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RIVISTA ITALIANA

DI

NUMISMATICA
RIVISTA ITALIANA
DI

NUMISMATICA niKKTTA DA

FRANCESCO ed ERCOLE &NECCHI


E DA i;n

CONSIGLIO DI REDAZIONE

A\xo Quinto — 1892

Lodovko Felice Coj^liatì, 'l'iiiotrrafo-Kilitorc


\'i;i l'iirifiinn, \. ■_'!)

JS'.lL'.
PROPRIETÀ LETTERARIA

Tip. L. F. Cogliati ■ Sez. nel Pio Istituto pei Figli della Provviden7a.
CONSIGLIO DI ilKDAZlONE
pel 1892

GNECCHI Cav. Filan(ES(


•E )
GNECCHI Cav. Eucoi } Direttori.

AMBROSULI Dott. Sulom; , Conservatore del Regio Gabinetto


Numismatico di Brera.
BRAMBILLA Nob. Comm. Camillo.
GAVAZZI Cav. Giuseppe.
MARIOTTI Cav. Dott. Giovanni, Direttore del R. Mu.sco di Anti-
chità di Parma.
MILANI Cav. Prof. Luioi Aluiano , Direttore del R. Museo Ar-
cheologico di Firenze.

MOTTA Ing. Emilio, Bibliotecario dolla 'J'rivul/.iana.


PAPADOPOLI Conte Comm. Nicolò, Senatore del Regno.
ROSSI Dott. U.MMERTO, Con.servatore del Museo Nazionale di Eirenzo.
SALINAS Comm. Prof. Antonino, Direttore del Museo Nazionalo
di Palermo.
SAMBON AuTLiiO Gin.io.

SANTONI Can." Prof. Mii./.iaiie, Direttore della Valentiniaua di


Camerino.
VISCONTI March. Carlo Ermes, Con.servatore del Museo Arti-
stico ^lunicipab; ili Jlilano.

LiiTi Cav. Prof, ("osiantino, Sfi/r'/'ario.


FASCICOLO I.
APPUNTI

NUMISMATICA ROMANA

XXL

CONTRIBUZIONI AL CORPUS NUMORVM


K. — COLLEZIONE BUGOLE GXErClII A MILAM)

A qualchodano, il quale ab1)ia udito parlare, o


in qualche modo sia stato informato delle nostre
private collezioni, potrà parere errato o almeno strano
il nome che figura in testa a questa memoria ; sa-
pendo come quello dei due fratelli che s'è dedicato
specialmente alla collezione romana non sia l' indi-
cato quassù, .sibbene il sottoscritto. Eppure l'una
cosa non esclude l'altra, e l' indica^cione non è errata
e neppure strana.
Come, accanto alla serie romana dell'uno, sorse
a poco a poco umi coIIczìoik; di moneto e medaglie
milanesi, ed una di medaglie e memorie del risor-
gimento italiano, cosi alla collezione medioevale del-
l'altro, fecero contorno una di monete greche , una
di romane.... e qualche altra ancora , senza parhire
d'una numerosissimn serie d'Autografi.
r2 FUANCliSCO GNECCHI

Per quanto l'odierno racccoglitore s' imponga ge-


neralmente una specialità — e ben a ragione, che al-
trimenti nessun privato potrebbe né finanziariamente
nò intellettualmente arrivare a formarsi una colle-
zione degna di considerazione — ■ pure è raro il caso
che presto o tardi non sia attratto a fare qualche
leggera infrazione alla regola impostasi e ad invadere
poco 0 molto qualche campo divei'so dal proprio.
Talvolta è lo scopo di studio che ve lo spinge
— giacché nessun mezzo migliore di studiare una
serie che farne una collezione — talvolta la sem-
plice curiosità o il desiderio di una variante agli
studii consueti, talvolta infine una combinazione for-
tuita, quella por esempio di un piccolo nucleo pri-
mitivo, di cui si venga per caso in possesso ; fatto
sta che è frequentissimo il caso in cui, intorno alla
collezione principale, una o più altre piccole colle-
zioni nascano a guisa di rampolli, che alle volte
possono anche prosperare.
Ciò avvenne della Collezione Romana, che ora
prendo in esame. Sorta per la combinazione di pa-
recchie delle cause accennate accanto alla collezione
delle monete medioevali Italiane , ampliata a poco
a poco, di mano in mano che si presentavano favo-
revoli occasioni, raggiunse ormai un' importanza nu-
merica di oltre 4000 pezzi, metà in argento e metà
in bronzo, oltre ad un centinaio e mezzo d'aurei. Ne
solo il numero dei pezzi , ma ben anco la rarità e
la bolla conservazione di molti fra questi le asse-
gnano un posto distinto fra le collezioni private; ma
nostro compito qui è unicamente quello di conside-
rarla sotto l'aspetto delle numerose monete inedite
o varianti, che vi si contengono, alcune delle quali
veramente degne d'essere illustrate, come ne giudi-
cheran o ilettori della Rwisfa.
collezioni: krcoll- gnecchi a Milano 13

DRUSO e TIBERIO.

1. Denaro. — Prima del N. 1 di Colieii.


^' — DRVSVS CAES TI AVG- F COS
Testa nuda di Druso a sinistra.
9 — TI CAES AVG- P M TR (in monogramma) p XXX
Testa laureata di Tiberio a destra. fAnno 28 d. C).

(Ta v. I, N. l.).'
Di questo raro denaro sono conosciuti due soli
tipi, uno colla tribunizia podestà XXXTV e 1' altro
colla XXXV. Tali almeno li dà il Cohen e tali fu-
rono idue o tre esemplari, che mi passarono per le
mani. Il Vaillant Te lo accenna in una nota anche
il Cohen) dà il denaro di Druso e Tiberio con
TR P XXV, in luogo di XXXV ; ma il Vaillant non è
sempre modello d'esattezza, e per citare un solo
esempio basti dire che accouipagna la descrizione
del dritto di questo denaro con un disegno avente
la leggenda errata TIBERIVS AVG-, in luogo della cor-
rotta :TI CAES AVG, data nel testo.
Il denaro essendo assai raro, il piìi delle volte
ci si offre in esemplari moho guasti e di diflìcile
lettura. Da ciò può essere veimta 1" interpretazione
di A'aillant TR P XXV come anche l'eiTore dell' inci-
sore nella leggenda relativa a Til)erio. Inclinerei
perciò a credere la dizione del X'aillant errata.
L'esemplare ora descritto, di fabbrica piuttosto
barbara come tutti gli altri, e certamente non co-
niato in Rouia, ò di buonissima conservazione, o il
numero della podestà tribunizia XXX , cadendo nel
punto più chiaro della leggenda, è indiscutibile. Del
resto, per quanto anteriore agli altri, (meno quello
di Vaillant, dato che realmente esista; sarebbe del
pari postumo, Dru.so essondo morto l'anno 2;3 del-
l'era volgare.
14 l-lìANCKSr.O GN'lXCHl

Se poi è vero, come accenna il Cohen, che i de-


nari colla testa di Druse furono battuti da Tiberio
quasi in riparazione dell'assassinio del figlio, procn-
rato col veleno da Sejano e Livilla , bisogna am-
mettere che tal delitto sia stato scoperto non due
lustri, ma un solo lustro dopo la morte dello stesso
Druso.

GALEA.

2. Gran Bronzo. — Bopo Coh. 138.


^ — SER GALBA IMP CAES AVG TR P
Testa laureata a destra.
li — LIBERI AVG R XL S C
La Libertà a sinistra, col berretto e mi lungo scettro.
(Tav. I, N. 2).

.3. Medio lìronzo. ~ Uopo Coli. 143.


^ — IMP SER SVLPIC GALBA CAES AVG TR P
Testa laureata a destra.

1^' — LIBERTAS PVBLICA S C


La Libertà a sinistra col berretto e lo scettro.

4. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 15G.


^ — SER SVLPI GALBA IMP CAESAR AVG P M TR P
Busto laureato a sinistra, col paludamento.
9^ - LIBERTAS RESTITVTA S C
Galba togato a sinistra in atto di rialzare Roma che
gli sta davanti inginoccliiata ; dietro, Minerva in abito
militare armata di scudo.
(Tav. I, N. 3).

5. Medio Pironzo. — Dopo Coh. 108.


^ — IMP SER GALBA CAE AVG TR P
Testa laureata a destra.

9' — PAX AVGVST S C


La Pace a sinistra con un ramo e una cornucopia.
collezioni; lkcoli; gnecchi a Milano

6. Medio Bronz-o. — Dopo Coh. 244.


jy — IMP SER GALBA CAESAR AVG TR P
Testa nuda a destra.
Jt' — VESTA (all'esergo) S C
Vesta seduta a sinistra col palladio e una patera.

VESPASIANO.

7. Gì-an Bronzo. — i'opo Coh. 340.


,& — IMP CAES VESPAS AVG P M TR P P P COS III
Testa laureata a destra.
9.' — PAX AVGVSTI S C
La Pace a sinistra con un ramo d'ulivo e la cornucopia.

8. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 239.


,Ty — CAES VESPASIAN IMP P P TR P COS II
Testa laureata a destra.
1> — AEQVITAS AVGVSTI
L' Efj^uità a sinistra colle bilance e un' asta.
DOMITILLA.

'J. Denaro. — Dopo Coh. 4.


/jy — DIVA DOMITILLA AVGVSTA
Busto a destra colla pettinatura a coda.
]> TR POT IMP II COS Vili DES Villi
La Fortuna a sinistra con uu ti'.none e una cornucopia.

Il denaro ò suberato ed evidentemente ibrido.


Il rovescio appartiene a Domiziano, ed ò dcITanno 82
dell'era volgare.
TITO.

10. Medio Bronzo. — Dopo Coli. 1H_'.


^ — IMP T CAES VESP AVG P M TR P COS Vili
Testa laureata a sinistra.
I> - GENI (sic P R S C
Genio seminudo a sinistra con unn patera e una cor-
nucopia. Alla sua destra un'ara accesa.
IC) 1KANCI;SC0 GNECCHI

11. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 248.


^ — 1 CAESAR IMP COS III GENS
Testa laureata a sinistra.
1^ - S C
La Speranza ciie cammina a sinistra portando un fiore
e sostenendosi la veste.

TRAIANO.

12. Gran liroìizo. — Dopo Coh. 377.


,& — IMP NERVA CAES TRAIAN AVO- CtERM P M
Testa laureata a destra.

9/ — S C (all'esergo).
Traiano su di un palco a destra, accompagnato dal
prefetto del pretorio, con un lungo scettro e colla
destra alzata in atto di arringare tre soldati, di cui
quello davanti porta lo scudo e il parazonio, e gli
altri due, insegne militari.
(Tav. I, X. 4).

I tipi delle monete di Traiano sono così gene-


ralmente conosciuti, che il trovarne uno nuovo è cosa
assai difficile. Pure il bronzo ora descritto merita
veramente il titolo di nuovo e per varii riguardi.
Prima di tutto per essere anepigrafo, fornito cioè
delle sole lettere S C, ciò che non accade di trovare in
nessun altro grande o medio bronzo di Traiano. Xella
numerosissima serie delle monete di bi'onzo di Traiano
non si conoscono so non alcuni piccoli bronzi por-
tanti le solo lettere S C. In secondo luogo per il
tipo, Le
il quale
moneterappresenta 1' allocuzione
relative alla allocuzione imperatoria.
mancavano
sotto Traiano, e, mentre sotto altri imperatori, come
Nerva suo predecessore e Adriano suo successore,
sono sempre accompagnate dalla leggenda ADLOCVTIO,
qui invece la leggenda manca ; quantunque il tipo
rappresentato sia precisamente quello dell'allocuzione,
COLLKZIONE ICRCOI.E GNKCCHI A MILANO 17

da non confondersi con quello dell'acclamazione im-


peratoria ovvio nelle monete di Trajano W.
Le monete dell'acclamazione rappresentano sem-
pre Trajano seduto su di un palco posto a sinistra,
menti'o il nostro bronzo ce lo rappresenta in piedi
a destra, precisamente come nelle simili monete d'al-
locuzione sopracitate di Nerva e d'Adriano.
Questa moneta veramente nuova ed interessan-
tissima si può esser sicuri che appartiene al primo
anno del regno di Trajano (98 d. C), e ne è prova
sia la leggenda della testa, come la fabbrica alquanto
rozza che rammenta ancora la monetazione di Xerva.
Essa proviene da una piccolissima colleziono affatto
inconcludente , nella quale , nessuno certamente
avrebbe immaginato che esistesse una moneta man-
cante alle collozioni più cospicue del mondo !

ADRIANO.

lo. Aun-o. — Dopo Coli. GO.


ly ~ HÀDRIANVS AVG- COS MI P P
Testa d'Adriano a desti-a.
9-' — ADVENTVI AVG ITALIAE
Adriano rivolto a destra, alza la mano destra verso
l'Italia, che gli sta di fronte con nna cornucopia e
in atto di versare una patera su di un' ara ingliir-
landata e accesa che sta in mezzo a loro.

1-1. MednflUoìlP di lìronzo. — T)opo il X. OS del .Supplemento.


R' — HÀDRIANVS AVG COS MI P P
Busto laureato a sinistra col paludamento.
5» — COS III P P 'in caratteri piccolissimi a destra).
Silvano ignudo col capo coronato, i sandali ai piedi, e
il mantello svolazzante, che cammina a destra verso

(1) Vedansi i diversi bronzi portanti le leggende nuMiUATOR vii


\'\u e wm.
18 FRANCESCO GNIXCm

l' ingresso di un tempio, traendosi dietro un ariete e


tenendo nella sinistra la verga {pediim). Davanti al-
l' ingresso del tempio un'ara accesa, ai piedi della
quale un pollo. A sinistra un albero.
Diam. mill. 41. Peso gr. 46.500.
(Tav. I, N. 7).

Questo medaglione non è che una varietà fpel


busto a sinistra) di quello descritto al N. G8 del sup-
plemento al Cohen, il quale, quantunque ap^Darte-
nente a quel famoso amatore di belle monete che
era il sig. Prospero Dupré, pare non fosse che di
mediocre conservazione, se dobbiamo giudicare dal-
l' incisione (tav. Ili del supplemento), dove manca
la leggenda del rovescio e dove il pollo venne
trasformato in un cagnolino. L' esemplare ora de-
scritto èun perfetto fior di conio, e se non vi esi-
stessero alcune macchie d' ossido sarebbe una vera
perfezione.

lo. Medaglione di Bronzo. — Uopo Coh. 553.


^ — HADRIANVS AVGVSTVS
Busto laureato a destra col paludamento.
9 — SPQRANFF HADRIANO AV&VSTO P P {Senalus
popidusque romanns annum fanstuni felicem llndriano
Angusto patri patriae) in quattro riglie in una corona
di quercia.
Diam. mill. 39. Peso gr. 44.
(Tav. I, N. 5).

Una simile moneta (simile pel rovescio ma col


busto nudo) è data dal Cohen in quella categoria
speciale che formò al regno d'Adriano, sotto il titolo
di Gran Bronzi senza S C,ì quali poi nella seconda edi-
zione vennero messi nell'unica serie, e segnati dubita-
tivamente Petit médaillon ou grand hronze. Difatti, se si
deve giudicare dal disegno che se ne dà (diam. 34 mill.),
anche senz.a conoscerne il peso, si deve giudicare la
C0LLi:Z10Ni: ercole GNF.CCHI a MILANO 19

moneta del Gabinetto di Francia un semplice Se-


sterzio oGran Bronzo ; mentre il diametro di 39 mil-
limetri dell'esemplare ora descritto, il peso di 44 gr.,
ossia di doppio sesterzio, e il grande rilievo non la-
sciano dubbio alcuno sulla sua classificazione fra i
medasrlioni.
'o'

16. Medio Bronzo. ~ Dopo Coh. 932.


^ — IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG
Busto laureato a destra col paludameuto.
]> — IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AV&
Busto laureato a destra col paludamento e la corazz?:.

17. Gran Bronzo. — -Dopo Coh. 1000.


^' — IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG P M TR P
COS III.
Busto laureato a destra col paludamento e la corazza.
9' - PI ET ATI AVGVSTI S C
La Pietà a destra con un vaso da profumo, in atto di
riversarlo su di un'ara inghirlandata e accesa.

18. Medio Bronzo. — Dopo Coh. UOS.


^ — HADRIANVS J^WGWSJ'^S
Testa laureata a destra.
!>' — SALVS AVGVSTI COS III S C
La Salute a sinistra con uno scettro, in atto di nutrire
un serpente che si svolge da un'ara.

19. Gran Bronzo. — Complemento del X. II59.


,B' — HADRIANVS AVG COS III
Busto a destra col paludamento. Testa nuda.
5^ — VOTA PVBL S C (all'esergo).
Adriano togato e velato rivolto a sinistra in atto di
versare una patera su di un tripode vicino a cui un
fanciullo con un vaso nella destra o il simpulo nella
sinistra. Dopo questi un vittimario sta abbattendo un
toro. Nel secondo piano due suonatori di tibia.
(Tav. I, N. G).
20 KlìANCliSCO GNECCHI

Questo rai-issimo e bellissimo bronzo, uno dei


più belli del regno d'Adriano, è piuttosto accennato
die descritto dal Cohen ; il quale riporta poclii cenni
del rovescio forniti dal Vaillant, senza darne il diritto.
Ne abbiamo perciò completata la descrizione e ne
diamo anche la riproduzione alla tavola, trattandosi
non solo d'uno dei piìi rari bronzi d'Adriano, ma di
un insigne monumeiito d'arte. Il rovescio di questo
bronzo, copiato fedelmente o imitato con piccole va-
rianti, servì di prototipo a moltissimi medaglioni dei
successori d'Adriano. Per fortunata combinazione poi
l'esemplare (che è l'unico ora conosciuto) è di eccel-
lente conservazione e coperto di splendida patina
verde-smeraldo.

ANTONINO PIO.

20. Medio Bronzo. — Dopo Coh. GOO.


i& — ANTONINVS AVG PIVS P P TR P XXI
Testa radiata a destra.
!>' — FORTVNA OPSEQVENS COS III S C
La Fortuna a sinistra con un timone appoggiato a un
globo e una cornucopia.
(Anno 1.58 d. C).

21. Medaglioìie di Bronzo. — Dopo Coh. 409.


:& — ANTONINVS AVG PIVS P P TR P
Busto nudo a destra col paludamento.
Tjj — Anepigrafo. — Giove fanciullo seduto sulla capra
Amaltea a destra. Davanti, un'ara ornata da un basso-
rilievo raffigurante un'aquila. Dietro, l'ara un albero.
Diam. mill. 38. Peso gr. 45.

Questo medaglione è una semplice varietà (pel


busto nudo e paludato) del medaglione descritto al
N. 409 e appartenente al Gabinetto di Francia. Sfor-
tunatamente due
i medaglioni sono di cattiva con-
servazione e cessano di essere leggibili nella seconda
COLLEZIONE ERCOLE GNECCHI A Mlt.ANO 21

metà della leggenda del diritto. Le poche lettere


di più che si leggono nel nostro esemplare non sono
sufficienti a fissarne la data.

22. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 710.


:& — ANTONINVS Ave PIVS P P TR P COS IMI
Testa laureata a destra.
5. — PIETAS AVG- S C
La Pietà a sinistra con una patera.

23. Gran Bronzo ? — Dopo Coh. 986.


^ — ANTONINVS AV& PIVS P P TR P COS IMI
Testa laureata a destra.
^ — Anepigrafo. — Diana in piedi a destra con una
lancia nella destra e nella sinistra un piccolo cervo.
Diain. mill. 35. Peso gr. 32.
(Tav. Il, N. 1).

Molti medaglioni, alcuni aurei e pochissimi medi


bronzi di Antonino sono anepigrafi. Di gran bronzi
nessuno è conosciuto dal Cohen, e uno solo prove-
niente dal ripostiglio d'Atene, venuto in luce nel
1886 e appartenente alla mia collezione, venne da
me illustrato nel 1° di questi Appunti (Riv. It. di
Num.., 1888, fase. II). Questo sarebbe dunque il secondo
Gran Bronzo anepigrafo. È naturale la dimanda :
Perchè classificarlo fra i Gran Jironzi e non fra i
Medaglioni, essendo privo dello iniziali S C ? E io
rispondo, come già di.ssi quando diedi la descrizione
dell'altro, pure privo delle iniziali S C: perchè il ri-
lievo e il tipo della fabbricazione sono quelli di un
gran bronzo e non quelli di un modiaglione. Aggiun-
gerò di più clie anche il peso corrisponde precisa-
mente a quello di un gran bronzo di belle dimensioni
e di eccellente conservazione, come è questo, di
Antonino Pio. Ci sono certi caratteri che non si
possono de.scrivere a parole; ma che pure risaltano
22 FRANCISCO GNF.CCHI

a un occhio esperimentato e pei quali si distingue


senz'altro un Gran Bronzo da un Medaglione.
Ad ogni modo, di questi rari bronzi, che non
si sa precisamente in quale categoria collocare, è
bene tener nota, perchè potranno forse apportare
qualche po' di luce alla quistione, tuttora avvolta in
un certo mistero, del medaglione romano, e non voglio
per ora pregiudicare la questione, riserbandomi di
ritornarvi fra breve.

24. Gran Bronzo. — I^opo Cohen 797.


,©' — AVRELIVS CAESAR ANTONINI AVG PII FIL
Testa nuda e giovanile a destra.
"^ — VIRTVS S C (nel campo) TR P XV COS II (in giro).
Il Valore a sinistra col parazonio e un' asta, il piede
destro appoggiato su di un elmo.
(Anno IGl d. C ).

SETTIMIO SEVERO.

25. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 647.


,©' — L SEPTIMIVS SEVERVS PIVS AVG
Busto laureato a destra col paludamento.
9' — VICTORIAE AVGG- S C
Vittoria in biga veloce a destra.

Questo rovescio non è conosciuto che nel mezzo


bronzo (Coli. 647). Una particolarità poi notevole nel
gran bronzo descritto è il suo grande diametro
(mill. 35) e il suo peso eccezionale (gr. 32,500), che
lo farebbero ritenore equivalente o a due sesterzi ,
se prendiamo come base i gran bronzi più leggeri
di Settimio Severo, alcuni dei quali non pesano più
di 17 grammi, o almeno a un sesterzio e mezzo, se
calcoliamo la media dei gran bronzi di S. Severo a
poco meno di 24 grammi.
COLLKZIONE ERCOLE GNKCCIII A Mir.WO

CARACALLA.

26. Medio Bronzo. — Dopo Coh. 447.


fy — ANTONINVS PIVS AVG GERM
Busto radiato a destra col paludamento.
1> ~ P M TR P XVII IMP MI COS III! P P S C
Marte in abito militare a siiiistra. il piede destro su di
un elmo, con un ramo e un'asta rovesciata.
(Anno 214 d. C).

27. GrfOì Bronzo. — Dopo Coh. 49:3.


,iy - M AVR ANTONINVS PIVS AVG GERM MAX
Busto laureato a destra col pahnlamento e la corazza.
9' — P M TR P XX IMP III COS ini P p s e
Leone radiato che cammina a sinistra con un fulmine
nelle fauci.
(Anno 217 d. C).
(Tav. II, K 3).

Il titolo MAXIMVS ò rarissiino sui bronzi di Ca-


racalla. Non vi si incontra che due o tre volte.

ELAGABALO.

28. (h-an Bronzo. — Dopo Coh. 2uo.


,!>' - IMP CAES M AVREL ANTONINVS AVG
Busto laureato a destra col paludanionto e la corazza.
9' — P M TR P ini COS III s e
Elagabalo in abito pontificale a sinistra con una patera
e un ramo di cipresso (o di palma) . sacrificante su
di un'ara inghirlandata e accesa.
(Tav. ir, N. 2).

(Quantunque questo bronzo non pre.senti alcuna


particolarità de^na di nota, s'è cre^duto l)ene ripro-
durlo nella tavola, perchè, .stante la sua straordinaria
conservazione e finitezza di lavoro, mostra i dettagli
degli abiti pontificali forse meglio di qualunque altro.
24 TRANCKSCO GNECCllI

MASSIMINO I.

29. Medio Bronzo. — ^opo Coh. or,.


^ — IMP MAXIMINVS PIVS AV&
Busto radiato a destra col paludamento.
9^ — VICTORIA GERMANICA S C
Vittoria a sinistra con una corona e una palma.

FILIPPO PADRE.

30. Gran Bronzo. — Dopo Coh. 213.


^' — IMP M IVL PHILIPPVS AVO-
Busto laureato a destra col paludamento.
9/ — VOTIS DECENNALIBVS S C, in corona d'alloro.

VALERIANO PADRE.

31. Antoniniano. — Dopo Coh. 42.


^' — IMP C P LIC VALERIANVS AVG-
Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.
9I — FELICITAS AVGG
La Felicità volta a sinistra con un lungo caduceo e
una cornucopia.

32. Antoniniano. — Dopo Coh. 85.


^' — VALERIANVS P F AVG
Busto radiato a destra col paludamento.
^ ~ ORIENS AVG
Il Sole corrente a destra colla destra alzata e un fla-
gello nella sinistra.

GALLIENO.

33. Anluniniuno. — Dopo Coh. 34.


jy — GÀLLIENVS AVG
Busto radiato a destra col paludamento.
9' — AEQVITAS AVG
L'Eqiiità a sinistra colle bilancio e la cornucopia. Al-
l'esergo S P Q R
COLLEZIONE KUCOLL GNliCCHI A MILANO 25

34. Antoniniano. — 'Ropo Coli. US.


^ — GALLI ENVS AVG-
Busto radiato e corazzato a destra.
9I — FELICI AVG
La Felicità a sinistra con un lungo caduceo e una cor-
nucopia.

35. Antoniniano. — T)opo Coh. 128.


,B' — INIP GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
9' — FIDES MILITVM
Aquila spiegata a sinistra su di un globo fra due in-
segne militari.

36. Antoniniano. — I^opo Coh. 107.


:& — GALLIENVS AVG
Busto radiato a destra col paludamento.
9' — FORTVNA AVG
La Fortuna a sinistra con una patera e la cornucopia.
All'esergo S P Q R

La Fortuna nello monete ili Gallieno r costan-


temente accompagnata dall' a[)[)(.'llativo <li REDVX.
Compare su questo antoniniann per la jiriiiia ('d unica
volta ciin quell(j d' AVGVSTA. Noterò di più come la
patera non sia uno dei soliti attrihnti della l-'ortuna,
quali il caduceo, la cornucopia e il timone di nave.

37. Aìitoììiniana. -- I'"po Col.. 175.


^ — IMP GALLIENVS AVG
Busto railiato a destra col paludamento sull'omero sin.
9/ - FORTVNA REDVX
La Fortuna seduta a sinistra con un timone appoggiato
a un gloljo e una cornucopia.

38. Antoniniano. - I^opo Coh. IS-J.


/©' — GALLIENVS AVG
Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.
1 UANCLSCO USICI. IH

9' — GENIVS AVG


Il Genio a sinistra col medio in testa e con una cor-
nncopia, in atto di versare una patera su ili un'ara
accesa.

30. Antonininno. — Bopo Coh. 184.


,©' — GALLIENVS AV&
Testa radiata a sinistra.
!>' — &ENIVS AVG
Genio seminudo con una patera e una cornucopia. Al-
l'esergo una palma.

40. Anloniniano. — Dopo Coh. 19^.


,&■ — GALLIENVS AVG
Testa radiata a destra.
1> — INDVLGENT AVG
L' Indulgenza seduta a sinistra colla destra distesa e
con uno scettro. AU'esergo D.

41. xintoninicvìo. — Popo Coli. 204.


B" — GALLIENVS AVG
Testa radiata a destra.

9' - lOVi CONS AVG


Capra a sinistra. AU'esergo 1.

42. Antoniniano. — Dopo Coli. 21S.


B' — GALLIENVS AVG
Busto radiato a destra col paludamento.
1> — lOVI CONSERVAI
Giove ignudo volto a sinistra con un globo, uno scettro
e il mantello sulla spalla sinistra. AU'esergo PXV.

4o. AìilOìiiniii.ììO. ~ D''!'" Coh. 231.


ly ~ GALLIENVS P F AVG
Busto radiato e corazzato a destra.

'^ — lOVI STATORI


Giove ignudo di fronte col fulmine e lo scettro.
r.oi.i,i:ziONi: incorar, gn'i:c.('hi a mh.ano

44. Antoniìiiano. — Dopo Coli. 259.


ly — GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a sinistra, armato di lancia
e scudo.

]>' — LEG I ADI VI P VI F


Capricorno corrente a destra.

45. Antoniniano. — Dopo Coli. 345.


i& — GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
r^ - LVNA LVCIFERA
Diana colla mezzaluna in testa e la sciarpa svolaz-
zante, adestra , tenendo colle duo ninni una torcia
accesa.

46. Antouiììiano. — Dopo Coli. 348.


B' — GALLIENVS AVG
Testa radiata a destra.
9 — MARS VLTOR
Marte ignudo e galeato, che cammina, a destra armato di
lancia e scudo. All'esergo un:i palma.

47. Anloniniann. — Dopo Coh. 357.


^ - IMP GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
^i — MARTI PROPVG
Marte in abito militare , a destra , con un' asta e un
vessillo.

48. Anionmiano. — Dopo Coh. 379.


,B' — IMP C P LIC GALLIENVS P F AVG
Busto radiato a destra con paludamento e corazza.
9 — ORIENS AVG
Roma r?i turrita, rivolta a destra, presenta una corona
a (xallieno in abito militare e armato di lancia
— Tra i due, al disopra, un'altra corona.
49. Anionmiano. — Dopo Coli. 391.
iO" — IMP GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
28 KKANCKSCO GNKCCHl

9/ — PAX ÀVG
La Pace a sinistra con un ramo e uno scettro trasver-
sale. Nel campo V.

50. Anloniniano. — Dopo Coli. 503.


^ — GALLIENVS AVG
Busto radiato a destra col paludamento.
9I — SALVS AV&
La Salute a destra in atto di nutrire il serpente. Al-
l'esergo S P Q R.

51. Anloniniano. — Dopo Coh. 529.


,B' — GALLI ENVS AVG
Testa radiata a sinistra.
9' — SOLI INVICTO
Il sole radiato a destra colla destra alzata e con un
frustino.

52. Antoìiiniano. — Dopo Coli. 557.


^ — GALLIENVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
9Ì - VICI AET AVG
Vittoria che cammina a destra con una corona e una

palma.
53. Antoniniano. — Dopo Coli. 635.
^' — IMP C P LIC GALLIENVS P F AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
T^ - VICTORIAE AVGG IT GERM
Vittoria a sinistra con una corona e una palma. Ai
suoi piedi un prigioniero seduto e legato.

54. Medio Bronzo. — Dopo Coli. 858.


^ — IMP C P LIC GALLIENVS P F AVG
Busto laureato e corazzato a destra.
9' — VIRTVS AVGG S C
TI Valore militare a sinistra , appoggiato al proprio
scudo e con un'asta rovesciata.
COLLEZIONE ERCOLK GN'ECCHI A MILANO 29

AURELIANO.

55. Aureo. — Dopo Coli. 5.


3' — IMP e L DOM AVRELIANVS AVG-
Busto radiato e corazzato a destra.
9' — CONCORDIA AVG
La Concordia seduta a sinistra, con una patera e una
doppia cornucopia.

56. Antoniniano. — Dopo Coli. 177.


,B' — AVRELIANVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
5I — RESTITVTOR ORBIS
Donna in piedi, a destra, che presenta una corona ad
Aureliano in piedi, in abito militare , il quale tiene
un'asta. Nel campo, fra le due figure, una stella.
TACITO.

67. Antoniniano. — Dopo Coh. 0'5.


^' — IMP C M CL TACITVS AVG
Testa radiata a destra.
9' — LAETITIA FVND
L' Allegrezza a sinistra con una corona e un' àncora.
FLORIANO.

58. Antoniniano. — Dopo Coh. 17.


^' — IMP C M ANN FLORIANVs AVG
Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.
9/ — CLEMENTIA TEMP
La Clemenza a sinistra colle gambe incrociate e con
un lungo scettro, appoggiata a una colonna.

69. Antoniniano. — Dopo Coli. GO.


,©' — IMP C M ANN FLORIANVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
^ — PROVIDEN DEOR
La Fede a destra fra duo insegno ; di fronte ad essa il
Sole seminudo con un globo o la destra alzata. In
mezzo a loro una stella.
30 iUAN(:i:s(;o gnixchi

PROBO.

GO. Medio hì-nnzo. — I^opo Coh. 55G.


:& — IMP PROBVS AVG
Busto laureato e corazzato a destra collo scettro.
13^ — VICTORIA AVG
Vittoria a sinistra con una corona e una palma.

NUMERIANO.

fil. Antoniniano. — l^opo Coh. 49.


S' — IMP C NVMERIÀNVS P F AVG
Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.
9' — PIETAS AVGG
Mercurio seminudo a sinistra con una borsa e un
caduceo.

CARINO.

62. Antoniniano. — I5opo Coh. GO.


^ — IMP C M AVR CARINVS P F AVG
Busto radiato a destra col paludamento e la corazza.
9! — FIDES MiLIT
La Fede militare a sinistra con due insegue.

DIOCLEZIANO.

63. Anloniniano. — Ropo Coh. 225.


,B' ~ IMP C VAL DIOCLETIANVS AVG
Busto radiato e corazzato a destra.
9' — lOVI CONSERVAT
Giove ignudo a sinistra, col mantello dietro le spalle,
con un fulmine e lo scettro.

64. Quinario di broiizo. — Dopo Coh. 249.


jy - IMP DIOCLETIANVS AVG
Busto laureato a destra colla corazza.

9' - lOVI CONSERVAT AVG


(-riove ignudo a destra , collo scettro e i fulmini. Ai
suoi piedi un'aquila con una corona nel rostro.
;;olm:zioni; ;;uc.or,i: (.nlcc.hi a Milano 31

MASSIMIANO ERCULEO.

65. Aureo. — Dopo Coli. .SO.


i& — MAXIMIANVS AVG-
Testa laureata a destra.
I^ — HERCVLI CON AVSS
Ercole ignudo di fronte, appoggiato alla clava, con un
pomo e la polle del leone sul braccio sinistro. Nel
campo uua stella. AU'esergo ALE.
(Tav. 11, N. 4).

La sigla della zecca frAle.ssaiidria, coniuiic nelle


monete eli bronzo di Massimiano Erculeo, è estre-
mamente rara su quelle d'()ro e d'argento. Xon co-
nosco nessun denaro d' argento che la porti , (! un
solo aureo è ricordato dal Cohen, riportato dall'an-
tico catalogo del Cnil)inotto li Francia i^Colieu, X. 02).
Notevole è anche l;i ortografìa AVSS invece di AVGG,
che mi paro nuova in quost' epoca, mentre diventa
comune più tardi.

66. Aureo. — Dopo Coli. 77.


& — MAXIMIANVS P F AVG
Testa laureata a destra.

9' — PROVIDENTIA AVGG


Porta di campo aperta sormontata da tre jiinacoli o
torricelle. Al secondo piano due pinacoli e fra questi
tre merli.
(Tav. 11, X. 5).

67. Medio Bronzo. ~ I'"i'o Coli. is;».


Ty - IMF MAXIMIANVS P F AVG
Testa laureata a destra.

!>' — FIDES MILITVM


La Fede luilitai-e di fronte, rivolta a sinistra, con due
insegno, una per ciascuna mano.
32 KRANXESCO GNECCHI

CARA US IO.

68. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 95.


^ — cAR/^vsivs Ave
Busto coll'elmo radiato a sinistra e armato d'asta.
^ — FORTVNA AVG
La Fortuna in piedi volta a sinistra, con un timone
nella destra e un corno d'abbondanza nella sinistra.
All' esergo MI CO

69. Piccolo Bronzo. — -Dopo Coh. 164.


^^ — IMP C CARAVSIVS P AVG
Busto radiato e paludato a destra.
^ — PAX AVG
La Pace in piedi a sinistra, tenendo un ramo d'olivo,
e uno scettro diritto. Nel campo ai due lati S C.

70. Piccolo Bronzo. — Dopo Coh. 177.


^ — IMP C CARAVSIVS P F AVG
Busto radiato e paludato a destra.
9I — PAX AVG
La Pace in piedi volta a sinistra, tenendo un ramo di
ulivo e uno scettro trasversale. Ai due lati nel campo
S p. All'esergo MLXXI.

71. Piccolo BrOJlZO. — Dopo Coh. 188.


^' — IMP C CARAVSIVS PRIN AVG
Busto radiato e paludato a destra.
5/ — PAX AVGGG
La Pace in piedi a sinistra tenendo un ramo d' olivo
e uno scettro trasversale. Nel campo, ai lati della
figura, S P. All'esergo C.
(Tav. II, N. G).

In questo piccolo bronzo sono notevoli le leg-


gende, tanto nel diritto, come nel rovescio. La prima
per la qualifica di PRIN (PRINCEPS) assolutamente
unica sulle moneto di Carausio, il quale alle solite
iniziali P F [Pins Felix, supponendo che abbia con-
COLLAZIONI-: KRCOLL GN'CCCllI \ MILANO 33

tinuata la tradizione dei predecessori), non aggiungo


nelle monete che assai raramente l'epiteto di INVICTVS,
espresso con INV (Coli. 200), con IN (Coli. 4G,15G) o
con un semplice I (Coli. 158 188). ÀnzÀ V esistenza
di questo epiteto in pareccliio monete di Carausio
potrebbe dar luogo ad una variante nell'interpreta-
zione delle lettere PRIN del nostro piccolo bronzo.
Queste quattro lettere, invece che appartenere a una
sola parola e leggersi quindi come le primo lettere
di PRINCEPS, potrebbero essere divise due a due (PR
e IN) e interpretarsi por le prime lettere dello due
parole PRINCEPS INVICTVS.
La leggenda poi del rovescio PAX AVG-VSTORVM.
espressa coirabbreviazionc AV&&& si i-iferisco (3viden-
temeute alhi pace conclusa da Carausio cogli impe-
ratori ^lassimiauo P]rculco e Diocleziano, e il nostro
bronzo va collocato con altri pochi csprinK'uti il me-
desimo tatto st(n'!co colle leggende HILARITAS AVG-G-G-,
LAETITU AVG&G e PROVID ÀVO&G. ai quali tutti serve
storicamente di illustrazione (dimostrando quali siano
i tre imperatori cui si accenna col triplice G in
AVGGGj il piccolo l)ronzo unic-o del ]\lusoo lìritannico,
nel quale a un rovescio simile al nostio accompagnato
dalla medesima leggenda PAX AVGGG corrispondono
nel diritto le teste accollate dei tre inq)eratori Ca-
rausio, Massimiano Erculeo e Diocleziano colla leg-
genda: CARAVSIVS ET FRATRES SVI.

72. Piccolo Bronzo. -~ Tiopo Coli. 211.


,iy — IMP CARAVSIVS
Busto railiato e paludato a destra.
'^ — ROMANO RENOVA
La Lupa a destra elio allatta Romolo e Eemo. All' e-
sergo R S R.
(l'ipo barlwro).
5
34 lUA.NCKSCO GNECCHI

73. Piccolo lì ronzo. — Dopo Coh. 275.


,iy - IMP CARAVSIVS P F AVG
Busto Jiiui'oato G paludato a destra.
Iji -^ VOTVM PVBLIC
Ara acoosa. nella eguale la leggenda in quattro linee :
MVL TIS XX IMP. All'esergo R S R.
(Tav. II, N. 7).

Questo rovescio ò sconosciuto nelle monete di


bronzo di (Janiusio, e -riproduce invece esattamente
il tipo50.dei denaro d' argento descritto dal Cohen
al N.

COSTANZO CLORO.

74. Denaro. - i>°V° Coh. 50.


^ — CONSTA NTIVS N C
Busto laureato e t;orazzato a destra.
9 — VICTORIA S^RMAT
Quattro soldati che sagrificano sopra un tripode, davanti
alla- porta d' un campo. All'esergo una clava.

75. Medio Bronzo. — D"po Coh. 227.


fiy — CONSTANTIVS NOB CÀES
Testa laureata a destra.
I3Ì - SAC IViON VRB AV&& ET CAESS NN
La ^[oneta. in piedi a sinistra, tenendo una bilancia e
una cornucopia. All'esergo RwT.
GALERIO MASSIMIANO.

7G- Aureo. — "Hopo Coh. 20.


,!>' — MAXIMIANVS NOB CAES
Testa laureata a. destra.
3>>' — PRINCIPI IVVENTVTIS
Galerio IMassiniiano in abito militare a sinistra, con un
globo e uno scettro. Dietro a lui due insegne. Nel
campo ì, all'esergo • SM • SD •
(Tav. II, N. 8).
COr.LKZIONE l:UCOLE GNECCm A MIUNO

77. P. Bronzo Quinario. — Dopo Coh. 152.


^' — MAXIMIANVS NOB CAES
Busto laureato a destra col paludamento.
9/ — PRINCIPI iVVENTVTIS
Galerio ia abito militare a destra , con un' asta nella
destra e un globo nella sinistra.

MASSIMINO DAZA.

78. Quinario di Bronzo. — Dopo Coii. \?A.


/& — MAXIMINVS NOB CAES
Busto laureato a destra col paludamento e la corazza.
9^ — PRINCIPI IVVENTVT
Massimino in abito militare che cammina a destra con
un'asta e un globo.

COSTANTINO MAGNO.

79. Aureo. — Dopo Coli. 70.


:& — CONSTANTINVS P F /VG
Testa laureata a destra.
9 PERPETVA FELICITAS
Costantino in abito militare a destra, con uno scettro.
Davanti a lui uno de' suoi figli puro in abito militare
con un trofeo, in atto di sollevare una donna (Costan-
tinopoli?) inginocchiata. All'esergo SIRM.
(Tav. II, X. 9).

La leggenda PERPETVA FELICITAS non figurava


ancora fra le leggende delle monete romane, compa-
rendo per la prima volta su questo interessante aureo
di Costantino. E, com*; è luutva la leggenda, sembrami
nuova la rappresentazione, la quale potnd)lie anche
darsi che sia da interpretare ditferentemonte da
quello che ho fatto io : ma, accordando la rappre-
sentazione colla leggenda, mi parve che il significato
più ovvio fosse quello dell' imperatore con uno dei
suoi figli, il primo coli' emblema del comando, il
secondo con ([uello della vittoria, elio offrono per-
OO IHANCESCO GNIXCHI

petua folicità alla rivale di Roma, divenuta la capi-


tale doU'iinpero. L'aureo dovrebbe perciò essere stato
battuto verso l'anno 330, in cui avvenne il trasferi-
mento della capitale da ]loma a Costantinopoli.
CRISPO.

80. Aureo. — Dopo Coli. IG.


iy — FL IVL CRISPVS NOB CAES
Busto laureato e paludato a sinistra.
9 " VICTORIA CRISPI CAES
La Vittoria, seduta a destra su di una corazza, scrive
VOT X su uno scudo che le presenta un genietto
alato. AU'esergo SIRM.
(Tav. II, X. 10).

Il rovescio di quest'aureo, nuovo per tipo e leg-


genda fra le monete di Crispo, fa riscontro ad alcuni
simili rovesci, che troviamo sugli aurei del fratello Co-
stantino IIe colla leggenda VICTORI \ CONSTANTINI CAES.
COSTANZO II.

81. Aureo. — T)opo Coh. 73.


ly — D N CONSTANTIVS NOB CAES
Busto a d. col paludamento e la corazza. Testa nuda.
9- - G-LORIA REIPVBLICAE
Roma galeata seduta di fronte e Costantinopoli turrita
volta a sinistra, col piede appoggiato su di una prora
di nave, sostengono insieme uno scudo colla leggenda:
VOTIS V. AU'esergo SMANB ■
(Tav. II, N. 11).

Su nessuno dei molti aurei di Costanzo II al


tipo di lloma e Costantinopoli, come quello ora de-
scritto, troviamo ricoi'dati i voti quinquennali. Molte
monete d'oro e d'argento di quest' imperatore sono
dedicate ai voti X, XX, XXV, XXX e XXXX, ma i quin-
quennali appaiono qui per la prima volta.
COLMiZIONE EUCOLE GNECCHI A MILANO 37

COSTANTE I.

82. Aureo. — Dopo Coh. G3.


jy — FL IVL CONSTaNS PERP AVG
Busto diademato a destra col paludamento e la corazza.
Ijl — VICTORIA AVGVSTORVM
Vittoria seminuda seduta su di una corazza, a destra,
in atto di scrivere VOT V MVLT X su di uno scudo
presentatole da un genietto alato.

VALENTE.

8.3. Auì-eo. — Dopo Coli. 5-2.


,©- — D N VALENS P F AVG
Busto diad. e corn/^zato a sinistra. Nella destra tiene
\\n oggetto indistinto , nella sinistra uno scettro (?).
Ij' — VOTA PVBLICA
Valente e Valentiniano nimbati, seduti di fronte , te-
nendo ciascuno nella de.stra \\n papiro (?), nella si-
nistra uno scettro. La sigla SMNE posta all'esergo è
frammezzata da «lue prigionieri inginocchiati 1' uno
contro l'altro colle mani legate dietro al dorso, ed è
cosi disposta : S, prigioniero a destra, MN (in mono-
gramma), prigioniero a sinistra, C.

GRAZIANO.

84. D'inoro. — Dopo Coli. 10.


,B' — D N GRATI ANVS AVGG /VG
Busto diademato a destra col paludamento e la corazza.
9^ — GLORIA NVVI sic invoce di NOVI i SAECVLI
Graziano a sinistra col labaro e appoggiato allo scudo.
All'esergo TCON.

Questo tipo, non cominio in bronzo, deve os.sei'o


certamente a.ssai raro in argento, jìorcliè Cohen non
ha trovato da citare che un unico eseniphire dtdla
collezione Gosselin, dandone anzi il solo rovescio.
La strana ed enigmatica leggenda AVGG AVG
38 FRANCESCO GNECCHI

è una di quelle che si prestano a svariate interpreta-


zioni e gli eruditi non mancarono di torturarsi intorno
ad essa l' ingegno, joi'opo^sndone parecchie basate
sulla storia e sulla genealogia dell' imperatore. Mi
guarderò bene dal richiamare tutta la storia di tale
disputa, che durò molto tempo come le altre di questo
genere, le quali non possono esser risolte se non colla
induzione. Non luhet ejus dissidii hisloria scribere ,
dice Eckhel; ma, semplicemente riassumendo, ac-
cennerò come, dopo d'aver eliminato le interpretazioni
meno persuasive , come Augiistissimiis Angustus , —
Augusti Germanus Augustus — Augusti Genilus Au-
gustus e altre simili , i più recenti numismatici, se-
guendo Eckhel, scelsero come le migliori queste due :
Augusiorum Augustus — Augusti Gener Augustus,
e si fermarono di preferenza a quest'ultima, che ram-
menta il matrimonio di Graziano colla figlia di
Costanzo II.
In quanto a me, io mi fermerei invece assai più
volentieri alla prima , per la ragione che è la più
semplice. Bisogna premettere che le leggende delle
monete furono incise per essere intese da tutti e quindi
anche dal popolo, tanto è vero che la leggenda in di-
scorso èrarissima sulle moneto d'oro e d'argento e
meno rara invece su quelle di bronzo. Posto tale
principio, sembra assai poco naturale che le lettere
si debbano dividere a guisa d'indovinello e che il
cervello debba lambiccarsi per trovare significati che
possano in qualche modo correre colla storia. L'ab-
breviazione AVGG la troviamo mille volto nelle mo-
nete romane e s' è sempre letta per AVGVSTORVM.
Perchè dovremmo darvi su questa sola moneta un
significato differente dal solito e inteso da tutti?
Certo che la preferenza a tale lettura non la
accorderei pel motivo della punteggiatura addotta
dal Beauvais, il quale pretende debbasi cosi leggere e
COLLEZIONE ERCOLE GNECCHI A MILANO 39

non altrimenti , essendo scritto AVGG- • AVG con un


punto fra le due abbreviazioni. Con buona pace del
signor Beauvais e di chi l' ha seguito, non credo
che tale punteggiatura abbia mai esistito fuorché
nella fervida immaginazione di chi voleva trovare
una prova materiale di ciò che aveva in mente di
dimostrare. Né su questo denaro, né su alcun' altra
moneta di Graziano , come su nessuna contempo-
ranea, si trova punteggiatura di sorta.
La ragione della preferenza, sta semplicemente
nell'accennata dall'uso comune, accordandosi al quale
ben raramente si sbaglia. Eppure anche a questa in-
terpretazione diAugustorum Augustus, che a taluno
può sembrare indubbia, qualche opposizione si può
fare, ed è che il significato letterale o dirò assoluto
ne riesce poco chiaro ; e se si volesse trovarvi quasi
un riscontro nelle leggende REX RE&NANTIVM, BacrOsu,-
BacO.Ewv , che circondano il busto del Cristo sulle
monete bizantine, sarebbe stato certamente troppo
ardito per l'imperatore Graziano , il quale avrebbe
dovuto ritenere assurdo l'intitolarsi l'Augusto degli
Augusti , quasi che gli altri due Augusti, che con-
temporaneamente sidividevano l'impero del mondo
romano, fossero suoi vassalli. Se invece di AVGVSTORVM
AVGVSTVS si leggesse AVGVSTORVM AVGVSTISSIMVS il
più Augusto degli Augusti, quella certa supremazia,
cui Graziano pare volesse alludere al primo giun-
gere al potere (poiché questo e non altro è certa-
mente il significato dell' era nuova accennata nel
rovescio, GLORIA NOVI SAECVLI), sarebbe assai più feli-
cemente resa. — La preminenza, quantunque abba-
stanza chiaramente affermata, non invaderebbe cosi
il campo degli altri due regnanti e non ne oifende-
rebbe troppo apertamente le suscettibilità.
Ma, facendo di nuovo valere l'argomento della
semplicità e dell'uso comune — che é sempre Far-
40 FRANCESCO GNKCCHl

gomento più forte — , come abbiamo accettato di


interpretare AVGG per AVGVSTORVM , dobbiamo del
pari e con più forte ragione accettare l'interpreta-
zione d'AVG per AV&VSTVS, perchè sempre cosi usato
nell'estesissimo liso comune stabilito da secoli.
E del resto bisogna considerare che si tratta di
leggere una abbreviazione, la quale, se fu chiara,
come è a supporsi, pei contemporanei , non lo può
essere del pari per noi troppo lontani posteri ; e a
chi una delle due ultime interpretazioni proposte
non garbasse, resta sempre la scelta fra le vecchie....
o anche la libertà di trovarne una nuovissima!
Altra particolarità filologica o grafologica , che
forse merita di non essere trascurata in questa mo-
neta, èla dizione NVVI per NOVI del rovescio. Potrebbe
essere un semplice erroi-e dell'incisore e allora senza
alcuna importanza ; ma potrebbe anche darsi che
la trasformazione dell' O in V fosse, quantunque rara-
mente, ammessa in quell'epoca. Ai filologi il decidere.
85. Terzo di Soldo d'oro. — Dopo Coli. 25.
ly — D N GRATI ANVS P F AVG
Busto diademato a destra col pahidamento.
^ — VICTORIA AVGVSTORVM
Vittoria che passa a sinistra con una corona e una
palma. AU'esergo TROB.

Questo tipo , comune sotto altri imperatori, è


rarissimo fra le monete di Graziano, e sarebbe anzi
unico in oro. Cohen non dà che un denaro con
questo tipo , riportandolo incompletamente (ossia
senza il diritto), da d'Ennery.
Francesco Gnecchi.
POSTILLA
ALL'ISCRIZIONE ETRUSCA DEL SEMISSB ROMANO
D' A lì E Z Z 0

L'iscrizione etnisca del seiiiisse romano sestan-


tario, trovato 1' anno 1890 in Arezzo, presso la ne-
cropoli del poggio del Sole W:

^ 3 I/ I V ^ 1 fl (-1 <ii-tto)

^ \/ ^ 1 ^ V H > ^-' — -)
deve leggersi, a parer mio :
Ci'hiepeve Arcuizies.
Essa trova così riscontro, sotto il rispetto ono-
mastico, p. es. neirepitafu) cliinsino :
*r)ansi-Zu\/nis' (Fabretti, tav. XXXII, 837);

epitafio di nn (ni(tnì\ ossia, circa, 'liberto', secondocliè


questa parola è tradotta latinamente in due bilingui
(Fab., 794, bis; Gamurrini, tav. VIIT, 719) — come
dimostrai-ono il Dcecke fHezzenberger's Beitr., IIJ,
p. 309), e il Panli ('Ktrusk. Stud., IV, p. 11, 6«;), col
confronto dell'altro epitalio, esso ancora di Chiusi :
eansi : Petrus': Imi/ ni : (Fab., Terzo Sujjplem.. 232).

