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Traiano, Apollodoro

e Roma

Giovanni Di Pasquale

II 12 maggio del 113 d.C. viene inaugurato un monumento che costituisce un’as-
soluta novità nel paesaggio urbano della città, pur così ricco di architetture spettacolari:
si tratta di un’enorme colonna di marmo di stile dorico tuscanico, alta cento piedi roma-
ni e poggiante su un ambiente rettangolare che funge allo stesso tempo da sostegno e
vano d’ingresso. Al suo interno una scala a chiocciola di 185 gradini permette di raggiun-
gere la sommità, dove una terrazza offre una vista unica sulla città e sui fori. Costruita in
marmo lunense per celebrare le vittoriose campagne di Dacia da parte di Traiano, pre-
senta nel parallelepipedo di base un vano che, alla morte dell’imperatore e della moglie
Faustina, ne avrebbe accolte le ceneri; alla sommità della Colonna la statua bronzea di
Traiano, a evidenziare la funzione onoraria e celebrativa di questa ardita architettura.
Inoltre, il lungo fregio ornamentale che si avvolge per ventitré volte attorno al fusto
della Colonna doveva permettere a chiunque di ammirare gli eventi principali delle cam-
pagne militari avvenute oltre il Danubio e culminate col suicidio del re Decebalo e la
conseguente resa finale dei Daci. In un’epoca in cui Tacito, nell’Agricola, aveva elogiato
l’intraprendenza dell’uomo di azione, capace con le sue legioni di pacificare la Britannia
e di circumnavigarla (83-84 d.C.), e il poeta Silio Italico aveva messo in versi la seconda
guerra punica, evento ormai lontanissimo ma ancora ritenuto il più glorioso della storia
di Roma, l’enorme narrazione scolpita attorno al fusto della Colonna rendeva chiunque
partecipe degli avvenimenti che avevano finalmente portato all’ampliamento dei confini
dell’impero dopo anni di inertia caesarum:

Da Cesare Augusto fino al nostro tempo ci sono stati non molto meno di
duecento anni, durante i quali per l’inerzia dei Cesari il popolo quasi invec-
chiò e si indebolì, ma sotto l’imperatore Traiano mosse i muscoli e oltre la

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speranza di tutti la vecchiaia dell’impero ringiovani- tura che vede nelle conoscenze architettoniche, ingegneristiche e Fig. 1. Particolare della scala a chiocciola all’interno della dorato, le pareti rivestite di marmo lunense, le trabeazioni erano
Colonna Traiana, disegno di Claudio Capotondi.
sce quasi che le fosse stata restituita la gioventù1. nella scienza delle macchine a sostegno delle legioni un preciso di pentelico e le colonne di granito grigio, giallo antico e pavonaz-
indicatore di civiltà che differenzia i Romani dagli altri popoli. zetto13. Alle sue spalle sorgeva il cortile con le due biblioteche e
La portata di questo evento si percepisce anche attraverso Oltre al testo di Traiano, tra le narrazioni ufficiali vi era il raccon- la Colonna, a evidenziare il legame di questo monumento con il
la durata dei giochi indetti per celebrare la conquista della Dacia, to che aveva composto in greco il medico personale dell’impera- mondo della cultura di cui riteneva di fare parte anche l’impera-
ben centoventitré giorni, i più lunghi della storia di Roma. tore, Tito Statilio Critone, il quale era anche uno storico9. Sono tore14. Le parole di Ammiano Marcellino in occasione della visita
Come un libro di marmo privo di testo ma denso di imma- queste opere ad aver fornito la base documentaria per il fregio a di Costanzo II documentano l’effetto che la vista di questo foro
gini, il fregio permetteva al pubblico di conoscere i comporta- spirale della Colonna, introdotto per la prima volta nell’arte ro- doveva suscitare:
menti dei soldati romani, la fermezza dell’imperatore nel prende- mana. Sebbene il pubblico fosse da tempo abituato a leggere gli
re decisioni fondamentali, il modo di agire nei confronti dei vinti, eventi raffigurati come una sequenza senza interruzione, il fregio Essendo egli giunto al Foro di Traiano, complesso
le situazioni di pericolo e di difficoltà in una terra in cui la manca- poneva evidenti limiti di fruizione sia per chi lo osservava restan- eccezionale tra tutti quelli esistenti al mondo e, si
ta percezione dei reali rischi aveva già sancito il fallimento della do ai piedi del monumento, sia per quanti salivano ad ammirarlo potrebbe dire, mirabile anche per assenso degli dei,
spedizione di Domiziano nell’85-86 d.C.2. Quando Traiano co- dalle terrazze poste ai piani alti degli edifici attorno alla Colonna, rimase attonito, volgendo intorno lo sguardo e la
mincia la prima campagna militare, i Daci mantengono la sovrani- la Basilica e le due biblioteche. Dobbiamo ai fondamentali studi di mente lungo le strutture gigantesche, inesprimibili
tà su gran parte del territorio, conservano ancora le macchine da Salvatore Settis l’interpretazione circa il rapporto tra il fregio del- a parole, e non più attingibili dai mortali. Scartata
guerra sottratte alle legioni di Domiziano e tra le loro fila figurano la Colonna, l’imperatore e il pubblico di Roma, nonché l’identi- quindi ogni speranza di tentare alcunché di simile,
soldati romani che, puntualmente raffigurati nel fregio della Co- ficazione di una serie di accorgimenti per facilitare la lettura delle disse di voler e poter imitare solo la statua equestre
lonna, avevano disertato passando al nemico3. Protagonista indi- scene10. di Traiano, collocata al centro della piazza15.
scusso della raffigurazione è l’esercito romano, in grado di travol- La Colonna fa parte del programma di costruzioni portato
gere qualsiasi ostacolo perché ben guidato da Traiano, comandan- avanti da Traiano tra il 107 e il 113 d.C. per abbellire il foro, Eppure, nonostante tutto, è proprio la Colonna ad appari-
te che, come un esperto machinator, coordina con precisione mec- aperto ufficialmente nel 112 e immediatamente destinato a susci- re il monumento più importante di tutto il programma edilizio di
canica i movimenti di uomini e mezzi, con la stessa sicurezza con tare ammirazione per le dimensioni degli edifici, la quantità e Traiano:
cui aveva pilotato la nave ammiraglia della flotta sul Danubio4. qualità dei marmi impiegati e il conseguente effetto di luci e colo-
Del resto Traiano aveva preparato al meglio questa campagna ef- ri11. Nella piazza Traiano eresse anche una grande colon-
fettuando una spedizione preliminare nella quale, accompagnato I tanti saccheggi operati nel corso dei secoli rendono oggi na, sia perché servisse come sua tomba sia perché
da esperti della formidabile corporazione degli agrimensori, ave- impossibile apprezzare la grandiosità di questo enorme spazio, cui mostrasse il lavoro compiuto nel foro. Poiché infat-
va compiuto rilievi e misurazioni5, fatto costruire una strada lun- si accedeva attraverso un arco decorato con statue di prigionieri ti tutto il terreno era montagnoso, egli lo fece sca-
go il fianco destro del Danubio e alcune fortificazioni6. Daci e sormontato da una scultura raffigurante Traiano su un car- vare di tanto quanto si erge la colonna, e in tal modo
Responsabile dell’ampliamento dei confini dell’impero e ro trionfale. Nel mezzo della piazza, tutta lastricata con blocchi di rese tutta la piazza pianeggiante16.
definito propagator orbis terrarum7, Traiano aveva regolarmente in- scintillante marmo bianco, vi era la gigantesca statua equestre in
viato al senato dettagliate informazioni sull’andamento delle cam- bronzo dell’imperatore. Tutto intorno portici di marmi policro- Per capire la genesi di questo particolare monumento-edi-
pagne militari: esse costituivano presumibilmente il contenuto mi offrivano uno spettacolo unico, così come l’attico al piano su- ficio occorre fare un passo indietro nel tempo. Con l’epoca impe-
dei perduti Commentarii De bello Dacico che l’imperatore aveva re- periore, ricco di sculture raffiguranti Daci prigionieri. In linea riale era andato accentuandosi nell’architettura romana un muta-
datto parlando di sé alla prima persona plurale. Inoltre, con un generale, tutta la decorazione del foro sottolineava i successi mento di dimensioni reso possibile sia dalle innovative acquisizio-
gesto quanto mai simbolico, Traiano incarica Apollodoro di co- dell’“imperatore condottiero”: grifi affrontati, cumuli di armi, ni maturate nelle tecniche artistiche e costruttive, sia dal progres-
struire un ponte sul Danubio, realizzato nel biennio successivo immagini dei membri della famiglia imperiale e soprattutto nu- so delle conoscenze in ambiti come la geometria e la meccanica.
alla conclusione della prima campagna di Dacia a Drobeta. Raffi- merose statue di Daci sconfitti realizzate in marmi e pietre di co- Quando Apollodoro mette mano alla progettazione del Foro di
gurato in una scena sulla Colonna e descritto con ammirazione da lori diversi12. Il tutto era chiuso dall’enorme Basilica Ulpia, collo- Traiano, architetti ed esperti meccanici hanno a disposizione ma-
Dione Cassio8, quel ponte non è solo il mezzo che permette l’at- cata di traverso a imitare la struttura di un monumentale accam- nuali di architettura17, di meccanica18 e soprattutto l’osservazione
traversamento del Danubio, ma rappresenta anche un’idea di cul- pamento militare; la sua volta era foderata di lamine di bronzo diretta di monumenti, edifici e cantieri aperti ovunque a Roma.

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D’altro canto, sin dall’epoca del principato di Ottaviano Augusto destinato a rimanere insuperato per secoli, Celso un testo di me-
l’architettura era andata divenendo un mezzo formidabile di pro- dicina e Frontino registra in un’opera davvero unica le norme per
paganda e diffusione dei valori della romanità19. L’ambizioso pro- la manutenzione degli acquedotti di quella Roma popolata da abi-
getto di costruire edifici tipici di Roma nelle province mirava in- tanti sui quali si riversano le feroci ironie di Marziale e Giovenale.
fatti a coinvolgere i popoli delle terre sottomesse, facendoli sen- Partecipa a questo fermento lo stesso Apollodoro, che
tire partecipi di un progetto che univa vincitori e vinti. Così, scrive un trattato su L’arte dell’assedio, una descrizione di macchi-
strade, terme, anfiteatri, ponti, piazze colonnate, basiliche e ac- ne da guerra innovative, presentate secondo due criteri guida: la
quedotti monumentali realizzati ovunque divenivano il segno tan- leggerezza e la possibilità di montarle direttamente nelle terre in
gibile dell’appartenenza al progetto culturale e civilizzatore di cui si trovano le legioni, eliminando così il problema del comples-
Roma. La convinzione che il dominio territoriale di Roma coinci- so trasporto di ingombranti e pesanti catapulte e balliste per mi-
desse sostanzialmente con le terre note faceva sì che questo pro- glia e miglia21. Mettendo a frutto lo studio del greco, Apollodoro,
getto fosse sentito come ecumenico: la sfera celeste nelle mani siriano nabateo di origine, affronta la complessa sfida della scrittu-
degli imperatori simboleggiava un ordine che, benedetto dagli ra per presentarsi non solo come architetto e ingegnere militare,
dei, era garantito sulla Terra dall’opera civilizzatrice dell’Urbe. ma anche come autore. Prescelto dunque da Traiano, l’amicizia
Per realizzare questo programma occorrevano architetti col quale risale presumibilmente all’epoca in cui l’architetto si
esperti nella pratica del cantiere e macchine in grado di spostare e trovava ancora in Siria22, Apollodoro ha il non facile compito di
sollevare tonnellate e tonnellate di pietre trasportate a Roma da realizzare i monumenti celebrativi dell’imperatore in una città
imbarcazioni idonee ad affrontare il mare, sebbene gravate da ca- come Roma, densa di architetture uniche per dimensioni e auda-
richi davvero notevoli. Così, in linea con quanto accaduto tra Vi- cia. È quindi possibile immaginare Apollodoro nel suo studio,
truvio e Ottaviano Augusto, tra Severo, Celere e Nerone, tra circondato da manuali di architettura e meccanica, nonché da di-
Rabirio e Domiziano, Apollodoro e Traiano danno vita a una re- segni e modelli di macchine belliche pronti per essere inviati
lazione assai proficua tra architetto e principe, al punto che la all’imperatore quando sarà impegnato in una nuova guerra in pa-
fortuna dell’uno è profondamente legata a quella dell’altro. Se esi lontani23. Tuttavia, passeggiando per le vie di Roma, l’osserva-
Domiziano era stato duro verso gli intellettuali, arrivando a cac- zione diretta doveva offrire ad Apollodoro notevoli opportunità
ciarli da Roma, Nerva e Traiano avevano inaugurato il beatissimum di apprendimento. La quantità e la qualità dei marmi impiegati sia
saeculum20, l’età d’oro della storia di Roma caratterizzata da un in architettura che in scultura era un preciso indicatore che con-
nuovo accordo tra principe, senatori e uomini di cultura. Anche sentiva ai committenti di distinguersi per ricchezza e di autorap-
se non poteva essere restaurata l’epoca della libertas repubblicana, presentarsi sulla scia della imitatio Augusti, l’imperatore che si van-
ormai inconciliabile col governo di un uomo solo, veniva tuttavia tava di aver trovato una città di mattoni e di averla lasciata di
riconosciuto il ruolo essenziale delle aristocrazie nel mantenere marmo24. Se il Foro di Augusto era stato coperto con 400 metri
una situazione di equilibrio sociale e di lealtà nei confronti del quadrati di lastre di marmo, per i Saepta Iulia ne erano stati neces-
principe. In questo clima favorevole Quintiliano compone il suo sari ben 28.500. Per Plinio il Vecchio, che scrive non molto tem-
manuale di oratoria, Columella scrive un trattato di agronomia po prima di Apollodoro, Roma è la città in cui è possibile ammi-

Fig. 2. La vite di Archimede (Ozanam 1691, p. 546).

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rare costruzioni destinate a restare nella memoria collettiva e che abbellito da oltre tremila statue poggiava su trecentosessanta co- 100 piedi romani (la stessa misura scelta da Apollodoro per l’al- ancora terminata. Con la dinastia Flavia, Vespasiano avvia la co-
meritano di essere descritte «[…] per dimostrare che anche con i lonne di legno, marmo e mosaico distribuite su tre ordini. L’Urbe tezza della Colonna) e il faro di Ostia, che rivaleggiava con quello struzione del Colosseo, Tito lo inaugura e Domiziano lo amplia.
nostri edifici abbiamo conquistato il mondo»25. Opere meravi- è anche il luogo in cui si possono ammirare monumenti che costi- di Alessandria. Incredulità destava anche il Diribitorium, un edifi- L’edificio è talmente spettacolare da segnare una cesura con qua-
gliose come il Circo di Cesare, la Basilica di Paolo, i Fori di Augu- tuiscono un vero e proprio miracolo di ingegneria e meccanica: cio nel Campo Marzio destinato allo scrutinio dei voti: iniziato da lunque altra costruzione precedente: Marziale parla di Roma ter-
sto e Cesare, il Tempio della Pace e la Casa di Clodio sono il miracula romana è infatti definito da Plinio il Vecchio il trasporto a Agrippa e terminato da Ottaviano Augusto nel 7 a.C., era un rarum dea gentiumque, città che da sola rivaleggia col resto del
simbolo di una supremazia esercitata anche grazie alla capacità di Roma degli obelischi egizi, operazione talmente complessa da de- grande vano rettangolare il cui tetto era la massima copertura uni- mondo, e dedica a Tito in occasione dell’inaugurazione del Co-
costruire nel cuore di Roma architetture uniche. Esse coesistono cidere di conservare nel porto di Pozzuoli la nave che per prima ca mai realizzata, ottenuta usando travi di larice lunghe 100 piedi losseo nell’80 il Liber Spectaculorum con cui si aprono gli Epigram-
con imprese folli per audacia, cosicché mirabiliae insania dividono aveva attraversato il Mediterraneo portando felicemente a termi- romani per un piede e mezzo di spessore. Una di esse, non impie- mi28. Il poeta dichiara che i più importanti monumenti di tutto il
lo spazio di questa irripetibile città. ne questa sfida26. Né si trattava dei soli riferimenti a costruzioni gata, era stata conservata all’interno dell’edificio per suscitare lo mondo devono cedere il primato al Colosseo: un solo edificio
Costruzioni di incredibile ardimento tecnico sono i palazzi tipiche della terra del Nilo, considerato che era possibile ammira- stupore di chi la vedeva27. prende il posto di tutti gli altri (unum pro cunctis), inaugura una
imperiali di Caligola e Nerone e il teatro di Marco Scauro, che re la piramide di Caio Cestio, edificata su una base quadrata di Tuttavia, la corsa alle architetture più stupefacenti non era nuova era, annulla tutte le architetture precedenti e simboleggia

Fig. 4. Scena di costruzione e gru calcatoria,


Fig. 3. La gru di Erone a un solo montante
rielaborazione grafica dell’immagine contenuta
(Erone 1988, p. 185).
nel codice Virgilio Vaticano, 420 d.C. circa.

