale, Un’idea, La
comune: tutti classici.
POLLI DI ALLEVAMENTO. Il Signor G porta in teatro anni di
ribollenti dissidi sociali, il terrorismo e il movimento del
’77. Sferza, e fa male. Le frange dell’ultrasinistra finiscono
nella sua ventola critica. Incapaci di un pensiero critico
autonomo; condannati “a odiare per frustrazione e non per
scelta”. Contiene Quando è moda è moda, Il suicidio,
L’uomo non è fatto per star solo.
LA MIA GENERAZIONE HA PERSO. Il Gaber definitivo, al
vetriolo, che si sente parte di una Razza in estinzione, che ha
creduto di poter cambiare il mondo. Rivendicando la
tensione morale degli sconfitti, invita amaramente a voltare
pagina, senza nascondersi la verità. Brani inediti si
alternano a riletture di episodi già pubblicati: Destra-
Sinistra, Si può. Ottime vendite per il ritorno discografico.
RINO GAETANO
Il giullare intelligente, il cantastorie irridente: Rino
(all’anagrafe Salvatore Antonio) Gaetano nasce a Crotone il
29 ottobre 1950. A dieci anni si trasferisce con la famiglia a
Roma, nel quartiere popolare di Montesacro, ma passa la
seconda e la terza media in un collegio-seminario in provincia
di Terni. Resterà calabrese per tutta la (breve) vita: nel cuore,
nella rabbia, nell’invenzione. Da ragazzo è affascinato dal
mondo del teatro, meno dagli studi di geometra; dal 1967 al
1974 recita in testi per ragazzi e poi d’avanguardia (Beckett e
Ionesco ne svilupperanno il gusto per il surreale), anni dopo
scriverà anche una pièce con l’amico Bruno Franceschelli,
“Ad esempio a me piace…”. Ma presto comprende che il suo
talento è da trasfondere nella musica. Ha già cominciato a
comporre le sue prime canzoni quando, attorno al 1970,
frequenta il Folkstudio di Roma, come parecchi altri cantautori
di quegli anni, da De Gregori a Venditti, anche se lui si
allontana da alcuni loro stereotipi, si mostra diverso, originale,
irregolare. Plebeo. Le sue grida verso un mondo corrotto e
inamovibile sono allegre, vive, ironiche, mai retoriche. Se ne
accorge per primo Vincenzo Micocci, che con la piccola IT nel
1973 gli pubblica un 45 giri con I Love You Maryanna e
Jaqueline con lo pseudonimo di Kammamuri’s. La critica lo
ignora e il pubblico anche. Non va meglio l’anno seguente
INGRESSO LIBERO, l’album di partenza, quello di Ad esempio a
me piace il sud (già cantata da Nicola Di Bari), Tu, forse non
essenzialmente tu e I tuoi occhi sono pieni di sale, che allora
colpì solo qualche attento ascoltatore, pur con i suoi tratti
ancora acerbi e disomogenei. Fra l’altro in quel disco Gaetano
non vuole neanche cantare, non si sente in grado, propone un
amico al suo posto: ma Micocci lo convince e quella voce
ruvida e sgranata diverrà marchio indelebile della sua musica.
L’anno successivo arrivano i primi veri riconoscimenti per
Ma il cielo è sempre più blu, una delle canzoni manifesto di
Gaetano, una lunga e pungente carrellata – attuale oggi come
allora – di tipi umani, dalla parte degli sfruttati (punto fermo di
tutto il suo percorso). La canzone non viene però inserita nel
successivo MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO (1976), nato dopo un
periodo di incubazione in cui Gaetano riesce a rappresentare
appieno il suo talento lirico e surreale senza precedenti, tranne
forse quello di Enzo Jannacci. Il disco ottiene in parte
l’attenzione che merita, almeno da parte della critica, e ancor
di più il successivo AIDA (1977), uno degli apici artistici della
carriera di Gaetano. È il 1978 quando si presenta al Festival di
Sanremo: con frac, camicia a righe rosse, cilindro, scarpe da
ginnastica e un atteggiamento sull’orlo del paradosso (“un po’
alla Carmelo Bene”, dirà l’artista). La canzone si intitola
Gianna ed è, ancora una volta, sfrontata, piena di nonsense
nell’attaccare tabù ideologici secolari (“Ma la notte la festa è
finita/ evviva la vita/ la gente si sveste/ comincia un mondo/
un mondo diverso ma fatto di sesso”). In gara arriva terza ma
nelle classifiche di vendita staziona al primo posto per diverse
settimane. Gaetano raggiunge una popolarità notevole, anche
se molti colgono solo il lato giullaresco della sua proposta.
Passa qualche mese e viene pubblicato NUNTEREGGAE PIÙ. La
canzone omonima doveva andare a Sanremo al posto di
Gianna, ma probabilmente fu ritenuta troppo forte per il
pubblico dell’Ariston, come d’altro canto anche per altri
programmi televisivi. È un’invettiva contro tutto e tutti
(indicati con nomi e cognomi) su un ritmo reggae, altra moda
ridicolizzata dal cantautore; viene anche tradotta e pubblicata
in lingua spagnola (Corta la cuerda, letteralmente “Taglia la
corda”), insieme a E cantava le canzoni (Y cantaba las
canciones). Ma in tutto NUNTEREGGAE PIÙ Gaetano è
particolarmente funambolesco, “leggero”, anche in
contrapposizione alla seriosità dei suoi colleghi cantautori.
Intanto Gianna, tradotta in tedesco, trova riscontri anche in
Germania.
Gaetano passa alla RCA. Vive il passaggio in modo non del
tutto sereno ma continua il suo percorso controcorrente –
quello di uno che vive di notte e dorme di giorno – con RESTA
VILE MASCHIO, DOVE VAI? (con Anche questo è Sud e Nel letto di
Lucia), in cui Mogol firma il testo della canzone omonima. Il
disco è molto più curato dei precedenti, complesso negli
arrangiamenti; molto presenti gli archi, i fiati e le ritmiche. Nel
1980 esce E IO CI STO, forse il suo lavoro più duro (proprio
all’inizio del decennio dell’edonismo), ma anche sfocato. Lo
stesso Gaetano confessa di attraversare un momento difficile
dal punto di vista compositivo, ha meno intuizioni. Sarà
l’ultimo album che incide. Di questo periodo sono anche le
registrazioni di Solo con io e Le beatitudini, pubblicate
postume, e la collaborazione all’album del Perigeo Special
ALICE, un progetto di Giovanni Tommaso che lo vede
impegnato in Al bar dello sport (ovvero sogghigni e sesso) con
Maria Monti, e Confusione, gran confusione ovvero il
processo con la Monti, Ivan Cattaneo, Jenny Sorrenti e altri
artisti. Il 1981 è l’anno di una tournée con Riccardo Cocciante
e i New Perigeo, nella quale gli obiettivi artistici sono in parte
sopravanzati da quelli promozionali, ma che Gaetano
probabilmente accetta anche come nuovo stimolo per uscire
dall’impasse creativo. Nasce così un EP dal titolo Q CONCERT.
Di lì a poco – a 31 anni e poco prima di sposarsi – Rino
Gaetano trova la morte in Via Nomentana a Roma, la notte tra
l’1 e il 2 giugno, in seguito a un incidente automobilistico e
dopo che ben cinque ospedali ne rifiutano il ricovero. Una
vicenda praticamente identica a quella scritta e cantata ai
tempi del Folkstudio in La ballata di Renzo, brano che era
stato anche inciso (doveva essere il suo primo 45 giri) ma mai
pubblicato. Numerosissime le raccolte postume. Sgradevoli
alcune rivisitazioni come una versione de Il cielo è sempre più
blu remixata-banalizzata dal dj Molella per un’antologia del
2002, SOTTO I CIELI DI RINO, che raggiunge però cifre di vendita
sbalorditive e segna la vera affermazione dell’artista calabrese
dopo anni prima di oblio e poi di culto. A questo proposito
sono da segnalare il disco tributo E CANTAVA LE CANZONI del
1993, a cui partecipano Afterhours, Ritmo Tribale, 99 Posse
con Sergio Messina, Fratelli di Soledad, Statuto e altri; la
rassegna “Una casa per Rino” a Crotone; i volumi “Rino
Gaetano Live” di Emanuele Di Marco (Stampa Alternativa,
2001), “Fontana chiara: omaggio a Rino Gaetano” di Stefano
Calò e Massimiliano Gentile (Letterecaffé, 2002), “Se mai
qualcuno capirà Rino Gaetano” di Alfredo Del Curatolo
(Selene Edizioni, 2004), “Ma il cielo è sempre più blu” di
Massimo Cotto (Mondadori, 2004). Con il nuovo secolo
raggiunge il successo anche il cugino di Rino Gaetano, Sergio
Cammariere. (e.de. - n.ve.)
DISCOGRAFIA
INGRESSO LIBERO (it 1974)
MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO (it 1976)
AIDA (it 1977)
NUNTEREGGAE PIÙ (it 1978)
RESTA VILE MASCHIO, DOVE VAI? (RCA 1979)
E IO CI STO (RCA 1980)
Q CONCERT (RCA 1981, EP dal vivo con Riccardo
Cocciante e New Perigeo)
GIANNA E LE ALTRE (RCA 1988, antologia con due inediti)
SOTTO I CIELI DI RINO (BMG 2005, tripla antologia con
canzoni in spagnolo inedite in Italia)
MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO. Amore, politica e memoria,
poesia e cronaca, tutto in mezz’ora. Questo album fa
conoscere un po’ di più Rino Gaetano, la sua capacità di
correre tra ironia e sarcasmo, di denunciare, di ridere e
piangere, di giocare con le parole e i luoghi comuni.
Contiene brani discretamente noti come Berta filava e Cogli
la mia rosa d’amore. La title track è una vetta nella storia
della musica italiana, ripresa in chiave rock anche dagli
Afterhours.
AIDA. Forse l’album della maturazione, sicuramente più
variopinto e ritmico; si va dalla “classica” ballata di Aida,
canzone d’amore e sconforto per l’Italia, al rhythm’n’blues
di Standard; dal ritmo spagnoleggiante (che tornerà nelle
produzioni successive) della chitarra classica di La festa di
Maria al country gaetanizzato di Rare tracce. E ancora:
Spendi spandi effendi, Escluso il cane…

PEPPINO GAGLIARDI
Cantante nato a Napoli il 25 maggio 1940. Il padre gli
regala una fisarmonica quando compie undici anni. Ancora
adolescente forma il complesso “I gagliardi” e si esibisce dal
vivo in Campania durante feste paesane o nelle balere, sul
finire degli anni ’50. Il primo successo giunge con i 45 giri
T’amo e t’amerò e Ascoltami mio Dio (1963), seguito dalla
fortunata partecipazione a Sanremo prima con Ti credo (1965)
e poi con Se tu non fossi qui (1966), in coppia con Pat Boone.
Viene definito a Napoli il “divo dell’amore nervoso” e intanto
la sua popolarità cresce con Che vale per me (1968) ma
soprattutto con Settembre (1970), Sempre sempre (1971) e con
il suo brano più noto, Come le viole (1972), canzoni di genere
romantico, interpretate con voce baritonale e pastosa. Pur non
avendo mai avuto hit clamorosi, il suo è uno dei nomi più
affermati della musica leggera anni ’60 e ’70. Nel 1973 ottiene
il secondo posto a Sanremo con Come un ragazzino, per poi
scomparire o quasi; si ripresenta al festival nel 1993 con
L’alba, ma senza alcun esito.

LUCILLA GALEAZZI
La carriera di Lucilla Galeazzi (Terni, 1951), splendida e
potente voce dal particolare timbro molto “di testa”, impegnata
nella musica tradizionale italiana ma anche in parte in una
sperimentazione in bilico fra jazz e musica contemporanea, è
legata in primis alla figura di Giovanna Marini, nel cui
quartetto vocale milita fra il 1977 e il 1994. Collabora nel
contempo con Roberto De Simone (numerosi spettacoli nei
secondi anni ’80), Giancarlo Schiaffini, Paolo Damiani,
Michel Godard e svariati altri campioni del nuovo jazz
europeo, Ambrogio Sparagna (diversi album fra il 1986 e il
’97, di cui uno, IL TRILLO, del 1992, in trio con Carlo Rizzo),
persino Luciano Berio, del quale nel 2000 interpreta l’opera
“Folk Songs”. Nota forse più all’estero (specie in Francia) che
in Italia, ha preso parte a decine di incisioni e tenuto concerti e
stage sulla vocalità in tutta Europa. Ha vinto nel 1991, con il
brano Il canto magico delle sirene, il Premio Recanati.
Interamente a suo nome ha inciso nel 1997 l’album CUORE DI
TERRA, nel 2001 LUNARIO e nel 2005 AMORE E ACCIAO.

GANG
Alla fine degli anni ’70, per due ragazzi con la chitarra e
l’amore per il punk, la provincia marchigiana (Filottrano,
Ancona) può essere quasi come le periferie londinesi. Dopo
un’esperienza con il nome Ranxerox, Marino e Sandro
Severini fondano i Paper’s Gang che nel 1983 diverranno The
Gang, folgorati sulla via britannica dai Clash, ma anche da
Billy Bragg, Woody Guthrie, dalla Beat Generation. La prima
parte della loro discografia è in inglese, segnata da due
chitarre, basso e batteria per un rock dritto con contenuti
politico-sociali da barricata; la filosofia, da cui anche il nome
del gruppo, si riassume nella figura del bandito, del fuorilegge
alla Robin Hood. Sono anni di anfibi, di jeans, di strada
(perché “la strada è una questione di vita”), di concerti su
concerti per le cause proletarie internazionali. Marino scrive i
testi e canta, Sandro si occupa delle musiche. TRIBE’S UNION
(autoprodotto nel 1984 e riedito dalla CGD nel 1990) è
l’esordio, un EP nato dopo due anni di lavorazione e
acclamato dalla critica, una spinta che porta a un 45 giri (con
Against The Dollar Power e una versione di It Says Here di
Billy Bragg, 1986) e a BARRICADA RUMBLE BEAT (1987),
album poderoso che si accosta al rhythm’n’blues e che
contiene un verso che predice il destino della band: “Eravamo
consolati dal patto di sangue con il futuro, essere noi stessi per
sempre”. Oltre ai dischi è fittissima l’attività live, anche come
spalla di band straniere, che fa crescere sia il gruppo che il suo
pubblico. Nel 1989 c’è il passaggio dai circuiti underground a
una major, la CGD, che pubblica REDS, prodotto dallo
psichedelico Paul Roland e cui partecipa l’organetto di
Ambrogio Sparagna. Un album che lega passato e futuro della
formazione. È dello stesso periodo la compilation UNION, in
cui i marchigiani rileggono Musica ribelle di Finardi.
Mentre gli anni ’80 spengono le utopie rivoluzionarie dei
’70, i Gang militanti tengono duro e svoltano verso la
contaminazione con il folk, arricchendo la formazione con
violino, sax e flauto. Marino Severini tiene in radio un
programma sulla musica popolare, e l’incontro con la
tradizione musicale italiana e l’importanza della memoria in
una società multietnica, insieme alla conferma del rock come
grimaldello, sono i pilastri ribaditi nella successiva trilogia di
lavori, stavolta cantati in italiano, con un linguaggio denso ed
epico. Una svolta importante. LE RADICI E LE ALI (1991) è disco
simbolo dello spirito collettivo che anima la carriera dei Gang,
negli ideali e nella pratica, e disco cardine della loro
produzione, pieno di ospiti, suoni e idee. STORIE D’ITALIA
(1993), prodotto da e scritto con Massimo Bubola, riesce a
mantenere le stesse premesse con buoni risultati di vendite,
anche se non adeguatamente supportati nella promozione. UNA
VOLTA PER SEMPRE (1995) appare invece meno centrato e teso.
Nella formazione in continua mutazione intanto è entrato
Andrea Mei, con tastiere e fisarmonica, fondamentali per il
suono del gruppo, che nel frattempo colleziona varie
partecipazioni (ad esempio nel 1994 a I DISERTORI, omaggio a
Ivano Fossati, con Discanto, e A QUANDO…, tributo a Tenco,
con una stupenda Vedrai Vedrai).
I Gang seguono con coerenza i propri principi e tornano alla
purezza di un rock in qualche modo influenzato dai Pearl Jam
(ma il folk resta sottotraccia) con il poco ispirato FUORI DAL
CONTROLLO (1997) – dedicato agli eretici di tutti i tempi, con
l’emblematica Chi ha ucciso Ilaria Alpi? – e l’ottimo e più
volte rinviato CONTROVERSO (2000), che contiene Paz,
splendido omaggio ad Andrea Pazienza, in un testo s’ispira a
San Giovanni e in un altro a Pasolini, e in un altro ancora fa
scrivere e recitare Erri De Luca. Con questo disco i Gang
chiudono, sbattendo la porta, il contratto con la CGD e tornano
indipendenti. Nel 2001 nasce una collaborazione live con i
Modena City Ramblers e un progetto non andato in porto di
una cordata di gruppi sotto l’insegna “Rock contro
Berlusconi”. Nel 2003 esce un libro autobiografico (“Banditi
senza tempo”, Selene Edizioni) e nel 2004 NEL TEMPO E OLTRE,
CANTANDO…, con i conterranei La Macina, in un unico e
variegato ensemble, in cui la voce piena di Marino Severini e
quella roca di Gastone Pietrucci si scambiano ruoli, repertori e
radici musicali. Nel 2006 pubblicano IL SEME E LA SPERANZA,
dedicato alla terra, con brani vecchi e nuovi.
L’importante contributo storico dei Gang alla musica
italiana è anche una questione di scelte – quella di tenere nel
cassetto una laurea in giurisprudenza e fare i fattorini, quella di
dar man forte a giovani gruppi, quella di fare concerti anche
solo a rimborso spese. Si chiamano Gang, ma sono cantastorie
per vocazione. (e.de. - g.fa.)
DISCOGRAFIA

TRIBE’S UNION (autoprodotto 1984, EP)


BARRICADA RUMBLE BEAT (autoprodotto 1987)
REDS (CGD 1989)
LE RADICI E LE ALI (CGD 1991)
STORIE D’ITALIA (CGD 1993)
UNA VOLTA PER SEMPRE (CGD 1995)
FUORI DAL CONTROLLO (CGD 1997)
CONTROVERSO (WEA 2000)
NEL TEMPO E OLTRE, CANTANDO… (Storie di Note 2004, con
La Macina)
IL SEME E LA SPERANZA (Lifegate Music 2006)
LE RADICI E LE ALI. Frasi costruite come slogan, canzoni
intervallate da registrazioni di Che Guevara, Nanni
Balestrini, Renato Curcio, Arafat e Mandela, canti
femminili della Basilicata, tradizionali gitani, anarchici
spagnoli e di tribù amazzoniche, storie di Cicciu Busacca.
Doveva esserci anche il grido di “Ecce Bombo” di Nanni
Moretti. Collaborano ai testi Massimo Bubola, David
Riondino e il poeta Biagio Cepolloro. Canzoni commosse e
intense come Bandito senza tempo e Le radici e le ali,
vigorose e protese come Socialdemocrazia e La lotta
continua.

GARBO
Il milanese Renato Abate (1958) esordisce come Garbo nel
1981 con A BERLINO …VA BENE (con la title track che colpisce
il pubblico più attento), chiaramente ispirato dalla trilogia
“tedesca” di David Bowie. Segue nel 1982 SCORTATI, in cui
Generazione e Vorrei regnare hanno un certa diffusione, così
come Quanti anni hai dall’album omonimo del 1983. Sono
lavori che esprimono le tematiche esistenziali tipiche di quel
periodo (timore del futuro, schizofrenia sociale, inquietudine
dell’uomo) applicate a un suono ispirato dalla new wave
europea con un uso sapiente dell’elettronica. La maggiore
affermazione avviene nel 1984 con FOTOGRAFIE, il cui singolo
Radioclima vince il Premio della critica a Sanremo. Da qui in
poi la visibilità verrà meno, ma non la qualità delle opere.
Lasciata la EMI e dopo due dischi per la Polygram, IL FIUME e
MANIFESTI, Garbo passa all’indipendente Kindergarten, per la
quale nel 1990 pubblica 1.6.2, per poi fotografare il primo
decennio della sua carriera con il live GARBO E IL PRESIDENTE.
Il doppio MACCHINE NEI FIORI/COSA RIMANE… RIVISITAZIONI
1981-91 nel 1993 è invece il primo lavoro per l’etichetta da lui
fondata, la Discipline, e contiene nuove canzoni e vecchi brani
rivisitati. Successivamente sente sempre più pressante
l’esigenza di ampliare i confini culturali, dapprima
accostandosi alle filosofie orientali, che innervano uno dei suoi
migliori lavori, FUORI PER SEMPRE (1995), quindi fondando con
scrittori come Isabella Santacroce, Tiziano Scarpa e Nicolò
Ammanniti il movimento letterario del Nevroromanticismo.
Sul finire dei ’90 pubblica due dischi dal taglio tecnologico-
decadente, UP THE LINE (VIRTUAL SOUND, WORLD AND IMAGE)
(1997) e GRANDI GIORNI (1998), prima di inaugurare con BLU
(2002) e GIALLOELETTRICO (2005) una serie sui colori, che
racconta la maturità di un artista innovativo che (parole sue)
ha “sempre cercato di utilizzare la tecnologia in modo molto
emotivo o fisico in relazione alle esigenze creative, come se
non ci fosse alcuna differenza tra una chitarra e un
sintetizzatore”.

GARYBALDI
Nel 1965 il talentuoso chitarrista Pier Nicolò “Bambi”
Fossati, grande ammiratore di Jimi Hendrix, è alla guida dei
genovesi Gleemen, autori di alcuni 45 giri e di un buon album.
All’inizio dei ’70 il nome muta in Garybaldi e nel 1972 esce
NUDA, intriso di un gioioso rock, con la splendida suite
Moretto da Brescia che occupa un’intera facciata. Frenetiche
le esibizioni live del gruppo, con numerose partecipazioni a
vari festival del periodo. Segue ASTROLABIO, con due soli
lunghissimi brani, Sette? (registrato dal vivo) e Madre di cose
perdute, che confermano l’alto livello tecnico di Fossati. Nel
1974 il chitarrista, con una formazione comprendente anche il
percussionista indiano Ramasandiran Somusundaram, cambia
il nome alla band, Bambibanda & Melodie, e incide un album
omonimo con suggestioni latine. Alla fine degli anni ’80, con
la denominazione di Bambi Fossati & Garybaldi, pubblica
ancora un paio di album, poi uno omonimo nel 1990 e LA
RAGIONE E IL TORTO nel 2000.

GATTO CILIEGIA CONTRO IL


GRANDE FREDDO
Formatisi a Torino nel 1999, rappresentano una delle
esperienze indipendenti più significative degli ultimi anni, con
gli stilemi tipici del post rock (e quindi brani interamente
strumentali, giocati su strutture circolari, ripetizioni e
alternanze tra vuoti e pieni) e un tipico gusto melodico
italiano. Ne è un buon esempio l’omonimo album di esordio
del 2000, registrato dal trio – Gianluca Della Torca (bs.), Fabio
Perugia (prog., ch.) e Max Viale (ch., prog.) – in un contesto
prettamente domestico. Il disco procura al gruppo un certo
seguito, ulteriormente ampliato dal successivo #2 (2001). Nel
2002 l’EP IT IS contiene le riuscite riletture di Lucignolo di
Fiorenzo Carpi (dal “Pinocchio” di Luigi Comencini), del
classico napoletano Te vojo bene assaje e del tema della serie
TV “The Persuaders”, di John Barry, quasi a volere
sottolineare l’eterogeneità delle influenze. Dopo colonne
sonore teatrali e cinematografiche e la fondazione di
un’etichetta discografica, la Mexicat Records, nel 2004 vede la
luce L’IRRÉPARABLE, coprodotto da Max Casacci dei
Subsonica, in cui la band amplia ulteriormente i propri
orizzonti, cimentandosi per la prima volta in una canzone vera
e propria, Un anno d’amore di Nino Ferrer (resa celebre da
Mina), con la cantante torinese Robertina Magnetti.

GAZEBO
Nome d’arte di Paul Mazzolini, nato a Beirut il 18 febbraio
1960, Gazebo, dopo una formazione maturata tra l’Italia e
l’Inghilterra, vive una fase di successo nel periodo in cui la
dance italiana, all’inizio degli anni ’80, è un fenomeno in
grande crescita anche all’estero. Nel 1981 Masterpiece, scritta
sulle musiche di Pierluigi Giombini, costituisce un esordio
molto fortunato per il cantante, divenuto notissimo due anni
più tardi grazie ad I like Chopin, una delle canzoni dance più
vendute nella storia della nostra tradizione leggera. Un altro
hit tratto dall’album omonimo (anch’esso molto popolare) è
Lunatic. Nel 1984 Gazebo pubblica TELEPHONE MAMA, da cui
il singolo omonimo, che riesce però solo parzialmente a
ripetere il trionfo dell’anno precedente. Nei decenni successivi
continua senza troppa visibilità a realizzare dischi e a esibirsi
dal vivo in concerti e serate dedicate agli anni ’80. Del 2006 è
il singolo Tears For Galileo.

GAZNEVADA
Nel 1977 dalle ceneri del Centro d’Urlo Metropolitano –
punk band autrice del primo successo del movimento
sotterraneo bolognese, Mamma dammi la benza – nascono i
Gaznevada, pietra miliare della nuova ondata rock italiana.
Dopo il nastro Harpo’s Music del 1979 e una storica esibizione
al “Bologna rock”, i Gaznevada realizzano il primo singolo
Nevadagaz nel 1980 e successivamente l’album di debutto
SICK SOUNDTRACK. Il loro è un rock’n’roll acido e tracimante
che assapora i profumi della no wave newyorkese, con suoni
oscuri che nel mini LP DRESSED TO KILL del 1981 si
arricchiscono di visioni cinematografiche e della versione di
When The Music Is Over dei Doors. A questo punto
abbandona il gruppo Andy Nevada, e i componenti rimasti,
Billy Blade (vc., sx., ts.), Bat Matic (bt.), Chaisaw Sally (bs.) e
Robert Squibb (ch.), cambiano registro, dirigendosi
rapidamente verso i lidi del pop con il fortunato mix I.C. Love
Affair (1983), che diventa oggetto pregiato delle discoteche
italiane. Segue PSICOPATICO PARTY. Anche la svolta
commerciale però non paga fino in fondo, e i lavori seguenti
non consentono alla band di decollare definitivamente.
Concludono la loro vicenda nel 1988 con l’album STRANGE
LIFE, per poi riapparire nel 2005 con il singolo Dance No
Dance.

GAZOSA
Quartetto nato quando i componenti sono ancora nella
preadolescenza. Nel 1998 iniziano a suonare insieme: Jessica
Morlacchi (1987, vc. e bs.), Federico Paciotti (1987, ch.),
Valentina Paciotti (1985, ts.) e Vincenzo Siani (1986, bt.). Il
primo singolo (a nome Zeta Beta) è la cover di Mamma mia
degli Abba, ma i ragazzi sono influenzati dai gusti musicali dei
genitori e dal R&B. Dopo il fondamentale incontro con la
discografica Caterina Caselli e l’album GAZOSA (2000), il
grande pubblico li conosce al Festival di Sanremo 2001 con
l’inconsistente Stai con me (forever), prodotta da Celso Valli,
con cui vincono la sezione “Giovani”. Seguono poco dopo
www.mipiacitu, noto perché inserito in uno spot pubblicitario,
e ancora una presenza a Sanremo con Ogni giorno di più,
seguita dall’LP INSEPARABILI (2002). Nel 2003 incidono una
personale versione della celebre Nessuno mi può giudicare,
prodotta da Corrado Rustici. Nel 2006 la Morlacchi pubblica
Un bacio senza fine, che anticipa il suo album d’esordio.

MAX GAZZÈ
Cantautore e bassista, Massimiliano (Max) Gazzè nasce a
Roma il 6 luglio 1967 ma cresce a Bruxelles, dove inizia a far
musica di ogni tipo – soul, rock, ska, new wave, bossanova,
punk, jazz – suonando in varie band (come gli inglesi 4 Play 4,
tra soul e funk) in diversi Paesi europei e in jam sessions con
personaggi come Steve Coleman e John Scofield. Si trasferisce
per un breve periodo in Francia, dove lavora come produttore.
A inizio anni ’90 torna a Roma diventando presenza assidua al
Locale, punto di riferimento capitolino dell’epoca da cui
usciranno Silvestri, Fabi, Cammariere e molti altri esponenti di
una canzone d’autore più disincantata di quella delle
generazioni precedenti.
Inizia a scrivere canzoni confrontandosi con la metrica
italiana, compone musiche per cortometraggi, suona in vari
gruppi tra cui gli Emporium, finché nel 1996 pubblica CONTRO
UN’ONDA DEL MARE (con Quel che fa paura), che ne afferma i
caratteri peculiari: la voce flebile, il fraseggio particolare, i
testi sofisticati e simbolisti – scritti con il fratello Francesco
sulla scorta di amori poetici come Mallarmé, Montale,
Zanzotto, Verlaine. Gli arrangiamenti sono curati, a volte un
po’ gonfi, tra rock ed elettronica, funk e psichedelia, sempre
con una certa levità nell’approccio. Il disco vende poco ma
attira l’attenzione della critica e di Franco Battiato (a cui
Gazzè viene spesso accostato) che lo vuole come spalla del
suo tour. Prosegue come bassista con Daniele Silvestri e in una
cover band dei Police, De Polìs, con cui farà concerti anche
anni dopo. Intanto nel 1998 arriva THE DIFFERENT YOU – ROBERT
WYATT E NOI (tributo a Wyatt con Battiato-Cosentino-Morgan,
CSI, Jovanotti, Almamegretta e molti altri) in cui interpreta O’
Caroline. Nello stesso anno con la leggera e intelligente Cara
Valentina, presentata alle selezioni di Sanremo Giovani nel
1997, e con Vento d’estate, uno dei tormentoni radiofonici
della stagione cantato con Niccolò Fabi, il pubblico si accorge
di lui e lo segue anche nel successivo album, LA FAVOLA DI
ADAMO ED EVA, che contiene i due brani e si avvale della
coproduzione in alcuni episodi di Riccardo Sinigallia.
La definitiva consacrazione è ancora a Sanremo: nel 1999
con Una musica può fare e nel 2000 con Il timido ubriaco, che
lancia MAX GAZZÈ (il titolo in origine era “Poeta minore” e poi
“Gadzilla”, che diverrà il nome del tour successivo), un disco
compatto – forse sin troppo – che mette a fuoco uno stile dai
molti tratti originali. Più composito e meno ironico, e di
maggior abbandono lirico, OGNUNO FA QUELLO CHE GLI PARE?
(2001), dove spiccano Questo forte silenzio, Niente di nuovo,
Non è più come prima, In questo anno di non amore e i duetti
con Carmen Consoli e Paola Turci, con le quali Gazzè aveva
tenuto un breve tour prima dell’uscita del disco (ma nel corso
degli anni sono molte le collaborazioni, dal vivo e in studio,
dalla Bandabardò ad Alex Britti, a Cammariere, Raf,
Bluvertigo, Lindo Ferretti). Le vendite però non sono
soddisfacenti. Gazzé attacca il mondo discografico italiano e
rompe con la Virgin con la quale aveva pubblicato sinora tutti i
dischi, per passare alla EMI. Dopo ANTECEDENTEMENTE
INEDITO (stampato nel 2002 solo per il suo fan club, contenente
vari provini e rarità), nel 2004 esce UN GIORNO, concepito con i
Peng, con un approccio diretto e suoni vintage. In Pallida
partecipa Daniele Silvestri. Nel 2005 esce RADUNI 1995/2005,
una doppia antologia. (f.ca.)
DISCOGRAFIA

CONTRO UN’ONDA DEL MARE (Virgin 1996)


LA FAVOLA DI ADAMO ED EVA (Virgin 1998)
MAX GAZZÈ (Virgin 2000)
OGNUNO FA QUELLO CHE GLI PARE? (Virgin 2001)
ANTECEDENTEMENTE INEDITO (M.G. Fan Club 2002, ed.
limitata per il fan club)
UN GIORNO (EMI 2004)
RADUNI 1995/2005 (EMI 2005, doppia antologia con
inediti)
LA FAVOLA DI ADAMO ED EVA. Mesi di realizzazione, testi di
una certa d’inventiva, musiche che ammorbidiscono
l’impostazione dura dell’album d’esordio attraverso un pop
raffinato. L’alchimia funziona. Inconsapevolmente in linea
con il miglior Battiato, Gazzè impone alcuni eleganti hit
quali Cara Valentina, Vento d’estate, Raduni ovali, L’amore
pensato. Nel 1999 l’album è stato ristampato con la canzone
sanremese Una musica può fare e con la scaletta stravolta.

GEMELLI DIVERSI
Gruppo rap nato alla metà degli anni ’90 a Milano e dintorni
su iniziativa di Francesco Stranges detto Strano, Emanuele
Busnaghi detto Thema,Alessandro Merli detto TGH e Luca
Aleotti detto Grido, fratello minore di JAx degli Articolo 31.
La parentela agevola decisamente l’esordio della formazione,
che pone al centro i ritmi provenienti da Oltreoceano, l’hip
hop innanzitutto, mirando soprattutto a un pubblico di
teenager; dopo un primo album omonimo di buon successo, i
Gemelli DiVersi confermano stile e vendite grazie al deciso
supporto radiofonico, con i singoli, fra cui Ciò che poteva
essere e Musica, e i dischi successivi, 4 X 4 e COME PIACE A ME,
ma soprattutto con FUEGO, del 2003, trainato da Mary, la loro
canzone più popolare. Nel frattempo c’era stato un tour come
spalla di Eros Ramazzotti. L’album seguente, REALITY SHOW,
risale al 2004, anticipato dal singolo Un altro ballo.
Dell’estate 2005 è il brano Fotoricordo.

DORI GHEZZI
Nata nel 1946 in provincia di Milano, intraprende la carriera
di cantante nel 1964 con Vivere per vivere. Il suo repertorio,
tipicamente di musica leggera, annovera brani come
Casatschok (che ha buoni riscontri di vendite nel 1969),
Quello là (firmato da Lauzi) e Occhi a mandorla, in coppia
con Rossano. Nel 1973 forma un duo insieme a Wess, bassista
di Rocky Roberts, con il quale incide fra l’altro Tu nella mia
vita, Un corpo e un’anima (il maggior successo della coppia,
vincitrice a “Canzonissima” nel 1974), Come stai, con chi sei
(seconda al Festival di Sanremo 1976). Nel 1979 subisce un
rapimento con Fabrizio De André – suo compagno e futuro
marito. Due anni più tardi pubblica il più maturo
MAMADODORI, con testi di Cristiano Minellono ispirati a
conversazioni fra lei e De André; nel 1986 esce VELLUTI E
CARTE VETRATE, forse il suo miglior album; nel 1996 collabora
come corista all’ultimo disco del marito, ANIME SALVE.
Partecipa a diverse edizioni del Festival, classificandosi terza
nel 1983 con Margherita non lo sa (da PICCOLE DONNE).
Ritiratasi dalla carriera artistica nel 1990, oggi Dori Ghezzi
(come Doriana De André) presiede la Fondazione De André.

TIZIANA GHIGLIONI
Capofila delle molte voci femminili affacciatesi dagli anni
’80 all’asfittica ribalta del canto jazz italiano (unico
precedente di rilievo Lilian Terry), nasce a Savona nel 1956.
Studia con Giorgio Gaslini e Gabriella Ravazzi, quindi inizia
un’attività in proprio, compone (anche testi in italiano), incide
e dirige gruppi a suo nome, senza ricalcare troppo l’immagine
della classica jazz singer: condivide i suoi progetti con i
migliori jazzmen italiani e vari stranieri (Lacy, Waldron, Paul
Bley ecc.), su una linea in cui la voce è solo uno degli elementi
in gioco. Sempre da un’ottica jazz, avvicina poi l’italian song,
con CD monografici (CANTA LUIGI TENCO, miglior album
d’interprete al Tenco ’94, TENCO IN JAZZ, del ’95, e ancora
BATTISTI!, del ’97, e A LUCIO BATTISTI, del 2000) e non
(VOLARE, del ’99, in duo con il pianista Renato Sellani).
Canzoni, sia pure sui generis, sono anche quelle presenti in
SINGS GASLINI (1995) e ROTELLA VARIATIONS (2003), dedicati a
pagine del suo primo maestro e del pittore profeta del
décollage.

GHIGO
Uno dei primi rockers della nostra penisola, Arrigo
Riccardo “Ghigo” Agosti nasce a Milano nel 1936. Attivo
sulla scena meneghina a partire dagli anni ’50 con la band
degli Arrabbiati, inizia come interprete di rock’n’roll. Il suo
primo 45 giri entrerà nei classici italiani del genere:
Coccinella. Pubblicato dalla Primary nel 1959 sarà tra i brani
più ascoltati del 1960, nonostante tratti il tema
dell’omosessualità. Sulla scia di quel successo Ghigo raccoglie
ancora consensi, seppur minori, con Allocco fra gli angeli e Si
titubi, tu titubi / Tredici vermi con il filtro, brano antesignano
del filone demenziale. Idolo delle ragazzine, va in tournée con
Celentano prima di partire per le armi. Il servizio militare
interrompe la sua carriera. Dal ’66 ritorna dedicandosi al soul,
prima con lo pseudonimo di Mr. Anima e poi di Probus
Harlem, ma senza successo. Negli anni ’70 decide di passare
alla fotografia, riuscendo ad affermarsi anche in quel settore.

STEFANO GIACCONE
vedi Franti

SANDRO GIACOBBE
Cantautore melodico nato a Moneglia, vicino a Genova, nel
1951. Dopo alcune esperienze con gruppi della zona, nel 1972
esordisce con Scusa se ti amo. La prima affermazione arriva
nel 1974 con Signora mia, e l’anno dopo Il giardino proibito
nella versione spagnola ottiene riscontri anche in America
Latina. Giacobbe partecipa poi al Festival di Sanremo 1976
con Gli occhi di tua madre, il suo brano più noto, con testo di
Pace e Avogadro. Dopo Io prigioniero e Il mio cielo e la mia
anima, ottiene ancora discreti esiti con alcuni singoli e album a
cavallo tra gli anni ’70 e ’80, soprattutto nel 1982 con la
sanremese Sarà la nostalgia, che ha una certa diffusione anche
all’estero. Giacobbe torna a Sanremo nel 1983 con Primavera
e nel 1990 con Io vorrei. Poi, dopo l’album SULLA MIA STESSA
STRADA del ’91, pur pubblicando ancora dischi la sua
popolarità resta legata all’adesione alla Nazionale cantanti di
calcio, della quale è allenatore.

RICKY GIANCO
La capacità di essere l’uomo giusto al momento giusto ha
sempre contraddistinto Gianco. Riccardo Sanna è il vero
nome: nasce a Lodi il 18 febbraio 1943, inizia a fare musica
giovanissimo, avrà un ruolo importante in tutta la storia della
miglior canzone italiana. A 11 anni vince un concorso per
dilettanti e diventa il primo chitarrista rock beat italiano, alla
cui precoce ascesa contribuisce Mike Bongiorno che lo ospita
in giro per l’Italia. I componenti della sua prima band
formeranno il nucleo dei futuri Dik Dik. I primi 45 giri, fra il
1959 e il 1961, portano ancora un nome d’arte “di mezzo”,
Ricky Sann, in onore di Ricky Nelson. Alla fine degli anni ’50
lancia una sua versione di Ciao ti dirò e poi, passato per la
fucina d’autore della Ricordi nella quale anticipa anche il
filone demenziale, nel 1961 è tra gli storici fondatori del Clan
di Celentano. Il Molleggiato però gli sottrae, portandole al
successo, Pregherò (cover di Stand By Me) e la sua Sei
rimasta sola. Abbandona così il Clan (dove era diventato
Ricki Gianco, la “y” alla fine del nome arriverà nel 1965) e a
Londra conosce i Beatles dei quali, tornato in Italia e secondo
l’uso dell’epoca, traduce molti brani: il primo, From Me To
You, diventa Cambia tattica. Negli anni ’60 costituisce con
Gian Pieretti una coppia d’autori molto produttiva (la nota Il
vento dell’est, ma anche Celeste, Felicità felicità…). Passa alla
Jaguar con cui ha buoni riscontri di vendite con numerosi 45
giri (A mani vuote, Eva, Ti cercherò…) e tre album, mentre
sfonda in Canada con una Come facette mammeta rockettara.
Da antesignano del rock’n’roll italiano diventa padre nobile
del beat: scopre e lancia I Quelli (poi PFM), i Satelliti e si fa
accompagnare dai Ribelli, che poi produce e dei quali firma la
musica di Pugni chiusi (anche se Gianni Dall’Aglio, il
batterista del gruppo, gli contesta di essere il vero autore; alla
fine la musica sarà divisa a metà). Gianco compone anche per
molti altri (Mina, Peppino di Capri, Patty Pravo, Don Backy,
Equipe 84 ecc.) fino a scrivere nel 1967, ancora con Pieretti, la
famosissima Pietre che Antoine porta a Sanremo (cui Gianco
partecipa di persona nel 1965). Alla fine degli anni ’60 torna
alla Ricordi, per cui pubblica RICKY GIANCO SPECIAL e l’unico
disco con il Supergruppo (1970, anche a Sanremo con
Accidenti) fondato con Dall’Aglio dei Ribelli, Pietruccio
Montalbetti dei Dik Dik, Mino Di Martino dei Giganti e Victor
Sogliani dell’Equipe 84.
Oltre ad essere efficace autore e produttore, Gianco ha dalla
sua un timbro vocale unico, voce potente e grande intonazione,
anche se non sarà mai baciato da grandi vendite. Nel 1972
fonda la seminale etichetta Intingo e poi nel 1974 L’Ultima
Spiaggia, insieme a Nanni Ricordi, Enzo Jannacci, Ivan
Cattaneo e Gianfranco Manfredi. Proprio con Manfredi nasce
una osmotica collaborazione che segna una svolta nella sua
carriera, ne approfondisce i contenuti, mantenendo e
raffinando l’impronta ironica di Gianco e segnando la stagione
sociale e politica del ’77. Scrivono a quattro mani per i dischi
di entrambi. Di qui i sagaci e impegnati DISCO DELL’ANGOSCIA,
ALLA MIA MAM… e ARCIMBOLDO. Con l’eclettico Manfredi
lavorerà anche nel teatro (“Zombie di tutto il mondo unitevi a
Nervi” diventa uno spettacolo di successo), nel cinema, in
radio e in televisione. Intanto nel 1982 la RCA edita il Q- Disc
UNIVERSITÀ DELLA CANZONETTA a nome “Manfredi featuring
Ricky Gianco”, a cui segue NON SI PUÒ SMETTERE DI FUMARE.
Nel 1984 festeggia i 25 anni di carriera con un concerto a
cui partecipano Ornella Vanoni, Giorgio Gaber, Sergio
Endrigo, Gino Paoli e Massimo Boldi (suo ex batterista nel
gruppo Pattuglia Azzurra). È ancora in teatro con Manfredi nel
1985 con “Che fine ha fatto Baby Lonia?”, da cui viene tratto
un disco. Nel 1989 torna a incidere un album di inediti con DI
NUCA, che comprende Parigi con le gambe aperte cantata con
l’amico Paoli (con cui va in tour, riportato poi nel live ’89 - DAL
VIVO). Nel 1990 registra a Los Angeles È ROCK AND ROLL, in
cui – ad eccezione dell’inedita title track – risuona brani scritti
fra il 1958 e il 1962, come Vorrei sapere perché, incisa
all’epoca da Luigi Tenco con lo pseudonimo di Gigi Mai.
Molti gli ospiti, da Jeff Porcaro e Steve Lukater dei Toto, a
Gaber, Paoli e Pino Donaggio. PICCOLO È BELLO del 1992 è un
mix di pezzi vecchi e nuovi, ricco di ospiti fra cui De André in
Navigare. Poi una lunga pausa discografica fino a TANDEM,
progetto che raccoglie un’altalenante dozzina di duetti, in parte
già pubblicati, con De André, Paoli, Gaber, Vanoni, Battiato,
Robert Wyatt e altri. Nel 2001 il trio di Renato Sellani con Lee
Konitz rielabora in chiave jazz vari suoi brani in PUGNI CHIUSI.
Intanto Gianco agisce a sostegno di varie associazioni; per
Emergency realizza il disco collettivo contro la guerra DANNI
COLLATERALI (2003) con Manfredi, De Sio, Paoli, Finardi,
Lolli, Skiantos, Yo Yo Mundi e altri. Fra il 2002 e il 2003,
Gianco riprende l’attività live, realizza “Terre” con Massimo
Carlotto, si occupa di musiche di vari spettacoli teatrali, e con
Alberto Tonti scrive e interpreta lo spettacolo “È Rock’n’roll”.
Premio Ciampi alla carriera 2003, nel 2006 è direttore artistico
del Mantova Musica Festival. Nell’autunno del 2005 cura la
produzione del disco LA BATTAGLIA DI CANNE, contro la
proposta proibizionista della legge Fini sulle droghe, cui
partecipano numerosi artisti. (g.fa.)
DISCOGRAFIA

UNA GIORNATA CON RICKY GIANCO (Jaguar 1963)


AI MIEI AMICI DI “CIAO AMICI” (Jaguar 1965)
RICKY GIANCO SHOW (Jaguar 1965)
RICKY GIANCO SPECIAL (Ricordi 1968)
DISCO DELL’ANGOSCIA (Ultima Spiaggia 1974, con altri
esecutori)
BRACCIO DI FERRO (Intingo 1976, a nome Braccio di Ferro)
QUEL RISSOSO, IRASCIBILE, CARISSIMO BRACCIO DI FERRO
(Intingo 1976, a nome Braccio di Ferro)
ALLA MIA MAM… (Ultima Spiaggia 1976)
ARCIMBOLDO (Ultima Spiaggia 1978)
LIQUIRIZIA (Fontana 1979, colonna sonora)
NON SI PUÒ SMETTERE DI FUMARE (Fonit Cetra 1982)
RICKY GIANCO E GIANFRANCO MANFREDI (Fonit Cetra 1985,
con Gianfranco Manfredi)
STRUMENTALE (Nuovo Repertorio Editoriale 1988, album
interamente strumentale a nome Gianco-Ranaldi)
DI NUCA (New Enigma 1989)
HAS QUEDADO SOLA (New Enigma 1989, mix)
È ROCK’N’ROLL (Fonit Cetra 1991)
PICCOLO È BELLO (Fonit Cetra 1992)
RICKY GIANCO: I SUCCESSI (D.V. More 1997, antologia di
brani con nuove esecuzioni)
TANDEM (RICKY GIANCO &…) (Columbia 2000, album di
duetti, alcuni già pubblicati)
NON SI PUÒ SMETTERE DI FUMARE. Uno dei migliori risultati
del connubio tra Gianco e Gianfranco Manfredi, una
manciata di belle canzoni, argute, ironiche, malinconiche,
come la title track (parabola sull’impossibilità di non
sbagliare), Eclisse a Milano (intensa dichiarazione d’amore
per una città ingrigita) e Come due ragazzi. Partecipano vari
musicisti americani che insaporiscono il disco di country.

GIARDINI DI MIRÒ
Formatisi a Cavriago (RE) nella seconda metà degli anni
’90, e influenzati da band interamente strumentali di area post
rock come i Mogwai, i Giardini di Mirò debuttano nel 1988
con un EP omonimo autoprodotto, seguito l’anno dopo da THE
ICEBERG EP: due lavori ancora acerbi che mettono comunque in
mostra le doti dei chitarristi Corrado Nuccini e Jukka
Reverberi. Notevole il passo avanti segnato da THE RISE AND
FALL OF ACADEMIC DRIFTING (2001): caratterizzato dalla
presenza in un paio di brani delle voci di Matteo Agostinelli
degli Yuppie Flu e Paul Anderson dei britannici Tram, il disco
vince il premio “Fuori dal Mucchio” come miglior album di
esordio dell’anno. Dopo un altro EP, THE SOFT TOUCH, e la
raccolta di remix THE ACADEMIC RISE OF FALLING DRIFTERS, nel
2003 è la volta di PUNK… NOT DIET, che segna l’ingresso in
formazione del cantante Alessandro Raina (autore nel 1999
dell’interessante COLONIA PARADI’ES). Al disco partecipano
nomi importanti della scena elettronica europea come
Styrofoam e Nitrada. Nel 2004 l’etichetta tedesca 2nd Rec dà
alle stampe HITS FOR BROKEN HEARTS AND ASSES, che raccoglie i
primi due EP e altro materiale dell’epoca. Con la band – priva
di Raina – impegnata nelle registrazioni del terzo disco, nel
gennaio 2006 il tastierista Luca Di Mira pubblica – con lo
pseudonimo di Pillow – il suo esordio da solista, FLOWING
SEASONS.
I GIGANTI
Gruppo fondato nel 1964 a Milano da Sergio (Enrico Maria)
Papes (bt.), Sergio Di Martino (bs.) provenienti dai “Califfi di
Clem Sacco”, e Giacomo (Mino) Di Martino (ch.), a cui nel
1965 si unisce Francesco “Checco” Marsella (ts.). È
considerato uno dei migliori gruppi beat, sia per i deliziosi
impasti vocali (ogni componente è anche cantante solista) sia
per la preparazione nelle esibizioni live, cosa abbastanza rara
all’epoca. Una prima notorietà arriva con La bomba atomica,
mentre al Cantagiro del 1966 con Tema entrano a pieno diritto
nella mitologia del beat italiano. Nello stesso anno si
esibiscono al Festival di Napoli con Peppino Di Capri in Ce vò
tiempo e incidono due cover, Una ragazza in due (altro hit) e
Fuori dal mondo. Nel 1967 arrivano terzi a Sanremo con la
famosa Proposta (Mettete dei fiori nei vostri cannoni), primo
esempio di canto a cappella nel beat italiano. Quell’estate sono
anche al Cantagiro con la censurata Io e il presidente. Nel ’68
tornano a Sanremo con Da bambino, in coppia con Massimo
Ranieri: è un fallimento, a cui segue un insanabile litigio fra
Papes e Sergio Di Martino con relativo scioglimento.
Nel 1970, a sorpresa, i Giganti si riformano e al Cantagiro
propongono Voglio essere una scimmia, seguito un anno più
tardi da TERRA IN BOCCA, per la Cramps di Gianni Sassi, un
concept album sulla mafia. È un buon lavoro, anche
coraggioso, con ospiti come Ares Tavolazzi degli Area e
Ellade Bandini, ma non piace al pubblico e viene censurato
dalla radio (sarà stampato su CD da Vinyl Magic nel 1997).
Da lì a poco il gruppo torna nell’ombra. Dei componenti,
l’unico a rimanere in attività è Mino Di Martino che
collaborerà, tra gli altri, con il Franco Battiato più
sperimentale. Nel 1998 Papes e Marsella ricostituiscono la
formazione (Sergio Di Martino era mancato due anni prima),
con Kambiz Kaboli (bs.) e Giovanni De Luigi (vc.). Il gruppo
è tuttora in attività. Fra i CD riepilogativi disponibili, I
GIGANTI (per l’etichetta Azzurra) del 2000 e MILLE IDEE DEI
GIGANTI (On Sale Music) del 2001 con sette bonus tracks.

GIORGIA
Il nome è in onore di Georgia On My Mind di Ray Charles.
Il padre, Giulio Todrani, è nome noto nell’ambiente musicale
romano, leader come Alan Soul del gruppo R&B “Io Vorrei la
Pelle Nera”. Grazie a lui e a una vocalità estesa e raffinata,
Giorgia Todrani (Roma, 26 aprile 1971) si avvicinerà ben
presto all’attività musicale, influenzata sia dalla black music
instillatale dal padre sia dai brani di Battisti che le fa ascoltare
la madre. Va a lezione dal tenore Luigi Rumbo, quindi inizia
una gavetta come corista nel gruppo del padre e poi con la big
band dello zio Gianni Davoli e con il trio Friend Acoustic
Nights. Si diploma al liceo linguistico ma poi lascia presto
l’università: una prima esperienza importante è come corista
nei tour di Mike Francis e di Zucchero (nel 1992 è nei cori di
MISERERE), mentre si esibisce nei locali romani. Da una serata
al Classico di Roma del giugno 1993 verranno tratti due dischi
live di standard americani non compresi nella sua produzione
discografica ufficiale: NATURAL WOMAN nel 1995 e ONE MORE
GO ROUND nel 1996, poi ripubblicati nel doppio I PRIMI ANNI DI
GIORGIA nel 2001.

La prima grande occasione si presenta con il Festival di


Sanremo 1994, a cui partecipa con E poi: Giorgia non se la fa
sfuggire. Il conseguente esordio su album, GIORGIA (in cui
compare anche una nerboruta versione di Nessun dolore di
Battisti) ha buoni risultati nei negozi, anche se è lacunoso sotto
molti aspetti. Intanto compare nell’EP CHE GOCCIA SEI di
Mario Amici, cantando la canzone omonima, si esibisce in
Vaticano con Andrea Bocelli, con cui l’anno seguente duetta in
Vivo per lei, mentre Elton John la vorrà come special guest
nelle date italiane del suo tour. Ma è ancora Sanremo a darle
l’affermazione presso il grande pubblico: nel 1995 vince,
aggiudicandosi anche il Premio della critica e cantandola
diversamente ogni sera, con Come saprei, scritta insieme a
Eros Ramazzotti (compresa nell’altrettanto modesto COME
THELMA E LOUISE, per lo più scritto con Gatto Panceri); nel
1996 arriva terza con Strano il mio destino, mentre esce
STRANO IL MIO DESTINO (LIVE & STUDIO 95/96), registrato durante
il tour teatrale, che contiene anche Endless Love di Lionel
Richie (cantata con Michael Baker, per anni con Whitney
Houston) e You Don’t Know What Love Is (già di George
Benson).
A partire da questo momento, ormai affermata, Giorgia
cercherà in qualche modo di uscire dal soffocante stampino
sanremese, ad esempio inserendo nella sua band alcuni
musicisti della New Power Generation di Prince, intervenendo
in due brani di EAT THE PHIKIS di Elio e le Storie Tese e
iniziando una collaborazione con Pino Daniele che la ospita
nel suo DIMMI COSA SUCCEDE SULLA TERRA e nel ’97 le produce
MANGIO TROPPA CIOCCOLATA (CON Un’ora sola ti vorrei). Anche
questo disco continua però a restare al di sotto delle
potenzialità della cantante. Alla fine del 1998 un altro incontro
prestigioso e fruttuoso: nel corso della trasmissione televisiva
“Taratatà” Giorgia duetta con Herbie Hancock e la buona
intesa sfocia nella partecipazione al tour europeo del jazzista,
dedicato a George Gershwin, in cui la cantante romana
interviene in alcuni pezzi, suscitando pareri discordi. Nel
frattempo coproduce con Adriano Pennino e scrive vari brani
di GIRASOLE (la cui ultima traccia è una rappata e allungata
versione de Il cielo in una stanza di Gino Paoli, inserita anche
nella colonna sonora delll’omonimo film di Carlo Vanzina),
cui collaborano Diane Warren, Des’ree e Alex Baroni. Esce
anche una raccolta per il mercato di lingua spagnola: GIORGIA
(COLLECTION 1999). Nuove collaborazioni internazionali nel
2000: Ray Charles (con cui canta proprio Georgia on my
mind) e Lionel Richie al Summer Festival di Lucca, e poi
Michael Mc Donald con cui apre la tappa milanese di Cher.
Nel 2001 torna a Sanremo (smentendo quel che aveva
dichiarato nel 1996) e arriva seconda con Di sole e d’azzurro
scritta da Zucchero, cui segue SENZA ALI (in Il mare
sconosciuto torna Herbie Hancock). Nel 2002 pubblica per il
mercato olandese E poi e in Italia un greatest hits (LE COSE
NON VANNO MAI COME CREDI) con notevoli risultati di vendite.
In autunno un nuovo duetto, stavolta con Ronan Keating in
We’ve Got Tonight di Bob Seger (che gli italiani ricorderanno
anche tradotta in Grazie perché… e cantata da Gianni Morandi
e Amii Stewart). Nel 2003 partecipa con la suggestiva Gocce
di memoria alla colonna sonora de “La finestra di fronte” di
Ferzan Ozpetek. Nel relativo album LADRA DI VENTO i testi
sono improntati all’impegno civile.
Nel 2005 Giorgia pubblica, anche in DVD, UNPLUGGED,
tratto da un concerto per MTV, che ne conferma il ruolo
importante – conquistato passo passo – nella musica italiana.
Ma l’impostazione black (a volte persino eccessiva) e
l’eccellente vocalità quasi mai sinora hanno avuto a
disposizione adeguate canzoni. (e.de. - g.fa.)
DISCOGRAFIA

GIORGIA (BMG 1993, ristampato nel 1994 con un brano in


più)
NATURAL WOMAN (Go Jazz/Flying Records 1995, dal vivo
con cover di brani americani)
ONE MORE GO ROUND (Go Jazz/Flying Records 1995, dal
vivo con cover di brani americani)
COME THELMA E LOUISE (BMG 1995)
STRANO IL MIO DESTINO (LIVE & STUDIO 95/96) (BMG 1996,
dal vivo con un inedito in studio)
MANGIO TROPPA CIOCCOLATA (BMG 1997)
GIORGIA (BMG 1998 Spagna, sei canzoni in spagnolo e
quattro in italiano)
GIRASOLE (BMG 1999)
SENZA ALI (BMG 2001)
LE COSE NON VANNO MAI COME CREDI (BMG 2002, antologia
con inediti)
LADRA DI VENTO (BMG 2003)
SPIRITO LIBERO (BMG 2003, CD singolo con due versioni
inedite)
MTV UNPLUGGED (BMG 2005, dal vivo)
LE COSE NON VANNO MAI COME CREDI. Sunto molto fortunato
di una carriera in ascesa sia nelle vendite che nella qualità.
Il singolo inedito, Vivi davvero, diventa il tormentone
dell’estate. La raccolta è dedicata ad Alex Baroni, ex
compagno scomparso in un incidente, e segna molta più
consapevolezza rispetto a prima. Ma le potenzialità di
Giorgia continuano in parte a essere tali.
FLAVIO GIURATO
Uno dei più geniali cantautori italiani, Flavio Giurato, nasce
a Roma il 10 gennaio 1949 in una famiglia dalla spiccata
sensibilità artistica: è nipote di Giovacchino Forzano,
librettista di Puccini, mentre suo fratello Luca è giornalista e
noto presentatore televisivo, e l’altro fratello, Blasco, è
apprezzato direttore della fotografia di molti film. Flavio
invece ama la scrittura, la composizione musicale e quindi la
canzone. Suona pianoforte e chitarra.
Nel 1974 firma alcuni brani per l’album DOMENICA MATTINA
di Anna Melato, quindi si trasferisce a Londra, dove si esibisce
per strada. Tornato in Italia, nel 1978 pubblica la sua opera
prima, PER FUTILI MOTIVI (con Un colpo di vuoto), concept
album indubbiamente particolare. La vocalità è scandita,
intensa eppure così amaramente decisa e denunciante; i testi
sono difficili eppure eloquenti, molti in romanesco, racconto
di un ragazzo nell’epoca fascista; le composizioni musicali,
mai scontate, sono innovative. La produzione è di
Michelangelo Romano. Nel 1982 c’è l’uscita del secondo
lavoro, IL TUFFATORE, prodotto da Paolo Giaccio. Il disco gode
di maggior promozione rispetto al primo (passato sotto
silenzio), in particolare numerose sono le presenze nel
programma “Mr. Fantasy” di Carlo Massarini. Registrato a
Londra, vanta grandi collaborazioni internazionali, ad esempio
con il percussionista Ray Cooper e con il sassofonista Mel
Collins. È, sotto ogni aspetto, uno dei più bei dischi mai
pubblicati in Italia. Due anni dopo esce un concept album,
MARCO POLO, sempre prodotto da Giaccio, che conferma
l’identità di un cantautore atipico, narratore, incantatore. Il
disco era stato progettato come doppio ma per motivi
discografici viene poi ridotto, snaturandone in parte il
contenuto. Anche per questo non raggiunge i livelli qualitativi
del precedente, tranne in qualche episodio come Marco e
Monica. Poi Giurato scompare dalla discografia italiana,
lavorando come autore e regista televisivo (dieci anni a RAI
Uno, poi a Raisat) e occupandosi anche di baseball come
allenatore, dopo essere stato giocatore in serie A e nella
Nazionale giovanile.
Ma il culto nei suoi confronti resiste e intimamente la
scrittura musicale continua, libera e ancora più ardente (ad
esempio con un musical western mai realizzato e un romanzo).
Dopo più di un decennio di silenzio, in seguito a pressanti
richieste dei vecchi estimatori, torna a esibirsi sporadicamente
dal vivo con successo, spesso accompagnato dall’amico e
musicista Piero Tievoli. Sono i primi segnali del ritorno. Nel
2002 pubblica su Internet (a cura di Antonio Zedda) cinque
canzoni incise dal 1990 al 1996, poco più che provini, con il
titolo “Il manuale del cantautore”. Sono brani splendidi (in
particolare L’ufficialino) che confermano un’ispirazione
sempre ricchissima. Nel 2003 riceve il Premio Ciampi alla
carriera, mentre poco dopo la casa editrice NoReply pubblica
un libro CD a lui interamente dedicato, “Il tuffatore – Racconti
e opinioni su Flavio Giurato”. Contiene 18 racconti firmati da
altrettanti scrittoridelle nuove generazioni, una serie di
interventi giornalistici e un disco live con brani storici e
cinque inediti tra cui uno dedicato a Silvia Baraldini e uno a
Pier Paolo Pasolini, La Giulia bianca. Nel 2004 il Mei di
Faenza premia il video di Introduzione come il più innovativo
dei clip italiani, ma è ormai tempo per un nuovo disco, a cui
Giurato dedica una lunga lavorazione che si conclude alla fine
del 2005. Il titolo dell’album, non ancora pubblicato, è ancora
IL MANUALE DEL CANTAUTORE. (n.ve.)
DISCOGRAFIA

PER FUTILI MOTIVI (Ricordi 1978)


IL TUFFATORE (CGD 1982)
MARCO POLO (CGD 1984)
IL MANUALE DEL CANTAUTORE (autoprodotto 2001, EP
disponibile solo su Internet)
FLAVIO GIURATO LIVE (NoReply 2003, CD dal vivo allegato
al volume “Il tuffatore”)
IL TUFFATORE. Ricchissimo di contenuti, espressioni sia
testuali che musicali. Storie solo apparentemente personali.
Storia politica. Voli pindarici che lasciano senza fiato.
Parole sussurrate e poi gridate, sempre con lo stesso
energico vigore. Un concentrato di creatività emozionante,
dalla brevissima title track alla lunghissima
Orbetello/Orbetello ali e nomi. Capolavoro.

GOBLIN
Gruppo romano nato nel 1974 da band minori (Oliver,
Ritratto di Dorian Gray, Cherry Five) e formato da Claudio
Simonetti (ts.), figlio del musicista Enrico, Fabio Pignatelli
(bs., vc.), Walter Martino (bt.), Massimo Morante (ch.); nel
1975 i Goblin salgono alla ribalta come esecutori e in parte
compositori, insieme a Giorgio Gaslini, della colonna sonora
di “Profondo Rosso” di Dario Argento, il cui singolo,
particolarmente riuscito, ottiene un grande successo. Le
atmosfere da incubo sono il frutto delle influenze jazz rock e
psichedeliche, ma anche dei gruppi progressive inglesi e di
quelli cosmici tedeschi. Dopo altre colonne sonore quali
ROLLER (1976), SUSPIRIA (1977), ZOMBI (1978) e il concept IL
FANTASTICO VIAGGIO DEL BAGAROZZO MARK (1978), primo disco
con brani cantati, il gruppo si scioglie. Simonetti prosegue una
difforme carriera, in cui trovano posto il brano Gioca Jouer
composto con Claudio Cecchetto, le colonne sonore di
“Tenebre” (1980) e “Phenomena” (1984), il lavoro per la TV e
la costituzione del gruppo di metal prog Dæmonia nel 1999.
Nel 2001 i Goblin si ricostituiscono brevemente per la colonna
sonora di “Non ho sonno” di Dario Argento.

LORETTA GOGGI
Nasce a Roma il 29 settembre 1950 e già a dieci anni recita
nello sceneggiato televisivo “Sotto processo” di Anton Giulio
Majano. Come cantante esordisce, con il nome “Loretta”, nel
1963 con il 45 giri Se la cercherai (brano dal film “Il sangue
alla testa”). Nel 1969 con la partecipazione allo sceneggiato
“La Freccia Nera” arriva la grande notorietà, che la porterà a
essere una delle colonne del varietà TV. Diventa una showgirl
completa: attrice, imitatrice, doppiatrice, ballerina,
presentatrice. Nel 1972 giunge il primo successo discografico
con Vieni via con me (Taratapunzi-e), sigla della
“Canzonissima” di quell’anno condotta da Pippo Baudo. Negli
anni seguenti, con buoni riscontri, incide brani come Mani
mani e Dirtelo non dirtelo. Nel 1979 un’altra sigla televisiva
(della prima edizione di “Fantastico”), L’aria del sabato sera,
è un nuovo hit, così come Cicciottella, una canzone per
bambini. Nel 1981 arriva la partecipazione al Festival di
Sanremo con Maledetta primavera, che si piazza al secondo
posto ma balza in testa alle classifiche di vendita: sarà il suo
brano più noto. Seguiranno diversi altri pezzi di discreto
successo fino a Io nascerò, di Mango, sigla del Festival 1986
condotto dalla stessa Goggi. Sono di quegli anni anche alcuni
album che ottengono buoni risultati di vendita come C’È
POESIA, del 1986. Poi la carriera discografica si dirada, mentre
continua quella nella commedia musicale.

ENZO GRAGNANIELLO
Considerato uno dei più importanti eredi dell’antica
tradizione musicale partenopea, vincitore di ben tre Targhe
Tenco, autore di splendidi e fortunati brani scritti per altre
voci, musicista raffinato, interprete appassionato di molta
canzone classica napoletana, oltreché delle proprie
composizioni, Enzo Gragnaniello rimane ancora oggi un
personaggio poco esposto alle luci del successo. Nato a Napoli
il 20 ottobre del 1954, cresce nella casa di Vico Cerriglio, nei
famigerati “quartieri spagnoli”, coltivando da autodidatta la
passione per la musica mentre si fa parte attiva nella vita
difficile del suo quartiere e della sua città. E infatti, a 23 anni,
alla sua prima formazione musicale dà il nome di Banchi
Nuovi, lo stesso del comitato di disoccupati di cui fa parte. La
stretta convivenza tra musica e vita sarà sempre la cifra
caratterizzante la sua creatività: CANZONI DI RABBIA, CANZONI
D’AMORE sarà, anni dopo, il titolo di una sua raccolta. Con i
Banchi Nuovi, che esordiscono a Berlino in occasione di un
festival di musica popolare, Gragnaniello partecipa al filone
musicale che recupera la cultura musicale tradizionale. Solo
alcuni anni dopo, nel 1983, esordisce in proprio con un album
omonimo, cui segue nel 1985 SALITA TRINITÀ DEGLI SPAGNOLI,
che ribadisce nel titolo la sua appartenenza di arte e di vita ai
luoghi della sua nascita. Già nel 1986 arriva il primo
prestigioso riconoscimento del Club Tenco per il brano
Giacomino, Targa per la miglior canzone in dialetto.
Parallelamente, la sua attività di autore è ricca e importante:
scrive per Mia Martini brani come Stringi di più, Statte vicino
a me e nel 1989 il fortunato Donna (dall’album MARTINI MIA).
Nel 1990 incide FUJENTE, che gli vale la seconda Targa Tenco
per la title track. Nel 1991 vede la luce uno dei suoi brani
migliori, Cu’ mmè, cantata da Mia Martini e Roberto Murolo
(che la incide in OTTANTA VOGLIA DI CANTARE, in occasione dei
suoi ottant’anni), mentre l’anno seguente esce VELENO, MARE E
AMMORE. Seguono due album in italiano, UN MONDO CHE NON
C’È (1993) e CERCANDO IL SOLE (1994).

Nel 1996 firma Cercami per Adriano Celentano (da


ARRIVANO GLI UOMINI) e pubblica CONTINUERÒ. Si apre l’anno
seguente una fase importante del suo percorso artistico: esce
POSTEGGIATORE ABUSIVO, lavoro in cui Gragnaniello mostra
straordinarie doti di interprete e, sulla scia di quanto fatto
molti anni prima da Roberto Murolo, si cimenta da solo con la
chitarra e la sua voce ruvida e calda con il repertorio classico
napoletano; fa una fortunata apparizione televisiva vincendo
con Cu’ mmè “Vivanapoli”, trasmissione di Mike Bongiorno;
poi con Canto a S. Alfonso, scritta in occasione del
trecentesimo anniversario della nascita di S. Alfonso Maria de’
Liguori, si esibisce in mondovisione a Santa Chiara con il coro
Ensemble, e bissa all’inizio del 1998 duettando con il soprano
Cecilia Gasdia sulle note di Monastero ‘e Santa Chiara. Parte
così il tour “Clamor et Gaudium” che vedrà il cantautore
esibirsi in molti luoghi sacri, tra cui il Duomo di Santa Maria
Capua Vetere che ospita la musica dopo un silenzio di oltre
mille anni. Ed è ancora nel 1998 che scrive le musiche per i
lavori teatrali “Cupido scherza e spazza” di Peppino De
Filippo e “Don Rafelo ‘o trumbone”di Silvio Orlando, mentre
esce l’affascinante NEAPOLIS MANTRA, album solo strumentale
che rinvia ai rituali di preghiera orientali. Inaugura poi il 1999
con una partecipazione al Festival di Sanremo, dove canta la
sua Alberi in coppia con Ornella Vanoni, anticipando un disco
– OLTRE GLI ALBERI – che registrerà ottime vendite e sarà
ancora Targa Tenco per il miglior album in dialetto. Intanto
firma ’O mare e tu per Andrea Bocelli e Dulce Pontes. Nello
stesso anno approda al prestigioso teatro San Carlo di Napoli
per una serie di concerti in occasione del bicentenario della
Rivoluzione Napoletana; un’esperienza raccontata da Michel
Pergolani e Renato Marengo nel libro + CD “Dai Quartieri al
San Carlo” (RAI-ERI). Instancabile nella sua creatività
artistica, sempre di grande livello (nel nuovo millennio escono
l’ottimo BALÌA, 2001, e TRIBÙ E PASSIONE, con James Senese,
2003) e forte della sua intensa presenza sul palcoscenico,
procede sulla sua strada con una ricca attività dal vivo e la
partecipazione a diversi progetti come quello con le Nuove
Nacchere Rosse, al fianco di Dario Fo. Nel 2005 si conferma
con QUANTO MI COSTA. (a.pi.)
DISCOGRAFIA

ENZO GRAGNANIELLO (DDD 1983)


SALITA TRINITÀ DEGLI SPAGNOLI (DDD 1985)
FUJENTE (Costa Est 1990)
VELENO, MARE E AMMORE (Mercury 1992)
UN MONDO CHE NON C’È (Mercury 1993)
CERCANDO IL SOLE (Mercury 1994)
CONTINUERÒ (Carosello 1996)
POSTEGGIATORE ABUSIVO (RTI 1997)
NEAPOLIS MANTRA (Sugar 1998)
OLTRE GLI ALBERI (Sugar 1999)
BALÌA (Multivision Entertainment 2001)
TRIBÙ E PASSIONE (Rai Trade 2003, con James Senese)
COLLECTION (Lucky Planets 2003, antologia con inediti)
COLLECTION 2 (Lucky Planets 2004, antologia con inediti)
QUANTO MI COSTA (Rai Trade 2005)
OLTRE GLI ALBERI. Anticipato sulla luminosa ribalta di
Sanremo dal singolo Alberi, in duo con Ornella Vanoni,
questo lavoro va davvero oltre: contiene dieci tracce
avvolgenti come solo sanno esserlo i ritmi nati dalla
tradizione popolare, così come le parole che traggono linfa
dalla vita vissuta. Il valore di Gragnaniello si esprime qui
nello stile classico impresso a molti brani mediante
l’intreccio di melodia e armonia e nei temi trattati: così
Onda, Stong ’cca, Sotto il tetto, Mambo do’. Prodotto e
arrangiato da Joe Amoruso, l’album contiene anche Il sole
dentro, intagliata un paio d’anni prima per la voce graffiante
di Gerardina Trovato.

IRENE GRANDI
Fiorentina (nata il 6 dicembre 1969), inizia a fare musica
giovanissima, negli anni del liceo, cantando e suonando in
piccole band della città come i Goppions e La Forma. Per un
breve periodo è poi nelle Matte in Trasferta, in cui milita
anche Simona Bencini, futura voce dei Dirotta su Cuba.
Quando si dividono è il ’92, l’anno in cui la Grandi comincia a
sviluppare un’identità solista che in breve le darà la popolarità.
Nata innanzitutto come interprete, e autrice di diversi testi
delle sue canzoni, ha una formazione di matrice rock e soul,
con una vocalità duttile, graffiante e decisa, ma a tratti
intensamente morbida, che la porta verso un mondo pop
melodico che le offre più spazi discografici. Gran parte della
sua vicenda musicale tenderà a svilupparsi attorno a questi due
poli, il rock soul e il pop.
A fine ’93 partecipa a Sanremo Giovani con Un motivo
maledetto, il brano che l’ha fatta notare dalla CGD: quando
pochi mesi dopo partecipa al Sanremo ’94 con l’energica
Fuori, il suo lancio è definitivo. Esce il primo album, IRENE
GRANDI, con brani scritti con il suo collaboratore principale di
questo periodo, Telonio, ma anche da Jovanotti (T.v.b.) ed Eros
Ramazzotti (la musica di Sposati! Subito!): l’affermazione è
progressivamente scandita da una lunga serie di fortunati
singoli radiofonici. Arrangia e produce Dado Parisini, già
collaboratore di Raf. Dotata di un registro interpretativo
insolito e di indubbia efficacia, la Grandi alterna gli impegni
come cantante agli studi universitari in Psicologia, che però le
incombenze artistiche – tra cui una prima tournée con Paolo
Vallesi e poi da sola – la costringeranno prima a rallentare e
poi a interrompere. Nel 1995 esce IN VACANZA DA UNA VITA,
lanciato dal singolo Bum bum, un brano tra i più programmati
e richiesti dell’intera estate, durante la quale è a fianco di Pino
Daniele in tour; il cantautore napoletano, autore di uno dei
brani dell’album della giovane artista, Il gatto e il topo, la
coinvolge in un duetto, Se mi vuoi, pubblicato nel suo NON
CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO.Animate parentesi live e nuovi
progetti precedono un altro anno di ricche soddisfazioni, il
1996, in cui la Grandi è anche interprete cinematografica de
“Il barbiere di Rio” di Giovanni Veronesi, nel quale compare
la sua Fai come me, inserita nel 1997 in PER FORTUNA
PURTROPPO. L’album mostra qualche apertura verso la musica
di tendenza e sale immediatamente ai vertici delle classifiche
grazie soprattutto alla gettonatissima Che vita è, dalle
atmosfere favolistiche. La Grandi si dedica poi a progetti
paralleli come quello della Biba Band insieme ad alcuni
membri di Elio e le Storie Tese e allo spettacolo “Abbassa la
tua radio” dell’amico jazzista Stefano Bollani, dedicato alle
musiche degli anni ’30 e ’40, insieme a Peppe Servillo degli
Avion Travel, Marco Parente e molti altri. Ne viene tratto
anche un album pubblicato nel 2000.
Intanto nel dicembre 1999 è uscito, con un nuovo team di
produzione e nuovi coautori insieme al confermato Telonio,
VERDE ROSSO E BLU (in cui Limbo è una cover di Sheryl Crow),
disco dalle sonorità più mediterranee che anticipa un
importante evento: Vasco Rossi scrive per lei (con il leader
degli Stadio Gaetano Curreri) La tua ragazza sempre, che
Irene Grandi porta al Festival di Sanremo. La vena rock, a
partire da questo momento, si consolida: nel 2001, il titolo
della sua prima raccolta, IREK, aperta dal singolo Per fare
l’amore, è significativo della ricerca di un approccio più duro,
sia pur restando in un ambito pop. La tappa successiva sarà
una nuova, più impegnativa canzone, di Rossi e Curreri, Prima
di partire per un lungo viaggio, anticipazione dell’album
PRIMA DI PARTIRE, che esce a maggio del 2003. I due
producono per lei altri due brani del CD, Ninna nanna e Buon
compleanno, scritti dalla giovane Pia Tuccitto. Sono i tre
episodi migliori dell’album, tanto che la cantante, dopo
un’estate 2004 come presentatrice del Festivalbar, deciderà di
affidare la produzione del suo successivo lavoro
all’arrangiatore Nicolò Fragile, conosciuto proprio grazie a
Curreri. INDELEBILE, del 2005, segna quindi una crescita
qualitativa tra rock e melodia, pur ottenendo minori riscontri
commerciali. Tra i singoli estratti, la popolarissima Lasciala
andare, Non resisto e La danza del sole. Segue il DVD “Irene
Grandi live” e nel 2006 il duetto con Simona Bencini in
Ricorderò. Nonostante le molte illustri collaborazioni, le
potenzialità dell’artista toscana non sempre hanno trovato un
repertorio adeguato.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

IRENE GRANDI (CGD 1994)


IN VACANZA DA UNA VITA (CGD 1995)
PER FORTUNA PURTROPPO (CGD 1997)
VERDE ROSSO E BLU (CGD 1999, ripubblicato nel 2000 con
l’aggiunta di La tua ragazza sempre)
IREK (CGD 2001, antologia con inediti)
PRIMA DI PARTIRE (CGD 2003)
INDELEBILE (Atlantic 2005)
IRENE GRANDI. Esordio fulmineo dopo l’apparizione
sanremese (Fuori). Anima rock e corpo pop in bilico tra
favole sognanti e amori vissuti con complicità e ironia: un
album fresco e arioso, del quale il respiro della giovinezza
sembra rappresentare il leitmotiv (Mille, Cose da grandi).
Personale e impegnativa la versione di (You Make Me Feel
Like) A Natural Woman. Il brano La cucina è ispirato al
romanzo “Kitchen” della scrittrice giapponese Banana
Yoshimoto.

IVAN GRAZIANI
Una delle più longeve leggende della musica italiana lo
vuole nato sul traghetto Olbia-Civitavecchia, come raccontava
lui stesso, ma in realtà il parto è avvenuto a Teramo. Nessun
dubbio invece sulla data, 6 ottobre 1945, né sulle prime
esperienze musicali (prima come batterista, poi come
chitarrista) nate nell’ambiente scolastico dell’istituto d’arte
che il giovane Graziani frequenta ad Ascoli Piceno: The
Serogam Quartet e Ivan e i Saggi sono le denominazioni
giunte ai giorni nostri. Dopo un’esperienza con l’orchestra di
Nino Dale, Graziani nel 1967 forma con Veio Gualazzi (bt.) e
Walter Monacchi (bs.) gli Anonima Sound, con cui pubblica
tre singoli per la CBS e uno per la neonata Numero Uno
(1969), per la quale viene inciso anche un album mai
pubblicato e costituito interamente da inediti, fatto insolito per
l’epoca. Sciolto il gruppo, Graziani lavora come disegnatore di
fumetti e collabora con il tastierista Roberto Carlotto
(dell’ultima formazione dell’Anonima Sound), che con lo
pseudonimo di Hunka Munka pubblica DEDICATO A GIOVANNA
G., prodotto da Graziani e oggi LP di culto tra gli appassionati
di progressive italiano. Ivan and Transport e Rockleberry Roll
sono invece le prime ragioni sociali che possono essere
ricondotte a Graziani a comparire sulle etichette dei dischi
della piccola etichetta Freedom. Come Rockleberry, Roll
Graziani pubblica anche un album (DESPERATION) interamente
cantato in inglese, a cui segue l’esordio in italiano con LA
CITTÀ CHE IO VORREI (1974), impreziosito dalla copertina in cui
è raffigurato il suo matrimonio con Anna Bischi, compagna di
tutta una vita. Alla fine del 1974 esce uno strano disco
strumentale, TATO TOMMASO’S GUITAR – in copertina un disegno
dello stesso Graziani. L’album, che contiene insolite cover
come Bella senz’anima di Cocciante e (I Can’t Get No)
Satisfaction dei Rolling Stones, è dedicato al figlio Tommaso
nato da poco ed è oggi un disco di straordinaria rarità essendo
stato stampato in un numero veramente limitato di copie.
Un anno prima, nel 1973, Ivan Graziani era stato contattato
da Claudio Pascoli per la registrazione di un disco della
cantante Marva Jan Marrow, in forza alla Numero Uno. Il lato
principale del 45 giri conteneva Our Dear Angel, versione
inglese de Il nostro caro angelo di Battisti, ed era impreziosito
dalla chitarra acustica di Graziani che contemporaneamente
otteneva un contratto, inizialmente come turnista, dalla
Numero Uno. Nel 1975, dopo aver collaborato all’incisione di
un album di Battisti (LA BATTERIA, IL CONTRABBASSO,
ECCETERA) ed essere stato in procinto di entrare nella Premiata
Forneria Marconi, Ivan Graziani comincia la lavorazione del
primo album solista per l’etichetta milanese; intitolato
BALLATA PER QUATTRO STAGIONI, esce nell’aprile del 1976 e
vede all’opera un quintetto (oltre a Graziani ci sono Claudio
Maioli, Walter Calloni, Hugh Bullen e Claudio Pascoli) che
costituirà il fulcro di molte registrazioni del periodo. Antonello
Venditti ad esempio li vuole per il suo ULLALLA, registrato
nell’estate 1976, mentre a sua volta interviene in I LUPI di
Graziani, del 1977, un disco di rivalsa per il rocker, contenente
la stupenda Lugano addio, che gli dà una prima notorietà.
Con PIGRO (con il brano omonimo, Monna Lisa) nel 1978
inizia una trilogia di grande spessore artistico, il cui vertice è
rappresentato probabilmente nel 1979 da AGNESE DOLCE
AGNESE (con la notissima Agnese) e che si conclude nel 1980
con VIAGGI E INTEMPERIE (con la celebre Firenze, Isabella sul
treno e Dada). Sul piano delle vendite è l’apice della carriera
di Graziani, che nel 1981 partecipa a una serie di concerti con
Ron e Goran Kuzminac da cui viene tratto un Q-Disc (mini
album con 4 canzoni) registrato in realtà in studio e con gli
applausi sovraincisi; nello stesso anno esce SENI E COSENI,
disco forse appannato rispetto ai precedenti. Nel 1982 è il
momento di un bel compendio di carriera con il doppio live
PARLA TU: uno dei dischi dal vivo più belli mai realizzati in
Italia (purtroppo mai ristampato in CD). Nel 1983 esce
l’ottimo IVAN GRAZIANI. Ancora un discreto impatto
commerciale con NOVE, arrangiato da Celso Valli e ricordato
soprattutto per Limiti. Il contratto con la RCA (che ha rilevato
la Numero Uno) è ormai in scadenza e viene onorato dalla
prima partecipazione a Sanremo con Franca ti amo (1985), da
una antologia con rarità e da PIKNIK, forse il punto più basso
della carriera di Graziani (il classico disco di fine contratto).
Tutt’altra musica con IVANGARAGE (1989), primo episodio
per la Carosello, in cui l’artista segna un deciso ritorno ad
atmosfere rock, a cui segue il classico prodotto discografico da
“nuovo contratto”, SEGNI D’AMORE (1990), in cui Graziani
reincide in nuova versione alcune perle del suo repertorio. Un
altro ritorno al passato con CICLI E TRICICLI, prodotto e
arrangiato da Claudio Fabi (anni prima direttore artistico della
Numero Uno) e in cui compaiono come musicisti vecchi amici
tra cui il batterista Walter Calloni. Questo disco ha
rappresentato una grossa delusione per Graziani che ne parlava
come un prodotto sfuggitogli di mano e che poco lo
rappresentava. In realtà almeno il livello delle canzoni è
piuttosto alto, con un brano che spicca, Kriptonite. MALEDETTE
MALELINGUE è pubblicato sulla scia della seconda (e ultima)
partecipazione a Sanremo con il brano omonimo: un lavoro di
buon livello e che ottiene un discreto successo di vendite. Un
doppio album registrato quasi interamente dal vivo, FRAGILI
FIORI, vede come ospite Renato Zero che duetta in La nutella
di tua sorella, uno dei cinque brani registrati in studio. È
l’ultimo prodotto di Ivan Graziani, che muore prematuramente
nella notte di Capodanno del 1997 lasciando incompiuto un
disco ancora in fase embrionale. Due anni dopo Zero produce
per la sua etichetta Fonopoli il postumo PER SEMPRE IVAN, in
cui le ultime registrazioni di Graziani vengono completate da
sovraincisioni e interventi vocali di amici e colleghi come
Biagio Antonacci, Venditti e lo stesso Zero.
Negli archivi della Numero Uno (BMG) ci sono molte
registrazioni inedite, sia del Graziani solista che degli
Anonima Sound, e molte altre sono presenti negli archivi di
famiglia; nel 2004 due inediti sono stati inseriti nella bella ed
esauriente antologia FIRENZE-LUGANO NO STOP. Un altro
inedito, del 1969, è stato pubblicato su CD singolo dalla
piccola etichetta Tracks. Si tratta di Non credere, canzone
portata al successo da Mina e che Graziani aveva registrato in
forma di provino in un periodo in cui collaborava con il
cantautore Herbert Pagani. Nel 2004 è uscita per Bastogi la
biografia “Il chitarrista” di Mario Bonanno, mentre da diversi
anni Teramo ospita la rassegna “Pigro” a lui dedicata,
organizzata dalla moglie Anna Bischi.
Ivan Graziani è stato uno dei primi veri rocker italiani,
anche se i suoi brani più noti, Lugano addio, Agnese e Firenze
(canzone triste), sono ballads suggestive. In ogni caso la sua
sensibilità compositiva, la sua particolare voce in falsetto, la
sua invidiabile tecnica chitarristica ne hanno fatto uno dei
personaggi di valore del panorama musicale italiano. (m.ne.)
DISCOGRAFIA

DESPERATION (Freedom 1973, a nome Rockleberry Roll)


LA CITTÀ CHE IO VORREI (Freedom 1974)
TATO TOMMASO’S GUITAR (Dig It 1974, strumentale)
BALLATA PER QUATTRO STAGIONI (Numero Uno 1976)
I LUPI (Numero Uno 1977)
PIGRO (Numero Uno 1978)
AGNESE DOLCE AGNESE (Numero Uno 1979)
VIAGGI E INTEMPERIE (Numero Uno 1980)
Q CONCERT (RCA 1981, semi live con Ron e Goran
Kuzminac)
SENI E COSENI (Numero Uno 1981)
PARLA TU (Numero Uno 1982, doppio live)
IVAN GRAZIANI (Numero Uno 1983)
NOVE (Numero Uno 1984)
I PIÙ GRANDI SUCCESSI DI IVAN GRAZIANI (Numero Uno 1985,
antologia con inediti su album)
PIKNIK (RCA 1986)
IVANGARAGE (Carosello 1989)
SEGNI D’AMORE (Carosello 1990, nuove versioni di vecchi
brani)
CICLI E TRICICLI (Carosello 1991)
MALELINGUE (Carosello 1994)
FRAGILI FIORI – LIVAN (CGD 1995, doppio live con cinque
registrazioni in studio)
PER SEMPRE IVAN (Fonopoli 1999)
FIRENZE-LUGANO NO STOP (BMG 2004, doppia antologia
con inediti)
AGNESE DOLCE AGNESE. Registrato al Mulino con
accompagnatori vecchi e nuovi e corredato da una
bellissima copertina apribile, è probabilmente il disco più
rappresentativo, e oggettivamente migliore, della prima
parte di carriera. Almeno quattro le canzoni entrate nel
novero dei classici del cantautore: oltre ad Agnese (una
rielaborazione di una sonatina del 1797 del compositore
Muzio Clementi), Taglia la testa al gallo, pungente brano
sull’importanza delle tradizioni, Doctor Jekyll e Mister
Hyde, la cui struttura ritmica è tratta da un vecchio inedito
degli Anonima Sound, e Fuoco sulla collina.
IVAN GRAZIANI. Prodotto e arrangiato da Giampiero
Reverberi e scritto in parte con Cheope (figlio di Mogol), è
tra i più venduti e apprezzati di Graziani, anche grazie a due
canzoni di forte impatto come Signora bionda dei ciliegi e
soprattutto Il chitarrista, brano dall’irresistibile impianto
ritmico che contiene un omaggio alla regina delle chitarre
elettriche: la Fender. Dal tuffo nel passato con Nino Dale &
His Modernist, all’omaggio alla sua terra in Gran Sasso,
sino alla ritrovata vena melodica di Navi e di Palla di
gomma (entrambe con testi di Cheope), tutto il disco risulta
equilibrato nella produzione e ispirato nella scrittura.

LUIGI GRECHI
Instancabilmente legato al folk e in particolare al country –
dalla musica all’abbigliamento –, Luigi De Gregori nasce nel
1944 a Padova, anche se romano di famiglia e d’adozione.
Dalla metà degli anni ’60 comincia a suonare brani propri e
dei folksinger americani al Folkstudio, dove lo seguirà anche il
fratello Francesco. Lavora come bibliotecario, per poi
dedicarsi alla musica, con il cognome della madre. È del 1976
il primo album: ACCUSATO DI LIBERTÀ, con Il mio cappotto e
Buonanotte Nina (del fratello). Lo spirito delle ballate
americane prende ancora più forza nei dischi successivi: LUIGI
GRECHI del 1977 e COME STATE? del 1979 (con Dublino scritta
partendo da un inedito del fratello, Piombino), mentre si
sviluppa l’attività live in Italia e all’estero (avendo anche
l’occasione di accompagnare alla chitarra Lawrence
Ferlinghetti). Dopo anni di silenzio esce DROMOMANIA (1987),
prodotto da Francesco De Gregori e Filippo Bruni, in cui
spicca Supergatto. Nel 1990, in AZZARDO, c’è la prima
versione de Il bandito e il campione, che il fratello Francesco
porterà al successo nel 1993, anno in cui vincerà la Targa
Tenco per la canzone dell’anno. Fra i suoi dischi,
particolarmente riuscito è PASTORE DI NUVOLE (2003), prodotto
da Guido Guglielminetti.

ITALO “LILLI” GRECO


Produttore ma anche musicista, compositore, arrangiatore,
discografico, Italo Greco detto “Lilli” (Sezze romano, 1934) è
un grande vecchio della canzone italiana. Pianista diplomato al
Conservatorio di Roma, già nel 1957 è in forza alla RCA
(dove produce dischi di Jimmi Fontana, Rita Pavone, Gianni
Morandi, Patty Pravo e altri) e sarà tra i principali artefici del
grande successo della casa discografica. Agli albori degli anni
’70 produce e collabora con i cantautori della “scuola romana”
come De Gregori (che lo cita in Marianna al Bivio) e
soprattutto Venditti; nel 1974 è lui a convincere Paolo Conte
(di cui produce vari dischi) a passare dal ruolo di autore a
quello di cantautore. Dai primi anni ’80 è attivo in proprio: a
lui si deve, tra le altre, la scoperta della Piccola Orchestra
Avion Travel. Partecipa come compositore e arrangiatore a
molti lavori degli artisti che produce, e compone musiche per
il cinema e il teatro di Lina Wertmüller, da solo o con altri
musicisti (Paolo Conte, Lucio Gregoretti, Avion Travel).

GIANLUCA GRIGNANI
Cantautore alla ricerca di un equilibrio tra rock, pop e
musica d’autore, Gianluca Grignani nasce a Milano il 7 aprile
1972. È lo zio Lucio a insegnargli a suonare la chitarra;
appassionato ascoltatore di Beatles, Rolling Stones, Doors,
Battisti e Vasco Rossi, Grignani comincia a comporre canzoni
a 17 anni. Trasferitosi in Brianza, a Correzzana, si esibisce nei
locali della zona adattandosi ai lavori più vari (muratore,
venditore ambulante, commesso, animatore ecc.). Trovare
qualcuno che creda in lui non sembra facile: è così sul punto di
mollare tutto e partire per la Giamaica, quando l’incontro con
il produttore Massimo Luca si rivela fortunato. Dopo due anni
trova anche una casa discografica pronta a investire sulle sue
canzoni, la Mercury-Polygram, e nell’autunno 1994 porta alle
selezioni di Sanremo Giovani La mia storia tra le dita, già
emblema, in chiave elettroacustica, della sua vena intimistica
asciutta, efficace e schiva. Il brano desta interesse. Con
Destinazione paradiso (1995) Grignani arriva sul palco
dell’Ariston, trampolino di lancio che ne fa subito, suo
malgrado, un idolo bello e maledetto, soprattutto presso le
teenager. L’album omonimo (con Come fai, sulle sue fragilità,
Falco a metà, Aeau con ritmica alla Police, sulla sua
individualità “aliena”), ricco di arpeggi e assoli chitarristici
che diventeranno la sua cifra stilistica, riscuote grande
successo, in Italia e in Sudamerica.
L’artista lombardo non vuole però restare prigioniero delle
convenzioni commerciali né dell’etichetta di sex symbol:
rifiuta il playback in TV e nel 1996 con LA FABBRICA DI
PLASTICA (oltre al brano omonimo, Solo cielo, Rock Star),
coarrangiato da Greg Walsh, polemizza contro inautenticità e
alienazione e spiazza con un sound più sperimentale e acido e
cenni di grunge, psichedelia e brit pop alla Verve. Dopo il
primo tour, Grignani registra CAMPI DI POPCORN (1998) agli Hit
Factory Studios di New York. Durante la successiva tournee
inizia a suonare e a comporre al pianoforte; nel dicembre ’98 è
invece in India per girare il film “Branchie”, tratto dal
romanzo di Niccolò Ammaniti. Interpreta il protagonista (il
ruolo del “cattivo” era stato offerto a Gazzè) ma la pellicola
non ottiene il successo sperato e Grignani è tra i vincitori dei
“Fiaschi d’oro” 2000. A Sanremo ’99 presenta la nervosa
ballata Il giorno perfetto; l’album omonimo è una raccolta
“anomala” che, oltre all’edizione spagnola di La mia storia tra
le dita, contiene anche versioni live, demo, unplugged e remix
dei suoi brani. Più spazio alla melodia e alla voce del
cantautore si trovano nel successivo SDRAIATO SU UNA NUVOLA
del 2000 (Speciale, Quella per me, la battistiana Mr. Futuro),
album “autarchico”, intimista e minimale con l’Hammond e il
Wurlitzer. Una traccia ROM ne testimonia il making of, tra
Capri e Londra. Il 2001 è un anno di collaborazioni: con la sua
Gibson Les Paul Grignani suona in Kamikaze di Lucio Dalla,
mentre per Ron scrive il testo di Maria e Cuori in città. Nel
2002 esce il singolo Uguali e diversi, un inno al rispetto delle
differenze, musicalmente molto simile a Knockin’ On
Heaven’s Door di Bob Dylan. Nel 2003 è di nuovo a Sanremo:
Grignani avrebbe voluto portare le ansie metropolitane di
Angeli di città ma poi si opta per l’intensa Lacrime dalla luna;
l’album UGUALI E DIVERSI (con l’ironica L’aiuola e le avarie
dell’anima nel rock melodico di Emozioni nuove), con gli
arrangiamenti di Adriano Pennino e la chitarra di Alberto
Radius, entra direttamente al primo posto in classifica. Nel
relativo tour teatrale l’artista ospita scrittori come Andrea G.
Pinketts, Isabella Santacroce, Stefano Benni e i colleghi
Francesco Renga e Cristiano De André. Nel settembre 2003
sposa la fotografa Francesca Dall’Olio; è l’anno del suo primo
vero greatest hits, SUCCO DI VITA (con due inediti), titolo anche
di un DVD di videoclip, e di Cammino in centro, composta per
Franco Califano. Nel 2004 esce il film di Giovanni Veronesi
“Che ne sarà di noi”, per cui Grignani scrive il brano omonimo
su musica di Andrea Guerra. Nel 2005 è la volta del singolo
Bambina dallo spazio, dedicato alla moglie e alla figlia
Ginevra, con video di Silvio Muccino. Va meno bene nelle
vendite IL RE DEL NIENTE (che contiene il brano ecologista La
terra è un’arancia e Chi se ne frega, sui reality show, con
assolo di Radius), prodotto con Nicolò Fragile e Massimo
Luca e venduto anche in un’innovativa promozione “CD +
concerto”. Il CD viene ristampato nel 2006 con l’aggiunta di
Liberi di sognare, presentata a Sanremo. (j.s.i.)
DISCOGRAFIA

DESTINAZIONE PARADISO (Mercury/Polygram 1995, in


spagnolo: Destino paraiso)
LA FABBRICA DI PLASTICA (Mercury/Polygram 1996)
CAMPI DI POPCORN (Mercury/Polygram 1998, anche edizione
con tre brani in spagnolo)
IL GIORNO PERFETTO (Mercury/Polygram 1999, raccolta con
un inedito, live e versioni rare)
SDRAIATO SU UNA NUVOLA (Universal 2000, in spagnolo:
SENTADO EN UNA NUBE)
UGUALI E DIVERSI (Universal 2002, in spagnolo: IGUALES Y
DISTINTOS: MY HISTORIA…)

SUCCO DI VITA (Universal 2003, raccolta con due inediti)


IL RE DEL NIENTE (Universal 2005, ristampato nel 2006 con
un inedito)
CAMPI DI POPCORN. Rustici suggerisce a Grignani il nome di
Jay Healy, già produttore dei Live, che registra e missa
l’album a New York. Il brano che dà il titolo al disco, scritto
in origine per Zucchero, è vagamente influenzato dai
Radiohead di THE BENDS. Chitarre distorte arricchiscono la
rock ballad Mi piacerebbe sapere e i crescendi ritmici della
vigorosa Scusami se ti amo. Coinvolgenti gli energici riff di
Baby Revolution, acustica e accorata la visionaria
Candyman. The Joker esprime la complessità del carattere
dell’autore, sensibile e disincantato a un tempo.

GRONGE
Più che un gruppo vero e proprio i Gronge sono sempre stati
un collettivo, incentrato sulle figure di Marco Bedini (bt., vc.),
Tiziana Lo Conte (vc.) e Alessandro Denni (ts.) ma aperto a
collaborazioni, non solo musicali. Autori di spettacoli
multimediali ante litteram e di dischi lontani da qualsiasi
classificazione, oltre che orgogliosamente militanti, si formano
a Roma intorno alla metà degli anni ’80. All’esordio (in
origine solo su cassetta) con CLASSE DIFFERENZIALE (1985)
fanno seguito FASE DI RIGETTO (1986) e GRONGE E MOVE
(1987), caratterizzati da un’imprevedibile miscela di folk,
punk, rock, jazz e new wave – e sempre rigorosamente
autoprodotti. Registrato nel 1989 dopo l’ingresso del
chitarrista Paolo Taballione (già nei Carillon del Dolore), A
CLAUDIO VILLA (ORIGINAL SOUND) esce nel 1991 per la Wide, lo
stesso marchio che pubblica l’anno seguente il maxi singolo
Vota Gronge, riuscito mix di rock e rap. Il policromo
TEKNOPUNKABARET (1993) segna il ritorno al regime di
autoproduzione (pur con distribuzione WEA), e rappresenta il
disco più riuscito dell’ensemble, nonché l’ultimo. Da una
costola della formazione nasceranno poi gli Zu. Nel 2003 la
reunion per lo spettacolo “Eventi mediatici cruenti”, a nome
Stabilimenti Gronge.

GRUPPOITALIANO
Patrizia Di Malta, Raffaella Riva, Gigi Folino e Chicco
Santulli sono gli artefici di uno dei fenomeni musicali più
raffinati e spiritosi degli anni ’80. Prodotti da Oscar Prudente,
si fanno notare nel 1981 con alcune partecipazioni alla
trasmissione “Mister Fantasy” di Carlo Massarini,
interpretando alcuni successi stranieri del passato. Canzoni che
confluiscono, insieme a pezzi originali, nel primo album
MACCHEROCK. Il culmine della carriera arriva nel 1983 con il
singolo Tropicana, vero tormentone estivo che scala le
classifiche di vendita. L’originalità del gruppo sta nella
creazione di un’approccio caricaturale legato a un
immaginario tropicale anni ’40, attraverso melodie, ritmi, testi,
ma anche coreografie, abbigliamento e pose fotografiche.
Dello stesso segno è la partecipazione nel 1984 a Sanremo,
con Anni ruggenti. Seguono TAPIOCA MANIOCA (1984), Sole
d’agosto (1985) e SURF IN ITALY (1986), tutti per Ricordi. Dopo
lo scioglimento del gruppo sono soprattutto Raffaella Riva e
Patrizia Di Malta a far parlare di sé, la prima come coautrice di
Gianna Nannini (Fotoromanza) e grafica di libretti di CD (Elio
e le Storie Tese), la seconda per una interessante ma meno
appariscente carriera solistica (con collaborazioni importanti)
e di traduttrice letteraria. Dopo alcuni brani in inglese pubblica
gli album ONDE e VITE POSSIBILI, improntati a sonorità
elettroniche e con testi di stampo cantautorale.

FRANCESCO GUCCINI
Un simbolo, un riferimento per almeno quattro generazioni,
soprattutto per la grande coerenza, anche se la definizione di
sé che preferisce è semplicemente “burattinaio di parole”.
Francesco Guccini nasce il 14 giugno del 1940 a Modena, ma
a plasmare la sua vita saranno Bologna e il piccolo paesino di
Pàvana, sugli Appennini. È lì, dai nonni paterni, che si rifugia
con la madre alla partenza del padre per la guerra. Alla
Liberazione, con suo grande dispiacere, rientrano a Modena
(“piccola città/ bastardo posto”, canterà) dove resta fino alla
fine delle Magistrali. A Pàvana era entrato in contatto con i
soldati americani, ma è a Modena che l’America diventa un
modello, con i jeans, i film, la letteratura (Hemingway,
Steinbeck, Kerouac, Masters), i fumetti. E con la musica, da
Elvis in poi.
Impara a suonare l’armonica e poi la chitarra e quindi forma
gli Hurricanes, con i quali esordisce come cantante insieme a
Pier Farri (bt.) e Victor Sogliani (sx.). È il 1957. Iniziano a
esibirsi nella Modena delle balere, dei teatri parrocchiali,
finché cambiano nome in Snakers: in repertorio, brani
rock’n’roll – la rivoluzione dell’epoca – ma lui ascolta anche
jazz. Intanto si iscrive all’università a Bologna e per due anni
lavora alla “Gazzetta di Modena”. Poi con Sogliani e Alfio
Cantarella fonda i Marinos, che si trasformano nei Gatti: sono
quasi professionisti, si esibiscono in giacche di lamé e iniziano
a fare qualche pezzo originale. Fra il ’60 e il ’61 suonano nella
provincia modenese. È a questo punto che Guccini scrive, per
gioco, le sue prime canzoni (Il sociale, L’antisociale, La
ballata degli annegati e Venerdì Santo), mentre parte per il
servizio militare come ufficiale, per esigenze economiche. I
Gatti lo sostituiscono con Maurizio Vandelli (a cui era stato
proprio Guccini a insegnare a suonare la chitarra) e diventano
l’Equipe 84. Quando nel 1963 Guccini torna, gli chiedono di
entrare nel gruppo ma lui preferisce riprendere gli studi di
Lettere a Bologna, interrotti quattro anni prima, ed esibirsi in
vari locali di Modena con canzoni proprie come Il 3 dicembre
del ’39 e Le belle domeniche.
In questo periodo segue con attenzione l’esperienza di
Cantacronache e ascolta Brel e Brassens, finché un ragazzo
americano gli fa sentire dischi di Woody Guthrie e di Dylan.
Lui è colpito soprattutto da FREEWHEELIN’, che prende a
modello per brani come Noi non ci saremo (ispirata a Mr.
Tambourine Man), Canzone del bambino nel vento e È
dall’amore che nasce l’uomo. È la fine del 1964. A partire dal
1965 insegna Italiano per un mese all’anno nella sede
bolognese del college americano Dickinson e fa cabaret negli
Archibusti con Guido De Maria, con il quale fra l’altro lavora
tra il 1965 e il 1968 anche alle sceneggiature dei caroselli di
“Salomone pirata pacioccone” per l’Amarena Fabbri (quelli di
“Capitano, lo possiamo torturare?”). Intanto gli amici
dell’Equipe 84, noti ormai in tutta Italia, incidono canzoni di
Guccini; per lui comporre è un hobby, nella vita vorrebbe fare
l’insegnante o lo scrittore, e per questo non si iscrive neppure
alla SIAE. Ma nel 1966 Canzone del bambino nel vento
(presto ribattezzata Auschwitz), accreditata a Lunero-Vandelli,
diventa un successo, prima come retro del 45 giri Bang Bang e
poi nel secondo album dell’Equipe 84, in cui trovano posto
anche le sue Il compleanno, La ballata degli annegati, È
dall’amore che nasce l’uomo, Venerdì Santo. Ai Nomadi
invece dà Noi non ci saremo (1966) e nel ’67 Dio è morto (sul
retro, Per fare un uomo), composta un paio di anni prima e
rifiutata dall’Equipe 84: diventa una canzone simbolo di una
generazione, paradossalmente censurata dalla RAI ma non
dalla Radio Vaticana. È il primo brano a portare ufficialmente
la firma di Guccini, che diventa così autore affermato per le
sue “canzoni di protesta” e viene messo sotto contratto dalle
edizioni La Voce del padrone. Per i Nomadi scrive anche Noi,
L’atomica cinese, Canzone per un’amica e la cover di Death
Of A Clown dei Kinks (Un figlio dei fiori non pensa al
domani). Compone anche per Caterina Caselli (Le biciclette
bianche, Incubo n. 4, Cima Vallona), Gigliola Cinquetti (Una
storia d’amore) e altri, mentre tradurrà Mrs. Robinson per i
Royals (ma cantata anche da Bobby Solo) e Hey Joe per tale
Martò.
Nel 1967 arriva il momento del primo album, a nome
Francesco: FOLK BEAT N°1, poco convinto e ingenuo anche
vocalmente, e che non vende nulla. Comprende alcuni dei
brani scritti per altri, come Auschwitz. Durante le registrazioni,
in un incidente stradale muore un’amica, Silvana: Guccini
scrive Canzone per un’amica (nota anche come In morte di
S.F.), e la inserisce all’ultimo momento nel disco. Diverrà il
brano di apertura di tutti i suoi concerti. Il primo è nella
Cittadella di Assisi il 30 dicembre 1968. Intanto collabora con
l’amico Bonvi a vari fumetti, tra cui alcune strisce di
“Sturmtruppen”, e fino agli anni ’80 continuerà
saltuariamentea lavorare nel settore, anche con altri autori. Tra
il 1969 e il 1970 esce DUE ANNI DOPO (con Primavera di Praga
e Vedi cara), in cui iniziano ad affacciarsi nuove tematiche,
come quella del trascorrere del tempo, e si profila la sua
preferenza per le ballate senza ritornello. Dopo un periodo di
crisi esistenziale, nel gennaio del 1970 Guccini parte per gli
Stati Uniti al seguito della sua ragazza statunitense, ma tornerà
profondamente deluso dall’America. È in questo periodo che
si fa crescere la barba e che nasce l’appellativo di
“maestrone”. Va a vivere in via Paolo Fabbri 43 a Bologna, e
inizia a esibirsi all’Osteria delle Dame davanti a 100-200
persone, in serate che spesso sono incontri conviviali conclusi
con Addio Lugano bella. Monta intanto lo spettacolo
“Cantiamo la vita” con l’amica Deborah Kooperman, per la
quale scrive il testo di E tornò primavera, che canterà anche
Patty Pravo, mentre Lando Buzzanca incide Il bello. Guccini è
convinto che l’esperienza discografica in prima persona sia
conclusa, visti gli scarsi esiti dei suoi dischi. Invece
dall’esperienza americana nasce L’ISOLA NON TROVATA (con Il
frate, Un altro giorno è andato, Canzone di notte, Asia),
album ricco di riferimenti letterari, a partire da Guido
Gozzano. È il primo progetto vero e proprio di disco. Da qui
gli arrangiamenti saranno per molto tempo di Pier Farri, già
collaboratore dell’Equipe.
È nel 1972 che arriva l’affermazione, anche di vendite, con
RADICI, uno dei classici della canzone d’autore italiana. La
locomotiva diventa un inno, politicizzato più di quanto
intendesse l’autore, che voleva solo costruire un brano con la
struttura e il linguaggio della canzone popolare, sulla vicenda
di un ferroviere anarchico. Lo spunto nasce dal libro
“Trent’anni di officina” di Romolo Bianconi, un operaio
bolognese, e dai racconti di un vicino di casa di Guccini, che
nel 1976 verrà ritratto in Il pensionato. La canzone chiuderà
tutti i suoi concerti, fra i pugni chiusi, e insieme all’album lo
renderà popolarissimo fra la gente della Sinistra, anche se in
lui il disagio politico seguirà sempre quello esistenziale. Il
pubblico si moltiplica, a partire da una serata a Varese nel
1973 davanti a 800 persone: Guccini si esibisce da solo, voce e
chitarra, la musica è solo funzionale alle parole. Il lato più
ludico del suo carattere viene fuori in OPERA BUFFA (1973),
registrato all’Osteria delle Dame e al Folkstudio di Roma:
canzoni goliardiche e ironiche, spassosissima La genesi.
STANZE DI VITA QUOTIDIANA (del 1974, ma scritto tra il ’72 e il
’73) è, all’opposto, denso di pessimismo e crisi esistenziale,
molto chiuso e uniforme, tranne Canzone delle osterie di fuori
porta. Nel 1975 a Guccini viene assegnato il Premio Tenco
dall’omonima rassegna, che frequenta e frequenterà
assiduamente. Intanto il pubblico ai concerti si moltiplica,
attratto anche dalla sua vis ironica, ai limiti del cabarettistico,
che è divenuta ormai un tratto distintivo. Nel marzo ’75 nasce
L’avvelenata, scritta senza l’intenzione di cantarla, poi cantata
in concerto senza l’intenzione di inciderla e quindi incisa
senza l’intenzione di rifarla dal vivo. Ma sarà una delle sue
canzoni più richieste, anche per il linguaggio sboccato di
alcuni versi, che portano a Guccini la nomea di “cantante delle
parolacce”. Il brano viene inserito in VIA PAOLO FABBRI 43, che
diventa un altro punto fermo nel percorso del cantautore,
celebrato da ottime vendite. Dopo il disco Guccini inizia a
essere affiancato in concerto da un chitarrista argentino, Juan
Carlos “Flaco” Biondini. Nel 1977 c’è la colonna sonora del
film “Nenè” di Salvatore Samperi, testimoniata da un 45 giri
con lo stesso titolo, e nel 1979 quella per “I giorni cantati” di
Paolo Pietrangeli, dove Guccini compare nella parte di sé
stesso. Risale invece al 1978 AMERIGO, definitiva resa dei
conti con il sogno americano, nella canzone omonima e in
100, Pennsylvania Ave. Ma l’apice è raggiunto con Eskimo,
grande flashback sul ’68 e sulle vicende personali e affettive di
quegli anni. Alla fine del brano Guccini dichiara che queste
saranno le sue ultime canzoni. Al contrario, gli anni ’80 lo
consacreranno definitivamente. Prima però rivitalizza suoi
vecchi brani in ALBUM CONCERTO (1979), realizzato dal vivo
con i Nomadi, in cui per la prima volta canta Dio è morto.
Intanto scrive tre brani per DOVEVO FARE DEL CINEMA di
Giampiero Alloisio: Gulliver, Parole e Bisanzio. Quest’ultima
è un grande affresco ripreso poco dopo nel suo METROPOLIS
del 1981, album dedicato alle città (tra cui Bologna), in cui
Alloisio gli restituisce il favore con la sua splendida Venezia. Il
cantautore emiliano è maturato anche come interprete, come
testimonia GUCCINI (1983), centrato sul tema del viaggio e con
gioielli come Autogrill e le meno note Gli amici (sulla sua
filosofia di vita) e Inutile. Nel 1984 esce TRA LA VIA EMILIA E
IL WEST, un doppio live che documenta la sua attività dal vivo
(mai vere e proprie tournée, ma concerti sparsi) con la band
ormai storica e pressoché immutabile: Biondini (cha.), Ares
Tavolazzi (bs.), Ellade Bandini (bt.), Vince Tempera (ts.) e
Antonio Marangolo (sx.). Guccini lascia il lavoro alla
Dickinson e nel 1987 pubblica uno dei suoi album più riusciti,
SIGNORA BOVARY, con Scirocco (scritta con Biondini), Targa
Tenco come miglior brano dell’anno. Segue …QUASI COME
DUMAS…, un bel live dove il cantautore rinfresca, a vent’anni
dal 1968, alcune delle canzoni di quel periodo, compresa
l’inedita Ti ricordi quei giorni. Nello stesso anno, il 1988,
compone il testo di Emilia per l’album DALLA-MORANDI.
Con la fine degli anni ’80 le uscite discografiche si diradano
ulteriormente, a favore di opere come romanziere (il suo
vecchio sogno): nel 1989 “Cròniche epafàniche” e nel 1993
“Vacca d’un cane”, entrambi per Feltrinelli. Diventeranno
bestseller, come i libri che seguiranno. In questo periodo
contribuisce alla scoperta di Vinicio Capossela, e nel 1990
pubblica QUELLO CHE NON…, di buon livello specie in Canzone
per Anna, Cencio e Canzone delle domande consuete,
premiata con la Targa Tenco per il miglior brano. Nel 1992 in
un CD raccolta del Club Tenco compare una sua intensa
versione di Luci a San Siro di Vecchioni, con cui duetta in Gli
amici. Nello stesso anno collabora alla colonna sonora di
“Nero” di Giancarlo Soldi, scrive Campioni per Antonietta
Laterza e Per la bandiera e Swatch per gli Stadio. Nel 1993 è
la volta di PARNASSIUS GUCCINII (Targa Tenco come disco
dell’anno), con Canzone per Silvia, dedicata a Silvia Baraldini,
e la stupenda Samantha. Intanto Auschwitz, dopo una lunga
causa viene finalmente attribuita al vero autore, che continua
l’attività di scrittore, inaugurando fra l’altro una serie di
romanzi gialli con Loriano Macchiavelli, e pubblicando il
“Dizionario del dialetto di Pàvana” (1998), opera a cui
lavorava da diversi anni.
Nel 1996 un colpo di coda: D’AMORE DI MORTE E DI ALTRE
SCIOCCHEZZE, una delle vette dell’intera produzione di Guccini.
Due anni dopo compone il testo di Una casa nuova per Patty
Pravo mentre la EMI pubblica il discutibile doppio GUCCINI
LIVE COLLECTION, una sorta di best degli album dal vivo con
l’aggiunta di otto esecuzioni inedite. Nello stesso anno
Guccini partecipa come attore a “Radiofreccia” di Ligabue e
nel 1999 a “Ormai è fatta!” di Enzo Monteleone. Il 1999 è
anche l’anno della biografia “Un altro giorno è andato” di
Massimo Cotto (Giunti). Tra gli altri libri sul cantautore:
“Guccini” (Franco Muzzio Editore, 1987), a cura di Massimo
Bernardini; “Dietro a frasi di canzoni” (Claudio Lombardi
Editore, 1993), a cura di Anna Caterina Bellati; “Parole e
canzoni” (Einaudi, 2000, con VHS), a cura di Vincenzo
Mollica; “40 anni di storie, romanzi, canzoni” (Editori Riuniti,
2002) di Paolo Jachia. Nel 2000 esce STAGIONI. Ho ancora la
forza, scritta e cantata con Ligabue, vince la Targa Tenco come
miglior canzone dell’anno, ma il disco è piuttosto deludente.
Guccini si sente forse ormai più scrittore che cantautore e in
questa veste pubblica ancora gialli con Macchiavelli, “Storia
di altre storie” con Vincenzo Cerami e da solo “Cittanòva
Blues” (Mondadori, 2003), che chiude la trilogia iniziata con
“Cròniche epafàniche”. Nel 2001 esce LIVE @RTSI, tratto da un
vecchio concerto per la TV Svizzera. Nel 2004 è la volta di
RITRATTI, solo in alcuni episodi convincente: La ziatta,
traduzione in modenese de La tieta di Serrat, Piazza Alimonda
che parla dei fatti di Genova del luglio 2001, e Vite, già incisa
(in versione rimaneggiata) da Adriano Celentano. Nel 2005
esce il doppio live ANFITEATRO, anche in DVD. (e.de.)
DISCOGRAFIA

FOLKBEAT N°1 (La voce del padrone 1967, a nome


Francesco)
DUE ANNI DOPO (EMI 1970, a nome Francesco)
L’ISOLA NON TROVATA (EMI 1970)
RADICI (EMI 1972)
OPERA BUFFA (EMI 1973, dal vivo)
STANZE DI VITA QUOTIDIANA (EMI 1974)
VIA PAOLO FABBRI 43 (EMI 1976)
AMERIGO (EMI 1978)
ALBUM CONCERTO (EMI 1979, dal vivo con i Nomadi)
METROPOLIS (EMI 1981)
GUCCINI (EMI 1983)
FRA LA VIA EMILIA E IL WEST (EMI 1984, doppio dal vivo)
SIGNORA BOVARY (EMI 1987)
…QUASI COME DUMAS… (EMI 1988, dal vivo)
QUELLO CHE NON…(EMI 1990)
PARNASSIUS GUCCINII (EMI 1993)
D’AMORE DI MORTE E DI ALTRE SCIOCCHEZZE (EMI 1996)
GUCCINI LIVE COLLECTION (EMI 1998, registrazioni dal vivo
in parte inedite)
STAGIONI (EMI 2000)
LIVE @RTSI (S4/Sonymusic 2001, registrazione dal vivo del
1982)
RITRATTI (EMI 2004)
ANFITEATRO (EMI 2005, doppio dal vivo)
RADICI. Il disco dell’affermazione di Guccini. Canzoni dalla
scrittura lunga e piana, che sono entrate nell’esistenza di
molti: Radici, Piccola città, Incontro, Canzone dei dodici
mesi, Canzone della bambina portoghese, Il vecchio e il
bambino, La locomotiva. C’è tutta la poetica del cantautore:
il tempo che passa, l’ispirazione letteraria e popolare, la
mestizia, ma soprattutto il legame con la memoria.
VIA PAOLO FABBRI 43. Il disco delle vendite copiose.
Autoritratti ironici e beffardi (gli otto minuti di Via Paolo
Fabbri 43, il suo vero indirizzo ancora oggi), rabbiosi,
grotteschi e “con le parolacce” (L’avvelenata), mezzi
bohémien e mezzi quotidiani (Canzone di notte n. 2). E poi
l’aborto, la vecchiaia, Bologna quasi sempre sullo sfondo.
Maurizio Vandelli ospite.
FRA LA VIA EMILIA E IL WEST. Vademecum gucciniano,
registrato a Bologna, Piumazzo (MO), Torino e Milano per i
30 anni di attività. Consigliato ai neofiti. Il titolo è un verso
di Piccola città. 18 canzoni: mancano L’avvelenata,
Bisanzio, le sorsate alla bottiglia di vino, la parte di concerto
fatta di parole e cabaret improvvisato, ma ci sono molti
degli altri brani storici, riarrangiati quanto serve ma
soprattutto suonati da una band ottima. Si comincia con
Canzone per un’amica, si finisce con La locomotiva, come
d’uopo.
SIGNORA BOVARY. Forse per la prima volta la musica
assurge a un ruolo davvero importante, dagli arrangiamenti
ai suoni. Un mazzo di belle canzoni, a partire da Signora
Bovary (che in origine era intitolata In fondo), Scirocco,
Culodritto (dedicata alla figlia Teresa), Canzone di notte n.
3. Su tutti un magnifico pezzo di Claudio Lolli, Keaton, a
cui Guccini muta qualche verso e aggiunge un recitato
finale.
D’AMORE DI MORTE E DI ALTRE SCIOCCHEZZE. Splendido e
amaro. Guccini sembra svuotarsi dentro alle canzoni, a
partire da Lettera (dedicata agli amici scomparsi come
Bonvi e Sogliani). E poi rapporti di coppia (Vorrei e Quattro
stracci, i due opposti), sesso (Canzone delle colombe e del
fiore), fierezza (Cirano, scritta con Bigazzi e Dati, gli autori
di Masini), ritratti (Il caduto e Il matto), divertissement
riempitivi (I fichi). Doveva esserci anche È dall’amore che
nasce l’uomo. I testi sono intarsi di rime, assonanze,
rimandi, lessico, intensità. Un grande equilibrio formale ed
espressivo.

I GUFI
Definiti “i Beatles del cabaret italiano”, sono uno storico
gruppo degli anni ’60 formato da: Roberto Brivio, che
contribuisce al repertorio con il suo umorismo nero; Gianni
Magni (scomparso nel 1992), autore delle fantasiose
coreografie; Lino Patruno, esperto polistrumentista e colonna
del jazz italiano; Nanni Svampa, interprete della tradizione
popolare milanese e traduttore di Brassens. Inventano una
riuscita forma di spettacolo a metà strada fra un teatro
goliardico e un cabaret surreale, integrando brani di cantautori
italiani e francesi, di musica popolare, sconvolgendo i modelli
della comicità tradizionale ed esercitando una notevole
influenza nell’avvenire. Debuttano tra il 1963 e il 1964 con lo
spettacolo “I Gufi cantano due secoli di Resistenza”, vestiti di
nero e con la bombetta, in locali come il Captain Kidd o il
famosissimo Derby di Milano, il Los Amigos di Torino e La
Bussola di Firenze. Sono di questi anni Giù col morale, A l’era
sabet sera, Vampira tango, Vorrei tanto e altri pezzi che nel
1966 entreranno a far parte della scaletta dello spettacolo “Il
teatrino dei Gufi”. Il successo del recital li lancia nelle
trasmissioni televisive “Studio uno” e “Aria condizionata”.
Dello stesso anno è il rifacimento di Sant’Antonio allu desertu
per il quale subiscono una denuncia per turpiloquio, da cui
escono assolti. Tra il 1967 e il 1969 portano in giro due
spettacoli scritti con Luigi Lunari: “Non so, non ho visto, se
c’ero dormivo” e “Non spingete, scappiamo anche noi”, che
contengono Questa democrazia e La mia battaglia è al sabato
sera. Dopo La balilla del 1971 il quartetto si scioglie per
dissidi interni. All’attivo molti album in italiano e in dialetto
milanese. Dieci anni dopo, sollecitati da critici e appassionati,
i quattro si riuniscono temporaneamente per una serie di
trasmissioni di Antenna 3 Lombardia, televisione privata, e per
alcune apparizioni in Rai. Nel 2004 la EMI ha pubblicato tutti
i loro brani rimasterizzati in una raccolta di sei CD, intitolata
IL CABARET DEI GUFI - NON SPINGETE SCAPPIAMO ANCHE NOI.

GUIDO GUGLIELMINETTI
Produttore e strumentista nato a Torino nel 1952. Trova la
sua prima chitarra nel retrobottega di un negozio di mobili. Si
mette a strimpellare i Beatles e i Rolling Stones in un gruppo
in cui canta il giovane Umberto Tozzi, per poi imparare a
suonare diversi strumenti e specializzarsi nel basso. Negli anni
’70 comincia a suonare nei dischi di artisti illustri, tra cui IL
MIO CANTO LIBERO (1972) di Lucio Battisti e POCO PRIMA
DELL’AURORA (1973) di Oscar Prudente e Ivano Fossati, da cui
diventa inseparabile per più di dieci anni. Il 1985 segna un
anno importante: produce CARIOCA della Berté e suona in
SCACCHI E TAROCCHI di Francesco De Gregori, con cui inizia
un’intesa che dura ancora oggi, con ottimi risultati: è il
“capobanda” delle sue band. Produce i suoi album da LA
VALIGIA DELL’ATTORE (1997); scrive i testi di Quando e qui e
Spad VII S2489 in AMORE NEL POMERIGGIO (2001). Ha prodotto
album di Luigi Grechi e Giovanna Marini. Tra le canzoni di
cui è coautore: Un’emozione da poco per Anna Oxa, La nave
per Mina, Biancaluna per Gianmaria Testa.

GUIDONE
Nome d’arte (dovuto alla mole fisica) di Guido Crapanzano,
cantante e musicista della primissima ora del rock’n’roll in
Italia, nato a Brescia il 6 marzo 1938. Debutta nel 1957 al
Teatro Alcione di Milano e nel 1958 vince “Il cappio d’oro”,
una tragicomica gara canora; nel 1959 incide (come altri) Ciao
ti dirò, suo primo 45 giri, partecipa a trasmissioni televisive e
a film musicali. Pubblica poi altri singoli tra cui: Non ti posso
lasciar (1961), Ciao biondina (1962), Poi poi poi (1962),
Bella bimba (1964). Nel 1962 entra nel Clan di Celentano e
partecipa al primo Cantagiro ma nel 1963, attratto dai viaggi
esotici soggiorna in vari paesi asiatici, formando l’orchestra
“Guidone e i suoi amici” in cui militano alcuni dei futuri
componenti dei Giganti. Infine in Grecia ottiene un notevole
successo (anche con l’album GUIDONE FOR SHAKE) e si
stabilizza sino a fine carriera. Nel 1965 partecipa con altri
artisti al tour italiano dei Beatles. Nel 1967 ritorna in Italia e si
dedica a varie attività extramusicali, si laurea in ingegneria,
diviene poi consulente di numismatica e docente di Scienze
della comunicazione.
H
ALESSANDRO HABER
Attore corporeo e umorale, in prossimità dei 50 anni
Alessandro Haber (Bologna, 19 gennaio 1947) inizia a
trasporre tali connotati anche nella canzone. È Mimmo
Locasciulli a scoprirlo, facendogli incidere nel 1995
HABERRANTE, album dal titolo emblematico in quell’annodare
il suo cognome con quanto di anomalo (una vocalità sporca e
grumosa, un’intonazione non certo cristallina) il suo esser
cantante reca in sé. Il disco, oltre che dello stesso Locasciulli,
annovera canzoni di Ruggeri, Fossati, De Gregori (la
magistrale La valigia dell’attore). Nel 1998 arriva quindi
QUALCOSA DA DICHIARARE (ancora con De Gregori, e poi
Silvestri, Baccini e Paolo Conte fra gli autori), nel 2003 IL
SOGNO DI UN UOMO, comprendente due brani, Solo una
settimana e Una bella macchina da scrivere, con testi
(ovviamente musicati a posteriori) di Charles Bukowski. In
quest’ultimo lavoro la vocalità di Haber (per tre volte invitato
al prestigioso Premio Tenco) si fa più rotonda e tornita, pur
non smarrendo un’oncia dell’originaria forza interpretativa.

MARK HARRIS
Dopo l’infanzia trascorsa negli Stati Uniti (è nato a Meriden
l’8 agosto 1955), a dodici anni Mark Baldwin Harris – pianista
ma anche vocalist, produttore, compositore e direttore
d’orchestra – si trasferisce in Italia con la famiglia. La prima
esperienza significativa è con Alan Sorrenti e Toni Esposito e
poi con i Napoli Centrale negli anni ’70. Lavora quindi a
Roma come turnista in studio e dal 1979 a Milano. Nel
capoluogo lombardo suona con Eugenio Finardi e i Crisalide e
diventa arrangiatore di Stefano Rosso prima e poi di Edoardo
Bennato, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber e Fabrizio De André
(l’album omonimo del 1981 e tour successivi). Quindi segue
in tournée Mia Martini, Roberto Vecchioni, Pino Daniele, Eros
Ramazzotti e scrive con gli Articolo 31 il tormentone Ohi
Maria (Maria Maria). Lavora nel settore del musical, dei
jingle televisivi e realizza alcune colonne sonore. Fonda poi
l’etichetta musicale Saint Rock Srl, che produce giovani
musicisti, e accompagna in tour Antonella Ruggiero, Renato
Zero e Laura Pausini (direttore musicale del suo tour mondiale
del ’99).

HOMO SAPIENS
Complesso toscano nato sul finire degli anni ’60 come “I
Tarli”, composto da Claudio Lumetta (1951, bt., vc.), Mario
Mazzanti (1948, bs. vc.), Maurizio Pellegrini (1947, ts.) e
Maurizio Nuti (1956, ch.). Collaborano con Herbert Pagani su
Radio Montecarlo; nel 1974 pubblicano l’album d’esordio
HOMO SAPIENS e un anno più tardi ottengono il primo
importante successo al Disco per l’estate con Tornerai tornerò
(bene accolta anche in Sudamerica), della quale è coautore,
come di altri loro pezzi, Roberto Vecchioni. Forti di un genere
melodico molto commerciale, nel 1977 sono il primo gruppo a
vincere il Festival di Sanremo con Bella da morire, che li
proietta in tour in Italia e all’estero. Dello stesso anno è Io e te
stasera. Segue l’album DUE MELE (vagamente rock), poi il
rapido declino e lo scioglimento. Si riformano, senza
Pellegrini, nel 1990, quindi danno vita a spettacoli basati sulla
formula “30 anni in una sera”, nei quali eseguono anche brani
di successo di altri artisti.
I
ICE ONE
Deus ex machina di buona parte del rap romano degli anni
’90, Sebastiano Ruocco nasce a Torino il 16 maggio 1966 ma
si trasferisce ben presto a Roma. Studia pianoforte e a 14 anni
inizia a occuparsi di musica come dj e a interessarsi di
missaggio e produzione. Poco dopo si avvicina al mondo hip
hop in tutte le sue emanazioni: graffitismo, breakdance e rap.
Assunto il nome d’arte di Ice One nel 1986 forma la crew “24-
7” e nel 1989 la Mad Dj’s Band. Inizia poi a produrre lavori
per Power MC’s (in cui rappa anche), Colle der Fomento e
altri. Nel 1995 pubblica in proprio l’album B-BOY MANIACO
(con Giorno dopo giorno), considerato tra i migliori del
genere, e due anni dopo, come DJ Sensei, THE DARK SIDE OF
THE FUNK. Nel 1998 produce vari brani di LA MORTE DEI
MIRACOLI di Frankie Hi-Nrg, fra cui Quelli che ben pensano, e
l’anno dopo gli album di Assalti Frontali e La Comitiva.
Continua intanto l’attività di graffitismo, ambito in cui è il
maggior esponente italiano, con ottimi riscontri e svariate
mostre.

ANNA IDENTICI
Voce squillante e personalità spiccata, Anna Identici nasce
nel 1947 in provincia di Cremona. Nel 1964 è scelta da Mike
Bongiorno come valletta e cantante in “La fiera dei sogni”, che
le dà popolarità al pari della vittoria nel 1965 al Festival della
Canzone Italiana in Svizzera, con Un bene grande così.
L’anno dopo è a Sanremo con Una rosa da Vienna di Bruno
Lauzi, a cui seguono Una lettera al giorno di Franco Califano
e Tanto, tanto caro, tutti confortati da buone vendite. Quando
m’innamoro, presentata a Sanremo nel ’68, diventa un
successo mondiale. Nel 1969 la Identici, dopo essere stata
iscritta con Il treno a Sanremo, alla vigilia del Festival tenta il
suicidio e viene sostituita da Rosanna Fratello. Ripresasi
presto, svolta verso un repertorio di taglio politico-sociale.
Dopo due Festival sanremesi poco convinti (con Taxi e Il
dirigibile), nel 1972 torna con Era bello il mio ragazzo, tragica
storia di un muratore morto cadendo da un’impalcatura, che il
Pci adotta per le elezioni politiche. Dopo un ultimo Sanremo
nel ’73 con Mi son chiesta tante volte, due LP (una raccolta di
canzoni popolari della Bassa Padana e ANNA, COME SEI?) e la
magistrale interpretazione della colonna sonora del telefilm
storico “Quaranta giorni di libertà” (1975), scompare per
vent’anni (se si eccettua un album a metà degli anni ’80). È
Paolo Limiti a richiamarla nel cast di “Ci vediamo in tivù”
(1996-2002), per interpretare canzoni d’ispirazione socialista,
anarchica o partigiana.

INDIGESTI
Folgorante gruppo punk di Vercelli, che attinge a piene
mani dall’hardcore americano fin dall’inizio degli anni ’80.
Band che ha sempre avuto una vita intestina turbolenta, gli
Indigesti sono nati dall’ensemble di punk demenziale Sorella
Maldestra, autore nel 1979 del nastro Cadavere. Nel primo
organico – che ha all’attivo soltanto uno split 7 pollici senza
titolo a metà con i milanesi Wretched – era presente anche
Roberto Vernetti, in seguito negli Aeroplanitaliani. Dopo varie
vicende gli Indigesti si rifondano nel 1984, con il bassista
Silvio Bernelli (ex Declino) che va ad affiancare i fondatori
Rudy Medea ed Enrico Giordano. Nel 1985 esplodono con il
nastro Sguardo / Realtà, seminale per il punk italiano, che fa
da ariete al loro unico e osannato album OSSERVATI
DALL’INGANNO. Il disco apre la via a lunghi tour negli Stati
Uniti e in Europa, il che non evita però lo scioglimento. Molti
anni dopo uscirà il live postumo LIVE IN LUBECK ’87.

ANTONIO INFANTINO
Il nome di Antonio Infantino è fortemente legato ai
Tarantolati di Tricarico, gruppo nato nel 1975 (e tutt’oggi
attivo, anche senza di lui) e cresciuto al Folkstudio romano di
Giancarlo Cesaroni, che ha saputo raccogliere larghi consensi
non soltanto tra gli appassionati del genere etnico. Con i
“tarantolati”, Infantino ha condiviso buona parte del suo
percorso musicale, dando vita negli anni ’70 a lavori come I
TARANTOLATI, LA MORTE BIANCA, FOLLIE DEL DIVINO
SPIRITO SANTO e TARANTELLA TARANTATA, dove ai ritmi e ai
suoni tradizionali lucani si aggiunge a tratti il sapore di una
strumentazione moderna, con una cifra stilistica personale e
affascinante. Infantino è però un artista poliedrico: già nel
1964 aveva pubblicato la raccolta di poesie “I denti cariati e la
patria” (Feltrinelli), e nel 1966 era nello spettacolo di Dario Fo
“Ci ragiono e canto”, nato dalla ricerca sui canti popolari, al
fianco di nomi come Rosa Balistreri, Giovanna Marini, Ivan
Della Mea. Nel 1998 ha allestito lo spettacolo “TaranTrance”,
composito lavoro di musica, danza e arti visive ispirato alla
tradizione della sua terra, pubblicato su CD nel 2004.

ISOLA POSSE ALL STAR


Sull’onda del fenomeno hip hop, che dagli Stati Uniti arriva
in Italia alla fine degli anni ’80, Bologna diventa insieme a
Roma una delle prime città dove esplode il movimento. Dal
centro sociale Isola del Cantiere si sviluppa l’Isola Posse All
Star, che accomuna sotto un’unica sigla i fermenti del rap
bolognese. Il primo lavoro discografico è nel 1990 il mix
autoprodotto Stop al panico / Stop War (con Deda, Gopher D.,
Papa Ricky, Speaker Dee Mo’, Treble), brano d’avvio del rap
italiano insieme a Batti il tuo tempo dei romani Onda Rossa
Posse. Il successivo singolo Passaparola vede l’ingresso di Dj
Gruff e di Neffa, che terminata l’esperienza della posse
bolognese formeranno i Sangue Misto con Deda. Il nuovo
gruppo nel 1994 pubblica SXM, ottimo lavoro con vari brani di
rilievo che però non avrà seguito. I componenti continuano
con altri progetti, Neffa con rilevanti riscontri di pubblico.
J
ENZO JANNACCI
Pare che una volta un paziente, reduce da un incidente,
riaprendo gli occhi al Pronto Soccorso del Niguarda e
trovandosi di fronte la sua faccia, abbia esclamato: “Invece
che all’ospedale mi hanno portato in televisione!”. In questo
aneddoto sta in fondo la dicotomia, a volte faticosa e anche un
po’ penalizzante, della carriera (doppia) di Enzo Jannacci,
medico (laurea dopo la maturità scientifica e successiva
specializzazione in chirurgia generale, con pratica reale, non
solo ostentata a scopi massmediatici) e cantautore
(“saltimbanco”, direbbe lui). Nato a Milano il 3 giugno 1935
da padre pugliese (operaio all’Alfa) e madre lombarda, anche
sotto il profilo squisitamente artistico Jannacci disegna una
parabola per più versi anomala, certo originale e del tutto
coerente. Con spunti di vera genialità. E ciò fin dagli esordi, in
quel suo abbeverare un fenomeno ancora tutto da inventare
come la canzone d’autore nostrana alle fonti del cabaret più
caustico e irriverente (“eccelle nel grottesco, nella mimica di
personaggi assurdi colti con dissacrante crudeltà”, ha scritto di
lui Carlo Castellaneta), senza disdegnare (anzi) l’uso del
dialetto.
I suoi primi vagiti musicali sanno di jazz e di rock’n’roll.
Sul primo versante, come pianista (ottavo anno di
conservatorio nonché diploma in armonia, composizione e
direzione d’orchestra), ha modo di accompagnarsi anche a
qualche grosso nome americano, sul secondo a puledri di razza
quali Gaber e Celentano. Con loro, nel ’57 al Palazzo del
Ghiaccio di Milano, partecipa al primo rock festival italiano. Il
gruppo si chiama Rock Boys, cui seguono i Due Corsari, dove
il sodalizio con Gaber si stringe ulteriormente,
accompagnando i due al giro di boa fra anni ’50 e ’60. Fra i
loro hit (riuniti nel 1960 in un LP a doppia firma) sono da
ricordare almeno la celeberrima Tintarella di luna e Una fetta
di limone, riesumata con sano gusto goliardico in pieni anni
’80 nella divertita reincarnazione del duo a nome JaGa
Brothers. Nel frattempo Jannacci inizia a battere strade solo
sue. La prima tappa significativa è “Milanin Milanon”, recital
a tre voci (con Milly e Tino Carraro) squisitamente teatrale
con cui nel ’62 è al Teatro Gerolamo. Quella sua vocalità
stridula, dolorosa per quanto sublimata nel paradossale e nel
grottesco, le sue movenze impacciate, quasi burattinesche,
formano in effetti un cocktail di sicura presa scenica, come il
prosieguo della sua carriera non farà che ribadire. Nel ’63 la
Ricordi riunisce nell’LP LE CANZONI DI ENZO JANNACCI i suoi
primi 45 giri, fra cui L’ombrello di mio fratello, Passaggio a
livello (incisa anche dall’amico Luigi Tenco, conosciuto al
tempo dei Cavalieri, gruppo di fatto coevo dei Due Corsari) e
Il cane con i capelli. Sempre nel 1963 Jannacci partecipa al
tour di Sergio Endrigo come pianista e inizia a esibirsi al
Derby, tana del miglior cabaret milanese. Qui conosce Dario
Fo, Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto. Ed è proprio Fo che, nel
’64, gli cuce addosso lo spettacolo “22 canzoni”, scrivendo a
quattro mani con lui diversi pezzi (T’ho compràa i calzett de
seda, La luna è una lampadina, L’Armando ecc.), confluiti con
altri capolavori del primo Jannacci (El portava i scarp del
tennis, Andava a Rogoredo, Veronica ecc.) in una serie di 45
giri e negli album LA MILANO DI ENZO JANNACCI e IN TEATRO
(tratto proprio da “22 canzoni”), editi dalla Jolly. Il ’64 è infine
l’anno delle prime apparizioni televisive e del debutto sul
grande schermo nel film di Carlo Lizzani “La vita agra”.
Il contratto con la Jolly si chiude con un terzo, splendido
album, SEI MINUTI ALL’ALBA. La canzone omonima, Soldato
Nencini, Faceva il palo, E savè ne sono i pezzi portanti. È il
1966: un anno più tardi arrivano la laurea e il matrimonio (da
cui nel ’72 nasce Paolo, che svolgerà un ruolo nodale nella
carriera del padre a partire dagli anni ’90), nel ’68 il primo
posto in hit parade con Vengo anch’io, no tu no (pubblicato
però già nel ’67), che dà il titolo anche al primo LP di Jannacci
per la RCA. Nell’album figurano fra le altre Giovanni
telegrafista, La ballata del pittore, La sera che partì mio padre
e Ho visto un re, satira contro il potere scritta ancora con Fo e
che la RAI gli vieta di portare alla serata finale di
“Canzonissima”. Anche per questo segue un lungo periodo in
cui l’attività musicale si mischia con un rinnovato impegno sul
versante medico (per specializzarsi va anche in America) e su
quello cinematografico: del 1971 è “L’udienza” di Marco
Ferreri, la sua più significativa prova di attore, del 1974 e ’75,
rispettivamente, le colonne sonore di “Romanzo popolare” di
Mario Monicelli e “Pasqualino Settebellezze” di Lina
Wertmüller. Della prima fa parte la bellissima Vincenzina e la
fabbrica, mentre la seconda ottiene la nomination all’Oscar.
Sul versante discografico, la RCA produce due nuovi LP: LA
MIA GENTE (1970), in cui spicca Mexico e nuvole di Paolo
Conte, e ENZO JANNACCI (1972), che vede la ripresa di brani
già noti (fra cui E sapere, traduzione di E savè) e almeno una
novità degna di nota, Ragazzo padre.
Nel 1975 Jannacci riceve il Premio Tenco alla carriera.
Nello stesso anno esce il primo – e più significativo – album
su etichetta Ultima Spiaggia, QUELLI CHE…, a cui segue nel ’76
O VIVERE O RIDERE, in cui spiccano Senza i danè e Rido
(quest’ultima scritta con Beppe Viola, come già il volume
“L’incompiuter”, edito due anni prima da Bompiani). SECONDO
TE… CHE GUSTO C’È?, del ’77, contiene il brano omonimo, sigla
del programma TV “Secondo voi”, Libe là, scritta con (e già
lanciata da) Cochi e Renato, e Saxophone, ancora legata a
Pozzetto visto che il titolo è quello del suo primo film come
regista. Jannacci ne cura ovviamente la colonna sonora. Nel
’79 esce infine FOTO RICORDO, con tre brani non di Jannacci:
Bartali e Sudamerica di Paolo Conte e Mario di Pino
Donaggio. Il disco contiene anche Ecco tutto qui, già inciso
nel ’77 in MINA QUASI JANNACCI, un intero LP in cui la voce
italiana per eccellenza rilegge una manciata di gemme del
collega, con un secondo inedito, Vita vita (nell’80 l’operazione
sarà ripetuta da Milva nell’album LA ROSSA).
Il 1979 è anche l’anno in cui, dopo cinque anni, Jannacci
torna a esibirsi dal vivo in “Saltimbanchi si muore”. Il 1980
vede l’uscita, su Lato Side, del volume di Gianfranco
Manfredi “Canzoni di Enzo Jannacci”, mentre la Ricordi, che
lo ha di nuovo sotto contratto, pubblica un album di inediti, CI
VUOLE ORECCHIO (con la title track, Musical, un nuovo brano di
Conte, La sporca vita, Silvano, scritta ancora con Cochi e
Renato), e uno di riletture di brani storici, NUOVE
REGISTRAZIONI 1980. La ritrovata voglia di musica è ribadita
l’anno seguente da E ALLORA… CONCERTO, in cui si segnalano
il brano omonimo, Prete Liprando e l’ennesimo, splendido
prestito contiano, Genova per noi, mentre all’inizio dell’83
Jannacci riprende definitivamente la via dei teatri nel tour che
prelude al nuovo (e ultimo) LP per la Ricordi, DISCOGREVE,
che esce in estate e comprende brani quali Pensione Italia,
L’animale, L’amico (dedicata a Beppe Viola, da poco
scomparso) e una singolare versione di ‘O surdato
innammorato. In autunno Jannacci è fra i conduttori del
programma TV “Gran simpatico” (con Gaber ospite fisso) e
sua è anche la sigla della “Domenica sportiva”, Linea bianca.
L’anno seguente intraprende un breve tour strettamente
jazzistico (con Fanni, Tomelleri, Farmer e Prina) e cambia
ancora etichetta. È così la DDD che nell’85 pubblica uno dei
suoi album più rappresentativi, L’IMPORTANTE, cui segue il
recital “Niente domande”. L’attività è febbrile, e all’inizio
dell’87 è pronto PARLARE CON I LIMONI (notevole, in particolare,
la demistificatoria Poveri cantautori), a sua volta portato
immediatamente in tour. Nel febbraio ’89 Jannacci debutta un
po’ a sorpresa al Festival di Sanremo, dove porta una talk song
di straordinaria intensità, Se me lo dicevi prima, che in ottobre
è Targa Tenco quale miglior canzone dell’anno. Anno e
decennio si chiudono con l’uscita di un doppio live, 30 ANNI
SENZA ANDARE FUORI TEMPO, realizzato in luglio al Castello
Sforzesco di Milano nel corso di una serie di date che lo
vedono ospitare sul palco, oltre a Gaber e Fo, presenti nel
disco (in Una fetta di limone e Ho visto un re,
rispettivamente), Mia Martini, Ruggeri, Ramazzotti, Paoli,
Dalla, Cochi e Renato e altri ancora (la RAI ne trarrà uno
special trasmesso nel febbraio del 1990).
Nel ’91 Jannacci torna a Sanremo con un brano ancora di
notevole impatto, La fotografia, presentato con Ute Lemper,
che ottiene il Premio della critica. Nel conseguente GUARDA LA
FOTOGRAFIA trovano posto, oltre ovviamente al brano
sanremese (anche nella versione inglese della Lemper), la
toccante I dispiaceri e La strana famiglia, cantata con Gaber.
Nella band che accompagna l’artista milanese suona ormai in
pianta stabile Paolo Jannacci. Sempre del ’91 è la singolare
versione che Jannacci, Gaber e Paolo Rossi portano in scena
del capolavoro di Beckett “Aspettando Godot”. Benché
l’attività prosegua senza sosta, il successivo album si fa
aspettare tre anni e, all’indomani dell’apertura di un proprio
locale, il Bolgia Umana, Jannacci effettua una nuova puntata
sanremese con I soliti accordi, cantata in duo con lo stesso
Paolo Rossi (le rispettive carriere s’intrecciano spesso, in
questi anni). Nell’album omonimo si alternano brani vecchi
(fra cui Il primo furto non si scorda mai e Il bonzo) e nuovi.
Da alcuni mesi, frattanto, Jannacci ha prestato –
riverniciandola per l’ennesima volta – Quelli che a Fabio
Fazio che ne fa (per otto anni!) la sigla del neonato programma
televisivo “Quelli che il calcio…”.
Gli anni in questione sono fonte di vicissitudini
discografiche per Jannacci, che vede uscire varie antologie di
suoi successi, fa e riceve omaggi, torna ancora a Sanremo nel
’98 con Quando un musicista ride (titolo anche del nuovo
album, per lo più con vecchi brani riletti), ma non riesce a
documentare la sua produzione più recente. Finché,
nell’ottobre 2001, è un’etichetta indipendente, Ala Bianca, a
pubblicare COME GLI AEROPLANI, che Jannacci presenta al
Premio Tenco in un set trionfale in cui regala fra l’altro
versioni da pelle d’oca di Via del Campo e Io che amo solo te
di Endrigo, destinatario di un omaggio collettivo del Club
Tenco (ed edito su disco). È la ripresa alla grande, confermata
l’anno seguente nella dolorosa Lettera da lontano, premiata
con la Targa Tenco come miglior canzone della stagione.
Jannacci torna quindi al Tenco, così come nel 2003, quando
anche L’uomo a metà, tratta dal suo nuovo CD, omonimo (con
l’intensa, a tratti straziata, Maria, e poi È stato tutto inutile,
Niente domande e Gino a loro volta degne di nota), è ancora
canzone dell’anno. Nel 2004 esce MILANO, 3.6.2005, summa
della sua miglior produzione dialettale magistralmente riletta e
Targa Tenco per il disco in dialetto. E il 3 giugno 2005 Enzo
Jannacci, da due anni e mezzo medico in pensione (che
l’annuale concertone romano del 1° maggio ha voluto
festeggiare), compie settant’anni. Da “saltimbanco” di nuovo
sulla cresta dell’onda, come testimonia una doppia antologia
con inediti del 2006, THE BEST, con Bartali cantata con Paolo
Conte. (a.ba.)
DISCOGRAFIA
GIORGIO GABER - ENZO JANNACCI (Family/Ricordi 1960, con
Giorgio Gaber)
LE CANZONI DI ENZO JANNACCI (Ricordi 1963)
IN TEATRO (Jolly 1964, dal vivo)
LA MILANO DI ENZO JANNACCI (Jolly 1964)
SEI MINUTI ALL’ALBA (Jolly 1966)
LE CANZONI DI ENZO JANNACCI (Ricordi 1968)
VENGO ANCH’IO, NO TU NO! (Arc/RCA 1967)
LA MIA GENTE (RCA 1970)
JANNAZZI ENZO (RCA 1972)
ENZO JANNACCI E GIORGIO GABER (Family Records 1972,
antologia di materiale Ricordi)
ENZO JANNACCI (RCA 1974)
QUELLI CHE… (Ultima Spiaggia 1975)
O VIVERE O RIDERE (Ultima Spiaggia 1976)
SECONDO TE… CHE GUSTO C’È? (Ultima Spiaggia 1977)
I SUCCESSI DI ENZO JANNACCI (UP 1977, antologia)
FOTO RICORDO (Ultima Spiaggia 1979)
CI VUOLE ORECCHIO (Ricordi 1980)
NUOVE REGISTRAZIONI 1980 (Ricordi 1980, antologia di nuove
esecuzioni)
E ALLORA… CONCERTO (Ricordi 1981)
DISCOGREVE (Ricordi 1983)
L’IMPORTANTE (DDD 1985)
PARLARE CON I LIMONI (DDD 1987)
SE ME LO DICEVI PRIMA E ALTRI SUCCESSI (DDD 1989,
antologia con inediti)
30 ANNI SENZA ANDARE FUORI TEMPO (DDD 1989, doppio dal
vivo)
GUARDA LA FOTOGRAFIA (DDD 1991)
I SOLITI ACCORDI (DDD 1994, antologia con inediti)
QUANDO UN MUSICISTA RIDE (Columbia 1998, antologia con
inediti)
COME GLI AEROPLANI (Ala Bianca 2001)
L’UOMO A METÀ (Ala Bianca 2003)
MILANO, 3.6.2005 (Ala Bianca 2004, antologia con nuove
esecuzioni)
THE BEST (Ala Bianca 2006, antologia doppia con tre
inediti)
QUELLI CHE… Al di là della presenza dell’imperdibile
Vincenzina e la fabbrica e di un altro notevole brano
cantato, El me indiriss, la peculiarità del disco risiede nei
molti parlati che inframezzano le canzoni, procedimento
non nuovo in Jannacci ma qui decisamente ampliato. Ne
sono testimonianza, su tutte, La televisiun e Quelli che…,
destinata a una miriade di varianti che accompagneranno
l’intero srotolarsi dell’itinerario jannacciano.
I SUCCESSI DI ENZO JANNACCI. Irreperibili i vinili originali,
lo Jannacci d’antan è ottimamente illustrato da questa
raccolta del periodo Jolly. A quelle succitate (manca solo la
splendida E savè), si aggiungono canzoni scritte da Dario
Fo con Fiorenzo Carpi (La luna è una lampadina, Aveva un
taxi nero ecc.) e Giorgio Strehler (la celebre Ma mì) ma
compaiono anche le firme Gaber (La Balilla) e Cochi (Ho
soffrito). Ventuno i brani complessivi.
L’IMPORTANTE. Altro disco caposaldo di un’epoca. Solo
sette brani, ma di alto livello. Si parte con L’importante è
esagerare, slogan così gustosamente jannacciano da
sembrarci familiare da sempre. Segue L’orchestra, che
“suonava decisamente male / ballavi con me ma toccavi un
tale”. Insomma: un altro Jannacci DOC. E poi Sergej, la
malinconia strascicata del baraccone, Son s’cioppàa, tipica
talk song del Dottore, Il volatore d’aquiloni, uno che i
traguardi almeno se li pone, e infine Amapola / Juke-box,
unico titolo non memorabile del lavoro. Che proprio
nell’omogeneità qualitativa ha il suo massimo pregio.
30 ANNI SENZA ANDARE FUORI TEMPO. L’apoteosi dal vivo,
celebrativa ma neanche troppo. Fra i brani, molti i ritratti
(Silvano, Vincenzina, Faceva il palo, El portava i scarp del
tennis, Mario, Veronica, Bartali) e poi Se me lo dicevi
prima, Musical, Vengo anch’io, Quelli che, Son s’cioppàa,
Ci vuole orecchio ecc. Un paio di cose (più numerosi altri
brani nelle originarie versioni in studio) compaiono anche
nel doppio CD dedicato a Jannacci nel 2001 dalla
BMG/Ricordi (serie “Flashback”), che copre il ventennio
1969/89 a esclusione del materiale Ultima Spiaggia.
COME GLI AEROPLANI. L’album della rinascita: in copertina
il padre di Enzo, Giuseppe, in divisa da aviatore; primo
brano subito Via del Campo, firmato Jannacci-De André, il
quale ultimo ne trasse la musica da La mia morosa la va
alla fonte, da anonimo del XV secolo, inserita nel ’64 in “22
canzoni” ma edita su disco solo nel ’69 in VENGO ANCH’IO,
NO TU NO!. Seguono, in ordine sparso, la feroce Come gli
aeroplani, le più dolenti Lettera da lontano, Avevo un sogno
e Anche oggi piove, l’affermativa Sono timido, due dediche,
Varenne (il cavallo) e Luna rossa (la barca), un brano in
milanese, Ti luna, e I mulini dei ricordi, da Michel Legrand.

