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V.

Valter Lindo, Annaeva Detomaso, Luigina Pascale


con la consulenza tecnico-scientifica di Pietro Sisto

CARNEVALI DEL SUD ITALIA


Storia, arte e turismo volume primo

A cura di
© 2009 by VERSUS

E’ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, anche ad uso interno
o didattico.

L’editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini e sui testi
riprodotti, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere la debita autorizzazione.
CANTIERI CREATIVI
Tradizione, Arte, Turismo Sostenibile
Progetto 2008/SAC/110

La presente ricerca rientra tra le attività del progetto CANTIERI CREATIVI -


Tradizione, Arte, Turismo Sostenibile, progetto finanziato dalla Fondazione
per il Sud e che ha, come soggetto proponente, la Fondazione del Carnevale
di Putignano e come partner l’Associazione VERSUS, CNA Puglia, il Consorzio
Meridia, la Cooperativa La Poderosa, l’Associazione Work in Progress e il
Consorzio Moda e Sposa.
Il progetto è finalizzato alla riscoperta e alla valorizzazione di arti e di mestieri
legati al Carnevale creando delle opportunità occupazionali.

La ricerca è stata realizzata dall’Associazione VERSUS

Coordinamento e Direzione: V. Valter Lindo.


Hanno redatto i testi: V. Valter Lindo, Annaeva Detomaso, Luigina Pascale
Consulenza tecnico-scientifica: Pietro Sisto
Progetto grafico: Francesco Lippolis
Revisione testi: Mirella Amatulli
Consulenza nella individuazione itinerari turistici: Coop. La Poderosa

Si ringraziano per il prezioso contributo:


Roberto Bianco, Roberta Palmirotta, Rocco Stasi, Rosa Vitanza, Umberto
Pagano, Antonio Ferri, Egidio Ippolito.

Un particolare ringraziamento alla Fondazione del Carnevale di Putignano, alla


Pro Loco di Castrovillari e di Tricarico ai Comuni di Crispiano, di Misterbianco, di
Alba Adriatica, di Villa Literno, di Putignano e alle altre amministrazioni ed enti
dei Carnevali del Sud Italia citati nel testo che ci hanno messo a disposizione
materiale storico bibliografico e il loro prezioso tempo.

I risultati della ricerca sono disponibili sui siti:


www.retecantiericreativi.it - www.associazioneversus.it

Associazione Versus, Via Nino Bixio, 15/a


70017 - Putignano (Ba)
www.associazioneversus.it
info@associazioneversus.it
Gli autori
V. Valter Lindo. Esperto di programmi di sviluppo locale, svol-
ge attività di consulenza per la pubblica amministrazione e per
strutture private. Ha pubblicato numerosi testi sulle tematiche
legate allo sviluppo delle risorse umane ed ha collaborato nel-
la progettazione di Cantieri Creativi, curandone l’ideazione e
la stesura.

Annaeva Detomaso. Esperta in discipline scientifiche e do-


cente in tematiche ambientali, collabora con varie strutture in
progetti intesi a promuovere, valorizzare e conservare i beni
naturalistici. Ha partecipato alla progettazione di iniziative
finalizzate allo sviluppo locale attraverso strumenti di finan-
ziamento pubblico.

Luigina Pascale. Laureata al D.A.M.S. (Discipline Arte, Musi-


ca e Spettacolo) di Bologna con indirizzo cinema, ha lavorato
come segretaria di edizione per alcuni cortometraggi girati a
Bologna e come segretaria di produzione per una nota emit-
tente televisiva del Mezzogiorno. E’ redattrice del portale di
Cantieri Creativi.
Sommario
7 INTRODUZIONE: IL PROGETTO CANTIERI CREATIVI E IL NETWORK DEI CARNEVALI DEL SUD

9 1. ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI DEL CARNEVALE



17 2. IL CARNEVALE E I SUOI MILLE VOLTI NEL NORD E CENTRO DELL’ITALIA
17 2.1 IL CARNEVALE NEL NORD ITALIA
34 2.2 IL CARNEVALE NEL CENTRO ITALIA

43 3. VIAGGIO TRA I CARNEVALI DEL SUD ITALIA


43 3.1 LE CARATTERISTICHE DEI CARNEVALI DEL SUD ITALIA
80 3.2 PUTIGNANO: UN CARNEVALE TRA I PIU’ ANTICHI DEL MONDO
91 3.2.1 I CORSI MASCHERATI
96 3.2.2 FARINELLA: LA MASCHERA DEI POVERI
98 3.3 CRISPIANO: CARRI, MASCHERE E FEGATINO
100 3.4 TRICARICO: IL CARNEVALE IN “BIANCO E NERO”
104 3.4.1 LE MASCHERE
107 3.5 CASTROVILLARI: MASCHERE, FOLKLORE ED EVENTI
112 3.5.1 VOCI DEL PASSATO
114 3.6 MISTERBIANCO E IL SUO CARNEVALE DAI MILLE COSTUMI
119 3.7 VILLA LITERNO: IL CARNEVALE DEI RIONI
124 3.8 ALBA ADRIATICA: RE CARNEVALE IN PIENO SOLLEONE

126 4. CARNEVALE E DINTORNI



150 REFERENZE FOTOGRAFICHE

154 BIBLIOGRAFIA

156 SITOGRAFIA
INTRODUZIONE: IL PROGETTO CANTIERI CREATIVI
E IL NETWORK DEI CARNEVALI DEL SUD
Cantieri Creativi è un’idea che prende forma, proprio come la cartapesta. L’idea è
che, mettendo insieme gli elementi comuni delle tante manifestazioni carnascia-
lesche del Sud, possano essere create opportunità di occupazione per i giovani di
questi territori. Il progetto sviluppa numerose azioni, ha il suo fulcro nel cantiere
della Cartapesta, ossia un Laboratorio creativo dove si producono prodotti artigia-
nali originali e brevettati, frutto della tradizione e dell’ingegno delle maestranze
locali, derivante dalla lavorazione della cartapesta. Partendo dal Carnevale e dalle
tradizioni popolari ad esso legate, si vogliono valorizzare i mestieri ed i manufatti
di artisti non professionisti che, con la loro passione ed attività, contribuiscono alla
conservazione e trasmissione di saperi ed usanze.
Laboratorio della cartapesta, ma non solo.
Cantieri Creativi favorisce la nascita di una rete fra le amministrazioni del Sud
che gestiscono eventi legati al Carnevale, sostenendo lo sviluppo di un circuito tu-
ristico alternativo e destagionalizzato.
Cantieri Creativi vuol favorire, fra i giovani, la riscoperta delle arti e dei mestie-
ri legati alla tradizione popolare, riscoperta che può trasformarsi in opportunità
lavorative: grazie alla rete dei partner del progetto, i manufatti in cartapesta pro-
dotti dai giovani saranno pubblicizzati e proposti sul mercato. Il progetto, inoltre,
favorirà, grazie al coinvolgimento di strutture pubbliche, la messa a disposizione
di spazi pubblici dedicati. Come, ad esempio, il Laboratorio di cartapesta, spazio
dove la creatività dei giovani potrà trovare espressione.
Cantieri Creativi è anche un mezzo attraverso il quale favorire l’integrazione di
giovani disagiati che potranno, attraverso la creazione di manufatti, ritrovare an-
che un ruolo più attivo nella società.
Cantieri Creativi è occupabilità. Attraverso partner istituzionali sarà favorito e
sostenuto lo start-up di nuove imprese che produrranno, commercializzeranno e
venderanno prodotti realizzati attraverso le tecniche acquisite.
Cantieri Creativi è contaminazione. Lo scambio di mastro-cartapestai, prove-
nienti da Carnevali di tutto il Meridione che svolgeranno nei laboratori attività
pratico-didattiche, favorirà il confronto e lo scambio di tecniche di lavorazione
della cartapesta e degli altri mestieri tradizionali ad esso collegati.
Cantieri Cerativi è supporto alla creatività: sarà realizzato un concorso per pre-
miare la migliore opera documentaria che tratti delle tradizioni e delle feste popo-
lari nel Sud Italia. Sarà anche messo a punto un concorso di idee per la progetta-
zione della “Cittadella del Carnevale”, ossia uno spazio fisico, messo a disposizione
dal Comune di Putignano, sul quale realizzare strutture alberghiere, attrazioni,
museo della Cartapesta, della tradizione locale e del Carnevale.
Approfondire le origini del Carnevale, ricercare le varie peculiarità, le tradizioni ad
esse legate significa riscoprirne la storia, ricercando, in questa manifestazione solo
apparentemente ludica, anche una cultura millenaria.
Cantieri Creativi è soprattutto un Network fra i Carnevali del Sud. Un network
in divenire, promosso da quei comuni che, insieme a Putignano, hanno condiviso
l’iniziativa: Crispiano (Ta), Villa Literno (Ce), Misterbianco (Ct), Tricarico (Mt), Ca-
strovillari (Cs). A questi si aggiunge anche Alba Adriatica, un paese in provincia di
Teramo che condivide, con gli altri paesi, una interessate manifestazione carna-
scialesca. Network fra i Carnevali del Sud significa, in primis, valorizzare elementi
condivisi, programmare insieme attività caratterizzate dalla magia del Carnevale
e delle feste popolari rituali. Significa, anche, favorire lo scambio di giovani artisti,
gruppi mascherati e delegazioni tra i Carnevali del Sud Italia, innescando azioni
positive di integrazione, gemellaggi e scambi culturali.
La ricerca contiene approfondimenti culturali sulla storia, le origini, le peculiari-
tà e le tradizioni di ogni Carnevale del Network. Inoltre raccoglie e classifica altri
aspetti della società legati al Carnevale come l’artigianato tipico, l’enogastrono-
mia, i costumi e le usanze, ecc.
Il Network fra i Carnevali del Sud di Cantieri Creativi non è solo storia e risco-
perta delle antiche tradizioni. È anche turismo. Sono stati individuati e descritti
percorsi turistici che ruotano intorno ai Comuni del Network. Un turismo che vuol
essere “destagionalizzato”, legato non solo al Carnevale ma anche alle bellezze
paesaggistiche che le città del network sanno offrire. Le “Vie del Carnevale” è la
proposta del progetto che prevede la realizzazione di specifici itinerari e pacchetti
turistici, che possano mettere in rete i vari Carnevali, destagionalizzare i flussi turi-
stici implementando l’offerta ricettiva e i servizi.
Il Network fra i Carnevali del Sud significa anche favorire gemellaggi tra i diversi
comuni del Mezzogiorno, individuando temi comuni per indirizzare l’organizza-
zione di spettacoli ed eventi legati al Carnevale.
Infine il Network darà maggiore visibilità ai Carnevali del Meridione che non
sono certamente “minori” rispetto a quelli più blasonati del nord.
Cantieri Creativi è, in sintesi, un intervento integrato e strutturato, che sviluppa
un processo virtuoso in cui l’identità culturale del territorio costituisce la base sulla
quale si innesca un percorso di sviluppo locale duraturo.
ALLA SCOPERTA DELLE ORIGINI
1 DEL CARNEVALE

Q
uando oggi si parla di “Carne- è un tema che si trova in ogni paese
vale”, il pensiero vola subito e attraversa tutta la storia. Sono riti di
1. Bimbi alla sfilata del Carnevale di
alle sfilate dei carri allegorici “ribellione”, momenti in cui la classe o Putignano del 1968.
e dei gruppi mascherati che tra suo- il gruppo oppresso può dimostrare la
ni e colori riempiono l’atmosfera di sua umanità ed esprimere il desiderio
allegria, balli, scherzi e burle. Infatti, di egualitarismo. Ma c’è di più. Una
in questo periodo difficilmente si è parte importantissima di questi riti
affetti da malinconia o tristezza: il Re implica lo scherzo che rompe per un
Carnevale è brio e, come un sovrano, momento la rigidità della gerarchia
pretende dai suoi “sudditi”che si eva- e dei rapporti fra adulti e bambini,
da dalla realtà, lasciando nel cassetto mogli e mariti, animali e uomini. E at-
i problemi di ogni giorno, per dare traverso il gioco e lo scherzo, uomini
libero sfogo a cibi, bevande e svaria- e donne per un “periodo limitato” si
ti divertimenti. Anche lo stesso pro- comportano come individui liberi e
verbio cita: “A Carnevale, ogni scherzo
vale”: un piacevole invito a uscire da-
gli schemi, ad abbandonare i nostri
ruoli per diventare magari qualcun
altro, liberare la fantasia e catturare
momenti di felicità.
Carnevale è una scadenza calendaria-
le e un rito di passaggio che interessa
interi gruppi di persone; prevede di-
versi riti spettacolari e, come succede
in questi casi, vengono rappresentati
in momenti dell’anno che si potreb-
bero definire di “confine”. Altra carat-
teristica della festa è il travestimen-
to, una sorta di rovesciamento della
condizione normale della persona
e della società: le donne diventano
uomini, i bambini diventano adulti, i
poveri si travestono da ricchi. Questo

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to delle anime dei morti nell’aldilà.
In particolare, il viaggio per acqua è
raccontato in diversi miti antichi, ma
ancora oggi l’idea persiste nei reso-
conti degli anziani pescatori rimasti
in qualche lago del nord Italia.
Diamo ora uno sguardo alle testimo-
nianze storiche, perché possano aiu-
sono finalmente svincolati dai ruoli tarci a ricostruire la storia delle origini
2. U’ baresidd al Carnevale di Puti-
gnano. sociali. del Carnevale.
Il termine “Carnevale” secondo nume- Già nel Paleolitico, le maschere erano
rosi studiosi deriva dal latino carnem- utilizzate dagli uomini, in particolar
levare, con riferimento alla prescri- modo dagli stregoni, durante riti ma-
zione ecclesiastica di astenersi dal gici e propiziatori. Questi indossavano
mangiare carne a partire dal primo costumi adornati di piume e sonagli e
giorno di Quaresima, vale a dire dal assumevano aspetti terrificanti grazie
giorno successivo alla fine del carne- a maschere dipinte, nell’intento di
vale, sino al “sabato Santo” prima del- scacciare gli spiriti maligni.
la Pasqua. Nell’antica Babilonia, invece, l’equi-
Esiste anche una diversa origine del nozio di primavera veniva festeggia-
termine “Carnevale”, maggiormente to con una processione solenne in cui
accreditata nell’ambito delle tradi- il Dio Luna e il Dio Sole, celebrando il
zioni carnevalesche teutoniche e del loro trionfo sulle tenebre, venivano
nord Europa in genere: essa fa deriva- trainati su una nave provvista di ruote
re il termine da Carrus Navalis, simbo- verso il santuario di Babilonia, simbo-
lica imbarcazione che con l’avvento lo della Terra, percorrendo in corteo
della primavera era usanza per le po- una via che rappresentava il tratto su-
polazioni di pescatori agghindare e periore dello Zodiaco.
preparare per un ideale viaggio verso In Grecia, nel periodo tra febbraio e
la città degli dei; Carrus Navalis fa rife- marzo, si celebravano ad Atene le An-
rimento a tutta la vasta mitologia che testerie, una festa di tre giorni dedica-
utilizza la nave e il carro come simboli ta al culto dionisiaco. In tale festa, in
di morte, come mezzo di traspor- cui si spillava vino novello da vasi di

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argilla, si celebrava l’arrivo di Dioniso,
il salvatore, proveniente dal mare per
rigenerare il Cosmo, su una “barca”
provvista di quattro ruote, trasporta-
ta in processione da personaggi ma-
scherati.
Si giunge, così ai tempi dell’anti-
ca Roma. Il popolo romano teneva
delle feste in onore degli dei; Bacco
(che in Grecia era Dioniso, il dio del
vino che caccia i cattivi pensieri), ad
esempio, era uno degli dei onorato
con particolari festeggiamenti, detti
Baccanali, che si svolgevano lungo le
strade della città e prevedevano l’uso
di maschere, immersi in un’atmosfera
danzante dove non poteva mancare
il vino, bevuto in grande quantità che
aiutava ad abbandonarsi più facil-
mente in gozzoviglie e riti licenziosi.
Questa atmosfera euforica, dove tut-
to era concesso alla fantasia, è bene
espressa dai latini nel detto: Semel in
anno licet insanire - una volta l’anno è
lecito impazzire - .
Nei mesi di marzo e dicembre, inve-
ce, era la volta dei Saturnali, le feste seminagioni ed il dio italico Saturno
3. Disegno su coppa (dettaglio) pre-
sacre a Saturno, padre degli dei. Si ad esse preposto. Secondo gli storici sente a Villa Giulia (520-510 a.C.).
tratta di una festività originariamente del tempo, questa festa continuò a
4. Baccanale (gli Andrii) dipinto di
rurale, da celebrare in famiglia nelle svolgersi tra le gentes delle campa- Tiziano (1518-1519).
piccole fattorie come anche nei gran- gne fino al II secolo a.C.; nel I secolo,
di latifondi, tutti insieme a tavola per invece, si ebbe la trasformazione de-
festeggiare il ritorno del sole sulle finitiva in festa pubblica. I Saturnalia

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di Giano e Strenia.
Infine, ricordiamo la festa dei Luper-
calia (celebrata nel mese di febbraio)
in onore della dea Febris e di Fauno,
protettore del bestiame ovino e ca-
prino dall’attacco dei lupi. I sacerdoti
romani, che si chiamavano “Luperci”,
durante questa festa tenevano una
processione sino alla grotta sul Pala-
tino, dove, secondo la leggenda, la
lupa aveva allattato Romolo e Remo.
si svolgevano nell’arco di circa sette Il dio Fauno era rappresentato come
5. Romolo e Remo dipinto di Rubens
(1616 ca). giorni, durante i quali i rapporti ge- un personaggio sbarazzino e allo
rarchici si capovolgevano: gli schiavi stesso tempo seducente, tanto da
diventavano padroni e viceversa, gra- riuscire a far innamorare le ninfe.
zie ai travestimenti. Così per le strade Inoltre, amava prendere in giro e spa-
erompeva la gioia sfrenata della ple- ventare i pastori nei boschi, oppure
be e degli schiavi che, per una volta nelle “vesti” di folletto o spiritello si
all’anno, si concedevano a piaceri di intrufolava nelle case per far dispetti.
ogni genere. Di qui venne il prover- Di qui si evince che già il dio Fauno
bio latino che cita: Non semper erunt aveva i caratteri di una maschera; così
Saturnalia - Non sempre ci sarà la fe- durante la festa in suo onore, fra riti
sta di Saturno. Questi erano giorni di e preghiere di espiazione, la gente
esplosione di rabbia e di frenesia in- si lasciava andare a banchetti a base
controllata, che spesso degenerava di carne ovina (bestiame sacrificato)
in atti di intemperanza e dissolutezza. con l’aggiunta di vino e miele e agli
Negli anni i Saturnali divennero sem- schiavi era concesso godere a proprio
pre più importanti: all’origine, infatti, piacimento della stessa festa. Più tardi
duravano solo tre giorni, poi sette fin- anche in questi riti venne introdotto
ché, in epoca imperiale, furono porta- l’uso delle maschere, come avveniva
ti a quindici. Ai Saturnali si unirono le già durante i Baccanali, probabilmen-
Opalia, in onore della dea Ope, mo- te per non essere riconosciuti duran-
glie di Saturno, e le Sigillaria, in onore te i festeggiamenti, il più delle volte

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poco ortodossi.
È evidente, quindi, che i festeggia-
menti affondano le radici negli anti-
chi riti pagani, in un periodo storico
anteriore al Cristianesimo, dove il
Carnevale era considerato una festa
con forti valenze simboliche legate al
mondo agricolo-pastorale, in quanto
si celebrava la fine dell’anno vecchio
e l’inizio del nuovo. Infatti, attraverso
una particolare cerimonia in masche-
ra, si salutava la fine dell’inverno e
l’arrivo della primavera, la quale, se-
condo le credenze popolari, dava vita
ad un ciclo di stagione opulenta, fe-
conda e fertile per la terra, assicuran-
do ottimi raccolti.
Questi festeggiamenti, dunque, ave- stività romane e cercò di moderare
6. La nave dei folli dipinto di Hierony-
vano carattere popolare e matrice quelle più smodate e trasgressive. mus Bosch (1490-1500).
religiosa, ma avevano anche lo scopo E qui si innesta la seconda probabile
pratico di ritemprare le energie fisi- interpretazione etimologica del ter-
che, ovvero carnem exhalare, espres- mine Carnevale. Probabilmente risale
sione che a fine Duecento diede al XIII secolo, quando certe pratiche
origine a “carnascialare”, nel senso di devozionali prevedevano l’utilizzo
ritemprare il corpo, scaricando le fati- di un particolare carro che per la sua
che e i travagli quotidiani. imponenza veniva detto carrus nava-
Questo carattere magico-religioso lis, un carro di legno su ruote, che si
contraddistinse la festa sino all’av- portava in giro durante le processioni
vento del Cristianesimo, la cui azione festive nei paesi d’area cristiana. Chia-
modificò radicalmente in senso spi- ramente quel carrus navalis non era
rituale l’essenza di taluni riti pagani. altro che figura di nave sotto forma
Il Cristianesimo, dunque, fece ordine di carro: la nave che fin dai tempi più
nel complicato panorama delle fe- antichi e in moltissime civiltà è stato

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simbolo di viaggio esperienziale di consiste nel funerale di Re Carneva-
tipo salvifico. (Grilletto, 2004) le: un fantoccio, che rappresentava
7. Trionfo di Bacco e Arianna partico-
lare del dipinto di Annibale Carracci Durante l’epoca Medioevale il Car- allo stesso tempo sia il sovrano di un
(1595-1600). nevale assume delle connotazioni più auspicato e mai pago mondo di “cuc-
8. Commedianti italiani dipinto di precise. È stata definita dagli storici e cagna”, sia il capro espiatorio dei mali
Jean Antoine Watteau (1720). sociologi la “festa dei folli”: si attuava- dell’anno passato, a cui viene dato
no festeggiamenti trasgressivi, baldo- fuoco. La sua fine violenta poneva
rie senza limiti morali, si consumava- termine al periodo degli sfrenati fe-
no lauti pasti, ecc. steggiamenti e costituiva un augurio
I carnevali medievali sono anche per il nuovo anno.
macabri: sui veicoli si esibivano ma- Nel Rinascimento i festeggiamenti
scherati da morte e i carri stessi era- in occasione del Carnevale furono
no decorati di rappresentazioni della introdotti anche nelle corti europee
morte. Il festum fatuorum era un “ac- ed assunsero forme più raffinate, le-
costamento al disordine, un viaggio gate anche al teatro, alla danza e alla
compiuto tramite cose morte e pu- musica: gli attori in maschera, quelli
trefatte”. (Saba Sardi, 1984) privilegiati, sono poi tenuti a mette-
In seguito, nell’età della Controrifor- re la loro arte al servizio dei mecena-
ma, il Carnevale subì varie resisten- ti, si esibiscono davanti ad un’élite e
ze da parte della Chiesa e dei diver- organizzano spettacoli nelle suntuo-
si ordini religiosi. Va precisato che la se sale dei palazzi rinascimentali, nei
rappresentazione teatrale durante la giardini principeschi e nelle regge dei
prima metà del Cinquecento si svolge magnati. Va dunque precisato che il
ovunque, poiché lo spettacolo non ha Carnevale nel Cinquecento era una
ancora un proprio luogo, una propria prerogativa dei nobili e tale festa si
caratterizzazione o una propria strut- estese immediatamente in tutta la
tura tipica. Se lo spettacolo nel corso nostra Penisola, favorendo la nascita
del Cinquecento non ha un proprio e lo sviluppo di splendide scenogra-
luogo, ha però un proprio tempo: “il fie, di maschere regionali e soprat-
tempo della festa del Carnevale”. tutto la diffusione delle compagnie
E proprio questo “tempo” che assume girovaghe.
connotati di rito purificatorio. Si pensi La festa carnevalesca raggiungerà il
alla scena culminante della festa che massimo splendore nel XV secolo,

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nelle strade della Firenze di Loren-
zo dei Medici. Danze, lunghe sfilate
di carri allegorici e costumi sfarzosi
segnano una svolta di questa festa,
amatissima nella culla rinascimenta-
le. Lo stesso Lorenzo dei Medici, rag-
guardevole uomo di stato, scrisse il
Trionfo di Bacco e Arianna: una ballata
dove la maschera pagana del dio Bac-
co ritorna trionfante sulla scena invi-
tando a godersi la vita, perché “Quel
c’ha a esser, convien sia… di doman
non c’è certezza… ciascun suoni, balli
e canti… chi vuol esser lieto sia: di do-
man non c’è certezza”.
In seguito nel corso del Seicento il
Carnevale diventa una festa popo-
lare e le maschere della Commedia
dell’Arte, stabilendo sempre più un
diretto contatto con la realtà “bas-
sa e volgare”, adottano il linguaggio
dialettale-popolare della loro regione
d’origine; così il servo Pulcinella rap-
presenta Napoli, il servo Arlecchino
la regione bergamasca, Pantalone la
città di Venezia, Gianduia la società
torinese, Meneghino la città di Mila-
no, ecc.
Oggi, dopo alterne vicende di gloria e
decadenza, si registra un forte rilancio
delle manifestazioni carnevalesche.
Per un certo aspetto, ed in molti casi,
esse sono il frutto di un sincero recu-

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pero di tradizioni popolari, da lungo paese, mantenendo però alcuni sub-
tempo dimenticate, l’appropriazione strati comuni quali il legame con i riti
9. “Martedì grasso” dipinto di Gabriel
Bella; di un’identità culturale ormai perdu- della fertilità, l’avvio del nuovo ciclo
ta. stagionale agricolo, il risveglio della
Per un altro aspetto sono il risultato natura, la cacciata del vecchio anno,
di un sapiente lavoro imprenditoriale il rapporto con il bosco, la transu-
dove il business diventa il volano per manza, l’innesto della civiltà cristiana
iniziative turistiche e per la valorizza- con i rimandi alla morte e soprattutto
zione di aree geografiche trascurate, all’imminente Quaresima.
con importanti ricadute sui livelli oc- Il ciclo carnevalesco è in genere così
cupazionali e sul benessere delle co- scandito:
munità. •• fase di avvio caratterizzata da
I riti di Carnevale costituiscono l’occa- forme di annuncio pubblico del-
sione nella quale le pulsioni ancestrali la festa;
più profonde della civiltà agropasto- •• fase di massimo sviluppo nei tre
rale del Meridione emergono in tutta giorni del giovedì grasso, della
la loro spettacolarità. Non c’è comuni- domenica e del martedì grasso;
tà del Sud nella quale non si rinnovino •• fase di fine Carnevale;
le tradizioni che mutano da paese a •• fase di “ripresa” nella mezza Qua-
resima.
Ciascuna di queste fasi presenta for-
me di cerimonialità festiva complesse
e varie: travestimenti, maschere, cor-
tei, satire, testamenti, falò, canti, dan-
ze, eccessi alimentari, finti funerali e
bruciature di fantocci.

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IL CARNEVALE E I SUOI MILLE VOLTI
2 NEL NORD E CENTRO DELL’ITALIA

L
e tradizioni, dunque, legate al testo, infatti, ci aiuterà a toccare diver-
Carnevale sono innumerevoli se regioni e ad addentrarci in alcune
e si differenziano non solo per località che probabilmente abbiamo
le maschere e i carri di cartapesta, sentito nominare solo qualche volta.
ma anche per il diverso rapporto che Il protagonista che ci accompagnerà
ogni manifestazione ha con il proprio per mano in questo viaggio virtuale
territorio. Il Carnevale si fa in questo sarà proprio il Carnevale che, data la
modo specchio di quelle che sono sua natura estrosa, si diverte a cam-
state le vicissitudini storiche, le soffe- biare volto di paese in paese lascian-
renze, le tradizioni e i costumi del luo- do, però il suo segno indelebile. A noi
go. Scopriamole insieme mediante non resta che seguirlo, per scoprire i
una “passeggiata” virtuale attraverso suoi mille volti.
i carnevali più caratteristici d’Italia. Il

2.1 Il Carnevale nel Nord Italia

L
a nostra carrellata inizia dal Nord con il rogo del fantoccio, segnando
Italia, lato estremo orientale: sia- così la fine di un ciclo per ricominciar-
mo in Friuli Venezia Giulia, preci- ne uno nuovo più prosperoso.
samente in Val di Resia (provincia di Le maschere tradizionali resiane sono
Udine), dove l’elemento fondamenta- di due tipi: te lipe bile maškire, le belle
le del Carnevale è rappresentato dalla maschere bianche, ed i babaci/kukaci
danza eseguita con i tipici strumenti [babazi / kukazi], le maschere brutte.
musicali resiani, la cïtira (violino) e la Te lipe bile maškire sono composte da
bünkula (violoncello). Le danze si pro- una o più gonne bianche ornate da
traggono per ore ed ore, nelle osterie merletti e nastri. Le gonne sono gene-
e negli spazi predisposti per i festeg- ralmente tre con le seguenti altezze:
giamenti. Si balla, tempo permetten- la più lunga arriva ai piedi, la seconda
do, anche all’esterno, in particolare la più corta arriva a metà polpaccio e la
domenica pomeriggio. Il Carnevale terza al ginocchio. Se è una, può ave-
si conclude il Mercoledì delle Ceneri, re pizzi e nastri che la fanno sembrare

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10. Costumi delle “belle maschere
bianche - Te lipe bile maškire” in Val
di Resia.
11. Particolare del copricapo del co-
stume Te lipe bile maškire.
composta da tre gonne. La camicia è
12. Carro allegorico di una delle pri- bianca e anch’essa può essere ador-
me sfilate tenute a Casale di Scodosia
(Pd). nata da merletti o piccole pieghe.
Attorno alla gonna e sulla camicia ci
sono nastri colorati; le scarpe sono gramma dei festeggiamenti all’ori-
chiare così come le calze. gine prevedevano “travestimenti... a
Come copricapo le maschere si com- faccia scoperta apposti sopra ad una
pletano con un bel cappello alto, colonna di sette carri tirati da animali
adorno di fiori di carta colorata e pic- facendo la sfilata al proprio paese con
coli sonagli. In mano possono avere su la testa un piccolo concerto mu-
fazzoletti e campanelli che suonano sicale”... “giochi popolari (corsa con i
mentre ballano. I babaci/kukaci [ba- sacchi, corsa con ‘catiletti di legno’)” e
bazi/kukazi] sono molto più semplici per “ultimo finto processo e condan-
e non richiedono particolare cura e na coll’impiccagione di Carnevale alla
attenzione nel confezionamento. È forca”. Le attuali manifestazioni per
sufficiente camuffarsi con abiti vecchi la maggior parte ricalcano quelle dei
o semplicemente mettere la giacca a primi anni del Novecento: maschere
rovescio oppure una vecchia vesta- e mascherine con abiti ricercati fanno
glia. Qui la fantasia può spaziare. Il da scenografia agli elaborati carri al-
viso può anche essere sporcato con legorici.
fuliggine o con carboncino oppure
coperto. Questi due tipi di maschere
sono ancora oggi presenti.
Ci spostiamo in Veneto, in un comu-
ne della provincia di Padova: siamo a
Casale di Scodosia. Qui si festeggia
il “Carnevale del Veneto” per anto-
nomasia. L’organizzazione ed il pro-

18
Sempre nella regione Veneto, ritrovia- statiche e fredde dame del Settecen-
mo un’altra manifestazione di fama to ai più ingegnosi costumi moderni.
13. La Baùta, maschera tipica del Car-
nazionale, quella di Venezia. Qui i Uno dei travestimenti più comuni nel nevale di Venezia.
giorni di Carnevale sono un fiorire di Carnevale antico, soprattutto a parti-
iniziative e di spettacoli, da quelli im- re dal XVIII secolo, rimasto in voga ed
provvisati da numerosi artisti di stra- indossato anche nel Carnevale mo-
da a quelli pianificati dagli organizza- derno, è sicuramente la Baùta. Questa
tori. Ogni anno viene individuato un figura, tipica della città veneziana ed
tema centrale che funge da filo con- indossata sia dagli uomini che dalle
duttore e che viene sviluppato sotto donne, è costituita da una particolare
i vari punti di vista, da quello più cul- maschera bianca denominata larva
turale a quello più prettamente spet- sotto ad un tricorno nero e completa-
tacolare. Negli ultimi giorni, invece, la ta da un avvolgente mantello scuro, il
città pullula di persone in maschera tabarro, per assicurare il totale anoni-
che allegramente invadono calli e mato. La particolare forma della ma-
campielli. Si vede sfilare di tutto, dalle schera consentiva di bere e mangiare

19
senza doverla togliere.
Facciamo ora un salto in Trentino, pre-
14. Il Matòcio, maschera del Carneva-
le della Valfloriana. cisamente nella Val di Fiemme. Lungo
il lato sud-ovest della valle è ubicato
15. Sfilata degli arlecchini, Carnevale
della Valfloriana. un piccolo comune che conta poco
più di 500 abitanti e caratteristico per
il suo carnevale. Siamo in Valfloriana
(provincia di Trento): sono le dieci del
mattino quando l’intera valle viene
risvegliata da stridenti suoni di cam-
pane. Non si tratta di un segnale litur-
gico: è il Matòcio, che dall’alto della
montagna, agitando il suo campa-
naccio posto in zona pelvica, avvisa
i paesi più a valle del suo imminente
e prorompente arrivo e si prepara per
la sua missione. Il “Carnevale dei Ma- coinvolgendo la popolazione di tut-
tòci” ha così inizio. In questo periodo te le località della valle. Tantissime e
si ripropone l’antica usanza dei “cortei molto particolari le maschere di que-
nuziali”, trasformata in manifestazione sta festa: i Matòci, gli arlecchini, i so-
carnevalesca all’inizio del secolo scor- nadòri, la bèla, gli spósi, i paiàci.
so. I costumi e le bellissime maschere Il personaggio principale è il matòcio:
sfilano in corteo per l’intera giornata, il viso nascosto dalla maschera di le-