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la supremazia di Roma. Ciò che si vede a Roma è «res nova, non Vinta dunque la sfida della velocità nel costruire e quella
ullis cognita temporibus»29 e, come a rendere omaggio alla città, del rendere sicuri strade e cantieri, Apollodoro deve cimentarsi
popoli da ogni angolo della Terra accorrono ad ammirarla in pro- col difficile compito di trovare forme, dimensioni e decorazioni
cessione per assistere agli spettacoli nell’Anfiteatro Flavio30. Se talmente innovative da spostare l’attenzione del pubblico sui mo-
Plinio ritiene che Roma abbia conquistato il mondo anche per il numenti legati alla figura di Traiano. È possibile quindi che l’idea
numero straordinario di opere architettoniche, Marziale elogia della Colonna sia scaturita dal desiderio di creare un monumento
invece la qualità di un unico irripetibile monumento, il Colosseo. mai visto prima, tanto da adombrare anche gli stessi edifici del
Per rendere possibile la realizzazione di queste opere, le Foro di Traiano. La speciale tutela di cui la Colonna ha goduto sin
vie di Roma erano attraversate da carri e slitte che trasportavano dal Medioevo sembra indicativa in tal senso. Se l’idea del fregio
pietre e marmi enormi. Lo scenario che doveva presentarsi è ben deriverebbe o dai rotoli di papiro illustrati, o da quelli di solo te-
fotografato dal poeta Tibullo, colpito dalla quantità di marmi stra- sto di cui costituirebbe l’iconografia, oppure dalle stoffe decorate
nieri e colonne «portate a forza di mille coppie di buoi»31. Strabo- usate durante le cerimonie religiose, la struttura interna della sca-
ne invece registra lo spettacolo della messa in posa di colonne la a chiocciola guardava invece alle macchine da tempo in circola-
monolitiche e grandi lastre di marmi colorati32 e Orazio dichiara zione. Nell’ultimo capitolo del De architectura Vitruvio inserisce
di non voler fare il tragitto tra il Quirinale e l’Aventino per il ti- un vero e proprio catalogo di macchine utili sia in tempo di guer-
more che possano cadergli sulla testa travi o pietre enormi solle- ra che in pace. Una di esse è la vite di Archimede36, un dispositivo
vati dalle numerose gru presenti lungo il cammino, un percorso ormai familiare per i suoi molteplici impieghi: in agricoltura37,
talmente complicato che anche «un funerale a fatica si fa strada in per svuotare le miniere e le sentine delle navi38. Come già dimo-
lacrime fra quei carri pesanti»33. Che si trattasse di un tema dav- strato da Giangiacomo Martines, l’elica interna della Colonna
vero delicato lo dimostra il fatto che per il trasporto delle enormi Traiana altro non è che una vite di marmo che unisce la base alla
colonne, alte ciascuna 12 metri, impiegate da Scauro nel suo tea- sommità del monumento (fig. 1), e il fregio che si avvolge attorno
tro provvisorio e successivamente trasferite nella sua villa, un ap- alla Colonna sale come l’acqua nel congegno archimedeo (fig.
paltatore lo obbliga a dargli una garanzia contro il danno alle fo- 2)39. Scavata in ogni rocchio, la scala è una vite di marmo che
gnature per l’eccessivo peso di quegli enormi monoliti34. percorre tutta la Colonna, alleggerendone il peso di 1/3 rispetto
Apollodoro e Traiano sono dunque chiamati a una sfida all’equivalente pieno. Sugli assi principali del monumento Apol-
complessa, lasciare il segno in uno spazio già denso di meraviglie lodoro ha posizionato quaranta piccole finestre altre circa un pie-
architettoniche di ogni sorta. In questo scenario acquisisce mag- de romano, la prima delle quali si apre all’inizio della scala elicoi-
gior significato l’elogio di Plinio il Giovane nei confronti di Traia- dale, nel medesimo punto in cui inizia il racconto del fregio40.
no, perché Tuttavia, la struttura interna della Colonna potrebbe ri-
mandare a un’altra suggestione, direttamente collegata al mondo
Tu stesso poi sei tanto parco nell’edificare quanto del cantiere. La prima delle quattro gru descritte da Erone nella
diligente nel tutelare ciò che è stato già edificato. Meccanica è caratterizzata dalla presenza di un albero, sul quale
Quindi, non come una volta, per il trasporto di smi- egli raccomanda di arrotolare una corda che sia usata dai lavoran-
surati marmi, si scrollano gli edifici della città; le ti come scala per raggiungere la sommità della macchina. Posizio-
case stanno ferme, i templi non traballano più […] nata attorno all’albero verticale della gru, questa fune disegna una
Ma quanto sei magnifico nelle opere pubbliche! scala a chiocciola perfetta, con gradini di corda distanti un palmo
Fig. 6. Dispositivo per la salita o la discesa controllata
Qua portici, là santuari sorgono con velocità che ha l’uno dall’altro (fig. 3)41. Che si trattasse di una soluzione diffusa di un mezzo carico di blocchi lapidei lungo un pendio
dell’incanto, per modo che non sembrano costruiti lo conferma anche un’illustrazione del Virgilio Vaticano, un codice (Erone 1988, p. 277).
dalle fondamenta, ma solo abbelliti35. miniato datato attorno al 420 d.C. che contiene il testo dell’Enei-
Fig. 5. La gru di Erone a quattro montanti Fig. 7. Dispositivo di Erone per mettere in posa una co-
(Erone 1988, p. 188).
de, conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana42. In una delle lonna (Erone 1988, p. 197).

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raffigurazioni (f. 13v), Enea e Acate dall’alto di una collina assi- trattato sulla Diottra egli rimanda a una sorta di teodolite da lui coincidono con l’ecumene, comincia a tracollare46. Se l’idea di quale ho eseguito il lavoro, affinché egli possa fare i modelli nel caso ve ne sia la
stono alla costruzione di Cartagine, sintetizzata attraverso pochi inventato per rilevare la distanza tra punti non immediatamente espandersi a Oriente era destinata a fallire, la costruzione della necessità».
elementi: uno scalpellino al lavoro, un grande edificio sullo sfon- accessibili. Non è escluso che nel progetto per lo sbancamento del colonna dedicata a Marco Aurelio nel cuore di Roma, ottant’anni 24
Svetonio, Vite dei cesari. Augusto, XXVIII.
do e in primo piano una gru con ruota calcatoria sul cui albero è colle al quale Apollodoro appoggerà lo scenografico edificio dei più tardi, testimonia l’inizio di un’altra storia, quella della fortuna 25
Plinio il Vecchio, Storia naturale, XXXVI, 101, 24 e ss.: «Ma questo è il mo-
attorcigliata una fune che col suo disegno a spirale crea una scala a Mercati di Traiano e per la sistemazione di tutto il complesso di di un’opera di ingegneria destinata a suscitare ammirazione in mento di esaminare le meraviglie della nostra città, per vedere le ricchezze che
chiocciola (fig. 4). Si ritiene che sia in queste due macchine, la edifici del foro egli abbia svolto preliminarmente accurate opera- ogni epoca. scaturiscono da ottocento anni di esperienze, e per dimostrare che anche con i
vite di Archimede e tale tipo di gru, l’intuizione per la rivoluzio- zioni di misura, facendo tesoro dei testi di Erone, certamente una nostri edifici abbiamo conquistato il mondo; e la verità di questa affermazione
naria elica di marmo creata da Apollodoro all’interno della Co- delle sue letture più importanti. sarà provata attraverso la descrizione di alcune meraviglie. Se immaginiamo
lonna. Forse desideroso di imitare le gesta di Alessandro Magno, 1
Anneo Floro, Epitome, pref. 8. l’intero agglomerato dei nostri edifici ammassato e posto su una grande base,
D’altro canto non è questo il solo riferimento di Apollodo- inaugurata la Colonna, nello stesso 113 d.C. Traiano comincia la 2
Dione Cassio, Storie, LXVII, 6. noi vedremo questa grande costruzione alzarsi molto su di noi come se fosse un
ro a Erone di Alessandria. Lynne Lancaster vede nel grande ca- campagna che lo porterà ad annettere all’impero anche parte 3
Ivi, LXVIII, 10, 1. altro mondo tutto concentrato in un singolo posto.»
stello ligneo realizzato per la costruzione della Colonna, e alla cui dell’Armenia e della Mesopotamia, arrivando fino al Golfo Persi- 4
Coarelli 1999, p. 78, tav. 34.
26
Plinio il Vecchio, Storia naturale, XXXVI, 69-71, 14.
sommità sarebbero state poste le carrucole multiple per il solleva- co. Lontano dalla capitale e provato dalle numerose rivolte dei 5
Lachmann 1848-1852, pp. 92-93.
27
Dione Cassio, Storie, LV, 8, 3-4.
mento dei blocchi, un’enorme torre mobile da assedio trasforma- popoli che in quelle regioni mal tolleravano la presenza di Roma, 6
CIL, III, 1699.
28
Marziale, Epigrammi, XII, 8, 1.
ta in una gigantesca macchina elevatrice, non diversa come con- per un’improvvisa malattia l’imperatore muore in Cilicia nel 117 7
CIL, VI, 40500.
29
Ivi, Liber Spectaculorum, XVIII, 4.
cetto dalla gru descritta da Erone e specificamente destinata a d.C. Se da una parte le guerre di conquista di Traiano avevano 8
Dione Cassio, Storie, LXIX.
30
Ivi, III, 1, 2.
sollevare i pesi più ingenti (fig. 5)43. Attivo circa cinquant’anni smentito la pretesa che la geografia della Terra corrispondesse al 9
Savo 2009, pp.499-540.
31
Tibullo, Elegie, II, 3, 42-44.
dopo Vitruvio, Erone descrive gru diverse da quelle che si trova- dominio di Roma, come già ritenevano Silla, Pompeo, Cesare e 10
Settis et al. 1988.Cfr. anche il saggio di Settis in questo volume.
32
Strabone, Geografia, IX, 5.
no nelle pagine del De architectura, offrendo soluzioni a una serie Ottaviano Augusto, dall’altra le nuove terre annesse all’impero 11
Degrassi 1947, XIII, 1, 5, p. 200.
33
Orazio, Epistole, II, vv. 119-121.
di casi particolari e di grande attualità per il mondo del cantiere; avevano infranto l’antico equilibrio che per tanti anni ne aveva 12
Ungaro 2017b, pp. 146-147.
34
Plinio il Vecchio, XXXVI, 6, 2.
una di esse, una sorta di ascensore per la discesa controllata di un garantito la stabilità (la sola Dacia ne aveva ampliato di oltre 600 13
Zanker 1970.
35
Plinio il Giovane, Panegirico, LI.
mezzo che trasporta un peso ingente, è stato suggerito come so- km i confini). La breve durata delle conquiste orientali di Traiano 14
Settis et al. 1988, pp. 40-44.
36
Vitruvio, De architectura, X, VI, 1-3.
luzione per il posizionamento dei blocchi della Colonna in alter- dimostrò la debolezza dell’impero, avviando il processo che 15
Ammiano Marcellino, XV, 10, 15-16.
37
Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, I, 34, 2.
nativa all’impiego di macchine elevatrici44. Si tratta di un sistema avrebbe portato Diocleziano ad abbandonare la capitale e a tenta- 16
Dione Cassio, Storie, LXVIII, 16.3.
38
Ateneo di Naucrati, De ipnsophisti, V, 207-08.
attraverso il quale un blocco può essere spostato lungo il pendio re con la tetrarchia di reggere quell’enorme struttura su quattro 17
Vitruvio, De architectura, VII, pref., 12.
39
Martines 1983; cfr. anche il saggio di Martines-Conti in questo volume.
di una montagna tramite una slitta o un carro il cui movimento sia “sostegni”. Del resto, che niente fosse stabile ma destinato a mu- 18 Ivi, 14.
40
Cfr. il saggio di Martines-Conti in questo volume.
bilanciato e controllato tramite funi, carrucole e un contenitore tare era noto agli uomini di cultura del tempo. Ovidio aveva scrit- 19
Desideri 1991.
41
Erone 1988, III, 2, pp. 164-166.
pieno di pietre a fungere da contrappeso (fig. 6). In sostanza, vie- to le Metamorfosi con l’idea che tutto fosse sottoposto a trasforma- 20
Tacito, Agricola, XLIV, 5.
42
Codex Vaticanus Latinus 3225. Cfr. Bianchi Bandinelli 1979, p. 323.
ne a crearsi una specie di ascensore, soluzione che Erone mette in zione, concetto sottolineato in modo ancora più convincente da 21
Martines 1999a.
43
Erone 1988, III, 5, pp. 188-190; cfr. Lancaster 1999 e il saggio dell’autrice in
atto anche per posizionare una colonna sulla propria base dopo Lucrezio quando usa la metafora atomistica della machina mundi: 22
La Regina 1999, p. 9. questo volume.
averla sollevata (fig. 7)45. Tra l’altro, molte delle opere di Erone la grande mechané della politica su cui Roma si era retta per secoli 23
Commare 1999, p. 51: «Ti invio dunque in disegno alcuni modelli che ho
44
Molari et al. 2016; Bruno et al. 2018.
affrontano problemi di misurazione e rilievo topografico (Defini- è ormai incapace di mantenere la stabilità. Perduto l’equilibrio, la costruito, di buon uso per un assedio; di ciascuno di essi ho svolto una trattazio-
45
Erone 1988, III, 9-10, pp. 195-198.
tiones, Geometria, Geodesia, Stereometrica, Mensurae, Metrica) e nel grande macchina del mondo, il dominio di Roma i cui confini ne. Ti mando anche un assistente a cui ho mostrato ogni cosa e in presenza del
46
Lucrezio, De rerum natura, V, vv. 93-104.

100 101
Notizie
sulla Colonna Traiana

Cinzia Conti, Giangiacomo Martines

Date
Il Foro di Traiano fu inaugurato il 1° gennaio 112, con la Basilica Ulpia, in occasio-
ne del conseguimento di Traiano del VI Consolato insieme a T. Sesto Africano1.
La Colonna2 fu inaugurata successivamente, il 12 maggio 1133. Nell’epigrafe, sul-
la porta si legge la dedica del Senato e del popolo romano all’imperatore (fig. 1)4.
Il bassorilievo5 rappresenta le due guerre daciche, del 101-102 e del 105-1076. Il
fregio istoriato si avvolge ventitré volte intorno al fusto: ha la forma di un libro antico,
volumen, cioè un rotolo avvolto attorno a una colonnina7. Dei due libri nel quale Traiano
aveva scritto Dacica in due libri – come Giulio Cesare i Commentari – di cui resta una la sola
riga: «Inde Berzobim, deinde Aixi processimus»8.
Traiano partì da Roma per la Dacia il 25 marzo 1019. Il trionfo della prima guerra
fu celebrato tra il 10 e il 31 dicembre 102 conferendo all’imperatore il titolo Dacicus10. La
seconda guerra cominciò nel giugno del 10511, due anni dopo, a metà giugno, l’impera-
tore tornò a Roma, e celebrò il suo trionfo nel Circo Massimo12. L’impero raggiunse al-
lora la massima estensione dalla Britannia a Nord all’Aegyptus a Sud, da Hispania e Maure-
tania a Ovest ad Armenia, Assyria, Mesopotamia a Est13.
Nell’ottobre del 113 Traiano partì di nuovo per la guerra contro la Parthia14 e con
lui l’imperatrice Plotina. Nel febbraio 116, il Senato gli conferì il titolo Parthicus15, ma
nell’estate del 117, l’imperatore malato ripartì dalla Parthia lasciando il comando ad
Adriano, Legatus in Siria16. Nel mese di agosto, probabilmente il 10, Traiano morì a Seli-
nunte in Cilicia, a sessantré anni17. Era nato nella Baetica, odierna Andalusia, il 18 settem-
bre, del 53 o 5618.

103
Misure e geometria Il plinto è formato da un parallelogramma retto, a base
La Colonna sorgeva in origine al centro di uno stretto peri- quadrata, che termina in basso con un cavetto. Sulla fig. 1 occorre
stilio rettangolare in stile corinzio, largo 20,20 m e lungo 2519, osservare che il podivm termina in alto con un cavetto e la colonna
fiancheggiato da due biblioteche sui lati brevi e sui lati lunghi ri- termina in basso con un secondo cavetto, ma più piccolo: le due
spettivamente dalla Basilica Ulpia a Sud, e dall’ingresso rivolto al curve sono simili e in greco definite lysis, letteralmente “soluzio-
Tempio del Divo Traiano a Nord20. Delle colonne del peristilio ne”, come di un solido in un liquido, infatti fondono il podio con
restano i dadi di fondazione in travertino. la colonna.
Il piano di spiccato è a quota 16,90 m s.l.m.21: corrisponde Nella spira della colonna, la lysis sotto la plinthis è alta 17,4
alla superficie superiore della solea in blocchi di travertino, che cm ed è nascosta dalle aquile sugli spigoli: nella forma essa è il
sigilla il dado di fondazione in opus caementicium. La solea forma un raddoppio del cavetto sottostante25. Dal punto superiore di questa
quadrato di lato 9,06 m, con limiti a linea spezzata per effetto dei lysis, che è segnato in fig. 1, alla sommità del capitello, l’altezza è
blocchi grezzi22. Al di sopra era un pavimento in lastre di marmo di 2958,9 cm cioè 100 pedes di 29,59 cm26. Questo punto è preci-
alte 19,8 cm, di cui resta il segno sul perimetro del podio (fig. 1). so, geometricamente definito, ma non è sottolineato da alcuna
Il podio (podivm) è alto 527,3 cm dalla linea del pavimento modanatura, come invece avviene nella Colonna di Marco Aure-
alla linea superiore del cavetto (lysis) sul quale poggiano, sugli spi- lio. La colonna è dunque “centenaria”.
goli, quattro aquile; che ghermiscono altrettante ghirlande di fo- L’espressione centenaria è nota dalle fonti in relazione alla
glie di quercia. Colonna di Marco Aurelio o Colonna Antonina, che si trova a
Il podio è largo 529,7 cm, misurato sul bassofondo del fre- Roma di fronte a Palazzo Chigi. Infatti due epigrafi registrano i
gio d’armi, che forma il fregio (zophorus) del podio stesso. Le armi privilegi concessi da Settimio Severo al soprintendente del monu-
ammucchiate in catasta raffigurano il trofeo delle guerre23: vi sono mento, per la costruzione di una casa di servizio presso la Colon-
le armi dei Daci, ma anche armi romane – utilizzate dai Daci o na. Il suo nome era Hadrastus, un liberto, Procurator Columnae cen-
comunque raccolte sul campo di battaglia. Le armi sono rappre- tenariae Divi Marci27. Effettivamente, dunque, la colonna di Marco
sentate al vero e la catasta è simbolicamente legata in basso con Aurelio – base, fusto e capitello – misura 2961,7 cm28. Ma nessu-
una fune, che decora il toro superiore della base (spira) del podio na fonte antica è nota con uguale espressione per la Colonna Tra-
stesso. iana.
Al di sopra del podio, la colonna propriamente detta è for- La Colonna Traiana è fatta in marmo di Carrara (Luna)
mata da base, fusto e capitello (spira, scapvs, capitvlvm) che esami- estratto dalla cava di Fantiscritti29 a quota 630 m s.l.m. La cava è
neremo a partire dall’alto. nel bacino di Miseglia ed è coltivata ancora oggi: per questo moti-
Il capitello è di stile dorico, con ventiquattro ovuli e venti- vo si conservano poche tracce delle cave romane30. Il nome della
quattro scanalature, che scompaiono sotto il volumen, come nasco- cava deriva da un bassorilievo scolpito su una parete, che rappre-
ste, secondo una linea geometrica rigorosa e delicata24. La sommi- senta tre “fanti scritti”, cioè piccole figure, Giove tra Ercole e Bac-
tà dell’abaco è una terrazza belvedere, con lato 4,29 m: essa può co, identificate come Settimio Severo tra Caracalla e Geta31. Il
accogliere comodamente ventiquattro persone. La quota del capi- bassorilievo, distaccato dal fronte di cava nel 1863, è conservato
tello sulla solea è 35,26 m (fig. 1, altitudo). nell’Accademia di Belle Arti di Carrara.
La base della colonna (spira) è costituita da torus e plinthis; Tutto il monumento è costituito da ventinove colossali
tra i due è un devexum, letteralmente “displuvio”. monoliti32:
Il toro è una corona di foglie d’alloro, in tredici file embri- - otto blocchi parallelepipedi formano il podio, disposti su
cate, raccolte da un nastro che avvolge la corona stessa con sei quattro livelli in coppie alternate;
volute. L’alloro reca le drupe, segno della primavera appena ini- - diciannove formano la colonna propriamente detta: il 1°
ziata, in concomitanza con la data dell’inaugurazione del monu- rocchio comprende il toro e l’ultimo è il capitello, circolare sotto
mento. e quadrato sopra;

Fig. 1. Colonna Traiana, ordine architettonico, scala 1:50.