(1) Gamuukim, />/■ iiìì SPinit-HK ili Roma con rtrii-^r/i-; iarrieioin, in
questa Rir. It. di Xitin., IV, p. 3'21-3-24.
42 ELIA LATTES

Torna perciò probabile che un laiitni sia stato


altresì il personaggio del semisse ; e ben conviene
infatti il suo nome, quale. a me sembra, a tale ma-
niera cV uomo. Di quello ritrovo , il primo termine
(Criuepeue) sopra il coperchio d'un ossuario del museo
di Firenze :

Arnt. S[t]eprni \ Kr[ii]ipuus (Fab., tav. XXIII, 213);

la cui lezione riesce così assicurata , dovechè finora


ondeggiavasi appunto in riguardo all'ultima parola,
a cagione dell'incerta forma del terzo elemento, che
l'artefice verosimilmente sbagliò e poi corresse. —
Quanto al secondo termine {Areiiizies) della nostra
epigrafe, tra i personaggi menzionati nell'iscrizione
celtica di Novara, ò Anarevìs'eos; nome che, dal Flechia
in poi, tutti considerarono composto della preposi-
zione an- e di Are-vis'eos (cfr. Are-morica, Are-late, ecc.) :
ora codesto semplice Arevis^eos, sino al ^ìresente sol-
tanto conghietturato, s' ha appunto , so ben vedo ,
in Areuizies, con ;r per s, come p. es. nell'etr. Gazi
di una bilingue (Fab., 460) per Cassius del testo la-
tino conispondento , o come nell' Utuze di due sca-
rabei etruschi , uno di Bolsena (Fab., 2094 bis A) ,
l'altro di Chiusi (Fab., 483 bis), per ■oS'.^cr:,- (i).
Fu adunque Arew'zie, il padrone o patrono , a
dir così, di Criuepeue, un Gallo. Egli trova nell'etrusca
epigrafia numerosi compagni: Cale (Fab., 254, 894,
2582 , Gam. , 147 , 219) ; Calec (Fab. , 2072) ; Cales

(1) Per Vili di Crìnepeue rimpetto all'i/ di Kraipims, cfr. p. es. Par-
tinnus Fab. HI, 371 con rarlanus, 367 .sg., Tincuntnal Gam. 694 con Ta-
cutUines' Fa.h. liT2. eritìnras, nell'iscrizione di Magliano, p. es. con T'i^/'j!-
na^aras' Fab. 1914 A 6.20; per Ve (Criuepeue) rimpetto all'/ (Kruipuus),
cfr. p. es. Easun Fab., 252) per liaiuv , Menerra Fab. 1019 ecc. con lat.
M inerra , .Leene nella bilingue Fab. 253 con lat. Licini. — Scrive del
resto il Gamukhini (p. 323): " Si può ben supporre che il re, col rima-
E. LATTES - POSTILLA ALLISCRIZIONE ETRUSCA, ECC. 43

(Gam., 668); Calie (daui., 220); Calis (Fab., 2099),


Calis (Gain., 746); Calia (Fab., 625, Gam., 148); Callia
(Fab., Ili Sappi., 110, 111, = Gara., 149, 150), Calesa
(Fab., 119), Oj/^^'?' (Fab., 346); poi Celtas... (Fab., 2321),
Kel^ual (Fab,, 1318) , Celinal (Fab., 1014 bis) e Cel-
tacual o Celtalaal (Fab., 112, Gloss., 821); infine, per
quant'io so, Avilerec (Fab., 2304), cioè, se ben vedo,
Aulercns. Trova qnesti compagni sopratutto intorno a
Chiusi (Cale, Calia, Callia, Calesa, Celinal, forse Cel-
tacual). di dove, secondo la tradizione , sarebbe ve-
nuto a' Galli r invito di varcar l'Apennino ; gli Au-
lerci poi, già si ricordano fra i seguaci di Belloveso,
e ad essi anzi rannoderebbosi il nome stesso di Medio-
lanum. Ma piacerà forse in ispecial modo ai romanologi
la presenza, che sarebbe così documentata dal nostro
semisse, di Colti in Arezzo: giacche essi c'insegnano,
che si danno u al versante mediterraneo dell' Apen-
nino, in una sezione del vero territorio etrusco, cioè
nella regione arezio-perugina, dei cospicui caratteri
gallo-italici 0 emiliani » '•'^\
Elia Lattes.

nere più distaccato deU'iiUrc lettere, sia Pusitato prenome di re per irìe
(veìius) n. Se quindi il distacco è sensibile, e tale da doversene tener
conto, preferirà l'orse taluno, sia per tale motivo, sia por la cacofonia,
qaale a noi pare suoni, della parola Criu^peic;, di dividero Crimpe-Ve ;
e sarà, o l'e{l) Criiiepe , col prenome posposto , come nell i bilingue di
Pesaro e come in tante epigrafi dell'Etruria meridionale; oppure: Criuepe
di Areuiiie, pur sempre stando ferme le cose sopra osservate. Si confron-
tino :Fab. 1149, rd per !>/, 7O0 ter Uelits per ì^clun, ecc.; Fab. 249,
L. Pitpuni \ laicfni] Aìkùhìs' \ Verus' ecc.; Fab. 1896, Lir/jc Mffn's' \
Spurinai' lau'Jnij. A me, tuttavia, più arride, per ora, la lezione pro-
posta qui sopra.
(2) Ascoli, Arch. f/httol. ititi.. II. p. 452, cfr. 443-453.
APPUNTI

NUMISMATICA ITALIANA

I LUKilXI
DI GIULIA CE NT URTO XI SERRA
PRINCIPESSA DI CAMPI

(16G8-1GG9).

Xel quarto fascicolo 1890 di questa Rioista ho


pubblicato tro luigini di Giulia Centurioni , coniati
a Campi (i). Questi luigini , prima d' allora affaito
sconosciuti, provenivano, come accennai, dal celebro
ripostiglio di Andros . scop(u-to nel settembre del-
l'anno 1889.
Chi ha qualche pratica di ripostigli, sa che
questi ben rado giungono intatti nelle mani degli
amatori, specie quando si tratta di considerevoli
quantità di monete, e ciò per varie cause che non
è qui il caso di indagare. Così avvenne che, aveiido

(1) Tre lui'jini inediti di ('amili, (Hir. Uni . di inmi., Anno ITI, IS'JO,
pag. 533-5-121.
4G liRCOLE GNIiCCHI

io in seguito fatto nuovi acquisti di quelle monete,


vi trovai parecclii altri esemplari del luigino di
Campi, fra cui alcuni varianti dai tre descritti, tanto
da poterne mettere insieme complessivamente undici
varietà.
Trattandosi di una zecca rara e poco conosciuta,
ho creduto opportuno il tener nota delle varianti
di un luigino di cui l'Olivieri, nella sua Monografia
su quella zecca (2) , deplora di non aver j)otuto ve-
dere un solo esemplare, malgrado le indagini da lui
fatte nei varii musei d'Europa.
Alla descrizione dei luigini farò seguire qualche
osservazione sul loro peso, che ho potuto meglio
controllare, disponendo di vari esemplari, e sul loro
titolo, pel quale ho fatto eseguire qualche assaggio.

1. LUIGINO. — (gr. 1.100-1.800. — Tit. 488).


^ — IVLIA • NI • PRINCIP CAMP • Busto di donna a destra.
Sotto il busto, un jmnio ip).

(2) Olivieri A, Monete e Sigilli dei Principi Ceiituriotii- Scoiti che


aevhansi nella 11. Università ed in altre collezioni di Genera. Ivi, 1862,
in 8°, pag. 27.
(3) Non credo del tutto inutile comprendere nella descrizione anche
i punti, le rosette, le stellette ed altri segni che si trovano su questi lui-
gini, tanto più che nei contratti di zecca , pubblicati dall' Olivieri nel-
l'opera citata , si parla talvolta dell'obbligo di porre un contrassegno
sulle monete. Questi piccoli segni dunque, che si ritengono general-
mente cai^ricci dell' incisore, potrebbero forse in seguito, colla scorta di
qualche nuovo documento, farci conoscere il nome dello zecchiere o del-
l'incisore, ofors'anche quello delle varie officine che lavoravano con-
temporaneamente nella giurisdizione di Campi.
I LUIGINI DI GIULIA CENTURIONI SERRA 47

9/ — CENTVPLV • GERMINAB • Stemmca coronato coi tre


gigli di Francia , sopra i quali il lambello a tre pen-
denti. Ai due lati dello stemma, la data 16-68. Sotto
lo stemma, tota stelletta.
\ {E. Gnecchi. Tre Luigini inediti di Campi. Riv. italiana di Num.,
1890, pag. 536).

2. LUIGINO. — (gr. 1. 800 — 2. 700).


ÌB" — Come il precedente.
. 9/ — CENTVPLVM • &ERIVIINABV. Come il precedente.

3. LUIGINO. — (gr. L 700-2. 300. — Tit. 488).


^ - IVLIA ■ M • PRINCIP • CAMPI • Busto di donna a
destra. Sotto il busto, im ])unto.
9/ — CENTVPLV • GERMINAB. Stemma coronato coi tre
gigli e il lambello come nei precedenti. Ai lati dello
stemma, 16-68. Sotto lo stemma, ima stelletta.

4. LUIGINO. — (gr. 1. 800-2. 300. — Tit. 472).


Variante del precedente.
T^ — Sopra lo stemma , un punto fra due ì'osetle ; sotto
lo stemma, una rosetta.

5. LUIGINO. — (gr. 1.900).


Seconda variante del N. 3.
J^ — Sopra lo stemma, un punto fra due stellette ; sotto
lo stemma, ima stelletta.

6. LUIGINO. — (gr. 1. 800-2. 000. — Tit. 428).


Terza variante del N. 3.
9/ — CENTVPLVM • GERMINABV • Sopra lo stemma, un
punto fra due rosette : sotto lo stemma una rosetta.
{E. Gnecchi. Op. cit., pag. 537).
48 ERCOLE GNECCHl

7. LUIGINO. — (sr. 1.500-1.700. — Ti!. 488).


,D' — IVLIA • M • PRINCP [sic) CAMPI. Busto come nei
precedenti.
9' — CENTVPLV • GERMINAB • Stemma e data e. s. Due
stelle/le sopra lo stemma, e una sotto.

8. LUIGINO. — (gr. 2. 200-2. 400).


ÌB' — IVLIA • M • PRINCIP ■ GAMI • {sic). Busto come nei
precedenti. Sotto il Ijusto, un jnmto.
^ — CENTVPLVM • GERMINABY. Stemma e. s. , e ai lati
16-68. Sotto lo stemma, uìia stelletta.

9. LUIGINO. — (gr. 1. 0OO-2. 200).


^ ~ IVLIA • M • PRINCIP ■ CIAMP ■ {sic) Busto e. s.
ì]i — CENTVPLV • GERMINAB • Stemma e data e. s. Sotto
lo stemma, una stelletta.

10. LUIGINO. — (gr. 1.700-2.400. — Tit. 429).


fiy — Come il precedente.
I>' — CENTVPLVM • GERMINABV • Stemma e data e. s.
Sopra lo stemma , ì'ji iiunto fra due rosette ; sotto lo
stemma, una rosetta.

Questi sbagli di leggenda, che ritroviamo nei


tre ultimi luigini descritti, (PRINCP — CAMI — CIAMP),
e di cui non mancano esempì in monete di altre
zecche , possono essere casuali e dipendenti dal-
I LUIGINI DI GIULIA CENTUKIONI SKRRA 49

r ignoranza o dalla negligenza dell'incisore. È però


lecito supporre che le storpiature di un nome
di zecca così breve e semplice non dipendano dal
caso, ma abbiano la loro ragione nella prudenza e
nella circospezione dei principi Centurioni, i quali,
dopo aver per un po' di tempo coniato i loro Uligini
col nome esatto e intero di Campi , potrebbero
aver imitato gli altri fabbricatori di luigini, pre-
scrivendo inqualche contratto che il nome della zecca
non figurasse così chiaro come per l' addietro, ma
potesse confondersi con qualche altro nome. È già
sorprendente che buona parto dei luigini di Campi
portino
chi conosce per intiero il nome del del
le contraffazioni luogoluigino
d'origine, mentre
di Dombes,
praticate nelle zecche di Tassarolo , Fosdinovo ,
Loano, Torriglia, Arqnata, ecc., sa benissimo che quasi
tutte portano i nomi del principe e della zecca, se-
gnati colle sole iniziali, o almeno al)breviati, e più
spesso, in loro vece, non hanno che un semplice motto
o l'indicazione della liontà della moneta, talché
oggi i numismatici devono accontentarsi di conget-
ture e stillarsi il cervello per attribuirle ad una
zecca piuttosto che ad un' altra.

11. LUIGINO. — (gr. 1. SOO).


,iy — IVLIA • M • PRINCIP ■ CAMPI • Mezzo busto di doiuui
a destra. Sotto il busto, ima /■osella.
9/— P...RA GERMINAI BON {l'I'o-a germinai bona?)
Stemma coronato coi tre gigli di Francia, e il lambello
a tre pendenti. Ai lati dello stemma 1G-G9. AU'esergo, 4.
{E. Gnecchi. Op. cit., pag. '>Tij.
7
EliCOLlC GNl-XCHl

Non mi fu possibile trovare un altro esoinplaro


(li questo luigino, l'unico dell' anno 1669, e clie di-
versifica dagli altri pel motto del rovescio e per l'in-
dicazione y,che certamente è il segno della bontà
del luigino, ossia di onde quattro.
Nei numerosi contratti stipulati dal principe
G. B. Centurione co' suoi zecchieri, per la battitura
di luìgini od ottavetti (^), troviamo spesso fatta men-
ziono del titolo prescritto per essi. Nel primo con-
tratto, citato dall'Olivieri, in data 31 agosto 1668,
conchiuso fra il Principe e Oiovanni e Lorenzo padre
e figlio Massaure, parlandosi dei luigini, i locatori
si obbligano ;i, batterli della istessa bontà e qualità,
die sor/lioìio battere tiUte le altre zecdte dei Principi
circonvicini o stranieri, e così al presente e in avvenire
della bontà da sci, quando così faccino e continuino le
dette altre zecche, et in evento che da due o tre di
esse Zecdie si battesse di bontà di minor somma, ci
sarà lecito farli delV istessa qualità e bontà.
Colla condizione di lìasarsi suU' operato delle
altro zecche , tanto il principe Centurione , quanto
i locatori, avevano, come si suol dire, lo spalle al
muro, e potevano a lor talento diminuire la bontà
dell'argento, giacché essi non potevano ignorare che
in quel tempo, e anzi già da qualche anno, nelle
zecche dei Principi circonvicini, si coniavano luigini
della bontà, di cinque onco, di quattro, e financo di
tre i°).
Infatti poco dopo, ossia il 6 dicembre di quello
stesso anno KiliS, il Principe Centurione conchiudeva
col sig. Tjuciano Centurione un contratto sociale per

(4) Oi.iviKHi, Op. cit., pag. 21-61.


(5j Vedi gli imsmi/i/i prodotti nel mio aiipiiiito 7/ tesoro di Andros.
{Itir. Udì. ili ìi'iin., ISitO, pag. 185-111).
1 LUIGINI DI GIULIA CENTTRIONl SIJUUA 51

la battitura di OO.OOO ottavetti, nel ([uale si prescri-


veva eh' essi fossero di bontà di cinque con però il
solilo rimedio, non omniettenclo però la clausola che,
se in appresso le altre Zecche battessero di r/icìio bontà
si debba fa^ lo stesso p)er la suddetta somma con ri-
durre alla rata li [trezzi e l<> altre cose secondo il con-
sueto (*^).
^la le riduzioni sulla bontà di quelle monete non
finiscono qui. In un nuovo contratto sociale fra il
Principe Centurione e il sig. Giuseppe Maria De-Fer-
rari, in data 24 dicembre IGGS, per la battitura di
altri GO.OOO ottavetti, si fìssa che detti ottaretti siano
di bontà di quattro .... dedottone perij il solito rimedio
di uno sino in due denari e sempre colla facoltà di
ridui're nuovamente quoll' intrinseco a norma di
quanto facessero gli altri C*).
I sei luigini da me fatti assaggiaro, e che stanno
fra i 428 e i 488 millesimi di lino, dovrebbero ap-
partenere ai priuii C(mtratti di l)attitura, giacché il
loro titolo si aggira fra le cin(pTe e le sci once,
mentre è ragionevole supporre che (juclli Itattuti in
seguito non saranno stati di bontà superiore a (piella
prescritta. \)ix (juesti assaggi intanto, confrontati con
quelli eseguiti sugli altri luigini del ripostiglio di
Andros, possiamo dedurre che, fra tutti gli imitatori
e contraffattori del luigino di Hombes, i Principi
Centurioni furono tra i più onesti. Fatta eccezione
del luigino di Trevoux, nessuno degli altri arriva
alla bontà dei luigini di Campi N. 1 e 7 (mill. 488),
e due soli sorpassano quella degli altri quattro.
Nel mio precedente appunto sui tre luigini
di Campi, avevo fatto osservare la straordinaria

(■fi) Oi.lviKRl, Op. cit., pai;. 30.


(7) 0|,i\ i|.;i:l. Op, rit., pag. 3'2.
52 ERCOLE GNECCHl

differenza di poso fra quello tre moneto (gr. 1.100,


1.800, 2.300), mentre quello degli altri luigini è molto
più regolare. Ora, da un esame praticato sopra un
numero maggiore d'esemplari, questa irregolarità di
peso risulta maggiore e più evidente, andando da
gr. 1.100 a gr. 2.700. Le cause di ciò vanno cercate,
come dissi, nella fretta degli zecchieri, i quali do-
vevano a brevi intervalli fornire enormi quantità
di tali monete. Questa fretta appare evidentis-
sima al solo esaminare questi luigini, che fra tutti
quelli del ripostiglio sono i più rozzi per fattura e
per irregolarità di coniazione. Essi poi, a differenza
degli altri, sono di due o tre tipi ben distinti ed
evidentemente appartengono a diverse zecche. Sap-
piamo dai citati documenti che il Principe Centu-
rione, uno dei più attivi fabbricatori di luigini, nei
soli anni 1668 e 1069, aveva attivato ben tre offi-
cine monetarie in Campi e varie altre in luoghi di
sua giurisdizione, come Gorreto, Catabiasco, ecc.
Oltre a ciò , come si trova più volte ripetuto nei
detti contratti, questi luigini ei-ano esclusivamente
destinati al Levante, e più propriamente ai porti
della Turchia, dove pare che quelle popolazioni non
fossero lise esercitare minuto controllo né sul peso
ne sul titolo di quelle monete. Nulla quindi di più
naturale che i fabbricatori dei luigini, non avendo
altro interesse che quello di produrli in grande
quantità , non fossero troppo scrupolosi sulla pi-eci-
sione del peso.
VI.

UN ^FEZZO TESTONE
DI FRANCESCO GONZAGA

MARCHESE DI CASTIGLIONE.

(l.-^04).

Le monete di Francesco Gonzaga, marchese e


poi principe di Castiglione , sono poclie e rare, ab-
benchè, come risulta da documenti, egli abbia fatto
lavorare quella zecca per lo spazio di oltre venti
anni.
Ottenuto nel 159;}, por la morte del fratello
Rodolfo, il Marclie.sato di Castiglione, Francesco ne
riaperse tosto la zecca, battendo pel primo buone mo-
nete in oro e in argento, come no fa fedo una iscri-
zione da lui posta nel luogo stesso della zecca, e che
troviamo riportata dall'Atfò nella descrizione delle
monete dei Gonzaga di Castiglione e Solferino. ìli-
leviamo da essa, come sotto il governo di Fran-
cesco, moneta aurea el arf/entea cndì coepit anno dTii
MDLXXxxirr, die xxt iimii f^^).
Se però le monete di Francesco Gonzaga sono
generahnente rare, altrettanto più rare sono, al dire
dell'Affò, quelle di quest'epoca (ossia col solo titolo
di marchese) coniate in sì preziosi metalli. Egli in-

(1) Affò Irp:neo, Lemonete.de' GonziKjhi Principi di Castifjlionf delh


Sliriere e Signori di Solferino. — Zanetti, Nuova raccolta, eoo. Tomo III,

pag. 10".
54 ERCOLIO GNIXCHI

fatti non ne cita che tre, una in argento e due di


lega. Tutte le altre monete, da lui e da altri pub-
blicate, portano il titolo di Principe e sono quindi
posteriori al 1609, nel quale anno il Marchesato di
Castiglione fu elevato al grado di Principato.
Nella mia colleziono possiedo una moneta in
argento inedita di Francesco Gonzaga, coniata in
questa zecca. Essa porta la data del 1594, ed è perciò
una delle prime monete da lui battute. Eccola :

(Peso gr. 4C20).


^ — FRANC • GON • S • R ■ I ■ P • MAR • CAS • III •
[Franciscus Gonzaga, Sacri Romani Imperii Princeps,
Marchio Castillionis Tertius). Mezzo busto corazzato
del Marchese a destra : testa nuda.

9' — ET • TIBI • DABO • CLAVES • REGNI • CE [ìorwn).


Il Redentore in piedi a s., volto a d., colla sinistra al-
zata in atto di ammaestrare S. Pietro che se ne sta
genuflesso davanti a lui, tenendo nella sinistra le chiavi.
All'esergo : 1594.
(Tanto nel diritto che nel rovescio, le parole e le iniziali sono fram-
mezzate da piccoli triangoli, sopra i quali sta un punto).

La leggenda e la rappresentazione del rovescio


sono imitate esattamente da quelle di alcune monete
dei pontefici Gregorio XIII e Sisto V. S. Pietro, del
resto, era uno dei Santi protettori della famigha
Gonzaga e lo vediamo riprodotto su varie monete
di IMantova, Bozzolo, Novellara o Guastalla.
IN MEZZO TESTONK 1)1 KUANCESCO GONZAGA

Questa moneta, opera senza dubbio di valente


incisore, è di buonissimo argento, e pel suo tipo e pel
suo peso, non esito a chiamarla un mezzo testone.
La zecca di Castiglione, durante il dominio di
Rodolfo Gonzaga, era caduta molto in basso per la
gran copia di falsificazioni d'ogni genere, le quali
attirarono sull'autore una (piantità di processi e di
scomuniche, dandogli una triste celebrità.
Suo fratello Francesco, come osserva giustamente
il Kunz, C'^) .. quantunque non affatto mondo del
V. peccato delle adulterazioni, occupa un posto più
u. decoroso nei fasti della moneta, ed alcuni egregi
u pezzi d'oro e d'argento, e qualche impronta origi-
u naie, inducono a credere possa essere stato il primo
u. fra questi signori che esercitò legalmente il diritto
tt della zecca. "
L'asserzione del Kunz trova una conferma in
questa nuova moneta testò riprodotta, e che per
arte e per bontà dell'intrinseco è una delle migliori
che s'incontrano nella serie dello monete di Casti-
glione.

[i) Kunz Caui.o, // Museo lìofluciii aiineiso uìln Civicn HHjliolfca e


Mìiseo (li l'adora. (l'eriod. ili iimn. e sfrwj., Voi. I, pag. 250).
VII.

UN OBOLO INEDITO DI PONZONE.

Giovanni, Marchese di Monferrato, discendente


diretto dal celebre Marchese Aleramo, morendo senza
figli, lasciava, con suo testamento 18 gennaio 1305,
il suo possesso alla sorella Violante, moglie di An-
dronico Paleologo, imperatore di Costantinopoli. Essa
destinò quello stato al suo secondogenito Teodoro,
il quale, essendo allora di soli quattordici anni, sa-
puto che Manfredo di Saluzzo, altro discendente
diretto del Marchese Aleramo, accampava diritti alla
successione di Giovanni, e già si disponeva a pren-
dere le armi, partì sollecitamente da Costantinopoli
e giunto a Casale, prese possesso del Monferrato,
mettendosi subito in guerra, non solo contro il Mar-
chese di Saluzzo, ma ben anche contro i Conti di
Provenza, e quelli di Savoia, che minacciavano di
invadere il suo possesso. Frattanto, per dar segno di
sovranità, e certo d'averne il diritto per essere figlio
dell'imperatore greco, aveva aperto una zecca in Chi-
vasso, battendo monete in suo nome, quale marchese
del Monferrato.
Vedendo ciò, i marchesi di Saluzzo, di DogHani,
di Ivrea, di Incisa , di Cortemiglia, di Ponzone, ecc.,
tutti ugualmente discendenti dal Marchese Aleramo,
ritennero aver il medesimo diritto di Teodoro, e di
propria autorità coniarono monete col nome dei loro
possessi. Ma qualche anno dopo, l' imperatore En-
UN OBOLO INEDITO DI l'ONZONE 57

rico VII, con sua grida 7 novembre 1310 W, proibiva


nominatauiente le monete di questi marchesi, com-
prese quelle di Chivasso, perchè battute in feudo im-
periale, senza l'autorizzazione del loro sovrano, a. e
a tale decreto ebbe istantaneo effetto, " nota l' il-
lustre D. Promis (~> .. poicliè ad eccezione di quelle
u dei Marchesi di "Monferrato che continuarono a la-
u. vorarne forse per avere a tale effetto ottenuto da
« Cesare una concessione a noi sinora ignota, tutte le
u altre zecche verniero immantinente chiuse, comprese
u due non nominate nell'anzidetta grida, cioè quelle
u dei marchesi di Saluzzo e del Signore di Dogliani,
u ambidue del medesimo casato e tutti dello stesso
« stipite degli avanti nominati, e questo probabil-
IX mente perchè tali monete furono emesse in sì pic-
u colo numero da ri mailer ignote al fìsco imperiale. »
Per tale motivo, le moneto di queste zecche e di
quest'epoca, che nella accennata grida sono specificate
coi nouii di marcliesaìiì, tijrnUiiìj e ì^assinì, sono tutte
rare ; anzi qualcuna di tali zcìcclie non è coiiosciuta
che per un solo tipo di moneta: fra queste è Ponzone.
Morel-Fatio j)ul)blicava pel primo un matapane
di questa zecca aleramica ''^i. La stessa moneta fu
l'ipubblicata nel 1888 dall'egregio dott. Solono Ambro-
soli nella descrizione di un ripostiglio di monete ita-

fi; Vedi Ciampi S., .V«//-iV ilrììn rifu ìfl/rnir/a e ch'iili scritti nuìiiis-
matici ili Gioiyiii l'inni. Firenze, 1S17, in-S'^, pa^. -Jl-ij. Questa grida è
|iure riportata dal Gazzkiìa , a pag. (Jó , de' suoi Diii-ursi intorno alti'
zecchi" e d'I alcune rare monete ijei/ìi unticìii innrclirsi di Cr'/n, Jìniaa e
ilei Carretto.
(■2j Monete ili zecche italiniie ineiìiie u cnrrrtlr. .Minutrin ter^d. Torino,
1871; in-4, pag. 39.
(3) Monna/es ile C'ortenii'/ìiu et 'h- ['onziine. [Il^^rue belge. 1S6."), pag. ISs-
442). Nello stesso articolo l'autore pubblica un matapane anonimo, colla
leggenda co.mes s . MAitriN . .mar. e propone di attribuirla ai Conti di
San Martino del Canavese ; attrilmzione contestata dal Promis.
53 kiìCom; gmx.chi

liane jnodiocivali W; in quella medesima pubblicazione


r autore faceva conoscere tre niatapani colla leg-
genda: HER : E? ■ CVR — HER • ì ■ CV^R — HENR ! • CVNR.
attribuendoli ad Kitrico e Corrado Marchesi di Novello
e Millesinto, e quindi probabilmente alla zecca di
Ponzone (5).
In ogni modo la sola moneta, finora conosciuta,
col nome di Ponzone, o quindi di indiscutibile attri-
l)uzione, è il matapane pubblicato dal Morel-Fatio, e
riprodotto dall' Ambrosoli.
Poco tempo fa ebbi la ventura d'acquistare per
la mia collezione una nuova moneta col nome di
(juesta zecca. Dessa ò un oboi.o, ossia metà dell'/m-
pcriah piccolo. Eccone la descrizione :

(Peso gr. (». -JTKJ.


jy — In giro + MARCHIO • ^^^ cainpu, fra un giro di
perline o disposte a triangolo, le lettere N • E • S • Nel
mezzo un ijuiito.

]^' — Hh D • PVNCONO • Croce, fra un giro di perline.

Anclie quest'obolo, al pari del matapane di Pon-


zone sopracitato, è moneta anonima e consorziale,
non portando il nome de' suoi autori, ma solo l'indi-
cazione di MARCHIONES. Essa fu dunque battuta da
due o più marchesi di quella giurisdizione.

(4) Il r/jin^liij/in ili L'<rate- Abbate. {Rir. It. di yiini., Aimo I. ISSS,
png. 18-22J.
(5j DoMHNK o Promis, {Monete di secche itaìiune inedite <i corrette.
.I/c/;). IH, Torino, 1871; iii-4, pag. 38-41;, pubblicava due inat.-xpani con-
.siiiiili, ma avendo letto su di un e.soiiiplare : llEN . _; . (:^"|;T ., lo attribuiva
a Corteniiglia.
IN OnOLO INKDITO DI PONZONK 59

Nella accennata grida deirinipcratore p]nrico VII,


fra l'enumerazione delle varie monete delle zecche
aleramiche poste al bando, non troviamo nominati
gli oboli. Può darsi che queste monetine, per la loro
piccolezza e pel loro tipo affatto simile a quello
degli oboli della zecca d'Asti W, siano sfuggite al-
l'occhio vigile del fisco.
Questa monetina infatti ò in tutto simile agli
oboli astigiani, e può faj^ilmcntc confondersi con
quelli.
Pare anche probabile ciic questi oboli di Pon-
zone si battessero alla stessa legge di (pielli di Asti.
Sappiamo che il comune di Asti, ottenuto nel 1140
dall' imperatore Corrado II il diritto di coniare mo-
neta, poco tempo dopo, cominciò a battere grossi,
denari e oi)oU, basandosi sul peso e sulla bontà di
quelli della zecca di Milano. Ciò appare anche da
un prospetto che ci dà il Promis, nella sua citata
opera suha zecca d'Asti ''^). Troviamo colà segnato
l'obolo d'Asti col peso di gr. 0.400 e a :245 mille-
simi di fino. Come nota però l'autore, la moneta di
Asti fu in seguito alterata nella bontà, e da altri
esami praticati su oboli, di tipo alquanto posteriore,
ne furono trovati del peso di gr. 0.300, e alla bontà
di 205 millesimi di fino.
Il nostro oljolo di Ponzone, l)attato fra il 1305
e il 1310, si avvicina di multo agli oboli d'Asti, al-
meno per quanto riguarda il peso gr. O. -IIQ). 11 ti-
tolo però, è evidentemente bassissimo, e non arriva
forse a un decimo di fino.
Fra le zecche così dette alcramieho, sopra men-
zionate, un'altra volle imitare l'obolo d'Asti. Dome-

(6) Vedi Pkomis D., Mmeti' lìeììn :pcca iV Aiti. Tav. T, N. 'X
(7) Vedi a pag. '2fl.
60 ERCOLE GNECCHI

iiieo Proinis, in una sua Memoria del 18GG (^), pub-


blica un obolo anonimo dei Marchesi di Cortemiglia,
di tipo identico al mio. L' autore ne dà il peso in
gr. 0.267; e ne giudica la bontà a denari 1, ossia
millesimi 87. È probabile che tutti gli altri preten-
denti all'eredità di Aleramo, abbiano coniato questo
tipo di moneta, e che un giorno si possa conoscerne
la serie completa.

(8) D. Promts, Mon/ife inedita del Piemonte. Supplemento. Torino,


ISGG; in-4. pag. 20: tav. IV, .05.
vili.

UNO ZECCHTXO DI LEONE X PER RAVENNA


(1517-1521).

!>' — LEO • X • PONT • M • Scudo a testa di cavallo collo


stemma Medici. In alto le chiavi incrociate, sopra le
quali il triregno. Abbasso, ai lati dello stemma, due
armette ; a sinistra quella della Chiesa di Ravenna, a
destra quella del Card. Fieschi.
9^ — S • APO • AR • RAVE • S. Apollinare in piedi di faccia
in abito sacerdotale e mitrato. Tiene il jii^storale nella
sinistra, e ha la destra alzata in atto di Ijenedire.
(Peso gr. 3. 450).

Il Fioravanti, lo Scilla, lo Zanetti, l'Argelati, il


Cinagli, ecc., ci hanno fatto conosfere alcuni tipi di
monete battute da Leone X a Ravenna, ma tutte
in argento.
Lo zecchino, tostò descritto, ed esistente nella
mia collezione, è finora la .sola moneta d' oro cono-
sciuta di Leone X per Ravenna; è inedita, e, ch'io mi
sappia, non ne esistono altri esemplari.
Il Card. Nicolò Fieschi, il cui stemma figura
nel diritto accanto a quello della Cliiesa di Ra-
62 KUCOLi; GNIiCCIU

venna, eletto nel 1516 Arcivescovo di Ravenna,


aveva ottenuto da Leone X, come attesta il Fabri
nelle svie Sagre Memorie di Ravenna, u. un privilegio
u amplissimo confirmatorio di quanti insino all' ora
.i i passati Pontefici e Imperatori alla Chiesa nostra
il avean concessi W. " In quel privilegio, datato da
Roma li 18 sett. 1517, è fatta speciale menzione del
diritto di batter moneta, colla espressa condizione
quod moneta praedicta sit ligae per Cameram Aposio-
Ucam tam in l'rhc, quam in aliis Tìomanae Ecclcsiae
locis, ordinatnc.
Il Cardinal Fioschi pertanto riaperse la zecca
nel Palazzo Arcivescovile; ed era ben natuiale che,
come a quel tempo tutte le zecche delle città
appartenenti al dominio della Chiesa, quali Pesaro,
Ancona , Perugia , Fuligno , Camerino , Modena ,
Parma, ecc. battevano moneta, non solo in argento
e rame, ma benanco in oro, così anche Ravenna non
dovesse starsene indietro dello altre. Il Card. Fieschi
anzi, interpretando in modo assai largo il detto pri-
vilegio, ben
e sapendo in quale alto onore fosse sempre
stata tenuta presso i pontefici la Chiesa di Ravenna,
fece di più. Dopo aver coniato, come vedemmo, mo-
nete in oro e in argento, col nome e le armi di
Leone X, limitandosi a farvi incidere il suo stemma
vicino a quello di Ravenna, in duo altre monete di
' bassa lega, soppressi totalmente il nome e le armi
del pontefice, vi fece coniare, da un lato, il suo proprio
stemma colla leggenda : N • CAR • FLISCVS ; e dall'altro
lo stemma della Chiesa di liavenna, colle parole :
ECCLESIE RAVENE e ANTIQVE RAVENE C^J. Così egli,

(1) Fabri Girolamo , Lp. sagre immorii' di liarenna antica , Ve-


nezia 1664, in-8, pag. 540.
(2) Faiìri, Op. cit., pag. 541. — Zanetti, Nuova raccolta delle monete,
ecc. Tomo II, pag. 413, in nota. •— Bellini V., De monetig Italiae, etc. dis-
sertatili II. pag. 123. — ClNAGLi. Le Monete dei Papi, pag. 88. N. 139.
UNO ZLCCHINO 1)1 LIIONE \ l'KR liAVi:NNA 03

con esempio affatto nuovo nella serie delle monete


pontificie , s' era sottratto alla diretta dipendenza
del papa, ed aveva, in certo qual modo , creato
monete autonome della Chiesa di Ravenna ; dico au-
tonome, non trovandosi in quelle due monete alcuna
parola, alcun simbolo che si riferisca alla Signoria
pontificia, mentre è noto che fino a quel tempo gli
arcivescovi, i legati, i governatori pontifici non ave-
vano mai messo sulle monete il loro nome in luogo
di quello del pontefice ; ma solo vi avevano fatto
incidere, accanto allo stemma della città, quello
della loro famiglia. Che se qualche volta manca in
tali monete il nome del pajia, vi vediamo però sempre
in sua vece lo stemmi papale o almeno le Chiavi
col Triregno.
Un solo esempio da ])aragonarsi a questo ce
Io offre il contemporaneo Cardinal Giulio, de' Me-
dici (poi papa Cleuiente VII), il quale, governando
a nome del papa Leone X la città di Fabriano, vi
battè alcune monetine col solo suo nome e stemma, e
con quelli della città (3). Queste due eccezioni non sa-
preuimo spiegarle se non colla straordinaria potenza
e grandezza a cui questi due Cardinali (e specialmente
il secondo) erano saliti durante il pontificato di
Leone X, talché s'erano creduto lecito ciò che niun
altro fino a quel tempo aveva ardito di fare.

(3) Ramki.LI Camh.I/), />-//'( znni fit'iriidie-t", ; con giunte e corre-


zioni di A. II. Caucich, pi.i;. 17- IS; tav. annessa, N. 2 e 4. — CaL'( ICH A. K.,
Monete iii'-iìite, corrHtf o nii-p. (Hi!/, ili irun. ititi. Anno II, pag. 12-10,
l)ag. 20j. — T. Gestii,! hi Knv km.onk, I>i uii'i moiftn iii"'lita di papa
Cleuiente VII e deììn zecca il' F.ihriiin') n"J ■i-'coìo A'F'/. (Unii, di niiiii .
e nfrof). di Camerino. Voi. I, pag. il-.'ioj.
IX.

UN MEZZO GROSSO DI PAOLO III

l'KK CAMKKLNO.

Il Ch.mo Monsignor M. Santoni, nella sua bella


Monografia sulle moneto di Camerino (^), parlando a
pag. 58 delle moneto ivi battute da papa Paolo UT,
riporta, togliendolo dal Garampi, un documento di
quel pontefice, relativo a quella zecca, pubblicato
nel 1539, ossia appena egli ebbe ridotto Camerino
sotto il dominio della Chiesa. Eccolo :

Anno 1539. Capitoli della zecca di Camerino per


anni 5. — Battinsi scudi d'oro da 22 carati, taglio
100 per libbra. — ,D' S PAVLVS CAMERINI. — ^ Arme. —
Mezzi grossi papali di fino onde 11. 7, di peso denari
1. 13 lj6, al taglio ISO per libbra. — ^ VENANTIVS
MARTYR PROTECTOR CAMERINI. Effìgie del Santo. —
^ Arme. — • lìajocchi papali di fino onde 9. 18, taglio
930 per libbra. — (B' S VENANTIVS CAMERINI. Mezza
figura. — ^ Arme. — Quattrini papali di fino denari 20,
taglio 440 per libra. — i^" S ANSOVINO. — ?.' Arme.

« Di quest'atto " — aggiunge il citato autore —


" non apparisce il nome dello zecchiere che ottenne

(!) Santoni Milziade, Della zecca e delle monete di Camerino. Fi-


renze, 1875, in-8, con 6 tavole.
rS MKZZO GKOSSO L>! PAO[.0 III Pi:R CAMERINO G5

ti la concessione ; ma gli scudi d'oro, i hnjocchi o


u. hajocchelle d'argento, e i ijuattrini di mistura fu-
u rono certo battuti ; se lo fossero parimenti i mezzi
li grossi, possiamo dul)itarne, non essendone giunto
tt alcuno a nostra cognizione, nò degli autori che
« largamente trattarono di siffatte monete (-). "
Ora, a completare la serio dello monete di
Paolo IJI battuto a Camerino e indicate nel citato
documento, sono in grado di presentare ai miei let-
tori il seguente mezzo grosso, recentemonte scoperto
ed entrato nella mia collezione.

(Peso gr. 1.250).


^ — • PAVLVS • MI • PONT • MAX Stemma Farnese
sormontato dal triregno collo chiavi.
9/ — + S • VENAN • MARTI ■ CAMARI • P (ro/,'c/,jr). TI
Santo in pieili di prospetto. Ila il ve.ssillo nella destici
e .sostiene colla sinistra la città. .\ destra, nel campo, la
cifra M • B, chiusa in un circolo a foggia ili cu(jre e
sormontato dalla croce.

Second(_) il citato documenti», cniesti mezzi gi'ossi


papali dovevano essen; di /ino (mcie II. /. ''// peso
denari J. J!> 1](!, al taglio di 180 per Uhijì'a. Il loro ti-
tolo era dunrpie di 917 millesimi di liiiu e il peso

(2) Saverio Scilla, nella sua /ìi-er:: luilhid (ìclli- monete iwìitificic
antiche e moderne, ecc., trattando, a pa^:;. 237, della rarità delle singole
monete di Paolo ITI. aggiunge: Sono rari i \le:;l ijros^i di S. ì'eìiamio.
Xella descrizione poi delle moneto di quel pontefice l'autore non pulj-
blica alcun tipo di tali moneto.
66 E. GNECCHI - UN MEZZO GROSSO DI PAOLO III

(li gv. 1.823. La sensibile differenza fra questo peso


G quello del mio esemplare, che è di gr. 1. 250, è
dovuta totalmente al deplorevole stato di conser-
vazione della moneta, la quale ò tosata, alquanto
mancante da un lato, e in genere consunta per
l'uso fattone.
La sigla M • B, che vediamo nel rovescio e che
non si riscontra in alcun' altra moneta di questo
pontefice, è assai probabilmente quella dell'incisore,
il cui nomo ci è tuttora ignoto.

Ercole Gxeccui.
GROSSO INEDITO

GIAX GALEAZZO VISCONTI PP:R VERONA

Non ricordo bene donclo questo pezzo mi sia


venuto. È certamente uno dei primi acquisti della
mia collezione. Nemmeno mi consti) sia stato pubbli-
cato finora W.
Dal metallo che, assaggiato, sembra essere ar-
gento puro, e dal ])eso di due grammi e ventitré
centigrammi lo giudico un grosso.
Salve le varianti indispensal)ili a i|ualiiicaro altra
città è lo stessissimo di quello descritto nelle Monete
di Milano (Gian Galeazzo Visconti, n. 5, tav. Vili, n. 4)
che pui'e possiedo (-'. Ebbi ([uindi tutto l' agio di
raffrontare i due esenq)lari. Per meglio spiegarmi
riproduco qui le due monete, segnando con n. 1 il
grosso veronese, col n. 2 il milanese.

fi) Il Sig. Cav. Ercole Gnecclii no possiede un osoiiiplare del peso


di grammi 2,50.
(2j Le Monete di Milani) ne indicano il peso grammi •2,10. II mio dà
grammi 2,25 ed alla pietra t'u riscontrato di argento fino.
08 (;irsKi>PL-; gavazzi

In diritto è la stessa biscia accostata da G Z


incorniciata da quattro archetti disposti in croce
entro un cordone circolare. In rovescio la medesima
figura sedata di vescovo mitrato, nimbato, amman-
tato, col pastoi'ale nella mano sinistra ; solo che lo
staffilo, che ò nella destra di Sant'Ambrogio, manca
(come di ragione) a San Zenone. Nell'una e nell'altra
la leggenda consta di venticinque lettere di caratteri
identici :

Per Verona ■ì' ■ COMES • VIRTVTVM • D • MLI • VE-


RONE &. C •
Por Miniano + • COMES • VIRTVTVM • D • MEDIO-
LANI • &. C •
Como si vedo , soltaiito nove lettere vennero
scambiate : MLI • VERONE del n. 1 sostituito a MEDIO-
LANI del n. 2. Nei due rovesci le iscrizioni variano
in relazione al soggetto, ^[ilano ha S • AMBROSIA
MEDIOLAN, e Verona: S • ZENVS (sic) • • VERONA. Essendo
questa di dodici lettere e quella di sedici ripartite
ia giusta metà ai lati dei Santi, convenne compiere
gli spazi con borchie intercalate fra le parole. E lo
zecchiere , che non sarà stato un latinista , ed al
quale forse il nome di S. Zenone riesciva nuovo
ponsò bene dargli la desinenza ns come per AM-
BROSIVS. Se l'ortografia ne scapitava, la simmetria e
l'uniformità ci avrebbero guadagnato. Probabilmente
por ciò, in luogo di DE VERONA, come in tutte le altre
monete veronesi dopo il nome del Santo, l'incisore,
preoccupato, come pare, deila simmetria, pensò bene
sopprimere la particella de per far riescire sei lettere
por lato di San Zenone, come sono otto per Sant'Am-
brogio. 0 più probabilmente ancora , siccome nelle
monete milanesi è scritto sempre MEDIOLANl o MEDIO-
LANVM e mai DE MEDIOLANO, fu seguito in questa cir-
costanza l'uso milanese anche per Verona.
GROSSO INICDITO DI GIAN GAI.KAZZO VISCONTI ITI! Vi:nONA 09

Ora, sovrapponendo per così dire, diritto a diritto


0 rovescio a rovescio dei due grossi rappresentati
nella tavola, vediamo una tale coincidenza in tutti i
loro dettagli e specialmente nelle pieghe dei palu-
damenti pontificali da fare ragionevolmente supporre
che gli stessi punzoni abbiano servito per tutt'e
due. Xel conio del veronese però il pugno chiuso
di S. Ambrogio fu visibilmente ritoccato per farne
una palma semiaperta per San Zenone.
La sorprendente rassomiglianza dei due grossi
che abbiamo riscontrato, la dicitura insolita per
Verona e l'ortografìa scorretta del nome di S. Zenone
n)i inducono a pensare semmai il veronese non sia
stato coniato, o fors' anco addirittura battuto in
Milano.
Che Giangaleazzo Visconti intendesse uniformare
la monetazione pei suoi differenti domini, alla mila-
nese, ne abbiamo altri esempì noi denari di Padova
o di Verona fatti sul preciso modello di stilano, e
nel soldo descritto nelle Mone/e di Milano (Crian (ìa-
leazzo Visconti n. 10 e 11 j, simile in tutto ad altro
per Verona, nel quale pure le figure dei due Santi
diversificano in nulla, nemmeno nelle pieghe dell'ab-
bigliamento; tranne lo staffile in mano di S. Am-
brogio e mancante a San Zeno. Dev'essere quindi il
medesimo punzone riformato nel conio. — Il Sesino
di Milano ha pur esitto liscontro con altro di \'e-
rona. Produrrò infine il pegione niihuK'se con croce
in diritto e Sant'Ambrogio in rovescio [Gnecchi, G 7)
similissimo al veronese, che come quello ha due
varianti : la croce e la biscia precedenti le iscrizioni
del diritto. Chi desidera convincersene non ha che
consultare il Litta alla famiglia Visconti o il bell'ar-
ticolo di Adriano de Longpérier apparso nella lìeimc
Numìsmah'qice
del di Parigi aniio IS-IO, sull(^ monete
conte di Virtù.
70 G. GAVAZZI - GROSSO INEDITO DI GIAN GALEAZZO VISCONTI, ECC.

Tutto ciò dimostrerebbe la corrispondenza della


monetazione del nostro Visconti per Milano e per
Verona nel grosso, nel pegione e nei loro spezzati,
coixie è pure di Padova pel denaro. Forse anche, se
non tutte, parte delle monete delle città soggette a lui
(Siena eccettuata) sarebbei-o state coniate in luogo con
punzoni milanesi, seppure non sono semplicemente
un prodotto della zecca di Milano. Ed in questa
opinione mi conferma la mancanza di moneta pavese
di Giangaleazzo.
Sarebbe però desiderabile trovare qualche do-
cumento in appoggio del mio supposto, documento
che altri più addentro in queste cose forse conosce-
ranno, e che, se così fosse, farebbero bene rendere
di pubblica ragione.

Giuseppe Gavazzi.
UNA MEDAGLIA

ALFONSINA ORSINI

Il Litta, a CdiTcdo del molto, ch'egli dice sulla


famiglia de' Medici , riproduco per il bulino le im-
pronte d'un buon numero di medaglie , coniate in
onore anche di donne, entrate a, far parte, come che
si voglia, dell'insigne casato O. K un numero mag-
giox-e, restringendosi ai due soli secoli X\" e XVI,
ne registra e illustra l'Armand nella sua opera ma-
gistrale Les Médailleurs Italiens C-^). Ma né le tavole

fi) LiTTA, Fiim'Kjìie. celebri, v. Df Meilici.


(2) Les Mnlailli'urs Italiens des XV" et XVL siècles. Paris, Ì68U-87.
72 ni;nNAni)0 mousoi.in'

dell' ano , né i volumi dell' altro fan ceimo di una


medaglia in onore di Alfonsina Orsini, di cui si am-
mira un bell'esemplare nel Museo Civico di Vicenza.
La sua dimensiono è di millimetri cinquantasei per
sessantadue. D'Alfonsina vi è raffigurato non il sem-
plice busto , ma ben mezza la persona e in forma
alquanto più rilevata che non si soglia comune-
mente nello medaglie. L' insieme , volto a diritta,
arieggia a un non so che di dignitoso e d'austero. La
testa è coperta d' un drappo , che discende dopo le
spalle , le cui pieghe , magistralmente foggiate , la-
sciano intravvedere l'acconciatura delle chiome, sfug-
genti furtivamente dal lembo, lungo la guancia ed
il collo. Il seno, molto rilevato, è chiuso da una ca-
micia di lino finissima , stretto da una petturina a
ricamo, sopra alla quale allacciasi il busto , adorno
agli orli di due liste a trapunto. La manica della por-
zione del braccio, che pur fa parte al rilievo, è non
angusta , ma larga e foggiata a ricche pieghe. La
posa dell'insieme è di matrona non giovane, ma di
età alquanto provetta, a cui gli anni nuUa han però
tolto della primitiva bellezza. Vi si legge all'ingiro :
— ALFONSINA VRSINIA. — La medaglia difetta del
rovescio.
:•: *

Ho detto che Alfonsina apparteneva al casato


de' Medici. Figlia di Roberto Orsini, conte, secondo
alcuni, di Tagliacozzo e d'Alba (3) o signore, secondo
altri, di Parcentro e Oppido (■*), vi entrava nel 1487,

(3) LlTTA, Faiiufjìic celebri. De Mciliri.


(4) Idem, op. cit. Orsini.
VNA MlìDAGLIA DI ALFONSINA ORSINI 73

moglie di Pietro , il primogenito di Lorenzo il Ma-


gnifico. Le sue nozze si celebrarono in Napoli alla
presenza della corte reale, vivente anche il suocero,
arbitro allora più che mai delle sorti d'Italia. Le donne
del casato degli Orsini non erano nuove nella famiglia
de' Medici. Figlia di Giacomo Orsini v' era già en-
trata da parecchi anni la suocera Clarice, moglie a
Lorenzo il ^Magnifico e madre di Pietro , morta il
1488. Alfonsina recava in dote Castel sant' Angelo
presso Tivoli e si aveva poi da' Fiorentini il lago di
Fucecchio (5). Le fazioni , in cui partivansi i citta-
dini in Firenze, e la parte seguita dalla nuova famiglia,
nella quale era entrata, non le impedirono di mostrarsi
devota al Savonarola , clie vi comnioveva a suo ta-
lento gli animi de' popolani. Dicesi anzi ch'ossa vi si
lasciasse vincere talvolta dal generale entusiasmo sino
al delirio (*''. Mutate le sorti de' Medici con la venuta
di Carlo Vili di Francia , s' accompagnò neW esilio
al marito, profugo a Bologna, a Venezia , a Siena ,
ad Arezzo , a Roma ed altrove. E noli' esilio non
isniise, secondo il Nardi, di sollecitarne il ritorno in
Firenze, orgogliosa com'era che si riacquistasse da
lui il perduto potere CO.
Non è questo il luogo di raccontare come nes-
suuo de' parecchi tentativi e nommon l'ultimo, spal-
leggiato da' Veneziani e dal Duca \'aleutino , fosse
coronato da felice successo. Gioverà piuttosto ricor-
dare che Pietro, deluso nelle sue speranze, si pose
agli stipendi de' Francesi, co' (piali prese parte alla
battaglia del Garigliano, combattuta contro gli Spa-
gnuoli , capitanati da Consalvo di Cordova , il 28

(5) Idem, op. cit. l>e Medici.


(6) Idem, op. e loc. cit.
(7) .Vakdi, htorir della città di Firciue, Voi. I, lili. I , pag. :i2. F
renze, 1858.
BERNARDO MORSOLIN

dicembre 1503. Ma la rotta, toccata dall'armi fran-


cesi in quella memoranda giornata , gli riusciva
fatale. Narrano gli storici eli' egli perisse alle foci
del Garigliano, e propriamente a bordo d'una nave,
carica soverchiamente di quattro grossi cannoni ,
ch'egli s'affaticava di sottrarre alla preda del vinci-
tore. Il Valeriani racconta invece che, rotto l'esercito
francese, si rifugiasse in fretta e in furia a Gaeta, dove
aveva già fermata stanza con la famiglia , e che
salito sur una nave per riparare altrove, naufragasse
con molti altri nel porto di quella stessa città in
vista d'Alfonsina sua moglie (^j.