20
gno (facèra) e con l’abito addobbato
16. Particolare di una facèra, masche-
di pizzi e nastri colorati, ha il compito ra di legno tipica del Carnevale della
di precedere il corteo dei compaesani. Valfloriana.
All’ingresso di ogni frazione, fermato 17. Costume tipico del Carnevale Ba-
e interrogato, risponde in falsetto an- gosso.
che grazie alla maschera di legno che 18. Maschera ufficiale del Carnevale
di Crema.
ne camuffa la voce: deve essere tanto
abile da non farsi riconoscere. Di fra-
zione in frazione il corteo variopinto
e sghignazzante (ci pensano i paiàci
a combinarne di tutti i colori!) arriva suonano due chitarre, due violini, un
fino alla frazione posta più in basso, mandolino (introdotto di recente) e
dove in genere ha luogo il grande un contrabbasso.
ballo finale. Sempre in Lombardia, poco più a
Passiamo in Lombardia, all’estremità sud, in provincia di Cremona, trovia-
settentrionale della comunità mon- mo una maschera che caratterizza
tana di Vallesabbia, in provincia di il Carnevale di Crema, Gagèt co’ l sò
Brescia, per scoprire il “Carnevale Ba- uchèt: il Gagèt con la sua oca, il cui
gosso” della cittadina di Bagolino: le carro apre sempre, ritualmente, la sfi-
attrattive sono rappresentate dai Bal- lata dei mastodontici carri allegorici.
lerini, dai Suonatori e dai “Maschér” (le Col termine Gagi venivano ironica-
Maschere). mente chiamati dai cittadini i conta-
I Ballerini e i Suonatori si esibiscono dini che si recavano in città il giorno
solo il lunedì e il martedì di carnevale. di mercato con la curbèla (cestino) e
I Ballerini cominciano le ballate lungo l’oca, animale tipico d’allevamento in
le strade del paese fermandosi in luo- queste zone. Il Gagèt ha l’abito nero,
ghi stabiliti. Una volta era consuetu- ormai scapàt (stretto e corto), soli-
dine fare tre suonate sotto le finestre tamente quello di nozze, indossato
della fidanzata o degli amici. Danzano nelle grandi occasioni, vistose calze
muovendo le mani in modo persona- e coccarda bianco-rossa, i colori della
lissimo e scherzoso che i bagolinesi città. In testa un cappellaccio, ai piedi
chiamano segnacole; i Suonatori che zoccoli di legno, e fazzoletto al collo.
accompagnano i Ballerini sono sei e Un tocco di eleganza, indubbiamente

21
fuori luogo, è dato dai guanti bian- 16 agosto. Ha come caratteristica la
chi e dalla gianèta (canna di bambù rappresentazione del matrimonio,
19. Momento delle “danze” durante
la manifestazione del Carnevale di come bastone). Durante la manifesta- evento centrale dell’intera manife-
Cegni (Pv). zione non mancano le golosità: nella stazione che si avvia con un corteo,
suggestiva piazza del Duomo, ogni costituito da musicisti e ballerini che
domenica di Carnevale, vengono al- attraversano le viuzze del paese. Con
lestite circa cento bancarelle per la gli strumenti tipici della valle Staffo-
degustazione e la vendita di prodotti ra, pifferi e fisarmoniche, i musicisti
tipici (dal formaggio da gustare con suonano una sestrina, brano da stra-
le piccanti «tighe» agli originali tortel- da utilizzato negli spostamenti. Li
li, alle immancabili frittelle di Crema). seguono i ballerini, con il costume
Un altro carnevale lombardo è quello montanaro, gilè e cappello per gli
di Cegni, una frazione di Santa Maria uomini, gonne lunghe con grembiu-
di Staffora in provincia di Pavia. Si tie- le e camicia bianca arricciata con gilè
ne nei giorni del sabato grasso e del nero per le donne. Giunti nello spiaz-

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zo, i musicisti salgono sul tavolo che ni a righe, cappelli di paglia ornati da
20. Momento del “matrimonio” du-
funge da palco e cominciano le dan- fiori di stoffa da cui scendono lunghi rante la manifestazione del Carneva-
ze, quelle tradizionali della valle, note nastri colorati. le di Cegni (Pv).
come danze delle quattro province, I promessi sposi, con i propri accom-
ancora oggi diffuse nella zona. Termi- pagnatori, si incontrano e dopo la
nate le danze arriva la povera donna presentazione viene sancito il rito con
(un uomo travestito), portata da una una bevuta in osteria. A questo pun-
slitta di legno (detta lesa) trainata da to c’è la parte più importante, il ballo
un cavallo, che indossa abiti contadi- di corteggiamento, una danza antica
ni, lo scialletto e il fazzoletto in testa. Il legata a riti arcaici di morte e resur-
pretendente, detto il Brutto, arriva ca- rezione, dove si alternano tre parti:
valcando a pelo, con un abito ornato l’inseguimento, il corteggiamento, il
da piccole strisce di stoffa colorate ed balletto. Finito il ballo si va verso l’al-
in testa un alto cappello fatto a cono tare (un inginocchiatoio) dove il prete
con pellicce. La povera donna è ac- benedice le nozze (e tutti i presenti)
compagnata dai genitori, altrettanto con l’acqua di una catinella smaltata
poveri, che portano in dono una gal- e uno scopino. Si chiude il rito dan-
lina in un cestino. L’uomo brutto, che zando tutti insieme.
ovviamente è ricco, è accompagnato Oltrepassiamo il confine lombardo
dai genitori, elegantemente vestiti da per giungere in Piemonte dove è ri-
cittadini, e da due testimoni molto nomata la manifestazione della fa-
particolari, che portano abiti bianchi mosa e discussa Battaglia delle Aran-
con cintura rossa (vecchie camicie ce e la più tranquilla fagiolata. Siamo
femminili con ricami e pizzi), calzetto- ad Ivrea, in provincia di Torino, dove

23
carnevalesche addette alla erezione
delle monumentali cucine da campo
in piazza dei fagioli ed alla accensio-
ne dei fuochi a legna per la cottura
della succulenta specialità. La fagio-
i festeggiamenti iniziano il giorno lata, preparata secondo una ricetta
21. Momento della Battaglia delle
Arance ad Ivrea (To). dell’Epifania, annunciati dal suono antica da secoli, verso mezzogiorno,
della banda con il passaggio delle di- previa benedizione del parroco, vie-
22. La grande fagiolata del lunedì
grasso a Santhià (Vc). sposizioni al nuovo Generale, che ar- ne servita sulle chilometriche tavole
bitrerà il Carnevale. Vi sono numerose che attorniano la piazza. Il martedì
sfilate in maschera durante le dome- grasso, invece, si svolgono i 24 giochi
niche e sparo di fuochi d’artificio. Il di Gianduja (gare per i bambini) ed il
momento cruciale, però, è la Battaglia Rogo del Babaciu (si brucia un fantoc-
delle Arance che avviene lungo le vie cio che rappresenta il Carnevale), con
cittadine, insolita ma suggestiva non uno spettacolo di fuochi d’artificio.
solo per la violenza con cui il combat- Questa festa è rappresentata da due
timento avviene, ma anche perché si maschere storiche, gli sposi Stevulin
utilizza un frutto che, da queste parti, ‘dla Plisera e Majutin dal Pampardu,
non ha nulla di tradizionale. che prendono il nome da due cascine
Altro carnevale importante è quello
di Santhià, in provincia di Vercelli.
Tanto tempo fa, quindici giorni prima
del Carnevale, si svolgeva la sfilata
dei maiali (la Salamada) che, infioc-
chettati, venivano condotti al macel-
lo. La tradizione, però, non viene più
ripetuta.
Tra le manifestazioni recenti ricordia-
mo quella del lunedì precedente al
martedì grasso, quando viene allesti-
ta la più grande fagiolata d’Italia. Alle
cinque del mattino i pifferi e i tamburi
provvedono alla sveglia delle autorità

24
23. Sfilata dei “cilindrati” il Mercu Scu-
rot a Borgosesia (Vc).

esistenti. il giorno dopo del martedì grasso di


Sempre in provincia di Vercelli, nel celebrare il funerale di carnevale. Ap-
piccolo centro di Borgosesia, è rino- prestarono quindi una finta bara su
mato il carnevale la cui prima edizione un carro e, seguendo il carro vestiti
ufficiale risale al 1854. Si tratta di uno con gli abiti eleganti usati all’epoca
dei carnevali storici italiani, prolun- in simili circostanze (solitamente un
gandosi per un arco di 3-4 settimane frac), improvvisarono un corteo fune-
con manifestazioni gastronomiche e bre per il paese, con opportune soste
balli in maschera, giornate dedicate in tutte le osterie incontrate lungo il
ai bambini e, soprattutto, con tre sfi- percorso.
late di carri allegorici che animano il Ancor oggi i partecipanti si ritrovano
centro cittadino. la mattina del Mercoledì delle Cene-
Nell’ambito delle manifestazioni ri vestiti di tutto punto: frac, gala (un
merita una particolare citazione un grosso farfallino bianco di garza), ci-
evento unico in Europa: il cosiddetto lindro e mantella. Accessori indispen-
Mercu Scûrot (in lingua piemontese sabili sono il cassùu, un mestolo di
significa Mercoledì oscuro), ovvero il legno utilizzato per bere il vino che
Mercoledì delle Ceneri. Mentre tutti viene distribuito in apposite posta-
gli altri carnevali di rito romano termi- zioni dislocate lungo il percorso del
nano con il Martedì grasso, il carneva- corteo e la scova che entra in azione
le borgosesiano vive l’atto conclusivo ogni qualvolta un malcapitato si rifiu-
nel primo giorno di Quaresima, per ta di mescere il vinello. Dopo il pranzo
inscenare con un lungo corteo una (spesso a base di fagiolate), i cilindrati
sorta di funerale del carnevale stes- (così vengono definiti i partecipanti
so. L’idea nacque da un gruppetto di alla manifestazione) iniziano un giro
persone che, non rassegnate alla fine della città che si conclude soltanto a
delle feste carnascialesche, decisero sera inoltrata con la lettura del Testa-

25
mento del Peru Magunella, masche- torno al fuoco fino a tarda notte.
ra cittadina, il rogo propiziatorio del Lasciamo il Piemonte e, spostandoci
24. Sfilata dei partecipanti alla La-
chera durante il Carnevale a Rocca pupazzo che raffigura la maschera ed più a ovest, ci ritroviamo in Valle d’Ao-
Grimalda (Al). uno spettacolo di fuochi artificiali. sta, in una piccola cittadina nota per
25. Momento della manifestazione Sempre in Piemonte, a Rocca Gri- i suoi riti che non sono altro che una
del Carnevale a Verrès (Ao).
malda, in provincia di Alessandria, rievocazione di un fatto accaduto nel
durante il periodo carnascialesco si lontano 1449 e riproposto ai giorni
può assistere alla rappresentazione d’oggi con costumi d’epoca, sfilate nel
della Lachera. Protagonista di questa borgo storico e cene con serate dan-
manifestazione è un corteo nuziale, zanti all’interno dell’antico castello.
accompagnato da servitori (i lachè, Siamo a Verrès, in provincia di Aosta;
che danno il nome alla festa), arlec- il sabato di Carnevale, tra lo sfolgorio
chini (trapulin), zuavi armati, cam- delle fiaccole, il rullare dei tamburi, gli
pagnole e mulattieri. La tradizione squilli delle trombe, il Gran Ciambel-
vuole che il rito sia nato dalla rivolta lano, attorniato da armigeri, arcieri,
del popolo contro il signore del pae- portabandiera, annuncia Caterina ed
se che pretendeva di esercitare lo jus il consorte Pierre d’Introd e i conti
primae noctis sulle spose del feudo. I del seguito, che impersonano i nobili
personaggi del corteo nuziale dan- della Casa Challant. Il Gran Ciambella-
zano attorno alla coppia con fiori e no legge il proclama, invitando tutti
nastri colorati, spade, sonagli e fruste. all’allegria e a dimenticare i problemi
Nella coreografia si fondono elementi e gli affanni. La sfilata raggiunge il
guerreschi e nuziali, mentre i costumi Municipio dove Caterina riceve i pieni
portano il segno delle diverse epoche poteri dal Sindaco. La schiera di nobili
in cui il carnevale è cresciuto. La carat- e popolani si dirige poi verso il ma-
teristica della Lachera consiste nel fat- niero, pronta a trascorrere una lunga
to che i personaggi del corteo, e solo nottata tra musiche e balli.
loro, indossano maschere facciali. Gli L’ultimo giorno di Carnevale, il marte-
abitanti accolgono il corteo nuziale dì, inizia con la distribuzione di polen-
con offerte di cibo e vino, da legare ta, saucisses, fisous, fisous et vin clair
alla “carassa propiziatoria”, un palo di de notre, in piazza. Nel pomeriggio, si
castagno che viene trasportato dai snoda per le vie del borgo una sfila-
mulattieri. Le danze proseguono in- ta di gruppi folkloristici e mascherati,

26
27
ristiche landzette, costumi ispirati ap-
punto alle divise dell’esercito france-
se. Questi abiti costosi, confezionati
interamente a mano, sono rifiniti con
perline e paillettes e specchietti che ri-
flettono la luce. Il volto delle landzette
è coperto da una maschera (vesadjie),
un tempo di legno, oggi solitamen-
te di plastica; in mano tengono una
coda di cavallo ed in vita hanno una
cintura munita di un campanello, tut-
ti elementi simbolici capaci di allon-
tanare gli spiriti maligni.
Negli ultimi giorni di Carnevale si svol-
gono le sfilate ufficiali, ma già nelle
settimane precedenti, piccoli gruppi
carri allegorici, bande musicali, sem- mascherati fanno visita alle famiglie
26. Particolare dei costumi carnascia-
leschi dei paesi della Valle del Gran pre accompagnati da Caterina e dal delle diverse frazioni dove vengono
San Bernardo (Ao). suo seguito. L’ultimo appuntamento accolti festosamente per bere, man-
è il Veglionissimo di chiusura al Ca- giare, cantare e scherzare.
stello, serata con ballo in maschera. Facciamo ora un salto in Liguria per
Ancora in Val d’Aosta ricordiamo un scoprire uno dei carnevali più belli e
carnevale spettacolare, tipico dei pae- meno conosciuti del nord Italia che
si della Valle del Gran San Bernardo, si tiene in una splendida cittadina a
la cosiddetta “Coumba Freida” (cioè metà strada tra Genova e la Francia. A
“valle fredda”, a causa del vento che Loano, in provincia di Savona, la tradi-
spira forte per gran parte dell’anno). zione del Carnevale viene festeggiata
La prima notizia documentata del da secoli con canti, balli e satire. Piut-
carnevale festeggiato risale al 1467, tosto antichi sono anche i “testoni”,
ma è solo dopo il passaggio dell’eser- grosse teste di cartapesta dipinte con
cito napoleonico nel 1800 che prese colori vivaci che raffigurano solita-
il via la tradizionale sfilata della cosid- mente persone ben note della comu-
detta benda, maschere con le caratte- nità; sul berretto portavano il nome

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del personaggio preso di mira. Questi prendevano di mira i personaggi di
testoni, indossati da ragazzi e uomini spicco della città, sull’onda dell’antica
27. Gli antichi “Testoni” di cartapesta
di tutte le età, sfilavano singolarmen- tradizione dei testoni. La maschera che sfilavano durante il Carnevale a
te o a gruppi e partecipavano a veri e ufficiale è “Pue Peppin” (Papà Pep- Loano (Ge).
propri concorsi a premi. Nell’Ottocen- pino), l’erede di Re Carnevale che, 28. Beciancin, maschera ufficiale del
to e nel primo Novecento si sono poi sfilando a cavallo, apriva tradizional- Carnevale di Loano (Ge).
aggiunti recite e teatrini improvvisati mente la sfilata dei testoni. Da non
nelle piazze e negli edifici pubblici. dimenticare anche la maschera di
Non si sa, invece, con esattezza quan- “Beciancin”, il giardiniere simpatico e
do abbia avuto inizio l’usanza dei burlone, amante del buon vino, che si
carri di carnevale. Esistono però foto divertiva a bagnare le coppiette per
di quelli del 1925, del 1927, dei 1929 poi scappare via, sghignazzando, di-
con i palchi per la giuria che assegna- vertito.
va i premi ai carri e alle maschere più Partiamo ora verso l’Emilia Romagna
belle e spiritose. Durante la sfilata si dove ci sono manifestazioni di fama
recitavano poesie satiriche e filastroc- nazionale e altre meno conosciute,
che particolarmente pungenti che ma di certo singolari per alcune ca-

29
ratteristiche. Il nostro viaggio ci porta
inizialmente in provincia di Parma, in
una piccola cittadina di nome Busse-
to che diede i natali a Giuseppe Verdi.
Qui il carnevale nacque intorno alla
metà dell’Ottocento. Fu interrotto
solo durante il periodo di guerra. Da
sempre questa manifestazione ha at-
tirato dai paesi vicini maschere e carri
allegorici artigianali.
La tradizione si è mantenuta nel tem-
po grazie all’Associazione “Amici della
cartapesta”; sono rimasti gli enormi
Carri in cartapesta, le Bande e le Ma-
jorettes, i Soggetti Speciali e le ma-
schere a piedi.
Ci spostiamo in provincia di Ferrara,
in una cittadina agricola ricca di corsi
d’acqua e di maceri, dove del carne-
vale si hanno notizie già dal Seicento
grazie ad alcuni affreschi del famoso
pittore Gian Francesco Barbieri detto
il “Guercino”, che raffigurò “il Berlin-
gaccio”, una maschera locale, in una
festa nel palazzo comunale offerta
al popolo nel giovedì grasso dal Ma-
gistrato cittadino, con profusione di
dolciumi e rinfreschi. Siamo a Cen-
to; agli inizi del Novecento i cittadini
pensarono di creare un proprio re a
simbolo del carnevale: nacque così
Tasi, Luigi Tasini, che un tempo era
realmente esistito e stimato. La festa

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ha mantenuto i connotati della ma- pubblico in una atmosfera d’allegria.
nifestazione tipicamente locale sino Nella provincia di Reggio Emilia, pre-
29. Particolare di un carro allegorico
alla fine degli anni ‘80 del Novecento cisamente a Castelnuovo di Sotto, di Busseto (Pr), sfilata anno 2009.
quando è iniziata una vera e propria troviamo una manifestazione che,
30. Particolare di un carro allegorico
“rivoluzione”, grazie anche al gemel- secondo i documenti storici, nasce di Cento (Fe), sfilata anno 2009.
laggio con il Carnevale di Rio de Janei- con la costituzione di una Società per
31. Proposta della scuderia “Mae-
ro, il più famoso del mondo. Lo spirito il Carnevale nel 1885. Scopo dichia- strina” per la sfilata dell’anno 2007 a
allegro e giocoso, tipico di questa ma- rato della Società, al suo nascere, era Castelnuovo di Sotto (Re).
nifestazione, viene incarnato dai ma- quello di “promuovere e coordinare
stodontici e colorati carri allegorici di i divertimenti carnevaleschi onde
cartapesta che sfilano ogni domenica maggiormente favorire il commercio
tra due ali di folla festante e incanta- e le industrie locali”; vennero così or-
ta. Ogni associazione carnevalesca ha ganizzati due corsi mascherati nell’in-
un gruppo molto variopinto e festoso terno del paese con carri, carrozze e
che conta centinaia di persone. Una maschere. Era permesso, durante il
parte sul carro, l’altra, più numerosa e corso, gettare fiori e confetture, men-
scatenata, lo precede a piedi fra i por- tre era severamente proibito il lancio
tici seicenteschi della città. Sfilano poi di arance. Col trascorrere del tempo
bande di gruppi comico-folkloristici questa manifestazione si è consoli-
ed artisti di strada che coinvolgono il data sempre più, superando anche

31
i tempi più critici (come quello delle buon senso contadino, la solidarietà
guerre) ed è giunto sino ai nostri gior- di tutti i suoi concittadini, la solidità
32. Logo del Carnevale dei fantavei-
coli ad Imola (Bo). ni con la costituzione delle “Scuderie”, del suo lavoro e dei suoi valori.
gruppi di amici che costruiscono i Spostandoci più a est, giungiamo ad
33. Carro allegorico di Gambettola
(Fc), sfilata anno 2007. carri. Il lavoro è abbastanza lungo e Imola (provincia di Bologna); qui il
faticoso, visto che è necessario rispet- carnevale, nonostante abbia alle spal-
tare il regolamento interno inerente le una tradizione incentrata in parti-
le caratteristiche dei carri. Il vincitore colare sulla sfilata dei carri allegorici e
riceve, infine, il Gonfalone che conser- sui veglioni, ha deciso, circa una deci-
verà per tutto l’anno, fino al carnevale na di anni fa, di reinventare una tradi-
successivo. zione locale. Nasce, così, il Carnevale
Maschera simbolo di questo carne- dei Fantaveicoli ossia di veicoli che
vale è il Castlein: ha la berretta cala- possono mescolare fantasia, creativi-
ta sulle orecchie, le scarpe grosse da tà, ingegnosità, colore, stravaganza,
contadino e i calzoni di qualche ta- ironia. Il veicolo può essere creato in
glia in più rispetto alla propria. Non modo originale ed unico, come pure
si vergogna della povera condizione essere realizzato assemblando bi-
economica, né della sua ignoranza ciclette, carriole o altri veicoli d’uso
accademica perché a sostenerlo c’è il comune: importante è che abbia un
preciso tema e che non utilizzi motori
inquinanti. Quindi qualsiasi soluzione
senza motori va bene (a spinta, a pe-
dali, a traino, a vela, ad elica, ecc.) op-
pure con motori ad “emissione zero”
(ad energia elettrica, a pannelli solari,
ad aria compressa, ecc). Alla sfilata dei
fantaveicoli partecipano anche nu-
merosi gruppi mascherati che colora-
no di originalità questo carnevale.
Concludiamo il nostro viaggio in ter-
ra romagnola visitando Gambetto-
la, piccola cittadina in provincia di
Forlì-Cesena, famosa per i mercati di

32
ferrovecchio, per le piadine appeti-
tose e per il suo carnevale. È nato nel
lontano 1886 e come allora, anche
oggi riempie di allegria gli animi dei
partecipanti con i carri, le maschere
e i gruppi folkloristici che sfilano per
le vie cittadine. Durante le sfilate non
manca il lancio dai carri allegorici di
dolciumi, uova di cioccolato, palloni
e peluche. Particolare attenzione alle
date in cui si tengono queste sfilate:
a Gambettola, il carnevale si festeg-
gia il Lunedì di Pasqua e la domenica
successiva; per questo motivo, si par-
la anche di Carnevale di Primavera,
la nuova stagione che viene salutata
nell’allegria più sfrenata e con i mille
colori dei coriandoli e delle stelle fi-
lanti.

33
2.2 Il Carnevale nel Centro Italia

S
cendiamo giù per lo Stivale ar- il “carnevale dei ragazzi” nella piazza
rivando nelle regioni del cen- antistante la chiesa, che si concluse
tro. Ci spostiamo inizialmente con il falò del pagliaccio di carnevale.
sul versante occidentale; siamo in Dopo la prima manifestazione, nac-
provincia di Lucca, a Viareggio, una que un comitato organizzativo, che
città rinomata a livello nazionale per ha voluto lo sconfinamento rionale
il carnevale e per le sue coste che si (la sfilata dei carri percorre strade che
affacciano sul mar Ligure. In questa vanno oltre il rione dell’Orciolaia), un
città, la tradizione della sfilata dei maggior numero di partecipanti e
carri allegorici risale al 1873, quan- nuovi gemellaggi con realtà esterne
do alcuni ricchi borghesi decisero di a quella di Arezzo. Di anno in anno
mascherarsi per protestare contro le la macchina organizzatrice ha fatto
34. Burlamacco, maschera ufficiale
del Carnevale di Viareggio (Lu). pesanti tasse che erano costretti a passi da gigante, tanto da rendere
pagare. Da allora ogni anno si realiz- questa manifestazione un momento
35. Carro allegorico di Arezzo, sfilata
anno 2009. zano carri trionfali che interpretano importante per gli aretini e non solo;
alla perfezione il pensiero e il malcon- il merito è quello di creare diversi
tento di tanta gente. A far gli onori di eventi all’interno di quello principale,
casa c’è la maschera Burlamacco, ac- accrescendo così lo spettacolo e l’in-
compagnata da Ondina. Il suo nome, teresse della gente. I carri allegorici
probabilmente, deriva dalla “burla”
carnevalesca, ma forse anche da “Bur-
lamacca” che è il canale che attraversa
la città: è assai probabile che derivi da
quest’ultimo termine se si considera
che il nome della sua compagna si
lega al movimento sussultorio delle
acque del canale, le piccole onde, da
cui appunto il nome Ondina.
Spostandoci più a sud, giungiamo ad
Arezzo dove è rinomato il carnevale
dell’Orciolaia, che prende il nome dal
quartiere in cui nasce, ad opera di due
parroci che riuscirono ad organizzare

34
cittadine un carro con Re carnevale
modificato all’uopo.
36. Carro allegorico di Foiano della
Restiamo in provincia di Arezzo, per Chiana, sfilata anno 2009.
giungere a Foiano della Chiana;
qui ritroviamo un carnevale nato nel
1539, che si costruisce tutto l’anno,
che si vive ogni giorno. Esiste una ri-
valità accesa fra i gruppi storici (sono
quattro) che lavorano tutti i giorni
dell’anno per la realizzazione dei car-
ri. Nei primi tempi, i carri non erano
di cartapesta e non avevano lo scopo
di rappresentare ardite allegorie. Si
trattava di semplici carrozze e “carri
matti” dai quali venivano lanciati lu-
pini, castagne e baccalà sulla gente
assiepata. Da allora la manifestazione
si è evoluta verso forme più moder-
sfilano come veri e propri palcosce- ne di rappresentazione in cui i nobili
nici in movimento: danze, musiche, dispensatori di “leccornie” hanno ce-
lancio di coriandoli sortiscono un ef- duto il passo alla satira e all’allegoria
fetto spettacolare sui partecipanti e i di eventi e uomini politici, di film o di
gruppi mascherati, insieme alle ban- fantasie popolari.
de e alle majorettes, fanno da cornice La festa che si consuma ogni anno
a questa grande festa. Desta interes- trova con molta probabilità le proprie
se il fatto che i carri allegorici hanno radici nei riti propiziatori medioevali.
sfilato per le vie non solo durante il Tra i diversi riti, infatti, c’è il rogo di
periodo carnascialesco, ma anche per Giocondo, il re del Carnevale che vie-
festeggiare alcuni eventi particolari di ne rappresentano come un fantoccio
interesse cittadino. Si pensi alla pro- di cenci e paglia. Prima che Giocondo
mozione in serie B della U. S. Arezzo venga bruciato nella piazza principa-
avvenuta nella stagione calcistica le, la tradizione vuole che si faccia il
1981/1982, quando sfilò lungo le vie “testamento”, ovvero che si leggano

35
davanti a tutti i fatti più o meno po- venditori vocianti. Oltre 200 stendar-
37. Momento della manifestazione
del Carnevale a Todi (Pg). sitivi accaduti durante l’anno da poco di, che tappezzano il percorso della
finito, e che si proceda ad un vero e sfilata, creano un’atmosfera sugge-
proprio funerale, quello dell’inverno stiva che fa tuffare gli astanti in un
che sta per finire. Giocondo, dunque, lontano passato. Il tutto è arricchito
non è solo una maschera burlona da dalla festa del maialino arrosto e del
gettare fra le fiamme, ma un simbo- vin brulè.
lo arcaico attraverso il quale la cultu- Arriviamo, dunque, sul versante
ra contadina inneggia alla rinascita, orientale della nostra penisola, in un
all’arrivo della primavera. importante centro delle Marche che
Il nostro viaggio tra i carnevali del si affaccia, appunto sul mar Adriatico:
centro Italia prosegue in terra umbra, siamo a Fano, provincia di Pesaro-
tra boschi e amene colline, nella citta- Urbino. Qui ha sede il carnevale più
dina di Todi, in provincia di Perugia, antico d’Italia: il primo documento
dove le manifestazioni sono incentra- noto nel quale vengono descritti fe-
te su rievocazioni storiche medioevali. steggiamenti tipici del Carnevale risa-
Per le strade sfilano oltre 300 figuranti le, infatti, al 1347. Col tempo la festa
in costume che danno vita a inedite si è trasformata, tanto che nel 1872
e spettacolari scene medioevali con si decise di creare un comitato per
battaglie combattute da esperti mae- l’organizzazione dell’evento che an-
stri dell’arme, giostre di cavalli, sban- cora oggi coinvolge e appassiona mi-
dieratori, giochi, arcieri con frecce di gliaia di abitanti e di turisti. Il lancio
fuoco. Non mancano i mangiafuoco di quintali di caramelle e cioccolatini
sui trampoli, cantastorie, falconieri e dai carri allegorici è, senza dubbio, il

36
38. Foto storica del gruppo “Musica
Arabita” al Carnevale di Fano (PU).

punto di forza di questo Carnevale. da due rami fluviali. Siamo ad Offida


Un altro elemento assolutamente ori- in provincia di Ascoli Piceno; in que-
ginale è il caratteristico pupo, detto sta manifestazione carnascialesca si
vulon: si tratta di una maschera che ritrovano tracce degli antichi Bacca-
rappresenta i personaggi più in vista nali greci e, più ancora, dei Saturnali
della città e che, insieme alla “Musica romani. Il pubblico viene ogni anno
Arabita”, vanta una lunga tradizione. coinvolto in un’autentica festa del po-
È una spiritosa banda musicale, nata polo dove, messa da parte ogni rego-
nel 1923, che utilizza strumenti di uso la o convenzione sociale, è d’obbligo
comune quali barattoli di latta, caffet- divertirsi. L’ultimo giorno di Carneva-
tiere, brocche per produrre un’allegra le tutti si mascherano, sbucando da
musica, in perfetta sintonia con il cli- ogni parte con il tipico guazzarò (saio
ma allegro e spensierato del Carneva- di tela bianca con fazzoletto rosso al
le. Le sfilate dei carri allegorici, tradi- collo), tra urla, danze, scherzi di ogni
zionalmente realizzati in cartapesta sorta e lanci di coriandoli. A colora-
dagli abili maestri, si concludono con re l’atmosfera, le varie congreghe e i
un giro assolutamente suggestivo: gruppi mascherati che, al suono delle
quello della luminaria, una vera e pro- fanfare, danno vita a piccole farse in-
pria festa di luci e colori. centrate per lo più sui temi della viri-
Scendiamo più a sud, fermandoci sul lità e della fertilità. Da non perdere la
subappennino marchigiano, in un sfilata dei Vlurd: centinaia di uomini e
piccolo centro particolare per la sua donne mascherati, con lunghi fasci di
posizione geografica, dato che sorge canne accesi sulle spalle, sfilano tut-
su uno sperone roccioso, attorniato ti barcollanti in fila indiana, tra urla e

37
danze selvagge. Il Corso sembra un
serpente fiammeggiante. Giunti nella
39. Sfilata dei Vlurd, durante il Carne-
vale di Offida (AP). piazza principale dispongono al cen-
tro i “bagordi” ancora in fiamme; le
40. Una macchietta del Carnevale di
Ascoli Piceno. maschere come impazzite corrono a
cerchio intorno al falò, mentre urla e
canti si fondono tra vortici di fumo e
miriadi di scintille.
Nell’estrema parte meridionale del-
le Marche ritroviamo Ascoli Piceno,
altra importante città caratteristica
per i monumenti e per la vicinanza di
due aree naturali protette. In questo
angolo delle Marche, il Carnevale si
svolge a terra attraverso un continuo
scambio di ruoli tra le maschere e gli
spettatori, i quali diventano essi stes-
si protagonisti dell’azione scenica.
In questo modo tutti i presenti sono
coinvolti: i cittadini imitano perso-
naggi celebri della realtà locale, come
il sindaco o un assessore, oppure na-
zionale, come il Presidente del Con-
siglio o della Repubblica. Accanto ai
gruppi organizzati la città si popola
di tantissime maschere singole, dette
comunemente macchiette, che, con
pochi mezzi e tanta inventiva, riesco-
no a far vivere l’atmosfera ironica e
surreale della manifestazione.
Ancora più a sud, varchiamo il con-
fine abruzzese per immergerci nella
cittadina di Francavilla al Mare in

38
provincia di Chieti, dove la tradizione
nasce nei primi anni del dopoguerra,
quando in occasione del Carnevale
un gruppo caratteristico del luogo, il
complesso “Zazzà in cerca di Zuzzù”,
si esibiva lungo le strade del paese;
fu così che negli anni successivi ven-
ne costituito un Comitato ad opera
di alcuni meritevoli cittadini, che an- bre, decisamente sopra le righe, con
41. Carro allegorico del Carnevale di
cora oggi, organizzano la manifesta- un turbine di balli, danze e musiche Francavilla al Mare (Ch).
zione e la costruzione dei carri. La a cui partecipa un nutrito gruppo di
42. Istantanea del Carnevale di Mon-
tipica sfilata è ogni anno ispirata alla figuranti in costume. L’evento rappre- torio al Vomano (Te).
caricatura e alla satira di personaggi senta quindi una cesura netta col pas-
ed eventi saliti alla ribalta dei media sato, che viene dunque considerato
nel corso dell’anno, alla quale parteci- ormai morto. Questo funerale mostra
pano gruppi folcloristici, danzatori e evidenti tutte le caratteristiche di un
piccole orchestre, semplici cittadini e rito pagano, simboleggiando la rina-
bambini. La manifestazione si snoda scita dopo il rigore invernale e ricolle-
lungo uno dei viali principali nel cen- gandosi agli antichi riti della fertilità.
tro città, richiamando un’innumere- Esso rappresenta la fine di un periodo
vole folla di spettatori. e l’inizio, dopo l’avvenuta catarsi, di
In provincia di Teramo, invece, a un nuovo ciclo.
Montorio al Vomano, ha luogo il Qualche chilometro di strada e rag-
Carnevale Morto, con il quale si rap- giungiamo il Lazio; in provincia di Vi-
presenta la fine dei festeggiamenti e
l’imminente avvento della Quaresi-
ma. Viene allestito un corteo funebre
a cui partecipa tutta la popolazione,
accompagnando la salma lungo il
percorso che nei giorni precedenti
è stato attraversato da festosi carri
allegorici. Si tratta comunque di una
vera e propria parodia del rito fune-