Rilievo Modus Società Cooperativa, Roma; disegno
Luciana Fosci e Marco Genesio Pelletti, 1988 (Archivio
Soprintendenza Archeologica di Roma; Martines 2001,
tav. 87); elaborazione informatica Roberta Zaccara,
Giulio Pelletti.

104 105
- sopra al capitello, altri due rocchi circolari formano il pie- La scala a chiocciola percorre tutta la colonna propriamen- storia all’esterno e la chiocciola all’interno.
distallo della statua. te detta, a partire dal plinto: attraversa l’8° blocco del plinto, il Sulla sommità è la statua in bronzo di San Pietro, inaugura-
La tav. 1 presenta i pesi dei singoli blocchi e rocchi, quali toro, i diciassette rocchi del fusto e il capitello. ta il 28 novembre 1587, alta 408 cm53. L’opera fu scolpita da Le-
sono al finito, e le rispettive altezze parziali33. Tutto il monumen- La scala è scavata in ogni rocchio. Il vuoto della scala è una onardo Sormani e Tommaso della Porta, fusa da Bastiano Torri-
to pesa 1036 tonnellate: il blocco più pesante è l’8° del podio, caesura ovvero una trincea come quella che i cavatori antichi apri- giani, utilizzando un mezzo cannone di Castel Sant’Angelo e un
72,33 t; il 1° rocchio della colonna pesa 50,37 t; il 18° 22,3 t; il vano per separare un blocco dalla montagna42. Nelle cave di Cusa «pezzo di pilastro di metallo antico tolto alla retonda»54. La statua
capitello 44,66 t. in Sicilia si conservano ancora caesurae circolari scavate intorno ai era in origine dorata, forse a foglia d’oro, e concluse il restauro
La Colonna era completata in alto con la statua dell’impe- rocchi destinati alle colonne dei templi di Selinunte43. voluto da Sisto V e diretto da Domenico Fontana. L’altezza della
ratore, in bronzo dorato; era una colonna onoraria nell’accezione In ogni rocchio della Traiana, il vuoto della scala è una cae- Colonna, fino all’aureola dell’Apostolo, è 44,12 m sul livello del-
di Plinio il Vecchio: «Columnarum ratio erat attolli super ceteros mor- sura circolare, mentre il pieno è un volume elicoidale. Sul piano la solea55.
tales, quod et arcus significant novicio invento»34. sommitale di ogni rocchio, lo scavo della scala lascia tre parti inte- La più antica guida di Roma, il Curiosum Urbis Romae56, da-
Al piano del Foro, superata la porta d’ingresso, un piccolo gre (fig. 4)44: tato da Theodor Mommsen agli anni successivi a Costanzo II (337-
breve corridoio a sinistra conduce alla cella, ove fu deposta l’urna - una corona circolare all’esterno; 361)57, definisce le Colonne di Traiano e di Marco Aurelio con
d’oro con le ceneri dell’imperatore e forse anche dell’imperatri- - un cilindro pieno al centro; l’espressione columna cochlis che richiama la conchiglia del tritone
ce35. La Colonna aveva infatti anche una funzione funeraria36. - e tra essi un settore di corona pari π/2. o della lumaca58. La spiegazione di cochlis in termini di architettura
A destra della porta di ingresso comincia la scala, con tre Nella sovrapposizione tra due rocchi, le parti della scala si trova nell’enciclopedia di Isidoro di Siviglia (570-636) e riguar-
rampe rettilinee ricavate nel podio; la larghezza è 75 cm e l’altez- sono a contatto per una superficie che è minore di π/2, tanto da proprio l’elica della scala59. Dunque “colonna coclide” si riferi-
za del gradino 19 cm. I gradini sono 184 a partire dal livello origi- quanto un gradino. sce all’aspetto interno ed esterno dell’architettura, proprio come
nario del pavimento esterno. Sul capitello, la porta era dotata di In questo modo le soluzioni di continuità dell’elicoide (π/2 la conchiglia dei gasteropodi.
una soglia, alta come un gradino, oggi dilapidata: originariamente – 1 gradino ) non capitano mai in verticale ma scattano in avanti
i gradini erano dunque in tutto 185. Di essi 152 formano la chioc- progressivamente secondo l’elica. Il risultato è una vite di marmo, Fregio istoriato
ciola, che comincia esattamente dove all’esterno vediamo la pri- più leggera rispetto a una colonna piena e più rigida rispetto a una Sullo scapvs della Colonna, il bassorilievo si estende per
ma finestrella (fig. 1): cioè un uomo che guarda fuori della fine- colonna vuota; il vuoto della scala alleggerisce ogni rocchio esat- l’altezza di 26,44 m, dal limite inferiore dell’apofisi alla sommità
strella poggia i piedi sul primo gradino della chiocciola. tamente di 1/3 rispetto all’equivalente rocchio pieno: una strut- del 18° rocchio (fig. 1); la superficie del bassorilievo è 296,5 m2.
A proposito della struttura della colonna, al di sopra dell’a- tura ideale per resistere ai terremoti di Roma45. Il bassorilievo è profondo 40-45 mm, tanto quanto la cornice del-
pofisi (apophysis) (fig. 1), il fusto è formato da diciassette rocchi Nel mondo antico la vite di Archimede, una macchina le finestrelle; mentre le prime dieci scene hanno minore profon-
circolari, simili37. Dal basso verso l’alto, il diametro dei rocchi idraulica per l’irrigazione, per prosciugare le gallerie delle minie- dità, solo 25-30 mm60.
varia secondo l’entasis o rastremazione del fusto38, a partire dal re e le sentine delle navi46, era diffusa e celebre47. Essa era fabbri- La linea di terra del fregio istoriato è lunga complessiva-
10° rocchio. L’altezza dei rocchi è quasi costante, compresa tra cata in legno, leggerissima e resistente e la costruzione è traman- mente 260,82 m compresa la circonferenza sul listello (quadra)
154,7 cm del 3° e 148,2 del 13°. La differenza è dovuta al lavoro data dal X libro di Vitruvio48. La struttura della Colonna Traiana che sovramonta il toro, lambita dalle onde del Danubio (fig. 1).
di livellazione, di alta precisione, realizzato, come si vede nei di- ripete precisamente la forma di questa macchina, in proporzione Dopo il primo giro in piano, la linea di terra sale a spirale per una
segni e nei modelli del maestro Claudio Capotondi, per rendere gigante49. lunghezza di 248,97 m con un’inclinazione di 6°. Mentre all’in-
perfetto il piano d’appoggio39. Tra i blocchi non vi è malta, ma essi La parte di elicoide pertinente a ogni rocchio porta otto terno l’inclinazione della scala è 12°61.
sono vincolati con perni di bronzo parallelepipedi, sigillati con gradini, mentre l’intero angolo giro della scala è diviso in quattor- Sulle ventitré spire, alte in media 120 cm, sono rappresen-
piombo fuso colato dall’esterno. In ogni sovrapposizione, i perni dici gradini50: la divisione in otto dell’altezza di ogni rocchio costi- tate 155 scene secondo Conrad Cichorius62. Il fregio istoriato
erano quattro, posti a 45° rispetto agli assi del podio: alti 165 tuisce il modulo costante nel progetto dell’intera colonna51. comprende 2570 figure di cui 634 sono Daci; 205 alberi. Ci sono
mm, a sezione quadrata di 40-45 mm, come si rileva dai vuoti la- La chiocciola è illuminata da quaranta finestrelle, disposte 930 piedi e 1429 orecchie scoperte63. Sul mare e sul Danubio sono
sciati40. I perni furono rubati nel Medioevo per fabbricare pento- sugli assi principali del monumento: sono strette 40-45 mm e alte raffigurate complessivamente trentatré navi, di cui undici da guer-
le, falci e spade e ne restano soltanto due41: tra il 3° e il 4° rocchio, mediamente 29 cm, un pes52. La prima si apre esattamente nel ra e ventidue da carico. Tra le armi sono raffigurate sette cheiro
sul collo di un soldato romano, e tra il 4° e il 5°, sul mantello di punto iniziale del fregio istoriato (fig. 1) e illumina proprio l’inizio ballístrai, balestre a mano, leggere, inventate da Erone di Alessan-
Traiano (figg. 2-3). della chiocciola, stabilendo una corrispondenza tra il volumen della dria pochi decenni prima64.

Fig. 2. Colonna Traiana, scena 33, particolare: un canalino di Fig. 3. Colonna Traiana, scena 24, particolare:
piombo a sigillatura del perno tra i rocchi 4° e 5°, sul un canalino di piombo a sigillatura del perno
mantello di Traiano sotto la mano sinistra. Riproduzione in tra i rocchi 3° e 4°, sul collo di un soldato
grandezza 3/4 (foto Cinzia Conti, 1985). romano. Riproduzione in grandezza 3/4 (foto
Pasquale Rizzi, 1985; Archivio Soprintendenza
Archeologica di Roma).

106 107
Tav. 1 Colonna Traiana: peso della struttura, altezza dei blocchi, quote sul livello del mare

ELEMENTI LIVELLO BLOCCO H cm PESO T QUOTA S.L.M. ELEMENTI LIVELLO BLOCCO H cm PESO T QUOTA S.L.M.

altezza totale da I al XXVI 3857,0 8° 149,8 28,17


peso totale 1036,02 XII ---

PIEDISTALLO 7° 153,6 29,50


DELLA STATUA XI ---

XXVI --- 6° 151,5 29,10

21° 181,5 29,89 X ---

XXV 5° 152,0 29,07


IX ---
20° 149,4 18,49
4° 154,3 29,86
XXIV --- 52,16
VIII ---
altezza di basamento
3526,1 3° 154,7 29,96
e colonna
VII ---
COLONNA
2° 154,4 29,85
altezza
2892,1 VI ---
della colonna
peso della colonna 555,91 toro 1° 154,7 50,37

XXIV --- 52,16 V ---

capitello 19° 150,9 44,66 PODIO


XXIII --- altezza del podio 634,0
18° 154,6 22,30 peso del podio 431,73
XXII --- V ---
17° 151,1 22,52 8° 72,33
XXI --- 194,3
16° 150,5 23,27 7° 62,83
XX --- IV ---
15° 148,7 23,70 6° 48,76
XIX --- 135,1
14° 149,0 24,73 5° 48,11
XVIII --- III ---
13° 148,2 25,36 4° 45,10
XVII --- 169,6
12° 154,2 27,69 3° 41,48
XVI --- II --
11° 154,4 28,50 2° 55,93
XV --- 135,0
10° 151,3 28,12 1° 57,19
XIV --- spiccato I -- 16,90
9° 154,2 29,18
XIII ---

108 109
Traiano è rappresentato cinquantotto volte con certezza65.
La prima raffigurazione dell’imperatore, non certa per il consu-
mo del volto, è all’inizio, nella scena 5: il generale in piedi, con
cavallo al seguito, davanti all’armata in marcia, dopo l’attraversa-
mento del Danubio su due ponti di barche66. In questo caso, la
sessantesima rappresentazione era costituita dalla statua sul capi-
tello67.
Sul fregio istoriato, Traiano è un poco più alto delle figure
intorno a lui: la misura è compresa tra 58 cm nella scena 42 e 76
cm nella scena 141. In dette scene, l’altezza della testa è rispetti-
vamente 8,7 e 10 cm68. La figura più alta in assoluto è il re dei
Daci Decebalo69, che inginocchiato nel momento del suicidio è
alto 63 cm. Questa scena, la 145, è sulla penultima spira, verso il
Tempio di Traiano, sullo stesso asse della Nike e del ponte di
Apollodoro sul Danubio, facile quindi da ritrovare. Infatti il com-
plesso volumen consente anche un sistema verticale di lettura70.
Non è noto il nome dello scultore che ideò il fregio istoria-
to: Ranuccio Bianchi Bandinelli lo ha chiamato il “Maestro delle
imprese di Traiano”71. Sulla base degli schemi compositivi e delle
caratteristiche figurative è possibile individuare cinque scultori
nell’esecuzione72, con due aiuti dedicati ad alcune scene in parti-
colare. Il bassorilievo era certamente policromo73.
La Colonna fu costruita tra il 107 e il 113 e in un breve
periodo, sei anni compreso l’innalzamento, i sette artisti esegui-
rono un’opera così grande che corrisponde allo sviluppo di tren-
tacinque sarcofagi monumentali. Bianchi Bandinelli pensò che il
“Maestro delle imprese di Traiano” potesse essere stato lo stesso
architetto74.

L’architetto: Apollodoro di Damasco


Dione Cassio nella Storia romana certifica l’attribuzione del
Foro Traiano e della Colonna ad Apollodoro: «Traiano costruì
anche biblioteche e nel Foro una grandiosa Colonna […]75. Adria-
no esiliò e poi fece uccidere l’architetto Apollodoro, che aveva
costruito in Roma il Foro, l’Odeon e il Ginnasio, opere edilizie di
Traiano»76.
Procopio di Cesarea in Degli edifici dell’imperatore Giustinia-
no dà notizie e misure del ponte sul Danubio e precisa la prove-
nienza di Apollodoro, ovvero Damasco77. Adriano La Regina ha
recentemente scritto sulla personalità dell’architetto e sul regno
dei Nabatei nel quale era nato78.
Fig. 4. Colonna Traiana, pianta della scala a chiocciola e Apollodoro scrisse un trattato sulle macchine d’assedio in-
assonometrie; esame di un rocchio: relazione di equilibrio tra titolato Poliorceticá79, pervenuto interamente attraverso un’ampia
cilindro esterno e cilindro interno; esame della scala: sviluppo in
piano del disegno della scala sul cilindro esterno (Martines 1983).
tradizione manoscritta, con illustrazioni80. L’opera ha la forma di
una lettera, in risposta all’imperatore, di cui Apollodoro non pre-
Fig. 5. Colonna Traiana e Colonna di Marco Aurelio, livellazione cisa il nome, né il teatro di guerra, né l’anno. Elementi mancanti
delle sommità, scala 1:50. Rilievo Modus Società Cooperativa,
Roma; disegno Anna Maria Saccomanno, 1988 (Archivio che Théodore Reinach ha indicato con Traiano, la guerra in Par-
Soprintendenza Archeologica di Roma; Martines 2001, tav. 93). thia e il 11581.

110 111
Tav. 2 Colonna di Marco Aurelio: peso della struttura, altezza dei blocchi, quote sul livello del mare

ELEMENTI LIVELLO BLOCCO H cm PESO T QUOTA S.L.M. ELEMENTI LIVELLO BLOCCO H cm PESO T QUOTA S.L.M.

altezza totale 4197,4 XV ---


peso totale 1335,84 7° 152,6 29,90

PIEDISTALLO XIV ---


DELLA STATUA 6° 154,8 30,90
MANCANTE
XIII ---
XXIX -- 5° 154,1 30,56
21° 29,89 XII ---
XXVIII -- 4° 157,2 30,10

20° 184,1 37,58 XI ---

XXVII --- 55,55 3° 154,5 30,83


X ---
altezza di basamento
4013,3
e colonna 2° 156,1 31,40

COLONNA IX ---
plinto e toro 1° 157,7 68,53
altezza
2961,7
della colonna VIII ---
peso della colonna 659,04 PODIO
XXVII -- 55,55
altezza del podio 1051,6
capitello 19° 153,8 79,11
peso del podio 639,22
XXVI ---
VIII ---
18° 156,0 29,61
10° 146,0 63,45
XXV ---
VII --- 194,3
17° 157,6 28,81
9° 30,09
XXIV ---
146,5
16° 155,6 29,11
8° 33,16
XXIII ---
VI ---
15° 155,8 29,34
7° 145,5 63,09
XXII ---
V -- 71.12
14° 159,0 30,22
6° 71.12
XXI ---
186,0
13° 156,6 29,89
5° 72,37
XX ---
VI ---
12° 155,7 29,67
4° 135,5 95,66
XIX ---
III --
11° 156,4 29,51
3° 60,26
XVIII ---
171,1
10° 155,4 29,96
2° 62,67
XVII ---
II --
9° 158,2 30,93
1° 121,0 87,35
XIII ---
spiccato I -- 15,42
8° 154,6 30,66