* *

Perduto il marito noli' età di appena trentatrò


anni , Alfonsina perseverò nella via dell' esilio. In
Firenze ella aveva dato in luco , vivente ancora il
suocero, due figli, Clarice e Lorenzo. E con Lorenzo,
nato il 13 settembre 1492 , e con Clarice prese a
dimorare, per quanto è dato conoscere, in Iloma. La
morte di Pietro, in uggia a' suoi concittadini per la sua
malaugurata condotta con Carlo Vili di Francia, parve
ammollire gli animi de' Fiorentini, avversi al casato
do' Medici. È, almeno, un fatto che ad Alfonsina non
fu vietato di rientrare in Firenze e di farvi valere
i propri diritti, in ciò che concerneva la dote , sui
beni del defunto marito. È anzi fama ch'ella ponesse
r opera sua a disporre gli umori de' cittadini in
favore degli esuli. Vero è che Lorenzo , allevato da
lei, fu poi bandito, siccome ribelle, dalla città; ma
non vuoisi perciò disconoscere che a lei fu dato di

(8) .To. PiERii Vai.eki.vni, De Lileralorum InfclicUuic, Lib. II, pag. 133,
Hemelstadii. 16G1.
UNA MEDAGLIA DI ALFONSINA ORSINI 75

concliiudere le nozze di Clarice, sua figlia, con quel


Filippo Strozzi, ch'ebbe a finire, più che trent'anni
dopo, assai tragicamente la vita ; non vuoisi disco-
noscere che quelle nozze passarono in Firenze quasi
inavvertite e non furono sturbate che assai legger-
mente dai magistrati della città (9).
La vita d'Alfonsina in Roma corse, puossi dire,
nella oscurità sino al 1512 , quando a' ]\[edici si
riaprivano le porte di Firenze. Ma, donna , al dir
del (xiovio , di virile prudenza , in quella oscurità
non si lasciava da lei di tener d'occhio gli umori
de' Fiorentini e di caldeggiare le sorti della famiglia.
Ad Alfonsina e non ad altri vuoisi indirizzata una
lettera del 16 settembre 1512, con la quale Nic-
colò Machiavelli dava ragguaglio della caduta del
Gonfaloniere Pier Sederini e di quanto s' era fatto
in favore de' Medici (^'^). Fu allora ch'ella ritornò in
Firenze e vi diede prova d'una operosità senza pari,
scrivendo ora a lioma e ora al campo di Lombardia,
procacciando , come s' esprimeva Fili[)po Strozzi in
una lettera del 31 agosto 1515 , « riputazione allo
u Stato, animo agli amici e timore agli avversi » e
facendo, a dir breve , « quoU' offizio che ad altra
u donna sarebbe impossibile , a pochi uomini
u facile " ^^^).

A Firenze non si tolse, se cosi si può dire, un


istante dal fianco del figliu. Sollecita com'era della po-
tenza della famiglia, di nulla prooccupavasi, quanto

(9) EoscoE, Vila di L^-vir X, Voi. IIL cap. VIT, tj XV. Milano 181fi.
(10) VlI.LARI, Nicolò Murìiiort'lli 0 i suoi tempi, Voi. II, Lib. 1, C. XV,
pag. 108. Firenze 1887.
(11) Fkiìrai, iM-i'mino ilf' M>-dici, ctip. I, pag. 8. ^Filano, ]S01.
76 IiriRNAUDO MORSOLIN

della vita di lai, di complessione ne robusta, né sana.


Del che dette prova specialmente nel giugno del
1514, quando facevansi in Firenze i preparativi di
certo feste, istituite da Lorenzo il Magnifico, ed ella
commetteva a Baldassare da Poscia di dissuaderlo
per lettere dall'esercitarsi nelle giostre, dall' indossare
gravi armature e dal correre su grossi cavalli. Insi-
steva cioè perchè pensasse quali de' Medici avessero
giostrato in antico : pensasse che quando giostrava
Pietro di Cosimo , n' erano al mondo ancora il fra-
tello ed il padre, preposto al governo della città ;
che so Lorenzo il Magnifico aveva preso parte a
uguali esercizi, l'aveva fatto quando vivevano ancora
il padre, che pur governava la città, e il fratello
Giuliano ; che Pietro, il padre di lui aveva pur gio-
strato, viventi due fratelli e due figliuoli, ma non
senza biasimo. Voleva riflettesse inoltre che la via,
battuta da lui, era troppo pei'icolosa per ciò, che si
riferiva al casato, non trovandovisi a rappresentarlo
ch'egli solo, giovane ancora e inesperto, e Giuliano di
malferma salute, celibi entrambi. Esortavalo da ultimo
a contentarsi di starsene spettatore, a curar la propria
salute, e a pigliarsi pensiero dell' avvenire della fa-
miglia. E questi savi ammonimenti faceva ella
comunicare a Lorenzo, oppressa da grande passione
e quasi con le lagrime agli occhi e con tutte quelle
preghiere, che sa fai-e una madre (i^).
Con si fatte preoccupazioni dell'animo intorno
all'avvenire de' ]\Iedici, era naturale ch'ella vagheg-
giasse Dio sa quali parentadi e derivasse dalla viva
opposizione di lei se non si potè mandare ad effetto
il matrimonio, già patteggiato co' Soderini, tra la

(12) RoscoE, Op. cit., Voi. V, cap. XII, § XI e voi. VI. Appendice ,
n. CXV. ^Milano. 1H16 e 1817.
l'NA MliDAGLIA DI ALFONSINA ORSINI 77

figlia di Gianvittorio e il giovano Lorenzo (^3); era


naturalo che, malcontenta del tacito e incerto prin-
cipato di Firenze , al quale ella avrebbe , secondo
alcuni, eccitato e, secondo altri, sconsigliato il figliuolo
dal fermarvi speranza alcuna al momento della ri-
nunzia di Giuliano C-^), si facesse a promuovere presso
il cognato Leone X l'impresa d'Urbino contro Fran-
cesco Maria della liovere C^X Fi in Urbino , succe-
duto a Giuliano il figlio Lorenzo, non lasciò di spa-
droneggiare un istante, sola ed unica, quasi, in una
corte frequentata da gentiluomini e abbellita spesso
dalla presenza dello più amabili donne d'allora, tra
le quali la figlia Clarice , la Lucrezia , moglie di
Jacopo Salviali, e la Clementina de' Pazzi, lodata per
la sua bellezza ne' liitratti del Trissino (^''O.

Alfonsina nìoriva in Roma, di flusso di sangue, il


7 febbraio del 1520, diciassette anni dopo il marito,
nato il 1471. Ignorasi quale fosso allora l'etn sua. A chi
consideri perù che Lorenzo, nato nel 1492, era stato
preceduto da Clarice, non parrà certo inverosimile il
pensare che la nascita di lei si scostasse di poco dalla
nascita di Pietro. Sicché, se alla morte del marito non
toccava la cinquantina, è a credere vi si avvicinasse,
per lo meno, d'assai. E le sombianz<', quali si danno
a divedere nella medaglia, di cui si parla, non son
certo di donna che non abbia varcato la quarantina.
Ond' è a credere , mi pare , che non darebbe in
fallo chi pensasse che la medaglia fosso coniata in

(13) VlLLARI, Op. cit., Voi. ir, Hb. I. cap. XVI, pag. -i^lL'. Firoii/co. IS-^l.
(14) NahdI, Op. cit. Voi. II, lili. VI, pa;;. ,3S, nota. Kirenzo IS.jS.
(15) LiTTA, Op. cit. Dp Mfiicì f Orabìi.
(16) Ferrai, Op. e lor. rit.
78 B. MORSOLIN - UNA MEDAGLIA DI ALFONSINA OliSINI

qualcuno degli otto anni che Alfonsina sopravviveva


al ritorno de' Medici in Firenze; di quegli otto anni
cioè, che son corsi tra il 1512 e il 1520.
Si sa che il soggiorno di lei partivasi, particolar-
mente in quel periodo di tempo, tra Roma, Urbino
e Firenze. E in Roma, dove accorrevano gli artisti,
allettati dalla munificenza di Leone X, o in Firenze,
feconda allora più che mai d'artefici insigni , usciti
dalle scuole specialmente del Pollaiuolo e di Ni-
colò Fiorentino, o forse in Urbino, dove il culto delle
arti ebbe pure a fiorire, come sotto i Montefeltro e
il Della Rovere, così sotto i Medici, è a credere si
commettesse e lavorasse 1' impronta, che, pur difet-
tando le prove, atte a definire, come che si voglia,
r autore, accusa il punzone d'una mano maestra.
Vicenza, Gennaio 1892.

Bernardo Morsolix.
PESI PROPORZIONALI
DESUMI DAI DOCUMENTI

DELLA

LIBRA ROMANA, MEROVINGIA E DI CARLO MAGNO

I.

Sopra nessun altro arsomento della numismatica me-


dioevalepareri
i dei dotti furono tanto discordi (jnanto sul
vero i)eso intrinseco di;lla lil)ra instituita da Carlo Magno,
e sulle fasi per le quali passò la trasformazione del veccliio
nel nuovo sistema monetario. Varie furono le caiiioni di
queste discordanze: primieramente la poca chiarezza dei
documenti in materia di peso: secondariamente l'insuffi-
cienza del trovato per le ricerclie troppo limitate : infine
l'incerto e variante risultat(j ottenuto dal peso intrinseco
dei singoli denari d'argento, unico mezzo dal (juale venne
finora desunto il peso della nuova libra di Carlo Magno.
L'importanza di questo argomento mi spinse a trat-
tarne nuovamente con luiovo metodo, cioè, non rij)ercor-
rendo la incerta e già tai;to esplorata via del peso dei
denari, ma indagando nuovamente e più accuratamente
i documenti dai (juali poteva solo emergere (pialche lume.
Credere die la libra nniuina, alla quale tanto eransi
abituati tutti i popoli, fosse andata in oblio per quella
nuova di Carlo Ma<rno è errore. La libra romana seguitò
ovunque ad essere usata egualmente , ed un sicuro in-
dizio abbiamo
r nella necessità del suo ritorno. Se la
80 VINCJCNZO CAl'OBIANCHI

nuova libra di Carlo Magno eccedè nel peso la romana,


con lina minor quantità di once se ne aveva l' equiva-
lenza: se il denaro carolino fu piìi pesante di quello
romano, per ogni soldo o libra di conto troviamo che
se ne dava una minor quantità; e fu precisamente in
questo modo del tutto eccezionale che durante quella ri-
forma lalibra romana sopravvisse e seguitò ad essere usata.
Le ricerche di queste proporzioni nei documenti, ed
il dimostrare la esistenza di queste, spesso o anzi quasi
sempre espresse quando trattasi di moneta, formano il
tema del presente ragionamento.

Due fasi risultano dai documenti italici del passaggio


dal vecchio sistema in uso sotto i longobardi nel nuovo
sistema monetario franco. La prima di queste fasi è de-
terminata dalla cessazione del soldo d' oro mediante la
sostituzione del denaro d'argento, 12 dei quali forinarono
il soldo e 240 la libra romana in argento. La seconda
fase è nella cessa/ione del precedente denaro per quello
nuovo istituito da Carlo Magno, 12 dei quali denari egual-
mente costituivano un soldo e 240 la nuova libra : questo
nuovo denaro in origine fu detto ancora denaro grosso,
perchè aveva maggior peso e valore di quello precedente.
Divenuto Carlo Magno signore d'Italia nell'anno 774,
colla disfatta di Desiderio, non cambiò immediatamente
il sistema monetario, perchè ti'ascorsero otto anni circa
})rima che il denaro d'argento fosse introdotto nella Lom-
bardia (782) il), e ventitré, in Lucca (797); (2j anzi in

(1) FuMÀGALr.i, Codke diplom. Sanf Ainhrosiano, p. 49, nota 3. L'au-


tore osserva che il Docura. XVI dell'anno 781 è rultirao in cui siano
tuttavia menzionati i soldi e tremissi d'oro.
('2J Eahsocchini, Beile, virente ilella zecca Iiicdiese sotto Carlo Mdijiio
e siKi stirpe in Italia. Menioiie e documenti per servire alla storia di
Lucca. T. IX, p. 53.
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 81

quest'ultima città, col nome di Carlo Magno, furono co-


niati, fino a quell'epoca, tremissi d'oro di tipo e di peso
eguali a quei di Desiderio (3), emergendo da questo fatto
che nessuna legge fino allora imponeva all'Italia il cam-
biamento della moneta. Noti apparisce così per il secondo
e più recente cambiamento del nuovo sistema carolino
che fu regolato invece da una legge generale, la quale
determinava il tipo ed il ])eso delle monete, ed in seguito
stabiliva ancora il luogo in cui dovevano esser coniate.
Che la coniazione della nuova moneta fosse regolata
da ima leutre «renerale. ce lo dimostrano i contratti, anclie
colà ove i pagamenti erano facoltativi, con moneta di
qualsiasi delle tre officine italiche, cioè di Pavia, di Milano
e di Lucca « Deintrios grossi et c.rjx'ridivilis de moiietti
de Pupia et Mediolatio seii Lncu/ki ».
I romani Pontefici dovettero andare esenti da questa
legge generale, perchè la zecca di Poma rimase sempre
in loro potere e sotto la giurisdizione loro, e le moneto
che ivi si coniarono, benché fossero secondo la [)rescrizione
stabilita dalla nuova legue, non ebbero corso comulativo
come quelle delle suddette otfi<'iiic collegate, riniaiien(h) per
uso del solo ducato romano. <^)uesto fatto verrel)bc a con-
fermare in parte l'opiniDiic di coloro che negano ai re di
Francia l'assoluta autorità sopra Poma. d;i molti pretesa.
L'introduzione della nuova le^ue carolina per Lucca e
Roma avvenne immediatamente do|jo l'anno S()() coU'inco-
ronazione e proclamazione di Carlo Magno ad imperatore
dei romani ^): mentre in Milano e in Pavia era in uso
già da qualche anno (7'JG) (p).

(3) Memorie e Documenti per servire alla storia di Lncon. T. ]X.


Tav. Ili, n. 11 e 12 e Tav. IV, n. 1 e _'.
(4) Vedansi i documenti liircliesi dopo l'anno HnO, più nitro riportati,
e le moneto di Leone III papa, stilici (piali il nome di Carlo è seguito
dal titolo di imperatore. — l'iu'.Mi.s, Mmieti'dii romani piintt'fici uvaìiti il
mille. Tav. I, n. 11 e 12 e Tav. II, n. 1.
(5) FuMAC.Al.I.I , Op. cit. , pag. ;«; , doc. X.XIII. Ann. 71-0: e rfil-
* damus libi Enninaìd ani 'id lidi Iifiv/e^ arf/eiito diwirius nonagentu
82 VINCENZO CAPOBIANCHI

Allorché la nuova legge carolina andò in vigore in


Italia, accadde quello che accader suole sempre ed ovunque
quando \\n nuovo sistema va in uso, vogliamo dire, che
si seguitò a stabilire contratti e far pagamenti a libre
romane, ragguagliandole con i nuovi denari carolini. E sic-
come questi eccedevano in valore, in luogo di dodici, quan-
tità che formar doveva il soldo in argento, se ne computava
e dava un numero minore che equivalesse il soldo romano.
Importantissimo esempio di questo fatto mi ai)parve in
un documento dell'anno 816, nel regesto farfense, ove
Ansidruda figlia di Ilodiperto, vendendo alcuni suoi beni
al monastero di Farfa. confessa a\er ricevuto <i prò snpra-
(( scrìptis rebus nmnihii.x f/i/nlitc?- snperìiis b'gitiir, a te
(( domine ins^nalde abùas, uid a parte ìnonasterii, idest
« ARGENTI ISOLIDOSJ CXX ANA XOVEM DEN'AIIIORVM PER
« SOLIDVM DE MONETA SANCTI TETRI FINITV.M PRETIV.M

« sicut etc. IG) )).


Che i soldi di questa convenzione fossero quei
romani, o meglio computati alla romana, me ne assi-
curava un altro atto contemporaneo dello stesso regesto
di Farfa. Nell'anno 81!», certo (Hovainii Sculdaliis da
Spoleto domanda in usufrutto ed ottiene dal suddetto
monastero i beni appartenenti a suo connato Leone ed

« legìdinms bouna mr.diolanoinìcs nuf iiciiìeii-tfs. Acto Miihohdi/. ■^ Per


r illustraziono di quesf importante forinola monetaria rimandiamo il
lettore alle stesse segnenti osservazioni, clie noi faremo sulle formole
dei documenti lucchesi dopo l'anno SOO, dalle quali apprendiamo che 90
denari carolini formavano il nuovo equivalente di mezza libra a com-
putazione romana, e che alla costituzione sociale delle zecche di Milano
e Pavia, che questo documento ci fa conoscere già avvenuta al 79G, fu
unita ancora Lucca, ma dopo l'SOO.
(()) Jiff/rsfo di Farfa. Voi. II. Docum. 219, p. 179. Sulla denomina-
zione generica fsnUdus argciìt't , dobbiamo osservare come questa fosse
usata per indicare una quantità indeterminata di denari d'argento, es-
sendovi striti soldi da 4, da 9, da 12, da 3) e da 40 denari, de' quali il
più usato fu quello di 12 denari derivante dal soldo di peso 24" parte
o mezza oncia della libra romana di 12 once. Il soldo di peso dopo la
riforma franca venne a corrispondere alla 'JO'' parto della libra.
PESI l'HOPOKZlONALl I)|;SL-NTI DAI DOCLMKNTI, ECC. 83

a sua sorella Tota, obbligaiulosi, per non adempimento dei


patti stabiliti nel contratto, a pagare per multa « xolidos
francìscos CC (/^J », che erano quei soldi da 12 denari
nuovi, i quali, avendo maggior valore di quei romani,
erano perciò detti trance -i o alla francese.
2S^on rimaneva più duijbio che la libra romana
avesse seguitato a rimanere iti uso contemporaneamente
alla nuova libra francese.
Questa prima osservazione mi fu di guida ad altre
e potei così facilmente ritrovare, che la maggior parte
delle somme in quel periodo determinate in viiij detuiri
e multipli fino alla concorrenza di 180 denari, erano
soldi e libre computati alla romana, e che per brevittà
di formola e per maggiore intelligenza delle somme stesse
venivano in quel modo indicate , mentre [ler i soldi e
libre com[)utati alla francese occorreva dichiarare che i
soldi erano ragionati a 12 e le libre a 240 denari; di-
chiarazioni che sarebbero state inutili, qualora fosse stata
in uso vuia sola com[)utazione.
Innumerevoli me ne apparvero ovun(pie gli esempi,
ma i ()iù opportuni e chiari li rinvenni nelle [ìergamene
lucchesi, cioè negli atti stipulati immediatamente dopo
l'aimo 800, epoca nella quale andò in vigore in Lucca
la legge carolina. (Questi atti per ordine di data sono i
seguenti :

Anno .401, in ottobre. Deusiledi, prete e custode della


chiesa di S. Salvatore, posta in liussolanio, rxeve dal prete
Gumberto, rettore di S. Colombiano, il diritto di manutenzione
della chiesa di S. Pietro, che appartiene a S. Colombiano, e
dei beni di detta eli lesa posti in Castiglione, pagando per
aDQua pensione (( idiist decem et odo dinarios grossi, boni,
<( e.rpcndirili, etc. '^) )>. l)ieoiotto danari [irossi , così detti i

{!) <)/,. rit. Voi. ir, p. lOiK


(8) Memorie e D.jcuhìuuiì per sm-viro .illa storia del lineato Ji Liu'C.t,
T, IV, Docnin. If, p. t. App.
84 VINCENZO CAPOBIANCHI

nuovi denari francesi, costituivano l'equivalente di due soldi


romani.
Anno 803, ai 23 di luglio. Guaseramo prende in locazione
una casa da Alperto, chierico rettore del monastero di S. Pietro
Somaldi, coll'obbligo di dare al detto monastero « per omnes
(( annos quatrajentas et quinqiie diniri boni mundi grossi (9) )).
Quarantacinque denari costituivano cinque solidi romani, ra-
gionando ilsolido a nove denari.

Anno 805, in giugno. Gariporto parmigiano vende a Jacopo


vescovo di Lucca i suoi beni posti nel distretto di Parma
presso il fiume Taro per il prezzo «, argentum solid. quadra-
(( ginta qainque, ana duodecim dea. prò solid. (10; ». Quaran-
tacinque solidi alla francese , di dodici denari a soldo, erano
corrispondenti a tre libre a ponderazione romana di quindici
soldi a libra.

Anno 807, ai 27 di ottobre. Tamperto prete dà a livello


la chiesa di S. Benedetto di Villa, con tutti i suoi beni già
offerti al Volto Santo, coli' obligo « ad parte prefate Eccl.
((. S. Salvat. censum dare et persolvere... per oinne kal. octuhris
c( qiiadraginta et quinque denarios honos mundos grossos expen-
<i dibilis tantum (11) » cinque solidi romani.

Anno 807, in agosto. Alberto chierico cede una sua chiesa


a favore di Valprando prete , con patto che « per singulos
(,( annos in natale Sancii Regidi... reddere debeas decem solidos
(( argento de honos denarios mundos, grossos expendiviles, ana
c( duodecim denarios prò solido {i'2) )>. Mezza libra francese.
Anno 808, in luglio. Valprando, prete rettore di S. Maria
di Sesto, allivella vari beni a Deusdedi per l'annua corrisposta
(( lioc est argento solid. quindecim ana duodecim denarios honos
(f expendiviles rationatos per sing. solidos (13) ». 180 denari,
è l'equivalente di una libra romana.

(9) Op. clt. T. V, Part. II, Docum. CCCX, p. 184.


(10) Op. eit. T. V. Part. II, Dooum. CCOXIX, p. 190.
(li) Op. cit. T. V, Part. II, Docum. CCCXLVIII, p. 207.
(12) Muratori, Anfiq. ital. Tom. II, col. 775.
(13) Memorie e Documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca.
Tom. V, Part. II, Docum. CCCLVII, p. 213.
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. OD

Anno 809, ai 10 di ottobre. Alperto chierico riceve a li-


vello da Jacopo, vescovo di Lucca, la corte di Tocciano nei
confini della città di Saoua, con altri beni spettanti al vesco-
vato di S. Martino, obbligandosi (( seinper in kalendis viensis
(i octubri ipsum censuin media libra argenti reddere, idest honos
(,( denarios numerum centum vigiliti tantum (li) ». Mezza libra
francese.

Anno 813, primo di luglio. Amiprando del qd. Walfredo


prende a livello dal chierico Gunfredo rettore di S. Michele
Arcangelo, del luogo di Cipriano, quelle terre e beni, che a
detta chiesa offrì già il qd. Peredeo vescovo di Lucca, coU'obbligo
di pagare ogni anno <( argentimi denarios novem bonus de niu-
<(. neta de Papia, et de Mediolano sco de Luca (l-Jj ». Nove de-
nari carolini costituivano il solido romano : questa formola è
la più completa che si ablna, essendovi dichiarata l'uniformità
di valore della moneta che contemporaneamente battevasi nello
tre officine; quest'uniformità nell'anno 79(] era estesa solamente
alle zecche di Pavia e di Milano, come più sopra fu già veduto.
Anno 814.
f( solidos duodecim qiiot sunt Denarios Grossi et e.rpendivilis
a de moneta de Papia et Mediolano seu Lucana duodecim de-
(( narios rationiti per singulos solidos (16) », Dodici solidi
francesi eguali a sedici solidi romani.

Non meno dimostrative pel nostro argomento furono


le valutazioni del soldo d'oro. Dalla proporzione ottenuta
nel soldo in argento da 12 a 9 denari, il soldo d'oro che
aveva il prezzo invariabile, e che ])rima della riforma
di Carlo Magno valeva 10 denari d'argento, doveva tro-
varsi corrispondente a 30 dei nuovi denari.
Il soldo d'oro corse in Italia per più lungo periodo
che non fu nelle Gallie ove aveva cessato all'epoca di
Pipino. Delle zecche d'Italia ({nella di Benevento seguitò

(14) Op. oit., T. IV, Docum. XV, p. 21.


(15) Op. cit., T. IV, Part. II, App. di Docum., pag. 19.
(16) CARLI-Eumìi, Di'llf Mviietc e dell' htitìmone delle zecche d' Italia.
Tom. II, p. 4G e 147.
86 VINCIiNZO CAPOBiAN'CHI

a coniare soldi d'oro ancora dopo l'anno 800, ed i più


accreditati furono quei denominati mancusi {cani si^?io
maìius cusì) 'i^j Jal contrassegno della mano che primie-
ramente vi era stampato e che li distingueva dai soldi
d'oro lucani stellati che avevano invece una stella.

(17) Non si Ila notizia certa dell'etimologia della voce Mancusus o


Mancvsus, e varie sono le opinioni dei dotti sull'origine di questa. 11
Carli ritenne che i Soldi d'oro Maìicosi, quasi mancanti, fossero monete
del Basso Impero calanti dal giusto peso del Soldo; e siccome il valore
del Soldo d'oro fu di 40 denari d'argento, fossero detti Mancosi quelli
di 30, i quali formavano solamente tre quarti del valore del Soldo d'oro.
(Vedi Zanetti, Siiova raccolta drlle Monete e Zecche d' Italia. T. IV,
p. 101). Il Zanetti credette invece che fossero denominati manii cusi
(Zanetti, Op. cit. T. II, p. 377) ossia : « coniati a mano, come i Zecchini
« Veneziani, jjiuttostochè per essere ììutncanti, cioè di minor peso, e di
« minor honlh degli antecedenti solili, perchè la voce mancante per ispie-
« (/are diminuzione a que' tempi non era in uso. > Altri lo hanno creduto
peso o misura e non moneta, ed altri infine l'uno e l'altra, a seconda
dei paesi e dell'epoche.
Nulla si oppone al poter dire che il soldo d'oro Mancìcso fosse mo-
neta reale e che in Italia pi-incipiasse ad aver corso, trovandosi quivi
le notizie più antiche. In un documento dell'Abazia di Sesto in Friuli
se ne fa menzione all'anno 778. (Vedi Zanetti, Op. cit,, Monete di Faenza.
T. II, p. 374 nota (a) persohere XX mancoseos auri...): e nel- regesto
farfense princijiia ad ajjparire al 787, contemporaneamente al soldo
d'oro lucano.
Prima che le zecche italiche fossero messe sul sistema del nuovo
peso carolino, il soldo d'oro mancuso era già in corso in Italia, avendo
quasi sostituito il primitivo Soldo d'oro; seguitò ad aver corso durante
la riforma di Carlo Magno, ed è allora che fu tassato a 30 denari della
nuova moneta d'argento, tassazione che appare per la prima volta in
un documento veronese dell'SlG. In seguito, allorché ne cessò nelle zecche
italiche la coniazione, il soldo d'oro mancuso fu convertito nel proprio
equivalente, ottenendo perciò il nome di Mancuso d'argento, valuta ideale
e di conto che denotava la somma collettiva di 30 denari.
Escluso adunque che la voce Mancusus possa significare mancanza
o nmncaìite, esaminar devesi se quella voce possa invece derivare da
marni cusi. L'etimologia di Mancosus o Mancusus da munii cusi, cioè
coniati a mano, secondo il Zanetti come i Zecchini Veneziani, è etimo-
logia ma senza significato. Tutte le monete allora e poi furono appros-
simativamente coniate nella medesima maniera, ne l'esser coniati a mano
0 in altra guisa, dar poteva contrassegno tale da formarne una specie
PESI PROPORZIONALI DESrNTI DAI DOCUMENTI, IXC.

Il soldo d'oro mancusn ehbe grandissimo credito in


Italia prima dell'SCO, se<rnitandovi a correre di poi, fin-
tantoché, cessatane definitivamente la battitura e scom-

differente e dai soldi d'oro ])ropriameute dotti, e da quelli lucani che


avevano corso contemporaneamente.
Tutte le denominazioni date in quell'epoca e po-;tcriormente ai soldi
d'oro hanno avuto derivazione o dal nome della zecca, o da contrassegni
particolari che li distinguevano, ovvero dai nomi dei Principi che li
coniarono.
Nella voce Mancosus o }[inciisus non possiamo ritrovarvi, ne il nome
di una zecca o città, né il nomo di un Principe, ma solamente ricono-
scervi quello di un contrasse,£;no o rappresentanza speciale clie lo fece
distinguere dagli altri soldi d'oro, non potendosi supporre che questi
soldi formassero un'eccezione dall'uso che n'era provalso.
Mancoso o Manciiso è voce dell'Italia meridionale, ed oggidì ancora
vi sono comunissimi i cognomi. Nel napolitano }[aìiro.^e sono le mani
(D'Ampra, Vocah. Xiipnh'/inm-T'onriiììi)/; in Sicilia Manrusn è colui che
adopra la mano sinistra f.Moirni.i.Ain), Nuoro 7)/^. SiriUdiio-I/dUaìio), e
Mancfìsu in Sardegna ha eguale significato (Spano, Vomii. Sardo-lfaHaiio).
Fu precisamente dal contrassegno di una mano che ebhe origine la de-
nominazione MarKiisns, cioè solidus cuin signo maiuis ciisiis.
Il segno della mano appare di fatto per la prima volta sopra i soldi
o tremissi d'oro di Costantino V Coproniiiio e Leone I\', ~iT>l-Tìó, co-
niati nella zecca di Roma (Sapatier, Dp-irripfioiì Gi'ii'-rnìr^ </",-( Monmties
liyzanliHes. 1. II, p. fil et PI. XL. n. -^^ et 2.3 — Saii.cv, hUsni <lr chts-
nificn'ion des Monìhiies H\j:iiìitin'-^. Aihi-<, T. XIV, n. ■!•. ove, fr.a i busti
dei due Augusti, in alto, vedesi una mano rovesciata ed aperta, che ivi
rappresenta la mano dell'Onnipotente. Xostra Tavola, n. 2 e 3). La de-
nominazione ^ìancusua ed il relativo segno dovettero passare contem-
poraneamente alla zecca di l'enevento, come no fanno fede i Soldi e
Tremissi d'oro di Liutprando Duca ivi h:ittuti, su' quali, nel rovescio a
lato della croce, vedesi una mano aperta volta in alto, che quivi perù
è contrassegno. Xello stesso modo che allora furono detti stellati, quei
soldi lucani d'oro che jiortarono una stella per segno, vennero deno-
minati solili lìiaìicnsi, quei di lienevento cÌjo ebbero il contrassegno della
mano. La voce Mancusus dovè generalizzarsi ancora fuori d'Italia, per
indicare, sembra certo, i soldi d'oro italiani o quei coniati a somi-
glianza di quelli, ed ablienchè il segno della tiiaiio non si trovi piìi
neanche sopra gli altri che seguitarono a coniarsi in Benevento, purnon-
dimeno furono egualmente detti Min e usi, essendo del medesimo tipo,
titolo e peso dei primitivi. Tralasciatasi verso l'anno S.'jO la coniazione
dei soldi d'oro ancora nella zecca di Benevento, il solilo inanruso fu
convertito in valuta di conto ed equivalente a oti denaii, e perciò fu
VINCENZO CAPOBIANCHI

parsa la moneta effettiva, venne convertito in valuta ideale


corrispondente a 30 denari d' argento e perciò detto
mancuso d'argento.

detto Mancuso d'argento, valuta usitatissima nel Ducato romano nel corso
del X secolo, ed è precisamente, in questo periodo, che sopra i denari
d'argento dei romani Pontefici fu riprodotto il contrassegno della mano.
(Promis, Monete dei romani Pontefici aranti il mille. Tav. VI, n. 5, 6;
Tav. Vili, n. 9 e 10, e nosti-a Tavola dimostrativa numeri 6, 7, 8 e 9)
come può vedersi sui denari battuti in Eoma da Benedetto IV, 900-903,
e da Giovanni XII, 955-964. {Reg. Suhlacen. p. 163, 29 genn. ann. 913
« in argento mancosos numero xxx » loco cit. p. 104 , 1 settem. ann. 927
« in argento mancosos bonos nouos qualis prò tempore Merini numerum
sex. prò unoquoque marnoso ana denariis xxx. > Loco cit. p. 176 , 26
marzo ann. 949: « in argento ma?icosos numero xl. Per unoquemque
maneoso denarios xxx honos et optimo exmeratos etc. »)
La voce Mancosus e la sua cifra numerica sono giunte fino a noi
ed oggidì, nel vernacolo romanesco pei contratti di alcuni generi, si usa
per indicare il numero xxx: un Mengoso (sic) di allodole vuol dire
precisamente trenta allodole.

Le due rarissime monete attribuite a Liutprando duca e ohe ripro-


duciamo nella Tavola dimostrativa, n. 4 e 5, fecero parte di un ricco
ripostiglio discoperto nella città di Benevento verso l'anno 1878. Il di-
segno del soldo d'oro è tolto dall'esemplare da me posseduto ; altro
esemplare eguale trovavasi nella celebre collezione già appartenuta
all'illustre Numismatico cav. Giancarlo Uossi e da lui descritto, per la
prima volta, nel suo catalogo di vendita < Roma 1880, n. 349. » Il di-
segno del Tremisse e preso dall' esemplare che conservasi presso il
sig. Francesco Martinetti, che gentilmente me ne favorì il calco.
Questo importante tesoro ha dato tutte le varietà dei soldi d'oro e
Tremissi di soldo coniati in Benevento da Romoaldo I a Liutprando.
E ben noto come questi Duchi facessero coniare i loro soldi ad
imitazione di quei di Giustiniano II, alterandone il nome che nelle pri-
mitive contraffazioni vedesi completo ed in seguito ridotto alle sole let-
tere IINVS, INVS ed infine VS, facendo porre però, sul rovescio, le
iniziali dei propri nomi R, G, L, ovvero A che vogliono significare Ro-
mualdo, Gisolfo, Liutprando ed Arichi. Il Soldo e Tremisse d"oro che
qui pubblichiamo non portano alcuna iniziale ed in luogo di quella ve-
desi una mano aperta per segno.
Il Tremisse non presenta altre varietà; il Soldo però ne ha una
molto caratteristica ed è che il busto di Giustiniano, ha disegno e foggia
differente degli altri Soldi, però è eguale a quello del Soldo d'oro di
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 89

Per la mtova leg-ge carolina il soldo d'oro mancuso,


col quale erano costituiti in gran parte i censi, venne
equiparato colla nuova moneta e fu tassato allora per la
jìrima volta a 30 dei nuovi denari.
Il })riino e più antico esempio di questa nuova tas-
sazione appare nell'SlG in un decreto di Ludovico il Pio
ove queir Augusto, riconfermando il censo che i mo-
naci di S. Zeno di Verona pagavano annualmente , già
dall'epoca di Carlo Magno al Vescovo di quella città,
ne determinava la nuova eijuivalenza «. ani Jiiancnsos
a. vi:>'intì ani quinqua'^ìnfa solidos ari^entl (^8) ); j va'j^-
guaglio che veniva a corrispondere i)recisamente a oU
denari per ciascun soldo inancnso.
Il documento però che meglio di ogni altro ci de-
terminò ilrasi'guatilio fra il soldo d'oro e la veccliia e
nuova computa/ione della lil)ra d'argento, è il seguente
Nella celebre raccolta dei trattati fra i Dogi di Ve-
nezia e gli Imperatori (argomento di discussione per tutti
coloro che si occuparono della moneta veneziana) avvene
uno, il jìiii antico di tali trattati attribuito airini[)eratore
Lotario I, colla data del febl)raio Sii), dal (juale si ap-
prenderebl)e clie sei soldi maìicasì e([UÌvalevano allora una
libra o lira veneziana"''-.

LiutpranJo clie conservasi nel regio luolai^lii'ro di Torino, ohe l'ii juili-
blicato dall'illustre nununoi^r.it'o Domenico Promis {Momlf ili '/l'ci-ìn'
ituliiinp. infiHtf e vorrHti'. Torino 1^07, p. '11 i e che sul rovescio porta
la iniziale Ìj. fLiutprandoj.
Nel nostro soldo d'oro, come in quello del regio g.ilùnetto, il busto
di Giustiniano, oltre il braccio destro sollevato, cnlla cui mauo srinegge
un globo crucigero. tiene un rotolo colla mano sinistra, varietà che non
rincontriamo nei soldi d'oro degli ]ireceileuti jiuchi : ed è ]ier tale speciale
rassomiglianza che possiamo attribuire ipicsto .soldo d'oro a I.iutprando.
Il titolo dell'oro è della bontà di ~. ed il peso medio di urammi
4 circa, per ciascun soldo.
(18) UoHEM.i, ItnJin Siin-ii. Ivlit. Venetiis ITi'O. T. V, col. TO.j.
(19j RoMAMN, Storili ihicHiiwiilnta ili Vfìii'iiii. Vcd. I. p. :i 11 : '. l'o-
« luiiius , ut prò .f«.r iiKuif. solili, uli Hill) hmiiiiir .•iiicriimeii/ iiiH rn-i-
t piatur, et si -plu^ fnrrit usque uil ihcAfiini ìii'i/ir. ihinniiii Inniiiiiiiui
90 VIN'CENZO CAPOBIANCHI

Questo trattato, la data del quale è inesatta, e nel


quale s^li anni del regno di Lotario I non corrispondono
al febbraio 840, fu impugnato dal S. Quintino che volle
dimostrarlo ajìocrifo o almeno interpolato (20)^ ma fu di-
feso dal Romanin (-1 ed in seguito dal Papadopoli (2-) che
si studiò di dimostrarne l'autenticità, non potendosi cre-
dere che un documento riportato nella celebre raccolta
dei patti del lìber blancus i-3) compilata da Andrea Dan-
dolo nel 1344, circostanza che ignorò il S. Quintino, fosse
stato ad arte alterato. Il Papadopoli è d'avviso che l'ori-
ginale di tal documento guasto fin dal tempo in cui se
ne fece la trascrizione, fosse il motivo degli errori che
s'incontrano particolarmente nei primi versi, e della man-
canza dell'ultima parte, essendo sempre il principio ed il
fine di un foglio più facili ad essere guastati.
Fra le ragioni adotte dal S. Quintino e l'iconosciute
dal Papadopoli vi sarebbe l'assomiglianza che questo di-
])loma lia con quello di Ottone II del DSo, e con altri del
X secolo : ])erò la più importante delle loro osservazioni
consiste nel fatto che nell'accennato documento si hanno
i soldi mancusi, dei quali non si parla nei documenti ve-
neziani se non nel X secolo, e le lire veneziane, delle quali
nessun documento fa [)arola prima del trattato di Beren-
gario II del 953, ove esiste lo stesso paragrafo.
Per queste ragioni il Papadopoli, ammettendone l'au-

« juramenium sit satisfuctniii , et ita tisqu", ad daoihcini libras rcneti-


« corum sfiiiiper addendum per diiodecim eìeetos jurafores perveniat, ut
« quante siiit libre, tanti sint et juratnres. Xain si ultra duodecim ìibraruin
« quesfio fiirrit juratnres altra duodecim non excedant. »
(20) Giulio di S. Quintino, Osserrasioni critiche intorno alia ori;/ine
ed atta ant/cli/tii detta moneta veneziana. Torino, 1847, p. 27.
(21) lìoMANIN, Op. cit.. Voi. I, p. 351.
(22) Pai'adopoli, Suite origini della veneta zecca. Venezia, 1882, p. 23
e seguenti.
(23) Litter blancus, Liher albus, Libri pactorum, pubblicati da Taifel
e Thomas, Monaco 1855.
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, FXC. 91

tenticità, crede possa t'ormarsi l'ipotesi clie questo docu-


mento fosse stato dal copista messo fuori di posto e ma-
lamente letto, potendo appartenere invece a Lotario II
figlio di Ugo di Provenza, che venne in Italia nel 926 e
fu dal padre associato al potere nel 931.
Non ammettendo discussione l'esistenza delle scorre-
zioni di dizione e di date nel surriferito documento, scor-
rezioni che sovente si verificano nelle copie e particolar-
mente in quelle, come questa, tratte da un originale
mancante e guasto ed in epoca relativamente remota, noi
ci limiteremo solo a fare qualche osservazione sulle specie
delle monete dedotte in quel trattato.
Se mancano documenti di Venezia, nei quali si parli
di soldi lìKUiciisì prima della metà del X secolo, questa
non e a mio avviso valida ragione per dover credere che
non vi abbiano avuto corso prima di quell'epoca. Il soldo
mnncuso in tutta Italia nel X secolo era valuta ideale,
quindi se come tale usavasi allora in N'enezia, ciò deno-
tava che primieramente vi aveva avuto corso come mo-
neta effettiva. Il soldo ìnaiìcitso d'oro fu in grandissimo
credito in Italia anteriormente all'anno SOO, prima cioò
che vi principiasse la coniazione della moneta d'argento
ed allora era detto solldiis ìnancusns nuri, era corrente
tuttavia in Verona nell''SltJ , come testò veilemmo , ed
ivi per la prima volta trovasi tassato a oO denari caro-
lini, edal testo del decreto sa])piamo clie quel censo di
20 soldi mancusi i monaci di S. Zeno lo corrisponde-
vano già dall'eiìoca di Ciarlo Magno. (Questo stesso censo
nell'anno 1011 fu da Enrico II riconfermato, ma colla
sjìeciale ingiunzione che il vescovo di quella città non do-
vesse più molestare i monaci, nò ripetere da loro iiisi
tantìim qnod nntìquitus sfnfufnrn. est in festìvìtufe «S'. Ze-
nonis, nut muncìisos vì^utti ant solidos quinquaginta i^i;;

(24) Muratori, Antiq. ilul.. 'Poni. IT, col. ^i ii>.


92 VINCENZO CAPOBIANCHI

e l'esigenze da parte del vescovo dovettero avere origine


l)ercliò, essendo in Italia da lungo tempo cessata la legge
carolina sul peso e sulla moneta, egli probabilmente ri-
cliiedeva il primitivo prezzo del snido mancuso in 40
denari romani d'argento.
Queste osservazioni debbono farci conoscere la natura
di tali atti , i qnali, abbenchè venissero rinnovati sotto
diversi imperatori, pur nondimeno le somme in cui erano
costituiti i censi ed i privilegi rimanevano quasi sempre
nella primitiva moneta, bencliè da lunghissimo tempo avesse
cessato di correre; e se nell'SlG in Verona se ne stabiliva
e dava l'equivalenza nella nuova moneta, ciò voleva signi-
ficare clie d'allora in Italia il soldo mancuso d'oro prin-
cipiava adiminuire per esser sostituito dalla nuova mo-
neta dei denari d'argento.
Riguardo alla moneta veneziana, della quale nessun
documento fa parola prima del trattato di Berengario II
nel 953, noi unicamente chiediamo: è egli vero che nel trat-
tato in questione intendasi di moneta o piuttosto di libre
computate alla veneziana? A me sembra che in quest'ultimo
modo debba intendersi quella formola monetaria, perchè
l'equivalenza di sei soldi mancusi non è di 240 denari,
quanti ricliiedevansi allora per una libra carolina , ma
bensì di soli 180, che, come già vedemmo, costituiva in-
vece il prezzo della libra romana in argento, la quale,
per distinguerla dalla francese o carolina, che contempo-
raneamente era in uso colà, dovette esser detta libra ve-
nefica.
È nostro avviso adunque che quella formola mone-
taria, nel suddetto trattato , non solo possa spettare al-
l' epoca di Lotario I , ma , come la formola del docu-
mento veronese dell'SlG, colla quale ha grande analogia,
si riferisca ad altro trattato più antico, ove le somme
erano determinate nella sola moneta primieramente cor-
l'ente, cioè nei soldi mancusi d'oro. Durante la riforma
di Carlo ìMagno vi si dovette aggiungere 1' equivalenza
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC.

nella nuova moneta dei deiinri d'argento^ rimanendo quella


foi-mola così sino a Bei-engario II ed Ottone I ; però nelle
rinnovazioni dei trattati di questi imperatori degli anni
953 e 9G7, il pagamento della nuova contribuzione inq)osta
ai veneziani è invece fi-;sato in dennrì pnvexì ed imperlali
che costituivano la moneta corrente d'allora. Nel trattato
di Ottone II del 9<S3 fu ripetuta infine la stessa prece-
dente formola, ma senza la voce ìiianciisi (25), e tutte
le somme sono ivi equi[)arate e dichiarate in denari ve-

officina. neziani, avendo in quell'epoca Venezia co ^tituito la propria


Da queste osservazioni possiamo dedurre le seguenti
conclusioni :

1." La libra carolina, o france-e, fu di un terzo


preciso più pesante della libra romana, corrispondendo
a 16 once di quella libra.
2." Diminuendo di un quarto il peso e la «piantità
dei denari che costituivano la libra carolina, si aveva
l'equivalente della libra romana.
3." Sei sohii d' oro formavano il l'ambio di una
libra romana d'argento, tagliata in 210 denari romani
eguali a ISO denari carolini.
4." Otto soldi d'oro equivalevano ad una libra
d'argento a peso carolino, tagliata in 240 denari carolini.

IL

Dovrà certo sembrare ino])portuno che per trattare


un argomento di numismatica francese, sul quale esistono
insigni documenti, io abbia anteposto documenti italiani.

(25) CAREi-Rrnp.i, r>ellr tnowff e il>>ll'if<titH7Ìi>iia lìeììe ^rci-lif il'Ifalia.


T. I, ]). 121. « Volumus ut prò una Uhm deìinriornm rei uno hninine
« saeraiHftiluin fìat : ft sì itsquf. wì (iKoiìfciiii liìiraa ì^eiiflicorìdii dciia-
t riorum, dìiodeciiii electi iitruli-ìys addaiilitr; iiuin .■*/ ìdl/-u Xll liln-as
« quaestio ffirtn furrit iiiriturra ii/Ira Xll non arifi/o/i/. •■
94 VINCENZO CAPOBIANCHI

Questa preferenza ebbe origine dal fatto, che i documenti


italiani, negletti da coloro clie trattarono 1' importante
argomento della trasformazione del sistema monetario
franco sotto Pipino e Carlo Magno, furono quelli dai
quali ottenni le prime dimostrazioni sulla proporzione
del peso della libra di Carlo Magno. Da questi docu-
menti potei meglio conoscere quale importanza avessero
le tassazioni del soldo d' oro, che potei ordinare, e per
mezzo di esse tenterò di confutare le teorie dei due più
celebri e recenti scrittori di numismatica francesi, Guérard
e de Barthélemy.
Il Guérard ritiene che due furono le libre in uso
nelle Gallie: primieramente la libra romana del peso di
grani francesi 6144 C-'^}, ossia digrammi 326,30: questa
libra fu usata sotto i merovingi, sotto Pipino e parte
del regno di Carlo Magno: la seconda libra fu quella
istituita da Carlo Magno, di un quarto più grave della
libra romana e corris))ondente al peso di grani 7680

eguali a grammi 408 (-'').


Secondo questo scrittore una libra romana d'argento
di grammi 326,30, sotto gli ultimi merovingi era divisa
in 25 soldi, ossia 300 denari: ciascun soldo componevasi
di 12 denari, ed il denaro pesava grani 20 4fj ossia
grammo 1,088. Questa stessa libra, nell'anno 755 fu
da Pipino nuovamente divisa in 22 solidi , con 264
denari, aumentando questa nuova divisione il denaro a
grani 23 ^^ ossia a grammo 1, 236 (28). Carlo Magno
all'anno 779, sostituiva alla libra romana la sua nuova

(26) Allorquando parlasi di grano, deve intendersi di quello francese


poids de mare corrispondente a grammo 0,053115. Vedi Martini, Manuale
di metrologia, p. 473.
(27) B. GuKRARD, Du sìjstème monetaire des Francs sous Ics deux
premiires Raccs. Revne de la numismatique frangaise. Blois 1837, p. 406
e seguenti.
(28) Sulla tavola della riduzione dei pesi del Guérard, per errore di
cifra, è scritto 1 gr. 275, in luogo di 1 gr. 236.
PESI PROPORZIONALI DESUNTI D\I DOCUMENTI, ECC. 95

libra, elevandola al jìeso di grammi 408, divise per la


prima volta questa libra in 20 soldi , ossia 210 denari,
ciascuno dei quali denari aveva il peso di grani 32, ossia
di grammo 1,700 (-8).
La teoria del de Barthélemy ditferisce da quella del
Guérard in un punto essenziale, cioè, che all'anno 779,
in luogo della nuova libra carolina di grammi 408, pro-
])03ta dal Guérard, seuuirebbe invece ima terza e nuova
divisione della ])rimiti\a lil)ra di grammi 326,30, quella
in 20 soldi con 240 denari: questa divisione porterebbe un
nuovo denaro, più forte dei due precedenti, del peso di
grani 25 -^tt) ossia di grammo 1,36.
Il de Barthélemy ritiene però che dall'anno 774 al
814 il peso probabile dei denari di Carlo Magno sia di
gl'ani 32, anticipando così di cinque anni la riforma di
Carlo Magno dall'epoca stabilita dal Guérard i-^>.
Dai calcoli del Guérard e del de Barthélemy risulta
però un fatto concorde, ([uello cioè, che la libra carolina
dovette essere di un (juarto più p'.'3ante della libra romana

(23) Incoerenza di data esiste nella teoria del de Barthélemy, ed è :


86 dall'anno 774 al 814 furono in uso i denari di grani o"2 (grammo l,700j
i quali costituiscono la serie dei denari della nuova libra di Carlo piagno
di grammi 408 ; come accad n-a poi clie nel 779 i denari pesassero
grani '25G[10, e la libra fosse ([uella stessa (di grammi 326,3i>) che Pipino
nel 755 divise in 22 soldi V Aljliencliè la data 771 sia stata cosi riportata
ancora dal Gariel, (nell'introduzioiio della sua opera Lfs moiinaics royales
de l'rance som la race caroUnijituiìir, première partie, p. 10) pur nondi-
meno riteniamo esservi errore tipografico e doversi probabilmente inten-
dere 781. Il testo del de TJartliéleiny ò il seguente. « Vhi 7 70, d'un ifaie
« coniìu par lei (tctes dit coiicUe d'ii'rstid, il rr^uìte uhi'. In h'ire d'nrgnut
« l'tait de 20 sous ; qiie in diiiter pesiit alors :^.') grains OilO,que le sou
«i S".
de coinpO'iaU
22 sous. de 12 deniers. X'uu'jlmiis pus que, som l'epài, la livre i'tait

1 II est permis de croìre qne, jusqa'en 77 i, Charleinai/ne conihma le


« systhiie monélairr de sou prre, pnit-itre eii inodifuntt quelque peti Ics
« t'jpes; les deniers de ce roi, de 7(!S à 774, doivent donc foriiier une
» sèrie pesant 27 (sic) grains 27it00 (leggasi 2.'J rjrains 27il00) ; de. 771
« jiisqu'en ò'ii le poids probahle est de. .'12 f/rains (l g.'" 707 (sic) leggasi
« 1 gj 700). » Vedi Qkarleinu'jnc par Vétault, p. 488, 490 e 491.
9G VINCENZO CAPOBIANCHI

nel rapporto da 12 alo once i^^), mentre la proporzione


ottenuta da noi coi documenti italiani fu invece di un
terzo preciso, da 12 a 16 once.

Cessata nelle officine monetarie franche la coniatura


del soldo d'oro per esser sostituita definitivamente da
quella della moneta d'argento, principiata sotto gli ultimi
merovingi, Pipino, nei nuovi capitolari delle sue leggi
l)ubblicate nell'anno 755, ordinò, che da una libra d'ar-
gento non dovessero essere tagliati più di 22 soldi di
moneta (31), mentre 25 ne erano tagliati sotto i mero-
vingi '^^2), Per questa nuova divisione della libra che au-
mentava ilvalore del deuaro d' argento, (perchè 264 e
non più 300 denari venivano tagliati da una stessa libra)
e per la cessa/ione del soldo d' oro ne derivò che per
soddisfare i censi, i privilegi e le ammende penali, co-
stituiti in soldi d'oro, se ne dovette dare l'equivalente
nella nuova moneta d'argento, che fu stabilito allora in
40 denari per soldo.
Questo soldo, del valore di 40 denari, dovè principiare
ad usarsi immantinente colla nuova legge di Pipino, ebbe
un periodo determinato e formò la nuova tassazione della
legge salica (33j. Sull'epoca della cessazione di questo soldo

(30) B. GuÉaARD, Op. cit.,p. 422. « la I/'vre de Charìemagne était


« de 240 fois 32 f/rains mi de 7680 graiiis. Ohservons qw. ce poids de
« 7080 grains assigi/c par ìiohs à la livre nouvelle, est j uste le poids de la
« livre ancienne renforci'e d'un quart. »
(3])Balutius, Gap. l'ippini regis ann. 7.^"i. I, p. 167. — D. Bouquet,
T. V, p. G41.
(S2j B. GuÉRARn, Op. cit., p. 4'^0. « Sull'i les rois de la preinilre race,
« 1(1 tniìle flit de 23 sols dans la lirre d' argent .... trecenti tamen
« NUMMI ANTIQUAM VIGINTI ET QUI.NQUE SOLinORU.M EI-TICIUNT LIBRAM. »
(33j Balutius, Cap. leg. salic. ann. 778, T. II, Gap. Y. « Si qitis
« porcellum furaverit qui sine inatre vivere potest qtiadragiiita denariis
« qui faciunt solidum xmum cupahilis judicetur. »
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 97

il Gnérard dice che fin verso l'anno 800 proseguiva in


uso negli atti pubblici, ed Incbemaro arcivescovo di Eeims,
nella vita del beato Remigio, riferisce che il soldo di -10
denari cessava ai tempi di Carlo Magno, fatto clie viene
confermato coll'abolizione definitiva di (juel soldo nella
legge salica, ordinata nel 801 •^•'''.
Questo soldo terminava adun([ue colla nuova legge
carolina, perchè essendo nuovamente aumentato il valore
del denaro d'argento, non più 40, come osservammo sui
documenti italiani, ma un numero minore occorreva per
formare quel soldo.
Questa valutazione del soldo in 40 denari, alla quale
i numismatici non diedero valore, assegnandogli eziandio
un periodo che non gli api)artiene (quello merovingio), ci
guida ora a conoscere che quella libra da Pipino nel 755
divisa in 22 soldi , non è la lil)ra romana di 12 once,
ma bensì un'altra di un decimo più jiesante, perdio non
è corrispondente a sei soldi d'oro o di quaranta denari,
prezzo della libra romana in argento, ma a sei soldi e
sei decimi di soldo, coi (juali si ha invece il peso di once
romane 13 l'^.
Per la ([ual cosa non due libre ))er l'argento furono
in quel periodo in uso nelle Gallie, come il Guérard ed
il de Barthélemy ])roponevano, ma bensì tre con i se-
guenti proporzionali [)esi.
1." La libra divisa da Pi[)in() nel 755 in 22 soldi,
tagliata in 2G4 denari, equivalente a sei soldi di 40 de-
nari e sei decimi di soldo, e del peso di once romane
13 vó' Con questa nuova divisione di questa libra
(già in uso sotto uli ultimi merovingi ed allora tagliata
in 300 denari) ebbe priiici[)io il periodo del soldo di
40 denari.
2." La libra descritta nel testo del concilio d'IIerstal

(34) Balutius, Capimi, ann. 801. Tit. XV.

l3
98 VINCENZO CAPOBIANCHI

del 779 (3^), (periodo della valutazione del soldo in 40 de-


nari) di due soldi, di quei di 12 denari, più debole della
libra precedente, divisa in 20 dei medesimi soldi, tagliata
in 240 dei stessi denari e del valore di sei soldi di 40
denari. Questa libra è la medesima che fu usata in Italia
prima e durante la riforma carolina del peso di 12 once
romane.
3." La nuova libra di Carlo Magno, colla quale
ebbe termine il ])eriodo del soldo di 40 denari , divisa
come la precedente in 20 soldi e tagliata in 240 denari
a peso carolino. Questa libra i)er l'argento fu corrispon-
dente al prezzo di 8 soldi d'oro o di 30 denari carolini
ed al peso di 16 once romane.
Una primitiv^a e più antica riforma dei pesi ebbe
luogo nelle Gallie sotto gli ultimi merovingi, probabil-
mente allorquando principiò la coniazione delle saighe o
denari d' argento. Alla libra romana di 24 soldi 1-^6) fu
sostituita una ])iù pesante di 25, e di fatto, se noi pren-
diamo 300 denari merovingi del peso Guérard di grammo

(35) Balutius, Op. cit. Decretale precum, ami. 779.