39
terbo, nella cittadina di Ronciglione rici. Tra le maschere si aggirano i Nasi
43. I Nasi Rossi, maschere tipiche del
Carnevale di Ronciglione (Vt). situata su un grosso ciglione tufaceo, Rossi, una confraternita di buontem-
l’inizio dei festeggiamenti è indicato poni, fedeli seguaci di Bacco. La sera
dal campanone, percosso da un “cam- del martedì grasso, con la collabora-
panaro”, arrampicatosi fin sulla torre zione del complesso bandistico lo-
del Comune. Il Re Carnevale, scortato cale, nella piazza principale inizia un
da cavalieri in costume, si insedia nel- grandioso saltarello cui partecipano
la città, prendendo in consegna dal tutti i presenti, in maschera o meno.
sindaco le chiavi, per assicurare a tutti Al termine, il Re Carnevale, condan-
cinque giorni di baldorie e di follia. nato a morte, viene dato alle fiamme.
Segue la corsa degli Ussari, detta an- Spostandoci più a sud rispetto a Vi-
ticamente la “Carriera”. È una corsa di terbo e alla stessa capitale, ritroviamo
cavalli non sellati, lanciati al galoppo un carnevale storico che si svolge nel
senza fantino che percorrono circa un capoluogo ciociaro. Siamo a Frosino-
chilometro attraverso le vie cittadine. ne; il culmine dei festeggiamenti lo si
Nei giorni successivi - con una parti- raggiunge l’ultimo giorno di carneva-
colare intensificazione la domenica e le con la Festa della Ràdeca (altro non
il martedì grasso - altre corse di cavalli è che una foglia d’agave, antico sim-
simili alla precedente, nuove danze in bolo di fertilità), la cui origine si perde
piazza, gare di maschere, veglioni e, in un’epoca remota, molto probabil-
attesissimo, il Gran Corso di Gala, con mente precristiana e che richiama gli
una imponente sfilata di carri allego- antichi riti di fertilità e del ciclo della

40
vita, col passaggio dalla morte alla ri- più in vista, insieme ai loro eventuali
nascita. Durante questa festa devono meriti. Inoltre questo rito è accompa-
44. Istantanea del Carnevale di Frosi-
essere rispettate alcune regole come, gnato dalla sfilata di carri allegorici e none durante la festa della Ràdeca.
ad esempio, quella di avere in mano gruppi mascherati.
la “ràdeca” se non si vuole incorrere Concludiamo il nostro viaggio nel
nella punizione che consiste nel su- centro Italia ricordando il carneva-
bire un certo numero di “radecate”, le romano. Tempo fa questa festa a
soprattutto sulla testa; inoltre chi è Roma era molto attesa e durava ben
forestiero o nuovo della manifesta- otto giorni con festeggiamenti di
zione deve essere “battezzato” con il ogni tipo, con la nota ruzzica de li porci
tocco della ràdeca sulla schiena come (lancio dei maiali attaccati al carretto
rito di iniziazione. Caratteristica è an- lungo i pendii del monte). Un appun-
che la figura del “notaro”, un cittadino tamento annuale di grande successo
in costume su un asino che legge al in particolare tra i più giovani ai quali
resto della popolazione un bando in era consentito almeno in quei gior-
chiave satirica per criticare, senza pe- ni scherzare, bere e divertirsi senza
ricolo di guai giudiziari, le mancanze incorrere in qualche punizione. Non
degli amministratori ed il loro ope- mancavano le corse di cavalli, uomini,
rato, ma anche quello dei cittadini ragazzi e donne, sfilate in maschera,

41
corsa di cavalli, di proprietà di ricchi
aristocratici, attraverso le strade cit-
tadine; gli spettatori non facevano
altro che aizzare i cavalli con urla e
con dolorose punte di ferro. All’arrivo,
indicato da un gran telone sospeso, i
cavalli venivano trattenuti a fatica dai
“barbareschi” (gli stallieri). Questa tra-
dizione si mantenne per oltre quattro
secoli, finché fu abolita a causa di un
incidente mortale avvenuto.
L’ultimo giorno di Carnevale, invece,
c’era la “festa dei moccoletti”. Ognu-
no usciva da casa in maschera e con
un moccolo (un lumino, una fiaccola
o anche una lanterna) e, una volta in
strada, bisognava spegnere il mocco-
letto a una persona di sesso opposto,
conservando acceso il proprio; chi
aveva il moccoletto spento doveva
togliersi la maschera.
Festeggiato anche ai giorni nostri il
Carnevale non ha la stessa importan-
carri allegorici, tornei e giostre, lanci za di un tempo, ma consiste solo in fe-
45. “La mossa dei barberi”, dipinto di
G. F. Perry (1827). di monete e distribuzioni di cibo: una ste in alcuni teatri e quartieri di Roma,
girandola di festeggiamenti che coin- maschere e coriandoli per i bambini.
46. “I moccoletti al corso”, dipinto di
I. Caffi. volgeva tutta la popolazione e richia-
mava turisti e curiosi da ogni parte. In
particolare, come accennato sopra, le
manifestazioni più attese erano due:
la corsa dei berberi e la festa dei moc-
coletti.
La Corsa dei berberi era una sfrenata

42
VIAGGIO TRA I CARNEVALI
3 DEL SUD ITALIA

A
bbiamo percorso in lungo e
in largo quasi tutto lo Stivale;
quel che resta è il sud Italia e
le sue manifestazioni che andremo
a scoprire, soffermandoci maggior-
mente su alcune cittadine aderenti al
network dei Carnevali del sud creato
da Cantieri Creativi.

3.1 Le caratteristiche dei Carnevali del Sud Italia

I
l nostro viaggio inizia dalla Campa- esercitarono un notevole fascino an-
nia, a Napoli, dove la maschera di che sul popolo, tanto da indurre pe-
Pulcinella fa da padrone. Dapprima scatori, macellai, pescivendoli, conta-
la festa era riservata ai principi, ai no- dini a scendere in piazza e nei vicoli
bili cavalieri, alle dame, alle duchesse, per festeggiare. Il tutto era arricchito
alle marchese e all’alta aristocrazia dai costumi tradizionali, da strani tra-
napoletana, la quale ben mascherata vestimenti, da giochi particolari e da
aderiva ai tornei, ai gran balli, alla cac- canti carnascialeschi.
cia al toro, alle cavalcate e ai lussuosi Nel regno dei Borboni, il Carnevale
ricevimenti organizzati dalla Corte. conobbe un momento di grande glo-
Solo verso il XVII secolo le mascherate ria; veniva festeggiato con sfilate, ma-
scherate e con bellissimi carri allego-
rici che spesso venivano arricchiti con
47. Putignano, sfilata del 1986.
gustosi cibi, tanto da subire violenti
48. Dipinto di A. D’Anna che raffigura
saccheggi. Durante i secoli XVII e XVIII una festa di Carnevale del 1774 con
era in voga il gioco “dell’albero della sfilata di carri a Largo di Palazzo, l’at-
Cuccagna”, detto anche comunemen- tuale Piazza del Plebiscito.
te “palo di sapone”, dal momento che
l’altissimo palo veniva interamente in-

43
saponato e reso scivoloso. L’abilità dei che balla la tarantella (costringendo
giocatori consisteva proprio nel riusci- in tal modo la vecchia a compiere del-
49. Maschera della Vecchia ‘o Carne-
vale tipica del carnevale di Napoli. re a salire in cima all’albero e afferrare le mosse oscene) e suona le nacchere.
tutte le varie delizie che erano state I due vagano così insieme per i vico-
messe in mostra: vini, pietanze, salu- li e i quartieri di Napoli. Questa ma-
mi, dolciumi, vivande, maiali, capretti, schera ha un significato simbolico: la
uova, formaggi, ecc; da qui si deduce parte deforme del corpo rappresenta
pure che il termine cuccagna sta per il tempo passato, l’inverno e la natura
“paese delle meraviglie, dei piaceri e appassita, la parte giovanile rispec-
delle delizie”. Questo gioco rispecchia chia la primavera, l’arrivo del nuovo
anche la specifica concezione gastro- anno ricco e fecondo, la rinascita, la
nomica napoletana dell’“abbuffarsi” vitalità.
abbondantemente prima di iniziare il Zeza, invece, è il diminutivo di Lucre-
lungo digiuno quaresimale. zia e non è altro che la moglie di Pul-
Oltre Pulcinella, che è la maschera cinella, nonché una delle protagoni-
simbolo sia della cultura partenopea ste di una antica commedia d’amore.
che del Carnevale napoletano, ricor- Infatti si diffuse nel Seicento e tratta
diamo altre “mezze maschere” popo-
lari di vitale spessore: La Vecchia del
Carnevale, la Zeza, Don Nicola, Don
Felice Sciosciammocca.
La Vecchia del Carnevale è precisa-
mente una maschera nella maschera,
poiché è rappresentata da due figure:
una Vecchia e Pulcinella. Tutti la chia-
mano la Vecchia ‘o Carnevale. La vec-
chia signora ha un aspetto abbastan-
za particolare: la testa, il viso, il busto
sono deformi e invecchiati, mentre
il resto si presenta come un corpo
giovane e prosperoso dal seno ab-
bondante. Ha un’enorme gobba alla
schiena, sulla quale poggia Pulcinella

44
la storia di un amore contrastato tra
Vincenzella (figlia della Zeza e di Pul-
50. Locandina del carnevale di Palma
cinella) e Don Nicola, uno studente di Campania (Na).
origine calabrese. Pulcinella è molto
possessivo e geloso della propria fi-
glia e non gradisce assolutamente la
relazione che c’è tra i due giovani, ma
alla fine (dopo essere stato minaccia-
to dal genero) è costretto a rassegnar-
si e ad accettare che Don Nicola sposi
Vincenzella. Questa scenetta carne-
valesca, ricca di doppi sensi, battute
mordaci, oscene e licenziose, propo-
ne lo scontro tra vecchi e giovani, tra pone di un certo numero di fiati (clari-
genitori e figli, tra marito e moglie; netti, tromboni, sassofoni ecc..), che di
uno scontro che tra Otto e Novecen- solito si aggira intorno ai 15 elementi,
to sarà sempre più vivo e presente nel e che svolgono il ruolo di strumenti
repertorio teatrale comico napoleta- guida, e della cosiddetta piccola ban-
no. da costituita dalla grancassa (‘ranca-
Restiamo in provincia di Napoli per scia), dal tamburo (tammuriello) e dai
conoscere il carnevale di Palma Cam- piatti o cimbali. A questi strumenti
pania, che si contraddistingue per si aggiungono le tradizionali tam-
l’esibizione delle quadriglie, gruppi murelle, triccaballacche, putipù e sce-
costituiti da un numero variabile di tavajasse e strumenti a percussione
persone (anche 200), che si sfidano in tipici della zona (o’ lignamme). Ogni
un’avvincente competizione musica- quadriglia si esibisce suonando il pro-
le che ha il suo culmine nel martedì prio canzoniere, comprendente un
grasso. repertorio che può spaziare dai brani
La prima quadriglia palmese che si musicali della tradizione classica na-
ricorda risale al primo Novecento e il poletana alle canzoni più in voga del
suo maestro fu tale Biagio ‘o seggiaro, momento.
ma le prime manifestazioni risalgono Un’altra caratteristica delle quadriglie
a molto prima. La quadriglia si com- è rappresentata dai travestimenti rea-

45
lizzati sulla base di un tema scelto che
varia di anno in anno; ogni gruppo si
51. Le Quadriglie di Palma Campania,
anno 2008. impegna per fornire la rappresen-
tazione migliore, utilizzando anche
52. Carro allegorico di Saviano (Na),
sfilata anno 2009. carri allegorici, dando così origine a
sfilate colorate e festose. Gli apparte-
nenti al gruppo si dispongono nella
tradizionale formazione a cerchio con
al centro il maestro a far da guida. Ad
ogni cerchio corrisponde una giuria
che vota i costumi, le musiche, il ma-
estro e alla fine decreta la quadriglia
vincitrice dell’ambito palio. minato “Masaniello” (ripercorreva la
Infine ricordiamo Saviano, una zona sua storia). Col tempo sono sorti vari
limitrofa di Napoli. Agli inizi del se- comitati che ricalcano, grosso modo, i
colo erano tipiche le sfilate di carret- rioni in cui è suddiviso il territorio del
ti addobbati con motivi floreali, con comune di Saviano e i carri sono di-
esibizioni di danze e canti ‘ncoppa a ventati tredici. La manifestazione non
tammorra; negli anni Trenta sfilavano è solo costituita dalla sfilata dei carri
nel Paese bande musicali in costume, nel giorno di martedì grasso, ma da
quadriglie, esequie di Carnevale e feste popolari che, nelle tre settimane
gruppi carnevaleschi che improvvi- antecedenti, animano il paese.
savano curiose e divertenti scenette La particolarità di questa manifesta-
da teatro popolare. Nel dopoguer- zione è costituita dal forte legame
ra le tradizioni sono state riprese da con le tradizioni contadine del terri-
Fedele De Marino con un originale torio nolano, dall’intento di conserva-
corteo funebre africano, con costu- re la memoria storica.
mi arabeggianti. Dal 1979, invece, si Lasciamo la Campania per prosegui-
è sviluppato un Carnevale con carri re il nostro viaggio verso la Basilicata.
allegorici, prima con un solo carro Siamo a Potenza; nel periodo di car-
nella contrada di Sant’Erasmo ad nevale, il popolo si lasciava andare a
opera del maestro Nicola Strocchia e svaghi e divertimenti limitati al ballo,
di Radio-A.R.C.I., con un carro deno- soprattutto la tarantella, che al suono

46
de la tammurrièdd’ (del tamburello), pecore, al piede una catena spezzata
piffero, o altro strumento musicale si ed in mano i campanacci. Ad affianca-
53. Tarantella al suono de la tammur-
ballava in ogni casa o ‘int’ la cuntana re l’orso c’è il romito, altra suggestiva rièdd’.
(nel vicolo). I ragazzi, invece, per bur- figura appartenente al mondo agro-
54. I romiti, tipiche maschere del Car-
la, come se piangessero, nel giorno di pastorale. È completamente rivestito nevale di Satriano di Lucania (Pz).
carnevale si divertivano per la stra- di edera fino ad essere irriconoscibile
da cantando il seguente ritornello: e proviene dalla foresta; in mano por-
“carnvale mie, chiène d’uòglie, stasera ta lunghe verghe.
maccarone e craie fuòglie” - carnevale La “Quaremma”, come altrove in Ba-
mio, pieno d’olio [cioè grasso] questa silicata, è impersonata da maschere
sera maccheroni e domani verdura. con le fattezze di vecchie in abiti più
Ci addentriamo ora nell’entroterra lu- o meno tetri; porta o in braccio o sul
cano alla scoperta delle tradizioni car- capo, adagiato in una culla, un pupaz-
nascialesche di alcuni piccoli centri zetto rappresentante Carnevalicchio.
della provincia di Potenza. A Satria- I personaggi principali sono accom-
no di Lucania il Carnevale è incentra- pagnati da un corteo nuziale: insieme
to su tre figure chiave: l’orso, il romito agli sciagurati sposi incedono il prete
e la “Quaremma”. La figura dell’orso e gli amici.
è presente in molti cortei carnascia- A Pietrapertosa il rito segue un’al-
leschi in aree montane e legate alla tra tradizione ben presente nei pic-
cultura del bosco, ma anche in tutta coli borghi contadini: il processo a
la Sardegna ed in qualche paese della Carnevale. Il corteo è formato dai
Sicilia. Lungo l’Appennino e l’arco al- giudici, dai cancellieri e dalla “Qua-
pino, ed in particolare nelle comunità remma”, moglie e prossima vedova
occitane, l’orso è una delle figure cen- di Carnevale che avanza incatenato
trali del Carnevale, spesso accompa- fra i gendarmi. In piazza si celebra il
gnato da una sorta di domatore che lo processo e la condanna è inesorabile.
controlla con una catena o una corda. Il fantoccio di Carnevale è prima im-
Con l’avvicinarsi della primavera, l’or- piccato poi bruciato, mentre un’altra
so (la natura) si risveglia dal letargo e maschera, vestita di nero e con le cor-
si aggira tra gli uomini cercando cibo. na di caprone sulla testa, raffigurante
A Satriano l’orso è rappresentato da il demonio, infierisce con un forcone
maschere coperte di pelli di capra e sui resti del condannato.

47
A Pedali, frazione del comune di
Viggianello sul Pollino, il pupazzo
55. Il pupazzo di Carnevale portato a
spasso a Pedali (Pz). di Carnevale, con la pancia gonfia, è
portato in giro su un asino addob-
56. La cupa-cupa.
bato con nastri colorati, circondato
da questuanti armati di cupa-cupa e
organetti. Si cerca l’offerta nelle case
e presso i commercianti. Si arriva alla
sera ormai ebbri, quando il povero
Carnevale espia le colpe di tutti finen-
do al rogo.
A Trecchina, protagonista del carne-
vale è il “Contacronze”: un personag-
gio vestito con il tipico giubbone dei
pastori ed in testa un cappellaccio
scuro che, con versi in rima, canzona i
personaggi più noti del paese, accom-
pagnato dal ritmo della cupa-cupa.
Ci spostiamo ora nei paesi della pro-
vincia di Matera. A S. Mauro Forte si
vive il rito carnascialesco tra campa-
nacci, transumanza, cicli agricoli. Il
campanaccio è strumento indispen-
sabile nella tenuta delle mandrie: ogni
animale ne è provvisto e serve a se-
gnalarne la presenza nei boschi e sui
pascoli. Il suono, all’orecchio esperto
del pastore, aiuta a individuare anche
la gerarchia tra gli animali, poiché al
momento della transumanza le vac-
che seguiranno, aiutate anche dal
campanaccio, la femmina riconosciu-
ta come “capomandria”.

48
Le sfilate dei “liberi suonatori”, una tre giri intorno alla chiesa di S. Rocco
sorta di mandria in movimento, ormai ove è esposta la statua di S. Antonio.
impegnano il paese per ben tre gior- Il pesante campanaccio è impugnato
ni, ma tradizionalmente il momento sul ventre e ritmato congiuntamen-
centrale della festa è il pomeriggio- te dall’intero gruppo. Un incredibile
sera della vigilia di S. Antonio Abate fragore stordisce per ore l’intero pa-
(17 gennaio). Tradizione vuole che ese e cresce all’inverosimile quando
nel pomeriggio si preparino le grandi le comitive si incrociano e si scatena
e profonde cantine-grotte del paese una sorta di sfida tra suonatori. Tutto
con brace, vino, formaggi e salumi il fragore che si crea ha ovviamente
pronti a rifocillare e sostenere la fatica un significato: cacciare il malocchio,
dei “suonatori”. All’imbrunire i vicoli l’anno vecchio e propiziare l’avvio del
del paese sono invasi da gruppi inta- nuovo ciclo agrario che dovrà portare
barrati in mantelli scuri, con in testa messi abbondanti ed un “nuovo” ma-
cappellacci che spesso nell’antichità iale ben ingrassato.
erano costituiti dalle coperture in vi- Anche ad Accettura, il 17 Gennaio i
mini dismesse dalle damigiane ed ar- campanacci accompagnano la festa
mati dell’immancabile ed imponente di S. Antonio. Al centro del rito è il falò
campanaccio. Ogni gruppo, quasi che ogni rione accende. Se ne conta-
come un clan familiare o amicale, no ogni anno tra i 20 ed i 25. La statua
può avere qualche distintivo nell’ab- del Santo, accompagnata da organet-
57. Un campanaccio tipico di S. Mau-
bigliamento e può essere preceduto ti e zampogne, visita i falò intorno ai ro Forte (Mt).
da personaggi che inalberano lunghi quali giungono poi i cortei dei cam-
58. I falò ad Accettura (Mt).
bastoni con appesi campanelli, spi- panacci.
ghe di grano, nastrini colorati ed altri A Cirigliano il corteo celebra la mor-
emblemi tipici della cultura dei mas-
sari e dei pastori. In qualche grup-
po sono ancora presenti animali da
soma, con sul basto la testa tagliata
al povero maiale appesa per le orec-
chie, vittima sacrificale predestinata
dell’antico rito. Ogni gruppo comin-
cia la sfilata con i tradizionali e rituali

49
te di Carnevale e la nascita di nuovi
cicli agricoli, collegati all’arrivo della
59. Il funerale del Carnevale a Ciri-
gliano (Mt). primavera. La sfilata è composta da
maschere che rappresentano i mesi
60. Tradizionale maschera del Carne-
vale di Aliano (Mt). dell’anno accompagnati da campa-
nacci e maschere cornute. Gennaio
61. Costumi realizzati con materiale
riciclato a Montescaglioso (Mt). vestito di bianco, Aprile colorato e
infiorato, Giugno, con le messi in-
dorate, Novembre grigio e triste. Tra
lazzi e danze, la rappresentazione si rosi finimenti usati per muli e cavalli:
conclude con il funerale di Carnevale. alla vita hanno una sorta di cintura re-
Personaggi ricoperti di bianche vesti alizzata con crine di cavallo ed in te-
e falsi preti precedono con una croce sta una orrenda maschera sulla quale
ed il teschio di un bovino il feretro di spiccano grandi corna, enormi nasi e
Carnevale, impersonato da un giova- penne di gallo; come racconta Carlo
ne in carne ed ossa. Emaciato e ben Levi in mano portano pelli di pecora
vestito, come ogni cadavere che si rinsecchite ed arrotolate, usate come
rispetti, il finto morto non rifiuta l’of- bastoni da “percuotere” sulla schiena
ferta di vino. Così pure i portatori del di quanti intralciano il corteo.
defunto giammai si sottrarrebbero A Montescaglioso si festeggia il co-
all’assaggio del vino nuovo che si stu- siddetto Carnevalone, che nasce so-
ra proprio a febbraio. Segue la vedova prattutto dalla cultura dei massari e
di Carnevale, la Quaremma, che urla dei braccianti. Anticamente i costumi
e si lamenta, ben sapendo però che erano realizzati con pelli di anima-
il congiunto è già pronto a risorgere. li, ma la festa si è evoluta insieme al
Il feretro è seguito da un pupazzo di mondo contadino. Per realizzare ogni
paglia e stracci che alla fine del corteo anno i costumi si utilizzano i materiali
finisce sul rogo. disponibili come la tela di canapa, di
Le maschere cornute di Aliano sono juta e poi anche la plastica dei sacchi
quanto di più arcaico si possa rintrac- per le sementi del grano, carta, carto-
ciare in Basilicata. I personaggi sono ni, stoffe di vestiti in disuso. All’alba
addobbati con fasce di cuoio dalle del martedì grasso ha inizio il lungo
quali pendono campanelli e nume- rito della vestizione. Il gruppo ha pre-

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cise figure e gerarchie: apre la parca lone. Intabarrato in un mantello nero,
che rotea il lungo fuso tra le gambe in testa un cappellaccio, cavalca un
62. I Cucibocca di Montescaglioso
della gente, simbolo della ruota del povero asino. Sa che nella notte scoc- (Mt).
tempo che gira e della morte che pri- cherà la sua ultima ora; non parla, ma
ma o poi arriva. Guai a farsi colpire! accetta tutte le offerte. Sulle spalle di
Seguono i portatori dei campanacci Carnevalone, sui fianchi o sul poste-
più grossi, sbattuti con l’ausilio del riore dell’asino, qualche cartello con
ginocchio: con il fracasso scacciano pillole di saggezza contadina condi-
il vecchio e la malasorte. Vi è anche te da aspre critiche, sempre sgram-
la tetra figura della “Quaremma”, ve- maticate (Carnevalone non ha avuto
stita di nero che porta in braccio un tempo per studiare), rivolte per lo più
neonato. Non manca la carriola con il a politici e pubblici amministratori. A
Carnevalicchio in fasce, ove si depo- notte fonda si avvia il corteo funebre
sitano le offerte in natura. Il Cuciboc- preceduto da mammane, falsi medi-
ca intabarrato in un mantello nero, ci, frati ubriachi e incappucciati che
con una lunga barba di canapa, ha come nel medioevo accompagnano
in mano un ago con cui minaccia di il condannato a morte. A mezzanotte
cucire le labbra dei presenti, preten- in punto, dalla più grande campana
dendo l’offerta. Una maschera, tra le della Chiesa Madre, partono i 40 lu-
più robuste, controlla gli slanci del gubri rintocchi che segnano l’inizio
caprone, legato ad una robusta fune. della Quaresima. Inizia la peniten-
La sposa di Carnevalone, più o meno
sguaiata, ferma tutti e chiede offer-
te in natura e danaro: serviranno a
far crescere il Carnevalicchio, ma in
realtà a fornire materia prima per la
cena e l’ubriacatura notturna. A ruota
libera e con i campanacci più picco-
li, tante figure sempre suggestive in
costumi ogni anno diversi. Si accetta
ogni offerta: pane, finocchi, pasta,
dolci, frutta, vino e salsiccia. Chiude il
corteo il vecchio e massiccio Carneva-

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za, la festa è finita: Carnevalone va za la presa in giro di personaggi ed
al rogo, ma contemporaneamente eventi del paese. La conclusione era
63. Gruppo di maschere al Carnevale
di Grassano (Mt). la vedova partorisce Carnevalicchio segnata dal funerale di Carnevale, il
già pronto per la prossima annata. Il cui fantoccio finiva gettato in uno dei
64. Il Diavolo di Tufara (Cb).
giorno dopo, mercoledì delle Ceneri, fossi intorno al paese. Alla mezzanot-
nei vicoli già compaiono le sette figu- te deI martedì grasso i rintocchi della
re della “Quaresima” appese ad una campana della chiesa madre segna-
corda per ricordare a tutti gli obblighi vano l’avvento della Quaresima e nei
del buon cristiano per la Pasqua che vicoli comparivano, appesi ai balconi,
è vicina. le “pupazze delle quaremme”.
A Pomarico la canzone di Zeza rinno- Ci spostiamo, ora, nella regione Molise
va un’antica tradizione di origine na- in un piccolo paese di nome Tufara in
poletana spesso nel passato proibita provincia di Campobasso. Le abitudi-
per la sua licenziosità. La rappresen- ni, le tradizioni e la cultura degli abi-
tazione, di cui si è parlato preceden- tanti del piccolo borgo si tramanda-
temente, si svolge tra i vicoli del pae- no di generazione in generazione la
se ed i protagonisti sono Pulcinella, la rappresentazione de “Il Diavolo” che,
moglie Zeza, la figlia Vincenzella e lo puntualmente, ogni anno si ripete
studentello don Nicola, candidato a nell’ultimo giorno di Carnevale come
sposare Vincenzella. Il tutto si svolge evento coinvolgente per tutta la citta-
secondo una trama costellata da bat- dinanza. Questo giorno è speciale per
tute a doppio senso, mentre il contra- la piccola comunità di Tufara: il paese,
sto tra il vecchio ed il giovane allude
ancora una volta al succedersi ciclico
del vecchio-nuovo ed al passaggio
inverno-primavera.
A Grassano era usanza organizzare
cortei di giovani travestiti con lenzuo-
la che suonavano strumenti come la
cupa-cupa, organetti oppure campa-
nacci. Facevano parte di questo cor-
teo anche le ragazze che indossavano
il costume della “pacchiana”. In piaz-

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infatti, si popola all’inverosimile, è in-
vaso da turisti, curiosi, che giungono
dai paesi limitrofi; decine di emigranti
ritornano, vengono richiamati da un per le strade del paese, saltella, cade a
65. Il Diavolo e le Maschere della
qualcosa di inspiegabile, un vero e terra, si rotola, si rialza, corre, cercan- Morte a Tufara (Cb).
proprio ritorno alle origini, un omag- do di sedurre chi incontra per iniziarli
gio alla tradizione dove il sacro e il ai sui misteri.
profano si fondono in una suggestiva Le maschere della Morte, vestite di
rappresentazione. bianco con il volto impiastricciato
Anche se il suo significato primiti- di farina, che precedono di qualche
vo si è in parte perduto, la maschera metro il Diavolo, starebbero a simbo-
del diavolo rappresentava un tem- leggiare la purificazione attraverso la
po la passione e la morte di Dioniso, morte. Se il seme muore e il terreno
dio della vegetazione, le cui feste si è purificato, la primavera ce lo resti-
celebravano in quasi tutte le società tuirà in raccolto. Il roteare delle falci,
agrarie. Dioniso, il dio che ogni anno il gesto stesso del falciare che la Mor-
moriva e rinasceva, come la vegeta- te compie indicherebbe il momento
zione, è rappresentato dalla masche- del raccolto; queste due maschere
ra zoomorfa, il Diavolo, che indossa compiono anche una funzione co-
sette pelli di capra cucite addosso, reografica attraverso salti e grida. La
quasi a voler rievocare un lontano rito pantomima di Tufara si differenzia
di smembramento di cui non si ha più da altre simili, in quanto la figura del
coscienza. Il capro, infatti, era la forma capro-espiatorio è qui stranamente
più frequente nella quale il dio si ma- presentata in duplice aspetto: non
nifestava. La rappresentazione della solo la si intravede tra il corpo irsuto
sua passione, che in tempi lontani e le pieghe della maschera del diavo-
era una cerimonia sacra, in periodo lo, ma anche tra la paglia e la tela del
cristiano venne declassata a semplice pupazzo simulacro, identificato con il
maschera carnevalesca, con l’aggiun- carnevale, da scaraventare tra le zolle
ta di una serie di figure: in questa for- di terra dall’alto di un precipizio. Pu-
ma è giunta fino ai nostri giorni. pazzo-simulacro, che viene processa-
Il Diavolo, trattenuto in vita con ca- to e condannato da una scanzonata
tene dai Folletti, i suoi guardiani, gira Giuria, nonostante gli appelli tragi-

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comici della Mamma e del Padre per tero paese, nessuno rifiuta di tribu-
salvarlo. Esso morirà, ma non la spe- tare salsicce e vino ai rappresentanti
ranza, poiché la madre ha già pronto di Carnevalicchio che consumano in
un altro neonato-simulacro, portato fretta quanto ricevuto, prima della
nella culla del Padre, che dà così con- tappa successiva. L’ultimo giorno di
tinuità al rito. Carnevale a ognuno è permesso di
A Casalciprano, sempre in provincia dare libero sfogo alla fantasia ed alla
di Campobasso, si festeggia il Carne- voglia di divertirsi: bambini, uomini,
vale con il gioco della ruzzola. Due animali mascherati sfilano per il pa-
squadre si cimentano lungo un per- ese portando in corteo “Carnevale”,
corso predefinito nel lancio, a mano un fantoccio di paglia e stracci, che
libera o con una corda, della ruzzola, poi viene bruciato in piazza mentre si
una specie di palla di legno dura e danza e si brinda col vino novello da
resistente. Quello della ruzzola è sta- poco “travasato”.
to da sempre uno “sport dei poveri”, Lasciamo il Molise per varcare il con-
praticato cioè in prevalenza da gente fine pugliese. Ci portiamo lungo la
di campagna, ma anche da nobili ed costa del Gargano, precisamente a
ecclesiastici (quest’ultimi nonostante Peschici. Intorno agli anni Trenta del
il divieto dei superiori). Novecento, ogni quartiere preparava
In provincia di Isernia, invece, a Roc- il suo fantoccio di Carnevale usando
camandolfi, il calendario delle ri- paglia, carta e abiti, i più malandati
correnze carnascialesche inizia il 17 che ci fossero in circolazione. Nella
gennaio con la festa di Sant’Antonio pancia si metteva di tutto (scarpe vec-
Abate. La tradizione vuole che per chie, cipolle, corde, patate, ecc.), lo si
più sere, da tale data, ragazzi, gio- caricava su di un asino al cui seguito
vani e meno giovani si radunino in c’era un chirurgo, accompagnato da
piazza con campane e campanacci un corteo di personaggi mascherati
per dar vita a frastornanti sarabande da madre, moglie, figli e parenti di
nelle strade del paese e davanti alle Carnevale. Il dottore tagliava la pan-
case intonano “Carnval’ Carnvalicch’ cia del pupazzo e ne estraeva strac-
mitt’ man’ all’ savcicc’, s’l’ savcicc’ n’ m’ ci, indumenti, verdure: solo alla fine
l’vuè dà t’c’pozzan’ mbracdà”. Per evi- estraeva il gigantesco maccherone
tare che la maledizione cada sull’in- che aveva provocato l’indigestione

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del Signor Carnevale. Questa ope- era adorna di alcuni oggetti d’oro
razione veniva ripetuta in diverse (di solito monili), un paio di collane,
66. La Pacchiana e Carnuàl, maschere
strade del paese, accompagnata da spille che tenevano fermo lo scialle al tipiche del Carnevale di Peschici (Fg).
urla, frastuono e risate degli astanti. seno e lunghi orecchini. Carnuàl era
67. Bambini che indossano i costumi
All’imbrunire, l’asino con il suo carico la rappresentazione dell’uomo agiato tipici del Carnevale di Peschici (Fg).
e tutto il seguito si dirigevano verso che aveva mangiato tanto nel perio-
il Castello, dove il fantoccio di Car- do natalizio e aveva ancora i postumi
nevale veniva gettato in mare dalla dell’abbuffata.
rupe antistante. I Carnevali appesi Il giorno del martedì grasso, il menu
nei vicoli, invece, venivano bruciati. prevedeva i maccheroni fatti in casa,
Le alte fiamme illuminavano la notte, “tirati” dalle massaie con un ferro a
segnando l’avvento della Quaresima. sezione quadrangolare. Si condivano
Fino agli anni Settanta, sempre nella con il sugo di carne per i ricchi e con
cittadina garganica si usava rappre- il sugo di polpette e ventresca per i
sentare la “Zeza Zeza”, un “pezzo” di poveri. Era usanza stendere un mac-
antico teatro popolare di origine set- cherone più lungo degli altri. Poiché
tecentesca, importato da Napoli. si usava mettere in tavola un unico
La maschera ufficiale di Peschici, ispi- piatto, chi, per sorte, mangiava que-
rata ad un tipico vestito tradizionale, sto maccherone, veniva canzonato
era la Pacchiana seguita da Carnuàl. come cannaròute, cioè il “goloso” del-
Vestiva con una gonna lunga arriccia- la famiglia.
ta in vita, una camicetta bianca con Queste antiche tradizioni si sono per-
un corpino di velluto nero, ricama- se con il tempo, ma negli ultimi anni
to sul davanti e legato con un laccio si sta assistendo a un recupero delle
bianco. Sulla testa portava un largo stesse; accanto alla sfilata dei carri al-
fazzoletto, piegato a triangolo, che legorici, infatti, si può assistere all’en-
legava dietro alla nuca a castagna- comiabile sforzo di alcuni peschiciani
ra; sulle spalle, uno scialle munito di di riportare la rappresentazione della
frangia; sulla gonna bianca a strisce Zeza alla ribalta.
rosse spiccava u’ z-nal (grembiule) Continuiamo il nostro viaggio in ter-
di solito scuro, ai piedi calzettoni di ra sipontina. Siamo a Manfredonia
lana di pecora e i zu-cku-nett (ciabat- (provincia di Foggia), dove i riti del
te con il mezzo tacco). La Pacchiana Carnevale sono antichi, come antiche

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sono le vicende storiche e i reperti per litigare, a conferma del detto “U
archeologici, testimonianza di una carnevèle guaste e aggiuste” – il carne-
68. Stele Daunia.
vecchia civiltà. Ad esempio, le rap- vale rovina e sistema tutto. A queste
69. Gruppo della sfilata delle Mera- presentazioni di scene cultuali sulle tradizioni di ispira l’odierno Carneva-
viglie.
Stele Daunie - quelle della piana si- le Sipontino, già vivo e brillante nel
pontina, collocate cronologicamente primo dopoguerra e più spettacolare
nei secoli VII e VI a. C. - sono la prima nel secondo, con la denominazione
testimonianza di riti che potrebbero di Carnevale Dauno, dichiarato dalla
far pensare a quelli dionisiaci. Regione Puglia “manifestazione di in-
Già nei primi decenni del Novecento, teresse regionale” capace di attirare
il Carnevale era una festa molto sen- numerosi turisti nella Capitanata.
tita dal popolo sipontino; contadini Tuttavia, ciò che da alcuni anni rende
e pescatori, soprattutto, approfitta- ancor più singolare il Carnevale Dau-
vano della tregua concessa dal Car- no è la Sfilata delle Meraviglie, unica al
nevale per schernire nobili e padroni. mondo nel suo genere, che coinvolge
Si racconta, ad esempio, che alcuni circa tremila bambini delle scuole ele-
di loro si divertivano a rovesciare il mentari e materne e si tiene la prima
contenuto dei pitali all’interno dei domenica di carnevale.
cortili nobiliari o lanciavano frutta Ne deriva così, una spettacolare, gran-
marcia su coloro che passeggiavano de parata di carri allegorici e di gruppi
vestiti di tutto punto. Oltre che le vie mascherati, lungo i due chilometri di
e le piazze, si tingevano dei colori del percorso.
Carnevale anche le case, scantinati,
sottani, ovunque ci fosse un po’ di
spazio dove organizzare feste dan-
zanti dette “socie”. Tutti partecipava-
no alla realizzazione di questi festini,
ma ovviamente non poteva mancare
la figura del capo socio, detto u kèpe
ndruje al quale spettava il compito
di gestire la “socia” nel miglior modo
possibile. Queste circostanze erano
ideali per stringere amicizie o magari

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70. Carro allegorico del Carnevale di
Manfredonia.