112 113
Progenie 1
Smallwood 1966, p. 6: anno 112; p. 32: linea 28; Bennet 1997, p. 183. 29
Lazzarini et al. 1988. 64
Marsden 1969, pp. 188-191, tavv. 6-11; Marsden 1971, pp. 206-233.
La Colonna Traiana è il capostipite di una progenie di co- 2
L’espressione “Colonna” in maiuscolo si riferisce al monumento, mentre in 30
Dolci 1980. 65
Conti 2001; Conti 2014a.
lonne cochlides centenariae: una a Roma di Marco Aurelio costruita minuscolo “colonna” si riferisce alla colonna propriamente detta: base-fusto-ca- 31
Tedeschi Grisanti 1975. 66
Coarelli 1999, p. 51, tav. 7.
tra il 180 e il 19382, due a Costantinopoli, rispettivamente di Te- pitello. 32
Martines 1983. 67
Conti 2017.
odosio tra il 387 e il 393 e di Arcadio 401-42183. Dei monumenti 3
Degrassi 1947, pp. 202-203: XXII, 113: linee 54-56, e tav. LXXVI; Smallwo- 33
Martines 2000, tav. I. 68
Conti in corso di stampa/b.
di Costantinopoli resta solo il podio di Arcadio, sconquassato dai od 1966, p. 32: linee 55-56; Bargagli-Grosso 1997, pp. 37-38. Sulla data in 34
Plinio, Naturalis Historia, XXXIV, 11, 20; e 12, 27. Becatti 1960, p. 30. 69
Petolescu 2013; Velcescu 2013.
terremoti e nascosto tra due case. La più recente è a Parigi, dedi- particolare si veda l’aggiornamento di Géza Alföldy e Gabriele Wesch-Klein, 35
Boni 1907; Boni 1912; Lugli 1960; Becatti 1960, p. 26; Bruno-Bianchi 2017. 70
Gauer 1977; Farinella 1981, pp. 2-9.
cata a Napoleone I e costruita in origine nel 1806-181084. CIL VI, 8.2, 1996, pp. 4310-4311. 36
Becatti 1960, p. 31; Settis 1988, pp. 53-54, 60 e sgg. 71
Bianchi Bandinelli 1978, p. 129.
La Colonna di Marco Aurelio è più alta della Colonna Tra- 4
CIL VI, 960. Degrassi 1947, pp. 203, 232. 37
Martines 1983; Idem 2017. 72
Conti 2001, pp. 199-215; Eadem in corso di stampa/c.
iana (fig. 5). Lo spiccato è a quota 15,42 m s.l.m.85, più in basso 5
Frohener 1865; Frohener 1872-1874; Cichorius 1896-1900; Lehmann-Hart- 38
Wilson Jones 2000, pp. 128-130. Inoltre, si veda il saggio di Mark Wilson 73
Conti in corso di stampa/d.
rispetto al Foro Traiano, mentre il capitello è più in alto del capi- leben 1926; Becatti 1960; Florescu 1969; Gauer 1977; Lepper-Frere 1988; Jones in questo catalogo. 74
Bianchi Bandinelli, nel documentario Rai Io e la Colonna Traiana (Cineteca
tello della Traiana (55,57 m s.l.m.) perché il podio è notevolmen- Settis et al. 1988; Maffei 1995; Coarelli 1999; Martines 2001; Galinier 2007; 39
Orlandos 1966-1968. Rai, inv. C 15.237, regia di Luciano Emmer, a cura di Anna Zanoli, Anna Ma-
te più alto. Infatti esso è costituito da dieci blocchi su sette livelli. Stefan 2015; Petolescu-Galinier-Matei Popescu 2015. 40
Martines 2000, p. 26. ria Cerrato, Sara Chiarante Staccioli, musiche di Roman Vlad, 29 marzo 1972,
Oggi, camminando a piedi lungo il corso, non apprezziamo questa 6
Paribeni 1926-1927; Bennett 1997, pp. 85-103; Stefan 2005, pp. 503-693. 41
Ivi, tav. VII. della serie Io e … A tu per tu con l’opera d’arte, di Cesare Brandi e Franco Simon-
differenza perché lo spiccato originale della Colonna di Marco Au- 7
Weitzmann 1991, pp. 158-166. 42
Dolci 1980. gini), osserva la Colonna su un braccio mobile: «La Colonna è il risultato, io
relio è interrato di 2,60 m sotto il piano di piazza Colonna; in più 8
Priscianus Caesariensis, Institutionum grammaticarum libri XVIII, VI, 3, 13: Krehl 43
Nenci 1979. credo, di una grandissima personalità artistica, che deve avere dato il disegno di
il prospetto del suo podio fu interamente rimodellato da Domeni- 1819-1820, I, p. 226. 44
Martines 1983; Idem 2008. tutti i duecento metri di nastro che si avvolge intorno alla Colonna. In questi
co Fontana: Sisto V volle rendere simili i basamenti delle due co- 9
Bennett 1997, p. 88. 45
Guidoboni 1989; Guidoboni-Comastri 2005. duecento metri di disegno, naturalmente eseguiti poi chissà da quanti scalpelli-
lonne destinate ai due apostoli di Roma86. 10
Ivi, p. 96. 46
Ateneo di Naucrati, Deipnosophistae, V, 208 f. ni, c’è una vitalità, una forza di espressione e una continuità di tensione artisti-
Questa colonna non ha entasis: il profilo è perfettamente 11
CIL VI, 2074. Pareti 1952-1960, V, p. 184; Bennett 1997, p. 97. 47
Koetsier-Blauwendraat 2004; Di Pasquale 2013. ca veramente rarissima […] questo artista si può identificare con Apollodoro di
verticale e i rocchi sono più pesanti, come espresso nella tav. 287. 12
Bennett 1997, pp. 101-102. 48
Vitruvio, De Architectura, X, 6. Fleury 1993, pp. 145-169. Damasco, che ci è noto come ingegnere militare e come architetto del Foro di
Il risultato è che il capitello è più grande: 529,6 cm di lato, rispet- 13
Mazzarino 1973, I, pp. 390-393. 49
Martines 2000, p. 38; Idem 2013. Traiano».
to a 429,1 della Traiana. Evidentemente il capitello portava la sta- 14
Pareti 1952-1960, V, p. 195; Bennett 1997, p. 191. 50
La divisione della circonferenza in quattordici angoli eguali non è possibile 75
Dione Cassio, Historiae Romanorum, LXVIII, 16, 3.
tua di Marco Aurelio, che in proporzione era certamente più alta 15
Pareti 1952-1960, V, p. 198-199; Smallwood 1966, doc. 23: linee 9-12. con riga e compasso ovvero con gli strumenti della geometria euclidea. È una 76
Ivi, LXIX, 4, 1. Scagliarini Corlàita 1993.
di quella di Traiano. L’architetto di Marco Aurelio rispettò il ca- 16
Pareti 1952-1960, V, p. 225. caratteristica ricorrente nella cupola del Pantheon, ornata da ventotto lacunari 77
Procopio di Cesarea, De Aedificiis, IV, 6, 11-18.
none centenario dell’ordine architettonico, ma elevò il suo impe- 17
Bennett 1997, p. 274, nota 96; Lugli 1960, p. 333; secondo Kuhoff 2017: il su cinque livelli: Martines 1989; Idem 2015. 78
La Regina 1999.
ratore ancora più in alto, super ceteros, nel panorama di Roma88.Le 7 agosto. 51
Martines 1983; Idem 2008; Idem 2017. 79
Whitehead 2010, 39. La dottoressa Giovanna Commare della Biblioteca
misure della Colonna di Arcadio a Costantinopoli sono note dalla 18
Pareti 1952-1960, V, p. 162; Bennett 1997, p. 13. 52
Conti 2000. Apostolica Vaticana ha in preparazione una nuova edizione, con la cura di
descrizione di Peter Gyllius del 156189: l’altezza complessiva della 19
Amici 1982, p. 52; Packer 1997; Packer 2001, p. 72. 53
D’Onofrio 1992, p. 180, nota 5. Adriano La Regina, basata su quarantanove manoscritti.
struttura era uguale a quella di Marco Aurelio90. 20
Baldassarri 2016. 54
Città del Vaticano, Archivio Segreto, Archivum Arcis Armario B3, Domenico 80
Dain 1967, pp. 332-333, 380-381, 385-386; Martines 1999a.
La Colonna Traiana e la Colonna di Marco Aurelio sono 21
Martines 2000, p. 19. Fontana: «7 giugno 1590. Libro di tutta la spesa fatta da N.S. Papa Sisto V alla 81
Reinach 1895, pp. 198-202.
state restaurate negli anni 1981-1988, in attuazione della legge 23 22
Martines 2001, tav. 77. Colonna Antonina e Traiana», f. 30v. 82
Beckmann 2011.
marzo 1981, n. 92 «Provvedimenti urgenti per la protezione del 23
Coulston 2017; inoltre Coulston 1989; Petolescu-Galinier-Matei Popescu 55
Martines 2001, tav. 92v. 83
Becatti 1960, pp. 83-264.
patrimonio archeologico di Roma», compiuta dalla Soprintenden- 2015. 56
Valentini-Zucchetti 1940-1955, I, pp. 89-122. 84
De Saint Simon 1982.
za Archeologica di Roma, diretta dal Soprintendente Professor 24
Conti-Martines 2016. 57
Mommsen 1850. 85
Martines 2000, p. 19.
Adriano La Regina, che ne aveva promosso la presentazione al 25
Bauer 1983, p. 136, nota 33. 58
Plinio, Naturalis Historia, XXX, 73. 86
Martines 1999b, p. 120.
Parlamento nazionale91. 26
Martines 2000, p. 41. L’osservazione è dell’arch. Marco Genesio Pelletti, 59
Isidoro di Siviglia, Originum seu etymologiarum libri XX, XV, 2, 38. 87
Martines 2000, tab. II.
autore del rilievo di precisione della cornice del podio, con Paola Brunori: 60
Conti 2001; Eadem 2017. 88
Martines 1992, p. 1046.
Martines 2001, tav. 89. 61
Conti 2000. 89
Becatti 1960, pp. 154-155, nota 304.
27
CIL VI, 1585a, 1585b. Filippi 1999. 62
Cichorius 1896-1900. 90
Ortolani 1985, p. 41.
28
Martines 2000, tav. X. 63
Conti 2014b. 91
Conti 1999.

114 115
Per un approccio realistico
alla lettura delle strutture
del palatium Hadriani

Fulvio Cairoli Giuliani

Intendo trattare tre soli temi esemplari: il primo riguarda le ragioni della scelta del
luogo dove costruire il palatium Hadriani, argomento su cui torno a distanza di trent’an-
ni1. L’interrogativo fondamentale riguarda la possibilità che possa essere stato il fattore
organizzativo a condizionare la scelta del luogo per un’impresa che si voleva grandiosa.
Le ipotesi correnti vanno da un’ipotetica eredità di famiglia dell’imperatore, alla partico-
lare bellezza del luogo celebrata, ad esempio, dal Boissier (1823-1908) con la discutibile
affermazione: «nessun [panorama] dà ugual senso di grandiosità, di calma, di varietà e di
proporzione». A conferma che il paesaggio è uno stato d’animo, Rodolfo Lanciani nel
19062 realisticamente si domandò come mai l’imperatore avesse «scelto per questo suo
secesso una plaga di terra alta appena 100 m. sul mare, priva di orizzonte, afosa nell’esta-
te, rigida nell’inverno e di aria greve e forse anche malsana…»3.
Procederò tenendo un profilo basso, attento alle caratteristiche del territorio in
rapporto alla complessità organizzativa di un’opera di eccezione.
Siccome a uguale distanza da Roma la situazione oroidrografica e climatica non
cambia di molto almeno per un arco di 170°, quale poté essere il vero motivo della scel-
ta? Il fatto è che solo in questa zona si trova un insieme incredibile di elementi adatti a un
progetto dalle caratteristiche, forse all’inizio solo abbozzate, per la villa imperiale. L’area
infatti è al centro di una straordinaria rete viaria, sia terrestre che fluviale, alla quale fa
cenno Strabone4, e di un distretto ricco di ottimi materiali da costruzione e di notevole
disponibilità idrica.
Se è vero, infatti, che la via Tiburtina per funzionalità non differiva troppo dalle
altre consolari, fondamentale era la navigabilità dell’Aniene dalla confluenza con il Teve-
re, all’altezza della Salaria, fino quasi a Ponte Lucano (quindi a ridosso del futuro cantie-
re)5. Qui, in riva destra, un imbarco fu riattivato nel 1539, l’anno successivo alla dona-
zione fatta da Paolo III quando, ripulito il fiume, fu di nuovo utilizzato per il trasporto dei

116 117
travertini destinati alla fabbrica di San Pietro. Questo facilitava ne l’affidabilità per le fondazioni che nella Villa risultano spesso di ctum extruendorum moenium seu decorandorum in cohortes peratore. Forse fu l’intima, intellettualmente elegante, continua-
grandemente anche il trasferimento da Portus dei materiali prove- pochissimo impegno (fig. 1). centuria verat»11. zione del dialogo con un Apollodoro da tempo scomparso.
nienti d’oltremare, come metalli, marmi, e in genere tutto ciò Acquedotti, come l’Aqua Claudia e l’Anio Novus (oltre l’A- Ecco che diviene verosimile supporre che l’imperatore, In realtà, invece, nelle nostre disamine giriamo sempre in-
che non era reperibile nella penisola come, solo per fare un esem- nio Vetus e la Marcia), correndo nelle vicinanze a quota di poco che passò quasi l’intero periodo di comando a riorganizzare le torno al “disorientamento degli assi”, al carattere “urbanistico”
pio, legnami rari, sabbie particolari per la politura dei marmi, superiore, assicuravano il rifornimento dei grandi bacini come gli infrastrutture dell’impero anche dal punto di vista architettonico, della composizione, all’uso di “cerniere architettoniche”, al filel-
ecc. Così pure i laterizi seguivano la stessa via dall’area salaria invasi del Canopo, della Peschiera di Palazzo, del Pecile, del Tea- non abbia tralasciato di assicurare il libero fluire dei lavori nel lenismo adrianeo forse recitato, e, più recentemente, perfino a
ricca di figline. Il Tevere, inoltre, poteva trasportare dall’Umbria tro Marittimo, ecc. E inoltre si deve ricordare la prossimità delle cantiere che gli fu più caro e che lo accompagnò fino alla fine. Allo orientamenti archeo-astronomici, oppure all’originalità delle co-
il legname necessario al cantiere (e forse anche parte di quello Aquae Albulae, sorgenti solforose curative, notoriamente care scopo, la scelta del luogo era essenziale e appaiono del tutto inve- perture, sia piane che curve. Il frazionamento tematico, però,
d’arredo), come anche il combustibile per le diverse terme e gli all’imperatore, che presso le sorgenti costruì anche un edificio rosimili la motivazione del paesaggio, l’acquisizione casuale o, rende un pessimo servizio alla conoscenza del problema “Villa
altri sistemi di riscaldamento (Palazzo d’inverno, le cosiddette termale9. peggio, la via ereditaria. Adriana”, cancellando il concetto di “incompiuta”, che invece, a
Biblioteche, ecc.). Ce lo suggerisce il pondus lignarium di Ocricu- Infine, va considerata, anche se non determinante, la rino- Anche la sensazione concreta di grande fascino e bellezza saperlo vedere, resta prepotentemente presente. Si intuisce, in-
lum6, della fine del IV secolo, rinvenuto nel 1989, evidentemente manza acquisita nel tempo delle pendici dei colli tiburtini, affac- che oggi offre la Villa (in questo aiutata anche dalla sciatteria ur- fatti, che la costruzione sia andata avanti senza che se ne prevedes-
connesso allo scalo sul Tevere, il cosiddetto “Porto dell’Olio”. La ciate sulla campagna romana, scelte da secoli dal patriziato roma- banistica che si attraversa per raggiungerla), dipese solo da Adria- se la fine: era scontato che la morte dell’imperatore l’avrebbe
consolare Tiburtina Valeria, larga sei metri, che nelle aree sogget- no per le proprie residenze di otium10. no, che seppe trasformare una banale campagna, priva di peculia- vista incompiuta.
te a impaludamento in vicinanza delle Acque Albule correva su ar- Sotto questo aspetto, l’insieme dei vantaggi logistici, eco- rità e tarlata da cave, e segnata da qualche residenza rustica e re- Lo sfruttamento di vecchie strutture repubblicane, i diffusi
gine, non solo poteva ovviare all’interruzione dei trasporti dal nomici e soprattutto la possibilità di mantenere continuo il flusso lativa rete stradale, in una sinfonia di architetture di grande pre- e spesso radicali ripensamenti, certificano un costruire aperto, dai
lato di Roma se la via fluviale fosse stata impedita dalle piene7, ma d’approvvigionamento dei materiali da cantiere, poté prevalere, gio. Ma al rigore della sofisticata organizzazione del cantiere non limiti rimasti indefiniti per l’intero arco della costruzione. L’ope-
avrebbe potuto, all’occorrenza, anche consentire comunicazioni forse, sul non eccezionale carattere naturalistico dell’area. Lascia- poteva fare riscontro, è naturale, un progetto definito del pala- ra era stata intrapresa per accompagnare Adriano per tutta la vita,
alternative per via interna di lunga distanza con l’Adriatico8, sep- ta da parte la retorica del paesaggio, dunque, sembra piuttosto tium. ed egli ne fu talmente cosciente che sembra non ne abbia neppure
pure con gli intuibili rallentamenti e difficoltà. che l’imperatore abbia fatto ricercare un’area che sommasse i re- Villa Adriana resta una creazione unica, cresciuta per un fissato i confini materiali, che qualcuno progetta ancora di rintrac-
A poco più di due miglia, le cave di travertino fornivano, quisiti necessari per i quali, una volta iniziata l’opera, le spese, e intero ventennio, libera da altri vincoli che non fossero quelli ciare. La Villa, immaginata in divenire continuo, fu un laborato-
oltre al materiale in blocchi, anche eccellente calcare da calce soprattutto i tempi, si riducessero al minimo, proprio come strutturali, risultato della visione grandiosa di un personaggio rio di sperimentazione compositiva che sempre offre nuove solu-
(così come le pendici dei prossimi colli), riducendo di molto i all’avvio di una campagna militare. Un simile comportamento si straordinario, che doveva progredire con lui. In essa ci si sente zioni. Per questo forse, o forse per mia incapacità, negli oltre
tempi e i costi del cantiere. Cave di tufo e pozzolana,attive da addice perfettamente a quanto scrive dell’imperatore lo pseudo costantemente all’interno di un laboratorio di architettura, e non sessant’anni di frequentazione della Villa, non c’è stato giorno
tempo nell’area, oltre a fornire ottimo materiale da costruzione, Aurelio Vittore, secondo cui Adriano «ad specimen legionum mi- importa, né lo potremo fare mai, individuarne i diversi progetti- che ne sia venuto via senza aver appreso qualcosa di nuovo.
permettevano di conoscere le caratteristiche dei terreni e valutar- litarium fabros, perpendiculatores, architectos genusque cun- sti: su tutto domina la matrice unificante della personalità dell’im- Il secondo tema riguarda la tecnologia. Dopo la stagione

Fig. 2. Villa Adriana, Pecile.


A. I due colpi di mortaio del giugno 1944 presso
l’apertura praticata dal Conte Fede nel XVIII secolo;
B. lo stato del muro prima del restauro anni ’80;
Fig. 1. Grandi Terme e Stadio: notare l’irrilevante D. riduzione della sezione alla base del muro per 214
profondità delle fondazioni. metri. Il n. 1 indica il restauro anni ‘80, il n. 2 una sua
sbavatura.