« UiìKsquisque Kpiscopus, aut Ahbns, vcl Ahafissa qui hoc facerc
< potest, lihram donet de argento, aut valentein in elemosinum ; Mediocres
« vero mediam Uhram ; Minores solidos quinque.
« Comites forliores libram wniiii de argento , aut vaìentem donent in
« elemosinam. Mediocres mediam libram. »
« Vassatus dominicus de casatis ducentis mediani libram, de casatis
« centiim solidos quinque, de casatis quinquaginta unciam unum, et di-
« midiam. »
« Et faciant biduanas atque eoruin homines in eorum casatis, tei qui
« hoc facere jwssunt. »
« Et qui redimere ipsas liduanas rohierit ; fortiores Comites unc/as
« tres ; Mediocres denorios triginta, Minores solidtim unum. »
(36) Un campione in ferro battuto di libra romana del VII od
Vili secolo, posseduto dal chiarissimo prof. cav. Ccstantino Corvisieri
di Roma, sopra un lato porta inciso in lettere romane la cifra nume-
rica XX -mi indicante la quantità dei solidi che formavano allora la
libra romana. Questo campione rende il peso di grammi 317, peso leg-
germente diminuito per ossidazione del metallo.
PESI pnOPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 99

1,151 ((luantità che t'onnava quella libra) noi avremo


gramini 3^5,00, che il Giiérard, senza valide ragioni, ri-
duceva a grammi 32G,30, che era il peso attribuito da
molti scienziati alla libra romana (^'').
Assunto Pipino al trono di Francia (752) nulla cambiò
del sistema monetario merovingio fino all'anno 755 in cui
promulgava a Vernon le sue nuove leggi, ordinando per
la moneta, che da una libra d'argento a peso, che era la
medesima libra xisata sotto i merovingi, non fossero ta-
gliati jiiù di 22 soldi (264 denari) , che di questi 22
soldi , uno fosse ritenuto dal monetiere per diritto di
monetaggio, ed i residuali 21 soldi venissero restituiti al
])roprietario dell'argento. « De moneta coiistituimus simi-
« Liter, ut (imjiiiiin non hnòeat in libra pensante nisi vi-
ci ginti duo .iolidos , et de ipsi.s vigiliti duobus solidis mone-
« tarius haheat solidum unum et illos alios reddat. » (38).
Inesplicabile senza dubbio sarebbe stata questa nuova
divisione della libra che non era nò decimale nò duode-
cimale, se non avesse avuto lo scoi)o e l'utilità di potervi
contemporaneamente computare due differenti libre, la
merovingia divisa in 22 soldi e tagliata in 264 denari e
la libra romana in 20 dei medesimi soldi e 240 dei
stessi denari. Che la libra romana (per due soldi più de-
bole della libra merovingia e del valore di 6 soldi di 40
denari) abbia corso nelle Gallie da Pipino fino all'epoca
della riforma di Carlo Magno, ci è incontestabilmente di-
mostrato dal testo della decretale d'IIerstal del 779, pe-
riodo del soldo di 40 denari, e dalla nuova tassazione
della legge salica, si quis alterum « lepoi-em clamaverit y>
DUCENTIS QUADRAGINTA DKNAKIIS, QUI FACIUNT SOLIDOS

SEX, cupahiiis judicetur (-'j'^) ; ])er il (|ual fatto ci è per-

(37) GuÉRARD, Op. cit. p. 412. 1 Le (Unier mi'i'ovingien qui prse (h fai!
21 grains 2fi fi gnunine l'il) i/oil pe^er 20 grains -ìSilOO [1 gntmme OHS).
m) Balutius, Capitili, i, p. 107: I). BoU(..ukt, T. V, p. Gli.
{3'J) Baf.utius, Capitili, legis salicae aiin. 7'.),s. Cap. IV.
100 VINCENZO CAPOBIANCHI

messo di credere che la libra romana, durante quella


prima riforma, sia rimasta sempre in uso, e perciò da
Pipino fu saggiamente compresa nella nuova divisione
della libra merovingia, colla qual divisione se ne poteva
ottenere la giusta proporzione che sicuramente mancava
colla precedente in 25 soldi e 300 denari, e siccome per
questa nuova divisione la libra romana diveniva decimale
o duodecimale , divisa cioè in 20 soldi e contempora-
neamente in 12 once, aumentando di un decimo gli uni
e le altre si aveva 1' equivalenza della libra merovingia,
in 22 soldi ed in once 13 -^^Ir, , romani. Glie la libra
merovingia debba avere avuto la divisione in once 13 -"'"t,
non solo se ne avrebbe una prova indiretta nella seconda
divisione in 22 soldi , non decimale né duodecimale, ma
ancora se ne ha una prova diretta osservando che col
denaro, sola unità monetaria d'allora, non potevasi avere
la suddivisione completa dell'oncia che computandola a
20 denari.
Il Guérard errò adunque dicendo che la libra della
decretale d' Herstal del 779 , divisa in 20 soldi e con-
temporaneamente in12 once, fu la libra istituita da Carlo
Magno, come egualmente errò il de Barthélemy creden-
dola libra merovingia a cui fosse stata data una nuova
divisione, la qual divisione avrebbe dovuto portare im-
mancabilmente una perturbazione nelle valute di quel pe-
riodo, primieramente coU'esistenza di una nuova serie di
denari ])iù pesanti de' precedenti, che il Guérard aveva
già dimostrato non sussistere '^'O, secondariamente col
cambiamento del prezzo del soldo d'oro che, per questa

(40) Guérard, Op. cit. p. 422. « S'eulement on tire d' un capitulaire


« de Pan 779, la pretive qiC à celle epoque la division de la lirre en 20
« sols était dcjh en usa^/e. Celie dìvision, qui pariegait la livre en 240
« deniers, aurait dà produire de deniers de 25 (jrains opj si la livre
« eut conserve son poids de (1144 gruins ; mais les seconds deniers de CJiar-
« leinagne, un lieu de peser 25 grains 3i5,pèsent, ordinairement, .j2 grains. »
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 101

nuova divisione della libra, la quale aumentava nuova-


mente il valore del denaro d' argento, da 40 denari
avrebbe dovuto discendere a 36 -|~ , de' quali fatti non si
lia poi traccia veruna nei documenti.
La divisione perciò della libra in 20 soldi ed il nuovo
peso istituito da Carlo Mauno sono due fatti del tutto
separati, fra quali si fra;)j)one il periodo del soldo di 40
denari, nel qual periodo nessun cambiamento avvenne nel
sistema monetario franco. (Questo periodo, che il Guérard
ed il de Barthélem^' sop])re«sero completamente, ebbe
principio al 755 coi ca])itolari di Pipino e terminò colla
nuova lesse di Carlo Magno, alla quale, per la moneta,
senza dubbio si riferisce l' editto di Francfort del 794,
nelle parole a Di' deiiariì.-< (ntfeìn certissime sciufis nostrum
a edìctum qiind in (mini loco , in omni civitate et iìi
(( oinni empforio similiter vad-ant isti ìiovi denarii, et ac-
K clpìantur nh o/nniÒKw Si. autem noi/ilnis nostri nomisma
(( habent et mero sunf arii-enfo, plr/titer pensnrites {^^). »
Il Gariel ritiene che la data 7;U sia quella dell'emissione
dei denari colla leiigenda circolare e col monogramma
reale, al quale la voce noniisind deve riferirsi ('-'. Questi
denari di fatto costituiscono la serie di quei jìiù pesanti
nei quali il Guiirard ritrovava il peso di grani ì]2, peso
di un terzo maggiore degli altri battuti da Pipino dopo
l'anno 755, e da Carlo .Magno prima della riforma, i
quali gli diedero grani 24 circa i^-^^), e che noi abbiamo
potuto determinare in grani [)ro[)orzionali 24 precisi: le

(41) Pkiitz, Leges, I, p. 7'2. I'.autil's, Capitul. I, p. '2ri3. D. BoU(juet,


Y, 651.
(■12) E. Gai'JEI,, Les ìnoniiaie^ ro'jale.'i de. Fraiicn soic.'i la race caro-
lingienne, p. 2'2, nota I.
('4:'>i ClirÉRARi), Op. cit., p. 41:! o 414. Di'nx l'.^prc.'i de deiiler.i fiirenf
en u.'tay/: -iou-i le roi l'épiìi, l'iiiw da poid.i de ?/ gniins :^i.'> fpriiiia del '7 '>.'>)
et l'autke uu pou>s he '24 crains enviuon. Sdus ('mari.emaone on riiidn-
NAIT AUS.SI DKUX ESPÉCES DE DENIERS; I,A PREMIÈRE SE COMPOSE DE
DEMEliS PESANT UE '23 \ '21 'UiAINS: et ìli .teajiide de ceii.r qui eii pìfteiit ■12.
102 VINCENZO CAPOBIANCHI

prupoiviulii di queste (lue serie di denari corrispondoiiu


a punto con i due ])rezzi del soldo d'oro, cioè che 40
denari del sistema di Pipino di grani 24, erano eguali a
30 denari di quei del sistema di Carlo Magno di grani 32.
La data 794, benché con qualche ritai'do, concorda
bene coli' epoca nella quale la legge carolina andava in
vigore in Italia, cioè coll'anno 79G per Pavia e Milano
e con rSOl per Lucca e Roma, ed ancora concorda bene
coiranno 801 in cui Carlo Magno aboliva nella legge
salica il soldo di 40 denari, mentre avanzando la riforma
carolina al 774, come proponeva il de Barthélemy, o al
779 secondo il Guérard , verrebbe a mancare quell' in-
tervallo di tempo in cui ebbe corso in Italia la libra ro-
mana divisa in 20 soldi, che ivi precedette quella isti-
tuita da Carlo Magno.
Carlo Magno, colla sua nuova riforma formò il vasto
concetto di avere in tutti i suoi domini un unico peso
ed una sola moneta; egli, ])ercin, il peso della sua nuova
libra lo elevò di un terzo sulla romana, cosicché, diminuendo
di un quarto il numero delle once o dei denari, se ne
aveva l'equivalenza.
Questa proporzione, che permetteva con gli stessi
denari il ponderare contemporaneamente due differenti
libre, portò il medesimo resultato della divisione di Pipino
facendo rimanere sempre in uso la libra romana, alla
quale i popoli erano tradizionalmente abituati, e nei quali
l'idea, il nome della libra carolina destava necessariamente
l'idea della libra romana, più un terzo di questa libra
stessa. E così, la libra carolina, invece di essere la misura
tipo, diveniva la misurata, e restava come tipo la libra ro-
mana. Ed è perciò che in documenti brettoni della metà del
IX secolo trovansi menzionati ed usati i solidi kar olisci i-^-^),

(44) Cartulaire de l' Abbaye de Redon en Bretagna, publié par


M. AuRÉLiEN DE CouRSOX, p. 05, Ann. 8G5, 10 jul. « Haec carta indicai
« atque coìiservat qnod pignoravit Jhnì, fìlius Rheìen, et homo iììius no-
PESI PROPORZIOMALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 103

ed egualmente li ritrovammo in docmnenti italiani ma


colla denomina/ione di solidi francisci, i quali soldi avendo
maggior valore di quei romani, contemporaneamente in
corso, per intelligenza delle somme, conveniva o dichiarare
che quei soldi erano ragionati a 12 denari, come quasi
sempre ritroviamo sui documenti italiani di quel periodo,
oppure indicarli con quelle speciali denominazioni.
Allorquando, sul declinare del XI secolo, fu intro-
dotto in Francia il nuovo ])e^o del marco di 8 once, la
libra romana era già da lunghissimo tem})o ritornata
definitivamente in uso, cosichè il marco venne a corri-
spondere adue terze parti della lil)ra di 12 once, ma in
un peso rinforzato, detto irecense o poìds de mare.
Più tardi due di questi marchi formarono definiti-
vamente la nuova libra francese, di IG once trecensi, ed
abbenchè questa libra nessun rapporto abbia coli' antica
libra (carolina, ne come divisione, ne come peso effettivo,
perchè quella fu divisa in 20 soldi e 12 once karoli.sci ^
eguali a 16 once romane, mentre la nuova libra francese
ebbe invece 26 soldi , ed otto denari trecensi, e la divi-
sione ed il peso di 16 once egualmente trecensi, purnon-
dimeno la nuova libra francese fu la restituzione dell'antica
libra
16 oncecarolina , perchè
fu comune l' elemento
ad entrambi della formazione in
le libre.
Possiamo j)erciò riassumere la teoria da noi proposta,
nel seguente tenore.
Due furono le riforme, ])er le (}uali si etlettuò la tra-
sformazione del vecchio nel nuovo sistema franco del peso
e della moneta. La prima riforma ebbe liioiio sotto <ili ul-
timi merovingi; la seconda fu «piella di Carlo Magno. Du-
rante queste due riforme e l'intervallo fra l'una e l'altra,

a mine Catìouuen, Saìinain quae vocalur Salili- Pennnf, silain in jilebe


« Uuerran , in rilla qup. rucalur Alli, prò XX. salidis Karolisci-:. »
Loco cit. p. 00, anno circiter SU, « qiiou.t'jue rcddciet iUvs XX. soìidos
< Karoliscos. »
104 VINCENZO CAPOBIANCHI

la libra romana rimase costantemente in uso, sopravvivendo


ad entrambe quelle riforme. Il concetto di Pipino, colla
nuova divisione della libra merovingia in 22 soldi, fu di
restituire la libra romana più utile a quei popoli : il concetto
di Carlo Magno fu invece di avere un nuovo peso, che
fosse proprio, ed una nuova moneta.
La divisione in 240 parti della libra romana d'argento
della quale si è creduto Carlo Magno l'inventore, e che
noi abbiamo ritrovato spettare a Pipino, non fu una no-
vità essendo l'antica divisione di ({uella libra. Un deci'eto
di Giustiniano I imperatore ci fa conoscere che cinque
soldi d'oro formavano il cambio di una libra d'argento (45) ;
il soldo d' oro valeva 24 silique argentee o 48 mezze
silique, 5X48, sommano 240; sei soldi erano tagliati
da un'oncia e 72 da una libra romana d'oro (*'^). Il soldo
d'oro italico o gallico, nell'VIII secolo, ei'a inferiore al
soldo d'oro imperiale e sei ne occorrevano, come vedemmo,
ad equivalere una libra romana d'argento, cosicliè valeva
precisamente 40 mezze silique del soldo imperiale, cbe
erano i 40 denari che per la nuova divisione data da
Pipino nell'anno 755 alla libra d'argento formarono il
nuovo prezzo di quel soldo d'oro; sette tagliavansi da
un'oncia (^^) ed 84 da una libra romana d'oro.
Queste osservazioni debbono ben convincerci sull'im-
portanza delle valutazioni del soldo d'oro nei tre periodi
per determinare le ])roporzioni del peso delle tre libre.
Il valore del soldo d'oro, essendo invariabile, doveva per
conseguenza variare il numero dei denari che ne costi-

(45) Log. X, 78, « Juheamus ut prò argenti summa. quam qnis thesauris
« filerai illaturus, inferendi auri accipiat faculiatem, ita ut prò singulis
« ìibris argenti quinos solidos accipiat. »
(46) Cod. Teod. Lib. VII, tit. XXIV. Lib. I de oblat. vot. <c qiwiie-
<^ scuiìiquc certa summa solidorum prò tituìi qitantitate dehetur, et auri
^i massa irasmittitur in septiiaginta duos solidos libra feratur accepto. »
(47) Diego, De Comitibus Barcinon. Lib. II, cap. 53. Ivi si riferisce
cbe 7000 uiancusi costituivano il peso di 1000 once d'oro, per cui 84 for-
mavano una libra. V. Du-Cange sotto ìa voce Makcusus.
PESI PROPORZIONALI DLSLNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 105

tuiva il prezzo equivalente, secondo che questi erano ta-


gliati o sul sistema merovingio, o di Pipino, ovvero di
Carlo Magno.
Il Guéi-ard ed il de Barthélemy non tennero verun
conto di queste valutazioni, servendosi e del peso ottenuto
dai denari, che rhiscì debole, e di quello di grammi 326,30
assegnato alla libra romana; essi dovettero perciò soppri-
mere quella libra del valore di sei soldi di 40 denai'i, ag-
giustando nel luogo di quella la libra merovingia, che
era di un decimo i)iù pesante, e così da ([nella alla libra
di Carlo Magno, ebbero la proporzione di 12 a 15 once,
che era poi la medesima proporzione, fra quelle due libre,
da noi più precisamente determinata da 13 '^;~ a 16
once: mentre coi pesi deboli ma proporzionali, di grani 21
per il denaro del sistema tli Pipino, e grani 32 per quello
di Carlo Magno, avrebbero avuto grammi 306 per la libra
romana : grammi 336 -'^,'„ per la libra merovingia :
grammi 408 per quella di Carlo Piagno, e così la })ro-
])orzione fra 12 a 16 once, fra la lil)ra romana e quella
di Carlo Magno, egualmente ci era resultato dai documenti
italiani.

CO^XLUSIONE.

Coi pesi proporzionali ottenuti dai documenti, l'arduo


problema dei pesi effettivi delle tre ditferenti libre è ri-
dotto al solo peso della libra romana, che aumentato di
un decimo dovrebbe dare il peso (k-lla libra merovingia,
aumentato di un terzo, quello della libra di Carlo Piagno.
Sul peso effettivo dell'antica liljru romana, clie costi-
tuisce ilpunto essenziale della nostra teoria, sono al((uanto
discordi i pareri degli scienzati, facendolo oscillare fra
grammi 327 e 321 circa, ne ò improbabile clic questa
varietà possa derivare in parte dall'epoca alla «juale cia-
scuno di loro rivolse le ricerche, potendo ben essere che
106 VINCENZO CAPOIilANCHI

col decadere dell'impero il peso della libra romana abbia


diminuito alquanto del primitivo originario peso.
Il Mommsen assegna alla libra romana antica il peso
di grammi 327,45: Le Blanc, Bureau de la Malie, Le-
tronne, Guérard e de Bartbélemy, grammi 326,30: Rome
de risle, il Fossati (^"^J ed il Promis la ritrovarono in-
vece di grammi 321,238, e noi riteniamo che per la
decadente e})0ca di cui trattasi, quest' ultimo peso di
grammi 321,238, possa essere appunto quello della libra
romana nell'VIII secolo, avendolo ritrovato eguale, non
solo, in un raro e.ragium in bronzo di libra romana del
IX secolo di perfetta conservazioìie, ora posseduto dall' il-
lustre archeologo romano Costantino Corvisieri (■^'''), ma
perchè questo stesso specifico peso ci è dato dal Guérard
con 84 soldi merovingi d'oro ^OJ, che costituivano allora
la libra romana.

Proponendo ncn adunque per la libra romana del-


l'Vili secolo il peso probabile di grammi 321,238, si
avrebbero grammi 353,3618 i)er la libra merovingia e
grammi 428,317 per la libra di Carlo Magno: perciò il
denaro merovingio, e di Pipino i)rima dell'anno 755 -^'^.r
di 353,3618 dovrebbe pesare grammo 1,1778: il denaro
nuovo di Pipino e quello di Carlo Piagno i)rima del-
l'anno 7114 , „J.- di 353,3618 e i; di 321,238 avrebbe

rum
(48) Fossati , De ratione Nummorum , Ponderum et Mensura
in Gallis sub primae et secaiida e stirpis regibus. Memorie della reale
Accademia di Torino, T. V, p. 151 e stguenti.
iamo il
(49Ì (ìuesto Exafjiìwi della libra voiiiaua, del quale riproduc
e due
disegno nella nostra tavola dimostrativa n. 1, ha forma rotonda
denari carolini del IX secolo
lati pieni. Sopra un lato, alla foggia dei
vedonsi
ò inciso in giro la leggenda tt« LEO . KEMK . MEN . ; nel campo
e. Ec-
scanalature concentriche nel cui mezzo sta una piccola appendic
abbrevia ta men . che significa re
cetto il nomo proprio i.EO e la parola
mmmram , il rimanent e è di oscura interpre tazione. Questo Exaijmm
deve
ronde il Jieso di grammi 1121, 250.
s. Le Sol
(50) tluÉRAUD, Op. cit., II tablc des poids des mounaie
d'or luérovciigien pése grains 72 = 'ò g."' 82i.
PESI PROPORZIONALI DESUNTI DAI DOCUMENTI, ECC. 107

il peso di grammo 1,338-19: quello di Carlo Magno dopo


l'anno 794 .^ di 428,317, peserebbe infine gram. 1,78-165.
Il Fossati, confutando la teoria del Guérard, ritrovò
che il peso di grammo 1,700, assegnato da questo scrit-
tore, al denaro carolino, e ])erciò di grammi 408, alla
libra di Carlo Magno, erano deboli. Il Fossati, osservando
più attentamente il peso dei denari carolini, ritrovò che
alcuni di questi giungevano fino a grani 35 , ossia a
grammi 1,8590: egli i)erciò ne deduceva che il vero i)eso del
denaro carolino dovrebbe essere di grani 34, ossia di
gr.mil,80588: del soldo, di grani 408, ossia gr.mi 21,67046 :
della libra infine, di grani 8160, ossiadi grammi 433,41636.
Noi, a quanto disse il Fossati, aggiungeremo inoltre
che il peso dei denari di Ludovico il Pio, escluso dal
Guérard pei suoi calcoli, debba essere invece quello da
cui si possa con più precisione determinare il vero peso
della libra carolina, perchè la coniazione della moneta
d'argento, sotto questo Imperatore divenuta più abbondante,
fu regolata inoltre da severe disposizioni, già princijnate
ad emanarsi da Carlo Magno, che ci fonno giustamente
supporre eri-ori e frodi dei precedenti monetieri, e giu-
stificare così il più vantaggioso peso che in generale
danno i denari di Ludovico il Pio in confronto di quei
di Carlo Magno.
I pesi che il Gariel ci lia dato dei ricchi ripostigli
di denari di Ludovico il Pio, discoperti nel nostro secolo,
ci confermano validamente in quanto noi projtonemmo
nel quesito sul peso intrinseco della libra di Carlo Magno : e
sul peso di questi , il Gariel ci fa osservare, che ce les
« monnaies à Jleiir de coin, elles-inénies, ont perdu une
a. partie de leur poids primitif i"^^' ».

(51) E. Gariel, Les monnaws royales de Fraiicn sona ht race carolin-


gienne. Première partie, p. 4.
108 VINCENZO CAPOBIANCHI

PESO DEI DENARI DI LODOVICO IL PIO

RIPOSTIGLIO DI BELVEZET
DISCOI'ERTO NEL 1836 (1).

32 1/2ossia grammi 1,8059


7 denari con Bl'rVRItrES, poso medio d'ognuno, grani 34
8 » VIENNA,
8 » AUELATVM, 33 » 1,72G2
9 BARCINONA, 32 » 1,7530
1.700
NARBONA, 32 1/2 »
10
11 METALLVM, » 1,700
7>
y>
32
13 ;> PARlSll, 33 1/2 » 1,7262
17 MEDIOLANVM, => 1,6460
ì^
31
34 ^ VESECIAS, » 1,7793
PAPIA, 281/2
7>
32 » 1,700
40
» MASSILIA, » 1,7530
33
47 1,5137
?•

RIPOSTIGLIO DI VEUILLIN
DISCOPERTO NEL 1871 (2).

20 denari a fior di conio, pesati insieme, hanno dato grammi 34,800, ossia
grammo 1,7400 per ciascun denaro.

(1) E. Gariel, Op. cit., pas. G6 e G7.


(2) Op. cit. pag. GO, nota 1.
PESI PROPORZIONALI DKSUNTI DAI DOCUMICNTI, ECC. 109

TAVOLK DI CONFRONTO
FRA I NOSTRI PESI E QUELLI DEL GUÉRARD
PER LE MONETE d'ARGENTO
DELLA PRI.NrA E SECONDA DINASTIA FRANCA

Periodo del Soldo d'oro (Solidiis auri) prima ilell'anno 755.


Libra merovingia d'argento tagliati) in 300 denari e divisa in 25 Soldi.

pp:s(> in (ìkammi
Denari iissi:iii-.izioyi
nostro jies'»
pfHu (iii-Tar.l

1 1,17787 1.15100 Denaro morovin,[,'-io, unità


2 2, 3.5574 inonotaria o ;100'' parto delia
2,30200 libra merovingia d'argcntu.
3 3, 533(31 3, 45300
4 •"■<, 7.55O0
4,(30)00
4,71148
5 5, 88935 (■). 9o000
6 7, 0(3722
7 8. 24509 8.(j57o0
8 9, 2O800
9, 4229(3
9 10, (30083 lo, 35900
10 11,77870 11.51000
11 12, 95(357 12,(30100
12 14. 13144 .Soldo di 12 denari, valuta
13, 81200
li conto.
no VINCLNZO CAPOCIANCHl

PESO IN GRAMMI
/"jWCir/JI'^ VJItVT
Soldi 'Jj!i£,lit AA,i'J^i

HDStro iK-so peso (iuérarc]

1 14,13444 Soldo merovingio di 12 de-


13, 81200
2 nari, 25"' parto della libra me-
28, 2G888 27, 62400
3 rovingia d'argento.
42, 40332 41,43600
4 56, 53776 55, 24800
5 70, G7230 69, 06000
G 84, 80030 82, 87200
7 98, 94124 90, 68400
8 113,07568 110, 49600
9 127,21012 124, 30800
10 141, 34472 138, 12000
11 155, 47916 151, 93200
12 169, 61360 165, 74400
13 183. 74804 179, 55600
14 197, 88248 193, 36800
15
212, 01708 207, 18000
16 226, 15152 220, 99200
17 234, 80400
240, 28596
18 254, 42040 248, 61600
19
268, 55484 262,42800
20 282, 68944 276, 24000
21 296, 82388 290, 05200
22 310, 95832 303, 86400
23
325, 09276 317,67600
24 339, 22720 331,48800
25 353, 36180 345, 30000 Libra merovingia d'argento,
tagliata in 300 denari e divisa
in 25 Soldi.
Pi;SI PROPOUZIONALI DESUNII DAI DOCUMENTI, IXC. IH

II.

Periodo del Soldo di 40 deuuri, duiraniio 755 all'anno 704.

Libra merovingia d' argento divisa da Pipino in 22 Soldi, corrispon-


dente a sei Soldi di 40 denari e sei decimi di Soldo e libra romana
formata di 20 dei medesimi Soldi e del valore perciò di sei Soldi
di 40 denari.

PKSO IN (illAMMI

Denari

nostru peso
jK-so (lii>'-rirJ
1

1 T>onaro del sistema di Pi-


1,33349 1,23600
2 '_>, (57G9B pino 10-' parti' dui Sdldo d'oro,
2, 47200 2iil'' parto dollu libra iiioru-
3 viiiK'ia d'ari^'i'iitu o 24i''' parto
4,U1547 3.70800
4 della libra "ruiiiana d'ar^'cnto.
5, 35396 4, 94400
5
G, G9245 6, 18000
6
8, 03094 7,41600
7 9, 36943 8, 65200
8 10, 70792 9, 88800
9 12,04641 11,12400
10 13, 3S490
11 12,36000
14, 72339 13, 59600
12
;
1 16,0618S 14, 83200 Soldo di 12 di'iiari.
112 VINCENZO CAPOIÌlANCHl

II.
'■~

l'KSO IN (iliAMMI
Otire () s' s' F li i ' i yfo \i
•-/rjtj £j J^ r mI JjJ ^y ^^ -i

ruiiiaiii-t
nostro l'fctìo pe-so Giiérard

1 16,06188 14, 83200 Soldo dol sistema di Pi-


0,60 pino 20^* parto delia libra
2 32, 12376 29,66400
1,20 romana d'argento e 22'' della
3 48, 18564 44,49600 libra merovingia d'argento.
1,80
4 64, 24752 59,32800
2,40
5 3.00 80, 30950 74, 16000
6 96,37138 88, 99200
7 3,60
4,20 112,43326 103, 82400
8 128,49514 118,65600
4.80
9 144, 55702 133,48800
10 5,40 160, 61900 148, 32000
6,00
11 176,68088 163, 15000
6,60
12 Wi?., 74276 177, 98200
7,20
208, 80464 192, 81400
13 7,80
14 224, 86G52 207, 64600
8,40
15 240, 92850 222, 47800
9,00
16 256, 99038 237, 31000
17 9,60 273, 05226
10,20 252, 14200
18
10,80 289,11414 266, 97400
19 11,40 305,17602 281,80600
20 12, 00 321, 23300 296, 63600 Libra romana.
21 12,60 337, 29988 311,46800
22 13,20 353,36180 326,30000 Libra merovingia.
1 1
PKSI PROPORZIONALI DliSUNII DAI DOCU.MF.NTI, ECC.
113

III.

Periodo del S(ikio di 30 denari, dupo ranno 794.

Libra di Carlo MaL,'no di un terzo piti posante della libra romana,


divisa in 20 Soldi caroli.sci, ed eijuivalente ad otto Soldi di 30 de-
nari carolisci.

iltAMMI
PKSd IN (
Denari
■' os.iKin-jyiiiyi
c;irolisci
no.stro pt'SD \>osa (iii'Tftiil

1 Denaro carolisco di nn terzo


1, 7S4(jó l,7i»0o0
2 più pe.-iantH del denaro del si-
3, 00930 3, 10000 .steina (li ripiiio, 2 Ili'' parto
3 ."), 10(100 della lilira carolisca d'artjeiito.
5,3539»;
4C) 7, 13861 (j, 8()000
5
8, 9232(3
8,500011
10, 70792 10,20000
7 1 1 . 90000
8 12,492
14, .-,7
27722 13,60000
0 lG.0t5188 15, 30000 Soldi' roiiKiiio e^'ualo a nove
di'iiiiri carolisci.
10 17, 84IÌ53 17.001100
11 I9,fi3ll8
18, 700011
12 Soldo carolisco di un terzo
21,415^4 20,40000
più pesante del Siddo romano.
114 V. CAPOBIANCIII. - Pl;SI PROPORZIONALI, l'.CC.

III.
'■B
!
o HiSO IN GRAMMI
Once
b
carolisce
osar.HVAxioyi
1 nostro [IPSO pese Guérard

l 21, 41584 20, 40000 Soldo


0,60 della libracarolisco 20" parto
carolisca.
2 42, 83168 40, 80000
1,20
3 64, 24752 61, 20000
1,80
4 85, 66336 81, 60000
5 2,40
107, 07933 101, 97500
6 3,00
3,60 128,49517 122, 37500
7 149,91101 142, 77500
4,20
8 171,32685 163, 17500
4,80
9 192, 74269 183, 57500
10 5,40
214,15866 203. 95000
11 6,00
235, 57450 224, 35000
6,60
12 250, 99034 244, 75000
13 7,20 265, 15000
278,40618
7,80 285, 55000
14 299, 82202
8,40 305, 92500
15 9,00 321, 23800 Libra romana d'arproiito
16 326, 32500 del valore di isO denari ca-
342, 05384 rolisci ed efi;uale a <T Soldi
17 9,00 di 30 denari carolisci.
10,20 364, 06908 340, 72500
18
10, 80 385, 48552 307, 12500
20
19 11,40 406, 90130 387, 52500
12,00 428, 31733 407, 90000 Libra carolisca in argento
di un terzo più pesante della
libra romana.

Roma, :>0 sdlemhre 1891.


Vl.NCENZO CaPOBIANCHI.
TARIFFA MONETARIA
M E S 0 L e IN E S E

Da tempo immemorabile, tenevasi annualmente, nella


Valle Mesolcina, una fiera nel mese d'ottobre, durante la set-
timana in cui cade il giorno di S. Gallo , epperciò detta
u fiera di S. Gallo n.
Essa aveva luogo nel boi'go di Roveredo, ove i mon-
tanari conducevano il loro bestiame, lo pelli, i latticini, il
miele, per comperare granaglie e tessuti dai mercatanti ac-
corsivi Clj. La grida che in tale occasione si pubblicava
diceva die u ogni persona li possa con le loro robe et mer-
u cantie liberamente et oxpeditamente venire et da quella
u ritornare , ognia impedimento cosi reale come personale
ti al tutto cessante n i'2).
Liberatasi la Valle llesolcina dal dominio dei Tri-
vulzio (1549), la zecca di Roveredo restò chiusa, regolandosi
il corso delle monete su quello della Lega Grigia. Il tipo
principale fu dapprima la liira imperiale, poi la Terzola ,
indi il Fiorino di Reno e da ultimo, come unità, vediamo
una ipotetica moneta d' argento, dotta lira mosolcinese ,
divisa in 20 soldi e 12 denari.
Ogni anno, durante la fiera di S. Gallo, i Magistrati

(Ij E. Tagliaiiue, Dazi ilei seicnto. In Boll. St. della Svizzera IL


Belliiizoiia, 1890, Fase. 12. — ■ Porta le tasse che pagavano i mercanti
concorrenti a tal fiera.
(2j Gride per la fiora di S. (iallo in Mesolcina. Manoscritti del se-
colo XVI. —, Archivio Triviilzio. — Feudo Mesocco. Cart. 12.
IIG LMir.IO TAGLlABUli

dovevan pubblicare il corso delle monete. Tale corso re-


stava sino alla nuova grida.
(Ili Statuti Vallerani dicevano infatti:

GAP. 40 PER LA GRIDA DELLA FERA DI S.t» GALLO.

u LX Item è Statuito che ogni Ano alla Fera di


e: S.'" Gallo il Magistrato deve far cridar il prezzo del danaro
a e secondo la crida deve gouernarsi e occorendo in detta
u Fera qualche caso Civile li Signori Giudici di tutte quatro
u. le Squadre , che vi si troueranno devono concorrere al
a giuditio e non in altro modo n (3j.

Quest'uso si conservò sin all'introduzione nei Grigioni


del sistema monetario decimale.
Diamo una di queste tariffe , togliendola da un liber-
colo d'interesse locale (-ij, ed ora quasi irreperibile. Essa è
relativamente recente; servirà però a far conoscere il va-
lore che aveva la lira Mesolcinese nel nostro secolo.
Come si vedrà, sono in questa tariffa elencate molte
monete estere; ma giova notare che la Valle, mettendo al
S. Bernardino, serviva di transito al commercio interna-
zionale e che gran parte degli abitanti emigravano o in
cerca di lavoro o al servizio militare, per cui i più svariati
tipi di monete avevano corso nella Mesolcina.

(3j Legge civile e criminale ilesolcinese dell'anno 1645 mss. del


secolo XVII presso noi. Godioe cartaceo.
(4j II Mesolcinese — Giornaliere statistico — ^Manuale periodico. Per
l'anno della Salute 1837. — Lugano, 183G, Tip. Veludini, — vi si trova un
calendario e 1' elenco di tutti gli officiali e magistrati della Mesolcina,
alcuni buoni precetti agrai-ì e delle Profezie e dei segreti che ci fan
dubitare l'autore fosse un mattoide. Eccone una: u Figlio dell'uomo che
vedi tu ? Un leone ferito a morte ruggisce orrendamente per la foresta.
Un altro colpo ha atterrato più migliaia d' insetti. Fra questo 1' ancora
ha rotto il canape ; la pietra già tante volte dai Muratori ripudiata e
divenuta fondamentale. E fortunato chi avrà intese in cuor suo tutte le
parole di questa profezia, ii Confessiamo la nostra ignoranza , non ne
abbiamo compreso una jota.
TAlìIKKA MONETARIA MliSOLCINliSli 117

~1C
TARIFFA
DEL DENARO PER LA. AFILLE IMESOLOINA

ORDINATA dall'illustrissimo CONSIGLIO GENKKALE IN KOVEREDO


/*■ -^G Otto/tre ls36 (5j.

-in [ì
CORSO 1
MONETE D' ORO. X.
J: : .s.
di
::. i:5::h:=
/•;■-.,-. 1

Confederaz. fiij Lir.


Svizzera Armetta di diverbi Cintoiii . . K! — —
1;! 40 40 ^ —
Francia Luigi d'oro vecchio e miovc . 40 40
n Pezzo da 40 fraiiclii 11 GS) —
r> 71 ji 20 n
23 34 IO
lìiiìnyiin Doppia vecchia 9:a-. m12 29 —
12 30 oG 15 —
l'ariiM Doppia e sua metà in proporzione 10
Ge/ìora Doppia da lire \)H e suoi spezzali
.'> — 13G ^
in proporzione 4i; 30
(
Savoia Doppia nuova e vio.liiae sua metà r,
in proporzione 16 49 — 1

Pieiiuiìlte Pezzo da 10 trancili e sua metà 12 10


50
12 69
in proporzione
Roma Dojipia e sua metà in proporzione 2:!9 29 —
-
!
Spai/na Quadrupla e suoi sjiezzati in ]iro- _ :
porzione 47
— 1
n Pezzetta S 15
Atistria Sovrano vecchio e nuovo e sua 6(j
__ 141) . _
metà in proporzione .... 20
n Pezzo da -10 lire austriache . . — — —
n )l n 2( ) " TI . . 10 — — —
Milano Zecchino 45 —
GO
11 Zecchino di diversi principi com- 20 19 15
preso quello di Roma, Fiolo.i^na
ed Olanda t; _
Italia Pezzo da 40 lire italiane . . . 45

12
19
, fiii
11 n 11 20 n 11 ... 11 34
31»

2,-5 8<i

(5j II Consiglio Giurisdizionale e Generale della Valle era composto


dei Consoli e Magistrati di tutte le vicinanze della Valle. 1(1
(»;; Il fiorino di Coirà dividevasi in GH crucigeri o kreutzer. Esso era
moneta d'argento.
118 EMILIO TAGLIABl.'E

CORSO
MONETE D'ARGENTO. di Ccira
l!es:l:ina
cantcn.
X
Confederae. Fior.
Sriszera Tallero di diversi Cantoni e sua
20
metà e quarto in proporzione. 3 20 15
Francia Tallero di giusto peso .... 3 12
11 Pezzo da .5 franchi e suoi spezzati 2 53 10
Italia Vezzo da 5 lire italiano e suoi
spezzati in proporziono . . . 2 53 10
^[iìano Scudo, metà e spezzati .... 2i) 8G
Bologna Scudo della Madonna da Paoli 10
3 10
15
e suoi spezzati in proporzione
Parma Ducato 2 54 8
Firenze Pisis e sua metà in proporzione 3 8 9 2
Savoia Scudo e spezzati in proporzione 4 — 11 15

Piemonte Pezza nuova di 5 lire o spezzati S


Spagna Pezza nuova e vecchia con colonne 53
e globi e suoi spezzati in prop. 3 — 8 10
16
Austria Scudo di Fiandra detto Crocione
e spezzati in proporzione . .
3 20 9 15
11 Pezzo nuovo di lire 6 austriache,
e diversi talleri di convenzione
e suoi spezzati 3 — 15
11 Pezzo da 20 Carantani detto Svan- 16
zigher, biozeri 35 30 9
Baviera Tallero di convenzione .... 3 —
11 Scudo con scettro e spada volgar-
mente detto Crocione .... 3 20 15

Cant. di Fr. 4 Svizzeri e spez-


Tic. Tallero
zati in proporzione
3 10
11 Pezzo da soldi 3, biozeri, 4 . . 3
24
Griggioni Pezzo da Bazzi 5 5
11 11 da un Bazzo 26
— 5
11 Biozeri G per 5 soldi

Il Per le monete d'oro sino al valore del luigi d'oro sarà tollerato il
calo di due grani, per quelle di maggior valore grani tre : eccedendo poi
il calo a queste fissazioni, sarà facoltativo ad ognuno di ricevere le
valuti calanti coll'abbuono di soldi 5 per ciascun grano calante dal peso
intero.
Il Tutte le monete erose ed in genere non nominate nella presente
tariffa sono dichiarate fuori di coi-so. n
Emilio Tagliabue.
VITE
DI

ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIAN

XI.

GIORGIO VIANI

Non ultimo della schlora degli illustri numismatici, che


onorarono l'Italia alla fine del secolo passato e in principio
di questo, fu Giorgio Viani. Egli nacque alla Spezia da
Stefano Yiani e Laura Feilerici 1" anno ITtVi. ^Mandato per
tempo alla scuola, mostrò fin dall'adolescenza ingegno pronto
e versatile, idoneo ad ogni specie di studi. Nel fiore della
giovinezza fu preso da singolare amoro per le umane let-
tere, e sotto r influsso di recenri letture de' più celebravi
poeti nazionali, all'et-i di ventldne anni si volse con entu-
siasmo alla poesia, e di tale suo genio di'^de un >in/gio in
un libretto pubblicato in Finale ind 17S1: colla falsa data
di Londra, cui t(Mine dietro un secondo, imprt'sso in Lucca
nel 1785, colla data di Berlino, si)tto il tit(do di (ìliccrii..
Ma nel poetico arringo, in cui s' era messo, il lavoro che
suscitò qualche rumore intorno al suo nome, niisto al plauso
de' suoi concittadini, fu il S'cralc, specie di dramma satii'ico,
che scrisse nel J7.SS in collaborazione con duo suoi amici,
Gasparo Mollo e Gasparo Sanli. Li questo dramma il nostro
poeta non eblje di mira di fare atto irriveri.oito verso l'Al-
fieri, ma solo di mettere in ridicolo e di pungere gli inf dici
imitatori del grande tragico italiano, allora vivente, i quali,
esagerando il suo modo di scrivere, in versi duri e stentati
120 e. i.uppi

componevano e stampavano drammi e tragedie che pochi


leggevano e nessuno rappresentava. — Accortosi però di
non aver sortito da natura estro tale da gareggiare coi
poeti più eletti del suo tempo, abbandonò presto gli ameni
studi e la poesia per volgersi con ardore a quelli più severi
della storia e dell'erudizione. Uedicossi dapprima alla Di-
plomazia, poi, quasi esclusivamente, alla Numismatica me-
dioevale. Già da tempo aveva concepito il vasto disegno di
completare la grand'opera di Gruid' Antonio Zanetti, correg-
gendone gli errori, ed arricchendola di nuove aggiunte, per
dotare anche l'Italia di una storia compiuta delle sue zecche
e delle sue monete. A tal fine aperse un'attivissima corri-
spondenza coi più dotti cultori di tal genere di studi in
tutta la penisola, e studiando con passione nelle opere che
si andavano allora di mano in mano pubblicando anche in
Italia, e più specialmente in quelle del celebrato Gianri-
naldo Carli, andava sempre più addestrandosi in tali disci-
pline in
; pari tempo non si stancava mai di frugare in
archivi pubblici e privati, e di scoprire sempre nuove me-
morie e documenti da servire alla sua colossale impresa.
Sebbene di modeste fortune, non esitò di eccitare banchieri,
negozianti ed amici a fare incetta per suo conto d' ogni
sorta di monete italiane, a tal segno che per questa sua
smania di raccogliere ed accumulare più che poteva quei
costosi materiali per la sua opera, andò incontro a spese
per lui enormi, e superiori ai mezzi dei quali poteva di-
sporre, accresciute ancor più dall' avarizia di speculatori
avidi o disonesti, che talune monete, sia pure rarissime,
non gli vendevano che a prezzi elevatissimi ed esorbitanti,
talché il povero Viani ne sentiva disagio, e più d'una volta
lo ridussero in tali angustie economiche da provocare sdegno
e compassione ne' suoi veri amici e in tutti gli onesti che
l'aiutavano nella sua nobile impresa.
Neil' esame di que' piccoli monumenti della passata
grandezza italiana, il Viani era si scrupoloso ed esatto, che
soleva rispondere a chi ne faceva le meraviglie, eh' egli,
sebbene avesse perduto iin occhio, con quell' altro che gli
rimaneva, ci vedeva meglio di que' che li avevano tutti e
due. Nello studio che faceva delle monete nulla sfuggiva
VITI-; DI ILI.rSTRI NIMISMATICI ITALIANI 121

al SUO attento esame, ed al suo acume ; il peso, il valore


intrinseco, quello di tariffa, la lega, l'aggio, la bellezza del
conio, nulla lasciava inosservato, riproducendone poi col
disegno le impronte con rara fedeltà e gusto artistico. Xon
è meraviglia dunque elio la sua perizia in questo campo
di studi si diffondesse mano mano da un capo all'altro della
penisola ed acquistasse tanto credito ed autorità, che governi
d'Italia, ministri di finanze, direttori di zecche, e grandi
negozianti si rivolgessero a lui per consultarlo nelle più
ardue questioni monetarie. — Da tutto questo complesso
d'informazioni, di ricerche, di studi, il Viani in pochi anni
aveva acquistato tanta pratica e tali cognizioni, che nessuno
avrebbe potuto imputare di temerità il suo divisamento
d' illustrare storicamente e scientificamente il complicato
intrecciarsi di tanti sistemi clie si riscontra per più di un
millenio nella storia monetalo delle diverse città italiane.
Vivissima pertant(j era l'aspettazione dei dotti italiani,
quando finalmente nei primi anni del nostro secolo, cioè
nel 1808, comparve in Pisa collo staiiipe di Prospero Ra-
nieri, con quattordici ln-lle tavole incise, il primo volume
delle Moìiorie delia l'ntiiiijìin <'>iho e di'ìlr Mnnch' di Maasn
di fAcni(/ìn>ui. L' autore dedicò quel suo })i'imo lavoro Aì-
V Altezza Imjii'riale di h'iisa sorella deli'Aiii/n.slo Inipeì-<Uove
dei Feanecsi Xapnlemie I. l'/-iiie/jirs.sa di Ij'cca e l'iniv/iiiio,
sua protettrice, e clii^ por quell' ojunn gli aveva agevolato
l'accesso e le iuilagini negli ar^'liivi segreti di Lucca, o
della Toscana. — Il pubblico erudito. aUa c(jmparsa di qtiol
libro, si accertò che le su(j speranze non sarebliero d<duse,
e da ([uel primo saggio i cultori della scienza monetale
presentirono fd^ itai/ae lenìieni, e come la patria nostra
avesse ormai trovato in lui un insigne nuinisniatico degno
di continuare l'opera immurtalc di (iuid'Antonio Zanetti.
A questo volume il \'iani avea proiii'-sso di far seguiri' un
secondo, che doveva contenere dipi. uni preziosi e d'icumenti
rari, fìn'allora sconosciuti; ma ([uello, con grave danno dei
nostri studi, causa la morte inaspettata del suo autore, ri-
mase inedito. Solo si ha dad Ciampi l'elenco de' docrimenti
già dal Viani preparati per la stampa, sotto il titolo di Ap-
pctidice ai DijdijhH e Monuaieitt/ eilati nelle Meiaoì'ie della
IO
12

Famiglia Cyho e delle Monete di Massa di Lunigiana, a pa-


gina 16 e 17 della sua Biografia. Mentre il Viani attendeva
al paziento lavoro dello giunte e correzioni all'opera dello Za-
netti, di quando in quando pubblicava altri scritti minori, tra
i quali è da citarsi per importanza la monografia della Zecca
e Monete di Pistija stesa per ricliiesta del Ciampi, e da
(questo inserta nel suo volume delle Notizie inedite della
Sacrestia pistoiese, dei Itegli a>-redi del Campo Santo pisano
e d'altre opere di disegno, dal sec. XII al XV, pubblicato
in Firenze nel 1800. Questa monografia, qualche anno dopo,
fu ripubblicata a parte in un volumetto stampato in Pisa
nel 1813 col titolo: Bella Zecca e delle Monete di Pistoja,
Lettera di Giorgio Viani con una Memoria sullo stesso
argomento del Dottore Vincenzo lìorgìdni. Lo scritto del
Viani fu variamente discusso, e provocò una garbata con-
futazione in un opuscolo divenuto rarissimo, intitolato:
Lettera di Lodovico Costa al sig. Giorgio Viani intorno
alla Zecca ed alle Monete di Pistoja, stampato a Torino nel
1814 coi tipi di Domenico Pane. Il Ciampi, uno dei più
ferventi ammiratori del Viani. ne assunse la Difesa postuma
nella Vita, clie scrisse del nostro autore, dalla pag. 18 alla 45.
A tanta rinomanza era salito il A-'iani coll'autorità de' suoi
scritti, che volendo l'.lccademia di Lucca raccogliere tutte
le memorie concernenti la storia generale di quella città e
de' suoi dominii, a lui affidò l'incarico dell'illustrazione di
quella Zecca. Tale compito entrava appunto nel piano del-
l'Opera, cui aveva consacrato i più begli anni della sua
vita. A tale scopo, è noto come si desse ogni cura di rac-
co"-liero monete , documenti e notizie. Sventuratamente
queste ultime, alla morte dell'Autore, andarono disperse ed
in gran parte irreparabilmente smarrite. Il Viani intanto
era giunto al suo 54 anno di vita, quando fu sorpreso da
violenta malattia. Lottò invano contro la morte, e senten-
dosi d'ora in ora mancare, chiese ed ottenne i religiosi
conforti: fece testamento, e con un ultimo sforzo scese dal
letto ed aporta la scrivania, rimandò dei fogli ad alcuni
amici, scrivendo in q'ielli con mano moribonda : Giorgio
Viani saluta, resi Unisce e ìnuorc. Indi ricoricatosi, la notte
del 2 dicembre ISlCi, esalò l'estremo sospiro.
viti: ni illustri nimismvtici italianm 123

Grande fu il doloro de' suoi amici ed ammiratori, tosto


che giunse loro la notizia della sua niorto. Dispose per
testamento che il suo ]\Iuseo fosse venduto: lasciò i suoi
scritti all'amico Ranieri Zucchelli; il suo cartegfxio lette-
rario e numismatico all'altro suo amico Sebastiano Ciampi.
Fu sepolto nella Cliicsa di San Frediano di Pisa.
Il Viani fu socio dell'Accademia Colombaria di Firenze,
doU'Etrusca di Cortona, e della Scientilico-Letteraria delle
Alpi Apuane; socio corrispondente dell'Ateneo italiano. del-
l'Accademia Napoleone di Lucca, e della Società Pistojese
di scienze, lettere ed arti ; Pastore Arcade di Ivoma, della
Colonia Ligustica e delLi Colonia Alfea ; Vice-Presidente
della Deputazione sulla conservazione dei monumenti di
Scienze e di Arti del Dipartimento del I\redlterraneo.

Questi cenni biografici furono tratti da :


Notizie della vita Irlteraria <: dcijH scritti numismatiei di Giorgio
Viani. Firenze, 1817; in->>. — ^[utiaii}, liiofjraplne loiiccrxclte aii-
cienne et ìiindernc. 'l'omo, quar.mte-troi.siùmo , pag. 278-270. —
E.Mii.io De Tipai.do. liioijrafia dri/li itnliaìii Illustri nelle scienze,
lettere ed arti. Yoì. Ili, ls3ii; pai;. 10-')- 11."). — Dizionario univer-
sale storico-initoloijico-ijeoijralien, couijiilato per cura di An(ji:lo Vaca.
Torino, 18jG. Parto terza, [lag. 2i578.
0. Luppì.

Opere numismatiche a stampa di Giorgio Viani.