La monumentalità dei carri allegorici Queste grandi sfilate vengono repli-


e la pregevole fattura dei manufatti cate in notturna e si completano con
in cartapesta rivelano la presenza a spettacolari esibizioni coreografiche
Manfredonia di maestranze di gran- e con i concorsi per maschere singole,
de esperienza e talento che riesco- coppie e gruppi in cartapesta.
no, con l’uso sapiente dei materiali Maschera ufficiale del carnevale dau-
tradizionali, ma anche delle tecniche no è Ze Pèppe. Un tempo arrivava
più innovative, a rappresentare pla- dalla campagna il sabato preceden-
sticamente ed efficacemente i temi te all’ultima domenica di carnevale;
più dibattuti della politica e della cul- fra canti e balli giungeva in paese,
tura, proponendone una lettura di- proclamando l’apertura dei gioio-
sincantata, talvolta irriverente, sem- si festeggiamenti. Era accolto da re,
pre originale ed efficace, supportata tutti gli cedevano il passo, il sindaco
dalla ricerca sulle tradizioni popolari gli consegnava le chiavi della città, e
dall’analisi delle più importanti te- lui, sua maestà “Ze Pèppe Carnevè-
matiche dell’attualità: l’ambiente, le”, accettava inviti, rispondendo agli
la pace, l’intercultura, la solidarietà. inchini. Da quel momento spadro-

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neggiava, seminando buonumore e cide quali e quanti cavalieri possono
spensieratezza. Ze Pèppe altro non invitare le dame al ballo, è lui che ha
era che un fantoccio: un abito logoro, il potere di allontanare dal festino chi
riempito di paglia, con tanto di giac- non ha tenuto un comportamento
ca rattoppata, cappello sbrindellato, consono.
camicia pacchiana con al suo seguito Chi non ha la possibilità di organiz-
numerose maschere. Purtroppo, però, zare feste nella propria abitazione,
dopo tre giorni di follie, veniva tirato soprattutto la gente più umile, trova
giù dal suo trono per allestirgli festosi l’espediente di formare delle compa-
funerali tra schiamazzi e finti lamenti. gnie mascherate e chiedere ospita-
Ze Pèppe, bruciato e cremato, chiude lità per qualche ballo nei festini, ma
così la sua avventura. poiché non si sa chi può nascondersi
Spostandoci in provincia di Bari, ci dietro una maschera, nascono altre
dirigiamo verso Sammichele di Bari. due figure estremamente importanti,
Nel Medioevo, la rappresentazione il conduttore, persona conosciuta in
carnevalesca consisteva essenzial- paese, che ha la responsabilità delle
mente in feste da ballo mascherate maschere e il portinaio (u pertenàre),
nelle case dei nobili. Con il passare che una volta riconosciuto il condut-
del tempo, ai nobili si aggiungono i tore, permette l’ingresso delle ma-
ricchi borghesi e i grossi proprietari schere.
terrieri, che organizzano nelle proprie Le prime notizie documentate sul
abitazioni simili feste. A Sammichele, Carnevale di Sammichele di Bari risal-
queste feste (i festìne) in passato era- gono al XIX secolo e ci parlano di una
no organizzate da genitori per creare ritualità non molto diversa da quella
occasioni di matrimonio per le loro attuale. In un rapporto di polizia, del
figlie. Nel caso dei festini c’erano – e 4 marzo 1830, all’Intendente di Terra
in parte ci sono ancora – da rispetta- di Bari, così si legge: “... giova intanto
re regole ben precise: gli uomini che marcare, che generalmente le ma-
comunque non possono sedere vici- schere in questo distretto, si riducono
no alle donne, un maestro di ballo, il a cambiamento di sesso, e ad indos-
caposala, (molto spesso il padrone di sare degli abiti di vecchi, contadini e
casa), detto u mèste de balle, che deve massari o altro costume. La classe di
far rispettare le regole: è lui che de- basso ceto è quella, che si suole più

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delle altre, mascherare, girando in scambi di complimenti o sfottò tra i
tutte quelle case, in cui si dà tratteni- componenti del festino ed il condut-
mento, d’onde dopo di aver fatto un tore, inderogabilmente a colpi di rima
piccolo ballo, passa in altre, fino a che baciata, che molto spesso raggiun-
inoltrata la notte, si ritira nelle proprie gono livelli apprezzabili di ilarità. La
case”. permanenza, più o meno lunga, delle
Negli anni Cinquanta si è avuta la pri- maschere nel festino è ad assoluta di-
ma grossa “rivoluzione”, quando il gi- screzione del caposala che invita poi
radischi ha sostituito l’orchestrina. E’ le maschere ad uscire con il fatidico:
nata quindi una nuova figura, quella “ringraziamo maschere e condutto-
del motorista (u motorìste), la perso- re”. I balli sono, molto spesso, infram-
na addetta alle scelte musicali. L’abi- mezzati da scenette teatrali cariche
lità del motorista si vede, oltre che di doppi sensi, che, pur basandosi su
nel mantener viva la festa, anche nel soggetti fissi e tradizionali, risultano
saper indovinare i gusti musicali delle sempre nuove grazie all’improvvisa-
compagnie mascherate, riconoscen- zione degli interpreti, i quali, molto
do il solo conduttore. Per una buona spesso, non sono altro che alcuni in-
riuscita di un festino è necessario un vitati inconsapevolmente coinvolti.
grande affiatamento tra il caposala, Il carnevale si protrae sino al martedì
il portinaio ed il motorista. Una vol- precedente le Ceneri e termina con
ta che una compagnia di maschere il rito “du müerte”. Un vero e proprio
giunge al festino, il conduttore bussa funerale gira per i festini con tanto di
e chiede il permesso di entrare: “iè per- feretro del Carnevale, ed un seguito
mèsse a ‘na chempagnìe de màsckere?”. composto dalla vedova inconsolabile
Il portinaio, se riconosce nel condut- e dagli amici più intimi; questi invita-
tore una persona affidabile, apre e la no tutti a piangere disperatamente
compagnia entra tra gli applausi de- per la prematura fine e convincono i
gli invitati; quindi, il caposala invita le più renitenti a colpi di straccio, qual-
maschere ed il conduttore a ballare. Il che volta bagnato. Alla fine c’è però
conduttore può invitare una persona l’invito per tutti a ritrovarsi l’anno
dell’altro sesso, le maschere, invece, successivo: “chiù maggiòve a l’uanne
possono invitare esclusivamente gli ce vène”. I festeggiamenti continua-
uomini. I balli sono poi interrotti da no comunque per qualche settimana

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con le “pentolacce”, senza però la pre-
senza delle maschere.
A Sammichele di Bari esiste una ma-
schera tradizionale “l’homene curte”,
di tipica estrazione contadina. I più
anziani ricordano anche una “fèmena
corte”; alcuni personaggi delle sce-
nette teatrali, come “u Ceccànduène”,
“u chernùte chendènde”.
Prima di raggiungere il tacco dell’ita-
71. Carnevale in piazza a Sammichele
di Bari (Ba). lia, ci fermiamo in terra tarantina. Sia-
mo a Massafra. Anticamente, come
72. Carro allegorico del Carnevale di
Massafra (Ta), sfilata anno 2007. attestano alcuni documenti settecen-
teschi della Confraternita del Sacra- popolari, come l’accensione dei falò
mento, si usava celebrare il cosiddet- nelle strade, il “tiro al caciocavallo”,
to “Carnevaletto”, che consisteva in il giuoco della Cuccagna. Nella sera-
un rito riparatore di tre giorni per le ta stessa poi, in casa del vincitore, si
offese arrecate a Gesù durante il car- banchettava e “si menava la scianghe”,
nevale. come allora si intendeva dire per quei
Il Carnevale di Massafra inizia per tra- balli troppo focosi, eseguiti tra i fumi
dizione il 17 gennaio, giorno in cui di Bacco e di Venere.
ricorre la festa di Sant’Antonio Abate Dal 17 gennaio, le feste si ripetevano
(chiamato a Massafra Sant’Antonio a ritmo serrato tutte le domeniche
del fuoco, o Sant’Antonio del porco). e i giovedì di carnevale, ognuno dei
In questa giornata, i contadini, i mas- quali assumeva un proprio nome ed
sari e le donne di casa conducevano un particolare significato. Nel “giove-
il loro bestiame all’annuale cerimo- dì dei pazzi”, la festa esplodeva in tut-
nia della benedizione degli animali ta la sua magnificenza nelle piazze e
domestici e da lavoro, che veniva im- nelle strade. I giovani rientravano con
partita nello spiazzo antistante l’an- qualche ora di anticipo dal lavoro, si
tica chiesa rupestre di Sant’Antonio travestivano e si mascheravano imi-
abate. Un giorno di festa rispettato tando coppie di sposi, gobbi, scianca-
da tutti, allietato da manifestazioni ti e, uscendo di casa, si faceva il rituale

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giro per le famiglie. precisamente a Gallipoli, dove la tra-
Oggi, caratteristiche sono le sfilate dizione affonda le radici in atti e do-
73. Il Gibergallo, una delle due ma-
che si svolgono solo l’ultima dome- cumenti settecenteschi. schere ufficiali del Carnevale di Mas-
nica e il martedì grasso poiché non ci Il Carnevale inizia il 17 gennaio con safra (Ta).
sono ricoveri idonei ai carri allegorici. il rito propiziatorio del fuoco: sulle 74. Le Focareddhe a Gallipoli (Le).
Massafra conta non una, ma ben pubbliche piazze si bruciano cataste
due maschere ufficiali: il Gibergal- enormi di rami d’ulivo: è il rito delle
lo e u Pagghiuse. Il Gibergallo è una “Focareddhe” che, dedicate al patrono
maschera creata da Gilberto Gallo, il cristiano del fuoco, S. Antonio Abate,
quale per svariati anni sino alla sua si accendono nei cento crocicchi del-
morte, si è mascherato con un frac la città.
nero con code lunghe, una maglietta Al primo riverbero delle fiamme vie-
a righe gialle e rosse, papillon grande ne lanciato il segnale al suono del
a pois, un pantalone di colore blu a saraceno tamburello per l’apertura
strisce e una paglietta rossa. Il viso è delle danze, cadenzate al ritmo del-
truccato come quello di un clown e la “pizzica” e accompagnate da salaci
porta con sé un gallo al guinzaglio e commenti, con euforia popolaresca,
in una mano regge una scopa di sag- indirizzati verso le giovani coppie. A
gina agghindata con nastrini colorati gruppi le maschere scorazzano per
e campanellini. le vie tra gli applausi della gente, tra
U Pagghiuse, invece, ha un aspetto i coriandoli, i confetti, l’allegria e la
un po’ giullare e un po’ contadino: un spensieratezza.
copricapo azzurro di lana, un vestito La maschera tradizionale è “lu Tidoru”,
giallo e rosso a righe, braccialetti con Teodoro. Narra la tradizione che Teo-
campanellini alle caviglie, collana al doro, un giovane soldato gallipolino,
collo e un ampio mantello marrone fosse stato trattenuto, con grande
rossiccio che avvolge il personaggio dolore della madre, lontano dalla sua
dall’aria scanzonata. Porta con sé bi- terra pur coltivando la grande speran-
saccia e cupa-cupa (amante del vino, za di poter ritornare a casa prima del-
tipico massafrese, si infiamma di col- la fine del Carnevale, nel periodo cioè
po per ogni iniziativa, ma poi brucia in cui tutti potevano godere dell’ab-
subito come fuoco di paglia). bondanza del cibo e delle carni prima
Passiamo nella penisola salentina, dell’avvento della Quaresima.

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le, ingozzandosi tanto da rimanerne
strozzato.
Con Teodoro moriva anche il Carneva-
le, i piaceri terreni e a nulla valevano
i gemiti di dolore ed i disperati pianti
intorno alla bara: oggi in giro per la
città viene portato su di un carro un
pupo, spesso di paglia, pianto da pre-
fiche scarmigliate e urlanti. Il popolo,
radunato ai piedi del quattrocentesco
campanile francescano, nel borgo
antico, attende, alla fine, lo scoccare
della mezzanotte per attestare, in gi-
nocchio ed a capo scoperto, il proprio
pentimento, nella speranza di un per-
dono divino.
Con l’inizio del nuovo secolo è com-
parso qualche carro allegorico anche
Ed in questo senso erano state rivol- nel borgo nuovo, ma “lu carru te lu Ti-
75. Carro allegorico del Carnevale di
Gallipoli (Le). te a Dio le preghiere della madre, la doru” ha continuato sempre a passare
“Caremma”, che, per tanto suppli- nelle stradine del borgo antico. Que-
care aveva ottenuto una proroga di sta tradizione ha avuto un poderoso
due giorni (“i giurni te la vecchia”) al rilancio dopo la fine della seconda
periodo stabilito, affinché suo figlio guerra mondiale, con un successo
potesse partecipare di tanta abbon- sempre crescente in tutta la penisola
danza. Il martedì successivo Teodoro salentina.
ritornato finalmente in patria si tuffa Infine ricordiamo il carnevale di Ara-
nel turbinio frenetico dei balli e delle deo, sempre in provincia di Lecce,
gozzoviglie cercando di recuperare dove agli inizi degli anni Ottanta, un
tutto il tempo inutilmente perduto. numeroso gruppo di amici ha cerca-
Secondo la leggenda Teodoro con- to di ripristinare i vecchi riti, a comin-
sumò, in quel tragico martedì grasso, ciare dai “festini privati”. Così, pian
quintali di salsicce e polpette di maia- piano la tradizione riprende vita e

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come d’incanto tutto sembra tornare nevale di Aradeo è stata un’officina
nell’atmosfera di tanti anni prima. metalmeccanica: questo è il primo
76. Carro allegorico del Carnevale di
Il gruppo di amici si allarga sempre cantiere dove il gruppo di amici, ar- Aradeo (Le).
più perché il desiderio di far rivivere le mati di carta di giornale, cartoni, colla,
77. Logo del Carnevale aradeino dove
antiche tradizioni diventa interesse di fil di ferro, colori e tanto entusiasmo, c’è lo Ssciacuddhruzzi, la maschera
tutta la cittadinanza. Il passo è breve, realizzano il primo carro allegorico. ufficiale.
dunque, per passare dai numerosi “fe- Da allora in poi la manifestazione cre-
stini”, che vedevano la partecipazione sce ogni anno sia in quantità che in
di tantissimi “masci” (maschere), ad qualità. Numerosi sono i giovani che
una vera e propria sfilata in maschera si interessano attivamente duran-
per le vie del paese. te l’anno per creare carri allegorici e
Il luogo che ha visto il rilancio del Car- gruppi mascherati in un sano e puro
antagonismo.
Come maschera ufficiale Aradeo ha lu
Ssciacuddhruzzi. Diventata mascotte
del carnevale nel 1999, rappresenta
un famoso spiritello alto un palmo e
mezzo con tanto di ventre e di cap-
pello largo e pizzuto che, nella fan-
tasia popolare, la notte si accoccola
sul petto degli uomini e delle donne.
Personaggio alimentato dalla leggen-
da popolare, molto diffuso nel nostro
Salento, è chiamato con nomi diversi
a seconda delle zone.
Scendiamo più a sud, in Calabria, pre-
cisamente ad Amantea in provincia
di Cosenza. Le prime notizie, come
si legge in un documento d’epoca,
risalgono al 1635 dove si accenna a
feste in piazza che il più delle volte
si trasformavano in risse. Nei secoli
successivi a queste feste pubbliche

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negli ultimi tre giorni (duminica, luni
e marti) nel corso dei quali si sospen-
deva ogni lavoro. Tutti gli scherzi era-
no leciti e chi non li accettava veniva
imbrattato di fuliggine e ridicolizzato
dalle maschere.
si imposero i balli in maschera che la Il Re della sfilata naturalmente era
78. Carro allegorico del Carnevale di
Amantea (Cs), sfilata anno 2006. nobiltà e la borghesia organizzavano “Carnulevari”, impersonificato da un
nei palazzi per distinguersi dalla “for- omone grosso e vorace, accompa-
sennata plebaglia”. Ma il Carnevale, gnato da “Corajisima”, una donna
festa di piazza, non sopporta restare magra, isterica e contraddittoria, che
molto tempo rinchiuso tra quattro desiderava la morte del marito come
mura e così, agli inizi del Novecento, una liberazione, ma che poi ne pian-
ritorna ad essere festa popolare: du- geva con disperazione la dipartita.
rante il ventennio fascista, si celebra- A queste maschere si aggiungevano
va in tono minore, sia per ragioni di si- quelle raffiguranti “ ’u baruni”, “ ’u mie-
curezza, sia per la mancanza di libertà dicu”, “l’avucatu”, “ ’u nutaru”, “ ’u sin-
di espressione che non consentiva la nacu”, “ ’u prieviti”, che prendevano in
satira di costume, specie nei confronti giro i ceti benestanti, le cariche pub-
dei gerarchi e del clero. bliche. Fra le maschere popolari, che
Nel dopoguerra la manifestazione impersonavano la malizia, l’allegria,
crebbe qualitativamente con la sto- la lussuria, l’ipocrisia, l’astuzia, l’inge-
rica sfilata del 1953. Da allora in poi, nuità, la vanagloria, “ ’u coscinuotu”, “
per iniziativa di un gruppo di artigiani ’a pacchiana”, “ ’u Jaccheru”, “ ’u taver-
e studenti, si potenziò la rappresen- naru”, “ ’u politicu” e il classico Jugale
tazione delle farse, dei canti e delle (personaggio tipico della commedia
danze popolari, si introdussero nel dell’arte calabrese del XVII-XVIII seco-
corteo dei “mascherati” i carri e, negli lo).
anni Settanta si migliorò l’apparato Ad aprire e a chiudere il corteo era-
scenografico ed artistico. no i fratelli, incappucciati in camici
Nata da una cultura marinara e con- bianchi, ora anonimi Pulcinella, ora
tadina di sussistenza, la settimana paurosi fantasmi. Tutti questi perso-
grassa amanteana si concentrava, naggi erano rappresentati da uomi-

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ni: le donne salirono alla ribalta solo mantiene l’antico rituale della carne
dopo la seconda guerra mondiale per di maiale: si consumano i tipici salu-
la loro tardiva emancipazione. mi ed altri prodotti di carne suina. Ma
Prima dell’avvento della motorizza- il piatto più importante è la frittata
zione, le maschere, divise in gruppi di confezionata con i vermicelli, salcic-
quartiere, giravano per le vie a piedi cia, uova e la “resamoglia” (i saporiti
o su carri, trainati da buoi o da muli, e residui del grasso cotto del maiale): è
su carrette, spinte a mano, veicoli va- d’obbligo il vino rosso.
riopinti ed addobbati alla meglio. Sempre in provincia di Cosenza, ri-
Il martedì grasso fra i rioni si svolgeva troviamo il tipico Carnevale Albanese
un grande spettacolo. Alle danze, ai di Lungro detto Karnivalli i Ungrës:
canti con accompagnamento di una il paese venne popolato da albanesi
stonata fanfara seguivano scenette, nella seconda metà del XV secolo e
strofette, basate sull’abilità mimica e ne conserva ancora oggi le usanze. Il
la facile battuta, che mettevano alla Carnevale è infatti caratterizzato dai
berlina i maggiorenti e i potenti. La tradizionali costumi albanesi, tra cui
festa terminava con il funerale di Car- le maschere della Vecchia e del Prete.
nulevari, scoppiato per aver ingurgi- Le varie compagnie mascherate gira-
tato troppo vino e cibo, nonostante no per il paese e si soffermano presso
l’assistenza di grotteschi medici. le case, dove vengono sempre accolti
A mezzanotte, un enorme fantoccio con calore, il tutto con il sottofondo
delle stesse fattezze veniva dato alle dell’organetto e delle zampogne. Si
fiamme fra gli schiamazzi della popo- organizzano, inoltre, tarantelle e ven-
lazione: così si chiudeva il ciclo della gono intonati i famosi vjërshe di Lun-
gozzoviglia e si apriva il periodo peni- gro, canti della tradizione arbëreshe.
tenziale della Quaresima. Questa, sot- La festa si protrae ininterrottamente
to forma di una donna-pupazzo, vela- per tre giorni, richiamando l’attenzio-
ta di nero, e adorna di sette piume di ne dei centri vicini.
79. Primi carri allegorici ad Amantea
gallo, veniva esposta sulle finestre e Particolare è anche la manifestazio- (Cs).
sui balconi, come segno di espiazione ne che si tiene a Cassano allo Jonio
80. Costume tipico del Carnevale di
(questa tradizione è presente anche (provincia di Cosenza). È la tradiziona- Lungro (Cs).
in altri paesi della regione). le giostra del maiale, ‘u curr’u puorcu,
Sotto il profilo culinario, il Carnevale così descritta da Biagio Lanza: “La gio-

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ventù volgare ama poi un altro diver- interrotta, ma da qualche anno è sta-
timento, che sa in vero di barbarie, ed ta riproposta.
81. Locandina anno 2009 del Carne-
vale di Cassano allo Ionio (Cs). è di vestirsi da turchi, o da guerrieri del Nella parte meridionale dello Stivale,
Medioevo a cavallo medesimo a tutta raggiungiamo Reggio Calabria per
82. Carro allegorico del Carnevale di
Pellaro (Rc). corsa, roteare la sciabola per aria, e poi fermarci in uno dei suoi quartieri: Pel-
ferire al collo un montone o un vitello laro. La manifestazione carnasciale-
appeso pei piedi con una fune legata sca offre uno spettacolo di grande ef-
a due finestre opposte in una pubbli- fetto con carri allegorici in movimen-
ca strada. Il premio vien guadagnato to, sfilate di danza, artisti di strada che
da colui sotto il cui colpo cade il capo regalano un intrattenimento bizzarro
dell’animale” (Lanza, 1981). Tutto que- e divertente. Qualcuno ricorda an-
sto nell’Ottocento. In seguito, al posto cora l’antica abitudine di raccontare
del vitello o del montone fu posto un indovinelli in dialetto, spesso appa-
maiale, già ucciso, con la testa all’in- rentemente lascivi e ricchi di doppi
giù che finiva sulla mensa dei dodici sensi, ma che avevano una soluzione
cavalieri che partecipavano al torneo. più ingenua di quello che si potrebbe
Il trionfatore, infine, come segno tan- pensare. A ciò si aggiungono le in-
gibile di vittoria, poneva tra i denti un dimenticabili pantomime degli anni
pezzo di orecchio del maiale e girava, Cinquanta, e le virtuali “battaglie”
accompagnato da altre persone, per di scherno tra i quartieri di Pellaro e
tutto il paese. La tradizione era stata Bocale. Tra coriandoli, stelle filanti e

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mascherine colorate, tornano quindi “Balla-Virticchi” per la quale i parteci-
a sfilare nelle maggiori vie del paese i panti si travestivano da pigmei. Tra le
83. Il colascione, strumento utilizzato
giganti di cartapesta, grandi sculture maschere siciliane più caratteristiche in passato anche a Carnevale.
nate e realizzate dalle sapienti mani del passato occorre ricordare quelle
dei maestri carristi. I carri hanno subi- dei Jardinara (giardinieri) e dei Var-
to nel tempo importanti innovazioni ca, note soprattutto nella provincia
tecnologiche, grazie soprattutto al di Palermo, e quelle dei briganti e del
coinvolgimento di giovani artigiani cavallacciu note soprattutto nel cata-
del ferro e della cartapesta. nese. Nella città di Modica c’era, inve-
Il carnevale pellarese ha una propria ce, la Vecchia di li fusa: si trattava di un
maschera, Zi’Berganella, che rappre- travestimento caratterizzato da una
senta l’essenza del paese stesso: gli gonna sgualcita, un mantello che si
occhi sono foglie di vite, le guance annodava al collo ed un velo a copri-
acini d’uva, il mento è fatto di foglie di re il capo, per raffigurare l’imminente
bergamotto; la bocca è atteggiata ad morte del Carnevale.
un sorriso. Fra gli usi che la masche- Trovandoci in questa terra, è d’obbli-
ra vuole ricordare c’è quello di bere go ricordare la colascionata. Il termine
a garganella, ossia senza accostare il identifica, in modo generico, un bra-
fiasco del vino alle labbra, tipico dei no musicale, cantato o strumentale,
vecchi campagnoli, che preferivano eseguito col colascione (o calascione),
mandar giù il vino a gola piena piut- un cordofono che è stato utilizzato
tosto che versarlo nei bicchieri. nelle più variegate circostanze, tra le
Oltrepassiamo lo stretto di Messina quali anche a carnevale. Era usan-
per approdare nella splendida Sicilia, za, nell’Ottocento, ascoltare qualche
dove le prime notizie storiche docu- colascionata carnevalesca suonata e
mentate risalgono al Seicento e ri- cantata generalmente da ciechi. Que-
guardano la città di Palermo. Si pote- sti, durante le domeniche o anche in
va assistere a danze particolari, come altri giorni festivi, andavano a suona-
quella “degli schiavi” durante la quale re sul piazzale dinanzi ad una casa o
i partecipanti, travestiti appunto da in un cortile. Alcune volte gli isola-
schiavi, ballavano per le strade pubbli- ni al canto associavano la danza. Ne
che al suono di antichi strumenti tur- è un esempio “La ruggera”: quattro
chi come i tamburi, o la così chiamata persone (due uomini e due donne)

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si uniscono a cantare e a danzare con lata dei carri allegorici), il cerimonia-
grande accompagnamento di gesti, al le carnascialesco conserva intatto il
84. L’orso durante la sfilata a Sapona-
ra (Me). suono d’uno o più strumenti, come il nucleo narrativo principale. Uguali
violino, la chitarra, il colascione, il sal- sono pure le maschere a cominciare
85. Suonatore di brogna.
terio (Mastrigli, 1891). Un altro autore da quella dell’Orso, dei Domatori, dei
racconta che sempre nell’Ottocento Cacciatori, dei Suonatori di brogna
si aggiravano per le strade varie ma- (conchiglia sonora), del Principe e
schere di Pulcinella, accompagnate della Corte di Cavalieri.
da diversi strumenti musicali: chitarre, Fino al 1968 la figura dell’Orso si ot-
nacchere, cembali e colascioni. Questi teneva utilizzando pelli di capra, cam-
Pulcinella si fermavano innanzi ad un panacci legati ai fianchi e al busto e
conoscente o ad un amico e gli can- una maschera di cartapesta che ri-
tavano canzoni, a volte improvvisate, produceva la testa del feroce anima-
adattate alla persona o alla circostan- le. Dal 1969, invece, è stato utilizzato
za. Avevano versi per panettieri, pizzi- un costume molto più comodo con-
cagnoli, fruttivendoli, osti, il tutto col fezionato con un tessuto chiamato
fine di ricevere dagli stessi una ricom- camoscina che ricorda vagamente la
pensa in pane, salame, frutta o vino. pelliccia dell’orso. L’animale è gigan-
Ricevuto il compenso, riprendevano tesco, agghindato con campanacci
a girovagare sempre cantando e suo- e trattenuto con delle corde ed è se-
nando (Pitrè, 1940). guito dai Suonatori di brogne e corni,
Prima tappa del nostro viaggio in ter- dalla coppia principesca, dal giullare,
ra siciliana è Saponara, nella provin- dallo scrivano-consigliere e dal resto
cia di Messina, che tramanda di ge- della corte. Ci sono inoltre anche tre
nerazione in generazione una parti- Domatori o Conduttori, tra i quali uno
colare manifestazione che dagli anni ha il compito di frenare le aggressioni
Cinquanta continua a essere rappre- della belva mediante una catena cui
sentata il giorno del martedì grasso: è legata e l’uso di un nerbo per am-
“La sfilata dell’Orso e della Corte Prin- mansirla (u lliscia). A completare la
cipesca”. scena le maschere di due Cacciatori e
Pur avendo subito, nel corso degli Suonatori di brogna. La tradizione ri-
anni, una serie di inevitabili cambia- collega l’inizio del cerimoniale al Set-
menti (come l’introduzione della sfi- tecento quando il Principe Domenico

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Alliata, signore della zona, catturò un oggi consiste in una sfilata di persone
temibile orso che viveva lungo le valli mascherate che simboleggiano i do-
e i crinali dei Peloritani e che mette- dici mesi dell’anno. Ogni mese si rico-
va in serio pericolo la sopravvivenza nosce da una particolarità dell’abito
della comunità, trascinandolo in ca- e del trucco; ad esempio, settembre
tene per le strade del paese. Il princi- viene rappresentato con grappoli
pe sfoggia l’alta uniforme militare e la d’uva in testa (è il mese della ven-
corona, mentre la Principessa indossa demmia), novembre ha un cappello
l’abito di gran gala e la corona. di crisantemi e di melograni (rap-
L’Orso è simbolo del male da allonta- presentano la ricorrenza dei morti),
nare dalla comunità. La bestia selva- dicembre, invece, indossa cappello e
tica e aggressiva, infatti, incute paura abito che sono uno scintillio di colori,
e disturba la vita del paesino. Anche (rappresentano il mese delle festività,
se trattenuto da catene e corde, l’Or- caratterizzato dagli addobbi natalizi
so rincorre e assale ripetutamente come l’albero di Natale) ecc.
le donne, mentre talvolta rivela un Scendiamo in provincia di Catania
ambigua disponibilità all’approccio per fermarci ad Acireale, dove già nel
galante, invitandole a ballare. A fare Seicento vi era l’usanza di duellare a
da sfondo all’esibizione dell’Orso la suon di uova marce e agrumi per le
musica della banda, il suono dei cam- strade, messa al bando qualche anno
panacci che porta attorno ai fianchi e dopo per motivi di sicurezza (feriti e
quelli intonati dei Suonatori di brogna danni alle cose). Agli inizi del Sette-
che producono, sostenuti dal battito cento la manifestazione si arricchì an-
dei tamburi, un’ossessiva sequenza cor di più grazie anche agli abbatazzi,
ritmica. poeti popolari abili nell’improvvisare
Altro piccolo centro che conserva an- spassose rime per le strade e nelle
tichi riti è Rodi Milici, sempre in pro- piazze.
vincia di Messina. La sua storia risale Nell’Ottocento il carnevale compì un
al 1880 quando un poeta, Don Peppe, salto di qualità con l’introduzione
fece mettere in atto un piccolo spet- della “cassariata”, sfilata di carrozze
tacolo che aveva inizio nelle prime trainate da cavalli dalle quali i nobi-
ore dell’ultima domenica di carneva- li della città lanciavano manciate di
le fino al martedì grasso e che ancora confetti agli spettatori. Negli angoli