118 119
Fig. 3. Villa Adriana, Sala dei pilastri dorici, anastilosi dei
primi anni ‘60 di una piattabanda armata del sistema
che riguardò l’intero peristilio; al centro schema
costruttivo (F.C. Giuliani), a destra piattabande curve
del Teatro Marittimo.

delle grandi realizzazioni flavie e traianee, le difficoltà di dar for- «lastrici solari a scansione modulare» del complesso a ridosso del-
ma al calcestruzzo e la consapevolezza delle sue qualità meccani- la «sala con triplice esedra» (fig. 6).
che erano problemi secondari e ormai si era acquisita ampia liber- Il terzo tema riguarda l’attribuzione ad Adriano dello sche-
tà nella formazione di involucri murari idonei alle tensioni più ma architettonico “siriaco”, in sostanza la serliana, dell’estremità
ardite. Un caso significativo è la resistenza a trazione raggiunta settentrionale del cosiddetto Canopo, frutto, forse, più del pro-
dalla muratura delle maestranze romane, tuttora negata per leg- vincialismo nostro che di quello di Adriano. In realtà si tratta di
ge, come nel caso clamoroso del muro del Pecile (fig. 2) in cui nel uno stilema molto diffuso in un ampio arco cronologico che pre-
Settecento fu aperta in breccia l’ampia porta senza alcuna prote- cede e segue l’età adrianea (per la quale, per il periodo in questio-
zione superiore. ne, si possono fare diversi esempi nella stessa Villa Adriana, ma
Con Adriano sono ormai usuali strutture d’avanguardia anche in Grecia, come il Ninfeo di Argo, il monumento sull’Imet-
come la piattabanda armata sia rettilinea sia curva (fig. 3). Esse to e, in fondo, lo stesso tempio di Adriano a Efeso). Del resto,
compaiono già nella Domus Aurea in addossamenti, probabilmente l’uso di attribuire un legame diretto di particolari architettonici
domizianei12, a piattabande neroniane non armate. Anche l’idea ad antenati siriani ha origine lontana, basta ricordare i “timpani
della costruzione ad abundantiam come causa della straordinaria spezzati” dell’emiciclo dei cosiddetti Mercati di Traiano, conside-
conservazione dei resti romani si rivela un luogo comune di fron- rati quasi la firma del progetto dell’edificio da parte di Apollodo-
te alla resistenza di strutture per le quali è evidente la stima al li- ro che, formatosi in ambiente siriano, avrebbe applicato a Roma
mite. Cito come esempio il vestibolo della Piazza d’Oro, in cui la il motivo architettonico. Peccato che lo troviamo usato, già due
cupola massiccia, a crociera con otto unghie rialzate per una luce secoli prima, nel Ninfeo Dorico di Albano15.
di 9,70 m, si regge su muri spessi solo 0,60 m (fig. 4), oppure la Per quanto riguarda la Villa, poi, lo schema siriaco non fu
straordinaria copertura voltata dell’ottagono delle piccole Ter- estraneo. Esso compare infatti, ma con quale altro stile, proprio
me13. Sembra che nel vestibolo della Piazza d’Oro, per la prima sulla fronte del triclinio estivo (il cosiddetto Serapeo). Fu proba-
volta, la forma dell’ottagono interno si sia ripetuta all’esterno. bilmente questo a connettere indissolubilmente all’imperatore
Non si trattò, però, di una scelta estetica ma piuttosto di una ri- l’apparato architettonico della curva settentrionale dell’euripo,
cerca tecnica, perché l’esterno rimase nascosto alla vista. Lo trasformandola quasi nel logo della Villa e della stessa architettura
sfruttamento estetico dei valori spaziali interni trasferiti anche adrianea. Le incongruenze nella sintassi architettonica destarono
all’esterno avverrà più tardi, forse in complessi come il cosiddet- fin dall’inizio gravi perplessità, tuttavia il rimontaggio che ne fece
to Tempio di Minerva Medica. Questi risultati furono possibili sia Salvatore Aurigemma è sostanzialmente corretto, come dimostra
per la qualità dei materiali usati sia per l’estrema perizia nel met- il rilievo degli elementi caduti nel bacino per azione sismica16, e
terli in opera (fig. 5). lentamente la paternità adrianea fu accettata17.
Una straordinaria struttura di copertura in piano, di gran- Però, la maldestra composizione della partitura architetto-
de impegno statico e di valore tecnologico non inferiore a quello nica, apprezzabile anche da un occhio superficiale, resta sempre
delle tante cupole, è stata recentemente studiata da Carla Maria da giustificare; come pure risulta ingiustificabile l’inconcludente
Amici14, che ne ha definito il metodo costruttivo. Si tratta dei andamento ottuso alle due estremità del sistema. La volontà di

120 121
accordare due curve diverse – quella della vasca, più ampia, e 1
Giuliani 1988.
quella ottenibile dagli elementi architettonici – ha costretto ad 2
Lanciani 1906, p. 4.
aprire gli elementi della trabeazione forzandone evidentemente i 3
Come già tentai diversi anni fa (Giuliani 1988), proverò a procedere tenendo
giunti (fig. 7)18. Le colonne, poi, mostrano entasis differenti e in- un profilo basso, attento alle caratteristiche del territorio in rapporto alla com-
fine gli architravi, come indicano i due elementi lasciati a terra, plessità organizzativa di un’opera di eccezione. MODIFICHEREI, GIA’ DET-
presentano alloggiamenti per grappe a farfalla e perni verticali ap- TO NEL TESTO.
partenuti a precedenti montaggi, che ne indicano almeno altre 4 Strabo, V, 3, 7, circa la possibilità di trasporti pesanti sia per strada che per via
due fasi prima della collocazione ritenuta adrianea (fig. 8). Quan- fluviale. Per quanto riguarda la navigabilità dell’Aniene, cfr. anche Plinio, Natu-
to detto, pur tralasciando altri seri indizi, sarebbe sufficiente per ralis historia, III, 5, 54, e Procopio, De bello Gothico, III, 10.
sostenere che l’apparato architettonico provenga da due edifici 5 In assenza di resti non possiamo collocare con precisione il punto di imbarco.
distinti, magari architetture da giardino, qui ricomposti in un uni- Francesco Bulgarini (Bulgarini 1848, p. 179) pone l’imbarco a ridosso del Pon-
co patchwork. Ne deriva l’oggettiva difficoltà di riconoscere nel te Lucano. Di diverso avviso, Zaccaria Mari (Mari 1983, p. 367, n. 379 della
complesso l’opera di Adriano e, in questo caso, sarebbe più ragio- carta) pensa piuttosto ad un punto situato circa 2 km a valle del Ponte Lucano,
nevole cercarne l’autore altrove. comunque prossimo alla Villa.
Il materiale, almeno per quanto riguarda la statuaria, è, 6
Ocric(uli) po(ndus) lign(arium) hab(et) Aur(elius) Urb(icus) po(ndo) c(entum et quin-
però, certamente adrianeo, ma assemblato in modo così sciatto quaginta). Cfr. Caldelli 1994, pp. 200-210.
ed eterogeneo da renderne ardua l’attribuzione all’imperatore19. 7
Per un esempio delle piene dell’Aniene nell’antichità si veda quella del 105
C’è, poi, un elemento in più che rafforza la cronologia post adria- descritta da Plinio il Giovane, Epistulae, 8, 17, 3-5.
nea dell’apparato in questione. Domenico Faccenna, che, giovane 8
Si ricordi l’importanza strategica di questa via per i rifornimenti da oriente
studente, seguiva lo scavo, mi ha più volte raccontato con ramma- durante la guerra gotica, (Procopio, De bello Gothico, 2, 4, 73, 10, 19).
rico, ancora fin quasi ai suoi ultimi giorni, la mancanza di docu- 9
Mari 1983, p. 194.
mentazione del muro che circonda la vasca su cui poggia l’anasti- 10
Giuliani 1966 e 1970; Mari 1983 e 1991.
losi. Egli lo vide composto di molte fasi con tracce di interventi 11
Pseudo-Aurelio Vittore, De Caesaribus, Hadrianus, XIV, 5.
diversi che, nell’entusiasmo dei rinvenimenti statuari, furono 12
Debbo la notizia ad Alessandro Blanco e Daniele Nepi, che sentitamente rin-
trascurati e non documentati e finirono inglobati nel rifacimento grazio.
del bordo vasca. Come accade spesso, quando da uno scavo affio- 13
Per questa cupola vedi Adembri 2016, pp. 291-316. Da ultimo, Cipriani-Fan-
rano un muro e una statua, questa prende il sopravvento e il muro tini-Bertacchi 2017, pp. 291-314.
passa in secondo piano. È inevitabile allora, perdere dati fonda- 14
Cfr. Amici 2016, pp. 39-51, dove si dimostra l’insostenibilità dell’ipotesi di
mentali. Salza Prina Ricotti 1988.
Sappiamo che dal 138, alla morte dell’imperatore, l’attivi- 15
Giuliani 2018, p. 12.
tà costruttiva nel palatium Hadriani non cessò del tutto ma conti- 16
Il Fondo Aurigemma, conservato nell’Archivio Storico dell’ex Soprintendenza
nuò, sia per ultimare opere già iniziate sia per la manutenzione Speciale per i Beni Archeologici di Roma a Palazzo Altemps (ASSAR), contiene,
ordinaria e in qualche caso anche con evidenti cambiamenti. Ma oltre alle copie di disegni editi, anche foto e appunti di grande utilità per riper-
senza la raffinatezza di Adriano, furono inevitabili forti cadute di correre i processi, non tutti editi, che portarono alle soluzioni ricostruttive oggi
gusto. Come accade, per esempio, nell’ultima fase della scalinata in essere. Cfr. il sito web ADA - Archivio di Documentazione Archeologica,
rinvenuta qualche anno fa nell’area della cosiddetta Palestra20, realizzato secondo i principi di qualità del progetto MINERVA del Ministero
nella sostituzione con un ponte in muratura di uno dei due ponti per i Beni e le Attività Culturali, a cura di Fedora Filippi, con la collaborazione
lignei girevoli del Teatro Marittimo, nella modifica dell’attacco di Luigia Attilia.
del Pecile alla Sala dei Filosofi (tuttora inedito) e in parecchi altri 17
Cfr. da ultimo Pensabene 2009 e 2011.
casi, ma soprattutto, ribadisco, nel cosiddetto Canopo. 18
Per un primo accenno a questo problema cfr. Giuliani 2010.
La scelta del luogo più adatto al funzionamento del cantie- 19
Se proprio si volesse insistere sul valore simbolico della composizione “siria-
re, l’importanza del livello tecnologico raggiunto nell’arte del ca”, allora più che ad Adriano bisognerà scendere al secolo successivo. Del resto Fig. 6. Frammento di masso a più strati, con riparazioni in cocciopesto.

costruire e la puntigliosa notazione delle tracce materiali presenti una cronologia più tarda (III secolo) è attestata dal rinvenimento nello stesso
Fig. 7. Evidenti forzature dei giunti nella sintassi architettonica.
sui resti sono essenziali per sottrarsi all’invadenza dei topoi stilisti- luogo di due ritratti di Giulia Domna e, sempre nella Villa, di altri quattro di
Fig. 5. Villa Adriana.
A. Resistenza al degrado del legante rispetto alla
co-letterari. Elementi necessari per evitare i pericoli di un para- Caracalla (Calandra 2002, p. 72). Fig. 8. Testimonianze di riuso degli elementi “siriaci”. 1 e 2: mezza coda di
rondine, impossibile da collegare all’arco adiacente e foro da perno con
cortina (in basso); digma metodologico che, senza la critica razionale del dato reale 20
Personalmente azzarderei perfino un intervento settecentesco da parte del canaletto, entrambi cancellati con solidissima muratura antica (prima
B. peduccio dell’arco di scarico in opera reticolata (che si rintraccia soprattutto nel campo tecnico), trascinerebbe, e Conte Fede di ripristino parziale della scala originaria con l’aggiunta della sfinge fase); 3 e 4: perni con canaletti che individuano il giunto 5 tra due
nel frigidario delle Grandi Terme; blocchi (seconda fase); il n. 6 indica la sola posizione possibile del filo
e del labrum rozzamente giustapposti sul nudo terreno.
C. “ripresa” del numero dei filari per evitare il di fatto ha trascinato, verso il genere puramente letterario. dell’arco nello schema siriaco attuale.
disordine del reticolato.

122 123
Augusta Raurica,
la più antica colonia
romana sul Reno

Lilian Raselli

Augusta Raurica è un sito storico-archeologico situato nella Svizzera nord-occi-


dentale, non lontano dall’odierna Basilea. È la più antica colonia romana sul Reno ad
oggi conosciuta, è stata un importante centro di scambio di merci provenienti dal Sud
nelle province sul Reno ed è oggi considerata una delle città romane a Nord delle Alpi
meglio conservate, non essendovi stato più costruito nulla a partire dall’alto Medioevo.
Nei territori della Svizzera nord-occidentale, prima della conquista romana del I
secolo a.C., si era stabilito il popolo celtico dei Raurici; uno dei suoi principali insedia-
menti si trovava sulla Münsterhügel (collina della Cattedrale) di Basilea. Nel 58 a.C.
tutte le tribù celtiche che vivevano nell’attuale Svizzera decisero di spostarsi verso
Ovest, per stabilirsi nell’area in cui oggi si trova la città francese di Bordeaux. Questa
migrazione venne però arrestata prima della città celtica di Bibracte, oggi Mont Beu-
vray. Le truppe romane impegnate nelle campagne di conquista sotto il comando di
Gaio Giulio Cesare attaccarono infatti i migranti celti, infliggendo loro perdite deva-
stanti e costringendo i sopravvissuti a fare ritorno al luogo di partenza. Tuttavia, poco
dopo il 50 a.C., gli interessi strategici di Cesare portarono a un’alleanza tra Roma e le
popolazioni celtiche.
In un’iscrizione sul mausoleo del console e comandante romano Lucio Munazio
Planco a Gaeta, viene citata tra le sue azioni straordinarie la fondazione della «Colonia
Raurica» in Gallia. L’anno dell’assassinio di Cesare, il 44 a.C., Munazio Planco divenne
governatore della Gallia; è quindi probabile che la fondazione della colonia abbia avuto
luogo quell’anno. Sulla base di documenti archeologici, è possibile ipotizzare che la
fondazione fosse prevista proprio nel luogo del preesistente insediamento sul Müns-
terhügel, ma che, nel tumulto dell’insorgente guerra civile, non si proseguì oltre l’atto
di fondazione. Solo in seguito alla conquista delle Alpi Centrali, durante il regno di
Augusto, intorno al 15-10 a.C., iniziò l’effettiva romanizzazione della zona. L’insedia-

124 125
mento sul Münsterhügel venne successivamente utilizzato come gica. La maggior parte del traffico di merci e passeggeri tra il Sud
stazione militare e base per le campagne germaniche1. e gli insediamenti e le basi militari romani del Medio e Basso
La colonia Augusta Raurica venne rifondata nel 20 a.C. in Reno passava infatti da Augusta Raurica. La città divenne un im-
una diversa posizione; venne scelta una zona non posta su un al- portante luogo di scambio commerciale e allo stesso tempo sede
tipiano, 20 chilometri a Est di Basilea. L’area su cui sorgeva l’an- di produzione di svariati prodotti. I documenti archeologici con-
tica città si trova oggi nei comuni di Augst nel Canton Basilea fermano come data della rifondazione gli anni tra il 20 e il 10
Campagna e Kaiseraugst nel Canton Argovia. a.C. Il primo edificio pubblico costruito in città fu il foro, realiz-
Grazie al frammento di un’iscrizione conosciamo il suo zato in legno poco dopo la fondazione, intorno al tempio di Gio-
nome completo: «Colonia Paterna Munatia Felix Apollinaris Augusta ve, precedentemente eretto in pietra. Il piano urbanistico della
Emerita Raurica». Il termine «emerita» ci fornisce un importante città venne sviluppato seguendo uno schema prestabilito a parti-
indizio, poiché suggerisce che in questa colonia era previsto un re da questo santuario centrale4.
insediamento di veterani2, mentre la parola «augusta» testimonia Inizialmente le case e le altre costruzioni furono realizzate
che la nascita di Augusta Raurica è collegata alla fondazione delle prevalentemente in legno, ma a partire dalla metà del I secolo si
colonie augustee, che svolgevano un importante ruolo nel piano sviluppò un’intensa attività edilizia. Nel corso di pochi decenni la
di conquista dell’imperatore Augusto. Augusta Raurica divenne città venne ampliata grazie alla costruzione di edifici in pietra,
la prima colonia romana sul Reno. Nello stesso periodo furono seguendo una tendenza che andava sviluppandosi in tutto l’impe-
fondate le città di Augusta Praetoria, oggi Aosta, a Sud del passo ro romano.
del Gran San Bernardo, e Augusta Vindelicum, oggi Augusta (in Presto anche il foro venne ampliato, e allo stesso tempo si
tedesco Augsburg), come avamposto sul Danubio. intrapresero nuovi importanti progetti edilizi. Tra il 70 e l’80
Le tre Augustae formavano un triangolo a Nord delle Alpi d.C. nel centro della città venne eretto un teatro che poteva
conquistate e un’ampia base contro la Germania non occupata ospitare fino a 15.000 spettatori5. Di fronte, sul colle Schönbühl,
sul lato settentrionale del Reno3. fu costruito un complesso religioso monumentale. Tra gli ele-
La posizione geografica per la nuova fondazione di Augu- menti di pregio di questo tempio arrivati fino a noi, oltre a fram-
sta Raurica venne scelta prestando particolare attenzione alle menti in pietra finemente lavorata che facevano parte dei telai
rotte di comunicazione. Il vivace traffico navale sul Reno colle- delle porte, c’è una splendida chiave di bronzo lunga 20 cm a
gava la zona con gran parte delle province nord-occidentali; inol- forma di leone (fig. 1). La fiorente città disponeva inoltre di altri
tre qui si incrociavano i collegamenti stradali provenienti dal complessi religiosi dedicati a divinità gallo-romane, impianti ter-
Nord Italia attraverso il passo del Gran San Bernardo e quelli tra mali ed edifici pubblici6; venne costruito anche un secondo foro
Est e Ovest, che dalla Gallia si dirigevano verso la Rezia e la Pan- di dimensioni minori, con numerose taverne e botteghe. L’ap-
nonia. provvigionamento idrico era garantito da un acquedotto e all’in-
Fino al III secolo, la particolare importanza della città di- terno della città si trovavano molte fontane. Le infrastrutture Fig. 1.Chiave di bronzo con testa di leone dal tempio di
Schönbühl, 100-150 d.C. Augst, Augusta Raurica, inv.
pese in buona parte proprio dalla sua eccellente posizione strate- urbane includevano anche cloache, conservate fino ad oggi; inol- 1939.807. (Foto di S. Schenker).