JOVANOTTI
Lorenzo Cherubini nasce (a Roma, il 27 settembre 1966) e
cresce con la voglia di far “casino”, ma con il tempo matura,
stornando altrimenti l’energia. La madre è antiquaria, il padre
funzionario del Vaticano; sono originari di Cortona, provincia
di Arezzo, che sarà per certi versi la sua vera città e dove a
quattordici anni già trasmetterà in una radio (Radio Foxes) per
poi lavorare in alcune discoteche romane come dj. Il salto è
nel 1987 con Claudio Cecchetto e la sua Radio Deejay, dove
nasce il personaggio Jovanotti, che per vie commerciali cerca
di portare in Italia il rap con cappello da baseball storto, scarpe
da basket, grandi salti e grandi sorrisi. La popolarità gli frutta i
primi singoli, successi come Gimme Five ed È qui la festa?,
tormentoni in linea con la superficialità degli anni ’80. I brani
più dance li pubblica invece con lo pseudonimo di Gino
Latino. Nel 1989 è a Sanremo con Vasco (l’inciso è: “no Vasco
no Vasco, io non ci casco”). Arriva anche la TV: con “DeeJay
television” e “1, 2, 3 casino” è il primo VJ italiano di MTV.
Baudo lo chiama a “Fantastico”. è il successo, prezzo
compreso: i ragazzini lo amano e la critica lo smonta. Nella
centrifuga degli anni ’80 che stanno per finire, gli esordi su
album JOVANOTTI FOR PRESIDENT (in inglese) e LA MIA MOTO
(600.000 copie) sono rap dance senza pretese. L’ondata
comprende anche la raccolta-remix JOVANOTTI SPECIAL,
esemplificativa: la facciata B è interamente occupata dalle basi
strumentali delle hit.
Con l’esperienza del servizio militare qualcosa cambia. In
GIOVANI JOVANOTTI (a cui partecipano addirittura Billy Preston
e Keith Emerson) s’intravede timidamente qualcosa di meno
festaiolo: Gente della notte, parabola rallentata sul suo
mestiere di vivere, è un buon pezzo. Il disco vende poco ma
genera consapevolezza (“La musica era il mio sogno quando
ero bambino. E invece ho dovuto imparare a suonare la
chitarra quando avevo venticinque anni e un disco al numero
uno in classifica”). Jovanotti supera la metà del guado nel
1991 con UNA TRIBÙ CHE BALLA (con Muoviti Muoviti, Quando
sarai lontana) che ha nell’intro la nuova dichiarazione
d’intenti: “Che il rap si viva al 100 per 100, 50 contenuto 50
movimento”. Il ritmo è sostenuto, la scrittura più attenta. La
prova l’anno dopo sarà la dura Cuore, scritta in ricordo di
Giovanni Falcone e la strage di Capaci: cantata a Palermo,
viene editata solo per le radio e mai pubblicata.
Le successive cinque pubblicazioni portano il titolo
LORENZO accompagnato dall’anno d’uscita. Il primo è nel 1992
(con Non m’annoio, Io no, Sai qual è il problema): il quinto
album in cinque anni mostra lineamenti adulti, tranne in
Ragazzo fortunato. E segna il ritorno in alta classifica con testi
che toccano politica e società, con inaspettate doti
compositive. Significativo che il produttore non sia più
Cecchetto ma Michele Centonze. Segue un tour con Luca
Carboni, un vigoroso cameo per Gianna Nannini nel singolo
Radio Baccano e l’intervento in due tracce di NON CALPESTARE
I FIORI NEL DESERTO di Pino Daniele. LORENZO 1994 è piacevole,
un ottimo disco in termini assoluti. Jovanotti si è irrobustito
senza perdere freschezza, celebra l’esistenza e critica
l’esistente acquistando nuovi estimatori e cambiando vesti.
Compie un lungo tour (da solo e poi con Pino Daniele ed Eros
Ramazzotti) che tocca anche l’Europa, mentre il disco s’infila
nel mercato sudamericano con l’esordio dell’etichetta Soleluna
che, complice anche un sito poliedrico, garantisce nuova
espansione alla sua rutilante creatività (vedi il CD-ROM IL
BALLERINO e il CD-NET TAMBURO). La raccolta LORENZO 1990-
1995 contiene 14 canzoni, forse le più adatte a raccontare il
percorso dalla voglia di divertirsi alle prime ballate in cui il
rap cede alla canzone. I due album d’esordio son tenuti fuori.
Il disco è aperto e chiuso dal fiocco di due inediti: la
travolgente e percussiva danza multietnica L’ombelico del
mondo e il gemello meditativo Marco Polo.
A fine ottobre la chiamata del Premio Tenco è il meritato
sigillo al nuovo corso, Dopo tre anni di lavoro LORENZO 1997
L’ALBERO, anticipato dal genuino singolo Bella, incastona la
maturazione, mentre il monumentale tour successivo è aperto
da 99 Posse e CSI e L’ALBERO diventa anche un film TV. Il
1998 è variegato: Jovanotti espone dipinti al Brescia Music
Art, compone con il fido bassista Saturnino la colonna sonora
di “I Giardini dell’Eden” di D’Alatri comparendovi in un
cameo, partecipa al tributo per Robert Wyatt THE DIFFERENT
YOU (con Yolanda, cover di Pablo Milanes) e a quello su
George Gershwin (RED, HOT + RHAPSODY in cui, unico italiano,
canta I Got Rhythm aggiungendovi un inciso rap) e coinvolge
una quindicina di artisti nella compilation ARTISTI UNITI PER GLI
ZAPATISTI DEL CHIAPAS. In autunno, con prefazione di Fernanda
Pivano, pubblica “Il grande boh”, taccuino di viaggio in
bicicletta (aveva già scritto l’instant book “Yo, brothers and
sisters”, 1989, e “Cherubini”, 1994).
LORENZO 1999 - CAPO HORN, meno etnico e più essenziale,
ospita Michael Franti. Stella cometa, uno dei CD singoli
estratti – con video ambientato a Gerusalemme – contiene un
versione con il palestinese Nabil Salameh dei Radiodervish.
Per te è una ninnananna da neo papà in pace fra il cane e la
campagna di Cortona, ma il disco si chiude su se stesso ai
limiti dello stucchevole. Nell’estate del 1999 Jovanotti rifiuta
di partecipare all’Heineken Jammin Festival di Imola perché,
spiega, “non mi va di essere a un evento in cui c’è lo sponsor
anche nel nome”, vince il Festivalbar con Un raggio di sole e
lancia con Ligabue e Piero Pelù il singolo Il mio nome è mai
più, inno antimilitarista i cui proventi sono devoluti a
Emergency. Se Jovanotti è famoso, Lorenzo Cherubini
dimostra passione civile: gli viene proposto di dirigere, con
Giovanni Lindo Ferretti, le manifestazioni di “Bologna Città
della cultura 2000”, ma lui si tira indietro quando
l’amministrazione locale passa al centro-destra. Poi travolge il
Festival di Sanremo 2000, accompagnato da Carlinhos Brown,
con Cancella il debito, per denunciare il debito estero che
stritola i paesi del Terzo Mondo (continuerà la battaglia
recandosi al G8 di Genova 2001 con Bono Vox e Bob Geldof).
Con La cattiva strada partecipa a “Faber – Amico fragile”,
tributo a Fabrizio De André pubblicato nel 2003. L’impegno e
l’appeal divampano, anche dal vivo, eppure proprio il suo
primo live, AUTOBIOGRAFIA DI UNA FESTA, è un inatteso flop
(traccia di chiusura è l’inedita File Not Found con Ace degli
Skunk Anansie, e i CD sanno di frutta o borotalco sulla
falsariga dei profumi spruzzati durante i concerti). Per
superare la crisi, Jovanotti decide di cambiare management e
interrompere anche il rapporto con Centonze, sostituito da
Carlo U. Rossi. Nel frattempo è voce recitante in “Pierino e il
lupo” di Prokofiev, viene ringraziato come “Giovanotti” sul
nuovo disco degli U2, e la sua Piove è inserita in America
nella stellare soundtrack del telefilm “The Sopranos”. Nel
2002 torna con IL QUINTO MONDO (in origine il titolo era “Vita
morte e miracoli”, cambiato perché lo stesso di un disco di
Massimo Bubola del 1989). Il singolo di lancio Salvami
(scritto dopo l’11 settembre con un distico dedicato alla
“guerrafondaia” Oriana Fallaci) è lanciato con una nuova
provocazione: la partecipazione a una contestatissima
maratona televisiva (trenta trasmissioni, rigorosamente gratis e
dal vivo), dai cui frame ricava un video premiato ai MEI di
quell’anno. Il menestrello pacifista impugna le contraddizioni
della televisione a proprio favore. Il rockeggiare del singolo
c’entra comunque poco con il disco, che, complessivamente
ingenuo, è la faccia scura della gioia planetaria de L’ALBERO,
descrive l’uomo sperduto nel mondo. Il 2003 è l’anno
dell’amato Brasile: a gennaio è invitato al MTV Brasil e
produce il disco BOSSAJOVA in cui l’italo-brasiliano Franco
Cava interpreta in salsa carioca alcune sue canzoni. Quindi
pubblica ROMA del Collettivo Soleluna, album per lo più
strumentale registrato nel corso di alcune jam sessions con i
suoi musicisti. E sul finire del 2004, cominciato interpretando
la dolce Da raccontarti all’alba (per ACAU di Gianni
Maroccolo), distribuisce il live JOVALIVE 2002 esclusivamente
su Internet tramite iTunes. Nel 2005 pubblica infine BUON
SANGUE, uno dei suoi migliori album i cui brani vengono
remixati nel 2006 da vari dj in ELECTROJOVA BUON SANGUE
DOPATO. Nello stesso anno, quello dei suoi quarant’anni,
escono due libri. Uno è l’autobiografico e fotografico
“Quarantology” per Rizzoli, l’altro è “Pioggia che cade, vita
che scorre” di Piotta (al secolo Tommaso Zanello per Arcana.
Quasi vent’anni di carriera, cinquantuno singoli, quattro
dischi all’estero e brani scritti anche per altri (Ramazzotti,
Irene Grandi, Ron, Syria, 883, Jarabe de Palo, Mingardi,
Reggae National Tickets…): ne ha fatta di strada il ragazzo il
cui nome d’arte nacque “per l’errore di un grafico al quale
dissi il nome, Joe Vanotti, per telefono e lui lo scrisse come si
pronunciava” e che, crescendo, non ha mai imparato, né forse
voluto, proteggersi dai riflettori (“Io non credo nei miei testi,
io sono i miei testi”). (g.fa.)
DISCOGRAFIA

JOVANOTTI FOR PRESIDENT (Ibiza Records 1988)


LA MIA MOTO (Ibiza Records 1989)
JOVANOTTI SPECIAL (F.R.I. Records 1989, raccolta di remix)
GIOVANI JOVANOTTI (Ibiza Records 1990, anche in edizione
parzialmente in spagnolo)
UNA TRIBÙ CHE BALLA (F.R.I. Records 1991)
LORENZO 1992 (F.R.I. Records 1992)
LORENZO 1994 (Soleluna/Mercury 1994)
LORENZO 1990-1995 (Soleluna/Mercury 1995, raccolta con
inediti, edizione parzialmente in spagnolo: PASAPORTE)
LORENZO 1997 - L’ALBERO (Soleluna/Mercury 1997, anche
in edizione parzialmente in spagnolo)
LORENZO 1999 - CAPO HORN (Soleluna/Mercury 1999)
AUTOBIOGRAFIA DI UNA FESTA (Soleluna/Mercury 2000, live
doppio)
IL QUINTO MONDO (Universal 2002, edizione cantata
parzialmente in spagnolo: EL QUINTO MUNDO)
JOVALIVE 2002 (iTunes 2004, live disponibile solo in rete)
BUON SANGUE (Universal 2005, anche in edizione limitata
con un secondo CD di provini)
ELECTROJOVA BUON SANGUE DOPATO (Universal 2006, remix
del precedente)
LORENZO 1994. Il manifesto di Penso positivo, la splendida e
gettonata Serenata rap, la ciclica Piove sono killer da
classifica, ma la voce e la cadenza allargano le forme,
approfondendo al contempo immagini e modi. Toccante e
misurata Mario, che racconta di quando, dodicenne,
Lorenzo andò ai funerali di Aldo Moro: nel tour 2002 la
eseguirà con i campionamenti della telefonata del brigatista
Valerio Morucci e delle voci di Sandro Pertini e Papa
Giovanni XXIII.
LORENZO 1997 - L’ALBERO. Il primo capitolo – e uno dei
migliori – del Lorenzo Cherubini con i capelloni e senza il
cappellino, le percussioni africane al posto delle tastierine
da discoteca. Un album con una forte idea, quasi un
concept, che si presenta nel disarmante candore di Bella e
che si avvale di molte collaborazioni. L’umanesimo di
Jovanotti mette al centro del mondo la persona senza
passaporto e con il desiderio di legittimare le differenze per
conoscersi l’un l’altro.
BUON SANGUE. Dopo un paio di album non del tutto riusciti,
qui Jovanotti ritrova grande ispirazione musicale e
letteraria, a partire dal singolo (Tanto tanto tanto) che
spopola nell’estate. Nei testi il disco sembra quasi una
canzone sola, fatta non di storie ma di riflessioni e di
riflessi, in una continua transumanza fra l’esistenziale e il
cosmico, tra il dentro e il fuori. Ne esiste una versione con
un secondo CD di provini.

JUMBO
Gruppo milanese di area progressive. Nel 1970 registrano In
estate, cover di In The Summertime dei Mungo Jerry. Oltre ad
Alvaro Fella detto “Jumbo”, cantante dalla forte personalità e
dalle influenze rock blues, i componenti sono Daniele
Bianchini (ch.), Sergio Conte (ts.), Vito Balzano (bt.), Aldo
Gargano (bs.) e Dario Guidotti (fl. e ar.). Il primo LP, JUMBO
(1971), non ha ancora una precisa identità e alterna episodi
hard rock e brani semiacustici. L’apice è con DNA (1972) e la
Suite per il signor K, sul tema dell’arrivismo. Il disco,
caratterizzato da un uso massiccio del flauto e della chitarra, è
considerato fra i migliori del progressive italiano, ma anche il
terzo e ultimo album, VIETATO AI MINORI DI ANNI 18? (1973),
raccoglie consensi ed è oggi molto quotato sul mercato del
collezionismo. Qui il gruppo affronta tematiche più impegnate
e dà spazio alle tastiere a scapito del flauto. I Jumbo si
sciolgono a metà degli anni ’70 per riformarsi nel 1983 e nel
1990, quando si esibiscono in un concerto a Parigi con i
Magma, testimoniato in LIVE IN PARIS.
K
KINA
Gruppo punk di Aosta, nasce come trio alla fine del 1982
prima dell’arrivo, nel 1990, di Stefano Giaccone, ex Franti.
Esordiscono nel 1984 con il nastro Nessun schema nella mia
vita, che apre a una continua presenza sui palchi europei.
Orgogliosamente legati alla lingua italiana, fondano l’etichetta
indipendente Bus Bus, gestita insieme ai Franti, per la quale
nel 1985 pubblicano il primo disco ufficiale, IRREALE REALTÀ.
Il loro punk hardcore puro e istintivo assume nel corso degli
anni una forma più lirica e melodica, senza però abbandonare
il fronte alternativo, come testimoniano gli album:
CERCANDO… (1986), SE HO VINTO, SE HO PERSO (1989), il live
YOUR CHOICE LIVE SERIES e LA GIOIA DEL RISCHIO (1990),
PARLAMI ANCORA (1993), la raccolta TROPPO LONTANO …E ALTRE
STORIE (1995) e CITTÀ INVISIBILI (1996). Tra i molti singoli,
alcuni brillano di bellezza adamantina come Troppo lontano
(1987), Come tu mi vuoi (1988) e la rivisitazione di due
classici quali Biko di Peter Gabriel e Chicago di CSN&Y,
pubblicati nel 1992. Successivamente mutano il nome in
Frontiera.

KINGS
Nati nel 1963 e provenienti dalla vitalissima Verona, i Kings
esordiscono con alla voce Dino, che proseguirà poi come
solista di successo. A Ennio Ottofaro (ch.), Pierpaolo Adda
(bt.) e Gilberto Storari (ch.) si aggiunge presto il bassista
italoamericano Andy De Bryun. Dopo aver pubblicato cinque
brani come “Dino e i Kings” nel primo album di Dino (ARC
1965), debuttano con Fai quello che vuoi, cover di Time Is On
My Side dei Rolling Stones. Nel frattempo è entrato in
organico il cantante Renato Bernuzzi, già con i Misfits ed
emulo di Mick Jagger. Nel 1966 altri quattro singoli
tipicamente beat, tra cui due cover di Bob Dylan: Bambina
non sono io (It Ain’t Me, Baby) e La risposta (Blowin’ In The
Wind). Tra i brani originali, Cerca (con il quale partecipano al
Cantagiro) e Dedicato alla mia ragazza, editi sull’ultimo
singolo dell’anno, che precede di poco l’unico album (I KINGS,
Durium 1966), una delle migliori produzioni del beat italiano.
Oltre a molti dei brani già pubblicati, contiene Io ho in mente
te, ennesima versione di You Were On My Mind di Ian &
Sylvia e If You Gotta Go, Go Now dal repertorio di Dylan
(cantata in inglese). Nel 1996 l’album è stato riedito in CD
dalla Vinyl Magic. Le armonie vocali, il ritmo, l’impatto dal
vivo fanno dei Kings il gruppo guida del beat meno
commerciale. Nel 1967 arriva però l’ultimo capitolo della
discografia con Lasciati portare via e Caffè amaro, brano di
culto scritto da Bernuzzi, l’unico del complesso a continuare
l’attività musicale sino ai giorni nostri, inaugurando negli anni
’80 la fortunata rassegna Verona beat, che ha visto anche il
ritorno sulla scena dei Kings. Pierpaolo Adda e Ennio Ottofaro
hanno prodotto, assieme a Lucio Battisti, il primo disco degli
Alpha Centauri (Numero Uno, 1969).

KLEZROYM
Il più noto gruppo italiano di musica klezmer – formato da
Gabriele Coen (cl. e sx.), Eva Coen (vc.), Andrea Pandolfo
(tr.), Riccardo Manzi (cha., vc. e bouzouki), Pasquale Laino,
nipote di Mango (sx.), Marco Camboni (cb.), Leonardo Cesari
(bt.) – nasce nel 1995. Reinterpreta, e rinnova con brani
originali, il repertorio askenazita (ebraico dell’Europa dell’Est)
e sefardita (ebraico-spagnolo), le sonorità mediterranee e
mediorientali, i ritmi zigani e balcanici su una base di jazz
contemporaneo. Il primo album, omonimo, è del 1998 (con
Fel Shara). Nel 2000 SCENÌ contiene il sensuale e struggente
canto d’esilio Trokar Kazal, Trokar Mazal e una cover di
Canzone dell’amore perduto di De André; nel 2001 nasce la
suite YANKELE NEL GHETTO (edita nel 2002), ispirata ai canti
del ghetto di Lodz, messa in scena nello spettacolo “Saccarina,
cinque al soldo!” di Ascanio Celestini e più volte al centro
delle celebrazioni della Giornata della Memoria della Shoah.
Una compilation della collana Sconfini (2003) comprende le
due sigle del programma TV “Dove osano le quaglie”, in cui
la band è presenza fissa con Andrea Avena (cb.) e Laura
Polimeno (vc.).

KRISMA
Duo composto dall’ex New Dada Maurizio Arcieri e dalla
moglie Christina Moser, nasce come “Chrisma”, dalle iniziali
dei loro nomi, nel 1976. Etichettati come esponenti del “rock
sintetico”, debitori verso la new wave, il punk e la musica
elettronica emergente nella seconda metà degli anni ’70,
esordiscono con CHINESE RESTAURANT (uscito nel 1977 ma
composto due anni prima), contenente Black Silk Stocking, C-
Rock e Lola; seguono HIBERNATION (1979) e la svolta verso il
pop con CATHODE MAMA (1980), che contiene la fortunata
Many Kisses. Tutti lavori in lingua inglese e realizzati a
Londra. Dopo CLANDESTINE ANTICIPATION (1982) e il 45 giri
Miami, inizia il declino commerciale, malgrado due costosi
videoclip promozionali, una notevole cura dei light shows e
una decisa attenzione per il look. Arcieri si occupa anche di
apparecchiature elettroniche, ad esempio mette a punto il
“Krismino”, un primitivo sequencer. Dopo NOTHING TO DO
WITH THE DOG (1983), con la collaborazione di Arto Lindsay,
si spostano con ICEBERG (1986) dalle suggestioni techno dei
primi anni ’80 verso l’elettropop. Ma NON HO DENARO (1989),
in italiano, ottiene scarsi riscontri di vendite. I Krisma
incrementano così quindi forme espressive di più ampio
respiro: si dedicano a installazioni video, sigle, una TV
satellitare (Krisma TV) e presenziano in molte trasmissioni. Si
adagiano però sul proprio cliché, penalizzati anche dalla
mancata ristampa del catalogo; sono alcune collaborazioni, tra
cui quelle con Franco Battiato e con i Subsonica (compaiono
in Nuova ossessione, da AMOREMATICO, che è anche un
riconoscimento in qualità di antesignani di un certo tipo di
musica), a riaccendere un certo interesse verso il duo, che
intanto incide il singolo Kara (2001) e si esibisce dal vivo in
spettacoli su basi emesse da un computer.

KUNSERTU
Nati alla fine degli anni ’70 in Sicilia su iniziativa di Pippo
Barrile (vc.), Giacomo Farina (pr. e ogt.) e Nello Mastroeni
(ch.) per valorizzare la musica popolare dell’isola, ben presto
allargano stile e sonorità e accentuano l’aspetto ritmico
divenendo una delle prime formazioni italiane di world music.
L’esordio è con un album omonimo del 1984, a cui segue
un’intensa attività live anche all’estero. Nel 1988 esce l’EP
JAZIRAH e nel 1989 SHAMS, con un organico ampliato che
comprende il palestinese Faisal Taher (vc.), grazie al quale il
sound si arricchisce di aromi arabi, e Giorgio Di Bella (bt.),
Tino Finocchiaro (ts.), Stefano Foresta (sx.), Vincenzo Gangi
(bs.). Numerosi ospiti (fra cui alcuni musicisti africani)
offrono ulteriori sbocchi, anche linguistici, a una musica in cui
ha rilievo l’uso dell’elettronica e l’impatto quasi dance.
L’album ha una buona diffusione, anche grazie a Mokarta, il
loro brano più noto. Con l’aggiunta di Roberto De Domenico
(pr.) escono LIVE (1993) e l’ottimo FANNAN (1994), che si
avvicina a suggestioni trip hop. Dopo lo scioglimento del
gruppo nel 1995, Taher e Gangi formano i Dounia, mentre nel
1999 i tre fondatori con altri musicisti danno vita agli Zongaje,
in cui è netta l’impronta reggae e in parte pop, testimoniata nel
2003 dall’album MENZAMÀ.

GORAN KUZMINAC
Cantautore nato a Belgrado nel 1954, ma italiano
d’adozione, grazie alla tecnica di finger picking inizia a
suonare come chitarrista, per poi aprire i concerti di Venditti,
Branduardi e Dalla con un repertorio originale. Nel 1979
incide il primo singolo, Stasera l’aria è fresca, che gli offre
visibilità l’anno successivo pubblica l’album EHI, CI STAI!, a cui
fanno seguito un tour e il Q-Disc Q-CONCERT (CANZONE SENZA
INGANNI) con Ivan Graziani e Ron, esperienza replicata nel
1982 con Mario Castelnuovo e Marco Ferradini e Q-CONCERT
(OLTRE IL GIARDINO). Nello stesso anno esce PROVE DI VOLO
(con Stella del nord) e nel 1986 CONTRABBANDIERI DI MUSICA.
Attivo anche nel campo delle colonne sonore per il cinema e
per la televisione, nel 1997 riprende l’attività discografica con
FRAGOLE & PUGNALI, prodotto da Mimmo Locasciulli. Seguono
nel 1999 Una notte ideale per contare le stelle e GLI ANGOLI
DEL MONDO, nel 2001 Primo di Sequals e nel 2004 il buon
NUVOLE STRANIERE. Pochi i riscontri di vendite negli anni,
nonostante una vena compositiva pulita e dai tratti originali, e
una voce interessante.
L
LA BIONDA / D.D. SOUND
Carmelo (classe 1949) e Michelangelo (1952) La Bionda
sono tra i pionieri della disco music italiana. Siciliani, sono
attivi fin dai primissimi anni ’70 come chitarristi e
compositori, fra l’altro per Mia Martini. Nel 1973 pubblicano
il primo album autoprodotto, F.LLI LA BIONDA S.R.L., con un
coautore come Bruno Lauzi e un suono acustico da West Coast
all’italiana. Un suono che i fratelli cambiano presto, seguendo
percorsi lontani dai confini nazionali, per conquistare infine
uno stile nuovo e personale: una miscela che unisce la dance
in voga all’estero, in particolare quella di Barry White, con la
propria formazione musicale (dai Beatles al rhythm’n’blues,
alla musica latina), e che li porta al successo internazionale
con titoli come One For You One For Me (1978), Bandido
(1979), Disco Roller (1980) e I Wanna Be Your Lover (1981).
Nello stesso periodo i La Bionda sono in classifica anche con
il nome di D.D. Sound, progetto d’impronta ancora più dance
culminato in successi come Disco Bass (1977), 1, 2, 3, 4…
Gimme Some More e Cafè (1978), Hootchie Cootchie (1979).
Dagli anni ’80 lavorano dietro le quinte, componendo jingles
pubblicitari e colonne sonore e, grazie al consueto fiuto,
scoprono e producono artisti come i Righeira (lo avevano già
fatto con la prima Amanda Lear). Sono i fondatori e gestori
dei Logic Studios di Milano.

LA CRUS
Un ponte tra la tradizione della canzone d’autore italiana e
la più moderna sperimentazione elettronica, con un occhio di
riguardo per il rock blues più notturno e, almeno all’inizio, per
la scena trip hop britannica. Sfida ambiziosa quella dei
milanesi La Crus (“la croce” in dialetto lombardo), ma nei fatti
vinta. Inizialmente il gruppo nasce come progetto collaterale
di Mauro Ermanno “Joe” Giovanardi, cantante dei Carnival Of
Fools, autori di un blues aspro e metropolitano ispirato tanto
dai Birthday Party di Nick Cave quanto dalla new wave più
cupa. Un percorso iniziato nel 1989 con un EP e proseguito
con due album. Ma l’interesse sempre maggiore per la lingua e
le tradizioni italiane portano Giovanardi a lasciare la band (che
di lì a poco si riformerà con il nome di Santa Sangre) per
dedicarsi a tempo pieno ai La Crus: lo affiancano nel progetto
il chitarrista Cesare Malfatti (già negli Afterhours) e, dietro le
quinte, il paroliere Alessandro Cremonesi.
Anticipato dalle partecipazioni alla compilation VOX POP 93
(1993) con Natura morta e al tributo a Ivano Fossati I
DISERTORI (1994) con Naviganti, nel 1995 l’omonimo disco di
esordio diviene un caso per il rock indipendente italiano e si
aggiudica la Targa Tenco fra le opere prime. Un disco con
un’idea affascinante, quella di mettere insieme alcuni opposti:
canzone e in qualche modo sperimentazione, il cuore
dell’acustico e l’impatto dell’elettronico (tendenza ribadita
l’anno successivo da un EP di remix a opera di Roberto
Vernetti, Technogod, Almamegretta e altri), con la voce calda
– da crooner di fine secolo – di Giovanardi a fare da
contraltare a paesaggi sonori fascinosi e oscuri, squarciati da
languidi assolo di tromba che diventeranno il loro marchio di
fabbrica. In scaletta anche le riletture de Il vino di Piero
Ciampi e Angela di Luigi Tenco. Tra gli ospiti, Manuel
Agnelli e membri di Ritmo Tribale, Casino Royale e Santa
Sangre. Da segnalare poi anche la partecipazione al tributo a
Franco Battiato BATTIATO NON BATTIATO con Breve invito a
rinviare il suicidio.
Nel successivo DENTRO ME (1997) prende compiutamente
forma il progetto, con la presenza di Cristina Donà, Vinicio
Capossela, il solito Agnelli e l’australiano Hugo Race. Meno
riuscito, invece, DIETRO LA CURVA DEL CUORE (1999), in cui una
maggiore propensione verso il pop si accompagna a una
scrittura di livello altalenante, specie nei testi, spesso piatti.
Non mancano anche qui gli ospiti (ancora la Donà e Agnelli,
Fabio Barovero dei Mau Mau, Carmen Consoli). Nel 2001
esce a nome La Crus il libro “Crocevia” (Mondadori), scritto
da Cremonesi, accompagnato da un CD-ROM contenente un
video inedito. E CROCEVIA è anche il titolo della raccolta di
cover uscita lo stesso anno, con brani di De André, Conte,
Bruno Martino, Gaber, Battisti, Patty Pravo (ospite alla voce
insieme a Manuel Agnelli nella storica Pensiero stupendo che
Fossati aveva scritto per lei) ma anche CCCP - Fedeli alla
Linea e Afterhours. Svetta la contiana Via con me, accelerata e
immersa nell’elettronica. L’album è Targa Tenco nella
categoria per il miglior interprete. Tutti originali invece i brani
di OGNI COSA CHE VEDO (2003), punto di incontro tra la
cupezza delle origini e la personale ricerca pop della seconda
parte della carriera del trio. Prima che la notte trova la strada
dell’ispirazione, altri episodi non ci riescono (Voglio avere di
più, Come una nube). Nel 2005 esce il nuovo album INFINITE
POSSIBILITÀ (con Mondo sii buono), in una confezione che
comprende anche un DVD con le tracce video dei brani,
realizzate elaborando alcuni cortometraggi presentati al
Milano Film Festival.
Parallelamente ai La Crus, Malfatti intraprende altri
progetti. Con il dj Stefano Ghittoni (ex Peter Sellers And The
Hollywood Party) è il titolare dei The Dining Rooms, autori di
un personale percorso di ibridazione tra elettronica, easy
listening e musica black sviluppatosi lungo tre album. Insieme
al contrabbassista Gionata Bettini ha invece dato vita ai
nOOrda, con i quali ha pubblicato il debutto omonimo (2002)
e TO THE ANTIPOLE (2004).
(a pa.)
DISCOGRAFIA

LA CRUS (WEA 1995)


REMIX (WEA 1996, remix, EP)
DENTRO ME (WEA 1997)
DIETRO LA CURVA DEL CUORE (WEA 1999)
CROCEVIA (WEA 2001)
OGNI COSA CHE VEDO (WEA 2003)
INFINITE POSSIBILITÀ (WEA 2005)
DENTRO ME. Non ci sono sbavature. Trame cupe, in cui
chitarre acustiche e orchestrazioni convivono con ricercate
istanze elettroniche, e una voce assolutamente
inconfondibile. Ispirata vena compositiva, dall’iniziale Per
mano a una Come ogni volta presente in due versioni, dal
blues minimale e sintetico de La finestra di casa mia alla
cullante Ninna nanna, alle notevoli riletture di Dentro me
dei Detonazione e Dragon di Paolo Conte. I La Crus
dimostrano come, al di là dell’esteriorità, sia possibile
rifarsi alla tradizione (non solo cantautorale) senza suonare
minimamente rétro.

LACUNA COIL
Principale band italiana di gothic metal, è guidata dalla
avvenente cantante Cristina Scabbia, affiancata come seconda
voce da Andrea Ferro. Milanesi, nascono nel 1994 come Sleep
Of Right, poi divengono Ethereal e quindi esordiscono nel
1998 come Lacuna Coil (letteralmente “spirale vuota”) con
l’EP LACUNA COIL, seguito nel 1999 dall’album IN A REVERIE.
La popolarità sulla scena metal diviene internazionale grazie
anche alle partecipazioni a importanti festival. Dopo l’EP
HALFLIFE (2000) i successivi lavori – UNLEASHED MEMORIES
(2001) e COMALIES (2002) – registrano un netto passo avanti
sul piano qualitativo, avvicinandosi all’hard rock. Intanto si
aprono le porte degli Stati Uniti, dove il gruppo si afferma con
buoni risultati di vendita. Passano quattro anni – densi di
attività live – prima del successivo KARMACODE, che aggiunge
sapori mediterranei al consolidato sound. Oltre a Scabbia e
Ferro compongono la band Marco Coti Zelati (bs.), Marco
Emanuele Biazzi (ch.), Cristiano Migliore (ch.) e Cristiano
Mozzati (bt.).

LADRI DI BICICLETTE
vedi Paolo Belli

LALLI
Nata ad Asti il 12 agosto 1956, Marinella Ollino, in arte
Lalli, dotata di una voce particolarissima, suggestiva e
sofferta, esordisce all’inizio degli anni ’80 come cantante dei
torinesi Luna Nera, che dopo poco cambieranno il nome in
Franti. Terminata quell’esperienza nel 1987, dà vita a vari
progetti, affiancata da un altro Franti, Stefano Giaccone
(insieme al quale fonda anche l’etichetta Inisheer): Environs,
Orsi Lucille, Howth Castle, Ishi. Poi arriva l’esordio da solista,
TEMPO DI VENTO (1998), realizzato insieme a Mario Congiu e
con membri di Perturbazione e Massimo Volume come ospiti.
È un lavoro di grande spessore, maturo e poetico, giocato
sull’alternanza di momenti semiacustici e un piglio
tipicamente rock. Il disco – di cui l’anno successivo uscirà a
mo’ di appendice l’EP TRA LE DUNE E QUI – si aggiudica il
premio “Fuori dal Mucchio” della rivista “Il Mucchio
Selvaggio” come migliore esordio. Con il chitarrista argentino
Miguel Angel Acosta, Lalli realizza quindi uno spettacolo
dedicato alla musica sudamericana, “Vengo a ofrecer mi
corazón”. Nel 2003 esce l’elegante ALL’IMPROVVISO, NELLA MIA
STANZA, una miscela di suggestioni etniche, rock e jazz, frutto
della collaborazione con il chitarrista Pietro Salizzoni e con
brani splendidi come Stella e Testa storta, scritta per la
colonna sonora del film “Preferisco il rumore del mare” di
Mimmo Calopresti. Nel 2004 la cantante è una delle voci
soliste del primo album dell’ex chitarrista dei CCCP e dei CSI
Massimo Zamboni, SORELLA SCONFITTA. Nello stesso anno è
protagonista del film “Nemmeno il destino” di Daniele
Gaglianone. Nel 2006 un nuovo album, ÈLIA, conferma il
valore della proposta. Esce a nome di Lalli e Pietro Salizzoni,
ed è anche il nome del nuovo progetto dei due. Una miscela
estremamente raffinata e affascinante di suoni e parole, per
ballate fortemente evocative, rese uniche dalla voce della
cantante. Tra i progetti futuri c’è un album dal vivo.

PATRIZIA LAQUIDARA
Il biglietto da visita di questa catanese cresciuta a Vicenza,
classe 1972, è la voce: limpida senza mancare di estensione e
solidità. Una prova è la sua interpretazione del classico di
Tòmas Méndez, Cu-cu-rru cu-cù Paloma, a “Destinazione
Sanremo” nel 2002. Quando, grazie a questo trampolino,
arriva sul palco dell’Ariston con Lividi e fiori (vincendo il
Premio della critica nella sezione “Giovani”) ha già alle spalle
un disco tributo a Caetano Veloso, PARA VOCE QUERIDO CAE,
nato dalla passione per la musica brasiliana e portoghese. Non
a caso il suo primo album di composizioni originali, nel 2003,
è INDIRIZZO PORTOGHESE, più maturo e ricercato del precedente,
in cui è anche autrice. Supportata da varie collaborazioni
(Pasquale Minieri, Rita Marcotulli, Fausto Mesolella, Mario
Venuti, Bungaro) la Laquidara costruisce un disco semplice ed
elegante, di buona fattura autorale. Tra i brani spicca Agisce,
portata nel 2002 al Premio Recanati. Da sempre è vicina anche
alla musica folk, prima con il gruppo Hotel Rif, poi con la
pianista Debora Petrina nello spettacolo “Canzoni come
nuove” sulla tradizione veneta. Nel 2005 insieme a Paolo
Buonvino partecipa, con Noite e Luar, alla colonna sonora del
film “Manuale d’amore” di Giovanni Veronesi.

LATTE E MIELE
Gruppo ligure nato nel 1971 sulla scia del cosiddetto
“power trio” e composto dai giovanissimi Oliviero Lacagnina
(ts., vc.), Maurizio Giancarlo Dellacasa (ch., bs., vc.) e Alfio
Vitanza (bt., fl., vc.). Influenzati dalla scena progressive,
realizzano nel 1972 la loro opera più nota intitolata PASSIO
SECUNDUM MATTHEUM, un album piuttosto ridondante, con i
recitativi tratti dal Vangelo di Matteo e parte delle musiche
ispirate da Bach. Suonano di spalla ai Van der Graaf Generator
e incidono un altro concept, PAPILLON (1973), per sciogliersi
nel 1974. Riformatisi con un’altra formazione, guidata da
Vitanza, pubblicano AQUILE E SCOIATTOLI (1976) con la suite
Pavana di 23 minuti, per scivolare infine in territori più
commerciali culminati in una partecipazione a Sanremo nel
1980. Tra le uscite postume, un disco live con una
registrazione del 1974.

BRUNO LAUZI
Del gruppo dei “genovesi”, in cui va annoverato per i luoghi
della frequentazione giovanile e scolastica (pur essendo nato a
L’Asmara, in Eritrea, l’8 agosto 1937, e trasferitosi presto con
la famiglia a Varese), Lauzi è il più eclettico, il più
inclassificabile, il più spiritoso. Decide di intraprendere
definitivamente la strada artistica, abbandonando la facoltà di
Legge a due esami dalla laurea, attorno al ’63 in coincidenza
con il suo primo successo, Ritornerai. Del 1965 è il primo
album, in cui lo scrittore Piero Chiara (di cui Lauzi era stato
correttore di bozze) lo presentava così: “Lo chansonnier Bruno
Lauzi è un personaggio insolito, che fa parte più della vita
intellettuale italiana che del mondo della canzone”. Apparve
subito anomalo anche per la strana voce “arrugginita” ma
struggente, che lui stesso definì come “un vagone ferroviario
carico di orchidee”. Autore consapevole delle potenzialità
musicali che una canzone può sviluppare, sia pure sempre
all’interno di grandi canoni classici (quelli della canzone
americana, francese, brasiliana e naturalmente italiana), ha poi
saputo manipolare invece in modo molto innovativo i testi, sia
giocando con le parole sia recuperando poeticamente il
linguaggio colloquiale e quotidiano. Si è così ritagliato un suo
ambito peculiare, nel quale spicca un particolare talento nel
tratteggiare le piccole cose della vita, i lati buffi del mondo, i
luoghi della memoria, i costumi (e malcostumi) di un’Italia
forse ancora un po’ provinciale e paesana.
Il suo primo riferimento musicale è la musica americana: il
song classico, il musical, lo swing, il jazz. Con Luigi Tenco fa
parte, nei primi anni ’50, della genovese Jelly Roll Morton
Boys Jazz Band. Nel primo album racconta a suo modo la
storia di Garibaldi sul blues di Fever, e inserisce curiose
parodie dei cantanti americani anni ’30; nel secondo registra
una sua versione di Hello Dolly. Nel ’69 registra un LP (CARA)
tutto su musiche del jazzista Tito Fontana, e ritornerà al jazz
con gli album BACK TO JAZZ dell’89 (con Franco Cerri, Renato
Sellani, Paolo Conte, in standard di Gershwin, Berlin,
Rodgers, Porter ecc) e NOSTALJAZZ del 2003 (fra i titoli, Blue
Gardenia e As Time Goes By, con autori come Carmichael o
Rodgers). Nel 1973 pubblica un intero album dedicato a Paul
Simon, da lui tradotto in italiano. Sul versante francese è
evidente l’influenza di Brassens, Brel, Aznavour: melodie
aperte, liriche, ariose (Ritornerai, Il tuo amore, Margherita, Se
tu sapessi, Ti ruberò), valzer-musette, ballate alla Brassens;
per non parlare delle innumerevoli traduzioni da Brel, Vian,
Aznavour, Barbara, Reggiani e Moustaki (tra cui Lo straniero
nel 1969). Infine la canzone brasiliana: nel primissimo 45 giri
(1962) si presenta come Miguel e i Caravaña cantando il
samba O frigideiro, dove utilizza le curiose affinità del dialetto
genovese con il portoghese per creare una canzone che sembra
a tutti gli effetti brasiliana – una trovata ripresa più volte, per
la sua lampante efficacia, anche da altri. INVENTARIO LATINO
(1989) è un repertorio pressoché esauriente di tutti i ritmi
latinoamericani. E anche in questo campo è stato traduttore: di
Vinicius De Moraes, Roberto Carlos, Joao Bosco, Edu Lobo,
Djavan ecc.
Riguardo alla cosiddetta “scuola genovese”, Lauzi ne ha
sempre negato l’esistenza in quanto scuola (anche se Luigi
Tenco era… suo compagno di banco). Eppure con la celebre Il
poeta del 1965 (ripresa da Paoli, da Mina, da Patty Pravo) ha
involontariamente scritto una sorta di “manifesto” dei
cantautori – non solo genovesi – di quegli anni, anche se solo
in apparenza il brano sembra adombrare la figura e la storia di
Tenco, perché precedente al suicidio dell’amico. Proprio lui,
però, ha sempre collaborato nella scrittura coi colleghi di
allora e i successivi, come pochi altri hanno fatto: con Bindi
(Io e la musica nel 1972 e Io e il mare nel 1976), Donaggio,
Jannacci (Ragazzo padre del 1972), Bennato, Cocciante,
Graziani, Ron e altri, fra cui anche il figlio Maurizio, che negli
anni ’90 ha intrapreso con buoni esiti la strada cantautorale. E
non ha mai disdegnato di cantare brani d’altri: Enzo Jannacci
(Soldato Nencini), Lucio Dalla (Angeli), Ivano Fossati
(Naviganti, Questi posti davanti al mare), Roberto Vecchioni
(Il bene di luglio), Gino Paoli (Il cielo in una stanza), Fabio
Concato (Speriamo che piova) ecc. Ma i due autori più
eclatanti di cui si è impossessato sono Lucio Battisti a partire
dal 1970 (Amore caro amore bello, il suo più grande successo,
del 1971, ma anche E penso a te, Mary oh Mary, L’aquila, Il
leone e la gallina, Aver paura di innamorarsi troppo) e, dal
1974, Paolo Conte, che fra l’altro era all’epoca il suo
avvocato. Impresa difficile quella di restituire le canzoni
dell’astigiano in versione ovviamente diversa, ma molto
credibile, forse meno stravagante ma più “umana”, più
partecipata, più lirica; sempre comunque efficace per una
evidente, quasi irresistibile adesione al mondo del collega.
Alcune le ha addirittura scoperte e imposte lui per primo
(Onda su onda nel 1974, Genova per noi nel 1975),
aggiungendo poi Wanda, Bartali, Argentina, Una giornata al
mare. A Conte ha persino dedicato un paio di canzoni proprie:
La sindrome astigiana e Diano Marina.
A metà degli anni ’60 Lauzi è stato anche tra gli iniziatori e
protagonisti di un esplosivo evento culturale e artistico,
specialmente milanese: il cabaret. Insieme a tanti altri,
costruisce una moderna canzone di dimensioni teatrali (una
sorta di “teatro musicale da camera”, per il piccolo
palcoscenico) che è soprattutto strumento di ironia, di satira, di
critica, o anche solo di cronaca e racconto. Il suo primo 33 giri
del 1965 è proprio intitolato LAUZI AL CABARET (Premio della
critica discografica), seguito nel ’69 dall’affine KABARETT.
Tutt’ora un taglio spiritoso e umoristico contraddistingue
regolarmente tutti i suoi spettacoli. Altra esperienza ad alto
livello è quella delle canzoni per l’infanzia, a partire da La
tartaruga del 1975, con numerosi brani arguti, anche in
tandem con il cartoonist Bruno Bozzetto, gran parte dei quali
racchiusi in JOHNNY BASSOTTO, LA TARTARUGA… E ALTRE STORIE
DI BRUNO LAUZI (1976), dalle notissime canzoni omonime.

Ma Lauzi ha frequentato pure la musica cosiddetta


“commerciale”, scrivendo testi per i cantanti più disparati: da
Orietta Berti con La barca non va più (“seguito” di Fin che la
barca va) a Anna Identici con Una rosa da Vienna. Ha
insomma praticato un normale “mestiere” di paroliere, inserito
nella grande macchina dell’industria musicale, ma con picchi
di qualità. Suoi pezzi sono stati incisi da tutte le grandi
“signore” della canzone: Mina (ben una decina di titoli), Mia
Martini (ad esempio Piccolo uomo del 1972 e Almeno tu
nell’universo, pubblicata nel 1989 anche se composta negli
anni ’70), Ornella Vanoni (L’appuntamento nel 1970),
Loredana Bertè (Acqua nel 1985), Milly, Milva, Patty Pravo. E
quando ha partecipato (nel 1965) a Sanremo ha portato una
canzone bellissima: Il tuo amore.
Di ideologia liberale (sul piano personale è stato anche
impegnato attivamente sul fronte politico), ha scritto qualche
brano di contenuto civile e sociale, ma di segno diverso da
quello corrente tra i cantautori italiani: Io canterò politico,
Arrivano i cinesi, Domani ti diranno. Ciò non gli ha impedito
di cantare anche pezzi di colleghi dichiaratamente di sinistra
come Gualtiero Bertelli (Vedrai com’è bello), Ivan Della Mea
(El me gatt), Dario Fo e Enzo Jannacci (Ho visto un re).
Dalla fine degli anni ’60 Lauzi ha inciso vari album (per
lungo tempo editi dall’etichetta di Mogol e Battisti, la Numero
Uno; poi prevalentemente per la personale etichetta
Pincopallo) ed è stato, fra l’altro, tra i primi in Italia a
pubblicare LP live, ben due tra il 1971 e ’72. Particolarmente
significativi, oltre a quelli già citati, gli album QUELLA GENTE
LÀ (1975) e PALLA AL CENTRO (1983). Fra le tante esperienze
degli anni più recenti: un cortometraggio (“Ora dicono fosse
un poeta”), la scrittura di due musical (“Una volta nella vita”,
con Gianfranco Reverberi, e “Donna Flor” con Pippo Caruso),
diversi album tematici, varie raccolte di poesie e, nel 2005, il
suo primo romanzo, il thriller “Il caso del pompelmo
levigato”. Una poliedrica attività, quella di Lauzi, che continua
incessante, nonostante il morbo di Parkinson che lo affligge da
qualche anno, affrontato peraltro con grande ed encomiabile
ironia, come tutta la sua vita. Splendida una sua poesia sulla
malattia, “La mano”. Nel 2006 gli viene assegnato il Premio
Tenco. (e.d.a.)
DISCOGRAFIA

DALLA TRASMISSIONE TV “CANZONIERE MINIMO” (Galleria


del Corso 1963, EP)
LAUZI AL CABARET (CGD 1965)
TI RUBERÒ (CGD 1965)
I MIEI GIORNI (Ariston 1967)
BRUNO LAUZI (Festival 1967, EP, Francia. Cantato in
francese; l’edizione Belga su Show Records ha un brano
sostituito, sempre in francese)
CARA (Ariston 1969)
KABARETT (Ariston 1969)
BRUNO LAUZI (Numero Uno 1970)
AMORE CARO AMORE BELLO (Numero Uno 1971, doppio, un
disco dal vivo e uno in studio)
IL TEATRO DI BRUNO LAUZI (Numero Uno 1972, dal vivo)
SIMON (Numero Uno 1973)
LAUZI OGGI (Numero Uno 1974)
L’AMORE SEMPRE (Numero Uno 1975)
QUELLA GENTE LÀ (Numero Uno 1975)
GENOVA PER NOI (Numero Uno 1975)
JOHNNY BASSOTTO, LA TARTARUGA… E ALTRE STORIE DI BRUNO
LAUZI (Numero Uno 1976)
PERSONE (Numero Uno 1977)
ALLA GRANDE (Numero Uno 1979)
AMICI MIEI (Numero Uno 1981, EP)
PALLA AL CENTRO (Numero Uno 1983)
PICCOLO GRANDE UOMO (Five 1985)
ORA! (Five 1987)
LA MUSICA DEL MONDO (Five 1988)
INVENTARIO LATINO (Five 1989)
BACK TO JAZZ (Dire 1989)
IL DORSO DELLA BALENA (Pincopallo 1992)
10 BELLE CANZONI D’AMORE (Pincopallo 1994)
UNA VITA IN MUSICA (Pincopallo 1995, antologia)
JOHNNY BASSOTTO E I SUOI AMICI (J.Records 1996)
OMAGGIO ALLA CITTÀ DI GENOVA (Pincopallo 2001, allegato
a “Il secolo XIX”)
IL MANUALE DEL PICCOLO ESPLORATORE (D’Autore/Azzurra
music 2003)
OMAGGIO AL PIEMONTE 1 (Pincopallo 2002)
OMAGGIO AL PIEMONTE 2 (Pincopallo 2002)
NOSTALJAZZ (Blue Tower 2003)
TRA CIELO E MARE: LA LIGURIA DEI POETI (Pincopallo 2004)
CARPE DIEM (Pincopallo 2005)
CANTO D’AMORE (Pincopallo 2005)
LAUZI AL CABARET / TI RUBERÒ. I primi due album di Lauzi,
curiosamente, escono pressoché in contemporanea (solo 3
numeri di catalogo li separano), fatto tanto più insolito per
un debuttante. Ulteriore curiosità, esce prima il disco più
eccentrico e poi quello più accessibile al pubblico, benché le
date impresse sul vinile rivelino che è il secondo a essere
stato stampato prima (ottobre rispetto a dicembre). Mentre
infatti TI RUBERÒ è soprattutto una splendida raccolta di
melodiche canzoni d’amore (oltre alla canzone che dà il
titolo al disco troviamo Ritornerai, Margherita, Se tu
sapessi, Il tuo amore; ma anche un pezzo in genovese e una
versione di Hello Dolly), l’altro LP – dotato di una bizzarra
copertina apribile ad ante – è uno dei pionieristici esempi di
cabaret musicale portato su disco, con bozzetti stravaganti,
ballate scherzose, ma anche la fondamentale Il poeta.
IL DORSO DELLA BALENA. È il primo album pubblicato per la
propria etichetta, la Pincopallo. Al mio nemico Francesco,
da molti considerata come dedicata a De Gregori o Guccini,
è in realtà rivolta a Francesco Di Giacomo del Banco. Nel
disco compare anche Questi posti davanti al mare di Ivano
Fossati, originariamente scritta per Lauzi ma cantata invece
per primo dall’autore con De André e De Gregori nel suo
LA PIANTA DEL TÈ.

MARIO LAVEZZI
Milanese del 1947, nel 1963 forma i Trappers e poi entra nei
Camaleonti come brillante chitarrista. Scrive per i Dik Dik Il
primo giorno di primavera e forma nel 1970 i Flora Fauna e
Cemento, che incidono per la Numero Uno Il ponte (cover di
Bridge Over Troubled Water di Simon & Garfunkel) e nel
1973 il mediocre album ROCK, quasi interamente firmato da
Lavezzi e Mogol. Nell’album successivo è solo produttore.
Dopo l’esperienza con il supergruppo Il Volo, in cui torna a
mostrare le proprie doti come chitarrista, avvia una carriera
solistica affiancandola a quella di autore e produttore (iniziata
peraltro già alla Numero Uno) molto legato agli standard
produttivi del pop. Se la prima avrà scarse soddisfazioni
commerciali, nella seconda si affermerà come uno dei
maggiori personaggi italiani. Il primo album pubblicato a
proprio nome è nel 1976 IAIA, interessante e molto
cantautorale, a cui seguono nel 1978 FILOBUS e nel 1979
CARTOLINA. Intanto produce i 33 giri di Loredana Bertè fino
alla fine del decennio. Negli anni ’80 si occupa invece per
diverso tempo delle produzioni di Anna Oxa e Fiorella
Mannoia, e pubblica i suoi AGRODOLCE e GUARDANDOTI,
SFIORANDOTI, entrambi molto melodici. Nella decade
successiva produce vari album di Ornella Vanoni e incide una
serie di dischi (nel 1991 VOCI, nel 1993 VOCI 2, nel 1997 VOCI
E CHITARRE, nel 1999 SENZA CATENE, quindi nel 2004
PASSIONALITÀ) in cui, con testi spesso di Mogol, duetta con
artisti come Morandi, Vanoni, Raf, Dalla, Mango, Antonacci.
Nella sua carriera ha composto le musiche di vari brani di
successo come E la luna bussò e In alto mare per la Bertè, È
tutto un attimo per la Oxa, Vita per Dalla-Morandi, Stella
nascente per la Vanoni, Stella gemella per Ramazzotti.

FAUSTO LEALI
Nasce in provincia di Brescia il 29 ottobre 1944, e a soli 14
anni inizia la carriera professionistica nelle orchestre da balera.
A poco a poco impara a utilizzare la sua vocalità roca e
particolare in chiave soul. Realizza le prime incisioni con il
proprio gruppo, i Novelty, attingendo al repertorio dei Beatles,
dei quali apre, con altri, il concerto del 1965 al Vigorelli di
Milano. Nel 1967 A chi (cover dell’americana Hurt, già incisa
in Italia da altri con altri titoli ma senza successo) è il suo
primo grande hit, inserito in FAUSTO LEALI E I SUOI NOVELTY
(dell’anno precedente). Nel ’68 realizza IL NEGRO BIANCO
(appellativo con cui tutti ormai lo identificano) che lancia
Deborah, un altro successo firmato tra l’altro da Giorgio
Conte. Del ’68 è anche Angeli negri, del ’69 Un’ora fa, altri
due brani da classifica. Negli anni ’70 la popolarità di Leali è
in calo, se si eccettuano le buone vendite di Io camminerò
(musica di Umberto Tozzi) del 1976. Dopo alcune vicissitudini
personali, è il decennio successivo a rilanciarlo: nel 1981 con
la sua versione di Malafemmina di Totò, nell’86 con Via di
qua, in duetto con Mina, ma soprattutto con un trittico di
fortunate partecipazioni a Sanremo: con Io amo nel 1987
(anno in cui entra per la prima e unica volta anche nella
classifica degli LP con la raccolta IO AMO E GLI ALTRI SUCCESSI);
con Mi manchi nel 1988 e con Ti lascerò nel 1989 quando
vince il Festival assieme ad Anna Oxa. Gli anni successivi
registrano altre partecipazioni alla manifestazione ligure senza
però particolari riscontri, nuove raccolte dei vecchi successi e
alcuni album di inediti: nel 1992 SAREMO PROMOSSI, nel 1996
NON SOLO BLUES, la sua pubblicazione forse più ambiziosa,
realizzata in America, e nel 1997 NON AMI CHE TE. Le
successive presenze al Festival di Sanremo, ad esempio nel
2002 con Ora che ho bisogno di te, in coppia con Luisa Corna,
contribuiscono a un rilancio (soprattutto televisivo) dell’artista
bresciano, che nel 2006 pubblica PROFUMO E KEROSENE.

ELENA LEDDA
Cantante fortemente legata alla tradizione e alla lingua
sarda, nasce nel 1959 a Selargius (CA). Dai 14 anni studia
oboe e dai 16 canto al Conservatorio, ma è attratta dai
cantadores. Tra la musica classica (ambito nel quale inizia a
esibirsi) e la musica popolare sceglie ben presto la seconda.
Dopo aver collaborato a fine anni ’70 con la Cooperativa
Teatro di Sardegna, nel 1979 esordisce con AMMENTOS ed
entra nei Suonofficina di Mauro Palmas, con cui nel 1987
formerà i Sonos, tra etnica e jazz (nell’88 esce a nome della
Ledda un album omonimo). Intanto nel 1984 aveva pubblicato
IS ARROSAS e avviato una collaborazione con Andreas
Vollenweider, ottenendo una notorietà internazionale destinata
a durare negli anni. Sono molte le collaborazioni prestigiose
durante la sua carriera (tra gli altri, Enrico Rava e Lester
Bowie), così come le esibizioni in tutto il mondo. Nel 1993
esce INCANTI, nel 2000 MAREMANNU, nel 2004 AMARGURA,
con gli arrangiamenti di Lino Cannavacciuolo. L’intensa
attività la porta a essere molto più conosciuta all’estero che in
Italia, come accade d’altronde a molti esponenti della nostra
musica popolare.

ALESSIO LEGA
Nato a Lecce nel 1972, inizia a scrivere canzoni a tredici
anni e a presentarle in pubblico a sedici. Per seguire la sua
parallela passione per il fumetto (cercando di trasformarla in
una professione), nel 1990 sbarca a Milano, portando
simultaneamente le sue canzoni, di spiccato umore militante
(non ha mai fatto mistero della sua fede anarchica), nei centri
sociali e dovunque le si voglia ascoltare. Nel 2004, supportato
dal gruppo Mariposa, realizza RESISTENZA E AMORE, album
ingegnoso e originale che in ottobre riceve la Targa Tenco
come miglior opera prima, consentendo all’autore di
partecipare all’omaggio collettivo del Premio Tenco a Virgilio
Savona. La canzone prescelta (Il testamento del parroco
Meslier, sempre con i Mariposa), insieme a una sua relazione
sarà pubblicata l’anno seguente in SEGUENDO VIRGILIO, CD e
libro che documentano l’evento. Nel 2006 Lega pubblica il
secondo album, SOTTO IL PAVÉ LA SPIAGGIA, con sue traduzioni
di Ferré, Brassens, Brel, Renaud e Leprest, e in marzo registra
il primo live, ZOLLETTE. Collabora spesso con la cantautrice
Isa.

LIGABUE
Luciano Ligabue nasce a Correggio, in provincia di Reggio
Emilia, il 13 marzo del 1960. Tiene il primo concerto vero e
proprio solo a 27 anni, il 28 febbraio 1987, accompagnato
dagli OraZero. Fino a quel momento questo ragioniere con la
faccia da indiano aveva cambiato molti lavori: bracciante
stagionale, metalmeccanico, commerciante, ma anche
conduttore radiofonico. Ha sempre avuto la passione per la
musica, dal rock ai cantautori italiani, a partire da THEORIUS
CAMPUS di De Gregori e Venditti. A 15 anni il padre gli regala
una chitarra e dopo poco lui inizia a scrivere canzoni (la
prima, che non sarà mai pubblicata, s’intitola 100 lampioni). A
convincerlo a quella prima esibizione in un circolo culturale di
Correggio è Claudio Maioli (il manager tutt’ora al suo fianco).
Il pubblico è di 150 persone.
Nel 1988, mentre Pierangelo Bertoli interpreta, con lui al
controcanto, la sua Sogni di rock’n’roll (bissando poco dopo
con Figlio di un cane), vince il concorso provinciale
“Terremoto Rock”: il premio vale l’incisione del 45 giri Anime
in plexiglass / Bar Mario, sempre con gli OraZero. Ligabue è
anche finalista nel Primo Concorso Nazionale Gruppi di Base
vinto dagli Almamegretta (la sua El gringo verrà inserita nella
compilation del concorso). Intanto si occupa di lui Mimmo
Locasciulli, che però non trova una major disposta a
pubblicargli un disco. Ci riuscirà il produttore Angelo Carrara
con la WEA: l’album esce nel 1990, si intitola LIGABUE, ed è
registrato con i ClanDestino di Reggio Emilia. Tecnico del
suono e tuttofare è Paolo Panigada (il Feiez di Elio e le Storie
Tese). Ligabue intanto organizza concerti per l’ARCI di
Reggio Emilia ed è eletto a Correggio nelle liste del Pci, ma
presto abbandona le attività extramusicali: l’album e il singolo
Balliamo sul mondo si impongono sul mercato, grazie anche a
una buona spinta promozionale. Ligabue vince il Festivalbar
Giovani e parte per un lungo tour che si concluderà nel 1993. I
suoi sono pezzi semplici ma incisivi, un buon rock il cui
orizzonte è la provincia di tutti i giorni, quella Correggio da
cui non s’è mai spostato, nemmeno quando a 15 anni poteva
inseguire il sogno, il primo, di fare il calciatore (in
“Radiofreccia”, il suo primo film, farà dire al protagonista:
“Credo che la voglia di scappare da un paese con ventimila
abitanti vuol dire che hai voglia di scappare da te stesso, e
credo che da te non ci scappi neanche se sei Eddy Merckx”).
Nascono il fan club e la fanzine “Bar Mario”, a cui il “Liga”
(nomignolo in uso tra i fan) si dedicherà sempre con affetto e
che saranno poi gestiti dal fratello Marco. Nel 1991 esce il
solare LAMBRUSCO COLTELLI ROSE & POP CORN (con Urlando
contro il cielo), meno efficace del precedente ma che conferma
la popolarità dell’artista. Il ferro è caldo e va battuto ma
SOPRAVVISSUTI E SOPRAVVIVENTI (con Ho messo via, Walter il
mago) patisce il fatto d’esser registrato di corsa, esce cupo e si
perde, viene mal recepito. Ne consegue un periodo di crisi,
anche se Ligabue apre due date degli U2 e partecipa al Premio
Tenco (nel cui omaggio a Vladimir Vysotsky, IL VOLO DI
VOLODJA, compare con Variazioni su temi zigani). Divorzia da
Carrara e anche dai ClanDestino e con alcuni pezzi rimasti nel
cassetto costruisce un mini album guidato da una cover di It’s
The End Of The World As We Knew It dei REM, che in
traduzione italiana dà il titolo al lavoro (A CHE ORA È LA FINE
DEL MONDO?).

Ligabue approfitta quindi di una pausa discografica per


fondare con Valerio Soave l’etichetta Mescal – capace nel giro
di un anno di battezzare gli esordi di La Crus, Massimo
Volume e molti altri gruppi – ma che lui lascia dopo poco.
Seguono un mini tour in Svizzera e l’incisione di Dio è morto
di Guccini per un album tributo ad Augusto Daolio, il leader
dei Nomadi prematuramente scomparso nel 1992. Il brano è
registrato con una nuova band, in parte formata da componenti
dei Rocking Chairs, che contribuirà a una delle poche svolte
stilistiche della carriera di Ligabue, ancor più verso
Springsteen e certo rock americano mainstream. Nel 1996
BUON COMPLEANNO ELVIS, coprodotto con Fabrizio Barbacci, è
il passo decisivo: primo posto nelle classifiche, un milione di
copie vendute, concerti sold out, Targa Tenco a Certe notti
come miglior canzone dell’anno e vari altri riconoscimenti. La
conferma arriva con il primo disco dal vivo, il doppio (e triplo
vinile) SU E GIÙ DA UN PALCO, con gli inediti Tra palco e realtà,
Ultimo tango a Memphis (cover di Suspicious Minds di Elvis
Presley) e la splendida Il giorno di dolore che uno ha dedicata
all’amico giornalista Stefano Ronzani, da poco scomparso. Il
riposo non fa per Ligabue, che nel 1997 oltre a totalizzare un
record di spettatori allo stadio di San Siro, su invito di Gino e
Michele pubblica il primo libro: la raccolta di 43 racconti
“Fuori e dentro il borgo”, pluripremiata.
È ormai una rockstar a tutti gli effetti, l’unica italiana con
Vasco Rossi. Ma se quest’ultimo rappresenta il prototipo
mitico tutto “sesso droga e rock’n’roll”, lui vive il rock come
energia positiva, sviluppando una carriera che è
qualitativamente superiore a quella, dagli esiti altalenanti, del
collega. Ligabue a questo punto può giocarsi la carta delle star:
un tour di sole sei date negli stadi, alla fine del quale arriva
una lettera del produttore Domenico Procacci della Fandango
che gli propone di raccontare la sua provincia in un film,
partendo da “Fuori e dentro il borgo”. Ligabue raccoglie la
sfida e nel 1998 esordisce come regista con “Radiofreccia”
(presentato fuori concorso al festival del Cinema di Venezia),
la cui colonna sonora, il doppio RADIOFRECCIA, raccoglie un
primo CD di composizioni inedite, strumentali e cantate (fra
cui Ho perso le parole), e un secondo con classici degli anni
’70 (David Bowie, Iggy Pop, Creedence Clearwater
Revival…) che hanno fatto la storia della generazione delle
radio libere, la sua, di cui il film offre uno spaccato. Ligabue
sbanca anche nel mondo del cinema, sia al botteghino che per
la critica, ed è miglior regista esordiente sia per il David di
Donatello che per il Nastro d’Argento, premi che il film vince
anche in varie altre categorie.
Tornando alla musica, il “Liga” parte per un piccolo tour nei
club europei, dimensione che gli piace molto e che ormai in
Italia gli è impossibile. Poi raduna la band nel piccolo Zoo
Studio che s’è costruito a Correggio e prepara, levigandolo, il
nuovo disco. In estate, in conseguenza della guerra in Kosovo,
lancia il singolo antimilitarista Il mio nome è Mai Più con
Jovanotti e Piero Pelù i cui notevoli introiti sono devoluti a
Emergency. In autunno esce MISS MONDO, anticipato dal
singolo Una vita da mediano, manifesto e filosofia di vita che
conferma la grande popolarità insieme a un tour che comincia
con due tutto esaurito all’Arena di Verona (e fa tappa con un
mini concerto improvvisato nel carcere di Marassi a Genova).
Nel ’99 esce la biografia ufficiale “Una vita da mediano” di
Riccardo Bertoncelli (Giunti), riedita nel 2005 con il titolo
“Vivere a orecchio”. L’anno e il millennio si chiudono in
piazza del Popolo a Roma con un set in cui la fa da padrone A
che ora è la fine del mondo?.
Agli inizi del 2000 partecipa alla serata per Fabrizio De
André al Teatro Carlo Felice di Genova, cantando ottimamente
Fiume Sand Creek (inserita in FABER AMICO FRAGILE, 2003). In
estate altre venti tappe in giro per gli stadi d’Italia, stavolta
con un concerto di tre ore: “1990-2000: 10 anni sulla mia
strada”. Prima del concerto Ligabue fa il supporter di se
stesso, comparendo in video alla consolle di Radiofreccia, la
sua emittente web, mixando pezzi rock che vanno da Bob
Marley ai Nirvana, dai Doors agli U2. Nel 2000 c’è tempo
anche per l’MTV Day e per ricevere un’altra targa al Premio
Tenco per la canzone Ho ancora la forza, scritta a quattro
mani con Francesco Guccini (che l’ha inserita in STAGIONI). In
realtà l’idea di una collaborazione con il collega bolognese
avrebbe dovuto essere più ampia ma non è mai andata in
porto. Nel 2001 Ligabue si fa sentire solo come ospite in
BARONES dei Tenores di Neoneli, che coinvolgono anche
Guccini, Elio, Angelo Branduardi e Francesco Baccini; e in
novembre regala al decennale del suo fan club un mini CD con
tre brani (Miss Mondo ’99 e Ho ancora la forza solo con voce
e chitarra, e la rara Non fai più male). Nel frattempo prepara il
secondo film, “Da zero a dieci”, che esce all’inizio del 2002,
chiude il Festival di Cannes e sarà la quarta pellicola italiana
più vista dell’anno. Dalla colonna sonora, le cui musiche sono
orchestrate da Cesare Picco, viene tratto un singolo (Questa è
la mia vita) che anticipa FUORI COME VA? (con Tutti vogliono
viaggiare in prima ed Eri bellissima, che vince il Festivalbar),
album che conferma Ligabue ai vertici delle classifiche
malgrado una certa ripetitività. Segue una tournée estiva che
stacca 400.000 biglietti. Nella data all’Arena di Verona, Pino
Daniele sale sul palco a sorpresa e accompagna alla chitarra
Metti in circolo il tuo amore. La tournée trionfale viene
documentata dal DVD doppio FUORI COME VA? TOUR.
A dicembre esce “Ligabue - immagini di Chico De Luigi
dal live 2002” (Fuoritempo Edizioni), che documenta i
concerti tenuti a Zurigo, Milano e Roma. La fama è ormai tale
che addirittura un comune (Capo d’Orlando) gli dedica un
tratto del lungomare. A questo punto il “Liga” immagina un
nuovo progetto live che prevede due spettacoli diversi per ogni
città, uno in teatro e quello del giorno seguente nel palasport.
Il concerto semiacustico in teatro spoglia le canzoni
presentandone gli ingredienti nudi e crudi, riarrangiandole con
la preziosa collaborazione dell’elettronica di D.RaD degli
Almamegretta e del polistrumentismo di Mauro Pagani.
L’occasione dà spolvero a molte canzoni meno note e alle
passioni letterarie del rocker, che legge un paio di poesie di
Charles Bukowsky (tra i suoi scrittori di riferimento con Jack
Kerouac). Tutto esaurito ogni volta, il tour chiude con la
novantanovesima tappa in un rifugio a 2500 metri d’altitudine.
A documentare il tour nei teatri esce il raffinato doppio GIRO
D’ITALIA (con un’edizione limitata comprensiva di un terzo
CD). Sia il tour che il disco sono di valore, nonostante siano
stati complessivamente sottovalutati anche da molta critica.
Nel 2004 Fiorella Mannoia inserisce la sua Metti in circolo
il tuo amore nel live CONCERTI, mentre Una vita da mediano
viene scelta come inno dalla lista Uniti nell’Ulivo. Feltrinelli
intanto dà alle stampe il nuovo romanzo “La neve se ne frega”
(con prefazione della ammiratrice Fernanda Pivano), che
riscuote ennesimi consensi. Durante l’estate Ligabue partecipa
al Festival Teatro Canzone Giorgio Gaber di Viareggio,
offrendo un’emozionante versione di Qualcuno era comunista
di Gaber. Il 10 settembre 2005 tiene un grande concerto al
Campovolo di Reggio Emilia (documentato su DVD), con
quattro palchi e quasi 180.000 persone (record europeo),
purtroppo con una resa acustica non ottimale. Appena dopo,
con NOME E COGNOME torna a raccontare e a raccontarsi con
onestà, a mezza via fra l’istinto e la ragione, riuscendo questa
volta a dare nuova linfa ai cliché stilistici che lo hanno a volte
imprigionato. (e.de - g.fa.)
DISCOGRAFIA

LIGABUE (WEA 1990)


LAMBRUSCO COLTELLI ROSE & POPCORN (WEA 1991)
SOPRAVVISSUTI E SOPRAVVIVENTI (WEA 1993)
A CHE ORA È LA FINE DEL MONDO? (WEA 1994)
BUON COMPLEANNO, ELVIS (WEA 1995)
SU E GIÙ DA UN PALCO (WEA 1997, live doppio)
RADIOFRECCIA (WEA 1998, colonna sonora doppia)
MISS MONDO (WEA 1999)
FUORI COME VA? (WEA 2002)
GIRO D’ITALIA (WEA 2003, live doppio, con un terzo CD
nell’edizione limitata)
NOME E COGNOME (WEA 2005)
LIGABUE. L’esordio di un trentenne che spara 11 pezzi (di
cui solo un paio verranno dimenticati) scelti fra i 200 che
aveva scritto fino a quel momento. Balliamo sul mondo (in
origine il titolo era Eroi di latta) e Bambolina e barracuda
attaccano la spina, Non è tempo per noi e Bar Mario
mostrano lo sguardo di chi con le canzoni non vuole
cambiare il mondo, tantomeno il rock, ma raccontare ciò
che gli sta intorno.
BUON COMPLEANNO, ELVIS. L’album della deflagrazione in
termini di vendite, anche se forma e contenuti sono gli stessi
dei lavori precedenti. Presley, che nel ’95 avrebbe compiuto
sessant’anni, è preso come simbolo delle contraddizioni. Il
rock nella sua forza positiva, condensato in una serie di hit
impressionante, dalla notissima Certe notti a Vivo o morto o
x, Hai un momento Dio?, Quella che non sei, Leggero. La
title track doveva chiamarsi Nati col vento contro.
MISS MONDO. Il suo disco più curato fino a quel momento;
preponderanza di chitarre e piste orchestrali registrate ad
Abbey Road con arrangiamenti e direzione d’orchestra di
Piero Milesi in due brani. Le impennate di Si viene e si va si
chetano in Almeno credo, le camminate di Una vita da
mediano bilanciano le sfrontatezze di L’odore del sesso.
GIRO D’ITALIA. Live testimone di un trascinante ed elegante
atto di coraggio e curiosità, consapevolezza e capacità,
quello di proporre i pezzi in chiave acustica, in una
meraviglia di gusti gestita da un ottimo interprete. Ligabue
arricchito di campionamenti, flauto, bouzouki, violino &
Co. Splendide versioni di Piccola stella senza cielo, Vivo
morto o x, Tra palco e realtà, Dove fermano i treni.
NOME E COGNOME. Anticipato dal singolo Il giorno dei
giorni, è il disco che lo riporta ad alti livelli qualitativi
anche nella produzione in studio. Alcuni picchi (come
L’amore conta, Lettera a g, Sono qui per l’amore), ma
soprattutto pochi cedimenti. Un lavoro ispirato, vivo, figlio
di vicende personali e sentimentali, che va annoverato tra i
suoi migliori in assoluto, insieme al primo.

LINEA 77
Band di rock estremo (fra hardcore e nu metal) tra le più
agguerrite, i Linea 77 nascono a Venaria (TO) nel 1993 e,
dopo i demo tapes “Ogni cosa al suo posto” e “Kung Fu”,
inaugurano la discografia nel 1998 con TOO MUCH HAPPINESS
MAKES KIDS PARANOID. Il sound è caratterizzato dall’uso
esasperato delle chitarre, sulla scia del loro principale
riferimento musicale, i Rage Against The Machine dei quali
sono stati per anni una cover band. Grazie a un contratto
internazionale firmato con la Earache Records (che ripubblica
il loro primo disco) riescono poi a farsi conoscere anche sul
mercato internazionale e a ottenere ottime recensioni da varie
riviste di settore, fino a tenere una lunga tournée in Inghilterra.
Per Nicola “Nitto” Sangermano (vc.), Emiliano “Emo”
Audisio (vc.), Davide “Dade” Ravanello (bs.), Paolo
“Chinaski” Ravanello (ch.) e Cristian “Tozzo” Montanarella
(bt.) la notorietà cresce ancora di più nel 2001 con KET.CH.UP
SUI.CI.DE (lanciato da Moka) e nel 2003 con NUMB, che
contiene Fantasma e 66, scaturito dalla collaborazione con i
concittadini Subsonica. Affermatisi ormai all’estero, con
AVAILABLE FOR PROPAGANDA (2005), registrato a Los Angeles e
prodotto da Dave Dominguez, entrano addirittura in classifica
in Italia.

LINO E I MISTOTERITAL
Gruppo di area bolognese attivo negli anni ’80 e vicino al
rock demenziale, ma con un senso ironico più cabarettistico e
intellettuale. Oltre al leader e cantante Phil Anka (Roberto
Grassilli) ne fanno parte Antonio Gualtirolo e Francesco
Garbari. Dopo svariati demo tapes come “Il prosciutto e il
cane”, nel 1987 partecipano ad “Arezzo Wave”; tra i loro
migliori singoli del periodo, Tienti le tue trote e Una storia di
Cebion. Poi incidono, senza però riscontri commerciali
significativi, i loro unici due album, BRAVI MA BASTA (1988) e
ALTRI NANI (1991) che colgono solo in parte l’impatto sul
versante live, loro dimensione ideale, tra gag e grande energia.
Nel 1990 partecipano al festival “Sanscemo” di Torino, con Il
sussidiario. Si sciolgono nel 1991, per ripresentarsi solo nel
2002 per una serata concerto a Bologna.

LITFIBA
Firenze, fine 1979. Si forma una band dal nome difficile ma
intrigante: L come località, IT come Italia, FI come Firenze,
BA come Via de’ Bardi, dove è situata la prima sala prove.
Tutto nasce per iniziativa del chitarrista Federico “Ghigo”
Renzulli, già nei Cafè Caracas – autori nel ’79 del 45 giri
Tintarella di luna / Say It’s All Right Joy e comprendenti anche
il bassista-cantante Raffaello Riefoli, che qualche anno dopo si
affermerà con lo pseudomino di Raf. A Renzulli nei Litfiba si
affiancano prima Gianni Maroccolo (bs.), poi Antonio Aiazzi
(ts.) e Francesco Calamai (bt.) che a breve sarà sostituito da
Renzo Franchi. Il primo pezzo è uno strumentale, A Satana,
finché Aiazzi non trova un cantante, il diciottenne Piero Pelù,
che diverrà l’immagine della band.
L’esordio dal vivo è l’8 dicembre 1980, il giorno della
morte di John Lennon. Nei primi concerti Pelù esce da una
bara e canta i versi che ha scritto per il brano A Satana. Nel
1982 esce l’EP GUERRA, ma la prima grossa opportunità è la
partecipazione, nello stesso anno, al “2° Festival Rock
Italiano”, nel quale i Litfiba superano di misura i catanesi
Denovo: il premio è la registrazione di un 45 giri, pubblicato
nell’aprile del 1983 con i brani Luna e La preda, che
ottengono le prime lusinghiere recensioni. Nel frattempo il
gruppo lavora alla colonna sonora di un’avveniristica
rappresentazione dell’Eneide per la compagnia teatrale
Krypton, che viene anche pubblicata. Nello stesso anno escono
le compilation ITALIA WIVA COMPILATION 1 (con Guerra) e
BODY SECTION (con l’inedito Transea). Con un nuovo
batterista, Luca de Benedictis (che sceglie il nome d’arte di
Ringo De Palma) nella primavera del 1984 esce per la
Contempo un nuovo EP, con Yassassin di David Bowie e un
brano originale, Elettrica danza. Seguono una tournée europea
(documentata dalla cassetta in edizione limitata “Live in
Berlin”) e, per la I.R.A (Immortal Rock Alliance), storica
etichetta fondata da Alberto Pirelli, una raccolta di quattro
singoli firmati Diaframma, Underground Life, Moda e Litfiba,
che partecipano con due pezzi inediti, Onda araba e Versante
est.
Nel 1985, dopo ben cinque anni dalla nascita della band,
esce il primo album ufficiale, DESAPARECIDO (prodotto da
Pirelli come i seguenti), che dimostra come l’Italia abbia
trovato un gruppo in grado di dare origine a un nuovo
movimento rock, grazie soprattutto a Pelù, cantante
egocentrico e narcisista, dalla vocalità enfatica ma dotato di
forza magnetica specie sul palco. L’album è una summa delle
caratteristiche dei Litfiba, che lo stesso anno vincono il
referendum (indetto dalla rivista “Rockerilla”) come miglior
rock band italiana. In ottobre viene pubblicato un piccolo
gioiello sotto forma di EP 12 pollici, Amsterdam, di
Diaframma e Litfiba (sul lato B i soli Diaframma con Elena e
Ultimo boulevard). Sono i due gruppi faro non solo della scena
fiorentina ma anche di quella italiana. Quindi un altro EP 12
pollici con le nuove versioni di Transea e Onda araba e gli
inediti strumentali Maria Walevska e CPT Queeg. I Litfiba si
esibiscono come gruppo di punta in un maxiconcerto antimafia
a Palermo (“La musica contro il silenzio”), ostinatamente
ideato e coordinato da Pelù, per poi partire per altre date
all’estero, dal Belgio all’Australia. A dicembre esce il nuovo
lavoro, 17 RE, doppio, che conferma e rilancia il valore del
gruppo. Fondamentale è il lavoro anche d’arrangiamento di
Maroccolo, coadiuvato dal tastierista Francesco Magnelli. I
Litfiba sono al massimo della forma. All’inizio del 1987
danno il via a un nuovo tour, che si conclude il 12 maggio a
Firenze, data che diventerà il titolo del primo live, 12-5-1987
(APRITE I VOSTRI OCCHI). Partecipano poi a Sanremo Rock con
Ci sei solo tu, poi inserita nel successivo LITFIBA 3, che chiude
la cosiddetta “trilogia del potere” (in origine il titolo doveva
essere “Prigionieri”). Dedicato a un condannato a morte
americano, è un album meno omogeneo dei precedenti pur
mantenendosi su livelli più che dignitosi e confortato da un
ottimo riscontro di vendite. La tournée che ne segue chiama a
raccolta fan vecchi e nuovi, fino a raggiungere l’apice a Parigi,
al festival “SOS Racisme” e poi al “Festival de l’Humanitè”.
In Francia intanto era stato pubblicato su 45 giri Paname, così
come DESAPARECIDO e LITFIBA 3.
Il trionfo dei concerti nasconde però le prime crepe
intestine, che minano soprattutto il rapporto con la I.R.A.
Nell’estate del 1989 i Litfiba entrano in studio per lavorare a
PIRATA, un live con molte sovraincisioni, ma alla
pubblicazione Maroccolo, Aiazzi e De Palma se ne sono già
andati, per divergenze artistiche e gestionali. PIRATA, realizzato
per la CGD, ha ulteriori gratificazioni di vendite, seguito da un
tour che Pelù e Renzulli affrontano con Daniele Trambusti
(bt.), Roberto Terzani, ex Skiantos e Gaznevada (bs.), e
Candelo Cabezas (pr.). Intanto De Palma, che si era aggregato
con Gianni Maroccolo ai CCCP, viene trovato morto,
ufficialmente per arresto cardiaco.
Nei Litfiba entra per un breve periodo anche un secondo
chitarrista, Federico Poggipollini (in seguito al fianco di
Ligabue), per il tour che anticipa il nuovo album, EL DIABLO,
che apre la “Tetralogia degli elementi” con il tema del fuoco e
segna un ulteriore e deciso incremento di vendite. Orfana
dell’intelligenza sonora di Maroccolo (ora i brani sono firmati
dai soli Pelù e Renzulli), la band ha scelto di dare maggior
immediatezza ai brani. Questo permette loro di raggiungere un
numero più ampio di ascoltatori ma segna anche un calo nella
qualità delle canzoni, con i testi che perdono quell’atmosfera
lirica che li aveva sempre contraddistinti. Intanto esce, per
Arcana, la biografia del gruppo, “Proibito”, di Stefano
Ronzani. Nel 1992 viene pubblicata la doppia antologia SOGNO
RIBELLE e l’eponima VHS celebrativa. Nelle date
sudamericane della tournée avviene l’esordio del nuovo
batterista Franco Caforio (ex Violet Eves).
Il successivo TERREMOTO del 1993 recupera l’energia con
canzoni particolarmente adatte per essere suonate dal vivo e
conferma i Litfiba come la band del momento. Esce anche il
volume “Litfiba. Terremoto: i testi”, ancora di Ronzani e per
Arcana, mentre Aiazzi rientra nel gruppo al posto di
Poggipollini. Dopo COLPO DI CODA (triplo live con l’inedito A
denti stretti), nel 1994 esce SPIRITO (con le hit Lacio Drom e
Lo spettacolo), dedicato all’aria, il primo album senza la
produzione di Alberto Pirelli. Intanto Terzani è passato alla
chitarra ed è entrato al basso Daniele Bagni. Nel 1995 viene
dato alle stampe LACIO DROM, un CD di live e remix con VHS,
e nel 1997 MONDI SOMMERSI (tema: l’acqua), un successo da
classifica ma di scarso valore, a partire dal singolo radiofonico
Regina di cuori. Nel 1998 un altro live, CROCE E DELIZIA e
quindi nel 1999 INFINITO (sul tema del tempo), anticipato dal
singolo Il mio corpo che cambia e decisamente improntato al
pop. Il pubblico, anch’esso diverso rispetto a quello dei primi
dischi, premia il disco ma la band è ormai la fotocopia sbiadita
di quella che negli anni ’80 aveva dato una spinta decisiva alla
rinascita del rock italiano.
Dopo un tour breve e problematico sin dalla sua
presentazione, con scambio polemico tra Renzulli e Pelù,
giunge il divorzio tra i due, documentato poi da due diverse
biografie: quella del chitarrista è “A denti stretti. La vera storia
dei Litfiba” di Federico Guglielmi (Giunti); quella del cantante
“Perfetto difettoso” di Massimo Cotto (Mondadori). Ghigo
continua mantenendo il nome Litfiba, con Gianluigi “Cabo”
Cavallo (dalla vocalità simile a quella di Pelù) come frontman,
mentre la base ritmica è affidata a due ex Malfunk, Gianluca
Venier (bs.) e Ugo Nativi (bt.), che verrà poi sostituito da
Giammarco Colzi. Il primo album del nuovo corso è
ELETTROMACUMBA, prodotto dallo stesso Ghigo e che riesce a
vendere tutto sommato un discreto numero di copie. Il tour
seguente è documentato in “Live on Line”, un disco
disponibile solo in rete. Nel 2001 è la volta di INSIDIA che,
nonostante alcune carte in più rispetto al precedente, non pare
possedere alcun legame con lo spirito dei primi Litfiba.
L’unica vera sorpresa dell’ultimo corso è il ritorno di Antonio
Aiazzi, a partire dal brano Larasong, per la colonna sonora del
nuovo videogame dell’eroina Lara Croft. ESSERE O SEMBRARE
del 2005 appare inutile, anche sotto il profilo delle vendite.
Pelù intanto procede in una carriera solistica a poco a poco
sempre più deludente anche dal punto di vista commerciale
(nel 2003 Elio e le Storie Tese pubblicano un ironico brano
intitolato Litfiba tornate insieme). Nel 2005 Pelù cura la
pubblicazione di un doppio live con estratti del suo ultimo tour
con il gruppo nel ’99. (r.ba.)
DISCOGRAFIA

ENEIDE (Suono 1983, colonna sonora)


LIVE IN BERLIN (The League Of The Gloomers 1984, dal
vivo, in musicassetta)
DESAPARECIDO (IRA 1985)
17 RE (IRA 1986, doppio)
12/5/87 (APRITE I VOSTRI OCCHI) (IRA 1987, dal vivo)
LITFIBA 3 (IRA 1988)
PIRATA (IRA/CGD 1989, dal vivo)
EL DIABLO (CGD 1990)
SOGNO RIBELLE (CGD 1992, raccolta doppia con inediti)
TERREMOTO (CGD 1993)
COLPO DI CODA (EMI 1994, triplo dal vivo)
SPIRITO (EMI 1994)
LACIO DROM (EMI 1995, dal vivo e remix, con VHS
allegata)
MONDI SOMMERSI (EMI 1997)
CROCE E DELIZIA (EMI 1998, live)
INFINITO (EMI 1999)
ELETTROMACUMBA (EMI 2000)
INSIDIA (EMI 2001)
ESSERE O SEMBRARE (Edel 2005)
LITFIBA LIVE ’99 (Sony BMG 2005, doppio dal vivo con
registrazioni del ’99)
DESAPARECIDO. Tra i dischi d’esordio più fulminanti del
rock italiano, un condensato di pathos, di rabbia e di
dolcezza. Trainato da brani come Eroe nel vento e Guerra, è
la chiave che ha permesso ai Litfiba di aprire le porte al
rock italiano anni ’80. Pelù, anima carismatica della band,
regala spessore a un gruppo che è riuscito a unire la politica,
il sociale, la poesia e, perché no, la melodia. Tra gli altri
brani, Istanbul, Tziganata e Lulù e Marlene.
17 RE. Album monumentale, ambizioso, doppio e quindi
tracimante di idee, pensato come un concept, con testi che si
impongono per la loro forza e per la linea poetica
ammaliante. Si incrociano linguaggi musicalmente distanti,
dal rock chitarristico alla soul music venata da sfumature
latine, con canzoni travolgenti come Apapaia, Resta e Gira
nel mio cerchio. È anche l’album di Re del silenzio, Sulla
terra, Pierrot e la luna, Tango, Cane, Ferito.
EL DIABLO. Un rock pomposo e dall’impatto immediato,
come dimostrano i tre singoli El Diablo, Gioconda e
Proibito. Pelù è sempre più debordante, voce e volto di un
gruppo che comincia a dare i primi segni di cedimento. Ciò
nonostante il disco presenta una band motivata, che punta a
uscire dalla realtà indipendente per affermarsi ad ampio
raggio, superando così le diffidenze di chi li riteneva troppo
“impegnati” per ottenere il successo di massa.
TERREMOTO. Il colpo di coda della band fiorentina. Il titolo
è programmatico, preludio di un suono potente, pieno
dell’energia primordiale del rock’n’roll, pur mostrando
qualche debolezza nei singoli brani, tra i quali si segnala
comunque Prima guardia. Sotto il vulcano è dedicata a
Augusto Daolio, il leader dei Nomadi da poco scomparso. Il
disco ha come elemento di riferimento la Terra e testimonia
la vena sociale e politica del gruppo.

LITTLE TONY
Cantante ma soprattutto personaggio indissolubilmente
legato agli anni ’60 italiani, Antonio Ciacci nasce a Tivoli il 9
febbraio 1941 in una famiglia di musicisti. Da ragazzo inizia
ad amare il rock’n’roll e in particolare Elvis Presley,
l’emulazione del quale non si limita al ciuffo. Inizia a suonare
con i propri fratelli – tra cui Enrico Ciacci, buon chitarrista di
country and western – in ristoranti e poi in balere e teatri,
finché nel 1958 ha l’occasione di recarsi in Inghilterra dove
rimane per più di un anno, suonando come “Little Tony and
his Brothers”. Nello stesso anno pubblica il primo 45 giri,
Believe What You Say. In Italia si mette in luce a Sanremo in
coppia con Celentano nel 1961 con 24mila baci, partecipa
quindi al festival rock di Parigi. I primi discreti esiti autonomi
sono Il ragazzo col ciuffo (1962) e Quando vedrai la mia
ragazza (1964), ma il successo si consolida con un micidiale
poker di 45 giri: prima Riderà (1966), cover della francese
Fais la rire, poi le sanremesi Cuore matto (1967, di Mogol-
Donida), Bada bambina (1969, di Migliacci-Zambrini) e La
spada nel cuore (1970, di Mogol-Donida). Sono canzoni in
linea di massima più improntate alla melodia italiana. Intanto
si esibisce anche all’estero, Stati Uniti compresi. Nel corso del
decennio interpreta diversi film, i cosiddetti “musicarelli”, tra
cui: “I teddy boys della canzone”, “Marinai in coperta”, “Zum
zum zum”, “Cuore matto”. Negli anni ’70 il successo va via
via scemando. Nel 1973 incide Come un anno fa, cover di
Vincent di Don Mc Lean tradotta da un giovanissimo
Francesco De Gregori. L’ultimo discreto successo è Cavalli
bianchi del 1974, a cui segue TONY CANTA ELVIS (1975). Negli
anni ’80 Little Tony dà vita al trio Robot con Rosanna Fratello
e Bobby Solo, e diventa uno dei pilastri delle molte
trasmissioni televisive dedicate al revival. Si esibisce con
regolarità dal vivo con grande seguito da parte del pubblico
più nostalgico. Continua a partecipare anche a diversi Festival
di Sanremo, ad esempio nel 2003, in coppia con il collega
Bobby Solo, con Non si cresce mai, orecchiabile e con un
fondo di mestizia.

LOCANDA DELLE FATE


Gruppo piemontese di rock progressivo costituito da ben
sette elementi: Leonardo Sasso (vc.), Ezio Vevey (ch., vc., fl.),
Alberto Gaviglio (ch.), Michele Conta (ts.), Oscar Mazzoglio
(ts.), Giorgio Gardino (bt) e Luciano Boero (bs). Esordiscono
con un album ora considerato fra i migliori del genere, FORSE
LE LUCCIOLE NON SI AMANO PIÙ, solo nel 1977, quando l’onda
del progressive si è attenuata. Il disco (oggi molto raro e
costoso in vinile e ancora molto richiesto in CD) vede un certo
sinfonismo melodico, tastiere dominanti, un discusso cantato
in italiano, due mini suite e la produzione di Niko
Papathanassiou, fratello del più celebre Vangelis. Ma il
supporto promozionale, l’attenzione della stampa e le vendite
non sono sufficienti e il gruppo si scioglie dopo appena un 45
giri e un EP. Uscirà un live postumo da una registrazione di
scadente qualità, risalente al 1977; segue ancora il controverso
HOMO HOMINI LUPUS (1999).

MIMMO LOCASCIULLI
I cantautori sono una specie fatta di tante sottospeci: i
professori, gli avvocati, i medici… Se di questi ultimi Jannacci
è l’indiscusso capofila, Mimmo Locasciulli ne è il degno
scudiero. Amico di De Gregori e “nemico” di Ciampi (al
quale, appunto da medico, impediva di bere…), abruzzese di
nascita (Penne, 7 luglio 1949) e romano d’adozione, è ormai
“intorno ai trent’anni” quando l’Italia – al di là di un manipolo
di patiti che lo conosce soprattutto come habitué del
Folkstudio (che fra l’altro, nel ’75, produce il suo album
d’esordio) – inizia ad accorgersi seriamente di lui. Chitarrista
per necessità e pianista per vocazione, colpisce per una
vocalità grave e pastosa, irruvidita dalle mille sigarette (e che
in effetti si fa, dopo il suo stop alle “bionde”, più nitida e
rotonda), fortemente evocativa, attraversata da un lirismo mai
sdolcinato, al servizio di tematiche spesso quotidiane, mai
ridondanti. Calcato un cappello in testa, a metà del guado di
una carriera non sempre sotto i riflettori come il suo spessore
avrebbe meritato, ritiene di possedere tutti gli elementi per
mettersi sulle rotte dell’amatissimo Tom Waits. È ormai
“intorno ai quaranta”, e al suo fianco chiama pure il bassista
(nonché cognato) di Waits, Greg Cohen, con il quale si
cementa via via un rapporto destinato a durare. Appena alle
spalle ha una brillante collaborazione con Enrico Ruggeri (che
come lo stesso De Gregori accompagnerà, a singhiozzo, altre
tappe della sua carriera), davanti un abile lavoro di produttore
che lo porterà fra l’altro a indurre un attore come Alessandro
Haber a prestare il suo humus interpretativo anche alla
canzone.
Dopo un Q-Disc del 1980 in cui spicca Piccola luce, è
appunto l’LP INTORNO A TRENT’ANNI che, nell’82, lo consacra.
La canzone omonima, Gli occhi e Natalina ne sono i brani
trainanti, mentre negli altri lavori del decennio spiccano fra le
altre Cara Lucia, Ballando, Vienna 1936, Arte moderna (con i
Cetra). Gli anni ’90 si aprono con uno dei capolavori di
Locasciulli, TANGO DIETRO L’ANGOLO, culmine della fase
waitsiana (del resto mai dismessa). Inciso in America con i
musicisti del collega (Cohen, ma anche Marc Ribot), ha i suoi
apici nella title track, in Siamo noi, Avrò diamanti e Il giorno
più difficile. Alcune pagine scritte con De Gregori (Delitti
perfetti e Povero me su tutte) nobilitano i due lavori che
seguono, nonché il successivo IL FUTURO, prezioso disco in
prevalenza di traduzioni (da Cohen, Dylan, Waits, Costello,
Newman, Byrne, Neil Young ecc.). Facendosi più stringente
l’impegno di produttore (fra l’altro di un ritrovato Claudio
Lolli), finisce per soffrirne la produzione personale. Nel 2002
esce comunque un ottimo doppio riepilogativo, ARIA DI
FAMIGLIA, e due anni più tardi (l’uno e l’altro per l’etichetta
dello stesso Locasciulli, la Hobo) un nuovo lavoro di inediti,
rigorosamente acustico e intitolato emblematicamente PIANO
PIANO, in cui brani come Un po’ di tempo ancora, L’inverno,
Olio sull’acqua, Piano piano, L’interpretazione dei sogni
chiariscono che per l’uomo di Penne l’età della pensione è
ancora lontana. Nel 2006 è la volta di SGLOBAL, con ospiti
come Frankie Hi-Nrg e Alex Britti.
(a.ba.)
DISCOGRAFIA

NON RIMANERE LÀ (Folkstudio 1975)


QUELLO CHE CI RESTA (RCA 1977)
QUATTRO CANZONI DI MIMMO LOCASCIULLI (RCA 1980, Q-
Disc)
INTORNO A TRENT’ANNI (RCA 1982)
SOGNADORO (RCA 1983)
MIMMO LOCASCIULLI (RCA 1985)
CONFUSI IN UN PLAYBACK (RCA 1985, dal vivo)
CLANDESTINA (RCA 1987)
(ADESSO GLIELO DICO) (RCA 1989)
TANGO DIETRO L’ANGOLO (Polygram 1991)
DELITTI PERFETTI (Polygram 1992)
UOMINI (Polygram 1995)
IL FUTURO (Polygram 1998)
ARIA DI FAMIGLIA (Hobo/Sonymusic 2002, antologia doppia
con inediti e nuove esecuzioni)
PIANO PIANO (Hobo/Sonymusic 2004)
SGLOBAL (Hobo/Egea Records 2006)
ARIA DI FAMIGLIA. Accanto a inediti di valore quali Aria di
famiglia e Alice è felice, trovano posto in questo doppio CD
nuove versioni di una ventina abbondante di brani storici
(Piccola luce, Gli occhi, Cala la luna, Intorno a trent’anni,
Confusi in un playback, Ballando, Avrò diamanti, Il giorno
più difficile, Tango dietro l’angolo, Povero me, Delitti
perfetti, Il suono delle campane) con ospiti come Francesco
De Gregori, Enrico Ruggeri (entrambi anche come
coautori), Greg Cohen, Paolo Fresu. Insomma: il veicolo
ideale per abbordare il pianeta Locasciulli.

CLAUDIO LOLLI
Troppo spesso proposto come prototipo del cantautore anni
’70 depresso e depressivo, Claudio Lolli è in realtà
personaggio estremamente più interessante e sfaccettato,
nonché artista chiave nella definizione della canzone italiana
d’autore. Bolognese (28 marzo 1950) appartenente a una
famiglia di quella “piccola borghesia” di cui diventerà cantore,
impara a suonare la chitarra negli anni del liceo. Ama i
cantautori francesi e De André. Canta all’Osteria delle Dame
dove conosce Francesco Guccini, grazie al quale giovanissimo
incide il suo primo album, ASPETTANDO GODOT, che raccoglie
dieci canzoni (alcune delle quali scritte diversi anni prima), dal
tono omogeneo, intriso di esistenzialismo. Diviene un classico.
L’iniziazione discografica verrà raccontata da Lolli in un brano
tragicomico qualche anno più tardi (Autobiografia industriale,
in DISOCCUPATE LE STRADE DAI SOGNI), disvelamento dei
meccanismi improbabili del marketing. Intanto il cantautore,
che sta studiando per laurearsi in Lettere, pubblica con la EMI
altri due lavori ancora impregnati di tematiche legate alla post
adolescenza: UN UOMO IN CRISI (1973, con Io ti racconto, La
giacca, Hai mai visto una città, Morire di leva, della durata di
quasi 10 minuti) è concepito come un 33 giri in due sezioni-
facciate, “Canzoni di vita” e “Canzoni di morte”, tra le quali
per la verità si fatica a trovare la demarcazione. A imperare è
una scrittura di cristallino pessimismo (in cui persino “coscia”
fa rima con “angoscia”), gli arrangiamenti servono solo a
vestire i versi ed è assente qualsiasi supporto ritmico. Lolli si
esibisce in apertura dei concerti di Guccini, mentre CANZONI DI
RABBIA (1975, con Viaggio, Prima comunione, Donna di
fiume) chiude un trittico amatissimo, pur nei suoi tratti acerbi,
dai lolliani doc, cercando di riequilibrare il divario tra le parole
da una parte e la musica e l’orchestrazione dall’altra. La
presenza di percussioni e fiati (curati da Cicci Santucci)
contribuisce a una veste più composita. È il preludio alla
svolta di HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI (1976), uno dei
dischi più riusciti dell’intero decennio, in cui Lolli salda la
propria esperienza individuale a quella collettiva della piazza,
in quegli anni di attivismo e fermento. Dopo il concept album
sociopolitico, spinge ancora di più sull’acceleratore del
coinvolgimento politico con l’ottimo DISOCCUPATE LE STRADE
DAI SOGNI (con Canzone scritta su un muro, Incubo numero
zero, Analfabetizzazione). È un lavoro plumbeo e scontroso,
figlio della schizofrenia del 1977, cronaca del passaggio dal
sogno degli zingari felici all’incubo dei carri armati a Bologna.
Intanto naufraga l’illusoria parentesi discografica con l’Ultima
spiaggia di Nanni Ricordi, che ha pubblicato il disco.
Nasce dal disincanto del reduce un disco come EXTRANEI
(Come un dio americano, Canzone del principe rospo),
definito dal suo autore un lavoro di “pop intellettuale”. Con
scelta realistica Lolli decide che il suo mestiere sarà
l’insegnante di Italiano e Latino ma, mentre vince il concorso
a cattedra, la EMI gli fa sottoscrivere il contratto più lussuoso
fin qui, pretendendo però di promuoverlo come un prodotto
pop, tentando cioè di normalizzare un outsider naturale. Nel
1981 esce il libro intervista “Claudio Lolli” di Piero
Cannizzaro (LatoSide). ANTIPATICI ANTIPODI (con il brano
omonimo, Notte americana, Villeneuve) del 1983, con in
copertina i disegni di Andrea Pazienza e nei solchi le
collaborazioni con Roberto Roversi e Claudio Piersanti,
anticipa un percorso di serenità espressiva che caratterizzerà
tutta la produzione successiva. Nel 1984 Lolli porta in giro con
Giampiero Alloisio lo spettacolo “Dolci promesse di guerra” e
nel 1987 pubblica CLAUDIO LOLLI, che lo vede tirato a lucido.
Dall’album viene esclusa la straordinaria Keaton, girata a
Francesco Guccini (per SIGNORA BOVARY), che inciderà anche
Ballando con una sconosciuta (in QUELLO CHE NON…). Dopo
di che per Lolli inizia un periodo di allontanamento dalle
scene.
NOVE PEZZI FACILI (1992) contiene solo tre inediti, tra cui la
splendida Tien An Men. Intanto le strade di Lolli incrociano
quelle di un chitarrista abruzzese suo giovane ammiratore,
conosciuto anni prima: Paolo Capodacqua. Al suo fianco Lolli
ricomincia a coltivare con passione il mestiere della musica;
comincia nel 1993 da Firenze una serie di reading pressoché
ininterrotta, con la quale rivisita il proprio repertorio,
riassegnando alle parole uno spazio centrale e non
disdegnando un approccio ironico, memore anche degli studi
di recitazione tenuti anni prima con Vittorio Gassman. Per un
album interamente nuovo – peraltro di difficile reperibilità –
bisogna attendere il 1997, con INTERMITTENZE DEL CUORE (con
la splendida Curva sud, Dita, Ignazio, Ulisse, I musicisti di
Ciampi) che dimostra che l’intelligenza compositiva non si è
affievolita, ma addirittura raffinata. Nel frattempo il professore
si dedica anche alla letteratura, pubblicando “Giochi crudeli”
(Feltrinelli), “L’inseguitore Peter H.” e “Nei sogni degli altri”
(Marsilio). Nel 1998 l’album VIAGGIO IN ITALIA, arrangiato da
Mimmo Locasciulli, propone un’alternanza di rivisitazioni e
nuovi pezzi (L’amore ai tempi del fascismo). Di lì a poco
l’etichetta Storie di note riesce a valorizzare Lolli per quello
che è e che merita: nel 2000 esce DALLA PARTE DEL TORTO,
citazione brechtiana per un nuovo rientro (con l’emozionante
Folkstudio e Nessun uomo è un uomo qualunque), che lo
consacra autore di un culto riconosciuto e diffuso. Un sito
Internet di discussione e critica musical cantautorale (Brigate
Lolli: www.bielle.org: ) prende il nome da lui; il filmaker
Salvo Manzone gli dedica il documentario “Salvarsi la vita
con la musica”; il giornalista e discografico Jonathan Giustini
pubblica per Stampa Alternativa la sua biografia “La terra, la
luna, l’abbondanza”, che contiene allegato un CD dal vivo
inedito. Intanto Lolli mette mano al 25ennale di HO VISTO
ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI insieme al Parto delle Nuvole
Pesanti, arricchendo di sonorità e significati il capolavoro
degli anni ’70. Nel 2004 pubblica il volume di poesie “Rumore
rosa”, musicate su CD allegato (Stampa Alternativa) e nel
2005, con “L’Unità”, LA VIA DEL MARE, reading con il poeta
Gianni d’Elia e Capodacqua. L’attività concertistica in duo con
quest’ultimo continua incessante, proponendo la voce sempre
attuale di un autore di spessore poetico e civile, in parte
misconosciuto e costantemente animato dalla voglia di
mettersi in gioco. Nel 2006 un nuovo album di inediti, LA
SCOPERTA DELL’AMERICA. (g.ve.)
DISCOGRAFIA

ASPETTANDO GODOT (EMI 1972)


UN UOMO IN CRISI (EMI 1973)
CANZONI DI RABBIA (EMI 1975)
HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI (EMI 1976)
DISOCCUPATE LE STRADE DAI SOGNI (Ultima spiaggia 1977)
EXTRANEI (EMI 1980)
ANTIPATICI ANTIPODI (EMI 1983)
CLAUDIO LOLLI (EMI 1988)
NOVE PEZZI FACILI ( (EMI 1992, antologia con inediti e
nuove versioni)
INTERMITTENZE DEL CUORE (Tide Records 1997)
VIAGGIO IN ITALIA (Hobo 1998, antologia con inediti e nuove
versioni)
DALLA PARTE DEL TORTO (Storie di note 2000, antologia con
inediti e nuove versioni)
HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI (Storie di note 2003,
dal vivo con il Parto delle Nuvole Pesanti)
LIVE (Stampa alternativa 2003, album dal vivo di un
reading, allegato al volume “La terra, la luna,
l’abbondanza”)
RUMORE ROSA (Stampa alternativa 2004, album di lettura di
poesie su accompagnamento musicale, allegato al volume di
poesie “Rumore rosa”)
LA VIA DEL MARE (L’Unità/Liocorno 2005, reading dal vivo a
nome Lolli-d’Elia-Capodacqua, allegato a “L’Unità”)
LA SCOPERTA DELL’AMERICA (Storie di note 2006)
ASPETTANDO GODOT. Il ragazzo piazza canzoni destinate a
rimanere, come il tormentone Borghesia (ripresa un
trentennio dopo con i Gang), la dedica sentimentale di
Michel, la title track beckettiana. L’influenza di Brassens è
quella più leggibile nei solchi di questo album che in parte
paga dazio all’inesperienza del suo autore. È il disco delle
cinquemila in copertina, con il giovane Lolli già invecchiato
su banconota.
HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI. Una lunga suite,
album concept che segna un’epoca, arrangiato
splendidamente con il collettivo bolognese “La Cicala”,
ricco di intuizioni jazzistiche. I sogni e i desideri di quegli
anni, lo sdegno per le stragi di Stato, l’ansia di un mondo
nuovo (che non verrà). E la vendita al prezzo politico di
3500 lire. Di grande coinvolgimento la canzone che dà il
titolo al disco e Anna di Francia, non da meno Agosto,
Piazza bella piazza, Primo maggio di festa.
CLAUDIO LOLLI. Il ritorno, in pieno riflusso: La fine del
cinema muto è la parabola di tutti i fuori moda, Adriatico è
la dedica al mare “antipatico” (tappa fissa nei reading con
Capodacqua), Via col vento musica pezzi di vita scolastica
del professor Lolli. E ancora: Aspirine, Tutte le lingue del
mondo, La pioggia prima o poi, Tempo perso. Bellissimi
testi con arrangiamenti curati e gradevoli (per lo più di
Bruno Mariani): una delle vette del cantautore.

LOU DALFIN
È Sergio Berardo il leader e il fondatore, nel 1982, dei Lou
Dalfin (“Il delfino”), gruppo piemontese nato con lo scopo di
(ri)proporre la musica e la cultura occitana. Escono nel 1982
EN FRANSO I ERO DE GRANDO GUERO e nel 1984 L’AZE D’ALEGRE
(1984) con strumenti come ghironda, organetto, violino,
flauto. Dopo un primo scioglimento, il gruppo si riforma nel
1990 con nuovi elementi attorno a Berardo e l’innesto di
basso, batteria, chitarra elettrica, tastiere sui moduli occitani:
una miscela che caratterizza W JAN D’ L’EIRETTO (1992), quasi
tutto strumentale; seguono nel 1995 GIBOUS, BAGASE E BANDÍ,
nel 1997 RADIO OUSITANIA LIBRA LIVE, con il gruppo basco
Sustraia, e nel 1998 LO VIATGE, particolarmente riuscito. Ma la
dimensione congeniale al gruppo, che gode ormai di un
seguito enorme nelle valli occitane, è quella live. Dal vivo il
loro folk rock ha un notevole impatto sonoro, anche se nel
2001 il live di studio LA FLOR DE LO DALFIN è deludente; molto
meglio L’ÒSTE DAL DIAU (2004), che vince la Targa Tenco per
il miglior disco in dialetto. Del 2005 è il DVD “Al Temps de
Fèsta en Occitania”.
LOY E ALTOMARE
Checco Loy, romano, figlio d’arte del noto regista Nanni, e
Massimo Altomare, veronese, influenzati dai cantautori
acustici d’oltreoceano, agli inizi degli anni ’70 formano un
insolito duo di chitarre acustiche e armonica. Tra il 1973 e il
1974 incidono due album (PORTOBELLO e CHIARO) con buoni
risultati di vendita e una certa notorietà. I brani sono
orecchiabili, e abbinati alle buone qualità vocali dei due
formano una miscela indovinata. Loy e Altomare ritornano nel
1979 con LAGO DI VICO (M.507) che riprende le caratteristiche
dei precedenti album ma con un certo affinamento nei testi,
più ironici e con tematiche diverse, come in Contro natura, un
brano graffiante contro la droga. Chiusa l’esperienza con Loy,
Altomare si trasferisce a Firenze e nell’84 pubblica su singolo
un’ironica versione di L’edera di Nilla Pizzi (sul retro Peppino
e Dalida, un cha cha reggae con Loy coautore). Altomare
prosegue l’attività alternando varie collaborazioni (Roberto
“Freak” Antoni, Stefano Bollani, Nada, Antonella Ruggiero,
Peppe Servillo, Hypnodance) ed esperienze, compresa
un’operazione di recupero della musica italiana degli anni
’30-’40.

LULA
vedi Amerigo Verardi

LUNAPOP
vedi Cesare Cremonini
M
LA MACINA
Gruppo di canto popolare e di ricerca, orientata soprattutto
alla cultura orale marchigiana. Nasce nel 1968 ad opera
dell’etnomusicologo Gastone Pietrucci (vc., pr.), che cura
anche rassegne, pubblicazioni e dischi. La valorizzazione del
patrimonio folk e l’attenzione filologica verso i brani porta il
gruppo a incidere numerosi album, tra cui VENE IL SABADO E
VENE IL VENERE (1982), MARINAIO CHE VAI PER ACQUA (1988),
SILENZIO CANTA LA MACINA! (1999), quest’ultimo un doppio per
i trent’anni di attività. A questo punto la formazione si espande
anche verso differenti territori. Nel 1999 c’è un concerto sui
brani di origine folk di De André, a cui seguono gli spettacoli
“Resistere! Resistere! Resistere!” con storie di lotte sociali e
“L’espressione di un volto per caso” su Tenco. La Macina
propone inoltre concerti tematici sulla figura della donna, la
religione, il lavoro e altri ancora. Nel 2004 incidono con i
Gang, scambiandosi i rispettivi brani, NEL TEMPO ED OLTRE
CANTANDO, una fusione tra suoni elettrici e acustici. L’anno
seguente è la volta di uno spettacolo per Pier Paolo Pasolini,
“A Pà”, e di uno su Piero Ciampi, “Sono bello, bellissimo, il
più bravo e non perdono”. Intanto, a nome Gastone Pietrucci-
La Macina, escono i due volumi di AEDO MALINCONICO ED
ARDENTE, FUOCO ED ACQUE DI CANTO.

LUCA MADONIA
La vita musicale di Luca Madonia ha inizio nella sua città
natale, Catania, con il quartetto dei Denovo. Dopo quattro
album con loro, Madonia inaugura nel 1991 con PASSIONI E
MANIE il suo percorso solistico, che procede con BAMBOLINA
(nel 1993) e MOTO PERPETUO, l’anno successivo. In questi
lavori emerge una forte continuità stilistica con i Denovo,
privilegiando forse una maggiore morbidezza sonora rispetto
al rock del gruppo. Dopo tanta prolifica attività, segue una
lunga pausa, interrotta nel 2000 con il mini CD SOLO e, nel
2002, con LA CONSUETUDINE. Il passaggio all’etichetta
indipendente Storie di Note gli consente di lavorare senza
pressioni e di confezionare un disco sobrio, “fatto in casa”, in
cui collaborano diversi illustri conterranei come Franco
Battiato e Carmen Consoli. Nel 2003 esce il mini CD 5
MINUTI E POI e nel 2004 la raccolta L’ESSENZIALE. Nel 2006 il
singolo Quello che non so di te (ancora con Battiato) anticipa
l’album VULNERABILE.

FABIO MAGISTRALI
Produttore fra i più stimati dell’underground italiano, in
giovane età suona il pianoforte per passare poi alla batteria. A
partire dalla fine degli anni ’80 intraprende l’attività di fonico,
per divenire anche produttore nel decennio successivo. In
questo periodo l’attività si svolge al Jungle Sound Station di
Milano, mentre successivamente Magistrali appronta uno
studio mobile. Nel 1995 lavora come produttore con i Six
Minute War Madness. Nel 1997 fonda A Short Apnea con
Paolo Cantù e Xabier Iriondo. Come fonico o produttore, o in
entrambi i ruoli, il suo nome in questi anni è dietro a
produzioni di Ritmo tribale, Afterhours, Scisma, Cristina
Donà, Santo Niente, Sux!, Elettrojoice e molti altri. Più
recentemente il “Magister” si è occupato di Perturbazione, Lo-
Fi Sucks!, Bugo, Marta sui Tubi e ha avviato una
collaborazione con l’etichetta Wallace. Una densa attività che
gli è valsa al MEI 2004 il premio come miglior produttore
italiano, nonostante resti sconosciuto ai più.

PETRA MAGONI / FERRUCCIO


SPINETTI
Un duo inconsueto, voce e contrabbasso. Petra Magoni
(nata a Pisa il 27 luglio 1972) è tra le migliori cantanti italiane.
In curriculum esperienze nell’ambito della musica antica e
operistica ma anche nel rock e nella dance. Due le
partecipazioni a Sanremo, nel ’96 e ’97, quando pubblica gli
album PETRA MAGONI e MULINI A VENTO, mentre nel 2000
come “Sweet Anima” realizza un lavoro con brani di Battisti.
Dà poi vita con Ferruccio Spinetti degli Avion Travel al duo
voce e contrabbasso, che debutta nel 2004 con MUSICA NUDA.
Il disco traccia le coordinate sostanzialmente rinnovate nel
successivo MUSICA NUDA 2, doppio album del 2006 che vede la
presenza di numerosi ospiti come il pianista Stefano Bollani,
marito della Magoni e nome di spicco del jazz italiano. Si
tratta per lo più di rivisitazioni, proposte con originalità
interpretativa e tecnica vocale a tratti spinte persino
all’eccesso, di materiale molto eterogeneo. Dai madrigali di
Monteverdi ai Beatles, da Lucio Battisti alla disco music anni
’70, tutto viene scarnificato e ricreato con raffinatezza, ironia-
autoironia e un certo gusto della provocazione. L’esperienza
ottiene consensi in Italia ma ancor più in Francia, dove il disco
entra in classifica.

RIKI MAIOCCHI
Enrico “Riki” Maiocchi, milanese, classe 1940, cantante e
fondatore dei Camaleonti, tenta la carriera solistica sin dal
1964 ma i riscontri arriveranno nel 1966, quando lascerà il
gruppo, con Uno in più. La voce originale e armonica
appoggiata su uno spartito scritto da un giovane Lucio Battisti
(con testo di Mogol) fa nascere un gioiello del beat italiano.
Segue un lungo tour in cui Maiocchi è accompagnato fra gli
altri da un giovane chitarrista inglese conosciuto a Londra
tempo prima: Ritchie Blackmore, futuro principe della svisata
nei Deep Purple. Nel 1967 Maiocchi è a Sanremo con C’è chi
spera, in coppia con Marianne Faithfull. È un altro successo, a
cui segue Prendi fra le mani la testa, scritta ancora da Mogol-
Battisti, che però va meno bene. La fase calante coincide con
una melensa versione di Ma l’amore no che snatura la linea
beat che lo caratterizzava. In seguito è ancora da segnalare Tu
vedi mai cerchi bianchi e neri?, notevole versione di Feelin’
Alright di Joe Cocker. Nel 1998 esce su CD gran parte del suo
repertorio riarrangiato da Alberto Radius. Quasi dimenticato
dal pubblico, Maiocchi si spegne nel 2004 a soli 64 anni.

MAL
Paul Bradley Couling nasce nel 1944 in una piccola
cittadina del Galles, ma si trasferisce quasi subito a Oxford.
Dopo alcune esperienze con altri gruppi, nel 1965 entra nei
Primitives e in breve ne diventa il leader. L’anno dopo sono in
tournée in Italia: il debutto a Viareggio avviene tra un tripudio
di folla, cover di R&B e rock, e ragazzine che si innamorano
di Mal (il suo pseudonimo). Nel ’67 il gruppo incide Yeeeeeh!,
cantata in italiano ma con un marcato accento inglese che
diventerà il marchio di fabbrica del cantante. Il singolo balza
ai primi posti della classifica, seguito dall’album BLOW UP. A
poco a poco il leader si distacca dal gruppo e incide alcuni dei
suoi cavalli di battaglia come Bambolina, Betty Blu e
soprattutto Tu sei bella come sei, con cui partecipa al Festival
di Sanremo 1969 in coppia con gli Showmen, e Pensiero
d’amore (cover di I’ve Gotta Get A Message To You dei Bee
Gees), che realizza un exploit di vendite. Dopo qualche brano
di discreto successo, fotoromanzi e vari film sulle sue canzoni
(i “musicarelli”) Mal scompare dalle scene. Trasferitosi in
Germania ritrova il successo con un paio di singoli tra cui una
curiosa versione tedesca di Canto di Osanna dei Delirium che
diventa Oh Susanna. Rientrato in Italia, nel 1975 torna in
classifica con una nota canzone degli anni ’30 di Vittorio De
Sica, Parlami d’Amore Mariù, mentre nel 1977 vende oltre un
milione di copie con Furia, sigla televisiva del fortunato
telefilm. Sporadicamente avrà ancora qualche minimo
riscontro con altri brani, ma, oltre alla partecipazione nel 1997
al musical “Grease” con Lorella Cuccarini, il prosieguo della
carriera sarà dedicato alla riproposizione dal vivo dei vecchi
successi, accompagnati dai cori dei fan, o a trasmissioni
televisive di revival.

MAURO MALAVASI
Produttore, autore, polistrumentista, nato a Mirandola (MO)
nel 1959. Si diploma al conservatorio e suona jazz per alcuni
anni fino a diventare, dopo l’incontro con Fred Petrus nel
1977, uno dei maggiori artefici del fenomeno dance in Italia,
cui contribuisce con la creazione e produzione di vari gruppi.
Continua poi il lavoro negli Stati Uniti, sempre con successo.
Nel 1984 la produzione di VIAGGI ORGANIZZATI inaugura la
duratura collaborazione con Lucio Dalla, con cui compone
anche colonne sonore per la TV e per il cinema. Lasciato
l’ambito dance, cura alcuni album di Ron, Mango, Tony
Esposito (con il quale scrive Kalimba de luna), e nel 1989
VARIETÀ di Gianni Morandi. Ma sono gli anni ’90 a vedere la
sua affermazione definitiva, grazie alle produzioni di vari
album di Luca Carboni (con il quale scrive l’hit Mare mare),
Biagio Antonacci, Gianna Nannini, Gerardina Trovato, Andrea
Bocelli (per cui scrive anche alcuni brani). Nel 2000 collabora
alla produzione di ASILE’S WORLD di Elisa; nel 2003 è autore
di Oceano per Lisa.

DIEGO MANCINO
Milanese del 1970, dotato di notevole fantasia e curiosità
(non solo musicali). Il padre è componente di un’orchestra e
con lui gira mezza Europa. Si diploma presso la scuola teatrale
di Milano “Quelli di Grok”, per dedicarsi però quasi subito
alla musica. Con i Mary Quant registra nel 1990 GEORG, con la
supervisione di Gianni Maroccolo. Nel 1994 è in Inghilterra
per la colonna sonora del corto “The Fish” e collabora con la
band Solar Flares. Rientra in Italia due anni dopo e registra
due album con gli Achtung banditi (ACHTUNG BANDITI e ODIO
E DEVOZIONE), prima di comporre da solista il concept ALIENO
SERIALE, ispirato al libro “Gli sprecati” di Stefano Pistolini.
Dopo un’altra breve parentesi inglese con i Solar Flares, nel
2000 realizza LE PIUME, che lo conduce nei territori della
canzone d’autore italiana. Nel 2004 pubblica COSE CHE
CAMBIANO TUTTO, album di forte personalità, denso di suoni e
atmosfere soul e rock anni ’60, oltre che debitore alla canzone
d’autore. Molti i brani degni di nota, dalla title track a La casa
brucia e Strana l’estate.

GIANFRANCO MANFREDI
Figura assai eclettica di musicista, scrittore, sceneggiatore e
fumettista, vive a Milano dall’età di 8 anni. Nato nel 1948 a
Senigallia (Ancona), si laurea in Storia della Filosofia con una
tesi su Rousseau. Attivista del Movimento studentesco
(“dell’ala non stalinista”), negli anni ’70 intraprende
un’intensa attività di cantautore sui generis, militante ironico e
arguto. Nel 1974 pubblica LA CRISI (con copertina di Crepax),
seguito da MA NON È UNA MALATTIA (1976), ZOMBIE DI TUTTO IL
MONDO UNITEVI (1977), probabilmente il suo miglior lavoro, e
BIBERON (1978), tutti per l’Ultima spiaggia di Nanni Ricordi.
Sarà il cantore surreale delle contraddizioni e del trapasso
generazionale del ’77 con brani memorabili, come Lamento
per i compagni usciti dall’organizzazione, Ultimo mohicano,
Ma chi ha detto che non c’è, Un tranquillo festival pop di
paura. A questo impegno accosta quello di autore,
componendo per Ricky Gianco, PFM, Donatello, ma anche per
interpreti di musica più leggera: Mia Martini, Wess e Dori
Ghezzi, Heather Parisi, Drupi, Mina. Si occupa infine di critica
musicale scrivendo saggi su Celentano, Battisti, Jannacci e
altri.
All’inizio degli anni ’80 dirada l’attività cantautorale in
favore di quella di scrittore, intesa in senso ampio. “Arcistufo
di girare l’Italia con la chitarra”, pubblica oltre una dozzina tra
romanzi e racconti. Prende parte a vario titolo alla
realizzazione di film per cinema (tra cui “Liquirizia” di
Samperi) e TV, oltre che di opere teatrali. Tanta multiforme
ispirazione letteraria si alterna a qualche uscita discografica:
GIANFRANCO MANFREDI (1981), DODICI con Ricky Gianco
(1985), IN PARADISO FA TROPPO CALDO (1993). In periodi più
recenti si appassiona ai fumetti, diventando creatore della serie
western-horror “Magico Vento”, edita da Bonelli. Nel 2003
partecipa all’album antimilitarista collettivo DANNI
COLLATERALI, con ben quattro contributi.

MAX MANFREDI
Malgrado uno zoccolo duro di estimatori, rappresenta con
tutta probabilità, nel panorama cantautoriale a cavallo fra il
primo e il secondo millennio, il caso di più ampio divario fra
spessore (e originalità) dell’artista e fama su vasta scala.
Massimo (Max) Manfredi, nato il 7 dicembre 1956 a Genova
(città che farà da sfondo a molte sue canzoni), inizia a suonare
la chitarra a sette anni e a tredici scrive le prime canzoni.
Assimila con avidità Buscaglione, quindi i cantautori
genovesi, i bolognesi (Guccini, Lolli), Cohen, Brel, Brassens,
Waits, e insieme, in un cocktail di input per lui fisiologico,
Gozzano, Rimbaud, Heine (che sarà oggetto della sua tesi di
laurea). Come dichiarerà più tardi, “fra Sanremo e Baudelaire
ho sempre sentito più vicino Baudelaire, anche musicalmente.
Amo usare una specie di koiné di linguaggi. In certi casi sono
anche scurrile, carnevalesco; in altri cerco di asciugare i
concetti, per non fare della poesia a buon mercato. Chiunque
faccia dell’arte vive una lacerazione, costretto da un lato a
svendere la sua croce, dall’altro a farsi imbonitore di se stesso
in un mondo che non ama.” Sulla sponda opposta, oltre a
occuparsi di musica antica (con l’Accademia Viscontea I
Musicanti, che spazia dal Medioevo al Barocco, e con La
Rionda), recupera suoni e ritmi delle tradizioni più intrise di
umori. Ama il côté dionisiaco dell’essere e del rappresentarsi:
è amaro, ironico, beffardo ma non per questo esente da graffi
di lirismo.
La sua rivelazione “fuori le mura” è del 1985, anno della
sua prima presenza al Premio Tenco, dove le sue canzoni
caustiche, servite da una vocalità incisiva e graffiante, lasciano
il segno. Ci tornerà nell’88 (nell’87 è invece fra i sei artisti
inediti invitati a Livorno al Premio Ciampi), mentre nella
primavera ’90 la sua Via G. Byron, poeta vince la prima
edizione del Premio Città di Recanati. Di lì a poco esce il
primo album, LE PAROLE DEL GATTO, pieno di estro letterario e
musicale, che in ottobre si aggiudica per distacco (su
Ligabue…) la Targa Tenco come miglior opera prima. Oltre al
brano di Recanati, vi trovano posto titoli ben noti ai
manfrediani DOC, fra cui A casa a piedi, L’uomo del tengo,
Centerbe, The Show Must Go On. A fine anno esce il 45 giri
Tango rosso di Sergio Endrigo, in cui Manfredi è seconda
voce. Alcuni dei molti brani rimasti fuori dal disco d’esordio
(le splendide Le rime di Sampierdarena, Notti slave, Natale
fuoricorso ecc.) trovano così posto nel successivo MAX
(1994), che vede le canzoni intercalate da siparietti che danno
al tutto un gusto aggiunto. Il brano di maggior eco è La fiera
della Maddalena, a due voci con Fabrizio De André: sarà sigla
del Premio Recanati (dove nel frattempo Manfredi è tornato
come ospite nel ’92) e verrà inserita nella colonna sonora del
film di Bigoni e Giuffrida “Faber”. Il 1994 è anche l’anno del
debutto letterario, con il “Libro de Limerick” (Vallardi), cui
seguirà nel 2002 “Trita provincia” (Liberodiscrivere). Fra
collaborazioni (Voci Atroci, Armando Corsi ecc.) e
allestimenti vari (nel ’99, con Giampiero Alloisio, “La
leggenda del santo cantautore”; nel 2000 la cantata
“Azulejos”), solo nel 2001 arriva il terzo album,
L’INTAGLIATORE DI SANTI, acustico e dai delicati sapori etnici.
Dodici brani senza un calo di tensione né un riempitivo, a
partire da Fado del dilettante, Caterina, La ballata degli otto
topi (già nota), Cattedrali, Canzone di striscio, Tra virtù e
degrado. Il 2004 vede l’uscita del primo disco dal vivo, LIVE
IN BLU, che lo conferma geniale funambolo della parola e
musicista egregio. Nel 2005 gli viene assegnato il “Premio
Giorgio Lo Cascio”. (a.ba.)
DISCOGRAFIA

LE PAROLE DEL GATTO (Cantare in italiano/BMG 1990)


MAX (Cantare in italiano/BMG 1994)
L’INTAGLIATORE DI SANTI (Storie di note 2001)
LIVE IN BLU (Storie di note 2004)
LIVE IN BLU. Approccio senz’altro funzionale all’universo
di Manfredi, attinge ai tre lavori in studio (qua e là con
qualche variante nei testi) unendovi tre inediti: Coriandoli
d’acqua, vicina a certo De André, Il molo dei greci, sorta di
summa, anche per mole, dell’ars manfrediana, e Tabarca.
Fra le pagine già note, segnaliamo La fiera della
Maddalena, Via G. Byron poeta, Centerbe e Notti slave.

MANGO
Pino (Giuseppe) Mango, nato a Lagonegro (PZ) il 6
novembre del 1954, a sette anni è già la mascotte dei veglioni;
sviluppa il suo semi falsetto, che arriverà a coprire tre ottave,
cimentandosi con i brani di Aretha Franklin e poi, nei primi
gruppi locali, con il rock di Led Zeppelin, Deep Purple e
Genesis. Renato Zero lo conosce a Roma al momento
dell’iscrizione alla SIAE: colpito dai suoi primi pezzi, gli
presenta il produttore Franco Migliacci, che gli apre le porte
della RCA. Esce così LA MIA RAGAZZA È UN GRAN CALDO
(1976), arrangiato da Maurizio Fabrizio, che dà ai romantici
testi di Armando Mango (fratello di Pino e suo collaboratore
fino al 2002) una veste sonora lieve e acustica. Il Mango
compositore si fa notare dalle signore della musica italiana:
Patty Pravo rivisita con Vangelis Per te che mi apri l’universo
e Tu pioggia, io mattino con il titolo Per amarti d’amore,
mentre Mia Martini fa sua Se mi sfiori. Con il nome Pino
Mango e la Numero Uno di Battisti, l’artista incide i 45 giri
Fili d’aria (1977) e Una danza (1978); nello stesso anno Patty
Pravo interpreta la sensuale Sentirti, che Mango canta poi in
ARLECCHINO (1979), cantautorale LP arrangiato da Celso Valli,
che, come il primo disco con la Fonit Cetra, È PERICOLOSO
SPORGERSI (1982), non ottiene il successo sperato, complice
una scarsa promozione.
Deluso dall’ambiente musicale, di cui rifiuterà i facili
compromessi, pur proseguendo la carriera di autore Mango si
rituffa negli studi di Sociologia, intrapresi dopo il diploma da
geometra. Mentre lavora a ESTENSIONI di Scialpi, un suo
provino capita però tra le mani di Mogol, che decide di
scrivere un testo provocante per “faccia bianca”: nasce così
Oro (1984), che furoreggia in radio con le sue accattivanti
marimbe sintetiche. Un anno dopo Mango si presenta a
Sanremo tra le nuove proposte con Il viaggio: vince il Premio
della critica, che del relativo album AUSTRALIA noterà
l’elettronica d’avanguardia (la title track, Dove andrò,
Pensiero solido) e le prime sperimentazioni ritmiche (la
caraibica Nella baia). Il titolo del disco è emblema della già
evidente vocazione dell’artista a ricercare di continuo territori
musicali inesplorati, durante il cammino alla scoperta di se
stesso. Nel 1985 scrive l’LP TEMPO DI BLUES per Laura
Valente, sua corista e futura moglie, che più avanti sostituirà
Antonella Ruggiero nei Matia Bazar; per Sanremo 1986
compone la solare Lei verrà, la sigla Io nascerò per Loretta
Goggi (a cui in seguito affiderà C’è poesia), Re per Loredana
Bertè e Nessun dolore per la nuova proposta Anna Bussotti.
Mango prosegue il suo viaggio musicale tra new romantic e
R&B con ODISSEA (La rosa dell’inverno, Modern Love alla
Prince, testi e produzione di Alberto Salerno, organo di Brian
Auger); nel 1987 porta all’Ariston la camaleontica Dal cuore
in poi, ma sarà la splendida e suadente Bella d’estate, con
versi di Lucio Dalla, l’hit di ADESSO, primo CD a cui
partecipano Rocco Petruzzi e Graziano Accinni (poi suoi
musicisti storici), che con il suo pop, reggae e soul conquista
anche la Spagna con il titolo AHORA. In terra iberica sbarcano
anche la new wave del poetico INSEGUENDO L’AQUILA (1988,
Ferro e fuoco, Il mare calmissimo, Mia madre) e i ritmi world
di SIRTAKI (1990).
L’album della consacrazione è COME L’ACQUA (1992,
Mediterraneo, Passeggera unica), con gli eleganti archi
registrati agli Abbey Road Studios di Londra e importanti
strumentisti, fra cui Richard Galliano. Per la EMI escono poi
MANGO (1994, con Giulietta, scritta con Pasquale Panella, la
magnetica Il limite fisico del cuore, sprazzi di world music e di
funky soul) e un estratto dei suoi trascinanti live, lanciato
dall’omonimo brano sanremese (Dove vai, 1995, Premio della
critica per il miglior arrangiamento), mentre Mina lo onora
reinterpretando Oro. Nel 1997 Mango torna alla Fonit Cetra,
poi acquisita dalla Warner, con l’egregio pop rock di CREDO, a
cui il produttore Greg Walsh dà un suono internazionale.
L’anno dopo forza ancora la sua natura schiva concorrendo a
Sanremo in duetto con Zenima con la delicata Luce, inserita
nella ristampa di CREDO anche in versione inglese, mentre è
del 1999 la raccolta ufficiale VISTO COSÌ (WEA), che contiene,
oltre a due inediti di valore, notevoli nuove versioni dei suoi
successi (tra tutti, Come l’acqua con i cori di Ederlezi di
Goran Bregovic riproposti dalle Faraualla e Io nascerò, per la
prima volta incisa dal suo autore). Nel 2002 esce il fortunato e
passionale DISINCANTO (La rondine, Non moriremo mai), in
cui Mango, già attento supervisore dei testi scritti per lui,
esordisce come paroliere e si destreggia con sei linee vocali in
una cover a cappella di Michelle dei Beatles. Nel 2004, unico
italiano al Festival di Musica Contemporanea di Amsterdam,
pubblica il libro di poesie “Nel malamente mondo non ti
trovo”(Pendragon) e l’album TI PORTO IN AFRICA, nel quale
lavora sulla voce per confrontarsi con sonorità più scarne, rock
(Saturday, cover dei Soulwax) o sobriamente cantautorali (Io
ti vorrei parlare, solo piano e voce, Forse che sì, forse che no
con Dalla e i Klezroym del nipote Pasquale Laino). Ridotto
ormai l’apporto delle tastiere, TI AMO COSÌ (SonyBMG, 2005)
si basa sulle chitarre di Carlo De Bei (Di quanto stupore), ma
anche sul lirismo dei ricami vocali di Mango (Il dicembre
degli aranci, con Laura Valente), da sempre detonatori di
emozioni e mai sterili virtuosismi. (j.s.i.)
DISCOGRAFIA
LA MIA RAGAZZA È UN GRAN CALDO (RCA 1976)
ARLECCHINO (Numero Uno 1979, a nome Pino Mango)
È PERICOLOSO SPORGERSI (Fonit Cetra 1982, a nome Pino
Mango)
AUSTRALIA (Fonit Cetra 1985)
ODISSEA (Fonit Cetra 1986)
ADESSO (Fonit Cetra 1987, in spagnolo: AHORA)
INSEGUENDO L’AQUILA (Fonit Cetra 1988, in spagnolo:
HIERRO Y FUEGO)
SIRTAKI (Fonit Cetra 1990, in spagnolo Sanni Records 1991)
COME L’ACQUA (Fonit Cetra 1992)
MANGO (EMI 1994)
DOVE VAI… LIVE (EMI 1995, dal vivo con inediti)
CREDO (Fonit Cetra 1997, poi WEA 1998, ristampa con
inediti)
VISTO COSì (WEA 1999, antologia con inediti)
DISINCANTO (WEA 2002)
TI PORTO IN AFRICA (WEA 2004)
TI AMO COSì (SonyBMG 2005)
SIRTAKI. I lati dell’LP evidenziano le due anime di Mango,
quella raffinata ed europea (l’etereo sound della produzione
di Geoff Westley) e quella mediterranea e viscerale (Sirtaki,
Come Monna Lisa, Preludio incantevole). L’artista
raggiunge qui la sua maturità vocale (Tu… sì, Nella mia
città). Torna a collaborare Mogol.