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86. Carro allegorico del Carnevale di
Acireale (Ct), sfilata anno 2009.
87. Carro floreale ad Acireale (Ct).

pesta, che poi si trasformano in carri


allegorici trainati dai buoi, contornati
da personaggi e gruppi satirici in mo-
vimento.
Un tocco di gentilezza appare in que-
sta kermesse nel lontano 1930, quan-
do per la prima volta furono allestite
autovetture ricoperte di fiori; ma solo
nel dopoguerra, viene indetto un
vero e proprio concorso con la realiz-
zazione di “soggetti”. Ferro, legno, reti
metalliche, e successivamente anche
il polistirolo, costituivano la base del-
la struttura alla quale in ultimo si ap-
plicava l’elemento decorativo florea-
le. La maestosità e la complessità dei
“soggetti” via via richiesero l’apporto
di una struttura indipendente da trai-
nare e l’introduzione del movimento
di ogni strada bizzarri e spiritosi gio- manuale o meccanico di alcune parti
chi popolari, come l’albero della cuc- della struttura infiorata. Ai giorni no-
cagna, il tiro alla fune e la corsa con stri, alle macchine infiorate si potreb-
i sacchi, giochi tornati alla ribalta da be dare la denominazione di “carri
diversi anni. Negli anni Trenta, invece, floreali”, che non sono da meno, per
entrano in scena le maschere in carta- tecnica, elaborazione e bellezza, ai

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carri di cartapesta. maschera, che recitavano in dialetto
Passiamo ora ad un’altra manifesta- locale, seguite da piccole orchestrine
88. Carro allegorico degli anni Qua-
zione di fama nazionale: il carnevale improvvisate. Lo stufato, le salsicce ranta a Sciacca (Ag).
di Sciacca (provincia di Agrigento), le ed il vino distribuito in abbondanza
89. Peppe Nappa, maschera ufficiale
cui origini risalgono molto probabil- rappresentavano già un importante del Carnevale di Sciacca (Ag).
mente al 1616 quando il viceré Ossu- momento d’incontro.
na stabilì che l’ultimo giorno di festa Nel dopoguerra i carri allegorici ve-
tutti si dovevano vestire in maschera. nivano allestiti con figure sempre
Le prime manifestazioni sono ricor- più grandi e i movimenti divenivano
date come una festa popolare, in cui sempre più sofisticati. La satira politi-
venivano consumate salsicce, canno- ca locale lasciava spazio a personaggi
li e molto vino; il popolo si riversava e temi di attualità di carattere nazio-
nelle strade, travestito in vari modi. nale.
Successivamente furono fatti sfilare i Attualmente la manifestazione ini-
primi carri, che portavano personag- zia il Giovedì Grasso con la consegna
gi mascherati sulle sedie in giro per le simbolica delle chiavi della città al re
viuzze della città. del Carnevale Peppe Nappa, masche-
Negli anni Venti compare una grande ra messinese della Commedia dell’Ar-
piattaforma addobbata, trascinata da te, ma adattata dai saccensi come
buoi o cavalli, che portava comitive in maschera tipica. Peppe Nappa, che
apre la sfilata dei carri allegorici, inizia
a distribuire vino e salsicce preparate
sulla brace per tutta la durata del car-
nevale. Il martedì grasso Peppe Nap-
pa chiude la festa e il suo carro viene
bruciato in piazza.
Concludiamo il nostro viaggio nell’iso-
la toccando come ultima tappa la
città di Termini Imerese (provincia
di Palermo) che ha una manifesta-
zione di origini ottocentesche insie-
me a quella di Acireale e Sciacca, fra
le più note della Sicilia. Un tempo si

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90. Le maschere locali di Termini Ime-
rese (Pa), u Nannu cà Nanna.
91. S’Urtzu e Su Omadore, maschere
tipiche del Carnevale di Samugheo
(Nu). protraeva per un mese intero: oggi la Qui ritroviamo la maschera zoomorfa
festa si concentra in due sole giorna- di s’Urtzu, un capro che rappresenta la
te, l’ultima domenica e il martedì che morte e la rinascita della natura (ricor-
precedono il mercoledì delle Ceneri. dando il dio Dioniso, che ogni anno
Tutto ruota intorno a due maschere moriva e rinasceva e si manifestava
locali, “u Nannu cà Nanna”, introdotte spesso sotto questa forma). S’Urtzu
da alcune famiglie di provenienza na- ha la testa di un capro, indossa un in-
poletana stabilite nel territorio di Ter- tero vello di caprone nero, porta sul
mini all’inizio dell’Ottocento, che ogni petto pelli di capretto e un cinturone
anno scandiscono i momenti centrali da cui pende un grosso campanac-
della festa: l’attesa dei due tradiziona- cio. Un tempo, dicono gli anziani di
li protagonisti, la sfilata delle masche- Samugheo, si chiamava Ocru. S’Urtzu
re e il Testamento “morale” lasciato da è la bestia, la vittima da soggiogare:
“u Nannu”, che conclude simbolica- un tempo, sotto le pelli, portava pezzi
mente i festeggiamenti. Negli ultimi di sughero che lo proteggevano dalle
anni è andata affermandosi una satira
diversa, più viva, più pungente, che
affida agli enormi pupazzi in cartape-
sta il compito di affrontare con ironia i
temi più scottanti dell’attualità.
Il nostro viaggio prosegue nell’altra
meravigliosa isola, la Sardegna. Siamo
in provincia di Nuoro, precisamente a
Samugheo, dove tutte le maschere
cominciano a comparire in occasione
della festa di Sant’Antonio Abate, ri-
chiamate in piazza attorno al fuoco e
pronte a sfilare per le vie del paese.

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percosse del suo guardiano, su’Oma- ra, fingendo la passione che precede
dore, figura di pastore interamente la sua morte.
92. I Mamutzones, del Carnevale di
avvolto in un lungo gabbano nero, Queste manifestazioni conservano i Samugheo (Nu).
dotato di soga e bastone, catena e simboli di antichissimi riti pagani: per
pungolo per i buoi. poterne capire il significato, infatti,
Altre maschere sono i Mamutzones, bisogna rifarsi alle credenze, ai miti
vestite di fustagno nero e coperte e ai riti della cultura pastorale tipica
di pelli di capra, calzano i gambali e della Sardegna centrale. La figura di
cingono gli stinchi di pelle di capra, s’Urtzu, come attestano alcuni gocius
hanno la vita cinta di trinitos e cam- (canti sacri rimati e cantati), aveva un
paneddas e il petto appesantito da tempo un carattere sacro e si chiama-
due paia di campanacci, in bronzo va Santu Minchilleo, nome curioso
o in ottone (il suono di quest’ultimi che ne indicava la sacralità e allo stes-
è per tenere lontani dalla cerimonia so tempo la semplicioneria. Fa il suo
gli spiriti del male). Hanno il volto an- percorso zoppicando, danzando gof-
nerito dal sughero bruciato e alcuni famente e, talvolta, avventandosi su-
tengono in mano un bastone nodoso gli astanti; si voltola nelle pozzanghe-
e tondeggiante all’estremità avvolto
di pervinca o di edera, a somiglianza
del Tirso (oggi viene portato solo da
colui che conduce il gruppo). L’accon-
ciatura della testa è abbastanza par-
ticolare: è munita di un recipiente di
sughero, su casiddu o, più raramente,
su moju, rivestito all’esterno di lana
caprina e coronato all’estremità da af-
fusolate corna bovine o caprine. I Ma-
mutzones (il loro comportamento è
simile a quello dei seguaci di Dioniso,
così come viene descritto dalle fonti
classiche) danzano scomposti intor-
no a s’Urtzu (tenuto per la vita da su
‘Omadore) che ogni tanto cade a ter-

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re, si rialza, si scuote e si ributta a ter- il martedì grasso. Ci sono due “Gre-
ra, muggendo: solo su’Omadore può mi” o Corporazioni, che partecipano
93. Su Componidori, protagonista
della Sartiglia, tra due cavalieri. limitarne l’intemperanza, battendolo alla Sartiglia, quella dei contadini, la
fino a farlo sanguinare e pungolando- domenica, e quella dei falegnami, il
94. Su Componidori cerca di centrare
la stella. lo per farlo ridestare. S’Urtzu gronda martedì. Secondo la tradizione, la Sar-
di sangue e la terra si colora di rosso: tiglia della domenica è sotto la prote-
ma è solo l’espediente scenico dato zione di San Giovanni Battista, quella
da una vescica di sangue e acqua na- del martedì di San Giuseppe.
scosta sotto le vesti, pronta a spaccar- Protagonista assoluto della mani-
si alla pressione del corpo che cade. festazione è Su Componidori, figura
Il suo sacrificio è cruento, ma inevi- enigmatica e affascinante dalla bel-
tabile: la terra si impregna di sangue, la maschera androgina che guida i
così da diventare nuovamente fertile cavalieri. La Sartiglia ha inizio con la
e prodiga di frutti dopo la “morte in- vestizione del capo corsa (un vero e
vernale” (la morte di s’Urtzu). proprio rituale particolareggiato che
Ad Oristano, invece, è famosa la Sar- avviene su un tavolo allestito come
tiglia, un’antica giostra equestre, risa- fosse un altare) ad opera di giovani
lente al XVI secolo, che si svolge nella donne in costume, le is massaieddas.
città l’ultima domenica di Carnevale e Questo succede perché il cavaliere
non può toccare terra in quanto deve
rimanere puro per gareggiare e vin-
cere. Le ragazze gli mettono un ci-
lindro nero, la mantiglia, una camicia
ricca di sbuffi e pizzi, il gilet, il cintu-
rone di pelle e una maschera neutra,
androgina, perché deve diventare un
semidio sceso tra i mortali per dare
loro buona fortuna e mandare via gli
spiriti maligni. Così, preceduto dai
trombettieri e dai tamburini e seguito
dai cavalieri mascherati, Su Componi-
dori attraversa la città benedicendo la
popolazione con Sa Pippia e Maju (un

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mazzo di violette legato ad uno scet-
tro di steli di pervinca, simbolo della
fertilità e della primavera). Al cavalie-
re spetta il compito di aprire la Cor-
sa alla Stella. Dopo che il capo-corsa
parte, partono anche gli altri cavalieri
nella via del Duomo dove, sospese a
fili di seta verde, pendono le stelle di
metallo che i cavalieri dovranno infil-
zare con la spada correndo al galop-
po. Dal numero delle stelle infilzate si
traggono gli auspici per l’annata suc-
cessiva. Infine ci sono le acrobatiche
e spericolate Pariglie e il cavaliere è
costretto a percorrere di corsa la pista
disteso di schiena sul dorso del caval-
lo. Solo allora la Sartiglia viene dichia-
rata conclusa e il rito consumato.
La Sartiglia è un gioco importato dal-
la Spagna nel XIII secolo ed ha avuto
molte trasformazioni nel corso del
tempo. Al principio era un gioco ese-
guito solo dalla classe nobiliare, poi
ha coinvolto anche gli strati sociali
più bassi, diventando un’espressione
di vita quotidiana.
Ci spostiamo in provincia di Nuoro, ad
Orotelli dove, dal febbraio del 1979,
sono state ripristinate le tradizioni
carnascialesche, cadute in disuso nel
secondo dopoguerra e ripescate gra-
zie alle ricerche e agli studi etnologi-
ci.

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Le principali maschere sono i Thurpos, (Thurpos Boes), i Thurpos seminatori,
cioè i ciechi, rappresentati da giovani che spargono crusca, e il fabbro (Su
95. I Thurpos, principali maschere del
Carnevale di Orotelli (Nu). i cui visi, spalmati di fuliggine del su- Thurpu Vrailarzu) che con un acciari-
ghero bruciato, si nascondono dietro no accende il fuoco per le strade.
il cappuccio de su gabbanu, pesante Durante le sfilate camminano a grup-
pastrano d’orbace portato dai pastori pi di tre: due avanti camminano ap-
nelle stagioni fredde. Sopra su gabba- paiati, rappresentando una coppia
nu portano ad armacollo una cinghia di buoi, legati in vita con una fune
di campanacci che fanno suonare tenuta da un terzo thurpu (interpreta
ad ogni movimento del corpo; sotto il pastore) che li guida pungolandoli
indossano un abito di velluto e gam- e cercando di tenerli mansueti. Qual-
bali. Questi particolari personaggi che coppia di thurpos traina un ara-
sfilano per le strade interpretando tro per le vie lastricate (come rituale
diverse situazioni riferite alla tradizio- propiziatorio di fertilità che ricorda
ne cittadina: il contadino (Su Thurpu le rappresentazioni di altri carnevali
Voinarzu), che deve dominare i buoi barbaricini); altri, invece, interpretan-
do la parte di maniscalchi, si fermano
a ferrare un thurpu-bue: è un momen-
to scenico molto rappresentativo del
lavoro e della vita quotidiana dei con-
tadini.
Questi ciechi, con la scusa di non ve-
dere, si lanciano sul pubblico per ren-
derli partecipi del gioco. Poi ne cattu-
rano qualcuno senza maschera e lo
costringono, se vuole essere liberato,
ad entrare in qualche bar per offrire
da bere. Tutto ciò avviene in tutto il
periodo carnevalesco, anche se l’ulti-
mo giorno i ruoli si ribaltano: i Thurpos
offriranno da bere al pubblico. Que-
ste scene avvengono nella piazza del
paese dove si conclude la festa con

76
balli chiamati ballu de Sos Thurpos, gli Erthajos, i Burraios, i Tintinnajos, le
che danno vita alla rappresentazio- sas Mascaras de caddu e sas Mascaras
ne di un antichissimo rito agreste di de pè. Infine vi era s’erithaju (il riccio),
propiziazione dei raccolti, ispirato ai una maschera che indossava un saio
cicli annuali della natura. La loro dan- bianco con cappuccio e portava una
za culmina con Sa Tenta (la cattura): collana di tappi di sughero rivestiti di
seguendo l’ordine del pastore, i buoi pelle di riccio con aculei; inseguiva le
caricano una vittima, che potrebbe donne, le catturava e le abbracciava
96. S’erithaju, antica maschera del
rappresentare la vittima sacrificale, così forte da punger loro il seno. Carnevale di Orotelli (Nu).
la legano e la portano in un bar dove Ancora, in provincia di Nuoro, c’è un
97. Mamuthones, maschera tipica del
dovrà offrire da bere a tutti se vuole paese di nome Mamoiada dove pos- Carnevale di Mamoiada (Nu).
essere liberato. Testimonianze ora- siamo ritrovare il carnevale più antico
li ricordano che oltre ai Thurpos, un della Sardegna e uno dei più caratte-
tempo c’erano anche altre maschere: ristici in Italia.
Tra le maschere tipiche ritroviamo
i Mamuthones, cioè uomini che na-
scondono le loro sembianze dietro
una maschera, sa bisera, nera, di le-
gno (si usa quello di pero selvatico, o
d’ontano) con naso, mento e zigomi
fortemente pronunciati e con due fori
per occhi e bocca. La testa è coperta
da un fazzoletto marrone annodato
sotto il mento.
Vestono il consueto abito di velluto
marrone, ricoperto da pelli nere di
pecora; sulle spalle portano sa garri-
ga, un sonoro groppo di campanacci
(su ferru), trenta chili di strepito che
neutralizzano il silenzio dei volti. Da-
vanti, poi, un grappolo di campane,
tenute insieme da cinghie di cuoio.
Poi ci sono gli Issohadores, uomini

77
che indossano un giubbetto di panno uguali danno tutti un colpo di spalla
rosso, abbracciato trasversalmente per scuotere e far suonare tutta la so-
98. Issohadores, maschere tipiche del
Carnevale di Mamoiada (Nu). da una cintura con bubboli di bronzo nagliera.
e ottone. Portano calzoni di tela bian- Gli Issohadores, invece, sono in nume-
chi (carzas o carzones, un tempo in ro massimo di otto e si muovono con
velluto scuro), un variopinto scialletto passi e balzi più agili; poi all’improvvi-
(s’issalletto) sfrangiato sui fianchi, una so fanno volteggiare la fune, si slan-
berritta (copricapo), tenuta legata da ciano, gettano il laccio fulmineamen-
un fazzoletto annodato sul viso che il te e tirano a sé come un prigioniero
più delle volte è coperto da un’auste- l’amico o la donna che hanno scelto
ra maschera bianca. Portano in mano nella folla. Il catturare le giovani don-
sa soha, una fune di giunco. ne è segno di buon auspicio per una
I Mamuthones si muovono su due file buona salute e fertilità. Un tempo ve-
parallele (generalmente a gruppi di nivano catturati i proprietari terrieri
dodici), fiancheggiati dagli Issohado- per augurare loro una buona annata
res, molto lentamente, curvi sotto il agraria e, per sdebitarsi dell’onore ri-
peso dei campanacci e ad intervalli servatogli, portavano tutto il gruppo
a casa loro e offrivano vino e dolci.
Oggi l’attenzione spesso viene rivolta
alle autorità presenti.
Fanno la prima apparizione il 17
Gennaio in occasione della festa di
sant’Antonio, sa die de Sant’ Antoni
de su ‘Hou (il giorno di Sant’ Antonio
del Fuoco), così detto in quanto nello
stesso giorno vengono accesi in ogni
rione del paese dei fuochi. La rappre-
sentazione viene riproposta anche
l’ultima domenica di carnevale e il
martedì grasso: grande attrattiva per
i turisti barbaricini e non solo.
L’origine di queste maschere è molto
dubbia: alcuni pensano che questa

78
esibizione celebri la vittoria dei pa- gnatori di Juvanne bussino di porta in
stori di Barbagia (gli Issohadores) su- porta per le vie del paese, domandan-
gli invasori saraceni fatti prigionieri do un po’ di vino per fare le “trasfusio-
e condotti in corteo (i Mamuthones), ni” al povero pupazzo di legno nella
altri invece vi leggono tra le righe “un speranza di salvarlo. Il vino che viene
rito totemico di assoggettamento del donato finisce all’interno di un’unica
bue”, o una processione rituale fatta damigiana posizionata sul carro che
dai nuragici in onore di qualche nume in seguito verrà bevuto, in notevoli
agricolo e pastorale. Qualunque sia il quantità, dai ragazzi provocando, a
significato di questa mascherata, re- tarda sera, una rilevante stonatura del
sta il fatto che si tratta di un rito che canto funebre in onore de Juvanne. Al
ha il sapore di un tempo lontano. termine del percorso, Juvanne Martis
Ma il carnevale a Mamoiada è anche finisce sotto i ferri: con un’operazione,
altro: balli in maschera, su passu tor- dal ventre del fantoccio vengono tira-
rau (ballo tradizionale), dolci tipici, te fuori le budella (sas istinas de por’ u);
99. Juvanne Martis Sero.
sfilata dei carri allegorici nella piazza si cerca di rianimarlo, ma il tentativo è
e per finire, nel giorno del martedì vano e Juvanne è destinato a morire.
grasso, Juvanne Martis Sero (Giovanni Il fantoccio, a differenza di altri paesi,
del Martedì sera). È un fantoccio di le- non viene bruciato o buttato via, ma
gno vestito con abiti della tradizione conservato per l’anno successivo.
sarda (camicia, velluto e berritta) che
viene trasportato all’interno di una
carretto per le vie del paese da alcuni
ragazzi o adulti solitamente apparte-
nenti allo stesso gruppo o troppa.
Gli accompagnatori di Juvanne vesto-
no in vardetta, scialle e mucadore ri-
gorosamente neri, impersonificando
le donne del paese nei momenti di
lutto; infatti il fantoccio è morente e
i ragazzi cantano un lamento funebre
in mamoiadino.
Tradizione vuole che gli accompa-

79
3.2 Putignano: Un Carnevale tra i più antichi del mondo

I
l nostro viaggio inizia nella terra di avrebbe origini ancora più lontane,
Puglia, precisamente in provincia ma non è certo questa la sede per
di Bari, nella “Pittoresca cittadina affrontare una questione così com-
italiana… famosa per il suo carnevale, plessa. Cerchiamo, invece, di girare
le grotte e le tipiche case rurali note più volte la clessidra sino ad arrivare a
come trulli” (si tratta di Putignano tempi più recenti per osservare come
il cui nome, il 26 luglio 2000, è stato questa festa abbia subìto profondi
assegnato al pianeta minore numero cambiamenti.
7665, tra le orbite di Marte e di Giove, In un testo dei primi decenni dell’Ot-
dall’Unione Astronomica Internazio- tocento si legge che il giorno dopo
nale). del S. Natale, inizia il Carnevale di
Putignano, è una cittadina di antica Putignano con una “manifestazione”
origine peuceta, oggi vivace centro assai particolare: uomini mascherati
economico del sud est barese. Secon- da agricoltori che imbracciano i loro
do alcune fonti storiche, il suo carne- utensili e si aggirano per le vie del
vale ha origini antichissime. Dobbia- paese “fingendo di eseguire i loro
mo andare indietro nel tempo sino campestri lavori ora zappando, ora
ad arrivare al 26 dicembre 1394 per piantando alberi, viti, rapeste, acci,
ritrovare le origini di questa manife- finocchi, carote, ecc. ora innaffiando,
stazione popolare. In questa data av- ora mietendo, ora facendo merenda,
venne la traslazione delle reliquie di
Santo Stefano Protomartire dalla città
di Monopoli a Putignano per poterle
mettere al riparo dalle incursioni dei
saraceni. E proprio in questa occasio-
ne si racconta che alcuni contadini del
luogo, mentre erano intenti a pianta-
re le viti con la tecnica della propag-
gine, al passaggio della processione
che portava le sante reliquie, si sono
uniti al corteo sacro con balli, canti e
100. Reliquie di Santo Stefano.
versi satirici in vernacolo.
Secondo altri studiosi, il Carnevale

80
ora cantando ecc. e così menano alle- inizi del Novecento qualcuno appar-
gra e divertita la giornata” (Sisto 2002). tenente ai ceti urbani (artigiani e pic-
101. Propagginanti, edizione 1977.
Questa descrizione fatta da Vitange- coli commercianti) cominciò ad im-
lo Morea, si riferisce alle Propaggini, provvisare versi in rima e a rinnovare
un rito che è riuscito ad arrivare sino profondamente questo rito, che ha
ai giorni nostri, anche se il tempo e i conservato una straordinaria vitalità.
personaggi culturalmente diversi che I Propagginanti avevano dei sopran-
vi hanno partecipato hanno apporta- nomi che richiamavano le loro ca-
to delle trasformazioni che andremo ratteristiche peculiari: ricordiamo tra
a scoprire insieme. questi ’U Cap’ bianc, Propagginante
Inizialmente, nell’Ottocento si insce- dalla “fluente barba bianca che si agi-
navano in ambito urbano alcune pra- tava grottescamente nella foga della
tiche contadine; inizialmente si “zap- declamazione” e Sant’Aruonz, “piccolo
pavano” le strade del paese, tant’è magro viso segaligno e bruno, occhio
che in antico documento si menziona intelligente, sorriso mefistofelico”
un provvedimento con il quale il sin- (Lippolis 1937).
daco diffidava l’uso di questi attrezzi
in quanto scheggiavano le basole da
poco sistemate alla “chiancata”; pro-
prio per questo successivamente si
ripiegò sull’uso di “zappe finte”, fatte
di legno, che non avrebbero potuto
arrecar danno.
Verso la fine dell’Ottocento, sempre
nell’ambito delle Propaggini, si deli-
nea un rito che col tempo assumerà
sempre più un ruolo centrale: ci rife-
riamo all’ “impianto delle vigne”, defi-
nito dagli studiosi una sorta di rito di
propiziazione agraria.
Ancora però, durante questo rito, non
si recitavano versi; alcune testimo-
nianze orali ci dicono che solo agli

81
Col tempo, dunque, le Propaggini,
perdono il loro carattere prettamente
contadino e tendono ad “urbanizzar-
si” e a sprovincializzarsi: se in un primo
momento i Propagginanti indirizzano
i versi satirici ai fatti e ai personaggi
locali, successivamente allargano i
loro orizzonti ai fatti nazionali e inter-
nazionali.
Questo rito fa ancora parte della tra-
dizione putignanese e, come con-
suetudine, viene riproposto il giorno
dopo Natale. Gruppi di mascherati,
con mani e volti imbrattati di nero-
fumo di cucina, salgono su un palco
adornato con tralci di viti e grappoli
d’uva; qui recitano versetti in rima
in vernacolo inerenti a fatti accaduti
nel paese nell’ultimo anno, rivolgen-
do una pungente satira al mondo
politico e sociale. Chiandà u ceppòne
significa piantare il tralcio di vite per
far nascere una nuova pianta; espres-
sione che ha un significato ben più
ampio di quello prettamente legato
all’azione agreste; ci si riferisce, infatti,
attraverso evidenti allusioni sessuali,
all’opportunità di criticare anche pe-
santemente alcuni episodi e protago-
nisti della vita politico-amministrativa
dell’anno che sta per chiudersi.
In mattinata si tiene un’altra cerimo-
nia abbastanza particolare: lo scam-

82
bio del cero. Durante questa cerimo- altri, ha inizio proprio il 26 Dicembre
nia, il Presidente della Fondazione di ogni anno, anche se la data “cano-
102 - 103. Propagginanti.
Carnevale offre un grosso cero al Pre- nica” di inizio è il 17 gennaio, gior-
sidente del Comitato Feste Patronali, no dedicato dalla Chiesa cattolica a 104. Scambio del Cero.
il quale lo porta nella processione di Sant’Antonio Abate (“Sant’Antun’ ma-
Santo Stefano, protettore del pae- scare e sun’ ” - Sant’Antonio, maschere
se. Anche la gente dona un cero alla e suoni). In questo giorno si svolgeva
chiesa. Si tratta di un atto devoziona- il rito della benedizione degli animali
le con il quale la comunità cittadina in adornati con nastri e campanelli, in
passato cercava di ingraziarsi il clero segno di buon augurio. Gli animali
e chiedeva in anticipo il perdono dei non erano protagonisti solo in que-
peccati che sarebbero stati commessi sto giorno, ma per tutto il periodo
durante il Carnevale. del Carnevale. In molti Paesi, infatti,
Secondo le testimonianze, dunque, il era usanza identificare il Carnevale
Carnevale di Putignano, come pochi nell’orso, nel tacchino, nel maiale e
nell’asino.
Testimonianze storiche ci raccontano
che intorno al 1930 alcuni artigiani
putignanesi vollero riscoprire la festa
dell’orso. Si trattava di un rito molto
antico, che consisteva nel portare
per le vie del paese un orso incatena-
to, attorniato da diversi musicanti e
giocolieri. Questa festa si svolgeva il
giorno della Candelora, il 2 febbraio,
data che secondo le credenze popo-
lari coincideva con l’abbandono del
letargo da parte dell’animale. In quel-
la circostanza il gruppo di artigiani
scese in piazza con strumenti a per-
cussione e a fiato e accompagnarono
un uomo ricoperto da una pelle di
capra. Questa festa, dimenticata per

83
vedì fino all’ultima domenica del Car-
nevale e al martedì grasso. I giovedì,
che ogni anno variavano di numero
a seconda della collocazione calen-
dariale della Pasqua, erano dedicati
a diverse categorie di persone, toc-
circa sessant’anni, è tornata a vivere cando, generalmente, diversi ceti so-
105 - 106. Festa dell’Orso.
solo negli anni Novanta grazie ad al- ciali: i monsignori, i preti, le monache,
cune associazioni culturali che hanno i vedovi e le vedove, i pazzi (in riferi-
riproposto la stessa in chiave spetta- mento ai giovani scapoli), le donne
colare. Numerosi figuranti, tra attori, sposate e i cornuti (uomini maritati).
musicisti e danzatori, accompagnano Durante queste serate non potevano
un uomo che indossa una grande ma- mancare i mascheramenti, le danze
schera di orso di cartapesta e insce- e i canti che riempivano le strade,
nano la caccia all’animale, la cattura, nonché pranzi ricchi ed elaborati che
il processo, l’uccisione e l’oracolo me-
teorologico. Infatti, nella tradizione
putignanese si racconta un aneddoto
secondo cui l’orso ha la possibilità di
darci informazioni utili sul clima del-
la restante parte dell’inverno: se il 2
febbraio il tempo è buono, si preve-
de ancora un inverno lungo, perché
l’orso approfitta del bel tempo della
Candelora per costruirsi il pagliaio e
difendersi dall’arrivo delle intempe-
rie; al contrario, se il tempo è cattivo,
resterà nel suo letargo e prevede l’ar-
rivo della primavera.
Nella tradizione carnascialesca puti-
gnanese, oltre alla Festa dell’Orso, si
annoverano anche altri riti che, dal 17
gennaio in poi, si tenevano tutti i gio-

84
imbandivano le tavole di ogni casa. ugualmente e addirittura si racconta
C’era anche l’usanza di organizzare i che i “galantuomini” ballavano co-
107. Momento di un rito carnascia-
cosiddetti “festini n’de jos’r” - feste nei munque e mangiavano sino al suono lesco che si tiene il giovedì grasso,
sottani, piccoli locali al di sotto del li- dei rintocchi della campana: “Luòr bal- detto dei cornuti.
vello stradale, presenti nel centro sto- lane fin’a campane/i lu paese stie senza
rico; si trattava di momenti conviviali pane… Tott’i liecete a’ galantum/nan-
dove il Carnevale, festa pubblica per ci liegg pì luor” – Loro (i benestanti),
eccellenza, diventava festa privata e ballano fino al suono della campana
l’ingrediente principale era la voglia (dei maccheroni) e il paese muore di
di divertirsi e dimenticare, se pur per fame… Tutto è lecito ai galantuomini,
qualche ora, la quotidianità. I festini non esiste legge per loro. –
prevedevano un’accurata “regia”. Ancora oggi i giovedì, con gli eventi
Da una parte c’erano gruppi di per- e gli spettacoli organizzati, scandisco-
sone che organizzavano balli e buffet no il tempo di Carnevale e da qualche
nelle case e in locali di fortuna, dall’al- anno, sempre grazie ad alcune asso-
tra vi erano gruppi mascherati che
giravano di festino in festino e che,
prima di entrare, erano costretti a far-
si riconoscere. A Putignano, questa
usanza raggiunse proporzioni con-
siderevoli nei primi decenni dell’Ot-
tocento: si racconta di una parteci-
pazione così massiccia di comitive di
giovani e meno giovani provenienti
addirittura anche dai paesi limitrofi,
da richiedere l’invio di forze dell’ordi-
ne da altri paesi.
E la cosa ancor più strana è che a que-
sti festini non si sapeva rinunciare
nemmeno durante i periodi di pover-
tà, quando la gente a stento riusciva a
trovare qualche tozzo di pane per sfa-
marsi. I festini, dunque, si tenevano

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ciazioni culturali, i festini vengono Il giorno del martedì grasso a Puti-
organizzati proprio nei sottani del gnano la morte del Re Carnevale è
108. ACAP 79, Sogno di una notte di
mezza sbornia, carro allegorico del centro storico. stata sempre accompagnata da due
1983. E così, giorno dopo giorno, si arriva a riti: u’ndondr e il “Funerale di Carneva-
quelli che sono i momenti più impor- le”. Il primo era un’allegra e chiassosa
tanti e festosi del Carnevale, l’ultima mascherata che si teneva nel pome-
domenica e il martedì grasso. Si parla, riggio alla quale era invitata tutta la
infatti, di una “parabola discendente” cittadinanza: ci si vestiva da guerrieri
che dal “trionfo” porta, attraverso riti o da contadini, ecc. e si andava in giro
ben precisi, all’agonia, al testamen- per le strade del paese ballando al
to e alla morte del Carnevale (Sisto ritmo di suoni prodotti con ogni stru-
2007). Questo trionfo era segnato da mento di bronzo, ferro, ottone, legno
mascherate e carri allegorici, da gio- o creta. Questa “banda” a volte si fer-
chi della cuccagna e a volte da sfar- mava sotto i balconi dove c’era gente
zosi cortei. affacciata che lanciava loro coriandoli
e confetti ed intonava qualche allegro
motivo, suscitando l’ilarità dei presen-
ti. Quindi proseguiva il cammino per
andare ad invitare i nobili, il sindaco
e la giunta. Questi, con la maschera
sul viso, salutati da battimani e da un
rumore più indiavolato, scendevano
con solennità per poi confondersi
con la massa (Cardone, 1936).
Questo rito è stato definito non a caso
chiassoso, visto che l’elemento princi-
pale, a parte l’allegria dei partecipanti,
era proprio il “rumore”. Vengono pro-
dotti suoni con ogni sorta di strumen-
to (tamburi, trombe, chitarre, nacche-
re, coperchi di latta) con l’intento di
attirare l’attenzione di coloro che re-
stavano fuori del corteo, per poterlo