126 127
tre, perlomeno nel II secolo d.C., è documentata l’esistenza di
un sistema di raccolta dei rifiuti.
Nel II secolo la città raggiunse il suo apogeo e visse un
periodo di grande stabilità economica e politica; nel momento di
massima espansione vi risiedevano tra gli 8.000 e i 15.000 abi-
tanti (fig. 2). Numerose ville urbane occupavano intere insulae e
in due casi venne concesso ai proprietari di estendere la propria
abitazione oltre la strada pubblica. La città arrivò a disporre di
tutte le infrastrutture necessarie, come ci si poteva aspettare da
una colonia romana di queste dimensioni7. Tuttavia, intorno alla
metà del II secolo, un devastante incendio distrusse numerosi
nuovi edifici del foro.
In questo periodo, la crescente importanza del porto sul
Reno e le ristrette dimensioni della città alta resero necessario
un ampliamento della città bassa, che portò a un’espansione del-
le attività di commercio e artigianato. Intorno al 170 d.C. venne
inoltre costruito un anfiteatro in un avvallamento naturale ai
margini della città8.
Nel contesto della politica di espansione militare romana,
Augusta Raurica non ricoprì che un ruolo secondario. La presen-
za militare sul luogo non va però sottovalutata: intorno alla metà
del I secolo nella pianura a monte del Reno era stato installato un
campo militare, che aveva sostituito la guarnigione sul Müns-
terhügel di Basilea. È stato accertato che vi stazionavano soldati
di fanteria e a cavallo. Iscrizioni testimoniano la presenza dell’A-
la Moesica e dell’Ala Hispanorum e, nella seconda metà del se-
colo, della Legio I Adiutrix. Il campo militare venne però di-
smesso dopo poco in seguito allo spostamento del confine
dell’impero romano a Nord, oltre il Reno, durante il regno di
Vespasiano9.
Nel III secolo l’impero romano venne colpito da crisi e
disordini economici e politici e subì diversi attacchi ai confini.

Fig. 2. Augusta Raurica al suo apogeo, nel II secolo d.C.


Ricostruzione di M. Schaub.

128 129
Gli effetti si fecero sentire anche ad Augusta Raurica: sono per- niano. Dopo il ritiro delle truppe, all’inizio del V secolo d.C.,
cepibili anche nei ritrovamenti archeologici della prima metà del divenne un centro amministrativo. Solo nel VII secolo, con lo
III secolo. I reperti dimostrano che un numero crescente di edi- sviluppo della città di Basilea, perse d’importanza.
fici, sia abitazioni che negozi, vennero abbandonati; la spazzatura Il commercio e l’artigianato erano i pilastri della vita della
non veniva più raccolta e si accumulava lungo le strade, mentre città. Gli studi archeologici hanno dimostrato l’esistenza di nu-
gli incendi si moltiplicavano. Nemmeno gli oggetti più preziosi si merosi mestieri ed esercizi commerciali: c’erano macellerie e
salvarono. Anche il ritrovamento di armi e scheletri per le strade affumicatoi, mosaicisti e pittori, fonditori di bronzo, fabbri e
testimonia i devastanti disordini politici del periodo10. commercianti di ferraglie, medici e mercanti, intagliatori d’ossa,
Intorno al 280 d.C. la popolazione restante si ritirò ai falegnami, soffiatori di vetro, tessitori, fullones, allevatori di be-
margini della città alta, in una piccola area sopraelevata che ven- stiame, e poi taverne, imprese commerciali, locande e, ai margi-
ne circondata da mura difensive costruite con materiali di recu- ni della città, laboratori di vasai e fornaci13.
pero provenienti dagli edifici abbandonati. Il nome della zona, Un’iscrizione nella basilica evidenzia l’importanza del
“Kastelen”, è rimasto fino ad oggi a indicare la natura difensiva commercio per Augusta Raurica, facendo riferimento a un «col-
dell’antico sito11. legium splendidissimum negotiatorum cisalpinorum et transalpinorum»,
Durante il regno di Diocleziano, l’impero tornò a raffor- cioè l’unione dei commercianti transalpini e cisalpini. Lo scritto-
zarsi e fu quindi possibile investire nella difesa dei confini. Nel re Plinio riferisce di prodotti culinari d’esportazione provenienti
300 d.C. fu costruita un’imponente fortezza, il Castrum Raura- dalle province settentrionali, per esempio una qualità di ciliegie
cens, che nei secoli successivi avrebbe protetto il vicino e impor- dalle sponde del Reno14. Varrone15 testimonia invece l’introdu-
tante ponte sul Reno. Il personale militare, tra cui la Legio Prima zione a Roma di qualità galliche di carni affumicate, come pro-
Martia, e l’intera popolazione civile vivevano sotto la protezione sciutti, salsicce o speck16.
di questa fortezza. Presumibilmente verso la fine dell’estate del Il foro era la struttura pubblica centrale della città romana
352 d.C., il castello venne in parte distrutto nel corso del con- e aveva una planimetria specifica17. Piante simili si trovano so-
flitto tra i figli di Costantino il Grande e l’anti-imperatore Ma- prattutto in zone galliche come Lutetia (Parigi), Alesia (Ali-
gnenzio. Un reperto ci fornisce una stupefacente testimonianza se-Sainte-Reine) o Glanum, tutte nell’attuale Francia.
di questi eventi: si tratta del tesoro d’argento di Kaiseraugst, se- Il lato orientale del foro era destinato alla parte sacra, co-
polto all’epoca degli scontri e rinvenuto solo negli anni Sessanta stituita dal più importante tempio della città. A Ovest si trovava
del secolo scorso, che comprende duecentosettanta oggetti per il principale edificio amministrativo e consiliare delle autorità
un peso complessivo di 57 kg, ed è ad oggi il più grande ritrova- cittadine, la basilica. Accanto alla basilica, sul lato lungo della
mento romano di metalli preziosi (fig. 3)12. piazza, c’era la curia, una costruzione semicircolare, con una
Il Castrum venne rinnovato per l’ultima volta nella secon- gradinata e un podio, risalente all’incirca al 70 d.C. (figg. 4-5).
da metà del IV secolo, nel corso del consolidamento dei confini Qui si svolgevano le assemblee del consiglio cittadino, l’ordo de-
tra Basilea e il lago di Costanza voluto dall’imperatore Valenti- curionum, simile al senato romano, e le riunioni dei due sindaci, i

Fig. 3. Parte del tesoro d’argento di Kaiseraugst,


sepolto nel Castrum Rauracense intorno al
350d.C. (Guggisberg 2003, frontespizio).

130 131
Fig. 4. La basilica e la curia di Augusta Raurica Fig. 5.Resti della basilica e della curia. duumviri, assimilabili ai consoli romani18. Le rovine ben conser- i decurioni; di fronte si trovava il podio in legno per i duumviri.
nella fase iniziale della realizzazione. Ricostru- Foto di U. Schild.
zione di M. Schaub.
vate di questa costruzione semicircolare hanno dato luogo fino Ampie finestre illuminavano la sala, sovrastata da un soffitto in
all’età moderna a svariate interpretazioni riguardo al suo utilizzo legno finemente lavorato (fig. 6). Durante l’incendio le macerie
originario. Tra il 1960 e il 1965 è stata condotta una sistematica dovettero cadere nello scantinato, che si riempì di ferri, chiodi,
analisi archeologica dell’edificio. È stato così possibile verificare ganci, ecc., probabilmente elementi del soffitto in pannelli di
che i muri erano riempiti di calcinacci; nella parte inferiore si legno della sala. Durante gli scavi degli anni ‘60 del Novecento,
trovava uno strato che presentava evidenti tracce di incendi. in questo strato, oltre a una statua equestre in bronzo, è stata
Sono stati rinvenuti anche chiodi metallici in grande quantità. Un rinvenuta anche una manovella della lunghezza di 80 cm19, com-
incendio deve aver colpito la curia e la basilica intorno al 145 posta da un’asse in ferro, un’impugnatura e supporti in bronzo.
d.C., rendendone necessaria la ricostruzione. L’analisi dei re- Questa è l’unica testimonianza finora nota dell’utilizzo della ma-
perti archeologici ha evidenziato che l’ampia sala del consiglio novella in epoca romana. A causa delle sue notevoli dimensioni,
disponeva originariamente di un piano interrato, utilizzato pro- si è immaginato che facesse parte di uno strumento per tagliare
babilmente come camera del tesoro o archivio, che in seguito si la pietra20, ma, essendo stata rinvenuta tra le macerie del soffitto
riempì delle macerie generate dall’incendio. La sala del consiglio in legno, sembra più probabile che appartenesse al corredo della
sovrastante constava di almeno cinque file di sedute in legno per curia. Un’ipotesi plausibile è che venisse impiegata per il solleva-

132 133
Fig. 6. Struttura interna della curia e degli
scantinati prima dell’incendio del 145 d.C.
Ricostruzione di M. Schaub.

1
mento di un lampadario in questa prestigiosa sala21. Sembrano Berger 2012, p. 17 ss.
2
possibili anche altri utilizzi, sempre legati all’architettura della Ivi, pp. 19-20.
3
sala o del piano interrato. A prescindere dal suo impiego, questo Furger 2006; Edmondson 2006, p. 260.
4
ritrovamento viene considerato uno dei più importanti di Augu- Hufschmid 2008; Berger 2012, p. 43 ss.
5
sta Raurica, poiché ci consente di immaginare in maggior detta- Hufschmid 2008, pp. 140-144.
6
glio la vita quotidiana di una colonia romana. Quest’oggetto ci Ibidem.
7
dimostra inoltre che, tra gli oltre due milioni di reperti conser- Berger 2012, p. 23.
8
vati ad Augusta Raurica, vi sono ancora tesori capaci di apportare Hufschmid 2008, p. 149.
9
contributi significativi allo studio dell’epoca romana. Deschler-Erb 1999.
10
Augusta Raurica è oggi un importante sito archeologico di Schatzmann 2013.
rilievo nazionale, che ha il compito istituzionale di preservare la 11
Schatzmann 2011.
città romana quale parte del patrimonio culturale, di svolgere 12
Guggisberg 2003.
ricerche scientifiche, di documentare, valutare e conservare tut- 13
Berger 2012, pp. 183-226, 273-281, 305-310.
ti i reperti rinvenuti e di diffonderne la conoscenza. Augusta 14
Plinio, Naturalis historia, 15, 30, 103.
Raurica è anche un museo all’aperto con numerosi monumenti 15
Varrone, Res rusticae, 2, 4, 10,
accessibili, offre un ricco programma di eventi e accoglie ogni 16
Berger 2012, p. 36.
anno circa 140.000 visitatori. Come dimostra il ritrovamento di 17
Ivi, pp. 63-78; Zanker 2013, p. 57.
una apparentemente banale manovella, questo sito ci riserva an- 18
Edmondson 2006, pp. 272-274; Berger 2012, pp. 34-37.
cora molte scoperte sorprendenti. 19
Schaltenbrand-Obrecht 1996, pp. 349-352. Cfr. in questo
volume cat. n. 4.8, p. 000.
20
Schiøler 2009.
21
Schaltenbrand-Obrecht 1996, p. 351; Berger 2012, p. 75.

134 135
Traiano a Firenze

Fabrizio Paolucci

Traiano non avrebbe mai immaginato che la fortuna del suo mito e il destino della
sua fama sarebbero stati legati, almeno in parte, a Florentia, una delle decine di colonie
sorte fra la tarda Repubblica e il Primo Impero per definire l’ossatura urbana della peniso-
la italica. Come sarebbe stato possibile pensare che quell’anonima città, dove Traiano
molto probabilmente non mise mai piede, sarebbe stata destinata a divenire il luogo dove
si sarebbero conservate alcune delle spoglie più preziose di quei grandiosi complessi che
l’imperatore andava costruendo nel cuore di Roma?
In effetti, la “migrazione” del ricordo di Traiano a Firenze ebbe inizio molto preco-
cemente, come del resto ci si poteva aspettare da quello che fu il luogo in cui l’eredità
dell’Antico fu più precocemente tutelata ed esaltata1. Non dovrebbe stupire trovare pro-
prio qui, già alla fine del XIII secolo, una testa di Dace montata su un corpo di profeta nei
decori della cattedrale cittadina (fig. 1). La figura, attribuibile alla bottega di Arnolfo di
Cambio e posta a fianco di quella di Bonifacio VIII in trono, presentava, come altre imma-
gini di martiri e santi presenti nella decorazione della facciata2, una testa antica adattata a
un corpo realizzato ex novo. Oggi non abbiamo difficoltà a riconoscere nelle fattezze del
volto (caratterizzato da una pronunciata bombatura della fronte e occhi profondamente
infossati), coronato dal caratteristico turbante, un Dace “pileato”, così come ricorre fre-
quentemente nell’iconografia ufficiale di età traianea3. In particolare, la testa oggi conser-
vata nel Museo dell’Opera del Duomo presenta stringenti affinità dimensionali e iconogra-
fiche con l’effige del pileato in marmo bianco montata sul corpo porfiretico conservata a
Boboli4, ma un tempo nella collezione romana di Andrea della Valle.
L’originaria pertinenza del marmo dell’Opera del Duomo a quel ciclo di statue di
Daci prigionieri di dimensioni poco superiori al vero che ornavano il Foro traianeo sembra
comprovata anche dal recente rinvenimento in loco di teste di pileati che presentano stret-
tissime analogie dimensionali e formali con i barbari fiorentini5. Benché l’ipotesi di un ri-

137
Fig. 1. Figura di profeta di scuola arnolfiana utilizzo del marmo antico già al XIII secolo appaia suggestiva e
con testa antica di Dace pileatus, Firenze,
Museo dell’Opera del Duomo.
perfettamente compatibile con il gusto e le pratiche di bottega ar-
nolfiane, non si può, però, escludere l’eventualità che la testa pos-
sa essere stata aggiunta quando il marmo era stato smontato dalla
sua primitiva collocazione ed era stato destinato, nel corso del XVI
e XVII secolo, a decoro dei giardini di via Valfonda, prima, e degli
Orti Oricellari, poi6. È possibile, infatti, che l’originaria testa due-
centesca, troppo malridotta, possa essere stata sostituita con quel-
la attuale per dar vita a una figura di prigioniero molto amata nelle
raccolte di antichità dell’epoca7. Era, ad esempio, probabilmente
destinata a una statua di analogo soggetto l’imitazione cinquecen-
tesca in basanite di una testa di Dace pileato8 trovata nel secolo
scorso nel quartiere fiorentino di Campo di Marte, dove era forse
posta a decoro di uno dei giardini delle ville presenti all’epoca nel-
la zona.
Se permangono alcuni dubbi su quando giunse la prima spo-
glia traianea in città, è invece certa e ben documentabile la fortuna
che, nella produzione letteraria e artistica trecentesca fiorentina,
ebbe la figura di Traiano. È appena il caso di ricordare che, nella
Divina Commedia, la raffigurazione della leggenda di Traiano e la
vedova venga vista da Dante istoriata nei rilievi marmorei alla base
del monte del Purgatorio (X, 73-93) e che Traiano in persona figuri
assunto fra i giusti del Paradiso (XX, 101-117). Alighieri fece sua,
infatti, un’interpretazione di Tommaso d’Aquino9, che aveva rico-
nosciuto all’imperatore pagano l’eccezionale privilegio di salire in
cielo grazie alla nobiltà delle sue azioni e all’intercessione di papa
Gregorio Magno. Come è stato ipotizzato10, furono probabilmen-
te proprio i rilievi della Colonna ad aver costituito l’imprevedibile
premessa alla salvezza dell’imperatore. La Vita di Gregorio Magno,
nella sua redazione più antica11, ci narra, infatti, che il papa si ricor-
dò della storia della vedova attraversando il Foro di Traiano, cre-
dendo, molto probabilmente, di riconoscerla in una di quelle nu-
merose raffigurazioni di clementia che innervano il fregio della
Colonna. Profondamente commosso dall’innata giustizia dell’anti-
co autocrate, Gregorio decise di pregare incessantemente dinanzi
alla tomba dell’imperatore (che, come è noto, era proprio la ca-
mera posta alla base della colonna) finché l’anima di Traiano non
fu accolta in cielo. L’azione pietosa di Gregorio, però, sovvertì
l’ordine naturale delle cose a tal punto che Dio, pur accogliendo il
Fig. 2. Particolare degli affreschi della Cappella Bardi in
desiderio del santo, lo ammonì a non chiedere più nulla del genere Santa Maria Novella a Firenze con Traiano e la vedova,
e punì il papa misericordioso con fastidiose malattie. Molto proba- 1360 circa.