FIORELLA MANNOIA
Madre Natura le ha dato una voce bruna e intensa, che lei ha
saputo modellare con delicatezza, convinzione e profondità, e
con la capacità di rendere proprie le parole scritte da altri. È
nata a Roma il 4 aprile 1954, tre anni esatti dopo Francesco De
Gregori, con cui condividerà alcuni lati caratteriali e più di una
nota. Da bambina viene iscritta a molti concorsi musicali, e da
ragazza segue le orme di padre, fratello e sorella come stunt
girl a Cinecittà: comincia a 13 anni, cavalca nel western
televisivo “Non cantare spara” con il Quartetto Cetra, poi
diventa la controfigura di Monica Vitti (buscandosi ad
esempio gli schiaffi di Sordi in “Amore mio aiutami”). Nel
1970 sarà anche coprotagonista del dimenticabile spaghetti
western “E il terzo giorno arrivò il corvo”, ma la sua vera
strada è nella canzone. Nel 1968 è fra i finalisti di Castrocaro
con Un bimbo sul leone, dal repertorio minore di Adriano
Celentano; di lì viene arruolata dalla Carish che l’anno
successivo stampa, a nome Fiorella, il 45 giri Ho saputo che
partivi e la iscrive al Disco per l’estate con Peppino Di Capri.
Nessun riscontro. L’ultima possibilità con la Carish è Mi piace
quel ragazzo lì. Due anni dopo riacquista il cognome (e i
caratteristici riccioli rossi) con la cantautorale etichetta IT di
Vincenzo Micocci; il 45 giri Mi gira la testa segna il suo
incontro con Memmo Foresi, che diviene anche suo
compagno. Seguono un paio d’anni alla RCA dove incide il
confuso MANNOIA, FORESI & CO. e il 45 giri Ninna nanna / Rose
(censurato per il verso “non ti posso dire lui che se ne fa della
tua verginità”, termine poi sostituito da “ingenuità”), ma le
vendite continuano a non decollare, neanche con tre 45 giri fra
il 1976 e il 1978 per la Ricordi, che la presenta come
personaggio sexy. Finalmente nel 1980 duetta con Pierangelo
Bertoli in Pescatore e ottiene le prime gratificazioni. La CGD
– quinta casa discografica in 13 anni – nel 1981 la porta a
Sanremo, che sarà poi fondamentale per il moltiplicarsi della
sua notorietà, con una volitiva Caffè nero bollente, sulla
masturbazione femminile. In estate segue il 45 giri E muoviti
un po’, grazie al quale incontra l’entourage che lavora con
Loredana Berté, tra cui Mario Lavezzi che le produce
FIORELLA MANNOIA (con Il posto delle viole, Torneranno gli
angeli).
1984: la svolta arriva a Sanremo con la più pacata ed
evocativa Come si cambia. Ed è la scelta giusta. Al Disco per
l’estate invece di una canzone da spiaggia porta la grintosa
Ogni volta che vedo il mare, e nell’autunno sbanca
“Premiatissima” su Canale 5 vincendo ogni puntata con
un’oculata scelta di cover d’autore (De André, Dalla, De
Gregori, Lauzi… poi raccolte in PREMIATISSIMA ’84). Lavezzi
produce anche MOMENTO DELICATO, duettando nella canzone
eponima, con testo di Mogol come il singolo L’aiuola. L’altro
paroliere principale del periodo è Oscar Avogadro, i temi
spesso sentimentali. Nel disco compare anche Piero Fabrizi,
che di lì a poco diviene il suo deus ex machina. L’anno
successivo esce un altro album di passaggio, il secondo
omonimo FIORELLA MANNOIA (con Sorvolando Eilat), l’ultimo
con Lavezzi.
Nel 1987 c’è la vera messa a fuoco: a Sanremo la Mannoia
conquista il pubblico e vince il Premio della critica con Quello
che le donne non dicono (scritta da Luigi Schiavone e da
Enrico Ruggeri con cui duetta nel suo live VAI ROUGE!).
Diventa un classico ed è l’unico brano di cui la Mannoia ha
modificato il testo originale, sostituendo “e se ci confondiamo
un po’” con la ripetizione di “e se ci trasformiamo un po’”
(“perché trovavo suonasse come un’ammissione di
inferiorità”, ha spiegato). CANZONI PER PARLARE (1988) segna lo
scarto con i precedenti album, anche in termini di vendite, e
vince la Targa Tenco come miglior interprete (le sarà assegnata
spesso). Fra gli autori si conferma Ruggeri e debuttano
Cocciante e Ron; la traccia principale è però Le notti di
maggio (altro Premio della critica a Sanremo) di Ivano Fossati,
con cui negli anni la Mannoia svilupperà il sodalizio
interprete-autore più importante della sua carriera.
La nuova “signora della canzone d’autore italiana”
raggiunge un pubblico sempre più vasto. Con il seguente DI
TERRA E DI VENTO (anch’esso Targa Tenco) conferma, più di
ogni altra interprete, la capacità di selezionare il proprio
repertorio con un’attenzione che arriverà a ritagliarle un
profilo di artista sin troppo rigorosa. In I TRENI A VAPORE, a
Fossati (che traduce anche Piccola serenata diurna di Silvio
Rodriguez), De Gregori e Ruggeri (la cui Inevitabilmente
viene impiegata da Nanni Moretti per chiudere “Caro Diario”)
si aggiungono fra gli autori Eugenio Finardi e Massimo
Bubola, che le regala un altro evergreen, Il cielo d’Irlanda. Il
disco si aggiudica nuovamente la Targa Tenco come interprete.
Con il tempo vengono pubblicate anche molte raccolte, l’unica
autorizzata dalla cantante è LE CANZONI (con alcuni pezzi
riarrangiati). Altre comprendono brani incisi precedentemente,
fra cui Noi due e Fiore di melograno (già di Mia Martini in
CHE VUOI CHE SIA… SE T’HO AMATO TANTO del 1976), presenti
anche nel doppio LE ORIGINI (edito da BMG, con le canzoni di
Premiatissima); mentre I PRIMI PASSI (On Sale Music) contiene
cinque brani pubblicati su vinile fra il 1968 e il 1969 insieme
ad alcuni di Carla Bissi, la futura Alice. Nel 1994, con GENTE
COMUNE, la Mannoia allarga l’agenda dei suoi autori a Bersani
(Crazy Boy) e prende sentieri meno ingessati cantando con
Caetano Veloso Il culo del mondo e con Ruggeri Non voglio
crescere più (I Don’t Wanna Grow Up) di Tom Waits. È per la
quarta volta la miglior interprete per la giuria del Tenco. Dopo
tre anni di riflessione esce BELLE SPERANZE, che imbraccia
canzoni di autori emergenti e dello stesso Fabrizi, ormai
inossidabile alter ego. La cantante romana a piccoli passi
prova a spogliarsi delle vesti algide in cui è cresciuta: il tour
che segue comincia con una rallentatissima versione di Caffè
nero bollente, mai prima e mai più ripresa. Il sigillo alla
carriera è il primo live, CERTE PICCOLE VOCI, doppio che
contiene il fiero e splendido inedito fossatiano L’amore con
l’amore si paga (registrato in studio) e Sally di Vasco Rossi
(“L’avevo scritta per lei e non lo sapevo” dirà il rocker). Vince
ancora la Targa Tenco. Nel settembre 1999 tiene un concerto
con De Gregori alla Festa nazionale dell’Unità di Modena,
davanti a 30.000 persone.
Di lì a qualche mese torna a Sanremo per la quinta volta –
come “superospite” – e poco dopo prende parte alla serata
genovese di tributo a De André, cantando Khorakhané
(pubblicata nel 2003 in FABER AMICO FRAGILE). Quindi dirada
le apparizioni televisive e moltiplica le prese di posizione
politiche e sociali (“prima di essere un artista mi sento una
cittadina”). La fresca vena del disco precedente sterza
ulteriormente con FRAGILE, riuscito a metà ma che registra
un’ulteriore impennata di vendite: ospita il basso di Tony
Levin e contiene fra le altre una felice versione di L’uccisione
di Babbo Natale a due con De Gregori, il primo approccio a
Paolo Conte (una Come mi vuoi? identica alla versione live
dell’avvocato) e Il pescatore di De André (rimasta in tasca dai
tempi di “Premiatissima”). Il tour successivo è lunghissimo,
con un’apparizione fulminea al Primo Maggio 2001 per
eseguire La storia di De Gregori e al Pavarotti International
con una sorprendente versione di Caruso di Dalla.
Nell’estate del 2002 viene coinvolta da Pino Daniele, con
De Gregori e Ron, nel cosiddetto “Tour dei quattro”
(immortalato nel doppio IN TOUR, anche DVD); esperimento
che, rodandosi via via, risulta corroborante soprattutto per la
Mannoia, che ne approfitta per riarrangiare alcuni dei suoi
classici, impara il gioco di squadra e sull’onda positiva riparte
in tour da sola, svincolata da obblighi promozionali e con
rinnovata scioltezza nello stare sul palco. I nuovi concerti –
con lunghe gonne, sapori francesi e sudamericani, e
l’esemplare Messico e nuvole di Conte – portano a un nuovo
doppio live e DVD (CONCERTI) che prolunga ulteriormente la
tournée, anche nel resto d’Europa e conquista la sesta Targa
Tenco. Intanto la “Roscia” presta la voce a Offeso di Niccolò
Fabi in LA CURA DEL TEMPO, e festeggia il Capodanno 2003 con
Fossati a Roma in un lungo spettacolo (che ventila la
possibilità di un tour in coppia). Il prossimo progetto in
cantiere – anticipato nell’estate 2004 da una serata con
Gilberto Gil, Jorge Ben, Gal Costa e Toquinho – è un disco
con la collaborazione di vari artisti della scena brasiliana (Gil,
Chico Cesar, Lenine…).
Il cammino in ascesa di interprete di qualità, con sempre
maggiori riscontri, potrebbe in qualche modo accostare
Fiorella Mannoia a Mina, persino senza le cadute di tono di
Mina. Il passo in più sarebbe ora portare alla luce i molti e
sconosciuti cantautori validi che ci sono in Italia, i Paoli e i De
André di oggi. (g.fa.)
DISCOGRAFIA

MANNOIA, FORESI & CO. (RCA 1972, con Memmo Foresi)


FIORELLA MANNOIA (CGD 1983)
MOMENTO DELICATO (Ariston/Ricordi 1985)
FIORELLA MANNOIA (Ariston/Ricordi 1986)
CANZONI PER PARLARE (DDD/Epic/CBS 1988)
DI TERRA E DI VENTO (Epic/Sony 1989)
I TRENI A VAPORE (Epic/Sony 1992)
LE CANZONI (Harpo/Sony 1993, antologia di nuove versioni
di brani editi)
GENTE COMUNE (Harpo/Sony 1994)
BELLE SPERANZE (Harpo/Sony 1997)
CERTE PICCOLE VOCI (Harpo/Sony 1998, live doppio)
FRAGILE (Durlindana/Sony 2001)
IN TOUR (Blue Drag/Sony 2002, live doppio con Pino
Daniele, Francesco De Gregori e Ron)
CONCERTI (Durlindana/Sony 2004, live doppio)
DI TERRA E DI VENTO. Il disco più serio. Produce Fabrizi e
arrangia ancora Fio Zanotti. Fossati traduce Oh che sarà di
Chico Buarque de Hollanda cui partecipa anche con la voce
(l’anno successivo la Mannoia restituirà il favore facendo da
lussuoso controcanto in Piumetta di DISCANTO). Fa il suo
ingresso fra gli autori anche De Gregori con Cuore di cane
(sarà meno prosaico e più ispirato con Giovanna d’Arco per
GENTE COMUNE).
BELLE SPERANZE. Nomen omen, il disco si prende una pausa
dagli illustri autori e dà spazio a nuovi nomi della canzone
d’autore italiana: Avion Travel, Gianmaria Testa, i
Rossomaltese del futuro Pacifico, e Silvestri (splendida la
sua Il fiume e la nebbia). Contemporaneamente avanza
Piero Fabrizi, autore di ben metà disco (Belle speranze, nel
ricordare Fossati, trova una propria autonoma personalità).
Un album vitale e pimpante.
CONCERTI. Vale un disco di inediti, tante sono le cover e la
forma smagliante. È la piena maturità di un’interprete che
libera l’autoironia rimasta finora sopita. Da Conte a Bob
Marley, dai francesi Paris Combo a Manu Chao, passando
per gli immancabili Fossati, Ruggeri e De Gregori, si
segnalano Metti in circolo il tuo amore di Ligabue, Chissà
se lo sai di Lucio Dalla e Ron e Senza ‘e te di Daniele.

ANTONIO MARANGOLO
Polistrumentista esperto e raffinato, nasce ad Acireale nel
1949. Fin dagli anni ’70 si muove in vari campi musicali, dal
rock al jazz, come cantante, pianista e poi sassofonista. Dopo
aver fatto parte dei Goblin, con cui scrive musiche per film fra
cui nel 1975 la colonna sonora di “Profondo rosso” di Dario
Argento, collabora ai dischi di molti cantautori, come BUONA
DOMENICA (1979) di Venditti e PANAMA E DINTORNI (1981) di
Fossati. Nel 1984 è con Paolo Conte, dei cui lavori curerà la
direzione artistica fino a PAOLO CONTE LIVE (1989). Nello
stesso periodo comincia la collaborazione con Francesco
Guccini, che dura ancora oggi (è autore fra l’altro della musica
di Certo non sai, contenuta in RITRATTI del 2004). Nel 1989
fonda il Marangolo Quintetto Orizzontale. L’anno dopo
arrangia il disco d’esordio di Vinicio Capossela, ALL’UNA E
TRENTACINQUE CIRCA, così come farà con i due successivi.
Come arrangiatore collabora anche con Miriam Makeba,
Caterina Caselli, Sergio Endrigo e altri. È impegnato in
diverse formazioni, tra cui un trio con Ares Tavolazzi e Zlatko
Kaucic, e un duo con il chitarrista Juan Carlos “Flaco”
Biondini. Fra le molte altre esperienze, è da ricordare la
collaborazione con il cantautore friulano Piero Sidoti.

MARCELLA
vediMarcella Bella

GIOVANNA MARINI
Simbolo della canzone tradizionale e politica italiana,
Giovanna Marini è interprete, compositrice molto prolifica,
ricercatrice, studiosa e docente di etnomusicologia. Nasce a
Roma il 19 gennaio 1937 in una famiglia di musicisti e
intellettuali. Nel 1959 consegue il diploma in chitarra presso
l’Accademia di S. Cecilia, poi diventa allieva, fra gli altri, di
Andrés Segovia. Dopo aver suonato per tre anni nel gruppo
Concertus Fidesque Antiqui, che esegue musiche
rinascimentali, si avvicina alla nostra musica di tradizione
attraverso la conoscenza di studiosi e intellettuali come Pier
Paolo Pasolini (che incontra nel 1960), Italo Calvino, Roberto
Leydi, Gianni Bosio e Diego Carpitella. Inizia quindi un
lavoro di ricerca sul canto sociale italiano, collaborando con
l’Istituto Ernesto De Martino e legandosi al Nuovo Canzoniere
Italiano, con cui nel 1964 partecipa all’importante spettacolo
“Bella ciao” al Festival di Spoleto, che suscita scandalo e
polemiche. Intanto registra, per i Dischi del Sole, CANTI
DELL’ABRUZZO – LU PICURARE e CANTI DELLA SARDEGNA – LA
DISISPIRATA. Collabora a stretto contatto sia con cantautori
politici come Ivan Della Mea, Gualtiero Bertelli e Paolo
Pietrangeli, sia con cantori che sono anche depositari diretti
della tradizione, da Giovanna Daffini (sua vera e propria
maestra) al Gruppo di Piadena. Nel 1965 è fra i protagonisti di
“Ci ragiono e canto” del Nuovo Canzoniere Italiano, per la
regia di Dario Fo di cui nell’occasione è assistente musicale.
Adotta intanto anche una notazione musicale di sua ideazione
per rendere l’oralità della musica di tradizione, ma
contemporaneamente scrive lei stessa brani che si riallacciano
a quei moduli. Nel 1966, durante il secondo Folk Festival di
Torino, esegue VI PARLO DELL’AMERICA. Del 1967 sono invece
lo spettacolo “Con la chitarra, senza il potere” e la ballata
Chiesa chiesa. È ormai personaggio fondamentale dell’ambito
folk italiano, ma la sua fama si allarga anche alla Francia.
Importante in questo periodo anche la frequentazione del
Folkstudio di Roma, dove ha modo di conoscere e
incoraggiare esponenti di quella che sarà la nuova generazione
di cantautori italiani, a partire da Francesco De Gregori .
Negli anni ’70 l’attività di studio-ricerca e di riproposizione
sfocia in lavori come L’EROE, BALLATA NUOVA (1974) e I TRENI
PER REGGIO CALABRIA (1975). A metà del decennio partecipa
alla fondazione della Scuola popolare di Musica del Testaccio
a Roma, dove insegna uso della voce ed estetica del canto
contadino, e nel 1976 dà vita al Quartetto vocale, con cui si
esibisce in tour e che rappresenta un punto di coagulo delle
esperienze decennali. Per il quartetto compone varie cantate,
da CORREVANO CON I CARRI (1978) alle più recenti SI BEMOLLE,
CANTATA PER PIER PAOLO PASOLINI e CANTATA DEL SECOLO BREVE.

Del 1979 è invece LA GRANDE MADRE IMPAZZITA, per cinque


voci e tre strumenti: da questo momento si dedica anche alla
scrittura per strumenti e voci, con opere come LE CADEAU DE
L’EMPEREUR (1983), POUR PIER PAOLO (1984), dedicato a
Pasolini, e un REQUIEM (1985). I dischi relativi sono pubblicati
prima in Francia, dove la Marini tiene corsi, seminari e
concerti, fino a divenire nel 1991 docente all’università di
Paris VIII-Saint Denis. Nel frattempo, nel 1982 ha partecipato
a TITANIC di De Gregori duettando con lui in L’abbigliamento
di un fuochista e nel 1983 ha ricevuto il Premio Tenco. Ha
anche scritto per il cinema (tra le altre, la colonna sonora di
“Porci con le ali” nel 1977, diretto dal cantautore Paolo
Pietrangeli).
Nel 1989 le viene commissionata un’opera per il
bicentenario della presa della Bastiglia. Dopo la CANTATA
PROFANA (1990) con brani originali e di tradizione, presentata
sia a Milano al Teatro Franco Parenti, sia a Parigi con il
Quartetto Vocale, compone alcune musiche per le “Troiane” di
Euripide, una coproduzione del festival di Ghibellina, di
Avignone, di Amburgo e di Napoli; nel 1997 scrive su
commissione dell’Università e del Comune di Roma tre
poemetti per coro e quartetto d’archi, su opere di Leopardi, per
il bicentenario della nascita del poeta. Su versanti musicali
differenti, pubblica nel 2002 con De Gregori IL FISCHIO DEL
VAPORE, album sul canto tradizionale italiano dai notevoli
riscontri di vendite, che le permette di ottenere un’ampia
notorietà. Il lavoro, fra l’altro, vince la Targa Tenco come
miglior disco d’interprete della stagione. Dopo BUONGIORNO E
BUONASERA (2003), prodotto da De Gregori, nel 2004 incide
PASSIONI con il quartetto vocale e partecipa al Festival
d’Avignone con la cantata “La torre di Babele”. Intanto
pubblica l’autobiografia “Una mattina mi son svegliata” per
Rizzoli. Nel 2006 esce una fondamentale ANTOLOGIA, con tre
inediti.
(a.re.)
DISCOGRAFIA PARZIALE

CANTI DELL’ABRUZZO - LU PICURARE (Dischi del Sole 1964)


CANTI DELLA SARDEGNA - LA DISISPIRATA (Dischi del Sole
1964)

VI PARLO DELL’AMERICA (Dischi del Sole 1966)


CHIESA CHIESA E OTTO CANZONI POPOLARI (Dischi del Sole
1967)
LUNGA VITA ALLO SPETTACOLO/VIVA VOLTAIRE E MONTESQUIEU
(Dischi del Sole 1968)
LA VIVAZIONE (Cedi 1969)
LA NAVE/LA CREATORA (Dischi del Sole 1970)
CONTROCANALE 70 (Dischi del Sole 1971)
L’EROE, BALLATA NUOVA (Dischi del Sole 1974)
I TRENI PER REGGIO CALABRIA (Dischi del Sole 1976)
LA GRANDE MADRE IMPAZZITA (Dischi del Sole 1979)
CORREVANO COI CARRI (Dischi del Sole 1978)
CANTATE DE TOUS LES JOURS (Le Chant du Monde 1980)
GIOVANNA MARINI EN QUATUOR VOCAL (Le Chant du Monde
1982)
LE CADEAU DE L’EMPEREUR (Le Chant du Monde 1984)
POUR PIER PAOLO (Le Chant du Monde 1984)
REQUIEM (I dischi di Angelica 1985)
TROYENNES (Sowarex 1988)
CANTATA PROFANA (Silex-Auvidis 1991)
LA VIE AU-DESSUS ET EN-DESSOUS DES MILLE MÈTRES (Silex-
Auvidis 1994)
PARTENZE - VENT’ANNI DOPO LA MORTE DI PIER PAOLO
PASOLINI (Silex-Auvidis 1996)
ORESTEIA AISCHYLOS (Igloo 1997)
MUSICHE DI SCENA (Nota 1998)
CANTICO DELLA TERRA (Opus 111 1999)
SI BEMOLLE (Nota 1999)
CANTATA PER PIER PAOLO PASOLINI (Nota 2000)
CANTATA DEL SECOLO BREVE (Nota 2002)
IL FISCHIO DEL VAPORE (Caravan/Sonymusic 2002, con
Francesco De Gregori)
BUONGIORNO E BUONASERA (Caravan/Sonymusic 2002)
PASSIONI (Caravan/Sonymusic 2004)
ANTOLOGIA (Ala Bianca 2006, antologia con tre inediti)
VI PARLO DELL’AMERICA. È il primo album composto,
cantato e suonato da Giovanna Marini. È costituito da
un’unica ballata per voce e chitarra della durata di 30
minuti, con varie similitudini con il talking blues. Il lavoro
nasce dalla sua esperienza di due anni negli Stati Uniti, con
i figli e il marito, ricercatore al MIT. La realtà americana è
osservata con ironia e sarcasmo, soprattutto la middle class
con le sue ipocrisie. Il disco è suddiviso in argomenti che
toccano la vita sociale e privata, la politica e le abitudini. La
conclusione, già espressa nei versi iniziali, non salva nulla
di quella realtà.

PINO MARINO
Uno dei più interessanti cantautori delle nuove generazioni.
Nato a Roma nel 1967, esordisce al Folkstudio nei primi anni
’90. Nel 1995 si afferma al Premio Recanati in trio con
Stefano Rossi Crespi e Danila Massimi sotto il nome
PiSteDaPi, mentre collabora con Maurizio Fabrizio e scrive
testi per vari artisti. Solo nel 2001 Pinomarino (in questa fase
nome e cognomi sono uniti) arriva al primo album, l’ottimo
DISPARI, a cui collabora Mauro Pagani e che viene insignito di
diversi riconoscimenti. Spiccano il brano omonimo e
Centrifuga e risciacquo. Due anni dopo esce NON BASTANO I
FIORI, forse meno centrato del precedente ma con ottimi brani
come Canzone numero otto, L’alluvione del ’43 e Ciao ciao,
buonafortuna (scelta dal regista Paolo Virzì per la colonna
sonora del film “Caterina va in città”). Nel 2004 Marino vince
il concorso “L’artista che non c’era”. Nel 2005 distacca nome
e cognome ed è coautore di Che mistero è l’amore, portata a
Sanremo da Niki Nicolai e Stefano Di Battista Jazz Quartet.
Nello stesso anno, dopo il singolo Non ho lavoro, pubblica
ACQUA LUCE E GAS, lavoro assolutamente di prim’ordine,
undici vellutate e intelligenti favole di oggi. Nel 2006 gli viene
assegnato il Premio Giorgio Lo Cascio.

MARIPOSA
Sestetto toscano-veneto-siculo di grande creatività, formato
da Enzo Cimino (bt., pr.), Alessandro Fiori (vc., vi.), Enrico
Gabrielli (cl., sx., fl.), Gianluca Giusti (ts., pn.), Rocco Marchi
(ch., bs., ts.) e Michele Orvieti (pn., ts.), abili strumentisti
richiesti da vari altri artisti, da Morgan agli Afterhours.
Formatisi nel 1996, esordiscono nel 2000 con PORTOBELLO
ILLUSIONI, a cui segue DOMINO DORELLI (2002) che ne
conferma lo stile obliquo e spiazzante, autodefinito in seguito
“Musica componibile”, un mix di generi che risente in qualche
modo della lezione di Frank Zappa. Nel 2004 QUANTI SEDANI
LASCIATI AI CANI è un’opera radiofonica a puntate e un disco.
Intanto i Mariposa propongono su Internet, scaricabile
gratuitamente, l’EP SUZUKI BAZUKI, e danno alle stampe gli
strumentali NUOTANDO IN UN PESCE BOWL, trasfigurazione di
brani del repertorio napoletano, e METAMORFOSI DI CANZONI
NAPOLETANE, che è la ritrasfigurazione del precedente. Nel
2005 pubblicano PRÒFFITI NOW! PRIMA CONFERENZA SULLA
MUSICA COMPONIBILE, vero e proprio manifesto del gruppo, con
i brani (sempre lontani dalla forma canzone) intramezzati da
frammenti di interviste. Nel frattempo sono nate l’etichetta e
management Trovarobato e il programma radiofonico
“Magazzeno Bis”. Nel 2006 Fiori esce dal gruppo.

MARLENE KUNTZ
Raro che un gruppo veda un proprio brano ripreso da
qualche nome più celebre appena dopo aver pubblicato il
primo disco. Ai Marlene Kuntz è successo, grazie ai CSI, che
nella scaletta del live acustico IN QUIETE (registrato nel giugno
1994) avevano inserito Lieve, tratta dal loro album d’esordio,
CATARTICA (del maggio 1994), aprendo la strada alla loro
affermazione.
La band prende forma nella seconda metà degli anni ’80 a
Cuneo su iniziativa di Riccardo Tesio (ch.), Luca Bergia (bt.) e
Franco Ballatore (bs.), a cui si unisce nel 1989 Cristiano
Godano (ch.), in precedenza con i Jack On Fire; a cantare in
questa prima fase è Alex Astegiano, anche percussionista.
Nasce qui il nome Marlene Kuntz. Il gruppo si ispira agli
Einstürzende Neubauten e realizza un primo demo con quattro
brani: Trasudamerica, 1°2°3°, La verità e Capello lungo (gli
ultimi due resteranno inediti). Astegiano lascia e Godano passa
alla voce, oltre a scrivere i brani. Nasce un secondo demo nel
’91 e un terzo nel ’92 (dove compare anche un tastierista).
Grazie alla rassegna “Rock Targato Italia” registra un brano
(La canzone di domani) per la compilation del concorso a
Firenze negli studi di Gianni Maroccolo dei CSI, che dopo
qualche tempo decide di realizzare il primo album della band
per il neonato Consorzio Produttori Indipendenti.
È il 1994: CATARTICA (prodotto da Marco Lega) scuote con
forza la scena underground tricolore, grazie a una riuscita
miscela di dissonanze alla Sonic Youth e testi criptici quanto
suggestivi. Nel momento in cui una nuova ondata di gruppi
rock italiani trova spazi e visibilità fino ad allora impensabili, i
quattro – nel frattempo al basso è subentrato Gianluca Viano
(bs.) – diventano così ideali portabandiera del movimento.
Uno status che da quel momento non faranno che rafforzare,
prima con l’inedita Hanno crocifisso Giovanni, contenuta nella
compilation MATERIALE RESISTENTE 1945-1995, poi con il pur
discontinuo IL VILE (1996), che segna l’arrivo di Dan Solo
(Daniele Ambrosoli) al posto di Viano e le prime gratificazioni
di vendita. Il vero salto di qualità avviene però nel 1999 con
HO UCCISO PARANOIA (anticipato dall’EP COME DI SDEGNO,
raccolta di remix, brani dal vivo e inediti): prende il via il
processo di lento ma costante affrancamento dai modelli di
riferimento, nel nome di una personale ricerca melodica. Cosa
che dal vivo appare ancora più evidente, come ben
testimoniato da H.U.P. LIVE IN CATHARSIS, uscito pochi mesi
dopo. Intanto alcuni loro brani sono ripresi in colonne sonore
cinematografiche. Aumentano decisamente le vendite con CHE
COSA VUOI (2001), grazie soprattutto a La canzone che ho
scritto per te, cantata in duetto con Skin degli inglesi Skunk
Anansie e vista da alcuni fan della prima ora come una
concessione eccessiva al mercato. L’album, coprodotto dalla
band con Maroccolo, si rivela comunque ben riuscito, grazie
anche a un lavoro sulle sfumature e sugli strumenti fino a quel
momento inedito. Gli spigoli ci sono sempre, solo appena
meno appuntiti: non un ammorbidimento, piuttosto una
maturazione. A chiudere il cerchio, l’EP COMETA, con
materiale proveniente da singoli e nuove versioni di alcuni
brani, e nel 2001 una raccolta (SPORE) per il mercato estero.
Registrato a Berlino con la collaborazione di musicisti come
Rob Ellis (P.J. Harvey) e Warren Ellis (Dirty Three, Nick
Cave) e del produttore Head, SENZA PESO (2003) è un disco in
cui l’ormai riconoscibilissimo sound della band viene
ulteriormente rinforzato, mentre i testi paiono meno ermetici
rispetto al passato. Godano ne traduce alcuni in inglese con
l’aiuto di Nick Cave. L’album è il primo interamente realizzato
per la Virgin. Nel 2004 un nuovo EP, FINGENDO LA POESIA,
affianca l’omonimo brano, recuperato dall’album precedente, a
un pugno di inediti, tra cui le prime cover mai registrate dal
gruppo: Non gioco più, resa celebre da Mina, e una deludente
Alle prese con una verde milonga di Paolo Conte. A fine anno
la notizia dell’abbandono da parte di Dan Solo – che nel 2003
aveva partecipato come attore, sceneggiatore e musicista al
film “Pornodrome” di Beniamino Catena – e la decisione da
parte del resto della band di proseguire come trio, con l’ausilio
di Gianni Maroccolo. Nel 2005 esce il nuovo album, BIANCO
SPORCO, meno aggressivo dei precedenti.
Contemporaneamente Giunti dà alle stampe la biografia
“Visione distorta”, di Chiara Ferrari. Nel 2006 il gruppo
musica dal vivo a Bra due film muti (“Rapsodia satanica” di
Nino Oxilia, del 1917, e “L’uomo meccanico” di André Deed,
del 1921) per il festival “Cinema corto in Bra”. (a.pa.)
DISCOGRAFIA

CATARTICA (CPI/Polygram 1994)


IL VILE (CPI/Polygram 1996)
COME DI SDEGNO (CPI/Polygram 1998, EP)
HO UCCISO PARANOIA (CPI/Polygram 1999)
HO UCCISO PARANOIA/SPORE (CPI/Polygram 1999, doppio, al
CD precedente è aggiunto un CD di improvvisazioni)
H.U.P. LIVE IN CATHARSIS (Sonica/Edel 1999, dal vivo su 1
CD o 2 LP)
CHE COSA VEDI (Sonica/Virgin 2000, 1 CD o 2 LP)
COMETA (Sonica/Virgin 2001, EP)
SENZA PESO (Virgin 2003, 1 CD o 2 LP)
FINGENDO LA POESIA (Virgin 2004, EP)
BIANCO SPORCO (Virgin 2005)
HO UCCISO PARANOIA. La quintessenza del suono della band,
e la sua prova fino a quel momento più compiuta, in cui
l’impeto degli esordi non è in alcuna misura stemperato da
una maturità sempre più evidente. Sia nei momenti più
grintosi (L’odio migliore, Questo e altro) sia in quelli
maggiormente rarefatti e d’atmosfera (Infinità, Una canzone
arresa), l’impressione è quella di una formazione al meglio
delle proprie capacità. Alla prima tiratura era allegato
SPORE, raccolta di improvvisazioni di studio completamente
strumentali.

GIANNI MAROCCOLO
Nato a Manciano (GR) il 9 maggio 1960, Gianni Maroccolo
ha attraversato come musicista e produttore cinque lustri di
rock italiano, contribuendo in maniera determinante a
scriverne alcune delle pagine più importanti. Studia al
Conservatorio e, dopo un’esperienza giovanile con un gruppo
hard rock, i Destroyers, si sposta a Firenze dove, nel 1980, dà
vita ai Litfiba, dei quali è bassista e mente musicale fino al
1989, anno in cui lascia una formazione ormai pronta al
successo di massa. Un’esperienza concretizzatasi in oltre 400
concerti in tutto il mondo e in una serie di dischi di alto livello,
tra cui almeno un capolavoro, 17 RE (1986), di cui Maroccolo
è il principale responsabile. Parallelamente, insieme ai
tastieristi Antonio Aiazzi (anch’egli nei Litfiba) e Francesco
Magnelli fonda i Beau Geste, con cui realizza sonorizzazioni
cinematografiche, teatrali e artistiche in parte confluite nei
dischi CHAKÀ (1990, cointestato con gli Africa X), PER IL
TEATRO (1991) e IL TETTO DEL MONDO (1997). A partire dal
1987, poi, all’attività di musicista affianca quella di
produttore, collaborando con eccellenti risultati nel corso degli
anni con Andrea Chimenti, Statuto, Timoria, Diaframma,
Marlene Kuntz e Bandabardò.
Il suo ingresso nei CCCP-Fedeli alla Linea per il loro ultimo
album, EPICA ETICA ETNICA PATHOS del 1990, getta le basi per la
nascita dei CSI, una delle massime espressioni del rock
italiano anni ’90. Un sodalizio che porta Maroccolo a far
confluire il marchio discografico da lui fondato, Sonica,
all’interno del Consorzio Produttori Indipendenti, etichetta che
nel corso del decennio pubblicherà i lavori di gruppi quali
Marlene Kuntz, Ustmamò, A.F.A., Disciplinatha e molti altri,
contribuendo in maniera determinante alla formazione di
un’intera generazione di musicisti italiani. Nel 1996 realizza
insieme a Magnelli la colonna sonora del film di Antonio
Rezza e Flavia Mastrella “Escoriandoli”. Nel 2001, la doppia
antologia NOI NON CI SAREMO segna la fine del percorso dei
CSI, dalle cui ceneri nascono i PGR, in cui il ruolo di
Maroccolo diventa ancor più centrale. Nel 2004 esce il suo
primo disco solista, A.C.A.U. LA NOSTRA MERAVIGLIA, che si
avvale della collaborazione alla voce di molti importanti nomi
della scena italiana, da Manuel Agnelli a Jovanotti, da Franco
Battiato a Carmen Consoli, da Francesco Renga all’ex
compagno nei Litfiba Piero Pelù (favore ricambiato lo stesso
anno con la partecipazione al disco di quest’ultimo SOGGETTI
SMARRITI). Nel 2005 Maroccolo prima prende parte come
bassista a BIANCO SPORCO e al relativo tour dei Marlene Kuntz
(di cui era stato lo scopritore), poi, insieme alla cantautrice
bresciana Ivana Gatti, dà vita al progetto IG, le cui prime
uscite, per l’etichetta Ala Bianca, sono gli EP RESTA (2005) e IL
LINGUAGGIO DELLE MURENE (2006) venduti esclusivamente su
Internet. Un percorso di grande coerenza e valore quello di
Maroccolo.

RUDY MARRA
Inventivo cantautore nato a Galatina (LE) nel 1964. Inizia
nel 1980 suonando punk per poi laurearsi in sociologia
(disciplina che filtrerà nelle sue canzoni) e pubblicare nel 1986
il singolo Telefonami. L’esordio su album COME ERAVAMO
STUPIDI (1991) contiene Gaetano, che, presentata a Sanremo,
gli vale una qualche notorietà e l’attenzione della critica. Gino
& Fausto diventa sigla di un programma sul Giro d’Italia.
Segue nel 1995 SOPA D’AMOUR (con Sono felice, Disordine,
Buon segno) che offre una personale miscela (che lui chiama
appunto “Sopa”, zuppa) di generi stilistici e testi acuti e
ironici. L’insofferenza verso alcuni meccanismi del mercato
discografico lo porta a interrompere la produzione pur
continuando a esibirsi dal vivo, con la Sopaband. Scrive
intanto per altri artisti, come Cristiano De André e Tosca, per
la quale firma gran parte delle canzoni dello spettacolo teatrale
e poi il disco STO BENE AL MONDO del 2002. La Francia nel
frattempo si accorge di lui, che vi pubblica nel 2001 LE PAROLE
D’AMORE, con una scelta dal repertorio e alcuni inediti. Nel
2006 torna a incidere in Italia, per l’etichetta Ala Bianca, con
il singolo Amore di contrabbando e l’album SONO UN GENIO MA
NON LO DIMOSTRO, che confermano la sua caratura e la sua
scrittura dai tratti personali e immaginifici. Il disco è prodotto
da Stefano Melone.

MARTA SUI TUBI


Una voce e una chitarra; niente basso, al limite un po’ di
batteria, mai però sopra le righe. Questi gli ingredienti della
musica dei Marta sui Tubi: pochi, all’apparenza, ma dosati al
punto giusto, in modo da dar vita a canzoni trascinanti e
imprevedibili. Prodotto da Fabio Magistrali, MUSCOLI E DEI
(2003) è unanimemente considerato uno dei debutti più
originali del nuovo secolo, grazie alle fluide tessiture sonore
create dalla chitarra di Carmelo Pipitone e dai frenetici – ma
non per questo privi di melodia – tour de force in cui è
impegnata la voce di Giovanni Gulino – entrambi siciliani di
stanza a Bologna. Un contesto ridotto all’osso ma non povero,
per una raccolta di brani dall’innegabile appeal, alcuni dei
quali riescono a sorpresa a entrare nei palinsesti di alcuni
grandi network radiotelevisivi. Trasferitisi a Milano e accolto
in formazione il batterista Ivan Paolini, nel 2005 i Marta sui
Tubi hanno fatto uscire C’È GENTE CHE DEVE DORMIRE, in cui
una parte dell’irruenza dell’esordio viene sacrificata in nome
di una maggiore varietà espressiva. Numerosi gli ospiti,
dall’ex Scisma Paolo Benvegnù a Moltheni, da Enrico
Gabrielli dei Mariposa a Sara Piolanti e Deborah Walker dei
Caravane de Ville fino a Bobby Solo.

MIA MARTINI
Una delle maggiori interpreti (ma anche autrice e, più in
generale, musicista) della canzone italiana, nasce come
Domenica “Mimì” Bertè a Bagnara Calabra, in provincia di
Reggio Calabria, il 20 settembre 1947. Ha tre sorelle, fra cui
Loredana, anche lei con un avvenire nella musica. Cresce ad
Ancona e inizia poco più che bambina a esibirsi nelle feste di
piazza con il gruppo marchigiano La Mela e nei concorsi
canori, finché nel 1961 conosce Carlo Alberto Rossi, un
affermato autore del tempo. Crede in lei e, dopo una serie di
serate a Rimini, nel 1962 per la Car-Juke Box pubblica il suo
primo 45 giri. Le due cover, I miei baci non puoi scordar e
Lontani dal resto del mondo, sono scelte sull’onda dello yé yé,
la moda del tempo, che si riflette anche nei singoli successivi,
da Insieme (Televisione con mamma e papà), cover di In
Summer, a Il magone, grazie alla quale partecipa al
programma TV “Teatro 10” presentato da Lelio Luttazzi, dove
interpreta Ed ora che abbiamo litigato. Alcune incisioni del
periodo vedranno la luce solo molti anni più tardi, grazie
all’etichetta On Sale. A Non sarà tardi del ’66 (in quell’anno
avrebbe dovuto incidere Riderà, poi interpretata con grande
successo da Little Tony) segue una pausa discografica, cui
contribuisce nel 1969 anche un’avventura giudiziaria (viene
trovata con una minima quantità di hashish nella borsetta e
sconta quattro mesi di reclusione). Tornata in attività, forma un
trio con la sorella e il futuro Renato Zero, ma la svolta
stilistica matura dopo aver assistito a un concerto di Julie
Driscoll e Brian Auger nel 1969. Abbandona il nome di Mimì
Bertè che aveva usato negli ultimi dischi e sceglie quello di
Mia Martini. Nel 1970, dopo l’esperienza come corista con la
sorella Loredana (“Mimì & Lolò”) per l’LP PER UN PUGNO DI
SAMBA di Chico Buarque De Hollanda, la crescita artistica è
testimoniata dal repertorio soul e jazz eseguito nei locali, con
il trio del tastierista Toto Torquati.
Il 1971 è l’anno del ritorno: vince con il gruppo La
Macchina (e a pari merito con la Premiata Forneria Marconi) il
primo Festival d’avanguardia e nuove tendenze di Viareggio
con Padre davvero, brano decisamente forte e autobiografico,
scritto da Antonello De Sanctis e Piero Pintucci in linea con la
contestazione giovanile dell’epoca, rivolta anche verso i
genitori. Fa seguito l’esordio su 33 giri, OLTRE LA COLLINA (tra
gli autori, Claudio Baglioni) e poi nel 1972 un 45 giri di
grande impatto, Piccolo uomo, firmato da Bruno Lauzi, i
fratelli La Bionda, Leo Ricchi e Dario Baldan Bembo. Il
singolo entra in classifica e si aggiudica il Festivalbar,
anticipando NEL MONDO, UNA COSA, vincitore del Premio della
critica discografica. L’album contiene tra le altre Donna sola,
altro 45 giri baciato dalle vendite; l’artista mette in luce una
vocalità diretta, vera, figlia in qualche modo del blues e del
soul. Un altro brano importante, Minuetto, scritto da Franco
Califano e Baldan Bembo, si afferma di nuovo al Festivalbar
l’anno seguente. Anche il relativo album, IL GIORNO DOPO (con
Dove il cielo va a finire, Pic-nic, cover di Your song di Elton
John, e Signora, traduzione di Paolo Limiti da Jean Manuel
Serrat) è un successo. Nel ’74 esce È PROPRIO COME VIVERE
(con Inno), che conferma solo in parte le vendite dei
precedenti; nel ’75 è la volta di ben due album – SENSI E
CONTROSENSI (con Volesse il cielo, traduzione da Vinicius De
Moraes fatta da Sergio Bardotti) e UN ALTRO GIORNO CON ME
(con il tradizionale Veni sonne di la muntagnella), di minor
valore – e del 45 giri Donna con te. CHE VUOI CHE SIA… SE T’HO
ASPETTATO TANTO, con gli arrangiamenti di Luis Bacalov, torna
nel 1976 a buoni livelli qualitativi. Il 1977 è l’anno di un
fortunato tour con Charles Aznavour e dell’album PER AMARTI,
che segna l’incontro con Ivano Fossati, il quale scriverà e
produrrà interamente il successivo DANZA, uno dei vertici della
carriera di Mia Martini. I lavori di questo periodo hanno meno
riscontri commerciali ma confermano la grande forza
espressiva di un’artista che pare persino limitativo definire
solo come interprete. Intanto però inizia a diffondersi
nell’ambiente musicale – attraverso voci disgustose e
meschine – una fama di iettatrice, che la ferirà profondamente
e influirà sulla sua vita personale.
Dopo due anni di silenzio Mia Martini debutta come autrice
in MIMÌ, con buone canzoni come E ancora canto e Ti regalo
un sorriso. Il 1982 è l’anno dell’esordio a Sanremo con E non
finisce mica il cielo, brano di ottima fattura firmato Ivano
Fossati che vince il neonato Premio della critica, creato
apposta per lei e, dopo la sua scomparsa, intestato a suo nome.
Un bel pezzo è anche Quante volte, 45 giri successivo scritto
dalla cantante con Shel Shapiro, che produce il rockeggiante
QUANTE VOLTE… HO CONTATO LE STELLE, in cui svetta Stelle,
della stessa Martini. Altra prova eccellente è il live MIEI
COMPAGNI DI VIAGGIO, che comprende brani di cantautori
italiani e stranieri e vari ospiti importanti, ma che ha scarsi
riscontri di vendita. Sono anche gli anni delle collaborazioni in
due notissimi brani della sorella: il controcanto in Non sono
una signora e la voce guida in Il mare d’inverno, ma anche la
partecipazione ai cori di Terra promessa di Eros Ramazzotti
nel 1984. A questo punto Paolo Conte scrive un brano di
grande qualità per la Martini, Spaccami il cuore, che viene
presentato alla commissione selezionatrice del Festival di
Sanremo 1985, ma non viene ammesso: la delusione è cocente
e l’artista calabra conferma la sua intenzione di ritirarsi dalle
scene, a cui stava pensando da tempo. Non a caso l’ultimo
brano di MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO, Ed ora dico sul serio
(cover di Agora falado serio di Buarque) diceva: “Ed ora dico
sul serio/ non vorrei cantare più”.
Ma dopo quattro anni c’è il ritorno. Il palco è di nuovo
quello di Sanremo, il brano Almeno tu nell’universo, scritto
anni prima da Lauzi e Maurizio Fabrizio. Vince nuovamente il
Premio della critica, mentre il relativo album, MARTINI MIA,
viene insignito della Targa Tenco per il miglior disco di
interprete, grazie anche ad alcune canzoni firmate da Enzo
Gragnaniello, come la splendida Donna. Nel 1990 si registra
un’altra presenza al Festival con La nevicata del ‘56 (ancora
Premio della critica) e l’album che la riporta in classifica, LA
MIA RAZZA, seguito nel 1991 dal live MIA MARTINI IN CONCERTO.
Nel ’91 l’artista è ospite in due brani di OTTANTAVOGLIA DI
CANTARE di Roberto Murolo, con cui duetta in Cu’ ‘mme, una
ispirata canzone di Gragnaniello; con quest’ultimo Mimì
aveva duettato nella sua Rosé l’anno precedente, quando aveva
anche inciso Stelle di stelle con Claudio Baglioni. Nel ’92
ancora una presenza a Sanremo con Gli uomini non cambiano
(scelta al posto di In una notte così) e un altro buon successo
di vendite per l’album LACRIME, a cui segue il tour teatrale
“Per Aspera ad Astra” (documentato in una omonima VHS) in
cui la cantante ripercorre la sua storia artistica. Artisticamente
è un momento felice ma la vita privata non è altrettanto
positiva. C’è un’altra partecipazione al Festival, nel 1993, con
la mediocre Stiamo come stiamo, in coppia con la sorella
Loredana, con la quale per molti anni i rapporti erano stati
problematici. Il nuovo, e ultimo, album è LA MUSICA CHE MI
GIRA INTORNO, una sorta di omaggio ai cantautori italiani.

Il 12 maggio 1995 Mia Martini viene trovata morta a


Cardano al Campo (VA), uccisa dalle malignità nei suoi
confronti, dalla solitudine, dalla depressione. Molte sono le
raccolte e i progetti a lei dedicati negli anni seguenti, grazie
anche allo studioso Menico Caroli, autore nel 1999 della
biografia “Il mio canto universale” (Tarab) e curatore di album
come CANZONI SEGRETE del 2003 (una succosa raccolta di
diciotto inediti degli anni ’70, con brani come Ruba, di
Antonello Venditti, e varie versioni di canzoni note ma con
testi diversi o in lingua straniera), E PARLO ANCORA DI TE del
2004, MIA MARTINI IN CONCERTO nel 2005, e il DVD “E ancora
canto” del 2005. Sempre del 2005 è LA NEVE, IL CIELO,
L’IMMENSO, una tripla raccolta con inediti e rarità e un ricco
libretto di 48 pagine. Un modo per ricordare un’artista unica.
(f.ca.)
DISCOGRAFIA

OLTRE LA COLLINA (RCA 1971)


NEL MONDO, UNA COSA (Ricordi 1972)
IL GIORNO DOPO (Ricordi 1973)
È PROPRIO COME VIVERE (Ricordi 1974)
SENSI E CONTROSENSI (Ricordi 1975)
UN ALTRO GIORNO CON ME (Ricordi 1975)
CHE VUOI CHE SIA… SE T’HO ASPETTATO TANTO (Come il vento
1976)
PER AMARTI (Come il vento 1977)
DANZA (WEA 1978)
MIMì (DDD 1981)
QUANTE VOLTE… HO CONTATO LE STELLE (DDD 1982)
I MIEI COMPAGNI DI VIAGGIO (DDD 1983, dal vivo)
MARTINI MIA (Fonit Cetra 1989)
LA MIA RAZZA (Fonit Cetra 1990)
MIA MARTINI IN CONCERTO (Fonit Cetra 1991, dal vivo)
MI BASTA SOLO CHE SIA UN AMORE (Fonit Cetra 1991,
antologia con un inedito)
LACRIME (Fonit Cetra 1992)
RAPSODIA (Fonit Cetra 1992, antologia con un inedito)
LA MUSICA CHE MI GIRA INTORNO (RTI 1994)
MIMÌ BERTÈ (On Sale Music 1996, antologia di inediti e
rarità degli anni ’60)
INDIMENTICABILE MIA (DIG IT 1996, antologia con inediti)
SEMPLICEMENTE MIMÌ (LIVE IN PROCIDA ’93) (Sonymusic
1998, dal vivo con un inedito)
MIMÌ BERTÈ - MIA… MIMÌ (On Sale Music 2000, antologia
di inediti e rarità degli anni ’60)
MIMì SARÀ (S4 2000, antologia con inediti e rarità)
CANZONI SEGRETE (BMG Ricordi 2003, antologia di inediti)
E PARLO ANCORA DI TE (Warner 2004, antologia con inediti)
MIA MARTINI IN CONCERTO (Raitrade 2005, dal vivo con un
inedito)
LA NEVE, IL CIELO, L’IMMENSO (Sonymusic BMG 2005,
antologia tripla con inediti e rarità)
NEL MONDO, UNA COSA. Uno dei dischi più belli della
Martini e anche uno dei suoi maggiori exploit commerciali.
Grandi interpretazioni. A parte Piccolo uomo e Donna sola,
contiene brani come Tu che sei sempre tu e Amanti e cover
di Mother di John Lennon (Madre), Border Song di Elton
John (Io straniera) e una versione di Valsinha di Vinicius
De Moraes e Chico Buarque. Autori: Bruno Lauzi, Luigi
Albertelli, Dario Baldan Bembo, i fratelli La Bionda,
Maurizio Piccoli.
DANZA. Ivano Fossati scrive e produce l’intero album, tanto
che potrebbe tranquillamente trovare posto nella sua
discografia. Molti i brani memorabili, a partire dalla title
track passando da Canto alla luna per arrivare a quelli poi
ripresi dal loro autore, come Di tanto amore, Vola ma
soprattutto il capolavoro La costruzione di un amore. Tutte
fatte proprie, con intensità, da Mia Martini.
LA MUSICA CHE MI GIRA INTORNO. L’ultimo album, un
omaggio alla canzone d’autore italiana e ai suoi autori più
noti (con la lodevole eccezione di Mimmo Cavallo): da
Vasco Rossi a Edoardo Bennato, da Dalla a Zucchero, da De
André a – ovviamente – Fossati. E De Gregori con Mimì
sarà, un brano splendido che anche al di là del titolo sembra
scritto per Mia Martini, per la sua forza e per la sua
debolezza.

BRUNO MARTINO
Una voce calda e suadente tra i fumi e le luci soffuse di un
night club: Bruno Martino è cantante di vaglia ma
principalmente pianista, musicista e arrangiatore. Nato a Roma
l’11 novembre 1925, s’innamora quasi subito del jazz, musica
proibita a causa dell’embargo fascista tanto che, alla fine della
guerra, a soli vent’anni entra a far parte dell’orchestra 013, la
prima big band italiana di jazz, palestra per compositori di
rilievo come Piero Piccioni. A seguito dello scioglimento del
gruppo, dal 1947 Martino fa gavetta in giro per l’Europa,
specialmente in Danimarca, ed è proprio in una sala
d’incisione di Copenaghen, nel 1958, che si compie il suo
destino di cantante. La nordamericana Capitol cerca un nuovo
repertorio italiano dopo l’abbandono dell’etichetta da parte di
Renato Carosone: viene pertanto inciso un LP il cui brano di
punta è Kiss Me, Kiss Me, un terzinato per metà in inglese e
per l’altra in italiano, firmato da Armando Trovajoli. Negli
Stati Uniti il disco non piace, ma il 45 viene stampato in Italia
dalla Voce del Padrone con ottimi risultati. Martino torna in
Italia e indovina una serie di successi non tanto discografici,
quanto da night: alcuni divertenti, come Nel duemila (1959) e
Sono stanco (1960), e altri più melodici, quali Estate (1961) –
che diventerà un classico, oltre che uno standard jazzistico per
merito di Helen Merrill e poi di João Gilberto – e Cos’hai
trovato in lui (1963). Nel 1961 c’è anche un Sanremo con AAA
Adorabile cercasi. L’arrivo del beat non scalfisce più di tanto
la coerenza stilistica del pianista capitolino, che dal 1965 si
associa con il giovane paroliere Franco Califano. Nascono così
Baciami per domani e la notissima E la chiamano estate (il cui
testo viene scovato dallo stesso Martino frugando in un cestino
di rifiuti di Califano). Anche in questo caso, nonostante le
vendite non esaltanti, i pezzi diventano famosi per la
diffusione nel circuito dei night.
Negli anni ’70 Martino (che scrive anche per altri) incide
dei dischi a tema, intitolati I REMEMBER…, che rivisitano la
storia della canzone internazionale dagli anni ’30 ai ’50. Per
l’occasione affianca al pianoforte l’organo e il Moog. Nel
1978 pubblica nuovi brani: Ma tu chi sei?, Ma come mai
stasera e, poco più tardi, Raccontami di te, scritta con l’amico
Sandro Ciotti, il popolarissimo radiocronista sportivo. Mentre i
figli Walter e Adriano seguono le orme paterne (il primo come
batterista, il secondo come chitarrista), Martino continua
l’attività live, anche all’estero. Nel 1993 tiene con Umberto
Bindi lo spettacolo DUE VITE UN PIANOFORTE, documentato
anche su disco. Bruno Martino muore il 12 giugno 2000 per un
attacco cardiaco.

MIRANDA MARTINO
Nasce a Moggio Udinese nel 1933, da genitori napoletani, e
sarà una delle voci femminili più interessanti della canzone
partenopea, mentre la sorella Adriana diventerà un’importante
mezzosoprano. A partire dal 1956 incide 78 e 45 giri,
soprattutto di brani napoletani, finché nel 1959 va a Sanremo,
al Festival di Napoli (con Solitudine) e ottiene la prima
affermazione con Stasera tornerò a cui seguono titoli come
Just Say I Love Him (versione americana di Dicitenciello
vuje), Calda estate d’amore (di Renato Rascel) e Stringiti alla
mia mano e Gaston (di Nico Fidenco). Nel 1963 c’è una svolta
con NAPOLI, dodici classici partenopei arrangiati e diretti da
Ennio Morricone. L’LP ottiene consensi di pubblico e di
critica ed è seguito, l’anno successivo, da LE CANZONI DI
SEMPRE, su melodie italiane della prima metà del XX secolo.
Nel 1965 la Martino intraprende l’attività di attrice in teatro e
in TV e pubblica il secondo volume di NAPOLI, di livello
ancora più alto del precedente. Due anni dopo è la volta di
OPERETTA PRIMO AMORE. Da quel momento accumula impegni
teatrali di rilievo, tornando di tanto in tanto alla canzone con
altri lavori tematici: DONNA, AMORE, DOLORE (1971), viaggio
nel folklore italiano; UN BICCHIER D’ACQUA E UN BACIO ARDENTE
(1975), sul liscio italiano d’anteguerra; OTTIMO STATO (1977),
album sulla condizione femminile in cui scrive anche i testi.
Se si eccettuano due o tre episodici singoli negli anni ’80, la
carriera discografica finisce qui, anche per gli scarsi risultati di
vendite. Prosegue invece con successo quella teatrale.

MARCO MASINI
La musica e il calcio sono le prime passioni di Marco
Masini, che, dopo un fallito tentativo di entrare nelle giovanili
della Fiorentina come portiere, decide che la direzione giusta è
quella delle sette note, cui viene iniziato dalla famiglia. A
Firenze, dove è nato nel settembre ’64, trascorre l’adolescenza
a contatto con vari generi musicali: liscio, disco music, pop,
rock. Il primo passo è la formazione degli Errata Corrige,
piccolo gruppo nato tra i banchi di scuola, all’Istituto di
Ragioneria che abbandona al quarto anno per dedicarsi
interamente alla canzone. La morte della madre coincide con
la fine del servizio militare e l’inizio del suo impegno
musicale, fatto di piano bar, di molto studio ma anche del
rifiuto dei discografici nei suoi confronti. Qualcosa cambia
dopo l’incontro con il compositore e autore Beppe Dati e
ancora di più con il paroliere Giancarlo Bigazzi, nel 1986. Già
l’anno seguente lavora come arrangiatore per l’album COSA
RESTERÀ DEGLI ANNI ’80 di Raf e per Umberto Tozzi.

Da quel momento è un crescendo: nell’88 pubblica il 45 giri


Uomini e nel 1990 approda a Sanremo con Disperato, che
vince tra le nuove proposte ottenendo anche il relativo Premio
della critica. Ne seguono l’album d’esordio cui Masini dà il
suo nome e la partecipazione al Festival seguente con Perché
lo fai, brano che gli regala il primato di vendite in Italia nel
1991 e che viene incluso in MALINCONOIA, vincitore nello
stesso anno del Festivalbar e a sua volta successo da primo
posto in classifica. A caratterizzare Masini è una vocalità
screziata e una poetica tra il sentimentalismo e
l’esistenzialismo, associate a un pop rock non particolarmente
originale. Nel 1993 T’INNAMORERAI bissa l’exploit, grazie
anche alla provocazione del brano Vaffanculo. L’album viene
pubblicato anche in Spagna, Germania e Francia, con buoni
esiti, così come IL CIELO DELLA VERGINE, che conferma la nuova
vena con brani come Bella stronza. Alla raccolta del 1996
L’AMORE SIA CON TE segue un nuovo tour, qualche sporadica
collaborazione e nel ’98 l’album più rock del toscano,
SCIMMIE, pubblicato dall’etichetta Ma.Ma., fondata da lui
stesso con Mario Manzani e Marco Poggioni. I testi piuttosto
ermetici sono la risultante del distacco da Bigazzi (che tornerà
nel 2001) e probabilmente una delle cause del fallimento
commerciale dell’album: “Mi prendo la mia responsabilità di
aver fatto un disco sicuramente diverso da quello che la gente
si aspettava”, ha dichiarato l’artista. Ma anche le vendite dei
dischi seguenti non arriveranno più ai livelli passati.
Nel 2000 Masini torna in gara a Sanremo con Raccontami
di te, che diventa anche un album e un conseguente tour,
mentre l’anno successivo pubblica USCITA DI SICUREZZA,
lamentando una scarsa attenzione per il disco da parte della
sua casa discografica, la BMG Ricordi, che denuncia per
inadempimenti contrattuali. A ciò si aggiungono pesanti
maldicenze: “Hanno scritto che le mie canzoni portavano al
suicidio, sono stato chiamato addirittura funesto, iettatore”. Ed
è così che il 17 aprile 2001 annuncia il suo ritiro dalle scene,
disposto a cambiare idea solo davanti alle scuse di chi lo ha
offeso. Ma la passione per la musica gli fa riprendere l’attività
nell’ottobre del 2003 con l’antologia …IL MIO CAMMINO,
pubblicata dall’etichetta indipendente MBO Music di Mario
Ragni. Nuovi gli arrangiamenti dei brani, nuovo l’aspetto di
Masini, nuovi gli entusiasmi che lo conducono per la quarta
volta a Sanremo, dove vince con L’uomo volante. Le vendite
non sono eclatanti ma il tour che ne segue lo reintroduce in
diversi Paesi europei e viene documentato da un DVD e un
disco live. Nel 2005 torna a Sanremo con Nel mondo dei sogni
e pubblica IL GIARDINO DELLE API. (p.d.s.)
DISCOGRAFIA

MARCO MASINI (Ricordi 1990)


MALINCONOIA (Ricordi 1991)
MARCO MASINI (Hispavox 1992, Spagna, in spagnolo)
T’INNAMORERAI (Ricordi 1993)
TE ENAMORARÀS (Hispavox 1993, Spagna, in spagnolo)
IL CIELO DELLA VERGINE (Ricordi 1995)
EL CIELO DE VIRGO (Hispavox 1995, Spagna, in spagnolo)
L’AMORE SIA CON TE (BMG Ricordi 1996, antologia con
inediti)
MI AMOR ALLÌ ESTARÀ (Hispavox 1996, Spagna, in spagnolo)
SCIMMIE (BMG Ricordi 1998)
RACCONTAMI DI TE (BMG Ricordi 2000)
USCITA DI SICUREZZA (BMG Ricordi 2001)
…IL MIO CAMMINO (MBO Music 2003, antologia con nuove
esecuzioni e inediti, ristampato nel 2004 con il titolo MASINI
e l’aggiunta di due inediti)
MASINI LIVE (MBO Music 2004, dal vivo)
IL GIARDINO DELLE API (MBO Music 2005)
MALINCONOIA. Prodotto da Giancarlo Bigazzi, è il primo
disco di Masini a offrirgli riconoscimenti. Nove le canzoni
in tracklist, tra le quali la sofferta Perché lo fai, la goliardica
Ti vorrei e la drammatica Cenerentola innamorata, che
tratta il tema dell’aborto. Il titolo del disco, fusione tra i
termini “malinconia” e “paranoia”, è stato inserito come
neologismo nel dizionario Devoto-Oli.

MASSIMO VOLUME
Formatisi a Bologna nel 1991, dopo vari aggiustamenti di
formazione – tra i fondatori anche Umberto Palazzo, ex Ugly
Things e Allison Run e futuro Santo Niente – esordiscono per
la piccola Underground Records nel 1993 con STANZE. Fanno
parte del gruppo Vittoria Burattini (bt.), Egle Sommacal (ch.),
Gabriele Ceci (ch.) ed Emidio “Mimì” Clementi (bs., vc.). Il
disco è per molti versi ancora acerbo, ma dimostra già una
personalità originale tanto da suscitare l’interessamento della
neonata Mescal, che li mette sotto contratto e fa uscire LUNGO I
BORDI (1995), coprodotto da Fausto “Faust’O” Rossi. Lo stile
della band tocca qui un primo vertice, con composizioni come
Il primo dio, Fuoco fatuo e Pizza express che mettono in
mostra tanto le doti strumentali dei quattro, improntate a un
noise rock nervoso e pieno di spigoli, ma all’occorrenza anche
più avvolgente, e soprattutto la forte personalità di Clementi,
che con voce sicura recita i suoi testi dalla forte valenza
letteraria, veri e propri piccoli racconti. Tempo altri due anni,
ed è la volta di DA QUI: in cabina di regia c’è l’ex Lounge
Lizards Steve Piccolo e alla formazione si è aggiunto Metello
Orsini (ch., bs.), destinato entro breve a sostituire Ceci. È
invece Manuel Agnelli a occuparsi della produzione di CLUB
PRIVÉ (1999), musicalmente più vario dei precedenti ma non
sempre a fuoco. Da segnalare, al suo interno, anche i primi
tentativi di Clementi al canto vero e proprio, oltre alla
presenza come ospite di Cristina Donà. Si tratta dell’ultimo
vero album della formazione che, dopo avere curato la colonna
sonora di “Almost Blue” di Alex Infascelli (2000), si scioglie.
Nel frattempo Clementi – che per un certo periodo aveva dato
vita insieme ad Agnelli al progetto “Gli Agnelli Clementi” –
alterna alla carriera musicale quella letteraria e pubblica la
raccolta di racconti “Gara di resistenza” (Gamberetti, 1997) e i
romanzi “Il tempo di prima” (DeriveApprodi, 2000) e “La
notte del Pratello” (Fazi, 2001). In occasione dei reading di
presentazione di quest’ultimo, ha inizio la collaborazione con
Massimo Carozzi, insieme al quale fonda gli El-Muniria, il cui
disco di esordio, STANZA 218, esce nel 2004 in contemporanea
con il suo nuovo romanzo, “L’ultimo dio” (Fazi), che lo
conferma come una delle voci più interessanti della narrativa
italiana contemporanea.

MATIA BAZAR
Genova, 1973: Piero Cassano (ts., vc.), Pucci Cochis (bt.),
Aldo Stellita (bs.) e Carlo Marrale (ch.) formano i Jet, che
partecipano a Sanremo e incidono FEDE SPERANZA E CARITÀ, nel
filone progressive di quegli anni. Nel 1975, con l’aggiunta
della cantante Antonella Ruggiero, detta “Matia”, e di
Giancarlo Golzi al posto di Cochis, nascono i Matia Bazar,
dalla forte impronta melodica. Il primo 45 giri è già un buon
successo, Stasera che sera, cui seguono Cavallo bianco e Per
un’ora d’amore (1976). Nel 1977 esce l’album L’ORO DEI MATIA
BAZAR che contiene uno dei loro brani più popolari, Solo tu,
cui seguono Tu semplicità, Mister mandarino e la vittoria a
Sanremo con …E dirsi ciao nel 1978, che però non ha riscontri
commerciali. Nel giro di pochi anni acquistano una notevole
popolarità presso una larga fascia di pubblico, ottenendo
buone vendite grazie ad arrangiamenti accattivanti, collaudate
melodie ben cantate e testi di impatto. C’è tutto un mondo
intorno nel 1979 è un altro brano da classifica, dopodiché
Cassano lascia il gruppo per dedicarsi, fra l’altro, al lavoro
come autore per Eros Ramazzotti. I Matia Bazar imprimono
invece una svolta più raffinata alla propria musica, verso il
techno pop, con BERLINO, PARIGI, LONDRA (1981) e con TANGO
(1983), l’album della popolarissima Vacanze romane,
presentata a Sanremo, dove vince il Premio della critica (così
come nell’85 Souvenir). Il successo è stabile ora anche in vari
Paesi stranieri. Vi sono ancora influenze elettroniche, che
suscitano pareri controversi, in ARISTOCRATICA (1984) e in
MELANCHOLIA (1985), che contiene Ti sento, ultimo vero hit del
gruppo.
Dopo MELÒ, con Noi (1987) e La prima stella della sera
(1988), il gruppo opta per il ritorno al versante melodico e
registra l’abbandono della Ruggiero, fino a quel momento,
oltre che vocalist, immagine stessa dei Matia Bazar. Al suo
posto si avvicenderanno varie cantanti. D’ora in poi il grafico
delle vendite sarà però discendente e il gruppo manterrà
notorietà più che altro per le molteplici partecipazioni a
Sanremo. Nel ’95 esce anche Marrale, nel ’98 scompare
Stellita, e nel ’99 rientra nel gruppo Cassano. Con lui, Golzi,
Silvia Mezzanotte al canto e una formazione rinnovata, nel
2002 i Matia vincono il Festival con Messaggio d’amore. Nel
2005, trentennale del gruppo – ora quartetto con Cassano,
Golzi, Fabio Perversi (ts.) e Roberta Faccani (vc.) –, si
ripresentano per l’undicesima volta a Sanremo con Grido
d’amore.

CLAUDIO MATTONE
Nato a Napoli nel 1943, Claudio Mattone si interessa alla
musica fin da giovanissimo, una passione che asseconda
attraverso lo studio del pianoforte. I primi amori musicali sono
la classica e il jazz, ma presto il suo temperamento
comunicativo lo spinge a uscire allo scoperto entrando come
autore nel mondo della canzone. Propone le sue composizioni
a diverse case discografiche, fino al primo contratto che nel
1969 lo porta a trasferirsi a Roma. Il successo arriva
immediatamente con Sanremo, dove la sua Ma che freddo fa
(scritta in coppia con Migliacci) è interpretata da una
giovanissima Nada. Da quel momento la sua professionalità di
autore andrà affermandosi sempre più anche in televisione, nel
cinema e nel teatro. Fra le tante canzoni, ricordiamo ancora Il
cuore è uno zingaro (Nada), Ma la notte no (Arbore), Ancora
(De Crescenzo), Le ragazze (Neri per caso). Nel 1995 scopre e
lancia la cantante Cecilia Cipressi, in arte Syria. Intanto crea a
Roma uno studio di registrazione, il Quattro Uno. Nel 1989
scrive la sua colonna sonora più nota, quella per “Scugnizzi”
di Nanni Loy (due David di Donatello), da cui nel 2002 trae il
musical “C’era una volta… Scugnizzi”.

MAU MAU
In principio furono i Loschi Dezi, gruppo pioneristico della
scena torinese di fine anni ’80, sorto a sua volta dalle ceneri
degli A Flick Inside. Nel 1991 realizzano l’album CABALA, che
soffia un vento luminoso sull’oscurità della new wave, un
colorito mix tra ska, rock e musica popolare (e in Il diavolo e
l’acqua santa compare come corista anche Luciana Litizzetto).
Ma ben presto, abbandonato lo ska e abbracciato il credo
acustico, alcuni dei componenti – Luca Morino (vc. e ch.) e
Fabio Barovero (fis. e poi ts.) – danno vita a un nuovo
progetto, in un primo tempo parallelo a quello dei Loschi
Dezi: i Mau Mau. È il 1990. Il nome in dialetto piemontese
significa più o meno “straccioni”, ma è anche quello di un
gruppo di liberazione keniota degli anni ’50 che lottava contro
la colonizzazione inglese. Il primo lavoro è l’EP SOMA LA
MACIA. A Morino e Barovero si uniscono, dal Camerun,
Bienvenu Tatè Nsogan (pr.) e poi una serie di altri musicisti
che ruoteranno nel tempo attorno al trio, fra cui Roy Paci e
Andrea Ceccon (tr.), Valerio Corzani (bs.), Davide Rossi (vi.),
Davide Graziano (bt.), Carlo Actis Dato (sx.).
I Mau Mau (che amano definirsi “acustica tribù”) smuovono
le acque della musica italiana con una strumentazione insolita
(fisarmonica, tromba, violino, djembè, nacchere, mani) e
canzoni lontane dall’influenza nordamericana e ricche di echi
latini, arabi, africani, in un’eccellente e piemontese
metabolizzazione della lezione di gruppi come Negresses
Vertes o, in misura minore, Mano Negra. L’esordio su album,
SAUTA RABEL, fin dalle prime note evidenzia la carica
innovativa dei Mau Mau, che mescolano il dialetto piemontese
all’italiano e a varie altre lingue, in testi che parlano di
emarginazione e meticciato. Il disco vince la Targa Tenco per
la miglior opera prima. Il lungo tour seguente toccherà Europa,
Palestina e Iraq. Instancabili compongono la colonna sonora
del film “Nero” di Giancarlo Soldi e nel 1994 pubblicano BASS
PARADIS, un unicum sonoro imbevuto di sonorità etniche, con
pezzi irresistibili come An viagi, Adorè, Balon Combo, Razza
predona. All’album, ancor più riuscito del precedente,
partecipano numerosi ospiti.
Varie le partecipazioni a tributi e raccolte di quegli anni, a
partire da I DISERTORI, omaggio di vari gruppi della nuove
generazioni a Ivano Fossati, in cui i Mau Mau interpretano
magistralmente Panama, riuscendo a ricreare quel clima di
viaggio esotico, di lontananza e di fuga idealizzato dall’autore.
Quindi realizzano con gli Africa Unite Ritmo Politico. Del
1995 è Resistenza, marzo 1995 incisa (in Marocco) per la
raccolta MATERIALE RESISTENTE del Consorzio Produttori
Indipendenti. Nel 1996 il gruppo pubblica il tentennante VIVA
MAMANERA (con la ruffiana La ola) e poi, al primo Salone
della Musica di Torino, dà vita a “R@dio Trance” che riunisce
il Marocco della Confraternita Gnawa Les Maitres du
Guembri, l’India di Inder Mathanu e la techno trance degli
Omega Tribe. Quattro anni più tardi porteranno in scena un
progetto simile, “Marrakech Connection”, e nel 2001 “Mistic
Turistic, dal Mediterraneo ai Caraibi”. L’attività dal vivo
continua a correre parallela a quella in studio, con presenze in
importanti festival e manifestazioni europee e con molti
progetti speciali (come quello di strada della Banda Maulera,
con l’aggiunta di fiati e percussioni). Nel 1998 esce
ELDORADO, forse il miglior lavoro in assoluto del gruppo,
maturo e personale. Due anni dopo è la volta di SAFARI BEACH
(con Una lunga estate calda), più movimentato del precedente
e in cui per la prima volta la componente elettronica diviene
evidente. I testi di Morino (che con Barovero è anche l’autore
delle musiche del gruppo) sono sempre più solidi e capaci di
raccontare e immaginare.
Dopo il doppio dal vivo MARASMA GENERAL (“100%
Patchanka mediterranea” compare, a mo’ di slogan, sulla
confezione), sporco ed energico, nel 2002 il gruppo decide per
una pausa che durerà diversi anni. Morino dà vita al progetto
“Animal Minimal”, nel 2003 pubblica il libro “Mistic Turistic
- cibo viaggi e miraggi” (Mondadori) a cui fa seguito, un anno
dopo, MISTIC TURISTIC/MOLESKINE BALLADS, una sorta di
reading con musica, pubblicato a nome LucaMor. Barovero
(che già aveva prodotto due album della Banda Ionica) si
dedica a molteplici esperienze: nel 2003 con lo pseudonimo
“Vero” pubblica l’album PREGHIERE, scrive musiche per la
pubblicità, il teatro e il cinema, e con Mauro Ermanno
Giovanardi dei La Crus realizza lo spettacolo di canzoni
d’autore “Cuore a nudo”.
Nel 2006 il cammino dei Mau Mau riprende con DEA, nato
tra Piemonte e Brasile con un’impronta più elettrica, ma che
sostanzialmente conferma la cifra stilistica del gruppo. Con
Morino, Barovero e Nsongan ci sono Paolo Gep Cucco (bt.),
Amik Guerra (tr.) e Josh Sanfelici (bs.). (e.de. - r.ba.)
DISCOGRAFIA

SOMA LA MACIA (Vox Pop 1992, EP)


SAUTA RABEL (Vox Pop/EMI 1992)
TÙIRA (Vox Pop/EMI 1993, remix, EP)
BASS PARADIS (Vox Pop/EMI 1994)
VIVA MAMANERA (Vox Pop/EMI 1996)
ELDORADO (EMI 1998)
SAFARI BEACH (TUCASA MICASA) (Mescal 2000)
MARASMA GENERAL (Mescal 2001, doppio dal vivo con due
inediti)
DEA (Mescal 2006)
ELDORADO. Album ottimo, e poco venduto. Morbido,
intenso, sinuoso, dove i colori del gruppo si attenuano senza
perdere però suggestione. Partecipano i “Meninos do Pelo”,
i ragazzi di strada di Salvador de Bahia, e Cesare Malfatti
dei La Crus come coproduttore, mentre “Joe” Giovanardi
duetta in Solo sfiorando. Al di là dei singoli brani è l’intero
lavoro a risultare pregevole.

COCKY MAZZETTI
Elsa Mazzetti nasce a Milano nel 1937. È l’antesignana
delle nostrane “urlatrici”, una voce cristallina ma molto
versatile che alterna brani melodici ad altri “giovanilistici”.
Assunto il nome di Cocky, dal 1960 inizia a incidere dischi
come Pepito e Tu lei lui. Nel 1961 al debutto sanremese viene
accoppiata al melodico Achille Togliani con Qualcuno mi
ama. L’anno successivo incide La partita di pallone, scritta
per lei da Edoardo Vianello, ma la versione contemporanea di
Rita Pavone la surclassa nelle vendite. La Mazzetti si rifà
l’anno dopo a Sanremo con Giovane giovane eseguita in
coppia con l’autore Pino Donaggio: è uno dei 45 più venduti
dell’anno e il suo maggiore successo. Fino alla metà degli anni
’60 pubblica alcune decine di singoli, con alterne fortune, poi
dirada sempre più l’attività. Nel 1983 partecipa al progetto
“Oldies” con Nicola Arigliano, Ernesto Bonino, Wilma De
Angelis e Claudio Celli, culminato nella realizzazione di un
album. In seguito, pur non abbandonando del tutto l’attività
artistica, pubblica pochissimi dischi, fra cui, nel 2005, NON È
UN CAPRICCIO, con alcuni vecchi successi e brani nuovi.

GIANNI MECCIA
Ferrarese, classe 1931, si affaccia al mondo della canzone
alla fine degli anni ’50 con Odio tutte le vecchie signore. Il suo
anno d’oro è il 1960, allorché sforna una di seguito all’altra
(anche in qualità di autore) Il barattolo, valorizzato da un
celebre arrangiamento di Ennio Morricone, e Il pullover. Nel
1961, in coppia con Jimmy Fontana, firma ancora Cha cha cha
dell’impiccato, mentre nel ’66 è lo stesso Fontana a portare al
successo internazionale la sua Il mondo. Nei primi anni ’70,
abbandonata ormai la carriera di cantante (si dedica piuttosto
alla produzione discografica), firma le musiche di alcuni film
di secondo piano, per tornare a far parlare di sé in epoca di
revival con il quartetto dei Superquattro, in cui gli sono
accanto, oltre a Fontana, Nico Fidenco e Riccardo Del Turco.
A parte un fulmineo momento aureo, la sua posizione rimane
alquanto defilata, legandolo inscindibilmente a una fase della
nostra canzone tutto sommato decisamente circoscritta.

ENNIO MELIS
Nato a Firenze nel 1926, è figura fondamentale e
carismatica della nostra discografia, a capo della RCA italiana
per tre decenni. La filiale della compagnia fonografica
statunitense viene impiantata a Roma nel 1951, al km 12 della
via Tiburtina, dietro richiesta del Vaticano. Il giovane Melis,
allora impiegato presso la Santa Sede, diviene nel 1955
funzionario dell’azienda, quindi direttore generale. Punta tutto
sui 45 giri, la novità dell’epoca, archiviando i 78 giri e a poco
a poco – contro il parere dei suoi superiori statunitensi –
affianca alla distribuzione del catalogo nordamericano una
produzione di artisti italiani. Il primo è Nico Fidenco, poi
Gianni Meccia, Jimmy Fontana ed Edoardo Vianello. Melis li
chiama “i quattro moschettieri” e per loro conia, con il
direttore artistico Vincenzo Micocci, il termine “cantautore”.
Ingaggia due giovani arrangiatori di grande valore, l’argentino
Luis Enriquez Bacalov ed Ennio Morricone (che Melis avvierà
alle colonne sonore), con cui prende forma un cast artistico di
alto livello. Melis fa incidere in italiano idoli dei teenager di
tutto il mondo come Paul Anka e Neil Sedaka, ma dà anche
spazio a giovani italiani come Rita Pavone e Gianni Morandi, i
cui successi sono talmente altisonanti da portarlo a creare
un’etichetta dedicata alle nuove promesse, la ARC. Intanto
nomina direttore artistico Nanni Ricordi, che porta in RCA
Gino Paoli, Sergio Endrigo, Umberto Bindi, più tardi Luigi
Tenco ed Enzo Jannacci. Nel decennio successivo Melis avvia
il ricambio generazionale dando spazio a cantautori come
Baglioni, Cocciante, Venditti, De Gregori, Battisti, Renato
Zero e anche Lucio Dalla, che era già in forze alla RCA da
qualche anno. Artisti spesso allevati in etichette interne oppure
sussidiarie come la IT o la Numero Uno di Battisti e Mogol. In
questi anni la RCA è una grandiosa fucina creativa, centrata
sul “Cenacolo”, luogo d’incontro e scambio, ma
particolarmente attenta anche al settore editoriale e
promozionale. A fianco dei tanti altri artisti noti (Rokes, Paolo
Conte, Ivano Fossati, Patty Pravo, Rino Gaetano, Nada ecc.) è
encomiabile la scelta di Melis di produrre anche personaggi di
talento ma dallo scarso appeal commerciale, primo fra tutti
Piero Ciampi, così come collane di poesia e altro. Nel 1983
lascia la RCA ma continua a lavorare nell’industria
discografica. Melis scompare il 20 febbraio del 2005,
lasciando una ricca e irripetibile eredità artistica.

MERCANTI DI LIQUORE
Trio brianzolo formato da Lorenzo Monguzzi (vc., cha.),
Simone Spreafico (cha.) e Piergiorgio Muccilli (fi.), nato come
progetto parallelo del gruppo rock Zoo e come cover band di
Fabrizio De André. Il primo disco, MAI PAURA (1999), contiene
infatti brani del cantautore genovese insieme ad alcune
composizioni originali del gruppo. L’approccio originale con
cui si avvicinano alla sua opera li porta, il 12 marzo 2000, al
Teatro Carlo Felice di Genova per il tributo “Faber, amico
fragile”. Nel giugno dello stesso anno esce un singolo con tre
pezzi tra cui Geordie, la canzone proposta a Genova. L’anno
seguente partecipano alla manifestazione “Appunti partigiani”,
ideata da Marco Paolini. Nel 2002 LA MUSICA DEI POVERI,
composto esclusivamente da canzoni originali, è il primo
passo che va oltre De André. Nel 2003 realizzano, insieme a
Marco Paolini, lo spettacolo “Song n. 32 (Concerto
variabile)”, che l’anno dopo diventa un disco, SPUTI. L’album
successivo, CHE / COSA / TE / NE / FAI / DI / UN / TITOLO (2005), li
spinge definitivamente fuori dal solco deandreiano e apre una
nuova fase del loro percorso artistico.

MICHELE
Michele Maisano nasce a Vigevano nel 1944, ma si
trasferisce subito a Genova. Debutta giovanissimo con grande
grinta, spinto dalla passione per la nuova musica americana e
in particolare per l’Elvis Presley più confidenziale. Incide a
soli 14 anni Flirt e nel 1962 Ma se tu vorrai. Continua a
esibirsi nelle balere genovesi fino a che la RCA decide
all’ultimo momento di iscriverlo al Cantagiro del 1963 con un
brano di Gianfranco Reverberi, Se mi vuoi lasciare, che, oltre
a vincere il girone “Giovani”, diventa un successo. È il primo
di una serie: Ridi (1963), Ti ringrazio perché (1964), Ti senti
sola stasera (1965), È stato facile (1966) e Dite a Laura che
l’amo (1967). In quell’anno riceve la consacrazione anche
all’estero, con i suoi successi tradotti e un recital all’Olympia
di Parigi.
Dopo due album (e un brano di Paolo Conte e Vito
Pallavicini, Giovanna non piangere) lascia la RCA e con la
Ri-Fi nel 1969 pubblica una cover di Crimson And Clover di
Tommy James And The Shondels, che diventa Soli si muore.
Del 1971 è Susan dei marinai, scritta fra gli altri dall’amico
Fabrizio De André. È Michele a mettere in contatto De André
con Corrado Castellari, che scriverà la musica di Il testamento
di Tito da LA BUONA NOVELLA, un disco pensato in origine
proprio per Michele. Con gli anni ’70 non ha più riscontri
commerciali, ma pubblica un album da riscoprire, VIVENDO
CANTANDO, con cover di cantautori. Dalla fine del decennio e
sino a oggi le incisioni diventano sporadiche ma non le
esibizioni, che hanno sempre un seguito di pubblico nel
circuito del revival. Una buona antologia in CD delle sue
canzoni è il doppio I GRANDI SUCCESSI DI MICHELE del 2001.

VINCENZO MICOCCI
Storico discografico e scopritore di talenti, nato a Roma nel
1928. Fin dall’adolescenza è appassionato di musica, jazz in
particolare, e a diciotto anni si occupa del reparto dischi del
negozio “Musica e radio” dello zio. Il suo modo di lavorare
(dal tipo di ordinativi alle notevoli vendite) attira l’attenzione
della RCA, ed Ennio Melis gli assegna il ruolo di direttore
artistico della casa discografica. Nel frattempo fa il critico
musicale per riviste e radio, e con Salvatore G. Biamonte
scrive “Il libro del jazz” (1960). Diventa presidente dell’Hot
Club di Roma, finalizzato all’avvicinamento del pubblico al
jazz. Con la RCA distribuisce in Italia con successo Harry
Belafonte e Perry Como e le colonne sonore di film italiani e
stranieri, produce dischi jazz di Romano Mussolini e Nunzio
Rotondo, ma anche di Nilla Pizzi, Edoardo Vianello e Nico
Fidenco, fa arrangiare le canzoni da Bacalov e Morricone. Nel
1960 insieme a Melis inventa il neologismo “cantautore” per
Gianni Meccia (la prima idea era stata “cantantautore”). Passa
poi alla Ricordi producendo il Bindi di Il nostro concerto
(1960), ma anche Gaber, Tenco e Ornella Vanoni. Micocci è
anche il discografico di uno dei brani più noti di tutta la
canzone italiana, Una lacrima sul viso di Bobby Solo, che
contribuisce in modo determinante a lanciare.
Alla fine degli anni ’60 fonda la Parade e poi nel 1970 la IT,
sussidiaria della RCA, con cui due anni dopo produce
THEORIUS CAMPUS, il primo disco di Venditti e De Gregori, e
poi gli esordi di Rino Gaetano e Rosalino Cellamare-Ron. La
IT diventa il punto d’incontro della canzone d’autore romana:
fra le sue produzioni, Amedeo Minghi, Mario Castelnuovo,
Fiorella Mannoia, Gianni Togni, Sergio Caputo e Goran
Kuzminac. Nel 1979 Alberto Fortis dedica a Micocci la feroce
invettiva di Milano e Vincenzo. Tra le scoperte recenti, Paola
Turci. Insieme al figlio Francesco, lavora ancora per la IT, che
ha cambiato nome in Micocci Dischitalia Editori.

MIETTA
Nata a Taranto nel 1969, Daniela Miglietta diventa Mietta
su consiglio di Claudio Mattone, autore di Sogno, il brano con
cui nel 1988 debutta a Sanremo, dove torna nei tre anni
successivi evidenziando una vocalità possente. Nel 1989 si
aggiudica la categoria giovani e il relativo Premio della critica
con Canzoni di Amedeo Minghi, con cui l’anno dopo duetta in
Vattene amore, brano di notevole popolarità che porta l’album
CANZONI a ottime vendite. Considerata da alcuni la potenziale
“nuova Mina”, nel 1991 porta al Festival Dubbi no e pubblica
VOLANO LE PAGINE, poi debutta come autrice con due brani in
LASCIAMOCI RESPIRARE (1992). Seguono due dischi dal taglio
meno pop, CAMBIA PELLE (1994) e DANIELA È FELICE (1995), ma
l’interesse nei suoi confronti si è smorzato. Nel 1996 doppia
Esmeralda e canta Dio fa qualcosa nel “Gobbo di Notre
Dame” della Disney,. I successivi album (LA MIA ANIMA, la
raccolta TUTTO O NIENTE e PER ESEMPIO… PER AMORE) avranno
scarsi riscontri nonostante altre presenze a Sanremo: nel 2000
con Fare l’amore (di Mango e Pasquale Panella) e nel 2004
con Cuore. La partecipazione a “Music farm” e l’album 74100
nel 2006 non mutano la situazione.

FRANCO MIGLIACCI
Nato a Mantova nel 1930, è autore, esperto e versatile, dei
testi di numerosi brani storici – sia per l’innovazione formale
(specie nei primi anni) che per il successo ottenuto – della
canzone italiana. Dopo gli esordi come attore e doppiatore (e
anche disegnatore) inizia la carriera di paroliere scrivendo con
Domenico Modugno Nel blu dipinto di blu, che vince il
Festival di Sanremo 1958 e rappresenta una rivoluzione nel
panorama musicale nazionale, ponendo le basi per quella che
verrà chiamata “canzone d’autore”. L’anno dopo scrive
Tintarella di luna per l’esordiente Mina e continua la
collaborazione con Modugno, che frutterà brani come Notte
lunga notte, Libero, Addio addio (vincitrice a Sanremo nel
1962, cantata insieme a Claudio Villa). Tra il ’60 e il ’61
Migliacci lancia Gianni Meccia – di cui diviene anche
produttore (figura allora inedita nel nostro paese) – con brani
come Il pullover e Il barattolo. Dopo Come te non c’è nessuno
(1963) per Rita Pavone, scopre un’intesa decisiva con il
giovanissimo Gianni Morandi, con il quale realizza molti
successi: Fatti mandare dalla mamma, Non son degno di te
(vincitrice di “Canzonissima” nel 1965), In ginocchio da te, Se
non avessi più te. Sono dello stesso periodo Una rotonda sul
mare e Spaghetti a Detroit per Fred Bongusto e Uno dei mods
per Ricky Shaine.
Nel 1966 collabora con l’autore Mauro Lusini a C’era un
ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones, una
canzone antimilitarista portata al successo da Morandi, per il
quale nella seconda metà del decennio scrive anche La
fisarmonica, Un mondo d’amore, Ma chi se ne importa,
mentre del 1968 è La bambola per Patty Pravo. Ma molti altri
sono i testi firmati in quel periodo da Migliacci, autore
richiestissimo.
A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 compone per Nada Ma che
freddo fa e Il cuore è uno zingaro (cantata con Nicola Di Bari),
che vince Sanremo nel 1971. Per la stessa edizione del Festival
scrive Che sarà (musica di Jimmy Fontana), cantata dai Ricchi
e Poveri e Josè Feliciano. Nel 1973 produce il primo album di
Renato Zero, NO MAMMA NO!. Suoi anche i testi di due sigle di
cartoni animati di successo come Heidi e Mazinga e, tra i brani
più recenti, Ancora, con cui Eduardo De Crescenzo partecipa
al Ferstival di Sanremo nel 1981, e Uno su mille (1986) per
Morandi. Negli stessi anni Migliacci è anche lo scopritore di
Scialpi. Nel 1991 fonda con Modugno e Franco Micalizzi il
Sindacato Nazionale Autori e Compositori, e nel 2003 è
nominato presidente della SIAE.

ROBERT MILES
Roberto Concina, nato il 3 novembre del 1969 a Neuchâtel,
in Svizzera, da bambino si trasferisce con la famiglia
(d’origine italiana) in Friuli. Nel 1988 inizia una carriera come
dj e poi compositore in ambito dance, con grandi riscontri in
tutto il mondo. Con il nome d’arte di Robert Miles sfonda nel
1995 con Children a cui seguono, con quasi identico risultato,
One And One, Fable e Freedom, a cui partecipano varie
vocalist. Anche gli album che li contengono hanno buoni
riscontri, specie il primo, DREAMLAND. Il genere dance che
pratica Miles è chiamato “dream”, per l’uso delle tastiere e
delle melodie. Poi, dopo 23AM e IN THE MIX, le classifiche
italiane non lo vedono più protagonista. Miles si trasferisce
intanto a Londra, dove lavora sulla contaminazione elettronica
in un ambito meno commerciale del precedente, collaborando
con nomi come Trilok Gurtu e Bill Laswell. I successivi lavori
sono nel 2001 ORGANIK, nel 2002 ORGANIK REMIXES e nel 2004
MILES GURTU. Miles ha anche fondato l’etichetta Salt Records.

PIERO MILESI
Compositore, produttore e arrangiatore nato a Milano nel
1953. Studia violoncello e musica elettronica ma anche
architettura, disciplina in cui si laurea con una tesi sui rapporti
tra suono e spazio; nella seconda metà degli anni ’70 suona
quindi nel Gruppo Folk Internazionale. Nel decennio seguente
compone musica sperimentale, riassunta negli album PILLOW &
PRAYERS, con Modi 1 e 2 (1982), e RIFLESSIONI (1983), ma
anche musica per colonne sonore, installazioni multimediali,
per il teatro, la danza, le video-opere. Nel 1990 arrangia alcuni
brani di LE NUVOLE di Fabrizio De André e quindi nel 1996
l’intero ANIME SALVE, di cui è anche coproduttore. È
arrangiatore anche di due brani di MISS MONDO di Ligabue e ha
composto musiche per documentari e pubblicità; dirige e
scrive gli arrangiamenti per orchestra di alcune edizioni della
“Notte della Taranta” e pubblica WITHIN HIMSELF (2001). Fra
le altre collaborazioni in veste di arrangiatore, da ricordare
quelle con Pacifico, Susanna Parigi, Claudio Sanfilippo,
Fiorella Mannoia.

MILLY
Al secolo Maria Carla Mignone, nata ad Alessandria nel
1908, è “la donna dalla voce roca” di pavesiana memoria, e
incarna come nessun’altra un’icona che, sul piano
internazionale, rimanda a Marlene Dietrich. Soubrette e
interprete sofisticata e assai sensuale, si misura con la canzone
così come con il teatro e con il cinema. Rivelatasi fin dagli
anni ’20, dapprima al Salone Margherita di Roma, quindi
soprattutto a Torino, raggiunge a partire dal decennio seguente
una certa fama anche all’estero (Francia, USA). Con la
maturità approda al Piccolo Teatro di Milano di Strehler e, per
suo tramite, alle canzoni di Brecht e Weill (è Jenny delle
Spelonche nell’“Opera da tre soldi”) e della mala milanese,
senza disdegnare il nascente mezzo televisivo, di cui, specie
negli anni ’60, diviene presenza discreta quanto significativa.
Milly muore a Roma nel 1980, lasciando una traccia ben
precisa di precorritrice, per le doti interpretative e la
determinazione della canzone dai contenuti sociali.

MILVA
Inconfondibile per il timbro vocale e per la rossa chioma,
Maria Ilva Biolcati è tra le cantanti italiane più celebri anche
all’estero: una carriera multiforme, la sua, talmente densa di
collaborazioni ed esperienze da renderla difficilmente
sintetizzabile. Nata a Goro (FE) il 17 luglio 1939, inizia a
esibirsi nelle balere romagnole con il nome d’arte di Sabrina,
mentre studia canto e sviluppa una voce da mezzosoprano. Nel
1959 vince un concorso indetto dalla RAI, quindi incide la
versione italiana di Milord, dal repertorio di Edith Piaf e con
testo francese di Georges Moustaki: sarà uno dei brani più noti
del suo repertorio. Nel 1961 porta a Sanremo (è la prima di
quattordici partecipazioni, peraltro con brani spesso non
all’altezza) Il mare nel cassetto, che le vale il soprannome di
“Pantera di Goro”, mentre nel 1962 gira il primo film, “La
bellezza di Ippolita” (con Gina Lollobrigida) e tiene la prima
tournée all’estero. Il successo non si fa attendere, grazie a
brani quali Flamenco Rock, Tango italiano e Tango della
gelosia, ma a breve Milva decide di dare una vera e propria
svolta alla sua carriera cimentandosi nel gospel e nei canti
popolari e politici. Nasce così CANZONI DA CORTILE - LE CANZONI
DEL TABARIN.

Con il recital “Canti della libertà” con Arnoldo Foà si


avvicina alla recitazione e al teatro d’avanguardia,
collaborando dal 1965 con Paolo Grassi e Giorgio Strehler
(che diviene sua guida e maestro) al Piccolo Teatro di Milano.
Porta in scena “Ma cos’è questa crisi?” e lavori impegnativi su
testi di Bertolt Brecht (“Milva canta Bertolt Brecht” nel 1965,
“Io Bertolt Brecht” nel 1967-1968), ma anche di genere
brillante, tra cui “Angeli in bandiera” di Garinei e Giovannini
nel 1969. Nel frattempo diviene nota anche in Germania e in
Francia grazie ai suoi recital. Oltre ai fitti impegni in ambito
musicale colto e in ambito teatrale, riscuote un notevole
successo con La filanda, dal repertorio di Amalia Rodriguez,
portata alla Gondola d’oro di Venezia nel 1971. Nel 1972
nasce un album scritto per lei da Ennio Morricone, mentre
Strehler allestisce una storica versione dell’“Opera da tre
soldi”, con lei nei panni di Jenny delle Spelonche e Domenico
Modugno in quelli di Mackie Messer. Nel 1978 Milva
conquista il successo soprattutto in Germania (dove alcuni
suoi dischi sono protagonisti di veri exploit di vendite), con lo
spettacolo “Canzoni tra le due guerre”; nello stesso anno
conosce e collabora con il cantautore greco Mikis
Théodorakis.
Innumerevoli e variegate le esperienze degli anni a cavallo
fra i ’70 e gli ’80, tra musica dei generi più svariati, teatro e
cinema. Enzo Jannacci scrive per lei l’album LA ROSSA (1980),
in cui il brano omonimo diviene il marchio stesso della
cantante, che l’anno seguente, alla Deutsche Oper di Berlino,
recita ne “I sette peccati capitali” di Brecht e Kurt Weil. La
bravura dell’artista, che alterna ormai regolarmente l’ambito
strettamente musicale – toccando territori assai diversi – a
quello teatrale, insidiosamente irto di melologhi, è conclamata
dalla critica e dal pubblico, sebbene non manchino parentesi
nei terreni popolareschi. Nel 1982 Milva giunge alla Scala con
“La vera storia”, un’opera in due atti di Luciano Berio (su
libretto di Italo Calvino) e interpreta canzoni di Franco
Battiato, come Alexander Platz, in MILVA E DINTORNI; l’anno
dopo canterà anche un brano di Paolo Conte, Nottegiorno, e
dal 1984 con Astor Piazzolla porterà in scena “El tango”,
progetto che riprenderà più volte. Nel 1986 invece incide TRA
DUE SOGNI, arrangiato e prodotto da Vangelis. Recita in diversi
film in Francia e a fine decennio riprende l’atività discografica
con SVEGLIANDO L’AMANTE CHE DORME (1989), un’altra
collaborazione con Battiato coadiuvato da Giusto Pio e Juri
Camisasca; il disco è fitto di simboli e rimandi tipici
dell’artista siciliano, cui la voce della cantante si adatta
egregiamente.
Nel 1991 le viene assegnato il Premio Tenco come
operatrice culturale, mentre nel 1992 si esibisce a Vienna nel
varietà “Servus Du”, interpretando le musiche di Robert Stolz,
dal valzer al music hall. L’anno successivo Milva si ripresenta
a Sanremo con Uomini addosso di Facchinetti-Negrini (gli
autori dei Pooh), inserita nell’album omonimo con brani di
Antonacci, Ron, Giorgio Conte e altri. Ma anche questo disco,
come i precedenti, avrà vendite solo discrete. Nello stesso
anno la cantante propone lo spettacolo “Milva e le sue tre B”,
un sunto del suo percorso musicale di interprete: Brecht, Berio
e Battiato. Dopo VOLPE D’AMORE (1994), con brani di Thanos
Mikroutsikos, nel 1995 lavora nel documentario di Werner
Herzog sulla vita di Gesualdo da Venosa, a cui seguono lo
spettacolo e il disco NON SEMPRE SPLENDE LA LUNA - MILVA
CANTA UN NUOVO BRECHT (1996); tiene quindi un tour in
Giappone (l’ennesimo) dedicato stavolta ai tre autori greci a
lei cari: Thanos Mikroutzikos, Mikis Théodorakis e Vangelis.
L’anno seguente MIA BELLA NAPOLI apre una polemica con
alcuni critici sulla sua pronuncia in dialetto napoletano.
Sul finire degli anni ’90 torna alla ribalta l’amore per il
tango. Milva celebra Astor Piazzolla con uno spettacolo di
successo e un disco dal vivo, EL TANGO DE ASTOR PIAZZOLLA,
del 1998, e ancora con l’opera “Maria de Buenos Aires” del
2002. Il nuovo decennio si apre con un nuovo tour in cui
ripropone “I sette peccati capitali” per i cinquant’anni dalla
morte di Kurt Weill. Incide poi ARTISTI, nel quale spazia da
John Denver a Julio Iglesias cantando brani in quattro lingue
differenti, e MILVA CANTA MERINI (2004), su liriche della
poetessa Alda Merini messe in musica da Giovanni Nuti. Nel
2005 la “Pantera di Goro” tiene un ennesimo tour in
Germania, paese nel quale i suoi recital hanno successo da
quasi quarant’anni.
(a.re.)
DISCOGRAFIA

14 SUCCESSI DI MILVA (Cetra 1961)


MILVA CANTA PER VOI (Cetra 1962)
MILVA-VILLA (Cetra 1963)
CANZONI DA CORTILE - CANZONI DEL TABARIN (Cetra 1963)
CANTI DELLA LIBERTÀ (Cetra 1965)
MILVA (Cetra 1965)
MILVA (Cetra 1966)
MILVA (Cetra 1966)
MILVA (Ricordi 1967)
TANGO (Ricordi 1968)
UN SORRISO (Ricordi 1969)
ANGELI IN BANDIERA (Carosello 1969)
CANZONI DI EDITH PIAF (Ricordi 1970)
RITRATTO DI MILVA (Ricordi 1970)
MILVA CANTA BRECHT (Ricordi 1971)
LA FILANDA E ALTRE STORIE (Ricordi 1972)
DEDICATO A MILVA DA ENNIO MORRICONE (Ricordi 1972)
SOGNAVO AMORE MIO (Ricordi 1973)
SONO MATTA DA LEGARE (Ricordi 1974)
MILVA BRECHT (Ricordi 1975)
LIBERTÀ (Ricordi 1975)
MILVA (Ricordi 1977)
CANZONI TRA DUE GUERRE (Ricordi 1978, dal vivo)
LA MIA ETÀ (Ricordi 1979)
LA ROSSA (Ricordi 1980)
MILVA E DINTORNI (Ricordi 1982)
IDENTIKIT (Ricordi 1983)
CORPO A CORPO (Ricordi 1985)
MILVA E ASTOR PIAZZOLLA LIVE AT THE “BOUFFES DU NORD”
(Ricordi 1985, dal vivo)
TRA DUE SOGNI (Ricordi 1986)
MILVA (Ricordi 1988)
SVEGLIANDO L’AMANTE CHE DORME (Ricordi 1989)
MON AMOUR… SONO CANZONI D’AMORE (Ricordi 1992)
UOMINI ADDOSSO (Ricordi 1993)
VOLPE D’AMORE (EMI 1994, ristampato nel 1988 da Agorà
come MILVA CANTA THANOS MIKROUTSIKOS, con un brano
differente)
LA STORIA DI ZAZÀ (Hollywood 1994)
NON SEMPRE SPLENDE LA LUNA. MILVA CANTA UN NUOVO
BRECHT (Polydor 1996)
MIA BELLA NAPOLI (Polydor 1997)
EL TANGO DE ASTOR PIAZZOLLA (Agorà 1998, doppio dal
vivo)
FAMMI LUCE - MILVA HA INCONTRATO SHINJI (ZYX 1999)
LA CHANSON FRANÇAISE (Agorà 2001)
ARTISTI (BMG 2001)
MILVA CANTA MERINI (Nar 2004)
CANZONI TRA DUE GUERRE. Registrato al Piccolo Teatro di
Milano, in un ambiente sonoro angusto dalla resa modesta,
questo disco sfoggia brani celebri come The Man I Love,
O’surdato ‘nnamurato, Lilì Marlene, eseguiti
intimisticamente, con un organico in cui spiccano il
pianoforte e la fisarmonica. In taluni casi, come in Balocchi
e profumi, il valore risiede nell’interpretazione più che nei
brani in sé.
TRA DUE SOGNI. Lungo una delle molte strade musicali
percorse, Milva incontra anche Vangelis, che compone e
produce molto del materiale di un album che spazia dagli
Aphrodite’s Child a Georges Bizet. Gli arrangiamenti del
tastierista greco sono inconfondibili, specie quando la
pressione sonora incalza ed è accompagnata da una lieve ma
inesorabile accelerazione, su cui si erge la drammaticità
della voce. Un esempio è in Canto a Lloret.

MINA
Da reginetta degli urlatori a stella polare della canzone
italiana. Mina Anna Mazzini nasce a Busto Arsizio (Varese) il
25 marzo 1940, ma presto si sposta a Cremona, al seguito del
padre industriale. Da bambina, tranne qualche lezione di
pianoforte, non mostra velleità musicali, finché durante gli
studi di ragioneria sboccia la passione per l’emergente,
rivoluzionario, sregolato (come lei) rock’n’roll, che la spinge
quasi per gioco davanti al pubblico, spalleggiata dagli amici.
Non importa se alla rinomata Bussola, dopo una quotata
formazione da night, o in una balera di Rivarolo del Re, nelle
feste della domenica pomeriggio. Colpisce già il piglio
interpretativo, che ruba ora dallo scat jazzistico, ora
dall’aggressivo fraseggio tipico del rock’n’roll e del genere
“urlato” dei Platters. Nel dicembre 1958 Davide Matalon,
della Italdisc, ne promuove il debutto discografico in duplice
veste. Come Baby Gate incide i pezzi americani più gettonati,
come When dei Kalin Twins e Be-bop-a-lula di Gene Vincent,
accompagnata dagli Happy Boys (alcuni suoi compagni di
scuola) che saranno poi sostituiti dai Solitari. Il nome di Mina
sigla invece i 45 giri in italiano, Malatia di Armando Romeo e
Non partir di Giovanni D’Anzi, con interpretazioni tutto
sommato canoniche. Ben più forte è l’impatto nel febbraio del
1959 di un 45 giri con brani come Tua e Nessuno, sfrondati da
ogni forzatura melodico-tradizionale. In particolare Nessuno
diventa uno swing rock che irrita molti, a partire dall’autore
Edilio Capotosti (“non è la mia canzone”). Mina gioca con il
pezzo, lo carica, lo accelera, lo frantuma, lo riempie di scatti,
gli dà vita: e il risultato eccita o turba, a seconda dei punti di
vista. I giovani la premiano con vendite decisamente superiori
a quelle delle versioni ossequiose di Betty Curtis e Wilma De
Angelis, che avevano cantato il brano a Sanremo.
In breve l’esuberante ragazzona diventa un vero fenomeno
musicale, grazie anche ad alcune apparizioni televisive e a
film come “Urlatori alla sbarra” di Lucio Fulci. Dopo una
nuova grande affermazione con Tintarella di luna, abbandona i
panni di “Baby Gate” e si concentra quasi del tutto su canzoni
scritte apposta per lei, come Folle banderuola di Gianni
Meccia con cui chiude trionfalmente il 1959. Seguono un
primo Festival di Sanremo (con È vero di Umberto Bindi e la
meno nota Non sei felice di Riccardo Vantellini) e una nuova
incursione nel genere urlato con Una zebra a pois, pezzo proto
demenziale di Marcello Ciorciolini, Dino Verde e Lelio
Luttazzi. Ma l’etichetta di urlatrice cade quando Mina si
innamora di Il cielo in una stanza di Gino Paoli, che gliela
cede a condizione che compaia sul retro uno strano blues di
Franco Franchi e Gianfranco Reverberi, La notte, che nessuno
vuole. Mina fa de Il cielo in una stanza il suo biglietto da
visita, grazie anche al buon arrangiamento di Tony De Vita.
Sarà lei stessa a curare le versioni spagnola (Cielo en casa),
americana (The World We Love In) e tedesca (Wenn Du An
Wunder Glaubst).
La presenza a “Canzonissima 1960”, in cui canta anche la
sigla finale Due note, trasforma definitivamente la “tigre di
Cremona” (definizione nazional popolare che rispecchia la sua
personalità) in interprete di classe, mentre esordisce come
conduttrice radiofonica in “Gran gala”, spettacolo di varietà
del venerdì sera. Ritorna a Sanremo come grande favorita ma
non va oltre il quarto e il quinto posto con Io amo, tu ami e
soprattutto Le mille bolle blu, bizzarro pezzo di Carlo Alberto
Rossi che avrà comunque gran successo. Mina accusa il colpo
e decide di non partecipare più a gare canore, ma
l’impressionante serie di successi continuerà. A partire
dall’ottobre del 1961 appare nel varietà televisivo “Studio
Uno”, in cui esegue vari classici (spiccano la gershwiniana
Summertime e Munasterio ‘e Santa Chiara), e si occupa dei
mercati esteri, specie di lingua tedesca, con brani scritti per lei
da autori locali, come Heisser Sand. In patria, da una parte
commette qualche errore nel vaglio del repertorio (Renato,
Stessa spiaggia stesso mare oppure La ragazza
dell’ombrellone accanto, uno dei suoi brani più scadenti in
assoluto), dall’altra scandalizza l’Italia benpensante per la sua
relazione con un uomo sposato, l’attore Corrado Pani, da cui
ha anche un figlio, Massimiliano. La conseguenza è
l’allontanamento dalla TV, ma anche un’amplificazione della
popolarità.
Alla fine del 1963 firma per la RI-FI e rivisita brani come
It’s A Lonely Town e He Walks Like A Man, che nelle Top
Charts statunitensi non erano andate oltre il 50° posto, mentre
in Italia con i titoli di Città vuota ed È l’uomo per me arrivano
al vertice, così come E se domani, bocciata al Sanremo del
1964 nell’interpretazione di Gene Pitney e Fausto Cigliano,
ma poi lanciata da Mina. Un anno d’amore, invece, è la
traduzione di C’est irreparable di Nino Ferrer, che si afferma
nel mondo proprio grazie a lei (Mina la canterà perfino in
giapponese!). Nel 1965, una nuova partecipazione a “Studio
Uno ” la vede misurarsi con personaggi del calibro di Totò,
Gassman, De Sica, Mastroianni, in siparietti che entrano nella
memoria collettiva. In quella trasmissione Bruno Canfora le
cuce addosso Brava, vertiginosa “burletta per musica” e
dimostrazione pratica di tutte le potenzialità tecnico-vocali
della cantante, che intanto presta la propria voce anche a sigle
di programmi in cui non compare (Ora o mai più e Se
telefonando… di Ghigo De Chiara, Maurizio Costanzo ed
Ennio Morricone). La notorietà è alle stelle ma un grave lutto
la coglie improvvisamente. In un incidente muore il fratello
Alfredo, che aveva anch’egli intrapreso una carriera di
cantante con il nome di Geronimo.
I trionfi sul piccolo schermo continuano con “Studio Uno”
nel ’66 e “Sabato sera” nel ’67, che è anno chiave da un punto
di vista discografico: servendosi di capitali italo-svizzeri Mina
decide di fondare una propria etichetta, la PDU
(“Plattendurcharbeitung Ultraphone Aktiengesellschaft”).
DEDICATO A MIO PADRE, il 33 giri che inaugura il catalogo, si
segnala per La canzone di Marinella, brano che consacra il suo
autore, Fabrizio De André. Nel 1968, un’altra “Canzonissima”
e il primo live, ALLA BUSSOLA DAL VIVO. L’anno dopo
BUGIARDO PIÙ CHE MAI… PIÙ INCOSCIENTE CHE MAI prende
spunto per il titolo da una drammatica canzone del catalano
Juan Manuel Serrat (in originale La tieta, tradotta
dall’emergente Paolo Limiti come Bugiardo e incosciente e
rifatta anni dopo da Francesco Guccini con un suo testo) e
contiene, tra l’altro, Una mezza dozzina di rose, esempio più
unico che raro di Mina autrice di testi. Dopo una tournée
teatrale con Giorgio Gaber, all’orizzonte spuntano Lucio
Battisti e Mogol che le affidano brani come Insieme, Io e te da
soli, Amor mio e La mente torna. Nell’autunno del 1971, Mina
accetta di incidere un pezzo di Tony Renis e Alberto Testa,
rifiutato da altre note interpreti: è Grande, grande, grande,
inizialmente pubblicato solo sul 33 giri MINA, ma a furor di
popolo inciso poi anche su 45. A fare il resto è l’edizione 1972
di “Teatro 10”, dove duetta con Gianni Morandi (i due
eseguono canzoni folk della Pianura Padana), Johnny Dorelli
(con un discutibile omaggio a Giacomo Puccini), Milva, Lucio
Battisti e altri ancora. La sigla della trasmissione è un nuovo
hit, Parole, parole, cantata insieme al presentatore Alberto
Lupo. In estate, come sempre Mina canta alla Bussola, dove
registra una serie di concerti.
Nel 1973 inaugura una tradizione ultraventennale: un
doppio album natalizio, con un disco di canzoni nuove di
autori spesso sconosciuti e uno a tema. I primi della serie sono
AMANTI DI VALORE, interamente firmato da Franco Califano e
Carlo Pes, e FRUTTA E VERDURA, con La pioggia di marzo,
cover da Antonio Carlos Jobim. Negli anni successivi le
combinazioni saranno BABY GATE & MINA (il primo disco è un
omaggio alle canzoni nordamericane degli anni ’50, con il
ripristino dell’antico nome d’arte), MINACANTALUCIO/LA MINA,
SINGOLARE/PLURALE (in cui i trucchi della sala d’incisione
consentono a Mina di scomporre la propria voce realizzando
impasti corali stupefacenti) e poi MINA QUASI JANNACCI/MINA
CON BIGNÈ (con la divertente Ma che bontà! di Enrico
Riccardi). Nel 1974 è la volta di una nuova serie televisiva,
“Milleluci”, condotta con Raffaella Carrà; anche stavolta la
canzone sigla, la raffinata Non gioco più, è un successo, grazie
anche all’armonica del jazzista belga Jean “Toots”
Thielemans.
A questo punto si chiude però un ciclo: Mina decide di non
apparire più in pubblico. Si ritira a Lugano e affida il dialogo
con i fan solo ai dischi e alla radio, con cui già collabora da
molto tempo (vedi la trasmissione domenicale “Pomeriggio
con Mina”, andata in onda per più di sei anni a partire dal
1967). Gli storici tredici concerti alla “Bussola” di Viareggio
nel giugno-luglio del 1978 saranno solo una parentesi,
documentata in MINA LIVE ’78. Mina scompare e diventa mito.
Il doppio album ATTILA (con Se il mio canto sei tu) del
1979, in cui esordisce come autore e arrangiatore il figlio
sedicenne Massimiliano Pani, apre un momento di stanchezza
artistica: la forza dei dischi di quel periodo sarà sempre più
d’inerzia. Da segnalare in SALOMÈ VOL. 1 nel 1981 Miele su
miele di Paolo Conte. Intanto il lunghissimo programma RAI
”Trent’anni della nostra storia” coinvolge Mina, che canta
alcuni classici legati ai periodi trattati. Cambia così la formula
dei doppi album, a partire da MINA 25 del 1983 sino a PAPPA DI
LATTE del 1995: un disco è riservato proprio a queste
rivisitazioni, con la supervisione dapprima di Vittorio
Bacchetta e poi dello stesso Pani, mentre l’altro comprende
brani inediti. Tra i rifacimenti: E tu come stai? di Baglioni e Io
domani in SÌ, BUANA del 1986, Careless Whisper, hit di George
Michael, in RANE SUPREME del 1987 (che vince la Targa Tenco
per il miglior disco di interprete), una divertente fantasia con
La pelle nera di Nino Ferrer, Johnny B. Goode di Chuck Berry
e Black Betty dei Ram Jam in UIALLALLÀdel 1989 e Vesti la
giubba, dall’opera “I pagliacci” di Leoncavallo, in RIDI
PAGLIACCIO! del 1988. Tra gli inediti è curiosa La nave (in
CATENE del 1984) di Guido Guglielminetti, con arrangiamento
simile a Like A Rolling Stone di Dylan, mentre Questione di
feeling con Cocciante (in FINALMENTE HO CONOSCIUTO IL CONTE
DRACULA, 1985) e Via di qua con Fausto Leali (da SÌ, BUANA)
inaugurano la stagione dei duetti. Più tardi, con Neve (da
SORELLE LUMIÈRE, 1992) la cantante tiene a battesimo un duo
napoletano, gli Audio 2, il cui stile aderisce non poco a quello
di Battisti. La serie dei doppi album, complice anche il caro
CD, s’interrompe nel 1996 con due diversi dischi a distanza di
qualche mese: CREMONA con canzoni nuove come Volami nel
cuore di Manrico Mologni, e NAPOLI, sapiente fusione di
pagine partenopee classiche e moderne (come Quanno chiove
di Pino Daniele).
Nel 1998 Mina torna a vendite ingenti con un album, di non
eccelsa qualità, realizzato con Adriano Celentano, poi omaggia
Renato Zero e Domenico Modugno con i monografici N. O nel
1999 (con Cercami) e SCONCERTO del 2001, a cui seguono un
pretenzioso lavoro di musica sacra (DALLA TERRA) e un nuovo
tributo alla canzone napoletana. I risultati all’inizio del nuovo
secolo non sono particolarmente memorabili, se si eccettua
VELENO (2002). Intanto, nel 2001, c’è stato un inatteso ritorno
di Mina davanti alle telecamere (seppur limitato a un semplice
videoclip in uno spot pubblicitario), con una superba versione
di Oggi sono io di Alex Britti. Il filmato completo, di un’ora, è
disponibile solo attraverso Internet. Ancora grazie a uno spot
pubblicitario, il rifacimento di Can’t Take My Eyes Off Of You
(eseguita a suo tempo dalla stessa Mina in italiano con il titolo
Per ricominciare) diventa nel 2003 un tormentone. Nel 2005
escono BULA BULA, nuovo disco di inediti, e un album di
cover di Sinatra, L’ALLIEVA. (c.bo.)
DISCOGRAFIA PARZIALE

Nota. Data la vastità della discografia estera di Mina si è


preferito inserire le antologie, tutte più o meno reperibili con
facilità essendo state pubblicate in Italia, che contengono le
incisioni realizzate da Mina all’estero; restano invece inedite
nel nostro Paese le incisioni in inglese e in spagnolo.
BABY GATE (Broadway 1959, EP a nome Baby Gate)
SANREMO 1959 (Italdisc 1959, EP)
MINA – TINTARELLA DI LUNA (Italdisc 1959, EP)
MINA – AL FESTIVAL DI SANREMO (Italdisc 1960, EP)
TINTARELLA DI LUNA (Italdisc 1960)
MINA (Italdisc 1960, EP)
MINA (Italdisc 1960, EP)
MINA – UNA ZEBRA A POIS (Italdisc 1960, EP)
MINA CANTA NAPOLI (Italdisc 1960, EP)
MINA – IL CIELO IN UNA STANZA (Italdisc 1960, EP)
MINA – 11° FESTIVAL DI SANREMO 1961 (Italdisc 1961, EP)
IL CIELO IN UNA STANZA (Italdisc 1961)
DUE NOTE (Italdisc 1961)
MOLIENDO CAFÈ (Italdisc 1961)
RENATO (Italdisc 1962)
STESSA SPIAGGIA, STESSO MARE (Italdisc 1963)
MINA (RI-FI 1964)
STUDIO UNO ’65 (RI-FI 1965)
MINA/DUE (RI-FI 1965)
MINA & GABER – UN’ORA CON LORO (Ri-Fi 1965, a nome
Mina e Giorgio Gaber)
STUDIO UNO ’66 (RI-FI 1966)
SABATO SERA (RI-FI 1967)
DEDICATO A MIO PADRE (PDU 1967)
CANZONISSIMA ’68 (PDU 1968)
BUGIARDO PIù CHE MAI… PIù INCOSCIENTE CHE MAI (PDU 1969)
QUANDO TU MI SPIAVI IN CIMA AD UN BATTICUORE (PDU 1970)
MINA (PDU 1971)
…DEL MIO MEGLIO (PDU 1971, antologia con un inedito
registrato dal vivo)
CINQUEMILAQUARANTATRÈ (PDU 1972)
ALTRO (PDU 1972)
AMANTI DI VALORE/FRUTTA E VERDURA (PDU 1973, doppio)
BABY GATE & MINA (PDU 1974, doppio)
MINACANTALUCIO/LA MINA (PDU 1975, doppio)
SINGOLARE/PLURALE (PDU 1976, doppio)
MINA QUASI JANNACCI/MINA CON BIGNÈ (PDU 1977, doppio)
MINA LIVE ’78 (PDU 1978, dal vivo)
ATTILA (PDU 1979, doppio)
KYRIE (PDU 1980, doppio)
SALOMÈ (PDU 1981, doppio)
ITALIANA (PDU 1982, doppio)
MINA 25 (PDU 1983, doppio)
CATENE (PDU 1984, doppio)
FINALMENTE HO CONOSCIUTO IL CONTE DRACULA (PDU 1985,
doppio)
SÌ, BUANA (PDU 1986, doppio)
RANE SUPREME (PDU 1987, doppio)
RIDI, PAGLIACCIO! (PDU 1988, doppio)
UIALLALLÀ(PDU 1989, doppio)
TI CONOSCO, MASCHERINA! (PDU 1990, doppio)
CATERPILLAR (PDU 1991, doppio)
SORELLE LUMIERE (PDU 1992, doppio)
MINA CANTA I BEATLES (PDU 1993)
LOCHNESS (PDU 1993, doppio)
SIGNORI… MINA! VOLL. 1-4 (Fonit Cetra/RARO Records
1993, registrazioni inedite provenienti da trasmissioni
televisive)
MAZZINI CANTA BATTISTI (PDU 1994)
CANARINO MANNARO (PDU 1994, doppio)
PAPPA DI LATTE (PDU 1995, doppio)
MINA CANTA IN SPAGNOLO (Carosello 1995, antologia di brani
cantati in spagnolo)
MINA CANTA IN INGLESE (Carosello 1995, antologia di brani
cantati in inglese)
CREMONA (PDU 1996)
HEISSER SAND (Bear Family 1996 Germania, antologia di
incisioni in tedesco)
NAPOLI (PDU 1996)
LE CANZONISSIME VOLL. 1-2 (Suoni Rari 1996, registrazioni
inedite del 1968)
LEGGERA (PDU 1997)
MINA/CELENTANO (PDU-CLAN 1998, con Adriano
Celentano)
MINA INTERNAZIONALE (Carosello 1998, antologia di brani in
inglese, spagnolo, francese e giapponese)
MINA LATINA (MBO 1998, antologia di brani in spagnolo)
OLIO (PDU 1999)
MINA GOLD 2 (MBO 1999, antologia con due inediti e una
versione alternativa di Se telefonando)
MINA LATINA DUE (MBO 1999, antologia di brani in
spagnolo)
N. 0 (PDU 1999)
NOTRE ETOILE (MBO 1999, antologia di brani cantati in
francese)
DALLA TERRA (PDU 2000)
MINA PER WIND (omaggio Wind 2000, mini CD)
MINA IN THE WORLD (MBO, antologia di brani cantati in
giapponese, turco, inglese e spagnolo)
SCONCERTO (PDU 2001)
MINA PER WIND 2 (omaggio Wind 2001, mini CD)
COLECCIÒN LATINA (EMI 2001, antologia di brani in
spagnolo)
VELENO (PDU 2002)
NAPOLI SECONDO ESTRATTO (PDU 2003)
BULA BULA (PDU 2005)
L’ALLIEVA (PDU 2005)
MINA. Premio della critica discografica italiana 1964 e
primo vero album dopo varie antologie di 45 giri. Qui Mina
svaria con gusto tra standard jazz (Stella By Starlight, The
Nearness Of You, Everything Happens To Me), motivi
latinoamericani (Sabor a mi e La barca) e due italiani, Non
illuderti e soprattutto E se domani di Carlo Alberto Rossi. E
artisticamente inizia a meritare la notorietà.
STUDIO UNO ’66. Forse il più variegato tra i 33 giri legati alle
apparizioni televisive di Mina. Oltre alla stupenda Se
telefonando…, si passa con agilità da canzoni spensierate e
allegre (Ta-ra-ta-ta) ai consueti ripescaggi da Sanremo (Se
tu non fossi qui e Una casa in cima al mondo), fino a Breve
amore, colonna sonora del film “Fumo di Londra”, di e con
Alberto Sordi. E ancora, un’ottima versione di Ebb Tide e
un estratto in italiano da “West Side Story” di Bernstein,
Lontanissimo (Somewhere).
MINA LIVE ’78. Imperdibile documento delle ultime, trionfali
esibizioni alla Bussola. Supportata da una brillante
formazione orchestrale guidata da Pino Presti, Mina spazia
una volta di più dai recenti hit (E poi…, L’importante è
finire ecc.) agli immancabili pezzi di bravura estratti sia dal
repertorio partenopeo (Lacreme napulitane) sia da quello
nordamericano (Georgia On My Mind), fino al sorprendente
“sotto-finale” di We Are The Champions.
SÌ, BUANA. Tra i doppi album che riuniscono cover e
composizioni nuove, è uno dei pochi convincenti. Mina
gioca briosamente con Venus (degli Shocking Blue) e
Azzurro, e offre una raffinata versione di Ancora. Tra gli
inediti, l’ottimo Un cucchiaino di zucchero nel thé, di
Gianco, il nobile Ritratto in bianco e nero su musica di
Antonio Carlos Jobim e Secondo me, arioso tema di
Cocciante, con il pianoforte di Renato Sellani in evidenza.
VELENO. Il migliore tra i lavori più recenti, un buon album
di inediti dove, dopo molti anni, alcuni degli autori sono
noti ma soprattutto ispirati. Tra i brani, l’orecchiabile
Succhiando l’uva (di Zucchero), l’intensa Certe cose si
fanno (di Lauzi), il garbato e raffinato rifacimento di
Notturno delle tre (di Fossati, che offre anche un cameo
vocale), la poco valorizzata La seconda da sinistra (di
Silvestri) e In percentuale (di Bersani). La tigre in qualche
modo torna a mordere.

ANDREA MINGARDI
Bolognese di nascita (1° agosto 1948) e di temperamento,
appassionato allo stesso modo di musica, in particolare black
music, e di arti figurative (proverà sempre a intersecarle tra
loro), da giovanissimo forma il gruppo di rock’n’roll Golden
Rock Boys. È del 1974 l’esordio discografico con NESSUNO
SIAM PERFETTI, CIASCUNO ABBIAMO I SUI DIFETTI, a cui
seguiranno parecchi altri album (con i Supercircus) in cui gli
elementi soul, gospel e rhythm’n’blues – accentuati dalla
vocalità scura di Mingardi – si compenetrano con la
componente melodica italiana. I testi hanno un taglio spesso
ironico, vedi, nel 1983, Il boa nella canoa. Nei primi anni ’90
alcune reinterpretazioni di brani già noti (Caruso, Io vivrò, ‘O
sole mio) contribuiscono a dargli notorietà così come i lavori
ANDREA MINGARDI del 1992, SOGNO del 1993, 6- AL 2000 del
1994, e l’assidua frequentazione del Festival di Sanremo. Nel
corso del decennio pubblica molti altri album, fino
all’importante live in dialetto CIAO RÀGAZ, che ospita vari
colleghi dell’area bolognese come Lucio Dalla, Gianni
Morandi, Samuele Bersani, Francesco Guccini, Luca Carboni,
Paolo Belli, l’attore Ivano Marescotti. Segue LIVE ON THE
BOAT, un introvabile disco dal vivo registrato sulla nave Costa
Crociere, prodotto e arrangiato dallo stesso Mingardi e
Maurizio Tirelli. È LA MUSICA, del 2004, rappresenta l’ennesimo
atto d’amore dell’artista bolognese verso la musica
afroamericana; il disco è registrato con la Blues Brothers
Band. Nel 2006 esce LIVE, dedicato a Ray Charles.

AMEDEO MINGHI
Molte false partenze hanno costellato la rincorsa al successo
di Amedeo Minghi, interprete e compositore romano nato il 12
agosto 1947. Inizia cantando i brani di Tenco, Paoli, Endrigo,
Lauzi in una serie infinita di concorsi musicali, finché nel
1966 arriva all’esordio per la Ricordi con un 45 giri con testo
di Mogol, Alla fine, che partecipa al programma TV “Scala
reale” (il successore di “Canzonissima”) nella squadra di
Bobby Solo. Gli esiti deludenti e il servizio militare lo
allontanano dall’ambiente. Il seguito (se si eccettua il 45 giri
Denise nel 1971) arriverà solo nel ’73, con il primo album
AMEDEO MINGHI, a cui collabora ai testi – pur senza firmarli –
anche Francesco De Gregori. Le vendite ancora non decollano
ma le prime soddisfazioni giungono in qualità di autore di
musiche per vari interpreti, dai Vianella (che hanno un certo
successo con le sue Vojo er canto de na’ canzone, Canto
d’amore di Homeide, Fijo mio) ai Ricchi e Poveri. Sono gli
anni della formazione di Minghi, nell’ambiente romano dei
nuovi cantautori. Alla metà del decennio entra a far parte dei
Pandemonium, una sorta di collettivo di una ventina di
musicisti, ballerini e attori. Con loro pubblica la sua
L’immenso, che avrà una certa popolarità, anche in Europa in
varie versioni, e che sarà inserita con altri due suoi brani in un
album del gruppo.
Lasciati i Pandemonium, Minghi ricompare nel 1979 con il
45 giri Di più e solo a 33 anni giunge al secondo l’album,
MINGHI (con Sicuramente tu), poco riuscito ma con qualche
riscontro commerciale, mentre continua l’attività di
compositore (scrive Solo all’ultimo piano per Morandi) e di
produttore, per Mario Castelnuovo. Nel 1983 compone 1950,
un brano bellissimo con testo di Gaio Chiocchio, che si piazza
all’ultimo posto a Sanremo ma porterà in dote al suo autore
molte soddisfazioni. Sia l’album omonimo (con St. Michel) sia
i successivi QUANDO L’ESTATE VERRà (1984, EP) e CUORI DI PACE
(1986) sono realizzati con Chiocchio, in una collaborazione
che segna la fase più convincente della carriera di Minghi. Ma
la consacrazione non arriva ancora, nonostante un brano per
Katia Ricciarelli, Il profumo del tempo, e la colonna sonora di
uno sceneggiato TV.
L’artista romano riparte per l’ennesima volta, ancora più
motivato. Con i testi di Duchesca (alias Pasquale Panella, che
in futuro firmerà anche con altri pseudonimi testi per Minghi)
nel 1987 incide SERENATA, preludio a LE NUVOLE E LA ROSA
(con Rosa) del 1998, album importante con il quale conquista
un’affezionata fetta di pubblico, grazie anche alla scommessa
di “Forse si musicale”, un recital interamente autoprodotto (al
pari del disco, pubblicato dalla Fonit Cetra) tenuto al Piccolo
Eliseo di Roma nel 1989. È la svolta, il successo va oltre i
confini capitolini e il tour prosegue a lungo. Ne viene tratto il
live LA VITA MIA, a cui seguiranno un altro live, AMEDEO
MINGHI IN CONCERTO, e la raccolta NENÈ. Da qui in avanti
Minghi si dedicherà sempre più al filone romantico a scapito
della vena più cantautorale. Sul piano commerciale lo mette al
riparo il grande exploit di Vattene amore (notissima e
bersagliata per il verso “Trottolino amoroso du-du-da-da-da”)
cantata a Sanremo 1990 con Mietta, con la quale Minghi
lavora anche in veste di produttore. Nel 1992 nascono in
contemporanea le musiche per lo sceneggiato TV “Fantaghirò”
(che Minghi porterà in scena con balletti e prosa) e I RICORDI
DEL CUORE, dagli ottimi riscontri di vendite e dall’enfasi
melodica, seguito da due VHS di concerti allo Stadio
Olimpico. I successivi COME DUE SOLI IN CIELO (ripreso anche
in un disco live), CANTARE è D’AMORE e DECENNI (con Un uomo
venuto da lontano dedicato a Papa Wojtyla), insieme ad altre
presenze a Sanremo, consolidano uno zoccolo duro di
estimatori. La popolarità si estende anche al Sudamerica e al
Nord Europa sia con i concerti che con i dischi. La critica
invece non lo apprezza particolarmente, accusando l’artista di
eccessiva autostima. Il 2000 è un anno densissimo. Minghi
partecipa a Sanremo con Futuro come te, composta e cantata
con Mariella Nava, mentre da solo scrive Gerusalemme in
occasione del Giubileo, inserita nella raccolta doppia STUDIO
COLLECTION. In autunno pubblica ANITA (con relativa VHS
l’anno dopo), premessa di un futuro musical sulla storia
d’amore di Giuseppe e Anita Garibaldi. Nel 2002 esce
L’ALTRA FACCIA DELLA LUNA e nel 2005 SU DI ME (con i testi di
Panella), album inframmezzati da una lunga serie di concerti
in Italia, Europa, Sudamerica, con una puntata a
Gerusalemme, e da Per noi, scritta per Bocelli.
Una carriera ormai consolidata quella di Minghi,
caratterizzata da un lato da un’originale e aristocratica vena
melodica – non sempre supportata da testi adeguati – e
dall’altro da una spigolosità caratteriale che gli è costata
molto. (f.ca.)

DISCOGRAFIA
AMEDEO MINGHI (Apollo 1973)
MINGHI (CBS 1980)
1950 (IT 1983)
QUANDO L’ESTATE VERRà (RCA 1984, EP)
CUORI DI PACE (RCA 1986)
SERENATA (Durium 1987)
LE NUVOLE E LA ROSA (Fonit Cetra 1988)
LA VITA MIA (Fonit Cetra 1989, live)
AMEDEO MINGHI IN CONCERTO (Fonit Cetra 1990, live)
NENÈ (Fonit Cetra 1991, doppio)
FANTAGHIRÒ (Mercury 1991, colonna sonora)
I RICORDI DEL CUORE (Fonit Cetra 1992)
DALLO STADIO OLIMPICO DI ROMA (Fonit Cetra 1993, doppio
live)
COME DUE SOLI IN CIELO (Fonit Cetra 1994)
COME DUE SOLI IN CIELO “IL RACCONTO” (Fonit Cetra 1995,
live)
CANTARE È D’AMORE (EMI 1996)
IL FANTASTICO MONDO DI AMEDEO MINGHI (EMI 1996, colonna
sonora)
DECENNI (EMI 1998)
MINGHI STUDIO COLLECTION (EMI 1999, doppia antologia
con inediti, ristampata nel 2000 con l’aggiunta di Futuro
come te)
ANITA (EMI 2000)
L’ALTRA FACCIA DELLA LUNA (EMI 2002, ristampata nel 2003
con l’aggiunta di Sarà una canzone)
SU DI ME (EMI 2005)
SOTTO L’OMBRELLONE (Delta Dischi 2005, con Lino Banfi)
QUANDO L’ESTATE VERRÀ. Piccolo e riuscito esempio del
valore di Minghi nel suo periodo migliore. I versi leggeri,
profondi, evocativi, di Gaio Chiocchio si sposano con una
musicalità raffinata e aperta. Quando l’estate verrà,
Emanuela e io, Sognami, Una storia d’amore sono quattro
canzoni, belle e agrodolci, realizzate con computer e
orchestra.

PASQUALE MINIERI
Produttore artistico e chitarrista nato a Roma il 18 giugno
1949. Tra il 1974 e il 1978 milita nel Canzoniere del Lazio,
quindi costituisce con Giorgio Vivaldi i Carnascialia. È poi
arrangiatore per Gianfranco Manfredi. Dopo una parentesi nel
1981 come chitarrista di rock demenziale nel gruppo Beppe
Starnazza e i Vortici, consolida il ruolo di produttore e
direttore artistico di tournée o di altri eventi. Dalla metà degli
anni ’80 collabora a importanti lavori di Claudio Baglioni
(ASSOLO, OLTRE, IO SONO QUI) e produce fra gli altri Nada
(L’AMORE è FORTISSIMO E IL CORPO NO), Elisa (LOTUS), Avion
Travel (POCO MOSSI GLI ALTRI BACINI). Nel frattempo sposa la
pianista Rita Marcotulli e inaugura un proprio studio di
registrazione. Lavora anche come ingegnere del suono e, a
Roma, alla direzione artistica di importanti manifestazioni
internazionali. Minieri è stato infine coproduttore degli ultimi
lavori di Vinicio Capossela.

ANDREA MIRÒ
Cantautrice e polistrumentista di talento, nata il 27 maggio
1970 a Rocchetta Tanaro (AT), Andrea Mirò (all’anagrafe
Roberta Mogliotti) esordisce appena adolescente come
violinista nell’orchestra del Conservatorio di Alessandria.
Partecipa con un discreto riscontro a Sanremo nell’87 con
Notte di Praga e nell’88 con Non è segreto (firmata da
Mango); nel ’91 incide il primo album, MIRÒ.
Contemporaneamente è vocalist per Roberto Vecchioni
nell’album PER AMORE MIO (1991); dal ’94 approda nella band
di Enrico Ruggeri, a cui si lega sentimentalmente; va in tour
anche con Ron. Nel 2000 torna alla carriera solistica
presentando a Sanremo La canzone del perdono, a cui fa
seguito IL CENTRO DEI PENSIERI. Nel 2001 esce LUCIDAMENTE
(con Opinioni di un clown), un buon disco in cui Mirò si
cimenta anche nella stesura dei testi. L’anno seguente a
Sanremo dirige l’orchestra per Ruggeri in Primavera a
Sarajevo, di cui è coautrice. La coppia torna all’Ariston nel
2003 per interpretare Nessuno tocchi Caino, pubblicata nella
raccolta live ANDREA MIRÒ. L’ultimo album, ANDREA, del
2005, conferma le qualità di una musicista completa, a metà
strada tra pop e canzone d’autore, non ancora consacrata dal
successo presso il grande pubblico.

MODA vedi Andrea Chimenti


MODENA CITY RAMBLERS
Il 17 marzo 1991 – giorno di San Patrizio, patrono d’Irlanda
– prima di un concerto, una band neonata si battezza Modena
City Ramblers, omaggio insieme al proprio luogo di nascita e
a quello dei sogni musicali (i Dublin City Ramblers sono una
band irlandese). È una sorta di collettivo nato dalle ceneri dei
Lontano da Dove (dediti più che altro a cover) e impegnato
nella riproposizione di materiale celtico. L’anno seguente, con
la solenne “benedizione” di un opening act a un concerto
modenese dei Pogues, prende avvio con tutti i crismi
l’avventura dei Modena City Ramblers. Sin dall’inizio, però,
sulla piattaforma poetica della rilettura celtica il gruppo mette
un altro ingrediente sostanzioso, ovvero la canzone di impegno
politico, legata in alcuni casi alla memoria e al dialetto locale.
Questo doppio binario connota in termini chiari il demo di
debutto (oggi introvabile se non per gli iscritti al fan club
ufficiale del gruppo), COMBAT FOLK del 1993, con chiara
allusione anche alla lezione dei Clash. Prerogativa saliente
della band è la presenza di due cantanti, Alberto Morselli e
Stefano ‘Cisco’ Bellotti, dalle voci caratteristiche: bassa e
naturale, emozionante la prima, chiara e alta la seconda.
Il primo album vero e proprio è del 1994: esce inizialmente
per l’etichetta indipendente romana Helter Skelter, ma visti gli
incoraggianti riscontri immediati viene poi ristampato dalla
Mercury/Polygram con l’aggiunta di un pezzo, Il bicchiere
dell’addio, in cui appare al canto addirittura Bob Geldof. Il
disco è RIPORTANDO TUTTO A CASA. I consensi di pubblico e
critica rendono Modena City Ramblers sigla di diffusa
notorietà nel circuito alternativo nazionale, anche e soprattutto
in virtù dell’esplosivo impatto live. Il felicissimo momento è
però guastato dall’abbandono di Morselli per inconciliabili
divergenze personali e politiche con gli altri membri. Con lui
se ne va una delle più belle voci italiane (tornerà alla
discografia solo nel 2005 con un buon album solistico, DA
UN’ALTRA PARTE). “Cisco” Bellotti diventa non solo l’unico
vocalist ma anche inevitabilmente frontman a tutti gli effetti.
Ma saranno molti gli avvicendamenti nella formazione
anche in futuro, con l’abbandono di altri membri storici, più di
metà della formazione. Diventa così elemento ancora più
caratterizzante la concezione di gruppo aperto, sia a diverse
collaborazioni che all’interazione con la platea nei concerti.
Idea che trova espressione chiara nel titolo dell’album
successivo, LA GRANDE FAMIGLIA del marzo ’96. Nel frattempo
altre suggestioni s’infilano nel cocktail sonoro dei Ramblers,
quelle di gruppi come Mano Negra e Negresses Vertes. Per i
Modena si parla adesso di “patchanka celtica”. La magia
dell’esordio si è in parte persa ma la formula funziona: i music
club cominciano ad andare stretti, Cisco e compagni assurgono
quasi allo status di “big” della musica italiana tout court. Nel
disco compaiono ospiti importanti come Mara Redeghieri
degli Ustmamò, Marino Severini dei Gang, Paolo Rossi (con
cui compiono un tour in estate). Ancora un allargamento di
prospettiva segna TERRA E LIBERTÀ del ’97. Il titolo stavolta
riprende un film di Ken Loach sulla Guerra Civile spagnola,
ma il taglio dell’album, nel contenuto in particolare, è di
marca latinoamericana, e nella “famiglia” dei Modena entrano
significativamente scrittori come Luis Sepúlveda e Paco
Ignacio Taibo II, mentre l’album è ispirato a “Cent’anni di
solitudine” di Gabriel Garcìa Marquez. È probabilmente il
momento di maggior popolarità per gli MCR, sancito anche
dalla biografia “Combat Folk - L’Italia ai tempi dei Modena
City Ramblers” di Paolo Ferrari e Paolo Verri (Giunti Editore).
Il gruppo dà poi alle stampe lavori meno incisivi come
RACCOLTI, registrato dal vivo in un pub emiliano, e FUORI
CAMPO.

Il momento coincide anche con la fuoriuscita dal gruppo di


due colonne portanti come il fisarmonicista Alberto Cottica e
Giovanni Rubbiani, che andranno a formare due band
interessanti come Fiamma Fumana e Caravane De Ville. Per
ovviare agli abbandoni lo storico produttore del gruppo,
Arcangelo “Kaba” Cavazzuti, entra in pianta stabile nella
formazione. Intanto Cisco incide un disco, NOVECENTO, con La
Casa del Vento. Dopo una comune tournée con i Gang,
un’ulteriore spinta sociopolitica ammanta RADIO REBELDE,
lavoro del 2002 con la produzione di Enzo Rizzo che innesta
elementi reggae ed elettronici nel suono della band. L’anno
seguente alcuni remix del disco trovano posto in MODENA CITY
REMIX. Dopo la nascita dell’etichetta Modena City Records,
VIVA LA VIDA MUERA LA MUERTE (2004), che nel titolo richiama
lo slogan delle comunità zapatiste del Chiapas, riprende il filo
musicale del disco precedente, stavolta con la produzione di
Max Casacci dei Subsonica. APPUNTI PARTIGIANI, del 2005, è
invece realizzato in occasione dei 60 anni dalla Liberazione
con ospiti come Francesco Guccini (nella sua Auschwitz),
Moni Ovadia (in Oltre il ponte di Italo Calvino), Piero Pelù (in
La guerra di Piero di De André), Goran Bregovic (in Bella
ciao) e Billy Bragg (in All You Fascists di Woody Guthrie). Il
disco termina con Viva l’Italia di De Gregori in un’esecuzione
collettiva. Alla fine dell’anno, a sorpresa, anche Cisco lascia il
gruppo, che però prosegue il proprio percorso. Al suo posto
due cantanti: Davide “Dudu” Morandi, già voce dei Mocogno
Rovers, e Betty Vezzani. Oltre ai due nuovi vocalist gli altri
MCR sono: Arcangelo “Kaba” Cavazzuti, Franco D’Aniello,
Massimo “Ice” Ghiacci, Francesco “Fry” Moneti, Roberto
Zeno e Luca “Gabibbo” Giacometti. Tutti polistrumentisti.
Alla fine del 2006 esce l’esordio di Cisco, LA LUNGA NOTTE, un
album più cantautorale rispetto alla fisicità dei Modena ma
comunque in linea con il percorso politico del gruppo.
Resta encomiabile negli anni la volontà dei Modena City
Ramblers di tentare, anche confusamente, nuove strade per
sopperire alla ripetitività degli schemi musicali e
all’abbandono di elementi fondamentali nella band. Il disco
d’esordio resta però insuperato. (e.de. - b.mo.)
DISCOGRAFIA
RIPORTANDO TUTTO A CASA (Mercury/Polygram 1994)
LA GRANDE FAMIGLIA (Mercury/Polygram 1996)
TERRA E LIBERTÀ (Mercury/Polygram 1997)
RACCOLTI (Mercury/Polygram 1998, dal vivo, acustico)
FUORI CAMPO (Mercury/Universal 1999)
RADIO REBELDE (Universal 2002)
MODENA CITY REMIX ( Black Out/Mercury 2003, EP di remix
del precedente album)
VIVA LA VIDA, MUERA LA MUERTE! (Universal 2004)
APPUNTI PARTIGIANI (MESCAL/UNIVERSAL 2005)
RIPORTANDO TUTTO A CASA. Fin dall’attacco la splendida
voce di Morselli in un brano di forte suggestione come Un
giorno di pioggia preannuncia il grande valore e la
fragranza di tutto il disco. Il titolo omaggia, più che Dylan,
una omonima raccolta di musica irlandese.