1. Memorie della l''ami;^'lia Cvlio e delle l'ionete di Classa di Lunigiana.
l'im, 180S, in-l.
* 2. Memorie d'una .Monota inedita iLUa ]ve|iul>ldi'!a di Pisa. Visa. 1809.
* 3. Altra come .sopra pulliHcat.a neirojiera: l'i.-<a illnstrata nelle arti del
disegno da Alessandro Morrona. Llrnrn i, 'J'onui I, pag. 47G.
4. Lettera intorno alle Monete ed alla Zecca di Pistija. l'ina, 1813: in-8.
5. Ri.stretto di un'opera numi.smatica di S. K. il .sig. Conte Gian Fran-
ce.sco Claleani Xapione. Firrinr, 1813; in-H.
* 0. Moneta della zecca di A'illa di Chiesa, detta volgarmente Iglesias.
Posta in apiiendice alla Notizie drlla vita li'tteriirid e def/li scritti
piiiiiisiiìidici ili Oior</io I7'(»( per Seba.stiano Ciampi. Firenze. Isl7;
in-S. a ]iag. O.'j-.jT'.
124 e. LtPPl

VILLA DI CHIESA
DETTA VOLGAEMENTE lOLESIASil).

Questa rara e preziosa moneta d'argento si trova nella


mia collezione, e serve di prova sicura per aggiungere una
nuova Zecca al catalogo di quelle già pubblicate dai Mo-
netografi. fino al presente. Tiene da una parte nel campo una
Croce nel mozzo a due circoli concentrici, nel primo dei quali
dopo una piccola croce si legge: FACTÀ IN VILLA ECCLESIE;
e nel secondo, dopo simile piccola croce: p • COM • PISANO;
cioè, FACTA IN VILLA ECCLESIE PRO COMVNI PISANO.
Dall'altra parte si vede l'Aquila coronata sopra un ca-
pitello con nn piccol fiore, o frutto sotto il rostro , e in-
torno la leggenda : FEDERIC • IMPERATOR • cioè FEDERICVS
IMPERATOR. ti suo peso è di grani 35 fiorentini, simile in
circa a quello dei Grossi pisani.
Egli è dunque manifesto die in Villa di Cliiesa, nel-
l'isola di Sardegna, fu aperta la zecca, e che vi furon bat-
tute monete ; ma non è cosa ugualmente facile il poter fis-
sare l'epoca di questa Zecca e della suddetta moneta. Sap-
piamo che la potente Repubblica Pisana dominò pel corso

(1) Kiteniamo far cosa grata ai Lettori della Ilirista pubblicando in


appendice a questo cenno biografico di Giorgio Viaiii le sue 3 Memorie
numisniatiolie qui retro segnate con un asterisco. Queste memorie sono
divenute oramai pressocbè introvabili. La prima di queste, su Villa di
Cìiiesa, fu inserta quasi in appendice dal dotto Abate Sebastiano Ciampi
nelle sue Notizie della vita letteraria e degli scritti nuììiisìnafici di
(iiorgio Viani. Firenze, 1S17, in-8, pag. 55-57.
VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 125

di tre secoli in Sardegna ; e quantunque in questo spazio


di tempo varie sieno state le vicende da lei sofferte, ora in
j^arte , ora in tutta vi si mantenne costantemente in pos-
sesso finché
; nel 1324 ne restò totalmente spogliata dalle
armi vittoriose di Giacomo re di Sardegna. Villa di Chiesa
fu uno de' luoghi che fece maggior resistenza, e degli ultimi
abbandonati dai Pisani. (V. TitoNci, Memoì-ie sloricìie della
città di Pisa, pag. 313). Il sig. Cappellano Ranieri Zucchelli,
mio particolare amico od erudito antiquario, mi ha fatto
osservare un istrumento celebrato in Pisa sotto il giorno 5
di gennaio 1314, in cui Bello Alliata ed alcuni di sua fa-
miglia costituiscono procuratore Lippo Alliata , ad esigere
da Neri da Eiglione , o da Andrea .Masucclii commoranti
nel castello di Castro , ovvero nella Villa di Chiesa, tutto
quello di cui essi erano loro debitori , e a vendere tutte
quelle parti che ìianiìo in ((r.-jcnlriria Ville Ecclesie de Sar-
diiu'ii. Se Arf/ent/iria sigiiiileò lo stesso ch.e zeccft, può dedur-
sene clie prima del 131-1 era aperta la Zecca di villa di Chiesa.
Colo ^Martello figlio del Q. forgiane ^Martelli, abitatore
della Villa di Chiesa di Sigerro. confessa d'aver ricevuto in
prestito da Neri del Q. Bicciomeo da liiglione lire dugento
denarioruiiì (iquilinonun ininvJi)i-)vii. Fatto nella Villa di
Chiesa di Sigerro nella ruga, do' ^Nlorcanti. sotto <11 15 de-
cembre 1315, Indizione XIIF, por rogito di Ser Duodo, figlio
del Q. Ser (iiunta Soldanl Notare, ecc.
Non solo in questo, ma anche in molti altri contratti
fatti in Sardegna, si contratta sempre con moneta dena-
rioruiìi (t'iìi.iliìii)rui/i r/nnutonnìì : dal che se ne potrebbe
inferire, che queste monete si chiamassero denari aquilini
minuti (-j.

G. VlANI.

(2) Altre notizie li.i il Sig. Alj. Ziicclielli per confermar questa zecca,
10(} e. T.UPPl

MEMORIE SOPRA DUE MONETE INEDITE


DELLA. REPDBBLICA DI PISA (1).

I.

;& — 'ì< BONAC • DE PALVDE • PIS • POT • fBonac-


cursus de l'fdiide Pisnnorum PolestasJ. — Aquila
coronata sopra mezza nave ; e sotto, leone rampante.
9* — PI •- SE • Madonna sedente col Divin Figliuolo
in braccio ; e campana dal lato diritto.

Questa preziosa moneta di argento, ignota ai Moneto-


grafi, e forse unica fino al presente, appartiene alla Repub-
blica di Pisa. La singolare sua rarità consiste nel diritto,
ove all'intorno si vede il nome di Buonaccorso da Palude,
e al di sotto l'arme del medesimo espressa in un leone ram-
pante, non essendovi esempio, che nelle monete delle Re-
pubbliche toscane sieno stati mai posti i nomi ed i segni
dei Consoli, Podestà, Capitani, o altri capi di esse. Si noti
ancora che l'Aquila, quale formava lo stemma della città di
Pisa, invece del solito capitello, come si vede nei Sigilli e
nelle monete, tiene sotto gli artigli una mezza nave; il che
potrebbe essere allusivo alle imprese marittime del sud-
detto Buonaccorso. Il rovescio colla Madonna e colla figura
della campana, segno del Presidente della Zecca, è comune.
Abbiamo dalla storia e dai pubblici monumenti , che
Buonaccorso da Palude, uomo insigne per la sua virtù e

(1) Questa Memoria fu pubblicata la prima volta in Pisa nel 1809 e


stampata in foglio volante, e nel 1812 venne ripubblicata in Livorno
nel primo volume della Pisa illustrata di Alessandro da Morrona, a
pag. 474-476; tav. UT, n. 1.
127
VITE DI ILLUSriìI NLMISMAllCl ITALIANI

par la sua dottrina , fa Podestà di Pisa negli anni 1242 ,


1243 e 1244 : comandò due volte la flotta di quella Repubblica :
venne spedito dall' Imperatore Federico II in Garfagnana
per distaccarla dalla parte Guelfa e ridurla alla Ghibellina
nel 1249 : e restò ucciso in quella Provincia per insinua-
zione dei Lucchesi nel 1250. Al clie si può adesso aggiun-
gere essere cosa manifesta che nel tempo del suo governo
ebbe questo personaggio una straordinaria autorità o par-
ticolare considerazione, giacché, per arbitrario potere o per
facoltà concessagli, esercitò il sovrano diritto di far coniare
monete col proprio nome e collo stemma di sua famiglia.
Fu trovata la presente moneta sotterra in un campo
contiguo alle mura di Pisa nel 1809 , e si acquistò dal
Signor Tommaso da Paùle o Palude, di detta Città, il quale
si pregia di essere della medesima chiarissima stirpe del
nominato Buonaccorso. Il titolo del metallo è ottimo, ed il
peso di grani 24 e mezzo fiorentini.
G. VlAM.

Il dj.

ly — BONAC ■ DE PALVDE PIS • POT • flluuncnirsiis


de Palwlc Pisanururn l'ol.cstan/. — Aiiuila coronata
sopra mezza nave; e sotto, loouo rampante fra lo due
lettere F. — I.
1> — PI — SE • Madonna sedente col Divin Figliuolo
in braccio : e campana dal lato diritto.

Nell'anno 1809 ad istanza di un degno e rispettabile


amico fu da me illustrata una moneta di argento della Re-
pubblica di Pisa col nome del Podestà Buonaccorso da

(Ij Questa M''morìit fu inserta iiell' opera sopra citata del Morroiiii,
tomo I, pag. ITG-'ITS; tav. Ili, n. '2.
128 e. LUPPI - VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI

Palude. Dissi allora, che tale moneta, non solo era preziosa
e rarissima, non essendovi eS(;mpio che le antiche Eepulj-
bliche toscane abbiano permesso ai loro Consoli, Capitani,
Podestà, e altri simili Capi di coniare monete col proprio
nome e stemma , ma che forse poteva credersi unica , non
essendo stata osservata l'eguale nei pubblici e privati Musei.
Contro ogni mia aspettativa, altra ne fu scoperta nel luogo
medesimo ove trovossi la prima, la quale, essendo di conio
alquanto diverso, merita di essere pubblicata e conosciuta
dagli amatori delle cose antiche d'Italia.
Nel diritto di questa moneta si vede, come nell' altra,
un'Aquila coronata sopra un rostro di nave colle medesime
parole all'intorno : ma il leoncino rampante, che resta al di
sotto e forma l'arme della famiglia da Palude, è in mezzo
alle due lettere F. I., le quali non esistono nella prima. Non
sarà difficile 1' interpretazione di queste lettere quando si
rifletta, che in quasi tutte le antiche monete della Kepub-
blica di Pisa si legge il nome dell' Imperatore Federico I,
il quale, con diploma del 25 di agosto 1155, le confermò il
privilegio della zecca. Le due lettere F. I non sono dunque,
a mio giudizio, che 1' abbreviazione della solita leggenda
FEDERICVS IMPERATOR , e fanno vedere , che Buonaccorso
da Palude volle indicare in tal modo , che la moneta col
suo nome era simile a quella della Kepubblica, oppure
esternò un atto di gratitudine a Federico II, da cui fu sin-
golarmente onorato e protetto. Il rovescio, colla ^Madonna e
col segno della campana, è perfettamente eguale a quello
dell'altra, eccettuata qualche piccola differenza nella fattura
della seggiola ove riposa la Vergine col Bambino in braccio.
Se fu grande raminirazione con cui venne accolta dalla
Repubblica Letteraria la prima moneta del celebre Podestà
pisano, non minore sarà quella che farà nascere la pubbli-
cazione della seconda. In fatti si l'una che l'altra, nell'atto
che illustrano una chiarissima ed antica famiglia, la quale
esiste tuttora in Pisa, fanno epoca nella storia della Mo-
netazione toscana , e meritano un luogo distinto nei più
scelti e doviziosi Musei.
Questa moneta alquanto logora fu da me acquistata nel
1810, è di ottimo argento, e pesa grani 24 fiorentini.
G. VlANI.
W„,'^.-d^-^.^
NECROLOGIE

CAMILLO BRAMBILLA.

La mattina del giorno 3 marzo corr. terminava in


Pavia la sua lunga, operosissima vita il nob. Commendatore
Camillo lìì'onihilla, Membro del Consiglio di Redazione
della nostra Rivista. Fu uno dei cittadini di Pavia fra i
più distinti per integrità di carattere, per saviezza di po-
litica, per profondità di studii.
Era nato a Pavia il 27 Febbraio 1809, da Giuseppe e da
Maria Baronessa Erben. Laureato in Giurisprudenza nel 1828,
entrò alunno di concetto negli ufficii di Governo a Milano.
Compiuti gli anni di alunnato passò , quale Segretario
provvisorio, all' Amministrazione del Civico Ospitalo di
S. Matteo in Pavia, e dopo aver fatto colà breve sosta,
nell'Aprile 183G, fu nominato Aggiunto soprannumerario
presso la Delegazione in Pavia. Xominrito poi Eelatore
Prov. a Mantova, ottenne, dopo alcuni anni, di fare il
cambio col Relatore Prov. di Pavia (al quale diede a tale
scopo un rilevante indennizzo). Rimase in tale impiego
fino al 1849, epoca in cui il Governo austriaco, in puni-
zione per la parte presa al movimento liberale politico, elio
precedette e fece segtiito alle cinque giornate di ^Milano.
lo traslocò senza avanzamento, ancora a Mantova. Clu'esta
la pensione, che gli fu rifiutata, Camillo Prambilla diede
le dimissioni dall' impiego e dalla carica di Scudiere del-
l'Imperatore, dicui era investito fino dal 1838.
Fu poi: Consigliere Comunale dal 18G0 al 1891, in cui
diede le dimissioni perchè rieletto a minoraiiza. — Consi-
gliere Provinciale dal 18G2 al 18G8. — Deputato Provinciale
dal 1863 al 1868. — Vice Presidente del Consiglio Pro-
vinciale nel 1864. — Amministratore del Collegio Gliislieri
130 NECROLOGIE

nel 1858. Eimasto solo nell' Amministrazione, fu nominato


Commissario Governativo, ma egli declinò l' incarico. —
Amm.'* e Presidente della P. C. d'Industria dal 1853 fino
alla sua morte. — Membro distinto delle commissioni pel
soccorso ai danneggiati dalle innondazioni, 1857-1868. —
Per qualche tempo, Ispettore degli Scavi e Monumenti. —
Presidente, fino alla sua morte, della Società per la conser-
vazione dei Monumenti dell'Arte Cristiana. — Fu membro
di molte accademie scientifiche e insignito ripetutamente
di onorificenze, come appare dal seguente elenco: Cavaliere
dei SS. Maurizio e Lazzaro, 1860. — Membro effettivo della
Società Italiana di Archeologia e Belle Arti di Milano, 1863.
— Ufficiale della Corona d'Italia, 1867. — Socio corrisp.
della P. Accademia Raifaello di Urbino, 1872. — Socio della
Società Storica di Milano , 1874. — Socio onorario con
medaglia di I classe della Società emulatoria di Scienze
ed Arti in Italia , 1874. — Membro della commiss, per la
Storia dell'Università di Pavia, 1876. — Socio corrisp. della
Accademia Fisio-Medico-Statistica di Milano, 1878. — Membro
della Società Francese di Archeologia per la conserva-
zione e descrizione dei Monumenti Storici, 1879. — Membro
effettivo della Depataz. di Storia Patria di Torino, 1880. •—
]\rembro effett. della Società Ital. d'Igiene di Milano, 1880. —
Socio corrisp. del R. Ist. Lombardo di Scienze e lettere, di Mi-
lano, 1884. — Membro onorario della Società R. di Xumis. del
Belgio, 1888. — Commendatore della Corona d'Italia, 1889.
La Numismatica fu la sua passione predominante. Da
molti anni raccoglieva e, morendo, lasciò alla sua nativa
Pavia una insigne collezione di monete medioevali italiane,
contenente la importantissima serie delle Monde Pavesi,
la più ricca che si conosca.
Ma la passione del raccoglitore non fa disgiunta da
qu<jlla dello studioso, e numeroso è l'elenco, quale lo diamo
(^ui in seguito, dello sue pubblicazioni numismatiche, fra
cui la principale è l'illustrazione delle Monde di Pavia.
Della nostra Rivista fu uno dei più caldi propugnatori
e Membro del Consiglio di Redazione fino dall'origine;
anzi, fu per collaborarvi che si decise a rioccuparsi degli
studii numismatici già da parecchi anni abbandonati. In
MXKOLOGIt; 131

questo medesimo fascicolo, che porta la sua necrologia, si


pubblica il suo ultimo scritto, l' accurata recensione del
libro del Vallier, scritta a letto nell'ultimo mese di vita,
durante quella malattia, che la sua robustissima fibra gli
permetteva di credere facilmente superabile. — Dolente di
non potere, per tale malattia, assistere all' ultima seduta
del Consiglio di Redazione, in cui si decideva la forma-
zione della Società Numismatica, vi aderiva col massimo
slancio e mandava i più caldi voti pel suo avvenire.
Ci facciamo quindi interpreti di parecchi dei nostri
colleghi e non crediamo d' errare associandovi anche i
lontani, nell'esprimere a nome di tutti il più vivo ramma-
rico per la perdita di un uomo tanto egregio.

Bibliografia Numismatica di CAMILLO BRAMBILLA.


Moneta di Ardoitio re d'Italia, ìxittula in Milaìio. {lìirisiu della yumis-
matica antka i moderna, Voi. I, Fascicolo 1\', 1,SG5, jiag. 322-337,
Tav. VI, 13 1.

In (juesto importante articolo, l'autore fa conoscere il secondo esem-


plare del denaro milanese di Ardoino, variante nel monogramma, da
quello
tolotti. pubblicato l'anno precedente nella stessa liitistu dall'Avv. Ber-

Alcune annotazioni numismatiche. Paria, l.S(J7; in-4, con una tavola.

Sotto questo titolo modesto l'Autore pubblica in 12 interessanti mo-


nografie, altrettante monete inedite o rarianti d;i quelle pubblicate. Cite-
remo fra le più importanti le ilemorif II e III, clie illustrano due
Tremissi di Astolfo, attribuiti uno a l'aria, l'altro a liarennu.
Altre annotazioìii numismatici^. Paria, IHTO. in-i, con una tavola foto-
grafica, edue tavole incise.
Sono altre dodici importanti memorie, che fanno seguito alle prece-
denti. Nella prima, l'autore descrive il ripostiglio di Zenone, composto
di 49 soldi d' oro romani dei bassi tempi, con varianti inedite ; nella
seconda, un soldo d'oro unico di Z'iion'' coll'esergo co.NdiiRV ; nelle altre
ci fa conoscere buon numero di importanti monete italiane inedite. Ci-
tiamo, fra le più importanti, la moneta in argento del Comune di Ales-
sandria, eil ijuuttrino della prima Jlepubljlica milanese.
Le due tavole incise annesse a questo monografie, come quelle delle
precedenti, sono opera egregia del Kunz.

Monete di Paria raccolte ed ordinatitin';nte dichiarate. Con 12 tavole.

E l'opera principale del Brambilla, l'unica illustrazione completa di


questa importante zecca italiana. Essa riassume tutto quanto fu scritto
132 NECROLOGIE

SU questa zecca fino ad oggi. L'opera è distesa in dodici capitoli e tratta


la storia dell'ofScina pavese dall'epoca romana fino a Carlo V, sotto il
triplice aspetto storico, economico ed artistico, ed è corredata da non
pochi documenti nuovi.
Le numerose monete inedite pubblicate dall' autore sono tolte in
gran parte dalla sua stessa colleziono, la quale, per la parte che riguarda
Pavia, è certamente la più bella e completa fra tutte le collezioni pubbliche
e private. Egli non trascurò però le altre raccolte, e un buon contingente
gli fornirono quelle pubbliche di Milano, Roma, Torino, Pavia, Parma,
molte private italiane, nonché qualcuna estera.
L'opera ò arricchita di 12 magnifiche tavole, opera del Kunz.

Trcmisse di Rotar i, re dei Longobardi, nel Museo civico di Brescia. —


Ducato pavese o fiorino d' oro di Filippo Maria Visconti Conte di
Pavia. Ivi, 1887; in-4 con una tav.

Sono due interessanti monografie, che fanno appendice all'opera sulle


Monete di Pavia. Nella prima, l'autore restituisce a liotari re dei Lon-
gobardi, ilcelebre fremisse del Museo di Brescia, sul quale avevano
discusso a lungo il San Quintino ed altri numismatici, proponendo varie
attribuzioni.
Nella seconda, pubblica il fiorino d'oro di Filippo Maria Visconti
Conte di Pavia. L' importante moneta, trovata in quelF anno 1887 , è
finora unica, e si trova nella sua collezione.

Due ripostigli di monete, battute dal cadere del Secolo XII ai primi ann<
del XIV. {Bullettino di numismatica e sfragistica di Camerino, 1887
Voi. Ili, pag. 93-103).
È una interessante e ragionata descrizione di due ripostigli, composti
in gran parte di denari e denari mezzani delle zecche di Pavia, Brescia
Mantova, Cremona, Asti, Milano, Genova, Parma, Como, ecc.
Le monete più importanti del ripostiglio sono due imperiali di Ga
leazzo Visconti per Piacenza, dei quali si conoscono pochissimi esemplari

Tremisse inedito al nome di Desiderio, re dei Longobardi. Pavia, 1888, in-4,


In questo importantissimo studio, die forma una seconda Appendice
all'opera sulle Monete di Pavia, l'Autore descrive un tremisse affatto
inedito e sconosciuto col nome di Desiderio, e colla leggenda Flavia
smaio, proponendone, dopo molte considerazioni storiche, filologiche ed
epigrafiche, l'attribuzione alla città di SUTRI {Sutrium, Sudrium).

La zecca di Pontestara? {Rivista italiana di Numismatica, Anno IT,


Fase. I-II, pag. 157-161).
In questo piccolo lavoro, il primo pubblicato nella presente Rirista,
l'Autore distrugge con validi argomenti l'attribuzione alla zecca di Pon-
testura, proposta dal Maggiora-Vergano, di una monetina già pubblicata
dal Promis, come appartenente alia zecca di Casale. — Dopo tale pub-
blicazione viene confermata la giusta attribuzione fatta dal Promis, e
il nome di Pontestura fu cancellato dal novero delle zecche italiane.
NECROLOGIE 133

Monete italiane inedite nella Collezione Brambilla a Pavia {Rirista Italiana


di Numisnmtica. Anno IV, Fase. IV, pag. 431-467).
Il Ch.mo Autore si proponeva di pubblicare mano mano, nella nostra
Rivista, tutte le monete inedite della sua Collezione, acquistate dopo la
pubblicazione delle sue Annotazioni. Questo primo saggio doveva sgra-
ziatamente essere anche l'ultimo! Sono otto appunti che illustraao al-
trettante monete inedite di Cremona, Casale, Mantova, Sabbioneta, Boz-
zolo e Spoleto.
I disegni che precedono i singoli appunti, sono opera del Kunz,
lavori postumi del compianto incisore.
La Direzione.

GIULIO MINERVINI.

Nella notte del 18 Novembre 1891 moriva in Eoma,


per paralisi cardiaca, il Comm. Giulio Jlinervini. Fu ar-
cheologo insigne, ottimo bibliotecario e autorevole illustra-
tore di Pompei.
Napoleone III volle commettere a lui la traduzione
della sua Vila di Giulio Cesare, e lo creò Commendatore
della Legione d'onore, mentre governi, sovrani ed accademici
facevano a gara nel colmarlo di distinzioni e di onorificenze.
— Il Minervini si era con amore dedicato adi studi di
archeologia. Restano di lui molti lavori, fra i quali ci li-
mitiamo a citare i seguenti, che trattano di numismatica
classica: Prefazione agli Estratti numismatici rinvenuti fra
i manoscritti inediti di F. M. Avellino (in Annali di nion.
di Fiorelli, 1851) — Monete sanniticìie recentemente scoperte
(in Bull, arcli. napoL, Anno III, pag. 130) — Monete di
Clima {Ibid. Nuova serie, anno I, pag. 165, e anno II, pag. 124)
— Monete di Capita {Ibid. Anno II, pag. 124) — Monete di
Napoli {Ibid. Anno IV, pag. 55) — Monumenti antichi ine-
diti posseduti da Raffaele Baroìie (Napoli, 1852) — htlorno
le medaglie deW antica Dal con (Napoli, 1852) — Saggio di
osservazioìii numismatiche (Napoli, 1856). E. O.
134 NIXROLOGIE

MATTEO CAMERA.

Il 2 die. 1891 moriva il Cav. Matteo Camera di Amalfi,


appassionato e dotto cultore degli studi storici ed archeo-
logici. Pubblicò parecchi lavori importanti sulla storia delle
provinole meridionali d'Italia, specialmente sulla sua città
nativa, e con accurate e pazienti indagini, corresse le ine-
sattezze della storia amalfitana del Pansa e ne colmò le lacune.
Il Camera si occupò pure della numismatica medio-
evale del mezzodì d'Italia, ed a lui dobbiamo l'importante
scoperta di un denaro, del XIII secolo, coll'iscrizione civitas
AMALFI.A. ; di una monetina interessantissima di Gaeta coi
nomi di Giovanni e Marino consoli ; per non dire di altret-
tante inedite da lui pubblicate e che furono argomento di
speciali monografie. Egli comunicò pure parecchie notizie
allo Spinelli, il quale, nella prefazione della sua opera Mo-
nete cufiche, ecc., fa cenno di questa efficace cooperazione.
Di più, nei suoi lavori storici : Gli Annali delle dite
Sicilie — Annali Slo/'ico-dipl. di Amalfi — Giovanili I
e Carlo III di Durazzo, trovansi importanti cenni numisma-
tici, e, sebbene, alle volte, egli accetti troppo facilmente in-
duzioni edubbie notizie di antichi scrittori, nondimeno in
quei lavori potrà attingere un prezioso contingente chi
vorrà occuparsi di questa parte della numismatica italiana,
sinora così poco conosciuta.
Il Camera lascia una preziosa raccolta di documenti
relativi alla Storia napoletana.
A. G. S. .

FRANCESCO REALE.

Il 22 febbr. scorso, a Pavia sua patria, moriva Francesco


Reale, custode della Pinacoteca Malaspina, appassionato rac-
coglitore di oggetti d'arte ed anche di medaglie. Lasciò la
sua collezione al Civico Museo della città natale.
NECuor.OGir: 135

GIOVANNI FRACCIA.

Il giorno 3 gennaio scorso moriva in Cagliari il cava-


liere Gioi'aìini Fi-rtccia, nato in Palermo nel 1824. Dedi-
catosi per tempo agli studi antiquarii. si occupò principal-
mente delle antichità sleale, ebbe varii incarichi governativi
relativamente a scavi e monumenti antichi, e fu, dal 1870
al 1873, direttore del Museo di Palermo. Xel 1879 veniva
nominato direttore del Museo di ('arrliari. — I suoi lavori
numismatici si riferiscono tutti ad antiche monete della
Sicilia, e furono poi riunite sotto il titolo di: Aniiclir monde
Siciliano pìibhìicalc pel pi-iino tini Cav. Gioraìvìi Fmccia ,
nel periodico il l'vonarrolli di Roma, nel 1889 e 1890. È
spiacevole che il carattere battagliero dell'Autore abbia so-
vente impresso ai suoi scritti scientifici un'impronta di pole-
mica trojDpo personale. F. G.

GIUSEPPE BERTOLOTTI.

Il giorno 23 scorso f'bb. allo 5 1{2 pom. moriva l'Av-


vocato Giuseppe liertoìofti, il nestore dei collezionisti
milanesi. Raccoglieva da oltre (juarant'anni e possedeva una
delle più bello serie di monete milanesi, oltre ad una discreta
collezione di romane. Lasciò le seguenti Memorie numi-
smatiche, colle quali faceva conoscere tre importanti moneto
milanesi, ch'rgli ebbe pel primo la forttma di possedere :
lUuslrazinne ili v.n doinrn d'nrgenlo inedito di Rodolfo di
Borrjorjnn He d'Italia (18.'j4i — Denaro milanese di Ardaino
Re d'Italia (1864) — Di xn denaro d'argento Indialo in Mi-
lano da Berengario li ed Adalberto i'1873) -- Nel 1887 poi
pubblicava: Di an curioso denaro di l'aria coniato in
Milano dall' Imperatore dei Romaìii Ottone I, associato
al figlio Ottone II, Re d'Italia. E. G.
136 NECROLOGIE

ALFONSO DE SCHODT.

Il giorno 16 febbraio scorso cessava di vivere a Bru-


xelles, neir età di 65 anni , Alfonso Fedele Benedetto
CostmUino de Schodt, Commendatore di più ordini, Diret-
tore generale del Registro e Demanio, presidente della
Società Numismatica del Belgio dal 1887 al 1889. Quan-
tunque fino da giovane fosse raccoglitore di monete, (pos-
sedeva una collezione universale di circa 16000 pezzi), allo
studio della Numismatica non si dedicò se non tardi, oc-
cupandosi della serie romana, e più specialmente delle
tessere e dei gettoni del Belgio ; anzi in questa partita era
riconosciuto quale autorità. Il suo primo lavoro, Méreaux
de bienfaisnnce, cccìésiasiiques et religieux de la ville de
Bruges, appariva nella Revue Belge del 1873, e il più ap-
prezzato èquello che porta per titolo : Les jelons de la
Ville et de la chàtcllenie de Courtrai, pubblicato pure nella
Revue Belge del 1889. — Lungo sarebbe enumerare tutti i
suoi lavori numismatici, il cui indice fino al 1889, può
leggersi nella nostra Guida Numismatica, II Edizione, p. 180
e 181. L'ultima sua memoria è quella presentata al Con-
gresso di Bruxelles, di cui si dà un resoconto nel presente
fascicolo della Rivista.
F. G.
BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

VallIf'P <■,, SiyiHoc;rapliie de l' Ordvn des Chartreux, et Xituii.s-


matiqiie de Saint Bruiio. ]\Iontreuil sur Mer, ISUl. Pagg. XX\'I-
509. LIV Planclies, et figure:^ dans le texie.

Da tempo sapevano gli studiosi di numisinat;ica e di


archelogia, come il Signor Gustavo Vallior di Grenoble, ad
essi ben noto per vari ed eruditi lavori , attendesse a dili-
genti ed estese ricerche , senza risparmio di viaggi e di
corrispondenze . ondo riunire gli elementi di una da lui
divisata monografia di cjuanto sotto i rapporti della sfragi-
stica edella numismatica fussc per presentare di rimarche-
vole ed istruttivo la Corporazione din Certosini. Quella
insigne Corporazione, cioè , la cui scAf originaria e })rin-
cipale è appunto nella diocesi di (ir^'iioblo. a non molta
distanza da tale cospicua città, in luogo già denominato
nell'antico dialetto locale Charli-nn^/' mutato nel miglitjr
linguaggio franct'se in Cli'irlmisi' , e, latinamente in Ca)'-
luaia, poi rimast(j a generalo indicaziuni* dell'Ordine, e delle
vario sue sedi. J/importaute suo lavoro t'ii ora cumpiuto dal
Signor Yallier, e messo alla luce in un maguillco volume,
che si ha soddisfazione moltissima di poter segnalare ai
lettori della liirista.

La Corporazione dei Certosini dall'epoca della sua isti-


tuzione ad opera di S. Brunone, e di Sant'Ugo nel secolo XI,
ha avuto si esteso sviluppo, e spiegata tale attività da ve-
dersene moltiplicate le sedi in ogni parto d' Europa. Reg-
gevasi, come ancora si reggi', colle antiche regole di San
Benedetti;, ma il lavoro assiduo della menti' ed anche il ma-
138 BlIil.IOGRAFU

teriale erano il vincolo assoluto cui legavansi que' monaci


nella tranquilla solitudine dello separate loro celle, e di
essi col tempo venne costituendosi una fama per tal modo
favorevole e solidamente stabilita, che oltre il numero delle
sedi, poterono vantarne la ricchezza e la sontuosità. Non
poche sedi assunsero infatti per estensione e decoro di edi-
fici, per lavori d' arte raccolti e favoriti, forma ed impor-
tanza di monumenti insigni , ed onorevolissimi pei luoghi
che ebbero ad accoglierli.
Il Vallier ci presenta disposta cronologicamente dal
1084 (Grenoble) al 1873 (Parkminster) la serie di duccento-
seltanla sedi della Corporazione Certosina ; ne accenna, oltre
l'anno della istituzione , anche i diversi nomi , non senza
speciali ricordi storici, quando ve n'era opportunità.
Per centoquavant' olio di dette sedi il nostro autore ha
potuto riunire, secondo lo speciale suo scopo . le impronte
dei sigilli adoperati nei loro atti pubblici e privati, e così
formare un seguito di ben quatlroccnlo ollnnla sigilli, che
ci offre egregiamente riprodotti nelle numerose sue tavole
ad opera del valente artista Signor M. G. Lavalette di
Bruxelles.
Quando si rammenti che le case, o sedi dei segiiaci di
S. Brunone trovavansi aporte e sparse in ogni regione di
Europa , e che la loro vita, sebbene diversa per epoca e
durata , pure abbraccia un periodo complessivo di otto se-
coli, molte essendo tuttodì in fiorente esercizio, sarà ovvio
il rilevare a quante utilissime considerazioni, a quanti in-
teressanti confronti possa offrir argomento quella ricca serie
di sigilli , sia per la forma ed il modo delle rappresenta-
zioni ,che vi sono impresse, sia por l'arte con cui sono
lavorati.
Tale ricchissima scorta di materiale permette di con-
trap or e e confrontare fra loro i prodotti artistici di di-
verse regioni in una stessa epoca, e con non minore utilità
acconsente di seguire il graduale progresso artistico in uno
stesso paese, finché esso sia effettivo, oppure si arresti, od
accenni peggio che ad arida sosta.
La Grande Certosa di Grenoble da sola ha fornito al
Vallier trentatre diversi sigilli , che vi furono in uso dal
BIBLIOGUAKlA 130

1367 al 1783 , fra i quali alcuui disfciutissimi per la loro


perfezione (Tav. I e II) ; la Certosa di Parigi ne sommi-
nistrò tredici, che rapportano agli anni 1278 , 1367 , e giù
venendo al 1783 (Tav. XI e XII) ; Londra offro per la sua
Certosa l'impronta di un sigillo del secolo XV di un lavoro
magnifico per finezza e carattere (Tav. XXIII) ; della Cer-
tosa di Colonia si presenta un bellissimo sigillo, di cui la
matrice in argento esiste nel museo di quella città , e che
è lavoro al certo non posteriore alla prima metà del
secolo XV (Tav. XXI).
Trentanove sono gl'Istituti Certosini aperti in Italia,
che troviamo ricordati dal Vallier, e di diciotto fra essi
abbiamo le impronte di sigilli dei quali fecero uso. Merite-
voli di particolare considerazione per lavoro artistico pre-
sentansi quelli della Certosa Fireutina di S. Lorenzo del
secolo XV ; di Pesio pure dello stesso secolo ; di Milano o
di Mantova di epoca posteriore. Anche per la Certosa di
Pavia il Vallier ha raccolto vari sigilli , che se non emer-
gono per antichità , pure sono a'obastauza pregevoli dal
lato del lavoro, e riescono poi di speciale interesse col ram-
mentare una delle più ricche e monumentali Case rette
dall'Ordine Certosino, e la cui fondazione dovesi al primo
duca di Milano Giovanni Galeazzo Visconti. Il nostro autore

lia avuto pur cura di accennare all' importanza della Cer-


tosa di Pavia, col ricordare il ricchissimo dono, che questa
faceva alla Granile Certosa di Grenoble nell'anno 1576, di
un grandioso altare, che sebbene manomesso e modificato,
ancora esiste nella cattedrale di quella città, e porta l'iscri-
zione originaria:

CAli . PAPIKNSIS . M\'.NA'S


MAnNK . CAR . .MATKI . SVK . AN.\ . D.NI .
MDIAXVI

Il Vallier, discorrendo della Certosa di Montreuil, dalla


cui tipografia, dipendente dalla Certosa di Grenoble, è uscito
lo splendido volume di cui ci occupiamo, ha rilevato, che
sino dal secolo XVI, nella stessa Grande Certosa era attiva
l'arte tipografica, e che avreblje potuto enumerare ben quin-
dici caso di Certosini, le quali era no in possesso di carat-
140 BIBLIOGRAFIA

teri tipografici, e ne facevano uso. Piacemi aggiungere clie


la Certosa di Pavia, sino dal 1560, veniva autorizzata dal
Priore della Grande Certosa , e dal Capitolo generale del-
l'Ordine a mettere a stampa tutti i libri d'uso nella sacra
liturgia, con ampio privilegio per tutte le Case dell'Ordine,
come da Patente del 28 agosto 1500, che trovo riferita a capo
di un Missah secundum ordinem Carlusiensium , impresso
In Cdrtusia Papié Monadioruni cura, 1561. Di questo Mes-
sale ha esemplare la Biblioteca civica Bonetta , ed altro
esiste nella Biblioteca della Università di Pavia.
In serie speciale , e distinta dalla parta strettamente
sfragistica, il Vallier ci presenta col titolo di Xunìismaiica
di San Brunonc , novanta impronte , che per la maggior
parte sono di medaglie così dette di divozione , quali so-
glionsi, o si solevano distribuire dalle corporazioni religiose,
e che a simiglianza dei sigilli appartenendo a vari tempi,
ed a diverse regioni, possono colla scorta delle apposte op-
portune ed erudite notizie aprir adito a proficui confronti.
Fanno notevole eccezione in quella serie di impronte
nove pezzi fra medaglie e monete al nome di Papa Ales-
sandro Vili, il quale amò riprodurre ripetutamente il nome
e l'effigie di San Briinone fondatore dell'Ordine Certosino,
a cui il Calendario della Chiesa assegna il giorno 6 ottobre,
correndo il qitale, nell' anno 1689, lo stesso pontefice era
stato elevato al sommo suo tifficio.
Le esposte sommarie indicazioni possono, io spero, es-
sere stiffioienti a formare un concetto dell'estensione, e della
relativa importanza del lavoro a cui il Vallier si è dedi-
cato con amore costante, e con tale paziente insistenza da
potersi ben dire attinta all'esempio dei benemeriti ascritti
all'Ordine preso ad argomento della divisata e ben compiuta
illustrazione. Ma oltre le doti della costanza nel proposito,
e dell'opera paziente per raggiungerlo, credo che nel nostro
atitore debbansi riconoscere e "commendare la vasta e spe-
ciale erudizione, e l'ordine tenuto nel disporre la mole dei
materiali, quali seppe in tanti anni , e da ogni parte rac-
cogliere.
C. Brambilla.
BIBLIOGRAFIA 141

Can. B. La^iiniìna, Studi xulla numismatica arabo-normanna


di Sic/Ha. Palermo, 1891.

È già parecchio tempo che si va dimostrando che l'opera


dello Spinelli , Monde cupcìic battute da principi longo-
harrìi, noemanni e srcri n''l regno riflle cine Sicilie è in
gran parte erronea ; ma ninno sinora si è occupato di pro-
posito di correggerne le dubbie o false interpretazioni, e,
solo TAmari, nella sua Stnria rie' .\[ìisnjn>ani (fi Sicilia, ne
aveva, qua e là, fatto qvialche appunto più o meno vago.
Il Can. B. Lagumina, consigliato già dallo stesso Amari,
si accinse con molto interesse a questa difficile impresa
e pubblicava testò un primo ed interessante saggio dei
suoi studi.
Importante è la scoperta del tareno di Roberto Gui-
scardo. L' autore addimostra del Guiscardo una monetina
che siuora venne attribuita dal !Mortillaro e dallo Spinelli
a Rucciero
Oc? re. 1'^ coniata nel 404 doU'P^erira.
o . che corse dal
29 sett. 1071 al IG sett. 1072 dell' K. Y., Tanno cioè in cui,
secondo i documenti pubblicati dall'Amari, Palermo si rese
ai due fratelli Roberto e Ruggier(ì. Il Lagumina ha letto
sul rovescio di questa moneta : Per coniando — di Roheeto
duca — Ilìns/rissirno Re — di Sicilia , ed argomenta che
Roberto, nell'ebbrezza dell'importante vittoria, avesse as-
sunto il titolo di Re , che lì jìer li avrà dovuto smettere
per efficaci rimostranze del Pontefice. Dubito però che tale
interpretazione sia perfettamente esatta, percliè non posso
ammettere che il Guiscardo abbia assunto il titolo di re e
specialmente nel modo e nello condizioni suggerite dal
Lagumina. Parrai anzi, elio quanto sappiamo del (Tuiscardo
ne conduca ad escludere assolutamente questo titolo regio.
Interessantissima è la preziosa indicazione a Rnituto
in Amalfi n che il Lagiunina ebbe la fortuna di leo-ojere
su di un rìd)à di Guglielmo IL L' autore , basandosi su
questo tareno amalfitano da lui scoverto e sulla speciale
determinazione di alcuni tari amalfitani menzionati in un
documento del 1112 deirArchivio Cavense: in quibus cru.e
effortvnta jìaren.t, stabili i due tipi seguenti per la Zecca
Amalfitana.
142 lilBLlOGUAl-IA

1. ,Jy e 1^ — Campo: In centro, punto; sopra, una pic-


cola croce. Leggende : contraffazioni di quelle dei
moezzini.

2. ^ — Campo: Nel centro: R; Ti' — Campo: Nel centro


croce Leggende de' moezzini.

Questo secondo tipo viene attribuito dall' A. a Rug-


giero II conte e poi E-e di Sicilia.

Il Lagumina ignora però il tari amalfitano da me pub-


blicato nella Ricisla ilaìinnn di numismatica clie reca, as-
sieme agli sformati caratteri arabici, l'epigrafe S ■ ANDREAS,
preceduta dalla croce di S. Andrea, e seguita poi dalle
lettere SALRN. Curioso ed interessante monumento, che do-
vette certamente essere impresso ad Amalfi, e che si può,
con probabilità, assegnare a quel Mansone III che, nel 981,
riusci ad impossessarsi del principato salernitano. In quel
mio opuscoletto, parlando dei tari amalfitani colla croce,
menzionati nel documento del 1112 dell'Arch. Cavense, at-
tribuii già ad Amalfi i due tari riportati dall'Engel nelle
Reclwrclics sur la. Numismatique des Nnrmands de Sicile et
d'Italie a Tav. III Nr. 34 e 35. Prima dei due tipi indicati
dal Lagumina, fa dunque coniato ad Amalfi un tareno senza
il distintivo della croce (od è naturale, trattandosi di imi-
tazioni, che dovevano, da principio, simulando i tipi arabici,
confondersi collo monete dei Musulmani), sul quale, nella
speciale occasione della conquista del principato salernitano,
comparve il nome dell'Apostolo, patrono di Amalfi, ed il
nome della città soggetta.
Il Lasrumina dice di non conoscere alcun tarano di
Enrico VI, che possa attribuirsi ad Amalfi; ma io non
esito ad attribuire a quella città, in seguito agli indizi
forniti dal tareno amalfitano del Museo Nazionale di Pa-
lermo, il grazioso tareno di Enrico VI, di cui un esemplare
è nella mia collezione ed un secondo conservasi nel Regio
Gabinetto di Copenaghen.
lìir.I.lOGRAFU 143

Tarcno di largo slampo. ^D" — >i< HEINRICVS • SEXTVS-


Busto deirimperatoi-e di prospetto ; a destra, stella.
9.' — * ROMANORVM • IMPERATOR. Croce con globetti
alle estremità. Oro basso.

Dei tari di Federico II, sarebbero Amalfitani, i Nr. 1, 2


e 3 della Tav. XX, ed i Nr. 1 e 2 della XXI dell'opera dello
Spinelli, e di lui farò conoscere per la prima volta il tareno
coniato nel 1221 (1.) ohe da una parte ha. nel p;iro FEDERICVS
ed al centro \fPcrali»% ed al hi. REX • SICILIE ed al centro
la croce amalfitana.
L'emissione del 1221 durò pochissimo, poiché, secondo
ne ricorda, nella sua cronaca, il notalo lliccardo di San
Germano, fu abolito del tutto il tari amalfitano nel 1222.
Riporterò brevemente le modifiche che il Lagumina
fa alle attribuzioni dello S[)lnelli, indicando i numeri del-
l'opera di questi. Sono di lluggiero re e non <li Guglielmo I
e II i Nr. 250-256, 265-2G7, 270-275, 277-2SS, 30r,, 307, 309,
313, 315, 316, 318, 328. 306-401,107, 408,410-417, 419-430.
435, 760, 764, 781, 781-787.
Sono di Guglielmo I e non di Guglielmo II e III i
Nr. 310-312, 314, 320, 3.32, 39.5, 405. 409, 418, 431-433, 436,
438, 439-445. 493, 78S. Sono di Guglielmo II e non di Gu-
glielmo Ii Xr. 268, 405, 409, 432, 433, 439-445. Sono di Gu-
glielmo III e non di Guglielmo I o II i Nr. 344, 446-51, 782.
E da sperare che il Lagumina, continuando nelle sue
ricercho., si avvalga de' tanti monumenti siculi clie conser-
vansi nelle provinole continentali del mezzodì d'Italia, e
che riveda accuratamente la colleziono del Tafuri, di cui
la parte cufica fu ceduta, credo, al Museo municipale di Bari.
A. G. Samuo.n.

(Ij Federico assunse il titolo imperiale il 22 novembre 1220.


144 BIBLIOGKAKIA

1*. JForcsio Gaetano , Le monete delle zecche di Salerno. —


Ivi, 1891.
Trovansi in questa monografia alcuni tipi nuovi ed
importanti. Non possiamo però accettare la maggior parte
delle attribuzioni date dall'autore, percliè le monete inedite
pubblicate in questo lavoro sono, in gran parte, esemplari
ripercossi, con diversi coni, le due o magari le tre volte,
di cui le epigrafi o monche o stranamente confuse non pos-
sono dar hxogo ad alcuna attribuzione sicura.
Le monete coniate nell'Italia meridionale dal VII al
XII secolo offrono grandissima difficoltà, appunto perchè
cosi spesso ripercosse le une colle altre. Per classificarle è
necessario confrontare parecchi esemplari, cosi da poter de-
terminare esattamente quale è il tipo ripercosso, e quale
è quello che vi fu nuovamente impresso. Il Foresio, però,
nel pubblicare questi riconì della sua collezione, ha fatto
opera utile ; poiché sarà cosi possibile, per altri, di con-
frontare con questi i propri esemplari , e, se da una parte
il frequente riconio rende difficile lo studio di queste mo-
nete, d'altra banda può essere, in molte occasioni, di con-
siderevole aiuto ad una classifica cronologica de' diversi tipi.
Daremo una rapida scorsa alle tavole del Foresio, de-
scrivendo le monete più importanti e segnalando quelle
di cui ci pare o erronea o, per lo meno, dubbia 1' inter-
pretazione.
Tav. I. — Il Nr. 6 non è di Sicone, ma di Stefano II duca
di Napoli (v. Riv. II. Niou. A. Sambon, Man. del Due.
Napolelano); i Nr. 18, 20 e 24 non sono né di Guaimario
né di Gisulfo ; sono normanni ed hanno sempre al
diritto RV& • DVX.
Il Nr. 25 (Descr. 48) non è di Mansone III, né di
Amalfi; è moneta di Gaeta ed anteriore al 9S1.
Dei Nr. 10, 23, 26 e 27 non si può tenere alcun conto
perchè riconi confusi ; il N. 28 è un esemplare scon-
servato del solito follare col MANSO • VIC • E • DVX • che
il Fusco credeva di Amalfi e di Mansone IV, ed il
BIBLIOGRAFIA 14E

Lazzari e lo Spinelli ritennero coniato da Mausone III,


allorché s'impadronì di Salerno.

Tar. IL — I Xr. 31 e 35 sono dne esemplari sconservati del


follaro di Mansone, della Collezione Santangelo (Napoli),
pubblicato dal Bonucci negli Annnìi di miniisnintica
del Fiorelli. I Nr. 33 e 3-i sono confusi riconì d' im-
possibile attribuzione.

I Nr. 36, 37 e 38 non possono attribuirsi a Drogone.


Lo stile di queste monete è assai simile a quello delle
capuane del principe Roberto II, di Anfuso, ecc., e credo
non andar lungi dal vero nell'assegnarne alcune a Gu-
glielmo, cui il padre, Ruggiero re, dette nel 1144 il
principato di Capua. L' Engel lesse infatti su una di
queste monete GLIE e su di un mio esemplare leggesi
GLIE M. Per il Nr. 36, su cui si potrebbe leggere PR
(inceps) CkP (nae) ovvero (./(>>•) D\ • CAP, si confronti il
sigillo edito dall'Engel a tav. II, N. 7, sul quale è ri-
prodotto lo stesso tipo.
II Nr. 39 non è di Roberto Guiscardo. Lo lettere che
il Foresio ha creduto vedere sul rovescio non sono che
gli ornati di un tempio che egli lia fatto disegnare
capovolto. Neppure il Nr. 40; può attriljuirsi a Ru-
berto Guiscardo, essendo moneta coinunissima clie, in
esemplari più completi, reca l'epigrafe ROGERIVS RX, da
una parte, e SCS • STHEPANVS dall'altra. L' Engel la
pubblica a Nr. 4'.l pag. 40i; ma anche egli sbagliò, pa-
rendogli dall'incompleto I4NV, elie si vedeva su di uu
suo esemplare, poter trarne SCS ■ lANVARIVS- I Nr. 41,
43, 44, 45, 46 e 48, attribuiti a Roberto Guiscardo, sono
confusi riconì di cui non si può tener conto alcuno
Il Nr. 47 è d' incerta attribuzione, ma lo credo del
duca Guglielmo. Il Nr. 51 è un tipo sinora sconosciuto.
Eccone la descrizione: Fvllaro. If Busto del duca a d,
ht ROGE — RIVS — DVX.

Tav. IH. — I Nr. 63, 64 e 65 sono riconì di follar! di Ruggiero


su monete anonimo religiose di Costantinopoli. Il Nr. 6',)
146 BIBLIOGRAFIA

è una variante del Nr. 17 (p. 27) dell'opera di Engel. Le


altre monete di questa tavola sono già conosciute e
non inedite, come segna l'autore.
Tm:. IV. — Questa tavola va notata per alcune monete in-
certe sinora sconosciute. Posseggo un esemplare simile
a quello del Nr. 106 e posso quindi darne una descri-
zione più esatta.
^ — Leone clie solleva una delle zampe anteriori
e si batte il fianco colla coda.
!>' — SICNVM VICTORIE. Attorno ad una croce.
Interessante pure è il Nr. 112 che ha da ciascun lato
il busto di un pi'incipe, colle iscrizioni LkuS DEO e
GLORIA. Questa moneta fu certamente emessa contem-
poraneamente a quelle riportate dall'Engel e che hanno
la scritta: DEO • GRATI AS. L'Engel le assegna al dodi-
cesimo secolo.

Il Nr. 116 non è dell'Italia meridionale; assai pro-


babilmente èmonetina dei possedimenti veneziani. I
Nr. 117, 118 e 119 sono pure assai interessanti e cu-
riosi. Il Foresio li attribuisce erroneamente a Rotari. (!)
Posseggo diversi esemplari di questi tipi, dai quali
rilevo che sui 1Ì dei N. US e 110. 'troppo confusi negli
esemplnri del Foresio, percìiè se ne capisca nullaì v'è
l'epigrafe MENSE • OCTVBR.
A. G. Samiion.

Alpli. «le Kcliiìflt, La Xumismatique Romain'; dans se.s rappor/s


avec l'Art Oratoire.

Quantunque il Volume delle Memorie presentato al


Congresso Numismatico di Bruxelles non sia ancora pub-
blicato, dalla cortesia dell'Autore abbiamo ricevuto l'estratto
di questa memoria, che non esitiamo a giudicare fra le più
importanti presentate al Congresso stesso, relativamente
alla Numismatica classica. E, come tale, ci pare valga la
pena d' esaminarla con qualche ponderazione, facendovi
auclic (gualche critica.
nillLlOGUAFIA 147

La memoria è imo studio piuttosto filologico clie nu-


mismatico. Preudendo a pretesto le monete romane otìVenti
il tipo dell'Allocuzione, l'Autore ci descrive nno dopo l'altro
i diversi imperatori da Pompeo a Costantino nelle loro
qualità oratorie, dimostrando quanto fosse tenuta in pregio
l'eloquenza presso i Romani, e quanta parte l'arte oratoria
abbia sempre avuto nella storia di Roma imperiale.
Alla lunga serie delle monete d'Allocuzione, paziente-
mente e diligentemente raccolte e citate dall'Autore, ci
permetteremo di fare un leggero appunto; osservando come
in essa furono inavvertitamente collocate alcune monete,
le quali, quantunque offrano una certa analogia di tipo con
quelle d'Allocuzione, pure a tal fatto non si riferiscono. Le
quattro monete citate al regno di Trajano non rappresentano
già l'imj^eratore in atto d'arringare i soldati, bensì i soldati
in atto d'acclamare Trajano imperatore per la settima, per
la ottava e per la nona volta 'IMPERATOR VII. Vili e Villi).
I tipi s'assomigliano alquanto; ma i fatti rappresentati
sono ben differenti, e le moneto dovremo chiamarle d'Ac-
clamazione non già d' Allocuzione. Del resto nessuna mo-
neta d'Allocuzione ora finora conosciuta sotto il regno di
Trajano: la prima e l'unica viene pubblicata in questo stesso
fascicolo della Rirìsld. (Vedi Ap/iitn/i di Sumismntica !to-
manii., XXI. moneta X. 12 e Tav. T. X. 4 .
L'Autore passa in erudita rassegna i diversi cambiamenti,
avvenuti nella latina scrittura, quali risultano dalle monete;
raddoppiamenti di consonanti, cambiamenti di vocali, con-
trazioni, abbreviazioni, dittonghi, ecc., ecc. Se però tutto è
esatto ciò che è di fatto ed è documentato dalle monete o
dagli scritti antichi, non possiamo dire che alti-ettanto sia ac-
cettabile senza discussione ciò che è semplicemente frutto
dell'induzione. Citiamo l'asserziDUO che i latini pronuncias-
sero il e duro, ossia come il k. L'asserzione non è suffragata
da alcuna prova (nò vale quella che il r alle volte si scam-
biava col /.' davanti alla vocale n. come p. es. Kayi's per
Carus , essendo ben diverso il caso davanti alle vocali e
o i). Xoi Italiani, che, come i figli primogeniti , o come i
più stretti in parentela, cogli antichi romani , ci vantiamo
con qualche ragione d'essere i più fedeli continuatori della
148 ElBLIOGIiAFIA

pronuncia latina, non potremo mai persuaderci che a Roma


si pronunciasse Kesar e Kikero ! — Siamo sempre nel
campo deirinduzione e sarà ben diffìcile che possiamo mai
conoscere con sicurezza l'antica pronuncia romana; ma se
possiamo però assicurare con tutta certezza che i latini non
pronunciavano la loro lingua come la storpiano i francesi,
gl'inglesi ed i tedeschi, abbiamo una grandissima probabilità
che la pronunciassero , salvo pochissime varianti, come la
pronunciamo attualmente noi in Italia ; che quindi il e sia
sempre stato il e italiano , e che ab antiquo si dicesse
Cesar e Cicero^ precisamente come pronunciamo noi.
F. G.