86
“ingrossare”. Questo rito fu presente spiedi e da piatti e accompagnato da
nella tradizione putignanese sino al molti fanciulli, a suon di tamburo e
1954. Dall’anno successivo, fu sop- in mezzo a grandi strida gira tutte le
presso con le seguenti motivazioni strade del paese” (Sisto, 2002).
del “commissario unico” dell’epoca, il Anche per questo rito il rumore era
Dott. D. Elefante: non si potevano più l’ingrediente essenziale: il frastuono
tollerare gli atti poco conformi che e il fracasso accompagnano Re Car-
venivano commessi negli ultimi anni nevale nei suoi ultimi minuti di vita;
durante lo svolgimento di questo rito, è necessario creare questa atmosfera
da parte di gente forestiera che “non sonora e chiassosa, perché si renda
comprendendo lo spirito della festa Carnevale presente, quasi come suc-
ha esagerato”, finendo per compiere cede quando c’è una festa religiosa
scherzi pesanti, come gettare cenere che è sottolineata dal suono conti-
anziché coriandoli o “sporcare il viso nuo delle campane della chiesa. “E
delle ragazze con il rossetto prima, non per nulla, la fine del Carnevale e
con il lucido da scarpe poi”. l’inizio della Quaresima è indicato dal
“Il secondo rito aveva toni più mesti suono della campana della chiesa, la
perché si metteva in scena il funerale sera del martedì grasso” (Sordi, 1982).
del Carnevale. Nell’Ottocento duran- Diamo ora uno sguardo a cosa resta
te la mattina tutte le maschere “vesto- di questi riti ai giorni nostri. Nel tar-
no a bruno” e così vanno e vengono do pomeriggio del lunedì che pre-
per le strade del paese, piangendo e cede l’ultimo giorno del Carnevale,
urlando la scomparsa del Carnevale; un’allegra processione composta da
questi portano con sé un vecchio stro- falsi preti e chierichetti attraversa il
finaccio e un pezzo di fune. Si servo- paese impartendo l’estrema unzione
no del primo per asciugare le lacrime a Carnevale che ormai è in fin di vita.
della gente che incontrano per strada Nulla è lasciato al caso: i chierichetti
e della fune per legare gli stessi a loro portano incenso, ceri e un ombrello-
come segno di compianto. Alla sera, ne parato a cerimonia come “baldac-
poi, viene portato in giro un fantoccio chino”; il prete, per l’estrema unzio-
di Carnevale situato sopra un grande ne, si serve di uno scopino bagnato
carro illuminato, con una grossissi- nell’acqua contenuta in un pitale. La
ma pancia, circondato da fiaschi, da processione sosta nei locali e nelle

87
cantine dove possa trovar gente e
qui prete, chierichetti e gente al se-
guito del corteo recitano versi satirici
in latino maccheronico e con il ritmo
monotono delle preghiere cercano di
coinvolgere i presenti, ai quali tocca
“l’unzione” con lo scopino.
Il Funerale del Carnevale va in scena,
come d’obbligo, durante la serata del
martedì grasso, al termine dell’ultima
sfilata dei carri allegorici. Ancora una
volta, ad animare questo rito, c’è un
corteo funebre, sempre con prete e
chierichetti, “arricchito” dalla presen-
za della moglie del Carnevale, una
donna affranta che piange la mor-
te del marito ucciso, e dal coro delle
prefiche che intonano litanie dissa-
cranti. Ovviamente il protagonista è
Re Carnevale, questa volta presente
nelle vesti di un fantoccio (spesso vie-
ne rappresentato un maiale) al quale
si dà fuoco non appena si giunge in
piazza. L’ardere il fantoccio è un rito
purificatorio che preannuncia l’arrivo
della Quaresima.
La storia ci racconta ancora di un ulti-
mo importante evento che avveniva
al termine della serata del martedì
grasso: “un’ora prima della mezza-
notte la grossa campana della chiesa,
con 366 rintocchi, uno per ogni gior-
no dell’anno, avverte che Carnevale è

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finito, che i festini debbano cessare e
che non vi è che un’altra ora di tempo
per mangiare i maccheroni col filetto,
ballare e scherzare” (Sisto, 2002). Que-
sto è il rito della Campana dei mac-
cheroni, antichissimo e rimasto in vita
sino a metà Ottocento, per poi essere
riproposto nuovamente solo qualche
anno fa. In piazza viene sistemata una
campana di cartapesta che con i suoi
366 rintocchi scandisce gli ultimi mi-
nuti di vita del Re Carnevale. La gente
accorre per non perdersi gli attimi fi-
nali di questa scoppiettante festa: tra
un bicchiere di vino e un piatto di pa-
sta, si canta, si balla per vivere appie-
no gli ultimi momenti della festa.
Durante la notte compresa tra il mar-
tedì grasso e il mercoledì delle Ceneri, carsi seguendo una dieta prettamen-
109. Rito dell’estrema unzione.
le maschere putignanesi mezze ad- te quaresimale, così anche pentole e
dormentate, sazie e tra i fumi dell’al- posate erano lavate con acqua, cene- 110 - 111. Funerale del Carnevale.
cool, rientrando nelle proprie case re e aceto per “purificarle” dalla carne
dai festini, auguravano a tutti quelli e dal “grasso” che avevano caratteriz-
che avevano preso parte ai festeggia- zato l’alimentazione carnevalesca.
menti “Buona Quaresima e buon son- Ma la Quaresima non è solo tempo di
no/ buone rape, polpi e tonno”. Frase digiuno e di preghiera, se è vero che
di buon auspicio per l’avvento del pe- la prima domenica, quella immedia-
riodo quaresimale: a partire dal mer- tamente successiva al martedì gras-
coledì delle Ceneri, infatti, formaggi, so, veniva dedicata alla Pentolaccia.
latticini, uova e carne erano messi al Si organizzavano serate danzanti il
bando; alimenti consentiti erano i le- cui momento culminante era rappre-
gumi, le verdure, il pesce (soprattutto sentato dalla rottura di una “pignata”
baccalà). Come il corpo doveva purifi- di creta precedentemente riempita

89
112 - 113. Manifestazione della cam-
pana dei maccheroni.

con taralli, fichi secchi, noci, mandor- bianze di vecchia; viene usato come
le, dolci, ecc. Un componente della dama con la quale gli invitati alla fe-
comitiva veniva bendato e munito di sta ballano. Al termine della serata, la
bastone con il quale doveva rompe- vecchia viene svestita e smembrata:
re il recipiente perché tutti potessero generalmente dal suo corpo escono
godere delle prelibatezze in esso con- lunghe funi (a simboleggiare le bu-
tenute. della), salsicce, caramelle, dolci, casta-
Presente nella tradizione putignane- gne e fichi secchi (Sisto, 1993b).
se anche il rito del “Serra la vecchia”
che aveva modi di rappresentazione
differenti. Il primo prevedeva la pre-
parazione di un “rustico” a forma di
vecchia (spesso accompagnato da un
vecchio) fatto di pasta di pane, ripie-
no di carne tritata, uova e formaggio
e cotto al forno. La peculiarità di que-
sto rito era il taglio del “rustico” che
avveniva con ogni tipo di sega, da
quella usata dai contadini, a quella
dei falegnami o dei boscaioli.
Una variante del “Serra la vecchia”,
ancor oggi esistente in qualche mas-
seria putignanese, prevede, invece, la
realizzazione con paglia e abiti ormai
dismessi di un fantoccio dalle sem-

90
3.2.1 I corsi mascherati

N
on abbiamo una data precisa che fosse di buon auspicio per l’arri-
dell’inizio dei corsi masche- vo a Putignano del tratto di ferrovia
rati. Probabilmente già dai che avrebbe collegato Bari a Loco-
primi anni del Novecento si costrui- rotondo. Certamente uno sviluppo
vano piccoli carri allegorici. Abbiamo maggiore di questi corsi mascherati si
testimonianza di un gruppo di arti- ebbe durante il regime fascista: il po-
giani (gli stessi che hanno dato vita ai destà addirittura stanziava un vero e
cambiamenti essenziali del rito delle proprio montepremi e distribuiva “so-
Propaggini) che realizzò un treno, lenni encomi” a tutti coloro che con
semplicemente con legno e cartone, carri allegorici e mascherate avessero
dato risalto all’immagine del Regime.
Il Principe Romanazzi Carducci conce-
deva carrozze e cavalli di sua proprie-
tà ai protagonisti delle sfilate: negli
anni Trenta, la manifestazione ormai
aveva assunto un significato politico.
Non mancarono, comunque, i tenta-
tivi ben riusciti da parte di qualcuno
che riuscì ad eludere i controlli delle
autorità con sottili parodie.
Un’immagine fotografica risalente al
1933 ci permette di constatare la pre-
senza di un piccolo carro allegorico
che affronta il tema della polemica
antiamericana: un bambino vestito
con frak, bombetta e sigaro in bocca,
simbolo degli Stati Uniti, siede como-
damente su un divano sormontato da
un ombrellone ad indicare la “giostra
del mondo”. Innanzi al carro è sedu-
to un ragazzo dal volto nero, simbolo
dell’emarginazione alla quale i popo- 114. Piccolo carro allegorico realizza-
li deboli sono costretti a causa dello to nel 1933 da Filomeno Pagliarulo.

91
strapotere americano. all’interno del ventre dell’elefante vi
Nel 1936 alcuni artigiani costruiro- erano dei bambini che muovevano la
115. L’Elefante di Filippo Pugliese e
Marino Genco del 1936. no un carro utilizzando per la prima proboscide attraverso la quale veni-
volta la cartapesta su una struttura vano soffiati i coriandoli.
realizzata in filo di ferro (fu utilizzata I carri inizialmente sfilavano lungo la
precisamente una rete metallica da “Chiancata”, l’anello stradale che deli-
pollaio). Con questi nuovi materiali ci mita ancora oggi la parte più antica
si poteva permettere di costruire dei del centro storico; ben presto, però,
carri più leggeri e dunque più grandi. questo percorso non fu più adatto al
Si trattava, infatti, di un grosso elefan- passaggio di carri che cominciavano
te che simboleggiava Mussolini im- ad avere dimensioni maggiori; così a
pegnato nelle guerre coloniali. L’uti- partire dalle fine degli anni Trenta, le
lizzo della rete rese possibile la realiz- sfilate furono trasferite in corso Um-
zazione di un movimento meccanico: berto I e lungo l’Estramurale.
Durante gli anni della seconda guer-
ra mondiale, la festa assunse toni
decisamente minori; anche le testi-
monianze orali e scritte non sono nu-
merose per questo periodo. A partire
dalla seconda metà degli anni Qua-
ranta, invece, è evidente una ripresa
della manifestazione che si presenta
con toni più spettacolari, quasi a sot-
tolineare il desiderio di voler lasciare
indietro il recente passato, per una ri-
nascita sociale ed economica. Anche
i temi proposti per i carri allegorici
si ispirano a temi quali la rinascita e
la ricostruzione del Paese, il trattato
di pace che imponeva ingiustizie e
umiliazioni alla nazione e i problemi
economico-commerciali. Ancora una
volta gli artigiani sono bravi nel co-

92
struire carri mastodontici con grandi passione. Stabilito l’oggetto che il car-
mascheroni di cartapesta; addirittura ro deve rappresentare e i particolari
116 - 117 - 118. Fasi di lavorazione.
su un carro allegorico si arrivano a del manufatto, si crea la sagoma di
contare ben quattro pupazzi di car- argilla che deve contenere tutti i det-
tapesta. E anche il compenso diven- tagli del manufatto finito. Sulla sago-
ta abbastanza cospicuo: nel 1947, ad ma, poi, si esegue una colata di gesso
esempio, il primo e il secondo premio caldo. Il calco di gesso, che si distac-
avevano un valore rispettivamente di cherà facilmente appena raffreddato,
70.000 e 60.000 lire. è rivestito d’olio e, successivamente,
Col passare degli anni si va verso un ricoperto con pezzettini di carta dei
carnevale più consumistico che tenta quotidiani imbevuti di colla d’acqua
di superare i confini regionali per farsi e farina. La lavorazione si realizza pla-
conoscere in tutto il Paese. Così, pian smando abilmente e modellando ad
piano la manifestazione diventa una arte le strisce di carta ammorbidite
piccola industria che produce reddito: dalla colla.
il Carnevale di Putignano, intorno agli A questo punto, il manufatto in car-
anni ’50, viene definito la “Viareggio tapesta è rivestito di carta cemento,
del Sud”. Non mancano, però, i nostal- più resistente e impermeabile e final-
gici legati all’antico Carnevale; uno di mente dipinto e decorato. L’ultimo
questi è un giornalista dell’epoca che tocco di magia è l’introduzione dei
esprime il suo rimpianto e la sua ama-
rezza profonda per le antiche “ma-
scherate della Chiancata”, lo “Nton-
daro” e i veglioni del teatro comunale
che sono stati fatti morire da coloro
che hanno “le ali per volare verso un
radioso avvenire e non possono, né
devono di conseguenza attardarsi a
contemplare i miseri resti”.
È la cartapesta la protagonista di que-
sti mastodontici carri; si tratta di un
procedimento lungo e laborioso che
richiede molta pazienza e soprattutto

93
movimenti, inizialmente generati da re prime degli artisti emergenti, che
un sistema di leve azionato dall’uo- trattano vicende più propriamente di
mo e successivamente da movimen- ambito locale.
ti meccanici e infine da movimenti Durante il periodo di carnevale si
comandati da un computer. Come tengono quattro Corsi Mascherati:
si può osservare, si fondono insieme tre durante le domeniche ed una in
tecnica e tradizione per ottenere ri- notturna, la sera del martedì grasso.
sultati veramente sorprendenti. A partire dal 2006, poi, si è aggiunta
I temi proposti in occasione delle sfila- un’altra sfilata, quella estiva, che si
te dei carri prendono spunto dalla po- tiene il secondo sabato di luglio.
litica o da argomenti di attualità: ecco Ad animare i corsi mascherati ci pen-
allora nascere dalle sapienti mani dei sano anche i Gruppi Mascherati, chia-
cartapestai dei testoni di personaggi mati a presentare autentici spettacoli
politici o uomini di spettacolo che itineranti con costumi, musiche e co-
sfilano attorniati da figuranti capaci reografie studiati per l’occasione.
di trasmettere entusiasmo a tutti gli
spettatori. Durante questi corsi ma-
scherati è quindi difficile rimanere
indifferenti: si viene travolti dai colori
e dai suoni che suscitano grandi emo-
zioni e lasciano un segno indelebile.
L’ideazione, la progettazione e la fab-
bricazione dei carri allegorici avviene
all’interno dei “Capannoni”. È lì che
per mesi i cartapestai lavorano per
fondere spettacolo e artigianalità,
custodendo gelosamente i segreti di
questa difficile arte.
Accanto ai Carri allegorici, ritroviamo
anche le maschere di carattere; si trat-
ta di manufatti sempre in cartapesta
di dimensioni molto più piccole ri-
spetto ai carri allegorici, spesso ope-

94
119. Franco Giotta, Cresceranno, carro allegorico del 1990. 120. Giuseppe Nardelli & C., Avanti miei Prodi, carro allegorico del 1997.

121. Angelo Loperfido e Antonella Dibello, Fuori dal branco, carro allegorico 122. Deni Bianco, L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro… precario,
del 2004. carro allegorico del 2008.

95
3.2.2 Farinella: La maschera dei poveri

L
a maschera simbolo del Car- alle realtà locali: Farinella, infatti, è il
nevale di Putignano nasce nel nome italianizzato del soprannome
1952 ed è disegnata da un grafi- Farnuodd’ (dato al Sig. Pietro Calisi),
co emergente, Mimmo Castellano, di personaggio famoso del carnevale
origine pugliese. Dall’anno successi- putignanese e delle Propaggini. Fa-
vo l’immagine di questa maschera di- rinella, però, è anche il nome di un
venta il marchio delle sfilate dei carri impasto di farina di frumento, orzo
allegorici. Viene riprodotta nei ma- e ceci, alimento povero, spesso il
nifesti riportanti il programma delle principale, se non l’unico, dei conta-
manifestazioni relative agli ultimi tre dini della Murgia barese. Da qui, per
giorni di Carnevale. estensione, col termine Farinuodd’
La nuova maschera di Farinella, dise- viene definito il contadino povero,
gnata con forme geometriche, angoli che può cibarsi solo di farinella e fave.
vivi e linee rette, è presentata in atto In un carro dei primi anni Cinquanta
di saltare come eseguendo un ballo; la maschera venne raffigurata diver-
mani in alto all’altezza delle spalle, samente da un cartapestaio: indossa-
con indici e pollici nel gesto di schioc- va un abito bianco e verde e portava
care le dita e le gambe piegate. Come un cappello a tre punte, simboli dei
vesti, ha un giubbino e calzoni ade- tre colli presenti nello stemma di Pu-
renti a rombi e losanghe blu e rosse tignano. Alla cintola portava legato
irregolari nelle forme e nella succes- un sacchetto che tradizionalmente,
sione; come copricapo ha un cappello nel mondo contadino, conteneva la
con due corni flosci riportanti le stes- farinella ed era raffigurato nell’atto di
se decorazioni a rombi e losanghe e metter pace tra un cane ed un gatto,
due sonagli. Completa il tutto una ovvero tra i cittadini di Putignano.
mantellina corta con sonagli ai bordi Farinella, dunque, nasce nel 1952, al-
e alla punta delle scarpe. Il viso non meno come aspetto, ma le origini del
ha alcuna maschera, è sorridente, ha nome puntano a spingere più indietro
un naso grosso ed allungato simile a possibile il tipo che questa maschera
quello di un pagliaccio ed occhi mol- vuole e deve rappresentare.
to vispi. Nel 1981, l’Amministrazione comuna-
Questa maschera presenta dei parti- le e la Pro Loco bandirono un premio
colari riferimenti a personaggi reali e per il miglior elaborato che fosse riu-

96
scito a ricostruire le origini e le carat-
teristiche di Farinella. E’ Luca Bianco
il vincitore di questo concorso; egli
spiega che sulla natura agreste della
maschera non ci sono dubbi. Il nome,
infatti, è quello dell’alimento base
dei nostri avi e, di certo, Farinella ha
proprio lo spirito di quei contadini
temerari che cercavano di mettere
a coltura anche gli angoli del nostro
territorio più impensati. Attendeva-
no lì la primavera, per veder arrivare
i frutti e quando questi spuntavano,
provavano una grande gioia, la stessa
“impressa così efficacemente nel co-
stume a losanghe variopinte di Fari-
nella”.
Alcuni hanno pensato alla masche-
ra di Arlecchino come “progenitrice”
di quella di Farinella, ma Luca Bian-
co sostiene che quanto detto non è
vero. Un importante elemento che
differenzia Farinella è proprio la man-
canza di una maschera che copra il
viso: i suoi lineamenti definiscono
“un’espressione intelligentemente di-
vertita” che, accompagnata dalla “bat-
tuta improvvisata”, fanno di Farinella
una maschera unica (Bianco, 1981).

123. Farinella, la maschera tipica pu-


tignanese.

97
3.3 Crispiano: Carri, maschere e fegatino

S
empre in Puglia, spostandoci a sagre dei prodotti tipici locali (mozza-
sud di Putignano, arrivando fino rella, focaccia, lumache, gelato, bom-
alla terra tarantina, troviamo betta - ovvero ripieno di carne con
Crispiano, piccola cittadina particola- prosciutto e formaggio, passata sulla
re per la sua posizione geografica. Il brace - ma soprattutto Fegatino) e a
Comune, infatti, è ubicato su diverse tanta musica, sport, ecc.
colline la cui cima più alta raggiunge Tutto ciò si svolge in un’intera setti-
i 529m s.l.m. mana durante la quale giungono cen-
Originariamente era un piccolo inse- tinaia di migliaia di turisti. Nel 2000,
diamento messapico, poi sottomesso per consolidare il successo di questo
ai romani, ai saraceni; nel Medioevo Carnevale, è stata presentata la ma-
124. Logo del Carnevale di Crispiano
(Ta). divenne territorio di appartenenza di schera ufficiale: Brigantino, con la sua
diversi casati. compagna Brigantella, che racchiude
In questa cittadina il Carnevale non in sé tutto lo spirito carnevalesco ed
ha storia alle spalle, perché è nato nel estivo anche nel suo abbigliamento.
1979. Nel 1999, la Pro Loco decise di La maschera prende il nome dal “bri-
mettere in pratica un’idea innovativa: gante”, che in epoca non molto lon-
legare il turismo estivo e la tradizione tana attuava scorribande nelle terre
gastronomica di questo paese con il tarantine. A Crispiano ve ne fu uno
divertimento e la goliardia carneva- molto noto, di nome Pizzichicchio. La
lesca… Ed è così che il “Carnevale è maschera prende anche il nome da
della Gente”, tradizionale sfilata inver- un modo di dire tipico crispianese:
nale di carri, che rallegrava le vie del per “brigant”, si intende, infatti, una
paese fin dal 1979, si trasforma nel persona gioiosa e scherzosa. Anche
“Carnevale estivo del Fegatino”, ma- nel suo vestire, Brigantino simboleg-
nifestazione enogastronomica che si gia l’estate e l’allegria: la canotta a
tiene nella seconda decade di luglio. strisce è simbolo dell’estate, il man-
Il “Carnevale estivo del Fegatino”, tello azzurro fa riferimento al mare,
come dice lo stesso titolo, è una mani- il copricapo con il sole è segno di ca-
festazione che prevede sfilate di carri lore; come scettro Brigantino ha una
allegorici e gruppi mascherati, prove- forchetta con un fegatino, prodotto
nienti anche dai più grandi Carnevali tipico crispianese, sui rebbi.
del Sud Italia e dall’estero, abbinate a

98
125 - 126. Carri allegorici del Carne-
vale di Crispiano (Ta).

99
3.4 Tricarico: Il Carnevale in “Bianco e Nero”

L
asciando alle nostre spalle la ghindati con nastri, collanine e per-
terra tarantina, riprendiamo il line colorate), per i quali si invoca la
viaggio verso un’altra cittadina benevolenza del Santo, si rechino da-
che da secoli tramanda di generazio- vanti alla chiesa di S. Antonio Abate,
ne in generazione la sua cultura car- compiano tre giri intorno alla chiesa
nascialesca. a lui dedicata per poi ricevere, dopo
Oltrepassiamo il confine regionale la messa, la benedizione da parte del
pugliese e giungiamo in Basilicata, a sacerdote.
Tricarico, una piccola cittadina in pro- Lo stesso rituale è osservato dalla
vincia di Matera caratterizzata da un “mandria” delle maschere, prima di
territorio prevalentemente montuo- muoversi verso il centro storico e per-
so; è nel cuore della Lucania e ricca di correrne tutti gli antichi rioni; si trat-
storia e di monumenti. ta di personaggi che impersonano
Il Carnevale inizia all’alba del 17 gen- tori e vacche, neri con nastrini rossi
127. Veduta panoramica del paese di
Tricarico (Mt). naio, giorno dedicato a S. Antonio i primi, bianche con nastrini colorati
Abate, protettore degli animali; è le seconde. Inquadrati secondo un
128. I tre giri fatti attorno alla chiesa
di S. Antonio Abate. usanza che i fedeli, insieme ai propri ordine rigoroso che si rifà alla man-
animali (per l’occasione vengono ag- dria in transumanza, il corteo è diviso
in due gruppi aperti e guidati da un
capomassaro, che indossa un man-
tello nero lungo fino alle caviglie, un
cappello a falde strette, guanti neri di

100
lana e scarponi militari; a tracolla por-
ta da un lato un tascapane militare e
dall’altro uno spago al quale è fissata
una corda arrotolata ad anello, fatta
con i peli della coda di un mulo. In
mano stringe un bastone da pastore
utilizzato per mantenere l’ordine nel-
la coloratissima sfilata e per impedire
e controllare le intemperanze dei tori
che inseguono le vacche, o meglio le
giovenche, mimando selvaggiamen- il Conte e la Contessa, che rappresen-
129. Costume del Carnevale di Trica-
te l’atto della monta. tano le famiglie nobili che seguivano rico (Mt).
Ogni capomassaro ha alle dipenden- il bestiame nel periodo della transu-
ze un sottomassaro e tre vaccari. Il pri- manza. Questo gruppo, in maniera
mo si distingue dal capomassaro per- più o meno ordinata, concluderà il
ché indossa un giubbotto smanicato giro del paese nella piazza dopo aver
di pelliccia con il pelo bianco e riccio effettuato il primo giro di questua:
rivolto all’esterno; i secondi non pre- anche qui gli abitanti offrono vino,
sentano nulla di particolare nell’abbi- salumi e formaggi che costituiranno
gliamento se non delle bisacce di tela la dote per le libagioni notturne pri-
bianca portate a spalla, utilizzate per ma che il Carnevale muoia a pancia
raccogliere le offerte. piena.
Ogni maschera porta con sé un cam- Lo stesso corteo viene riproposto an-
panaccio, diverso nella forma e nel che l’ultima domenica: in quell’occa-
suono, a seconda che si tratti di muc- sione, però, dopo un pranzo di grup-
che o di tori, tanto da creare un ritmo po e una sfilata pomeridiana accom-
confuso e ripetitivo che genera un pagnata da carri, tra i quali quello di
grande caos lungo le vie del paese Quaremma (Quaresima) che piange
che sembrano essere attraversate da la sorte del Carnevale, viene bruciato
una vera, immensa mandria in movi- un fantoccio dalle enormi dimensioni
mento. Tricarico viene, così, svegliata in Piazza Garibaldi.
da questi campanacci. Al gruppo si Il carnevale di Tricarico è stato ogget-
uniscono altre due figure mascherate, to di vari studi. Le poche ed uniche

101
fonti scritte ci forniscono un’immagi- moto; e tutti salivano sul monte uo-
ne ampia, ma piuttosto indetermina- mini e animali, fino alla Cappella alta
130. Agostino Carlomagno con la
ciaramella. ta di quello che avveniva in occasione sulla cima”.
del 17 gennaio, non oltre i primi anni Ritrovare le origini di questi riti è
del secolo scorso. abbastanza complesso. Lo scritto-
Carlo Levi fa una descrizione di quan- re lucano Enzo Contillo a proposi-
to aveva visto il giorno di Sant’Anto- to dell’apertura dei festeggiamenti
nio, a Tricarico, negli anni Cinquanta, segnata dal suono dei campanacci,
in compagnia di Rocco Scotellaro: “Il scrive: “I vecchi tricaricesi ricollegano
paese era svegliato, a notte ancora la cerimonia ai tempi delle congiure
fonda, da un rumore arcaico, di battiti politiche fomentate dai borboni con-
su strumenti cavi di legno, come cam- tro Gioacchino Murat, allorquando gli
pane fessurate: un rumore di foresta affiliati, per mascherare le “chiamate”
primitiva, che entrava nelle viscere e gli appuntamenti, ricorrevano alla
come un richiamo infinitamente re- mascherata delle campane per sfug-

102
arboreo e acquatico dove si compirà
in forma simbolica il suo destino di
131. Le maschere verso il paese.
madre, fa riscontro, nel mito argivo, la
terapia del mantis Melampo, che con
l’aiuto di giovani robusti organizza
un inseguimento delle fanciulle (che
imitano le giovenche, n.d.r.), median-
te gridi rituali e danze di possessio-
ne...”.  (De Martino, 1961). E pertanto
ipotizza per il Carnevale di Tricarico il
permanere di memorie ancestrali di
origine greca, italico-enotrie e luca-
no-sannitiche.
Altri studiosi (Biscaglia, Spera) collo-
cano il radicarsi di tali usanze nel me-
dioevo quando a Tricarico si sarebbe
affermata un’economia basata preva-
lentemente sull’allevamento e sulla
transumanza che avveniva all’inizio
della stagione calda, per trovare pa-
scoli verdi per il bestiame. All’inizio
della stagione fredda si transumava
nuovamente verso la pianura più cal-
da. Tutto ciò avveniva tramite sentieri
gire alla vigilanza della polizia”. detti tratturi: il viaggio durava giorni
Ernesto De Martino, invece, a proposi- e si effettuavano soste in luoghi pre-
to del menadismo e dei riti orgiastici stabiliti, noti come “stazioni di posta”.
femminili, scrive che “Anche le Pretidi, È stato proprio il permanere delle
al pari di Io, appaiono nell’atto di ‘’fare condizioni di vita economica basate
le vacche” (Proerides implerunt falsis sulla pastorizia e sull’allevamento allo
mugisibus agros), e ad Io che è inse- stato brado a consentire che questi
guita dal bovaro dai cento occhi e che “frammenti” di cultura arrivassero
arresterà la sua corsa in un paesaggio fino a noi.

103
3.4.1 Le maschere

S
imbolo del Carnevale di Trica- non è quello di non farsi riconosce-
rico sono le caratteristiche ma- re, ma di rappresentare la completa
schere della vacca e del toro. metamorfosi dell’uomo in animale.
Come già detto, le vacche e i tori sono Il cappello è riccamente decorato
impersonati da soli uomini (la parte- con lunghi nastri variamente colora-
cipazione è interdetta alle donne). ti che scendono fino alle caviglie; la
L’intera rappresentazione non è svin- calzamaglia indossata (o, in alternati-
colata dalla realtà contemporanea va, maglia e mutandoni di lana) è di
poiché, sebbene la cultura locale sia colore bianco o comunque chiaro. In
meno “rurale” di un tempo, Tricarico è vita tutti hanno annodato un grande
collocata su una via di transumanza e scialle di raso, piegato a triangolo e
le mandrie ancora oggi l’attraversano portato come una specie di grembia-
con il fragore dei campanacci. le: non mancano nastri o foulard dai
Il costume della vacca è costituito da colori sgargianti che decorano il col-
un cappello di paglia a falda larga, lo, i fianchi, le braccia e le gambe.
abbastanza rigido, coperto da un fou- La maschera del toro è identica nella
lard colorato e da un velo bianco che composizione, ma si distingue perché
arriva sino al petto, tanto da nascon- completamente nera (calzamaglia,
132. Costume della mucca.
dere completamente il viso. Lo scopo velo, foulard e nastri del cappello) con
pochi nastri rossi, per un aspetto an-
cor più minaccioso. Tutti calzano sti-
vali ed ogni maschera ha un campa-
naccio, diverso nella forma e nel suo-
no, a seconda che si tratti di mucche
o di tori, per far sì che il capomassaro
riesca a riconoscerli anche da lonta-
no. Esiste il campanaccio “femmina”
(quello portato delle vacche) adorno
di nastri colorati, il quale ha una for-
ma più tondeggiante ed un’apertu-
ra circolare, da cui sporge poco un
batacchio arrotondato alla punta. Il
campanaccio “maschio”, invece, che

104
viene portato dai tori, ha una forma
più allungata e schiacciata ed il suo
batacchio, lungo anche dieci, quin-
dici centimetri, è stretto e schiacciato
come una lingua.
I tori sono gli elementi più attivi ed tano di ostacolare le sortite dei tori,
133. Costume del toro.
aggressivi del gruppo, compiono im- fingono di inseguirli, sbattono il ba-
provvise incursioni in avanti e all’in- stone per terra, emettono gridi gut- 134. “Incontro” della mucca e del
toro.
terno delle file di mucche, brevi corse turali.
e repentini gesti di monta, accentuati Il toro, per risposta, finge di caricarli
dalla frenesia violenta del suono del a testa bassa e li provoca con gesti
campanaccio. Il vaccaro di coda e il osceni rivolti al vaccaro, ma soprat-
sottomassaro, muniti di bastone, ten- tutto alle vacche, che di tanto in tan-
to si voltano per non essere colte di
sorpresa.
Quella del toro è la maschera più im-
portante del gruppo, l’unica in grado
di contrastare la volontà del capo-
massaro. Spesso è il toro che decide
il percorso da seguire, sceglie i locali
e le case in cui entrare. A questa ma-
schera è affidato un ruolo scenico e
rituale, di tipo mimico, e chiaramente
allusivo; un ruolo di azioni aggressive
e di rivolta, di “licenze” sempre tollera-
te: azioni e gesta che nel paese sono
apertamente rivolte alle ragazze ed
alle donne incontrate per strada o fer-
me sulla porta o affacciate alle finestre
per assistere al rumoroso passaggio
del gruppo mascherato, spettatrici
quasi sempre ben disposte a ricevere
i ragazzi in casa per offrire vino, taralli,

105
Il continuo fragore prodotto dai cam-
panacci potrebbe essere letto come il
mezzo attraverso cui il paese, percor-
so in tutte le sue direzioni, si protegge
magicamente con gesti e suoni, che
lo purificano.
Le maschere avrebbero perciò un’ori-
gine arcaica e, secondo l’interpreta-
zione più diffusa presso il popolo, ri-
corderebbero una lontana pestilenza
che causò la morte di molti animali
con grave danno per la popolazione
che, travestendosi proprio da animali
e suonando con violenza, intese scon-
giurare simili eventi.
Nella seconda parte del Carnevale,
con una rappresentazione satirica
contro il potere scomparsa da anni,
salami o pochi spiccioli. avveniva un dialogo tra il massaro e il
135. Dipinto delle maschere in “bian-
co e nero” di Tricarico. La mandria percorre tutte le vie del signore feudale, nella piazza grande,
paese, accentuando il battito dei durante il quale l’amministratore del-
campanacci nei pressi dei negozi, del- la masseria offriva il ricavato dell’at-
le case, attenuandolo solo quando si tività condotta durante l’anno e ne
è ricevuta l’offerta, la più gradita delle rendeva conto.
quali resta il salame. Si tratta, con molta probabilità di una
In questo contesto culturale l’uccisio- giunta postuma, che troverebbe ri-
ne del maiale, che avviene proprio in scontro nella struttura feudale della
questo periodo dell’anno, acquista un società dove i ceti subalterni, proprio
significato simbolico: il maiale, base nell’unica occasione del Carnevale,
proteica dell’alimentazione dei centri potevano esprimersi con gesti e ter-
montani della Basilicata, è la materia- mini licenziosi.
lizzazione del male e delle influenze
negative, e le tentazioni della carne.