DOMENICO MODUGNO
Figura fondamentale, in qualità di autore e interprete, della
canzone italiana, per averne in pochi anni svecchiato forme,
stili e contenuti, Domenico Modugno nella giovinezza
intendeva in realtà diventare soprattutto attore di cinema e di
teatro, e in effetti saranno molte le sue esperienze specie in
campo teatrale e televisivo. La musica è vista dal giovane
Mimmo come un passatempo e un modo per far colpo sulle
ragazze del paesino della provincia di Brindisi, San Pietro
Vernotico, dove si era trasferito con la famiglia (era nato a
Polignano a Mare, presso Bari, il 9 gennaio del 1928) al
seguito del padre, capoguardia municipale, che gli insegna a
suonare chitarra e fisarmonica. Scrive la sua prima canzone a
15 anni. Studia ragioneria ma è insoddisfatto. A 19 anni
scappa di casa per tentare la carriera cinematografica. A
Torino e a Roma si mantiene facendo i lavori più svariati.
Inizia con provini, concorsi e comparsate (fra l’altro in “I
pompieri di Viggiù”), poi viene ammesso al Centro
Sperimentale di Cinematografia. Intanto nascono le prime
canzoni in dialetto brindisino, il cui lessico ricorda molto il
siciliano. Ed è forse per questo e per la parte di un soldato
siciliano nel film del 1952 “Carica eroica” di De Robertis che
per molti anni al giovane cantastorie (e non ancora
“cantautore”) viene attribuita un’origine sicula. Mentre lavora
come attore anche teatrale, nel 1952 gli viene offerta una
trasmissione radiofonica, “Amuri, amuri”, durante la quale
canta suoi brani ispirati alla tradizione pugliese e siciliana,
come Lu pisci spada. Dal dicembre 1953 pubblica per la RCA
Victor diciotto 78 giri, alcuni 45 e tre 33 giri dal diametro di
25 cm (alcuni registrati nella basilica di San Pietro per ottenere
effetti d’eco), fra cui il tradizionale siciliano Vitti ‘na crozza.
Altre sue canzoni (come La donna riccia) s’impongono al
pubblico grazie alle versioni del complesso di Renato
Carosone. Ma Modugno compone anche in napoletano con
l’aiuto, per i testi, di Riccardo Pazzaglia: brani come Io,
mammeta e tu (1955) e ‘O ccafè (1957) a cui si ispirerà
Fabrizio De André per la sua Don Raffaè. Ma scrive anche in
italiano e le due prime canzoni in lingua sono di grande valore.
Una è un gioiello di eleganza, Vecchio frac, che come altre
canzoni del periodo narra un fatto realmente accaduto in quel
periodo: la morte di un nobile, il Principe Frappìa, suicida per
amore dell’attrice di prosa Olga Villi. Il brano arriverà al
successo nel 1959. L’altra è Musetto, presentata al Festival di
Sanremo 1956 e interpretata dal futuro doppiatore Gianni
Marzocchi (sarà poi anche parodiata dal Quartetto Cetra).
Modugno conduce intanto un varietà televisivo del sabato sera,
“Invito a bordo”, e dal 1957 passa alla Fonit, continuando a
scrivere canzoni importanti come Strada ‘nfosa, Lazzarella
(affidata ad Aurelio Fierro) o Resta cu’ ‘mmè (con il testo di
Dino Verde), nella cui versione radiofonica il verso “Nun
m’emporta d’ ‘o passato / nun m’emporta ‘e chi t’ha avuto”
viene cambiato con “Nun m’emporta si ‘o passato/ sulu
lacreme m’ha dato”.
Fra gli interessi di Modugno c’è anche la pittura
contemporanea, che condivide con l’amico paroliere Franco
Migliacci. Entrambi sono attratti da un dipinto di Marc
Chagall, “Il gallo rosso”, soprattutto per il particolare di un
omino dipinto di blu che sembra perdersi tra le nuvole. Una
domenica del luglio 1957, dopo una litigata con Modugno,
Migliacci si ubriaca e, ispirandosi a quel quadro, scrive un
abbozzo di testo, a cui si abbina un’intuizione melodica di
Modugno, un urlo gioioso e grintoso: “Volare, oh oh!”. Tra la
fine dell’estate e l’autunno la canzone prende forma. Nel blu,
dipinto di blu viene presentata a Sanremo in coppia con
Johnny Dorelli, tra i dubbi di molti addetti ai lavori. Ma sarà
un successo straordinario, che rivoluzionerà la canzone
italiana, per la spinta inedita del brano e le braccia spalancate
di Modugno mentre canta accompagnato dal Sestetto Azzurro
di Alberto Semprini: primo posto al Festival (davanti a
L’edera cantata da Nilla Pizzi e Tonina Torrielli), e per la
prima volta in Italia boom di vendite discografiche. Ma anche
un clamoroso riscontro in vari Paesi, compresi gli Stati Uniti,
grazie all’intuito di due americani di passaggio in Italia, che si
procurano il disco e lo trasmettono a ripetizione nella stazione
radio di cui sono proprietari. Viene anche realizzata una
traduzione in inglese ad opera di Michael Parish, affidata alle
voci di Dean Martin e di Bobby Rydell, entrambi oriundi
italiani, e con il titolo di “Voh-lah-ray” (ossia “Volare” scritto
come si pronuncia). Modugno partecipa all’“Ed Sullivan
Show”, seguitissimo appuntamento televisivo, tiene concerti
alla Carnegie Hall, a Washington, a Buffalo, a Los Angeles, e
realizza perfino quattro incisioni con la grande orchestra di
Jack Pleis: una versione inglese di Resta cu’ ‘mme, un
rifacimento del canto brasiliano ‘O cangaceiro, una personale
interpretazione di Come prima, altro brano nostrano destinato
a sfondare in tutto il mondo, e soprattutto una canzone nuova,
Io, dedicata a Marco, il primogenito che nasce a Roma proprio
nei giorni di quel trionfale tour negli Stati Uniti. In America,
in un piovoso mattino d’autunno alla stazione di Pittsburg,
Modugno viene colpito dalla scena di un ragazzo e una
ragazza che si salutano, visibilmente commossi. Sembra quasi
che le loro lacrime si mescolino all’acqua che viene giù. Nasce
Piove, dal trascinante ritornello (“Ciao, ciao, bambina”) con le
parole di Verde. Modugno la presenta al Festival di Sanremo
successivo: viene preparato un arrangiamento particolare, con
effetti creati dall’organo hammond di Mario Migliardi, mentre
Parish scrive già il testo inglese. E il brano vince di nuovo il
Festival e diventa un altro successo. Fra l’altro, nel 2000
ispirerà L’ultimo bacio di Carmen Consoli.
Negli anni ’60 Modugno vince ancora due volte a Sanremo
(con Addio… addio nel 1962, cantata con lo storico avversario
Claudio Villa, e Dio, come ti amo! nel ’66) ma la sua vena
compositiva a volte si piegherà alle esigenze del mercato. Tra
gli episodi migliori ci sono Notte di luna calante (1960) e la
meno nota Sogno di mezza estate (1961), che presentano un
Modugno più malinconico; Tu si’ ‘na cosa grande (1964), con
cui vince un Festival di Napoli sempre più spento;
Diciassettemila lire (sempre del ’64), un paleo rap demenziale;
L’avventura (1965); Un pagliaccio in paradiso, esclusa dalle
selezioni di Sanremo 1965, che evoca la poesia amara del
mondo del circo; Meraviglioso (1967), che ricalca
sapientemente in canzone un bellissimo film dell’immediato
dopoguerra, “It’s A Wonderful Life” di Frank Capra. Il brano
viene bocciato da Renzo Arbore, commissario di selezione per
Sanremo ’68: non pare prudente inserire un brano che parla di
un tentativo di suicidio un anno dopo il caso Tenco. Ma
Modugno si muove anche su altri versanti, come quello della
poesia, testimoniato dagli incontri con Salvatore Quasimodo e
Pier Paolo Pasolini. Il primo, da poco insignito del Nobel per
la Letteratura, gli dà il permesso di musicare due suoi
componimenti, Le morte chitarre e Ora che sale il giorno,
mentre Pasolini dapprima gli affida la trovata dei titoli di testa
cantati del film “Uccellacci ed uccellini” (1966), su musica di
Ennio Morricone, poi gli fornisce uno struggente testo da
musicare e cantare, Cosa sono le nuvole, che figura all’inizio
dell’omonimo episodio di “Capriccio all’italiana” (le parole
riprendono battute dell’“Otello” di Shakespeare, sul quale si
basa il soggetto del film). Anche Modugno si cimenta nella
regia cinematografica, con “Tutto è musica” (1963). Per
l’artista pugliese sono fortunate anche le esperienze con la
commedia musicale, a cominciare da “Rinaldo in campo” del
1961 (con Notte chiara), celebrazione del centenario
dell’Unità d’Italia con la regia di Garinei e Giovannini, e
“Tommaso D’Amalfi” (1963), in cui Modugno musica testi di
Eduardo De Filippo. Ma ha successo anche in TV con
“Scaramouche”, sceneggiato musicale del 1965, mentre nel
1967 interpreta “Liolà” di Luigi Pirandello.
Alla fine del decennio anche il Modugno cantautore è
pronto a sperimentare cose inusuali, come la canzone
monologo che alterna il recitato al cantato (vedi Come hai
fatto, presentata a “Canzonissima” nel ’69), formula che
riprenderà varie volte. Nel 1970 musica La lontananza, una
poesia scritta da una giovanissima attrice, Enrica Bonaccorti,
ed è di nuovo un successo. L’anno dopo è la volta di un
concept album prodotto da Antonio Coggio, CON L’AFFETTO
DELLA MEMORIA, che rievoca gli anni dell’infanzia e
dell’adolescenza con canzoni-quadri che illustrano fatti e
personaggi di San Pietro Vernotico negli anni ’30-’40: spicca
Vendemmia giorno e notte, che riprende la canzone di Liolà
scritta per l’allestimento della pièce di Pirandello, del quale
vengono conservati alcuni versi. L’album inframmezza due
partecipazioni a Sanremo con Come stai? e Un calcio alla
città. Poi Modugno si chiude in uno studio della RCA con il
chitarrista tarantino Silvano Chimenti e Coggio alle tastiere e
realizza un cofanetto di sei album che rivisitano vent’anni di
carriera, una ricchissima antologia quasi unplugged. Da
segnalare, tra i molti impegni del periodo, il brano Amara
terra mia, rielaborazione di Addio, addio, amore!, motivo
popolare diffuso in Italia meridionale, che fa da colonna
sonora allo sceneggiato TV “Nessuno deve sapere!”. Dal 1973
al 1975 recita nell’“Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht, con
la regia di Giorgio Strehler, e nel 1974 partecipa per l’ultima
volta al Festival di Sanremo con Questa è la mia vita; nella
stessa città, qualche mese più tardi, gli viene assegnato il
Premio Tenco alla carriera. Nell’album post festivaliero, IL MIO
CAVALLO BIANCO, c’è L’anniversario, con testo di Iaia Fiastri
che parla di una storia d’amore non sancita da matrimonio,
brano utilizzato dal PSI per la campagna elettorale per il
divorzio. Passerà in radio solo due anni dopo, in una nuova
versione, entrando in classifica. Seguono due episodi molto
più ruffiani: prima Modugno s’imbatte per caso in una
canzone francese, Le Telephone Pleure di Claude François,
colloquio telefonico tra un padre separato e la figlia. Traduce il
pezzo e lo incide con la piccola attrice Francesca Guadagno.
Nasce così la melodrammatica Piange… il telefono, con cui
sbanca le classifiche nella primavera del 1975, con riscontri
anche in Sudamerica. Poco dopo ripete l’esperimento della
canzone “feuilleton” con Il maestro di violino. Ma nel 1976
torna all’antico amore della canzone popolare del sud,
rielaborando un canto siciliano, Malarazza, peraltro già
riscoperto nello spettacolo teatrale “Ci ragiono e canto”,
antologia del folk italiano ideata e diretta da Dario Fo dieci
anni prima. Il 1977 è l’anno della versione televisiva del “Don
Giovanni in Sicilia” di Brancati (tra gli sceneggiati a cui ha
partecipato vanno ricordati anche “Il marchese di
Roccaverdina” di Capuana nel 1972 e “Western di cose
nostre”, da un racconto di Sciascia sceneggiato da Andrea
Camilleri, nell’84) e poi il successo di Il vecchietto, ironico
brano sull’isolamento degli anziani, che vede ancora una volta
un Modugno cantastorie che attinge dalla cronaca. A
settembre, per festeggiare i 25 anni di carriera, l’artista
pugliese tiene un recital a “Bussoladomani”, pubblicato su
disco. L’anno seguente è la volta di una nuova commedia
musicale, “Cyrano”, dal “Cyrano de Bergerac” di Edmond
Rostand. Dal punto di vista discografico, invece, escono solo
occasionali singoli, quasi tutti legati a sigle televisive: Giorno
per giorno (1979), Pomeriggio di favola (1980), Viva
l’America! (1981). Nel 1983 è ospite a Sanremo con Io vivo
qui, supportata da un arrangiamento sostanzialmente
elettronico.
Nel 1984, dopo un concerto al Madison Square Garden di
New York, Modugno accetta di condurre un programma TV su
Italia 1, “La luna nel pozzo”. Per l’occasione scrive nuove
canzoni con Carlo Siliotto (già nel Canzoniere del Lazio)
riunendole in PAZZO AMORE, ma durante le prove di una
puntata viene colpito da un ictus che lo menoma fisicamente:
la carriera artistica è praticamente compromessa. Modugno
sposa allora l’impegno politico con il Partito Radicale. Nel
1987 viene eletto deputato e da allora si dedica a varie
battaglie civili, come il recupero dei malati di mente o il
sostegno alle lotte ambientaliste. Anni dopo partecipa al primo
album del figlio minore Massimo, duettando con lui nel 1993
in Delfini, una metafora della vita. La sera del 6 agosto 1994
muore per arresto cardiaco sulla spiaggia di Lampedusa, dove
ha casa: un’animata discussione con un gruppo di giovani per
il salvataggio di una tartaruga di mare gli è fatale. (c.bo.)
DISCOGRAFIA

DOMENICO MODUGNO E LA SUA CHITARRA CON FRANCA


GANDOLFI (RCA 1954, EP)
DOMENICO MODUGNO E LA SUA CHITARRA CON FRANCA
GANDOLFI (RCA 1954, EP)
DOMENICO MODUGNO (RCA 1954, EP)
DOMENICO MODUGNO (RCA 1954, EP)
DOMENICO MODUGNO (RCA 1954, EP)
I SUCCESSI DI MODUGNO I (RCA 1955, LP 25 cm)
I SUCCESSI DI MODUGNO II (RCA 1955, LP 25 cm)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA (Fonit 1956, EP)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA VOL.2 (Fonit 1956, EP)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA VOL.3 (Fonit 1956, EP)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA VOL.4 (Fonit 1956, EP)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA VOL.5 (Fonit 1956, EP)
UN SICILIEN A PARIS (Barclay 1956, EP)
UN SICILIEN A PARIS 2 (Barclay 1956, EP, in francese)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA (Fonit 1956, LP 25 cm)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA N.2 (Fonit 1956, LP 25
cm)
UN SICILIEN A PARIS 3 (Barclay 1956, EP, in francese)
DOMENICO MODUGNO ACCOMPAGNÈ PAR F. CHARPIN ET SON
TRIO(Barclay 1956)

DOMENICO MODUGNO S’ACCOMPAGNANT A LA GUITARE


(Barclay 1956)
DOMENICO MODUGNO ACCOMPAGNÉ PAR F. CHARPIN ET SON
TRIO (Barclay 1956)
LE CHANTEUR SICILIEN (Barclay 1956 Francia, LP 25 cm in
francese tranne due canzoni)
DOMENICO MODUGNO ACCOMPAGNEÉ PAR LE TRIO CHARPIN
(Barclay 1956 Francia, in francese)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1957, EP)
UN POETA, UN PITTORE, UN MUSICISTA (Fonit 1957, EP)
LA STRADA DEI SUCCESSI DI DOMENICO MODUGNO (Fonit 1958,
EP in vinile blu)
LA STRADA DEI SUCCESSI DI DOMENICO MODUGNO (Fonit 1958,
LP 25 cm)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1958, LP 25 cm a 16 giri)
DOMENICO MODUGNO E IL SUO QUINTETTO (Fonit 1958, LP 25
cm parzialmente in francese)
DOMENICO È SEMPRE DOMENICO (RCA 1958)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1958, LP 25 cm)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1959, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1959, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1959, EP, alcune copie in vinile
trasparente)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1959, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1959, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1960, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1960)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1960, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1960, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1960)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1961, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1961, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1961, EP)
MODUGNO (Fonit 1961)
RINALDO IN CAMPO (Fonit 1961)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1962, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1962, EP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1962)
DOMENICO MODUGNO (Music Hall Internazionale 1962, mini
LP)
DOMENICO MODUGNO (Fonit 1963, EP)
TUTTO È MUSICA (Fonit 1963)
DIO COME TI AMO (Curci 1966)
MODUGNO (Curci 1967)
DOMENICO MODUGNO (RCA 1968, le canzoni già pubblicate
sono in nuova versione)
DOMENICO MODUGNO (RCA 1970)
CON L’AFFETTO DELLA MEMORIA (RCA 1971)
DOMENICO MODUGNO EN CASTELLANO - DESDE AZUL PINTADO
DE AZUL HASTA LA DISTANCIA ES COMO EL VIENTO (RCA
Victor 1971, Colombia, in spagnolo con tre pezzi in
italiano)
TUTTO MODUGNO (RCA 1972, box di sei album con nuove
registrazioni con l’accompagnamento della sola chitarra
acustica di Silvano Chimenti)
IL MIO CAVALLO BIANCO (RCA 1973)
IL MEGLIO DI DOMENICO MODUGNO (Carosello 1975,
antologia)
PIANGE IL TELEFONO E LE PIÙ BELLE CANZONI (Carosello 1975)
L’ANNIVERSARIO (Carosello 1976)
DAL VIVO ALLA BUSSOLA DOMANI (Carosello 1977, dal vivo)
CYRANO (Carosello 1977)
MALARAZZA (Carosello 1981, antologia)
LA SICILIA (Cetra 1981, promozionale per la Regione
Sicilia)
PAZZO AMORE (Panarecord 1984)
L’AMORE E L’ALLEGRIA (Carosello 1991)
LA STORIA (RTI Music 1994, doppio CD antologico)
L’ARCA DI MODUGNO (BMG 1997, con brani rari)
IO, DOMENICO MODUGNO “INEDITO” (CGD East West 1997,
provini inediti di varie epoche con orchestrazioni postume)
LIVE @ RTSI (RTSI/S4 2001, registrato dal vivo alla
Televisione Svizzera il 7 gennaio 1981)
DOMENICO MODUGNO - RADIO SHOW (via Asiago 10/ Twilight
2006, registrazioni dal vivo del periodo 1958-1982)

MOGOL
Giulio Rapetti, in arte Mogol, è certamente il più affermato
paroliere italiano. Nasce a Milano il 17 agosto 1936.
Diplomato ragioniere, negli anni ’50 inizia a lavorare
nell’ufficio stampa della Ricordi; direttore delle edizioni della
casa discografica è il padre Mariano – anche autore di testi con
lo pseudonimo di Calibi. Il giovane Rapetti scrive testi per
diletto (il primo, Mama Guitar, nel 1954), finché nel 1960
debutta professionalmente scrivendo le liriche di Non dire I
Cry per Tony Renis. I risultati arrivano in fretta. Innanzitutto,
tre vittorie a Sanremo: nel 1961 con Al di là, scritta per
Luciano Tajoli e Betty Curtis, nel 1963 con Uno per tutte per
Renis e nel 1965 con Se piangi, se ridi per Bobby Solo. A
metà del decennio Mogol è già figura primaria della canzone
italiana. Fra i suoi maggiori successi di quegli anni ci sono
Stessa spiaggia stesso mare (per Mina), Com’è triste Venezia
(Aznavour), Una lacrima sul viso (Bobby Solo), Riderà (Little
Tony), Perdono (Caterina Caselli), Mondo in mi 7a
(Celentano), La rivoluzione (Gianni Pettenati), L’immensità
(Don Backy). Anche dietro i gruppi beat c’è spesso la sua
penna, per esempio in Che colpa abbiamo noi e È la pioggia
che va (Rokes), Io ho in mente te (Equipe 84), Sognando la
California e Senza luce (Dik Dik). Sono spesso cover di
successi angloamericani, perfino di Blowin’ In The Wind di
Bob Dylan (la cui versione non è però particolarmente
riuscita).
La sua è una scrittura di mestiere e molto prolifica, che ha la
capacità di centrare i gusti del pubblico. Mogol arriva a una
propria poetica – in cui fra i temi spiccano l’ecologia e le
relazioni uomo-donna (a volte con l’accusa nei suoi confronti
di misoginia) – grazie a un incontro fondamentale: è nel
gennaio 1966 che, con Dolce di giorno scritta assieme a Lucio
Battisti (che lui stesso esorta a cantare), inizia un lungo
connubio che costituisce una pagina fondamentale della storia
della canzone italiana. Con il musicista laziale Mogol
compone dapprima una serie fortunatissima di singoli, in
qualche caso prestati ad altri interpreti (come 29 settembre,
incisa anche dall’Equipe 84, o Amor mio per Mina), e poi una
decina di LP di grande rilievo, fino a UNA GIORNATA UGGIOSA
del 1980, con moltissime canzoni che entrano nel patrimonio
collettivo di un’intera generazione di italiani, sebbene il tempo
abbia poi in parte ridimensionato i meriti della vena nazional
popolare di Mogol. Parecchi di questi lavori sono pubblicati
dalla Numero Uno, etichetta fondata dai due autori assieme ad
altri collaboratori.
Negli anni ’70 Mogol coglie successi anche senza Battisti,
da Una spada nel cuore per Little Tony e La prima cosa bella
per Nicola di Bari e Impressioni di settembre per la PFM.
Dopo la fine della partnership battistiana, il paroliere lombardo
trova nuove sollecitazioni prima a fianco di Riccardo
Cocciante, con cui compone CERVO A PRIMAVERA (1980) e
COCCIANTE (1982), e quindi di Mario Lavezzi, con il quale
scrive brani per numerosi interpreti, fra cui Fiorella Mannoia e
Gianni Morandi. Al 1981 risale invece la fondazione della
Nazionale Italiana Cantanti, associazione benefica cui
prenderanno parte, nel corso degli anni, moltissimi artisti. Sul
versante musicale c’è la scoperta di Mango: per lui Mogol
scrive dapprima il testo di Oro (1983) e negli anni a seguire
brani contenuti negli LP SIRTAKI (1990) e COME L’ACQUA
(1992). Ancora con Cocciante nel ’91 compone Se stiamo
insieme, che vince a Sanremo. Nel 1992 ad Avigliano Umbro
fonda il C.E.T., un istituto di perfezionamento per giovani
artisti, che si avvale, come insegnanti, di musicisti, interpreti e
cantautori noti. Nel frattempo anche il figlio di Mogol, Alfredo
Rapetti, in arte Cheope, diviene paroliere richiesto,
continuando la tradizione famigliare.
Alla fine degli anni ’90 la collaborazione di Mogol con
Gianni Bella riporta a notevoli numeri di vendita Adriano
Celentano. IO NON SO PARLAR D’AMORE (1999) e ESCO DI RADO E
PARLO ANCORA MENO (2000) portano alla canzone italiana
classica nuove icone, ma già a partire dal successivo PER
SEMPRE (2002) e ancor più da C’È SEMPRE UN MOTIVO (2004) il
team di lavoro comincia a mostrare segni di stanchezza e
ripetitività. Nel nuovo secolo Mogol collabora fra gli altri con
Gigi D’Alessio. Sono migliaia i testi da lui firmati in più di 40
anni.

MOLTHENI
Insolito, ostico, inventivo, Umberto Giardini, marchigiano
di nascita (Sant’Elpidio a mare, 22 giugno 1968) ma milanese
d’adozione poi trasferitosi a Bologna, inizia solo a 27 anni la
carriera di cantautore, dopo varie esperienze con band
giovanili. Nel 1999 la Ciclope Records di Francesco Virlinzi,
il produttore di Carmen Consoli, pubblica NATURA IN REPLAY,
il primo album di Moltheni (pseudonimo preso a prestito dalla
farmacia di fronte casa sua a Milano), replicando due anni
dopo con FIDUCIA NEL NULLA MIGLIORE, che ha meno riscontri
del precedente. Poco dopo Virlinzi muore prematuramente e la
Ciclope chiude. Nel 2000 Moltheni partecipa a Sanremo con
Nutriente, e nel 2003 collabora alla colonna sonora (e compare
in un cameo) del primo film di Franco Battiato, “Perduto
amor”. Intanto lavora all’album “Forma mentis”, mai
pubblicato per problemi discografici. Il suo terzo album
ufficiale è SPLENDORE TERRORE del 2005, in cui Moltheni torna
a caratterizzarsi per un rock elettroacustico di gusto indie. Nel
2006 è la volta di TOILETTE MEMORIA.

MONDO MARCIO
Pseudonimo del rapper Gianmarco Marcello, nato nel 1986
a Milano. Nel 2006 diviene un fenomeno di grande notorietà
grazie al singolo Dentro alla scatola e all’album SOLO UN
UOMO, sostenuti sin dall’uscita da un notevole sforzo
promozionale da parte della sua casa discografica, la Virgin.
Marcello si avvicina al rap di Tupac, Eminem e Jay-Z durante
l’adolescenza, passata nelle periferie milanesi in una difficile
situazione ambientale, a contatto con droga e marginalità. Da
qui deriva il nome d’arte Mondo Marcio. Dopo il demo
“Difesa personale”, nel 2004 incide per l’etichetta
indipendente Vibra Records l’album d’esordio MONDO MARCIO
e poi il mix Fuori di qua, che gli valgono l’attenzione degli
addetti ai lavori e della scena rap italiana. Arrivano quindi il
contratto con una major e nel 2006 l’esplosione che lo porta in
classifica. La ricetta vincente, testi diretti in linea con l’hip
hop americano più duro e aperture melodiche. L’album SOLO
UN UOMO (prodotto da Marco Guarnerio, già con gli 883) viene
poi riedito in una versione con un secondo CD contenente
brani inediti e remix.

PIETRA MONTECORVINO
Sofferta e sensuale, la sua voce rauca raccoglie e diffonde
tutte le sfumature di un canto che affonda le sue radici nel
“ventre di Napoli”, dove è nata nel 1962. Esordisce come
attrice nel film di Renzo Arbore “F.F.S.S.” (1983), in cui si
mette in evidenza cantando Sud. Dopo aver collaborato con
Angelo Branduardi, recitato in “Cavalli si nasce” di Sergio
Staino e interpretato l’opera musicale di Eugenio Bennato “A
sud di Mozart”, nel 1991 debutta sul versante discografico con
SEGNORITA, album scritto dai fratelli Bennato con cui si
aggiudica la Targa Tenco come migliore interprete. L’anno
successivo è al Festival di Sanremo, in coppia con Peppino di
Capri, con Favola Blues. Nel 1993 VOCE DI PIETRA è la
conferma di un talento verace e intenso. Gli anni successivi la
portano a confrontarsi con tutti gli aspetti della canzone
napoletana in due spettacoli di Eugenio Bennato, “Malamusik”
(1996) e “Malanapoli” (1998), finché, nel 1999, prepara uno
spettacolo interamente ideato e diretto da lei, “Neapolitan
Tango”. Nel 2000 raccoglie gli episodi più significativi della
sua carriera nell’album DEL MIO MEGLIO e nel 2004 pubblica
NAPOLI MEDITERRANEA, in cui ripropone, con rinnovato vigore,
alcuni classici del repertorio partenopeo.

GIANGILBERTO MONTI
Figura artistica poliedrica, Giovanni Gilberto Monti nasce a
Milano l’11 maggio 1952. Laureato in ingegneria chimica,
esordisce come cantautore con L’ORDINE È PUBBLICO? (1978) e
IL GIRO DEL GIORNO (1979). Segue nell’81 E DOMANI?. Si dedica
quindi anche al teatro e al cabaret come attore e autore.
GUARDIE E LADRI del 1984 è un’opera rock scritta con Flavio
Premoli della PFM. Dopo IL RE DEL MUSICAL (1986) Monti
compone musiche per diverse interpreti della canzone, fra cui
Mia Martini (per cui firma La mia razza con Mauro Pagani).
Poi una lunga pausa discografica, finché nel 1997 ritorna con
BORIS VIAN LE CANZONI (1997). Realizza poi lo spettacolo “La
Banda Bonnot”, su brani inediti dello stesso Vian inseriti nel
2004 in un album omonimo, mentre Garzanti dà alle stampe il
suo “Dizionario dei cantautori”, realizzato con Veronica Di
Pietro. Attivo anche in strutture a carattere sociopolitico, si
propone sempre con ironia e gusto teatrale. Nel 2006 incide
MALEDETTE CANZONI, con traduzioni di chansonnier francesi.

MARIA MONTI
Artista versatile, cantante (dalla notevole voce) e autrice,
nasce a Milano il 26 giugno 1935. Esordisce a metà degli anni
’50 nel cabaret milanese. Dal 1959 è attrice nei primi telefilm
e partecipa a vari lungometraggi; nel 1961 a Sanremo canta
una rumba dal titolo Benzina e cerini, in coppia con Giorgio
Gaber, con cui ha un rapporto sia artistico che sentimentale.
Lavora quindi su diversi fronti: in ambito musicale,
interpretando canzoni folk e satiriche (campo nel quale è
anche ricercatrice), nel cinema, in teatro (con Paolo Poli), in
trasmissioni televisive, in alcuni musical. Nel 1974 partecipa
al Festival dell’Unità di Bologna con Dalla, De Gregori e
Venditti in un concerto che sarà anche documentato su album.
Incide album di un certo interesse come MARIA MONTI E I
CONTRAUTORI (1973), MURAGLIE (1977) e IL BESTIARIO (1979),
poi la produzione discografica si interrompe. Nel 1993
pubblica OLTRE, definito un “oratorio elettronico per voce
trattata dalle unità di elaborazione del suono”, e nel 2005 è
protagonista nel recital “Il mostro a due teste”. Nonostante la
scarsa notorietà, ha avuto un suo originale ruolo nella canzone
italiana.

GIANNI MORANDI
All’inizio venne definito “il Pol Anka” italiano (con tanto di
errore di ortografia): il paragone all’epoca era persino
imbarazzante ma oggi, a distanza di oltre quarant’anni,
Morandi è una figura di assoluto valore. La sua è una carriera
ricca ed estremamente varia: da idolo adolescenziale a
raffinato interprete, da rassicurante intrattenitore del sabato
sera televisivo a convincente attore di televisione e teatro.
Assieme a Mina e a Celentano, è uno dei tre grandi interpreti
della canzone italiana, gli unici rimasti in auge sin dalla prima
uscita discografica, nonostante Morandi abbia attraversato un
periodo di basso profilo negli anni ’70.
Morandi, all’anagrafe Gianluigi, nasce a Monghidoro,
provincia di Bologna, l’11 dicembre 1944. Al termine delle
scuole elementari, della sua istruzione si occupa il padre,
ciabattino, che gli trova vari lavoretti e lo nomina
amministratore della locale sezione del Pci, di cui è
responsabile della propaganda. Intanto Gianni si appassiona al
canto, e a soli 14 anni fa il suo ingresso nell’orchestra
Scaglioni, con cui gira il Nord Italia. Nel 1961 forma il gruppo
Gianni Morandi e il Suo Complesso”, ma è il 1962 l’anno
cruciale: viene messo sotto contratto dalla RCA italiana e
affidato alle cure di Franco Migliacci che ne diventa
produttore e autore principale (quasi sempre con le musiche di
Bruno Zambrini). Nelle sue prime sessions discografiche
incide canzoni poi divenute immortali come Andavo a cento
all’ora (1962) e Fatti mandare dalla mamma a prendere il
latte (1963), mentre meno note sono altre registrazioni: due
cover eccellenti come 24.000 baci (dal repertorio di Adriano
Celentano) e La ballata della tromba (di Nini Rosso)
pubblicate su miscellanee della RCA. Inedita invece una
splendida canzone firmata da Sergio Endrigo, Margherita,
registrata nel 1962 in una delle prime sedute in studio di
Morandi con l’orchestra di Ennio Morricone. Negli anni
seguenti il repertorio resta leggero e rivolto a un pubblico
d’adolescenti, però con gli arrangiamenti di Morricone e
l’utilizzo dei migliori turnisti a disposizione della RCA. Nel
1963 e nel 1964 i primi due album di Morandi raccolgono i
successi già pubblicati a 45 giri (prassi molto comune negli
anni ’60), tra cui Sono contento… firmata da Morandi stesso,
Ho chiuso le finestre e soprattutto In ginocchio da te, prima
canzone della fortunatissima trilogia del “te” (le altre sono
Non son degno di te e Se non avessi più te). Il brano inaugura
anche la serie dei film tratti da canzoni di successo di
Morandi: saranno molti, tutti piuttosto scadenti ma con grandi
successi di pubblico (fra l’altro durante le riprese di uno di
questi lungometraggi Morandi conosce l’attrice Laura
Efrikian, che diventerà sua moglie). Morandi a questo punto
ha una popolarità enorme.
Il repertorio si fa più raffinato nel 1965 con Si fa sera, La
fisarmonica, e nel 1966 con Notte di ferragosto; nello stesso
anno Morandi stupisce pubblico e critica con una vibrante
canzone di Mauro Lusini, C’era un ragazzo che come me
amava i Beatles e i Rolling Stones, uno dei più riusciti tentativi
nostrani di emulare la canzone di protesta americana. Il nuovo
brano di successo è Se perdo anche te dal repertorio di Neil
Diamond (in origine Solitary Man), mentre Un mondo
d’amore entra addirittura nelle scalette live di Joan Baez
assieme a C’era un ragazzo… Il 1967 è l’anno del servizio
militare, da cui Morandi torna con altri brani dagli ottimi
riscontri, innanzitutto Scende la pioggia e in misura minore
Tenerezza, e poi Il giocattolo, Chimera e Tu che m’hai preso il
cuor. In quel periodo lo accompagnano dal vivo i Meteors, in
cui milita anche Dodi Battaglia, futuro chitarrista dei Pooh.
Nel 1969 Morandi dovrebbe cantare un brano intitolato
Zingara, portato poi a Sanremo da Bobby Solo e Iva Zanicchi,
che vince il Festival e diventa un grande successo. Secondo
molti il brano è stato scritto anche da Morandi, che però non lo
firmò.
È del 1970 l’ultimo grande successo della prima fase, Ma
chi se ne importa, che vince “Canzonissima” nel 1969 (in
precedenza Morandi si era aggiudicato la gara anche nel 1965
con Non son degno di te e nel 1968 con Scende la pioggia).
Col finire degli anni ’60 Morandi intraprende anche la carriera
di attore cinematografico a cui aggiungerà, dal 1973,
un’importante appendice teatrale.
Seguono buone canzoni come Occhi di ragazza (con Dalla
tra gli autori) e l’impegnata Al bar si muore, nonché un intero
album dedicato a figure femminili, UN MONDO DI DONNE, in cui
interpreta anche Battisti (Balla Linda) e De André (La canzone
di Marinella). L’avvento dei cantautori però sta per
rivoluzionare il mercato discografico con conseguenze pesanti
per gli interpreti puri, che troveranno sempre meno spazi. Non
è l’unica causa (si sommano problemi personali) ma Morandi
in breve diventa un artista di nicchia, nonostante vada per la
prima volta a Sanremo (Vado a lavorare) e si proponga nella
veste insolita di attore teatrale nell’opera “Jacopone”,
accompagnato dai Festa Mobile (su disco) e dai Libra (dal
vivo), due gruppi del nuovo filone rock progressive. Morandi
manifesta anche attenzione al cantautorato: nel 1972 prova
inutilmente a convincere Lucio Dalla affinché gli lasci la sua
Piazza Grande; nel 1974 incide Bella senz’anima ma poi
l’autore, il giovane Riccardo Cocciante, preferisce pubblicare
la propria versione; nel 1975 registra un intero album (IL
MONDO DI FRUTTA CANDITA, il suo migliore del periodo) scritto
da Ivano Fossati e Oscar Prudente. Ma l’unico lampo di
vendite è una canzone per bambini che spopola nel 1976: Sei
forte papà. Rimane alto invece il profilo del Morandi
televisivo, ad esempio con la conduzione di “Alle nove della
sera”, curato da Maurizio Costanzo, a cui affianca altre
esperienze come attore. Ma soprattutto si dedica in modo
encomiabile agli studi musicali, studiando contrabbasso al
Conservatorio.
È all’alba del nuovo decennio che inizia la rinascita
artistica. Nel 1980, dopo aver pubblicato il suo primo disco dal
vivo (CANTARE), incide il brano che fa definitivamente
ripartire la sua carriera: Canzoni stonate, scritto da Aldo
Donati e da Mogol, che nel 1983 firma con Gianni Bella anche
La mia nemica amatissima, portata a Sanremo (e secondo
l’attrice Serena Grandi a lei dedicata). Poco dopo Morandi
incide un fortunato duetto con Amii Stewart, Grazie perché,
per poi diventare anche popolare attore di sceneggiati
televisivi. Sono di questi anni buoni dischi come LA MIA
NEMICA AMATISSIMA, IMMAGINE ITALIANA, UNO SU MILLE (la cui
title track, oltre a essere un successo, diviene brano simbolo di
Morandi e della sua determinazione) e il live MORANDI IN
TEATRO che vince addirittura la Targa Tenco 1986 per il
miglior disco di interprete dell’anno, a testimonianza della
crescita qualitativa del cantante. Nel 1987, insieme a Enrico
Ruggeri e Umberto Tozzi, Morandi stravince a Sanremo con la
nazional popolare Si può dare di più, scritta anche da un altro
collega, Raf (meno noto è il fatto che il provino per
l’arrangiamento definitivo sia stato eseguito da un giovane
Marco Masini), e nell’autunno dello stesso anno si esibisce in
concerto con il vecchio amico Lucio Dalla. È solo il preludio a
quello che sarà l’evento musicale dell’anno successivo: la
tournée e il disco di quest’insolita coppia, accompagnata dagli
Stadio. Nell’album Morandi canta, oltre agli hit Vita e Dimmi
dimmi (della quale è anche coautore), brani di Battiato,
Guccini e altri. La serie di concerti è lunghissima – circa un
anno – e tocca anche diversi Paesi europei compresa la
Spagna, dove esce un’edizione speciale del disco cantata in
spagnolo. È la certificazione del nuovo successo di Morandi,
che di lì a poco, instancabile, torna in televisione con lo
sceneggiato “Diventerò padre” e incide VARIETÀ. Il tour
successivo lo vede in scena da solo, presentato da Red Ronnie,
a raccontare in musica la sua avventura.
Negli anni ’90 la produzione discografica si fa piuttosto
regolare. Da segnalare, nel 1992, MORANDI MORANDI, in cui
tenta, senza grandi esiti, di proporsi anche come autore,
persino impegnato. Il disco contiene uno dei suoi brani più
noti del decennio, Banane e lampone. Nel 1997 esce CELESTE,
AZZURRO E BLU (con Dove va a finire il mio affetto) e l’anno
dopo è la volta di 30 VOLTE MORANDI, un doppio CD che
raccoglie tutti i suoi successi, alcuni dei quali rieseguiti con
gusto moderno. Il disco successivo, COME FA BENE L’AMORE
(2000), è prodotto e arrangiato da Eros Ramazzotti che cede al
collega anche diverse canzoni a suggellare un’amicizia nata
sui campi da gioco (entrambi sono pilastri della Nazionale
Cantanti), ma il risultato è assai scadente. Nel 2002 esce la
biografia di Giuseppe De Grassi “Occhi di ragazzo” (RAI/Eri).
Ci sono poi, oltre alla conduzione di programmi TV di
successo, altri dischi di pop ben confezionati e ottimamente
cantati (come IL TEMPO MIGLIORE, del 2006) da un artista che
ha alle spalle molti anni di onesta carriera, dove il termine
“onesta” va inteso nella migliore accezione. (m.ne.)
DISCOGRAFIA

GIANNI MORANDI (RCA 1963)


RITRATTO DI GIANNI (RCA 1964)
HOY DE RODILLAS (RCA 1964, EP parzialmente in spagnolo)
GIANNI TRE (RCA 1965)
GIANNI MORANDI CANTA EN ESPAÑOL (RCA 1965, EP in
spagnolo)
GIANNI MORANDI CHANTE EN FRANÇAIS (RCA 1966, EP in
francese)
PER AMORE PER MAGIA (RCA 1967, dal film omonimo, con
altri artisti)
GIANNI QUATTRO – UN MONDO D’AMORE (RCA 1967)
GIANNI 5 (RCA 1968)
EL JUGUETE (RCA Victor 1969, Argentina, EP in spagnolo)
GIANNI 6 (RCA 1970, edizione argentina: GIANNI,
parzialmente in spagnolo)
GIANNI MORANDI – GIANNI 7 (RCA 1970)
UN MONDO DI DONNE (RCA 1971)
IL MONDO CAMBIERà – GIANNI 9 (RCA 1972)
JACOPONE (RCA 1973)
IL MONDO DI FRUTTA CANDITA (RCA 1975)
PER POTER VIVERE (RCA 1976)
OLD PARADE (RCA 1978)
LO MEJOR DE GIANNI MORANDI EN ESPAÑOL (RCA 1978,
Spagna, antologia in spagnolo)
ABBRACCIAMOCI (RCA 1979)
LO MEJOR DE GIANNI MORANDI EN ESPAÑOL (RCA 1979, Cile,
antologia in spagnolo, scaletta differente dall’edizione
spagnola del 1978)
CANTARE (RCA 1980, dal vivo)
MORANDI (RCA 1982)
LA MIA NEMICA AMATISSIMA (RCA 1983)
IMMAGINE ITALIANA (RCA 1984)
UNO SU MILLE (RCA 1985)
MORANDI IN TEATRO (RCA 1986, live)
LE ITALIANE SONO BELLE (RCA 1987)
DALLA-MORANDI (RCA 1988, album doppio con Lucio Dalla;
edizione per l’estero: IN EUROPA, album singolo; edizione
per la Spagna: EN EUROPA, album singolo in spagnolo)
VARIETÀ (RCA 1989)
MORANDI MORANDI (RCA 1992)
MORANDI (RCA 1995, ristampato 1996 con brani aggiunti)
CELESTE, AZZURRO E BLU (RCA 1997)
30 VOLTE MORANDI (BMG 1998, antologia doppia con molte
canzoni in nuova esecuzione)
COME FA BENE L’AMORE (BMG 2000)
GIANNI MORANDI (BMG 2000, Cile, antologia in spagnolo in
CD)
GIANNI MORANDI – I MITICI 45 GIRI (BMG 2001, antologia
doppia con inediti su album)
GIANNI MORANDI LIVE @ RTSI (S4 2001, dal vivo, registrato
nel 1983)
L’AMORE CI CAMBIA LA VITA (Sony Music 2002)
A CHI SI AMA VERAMENTE (Sony Music 2004, anche in
edizione con DVD allegato e in versione Dual Disc)
IL TEMPO MIGLIORE (Sony BMG 2006)
IMMAGINE ITALIANA. Forse il miglior disco di Morandi,
arrangiato da Michele Santoro e che si avvale di autori
importanti. L’inizio è ottimo, con Mi manchi di Mimmo
Cavallo e Luna nuova, scritta da Francesco Di Giacomo del
Banco e Riccardo Cocciante. Per chiudere con quello che
l’anno dopo, cantato dal suo autore, diverrà un classico della
canzone italiana, La storia di Francesco De Gregori.
VARIETÀ. Prodotto da Lucio Dalla e Mauro Malavasi, che
firmano anche diversi brani, con Migliacci, Mogol e altri.
Spiccano la title track e Bella signora, sulla solitudine. È un
album a cui Morandi tiene in modo particolare poiché arriva
dopo il successo di coppia con Dalla. Andrà discretamente
anche nelle classifiche.

DONATELLA MORETTI
Interprete raffinata, diplomata in pianoforte, Donatella
Moretti, perugina, classe 1942, sin da piccola alterna la musica
classica con l’appassionato ascolto di Frank Sinatra e Caterina
Valente. Il successo arriva nell’inverno 1963-1964, con
Quando vedrete il mio caro amore, inserita nel primo LP,
DIARIO DI UNA SEDICENNE, rudimentale abbozzo di concept
album su testi della stessa Moretti. È presenza costante del
“Cantagiro”, che vince con L’abbraccio. Negli anni ’70
realizza, con brani di vari cantautori, da Paoli a Battisti,
STORIA DI STORIE. Con IO IN PRIMA PERSONA (1975) tratta della
condizione femminile con canzoni scritte da Giuseppe
Bentivoglio e Fiorenzo Carpi. Nel 1977, con lo pseudonimo di
“D.M. System Orchestra”, ricompare nelle classifiche dei
dischi con Piano, di Shel Shapiro. Poi si avvicina alla canzone
per bambini (con ZUCCHERO FILATO, musiche di Luis Bacalov)
e, dopo un lungo periodo di silenzio, nel 2001 pubblica
LAUDES, tentativo di evocare in canzone le atmosfere dei
cantici francescani.

MORGAN
Nato a Milano il 23 dicembre 1972, dopo i giovanili studi di
pianoforte, poi interrotti, Morgan (Marco Castoldi) milita in
vari gruppi milanesi (Lizard Mixture, Smoking Cocks, Golden
Age). Segue la quasi decennale esperienza come leader-
cantante-bassista dei Bluvertigo e varie collaborazioni, da
Battiato alla Ruggiero. Nel 2001 intraprende la carriera
solistica, lavorando a CANZONI DALL’APPARTAMENTO (con
Altrove, Me, lo shuffle The Baby). Inizialmente pensato come
un album di cover, il CD, uscito nel 2003, contiene in realtà
solo due rivisitazioni, Non arrossire di Giorgio Gaber in salsa
beguine e una versione pop surf di If dei Pink Floyd;
coprodotto da Roberto Colombo e Targa Tenco come migliore
opera prima, è però un disco di “finte cover” di pezzi anni ’60.
Nel 2004 Morgan cura la colonna sonora del film di Alex
Infascelli “Il siero della vanità” e quella di “Ingannevole è il
cuore sopra ogni cosa” di Asia Argento (con cui ha una
relazione sentimentale); ha poi inciso L’oceano di silenzio di
Franco Battiato nel tributo VOLI IMPREVEDIBILI e ha collaborato
con Luca Urbani dei Soerba al progetto “ZeroUno” (in
Contraddizioni), con i Megahertz, i Lombroso e, nel 2005, con
Garbo (Andarsene), Loredana Bertè, Edoardo Bennato e i
So:Ho (cover di Fragole infinite di Fortis). Nello stesso anno
con NON AL DENARO NON ALL’AMORE NÉ AL CIELO di Fabrizio De
André realizza per la prima volta in Italia la cover di un intero
disco, aggiudicandosi la Targa Tenco come interprete. Dopo
essere comparso nel film “Perduto amor” di Franco Battiato
nel 2003, nel 2006 recita in “Transylvania” di Tony Gatlif.

GIORGIO MORODER
Musicista dalla notevole capacità di captare i gusti del
pubblico. Nato a Ortisei (BZ) il 24 aprile 1940, Giorgio
Hansjörg Moroder si stabilisce in Germania agli inizi degli
anni ’70, dove canta, suona il basso e la chitarra in piccoli
gruppi e fonda uno studio di registrazione; tra i singoli di
quegli anni, Son Of My Father (1972) e Marrakesh (1974).
Incontra il produttore Peter Bellotte e con lui utilizza i primi
sintetizzatori per la disco music, all’epoca territorio vergine:
per loro viene coniata l’espressione “Münich sound”. La fama
giunge grazie alla direzione musicale di Donna Summer, per la
quale Moroder confeziona brani di successo, tra cui i
diciassette minuti di Love To Love You Baby, con il celebre
orgasmo simulato, I Feel Love e Hot Stuff. Lavora anche per
altri artisti (come Barbra Streisand, Elton John, Cher, Janet
Jackson, David Bowie) e dà rilievo all’uso del basso elettrico,
più funzionale della batteria in determinati contesti dance. Nel
1977 compone a suo nome FROM HERE TO ETERNITY, LP e
singolo, e nel 1979 E=MC2, ma intanto si avvicina alle colonne
sonore firmando titoli come “American Gigolo” (1980),
“Flashdance” (1983), che gli vale un Oscar, la riedizione di
“Metropolis” di Fritz Lang, “La storia infinita” (1984) e “Top
Gun” (1986). Nel 1990 compone la sigla per i mondiali di
calcio, Un’estate italiana, cantata da Gianna Nannini ed
Edoardo Bennato. Vincitore di numerosi premi, tra cui tre
Oscar, tre Grammy Awards e quattro Golden Globe, vive a
Beverly Hills (Los Angeles) dove si occupa da anni di
immagine e multimedialità, coltivando l’hobby della pittura.

GUIDO MORRA
Paroliere romano tra i più affermati in ambito pop. I primi
successi li coglie con Gianni Togni, con cui frequenta il
Folkstudio di Roma già dalla metà degli anni ’70. Per lui
scrive i testi di quasi tutti i brani, i più noti dei quali sono Luna
nel 1980 e Semplice nel 1981. Dell’80 è anche Sei una bomba
per Viola Valentino. Insieme a Togni, l’altro compositore
legato a Morra è Maurizio Fabrizio. Con lui e Riccardo Fogli
nascono i due maggiori successi di quest’ultimo: Malinconia
del 1981 e Storie di tutti i giorni, vincitrice del Festival di
Sanremo 1982. Nello stesso anno Morra scrive con Fabrizio
un altro hit, Bravi ragazzi per Miguel Bosè, e nel 1983
Acquarello di e con Toquinho (coautore è anche Vinicius de
Moraes). Nella seconda metà del decennio la coppia firma vari
brani per Rossana Casale, fra cui Brividi, La via dei misteri,
Destino e A che servono gli dei, e nel 1990 Bisognerebbe non
pensare che a te per il ritorno a Sanremo di Caterina Caselli.
Qualche anno più tardi i due compongono I migliori anni della
nostra vita, scartata da Giorgia ma portata al successo da
Renato Zero nel 1995. Intanto Morra scrive i testi di due
musical (“Hollywood - ritratto di un divo” nel 1998 e “Il
grande campione” nel 2000) per Massimo Ranieri.

ENNIO MORRICONE
Compositore e arrangiatore, nato a Roma il 10 novembre
1928, diplomato in composizione, tromba, canto corale e
strumentazione per banda, fino ai trent’anni coltiva il sogno di
dedicarsi esclusivamente alla musica colta (ciò che peraltro
farà, seppure part time, nel corso di tutta la carriera). Ha poi
l’opportunità di misurarsi con l’arrangiamento, la scrittura per
la televisione e, soprattutto, per il cinema. La sua prima
colonna sonora è per “Il federale” di Luciano Salce (1961): il
successo è immediato, e quello del cinema diventa in breve
l’ambito che assorbe i suoi maggiori sforzi e nel quale
guadagnanerà fama mondiale, a partire dal primo dei film con
Sergio Leone, “Per un pugno di dollari” (1964).
Sul fronte della canzone inizia a lavorare dal 1960, in
particolare per la RCA, impegnata nel lancio di una nuova
generazione di interpretiautori, che intende caratterizzare
attraverso un particolare trattamento dei suoni e del rapporto
suono-parola. La funzione dell’arrangiatore diviene in tal
senso basilare. Morricone è fra i primi a capirlo: ingegnoso è il
suo arrangiamento per Il barattolo di Gianni Meccia, a suo
modo onomatopeico, grazie all’escamotage di far rotolare
appunto un barattolo di latta al ritmo del brano. Ancora per la
RCA (e per la Ricordi) vanno ricordate le sue collaborazioni
con Luigi Tenco – che interpreta due brani tratti da “La
cuccagna”, film del ’62 ancora di Salce di cui il cantautore è il
protagonista e Morricone l’autore delle musiche (Quello che
conta e Tra tanta gente) – e Gino Paoli (LE COSE DELL’AMORE,
1962; BASTA CHIUDERE GLI OCCHI, 1964), oltre ai vari Gianni
Morandi, Edoardo Vianello, Jimmy Fontana, Paul Anka. Senza
dimenticare gli arrangiamenti per orchestra di canzoni italiane
e napoletane rivisitate con tratto sempre originale, a volte
persino lievemente iconoclasta. In seguito i crescenti impegni
cinematografici lo allontanano dal settore, anche se l’elemento
vocale e la contaminazione fra “alto” e “basso” rimangono due
degli ingredienti chiave del Morricone autore di musiche da
film.

CARLO MURATORI
Cantautore ed etnomusicologo nato a Siracusa il 19
settembre 1954. Dopo esperienze in ambito rock, intorno alla
metà degli anni ’70 si avvicina alla cultura popolare siciliana;
nel 1977 forma l’etnogruppo I Cilliri, con cui incide due
album (SUTTA ‘N VELU del 1979 e DDA BBANNA A MUNTAGNA
del 1980), e nel 1983 costituisce l’associazione culturale
Folkstudio-SR. L’esordio a proprio nome avviene nel 1987,
con AFRODITE. La sua carriera si muove su due binari, quello
del recupero della musica tradizionale e quello di una canzone
d’autore dalle suggestioni etniche. Su quest’ultimo versante
incide per la CGD CANTI E INCANTI nel 1994 (con cui vince il
“Premio Ciampi” come opera prima) e nel 1996 STELLA MARIS,
due album molto apprezzati dalla critica. Dai suoi studi e dagli
spettacoli sulle feste religiose vengono invece tratti nel ’97
STIDDA DI L’ORIENTI e nel ’99 PESAH. L’ottimo PLICA COLONICA.
NON TAGLIATE QUELLA TRECCIA (2001) lo riporta sul versante
cantautorale, mentre SICILY (2005) è una raccolta di brani
tradizionali. Collabora infine con Riccardo Tesi in LUNE.

ROBERTO MUROLO
Da bambino si sedeva per terra dietro la porta dello studio
dove il padre, il poeta Ernesto Murolo, componeva capolavori
entrati poi nella storia della canzone napoletana, anzi della
musica tout court (Mandulinata ‘a Napule, Napule ca se ne va,
Piscatore ‘e Pusilleco, Nun me scetà, ‘O cunto ‘e Mariarosa,
Quann’ammore vo’ filà). Roberto (nato a Napoli il 19 gennaio
1912 ma registrato all’anagrafe il giorno 23) origliava e
guardava dal buco della serratura, assimilando quegli umori
melodici e poetici. A 5 anni già si esibisce, cantando in piedi
su una seggiola; a 12 frequenta Piedigrotta, il luogo canoro di
Napoli per eccellenza; a 15 suona la chitarra. A 24 anni rimane
affascinato dal jazz e mette in piedi con tre amici il Quartetto
Mida, che tra il 1939 e il 1946 gira l’Europa imitando i Mills
Brothers. Una sera in Germania, tra il pubblico c’è un
autorevole appassionato di canzone napoletana, nientemeno
che l’allora ambasciatore Galeazzo Ciano, il quale chiede a
Murolo di cantare un classico di Napoli. Colto alla sprovvista,
Murolo improvvisa Dicitencello vuje, ma lascia piuttosto
deluso l’altolocato spettatore. Per rimediare la figuraccia
decide di incidere lo stesso pezzo a regola d’arte, ma con
l’arrangiamento jazzato del quartetto, anticipando così mode a
venire vent’anni dopo. L’idea di riprendere il repertorio
classico gli rimane però in testa e a guerra finita comincia a
praticarla sistematicamente, inventando di sana pianta un
nuovo modo di porgerla, essenziale, “da camera”. Debutta a
Capri, affiancando pian piano al ruolo di interprete anche
quello di cantautore. Nel ’48 è una bella canzone di questo
stile, Scalinatella – seguita più avanti da una analoga scritta da
lui stesso con Nino Oliviero, ‘O ciucciariello – che porta al
successo il personaggio Murolo, così innovativo, anzi
rivoluzionario: di fronte ai tempi nuovi, cambia tono e canta in
modo sottile, sorridente, elegante, accompagnandosi in modo
moderno con la sola chitarra e dando così vita a una genìa
nuova di cantanti-autori-chitarristi sobri e confidenziali come
Ugo Calise, Armando Romeo, Fausto Cigliano ecc.
Con una lunga serie di 78 giri (tra cui ‘A casciaforte), il
successo di Murolo è subito crescente, tanto che già nel 1954
porta per primo la canzone al Conservatorio di Napoli, in un
memorabile recital che ha poi esportato in mezzo mondo, con
quello “charme delicieux” che gli riconobbe “Le Monde”. Da
allora, studiando soprattutto le vecchie raccolte del padre, ha
continuato incessantemente una ricerca appassionata e
rigorosa della canzone napoletana storica, applicata a
un’interessante attività concertistica e discografica. La
discografia di Murolo è sterminata ma la sua opera
monumentale – dopo una prima serie di dischi apparsa negli
anni ’50 sulla tradizione partenopea anteriore al 1900 – è
costituita dalla celebre collana di 12 album a 33 giri
NAPOLETANA, pietra miliare per la riscoperta universale di
questo splendido repertorio, realizzata tra il 1963 e il 1965
insieme a Eduardo Caliendo, integrata nel giro di breve tempo
da altri quattro dischi sulla canzone napoletana umoristica (un
filone che gli è stato altrettanto congeniale e che ha
irresistibilmente valorizzato) e da alcune raccolte
monografiche riservate a grandi autori come Salvatore Di
Giacomo, Raffaele Viviani, Libero Bovio, E.A. Mario e il
padre Ernesto.
Fra le canzoni composte in prima persona Sarrà… chi sa!
(considerata dal suo autore la sua più bella melodia),
Semplicità, Marechiaro Marechiaro, Appassionatamente,
Torna a vucà, Scriveme, Pienzece buono Ciccillo mio,
L’impiegato, Steso al sole. Tra il 1949 e il 1965 partecipa
anche a diversi film e svolge un’intensa attività radiofonica e
televisiva. Successivamente, anche a causa di una brutta
vicenda giudiziaria, subisce per un po’ di tempo un
allontanamento dai riflettori, ma ciò non impedisce che il suo
valore sia più volte riconosciuto, per esempio con il Premio
ufficiale della critica discografica, oppure, nel 1982, con il
Premio Tenco solitamente riservato ad artisti stranieri di
portata mondiale.
Nel 1990, grazie all’interessamento di Renzo Arbore e altri,
torna in piena attività anche discografica fino alla fine dei suoi
giorni, in situazioni sempre nuove, anche duettando con artisti
di altre generazioni e di diversa estrazione. L’album del ritorno
è ‘NA VOCE, ‘NA CHITARRA, in cui Murolo interpreta fra l’altro
brani di Paolo Conte (Spassiunatamente), Enzo Gragnaniello
(L’ammore ca’ nun vene), Pino Daniele (Lazzari felici), Gino
Paoli (Senza fine) e Lucio Dalla, che interviene al pianoforte in
Caruso, mentre Renzo Arbore duetta con lui in Ammore
scombinato. In occasione del suo ottantesimo compleanno
esce l’album OTTANTAVOGLIA DI CANTARE (1992), in cui canta
Don Raffaè con Fabrizio De André e la splendida Cu’mmè (di
Enzo Gragnaniello) con Mia Martini. Seguono L’ITALIA È
BBELLA (1993), ancora con la Martini e Gragnaniello, ANIMA E
CORE (1995) con la regina del fado Amalia Rodrigues,
ROBERTO MUROLO AND FRIENDS (1995), prodotto e arrangiato da
uno dei “mostri sacri” della Napoli più recente, Pino Daniele,
e con un brano che ha come coautore Massimo Troisi. Solo nel
’97 Murolo interrompe l’attività concertistica, mentre l’ultimo
album è HO SOGNATO DI CANTARE del 2002. L’artista scompare
il 13 marzo 2003.
Roberto Murolo cantava “co’ ‘na voce fina fina”,
sommesso, distaccato; e proprio in questo modo, sfrondando le
sovrastrutture del “belcanto”, ha fatto affiorare i valori puri e
immutabili che rimangono nel repertorio napoletano classico.
Nei drammoni meno sostenibili è esplicitamente ironico; ma,
senza arrivare a questo, si prenda la sua Lacreme napulitane,
pezzo forte delle sceneggiate più strazianti, che in lui diventa
invece afona, rauca, trepida: detta così, è una sofferenza reale
che esce dalla vicenda e rimane depositata. A queste
condizioni, Murolo poteva permettersi di teatralizzare e
rendere credibile anche la retorica che gronda spesso dalla
canzone napoletana: perché questa Napoli, grazie anche a lui,
ha cessato di essere un luogo geografico per diventare un
luogo universale ed eterno dello spirito. (e.d.a.)
DISCOGRAFIA PARZIALE

1a SELEZIONE DI SUCCESSI (Durium 1957, LP 25 cm)


2a SELEZIONE DI SUCCESSI (Durium 1957, LP 25 cm)
3a SELEZIONE DI SUCCESSI (Durium 1957, LP 25 cm)
4a SELEZIONE DI SUCCESSI (Durium 1957, LP 25 cm)
5a SELEZIONE DI SUCCESSI (Durium 1957, LP 25 cm)
MELODIE NAPOLETANE (Durium 1957, LP 25 cm a nome
Roberto Murolo e Luciano Sangiorgi)
VECCHIA NAPOLI – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI
NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1957, LP 25 cm)

VECCHIA NAPOLI VOL. II – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI


NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1957, LP 25 cm)

VECCHIA NAPOLI VOL. III – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI


NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1957, LP 25 cm)

VECCHIA NAPOLI VOL. IV – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI


NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1958, LP 25 cm)

VECCHIA NAPOLI VOL. V – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI


NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1959, LP 25 cm)

OMAGGIO A SALVATORE DI GIACOMO (Durium 1959, LP 25


cm)
VECCHIA NAPOLI VOL. VI – RACCOLTA DI CANZONI POPOLARI
NAPOLETANE ANTERIORI AL 1900 (Durium 1959, LP 25 cm)

ROBERTO MUROLO E LA SUA CHITARRA (Durium 1959)


OMAGGIO A ERNESTO MUROLO (Durium 1961, LP 25 cm)
ROBERTO MUROLO E LA SUA CHITARRA (Durium 1961)
OMAGGIO A LIBERO BOVIO (Durium 1962, LP 25 cm)
OMAGGIO A E.A. MARIO (Durium 1963, LP 25 cm)
NAPOLETANA VOLUMI I/XII (Durium 1963-1965)
ROBERTO MUROLO E LA SUA CHITARRA (Durium 1965)
COME RIDEVA NAPOLI (Durium 1967, album doppio)
NATALE NAPOLETANO (Durium 1968)
I GRANDI DELLA CANZONE NAPOLETANA (SALVATORE DI
GIACOMO, ERNESTO MUROLO, LIBERO BOVIO, E.A. MARIO)
VOLUMI 1/4 (Durium 1969, ristampa dei dischi a 25 cm
usciti separati)
L’UMORISMO NELLA CANZONE NAPOLETANA MODERNA (Durium
1971, doppio)
RECITAL DI CANZONI NAPOLETANE (Start 1972)
ROBERTO MUROLO RECITAL N. 2. (Durium 1973)
RAFFAELE VIVIANI (Durium 1974)
UN RECITAL DI ROBERTO MUROLO (Durium 1974)
FURIO RENDINE (Durium 1975)
ROBERTO MUROLO CANTAUTORE (Start 1977)
‘A CASCIAFORTE ‘E NAPULE (Start 1978)
‘NU RAGGIO ‘E SOLE (Start 1980)
SUSPIRANNO MON AMOUR (Start 1980)
NAPULE CHIANE, NAPULE RIDE (Start 1982)
LA STORIA DI UNA VOCE – LA VOCE DI UNA STORIA (Flavio
Pagano Editore 1990, allegato al volume “Roberto Murolo”
di Gianni Cesarini)
‘NA VOCE E ‘NA CHITARRA (Sugar 1990)
OTTANTAVOGLIA DI CANTARE (CGD 1992)
ANEMA E CORE (Carosello 1994)
TU SI’ ‘NA COSA GRANDE (TRIBUTO A DOMENICO MODUGNO)
(Mercury 1994)
‘NA VOCE, ‘NA CHITARRA VOL. I (Carosello 1995)
‘NA VOCE, ‘NA CHITARRA VOL. II (Carosello 1995)
ROBERTO MUROLO (Gruppo editoriale Bramante 1995)
ROBERTO MUROLO AND FRIENDS (Ricordi 1995)
ANTOLOGIA NAPOLETANA (Polydor 1996)
HO SOGNATO DI CANTARE (Festa 2002)

MARCELLO MURRU
Nato nel 1951, arriva a Roma a metà degli anni ’70 da
Arbatax, in Sardegna, a inseguire un sogno d’artista. È attore
teatrale, poi si dedica a progetti musicali incerti. Con Liliana
“Richter” Ritteri e Varo Venturi crea il trio “Richter, Venturi e
Murru”, che poi assume il nome di Mondorhama, lo stesso di
un brano presentato a Sanremo nel 1984 e di un album.
Un’interessante e raffinata miscela di elettronica e canzone
d’autore, la loro. I due compagni creano poi i Guernica,
mentre Murru torna al teatro (è Giasone nella “Medea” per la
regia di Enrico Job). Trova la sua strada di chansonnier
graffiante e notturno con il primo album solista MURRU
(1992), ma lo terrà lontano a lungo una seria malattia, poi
risoltasi per il meglio. Il ritorno è convincente; ritrova il
produttore Lilli Greco, e dopo diverse apparizioni live
pubblica ARBATAX (2002, edito da CNI), in cui le
composizioni sono cofirmate con il musicista romano
Maurizio Gatti. La critica saluta con favore l’agrodolce
miscela di Cohen e Ciampi, Waits e Conte, l’inquietudine
appartata e carismatica del cantautore sardo. Nel 2004 arriva
l’ottimo BONORA (CNI), realizzato insieme ad Alessandro
Gwis (Aires Tango) e Mario Rivera (Agricantus), nel quale si
respira un’affascinante scrittura di ruvida poesia, con l’innesto
di un leggero apporto d’elettronica.

MUSEO ROSENBACH
Gruppo ligure formatosi nel 1972, inizialmente con un
repertorio di ambiziose cover di Animals, Hendrix, Vanilla
Fudge e altri. Influenzato in parte dai Pink Floyd, il loro primo
LP è ZARATHUSTRA (1973), un concept album ispirato dal testo
di Nietzsche, tra rock e suggestioni classiche e mediterranee. Il
gruppo, guidato da Alberto Moreno (bs., pn.), comprende
anche Giancarlo Golzi (bt., futuro membro dei Matia Bazar),
Enzo Meroglio (ch.), Pit Corradi (ts.), Stefano “Lupo” Galifi
(vc.). L’uso della strumentazione, con il tipico mellotron, la
struttura e varietà ritmica dei brani e l’atmosfera generale li
collocano nel filone progressivo, di cui l’album è uno dei
maggiori esempi italiani. La copertina nera con un collage in
cui compare anche un busto di Mussolini provoca attacchi al
quartetto per un supposto schieramento politico reazionario.
Contrasti e problemi dei singoli, oltre alle vendite modeste, ne
determinano il precoce scioglimento. Nel 1992 verrà
pubblicato un live, originariamente del 1972, e nel 2000 EXIT,
con formazione rinnovata. Nel 2002 compongono su
commissione una breve suite dal titolo Fiore di vendetta,
ispirata da un poema finnico, inserita in una compilation,
KALEVALA, di gruppi progressive internazionali.

MUSICANOVA
Con alle spalle diversi anni di ricerca svolti all’interno della
Nuova Compagnia di Canto Popolare e ritenendo superata la
riproposta, in termini di recupero, di una tradizione musicale
ancora viva, nel 1976 Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò
fondano un ensamble che riesce a fondere la tradizione
popolare del sud con lo spirito dei tempi. Del gruppo faranno
parte, tra gli altri, Teresa de Sio, Toni Esposito, Gigi De
Rienzo, Robert Fix, Alfio Antico e Andrea Nerone. Il primo
lavoro, ancora composto da musiche tradizionali rielaborate, è
GAROFANO D’AMMORE del 1976, cui segue, due anni dopo,
MUSICANOVA. Questa volta, ad eccezione di Riturnella, brano
tratto dalla tradizione calabrese, tutte le composizioni sono
originali, anche se sulla base di moduli che ricalcano quelli
della tradizione. Pure gli argomenti trattati sono di matrice
popolare, si parla di brigantaggio e scugnizzi, ma anche di
contadini, lavoro e festa. Si distinguono, in questo lavoro,
Pizzica minore, autentico manifesto programmatico, e A morte
‘e zì Frungillo, una composizione alla maniera dei maestri di
Carpino, in cui D’Angiò improvvisa un canto su una struttura
armonica ridotta all’essenziale. Un fenomeno forse unico nella
storia della canzone italiana accompagna queste canzoni nel
tempo: la trasmissione orale farà sì che vengano credute di
origine popolare, andando così ad arricchirne il repertorio. Nel
1979 esce QUANNO TURNAMMO A NASCERE, dedicato
all’alternarsi delle stagioni nel corso dell’anno rurale, mentre il
disco di maggiore successo è BRIGANTE SE MORE, del 1980,
interamente dedicato al brigantaggio meridionale e nato come
colonna sonora dello sceneggiato RAI “L’eredità della priora”
di Anton Giulio Majano. L’ultimo album pubblicato è FESTA
FESTA, del 1981, anche se il marchio Musicanova ricomparirà
molti anni dopo, nel 1997, in MILLE E UNA NOTTE FA, il disco
con cui Eugenio Bennato torna alla musica etnica prima del
suo nuovo progetto “Taranta Power”.
N
NADA
Nada è il suo vero nome. Di cognome fa Malanima. Nasce a
Gabbro (LI) il 17 novembre 1953 in una famiglia in cui la
musica è di casa. Canta fin da bambina, qualcuno la sente e a
tredici anni è già sotto contratto per la RCA. A quindici
debutta al Festival di Sanremo ’69 con Ma che freddo fa. Il
successo è immediato: un altro Sanremo, “Canzonissima”, e
poi nel 1971 la vittoria al Festival con Il cuore è uno zingaro
(nel ’72 sarà terza con Re di denari). L’immagine della
bambina prodigio un po’ imbronciata (colpisce quella voce
così grossa, sproporzionata per una ragazzina) ma in fondo
rassicurante inizia però a starle stretta. Cerca nuove vie:
interpreta brani degli esordienti Baglioni, Cocciante e Venditti,
che già bazzicano la RCA, ma il tutto si risolve in una serie di
provini editi solo in parte oltre vent’anni dopo (MALANIMA:
SUCCESSI E INEDITI 1969-1994). Fin dal ’73 esce invece HO
SCOPERTO CHE ESISTO ANCH’IO, titolo emblematico per un LP di
canzoni scritte per lei da Piero Ciampi (“malgrado lui fosse
tanto più adulto di me, avevamo molti tormenti in comune; e
poi eravamo tutti e due livornesi…”) che spiazza i più, dando
la stura a un periodo in cui Nada perde poco a poco i favori del
pubblico, con una critica che non sempre ne riconosce la
coraggiosa scelta di campo.
Pur continuando a incidere con regolarità (l’ultimo LP per la
RCA, NADA, del ’77, contiene brani di Paolo Conte e Renzo
Zenobi, mentre data 1975 il primo testo a sua firma, Sexy
rosa), Nada si dedica con successo alla recitazione: è Dora
Manfredi nel “Puccini” televisivo, poi lavora con Giulio
Bosetti (“Il diario di Anna Frank”, “Pigmalione”) e con Dario
Fo per “L’opera dello sghignazzo”. Durante il tour dello
spettacolo (1982), scrive i testi per l’album TI STRINGERÒ, che
con il brano omonimo avvia il suo rilancio, benedetto l’anno
dopo da SMALTO, comprendente Amore disperato. Nell’estate
1983 la canzone spopola, vincendo fra l’altro il Festivalbar. È
tornato il grande successo ma anche stavolta Nada non ci sta a
replicare un copione già visto. Alla fine dell’84 esce così NOI
NON CRESCEREMO MAI, traboccante elettronica come il
successivo BACI ROSSI, il cui flop determina la rottura con la
Polydor e, questa volta, una vera quarantena discografica
(poca cosa il singolo Boleri, presentato a Sanremo ’87),
durante la quale Nada impara a suonare la chitarra e scrive le
sue prime canzoni complete di testo e musica.
Il risultato di tale evoluzione è, nel 1992, L’ANIME NERE, di
cui firma tutti i testi e parte delle musiche. La rinnovata
immagine artistica si consolida a partire dal 1994, allorché
nasce il Nada Trio, completato da Fausto Mesolella e
Ferruccio Spinetti, chitarra e contrabbasso degli Avion Travel,
conosciuti da Nada lavorando alla commedia “Amore e
vapore” con Marco Messeri, di cui il gruppo ha curato gli
arrangiamenti. Con il trio, in quello stesso 1994 partecipa al
Festival di Recanati e al Premio Tenco, ribadendo l’immagine
di artista ormai svincolata da ogni pastoia di mercato. Nel ’99
torna tuttavia a Sanremo con Guardami negli occhi, poi
inserita in DOVE SEI SEI, primo album (prodotto da Mauro
Pagani) con testi e musiche tutti a sua firma (tranne Piccoli
fiumi, scritta per lei da Gianmaria Testa). A Sanremo Nada
incontra fra l’altro la pianista Rita Marcotulli, con cui vara un
insolito trio musical-teatrale completato dal polistrumentista
Javier Girotto e centrato sulla figura di Piero Ciampi.
Nel 2001 esce L’AMORE È FORTISSIMO E IL CORPO NO (con
frequente ricorso a immagini di taglio religioso, per quanto
calate in una dimensione molto terrena), a cui collaborano gli
stessi Mesolella (anche in veste di produttore insieme a
Pasquale Minieri), Spinetti, Marcotulli e Girotto. Il disco
conferma la nuova pelle, molto rock, che Nada ha iniziato a
cucirsi addosso proprio con il brano presentato a Sanremo nel
’99. Il processo coincide in maniera certo non casuale con
l’avvento dei brani interamente a sua firma, ed è del resto
rinforzato dal successivo TUTTO L’AMORE CHE MI MANCA
(2004), ruvido e incalzante, in cui la vocalità netta, acre, di
Nada si posa con totale naturalezza. Nel 2003 l’artista aveva
dato alle stampe “Le mie madri” (Arcana), raccolta di poesie
che, accanto alle canzoni, stanno al centro dello spettacolo
“L’apertura”, varato a quattro mani con Massimo Zamboni e
che, emblematicamente, debutta al Premio Ciampi di Livorno
nel dicembre 2004 per poi partire per un lungo tour e divenire
album dal vivo nel 2005. Nel 2006 esce l’antologia LE MIE
CANZONCINE 1999-2006, con l’inedita Scalza. (a.ba.)
DISCOGRAFIA

NADA (RCA 1969)


IO L’HO FATTO PER AMORE (RCA 1970)
NADA (RCA 1973 Cile, in spagnolo)
HO SCOPERTO CHE ESISTO ANCH’IO (RCA 1973, ristampato nel
1995 da BMG Ricordi con due brani aggiunti)
1930: IL DOMATORE DELLE SCIMMIE (RCA 1975)
NADA (RCA 1977)
NADA (Polydor 1979)
TI STRINGERÒ (Polydor 1982)
SMALTO (EMI 1983)
NOI NON CRESCEREMO MAI (EMI 1984)
BACI ROSSI (EMI 1986)
LE ANIME NERE (RCA/BMG 1992)
MALANIMA: SUCCESSI E INEDITI 1969-1994 (RCA 1994,
antologia con inediti)
NADA TRIO (Olis 1998, dal vivo)
DOVE SEI SEI (Mercury 1999)
MI HISTORIA (BMG 2000 Cile, antologia di brani cantati in
spagnolo)
L’AMORE È FORTISSIMO E IL CORPO NO (Storie di note 2001)
TUTTO L’AMORE CHE MI MANCA (On the road 2004)
L’APERTURA (Radiofandango/Edel 2005, dal vivo con
Massimo Zamboni)
LE MIE CANZONCINE 1999-2006 (Crystal 2006, CD+DVD,
antologia con un inedito)
NADA TRIO. Diffuso dapprima solo nelle edicole e riedito da
Storie di Note nel 2000, contiene incisioni del biennio 1995-
96. Icone quali Ma che freddo fa, Il cuore è uno zingaro,
Ti stringerò e Amore disperato vi convivono con pagine
cantautoriali tipo Come faceva freddo e La fisarmonica di
Stradella, scritte a suo tempo per lei da Ciampi e Conte,
Venezia Istanbul di Battiato e Abbassando degli Avion
Travel, recuperi popolari quali Maremma, Luna rossa e
La porti un bacione a Firenze, Les bicyclettes de Belsize,
suo 45 giri d’esordio, e Nati liberi, dalla colonna sonora di
“Con gli occhi chiusi”, film di Francesca Archibugi che
completa la carriera attoriale di Nada. Il trattamento
strettamente acustico nobilita e impreziosisce ogni
passaggio del lavoro.

GIANNA NANNINI
Siena, Contrada dell’Oca, classe 1956: Gianna Nannini
nasce il 14 giugno con l’irrequietezza propria dei Gemelli. Da
bambina partecipa a concorsi per voci nuove e alla fine del
liceo lascia Siena e la soffocante borghesia familiare, prima
per la Francia e poi per Milano, dove integra gli studi di
pianoforte al Conservatorio “Boccherini” di Lucca con canto e
composizione, e con chitarre punkeggianti da autodidatta. Nel
1974 c’è la prima estemporanea incisione come voce e
coautrice di Stereotipati noi dei Flora, Fauna e Cemento. Nella
Milano off di quegli anni, mette in repertorio Janis Joplin (il
suo riferimento stilistico) e spunta un contratto con la Ricordi,
per cui debutta nel 1976 con voce pulita in GIANNA NANNINI
(Morta per autoprocurato aborto fa un certo scalpore),
prodotto da Claudio Fabi. Gira l’Italia con pianoforte e voce,
fa concerti per il Movimento, a volte con Eugenio Finardi.
Intanto esce il cantautorale UNA RADURA… (1977) con la
collaborazione della PFM. La voce è arruffata e le canzoni
ancora alla semina, come il campo appena arato in copertina: i
germi di ribellione, anche femminista, verranno fuori nel
successivo CALIFORNIA, l’album della svolta rock, della
sprovincializzazione e della prima affermazione, nato dopo un
deludente viaggio negli Stati Uniti. Il singolo America (su un
argomento come la masturbazione) entra in classifica, anche in
Germania. Del 1981 sono la prima colonna sonora
(SCONCERTO ROCK) e la collaborazione con Roberto
Cacciapaglia, compositore dell’avanguardia milanese, per
produrre il teso (e transitorio, anche nelle vendite) G.N. Dagli
incontri con Peter Zumsteg (manager che rimarrà al suo
fianco) e con Conny Plank (produttore determinante per la sua
carriera, già con Kraftwerk, Ultravox, Eurythmics) nasce
invece LATIN LOVER (con Ragazzo dell’Europa), che cerca la
strada di un rock non anglofono e ospita Annie Lennox. Forse
non a caso la Nannini trova l’America in Germania, che le
regala copiose vendite. Nel 1983 interpreta Titania nel “Sogno
di una notte d’estate” di Gabriele Salvatores, per cui scrive
anche due brani. Gli anni ’80 dimostrano d’apprezzare la
ragazzaccia (“Sono asimmetrica, ma questa è la mia forza”) e
le sue canzoni viscerali che non disdegnano le aperture
melodiche, la sua voce personalissima: per la prima volta
l’Italia ha una donna che fa rock, anzi “spezzato ritmico
melodico” come lo definisce lei. La corsa non salta un giro:
nel 1984 esce PUZZLE, che la porta in Europa e al Montreux
Jazz Festival; grazie all’enfasi melodica di Fotoromanza
(scritta con Raffaella Riva del Gruppoitaliano) monopolizza il
primo posto in classifica e l’intera estate italiana: il video della
canzone, vincitrice del Festivalbar, è diretto niente meno che
da Michelangelo Antonioni. È il suo apice commerciale, anche
nei paesi di lingua tedesca. Dopo il doppio TUTTO LIVE (1985),
attribuito a “Gianna Nannini & The Primadonnas”, nel 1986
replica il successo italiano e tedesco con PROFUMO, in cui Bello
e impossibile capeggia una squadra di brani sensuali e
aggressivi. Il titolo in copertina (“Pro Fumo”) desta
polemiche. Nel 1987 ad Amburgo canta Brecht e Weill con
Sting e Jack Bruce dei Cream e a Tokyo presenta in anteprima
I maschi, dalla raccolta MASCHI E ALTRI che venderà più di un
milione di copie.
Dopo la scomparsa dell’impagabile Conny Plank e il non
fondamentale MALAFEMMINA (1988), a cavallo tra 1989 e 1990
è la volta della VHS “Maschi e altri” e di Un’estate italiana,
sigla ridondante e nazional popolare dei Mondiali di calcio in
Italia, con testo scritto e cantato con Edoardo Bennato su
musica dell’altoatesino e internazionale music maker Giorgio
Moroder. Il successo di vendite si protrae fino alla fine
dell’estate, quando il singolo viene scalzato dal primo posto da
Scandalo, tratto dall’album omonimo della Nannini,
coprodotto come i successivi da Dave M. Allen (Cure).
Seguono una lunga tournée europea e il live GIANNISSIMA del
1991, mentre escono le biografie “Nannini” di Teresa De
Santis (Franco Muzzio Editore) e “Gianna Nannini da Siena”
(Mondadori), semi-illustrata dalla scrittrice Barbara Alberti.
Dopo due anni a campionare suoni per il mondo, nel 1993 è la
volta di X FORZA E X AMORE (con Jovanotti ospite in Radio
Baccano), titolo paradigmatico dell’artista toscana. Poi un
nuovo giro di concerti, talvolta a sorpresa, con l’impiego di
energia solare e la collaborazione con Greenpeace, con i cui
attivisti il 4 luglio 1995 la rocker si arrampica su un balcone
dell’ambasciata francese, improvvisando poi un concerto
contro gli esperimenti nucleari a Mururoa. Intanto nel 1994 si
era laureata in Filosofia con la tesi “Il corpo nella voce”.
Il nuovo album si intitola DISPETTO, con molti testi scritti
assieme a Mara Redeghieri degli Ustmamò, mentre Francesco
De Gregori firma le parole di Ninna nera, e Dave Stewart
degli Eurythmics è coautore di Ottava vita. Scompigliata e
verace la versione di Lontano Lontano di Luigi Tenco (con cui
aprirà l’edizione 1996 del Premio Tenco a Sanremo). La
Nannini vorrebbe portare in giro il disco con un tour “degli
spazi catturati”: le riesce solo a Roma, dove inventa un
happening-blitz nella vetrina di un negozio in via del Corso,
fuggendo dal retro all’arrivo della polizia. Nel 1996 infila tre
inediti nella raccolta di rito (BOMBOLONI) e compare, con
Andrea Bocelli e altri, nel CD SHORT OPERAS del compositore e
direttore d’orchestra tedesco Eberhard Schoener. Sono anni di
riflessione che nel 1998 culminano nell’ottimo CUORE. Poi, su
commissione di Enzo D’Alò, la Nannini compone la colonna
sonora del cartoon “Momo alla conquista del tempo”, che
svela il suo lato dolce e sognante e comprende embrioni
compositivi e la title track del disco successivo. Uscito nel
2002 e prodotto da Armand Volker, ARIA è duro e diretto, con
testi composti con la scrittrice pulp Isabella Santacroce,
musiche spesso divise con vari autori, suono pieno, elettronica
preminente, voce filtrata dal vocoder. Il finale dei concerti a
seguire, in cui la Nannini e Christian Lohr (l’ammiraglio della
svolta noise-computer) suonano Ragazzo dell’Europa a quattro
mani sul pianoforte, annuncia tuttavia un nuovo disco basato
sullo strumento con cui tutto è cominciato: PERLE (2004).
L’album riprende tredici hit profondamente spogliati e una
cover interessante (Amandoti dei CCCP), con doppio
pianoforte, gli archi del Solis String Quartet e poco altro.
Segue un tour nei teatri con Beethoven e Debussy
nell’ispirazione. Il nuovo secolo consegna una Nannini vicina
alle radici, che partecipa a grandi concerti “etnici” fra cui “La
città aromatica” (che nel 2002 l’ha rivista suonare a Siena
dopo quasi vent’anni) e “La notte della taranta” (Salento,
2004), e lavora a una versione “bruscello pop” della “Pia De’
Tolomei” di Donizetti. Nel 2006 esce GRAZIE, lanciato dal
singolo Sei nell’anima (scritto con Pacifico), che raggiunge
notevoli risultati di vendite pur essendo non del tutto
convincente.
(e.de. - g.fa.)
DISCOGRAFIA

GIANNA NANNINI (Ricordi 1976)


UNA RADURA… (Ricordi 1977)
CALIFORNIA (Ricordi 1980)
G.N. (Ricordi 1981)
SCONCERTO ROCK (Cinevox Record 1981, colonna sonora)
LATIN LOVER (Polydor 1982)
PUZZLE (Ricordi 1984)
TUTTO LIVE (Polydor 1985, doppio dal vivo)
PROFUMO (Polydor 1986)
MASCHI E ALTRI (Polydor 1987, antologia con inediti)
MALAFEMMINA (Polydor 1988)
SCANDALO (Polydor 1990)
GIANNISSIMA (Polydor/Universal 1991, dal vivo)
X FORZA E X AMORE (Ricordi 1993)
DISPETTO (Polydor/Polygram 1995)
BOMBOLONI (Polydor 1996, antologia con inediti)
CUORE (Polydor 1998)
MOMO ALLA CONQUISTA DEL TEMPO (Universal 2002, colonna
sonora)
ARIA (Polydor/Universal 2002)
PERLE (Universal 2004, antologia con nuove esecuzioni e
inediti)
GRAZIE (Universal 2006)
CALIFORNIA. La caratteristica anima urlata e cruda nasce
con quest’album, che smitizza gli USA non senza ironia (in
copertina la statua della Libertà sventola un vibratore a
stelle e strisce). La senese smette di scriversi addosso, la
voce si spalanca, le ballate sono chitarra-basso-batteria. La
produzione è di Michelangelo Romano, ai testi collabora
Roberto Vecchioni. Io e Bobby McGee è la cover di un
brano di Kris Kristofferson, ripreso poi da Janis Joplin.
CUORE. Gianna Nannini fondamentalmente cantautrice,
consapevolezza ed equilibrio, anima blues e particolare
attenzione ai testi – specchio di una quarantenne che ne ha
vissute e sputate. CentoMila è sulla biodiversità, La strada
è un omaggio al film di Fellini, Io ci sarò al “Settimo
sigillo” di Bergman. In cabina di regia c’è un italiano
(Fabrizio Barbacci) che ha lavorato con Ligabue e Negrita e
che asciuga le giunture e raschia gli arrangiamenti, dando
spazio ai giri di chitarra.

NAPOLI CENTRALE
Come una parentesi che si apre e si chiude a più riprese, il
progetto di Napoli Centrale ha al suo centro la figura del
sassofonista, cantante e autore James Senese (nato a Miano, in
provincia di Napoli, nel 1945, da madre campana e padre
americano di colore). Il nucleo originario deriva da una costola
– costituita da Senese e dal batterista Franco Del Prete – del
gruppo rhythm’n’blues degli Showmen, attivo per un paio di
anni nell’ultimo scorcio dei ’60 e che ha conosciuto una certa
popolarità con il rifacimento di Un’ora sola ti vorrei e un
Festival di Sanremo nel 1969 con Tu sei bella come sei.
Senese e Del Prete rifondano il gruppo nel 1972, pubblicando
SHOWMEN 2. Decidono poi di imprimere una svolta al loro
percorso fondando Napoli Centrale.
L’avvio è sancito nel 1975 dall’esordio discografico,
omonimo. Lo stile della band, che in un primo tempo è
costituita anche da Mark Harris (pn.) e Tony Walmsley (bs.),
interseca una serie di elementi – i testi di Del Prete in
napoletano, con contenuti forti di denuncia sociale, e le
musiche di Senese con i ritmi popolari partenopei aggiornati in
chiave rock, insieme però alle sonorità del jazz e del blues –
che portano a un sound di grande originalità. Tra il primo e il
secondo disco la formazione varia, e per un certo tempo ne fa
parte il giovane Pino Daniele come bassista. Nel 1976 esce
MATTANZA, lavoro in linea con il precedente, con Giuseppe
Guarnera (pn.), Kelvin Bullen (bs.) e Agostino Marangolo
(bt.), cui segue nel 1978 QUALCOSA CA NU’ MMORE. Lo
scioglimento lascerà spazio alla carriera di Senese, che oltre a
collaborare con Pino Daniele, Roberto De Simone e altri
importanti musicisti, pubblica una serie di lavori come solista:
JAMES SENESE (1983, anno in cui dà alle stampe su singolo
anche una cover di Malafemmina di Totò), IL PASSO DEL
GIGANTE (1984), ALHAMBRA (1988, con ospite Gil Evans), HAY
JAMES (1991). Solo nel 1992 esce JESCEALLAH, nuovo album di
Napoli Centrale. A volere la ricostituzione del gruppo è
sempre Senese, ancora accompagnato da Marangolo, e poi da
Savio Riccardi e Gigi De Rienzo; nel disco suonano anche due
componenti dell’Art Ensemble of Chicago, Lester Bowie e
Famoudu Don Moye. Appena due anni più tardi, nel 1994,
esce N’GAZZATE NIRE. Poi il gruppo si scioglie ancora per
ricostituirsi nel 2001, sempre a opera di Senese: al nuovo
lavoro ZITTE! STA ARRIVANNE ‘O MAMMONE collaborano Enzo
Gragnaniello, Raiss (Almamegretta), Zulù (99 Posse) e Lucio
Dalla. La carriera solistica di Senese prosegue intanto con
SABATO SANTO (2000) e TRIBÙ E PASSIONE (2003, con Enzo
Gragnaniello), mentre nel 2005 esce la biografia con CD “Je
sto ccà… James Senese” di Carmine Aymone (Ed. Guida).

MARIELLA NAVA
Cantautrice e pianista originaria di Taranto, dove nasce il 3
febbraio 1960, entra a far parte del mondo della musica
leggera italiana nel 1985, quando Gianni Morandi inserisce in
UNO SU MILLE Questi figli, brano che l’autrice pugliese gli
aveva spedito via posta. È l’inizio di una lunga sequenza di
canzoni che confermeranno il melodico ma raffinato talento
autoriale della giovane artista, che nel frattempo esordisce
anche come interprete al Festival di Sanremo dell’87 con Fai
piano. Parallelamente esce il primo album, PER PAURA E PER
AMORE, premiato con la Targa Tenco come opera prima. Dopo
IL GIORNO E LA NOTTE (1990), porta Gli uomini al Festival del
1991, dove è anche autrice di Spalle al muro, interpretata in
modo melodrammatico e con grandi consensi da Renato Zero.
La canzone è esemplificativa della capacità di trattare con
sensibilità temi non solo sentimentali.
I brani scritti per altri artisti (Vanoni, De Crescenzo, Mietta,
Amii Stewart, Bertè, Tosca, Syria, Mango) continueranno a
caratterizzare il suo percorso, in particolare la celeberrima Per
amore affidata ad Andrea Bocelli. La carriera personale
rimane invece confinata a un gradimento popolare più ristretto,
nonostante Sanremo le conceda visibilità nel 1992
(Mendicante), nel 1994 (Terra mia), nel 1999 (Così è la vita),
nel 2000 (Futuro come te, in duetto con Amedeo Minghi) e nel
2002 (Il cuore mio ). Tra gli album di questi anni, SCRIVO del
’94, la raccolta USCIRE del 1995 che segna il momentaneo
abbandono delle scene, DIMMI CHE MI VUOI BENE del 1998,
QUESTA SONO IO del 2002, prodotti come gli altri da Antonio
Coggio.
Nel 2004 la Nava regala a Morandi l’ispirata Dovevi darmi
retta (in questo periodo scrive anche per Dalla e D’Alessio),
quindi pubblica CONDIVISIONI, una doppia raccolta che
recupera, tra gli altri, i brani nel tempo prestati ai colleghi per
reinterpretarli assieme a loro. Un pezzo inedito, It’s Forever,
cantato con Dionne Warwick, viene scelto come canzone
ufficiale dei Mondiali di Bormio di Sci 2005. È probabilmente
la perenne esitazione tra musica leggera e canzone d’autore a
non aver mai permesso a Mariella Nava una vera affermazione
in prima persona.
GIANNI NAZZARO
Cantante melodico nato a Napoli il 27 ottobre 1948, dal
fugace successo negli anni ’70. Nel 1963 con il gruppo
Bohemiens si esibisce nei locali notturni, e incide numerosi 45
giri con lo pseudonimo “Buddy”, nei quali imita per lo più i
cantanti in voga. Nel 1968 partecipa al “Disco per l’estate”
con Solo noi, nel 1970 vince il Festival di Napoli con Me
chiamme ammore in coppia con Peppino Di Capri e l’anno
dopo canta Far l’amore con te a “Canzonissima”. Nel 1972
giunge il suo brano più noto, Quanto è bella lei, che si
aggiudica il Disco per l’estate, nuovamente vinto nel 1974 con
Questo sì che è amore. Nazzaro accomuna nel gradimento un
pubblico femminile di più generazioni. Come attore recita in
alcuni film, tra cui “Ma che musica maestro” (1971), e
partecipa a diversi Festival di Sanremo, ad esempio nel 1974
con A modo mio di Claudio Baglioni e nel 1983 con Mi sono
innamorato di mia moglie. Nel corso degli anni ’90 pubblica
alcuni classici napoletani, partecipa al gruppo revival
“Squadra italiana” e compare nei musical “Hello Dolly” e
“Victor Victoria”, continuando una carriera teatrale iniziata
molti anni prima.

NEFFA
Da esponente di spicco della scena underground a pop
singer: la parabola di Giovanni Pellino – nato il 7 ottobre 1967
a Scafati, vicino a Napoli – ha inizio alla fine degli anni ’80,
quando con lo pseudonimo di Jeff Pellino comincia a esibirsi
come batterista in alcune formazioni punk (è anche nei
Negazione nell’album 100%). Dal 1991 è uno dei protagonisti
dell’affermazione dell’hip hop in Italia con i bolognesi Isola
Posse All Star, in cui milita anche Dj Gruff. A partire da
questo momento adotta lo pseudonimo di Neffa, in omaggio a
un calciatore brasiliano della Cremonese. Con i Sangue Misto
(ovvero Neffa, Dj Gruff e Deda) nel 1994 pubblica SMX, uno
dei migliori esempi di rap in italiano, a cui segue nel 1996
l’esordio come solista con I MESSAGGERI DELLA DOPA, lanciato
dall’hit Aspettando il sole, con ospite Giuliano Palma.
107 ELEMENTI (1998) e l’EP CHICOPISCO (1999), Neffa
abbandona il fraseggio rap e svolta verso la musica black e
talvolta un pop più fruibile. Nel 2001 arriva il successo grazie
all’album ARRIVI E PARTENZE (che ha una chiara matrice anni
’70 e contiene anche quattro strumentali) e soprattutto
all’ironico singolo La mia signorina, considerato come un
tradimento dai vecchi estimatori ma che spopola per tutta
l’estate. Due anni più tardi Prima di andare via anticipa con
successo, soprattutto radiofonico, l’uscita del nuovo album di
Neffa, ormai cantante e autore sempre più poliedrico, in
equilibrio tra pop, blues, soul e accenni jazz. I MOLTEPLICI
MONDI DI GIOVANNI, IL CANTANTE NEFFA è non a caso il titolo del
disco. Nel 2004 prende parte al Festival di Sanremo con Le ore
piccole, mentre nel 2006 pubblica ALLA FINE DELLA NOTTE
anticipato dal singolo Il mondo nuovo.

NEGAZIONE
Gruppo torinese tra i più autorevoli del punk metal italiano,
formato da Guido “Zazzo” Sassola (vc.), Roberto “Tax”
Farano (ch.), Marco Mathieu (bs.) e da vari batteristi che si
sono succeduti nel tempo; fra gli altri Giovanni Pellino,
divenuto poi famoso come Neffa. Fin dall’inizio hanno
puntato a un orizzonte che andasse oltre i confini nazionali,
suonando e pubblicando tutti i loro album anche all’estero.
Nati nel 1983, realizzano con i concittadini Declino la tape
“Mucchio selvaggio”, che li fa conoscere. Dopo un paio di EP,
nel 1987 pubblicano il vero esordio LO SPIRITO CONTINUA,
considerato un disco basilare per il punk nostrano. Il
successivo LITTLE DREAMER appare meno vincolato agli stilemi
punk, a differenza di 100%, del 1990, che però non tralascia
qualche venatura melodica. È il disco della completa maturità.
L’apice della visibilità lo raggiungono con l’esibizione alla
rassegna “Monster of rock 1991”, in compagnia di AC/DC,
Metallica, Black Crowes e Queensryche, ma l’anno dopo il
gruppo si scioglie. Nel 2002 esce l’antologia TUTTI PAZZI
’83-’92.

NEGRAMARO
Gruppo salentino tra rock e pop, formato da sei elementi: il
leader Giuliano Sangiorgi (vc., ch.), Emanuele Spedicato (ch.),
Ermanno Carlà (bs.), Danilo Tasco (bt.), Andrea Mariano (pn.,
ts.), Andrea De Rocco (cmp.). Prendono il nome da un vitigno
della loro terra d’origine e cominciano a esibirsi dal 2000 in
locali, festival e rassegne. L’apprezzamento riscontrato nei
concerti e la vittoria del Tim Tour 2001 li portano a un
contratto con l’etichetta Sugar che nel 2003 pubblica
NEGRAMARO e, nel 2004, 000577. Nello stesso anno suonano per
la prima volta al concerto del Primo Maggio a Roma mentre
Sangiorgi, autore delle canzoni del gruppo, scrive Le parole
che non ti ho detto per Andrea Bocelli. Nel 2005 partecipano
al Festival di Sanremo con Mentre tutto scorre, contenuta nel
nuovo album omonimo che, anche per reazione alla contestata
eliminazione dal Festival, li consacra a un successo di ingenti
dimensioni. Il disco, prodotto e arrangiato con Rustici,
contiene brani che divengono popolarissimi come Estate (il
cui videoclip è diretto da Silvio Muccino) e Solo3min, e inoltre
Solo per te, che ospita la tromba di Paolo Fresu, e
L’immensità, cover da Don Backy. Anche dal vivo il pubblico
aumenta a dismisura, portandoli in breve a esibirsi nei
Palasport. Qualcuno definisce la loro musica “emomusic”, nel
senso di emotività. Nella colonna sonora del film “La febbre”
(2005), il regista Alessandro D’Alatri ha inserito alcuni brani
del loro ultimo album.

NEGRITA
Band aretina guidata da Paolo Bruni, detto Pau, nel corso
degli anni ha prodotto dischi forse poco fantasiosi ma ricchi di
sostanza e di rock. Il nome deriva da un brano dei Rolling
Stones, gruppo ispiratore dei Negrita. Con Pau (vc.) ci sono
Cesare “Mac” Petricich (ch.), Enrico “Drigo” Salvi (ch.),
Franco “Franky” Li Causi (bs) e Roberto “Zama” Zamagni
(bt.). Si formano nel 1992 come evoluzione di un’altra band,
gli Inudibili. Dopo alcuni demo tapes e l’incontro con il
produttore Fabrizio Barbacci, debuttano nel 1994 con l’album
NEGRITA (Cambio) e incidono con Ligabue L’han detto anche
gli Stones, inserito nel suo A CHE ORA È LA FINE DEL MONDO.
Nel 1995 l’EP PARADISI PER GLI ILLUSI vanta discreti riscontri
commerciali e prepara il terreno a XXX. Il disco, registrato nel
Kinsway Studio di Daniel Lanois a Los Angeles, ha una buona
affermazione grazie soprattutto a In un mare di noia, Sex e a
Ho imparato a sognare, scelta per il film “Tre uomini e una
gamba” di Aldo, Giovanni e Giacomo, che commissionano ai
Negrita la colonna sonora del loro successivo “Cosi è la vita”.
Nel film anche Mama maé che traina RESET (1999) ai vertici
delle classifiche.
Il disco seguente, RADIO ZOMBIE, esce nel 2001 e mantiene
un suono poderoso, impreziosito da alcune ballate a effetto
come la piacevole Greta; non viene però recepito dal pubblico
con lo stesso entusiasmo del precedente. Nel 2003 la band
partecipa al Festival di Sanremo con Tonight e, dopo l’uscita
della raccolta EHI NEGRITA!, il batterista Zama abbandona il
gruppo, sostituito da Paolo Valli e poi da Cristiano Dalla
Pellegrina. Con una certa sorpresa i Negrita svoltano infine
verso un suono più latino, ispirato da un breve tour
sudamericano. Ed è proprio nell’America del Sud, presso lo
studio di Carlinhos Brown, che registra le prime canzoni di
L’UOMO SOGNA DI VOLARE, pubblicato nel 2005 e ricco di
sonorità soul e funky. L’album contiene i profumi del
Sudamerica ma anche le chitarre gitane, i colori del flamenco e
qualche frammento della canzone popolare italiana. Tra gli
ospiti si segnala la presenza del rapper Gabriel O’Pensador e
del percussionista brasiliano Peu Murray. Ha buona diffusione
il brano Rotolando verso Sud. Nel 2006 esce il volume “Verso
Sud (Viaggio alla ricerca del battito perfetto)”, realizzato con
Alessio Pizzicannella ed edito da Arcana.

NEK
Cantante e autore pop prediletto dai giovanissimi, Nek –
all’anagrafe Filippo Neviani, nato a Sassuolo il 6 gennaio
1972 – compie la gavetta adolescenziale come chitarrista e
cantante (e poi bassista) in alcune cover band nate sui banchi
del liceo, come i Winchester. Inizia a scrivere canzoni più o
meno all’epoca dello scioglimento del suo ultimo gruppo, i
White Lady. Con l’apporto del chitarrista Massimo Varini
intraprende quindi la carriera solistica che lo porta dapprima a
Castrocaro, nel 1991, e poi all’esordio omonimo su CD nel
1992. I riscontri piuttosto modesti gli suggeriscono di tentare
la vetrina di Sanremo, a cui prende parte nel 1993 con la assai
discutibile In te (il figlio che non vuoi). La canzone, scritta con
Antonio De Sanctis, fa scalpore per il tema antiabortista ma
proprio grazie a questo ottiene una qualche notorietà. Nella
stessa edizione del Festival Nek è coautore del pezzo di Mietta
e i Ragazzi di Via Meda, Figli di chi, che troverà posto
nell’album IN TE, pubblicato dal cantante subito dopo. Il
fenomeno Nek non esplode neanche l’anno successivo con
CALORE UMANO, nonostante Angeli nel ghetto e Cuori in
tempesta godano di una discreta diffusione radiofonica. Dopo
tre album, peraltro di scarso spessore, il successo non arriva.
Un po’ meglio va nel 1996 LEI, GLI AMICI E TUTTO IL RESTO,
disco nel solco pop rock del precedente e con testi scelti anche
per le loro sonorità (ad esempio Tu sei tu sai, che pure l’autore
dice di aver composto con riferimento a una poesia di Jacques
Prevert). L’album ha però una netta impennata di vendite
l’anno successivo quando viene ristampato con l’aggiunta di
Laura non c’è, portata a Sanremo con risultati notevoli (ne
verrà tratto anche un film che tuttavia sarà un flop). Il brano,
un esempio di pop rock ben confezionato, lancia Nek
all’estero, in Europa e Sudamerica, anche grazie all’aspetto
belloccio. A partire da questo momento i suoi album verranno
pubblicati anche in lingua spagnola.
Il successo si conferma nel 1998 con IN DUE, annunciato dal
singolo Se io non avessi te, e nel 2000 con LA VITA È, dal quale
vengono tratti altri hit (Ci sei tu, Sul treno, La vita è). Nel
2002 dalla nuova collaborazione con Cheope (il figlio di
Mogol) e Dado Parisini nasce LE COSE DA DIFENDERE, che
segna un lieve calo nelle vendite (specie in Italia), nonostante
la presenza di Sei solo tu, canzone incisa assieme all’amica
Laura Pausini. Il CD vorrebbe segnare l’approdo di Nek a
suoni pop meno ingenui rispetto al passato, ma senza grandi
risultati. Di questo periodo è anche Emozionami, la versione
italiana di My Heart And I (sigla de “La piovra”), tradotta da
Nek e cantata da Sting, da sempre idolo del cantante emiliano
a cui viene da alcuni associato per qualche affinità vocale.
Nel 2003 esce L’ANNO ZERO. THE BEST OF NEK, accolto
tiepidamente e da alcuni contestato per le spiccate somiglianze
dell’inedito Almeno stavolta con Still Waiting dei Sum 41. Nel
2005 UNA PARTE DI ME, prodotto ancora da Parisini, riporta Nek
ai vertici delle hit parade e delle playlist radiofoniche
rendendolo uno dei protagonisti della scena estiva. Tra i brani
più conosciuti, Lascia che io sia (vincitrice del Festivalbar) e
Contromano. (m.m.a.)
DISCOGRAFIA

NEK (Fonit Cetra 1992)


IN TE (Nuova Fonit Cetra 1993)
CALORE UMANO (Nuova Fonit Cetra 1994)
LEI, GLI AMICI E TUTTO IL RESTO (Don’t Worry 1996,
ristampato nel 1997 con l’aggiunta di Laura non c’è)
IN DUE (Don’t Worry 1998; versione in spagnolo: ENTRE TU
Y YO)

LA VITA È (Don’t Worry 2000)


LE COSE DA DIFENDERE (Don’t Worry 2002)
ANNO ZERO – THE BEST OF NEK (Warner 2003, versione in
spagnolo: LO MEJOR DE NEK, Warner 2004, CD+DVD)
UNA PARTE DI ME (Warner 2005, versione in spagnolo: UNA
PARTE DE MI)

LEI, GLI AMICI E TUTTO IL RESTO. Easy listening per un


tentativo di disamina del mondo dei sentimenti “sotto tutte
le prospettive”, in particolare prendendo spunto dalle storie
personali e degli amici. Musiche di Nek e Massimo Varini,
testi di Antonio De Sanctis: leggeri e spesso banali, ma
immediati in proporzione al riscontro commerciale. Nel
booklet un lungo racconto in cui Nek ripercorre in chiave
romanzata e sentimentale i propri esordi artistici. Oltre a
Laura non c’è, un altro hit è Sei grande.

NERI PER CASO


Unici in Italia a essersi affermati con il canto a cappella, i
Neri per caso sono sei ragazzi di Salerno: Ciro Caravano,
Gonzalo Caravano, Diego Caravano, Mimì Caravano, Mario
Crescenzo e Massimo De Vitiis. Ispirandosi al doo woop
americano degli anni ’50, iniziano a cantare senza alcun
supporto strumentale nel 1991 in locali e navi da crociera. Nel
1995 partecipano al Festival di Sanremo piazzandosi primi
nella sezione “Nuove proposte” con Le ragazze, inserita poi
nell’omonimo primo album con due inediti e cover di note
canzoni italiane, come Donne di Zucchero. Tornano a
Sanremo l’anno dopo con Mai più sola, che lancia STRUMENTI,
con accompagnamento strumentale. Sempre nel ’96
interpretano Quando nell’edizione italiana del film Disney “Il
gobbo di Notre-Dame”, poi inserita in …AND SO THIS IS
CHRISTMAS (1997), disco di cover di brani natalizi. L’anno
seguente esce NERI PER CASO, anche in versione spagnola, con
otto inediti, ma la grande popolarità è in declino. Nel 2000
sono duramente contestati dai tifosi dell’Avellino per le loro
origini salernitane. Dopo ANGELO BLU, nel 2001 pubblicano
Sentimento pentimento.

NEW DADA
Gruppo beat milanese dalla caratteristica formazione a sei –
oltre ai leader Maurizio Arcieri (vc.) e Gianfranco “Pupo”
Longo (bt.), comprende Ferruccio “Ferry” Sansoni (piano
elettrico), Franco Sadanza (ch.), Renato “Renè” Vignocchi
(ch.), Giorgio Fazzini (bs.) – fra i più popolari degli anni ’60, a
livelli di fanatismo. Li caratterizza l’uso del piano elettrico,
l’approccio rhythm’n’blues e un’immagine quasi dandy. La
grande opportunità arriva nell’estate del 1965 quando aprono i
concerti italiani dei Beatles, per poi incidere una serie di
singoli, tra cui la cover La mia voce. Nel 1966 vincono il
primo Festival di complessi beat di Rieti. Partecipano poi al
Cantagiro con uno dei loro maggiori successi, Non dirne più, e
sono ospiti di vari programmi TV che aumentano la loro
popolarità. Dopo l’uscita dell’unico album, I’LL GO CRAZY,
arrivano ai primi posti della classifica nel 1967 con la cover di
Lady Jane dei Rolling Stones, grazie soprattutto all’ottima
interpretazione vocale di Arcieri, il “bello” del gruppo.
Nonostante il momento fortunato, il gruppo si divide. Dopo
varie vicissitudini, Arcieri continua con Longo come
“Maurizio dei New Dada”, mentre il resto del gruppo – con
l’aggiunta di due ex elementi dal Patrick Samson Set – con il
nome di “Ferry, Franco, Renè, Danny e Gaby” pubblica Elegia
per l’amico di Antonio, vagamente orchestrato alla SGT.
PEPPER’S LONELY HEARTS CLUB BAND. Negli anni ’80 ci sono un
paio di effimere reunion di alcuni membri.

NEW TROLLS
Poche vicende artistiche sono più complicate di quella dei
New Trolls, tra successi clamorosi, collaborazioni illustri e
litigi interni con strascichi legali. Secondo la leggenda (e
l’ufficio stampa della loro prima casa discografica) nascono in
seguito a un sondaggio di un giornale genovese per eleggere i
migliori strumentisti della città. In realtà è Vittorio De Scalzi a
formare il complesso, il cui nome deriva da quello del suo
gruppo precedente, i Trolls. L’esordio, in linea con i modelli
anglofoni , è con Sensazioni nel 1967, anno in cui aprono
addirittura i concerti italiani dei Rolling Stones. Con una
formazione composta da De Scalzi (ch., ts., vc.), Nico Di Palo
(ch., vc.), Gianni Belleno (bt.), Mauro Chiarugi (ts.) e Giorgio
D’Adamo (bs., vc.), pubblicano poi altri singoli di buon
successo nel ’68 e ’69: Visioni e Davanti agli occhi miei. Nel
1968 l’incontro con Fabrizio De André porta a SENZA ORARIO,
SENZA BANDIERA (il primo concept album italiano insieme a
TUTTI MORIMMO A STENTO dello stesso De André), in cui il
cantautore adatta degli scritti del poeta Riccardo Mannerini su
musiche del gruppo arrangiate poi da Giampiero Reverberi.
Consolidato il buon momento con la partecipazione al
Festival di Sanremo (Io che ho te) e poi con il singolo Una
miniera, nel 1970 il gruppo pubblica NEW TROLLS, che
contiene brani già usciti su 45 giri. L’anno seguente è quello
del capolavoro: CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS,
primo esperimento italiano, rimasto forse insuperato, di
coniugare musica rock e sinfonica. Il clamoroso successo
spinge i New Trolls a tentare la carta internazionale con il
doppio in inglese SEARCHING FOR A LAND (1972), in parte dal
vivo. Nascono poi contrasti tra De Scalzi e Di Palo, tanto che
nel successivo UT (sempre del 1972) il primo è presente solo in
alcuni brani. La scissione è inevitabile. Da una parte Di Palo,
Frank Laugelli – bassista italo-canadese che nel 1971 aveva
sostituito D’Adamo – e Belleno, con il nuovo arrivato
Maurizio Salvi (ts.), incidono un buon disco di rock duro
intitolato con i loro nomi di battesimo, senz’altro l’episodio
migliore della discografia di questo troncone dei New Trolls.
In seguito a un sondaggio della rivista “Ciao 2001”, scelgono
poi il nome Ibis per i due lavori successivi, IBIS (1974) e SUN
SUPREME (1975), caratterizzati da nuovi cambi di formazione (in
organico anche l’ex Atomic Rooster Ric Parnell).
Intanto De Scalzi, con D’Adamo e musicisti jazz tra cui
Tullio De Piscopo, forma l’Atomic System (davanti viene
aggiunto l’acronimo N.T. per ricordare l’antica sigla). Una
bellissima copertina apribile caratterizza il primo album
omonimo, con una musica che si sposta sempre più verso un
certo jazz rock. Dopo un singolo inedito, Una notte sul Monte
Calvo, il New Trolls Atomic System (il richiamo alle origini
viene palesato su questa seconda uscita) pubblica TEMPI
DISPARI, disco strumentale di difficile assimilazione.

Nel ’75 Belleno e D’Adamo con Ricky Belloni (ch.) e


Giorgio Usai (ts.) accompagnano Fabrizio De André nel suo
primo tour. E l’anno dopo i quattro, insieme ai due leader
storici Di Palo e De Scalzi (riconciliatisi nel frattempo),
riformano i New Trolls per CONCERTO GROSSO N°2, altro
esperimento riuscito di contaminazione rock-musica classica
in cui spicca il finale di Le Roi Soleil. Nel 1977 c’è una
collaborazione con Ornella Vanoni sia live che in studio,
mentre l’anno seguente esce un disco di elegante pop,
eccellenti armonie vocali e buone soluzioni compositive,
ALDEBARAN, con la title track e soprattutto Quella carezza
della sera che diventano dei classici. Nel ’79 e ’80 è la volta di
NEW TROLLS (con Che idea e Volo) e l’anacronistico tentativo
concept di F.S. (Il treno e Il serpente). Le pregevolezze degli
anni precedenti lasciano posto a una deriva sin troppo pop;
prova ne è un brano come Anche noi, sigla nel ’79 di un
programma TV di successo. Segue nel 1982 un altro album
interlocutorio, AMERICA OK, e quindi nel 1985 un Festival di
Sanremo con Faccia di cane, con testo scritto come coautore
da De André, che però non lo firma. Dopo aver accompagnato
Anna Oxa in tournée (documentata da OXA: LIVE CON I NEW
TROLLS del 1990), il gruppo torna al Festival nel 1996 con
Letti, scritta da Umberto Bindi e Renato Zero. Gli scarsi esiti,
un incidente a Di Palo e nuovi e vecchi dissidi portano a un
altro divorzio, tra “Vittorio De Scalzi e la storia dei NT”, da
una parte, e “Il Mito NT” dall’altra. De Scalzi propone con
successo, e per la prima volta dal vivo,C ONCERTO GROSSO
PER I N EW T ROLLS, mentre prepara un disco su poesie di
Riccardo Mannerini e un terzo “Concerto
grosso”. (m.ne.)
DISCOGRAFIA

SENZA ORARIO, SENZA BANDIERA (Cetra 1968)


NEW TROLLS (Cetra 1970)
CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS (Cetra 1971)
SEARCHING FOR A LAND (Cetra 1972, doppio in parte dal
vivo)
UT (Cetra 1972)
CONCERTO GROSSO N°2 (Magma 1976)
LIVE N.T. (Magma 1976, dal vivo)
ALDEBARAN (Warner Bros. 1978)
NEW TROLLS (Warner Bros. 1979)
FS (Fonit 1980)
AMERICA O.K. (Fonit 1982)
TOUR (Fonit 1985, in parte dal vivo)
AMICI (Ricordi 1988)
QUELLI COME NOI (WEA 1992)
IL SALE DEI NEW TROLLS (Fonopoli 1996)
CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS. Sulla scia di quanto
tentato in Gran Bretagna da gruppi come Deep Purple e
Moody Blues, Di Palo e compagni con la direzione di Luis
Enriquez Bacalov e la produzione di Sergio Bardotti
realizzano l’album più importante della loro discografia,
affiancati da una grande orchestra. La spontaneità del loro
apporto alla struttura dell’opera ne è elemento
caratterizzante. Nell’album (ideato come colonna sonora del
film “La vittima designata” di Massimo Lucidi) compaiono
citazioni dall’“Amleto”.

NIDI D’ARAC
Gruppo salentino, ma nato a Roma, che coniuga la
tradizione popolare della propria terra con i suoni elettronici,
la trance della pizzica con la trance della club culture. A
capeggiare l’ensemble è il tamburellista e cantante Alessandro
Coppola che parte dalla ricerca sulla musica popolare del Sud;
con lui Vera Di Lecce (vc. e performance), Caterina Quaranta
(fl.), Rodrigo D’Erasmo (vi.), Maurizio Catania (bt.), Edoardo
Targa (bs.) e Stefano Miele (cmp., ts.). L’esordio è nel 1998
con FIGLI D’ANNIBALE, colonna sonora dell’omonimo film di
Davide Ferrario, a cui segue l’EP MMACCARIE. RONDE NOE è
del 1999, anno in cui partecipano al progetto di Teresa De Sio
“La notte del dio che balla”; a seguire escono TARANTULAE
(2001) e JENTU (2003), che apre a influenze arabe e
balcaniche. Intanto il gruppo si esibisce sempre più dal vivo,
anche all’estero. Nel 2005 ST.ROCCO’S RAVE è dedicato alla
festa di San Rocco nel Salento, la più grande fiera del
bestiame del Sud.

NO STRANGE
Il gruppo nasce su iniziativa di Salvatore “Ursus” D’Urso,
attivo fin dagli anni ’70 nel rock torinese e profondo
conoscitore della psichedelia anni ’60. Nel 1982 fonda i No
Strange (inizialmente denominati No-strani) con il
polistrumentista Giovanni Ezzu, cultore di beat e progressive.
Il gruppo risulta essere così la fusione tra le due anime in
chiave neopsichedelica, a partire dall’esordio del 1985 NO
STRANGE, pubblicato dopo alcuni demo tapes. Nel 1987 Ezzu
lascia la band che pubblica L’UNIVERSO, album dalla matrice
elettroacustica, con le liriche in italiano. Oltre al terzo disco
FLORA DI ROMI del 1990 i No Strange vantano alcuni brani
sparsi tra 7EP e compilation. Nel 1992 incidono l’EP MEDUSA,
pubblicato solo nel 1998, dopo lo scioglimento. Nel 1990
D’Urso, che si dedicherà poi all’arte grafica, ha scritto
“Manifesto Beat”, libro sul beat italiano pubblicato da JBH.
NOMADI
Una storia lunghissima: la fama degli inizi, il prosieguo
come un fiume carsico, fino alla scomparsa del leader storico
Augusto Daolio e al ritorno alla grande popolarità. E concerti
su concerti. Gruppo simbolo di un impegno sociale che ha ben
poco di politico, lontanissimo da ogni intellettualismo e invece
molto popolare, gli emiliani Nomadi sono prima che un
fenomeno musicale un caso sociologico.
È il 1961 quando il quindicenne Beppe Carletti (fi., ts.)
fonda I Monelli, complessino di ragazzi di Novi (MO), a cui si
unisce il cantante sedicenne Augusto Daolio di Novellara
(RE), a partire da un concerto a Trecenta di Rovigo nel 1963
(prima alla voce c’era un tale Gastone). Il nome viene mutato
in Nomadi. Dopo alcuni avvicendamenti la formazione si
stabilizza con i due fondatori, Franco Midili (ch.), Bila
Coppellini (bt.) e Gianni Coron (bs.). Fanno gavetta nelle
balere, vogliono vivere di musica ma all’inizio il successo è
andare a suonare ogni giorno in un locale più importante di
quello del giorno prima. Il loro modello sono gli Animals. Nel
1965, in piena epoca beat, pubblicano il 45 giri Donna, la
prima donna (cover di Dion Di Mucci), mentre una prima
notorietà arriva l’anno seguente al Cantagiro con Come potete
giudicar (cover di The Revolution Kind di Sonny Bono), sorta
di manifesto del beat e dei “capelloni”. Dodo Veroli, loro
amico e produttore, li mette in contatto con un giovane autore,
Francesco Guccini, che inizia a scrivere per loro molti brani,
alcuni dei quali diventano i primi veri successi del gruppo: nel
1966 Noi non ci saremo e nel 1967 Un figlio dei fiori non
pensa al domani (cover di Death Of A Clown del Kinks) e la
epocale Dio è morto, censurata dalla RAI ma trasmessa da
Radio Vaticana. Il 1967 è anche l’anno del primo album, PER
QUANDO NOI NON CI SAREMO. I Nomadi sono ormai fra i gruppi
beat più noti: nel ’68 incidono 45 giri dai buoni risultati come
Ho difeso il mio amore e Il nome di lei e l’album I NOMADI,
anche se le cifre di vendita sono inferiori a quelle di altre
formazioni dell’epoca, a partire dai cugini dell’Equipe 84. A
differenza degli altri gruppi beat, il successo dei Nomadi
continuerà anche negli anni successivi, ad esempio con Un
pugno di sabbia ed Ala bianca, entrambe del ’70. È già un
segno, il segno della capacità di attraversare le mode e le
epoche senza mai essere né di moda né d’epoca, anche se nei
primi anni ’70 il repertorio si fa più commerciale.
Nel 1971 partecipano al Festival di Sanremo con Non
dimenticarti di me, senza riscontri, ma l’anno seguente esce Io
vagabondo (che non sono altro), successo che sarà rilanciato
due decenni più tardi dal “Karaoke” di Fiorello, diventando
una sorta di inno, e come tale un po’ enfatico. Altri 45 giri dai
discreti riscontri commerciali sono Quanti anni ho? (1972),
Un giorno insieme e Voglio ridere (1973). Con Daolio e
Carletti (che nel 1972 e 1973 ha una breve esperienza da
solista con il nome di Capitan Nemo) ci sono ora Giampaolo
Lancelotti (bt.) e Umberto Maggi (bs.), oltre a Midili che nel
1974 verrà sostituito da Christopher Patrick Dennis. Escono
intanto vari album fra cui I NOMADI INTERPRETANO
GUCCINI nel 1974, mentre le incisioni che si affacciano nelle
classifiche sono i 45 giri Tutto a posto (1974), Senza discutere
(1975) e Quasi quasi (1976) e l’album GORDON (1975). La
notorietà della band è comunque in declino.
Nel 1977 NOI CI SAREMO segna una tappa importante.
L’album è composto da autori sconosciuti, una scelta che
diverrà una costante, con Daolio che addirittura nei concerti
chiederà al pubblico di mandare i propri brani, poi rielaborati e
riproposti dalla band: “Prendere dalla gente per poi ridare alla
gente” spiegherà Carletti. In questo periodo Io vagabondo
scompare dalle scalette (tornerà, a gran richiesta, poco dopo).
Nel 1979 un nuovo incontro con Guccini dà vita ad ALBUM
CONCERTO, riproposta di suoi brani fatti con il gruppo, e
contribuisce a dare nuovo slancio ai Nomadi e a rendere
sempre più affollati i concerti, fotografati in SEMPRE NOMADI
nel 1981. Mentre esce il disco, Carletti, Maggi e Lancelotti
sono vittime di un grave incidente stradale che blocca l’attività
per qualche tempo e a causa del quale un paio di anni dopo
Maggi lascerà il gruppo, sostituito da Dante Pergreffi. Aprirà
un noto studio di registrazione. Nel 1982 ANCORA UNA VOLTA
CON SENTIMENTO registra difficoltà di promozione, che
vengono però superate grazie al passaparola: i Nomadi
diventano una sorta di Grateful Dead italiani, con un numero
di date imponente e un seguito fedelissimo che fa divenire
ogni serata una festa, un ritrovo. Augusto Daolio è leader
carismatico, sorta di guida per il “popolo nomade”, dalla barba
scura e dalla voce chiara, cantante di vaglia ma anche pittore.
Gli album successivi CI PENSERÀ POI IL COMPUTER (1985, con Il
pilota di Hiroshima) e QUANDO VIENE SERA (1986) sono poco
curati ma con buone canzoni, autoprodotti e distribuiti dalla
CGD, così come NOMADI IN CONCERTO - LIKE A SEA NEVER
DIES, un bel doppio dal vivo e ANCORA NOMADI, per metà live.
Alla fine del decennio vengono a galla dissidi interni – che
diventano anche legali per la proprietà del marchio “Nomadi”
– fra Lancelotti e Dennis da una parte e Daolio e Carletti
dall’altra. Vincono questi ultimi che continuano l’attività con
Pergreffi e con Cico Falzone (ch.) e Daniele Campani (bt.). Di
lì a poco i Nomadi torneranno dopo 15 anni a vendere dischi
con SOLO NOMADI, GENTE COME NOI (con Gli aironi neri) e
l’antologia MA NOI NO.
Siamo al 1992, un anno terribile: muoiono prima Dante
Pergreffi, in un incidente stradale, e poi Augusto Daolio, per
un tumore che lo vince in pochi mesi. Aveva 45 anni: si
spegne il 7 ottobre, l’ultimo concerto era stato l’8 agosto. Al di
là della perdita umana, con lui se ne va la voce, il frontman e il
simbolo stesso dei Nomadi. Carletti, unico rimasto della
formazione originale, decide di continuare, prendendo in mano
le redini del gruppo. È un rischio, una scommessa. Ma
funziona. Il gruppo conoscerà di lì a poco un’ennesima
giovinezza e una rinnovata popolarità, sempre basata sullo
stretto rapporto con il proprio pubblico (un concerto ogni due
giorni, praticamente), con un raduno annuale a Novellara, il
paese che li aveva visti nascere, chiamato “Nomadincontro”.
Entrano in formazione Elisa Minari (bs.) e, a sostituire Daolio,
Danilo Sacco (vc. e ch.) e Francesco Gualerzi (vc. e sx.). Il
primo concerto con la nuova line up è il 13 marzo 1993 a
Levico (TN).
Nel 1993 escono CONTRO, disco di inediti con le ultime
incisioni di Daolio, e la biografia “Il suono delle idee… 1963-
1993” (Arcana), di Davide Carletti, figlio di Beppe, mentre a
fine anno il gruppo si esibisce in Cile con gli Inti Illimani. Nel
1994 LA SETTIMA ONDA è la prova del nove della nuova line up,
per la prima volta senza la voce di Daolio. Il disco ha ottime
vendite, nonostante la scelta di continuare sia contestata da
molti, così come le scelte artistiche: Freak Antoni, leader degli
Skiantos, arriverà a definire la nuova formazione come una
cover band dei Nomadi. Ma quel che sorprende tutti, Carletti
per primo, è che in pochi anni il gruppo conquista una
notorietà forse mai avuta prima, si moltiplicheranno i fan club
(fino ad arrivare a 170, di gran lunga il record italiano) e le
cover band (a decine). La musica dei Nomadi anni ’90 è un
rock moderato e di facile ascolto, mentre i testi, pur essendo
difficilmente definibili come impegnati, continuano a toccare
temi sociali ma anche esistenziali: canti alla vita, all’amicizia,
alla speranza, alla solidarietà. E da questo momento
diverranno elemento caratterizzante della band anche le
continue iniziative umanitarie a favore di vari paesi, da Cuba
alla Palestina. Nel 1995 esce TRIBUTO AD AUGUSTO, un
bell’omaggio di vari artisti alle prese con brani dei Nomadi: ci
sono, fra gli altri, Ligabue, Teresa De Sio, Gang, Gianna
Nannini con i Timoria, Alice, Enrico Ruggeri, Modena City
Ramblers, CSI, Inti Illimani. Escono anche dischi live e molte
antologie (alcune tematicamente interessanti, come IN ITALIA
ERANO I NOMADI del ’98, un doppio con le cover del gruppo
in un CD e gli originali nell’altro, inframmezzate da stralci di
un’intervista sull’argomento con Daolio). Tutte con
apprezzabili risultati di vendita, così come gli album di inediti
(LUNGO LE VIE DEL VENTO, QUANDO CI SARAI, UNA
STORIA DA RACCONTARE e LIBERI DI VOLARE) che si rifanno a una
formula consolidata: musiche orecchiabili che possano
raggiungere un ampio pubblico e testi un po’ retorici, ma
sentiti. La chiave di tutto è l’immediatezza.
Ai concerti il pubblico è formato ormai anche da molti
ragazzi che non hanno mai visto Daolio dal vivo. Sacco è
entrato pienamente nel ruolo di frontman, mentre Gualerzi e la
Munari hanno lasciato nel ’98, sostituiti da Massimo Vecchi
(vc., bs.) e Sergio Reggioli (pr., vi.). A questo punto sono più
di una ventina i membri che si sono alternati nella formazione
dagli inizi. Nel 2002 AMORE CHE PRENDI AMORE CHE DAI
raggiunge addirittura il primo posto in classifica, l’anno
seguente ci sono i festeggiamenti per i 40 anni del gruppo, che
riesce a tenersi a distanza dal revival e che nel 2004 pubblica
CORPO ESTRANEO. Nel 2006 i Nomadi tornano a Sanremo dopo
33 anni con Dove si va (in una delle serate eseguita con
Roberto Vecchioni) che lancia CON ME O CONTRO DI ME. (f.ca.)
DISCOGRAFIA

PER QUANDO NOI NON CI SAREMO (EMI/Columbia 1967)


I NOMADI (EMI/Columbia 1968)
MILLE E UNA SERA (EMI/Columbia 1971)
SO CHE MI PERDONERAI (EMI/Columbia 1971, riedizione del
precedente con alcuni brani diversi, solo su musicassetta)
IO VAGABONDO (CHE NON SONO ALTRO) (EMI/Columbia 1972,
antologia con inediti, solo su musicassetta)
UN GIORNO INSIEME (EMI/Columbia 1973)
I NOMADI INTERPRETANO GUCCINI (EMI/Columbia 1974)
TUTTO A POSTO (EMI/Columbia 1974, solo su musicassetta)
GORDON (EMI/Columbia 1975)
COLLEZIONE (EMI/Columbia 1976, antologia con inediti su
33 giri)
NOI CI SAREMO (EMI 1977)
NARACAULI E ALTRE STORIE (EMI 1978)
ALBUM CONCERTO (EMI 1979, dal vivo con Francesco
Guccini)
SEMPRE NOMADI (CGD 1981, per metà dal vivo)
ANCORA UNA VOLTA CON SENTIMENTO (CGD 1982)
CI PENSERÀ POI IL COMPUTER (CGD 1985)
QUANDO VIENE SERA (CGD 1986)
NOMADI IN CONCERTO – LIKE A SEA NEVER DIES (CGD 1987,
doppio dal vivo)
ANCORA NOMADI (CGD 1988, per metà dal vivo)
SOLO NOMADI (CGD 1990)
GENTE COME NOI (CGD 1991)
MA NOI NO! (CGD 1992, antologia con un inedito)
MA CHE FILM LA VITA (CGD 1992, dal vivo)
CONTRO (CGD 1993)
LA SETTIMA ONDA (CGD 1994)
TRIBUTO AD AUGUSTO (CGD 1995, tributo)
LUNGO LE VIE DEL VENTO (CGD 1995)
QUANDO CI SARAI (CGD 1996)
LE STRADE, GLI AMICI, IL CONCERTO (CGD 1997, doppio dal
vivo)
UNA STORIA DA RACCONTARE (CGD 1998)
SOS CON RABBIA E CON AMORE (CGD 1999, antologia con
nuove esecuzioni e inediti)
LIBERI DI VOLARE (CGD 2000)
AMORE CHE PRENDI AMORE CHE DAI (CGD 2002)
NOMADI (CGD 2003, antologia con inediti)
NOMADI THE PLATINUM COLLECTION (EMI 2003, antologia
tripla con rarità)
CORPO ESTRANEO (Atlantic 2004)
CON ME O CONTRO DI ME (Atlantic 2006)
NOMADI THE PLATINUM COLLECTION 2 (EMI 2006, antologia
tripla con rarità)
NOI CI SAREMO. Il primo album dei Nomadi di oggi. Quasi
tutti i brani sono firmati da una coppia di autori sconosciuti
(Gionata e Rossi). Le due facciate del 33 giri sono aperte da
Riverisco, la prima volta con il sottotitolo (la foresta), la
seconda (l’albero). Ovvero: tematiche sociali e tematiche
personali. Il titolo è profetico, esplicita la volontà di
continuare il proprio percorso anche se il successo sembra
scomparso. Sembra.
NOMADI IN CONCERTO – LIKE A SEA NEVER DIES.
Bell’esempio in due dischi degli anni con Daolio, della sua
voce unica, caratterizzante, della sua capacità di entrare in
sintonia con il pubblico. Canzoni sparse lungo vent’anni, da
quelle di Guccini alle meno note Marta, Jenny, Il pilota di
Hiroshima sino alla favola di Utopia. Finale con Io
vagabondo e Come potete giudicar. Buoni gli arrangiamenti.
AMORE CHE PRENDI AMORE CHE DAI. Un album a caso del
periodo post Daolio. Rock dalle chitarre morigerate e
qualche variante a dar colore: il flauto di L’angelo caduto,
la tromba finale di Il re è nudo, il coro in Trovare dio e Il
nome che non hai, la voce femminile di Sospesi tra terra e
cielo e Il nome che non hai, le percussioni e l’Hammond di
Il circo è acceso, gli archi di L’arte degli amanti, il vago tex
mex di Come un fiume. Nei testi, variazioni sullo stesso
tema: gli attacchi a un potere indefinito, la speranza che
aleggia ovunque, l’amore in senso lato, l’essere e non
l’apparire. Nei crediti una fila infinita di ringraziamenti.

NOT MOVING
Il nucleo originario della band – formatasi a Piacenza nel
1981 – è composto da Rita “Lilith” Oberti (vc.), Paolo
Molinari (ch.), Maria “Severine” Rocchetta (ts.), Danilo
“Dany” Dellagiovanna (bs.) e Antonio “Tony Face”
Bacciocchi (bt.), ex Chelsea Hotel. Il loro brano Baron
Samedi, tratto dalla cassetta “Behind Your Pale Face”, è
inserito nella raccolta GATHERED (1981), ma è nel 1982 che
realizzano il primo EP 7 pollici STRANGE DOLLS. Ancora un
EP 7 pollici, MOVIN’ OVER nel 1983, l’EP 12 pollici BLACK
‘N’ WILD (uno dei loro apici) l’anno seguente e finalmente nel
1986 il primo album, SINNERMAN, cui segue un altro mini LP,
JESUS LOVES HIS CHILDREN. Gradualmente il suono dei Not
Moving si distacca dall’oscurità degli esordi per spostarsi su
un rock venato di psichedelia, coagulo di blues, punk,
rock’n’roll e garage. Nel frattempo Molinari si trasferisce in
Danimarca al seguito di alcune band locali e Dany emigra in
Germania; i due vengono sostituiti da Domenico “Dome”
Petrosino e Milo Milani. In FLASH ON YOU (Electric Eye,
1988) si avvicinano alla cultura degli Indiani d’America, tema
sviluppato con maggior cura in SONG OF MYSELF del 1989,
realizzato da Maria Severine e Dome con il poeta cheyenne
Lance Henson, mentre gli altri componenti danno vita ai Time
Pills (autori nello stesso anno di BE THE SAME). Il disco
accoglie ospiti come Guido Sassola dei Negazione e Giovanni
Lindo Ferretti. Di lì a poco il gruppo si scioglie. Nel 2004
viene pubblicato l’EP LAND OF NOTHING, registrato negli anni
’80. Esce poi nel 2006 LIVE IN THE 80’S, box con CD e DVD
che documenta il valore della band.

NOVALIA
Il primo nucleo della formazione laziale si forma intorno a
Stefano Saletti e Raffaello Simeoni verso il 1985. A secondo
dei diversi progetti (colonne sonore per film, per programmi
televisivi, radiofonici, teatrali, d’arte e cultura varia), sono
parecchi gli artisti di rango con cui collaborano: fra gli altri
Third Ear Band, Blaine L. Reininger, Alexander Balanescu.
Personaggi variegati così come la musica proposta dal gruppo
laziale: un bell’esempio, tra i primi in Italia, di contaminazione
di suoni e culture che, partendo dalle radici e dal cantato in
dialetto, arrivano alle forme più avanzate di stili e generi.
INVERTITE IL SENSO DELLA ROTAZIONE (1986) è la prima
pubblicazione, indipendente, a cui seguono il mini CORTEO
(1987), il live L’AUSTRALIANO (1988), e SABIR (1990). Alcuni
anni più tardi un’altra figura importante, Giovanni Lo Cascio,
entrerà a far parte dell’ensemble contribuendo alla definitiva
crescita professionale di una formazione impegnata ormai in
numerosi festival d’oltralpe. La discografia riprende con
GRIOT (1996), CANTI & BRIGANTI (1997), ARKEO (1999) e 10
(2000). Nel 2004 Simeoni pubblica il suo CONTROENTU, nel
2005 Saletti con la Piccola Banda Ikona realizza STARI MOST,
entrambi molto apprezzati.

99 Posse
Dieci anni di musica schierata politicamente e socialmente,
tra rabbia ed elementi d’ironia. Protagonisti di un rap-
raggamuffin in napoletano che si alimenta con varie
suggestioni stilistiche, i 99 Posse si formano a Napoli il 9
ottobre 1991 come emanazione musicale del neonato centro
sociale Officina 99. Il loro nome resterà sempre legato all’ala
più radicale della scena antagonista italiana. I primi pezzi
scritti sono Rafaniello e Salario garantito, mentre del ’92 è
l’EP SOTT’ATTACCO DELL’IDIOZIA con Bisca e Almamegretta. In
Italia sta lievitando il fenomeno rap e i 99 Posse lo colgono
pienamente con l’album d’esordio, CURRE CURRE GUAGLIÒ
(prodotto con Sergio Messina/RadioGladio), divenendone uno
dei nomi più rilevanti. In particolare si fa strada il brano che
intitola l’album, realizzato per il film “Sud” di Gabriele
Salvatores e inserito nei trailers e nella colonna sonora. Il
gruppo acquisisce notorietà anche fuori dal circuito alternativo
e Curre curre guagliò si aggiudica la Targa Tenco come
miglior canzone dialettale.
Il passo successivo è la fusione con i Bisca che unisce rap,
funk e rock sotto la denominazione “Bisca99Posse” per un
tour di due anni e che raccoglie 200.000 persone, testimoniato
nel 1994 dal doppio live INCREDIBILE OPPOSIZIONE TOUR 94, e
nel ’95 da GUAI A CHI CI TOCCA, lavoro però poco riuscito e
frutto di una lavorazione problematica. Le divergenze fra i due
gruppi si fanno sempre più evidenti, fino alla chiusura
dell’esperienza insieme a inizio 1996. Dopo un momento di
sbandamento si decide di continuare come 99 Posse. Intanto è
nata l’etichetta discografica Novenove (il cui simbolo è la
stella a cinque punte) che affiancherà i 99 Posse e produrrà
dischi di altre realtà napoletane, a partire dalla raccolta
CANTANAPOLI ANTIFASCISTA. Nel gruppo è entrato un nuovo
componente, Meg (Maria Di Donna), che affianca alla voce il
leader ‘0 Zulù (Luca Persico). La formazione è completata da
Kaya Pezz8 (Marco Messina, cmp.), JRM (Massimo Jovine,
bs.) e Sacha Ricci (ts.).
Il successivo lavoro, CERCO TIEMPO (con Non c’è tempo), è
ancora un ottimo successo commerciale. Più intimista, pur
rimanendo legato a tematiche antagoniste, presenta suoni più
sofisticati, anche se gli arrangiamenti non sempre sono
centrati. Il gruppo apre un concerto di Vasco Rossi e un tour di
Jovanotti e firma un contratto con una major, la BMG, per
sfruttarne i canali promozionali, pur mantenendo il “prezzo
politico” dei propri dischi. Ma non cambia la linea d’azione
del gruppo, che in questi anni viene denunciato per reati come
oltraggio e lesioni aggravate a pubblico ufficiale, istigazione a
delinquere, occupazione, manifestazione non autorizzata,
concerti abusivi, detenzione e spaccio di droga, rissa.
Con CORTO CIRCUITO (1998), registrato a Londra come il
successivo, la notorietà si estende grazie anche al singolo
Quello che. Meg è ormai un elemento fondamentale, anche
nella composizione. Nel 2000 è la volta di LA VIDA QUE
VENDRÀ (Targa Tenco nella categoria “Migliore album in
dialetto”), prodotto con Carlo V. Rossi, che si avvicina a
soluzioni drum’n’bass (contiene El pueblo unido jamàs serà
vencido, cover degli Inti Illimani). È forse il disco più duro
della posse, così come il più compiuto musicalmente. Alcuni
network radiofonici non passano il singolo L’anguilla
(secondo il gruppo per censura visto che è una denuncia contro
il sistema e i politici italiani). Viene anche eliminata una frase
che avrebbe dovuto comparire nel libretto del CD, un
ringraziamento a “tutti quelli che hanno festeggiato la morte di
Bettino e tutti quelli che conservano una bottiglia aspettando il
turno del suo amico Silvio”. Il gruppo tiene un tour con gli
Assalti Frontali contro il sovraffollamento delle carceri e poi
nel 2001 pubblica NA_99_10° con due inediti (uno è Amerika,
un attacco contro la politica statunitense pubblicato poco dopo
l’11 settembre), 3 brani rimasterizzati e 8 dal vivo su un primo
CD e 15 remixati sul secondo. A questo punto i componenti
della formazione iniziano a intraprendere progetti come
singoli. Ad esempio Zulu pubblica il libro “Cartoline
zapatiste” e fonda il gruppo Al Mukawama (“La Resistenza”
in arabo). Marco Messina lavora al progetto “Resina” e
insieme a Meg alla colonna dello spettacolo teatrale “La
Tempesta”, da Shakespeare, pubblicata anche su CD a nome
“Nous”.
A inizio 2005 Zulu in un’intervista annuncia la chiusura del
progetto 99 Posse e in estate dà il via a un tour con Al
Mukawama con relativo doppio album dal vivo, edito a suo
nome. Nel 2004 Meg esordisce come solista con un album
omonimo. È la fine di un’esperienza estremamente vivace, che
non ha disdegnato la ricerca musicale oltre alla coerenza
politico-sociale. Anche se, come ha detto Zulu, “c’è sempre la
possibilità che ci si reincontri. Ora siamo molto lontani, nella
misura in cui ognuno di noi sta percorrendo nuove strade che
lo rendono felice e perfettamente espresso”. (e.de.)
DISCOGRAFIA
RAFANIELLO E SALARIO GARANTITO (Flying Records 1992,
mini CD)
SOTT’ATTACCO DELL’IDIOZIA (Statt/Century Vox 1992, EP con
Bisca e Almamegretta)
CURRE CURRE GUAGLIÒ (Flying Records 1993)
CURRE CURRE GUAGLIÒ REMIX (Flying Records 1993, mini
CD)
INCREDIBILE OPPOSIZIONE TOUR (Flying Records/Ricordi
1994, doppio live a nome Bisca99Posse)
GUAI A CHI CI TOCCA (Flying Records/Ricordi 1995, a nome
Bisca99Posse)
CERCO TIEMPO (Flying Records/Ricordi 1996, pubblicato
anche in edizione doppia con brani live)
CERCO TIEMPO REMIX (Flying Records 1997, mini CD)
CORTO CIRCUITO (BMG 1998)
CORTO CIRCUITO I REMIX (BMG 1998, mini CD)
QUELLO CHE REMIX (BMG 1998, mini CD)
LA VIDA QUE VENDRÀ (BMG 2000)
NA_99_10° (BMG 2001, doppio semi-antologico)
COMINCIA ADESSO REMIX (BMG 2001)
SFUMATURE / SUB REMIX (BMG 2001)
CURRE CURRE GUAGLIÒ. Album figlio di una forte urgenza
espressiva. La title track diventa in breve un manifesto, un
inno (“centro sociale occupato/e mò c’ ’o cazzo ce
cacciate”) che trascina l’intero album, il primo della scena
antagonista a raggiungere importanti traguardi di vendite.
Ma anche il resto del disco non è da meno sul fronte della
lotta, come in Rigurgito antifascista (“C’ho un rigurgito
antifascista/ se vedo un punto nero ci sparo a vista”).
Compaiono però anche brani meno diretti e più ironici ,
come Ripetutamente.
NUOVA COMPAGNIA DI CANTO
POPOLARE
“La Nuova Compagnia di Canto Popolare percorre il suo
cammino con il preciso intento di diffondere gli autentici
valori della tradizione del popolo campano”: questa la
dichiarazione programmatica che segna la nascita della
formazione (e presente ancora oggi sul sito Internet ufficiale),
ma la quarantennale storia della NCCP è in verità assai più
complessa.
Nel 1967, quando i modelli musicali in voga sono lontani
almeno quanto l’Inghilterra dei Beatles, a Napoli Eugenio
Bennato, Carlo D’Angiò e Giovanni Mauriello avvertono
invece il richiamo delle proprie origini, musicali e storiche.
Musica come magia, alchimia di ritmo, suono e parola, potente
medium tra umano e divino, e Storia come la vita di Napoli,
che fu capitale normanna, poi angioina, aragonese, spagnola e
borbonica. Per circa tre anni, a partire dal fondamentale
incontro con Roberto De Simone, importante etnomusicologo,
il gruppo porta avanti una ricerca che partendo dal napoletano
si estende fino al Sud intero. Nell’esordio discografico del
1971, NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE, tornano a
vivere canti antichissimi, accompagnati da strumenti quasi
dimenticati quali tammorra, chitarra battente, ciaramella e
mandoloncello. In quel momento, del gruppo fanno parte
anche Lucia Bruno, Mario Malavenda e Claudio Mendella. Ma
il primo impatto con il pubblico avviene al Festival di Spoleto
nel 1972, anno in cui viene ripubblicato il disco, segnando
l’inizio di un successo che li porta molto presto a varcare i
confini nazionali. Negli anni seguenti nel gruppo guidato da
Bennato e D’Angiò entrano elementi fondamentali come
Peppe Barra (vc., tamburello, castagnette), Fausta Vetere (vc.,
ch.), Patrizio Trampetti (vc., ch.) e Nunzio Areni (fl.). Lo
stretto rapporto che nella tradizione orale lega musica, canto e
gestualità porta il gruppo in teatro, accompagnato dalla fervida
attività autorale di De Simone: parteciperanno a “La cantata
dei Pastori” nel 1974 e a “Masaniello” (di Elvio Porta) nel
1975.
In quell’anno cominciano le prime divergenze, durante il
nuovo allestimento teatrale di De Simone, “La gatta
Cenerentola” (che sarà rappresentata per la prima volta l’anno
seguente a Spoleto con grandi riscontri): Bennato lascia la
NCCP per dissensi sulla ricca attività teatrale e sulla scelta di
privilegiare un repertorio di antichi canti anziché farsi autori di
nuove composizioni sulla scorta di quelli. Nel frattempo è
uscito anche Carlo D’Angiò, che con Bennato inaugurerà
l’anno seguente il progetto Musicanova. Nello stesso 1976
entra nella Compagnia il polistrumentista Corrado Sfogli:
ingresso particolarmente importante perché il 1978, oltre ad
accogliere Vito Mercurio (vi.), segna anche l’uscita di Peppe
Barra e soprattutto del maestro De Simone, di cui Sfogli
raccoglie il testimone. Intanto, fra vari cambi di formazione –
senza però che nessuno dei nuovi arrivati abbia mai il compito
di sostituire chi li ha preceduti – la produzione discografica è
intensissima: dai primi due LP omonimi (uno singolo e uno
doppio), subito ristampati con i nomi LO GUARRACINO,
CICERENELLA e LA SERPE A CAROLINA, a NCCP DAL VIVO AL
TEATRO BELLI DI ROMA (1973), uno dei rari dischi dal vivo del
tempo, e LI SARRACINI ADORANO LU SOLE (1974) e così via: un
disco all’anno, fino al 1978.
Negli anni ’80 il terreno diventa poco fertile per la
riproposizione della cultura popolare tradizionale. E la
Compagnia accusa il colpo. Nel 1981 entra Francesco Faraldo
(pr.) e nel 1984 Carlo Faiello (cb.) e Michele Signore (vi., vl. e
altri strumenti), ma nello stesso anno lascia Trampetti e, nel
1987, Areni. Un solo album riassume quella fase, e sarà agli
albori del decennio: STORIE DI FANTANASIA. Poi più nulla per
ben undici anni. Occorre la nascita della nuova world music
perché la NCCP possa trarre nuova linfa vitale abbracciando la
cosiddetta “contaminazione” e guardando prima al
Mediterraneo, poi a Irlanda e Sudamerica. Nel 1992 esce
MEDINA, nome dell’antica porta di Napoli e simbolo
dell’incontro tra Oriente e Occidente. Nella Compagnia
intanto si succedono gli avvicendamenti: nel 1996 esce
Mauriello, la presenza più longeva, e nel 1998 Faraldo e
Faiello; fra i nuovi ingressi Antonio Romano (vc., dal 1991 al
1997), e poi Carmine Bruno (pr.), Gino Evangelista (ch., fl.),
Gianni Lamagna (vc., ch.), Pasquale Ziccardi (vc., bs., ch.) e
tanti strumenti nuovi provenienti da Paesi lontani. Una vera
svolta per l’ormai storico gruppo, sottolineata dalla
partecipazione a Sanremo 1992 con Pe’ dispetto (vincitore del
Premio della critica), dalle collaborazioni con Angelo
Branduardi, con Zulù (99 Posse), con Marcello Colasurdo, e
da una nuova partecipazione al Festival di Sanremo nel 1998
con Sotto il velo del cielo. Lo stesso anno salgono per la prima
volta sul palcoscenico romano del Primo Maggio. Nel nuovo
millennio la NCCP è ancora in giro per il mondo,
confezionando album di rilievo come LA VOCE DEL GRANO
(2001) e CANDELORA (2005). (a.pi.)
DISCOGRAFIA

NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE (SIF/RAR 1971,


ristampato nel 1972 come Lo Guarracino, Ricordi, 1972)
NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE (SIF/RAR 1972,
doppio, ristampato in due LP separati intitolati
CICERENELLA, Ricordi 1972, e LA SERPE A CAROLINA, Ricordi
1972, con esclusione del brano La rumba degli scugnizzi)
NCCP (DAL VIVO AL TEATRO BELLI DI ROMA) (EMI 1973)
LI SARRACINI ADORANO LU SOLE (EMI 1974)
TARANTELLA CAN UN VÀ BBONA (EMI 1975)
LA GATTA CENERENTOLA (EMI 1976, dallo spettacolo
teatrale omonimo)
11 MESI E 29 GIORNI (EMI 1977)
LA CANTATA DEI PASTORI (EMI 1977, dallo spettacolo
teatrale omonimo)
AGGIO GIRATO LU MUNNO (EMI 1978)
STORIE DI FANTANASIA (Panamusic 1981)
MEDINA (CGD 1992)
TZIGARI (CGD 1995)
INCANTO ACUSTICO (CGD 1996)
PESCE D’‘O MARE (EMI 1997, ristampato nel 1998 con
l’aggiunta del brano di Sanremo Sotto il velo del cielo)
LA VOCE DEL GRANO (Forrest Hill Records 2001)
CANDELORA (Rai Trade - Tzigari Music 2005)
PESCE D’‘O MARE. Splendida summa della versione “anni
’90” della Compagnia, che ha abbracciato pienamente la
world music: fra tammorre e mandoloncelli suonano
tamburi celti, whistle e bouzouki irlandesi, mentre ai ritmi
del Sud Italia si alternano quelli di altre latitudini.
Significativa la presenza della voce di Angelo Branduardi.
Un disco emozionante, splendente di gioielli come Terra,
Senza pietà, la stessa, variegata Pesce d’‘o mare,
Tarantella del Gargano, Senza pietà.