Ri<«-Paqiioi , Repertoire annuaire general dcs Collectionneurs de


la France et de Vvtranger. — Première année.
Il titolo di questo annuario, che si presenta per la
prima volta, è molto generale ; ma non lo è altrettanto la
materia contenuta, la quale riguarda per due buoni terzi
o quasi per tre quarti la Francia, restringendo tutto il resto
dei due mondi nel poco che avanza.
Gli è cosi ohe mentre la Francia e principalmente la città
di Parigi è assai bene rappresentata nelle sue collezioni di
vario genere, tutte le altre nazioni vi figurano in modo
assolutamente inadeguato, pure facendo la parte necessaria
alla prevalenza che deve avere la nazione nella quale e
nella cui lingua il libro è scritto. E lo squilibrio non è solo
nella distribirzione geografica, ma anche e più in quello
delle materie; anzi, se abbiamo fatto cenno nella Rivista
Numismatica di questo libro, il cui interesse dovrebbe es-
sere molto più esteso, gli è perchè la Numismatica vi rap-
presenta, per i paesi che non sono la Francia, una prepon-
deranza così decisa, che dal nostro punto di vista potremmo
forse desiderarla tale , ma che è ben lungi dall' essere la
verità.
I generi delle collezioni essendo rappresentati con segni
grafici in quest'annuario, chi percorre coll'occhio le pagine
dedicate all'estero, non può non rimanere colpito dal nu-
mero immenso di medagliette rappresentanti le collezioni
BinLIOGRAKIA 149

numismatiche. Sono pareccliie le pagine in cni vengono indi-


cati oltre a venti raccoglitori numismatici, e nessun altro.
In quelle , che non sono completamente numismatiche , vi
figura timidamente qualche bibliofilo o filatelico perso sempre
nell'abbondanza e nella prevalenza assoluta dei niimismatici.
Ma la ragione di tale squilibrio? E presto detta. Per i rac-
coglitori di tutto il mondo, fuori della Francia, s'ò creduto
potesse bastare il riportare in compendio la nostra Guida
Numismalica; col che. ossia dicendo la verità, ma solo in

parte, l'autore àeW Annuaire ha attribuito alla Numismatica


un'estensione e un' importanza a cui nessuno ha certo so-
gnato ch'essa potesse e dovesse aspirare.
Per dare un solo esempio abbastanza eloquente, a Roma
tra i 64 collezionisti citati, più della metà ossia 8-t. lo sono di
monete o medaglie (tolti appunto dalla Guida sopracitata).
Raccoglitori di quadri invece... nessuno! I quadri a Roma
non si citano che incidentalmente in mezzo a cento altri
oggetti presso due antiquarii !
L' AnnKairr dunque potrà essere eccellente per la
Francia; ma i"- assolutamente nullo per i raccoglitor che
si interessano di qualche altra parte dell'orbe terracqueo....
a meno che siano numismatici !
F. G.

'Avy.vpzOT, T~jv vjy.'.TAarwv ty,; /.'j:(.o; 'KAyàòo;, O-ò 'I oàvv/j II.
Aày.TTiO'j. — 'Aj-Y.vcC'.v, 1891.
Sotto questo titolo , il Sig. Lambros di Atene si propone di
pubblicare una illustrazione delle moneto antiche appartenenti alla
Grecia propria, trattando Id diverse regioni in modo che l'opera
riesca divisa in quattro volumi, indipendenti l'uno dall'altro.
Il terzo volume è uscito testé, o comprende il Peloponneso.
Le descrizioni sono precedute da brevi cenni sulle città cui si
riferiscono le monete, ed i tipi principali sono riprodotti in 16 bel-
lissime tavole eseguite noi rinomato stabilimento Brunner di
Winterthur.
Se il pubblico farà buon viso all'opera inlrapresa dal Signor
Lambros, l'autore ha intenzione di far seguire ad essa la descri-
zione delle monete della Tracia e della Macedonia. S. A.
[T)!) miii.ioc.ii vi'iA

/ìAv (l'I.), //ix/iiiri' iiMur/.nirc (A'.v Colonics friiiiriiiscs ti iijìri:s Ivs (/<i-
cninriils o/fiaic/.y. — Piiri.s, Motilorior, 18!)2. — (ITii voi. in-8 gr.,
(li iiK() jiiifi;., con '278 li;;, ititorcalato nel tosto).

S:u(li() ('(Kscidn/iosii Oli iiiloro.ssaiilo, in un ('am|)0 elio per gran


parto oi-a riiiiaslo siiiora in(!spl()rato. Jnl'alli, okr(! al darci la trat-
la/.iono (loonniontala dolio nionoto (udoniali battuto in Francia o

di (|iiollo oniiì.sso rogolarnionto in alcuno colmiio i'ornito di zecca,


il Sig. /ay Ila clas.silicatc) un gran nuuioro di (inolio bi/./arre ino-
iiolo di ucco.ssità, allo (juali si ricorrova in altro coionio sprovvisto
S. A. mo-
di ol'licina jiropria , o spccialinonto n(-llo Antillo , ritagliando
neto straniero ed inipriuiendovi svariati (•onlrasscgui.

ì!t'lii:iolii 8 Agosto (1 t iiov(Mi'.l]re 1(152 d(;i i)r(ivvc(Titori in zecca al


dogo di Venezia »m diu) domando \wr dttenere In consogna deirnmpolla
contenento il liipiido cliiainnlo aiiiiini d'oro, con il permesso di provarlo
per couveitire l'argento in oro. Venezia, Ferrari, Kirchnniyr o Scozzi,
1S;)1 ÌM-S, jip. M.
Anihirrri //., (iranclii archeologici. Come fu giudicato da taluni dotti
un mezzo grosso piacentino di Corrado II. |Nella Stri'iinii pid 1S'J2 a 11
riaeonliuo istruito mllo ceso della sua patria n, a p. 7!i-S'Jl.
l'aìitai Zoili', Colleziono di mor.ete anticlio, modioevali , moderne,
in unni, di '240(t. Foliijito, Salvati, lS;ii.
l'rvfdoriiiii A., IH un rijiostiglio di moneto romane scoperto in Este
lU'l poligono d(d tiro a segno nazionale il '.> marzo 18'Jl , con ili. Ksle ,
Stratico, IS'.U.
Ciunpagiu» del l'rincipo Kugonio di Savoia. Serie I, voi. I. Vienna,
iSU't- T(>ri)h>. J8Si) lis;i2l. A pp. (V2r)-t;iS a Notizie sidlo monete e sui
prezzi delle vettovagli(^ o dei nwiteriiili da guerra.

('(ii/iii, hes inonnaics. (I'"x!r. du Diftiviiiiiiiir de^ Imanci'x pul)li(' sous


la direction de M. Ia'OU Sav). Xoncij, ISerger-Levrault et C, in-S gr. a
2 col., (ip. 21.
Vaìiiir (!.. Uictioiinaire des dtivises iK'raldiiinos, nuuusmati(pie3, liisto-
ri(nu-s et fantnisistes du Pauphini'. (Extr. du .. lìidlelin de la Sociéló
d'arclu'-ologie et do statisticiuo de la DrOmio »). Vahnre, C('as et fila, 1891,
iii-8, PI». V-77.
lìoìirhtm/, Systèuie fniancier de 1' ancienne monarchie, l'tiris. (Juil-
lanuun, in-S.

lìfìforl A. (de), Monnaies mt'roviiigienncs. Voi. I. /',(»•(■.-.• Il'ublication


de la Soei(''tó frttn(,'aise do numismnti(]ue].
ìkloumr A., ]\lanicurs d'argent à Koiné jusiju'à l'eiiipire. |II ediz.].
J'itris, Thorin,
l'.l

C'.icn'rraì-ClarijHy. Lea ri^iz:as li -3. Tyj^:~ ìe l~T;à l?'.l'.. Piri.i.


Perr-la. i^-?.

Cont'n-H'jn G. de. L"»TÌ'.i**e2ie::: ìe la. rroir.r:^ e: !a :i:ei:.:' — :-


nétaire. C'^ai/nt *'ir S-i'f!. Srrie: ìlr-'iliii. :--l~. rr. S^.

F'irif. Ploru Xonn-i: e: C ;:!-•?. pp. !•? e: rriv.


Tif^tr'nn T.. L' ar*. Ì5 r'iire ie 1' : r. L' ; r t: .ì :rir.5~2:i-;:i: irs
mélanx : preaves incontestab'.es ie 1 "or a"i£:;e'. : co::;-;-;-?:::*^ ie -\ pr:-
liaction à tr« bas prii de .'or e: òe ."i-rer.: : ie-s p.;rT-rbat::n« ■;-: ■:'
réaulteront : -ìes aviEtiges de la de~.a::é::--.:;:' ir 1':.- ~: ie 1 irjr'- :
q:ielle Taleur oa doÌE preiiire fO"r l^s rr.'uplir^r. l'irtt . Q"* --•=1---
1891. in-?, pp. ■33.
Z'i'j K-, H'.rtcir» tnonétaire dr* ::lon'e* fn:: i:~e5. ì" -tri-! 1t^ io-
cumen"s oSciels. ave: "2T'~ ìz-zres. P'jrt.i. >[:n-:rlrr. !~?'"j. :--~. rr. ì^i.
AinarUl Gloriti. L'Hitel de? ~02'a:-r5 le Xarbcn-e i-: XVII' ^;e:l-r.
Extr. da * B-lletin ie la Conisii^ion »r:l-.-:ol:r: ^oe de Vartcre -.
ISC'l". .Vfjr^dn.'. Ca;llar>d, in--, pr. '22.
Bi'inctird L. . La première Léz^r.ìe ?re>:;-e ies m:nni es '-.tz^z-
tines, da« de Jas-in IL ifirmUl* . Barlarler et BirrLele:. :--^. pp. 11.
aree fiz.

V'illirr G^ Slzillo^rapbie de l'o.-ire ies :'.ir-re".x e: '"";-— ì:1 :--


de Saint Bnr.o. Jtf'ynlrruil-fiir-Mtr. ;n:pr. de N. T'. ìe^ ?r-?. '.~'i'.. iz-'?
gr. pp. xxv:-.512 e; 54 pi.

M'jyor S., Les meiallles ìt «;x:err,e ~er.-enii--e le 1 .\ll:a- e belv--


tiqae. De*:rip;;on et commentiir^s. 'rV^'--. H. Ge:r;. in-», pp. _T. «re:
•2 plan':be3.

B'anfktt .V_ Le* ija-:l:'i-- -• e* |.rer:^a;:;- -or lej m r.-ia'e- r i-iiinej


lirtLTflU.i. J. Gc-emare. in--, p:. :>!' e: 1 tlir.: e.

Geri«7^.-Xùmi-t)y C. F.. Die Geden'i-Ml'ze- — i: de— Bilie j :er


Namen dea Prlnzregen'ren Loirp-jli T:n Bijerr.. Be^:brie';e:: on i ^e-
dtnckt Toa C. F G. .Virni^rv. L. Srlira^, zp. - ' e 2 ;il.

Hamm'r £/_ Die Haaptprinoipien de^ Geli- "'i 'V, ro-.;^Teien^


□ni d;e L-'-^nns der Valatafraje. \i'i*n. Kone^e-, l-fi\. :n--. :p. 32.
Fiali Ed- Bes-rbreibun.? der -imrr^l-c^ Bi-~:--:ber >{à'zen n- i
Me-iaillen de» Max Donebaier. l'ra;. D:r::i::;;o^. in-?, re v;;;-714 e
tC5 tarole.

Ilsi.-.i'iv/Trii;. AUn\ Ka,5.ione*. 1-"."<1. in-- rr , pp. v:::-37':


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Les musées. — Les faussaires. — Les trouvailles. — Les
Ventes. — Necrologie. — Mounaies et livres de Numisma-
tique en vente aux prix marqués.

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ciato, di argomento numismatico
Archivio storico lombardo, fase. IT, 1891: Sani' Amhrogio I).,
Dell'impresa araldica dei tre anelli intrecciati concessa da Francesco Sforza
a parecchie famiglie patrizie milanesi. [Esame di una monetina di Ga-
brino Fondalo, signore di Cremona, che viceversa non è di Gabriele
Fondalo ma di Francesco SforzAi].
Archivio storico siciliano, unno XVI, tasc. 1-2, 18!U: La;/ic-
mina sac. J!., Studi sulla numismatica Araho-Xorinanna di Sicilia. Con
1 tavola.
Notizie degli scavi, settembre 1S91: l'roslociini, I>i un ripostiglio
di monete romane, scoperto nella Mila Boiaiii, presso Este.

Académie de StanislaS. ^léiuoires, V sèrie, t. VII (Xancj) : Ma-


thieii df. VieiuK', Les malentendus habituels au siijet des anciens procédés
monótaires.
Bulletin de Correspondance Hellénique, V, 3, 4: Lanihro.^ ,
'Avs/.òoTov tjTpciòioy'i'/V Sà~:o:, Tusdvvov -ifj; Iiìocott^c.
Comptes Rendus des séances de l'Académie des inscrip-
tions, t. XIV, septembre-octobre 18!'! : Sc/iliiin/ji'fi/f'r (instare. Une mon-
naie byzantine inèdite portant les elìigies de Tempereur iconoclaste Tlièo-
phile, de sa lemme Théodora, des ses trois preijiières fiUes, Tliécla, Anna,
Anastasie.
Revue des études Juives, t. XXIII, n. 15, luglio-settembre 1891 :
Schwab M'ise, Les módailles de la collection Strauss.
Magasin pittoresque, 31 ottobre 1891: CkuhnuUlet Anntoh, Mè-
daille du prince Flavio Orsini.

Zeitschrift des Ferdinandeums fUr Tirol und Voralberg,


fac. 85, junsbruck, 1891 , p. 179 e seg : Votteìini Ilaiis fvonj , Der Curs
der Berner Denare zum Gulden um IBLXt,
Archaologisch-epigraphische Mittheilungen aus Oester-
reich-Ungarn, XV, l: l'ick , Das Monumcnt von Adam-Klissi auf
Miinzen von Tomi^
154 lllliLlOGKAHA

Zeitschrift der deutschen morgenlàndischen Gesellschaft,


XLV, 2 : Pertsch, Verzeichniss der aus Fleischers Naclilass der deutschen
morgenliliidischen Gesellscliaft iiberkommenen Miinzon.
Hirth's FoFmenschatz , n. 10: Tav. 1J6, Italisclie Schaumiinzen
von 17//or Pisdììo.
Ausland, CI, 5: .Indriessen, iliinzen und andare Tauschraittel in
Afrika.
Jahrbiicher des Vereins von Alterthumsfreunden im
Rheinlande, fase. 90: Joseph Paul, Der bonner Denarfund von 1890,
vergraben uni 1042, con il!.
Illustrirte Zeitung, Lipsia, n. 2529, 19 dicembre ISOl : Die Me-
daille der diesjilhrigen Internationalon Kunstausstellung in Berlin.

The Academy, n. 1017 : Smith, Indian numismatics.


The Indiai! Antiquary, settembre 1891 : llultzsch, The Coins of
ths Kings of Yijaya-Nagar.
NOTIZI E VARIE

Società Numismatica Italiana. — Quod era in votis è


finalmente un fatto compiuto. Abbiamo una Società di Nu-
mismatica Italiana. — Preconizzata, desiderata e auspicata
da tanto tempo, la Società Numismatica Italiana ebbe final-
mente il suo inizio. IlConsigllo di Redazione della Rivista,
nell' ultima sua seduta del giorno 11 scorso febbraio,
giudicando che i tempi fissero ormai maturi per tale
istituzione , decise di attuarla . facendosene promotore.
Mandò ai principali cultori della numismatica in Italia una
circolare firmata da tutti i suoi membri — gli assenti si
affrettarono ad annuire calorosamente alla deliberazione —
e in poclii giorni raccolse un numero sufficiente eli firme
per poter dichiarare costituita la Società.
Si verificò per tal modo un caso forse nuovo e certo
non comune negli annali delle Società e delle Riviste scien-
tifiche. In linea generale sino quelle che creano queste.
Qui invece fu dal seno della h'iris/a che uscì la Società ;
ma se le due istituzioni dovranno per qualclie tempo pro-
cedere parallelamente, ognuna per la propria via , e se la
nuova Società, sorta con principii molto modesti, dovrà, in
proporzione dei mezzi, limitare assai la sua sfera d'azione,
noi non dubitiamo che in un non lontano avvenire il de-
siderato connubio potrà aver luogo, e le due istituzioni si
fonderanno in una sola. Gli attuali proju-ietarì della Ririsla,
come ebbero già a dichiarare quando l'assunsero, saranno
lieti, appena il momento sia venuto, di confidarla alla So-
cietà, allo scopo non solo di darle una base più larga, ma
ben anco di eraràntirle un assetto definitivo e una vita
meglio assicurata all'infuori d'ogni contingenza privata.
156 NOTIZIE VARIE

L' invito alla nuova Società essendo partito da un


gruppo di persone che rappresentano tutte le diverse Re-
gioni d'Italia, è lecito sperare che tutti i cultori della nu-
mismatica sparsi nella penisola , e qualcheduno anche al
di fuori , vorranno in breve aderire generosamente alla
nuova Società , e questo lo diciamo per quelli a cui non
fosse pervenuta la prima circolare, come pei pochi che non
vi hanno ancora risposto.
La Sede provvisoria della Società è per ora stabilita
presso la Direzione della Rivista Italiana di Nionismalica,
(Milano, Via Filodrammatici, 10), dove tutti potranno far
ricapito, sia per le adesioni, sia per doni di qualunque genere
che volessero offrire alla Società, e di cui si darà un rego-
lare elenco, come pure per qualunque informazione.
E con questo terminiamo la cronaca, cedendo d'ora in-
nanzi la parola agli Atti della Società, che verranno rego-
larmente pubblicati nella Rivista.
Milano, 1 Marzo 1892.
La Direzione.

Il Ripostiglio di Gratasoglio. — Sulla iine dello scorso


anno 1891, a Gratasoglio, piccolo paese nelle vicinanze di
Milano suir antica strada che da questa città conduce a
Pavia, si rinvenne un tesoretto di trentatre monete, dieci
in oro, e ventitre d'argento.
Ebbi la rara fortuna di poter acquistare intatto tutto
il piccolo ripostiglio prima che andasse, come al solito,
disperso; ed eccone la descrizione in ordine cronologico:

1241-1312 Pisa Rep. — Federico I Imp. — Zecchino . . Esemp. N.


1180-1315 Firenze Rep. — Fiorino d'oro " "
1466-1476 Milano — Galeazzo Maria Sforza — Ducato d'oro » »
Il )i 11 Testone
1458-1490 Ungheria — Mattia Corvino — Zecchino .
1483-1498 Francia — Carlo Vili — Scudo d'oro . .
1494-1500 Milano — Lodovico Maria Sforza — Testone.
1503 Roma — Pio III — Zecchino
1507 Norimberga — Scudo d'oro
11 Testone
NOTIZIE VARIE 157

1515-1522 Francia — Francesco I — Scudo d'oro . . . Esemp. N. 1


1515 Mo'hna — Massimiliano Irnp. -^ Zecchino ... n "1
1522-1535 Milano — Francesco II Sforza — Testone . . . n ri
1528-1532 Messerano — Lodovico e Pier Luca Fiaschi —
Scudo d'oro " "1
Testoni (Contromarcati) n n 8
1520-1523 Borgataro — Sinibaldo Fieschi — Testone (Contr.) » ^i 1
1529-1533 Desana — Gio. Bart. Tizzone — Testone (Contr.) n » 3
n Una falsificazione dell'epoca n n 1
BelUmona {In lib'.rtnte swnus) — Testone (Contr.) n n 5

Totale : 10 d'oro, 23 d'argento.

Come si vede, queste monete ci portano agli iiltimi


anni dell' ultimo e sfortunato Duca Francesco II Sforza,
quando il Ducato di Milano, devastato e impoverito da
guerre continue fra i Francesi e gli Spagnuoli, che si con-
tendevano ilprimato, era invaso da bande armate d'ogni
paese e nazione.
La varietà di monete estere e nazionali del ripostiglio
sono uno specchio di quei tempi d'invasione.
Fra le monete, nulla di veramente nuovo por la Ni;-
mismatica.
Oltre però ad averci dato esemplari di grande rarità,
come lo Zecchino di Pio ITI per Roma, lo Zeccliino di
Massimiliano per Modena e il Testone di Sinibaldo Fieschi
per Borgotaro, quel tesoretto ci fornisce forse una prova
maggiore che il Testone (/h Uberlalc sumus) abbia ad
essere attribuito a Bellinzona.
In un esemplare conservatissimo, che ho venduto al-
l'egregio Signor Enrico Osnago , si vede evidentemente
che il genio a cavallo porta nella mano sinistra un pomo
e nella diritta due freccio. Lo stesso Signore mi fece poi os-
servare che la piccola croce, che divide la leggenda del
rovescio, è fatta in modo da formare la lettera B.
Un altro fatto che dà pregio al ripostiglio e che forse
merita di essere studiato, è quello che quasi tutti i Testoni
di Messerano, di Borgotaro, di Desana e anclie i cinque di
Bellinzona portano una contromarca colla testa di un santo,
probabilmente S. Ambrogio, mentre l' unico Testone per
153 NOTIZlli VARIE

Milano della stessa epoca, cioè quello di Francesco II Sforza,


è senza contromarca. Non avrebbe forse servito questo
seguo a dare corso legale o forzoso nel nostro Ducato alle
monete di altri Principi di peso e titolo inferiore?
Ing. Carlo Clerici.

Falsificazioni moderne. — Un raccoglitore milanese ci


mostrò, qualche tempo fa, uno zecchino di Ferdinando II
Gonzaga, Principe di Castiglione (1680-1723). Quella mo-
neta sarebbe affatto inedita e sconosciuta. Eccone la de-
scriz one :

;& — :;■■ FERO ■:■■ il * S * R * I * E * CiSTILIONIS * P •


Nel campo, in un cerchio di perline, le iniziali ì& l^ic),
sormontate da corona.

5^ — B • ALOYSIVS • GON • PATR • CAST •


S. Luigi in piedi di prospetto. Ha un giglio nella si-
nistra, e colla destra accenna ad una corona posta
a' suoi piedi.

Al primo vederla, abbiamo subito riconosciuto in quella


moneta una falsificazione moderna, opera dei soliti fabbri-
catori, di cui abbiamo varie volte raccontate le gesta. La
falsità della moneta si palesa facilmente dal suo disegno
rozzo, ingenuo, stentato, mentre le monete di Ferdinando II,
coniate a Castiglione , sono tutte pregievoli per l'arte , e
ci dimostrano che colà lavoravano abilissimi incisori. Non

è quindi neppure supponibile che le monete d'oro, ossia


quelle di maggior importanza, fossero affidate ad artisti di
minor vaglia.
E poi, più che l'assenza dell'arte, notiamo in questa mo-
neta, la sua, per dir così, perfetta niodcrnitii, specialmente nei
caratteri della leggenda. Essa certamente fu fatta da un in-
cisore solito a fare medagliette sacre , timbri e sigilli , il
quale, non avendo alcuna pratica della numismatica antica,
non potè cambiare la mojio^ e produsse una moneta, che ha
tutta l'aria di un gettone, di una marca da giuoco. Se ciò
non bastasse , per provare la falsità della moneta , accen-
neremo come, quasi contemporaneamente alla comparsa di
NOTIZIK VAIilK 159

questa moneta d'oro , ne venne fuori un' altra simile in


argento. Confrontate le due monete, le trovammo perfetta-
mente identiche , tanto che indubitabilmente esse proven-
gono dal medesimo conio.
Questo caso aumenta a più doppi il sospetto, dato che
un intelligente possa ancora dubitare della falsità di
quelle due monete. Sarebbe infatti un caso molto strano
trovare un tipo di zecchino di quell'epoca riprodotto esat-
tamente in argento , e più strano ancora il trovare due
monete di conio affatto identico. Il fatto si spiega subito.
I bricconi, dopo aver dato al nostro amatore la moneta in
oro, non potendo più dargliene una seconda, per non siisci-
tare i suoi sospetti, pensai-ono di creare un' altra moneta ,
e gliene diedero una in argento. Se 1' amatore avesse mo-
strato il desiderio di avere lo stesso tipo in rame, in pochi
giorni sarebbe stato servito.
Pur troppo dunque i nostri falsari non accennano a
volerla finire con questo loro vergognoso mestiere. Fortu-
natamente la loro abilità è UKjlto limitata, e i prodotti della
loro industria non possono ingannare che gli amatori no-
vizi! e inesperti. Noi ci rivolgiamo quindi a (questi ultimi,
permettendoci di dar loro un consiglio. Quando viene loro
recata qualche moneta di grande rarità, non si fidino del
loro occhio ; ma prima di sborsare una somma di qualche
importanza, facciano vedere la moneta a (gualche vecchio
amatore, o a qualche intelligente numismatico. In tal modo
si risparmieranno spesso una inutile delusione.
La Direzioni:.

Ai raccoglitori di monete romane. — Il sottoscritto in-


teressa la compiacenza dei raccoglitori di ^Monete Komane
a volergli trasmettere la descrizioiie e i pesi dei bronzi
imperiali eccedenti il poso normale, ossia la descrizione
(o il semplice riferimento al Numero del Cohen) e il peso
dei Gran Bronzi battuti su disco da medaglione, e dei
Medii Bronzi battuti su disco di Gran Bronzo. — Accetterà
volentieri anche lo proposto di tali pezzi da chi desiderasse
venderli. Francesco Gnecciii
ì'ia Filiih-nnwiatici, W. Milano.
160 NOTIZIE VARIE

Insegnamento di Numismatica. — Con decreto ministe-


riale del 7 dicembre u. s., il nostro collaboratore Dott. So-
lone Ambrosoli, Conservatore del Medagliere Nazionale di
Brera, fu abilitato per titoli alla Libera docenza in Numis-
matica presso la E. Accademia Scientifico-Letteraria di
Milano.

Ripostiglio di monete siciliane. — Un tesoro monetale di


pezzi di argento fu scoperto in Avola (Noto). Vi erano te-
tradrammi di Agrigento, Gela, Leontini e Siracusa.

Ritrovamento di Monete Romane. — Nella proprietà


Baldi sita in Comune di Gambolò, frazione Garbana (Lo-
mellina), facendosi uno scavo per la piantagione di un gelso,
venne trovato un vaso di terra contenente qualche migliaio
di monete romane di bassa lega appartenenti a Gallieno
Salonina , Claudio Gotico , Quintillo e Aureliano. La con-
servazione èappena discreta. Non abbiamo potuto esami-
narne che qualche centinaio in cui non trovammo nulla di
numismaticamente interessante. Il solo interesse sta nella
identificazione del luogo del ritrovamento e nell'epoca del
ripostiglio, che pare esser stata quella del regno d'Aureliano.

--!^g<-

Finito di stampare il i8 Marzo 1892.

Lodovico Femce Cogliati, Gerente responsabile.


HIX'ISTA ITAII.WA DI X r .^\l S .^\ATh• A

i^f>:'

rRANCESCO CNtCCHI.- Monete Romane inedif.e


neila Colleriche f.Krult (\H'HI a Milano
HIX'LSTA ITAl.lAXA DI X l' .MI S A\ATI C A
Tav. 11.
ISiK'

B I

^^5^i'

FRANCESCO GNtCCHi. - Monete Romane inedite


.sella Collezione hKnilt (\b(Hl a Milano
RIVISTA ITALIANA Dì NUMISMATICA
1S92. TAY. Il[.

EXAGIUM di libra romana del IX. Secolo


del peso di grammi 32.1,250

SOLDI D' ORO


DETTI A\ANCUS1 o A\ANCO.Sl
( ninnu - ru.si d,il st-^no d"!! . --la rio 1

Constantino V Copronlmo e Leone IV' suo fiòho 751-7/5

" '^ '" iTin! '"Si"'

Liutprando pnacipe di Beucvcnio 7S1 758

DANARI D'ARGENTO MANCUSI


Benedetto IV papa 900-9C3

^"^Dcr.
.au>^

Giovanni XII papa 955-964

IV""

V. C.VrOBLlNC III.

l'i'si propui'/ioiiiili iielhi libni rumaiia, iiicrovin^''iu v di Caiio Ma^'iio.

{.\r,nu V - l-jsc. 1)
FASCICOLO IL
APPUNTI
DI

NUMISMATICA ROMANA

XXIT.

SCAVI DI RO:\IA NEL 1891.

MF.D.VGIJOXF, I)[ SKVKRO ALKSSAN'DliO F, CirTJA MAMMKA.

Quando lo scorso anno diedi la dosci'iziono dello


novità nuniisinatiche portate^ in luce dagli scavi di
Roma nel 180(», prevodevo che la messo non sa-
rebbe stata tanto al)lK)ndantc nel 1891. Le provi-
sioni non tallirono , od era naturale, GMi scavi im-
mensamente diminuiti dovevano portare una grande
diminuzione di ritrovamenti , e per cpianto attento
a ricercare le novità, una sola si pnjsentò nel me-
daglione di cui dò qui in testa la riproduzione. In
compenso però il pezzo è dfjla conservazione più
un 1RANC|:SC0 «INliCCH!

perfetta. Appai'tiene alla famiglia di Severo Ales-


sandro e rappresenta il sno l)usto affrontato a quello
di (Jiulia, Mammoa. Il rovescio è nuovo fra i grandi
medaglioni di Severo Alessandro, ma ha un riscontro
in un piccolo medaglione o medio bronzo apparte-
nente al ^Fuseo Britannico e descritto al N. 19 di
Cohen, il (piale si può anzi dire che ne sia una ri-
]n"oduzione in piccole dimensioni. — La data del-
l'anno 231 (TR P X) riferisco evidentemente, come
altre monete di (pielT imperatore colla leggenda
PROFECTIO . il rovescio del nostro medaglione alla
partenza dellimperatore per la Persia, quando vi si
recava a debellare Artaserse.
Eccone la descrizione:

Medaglione n due riietalli. —Peso gr. 4S; Diam. miil. 3G.


B' - - IMP SEV ALEXANDER AVG- IVLIA MAMEA AVG-
WATER AVG

"Basti iiffroiitati dell' imperatore laureato e paludato a


destra, e dell'imperatrice diademata a sinistra.
ìi ~ PROF AVG (all' esorgo) PONTIF MAX TR P X COS
MI P P (m giro).
L'imperatore cavalcante a destra colla lancia, preceduto
dalla Vittoria e seguito da un milite armato di lancia.
Nel secondo piano si vedono due insegne e \u\ altro
milite.
xxTir.
NUjMI plu^ebet.

Fra i nuinlsuiiitici defila fine dol secolo scorso


e del principio del presente, s"è fatto nn gran bat-
tagliare per decidere so veramente rantichità abbia
avuto o no una vei-a moneta di piombo.
I gi'ammatici frugarono lo biljlioteclie, citarono
passi d' antichi autori e principalmente alcuni di
Plauto e di [NCarziale. in cui figurano questi numi
pluiiihei : e chi sosteneva doversi l'aggettivo 'plumheus
intendere in senso proprio , chi invece i]i senso al-
legorico.
Non ripeterò f|ui, perchè sono già ripetute in
troppi altri luoghi, nò le citazioni di IMauto e di
^larziale. nò il successivo rimbeccarsi deKJiulio Lipsio,
del Pigoria, del >[olinet, del Paudelot, del Biniard
e finalmente del Ficoroni e del (iarrucci. T^a con-
clusione della lunga battaglia si fu — come a noi
ora pare naturalissimo — che le citazioni degli au-
tori latini dovessero prendersi in senso allegorico .
che il ìvimus pb'nihrìfst dei romani non indicasse
una speciale e reale moneta : ma tosse semplice-
mente nn modo di dire, press'a poco equivalente al-
l'espressione vile ìiionefd dei nostri giorni : e che ([uindi
vera moneta di piombo non ai:ibia mai esistito nel
mondo romano, quantunque di tali monete abbiano
dimostrato l'esistenza nelfantico Egitto, nelle Gallie,
in Numidia. e forse a Siracusa , il Longpérier '''. il

lì) Unìif XiimUnintiqii-r, ]8G1, pap:. '25o e se;;;, o pag. -107 '■ seg.
10(J KUANCESCO (ÌMX.CIII

Lenormant (2), il Garrucci (3), il Miiller (4), il Six <5),


il Ponton d' Amécourt (^\ il Feuai'dent C^' e altri
ancora.
Fili qui nulla di notevole, se non un soverchio
spargimento d' inchiostro per una questione, che si
sarebbe potuta sciogliere assai più brevemente ; ma
lo strano sta in questo, che tutta la battaglia venne
impegnata e combattuta a proposito di quei piombi
romani numerosissimi , nei quali sono così marcati
i caratteri di tessere, che nessuno oggi penserebbe a
supporre che abbiano mai potuto servire di moneta. Di
quei veri numi-plumbei, o piombi-monete, che io ho
inteso indicare col titolo del presente Appunto, nep-
pure uno mi pare fosse conosciuto dagli autori citati.
Per non parlare che dei due, che si occuparono per gli
ultimi specialmente dei piombi romani, il Ficoroni (8)
e il Garrucci (9), ambedue descrivono qualche migliaio
di piombi, ma in tutta quella congerie non ne trovo
uno solo, che esca dalla categoria dei sigilli o delle
tessere. La quistione si aggirò dunque per circa un
secolo intorno ad una vana ombra ; mentre avrebbe
appena avuto ragione di essere quando avesse preso
in considerazione i piombi di cui intendo oggi
discorrere , i quali sono ben differenti dalle tessere
e dai sigilli; e ad essi soH propriamente si può

• (2) La Mannaie dans VantiquiU', Voi. I, pag. 207 e seg.


(3) Iterile Numismatique, 1862, pag. 412 e seg.
(4) Numismatique de Vancienne Afrique, Tomo III, pag. 19 e 31.
(5) Nwìiismaiic Chronich n. s., Tomo XV, pag. 38 e seg.
(6) lievue Numismatique, 1853, pag. 81 e 1862, pag. 161. — Annuaire
(le la Socii'té francaise de Numismatique, 1873-74, pag. 118.
(7) Colìection Demetrio, Egtjpte ancienne, pag. 333-335.
(8) 7 Piombi antichi. — Opera-di Francesco de Ficoroni dedicata alla
Santità di Nostro Signore Papa Benedetto XI ì'. Roma, jidccxl.
(y) / Piombi antichi raccolti dall' Eminentissiino Principe II Cardi-
nale Ludovico Altieri, ordinati e descritti da Raffaele (iarrucci D. C. T). G.,
Koma, 1847.
NUMI PLUMBEI 1G7

applicare rappellativo di numi plumbei, salvo vedere


poi in qual senso tale denominazione sia da inten-
dersi. Certo sono più rari degli altri , e forse non
vennero in luce che in questi ultimi tempi. I grandi
scavi di Roma e, pili che altro, i lavori per la siste-
mazione del Tevere ne hanno portato recentemente
in luce una grande quantità, e in questi ultimi anni
ne ho potuto mettere insieme alcuno centinaia; mentre,
come essi furono completamente sconosciuti agli au-
tori, che finora si occuparono di piombi antichi, man-
cano in tutte le vecchie collezioni.
Questi piombi sono imitazioni o. \)m propria-
mente, riproduzioni di antiche monete e specialmente
di denari della Republ)lica romana . senza riguardo
ad epoca 'lOj; i^a ve n'ha anclie buon numero che
riproduce monete d' argento . e alcuna anche di
bronzo dell' impero ''11.', cosiceli^ a loro si convienu
veramente il titolo fin qui usato a torto di ìiumi
plumhei.
Si presentano in gen'jrale anneriti dal tempo,
ma perfettamente conservati, se provenienti dal Te-
vero, mentre invece sono coperti di juìlvere bianca
d'ossido e più o meno ossidati (! scomposti anclie al-
l'interno, se provenienti dalla terra "^i-). In molti casi
la decomposizione è giunta a tal punto da rendere
(]uasi irreconoscibile la loro essenza metallica, e l'os-
sido li ha talmente ])enetrati, raggiungendone le
parti più interne, che al semplice toccarli vanno in

(10) Ve ne sono che riproducono i più antichi denari repuhhlicini


venendo giù fino all'epoca d'Augusto.
(W) Quelli da me ritrovati si estendono da Angusto fino alla fine
del terzo secolo.
iVì) I piombi riprodotti sulla tavola IV, unita a questa memoria,
sono tuui provenienti dal fiume, eccettuati i due medii bronzi repub-
blicani, quali
i rappresentano quanto di meglio conservato si trova fra
i piombi provenienti dalla terra.
1G8 l-KANCESCO GNKCCHI

frantami o si riducono in polvere , come fossero di


fragile argilla. — Perciò la quasi totalità di tali
piombi provenienti dalla terra va perduta, e ([uesto è
uno dei motivi por cui tanto più numerosi appajono
quelli provenienti dal fiume in confi'onto ai primi.
L'interesso della questione sta nel determinare
la destinazione originaria di questi piombi-nKmete,
0 mi pare non si possa uscire dalU^ seguenti cate-
gorie fra
, nazione : le quali procederemo per via d' elimi-

a) Prove di zecca.
ò) Tessere.
e) Monete genuine.
(I) Anime di monete falsificate.
e) Monete false.

u) 1 )a parecchi numismatici li ho intesi classi-


ficare per provo di zecca. A me pare clie si pote-
vano forse ritenere per tali quando il loro numero
era tanto esiguo : ma ora che tanti ne vennero in
luce, davvero mi sembra die il loro numero sia una
seria obbiezione a tale classificazione. Può darsi,
anzi avviene sempre, che qualche prova di zecca
venga smarrita (■ quindi conservata alla posterità;
ma queste prove costituiscono sempre un genere
molto raro e quasi eccezionale, e non saprei assolu-
tamente spiegarmi la troppo grande al)bondanza di
prove riproducenti monete cosi antiche come i primi
denari della repubblica romana. Data la possibilità
e anzi la probabili^! che le prove dei conii nelle zec-
che ufficiali di l{oma si facessero in piombo, questo
non spiegherebbe perchè tali prove si biittassero poi
nel fiume. Era troppo naturale che il medesimo
piombo si dovesse conservare o per altre prove suc-
cessive o per altri usi. E se non si può aniinettere
NI' MI PLLMliF.i 1(Ì9

che tali prove venissero ufficialmente gettate nel


fiume, ehi avrebbe avuto interesse a gettarvele?
iS'è questa è la sola ragione per negare che fos-
sero prove di zecca. Altra fortissima ne troviamo
esaminando i piombi. Tra quelli da rne raccolti ne
posseggo uno riproducente il denaro di Giuba II
battuto in Mauritania, e un altro riproducente un
Medaglione asiatico di !M. Antonit). Ambedue sono
dati nella tavola.
8e qualcheduno vorrà ritenere battuto a lioma il
denaro di Gial)a II, il quale, pel tipo della moneta,
potrebbe forse attribuirsi piuttosto alla zecca di
Roma che non a una zecca afi-icana, tale ragione
non vale assolutamente pel Medaglione di ^I. Antonio :
il quale, dato che fosso prova ili zecca, come mai
avrebbe potuto finire nel Teveri' ? Il viaggio sarebbe
stato decisamente troppo lungo, e se pel commer-
cio potevano venire a Roma le monete dell'Asia, non si
vede ptL'prio come ci potesse venire una [)rova di nes-
sun valore. Certo non può essere esclusa la jiossibi-
lità di un tale \iaggio, [ui-chè nelle vicissitudini
umane tutto è possii)il(.' ciò che non urta coll'assurdo ;
ma, conveniamojie, ciò non è affatto naturale, e dove si
deve procedere pi'r induzione', non è |)ennesso ammet-
tere simili casi straordinatii ed eccezionali.

h) Come 'J't'ssi'i'c, è rro]ì|)o ov\io cli(> lo Stato


non avrel)be mai [)ei'niesso di tabbiicarne coi conii
delle monete correnti. Vi sono. (• in numero grandis-
simo, piombi l'omani clie devono avei' avuto rnfticio
di tessere. Tali sono ajìiiunto (jnelli l'accolti e de-
scritti dai citati Fie<»i'oni e (^arrncci : ma (pu'sti sono
di una fabbrica e di un tipo all'atto differente da (juclli
di cui ci occupiamo. IJotonde, (piadrate o d'alti-e forme
diverse portano lettere, parole, iiumeri, simboli o
rappresentazioni che luiUa hamio a che fare collie
170 i-RANr.Ksr.o gnocchi

monete ; ed oltre alla varietà dello forme, hanno pesi


e dimensioni svariatissime, e, in una parola, è impos-
sibile che vengano confase colle monete, né quindi
coi piombi-monete di cui ci occupiamo, a quella
stessa guisa che le tessere medioevali e moderne
hanno un carattere affatto dissimile dalle monete
contemporanee, il che del resto è troppo iiaturale
perchè ci sia bisogno d'essere spiegato, e d'insistervi
più lungamente.
e) Lo stesso ragionamento vale per escludere
l'ipotesi che i piombi in discorso fossero monete ge-
nuine. Prima di tutto monete genuine di piombo non
ne conosciamo nò nel fatto nò nel diritto, ossia ne
ci rimasero di cotali monete — provato che siano
tali — nò sappiamo d'alcuna logge che mai lo avesse
autorizzate. E poi, dato anche e non concesso che
vere monete di piombo avessero mai esistito a Roma,
è ovvio che sarebbero state confezionato con conii
differenti da quelli usati per gli altri metalli e segna-
tamente da quelli usati per l'argento, con cui pote-
vano più facilmente confondersi.
d) Di amine di moneto falsificate ne conosciamo
di ferro e più specialmente di rame, sulle quali era
applicata una sottile lastrina d'argento, formando
COSI le cosidette monete foderato o suberate, comu-
nissimo nella serie romana pili clic in qualunque
altra e segnatamente nella serie repubblicana.
Ma, oltreché V anima non riceveva mai l'impronta
del conio cosi esatta come la, vediamo in questi
piombi (motivo per cui ritengo veri piccoli bronzi
quelli che incominciando dall'epoca di Antonino Pio
si estendono fino a quella di Alessandro Severo ,
riproducendo esattamente i denari d'argento (^^i), non

(13) Vedi Appunti X. IX. — liivisia Italiana di ^Numismatica, !8S8.


NUMI PLUMBEI 171

abbiamo alcun esempio di denari foderati di piombo,


probabilmente, perchè il piombo, per essere troppo
molle, non si prostava a tale ufficio.
Dato poi anche, per quanto semlui poco pro-
babile ,che ci fossero state falsificazioni coli' anima
di piombo, ce ne sarebljero rimaste in tutti gli stadii
di conservazione, ossia con tutta la lamina d'argento,
oppure con una sola parte di essa ; ma non è asso-
lutamente ammissil)ile che ci siano state conservate
unicamente le anime completamente spoglie.
P] poi, non sono i soli denari d'argento che ripro-
ducono questi piombi, bensì anche monete repub-
blicane e imperiali di lironzo, e qui la teoria non
reggerebbe più in nessun modo.
Avendo esclnsu una dopo l'altra (juattro delle
categorie, non ci rimano clic iermarci alla ([uinta,
quella delle monete false, la (piale sembra essere
Tunica che ne spieglii razionalmente l'esistenza.
Nuove, le monete di piomtìo sinuilavano benis-
simo le moneti; nuove d' argento ; ossidate — e il
piombo si ossida presto — assumevano quel colore
neutro, che moltissimo assomiglia all'argento usato,
e potevano anche confondersi colle varie tinte del
bronzo in circolazione.
Il piondjo poi è il metallo che meglio si pre-
stava alla falsificazione pel suo grave peso, e poteva
allettare molto i falsificatori per la facilità sia di
stamparvi le impront(i con un conio di poca durezza
formato sulle monete correnti, o anche })er essere
fuso in forme preparate coli»; stesse. Ci sono rimaste
abbastanza numerose le fornu^ in argilla di monete
del III secolo fio ne poss('ggo alcuno di ]\[assimino
Daza, Costantino ^Magno, Costantino II, Crispo, etc.)
nella quale o falsificatori privati o fbrs'anche qualche
officina monetaria, a risparmio di tempo, cohiva il
bronzo, per farne monete, che entravano poi in cir-
172 lUANCKSCO GNIXCHl

colazione. Ora Foperazioue riesciva molto più facile


col piombo.
Esaminando attentamente le monete di piombo,
pare veramente di poter concludere clie, se una
buona parto di esse furono coniate, altre furono
prodottf! colla fusione ; e nulla osta a che si adope-
rassero idue sistemi. Quello però che si rileva cer-
tamente è che i conii o gli stampi adoperati per
l'una o per l'altra operazione non erano fabbricati
ex novo, e non erano incisi appositamente; ma
semplicemente riprodotti sulle monete in corso, che
capitavano alla mano (^■^i e quindi d'ogni conservazione.
Alcuni si vedono improntati su monete nuove a fior
di conio, altri invece su pezzi di mediocre o cattiva
conservazione. Né si può ammettere clie la corro-
sione di molti piombi, possa essere la conseguenza
della lunga circolazione. Prima di tutto perchè non
possono averne avuta una molta lunga, e dal mo-
mento che venivano riconosciuti falsi, erano buttati
via, e poi perchè il loro stato presente lascia abba-
stanza chiaramente trasparire il loro stato originario,
come un'impronta d'una moneta, in qualunque modo
fatta, lascia vedere lo stato della moneta da cui fu
tolta. In altre parole molti piombi sono per sé stessi
di buonissima conservazione, sono cioè a un dipresso
allo stato in cui furono originariamente prodotti ,
ma evidentemente il conio originario non riprodu-
ceva che un'impronta molto stanca. E di questo si
può avei-e un'idea abbastanza chiara, osservando la
tav. IV, in cui è riprodotto un certo numero di
piombi a diversi gradi di conservazione.

(14j Kd è per lale considerazione che non mi sono curato di dare


un elenco specificato di tutti i pezzi ritrovati , non parendomi potesse
presentare alcun interesse.
NCMl S'UMIii:! 173

Di più — e questo è un argomento assai valido —


sono parecchi i pioml)i che, riproducendo un denaro
repuhblicano, riproducono colla medesima fedeltà
alcuni di quei contrassegni, che troviamo tanto fre-
quentemente sui denari d'argento, e tali contrassegni
sono sempre più numerosi sui piombi riproducenti
monete sciupate, che non su quelli stampati su mo-
nete a fior di conio, precisamente come avviene colle
monete genuine. Ora chi vorrà asserire che i con-
trassegni di garanzia potessero essere apposti alle
monete di piombo? Se alcuna di questo fosse capi-
tata fra le mani di un contrdllore, questi se ne
sarebbe subito accortcj <■ l'avroblie iunnediatamente
scartata.
I piombi contrassegnati sunu dunque la prova
definitiva che essi non jìorevano essere altro che
monete false, riprodotte sulle genuine.
Una certa maggiore dilTicoltà s'incontra a s[)ie-
gare piouibi riproducenti nuiuete di bronzo; ma la
difficoltà non è insormontabile, so si considera che
grande era hi dilfereuza di xalore fra il bronzo e
il piomljo, e grande la fieilità di fabl)ricare tali con-
traffazioni, mentre il [)iombo presto ossidato prende
quella tintacolle
confondersi neutra o nerastra,
variate tinte delleche [)U('i benissimo
moneto di bronzo
da lungo tempo in circolazione.
Concludendo dunque, tutti i piombi antichi ri-
producenti moiKite ]ion si possono considerare altri-
menti che come himich' fnlsf.

Fi;\xri:sco ( ixKccnr.
POCHE OSSERVAZIONI
SUL DENARO DI L-MEMMI-

^
^S-^*

La gente ^[eimnia, conio molto i'ainiglie ro-


mane, si vantava di discendere da illustri antenati,
rannodandosi ad uno degli eroi che, scampati all'ec-
cidio di Troia con Enea, sar(;l)her vcmuti a fcnaare
stanza nel Lazio. A questa pretensione di'i ^fcmniii
accenna nel seguente verso Virgilio,

u mo-v Ilalus Miìcsthruf;, r/nìi's a qi'n no/ìiiiìc Moììììh n H)

il quale, nel suo poema, [)iii volte cita ^Lm^steo


(Mcnesteo) troiano ^''). L" etimologia clic i ]\Iomniii
davano del loro nome^ non occorre neppure osservare
80 sia esatta dal lato filologico: ma ò iioto esser co-
mune a molte famiglie l'omano il vezzo di rannodare
il loro nome a (piello di qualclKj dio od eroe clic

(1; A'-n. V, 117.


(■1) là. IV, 2SS; Y.WTì: IX, TTi», 7fil,81-.'; XII, 127. Quanto al nome
Muestheu.s o Alenestlieus v. De "Wit, (liiomasticon s. v. Miiesthi-us.
17G KTIORE GARKICl

suonasse presso a poco lo stesso, pur di vantare


un'origine soprannaturale (3). Menesteo troiano non
è che uno dei tanti eroi di cui è stato circondato
Enea dalla leggenda italica e al quale si rannoda-
vano iMemmii, non altrimenti che la gens Sergia
si rannodava a Sergestus ^^), la Clueniia a Cloanthus (-5) ,
la Gegania a Gyas C^', la CaecAlia a Caocus (''>, la
Clrmlia a Cloulius (8), tutti compagni di Enea. Queste
etimologie astruso ed immaginarie , di cui è piena
l'antichità, per (pianto false, altrettanto sono indi-
spensabili a sapersi, por ricostituire la storia delle
famiglie romane, come nel caso presente dei ^femmii,
fra i quali L. Memmius, oratore di fama a tempo
dello lotte di Mario e Siila (^J, e magistrato mone-
tale nel 660 (94 a. C), impresso sul suo denaro un
tipo che è rimasto finora inesplicato.
Menesteo in Virgilio è un illustre troiano della
stirpe di Assaraco (10\ discendente da Venere, la quale
i [Memmii consideravano loro progenitrice, come ci
attesta Lucrezio noli' esordio d(>l suo pojma che
dedicò aL. Memmio (^'), nonché il deiuTro di L • MEMMI •
GAL -(12) e quello di L • C • MEMIES ■ L • F • GAL '"^ì. Può

(3) Per non uscire dalla serie delle famif^lie roinane, i cui nomi si
leggono sulle monete della rejnibblica, cfr. Babelon, Monnaics de ìa
Jiepiihìiijun romaiììfi sulla origine delle seguenti famiglie: Annia, Antia,
Antonia, Fonteja, Mamilia, ecc.
(4) Aen. Y, 121.
(5) Id. V, ]22.
{(■-<) Serv. ad. Ai'ìì. V, 117.
i7j Festus, s. V. Caeculiis.
(8) Id. s. V. Clodia.
(9) Clc, Brut. XXXVI, IBG; LXXXIX, 804.
(iOj Acii. XII, 127.
(11) Lucrezio dedicò il suo poema a L. Memhiio figlio di C. Memmio,
e in esso fa intendere che (juesti considerava Venere come protettrice
della sua famiglia: De rrr. iiat., I, 27.
(12) Bai:. Meiììiiiia, n. 2.
(13) Id. id. n. S.
POCHE OSSERVAZIONI SUL DENARO DI L. MEMMI 177

quindi tenersi per indubitato, da chiunque abbia


conoscenza di nuaiismatica della repubblica romana
e sappia quali intimi legami passino fra i tipi delle
monete e la storia delle famiglie dei monetieii, che
la spiegazione del denaro di L. ]\[eminio debbasi
rintracciare nella leggenda tro.jana, pigliando come
punto di partenza il verso citato di \"irgilio. È noto
altresì quanto ci ten(/ssero i magistrati juonetali a
lasciar sulle monete, da essi coniate, un segno qua-
lunque del loro passaggio per quella magistratura,
consistente dapprima in simboli, })oscia in mono-
grammi composti dalle iniziali del loro nomo o co-
gnome, più tardi in ricordi storici o leggendari delle
loro famiglie, i quali sposso erano simulacri degli dei
venerati con particolar culto nelle città, donde erano
usciti i priaai loro antenati, o dogli eroi i'uudatori di
esse. I monetieri della gens i'.orni(lìci<K Mei Un, Pupìa,
Prociba. Roccia, Tltoria impressero sui denari, por-
tanti illoro nome, l'immagine di Juno Sospita, cIhs
aveva un celeijre santuario a Laiuiviuiu, di cui di-
cevansi originarie le loro famiglio. I Dioscuri, sui
denari coniati dai monetieri della Fonlrja e della
Suicida, provano la discendenza di (jnest(! genti da,
Tnsculum; come N'onero ])er la Jtifin e Valeria J^u-
perca per la }'alerin acceiuiano rispettivamente ad
una origine troiana ed etnisca. Inoltro i niointieri
della gente Claudia colla X'ittoria in quadriga. d('lla
Gellia con Marte e Xerio, in (piadriga, della Titi'ria.
colla testa di T. Tazio, e co>i Aia, vollero tutti
alludere alla loro origine sabina. Or i)eue, venendo
alla moneta di L. Abunmio, esaminiamola attenta-
mente: essa al diritto lia una testa giovanile imberbe
con corona che })are di (|uercia; al rovescio i Dioscuri
in piedi, di faccia, tenenti i loro cavalli per la l)riglia.
Nella presente memoria non seguiremo l'ordine, che
pare il più naturale, cioè d'illustrare prima il tipo
178 ETTORI; CABRICI

del diritto, poi quello dol rovescio; ma viceversa, a


noi importa muovere dal tipo del rovescio, perchè
l'altro riceve luco da esso.