106
3.5 Castrovillari: Maschere, folklore ed eventi

L
asciata la Basilicata e le carat- giore divertimento stava proprio nel
teristiche maschere di Tricarico, ribaltare i ruoli.
viaggiamo a sud per circa 200 Il Carnevale di Castrovillari è nato uf-
chilometri sino ad oltrepassare il con- ficialmente nel 1959, sebbene le sue
fine lucano per raggiungere la Conca radici sembrerebbero risalire al lonta-
del Re. È una piana alluvionale forma- no 1635: secondo lo studioso di teatro
tasi ai piedi del versante meridionale dialettale calabrese, Giulio Palange,
del massiccio del Pollino. Proprio in in quell’anno, proprio a Carnevale, la
questo avvallamento naturale, a circa Commedia dell’Arte approda anche
360 metri d’altitudine s.l.m., ritrovia- a Castrovillari con il primo testo tea-
mo Castrovillari (provincia di Caserta), trale. Fu messa in scena la farsa dialet-
circondata dagli Appennini calabresi, tale di Cesare Quintana “Organtino”,
e centro più grande del Parco Nazio- che da allora divenne una maschera.
136. Veduta panoramica del paese di
nale del Pollino. Organtino è un semplice pastore che, Castrovillari (Cs).
La cittadina fu fondata dagli Arago- baciato dalla fortuna, diventa massa-
nesi, a cui si deve lo splendido Castel-
lo. È divisa in due parti separate dal
celebre Ponte della Catena; la parte
vecchia, detta Civita, è edificata su
uno sperone calcareo; la parte nuova,
detta “Casale”, molto più estesa della
precedente, si sviluppa su un decli-
vio.
In questa cittadina si tiene il carnevale
più famoso della Calabria, inizialmen-
te definito “Il carnevale del Pollino”,
poi di Castrovillari; in tempi antichi
era la festa che consacrava l’ugua-
glianza, il superamento delle diffe-
renze sociali, economiche e familiari:
il povero diventava ricco, il contadino
nobile, gli uomini si travestivano da
donne, i giovani da vecchi; il mag-

107
ro e poi padrone. Pian piano sopra- tutti. Questo è Organtino, maschera
vanzano in lui atteggiamenti boriosi calabrese nata a Castrovillari nel 1635,
137. Organtino rappresentato da un
maestro cartapestaio. tanto da fargli dimenticare le sue ori- in un mondo tutt’altro che idilliaco e
gini. pastorale; un mondo di tensioni so-
I suoi ex compagni, pastori misera- ciali, di ascese e di vendette, di diffi-
bili ed oppressi, vengono sfruttati. denze e di inganni, di brutale gioco
Organtino teme le rivalse degli sfrut- con la vita per un pezzo di formaggio
tati, soffre al pensiero di poter essere e per un agnello mancante.
derubato nella conta giornaliera del- L’opera di Quintana, però, non è unica
le pecore, degli agnelli, delle ricotte, nel suo genere; infatti, ritroviamo lo
dei formaggi. Dall’altra parte, i sotto- spirito carnevalesco anche in un’altra
messi, i pastori che, probabilmente, commedia intitolata Lo sfratto e testa-
ridotti allo stremo ed alla fame dalla mento di Carnevale, di Don Orazio Pu-
avida e persecutoria occhiuta vigi- gliese (1696).
lanza dell’intransigente sfruttatore, Nel 1959 il prof. V. Vigiano ebbe l’in-
qualche cosa hanno da nascondere. tuizione di organizzare a Castrovillari
E con furbizia inventano eventi per un Carnevale che superasse la fase
giustificare gli ammanchi: un assalto dello spontaneismo per diventare il
di lupi, una tempesta ecc. Alla fine, “Carnevale calabrese per eccellenza”,
il tentativo di liberarsi di Organtino, capace di imporsi sempre più anche
con un agguato fallito, e poi, l’esito all’attenzione nazionale.
furbesco per aggirare la sua vendet- Sin dalla prima edizione, il Carnevale
ta. Si tenta di convincerlo a sposarsi; nella città del Pollino si è caratterizza-
l’idea lo sollecita, il tranello funziona, i to per il contemporaneo svolgimento
servi stanno per realizzare un disegno del Festival Internazionale del Folklo-
machiavellico nel proporgli uno spo- re. L’intreccio maschera-folklore, con
salizio con una novantenne truccata la conseguente valorizzazione delle
e imbacuccata. La farsa non ha un antiche usanze calabresi e la creazio-
preciso epilogo per l’incompletezza ne di una sinergia con popoli dalle
del manoscritto. culture differenti, in realtà proviene
Ma non importa: i ritmi di una pia- da lontano. Castrovillari, infatti, dedi-
cevolissima narrazione, moderna ca da sempre particolare attenzione
nell’impianto e nella trama, ci sono alle tradizioni popolari e svolge un

108
ruolo-guida nella storia folklorica me-
ridionale, tanto da essere stata defi-
nita a pieno titolo “Città del Folklore”.
A conferma di ciò, basti pensare che
il gruppo folkloristico nato in seno
alla Pro loco del Pollino, vincitore di
importanti premi internazionali, con
i suoi ottanta anni di vita alle spalle, è
il più longevo della Calabria e ha con-
tribuito non poco al rafforzamento
della manifestazione, inserita nell’as-
sociazione “Carneval Forum”, che rac-
coglie i primi venti Carnevali d’Italia.
Il Carnevale di Castrovillari, dunque,
è unico nel suo genere; connotato da quella di Luigi Manco: non appena si
138. Prime sfilate del carnevale di
una fortissima partecipazione popo- trasferisce in questo paese, partecipa Castrovillari (Cs).
lare, ha il suo tratto caratteristico e il come organizzatore e progettista a
suo punto di forza nella capacità di diverse edizioni della festa. Nel 1991
coniugare la varietà e la pregevole rielabora la figura di Organtino.
manifattura delle maschere, la satira Nel 1965 (siamo alla settima edizio-
e la mordace allegria con il folklore ne), il Carnevale del Pollino si avvia
internazionale e il suo vivace calei- a divenire una manifestazione di im-
doscopio di costumi, musiche, canti portanza e di risonanza notevoli. Lo
e danze. attestano le cronache dei giornali e
Nel 1959, dopo l’affissione dei mani- della R.A.I. TV, che trasmise alcune
festi-programma del Carnevale, ci fu scene della sfilata del martedì pome-
una grande risposta da parte di im- riggio, registrando i commenti entu-
portanti artisti locali. Ci riferiamo a siastici dei forestieri.
Riccardo Del Bo e Riccardo Turrà: le A farla da padrone, nell’edizione del
migliori realizzazioni allegoriche sono 1972, è il gruppo congolese di Braz-
venute fuori proprio quando i due ar- zaville. Il Festival Internazionale del
tisti hanno collaborato insieme. Altra Folklore varca così i confini dell’Eu-
figura castrovillarese importante è ropa per spostarsi nel cuore dell’Afri-

109
formula. Rimangono i carri allegori-
ci, ma al posto dei gruppi folkloristi-
ci, italiani e stranieri, si promuove un
concorso per gruppi mascherati. Una
innovazione apprezzata dalla città e
dai visitatori. Tredici gruppi masche-
rati, composti ciascuno da decine di
persone, sfilano in variopinti e fanta-
siosi costumi, mentre centinaia di al-
tre maschere spontanee scorazzano
allegramente per le vie della città.
Nell’anno 1997 il grande afflusso di
ca. I congolesi, nei loro tradizionali visitatori non viene compensato da
139. Ballerini del Gruppo Pro Loco di
Castrovillari (Cs). costumi, al ritmo ossessionante del uno spettacolo all’insegna delle mi-
tam tam, eseguono danze selvagge e gliori tradizioni. La mancanza di carri
primitive che ricordano il rituale della allegorici si fa sentire: i gruppi spon-
circoncisione, il coro dei pescatori, la tanei, tranne un paio, non creano, nel
danza dei piaceri e la danza dei guer- complesso, una scenografia adegua-
rieri. ta. Lo si considera un Carnevale di
Il 1983 segna, invece, le nozze d’ar- transizione verso il 40°.
gento per il Carnevale del Pollino e per Passano gli anni, la manifestazione
il Festival Internazionale del Folklore. invecchia, non mostra però una sola
La Pro Loco, presieduta dal dr. Vittorio ruga. Per le strade cittadine imper-
Minasi, che organizza la manifesta- versa l’euforia: tanta gente ad ammi-
zione con il patrocinio della Regione rare non solo i gruppi organizzati e
Calabria, dell’E.P.T. di Cosenza e della partecipanti al concorso indetto dalla
locale amministrazione comunale, in Pro Loco, ma anche quelli spontanei
occasione della 25a edizione, prepara e le tante maschere che colorano le
un programma con manifestazioni splendide giornate.
che durano 10 giorni con gruppi, carri Arriviamo al 2006. L’inizio della 48ª
e maschere ed altre iniziative collate- edizione avviene, come nelle migliori
rali nei comuni viciniori. tradizioni, con un brindisi, a cura de
Nel 1990, la manifestazione cambia “I Vignaioli del Pollino”: si alzano i ca-

110
parte del mondo, in onore del fonda-
tore dell’evento, il Prof. Vigiano (cui è
140. Gruppo della Transilvania pre-
stata dedicata l’edizione). sente al Carnevale di Castrovillari
Il richiamo di questo Carnevale è ve- (Cs), anno 2009.
ramente forte: entusiasmo e allegria
si respirano nell’aria lungo le vie cit-
tadine, canti caratteristici a ritmo di
tamburello sono eseguiti dinanzi agli
usci delle case, la gente si veste con
“pacchiane” e “cuzzi”.
Per molti mesi, prima della manifesta-
lici per Re Carnevale a Villa Bonifati, zione, le case si trasformano in sarto-
settecentesca dimora nobiliare del- rie, per dar vita ai vestiti più fantasiosi
le Vigne. L’appuntamento, atteso da e più allegri, da mostrare al pubblico
tutti, è la sfilata mattutina che apre e alla Giuria. Tutto è un richiamo alle
ufficialmente l’edizione, salutata da origini, a quella civiltà contadina e
circa 10.000 persone. Lungo il percor- popolare che ha ispirato la farsa dia-
so si possono ammirare le maschere lettale che ha per protagonista Or-
(più di 500 figuranti) ed i carri iscritti gantino.
al concorso. Dopo la “prima uscita”, in program-
Nel 2008, Castrovillari ha festeggiato ma la mattina della domenica ante-
la sua 50ª edizione; in dieci giorni di cedente il Giovedì grasso, grandi e
festa si sono tenute quattro sfilate piccini si mascherano nuovamente
in cui gente del luogo e numerosis- nel tardo pomeriggio del Giovedì,
simi turisti hanno potuto ammirare per partecipare al suggestivo corteo
gli oltre venti gruppi mascherati e i storico che si conclude con la teatrale
carri allegorici iscritti al concorso or- diatriba tra Re Carnevale e Quaresima
ganizzato dalla Pro Loco, ma anche e con il tradizionale rito dell’incorona-
numerosi gruppi spontanei (fuori zione, accompagnato dalla consegna
concorso). Non poteva mancare il simbolica delle chiavi della città, da
Festival Internazionale del Folklore, parte del sindaco. Le ultime sfilate si
riproposto nella sua formula tradizio- tengono lungo le vie cittadine l’ulti-
nale, con gruppi provenienti da ogni ma domenica e il martedì grasso.

111
3.5.1 Voci del passato

D
alle testimonianze raccolte in ratteristiche della farsa spontanea, tra
questi anni da anziani, pro- l’esultanza della folla.
tagonisti del Carnevale degli Il martedì grasso per le vie principali
anni Trenta e Quaranta a Castrovillari, del paese si snodava il corteo funebre
apprendiamo che alcuni rituali ecces- di Re Carnevale. Su un carretto era di-
sivamente licenziosi furono aboliti. steso il moribondo; a fianco stava la
Comitive di giovani mascherati, per moglie (Quaresima) vestita di nero,
lo più incappucciati con lenzuola, con che lanciava imprecazioni e grida di
in testa corna di bue, giravano per i dolore. Precedeva il carro un uomo
rioni del paese, facendo baldoria al mascherato da prete che, intingendo
suono dell’organetto. In mano bran- un pennello in un barattolo colmo
divano forconi con cui infilzavano i d’acqua, dava la benedizione alla fol-
salumi appesi ai graticci nelle case la.
degli amici presso cui si recavano per Il Carnevale, cui si attribuivano tutti
portare la serenata, con un motivo del i mali della comunità, doveva essere
genere: “Scinni cumpàru e scinni a sa- processato e condannato a morte.
vuzìzza/Ca sumu quattr’amici e non Allora faceva testamento, prima di es-
vulìmu nenti./Scinni cumparu e scin- sere ucciso: un antichissimo rito che
ni avaramente/Ca sumu quattr’amici ricorda il testamentum asini in cui un
e non vulimu nenti”. “asino morente” detta le sue ultime
Col tempo, però, il rituale degenerò in volontà, lasciando i suoi beni a tutti
violenza: i forconi venivano utilizzati quelli che assistono alla rappresenta-
contro persone per atti di violenza e zione.
per vendetta. E così “La Pro Loco ha Una farsa di cui ancora oggi rimane
disciplinato e corretto il Carnevale il ricordo è quella rappresentata alla
tradizionale, eliminando tutte quelle fine degli anni Quaranta. Ciccillo ‘u
forme scorrette che abbassavano il crujjanìso, un uomo alto e robusto,
tono della manifestazione popolare” travestito da donna, con al collo una
– ci tiene a ribadire Aldo Schettini che collana di peperoni secchi e accom-
del Carnevale castrovillarese è stato pagnato da Micuzzo Chiarelli, che
un validissimo organizzatore. Ma fino faceva la parte del marito, portava a
alla fine degli anni Cinquanta, il ritua- passeggio nella carrozzina il “bam-
le si ripeteva annualmente con le ca- bino”, impersonato da Biasìno ‘u mu-

112
sì che, recitare o ballare in pubblico,
costituiva motivo di scandalo e quin-
141. Gruppo di Canterini, ora Gruppo
di non adatto alle ragazze per bene. Folk della Pro Loco di Castrovillari
Le prime famiglie che reagirono a (Cs).
questa stupida formazione di pen-
siero, incontrarono, certo, ostacoli e
critiche, ma finirono poi per vincere
ogni contrasto”(Schettini, 1996).
In seguito il gruppo fu denominato
Gruppo folkloristico del Pollino ed
alla fine degli anni Settanta dalla sua
scissione nacque il gruppo Città di
Castrovillari e il gruppo Pro Loco del
ranìso, un ometto di bassa statura Pollino. In settant’anni di attività ha
che gli arrivava appena alla cintola. Il partecipato ad importanti manife-
bambino, con la cuffietta in testa ed il stazioni nazionali ed internazionali,
ciuccio in bocca, se ne stava così ran- portando per il mondo il prezioso co-
nicchiato; ogni tanto frignava e dime- stume da pacchiàna, i canti e le danze
nava le “gambe pelose” tra l’ilarità del popolari.
pubblico. Ancora oggi è intatta nei castrovillare-
Il Carnevale del Pollino ed il Festival si la voglia di far festa, accompagnan-
Internazionale del Folklore hanno do le danze e i canti con qualche fetta
portato Castrovillari nel mondo. E di savuzizza (il tipico insaccato della
gran parte del merito va al gruppo zona) e con un robusto bicchiere di
Folk della Pro Loco (denominato ini- vino, gustati in onore del “re burlone”.
zialmente Gruppo di Canterini), co-
stituito da Aldo Schettini nel 1929.
“Originariamente fecero parte del
gruppo poche ragazze, appartenenti
alle migliori famiglie di Castrovillari, e
ciò era dovuto al fatto che, negli anni
Trenta non tutte le donne riuscivano
a liberarsi da taluni tabù del passato

113
3.6 Misterbianco e il suo Carnevale dai mille costumi

L
asciamo la vetta del Pollino alle
nostre spalle per andare incon-
tro ad un’altra imponente vetta
che può essere considerata la conti-
nuazione della catena appenninica
al di là del breve tratto di mare dello
Stretto di Messina: parliamo dell’Etna,
o meglio a’ Muntagna. Ai suoi piedi,
ad un’altezza di circa 210m s.l.m. tro-
viamo la città di Misterbianco (pro- dopo il tradizionale pranzo a base di
vincia di Catania): il toponimo deriva maccaruni a setti puttusa - macche-
da un monastero dalle mura bian- roni con sette buchi –, sugo di carne
che, Munasterium Album, che venne e cutini di maiale, con scarpetta con
distrutto, assieme all’antico borgo, pane fatto in casa e qualche nodo di
dall’eruzione del 1669. Il paese, infat- salsiccia arrostita “ ‘ndo cufuni”, si river-
ti, inizialmente sorgeva su una vetta savano nelle strade per non perdere il
alle pendici dell’Etna; dopo l’eruzione tanto atteso spettacolo. Erano gli anni
è stato ricostruito più a valle. del dopoguerra e la gente sentiva for-
Esempio unico nel suo genere per te il bisogno di vivere, di divertirsi, di
estro, fantasia e creatività, il Carnevale incontrarsi e di conoscersi.
di Misterbianco ha vissuto un lungo e I bambini si divertivano in strada a
laborioso tragitto prima di approdare fare ‘a callà: dopo aver colorato con i
ai “Costumi più belli di Sicilia”. gessetti un pezzetto di stoffa circola-
Nasce negli anni Quaranta da un’an- re, tenuta in mano per mezzo di uno
tica tradizione legata alla “Maschera” spago, lo appoggiavano furtivamen-
(‘a Mascara), una sorta di commedia te sulle spalle dei passanti sporcando
dell’arte alla siciliana, che impegnava loro gli abiti.
improvvisate compagnie locali in re- Gli adulti, invece, preferivano diver-
cite di vere e proprie “farse”. ‘A Masca- tirsi tra musiche e danze: nascono in
ra veniva rappresentata nei quartieri questo particolare periodo I tambu-
più antichi della città e sin dal suo reddi, locali da ballo realizzati all’inter-
142. Veduta panoramica di Mister- debutto (la domenica di carnevale) no delle povere case di allora messe
bianco (Ct). era accolta da migliaia di paesani che, a disposizione dai proprietari i quali

114
sgombravano le stanze dai mobili e Negli anni Cinquanta I tambureddi
accoglievano giovani e meno giovani, sono stati soppiantati da I fistini o ve-
143. Istantanea scattata in uno dei
rigorosamente mascherati, che balla- glioni. Sono sale da ballo, approntate fistini.
vano al suono di un grammofono. per l’occasione in tutti i quartieri del
Girando un po’ per le strade, si poteva paese, addobbate con festoni, stelle
notare sul tetto di molte case, sedu- filanti e mascherine di carta, dove, al
to su una vecchia sedia, a personifi- suono di un’orchestrina, l’uomo in-
care il Carnevale, un pupazzo vestito vitava la dama a danzare. Al termine
da uomo con al collo una collana di del ballo, poi, per ringraziare dell’ono-
salsiccia, che stava lì fino alla mezza- re concessogli, l’uomo portava la sua
notte del martedì, quando veniva poi dama al buffet per offrirle un cioc-
bruciato. colatino o magari per farle qualche
dichiarazione d’amore. Infine, nella
parte più importante della serata, gli
organizzatori facevano il “gettito delle
camelie”: il pubblico presente veniva
inondato da centinaia di camelie tra
gli applausi dei presenti.
Arriviamo così agli anni Sessanta e
Settanta, quando il ballo che si tene-
va nei veglioni veniva preceduto dal
“ballo in piazza”. La “Piazza” per un bel
po’ di anni sarà protagonista assoluta
del carnevale, un palcoscenico senza
confini pronto ad accogliere mister-
bianchesi e forestieri. Addirittura, in
quegli anni, il Comune, già un mese
prima dei giorni canonici del Carne-
vale, metteva a disposizione della
“Piazza” grandi e potenti altoparlanti.
Ogni sera, i giovanotti del paese,
come esposti in vetrina, aspettava-
no che le ragazze, chiuse dentro un

115
dominò di raso nero, con cappuccio,
maschera e veletta, venissero ad in-
144. Il Dominò.
vitarli a ballare. Indossando questo
tipico costume che le rendeva asso-
lutamente irriconoscibili, in questo
“speciale” periodo dell’anno le donne
potevano condurre il gioco e prende-
re qualunque iniziativa. Di solito “le
babbalute” (così venivano chiamate
queste donne incappucciate) sfrut-
tavano questa occasione per meglio
conoscere qualche uomo, per met-
tere in gioco tutta l’arte seduttiva di
cui erano capaci, per liberarsi da ogni
forma di inibizione, per rivendicare la
loro libertà spesso mortificata.
In quel “carnevale d’altri tempi” si
aspettava il giovedì delle comari (il
giovedì antecedente a quello gras- prime ore pomeridiane del martedì
so), quando “le donne” andavano in grasso e si concludeva all’imbrunire,
giro a farsi visita, per spettegolare e mietendo vittime soprattutto fra gli
mangiare assieme, ma soprattutto ignari forestieri e imbrattando i muri
per progettare nuovi amori, per con- delle case.
solidare vecchie amicizie e crearne di Alla fine degli anni Settanta compar-
nuove. ve qualche sporadico gruppo che co-
Un fascino particolare assumeva il minciò a organizzare meglio le “ma-
martedì grasso, quando i paesani che schere spontanee” e a farle girare per
avevano innato il senso dell’allegria e le strade del centro storico, soprattut-
dell’improvvisazione si scatenavano to in Via Garibaldi, percorsa a salire e
nella cuppiata di l’ova – lancio delle a scendere. Si lasciò ben presto il pas-
uova marce -, oppure di altro materia- so alle sambe e alle prime donne che
le imbrattante, cannoli e panzerotti. con coraggio soppiantavano i vecchi
Una vera battaglia che iniziava nelle travestimenti. Nascevano i primi ru-

116
dimentali carri e i prototipi dei primi con un apposito regolamento permi-
costumi. se ai gruppi spontanei di costituirsi in
145. Costume anno 2007.
Gli anni Ottanta segnarono la svolta associazioni culturali ed usufruire di
storica: sfavillanti e fantasiosi costumi un contributo.
rimpiazzarono, in maniera quasi in- Nel 1997 arrivò il riconoscimento uffi-
dolore, le recite della mascara, i “festi- ciale della Provincia di Catania e qual-
ni” e pian piano le serate in dominò. Il che anno dopo la Regione Siciliana
1981 si può identificare come l’anno iscrisse il Carnevale di Misterbianco
zero dell’odierno carnevale mister- tra le manifestazioni di particolare in-
bianchese e da allora le mura cariche teresse turistico regionale ed assegnò
di fascino del centro storico del paese a questo evento un cospicuo contri-
hanno fatto da cornice a carovane di buto.
sfilate di carri e costumi. Dal 2000 si è aggiunto alle sfilate un
Dopo un breve periodo di oblio (1990- altro momento di particolare spetta-
1993), rispettoso silenzio derivato dai colarità, la sera dedicata al “defilèe”:
tragici fatti della Guerra nel Golfo, nel un tappeto rosso lungo circa 400m
1994 l’Amministrazione Comunale è la passerella dove vanno in scena i

117
visione che danno maggiore spesso-
re alla serata.
L’appuntamento con il “defilèe” nel
2004 si trasforma in un momento di
cultura internazionale con l’assegna-
zione del premio “Turismo & carne-
vale” a personalità, che, a vario titolo,
lavorano per rendere la festa un “vei-
colo trainante di cultura, economia
e turismo”. L’ambito premio è stato
conferito negli anni al Ministro della
cultura di Malta, al Governatore della
Tunisia, al Ministro per il turismo del
Montenegro ed al Presidente della
F.E.C. (Federazione Europea del Car-
nevale).
Sempre il 2004 è un anno importante
per il carnevale di Misterbianco che
“Costumi più belli di Sicilia”. Una se- sfrutta le prime occasioni di scambio
146. Appuntamento col defilèe a Mi- rata dedicata all’attenta visione di e di confronto con altre realtà carna-
sterbianco (Ct). un centinaio di vestiti, considerati scialesche. I costumi misterbianchesi
dalle stesse associazioni i migliori sono stati ospiti ad Ancona, Venezia,
per creatività, qualità e tecniche di Roma, Taranto e Malta. Il carnevale di-
realizzazione. Sfilano da piazza della venta così ambasciatore della terra di
Repubblica fino a via Gramsci, attra- Sicilia e motore di sviluppo turistico,
versando le vie del centro storico, al una vera e propria occasione di svilup-
riparo da coriandoli e stelle filanti, in po dell’isola, un segno tangibile della
una atmosfera di magica festosità; i crescita culturale di una città che non
tantissimi spettatori sono allietati da manca di stupire con un evento unico
un continuo brulicare di colori e mu- nel suo genere.
siche, mentre sul palco non mancano
ospiti d’eccezione provenienti dal
mondo dello spettacolo e della tele-

118
3.7 Villa Literno: Il Carnevale dei rioni

D
opo la scorpacciata di colori a quelle che vengono organizzate
fatta tra i costumi più belli di tutt’oggi.
Sicilia, ripercorriamo la strada In passato, il primitivo villaggio liter-
del ritorno, salendo nuovamente lo nese si trovava nel cuore di una gran-
Stivale per raggiungere questa volta de foresta paludosa, estesa da Cuma
il confine campano. Lo oltrepassiamo fino ad Atella (Silva Gallinara) dove,
per arrivare alla nostra meta, Villa Li- durante le feste rurali, si improvvisa-
terno. vano anche farse o scenette comico-
Antica colonia romana Liternum, satiriche (fabulae atellane) dove vari
dove viveva Cornelio Scipione l’Afri- attori mascherati interpretavano i di-
cano, questa cittadina assunse ri- versi ceti sociali e personaggi popola-
levanza con l’apertura della Strada ri, mettendone in risalto i loro difetti.
Domiziana. Numerosi e significativi Il Gallo, simbolo di fierezza e resurre-
reperti archeologici ne testimonia- zione, era il personaggio o maschera
no l’importanza sino al medioevo. La locale ed era chiamato KiKirro. Il suo
sua popolazione, una volta, traeva il nome deriverebbe appunto da un’an-
sostentamento dall’agricoltura, men- tica voce onomatopeica osca che in-
tre oggi principalmente dal terziario, dicherebbe proprio il “chicchirichì”
dall’industria e dal settore edilizio. del gallo, ma si riferisce nello specifico
Rimane, comunque, rinomata nella agli schiavi di Liternum che, per sfug-
Regione Campania per la produzione gire al supplizio nel circo di Capua, si
di un pomodoro, che contiene una rifugiarono nella Silva Gallinaria (tan-
quantità maggiore, rispetto a quelli di to decantata da Plinio, Stazio e Stra-
altre zone, di zuccheri, tanto da esse- bone) e seppero rinascere dando vita
re utilizzato da industrie conserviere al Vicus Fenicolense, conosciuta dopo
del Nocerino-Sarnese e richiesto da come “Terra Leboria”, attuale Villa Li-
noti e grandi stabilimenti di prodotti terno. Proprio in base a queste radici
alimentari. storiche, il presidente della Provincia
Villa Literno ha un carnevale che af- Riccardo Ventre ha definito quello di
fonda le radici in epoca pre-romana, Villa Literno il “Carnevale di Terra di
quando già gli Oschi, abitanti della Lavoro”.
“Terra Leboria”, festeggiavano i Satur- Queste tradizioni sono riuscite a so-
nali con manifestazioni molto simili pravvivere attraverso il medioevo

119
e si sono conservate fino agli anni offriva polpette di pane e fichi ai ca-
Cinquanta. In quel tempo sfilavano valieri, lanciando petali, foglie smi-
147. Gruppo mascherato del Carne-
vale di Villa Literno (Ce). per le strade del paese asini abbelliti nuzzate e cartine colorate tagliate in
da “copertini di seta di S. Leucio” con pezzetti (erano gli antichi coriandoli).
cavalieri vestiti di antiche armature Nei cortili delle case, si costruiva un
luccicanti. Dopo il corteo degli asini, grande pupazzo con abito cerimonia-
sfilavano, con incedere regale, altri le su un trono. Alla fine della festa, si
personaggi a cavallo, ciascuno mo- metteva il fantoccio su un letto fune-
strando le varietà del raccolto, sim- bre simulando con straziante dispe-
boli allegorici dei vari mesi dell’anno; razione il funerale dell’anno vecchio
si faceva riferimento ai cicli della ter- che muore.
ra, del sole e della luna e non manca- Nel periodo della seconda Guerra
vano allusioni e vezzeggi recitati con Mondiale queste usanze scomparve-
l’accompagnamento di rudimentali ro per essere riprese nel 1946. A par-
strumenti musicali. La folla che si as- tire dagli anni Sessanta, fino al 1984,
siepava lungo il percorso offriva dol- l’entusiasmo e la passione per la festa
ci e focacce e appiccicava u’ncienzo, si persero e il Carnevale si affidò solo
cioè bruciava incenso in segno propi- all’improvvisazione dei ragazzi: nel
ziatorio. Quando il corteo si fermava 1984 un gruppo di giovani volontari
nei punti principali del paese, la folla del rione Baracca, riprendendo l’anti-
ca tradizione, fece sfilare un carro al-
legorico riscuotendo ampi consensi.
E l’anno seguente furono introdotti
suggestive coreografie e balli di grup-
po.
Dal 1985 l’organizzazione è andata
sempre più perfezionandosi fino a di-
ventare una istituzione vera e propria,
tanto che l’affluenza turistica che si
ha in quei giorni trasforma il paese in
una città multietnica.
Come da tradizione, una settimana
prima delle sfilate, si tiene la manife-

120
stazione d’apertura. Le sfilate dei carri, gliaia di figuranti sulla base di diver-
poi, iniziano il giovedì e il venerdì con se discipline artistiche: si inizia con i
gli spettacoli delle scuole elementari bambini di età prescolare e termina
e poi proseguono il sabato e la dome- con gli adulti divisi in sezioni, che, pur
nica, quando entrano in scena i rioni indossando diversi costumi, trattano
per aggiudicarsi il titolo messo in pa- tutti lo stesso tema.
lio. La serata finale e la premiazione si Oltre ai carri allegorici di ottima fat-
tengono, come da tradizione, il mar- tura, vengono presentati al pubblico
tedì grasso. presente, da parte dei figuranti del
La domenica prima del Carnevale, in corteo, brani musicali e costumi tipi-
piazza il Sindaco riceve i Gonfaloni ci, suggestive coreografie di gruppo,
delle contrade che intendono parte- scenette comico-satiriche ispirate al
cipare. Ogni caporione, scortato dal recupero di tradizioni medioevali,
corteo rionale, dopo aver percorso sempre sull’impronta delle antiche fa-
le strade cittadine, arriva in piazza. Il bulae atellane: si tratta di veri e propri
rione detentore del titolo consegna a spettacoli itineranti, molto particolari
Re Carnevale il quadro con lo stemma e unici, lungo le strade del paese.
del Comune, che viene messo in pa- La preparazione degli spettacoli im-
lio, e presenta insieme agli altri rioni il pegna centinaia di giovani per ben
carro allegorico, spiegandone il titolo due mesi. Fin dall’autunno, dopo aver
e le simbologie principali ed illustran- individuato il tema, in ogni rione c’è il
do il significato di ciascuno dei corpi lavoro preparatorio: scelta delle mu-
di ballo. Così il Sindaco dà il via ai fe- siche, disegni dei vestiti, preparazio-
steggiamenti. ne dei bozzetti dei carri.
I carri che si realizzano sono quelli Questa fervente attività rappresenta
dei Rioni Baracca, Via Roma, Castel- una vera e propria scuola artistica “sul
lo, Ferrovia, Pagliarelle, Via Aversa; campo”: i giovani vengono spronati a
si è aggiunto da poco anche il Rione manifestare le loro attitudini espressi-
Madonna del Loreto (nei primi anni ve nel campo del disegno, della reci-
concorrevano altri due carri apparte- tazione, del ballo e, più in generale, la
nenti al Rione S. Sossio e Via San Tam- loro creatività.
maro). Nel 2001 si è avuta la presenza del
Ogni carro ha un corteo che conta mi- Dottor Francesco De Carlo, allora Pre-

121
richiamano la tradizione, la cultura e
la gastronomia napoletana. Davanti a
tutti, Pulcinella balla con i personaggi
sidente nazionale della F.I.C. (Federa- del Carnevale di Villa Literno, Villina
148. Particolare di un carro allegorico zione Italiana Carnevali), già Consi- e Pantanello (maschere che richia-
del Carnevale di Villa Literno (Ce). gliere europeo della F.E.C. (Federazio- mano le radici storiche del paese),
149. Villina e Pantanello, maschere ne Europea del Carnevale) e Provve- che insieme alla maschera ufficiale di
ufficiali del carnevale di Villa Literno
(Ce). ditore dell’Ente Nazionale Assistenza Pummarustiello, portano il carnevale
“Misericordia”. Una persona che ha campano in giro per l’Italia.
150 - 151. Carri allegorici del Carne-
vale di Villa Literno (Ce). lasciato un segno nella storia del Car- Villina rappresenta la semplicità e
nevale di Villa Literno, che con i suoi la spontaneità della ragazza di cam-
consigli e la sua squisita disponibilità pagna: il vestito è ricco di merletti e
ha fatto nascere negli animi dei liter- accessori vari, molto colorato, con il
nesi il desiderio irrefrenabile di fare bianco che predomina (segno di aspi-
sempre meglio e di fare in modo che razione al matrimonio). Al collo porta
negli anni a venire questa manifesta- una maschera di quelle veneziane:
zione non venisse abbandonata a se per Villina non è altro che un sempli-
stessa. Inoltre, ha gemellato i migliori ce accessorio, perché la presunzione
cartapestai d’Italia con i costruttori suggerisce che il suo volto è già per-
dei carri liternesi organizzando visite fetto e basta solo questo per essere
significative e frequenti sui luoghi di ammirata.
lavoro. Da questo sodalizio si evince Pantanello, invece, rappresenta il pe-
il grande impegno della Pro-Loco sul
piano sociale, turistico e culturale che
con tali riconoscimenti ha portato
l’immagine del Comune alla ribalta
nazionale.
Ormai il carnevale di Villa Literno scon-
fina dalla sua regione: il suo gruppo
folkloristico, infatti, riscuote ammi-
razione e apprezzamenti in tutt’Ita-
lia. I costumi, tutti rigorosamente
originali e creati dagli stessi ragazzi,

122
scatore della palude, povero ma ge-
neroso e pieno di speranza. Gli abiti
presentano gli orli sfrangiati, segno di
usura, ma sono gli unici che possiede
e allora si presenta dalla sua amata
con qualche accessorio che lo abbel-
lisce: fiocchi, campanellini, nastri e
bottoni ed un cappello ornato di un
ciuffo fatto con fili di canapa. Queste
due maschere con caratteri di iden-
tità popolare, improntati alla forza
espressiva dei costumi, rendono più
tangibile quella che è la realtà stori-
ca, rurale e culturale del territorio. Per
questo motivo sono state affiancate a
Pummarustiello il quale, comunque,
conserva il significato di maschera
logo del Carnevale. Con la sua im-
magine, infatti, mette insieme quelle
che sono le peculiarità di Villa Literno:
corporatura a forma di castello (un
tempo esistente e tutt’oggi ridotto a
rudere) con il disegno sul “ventre” di
tre dune con tre pini (rappresenta-
no lo stemma del paese) e la testa a
forma di pomodoro (prodotto tipico
dalle qualità speciali tanto da essere
esportato). Alle mani Pummarustiello
ha dei guantoni e ai piedi scarponi da
lavoro, il tutto a rappresentare l’iden-
tità rurale del paese: il nome insolito
non è altro che la fusione delle due
parole pomodoro e castello.