I NUOVI ANGELI
Il pianista-cantante Pasquale “Paky” Canzi, dopo alcuni
dischi editi come “Paky & Paky”, forma nel 1966 i Nuovi
Angeli con Alberto Pasetti (ch.), Renato Sabbioni (bs.), e
Ricky Rabaioli (bt.), sfruttando l’onda del beat. Inizialmente il
repertorio è costituito da cover fra cui Per vivere insieme
(Happy Together dei Turtles), Una caverna (I Can’t Control
Myself dei Troggs) e L’orizzonte è azzurro (Sunny Afternoon
dei Kinks). Il successo arriva però con brani molto più leggeri,
a partire da Ragazzina ragazzina del ’69, Il dubbio e Color
cioccolata del ’70. Con il nuovo decennio, e l’ingresso del
chitarrista Mauro Paoluzzi, c’è un’impennata di vendite con
Donna felicità (1971), di cui è coautore Roberto Vecchioni,
così come dei successi dell’anno seguente, sempre molto
disimpegnati, Singapore e Uakadi Uakadu. Nel ’73 Anna da
dimenticare (di Paolo Limiti e Renato Pareti) è l’ultimo acuto.
Un anno più tardi Vecchioni scrive per loro un disco più
impegnativo, il concept STASERA CLOWNS, che però non avrà
riscontri. Dopo la metà degli anni ’70 hanno un deciso calo di
notorietà e a poco a poco se ne perdono le tracce. Negli anni
’80 I Nuovi Angeli si riformano con il solo Canzi,
accompagnato da nuovi elementi, mentre nei primi anni ’90
esce VOLIAMO ANCORA, antologia con nuovi arrangiamenti.

NUOVO CANZONIERE ITALIANO


Movimento socioculturale, formatosi nel 1962 grazie a
Gianni Bosio, storico e studioso del movimento operaio, e
all’etnomusicologo Roberto Leydi. Il loro intento, messo in
pratica fin dal primo numero della rivista “Nuovo Canzoniere
Italiano”, pubblicata nel luglio 1962 a Milano, è quello di
riscoprire la tradizione dei canti sociali e politici italiani, fino
ad allora rimasti quasi completamente sconosciuti, e visti
come espressione del mondo popolare e proletario.
Sulla scia dei fondamentali studi etnologici di Ernesto De
Martino e del lavoro svolto negli anni precedenti a Torino dal
gruppo Cantacronache, attorno al Nuovo Canzoniere Italiano
si raccolgono nel corso degli anni vari studiosi e ricercatori.
Mentre due dei protagonisti di Cantacronache, Sergio
Liberovici ed Emilio Jona, aderiscono solo per brevissimo
tempo, via via daranno il loro contributo Tullio Savi, Michele
L. Straniero, Cesare Bermani, Dante Bellamio, Franco
Coggiola, Alberto Maria Cirese, Riccardo Schwamenthal,
Franco Castelli, Sandro Portelli. Tra i numerosi musicisti e
interpreti: Fausto Amodei, Sandra Mantovani, Ivan Della Mea,
Giovanna Daffini, Rudi Assuntino, Giovanna Marini, Maria
Teresa Bulciolu, Luciano Berio, Caterina Bueno, il Gruppo
Padano di Piadena, Peppino Marotto, Paolo Ciarchi, il
Canzoniere Popolare Veneto (con Gualtiero Bertelli e Luisa
Ronchini), Paolo Pietrangeli, Alberto D’Amico, il Canzoniere
Pisano (con Pino Masi e Piero Nissim), il Canzoniere del
Lazio (con Piero Brega, Francesco Giannattasio, Sara
Modigliani, Carlo Siliotto), Alfredo Bandelli, il Gruppo E Zezi
di Pomigliano d’Arco.
Il NCI realizza una serie di spettacoli di canto popolare, una
parte dei quali viene incisa e pubblicata dai Dischi del Sole. La
rappresentazione più clamorosa avviene, grazie all’intervento
di Nanni Ricordi, dal 21 al 29 giugno 1964 alla settima
edizione del Festival dei Due Mondi di Spoleto con “Bella
ciao. Un programma di canzoni popolari italiane” a cura di
Roberto Leydi e Filippo Crivelli. Gli interpreti sono Sandra
Mantovani, Giovanna Daffini, Giovanna Marini, Maria Teresa
Bulciolu, Caterina Bueno, Michele L. Straniero, Silvia
Malagugini, Cati Mattea, Gruppo Padano di Piadena e Gaspare
De Lama. Lo spettacolo scandalizza il pubblico chic, poco
avvezzo al tono dei canti politici e antimilitaristi riscoperti dal
movimento (dalla platea una signora bene esclama: “Non ho
pagato mille lire per sentir cantare la mia donna di servizio”).
Addirittura per il testo di O Gorizia tu sei maledetta i
responsabili dello spettacolo sono incriminati per vilipendio
dell’esercito, ma gli incidenti e la denuncia portano notorietà
al Nuovo Canzoniere Italiano e alla collana dei Dischi del
Sole.
Del 1966 è lo storico “Ci ragiono e canto”, curato da
Bermani e Coggiola per la regia di Dario Fo, che vede come
interpreti Rosa Balistreri, Caterina Bueno, Paolo Ciarchi,
Franco Coggiola, Giovanna Daffini, Ivan Della Mea, Silvia
Malagugini, Giovanna Marini, Cati Mattea, il Gruppo Padano
di Piadena e il Coro del Galletto di Gallura. La prima
rappresentazione è al Teatro Carignano di Torino. Il lavoro
ribadisce l’impressionante opera del Nuovo Canzoniere, che
riporta alla luce canti completamente dimenticati di ogni
regione d’Italia e d’origine diversa, dal Risorgimento alla
Resistenza. Le esperienze e le scoperte del movimento sono
raccolte dalle origini ai nostri giorni dall’Istituto Ernesto De
Martino, fondato nel 1966 da Gianni Bosio e successivamente
presieduto da Franco Coggiola, che custodisce un archivio
approfondito con materiale sonoro e storico del movimento
popolare e operaio italiano. Nello stesso 1966 Leydi si stacca
definitivamente dal gruppo per contrasti sulla linea di politica
culturale da perseguire. Nel 1967, sempre per dissidi politici e
gestionali, si allontanano anche Nanni Ricordi e Dario Fo,
quindi Ivan Della Mea che però rientrerà quattro anni dopo.
Nel 1971 muore Gianni Bosio, anima del collettivo. Gli verrà
intitolata l’importante sezione romana del NCI. L’attività
continua comunque intensissima, sia discografica sia per
quanto riguarda la produzione di spettacoli, fino a una crisi
coincidente con il movimento del 1977-78, dalla quale
l’Istituto De Martino comincia a uscire solo nei primi anni ’90,
specie con il trasloco da Milano a Sesto Fiorentino nel 1995.
L’anno seguente scompare però Coggiola, sostituito da Della
Mea. Nel 1997 Cesare Bermani – che nel 1978 aveva raccolto
in volume i numeri della rivista “Il Nuovo Canzoniere
Italiano” dal 1962 al 1968 – pubblica il libro “Una storia
cantata. 1962-1997: trentacinque anni di attività del Nuovo
Canzoniere Italiano”. Gran parte dei dischi del movimento
sono stati ristampati in CD dall’etichetta discografica Ala
Bianca. Il Nuovo Canzoniere Italiano, pur diradando molto
l’attività, non ha mai cessato di esistere. (e.d.a. - a.pc.)
DISCOGRAFIA (album collettivi del NCI)

La Prima Internazionale (I Dischi del Sole 1964)


LE CANZONI DI “BELLA CIAO” (I Dischi del Sole 1965)
IL VIETNAM È QUI (I Dischi del Sole 1965)
ADDIO PADRE (I Dischi del Sole 1966)
CI RAGIONO E CANTO (I Dischi del Sole 1966)
FOLK FESTIVAL 1 (I Dischi del Sole 1966)
CANTI DEI LAGER (I Dischi del Sole 1966)
ADDIO LUGANO BELLA (I Dischi del Sole 1967)
AVANTI POPOLO ALLA RISCOSSA (I Dischi del Sole 1967)
L’ORDINE NUOVO (I Dischi del Sole 1967)
FOLK FESTIVAL 2 (I Dischi del Sole 1968)
LE CANZONI DE “LA GRANDE PAURA” (I Dischi del Sole
1971)
COMPAGNO VIETNAM (I Dischi del Sole 1972)
PIETÀ L’È MORTA. CANTI DELLA RESISTENZA ITALIANA 1 (I
Dischi del Sole 1974)
CON LA GUERRIGLIA. CANTI DELLA RESISTENZA ITALIANA 2 (I
Dischi del Sole 1974)
O
OFFLAGA DISCO PAX
Il caso degli Offlaga Disco Pax è in un certo senso
esemplificativo delle possibilità offerte a un nuovo gruppo dal
web. Formatosi nel 2003 a Reggio Emilia dall’incontro tra
Enrico Fontanelli (ts., bs.), Daniele Carretti (ch.) e Max
Collini (vc.), dopo solo pochi concerti il trio si è
improvvisamente trovato al centro dell’attenzione nel
momento in cui un anonimo fan ha deciso di diffondere in rete
la registrazione di un loro concerto. Grazie al passaparola
creato da blog e webzine, la formazione si è saputa creare un
seguito fedele, che ne segue ogni uscita come un evento e, in
larga parte, ne ha acquistato il disco di debutto, SOCIALISMO
TASCABILE (PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE), uscito per
Santeria nel 2005. Un concentrato di indie rock ed elettronica
a bassa fedeltà, su cui la voce narrante di Collini scandisce
racconti di vita vissuta, che si tratti della fine di un amore (De
Fonseca) oppure di ricordi degli anni ’70 e di un’Italia –
nonché di una versione tutta emiliana del comunismo – ormai
andata per sempre (Khmer rossa, Robespierre, Cinnamon).
Notevoli i riscontri di critica, culminati nella vittoria del
premio “Fuori dal Mucchio” e del “Premio Ciampi” come
miglior disco di esordio.

ONDA ROSSA POSSE


Collettivo romano, iniziatore del movimento hip hop
italiano e in italiano. Tutto nasce nel 1988 quando Castro X e
Militant A trasmettono un programma di rap da Radio Onda
Rossa. Formano poi Onda Rossa Posse con Brutopop.
Dall’ascolto dei Public Enemy nascono le prime rime in
italiano, e poi la storica Batti il tuo tempo che diventa l’inno
del movimento studentesco della Pantera (“batti il tuo tempo/
per fottere il potere”). Nel 1990 esce anche un mini album
autoprodotto con lo stesso titolo e contenente cinque brani, tra
cui Categorie a rischio. Musicalmente l’approccio è molto
acerbo – prevalgono l’irruenza, il messaggio – ma in breve il
disco, senza utilizzare i canali distributivi commerciali, arriva
a 10.000 copie. Dopo la cassetta “Baghdad 1.9.9.1.”, contro la
guerra del Golfo, l’esperienza come Onda Rossa Posse si
ferma, ma partorirà Assalti Frontali, AK 47 e altri progetti.
“Batti il tuo tempo” sarà il titolo di un film sul rap italiano,
con la regia di Sergio Bianchi, Manolo Luppichini e Nanni
Balestrini. Nel 2006 l’album BATTI IL TUO TEMPO viene
ristampato in CD da Radio Onda Rossa per l’etichetta
Produzioni dal basso.

MARCO ONGARO
Quintessenza della canzone d’autore, mondo in cui si
ritaglia con il tempo il ruolo di outsider, nasce a Verona nel
1956 e debutta nel 1987 con AI, Targa Tenco per l’opera
prima. Nel 1990 pubblica SONO BELLO DENTRO e partecipa, al
Teatro Argentina di Roma, a un tributo a Piero Ciampi, con Il
vino. Nello stesso anno incide ARCHIVIO POSTUMIA e, nel 1991,
EPTALOGIA, le sue massime prove, che però vedranno la luce
solo nel 2005 in un solo CD (prende corpo così la sua ironica
idea di essere il “primo cantautore postumo ancora in vita”).
Dopo una breve esperienza con il gruppo Le Vittime del Sesso,
nel ’95 pubblica CERTI SOGNI NON SI AVVERANO e si ritira dalle
scene. Ritorna nel 2000 come “autore su commissione”
scrivendo l’ottimo LASCIATEMI VIVERE per Grazia de Marchi e
nel 2002 SHAKESPEARIANA per Giuliana Bergamaschi. Nello
stesso anno esce a suo nome DIO È ALTROVE, inciso su moduli
rock blues con La Scorta. Fanno seguito due dischi sul
degrado ambientale, SPORCO MONDO (2003), ancora per Grazia
De Marchi, e il suo ESPLOSIONI NUCLEARI A LOS ALAMOS (2004),
con La Scorta. Autore in senso ampio, ha pubblicato anche
due libri, “Visto e considerato” nel 2002, con Massimo
Rubulotta, e “Fughe 1” nel 2004 (entrambi per Bonaccorso
Editore), vari testi per il teatro e persino brani dance, con lo
pseudonimo “O’gar”.

GIANCARLO ONORATO
Figura di grande interesse del panorama italiano, non solo
musicale ma più in generale artistico, poiché divide la sua
attività, ormai quasi trentennale, tra musica, letteratura e
pittura. Nasce a Monza nel 1960 e negli anni ’80 è leader degli
Underground Life. Esordisce a proprio nome (e con la grafia
“gianCarlo Onorato”) con IL VELLUTO INTERIORE, nel 1996.
Con questo album e con i successivi IO SONO L’ANGELO (1998)
e FALENE (2004) riceve larghi consensi dalla critica
specializzata. Onorato è artista dissacrante per certi versi ma
intenso e passionale, con sensibilità e delicatezza sopraffine.
Nelle liriche si caratterizza per una felice vena, come
dimostrano anche il romanzo “Filosofia dell’aria”, del 1988, e
il racconto “L’officina dei gemiti”, del 1993. Nel 1999 i
racconti, riuniti sotto il titolo “L’ubbidiente giovinezza -
racconti di luce”, accompagnano, sotto forma di letture-
concerto, una personale di pittura. Nel 2006 un’interpretazione
musicata del poemetto “Ad Amelia Rosselli” viene allegata al
volume “Devi chiamarmi sempre” di Anna Lamberti Bocconi.
Onorato è anche direttore artistico di vari festival e del disco
tributo COME FIORI IN MARE – LUIGI TENCO RILETTO (2001).

OPUS AVANTRA
Opus come opera, Avan come avanguardia e Tra come
tradizione: gli Opus Avantra, partendo dalla fusione di questi
elementi e con qualche accenno di progressive nascono nel
1973 a Venezia per iniziativa della soprano Donella Del
Monaco (nipote del celebre tenore Mario Del Monaco) e del
tastierista Alfredo Tisocco (anche compositore). Con loro
collaborano il filosofo Giorgio Bisotto, il produttore Renato
Marengo e vari altri musicisti come Toni Esposito e il
batterista Paolo Siani. INTROSPEZIONE (chiamato anche OPUS
AVANTRA - DONELLA DEL MONACO) nel 1974 è un concept basato
su atmosfere classiche e sulla vocalità della cantante, che non
partecipa però al successivo LORD CROMWELL (PLAYS SUITE FOR
SEVEN VICES), sostituita da un coro. Proseguirà a suo nome con
12 CANZONI DA BATTELLO nel 1977 e SCHOENBERG KABARETT
nel 1978, mentre Tisocco già nel 1975 pubblica KATHARSIS
con il Gruppo Italiano di Danza Libera. Tornano come Opus
Avantra nel 1989 per STRATA (preparato in realtà nel decennio
precedente ma mai pubblicato) e nel 1995 per LYRICS. Nel
2003 in OMEGA, un cofanetto con dischi loro e RITAGLI
D’ANIMA e BALLET COLLECTION di Tisocco, compare anche un
live inedito, mentre con Paolo Troncon al posto di Tisocco
esce VENETIA ET ANIMA nel 2004. La sola Del Monaco a
proprio nome pubblica anche SHAKESPEARE BALLETT.

ORME
Gruppo dalla ormai lunghissima storia, il cui periodo
migliore si colloca nell’ambito del rock progressivo, nella
prima metà degli anni ’70. Costituitisi nel 1966, incidono
l’anno dopo il primo 45 giri Fiori e colori, seguito da Senti
l’estate che torna (1968) e dall’LP AD GLORIAM (1968), il tutto
con una matrice beat. Con la formazione ormai stabilizzata nel
tipico “power trio” – accanto al fondatore Aldo Tagliapietra
(1945, vc., bs., ch.), Antonio Pagliuca (1946, ts.) e Michele
Dei Rossi (1947, bt.) – il balzo sia qualitativo che
commerciale avviene con COLLAGE (1971). Quarto elemento
fuori scena, ma importantissimo, è Giampiero Reverberi,
musicista e produttore del gruppo per gran parte del decennio.
Nel 1972 partecipano alla rassegna “Controcanzonissima”
tenuta al Piper di Roma, pubblicano UOMO DI PEZZA (con la
nota Gioco di bimba) e nel 1973 FELONA E SORONA, un concept
album che li fa conoscere in Inghilterra (con i brani tradotti da
Peter Hammill) grazie a un tour. Le Orme propongono brani
articolati e talora complessi, con riferimenti alla musica colta
europea che vanno dalla metà del XVIII secolo sino allo
sperimentalismo elettronico del Novecento. Da rimarcare la
voce evocativa di Tagliapietra e la fantasia compositiva di
Pagliuca, che supplisce così alle carenze tecniche
tastieristiche. Gli album incisi fino a questo momento arrivano
ai primi posti delle classifiche, così come il modesto IN
CONCERTO (1974), primo live di un gruppo italiano, a cui fanno
seguito CONTRAPPUNTI (1974), interessante quanto poco
considerato, e SMOGMAGICA (1975), registrato negli USA. Il
1976 è l’anno del successo del singolo Canzone d’amore e
dell’LP VERITÀ NASCOSTE, come il precedente seguito da uno
scenografico tour teatrale. A fine decennio – dopo STORIA O
LEGGENDA (1977), un nuovo singolo di successo, Regina al
Troubador, e l’avvicendamento, dal 1975 al 1981, dei due
chitarristi Tolo Marton e Germano Serafin – il gruppo va
controcorrente rispetto alle mode musicali con FLORIAN
(1979), che presenta musica da camera acustica e vince il
Premio della critica discografica. Il decennio seguente vede il
gruppo attraversare una composita crisi artistica e interna tra i
componenti, testimoniata da lavori mediocri (nel 1980
PICCOLA RAPSODIA DELL’APE e nel 1982 VENERDÌ, trainato da
Marinai, presentata a Sanremo, dove la band torna anche nel
1987), da una lunga pausa e dall’LP ORME (1990), prodotto da
Mario Lavezzi. Dopo l’uscita di Pagliuca, le Orme divengono
un quartetto, con Francesco Sartori (pn.) e Michele Bon (ts.):
con questo valido organico pubblicano IL FIUME (1996),
contenente la suite omonima che ottiene critiche positive e
rilancia il gruppo nell’ambiente progressivo. Partecipano
quindi a vari festival dedicati al genere (Messico City,
Barcellona), ottenendo un riscontro maggiore in campo
internazionale che in Italia, dove il gruppo è ingiustamente
confinato in un ambito ristretto. Nel 2001 esce ELEMENTI (con
Andrea Bassato al posto di Sartori), che nulla aggiunge e nulla
sottrae, con una proposta gradevole ma accademica. Nel 2004
è la volta di L’INFINITO, ancora nel genere progressive,
proposto nell’estate del 2005 al Prog Festival di Los Angeles.
Nello stesso anno torna in auge la loro Canzone d’amore,
ripresa dagli Aeroplanitaliani.

OSANNA
Gruppo progressive napoletano. Dopo esperienze come
Battitori Selvaggi, Volti di Pietra, Città Frontale, la formazione
si assesta nel 1971 con il nome Osanna e l’ingresso di Elio
D’Anna (fl., sx.), che affianca Danilo Rustici (ch.), Lino
Vairetti (vc.), Lello Brandi (bs.) e Massimo Guarino (bt.).
Nello stesso anno si mettono in evidenza al Festival romano di
Caracalla e a quello d’Avanguardia e nuove tendenze di
Viareggio. Elementi caratteristici del gruppo sono i fiati e i
testi a sfondo sociale, politico ed ecologico, cantati in italiano,
inglese e napoletano. Esordiscono con il concept L’UOMO
(1971), nel quale vi è una buona diversificazione dei brani, che
usano stilemi progressive spruzzati da musica napoletana e da
accenni a danze popolari. Divengono la band partenopea più
importante e una delle più promettenti a livello nazionale,
caratterizzata anche dalle esibizioni con i visi mascherati o
truccati, in qualche modo precursori dei Genesis. Nel 1972
pubblicano il non del tutto riuscito PRELUDIO, TEMA,
VARIAZIONI, CANZONA, colonna sonora del film “Milano calibro
9”, nel quale le sette “variazioni” sono composte dal gruppo e
i rimanenti tre brani da Luis Bacalov. Il loro lavoro più
rilevante, PALEPOLI (1973), scritto da Vairetti e Rustici, è
dedicato all’antica Napoli e composto da due suite, Oro caldo
e Animale senza respiro, e dalla breve Stanza città. È un’opera
rock, in origine doppia, proposta in un lungo tour teatrale che
mescola musica, danza, mimica e proiezioni. Nel medesimo
anno sono tra gli organizzatori del festival pop “Be In” di
Napoli, fatto insolito per un gruppo dell’epoca. Sono all’apice
della carriera sia per la critica che per il pubblico, ma quando
incidono LANDSCAPE OF LIFE (1974) il gruppo si è di fatto
ormai sciolto e l’LP viene registrato per onorare l’impegno
contrattuale. Nel 1978 esce SUDDANCE, con un nuovo organico
e tendenze jazz rock e funky di moda, ma senza riscuotere
consensi: la più importante stagione del progressive italiano è
passata. I singoli componenti proseguono in differenti attività
e in vari gruppi (Il Cervello, gli Uno, i redivivi Città Frontale);
le parziali reunion producono TAKA BOOM (2001), con riletture
del repertorio e alcuni inediti, e LIVE UOMINI E MITI (2004),
registrato al Teatro Mediterraneo di Napoli.

883
vedi Max Pezzali

ANNA OXA
Camaleontica interprete, fortemente legata al Festival di
Sanremo a cui deve una popolarità peraltro quasi mai
suffragata da vendite consistenti, Anna Oxa (vero cognome
Hoxha: è parente dell’ex presidente albanese), figlia di un
albanese e di un’italiana, nasce a Bari nel 1961. A 15 anni
esordisce con Fiorellin del prato, a 17 – con un look simil
punk e una certa grinta – conquista il pubblico di Sanremo con
un pezzo di Ivano Fossati e Guido Guglielminetti,
Un’emozione da poco. Al relativo album, OXANNA, seguono
nel 1979 e nel 1981 ANNA OXA (con Pagliaccio azzurro,
traduzione di Till It Shines di Bob Seger) e il Q-Disc
CONTROLLO TOTALE. A questo punto sceglie come produttore
Mario Lavezzi e un repertorio più melodico, con brani
mediocri. Fa eccezione nell’85 OXA, con i testi per quanto non
eccelsi di Roberto Vecchioni, tra cui A lei, presentata in una
delle numerose partecipazioni al Festival di Sanremo, centrate
più che altro su look molto studiati. Dell’anno seguente è È
tutto un attimo, con cui entra in classifica. Con Enrico
Montesano e poi Massimo Ranieri la Oxa presenta per due
anni il programma televisivo “Fantastico” e nel 1989 si
presenta a Sanremo a fianco di Fausto Leali con Ti lascerò,
che le vale la vittoria. Esce l’album TUTTI I BRIVIDI DEL MONDO,
con la canzone omonima, Elena e un altro duetto con Leali,
Avrei voluto.
Nel 1990 è ancora al Festival per sostituire all’ultimo
momento Patty Pravo, che si era rifiutata di cantare il brano
Donna con te. In seguito pubblica il primo album live, che
testimonia una tournée assieme ai New Trolls con cui lavora
già da qualche anno. Nel 1992 è la volta dell’LP DI QUESTA
VITA (con Mezzo angolo di cielo), mentre tra il 1993 e il 1994
Anna Oxa si dedica principalmente alle cover di cantautori con
qualche risultato di vendita, tornando alla pubblicazione di
inediti nel 1996 con ANNA NON SI LASCIA. È di nuovo a
Sanremo nel 1997 con Storie e nel 1999 con Senza pietà,
premiata con il primo posto ma senza riscontri di vendita. Gli
anni successivi vedono prima una svolta pseudo etnica,
testimoniata dal brano (e l’album) L’eterno movimento,
presentato al Festival nel 2001, e una successiva vagamente
cantautorale, con Cambierò (Sanremo 2003) e il rispettivo CD
HO UN SOGNO. Dopo una tournée con Fabio Concato, torna
all’Ariston nel 2006 con la discussa Processo a me stessa, a
cui fa seguito LA MUSICA È NIENTE SE TU NON HAI VISSUTO, di
buon livello.
Una possente vocalità ma con un repertorio e arrangiamenti
spesso non di alto livello.
P
PFM
vedi Premiata Forneria Marconi

PGR
vedi CCCP

DANIELE PACE
Milanese di origini partenopee, nato nel 1935, esordisce
come cantautore nel 1962 per la CGD, che poi lo arruola tra
gli autori come paroliere. Comincia a scrivere soprattutto per
giovani artiste come Caterina Caselli (Nessuno mi può
giudicare e L’uomo d’oro) e Gigliola Cinquetti, rivelando una
vena popolareggiante, che porta anche al successo
internazionale. Lo testimoniano La pioggia (scritta per “Ola”),
Uno tranquillo (per Riccardo Del Turco e poi gli inglesi
Tremeloes), Quando m’innamoro (per Anna Identici) e Alla
fine della strada (per i Casuals e poi Tom Jones). Pace forma
con Panzeri e Pilat un trio di autori assai noto, del quale si
giovano in molti, ad esempio Orietta Berti con Fin che la
barca va. Nel 1971, assieme a Giancarlo Bigazzi, Totò Savio
ed Alfredo Cerruti, costituisce gli Squallor. È un’esperienza
fruttuosa che lo spinge a fare il cantautore come agli inizi, con
VITAMINA C (1979), che contiene Che t’aggia fa’, sigla del
varietà TV “La sberla”. Nello stesso anno scrive E la luna
bussò per Loredana Bertè e A me mi piace vivere alla grande
con Franco Fanigliulo, mentre del 1981 è Sarà perché ti amo
per i Ricchi e Poveri. Scompare a soli cinquant’anni,
nell’ottobre del 1985.

ROY PACI
Virtuoso della tromba, ma soprattutto musicista completo
(arrangiatore, compositore, cantante), è una sorta di incrocio
tra Fred Buscaglione e i Blues Brothers. Cresce con il jazz ma
miscela le componenti più svariate della musica in modo
fresco, energetico, divertente. Siciliano di Augusta (dove è
nato nel 1969), appena tredicenne è già prima tromba della
Banda comunale della sua città, quindi milita in vari gruppi
jazz. Passati i vent’anni, si trasferisce in Sudamerica, suona
nella Big Band di Stato in Argentina, passa alle Canarie e
suona la makossa in Senegal con il gruppo di Papa Matelot. Il
suo vagabondaggio continua felicemente a livello stilistico,
una volta tornato nel nostro Paese: dallo ska con i Persiana
Jones alla patchanka con i Mau Mau, dalle contaminazioni
balcaniche/klezmer con il quartetto Taranta al jazz core con gli
Zu, sino alle marce funebri del sud con la Banda Ionica (con
cui realizza PASSIONE e MATRI MIA). Nel 1999 fonda l’etichetta
Etnogigante. Richiestissimo come trombettista, suona fra gli
altri con Africa Unite, Parto delle Nuvole Pesanti, Ivano
Fossati, Vinicio Capossela, Giorgio Conte , Eric Mingus e
persino, sia su disco che dal vivo, con Manu Chao. Inizia una
carriera solistica nel 2001 con BACIAMO LE MANI, mix di ska e
melodie mediterranee uscito a nome di Roy Paci & Aretuska, e
da lì diviene beniamino di pubblico (anche grazie a varie
partecipazioni TV) e critica, favore che gli è confermato anche
dai successivi TUTTAPPOSTO (2003) e PAROLA D’ONORE (2005).
Intanto, fra le moltissime altre esperienze, nel 2004 crea il
progetto Corleone (con l’album WEI-WU-WEI) in cui dà sfogo a
un approccio più legato all’improvvisazione. Ha partecipato, a
vario titolo, a più di 300 dischi.

PACIFICO
Luigi “Gino” De Crescenzo nasce a Milano il 5 marzo 1964
da padre napoletano e madre salernitana. Forma a 16 anni la
sua prima band, La Goccia. Dopo esperienze eclettiche (jazz,
rock, fusion) si laurea in scienze politiche e fonda (con Luca
Gemma) i Rossomaltese, di cui è chitarrista e compositore.
Dopo lo scioglimento del gruppo, nel 1999 compone la
colonna sonora del film “Sud Side Stori” e dello spettacolo
“Invece che all’una alle due” di Roberta Torre, cimentandosi
per la prima volta con la scrittura dei testi. Nel 2000 cerca di
farsi strada come autore, presentando un suo demo alle
etichette come il lavoro di un giovane artista di nome Pacifico,
finché il produttore Paolo Iafelice lo convince a pubblicare
come cantautore il CD PACIFICO (2001, ristampato nel 2002
con gli inediti Il presente e Il ballo) che è Targa Tenco per la
migliore opera prima. Nel disco, al lirismo e all’ironia si
accompagna una sapiente vena indie pop (come in Fine fine e
nel gioiellino alla Radiohead Lo sai che siamo uguali?). Le
mie parole si fa notare da Samuele Bersani, che reincide il
brano in CHE VITA! (2002) e lo invita a partecipare al relativo
tour (2003). Nel 2004 Pacifico è a Sanremo con l’ipnotica Solo
un sogno, che anticipa l’uscita dell’elegante e cantautorale
MUSICA LEGGERA (con Liberi gli occhi e A poche ore, con
cameo di Ivano Fossati). Nel 2006 esce DOLCI FRUTTI
TROPICALI (con L’inverno trascorre, Polifemo, Caffè insieme a
Petra Magoni, Da qui con Bersani), con copertina di Tanino
Liberatore: un affresco arioso e variopinto, tra malinconici
archi e arrangiamenti essenziali, delle sottili inquietudini del
quotidiano. Negli anni De Crescenzo ha collezionato una serie
invidiabile di collaborazioni: supporter di Kings of
Convenience, Cousteau, Silvestri, Avion Travel e Carboni, ha
lavorato ai radiodrammi della Barlumen, prodotto il croato
Aco Bocina e scritto, tra gli altri, per Gabriele Muccino
(Ricordati di me, colonna sonora dell’omonimo film, 2003),
Celentano (I passi che facciamo, 2002), Gianna Nannini (Sei
nell’anima, 2006), Banda Osiris, Bersani (Maciste, 2006) e
Frankie Hi-Nrg MC (il duetto AnimaNera, 2003), già coregista
e sceneggiatore del suo video Gli occhi al cielo.

HERBERT PAGANI
Nato a Tripoli nel 1944, Herbert Avraham Haggiag Pagani,
meglio noto come Herbert Pagani, durante gli anni ’60 ha una
certa popolarità per alcune canzoni, ma la sua attività è
multiforme: è stato infatti apprezzato poeta, scrittore, attore,
pittore e scultore nonché uno dei primi disk jockey di Radio
Monte Carlo. In campo musicale interpreta con estro brani
abbastanza insoliti per l’epoca. Il percorso inizia con
Lombardia (splendida rivisitazione di Le Plat Pays di Brel) e
l’album UNA SERA CON HERBERT PAGANI nel 1965, seguiti l’anno
dopo da Sai che basta l’amore, una delle prime canzoni
pacifiste in ambito beat. Nello stesso periodo traduce testi
prevalentemente di artisti francesi come Antoine e Michel
Polnareff, per cui cura la versione italiana di una storica
canzone beat, La bambolina che fa no, no, no… Nel ’68 e ’69
entra in classifica con Cin cin con gli occhiali e Ahi le Haway
(scritte con un giovanissimo Edoardo Bennato), ma il suo
gioiello è Albergo a ore del 1969, traduzione di una canzone
del 1956, Les amants d’un jour, del repertorio di Edith Piaf,
cantata poi da Gino Paoli e Ornella Vanoni. Il brano, censurato
dalla RAI per il tema (due amanti che si suicidano), ha però
scarso successo, come il secondo album, AMICIZIA, sempre del
’69, che vince comunque il Premio della critica discografica.
Intanto Pagani torna a tradurre e a scrivere testi per vari artisti,
ad esempio Maurizio, i Quelli, Battiato, Gaber, Bennato, e un
intero album dei Dik Dik, SUITE PER UNA DONNA
ASSOLUTAMENTE RELATIVA. Viste le difficoltà a imporsi in Italia
si trasferisce poi in Francia. Nel 1971 presenta a Parigi
“Concerto d’Italie”, con alle spalle uno schermo che proietta
suoi disegni. Due anni più tardi è la volta dell’opera
multimediale MEGALOPOLIS (su doppio album in Francia).
Dopo BALLATE DAL MARCO VISCONTI (1975) e PALCOSCENICO
(1976) e il testo, firmato con pseudonimo, di Profeta non sarò
portata al successo da Demis Roussos (1977), lascia la musica
e torna a dedicarsi ad altre arti e a un’attività politica in
Francia e Portogallo improntata al pacifismo e all’ecologismo.
Nel 1982 scrive il testo di Teorema per Marco Ferradini,
canzone che diventa un classico. Molti i progetti successivi
extra musicali. Scompare a Palm Beach nel 1988 in seguito a
leucemia, a soli 44 anni.

MAURO PAGANI
Figura pressoché unica nella musica italiana degli ultimi
decenni – produttore, strumentista, autore e solo negli ultimi
anni convinto cantante – Mauro Pagani nasce il 5 febbraio
1946 a Chiari (BS). Comincia con il violino e la musica
classica suonata in quartetto con il padre flautista, continua
con il rock’n’roll dei primi jeans e il flauto da autodidatta. Con
la maggiore età milita in gruppi come la Forneria
Marconi/Grown Ups e i JB Club, con il chitarrista Giorgio
Cordini che rimarrà fedele compagno di avventure. Si
trasferisce a Milano, si iscrive all’Università Statale (sua l’idea
delle storiche uova di vernice lanciate alla prima della Scala
nel ’69), e suona nei night con maestri come Vittorio
Bacchetta. La gavetta continua nel gruppo beat dei Dalton con
cui vive le prime esperienze in sala di registrazione. Il
progressive s’affaccia sulla scena mondiale con assoli di
violino e flauto, e a quel punto il suo fremente
polistrumentismo è provvidenziale. Nel 1970 partecipa al
primo album di Claudio Rocchi, IL VIAGGIO, e passa ai Quelli, i
turnisti preferiti della Ricordi. Con loro la prima occasione è –
ironia del destino – suonare l’ottavino per Fabrizio De André
ne LA BUONA NOVELLA, mentre il gruppo decide di lasciare le
balere per suonare progressive, diventando Premiata Forneria
Marconi: la band italiana più popolare del decennio, anche
all’estero. Il suo apporto è fondamentale, come strumentista,
autore dei testi, portavoce e più in generale per la spinta
innovativa. I suoi testi, pur pagando pegno alla musicalità del
gruppo, contengono già interessanti elementi letterari. Dopo
quattro album e vari tour europei e americani, nel 1976 –
quando è proclamato sesto miglior musicista del mondo dalla
critica giapponese – lascia la PFM, nei cui schemi (interni ed
esterni) sta ormai stretto, per dedicarsi allo studio e alla
riproposizione della musica etnica. Complici Demetrio Stratos
(con il quale aveva in progetto una nuova band) e il Gruppo
Folk Internazionale di Moni Ovadia, vive la Milano
d’avanguardia e scopre il bouzouki su cui mettere in pratica gli
ascolti e le letture fra Balcani, Persia, Andalusia.
Nel 1978 incide il primo disco da solista, frammentario ma
germinale, MAURO PAGANI, cui partecipano Area, Canzoniere
del Lazio, Teresa De Sio e altri; si tratta di un lavoro perlopiù
strumentale e contiene il suo primo pezzo mediterraneo,
Europa Minor, mentre La città aromatica ospita la PFM quasi
al completo. Nel biennio 1979-1980 compare in una dozzina
di dischi, fra cui ROCK AND ROLL EXIBITION con Stratos, Paolo
Tofani e altri (omaggio collettivo e giocoso a standard rock e
blues), l’album omonimo di Alia Musica (gruppo dedito allo
studio della musica medievale), mentre con il Canzoniere del
Lazio e l’esuberante scena jazz romana dà luogo all’etno-
ensemble Carnascialia, per un disco omonimo e un paio di
tournée. Intanto lavora in studio o dal vivo come strumentista
per Vasco Rossi (in VADO AL MASSIMO), Vecchioni, la Nannini,
Fortis, Bertoli e altri, e realizza la colonna sonora di “Sogno di
una notte d’estate” per Gabriele Salvatores (musical al Teatro
dell’Elfo che esce come film due anni dopo), anche qui con
elementi etnici in Disht e La luna. Di Salvatores, Pagani
musicherà in seguito anche i film “Puerto Escondido” (1992) e
“Nirvana” (1997). Nel 1981 stringe amicizia con Fabrizio De
André, che lo ingaggia per un tour. Con le sue musiche, i suoi
arrangiamenti e i testi genovesi di De André, nel 1984 nasce –
coprodotto dai due – CREUZA DE Mä, album capolavoro della
musica non solo italiana e probabilmente primo disco di world
music (“Il momento più importante della mia vita di musicista:
tante le ragioni. La mia prima vera produzione innanzitutto, le
mie prime canzoni scritte – non temi, melodie o intuizioni
disordinate, ‘canzoni’ – il primo lavoro con Faber, la prima
volta che tutto il lavoro fatto negli anni precedenti sulla
Musica del Mediterraneo trovava misteriosamente senso,
equilibrio, casa”). Nel 1988 si concede una parentesi
goliardica con l’estemporanea band I figli di Bubba: Nella
valle dei Timbales, da lui scritta, è presentata a Sanremo, per il
quale sarà membro della commissione artistica nel 2000.
L’anno dopo produce IL GIRO DEL MIO MONDO di Ornella
Vanoni.
Nel 1990, a sei anni di distanza da CREUZA DE MÄ e dopo
qualche progetto naufragato, con De André produce e scrive
testi e musiche di LE NUVOLE (che in origine sarebbe dovuto
uscire a due nomi) e partecipa alla seguente tournée del ’91 e
al relativo doppio album live. In prima persona Pagani torna
solo nel 1991 con il cantautorale PASSA LA BELLEZZA (con
Axum), ibrido e discontinuo ma che vince la Targa Tenco come
opera prima. Ai testi collaborano De André (Davvero davvero,
cantata in duetto) e Massimo Bubola. Dal 1976 al 2004 Pagani
prende parte a quasi cento titoli, come autore, produttore o
esecutore, fra canzoni e colonne sonore (come nel 1987 la
colonna sonora, scritta con De André, di “Topo Galileo” di
Beppe Grillo).
Soprattutto dagli anni ’90, Pagani diventa richiestissimo ed
efficace produttore, da Nada (DOVE SEI SEI) a Enzo Jannacci
(L’UOMO A METÀ). Di particolare rilievo i lavori con Massimo
Ranieri OGGI O DIMANE, NUN È ACQUA e ACCUSSÌ GRANDE,
riletture di classici napoletani, mentre risultano più sfocati
quelli per Roberto Vecchioni, IL LANCIATORE DI COLTELLI e
ROTARY CLUB OF MALINDI. Intanto collabora come esecutore e
mentore con nuovi esponenti della musica italiana come
Timoria, Bluvertigo, Almamegretta, Cristina Donà, si occupa
di jingle pubblicitari (anche questi spesso premiati), nel 1998
rileva i gloriosi Studi Regson di Milano, ribattezzandoli
Officine Meccaniche e nel 2000 si occupa della supervisione
artistica di “Faber -Amico Fragile”, concerto all star di tributo
a De André, uscito nel 2003 su doppio CD. È direttore artistico
di vari festival, fra i quali il concerto del Primo Maggio,
l’“Estate Fiorentina”, la “Città aromatica” di Siena. A questa
mole di lavoro si aggiungono innumerevoli concerti: propri,
altrui, con il supergruppo blues Slowfeet (con Franz Di
Cioccio, Vittorio De Scalzi, Paolo Bonfanti e Reinhold Kohl)
o in tournée; esemplare quella di Ligabue nel 2003
(documentata da GIRO D’ITALIA), la cui versione teatrale Pagani
impreziosisce di determinanti intarsi acustici. Dopo un
fantomatico album cestinato nel 1996 (PSYCHO P.), a titolo
personale tornerà a incidere solo nel 2003 con DOMANI, mentre
nel 2004 riprende CREUZA DE MÄ riarrangiandolo e cantandolo.
Il disco inaugura la sua etichetta Officine Meccaniche Music.
Pagani ha statura di intellettuale, è spirito indomito e
poliedrico, nonché riferimento capace di solcare generi e
generazioni. (e.de. - g.fa.)
DISCOGRAFIA

MAURO PAGANI (Ascolto 1978)


ROCK AND ROLL EXIBITION (Cramps 1979, con Demetrio
Stratos e Paolo Tofani)
SOGNO DI UNA NOTTE D’ESTATE (Fonit Cetra 1981, colonna
sonora)
PASSA LA BELLEZZA (Philips 1991)
DOMANI (nUn Entertainment 2003)
2004 CREUZA DE MÄ (Officine Meccaniche Music 2004)
DOMANI. Stratificato, coltivato a lungo senza trasformarsi in
un best delle mille passioni e delle mille esperienze. Tre
voci ospiti (Morgan, Raiz e Ligabue); affondi nella poesia e
nella letteratura (T.S. Eliot, Allen Ginsberg, Sandro
Penna…); istanze rock, pianoforti classicheggianti, magmi
elettronici, ritmiche profonde. Si apre inaspettatamente con
un pianoforte, continua egregiamente, ma soprattutto riporta
Pagani al piacere di fare l’artista “per sé”.
2004 CREUZA DE MÄ. Un atto d’amore, sincero e vitale, fatto
mescolando un live a Siena e il lavoro in studio. La rasposa
voce di Pagani evita il paragone con De André. Una trentina
i musicisti coinvolti da tutto il Mediterraneo; i sette brani
dell’84, ripresi inselvatichendo gli arrangiamenti, sono
affiancati da altre quattro tracce, fra cui l’inedito Neutte, il
cui testo (Alcmane, Sparta del VII secolo a.C.) faceva parte
di un progetto con De André mai realizzato.

VITO PALLAVICINI
Paroliere abile, prolifico e molto rapido, nasce a Vigevano
(PV) nel 1924. Inizia nel 1959 scrivendo (con Pino Massara)
Amorevole per Nicola Arigliano e Ghiaccio bollente per Tony
Dallara, ma il primo grande successo è Le mille bolle blu del
1961, con musica di Carlo Alberto Rossi, cantata da Mina e
Jenny Luna. Nel 1964 compone con Ezio Leoni Come potrei
dimenticarti per Tony Dallara e Ben E. King. L’anno seguente
comincia a scrivere canzoni per e con Pino Donaggio, tra cui
la celebre Io che non vivo (senza te). La sua fama è
testimoniata dalla considerevole presenza a Sanremo,
firmando anche sette brani in una singola edizione (come nel
1966). Nel 1967 scrive il testo di Nel sole per Albano.
Dall’anno dopo ha una breve ma fruttuosa collaborazione con
un ancora sconosciuto Paolo Conte (fra i brani più noti,
Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli e Tripoli 1969
per Patty Pravo) e anche con Giorgio Conte (Deborah per
Fausto Leali e Wilson Pickett). Negli anni ’70 è coautore di
Svalutation di Celentano. Tra i brani più recenti, Serenata per
Toto Cutugno, portata al Festival di Sanremo del 1984, e
Nostalgia canaglia per Al Bano e Romina, al Festival 1987.
GIULIANO PALMA AND THE
BLUEBEATERS
Cantante e membro storico dei Casino Royale, a metà anni
’90 Giuliano Palma dà vita con i Bluebeaters – formazione
nata dall’unione di membri di Casino Royale, Africa Unite e
Fratelli di Soledad quasi per gioco e come progetto parallelo –
a un’esperienza live che rilegge brani celebri con gusto
giamaicano, tra ska e bluebeat. Il nome Giuliano Palma and
the Bluebeaters rappresenta a tutti gli effetti una band di cui
Palma è il vocalist. Il gruppo (dopo che Palma ha abbandonato
i Casino Royale) propone su Internet, nel ’99, THE ALBUM,
pubblicato l’anno dopo dalla V2 con buoni esiti. Ma è
soprattutto il seguito live ad essere notevole, grazie anche,
nell’estate 2001, alla riproposizione assieme a Gino Paoli della
sua Che cosa c’è. Nello stesso anno esce il live THE
WONDERFUL LIVE, che conferma il culto cresciuto attorno alla
band grazie alla freschezza e alla vitalità della sua proposta.
Cantante dal timbro vocale particolarmente caldo e espressivo,
Palma dà intanto vita al progetto Soul Kingdom e nel 2002
tenta la carriera solistica con GRAN PREMIO, d’impronta reggae
e pop, ma senza particolari riscontri. Nel 2005 Giuliano Palma
and the Bluebeaters tornano con un nuovo album di cover,
LONG PLAYING, lanciato da Messico e nuvole di Paolo Conte.

PASQUALE PANELLA
Romano, nato nel 1950, autore di testi. Dopo alcune
esperienze come autore e attore di teatro d’avanguardia, ha il
suo primo approccio con la canzone nel 1976 con Enzo
Carella, per cui scrive vari testi, compresa Barbara che ha un
certo riscontro al Festival di Sanremo 1979. Scrive poi per
New Perigeo, Mina, Edoardo Vianello e altri. Nel 1983 Lucio
Battisti gli commissiona i testi di un album che sta
producendo, OH! ERA ORA, di Adriano Pappalardo, attirato dal
suo particolare stile di scrittura, tra nonsense e calembour. È
una sorta di prova generale della collaborazione compositiva
che produrrà gli ultimi album di Battisti, quelli dalla vena più
sperimentale, a partire da DON GIOVANNI, del 1986.
L’APPARENZA (1988), LA SPOSA OCCIDENTALE (1990), C.S.A.R.
(1992) e HEGEL (1994) costituiscono le prove successive di
questo complesso binomio, cui Panella contribuisce con parole
di deciso astrattismo, in alcuni casi geniali. Nel frattempo
scrive anche vari testi – più lineari e intelligibili – per Amedeo
Minghi, ad esempio per l’album SERENATA, del 1987, e la
celebre Vattene amore, cantata con Mietta al Sanremo 1990, la
canzone del “trottolino amoroso”.
Nel 1992 scrive le parole di Un pelo nell’uovo per
Zucchero, con cui collaborerà anche successivamente, mentre
dal 1994, concluso il rapporto con Battisti, compone per molti
artisti. Tra i più noti, Branduardi (Fou de Love), Morandi,
Mango, PFM, Cammariere. Riprende anche a lavorare con
Minghi, scrivendo fra l’altro tutti i testi di SU DI ME (2005). Per
Minimun Fax pubblica nel 1997 il romanzo “La corazzata” e
nel 1998 i racconti “Oggetto d’amore”. Nel 2002 è l’autore
della versione italiana de IL GOBBO DI NOTRE DAME di Riccardo
Cocciante. Dopo un insolito contributo sanremese per Mino
Reitano (La mia canzone, 2002) e nonostante le ripetute
dichiarazioni di voler chiudere i rapporti con la canzone,
continua l’attività con Anna Oxa (Processo a me stessa,
presentata a Sanremo 2006) e altri. Intanto si esibisce in
reading teatrali e nel 2005 è autore per il programma TV
“Tg2-MISTRà” dei “lanci”, raccolti poi nel volume “I Lanci
poetici - le Belle d’Italia - I Belli del Mondo”, realizzato con
Michele Bovi (Coniglio editore).
Panella, che in diversi casi ha firmato i brani con
pseudonimi, come Vanera e poi Duchesca, è personaggio
fortemente innovativo e provocatore, spesso defilato: la sua
figura è sovente dipinta come carismatica e per certi versi
imperscrutabile.

PANORAMICS
Gruppo di culto della scena napoletana degli anni ’80, i
Panoramics hanno vissuto momenti di buona visibilità, pur con
una scarna produzione discografica ufficiale. Inizialmente
ispirato dalla musica jazz, il quartetto napoletano – Marco
Alfano (ts.), Alfonso Moscato (sx., cl.), Luca Zarrillo (sx.),
Marco Eminente (bs.) – vira quasi subito verso un pop rock di
alta qualità, che se non regala il successo commerciale
permette loro di affermarsi presso la critica accreditata. Con
l’ingresso di Fabio Innaro (ch.) realizzano la tape Song From
The Floating World, per poi partecipare, nel 1985, alla
trasmissione TV “Quelli della notte”, che li segnala al
pubblico nazionale. Nel 1988 Innaro esce dal gruppo per
fondare i Brat, e la band decide di mantenere la forma del
quartetto, con l’aiuto di contributi esterni. Con questa
formazione si dedicano nel 1989 al primo e ultimo album
ufficiale, BUGIE COLORATE, che si avvale della carismatica
presenza del newyorkese Robert Gordon. Seguono un mix
(Estrellita del 1990 a cui partecipa la cantante Gabriella
Rinaldi) e la partecipazione alla raccolta UNION (CGD 1990),
con la cover di Vecchio frac di Domenico Modugno.

MARIO PANZERI
Nato a Milano nel 1911, è uno degli autori storici della
canzone italiana. Sin dagli anni ’30 scrive testi e musiche di
numerosi successi popolari: Maramao… perché sei morto
(1939), Pippo non lo sa (1940), Il tamburo della banda
d’Affori (1943) sono i suoi primi brani celebri, detti “della
fronda”, poiché sospettati di un antifascismo – mai del tutto
ammesso – sul filo dell’ironia. La sua produzione continua
fitta, da Cantando con le lacrime agli occhi, per Oscar
Carboni, a È arrivato l’ambasciatore, per il Trio Lescano. Nel
1951 vince la prima edizione del Festival di Sanremo con
Grazie dei fior, interpretata da Nilla Pizzi, come l’anno dopo la
celeberrima Papaveri e papere, mentre Casetta in Canadà del
1957 è affidata a Carla Boni e Gino Latilla. Nel 1959 vince lo
Zecchino d’oro con Lettera a Pinocchio (poi ripresa da Johnny
Dorelli). Seguiranno brani di respiro soprattutto sentimentale
che godranno di grande fortuna con la diffusione degli
“urlatori”, primo fra tutti il Tony Dallara di Come prima. Negli
anni ’60 inizia una prolifica collaborazione con Daniele Pace,
e continua a sfornare successi come Non ho l’età, con cui
Gigliola Cinquetti vince il Festival nel ’64, Nessuno mi può
giudicare nel ’66 per Caterina Caselli, ma anche, per Orietta
Berti nel ’67, Io tu e le rose, su cui Luigi Tenco polemizzò
nella sua lettera di addio. Molti altri i brani scritti per la Berti,
compresa Fin che la barca va nel 1970. Panzeri continua a
comporre fino agli anni ’80

PAOLA E CHIARA
Sorelle, originarie di Milano dove sono nate rispettivamente
il 30 marzo 1974 e il 27 febbraio 1973, Paola e Chiara Iezzi
(fra l’altro, allieve di Roberto Vecchioni al liceo) esordiscono
come coriste degli 883 a metà anni ’90. Partecipano poi al
Festival di Sanremo nel 1997 con Amici come prima, che
vince nella sezione “Giovani” aprendo la strada all’album
d’esordio, CI CHIAMANO BAMBINE. Nel 1998 tornano a Sanremo
con Per te e pubblicano GIORNATA STORICA, ma è nel 2000 con
Vamos a bailar (dall’album TELEVISION) – testimone di una
svolta latina, oltre che decisamente sexy – che raggiungono il
grande successo. Nel 2002 FESTIVAL e nel 2004 BLU
sanciscono nuove tappe di una carriera altalenante sul piano
delle vendite, spesso costellata di episodi molto discussi, come
Kamasutra e il rispettivo video. Paola e Chiara tornano a
Sanremo nel 2005 con A modo mio, a cui segue GREATEST
HITS, antologia di una carriera improntata alla ricerca del
consenso e al pop più facile, nonostante i gusti personali delle
due sorelle siano anche di altro tipo.

GINO PAOLI
Quello che, per motivi anagrafico-cronologici, è considerato
con Umberto Bindi il capostipite della “scuola genovese”,
nasce in realtà il 23 settembre 1934 a Monfalcone (GO), dove
il padre Aldo, a sua volta toscano, è ingegnere navale. L’arrivo
a Genova è comunque precoce: Paoli vivrà in Liguria tutta la
parentesi bellica, nonché il resto della sua esistenza. Grazie ai
soldati americani fa scoperte come il chewing gum e,
soprattutto, il jazz. La musica in effetti lo attrae fin da ragazzo:
suona un po’ la tromba un po’ la batteria, un po’ si misura già
con il canto (“in jazz”, ci tiene a precisare). È però la pittura la
sua vera passione: dipinge tele intrise di un personale
espressionismo non esente da un che di modiglianesco e
svolge l’attività di grafico che lascerà solo nel 1962, a
successo ormai consolidato.
Il primo 45 giri data 1959 e contiene La tua mano e Chiudi.
È l’amico musicista Gianfranco Reverberi, da poco di stanza a
Milano in forza alla Ricordi (che ha deciso di aprirsi anche alla
musica leggera), a coinvolgerlo. Improvvisarsi cantante
sembra un affare: con quattro brani interpretati (quelli che
all’epoca stanno in un extended play) racimola quasi quanto in
un mese da grafico. Poi, poco a poco, ci prende gusto, e dopo
altri tre 45 giri in quello stesso anno (le musiche sono per lo
più di Reverberi, i testi di Giorgio Calabrese), nel ’60 aggancia
il primo successo (suo anche come autore), clamoroso quanto
inatteso: La gatta, dedicata alla soffitta in cui Paoli viveva.
Sempre del 1960 sono due capolavori assoluti quali Il cielo in
una stanza, portato al successo da Mina, e Sassi, mentre il ’61
è l’anno della prima partecipazione al Festival di Sanremo con
Un uomo vivo (esclusa dalla finale) e dell’incontro con Ornella
Vanoni. Per lei Paoli scrive Senza fine, e il sodalizio si allarga
anche al privato. Naturalmente sia Il cielo in una stanza che
Senza fine vengono incise anche dallo stesso Paoli (sono nel
suo primo album, sempre del ’61), che ne offre una lettura più
magra, prossima al recitativo. Il binario pressoché obbligato
lungo cui canalizzare le proprie pulsioni creative rimane
l’amore, tema mille volte rimasticato dalla canzone nostrana e
quindi quanto mai insidioso, per il rischio di scivolare nel già
detto, nel melenso. Con un procedimento di implicitazione
figurativa (guarda caso) prima ancora che tematica, lungo quel
binario Paoli riesce invece a esprimere mirabilmente ansie,
insoddisfazioni, appetiti in qualche modo comuni a una
manciata di colleghi (il citato Bindi, Lauzi, Endrigo, Tenco),
come lui capaci di srotolare quella matassa fatta più di
suggestioni, di allusioni, che non di affreschi espliciti, di
enunciazioni nitide. La metafora dei sassi corrosi nel brano
omonimo, il mordersi la coda, apparentemente senza sbocchi,
del valzer di Senza fine, la cappa opprimente e tuttavia
sublimata del famoso soffitto viola del Cielo in una stanza (di
una casa di tolleranza, come spiegherà molti anni dopo; e di
dove sennò?) non sono che alcuni rapidi esempi di tale modus
operandi, perseguito anche grazie a musiche quasi sempre in
sintonia con il palinsesto testuale, diade inestricabile almeno in
Senza fine, il cui abito musicale si fa autentica eco-
onomatopea di quanto espresso con le parole.
Il 1962 è l’anno del secondo LP, LE COSE DELL’AMORE, in cui
figurano fra l’altro le traduzioni di Ne me quitte pas di Brel e Il
faut savoir di Aznavour, mentre nel ’63 arrivano il clamoroso
successo di Sapore di sale (con assolo di sax tenore di un
ancora sconosciuto Gato Barbieri) e Che cosa c’è. Dopo un
tentato suicidio (la pallottola gli accarezza il cuore, e lì è
tuttora), nel ’64 Paoli va in finale a Sanremo con Ieri ho
incontrato mia madre, nel cui titolo (e relativo testo) la
“madre” era a monte una “moglie”, ma l’esplicito riferimento
all’adulterio (“sa che non sono più suo/ sa che ora vivo per
te”), status che rispecchia per di più quello dell’artista stesso,
non passa le maglie di una censura preventiva. I trent’anni
bussano alla porta: per i nuovi fruitori della canzone che
s’imbevono delle Pavone e dei Morandi, Paoli è di fatto un
“matusa”. Lui per primo lo capisce: aiuta qualche giovane di
talento (in primis Lucio Dalla), cura i suoi interessi di autore,
dirada di molto le apparizioni per occuparsi di un locale in
quel di Levanto.
Questa sorta di apartheid, pur sotto diversi coni d’ombra (o
di luce, secondo i punti di vista), durerà quasi vent’anni, nei
quali Paoli, oltre a non perdere il vizio di scrivere canzoni sue,
anche molto belle, si rivolge spesso ad altri: li traduce, o più
semplicemente li interpreta. A due colleghi arriva a dedicare
altrettanti lavori monografici: per il catalano Joan Manuel
Serrat nel 1974 realizza I SEMAFORI ROSSI NON SONO DIO, mentre
la scomparsa del livornese Piero Ciampi (1980) è celebrata da
un album, HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA, e relativo tour
teatrale. È, in fondo, la (lunga) vigilia del gran rientro, che si
consuma a partire dall’84 con LA LUNA E IL SIG. HYDE. Nel
mezzo, una serie di lavori non certo privi d’interesse. Il 1971
ce ne consegna ben due: LE DUE FACCE DELL’AMORE e
RILEGGENDO VECCHIE LETTERE D’AMORE. Se il secondo, come ci
dice il titolo, riunisce vecchie canzoni in una nuova mise, il
primo raccoglie la produzione più recente (in cui spicca Come
si fa) accanto a tre brani di Ciampi e l’imperdibile Albergo a
ore, traduzione (di Herbert Pagani) di Les amants d’un jour di
Edith Piaf. Nel 1972 esce AMARE PER VIVERE (con Bozzoliana,
Col tempo, da Léo Ferré, e Marcia nuziale, da Brassens via De
André), mentre dopo il lavoro su Serrat e un album in
genovese, nel 1977 arriva uno dei capolavori di Paoli: IL MIO
MESTIERE.

A partire da metà anni ’80, come detto, l’attività del


cantautore genovese riprende con il vento in poppa. LA LUNA E
IL SIG. HYDE, pronto da tre anni, trova finalmente una
produzione dignitosa, fuori dalla logica ottusa di chi
s’intestardisce a chiedere a Paoli sempre e soltanto le pur
gloriose icone degli anni d’oro. Il disco è sospinto da Averti
addosso, Targa Tenco come miglior canzone dell’anno, e Una
lunga storia d’amore, presente anche nel film “Una donna allo
specchio” con Stefania Sandrelli, di cui Paoli cura la colonna
sonora. All’inizio dell’85 un tour che rinverdisce l’antico
sodalizio con Ornella Vanoni rialza ulteriormente (e
definitivamente) le sue azioni: teatri esauriti ovunque e prime
pagine sui giornali, nonché un bel doppio live, INSIEME. Il
successivo album di inediti, COSA FARÒ DA GRANDE (1986),
conferma il momento propizio. L’iniziale Io ci sarò, la title
track e Ti lascio una canzone ne sono i brani trainanti. Più in
generale, lo attraversa una maggiore facilità rispetto al
precedente, con conseguente impennata nelle vendite.
Eletto deputato nel quinquennio 1987-92 per il PCI-PDS,
nell’89, all’indomani di un nuovo lavoro che segna il ritorno
all’ovile Ricordi, L’UFFICIO DELLE COSE PERDUTE, Paoli
partecipa al Festival di Sanremo dopo 25 anni con la notevole
Questa volta no, chiudendo l’anno con un nuovo doppio live.
In un’alternanza fra dischi più di contenuto (comunque sempre
premiati da buone vendite) e altri di maggior presa sul
pubblico, si approda, nel 1991, al fortunatissimo MATTO COME
UN GATTO, il cui brano di punta, Quattro amici (con cameo di
Vasco Rossi) vince il Festivalbar (da segnalare anche
l’antimilitarista Matto e vigliacco). Attraverso SENZA
CONTORNO SOLO… PER UN’ORA, intimo e jazzato, e il non
eccelso KING KONG, si arriva poi ad AMORI DISPARI (1995), in
cui spicca la duplice versione di I gatti si difendono così, e
APPROPRIAZIONE INDEBITA (1996), raccolta di brani altrui in cui
il meglio coincide con il solito Serrat di Penelope, L’amour est
comme un jour di Aznavour e Napule è di Pino Daniele (ma ci
sono anche Imagine, Cat Stevens, Jobim, il tema di
“Casablanca” con testo in napoletano ecc.). Il decennio si
chiude con POMODORI (1998), scritto interamente a quattro mani
con la moglie Paola Penzo. Oltre al brano omonimo, dai
bizzarri accostamenti testuali, si segnalano Cane nero, Babbo
Natale e Maria, Lacrime di coccodrillo, tutte tracciate con
mano più lieve e gioiosa, non di rado di sano gusto
popolaresco, e Noi che non ci siamo accorti, classica love song
paoliana, danzante, quasi carezzevole.
Del 2000 è PER UNA STORIA, che ai cavalli di battaglia di
sempre brillantemente riarrangiati per orchestra affianca tre
inediti; la title track, cantata dallo stesso Paoli al pari del Cielo
in una stanza, torna in un CD tributo in jazz che il pianista
Renato Sellani gli dedica l’anno dopo. Quello con il jazz è in
effetti un rapporto consolidato, per l’artista genovese: lui ama
il jazz e il mondo del jazz ama lui. Molte le riletture di suoi
brani in ambito jazz, in Italia e non: celebre la versione di
Senza fine incisa nel ’64 dal grande Wes Montgomery. Proprio
fra il 2001 e il 2002 questa antica passione porta Paoli a
frequenti incontri con gli uomini che il jazz, in Italia, lo
praticano ai massimi livelli. A parte Sellani, lo si vede spesso
accanto al trombettista Enrico Rava, in gruppo e con supporto
orchestrale. Il resto passa parecchio da Sanremo: quella del
Festival, dove nel 2002 Paoli sbarca per la quarta volta con Un
altro amore, ottenendo un terzo posto che verrebbe da definire
“alla carriera”, e quella del Club Tenco, dov’è di casa dalla
prima edizione (1974, quando gli viene assegnato il Premio
Tenco) e dove nel 2001 contribuisce con tre brani (tutti inseriti
nel CD che documenta l’evento) all’omaggio collettivo a
Sergio Endrigo, mentre nel 2002, quando il tema della
rassegna è la traduzione, rilegge da par suo il Brel di Non
andare via e il Joan Manuel Serrat del Manichino. Il 2002 è
anche l’anno di un nuovo album, SE, in cui, oltre a Un altro
amore, compaiono le varie All’Est niente di nuovo, Come fosse
normale, Padre papà ecc.
Nel 2004, la nuova puntata di una carriera non lontana dal
mezzo secolo coincide con un altro rendez-vous con Ornella
Vanoni: un album e un libro usciti in occasione dei settant’anni
di entrambi, e a seguire un lungo tour. Il disco s’intitola TI
RICORDI? NO, NON MI RICORDO (seguito l’anno dopo da un live) e
indulge un po’ troppo a quanto l’ascoltatore può attendersi
dalla rimpatriata: il vecchio amore mai sopito, le scaramucce, i
tradimenti, la bohème. Ci sono aperture melodiche fin troppo
facili, testi ammiccanti, non di rado banali. Si salvano le cose
più minimali: L’azzurro immenso per la sola Vanoni,
Annamaria per il solo Paoli (sei su dodici i brani in coppia). Il
libro, “Noi due, una lunga storia” (Mondadori), è una sorta di
lunga intervista incrociata raccolta da Enrico de Angelis e va
ad affiancarsi al notevole “Paoli” (Muzzio 1989) di Arnaldo
Bagnasco, mentre nel 2005 esce “Una lunga storia d’amore”,
libro (con DVD) di Gianni Borgna edito da Baldini Castoldi
Dalai. Il resto è una storia ancora tutta da scrivere.
(a.ba.)
DISCOGRAFIA

GINO PAOLI (Ricordi 1961)


LE COSE DELL’AMORE (Ricordi 1962)
BASTA CHIUDERE GLI OCCHI (RCA 1964)
GINO PAOLI ALLO STUDIO A (RCA 1965, dal vivo)
LE CANZONI PER “EMMETI” (CGD 1966)
GINO PAOLI AND THE CASUALS (CBS 1967; sul lato B brani
dei Casuals)
LE DUE FACCE DELL’AMORE (Durium 1971)
RILEGGENDO VECCHIE LETTERE D’AMORE (Durium 1971)
AMARE PER VIVERE (Durium 1972)
I SEMAFORI ROSSI NON SONO DIO (Durium 1974)
CIAO, SALUTIME UN PO’ ZENA (Durium 1975)
IL MIO MESTIERE (Durium 1977, doppio)
LA RAGAZZA SENZA NOME (Durium 1978)
IL GIOCO DELLA VITA (Durium 1979)
HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA (RCA 1980)
LA LUNA E IL SIG. HYDE (Five 1984)
INSIEME (CGD 1985, doppio dal vivo con Ornella Vanoni)
COSA FARÒ DA GRANDE (Five 1986)
L’UFFICIO DELLE COSE PERDUTE (Ricordi 1988)
GINO PAOLI ’89 DAL VIVO (Fonit Cetra/Ricordi 1989, doppio
dal vivo)
MATTO COME UN GATTO (WEA 1991)
SENZA CONTORNO SOLO… PER UN’ORA (WEA 1992)
KING KONG (WEA1994)
AMORI DISPARI (WEA 1995)
APPROPRIAZIONE INDEBITA (Fonit Cetra 1996)
POMODORI (Fonit Cetra 1998)
PER UNA STORIA (La grande lontra/Warner Fonit 2000)
GINO PAOLI LIVE @ RTSI (S4 2001, dal vivo, registrato nel
1980)
SE (La Grande Lontra 2002)
TI RICORDI? NO, NON MI RICORDO (Columbia 2004, con
Ornella Vanoni)
VANONIPAOLI LIVE (Columbia 2004, doppio dal vivo con
Ornella Vanoni)
GINO PAOLI. Album d’esordio, contiene i pezzi storici
dell’era Ricordi (oltre a quelli citati nel testo, Gli
innamorati sono sempre soli, Me in tutto il mondo,
Maschere, In un caffè, ecc.). Ovviamente introvabile, può
essere ottimamente surrogato da successive ristampe
(sempre con versioni originali) e raccolte (magari
abbracciando anche il periodo RCA), oppure dalle recenti
riletture contenute in PER UNA STORIA.
I SEMAFORI ROSSI NON SONO DIO. Tutto centrato su brani del
“cugino” Serrat, comprende almeno due pagine destinate a
connotare fortemente Paoli stesso: Mediterraneo, solare,
contagioso autoritratto in cui il mare di Barcellona arriva a
lambire del tutto naturalmente la costa ligure, e Il
manichino, cronaca surreale di un coup de foudre fra un
uomo in carne e ossa e una signorina di cartapesta. Altri otto
brani (fra cui La donna che amo, La libertà, Ma andate a…)
tracciano i contorni di un album memorabile.
IL MIO MESTIERE. Paoli individua un ruolo sociale al suo
essere artista della parola in musica: il suo è un “mestiere”,
necessario come quello dei sette artigiani effigiati sui
tarocchi in copertina. Di questo che non è azzardato definire
un concept album, Il mio mestiere, Madama malinconia, Al
gran ballo delle idee, e forse più di tutte Signora giorno,
dedicata a Billie Holiday e all’amore per il jazz, sono i titoli
di punta.
LA LUNA E IL SIG. HYDE. Al di là del tema dichiarato del
dubbio, lo snodo attorno a cui ruota il disco sembra essere la
rivendicazione di una solitudine atavica, irrinunciabile,
unica garanzia di intima autonomia contro i facili
mischiamenti. Paradigmatica in tal senso Col branco, ma
quanto mai indicative anche Averti addosso, Come un lupo,
La luna e il signor Hyde, sino al Finale che si chiude con un
“forse non ho più canzoni da inventare/ ma mi è rimasta la
voglia di cantare”, senz’altro emblematico.
L’UFFICIO DELLE COSE PERDUTE. Album molto domestico,
contiene verità non eclatanti, senza nulla del proclama,
abitato com’è dalle persone più vicine a Paoli nel
quotidiano. Fantasma blu è dedicata al figlio Niccolò, un
piccolo uomo, come lo definirebbe il padre, che proprio
Uomini piccoli intitola quello che è forse il vertice del
lavoro. E un uomo piccolo è in fondo lo stesso Coppi nel
brano omonimo, già edito su 45 giri nell’85. Paola Penzo,
moglie di Paoli, è per parte sua musa ispiratrice (Questione
di sopravvivenza), nonché coautrice di sei brani su nove.
Altrove figurano i nomi di Zucchero (Hey mà) e Ricky
Gianco, anche cointerprete di Parigi con le gambe aperte,
altra vetta del lavoro (come la title track).

MAURO PAOLUZZI
Batterista, chitarrista e arrangiatore nato a Roma nel 1949,
giovanissimo suona la batteria nei Four Kents. All’inizio degli
anni ’70, dopo una breve parentesi nella Formula Tre, entra nei
Nuovi Angeli per cui firma alcune musiche per brani di
successo. Sul finire del decennio passa alla chitarra e dà vita –
assieme, tra gli altri, a Walter Calloni – ai Cast, con cui incide
un album negli USA. Come strumentista collabora con diversi
artisti, fra cui Gianna Nannini (con la quale firma, fra le altre,
America e Latin Lover), mentre si afferma come arrangiatore,
in particolare per Roberto Vecchioni di cui diventa (dal 1975 e
per due decenni) l’alter ego musicale. Intanto arrangia canzoni
o interi dischi di Nannini, Mango, Oxa, Concato, Venditti,
Bennato, Garbo, Locasciulli e molti altri. Negli anni ’90
produce album di Loredana Bertè, di Riccardo Fogli e il
godibile NOTTI, GUAI E LIBERTà di Patty Pravo (1998).

ADRIANO PAPPALARDO
Lo contraddistinguono una voce arrochita e possente, un
temperamento irruente e una matrice soul. Nato a Copertino
(Lecce) il 25 marzo del 1945, entra nel 1971 alla Numero Uno
di Battisti e Mogol, per la quale incide Una donna. Nel 1972 È
ancora giorno, pezzo rhythm’n’blues firmato da Mogol-
Battisti come altri suoi brani dell’epoca, è un successo di
classifica. Vanno discretamente, l’anno dopo, anche Segui lui e
Come bambini. I primi album sono ADRIANO PAPPALARDO
(1972) e CALIFORNIA NO (1973). Nel 1979 arriva
Ricominciamo, il suo maggior successo, divenuto emblema del
personaggio. Si cimenta poi nei testi con IMMERSIONE (1982),
prodotto da Greg Walsh. In OH! ERA ORA (1983) le parole sono
di Pasquale Panella (che firma come Vanera) e la produzione
di Battisti: è una sorta di prova generale, anche nelle sonorità,
del connubio Panella-Battisti. Gli insuccessi di questi dischi
spingono Pappalardo verso la televisione (ficton e telefilm),
dove incarna il personaggio del duro. Una partecipazione a
“L’isola dei famosi” gli regala nuova popolarità, ma il Festival
di Sanremo seguente (2004), dove presenta Nessun consiglio,
non ha alcun riscontro.

MARCO PARENTE
Originario di Napoli, dove è nato nel 1969, cresce
musicalmente a Firenze militando negli Otto’p’notri come
batterista. In questa veste partecipa nel 1996 a LINEA GOTICA
dei CSI e L’ALBERO PAZZO di Andrea Chimenti. Il primo disco
da solista, EPPUR NON BASTA, vede la luce l’anno successivo e
mette in mostra un talento raro, legato a un certo cantautorato
intimistico e, nello stesso tempo, aperto a soluzioni
sperimentali. Al suo interno anche Oio, in duetto con Carmen
Consoli, e una personale rilettura di L’aggio scritt’a canzone
di Eduardo De Filippo. Ancora più obliquo e convincente,
TESTA, DÌ CUORE (1999) è il prodotto di un artista sempre più
personale e, insieme, aperto a suggestioni internazionali (a
partire dai Radiohead, omaggiati in Karma Parente). Ancora
un duetto, Senza voltarsi, questa volta con Cristina Donà.
Dopo avere partecipato nel 2000 allo spettacolo “Pullman My
Daisy” (con Lawrence Ferlinghetti e Alejandro Jodorowski) e
aver scritto le musiche per un balletto della Company Blu
Danza ispirato alla “Tempesta” di Shakespeare (“Tempesta di
sogni”), nel 2002 Parente dà alle stampe TRASPARENTE, ancora
più vario e compiuto dei precedenti. Nello stesso anno riceve,
insieme a Manuel Agnelli e Cristina Donà, il premio Grinzane
Cavour per la poesia e i testi musicali – il concerto tenuto dai
tre per l’occasione viene pubblicato nel dicembre 2005 in
allegato al trimestrale “Mucchio Extra”. Nel frattempo, la sua
Farfalla pensante viene ripresa da Patty Pravo in RADIO
STATION (2002). Un concerto tenuto nel 2003 a Firenze insieme
alla Millennium Bug’s Orchestra viene immortalato nel live
L’ATTUALE JUNGLA (2004). Assemblata una nuova band,
comprendente anche membri dei Mariposa, a cavallo tra 2005
e 2006 pubblica NEVE RIDENS e NEVE RIDENS. Concepiti come
le due facce della stessa medaglia, fotografano in maniera
quanto mai convincente un artista in un periodo di creatività.

SUSANNA PARIGI
Un suono ricco, sospeso tra la partitura sinfonica e la
canzone d’autore e valorizzato da una voce sinuosa e
flessibile, che accarezza il canto lirico. Nata a Firenze nel
1961, diplomata in pianoforte, polistrumentista, accompagna
in tour Riccardo Cocciante nel 1988 e Claudio Baglioni nel
1992. L’esordio discografico è nel 1995 con UN ANELLO DI
FUMO a cui segue l’anno dopo SUSANNA PARIGI, pregno di
sensualità e di grazia femminile che rivela, anche se ancora in
erba, un’autrice completa. SCOMPOSTA, del 1999, è prodotto da
Vince Tempera come il precedente. Di nuovo, ma con tratto
più accurato, sono evidenziate figure femminili in tutte le loro
sfaccettature, dall’amore alla maternità, alla necessità di
trovare una propria collocazione in un universo essenzialmente
maschile. IN DIFFERENZE (2004) è un disco più spirituale,
arricchito dalla collaborazione di Pat Metheny, Sebastiao
Salgado e del filosofo Umberto Galimberti. Il raggio di
osservazione si allarga fino a incorporare tematiche sociali.
Emergono, insieme alla sottile cura dei testi (scritti come nel
precedente album con Kaballà), tutte le qualità compositive e
interpretative della Parigi.

DADO PARISINI
Tastierista, produttore, arrangiatore, Dado Parisini è uno dei
rappresentanti più significativi del sound pop italiano a partire
dalla fine degli anni ’80, quando comincia a occuparsi della
produzione e degli arrangiamenti dei primi lavori in italiano di
Raf, che seguirà fino al 1993. Nello stesso periodo è vicino a
Paolo Vallesi e all’esordiente Irene Grandi, che seguirà per tre
album fino al 1997. Con lei realizza anche la colonna sonora
del film “Il barbiere di Rio” di Giovanni Veronesi.
Contemporaneamente comincia a lavorare con Laura Pausini,
che prende in consegna da LE COSE CHE VIVI (1996). La
collaborazione con la cantante romagnola, per la quale è
autore anche di alcuni brani, gli porta una nomination ai
Grammy Latin Awards 2001 per la versione in spagnolo
dell’album TRA TE E IL MARE. L’anno successivo inizia una
prolifica collaborazione con Nek realizzando con lui e Alfredo
Cerruti LE COSE DA DIFENDERE. Parisini collabora anche con il
cabarettista-cantante Sergio Sgrilli.

ANDREA PARODI
Esponente tra i più significativi della musica sarda (anche se
in parte d’origine ligure), dopo una breve militanza all’inizio
degli anni ’80 nei Sole Nero e nel Coro degli Angeli, gruppo
spalla di Gianni Morandi, si fa conoscere dal grande pubblico
come leader dei Tazenda, che fonda nel 1982, porta alla
popolarità piena all’inizio degli anni ’90 e abbandona nel
1997. Dotato di una vocalità molto caratteristica, nel 2002
pubblica come solista ABACADA e nel 2005, assieme al jazzista
americano Al Di Meola, il live MIDSUMMER NIGHT IN SARDINIA.
Contemporaneamente partecipa a progetti discografici di
Mauro Pagani, con cui condivide l’attenzione per la musica
etnica: NUN È ACQUA, inciso da Massimo Ranieri e prodotto da
Pagani (2003), e 2004 CREUZA DE MÄ, dello stesso Pagani. In
passato ha partecipato al brano Monti di Mola, dall’album del
1990 LE NUVOLE di Fabrizio De André.

IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI


Nato a Bologna dall’incontro di due studenti calabresi,
Salvatore De Siena (pr.) e Peppe Voltarelli (vc., bs., ch.), il
PNP si affaccia alla scena musicale con un demo, “Guerra al
salario” (1991), in cui prevale l’iniziale vena punk. Ai
fondatori si aggiungono presto molti altri musicisti fra cui
Amerigo Sirianni (ch.) e Mimmo Crudo (bs.), con cui nascono
ALISIFARE nel 1994 e PRISTAFORA nel 1996, caratterizzati dalla
forte matrice popolare in continua contaminazione con il rock
e i suoni di fine secolo. Nel 1997 QUATTRO BATTUTE DI POVERTÀ
segna l’approdo a una dimensione più professionale: il suono
ha assunto un carattere più marcatamente rock, anche se –
specie per il frequente uso del dialetto – i richiami folk sono
evidenti. Nel 1998 il gruppo partecipa al progetto di Teresa De
Sio “La notte del dio che balla”, con il quale prende parte al
concerto del Primo Maggio a Roma. Nello stesso anno è nel
cast del Premio Tenco, dove tornerà nel 1999 – anno in cui al
PIM indetto da “Musica!” di Repubblica, viene riconosciuto
come gruppo rivelazione – e nel 2001, con il nuovo disco
SULLE ALI DELLA MOSCA a cui collaborano anche Roy Paci e
Teresa De Sio. Con questo lavoro la sintesi folk rock
dell’ensemble giunge a piena maturazione.
Negli anni che seguono altri episodi vanno ad arricchire il
progetto artistico del PNP: la colonna sonora dello spettacolo
teatrale “Roccu u stortu” (2001); una tournée americana poco
dopo l’abbattimento delle Torri Gemelle; la riproposta con
nuovi arrangiamenti di HO VISTO ANCHE DEGLI ZINGARI FELICI di
e con Claudio Lolli (2002); il “Concerto per la pace” a
Baghdad, insieme ad altri musicisti, nell’ambito dell’iniziativa
“Il cielo sopra Baghdad” (2003) e “Doichlanda”,
documentario su un viaggio del gruppo in Germania che,
attraverso la musica, racconta le storie degli emigranti
calabresi (2003). Nel 2004 IL PARTO, album poliedrico e ricco
di idee, dà inizio alla fase etno-autorale: si aggiunge infatti una
componente importata dalla canzone d’autore che segna un
ulteriore passo avanti nella definizione di un linguaggio già
caratteristico. Il disco si presenta come una sorta di lavoro
corale per le tante collaborazioni (tra cui Claudio Lolli, Roy
Paci, Davide Van de Sfroos, Pasquale Morgante, Franco
Cristaldi, Paolo Jannacci, Marco Messina dei 99 Posse e la
cantautrice statunitense Amy Denio). Alla fine del 2005
Voltarelli lascia la band che diviene ancora di più un collettivo
aperto con l’inserimento del cantautore Mirco Menna, che
affianca De Siena, Sirianni, Crudo e gli altri musicisti che si
alternano attorno al nucleo del gruppo.

LAURA PAUSINI
È una star mondiale ma non dimentica di esser nata e partita
nella ravennate Solarolo (il 16 maggio 1974). Una storia da
provincia italiana, la sua: studi di flauto traverso e coro della
chiesa, il debutto in pubblico a otto anni in una pizzeria
bolognese, concorsini regionali e piano bar con il padre (figura
fondamentale per la futura star) alle tastiere, le canzoni della
Streisand e della Minnelli. Dopo l’autoprodotto I SOGNI DI
LAURA, registrato nel 1987 (con cover e due brani originali),
nel 1991 partecipa a Castrocaro con New York New York e
l’anno successivo vince “Saranno famosi” con Si sta così; per
regolamento dovrebbe accedere a Sanremo ma il contratto non
viene rispettato. Intanto si accorgono di lei il produttore Marco
Marati e poi il manager Alfredo Cerruti; dopo vari
pellegrinaggi in case discografiche si accordano con la CGD, e
così nel 1993 l’appena maggiorenne Pausini vince proprio a
Sanremo fra le “Nuove proposte” con La solitudine (che in
origine si intitolava Anna). È il lancio, grazie a una voce piena
e lunga, perfetta per il pop melodico, e testi che le ragazzine
imparano a memoria. Dopo il diploma all’Istituto d’Arte
ceramica di Faenza esordisce su album con LAURA PAUSINI
(con Non c’è), benedetta da Raf che duetta in Mi rubi l’anima.
Il contratto prevede la pubblicazione del secondo disco solo se
il primo supera le 50.000 copie: l’artista spera di arrivarci
contando sulle vendite nelle cittadine emiliane, invece
addirittura sfonderà in vari Paesi europei (ad esempio sarà
seconda solo a Mariah Carey nelle “Rivelazioni femminili
1994” di “Billboard”).
Come da rito, torna a Sanremo fra i big con Strani amori
confermando che la canzone italiana ha scovato una nuova
interprete da classifica. LAURA (con Gente) bissa il successo.
Squadra che vince non si cambia: Angelo Valsiglio e Marati
guidano la produzione e ai cori c’è Silvia Mezzanotte, futura
Matia Bazar. Mentre la ragazza di provincia impara a tenere il
palco, il mercato ispano-americano fa la sua fortuna: esce una
raccolta in spagnolo e una per il target anglofono (con La
solitudine tradotta in Loneliness) e arriva il World Music
Award come artista italiana ad aver venduto il maggior
numero di dischi nel mondo. Ma i premi di questo tipo negli
anni fioccheranno. Nel 1996 la cantante si riaffaccia sul
mercato con LE COSE CHE VIVI, il lavoro con cui inizia
ufficialmente a collaborare ai testi (in realtà era successo
anche in precedenza ma non risultava nei crediti perché non
ancora iscritta alla SIAE). Il disco viene pubblicato in una
cinquantina di Paesi, anche in spagnolo e portoghese, mentre il
“World Wide Tour 1997” valica i confini, con molti concerti
sold out. A fine ottobre 1998 esce LA MIA RISPOSTA, volto a
corroborare l’appeal internazionale con una sterzata verso
ritmi più serrati – ma senza perdere la melodia spaghetti, che è
il valore aggiunto – assecondata da lussuose collaborazioni
(Phil Collins, dopo aver duettato in televisione con la Pausini a
“Night Express”, le scrive Looking For An Angel). Mentre il
Ministero per i Lavori Pubblici la sceglie come testimonial per
una campagna sulle cinture di sicurezza, il suo nome all’estero
si afferma sempre più: parte per un tour europeo nei teatr i (in
La mia danza si propone in un assolo al flauto di pan), riceve
da Barbra Streisand l’invito a cantare al proprio compleanno,
registra One More Time di Richard Marx per la colonna sonora
di “Message In A Bottle” con Kevin Costner (sulla scia di
questa collaborazione le viene proposto un ruolo come attrice
ma lei rifiuta). Nel 1999 esce la VHS “Laura Pausini Video
Collection 1993-1999” probabilmente al posto di un disco live
negatole dalla casa discografica. Nel 2000 incide TRA TE E IL
MARE, prodotto da KC Porter (Santana) e con title track
firmata da Biagio Antonacci; il disco dimentica la cauta virata
black del precedente e torna ai caldi lidi pausiniani. “A 26 anni
non posso più scrivere canzoni da adolescente” afferma
l’artista, che segue il nuovo lavoro anche in veste di
coproduttrice. Nel 2001 decide di pubblicare THE BEST OF
LAURA PAUSINI - E RITORNO DA TE , con due inediti (E ritorno da
te e Una storia che vale), alcune vecchie canzoni riarrangiate,
Nek al basso in Non c’è e Gilberto Gil che con lei canta
Seamisai. Torna a Sanremo come “superospite”. Nel 2002 si
esibisce alla consegna dei Premi Nobel ad Oslo e partecipa al
cast stellare che canta Todo para ti, scritta e interpretata da
Michael Jackson per le vittime dell’11 settembre. Esce con il
DVD “Live 2001/2002 World Tour”, duetta con Nek in Sei
solo tu nell’album del collega LE COSE DA DIFENDERE, ma
l’anno dopo anche con Elio e le Storie Tese in Pagano, da
CICCIPUT.
Si prepara quindi al grande salto: un disco direttamente in
inglese e con una lunga lista di produttori e autori americani,
FROM THE INSIDE, con cui anche il Nord America le apre le
porte. Ma lei, dimostrando carattere e coerenza, interrompe il
tour quando scopre che negli USA l’Atlantic Records,
l’etichetta che le ha stampato il disco, cerca di spacciarla come
artista dance facendo leva sul remix di Surrender che
campeggia al primo posto della classifica Hot Dance
Music/Club Play di “Billboard”. Poi tocca il Sud Africa
partecipando alla compilation THE HIT (canta It’s Not Goodbye
con Seal e Sean Paul), riceve un altro World Music Award e
abbandona di nuovo la promozione americana perché le
chiedono di dire che ha 18 anni. In un decennio ha venduto
oltre 20 milioni di dischi nel mondo, e prosegue nel 2004 con
RESTA IN ASCOLTO – fra gli autori, Antonacci, Vasco Rossi-
Gaetano Curreri e Madonna che le dà un suo testo da tradurre.
Poi pubblica (anche su DVD) LIVE IN PARIS 05, registra
importanti duetti con artisti nordamericani e continua a fare
incetta di riconoscimenti internazionali. Soprattutto vince, nel
2006, un Grammy Award nella categoria “Latin” per Escucha,
versione spagnola di Resta in ascolto che intitola il
corrispettivo album. Prima di lei gli unici italiani ad aver vinto
il Grammy erano stati Modugno, Morricone e Nino Rota. Alla
fine dell’anno esce IO CANTO, raccolta di cover di brani italiani.
La ragazza che si nascondeva nei maglioni ha lasciato il
posto a una popstar sicura di sé, persino con un’immagine
sexy. Rimane genuina ma è diventata determinata, e capace di
incrociare la melodia italiana più facile con un suono
internazionale. (g.fa.)
DISCOGRAFIA

I SOGNI DI LAURA (Autoprodotto 1987)


LAURA PAUSINI (CGD 1993)
LAURA (CGD 1994)
LAURA PAUSINI (CGD 1994, antologia in versione spagnola
per Spagna e Sudamerica, nonché in versione inglese – con
un solo brano tradotto: LAURA PAUSINI, CGD 1995 Gran
Bretagna)
LE COSE CHE VIVI (CGD 1996, anche in versione spagnola:
LAS COSAS QUE VIVES, East West 1996 Spagna e Sudamerica)
LA MIA RISPOSTA (CGD 1998, anche in versione spagnola:
MI RESPUESTA, East West 1998 Spagna e Sudamerica)
TRA TE E IL MARE (CGD 2000, anche in versione spagnola:
ENTRE TU Y MIL MARES, East West 2000 Spagna e
Sudamerica)
THE BEST OF LAURA PAUSINI - E RITORNO DA TE (CGD 2001,
antologia con inediti. Anche in versione spagnola: VOLVERE
JUNTO A TI – THE BEST OF LAURA PAUSINI, East West 2001
Spagna e Sudamerica)
FROM THE INSIDE (CGD 2003, in inglese)
SURRENDER (East West 2003, doppio album promozionale
con 19 remix di Surrender)
RESTA IN ASCOLTO (CGD 2004, anche in versione spagnola:
ESCUCHA, East West 2004 Spagna e Sudamerica)
LIVE IN PARIS 05 (CGD 2005, confezione con DVD; nel 2006
è stata pubblicata la versione con il solo CD)
IO CANTO (CGD 2006).
LE COSE CHE VIVI. Dopo due anni a raccogliere premi in
giro per il mondo Laura Pausini non ha più paura di sbagliare,
cambia staff e pulisce il canto da qualche vocale che la
cadenza di casa le stringeva in bocca. Dodici canzoni con
molti singoli buoni per le radio, un video in cui i neri occhioni
lunghi sono messi in risalto, una cifra stilistica che non delude
i fan e Il mondo che vorrei scritto per l’UNICEF di cui diventa
testimonial: questa la ricetta.

PINO PAVONE
Avvocato calabrese (è nato a Catanzaro nel 1939), si
avvicina al mondo della musica conoscendo Piero Ciampi
negli anni ’60. Con lui scrive splendidi brani (tra cui L’amore
è tutto qui, Mia moglie, Bambino mio, In un palazzo di
giustizia, Andare camminare lavorare, Don Chisciotte), quindi
la collaborazione si allarga ad altri artisti (firma per esempio
molte canzoni dell’album HO SCOPERTO CHE ESISTO ANCH’IO di
Nada, del 1973, e Brasile per Gianni Morandi). Esordisce in
prima persona solo molti anni dopo la scomparsa dell’amico
Ciampi. Il primo album è MALEDETTI AMICI nel 1991, jazzato e
intenso, Targa Tenco come disco d’esordio. Solo nel 1995
arriva il seguito, NOTIZIE, con tantissimi ospiti, da Mimmo
Locasciulli a Giorgio Conte.

RITA PAVONE
Una giovanissima apprendista camiciaia che diventa uno dei
simboli di un decennio musicale, persino all’estero: questa è la
favola di Rita “pel di carota”, nata a Torino il 23 agosto 1945.
Si fa conoscere nel 1962 vincendo il Festival degli sconosciuti
ad Ariccia, organizzato dal futuro marito e manager Teddy
Reno. Di lì a poco viene lanciata da La partita di pallone
(scritta da Edoardo Vianello), il primo grande exploit. Tra il
’63 e il ’64 l’irresistibile ascesa, sancita dai successi Come te
non c’è nessuno, Il ballo del mattone, Cuore, Datemi un
martello e Che mi importa del mondo. La notorietà è enorme,
accostabile a quella dell’altro idolo dei teenager, Gianni
Morandi. In televisione intanto è mattatrice nello spettacolo
“Stasera Rita”, e protagonista dello sceneggiato “Il giornalino
di Gian Burrasca”, con il noto brano Viva la pappa con il
pomodoro (1965). Interpreta quindi vari film (“La zanzara”,
“Little Rita nel West”).
Rita Pavone vende svariati milioni di 45 giri, cantati anche
in altre lingue, negli Stati Uniti partecipa ripetutamente all’“Ed
Sullivan show” televisivo (mentre è solo leggenda che sia
citata anni dopo in un brano dei Pink Floyd). La sua assoluta
vivacità, disinvoltura e simpatia, unite a una voce non bella ma
funzionale ai brani e alla sua persona, ne determinano il
successo, che tuttavia è legato molto strettamente ad alcune
problematiche emergenti negli anni ’60: il rapporto dei giovani
con gli adulti e tra fidanzati. Già nella seconda metà dei ’60 la
popolarità è in calo e il personaggio non regge poi al cambio
di marcia del nuovo decennio. Lungo gli anni ’70 lavora in
teatro, interpretando con Erminio Macario “Due sul
pianerottolo”, ma anche “La dodicesima notte” di Shakespeare
e “La Strada” di Federico Fellini; dal 1973 viene costituito
l’“International Rita Pavone fans club”. Nel 1979 nell’album
R.P 80 la cantante inizia a scrivere i testi di alcune sue canzoni;
li firmerà integralmente in DIMENSIONE DONNA (1985).
Trascorsi molti anni di anonimato musicale italiano e concerti
all’estero, e superati alcuni problemi di salute nel 2002, nel
2004 pubblica il live RITA IS MAGIC e intraprende il tour
celebrativo “Good Bye! La mia favola infinita”, da lei
annunciato come l’addio alle scene, uno spettacolo a metà
strada tra il concerto e il musical in cui ripercorre la sua
carriera.

OMAR PEDRINI
vedi Timoria

PIERO PELÙ
Tra i protagonisti dell’underground toscano dei primi anni
’80 e presto icona del rock italiano, Piero Pelù, nato a Firenze
il 10 febbraio 1962, colleziona una prima militanza nei
Mugnions (con nomi d’arte come Pierotten e Peter Punk) e
un’altra, molto più celebre, nei Litfiba, prima di intraprendere
la carriera solistica alla fine degli anni ’90. Agli inizi degli
anni ’80 c’era stata anche un’esperienza parallela ai Litfiba
con i Tradimento. A caratterizzare Pelù sono l’aura di rocker
ribelle e una vocalità e un presenza scenica grintose, teatrali
fino a risultare in alcuni momenti enfatiche. Appena lasciato il
gruppo che lo ha reso famoso, partecipa al progetto Il mio
nome è mai più, brano che incide assieme a Jovanotti e a
Ligabue nell’estate del ’99 e i cui notevolissimi proventi
vengono destinati a Emergency.
Nella primavera del 2000 esce il primo disco con il proprio
nome di battesimo, NÉ BUONI NÉ CATTIVI, che si assesta su
buone percentuali di vendita grazie soprattutto ai singoli Io ci
sarò, Buongiorno mattina e Toro Loco (testo scritto con
l’attore Alessandro Bergonzoni). Contemporaneamente
pubblica per Mondadori l’autobiografia “Perfetto difettoso”,
scritta con Massimo Cotto. Nel 2002 Bene bene male male è il
primo singolo estratto da U.D.S. L’UOMO DELLA STRADA, mentre
Amore immaginato, in duetto con Anggun, è uno dei brani più
gettonati dell’inverno, anche se la popolarità è in calo. Nel
2004 l’album SOGGETTI SMARRITI amplifica il lato più
melodico e mediterraneo del Pelù post Litfiba: Prendimi così,
brano di lancio, ne è esempio significativo. Nel CD anche Re
del silenzio, omaggio al repertorio dell’antico gruppo. La
raccolta PRESENTE (con due inediti) del 2005 anticipa un
nuovo lavoro inedito, IN FACCIA, lanciato in radio nel maggio
2006 da Tribù. Sul versante delle collaborazioni, nel 1990
Piero Pelù ha firmato assieme a Gianna Nannini tre brani
(Fiori del veleno, Madonna nera e Spiriti amanti) da lei incisi
nell’LP SCANDALO e nel 1998 ha duettato con Mina in Stay nel
suo album OLIO; è solo una leggenda metropolitana invece
quella secondo cui Pelù avrebbe prestato la voce per la sigla
del cartone animato “Jeeg robot”.

PERIGEO
Nasce ufficialmente nel 1972 (primi vagiti fin dal ’71) su
iniziativa del bassista Giovanni Tommaso che, suggestionato
dagli esperimenti elettrici di Miles Davis, si allinea di fatto ai
gruppi di sua prima emanazione (Weather Report, Return To
Forever, Mahavishnu) raccogliendo attorno a sé i colleghi
jazzisti Claudio Fasoli (sx.), Franco D’Andrea (pn.), e Bruno
Biriaco (bt.), cui si unisce in un secondo tempo il chitarrista
australiano Tony Sidney, di scuola più schiettamente rock. In
un quinquennio abbondante di vita, il Perigeo realizza cinque
album ufficiali (AZIMUTH, ABBIAMO TUTTI UN BLUES DA
PIANGERE, GENEALOGIA, LA VALLE DEI TEMPLI e NON È POI COSÌ
LONTANO, uno all’anno fra 1972 e ’76) e svolge un’attività
intensa e molto seguita sia in Italia che all’estero (Europa, ma
anche USA e Canada). Nel 1981, ancora Tommaso ne tenta la
reincarnazione costituendo il New Perigeo, in cui coinvolge
nuovamente jazzisti di vaglia quali Maurizio Giammarco e
Danilo Rea. Resterà in vita un anno e mezzo circa, il tempo di
suonare in tour con Riccardo Cocciante e Rino Gaetano.

PERSIANA JONES
Band nata in provincia di Torino nel 1988 come Persiana
Jones e le Tapparelle maledette, dedita allo ska e capitanata da
Beppe (bs.) e Silvio (vc.) Carruozzo. Dopo IMPAZZIRE (1990)
prodotto da Madaski, pubblicano BACIAMI TONI (1991),
entrambi EP; data la forte presenza dal vivo e il buon riscontro
di pubblico, spesso impegnato a “pogare”, registrano dal vivo
SHOW (1994), con sette brani inediti, affacciandosi anche nel
resto d’Europa con l’autoprodotto SIAMO CIRCONDATI (1995).
Segue una sterzata verso un sound più hardcore e il
ridimensionamento della sezione fiati. A BRIVIDO CALDO
(1997), che gode di buone vendite e frutta numerose date,
seguono AGARRA LA ONDA (2001), con la collaborazione di
Dorian Rundall, importante produttore punk, e il live ANOTHER
SHOW (2004), registrato a Torino, testimonianza di una band
che veleggia verso i mille concerti all’attivo.

PERTURBAZIONE
Conosciutisi sui banchi del liceo scientifico “Darwin” di
Rivoli (TO), arrivano al primo album nel 1998 con WAITING
TO HAPPEN. La formazione è composta da Tommaso Cerasuolo
(vc.), Gigi Giancursi (ch.), Elena Diana (cello), Stefano
Milano (bs.) e Rossano Antonio Lo Mele (bt.); lo stile è
un’originale miscela di indie rock di matrice angloamericana e
tradizione melodica tricolore, nonostante i testi in lingua
inglese. Tempo pochi mesi, e l’EP 36 vede aggiungersi
all’organico il chitarrista Cristiano Lo Mele, mentre la
maggior parte delle liriche è ora composta in italiano. La
formula musicale del gruppo raggiunge il compimento con IN
CIRCOLO (2002): gli arrangiamenti si fanno ancora più
personali, mentre i testi colpiscono per la profonda sensibilità,
non priva di riuscite punte ironiche. Il singolo Agosto, forte
anche di uno splendido videoclip di animazione (adattamento
di un cortometraggio del francese Sylvain Vincendeau),
raccoglie un successo insperato, trovando posto anche nei
palinsesti dei principali network radiofonici commerciali. Alla
ristampa su un solo CD delle versioni rimasterizzate dei primi
due lavori fa seguito nel 2005 il maturo CANZONI ALLO
SPECCHIO, prodotto dall’ex Scisma Paolo Benvegnù e
pubblicato dalla Mescal.

GIANNI PETTENATI
Originario di Piacenza, dove è nato nel 1945, inizia
giovanissimo a cantare nelle balere e nei festival popolari, con
uno stile che richiama il rhythm’n’blues e Ray Charles.
Accompagnato dal gruppo vercellese Juniors a partire dal
1966 incide una serie di cover, la prima della quali è Come
una pietra che rotola (Like A Rollin’ Stone di Dylan). Poco
dopo pubblica Bandiera gialla (cover di The Pied Piper del
cantautore inglese Crispian St. Peters), la canzone più
ascoltata e venduta dell’anno, e non solo: diventerà un’icona
di tutti gli anni ’60. Lasciati gli Juniors, nel 1967 porta a
Sanremo La rivoluzione in coppia con Gene Pitney, un brano,
a dispetto del titolo, molto edulcorato (“è finita la rivoluzione/
l’amore alla fine ha vinto e vincerà”). È l’anno del suicidio di
Tenco, che nel biglietto d’addio accusa le giurie per aver di
fatto preferito il brano di Pettenati al suo. Nel ’68 c’è un nuovo
Festival con La tramontana, in coppia con Antoine. Il brano
raggiunge i primi posti in classifica ma solo nella versione del
cantante francese e segna l’inizio del declino di Pettenati, che
resta comunque in attività fino a oggi nel circuito del revival.
Negli anni ha anche pubblicato vari libri sulla musica leggera
italiana.

MAX PEZZALI / 883


Estate 1992: nelle radio italiane irrompe Hanno ucciso
l’Uomo Ragno, pezzo di lancio di un duo che mutua il proprio
nome da una moto Harley Davidson. Sono gli ex compagni di
scuola Massimo “Max” Pezzali (Pavia, 14 novembre 1967) e
Mauro Repetto (Genova, 26 dicembre 1968) che, dopo una
gavetta tra feste e cantine della zona pavese, arrivano di colpo
al successo. A guidarli Claudio Cecchetto, già talent scout di
altri artisti pop dance. A inizio anni ’90 Pezzali e Repetto, che
all’epoca utilizzavano il nome I pop, gli avevano mandato un
demo, e lui li aveva fatti partecipare al programma “1-2-3
Jovanotti” su Radio DJ e poi debuttare, senza troppi clamori, a
Castrocaro 1991 con il brano Non me la menare e con il nome
di 883.
In quel 1992, a trascinare nei negozi di dischi i 600.000
acquirenti del loro primo album, HANNO UCCISO L’UOMO
RAGNO, è – oltre alle allegre ritmiche e alle facili melodie – la
novità del linguaggio slogan-fumetto, vera peculiarità degli
883, almeno nella loro prima fase. Dopo il trionfo estivo della
title track, metafora dell’uccisione della fantasia da parte del
mondo adulto, e vari altri singoli di successo (Con un deca,
S’inkazza e la stessa Non me la menare), Pezzali e Repetto
replicano in primavera con Sei un mito, anticipazione di NORD
SUD OVEST EST. Anche grazie a Rotta x casa di Dio e Nella
notte, la popolarità del duo aumenta fino a un consenso
commerciale addirittura doppio rispetto al disco precedente,
dovuto anche all’immediatezza dei brani e alla capacità di
ritrarre il mondo giovanile (il culto del “luogo” e della
“situazione”, innanzitutto) utilizzandone il linguaggio.
Caratterizzante è inoltre la particolare scansione del cantato di
Pezzali. Nel disco anche Come mai, interpretata con Fiorello,
che conferma i grandi riscontri di pubblico. Poco dopo arriva
la defezione improvvisa di Repetto – il cui ruolo in pratica era
solo quello di coautore, corista e ballerino – che decide di
trasferirsi in America per fare cinema, ma con scarso successo
(nel ’95 pubblicherà senza fortuna un suo disco, ZUCCHERO
FILATO NERO, che anni dopo diventerà quasi di culto come
simbolo trash). La macchina non si ferma: Pezzali continua da
solo con il marchio 883 e una band di nove elementi (con le
ancora sconosciute Paola e Chiara come coriste), mentre sino a
ora si era esibito con Repetto su basi registrate. Ad affiancarlo,
come produttori, Cecchetto, Pier Paolo Peroni e Marco
Guarnerio.
Nel febbraio 1995 Pezzali partecipa a Sanremo come
interprete di Senza averti qui e come autore di Finalmente tu,
cantata da Fiorello (aveva già scritto, nel ’94, Aeroplano per
tale Caterina e L’ultimo bicchiere per Nikki). Per entrambi
l’accoglienza dell’Ariston è piuttosto tiepida, a differenza di
quella del mercato che conferma il miracoloso periodo degli
883 con LA DONNA, IL SOGNO E IL GRANDE INCUBO, album che
prosegue il cammino già tracciato sulla scorta del disimpegno.
Anche qui gli hit si sprecano: Una canzone d’amore, Senza
averti qui, Ti sento vivere, Tieni il tempo, che vince il
Festivalbar, e Gli anni, nostalgica e generazionale, che in parte
fa breccia anche nei molti che guardano con scetticismo alla
produzione globale degli 883. Dopo un tour fortunato esce LA
DURA LEGGE DEL GOL (1997), che conferma le alte vendite
soprattutto presso il pubblico giovanile, il quale tuttavia,
cresciuto di qualche anno, comincia a mostrare qualche segno
di stanchezza nei confronti di un prodotto spesso fin troppo
simile a se stesso nelle forme e nei contenuti.
Una pausa compositiva di due anni e mezzo è compensata
nel 1998 dall’antologia GLI ANNI, aperta dall’inedita Io ci sarò,
e dal libro “Stessa storia, stesso posto, stesso bar”
(Mondadori). Esce anche, per la regia di Stefano Salvati, il
mediocre film “Jolly Blu”, che vede Pezzali – attore
protagonista nei panni di se stesso – recitare al fianco di
Sabrina Salerno, Jovanotti e Natalia Estrada. Al botteghino
sarà un insuccesso, anche per la scarsa distribuzione. Nel 1999
la collaborazione con i Boyzone al singolo Tenendomi segna
l’approdo internazionale degli 883, che in Giappone realizzano
il videoclip di Viaggio al centro del mondo, anticipazione di
GRAZIE MILLE. Quando negli ultimi giorni di dicembre le radio
cominciano a programmare il brano omonimo, si notano alcuni
mutamenti: abolita la formula slogan, la vena lirica di Pezzali
sembra più aperta alla riflessione, soprattutto sullo scorrere del
tempo, come in La regina del Celebrità e La rana e lo
scorpione, che vede l’intervento di Gene Gnocchi. Dopo un
tour in Germania come supporter di Eros Ramazzotti,
nell’estate del 2001 gli 883 pubblicano UNO IN +, trainato da
Bella vera e La lunga estate caldissima, che segna un ulteriore
periodo di grandi numeri e la ricerca di un nuovo approdo.
Molti gli ospiti, da Jovanotti al trombettista jazz Kenny
Wheeler, mentre tra i produttori compare Carlo U. Rossi.
L’anno successivo è la volta di un’altra raccolta, LOVE/LIFE
(L’AMORE E LA VITA AL TEMPO DEGLI 883) con gli inediti Ci sono
anch’io e Quello che capita.
Il 2004 è l’anno della svolta: Pezzali abbandona il logo 883
e utilizza il proprio nome, con qualche scompenso sul piano
delle vendite. Lasciati in parte i brani estivi e gli scampoli di
giovanilismo, il nuovo Pezzali pubblica IL MONDO INSIEME A TE
dedicando la maggior parte delle canzoni alla propria maturità
e ai traguardi sentimentali (Lo strano percorso), ma tenendo
ben ferma la tendenza verso una musica orecchiabile.
All’inizio dell’estate 2005 la doppia raccolta (artisticamente
pleonastica) TUTTO MAX, con brani storici degli 883 insieme a
quelli usciti a proprio nome, totalizza notevoli risultati di
vendita, restituendo la piena popolarità a Pezzali, che intanto
partecipa a dischi di Elio e le Storie Tese, Edoardo Bennato e
Flaminio Maphia (nella loro La mia banda suona il rap del
2006 è coautore del testo).
Un percorso di vendite stupefacenti quello di Pezzali, che
con acutezza ha saputo, senza atteggiamenti da star e
consapevole di far canzoni senza pretese, gestire il successo di
un periodo consolidandolo nel tempo. (m.m.a.)
DISCOGRAFIA

883
HANNO UCCISO L’UOMO RAGNO (Fri Records 1992)
NORD SUD OVEST EST (Fri Records 1993)
LA DONNA, IL SOGNO E IL GRANDE INCUBO (Fri Records 1995)
LA DURA LEGGE DEL GOL (Fri Records 1997)
GLI ANNI (Fri Records 1998, antologia con inediti)
GRAZIE MILLE (CGD 1999)
UNO IN + (CGD 2001)
LOVE/LIFE (L’AMORE E LA VITA AL TEMPO DEGLI 883) (CGD
2002, antologia con inediti)
Max Pezzali
IL MONDO INSIEME A TE (CGD 2004)
TUTTO MAX (Warner 2005, doppia antologia con un brano in
nuova esecuzione)
LA DURA LEGGE DEL GOL. Il disco raccoglie la metafora
calcistica anche con una veste grafica simile a quella degli
album di figurine. Panorami di periferia, il rapporto con
l’universo femminile e la quotidianità giovanile
caratterizzano le dieci canzoni, le più note delle quali sono
la title track, Non ti passa più, La regola dell’amico, Se
tornerai e Finalmente tu, già cantata da Fiorello.

GIAN PIERETTI
Dante Pieretti nasce in provincia di Pistoia nel 1940. Con lo
pseudonimo di Perry esordisce su 45 giri nel 1963 con Perduto
amor, ma dal seguente singolo (Ciao) diviene Gian Pieretti. Il
gruppo che lo accompagna sono i Grifoni, nucleo della futura
PFM con Di Cioccio, Mussida e Piazza. Nel 1966 durante un
viaggio in Inghilterra conosce Donovan e si avvicina alla
canzone di protesta, pubblicando il primo successo, Il vento
dell’est, scritto con Ricky Gianco con cui dal 1964 aveva
avviato un intenso sodalizio autoriale. Sempre più influenzato
dal folk beat e da Dylan, nel 1967 propone a Sanremo Pietre
con Antoine. Il brano (che ricorda Rainy Day Women 12 & 35
di Dylan) diventa notissimo, anche se la versione più venduta
sarà quella del francese, più orecchiabile. Intanto esce il suo
primo LP, l’ottimo SE VUOI UN CONSIGLIO, con testi piuttosto
impegnati per l’epoca. Nel 1969 è la volta di VIAGGIO CELESTE
con il 45 giri Celeste che ha discrete vendite. La carriera di
Pieretti prosegue senza più riscontri commerciali e in modo
molto saltuario, ma con buoni lavori come il coraggioso album
del 1973 IL VESTITO ROSA DEL MIO AMICO PIERO, che tratta il
tema dell’omosessualità, DON CHISCIOTTE del 1989 e il live
CARO BOB DYLAN… del 1997.

PIERROT LUNAIRE
Gruppo progressive romano, originariamente denominato
Primtemps. La formazione, nata nel 1974, comprende Gaio
Chiocchio (vc., ch., sitar), Arturo Stalteri (ts., vc.) e Vincenzo
Caporaletti (ch., bt., bs.), che esordiscono con l’album PIERROT
LUNAIRE (1974). Segue GUDRUN (1977) con il soprano
Jacqueline Darby al canto e senza Caporaletti. Le ispirazioni
dell’album vanno dalla musica colta occidentale a cavallo dei
secoli XIX e XX, alle avanguardie minimaliste della seconda
metà del secolo scorso, con reminiscenze folk. I pezzi, ricchi
di suggestioni, incontrano il favore di un pubblico ristretto, pur
nell’ambito del rock progressivo. Chiocchio e Stalteri
producono poi TU TI ‘NI FUTTI per Muzzi Loffredo e
L’ELIOGABALO per Emilio Locurcio. Dopo lo scioglimento
Stalteri prosegue con lavori strumentali interessanti mentre
Chiocchio diviene autore e produttore. Nel 1989 il gruppo si
riforma per alcuni brani rimasti inediti.

PAOLO PIETRANGELI
Nato a Roma nel 1945, nel 1963 si iscrive alla FGCI e poi si
impegna nel Movimento Studentesco. Entra in contatto con il
Nuovo Canzoniere Italiano e scrive canzoni dal forte carattere
politico come Il vestito di Rossini, Mio caro padrone domani ti
sparo e soprattutto Contessa, che diventa il simbolo della lotta
studentesca del ’68 e che i Modena City Ramblers
rilanceranno nel 1994. Ispirandosi agli eventi del marzo 1968
scrive Valle Giulia, che canterà con Giovanna Marini. Il primo
album è MIO CARO PADRONE DOMANI TI SPARO del 1969, seguito
da KARLMARXSTRASSE (1974), I CAVALLI DI TROIA (1975), LO
SCONFRONTO (1976), CASCAMI (1979), LE OLIVE SONO COME QUELLE
CHE Dà IL BAR (1981). Intanto si occupa attivamente di cinema
come aiuto regista di Fellini, Visconti e altri. Nel 1974 gira il
suo primo lungometraggio, “Bianco e nero”, cui faranno
seguito “Porci con le ali” (1977) e “I giorni cantati” (1979), in
cui recitano anche Guccini, Benigni e Ivan Della Mea. Diventa
poi regista televisivo del “Maurizio Costanzo Show” e in
seguito di “Amici”. Nel 1988 riprende la produzione
discografica con TARZAN E LE SIRENE. Negli anni ’90 pubblica
NOI I RAGAZZI DEL CORO, CANTI, CONTESSE & CONTI, UN ANIMALE
PER COMPAGNO, TEMPO SENSIBILE, dischi in cui conferma la vena
ironica che lo contraddistingue. Del 2001 è C’È POCO DA
RIDERE, del 2005 IGNAZIO, che dà anche il titolo a un suo film.
Nel 2006 critica aspramente i Modena City Ramblers che al
concerto del Primo Maggio a Roma propongono una versione
ammorbidita di Contessa, accusandoli di revisionismo
“canzonettistico”.

PIERO PINTUCCI
Autore, pianista, arrangiatore, nasce a Fiesole (FI) nel 1943.
Entrato alla RCA, nel 1966 arrangia C’era un ragazzo che
come me amava i Beatles e i Rolling Stones per Gianni
Morandi e alla fine degli anni ’60 è direttore d’orchestra a
Sanremo. All’inizio dei ’70 compone le melodie per alcuni
successi sanremesi (I giorni dell’arcobaleno, interpretata nel
’72 da Nicola Di Bari) e non (per Patty Pravo scrive nel ’70
Tutt’al più e collabora a OLTRE LA COLLINA di Mia Martini),
prima di iniziare una lunga e fruttuosa collaborazione con
Renato Zero, che con lui comporrà i suoi album (INVENZIONI
del ’74, ZEROFOBIA del ’77, ZEROFAVOLA ’78, EROZERO del
’79) fino alla seconda metà degli anni ’80. Tra i brani più noti
realizzati per il cantante romano, Il carrozzone. Nel ’76
Pintucci è direttore artistico del gruppo vocale dei
Pandemonium, mentre lavora come arrangiatore per diversi
artisti, fra cui Domenico Modugno. Autore di colonne sonore
per il cinema e di brani televisivi, nonché direttore
dell’orchestra della RAI, alla fine degli anni ’90 compone, tra
le altre, le musiche per lo spettacolo televisivo “Carramba!” di
Raffaella Carrà.

PIOTTA
Tommaso Zanello nasce a Roma nel 1973. Spinto dal
fratello, fin da giovane manifesta il suo amore per la musica,
che lo porterà a lavorare come dj in alcune radio romane
durante il periodo del liceo. All’inizio degli anni ’90 si
appassiona alla cultura hip hop e scrive alcuni brani rap, con il
nome di Er Piotta (che in romanesco vuol dire “cento lire”).
Collabora con Colle Der Fomento e Ice One e poi forma i
Robba Coatta, con cui produce i primi brani. Nel 1997
intraprende la carriera da solista: escono La banda der trucido
e Spingo io, con cui si afferma come MC sulla scena
underground. L’anno dopo arriva il successo con il tormentone
Supercafone, dall’album COMUNQUE VADA SARÀ UN SUCCESSO.
Pubblica poi con meno riscontri commerciali LA DEMOCRAZIA
DEL MICROFONO (2000) e recita nel film “Il segreto del
giaguaro”, di cui scrive anche le musiche. L’anno seguente
esce Eurocontanti e nel 2002 LA GRANDE ONDA. Nel 2004 si
piazza ultimo al Festival di Sanremo con Ladro di te. Nello
stesso anno reinterpreta Chi non lavora non fa l’amore e poi
pubblica TOMMASO. NEL 2006 dà alle stampe un volume su
Jovanotti (“Pioggia che cade, vita che scorre”, edito da
Arcana) e l’album STO TROPPO AVANTI.

PITURA FRESKA
Esplosi nel 1991 con il primo album NA BRUTA BANDA, che
diviene un fenomeno commerciale quasi nazional popolare,
nascono dall’incontro del cantante e autore dei testi Sir Oliver
Skardy (vero nome Gaetano Scardicchio, di professione
bidello) con alcuni musicisti, a cominciare da Marco “Furio”
Forieri (sx., vc.), già attivi e stimati sulla scena reggae
veneziana. Il fresco cocktail, gradevole soprattutto dal vivo,
scaturito dalla miscela di dialetto veneziano e reggae,
garantisce al gruppo notorietà per tutti gli anni ’90 (anche se,
dal punto di vista dei numeri, i risultati raggiunti agli inizi non
saranno più eguagliati). Dopo l’esordio, escono DURI I BANCHI
(93), YEAH (95), YEAH IN DUB (96). L’ultimo “acuto” è, nel
1997, la partecipazione a Sanremo con Papa Nero (inserita
nell’album GRAN CALMA), che si aggiunge ad altri brani noti
della band come Pin floi (Targa Tenco 1992 come miglior
canzone) e Picinin. Nel 1999 escono PIATTI ROVENTI e i live
OLIVE vol. 1 e 2, poi il gruppo si scioglie e i componenti
prendono diverse direzioni artistiche. Nel 2004 Skardy
esordisce come solista con GRANDE BIDELLO.

NILLA PIZZI
Adionilla Pizzi (S. Agata Bolognese, 1919) inizia la
professione di cantante nel 1942 con un concorso vinto
all’EIAR (la futura RAI). Grazie anche al supporto
dell’Orchestra Angelini, con cui incide copiosamente (per
esempio Ciliegi rosa, nel 1950), si afferma in breve come la
voce femminile per eccellenza della scena melodica italiana,
plurivincitrice dei primi Festival di Sanremo: da Grazie dei
fiori, del ’51, a Vola colomba e Papaveri e papere, prima e
seconda nel ’52, mentre un altro notevole successo arriva nel
’58 con L’edera, che cede il passo alla sola Nel blu dipinto di
blu, vincendo poi “Canzonissima”. Attiva senza sosta fin
quando, ormai ultraottantenne, seguita a esibirsi, talora in
“squadra” con i colleghi di un tempo (Boni, Latilla,
Consolini). Voce limpidissima e versatile, la Pizzi deve molto
del suo successo alla capacità di essere credibile sia nei brani
strappalacrime che in quelli ironici, passando da toni piani e
rassicuranti a una latente sensualità che attraversa certe sue
interpretazioni (proprio L’edera ne è forse l’esempio più
tangibile).

PIPPO POLLINA
Nato a Palermo nel 1963, è cantautore dai testi fortemente
sociali e di impegno civile. Nel 1979 è tra i fondatori degli
Agricantus. All’indomani dell’omicidio del giornalista
antimafia Giuseppe Fava, nel 1985, Pollina decide di lasciare
l’Italia e per un paio d’anni, prima di stabilirsi in Svizzera, fa
un robusto apprendistato in Europa come musicista di strada.
Aiutato dal cantautore tedesco Linard Bardill esordisce nell’88
con ASPETTANDO CHE SIA MATTINA. Si fa conoscere soprattutto
in Svizzera e Germania, partecipando a festival importanti
(Lugano nel ’91, con Van Morrison e Tracy Chapman) e
realizzando incisioni significative come DODICI LETTERE
D’AMORE del ’95, cui partecipano Georges Moustaki (che
duetta in un brano dedicato a Léo Ferré) e il sassofonista
Charlie Mariano. Dal 1997 Pollina torna a farsi ascoltare
anche in Italia, con vari dischi prodotti da Storie di Note
(particolarmente importante VERSI PER LA LIBERTÀ del 2001,
mentre a ROSSOCUORE del ’99 partecipano Franco Battiato e
Nada) e molti concerti. Nel 2005 pubblica BAR CASABLANCA.

POOH
Tanto amati quanto sbeffeggiati, i Pooh sono tra i gruppi più
longevi della musica pop italiana, fenomeno di costume più
che musicale. Nascono tra il 1964 e il 1965 a Bologna come
quintetto vocale-strumentale con il nome Jaguars.
Successivamente, mutuando il nome dal cartoon della Disney
“Winnie The Pooh”, un orsetto fiabesco, divengono I Pooh. Ai
cinque Jaguars – Mauro Zini Bertoli (ch.), Bob Gillot (ts.),
Mario Goretti (ch., ar.), Valerio Negrini (bt.), Riccardo Fogli
(vc., bs.) – si aggiungono Robi Facchinetti (ts.) e Gilberto
Faggioli (bs.). Esordiscono nel febbraio del 1966 con Vieni
fuori (cover di Keep on Running dello Spencer Davis Group),
cui segue Brennero 66 che parla del terrorismo in Alto Adige:
presentata al Festival delle Rose, fu censurata nel testo e anche
presentata con titolo diverso, Le campane del silenzio. Piccola
Katy del 1968 dà al gruppo una prima, sporadica, popolarità,
ma segna anche un momento di crisi interna: escono Goretti e
Bertoli, sostituiti da Dodi Battaglia, che sarà l’unico elemento
a godere di una certa libertà esecutiva, anche perché
tecnicamente più dotato.
Al primo LP, PER QUELLI COME NOI, del novembre 1966,
seguono i rarissimi e quotatissimi MEMORIE (1968) e
CONTRASTO (1969), tutti basati su un mix di materiale nuovo,
45 giri già editi e cover di Who, Kinks, Spencer Davis Group e
altri. L’impronta è beat, così come l’atteggiamento e
l’abbigliamento, ma il successo tarda ad arrivare. Il vero salto
di notorietà è nel 1971 con Tanta voglia di lei (cantata da Dodi
Battaglia invece che da Fogli) e Pensiero, successi
immancabili nei concerti per decenni, inseriti poi in OPERA
PRIMA, inciso con la CGD e con la significativa produzione di
Giancarlo Lucariello. È uno snodo importante nel percorso del
gruppo. ALESSANDRA (1972), trainata da Noi due nel mondo e
nell’anima, prelude a un tour internazionale e a un altro
italiano con orchestra, nei teatri. Intanto vi sono gli ultimi
mutamenti di organico: Fogli, unico superstite della
formazione originale, decide di lasciare il gruppo (così come
Negrini aveva fatto nel 1971 diventando però il quinto
elemento come paroliere).
È un momento difficile, non si sa se sciogliere il gruppo o
continuare in tre. Invece arriva un nuovo elemento. Ora Roby
(Camillo) Facchinetti (1944) suona l’organo, è la voce
principale e compone; Dodi (Donato) Battaglia (1951) è alla
chitarra; alla batteria e a volte al flauto traverso Stefano
D’Orazio (1948) e al basso il nuovo ingresso Red (Bruno)
Canzian (1951). Da questo momento la formazione sarà
stabile, metterà a fuoco una propria identità musicale e la
coesione umana fra i quattro sarà elemento fondamentale nel
loro percorso. I Pooh attuano un’importante svolta sull’onda
del successo del progressive rock: pubblicano con vendite
cospicue PARSIFAL (1973) e UN PO’ DEL NOSTRO TEMPO
MIGLIORE (1975), due dischi ambiziosi, discretamente
elaborati, ma che ottengono giudizi contrastanti. Ci sono
poche concessioni alla commerciabilità, anzi il gruppo pare
inseguire una traiettoria personale ed esclusiva solo in questi
anni. Lontani dal beat, così come dalla tipica forma canzone
che da lì a poco li caratterizzerà. Il sinfonismo, con notevole
uso di archi, è ancora protagonista in FORSE ANCORA POESIA
(1975), ultimo lavoro con Lucariello; in seguito il gruppo si
autoproduce.
A metà anni ’70 i Pooh decidono di eliminare l’articolo dal
nome e, dopo un tour nell’Europa dell’Est, con gli album
POOHLOVER (1976, contenente Linda e la delicata Pierre
sull’omosessualità) e ROTOLANDO RESPIRANDO (1977, con
Dammi solo un minuto), mettono a punto con grandi riscontri
commerciali il loro formato canzone, costituito da melodie che
si imprimono nella memoria, arrangiamenti semplici e robusti,
falsetti e cori all’unisono. Pongono inoltre grande attenzione
all’immagine di gruppo e allo spettacolo visivo, che li vedrà
sempre all’avanguardia a partire dal 1978 (anno di uscita di
BOOMERANG con il 45 giri Cercami), mentre sono i primi in
Italia a usare il laser in concerto. Dalle esibizioni nei locali e
poi nei teatri sono ora passati ai grandi spazi: l’attività live
sarà sempre al centro del loro percorso. La coppia compositiva
principe è formata da Negrini e Facchinetti, con gli apporti di
D’Orazio per i testi e Battaglia e Canzian per le musiche.
Gli anni a cavallo del decennio sono caratterizzati da nuovi
successi sia per gli album VIVA, …STOP e BUONA FORTUNA che
per i relativi singoli Io sono vivo, Canterò per te e Chi fermerà
la musica; HURRICANE (1980) è realizzato invece in inglese,
nel tentativo di sfondare nel mercato internazionale. Dopo un
tour in URSS pubblicano il live PALASPORT (1982), con gli
inediti Canzone per l’inverno e Siamo tutti come noi; segue
una triade di dischi registrati ai Caraibi, di cui TROPICO DEL
NORD (1983) è il primo in formato CD di un gruppo italiano.
Nonostante una certa stanchezza compositiva e una certa
ripetitività, le vendite continuano a essere cospicue. Intanto,
tranne D’Orazio, i membri del gruppo pubblicano dischi
“soli”: Il primo è Facchinetti nell’84 con ROBY FACCHINETTI,
cui seguirà nel 1993 FAI COL CUORE; poi Battaglia nel 1985 con
PIÙ IN ALTO CHE C’È?, con il brano omonimo scritto con Vasco
Rossi; quindi Canzian con IO E RED nel 1986. Nello stesso
anno il gruppo dà alle stampe un altro successo, GIORNI
INFINITI, mentre registrano un lieve calo di vendite il triplo dal
vivo GOODBYE (1987), IL COLORE DEI PENSIERI e OASI, con i
quali i Pooh aprono una collaborazione con il WWF (negli
anni a seguire promuoveranno iniziative ecologiste e
umanitarie).
Nel 1990 partecipano per la prima volta al Festival di
Sanremo, vincendo con Uomini soli, che li riporta in vetta alle
classifiche anche con l’album omonimo; fra gli altri brani, Tu
vivrai, con ospiti Ramazzotti, Tozzi, Ruggeri e Raf. È un
momento importante, di riaffermazione. Continuano i lunghi
tour: nel 1990 i Pooh suonano in piazza del Duomo a Milano
di fronte a 100.000 persone. L’anno dopo festeggiano i 25 anni
di attività con un best e due VHS con la registrazione del
concerto del tour teatrale. Proseguono con estrema regolarità
anche le incisioni con IL CIELO è BLU SOPRA LE NUVOLE (1992) e
MUSICADENTRO (1994), senza particolari innovazioni
stilistiche. È un momento di riflessione, in qualche modo di
crisi interna in un gruppo dalla formula consolidata: testi
diretti, attenti al suono delle parole, calibrati, così come le
musiche, in base alle attese dei fan. Le tematiche con il tempo
hanno saputo tralasciare l’approccio giornalistico. Nel 1995
esce BUONANOTTE AI SUONATORI (1995), un doppio live
semiacustico registrato durante una tournée italiana in varie
piazze storiche, seguito dalla VHS “Un anno di Pooh” e dal
cofanetto antologico POOH BOOK, con alcuni brani risuonati. La
crisi è superata con AMICI PER SEMPRE (titolo sintomatico), del
1996, anno in cui i Pooh sono tra i primi a inaugurare un
proprio sito Internet. Del 1997 sono la biografia “Quello che
non sai” di Franco Dassisti (edita da Mondadori) e la raccolta
doppia THE BEST OF POOH con due inediti, nuovo picco di
vendite. I live sono megaproduzioni che necessitano per il
trasporto di 14 camion autoarticolati. Il gruppo concentra tutte
le strutture a Milano, in un palazzo che ospita anche uno
studio di registrazione dove nasce UN POSTO FELICE, ennesimo
successo. Con una presenza costante di pubblico ai concerti,
indipendente dalla qualità dell’uscita discografica che si è
oramai standardizzata, inaugurano il nuovo secolo con CENTO
DI QUESTE VITE e nel 2002 preparano i brani per il musical
“Pinocchio”, messo in scena l’anno seguente dalla Compagnia
della Rancia, con la regia di Saverio Marconi. Escono quindi
ASCOLTA (2004) e LA GRANDE FESTA (2005), raccolta doppia
con inediti, pubblicata insieme alla biografia di Sandro Neri
“Pooh (La grande storia 1966-2006)”, edita da Giunti. Del
2006 è Cuore azzurro, inno della Nazionale Italiana di calcio,
e quella che viene annunciata come l’ultima tournée vera e
propria del gruppo, che intende in futuro esibirsi solo in
progetti speciali, oltre a continuare l’attività discografica.
Una produzione intensa e regolare, sempre credibile
nell’adeguarsi ai gusti del pubblico: i Pooh rappresentano un
caso pressoché unico nel panorama italiano di gestione del
marchio e di attività condotta con criteri industriali,
esperienza, concretezza, che ha come base e finalità
l’intrattenimento musicale, a dispetto di proposte artistiche
oramai stantie. (a.re.)
DISCOGRAFIA

PER QUELLI COME NOI (Vedette 1966)


MEMORIE (Vedette 1968)
CONTRASTO (Vedette 1969)
OPERA PRIMA (CGD 1971)
ALESSANDRA (CGD 1972)
PARSIFAL (CGD 1973)
UN PO’ DEL NOSTRO TEMPO MIGLIORE (CGD 1975)
FORSE ANCORA POESIA (CGD 1975)
POOHLOVER (CGD 1976)
ROTOLANDO RESPIRANDO (CGD 1977)
BOOMERANG (CGD 1978)
VIVA (CGD 1979)
HURRICANE (CGD 1980, in inglese)
…STOP (CGD 1980)
BUONA FORTUNA (CGD 1981)
PALASPORT (CGD 1982, doppio live con 2 inediti)
TROPICO DEL NORD (CGD 1983)
ALOHA (CGD 1984)
ASIA NON ASIA (CGD 1985)
GIORNI INFINITI (CGD 1986)
GOODBYE (CGD 1987, dal vivo, su tre LP o due CD)
IL COLORE DEI PENSIERI (CGD 1987)
OASI (CGD 1988)
UOMINI SOLI (CGD 1990)
IL CIELO È BLU SOPRA LE NUVOLE (CGD 1992)
MUSICADENTRO (Warner 1994)
BUONANOTTE AI SUONATORI (Warner 1995, doppio dal vivo)
POOH BOOK 1966-1995 (Warner 1995, cofanetto antologico
di sei CD e libro, con rarità, nuove esecuzioni e brani dal
vivo)
AMICI PER SEMPRE (Warner 1996)
THE BEST OF POOH (Warner 1997, antologia con due inediti)
UN MINUTO PRIMA DELL’ALBA (Warner 1998, ristampa del
primo CD di POOH BOOK, con nuove esecuzioni di brani del
periodo Vedette)
UN POSTO FELICE (Warner 1999)
CENTO DI QUESTE VITE (Warner 2000)
BEST OF THE BEST (Warner 2001, antologia su uno o due CD,
con tre inediti)
PINOCCHIO (Warner 2002, colonna sonora dell’omonimo
musical)
ASCOLTA (Warner 2004)
LA GRANDE FESTA (Warner 2006, antologia doppia con due
inediti)
PARSIFAL. Sottotitolo: “Un cavaliere alla ricerca
dell’amore”. La tensione verso il rock progressivo è
ostacolata da testi non all’altezza delle musiche ma, con il
supporto non invadente dell’orchestra e gli arrangiamenti di
Franco Monaldi, i brani si dilatano e giungono con Parsifal
I e II all’apice dell’album, il quale rimane un tentativo,
parzialmente riuscito, di accostamento tra pop romantico e
progressive.
VIVA. L’album che cristallizza una formula che diverrà
immarcescibile: pop rock molto melodico e spirito di
gruppo. Io sono vivo si avvicina, perlomeno nello spirito,
alla dance che furoreggia, Ultima notte di caccia gioca
molto sulla coralità e diventa fissa nella scaletta live, Notte
a sorpresa coniuga melodia e accenni rock. I testi di Negrini
sono molto funzionali.

POVIA
Cantautore dal registro sonoro minimale e dallo stile lirico
tendente alla favola, Giuseppe Povia, nato a Milano nel 1972,
ma vissuto prevalentemente all’Isola d’Elba, esordisce nel
2001 con il singolo È vero. Due anni più tardi vince il Premio
Recanati con Mia sorella, una storia di bulimia trattata con sin
troppa enfasi. A Recanati esegue anche quella che diverrà la
sua canzone simbolo, I bambini fanno ooh, per questo esclusa
due anni dopo dal Festival di Sanremo. Viene però recuperata
fuori gara, associata a un’iniziativa umanitaria, riscuotendo un
enorme successo e divenendo il tormentone dell’annata.
Discreto esito commerciale ha l’album EVVIVA I PAZZI (CHE
HANNO CAPITO COS’È L’AMORE). Povia prende poi parte in gara
alla rassegna ligure nel 2006 con Vorrei avere il becco, che gli
vale la vittoria. Intanto esce la riedizione con vari inediti del
primo album con il titolo I BAMBINI FANNO OOH…LA STORIA
CONTINUA, prodotto da Angelo Carrara, suo mentore.

PATTY PRAVO
Un percorso artistico tortuoso e un seguito di pubblico che,
al di là degli alti e bassi nelle vendite, arriva quasi alla
venerazione, quello di Nicoletta Strambelli. Proviene da Santa
Marta, zona popolare di Venezia, dove nasce il 9 aprile 1948.
Nonostante le origini familiari molto modeste, incoraggiata
dalla nonna inizia ben presto a studiare seriamente il
pianoforte: finita la scuola dell’obbligo s’iscrive al Liceo
Musicale, frequentando le prime tre classi. Ma a diciassette
anni decide di scappare a Roma, con l’intento di rapportarsi
con i ragazzi “beatnik” come lei ma soprattutto di diventare
una cantante famosa. Inizialmente più brava come pianista che
come vocalist, si propone a più produttori con il nome d’arte
di Guy Magenta, preso a prestito dal vero nome e cognome di
un autore francese di canzoni. Fino a che Alberigo Crocetta,
proprietario del Piper Club di via Tagliamento, la porta per un
provino alla RCA che cerca una voce ruvida per bissare in
italiano i maggiori successi inglesi e statunitensi. Lei è
l’ideale. Dopo un po’ di rodaggio sulla pedana del leggendario
Piper, che le attira da subito molte attenzioni, nell’ottobre
1966 esce il primo disco della diciottenne Strambelli, che
assume lo pseudonimo di Patty Pravo, in omaggio ai Provos
olandesi. Il singolo, pubblicato per la “Piper Club Series” della
ARC, contiene due cover, Ragazzo triste, cioè But You’re Mine
di Sonny & Cher tradotta da Gianni Boncompagni, e The Pied
Piper di Crispian St. Peters, eseguita in lingua originale anche
perché esisteva già una versione italiana di Gianni Pettenati,
Bandiera gialla. Grazie anche all’apparizione TV in “Scala
reale”, all’inizio del 1967 Ragazzo triste diventa un successo,
facendo della ragazza veneziana l’icona femminile del beat
italiano. Seguono altri brani che incontrano il favore del
pubblico: Qui e là e Se perdo te. Intanto Franco Migliacci,
Bruno Zambrini e Ruggero Cini stanno cercando di piazzare
un loro brano che in qualche modo inneggia all’emancipazione
femminile, La bambola. Inadatto a Gianni Morandi e a Little
Tony, scartato da Caterina Caselli per ragioni editoriali, viene
affidato a Patty Pravo che lo porta in testa alla classifica
catturando perfino Pippo, personaggio disneyano, che ne cita il
testo in “Topolino e l’operazione scambio”. Il disco va forte
anche nei Paesi di lingua spagnola, tedesca e francese.
Dopo le melodiche Sentimento e Gli occhi dell’amore, e il
primo omonimo LP, con le note di copertina di Renzo Arbore,
la Pravo porta a “Canzonissima” un motivo controcorrente
come Tripoli 1969, a firma di Paolo Conte, le cui vendite sono
più che soddisfacenti. Il 1969 è densissimo: ci sono Il paradiso
di Lucio Battisti, pezzo scoperto per caso in Inghilterra per via
dell’ottima versione degli Amen Corner, Nel giardino
dell’amore, cioè la toccante Rain del cantante-chitarrista
portoricano non vedente Josè Feliciano, e Concerto per Patty,
brano che la vede dialogare per un quarto d’ora con la grande
orchestra di Franco Pisano e il coro di Alessandro
Alessandroni, su testo di Gianni Meccia e musica di Bruno
Zambrini. Nel 1970 la Pravo debutta a Sanremo con La spada
nel cuore, in coppia con Little Tony, e poi intraprende una
tournée in Francia che sfocia addirittura in un’ottima
trasmissione TV francese a lei dedicata, “Bravo Pravo”.
L’anno dopo porta in classifica Per te, ancora di Battisti e
Mogol, e le impegnative Non andare via (Ne Me Quitte Pas di
Brel) e Tutt’al più.
Nel 1971, scaduto il contratto con la RCA, passa alla
Phonogram, per cui incide tre album. Tra i singoli, Non ti
bastavo più e Love Story sono buoni successi, ma è ancor più
interessante la personale versione in lingua originale di
Soolaimon di Neil Diamond. Intanto il giovane musicista e
arrangiatore Bill Conti, che diventerà poi apprezzato
compositore di colonne sonore da film, le scrive orchestrazioni
particolarmente raffinate ma ostiche per il grande pubblico,
tanto che sia Preghiera che Io sono dei flop di vendite.
Inevitabile il ritorno alla RCA, che dà subito risultati: PAZZA
IDEA (con la notissima title track) figura tra i 33 giri più
venduti del 1973, così come negli anni seguenti MAI UNA
SIGNORA (con il singolo La valigia blu) e INCONTRO (in cui
compare Mercato dei fiori di De Gregori). TANTO (1976) si
giova delle splendide sonorità di Vangelis e comprende la
battistiana Io ti venderei e una suggestiva rilettura (in italiano)
di Where Have All The Flowers Gone? di Pete Seeger. Dopo
un album omonimo con la Ricordi, quasi sperimentale e dalle
vendite scarse, torna nel 1978 alla RCA e al successo con una
canzone di Ivano Fossati e Oscar Prudente, la trasgressiva
Pensiero stupendo, che fa da preludio a MISS ITALIA, la cui title
track viene eliminata dalla scaletta dalla stessa RCA (sono i
giorni del rapimento di Aldo Moro e la canzone attacca la
DC). MUNICH ALBUM del 1979 segna la fine degli anni d’oro di
Patty Pravo, qui anche autrice: è un disco poco riuscito e poco
venduto, così come Autostop, il singolo prescelto.
In crisi d’idee artistiche, a poco più di trent’anni Nicoletta
Strambelli non perde affatto la propria anarchia esistenziale
che la porta a girovagare per mezzo mondo. Negli Stati Uniti –
con l’aiuto del produttore Corrado Bacchelli – realizza, a tre
anni dal precedente un album, CERCHI, di scarso valore e che
passa inosservato, come accadrà per tre lustri ai radi dischi
pubblicati. Il successivo OCCULTE PERSUASIONI, del 1984,
dovrebbe essere prodotto da Paolo Conte, che alla fine per vari
motivi si limita solo a scrivere tre brani con lo pseudonimo di
Solingo. La Pravo va a Sanremo nello stesso anno con Per una
bambola, che vince il Premio della critica, e nel 1987 torna
all’Ariston con Pigramente signora che risulterà un plagio da
un pezzo anglosassone. Dovrebbe ripresentarsi al Festival nel
1990 con Donna con te, ma rifiuta avendo notato l’assonanza
del motivo con An Englishman In New York di Sting. Il brano
sarà interpretato, con discreti riscontri, da Anna Oxa.
Gli anni ’90 portano la Pravo a conoscere la reclusione per
detenzione di hashish (nel 1992), seppure per pochi giorni.
Registra poi un album a Pechino (IDEOGRAMMI, 1994) e
frequenta altre tre volte il palco di Sanremo: nel 1997 E dimmi
che non vuoi morire, scritta da Vasco Rossi, Gaetano Curreri e
Roberto Ferri, vince il Premio della critica. È un lento e
bellissimo brano che la rilancia, come testimonia il live BYE
BYE PATTY, dalle ottime vendite. L’anno dopo NOTTI, GUAI E
LIBERTÀ (Targa Tenco nella sezione interpreti) raccoglie vari
brani d’autore scritti per lei da Dalla, Ruggeri, Battiato,
Fossati, Vecchioni, Guccini e altri. Gli anni successivi
vedranno un parziale calo di attenzione, album non
memorabili (fra cui UNA DONNA DA SOGNARE prodotto da Vasco
Rossi e Curreri), l’intenzione di intraprendere una carriera
come direttrice d’orchestra e anche l’impegno sociale, che si
concretizza impartendo lezioni di pianoforte e canto ai
bambini in una parrocchia della periferia di Roma. (c.bo.)
DISCOGRAFIA
PATTY PRAVO (Arc/Piper Club Series 1968)
CONCERTO PER PATTY (RCA 1969)
PATTY PRAVO (RCA 1970)
PATTY PRAVO (RCA 1970, Venezuela, in spagnolo)
BRAVO PRAVO (RCA 1971, Francia, l’edizione italiana ha una
scaletta differente. La ristampa in CD dell’edizione
francese, edita in Italia nel 1994, ha due bonus track in
francese)
DI VERO IN FONDO (Philips 1971 )
PER AVER VISTO UN UOMO PIANGERE E SOFFRIRE DIO SI
TRASFORMÒ IN MUSICA E POESIA (Philips 1971)
SI… INCOERENZA (Philips 1972)
PAZZA IDEA (RCA 1973, anche in versione spagnola: UNA
LOCURA, RCA 1973)

MAI UNA SIGNORA (RCA 1974)


INCONTRO (RCA 1975)
TANTO (RCA 1976)
PATTY PRAVO (Ricordi 1976)
MISS ITALIA (RCA 1978)
MUNICH ALBUM (RCA 1979)
CERCHI (CBO 1982)
OCCULTE PERSUASIONI (CGD 1984, ristampato nel 1987 con
il titolo PER UNA BAMBOLA e con un brano aggiunto)
OLTRE L’EDEN (Fonit Cetra 1989)
INEDITI 72-78 (BMG/Raro! Records 1993, antologia di
inediti)
IDEOGRAMMI (Zard/Sony 1994)
PATTY PRAVO EN ESPAÑOL (RCA 1994, antologia di brani
cantati in spagnolo)
BYE BYE PATTY (Sony 1997, dal vivo con un brano in studio)
DIVINA (BMG 1997, doppia antologia con inediti su album)
GRANDE PATTY (CGD East West 1997, doppia antologia con
rarità)
NOTTI, GUAI E LIBERTÐ (Pensiero Stupendo/Sony 1998)
UNA DONNA DA SOGNARE (Pensiero Stupendo/Sony 2000)
PATTY LIVE 99 (Pensiero Stupendo/Sony 2001, doppio dal
vivo)
PATTY PRAVO – I MITICI 45 GIRI (RCA 2001, doppia antologia
con inediti su album)
A MODO MIO E ALTRI SUCCESSI (Universal 2002, antologia con
rarità)
RADIOSTATION (Sony 2004)
NIC-UNIC (Sony 2004)
CANZONI STUPENDE (Sony 2005, tripla antologia con inediti)
PAZZA IDEA. Ben cantato, ben suonato e ricco di episodi
rilevanti: oltre a Pazza idea, grosso successo anche a 45
giri, si segnalano Morire tra le viole di Maurizio Monti,
Poesia di Cocciante e I giardini di Kensington, cover di
Walk On The Wild Side di Lou Reed, dedicata alla favola di
Peter Pan.
BYE BYE PATTY. Primo disco dal vivo della cantante a
documentare un lungo tour. È una sincera e vivace festa live
per celebrare trent’anni di carriera, passando in rassegna
successi storici e canzoni meno note, con l’apoteosi di E
dimmi che non vuoi morire. L’album segna il ritorno in
classifica dopo due decenni.