138 139
Fig. 3. Particolare con la Colonna Traiana negli affreschi bilmente, nell’agiografia di Gregorio è stato trasposto un mito che tù laiche che venivano ad affiancarsi alle virtù cardinali cristiane,
di Alessandro Allori nella Villa di Poggio a Caiano, 1587.
affondava le sue radici già nell’alto medioevo e che, proprio da anch’esse presenti nel ciclo pittorico. Come ricorda Vasari, l’iden-
quelle immagini di clementia, così frequenti nei rilievi della colonna tificazione fra Traiano e Francesco Sforza, entrambi celebrati come
coclide, aveva tratto ispirazione per creare il mito di un Traiano optimi principes, era resa esplicita dalla presenza in quelle storie «del
pietoso e misericordioso al quale attribuire una storia, come quel- ritratto d’esso Francesco Sforza», al quale «aggiunse Michelozzo
la della vedova, che la storiografia classica aveva invece riferito al quello di Cosimo fatto di sua mano»16.
successore Adriano12. Una trasposizione in pittura del fregio con Sono ormai i valori del buon governo, quindi, quelli incar-
l’episodio della vedova, come avrebbe potuto immaginarlo Dante nati dall’imperatore spagnolo che i regnanti moderni cercano di
nel Purgatorio, può essere riconosciuta negli affreschi della Cappel- emulare, perfettamente consapevoli di una storia che non è più
la Bardi a Santa Maria Novella, realizzati intorno al 1336 e, di fat- mito agiografico. Questo fenomeno di “storicizzazione” della figu-
to, coevi al completamento della Divina Commedia (fig. 2). Un pit- ra di Traiano finì inevitabilmente per irradiarsi anche al suo monu-
tore bolognese noto come Pseudo Dalmasio13 tradusse infatti in mento più celebre. È, infatti, una colonna coclide puntualmente
forme del tutto attualizzate il mito cristiano dell’imperatore: Tra- descritta e resa inconfondibile per la presenza dei trofei con armi
iano, immaginato come un sovrano medievale a cavallo di un de- sulla base, quella che riconosciamo negli affreschi di Alessandro
striero bianco e accompagnato da due armigeri, è colto nell’atto di Allori, realizzati nel 1587 nella villa medicea di Poggio a Caiano17
rivolgersi alla donna con una gestualità che non ha nulla dell’icono- (fig. 3). Nell’affresco raffigurante Siface re di Numidia che riceve
grafia dell’antica clementia. Solo la presenza di un’aquila, sulla som- Scipione, una probabile metafora del viaggio di Lorenzo il Magni-
mità dell’elmo indossato dall’imperatore, ricorda la sua dignità fico a Napoli presso Ferdinando di Aragona18, è immaginata una
imperiale. La scena di Gregorio che prega dinanzi alla tomba di quinta architettonica all’antica popolata di statue ispirate da vicino
Traiano, purtroppo mal conservata, affianca l’episodio della vedo- a prototipi classici, fra i quali si riconoscono senza difficoltà l’Apol-
va e dava la chiave di lettura che giustificava la fortuna di questo lo Liceo e l’Ercole Farnese. Nel paesaggio retrostante domina, isolata,
mito nell’ideologia guelfa dell’epoca, quando era inteso come tra- la Colonna, emblema della grandezza imperiale e presenza impre-
sparente metafora della supremazia del Papato sull’Impero14. scindibile nello skyline di ogni immaginaria Roma antica. Del resto,
Nell’arco di poche generazioni, però, l’immagine di Traia- con la loro messe quasi infinita di spunti iconografici, i fregi traia-
no mutò radicalmente. Da simbolo di una salvazione resa possibile nei delle guerre daciche, divulgati grazie alle prime riproduzioni a
solo grazie all’intercessione di un papa, l’imperatore divenne in- stampa19, dilagarono come un fiume in piena nelle più diverse
carnazione di virtù prettamente laiche, come la iustitia, l’aequitas e espressioni dell’arte cinquecentesca. Ne sono una prova lampante
la temperantia, recuperando, ben presto, quel ruolo paradigmatico i piatti e i contenitori in maiolica di fabbrica urbinate appartenuti
di optimus princeps che lo aveva connotato in antico. Non è impro- alle collezioni granducali20, nei quali modelli e prototipi derivati
babile che sia stato il precocissimo interesse antiquario verso la dai rilievi della Colonna sono declinati nel modo più diverso, fi-
Colonna ad aver favorito la riscoperta anche del Traiano storico, nendo addirittura per divenire parte integrante di storie di santi e
che finì con l’oscurare rapidamente il Traiano cristiano che l’aveva di martiri.
preceduto. Ancora una volta è nella cultura fiorentina della metà L’affermarsi, con il XVI secolo, del collezionismo di marmi
del Quattrocento che troviamo una delle più precoci testimonian- antichi, che aveva trovato nei Medici alcuni fra i più precoci ed
ze di questo nuovo corso. Cosimo il Vecchio, infatti, scelse pro- entusiasti promotori, fu la causa prima dell’affluire a Firenze di un
prio le storie di Traiano come soggetto per gli affreschi della loggia repertorio di statuaria traianea eccezionale sia per numero delle
del Banco mediceo a Milano, oggi purtroppo non più esistente15. opere che per la loro qualità. Per molte di loro la prima sosta fu la
L’omaggio a Francesco Sforza, che nel 1455 aveva regalato a Cosi- villa dinastica sul Pincio, dove Ferdinando mise insieme uno dei
mo i terreni su cui Michelozzo aveva costruito l’edificio, era evi- musei di scultura antica più celebrati della Città Eterna. Fu lì infat-
dente. Attraverso gli exempla traianei Cosimo voleva esaltare il ti che capolavori provenienti con ogni probabilità dall’apparato
buon governo dell’alleato e amico Francesco, celebrandone le vir- decorativo del Foro traianeo, come il ciclo delle donne della fami-

140 141
Fig. 4. Statua con il ritratto di Marciana, glia Ulpia o i Daci porfiretici, rimasero per quasi due secoli prima fortare una simile ipotesi che, dalla sua, ha anche il recente ritro- ig. 5. Statua con il ritratto di Matidia,
Firenze, Loggia dei Lanzi. Firenze, Loggia dei Lanzi.
di prendere la via, sul finire del XVIII secolo, della capitale tosca- vamento di altri frammenti di ritratti monumentali nei depositi nei
na. Qui, però, già dal secolo precedente, l’effige dell’imperatore quali sono custoditi i materiali trovati nell’area forense. Fra questi
aveva fatto il suo ingresso in Galleria. Nel 1677, infatti, era stato è degna di nota anche la presenza di un elemento pertinente all’ac-
accolto nella serie dei ritratti imperiali conservata nel complesso conciatura di una figura femminile colossale che, in modo analogo
vasariano lo splendido busto appartenuto al marchese bolognese a quanto visibile su una delle teste delle Sabine, rimanda a modelli
Ferdinando Cospi, acquistato a caro prezzo da Leopoldo de’ Medi- in voga nel periodo giulio-claudio36. La seducente ipotesi che la
ci nel 165821. Traiano è raffigurato nel tipo, non comune, donna effigiata nella testa fiorentina potesse essere Marcia, la ma-
dell’Opferbild22, quello utilizzato sulla Colonna Traiana ed elabora- dre di Traiano, ritratta con la pettinatura di moda al momento del
to, probabilmente, fra il 108 e il 112 d.C. Presente nel corridoio suo floruit37, sembra adesso dover cedere il passo alla possibilità
di ponente nel 170423, ma verosimilmente da molto tempo già dell’esistenza di un programma figurativo più complesso di cui,
nelle collezioni granducali, è invece la seconda effige antica di Tra- evidentemente, facevano parte anche esponenti di dinastie impe-
iano esistente in Galleria24, una testa maggiore del naturale inseri- riali diverse da quella Ulpia, scelti come modelli di virtù e valori ai
scontornare bile nel novero delle repliche del tipo detto della “corona civica”25 quali voleva ispirarsi la politica dell’optimus princeps38. scontornare
e riferibile ai primi anni di regno dell’imperatore. È singolare che Come già si è avuto modo di accennare all’inizio, è estre-
l’unico ritratto di Traiano ad essere assunto agli onori della Tribu- mamente probabile che, dell’esercito di statue che popolava il foro
na, lo spazio espositivo più elitario di tutto il museo, sia stato inve- di Traiano, facessero parte anche le effigi dei vinti, quei Daci ritrat-
ce uno pseudoantico. A partire dal 1753, infatti, è documentata ti ora con il pileo sulla testa, ora con folte capigliature (i cosiddetti
sui palchetti dell’Ottagono una testa, all’epoca ritenuta originale, “capillati”), ora con tratti giovanili, che a decine dovevano affollare
ma, in realtà, opera di un ignoto scultore del XVI secolo26 che, con quel fastoso spazio pubblico39. L’uso di pietre diverse per la realiz-
grande cura, aveva replicato il modello ritrattistico più fortunato zazione di queste sculture, come il pavonazzetto, il porfido rosso,
di Traiano, quello del Decennale, creato nel 107 d.C. in occasione il porfido verde e il marmo bianco, garantiva una varietà cromatica
del secondo trionfo dacico27. che ribadiva la regalità dello spazio in cui queste effigi di barbari si
Un’effige dello stesso tipo, stavolta antica28, giunse invece venivano a trovare40. L’esistenza di molteplici serie accomunate da
in Galleria solo nel 1788, al momento della grande diaspora dei dimensioni analoghe41 lascia inoltre supporre collocazioni diverse
marmi antichi di Villa Medici fortemente voluta da Pietro Leopol- all’interno del complesso, anche se è molto probabile che per scul-
do29. Fu proprio questa decisione ad arricchire Firenze, nel volge- ture realizzate in marmi di grande pregio, come il porfido rosso,
re di pochi anni, di un palinsesto di scultura monumentale di epoca fossero garantite posizioni di grande visibilità. Questo destino non
traianea con scarsi confronti nella stessa Roma. A decorare uno è venuto meno per i due splendidi Daci realizzati in questa prezio-
spazio pubblico come la Loggia dei Lanzi furono infatti destinate le sissima pietra cavata nel deserto orientale dell’Egitto42 e coronati
monumentali statue delle cosiddette “Sabine”30, sei sculture di cui da teste in marmo bianco, raffiguranti rispettivamente un pileatus e
cinque caratterizzate da dimensioni simili e comune cronologia, un capillatus. Le due sculture, in età napoleonica, furono collocate
tanto da rendere plausibile l’ipotesi di una loro appartenenza a uno all’ingresso monumentale di Boboli a formare, insieme ai fregi con
stesso ciclo statuario31. Due di queste, quelle con il ritratto di Mar- barbari incatenati dell’Arcus Novus43 posti sulle loro basi, un monu-
ciana32(fig. 4), sorella di Traiano, e di Matidia33 (fig. 5), figlia di mento trionfale interamente realizzato con spoglie antiche inneg-
Marciana e nipote dell’imperatore, sembrano confermare che si giante alle glorie militari dell’imperatore francese44 (fig. 6). La
trattasse di una serie celebrativa della famiglia Ulpia che, per di- soluzione risultò così spettacolare e scenografica che non fu modi-
mensioni, avrebbe potuto trovare posto nelle esedre della piazza ficata neppure dopo la Restaurazione.
del foro e della basilica34. Il passaggio di questi marmi dalla colle- È interessante rilevare che anche per il Dace in marmo
zione Della Valle, dove erano stati conservati anche altri reperti bianco (fig. 7), anch’esso come i precedenti giunto nella raccolta
45

provenienti dall’area del complesso traianeo35, sembrerebbe con- medicea dalla collezione Della Valle dopo una lunga sosta a Villa

142 143
scontornare Medici, fu pensato un utilizzo celebrativo che, in fondo, recupera- simbolo della gloria bellica dell’imperatore di Italica, per quanto 26
Muscillo in Firenze 2016, cat. n. 115, p. 390.
va appieno la funzione originaria della statua e la sua valenza pro- trasformato in un prezioso soprammobile, fece così il suo ingresso 27
Colugnati in Roma 2011, cat. n. 4.19, p. 272.
pagandistica. Infatti, ancora negli anni napoleonici, una sala di Pa- nella reggia granducale testimoniando la vitalità di un mito, quello 28
Statua loricata con testa di Traiano, Gallerie degli Uffizi, Galleria delle Statue
lazzo Pitti, detta del Castagnoli dal nome del pittore che ne traianeo, che a Firenze aveva trovato da secoli un fertile terreno. e delle Pitture, inv. 1914 n. 56 (Cecchi-Gasparri 2009, n. 157, p. 150).
realizzò le decorazioni in chiaroscuro46, fu destinata a ospitare que- 29
A una delle collezioni storiche fiorentine deve essere appartenuto anche il
sta scultura contrapposta a quella, pure antica, di un imperatore ritratto di Traiano del tipo Oslo (Jucker 1984, pp. 45-46) oggi conservato nei
corazzato47. La sistemazione dell’ambiente, affidata all’architetto depositi del Museo Archeologico Nazionale di Firenze (Faralli in Firenze 2011,
Giuseppe Cacialli, doveva offrire una chiave di lettura celebrativa 1
Bormand-Paolozzi Strozzi 2013, pp. 19-20. cat. n. II.17, p. 86).
delle glorie di Napoleone, culminante, sulla volta, in una raffigu- 2
È il caso delle statue di santo Stefano e san Lorenzo, più tarde di circa un 30
Romualdi 2002, pp. 17-18.
razione del carro del Sole, metafora dell’affermarsi di una nuova secolo e opera di Piero di Giovanni Tedesco (Parigi 2013, cat. nn. I.12, b-c, 31
Capecchi 1975, p. 174; Ungaro 2017a, p. 92.
era48. Anche questo impianto trionfale, fatte salve alcune opportu- pp. 272-273). 32
Romualdi 2002, pp. 23-25.
ne modifiche, come l’eliminazione delle aquile bonapartiste, rima- 3
Si veda Capecchi 1992, p. 31; Velcescu 2010, pp. 85-90. 33
Ivi, pp. 22-23.
se sostanzialmente immutato con il ritorno di Ferdinando III e il 4
Capecchi-Marzi-Saladino 2008, pp. 161-163. 34
Ungaro 2017a, p. 94.
Dace vinto continuò a impersonare la gloria di un trionfo bellico 5
Cfr. Velcescu 2015, n. 130, p. 310. 35
Ivi, p. 92.
che, in effetti, mal si addiceva al mite Granduca. Il ciclo delle Sabi- 6
Capecchi 1992, p. 32. 36
Ivi, p. 96, fig. 8.
ne e i barbari, fra le spoglie più grandiose e meglio conservate 7
Ibid. 37
Boschung-Eck 1998.
dell’arredo statuario del Foro di Traiano sopravvissute fino a noi, 8
Cfr. in questo volume cat. n. 00, p. 000. 38
È questo il caso della statua colossale di Giulio Cesare al Palazzo Senatorio di
ebbero quindi il singolare destino di tornare a popolare spazi pub- 9
Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, III, suppl. 71-75. Roma, per la quale si è persuasivamente proposta l’originaria appartenenza ai
blici come la Loggia della Signoria e il giardino di Boboli (aperto 10
Del Moro-Jovanovic 2017, p. 359. cicli statuari che ornavano il Foro traianeo (Ungaro 2017a, pp. 94-95).
alla cittadinanza sin dal 176649), riacquisendo, a Firenze, quelle 11
Giovanni Diacono, Vita Gregorii, Patrologia Latina 75, coll. 104-105. 39
Ungaro 2017b.
funzioni celebrative, trionfalistiche e di decoro di contesti monu- 12
Dione Cassio (Storia romana, 69, 6, 3) racconta infatti che ad Adriano, in 40
Ivi, pp. 146-147; Capecchi-Marzi-Saladino 2008, pp. 155-157.
mentali per le quali erano stati create, a Roma, quasi due millenni marcia con il suo esercito, si rivolse una donna per chiedere giustizia. 41
Capecchi-Marzi-Saladino 2008, p. 157.
prima. L’imperatore, infastidito, inizialmente non volle riceverla, dicendo di essere 42
Ivi, pp. 142-148, figg. 1-4. Una figura frammentaria di un terzo Dace in
troppo impegnato, ma la donna lo convinse a darle udienza dicendo «se non hai porfido, proveniente come i precedenti da Villa Medici, è esposta nel Museo
Gli anni a cavallo fra XVIII e XIX secolo conobbero nella tempo, smetti di fare l’imperatore». dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (Capecchi 2018,p. 83, fig. 9).
capitale granducale altre importanti testimonianze dell’interesse 13
Ravalli 2015, pp. 199-201. 43
Richardson 1992, p. 27.
verso la Colonna e il mito di Traiano. La centralità dei fregi traia- 14
Cerutti 2014, pp. 639-642. 44
Capecchi-Marzi-Saladino 2008, pp. 142-144, 157; Capecchi 2018, p. 79.

scontornare nei nella storia dell’arte occidentale era ben nota alla cultura arti-
stica italiana sin dal XV secolo e non può stupire, quindi, che, fra
15

16
Acidini 2011, pp. 106-107.
Vasari 1967, II, pp. 346-347.
45

46
Capecchi in Firenze 2003, cat. n. 143, p. 592.
Tordella 2003.
le prime dotazioni che Pietro Leopoldo ritenne necessarie per la 17
Bardazzi-Castellani 1981, p. 535, figg. 523-524, p. 548. 47
Paolucci in Firenze 2003, cat. n. 144, p. 592.
neonata Accademia delle Belle Arti50, vi fosse proprio la serie di 18
Cfr. Passalacqua 2000, p. 28. 48
Capecchi-Marzi-Saladino 2008, pp. 157-161.
calchi delle guerre daciche. Nel 1786 Francesco Carradori, cele- 19
Agosti-Farinella 1988, pp. 561-562. 49
La notizia è riportata nella “Gazzetta Patria” del 28 febbraio 1766.
bre scultore specializzato nell’integrazione della scultura antica51, 20
Vedi il saggio di Francesco Zan in questo volume, pp. 000-000. 50
Per la nascita dell’Istituto e la costituzione delle sue prime forniture
fu infatti incaricato dal Granduca di acquistare sul mercato romano 21
Muscillo in Firenze 2017, cat. n. 28, pp. 282-283. didattiche si veda Bellesi 2016b, pp. 21-22.
le riproduzioni delle opere classiche più note presenti in città e, fra 22
Fittschen-Zanker 1985, pp. 41-43, n. 44 con elenco delle repliche; Boschung 51
Per la figura del Carradori si veda Roani 2016, pp. 108-110.
queste, come accennato, non poteva mancare una trentina di cal- 1999, pp. 140-143. 52
Paolucci 2016, p. 186.
chi della Colonna Traiana52, di cui due superstiti esemplari sono 23
Inv. 1704 n. 212. 53
Cfr. in questo volume cat. n. 00, p. 000.
presentati in mostra53. Integra è, invece, la splendida riproduzione 24
Ritratto di Traiano, Galleria delle Statue e delle Pitture, Gallerie degli Uffizi, 54
Cfr. in questo volume cat. n. 00, p. 000.
in scala del monumento traianeo realizzata nel 1819 e conservata inv. 1914 n. 142 (Mansuelli 1961, n. 81, p. 81)
in quegli ambienti di Palazzo Pitti per i quali era stata creata54. Il 25
Balty 1977-1978, n. 21, p. 56.

Fig. 6. Statua porfiretica con testa in marmo bianco


di Dace capillatus, Firenze, Gallerie degli Uffizi,
Giardino di Boboli.

Fig. 7. Statua di Dace in marmo bianco, Firenze,


Gallerie degli Uffizi, Palazzo Pitti, Galleria Palatina.

144 145
La Colonna Traiana
ispiratrice del “michelangiolesco”
campanile di Pietrasanta?