123
3.8 Alba Adriatica: Re Carnevale in pieno Solleone

S
ituata a nord della regione
Abruzzo, vicino al confine con
le Marche, troviamo Alba Adria-
tica, la località balneare più rinomata
del litorale teramano-abruzzese con
le sue argentee spiagge e il suo mare
cristallino.
La più celebre manifestazione di Alba
è il carnevale estivo, che si svolge
ogni anno dal 1993. Sicuramente è
uno dei carnevali più giovani d’Italia,
ma di certo il primo carnevale della dava sul Lungomare Marconi.
costa adriatica e dell’Italia centrale a Dal 1995 al 1999, con il rinnovo delle
svolgersi in pieno solleone. La sua na- cariche ai vertici dell’Amministrazio-
scita si deve grazie alla passione di un ne Comunale, non si sono tenute ma-
gruppo di persone che, appunto, nel nifestazioni, ma nel 2000 il Carnevale
1993, facevano parte dell’Associazio- estivo è stato riproposto in una forma
ne “PromoAlba”. L’intento era quello ancora più arricchita proprio nella
di caratterizzare, con una manifesta- prima decade di agosto.
zione specifica, l’estate albense. Già La festa, ricca di suoni e colori, oltre
dalla sua prima edizione ha riscosso all’allegria dei carri allegorici e dei
un grande successo e un’enorme par- gruppi mascherati, sia locali che pro-
tecipazione sia fra le persone del luo- venienti dai paesi viciniori (Martin-
go sia fra i turisti che frequentano la sicuro e Sant’Egidio), è allietata da
riviera adriatica. gruppi di percussionisti e ballerine
Nella prima manifestazione del 1993 brasiliane, da una “madrina del Car-
furono previsti due cortei maschera- nevale”, scelta fra i personaggi più in
152. Veduta panoramica di Alba ti: uno a luglio ed uno ad agosto. È voga del momento e dalla Banda “La
Adriatica (Te). stato così anche per la seconda edi- Racchia” di Sarnano (MC), costituita
153. Particolare di un carro allegorico zione del 1994 che ha fortemente in- da un gruppo di gente spensierata
durante la sfilata estiva di Alba Adria-
tica (Te). crementato la presenza di spettatori e scanzonata (40-45 elementi) che
154. Fuochi d’artificio al Carnevale lungo tutto il percorso: un “serpente per la maggior parte ignora il più
estivo di Alba Adriatica (Te). umano” di circa tre chilometri si sno- semplice rudimento di musica. For-

124
niti di occasionali strumenti ricavati
da vecchi arnesi e pentole, riescono
ad emettere suoni molto gradevoli e
perfettamente modulati e con la loro
travolgente simpatia coinvolgono e
divertono il pubblico. Il nome deriva
proprio dal modo in cui sono stati “co-
struiti” gli strumenti, così brutti, ma
stranamente armonici.
Molte edizioni sono state arricchite
da uno spettacolo pirotecnico, in più
punti della spiaggia, in apertura e in
chiusura della sfilata.
Durante gli anni ci sono state diverse
forme di collaborazione con i Carne-
vali di Cento, lombardo-cremasco, di
Putignano, Crispiano e Villa Literno.
Il carnevale di Alba Adriatica non ha
una maschera ufficiale e sia il logo sia
il nome sono cambiati, a seconda del-
le diverse associazioni che hanno ge-
stito la manifestazione (CarnavalAlba,
Carnevale del mare, AlbaCarnaval per
le ultime edizioni a cura dell’associa-
zione “ALBAMICI”).

125
4 CARNEVALE E DINTORNI

G
razie al forte appeal turistico, ecc.), la domanda “impone” a questi
in diverse zone d’Italia, il Car- di mantenere, anzi valorizzare, le tra-
nevale rappresenta un vero e dizioni locali.
proprio volàno dell’economia. Inoltre puntare su beni immateria-
Spesso si tratta di forme di turismo li (quali la cultura, le feste popolari,
culturale, responsabile e sostenibile, le sagre, il Carnevale) come risorse
che innescano sul territorio dei circo- turistiche, vuol dire favorire la desta-
li virtuosi nei quali, pur aumentando gionalizzazione dell’incoming e una
le entrate e i livelli di produzione di maggiore distribuzione sul territorio
diversi settori economici (artigiana- dei flussi turistici.
to, enogastronomia, abbigliamento,

Putignano
I mmersa nel territorio della “Murgia dei Trulli”, Putignano offre un meraviglio-
so centro storico ad impostazione normanna, ricco di bellezze architettoni-
che e chiese imponenti come S. Pietro e Santa Maria la Greca. A Putignano è
possibile visitare anche la Grotta del Trullo (prima in Italia ad essere aperta al
pubblico). Di notevole interesse e suggestiva bellezza è anche il territorio rura-
le, ricco di trulli (detti “casedde”) e splendide masserie settecentesche.

... e dintorni

Alberobello
D efinita la “Capitale dei trulli”, Alberobello è patrimonio dell’UNESCO dal
1996. Unico al mondo, il centro storico offre uno spettacolo architettonico
che immerge il turista in tempi antichi, dove l’ingegno architettonico del con-
tadino si mescolava ad usanze popolari e riti pagani. La passeggiata si sviscera
tra le viuzze del paese, tra botteghe di artigiani e negozi di prodotti tipici. Da
visitare il Trullo Sovrano (il trullo più grande del paese) e la Chiesa di Sant’An-
tonio.

126
Bologna
Genova

San Marino

Firenze Ancona

Perugia

L’Aquila

Roma

Città del Vaticano

Foggia

BARI BARI

Brindisi
Taranto

Polignano a Mare Lecce

Conversano
Cagliari
Castellana Grotte
Putignano Catanzaro

Alberobello
Locorotondo Messina

Martina Franca Ostuni

Castellaneta
Crispiano
Massafra

Taranto
Castellana Grotte
C astellana è nota al mondo intero per le sue grotte che costituiscono il più
grande complesso carsico italiano mai esplorato dall’uomo. Oltre 3 km di
percorso che si snodano tra stalattiti e stalagmiti di unico fascino, sino a rag-
giungere la Grotta Bianca, definita la più bella grotta del mondo. Ma Castellana
offre anche un meraviglioso centro storico, ben conservato, con stradine che si
fanno largo tra case di pietra e piccole piazzette molto suggestive.

Conversano
L a città sorge su una collina delle Murge alta 219 m e dista circa 7 km dal Mar
Adriatico. Di origine preromana, nell’XI secolo divenne sede di una contea
estesa su una parte significativa della Puglia centro-meridionale, la cui impor-
tanza non venne sminuita che con il tramonto della struttura feudale. Impor-
tante centro religioso sin dal Medioevo, la cittadina è oggi sede della Diocesi
di Conversano-Monopoli. Da visitare il Castello situato sul punto più alto della
collina su cui sorge la città, l’antico largo della Corte, un’ampia piazza dalla
forma irregolare da sempre fulcro della vita cittadina. Nelle vicinanze vi è la
Cattedrale, esempio di romanico pugliese e il monastero di S. Benedetto. A
circa 1 km fuori del centro abitato, invece, si può visitare la chiesa di S. Caterina
la cui caratteristica principale è la pianta quadrilobata con una cupola centrale
internamente emisferica.

Polignano a Mare
P aese natio del celebre cantautore Domenico Modugno, Polignano a Mare
ha uno dei più bei centri storici della Puglia: a picco sul mare, offre scorci
affascinanti con piazzette che si aprono ad un panorama mozzafiato. Di note-
vole interesse naturalistico sono le grotte marine, visitabili in barca e scenario
ideale per immersioni subacquee.

128
Ostuni
C onosciuta come la “Città Bianca” o “Città Presepe”, Ostuni è uno dei più
rinomati centri turistici pugliesi. Peculiare è infatti l’impatto visivo del cen-
tro storico, dove le case sono imbiancate con calce bianca e le stradine che lo
percorrono, offrono squarci caratteristici con piccole botteghe di artigiani ed
importanti monumenti. Nel 2009 ha ricevuto la Bandiera Blu e le cinque vele
di Legambiente per la pulizia delle acque della sua costa e per la qualità dei
servizi offerti.

Crispiano
C rispiano è un comune della provincia di Taranto, situato al centro di una
serie di colline, tra cui il monte della Gravina (204 m), il monte dell’Angelo
(242 m), il monte Specchia (211 m) e il monte Calvello (228 m). Il suo territorio
è detto delle “Cento Masserie” per il gran numero di strutture agricole residen-
ziali, ricche di connotazioni storiche e artistiche rilevanti (sec. XV-XVI). Molto
suggestivo è il presepe vivente: per l’occasione ci sono oltre 300 figurati in co-
stume e caduta di neve artificiale.

... e dintorni

Castellaneta
C astellaneta è situata nel cuore dell’area che costituisce il Parco Regiona-
le delle Gravine ed occupa la posizione mediana nella parte occidentale
della provincia di Taranto. La frazione di Castellaneta Marina offre ai turisti un
mare cristallino, una sabbia finissima e dune fossili di grande interesse natura-
listico e scientifico.

129
Locorotondo
L ocorotondo appartenente all’associazione de “I borghi più belli d’Italia”, è
situata nell’area della Valle d’Itria. Locorotondo è famosa, oltre per il tipico
vino che lo caratterizza, anche per le numerose contrade (in tutto 138) e per la
particolare conformazione del centro storico: un insieme di piccole case bian-
che disposte su anelli concentrici. Questo dà origine al suo nome.

Martina Franca
U na delle aree pugliesi di maggiore attrazione turistica, nonché uno dei pa-
esaggi più belli della nostra Puglia, è la meravigliosa Valle d’Itria, cuore
della Murgia dei trulli, il cui comprensorio abbraccia le cittadine di: Locoroton-
do, Martina Franca, Alberobello, Cisternino e Ceglie.

Massafra
Q uesta cittadina in provincia di Taranto é famosa per il carnevale e presenta
notevoli luoghi di interesse turistico. Lungo le gravine sono presenti vari
insediamenti rupestri, di origine sia preistorica, sia alto-medievale. Sono visita-
bili anche numerose chiese, cappelle e monasteri di monaci basiliani.

Taranto
S ituata sull’omonimo Golfo sul mar Ionio, Taranto presenta sul territorio
architetture che testimoniano la sua importanza storica e culturale: dagli
antichi luoghi di culto, ai palazzi appartenuti alle famiglie nobili ed alle perso-
nalità illustri della città, alla varietà architettonica delle chiese.

130
Firenze Ancona

Perugia

Teramo

Pescara
L’AQUILA

Chieti

Roma

Colonnella

Alba Adriatica
Corropoli
Tortoreto Napoli

Giulianova

Teramo Roseto degli


Abruzzi
Alba Adriatica
A d Alba Adriatica si trovano importanti monumenti storici, tra i quali spic-
cano la Torre, edificata lungo la costa nel XVI secolo e le numerose ville
gentilizie edificate nel corso dei secoli da facoltosi che desideravano trascor-
rere le loro vacanze immersi nella natura. Tra queste ricordiamo: Villa Chiarugi,
costruita sul finire del XVIII secolo sui resti di un Castello; Villa Gianluca Palma,
eretta all’inizio del XX secolo in stile ottocentesco; Villa Zanoni, progettata ne-
gli anni Venti del Novecento in stile eclettico.

... e dintorni

Colonnella
I l Centro storico, dominato dalla Chiesa e dalla Torre dell’Orologio, è ricco di
numerose piazzette e strette vie, dette in dialetto rue. La chiesa dei Santi Ci-
priano e Giustina, opera di Pietro e Giacinto Maggi e il Palazzo Municipale ri-
salgono alla prima metà dell’Ottocento. Nelle zone limitrofe si può osservare
il patrimonio di case di terra, dette pencire, indubbiamente pregevole. Nel ter-
ritorio comunale è oggi possibile rintracciarne circa 20. Alcune di queste sono
conservate in modo dignitoso ed in un paio di casi sono ancora utilizzate come
abitazione. Interessanti anche le cisterne di epoca romana e la Fonte Vecchia e
la Fonte Ottone da ricondursi sempre all’epoca romana.

Corropoli
A rroccato su un colle da cui si possono ammirare il mare Adriatico e il grup-
po montuoso del Gran Sasso, a Corropoli si può visitare la piazza Piè di
Corte e Fontana ultimata nel 1836, la Torre Campanaria del XV-XVI secolo uno
dei famosi quattro campanili “fratelli” della provincia di Teramo, l’Abbazia di
S. Maria di Mejulano del 108, la Chiesa Parrocchiale di Sant’Agnese di epoca

132
barocca con notevoli affreschi ottocenteschi, il Convento di Santa Maria degli
Angeli, il Monastero di Gabbiano del XII secolo.

Giulianova
G iulianova, situata tra le foci dei fiumi Salinello e Tordino, vanta un paesag-
gio marittimo e collinare perfettamente armonioso. Il litorale è sicuramen-
te la meta di molti: giovani, famiglie ed anziani. Nota per il turismo balneare
(qui fu realizzato nel 1873 uno dei primi stabilimenti balneari in Italia, il Ve-
nere), Giulianova offre un sistema integrato di beni culturali pubblici e privati
davvero unico in Abruzzo. Ben quattro sono le biblioteche istituzionali, di cui
la più antica è la Biblioteca Civica “V. Bindi”, e ben otto i musei di piccola e me-
dia categoria, di cui cinque costituiscono il Polo Museale Civico nelle sezioni di
pittura, scultura e archeologia. Rinomata la qualità dei prodotti delle aziende
vinicole, la freschezza del pesce e la fragranza dei piatti tipici locali.

Roseto degli Abruzzi


R oseto degli Abruzzi è al centro di un sistema turistico che porta dal mare
alla montagna. Con un turismo nato dall`ospitalità dei pescatori che agli
inizi del Novecento mettevano a disposizione le proprie dimore marine, oggi
Roseto vanta la bandiera Blu ininterrottamente dal 1999. La città ha un roman-
tico pontile che chiude un lungomare prezioso, ricco di viali immersi nel verde
delle palme e dei pini marittimi, ma offre molto anche agli amanti di arte e cul-
tura, grazie alle chiese presenti in città e nelle frazioni, al “Museo della cultura
materiale” di Montepagano e alla “Civica raccolta d`arte”, ospitata all`interno
della Villa Comunale. Ricchissimo ogni anno il calendario delle manifestazioni,
delle sagre e degli eventi culturali.

133
Tortoreto
P osto lungo la costa adriatica, Tortoreto è una delle stazioni balneari più fre-
quentate di tutta la regione abruzzese. La cittadina è divisa in due borghi
distinti, Tortoreto Alto (la parte più antica) e Tortoreto Lido (la stazione balne-
are, Bandiera Blu dal 1998). Le origini del borgo sono molto antiche, anche se
incerta è la data della sua fondazione. Il Centro Storico di Tortoreto è un siste-
ma di piccole piazze, di viuzze strette, di archi e torri caratterizzate dalle calde
tonalità del mattone. La pesca è il settore tradizionale dell’economia locale. A
Tortoreto Lido è possibile ancora oggi ammirare le Vongolare, tipiche imbar-
cazioni per la pesca delle vongole (alla quale è dedicata anche una rinomata
sagra).

134
a

Città del Vaticano Campobasso


Foggia

Napoli

POTENZA Matera

POTENZA
Brindisi Tricarico
Montagna
Catanzaro

Castelmezzano
Pietrapertosa
Messina Accettura San Mauro
Forte

135
Tricarico
S ituata sopra un colle a 698 m di altitudine, Tricarico domina le valli del Ba-
sento e del Bradano. La sua origine si fa risalire probabilmente al V-VI secolo
d.C., quando nasce come roccaforte longobarda nel sistema difensivo del du-
cato di Salerno.
Subì diverse dominazioni nel corso della sua storia: Saraceni - di cui restano
come testimonianza il “borgo rabatano” e quello “saraceno”, divenne città for-
tificata dei Bizantini, ma nel 1080 fu occupata dai Normanni. Di questi passagi
storici, oggi resta la Torre Normanna e l’imponente Palazzo ducale. Tricarico è
anche il paese natio del grande poeta Rocco Scotellaro.

... e dintorni

Accettura
L e origini di Accettura risalgono al periodo della Magna Grecia, quando ve-
niva chiamata Acceptura. È sede del Parco naturale di Gallipoli Cognato che
offre uno spettacolo di vegetazione unico costituito da alberi, fiori e specie di
rara e a volte unica natura. Il Parco essendo un ecosistema dalla notevoli risor-
se, ospita numerose specie di mammiferi, volatili, rettili, insetti a volte molto
rari. Tra i mammiferi sono presenti il cinghiale, il lupo, la volpe, il tasso, l’istrice,
il gatto selvatico, la lepre, il riccio, ghiri e scoiattoli, donnole e faine e, nei corsi
d’acqua, la lontra.

Brindisi di montagna
C aratteristico paese di origine albanese che sovrasta il Parco con la sugge-
stiva torre diroccata. Interessante è la chiesa di San Nicola del XIV sec. e
riedificata nel XVII sec., nel cui interno sono conservati bellissimi dipinti del
Pietrafesa vissuto tra il XVII e XVIII secolo, ed un coro intarsiato del XVIII secolo.

136
A due passi dal borgo, troviamo il Parco della Grancia: il primo parco storico-
rurale e ambientale d’Italia. Si estende su 12 ettari, in uno straordinario scena-
rio naturale: un sentiero che attraversa il bosco conduce in un ampio anfiteatro
dove, in estate, è possibile assistere al Cinespettacolo “La Storia Bandita”, una
grande rappresentazione, animata da oltre 400 volontari, che mette in scena
le vicende delle rivolte contadine in Basilicata, passate alla storia come Brigan-
taggio.

Castelmezzano
M eraviglioso borgo, incastonato tra le Dolomiti Lucane, offre suggestivi
scenari paesaggistici. L’antico centro fu una potente roccaforte Longo-
barda. Interessante è la chiesa Madre (XIII sec.), nel cui interno è custodita la
stupenda statua lignea della Madonna col Bambino, detta “Madonna dell’Ol-
mo” del XIV sec.
Il territorio è ideale per escursioni attraverso paesaggi di suggestiva bellezza,
come la vallata del torrente Caperrino, che segna il confine tra il paese e Pie-
trapertosa. Lungo il corso del torrente si possono ammirare i ruderi di vecchi
mulini.

Pietrapertosa
P ietrapertosa sorge sulle pendici del monte Impiso, nelle “Dolomiti Lucane”,
così chiamate perché le cime assomigliano a quelle alpine e assumono al
tramonto la colorazione rosata tipica delle Dolomiti vere e proprie. Arrocca-
ta fra cime dal nome suggestivo come “l’aquila reale”, “l’incudine”, “la grande
madre” e “la civetta”, Pietrapertosa è costruita interamente sulla nuda roccia.
Fu fondata dai Saraceni come fortezza e acquistò importanza con i Normanni,
che vi costruirono il castello. Dalla primavera 2007 è possibile effettuare il “Volo
dell’angelo”: un’attività turistico-sportiva che unisce i paesi Castelmezzano a
Pietrapertosa per mezzo di due cavi d’acciaio su cui i temerari che ne desidera-

137
no provare l’ebbrezza possono scivolare a 120 km orari librandosi per circa un
minuto, ad un’altezza di circa 400 m, ammirando il paesaggio sottostante da
un punto di vista insolito.

S. Mauro Forte
C entro di antiche origini (1060 d.C.) sorto intorno ad una comunità monasti-
ca benedettina da cui trasse il toponimo, “San Mauro Forte” fu una rocca-
forte normanno-sveva. Appartenne alla Contea di Montescaglioso e dopo nu-
merosi signori che si avvicendarono nei secoli successivi si rese libera dal giogo
feudale nel 1751. Nel paese è possibile ammirare i resti del Castello costruito
nel periodo normanno-svevo, ristrutturato dagli Angioini e di cui attualmente
resta solo la torre cilindrica a tre piani. Attraverso le vie del paese è possibile
vedere diversi palazzi nobiliari, tra cui palazzo Arcieri, (sede del municipio) e
palazzo Lauria, con portale barocco del 1770. Particolare, durante i riti della
Settimana Santa, è la processione dell’Addolorata, il cui percorso è caratterizza-
to da un antico lamento funebre. Nei dintorni dell’abitato vi sono due sorgenti
d’acqua: una sulfurea in contrada “Rumolo” e l’altra ferruginosa in contrada “Fo-
resta”, entrambe raggiungibili percorrendo vie mulattiere.

138
Caserta Benevento
Roma
Avellino

Città del Vaticano NAPOLI Salerno

Castel Casal di
Volturno Principe
Villa Literno Casapesenna
Aversa

NAPOLI
Villa Literno
A Villa Literno non può mancare una visita ai resti dell’antica città come il
Foro, il Capitolium, la Basilica ed il Teatro, e l’Ara di Scipione l’Africano, por-
tati alla luce nel 1932. Nel grazioso centro storico è possibile ammirare la Chie-
sa dell’Assunta, di antica fondazione, che è stata in parte ricostruita nel XIX
secolo e ancora oggi conserva opere provenienti dal vecchio edificio religioso
senza dimenticare, prima di andar via, di dare uno sguardo ai ruderi dell’antico
Castello di Villa Literno, che un tempo dominava tutta la zona e che fu anche
proprietà ecclesiastica.

... e dintorni

Aversa
A l centro dell’agro aversano, Aversa è nota come la Città dalle cento chiese.
Il Duomo possiede un capolavoro unico: San Giorgio e il drago, tra le po-
che sculture preromaniche presenti nell’Italia meridionale ed è inoltre carat-
terizzato da una delle più grandi cupole ottagonali del mondo, in stile arabo-
normanno. Al suo interno è visitabile l’interessantissimo museo diocesano che
contiene argenti sacri del Seicento e del Settecento di importanti botteghe na-
poletane - tra cui quella dei Guarriniello -, diversi documenti di epoca norman-
na, la Madonna con il Gonfalone - tela datata e firmata da Francesco Solimena
e considerata un “exemplum” del pittore di Canale di Serino -, nonché alcune
tavole della seconda metà del Quattrocento di Angiolillo Arcuccio, tra cui il ce-
lebre Martirio di San Sebastiano. La chiesa di Santa Maria a Piazza, anche essa
eretta intorno all’anno Mille, che custodisce affreschi e frammenti della prima
scuola giottesca; la ex chiesa di San Audeno (Prima in Italia dedicata al Santo)
con il relativo chiostro. Sito ufficiale del chiostro di Sant’Audeno in Aversa oggi
magnificamente recuperato e visitabile; l’Arco dell’Annunziata (l’antica “porta”
della città chiamata appunto “Porta Napoli”, che dà inizio a Via Roma). Nel 1650,
a spese di privati cittadini fu costruita, la chiesa dell’Immacolata fuori le mura

140
di San Nicola, attuale sede della omonima Arciconfraternità. Ospita una delle
più belle oasi verdi in territorio urbano di tutta la provincia di Caserta, il parco
urbano “Salvino Arturo Pozzi”.

Casal di Principe
N el borgo di casal di Principe è interessante da visitare la Chiesa del S.S.
Salvatore risalente al XVI secolo in cui è conservato un crocefisso ligneo
della scuola napoletana del XVIII secolo e una tavola raffigurante la vergine del
1725.

Casapesenna
S i inserisce all’interno della pianura campana in un territorio intensamente
abitato fin dall’antichità come dimostrato dai ritrovamenti archeologici. Da
visitare la Chiesa Santa Croce donata dal Conte normanno Roberto Sant’Agata
nel 1097. Alla fine del Cinquecento l’edificio venne completamente rifatto in
stile barocco. La chiesa conserva poi le statue lignee ottocentesche di Sant’An-
tonio, dell’Addolorata e dell’Assunta o Madonna delle Rose. Gli affreschi di An-
tonio Sicurezza da Formia e Gennaro Guarino di Napoli decorano le cappelle
laterali e un artistico presepe con pastori in stile Settecento napoletano che
si trova alle spalle dell’altare maggiore. Inoltre interessante è il Tempio Mia
Madonna e Mia Salvezza. L’edificio rappresenta uno splendido esempio di ar-
chitettura religiosa contemporanea; il progetto venne realizzato su ispirazione
dello stesso parroco don Salvatore Vitale come celebrazione in terra della glo-
ria di Maria. L’edificio è sovrastato dalla gigantesca statua della Madonna, alta
7m e illuminata.

141
Castel Volturno
D eve il suo nome al castello e al fiume Volturno. Il centro storico sorge sulla
sponda sinistra del fiume, sull’ultima ansa che questo forma prima di sfo-
ciare nel mar Tirreno. I siti di interesse sono diversi: il Castello e borgo san Ca-
strese, la cappella di san Castrese, la cappella di S. Maria della Civita, la Chiesa
dell’Annunziata, la Torre di patria.

142
Bari

Messina
PALERMO

Enna Catania
Agrigento
Caltanissetta

San Pietro
Clarenza Siracusa
Ragusa
Camporotondo
Etneo

Misterbianco
Motta
Sant’Anastasia

CATANIA
Misterbianco
M isterbianco è un paese ricco di storia che sorge, a pochi chilometri da
Catania, sulle falde meridionali dell’imponente Etna.
Il territorio del paese è circondato dalle correnti laviche dell’eruzione del 1669
che distrusse l’antico casale e dalle ricche terre delle valli coltivate a vigneto e
a uliveto.
Di notevole interesse architettonico sono la Chiesa Madre che conserva una
splendida statua della Madonna delle Grazie opera del Gagini (1478-1536), la
Chiesa di S. Nicolò con all’interno diverse tele seicentesche, la Chiesa Madonna
degli Ammalati che custodisce un bell’affresco del 1740 con l’immagine della
Piazza dell’antico paese.

... e dintorni

Camporotondo Etneo
O ltre al caratteristico centro storico, di forma circolare, possiamo ammirare
alcuni palazzi storici (Signorello e Natali) e la Chiesa di sant’Antonio Abate,
di epoca barocca.

Catania
C ittà dalla storia millenaria, è ricca di monumenti e di tantissime cose belle
da vedere, inoltre nel 2002 il suo centro storico e sette comuni della vicina
Val di Noto sono stati inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità
dell’Unesco.
Tra le tante cose da vedere a Catania ricordiamo: i monumenti antichi, come il
Teatro Romano, l’Anfiteatro e le Terme, tutte risalenti alla dominazione romana.
Per gli amanti del verde, si può visitare il Giardino Bellini, vero polmone verde
della città e il Boschetto della Plaia che copre gran parte del litorale catanese.

144
Da visitare anche il Rettilario Mediterraneo, dove sono ospitate numerose spe-
cie europee ed esotiche.

Motta Sant’Anastasia
P aese dai tipici tratti medioevali, Motta ha come simbolo cittadino il Castello
Normanno, edificato nel 1070 per volere di Ruggero I per difendersi dagli
attacchi degli Arabi.
Motta diventa luogo di attrazione turistica in occasione delle Feste medievali
(dall’ 11 al 19 agosto circa per i giorni della Festa “Grande” in onore di Santa
Anastasia). Le feste fanno rivivere fra le pittoresche vie, parate di drappi, fio-
ri, stendardi e vessilli, squarci di vita borghigiana fra gli ultimi decenni dell’XI
secolo e i primi del XV. Nell’ambito delle feste medievali si inserisce il Palio dei
Martino, un torneo cavalleresco che racchiude le prove del colpo al saracino,
tiro al cinghiale con giavellotto, colpo al bersaglio mobile con la mazza chio-
data e gara degli anelli. Segue la consegna del Palio al cavaliere primo classi-
ficato.

San Pietro Clarenza


P asseggiando nel centro storico si rimane immediatamente colpiti dalla bel-
lezza dell’abitato, caratterizzato da basse case edificate in pietra lavica e i
davanzali intonacati di bianco.
Il monumento più importante del borgo è la Chiesa Madre, eretta nel XVIII se-
colo e dedicata a santa Caterina, con una scenografica scalinata all’esterno e
opere di artisti locali all’interno.

145
a

Città del Vaticano Campobasso


Foggia

Napoli

Cosenza

Crotone

CATANZARO

Vibo Valentia

Morano Civita
Calabro
Castrovillari
Cassano Catanzaro
allo Ionico
Acquaformosa
Altomonte
Messina
Castrovillari
P
Brindisiosta in un avvallamento naturale denominato “Conca del Re”, Castrovillari
è circondata dagli Appennini calabresi, ed è il centro più grande del Parco
Nazionale del Pollino. Monte Pollino, nei pressi della cittadina, è la seconda vet-
ta più alta degli Appennini meridionali dopo Serra Dolcedorme. Interessanti
da visitare: la Chiesa di S. Maria del Castello sul colle omonimo, alle cui pendici
sono presenti, oltre ai nuclei di antiche costruzioni, alcune grotte eremitiche
(VII-VIII
Leccesec. d.C.); il Convento di S. Francesco d’Assisi e la Chiesa della SS. Trini-
tà, l’imponente complesso, situato sul colle del Lauro, venne fondato nel 1220
da Pietro Cathin, discepolo di S. Francesco d’Assisi; la chiesa, originariamente
dedicata a S. Maria di Costantinopoli, ora a S. Giuseppe che risale alla seconda
metà del XVI secolo; il Castello Aragonese.

... e dintorni

Acquaformosa
I l paese è di origine albanese. L’abitato è sulla cresta di un contrafforte tra le
valli dei torrenti Fiumicello e Grondo. Il sottosuolo è ricco di giacimenti mine-
rari e in particolare di argento, rame e mercurio. I primi albanesi si insediarono,
intorno al 1500; prese così l’avvio un paese che si denominò Acquaformosa
dal nome della chiesa dello stesso monastero, e che forse derivava dalla sua
prossimità ad una fonte di purissima acqua. La costruzione della Chiesa par-
rocchiale di S. Giovanni Battista risale, probabilmente, all’arrivo di nuovi gruppi
di albanesi: al suo interno, sono conservate delle tavole cinquecentesche di
Marco Pino, pittore senese, assai attivo anche a Napoli. Molto importante è la
porta intagliata che mostra in una formella una superba aquila, simbolo de-
gli albanesi. Altre opere d’arte sono racchiuse nel suo centro storico. Situato a
1400 metri di altitudine, si trova il Santuario di S. Maria del Monte, che costitui-
sce un bell’esempio di architettura religiosa rurale, nelle cui vicinanze è situata
la “Grotta della Madonna” dove, secondo la tradizione locale, fu rinvenuto il

147
busto della Vergine.

Altomonte
A ltomonte è un piccolo centro della provincia di Cosenza, famoso in tutta
Italia per la ricchezza del suo patrimonio artistico - culturale recentemente
riportato alla luce. La Chiesa Santa Maria della Consolazione (gotico-angioina
sec. XI; il Convento dei domenicani (1440) oggi sede del Museo Civico; il Castel-
lo dei Sangineto di origine Normanna (sec. XII), la Torre Normanna (sec. XIII);
la Chiesa San Giacomo Apostolo (sec. XI); la Chiesa San Francesco di Paola e il
chiostro annesso (sede del Palazzo Municipale sec. XVI); l’Anfiteatro esemplato
su antichi modelli dei teatri Greco- Romani.

Cassano allo Ionio


Q ui, una natura generosa ed imprevedibile ha disegnato paesaggi e scena-
ri di abbagliante bellezza all’interno dei quali appare, come incastonata,
la preziosa testimonianza di un popolo antico: Cassano. I sette colli, il centro
storico ed il complesso termale rappresentano un carosello di emozioni che,
attraversando i centri di Lauropoli, Doria e Sibari, ci guidano per mano fino alla
splendida Baia della Luna, in cui si fondono, in un perfetto equilibrio armonico
e cromatico, i nuovi siti turistici con gli antichi reperti archeologici, testimo-
nianza di una gloriosa civiltà.

Civita
I n questo piccolo, attraente paese si rivelano degli aspetti culturali e paesag-
gistici di sicuro interesse, frutto di un patrimonio culturale e naturale. Su di
un terrazzo naturale, in una delle più belle vallate del Pollino di Sud-Est, Civita
è incrociata da un paesaggio superbo con montagne verdi e rocciose dalle mo-

148
dellazioni variegate ed aperture visuali verso il Mare Jonio. Il Paese ammira da
un lato il composito e vario esempio di associazione vegetale di tipo mediter-
raneo, dall’altro lo spettacolo suggestivo del “Canyon” del Raganello. Il paese
conserva le caratteristiche tipiche del borgo; le case per lo più costruite sulla
roccia, i vicoli stretti tra i quali si scoprono odori genuini e antichi mestieri.
Motivi d’attrazione principale: la visita e l’attraversata delle spettacolari Gole
del Raganello; la possibilità di esercitare attività di trekking fino alla vetta del
Massiccio del Pollino.

Morano Calabro
U no dei centri più importanti e suggestivi del Parco Nazionale del Polli-
no. Morano Calabro si trova in posizione ottimale per abbracciare con lo
sguardo il versante calabrese del massiccio del Pollino, le vette del Dolcedor-
me e della Serra del Prete.

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