PREMIATA FORNERIA
MARCONI (PFM)
Tutto comincia a Milano con il nome I Quelli, gruppo beat
formato da alcuni dei turnisti più richiesti d’Italia, in sala con
Battisti, De André, Celentano, Mina e molti altri. Suonano
cover nei locali ma hanno un certo successo con il 45 giri La
bambolina che fa no no no (cover di La poupée qui fait non di
Michel Polnareff), cantata da Teo Teocoli. Oltre al futuro
showman, per un breve periodo alla chitarra con loro c’è
Alberto Radius. Dopo l’unico album del 1969, I QUELLI,
decidono di cambiare strada e discograficamente anche nome;
come Krel registrano il 45 giri Finché le braccia diventino ali /
Il mondo cade giù. La formazione si è assestata su un quartetto
composto da Franz Di Cioccio (bt.), abruzzese trapiantato a
Milano, Franco Mussida (ch.), Giorgio “Fico” Piazza (bs.) –
già insieme nei Grifoni, il gruppo di Gian Pieretti – e Flavio
Premoli (ts.), campione mondiale di fisarmonica. Per uscire
dallo schema “Chitabasbatorga” – chitarra, basso, batteria e
organo – nel 1970 a loro si aggiunge Mauro Pagani (fl., vi.,
mentre al canto si alternano i vari elementi): il suo apporto
sarà essenziale per la svolta verso il progressive. A lui si deve
il nuovo nome, Premiata Forneria Marconi (in lizza c’era
anche “Isotta Fraschini”), mutuato da un fornaio in provincia
di Brescia. È il 1971.
Aprono i concerti degli Yes, dei Procol Harum e dei Deep
Purple, accompagnano Battisti in TV nel programma
“Tuttinsieme”, vincono il Festival dell’Avanguardia di
Viareggio con La carrozza di Hans, a pari merito con Mia
Martini. Per la neonata Numero Uno l’anno seguente
esordiscono con STORIA DI UN MINUTO, suonato live in studio,
con musiche di Mussida e parole di Pagani, tranne la celebre
Impressioni di settembre (già uscita l’anno prima su 45 con
ottimi esiti) che ha il testo di Mogol; il disco entra in
classifica, la band compie un lungo tour nel Sud Italia (spesso
nei teatri, ed è una novità) e la stampa musicale inizia a
paragonarla ai gruppi stranieri. A fine anno esce (ancora con la
collaborazione artistica di Claudio Fabi) il più compiuto PER
UN AMICO, e il mellotron, tipico strumento del rock progressivo
– comprato da un gruppo inglese di passaggio in Italia –
diventa caratterizzante per il suono. Il 1973 è l’anno del lancio
europeo, con la versione per il mercato internazionale di PER
UN AMICO, intitolata PHOTOS OF GHOSTS, con i testi e la
produzione di Pete Sinfield, autore dei King Crimson. L’album
viene registrato e presentato a Londra, in un teatro di proprietà
degli Emerson, Lake e Palmer per la cui etichetta, la
Manticore, il gruppo italiano ha firmato. L’accoglienza della
critica è buona, secondo alcuni la PFM (acrostico che per
semplicità sostituisce il nome per esteso) è la miglior
formazione europea non inglese, mentre in radio ha successo
Celebration, versione inglese di È festa, e il disco entra a
sorpresa anche nella classifica americana di “Billboard”. Il
gruppo suona tantissimo dal vivo e parte per un tour europeo
con Pete Sinfield e Mel Collins. Per il seguente L’ISOLA DI
NIENTE (1974) e il suo corrispettivo in inglese THE WORLD
BECAME THE WORLD, nella band entra Patrick Djivas – ex Area
con un notevole bagaglio musicale, anche jazzistico – al posto
di Piazza, bassista essenzialmente accompagnatore. Con
sempre più forza esecutiva e d’improvvisazione l’avventura
americana si concretizza in un tour di 50 concerti di spalla a
celebri formazioni (J. Geils Band, Poco, Santana, Beach Boys
ecc.), da cui il live COOK ( LIVE IN U.S.A. nella versione
italiana). Il momento è inebriante ma anche spossante. Si
decide di tornare in Italia e trovare un cantante di ruolo. Dopo
un approccio senza esito con Ivan Graziani, la scelta cade su
Bernardo Lanzetti, proveniente dagli Acqua Fragile (gruppo
prodotto dalla PFM), voce potente e squillante con tratti non
lontani da quella di Peter Gabriel, e una buona pronuncia
inglese. L’accattivante CHOCOLATE KINGS (1975) è infatti
proposto solo in inglese ma senza Sinfield, le cui traduzioni si
allontanavano dai significati originari. Ma dopo un concerto a
Roma in favore dell’OLP, il manager americano li chiama:
“Forget the West Coast (Dimenticatevi la West Coast)”.
Oltretutto il disco è assai critico verso gli USA e nella versione
americana ha in copertina una barretta di cioccolata in una
bandiera a stelle e strisce. Salta la tournée prevista negli Stati
Uniti, ma l’album va bene in Europa e prende avvio il primo
trionfale tour in Giappone. Nel 1976 il gruppo torna comunque
ad esibirsi in America e poi in Inghilterra, dove il 6 maggio,
alla Royal Albert Hall di Londra, riceve l’inaspettata visita
della Regina Madre durante il sound check.
Alla conclusione del tour arriva però l’abbandono di Pagani,
soffocato dai meccanismi stretti e ripetitivi e dai ruoli interni
alla band. Ma anche gli altri accusano lo stress, il rapporto
complesso con il mercato internazionale, alcune contestazioni
in Italia di una frangia della Sinistra. La PFM riparte per gli
Stati Uniti dove incontra personaggi come Jaco Pastorius e
Frank Zappa, che addirittura dovrebbe scrivere i testi del
nuovo album della band. Per problemi di tempo non se ne farà
nulla. In California, con il nuovo Greg Bloch (vi.), registrano
JET LAG (1977), che risente del clima musicale della West
Coast e porta influenze jazz rock dai contorni poco definiti.
Inciso per la neonata etichetta del gruppo, la Zoo Record, e
quasi tutto cantato in inglese, esprime fin dal titolo un senso di
sfasamento. È la fine del sogno americano. Bloch lascia la
band per PASSPARTÙ (con copertina di Andrea Pazienza) del
1978, album con notevole rilievo dato ai testi, quasi tutti di
Gianfranco Manfredi e tornati in italiano. Ma il movimento
progressive, dentro alla morsa di disco music e punk, è ormai
in crisi: il disco non va molto bene, la Zoo Records chiude
repentinamente e Lanzetti lascia il gruppo dopo il concerto
tributo per Demetrio Stratos a Milano. Nel 1979 vi è un colpo
d’ala grazie al connubio con Fabrizio De André per un tour
italiano di grande successo, dal quale vengono tratti due album
live separati. Il gruppo riarrangia i brani del cantautore, ottime
versioni che De André riproporrà anche in alcuni tour
seguenti. Per l’occasione torna nel gruppo un violinista, Lucio
Fabbri, che rimarrà per diversi anni.
Con Di Cioccio nel ruolo di frontman, negli anni ’80 la
PFM si dedica a composizioni nell’alveo della forma canzone,
scritte collettivamente e con una maggiore attenzione ai testi.
Nel 1980 esce SUONARE SUONARE, sempre rock ma meno
progressive, con la bella slow ballad omonima e Maestro della
voce dedicata a Demetrio Stratos. Al canto oltre a Di Cioccio
ci sono Mussida e Premoli, che poco dopo però abbandona la
formazione. Dal vivo intanto si aggiunge una seconda batteria
con Walter Calloni. Dopo COME TI VA IN RIVA ALLA CITTÀ
(1981), che si appropria di tempi, metriche e testi forse non del
tutto congeniali al gruppo, arriva il live PERFORMANCE (1982),
tentativo di accomunare vecchi e presunti giovani fan e
definitiva consacrazione di Di Cioccio leader sul palco. PFM?
PFM! (1984) ha un titolo forse autoironico, rivolto al vecchio
pubblico, peraltro eclissatosi al cospetto del nuovo corso. Vi è
anche un tentativo di rilancio d’immagine utilizzando il
videoclip e l’idea di realizzare tre album live di inediti, che
non avrà però corso. Ma è con il deludente MISS BAKER (1987)
e con l’emorragia di presenze ai concerti che, dopo una data a
Torino, la band decide di cessare l’attività, pur senza
sciogliersi ufficialmente. Seguiranno molti bootleg live, come
“Impressioni vent’anni dopo”, da un concerto del 1971. A
partire dagli anni ’80 del resto i membri della PFM
cominciano a sviluppare altri interessi. Di Cioccio conduce la
trasmissione TV “Punk e a capo”, appare in alcuni film,
produce gruppi, nell’88 a Sanremo guida i demenziali ed
estemporanei Figli di Bubba, nel ’92 pubblica il suo LUPUS IN
FABULA; Mussida costituisce una scuola di musica e incide
RACCONTI DALLA TENDA ROSSA (1991) e ACCORDO (1995);
Premoli compone sigle televisive e pubblica un “solo”
omonimo nel 1983.
Nel 1997 si assiste alla reunion del gruppo (con Di Cioccio
ancora cantante e Mussida, Premoli e Djivas), accolta
benevolmente dalla stampa musicale e preparata da un
cofanetto con 4 CD di live storici (PFM 10 ANNI LIVE 1971-1981,
del 1996) e dalla biografia scritta da Di Cioccio (“PFM Due
volte nella vita”, 1996, Mondadori). La band incide il concept
ULISSE con liriche di Vincenzo Incenzo e nell’autunno riparte
proprio da Torino con un tour teatrale di successo, che
conferma a distanza di anni la resa live. Dalla tournée viene
tratto WWW.PFMPFM.IT (1998). Nel 2000 esce SERENDIPITY, con
testi di Franco Battiato, Pasquale Panella, Daniele Silvestri e
produzione di Corrado Rustici. Il disco non convince, a
differenza dei concerti, che si svolgono anche all’estero come
documentato nel 2002 da LIVE IN JAPAN (anche in DVD),
impreziosito dalla cover di Bandiera bianca di Battiato. Nel
2003 a Siena un unico concerto reunion con Pagani (uscito nel
2005 con il titolo PIAZZA DEL CAMPO) anticipa un tour con le
canzoni di De André che proseguirà negli anni successivi.
Intanto il gruppo lavora all’opera rock DRACULA, con i testi
ancora di Incenzo, che verrà messa in scena (ma senza di loro
sul palco) e pubblicata nel 2005.
Percorso di sanguigno progressive quello della Premiata,
sempre in bilico tra l’esigenza puramente strumentale e quella
del brano cantato. Musicisti formidabili sia nell’orchestrazione
che nella improvvisazione, meno dal lato compositivo, sono
rimasti spesso soffocati dal mutamento dei gusti del pubblico.
DISCOGRAFIA
STORIA DI UN MINUTO (Numero Uno 1972)
PER UN AMICO (Numero Uno 1972)
PHOTOS OF GHOSTS (Manticore 1973 Gran Bretagna,
l’edizione italiana, successiva, su Numero Uno)
L’ISOLA DI NIENTE (Numero Uno 1974)
THE WORLD BECAME THE WORLD (Manticore 1974 Gran
Bretagna, l’edizione italiana, successiva, su Numero Uno)
LIVE IN U.S.A. (Numero Uno 1974, dal vivo, l’edizione
americana, intitolata PFM COOK, su Manticore)
CHOCOLATE KINGS (Numero Uno 1975)
JET LAG (Zoo Records 1977)
PASSPARTÙ (Zoo Records 1978)
SUONARE SUONARE (Numero Uno 1980)
COME TI VA IN RIVA ALLA CITTà (Numero Uno 1981)
PERFORMANCE (Numero Uno 1982, doppio dal vivo)
PFM? PFM! (Numero Uno 1984)
MISS BAKER (Ricordi 1987)
PFM 10 ANNI LIVE 1971-1981 (RTI Music 1996, cofanetto di
quattro CD dal vivo poi venduti separatamente)
ULISSE (RTI Music 1997)
WWW.PFMPFM. IT – IL BEST (RTI Music 1998, doppio dal vivo)
SERENDIPITY (S4 2000)
LIVE IN JAPAN (Sonymusic 2002, doppio dal vivo)
PIAZZA DEL CAMPO (Sonymusic 2005, doppio dal vivo anche
in edizione con DVD)
DRACULA (SonyBMG 2005)
L’ISOLA DI NIENTE. Summa del lavoro compositivo svolto
sino al 1974. Brani e strumentazione imponenti: la varietà di
atmosfere della title track, con l’intro vocale seguito
dall’attacco violentemente accentato e quindi dalla dolcezza
del tema melodico, ne sono la dimostrazione. Piccoli spunti
di improvvisazione a collage in Is My Face On Straight; il
tema ballabile popolare del violino ripreso dal synth in La
luna nuova, che chiude con un curioso fagotto. E il cavallo
di battaglia Dolcissima Maria.
LIVE IN U.S.A..Magari rigato e con la copertina sciupata,
figura pressoché in tutte le discoteche degli appassionati
degli anni ’70. Nessuna caduta di tensione, dall’attacco di
Four Holes In The Ground al finale di Celebration con la
citazione da Impressioni di settembre, dalle morbide Dove…
Quando e Just Look Away sino all’arrangiamento
dell’ouverture dal “Guglielmo Tell”.
CHOCOLATE KINGS. Il progressive spesso non convive con le
regole di mercato e con le esigenze rock e della
performance. Qui si raggiunge un buon compromesso, con
equilibrio tra “soli” e “tutti”. Taglio internazionale per le
musiche di Mussida e Premoli, ma anche per i graffianti
testi in inglese di Pagani e Marva Jean Marrow cantati con
sicurezza da Lanzetti, autore a sua volta di Out Of The
Roundabout. L’attacco è ai “Chocolate kings” (Re di
cioccolata), i soldati USA giunti alla fine della seconda
guerra per liberare l’Italia ma anche per avviare una
colonizzazione permanente.

PRIMITIVES
Vedi Mal

MASSIMO PRIVIERO
Rocker di origini veneziane, esordisce nel 1988 con S.
VALENTINO, un bel disco vicinissimo alla migliore tradizione
d’oltreoceano. Viene notato da Little Steven che collabora con
lui al secondo lavoro, NESSUNA RESA MAI, del 1990, come
musicista, produttore e arrangiatore. Il disco, che vede anche
la partecipazione di Flavio Premoli e Lucio Fabbri, conferma
il giovane Priviero tra gli autori più validi nel suo versante
musicale. Nel 1992 pubblica ROCK IN ITALIA, in cui si avvale
della collaborazione di Massimo Bubbola, e nel 1994 NON
MOLLARE, di buona fattura ma senza quelle felici intuizioni dei
primi due dischi. Pausa fino al 1998, poi il rocker riparte
brillantemente con PRIVIERO, probabilmente il disco più
riuscito e vigoroso, per la cura dei suoni e per l’intimità di
alcune ballate. Vi prendono parte Marco Ferradini e ancora
Lucio Fabbri. Tiene alto il livello POETIKA pubblicato un paio
d’anni dopo, per metà inedito, e TESTIMONE del 2003 in cui
spicca un duetto con Bubola. Nel 2006 esce DOLCE
RESISTENZA, anticipato da Ciao amore ciao / Li vidi tornare, il
brano che Luigi Tenco portò a Sanremo 1967 ma nella
versione originale.

OTELLO PROFAZIO
Cantastorie, compositore e ricercatore nato a Rende
(Cosenza) il 26 dicembre 1934. Otello Ermanno Profazio
divulga il patrimonio musicale popolare della Calabria e di
altre regioni del sud, in particolare della Sicilia. Esordisce nel
1953 con U ciuccio alla trasmissione radiofonica “Il
microfono è vostro”. Nel 1963 pubblica IL TRENO DEL SOLE su
poesie di Ignazio Buttitta e a poco a poco personalizza i brani
folk tratti da storie e leggende del Meridione con
un’interpretazione ricca di verve comunicativa. Dopo vari
album a cavallo tra gli anni ’60 e 70, IL BRIGANTE MUSOLINO
(1973), che narra le gesta del celebre bandito, e QUA SI CAMPA
D’ARIA (1974) sono fra gli episodi più significativi della sua
carriera. Raggiunge anche una certa popolarità grazie ad
alcune apparizioni radiofoniche e televisive. Tiene concerti
all’estero e le sue “profaziate” divengono prima una rubrica
tenuta per molti anni su di un quotidiano calabrese, poi la
fonte per quattro libri. Nel 2005 esce IL FILO DI SETA, una
nuova satira amara sui mali della società. Nel 2006 gli viene
assegnato il Premio alla carriera dal “Premio città di Loano per
la musica tradizionale”.

PROFETI
Guidati da Renato Brioschi, nascono a Milano nel 1964 e si
fanno conoscere in ambito beat nel ’66 con Bambina sola
(cover di You’re A Lonely Girl dei Grassroots) e nel ’67 con
Rubacuori (Ruby Tuesday dei Rolling Stones), entrambe nel
primo LP BAMBINA SOLA del ’67, lavoro con forti influenze di
folk rock americano. Con Brioschi (vc., ch.) ci sono
Nazzareno La Rovere (ch., vc.), Roberto Margaria (bs.) e
Raffaele Favero (bt.), gli ultimi due sostituti dei fondatori
Donato Ciletti e Osvaldo Bernasconi. Alla fine degli anni ’60
farà parte della band anche Paolo Tofani (ch.), ex Califfi e
futuro Area. Nel 1968 i Profeti si affacciano in classifica con
Gli occhi verdi dell’amore (Angel Of The Morning di P.P.
Arnold) ma a poco a poco il loro sound diventa sempre più
lezioso (vedi nel ’68 la loro versione di Ho difeso il mio
amore) fino a dare l’addio al beat. Nel 1970, con il nome di
“Renato dei Profeti”, Brioschi incide la melodica Lady
Barbara (di Bigazzi e Savio): è un notevole successo, vince il
Disco per l’estate e fa breccia soprattutto nel pubblico
femminile. Il cantante lascia così il gruppo, che fra il ’70 e il
’73 ottiene ancora qualche riscontro con singoli di impronta
commerciale come Non si muore per amore, Era bella, Prima
notte senza lei e Io perché io per chi. Ma gli album ERA BELLA
e L’AMORE è hanno scarsi risultati e dopo un Festival di
Sanremo nel 1976 (con Cercati un’anima) si sciolgono.
Renato invece consolida la popolarità nei primi anni ’70 con
brani come La mia vita con te e Tu mi eri scoppiata nel cuore,
anche se le vendite sono decisamente inferiori a Lady
Barbara. Con Giochi senza età (1974, successo francese)
prende avvio la sua carriera di autore; Renato scrive per Leali,
Mia Martini, Alice, Viola Valentino (Comprami, nel 1979) ed
Eros Ramazzotti, per il quale nel 1984 firma, con altri, Terra
promessa. Alla fine degli anni ’80, pur continuando l’attività
di autore, riforma i Profeti con i membri originali. Pur non
incidendo nulla di nuovo il gruppo tiene molte serate e
partecipa a trasmissioni TV revivalistiche, fino al nuovo
scioglimento nel 1990. “Renato dei Profeti” continua invece la
carriera.

PROZAC +
Il momento magico è nel 1998, quando il fresco pop punk
del trio pordenonese trova, nell’album ACIDOACIDA, la
combinazione per trasformarli in un fenomeno da copertina.
Merito soprattutto del singolo Acida, uno dei brani più
ascoltati dell’anno, e del connubio – molto riconoscibile – di
ritmiche arrembanti e melodie efficaci, applicato a testi che,
anche con volute ambiguità verbali, gravitano attorno al tema
del disagio giovanile. Mente del progetto è Gian Maria
Accusani (ch., vc.), che, insieme a Eva Poles (vc., ch.) e
Elisabetta Imelio (bs.), fonda i Prozac + nel 1995, con il
riferimento al famoso farmaco antidepressivo che vuole
alludere a una simile caratteristica della loro produzione,
capace di divertire e far muovere nonostante i contenuti spesso
anche duri. Il primo album TESTA PLASTICA del 1996, e
soprattutto un’intensa attività live – in cui la presenza di due
ragazze risulta elemento di forza dal punto di vista scenico –
creano attorno al trio un’aura di culto. Nasce a questo punto,
dopo due concerti di spalla agli U2 nel ’97, il grande successo
di Acida. In seguito la “ricetta” Prozac + non pare più in grado
di arricchire la sbarazzina novità dei primi due lavori con
significativi elementi inediti. Così i successivi album (3
PROZAC + del 2000, MIODIO del 2002, GIOIA NERA del 2004)
riportano il gruppo a una dimensione decisamente meno
rilevante.

PUNKREAS
Nati a Parabiago (MI), sono una delle più note band punk
italiane. La formano nel 1989 Cippa (vc.), Flaco (ch.), Paletta
(bs.), Noyse (ch.) e Mastino (bt.), sostituito nel 2002 da
Gagno. Si fanno conoscere con il primo singolo, Il vicino,
dalle sonorità ska core, e poi negli anni con brani come Aca
toro, La canzone del bosco, Tutti in pista, che, al di là della
facilità espressiva, lasciano trasparire una preparazione tecnica
notevole e una certa inventiva nei testi. Il primo disco,
ISTERICO (1990), li segnala subito come gruppo dalle notevoli
potenzialità, confermate poi nel corso del decennio con lavori
come PARANOIA E POTERE (1995), imperdibile per il genere.
Nel 1997 i Punkreas fondano l’etichetta Atomo dischi, con la
quale pubblicano i loro lavori, fatta eccezione per la parentesi
degli album PELLE (2000) e FALSO (2002), che contiene il
provocatorio singolo Canapa, usciti per la milanese Discopiù.
Nel 2006 la carica live del gruppo, elemento fondamentale
della loro proposta, viene documentata da PUNKREAS LIVE.

PUPO
Cantante e autore melodico, nato come Enzo Ghinazzi a
Ponticino (Arezzo) l’11 settembre 1955. Esordisce con Ti
scriverò (1975) e con il nome d’arte datogli dal produttore
Freddy Naggiar giocando sulla sua altezza. Il suo periodo di
fortuna nella canzone è a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, con
brani come Ciao (1978), Gelato al cioccolato, scritto con
Cristiano Malgioglio, e Forse (1979), Su di noi e Firenze
Santa Maria Novella (1980). Nel 1981 con Lo devo solo a te e
l’album omonimo cerca inutilmente di percorrere strade meno
scontate. Nello stesso anno è tra i fondatori della Nazionale
cantanti e coautore di Sarà perché ti amo, successo dei Ricchi
e Poveri; dopo Un grande amore (1984) subisce un calo di
popolarità e un tracollo finanziario dovuto alla passione per il
gioco d’azzardo. Pubblica poi il live CANADA’S WONDERLAND
(1991), mentre i suoi brani sono tradotti in varie lingue. Senza
successo tenta una svolta stilistica a Sanremo con La mia
preghiera e proponendosi con il suo nome (ENZO GHINAZZI,
1992). Incide quindi PUPO (1996), scritto e composto in buona
parte da lui, e TORNERÒ (1998). Nel 2001 esce, a cura di
Jonathan Giustini, la biografia “Un enigma chiamato Pupo”
(RAI/ERI). Nel 2004 incide L’EQUILIBRISTA, con alcuni inediti,
e lavora a improbabili tributi a Lucio Battisti e Fabrizio De
André; viene intanto rilanciato come presentatore di alcune
trasmissioni TV che gli restituiscono grande popolarità .
Q
LUCIO QUARANTOTTO
Singolare personaggio dalla voce fonda e impastata al
servizio di un’interpretazione ruvida e tutt’altro che
consolatoria, a suo agio negli ostinati musicali con cui veste
testi densi, corrosivi, degni della migliore sperimentazione
poetica (di referente soprattutto mitteleuropeo, specie tedesco).
Lucio Quarantotto (Mestre, 1957) irrompe sulla scena della
canzone d’autore nostrana nel 1984, allorché il suo DI MATTINA
MOLTO PRESTO, uscito l’anno prima, riceve la Targa Tenco
quale miglior disco d’esordio. Brani come Rissosi, Un amore,
Di mattina molto presto, Mandolino, Entrai in un ristorante,
Ulrike Meinhoff non possono lasciare indifferenti, avvolgendo
il loro autore-interprete di un’aura di maledettismo che, se da
un lato gli guadagna un consenso pressoché unanime fra gli
addetti ai lavori, lo relega dall’altro in un autentico cul de sac
in quanto a notorietà.
Sempre al Tenco, nell’86 presenta il suo secondo album, EHI
Là (CON Lavare il mare, Ti dirò ti dirò, 48), che pur attraverso
un abito musicale lievemente più commestibile conferma
quanto emerso dal primo lavoro. Passano altri quattro anni e,
con l’ingresso nella scuderia Sugar di Caterina Caselli, ecco
L’ULTIMA NUVOLA SUI CIELI D’ITALIA (al quale collabora anche
Franco Battiato). Molti i brani degni di nota: Tutti ti danno
(quello che non hanno), Assassini, Viaggiando verso Jesolo e
Tripoli, presentata due anni prima ancora al Tenco con il solo
accompagnamento di un secchio percosso, molto à la manière
dei poeti beat o di un Tom Waits. E se questa fosse l’ultima,
oltre a essere scelta emblematicamente come sigla del neonato
festival di Recanati, viene portata con esiti disastrosi al
Cantagiro ’91, divenendo in qualche modo paradigma di
quanto accadrà in seguito: nessun nuovo album, malgrado i
periodici annunci, e tuttavia lo straordinario, e in fondo
sorprendente, successo di Con te partirò, un suo testo (su
musica di Francesco Sartori) lanciato su scala mondiale da
Andrea Bocelli, per il quale scrive vari altri brani. Il resto è la
scoperta di Elisa, il lavoro di autore per la stessa Caselli e
Filippa Giordano, e un nuovo disco, appunto, che non arriva
mai.

QUARTETTO CETRA
L’idea originale di un quartetto vocale è del romano
Giovanni Giacobetti detto Tata, classe 1922, che raduna
intorno a sé altri appassionati di canto e di jazz, musica
praticamente proibita dal regime fascista. La prima formazione
prende il nome di Quartetto Egie, dalle iniziali dei componenti
e cioè Enrico de Angelis, Giovanni Giacobetti, Iacopo
Jacomelli ed Enrico Gentile. Poco dopo l’esordio a Roma,
patrocinato da Mario Riva, Virgilio Savona (Palermo, 1920)
sostituisce Jacomelli, con contestuale modifica della ragione
sociale in Quartetto Ritmo. Nel 1941 nuova sostituzione:
Felice Chiusano (Fondi, 1922) entra al posto di Gentile e il
nome diviene Quartetto Cetra, in parte anche come omaggio
alla casa discografica che li ha messi sotto contratto e per la
quale esordiscono il 7 novembre 1941 con Il Visconte di
Castelfombrone, tratto da una celebre trasmissione
radiofonica, stampato su 78 giri. Altri interessanti brani del
1941 sono L’arca di Noè, Pattuglia gaia e soprattutto La
leggenda di Radames. Con la Liberazione, il Quartetto Cetra si
impone come una delle maggiori attrazioni del Paese, potendo
vantare un repertorio di insolita varietà, capace di evidenziare
le qualità, sia vocali che interpretative, dei singoli componenti.
È del 1945 Pietro Vughi il ciabattino, forse il primo boogie
italiano. Nel 1947 anche De Angelis abbandona la formazione,
sostituito da Lucia Mannucci, già titolare di una discreta
discografia solista; il primo brano con lei è Dove siete stata
nella notte del 3 giugno?. Contemporaneamente prende il via
l’attività compositiva di Giacobetti, per i testi, e di Savona per
le musiche, le quali in alcuni casi sono invece opera del
celebre direttore d’orchestra e fisarmonicista Gorni Kramer,
che farà anche parte del gruppo di musicisti che accompagnerà
spesso il quartetto negli spettacoli, insieme a nomi del calibro
di Franco Cerri (ch.) e Giampiero Boneschi (pn.), anche se
sono strumentisti pure Savona (pn.), Giacobetti (cb.) e
Chiusano (bt.). Il 1949 è l’anno d’inizio dell’interminabile
successo di Nella vecchia fattoria, canzone mutuata dal
repertorio irlandese e di fatto sigla musicale del gruppo, ma è
anche l’anno in cui i quattro si scoprono doppiatori di rilievo
per il cartone animato “Dumbo” della Disney, a cui seguono,
fra gli altri, “Musica maestro”, “Lo scrigno delle sette perle”,
“Il mago di Oz”.
Con gli anni ’50 il Quartetto Cetra si afferma nei piani alti
della Rivista italiana, collaborando con nomi importanti come
Wanda Osiris, Alberto Sordi, Isa Barzizza, ma soprattutto con
il magico trio Garinei-Giovannini-Kramer, autore di pagine
immortali del teatro leggero italiano. “Gran baldoria”, nel
1951, è la prima commedia a cui partecipano, mentre In un
palco della scala, Un bacio a mezzanotte (con la Osiris) e
Vecchia America (di Luttazzi) sono forse le canzoni che
meglio rappresentano quei primi anni ’50, il momento d’oro
della formazione, che rinnova con grande freschezza il
panorama stantio della canzone italiana. Nel 1954 c’è la
presenza al Festival di Sanremo con varie canzoni (fra cui
Aveva un bavero, buon successo), che resterà unica, mentre
invece il gruppo rivisiterà le canzoni sanremesi delle
successive edizioni, quasi sempre con una verve ironica e
dissacrante ma priva della minima volgarità e mai senza
quell’eleganza formale che ha sempre contraddistinto le
proposte dei quattro. Proprio questo stile permette loro di
diventare protagonisti di decine di programmi TV, sin dalle
trasmissioni sperimentali della prima metà degli anni ’50. Nel
1954 con l’avvio della televisione italiana sono presenti in “In
quattro si viaggia meglio”, ma il culmine è la storica
“Biblioteca di Studio Uno” (1964) con le irresistibili parodie
di classici della letteratura, come i “Promessi Sposi” e
l’“Odissea”, o del cinema, come “Via col vento”. Molti i brani
noti di quegli anni: Musetto di Modugno, Che centrattacco,
Un po’ di cielo, Un disco dei Platters, Concertino, I ricordi
della sera e altri ancora.
L’attività del Quartetto Cetra continua senza soste per tutti
gli anni ’60 e ’70 con la pubblicazione di decine di dischi, la
realizzazione di indimenticabili Caroselli e la partecipazione a
numerose trasmissioni di successo. A partire dalla fine degli
anni ’60 Savona e la Mannucci avviano anche una carriera
parallela a quella del gruppo. Nel 1985, con il Quartetto
ancora in attività, arriva un riconoscimento importante: quello
di Cavalieri del Lavoro, seguito tre anni dopo dalla nomina a
Commendatori della Repubblica. Purtroppo poco dopo
Giovanni Giacobetti muore. I Cetra – così si fanno chiamare
da quel momento – tengono l’ultimo concerto il 1° luglio 1988
a Bologna e pubblicano ancora alcune registrazioni fino al
1990, anno in cui anche Felice Chiusano si spegne.
DISCOGRAFIA

QUARTETTO CETRA (Cetra 1953, EP ristampato come Fiabe


presentate dal Quartetto Cetra nel 1957 con un brano
sostituito)
MICROFONO D’ARGENTO 1953 (Cetra 1954, EP)
GITE DI UN QUARTETTO VIAGGIATORE 1° (Cetra 1954, EP)
GITE DI UN QUARTETTO VIAGGIATORE 2° (Cetra 1954, EP)
SASSOFONI E VECCHIE TROMBETTE “L’IMPOSSIBILE STORIA DEL
JAZZ” (Cetra 1954, EP)

LE FIABE DELLE QUATTRO STAGIONI (Cetra 1955, EP)


I SUCCESSI INTERNAZIONALI DEL QUARTETTO CETRA
(Cetra,1955)
QUARTETTO CETRA (Cetra 1956, EP)
CANTA IL QUARTETTO CETRA (Cetra 1956, EP)
LE CANZONI DEL FESTIVAL DI SANREMO 1956 VISTE DAL
QUARTETTO CETRA (Cetra 1956)
FLASH SONORI N°1x (Cetra 1957, EP)
QUARTETTO CETRA (Cetra 1957, EP)
LE CANZONI DI SANREMO 1956 VISTE DAL QUARTETTO
CETRA (Cetra 1957)
QUARTETTO CETRA (Cetra 1957, EP)
HOT CLUB PER OTTO (Cetra 1957)
UNO, DUE, TRE… E QUATTRO (C ANZONI PER I BAMBINI DI
SAVONA/GIACOBETTI) (Cetra 1957, EP)
QUARTETTO CETRA (Cetra 1958, EP)
QUARTETTO CETRA (Cetra 1958, EP)
UN TRAPEZIO PER LISISTRATA (Cetra 1958, EP)
…PERSONALITY… (Cetra 1958, EP)
IL QUARTETTO CETRA PRESENTA: COME SI USA IN U.S.A.
(Ricordi 1959, EP)
IL QUARTETTO CETRA IN CONCERTINO (Ricordi 1959, EP)
COCKTAIL PER QUATTRO (Ricordi 1959, EP)
LE FAVOLE DEL JUKE-BOX (Ricordi 1959, EP)
GEPPYNA (Ricordi 1960, EP)
QUARTETTO CETRA (Ricordi 1960, EP)
QUARTETTO CETRA (Ricordi 1960, EP)
IL QUARTETTO CETRA ALLA TV (Ricordi 1961)
LE CANZONI DI WALT DISNEY 1° (Ricordi 1961, EP)
QUARTETTO CETRA (Ricordi 1962)
LE AVVENTURE DI PALLINA (Ricordi 1962, EP)
IL QUARTETTO CETRA CANTA LE CANZONI DI WALT DISNEY
VOL.2 (Ricordi 1962, EP)

LE FAVOLE DEL JUKE-BOX (Ricordi 1962)


QUARTETTO CETRA 1° (Polydor 1962, EP)
QUARTETTO CETRA 2°x (Polydor 1962, EP)
QUARTETTO CETRA 3° (Polydor 1962, EP)
QUARTETTO CETRA (Polydor 1963, EP)
I “BUM” DEL QUARTETTO CETRA (Polydor 1963)
IL QUARTETTO CETRA PRESENTA: IL MIO PRESEPIO (Istituto
Internazionale del Disco 1963, EP)
QUARTETTO CETRA FESTIVAL (Polydor 1964)
LE CANZONI DI WALT DISNEY E ALTRI SUCCESSI DEL
QUARTETTO CETRA (Ricordi 1967)
NELLA VECCHIA FATTORIA… PECOS BILL (Fonit 1968)
I PIÙ GRANDI SUCCESSI DEL QUARTETTO CETRA (Polydor
1968)
I CETRA IERI E OGGI (CBS 1968, ristampato nel 1978 come
UNA SERA CON… I CETRA)

NON CANTARE, SPARA! (CBS 1968)


UN L.P. PER TE (Carosello 1971)
LE CANZONI DELL’ARCOBALENO (Carosello 1973)
OGGI LE CANTIAMO COSÌ (Ariston 1975)
STORIE CANTATE E DA CANTARE… IN UN PAESE DI FANTASIA
(Ariston 1976)
QUARTETTO CETRA – NELLA VECCHIA FATTORIA (CGD 1977)
I DISCHI D’ORO DEL QUARTETTO CETRA (Polydor 1978)
I GRANDI SUCCESSI DEL QUARTETTO CETRA (Fonit Cetra 1981)
I CETRA: …UNA LUNGA TASTIERA… (Palladium 1985, a nome
I Cetra)
IL FORMIDABILE QUARTETTO CETRA (Fonit Cetra 1987, triplo)
NELLA VECCHIA FATTORIA (CGD 1987)
QUARTETTO CETRA (Fonit Cetra 1987, CD)
BAMBINO MIO… E I PIÙ GRANDI SUCCESSI (Fonit Cetra 1989 a
nome I Cetra)
IL QUARTETTO CETRA IN CONCERTO (EMI 1990, ristampato
nel 1992 con il titolo GLI INDIMENTICABILI CETRA e nel 2004
con il titolo QUARTETTO CETRA – MADE IN ITALY)
“I CETRA” – CLASSICI E INEDITI (Nuova Fonit Cetra 1993,
CD)
LA STRAORDINARIA AVVENTURA DEL QUARTETTO CETRA
(Selezione dal Reader’s Digest 1993, 3 CD antologici con
rarità e inediti su album)
FRUSCIATI CON BRIO (Selezione dal Reader’s Digest 1993, 3
CD antologici con rarità e inediti su disco)
QUELLA VECCHIA LOCANDA
Formazione assimilabile al filone folk prog, si costituisce a
Roma nel 1972 con Donald Lax (vi.), Giorgio Giorgi (fl., vc.),
Massimo Roselli (ts., vc.), Raimondo Maria Cocco (ch., vc.),
Patrick Traina (bt.) e Romualdo Coletta (bs.). Elementi di
musica colta, accanto alle influenze folk e rock e alle
atmosfere fiabesche, caratterizzano il primo album omonimo
del 1972, di ottimo livello, nel quale spiccano il Moog, il
violino acustico e il flauto. Nello stesso anno conseguono un
notevole successo al Festival pop di Villa Pamphili a Roma.
Successivamente, dopo cambiamenti di formazione ed
etichetta, incidono IL TEMPO DELLA GIOIA (1974), senza però
ripetere l’esito dell’esordio. Segue lo scioglimento del gruppo.
Della “Vecchia locanda” rimangono un primo disco
considerato tra i classici del genere in ambito italiano e due
curatissime copertine, come è tradizione di questo filone
musicale.

I QUELLI
vediPremiata Forneria Marconi

QUINTORIGO
Un caso quasi unico nella storia non solo del pop rock degli
ultimi anni, ma della canzone italiana tutta. Dotati di una
personalità spiccata e di altrettanto spessore artistico, i
Quintorigo mescolano con grande naturalezza jazz, musica
classica, rock esterofilo e una tradizione melodica che è
tipicamente tricolore, mettendo d’accordo il pubblico di
Sanremo con quello dei rock club e del Premio Tenco. La
formazione muove i primi passi in Romagna intorno alla metà
degli anni ’90, e fin dalla scelta dell’organico strumentale
dimostra di essere fuori dalla norma: ne fanno infatti parte i
fratelli Andrea (1971, vi.) e Gionata (1973, vlc.) Costa,
Stefano Ricci (1968, cb.) e Valentino Bianchi (1974, sx.).
Niente basso, batteria e chitarre, dunque: una scommessa, ma
che sarà vinta. Anche perché la band può vantare in John De
Leo (1970, vero nome Massimo De Leonardis) un cantante
che per tecnica, versatilità ed estensione è spesso paragonato a
Demetrio Stratos.
Fattisi conoscere grazie ai pregevoli spettacoli dal vivo, in
cui alternano composizioni proprie a classici del rock (Purple
Haze di Jimi Hendrix, per esempio) opportunamente riveduti e
corretti, esordiscono nel 1998 con il singolo Kristo, sì! ,
mentre realizzano il demo “Dietro le quinte” con molti brani
che saranno poi ripresi nell’album d’esordio ufficiale.
Vincendo le selezioni dell’Accademia della Canzone
partecipano nel ’99 a Sanremo con l’ironica Rospo. È una
ventata d’aria fresca per l’ingessata kermesse ligure, e
conquista i favori tanto degli addetti ai lavori – aggiudicandosi
il Premio della critica per la sezione “Giovani” e quello per il
migliore arrangiamento – quanto del pubblico più attento. Più
che buona anche l’accoglienza all’album dal medesimo titolo
(prodotto, come tutti gli altri dischi del gruppo, da Mauro
Pilato e Max Monti, gli autori fra l’altro del celeberrimo
tormentone da discoteca Gam Gam), che non a caso si
aggiudica la Targa Tenco come migliore opera prima.
Altrettanti consensi riceve GRIGIO (2000), che riprende la
contaminazione in chiave pop del predecessore allargandone
ancora di più il raggio di azione, tra sfumature reggae
(l’ecologista La nonna di Frederick lo portava al mare), cover
impensabili (Highway Star dei Deep Purple) e ospitate
eccellenti (il jazzista Enrico Rava in Precipitango). Il disco
viene ristampato nel 2001, in occasione del ritorno a Sanremo
con Bentivoglio Angelina (premio per il migliore
arrangiamento), dopo di che la band torna a esibirsi al Primo
Maggio mentre De Leo – con Franco Ranieri (ch.) e
l’arrangiatore Guido Facchini (ts.) – dà vita allo spettacolo
teatrale “Songs: esercizi spirituali per il nuovo millennio”,
realizzato con lo scrittore Carlo Lucarelli.
Nel 2002 il gruppo compone la colonna sonora de “La forza
del passato” di Piergiorgio Gay, in concorso al Festival di
Venezia, mentre viene accantonato il progetto di pubblicare un
disco dal vivo con l’accompagnamento di un’orchestra. Il
nuovo album, del 2003, è IN CATTIVITÀ, meno accessibile e più
articolato dei precedenti, se possible ancora più difficile da
catalogare, e arricchito dai contributi di Ivano Fossati, Roberto
Gatto e dell’Orchestra Filarmonica di Bacau (Romania). In
scaletta, come d’abitudine, anche alcune cover come Night
And Day di Cole Porter e Clap Hands di Tom Waits. Il live
NEL VIVO, allegato al trimestrale “MucchioExtra”,
rappresenta l’ultimo disco del gruppo prima dell’abbandono
nel 2005 di De Leo, non senza polemiche. Con l’arrivo di
Luisa Cottifogli alla voce (per lei un curriculum lunghissimo
di collaborazioni in ambiti lirici, jazz ed etnici, e nel 2000 il
CD autoprodotto AIÒ NENÈ), nel 2006 il gruppo pubblica IL
CANNONE, album ancora una volta vario e ricco di spunti,
contaminazioni (anche mediorientali) e riletture: questa volta
Area, Bob Marley (Redemption Song, uscita come singolo in
favore dell’associazione non governativa AMREF), Police e
Charles Mingus. Ma, nel complesso, un disco un gradino al di
sotto della produzione passata. Da par suo, De Leo – che nel
corso degli anni aveva pubblicato CD con la formazione di
blues psichedelico Green Onions (SUGARVILLE, 1996) e con il
progetto multietnico Metissage (METISSAGE, 1998), oltre ad
aver preso parte insieme allo scrittore Stefano Benni al tributo
COME FIORI IN MARE: LUIGI TENCO RILETTO (2001) – continua a
esibirsi, sovente in duo con il chitarrista Fabrizio Tarroni. È in
lavorazione il suo primo disco solista, con vari jazzisti ospiti.
DISCOGRAFIA

ROSPO (Universal 1999)


GRIGIO (Universal 2000, ristampato nel 2001 con l’aggiunta
di Bentivoglio Angelina)
IN CATTIVITÀ (Universal, 2003)
NEL VIVO(Stemax, 2003, dal vivo, allegato alla rivista
“MucchioExtra”)
IL CANNONE (Exess 2006)
ROSPO. L’uno-due in apertura è di quelli che stendono:
Kristo, sì! e Rospo, clamorose fusioni tra il background
classico e jazzistico dei musicisti e la musica popular in
tutte le sue forme, dal funky al gospel, dal rock alla canzone
sanremese. Una volta esaurita la sorpresa per la
composizione della formazione, ciò che resta – e che si può
apprezzare nel resto della scaletta – è un melting pot
stilistico di un’originalità vertiginosa, reso ancor più
speciale da un De Leo tanto duttile quanto funambolico.
Ciliegine sulla torta, la buona cover di Heroes di David
Bowie e i tamburi di Roberto Gatto nella strampalata We
Want Bianchi.

BEPPE QUIRICI
Arrangiatore e produttore nato a Genova nel 1954, è attivo
come bassista e contrabbassista fin dai primi anni ’70. La
prima collaborazione importante è con Ornella Vanoni: suona
in VANONI (1978) e con Lucio Fois scrive il brano Lucia per
RICETTADI DONNA (1980), per poi contribuire ad ARGILLA
(1997) con Paolo Fresu e ad ADESSO – LIVE ALBUM (1999).
Storica la collaborazione con Ivano Fossati, conosciuto nel
’79: suona negli album da LA PIANTA DEL TÈ (1988) a LA
DISCIPLINA DELLA TERRA (2000), coprodotto con il cantautore
così come LINDBERGH – LETTERE DA SOPRA LA PIOGGIA (1992);
sempre per Fossati produce da solo gli album dal vivo del
1993, MACRAMÈ (1996) e Il talento delle donne in CANZONIA
RACCOLTA (1998). Ha inoltre collaborato con New Trolls,
Loredana Bertè, Toquinho, Anna Oxa, l’arpista Vincenzo
Zitello (LA VIA, 1994). Come produttore ha lavorato con
Cristiano De André (SUL CONFINE, 1995), gli Yo Yo Mundi
(ALLA BELLEZZA DEI MARGINI, 2002 e alcuni brani di
L’IMPAZIENZA, 1999), Carlo Fava (PERSONAGGI CRIMINALI, 2000
e L’UOMO FLESSIBILE, 2004) sino agli ultimi due album di Giorgio
Gaber (LA MIA GENERAZIONE HA PERSO, 2001, e IO NON MI SENTO
ITALIANO, 2003). Quirici è stato inoltre produttore discografico
dell’album DUENDE di Armando Corsi (già chitarrista di Ivano
Fossati), con cui si esibisce in duo e in trio insieme al
batterista Elio Rivagli. Fra le sue produzioni più recenti, quella
di Maria Pierantoni Giua.
R
RADIODERVISH
È a Bari che il palestinese Nabil Salameh, studente di
Ingegneria, incontra il pugliese Michele Lobaccaro, studente
di Filosofia. Dal 1988 al 1997 diventano rispettivamente voce
e basso degli Al Darawish, con cui pubblicano due album e
suonano a Marsiglia, Salonicco e Babilonia. Sulle ceneri di
questo gruppo e con il supporto del tastierista Alessandro
Pipino nascono i Radiodervish, il cui nome (dal persiano dar
wish, “visitatore di porte”, “mendicante” alla ricerca del
divino) allude all’itinerante trasversalità della loro musica, tra
una delicata dimensione cantautorale e i ritmi della tradizione
mediterranea, con testi in italiano, inglese, spagnolo, arabo e
francese dal fascino allusivo e dalla simbologia mistica
mediorientale. Nel 1998 pubblicano con il CPI i raffinati
ricami world pop di LINGUA CONTRO LINGUA (con Fedeli
d’amore, Zaman), ristampato nel 2005 dalla loro etichetta,
Cosmasola/Il manifesto. Nel 2002 esce il fortunato e fascinoso
CENTRO DEL MUNDO (con le romantiche L’esigenza, Erevan, Ya
Le Temps), con cui viene ripubblicato il live IN ACUSTICO
(2001). Nel 2004 è la volta del raffinato e metaforico IN
SEARCH OF SIMURGH (La falena e la candela, La fenice, Layla
e Majnun), concept album ispirato a un classico del sufismo,
“Il verbo degli uccelli” di Farid ad-din Attar. Due anni dopo
esce AMARA TERRA MIA, parzialmente tratto dall’omonimo
spettacolo. Hanno collaborato con l’Orchestra Araba di
Nazareth, Noa, Stewart Copeland, Jovanotti e Massimo
Zamboni.

ALBERTO RADIUS
Nato a Roma (1° giugno 1943), inizia giovanissimo, nella
seconda metà degli anni ’50, la carriera come chitarrista nei
White Booster, per poi proseguire con varie formazioni
(l’orchestra di Guido Perrone, i Campanino, Big Ben’s, Simon
& Pennies) fino a essere considerato uno dei migliori
chitarristi italiani. Per questo viene chiamato dai Quelli (la
futura PFM) per sostituire momentaneamente Franco Mussida.
Con Toni Cicco e Gabriele Lorenzi dà poi vita alla Formula
Tre, mentre diviene il chitarrista pressoché fisso di Battisti.
Intanto nel ’72 esordisce come solista con RADIUS, un’ottima
prova rock blues. Sciolta la Formula Tre, nel 1974 forma Il
Volo, per poi tornare al percorso solista nel 1976 con il
cantautorale CHE COSA SEI, l’anno successivo con CARTA
STRACCIA, tra rock e ricerca, e nel 1979 con AMERICA GOOD-
BYE. Un anno più tardi con Roberto Colombo e lo pseudonimo
di “Freddy the Flying” realizza Wojtyla Disco Dance, un buon
successo nelle discoteche. Nel frattempo lavora come
strumentista per moltissimi artisti, ad esempio per il Battiato di
LA VOCE DEL PADRONE, proseguendo però con regolarità fino a
metà anni ’80 l’incisione di propri LP, tra cui spicca GENTE DI
DUBLINO del 1982. Nel 1986 costituisce il gruppo Cantautores
incidendo due album. In piena ondata revivalista nel 1990
riunisce la Formula Tre, continuando a produrre album
solistici in cui passa disinvoltamente dal blues alla ballata, dal
rock melodico a suoni più hard.

RAF
Nato nel foggiano (a Margherita di Savoia, il 29 settembre
1959), Raffaele Riefoli si trasferisce a Firenze, dove fonda con
Ghigo Renzulli i Cafè Caracas che si muovono in ambito new
wave. Sciolto il gruppo, Renzulli nel 1980 forma i Litfiba e
Riefoli, dopo qualche anno a Londra in cui suona con i Rifle
Boys, intraprende una carriera solistica con lo pseudonimo
“Raf”: diverrà uno dei rappresentanti più affermati del pop
italiano.
È però un folgorante esordio dance che segna l’atto di
nascita della sua produzione discografica: Self Control, scritta
con Giancarlo Bigazzi e (addirittura) Steve Piccolo dei Lounge
Lizard, e prodotta da un’etichetta francese. È il 1984: il brano
ha successo in tutto il mondo, protagonista anche delle
classifiche americane nella versione di Laura Branigan. Nel
frattempo Raf (“Raff” per il mercato europeo) pubblica
l’album SELF CONTROL, in inglese, e inizia come strumentista e
arrangiatore una collaborazione con la scuderia fiorentina di
Giancarlo Bigazzi, producendo tra l’altro il primo album di
Aleandro Baldi. In questo contesto nel 1987 è coautore del
pezzo vincitore di Sanremo, Si può dare di più, cantato da
Enrico Ruggeri, Gianni Morandi e Umberto Tozzi. Con
quest’ultimo duetta di lì a poco in Gente di mare, uno dei brani
più popolari dell’estate, che riscuote consensi in tutta Europa
permettendo a Raf di scrollarsi di dosso la pericolosa ed
effimera etichetta dance che l’aveva intrappolato in questi
anni. Dopo il singolo London Town, pochi mesi più tardi
partecipa al Festival di Sanremo con Inevitabile follia, che
anticipa il primo album in italiano, SVEGLIARSI UN ANNO FA,
prodotto da Bigazzi. Tra i brani di spicco, la canzone omonima
e Il sapore di un bacio, scritta da Lucio Dalla, Gaetano Curreri
e Saverio Grandi. Nel 1989 una nuova partecipazione al
Festival sancisce la definitiva affermazione: Cosa resterà degli
anni ’80 diviene per un certo pubblico la canzone simbolo del
finire di un decennio difficile e pare riassumerne tutte le
contraddizioni, seppur in chiave nazional popolare. L’album
omonimo è comunque all’insegna del disimpegno, ad esempio
con la fortunata Ti pretendo, che vince il Festivalbar e
conferma la capacità di Raf, al di là della flebile voce, di
scrivere melodie efficaci e dai vaghi rimandi soul, con
arrangiamenti che guardano al pop internazionale e testi di
maniera quasi sempre di Bigazzi.
Nel 1991 c’è ancora un Festival di Sanremo con Oggi un
Dio non ho, e l’album SOGNI… È TUTTO QUEL CHE C’È, che
contiene anche Siamo soli nell’immenso vuoto che c’è e
Interminatamente. Il disco segna l’abbandono di Bigazzi. La
produzione è dello stesso Raf e di Dado Parisini, mentre i testi
sono di Beppe Dati e Cheope, i collaboratori con cui Raf due
anni più tardi realizza uno dei suoi album di maggior successo,
in cui scrive anche alcuni testi. Il titolo è CANNIBALI e tenta di
misurarsi con temi di attualità (il pezzo omonimo, La folle
corsa e l’hit Il battito animale, che vince il Festivalbar), senza
comunque rinunciare a ballate d’amore talvolta molto intense
(Stai con me), talvolta più complici e ironiche (Due). Nello
stesso anno duetta con una giovane Laura Pausini nel suo
disco d’esordio in Mi rubi l’anima. Nel 1995 il successo estivo
di Sei la più bella del mondo porta a Raf un altro periodo di
soddisfazioni: l’album MANIFESTO (anche CD-ROM, tra i
primi in Italia, così come il contemporaneo sito Internet
dell’artista) vende bene, ha diffusione radiofonica (soprattutto
con Dentro ai tuoi occhi) e riscuote qualche consenso anche da
parte della critica. L’anno successivo, COLLEZIONE
TEMPORANEA contiene i brani più conosciuti in nuove versioni
e un inedito, Il grande salto. Una nuova pubblicazione, LA
PROVA, arriva nel 1998 e segna un avvicinamento al rock: i
riscontri tuttavia sono piuttosto tiepidi, e Raf decide di tornare
alla ricerca della “canzone pop perfetta” con IPERBOLE (2001),
anticipato dal fortunatissimo singolo Infinito. Nel 2004 arriva
il decimo album, OUCH, il primo completamente autoprodotto
artisticamente, in prevalenza costruito su pezzi composti da
altri e segnato da una venatura tecno pop e da arrangiamenti
talvolta jazzati. Tra i brani promossi in radio, In tutti i miei
giorni e Superstiti. Per la prima volta Raf riceve veri
apprezzamenti dalla critica. Esce intanto, per Mondadori, il
libro “Cosa resterà…”, scritto con Domenico Leggeri. Nel
2006, lanciato dal singolo Dimentica, viene pubblicato il
nuovo album, PASSEGGERI DISTRATTI con ospiti Pacifico e
Gazzè.
DISCOGRAFIA

SELF CONTROL (CGD 1983)


SVEGLIARSI UN ANNO FA (CGD 1988)
COSA RESTERÀ DEGLI ANNI ’80 (CGD 1989)
SOGNI…È TUTTO QUEL CHE C’È (CGD 1991)
CANNIBALI (CGD 1993)
MANIFESTO (CGD 1995)
COLLEZIONE TEMPORANEA (CGD 1996, antologia con inediti)
LA PROVA (CGD 1998)
IPERBOLE (CGD 2001)
OUCH (Warner 2004)
TUTTO RAF (Warner 2005, doppia antologia con alcune rarità
e un brano in spagnolo)
PASSEGGERI DISTRATTI (SonyBMG 2006)
IPERBOLE. “Sound al tempo stesso elettrico e acustico,
moderno e vintage, rock e dance”, dice Raf, per una delle
realizzazioni più fortunate, in termini di vendite, di un
artista pop ormai maturo e sempre consapevole. Passaggi
radio da record per Infinito, romanticismo melodico per Via.
Assolti riceve un premio dal procuratore di Palermo Pietro
Grasso per l’impegno antimafia. Troppo sensibile è scritta
con Max e Francesco Gazzé. Il CD contiene anche una
traccia interattiva.

RAIZ
vedi Almamegretta

EROS RAMAZZOTTI
“Nato ai bordi di periferia”, come recita una delle sue
canzoni più note, il 28 ottobre 1963 a Roma, vicino a
Cinecittà. Da ragazzo abbandona le scuole superiori, si iscrive
alla FGCI, gioca a calcio e lavora a volte come comparsa in
alcuni film. Ma è la musica – passione anche del padre – ad
attrarlo, anche se le difficoltà economiche della famiglia gli
impediscono di iscriversi al Conservatorio. Il primo vero
contatto con l’ambiente musicale è, nel 1981, la partecipazione
al Festival di Castrocaro con un suo brano, Rock 80: vincono
Zucchero e Fiordaliso ma lui ottiene un contratto con la DDD
per l’incisione, nell’82, del suo primo 45 giri, Ad un amico.
Il grande consenso popolare arriva a breve: nel 1984
Ramazzotti si presenta a Sanremo e vince la sezione “Giovani”
con Terra promessa (il relativo 45 giri ospita ai cori anche Mia
Martini), un brano che anticipa il fortunato filone
adolescenziale che lo caratterizza in questi primi anni. Ne è un
esempio anche Una storia importante, presentata ancora a
Sanremo l’anno successivo, e soprattutto il primo album
CUORI AGITATI, uscito nella primavera dell’85 e in breve
divenuto un successo italiano e poi europeo. L’incontro con
Piero Cassano, da poco ex Matia Bazar, si è rivelato nel
frattempo determinante per il giovane Eros che con lui scrive i
nuovi brani, con l’ausilio di Adelio Cogliati per i testi. Quando
nell’86 torna nuovamente all’Ariston, conquistando il primo
posto con Adesso tu, è già una star di prima grandezza, dal
viso imbronciato e dalle canzoni facili. NUOVI EROI, inciso
anche in spagnolo, conferma il notevole riscontro popolare,
ma il generale scetticismo della critica nei confronti del
“prodotto Eros Ramazzotti” porta il cantante e i suoi
collaboratori a tentare una dimensione più matura, che possa
condurre a un’affermazione a ogni livello. Nasce così l’idea di
un doppio album, che però verrà scisso in due. Nel 1987 esce
IN CERTI MOMENTI, che conferma stile e direzioni,
soffermandosi su temi soprattutto sentimentali, ma anche in
qualche modo sociali (Occhi di speranza) o generazionali
(Libero dialogo), e che contiene, in La luce buona delle stelle,
un duetto con Patsy Kensit. Nel 1988 è la volta della seconda
parte del progetto, un mini album caratterizzato da Musica è,
lunghissimo brano che vorrebbe accontentare gli ascoltatori
più attenti ma che più che altro è apprezzato di nuovo dal
grande pubblico, mentre l’artista partecipa a UOMINI SOLI dei
Pooh cantando Tu vivrai con Ruggeri, Raf e Tozzi.
L’ascesa continua, dopo una lunga tournée europea, con IN
OGNI SENSO (1990), lanciato dal singolo Se bastasse una
canzone: è la prima occasione in cui Ramazzotti ha successo
anche in Sudamerica, dove le esibizioni live conquistano le
platee e sono immortalate l’anno successivo in EROS IN
CONCERT. L’affermazione mondiale porta alla ricerca di
sbocchi artistici internazionali: nel 1993 il videoclip di Cose
della vita, singolo d’apertura di TUTTE STORIE, porta infatti la
firma di Spike Lee. Dal CD vengono estratti anche Un’altra te
e Favola. Nell’estate del 1994 prende avvio un tour con
Jovanotti e Pino Daniele, ma sono molte le collaborazioni di
questi anni. Ramazzotti scrive brani per Raf, Antonacci,
Vallesi, Irene Grandi, Di Cataldo e Giorgia, che vince il
Festival di Sanremo 1995 con la sua Come saprei. Nel 1994
produce FUORIMETRICA dei Metrica, il gruppo di Alex Baroni,
con cui duetta in Non dimenticare Disneyland.
Il periodo successivo è segnato da alcune svolte importanti
sul piano gestionale: mentre la popolarità in tutto il mondo
continua a diffondersi (grazie anche alla partecipazione a
manifestazioni come il Summer Festival in sette stadi europei,
nel 1995), nasce Radiorama, società che curerà gli interessi del
personaggio Ramazzotti. S’interrompono i rapporti decennali
con Piero Cassano e il cantante inizia la produzione del nuovo
album in completa autonomia. DOVE C’È MUSICA esce nel 1996:
la vita privata è il centro tematico di un lavoro che, arrangiato
da Celso Valli, affianca ai toni pop e all’impianto melodico
tradizionale accenni rock, incoraggiati anche dalla presenza di
musicisti anglosassoni come Vinnie Colaiuta (bt.). Più bella
cosa è il pezzo trainante, vincitore fra l’altro del Festivalbar,
mentre L’aurora, dedicata alla figlia di pochi mesi avuta dalla
modella svizzera Michelle Hunziker, è probabilmente il brano
più rappresentativo del disco, nuovo exploit con sei milioni di
copie vendute in tutto il mondo. Mentre Joe Cocker incide
That’s All I Need To Know, firmata dall’artista romano, nel
proprio album ACROSS FROM MIDNIGHT, nel 1997 la raccolta
EROS ripropone alcuni dei classici più noti di Ramazzotti in
nuove versioni o in duetto, come Cose della vita / Can’t Stop
Thinking Of You con Tina Turner e Musica è con Andrea
Bocelli. Due gli inediti, Quanto amore sei e Ancora un minuto
di sole. L’ennesima fortunatissima tournée prelude al secondo
CD dal vivo, EROS LIVE, a fine ’98. Negli stessi mesi
un’inedita collaborazione con Gianni Morandi, collega anche
nella Nazionale Cantanti, porta alla nascita di Canzone libera,
inserita nell’album antologico 30 VOLTE MORANDI. Ramazzotti
si occupa anche, con scarsi risultati sia artistici che
commerciali, della produzione del successivo album di
Morandi, COME FA BENE L’AMORE (2000), di cui firma alcuni
brani. In autunno esce STILELIBERO, forse l’album
tecnicamente migliore di Ramazzotti, che condivide
produzione e arrangiamenti con Claudio Guidetti, Rick
Nowels e Trevor Horn. Ancora un duetto, con Cher in Più che
puoi, e brani di successo come Fuoco nel fuoco, Un angelo
non è e L’ombra del gigante (il cui videoclip, girato in
Sudafrica, è uno dei più costosi mai realizzati da un cantante
italiano). Alla promozione del CD si accompagna un tour
europeo che vede in alcune date la partecipazione di Jovanotti.
Inizia a questo punto il periodo più difficile sul piano
personale: la rumorosa separazione dalla Hunziker e la
scomparsa della madre segnano la vita privata e artistica di
Ramazzotti influendo sulla stesura delle nuove canzoni. 9, del
2003, è per questo sicuramente il suo lavoro più intimista, che
riapre peraltro i rapporti con Roberto Galanti, suo talent scout
nei primi anni ’80. Un’emozione per sempre (inizialmente
scritta per Alex Baroni) vince il Festivalbar. Nel 2005 esce
CALMA APPARENTE, il suo decimo CD di inediti, anch’esso
improntato alla perfezione formale. Tra i brani, I Belong To
You (Il ritmo della passione), interpretato con Anastacia. Esce
infine la biografia di Luca Bianchini “Eros. Lo giuro”, per
Mondadori.
Interprete della canzone italiana più leggera, influenzato a
suo dire da Battisti (del quale però non ha l’inventiva),
Ramazzotti ha saputo ricoprire la tradizionale e in alcuni casi
melensa melodia italiana con sonorità dal piglio internazionale
e vestiti firmati Armani. La canzone intesa come pura
evasione, l’orecchiabilità dei brani, l’elementarità dei testi, la
vocalità nasale e quindi riconoscibile, la capacità di arrivare al
grande pubblico con l’emotività più plateale hanno fatto il
resto.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

CUORI AGITATI (DDD 1985, l’edizione spagnola ha un brano


in lingua)
NUOVI EROI (DDD 1986, l’edizione spagnola, HEROES DE
HOY, ha tre brani in spagnolo)

IN CERTI MOMENTI (DDD 1987, anche in versione spagnola:


EN CIERTOS MOMENTOS, Hispavox 1987, con un brano in
italiano)
MUSICA È… (DDD 1988, EP, anche in versione spagnola:
MUSICA ES, con sette brani anziché cinque)
IN OGNI SENSO (DDD 1989, anche in versione spagnola: EN
TODOS LOS SENTIDOS)

EROS IN CONCERT (DDD 1991, doppio dal vivo con due


inediti che nell’edizione spagnola sono in lingua)
TUTTE STORIE (DDD 1993, anche in versione spagnola:
TODO HISTORIAS)
DOVE C’È MUSICA (DDD 1996, anche in versione spagnola:
DONDE HAY MUSICA)
EROS (DDD/BMG 1997, antologia con inediti, anche in
versione spagnola)
EROS LIVE (BMG 1998, dal vivo)
STILELIBERO (BMG 2000, anche in versione spagnola:
ESTILOLIBRE)
9 (BMG 2003, anche in versione spagnola)
CALMA APPARENTE (SonyBMG 2005, anche in versione
spagnola: CALMA APARENTE)
NUOVI EROI. Uno sguardo privo di profondità sui giovani di
metà anni ’80, tra sentimenti, riscatto sociale (E mi ribello,
Nuovi eroi) e solidarietà generazionale (Emozione dopo
emozione e Lacrime di gioventù). Sound leggero, quasi
essenziale, per mettere in risalto l’inconfondibile timbro
nasale. Nella tracklist anche Una storia importante, già
pubblicata nel precedente CUORI AGITATI. Arrangiamenti di
Maurizio Bassi.

MASSIMO RANIERI
Grande mattatore, figura pressoché unica nella canzone
italiana, paragonabile forse solo a quella di Domenico
Modugno e non a caso da lui più volte omaggiato. La
definizione di “cantattore” appare giustificata per Giovanni
Calone, nato a Napoli il 3 maggio 1951 da una famiglia non
abbiente, tanto che sin da bambino si adatta ai lavori “di
strada”: strillone, posteggiatore, cantante ai matrimoni. Il
primo nome d’arte è Gianni Rock, con cui a soli tredici anni
compie una tournée in America con Sergio Bruni. Poi diventa
Massimo Ranieri, cognome scelto in omaggio al Principe di
Monaco. Il pubblico italiano si accorge di lui sin dall’esordio
televisivo nel 1966 a “Scala Reale” (la “Canzonissima” di
quell’anno), ma è nel 1967, con Pietà per chi ti ama, che
conquista classifiche e cuori femminili vincendo il Cantagiro
nel “girone B”, quello riservato ai giovani.
Da questo momento infila una serie di successi, scalzando
Gianni Morandi dal trono della popolarità italiana. Dopo due
Festival di Sanremo, la grande affermazione arriva con Rose
rosse, che si aggiudica il Cantagiro ’69 tra i “Big”, e poi con
Vent’anni ed Erba di casa mia (che vincono “Canzonissima”
nel ’71 e nel ’73, davanti a Morandi). I brani portano le firme
di Enrico Polito, Totò Savio e Giancarlo Bigazzi. Non sono
certo capolavori ma l’interpretazione nitida, forte ed
espressiva li rende comunque di grande impatto. Intanto nel
’72 Ranieri licenzia una prima raccolta live di classici
napoletani (’O SURDATO ‘NNAMMURATO): a suggerirgli il
recupero delle radici canore partenopee è Anna Magnani,
conosciuta sul set del film “La sciantosa” a cui partecipa.
Dopo il grande successo popolare di Erba di casa mia
Ranieri vuol crescere, cambiare: per quasi quindici anni
privilegia la carriera di attore, avviata con grande riscontro
critico e di pubblico come protagonista del film “Metello” di
Claudio Bolognini. La molteplice attività in cinema, teatro e
televisione (anche come conduttore) sarà buon viatico anche
nel suo approccio interpretativo con la canzone. La produzione
discografica continua con LP come ALBUM DI FAMIGLIA (con Il
nostro concerto di Bindi) e PER UNA DONNA, e con diversi altri
lavori sulla canzone napoletana come NAPULLAMORE (che ha
buoni riscontri di vendite) e MEDITAZIONE (arrangiato da
Deodato). Ma per un perentorio ritorno alla canzone bisognerà
attendere il 1988, quando a Sanremo trionfa con Perdere
l’amore di Giampiero Artegiani e Marcello Marrocchi. Meno
significative altre presenze sanremesi negli anni seguenti, così
come gli album del periodo. Nel 1999 è protagonista del
musical “Hollywood - ritratto di un divo” con cui prosegue
una collaborazione per le musiche con Gianni Togni.
Sempre più eclettico nel dividersi tra canzone e recitazione,
Ranieri avvia nel terzo millennio un nuovo approccio alla
tradizione napoletana, asciugata dalla retorica e colorata da
una strumentazione anche etnica, nei brillanti OGGI O DIMANE,
NUN È ACQUA e ACCUSSÌ GRANDE, portati nei teatri di tutta Italia.
Da qui Ranieri innesta davvero la marcia della qualità anche
nella canzone. Presenza determinante è quella, come
produttore, di Mauro Pagani, che cura anche gli arrangiamenti
della trilogia con Mauro Di Domenico. L’esperienza è
comunque frutto del percorso degli ultimi trent’anni di
Ranieri, che con Modugno condivide un’altra rara qualità: un
naturale senso della misura che lo porta a evitare banalità e
cattivo gusto anche nelle canzoni non eccelse. (e.de. - b.mo.)
DISCOGRAFIA

MASSIMO RANIERI (CGD 1970)


VENT’ANNI (CGD 1970)
VIA DEL CONSERVATORIO (CGD 1972)
O’ SURDATO ‘NNAMMURATO (CGD 1972)
ERBA DI CASA MIA (CGD 1973)
ALBUM DI FAMIGLIA (1900-1960) (CGD 1973)
NAPULLAMORE (CGD 1974, dal vivo)
PER UNA DONNA (CGD 1974)
MEDITAZIONE (CGD 1976)
MACCHIE ‘E CULORE (CGD 1976, dal vivo)
LA FACCIA DEL MARE (CGD 1978)
PASSA LU TIEMPO E LU MUNNU S’AVOTA (CGD 1980)
…VANITÀ (CGD 1984)
PERDERE L’AMORE (WEA 1988)
UN GIORNO BELLISSIMO (WEA 1989)
TI PENSO (WEA 1992)
RANIERI (RTI 1995)
CANZONI IN CORSO (RTI 1997)
HOLLYWOOD - RITRATTO DI UN DIVO (RTI 1999, doppio)
OGGI O DIMANE (Sonymusic 2001, riunito poi in doppio CD
con il successivo)
NUN È ACQUA (Sonymusic 2003, riunito poi in doppio CD
con il precedente)
ACCUSSÌ GRANDE (Sonymusic 2005)
25 ANNI DI SUCCESSI (Warner 2005, doppia antologia con
rarità)
NUN È ACQUA. Ovvero come affrontare, con un rigore
interpretativo che non inficia l’espressività, 14 classici della
canzone napoletana. Un album complessivamente di alta
suggestione, con perle come ‘E ccerase (omaggio a
Salvatore di Giacomo, un pezzo del 1888), Luna rossa,
Scetate’, ’O ccafè, Io mammeta e tu. Quest’ultima – come la
precedente un omaggio a Modugno – potrebbe essere una
risposta partenopea a certe grottesche marcette di Tom
Waits.

RENATO RASCEL
Uomo di spettacolo a tutto tondo, Renato Rascel (vero
cognome Ranucci) nasce a Torino nel 1912, ma tutta la sua
carriera è inscindibilmente legata a Roma, compresa quella di
autore e interprete di canzoni. Inizia poco più che adolescente
con l’avanspettacolo, dedicandosi poi all’operetta (“Al
cavallino bianco”, 1934) e al teatro di rivista, in cui interpreta
canzoni strampalate (per esempio È arrivata la bufera, del
1944) che ne mettono in risalto la straordinaria vis comica (ma
anche sottilmente satirica). Si lega quindi alla “premiata ditta”
Garinei & Giovannini (da “Attanasio, cavallo vanesio”, del
‘52, a “Alleluja brava gente”, del ’70). Fra teatro, cinema e,
successivamente, televisione, trova il tempo di prodursi anche
come cantante in senso stretto, firmando successi destinati a
diventare degli autentici evergreen come Arrivederci Roma
(1955) e Romantica; con quest’ultima nel 1960, in coppia con
Tony Dallara, arriva a vincere il Festival di Sanremo.
Scompare a Roma nel 1991.

RATS
Tra i nomi più significativi della prima new wave italiana, i
Rats si formano nel 1979 a Spilimberto (MO) guidati dalla
voce di Claudia Lloyd e dalla chitarra di Ulderico “Wilko”
Zanni. Al disco d’esordio C’EST DISCO (1981), salutato da
buoni consensi di critica, fanno seguito le registrazioni di
TENERA È LA NOTTE, che però non vedrà mai la luce per
problemi con la casa discografica. Successivamente alla
fuoriuscita della Lloyd, Wilko assume anche il ruolo di
cantante, a partire dall’EP L’ULTIMO GUERRIERO (1986),
segnato da un suono più rock. RATS (1989) e il live VIVO
(1990) fanno da preludio alla firma di un contratto con la
CGD. Primo frutto del nuovo sodalizio è INDIANI PADANI
(1992), il lavoro più orecchiabile della formazione, nonché
quello che raccoglie i maggiori riscontri commerciali, grazie
anche ai singoli Fuoritempo (un duetto con Ligabue, anche
autore del brano) e Chiara. Un successo che, però, i successivi
BELLI E DANNATI (1994) e LA VERTIGINE DEL MONDO (1995) non
riescono a ripetere. Nel 1997, l’antologia ANGELI DI STRADA
sancisce la fine della corsa del gruppo. Lo stesso anno, esce
l’album omonimo dei Megajam 5, cover band che vede
impegnati Wilko e il batterista Lorenzo Lunati insieme a
membri di Rocking Chairs, Ritmo Tribale e ClanDestino.

MARINA REI
Interprete e musicista dotata di un gusto tutto femminile per
l’introspezione, la romana Marina Rei (vero cognome
Restuccia) nasce il 5 giugno 1969 da una famiglia di
strumentisti, che inevitabilmente influenza la sua formazione
personale. Mentre si specializza come percussionista, nella
prima metà degli anni ’90 incide alcuni brani dance e due
album in inglese con lo pseudonimo di Jamie Dee, riscuotendo
buoni consensi commerciali, specie in Giappone. Come artista
pop si fa conoscere nel 1995 con Sola, cui fa seguito la prima
partecipazione al Festival di Sanremo, dove si presenta a piedi
nudi con Al di là di questi anni, pezzo dal vago sapore etnico,
conquistando il Premio della critica nella sezione “Giovani”. Il
primo album, MARINA REI, prodotto da Frank Minoia, autore
anche delle musiche, arriva a un soddisfacente riscontro di
mercato grazie alla credibile miscela di soul e pop e agli
arrangiamenti curati. Nuovamente, e suo malgrado, a Sanremo
nel ’97 con Dentro me, pubblica in seguito DONNA, trainato
dalla fortunata Primavera (videoclip con la partecipazione di
Margherita Buy) che incrementa decisamente il successo
dell’artista. Nel ’98 è la volta di ANIMEBELLE, che porta in
qualche modo la Rei su territori nuovi, compresa l’elettronica,
ribaditi nell’ispirata Un inverno da baciare, che presenta a
Sanremo nel ’99. INASPETTATAMENTE (2000) approfondisce le
nuove sonorità, orientandole verso il rock: è il primo CD in cui
la Rei è autrice sia dei testi che delle musiche. Seguono nel
2002 il modesto L’INCANTEVOLE ABITUDINE e nel 2004
COLPISCI, prodotti dal compagno Daniele Sinigallia. Le vendite
non soddisfacenti degli ultimi lavori la riportano a Sanremo
nel 2005 con Fammi entrare.

MINO REITANO
Infaticabile rappresentante della canzone nazional popolare
italiana, Beniamino Reitano nasce in provincia di Reggio
Calabria nel 1944. Studia violino, pianoforte e tromba al
Conservatorio, quindi emigra in Germania dove ha modo di
suonare nella stessa serata con gli ancora sconosciuti Beatles.
Diventa famoso tra gli anni ’60 e ’70, esordendo al Festival di
Sanremo nel 1967 con Non prego per me di Battisti-Mogol e
portando poi al successo Avevo un cuore che ti amava tanto,
Una chitarra cento illusioni ed Era il tempo delle more
(vincitrice del “Disco per l’estate” nel 1971). Da metà anni ’70
le vendite iniziano a latitare. Compone le musiche di molti
film – in cui recita anche – non apprezzati dalla critica, tra cui
“Lady football” di Martinenghi, e nel 1977 pubblica il
romanzo “Oh Salvatore!”. Tra i brani più recenti, Italia del
1988 e La mia canzone (con testo di Pasquale Panella) del
2002, entrambi presentati al Festival di Sanremo. Senza
visibili innovazioni – tra musica leggera e vago rock’n’roll –,
Mino Reitano continua a riproporre i vecchi successi, forte di
un seguito che resiste al tempo, specie fuori d’Italia tra gli
emigrati.

RENATO DEI PROFETI


vedi Profeti

FRANCESCO RENGA
Cantante nato a Udine il 12 giugno 1968 e cresciuto a
Brescia, dove inizia a far musica in una band liceale, i Modus
vivendi. Alla metà degli anni ’80 è cofondatore dei Timoria,
da cui si separa nel 1998 dopo sette dischi. Nel frattempo
insegna canto. Il primo album solista è, nel 2000, FRANCESCO
RENGA (in cui esordisce anche come autore), a cui segue il
Premio della critica a Sanremo nella sezione “Giovani” con
Raccontami (2001), inserita nella ristampa dell’album con una
cover di Impressioni di settembre della PFM. Renga pubblica
poi TRACCE (2002), e con Tracce di te partecipa di nuovo al
Festival. Prosegue il connubio tra pop melodico e rock in
CAMERE CON VISTA (2004) con i singoli Ci sarai e
Meravigliosa (Laluna); nel 2005 vince il Festival di Sanremo
con Angelo e consolida un discreto successo anche dal vivo. A
caratterizzare Renga sono le indubbie doti vocali (la leggenda
narra sia lontano parente del tenore Enrico Caruso), mentre la
qualità dei brani appare discontinua.

TONY RENIS
Elio Cesari (Milano, 13 maggio 1938) inizia la sua carriera
nelle balere e nei festival popolari della periferia milanese,
spesso in coppia con Adriano Celentano: lui imita Dean
Martin e Celentano Jerry Lewis. Trasforma il nome in Tony
Renis in occasione della “Sei giorni della canzone” del 1959,
al Teatro Lirico di Milano, quando canta Tenerezza. Ma il
successo, enorme, arriva al Festival di Sanremo del 1962 con
Quando quando quando (scritta con Alberto Testa), che oltre a
essere il suo marchio indelebile diventerà un evergreen
internazionale riproposto da centinaia di interpreti. Negli USA
in particolare è proprio Dean Martin, con Pat Boone, a
proporla. Uno per tutte vince poi il Festival del ’63 in coppia
con Emilio Pericoli ma bissa solo in parte le vendite dell’anno
precedente. Malgrado un progressivo calo di vendite, Renis
otterrà soddisfazioni come autore, soprattutto con Grande
grande grande portata al successo da Mina nel 1971. Intanto si
cimenta anche come attore in vari film. Alla fine degli anni
’60 si trasferisce a Montecarlo, mentre verso la meta dei ’70 si
stabilisce negli USA (a Beverly Hills) sulla scia dei successi
passati. Allaccia rapporti musicali con Quincy Jones e Frank
Sinatra diventando produttore musicale, fra gli altri per Julio
Iglesias. Nel contempo frequenta anche vari esponenti della
mafia americana. Nel 1999 vince il prestigioso Golden Globe
come autore della traduzione di The Prayer, cantata da Celine
Dion e Andrea Bocelli, tratta dalla colonna sonora del film “La
spada magica”. Nel 2004 ritorna in Italia per un discusso
incarico come direttore artistico del Festival di Sanremo di
quell’anno. Il senatore Nando Dalla Chiesa, per protestare
contro la nomina di un personaggio che si vanta delle
frequentazioni mafiose, dà vita, in concorrenza con Sanremo,
al Mantova Musica Festival.

RETTORE
Ribelle ed estrosa, Donatella Rettore inizia a cantare da
bambina a Castelfranco Veneto (TV), dove è nata l’8 luglio
1955. Collabora giovanissima con NCCP e Lucio Dalla e
incontra Claudio Rego, con il quale forma tutt’ora un sodalizio
di vita e artistico (lui scrive le musiche, lei i testi). Nel 1974
partecipa a Sanremo con Capelli sciolti, e l’anno seguente
incide il primo LP, OGNI GIORNO SI CANTANO CANZONI D’AMORE,
improntato a uno stile e a tematiche cantautorali. Il primo
parziale successo commerciale, propiziato dal produttore
Roberto Danè, è del 1976: il 45 giri Lailolà, che vende anche
all’estero. Nel 1977 una nuova partecipazione a Sanremo con
Carmela, che precede il secondo LP, DONATELLA RETTORE, il
primo a firma Rettore-Rego. L’anno successivo la cantante
abbandona il nome di battesimo, assume un look trasgressivo e
sonorità più rock e nel 1979 arriva al vero successo con
Splendido Splendente e l’album BRIVIDO DIVINO, pubblicato in
tutta Europa. Segue MAGNIFICO DELIRIO (1980) e grazie al
singolo Kobra la consacrazione è totale. Il 1981 è foriero di
ancora maggiori consensi, vendite, premi, con i singoli
Donatella (su ritmo ska, vincitore del Festivalbar), Remember
(scritto per lei da Elton John) e Diva che confluiscono in
ESTASI CLAMOROSA.
Ironica, dissacrante e imprevedibile, l’artista dalla voce
potente e cristallina cambia di nuovo stile (più punk) e look
(militaresco-nipponico) per il successivo KAMIKAZE ROCK AND
ROLL SUICIDE (1982), in cui l’apologia del suicidio si fa chiara e
burlescamente choccante soprattutto nel singolo Lamette, in
linea con i testi crudi e irriverenti. Nel 1982 è protagonista del
film “Cicciabomba” (nella colonna sonora compare This Time,
anch’essa scritta per lei da Elton John), mentre gli anni ’80
scorrono con minori consensi di mercato tra gli LP FAR WEST,
DANCETERIA, RETTORESSA, un’altra partecipazione a Sanremo
(con la romantica Amore Stella nel 1986) e il duetto con
l’amica Giuni Russo (Adrenalina, 1987). Tra gli anni ’80 e ’90
Rettore si cimenta anche in teatro, radio, cinema, colonne
sonore (“Cattive ragazze”, primo film di Marina Ripa di
Meana), ma il successo discografico registra una ulteriore
flessione, parzialmente contrastata nel 1994 da un Festival di
Sanremo (Di notte specialmente, dall’album INCANTESIMI
NOTTURNI) e dalla pubblicazione del primo live, CONCERT
(1996). Nel 2001 alcuni musicisti della giovane scena pop
italiana le offrono il tributo CLONAZIONI - TUTTI PAZZI PER
RETTORE, e solo nel 2003 si rompe il silenzio discografico con
il CD singolo Bastardo, seguito dalla partecipazione al reality
show “La Fattoria” e soprattutto dall’album FIGURINE (2005),
uscito per l’etichetta Novunque.

GIANFRANCO REVERBERI
Nasce a Genova il 12 dicembre 1934. Nel suo gruppo di
amici d’adolescenza – composto da vicini di casa accomunati
dalla passione per la musica – ci sono fra gli altri Bruno Lauzi
e Luigi Tenco. Lui è però il solo, con il fratello Giampiero, che
studia il pianoforte e persegue intenzionalmente il mestiere di
autore di canzoni. Dal cinema “Aurora” – dove con gli amici
trascorre i pomeriggi a vedere i musical americani per poi
ricostruirne insieme testi e musiche – al “Santa Tecla” di
Milano – dove approda per il servizio militare – il passo è
breve. Si esibisce al vibrafono nei locali della città nel gruppo
di Adriano Celentano, con Enzo Jannacci (pn.), Giorgio Gaber
(ch.), Paolo Tomelleri (cl.) e il fedele Tenco al sax, che da
Genova lo raggiunge spesso. Scoppiano il rock’n’roll, il jazz,
lo swing, e il momento è d’oro. Dopo il militare (dove conosce
Piero Ciampi) fa una breve ma importante esperienza sulle
navi transoceaniche, dove si unisce ai gruppi jazz americani.
Poi si stabilisce definitivamente a Milano grazie all’incontro
con Giulio Rapetti (Mogol), il quale intercede per lui presso il
padre Mariano, allora editore alla Ricordi, perché venga
assunto come impiegato. Intanto dà vita a “I Cavalieri”, con
Tenco, Tomelleri, Jannacci e Nando De Luca alla batteria. Ma
la carriera prosegue con incarichi sempre più importanti come
autore e discografico. Alla Ricordi diviene prima tecnico, poi
arrangiatore, e infine aiuto di Nanni Ricordi e Franco Crepax
(direttore e vicedirettore). È quindi parte attiva nella scoperta
di coloro per cui di lì a poco verrà coniato il termine
“cantautore” e di cui la “scuola genovese” – con Paoli, Bindi,
Lauzi, lo stesso Tenco, fino a De André – sarà capofila. Come
autore, Reverberi firma canzoni con e per Tenco come Il
tempo passò, Ti ricorderai, Una vita inutile, Ciao ti dirò (con
Calabrese); molti brani con e per Piero Ciampi, tra cui
L’ultima volta che la vidi, Quando il sole si leva, Fino
all’ultimo minuto, Hai lasciato a casa il tuo sorriso, Quando il
vento si leva, Non siamo tutti eroi; è inoltre coautore con
Bruno Lauzi del musical “Una volta nella vita” e ha lavorato
con il primo Lucio Dalla e con Nicola Di Bari.

GIAMPIERO REVERBERI
Arrangiatore e compositore, protagonista “fuori scena” della
musica italiana, soprattutto dal 1960 alla fine degli anni ’70,
diplomato in pianoforte e direzione d’orchestra, nasce a
Genova il 29 luglio 1939. Seguendo i passi del fratello
Gianfranco, già a Milano, lavora per la Ricordi e collabora con
molti giovani artisti fra i quali Tenco, Paoli (il suo primo
arrangiamento è per La gatta nel 1959), De André (sue molte
musiche per i primi LP), Battisti (per cui collabora agli
arrangiamenti dal 1969 al 1974). Si cimenta con successo
anche con alcuni gruppi, tra cui i New Trolls e soprattutto Le
Orme, dei quali è produttore e di fatto quarto elemento lungo
gli anni ’70. Forte di una preparazione musicale colta, ama
però sperimentare l’uso dei sintetizzatori. Incide anche alcuni
dischi da solista (GIAMPIERO REVERBERI, 1969; TIMER, 1976),
compone colonne sonore per film, collabora con Joan Manuel
Serrat ed è un appassionato d’arte contemporanea, nonché
pittore dilettante. Nei primi anni ’80 è artefice del progetto
“Rondò veneziano”, un ensemble sinfonico, con nutrita
discografia, che propone musica fortemente ispirata al XVIII
secolo con aggiunta di strumenti e ritmi rock. Nonostante
alcune critiche, il successo è notevole, specie in Germania
dove tutt’ora il gruppo si esibisce con regolarità, ma anche in
altri Paesi, tra cui la Cina; Reverberi tiene inoltre sporadici
concerti per piano solo, su musiche sue o adattamenti.

RIBELLI
Scoperti e battezzati (dal suo brano Il ribelle) da Celentano
che li accoglie nel Clan e li utilizza come gruppo spalla, sono
attivi dal 1960, capitanati dal quattordicenne Gianni
Dall’Aglio (bt.). Natale Massara (sx. e anche compositore) è
un altro elemento fondamentale del gruppo, che negli anni
vede numerosissimi avvicendamenti di formazione (tra i
membri anche Detto Mariano, Nando De Luca e Gino
Santercole). Nel 1964 incidono Chi sarà la ragazza del Clan?,
cover di Keep On Dancin’ di Brian Poole & The Tremeloes, il
loro disco più venduto. Nel 1966 partecipano al Festival di
Sanremo con A la buena de Dios, brano commerciale il cui 45
giri ha sul retro Ribelli, tipicamente beat. Di lì a poco esce Per
una lira, uno dei primi brani di Mogol-Battisti. Nel 1966 entra
Demetrio Stratos (vc., ts.), che imprimerà una svolta al
gruppo. Lasciato il Clan, nel 1967 pubblicano Pugni chiusi
(firmata da Ricky Gianco ma rivendicata anche da
Dell’Aglio), il loro brano più noto. Fra i singoli successivi
sono interessanti Chi mi aiuterà (cover delle Supremes), in cui
spicca la vocalità di Stratos, e la beatlesiana Obladi Obladà. Il
gruppo si scioglie nel 1970. Stratos forma gli Area, Natale
Massara diventa compositore molto richiesto e Dall’Aglio
entra nel Volo, lavora come strumentista e nel 1977 riforma i
Ribelli per un breve periodo. Altre reunion avranno luogo nel
1986, nel 1996 e nel 2003.

RICCHI E POVERI
Esponenti della canzone italiana più leggera, nascono a
Genova nel 1967 come gruppo vocale formato da Angela
Brambati, Franco Gatti, Marina Occhiena, Angelo Sotgiu. È
Franco Califano a battezzarli Ricchi e Poveri. In un’epoca in
cui emergono gruppi rock e cantautori, loro puntano sempre
più sulle interpretazioni melodiche ai limiti del lezioso. Il
primo exploit è nel 1970 a Sanremo con La prima cosa bella
in coppia con Nicola di Bari (al posto loro avrebbe dovuto
esserci Gianni Morandi). Con José Feliciano l’anno dopo
sbancano interpretando Che sarà, che per anni resterà il loro
pezzo più noto. Negli anni ’70 si succedono apparizioni
televisive e altri Festival con brani che non lasciano alcun
segno. Poi – dopo che nel 1980 la Occhiena lascia il gruppo –
tornano a vendere dischi con Sarà perché ti amo presentata nel
1981 a Sanremo, e fino all’85 continueranno a godere del
favore del pubblico con brani come Mamma Maria, Come
vorrei, Se m’innamoro. Dopo un tour in Russia l’incanto si
spezza di nuovo. Continueranno con presenze televisive e
molto revival.

NANNI RICORDI
Il principale artefice della ventata creativa che rinvigorisce
la canzone italiana nei tardi anni ’50, Carlo Emanuele detto
Nanni, rampollo della famiglia Ricordi, nasce a Milano nel
1931. Vanta proficui studi giuridici e pianistici e, dopo un
master sul diritto d’autore negli Stati Uniti, rientra in Italia per
lavorare alla Ricordi, casa editrice musicale le cui fortune fino
a quel momento sono principalmente legate al melodramma.
Con l’amico e collega Franco Crepax decide di iniziare a
pubblicare dischi. La prima produzione è MEDEA di Luigi
Cherubini, con Maria Callas, ma Ricordi vuole investire anche
sulla canzone (che ormai incontra i maggiori favori del
pubblico) puntando però su artisti nuovi, che oltre a cantare
compongano anche i loro brani. Questa la grande novità. Tra i
giovani che arrivano in quel 1958 e negli anni seguenti in via
Berchet a Milano alcuni sono in panchina in altre case editrici
o discografiche come Umberto Bindi e Giorgio Gaber. Ma
anche Gino Paoli, Luigi Tenco, Enzo Jannacci e più tardi
Sergio Endrigo. Con loro c’è anche la “cantante della mala”
Ornella Vanoni. La creatività, l’originalità, il cameratismo
sono le qualità vincenti di questo gruppo aperto. È la svolta
artistica – oltre che imprenditoriale e culturale – della canzone
italiana, premiata anche dalle vendite. Nel 1961 Nanni Ricordi
viene chiamato a Roma alla RCA: lo seguono Endrigo e, dopo
pochi mesi, Paoli e Bindi. Ma l’ambiente romano non gli
consente di lavorare con armonia e vivacità. Lancia comunque
nuovi personaggi, come Michele. Ricordi segue attentamente
anche la produzione di altri suoi pupilli: ad esempio, con
Jannacci (che all’epoca era accasato alla SAAR) realizza nel
1964 un LP dal vivo tratto da un recital per la regia di Dario
Fo, 22 CANZONI.
Nel decennio successivo, dopo aver partecipato alla
fondazione del collettivo teatrale “La Comune” voluto da
Dario Fo e Franca Rame, con l’occupazione della Palazzina
Liberty di Milano, nel 1974 Ricordi fonda una nuova etichetta,
la Ultima Spiaggia, distribuita dalla RCA, con l’obiettivo di
aprire una via più brillante e ironica alla canzone d’autore. In
cinque anni di attività, oltre allo Jannacci dell’eccellente
QUELLI CHE…, l’etichetta dà spazio tra gli altri al ritrovato
Ricky Gianco (ARCIMBOLDO), a Gianfranco Manfredi (ZOMBI
DI TUTTO IL MONDO, UNITEVI!), a Claudio Lolli (DISOCCUPATE LE
STRADE DEI SOGNI), a Sergio Caputo, agli esperimenti fusion di
Roberto Colombo e perfino a un curioso approccio alla
canzone d’autore dell’attrice Paola Pitagora, riassunto
nell’album filo femminista SPUTAFUORISTREGA. Terminata la
stagione dell’Ultima Spiaggia, Nanni Ricordi abbandona
progressivamente un mondo discografico che offre sempre
meno spazi all’originalità e all’inventiva.

RIGHEIRA
Duo vocale nato a Torino agli inizi degli anni ’80 ad opera
di Michael e Johnson Righeira, fratelli d’arte che
corrispondono a Stefano Rota e Stefano Righi. Dopo qualche
timido tentativo discografico e grazie anche al lavoro degli
esperti fratelli La Bionda, ottengono un tris memorabile di
successi: Vamos A La Playa (1983), No Tengo Dinero (1984) e
L’estate sta finendo (1985), con la quale vincono il Festivalbar
e che propongono anche in versione lenta e malinconica. La
formula di tale affermazione sta in un electropop commerciale
in chiave dance casereccia, con testi demenziali e tipicamente
estivo, unito ad atteggiamenti stravaganti e abiti improbabili.
Segue la partecipazione a Sanremo con Innamoratissimo e
l’album dal titolo emblematico BAMBINI FOREVER (1986). Ma il
grande successo declina rapidamente con Compañeros (1988)
e Ferragosto (1990); segue una pausa legata anche a problemi
giudiziari di Johnson. A fine anni ’90 il duo si ricostituisce per
serate musicali e Dj set.

DAVID RIONDINO
Fiorentino, classe 1953, attivo fin dagli anni ’70 (esordisce
allo Zelig di Milano nel 1975 e al Premio Tenco nel ’79), si
afferma nei secondi anni ’80 grazie al “Maurizio Costanzo
Show”, dove impone la sua canzone cabaret, in particolare con
il personaggio di João Mesquinho, presunto autore brasiliano
di cui per lo più improvvisa improbabili canzoni. Collabora
con testate satiriche e non, si dedica alla TV, al cinema (nel ’96
debutta come regista con “Cuba Libre”) e al teatro. In campo
musicale pubblica due album negli anni ’70 con il Collettivo
Victor Jara (il primo nel ’74), per poi esordire in proprio nel
1978 con DAVID RIONDINO (con Ci ho un rapporto) e aprire
parte dei concerti dello storico tour di Fabrizio De André e la
PFM. Fra i dischi successivi, RACCONTI PICARESCHI (1989) e
TEMPORALE (1994), con La ballata del sì e del no, Targa Tenco
come miglior canzone dell’anno. L’album comprende anche le
sue celebri parodie (o sedicenti canzoni apocrife) di Battiato,
De Gregori e Paolo Conte. L’ultimo disco è la raccolta con
inediti QUANDO VENGONO LE BALLERINE?, del 1995, anno in cui
partecipa al Festival di Sanremo in compagnia di Sabina
Guzzanti con Troppo sole. Dal 1999 allestisce anche spettacoli
teatrali con corpi bandistici, come “La buona novella” di De
André.

RITMO TRIBALE
Precursori e tra i più genuini esponenti di un tirato e sudato
rock’n’roll-punk in italiano, mai sancito da adeguate vendite, i
milanesi Ritmo Tribale si formano nel 1984 ma solo nel 1988
pubblicano il primo album, BOCCA CHIUSA. Alla prima
formazione, Fabrizio Rioda (ch.), Stefano Rampoldi (vc.) e
Alessandro Zerilli (bs.), si aggiungeranno e si intervalleranno
Andrea Scaglia (ch. e vc.), Talia Accardi (ts. e cmp.),
Alessandro Marcheschi (bt.) e Andrea Filippazzi (bs) per la
registrazione nel 1989 di KRIMINALE. Gli album seguenti,
RITMO TRIBALE (EP del 1991), TUTTI CONTRO TUTTI (1992) e
MANTRA (1994), si affiancano a quello che è il loro vero punto
di forza, l’intensa e frenetica attività live, così come
PSYCORSONICA (1995), forse l’opera più equilibrata, in odor di
grunge. Segue un periodo di stasi e nel 1999 BAHAMAS. Poi il
gruppo si scioglie, nonostante gli apprezzamenti in Europa,
Stati Uniti e perfino in Nord Africa per il loro rock grezzo
fatto con impegno, passione e un buon lirismo nei testi. Degli
anni successivi rimane la pubblicazione di un cofanetto con i
primi due dischi e qualche estemporanea comparsa.

ROCKY ROBERTS
Afroamericano, nasce a Miami nel 1941. Prima di dedicarsi
alla musica, lavora come marinaio sulla portaerei
“Independence” e avvia una carriera di pugile (interrotta per la
frattura di una mandibola). Inizia poi a suonare soul e
rhythm’n’blues e alla fine degli anni ’50, grazie alla voce e
alla presenza scenica, entra negli Airedales di Doug Fowlkes,
che nel ’63 ottengono successo in Francia. Viene chiamato in
Italia da Renzo Arbore e Gianni Boncompagni per incidere
T.Bird, sigla del loro storico programma radiofonico “Bandiera
Gialla”. Nel 1967 arriva il grande successo di Stasera mi
butto, in cui può esaltare, nei passaggi televisivi e dal vivo, le
doti di ballerino, il gran sorriso e la vocalità soul. Il brano
vince anche il Festivalbar. Seguono altri titoli con discreti
riscontri come Per conquistare te, ma la seconda vera
affermazione è con Sono tremendo nel ’68. L’anno dopo
partecipa a Sanremo insieme a Robertino con Le belle donne,
un brano di Paolo Conte e Vito Pallavicini ma poco adatto a
lui. È l’inizio del tramonto. Nel ’70 riprova al Festival con
Accidenti e il Supergruppo, di nuovo senza riscontri.
Continuerà l’attività, anche negli Stati Uniti, in Francia e in
Spagna, rivisitando i vecchi successi e realizzando cover di
brani rhythm’n’blues. Scompare nel 2005, a 63 anni.

CLAUDIO ROCCHI
Nato a Milano nel 1951, ancora adolescente si unisce agli
Stormy Six, suonando cover di Stones e Beatles nelle feste
brianzole per vip. La sua verve compositiva lo spinge verso la
carriera solistica dopo il 1969, anno di LE IDEE DI OGGI PER LA
MUSICA DI DOMANI degli Stormy Six, nei quali è compositore,
bassista e cantante. Le prime tappe come solista sono
folgoranti: VIAGGIO, VOLO MAGICO N. 1 (entrambi del 1970) e
LA NORMA DEL CIELO - VOLO MAGICO N. 2 (1972) consacrano
Rocchi come epicentro di una “musica meditativa” che
avrebbe conosciuto più celebri esponenti. Suona con Camerini
e Finardi, le Orme e gli Area (e con Demetrio Stratos).
Traspone per Ornella Vanoni White Mountains dei Genesis, in
italiano Un gioco senza età; e a lui è dedicato l’album della
PFM PER UN AMICO. Tra i più accreditati esponenti della
controcultura musicale italiana, Rocchi si muove in una cifra
metafisica-psichedelica-progressive, tra ricerca e fascinazioni
orientaleggianti. VIAGGIO (che contiene Gesù Cristo e Acqua)
gli vale il Premio della critica discografica; in VOLO MAGICO N.
1 l’ansia di nuovi spazi dilata il brano Volo magico fino a
occupare un’intera facciata. Nel 1972 Rocchi è uno degli otto
vincitori del referendum “Controcanzonissima”. Nel 1973
pubblica ESSENZA (ancora libertà e natura, Radici e semi) e
l’anno seguente è alla prima edizione del Premio Tenco con IL
MIELE DEI PIANETI, LE ISOLE, LE API. Si avvicina alla musica
elettronica con ROCCHI, svolta confermata da SUONI DI
FRONTIERA (1976), e poi smentita da A FUOCO (1977) e NON CE
N’È PER NESSUNO (1979), che segnano il ritorno alla canzone,
con effimero approdo alla Cramps. L’altra sua passione è la
radio: lavora come conduttore radiofonico per una miriade di
emittenti, dalla RAI a Radio Milano Centrale, finche la fame
di filosofia orientale lo conduce sulle rotte dell’India, al
seguito degli Hare Krishna. È un lungo periodo di distanza,
quello arancione, eccezion fatta per l’album documento
cofirmato con Paolo Tofani, UN GUSTO SUPERIORE (1980). Dal
Nepal Rocchi collabora con l’Himalayan Broadcasting Co.
come editore di un magazine on line. Il ritorno sulle scene è
nel 1994, con l’album CLAUDIO ROCCHI (con Volo magico n. 3),
nel segno della continuità con gli inizi: Alice è ospite in
L’umana nostalgia. L’ultimo decennio è di animato fervore,
tra libri, cinema, concerti e nuovi lavori discografici (VISIONI
PRIMA, SULLA SOGLIA).

ROCKING CHAIRS
Guidati dalla voce di Graziano Romani e dalla chitarra di
Mel Previte, nascono nel 1981, dopo un concerto di
Springsteen a Zurigo, come cover band del più classico
american rock, per poi gradualmente proporre composizioni di
Romani. Se nel 1987 il primo album NEW EGYPT (con Restless
Night, brano inedito del “Boss”), trasuda di influenze
springsteeniane e appare un po’ grezzo, è con FREEDOM RAIN
(1989) che il gruppo, pur cantando ancora in inglese, delinea
la propria personalità. Nel disco, una splendida versione di
Wild Horses dei Rolling Stones. Sono anni fitti di concerti. NO
SAD GOODBYES (1990) vede la formazione ridursi a trio con
Romani (vc., ch.), Robby Pellati (bt.) e Antonio “Rigo”
Righetti (bs.) con l’aggiunta di prestigiosi ospiti quali Chris
Spedding, Robert Gordon e Stefano Tavarnese e la produzione
di Elliot Murphy, nell’evidente tentativo di rivolgere il proprio
sguardo all’estero. Ma la band si scioglie dopo HATE AND LOVE
REVISITED (1991). Con la loro Restless Night nel 1997 saranno
gli unici artisti italiani a comparire nel tributo a Springsteen
ONE STEP UP, TWO STEPS BACK. Romani intanto ha intrapreso la
carriera solistica, mentre Previte, Pellati e Righetti entreranno
nella band di Ligabue.

ROKES
Quando nel 1963 arrivano nel nostro paese per
accompagnare dal vivo il cantante di rock’n’roll Colin Hicks,
hanno già maturato esperienze in terra inglese come Shel
Carson Combo. Con il leader Shel Shapiro (vc., ch.),
all’anagrafe David Norman Shapiro, ci sono Johnny Charlton
(ch.), Bobby Posner (bs.) e Mike Shepstone (bt.). Capelli
lunghi e giubbotti di pelle, consigliati da Hicks cambiano il
nome in Cabin Boys e vengono scoperti da Teddy Reno che li
affianca in tour a Rita Pavone. Con il definitivo nome The
Rokes (preferito a “The Faces”) nel 1964 pubblicano Shake,
Rattle And Roll (cantata in inglese) ma senza riscontri. Va
meglio quando decidono di incidere in italiano Un’anima
pura. Nel 1965 C’è una strana espressione nei tuoi occhi
(cover di When You Walk In The Room di Jackie De Shannon)
e Grazie a te (I’m Alive degli Hollies) entrano in classifica,
mentre il primo album THE ROKES, presenta molte
composizioni originali del gruppo, caso raro in un’epoca di
cover. Le esibizioni al Piper di Roma aumentano la loro fama
ma la consacrazione avviene nel 1966 con due brani storici del
beat italiano: Che colpa abbiamo noi (Cheryl’s Goin’ Home di
Bob Lind) e È la pioggia che va. Il retro della prima è Piangi
con me, brano inciso dai Grassroots negli USA come Let’s
Live For Today con un testo contro la guerra del Vietnam, di
P.F. Sloan: diventerà nel 1967 una delle canzoni del pacifismo
americano. Nel 1966 esce anche THE ROKES VOL. 2: sono a
questo punto un fenomeno di notevoli proporzioni.
Continuano anche a incidere, ma senza grossi risultati, per i
mercati inglese e americano. Nel 1967 presentano a Sanremo
Bisogna saper perdere, con Lucio Dalla, e pubblicano l’album
CHE MONDO STRANO, dalle buone vendite, e i singoli Eccola di
nuovo e Cercate di abbracciare tutto il mondo come noi.
L’anno seguente Le opere di Bartolomeo (portata a Sanremo) e
Lascia l’ultimo ballo per me / Io vivrò senza te (di Mogol-
Battisti), inserite nell’album THE ROKES, segnano il declino
della popolarità. Partecipano ancora al Festival di Sanremo nel
1969 in coppia con Nada con Ma che freddo fa, mentre nel
1970 pubblicano in Inghilterra THESE WERE THE ROKES, con
brani vecchi e nuovi (con lo stesso titolo nel 1977 uscirà in
Italia un’antologia). Si sciolgono nel corso dell’anno – ultimo
concerto il 12 agosto a Ferrara – rimanendo uno dei gruppi più
celebri dell’epoca beat italiana. Shapiro è rimasto in Italia
lavorando come autore e produttore, Charlton è diventato
pittore ed esperto d’arte. Nel 1993 la rivista “Raro” pubblica
un loro live d’annata, DAL VIVO AL TEATRO PARIOLI 1969.

GRAZIANO ROMANI
Dotato di voce robusta e suggestiva e di fertile scrittura, è
nato a Casalgrande di Reggio Emilia. Leader negli anni ’80 dei
Rocking Chairs, allo scioglimento della formazione avvia un
percorso solistico sempre fortemente influenzato dal rock roots
americano, Springsteen in testa, ma con brani in italiano.
L’esordio è con GRAZIANO ROMANI (1993), prodotto da Claudio
Dentes e Massimo Riva. Partecipa poi a tributi discografici a
Battisti e Genesis ed è il “Cantante misterioso” che insieme al
“Complesso misterioso” (Elio e le Storie Tese) realizza il
singolo Christmas With The Yours a favore della lotta
all’AIDS. Dà poi vita ai Megajam 5, sorta di supergruppo che
omaggia i grandi del rock, così come successivamente i
Souldrivers. Nel 2001 incide SOUL CRUSADER (album di cover
di Bruce Springsteen) e nel 2001 STORIE DALLA VIA EMILIA, in
italiano. Dell’anno dopo è LOST AND FOUND: SONGS FOR THE
ROCKING CHAIRS, con brani nuovi e materiale inedito della
vecchia band, e C’è solo l’Inter, l’inno ufficiale della storica
squadra di calcio, scritto con Elio. Nel 2003 esce UP IN
DREAMLAND, particolarmente riuscito, nel 2004 PAINTING OVER
RUST, nel 2006 CONFESSIONS BOULEVARD.

MICHELANGELO ROMANO
Nato a Napoli nel 1947, produttore e divulgatore. Agli inizi
degli anni ’70 è l’organizzatore culturale del Teatro Instabile
di Napoli e conduce “Per voi giovani”, un fortunato
programma radiofonico aperto ai giovani talenti musicali, con
Raffaele Cascone, Paolo Aleotti e Paolo Giaccio. Con
quest’ultimo nella seconda metà del decennio cura alcune
monografie pubblicate da Lato Side, tra cui “Francesco De
Gregori - Un mito” (1976) e “Claudio Baglioni: Il romanzo di
un cantante” (1978). Negli stessi anni produce album di
successo come FIGLI DELLE STELLE (1976) di Alan Sorrenti,
SOTTO IL SEGNO DEI PESCI (1978) e BUONA DOMENICA (1979) di
Venditti, ma anche opere di giovani artisti come PER FUTILI
MOTIVI (1978) di Flavio Giurato. Nel 1979 è il produttore di
CALIFORNIA, l’album che consacra Gianna Nannini al
successo, anche se l’artista di cui si è occupato più a lungo è
Roberto Vecchioni, di cui ha prodotto parecchi album a partire
da IL RE NON SI DIVERTE del 1973 fino a MILADY del 1989,
cofirmando anche alcuni brani.

RON
Da enfant prodige a figura rappresentativa della nostra
miglior canzone, Rosalino Cellamare – nato a Dorno, nel
pavese, il 13 agosto 1953 – dopo vari concorsi canori
esordisce poco più che adolescente al Festival di Sanremo
1970 interpretando con Nada Pa’ diglielo a ma’. Studi di
pianoforte, chitarra e canto alle spalle, Rosalino (come si fa
chiamare in questo periodo) rafforza la popolarità nel 1971
con la più matura Il gigante e la bambina ed esordisce come
autore di musiche scrivendo per e con l’amico Lucio Dalla
Piazza grande e per Gianni Morandi Occhi di ragazza (che in
un primo momento doveva cantare lui stesso). Nel ’72 e ’73
incide per la IT due album di scarso successo: IL BOSCO DEGLI
AMANTI, prodotto da Dalla, e DAL NOSTRO LIVELLO, realizzato
musicando temi di bambini di una terza elementare. Tra i brani
spicca Era la terra mia. In questo periodo pubblica anche vari
45 giri, fra cui Padre mio figlio mio, cover di Father And Son
di Cat Stevens. Passa poi alla RCA (con un contratto che oltre
a lui comprende anche De Gregori e Venditti), e dopo una
lunga lavorazione nel 1975 pubblica ESPERIENZE. Le vendite
continuano a scarseggiare e lo portano a dedicarsi al cinema,
interpretando film come “L’Agnese va a morire” di Giuliano
Montaldo e “In nome del Papa Re” di Luigi Magni.
Dopo un 45 giri nel 1978, Occhi verdi mari calmi, è Lucio
Dalla a recuperarlo pienamente alla musica, proponendogli di
partecipare al celebre tour del ’79 con Francesco De Gregori,
“Banana Republic”, in cui si occupa di parte degli
arrangiamenti. Un’esperienza storica, che gli porta il nome
d’arte di “Ron” e il 45 giri I ragazzi italiani, scritto con i due
colleghi e dal testo duro e sovente frainteso (addirittura
accusato di fascismo). Nel 1980 esce il quarto album, UNA
CITTÀ PER CANTARE, una sorta di nuovo esordio, con Dalla e De
Gregori collaboratori a vario titolo. Si fa luce la canzone
omonima (cover di The Road di D.O. Keefe, cantata da
Jackson Browne) tradotta da Dalla, ma anche Come va, Io ti
cercherò, Nuvole, Mannaggia alla musica. Dopo un tour e un
Q-Disc con Ivan Graziani e Goran Kuzminac, AL CENTRO
DELLA MUSICA definisce, anche grazie all’apporto degli Stadio,
il suo stile di questa fase, cantautorale e d’influenza West
Coast. Nel 1982 Anima, tratta da GUARDA CHI SI VEDE, gli vale
la vittoria al Festivalbar. È un periodo estremamente prolifico,
celebrato nel 1983 da un bel “live in studio”, TUTTI CUORI
VIAGGIANTI, a cui prendono parte anche Dalla, Morandi e gli
Stadio. Poco dopo, con la produzione di Mauro Malavasi e
suoni più pop, esce CALYPSO, lanciato da Per questa notte che
cade giù. L’anno successivo la popolare Joe Temerario,
l’unico inedito della raccolta I GRANDI SUCCESSI DI RON,
diviene la sigla di “Domenica In”. Nell’85 e nell’86 RON e È
L’ITALIA CHE VA testimoniano un passo verso la melodia, così
come, nel 1988, il ritorno a Sanremo con Il mondo avrà una
grande anima (con un live omonimo). Due anni più tardi Ron
pubblica APRI LE BRACCIA E POI VOLA e scrive Attenti al lupo
che cede però a Dalla, il quale ne farà un successo eclatante.
Personalmente torna a buoni riscontri popolari nel 1992 con
Non abbiam bisogno di parole, uno dei suoi brani più noti e
apprezzati, tratto da LE FOGLIE E IL VENTO, album di particolare
sensibilità e di approccio più classico rispetto ai precedenti
(nella tracklist anche Gerico di Gino Paoli). Dopo ANGELO
(1994) Ron inaugura a Garlasco (PV) lo studio di registrazione
“Angelo Studio”, mentre nel 1996 vince il Festival di Sanremo
con Vorrei incontrarti fra cent’anni, brano cantato con Tosca
e, come si scoprirà poi, fortemente debitore nei confronti di
due sonetti di William Shakespeare (”Lascia che quelli” e
“Quando deciderai”). Esce anche un’antologia con lo stesso
titolo che sarà il suo album più venduto. Seguono nel ’97
STELLE, nel ’98 un altro Festival ma senza riscontri (con Un
porto nel vento) e nel 1999 ADESSO, un album di qualità che
ritorna a certe atmosfere del primo Ron e annovera bei pezzi
come Anna e My Love, ma che non riceve il consenso sperato.
L’artista lombardo torna alla grande notorietà nel 2000
grazie a un programma televisivo, “Una città per cantare”, che
celebra il trentennale della sua carriera, coincidente con il
doppio album ’70-’00, in cui unisce canzoni inedite a
riedizioni dei suoi pezzi più conosciuti, spesso in duetto.
L’anno seguente si propone come interprete per un album di
brani scritti per lui da altri colleghi, CUORI DI VETRO, lanciato
dall’hit radiofonico Sei volata via (di Jovanotti) e ben
sostenuto in seguito da Cambio stagione (di Carmen Consoli)
e Ti leggo nel pensiero (di De Gregori). Nel 2002 partecipa,
con Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Pino Daniele, a
un tour con buoni riscontri, immortalato su CD e DVD. Nel
2004 esce LE VOCI DEL MONDO, scritto con Cheope e ispirato
all’omonimo romanzo di Robert Schneider, mentre Ron avvia
una campagna di sensibilizzazione a favore dell’AISLA
(Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) che lo
porta nel 2005 a un CD di duetti (MA QUANDO DICI AMORE, con
Anggun, Baglioni, Bersani, Carboni, Consoli, Dalla, Elisa,
Jovanotti, Renato Zero e altri), i cui proventi vengono
interamente devoluti all’associazione. Nel 2006 torna a
Sanremo per promuovere il progetto interpretando L’uomo
delle stelle.
Una carriera da music maker, quella di Ron: cantante,
compositore dal pregevole gusto melodico, polistrumentista,
arrangiatore. Tutti ruoli che ha sempre svolto con attitudine,
onestà e passione.
(m.m.a.)
DISCOGRAFIA

IL BOSCO DEGLI AMANTI (IT 1972, a nome Rosalino


Cellamare)
DAL NOSTRO LIVELLO (IT 1973, a nome Rosalino)
ESPERIENZE (RCA 1975, a nome Rosalino Cellamare)
UNA CITTÀ PER CANTARE (Spaghetti Records 1980)
Q-CONCERT GRAZIANI RON KUZMINAC (RCA Italiana 1980,
EP)
AL CENTRO DELLA MUSICA (Spaghetti Records 1981)
GUARDA CHI SI VEDE (Spaghetti Records 1982)
TUTTI CUORI VIAGGIANTI (RCA 1983, dal vivo)
CALYPSO (RCA Italiana 1983)
I GRANDI SUCCESSI DI RON (RCA 1984, antologia con inedito)
RON (RCA Italiana 1985)
È L’ITALIA CHE VA (RCA Italiana 1986)
IL MONDO AVRÀ UNA GRANDE ANIMA (RCA 1988, dal vivo con
inedito)
APRI LE BRACCIA E POI VOLA (Warner 1990)
LE FOGLIE E IL VENTO (Warner 1992)
ANGELO (Warner 1994)
VORREI INCONTRARTI FRA CENT’ANNI (Warner 1996, antologia
con inediti)
STELLE (Warner 1997, ristampato nel 1998 con l’aggiunta di
Un porto nel vento)
ADESSO (CGD 1999)
’70-’00 (CGD 2000, antologia doppia con inediti)
CUORI DI VETRO (Sony 2001)
DANIELE MANNOIA RON DE GREGORI IN TOUR (Sony 2002,
doppio dal vivo con Pino Daniele, Francesco De Gregori,
Fiorella Mannoia)
LE VOCI DEL MONDO (Sony 2004)
MA QUANDO DICI AMORE (Sony 2005, antologia di
rivisitazioni in duetto con inediti, ristampata nel 2006 con
l’aggiunta di L’uomo delle stelle)
AL CENTRO DELLA MUSICA. Primo disco realizzato quasi in
autonomia creativa (e per la prima volta con molti testi di
Ron). Arrangiamenti freschi e ben sostenuti per spaccati
quotidiani e una “poetica delle stelle” destinata a divenire
essenziale nell’immaginario di Ron. La pregevole traccia
omonima è impreziosita dal testo di Dalla e dalla chitarra
disinvolta di Ricky Portera. Ma spiccano anche Si andava
via, Una freccia in fondo al cuore, Stelle di dicembre, Due
ragazzi, la virata rock di Fate attenzione e Ricordo di
nuvole, delicato strumentale con basso e pianoforte.

CARLO U. ROSSI
Figura fondamentale, come produttore, della scena
underground italiana, Carlo Umberto Rossi, torinese, inizia
negli anni ’80 a lavorare come tecnico del suono, legando il
proprio nome a esperienze come quella dei Litfiba, con cui
collabora per qualche anno. Negli anni ’90 è a fianco di vari
artisti, tra cui Statuto, Persiana Jones, Mau Mau, Lalli,
divenendo richiestissimo anche come produttore. Approda in
seguito anche al mondo delle major, con gli 883 per UNO IN PIÙ
(2001) e con Jovanotti del quale coproduce alcuni album. Ma
si avvalgono della sua esperienza anche tantissimi altri artisti,
come Irene Grandi, Negrita, 99 Posse, Meg e Caparezza nel
momento della sua grande esplosione commerciale con
l’album LE VERITÀ SUPPOSTE. Tra le produzioni successive: LA
MALAVITA dei Baustelle, TRA I FUOCHI IN MEZZO AL CIELO di
Paola Turci (2005) e L’ASSENZA dei Dr. Livingstone (2006).
Rossi, che è anche bassista, lavora al Transeuropa Studio di
Torino.

FAUSTO ROSSI vedi Faust’O


VALERIA ROSSI
Nasce a Tripoli, ufficialmente il 7 marzo 1972, ma in realtà
negli anni ’60. L’età le viene diminuita dalla sua casa
discografica, la BMG, per proporla come ragazzina quando,
dopo una lunga serie di episodi professionali disparati (come
lo studio alla Scuola Popolare di Musica del Testaccio a Roma
e un contratto con la Sony come autrice), approda al primo
contratto discografico alla fine degli anni ’90. Esplode nel
2001 come popstar estiva con l’hit Tre parole che diviene
l’onnipresente tormentone della stagione, con riscontri anche
in alcuni Paesi esteri. Il primo album, RICORDATEVI DEI FIORI,
ha però risultati insoddisfacenti di vendite, nonostante Tutto fa
l’amore (scritta con Pasquale Panella) e Pensavo a te siano
molto trasmessi dalle radio. Nel 2003 Luna di lana ha di
nuovo scarsi esiti commerciali così come, qualche mese più
tardi, il secondo album, OSSERVI L’ARIA, che mantiene la vena
ironica tipica dell’autrice. La quale scrive poi per Mietta Hai
vent’anni, pubblicata nell’album 74100, e cerca una strada più
consona alle sue attitudini.

VASCO ROSSI
Il 1965, anno in cui il tredicenne Vasco ottiene la prima
affermazione pubblica vincendo il concorso canoro
“L’usignolo d’oro” con la canzone del suo maestro di canto
Come nelle fiabe, rappresenta un possibile punto di partenza
nella sua carriera di rocker cantautore, tanto ingiustamente
attaccato nei primi anni ’80 quanto eccessivamente osannato
in seguito. Nato il 7 febbraio 1952 a Zocca (Mo), è figlio di
una casalinga e di un autotrasportatore, che gli dà quel nome
in ricordo di un compagno di prigionia morto in un campo di
concentramento. Dopo alcune lezioni di canto, qualche
esibizione con un gruppo adolescenziale denominato prima
Killer e poi Little Boys, Vasco inizia a scrivere poesie
adattabili in musica. Dopo un breve trasferimento a Modena in
collegio e il diploma in ragioneria a Bologna, si iscrive senza
successo alla facoltà di Economia e poi a quella di Pedagogia,
dove sostiene vari esami senza terminare gli studi. Si interessa
di teatro sperimentale, a volte canta all’Osteria delle Dame,
frequentata anche da Francesco Guccini, e nel 1975 è tra i
fondatori di “Punto radio”, un’emittente privata nei pressi di
Zocca; forma quindi i Puntautori, poi lavora come dj nel locale
Snoopy di Modena. Due amici, Maurizio Solieri (poi suo
chitarrista) e Gaetano Curreri (poi leader degli Stadio) lo
spingono a incidere le sue canzoni. Nel 1977 pubblica il primo
45 giri, Jenny / Silvia, presentato con un’esibizione live presso
l’aula magna dell’istituto scolastico Corni di Modena. Il primo
album, MA COSA VUOI CHE SIA UNA CANZONE del 1978, è
arrangiato da Curreri. In quello dell’anno dopo, NON SIAMO
MICA GLI AMERICANI, trova posto Albachiara che diverrà poi
uno dei suoi brani più noti. I riferimenti musicali sono
piuttosto ampi, dal Little Tony amato nella giovinezza, a
Dylan e Lou Reed, passando ovviamente per i cantautori
italiani (in particolare De Gregori) e i grandi gruppi degli anni
’70; durante i primi anni, per rimpolpare una scaletta
necessariamente smilza, esegue cover di Cocaine di Eric
Clapton e Johnny B. Goode di Chuck Berry. Gli spettacoli si
svolgono nelle discoteche o in campetti sportivi, di fronte per
ora a pochi spettatori, che a volte lo fischiano anche.
Esonerato dal servizio militare, Rossi compie il primo tour
interregionale tra Emilia, Lombardia e Toscana. Con COLPA
D’ALFREDO (1980) e il singolo Non l’hai mica capito arrivano i
primi riscontri ma anche, in seguito a un’apparizione
televisiva, gli attacchi del giornalista Nantas Salvalaggio che
lo addita come esempio diseducativo, regalandogli però una
certa popolarità. Il 1981 vede l’uscita di SIAMO SOLO NOI, il cui
brano omonimo diventa una sorta di inno per i fan, grazie alla
capacità di offrire loro un senso di appartenenza. È il primo
album prodotto da Guido Elmi, che sarà poi pressoché sempre
al suo fianco così come Maurizio Lolli. Importante è anche il
ruolo della band che lo accompagna sin verso la fine del
decennio (e che pubblicherà anche dischi a proprio nome),
denominata ironicamente Steve Rogers Band (pseudonimo di
Elmi), per una sorta di affinità con il mondo musicale
statunitense. Fondamentale per Rossi è poi il ruolo dei tanti
autori e coautori delle sue musiche, Tullio Ferro in testa, ma
anche lo stesso Elmi, Curreri e i chitarristi Solieri e Massimo
Riva.
Il 1982 è l’anno della prima partecipazione al Festival di
Sanremo: Vasco Rossi si classifica ultimo con Vado al
massimo, un reggae contenuto nel disco omonimo, che
annovera anche futuri classici come Splendida giornata e Ogni
volta, intensa confessione dei propri limiti. I concerti iniziano
a stare stretti nelle discoteche ma la consacrazione vera arriva
di lì a poco, quando Rossi è di nuovo al Festival (dove tornerà
solo nel 2005 come ospite) con Vita spericolata. Al di là del
penultimo posto in gara, la canzone, scritta con Tullio Ferro e
interpretata in stato di alterazione, dà all’artista un’immensa
popolarità, facendolo diventare il più affermato cantante
italiano, oggetto di una sorta di mitizzazione. Il brano lancia
l’album BOLLICINE, con il singolo omonimo che vince il
Festivalbar, e un tour di grande successo. Dopo aver scritto e
cantato La faccia delle donne con gli Stadio, suggella il
momento felice nel live VA BENE, VA BENE COSÌ (la cui title
track, inedita, costituisce uno dei momenti migliori della sua
produzione) prima di uno stop forzato: Rossi viene arrestato
per detenzione di cocaina. L’episodio non ne ferma però
l’ascesa. Nel 1985 pubblica COSA SUCCEDE IN CITTÀ e poco
dopo rischia la vita in un incidente stradale. Sono anni di
grande tensione, di uno stile di vita certamente non votato al
risparmio e che contribuisce ad aumentarne la fama. Il
decennio termina con C’È CHI DICE NO (con Ridere di te), un
altro breve fermo di polizia e LIBERI LIBERI (in cui spicca la
canzone eponima), realizzato senza il prezioso Elmi, che
tornerà a collaborare dopo poco. Nel 1990 il doppio dal vivo
FRONTE DEL PALCO sancisce l’enorme successo. Rossi è ormai
una rockstar a tutti gli effetti, e riempire gli stadi diviene una
regola; in due date allo stadio S. Siro di Milano e al Flaminio
di Roma totalizza 110.000 spettatori. Si permette perfino di
rifiutare dei concerti a fianco dei Rolling Stones.
Vasco Rossi è riuscito a inserirsi in una fessura, che si rivela
in realtà una voragine, nella quale si trova un pubblico
sterminato e composito che non si riconosce nella musica
straniera dai testi incomprensibili, così come nei cantanti pop
o nel linguaggio dei cantautori italiani. Un pubblico che vuole
musica non particolarmente impegnativa, pur con elementi
rock e cantautorali, una solida ritmica e uno o due trascinanti
assoli di chitarra, ma anche, come insegna la storia di tutti i
rocker, ballate lente che consentono a Rossi di prodursi nella
sua peculiare interpretazione quasi recitata. Un pubblico che
trova nei testi – tanto rozzi quanto diretti e a volte decisamente
efficaci – corrispondenza tra vita vissuta e cantata, e anche per
questo ci si immedesima, testi istintivi che in alcuni casi sanno
cogliere aspetti di vita non considerati prima da altri. Come
interprete Rossi fa un uso personalissimo delle pause, delle
frasi spezzate e sgrammaticate, delle vocali tenute e in
generale di un cantato magistralmente trascurato, con versi
anche urlati, magari eseguito sorreggendosi letteralmente
all’asta del microfono. Non si oppone all’immagine dello
sballato, più vittima che oppressore e in perenne
contraddizione con il proprio io, riproponendo in qualche
modo temi della beat generation. Un fenomeno, il suo,
tipicamente italiano, tanto che quando viene tentato il lancio
internazionale, con concerti in Europa, i risultati sono
modestissimi.
Del 1993 sono l’ambizioso GLI SPARI SOPRA (con Vivere e la
title track) e un tour nei palasport con una scenografia che
rappresenta l’interno di un carcere. Nel 1994 Rossi incide solo
per il fan club l’inedita Senza parole e nel 1995 tiene un
doppio concerto allo stadio Meazza di Milano contro la guerra
nella ex Jugoslavia, “Rock sotto l’assedio”, che apre a sorpresa
con Generale di De Gregori. Nella band entra intanto il
chitarrista Stef Burns. NESSUN PERICOLO… PER TE (1996) è
lanciato dal video de Gli angeli diretto da Roman Polanski e
presentato alla Mostra del Cinema di Venezia; Vasco canta
quindi al Neapolis Rock Festival presso le ex acciaierie di
Bagnoli. Tra le non molte canzoni scritte per altri, nel 1997 c’è
la stupenda E dimmi che non vuoi morire per Patty Pravo,
composta con Curreri e Roberto Ferri. L’anno dopo pubblica
CANZONI PER ME, grazie al quale debutta al Premio Tenco
(dove esegue, forse provocatoriamente, una cover di
Supermarket di Battisti) che gli assegna la Targa per il miglior
disco; vince il Festivalbar con Io no, si esibisce in un celebrato
concerto all’autodromo di Imola di fronte a più di 100.000
spettatori e costituisce la scuderia di moto “Vasco Rossi
Racing”. L’anno dopo tiene il “Rewind tour”, che segue al
doppio disco dal vivo omonimo e soprattutto alla morte per
overdose di Massimo Riva, suo amico e chitarrista, a cui
dedica La fine del millennio. Nel tour canta con una
microcamera negli occhiali, la quale invia su megaschermi
l’immagine della fetta di pubblico vista dal suo sguardo; è
appesantito nel fisico e nella voce, sovente raddoppiata da
coristi, ma oramai l’eccitazione dei fan esplode al solo vederlo
comparire. Gli album si diradano e aumentano le antologie
(quella ufficiale del 2002, TRACKS, con Generale, vende
quanto un suo disco di inediti) e i live.
Nel 2001 è la volta di STUPIDO HOTEL; Rossi vince per la
terza volta il Festivalbar con Ti prendo e ti porto via. Nel 2003
si svolgono tre serate (le uniche nell’anno, secondo una
beffarda formula usata da vari artisti) sold out allo stadio
Meazza di Milano per 240.000 paganti. Nel 2004 BUONI O
CATTIVI viene significativamente presentato in una comunità
per il recupero di tossicodipendenti del Gruppo Abele di don
Luigi Ciotti. Il disco (che contiene Un senso, dalla colonna
sonora del film “Non ti muovere” di Sergio Castellitto) è,
come il precedente, poco ispirato e molto costruito. Segue un
concerto gratuito a Catanzaro per alcune centinaia di migliaia
di persone. Ai continui successi si affiancano numerose e
perlopiù agiografiche biografie, libri fotografici, svariati premi
e nel 2005 una laurea honoris causa in Scienze della
comunicazione assegnatagli dallo IULM di Milano. Anche in
questo caso il “Blasco” – come nelle smozzicate interviste cui
si sottopone come a un qualcosa di ineluttabile – alla consegna
è autoironico, consapevole di essere in un certo senso
sopravvissuto a se stesso e alla sua fama. Nemico del music
business, di cui tuttavia rispetta le regole, ha sempre praticato
un difficile equilibrismo tra genuinità e commerciabilità delle
canzoni. Il pubblico gli ha dato largamente ragione. (a.re.)
DISCOGRAFIA
MA COSA VUOI CHE SIA UNA CANZONE (Lotus 1978)
NON SIAMO MICA GLI AMERICANI (Lotus 1979)
COLPA D’ALFREDO (Targa Italiana 1980)
SIAMO SOLO NOI (Carosello 1981)
VADO AL MASSIMO (Carosello 1982)
BOLLICINE (Carosello 1983)
VA BENE VA BENE COSÌ (Carosello 1984, dal vivo con brano
omonimo in studio)
COSA SUCCEDE IN CITTÀ (Carosello 1985)
C’È CHI DICE NO (Carosello 1987)
BRAVO VASCO (Carosello 1988, doppia antologia con alcuni
brani diversamente editati)
LIBERI LIBERI (EMI 1989)
FRONTE DEL PALCO (EMI 1990, doppio dal vivo con l’inedito
Guarda dove vai).
10-7-90 SAN SIRO (EMI 1991, dal vivo)
GLI SPARI SOPRA (EMI 1993)
NESSUN PERICOLO…PER TE (EMI 1996)
REMIXED (EMI 1996, antologia di demo e remix)
ROCK (BMG Ricordi 1997, raccolta di brani risuonati)
CANZONI PER ME (EMI 1998)
SARÀ MIGLIORE (Carosello 1999, antologia non ufficiale con
l’inedito omonimo)
REWIND (EMI 1999, doppio dal vivo)
STUPIDO HOTEL (EMI 2001)
TRACKS (EMI 2002, antologia doppia con inediti e rarità)
BUONI O CATTIVI (EMI 2004)
BUONI O CATTIVI LIVE ANTHOLOGY 04.05 (EMI 2005, doppio
dal vivo)
NON SIAMO MICA GLI AMERICANI. Musiche ancora acerbe, a
differenza dei testi e dell’interpretazione, già tipica. Dopo
l’esordio qui l’equilibrio si sposta verso il rock, mantenendo
echi del mondo cantautorale acustico con l’apporto musicale
del giovane Gaetano Curreri. Rossi racconta il sesso in Io
non so più cosa fare, lo sballo e la vita di paese in Fegato,
fegato spappolato e accosta con ironia due figure femminili
lontane come La strega e Albachiara, ottimamente
arrangiata. Disco all’epoca stampato in poche copie e quindi
ora molto pregiato sul mercato del collezionismo.
BOLLICINE. Dura solo 34 minuti ma è la svolta. Già
l’attacco con Bollicine è un colpo allo stomaco, con i suoi
doppi sensi, le parole cantate solo per il suono che
emettono, le note di chitarra che creano sospensione, i
nonsense, gli slogan. Completamente diversa Una canzone
per te, con accento emiliano in evidenza e la chitarra di
Dodi Battaglia. E ancora: Portatemi Dio, Deviazioni. E Vita
spericolata, le due facce della medaglia: la maschera della
vita sfrenata e di quella che si ripiega in se stessa. Il suono
del disco risente delle mode musicali di quegli anni, le
musiche sono assemblaggi di componenti eterogenei, dove
paradossalmente la più coerente è la vocalità.
FRONTE DEL PALCO. Il coro del pubblico, qualche effetto
sonoro, la voce del rocker che proclama “Il cielo lasciamolo
ai passeri, noi stiamo con i piedi per terra”, e poi l’attacco di
Muoviti. La band è granitica, con batteria e chitarra in
evidenza su un mixaggio non troppo nitido. Rossi è una
belva che si riposa su qualche ballata qua e là, magari
ingentilita da un ricamo di sax, per poi esaltarsi ai soli della
“bestia” Braido alla chitarra. Gli elementi musicali vengono
calpestati, a cominciare dalla metrica, tutto è in funzione
dell’impatto sonoro. Qualche pezzo dura troppo, altri invece
offrono tutto il loro fascino, come Vita spericolata o Ogni
volta. E alla fine il pubblico canta Albachiara all’unisono.
NESSUN PERICOLO… PER TE. L’apertura di Un gran bel film è
una riflessione sugli eccessi e sull’esserci ancora. In
evidenza la sezione ritmica di Vinnie Colaiuta (bt.) e Randy
Jackson (bs.), solidi musicisti. Tra i brani più noti, Gli
angeli, Mi si escludeva e la title track. Il disco,
spiccatamente rock, non è indimenticabile tranne per Sally
(ripresa poi dalla Mannoia), una ragazza che la vita ha fatto
diventare donna, raccontata con un’interpretazione che da
sola vale l’album.
CANZONI PER ME. Disco dalla breve durata, solo otto
canzoni, prodotte da Celso Valli. Viene etichettato spesso
come cantautorale e intimista, parole bizzarre se usate per
Rossi e per un brano come Rewind. È l’ultimo lavoro
dell’emiliano a riservare momenti validi, anche se diverse
volte i brani sono calati in contesti strumentali banali, con
una certa dose di chitarra acustica. Tra gli hit, Io no, L’una
per te, e l’ottima Quanti anni hai. Ancora una volta è
ampiamente tratteggiato l’universo femminile.

STEFANO ROSSO
Romano di Trastevere, nato il 7 dicembre del ’48. Stefano
Rossi, in arte Rosso, cantautore dalla erre moscia e pregevole
chitarrista di finger picking, si forma al Folkstudio. Gode del
suo maggiore momento di popolarità nel 1976 con Una storia
disonesta (e l’omonimo album), più conosciuta come “la
canzone dello spinello” (“che bello/ due amici una chitarra e lo
spinello”). Tra i brani celebri, anche la seducente Letto 26.
Nella sua attività di classico songwriter, Rosso si esibisce
moltissimo dal vivo prediligendo gli ambienti alternativi;
tuttavia, grazie anche ai buoni riscontri di E ALLORA SENTI COSA
FÒ (1978), partecipa nel 1980 al Festival di Sanremo con
L’italiano. Incide con una certa continuità fino alla fine degli
anni ’80 buoni dischi (soprattutto DONNE nel 1982 e STEFANO
ROSSO nel 1985) per ripresentarsi in studio solo nel ’97 con la
raccolta con inediti MIRACOLO ITALIANO. Rosso è stato autore
anche per Mia Martini del brano Preghiera, inciso nel 1976 e
da lui recuperato nel 2001 ne IL MEGLIO. Tra gli album
successivi, un LIVE AT THE FOLKSTUDIO del 2003 con
registrazioni del ’92. Una storia disonesta viene ripresa nel
2005 dal gruppo ska Arpioni insieme all’autore.

ROSSOMALTESE
Gruppo milanese fondato nel 1989, comprendente Luca
Gemma (vc.), Gino De Crescenzo (ch.), Max Sacchi (bt.),
Paolo Molinari (bs.), Max “Cubano” Peri (pr.), Roberto
Romano (sx.), Ambrogio Frigerio (tm.) e Paolo Milanesi (tr.).
Pubblicano nel 1993 SANTANTONIO, prodotto da Vittorio Cosma
e Tony Bowers (ex Simply Red) e caratterizzato dalla ritmica
in evidenza, spesso di sapore sudamericano o comunque etnico
(vedi il violino celtico di Saranno aperti i bar), cenni di blues
e assoli di chitarra. Tra i brani, Finché il sonno non arriva, lo
strumentale Santiago de Oriente e Apri la bocca, ripresa nel
1997 da Fiorella Mannoia. Partecipano poi con La Madonna
nera al disco tributo per Ivano Fossati I DISERTORI (1994) e con
Il canto dei deportati alla compilation MATERIALE RESISTENTE
1945-1995. Nel 1996 esce l’ottimo MOSCHE LIBERE (con Marco
Fior al posto di Milanesi e ospiti come Mauro Ermanno
Giovanardi dei La Crus, Mauro Pagani, Bunna degli Africa
Unite), i cui brani sono firmati da Gemma (testi) e De
Crescenzo (musica). Qui la band arricchisce il suo patchanka
con un sound più apertamente rock (Nel mare, Addio addio
con un frammento di “Uccellacci e uccellini” di Pasolini,
l’arrabbiata Nudo con un estratto di Malarazza di Modugno).
Sempre frequenti i temi sociali. Dopo centinaia di concerti in
tutt’Italia, anche di spalla ad artisti del calibro di Caetano
Veloso, Tito Puente e Gipsy Kings, i Rossomaltese si
sciolgono nel 1998, interrompendo il lavoro sul terzo disco.
Nel 2004 Gemma pubblica SALUTI DA VENUS, mentre De
Crescenzo diventa cantautore con lo pseudonimo di Pacifico.

RUDY ROTTA
Chitarrista e cantante, è uno dei bluesman italiani più noti
all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Veronese, si forma
musicalmente a Lucerna, in Svizzera. Tornato in Italia, inizia
ancora giovanissimo a farsi luce con una fitta attività live per
tutto il Paese e con presenze in rassegne internazionali che si
moltiplicano con il passare degli anni, fino alla partecipazione
al Kansas City Blues Festival. Nel 1980 forma la Rudy Rotta
Band. Durante la carriera collabora con artisti come B.B.
King, Allman Brothers, John Mayall, Peter Green, Lowell
Fulson, Brian Auger e moltissimi altri. Apprezzato anche
come autore, pubblica molti dischi, fra i quali l’esordio con
REAL LIVE (1988), REASON TO LIVE (1990), SO DI BLUES (1995),
album in italiano, LIVE IN KANSAS CITY (1998), THE BEATLES IN
BLUES (2001), WINDS OF LOUISIANA (2006).

ROVESCIO DELLA MEDAGLIA


Nascono a Roma nel 1970 da tre ex componenti dei
Lombrichi, Enzo Vita (ch.), Stefano Urso (bs.) e Gino Campoli
(bt.), e da Pino Ballarini (vc., fl.), con in repertorio cover di
Hendrix e dei Cream. Anche l’esordio discografico, l’anno
seguente, è d’impronta hard rock: si tratta dell’impegnativo
(fin dal titolo) LA BIBBIA, che si affaccia in classifica. Le
apparizioni live, come quella al Festival Pop di Viareggio del
1971, consolidano la fama prima del filosofeggiante IO COME IO
(1972), che acquista tratti sinfonici molto accentuati nel 1973
con l’ingresso di Franco Di Sabbatino (ts). Esce
CONTAMINAZIONE, dal lungo sottotitolo (“Di alcune idee di certi
preludi e fughe del ‘Clavicembalo ben Temperato’ di J.S.
Bach”). Il disco, assai apprezzato in ambito progressive (e
tradotto anche per il mercato inglese), è realizzato con Luis
Bacalov, che aveva già ideato lavori simili per New Trolls e
Osanna. A questo punto una crisi interna e il furto della
pregiata strumentazione e amplificazione portano
all’abbandono di Ballarini, sostituito per un breve periodo dal
giovanissimo Michele Zarrillo. Dopo un 45 giri del 1975, Let’s
All Go Back, e durante la preparazione del quarto album, il
gruppo di scioglie (pubblicherà nel 1998 GIUDIZIO AVRAI, un
live dell’epoca). Si riformerà nel 1993, con il solo Enzo Vita
del gruppo originale, per incidere VITAE, pubblicato nel ’99, e
IL RITORNO (1995), entrambi di stampo più commerciale.

ODERSO RUBINI
Nato a Bologna nel 1951, è fondamentale figura del rock
italiano, e bolognese in particolare. Il 2 aprile 1979 realizza il
festival Bologna Rock, che dà il via alla nuova scena musicale
della città. Nello stesso periodo fonda l’Harpo’s Bazaar e poi
l’Italian Records, etichette che segnano il mondo rock
alternativo con dischi che riportano la storica dicitura
“Produced by Oderso”. Molti gli artisti che hanno lavorato con
lui: Skiantos, Gang, Gaznevada, Confusional Quartet,
Diaframma, e molti altri. Nel frattempo ha l’occasione di
collaborare con John Cage e Philip Glass. Molteplici negli
anni le sue attività. È o è stato manager, talent scout, regista di
video (Born To Be Abramo di Elio e le Storie Tese, nel 1996),
produttore televisivo e musicista egli stesso, e ha sempre avuto
attenzione verso l’elettronica e l’informatica applicate alla
musica. Nel 2003 ha pubblicato, con Andrea Tinti, il volume
“Non disperdetevi. 1977-1982. San Francisco, New York,
Bologna. Le zone libere del mondo” (Arcana).

ENRICO RUGGERI
Cantautore musicalmente incline a toccare terreni diversi,
mantenendo però una forte personalità dovuta al timbro di
voce e allo stile originale dei testi. Milanese, nasce il 5 giugno
1957 e in giovanissima età riceve lezioni di pianoforte. Dopo
aver fatto parte di un complesso liceale, gli Josafat, nel 1974
sull’onda punk fonda gli Champagne Molotov, che poi
diventano i Decibel e per i quali Ruggeri interrompe
l’università (Giurisprudenza) e una breve esperienza come
insegnante di materie letterarie nelle scuole medie.
Appassionato di rock decadente, ammiratore di Elvis Costello,
dimostra sin dagli esordi grande intelligenza e pragmatismo.
Nel periodo con i Decibel incontra il chitarrista Luigi
Schiavone, suo principale collaboratore per musiche e
arrangiamenti sin da quando, abbandonato dopo due album il
gruppo per alcune diatribe, esordisce da solista con
CHAMPAGNE MOLOTOV (1981). Nel 1983 esce POLVERE, con il
brano omonimo che ha una certa diffusione. Nello stesso anno
scrive per Loredana Bertè Il mare d’inverno, una delle sue
canzoni più note e apprezzate, ma anche un brano per l’artista
dance Den Harrow (mentre dell’82 è Tenax per Diana Est, che
ha un certo riscontro). A questo punto Ruggeri si fa notare
anche dal grande pubblico, con la prima (di una lunga serie)
partecipazione al Festival di Sanremo, dove presenta Nuovo
swing, poi inserita in PRESENTE (1984). Registrato in parte dal
vivo all’Happy Rock Café di Milano, il disco rappresenta il
sunto della prima fase della carriera: brani dei Decibel
(Contessa, Vivo da re), Il mare d’inverno, l’indimenticabile
Vecchio frac di Modugno. Il finale acclamato dal pubblico è
per Polvere. Nel 1985 TUTTO SCORRE delinea la sua personalità
musicale in modo definito. In questo periodo Ruggeri scrive e
canta con Mimmo Locasciulli (con cui va anche in tour)
l’amara riflessione sul mondo musicale Confusi in un playback
e vince il Premio della critica a Sanremo con Rien ne va plus,
altro classico del suo repertorio. Seguono l’EP DIFESA
FRANCESE ed ENRICO VIII (1986), che contiene la struggente
portiere di notte e Non finirà, altro bel brano dato alla Bertè.
Le vendite iniziano a salire.
Nel 1987 raggiunge un picco di popolarità vincendo il
Festival in trio con Gianni Morandi e Umberto Tozzi, con Si
può dare di più, nazional popolare miscela di cantanti,
interpretazioni e testo buonista; per la stessa edizione
compone, con Schiavone, per Fiorella Mannoia la bella e
celebrata Quello che le donne non dicono. Presenta quindi il
live VAI RROUGE (1987), che sancisce una fase di grande
ispirazione per Ruggeri, gradito ormai a un pubblico
trasversale e da molti considerato uno dei più interessanti e
originali autori italiani del momento. Musicalmente i suoi
brani hanno una evidente struttura rock, caratterizzata da
frequenti assoli chitarristici e da una ritmica marcata, oppure
offrono atmosfere più intime, spesso di gusto francese, con
arrangiamenti di tastiere o archi. La qualità dominante,
sebbene affievolitasi nel tempo per via di una inevitabile
riproposizione, è la capacità comunicativa, frutto di un
elegante uso del lessico, tanto raffinato da apparire semplice,
con attenzione per i dettagli rivelatori all’interno delle
narrazioni.
A fine anni ’80 Ruggeri incide LA PAROLA AI TESTIMONI
(1988) e CONTATTI (1989), una raccolta di interpretazioni di
brani di colleghi cantautori registrata in Unione Sovietica. In
campo cinematografico scrive due brani per la colonna sonora
di “I giorni randagi” di Filippo Ottoni, e intanto pubblica un
libro di racconti, “La giostra” (Forte Editore); nel 1990 compie
un tour in URSS, incide IL FALCO E IL GABBIANO ed è ospite in
Tu vivrai dei Pooh (da UOMINI SOLI) con Ramazzotti, Tozzi e
Raf. Il successo, mai eclatante ma solido, prosegue nel 1991
con il riuscito PETER PAN (con Trans e Prima del temporale).
Tra i suoi temi preferiti, quello del trascorrere del tempo è
dichiarato nel titolo dell’antologia LA GIOSTRA DELLA MEMORIA
(1991). Nel 1992 escono la biografia “Beneficio d’inventario”
di Lucio Mazzi e Donal Cantonetti (Edizioni FuoriThema) e il
volume “Le Canzoni” a cura di Anna Caterina Bellati, con i
suoi testi (Claudio Lombardi editore).
La vittoria in solitario a Sanremo giunge nel 1993 con
Mistero, un pezzo non tra i migliori della sua discografia, cui
segue OGGETTI SMARRITI (1994). Dopo la pubblicazione della
raccolta di poesie “Per pudore” (Carte segrete Editore),
seguono alcuni dischi in continuità con i precedenti, tra cui
l’ISOLA DEI TESORI (1999) con alcuni inediti e brani
originariamente scritti per altri artisti. Il percorso di cantautore
infatti corre da sempre parallelo a quello di prolifico autore (a
volte in coppia con Schiavone) per cantanti di difforme qualità
e radice musicale: fra i più noti, oltre a Bertè (molti i brani per
lei) e Mannoia, anche Anna Oxa e Cocciante. Ma ci sono, fra
le cose più curiose, anche uno Zecchino d’oro, nel 1990, e lo
sconosciuto cantante coreano, Yoon Sang, per cui nel 1996
Ruggeri scrive (e canta) brani del suo RENACIMIENTO.
Nel 1998 pubblica “Racconti e poesie” (Stampa alternativa)
e nel 2000 “Piccoli mostri” (Feltrinelli); quindi scrive Gimondi
e il cannibale, sigla dei programmi TV sul “Giro d’Italia”
inserita in L’UOMO CHE VOLA, album che comprende anche una
suite sui sette peccati capitali. L’attività live (suo punto di
forza) riprende con un interessante tour semiacustico che
ripropone i brani con nuovi arrangiamenti. Qui Ruggeri punta
meno sulla fisicità da rocker, apre e chiude lo spettacolo
seduto al pianoforte, le luci sono calde e avvolgenti in un
intimo dialogo con il pubblico. L’esperienza è documentata nel
live LA VIE EN ROUGE (2001), stesso titolo dell’autobiografia
scritta con Massimo Cotto per Sperling & Kupfer. Nel 2002
l’artista milanese torna alla grande popolarità con Primavera a
Sarajevo, portata a Sanremo e scritta con la compagna Andrea
Mirò, con la quale l’anno dopo presenta al Festival Nessuno
tocchi Caino, contro la pena di morte. Per l’occasione, si
ventila l’ipotesi di una partecipazione in una serata persino di
Tom Waits (artista da sempre ammirato da Ruggeri, che ne ha
anche tradotto alcuni brani), poi sfumata. Il percorso continua
con GLI OCCHI DEL MUSICISTA (2003), un album con varie
composizioni di valore e il primo per la sua etichetta, Anyway;
nel 2004 esce PUNK PRIMA DI TE, che rappresenta quasi un
divertissement in cui l’artista rivisita pezzi di rockstar amate –
gli stessi che componevano ROCK’N’ROUGE, allegato pochi mesi
prima al mensile “Rockstar” – come Sex Pistols, Bowie,
Clash, Velvet Underground, Ramones, Mott The Hoople e
Stranglers, e vecchi brani con i Decibel. Dopo il DVD
“Ulisse”, nel 2005 Ruggeri pubblica AMORE E GUERRA e
conduce la trasmissione TV “Il bivio”. Dopo i dischi, il lavoro
come autore, la grande attività dal vivo, i libri di racconti e di
poesie, Ruggeri apre così un nuovo fronte, che gli permette
anche di rinfrescare una notorietà che con gli anni ha registrato
alti e bassi. (a.re.)
DISCOGRAFIA

CHAMPAGNE MOLOTOV (SIF 1981)


POLVERE (CGD 1983)
PRESENTE (CGD 1984, in parte dal vivo)
TUTTO SCORRE (CGD 1985)
DIFESA FRANCESE (CGD 1986, mini album)
ENRICO VIII (CGD 1986, nell’edizione in CD sono aggiunti i
brani di DIFESA FRANCESE)
VAI RROUGE (CGD 1987, due LP o un CD con alcuni brani in
meno)
LA PAROLA AI TESTIMONI (CGD 1988)
CONTATTI (CGD 1989)
IL FALCO E IL GABBIANO (CGD 1990)
PETER PAN (CGD 1991)
LA GIOSTRA DELLA MEMORIA (CGD 1993, antologia con
inediti)
OGGETTI SMARRITI (CGD 1994)
FANGO E STELLE (CGD 1996)
DOMANI È UN ALTRO GIORNO (PDU 1997; anche in versione
spagnola: LA GENTE CON ALMA, RTI 1998, Spagna)
L’ISOLA DEI TESORI (PDU 1999)
L’UOMO CHE VOLA (Columbia 2000)
LA VIE EN ROUGE (Columbia/Sony 2001, doppio dal vivo con
inediti, ristampato nel 2002 con l’aggiunta di ulteriori due
brani inediti)
GLI OCCHI DEL MUSICISTA (Anyway/Sony 2003)
ROCK’N’ROUGE (Anyway 2004, allegato alla rivista
“Rockstar”)
PUNK PRIMA DI TE (Anyway 2004)
AMORE E GUERRA (Anyway 2005)
CUORE, MUSCOLI E CERVELLO (Anyway 2006, antologia tripla
con tre inediti)
TUTTO SCORRE. Poco più di niente porta le caratteristiche
tipiche di Ruggeri: conduzione rockeggiante con crescendo,
arrangiamenti facili ma di effetto, analisi “in diretta” di una
situazione. Il disco, dalla veste curata e arricchita da un
opuscolo con numerose foto tratte dall’album di famiglia, è
dedicato al poco noto musicista Klaus Nomi. Da citare Il
futuro è un’ipotesi, un bell’esempio di scrittura agile eppure
profonda.
VAI RROUGE. L’album della consacrazione, testimonianza
di un grandioso tour teatrale con il suo gruppo e l’Orchestra
filarmonica di Alessandria. Ospiti Morandi e Tozzi in Si può
dare di più e la Mannoia in Quello che le donne non dicono.
E poi molti dei brani migliori di quegli anni. “Rrouge” è il
soprannome di Ruggeri nella Nazionale Cantanti di calcio.