II.

Tranne la prova indiretta di Lucrezio e la pre-


cisa affermazione di X'irgilio circa l'origine troiana
dei Menimii , la letteratura latina anteriore a Vir-
gilio non fa menzione di Menestco compagno di
Enea (!■*). Abbondanti invece , sia presso gli autori
greci, sia presso i latini, sono i passi che ci ricordano
il suo omonimo ateniese. Fra i tanti eroi dell' età
leggendaria la Grecia cantava il nome di Menesteo,
re di Atene , figlio di Peteo e discendente dal mn-
f/nam'mn Eretteo C^). Era egli uno dei personaggi più
popolari, il cui nome, insieuie a ([uello di Menelao,
di Agamennone, di Ulisse, di Achille.... era rimasto
nella coscienza dei greci come rappresentante del-
l'El enismocome
, degno campione , in cui questo
popolo vedeva personificata la lotta treuieiula della
Grecia coli' Asia, lotta conosciuta generalmente sotto
il nome di //uerra froiana. Eroe (sgli stesso , discen-
deva da una ]U'ogenie di valorosi ed illustri perso-
naggi, primo dei quali i\\ Elretteo , re di Atene ; e
da Orneo, figlio di questo , era fama che traesse il
nome, a dir di Pausania , il comune di '0:v:/-i nel-
l'Argolide C^*^). X(.m meno eccellente degli altri ca-

(14) Fra gli scrittori latini jiosteriori .a Virgilio, solo Igino fa cenno
(li Jlciiostoo troiano, compagno di Enea ne' suoi viaggi. ÌS'on sappianfio
donde traesse la notizia di una finta battaglia navale, data da Enea nel
tempo che dimorò presso Acoste, in Sicilia, nella quale Jlenesteo si se-
gnalò e si ebbe in premio una corazza. (IIygin. fab. CCLXXIII;.
C15) AroLi.ODORO, III, 10.
(IGj Pausania, II, 25, 5.
l'OCHI^ OSSKRVAZIONl SUL DKN'AUO DI I,. MKMMl 179

pitani greci nell'arte della guerra, figura neW Iliade


Menesteo, a capo ti i eiuquauta navi ateniesi : per lui
Omero ha lusinghiere parole. Non aravi che Ne-
store al mondo , il (piale uguagliar lo potesse nel-
l'arte di schierar fanti o cavalli ^■^~') , arte che tanto
giovò ad Atene, quando Eumolpo, figlio di Nettuno,
assaliva gli Ateniesi cui Traci i^^), e por la quale
ottenne da Filostrato il titolo di tz/,t',/.''-txto; -tcòv [ìxc-
>,éw'/^9). Giusta una tradizione riferitaci da Pausania*^'-^'^',
egli avrebbe salpato per Tnua dal porto del Pireo in-
sieme ad Acanumte e J)eniotV)nte '-i), e sarebbe stato
uno dei primi a salire nel cavallo insieme a Menelao,
Ulisse, Stendo, Diomede, Filottete, Anticlo (--). La
sua vita è una serie di atti gloriosi e magnanimi: sotto
le nuira di Trr)ia la sua scliiora è in prinui fila a com-
battere (-^J; egli si scontra con Ktrcìrc e lo ferisce alla
coscia (2^); torna in patria ove è accolto l'cstosamente
dagli ateniesi '25), ed è imo dei giudici del parricida
Oreste '-^'). ]\Ia ad onta che avesse l'antichità una
così chiara idea didle impusr di questa eroe, discordi
sono gli scrittori sulla sua fine: vi è chi scrive, e
fra questi l'iutarco, che dojxi la guerra troiana tor-
nasse in Atene ove fini i suoi giorni ^-~'>; Kustazio
invece afferma clie fosse esih'atu dai suoi concitta-
dini (-S- ; p]usebi(» narra che reduce dalla guei-ra di

ai) II. II, 552.


riS) Ai.ciDAM. in Orat. Alt. U. p. iiiii
(19) Philosti:., Iferoicu. II. HL
(20j Paus., L 1, 2.
(21) LisYMACH. in Miillrr, Ifistni-. i;r.
(22) QUINT. S.MVKN. XII, :ì17.
(2B; li. XIIl, (iiji); DlCT. CuKi., I. 1 t.
(24) Dares, XIX.
(2G; DicT. Ci'.Kr., VI, 2.
(20) Id. VI, 4.
(27) Pi.UT, The.i., XIX.
(25) EoivHKL, Suini \'el., p. 2ij;!.
180 ETTORE CABRICI

Troia, morisse nell'isola di Melos (2'^). Questa dispa-


rità di opinioni è importante per noi, attestandoci
quanto grande fosse la popolarità dell'eroe Menesteo,
il (j^uale è chiaro come in seguito dovesse avere un
culto. Ed infatti, quale ei'oe ateniese, era venerato
in Atene, ove Pausania ci attesta di aver visto, fra
i monumenti che adornavano la via dei Propilei
sull'Acropoli, il cavallo Durio, dagli ateniesi costruito
in memoria del cavallo troiano, donde erano in atto
di venir fuori ]\renosteo e Teucro, seguiti dai figli
di Teseo (^^^ Il suo nome era misto a parole di lode
in una delle tre iscrizioni, dagli ateniesi poste presso
lo tre cruie, erette in onoro di Cimone; onde risulta
che quel popolo andasse superbo di vantare in lui
il suo rappresentante nella guerra di Troia (^O, Eb-
bene, in quella iscrizione son ripetute le lodi che
gii fa Omero, le quali bastavano, più che ogni altra,
ad inorgoglire l'animo di ciascun ateniese.
Ma il culto dell' eroe Menesteo non era circo-
scritto negli angusti limiti della sua città natale;
che anzi era esteso per tutta la Grecia, e tre città
lo riconoscevano lor fondatore. La prima per impor-
tanza era 'laaiz, città noU'Eolide, da tutti gli scrittori
greci e latini, che ne parlano, decantata pel suo
porto, stazione delle navi di Pergamo (32)- Ja seconda
era Scjdlctium nel Bruttium, detta ai tempi di Stra-
bene Scylacium, che die nomo al golfo da cui era
bagnato il suo territorio (^'^j; ]a terza Gades, in Ispagna.

(29) EoKHEL, Xiaììi Vrt., p. 203.


(30) Paus., I, 23, 9.
(31) Plut., Chno, VII.
(32) Steph. Byz. s. V. ^KXalo, Strar. Geogr. XII, 622: XIII, G15 e 622;
Pl.iN. Nat. Hist. V, 31, 1, et passim. Una moneta di questa città, del
tempo di M. Aurelio, ha il nome del suo fondatore (Eckhel Doci. II
p. 494). Essa è riprodotta in ì\umi vct. p. 203, tab. XII n. 5.
(33) Strae. GfO(/i: VI, 2G1.
POCHE OSSERVAZIONI SUL DENARO DI L. MEMMI 181

Non sappiamo con certezza se questa colonia fosse


fondata da Menesteo, poicl^è non ci rosta nessuna
testimonianza diretta ; ma possiamo argomentarlo da
due passi. L'uno è di Filostrato ed è il seguente:
•/.al [j.T,v y,y}, 'E'/Xry.y.o'j; v.-ix<. rj-j-r:: -y. \ yÀ-j.zy., xzì. — xiSjjs'r'Jai tÒv
7;|jL£Sz7:òv Toó— ov • k'i-'/'.Lzn'iy.'. yoCiv "aOy.vzìo'j; 'K1)>y,vwv 'i.y^:.n-a. x.aì.
MóvetOjT t(ò "a';t.vz'(.jv H'kiv (!S4j: l'altro passo è tratto dagli
Scholia di Tucidide, ove in una enumerazione di
vari fondatori di città greclie, fra Teucro clie andò
in Cipro, Filottete die fondò ^falaehia, Diomede che
colonizzò le isole A-.'i'jjvif^xi. è citato ^lenesteo che,
•Jzò TJJv (-TiirEiSv (è'/.'ilXy/Jsi;), si; 'I!3T,:',av (àoix.STo) (3^)-
Da questi cenni degli scrittori greci intorno al
loro eroe Menesteo risulta chiaro, che il culto di
Menesteo ateniese dovesse essere diffuso e popolai'e
non solo in Gi-ecia, ma anche nell' Asia Minore,
neir Italia e nella Spagna, e che invece ^lenesteo
troiano, non conosciuto dai gri-ci, divenisse noto solo
pel poema di Virgilio. È appunto la diffusione del
culto di ^lenosteo ateniese nei paesi d' occidente,
quella su cui poggio la mia congettura, circa la pos-
sibilità di uno scamI)io avvenuto fra i due croi omo-
nimi, alla quale debl)o ricorrere por darmi ragiono
del tipo del rovescio di questa moneta. La spiega-
zione di qualche archeologo che riconobbe nella testa
del diritto l' imagine di Apollo, supponendo che vi
fosse stata impressa per rimembranza di splendidi
giuochi apolHnei, celebrati dagli antenati di grommi'»,
è una di quelle solito congetture che non hanno
alcun fondamento, a cui spesso si ricorre in man-
canza di notizie '■'■''^'). N"o7i meno inesatta è Taltra del
Cavedoni, il quale, leggendo in una lettera di (Jice-

(34) PiiiLosTR. Vita Apoìì.. V, 4.


(35) Thuc, Schol, I. 12.
(36) Rifcio, }femuiì(i.
182 ETTORE GAUKICI

rone (3'') i. C. Meiuinius Geiuellus " dove tntt'i codici


hanno " C. Maenius (xemellns " si spiega agevolmente
il rovescio di questo denaro, col supporre che il nio-
netiere avesse il cognome Gomellus i^^).
Il voler trovare in Troia tracce del culto dei
Dioscnri per ispiegare il rovescio della nostra mo-
neta, èopera vana; in Isparta nacque la loro lGgg('nda
donde si dirama) per tutta la Grecia, nò sono mai
associati ad eroi troiani nei monumenti, e resta
perciò unica la notizia di Plinio (:^-^) e di Claudiano (^Oj
riguardante un di])iuto di Parrasio con Enea, Castore
e Polluce. Per tali ragioni converrà rinunziare ad
lina spiegazione plausibile, ovvero ricorrere ad altre
congetture. E qui osservo che la spiegazione si pre-
senta facile e spontanea a chi legga la storia di
Menesteo ateniese, che è intrecciata con quella dei
iJioscnri.
Narra Plutarco che. essendo Teseo re di Atene,
Menesteo, il quale si studiava di guadagnarsi il favor
della plebe, incitava i più potenti, che già da gran
tempo mal comportavano Teseo. ]\[entr' egli faceva
questi maneggi, aggiunse grande impulso alla se-
dizione la guerra mossa dai Tindaridi, che soprav-
vennero, e alcuni dicono, senza esitazione, che soprav-
vennero persuasi da lui. Da principio non facevano
ingiuria veruna, ma richiedevan solamente la sorella
rapita da Teseo, e rispondendo loro quei ch'erano
nella città, di non saper neppure dov' ella fosse, si

(37) Cic, Fam. XIII, 19.


(3S) Riccio, Memìiìia, n. 8; ma il Mom.msen (a Borgh. Oeiin: T. I,
p. 152) osserva: u Les manuscrits de Ciceron portent C. Mtenius Geiuellus,
Il ce qui a toute l'apparence d'étre la borine leoon ; C. Memmius n'est
u autre cliose qu'une conjectare assez mal avisée r.
(39) Pl.lN. XXXV, 3G, 10. u Parrliasius pinxit in eadera tabula Aeneam,
Castorem, et Pollucem. n
(40) Claud. Enhjì. VII, 38.
POCHI" OSSERVAZIONI SLT. DEMARO DI L. MEMMt 183

volsero a far guerra. Insistendo i Tinclaricli, un tal


Acatlenio disse loro che Elena ora tenuta prigioniera
in Afìdna. I Dioscuri assalirono quella città e presero
Elena. Presa Afidna ed essendo perciò pieni di ti-
more gli ateniesi, ^Lenesteo persuase il popolo di rice-
vere nella città e di accogliere amichevolmente i Tin-
dai'idi, siccome quelli che avevano guerra solamente
con Teseo (^^i Delle relazioni fra Menesteo e i Tiii-
daridi fa cenno anche Aelianus (■i-), il quale ammira
la gratitudine di quello verso ipiesti che gli avevano
offerto, com'egli dice, il trono di Atene. Era troppo
accentuata questa relazione, perchè fosse ignorata in
quei paesi ove il culto di -Menosteo era diffuso, e,
per conseguenza, anche in L'ouia.
Mi preme ora mostrare quali fossero le ragioni
che favorirono e resero possibile lo scaiuhio fra Teroo
troiano e 1' eroe ateniese, avvenuto, a mio parere,
nella famiglia dei Memmii, spiegando cosi la contrad-
dizione fra le fonti letterarie, le quali fanno menzione
di un ^Menestco troiano ]trogenitore dei ]\[ommii, e
i ti[)i della preseTite moneta, che fanno pensare in-
dub iamente a^Ienest(}o ateniese. l'i [)ni|)rio di ogni
popolo corcare le origini sue in pr-rsonaggi leggen-
dari e soprannaturali. Le famiglie romane facevano
a gara, per così dire, a chi vantasse nn'origin(' divina:
di qui false etimologica dei loro nomi o cognomi ,
identificazioni astruse ed immaginarie di eroi e di-
vinità di un paese c<jn eroi e divinità di un altrf),
ed infine leggende d'ogni u'tmere. E di somma im-
portanza un passo di Cicerone ':^^) ove leggesi che
lo orazioni funebri degli uomini illustri, fatte dai
loro discendenti e dai clienti delle loro famiglie,
'to'

f41) Pi.LT. T/irs, XVlir. 19; Pai>. Ili, is. 5.


f42j Aelian, rui: llist. IV, :,.
43) dar. Or. 6-,'.
184 ETTORE GABIUCI

erano ispirate piuttosto dalla vanagloria clie dalla


verità i: scripta suiit in iis qiiae facla non sunt; falsi
tri'urnphi ; pliires consulafus ; genera e/iarn falsa. 11 La
leggenda di Menesteo troiano dovette, fin dai tempi
di Ennio, essere divulgata fra i Menimi i e durare
forse fino ad età inoltrata, quando seguì la fusione
delle due mitologie, greca e romana. Questa ipotesi
trova una conferma nella, considerazione che i Memmii
non acquistarono importanza storica, che nel 538
d. IL, fino al quale anno giacquero nell' oscurità,
senza che qualclie illustre personaggio di quella
famiglia potesse difiondcre e consolidare la primitiva
tradizione della loro origine. Dobbiamo scendere al
667 d. R. perchè la storia faccia menzione la prima
volta di un Memmio, oratore noto a tempo delle
lotte fra Mario e Siila W. Da questo tempo, come
dicevo, la gente dei Mennnii comincia a diventare
illustre: vanno ricordati L. Memmio. che militò sotto
il comando di Pompeo in Sicilia (072 d. li.) (*^) e
fu questore in Tsjjagna nella guerra contro Sertorio
(G77 d. li.) (46)^ e il fratello Gaio, anch'egli questore
in Ispagna nello stesso anno, pretore nel OOG, pi'o-
pretore di Bitinia il G97 (^''), e finalmente irnperator^^^).
Ma già prima di questo tempo era seguita la con-
fusione dell'eroe troiano coll'eroe ateniese nella serie
dei Memmii a noi incogniti. Varie furono le cause
di questa fusione.
La civiltà romana si lasciò talmente penetrare
dalle infiltrazioni del genio greco, che i romani si
sentivano più orgogliosi di discendere da antenati

(44) V. nota. 9.
(45) Plut., l'omp., XI.
(46) Cic, p. Baiò., II, 5.
(47) Catull., Carw. X, 28.
(48) Eiscontra il danaro del figlio di lui, ove egli ha il titolo di
« iììijjerator n. Babelon, Memmia. n. 10.
POCHE OSSERVAZION'I SUf. DENARO hi L. MEMMI 185

greci, che dai Sabini, da 'J\ 'J'azio e dalla banda di


Romolo o dall'Ercole! italico. Catone il vecchio, che
visse in nn tempo in cui lo antiche tradizioni ge-
nealogiche non avevano ancora niente perduto della
loro veridicità primitiva, sappiamo che nel IT e ITT
libro delle " Origines n aveva raccolto importanti
notizie sugli Etruschi, i Volsci, i Latini, i Sabini
ed altri popoli italici e connesse le favole dì Diomede,
di Ulisse e di altri eroi greci alle antiche tradizioni
italiche. A sviluppare questa tendenza dello spirito
romano influirono grandemente le opere degli scrit-
tori. La più importante fu (juella di Varrone intitolata
u Antiquitates rerum humanarum et divinarum r
nella quale, mentn' si propose di essere un antiquario
ed un erudito, volle farla da filosotb (■ da teologo.
accomodaììdo le credenze rrìiuìose alle rsif/enze del suo
secolo. Il suo metodo etimologico, assai ardito, che
noi conosciamo pe" suoi libri .; Do lingua latina •?
egli lo applicò nel pai'laro della oi-igine di 1!oma.
fondendo insieme la storia della Grecia e del f>azio.
Così egli, col 11071 rimanere (stranoo ai ]tr(\giudizi
del secolo, pose ro^iera sua per aferescerli. Dionigi
d'Alicarnasso nella sua storia non mirò ad alti'o, che
a provare di essere i romani dei \-ei-i gi'oci, esser
Roma una città greca per lingua, eostumi, religione.
Con questi ed altri scritti, di eiii si cons<'rvano ]Hiehi
frammenti, e talvolta appena il t'tohi i"-!''), la lettera-
tura esercitò un grande iirtlusso sulle leggende ge-
nealogiche delle famiglie romane, e i gi'cci, i quali
erano in gran numero a lioma in (pialità di schiavi
0 maestri o parassiti o rete)ri o grammatici, per
sentimento di vanità o per orgoglio di stirpe, lecei'o
penetrare nelle tradizioni romane 1" elemento greca).

("49) In AfK. ^'l^l■. Or.if.r. 15, trovasi citato un lil.ro ili Sex. Oellins
OuiGO G. Ro.MANAK >i dei ijnale iiou si possiedo alcun iVaniniciito.
186 ETTORK GAHRICI

In molto famiglie però non si fece strada questo


nuovo spirito, e rimasero inalterate lo loro leggende
di origine italica; i Fabii riconoscevano l'Ercole
italico per loro capostipite ; i Fontcì Fonto, figlio di
Giano; i Marcii Anco Marzio....; altri pretendevano
discendere da geni nazionali. Ma, in generale, le
greche genealogie ebbero il sopravvento, specie in
tutta la serie delle pretese famiglie troiane, che ve-
nivano distinte coli' appellativo di aenades (°'^-* o di
troiugenae ^i).
Avendo trovato in Roma tanto favore queste
leggende genealogiche di origine greca, favorite dai
poeti e dagli storici, e fondate sopra semplici nomi
che servono di punto d' unione, è naturale che, da
una parte lo spirito greco, il quale aveva invaso ogni
romano, dall'altra l'opera del tempo, ftxvorissero un
involontario scambio dei due eroi leggendari nella
gens Memmia, e con sintesi ardita si favoleggiasse
non più di duo Menestoi, 1' uno troiano, l'altro ate-
niese, ma di un solo, al quale, riconoscendosi l'origine
troiana, si attribuisse una parte della leggenda del-
l'altro, cioè quella relativa ai Dioscuri. E in questa
fusione ebl^e anche gran parte il crescente diffon-
dersi del culto di Menesteo ateniese in occidente,
come sopra lio accennato. Nessun caso analogo, che
io mi sappia, riscontrasi nella storia delle altro fa-
miglie di origino troiana, poiché nessuno fra i com-
pagni d' Enea, a noi noti, ha somiglianza di nome
con qualche eroe greco. Per la Mennnia lo scambio
ora tanto naturale e spontaneo, attesa la tendenza
delle famiglie romane alle origini greche, che doveva
certamcinte seguire; inoltre Menesteo troiano e Me-
nesteo ateniese avevano preso parte alla medesima

(50) luL. Caes., apnd. Ovid. Mot. XV, 804;AuG. apnd Ovid. Vont. 1, 1, 35.
(51) luvEN. I, 99.
pochi: osskrvazioni sul denaro di l. jiemmi 187

impresa, quale fa la guerra di Troia. Correva poi


una importante leggenda in Roma, tramandataci da
Aurelio Vittore (^2), la quale dovette favorire tale
identificazione. Piccone il testo: u ....ferunt Creusam
u Eraclitei regis Atlienicjisinm filiam spociosissiiuam,
« stupratam ab Apolliue enixam pueruni, eumque
« Delphos olim educandum esse missum, ipsam vero
u a patre , istarum rerum neseio , Xipelio cnidam
u corniti collocatam. Kx qua cum ille pater non
« posset oxsistere, Delplios eum petiisse ad consu-
« lendum oraculnm, quomodo pater fieri posset. Tum
a illi deum respondisse ut (juem postero dio obviani
« liabuisset, eum sdii adoptarct. Itaque supra dictum
« puerum, qui ex Apollino genitus erat, obviam illi
u fuisse, eumque adoptatum. Cum adolevissot non
« contentum patrio regno, eum magna classo in
« Italiam devenisse: occupato monte, urbem ibidem
ti instituisse, eamque ex suo nomine laniculum co-
ti gnominassc. v Da quali fonti Aurelio Vittore abbia
tratto questa favola, non si sa, ma qualunque sia
la sua origino, doveva, essere divulgata in Roma,
perchè egli al principio usa il verbo ferunt ; e l'esser
venuto in Italia un discendente di Eretteo e proge-
nitore di ^Menesteo ateniese, proprio sul Gianicolo
ad abitare, era questo un motivo che dava appiglio
ai Memmii. Un'analoga identificazione di due eroi,
ben più aibitraria, avvenne neha leggenda della fon-
dazione di Tai'anto. Questa città ebbe nome dall'eroe
Taras, uno dei coloni cretesi che la fondarono, e più
tardi vi giunse una colonia di Spartani, dalla piccola
città di Amicle, condotta da Falanto Amicleo. Nar-
rasi che nel recarsi a Taranto, per ordine dell' ora-
colo di Delfo, Falanto coi sui;i sia naufragato e che
un delfino l'abbia deposto sulla spiaggia di Taranto.

(52) Orig. G. e. 2.
188 KITORE GAliRICI

I coloni gi'oci di, questa città in seguito , memori


del benefìcio ricevuto, mandaro]io doni ad Apollo
delfico, fra' quali anche un grappo rappresentante il
re Opi morto ('"'3), con accanto 1' eroe Taranto, lo
spartano Falanto e non lungi da lui il delfino che
lo aveva salvato (•'*^). E qui osserva il Garrucci (•■'ó;
ti come mai Aristotile potè dire clie tipo solenne
del nummo tarentijio è l'eroe Taranto, figlio di Net-
tuno, che cavalca il delfino? (^^) :i Nel donativo che
i Tarentini mandarono a Delfo, non era accanto a
Taranto, ma presso Falanto, il delfino ; e la tradi-
zione che narra di Falanto salvato dal naufragio per
opera di un delfino, non racconta dell'eroe figlio di
Nettuno, die approdasse a Tai'anto cavalcando un
delfino. Bisogna dunque ritenere che i Tarentini
attribuissero a Taranto quell' avventura che si nar-
rava di l^Vilanto, forse per ripetere la loro origine
da Nettuno.
Abbiamo così accennato alle ragioni che possi-
bilmente concoj-sero nel fare che alla leggenda pri-
mitiva di ?k[enesteo troiano si sovrapponesse, anzi
subentrasse affatto col tempo quella di Menesteo
afeniese. Ma la prima non scomparve giammai, sib-
bene fu arricchita di particolari dall'altra e ne subì
quasi r innesto, senza venire alterata : e se al prin-
cipio di tale innesto potevansi ancora entrambe se-
paratamente distinguere in lloma, alla fine della
Repubblica erasi di esso talmente perduta la memoria
che le duo leggende più non si distinguevano, né
si rintracciava cliiaramente la nazionalità di ^lenesteo
ateniese. Le testimonianze di Virgilio e di Lucrezio,

(53) Opi era re degli Lipigi clie aveva aiutato i Pcucezii ai ilauni
(Iti Taientini : ma era uiovto in battaglia.
(54) Paus., X, 13.
(55) Gahuucci, ^foll. ih'll'Ital. ani. Part. II, pag. l'2l.
(56) Polli) X, IX, SO.
POCHE ossi:uvAZioxi sur, dknaro di l. mk.mmi 189

circa i Memuiii niettoiio in chiaro il mio ragiona-


mento. Lucrezio, invero, nella dedica del suo poema
a C. Memmio, mostra di avere una vaga notizia dell'ori-
gine dei Memmii e ]ion si estende a parlare di ^le-
nestoo, come sarebbe stato necss>ario ia quel caso:
laddove Virgilio, che ebbe cura ed interesso di rac-
cogliere dalla bocca del popolo o dai libri quante
favole correvano sull'origine delle famiglie romani^
rannodantisi ad Enea, da uonao dotto ci parla di
Menesteo troiano, mettendo le cose nei loro termini.
Per compendiare adunque diciamo, che il tipo
del rovescio di questo denari^ riceve luce dalla ipo-
tesi che l'eroe troiano sia. stato col tempo confuso
con l'eroe sentanza
ateniese,
dei Dioscurie solo così si spiega la rappre-
al rovescio.
Si osservi inoltre cIk; il tipo dei Gemelli su
questo
d(mari denaro
romani noii è il tipo
anonimi connmo
o con a tutt'
simboli i primi
e iniziali.

L. Memniio coniò in un' epoca in cui già era stato


alterato il tipo primitiv(j e sostituito da quadrighe
o bighe di divinità o anche da ri(H)rdi famigliari.
Se i Illviri preposti alla zecca nel YU secolo con-
servano ancoia l'immagine dei Dioscuri al rovescio,
egli è per rispetto alla tradizione , ma sopratutto
perchè questi dei hanno inqiortan/.a nella storia
delle loro famiglie o ricordano un fatto di qualche
loro illustre aiiti'uato. La gente Q/dnciùi conserva il
tipo ufficiale, ma sr)tto i piedi dei cavalli di Castore
e Polluce Ì!U[)rìme uno scudo m'icedoiiico, al (piale
era atHdata la, memoria doli,, s[)l(jndid() rriontu di
T. Quinzio i''iamÌ!iino su Perseo e della dedica da
lui fatta ai (iemelli nel tiunpio di Dolli, consistente
in due scudi d" aigonto. A. Pos/ifmii/s A'hiiìiis, col
rap[)resent'.ire sul suo douaro i due gi-ivani eroi nel-
l'atto di abiìeveraro i loro cavalli alla f )nt(; .IntuiT,a.
volle ppi-petiiare l;i ri("ordan/n de!l) famosa battaglia
190 KTTORK CABRICI

al lago Tlegillo, vinta dai Romani sotto il comando


del dittatore A. Postumio Albino. Era questa una
lieta ricordanza che rendeva orgogliosi i successori
del dittatore. Infatti il suo trionfo assicurava la li-
bertà e introduceva a Roma due nuovi dei clie pro-
tessero sempre i romani (5'^). I loro busti sul denaro
di L. Servms Sulpicins Rufas accennano alla vittoria
riportata sui latini da Servius Sulpicius e alla libe-
razione di Tuscolo, antica patria dei Dioscuri. C. Ser-
veilius torna al tipo originario , ma alquanto lo al-
tera, forse pel suo cognome Geminus, avuto da pa-
recchi suoi antenati, a partire da P. Servilius Geminus,
console il 502 (58). Se dunque ogni volta, dopo l'abo-
lizione del tipo primitivo sui denari, la presenza dei
Dioscuri sulle moneto romane trova una ragione
storica, possiamo ammettere che L. Memmio abbia
voluto lasciarci anche lui sul suo unico denaro un
ricordo della sua remota ed illustre discendenza.

III.

Osserva il Riccio che la testa giovanile imberbe


del diritto di questo denaro ha una pinguedine tutta
propria, la quale « non si ravvisa in altri denari di
famiglie romane; (^9) " ma questo suo giudizio è
facile a confutarsi. Uno dei caratteri che fa distin-
guere alcune volte le monete della zecca di Roma

(57) Dopo la battaglia al lago Eegillo, il loro carattere in Roma è


quello di due divinità guerriere; non vi è, per cosi dire, guerra impor-
tante, dove i Dioscuri non appariscano per assicurare la vittoria ai Ro-
mani od annunziarla. Cfr. Cic. De n. d. Ili, 5; Fior. Ili, 3, 20.
(58) Per altri esempi consulta Albert, Le eulte de Castor et Pollux
en Italie, p. 76, 77, 78.
(59) Riccio, Memmia, 8.
POCHE OSSERVAZIONI SUL DENARO DI L. MEMMI 191

da quelle delle zecche di città greche è la inesatta


esecuzione del lavoro, la quale rivela un' arte non
avanzata. Una certa pinguedine del viso è caratte-
ristica di molte figure impresse sulle monete romane,
e si scorge a prima vista nella faccia di Apollo che
ricorre sui denari di C. Considius Paetus, di P. Clodius
Turrinus, di Q. Caepio Brutus, di Pomponius Musa,
di Scribonius Libo, di L. Flaminius Clio. Vero è che
essa suha moneta di L. Memmio è molto esagerata ;
ma se si ammetto che questi esercitò l' ufficio di
triumviro monetale insieme con Mn. Aquilius e Fla-
minius Cilo, i cui denari peccano della stessa im-
perfezione, piùche tutti gU altri citati (*5'0, non si
esiterà a dire che l'incisore, per poca esperienza nel
disegnare o per dare alle figure carattere di arcaismo
si compiacesse di esagerare le proporzioni del volto (*^i).
Ciò premesso, credo ])otorsi dimostrare che la testa
del diritto sul denaro di Memmio, sia di Apollo,
tenuto conto delle seguenti considerazioni. Fra i
personaggi della gens ^[emmia, che non sono in
iscarso numero, ne trovo citato uno di cognome
Apollinaris C^--! : e siccome i romani si compiacevano
di ricercare 1' etimologia dei loro nomi o cognomi
nei nomi degli dei o degli eroi, non è improbabile
l'ipotesi elio il cognome ApoUiiinrìs, il (piale distin-
gueva un ramo della gente ^lemmia, derivasse da
qualche particolare culto che essa esercitava in onore
di Apollo.

(GO) Il CA\EnuNl invece (RipostirjU, p. 191) uni in un sol collegio


monetale C. Fonteio, col bifronte imberbe, L. !Nremmio » Jj. Valerio
Fiacco con Marte tropeofuro per la singolare somiglianza di stile, clie
passa fra i loro denari.
(61j E qui ricordo che sul quincux di Lucerà fBAHELON, Class. chroiwL,
n. 41) è impressa la testa di .Apollo, d"una pinguedine estranea alla Uni-
tezza dello stile greco.
(02) BoKGHEsi, Oeiar. Vili, p. :;9i5.
102 ETIORE GABIilCI

È di somma importanza al caso nostro una no-


tizia clie traggo da Isidoro (^3) circa nna tal Meraniia,
sacerdotessa di Apollo, la prima a comporre inni in
onore di questo dio e dello Muse, già fin dall'età di
Ennio. Sul nomo di lei però discordano le lezioni dei
codici: alcimi hanno Mnemia (6*), altri ^Memniia (^°).
Ma se vogliamo stare ai secondi, avremo una ra-
giono di più a confermare la nostra dimostrazione,
osservando che l'iimo della sacerdotessa !Memmia
potrebbe da una parte attestarci l'esistenza, anteriore
ad essa, di un culto ad Apollo nella sua famiglia, e
dall'altra l'importanza e l'incremento clie questo
dovette acquistare in seguito per opera di lei (66j.
Se il tipo del diritto di questo denaro, il cognome
Ajjolh'narfs, la notizia di Isidoro ci rivelano un culto
speciale esercitato dalla gente ]\Iemmia verso Apollo
quale divinità protettrice; il verso di Virgilio, che
abbiamo segnato come punto di partenza, ci dà ra-
gione di questo culto. Quali divinità potevano i
Memmii venerare con ispecial culto, in memoria della
loro origine troiana? Delle due l'una: o Venei'e o
Apollo, entrambi numi tutelari d'ilio. Questa città
coi suoi eroi era posta sotto la particolare protezione
di Apollo, il quale ne guardava lo stato ed era legato
di peculiare affetto ad alcune prosapie, come ad
esempio a quella dei Pantoidi ; egli vendica Ettore
per l'onta di Achille e ptorta nel suo tempio Enea
ferito i^"^). Del culto poi di Venere in Troia va fatta
(63) IsiD. OHff. I, 38, 17.
(64) Id. ili. ediz. Arerai.
(65) Id. id. edit'. Lindriìi.
(66j I discendenti dovettero sei-bare mciuoria della sacerdotessa
Menimia, comò i Claudii ben ricordavano, anche negli ultimi tempi della
repubblica, la vergine vestale Cl.iudia Quinta, che riesci a far entrare
in lioma la statua di Cibele trasportata da Pessinunte (v. IIaiìelun
Claudia, n. 12, 13).
,07) V. Curtius Stor. (jr. I, pag. 71.
POCHI-: OSSERVAZIONI sn, ih-.naro di r.. m::.\imi 103

appena menzione. Or bene, se l'esistenza di nn cnlto


(lei Memmii per Venere è attestata apertamente dai
denari di L. Merami. Gal e di L. C. Memies. L. F. (ìal,
può anche amniettersi che accanto a questa dea si
venerasse da quella gente anche Apollo, la cui testa
forma il tipo del diritto del nostro demaro.
Essa, oltre ad avere una pinguedine, la quale fò
astenere i numismatici dal dichiararla di Apollo , ò
cinta da una corona che pare di quercia. Una testa
di Apollo con simile corona vedesi sopra una bel-
lissima e rara moneta di Catania, descritta con esat-
tezza soltanto dall' Eckhel ''^'8) , ed è sicuro che sia
la testa di Apollo dalle lunghe chiome, perchè sotto
leggesi Ari()A\o.\ <C'). La rappresentazione di Apollo
con corona di quercia è unica ni'Ue due citate mo-
nete. S(! non che essa noiì resta il solo esempio di
attribuzione inesatta nella storia del tipo di Apollo.
Sappiamo quanta comunanza di attril)uti avessero
nella primitiva concezione (Jiovo ed Apollo, due di-
vinità nelle quali acquistò forma il concetto del
cielo sereno e sgombro di nubi, e come talvolta (riovc
fosse rappresentato in sembianza di Apollo, imberbe,
questi in sembianza di (Jiove. barbato, collo scettro
e sedente come lui. Lo /kì'I k \ \ wioi che venei-avasi
in Sicilia e la cui immagine è sulle monete di Si-
racM.sa ''^'^)^ non accenna forse ad una medesima ed

(C8j EcKHKI, iU. S. V. TDina /, p.n:;. -'03, cObi l.i ilescrivc; Ca]iUt iuve-
iiilo adversum proiiiissis crinilHis et ooronii qaeriia rflimitnm, iiixta

a.cus, in imo A llnA A'..'N, indo XdIKKtiN U' K ATAN AI'.iN.,.. CfV. Fox,
KiigrarÌHfjs tif Hiipti/j/islifd nr rare (jreck oiiiìs. Piirt. I. jjI. Ili, 30. (^iifnti
e I'Hkad, l.'g-ono perù XOII'U.'.N'.
(<i9) Xè può sospettarsi t-lie AilnAA'-.'N sia il nomo abbreviato del-
l'artista Apolìon •{(>>!}. poiché il nome clie leggesi a sinistra della test.i,
quello è certamente dell'artista. Non so capire perche il Torrkmi'ZZA la
dichiarasse testa femminile e I'IIkad iCntnì. li. M. Siciì'j, n. 31) non
fnccin proprio conno della corona.
(TOj Hkad, Coins nf Sijracìise.
101 F.TTOnr. GARRICI

unica concezione primitiva delle due divinità che


reso possibile lo scambio e , quasi direi , la fusione
dei due tipi? Or se Apollo fa rappresentato talvolta
colla, barba, lo scettro, il fulmine, tutti attributi di
(riove, non sarà certamente estraneo alle consuetu-
dini greche e romane trovare un Apollo con corona
di quercia: specie quando abbiamo una conferma in-
discutibile nella citata moneta di Catania. Un Apollo
con corona di pino in una dipintura murale di
Pompei e*!) ; un altro con corona di edera ('«^j usata
nelle processioni dionisiache, e le figuro di questo dio
con ramo di mirto sopra alcune monete C^^) costitui-
scono altrettante eccezioni nella storia del suo tipo
e provano di conserva con l'Apollo di Catania e della
nostra moneta che esso tipo andò soggetto a qualche
lieve mutamento per influenza di leggende locali.
Potremmo noi quindi ignorare qualche particolare
leggenda dei Mommi, la quale abbia determinato il
tipo di Apollo con corona di quercia. Giova per alti-o
tener presente che Apollo il (piale si ebbe in Italia
il sopr;innonie di Veiovis e che aveva un tempio tra
l'Arx e il Capitolium fin dai più antichi tempi di
Roma, è coronato di alloro sui denari di Mn. Fon-
teius (^y, di quercia su quelli che portano segnati i
nomi di Vergilius, Gargilius, Ogulnius C^^),
Pastino ora questi brevi argomenti per sostenere
la nosti'a ipotesi circa la testa imberbe della moneta
in ([uestione, il che vorrà in seguito pii!i esattamente
dimostrato.

(71) OvEUBECK, ApoUon p. 418; Atias, Taf. XXV, N.° 12.


(72) Id. id. p, 452; Ati.as; l\if. XXV, N. 13.
(73) Vaill. Xuìii. Iiiip. arg. p. 27; num. aer. p. 74, OG. Sehoì. XicamJ.
Ther. v. 613.
(74) Babelon, Foiileia, n. 9, 12.
(75) Id. Gargilia, n. 1, 2; Ogulnh, n. 1. 2; Vergiìki, n. 1.
POCHE OSSEUVAZIONI SUL DENAUO DI L. MK.MMI 195

IV.

Anche facendo astrazione dalla storia della gens


]\remraia, Funione di Apollo e i Dioscuri è frequente
sui monumenti numismatici. Nello studiare una mo-
neta, quella che prima ci devo venire in aiuto, è
la storia della famiglia o della città a cui essa si
riferisce, ^fa non sempre la storia basta ad illustrare
entrambe le facce ; molte volte il tipo del rovescio
trae luce dal tipo del diritto ed è in corrispondenza
con esso. Per citare (gualche esempio fra i monetieri
romani, giova ricordare il denaro di C. Postumnis
Ta[At':^), che è coverto al diritto dal busto di Diana,
alla faccia opposta, da uno degli attributi di questa
dea, il cane; e quello del denaro di i^. Pomponius
Rufus colla testa di CJiovr al diritto e l'aquila al
rovescio, e cosi via. Xei (]uali casi il rovescio della
moneta è in istretta dipendenza da quello della faccia
opposta. Ciò premesso, possiamo noi rintracciare una
relazione fra i ti])i del denaro in questione? Nulla
di più facile. Le relazioni dei Dioscuri cimi Apollo
si possono studiare nella leggenda della loro vita.
Essi rapirono e fecero loro spose le due figlie di
Leucippo, a nome Phoebe e Hilaeira. Ora, secondo
l'autore dei canti cipril. Phoel)0 e Hilaeira erano
figlie di Apollo ^~^^^>l Da ciò risulta, e da altri indizi! ,
che Leucippo, u l'eroe dei bianchi corsieri '), è in
realtà identico ad Apollo, di cui il suo nome non è
che un epiteto ^"^K E inoltre Elcna, l'avvenente sorella

(76j Palì., Ili, IG, 1.


(77j Dechahme, M'jthoìo'jie gr. p. Gi)G n. 'i. Sul trono di Apollo .iJ
Amido era scolpito questo ratto. (Plin., lliit. iiut. XXXV, 40 j.
19 5 ETTORE GAIJKICI

dei Dioscuri, presso Euripide, ò rapita da Apollo che


l'avrebbe menata seco nell'Olimpo C'^').
Ma non bisogna ricorrere a queste sparse notizie
per istudiare i rapporti fra queste divinità nel mondo
antico ; una più ampia conferma è dato ricercarla
nel loro carattere astronomico. Dal giorno in cui,
secondo la leggenda, Castore e Polluce salvarono il
naviglio di Argo assalito da nna fiera tempesta presso
le coste della Tracia, la Grecia rappresentava i Ge-
mel i s^nipre con in capo la stella che gii Argonauti
avevano visto brillare sulla testa dei loro compagni.
Gli artisti non si dimenticavano mai di figurarla
sulla fronte e sull'elmo conico delle statue di questi
dei e i marinai del Mediterraneo ravvisavano sempre
jielle fiamme fosforescenti, che oggi si chiamano
faocìii di S. Elmo, la presenza dei Dioscuri protet-
tori. A questi fuochi, assimilati ad astri mobili, do-
vettero Castore e Polluce il loro carattere di divi-
nità astronomiche, che loro venne in parte anche
dalla leggenda, la quale può interpretarsi in un senso
astronomico. Dal momento che escon fuori dall'uovo
di Leda, simboleggiante la notte nnentesi al dio del
giorno. Zeus, per generare i due astri rischiaratori
del mondo, fino al momento che abitano a vicenda
l'Olimpo, Castore o Polluce appaiono sempre come
due divinità essenzialmente luminose. Tutti gli epi-
sodi della loro vita, tutti i personaggi che si trovan
loro associati, sembran essere la traduzione e la per-
sonificazione difenomeni naturali della luce : Phoebc
è « la luminosa ;) (<poi;i/,j; Leucippo è l'u eroe dai bian-
chi corsieri " (Àsr/.ó-toSo;); Ida e Linceo, i fidanzati
delle figliuole di Leucippo sono i chiaroveggenti. Per
questa loro natura si trovano frequentemente asso-
ciati ai Cabiri sopra un gran numero di specchi

(7S) EiRiP., Orai. 1G2:J e :=cg. e Schol. If^S-J,


POCHK OSSERVAZIONI SUL DBNAUO DI L. MEMMI 197

etruschi (^9.*, e a Vulcano loro padra, tutte divinità


del fuoco. Ma a preferenza d'ogni altro sono accanto
ad Apollo, col quale vengono talvolta identificati,
fino ai più tardi tempi dell'impero. Sulle monete
imperiali dell' Asia niente di })iii frequente che
l'unione di queste divinità con Apollo; ora questo
ò figurato al diritto e i Gemelli stanno al rovescio
coi loro attributi , ora sulle monete di Filippo
padre e figlio, di Gordiano Pio, di Gallieno, Apollo
tiene per mano e sorregge col suo braccio uno dei
Gemelli.
Un gran numero di monete autonome dell'Italia
meridionale e della Sicilia associano i Dioscuri ad
Apollo, ed è notevole che nella maggior parte di
esse il diritto sia occupato dalla testa di Apollo, il
rovescio dai GemelU o a cavallo o in })iedi, ma sempre
coi loro lierretti conici e gli astri. Nuceria, Tarentum,
Paestum, Locris, Rhegium, Catana, Messana, Syra-
cusae, Tyndaris ci porgono esempi abbondanti della
costante unione di «pieste divinità, le quali avevano
un'afiinità indiscutibile; e sono sufficienti a compro-
vare anche un' altra volta che i tipi della nostra
moneta siano quali li abbiamo descritti : maggior-
mente poi quando si pensi clie di tale unione non
manca un qualche esempio nella stessa numismatica
romana, la quale nel denaro di A. Albimis S. F. ci
addita la via por la spiegazimii' della moneta di
L. Memmius.

(79) iNSTir. Akcheologico. Aininli 1841 \\ ^il. In(,iuiiami, Monuni.


etruschi, II, pn^. 4S2 e s. ti\v. \'K (ìeuiiai;:>, lvn;usKiscnt; Spieoki, Ct/LV.
M. T.vr. .■•.-.
I 'i)tr. IviroiiK ( iAiinicr.
IL BIMETALLISMO A UUm
NEL MEDIO EVO

Alcuni fenomeni economici i quali ci sembrano


nuovi, parelio in questo momento si dibattono sotto
i nostri ocelli e ci fanno sentire le loro dolorose con-
seguenze ,non datano da jeri , ma anzi in tutti i
tempi hanno agitato e tormentato l'umanità, perchè
traggono le loro origini dalle leggi di natura, le
quali sono immutabili, tanto nel campo fisico che
nel morale e, date lo stesse circostanze, producono
analoghi effetti. Per esempio, l'oro e l'argento furono
adottati da tempo immemorabile per servire alla
rappresentazione del valore ed alla circolazione del
denaro, ed i governanti tutti cercarono di stabihre
un rapporto lisso e perpetuo fra i duo metalli. Sic-
come però non vi può essere pr(qiorziono stabile nella
produzione di tali preziose materie, ora 1' una, ora
l'altra fa difetto ed aumenta il pregio della più rara
a pregiudizio dcdl'altra, alterando il rapporto presta-
liilito con danno degli interessi pubblici e privati ,
tanto più sensibile quanto l'epoca e la nazione ove il
fenomeno avviene sono più prosperi! e quanto più
numerose sono le transazioni commerciali ed il movi-
mento del numerario.
In tutti i tempi, di cui ci rimangono memorie
scritte, troviamo le traccio di simili perturbazioni ed
>00 NICOLO PAPADOPOr.I

ò interessante per la storia ed anche per la scienza


studiare le vicende ed esaminare i provvedimenti
messi in opera dai governi a seconda dei tempi e dei
criteri ritenuti più saggi ed opportuni in quel mo-
mento. Perciò mi proposi di far conoscere quali furono
i sistemi coi quali nel medio-evo si cercò di porre
rimedio ad alcuni, se non a tutti gli inconvenienti
della circolazione dei due metalli in Venezia, città
che divenne potente e prosperosa solo per il com-
mercio. Gli uomini che dirigevano la cosa pubblica
erano nati e cresciuti in mezzo agli affari della
mercanzia e della navigazione , onde recavano in
tutte le loro delil^erazioni un grande senso pratico
ed una conoscenza profonda dello cose commerciali
e delle vicende della circolazione. Vediamo adunque
come storicamente procedessero gli avvenimenti, come
man mano clie si presentavano gli inconvenienti e
si facevan sentire gli effetti perniciosi dello squilibrio
del valore dei duo metalli, i mercanti trovassero
provvedimenti atti a tutelare i loro interessi ed
impedirò maggiori danni, e come il governo appro-
vn,sso questo misure dopo averne constatato la equità
ed il pratico funzionamento.
Venezia, posta fra l'occidente e l'oriente, ebbe dal
primo il sistema monetario, fondato da Carlo ^Magno,
ma nei suoi frequenti contatti coll'oriente compisse
lo necessità del commercio e della circolazione del
]iumerario, per cui introdusse nella moneta alcuni
miglioramenti, che penetrarono più tardi nel rima-
nente d'Europa. Il progresso più antico ed importante
fu la coniazione del grosso d'argento (1202), con cui
essa offrì una moneta più pesante e più fina in sostitu-
zione dei denari assai deteriorati dall'originario valore,
differenti di peso o di bontà, incomodi a maneggiarsi.
La varietà e l' incertezza del valore , aggravate da
molte falsificazioni, recavano non poco danno al
It. lìIMETALI.ISMO A VENEZIA NEL MEDIO EVO 201

commercio, per cui la istituzione di ima miova mo-


neta più comoda, dove la zecca si mantenne fedele
al titolo ed al peso stabilito, fu un vero progresso
nel (piale Venezia ebbe il vanto di precedere gli
altri stati. La conquista di Costantinopoli ( 1204Ì, cbe
mise nelle mani dei Veneziani una considerevole
massa di argento, favori in modo straordinario la
diffusione del gi-osso, tanto in Italia che in Oriente,
in modo tale ch'esso era divenuto la moneta comune
con cui si faceva la massima parte delle transazioni
commerciali. Questo ci è provato dalle nuinerose imi-
tazioni fieli' idea ed anche del tipo e dalla memoria
del nomo che vive ancora oggi, dopo tanti secoli
dacché il grosso è scomparso.
Questa nuova moneta, che aveva ìe due (jualitn
pili apprezzato da ognuno, la stabilità e la diffusione,
fn preferita a tutte le alti'o nello transazioni che
dovevano avoio efletto a distanza di tempo e di
luogo, ma siccoiue il grosso non era facile a con-
teggiarsi colle altre monetazioni u>ato sin" allora, si
creò una nuova lira, la quahì aveva per l)ase <■ per
unità il grosso invece de! denaro.
Duo quindi furono le lire usate a ^ enezia. Ij una
0 l'altra erano divise in venti s(»l(li. ed ogni soldo
composto di dodici denari ; ma nuMitre nella, lira
dei denari piccoli la prima unità era il denai'o pic-
colo, nella nuova lira, detta f^'m d'i rjrossi. questo
posto era tenuto dal grosso. cIh^ ]ierciò era d<^tto
denaro r/rosso e dodici di tali monete foiMuavano il
soldn dei rjrossi. Cosi la f,iì-n dei piri-o'i cin"risponde\ a
ad una massa d' arg('nto (\guale a ([nella contenuta
in 240 piccoli, menti-e la Fàì-h dei r/ros.s-i. era ugnale
ad una massa d'argento pari a (piella C(}ntennta da
240 grossi ; ma siccome i denari piccoli variarono
di pe.so 0 di intrinseco, miMitrc; i grossi rimasero
per lunga pezza sempre uguali, questa nuova lira
202 NICOLÒ l'AI'AbOl'OLI

di maggior valore sempre costante, fu preferita dallo


Stato, dal grande commercio od in tutte quelle con-
trattazioni, nelle quali era importante convenire e
conservare memoria esatta dell' intrinseco determi-
nato ; invece il mercato giornaliero ed il piccolo
commercio adoperavano di solito la lira di piccoli
0 la sua suddivisione più comoda e più. popolare.
Il rapporto fra la lira di grossi e la lira di
piccoli, corrisponde naturalmente a quello esistente
fra il denaro grosso ed il denaro piccolo, per cui
originariamente la prima lira valeva 26 delle se-
conde, ma quando aumentarono i piccoli contenuti
in un grosso, aumentarono anche le lire di piccoli
equivalenti ad una lira di grossi, per cui quest'ultima
sali nel 1270 a 28 e nel 1282 a 32 lire di piccoli.
Era però questi^ un aumento solo apparente e di
numero, perchè in proporzione della maggiore quan-
tità di lire di piccoli corrispondenti alla lira di grossi,
esse diminuivano il loro intrinseco valore.
Quando fu istituito il primo ducato d'oro (1284).
esso fu ragguagliato a 18 grossi, con una proporzione
fra l'oro e l'argento come 1 : 10 G\ÌO : nel 1328,
quando il ducato fu equiparato a 24 grossi, questa
proporziono si trovò elevata come 1 : 14, con note-
vole vantaggio dell" oro sull' argento. Da questo rag-
guaglio nacque uu modo facile e pi'onto di conteg-
giare la lira di grossi, che incontrò così grande
favore nel pubblico, da resistere a tutte le mutazioni
successive, di guisa che la lira di grossi divenne
sinonimo di 10 ducati. Difatti il ducato corrispon-
dendo a 24 grossi, si calcolava due soldi di grossi,
e così ogni soldo di grossi era mezzo ducato, e
10 ducati formavano la lira uguale a 240 grossi effet-
tivi. Questa comodità ebbe un' influenza decisiva sulla
vita della lira di grossi e sul modo di calcolarla in
moneta d' oro ; ne abbiamo la prova in quel libro
IL BIMETALLISMO i VENEZIA NEL VEDIO EVO 203

prezioso per le notizie commerciali e monetario del


secolo XIV olae è " La pratica della mercatura del
Pegolotti (1-. ;' In più capitoli di quell'oliera sono
ragguagliati a 24 soldi di grossi il ducato di ^'enezia
ed il fiorino di Firenze, monete che tenute uguali
per il peso e la bontà servivano comò moneta univer-
sale nei commerci coi paesi lontani. Verso la metà
del secolo XIV, per rimediare ad altri inconvenienti
monetari, sui quali torna inutile fermarsi, il grosso
fu elevato al valore di 4 soldi, o, per esprimermi più
esattamente, il valore del soldo fu dimimiito sino ad
un quarto del grosso. Questo nuitamento portò una
notevole alterazione nel modo di valutare la lira di
grossi, giacché il grosso si divideva in 32 piccoli, e
quindi la lira di grossi era valutata 32 lire di pic-
coli, mentre i 240 gro.'^si cffi'ttivi ed i loro equiva-
lenti 10 ducati, erano arrivati al valore di 48 lire di
piccoli. Siccome la coniazione del grosso erasi in
quest'epoca rallentata, [kù arrestata, ne venne ^jer
conseguenza che si formarono due dift'eri'nti qualità
di lire di grossi, secondo che si prendeva per base
il ducato ovvero il piccolo. Infatti numerando 32 pic-
coli per gl'Osso, 7G80 piccoli, ossia 32 lire di piccoli,
formavano una lira di grossi ni arr/enfo : ma se in-
vece si prendevano i 10 ducati equivalenti alla lira
di grossi, si aggiungeva a 48 lire di piccoli ùi oro,
perchè ogni grosso era stato colla nuova disposiziono
valutato 16 piccoli più di ])rima. Ne venne quindi
un singolare fenomeno : due lire di eguale origine e
con eguale suddivisione, ma di differente valore, di
cui una aveva ideale il grosso, di minore intrinseco
del reale ; 1' altra aveva il piccolo maggiore dell' ef-

(1) Francesco Balducci Pegolotti, Tm pratica della Mercatura, Lis-


bona e Lucca, 1766.
20l NICOLO PAl'AbOl'OLI

fcttivo. e (jnii)di esso puro iinmagiiiario. Il decreto


del l) iiiag,i>'io li379(2j, elle ordina nuovainento la co-
niaziouo del grosso, abbandonata da alcuni lustri, ce
ne offre una chiara dimostrazione. In esso si stabi-
lisce die ogni marca d'argento dia il reddito di lo
soldi di grossi : ora con questo ragguaglio i grossi
did secondo tipo (Andrea Contarini) non dovrebbero
])i'sai'e so non poco più di 2ó grani, perchè da una
inarca si a\i'ebbe dovuto tagliare 180 pezzi. Invece
i grossi di queir epoca pesano oltre 38 grani, e ciò
vuol dire cdie da una marca si fabbricavano solo
120 pezzi, e rpiindi i grossi usati nel conteggio
dolbi jiarte sono ideali e corrispondono alla lira di
grossi in argento del valore di 32 lire di piccoli,
mentre i grossi fabbricati in zecca appartengono alla
lira più pesante e cioè a quella di 48 lire di piccoli.
A conforma di ciò troviamo nelle memorie di zecca
che le lire di grossi valevano nel II08, 32 lire di
piccoli et a oro lire -18.
Queste due specie di lira di grossi non potevano
esistere nello stesso tempo e nello stesso luogo, e così
quella in argento scompaiiva ben presto, sostituita
dall'altni lira più antica, che aveva puro come base
il piccolo e che da osso si nominava, perchè nelle mi-
nuto contrattazioni era più conosciuta e più comoda.
Invece la lira di grossi in oro acquistava sempre più
importanza e diffusione, così che nei documenti pub-
blici del secolo X.V si parla quasi esclusivamente di
lire di grossi e di ducati d' oro, anohe nelle paghe
dei funzionari dello Stato. Le guerre e le difficoltà
finanziarie del touipo di Francesco Foscari fecero
aumentare il pregio della buona moneta, cosicché il
(lucuto sali a 1O0 soldi, poi a 120 e fiaalmente a 124.