Barbara Aterini

Esiste una strana e particolare analogia fra la Colonna Traiana eretta nel II secolo
d.C. e un’opera cinquecentesca scarsamente conosciuta, almeno fino a pochi anni fa, un
filo che lega Roma alla cittadina di Pietrasanta in provincia di Lucca. Ovviamente quest’af-
fermazione è oggi possibile grazie a rilievi e studi accurati durati diversi anni1. Il campa-
nile del duomo di San Martino a Pietrasanta si erge sulla piazza principale come una delle
tante torri campanarie del nostro Paese (fig. 1). All’esterno non mostra alcunché di par-
ticolarmente interessante se non un paramento in mattoni da cui sporgono alcuni ferri
che gli conferiscono un tono di non-finito. L’eccezionalità di questa costruzione è rac-
chiusa al suo interno, ove nasconde una struttura complessa e di particolare interesse
geometrico: una scala a chiocciola che sale per circa 36 metri avvolgendosi intorno a un
vuoto centrale che costituisce un’ideale colonna d’aria.
Costruito fra il 1519 e il 1520, s’imposta su un dado di base che permette l’acces-
so all’interno, dove la scala presenta una soluzione strutturale innovativa rispetto a qual-
siasi altra scala elicoidale. Entrando si accede in uno spazio stretto – con un diametro di
poco superiore ai tre metri – dove, però, tale esiguità è compensata dalla sensazione del
vuoto ascendente che porta verso l’alto. La disposizione dei mattoni è singolarmente
semplice: quelli che generano sia l’intradosso del vano scala, sia lo sbalzo elicoidale sono
posti tutti di testa. Si rimane colpiti dalla particolare superficie concava che sovrasta i
gradini della coclea, unico esempio finora conosciuto di “elicoide cerchiato retto aperto”,
una superficie generata da una curva direttrice (circonferenza) che si sposta con moto
elicoidale intorno a un asse (l’asse del campanile) verso un punto improprio2, realizzando
così un elemento scultoreo-architettonico il cui principio modella l’intera torre a partire
dal basamento (figg. 2a-b). Il rilievo, tramite numerose sezioni con piani ideali passanti
per l’asse del campanile e perpendicolari a quello di riferimento, ha permesso di restitu-
ire graficamente il movimento dell’elicoide cerchiato nello spazio, gradino dopo gradi-

147
Fig.1. Campanile del duomo di San Martino
no3. La superficie che ci troviamo sopra la testa percorrendo la delle finestre, sono emerse significative variazioni e si rileva che la mento murario così regolare? Forse perché il campanile sarebbe
a Pietrasanta (Lucca): dall’esterno mostra scala e che appare come un ventaglio inflesso a curvatura costante scala, avvolgendosi, genera un occhio che si comporta alla manie- dovuto essere interamente intonacato, per ottenere il contrasto
un paramento non finito in mattoni.
è, invece, determinata da una retta che si sposta con moto elicoi- ra di un fusto di colonna descrivendo un’affusolatura7. L’anda- fra il bianco delle pareti e il grigio degli scalini di pietra tipico
dale intorno all’asse del campanile, sempre verso un punto im- mento della generatrice della superficie interna del fusto di colon- dell’iconografia rinascimentale13.
proprio, ed è individuata dalle corde, appartenenti alle tracce dei na coincide con il ramo esterno della “concoide di Nicomede”8, Per quanto riguarda il nome dell’ideatore di uno spazio
piani proiettanti di sezione, sottese fra l’elica superiore e quella tendente asintoticamente al punto improprio individuato dalla architettonico tanto insolito possiamo partire da alcune riflessioni
inferiore dell’elicoide cerchiato retto aperto. Tale retta determi- direzione dell’asse del campanile, tracciata secondo la costruzione sugli avvenimenti che gli storici forniscono come dati di fatto: a
na un “elicoide rigato obliquo aperto” che prende avvio dal muro geometrica del Vignola. In tal modo tutti gli elementi distintivi Pietrasanta, in concomitanza con il cantiere del campanile (1519-
a destra, rispetto all’entrata del campanile, tramite una sequenza del fusto sono stati rintracciati e verificati; la colonna costituita dal 1520), era presente Michelangelo Buonarroti, che stava sceglien-
di aggetti di mattoni (circa venti) posti di testa. vuoto interno, la cui superficie è l’elicoide cerchiato retto aperto do i marmi per la tomba di papa Giulio II. Inoltre, il fatto che il
Man mano che si sale, però, i letti di posa dei laterizi non si a sezione mistilinea, è modellata dalle eliche di massimo e di mi- campanile sia stato progettato in palmi romani ha un’importanza
mantengono costantemente nella stessa posizione aggettante, nimo: un’”elica di gola”, più interna, e un’”elica equatoriale”, storica rilevante: si tratta della stessa unità di misura dichiarata
l’intervallo fra l’elica superiore ed inferiore si contrae e si dilata, identificabile con l’attacco dei gradini alla parete; ambedue appar- dallo stesso proprio per questa tomba14. Date le premesse, non
mostrando che le due eliche non sono parallele, come accadrebbe tengono alla concoide9. L’intersezione di queste superfici curve di possiamo che formulare l’ipotesi di un progetto concepito dalla
se l’interno fosse semplicemente cilindrico e modellato secondo il secondo ordine individua la curvatura di quarto ordine che dise- genialità scultorea di Michelangelo, che avrebbe riproposto ordi-
concetto di una vite a passo costante (fig. 3). La muratura genera gna e delinea il vuoto interno e s’identifica con l’affusolatura di ne e rapporti analoghi a quelli delle colonne dell’Urbe, a lui ben
un’estroflessione della parete interna di circa 80 cm su cui appog- una colonna secondo il canone ionico10 (fig. 5). note – in particolare la Traiana, poiché situata proprio davanti alla
giano le pedate marmoree dei gradini. In tal modo la scala gira su Contemporaneamente alla ricerca sulle geometrie è stato sua dimora romana – in una visione onirica ove il positivo diventa
se stessa avvolgendosi, generata dalla geometria dei piani di posa condotto uno studio sulle unità di misura utilizzate nel progetto e negativo: ovvero la colonna, oggetto tangibile, è qui rappresenta-
dei mattoni della fabbrica4. Non ha bisogno di essere incastrata nella realizzazione di questa fabbrica. Poiché lo studio suggeriva la ta dal vuoto. Inoltre qual è quell’architetto che, ragionando da
nella parete del campanile o nel rocchio centrale come tutte le presenza di un asse proprio nell’organizzazione di cantiere, carat- scultore, trova all’interno del blocco di marmo la sua opera? Evi-
altre scale coclidi conosciute, realizzate secondo il sistema trilitico teristica questa non soddisfatta dal braccio fiorentino, ci siamo dentemente chi pensa che all’interno di ciascun blocco di marmo
“statico”. Esso appare superato da questa struttura “dinamica” che rivolti al piede romano (29,56 cm)11 che, con la sua aggregazione esista l’idea in sé, secondo un principio neoplatonico ampiamente
può crescere all’infinito in senso ascensionale. Così priva di un pura in palmi, si componeva secondo due assialità e si attagliava discusso fra gli artisti nei primi del Cinquecento.
asse solido, qui sostituito da un vuoto, si avvolge intorno alla “can- perfettamente alla giacitura radiale dei mattoni, rivelandosi atto Prima di questa ricerca il campanile era attribuito unani-
na di aria” mostrandosi come una grandiosa scultura in negativo, alla descrizione del manufatto non solo in pianta ma anche in alza- memente allo scultore Donato Benti15, stretto collaboratore del
che appare intagliata secondo il michelangiolesco «per via di leva- to12. Il rilievo critico ha messo in evidenza alcune anomalie: la Buonarroti, ma soltanto in base al Libro dei conti da cui si evince
re» nello spessore del monolite laterizio. In pianta la scala è impo- prima è che appare insolita la conclusione di una simile struttura che questi era stato pagato per la scala. Però, confrontando questa
stata sul disegno di una voluta ionica che si estrude nello spazio5 con una cella campanaria dall’aria anonima e banale; la seconda è cifra con quella ricevuta per la colonna del Marzotto, situata nella
(fig. 4). che l’elicoide mostra alcune difformità di giacitura degli elementi piazza antistante il duomo, appare di troppo inferiore. Da qui
Esiste una variabilità della pianta interna alle diverse quo- laterizi nella parte bassa (sulla destra entrando), dovute probabil- s’intuisce che il pagamento fa riferimento ai gradini della scala del
te ; in particolare dalle misurazioni effettuate in corrispondenza
6
mente ad errori di cantiere. Perché lasciare un errore in un para- campanile, cioè alle sole pedate. D’altra parte Benti, artefice di

148 149
pregevoli opere scultoree, non ha lasciato opere architettoniche e a Roma si legge dall’esterno e a Pietrasanta dall’interno. In parti-
appare difficile che fosse così erudito da trovare soluzioni a pro- colare la comparazione si è spinta fino a verificare l’altezza del
blemi geometrico-costruttivi tanto arditi, nonché capace di utiliz- campanile di Pietrasanta confrontandola con quella della colonna
zare un linguaggio simbolico così denso di allegorie. Infatti possia- Traiana, innalzata a Roma nel 113 d.C. per celebrare la conquista
mo partire dalla considerazione che varcare la soglia del della Dacia da parte dell’imperatore Traiano18. L’analisi mensoria
campanile di San Martino significa provare la netta sensazione di della sezione verticale del primo ha evidenziato come l’altezza at-
avere superato insieme ad essa anche la concezione rinascimentale tuale a livello della gronda pari a 34,07 metri, cioè 152 palmi e
del quadro prospettico precostituito. La dinamicità dello spazio, mezzo, sia riconducibile a 150 palmi se si tiene conto che la co-
il continuo cambiamento del punto di vista in maniera non costan- struzione ebbe un arresto improvviso e che la parte terminale è
te, l’assenza di nervature che dirigono la percezione del volume stata successivamente rimaneggiata19. Il progetto originario pre-
architettonico, con la volontà di rendere la struttura nastriforme, vedeva, sembra, altri due avvitamenti della scala coclide, che
senza riferimenti precostituiti, è un atteggiamento architettonico avrebbe così raggiunto una quota molto vicina a quella della Co-
di totale allontanamento dal concetto di misura. Il dominio dello lonna Traiana, la cui altezza totale è pari a 135 piedi romani
spazio da parte dell’uomo lascia il posto al concetto contrario, (40,15 metri), cioè 180 palmi; con un quinto avvitamento la scala
dell’uomo avvolto dallo spazio che ne diventa traccia narrativa: si sarebbe stata di 216 gradini, arrivando alla quota di 40,19 metri.
delinea così una dimensione umana eroica senza punti di riferi- La sola colonna – base, fusto e capitello – misura precisamente
mento che avanza verso l’alto per raggiungere l’unica luce di Ve- 100 piedi, cioè 133 palmi. L’analogia è indubbia (fig. 6). Fra l’al-
rità. Una struttura di questo tipo è stata concepita e realizzata da tro, la cella campanaria pietrasantina appare una conclusione poco
una persona sensibile, profondamente cristiana e declinata nel consona per una struttura coclearia così complessa, rivelando una
pensiero neoplatonico; Benti o Michelangelo, ciò non rimuove conclusione frettolosa del progetto che ne rispetta le quote ma
l’ammirazione verso colui che è riuscito non solo a concepire non le forme. Infatti la colonna romana consta di due rampe di
quest’architettura, ma a gestirla secondo precise geometrie e a scale in più ma queste, se realizzate a Pietrasanta, sarebbero anda-
realizzarla seguendo schemi rigorosi. Si tratta di un’invenzione te a coprire lo spazio occupato dalla cella campanaria. Inoltre la
architettonica nella quale la straordinaria complessità geometrica scala coclearia interna alla Traiana è composta da 185 gradini, il
si accompagna a una geniale sapienza tecnologico-costruttiva, medesimo numero di gradini del campanile toscano, se fossero
nonché a un ardito riutilizzo delle forme dell’arte edificatoria ro- stati realizzati i cinque avvitamenti proposti dal progetto origina-
mana. Dunque questa struttura ha sicuramente come autore un rio, ognuno dei quali contava circa 36 gradini20. D’altra parte 36
genio che ragiona secondo principi scultorei,non solo architetto- è il doppio di 18, numero dei palmi del diametro maggiore del
nici16. pozzo, ed è ancora la misura in palmi del lato della pianta; va sot-
La composizione architettonica del campanile rimanda in tolineato che il diametro del fusto marmoreo della Traiana misura
maniera clamorosa alle monumentali colonne romane – degli im- proprio 18 palmi. Quindi il monumento romano potrebbe essere
peratori Traiano e Marco Aurelio – per il cartiglio avvolgente che stato per il progettista il riferimento non solo morfologico, ma
si sviluppa in altezza, l’ingresso ricavato nel dado di base e la scala anche dimensionale.
coclide interna. Queste, probabilmente, rappresentano il model- In conclusione, possiamo affermare che il lavoro di ricerca
lo ispiratore con cui confrontare scientificamente la torre campa- ha rimesso insieme le varie evidenze: la geometria della coclide
naria di Pietrasanta17. La comparazione ha restituito un risultato che richiama il fusto di una colonna, la voluta che regola la spazia-
sorprendente: esse risultano contenute perfettamente all’interno lità della pianta e la giacitura dei mattoni, la superficie elicoidale e
del vuoto del campanile, con analoghe proporzioni. Il canone in le modularità, così come l’organizzazione del cantiere. Solo con
piedi romani, il calco delle Colonne e la connotazione scultorea tali dati geometrici, con questo tipo di rappresentazione e questo
dello spazio sono omologhe: in entrambi i casi una narrazione che modo di analizzare la forma, applicando tutti i principi proiettivi

Fig.3. Restituzione del rilievo con il metodo della


Fig.2a. Interno del campanile, vista
prospettiva parallela: si evidenziano le superfici
dal basso.
elicoidali.

Fig.2b. Interno del campanile: la Fig.4. Interno del campanile, vista dall’alto verso il
scala, avvolgendosi, scolpisce una basso: si evidenzia la matrice geometrica della pianta,
colonna d’aria. una voluta ionica che si estrude nello spazio.

150 151
più evoluti siamo riusciti a visualizzare l’idea progettuale in ma- il problema della trisezione dell’angolo, veniva comunemente usata per
niera analitica e quindi univoca, perciò scientificamente affidabile. ricavare l’affusolatura delle colonne: concetto vitruviano di cui oggi conoscia-
Certo è che i riferimenti alle unità di misura romane, l’utilizzo del mo la costruzione grazie a un disegno di Leon Battista Alberti. Le direttrici
modulo in palmi, piuttosto che in braccia fiorentine, insieme alla piane di questa superficie sono circonferenze con diametro crescente
geometria della Colonna quale modello per antonomasia, sem- omoteticamente tali che, si può affermare, descrivono un’entasi.
brano indicare sempre più con maggior certezza lo stretto rappor- 9
Il centro della concoide nella parte superiore del fusto dista dall’asse 24,90
to fra Pietrasanta e Roma, avvalorando l’ipotesi della paternità m circa; nella parte inferiore, rispetto al piano orizzontale dell’entasi, circa
michelangiolesca. Il progetto della scala elicoidale appare così 14,80 m.
come un’idea grandiosa e del tutto nuova che, al di là delle prove 10
Risponde alle proporzioni per il dimensionamento delle altezze dei tre
documentarie, può essere stata concepita soltanto da una mente membri della colonna ionica: mezzo modulo per la base, otto moduli per il
colta e geniale come quella del Buonarroti. Dunque potrebbe es- fusto, mezzo modulo per il capitello, si tratta in totale di nove moduli. Cfr.
sere un lavoro maturato fra due importanti incarichi, la Sistina e Aterini 2013b.
la facciata di San Lorenzo a Firenze. Questo porta a ipotizzare che 11
La lunghezza del piede romano è determinata dai ritrovamenti archeologici
a Pietrasanta il campanile fosse una prova, un esperimento per relativi a unità di misura. Su questa base sono stati individuati diversi valori,
affrontare il problema della realizzazione dei campanili per la nuo- uno dei quali è 29,56 cm.
va basilica di San Pietro21. O più semplicemente poteva essere lo 12
Il quadrato di 18 per 18 palmi è il modulo di riferimento e questo svela tutta
studio di una nuova tipologia di torre con scala autoportante. Co- la concezione progettuale del campanile. Inoltre, poiché per ogni palmo di
munque non va dimenticato che in un carteggio di Michelangelo altezza occorrono quattro mattoni, è possibile calcolare le giornate di lavoro e
si parla di «un campanile cavo in cui risuonassero le campane». quindi stimare il tempo occorso per l’edificazione, che sembra aggirarsi
intorno ai due anni.
13
Cfr. Aterini 2015.
1
Gli studi e i rilievi sono iniziati nel 2005 e si sono concretizzati con la tesi di 14
Nel contratto del 6 maggio 1513.
laurea di Enrico Venturini dal titolo La scala a chiocciola del campanile del Duomo 15
Donato Benti (Firenze 1470 - Pietrasanta 1537) realizzò varie opere di
di San Martino a Pietrasanta-Lucca, discussa il 6 aprile 2009, relatori Barbara scultura, fra le quali la tazza del pulpito marmoreo per il Duomo di San
Aterini e Gabriele Morolli. Sono proseguiti e nel 2011 è stato realizzato, ai Martino (1508), un’acquasantiera, il fonte battesimale del Battistero (1525),
fini del restauro conservativo, il rilievo tridimensionale diretto da B. Aterini. la colonna del Marzocco in piazza del Duomo (1514).
2
Il punto improprio è un punto all’infinito e s’identifica con una direzione. 16
Cfr. Aterini 2013a.
3
Cfr. Aterini 2010. 17
Il ritrovamento della colonna Traiana è avvenuto a Roma nei pressi
4
Contrariamente a quanto avviene per le altre scale o rampe elicoidali, come dell’alloggio di Michelangelo. Appare plausibile che egli sia stato fra i primi a
ad esempio quella di Bramante in Vaticano, costruita come una volta ribassata prenderne visione, poiché sin da giovane aveva fama di «scolpire come gli
che scarica il peso ai lati, cioè sulla muratura dell’edificio e sul colonnato antichi».
trabeato che segue una geometria elicoidale ascendente. 18
È la prima colonna coclide mai realizzata e aveva, fra l’altro, funzioni
5
Il percorso elicoidale del guscio della chiocciola o della conchiglia Nautilus, pratiche: ricordare l’altezza della sella collinare prima dello sbancamento per
uno sviluppo armonico che sta alla base della crescita di tanti organismi la costruzione del Foro e accogliere le ceneri dell’imperatore dopo la sua
viventi, dalla disposizione delle foglie all’elica del DNA. morte.
6
Dallo studio è emerso che la rastremazione verso l’alto del vuoto misura 28 19
I lavori ebbero un brusco arresto a causa della morte di Donato Benti,
cm, cioè due teste di mattone (un mattone è alto 7, largo 14 e lungo 28 cm). collaboratore di Michelangelo, che dirigeva il cantiere.
Inoltre si è riscontrata una rastremazione esterna della sezione muraria 20
Attualmente i gradini sono 111 su tre avvitamenti, con 37 gradini per
rilevabile anche dai prospetti del campanile. avvitamento, misura che si concilia con la media dei 36.
7
Il rilievo tridimensionale, effettuato nel maggio 2013, ha avuto anche lo 21
Ne erano previsti due, in facciata, di cui conosciamo i progetti di Bramante
scopo di valutare la rastremazione. del 1506 e di Antonio da Sangallo il Giovane del 1520. Cfr. Aterini 2015,
8
Questa curva, studiata dallo scienziato greco nel II secolo a.C. per risolvere p.13.

Fig.6. Sovrapposizione del profilo della Colonna Fig.6. Sovrapposizione del profilo della Colonna
Traiana sulla sezione Sud-Est del campanile di Traiana sulla sezione Sud-Est del campanile di
Pietrasanta. Pietrasanta.

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