ANTONELLA RUGGIERO
Interprete nata a Genova il 15 novembre 1952, esordisce,
con la voce non ancora da soprano leggero e con il nome
d’arte di “Matia”, nel 1974 con Io Matia; intanto studia canto
e collabora con i Jet. Alla metà degli anni ’70 diviene la
cantante dei Matia Bazar. Dopo la fuoriuscita dal gruppo, nel
1989, si defila per alcuni anni e ricompare nel 1996 con
LIBERA, album di spessore e dalle suggestioni etniche, inciso
dopo un soggiorno in India e che dimostra la volontà di voltar
pagina rispetto all’esperienza precedente. Apre intanto le date
di un tour di Sting in Italia. Si riafferma con REGISTRAZIONI
MODERNE (1997), una rivisitazione dei classici dei Matia Bazar
eseguiti e arrangiati con diverse band italiane (fra cui i non
ancora noti Subsonica), e con il secondo posto a Sanremo con
Amore lontanissimo (1998), una canzone dall’impianto
tradizionale ben interpretata, scritta dalla Ruggiero con
Roberto Colombo, suo produttore nonché marito. Seguono
SOSPESA (1999) e la svolta di LUNA CRESCENTE-SACRARMONIA
(2001), con brani a sfondo religioso, seguiti da una serie di
concerti principalmente nelle chiese. Canta poi nella video-
opera “Medea” al teatro la Fenice di Venezia, si avvicina al
fado e rivisita i musical americani. Tutto ciò accresce
notevolmente la reputazione dell’artista che, grazie
all’eccellente vocalità, riesce a percorrere strade distanti dal
pop, sebbene non disdegni altre apparizioni sanremesi (Non ti
dimentico, 1999, Di un amore, 2003) o dischi più popular
come ANTONELLA RUGGIERO (2003). Dopo il successo ottenuto
nei luoghi d’arte o di culto, nel 2004 a Bologna registra il live
SACRARMONIA IL VIAGGIO. Sempre nel segno della versatilità,
nel 2005 dà vita al progetto “Echi d’infinito”, una
riproposizione di canti popolari alpini, e il godibilissimo BIG
BAND!, dove interpreta svariati classici della storia della
canzone, accompagnata da un’orchestra jazz.

GIUNI RUSSO
Giuseppa Romeo nasce a Palermo il 7 (o il 10, secondo
l’anagrafe) settembre 1951 in una numerosa famiglia (è
l’ottava di nove figli) in cui il bel canto e la musica lirica sono
di casa. La giovane studia canto, poi composizione e
pianoforte, e il suo esordio avviene molto presto, al Festival di
Voci Nuove di Castrocaro del 1967, che vince ex aequo.
L’anno successivo è a Sanremo con No amore, ma dovrà
attendere sette anni per il primo LP, LOVE IS A WOMAN,
interamente cantato in inglese con il nome di Junie Russo. Con
questo pseudonimo realizza altri tre 45 giri, che segnano tra
l’altro il consolidamento del sodalizio umano e artistico con
Maria Antonietta Sisini, che per trent’anni sarà coautrice di
quasi tutti i brani firmati dall’artista palermitana. La quale poi
italianizza la grafia del suo nome d’arte e per qualche anno si
dedica alla scrittura di brani per altri cantanti, finché l’incontro
con Franco Battiato e il suo staff segna una svolta da cui nasce
l’album ENERGIE (1981), a tutt’oggi indiscussa vetta nella sua
produzione.
Il successo commerciale arriva invece l’anno successivo,
quando Un’estate al mare (di Battiato-Pio) sbanca le
classifiche di vendita e i concorsi estivi. Nel 1982 VOX, che
non a caso non include il pur delizioso hit, è nella scia del
precedente album: musiche accattivanti, testi sagaci e ironici,
atmosfere malinconiche, interpretazioni vocali sublimi. La
Russo, tuttavia, si è indissolubilmente legata all’immagine
della cantante pop estiva, e gran parte degli anni ’80 la
incastreranno in questo cliché: Limonata cha cha
(MEDITERRANEA), Alghero (GIUNI), Mango, papaia e Adrenalina,
duetto con Rettore (ALBUM) ne fanno la paladina del pop
leggero e scanzonato. Sarà di nuovo Battiato a permetterle di
esprimersi a livelli più consoni al suo talento producendole nel
1988 un disco di romanze classiche riadattate in chiave
moderna, A CASA DI IDA RUBINSTEIN. Nel 1994 Battiato appare,
questa volta come cantante (Strade parallele), anche in SE
FOSSI PIÙ SIMPATICA SAREI MENO ANTIPATICA, che contiene il
marchio della nuova Giuni Russo: testi poetici e spirituali e
stile cantautorale (parteciperà per due anni di seguito al
Premio Tenco) e brani come La sua figura, con citazioni di S.
Giovanni della Croce, La Sposa, con riferimenti biblici,
Oceano d’amore, da una poesia sufi.
I contrasti che da sempre inficiano il suo rapporto con
l’industria discografica impongono alla Russo una pausa nelle
incisioni; l’artista ne approfitta per affrontare progetti
importanti come “Verba Tango” (1997), spettacolo con versi di
Jorge Luis Borges, insieme a Giorgio Albertazzi, e continua
l’attività dal vivo che sfocia nel 1998 nel live VOCE
PRIGIONIERA, come prigioniero è sempre stato il suo talento
nella spesso miope discografia italiana. Le sue esibizioni dal
vivo diventano veri e propri recital costruiti su contaminazioni
musicali e culturali, canto “leggero” e lirico, composizioni che
riportano al Medio ed Estremo Oriente, letture di testi, canzoni
tradizionali e soprattutto una voce emozionante che crea
un’atmosfera solo in parte restituibile dai dischi dal vivo. Del
2003 è la partecipazione al Festival di Sanremo con Morirò
d’amore, e del 2004 la suite NAPOLI CHE CANTA, canzoni
napoletane a commento dell’omonimo film di Roberto Leone
Roberti.
Nello stesso anno, nella notte tra il 13 e il 14 settembre,
Giuni Russo si spegne a Milano a causa del male che da anni
la affligge, e viene sepolta tra le Carmelitane Scalze, in virtù
della sua devozione e frequentazione carmelitana.
L’associazione culturale “Giuni Russo Arte”, fondata da Maria
Antonietta Sisini, promette, attraverso iniziative di vario
genere, di non fare cadere nell’oblio un talento tanto fulgido
quanto poco valorizzato. Nel 2006 esce un album tributo,
GIUSEPPA ROMEO, con la supervisione di Franco Battiato.

(a.ca.)
DISCOGRAFIA

Love Is A Woman (BASF 1975)


ENERGIE (CGD 1981)
VOX (CGD 1983)
MEDITERRANEA (CGD 1984)
GIUNI (Bubble/Ricordi 1986)
ALBUM (Bubble/Ricordi 1987)
A CASA DI IDA RUBINSTEIN (L’Ottava/EMI 1988)
AMALA (CGD 1992, antologia con due inediti)
SE FOSSI PIÙ SIMPATICA SAREI MENO ANTIPATICA (EMI 1994)
VOCE PRIGIONIERA (NAR 1998, dal vivo)
I SUCCESSI (D.V. MORE 2000, antologia con nuove
esecuzioni)
IL MEGLIO(MR MUSIC/D.V. MORE 2000, antologia con
nuove esecuzioni)
SIGNORINA ROMEO (Sony 2002, dal vivo)
MORIRÒ D’AMORE (Sony 2003, contiene anche materiale già
pubblicato in SIGNORINA ROMEO)
IRRADIAZIONI (NAR 2003, antologia con nuove esecuzioni)
DEMO DE MIDI (Sony 2003)
NAPOLI CHE CANTA (Sony 2004, anche DVD)
MEDITERRANEA TOUR 10 SETTEMBRE 1984 (NAR 2005, dal vivo,
anche DVD, pubblicato postumo)
ENERGIE. L’album della svolta, scritto da Russo-Sisini
insieme a Franco Battiato e Giusto Pio e suonato da un
gruppo di musicisti eccellenti. Otto canzoni di un pop
d’autore dal gusto raffinato e da ritmi e arrangiamenti
trascinanti, che alterna poesia e ironia, potenza vocale e
delicatezza interpretativa.

CORRADO RUSTICI
Chitarrista, compositore e produttore dalla notevole carriera,
nato a Napoli nel 1957. Fratello di Danilo, esponente degli
Osanna, fonda giovanissimo la band progressive Cervello, il
cui unico LP è MELOS del 1973, e collabora poi con i poco noti
Uno nel 1974. È quindi nei Nova con i quali pubblica fino al
1978 album in Europa e negli USA, dove si trasferisce
suonando con importanti artisti americani tra cui Whitney
Houston, Aretha Franklin, George Benson e il produttore
Narada Michael Walden. Alla luce di queste esperienze si
dedica lui stesso alla produzione artistica. Abile nel lavoro al
computer, a metà anni ’80 torna in Italia per lavorare con
Zucchero, del quale diventa l’alter ego e per il quale appronta
un sound che più che con il blues è imparentato con il pop
internazionale e ne determina in gran parte il successo. Dal
1997 lavora con Elisa, replicando la linea e i risultati. Fra le
sue produzioni vanno segnalate anche PRENDERE E LASCIARE di
De Gregori, VIAGGIATORE SULLA CODA DEL TEMPO di Baglioni,
SERENDIPITY della PFM e inoltre, per la Sugar, brani di Bocelli,
Mistonocivo, Gazosa, Negramaro e altri.
S
CLEM SACCO
Anticipatore in qualche modo del rock demenziale,
Clemente Sacco nasce nel 1937 al Cairo, e in Egitto (dove il
padre fa l’ingegnere) inizia a esibirsi come violinista.
Trasferitosi in Italia, a partire dalla fine degli anni ’50 pubblica
vari singoli di rock’n’roll dai titoli emblematici: Sono un
deficiente, Banana rock, Baciami la vena varicosa ecc. Il più
noto è Oh mamma voglio l’uovo alla coque, del 1961. Lo
accompagnano i Califfi dove militano due futuri “Giganti”,
Mino De Martino e Enrico Maria Papes. Va in tournée in
Europa e nel 1964 partecipa al film “Canzoni bulli e pupe” di
Carlo Infascelli con molti altri cantanti del periodo. Incide
quindi alcuni 45 giri per la NET (Nuova Enigmistica
Tascabile) tra cui l’interessante The African Cry, ma ben
presto abbandona le scene. Resta il suo ruolo di antesignano.

ALBERTO SALERNO
Autore di testi e produttore, è figlio d’arte: il padre Nicola
con lo pseudonimo Nisa ha scritto vari classici della canzone
italiana. Alberto firma i primi successi negli anni ’70: Bella da
morire per gli Homo Sapiens nel 1977 gli vale la prima
vittoria da autore a Sanremo, mentre nel 1979 produce il primo
LP di Alberto Fortis. Nel 1984 firma per Eros Ramazzotti
Terra promessa e nello stesso periodo inizia con Mango un
lungo sodalizio destinato a pagine fortunate (Lei verrà, Io
nascerò, La rosa dell’inverno), anche per altri interpreti, come
Loretta Goggi. Con Gianni Bella scrive, tra le altre, Dopo la
tempesta, che Marcella interpreta al Festival di Sanremo 1988.
Nel ’96 firma i testi di NON CI STO, il primo album di Syria.
All’inizio del nuovo millennio scopre Tiziano Ferro e
comincia con lui un intenso lavoro di produzione, assieme a
Mara Majonchi: gli ottimi risultati di vendite con il cantante
romano si affiancano a due altre vittorie a Sanremo, nel 1999
con Senza pietà, cantata da Anna Oxa, e nel 2003 con Per dire
di no, da Alexia. Ha scritto anche brani per Mina e Zucchero
nonché, nel 2001, i testi di canzoni del film d’animazione
“Aida degli alberi” con musiche di Ennio Morricone.

MATTEO SALVATORE
Figura anomala, tra il portatore di tradizione orale, il
cantastorie e il cantautore. Nasce ad Apricena (FG) il 16
giugno 1925 e vive un’infanzia e un’adolescenza difficili e
miserevoli; semianalfabeta, apprende un po’ di musica dal
vecchio maestro cieco Vincenzo Pizzicoli, quindi a Roma
canta canzoni napoletane ai tavoli delle trattorie, conducendo
una vita turbolenta. Inizia poi a scrivere brani nel dialetto del
Gargano presentandoli per tradizionali e così facendo
reinventa completamente la musica della sua terra diventando
egli stesso tradizione. Nel 1963 incide il primo LP, STORIE E
MELODIE D’AMORE DEL SUD, a cui segue IL LAMENTO DEI
MENDICANTI che gli dà notorietà, prima in Italia e poi
all’estero, fino a partecipare al Cantagiro con Lu soprastante
(1968). In questi anni registra anche 45 giri come La morte
traditrice, Lu pugliese a Roma e Lu bandito del Gargano,
ricevendo numerosi attestati di stima da parte di intellettuali
come Italo Calvino. Le sue canzoni, che in un primo periodo
possono essere considerate ancora folkloriche, a poco a poco
assumono i contorni della poesia: sono a volte autobiografiche
e altre volte legate ai canti del Gargano, eseguite con voce
quasi in falsetto e accompagnate dalla sua chitarra. Nel 1972
Salvatore pubblica un cofanetto con 50 brani, LE QUATTRO
STAGIONI DEL GARGANO, una delle sue opere più apprezzate,
ma l’anno dopo la sua carriera si interrompe: viene arrestato
con l’accusa di aver ucciso la propria compagna e rimane
quattro anni in carcere. Nel 1978 è invitato al Premio Tenco e
pubblica un live al Folkstudio di Roma, MATTEO SALVATORE.
Dopo anni di oblio, nel 2002 esce la biografia “La luna aggira il
mondo e voi dormite” di Angelo Cavallo (Stampa
Alternativa), che dà nuova visibilità all’anziano cantautore,
insieme alle collaborazioni con colleghi come Vinicio
Capossela, Eugenio Bennato, Teresa De Sio, che lo
considerano un maestro. Nel 2005 gli viene conferito il Premio
alla carriera dal “Premio città di Loano per la musica
tradizionale italiana”, ma poco dopo, il 27 agosto 2005,
scompare. Era da tempo malato.

CLAUDIO SANFILIPPO
Erede degli Svampa e degli Jannacci, milanese e milanista,
Sanfilippo (1960) dà nuova linfa, come autore per sé e per
altri, a una canzone intrisa di milanesità, che risciacqua alle
fonti di un country al crocevia tra Village, Rio e Bassa Padana,
dapprima in brani per lo più in italiano (STILE LIBERO, 1995;
ISOLE NELLA CORRENTE, 1999), poi con un intero album in
dialetto (I PAROLL CHE FANN VOLÀ, 2004). Si rivela al Tenco
’85; nell’87 è al Premio Ciampi e Pierangelo Bertoli incide la
sua Casual Soppiatt Swing. Seguono anni carichi di dubbi,
finché nel ’93 Mina inserisce in LOCHNESS la sua Stile libero.
Con lo stesso titolo il primo CD – ospiti Eugenio Finardi e
Rossana Casale – sarà Targa Tenco come miglior album
d’esordio. È il 1996: Sanfilippo collabora come autore a OCCHI
dello stesso Finardi (di cui scrive anche la biografia “Allo
Specchio”, per Arcana) e SUL CONFINE di Cristiano De André.
Dal 2004 è vicedirettore della rivista “Ciminiera”, presso cui
pubblica il volume di poesie “Nel sangh che rusa’l vent”. Del
2004 è “Appunti di viaggio”, libro con CD che comprende
alcuni suoi brani.

SANGUE MISTO
vedi Neffa

MARISA SANNIA
Interprete, e poi attrice e cantautrice, nasce nel 1947 a
Iglesias, in Sardegna. Dopo aver giocato a pallacanestro a
livello nazionale e dopo un’esperienza nel gruppo cagliaritano
dei Principi, nel 1966 vince un concorso della Fonit Cetra e
comincia a cantare brani scritti per la maggior parte da Sergio
Endrigo e Luis Bacalov: fra gli altri Io ti sento, Sarai fiero di
me e Tutto o niente, che nel 1967 le permette di affacciarsi in
classifica. L’anno dopo arriva seconda a Sanremo, in coppia
con Ornella Vanoni, con Casa bianca di Don Backy, il suo
maggior successo. Dopo altri Festival incide MARISA SANNIA
CANTA SERGIO ENDRIGO E LE SUE CANZONI (1970) e MARISA NEL
PAESE DELLE MERAVIGLIE (1973), curioso disco di cover di
classici dei film Disney. Recita poi a teatro per la regia di Tony
Cucchiara e nel 1976 debutta come cantautrice con il
sottovalutato LA PASTA SCOTTA. Negli anni ’80 si occupa di
teatro e cinema, recitando anche per Albertazzi e Pupi Avati.
Agli inizi degli anni ’90 traduce in italiano le canzoni di Joan
Manuel Serrat e pubblica tre album in sardo, intensamente
mediterranei: prima SA OGHE DE SU ENTU E DE SU MARE (1993) e
MELAGRANÀDA (1997), su poesie di Antonio Casula
“Montanaru”, e poi, con brani interamente suoi, NANAS E
JANAS (2003).

GIANNI SASSI
Creativo, art director, autore di testi, discografico ma
essenzialmente artista e manager in senso lato nell’ambito
dell’arte contemporanea. Nato a Varese l’8 settembre 1938, si
trasferisce a Milano ed esordisce aprendo un’agenzia
pubblicitaria verso la fine degli anni ’60 per poi divenire
animatore del movimento “Fluxus”, per l’interdisciplinarietà
delle arti. Muovendosi sempre nella sinistra extraparlamentare
fonda nel 1973 la leggendaria etichetta indipendente Cramps e
assume lo pseudonimo di “Frankenstein”. Collabora fra gli
altri con i Giganti, Camerini, Battiato, Finardi, ma soprattutto
con gli Area, per i quali scrive testi e cura l’immagine e le
copertine. Promuove la conoscenza di John Cage in Italia e nel
1979 organizza “Il concerto”, in memoria di Demetrio Stratos.
Prosegue negli anni seguenti l’attività di organizzatore di
mostre, eventi, convegni, riviste, spettacoli teatrali e collabora
come art director con i Timoria e i Gang. Muore a Milano il 14
marzo 1993: con lui scompare una figura unica e innovativa di
operatore culturale.

TOTÒ SAVIO
Nato a Napoli il 18 novembre 1937, il compositore e autore
Gaetano “Totò” Savio, dopo un periodo come giovanissimo
chitarrista sposa la canzone d’impianto melodico. Cuore matto
(1966) per Little Tony, Lady Barbara (1970) per Renato dei
Profeti e Vent’anni (1970) ed Erba di casa mia (1972) per
Massimo Ranieri sono i suoi primi brani celebri, a cui
successivamente affianca pezzi per Franco Califano, Loretta
Goggi (Maledetta primavera nel 1980) e altri, fino alla
scoperta di Michele Zarrillo nei primi anni ’80. Con lui scrive
Su quel pianeta libero e Una rosa blu. Nel frattempo, assieme
a Daniele Pace, Giancarlo Bigazzi e Alfredo Cerruti, fonda per
gioco il gruppo trash degli Squallor. In seguito si dedica
prevalentemente alla stesura di sigle e colonne sonore per la
TV, fino alla scomparsa, avvenuta il 25 luglio 2004. Ha
pubblicato anche un album da solista, RITRATTO DI DONNA, nel
1974.

VIRGILIO A. SAVONA
La multiforme, per più versi geniale figura di Virgilio
Antonio Savona (Palermo, 1920) va ben oltre il Quartetto
Cetra, di cui è elemento fondamentale: ci sono le canzoni per
bambini, lo studio e il recupero del canto popolare, soprattutto
quella produzione militante che parte alla fine degli anni ’60 e
coincide con la sua attività alla Vedette (Dischi dello Zodiaco,
Albatros). Sia come direttore artistico che come autore di
album propri (anche con Giorgio Gaber, in SEXUS ET POLITICA,
1972), Savona dice una parola appartata ma densa di significato
in un’area attigua alla canzone d’autore canonica. Tale
produzione è riscoperta dal Club Tenco, che lo premia nel
1994 e gli dedica l’edizione 2004, traendone un CD collettivo
(con riletture di suoi brani) per Ala Bianca e un libro per
Editrice Zona con il medesimo titolo, SEGUENDO VIRGILIO, a
cui lo stesso Savona affianca l’imperdibile raccolta COSE
DELICATE (2005). Fra le ristampe, anche RICORDO DI MICHELE L.
STRANIERO (2003), in cui affianca il collega torinese come autore
delle musiche e pianista.

TITO SCHIPA JR.


Compositore, cantante, regista e attore, figlio dell’omonimo
tenore leggero, nasce a Lisbona il 18 aprile 1946. Studia canto
e pianoforte e nel 1967 lavora su canzoni di Bob Dylan e ne
trae “Then an alley”, uno spettacolo beat proposto al Piper di
Roma. Attratto dall’unione tra musica colta e rock, compone
nel 1969 quella che da molti viene considerata la prima rock
opera italiana, “Orfeo 9” (con, fra gli altri, i giovanissimi
Renato Zero e Loredana Bertè), da cui viene tratto un doppio
LP nel 1972 nonché un film l’anno seguente. Nello stesso
1972 pubblica l’album IO ED IO SOLO (con Non siate soli, Sono
passati i giorni) e nel 1978 ER DOMPASQUALE, versione rock
dell’opera di Donizetti, primo album triplo del rock italiano.
Dopo CONCERTO PER UN PRIMO AMORE (1980), pubblica
DYLANIATO (1987), ancora su brani di Dylan di cui traduce
l’opera omnia per Arcana nel 1989; lavora per la radio e per la
TV come autore, ed è regista d’opera. Nel 2005 pubblica il
volume “Orfeo 9 - Il making” (Editrice Zona). Nel 2006 cura
la regia di “Il castello. L’onore dei Morra”, melodramma di
Nicola Samale.

SCIALPI
Propostosi giovanissimo con un look aggressivo e un’aria
da duro ma non malvagio, Giovanni Scialpi, nato a Parma il 14
maggio 1962, ottiene un gran successo commerciale con
Rocking Rolling e l’album ESTENSIONI (1983). Seguono il
QDisc ANIMALE, il singolo Cigarettes And Coffee (1984) e l’LP
SCIALPI, con No East No West (1986) proposta a Sanremo, così
come Bella età (1987). Nel 1988 vince il Festivalbar insieme a
Scarlet con Pregherei, quindi incide TRASPARENTE, con Il
grande fiume (1990), ma ormai è in calo di popolarità presso il
pubblico femminile, suo principale sostenitore. I suoi brani
non sono eccelsi, nonostante qualche tentativo di dare loro
spessore. Negli anni seguenti partecipa a programmi TV e di
nuovo al Festival di Sanremo, lavora in teatro, pubblica XXX
(1994) e un disco multimediale con inediti (SÌ IO SÌ, 2000),
quindi SPINGI, INVOCA, ALI (2003), un’antologia il cui titolo
anagramma il suo nome e cognome; nel 2004 partecipa a un
“reality show” cui segue Non ti amo più (2005).

SCISMA
Band dal ruolo rilevante nel rock italiano degli anni ’90 e
con una notevole presenza femminile nell’organico. Gli
Scisma nascono vicino al Lago di Garda come un progetto di
sperimentazione comunicativa basata sulla musica e
sull’immagine; agli albori (1993) somigliano a una compagnia
teatrale dove a fianco dei musicisti Paolo Benvegnù (vc.),
Giorgia Poli (bs.), Michela Manfroi (ts., pn.), Antonella
Ianniello (ts.), Diego De Marco (ch.) e Danilo Gallo (bt.)
compaiono tre attori. Con l’ingresso di Sara Mazo (vc)
autoproducono il demo PEZZETTINI DI CARTA e poco dopo si
concentrano sulla musica (gli attori escono di scena) per un
disco ancora autoprodotto, BOMBARDANDO CORTINA. Manuel
Agnelli nel 1997 produce per la EMI il primo vero album,
ROSEMARY PLAXIGLAS, a cui segue una collaborazione con
Antonella Ruggiero che li chiama a interpretare Cavallo
bianco nel suo REGISTRAZIONI MODERNE. Il sound è personale:
un rock composito, a volte noise, guidato dalla fascinosa
melodia vocale della cantante. Nel 1999 l’EP VIVE LE ROI
anticipa l’album ARMSTRONG, che comprende I’m The Ocean,
scritta con Marc Huigens dei Venus. I risultati commerciali
sono scarsi e il gruppo si scioglie dopo qualche tempo. Il
concerto che ufficializza la fine dell’esperienza si svolge a
Firenze nel maggio 2003.

JAMES SENESE
vedi Napoli Centrale

SENSASCIOU
Ricca e per certi aspetti sfortunata la vita artistica di uno dei
gruppi genovesi più stimolanti degli anni ’90. Muovono i
primi passi nel 1992 intorno alla figura, eclettica quanto
coraggiosa, di Roberto “Bob” Quadrelli, cui si uniscono
Alberto De Benedetti (in arte Bobby Soul) e Renato Rassi. Nei
Sensasciou (ovvero “senza fiato”) si fondono le variegate
esperienze artistiche personali, la moltitudine di suoni e colori
che imperversa nei vicoli e nei quartieri di una città totem: hip
e trip hop, soul, funk, punk, reggae, dub, i cori polifonici
genovesi (il tradizionale trallallero), l’uso del dialetto. L’EP
autoprodotto CANGIA STA VITTA (poi ristampato in CD dalla
CNI) fa nascere il cosiddetto “trallamuffin” e anticipa
l’esordio su album del 1995, IN SCIO BLEU. Nascono intanto i
primi screzi e dopo l’EP IN SCIA LÛNN-A (1996), Quadrelli con
nuovi compagni incide il doppio GENERAZIONE CON LA X che
vale la Targa Tenco per il miglior disco in dialetto. Per
questioni di salute il leader esce di scena fino al 2004 quando,
con Bobby Soul, pubblica il nuovo NA BUNNA SPERLENGHEJUA.

JOE SENTIERI
Interprete, ma anche autore di alcune musiche delle sue
canzoni, Rino Luigi Sentieri nasce a Genova nel 1925. Dopo
la guerra diventa presentatore radiofonico e cantante,
lavorando nelle due Americhe e sui transatlantici, con un
repertorio che va da Brel a Sinatra. Torna in Italia nel 1957 e si
afferma come uno dei primi “urlatori”, noto anche per il
celebre saltino al termine delle esibizioni (“erano canzoncine,
alla fine saltavo dalla gioia per aver finito di cantarle”). Dopo
Milioni di scintille e Ritroviamoci, nel 1959 vince
“Canzonissima” con Piove di Modugno, ma è con le
apparizioni a Sanremo che acquista fama: Quando vien la sera
e È mezzanotte nel 1960 e Cipria di sole nel 1962. Partecipa
anche come attore ai musicarelli “Urlatori alla sbarra” di Lucio
Fulci e “Sanremo, la grande sfida” di Vivarelli, affiancando
poi la carriera cinematografica e nei fotoromanzi a quella
musicale, che tralascia sempre più, anche per gli scarsi risultati
di mercato dei dischi successivi. L’ultimo brano di qualche
notorietà è Eternamente tu nel 1963. Nel 2004, date le
difficoltà economiche, gli viene concesso un vitalizio grazie
alla legge Bacchelli.

DANIELE SEPE
Laureatosi in flauto al Conservatorio di S. Pietro a Majella
di Napoli, la città in cui è nato (1960), si unisce al Gruppo
Operaio E Zezi di Pomigliano d’Arco. Con loro colleziona
partecipazioni a festival internazionali e pubblica TAMMURIATA
DELL’ALFA SUD (Dischi del Sole). Negli anni mette la sua
esuberanza al servizio di vari interpreti e autori – Gino Paoli,
Mia Martini – e delle più disparate realtà della musica
napoletana, dalla tradizione di Peppino Gagliardi
all’etnoinnovazione di NCCP e Teresa De Sio, dai mostri sacri
Murolo e De Simone al neomelodismo di Nino D’Angelo fino
alle nuove realtà della Vesuwave: Bisca e 99 Posse. Sepe, che
nel frattempo impara anche il sassofono e si avvicina al jazz,
ama accostare i linguaggi senza alcun imbarazzo. Quando
comincia a pensare in proprio, la sua band oscilla fra i tre e i
venti elementi. Il primo lavoro a proprio nome è del 1990,
MALAMUSICA (con Napoli sotterranea, Gorbaciov): si grida al
nuovo Frank Zappa. Seguono a breve distanza L’USCITA DEI
GLADIATORI (con Finché c’è guerra c’è speranza) e PLAY
STANDARD AND MORE, in cui l’artista si diverte a rieseguire
con deformante umorismo Rota e Gillespie, Piccioni e
Ellington, insieme alla sua Art Ensemble of Soccavo,
l’eclettico organico che sempre lo accompagnerà, il cui nome
parafrasa con autoironia la celebre Art Ensemble of Chicago.
In parallelo Sepe scrive musica per teatro, balletto e
soprattutto cinema: “Blues metropolitano” di Piscicelli,
“L’amore molesto” di Martone, “Figli di Annibale” di
Ferrario, “Cronache di un amore violato” di Giacomo Battiato,
“Un caricatore” e “La vita è una sola” di Cappuccio, Gaudioso
& Nunziata.
L’album della svolta arriva nel 1993: VITE PERDITE, oltre a
raccogliere le consuete critiche positive, convince anche il
pubblico, per quanto di nicchia. Le vendite confortanti vanno
ora di pari passo con i riconoscimenti, anche internazionali.
Piace del musicista partenopeo la disinvoltura nell’intendere la
musica un’esperienza unica, senza steccati stilistici, tra radici e
sperimentazione: così convivono le influenze sudamericane
accanto ai retaggi flegrei, il reggae e i saltarelli insieme al
blues e alla Scandinavia (la cantante e musa dell’ensemble è la
bravissima Auli Kokko, svedese). Il virtuoso cammino
continua con SPIRITUS MUNDI, del 1994, che mette a punto una
ricetta peculiare e matura di folk jazz d’avanguardia. Nel 1998
il concept album LAVORARE STANCA, che fa seguito alla
raccolta VIAGGI FUORI DAI PARAGGI, vale la Targa Tenco per il
miglior album in dialetto. Il divertente TOTÒ SKETCHES
contiene A cochabamba me voy, anteprima dell’album
successivo CONOSCI VICTOR JARA?, che recupera canzoni di
poesia e lotta, a rimarcare una militanza che è parte integrante
della musica di Sepe. I due volumi TRUFFE AND OTHER
STURRIELLETT’ raggruppano scherzi, sonorizzazioni e colonne
sonore, mentre JURNATERI propone brani bretoni, il Lamentu
per la morte di Turiddu Carnavali di Buttitta e Profazio
eseguito da Massimo Ferrante (voce maschile e chitarra
dell’Art Ensemble), tradizionali grecanici, tutto distante da
ogni oleografia e rivisitato: per Sepe la tradizione non ha senso
lasciata così com’è. Compone infine le musiche del film
“Amnesia” di Salvatores.
ANIME CANDIDE (2003, con Valse pour Marlene, Ronda da
marraficas) e NIA MARO (2004), che contiene tradizionali
egiziani, tammurriate visionarie e una ballata di Brassens, lo
confermano come uno dei più geniali agitatori della nostra
scena, oltre che musicista tout court coi fiocchi. Nel 2005
pubblica UNA BANDA DI PEZZENTI (con Bush è un bugiardo,
Canto alla montanara), in cui dà voce una volta di più a una
ricca polifonia meticcia.
(g.ve.)
DISCOGRAFIA

MALAMUSICA (Polo Sud 1990)


L’USCITA DEI GLADIATORI (Stile libero 1991)
PLAY STANDARD AND MORE (Officina 1992)
VITE PERDITE (Polo Sud 1993)
SPIRITUS MUNDI (Polo Sud 1995)
VIAGGI FUORI DAI PARAGGI (Manifesto 1996, antologia con
inediti)
TRASMIGRAZIONI (Manifesto 1996)
LAVORARE STANCA (CNI 1998)
TOTÒ SKETCHES – LIVE IN MALNATE (Polo Sud 1999)
CONOSCI VICTOR JARA? (Manifesto 2000)
TRUFFE AND OTHER STURRIELLETT’ VOL. I (Polo Sud 2000)
JURNATERI (Manifesto 2001)
SENZA FILTRO (Felmay 2001, antologia)
ANIME CANDIDE (Manifesto 2003)
TRUFFE AND OTHER STURRIELLETT’ VOL. II (Polo Sud 2004)
NIA MARO (Manifesto 2004)
LESAMORÉ – LA BANDA IMPROVVISA (Materiali sonori 2005)
UNA BANDA DI PEZZENTI (RaiTrade 2005)
SPIRITUS MUNDI. Brutta cafona è di Matteo Salvatore, Also
Sprach Berluskastra fa i conti sarcasticamente con la
politica, Te recuerdo Amanda è uno dei sassolini di un
percorso dedicato a Victor Jara, Peixinhos do mar una
tenera ninna nanna brasilera. Come il precedente, è album
dell’anno per “Rockerilla”.

RENATO SERIO
Arrangiatore e direttore d’orchestra, nato a Lucca il 5
ottobre 1946. Studia pianoforte, composizione, direzione e
musica elettronica; negli anni ’60 inizia a collaborare con
artisti quali Nini Rosso e Shirley Bassey. Per il teatro cura le
musiche di diverse celebri commedie, tra cui “Aggiungi un
posto a tavola” e “Bravo!”. Molto presente nelle trasmissioni
musicali televisive, tra le altre cura la direzione artistica per
alcune edizioni di “Fantastico”. Moltissime le sue
collaborazioni e orchestrazioni nell’ambito cantautorale (si
segnala l’arrangiamento per La donna cannone di De Gregori),
in particolare per Angelo Branduardi e Renato Zero, dirigendo
anche in concerto. È stato arrangiatore anche per Bocelli,
Venditti, Celentano. Nel corso della sua carriera ha lavorato
inoltre con Dalla, Baglioni, Pausini, Cocciante, Martini,
Minghi, Oxa, Morandi e, fra gli stranieri, John Denver, B.B.
King, Dionne Warwick, Manhattan Transfer, Randy Crawford,
Tom Jones, Corrs, Miriam Makeba, Dee Dee Bridgewater,
Gino Vannelli, Bryan Adams, Jennifer Paige, Sarah Brigtman,
Anggun. Serio è stato inoltre il direttore d’orchestra del
Concerto di Natale in Vaticano.

SHEL SHAPIRO
David Norman Shapiro (nato a Londra nel 1943 da una
famiglia d’origine russa ed ebraica) inizia a suonare in
Inghilterra dalla fine degli anni ’50 con varie band e nei gruppi
di Gene Vincent e Colin Hicks. Per accompagnare
quest’ultimo dal vivo giunge in Italia nel 1963 con il suo
gruppo, gli Shel Carson Combo, che cambiano denominazione
in Cabin Boys e quindi in The Rokes, con cui arriva al
successo. Nel 1966 incide come “Les & Kim” (con Mike
Shepstone, altro Rokes) La mia ispirazione. Allo scioglimento
dei Rokes, nel 1970, intraprende una carriera come cantautore
con IL MIO NOME è DAVID SHEL SHAPIRO e nel 1971 con
AFFITTASI. Gli scarsi riscontri di vendite lo portano a dedicarsi
all’attività di autore e produttore. Scrive per Mina, Patty
Pravo, Ornella Vanoni, Claudia Mori (Buonasera dottore),
mentre come produttore lavora con tantissimi artisti come
Gianni Morandi, Rino Gaetano, Enrico Ruggeri, Mia Martini
(QUANTE VOLTE), Riccardo Cocciante (gli album CERVO A
PRIMAVERA e COCCIANTE), Luca Barbarossa, Musicanova e
anche per cantanti sudamericani. Torna a incidere in proprio
nel 1987 con PER AMORE DELLA MUSICA, che ha discreti
riscontri. Nel 1992 progetta con Gianni Minà il musical rock
BACKSTAGE: IL GRANDE SOGNO, documentato anche su disco.
Mentre si cimenta anche come attore, nel 2002 con SHEL – che
ospita fra gli altri Lucio Dalla e Frankie Hi-NRG – mette
mano con nuovi arrangiamenti al repertorio dei Rokes,
aggiungendovi degli inediti. Nel 2005 pubblica il singolo
Siamo stanchi.

RICKY SHAINE
Personaggio degli anni ’60, in gran parte creato a tavolino
da Franco Migliacci per impersonare un “Mod”, ovvero un
esponente di quella banda giovanile inglese che aveva fatto
parlare di sé in Inghilterra per la rivalità con i “Rockers”,
sfociata in una serie di scontri. Il personaggio “Shaine” in
realtà è molto lontano da quel modello, viene proposto e
abbigliato come un generico “ribelle”. È presentato come un
americano con padre libanese e un passato in giro per il
Mediterraneo fino all’approdo in Inghilterra, ma secondo molti
è pugliese. In realtà il vero nome è George Albert Tabett, nato
al Cairo nel 1945. L’unico suo brano di successo è, appunto,
Uno dei Mods (scritto da Migliacci con Gianni Meccia e
Arturo Mantovani) con cui esordisce nel 1965, e a cui segue il
musicarello “La battaglia dei Mods”. Sul lato B del 45 giri,
Cosa pensi di me, un buon lento. Pochi riscontri hanno i
singoli successivi, come Number One, Come Moby Dick e Vi
saluto amici Mods in cui per amore abbandona la ribellione.
All’inizio degli anni ’70 Shaine/Tabett si trasferisce in
Germania, dove conosce ancora una certa popolarità sia come
attore che come cantante, specie con l’hit del 1971 Mamy
Blue.

DANIELE SILVESTRI
Fautore di una canzone d’autore elaborata, ironica e
impegnata, nasce a Roma il 18 agosto 1968 da Emanuela,
cantante jazz bolognese, e Alberto, scrittore, sceneggiatore e
autore di programmi TV. Comincia a suonare il piano a 6 anni
e la chitarra a 13; durante le elementari trascorre tutti i
pomeriggi al cinema parrocchiale, cominciando a costruirsi
una cultura cinematografica. In seguito si dedicherà, ancora
teenager, alle sonorizzazioni, realizzando documentari e
musical. A 14 anni scrive la sua prima canzone, 41 anni fa,
ispirata al secondo scudetto conquistato dalla sua squadra del
cuore, la Roma. Due anni più tardi entra in una cover band che
esegue pezzi dei Duran Duran e altri brani degli anni ’80, ma
tra i suoi punti di riferimento citerà poi soprattutto Beatles, De
André, Paolo Conte, Police, Pino Daniele, Bob Marley, a cui si
aggiungeranno altri artisti come Manu Chao e Ben Harper. A
17 anni scrive Rose, che sarà pubblicata nel suo secondo disco
con il titolo di Illuso. Terminato il liceo classico, si iscrive alla
facoltà di Lettere (1987): tra i suoi scrittori preferiti,
Dostoevskij e l’enciclopedico Calvino, da cui trae l’essenza
proteiforme. Per un certo periodo scrive e canta in inglese, ma
nel 1991 torna a comporre in italiano mentre lavora come
tastierista (ad esempio per Righeira e Scialpi).
Nel 1994 esce il primo album, DANIELE SILVESTRI (prodotto
come i successivi da Enzo Miceli), con cui si aggiudica la
Targa Tenco per la migliore opera prima e il riconoscimento
della rivista “Musica e Dischi”. Partecipa alle selezioni di
“Sanremo Giovani” con Voglia di gridare e approda
all’Ariston nel 1995 con L’uomo col megafono, sulla
superficialità di una società sorda e passiva. Il brano riceve il
Premio Volare come miglior testo e apre la strada a PRIMA DI
ESSERE UN UOMO, che sarà disco d’oro. Fra i pezzi – oltre alla
drammatica Lieve la musica e a L’Y10 bordeaux, uno dei primi
esempi nel cantautore di sofferto intimismo in chiave
antiretorica e tragicomica – compare una delle tipiche ballate
romantiche non convenzionali di Silvestri, Le cose in comune,
Targa Tenco come miglior canzone dell’annata (al secondo
posto arriva L’uomo col megafono). Il 1996 è l’anno della
prima collaborazione cinematografica, con la colonna sonora
di “Cuori al verde” di Giuseppe Piccioni. Esce inoltre il
doppio album IL DADO; nel disco e nella tournée al basso c’è
l’amico Max Gazzè, voce e autore della ghost track
Rappresaglia (con Silvestri batterista).
È un periodo denso di concerti in cui l’artista prende
posizione su svariati temi d’attualità, manifestando le sue idee
politiche: a novembre partecipa infatti a un concerto romano
contro le mine antiuomo, cantando La bomba, nel 1997 suona
al Primo Maggio e a Milano in un live per Sofri, Bompressi e
Pietrostefani, per poi esibirsi il 31 luglio a L’Avana al Festival
della Gioventù Comunista. Intanto comincia a lavorare per il
teatro: se già tra il 1996 e il 1997 aveva composto le canzoni
per “Repertorio dei pazzi della città di Palermo” di Nini
Ferrara, ora si cimenta come coautore e attore (con Rocco
Papaleo) ma anche come cantante nello spettacolo “Rosso
fiammante bloccato neve dubbio vetro tesi infinito”.
Nell’album di Papaleo CHE NON SI SAPPIA IN GIRO duetta con lui
in Foca; cura poi la colonna sonora di “Frankesteinmusical” di
Antonello Dose, Marco Presta e Tullio Solenghi. Per la
Mannoia scrive invece Al fratello che non ho e Il fiume e la
nebbia. Nel 1998 appare nell’LP dei Tiromancino ROSA SPINTO
(scrive Dying Again ed è coautore e cointerprete di La storia)
e in LA FAVOLA DI ADAMO ED EVA di Gazzè, come coautore dei
versi di L’amore pensato. Si dedica poi ancora al teatro e al
cinema: è paroliere di Iolanda e Sete di Gianluca Misiti per la
commedia teatrale “Domani notte a mezzanotte qui” di Angelo
Orlando, sul set della quale conosce la futura compagna,
l’attrice Simona Cavallari. Scrive anche le musiche del film di
Orlando “Barbara”, in cui appare brevemente nei panni di se
stesso. Nel 1999 è a Sanremo tra i big con Aria, straziante
storia di un detenuto, con cui guadagna il Premio della critica
“Mia Martini” e quello per il miglior testo. Segue l’intenso
SIG. DAPATAS che rivela un Silvestri sempre poliedrico, ma più
maturo e introspettivo. In MICROCHIP EMOZIONALE dei
Subsonica canta intanto Liberi tutti e nel 2000 compone
cinque pezzi per SERENDIPITY della PFM, tra cui La
rivoluzione. Pubblica quindi la raccolta OCCHI DA ORIENTALE,
con tre brani inediti, e musica lo spettacolo “Tango” di
Francesca Zanni (sui desaparecidos). L’anno successivo è
quello della scomparsa del padre, ma anche del concepimento
del suo primo figlio, Pablo Alberto.
Nel 2002 Silvestri presenta a Sanremo Salirò, che si fa
notare per l’ironia agrodolce, il ritmo dance anni ’70 e il
balletto caricaturale tamarro dell’attore barese Fabio Ferri,
vincendo ancora il Premio della critica. Diviene il suo brano
più noto, quasi un tormentone estivo. UNO’-DUE’ (pubblicato
per la Panama, etichetta indipendente fondata da Silvestri e
Miceli e distribuito dalla Sony), con il basso di Faso,
l’elettronica di brani come Manifesto, il violino di Mauro
Pagani in L’autostrada, le contaminazioni di ritmi
sudamericani e rock, è Targa Tenco come miglior album.
Silvestri scrive anche due brani con i Giuliodorme (tra cui
Odore, Sanremo Giovani 2002) e partecipa al disco tributo a
Léo Ferré dei Têtes de Bois, traducendo e cantando la
splendida Non si può essere seri a 17 anni. Nel 2003 pubblica
per Pendragon “L’autostrada” (libro con un CD-ROM di
filmati, inediti e remix in MP3) e nel 2004 il live doppio LIVRE
TRANSITO, con Kunta Kinte cofirmata da Frankie Hi-Nrg MC e
Il secondo da sinistra, versione originaria di un suo pezzo già
cantato da Mina. Nello stesso anno duetta con Gazzè in
Pallida (UN GIORNO) e con i Têtes de Bois in Le rane (PACE E
MALE).

Versatile e inventivo, Silvestri è una sorta di ponte tra


classicità e futuro della canzone d’autore, grazie alla capacità
di non rinnegare i modelli di riferimento innervandoli con i
linguaggi della modernità. (j.s.i.)
DISCOGRAFIA

DANIELE SILVESTRI (Ricordi 1994)


PRIMA DI ESSERE UN UOMO (Ricordi 1995)
IL DADO (Ricordi 1996, doppio)
SIG. DAPATAS (Ricordi 1999)
OCCHI DA ORIENTALE (Ricordi 2000, antologia con inediti)
UNO’- DUE’ (Panama/Sony 2002)
LIVRE TRANSITO (Panama/Sony 2004, doppio dal vivo con
inediti)
IL DADO. Ricco di arpeggi di chitarra acustica ma anche di
sperimentazione, distorsioni e riff potenti di chitarra
elettrica, contiene l’inno militante su Ernesto “Che”
Guevara Cohiba (la più celebre marca di sigari cubani).
Notevole la beatlesiana Strade di Francia, con la tromba di
Demo Morselli, deliziosamente retrò il charleston Banalità,
originali il singolo Hold Me, che strizza l’occhio ai classici
degli anni ’60, e il diario di un viaggio pugliese in salsa
reggae Me fece mele a chepa.
SIG. DAPATAS. Il titolo è l’anagramma delle iniziali dei brani
del disco. Oltre ad Aria, ci sono l’afro-cubana
Desaparecido, Pozzo dei desideri sul business di schedine e
gratta-e-vinci, la struggente e vertiginosa malinconia di
Sono io, la chitarristica Adesso basta, non sense in finto
napoletano con rabbiose accelerazioni funk rock. E ancora:
la tirata Sto benissimo con il basso di Gazzè e il brit pop di
Tu non torni mai.

FRANCO SIMONE
Cantautore nato ad Acquatica del Capo, nel leccese, il 21
luglio 1949, ottiene i primi riscontri nel 1974 a Sanremo con
Fiume grande. Nel 1976 Tu… e così sia (dall’album IL POETA
CON LA CHITARRA), nel ’77 Respiro e Cara droga (entrambi da
RESPIRO) e nel ’78 La casa in via del campo (da PAESAGGIO)
ottengono buoni consensi e ne perfezionano l’immagine di
autore melodico ma capace di raffinatezza e dalla caratteristica
fioca vocalità. Contribuisce all’affermazione anche l’aspetto
da belloccio. Nel ’77 e nell’81 hanno buone vendite le versioni
di Il cielo in una stanza di Paoli e Il mondo di Fontana. Nel
1982 e nel 1984 pubblica due album più maturi: GENTE CHE
CONOSCO (con Sogno della galleria e Leopardi) e CAMPER (con
Notte di San Lorenzo, Capitano, Via da Amsterdam); dopo
Ritratto (1985) però gli esiti commerciali scemano. Vista la
popolarità acquisita in America Latina, Simone decide di
dedicarsi prevalentemente all’attività estera, sia dal vivo che in
studio, continuando tuttavia a incidere anche in italiano. Nel
1991 e nel 1995 hanno qualche riscontro in Italia l’album di
cover VOCEPIANO e la raccolta VENTI D’AMORE, aperta
dall’inedito Angeli in prestito. Nel 2001 pubblica ELIOPOLIS –
LA CITTÀ DEL SOLE, realizzato con l’arrangiatore greco Nikos
Papakostas. Continua intanto a ottenere riscontri all’estero.

RICCARDO SINIGALLIA
Nato a Roma il 4 marzo 1970, è figura chiave per lo
sviluppo della nuova scena pop rock capitolina. Inizia a farsi
conoscere alla fine degli anni ’80 con i 6 Suoi Ex, di cui fa
parte anche Francesco Zampaglione, che, allo scioglimento del
gruppo nel 1993 (con all’attivo un paio di singoli e l’album
PAOLA NON è UN UOMO del 1992), raggiunge il fratello Federico
nei Tiromancino. Sinigallia alterna invece l’attività – di breve
durata – di direttore artistico della Virgin a quella di produttore
e session man per dischi come l’omonimo di Niccolò Fabi
(1998), LA FAVOLA DI ADAMO ED EVA (1998) di Max Gazzè, LA
MORTE DEI MIRACOLI (1998) di Frankie Hi-Nrg MC, con cui
instaura uno stretto rapporto, e MEDICINA BUONA (1999) della
Comitiva. Nel 1999 entra come chitarrista nei Tiromancino,
influenzandone non poco il suono e contribuendo al successo
della band. Nel 2001 abbandona il gruppo, partecipa alla
colonna sonora di “Paz!” (2002) di Renato De Maria per poi
debuttare come solista con RICCARDO SINIGALLIA (2003),
all’insegna di un moderno cantautorato raffinato e intimo.
Collabora quindi al primo disco di Filippo Gatti (ex
Elettrojoyce), TUTTO STA PER CAMBIARE (2003), e con Marina
Rei, per cui è coautore di Fammi entrare, presentata a
Sanremo 2005. Il suo secondo disco, INCONTRI A METÀ STRADA,
esce nel 2006.

SKIANTOS
I padri fondatori del rock demenziale italiano si formano a
metà anni ’70 nella cornice del movimento studentesco
bolognese. Studenti universitari del DAMS e musicisti per
diletto, amano i Residents, i Ramones e la nuova ondata punk
inglese. Roberto “Freak” Antoni (vc.) si è appena laureato con
una tesi sui Beatles, Andrea “Jimmy Bellafronte” Setti (vc.)
scrive le canzoni e studia architettura, Stefano “Sbarbo”
Cavedoni (vc.) e Fabio “Dandy Bestia” Testoni (ch.)
completano il nucleo base, che si amplia e si restringe facendo
cover (Beatles, Stones, Hendrix, canzoni napoletane) e
producendo diversi demo tapes e l’esperimento di
INASCOLTABLE.
Approdano alla Cramps con il 45 giri Io sono un autonomo /
Karabigniere blues. Nel 1978 MONO TONO è un vero manifesto
della band, tra suoni grezzi, fuoritempo, voci stonate e testi
che rivelano un’aggressività per nulla volgare, fatta di non
sense, paradossi e giochi di parole. Il culto degli Skiantos si
amplifica durante i surreali concerti, in cui lanciano verdura
contro il pubblico, mangiano invece di suonare e si
sbizzarriscono in ogni sorta di lazzo e provocazione culturale,
artistica, intellettuale. Con i testi di Freak Antoni e le musiche
di “Dandy Bestia” sdrammatizzano, usano il gergo giovanile e
in KINOTTO (1979) tentano la carta del successo commerciale,
con Mi piaccion le sbarbine, e poi per poco non partecipano al
Festival di Sanremo con l’allusiva Fagioli. Ma una sorta di
crisi d’identità provoca l’abbandono di Antoni, che si dedica
all’attività solista con lo pseudonimo di Beppe Starnazza
prima e di Astro Vitelli in seguito. L’ultimo album inciso per
la Cramps, PESISSIMO!, è opera dei soli Setti e Cavedoni e
presenta la cantante Linda Linetti e il chitarrista felsineo
Jimmy Villotti. Ma il gruppo senza il leader non regge: al
rientro sarà lui stesso, diventato nel frattempo scrittore e poeta
surreale, a richiamare il rocker Fabio Testoni, turnista di buona
risma.
Con la CGD nell’84 giocano la carta della canzonetta
balneare, affidando l’arrangiamento di Ti spalmo la crema
(dall’album omonimo) ai La Bionda, già artefici del successo
dei Righeira. Ma gli Skiantos meritano altra considerazione,
ormai hanno tracciato il solco di un fenomeno crescente, il
genere demenziale che durante gli anni ’80 produce, tra gli
altri, Elio e le Storie Tese e decine di altri gruppi come Latte e
i suoi Derivati, Edipo e il suo Complesso, Lino e i Mistoterital.
Spesso sono nomi presi da “Stagioni del rock demenziale”,
vera bibbia del genere scritta dallo stesso Antoni. In realtà la
pausa nel periodo di maggior successo costerà molto al gruppo
(“Nasce dall’ingenuità. Volevamo essere un’avanguardia, non
diventare rockstar stereotipate, non diventare quello che
dicevamo di criticare”, ricorda Antoni). Sono Guido Elmi e
Vasco Rossi (fan della prima ora) a pubblicare l’album del
ritorno al loro stile, ammorbidito ma non meno politicamente
scorretto: NON C’È GUSTO IN ITALIA AD ESSERE INTELLIGENTI
(1987) è un lavoro di buon rock, l’urlatore bolognese ha anche
imparato a cantare. Più duro e meno curato TROPPO RISCHIO PER
UN UOMO SOLO, con copertina di Jezek e l’ammissione degli
eccessi di Freak Antoni (Non voglio più), che segue la
scomparsa dell’amico fraterno Andrea Pazienza.
Autocelebrativo nel 1990 il finto live antologico ZE BEST IN
LAIV, con l’ingresso nella line up dell’ex bassista di Lucio
Dalla e degli Stadio, Marco “Marmo” Nanni. L’ironia torna a
farla da padrone in SIGNORE DEI DISCHI (1992), che con
l’accattivante Italiano terrone che amo, fa rientrare il gruppo
nei circuiti radiofonici. Ma l’arte di Freak Antoni (ormai anche
cabarettista e scrittore ironico) è quella di spiazzare: la
formazione si asciuga e riaffiora la tensione punk di vent’anni
prima con SALUTI DA CORTINA, con perle tra satira e impegno
sociale (Cosa pretendi da un paese che ha la forma di una
scarpa) e calembour (Sdrucciole, Italiano ridens).
Dopo un periodo di silenzio e un’antologia di vecchi brani
risuonati in studio, nel 1999 esce l’ambizioso DOPPIA DOSE, che
vede la reunion della formazione originale, con Frankie
“Grossolani” Villani (ch.), Setti e Cavedoni e la partecipazione
di un esercito di fan illustri, da Lucio Dalla a Michele Serra,
da Samuele Bersani a Riccardo Tesi nella malinconica Io
dentro, e ancora Villotti, Jacchetti, Shel Shapiro, Carboni,
Branduardi e Gang. Il primo disco accantona in parte l’ilarità e
dimostra quanto gli Skiantos possano essere anche esemplare
rock band di protesta, ma il secondo conferma la voglia di
continuare a prendersi ben poco sul serio. Nel nuovo secolo le
raccolte con inediti LA KREMA e RARITIES poco aggiungono a
una gloriosa carriera da outsider, mentre l’EP COL MARE DI
FRONTE (2004) è conseguenza del riscontro mediatico per la
partecipazione a “Colorado cafè” su Italia 1. I 25 anni di
attività sono festeggiati a settembre 2003 a Bologna con lo
“Skiantos Day - Io sono un demente (una giornata a perdere)”,
con Elio e le Storie Tese e molti altri ospiti. La nuova ondata
punk e hardcore in Italia rafforza il ruolo della band bolognese
come nume tutelare (tra alti e bassi), mietendo nuovi fan e
concerti, mentre i primi album vengono ristampati con bonus
tracks. SOGNO IMPROBABILE (2005) esce per la EMI ma senza
promozione alcuna, mentre nel 2006 vengono pubblicate due
raccolte live, SKONNESSI - UNPLUGGED 1977-2006 e SESSO PAZZO –
UNPLUGGED. (a.d.c.)
DISCOGRAFIA

INASCOLTABLE (Harpo’s 1977)


MONO TONO (Cramps 1978)
KINOTTO (Cramps 1979)
PESISSIMO! (Cramps 1981)
TI SPALMO LA CREMA (CGD 1984)
NON C’È GUSTO IN ITALIA AD ESSERE INTELLIGENTI
(Targa/Bollicine 1987)

TROPPO RISCHIO PER UN UOMO SOLO (Targa/Bollicine 1989)


ZE BEST IN LAIV (Targa/Bollicine 1990, dal vivo)
SIGNORE DEI DISCHI (RTI 1992)
SALUTI DA CORTINA (RTI 1993)
SKIANTOLOGIA VOL.1 (Mescal 1997, raccolta con nuove
incisioni)
DOPPIA DOSE (Stilelibero/Alabianca 1999, doppio)
LA KREMA (Latlantide 2002, raccolta con inediti)
RARITIES (Latlantide 2004, raccolta con inediti)
COL MARE DI FRONTE (Latlantide 2004, EP)
SOGNO IMPROBABILE (EMI 2005)
SKONNESSI - UNPLUGGED 1977-2006 (Latlantide 2006)
SESSO PAZZO – UNPLUGGED (Latlantide 2006)
ZE BEST IN LAIV. Manifesto della spiazzante poetica del
gruppo. In un finto live registrato in studio sfilano i brani
cult della band (Vortice, Sesso & Carnazza, Mi piaccion le
sbarbine) suonati questa volta in maniera ineccepibile
(Testoni è in stato di grazia chitarristica), insieme con le
composizioni più recenti cariche di ironia (Sono un ribelle
mamma) e sarcasmo (Sono contro). L’urlatore Freak Antoni
sfodera una buona tenuta vocale, la band è solida e i suoni
ben equilibrati in post produzione.

BOBBY SOLO
Emulo di Elvis Presley (a partire dal famoso ciuffo) e poi
icona della musica italiana tout court, Roberto Satti nasce a
Roma il 18 marzo 1945. Assunto il nome d’arte, debutta nel
1963 con un paio di singoli (Ora che sei già una donna e Blu e
blu) che attirano l’attenzione dei giovani, grazie anche a una
pubblicità sui primi giornali musicali dell’epoca. Con queste
premesse, nel 1964 si presenta a Sanremo con Una lacrima sul
viso, in coppia con l’americano Frankie Laine. La canzone
viene eliminata perché – primo caso nella storia del Festival –
eseguita in playback, ufficialmente a causa di una laringite di
Satti. Ma, anche per il clamore dell’evento, il brano diventa un
successo eclatante, una delle più celebri canzoni italiane di
tutti i tempi, trovando fortuna anche all’estero. Il testo è di
Mogol, la musica – come appurato dopo un lungo iter
giudiziario – è dello stesso Satti, che l’aveva scritta per il
compleanno della sorella un paio di anni prima.
Bobby Solo predilige a questo punto le ballate romantiche
piuttosto che il rock’n’roll alla Presley e la conferma arriva
l’anno dopo quando vince il Festival con Se piangi, se ridi in
coppia con i New Christy Minstrels, band in cui militano
Kenny Rogers, Kim Carnes e Barry McGuire. Nello stesso
anno vince il Festivalbar con la presto dimenticata Credi a me,
mentre nel 1966 partecipa ancora al Festival di Sanremo con
Questa volta, altro brano poco noto, eseguito addirittura con
gli Yardbirds. Ma è nell’estate dello stesso anno che Bobby
Solo incide un piccolo gioiello, Non c’è più niente da fare, uno
dei migliori brani di musica leggera dell’intero decennio.
Seguono le estive San Francisco (cover del cantautore
americano Scott McKenzie), Siesta e, nel 1968, Una granita di
limone.
Nel 1969 vince il suo secondo Festival con Zingara, cantata
in coppia con Iva Zanicchi (e, secondo molti, scritta, ma non
firmata, anche da Gianni Morandi). Con Domenica d’agosto
chiude i suoi anni ’60 (nel corso dei quali ha inciso nove
album) e, come per molti altri artisti dell’epoca , vede un
deciso calo di interesse nei suoi confronti in Italia, compensato
in parte da un certo seguito all’estero, specie in Sudamerica e
in Germania. Negli anni ’80 torna a buone vendite grazie ad
alcune partecipazioni al Festival, con Gelosia nel 1980, con
Non posso perderti nell’81 e in misura minore con Tu stai nel
1982. Incide anche alcuni album di inediti, mentre con
Rosanna Fratello e Little Tony forma per breve tempo i Robot.
Nel 2003 si ripresenta a Sanremo insieme all’amico-rivale
Little Tony, con Non si cresce mai. Pubblica poi due album
dedicati a grandi artisti del country e del blues: HOMEMADE
JOHNNY CASH (2004) e THE SONG OF JOHN LEE HOOKER (2005).
Il suo seguito dal vivo continua a essere non indifferente.

ALAN SORRENTI
Metà italiano e metà gallese (Napoli, 1950), incarna nel
volgere di pochi anni l’avanguardia più originale e suggestiva,
e subito dopo l’adesione ai modelli più commerciali. Il disco
d’esordio ARIA (1972, con Vorrei incontrarti, Un fiume
tranquillo), salutato come un capolavoro del progressive
italiano, si muove lungo sonorità inedite tanto da fare di Alan
Sorrenti il Tim Buckley del Mediterraneo. L’album è
composto di sole quattro tracce, la title track è una suite che
occupa un’intera facciata. Ospite di lusso il violinista francese
Jean Luc Ponty. Il bis – COME UN VECCHIO INCENSIERE ALL’ALBA
DI UN VILLAGGIO DESERTO (1973, con Serenesse, A te che
dormi) – pur non esprimendosi agli stessi livelli porta avanti il
percorso visionario e sperimentale aperto dall’album
precedente. Gli ospiti sono del calibro di Francis Monkman
dei Curveid Air e David Jackson dei Van Der Graaf Generator
di Peter Hammill, altra fonte ispiratrice di Sorrenti. A rendere
ancor più speciale la musica di questo giovane capellone, tra
Oriente, psichedelia e free jazz, è l’uso della voce che, spinta
alle estreme conseguenze, diventa lo strumento principale, con
vocalizzi, sovraincisioni spericolate, sperimentalismi. Ma già
sta per cambiare il vento: il passaggio verso una cifra
decisamente più convenzionale e leggera è rappresentato da
ALAN SORRENTI (1974), che contiene la bella Un cuore in
inverno ma anche Dicitincellu vuje, improbabile trasposizione
dal repertorio tradizionale partenopeo. Al Festival di Licola,
nel 1975, la sua esecuzione viene interrotta da lanci di lattine e
scarpe. SIENTEME, IT’S TIME TO LAND, registrato a San Francisco,
segna l’inizio del periodo americano. Da quel momento in
avanti la carriera di Sorrenti si snoda fra musica dance,
melodie zuccherose e clamorosi successi discografici con
singoli capaci di marchiare le estati: Figli delle stelle
(dall’album omonimo del 1977), Tu sei l’unica donna per me
(L.A. & N.Y., 1979), che vince il Festivalbar, e Non so che darei
(DI NOTTE, 1980). I successivi album – ANGELI DI STRADA
(1983), BONNO SOKU BODAI (1987) ispirato al Buddhismo –
non lasciano il segno, neanche sul piano delle vendite: dopo
una pletora di “Greatest Hits” nel 2003 vede la luce un nuovo
album di inediti, SOTT’ACQUA, nato dalla collaborazione con i
Planet Funk.

SOTTOTONO
Duo hip hop di impostazione commerciale, costituito da
Fish (Massimiliano Dagani), che si occupa di programmazione
e sintetizzatori, e da Tormento (Massimiliano Cellamaro) alla
voce. Debitori della black music degli anni ’60 e ’70 così
come del pop più banale, esordiscono nel 1994 con
SOPRATTUTTO SOTTO, in cui compare il brano che li lancia, La
mia coccinella. In seguito, influenzati da artisti del rap della
West Coast, incidono SOTTO EFFETTO STONO (1996), da cui
vengono estratti Tranquillo, Solo lei ha quel che voglio e
Dimmi di sbagliato che c’è. Nel 1999 realizzano SOTTO LO
STESSO EFFETTO (1999), con Amor de mi vida e reminiscenze
disco. Due anni più tardi, …IN TEORIA è preceduto da una
partecipazione al Festival di Sanremo con Mezze verità, brano
al centro di feroci polemiche per la netta affinità con Bye Bye
Bye degli N’Sync, uscita l’anno prima. L’antologia con tre
inediti VENDESI (2003) prelude allo scioglimento e a progetti e
performance solistiche dei due componenti. Nel 2005 Fish
pubblica ROBE GROSSE, nel 2006 è la volta di Tormento con IL
MIO DIARIO.

SPACCANAPOLI
vedi E Zezi

SPAGNA
Originaria di Borghetto di Valeggio sul Mincio (VR), dove
nasce il 16 dicembre 1956, Ivana Spagna esordisce nel 1971
con Mami Blue. Seguono varie incisioni senza grande fortuna
sino alla metà degli anni ’80, quando spopola in tutta Europa
con il successo da discoteca Easy Lady (1986). Dopo il primo
album DEDICATED TO THE MOON e un nuovo singolo estratto,
Call Me, entrambi dalle vendite copiose, una serie di risultati
alterni scandisce la fase dance di Spagna (che artisticamente
utilizza solo il cognome). Tra i brani più noti del periodo, tutti
di scarso valore artistico, Dance Dance Dance (che vince il
Festivalbar nel 1987), I Wanna Be Your Wife e Every Boy And
Girl (1988). Dopo una parziale svolta verso il soul, nel 1994
incide Il cerchio della vita, versione nostrana del brano che
Elton John ha prestato al cartoon “Il re Leone”. È la svolta
verso la canzone più melodica, e cantata in italiano,
confermata nel 1995 dalla presenza a Sanremo con Gente
come noi. Gli esiti di classifica sono buoni, ribaditi dagli
album SIAMO IN DUE (1995) e LUPI SOLITARI (1996). Le
successive partecipazioni al Festival e pubblicazioni
discografiche riusciranno però solo raramente a rinnovarne
l’immagine e la popolarità. Nel 2002 ha esordito come
scrittrice con la favola “Briciola, storia di un abbandono”
(edita da Cisra).

VINCENZO SPAMPINATO
Cantautore, oltre che autore per altri, nasce a Catania nel
1953. Nel 1970 partecipa con i Rovers al raduno “Palermo
Pop”. Dopo È sera (1978) e il relativo album d’esordio
VINCENZO SPAMPINATO ottiene una certa notorietà con Batti un
colpo Maria (1979), Innamorati di me (1981) e l’LP DOLCE E
AMARO (1980). Poi, con lo pseudonimo “Peter Pan”, nel 1984
pubblica RIME TEMPESTOSE. Passano diversi anni prima che si
riaffacci sul mercato, anche se lontano dai riflettori, con
DOLCE AMNESIA DELL’ELEFANTE (1989) e ANTICO SUONO DEGLI
DEI (1990), legato alla musica della tradizione siciliana e molto
ricco nella strumentazione. Nel 1992 in L’AMORE NUOVO
(1992) duetta con Franco Battiato e Lucio Dalla. Lungo il
corso degli anni ’90 compone colonne sonore, musiche per la
pubblicità e per la la televisione, allargando i suoi interessi
verso la danza, la mimica, il teatro e la musica concreta. Incide
JUDAS (1995) e, in collaborazione con i Rondò Veneziano,
KOKALOS.3 (2000), in siciliano. Nel 2002 escono I DIRITTI
DELL’UOMO (E UNA CANZONE D’AMORE), che affronta temi sociali,
e la biografia di Mario Bonanno “Lettere mai spedite”
(Bastogi). Nel 2005 è la volta di VINTAGE (2005), una
antologia con rarità.

AMBROGIO SPARAGNA
Organettista, compositore e didatta, fra gli esponenti di
punta della scena popolare italiana, nasce a Maranola (LT) nel
1957 da una famiglia di musicisti. Studia etnomusicologia con
Diego Carpitella e nel 1976 dà vita a Roma alla prima scuola
italiana di musica contadina, la “Gianni Bosio”. Nell’84 fonda
la Bosio Big Band, orchestra di soli organetti, e nell’86 firma
il primo album, IL PAESE CON LE ALI, cui seguono, fra gli altri,
IL TRILLO (1992), trio con Lucilla Galeazzi e Carlo Rizzo,
GIOFÀ IL SERVO DEL RE (’93), INVITO (’95) e LA VIA DEI ROMEI (’97),
cui partecipa Francesco De Gregori, con il quale Sparagna
collabora come strumentista sia in studio che dal vivo. Nella
sua vasta produzione si segnalano anche la cantata “Voci
all’aria” (1993) e le collaborazioni, a partire dal 2002, con
Giovanni Lindo Ferretti (vedi l’oratorio LITANIA, pubblicato
anche su album). Nel nuovo secolo pubblica VORREI BALLARE
(2001) e il cantautorale AMBROGIO SPARAGNA (2004). Dal 2004 è
maestro concertatore della Notte della Taranta, per la quale
allestisce un’orchestra di soli strumenti popolari (settanta) e
coinvolge ospiti quali Franco Battiato, Gianna Nannini,
Francesco Di Giacomo, lo stesso De Gregori.

SQUALLOR
Progetto di canzoni goliardiche e sboccate avviato nel 1973
da alcuni personaggi del mondo musicale: l’autore e musicista
Giancarlo Bigazzi, il discografico Alfredo Cerruti (che è la
voce del gruppo), il paroliere Daniele Pace e il compositore
Totò Savio. L’esordio avviene con TROIA (1973) contenente il
45 giri 38 luglio. Pur celandosi al pubblico e lavorando solo in
studio, i quattro creano curiosità, le radio si interessano a loro.
Pubblicano vari LP, dai titoli eloquenti come PALLE (1974),
POMPA con Unisex, e VACCA con Abat-Jour (1977), CAPPELLE
(1978), tutti con discreti esiti di vendite, anche se l’apice
commerciale è ARRAPAHO (1983), a cui corrisponde anche un
film omonimo. Musicalmente i dischi abbracciano molti
generi e citano brani popular. Si evidenzia la maneggevolezza
nel comporre e distribuire gli elementi musicali, che fungono
però solo da appoggio ai testi, ridanciani ma ben presto
stucchevoli. La discografia prosegue con CIELO DURO (1988) e
CAMBIA MENTO (1994). Il gruppo si scioglie poi per problemi
contingenti e saggia consapevolezza dell’inaridimento del
filone.

STADIO
Nata nel 1979 dal novero dei musicisti di Lucio Dalla che
partecipano al tour “Banana Republic” con Francesco De
Gregori, la prima formazione degli Stadio comprende Gaetano
Curreri (vc., ts. e principale autore delle musiche), Ricky
Portera (ch.), Marco Nanni (bs.), Fabio Liberatori (ts.) e
Giovanni Pezzoli (bt.), tutti già con Dalla da tempo.
Bolognesi, esordiscono nel 1981 con il singolo Grande figlio
di puttana, scelto da Carlo Verdone per il film “Borotalco”, la
cui colonna sonora è curata da Liberatori e Dalla. Nel 1982 il
primo album, STADIO, ha connotati rock, impreziosito da un
brano progressive, Un fiore per Hal, mentre Navigando
controvento rivela al pubblico il talento autoriale di un
giovanissimo Luca Carboni. Frattanto il gruppo interviene
costantemente nei lavori di Dalla determinandone
profondamente il sound, oltre a suonare anche per Venditti e
Ron. Nel 1984 incidono LA FACCIA DELLE DONNE e collaborano
nuovamente con Verdone per il film “Acqua e sapone” (lo
faranno anche per “I due carabinieri”), per poi approdare al
loro primo Festival di Sanremo con Allo stadio. Alla fine
dell’anno esce il Q-Disc CHIEDI CHI ERANO I BEATLES, con il
noto brano omonimo (il pregiato testo è firmato da Roberto
Roversi) e Vorrei, altro hit. Poco dopo Liberatori lascia la band
che torna a Sanremo con Canzoni alla radio, a cui segue un
album omonimo prodotto da Roberto Costa. È il 1986: dopo
una nuova avventura live oltreoceano con Dalla, anche Portera
lascia il gruppo, sostituito da Bruno Mariani.
Temporaneamente si aggiunge Beppe D’Onghia (ts.): con
questa line up gli Stadio pubblicano l’antologia CANZONI ALLA
STADIO, lanciata dall’inedita Bella più che mai, e partecipano al
tour “Dalla Morandi”. Subito dopo optano per il distacco da
Dalla ed escono con PUOI FIDARTI DI ME, che presenta
un’inedita vena melodica e black e soprattutto porta per la
prima volta il contributo di Saverio Grandi, in seguito
strettissimo collaboratore.
All’inizio degli anni ’90 l’abbandono di alcuni elementi,
Nanni in particolare, determina un momento di crisi, superato
con l’ingresso di Andrea Fornili (ch.) e poi di Roberto
Drovandi (bs.) in aggiunta agli storici Curreri e Pezzoli. Nel
1991 con il singolo Generazione di fenomeni (sigla della serie
TV “I ragazzi del muretto”) e l’album SIAMO TUTTI ELEFANTI
INVENTATI, gli Stadio conquistano il loro primo vero successo
di vendite. Nel disco, due brani sono di Fossati e Lolli. L’anno
seguente STABILIAMO UN CONTATTO conferma il fortunato
momento popolare: nella tracklist anche Per la bandiera, sulle
stragi di Capaci e via D’Amelio. Coautore del brano è
Francesco Guccini, che compone anche il testo di Swatch, ma
nell’album compaiono anche le firme di Alessandro
Bergonzoni e Jovanotti. Del 1993 è il primo album live,
STADIOMOBILE, con l’inedita Un disperato bisogno d’amore,
sigla della seconda serie de “I ragazzi del muretto”. La
colonna sonora curata da Curreri vede la collaborazione di
Fabio Liberatori, che parteciperà da strumentista anche ai due
album successivi della sua ex band. Il primo, del 1995, è DI
VOLPI, DI VIZI E VIRTÙ, dalle sonorità incisive e corpose,
prodotto dall’americano Bob Rose e con autori come
Vecchioni e Bennato: il riscontro di pubblico, inizialmente
tiepido, arriverà con l’uscita radiofonica del singolo Ballando
al buio. L’anno dopo è la volta di IL CANTO DELLE PELLICOLE,
con i brani donati al cinema e la nuova Le cose che contano,
sigla de “I ragazzi del muretto 3”. Il ’97 vede il nuovo disco di
inediti, DAMMI 5 MINUTI, promosso dalla canzone omonima e
con Un volo d’amore, sul dramma dei civili nel conflitto di
Bosnia. È l’ultimo album dalle atmosfere rock, i seguenti si
concentreranno decisamente sulla ballata melodica e pop. Su
questa linea Celso Valli arrangia molti dei vecchi successi per
BALLATE TRA IL CIELO E IL MARE, del 1998, ristampato poi con
Lo zaino per il Festival di Sanremo ’99.
Una parziale deviazione etno-pop caratterizza nel 2000
DONNE & COLORI, poco celebrato ma in cui spicca un testo di
Roversi su Diego Maradona (Doma il mare il mare doma),
mentre nel 2002 OCCHI NEGLI OCCHI e la delicata Sorprendimi
riportano il gruppo nelle zone alte della hit parade. In parallelo
cresce il rapporto tra Vasco Rossi e Curreri, artefice delle
musiche di alcuni dei successi del rocker di questi anni:
assieme i due scrivono anche per Patty Pravo (di cui
producono nel 2000 UNA DONNA DA SOGNARE, suonato dagli
Stadio), Irene Grandi e più tardi per Laura Pausini. Nel 2003,
una nuova antologia, STORIE E GEOGRAFIE, aperta dal singolo
inedito Equilibrio instabile, anticipa la lunga lavorazione de
L’AMORE VOLUBILE, del 2005. Nel 2006 escono il doppio
album live CANZONI PER PARRUCCHIERE LIVE TOUR e la biografia
di Melisanda Massei Autunnali “Chiedi chi sono gli Stadio”
(Coniglio editore). (m.m.a.)

DISCOGRAFIA
STADIO (RCA Italiana 1982)
LA FACCIA DELLE DONNE (RCA Italiana 1984)
CHIEDI CHI ERANO I BEATLES (RCA Italiana 1984)
CANZONI ALLA RADIO (RCA Italiana 1986)
CANZONI ALLA STADIO (Ritzland Records 1988, raccolta con
inediti)
PUOI FIDARTI DI ME (Ritzland Records 1989)
SIAMO TUTTI ELEFANTI INVENTATI (EMI 1991)
STABILIAMO UN CONTATTO (EMI 1992)
STADIOMOBILE (EMI 1993, live)
DI VOLPI, DI VIZI E VIRTù (EMI 1995)
IL CANTO DELLE PELLICOLE (EMI 1996, raccolta con inediti)
DAMMI 5 MINUTI (EMI 1997)
BLLATE FRA IL CIELO E IL MARE (EMI 1998, raccolta con
inediti, ristampata nel 1999 con l’aggiunta del brano Lo
zaino)
DONNE & COLORI (EMI 2000)
OCCHI NEGLI OCCHI (EMI 2002)
STORIE E GEOGRAFIE (EMI 2003, raccolta con inediti)
L’AMORE VOLUBILE (EMI 2005)
CANZONI PER PARRUCCHIERE LIVE TOUR (EMI 2006, doppio
dal vivo)
LA FACCIA DELLE DONNE. Pop rock disinvolto, melodie dal
sapore anglosassone e qualche ritmica funky accompagnano
testi d’autore per otto canzoni smaliziate, incisive, talvolta
amare. Tra gli evergreen Acqua e sapone, Allo stadio e C’è.
Cinque brani vedono ai testi la firma di Carboni, di cui
Gaetano Curreri produrrà il disco d’esordio. Musiche
composte da Curreri e da Liberatori. Il brano omonimo è
interpretato assieme a Vasco Rossi.

ARTURO STÀLTERI
Pianista, polistrumentista e compositore romano. Dopo aver
fatto parte dei Pierrot Lunaire alla metà degli anni ’70,
completa gli studi pianistici e incide lo strumentale e un po’
acerbo ANDRÉ SULLA LUNA (1979); è conduttore radiofonico a
più riprese e tiene concerti eseguendo brani propri e di autori
colti contemporanei. Pubblica poi …E IL PAVONE PARLÒ ALLA
LUNA (1987),SYRIARISE (1992) che contiene una suite
elettronica, e FLOWERS (1995) con versioni di brani di
Debussy, Chick Corea, Philip Glass e altri. Scrive inoltre
musiche per balletti e teatro. Partecipa al progetto musicale
MARCO POLO (1995) e quindi incide CIRCLES (1998),
elaborazioni di brani di Glass con una patina di romanticismo.
Dopo COOLAUGUSTMOON (2000), per piano ed ensemble
orchestrale, su musiche di Brian Eno di cui Stalteri è
ammiratore, esce RINGS IL DECIMO ANELLO (2003), ispirato da
“Il signore degli anelli” e strumentalmente ricco. Quindi
pubblica EARLY RINGS COMPOSITIONS 1974-1975 (2005) e
prosegue una misurata attività concertistica. Stàlteri compone
su vari binari, affascinato dalla musica colta (soprattutto quella
francese del primo Novecento), così come dal pop
progressivo; si serve dell’elettronica per curare gli aspetti
minimalistici e ambient, e ama orchestrare con senso di
equilibrio.

STATUTO
Prendono il nome dalla piazza di Torino che è storicamente
luogo di raduno dei mods. Si formano nel 1983 e dopo alcuni
demo tapes, tra cui NELLA CITTÀ (1985), pubblicano i singoli
Io Dio e Ghetto. Suonano ska ispirati dai maggiori gruppi del
genere, ma cantano in italiano e aggiungono venature beat e
soul. Dopo VACANZE (1988) e Qui non c’è il mare (1991)
passano dalle birrerie e dal mondo underground a una
notorietà nazionale nel 1992 grazie alla partecipazione a
Sanremo con Abbiamo vinto il festival di Sanremo, all’album
ZIGHIDÀ e all’altro singolo Piera. Escono poi il sarcastico
Saluti dal mare e l’impegnato È TORNATO GARIBALDI, del 1993,
quando divengono il gruppo ufficiale del Torino (nel 2006
scriveranno l’inno Cuore Toro). Nel 1997 tengono a Cuba un
memorabile concerto, quindi realizzano un omaggio allo ska
con RISKATTO (1999). Nel 2002 esce un libro del leader Oskar
Giammarinaro che dà origine a un concept album con lo stesso
titolo, IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI. Nel 2005 in SEMPRE
compare Il regno della Mole, che segue una polemica
scatenata dal gruppo contro l’ambiente musicale della città,
specie giornali e festival, accusati di snobbarli. Il live LE
STRADE DI TORINO (2006) costituisce un punto fermo nella
storia degli Statuto, che ha mantenuto intatte nel tempo le
proprie caratteristiche peculiari: la fitta attività dal vivo, la
valenza spesso politica dei testi (sotto la vernice giocosa) e il
coerente stile di vita mod.
LE STELLE DI MARIO SCHIFANO
Costituito attorno al pittore e artista figurativo Mario
Schifano (figura “maledetta” dell’arte italiana), il gruppo
nasce a Roma nel 1967, sul modello di Andy Warhol e dei
Velvet Underground. Ne fanno parte Nello Marini (ts.),
Urbano Orlandi (ch.), Giandomenico Crescentini (bs.) e Sergio
Cerra (bt.), mentre il nome deriva dal soggetto preferito da
Schifano in quel periodo. Realizzano un unico album,
DEDICATO A… (1967), considerato da una parte della critica rock
come uno dei massimi lavori pubblicati nel nostro paese. Il
disco – stampato all’epoca in poche copie (di cui 50 in vinile
rosso) dalla piccola etichetta BDS con copertina apribile e
libretto allegato di otto pagine – si muove tra psichedelia e
sperimentalismo, costituendo certamente un antesignano di
molta musica degli anni ’70, più vicino all’avanguardia che al
rock. La prima facciata è costituita dalla suite Le ultime parole
di Brandimarte dall’Orlando Furioso, ospite Peter Hartman, e
Fine (da ascoltare con TV accesa senza volume), tra
rumorismo e improvvisazioni. Dopo un 45 giri del 1968, E il
mondo va / Su una strada, il gruppo si scioglie. Nel 1999
DEDICATO A… è stato ristampato in CD dalla Akarma.

STEVE ROGERS BAND


Da gruppo di Vasco Rossi a band indipendente alla ricerca
di notorietà: si articola su questa linea la breve storia della
Steve Rogers Band, gruppo rock nato nel 1980 e formato da
Massimo Riva (vc., ch.), Maurizio Solieri (ch.), Mimmo
Camporeale (ts.), Andrea Righi (bs.), e Roberto Casini (bt.),
questi ultimi poi sostituiti rispettivamente da Claudio Golinelli
e Daniele Tedeschi. Esordiscono nel 1982 con il singolo Neve
nera, seguito nel 1986 dall’album I DURI NON BALLANO, con
quattro brani scritti assieme a Rossi. L’anno successivo,
distaccatisi dal rocker emiliano, pubblicano ALZATI LA GONNA,
da cui il singolo omonimo, la loro canzone più nota. La
partecipazione, poco fortunata, al Festival di Sanremo ’89 con
Uno di noi anticipa il terzo LP, STEVE ROGERS BAND. Dopo
SONO DONNE, del 1990, il progressivo allontanamento dei
membri sancisce la fine dell’esperienza.
STORMY SIX
Band di rilievo della scena alternativa italiana degli anni
’70, si forma a Milano nel 1965 con un repertorio beat e
rhythm’n’blues di cover e brani originali. L’anno dopo assorbe
alcuni membri degli Stregoni e pubblica il primo 45 giri, Oggi
piango, cover di All Or Nothing degli Small Faces. Si esibisce
poi come spalla nel tour italiano dei Rolling Stones del 1967
ed esordisce su 33 giri con lo psichedelico LE IDEE DI OGGI PER
LA MUSICA DI DOMANI (1969), in cui è in formazione Claudio
Rocchi; seguono due 45 giri dai discreti riscontri, Alice nel
vento (1970) e Rossella (1971), e la partecipazione al Festival
Pop di Viareggio. Dopo molti avvicendamenti la formazione si
stabilizza con Franco Fabbri (ch., vc.), che è il principale
autore, Luca Piscicelli (ch., vc.), Toto Zanuso (bt.) e Massimo
Villa (bs.). Nel 1972 con L’UNITÀ (e brani come Pontelandolfo,
Sciopero! e La manifestazione), dalle influenze country rock,
si delinea nei testi un indirizzo di denuncia sociale, confermato
in GUARDA GIÙ DALLA PIANURA del 1974, che riprende vari
episodi della canzone politica. Sono entrati nel frattempo nel
gruppo Umberto Fiori (vc.), Tommaso Leddi (ts.) e Carlo De
Martini (vi.), mentre i concerti si fanno sempre più numerosi.
UN BIGLIETTO DEL TRAM (1975) esce per “L’Orchestra”,
cooperativa musicale (caso unico in Italia) fondata dal gruppo
per contrastare le etichette multinazionali. Nel 1978 gli Stormy
Six partecipano alla nascita del progetto dal respiro
internazionale “Rock in Opposition” (RIO), creato fra l’altro
con l’intento di curare gli aspetti organizzativo-promozionali
dei gruppi. Nel ’76 e ’77 incidono CLICHÉ (album solo
strumentale di impronta jazz, che riprende musiche scritte per
il teatro) e L’APPRENDISTA, che apre la fase del gruppo vicina al
progressive. La formazione è composta ora da Fabbri, Fiori,
Leddi, De Martini, Pino Martini (vc., bs.) e Salvatore Garau
(bt.). Iniziano una fitta attività live in Europa e nel 1980
pubblicano MACCHINA MACCHERONICA (che è anche il nome
che si dà il gruppo in questo periodo), album complesso ma
che ottiene una certa notorietà a livello internazionale,
vincendo fra l’altro il Premio della critica tedesca nella sezione
rock davanti ai Police. È la fase più matura della formazione,
che si muove da una parte nel territorio della musica colta
contemporanea, dall’altra sul fronte dell’impegno politico,
talvolta l’unico aspetto colto dal pubblico italiano. Dopo AL
VOLO (1982), che incontra difficoltà nella distribuzione, e gli
ultimi concerti all’estero, il gruppo si scioglie. Nel 1993 si
riforma, anche se solo per sporadici concerti che continuano
sino a oggi. Nel 1996 esce un live registrato nel ’93, UN
CONCERTO, nel 1998 MEGAFONO, un doppio dal vivo con brani
d’archivio. Un percorso in continua evoluzione, il loro. (a.re.)
DISCOGRAFIA

LE IDEE DI OGGI PER LA MUSICA DI DOMANI (First 1969)


L’UNITÀ (First 1972)
GUARDA GIÙ DALLA PIANURA (Ariston 1974)
UN BIGLIETTO DEL TRAM (L’Orchestra 1975)
CLICHÉ (L’Orchestra 1976)
L’APPRENDISTA (L’Orchestra 1977)
MACCHINA MACCHERONICA (L’Orchestra 1980)
AL VOLO (L’Orchestra 1982)
UN CONCERTO (Arpa 1996, dal vivo)
MEGAFONO (1998, doppio dal vivo)
UN BIGLIETTO DEL TRAM. Probabilmente l’album più
conosciuto del gruppo, dal contenuto storicopolitico. I brani,
scritti da Fabbri, Fiori e Leddi, ripercorrono la storia della
Resistenza e alcuni – Stalingrado soprattutto, ma anche
Dante di Nanni e La fabbrica – divengono molto noti
nell’ambiente studentesco e operaio. Il suono qui è acustico.

FEDERICO STRAGÀ
Interprete, e in qualche caso autore, dotato di una ottima
intonazione e un timbro basso e fascinoso, nasce a Belluno il
10 luglio 1972. A 18 anni è nel gruppo S.P.C. (Società per
canzoni) e poi negli Stragang, con i quali esegue cover di De
Gregori e De André. Nel 1997 porta a “Sanremo Giovani” La
notte di San Lorenzo, di Claudio Sanfilippo, cui segue Siamo
noi, presentata al Festival e scritta da Daniele Fossati, tratta
dal primo album, FEDERICO STRAGÀ (1998), un buon disco
acustico d’impronta fortemente cantautorale. Cambia registro
per L’astronauta, brano solo apparentemente giocoso che nel
2000 gli dà una certa notorietà e che anticipa CLICK HERE
(2001). Al di là dei poco soddisfacenti risultati di vendite, il
disco è di prim’ordine, con arrangiamenti e suoni pop di
qualità e con brani (spesso scritti da Antonio Fabiane, cugino
di Stragà) di estrema piacevolezza che sottendono sempre un
imprinting cantautorale, valorizzati ulteriormente dalle qualità
vocali di Stragà. Nel 2002 vince il Disco per l’estate con Il
coccodrillo vegetariano; nel 2003 è a Sanremo in coppia con
Anna Tatangelo per Volere volare, una decisa caduta nel
nazional popolare che peraltro non gli porta nessuna fortuna
commerciale. Si esibisce poi dal vivo in un tour in cui
ripercorre anche i successi di Frank Sinatra.

DEMETRIO STRATOS
Artista poliedrico quanto coerente, ricercatore instancabile,
Demetrio Stratos è arrivato nel corso della sua troppo breve
carriera a impersonare la voce per antonomasia, fuori da ogni
steccato stilistico. Greco (ma nato ad Alessandria d’Egitto nel
1945), approda in Italia nel 1962. Ha alle spalle studi di
pianoforte in conservatorio ma nel ’67 entra nei Ribelli,
gruppo beat di cui la sua voce ruvida e corporea caratterizza in
particolare il brano Pugni chiusi. Abbraccia quindi altre
esperienze, finché nel ’72 è tra i fondatori degli Area, gruppo
in breve capofila di un pop avanzato, impastato di jazz ed
elettronica, con cui incide copiosamente e svolge un’intensa
attività concertistica. Ma anche questa esperienza gli sta
stretta: da sempre attratto dalla vocalità pura, abbraccia la
sperimentazione in quanto tale, avvicinandosi a un’area più
prossima alla contemporaneità colta e venendo a interagire con
musicisti dei versanti più disparati (da John Cage a Steve
Lacy). Il suo, peraltro, si precisa sempre più come un percorso
essenzialmente individuale, verso la congiunzione assoluta con
l’elemento phoné. Si dedica alla ricerca e alla didattica, tiene
concerti per voce sola, guadagnandosi una stima e un rispetto
crescenti nell’ambiente creativo di ogni latitudine. Le sue
ricerche sfociano negli album a proprio nome METRODORA
(1976) e CANTARE LA VOCE (1978), incisi per la Cramps, a cui
avrebbero dovuto seguire altri lavori. Intanto lascia gli Area,
mentre la sua anima rock si esprime in un progetto come
“Rock’n’roll exhibition”, con Mauro Pagani, Paolo Tofani e
altri. Quando, nella primavera ’79, si diffonde la notizia della
grave malattia che lo ha colpito (una rara forma di aplasia
midollare), costringendolo a cure costosissime che non si sa
neppure quali risultati potranno sortire, il mondo della musica
si mobilita in suo soccorso. Beffardamente, però, il concerto
organizzato per lui all’Arena di Milano (con Guccini, Venditti,
Finardi, Vecchioni, Pagani, il Banco, ovviamente gli Area
ecc.) si tiene all’indomani della sua morte, avvenuta a New
York il 13 giugno 1979. Di lui rimangono i dischi (da
segnalare anche LE MILLELUNA, ’79) e l’esempio di un percorso
creativo veramente unico.

SUBSONICA
Il fenomeno più rilevante in termini di popolarità uscito
dalla scena indipendente italiana, nasce nella seconda metà
degli anni ’90 in una Torino ricca di spinte artistiche, creative
e umane. Il chitarrista Max Casacci, produttore di molti gruppi
della zona, per mancanza di spazi propri lascia gli Africa Unite
in cui militava e diventa regista di un nuovo progetto. È il
1996, ai Murazzi lungo il Po prende forma la prima idea dei
Subsonica quando Casacci incontra Samuel Romano e Davide
Di Leo (in seguito detto “Boosta”), rispettivamente voce e
tastiere degli Amici di Roland, cover band di sigle di cartoni
animati. Un nome storico della scena musicale torinese e due
ragazzi pieni di entusiasmo a cui dopo poco si aggiungono
Enrico Matta, in arte “Ninja” (bt.) e Pierpaolo Peretti Griva
detto “Pierfunk” (bs.). Nel 1997 esce il disco d’esordio,
SUBSONICA, pubblicato dall’indipendente Mescal. È l’album di
Istantanee, Radioestensioni, Come se (scritto in collaborazione
con lo scrittore e amico Luca Ragagnin che d’ora in avanti farà
da supervisore dei testi). Al di là delle discrete vendite,
l’attenzione intorno al gruppo si fa notevole. Testi scritti a più
mani, campionamenti, ricerca assidua di esperimenti, uso
disinvolto della tecnologia, una certa lezione stilistica degli
anni ’80, gradevolezza pop su base dance e spinte rock, hip
hop, drum’n’bass, reggae lavorato: una molteplicità di
elementi stilistici che la band dimostra di saper coagulare in
una impostazione poco convenzionale e di stampo alternativo.
Pop contemporaneo, lo chiamano loro.
Nello stesso anno arriva un’occasione da non perdere:
Antonella Ruggiero li chiama per collaborare a REGISTRAZIONI
MODERNE, album di vecchie canzoni dei Matia Bazar
rielaborate da gruppi come Timoria, Scisma, Bluvertigo,
Ritmo Tribale. I Subsonica rendono irriconoscibili Il video
sono io e Per un’ora d’amore, primo singolo di un disco che
dà la possibilità ai cinque torinesi di farsi conoscere dal grande
pubblico delle radio. Dopo poco segue una partecipazione
all’MTV Day italiano, durante la quale vengono notati dai
dirigenti londinesi dell’emittente televisiva: si aprono così
spazi in Inghilterra, grazie al video di Istantanee e ad alcuni
remix dei brani. Ma il punto di forza del gruppo sta
nell’esibizione dal vivo, che porta a una notevole densità di
concerti e al mini CD live COI PIEDI SUL PALCO (sei tracce tra le
quali la cover di Tu menti dei CCCP).
Nel 1999 vede la luce MICROCHIP EMOZIONALE, più dance
del precedente, apprezzato dagli addetti ai lavori e a poco a
poco anche da un pubblico più numeroso. Pierfunk lascia il
gruppo; al suo posto Luca Vicini (“Vicio”). Nel 2000,
l’impennata verso i grandi numeri con la partecipazione al
Festival di Sanremo, che peraltro contraria una parte del loro
pubblico: Tutti i miei sbagli colpisce nel segno e diventa il
volano del gruppo. In radio la fa da padrone e insieme
all’ultimo album, che viene ristampato con l’inserimento del
pezzo, scala le classifiche. La forte ritmicità dei brani, le
diverse chiavi di lettura dei testi, l’impatto live formano una
miscela nuova che conquista ampie fasce di pubblico. Non
secondaria è l’attenzione per l’aspetto visivo, dal logo ai
video. Il nuovo lavoro in studio arriva dopo tre anni dal
precedente: si intitola AMOREMATICO, neologismo che include
concetti differenti di un’unica cellula chiamata Subsonica. Più
intimista ma anche più techno dance, ospita fra gli altri i
Krisma e conferma e accresce le vendite ingenti del
precedente, con il singolo Nuvole rapide primo in classifica. È
fatta. I concerti sono sempre sold out, anche per la scelta di
contenere il prezzo dei biglietti. È il momento di un live, un
doppio CD (al prezzo di uno) dal titolo CONTROLLO DEL
LIVELLO DI ROMBO (2003) con gli inediti Livido amniotico,
L’errore e Non chiedermi niente, e poi di una biografia
ufficiale (“Anomalia Subsonica” di Paolo Ferrari, edita da
Giunti) con CD allegato con quattro brani in versione
unplugged. Nel frattempo sono nati vari progetti collaterali
(dai Motel Connection a ICONOCLASH di Boosta) e Casasonica,
lo studio ombelico del gruppo utilizzato anche da altre band
della zona e che diventa poi anche etichetta discografica.
Nel 2004 il gruppo pubblica il DVD “Cielo Tangenziale
Ovest”, documentazione di uno dei tanti concerti strapieni
(12.000 persone al Filaforum di Milano), e quindi, con
strascico di polemiche, lascia la Mescal per approdare a una
major, la EMI (etichetta Virgin), per la quale nel 2005 esce
TERRESTRE. L’album conferma se non addirittura accresce il
grande seguito nonostante sia lontano dalla miglior ispirazione
del gruppo. Del 2006 è l’evento unico “Volumi all’idrogeno”,
mentre Boosta diventa regista per un film tratto dal suo
romanzo “Un’ora e mezza” (aveva già edito la raccolta di
racconti “Dianablu”, entrambi per Baldini Castoldi Dalai).
(n.ve.)
DISCOGRAFIA

SUBSONICA (Mescal 1997)


COI PIEDI SUL PALCO (Mescal 1998, EP dal vivo con inediti)
MICROCHIP EMOZIONALE (Mescal 1999)
AMOREMATICO (Mescal 2002)
CONTROLLO DEL LIVELLO DI ROMBO (Mescal 2003, doppio dal
vivo)
TERRESTRE (Virgin/EMI 2005)
MICROCHIP EMOZIONALE. Tra funky, groove e
campionamenti, tra grida liberatorie e singhiozzi intimisti, è
l’album che impone il gruppo come una ventata di novità
senza scadenza. Brani come Strade e Il cielo su Torino
mettono in luce ottime capacità compositive, ma è anche il
disco delle collaborazioni: Morgan dei Bluvertigo per la
composizione di Disco labirinto, Daniele Silvestri in Liberi
tutti e il dj Claudio Coccoluto per Il mio d.j. Nella ristampa
postsanremese, oltre a Tutti i miei sbagli, viene aggiunta
l’inedita Albe meccaniche.

SUD SOUND SYSTEM


Nascono (e crescono) come un collettivo aperto, con
esperienze che s’incrociano in Salento a fine anni ’80 e che si
concretano nel 1996 con il primo album ufficiale, COMU NA
PETRA. Ma a quel punto nella loro terra i giovani
sperimentatori sono già fenomeno di massa, senza l’ausilio dei
mass media: la sorprendente popolarità che aveva largamente
preceduto il disco – insieme ai singoli incisi già dal 1991 e
raccolti poi nelle antologie SALENTO SHOWCASE (1994) e
TRADIZIONE (1996) – era dovuta alle infuocate dance hall (che
più dei dischi rappresentano la loro musica) nelle masserie
abbandonate e nelle feste di piazza che avevano richiamato
persone di tutte le età. A sedurle era il genuino e spettacolare
mix di reggae, rap e taranta, che consente al gruppo tour
all’estero e collaborazioni con molti musicisti della scena
internazionale, come Linton Kwesi Johnson. Nei brani, in
dialetto, i Sud Sound System fanno esplicito richiamo alle
tematiche sociali, tenendo ben presente, nelle musiche, le
tradizioni e le radici culturali del Salento e del Sud più in
generale. Attraverso il semiologo Gino Stefani e i saggi dei
sociologi George Lapassade e Piero Fumarola, entrano
addirittura nelle antologie universitarie, Dopo un altro EP di
brani remixati, nel 1999 esce REGGAE PARTY, che aggiunge
qualche elemento di reggae puro in più. L’anno successivo
vede nascere la Salento Sound System, la società che si
occuperà della discografia del collettivo salentino e della
crescita dei giovani musicisti del territorio, mentre la regista
Cristina Comencini affida loro una parte nel film “Liberate i
pesci”. Nello stesso anno nasce la collaborazione con la
compagnia teatrale Koreya che sviluppa “Acido Fenico”, uno
spettacolo sperimentale di musica e recitazione. Nel 2001 i
salentini incidono MUSICA MUSICA, che porteranno in tour in
tutta la penisola, e Giallorossu, l’inno del Lecce calcio. Il
successivo LONTANO riceve la targa Tenco per il miglior disco
in dialetto del 2003, anno che vede la collaborazione con
l’Orchestra Sinfonica di Lecce di 70 elementi per un unico
concerto estivo a Gallipoli. Seguono FUECU SU FUECU, del
2004, e ACQUA PE STA TERRA, del 2005. Quindi Terron Fabio,
Don Rico e Nandu Popu, ovvero la line up più recente,
pubblicano il CD+DVD LIVE AND DIRECT 2006.

SULUTUMANA
Il nome deriva dal termine “su l’utumana”, che in dialetto
vallassinese (della provincia di Como) vuol dire
“sull’ottomana”, nel senso di divano. Vagamente accostabili
agli Avion Travel, per la ricerca musicale e la cura degli
arrangiamenti, i Sulutumana sono una delle novità più
interessanti di quella parte della canzone d’autore che sta tra
jazz, influenze mediterranee e musica balcanica. Attivi con
tantissimi concerti fin dal 1988 – sotto la guida di Giambattista
Galli (vc. e fi.) –, un demo cattura l’attenzione della critica
fino alla vittoria del Premio Tenco/IMAIE come esordienti nel
2000, grazie al quale realizzano il primo mini CD.
Compongono (molto e con ottimi risultati) canzoni che hanno
per tema storie minimaliste di piccoli uomini, luoghi e viaggi,
talvolta ispirate dalla letteratura. Gli album finora pubblicati
sono LA DANZA (2001), DI SEGNI E DI SOGNI (2003), DECANTER
(2005), L’INCREDIBILE MERAVIGLIOSA STORIA DI PRINSI RAIMUND
(2006).

NANNI SVAMPA
Chitarrista, interprete e attore, nasce a Milano il 28 febbraio
1938. Studente alla Bocconi (si laureerà in Economia e
Commercio), alla fine degli anni ’50 entra a far parte dei Soliti
Idioti e scopre Georges Brassens, di cui comincia
un’interminabile attività di traduzioni in milanese. Nel 1964
pubblica NANNI SVAMPA CANTA BRASSENS ed entra a far parte
dei Gufi, con cui rimarrà fino allo scioglimento nel 1971. Nel
frattempo si esibisce al Piccolo di Milano con alcuni suoi
spettacoli come “La mia morosa cara” (1969) con Lino
Patruno e Franca Mazzola, con i quali realizzerà altri lavori
teatrali. Con la collaborazione di Michele Straniero, prepara la
MILANESE, antologia della canzone lombarda in dodici volumi
che completa nel 1977. Prende parte a sceneggiati televisivi e,
da metà anni ’70 in poi, mette in scena le traduzioni di
Brassens e i canti popolari milanesi con il trio diretto da Ettore
Cenci. Dopo aver recitato in film e telefilm negli anni ’80
(epoca in cui si riformano per qualche tempo anche i Gufi), si
è occupato della promozione culturale della tradizione
milanese. Da segnalare, tra gli ultimi lavori: DONNE, GORILLA,
FANTASMI E LILLÀ - OMAGGIO ITALIANO A GEORGES BRASSENS
(2004).

SYRIA
Figlia del discografico Elio Cipri, Syria, all’anagrafe Cecilia
Cipressi, nasce a Roma il 26 febbraio ’77. Si fa notare
giovanissima per le gradevoli qualità vocali, che nel ’96 la
portano a Sanremo con un brano molto melodico scritto da
Claudio Mattone, Non ci sto, stesso titolo del suo primo CD.
Prima nella sezione “Giovani”, si ripresenta nel ’97 con Sei tu,
a cui fa seguito L’ANGELO. È nelle playlist radiofoniche
nell’estate del ’98 con Station Wagon, edita nel CD omonimo,
ma il momento di maggiore popolarità arriva due anni più
tardi, quando Se t’amo no – scritta per lei da Biagio Antonacci,
produttore del nuovo album COME UNA GOCCIA D’ACQUA –
diviene un tormentone. Nel 2001 partecipa ancora al Festival
con Fantasticamenteamore, ancora di Antonacci. Nel 2002 LE
MIE FAVOLE è lanciata da Se tu non sei con me, scritta da
Jovanotti, che è anche autore di L’amore è, presentata al
Festival di Sanremo 2003. Nell’album anche brani di Max
Pezzali e Gianna Nannini. Nel 2005 Sirya pubblica NON È
PECCATO, che conferma l’identità pop della cantante e vede tra
gli autori Tiziano Ferro, Mario Venuti, Le Vibrazioni e
Giorgia.
T
TAZENDA
Fondato in Sardegna nel 1988 da Gigi Camedda, Gino
Marielli e Andrea Parodi, il gruppo debutta su disco con
l’omonimo TAZENDA, a cui nel ’91 segue MURALES, che
accompagna la brillante esibizione a Sanremo di spalla a
Pierangelo Bertoli in Spunta la luna dal monte; il brano è la
versione italiana di Disamparados, che in autunno vince la
Targa Tenco come miglior canzone in dialetto. Il trio utilizza
infatti pressoché a senso unico il sardo, ammantato di sonorità
che sposano stilemi rock e spezie tipiche dell’isola. Il successo
è notevole (collaborazioni con Fabrizio De André, Maria Carta
ecc.), anche fuori d’Italia. Pitzinnos in sa gherra, Mamojada,
Carrasecare sono alcuni dei brani più felici. I Tazenda
pubblicano gli album LIMBA (1992), IL POPOLO ROCK (’93),
FORTZA PARIS (’95), IL SOLE (’97), SARDINIA (’98), BIOS (2001)
e BUMBA (2005, con il nuovo cantante Gian Mario Masu),
anche se, specie dopo la fuoriuscita di Parodi, inconfondibile
voce del gruppo, nel 1997, la loro notorietà resta confinata in
Sardegna.

VINCE TEMPERA
Musicista, arrangiatore e produttore, Vincenzo Tempera
nasce a Milano il 18 settembre 1946. Dopo il diploma in
pianoforte e composizione lavora con gruppi beat quali i
Giganti e nel progetto The Pleasure Machine, che realizza un
LP omonimo di funky jazz in trio, con brani originali e non.
Collabora come arrangiatore per Guccini, Nomadi e Venditti e
poi a proprio nome incide ART (1973), parzialmente dal vivo e
basato sul pianoforte, e PIANO, PIANO (1974), in cui emerge la
passione per il jazz e Keith Jarrett. Partecipa poi al gruppo
progressive Il Volo. Nel 1978 scrive la musica per la sigla del
cartone animato “Ufo Robot”, a cui seguiranno Remì, Anna
dai capelli rossi e altre, ma compone anche decine di colonne
sonore. Negli anni dirige varie volte l’orchestra al Festival di
Sanremo e collabora con numerosi artisti italiani e stranieri,
fra cui Battisti, Branduardi, Zucchero e in particolare Guccini,
nella band del quale suona da molto tempo le tastiere; lavora
inoltre come talent scout, mediando la passione per il piano
jazzato con uno stile più mainstream.

LUIGI TENCO
La figura di Luigi Tenco si staglia sulla vicenda della
canzone d’autore italiana come una presenza insieme
imprescindibile, emblematica e ingombrante. La vicenda sua
personale si snoda, di fatto, su tre momenti fra loro
complementari e inestricabilmente connessi: la vita, la morte,
ciò che ne è seguito. Nato a Cassine, nel basso Alessandrino, il
21 marzo 1938, Tenco trascorre l’infanzia fra Ricaldone e
Maranzana, paese d’origine della madre. Dopo la guerra, con
quest’ultima e con il fratello maggiore Valentino si trasferisce
a Genova, dove, adolescente, entra in contatto con un
gruppetto di ragazzi più o meno suoi coetanei che, come lui,
hanno pruriti musicali e artistici in senso lato. Si chiamano
Gino Paoli, pittore e jazzofilo, Bruno Lauzi, suo compagno di
scuola, Gianfranco Reverberi, il più musicista di tutti, Fabrizio
De André, cadetto della compagnia, e poi, fuori da Genova,
Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci. Appreso il sassofono sotto
l’influsso di jazzisti quali Paul Desmond e Lee Konitz,
nell’estate del 1958, durante un concerto a Stresa, Tenco scrive
le prime canzoni. L’anno dopo viene scritturato dalla Ricordi,
per la quale incide inizialmente sotto pseudonimo (Gigi Mai,
Gordon Cliff, Dick Ventuno) e poi anche a suo nome. Al 1960
risale il primo brano del tutto degno del suo talento, di autore
come di interprete, Quando, mentre del ’61 sono Il mio regno,
Una vita inutile, I miei giorni perduti e In qualche parte del
mondo. Nel 1962 arrivano il primo vero successo, Mi sono
innamorato di te (ma anche Angela), e il primo LP, LUIGI
TENCO, mentre Luciano Salce lo vuole come protagonista del
film “La cuccagna”, nella cui colonna sonora Tenco inserisce
La ballata dell’eroe di un ancora sconosciuto De André. È il
chiaro avvio di una produzione dichiaratamente impegnata,
che alimenta con brani quali Cara maestra (non a caso
censurata dalla RAI) e altri, che non riesce neppure a
pubblicare causa i contenuti beffardi e corrosivi (ricordano
certe “tirate” di Boris Vian, di cui traduce il celeberrimo
Déserteur, che nella sua versione, piuttosto libera, diventa
Padroni della terra) e che vedranno la luce solo nel 1972. I
titoli sono del resto del tutto emblematici: Vita sociale, Vita
familiare, Giornali femminili, La ballata della moda ecc.
Nel ’63 lascia la Ricordi per la Jolly, alternando nuovi brani
di impegno sociale (Ragazzo mio) con altri legati a un filone
più commestibile, per quanto mai banali (Ho capito che ti
amo, che diventa un hit in Sud America, Vedrai vedrai, Se
potessi amore mio, Quasi sera), riuniti nel ’65 nel secondo LP,
ancora intitolato con il suo nome e cognome. Nel 1966, con il
passaggio alla RCA, si trasferisce a Roma, dove i meccanismi
del successo poco per volta lo segnano, in qualche modo lo
fagocitano, lo mutano. La produzione di carattere sociale non
s’interrompe ma si fa un po’ verbosa, sloganistica,
musicalmente greve (Ognuno è libero, Io sono uno, E se ci
diranno), mentre nuovi capolavori assoluti (Lontano lontano,
Un giorno dopo l’altro, sigla, anche con testo in francese, del
Maigret televisivo) si accompagnano alla decisione di prender
parte al Festival di Sanremo: all’edizione 1967, in coppia con
Dalida (a cui è legato anche sentimentalmente), Tenco porta
Ciao amore, ciao, costruita sulla falsariga di Li vidi tornare,
identica melodia e identico refrain ma diverso testo strofico, a
disegnare un affresco che si riallaccia alla sua natura di uomo
della collina piemontese (ci gioca certo qualcosa l’assidua
lettura di Pavese).
La sera del 26 gennaio 1967 Tenco e Dalida presentano
Ciao amore, ciao al pubblico sanremese. Tenco canta per
primo: è teso, visibilmente alterato, l’interpretazione poco
equilibrata, nervosa. Una pur intensa Dalida non riesce a
riscattare la coppia da un’eliminazione decretata dalle giurie
popolari e che la commissione di qualità non ribalta,
ripescando al suo posto un brano ipocrita come La rivoluzione.
La coppia da più parti additata come potenziale vincitrice (di
sicuro ci credevano i diretti interessati) e la canzone che
doveva dare a Tenco la cassa di risonanza capace di garantire
un pubblico ben più vasto ai suoi pezzi di maggior impegno,
franano insieme in un attimo. I due, con discografici e amici,
si dirigono al ristorante Il Nostromo ma Tenco non ha voglia
di cenare: preferisce rientrare in albergo. Dopo un po’ Dalida,
preoccupata per lo stato del compagno, decide di raggiungerlo,
ma lo trova a terra privo di vita. Luigi Tenco appare suicida
con un colpo di pistola alla tempia; ha affidato a un biglietto i
suoi ultimi pensieri. Si è ucciso per una canzone, sentenziano
in molti, snobbando la complessità del personaggio, il suo
stato contingente di disagio e palese alterazione (anche
strettamente “chimica”). Malgrado un consistente moto
contrario, il Festival prosegue: lo vincerà Claudio Villa,
simbolo dell’ancien régime canzonettaro.
Una fine tanto assurda e feroce, carica di valenze
simboliche, oltre a tracciare un solco profondo fra quanto
avvenuto prima e dopo, proietta Tenco in una dimensione
mitica da cui, in fondo, non uscirà mai, spesso a danno della
corretta lettura di una parabola artistica monca ma di sicuro
spessore. Da un lato ci si domanda cosa avrebbe potuto fare se
la sua vita non si fosse così bruscamente interrotta (a contatto
con i fermenti del ’68, per esempio), dall’altro si cerca di
soppesarne la reale portata, dall’altro ancora se ne riscopre e
ripercorre la produzione, lo si omaggia, lo si erge a vessillo di
tutto quanto si può e si deve fare nel nome di una canzone
ormai in odore di santità, comunque certo di nuova nobiltà.
Inizia così quella che potremmo definire la “biografia
postuma” di Luigi Tenco. Fin dal 1967 Fabrizio De André gli
dedica Preghiera in gennaio (e fra i successivi omaggi citiamo
almeno Festival di De Gregori, del 1976) e Wilma Goich
ottiene un grosso successo estivo (cattiva coscienza?) con Se
stasera sono qui, di cui Tenco aveva inciso un semplice
provino, pubblicato postumo come numerosi altri suoi brani,
inediti al momento della sua morte. Nel ’71 Nicola Di Bari
pubblica il primo album tutto centrato su brani di Tenco. Ne
seguiranno diversi altri, per lo più sul versante jazzistico, che a
partire da fine anni ’80 riscopre massicciamente il repertorio
tenchiano. Non dimenticando strumentisti quali Beppe
Castellani e Renato Sellani, una menzione particolare spetta a
due cantanti, entrambe artefici di un duplice omaggio: Tiziana
Ghiglioni, nel 1994 (Targa Tenco come miglior interprete) e
’95, e Ada Montellanico, che in particolare nel secondo
lavoro, DANZA PER UNA NINFA (2005), musica con il pianista
Enrico Pieranunzi quattro testi inediti di Tenco. Sul piano
editoriale, i libri dedicati a Tenco sono anch’essi numerosi:
Aldo Fegatelli, autore di tre progressive biografie, Enrico de
Angelis, anche e soprattutto come discografo, e Mario
Dentone, che a Tenco dedica pure un testo teatrale, “Una
prigione di vetro” (1994), sono in tal senso i primi nomi da
fare.
E c’è poi il Club Tenco, fondato nel 1972 da Amilcare
Rambaldi e che dal ’74 organizza l’omonima rassegna da cui
sono passati i massimi cantautori italiani e stranieri, mentre
anche Ricaldone dedica dal 1992 a Tenco (che vi è sepolto)
“L’isola in collina”. Nel 2006 nel paesino piemontese viene
inaugurato un centro museale e di documentazione sull’artista.
Mai hanno preso corpo, invece, i diversi progetti di film sul
cantautore, peraltro nel 2006 rievocato, nell’interpretazione di
Alessandro Gassman, in una fiction televisiva franco-italiana
sulla vita di Dalida. Tutto ciò fino alla riesumazione della
salma di Tenco, avvenuta nel febbraio 2006, che tuttavia, a
dispetto delle certezze sfoggiate dagli inquirenti, ha tutt’altro
che dissolto la fitta cortina di dubbi che avvolge la tragica fine
dell’artista. (a.ba.)
DISCOGRAFIA (a cura di Alberto Bazzurro)

LUIGI TENCO (Ricordi 1962, LP; BMG/Ricordi 2001, CD)


(*)
LUIGI TENCO (Jolly 1965, LP) (°)
TENCO (RCA 1966, LP; 2001, CD)
TI RICORDERAI DI ME (Ricordi 1967, LP; RCA 2001, CD)
(**)
Nota: 7 brani in comune con *.
SE STASERA SONO QUI (Ricordi 1967, LP)
Nota: 2 brani già in *, il resto inedito.
PENSACI UN PO’ (Ricordi 1969, LP)
Nota: 2 brani già in * e **, 2 solo in *, il resto inedito.
LUIGI TENCO (RCA 1972, LP; in CD come LE CANZONI DI
LUIGI TENCO, 1990)
CANTA TENCO, DE ANDRÉ, JANNACCI, BOB DYLAN (Joker 1972,
LP) (***)
LUIGI TENCO (Ricordi 1984, LP triplo)
INEDITO (CGD 1984, 45 giri 30 cm, 3 brani)
Nota: 2 brani anche su CD nel collettivo QUANDO… TRIBUTO
A LUIGI TENCO (WEA 1994).

I SUCCESSI DI LUIGI TENCO (Joker 1990, CD)


Nota: riunione di ° e ***.
LUIGI TENCO (BMG/Ricordi 1995, CD doppio)
Nota: materiale Ricordi e RCA, con un brano (Guarda se io)
in precedenza edito solo su 45 giri.
TENCO (BMG/Ricordi 2002, CD doppio)
Nota: 50 brani, materiale Ricordi, RCA e Jolly.
LUIGI TENCO (GMG 2003, CD doppio)
Nota: matrici Jolly.
LUIGI TENCO. Triplo LP del 1984: trentasei canzoni, con
tutto il materiale Ricordi eccetto Un giorno dopo l’altro
(RCA), in particolare con due brani incisi come Gordon
Cliff e quattro brani (Mi chiedi solo amore, Giurami tu, Ieri
e Mai) incisi nel 1959 con i Cavalieri (Reverberi, Jannacci,
Paolo Tomelleri e Nando De Luca). Ottimamente
rimpiazzabile con il doppio CD TENCO (BMG/Ricordi 2002;
si veda la discografia).
I SUCCESSI DI LUIGI TENCO. Riunisce i due LP Jolly, 23
brani fra cui Vedrai vedrai, Ho capito che ti amo, Ballata
della moda, Ragazzo mio, Ballata del marinaio, Vita
familiare, Se potessi amore mio, Quasi sera, Ballata
dell’arte, Hobby, Vita sociale, Prete in automobile, Giornali
femminili, più La ballata dell’eroe di De André, Passaggio a
livello di Jannacci e la traduzione (di Mogol) di Blowin’ In
The Wind di Bob Dylan. In alternativa (sfiziosa), si segnala
LUIGI TENCO (GMG 2003), che al CD di cui sopra ne affianca
un secondo con cinque versioni alternative, un medley
strumentale inciso nel 2003 dall’Orchestra Tomelleri e un
dialogo del ’64 fra Tenco ed Ezio Leoni sull’arrangiamento
di Com’è difficile.
LE CANZONI DI LUIGI TENCO. Edizione in CD di LUIGI
TENCO (RCA 1972), a sua volta ristampa di TENCO (1966)
con due brani (Come tanti altri e Ma dove vai?) sostituiti da
Ciao amore, ciao e Li vidi tornare. Fra i restanti dieci,
troviamo Lontano lontano, Io sono uno, Se sapessi come fai,
Io vorrei essere là, Un giorno dopo l’altro, Ognuno è libero,
E se ci diranno e Vedrai vedrai in versione diversa dalla
originaria Jolly.

TENDACHËNT
Esponente fondamentale del folk revival italiano con la
disciolta Ciapa Rusa (punto fermo della musica tradizionale
piemontese), Maurizio Martinotti riprende il discorso nel 1997
con un nuovo gruppo, Tendachënt, rifacendosi alla precedente
esperienza tanto da riprenderne anche i brani nel primo album,
del 2000, ORI PARI. Le innovazioni sono però di rilievo, prima
fra tutte l’uso della batteria. Il gruppo accompagna poi la
cantante Betti Zambruno nello spettacolo “Omaggio a Leone
Sinigaglia”, testimoniato da AL LUNG DE LA RIVIERA del 2003.
Con Martinotti (vc., ghironda, mandola) fanno parte dei
Tendachënt Bruno Raiteri (vi.), Sergio Caputo (vi.), Enrico
Negro (ch.), Gerardo Savone (bs.), Gigi Biolcati (bt, pr.). Nel
2005 esce LA VALLE DEI SARACENI, vincitore del Premio città di
Loano 2006 per la musica tradizionale. Al disco collabora, tra
gli altri, Enzo Avitabile. Martinotti nel frattempo dà vita a vari
altri progetti paralleli, tra cui Dona Bela, le Vija, Pau i Treva,
Ensemble del Doppio Bordone.

TENORES DI BITTI “REMUNNU ‘E


LOCU”
I “Remunnu ‘e loco” nascono a Bitti, centro della Barbagia
vicino a Nuoro, e sono tra i più noti esponenti del canto “a
tenores” sardo, una delle forme di polifonia vocale più antiche,
in cui il solista, ovvero la “boche”, canta seguito dagli altri tre
componenti – “mesa ’oche”, “contra” e “bassu”, gli ultimi due
dal timbro gutturale che caratterizza l’impasto vocale – che
accompagnano il solista scandendo delle sillabe. Si formano
nel 1974, prendendo il nome da Raimondo Delogu “Remunnu
‘e Locu”, poeta analfabeta di Bitti, e proponendo una efficace
lettura di canti tradizionali, basati su testi derivanti da antiche
poesie. La loro grande forza espressiva li porta a essere i primi
musicisti del Mediterraneo a incidere per la Real World,
l’etichetta di musica etnica di Peter Gabriel, per cui
pubblicano nel 1996 S’AMORE ‘E MAMA. Gli altri lavori del
gruppo sono ROMANZESU (1993), per l’etichetta Amori,
INTONOS (1994, consigliato da Frank Zappa), AMMENTOS
(1996, con registrazioni di dieci anni prima) e CAMINOS DE
PACHE (2004) per Robi Droli/Felmay. Si esibiscono in tutto il
mondo, anche con Ornette Coleman, e nel 1995 fondano a
Bitti la Scuola dei Tenores, associata al Conservatorio di
Sassari. Nell’attuale formazione, con i fondatori Daniele
Cossellu e Piero Sanna (boche e mesa ’oche) ci sono Mario
Pira (bassu) e Pier Luigi Giorno (contra) che hanno sostituito
Salvatore Bandinu e Tancredi Tucconi. Nel frattempo si sono
affermati anche altri Tenores di Bitti, i “Mialinu Pira” .

TENORES DI NEONELI
Il “Coro a tenores cultura popolare di Neoneli” prende
forma nel 1976 su iniziativa di Tonino Cau, con lo scopo di
riprendere il canto tipico della Sardegna, ovvero il canto a
tenore, o a cuncordu. Insieme ai brani tradizionali fin
dall’inizio i Tenores inseriscono in repertorio composizioni
dello stesso Cau e poi degli altri componenti. Nel 1978
pubblicano la musicassetta VOLUME 1 e nel 1979 l’LP VOLUME
2,i susseguono, molti dei quali all’estero. I quattro cantanti
sono affiancati via via da vari strumentisti, e la
contaminazione sarà elemento fondamentale del gruppo. Nel
1992 inizia una collaborazione con Elio e le Storie Tese, che
sfocia nel progetto live “NeonElio”. Dal rapporto con alcuni
jazzisti norvegesi nasce invece nel 1998 ‘MBARA BOOM. Nel
2000 è la volta di BARONES, la riproposizione su disco di
quello che è considerato una sorta di inno della Sardegna,
S’innu de su patriotu sardu a sos feudatarios (o Barones sa
tirannia), con ospiti come Guccini, Elio, Ligabue, Branduardi
e Baccini. Complessivamente le produzioni discografiche del
gruppo sono una quindicina.
RICCARDO TESI
Pistoiese, classe 1957, come organettista e autore di area
etnofolk batte dapprima strade più impervie (talora prossime al
jazz), per rivolgersi poi a progetti di maggior fruibilità (in
particolare nell’ottimo UN BALLO LISCIO, del 1995), sempre nel
segno del buon gusto e della collaborazione. Esordisce nel
1978 con Caterina Bueno, instaurando quindi proficui sodalizi
con il mandolinista Patrick Vaillant (allargato poi a Gianluigi
Trovesi in COLLINE, del 1994) e con il chitarrista Maurizio
Geri, nonché fondando un trio di soli organetti con i colleghi
Junkera e Kirkpatrick (TRANS EUROPE DIATONIQUE, 1993),
sempre con un occhio attento al panorama estero (le tradizioni
basca, inglese, francese, malgascia ecc.). Nel 1992 fonda
Banditaliana. L’omonimo album è del 1998, seguito nel 2000
da THAPSOS e nel 2004 da LUNE, che si aggiudica il Premio
Città di Loano per la musica tradizionale come miglior disco
di musica tradizionale dell’anno. Nel 1997 è l’arrangiatore di
“Transitalia”, progetto nell’ambito del festival Folkermesse
che raggruppa i più importanti musicisti folk italiani. Inizia
intanto a collaborare con cantautori del calibro di Fabrizio De
André (ANIME SALVE), Ivano Fossati (MACRAMÉ, LA DISCIPLINA
DELLA TERRA), Gianmaria Testa, Giorgio Gaber e svariati altri.
Nel 2006 pubblica, con Claudio Carboni, CRINALI. È anche
ricercatore e direttore artistico di festival.

ALBERTO TESTA
Compositore e paroliere di vari classici della canzone
italiana, nasce a Santos, in Brasile, l’11 aprile 1927. Tra le sue
prime composizioni, Carina, cavallo di battaglia di Nicola
Arigliano e prima ancora di Corrado Lojacono (coautore con
lo pseudonimo Poes). Per il Festival di Sanremo scrive una
trentina di brani nell’arco di circa dieci anni: nel ’62 la sua
Quando quando quando cantata da Tony Renis (autore della
musica) fa il giro del mondo. Nel ’63 scrive con Mogol e
ancora Renis Uno per tutte, che vale al cantante la vittoria al
Festival. Assieme a Eros Sciorilli è autore di alcuni brani per
Iva Zanicchi, tra cui Non pensare a me, prima a Sanremo ’67,
e la più nota La riva bianca e la riva nera. Per Mina nel ’71
scrive con Renis Grande grande grande, altro brano di
notevole diffusione. Nel corso degli anni si dedica poi ad
alcuni progetti di valorizzazione della canzone italiana. Fra le
sue composizioni più recenti, brani per Mina (Volami nel
cuore, 1996) e per Andrea Bocelli (The Prayer, candidata
all’Oscar nel ’99, e Se la gente usasse il cuore, 2001).

GIANMARIA TESTA
Piemontese come Paolo Conte, come questi è sempre stato
il cantautore e qualcos’altro (Conte l’avvocato, lui il
capostazione), ispirando le penne di quanti di lui hanno scritto,
e più ancora di Conte ha mietuto maggiori consensi all’estero
(anzitutto Francia, per entrambi) che in Italia.
Biograficamente, le analogie si fermano qui. Testa arriva
infatti dalla “provincia granda”, Cuneo (è nato a Madonna del
Pilone il 17 ottobre 1958), e ha origini contadine. Inizia presto
a suonare la chitarra (anche in gruppi rock giovanili) e scrivere
canzoni, ma si rivela solo nel 1993 quando vince il Premio
Città di Recanati con Manacore, brano raffinato ed evocativo
in cui già si palesa la sua doppia anima, in qualche modo in
bilico fra Conte e Fossati – uno più per la mise musicale e un
incedere sornione, elusivo, l’altro per certe soluzioni testuali e
per il modo di forgiare la frase, di posare la parola cantata
sulla musica. Come esempio della vena contiana valga solo
Tuareg, prossimo ad Aguaplano, per quella fossatiana Il
viaggio e Le traiettorie delle mongolfiere. Un chiaro tratto
distintivo, ovunque, è peraltro quell’inesausto macinare di
chitarre (persino banale evocare lo sferragliare di un treno) che
è elemento schiettamente testiano. Le due anime di cui sopra
risultano spesso mischiate; certo minoritaria, ma riconoscibile
proprio perché a sé, è una terza via: quella degregoriana (come
in Senza titolo, Comete, Veduta aerea, fin dal titolo, le strofe di
Piccoli fiumi).
Nel 1994, con Un aeroplano a vela (che nel ’97 Fiorella
Mannoia inserirà in BELLE SPERANZE) Testa rivince Recanati e
qui conosce la promoter francese Nicole Courtois, che lo
proietta nell’orbita transalpina. Nel ’95 esce così il primo
album, MONGOLFIÈRES, che ai due di Recanati affianca altri
undici brani, fra cui Città lunga, Le traiettorie delle
mongolfiere, Habanera, Dentro la tasca di un qualunque
mattino, Come le onde del mare, L’automobile, Le donne nelle
stazioni. Fra i musicisti figurano due partner storici, il
chitarrista-poeta Pier Mario Giovannone e il polistrumentista
Piero Ponzo, nonchè il grande bandoneonista Cesar Stroscio e
il quartetto d’archi Joaquim, che torna nel successivo EXTRA-
MUROS (1996), particolarmente curato sul piano strumentale (al
bandoneon è qui Juan José Mosalini). Fra le dodici canzoni
vanno menzionate la title track, Un po’ di là dal mare, Come
un’America, Jocking Lady, che riecheggia Buscaglione, Il
viaggio e La ca sla colin-a, notevole episodio dialettale.
A un anno esatto dal debutto parigino (al New Morning),
nel febbraio ’97 Testa esordisce al celebre Olympia, dove
tornerà nel 2000 esibendosi anche con Noa. È la consacrazione
internazionale, cui seguono tour in Europa e Canada. Anche
l’Italia comincia ad accorgersi di lui, e le scritture si
moltiplicano. Nel ’99 arriva frattanto il terzo album, LAMPO
(fra gli ospiti il grande trombonista Glenn Ferris), dodici brani
fra cui spiccano Lucia di notte, L’albero del pane, Biancaluna,
Lampo, Gli amanti di Roma, Quello che vale, Petite Reine, del
collega francese Arthur H, e forse soprattutto Polvere di gesso,
capolavoro di totale matrice testiania. L’anno seguente arriva il
primo CD interamente prodotto in Italia, IL VALZER DI UN
GIORNO, che prosciuga in versione voce e due chitarre (a volte
una sola) brani editi e due novità. Il 2003 è l’anno di un nuovo
album di inediti, ALTRE LATITUDINI, in cui compaiono solisti
ormai habitués di Testa quali Enrico Rava, Gabriele Mirabassi,
Enzo Pietropaoli, Philippe Garcia. Fra i brani, almeno
Preferisco così, Il meglio di te, Solo per dirti di no, Tuareg,
Come di pioggia, Nient’altro che fiori e la title track meritano
la menzione.
Al di là dell’attività in proprio, a partire dal 2001 Testa
porta in giro omaggi a Buscaglione (il fortunatissimo “Guarda
che luna”, con Rava, Ponzo, Pietropaoli, Stefano Bollani e la
Banda Osiris) e Léo Ferré (con Fresu e l’ESP Trio), partecipa
agli album (e in alcuni casi ai relativi spettacoli) I COSMONAUTI
RUSSI di Battista Lena e KOINÈ di Rita Marcotulli (a sua volta
presente in LAMPO e ALTRE LATITUDINI), lavora con Paolo
Rossi (“RossinTesta”), vara un duo con Paolo Fresu. Collabora
inoltre con il trombettista David Lewis, l’organettista Riccardo
Tesi, lo scrittore Erri De Luca, l’attore Marco Paolini e molti
altri. Nel 2006 esce DA QUESTA PARTE DEL MARE, concept album
dedicato al tema delle migrazioni moderne, prodotto da Greg
Cohen e con la presenza di Bill Frisell. (a.ba.)
DISCOGRAFIA

MONTGOLFIÈRES (Label Bleu 1995)


EXTRA-MUROS (Warner 1996)
LAMPO (Warner 1999)
IL VALZER DI UN GIORNO (ElleU 2000)
ALTRE LATITUDINI (Le Chant du Monde 2003)
DA QUESTA PARTE DEL MARE (Radiofandango 2006)
IL VALZER DI UN GIORNO. Pur ridotto all’osso nei colori
strumentali, riunisce veramente la crema dei primi tre album
(undici brani, di cui sette da MONGOLFIÈRES) come una
monade preziosa. Due gli inediti: Piccoli fiumi, scritta a suo
tempo per Nada, e la title track, un vero gioiello. Intercalano
il tutto cinque poesie, a volte fulminanti, di Pier Mario
Giovannone (quattro nell’edizione francese Le Chant du
Monde, più una di Jean-Claude Izzo), qui unico compagno
di viaggio di Testa.

TÊTES DE BOIS
Formazione romana che si muove su una linea di continuità
fra il passato e il presente, esprimendosi con il linguaggio della
musica moderna (in alcuni casi tra suoni distorti e
campionamenti elettronici), ma memore delle tradizioni
precedenti (tra musica francese e jazz). “Il passato non esiste
se le emozioni che comunica appartengono all’oggi di chi
vive” ha spiegato il leader Andrea Satta (vc.), che sin da
adolescente si appassiona – grazie al padre – a chansonnier
come Brel e Brassens e letterati come Baudelaire e Verlaine.
Satta forma il gruppo il 15 febbraio 1992, traendo il nome (che
significa “teste di legno”) da una trasmissione musicale della
TV francese. I Têtes de Bois iniziano la loro avventura
andando in giro con un vecchio furgone, suonando sulle scale
mobili della metropolitana e nelle piazze, fino a incidere nel
1994 il primo album, prevalentemente di cover di autori
francesi, ANCHE SE NON FOSSE AMORE (con Giovanni Lo Cascio
alla batteria). Nel 1997 inaugurano Stradarolo, un festival con
artisti di ogni genere che si tiene annualmente nella periferia
est di Roma. Nello stesso anno incidono il secondo disco, tutto
di inediti, PEZZI DI RICAMBIO, per molti versi ancora acerbo e
debitore nei confronti di artisti come Vinicio Capossela e La
Crus.
Dopo diversi progetti musicali e teatrali, nel 2002 arriva la
svolta qualitativa con FERRÉ, L’AMORE E LA RIVOLTA, basato su
cover e traduzioni del repertorio di Léo Ferré. Il disco vince la
Targa Tenco per il miglior interprete e fa conoscere lo
chansonnier a una generazione di ragazzi, grazie a vendite
soddisfacenti, specie per un disco del circuito indipendente (è
pubblicato dal Manifesto). Nell’album spicca il gioiello Non si
può essere seri a diciassette anni su parole di Rimbaud
tradotte da Daniele Silvestri, che duetta con Satta nel brano e
poi prende parte – insieme a Paolo Rossi, Arnoldo Foà, Mauro
Pagani, Ezio Vendrame, Marco Paolini, Gianni Mura e altri –
al disco successivo del gruppo, il doppio PACE E MALE (2004).
Un lavoro intenso, arrangiato con cura e che – costituito quasi
interamente da inediti – mostra le qualità anche compositive
del gruppo, formato, oltre che da Satta, da Carlo Amato (cb.,
bs.), Luca De Carlo (tr.), Angelo Pelini (pn., ts., fi.), Maurizio
Pizzardi (ch.), Gianni Di Renzo (bt.).

TIMORIA
Realtà tra le più interessanti del rock italiano degli anni ’90,
si formano a Brescia nel 1985 come Precious Time. Mutata
ragione sociale e passati dall’inglese all’italiano, nel 1987
vincono il concorso “Rock targato Italia”, anticamera delle
prime pubblicazioni ufficiali, il singolo Signornò e l’EP
TIMORIA, dell’anno successivo. Prodotti da Gianni Maroccolo,
i primi due album della formazione – COLORI CHE ESPLODONO
(1990) e RITMO E DOLORE (1991, contenente L’uomo che ride,
Premio della critica a Sanremo) – mettono in mostra, pur con
qualche ingenuità, una personalità già ben definita, tra pop,
rock e lontani echi new wave. In particolare, spiccano le doti
compositive del chitarrista Omar Pedrini, autore di tutti i brani,
e la voce di Francesco Renga, tra le migliori della sua
generazione. Nel 1992 il meno convincente e più commerciale
STORIE PER VIVERE – la cui ristampa contiene anche il singolo
Male non farà, scritto da Ligabue – si affaccia in classifica e
precede di un anno VIAGGIO SENZA VENTO: ambizioso concept
pregno di umori anni ’70, rappresenta il vertice creativo della
produzione del gruppo. Meno soddisfacenti artisticamente ma
con vendite in aumento sono 2020 SPEEDBALL (1995), un altro
concept questa volta di ambientazione futuristica, ed ETA BETA
(1997), l’ultimo disco prima della fuoriuscita di Renga, dovuta
a contrasti ormai insanabili con Pedrini. Chiusa questa prima
fase con l’antologia SENZA TEMPO (1998), e con l’ex cantante
lanciato verso una fortunata carriera solistica, la formazione
torna in pista con TIMORIA (1999), con il nuovo arrivato Sasha
Torrisi ad alternarsi con Pedrini alla voce. Nonostante qualche
buono spunto, la forma non è più quella di un tempo, come
confermano nel 2001 EL TOPO GRAND HOTEL e nel 2002 UN
ALDO QUALUNQUE SUL TRENO MAGICO, colonna sonora del film
di Dario Migliardi “Un Aldo qualunque”. L’album contiene
Casamia, presentata al Festival di Sanremo. Il live
GENERAZIONE SENZA VENTO (2003) è l’ultima uscita dei
Timoria prima di un annunciato “quinquennio sabbatico”.
Pedrini – nel frattempo salito agli onori delle cronache per la
sua relazione con la show girl Elenoire Casalegno – ne
approfitta per tornare a Sanremo con Lavoro inutile, contenuta
in VIDOMÀR (2004), il suo secondo disco da solista (il primo,
BEATNIK, risale al 1996). Nello stesso anno viene operato
d’urgenza a causa di un aneurisma aortico, mentre pochi mesi
dopo il bassista Carlo Alberto “Illorca” Pellegrini e il batterista
Diego Galeri rimangono coinvolti in un incidente stradale; di
conseguenza l’uscita di IN TESTA, primo lavoro della loro
nuova band, i Miura, viene spostata al 2005. Nel 2006 vede la
luce PANE BURRO E MEDICINE, il nuovo disco di Pedrini – che,
oltre a dedicarsi alla musica, è stato conduttore televisivo,
attore e organizzatore del Brescia Music Art Festival, e nel
2001 ha pubblicato per Stampa Alternativa la raccolta di
poesie “Acqua d’amore ai fiori gialli”.

TIROMANCINO
Si scrive Tiromancino ma si legge Federico Zampaglione,
nato a Roma il 29 giugno 1968, artista dalla voce non eccelsa
ma dalla personalità forte, ingombrante persino, tra le più
interessanti tra quelle della scena rock romana d’inizio anni
’90. Un percorso, il suo, accidentato, pieno di deviazioni e
scarti, nonché di scelte controverse, ma significativo per la
costanza messa in mostra a partire dal 1989. Testimonianza di
come anche in Italia sia possibile fare un pop allo stesso tempo
intelligente e da classifica, internazionale e legato alle
tradizioni melodiche nostrane. Un risultato frutto di un lungo
lavoro di raffinazione, tant’è che sia l’omonimo esordio del
1992 (“uno dei cinque dischi più brutti nella storia
dell’umanità” dirà lui) che il successivo INSISTO del 1994 si
possono considerare come tentativi timidi e maldestri di
mettere in pratica un’idea musicale ambiziosa ma poco chiara.
In precedenza c’erano state varie esperienze fra cui le musiche
per un rifacimento del film “‘Flashdance” mai uscito. Già
meglio vanno le cose nel 1995 con ALONE ALIENO, in cui sotto
i più vari stili (da un rock aggressivo alle ballate acustiche, dal
rap al trip hop, dalle ritmiche funk alle sonorità sintetiche) si
avverte un più efficace lavoro compositivo. Sperimentazione e
forma canzone classica che vanno a braccetto, così come nel
successivo, appena inferiore ma nell’insieme più compatto ed
elettronico, ROSA SPINTO (con ospite Daniele Silvestri) del
1997. Ora, dopo vari avvicendamenti, accanto a Zampaglione
(vc., ch., ts.), ci sono il fratello Francesco (ch., bt., ts.), Laura
Arzilli (bs., vc.) e Cristiano Grillo (ch.).
La vera svolta arriva nel 2000. Dopo un periodo di profonda
crisi, la band si presenta a Sanremo accompagnata dal
produttore Riccardo Sinigallia (ch., vc.), entrato in formazione
al posto di Grillo. Il brano Strade è esemplificativo di un
nuovo corso, più melodico e lineare, in cui i testi assumono un
qualche spessore e le musiche prediligono l’atmosfera
all’impatto. Una sterzata sancita da LA DESCRIZIONE DI UN
ATTIMO, che si rivela nel tempo anche un successo
commerciale, grazie soprattutto a Due destini, contenuta nella
colonna sonora de “Le fate ignoranti” di Ferzan Ozpetek e
inno del Gay Pride 2001. I Tiromancino fanno intanto da
apertura al tour dei Morcheeba in Spagna e Portogallo, mentre
nel 2002 in “Paz!”, film di Renato De Maria dedicato ad
Andrea Pazienza, interpretano con Lucio Dalla la sua Com’è
profondo il mare.
Ma il successo spacca il gruppo: durante un tour (in cui a
curare le videoproiezioni è Frankie Hi-Nrg) Zampaglione
allontana in corsa tra fortissime polemiche il fratello, la Arzilli
e Sinigallia, sostituiti da Andrea Pesce (ts.) e Luigi Pulcinelli
(cmp., bt. elettronica). Con loro realizza il fortunato IN
CONTINUO MOVIMENTO, caratterizzato da brani ricchi di
sfumature, debitori in alcuni casi della lezione del Battiato più
evocativo e di Battisti. Nessuna certezza si avvale delle voci di
Elisa e di Meg dei 99 Posse. “Elettronica suonata”, così è stato
definito ILLUSIONI PARALLELE (2004), un lavoro equilibrato –
con alcuni testi scritti da Zampaglione con il padre Domenico,
professore di Storia e Filosofia – e sempre attento alle
sonorità. Cantautorale, in un’accezione moderna e pop. In
scaletta, un’altra rilettura di Dalla (Felicità) ed Esplode,
realizzata insieme a Manuel Agnelli (con i cui Afterhours il
gruppo di Zampaglione suona nel festival Tora! Tora!). I
Tiromancino confermano di essere molto più efficaci in studio
che dal vivo, come conferma la raccolta ’95-’05, che include
Un tempo piccolo, scritta da Zampaglione con Franco Califano e
presente anche nel recente album di quest’ultimo insieme a
Non escludo il ritorno, firmata da Califano-Zampaglione e
portata al Festival di Sanremo 2005. (a.pa.)
DISCOGRAFIA

TIROMANCINO (BMG 1992)


INSISTO (BMG 1994)
ALONE ALIENO (BMG 1995)
ROSA SPINTO (Polydor 1997)
LA DESCRIZIONE DI UN ATTIMO (Virgin 2000)
IN CONTINUO MOVIMENTO (Virgin 2002)
ILLUSIONI PARALLELE (Virgin 2004)
’95-’05(Virgin 2005, antologia doppia con inediti)
LA DESCRIZIONE DI UN ATTIMO. Album frutto della
collaborazione con Riccardo Sinigallia, la cui presenza si fa
sentire non solo nei brani in cui divide il microfono con
Zampaglione (Strade e Roma di notte, quest’ultima con
ospite anche Frankie Hi-Nrg MC), ma soprattutto
nell’atmosfera d’insieme. Più coeso dei predecessori, è un
disco avvolgente, ricco di intuizioni melodiche e sonore,
ricercato nella contaminazione fra stili e strumenti ma, nel
contempo, immediatamente accessibile. Fra i brani spicca
Muovo le ali di nuovo.

GUIDO TOFFOLETTI
Chitarrista blues tra i più dotati e conosciuti del nostro
Paese, è prematuramente scomparso in un incidente stradale
nel 1999. Nato a Venezia nel 1951, nel 1970 pubblica con la
Blues Rigt Off OUR BLUESBAG, probabilmente il primo album
blues di un gruppo italiano. Grazie ai frequenti soggiorni
all’estero Toffoletti entra in contatto con alcuni dei
protagonisti del rock internazionale: lavora come roadie con
l’ex Clash Joe Strummer, conosce Keith Richards e compone
nel 1985 l’album NO COMPROMISE con Mick Jones, per alcuni
anni con i Rolling Stones. Strumentista di rango, alleva
musicisti come Tolo Marlon (con lui nei Blues Society, che
fonda nel 1975) e Alex Britti, al suo fianco nel 1988 nella
trasmissione televisiva “DOC” di Renzo Arbore. Registra
numerosi dischi, tra i quali i tre volumi della serie HALF &
HALF, pubblicati dalla Viva Vita tra il 1996 e il 1998.

GIANNI TOGNI
Un’assidua frequentazione del Folkstudio e il ruolo di
supporter per i Pooh scandiscono gli esordi del romano Gianni
Togni, nato il 24 luglio 1956. Compositore e interprete,
pubblica nel ’75 il primo LP, UNA SIMILE CIRCOSTANZA, ma il
successo arriva nel 1980 con la celebre Luna, che diventa nota
anche in Europa e Sud America. Protagonista dei primi anni
’80, ha forti risultati di vendite anche nell’81 con Semplice,
nell’83 con Per noi innamorati, nell’84 con Giulia,
pubblicando contemporaneamente anche una serie di fortunati
LP. Si muove nell’ambito di un pop abbastanza ricercato, con
canzoni che si avvalgono dei testi dell’inseparabile Guido
Morra. Nella seconda metà del decennio non avrà più gli stessi
riscontri e il successivo lo vedrà impegnato prevalentemente
come produttore di album e musical. “Hollywood ritratto di un
divo” apre la sua collaborazione con Massimo Ranieri, per il
quale produce CANZONI IN CORSO (1997). Nello stesso anno
esce il suo HO BISOGNO DI PARLARE, con cui esordisce come
autore di testi. Poi l’attività di compositore di colonne sonore
per la TV e il teatro diverrà prioritaria per la sua carriera, ad
esempio nel 2001 con il musical “G and G”.

TOSCA
Una voce da contralto dotata di buona espressività
contraddistingue Tiziana Donati, in arte Tosca, nata a Roma il
29 agosto 1967. Giovanissima, viene notata in un locale
romano da Renzo Arbore, che la coinvolge come corista in
alcune sue trasmissioni. Nel 1992 c’è l’esordio con un album
omonimo. Dopo ATTRICE (1993) partecipa al tour “Henna”
di Lucio Dalla, duettando con il cantautore in Rispondimi.
Collabora con Cocciante, Zero, Grazia Di Michele, Rossana
Casale e altri e quindi nel 1996 vince in coppia con Ron il
Festival di Sanremo con Vorrei incontrarti tra cent’anni, e
pubblica l’album di duetti L’ALTRA TOSCA. L’anno seguente è
ancora al Festival con Nel respiro più grande (testo di Susanna
Tamaro, musica di Ron) e incide l’intenso INCONTRI E
PASSAGGI, che contiene brani scritti da importanti autori, da
Fossati a Morricone, e vince la Targa Tenco nella categoria
interpreti. Nel 1999 sostiene il ruolo della protagonista nel
musical “Sette spose per sette fratelli”, che ottiene notevole
successo. Propone quindi nelle chiese un repertorio di brani
sacri, tra cui l’inno mariano Mater Jubilaei, e prosegue
l’attività con esperienze variegate. Nel 2002 esce STO BENE AL
MONDO, le cui canzoni, in gran parte firmate da Rudy Marra,
sono portate in scena in un musical.

UMBERTO TOZZI
Di sette anni più giovane del fratello Franco, cantante che
nel 1965 ha successo con I tuoi occhi verdi, Umberto Tozzi
nasce a Torino il 4 marzo 1952. Quando il “Radiocorriere TV”
intervista Franco nel 1965, l’autore dell’articolo sottolinea
come il piccolo Umberto sia già padrone dell’arte del canto e
preannuncia una carriera musicale anche per lui. Di lì a poco
impara a suonare la chitarra, quindi entra a far parte di vari
gruppi come gli Off Sound, i Data o La Strana Società che
sfonderà nel 1972 con Pop corn e si scioglierà nel 1976. Nel
1972 Tozzi comincia anche a lavorare come chitarrista turnista
a Milano, collaborando a vari dischi (ad esempio di Ivano
Fossati) mentre scrive le prime canzoni: Un corpo e un’anima
frutta a Wess e Dori Ghezzi il primo posto all’ultima edizione
di “Canzonissima” (1974). Frutto della fortunata
collaborazione con il paroliere Giancarlo Bigazzi è, nel 1976,
Io camminerò: Tozzi pubblica il brano ma lo offre a anche
Fausto Leali, che lo porta al successo; poco dopo lo inciderà
Mina.
A settembre esce il primo LP, DONNA AMANTE MIA, che
contiene pezzi interessanti. L’anno dopo Tozzi scrive Ti amo,
dal vertiginoso crescendo: sarà il brano più venduto dell’anno.
Il disco esce nel maggio del 1977 e vince il Festivalbar. A
estate finita, Ti amo entra in classifica in mezza Europa e in
Sudamerica. L’operazione si ripete nel 1978 con l’ancor più
orecchiabile Tu: disco d’oro e successo garantito in patria,
anche grazie a un LP omonimo che contiene tre bei brani come
Zingaro, Pensando a te e Perdendo Anna, mentre l’esito
internazionale è più tiepido. Tozzi si sposta poi a Monaco di
Baviera per registrare, con l’arrangiatore nordamericano Greg
Mathieson, uno dei suoi album più riusciti, GLORIA, con
l’omonimo, trascinante pezzo che conquista subito l’Europa,
piazzandosi bene anche nelle difficili classifiche del Regno
Unito. Tre anni più tardi il brano sfonda anche negli Stati Uniti
nella versione di Laura Branigan.
Dopo tre successi eclatanti come Ti amo, Tu e Gloria, il
musicista torinese parte in tour ma l’afflusso di pubblico non è
all’altezza delle aspettative. Incide nel 1980 l’album TOZZI, in
cui cerca un suono più particolare, ad esempio nel singolo
Stella stai. Nel 1981 è Mathieson a spostarsi a Milano per
realizzare NOTTE ROSA, un disco ricco di suoni, trascinato dalla
suggestiva title track, la cui durata supera i sette minuti. Per
Tozzi ci sono ancora buoni riscontri di pubblico nell’82 con i
singoli Eva e Mama e nel 1983 con Nell’aria c’è, brani che
confermano le sue caratteristiche: un pop innervato da un
indubbio talento melodico, che si è accompagnato sempre più
a una certa curiosità su suoni e arrangiamenti. La prima fase
della carriera termina con il non riuscito (e poco venduto)
HURRAH! del 1984: seguirà un periodo di stasi, anche per
vicissitudini sentimentali.
Nel 1987 il ritorno, sia discografico che di popolarità, prima
con la vittoria a Sanremo con Si può dare di più, in trio con
Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri, e poi in estate con Gente
di mare insieme a Raf. Il rilancio di Tozzi culmina in autunno
con l’uscita del gradevole INVISIBILE, preludio di una fortunata
serie di concerti europei documentata nel 1988 da un disco
live alla Royal Albert Hall di Londra. Una nuova apparizione a
Sanremo nel 1991 con Gli altri siamo noi (sul filone nazional
popolare di Si può dare di più) conferma il successo insieme a
un altro brano dello stesso anno, Gli innamorati. Ma il
sodalizio con Bigazzi comincia a scricchiolare. La separazione
dall’autore toscano porta Tozzi a occuparsi anche dei testi. Nel
1994 vince per la seconda volta il Festivalbar con Io muoio di
te (inserita in EQUIVOCANDO). Gli album successivi, pur con
alcuni episodi di valore, non hanno più grandi hit, mentre sono
insignificanti le presenze a due Festival di Sanremo, nel 2000
(Un’altra vita) e nel 2005 (Le parole). Nel 2006 Tozzi
pubblica HETEROGENE, un album particolare che si colloca
nell’ambito della musica lounge. All’estero Tozzi continua a
godere di una certa fortuna. (c.bo.)
DISCOGRAFIA

DONNA AMANTE MIA (CGD 1976)


È NELL’ARIA…TI AMO (CGD 1977)
TU (CGD 1978)
GLORIA (CGD 1979)
TOZZI (CGD 1980)
IN CONCERTO (CGD 1980, doppio dal vivo)
NOTTE ROSA (CGD 1981)
EVA (CGD 1982)
HURRAH! (CGD 1984)
MINUTI DI UN’ETERNITà (CGD 1987, antologia con alcuni
brani in nuove esecuzioni)
INVISIBILE (CGD 1987)
UMBERTO TOZZI ALLA ROYAL ALBERT HALL DI LONDRA (CGD
1988, doppio dal vivo)
GLI ALTRI SIAMO NOI (CGD 1991)
MIS CANCIONES (CGD 1992, Spagna, antologia parzialmente
in spagnolo)
EQUIVOCANDO (CGD 1994)
IL GRIDO (CGD 1996)
ARIA E CIELO (CGD 1997)
BAGAGLIO A MANO (CGD 1999, antologia di nuove
esecuzioni con due inediti)
UN’ALTRA VITA (CGD 2000)
THE BEST OF UMBERTO TOZZI (CGD 2002, antologia doppia
con due inediti)
LE PAROLE (CGD 2005)
HETEROGENE (MBO 2006)
GLORIA. Nove brani, buona parte dei quali di pregevole
fattura. A parte Gloria, dall’incalzante e accattivante ritmo
quasi dance, apprezzata addirittura da Herbert Von Karajan,
spiccano la squisita Può darsi, la splendida e amara
Qualcosa qualcuno, Mamma Maremma e Valzer.

TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI


Guidati dal cantante, chitarrista e fumettista Davide Toffolo,
i Tre Allegri Ragazzi Morti si sono formati nella prima metà
degli anni ’90 a Pordenone. Con i volti perennemente coperti
da una maschera a forma di teschio, e forti di canzoni
all’insegna di un punk’n’roll dagli accentuati spunti pop e
caratterizzate da testi prevalentemente incentrati su tematiche
adolescenziali, nel corso degli anni hanno saputo crearsi un
pubblico numeroso e fedele. All’esordio intitolato PICCOLO
INTERVENTO A VIVO, registrato live e datato 1997, fa seguito il
fortunato MOSTRI E NORMALI (1999), pubblicato dalla BMG
Ricordi. Dopo la precoce interruzione del rapporto con la
multinazionale, il trio fonda una propria etichetta discografica,
La Tempesta, con la quale pubblica prima l’EP IL PRINCIPE IN
BICICLETTA (2000), poi LA TESTA INDIPENDENTE (2001) e LE
ORIGINI (2002), una raccolta di provini e demo tapes risalenti al
periodo 1994-96. Nel 2004 esce IL SOGNO DEL GORILLA BIANCO,
in cui una maggiore attenzione verso argomenti politici e
sociali coincide con un parziale tentativo di apertura verso
sonorità nuove.

FABIO TREVES
Armonicista, è il nome probabilmente più noto e importante
del blues italiano. Nato a Milano nel 1949, oltre che musicista
è stato giornalista, fotografo, organizzatore di eventi,
conduttore radiofonico e responsabile per alcuni anni
dell’Ufficio Progetto Giovani del Comune di Milano. Muove i
primi passi, all’inizio degli anni ’70, suonando con Alberto
Camerini e Marco Ferradini nella band di Simon Luca per poi
dare origine al suo duraturo progetto con la Treves Blues
Band, una delle prime formazioni italiane di blues. A partire
dall’esordio con l’album omonimo, nel 1975, il gruppo ha
sempre abbinato proposte originali a efficaci riletture di
classici blues e anche soul. Tra i molti dischi, i live del 1980
con Mike Bloomfield e del 1992 con Cooper Terry, e
BLUESFRIENDS del 2004, a cui partecipano Willy De Ville,
Chuck Leavell e lo stesso Bloomfield. Nel 1988 Treves suona
con Frank Zappa nelle date di Milano e Genova; tra gli
italiani, nel corso della carriera ha accompagnato Mina,
Cocciante, Branduardi, Celentano, Bertoli, Grignani, Finardi,
Graziani, Pooh e Articolo 31.

FRANCESCO TRICARICO
Cantautore decisamente fuori dagli schemi, fin dagli esordi
ha avuto la capacità di incuriosire il pubblico e gli addetti ai
lavori. Nato a Milano nel 1971, a undici anni comincia a
studiare il flauto traverso, prima alle medie sperimentali e poi
al Conservatorio, dove si diploma. Si avvicina al jazz e intanto
inizia a scrivere canzoni. Nel 2000 esce il primo singolo Io
sono Francesco: il brano cattura per la semplicità disarmante
del motivo musicale ma anche del testo (che contiene elementi
autobiografici), di cui è protagonista un bambino piccolo, e
che con un secco “puttana la maestra” sembra colpire molti nel
profondo. Il successo è notevole, anche se non sarà ripetuto.
Nel pezzo c’è già tutto Tricarico: i traumi e le gioie
dell’infanzia, che si ritrovano nell’adulto mischiati alla felicità
e al dolore del vivere, i contenuti filosofici e indagatori delle
profondità dell’animo umano, la scrittura vivace e a tratti
allegorica. Nel secondo singolo Drago e poi in La pesca nel
2001 si ripropone lo stile – testuale e musicale – del primo.
Coerenza, però, non ripetizione.
Il primo album, omonimo, esce nel 2002, raccoglie i
precedenti singoli e presenta nuove composizioni. L’esordio in
pubblico gli viene offerto da Jovanotti, di cui Tricarico apre i
concerti del “Quinto Mondo Tour”. Il secondo album,
FRESCOBALDO NEL RECINTO, è del 2004, preceduto e seguito dai
singoli Cavallino e Sposa laser. Rispetto al primo lavoro, c’è
una maggiore presenza di sonorità acustiche e forse un umore
di fondo generalmente più positivo. Nel 2005 Tricarico scrive
il brano Solo per te per il film di Leonardo Pieraccioni “Ti
amo in tutte le lingue del mondo”.

GERARDINA TROVATO
Scoperta da Caterina Caselli all’epoca in cui lavorava come
corista, la catanese Gerardina Trovato, nata il 27 maggio 1967,
si fa conoscere dal grande pubblico come cantautrice e
appassionata interprete di Non ho più la mia città al Festival di
Sanremo 1993. Segue l’album GERARDINA TROVATO, prodotto
da Mauro Malavasi. Il buon successo italiano e poi europeo e
la tournée estiva con Zucchero anticipano la seconda
partecipazione sanremese, nel ’94, con Non è un film, cui fa
seguito un album omonimo contenente, tra le altre, Vivere in
duetto con Andrea Bocelli. Il ’96 è l’anno di HO TROVATO
GERARDINA, trainato da Piccoli ma grandi e da Eh già,
interpretata con Renato Zero. La raccolta IL SOLE DENTRO del
’97 prelude alla parabola discendente sul fronte delle vendite
nonostante, nel 2000, la terza partecipazione a Sanremo (con
Gechi e vampiri, seguita dall’album antologico GECHI, VAMPIRI
E ALTRE STORIE). Vicende personali e artistiche contrastate ne
rendono poi sempre più sporadiche le apparizioni e le
pubblicazioni discografiche.

PAOLA TURCI
A quattro anni resta affascinata sentendo cantare da sua
madre le canzoni di Mina e della Vanoni, a sei anni è lei a
cantarle. Nella prima adolescenza si diverte con una chitarra a
suonare rock, da Patti Smith ai Rolling Stones, e impara anche
pianoforte e flauto. Intanto Roma – la città in cui Paola Turci
nasce (il 12 settembre 1964) e cresce – vive gli anni di De
Gregori e Venditti. In questo contesto, poco più che ventenne,
viene adottata dal Folkstudio e dalla IT di Vincenzo Micocci,
che – anche sulla scorta del successo di personaggi femminili
come Suzanne Vega – apprezza l’idea di una ragazza che
suona la chitarra e ha una voce interessante. È proprio una
cover della Vega, Mi chiamo Luka, il primo brano di successo,
contenuto nell’album d’esordio RAGAZZA SOLA, RAGAZZA BLU
(1988), prodotto da Mario Castelnuovo e Gaio Chiocchio e
anticipato nel 1986 da una partecipazione al Festival di
Sanremo con L’uomo di ieri, che vince il Premio della critica
della sezione “Giovani”, così come accadrà nei tre anni
seguenti: nel 1987 con Primo tango, nel 1988 con Sarò
bellissima e nel 1989 con Bambini, che lancia il secondo
album, PAOLA TURCI (con anche Ti amerò lo stesso). Quinta
presenza consecutiva all’Ariston nel 1990 con Ringrazio Dio,
traino di RITORNO AL PRESENTE (con Frontiera e Francesco,
dedicata a De Gregori). Fra i collaboratori, autori giovani
come Alfredo Rizzo per i testi e Roberto Righini per le
musiche, anche se il desiderio della cantante è quello di
scrivere personalmente. Nel 1991 esce CANDIDO, concept
album ispirato al personaggio di Voltaire, con Il filo di Arianna
scritta dal poeta Roberto Roversi e da Gaetano Curreri degli
Stadio e brani di qualche notorietà come Stringimi
stringiamoci e Dove andranno mai i bambini come noi.
Intanto partecipa a duetti in dischi di Toquinho, Cocciante ed
Edoardo De Angelis. Il passaggio alla BMG è inaugurato nel
1993 da RAGAZZE, con il singolo Io e Maria di Luca Carboni,
Mentre piove di Kunstler- Cammariere e quasi tutti gli altri
brani scritti dalla Turci con Chiocchio e Adriano Pennino,
come la sanremese Stato di calma apparente firmata con il
paroliere. Quasi in coincidenza con l’uscita dell’album rimane
coinvolta in un incidente automobilistico in cui rischia la vita.
Nel 1995 UNA SGOMMATA E VIA, prodotto da Guido Elmi, ha
il brano omonimo composto da Vasco Rossi e contiene una
buona cover di Tenco, E se ci diranno. Nel 1996 l’artista
partecipa ancora a Sanremo con Volo così, che dà il titolo
all’album raccolta VOLO COSÌ 1986-1996 con cui si chiude il
rapporto con la BMG. Nel 1997 con la WEA pubblica OLTRE
LE NUVOLE, prodotto da Roberto Casini, una serie di cover pop
rock che la Turci rielabora non solo musicalmente ma anche
nelle traduzioni. Le vendite vanno bene, sospinte dai singoli
Mi manchi tu (Missing You di John Waite) e Sai che è un
attimo (Time For Letting Go di Jude Cole). Dopo l’ennesimo
Festival nel 1998 con Solo come me, nel 2000 arriva MI BASTA
IL PARADISO, fratello quasi gemello del precedente album e
sempre prodotto da Casini. Contiene cover (come la canzone
traino Questione di sguardi, rivisitazione di This Kiss di Faith
Hill) ma – per evitare di rimanere in formule ripetitive – anche
inediti come Sabbia bagnata scritta con Carmen Consoli, con
la quale la Turci comporrà anche Saluto l’inverno, presentata a
Sanremo nel 2001. La canzone viene inserita nel CD
ristampato per l’occasione ma è il preludio del nuovo corso
che chiude la parentesi delle cover e della WEA.
Dopo un tour con la Consoli e Max Gazzè (nell’album di
quest’ultimo OGNUNO FA QUEL CHE GLI PARE? la Turci canta Il
debole tra i due) riprende la strada della composizione per un
album più convinto e personale, QUESTA PARTE DI MONDO (con
Adoro i tramonti di questa stagione), in cui abbraccia
pienamente i moduli rock, scrive da sola quasi tutti i pezzi e
produce il disco con Franco Cristaldi. Conseguenza della
nuova vena è, nel 2004, il live STATO DI CALMA APPARENTE. Nel
2005 esce TRA I FUOCHI IN MEZZO AL CIELO, in cui la confezione
musicale si fa più articolata e sfumata, grazie anche al
coproduttore Carlo U. Rossi. Un percorso certamente onesto
quello della Turci pur con gli alti, i bassi, gli errori e le
ingenuità. (e.de. - n.ve.)
DISCOGRAFIA
RAGAZZA SOLA RAGAZZA BLU (IT 1988)
PAOLA TURCI (IT 1989)
RITORNO AL PRESENTE (IT 1990)
CANDIDO (IT 1991)
RAGAZZE (BMG 1993)
UNA SGOMMATA E VIA (BMG 1995)
VOLO COSì 1986-1996 (BMG 1996, antologia con inediti e
rarità)
OLTRE LE NUVOLE (WEA 1997)
MI BASTA IL PARADISO (WEA 2000, ristampato nel 2001 con
un brano aggiunto)
QUESTA PARTE DI MONDO (NuN 2002)
STATO DI CALMA APPARENTE (On the Road 2004, live)
TRA I FUOCHI IN MEZZO AL CIELO (On the Road 2005)
STATO DI CALMA APPARENTE. Complice la Consoli, con
l’album precedente l’ex “ragazza con la chitarra” finalmente
ha trovato se stessa e ora sente il bisogno, con uguale
approccio, di asciugare e ispessire i vecchi brani in un live.
Con due inediti (Il gigante e La tua voce) e una cover
(Paloma negra). Fatto d’istinto, questo disco è il punto
fermo di un percorso di crescita e autonomia artistica.
U
UNDERGROUND LIFE
Gruppo di Monza formatosi nel 1977 sull’entusiasmo dei
giovanissimi Lorenzo la Torre (bt.), Paolo Civita (bs.) e
Antonio Cardellicchio (ts.), che rimane solo fino alla prima
pubblicazione, il 45 giri Noncurance / Black-Out del 1978.
Entra intanto nella band gianCarlo Onorato, che ne diventa il
leader. Il singolo fa da apripista per numerosi concerti, anche
singolari nella loro rappresentazione, fino alla musicassetta
FIORI DEL MALE del 1980. Sono anni di grande vivacità artistica
con gli album CROSS (1981) e THE FOX (1982), e la
partecipazione alla compilation CATALOGNE ISSUE (1984), della
neonata etichetta IRA insieme a Litfiba, Diaframma e Moda –
i rappresentanti della nuova scena rock italiana e in italiano. Il
gruppo abbandona Firenze, centro di gravità di quegli anni, e
pubblica prima l’EP FUOCO SULLA CITTÀ DI GHIACCIO (1985), e
poi FILOSOFIA DELL’ARIA prodotto da Alberto Radius. Per
GLORIA MUNDIS, del 1988 (in allegato il romanzo “Filosofia
dell’aria” di Onorato), il produttore dovrebbe essere John Foxx
(Ultravox), ma poi la collaborazione non va in porto. Nel 1990
nasce l’etichetta Lilium dei fratelli Onorato (Enzo è già da
tempo il bassista degli UL) che pubblica l’antologico LA
PRIMULA ROSSA, con allegati gli scritti di gianCarlo
“Movimento Mentale Trasparente”. Nel 1993 esce l’ultimo
capitolo degli UL, QUESTO SOAVE SABBA (con un altro racconto
di gianCarlo, L’OFFICINA DEI GEMITI), ancora con la preziosa
collaborazione di Alberto Radius nella doppia veste di
produttore e chitarrista. Poi la band si scioglie e gianCarlo
Onorato intraprende un percorso solistico.

USTMAMÒ
Provenienti dall’Appennino Tosco-Emiliano, nascono nei
primi anni ’90 rafforzando l’interessante scenario underground
della musica italiana. Sono quattro, e dalle esperienze molto
diverse: Mara Redeghieri (vc.) è insegnante di inglese; Simone
Filippi (pn., ch.), dopo circa vent’anni passati in Africa torna
in Italia, dove studia tecnica del suono e registrazione (curerà
lui stesso l’album STURD’UST); Ezio Bonicelli (ch., vi., vl.);
Luca Rossi (bs.). Il nome del gruppo nel loro dialetto significa
“proprio adesso”, a iniziarli è Giovanni Lindo Ferretti. Nel
1991 esce il primo album, omonimo, ed è un tripudio di lingue
e suoni: dall’inglese al francese al reggiano su tappeti di rock,
folk, reggae. L’anno seguente il gruppo partecipa al concerto
organizzato dal Consorzio Produttori Indipendenti a Prato in
cui i CSI aprono le fila dei giovani artisti che, in questa
temperie, ritengono meritevoli di attenzione e stima. Il
concerto diventa un disco dal titolo MACISTE CONTRO TUTTI.
Nel 1993 pubblicano un altro album con il loro nome, ma è nel
1996 che ottengono i primi veri riscontri di pubblico e di
critica con UST, un bel lavoro che si sposta verso il trip hop e
contiene canzoni efficaci come Memo-box e Canto del vuoto.
Poco dopo esce l’EP BABY DULL (LIVE & PLASTICS). Nel 1998
è la volta di STURD’UST, che prosegue nel solco del precedente,
e nel 2001 di TUTTO BENE, ma l’anno dopo, in novembre, il
gruppo si scioglie. Nel 2003 arriva l’antologia BESTMAMÒ. Un
bilancio ricco il loro, che oltre ai dischi contempla un tour di
spalla a David Bowie nel 1995, collaborazioni, partecipazioni
a tributi e la creazione di uno studio di registrazione a Villa
Minozzo, il loro paese d’origine.

UZEDA
Sono il nome più significativo della scena noise italiana, ma
con una reputazione solidissima negli ambienti alternativi
statunitensi: stringono collaborazioni importanti e, di fatto,
aprono la strada a moltissime altre realtà indipendenti italiane.
Nascono a Catania nel 1987 dall’incontro di Agostino Tilotta
(ch.), Giovanni Nicosia (ch.), Raffaele Gulisano (bs.) e Davide
Olivieri (bt.), ex membri dei Candida Lilith e dei Boyler.
Reclutata Giovanna Cacciola (vc.), esordiscono nel 1991 con
OUT OF COLOURS. Decisamente più spigoloso e meno
melodico il successivo WATERS (1993), prodotto come i
successivi dallo statunitense Steve Albini. Contattati – seconda
band italiana dopo la PFM – dallo storico dj inglese John Peel
per registrare alcuni brani per il suo programma, nel 1994
realizzano THE PEEL SESSIONS. Dopo l’abbandono di Nicosia e
la firma di un contratto per l’americana Touch And Go, è la
volta dell’EP 4 (1995) e di DIFFERENT SECTION WIRES (1998),
che ne confermano lo status di gruppo di culto. A questo punto
giunge una lunga pausa; la Cacciola e Tilotta incrementano la
loro attività di promoter e organizzatori di concerti, e danno
vita ai Bellini, autori di SNOWING SUN (2002) e SMALL STONES
(2005), con alla batteria rispettivamente Damon Che (Don
Caballero) e Alexis Fleisig (Girls Against Boys). Il nome degli
Uzeda torna a circolare nel 2004, con la partecipazione al
Meltdown Festival di Londra e una tournée europea.
V
VIOLA VALENTINO
Fotomodella e cantante nata a Canzo (CO) nel 1952. Nel
1968 incide il primo 45 giri, Dixie, con il vero nome, Virginia
Minetti; poi con i Fantasy registra nel 1978 VIVO CANTANDO. Il
successo giunge in prima persona con Comprami nel 1979,
bissato l’anno dopo da Sei una bomba. L’avvenenza, la voce
inespressiva, il tono basso che finge di esplodere e un’attenta
produzione, determinano in un contesto favorevole alcuni anni
di successo. I brani sono molto commerciali, con testi senza
sostanza. Con Giancarlo Lucariello e Maurizio Fabrizio come
collaboratori, la Valentino pubblica ancora alcune canzoni di
qualche notorietà come Anche noi facciamo pace (1980), Sera
coi fiocchi e Giorno popolare (1981), Romantici, portata a
Sanremo, e Sola (1982). Intanto si sposa e si separa da
Riccardo Fogli, partecipa ad alcuni festival e a vari film tra cui
“Delitto sull’autostrada”. Nel 1985 con l’EP L’ANGELO il
pubblico le volta le spalle; pubblica poi, fra gli altri, ESISTO
(1994), una versione imbarazzante di Libertango di Astor
Piazzolla e MADE IN VIRGINIA (2004). Nel 2006 esce il singolo
Barbiturici nel the, scritto da Bruno Lauzi.

PAOLO VALLESI
Cantante di stampo fortemente pop melodico, nato a Firenze
il 18 maggio 1964 e che ha avuto un buon momento di gloria
negli anni ’90. Inizia a studiare piano da bambino e si fa
conoscere nel 1991 con Le persone inutili, che vince nella
categoria “Nuove proposte” a Sanremo, e poi con Le amiche.
L’anno seguente ottiene maggiore popolarità con La forza
della vita che giunge terza al Festival, seguita dall’album
omonimo, che contiene anche Sempre. NON MI TRADIRE del
1994 è ancora un buon successo, confermato da un tour con
Irene Grandi. Sembrerebbe arrivato il momento di un salto di
notorietà ma invece le vendite subiscono una flessione. Nel
1996 incide NON ESSERE MAI GRANDE con Grande, che ha
successo in Spagna, anche per il duetto con Alejandro Sanz.
La miscela di musica leggera e testi che affrontano talvolta
temi sociali (ma sempre con scarsa profondità) mostra ormai la
corda. Vallesi dirada poi la produzione. I dischi successivi
sono SABATO: 17 E 45 (1999), un’antologia con brani di
repertorio riarrangiati (2003) e il singolo La fionda (2005). È
una presenza stabile nella Nazionale Cantanti.

CELSO VALLI
Bolognese, classe ’50, è arrangiatore, produttore e in alcuni
casi autore. Dopo gli studi al Conservatorio e una esperienza
nel jazz si volge verso la dance alla fine degli anni ’70. Nel
campo della canzone, dopo un album per Drupi nel 1977,
l’inizio degli anni ’80 lo vede produttore e arrangiatore al
fianco di Mina (per cui aveva già lavorato a Anche un uomo
nel 1978), a partire da ITALIANA del 1982. Collabora anche con
Marcella (Nell’aria), Raf (Self Control), Ramazzotti (Terra
promessa, Una storia importante, Adesso tu), Matia Bazar (Ti
sento) e altri interpreti e cantautori pop, per i quali confeziona
atmosfere spesso caratteristiche. In breve diviene
richiestissimo. Tra gli album di maggior successo come
arrangiatore, LA VITA È ADESSO di Claudio Baglioni (1985) e
CIELI DI TOSCANA di Andrea Bocelli (2001), venduto in tutto il
mondo, e molti dei lavori di Eros Ramazzotti (come IN CERTI
MOMENTI del 1987) e Vasco Rossi (CANZONI PER ME del 1998).
Tutti artisti con cui continua nel tempo a collaborare, così
come con Giorgia e più recentemente Laura Pausini. Nel corso
della carriera Valli ha arrangiato anche lavori di Morandi,
Irene Grandi, Zero, Graziani, Vanoni, Jannacci, Concato, Bosè
e altri. Un curriculum che gli vale probabilmente la palma di
maggior produttore del pop italiano.

DAVIDE VAN DE SFROOS


Davide Bernasconi, in arte Van De Sfroos, cantautore, poeta
e scrittore, nasce l’11 maggio 1965 a Monza, ma pochissimi
anni dopo la famiglia si trasferisce ad Azzano di Mezzegra, sul
lago di Como, dove vive tutt’ora. Fa esperienza nel gruppo
post punk dei Potage prima di fondare i De Sfroos, vale a dire
“di frodo” nel dialetto tremezzino, proprio della zona, con cui
la nuova formazione decide di esprimersi. Il primo lavoro
della band, CIULANDARI, esce nel 1992 su cassetta, seguito
l’anno seguente dal live VIIF. Il primo successo, seppur locale,
arriva nel 1995 con MANICOMI, che però segna anche l’ultimo
capitolo della formazione, perché di lì a poco il leader se ne
distaccherà per diventare definitivamente Davide Van De
Sfroos. Parallelamente, come Bernasconi, inaugura la carriera
di scrittore con la raccolta di poesie “Perdonato dalle
lucertole” (1997). L’esordio da solista (con la propria etichetta
“Tarantanius”) è del 1999 con l’album BRÈVA & TIVÀN e, l’anno
seguente, con il mini CD PER UNA POMA. Dopo la
pubblicazione, nel 2000, della lunga fiaba in versi (e in
dialetto) “Capitan Slaff”, esce nel 2001 E SEMM PARTII, che
riceve la Targa Tenco per la categoria delle opere in dialetto.
La sua popolarità nell’area lombarda cresce fino alle
proporzioni di un vero fenomeno e inizia a essere conosciuto
nel resto del Paese. A testimoniare l’entusiasmo di cui lo
circonda il suo pubblico c’è il doppio dal vivo LAIV (2002). Nel
2003 pubblica, come Bernasconi, la raccolta di racconti “Le
parole sognate dai pesci” (Bompiani). Nel 2005 esce l’album
di inediti AKUADUULZA e anche il suo primo romanzo, stavolta
firmato Van De Sfroos, “Il mio nome è Herbert Fanucci”. Vero
cantastorie moderno, l’artista lombardo dipinge il microcosmo
paesano in tratti leggendari, usando quello stesso tocco con cui
la mitologia americana ha elevato alla dignità di eroiche le
gesta dei Padri Pellegrini. Anche parte dei modelli musicali
provengono d’Oltreoceano: country e cajun ma anche blues,
ska e reggae.

ORNELLA VANONI
Una ragazza della Milano bene, con tanto di padre
industriale farmaceutico e studi di collegio all’estero, finisce a
cantare canzoni della malavita milanese, per poi diventare una
delle maggiori interpreti del nostro Paese.
Ornella Vanoni nasce il 22 settembre 1934, patisce
l’adolescenza e problemi seri alla colonna vertebrale, finché a
19 anni si iscrive senza convinzione ma con una voce di
particolare intensità all’Accademia d’Arte drammatica del
Piccolo Teatro diretta da Giorgio Strehler, di cui diventa la
prediletta (e con il quale vive un intenso rapporto
sentimentale). Esordisce come attrice nella stagione 1956-57 e
poi come cantante negli intervalli di “I giacobini” di Federico
Zardi, interpretando brani della Rivoluzione francese. Ma poi
Strehler le scrive anche brani nuovi, con Fiorenzo Carpi, Gino
Negri e Dario Fo: sono le cosiddette “canzoni della mala”,
composte sulla scorta dell’esperienza di Brecht-Weill e del
cabaret francese. La ragazza capisce che la sua strada è quella,
le va a cantare al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1959.
Brani come Ma mi (il più noto) del ‘59, ma anche Le
mantellate, Hanno ammazzato il Mario o La zolfara
(quest’ultima scritta da Fausto Amodei e Michele Straniero dei
Cantacronache) le fruttano una certa notorietà ma anche
ostracismi perché trattano storie di delinquenza. Sono
pubblicati a partire dal 1958 con gli EP LE CANZONI DELLA
MALAVITA (che contiene Saint-Lazare, Jenny delle spelonche,
Senti come la vusa la sirena, Canto dei carcerati calabresi ed
è il primo EP di musica leggera della Ricordi) e LE CANZONI
DELLA MALAVITA 2 e su vari 45 giri. La curiosità intorno
all’artista cresce di pari passo a quella sulla provenienza delle
canzoni, in alcuni casi spacciate come composizioni di
anonimo: diventeranno patrimonio della nostra canzone
d’autore, cantate anche da Jannacci, Milly e Milva.
Chiusa l’esperienza con Strehler, la Vanoni apre quella con i
giovanissimi cantautori italiani in forza alla Ricordi, in
particolare Gino Paoli, altra figura determinante per lei e per
l’ampliamento del repertorio. Il primo 45 giri con le canzoni di
Paoli è del 1961 e comprende Me in tutto il mondo e Però ti
voglio bene, ma il successo commerciale arriva poco dopo con
Senza fine, un classico ma anche un brano particolare per
l’epoca con quel suo incidere circolare, quasi ipnotico. Sul
retro, Se qualcuno ti dirà con Luigi Tenco al sax. Di Paoli (con
cui nasce anche una relazione) negli anni arrivano tra le altre
Anche se (’62) e Che cosa c’è (’63). Ma il 1961 è un anno
importante anche su un altro versante: la Vanoni partecipa a
“Canzonissima” con Cercami e pubblica il primo album,
ORNELLA VANONI, una sorta di spartiacque: nella prima facciata
annovera sei canzoni della mala, nella seconda sei canzoni
d’amore. Nel 1963 partecipa, con Aldo Fabrizi e Nino
Manfredi, alla commedia musicale “Rugantino” di Garinei,
Giovannini e Trovaioli, che nel 1964 arriverà fino a
Broadway; da qui trae il 45 Roma nun fa’ la stupida stasera /
È l’omo mio e l’EP RUGANTINO. Poi torna a concentrarsi sulla
canzone con molti 45 giri: nel 1964 con Tu si’ ‘na cosa grande
vince il Festival di Napoli in coppia con l’autore Domenico
Modugno, mentre Abbracciami forte e Io ti darò di più nel ’65
e ’66 coincidono con l’esordio a Sanremo e sono i suoi
maggiori successi del periodo. Del 1966 è anche l’impegno a
“Studio Uno” che le apre le porte della TV, in cui sarà
protagonista fino agli anni ’70.
L’album ORNELLA VANONI del 1967 chiude il rapporto con la
Ricordi: sarà con l’Ariston che arriveranno nuove importanti
affermazioni, a partire da La musica è finita (di Nisa, Franco
Califano e Umberto Bindi), presentata a Sanremo, e Tristezza,
che le porta notorietà anche in Sudamerica. Entrambe le
canzoni, del 1967, grazie alla capacità dell’artista di utilizzare
il tipico timbro nasale fanno risaltare la sensualità
dell’interpretazione, elemento già in parte presente in passato e
che sarà caratterizzante nel futuro, accompagnandosi presto
anche con il modo seduttivo di proporsi e vestire. Dopo un
altro fortunato Festival nel ’68 con Casa bianca (brano dalle
complicate vicissitudini editoriali), l’incoronazione come
“signora della canzone d’autore” arriva con un recital al Lirico
di Milano, seguito da AI MIEI AMICI CANTAUTORI del 1969 e IO
Sì - AI MIEI AMICI CANTAUTORI N. 2 del 1970, album che
raccolgono brani di Modugno, Bindi, Paoli, Tenco, Endrigo,
Lauzi ma anche del repertorio d’autore napoletano, francese e
americano, per gli arrangiamenti sofisticati di Pino Calvi. Da
qui l’interprete milanese sposerà successo e definitivo
affrancamento dai moduli più stantii della canzone, avviando
un’opera di innovazione nella musica del nostro Paese in
qualche modo parallela a quella di Mina (“Lei ha rotto lo
schema della canzone italiana con la gioia, io l’ho rotto con la
cultura”, ha affermato la Vanoni).
Mentre firma in prima persona Una ragione di più, altro
pezzo forte del suo repertorio, nel 1971 registra il live AH!
L’AMORE L’AMORE QUANTE COSE FA FARE L’AMORE (titolo ancora
tenchiano) che fotografa il momento felice e uno dei suoi
recital teatrali del periodo, che arriva fino all’Olympia di
Parigi. Intanto escono su 45 giri L’appuntamento (un pezzo di
Roberto Carlos tradotto da Bruno Lauzi) e Domani è un altro
giorno, che accrescono ulteriormente la sua popolarità. Nel
1972 UN GIOCO SENZA ETà trae il titolo da un brano dei Genesis
(White Mountain, da TRESPASS) tradotto da Claudio Rocchi,
uno dei pochi casi di cantautore della nuova generazione (in
questo caso d’ambito rock) disposto ad affidare a interpreti
puri come la Vanoni proprie creazioni. Altri esempi sono
quelli di Roberto Vecchioni e La canzone di Olaf o Riccardo
Cocciante, di cui la Vanoni avrebbe voluto cantare Bella
senza’anima mutandola in Corpo senz’anima. Interpreterà
invece Canto popolare. Nel 1973 Dettagli e l’LP omonimo
sono nuovi successi, insieme a ORNELLA VANONI E ALTRE STORIE
gli ultimi per la Ariston, visto che nel 1974 la Vanoni fonda
una propria etichetta, la Vanilla, per la quale escono A UN
CERTO PUNTO, LA VOGLIA DI SOGNARE e nel 1975 UOMO MIO
BAMBINO MIO (tutti con buoni riscontri). Intanto è apparso un
nuovo personaggio di grande rilievo per il suo percorso, il
produttore e autore Sergio Bardotti, che nel 1976 le costruisce
uno dei suoi dischi più importanti, LA VOGLIA, LA PAZZIA,
L’INCOSCIENZA E L’ALLEGRIA, che segna l’incontro con il Brasile
di Vinicius de Moraes e Toquinho. Più (dall’album omonimo)
è invece poco più che un giochino, canzoncina orecchiabile e
di grande successo commerciale giocata sulle due voci della
Vanoni e di Gepy.
Seguono altri album, fra cui la serie OGGI LE CANTO COSÌ,
che ripercorre il suo repertorio in quattro volumi fino al 1982.
Nel 1981 riceve il Premio Tenco. Con gli anni ’80 passa alla
CGD, per la quale incide la splendida trilogia diretta da
Bardotti – RICETTA DI DONNA, DUEMILATRECENTOUNO PAROLE e
UOMINI (Targa Tenco nella sezione “Interpreti”) –, con brani di
una certa diffusione come Musica, musica e Vai Valentina, ma
soprattutto con vari testi scritti in prima persona con ottimi
risultati. Molte in questi dischi le collaborazioni, da Lucio
Dalla a Ivano Fossati (che scrive con lei Carmen e le produrrà
O nel 1987) fino a Fabrizio De André che traduce con Bardotti
Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen in La famosa volpe
azzurra (in origine pensata per Dori Ghezzi). Il 1985 è l’anno
del ritorno al teatro e poi, con Paoli, di un grande tour e un
doppio disco live (INSIEME) che rilanciano entrambi, mentre
nel 1986 esce l’ambizioso ORNELLA &…, altro progetto di
Bardotti, un doppio album di classici italiani e internazionali
registrato negli USA con stelle del jazz mondiale come Herbie
Hancock, Gerry Mulligan, George Benson e Gil Evans. Nel
1989 c’è il ritorno a Sanremo con Io come farò, scritta da Paoli
come tutto IL GIRO DEL MIO MONDO.
Nei primi anni ’90 la Vanoni, affiancata come produttore da
Mario Lavezzi, realizza album dai suoni luminosi e morbidi:
QUANTE STORIE (con una maiuscola versione, quasi
esclusivamente vocale, di La costruzione di un amore di
Fossati), STELLA NASCENTE (dalla bella title track) e
SHEHERAZADE. ARGILLA del 1997 è invece prodotto da Beppe
Quirici e contiene anche cover internazionali. Le vendite in
calo non scalfiscono la statura di interprete e di personaggio
della Vanoni, che nel 1999 torna a Sanremo come ospite di
Enzo Gragnaniello in Alberi, inserita nel live ADESSO come
anche Isola, uno splendido brano di Riuychi Sakamoto
tradotto da Samuele Bersani.
Il nuovo secolo si apre con la collaborazione con i Delta V
per il brano Infinito e per un tour. In questi anni è evidente la
difficoltà a trovare un valido repertorio inedito, tanto che gli
album seguenti sono costituiti da rifacimenti. Nel 2001,
prodotti di nuovo da Lavezzi, escono due dischi più che
dignitosi e fratelli sin dai titoli, UN PANINO, UNA BIRRA E POI e E
POI LA TUA BOCCA DA BACIARE, dedicati a cover degli anni ’60 e
’70, ma senza cedimenti alla nostalgia. Nel primo, più brioso,
svetta una Dio è morto dedicata alla generazione no global con
cameo dell’autore Guccini. SOGNI PROIBITI del 2002 è invece
un album sfuocato, comprendente composizioni storiche di
Burt Bacharach e imposto dalla casa discografica, come la
Vanoni non si fa problemi a precisare nella conferenza stampa
di presentazione, confermando un carattere genuino e
spigoloso. A metà decennio c’è un altro incontro con Gino
Paoli per i reciproci 70 anni, che sfocia in un tour, un album di
inediti (TI RICORDI? NO, NON MI RICORDO, che mostra un po’ la
corda), uno dal vivo e un libro di Enrico de Angelis (“Noi due,
una lunga storia”) per Mondadori. Deus ex machina è ancora
Bardotti, che di lei ha detto: “Sempre la stessa, a seminare
problemi già risolti, a rendersi la vita difficile, a inventare
draghi e cime impervie e irraggiungibili e tac! a risolvere tutto
con due note di velluto, seta e raso antichi e finissimi, come
non se ne fabbricano più”. (e.d.a.)
DISCOGRAFIA

ORNELLA VANONI (Ricordi 1961)


LE CANZONI DI ORNELLA VANONI (Ricordi 1963)
CALDO (Ricordi 1965)
ORNELLA (RICORDI 1966)
ORNELLA VANONI (Ariston 1968)
AI MIEI AMICI CANTAUTORI (Ariston 1969)
IO SÌ: AI MIEI AMICI CANTAUTORI 2 (Ariston 1970)
AH! L’AMORE L’AMORE QUANTE COSE FA FARE L’AMORE (Ariston
1971, dal vivo)
UN GIOCO SENZA ETÀ (Ariston 1972)
DETTAGLI (Ariston 1973)
ORNELLA VANONI E ALTRE STORIE (Ariston 1973)
A UN CERTO PUNTO (Vanilla 1974)
LA VOGLIA DI SOGNARE (Vanilla 1974)
QUEI GIORNI INSIEME A TE (Vanilla 1974)
UOMO MIO BAMBINO MIO (Vanilla 1975)
LA VOGLIA LA PAZZIA L’INCOSCIENZA E L’ALLEGRIA (Vanilla
1976, a nome Ornella Vanoni, Vinicius de Moraes,
Toquinho)
PIÙ (Vanilla 1976)
IO DENTRO (Vanilla 1977)
IO DENTRO IO FUORI (Vanilla 1977)
VANONI (Vanilla 1978)
OGGI LE CANTO COSÌ 1 (Vanilla 1979, antologia con nuove
incisioni)
OGGI LE CANTO COSÌ 2 (Vanilla/CGD 1980, antologia con
nuove incisioni)
RICETTA DI DONNA (CGD 1980)
DUEMILATRECENTOUNO PAROLE (CGD 1981)
OGGI LE CANTO COSÌ 3 – LE CANZONI DELLA MALA
(Vanilla/CGD 1982, antologia con nuove incisioni)
OGGI LE CANTO COSÌ 4 (Vanilla/CGD 1982, antologia con
nuove incisioni)
UOMINI (CGD 1983)
INSIEME (CGD 1985, doppio dal vivo con Gino Paoli)
ORNELLA &… (CGD 1986, doppio)
O (CGD 1987)
II GIRO DEL MIO MONDO (CGD 1989)
QUANTE STORIE (CGD 1990)
STELLA NASCENTE (CGD 1992)
IO SONO COME SONO (Replay 1995, antologia con inediti)
SHEHERAZADE (CGD 1995)
ARGILLA (CGD 1997)
ADESSO (CGD 1999, dal vivo)
UN PANINO, UNA BIRRA E POI (CGD 2001)
E POI LA TUA BOCCA DA BACIARE (Sony 2001)
LIVE @ RTSI (S4/Sony 2001, dal vivo, concerto del 1982)
SOGNI PROIBITI (Sony 2002)
TI RICORDI? NO, NON MI RICORDO (Sony 2004, con Gino Paoli)
VANONIPAOLI LIVE (Sony 2005, doppio dal vivo con Gino
Paoli)
AI MIEI AMICI CANTAUTORI. Grandi esempi della miglior
canzone d’autore: João Gilberto, Becaud, Carmichael,
Aznavour, Brel, Beatles, Modugno, Lauzi, Paoli, Bindi,
Endrigo. E il Tenco di Mi sono innamorata di te, di cui la
Vanoni offre una versione molto personale, grazie a versi
come “mi sono innamorata di te/ perché non avevo niente
da fare” e “la notte ti vengo a cercare” che, già
anticonformisti se cantati da un uomo, interpretati da una
donna divengono affermazione di emancipazione ancora più
forte.
LA VOGLIA LA PAZZIA L’INCOSCIENZA E L’ALLEGRIA. La
miglior musica latinoamericana era già filtrata nel repertorio
della Vanoni, ma qui può esprimersi in un progetto
organico. Prodotto da Sergio Bardotti e realizzato con
Vinicius de Moraes e Toquinho, i cui nomi compaiono in
copertina insieme a quello della Vanoni, l’album vive di
molti registri, dai più intimisti ai più aperti. Una manciata di
magnifiche canzoni, incise quasi live. Irresistibile la title
track, ispirate Samba in preludio e Samba della rosa.
UOMINI. Album decisamente cantautorale: per le atmosfere,
per l’autobiografismo e perché firmato in gran parte dalla
Vanoni per i testi. Carnale in Lupo e Il marinaio (vedi il
crescendo di “ed io l’avrei bevuto/ l’avrei voluto sopra
come un toro infuriato/ ma il coraggio mi mancava/ e da
sotto la sottana/ capivo quanto fosse un angelo ed io/
vergine puttana”), solare e malinconica in Rabbia, libertà,
fantasia, sospesa nei ricordi d’infanzia in La discesa e poi il
mare di Giorgio Conte.

ROBERTO VECCHIONI
Cantautore estremamente autobiografico, porta in canzone
un mondo ricco di immagini mitologiche e letterarie,
rappresentando i diversi aspetti di un quotidiano sia personale
che collettivo, inteso singolarmente o in rapporto a una figura
di donna a lungo inseguita e mai completamente raggiunta.
Figlio di genitori napoletani, nasce a Carate Brianza il 25
giugno 1943 e nel 1968 consegue la laurea in Lettere antiche,
grazie alla quale insegna Latino e Greco nei licei per più di
trent’anni. Contemporaneamente agli studi, oltre a esordire in
prima persona con il 45 giri La pioggia e il parco / Un disco
scelto a caso (1968) e a intraprendere una breve esperienza nel
cabaret, comincia a scrivere canzoni come autore, quasi
sempre in coppia con Renato Pareti o Andrea Lo Vecchio, per
decine di cantanti, come Betty Curtis, Tony Dallara, Ornella
Vanoni, Iva Zanicchi, Gigliola Cinquetti, Bruno Lauzi, Fausto
Leali, Little Tony, Gianni Morandi, Bobby Solo, fino al
successo con i Nuovi Angeli nel 1972 con Donna Felicità,
Uakadì uakadù e Singapore.
Nel 1971 pubblica il primo album, PARABOLA, in cui trova
posto anche una composizione di qualche anno prima, scritta
con Lo Vecchio, Luci a San Siro, storia di un amore rincorso
nella nebbia intorno allo stadio di Milano e tra le ipocrisie
dell’ambiente discografico. Diverrà il suo brano forse più noto
(Francesco Guccini dirà: “Maledizione, perché non l’ho scritta
io?”). Al successo come paroliere, però, non corrisponde
quello come cantautore, nemmeno dopo SALDI DI FINE
STAGIONE del 1972. La partecipazione al Festival di Sanremo
dell’anno successivo con L’uomo che si gioca il cielo a dadi
gli porta una prima notorietà, anche se effimera, tanto che
l’album successivo, IL RE NON SI DIVERTE – che si presenta con
una veste più cantautorale rispetto ai precedenti e segna
l’inizio della collaborazione con il produttore Michelangelo
Romano, che caratterizzerà gli anni successivi fino a
IPPOPOTAMI – vende molto meno della canzone di Sanremo. Il
pubblico che Vecchioni cerca non è quello legato al Festival,
ma quello che scopre, sempre a Sanremo, nel 1974, nel corso
della “Rassegna della canzone d’autore” organizzata dal Club
Tenco per la prima volta. Lì trova la sua dimensione ideale,
tanto da essere l’unico cantautore a partecipare a tutte le
edizioni. Intanto si va affievolendo l’attività come autore,
nonostante il buon successo di Tornerai tornerò (1975), scritta
per gli Homo Sapiens, e le canzoni del noto cartone animato
“Barbapapà”, incise in prima persona con il coro di bambine
Le Mele Verdi.
Nel 1975 vede la luce IPERTENSIONE, l’album che segue
l’imprinting del Tenco nonché primo di quattro dischi –
insieme a ELISIR, SAMARCANDA e CALABUIG, STRANAMORE E
ALTRI INCIDENTI – che formeranno il nocciolo del suo percorso
artistico. Il linguaggio diventa più diretto e asciutto sia nei
testi, venati di ironia, che negli arrangiamenti. Il cambiamento
è riassunto in Pesci nelle orecchie, che chiude il primo disco,
in cui il cantautore milanese si pone di fronte al suo percorso
umano e artistico con una coscienza e una consapevolezza
nuove. Sulla stessa linea, ma in crescendo, l’anno dopo arriva
ELISIR, incentrato sul tema del viaggio, espresso direttamente
in Un uomo navigato e in Velasquez e indirettamente in Pani e
pesci e in A.R., che racconta, non senza immedesimazione, la
fuga di Arthur Rimbaud dal mondo. Ma si viaggia anche
attraverso gli stili e le forme musicali, quasi tutti traslati
dall’ascolto della musica americana di cui molti, in quegli
anni, subiscono il fascino. Nel 1977 arriva SAMARCANDA, che
gli dà il grande successo, trainato dal brano omonimo, una
parabola sulla morte musicalmente molto simile a Dance,
Dance, Dance di Neil Young. L’anno seguente è la volta di
CALABUIG, STRANAMORE E ALTRI INCIDENTI, ispirato a figure e
atmosfere di stampo cinematografico: “Calabuig” di Luis
Berlanga e “Stranamore” di Stanley Kubrick. Contiene Ninni e
A te, tra i brani più intensi del cantautore.
Il 17 agosto 1979 Vecchioni viene arrestato e detenuto nel
carcere di Marsala per tre giorni, accusato di aver passato uno
spinello a un ragazzo dopo un concerto in Sicilia: sarà
completamente scagionato. Da questa esperienza prendono
vita Lettera da Marsala, Vorrei e soprattutto Signor giudice,
una sottile presa in giro di certa magistratura e canzone
portante del nuovo LP. Il disco è ispirato fin dal titolo a un
personaggio letterario, Robinson, e si avvale di una copertina
disegnata da Andrea Pazienza, che realizzerà anche quelle dei
dischi successivi, fino a IL GRANDE SOGNO. Vecchioni collabora
intanto ai testi di CALIFORNIA, album della giovane Gianna
Nannini. Nel 1980 esce MONTECRISTO, ancora un personaggio
preso dalla letteratura, ma questa volta il lavoro è meno
ispirato. L’album è quasi completamente incentrato sul tema
del distacco: dalla moglie, da cui si sta separando (Montecristo
e La strega), quindi dalla figlia (Canzone da lontano), dalla
madre (Madre), da se stesso (Ciondolo), e soprattutto, vista la
fine del suo matrimonio, dalle donne (La città senza donne).
Due anni più tardi Vecchioni pubblica HOLLYWOOD
HOLLYWOOD, in cui diversi sono i riferimenti al cinema nella
canzone omonima, mentre Ricetta di donna (brano non suo,
ripreso da un album di Ornella Vanoni) in coda cita il tema di
Nino Rota da “8 e mezzo” di Federico Fellini. Ma tutto il disco
ha una scansione cinematografica. L’album metabolizza la fine
della relazione con la moglie, che traspare in tutte le canzoni,
tra le quali spiccano Sestri Levante e Dentro gli occhi.
Dopo aver ricevuto il Premio Tenco nel 1983, l’anno
seguente Vecchioni pubblica IL GRANDE SOGNO, doppio album
in cui confluisce, riveduta e corretta, una parte della sua
produzione insieme a brani inediti. Nel 1985 BEI TEMPI segna
l’inizio di una nuova fase del suo percorso artistico, con una
scrittura più lineare e meno sofferta, dovuta anche alla
ritrovata serenità sentimentale (vedi La mia ragazza). Il nucleo
del disco è in uno splendido dittico in cui la voce di Ornella
Vanoni, in forma di stornello, introduce il tema della prima
crociata (Gastone e Astolfo). La risposta di Vecchioni, che
narra dell’amore contrastato tra due crociati
(Millenovantanove), dimostra come in certe atmosfere e
trattando certi temi il “Professore” riesca a raggiungere i
momenti migliori. In questo periodo torna temporaneamente
all’attività di autore, firmando i testi del disco omonimo di
Anna Oxa (in cui il brano A lei viene portato a Sanremo) nel
1985 e di Domandalo al cuore di Red Canzian dei Pooh nel
1986. Nello stesso anno pubblica IPPOPOTAMI, in cui con
Mauro Paoluzzi (arrangiatore e in alcuni casi coautore delle
musiche) e Michelangelo Romano (produttore), i due storici
collaboratori, dà una veste elettronica alle canzoni. All’album
è allegata una cassetta contenente quelli che vengono definiti
“Appunti, intervalli, prove, provini e frammenti”. Il disco può
essere considerato di passaggio, mentre MILADY del 1989 (con
Leonard Cohen, Alessandro e il mare e Gli anni) e PER AMORE
MIO del 1991 (interamente dedicato a una visione onirica
dell’esistenza) sono buoni album. Al primo partecipa Maurizio
Vandelli (Certezze), all’altro Andrea Mirò (Tema del soldato
eterno e degli aironi) e Francesco Nuti, con il quale Vecchioni
duetta in Quelli belli come noi. Nel 1992 il cantautore pubblica
l’album dal vivo CAMPER, che comprende l’inedita Voglio una
donna (accusata di maschilismo), mentre escono due pregevoli
volumi: per Arcana la biografia “Voci a San Siro” di Sergio
Secondiano Sacchi, con CD allegato con brani inediti, e per
Claudio Lombardi Editore “Roberto Vecchioni. Le canzoni” di
Anna Caterina Bellati e Paolo Jachia (quest’ultimo nel 2001
darà alle stampe anche “Le donne, i cavalier, l’arme, gli
amori” per Fratelli Frilli Editori). L’anno seguente, in
BLUMÚN, aperto e chiuso dalla voce di Gene Gnocchi, il sogno
prende finalmente forma: Vecchioni guarda in faccia la realtà e
si compiace della sua serenità di uomo e di artista. Nel 1995
incide IL CIELO CAPOVOLTO, in cui compare Le lettere d’amore,
ispirata a Fernando Pessoa, e la canzone omonima. Da qui
l’attività di cantautore si intreccia con quella di scrittore, a
partire dalla raccolta di racconti “Viaggi nel tempo immobile”
(1996), a cui fanno seguito (tutti per Einaudi) i romanzi “Le
parole non le portano le cicogne” (2000), “Il libraio di
Selinunte” (2004) e le favole del “Diario di un gatto con gli
stivali” (2006). Riprende anche il ruolo di autore per Angelo
Branduardi, Patty Pravo e Stadio, mentre nel 1997 incide EL
BANDOLERO STANCO, un album esistenziale dove comincia a
contemplare il tempo che passa e la presenzaassenza di Dio. I
brani centrali, infatti, sono La stazione di Zima e Canto
notturno (di un pastore errante dell’aria). La title track
diviene estremamente popolare, uno dei picchi in una carriera
dal successo solido ma quasi mai eclatante. Nel 1999,
cercando di trovare un equilibrio tra la realtà e il sogno, scrive
SOGNA, RAGAZZO SOGNA. Come simbolo di questa continua
ricerca sceglie Alda Merini, a cui dedica un brano. In CANZONI
E CICOGNE, disco dal vivo, traduce Vincent di Don McLean.
Intanto nel 2000 tiene un corso, all’Università di Torino, sulle
“Forme di poesia in musica” che prosegue per tre anni. Nel
2002 nell’album IL LANCIATORE DI COLTELLI – che si avvale
degli arrangiamenti e della produzione di Mauro Pagani come
il successivo – abbandona in parte i simboli per affrontare
aspetti diversi della storia recente, pubblica e privata, come il
conflitto arabo-palestinese, Dio, l’omosessualità, il conflitto
generazionale, le mistificazioni del potere e la morte nella
toccante Viola d’inverno. Nel 2004, ROTARY CLUB OF MALINDI
segna la scoperta del continente africano, capace di fungere al
contempo da cura dell’anima e da fonte di ispirazione. L’anno
dopo esce IL CONTASTORIE, disco live in versione acustica e
jazzata tratto da un tour con Patrizio Fariselli (pn.) e Paolino
Dalla Porta (cb.). (a.l.p.)
DISCOGRAFIA

PARABOLA (Ducale 1971)


SALDI DI FINE STAGIONE (Ducale 1972)
L’UOMO CHE SI GIOCA IL CIELO A DADI (Ducale 1973, antologia
con tre inediti)
IL RE NON SI DIVERTE (Ducale 1973)
BARBAPAPÀ (Philips 1975, a nome Roberto Vecchioni e Le
Mele Verdi)
IPERTENSIONE (Philips 1975)
ELISIR (Philips 1976)
SAMARCANDA (Philips 1977)
CALABUIG, STRANAMORE E ALTRI INCIDENTI (Philips 1978)
ROBINSON, COME SALVARSI LA VITA (Ciao Records 1979)
MONTECRISTO (Philips 1980)
HOLLYWOOD HOLLYWOOD (CGD 1982)
IL GRANDE SOGNO (CGD 1984, doppio, in parte con brani
editi in nuove esecuzioni)
BEI TEMPI (CGD 1985)
IPPOPOTAMI (CGD 1986, prima edizione con musicassetta
inedita allegata)
MILADY (CGD 1989)
PER AMORE MIO (EMI 1991)
CAMPER (EMI 1992, doppio dal vivo con inediti)
BLUMÚN (EMI 1993)
IL CIELO CAPOVOLTO (EMI 1995)
EL BANDOLERO STANCO (EMI 1997)
VECCHIONI STUDIO COLLECTION (EMI 1997, doppia antologia
con un inedito)
SOGNA, RAGAZZO SOGNA (EMI 1999)
CANZONI E CICOGNE (EMI 2000, doppio dal vivo con inediti)
LIVE @ RTSI (S4/Sony Music 2001, dal vivo, registrato nel
1983)
IL LANCIATORE DI COLTELLI (EMI 2002)
ROTARY CLUB OF MALINDI (Sony Music 2004)
IL CONTASTORIE (Universal 2005, dal vivo con un inedito e
libro allegato)
IL RE NON SI DIVERTE. Il primo passo verso una propria
identità musicale. Grazie anche alla collaborazione di Tony
Esposito e di Mario D’Amora, che apportano una maggiore
freschezza musicale, prende forma un disco che riesce
finalmente a non essere soltanto un insieme di canzoni, ma
assume una sua fisionomia unitaria. Riceve il Premio della
critica discografica come miglior album dell’anno.
SAMARCANDA. Su tutto il disco aleggia il tema della morte e
del destino al quale non si può sfuggire, reso attuale nella
vita di Roberto Vecchioni dalla scomparsa del padre. Il
violino che accompagna la “danza della morte” di
Samarcanda è suonato da Angelo Branduardi. Fra le altre
canzoni dell’album, Due giornate fiorentine e L’ultimo
spettacolo.
IL GRANDE SOGNO. Avvolte in un tappeto sonoro che le
collega tra di loro, le canzoni vecchie e nuove si
trasformano in una sorta di suite, frammiste alle poesie
scritte per l’occasione. Il tutto è arricchito dalla presenza
vocale di Ornella Vanoni in Dentro gli occhi, dall’armonica
di Francesco De Gregori in Il grande sogno e dal sax di
Enzo Avitabile. Il disco esce anche in una versione
comprensiva di un libro che contiene poesie, racconti e i
testi delle canzoni. Il progetto prevede anche un lungo video
girato negli Stati Uniti.

ANTONELLO VENDITTI
Cantautore tra i più controversi, sia per la stampa sia per
parte del pubblico, e fra i più amati, nasce a Roma l’8 marzo
1949 in una famiglia della medio-alta borghesia. Da ragazzo
prende lezioni di pianoforte per qualche tempo mentre, grazie
a uno zio, si appassiona all’honky tonk che influisce sul suo
modo di suonare; scrive quindi le prime canzoni, fra cui Roma
capoccia e Sora Rosa. Dopo le superiori si iscrive alla facoltà
di Giurisprudenza e dal 1969 inizia a frequentare assiduamente
vari locali romani, soprattutto il fondamentale Folkstudio,
esordendo come coautore in un 45 giri delle Impressioni, un
gruppo di base romano. Al Folkstudio conosce Francesco De
Gregori, con il quale compie un tour in Ungheria patrocinato
dalla federazione giovanile del Partito comunista. I due, sotto
contratto per la piccola etichetta IT, incidono insieme
THEORIUS CAMPUS (1972), l’album di Roma capoccia, che dà
subito notorietà a Venditti, assumendo i caratteri della
“canzone popolare”, sorta di ultimo anello della canzone
tradizionale romana, tanto popolare da diventare di tutti e
staccarsi dal suo autore. Il quale nello stesso periodo produce I
Love You Maryanna / Jacqueline, 45 giri di Kammamuri’s
(alias di Rino Gaetano) e LA MIA DONNA di Giorgio Lo Cascio.
Vocalmente potente e con un timbro riconoscibilissimo, nel
1973 Venditti pubblica L’ORSO BRUNO e poco dopo lo scarno
LE COSE DELLA VITA, contenente la nota canzone omonima. È il
primo album per la RCA, che le discrete vendite – il disco
viene registrato in tre notti e subito pubblicato –
contribuiscono a salvare da un momento di crisi finanziaria.
Nel 1974 è la volta di QUANDO VERRÀ NATALE, che comprende
brani come Campo de’ fiori, Marta e A Cristo per la quale
Venditti riceve una denuncia (infondata) per vilipendio alla
religione. Le canzoni di questi dischi attingono musicalmente
a diverse fonti, tra alcune rimembranze della canzone anni ’60,
la tradizione folk, la lezione di Elton John, gli arrangiamenti
talvolta appesantiti da ridondanze di archi e un pianismo
grezzo e incisivo. Anche i testi (alcuni in dialetto) toccano
tematiche varie, specie a carattere sociopolitico, e inaugurano
il legame affettivo, che diventerà una costante, con la propria
città (anche con Roma, non si discute si ama, dedicata alla
squadra giallorossa).
Una crescita sia espressiva sia di popolarità si ha con LILLY
(1975), album equilibrato e con alcuni classici del cantautore
come Compagno di scuola e la title track. L’LP arriva al
vertice della classifiche, insieme a un disco di De Gregori,
RIMMEL, nel quale compare Pianobar, un brano spesso
erroneamente considerato come dedicato a Venditti. Il quale
collabora poi a I LUPI di Ivan Graziani, che ricambia
partecipando al suo ULLALLA (1976), disco cupo e poco
considerato ma con brani di valore come Canzone per Seveso,
Maria Maddalena, Per sempre giovane (che nel finale cita
Born To Run di Springsteen) e Jodi e la scimmietta (che viene
richiesta da Jackson Browne per farne una versione in inglese,
con incomprensibile rifiuto della RCA). Poco dopo Venditti
compone con Lucio Dalla alcuni brani per il film satirico
“Signore e signori buonanotte” (nell’episodio di Nanni Loy).
Con SOTTO IL SEGNO DEI PESCI (1978) e BUONA DOMENICA
(1979) il successo diviene notevole; in quest’ultimo,
commercializzato con copertine di quattro colori differenti, si
trova la celebre Modena con lo struggente dialogo della voce
con il sax del jazzista Gato Barbieri, ma anche Stai con me,
Robin, la title track. Con quest’album si instaura un doppio
binario – canzoni raffinate e altre più orecchiabili in unica
soluzione – che dà adito ad accuse di opportunismo e di
commercialità. Il cantautore produce intanto MARABEL di
Massimo Bubola e compone brani per uno sceneggiato TV,
confluiti poi in ADDAVENÌ (QUER GIORNO E QUELLA SERA), per
l’interpretazione di Adriana Asti e Ninetto Davoli. Dopo un
lungo rapporto con Michelangelo Romano, Venditti inaugura
la collaborazione con il produttore Alessandro Colombini per
SOTTO LA PIOGGIA (1982), che contiene un gioiello come
Fellini.
Con il 1983 e un famoso concerto per celebrare lo scudetto
della Roma presso il Circo Massimo (da cui viene tratto un
live con Grazie Roma, brano popolarissimo), Venditti svolta
verso una musicalità più aperta che contraddistingue CUORE
(1984), uno dei suoi migliori album, i cui titoli più noti sono
Ci vorrebbe un amico, Stella e Notte prima degli esami, uno
dei molti ricordi nostalgici tipici di Venditti, sia personali sia
legati alla recente storia italiana. La produzione del 45 giri di
Goran Kuzminac Dove sei quando non ci sei (1984) e un altro
live, CENTOCITTÀ (1985), precedono VENDITTI E SEGRETI (con
Giulio Cesare, Peppino, Settembre) e la colonna sonora per il
film “Troppo forte” (1986) dell’amico Carlo Verdone. La fine
del decennio è contrassegnata da una triade di lavori che
determinano una fortuna ancora maggiore: IN QUESTO MONDO
DI LADRI (1988), BENVENUTI IN PARADISO (1991) e PRENDILO TU
QUESTO FRUTTO AMARO (1995), con la cover di Bitter Fruit di
Little Steven. Sono anni caratterizzati da una enorme affluenza
ai concerti, documentati dal live DA SAN SIRO A SAMARCANDA
del 1992, lo stesso anno in cui Francesco Baccini scrive
l’ironica Antonello Venditti. La svolta pop, ora evidente anche
nella tipologia dei suoni e degli arrangiamenti, diluisce anche
l’approccio alle problematiche sociali, che diventa più
generico. La mutazione sul piano artistico è confortata da
vendite altissime, anche per una serie di canzoni d’amore che
conquistano il grande pubblico come Ricordati di me, Amici
mai, Alta marea, Ogni volta.
Nel 1997 Venditti registra con la Bulgarian Symphony
Orchestra di Sofia ANTONELLO NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE
(1997), una stucchevole rilettura in chiave sinfonica delle sue
canzoni orchestrate da Renato Serio, con l’inedita Ho fatto un
sogno, composta con Ennio Morricone e Sergio Bardotti. Nel
1988, insieme a Renato Zero, l’artista romano scrive e canta il
testo di Foto di gruppo su una musica di Ivan Graziani; il
brano è inserito nell’antologia sul cantautore scomparso PER
SEMPRE IVAN. Del 1999 è il poco riuscito GOODBYE NOVECENTO,
che rispetto ai precedenti album ottiene esiti inferiori di
vendite, mentre CIRCO MASSIMO 2001, un altro live, celebra il
terzo scudetto della Roma. Intanto nasce un sito Internet non
ufficiale ma documentatissimo: www.solegemello.net/
venditti.htm. Il successo di massa del decennio trascorso è
complessivamente in declino ed ha convissuto malamente con
le vere qualità del cantautore, che torna in parte sui propri
passi con il bel CHE FANTASTICA STORIA è LA VITA (2003), che
comprende fra le altre Io e mio fratello, cantata e scritta con
De Gregori, e Ruba, un brano composto nel 1967 e girato poi a
Mia Martini (Venditti durante la sua carriera ha scritto anche
per Patty Pravo, Michele Zarrillo e Milva). Nel 2004 esce il
disco dal vivo CAMPUS LIVE: l’assenza del pianoforte, dello
spolverino con cappello, ma soprattutto una veste più rock con
ben tre chitarristi, caratterizzano un rinnovato desiderio di
mettersi in gioco. Parte in seguito un lungo tour in Italia, con
una scaletta che tenta di accordare un pubblico che oramai non
solo copre diverse generazioni, ma che parte da differenti
presupposti musicali. Venditti ha dichiarato: “Tendenzialmente
mi sto sulle scatole, non mi piaccio. E quindi il fatto di non
piacersi ti fa anche cambiare, nel tentativo di migliorare. Poi
magari invece uno peggiora e non lo sa. Anche se per me tutto
quello che c’è stato dopo il Folkstudio mi sembra una
stronzata, una cosa del tutto casuale. La verità sta lì e rimane
là”. (a.re.)
DISCOGRAFIA

THEORIUS CAMPUS (IT 1972, con Francesco De Gregori)


L’ORSO BRUNO (IT 1973)
LE COSE DELLA VITA (RCA 1973)
QUANDO VERRà NATALE (RCA 1974)
DAL VIVO - BOLOGNA 2 SETTEMBRE 1974 (RCA 1975, dal vivo
con Lucio Dalla, Francesco De Gregori e Maria Monti)
LILLY (RCA 1975)
ULLALLA (RCA 1976)
SOTTO IL SEGNO DEI PESCI (Philips 1978)
BUONA DOMENICA (Philips 1979)
SOTTO LA PIOGGIA (Heinz Music 1982)
CIRCO MASSIMO (Heinz Music 1983, dal vivo con un brano
inedito)
CUORE (Heinz Music 1984)
CENTOCITTÀ (Heinz Music 1985, doppio dal vivo con
l’inedito omonimo)
VENDITTI E SEGRETI (Heinz Music 1986)
IN QUESTO MONDO DI LADRI (Heinz Music 1988)
BENVENUTI IN PARADISO (Heinz Music 1991, anche in
versione spagnola: BIENVENIDO AL PARAISO, con brani anche
dai precedenti dischi)
DA SAN SIRO A SAMARCANDA (Heinz Music 1992, doppio dal
vivo con un inedito)
PRENDILO TU QUESTO FRUTTO AMARO (Heinz Music 1995)
ANTONELLO NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE (Heinz Music 1997,
nuove esecuzioni di brani editi con un inedito)
GOODBYE NOVECENTO (Heinz Music 1999)
CIRCO MASSIMO 2001 (Heinz Music/BMG-Ricordi 2001, dal
vivo con un brano inedito)
CHE FANTASTICA STORIA È LA VITA (Heinz Music/BMG-
Ricordi 2003)
CAMPUS LIVE (Heinz Music/BMGRicordi 2004, dal vivo con
un brano inedito, anche in versione CD+DVD)
L’ORSO BRUNO. Il disco è fitto di riferimenti musicali
“vintage”; in molti casi gli arrangiamenti (di Vince
Tempera) sono appesantiti da interventi orchestrali, talvolta
da cori, e gli squarci o i finali strumentali allungano troppo i
brani, dove il piano gioca un ruolo da protagonista e il rock
tenta di evidenziarsi. Si percepisce un’atmosfera livida ma
anche genuina, con testi ruvidi (come la sciarpona che
contraddistingue l’artista in quel periodo) e ricchi di spunti e
riferimenti, magari espressi forzando la metrica musicale.
Pennellate asciutte (Sottopassaggio), fotografie vere (Dove)
per un Venditti acerbo ma dall’urgenza espressiva.
LILLY. Lavoro significativo per la discografia italiana del
decennio oltre che per Venditti, che calibra l’interpretazione
dei bei testi, gli arrangiamenti e il ruolo del pianoforte,
usato spesso ritmicamente. La voce si libera nella
drammaticità così come nell’ironia. Ci sono la storia di
droga di Lilly, i trascorsi e le disillusioni di Compagno di
scuola, il racconto di Lo stambecco ferito con il lungo
strumentale pianistico nel finale, il senso di angoscia di
L’amore non ha padroni e il sarcasmo verso la stampa
musicale di Penna a sfera.
SOTTO IL SEGNO DEI PESCI. Lavoro di notevole equilibrio, tra
musiche gradevoli, adatte anche ai passaggi radiofonici, e
testi dalla facile cantabilità, ma anche dai forti contenuti.
Ancora una volta sono protagonisti i ricordi, i personaggi
trasfigurati come nella nota title track. Accanto alle ballate
nate per voce e chitarra, come Bomba o non bomba e Sara,
vi è un’antesignana satira dell’informazione faziosa in Il
telegiornale. Le melodie e gli arrangiamenti sono
adattissimi alle versioni dal vivo ma tutto l’album sembra
un live in studio. Francesco e Bomba o non bomba parlano
di De Gregori.
IN QUESTO MONDO DI LADRI. Grande successo di vendite
grazie a una riuscita formula, nella quale un sax accattivante
accompagna o si alterna ai versi di canzoni cantabilissime
dal pubblico durante i concerti. Il tema dell’amore,
agognato in Mitico amore, rimpianto nella celebre Ricordati
di me e rincorso in 21 modi per dirti ti amo, è distillato per
colpire con precisione. Banale e popolarissima la title track.

VENEGONI & CO
Gruppo torinese di jazz rock con suggestioni etniche,
costituito nella seconda metà degli anni ’70 dall’ex chitarrista
degli Arti & Mestieri Gigi (Luigi) Venegoni, nato a Bergamo
nel 1951, e da Ludovico Einaudi (ts.), Luca Francesconi (ts.),
Massimo Aimone (bt.), Ciro Buttari (pr., vc.) e Pietro Pirelli
(pr.), anche se molti sono gli ospiti che si avvicendano. I dischi
pubblicati, strumentali, sono RUMORE ROSSO (1977) e il
pregevole SARABANDA (1979), entrambi per la Cramps.
Postumi vedono la luce RUMORE ROSSO VIVO (2002) e LIVE….
SOMEWHERE IN THE SEVENTIES (2004), con registrazioni della
fine degli anni ’70. Dopo lo scioglimento del gruppo Venegoni
forma un duo con Silvano Borgata (ts.), lavora come
produttore e autore di musica per pubblicità e documentari.
Negli anni ’80 incide NOCTURNE e MOSAICO ancora a nome
Venegoni & co. Einaudi inaugura invece una carriera come
raffinato pianista e compositore.

24 Grana
Nascono a metà anni ’90 a Napoli, per cantarla attraverso
una musica che fonde reggae, elettronica, dub, melodia come
negli Almamegretta; i brani, in dialetto, affrontano temi sociali
non facili come il disagio giovanile. Dopo LOOP nel 1997
(preceduto dalla partecipazione alla compilation NAPOLI SOUND
SYSTEM e dal mini disc 24 GRANA), una serie di concerti mette
in luce il forte impatto live, dovuto soprattutto al carismatico
frontman Francesco Di Bella (composizione, ch., vc.). Il disco
viene in gran parte ripreso nel più centrato LOOP LIVE,
registrato al Teatro Nuovo di Napoli. Nel 1999 METAVERSUS,
l’album più maturo e insieme rock, li porta oltre i confini
cittadini. Punto di forza del gruppo continua a essere il live set,
ripreso, dopo la pubblicazione di K ALBUM, nell’efficace
OVERGROUND LIVE 2002. Nel 2003 arriva uno strano prodotto
pop chiamato ironicamente UNDERPOP.

MARIO VENUTI
Catanese d’adozione ma nato a Siracusa il 28 ottobre 1963,
inizia la carriera artistica con i Denovo, dove è autore e
cantante con Luca Madonia. Il suo percorso solista inizia
appena dopo lo scioglimento del gruppo nel 1990, e risente di
sonorità sudamericane, in particolare di samba e bossanova,
che rivestono il suo pop raffinato. Queste suggestioni sfociano
in UN PO’ DI FEBBRE (1994) e nel singolo Fortuna, che diventa
un buon successo radiofonico. Un riscontro ancora maggiore
Venuti lo ottiene come coautore di Amore di plastica, che
un’esordiente Carmen Consoli presenta al Festival di Sanremo
nel 1996. Dopo l’uscita del secondo album, MICROCLIMA
(1996), Venuti partecipa a Sanremo Giovani (la selezione per
il Festival) con Il più bravo del reame, ballata pop orecchiabile
eppure dal testo denso e pregnante. Il singolo viene poi
inserito nel successivo album, MAI COME IERI (1998), il cui
brano omonimo è un fortunato duetto proprio con la Consoli.
La scomparsa del produttore Francesco Virlinzi nel 2000
impone una battuta d’arresto a una carriera avviata verso la
consacrazione presso il grande pubblico. L’album successivo,
GRANDIMPRESE, benché pronto da tempo, arriva infatti solo nel
2003. È un disco dai suoni e dai ritmi più anglosassoni (del
resto il pop rock inglese e i Beatles sono sempre stati fonte
dichiarata di ispirazione per Venuti), sorretto dall’hit
radiofonico Veramente. Nel 2004 Venuti presenta a Sanremo
Crudele, che vince il Premio della critica “Mia Martini”. Per
l’occasione viene ristampato GRANDIMPRESE con tre inediti, tra
cui un elegante duetto con Patrizia Laquidara (Per causa
d’amore). Anche il successivo MAGNETI (Universal, 2006) è
spinto da un singolo radiofonico, Qualcosa brucia ancora, e
da una partecipazione al Festival, meno incisiva della
precedente, con Un altro posto nel mondo, nella categoria
“Gruppi” con Arancia Sonora. Intanto Venuti è anche autore
per altri interpreti, fra cui Raf, Syria, Nicky Nicolai, Mietta e
Antonella Ruggiero (Echi d’infinito vince la categoria
“Donne” a Sanremo 2005) e debutta al teatro greco di
Taormina nel musical “Datemi tre caravelle”, con Alessandro
Preziosi e la stessa Nicolai. Non è però alla sua prima
esperienza con il teatro. Già nel 1990 aveva partecipato al coro
de “I Persiani” di Eschilo, allestito al teatro greco di Siracusa
con la regia di Mario Martone e le musiche di Franco Battiato
e Giusto Pio.

AMERIGO VERARDI
Personalità inquieta e dalla produzione tutt’altro che lineare
ma spesso eccellente, esordisce negli anni ’80 alla guida degli
Allison Run, formazione ai confini tra rock e psichedelia.
Originaria di Brindisi ma ben presto trasferitasi a Bologna, la
band – di cui per un certo periodo fa parte anche Umberto
Palazzo, poi con Ugly Things, Massimo Volume e Santo
Niente – è titolare degli EP ALL THOSE CATS IN THE KITCHEN
(1987) e ALLISON RUN (1988) e dell’album GOD WAS
COMPLETELY DEAF (1989), giustamente considerato una pietra
miliare per l’underground tricolore. Terminata
quell’esperienza, Verardi – che nel frattempo aveva dato vita
al progetto parallelo Betty’s Blues, con EP omonimo nel 1988
– prima esordisce come solista con MORGAN (1993), poi fonda
i Lula, con cui pubblica prima DA DENTRO (1995), con ospite
ai cori un’allora esordiente Carmen Consoli, e poi, dopo
l’ingresso di Giovanni Ferrario alla chitarra, LULA (1999). Due
lavori di buona fattura, attraversati da una felice vena
psichedelica, ma che non godono dell’attenzione che meritano,
così come il suo secondo lavoro solista, CREMLINO E COCA
(1997). Per un certo periodo si dedica quindi alla produzione
collaborando, tra gli altri, con Baustelle, Laghisecchi e
Virginiana Miller, per poi dar vita ai Lotus, con cui nel 2003 fa
uscire NESSUNO è INNOCENTE, alla cui realizzazione partecipano
ospiti come Francesco Bianconi e Rachele Bastrenghi
(Baustelle), Manuel Agnelli e Federico Fiumani dei
Diaframma, autore del testo di Ricchi e poveri.
VERDENA
Tra le valli bergamasche, ad Albino, i fratelli Alberto (ch.,
vc.) e Luca Ferrari (bt.) sono appena adolescenti nel 1992
quando, con nelle orecchie Nirvana, Germs, Beatles e Led
Zeppelin, decidono di mettere su una band, alternando vari
bassisti. In una delle esibizioni, tra le tre persone del pubblico
c’è una ragazza curiosa che suona il basso nei Porno Nuns, un
gruppo punk della zona. È il 1996, e con l’ingresso di Roberta
Samarelli si definisce uno dei gruppi rock più interessanti
degli ultimi anni. La denominazione originaria, in realtà, è
Verbena (il nome di una pianta), ma, con la scoperta
dell’esistenza di un gruppo americano omonimo, l’anno dopo
la “b” viene sostituita. All’inizio il repertorio è costituito da
cover – prima Stray Cats e Nirvana, poi Melvins e Sham 69 –
ma ben presto, grazie all’ottima intesa nelle primissime jam
sessions in un ex pollaio adattato a sala prove, il trio comincia
a comporre pezzi propri.
Due demo tapes, un brano nella compilation SONICHE
AVVENTURE 3 (della Fridge) e molti concerti anticipano
l’esordio discografico, pubblicato dall’etichetta Blackout della
major Universal che li affida per la produzione artistica a
Giorgio Canali, chitarrista dei CSI, il quale li instrada al lavoro
in studio. Il 1999 è l’anno chiave della carriera di questi
ragazzi non ancora ventenni: l’attività live (loro migliore
dimensione) è intensissima, partecipano a importanti festival
rock, esce l’EP VALVONAUTA, il cui brano omonimo assurge a
una certa notorietà, grazie anche al video in rotazione sulle
emittenti musicali. A fine estate esce l’album VERDENA,
registrato allo studio Sonica di Calenzano (FI). Rock, punk,
psichedelia, attitudine melodica del cantato e soprattutto molta
energia strumentale caratterizzano questo debutto che – caso
quasi unico nel rock italiano – ha egregi risultati di vendite,
oltre ogni aspettativa. La scelta di pubblicare EP si consolida
nel 2000 con VIBA che contiene tre inediti fra cui una cover
dei Cream, Sunshine Of Your Love, mentre dopo poco esce la
versione in vinile di VERDENA con una canzone nuova,
Ormogenia, cantata dalla Samarelli.
Anticipato dall’EP SPACEMAN (contenente Reverberation dei
13th Floor Elevators), nel 2001 arriva il secondo album, SOLO
UN GRANDE SASSO, titolo che è una citazione dal film “La sottile
linea rossa”, e scelto in alternativa a “Glamodrama” e
“Altitudine”. Il disco entra ai primi posti in classifica e
conferma i favori della critica. I pezzi sono più dilatati,
compaiono mellotron e synth. Questa volta la produzione è di
Manuel Agnelli, che in quel momento sta organizzando la
prima edizione del festival itinerante Tora! Tora!, a cui
partecipano anche i tre bergamaschi. Intanto la madre dei due
fratelli ha dato vita a un’etichetta, la Jestrai. Nel 2002 il trio
prende parte al progetto Colt 38 (insieme a membri di Gea,
That’s All Folks e Hogwash): un disco all’attivo, A FREAKY
EXPERIMENT THROUGH 99TH DIMENSION, allegato al numero 6
della fanzine “Vincebus eruptum”. All’organico si aggiunge
quindi Fidel Fogaroli (ts.), con cui nascono l’EP LUNA (nel
frattempo era uscito anche l’EP MIAMI SAFARI) e l’album IL
SUICIDIO DEI SAMURAI del 2004, pubblicato nel 2005 anche in
Germania, Svizzera e Austria e, nell’aprile 2006, in Francia
dalla prestigiosa etichetta Barclay. Il disco, nato in inglese e
poi tradotto in italiano, è la definitiva consacrazione, anche di
vendite, del gruppo. Segue l’EP ELEFANTE.
Mentre sono in studio per il quarto album, i Verdena
ottengono stanziamenti europei per 8000 euro, grazie alla
Fondazione Arezzo Wave, per un tour in Europa. (n.ve.)
DISCOGRAFIA

VALVONAUTA (Blackout/Universal 1999, EP)


VERDENA (Blackout/Universal 1999)
VIBA (Blackout/Universal 2000, EP)
SPACEMAN (Blackout/Universal 2001, EP)
SOLO UN GRANDE SASSO (Blackout/Universal 2001)
MIAMI SAFARI (Blackout/Universal 2002, EP)
LUNA (Blackout/Universal 2004, EP)
IL SUICIDIO DEI SAMURAI (Blackout/Universal 2004)
ELEFANTE (Blackout/Universal 2004, EP)
IL SUICIDIO DEI SAMURAI. Album decisamente maturo, in cui
l’ingresso delle tastiere arricchisce i suoni in un impianto
pur sempre rock e dove la psichedelia è una costante. Gode
di un respiro internazionale questo disco fatto di impennate
e discese, assoli distorti, arpeggi delicati e battute ossessive.

ROBERTO VERNETTI
Originario di Trino Vercellese, esordisce come chitarrista e
bassista punk negli Indigesti. A inizio anni ’90 forma gli
Aeroplanitaliani e, dopo lo scioglimento della band, nel corso
del decennio lavora come programmatore dei suoni per artisti
come Baglioni, Mannoia, De Sio, Ruggeri ed Elio e le Storie
Tese. Intanto diventa produttore artistico, passando dal pop
classico all’area alternativa, collaborando con numerosi gruppi
e artisti fra cui Casino Royale, Almanegretta, La Pina e
Ustmamò (il loro UST del 1996 gli porta una certa notorietà
nell’ambiente). Si trasferisce per un periodo a Londra (dove ha
un suo studio) alla ricerca di nuovi stimoli: qui produce
ASILE’S WORLD di Elisa e L’infinito dei Delta V con Ornella
Vanoni. Tornato in Italia, nel 2002 produce RADIO STATION di
Patty Pravo. Nel 2005 gli Aeroplanitaliani si ricompongono,
mentre Vernetti riceve a Faenza il premio MEI come miglior
produttore italiano e collabora come programmatore a BULA
BULA di Mina. Nel 2006 produce la nuova versione di
Arrivederci amore ciao interpretata da Caterina Caselli per
l’omonimo film di Michele Soavi. Lavora anche nelle colonne
sonore e con il jazzista Paolo Fresu.

EDOARDO VIANELLO
Autore e interprete disimpegnato, nasce a Roma il 26
giugno 1938. Dopo aver inutilmente sognato di diventare un
giocatore di basket, esordisce come cantante il 22 aprile 1956
al Teatro Flaminio di Roma, imitando i gruppi gospel
americani e cantando anche Musetto di Domenico Modugno.
Entra a far parte di alcune orchestre da ballo e fa esperienza
come attore teatrale. Partecipa al Festival di Sanremo nel 1961
con Che freddo! ma incontra il successo poco dopo nella
trasmissione televisiva “Studio Uno” di Mina, con la sua Il
capello. A partire da questo momento scrive e interpreta una
sequenza impressionante di successi estivi, a ritmo di twist,
hully gully e cha cha cha: Pinne, fucile e occhiali e Guarda
come dondolo (arrangiate da Ennio Morricone) nel ’62, O mio
signore, I Watussi, Abbronzantissima nel ’63, Il peperone nel
’65. Per Rita Pavone compone La partita di pallone e Sul
cucuzzolo. Una serie di brani che non solo entrano nella storia
della canzone italiana più leggera, ma anche in quella del
costume del nostro Paese, accompagnandone il boom
economico. Vianello partecipa ancora al Festival nel ’66 e ’67
con Parlami di te e Nasce una vita, ma senza riscontri. Per
rimediare al calo di popolarità della fine degli anni ’60, nel
1971 forma un duo con la moglie Wilma Goich, i Vianella,
con cui realizza Semo gente de borgata, Fijo mio e La festa del
Cristo re. Tra gli autori delle canzoni del duo ci sono Franco
Califano e Amedeo Minghi, alcuni degli artisti che Vianello
lancia con Apollo, la sua nuova etichetta discografica, insieme
ai Ricchi e Poveri e altri. Dopo la fine del matrimonio e lo
scioglimento del duo, Vianello si limita a riproporre i vecchi
successi, esclusi sporadici episodi. Nel 1983 compare nel film
“Sapore di mare” di Carlo Vanzina, mentre tra gli anni ’80 e
l’inizio dei ’90 pubblica alcuni dischi, tra cui WINDSURF (il cui
singolo omonimo ha qualche tiepido risultato di vendite) del
1982, VIVERE INSIEME del 1988 e SIAMO ROVINATI con i
Pandemonium del 1991. Diviene poi presidente della
“Consulta sulla musica leggera” di Alleanza Nazionale e
continua a esibirsi dal vivo con successo nei circuiti del
revival.

LE VIBRAZIONI
Quattro anni trascorsi a farsi le ossa nei locali rock del
milanese e poi, all’improvviso, nel 2003, il successo.
Clamoroso, inequivocabile, da sogno a occhi aperti. Potere di
una canzone vincente – Dedicato a te – e del suo video, un
unico piano sequenza girato da Domenico Liggeri in due
versioni con altrettante ragazze protagoniste, scelte attraverso
un casting lanciato dal sito Rockol. Un clip talmente celebre
da dar vita a due remake-imitazioni, di Frankie Hi-NRG MC
ed Elio e le Storie Tese. Così Le Vibrazioni si trovano in cima
alle classifiche di vendita e alle playlist di tutti i network
radiotelevisivi. Il singolo, che in realtà rappresenta solo in
parte l’approccio stilistico del gruppo, brucia 15.000 copie in
una settimana, mentre a fine anno saranno 300.000 quelle
vendute dall’album che lo contiene, intitolato semplicemente
LE VIBRAZIONI: un concentrato di pop chitarristico dalle
spiccate propensioni melodiche (ben esemplificate dal secondo
singolo, Notte d’estate, presentato al Festivalbar) e qualche
influenza anglosassone anni ’70 (idoli dichiarati della band
sono i Led Zeppelin). A guidare il gruppo e a scrivere le
canzoni è Francesco Sarcina (vc., ch.); con lui Stefano Verderi
(ch., ts.), Marco Castellani (bs.) e Alessandro Deidda (bt.),
mentre un ruolo fondamentale lo gioca il produttore Demetrio
Sartorio. Nel 2004 è la volta del DVD “Live all’Alcatraz”,
seguito un anno più tardi da Raggio di sole, nuovo singolo che
anticipa l’album LE VIBRAZIONI II; al suo interno anche
Ovunque andrò, presentata a Sanremo. Quindi, la
prosecuzione di un’intensa attività live e la partecipazione ad
alcuni dei principali festival estivi, come l’Heineken Jammin’
Festival di Imola e il Live8 a Roma. Nel frattempo, ha visto la
luce per Bompiani una raccolta di racconti, “Immagina. Le
storie della family”, firmata con lo pseudonimo “Francesco Le
Vibrazioni”.

CLAUDIO VILLA
Notissimo cantante melodico, dotato di voce tenorile
muscolare e portamento melodrammatico, Claudio Pica nasce
a Roma, in Trastevere, il primo gennaio 1926. Ha un’infanzia
e un’adolescenza difficili; nel 1944 debutta al teatro Ambra
Jovinelli ma viene poi colpito dalla tubercolosi che ne limita la
voce per un lungo periodo. Incide Canzoncella, Serenatella
dolce e amara (1947) e il primo successo Luna rossa (1950).
Nel 1954 tiene un concerto alla Carnegie Hall di New York e
poi vince il Festival di Sanremo con Buongiorno tristezza
(1955) e con Corde della mia chitarra (1957). Altri popolari
brani di quegli anni sono Buongiorno Giuliana, Tipitipitipso,
Usignolo, Serenata per sedici bionde, Una marcia in fa,
Marina e Binario (che è uno dei suoi grandi cavalli di
battaglia, con Granada). A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 la sua
popolarità è enorme: gira alcuni film, nel 1962 incide Addio,
l’anno dopo Amor Mon amour My Love e trionfa al festival di
Napoli con Jamme ja, nel 1966 pubblica Una casa in cima al
mondo. Vince “Canzonissima” con ‘O sole mio nel 1964 e con
Granada nel 1967, quando è primo anche a Sanremo con Non
pensare a me (1967). Il carattere spigoloso e la
consapevolezza a volte tracotante della supremazia della
propria vocalità lo rendono spesso polemico con il pubblico,
con i colleghi e con i giornalisti, soprattutto quando le vendite
dei suoi dischi scemano definitivamente (l’ultima discreta
affermazione, sporadica, è La cosa più bella nel 1972). Forte
di una solida base di fan legata a uno stile vocale per molti
versi anacronistico, il “reuccio” prosegue i suoi recital, le sue
esternazioni e alcune partecipazioni televisive fino alla
scomparsa, avvenuta a Padova il 7 febbraio 1987. È divenuto
il simbolo stesso della melodia italiana.

CARMEN VILLANI
Cantante nata nel 1944 a Ravarino (MO), da giovanissima
vince il Festival di Castrocaro 1960 e diviene corista di Fred
Buscaglione. La contraddistingue una vocalità dalle venature
blues e jazz. Debutta con il 45 giri Sul banco di scuola,
iniziando nel contempo la carriera cinematografica, con i
fratelli Taviani in “Un uomo da bruciare”, e quella televisiva.
Pubblica intanto dischi di discreto successo come La mia
strada e Bada Caterina, esibendosi con gli Avengers, la band
di Ares Tavolazzi ed Ellade Bandini. Con l’arrivo del beat, nel
1966 incide Mille chitarre contro la guerra, mentre l’anno
dopo porta a Sanremo Io per amore, scritta da Pino Donaggio,
il suo maggior successo. È ancora al Festival nel ’68 e ’69 con
Piccola piccola e Hippy ma i riscontri sono minori. Negli anni
’70 progetta un album di canzoni di Piero Ciampi che però non
andrà in porto. La RCA, per cui incide, le impone canzoni
leggere e lei rescinde il contratto, dedicandosi a tempo pieno al
grande schermo soprattutto per film del filone sexy, che
interpreta con molta ironia. Torna a incidere dischi solo negli
anni ’80 per piccole etichette, confermandosi interprete di
vaglia.

FRANCESCO VIRLINZI
Produttore e discografico, nasce a Catania il 28 luglio 1959.
Figlio di un costruttore edile, osserva con attenzione
l’evoluzione della scena musicale americana e con fatica e
passione crea nella sua città, definita poi la “Seattle d’Italia”,
una fucina di giovani talenti del rock alternativo, fondando la
Cyclope Records. Nel 1990 pubblica gli LP dei Pylon (dalla
Georgia) e degli Yo La Tengo (New Jersey), poi produce un
tributo a Gram Parsons (CONMEMORATIVO, 1993, con Vic
Chesnutt e Steve Wynn tra gli altri). Infine i primi apprezzati
artisti italiani, i Flor De Mal e Brando, ex Boppin’ Kids, primo
artista della scuderia Virlinzi a essere distribuito dalla Polydor.
Nel 1995 cura BATTIATO NON BATTIATO, con cover interpretate
da La Crus, CSI, Kaballà, Bluvertigo e una debuttante Carmen
Consoli, di cui subito intuisce il talento: ne produrrà e
arrangerà tutti gli album da DUE PAROLE a STATO DI NECESSITÀ.
Promuove poi il Mario Venuti solista, Moltheni, i baresi Teclo,
la rap band dei Nuovi Briganti. È entusiasta estimatore, cultore
e amico di Bruce Springsteen e dei REM; riesce a portare
questi ultimi, scoperti già nel 1985, al Cimbali di Catania nel
1995. Dopo una strenua lotta contro il cancro, si spegne a New
York il 28 novembre 2000. Da allora ogni anno illustri nomi
della musica partecipano a un concerto tributo a Catania,
organizzato dall’Associazione culturale Cyclope, fondata dalla
madre di Virlinzi, Nica Midulla. Nel 2003 è uscito il suo libro
fotografico “R.E.M. Book” (Maimone).

LE VOCI ATROCI
Più che un gruppo musicale, un progetto artistico dalla
marcata componente teatrale. È Andrea Ceccon (già con i Mau
Mau e numerosi gruppi liguri) il principale artefice, a metà
degli anni ’90, dello scanzonato ensemble genovese che si
esibisce a cappella con irresistibili performance votate alla
satira. Con lui ci sono Martino Roberts, Marco Fossati, Sergio
Limuti, Esmeralda Sciascia. È originale la loro interpretazione
di brani destrutturati, all’insegna del demenziale e con
accompagnamento musicale casuale realizzato con oggetti
vari. Esordiscono con il vibrante CATTIVERIA NAIF (1995) che
comprende Mandria, scritta con Bob Quadrelli, e la cover di Il
cielo in una stanza di Paoli. Numerosi i refrain musicali e gli
omaggi in un turbinio di stili mai ben definiti. Nel 1997
collaborano con Mina duettando con lei e arrangiando Suona
ancora dei Casino Royale. Nello stesso anno esce SALUTI DA
SATURNO che si presenta ancora più coraggioso del precedente,
con cinque voci, una batteria e ottimi impasti vocali: la
sperimentazione trova figli legittimi. Poi il gruppo lascia
spazio a esperienze teatrali, televisive e di cabaret di Ceccon.

IL VOLO
“Supergruppo” formato nel 1974 da musicisti affermati e
provenienti da varie esperienze: Alberto Radius (ch., vc.),
Mario Lavezzi (ch., vc.), Vince Tempera (ts.), Gabriele
Lorenzi (ts.), Bob Callero (bs.), Gianni Dall’Aglio (bt., vc.). I
due album all’attivo (entrambi per la Numero Uno) mettono in
risalto le doti tecniche dei membri in un impasto jazz rock
mediterraneo. Il primo, omonimo, è del ’74 e contiene fra le
altre Come una zanzara e La mia rivoluzione. Tutti i testi sono
di Mogol. L’anno dopo, quando la band compie un tour
promozionale insieme a Francesco De Gregori (ma con set
separati), esce ESSERE O NON ESSERE, strumentale tranne che
per un brano, Essere. Dopo di che il gruppo si scioglie, anche
per gli scarsi esiti commerciali dei due lavori, specie del
secondo.
Y
YO YO MUNDI
Attivissimo e caparbio gruppo di Acqui Terme (AL),
caratterizzato anche dall’impegno sociale, si forma nel 1988
ma solo nel 1994 vede la luce il primo disco, LA DISERZIONE
DEGLI ANIMALI DEL CIRCO. A scansione di un anno escono poi
BANDE RUMOROSE e PERCORSI DI MUSICA SGHEMBA per la
produzione di Giorgio Canali. I dischi, di ispirazione folk
rock, sono pubblicati dal CPI. Il gruppo è formato da Paolo
Archetti Maestri (vc., ch. e autore), Andrea Cavalieri (bs., cb.,
vc.), Eugenio Merico (bt.), Fabio Martino (ts., fi.), a cui si
aggiunge nel 1996 Fabrizio Barale (ch.): una formazione che
resta immutata negli anni. Dopo il brano Banditi della Acqui
(inserito nella raccolta MATERIALE RESISTENTE) che diventa poi
anche uno spettacolo teatrale, il gruppo fa un salto di qualità
nel 1999 con L’IMPAZIENZA a cui collaborano Beppe Quirici e
Ivano Fossati (che scrive per loro Il Sud e il Nord). Nel 2001,
con grande coraggio e ottimi risultati anche di vendita,
musicano il film muto di Sergej Eizenštein “Sciopero”; le
musiche sono inserite in un disco che a distanza di anni viene
pubblicato prima in Inghilterra (dove si esibiscono dal vivo nel
relativo spettacolo) e poi negli Stati Uniti. L’anno successivo è
la volta de LA BELLEZZA DEI MARGINI, probabilmente il
loro album più riuscito; con loro ancora Beppe Quirici come
produttore. Di lì a poco pubblicano MUSICHE PER UNA
FAVOLA ispirato al libro “Storia del Bacicalupo innamorato”
di Marco Castelnuovo. Nel 2004 si ripete il felice esperimento
con il romanzo “54” di Wu Ming, con la partecipazione di
alcuni attori. L’anno seguente, i 60 anni della lotta partigiana
sono testimoniati nell’ottima pubblicazione CD+DVD
RESISTENZA, tratta dallo spettacolo “La Banda Tom e altre
Storie Partigiane”. Nel corso degli anni il gruppo – oltre a
realizzare altri progetti artistici e alcuni EP – ha impiantato
uno studio di registrazione, una casa di edizioni, un’etichetta
(la Sciopero Records) e un management.
YUPPIE FLU
Grazie a uno stile che si rifaceva in maniera aperta all’indie
rock statunitense di inizio anni ’90, nella prima fase della
propria carriera gli anconetani Yuppie Flu hanno dovuto
convivere con la scomoda etichetta di “Pavement italiani”. Del
resto, tanto nell’ancora acerbo esordio AUTOMATIC BUT STATIC
(1997) quanto nel più maturo e compiuto AT THE ZOO (1999)
le somiglianze con la band in questione erano a tratti notevoli,
sebbene, specie nel secondo dei due lavori, filtrate in un’ottica
personale. Alla firma di un importante contratto di edizioni
musicali – primo caso di un gruppo italiano – con l’inglese
Rough Trade, ha fatto seguito l’uscita del mini CD THE BOAT
EP (2000), dell’antologia per il mercato tedesco HOLLOW BEEP
(2001) e di DAYS BEFORE THE DAY (2003), in cui la
componente elettronica gioca un ruolo di maggiore
importanza, mentre le melodie si fanno ancora più
orecchiabili. Un percorso in direzione pop completato da
TOAST MASTERS (2005), realizzato dopo un parziale
cambiamento di organico, e caratterizzato da canzoni dirette e
sonorità più chitarristiche.
Z
MASSIMO ZAMBONI
Chitarrista e compositore, è nato nel 1957 a Reggio Emilia;
nel 1982 è stato creatore con Gio-vanni Lindo Ferretti dei
CCCP e poi dei CSI tra il 1992 e il ’93. In questi anni con i
compagni del gruppo fonda le etichette discografiche Dischi
del Mulo e CPI. Abbandona i CSI nel gennaio del 2000 per
divergenze proprio con Ferretti con cui stava preparando un
disco a due, portato poi avanti da quest’ultimo. Zamboni prima
realizza alcune colonne sonore (per “Benzina” di Monica
Stambrini, “Velocità massima” di Daniele Vicari e “Passano i
soldati” di Luca Gasparini), poi pubblica il libro “Emilia
parabolica” (Fandango) nel 2002. Con Ferretti nel 2000 aveva
scritto “In Mongolia in retromarcia” (Giunti). Torna sulla
scena discografica con il pregevole SORELLA SCONFITTA, che
vede alternarsi alla voce Nada, Lalli, Fiamma e Marina
Parente. Dà avvio a un progetto live con Nada che porta
all’album L’APERTURA nel 2005, anno in cui esce anche un
altro suo libro, “Il mio primo dopoguerra” (Mondadori).

IVA ZANICCHI
Cantante e poi presentatrice, inizia l’attività nei primi anni
’60. Soprannominata “L’aquila di Ligonchio” – il paese in
provincia di Reggio Emilia dove è nata il 18 gennaio 1940 –, a
metà del decennio ottiene i primi risultati con Come ti vorrei e
I tuoi anni più belli e pubblica il primo album (IVA ZANICCHI
del 1965). Nel 1967 c’è la vittoria a Sanremo con Non pensare
a me, in coppia con Claudio Villa. Sono canzoni spesso in
linea con la più scontata tradizione melodica italiana, dalla
quale la cantante cercherà in parte di discostarsi. Nel 1968
incide fra gli altri un brano di Paolo Conte e Vito Pallavicini,
Sleeping, ma la notorietà si amplia nel 1969 quando, con
Zingara e in coppia con Bobby Solo, conquista di nuovo il
primo posto al Festival (come nel 1973 con la dimenticata
Ciao cara come stai). Il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e ’70
è quello di maggiore soddisfazione commerciale, anche con
molti concerti all’estero: del 1970 sono L’Arca di Noè (portata
a Sanremo con l’autore Sergio Endrigo), Un uomo senza
tempo e soprattutto Un fiume amaro del greco Mikis
Theodorakis, del 1971 Una storia di mezzanotte e La riva
bianca la riva nera, del 1972 Coraggio e paura, del 1973 Mi
ha stregato il tuo viso. La fase di avvicinamento a un
repertorio più pregnante è testimoniata anche dagli album
monografici CARO THEODORAKIS (1970), CARO AZNAVOUR
(1971) e SHALOM (1972, con canti ebraici) e da una
rappresentazione dei “Sette peccati capitali” di Brecht.
Interprete dotata di notevoli mezzi vocali, nel prosieguo del
decennio la Zanicchi ha ancora buoni riscontri, specie per
Testarda io (di Roberto Carlos) e Mammatutto. La popolarità
va di pari passo con la presenza televisiva, che si fa ancor più
massiccia quando la cantante diverrà presentatrice di
programmi dal taglio fortemente nazional popolare a partire
dal 1985, sospendendo il rapporto con la canzone per carenza
di riscontri. Riprenderà poi l’attività dal vivo, con un certo
seguito, tentando più volte anche il ritorno al successo
discografico, ma sempre con esiti scarsi. Esempi ne sono gli
album del 1988 NEFERTARI e del 1992 COME MI VORREI e la
partecipazione al Festival di Sanremo 2003 con Fossi un
tango. Nel frattempo svolge anche attività politica con Forza
Italia e pubblica i romanzi “Polenta di castagne” e “I prati di
Sara”.

FIO ZANOTTI
Produttore, arrangiatore e polistrumentista, il bolognese
Fiorenzo “Fio” Zanotti (nato nel 1949) si diploma al
Conservatorio della sua città come direttore d’orchestra per
big band. Nel 1980 viene notato da Loredana Berté che lo
convoca per una tournée, aprendogli di fatto le porte del pop
italiano. Assiduo collaboratore di molti gruppi e solisti, alla
metà degli anni ’80 instaura un rapporto privilegiato con i
Pooh, producendone e arrangiandone molti album. Nel 1989
arrangia, con risultati peraltro insoddisfacenti, MIRAMARE
19.04.89 di Francesco De Gregori, per poi tornare al pop. Nel
1993 assieme a Zucchero, Dodi Battaglia, Michele Torpedine
e Maurizio Vandelli incide – a nome Adelmo e i Suoi Sorapis
– l’album WALZER D’UN BLUES, che avrà riscontri di vendita
inferiori alle attese. Come direttore d’orchestra ha preso parte
a numerose trasmissioni RAI a partire dalla fine degli anni ’90
(tra cui “Music Farm”). Tra gli album più fortunati nati con il
suo contributo, ESCO DI RADO… di Adriano Celentano (2000) e
LA CURVA DELL’ANGELO di Renato Zero (2001). Nel 2004 a
Londra ha diretto per Zucchero il concerto “Zu & Co.”. Ha
lavorato inoltre con Baglioni, Vasco Rossi, Mannoia, Grignani
e molti altri.

RICCARDO ZAPPA
Da molti considerato il miglior chitarrista acustico italiano,
nasce a Forlì il 9 ottobre 1951. Allievo del maestro Miguel
Abloniz, grande trascrittore, esordisce con CELESTION (1977),
all’epoca un raro disco strumentale nel panorama italiano.
Incide poi TRASPARENZE (1980) ed HAERMEA (1982) e si fa
conoscere e apprezzare per i concerti solistici, per le
sperimentazioni sullo strumento, l’uso della dodici corde e
l’avvicinamento alle apparecchiature per il trattamento del
suono, tra cui il Fairlight già nel 1983. Dopo MINUTI (1985), a
metà tra il progressive e il classico, suona con vari cantanti, tra
cui Eros Ramazzotti, che accompagna in tour. Diventa, fra
l’altro, direttore artistico, per DDD/BMG Ariola, della
interessante collana “Strumento”, dedicata a musicisti
strumentali, e lavora per alcune grandi case di chitarre. Negli
anni ’90 pubblica il live DAL VIVO (1994), RICCARDO ZAPPA
INTERPRETA BACH (1997), tiene corsi di strumento ed eventi
unici come il concerto presso il tempio di Nabucodonosor a
Babilonia nel 2000. Suona anche in trio con Rino Zurzolo
(cb.) e Walter Calloni (bt.). Incide tra gli altri THESAURUS
HARMONICUS (2003), un lavoro multimediale con musiche
ispirate da una visita alla Galleria nazionale dell’Umbria.

MICHELE ZARRILLO
Cantante e autore romano (è nato il 13 giugno 1957), entra
giovanissimo nel gruppo progressivo dei Semiramis (il cui
unico e rarissimo LP è DEDICATO A FRAZZ, del 1973), per poi
divenire per un breve periodo il cantante del Rovescio della
Medaglia nel 1974. Si sposta poi decisamente verso il genere
melodico arrivando a un minimo di riscontro con Su quel
pianeta libero nel 1981 e Una rosa blu nel 1982, anno in cui
esordisce su album con SARABANDA. Nel 1987 vince il Festival
di Sanremo nella categoria “Nuove proposte” con La notte dei
pensieri, anche se il periodo di maggior successo arriva negli
anni ’90. Nel 1992 porta a Sanremo Strade di Roma inserita in
ADESSO e scritta insieme ad Antonello Venditti e al paroliere
Vincenzo Incenzo con il quale Zarrillo inizia una duratura
collaborazione. L’affermazione maggiore arriva con COME
UOMO TRA GLI UOMINI (1994) e L’ELEFANTE E LA FARFALLA
(1996), sospinti rispettivamente da Cinque giorni (che avrà
successo anche in Spagna) e L’elefante e la farfalla, entrambe
presentate al Festival sanremese, manifestazione a cui il nome
di Zarrillo è indissolubilmente legato. Dopo l’antologia con
inediti L’AMORE VUOLE AMORE (1997), i riscontri per la sua
proposta pop romantica e discretamente confezionata
divengono meno evidenti, nonostante le molteplici presenze al
Festival. Tra i dischi successivi, IL VINCITORE NON C’È (2000) e
L’ALFABETO DEGLI AMANTI (2006).

RENZO ZENOBI
Tra i protagonisti della cosiddetta “scuola romana” dei
cantautori, nasce nella capitale nel 1948. Dopo gli esordi come
valente chitarrista acustico al Piper di Roma, inizia a suonare
al Folkstudio ed è introdotto da Francesco De Gregori alla
RCA, dove firma il primo contratto discografico nel 1975,
anno in cui debutta con l’album A SILVIA, con la bella title
track. Collabora con Baglioni, Piero Ciampi, Paolo Conte, De
Gregori e altri. Con una cadenza quasi annuale realizza per la
RCA dal 1975 al 1983 sette dischi, che ne evidenziano la vena
poetica e la raffinatezza espressiva. Tra questi: DANZE del
1977, BANDIERINE del 1978 e soprattutto TELEFONO
ELETTRONICO (1981), prodotto e arrangiato da Lucio Dalla,
mentre AVIATORE del 1982 si avvale degli arrangiamenti di
Ennio Morricone. Il successo però non arriva. Compone
spesso per Ron e torna a pubblicare album nel ’93 con ZENOBI
e nel 1995 con PROIETTILI D’ARGENTO (PER UN CUORE DI LUPO),
entrambi per l’etichetta Thm. Nel nuovo secolo esce AMORI &
BATTITI, antologia di diciotto brani del periodo RCA.

RENATO ZERO
Fin da bambino è attratto dal mondo dello spettacolo, dei
lustrini, dei colori, dell’espressione. Figlio di un poliziotto e di
una casalinga, Renato Zero (al secolo Renato Fiacchini) nasce
il 30 settembre 1950 a Roma: sin dall’adolescenza indossa un
abbigliamento stravagante. Appena assolta la scuola
dell’obbligo si dedica al ballo e alla recitazione, con esibizioni
in piccoli locali romani (quella al Ciak di Roma addirittura nel
1964) per un pubblico sparuto, finché inizia a frequentare il
Piper, celebre palcoscenico e ritrovo di artisti come Patty
Pravo, Loredana Bertè, Mia Martini, Don Lurio, Gianni
Boncompagni, Renzo Arbore e Rita Pavone. Con il 1967,
anche grazie a Boncompagni, prende avvio la sua discografia,
con il 45 giri In mezzo ai guai / Non basta mai, passato
inosservato; a cavallo dei due decenni partecipa con ruoli di
figurante o comparsa nell’opera rock “Orfeo 9” di Tito Schipa
Jr., nella versione italiana del musical “Hair”, nei film di
Federico Fellini “Satyricon” e “Roma”, nel corpo di ballo
“Collettoni & collettine” di un programma di Rita Pavone.
È all’inizio del nuovo decennio che nasce Renato Zero,
cognome d’arte che indica il nulla ma che al contempo è
indispensabile per formare gli altri numeri (“Zero, come sfida,
come simbolo, come entità ricorrente”, ha spiegato): ironia e
rivalsa nei confronti di un ambiente che non lo accetta
facilmente. Nel 1972 firma per la RCA e l’anno dopo pubblica
il primo album, NO! MAMMA NO!, registrato dal vivo – il palco è
il suo habitat naturale – e seguito da INVENZIONI (1974) e da
TRAPEZIO (1976), il lavoro che segna una svolta sia in termini
di popolarità (il 45 Madame entra in classifica) che di
definizione della sua personalità. Con il primo tour accentua il
trucco e l’eccentricità, mettendo a fuoco un lessico
popolaresco per trattare tematiche d’un esistenzialismo alla
portata di tutti, abbinato a un’immagine di artista trasgressivo
e licenzioso (nell’atteggiamento, nel gioco dell’ambiguità
sessuale) senza che nella sostanza lo sia veramente. Tratti che
sono ancora più marcati in ZEROFOBIA (1977), l’album che lo
fa conoscere al grande pubblico grazie alle radio che
programmano massicciamente il singolo Mi vendo, ai giornali
che si buttano ingordi sul personaggio, e a un concerto-
spettacolo su basi musicali, con profusione di scenografie e
svariati cambi di costume. Tra il suo pubblico si crea una
fazione particolarmente fedele di fan, che lui chiama “sorcini”
(perché non mancano occasione per seguirlo): veri e
pittoreschi devoti di un personaggio che ha saputo creare negli
anni un rapporto strettissimo con il pubblico, con
caratteristiche pressoché uniche in Italia, soprattutto per le
dimensioni del fenomeno.
Nel 1978 prosegue il gioco con il cognome d’arte per
ZEROLANDIA, seconda tavola di un trittico che manda in orbita
il personaggio Zero e che contiene il popolarissimo 45 giri
Triangolo. L’impostazione vocale tipicamente
melodrammatica, che non dimentica le radici popolaresche,
erompe nelle emotive La favola mia e Sogni di latta, che
spiccano insieme a Uomo no e Sbattiamoci. Zero affitta ora un
tendone circense per i suoi spettacoli: la capienza dei teatri è
ormai divenuta insufficiente. Il 1979 è l’anno del film “Ciao
Nì!”, del tutto inconsistente cinematograficamente e affatto
laudativo del personaggio Zero, della sua musica e del suo
pubblico. Nello stesso anno arriva EROZERO e il primo posto in
classica. Contiene Il carrozzone, che ancora una volta non si
preoccupa di correre il rischio del patetismo e che è da subito
tra i brani più rappresentativi del suo repertorio, costruito negli
anni da un pool di autori ormai affiatati, a partire da Franca
Evangelisti, Roberto Conrado, Ruggero Cini, Piero Pintucci.
Nel 1980 l’interlocutorio e velleitariamente doppio TREGUA
(con Amico) chiude un decennio di ascesa ininterrotta e di
“Zerofollia”. Il pubblico, ormai dilagante, l’anno seguente
accorre per un tour negli stadi, questa volta con una band, che
si trasforma nel doppio album dal vivo ICARO, tecnicamente
modesto, con l’inedita Più su, divenuta un classico dell’artista.
Segue in estate il 45 giri Galeotto fu il canotto.
A questo punto è chiaro che una parte dell’affermazione di
Zero si deve ad aspetti non prettamente artistici (esempio
italiano, per quanto all’acqua di rose, del glam rock
internazionale), che hanno forse posto in secondo piano gli
onesti tratti di originalità della sua proposta. Le canzoni in
realtà veicolano spesso messaggi non banali e sono
interpretate con partecipazione (sebbene spesso troppo leziosa)
e intonazione, con inconfondibile timbro. Musicalmente i
brani di Zero sono di difficile catalogazione, veri pastiche che
hanno attinto alla melodia, al rock, al pop, forse anche alla
musica colta, tenendo sempre ben ferma la barra
dell’orecchiabilità. I testi, anche se sovente zavorrati di
disimpegno e autocompiacimento, affrontano a volte temi
difficili, rimossi e scabrosi, dai rapporti interpersonali a quelli
sociali.
Gli anni ’80 di Zero (che nel 1982 partecipa al varietà del
sabato sera della RAI, “Fantastico 3”) sono caratterizzati da
una produzione discografica incessante, che dalla metà del
decennio non ripete tuttavia i picchi commerciali degli anni
’70. Si susseguono altri album doppi, ARTIDE ANTARTIDE
(1981) e VIA TAGLIAMENTO (1982), il mini CALORE (1983) con
il successo estivo Spiagge, sino a LEONI SI NASCE (1984), con
copertina (Zero vestito da leone) e intro quasi imbarazzanti. Si
tocca il fondo anche per l’omologazione delle melodie, per le
ritmiche sciatte e gli arrangiamenti abusati, persino con coretti
improbabili. I testi accusano stanchezza, le idee scarseggiano.
Non va meglio con i successivi IDENTIKIT ZERO (1984),
raccolta di brani rielaborati con due inediti, SOGGETTI SMARRITI
(1986) e ZERO (1987, doppio), mentre le scelte estetiche
diventano più parche.
Nel 1989 un soggiorno di lavoro in Inghilterra porta qualche
mutazione sul piano musicale – sfociata in VOYEUR (1989)
registrato a Londra – e successivamente anche nel
personaggio. Zero trova in parte un maggior senso della
misura, sottolineando l’autoironia: sia lui che i “sorcini”
(termine che tenderà ad abbandonare) sono cresciuti.
Testimonianza ne è la prima partecipazione al Festival di
Sanremo nel 1991 – asciugando e quindi rendendo più efficace
l’approccio melodrammatico che gli è proprio – con Spalle al
muro di Mariella Nava, annunciata come il saluto alle scene
ma replicata nel 1993 con la invece sovraccarica Ave Maria.
Gli album di questo periodo – LA COSCIENZA DI ZERO (raccolta
di vecchi inediti) e QUANDO NON SEI PIÙ DI NESSUNO – tentano la
rimonta, mentre il mini CD PASSAPORTO PER FONOPOLI è legato
al progetto di Zero, tuttora in fase di attuazione, di Fonopoli,
cittadella della musica e delle arti nei pressi di Roma.
Nel 1994 L’IMPERFETTO porta a rinnovati consensi di
pubblico. Zero ritrova una buona vena espressiva, anche se il
suono ha rarissimi spunti originali ed è appesantito da grevi
archi. Insieme all’orecchiabile Amando amando, si segnalano
Aria di pentimenti, Felici e perdenti e Nei giardini che nessuno
sa. Segue la partecipazione alla colonna sonora del film di Tim
Burton NIGHTMARE BEFORE CHRISTMAS, mentre SULLE TRACCE
DELL’IMPERFETTO (1995) celebra i 30 anni di carriera e contiene
I migliori anni della nostra vita, uno dei pochi brani del
periodo a ottenere lo status di classico. AMORE DOPO AMORE
(1998) accresce ancor di più i riscontri di vendite dei due
dischi precedenti. Qualitativamente Zero si è ormai
stabilizzato su dischi omogenei, con tre-quattro brani
all’insegna dell’orecchiabilità e i rimanenti nulla più che
gregari. Dal vivo non subisce flessioni, forte di indubbie doti
espressive, di un carisma duraturo. Il nuovo tour negli stadi
sfoggia un’orchestra di trenta elementi, una band elettrica, un
corpo di ballo con Carla Fracci e il gruppo mimico dei Momix:
una messa in scena costosissima che si riflette sui prezzi dei
biglietti. Ne viene tratto il live AMORE DOPO AMORE TOUR DOPO
TOUR (1999) con cinque inediti.

Nel 2000 è protagonista di un programma televisivo in


quattro puntate, “Tutti gli zeri del mondo”, in cui canta la sigla
di chiusura con Mina, la quale quasi contemporaneamente gli
dedica un disco in cui rilegge vari suoi brani e per la quale
Zero scrive Che fatica, duettando in Neri. Esce anche un
album con lo stesso titolo del programma che affianca a cinque
inediti rivisitazioni di Tenco, De André, Battisti, Bindi (che
Zero aveva aiutato nella parte finale della carriera), Aznavour,
Modugno. Seguono LA CURVA DELL’ANGELO (2001), con la
collaborazione di Ennio Morricone, Celso Valli, Geoff
Westley, e CATTURA (2003) con la produzione di Westley. Nel
2004 ancora una spettacolare serie di concerti negli stadi,
culminata allo stadio Olimpico di Roma. Ne consegue
l’ennesimo live, FIGLI DEL SOGNO. Nel 2005 esce un nuovo
album, IL DONO, mentre continua la composizione di una
Messa, vecchio progetto mai abbandonato.
Personaggio discutibile, spesso vicino alla retorica, Zero
non è passato certamente inosservato nel corso di tre decenni
in cui ha costruito una fitta produzione discografica, assai
difforme ma con alcuni episodi di buona qualità e altri che
sono entrati nell’immaginario italiano. (a.re.)
DISCOGRAFIA

NO! MAMMA , NO! (RCA 1973)


INVENZIONI (RCA 1974)
TRAPEZIO (RCA 1976)
ZEROFOBIA (RCA/Zerolandia 1977)
ZEROLANDIA (RCA/Zerolandia 1978)
EROZERO (RCA/Zerolandia 1979)
TREGUA I E II (RCA/Zerolandia 1980, doppio)
ICARO (RCA/Zerolandia 1981, doppio dal vivo)
ARTIDE ANTARTIDE (RCA/Zerolandia 1981, doppio - due
volumi separati)
VIA TAGLIAMENTO (RCA/Zerolandia 1982, doppio)
CALORE (RCA/Zerolandia 1983, EP)
LEONI SI NASCE (RCA/Zerolandia 1984)
IDENTIKIT (RCA/Zerolandia 1984, nuove incisioni di brani
editi con due inediti)
SOGGETTI SMARRITI (RCA/Zerolandia 1986)
ZERO (RCA/Zerolandia 1987, doppio)
VOYEUR (RCA/Zerolandia 1989)
PROMETEO (RCA/Zerolandia 1991, dal vivo)
LA COSCIENZA DI ZERO (RCA/Zerolandia 1991)
QUANDO NON SEI PIù DI NESSUNO (RCA/Zerolandia 1993)
PASSAPORTO PER FONOPOLI (Fonopoli 1993, EP)
L’IMPERFETTO (Sony Music/Fonopoli 1994)
SULLE TRACCE DELL’IMPERFETTO (Sonymusic/Fonopoli 1995)
AMORE DOPO AMORE (Sony Music/Fonopoli 1998)
AMORE DOPO AMORE TOUR DOPO TOUR (Sonymusic/ Fonopoli
1999, doppio dal vivo)
TUTTI GLI ZERI DEL MONDO (Sony Music/Fonopoli 2000)
LA CURVA DELL’ANGELO (Sony Music/Tattica 2001)
CATTURA (Sony Music/Tattica 2003)
FIGLI DEL SOGNO - LIVE 2004 (Sony Music/Tattica 2004,
doppio dal vivo, anche in edizione CD+DVD)
IL DONO (Sony Music/Tattica 2005)
ZEROFOBIA. L’album del successo, con alcuni classici del
suo repertorio: Mi vendo, emblematica dello spirito che
anima l’artista, Vivo e Il cielo. Ma tutto l’LP, sebbene con
arrangiamenti e sonorità poco raffinati (o forse proprio per
questo), ha una sua incisività. Affiora un doppio filo
conduttore che caratterizzerà la poetica successiva, un
doppio ruolo: l’uomo indifeso e fragile ma anche maestro di
vita e d’amore.
EROZERO. Ultimo tassello di una serie a suo modo
formidabile e forse non più ripetuta, si apre con la notissima
Il carrozzone. Anche qui non mancano certo i luoghi
comuni musicali, compresa la disco music; il linguaggio si
scosta sia dai cantautori cosiddetti impegnati, sia dai
cantanti interpreti, con messaggi semplici, a volte con
qualche autoironia, come in Baratto. Periferia centra un
tema focale di Zero: l’atmosfera e la vita nelle fasce estreme
delle città.
VOYEUR. Piccola svolta nella lunga carriera. Collaborano
noti ed esperti session men tra cui Frank Ricotti alle
percussioni e Phil Palmer alla chitarra; arrangiamenti e
produzione sono di Geoff Westley, che collaborerà ancora
con Zero. L’album anticipa a suo modo alcuni fenomeni
sociali, con canzoni come Voyeur e I nuovi santi.
Musicalmente si arriva alla sufficienza senza particolari
acuti e con decise cadute di tono (vedi Rose).

VINCENZO ZITELLO
Compositore e arpista nato a Modena il 13 dicembre 1956.
Studia flauto per poi avvicinarsi all’arpa. Nel 1974 collabora
al progetto “Telaio magnetico” e si perfeziona poi con Alan
Stivell nell’arpa celtica con corde in metallo. A partire dagli
anni ’80 intensifica l’attività: tiene concerti solistici per arpa e
voce, incide ET VICE VERSA (1987) da solo, KERYGMA (1988) e
LA VIA (1994) con ensemble. Nel frattempo suona con Ivano
Fossati in studio e dal vivo. Nel 1995 scrive le musiche dello
spettacolo “The Beat Generation”, da cui viene tratto il disco
omonimo, e ha occasione di accompagnare Allen Ginsberg in
un reading. Dopo il cameristico e sfortunato AFORISMI D’ARPA
(1998) incide un disco di musiche religiose, MUSICA CÆLI
(2000), e il live CONCERTO (2001) in trio. Tiene numerosi
concerti in Italia e all’estero, spesso in trio con Franco
Parravicini (ch.) e Federico Senesi (pr.). Nel 2005 pubblica
SOLO e prosegue il lavoro di diffusione del suo strumento e
della musica celtica con brani originali e adattamenti. Nel
corso della carriera ha collaborato con diversi artisti fra cui
Franco Battiato e Alice.

ZU
Nati nel 1997 dalle ceneri dei Gronge e formati da Massimo
Pupillo (bs.), Luca Tommaso Mai (sx.) e Jacopo Battaglia
(bt.), i capitolini Zu sono una delle realtà indipendenti più
affermate all’estero. Portabandiera di quel ribollente calderone
sonoro che, mescolando la furia del punk con il jazz più free e
rumorista, prende il nome di jazz core, la band (completata
inizialmente dal trombettista Roy Paci) esordisce nel 1999 con
il fulminante BROMIO, eletto disco del mese dal magazine
americano “All About Jazz”. Quindi, a sottolinearne il profilo
internazionale, due CD con il chitarrista Eugene Chadbourne,
THE ZU SIDE OF THE CHADBOURNE (2000) e MOTORHELLINGTON
(2001).
Seguono IGNEO (2002), registrato a Chicago con il
produttore Steve Albini, LIVE IN HELLSINKI (2003) e RADIALE
(2004), condiviso con gli statunitensi Spaceways Inc. Nel
2005 ci sono un singolo split con i Dalek e gli album THE WAY
OF THE ANIMAL POWERS e HOW TO RAISE AN OX, quest’ultimo
cointestato a Mats Gustafsson. Parallelamente, con Maurizio
Martusciello e il dj Økapi Pupillo la band ha dato vita ai
Dogon – titolari di due album: BEFORE AND AFTER DOGON
(2002) e WHO IS PLAYING IN THE SHADOW OF WHOM? (2003) – e
insieme a Gianni Gebbia e Lukas Ligeti ha pubblicato THE
WILLIAMSBURG SONATAS (2004). Nel 2005 è uscito il disco
omonimo degli Ardecore, progetto di riscoperta delle
tradizioni musicali romanesche con protagonisti gli Zu al
completo, l’ex Karate Geoff Farina e il cantautore Giampaolo
Felici.

ZUCCHERO
Fu l’insegnante delle elementari ad attribuire ad Adelmo
Fornaciari – nato a Roncocesi (RE) il 25 settembre 1955 – il
soprannome “Zucchero”, per la timidezza. Il primo approccio
con la musica risale alla prima giovinezza: a 11 anni uno
studente americano di colore gli insegna gli accordi sulla
chitarra e la musica soul; Adelmo si innamora dell’organo
della chiesa, fonda i Lordflowers, scrive qualche accenno di
canzone. Trasferitosi con la famiglia a Forte dei Marmi e poi a
Carrara, dà vita a gruppetti che rincorrono il rhythm’n’blues: I
Duca (come sassofonista improvvisato), gli Amici del mare, le
Nuove luci (con i quali inizia a cantare) e i Decals con cui, nel
1976, arriva al primo 45 giri, Un’ora. Poi crea una nuova
formazione, Sugar & Daniel (Daniel è il cantante), che cede il
passo ai Sugar & Candies con i quali firma le prime canzoni
(Voulez Vous Danser My Woman, 1977, e Mi Vida Something
In My Life, 1978).
Lascia l’università, dov’era iscritto a Veterinaria, e scrive
per Fred Bongusto (Tutto di te) e Michele Pecora. Nel 1980
forma i Taxi, che lo affiancheranno per tre anni: il tempo di
vincere il Festival di Castrocaro come solista con Canto te
(inserita in CASTROCARO 81), di partecipare al Festival di
Sanremo sia come interprete (Una notte che vola via, 1982, e
Nuvola, 1983) che come autore per Stefano Sani e Donatella
Milani, e di pubblicare il primo disco, UN PO’ DI ZUCCHERO
(1983). Gli esiti commerciali sono però modesti e lo stampo
melodico dei brani non è esaustivo della personalità musicale
dell’emiliano. Ed è così che nel 1984 Fornaciari decide di
andare in America, il suo sogno; a San Francisco frequenta il
music maker Corrado Rustici (che diverrà suo fondamentale
alter ego musicale), apre i suoi orizzonti, in qualche modo
trova se stesso, e incide provini che – a nome di un amico –
spedisce alle major italiane. Gli risponde la Polydor, proprio la
casa discografica con cui era sotto contratto. L’anno seguente
torna in Italia e a Sanremo, stavolta con un stile diverso e a
capo della Randy Jackson Band, con Rustici alla chitarra. Il
brano è Donne, penultimo posto in classifica ma tra i più
richiesti del Festival. Segue l’album ZUCCHERO & THE RANDY
JACKSON BAND. Sugar (il soprannome che si è dato nel
frattempo) si ripresenta nel 1986 a Sanremo – con Canzone
triste – ancora con ottimi riscontri da parte del pubblico. Il
terzo disco, RISPETTO, prodotto con Rustici, vede tra gli autori
Gino Paoli, che lo affiancherà anche al Premio Tenco, dove
eseguiranno la canzone scritta insieme Come il sole
all’improvviso. Zucchero è pronto al salto definitivo: il 15
giugno 1987 esce BLUE’S, un milione di copie vendute solo in
Italia. Al tour che segue partecipa in tre tappe il suo principale
modello, Joe Cocker; d’ora in poi Zucchero affiancherà spesso
grandissimi nomi del panorama internazionale, esigenza
artistica e strategia commerciale insieme. Nel 1988 tenta
l’assalto all’estero esibendosi in mezza Europa, mentre esce
SNACK BAR BUDAPEST ORIGINAL MOVIE SOUNDTRACK, colonna
sonora del film di Tinto Brass, firmata anche da Fornaciari,
che l’anno seguente pubblica ORO INCENSO & BIRRA, poi anche
in versione natalizia con copertina e titolo modificati (ORO
INCENSO & MIRRA). Nell’album la nota Diamante è firmata con
Francesco De Gregori. Il 1989 è anche l’anno di “Oro incenso
e birra Tour”, con duetti con Joe Cocker, Ray Charles, Miles
Davis e altri mostri sacri, dodici date alla Royal Albert Hall di
Londra e altre di spalla a Clapton.
E avanti di questo passo: nel 1990 ZUCCHERO SINGS HIS HITS
IN ENGLISH esce in mezzo mondo e il singolo Senza un donna
(Without A Woman) cantato con Paul Young raggiunge i posti
caldi delle classifiche d’Europa e America. Per Sting, invece,
Fornaciari traduce Mad About You (Muoio per te) che viene
incisa anche a due voci, con conseguente partecipazione di
Zucchero come special guest nel tour dell’ex Police. Al disco
in inglese vengono aggiunte le versioni a due voci di Senza
una donna e Diamante, la seconda in duetto con Randy
Crawford in un singolo che conquista gli Stati Uniti e
l’Inghilterra. A fine anno è la volta di un disco dal vivo
(UYKKEPO LIVE AT THE KREMLIN, che testimonia il concerto del
dicembre del 1990 a Mosca) e relativa VHS. Il primo
videoclip ufficiale di Zucchero è nel 1992, con L’urlo, che fa
da traino a MISERERE, registrato in duplice versione: italiana e
inglese (il testo in inglese del brano omonimo è di Bono degli
U2). In tour ci sarà l’ancora sconosciuto Andrea Bocelli a
duettare in Miserere al posto di Pavarotti che aveva cantato il
brano su disco. Per il tenore toscano Zuccherò scriverà (con lo
pseudonimo di Malise) il testo di Il mare calmo della sera, con
cui Bocelli vincerà l’anno seguente il Festival di Sanremo
(sezione “Giovani”), e Rapsodia. Intanto il “1993 World
Music Awards”, che si tiene a Montecarlo, lo premia come il
cantante italiano che nel 1992 ha venduto più dischi nel
mondo. L’anno si conclude con il mezzo flop di WALZER D’UN
BLUES di Adelmo e i suoi Sorapis, “supergruppo” in cui lo
affiancano Dodi Battaglia dei Pooh, Fio Zanotti, Maurizio
Vandelli, Michele Torpedine e Umbi Maggi. Zucchero
attraversa una crisi personale ma non frena la corsa: pubblica
per il mercato sudamericano DIAMANTE (1994), raccolta di
brani tradotti da Fito Paez in spagnolo, parte con il
conseguente tour in America Latina e canta al 46° compleanno
di John Belushi (performance documentata dalla videocassetta
“The Return Of The Blues Brothers”).
Ferma restando musicalmente la sua personale rivisitazione
del blues e del soul, per il disco successivo gioca sul confine
tra sacro e profano: SPIRITO DIVINO (tra gli autori ancora De
Gregori in Pane e sale e Jovanotti in Alelluja) esce nel 1995 in
tutto il mondo. I tormentoni stavolta sono Voodoo voodoo, X
colpa di chi?, Così celeste. Dopo un tour europeo documentato
da una VHS, nel 1996 il disco esce anche in America e
Spagna, con qualche aggiunta; THE BEST OF ZUCCHERO SUGAR
FORNACIARI’S GREATEST HITS, dello stesso anno, è invece un
antologico con tracklist e duetti diversi per ogni paese, e tre
inediti. Altro tour, altra VHS e nel 1997 un duetto con B.B.
King in Let The Good Times Roll riportato in DEUCES WILD,
disco tributo al leggendario bluesman. In BLUESUGAR del 1998
(in versione italiana, inglese e spagnola) a dispetto del titolo si
appannano le influenze blues e si vira leggermente verso il
rock, in una spasmodica ricerca del suono “giusto” (produttore
è sempre Rustici). Prova ne sono i singoli You Make Me Feel
Loved, Blu (che in un passaggio ricorda fortemente Era lei di
Michele Pecora) e Puro amore. Nuovi duetti e partecipazioni a
importanti manifestazioni (“Michael Jackson & Friends”,
“Pavarotti International”, “IMST Festival” dove si esibisce
prima dei Rolling Stones) movimentano la relativa tournée,
che in Italia ospita i Chieftains, Mauro Pagani e Pino Daniele
(con cui Zucchero esegue Napule è). E ancora: una nuova
raccolta per il mercato americano, OVERDOSE D’AMORE - THE
BALLADS (1999), e per Natale la ristampa BLUESUGAR &
WHITECHRISTMAS, con il brano di Berlin White Christmas.

Ma si avverte il sentore di una crisi. I grandi numeri


raggiunti, le mille collaborazioni non bastano: Zucchero non si
sente davvero rispettato dalla critica e patisce le accuse di
pescare riff e melodie da ogni dove, specie da vecchi dischi
soul e rhythm’n’blues. La partecipazione, nel 2000, alla serata
memorabile di Genova per Fabrizio De André (“Faber, amico
fragile”) serve anche a uscire da quel tunnel. La sua versione
di Ho visto Nina volare è misurata e sentita: uscirà, tre anni
dopo, nel doppio CD FABER - AMICO FRAGILE e nel singolo
Dindondio, terzo estratto dal successivo disco di inediti di
Zucchero, SHAKE (2001), annunciato dal singolo Baila (Sexy
Thing). Il secondo singolo del disco è invece Ahum. Nel
libretto del CD per la prima volta sono significativamente
specificati con perizia campionamenti, citazioni e fonti varie.
Il disco rende omaggio alla memoria di John Lee Hooker, che
vi ha partecipato poco prima della scomparsa. Seguono le
versioni nordamericane (con DVD), inglesi, spagnole e quella
messicana, in cui viene inserita Baila Morena cantata con gli
autoctoni Manà. Intanto Zucchero ha duettato con gli
Scorpions in Send Me An Angel (2000) e rinfoltito il
curriculum come autore, con Luce (tramonti a nord est) per
Elisa, Di sole e d’azzurro per Giorgia (primo e secondo posto
a Sanremo 2001), Io vivo (in te) per Bryan Adams e poi
Succhiando l’uva per Mina nel 2002. Lo “Shake World Tour”
parte nel 2002 da Zurigo e si conclude nel 2003 in Canada.
“Voglio morire sul palco” dice Zucchero, che nel frattempo si
cimenta nella scrittura e interpretazione della colonna sonora
di “Cavallo selvaggio”, cartoon natalizio della Dreamworks:
compone sette brani con l’aiuto della figlia Irene. Impegni che
non lo distraggono da un sogno ambizioso lungo 16 anni:
raccogliere in un unico disco tutti i suoi duetti e aggiungerne
altri. Il titolo è ZU & CO, la lista dei partecipanti lunghissima.
Intanto Il grande Baboomba vince il Festivalbar e Baila va al
primo posto nella classifica francese dei singoli, in quanto
inserita nella colonna sonora del film “Les bronzas 3 - Amis
pur la vie” di Patrice Leconte. Mentre Irene Fornaciari, figlia
di Zucchero, inizia una carriera come cantante, nel 2006 esce
il nuovo album del padre, FLY (COME POSSIAMO VOLARE CON LE
AQUILE SE SIAMO CONTORNATI DA TACCHINI), anticipato dal
singolo Bacco perbacco. Il disco è registrato a Los Angeles e
prodotto da Don Was (già con i Rolling Stones).
Zucchero è, insieme, un concentrato di passione e una
macchina da hit, probabilmente troppo apprezzato da alcuni e
troppo criticato da altri.
(e.de. - p.d.s.)
DISCOGRAFIA

UN PO’DI ZUCCHERO (Polydor 1983)


ZUCCHERO AND THE RANDY JACKSON BAND (Polydor 1985)
RISPETTO (Polydor 1986)
BLUE’S (Polydor 1987)
SNACK BAR BUDAPEST ORIGINAL MOVIE SOUNDTRACK (Polydor
1988, colonna sonora)
ORO INCENSO & BIRRA (Polydor 1989)
ZUCCHERO SINGS HITS IN ENGLISH (Polydor 1990, antologia
per il mercato internazionale)
UYKKEPO LIVE AT THE KREMLIN (Polydor 1991, doppio dal
vivo)
MISERERE (Polydor 1992, anche in versione inglese)
DIAMANTE (Polydor 1994, antologia parzialmente in
spagnolo per il mercato internazionale)
SPIRITO DIVINO (Polydor 1995, anche in versione inglese)
THE BEST OF ZUCCHERO - SUGAR FORNACIARI’S GREATEST HITS
(Polydor 1996, antologia con inediti, la scaletta cambia
nelle varie edizioni internazionali)
BLUESUGAR (Polydor 1999, anche in versione inglese e
spagnola)
OVERDOSE D’AMORE - THE BALLADS (Polydor 1999, antologia
per il mercato internazionale)
SHAKE (Polydor 2001, con differenze nelle varie edizioni
internazionali)
ZU & CO. (Polydor 2004)
THE ULTIMATE DUETS COLLECTION (Polydor 2005, riedizione
del precedente con un secondo CD e un DVD allegato)
FLY (COME POSSIAMO VOLARE CON LE AQUILE SE SIAMO
CONTORNATI DA TACCHINI) (Polydor 2006)
BLUE’S. Riff e ritornelli il più possibile micidiali, sonorità
studiate, crudezza e liricità alternate nei testi, sesso e
sensualità, slogan che si imprimono. È il disco della
consacrazione, pieno di hit (Senza una donna, Con le mani,
Pippo, Non ti sopporto più, Hey Man, Dune mosse, Solo
una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress
e dall’azione cattolica) e collaborazioni internazionali, da
Clarence Clemmons ai Memphis Horn. Dune mosse vanterà
in seguito anche una versione registrata con Miles Davis.
ORO INCENSO & BIRRA. Il rhythm’n’blues lascia in parte il
posto a un uso accorto di atmosfere blues. Tra Overdose
(d’amore), Madre dolcissima, Diavolo in me, spicca
Diamante, che Zucchero dedica alla memoria della nonna
con testo di De Gregori (mentre Ennio Morricone musica
Libera l’amore). Il mare impetuoso al tramonto salì sulla
luna e dietro una tendina di stelle… prende dei versi da
Piero Ciampi senza citarlo (lo farà nelle ristampe). Tra gli
ospiti Eric Clapton, il coro delle voci della chiesa avventista
del settimo giorno e l’Ardent Gospel Choir.
ZU & CO. Coronamento di una carriera condivisa con alcuni
tra i nomi più importanti della scena musicale
internazionale: Vanessa Carlton, Mousse T, Macy Gray,
John Lee Hooker, Sheryl Crow, Dolores ‘O Riordan, Eric
Clapton, Tom Jones, B.B. King, Paul Young, Haylie Ecker
(Coors), Manà, Ronan Keating, Cheb Mami, Solomon
Burke, Brian May, Luciano Pavarotti e Andrea Bocelli.
Diciotto duetti, tra vecchi e nuovi, con due inediti (Il grande
Baboomba e Indaco dagli occhi del cielo). Tutti i brani sono
stati reincisi per il disco, fatta eccezione per quelli con
Miles Davis e Sting.
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