(2) Misti Senato, Registro XXXVI, C. 75.


IL BIMETALLISMO A Vi:NEi^lA NEI. MEDIO EVO 205

Questo valore si conservò stazionario per molti anni e


fu considerato 1' equivalente normale del ducato,
onde rimase come moneta convenzionale quando la.
moneta d'oro effettiva, avendo aumentato di prezzo,
prese il nome di zecchino.
Xel 1472 fu decretata la lira, hella moneta di
ottimo argento, colla testa del doge Nicolò Tron. dal
([uale prese il nome; lo mutò piìi tardi in quello di
yiocenigo allorquando fu proilùto al principe di met-
tere il suo ritratto sulla moneta. Fu cosi che 1" an-
tichissima lira di piccoli, esistente solo di nome e
come riunione di 20 soldi o 240 denari, fu per la
prima volta rappresentata in moneta eft'ettiva. Colla
stessa bontà e con un peso pniporzionalmente mi-
nore, la zecca continuò a battere i soldi, ma non i
grossi, i quali però si conservarono nelle abitudini po-
polari, anzi il grossi) fu sempre considerato t'([UÌvalento
a 4 soldi, per cui il ducato si ragguagliava a grossi
31 a nionela. perchè si pagava con 124 soldi d'ar-
gento effettivi.
La lira di grt)ssi intanto conservava intatto il
suo antico valore e cioè si calcolava ])ari a dieci
ducati d'oro ; ogni ducat(ì si divideva in 24 grossi
ed ogni gros.so in 32 piccoli, monete queste che non
esistevano materialmente e che erano detto rjì-ussi
a oro, piccoli a oro, ])er distinguerle da quello di
egual nome cIk- si usavano nella lira di ])iccoli.
Questo regime monetario che conservava il
])rincipio di due monete affatto distinte, l'una in oro,
l'altra in argento, si mantemic in vigore ]ìer ben
lungo teuipo, anche quando le os('illazioni del mer-
cato portarono nuovi caml)iamenti mvl valon' delU;
specie metalliche. Le o])en' di Domenico ^[anzi)ni '^^

(3; DcJ.MENICO >fAN/.UM Or. 1 ERlilNO. QuilJi.TllO doppio rol SUO i;ionKilc
novaineiite composto ot dili^'oiitissimaiuento ordinato spcond'.i il costmu'
206 NICOLÒ PAPADOPOLI

e di Alvise Casanova, W, che danno le regole e gli


esempi per tenere i libri commerciali colla scrit-
tura doppia S(icondo il modo di Venezia , mostrano
chiaramente che entrambe queste maniere di conteg-
giare si usarono per tutto il secolo XVI. Questi due
autori ci insegnano che la lira di piccoli era adoperata
dal volgo, dai bottegai e dai piccoli negozianti costretti
a registrare una gTande quantità di partite di poco va-
lore, mentre lo Stato ed il grande commercio tenevano
lo scritture in lire di grossi ed in ducati d'oro. Così
pure sappiamo da essi che le cifre arabiche erano usate
nei conteggi comuni e di poca importanza, mentre
nei libri più autorevoli si adoperavano le figure del-
l'abaco antico detto imperiale, ossia le cifre che noi
chiamiamo romane, perchè i legami con cui si scri-
vevano in quel tempo erano fatti in modo da impedire
i cambiamenti e le correzioni.
Così nella A'enezia del medio evo si intendeva il
bimetallismo e si assegnava all'oro ed all'argento nn
compito diverso nella circolazione monetaria. Di
tempo in tempo nascevano gravi difficoltà per l'aggio
e per le oscillazioni nei valori delle monete, ma il
sistema veneziano aveva il vantaggio di tenere in
onore e in circolazione tutta la massa metallica di-
sponibile edi impedire che a quello dei due metalli,
che diminuiva di pregio per maggiore produzione,
si aggiungesse il discredito di una limitata circo-
lazione.
Non è mia intenzione di entrare nemmeno di
straforo nella vasta e complicata questione della

di Venetia. Venezia, Comin da Trino 1540 e 1553; — idem, Libro mer-


cantile ordinato col suo Giornale et alfabeto per tener conti doppi al
modo di Venetia. Venezia, Comin da Trino, 1565 e 1573.
(4) Alvise Casanova Cittadin veneziano, Specchio lucidissimo, etc.
Venezin, Toroin da Trino 1558.
IL BIMETALLISMO K VliNEZL\ NEL MliDIO EVO 207

circolazione luonetavia, olio si dibatto oggi fra gii


economisti d' Europa e d' Anienca, ma credo di
fare opera non inutile, portando a cognizione degli
studiosi il frutto dell'esperienza fatta durante secoli
presso un popolo eminentemente commerciale il cui
governo ebbe fama di accortezza e di rettitudine
esemplari.
Noi possiamo trarre non pochi utili insegnamenti
dalla storia delle città marinare e commerciali, come
Venezia, Genova, Pisa e Firenze, che formano ima
delle più splendide glorie d'Italia. Questi comuni, sorti
da vnnili origini in tempi di desolante barbarie .
riuscirono ad elevarsi alle pili nobili altezze, me-
diante l'ardire, la perseveranza e la virtù dei loro
abitatori. Qui vediamo il commercio, già disprezzato
])er antica tradizicnie e per pregiudizio del tempo,
elevato agli onori del governo ; qui troviamo le traccie
più antiche delle moderne istituzioni commerciali
come la cambiale, la lianca e la scrittura doppia.
Questo pensiero mi conforta e mi dimostra cIil'
la Numismatica non devi' confinarsi fi'a le scienze
di pura speculazione archeologica o di sterile abbel-
limento, ma può, per mezzo della conoscenza del pas-
sato, essere feconda di insegnamenti utili per la so-
luzione di pratiche difficoltà, che si riproducono ai -
traverso lo spazio ed il tem])ii.

Nicolò Pai'ahofoi.i.
TRE MEDAGLIE
JN r»NORK

DI FRATE GIOVANNI DA VICENZA

Scrivendo di t'ainillo .Mariani, io aiiiin\ oiav'o ira


le sett(3 modaf^dio, modellato dalla sua mano. (|U<'lla di
frate Oiovaiiui da \'ieenza ''.'. il famoso doiuoiiioaiio.
che nelle pianure di l^aipiara , a poche miglia da
Verona, att'ratellava con r(do(iuenza didla sua ]iarola
i g^uelll e i o-]iil)elliiii. non dirò di Lomliardia. ma di
tutta quasi l'Iralia. I)i (piella moda.ylia io non a\-e\(i
però sott" occhio nessun esem[>lare ne sapevo (piale
Colh.'zione, o (piale dilisco ne lòsse in possesso. Alla
descrizione, chio ne [)or<;'ev(». erami ])órto modo, come
])ure ho avvertito, dal fac-simile edito dal ]\Iaz/iie-
chelli (-) <! dalla (dassica o[):'ra dell'Armand sn,i;T in-
cisori italiani di medaij-lic ne" secoli X \' e X \ I ^-"O.

(1) iiirisla
Milano, 1891. tidìiiiDii di S'iiiiiiiiiKili'yi, Anno I\', fase. I-II , l'ag. 17;!.

(2) 1761.
iietiis, MuHU'um Miicciirrhrì/iainiiii. 'l'oiii. I. paj;. 85, tav. VI. ii. I. A'c-

(3) AuMANi), Lcs Mi'doill/'urx J/uh'/'iis (/'■>■ (jiiiiniìiiie et sfizi! iii>' ^l'cli s,
Tom. II, pag 10, n. IO. Paris. lss:i.
210 BERNARDO MORSOr.lN

Ma l'Armaiul , elio pure avea percorso 1' Europa e


tenuto conto delle medaglie da lui vedute, non fa
cenno d'alcun esemplare, che gli cadesse sott'occliio.
Ne parla, invece, sull'autorità del Mazzucchelli , di-
scordando da lui in un accessorio di poco momento.
A'i differisce cioè nel qualificare l'arnese, circondato
di fiamme, scolpito nel rovescio, (|ualificandolo non
ini elmo, quale parve al Mazzucchelli, ma. un globo.
Dall'insieme apparisce che con la medaglia siasi vo-
luto commemorare non tanto il nome del celebre
frate, quanto il fatto più strepitoso della sua vita,
vale a dire la paco di Paquara.
Ora devo dire che la medaglia, coniata in onore
(li frate Giovanni da Vicenza, illustrata dal Mazzuc-
chelli e dall' Armand , non è la sola. Contempora-
neamente al Mazzucchelli faceva parola di un'altra,
[)osseduta dal conte Lodovico da Schio, il Calvi, un
erudito raccoglitore di notizie copiose sugli scrit-
tori vicentini. ^Ma la descrizione, ch'egli ne dà, non
è COSI particolarv'ggiata da togliere motivo a qualsiasi
desiderio. Il Calvi non accenna nò alla dimensione,
nò alla posa del busto nel diritto. Del diritto reca la
sola leggenda : - F • IOANN • SCLEDVS • ViCENT • ORD •
PRAEDICAT. - Quanto al rovescio , riferisce che vi si
rappresentava una Pac;', sedata, avente fra le mani
una torcia inversa, in atto di appiccar fuoco ad alcuni
attrezzi militari, prossimi a due figure in piedi, la
Discordia e la Cruerra, con all' ingiro la leggenda
- PACEM • MEAM ■ DO • VOBIS. -
La notizia, lasciata , come che si voglia , dal
(Jalvi W , non è sfuggita al .Magrini , che di frate
(fìovanni da. Schio scriveva alcuni conni, volge oltre

(tj Calvi, lìMiolecd </('/!' Scriltorl Vicentini, Tom. I, pag. o5. Vi-
l'enzi), 1772.
IRl; MEDAGLIE IN ONOlìE DI KRAl i: GIOVANNI DA MC.ENZA
211

un mezzo secolo (°), non è sfuggita a Carlo Sutter.


mi bravo giovane alemanno , che ne dettava con
intelletto d' ancore e pubblicava nel 1891 nn dotto
lavoro ^^''). ^la il ^Magrini, pnr citando 1' autorit;i del
Calvi , non ne ritbrisce con tutta esattezza la de-
scrizione : non fa parola cioè delle dne figure in
piedi, la Discordia e la Gueini, che vi sarebbero rap-
presentate nel rovescio. iJicliiara . invece . frainten-
dendo, a quanto paro, respressiono del Calvi, clic ]m
donna seduta clic ha tra lo mani la face arrovesciata,
calca col piò la Discordia.
La notizia del Calvi lui ha messo , com" era-
naturale, nel!" animo il desiderio delle indagini,
le quali non approdarono però del tutto a buon
porto. Ho cercato indarno cioè presso i discen-
denti di fra Giovaimi 1" eseiiqilare della medaglia ,
che doveva possedere , oltre un so'colo fa , il conte
Lodovico da Scliio. Ma non tutto è riuscito a
vuoto. Al conte Almerigo da Schio io devo la co-
noscenza d'una terza medaglia, posseduta dal com-
mendatore Antonio Toaldi, deputato al I^arlamonto
d'Italia. E la medaglia , che io tengo sott" occliio e
della quale m'ò grato ])oter dare il fac-simile. Il dia-
metro non è di quarant'otto millimetri, qual è quello
della illustrata dal Mazzucchelli e dall'Armand C"), liìa
di soli quarantaquattro. Il diritto reca il busto del
celebre frate . volto ugualmente a destra , vestito
dell'abito dell'Ordine , cui mento sbarl)ato e con la
testa scoperta e rasa, (juasi per intero, alTinfuori di

(5) Magkim , Notizie su fra Giovanni da Schio, pag. 51 . nota 20.


Padova, 18t2.
f6; SviTÉR, Jojnn tjn ì'icema, unì dif italienisvlie Fiù^rlnubcircguni/
im Jahre 1233, p. lU-', Freibur- i. B., 1S!H.
u) Nello scritto su Cainillo Mariani conia'orc di inedaf/h'e è data la
dimensione in centiiiidri. I,';gj;Hsi invece inilliinctri. E lo sbaglio, elio si
ripete per la dimensione di quali-lie altra iiindaglia ivi descritta e clic
vuo! esser corretto con la sostituzione di iiiiltimi'tri a ceiìtimc/ri.
>12 r,l;HN\Rl)0 MORSOLlN'

lina piccola corona circolare di capelli assai corti. .Se


vi ha ilifferonza, sta questa nella l(i'j;^en(lsi. In luogo
(li : - IOANES • SCLEDVS ■ VICENTINVS • ORDINIS • PRAEDIC • -
vi si l<vL;ge: - F • JOAN • SCLEDVS • VICENT • ORDINIS •
PRAEDICATORVM. -
Differente del tutto è , invece , il rovescio. In
questo non si raffigura già il capo, o il globo , cir-
condato di fiamme , ma una donna , seduta, in co-
moda veste, con berretto in tosta, il viso volto a si-
nistra e tra le mani una face arrovesciata , in atto
di reprimerne e spegnerne la fiamma. Che per quella
figura (li donna si rappresenti la pace , non è , mi
pare, nemmeno a dubitare , quando si avverta che,
da presso i piedi, lo sporgono, a destra , un arnese
rurale e delle spighe, simboli dell'agricoltura, biso-
gnosa ,sopratutto , della pace. La leggenda è pur
desunta dal Vangelo di San Giovanni: ma al motto:
PACEM • RELINQVO • VOBIS ■ .scolpito nel rovescio della
medaglia, già nota, s'ò sostituito Taltro, che vi segue
immediatamente: - PACEM • MEAM • DO • VOBIS --È il
testo, quale risulta dallo due leggende, d'onde, a testi-
monianza degli scrittori contemporanei , ebbe a
prender le mosso il sermone, che dovea fruttare quasi
prodigiosamente la pace di Paquara.
Che la medaglia, di cui dò il fac-simile. sia ri-
masta, sino ad ora, sconosciuta, non credo. 11 Calvi
dichiara d'aver avuto nelle mani, oltre la posseduta
dal conto Lodovico da Schio, l'esemplare di un'altra,
custodito nell'Archivio de' Domenicani di Santa Co-
rona in Vicenza. Nulla fa pensare ch'essa potesse
essere la illustrata dal Mazzucchelli e dall'Armand.
Lo deduco dalla testimonianza stessa del Calvi, che,
citando in suffragio della sua testimonianza rautoritii
di Michelangelo Zorzi, tm altro erudito vicentino del
tempo, il quale l'aveva pure veduta, si fa a dichiararla
.. poco diversa ■' da quella , che custodivasi presso
TRI-; MEDAGLIE IN ONOKE DI FRATE GIOVANNI DA VICENZA 213

il coute da Schio i^). Il che nou !si potrebbe dir cer-


tamente della riprodotta dal Mazzucchelli : dove, a
non parlar che del solo rovescio, la differenza ò assai
notevole e per il motto - PACEM • RELINQVO • VOBIS • ;
in luogo dellaltro: - PACEM • MEAM • DO • VOBIS- e per
il globo od elmo, circondato di fianini", in luogo della
donna seduta con la face inversa. Ben vuoisi giudicare
differenza di poco rilievo (jnella. che corro tra il ro-
vescio della medaglia, possciduta già dal conte Lodo-
vico da .Schio, e il rovescio della presente, recando
entrambe la stessa leggenda e lo stesso concetto
simbolico, meno sviluppato nell'una, dove non s"ha
che l'unica donna seduta, più diffuso nell'altra, in
cui alla figura seduta stanno da[)presso le altre due,
rappresentanti la Guerra e la Discordia.
La medaglia, illustrata dal Mazzucchelli e dal-
l'Armand, non ò adunque la sola, che siasi coniata in
onore di frate (fiovanni da Schio. Ad essa è forza ag-
giungere ledue, ricordate dal Calvi, d'una delle quali
^•uolsi riputare . come ho detto, l' esemplare , eh' io
tengo sott' occhio. Ma da ([uesto fatto zampilla na-
turalmente un sospetto : mi sorge il dubbio cioè di
non aver colto, torse, nel segno, quando attril)uivo al
Mariani la m'Mlaglia , illustrata dal Mazzucchelli e
dall' Arnaand. Il mio giudizio fondavasi allora sulle
parole del Gualdo, le ipiali non sonij cosi esplicite e
chiare da determiiiarc siccome lavoro del Mariani ,
r una piuttosto eh*! 1' altra medaglia ("'. Stando
però a' diritti sarebbe forza convenire che I' in-
sieme ela posa ilei busto accusino il lavoro d' una
identica nuiiio. Diversi del tutto, cosi nella leggenda,
come nelle figure siml)oliche, si presentano, invece,
i i-ovesci. Ma (|uesto noii toglie che vi si assomigli

(8,1 Calvi, Oc. clt., paj;. l2T. Viceiiz.-i, 1772.


(9) Uirista Jlctliaiin di SiiìniiiHulirii. .-Xiiiio III. pas- 112, Milar.o, IsiC.
Ili mCHNARDO MOIÌSOI-IN

il concotto e elio tutte o tre le medaglie alludano


per esso, com'anco per il senso delle leggendo, alla
nota paco di Paquara. Nò le parole del Gualdo ,
che annoverava tra le medaglie del suo Museo le
coniate dal Mariani, escludono che il detto artefice
]ie facesse più d'una, a Le sue opere pi'esso di me,
sono in medaglie, v'ò detto, pulitissime -t ; le quali
l'appresentano " Aulo Cecina capitano generale di
N'itellio , Gallo poeta vicentino , Palemone oratore ,
Alforisio conte di Vicenza, Alberto Marano Vicario
imperiale , Giovanni da Schio , oratore , Girolamo
Gualdo Cavaliere e Protonotario Apostolico - (^^J.
Tenuto conto di tutto questo e segnatamente del-
l'identità de' bnsti, perchè non si potrebbe ritenere
che non una, ma tutte e tre le medaglie uscissero
dal punzone del Mariani?
Ho già avvertito altrove che intimo e mecenate
dol Mariani, di cui eblie a piangere la morto con
un sentito epitaffio, fu Paolo Gualdo, l'amico del
Galilei e del Tassoni, che ne fa onorata menzione
nella a Secchia Rapita, r Ed ora devo aggiungere
che nn erudito vicentino, morto a mezzo circa il
secolo decimottavo, accennando alla medaglia, nel
cui rovescio si rappresentavano le tre figure della
Pace, della Discordia e della Guerra, riferiva l'opi-
nione ch'ossa si fosse coniata « per opera di Paolo
ed Emilio fratelli Gualdi ?: . (^0 E il Paolo è appunto
lo zio di quel Girolamo Gualdo, che del Mariani
dichiarava, non saprei ben diro, se la medaglia, o le
medaglie del siio Museo in Vicenza.
Bernardo INEorsoltx.

(10) Rirista Italiana di 2\iimisinatica, Anno IH, loc. cit.


(11) Claudio da Santa Maria, Scrittori Viveiitini, Mso. nella Biblio-
teca Comunale di Vicenza.
<0

DI UXA ^MOXKTIXA INEDITA

DELLA ZECCA DI MESSERANO

i'rugainlo Fiinno passato iu (ìagliaulcu tMU,i\) un gi'up^ìo


ili vecchie monete fuori corso, già stavo })er pentirmi del-
l'inutile fatica, ijuando mi cadile sott'occhio una monetina
che, non ostante la (Zittiva coTiser\'azione e la piccolezza
del modulo, destò la mia attenzione. Infatti non tardai ad
accorgermi che essa apparteneva alla zecca di IMesserano.
Per ciò solo essa era d'un rerto pregio; questo [)0Ì diveniva
maggioro dopocln"', avendola inutilmente cercata md Proniis
e nel Morel-Fatio, constatai idi' era tutt' l'ira inedita. — La
monetazione dei Fieschi n Ferrero-Fieschi si trova descritta
ed illustrata con somma erudizione ed inanivabile cliiarf>zza
nella classica opera di Domenico l'romis sulle Moììcti; drllc
zecchi' (li Mi'xsi'rfiììD <■ Ci'i'i'itcìuirt; tiri F/rsc/ii i> Ferrt'ì'O ('-:;
anzi per quanto riguarda le coniazioni d'oro e d"argento,
il lavoro del Promis può ritenersi pressoché com[)leto, tanto
che in 10 anni dalla puhhlirazione di esso non vi si pote-

(1) Questo articoletto ù tolto J;U giornale di Biella; l.'Kcn iI-II'Ik-


(hiitria, Anno XXII, N. 'M, p, pnliblicandolo, ne rcmlianio le ilovute
grazie all'antore il Prof. Cosare Poma, il qualo gentilmente ci accordava
di riprodurlo nella nostra Uivisfa. fN. della R.J
(•2j Torino, 18<;0, e Meni, della Tt. ..Vccailemia delle Scienze, serie II,
tomo XXIV,
21G cesari; poma

rono fare che scarsissime aggiunte. La descrizione invece


(Ielle coniazioni di biglione e di rami minuto è lontana
dall' esservi altrettanto completa, sìa die quando 1' illustre
numismatico torinese pubblicava il suo insigne lavoro non
ne fosse ancora nota che una piccola parte, sia che nella
innumerevole varietà dei tipi il Promis s' attenesse delibe-
ratamente al sistema di non pubblicare che i principali.
A questa deficienza riparò in parte il Morel-Fatio, il
(|ua]e nell 'illustrare le zecche dei Cantoni Svizzeri, pubblicò
pure molte contraffazioni e imitazioni di monete svizzere
dovute alle piccole zecche feudali del Piemonte, tra lo quali
anche alcune di rame e di biglione delle zecche di Messe-
nino o Crevaouore. E noto come durante i secoli XVI e
XVII i Fieschi ed i Ferrerò in questi due loro feudi, i
Tizzoni a Desana, i Doria, i Malaspina, gli Spinola ne' feudi
imperiali del Genovesato e di Lunigiana e altri nobili
signori esercitassero l'arte del falso monetario, usando
contratiare le monete migliori e più in corso ne' maggiori
Stati d'Italia e d' (Jltre monti, e farne grossissime emis-
sioni a titolo pili basso, a lega più scadente e a peso in-
feriore, con la quale operazione, che oggidì tradurrebbe
davanti le Corti d'Assise chi vi si applicasse, realizzavano
ingenti guadagni.
3Ia anche dopo il Morel-Fatio rimangono inedite molte
varietà di tipi editi e parecchi tipi nuovi di monete di
rame messeranesi : ed io stesso ne posseggo un certo numero.
La monetina, di cui m'accingo alla pubblicazione, non è di
ijuelle che o per la nobiltà del metallo o per la bellezza
del conio o per la i-arità o per la bontà della conservazione
fanno la frioia dei numismatici e degli amatori: si sa che
al giorno d'oggi la fortuna di trovare alcuna di tali monete
che sia tutt'ora inedita va facendosi sempre più rara ; ma
non è perciò da disprezzarsi il >nc'iiii freliìi perchè contri-
buisce ugualmente alla conoscenza della numismatica e della
storia e perchè senza di esso riuscirebbe sempre incompleta
la descrizione di qualsiasi zecca.
Avverto che il tipo della monetina che passo a descri-
vere è affatto nuovo mdla serie delle monete di rame di
Messerano,
DI USA MONETINA INEDITA DELLA ZECCA DI MESSERANO 217

a Monetina di i-aine, portante sul lato diritto il bnsto


del principe volto a destra ed in giro i'FRA)NCISCV(S) ; e
nel rovescio una croce con 1' estremità di cadaun braccio
fogliata e bipartita e sormontata da un punto, ed in giro
la leggenda NON • NO • DO--.. Pesa grammi 0,4G. ;i

L'appartenenza di questa monetasi deduce dalla leggenda


del rovescio, che deve compiotarsi: non nobis. Domine, sed
nomini tuo da gloriam, ed era il motto di Ferrerò Fieschi (3).
Il nome che si legge sul diritto, ce la fa assegnare con
tutta sicurezza a Francesco Ferrero-Fiesolii che fu principe
di Messerano e marcliose di Crevacuoro dal 15S4 al 1G29.
Il principe essendo nato nel 157(1 e la sua effigie su questa
moneta indicando età già matura, dobbiamo ritenerla co-
niata non prima probabilmente del IGIO.
Questa breve notizia fa parto d' un più lungo articolo
su Alenile rarietà incrlitc di rnonele (ippii/'lrìi/mli n zccrìic
signo>'ili 0 fen/ìaìi del Piemonte destinato per una Rivista
numismatica: ma ritenni non inopportuno di pubblicare su
un giornale biellese la monetina di Francesco Filiberto. ]ier
due motivi; primo, perchè fu battuta nella zecca d'un paese
che ora fa parte del circondario di Biella (Ij; secondo,

(3) Questo motto er.a comnno ancho ail un'altra t'amiglia patrizia
biellese: i Fantoni. Nel piccolo Museo di antichi monumenti biellesi,
che il compianto Quintino Sella aveva iniziato sotto uno dei porticati
della Scuola Professionale, è una lapide sepolcrale di t'orma quadrata la
quale porta scritto sull'orlo in basso: avgv . eantonv.s . sua . et . i'()sT . iì
sugli .altri tre lati la leggenda non noi'.is domine | sed nomini tl'o | da
fil.ORIAM. In mezzo evvi lo ^^temma della famiglia Fantoni, ma di esi-
nou si distinguo più che lo scudo accartocciato e sormontato da cimiero so
nel quale lo stemma propriamente detto era racchiuso. Si rileva jierò
dal Consegnamento del Hill CArch. camerale di Torinoi che i L'aiitoni
portavano u d'azzurro con un leone d'oro, (piai tiene con le zampo una
lancia con banderuola d'argento. Cimiero, un leone nascente tenente
una lancia simile. Col motto sopra: Unn noìiis Doiiiiii", .ied uoiniiin Ino
ila gloriam. n
(4) Durante la signoria di Friancesco Filiberto lavorò anche la zecca
di Crevacuore. Non rimanendo alcun dato per distinguere so la descritta
monetina sia stata coniata piuttosto in una clie in altra delle due zecclie,
l'attribuii a Messerano, essendosi sempre in questa lavorato senza i8l' in-
termittenza della zecca di Crevacuore.
213 CESARE POMA

porchò fu rinvenuta nel Biellese; e come corollario di questi


due, per un terzo motivo, per risvegliare 1' attenzione dei
raccoglitori e degli amatori, non essendo impossibile che
dove si rinvenne una moneta di Messerano, se ne rinven-
gano altre. Se le specie d' oro e d' argento erano destinate
all'esportazione, quelle di rame correvano nello Stato dei
Ferrerò e nelle terre finitime soggette a Casa Savoia. Il
nostro circondario, che comprende le terre che già furono
dei Ferrerò, può quindi aver conservato qualche residuo
delle copiose emissioni degli antichi signori di Messerano
e Crevacuore.

Cesare Poma.
MEDAGLIE ITALIANE DEL 1890

L'indugio involontario nel riferire delle medaglie ita-


liane del 1890, è compensato dalla larga messe che — con
maggior tempo dinanzi a noi - abbiamo potuto raccogliere.

Le medaglie che prime troviamo nel 1890 sono quelle


relative alla morte del valoroso principe Amedeo di Savoia,
duca d'Aosta, fratello di Sua Maestà, avvenuta in Torino il
18 gennaio 1890, dopo breve decorso di malattia polmonare,
annunciatasi con le forme dell'insidiosa influenza.
Le medaglie che si riferiscono a questo lutto Jella fa-
miglia Reale e della Patria sono le sei seguenti :

1. — Diam. mm. 55.


/D' — In giro, in cerchio rilevato, nella metà superiore,
fra due crocette: AMEDEO DI SAVOIA DUCA D'AOSTA.
In giro nella parte inferiore dello stesso cerchio rile-
vato: MORTO A TORINO XVIII GENNAIO MDCCCXC- Nel
campo la testa nuda, a sinistra, del princif)e, e sotto
di essa: L. Eisel e proMo, Torino.
I^' — In giro, in cerchio rilevato: OMAG&IO E RICORDO
DEL MUNIFICO PRINCIPE. Nel campo, in alto, fra nubi,
a destra, il santuario di Superga, sormontato dalla stella
d'Italia raggiante. Nel mezzo del campo l'aquila reale
di Savoia, spiegata, di prospetto, volta col rostro a de-
220 AI.l-'REDO COMANDINI

sfcra, o poggiando su rami d'alloro e di quercia intrec-


ciati con spada e col gran collare del supremo ordine
dell'Annunziata.
Questa medaglia fu eseguita in Torino, e messa in
commercio a L. 5 per ogni esemplare in rame dagl' incisori
Eisel, padre e figlio.

2. — Diam. mm. 65.


,B' — Busto del principe Amedeo di prospetto, un poco
a destra, in uniforme da generale con collare dell'An-
nunziata edecorazioni, testa nuda. Nel taglio del busto
a sinistra: tìiov. Vagnetti fece in Koma, 1890.
13- — Nel campo, in tredici righe: ALLA MEMORIA — DI
AMEDEO DI SAVOIA DUCA D" AOSTA — NATO A TO-
RINO IL 30 DI MAGGIO 1845 PER L" INDIPENDENZA
D'ITALIA - COMBATTE" DA PRODE A MONTECROCE
- ELETTO RE DAGLI SPAGNOLI -- DEPOSE CON DI-
GNITÀ' LA CORONA — SDEGNANDO DI MACCHIARLA
NELLA GUERRA CIVILE — ESEMPIO DI FRATERNA CON-
CORDIA ~ PARTECIPO' COL RE UMBERTO I — Al PE-
RICOLI DEI CONTAGI E ALLE CURE PER LESERCITO
TUTTA LA NAZIONE LO PIANSE ~ QUANDO MORI'
A TORINO IL 18 DI GENNAIO 1890. In basso: Marco
Tabaukini dettò.

Questa medaglia fu incisa in Roma e fatta coniare in


Firenze, dall'esimio incisore Cav. Giovanni Vagnetti, che
ne mise vari esemplari di bronzo in commercio, a L. 10.
3. Diam. mm. 58.
iiy — In giro, ai lati: AMEDEO DI SAVOIA — DUCA
D'AOSTA. Busto a destra in uniforme da generale, con
collare dell'Annunziata e decorazioni, testa nuda. Sotto
al busto: G. 0' Connel coniò, A. Farnesi fece. Più sotto
MDCCCXLV — MDCCCXC fdalc della nascila e della
morie del prmcipej.
ì]l — Nel campo in sei righe: Al CONGIUNTI DESTINI —
DELLA STIRPE E DELLA PATRIA — FEDELMENTE SERVI
- PRINCIPE SOLDATO — RE CAVALIERE DEGNO
FIGLIO DEL RE LIBERATORE D'ITALIA.
MEDAGLlli IIALIANE DliL 1890 221

Questa medaglia (Tav. V. n. 10) fa eseguita con molta


cura, e con effetto di molta rassomiglianza nel ritratto del
principe, dall'incisore Adolfo di Nicola Farnesi di Lucca, e
fu messa in commercio, in rame, a L. 5 l'esemplare.

4. Diam. mm. 60.


B' — In giro, ai lati: AMEDEO DI SAVOIA — DUCA
D'AOSTA. Busto di prospetto, un poco a destra, in uni-
forme da generale, col collare dell'Annunziata e deco-
razioni, testa nuda. Nel taglio del busto a sinistra:
L. Giorgi f.
5" — Corona di due rami di alloro e di quercia, aperti
in alto, intrecciati e annodati in basso. Nel campo in
otto righe: NATO A TORINO -- IL XXX MAGGIO
MDCCCXLV VI MO;^IVA NEL XVIII GIORNO - DEL
MDCCCXC - AL DOLORE D'ITALIA - PARTECIPO' LA
SPAGNA OVE CON LUI RIFULSE IL NOME DI SA-
VOIA.

Questa medaglia, dal ritratto molto rassomigliante, fu


incisa in Firenze dal prof. Luigi (ìiorgi, che la mise, in
limitato numero di esemphiri di l)ronzo, in commercio al
prezzo di L. 10.

5. Diam. mm. 41.


iiy — In giro, su due riglie concentriche : AMEDEO DI
SAVOIA DUC^ D'AOSTA. NATO A TORINO 30 MAGGIO
1845 MORTO IVI IL 18 GENNAIO 1890 RICORDO
DEL VALOROSO INTREPIDO E FILANTROPICO PRINCIPE
24 GIUGNO 1890. Nel campo testa nuda a sinis. del
principe; e sotto di essa: L. Eisia, e fighd. In basso
piccolo fregio.
IJ — In giro, su d\ie righe concentriche: AUSPICE
'- SEMPRE AVANTI SAVOIA " COMITATO PERMANENTE
NAZ." PER LE ONORANZE ALLA FAMIGLIA REALE ~
COL CONCORSO DELLE SOCIETÀ OPERAIE. DELL'ESER-
CITO E CITTADINI Di TUTTA ITALIA. Nel campo, corona
di due rami di alloiu o di quercia, aperti in alto, fra
i quali la stella d'Italia raggiante, ed intrecciati e an-
222 ALFREDO COMANDIN!

nodati da nastro in basso. Dentro la corona, in quattro


righe: CUSTOZA — MADRID - BUSCA — NAPOLI.
Questa medaglia, nel diritto della quale il ritratto del
principe è lo stesso che vedesi nella medaglia descritta al
n. 1, fu eseguita del pari dagli Eisel in Torino, in occasione
del pellegrinaggio a Superga, alla tomba del principe, delle
società patriottiche e militari di Torino nell' anniversario
della battaglia di Custoza (24 giugno 1866), nella quale
giornata il principe combatto valorosamente, ed a Monte-
croce rimase ferito.

G. Diam. mm. 213 {Medaglione senza rovescio).


Xel campo, in medaglione ovale, dentro ghirlanda d'alloro
busto nudo di prospetto, un poco a destra; e nel campo,
a sinistra, in monogramma G-. C. In gii'o, in cerchio ri-
levato, ai lati: AMEDEO DI SAVOIA — DUCA D'AOSTA.
In alto stella d'Italia. Intorno al medaglione, formanti
contorno, a sinistra la figura simbolica della Lealtà,
ai cui piedi di prospetto, coricato un leone ; ed a de-
stra la figura simbolica del Valore ai cui piedi, fra
ramo di quercia, una testa di dragone abbattuto. In
alto , corona reale , al disopra della quale lambello
svolazzante portante incuse le due date: 30 MAG. 1845
— 18 GEN. 1890; nell'esergo, in fregio, stemma sabaudo.
Questo medaglione, gittato in bronzo, fu modellato in
cera dal valente artista milanese signor Giovanni Cassina,
del quale nelle medaglie del 1889 descrivemmo, in questa
stessa Rivista un m.edaglione consimile portante l'effigie del-
l'abate Rosmini. Del medaglione ne furono fatti 40 esemplari,
in commercio al prezzo di Lo lire ciascuno ; e dei primi
esemplari l'autore fece omaggio gradito al Re ed al principe
Emanuele Filiberto duca d'Aosta.

Il 20 febbraio 1890 celebravasi in Roma dalla Brigata


Aosta (5 e 6 reggimento fiinteria) il secondo centenario
dalla sua formazione. Dal 1690 in poi questi due reggimenti
Mr:DAGLIE ITALIANI-; DEL 1890 223

ebbero sempre comuni le vicende della guerra; e il nome


della Brigata Aosta figura in tutte le battaglie per l'i;nità
e per la indipendenza d'Italia.
Per questa festa militare, celebrata specialmente in
Roma dove la brigata aveva sede, fu pubblicata una bella
storia della Brigata: e fu coniata la seguente medaglia, clje
fra quelle del 1890 prende il numero
7. Diam. mm. 59.

,iynuda
— Ina giro ai lati: Speua.nza.
sin. Sotto: UMBERTO I - RE D'ITALIA. Testa

T^ — Stella d'Italia in alto; e in dodici riglie, nel campo:


LA BRIGATA AOSTA — CHE DALLE ALPI GRAIE — OVE
EBBE ORIGINE E NOME — PORTO' PER DUE SECOLI —
GLORIOSA E SENZA MACCHIA LA SUA BANDIERA -
IN TUTTE LE GUERRE ITALICHE -~ CELEBRA - A ROMA
- IL SUO SECONDO CENTENARIO — IL XX FEBBRAIO
MDCCCXC.

Questa medaglia fu eseguita dal cav. Speranza, primo


incisore della regia zecca di Roma, dove la medaglia fu
coniata. Fu spedita in dono alle famiglie dei militari della
Brigata che lasciarono la vita combattendo per la patria
indipendenza, od ai superstiti che riportarono in guerra
ferite, od alle famiglio loro. A pagamento (lire 2,50 in
bronzo, e lire 15 in argentei fu spedita a quanti avendo
appartenuto alla Brigata no fecero richiesta. Della me-
daglia furono presentati duo esemplari — uno in argento
ed uno in bronzo — ■ a Sua Maestà il giorno 4 marzo da
una commissione composta cosi: maggior generale Mocenni,
comandante la Brigata, presidente; cav. Tornaghi, colon-
nello del 5.° fanteria; cav. A'alleris maggioro del 5." e pre-
sidente del comitato per le feste centenario ; cav. Bianclii,
capitano del 5.° Altri esemplari furono presentati alla prin-
cipessa Letizia, vedova, ed al nuovo duca d' Aosta, prin-
cipe Emanuele Filiberto, figlio del defunto principe Amedeo,
che alla brigata Aosta appartenne per cinque anni; al
principe ereditario Vittorio Emanuele, appartenente alla
brigata come tenente colonnello del 5." reggimento ; al mi-
224 ALFREDO COMANDIS'I

nistro per la guerra, ten. gen. Bertolu Viale; al capo di


stato maggiore dell'esercito, ten. gen. Cosenz; ed al ten.
gen. Pallavicini, comandante il IX corpo d'esercito fRomaj.

Un' altra festa militare è ricordata dalla medaglia


seguente :
8. — Diam. mm. 68.
,ìy — In alto, stella d'Italia. In giro, ai lati: UMBERTO I
— VITTORIO AMEDEO !l. Busti accollati a destra dei due
sovrani, in uniforme militare, teste nude. Sotto, sorreg-
gendo iLusti, lo stemma reale di Savoia, fra due nodi
d'amore. Nel campo a sinistra: Johnson. Milano.
li — In alto, aquila reale di Savoia, coronata in raggi,
spiegata a sinistra ; e in quattro righe, nella parte su-
periore del campo: A MEMORIA CHE IN QUESTO ANNO
1890 IL REGGIMENTO NIZZA CAVALLERIA - CONTA
DUE SECOLI DI VITA SACRATA — Al SUOI RE ED ALLA
PATRIA. Nella metà inferiore del campo una carica a
sinistra di dragoni Nizza. Neil' esergo, targa accartoc-
ciata, sormontata da elmo fra quattro lancie incrociate,
e portante le date : 1690 — 1890. Nel campo a sin.
PoGLiAGHi MOD.; e a destra: Cappuccio inc.

Di questa medaglia veramente ammirevole, (Tav. V, n. 3)


l'idea sommaria della composizione venne data dalla com-
missione del reggimento Nizza incaricata di provvedere ai fe-
steg iamentei ; venne poi svolta e perfezionata, ed in molti
punti modificata dal pittore Pogliaghi, il cui lavoro di
modellatura trovò un valentissimo interprete nell' incisore
Cappuccio, che la esegui nello stabilimento Jolinson, dove
venne coniata. L' epigrafe del rovescio fu dettata dal mag-
giore cav. Galeazzo Sartirana.
Le feste bicentenarie del reggimento Nizza Cavalleria
furono celebrate nel maggio in Milano dove il reggimento
aveva sede; e fu notevole il Torneo dato dagli ufficiali del
reggimento nel teatro alla Scala a beneficio della Croce
liossa pei feriti in guerra.
mi;daglik italiane det. 1890 225

Un'altra medaglia militare coniata nella zecca di Roma


nel marzo 1890 fu «quella presentata, in oro, al tenente gene-
rale Enrico Cosenz. Eccola, e le inscrizioni uè danno la
spiegazione (Tav. V, n. 6).
9. — Diam. mm. 69.
iiy — Aquila spiegata a destra, tenendo fra gli artigli
una targa accartocciata, sulla quale in sei linee: 1848 •
1849 • 1859 ■ 1860 • 1866 • 1870 - VENEZIA • VARESE
- S. FERMO • TRE PONTI • MILAZZO — REGGIO • VOL-
TURNO — ROMA • in basso a destra, nel campo: Si'E-
RA.N'ZA.

Ti In alto stella d'Italia raggiante carica della croce


sabauda. Nel campo, in undici righe: ENRICO COSENZ —
COMPIE — DIECI LUSTRI DI GLORIA MILITARE — IL
1° MARZO MDCCCXC — TENENTE GENERALE CAPO
DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO LO SERBI IDDIO
— ALL'ESERCITO — AL RE ALLA PATRIA GLI UFFI-
ZIALI — DEL CORPO DI STATO MAGGIORE-

Nel marzo «lei 90 tenne a villano un C(ìrso di prodiclie


quaresimali il celebre predicatore padre Agostino da ]\[onte-
feltro. Suscitò a Milano l'interesse, la curiosità, lo discussioni
che aveva suscitate altrove, e dello sue prediclie nella chiesa
di San Marco fa coniata, a ricordo, la medaglia seguente :
10. — Diam. mm. 32.
jy — Busto di prospetto, in tonaca, testa nuda, in giro:
PADRE AGOSTINO DA MONTEFELTRO. Sotto al busto,
stelletta, fra ornati.
29
Jjl — In cinque riglie nel campo: QUARESIMALE - TENUTO
— NELLA CHIESA DI S. MARCO — MILANO — 1890.
Questa medaglia, eseguita dal giovane allievo incis(jre
milanese Costantino Besesti, fu messa in vendita in esem-
plari in bronzo, al prezzo di 1 lira ciascuno, dall' incisore
"Vigotti in galleria De Cristoforis.
ai.kri:do comandini

Uu'altra medaglia in onore di padre Agostino fu coniata


e messa in commercio a Lucca, al prezzo di L. 5 per ogni
esemplare di bronzo, andandone il ricavo per metà a bene-
fizio del pio ricovero per i poveri vecchi, fondato e diretto
presso Lucca dalle piccole suore dei poveri.
La medaglia, (Tav. V, n. 2) eseguita dall'artista lucchese
Adolfo di Nicola Farnesi, è la seguente:
IL Diam. mm. 46.
^ — Busto di prospetto, un poco a destra, del padre
Agostino da Montefeltro, in tonaca, testa nuda. Sotto
al busto, a sin.: A. Farnesi fece.
]ji' — In sette righe nel campo: A PERENNE ONORANZA
— DEL P. AGOSTINO DA MONTEFELTRO — E A BENE-
FICIO — DELLE PICCOLE SUORE DEI POVERI - CON-
SOLATRICI PIETOSE — DELLA VECCHIAIA DERELITTA
- MDCCCLXXXX.

A Milano, il 16 marzo 1890, tenevasi l'assemblea an-


^ .V.

nuale della Società per la Ci-emazione dei cadaveri; soda-


lizio fondato l'S febbraio 1876 dal dottor Gaetano Pini,
0 presieduto dal dottor Malachia De-Cristoforis. A questi i
soci, per le benemerenze sue, offrivano un esemplare in
oro della medaglia seguente (Tav. V, n. 8):
12. -- Diam. mm. 34.
,1)' — Nel campo, in cercliio di perline, su mensola ornata
dello stemmii di Milano, urna cineraria, dietro la quale
ramo di palma. In giro alla medaglia, superiormente,
fra due stellette: VERMIBUS EREPTI PURO CONSVMIMUR
l&NI — ed inferiormente, in giro : INDOCTE VETITUM
MENS RENOVATA PETIT. Nel campo, a destra L. IJuoggi f.
li — Li giro: COSTANZA VINCE I PREGIUDIZI UMANI.
Nel campo corona di due rami di alloro, aporti in alto,
annodati in basso; e dentro la corona, in sette righe:
AL LORO PRESIDENTE — D." MALACHIA — DE CRI-
STOFORIS — I SOCI — DELLA — CREMAZIONE. In
basso, esteriormente alla corona : 1890.
Mi:i)AGLlfc ITAMANL DEL 1890 227

La medaglia, finamente eseguita, fu incisa e coniata


dall'artista Luigi Broggi, milanese.

Lo stesso giorno 16 marzo, in Lucca inauguravasi in


onore di Giuseppe Mazzini nn monumento, e la cerimonia
è ricordata da questa medaglia (Tav. V, n. 9).
13. Diam. mm. 32.
/& — Su corona di due rami di alloro aperti in alto,
uniti in basso da perlina, testa nuda a sin. intorno
alla quale, al lati: GIUSEPPE — MAZZINI. Sotto al taglio
del collo, a destra: (ìiokgi.
9I - ^ Nel campo, in sei righe: PER — L' INAU&URAZIONE
— DEL MONUMENTO — IN LUCCA — XVI MARZO
MDCCCXC.
Questa medaglia fu incisa in Firenze dal lucchese
prof. Luigi Giorgi ed ivi coniata, e fu m'essa in commercio.

Il 9 febbraio 1890 l'assemblea degli azionisti della Banca


Popolare di Bergamo proclamava benemerito della istituzione
il cav. avv. Lorenzo Limonta, e deliberava che, come già
per il precedente presidente cav. Cesare Ginoulhiac, venisse
anche pel cav. Limonta coniata una medaglia d'oro, quale
attestato di gratitudine della Banca da lui per ilioci anni
presieduta.
La medaglia fu eseguita in Milano dall'incisore Luigi
Broggi, adoperandosi pel diritto il conio di pruprietà della
Banca Popolare di Bergamo, stato eseguito dall'incisore
Francesco Broggi nel 1880 e che fu allora adoperato per
la medaglia offerta al cav. Ginoulhiac ; ed incidendosi dal
Broggi Luigi uno speciale rovescio. La medaglia fu offerta
al cav. Limonta nell'aprile 180O, ed eccone la descrizione :
14. Diam. mm. 55.
^ — La figura simbolica della Banca, stante a sinistra.
stellata in fronte, con caducfo nella sinistra, appoggiata
228 ALFREDO COMANDINI

allo stemma di Bergamo, e porgendo con la destra


corona d'alloro, sul capo di genietto nudo che depone
una moneta in un salvadanaio. In giro: BANCA MUTUA
POPOLARE DI BERG-AMO- Nel campo a destra : F. Bkoggi f.
Nell'esergo: 1 GENNAIO 1880.
1^ — Corona di due rami di alloro, aperti in alto, anno-
dati in basso; e in undici righe, nel campo: A — LI-
MONTA AVV. CAV- LORENZO — PER DUE LUSTRI —
ZELANTISSIMO PRESIDENTE — DELLA BANCA — IL CON-
SIGLIO D'AMMINISTRAZIONE — IN OMAGGIO — AL
VOTO DI BENEMERENZA - DELL'ASSEMBLEA GENERALE
— DEI SOCI — 9 FEBBRAIO 1890.

*
* *

A Roma, nel maggio 1890, ebbe luogo una grande gara


nazionale di tiro a segno, la quale assunse il carattere di
una patriottica manifestazione, intervenendovi oltre ai tira-
tori d' ogni parte d' Italia, anche numerose rappresentanze
straniere.
Parecchie furono le medaglie coniate in tale occasione
sia per ricordo della gara, sia come premii ufficiali e pai'-
ticolari; e non è possibile dare qui di tutte la descrizione;
né tutte ci fu possibile raccoglierle.
Descriviamo quelle che ci riusci di raccogliere:

15. — Diam. mm. 53.


,& — Testa galeata di Roma, a destra; e nel taglio del collo:
Cappuccio inc. Sotto, dal mezzo a destra :
ROMA MDCCCLXXXX. Sotto, a sin.: A. Pogliaghi mod.
9 — ■ In ghirlanda fasciata di alloro e di quercia, aquila
spiegata di prospetto, volta col rostro a sinistra, tenendo
con gli artigli due carabine incrociate. Nello sfondo
dischi di bersaglio e stella d' Italia. In alto, ad arco :
TIRO A SEGNO NAZIONALE. Nel campo a sin. JoHìNSON.
Milano.

Questa medaglia-ricordo (Tav. V, n. 5). vendevasi a


Roma nel campo del tiro — ebbe meritato successo — ed
uscì dall' officina Johnson di Milano.
MEDAGLIE ITALIANE DEL 1890 229

E dalla stessa officina uscì la seguente, coniata nei


tre metalli, e distribuita come premio dal ministero per
gl'interni (Tav. V, n. 4).
16. — Diam. mm. 34.
jy — In contorno, ghirlanda fasciata di alloro e di quercia;
e nel campo, in cerchio di perline, l'emblema del Tiro
a Segno Nazionale Italiano, formato da aquila reale co-
ronata, spiegata di prospetto, sovrapposta a due carabine
in croce, sovrapposte a disco di bersaglio sormontato
da corona reale, fra due rami di quercia e di alloro ;
e poggiando l'aquila su targa col motto : PRO PATRIA
ET RE&E. Sotto : Johnson. Mil.\no.
IJi — In contorno, ghirlanda di alloro e di quercia, ter-
minata in alto da stolla d'Italia raggiante; in giro di
perline, intorno a cerchio rilevato, la dicitura: PREMIO
DEL MINISTERO DELL' INTERNO. Nel campo liscio :
ROMA — MDCCCXC.

Questa medaglia è sormontata da una corona murale,


dal mezzo della quale parte 1' appiccagnolo con anello per
passarvi dentro un nastro.

Ed eccone altri» due :

17. — Diam. mm. 25 {con appiccn;/>ìolo e anrìliìio).


iiy — In giro, in cerchio rilevato: SOCIETÀ' DEL TIRO
A SEGNO NAZIONALE. In basso, fra due stellette: ROMA.
Nel campo, testa galeata a destra di Koma, in giro alla
quale, ai lati: ROMA - INTANGIBILE; e sotto: Speranza.
ìji — In alto, stella d' Italia raggiaTito. Nel campo, in sei
righe: RICORDO Al TIRATORI DELLA ^ 1" GARA
GENERALE — MAGGIO - 1890.

Come l' epigrafe dice, innesta medaglia era venduta a


Roma come ricordo della gara ; fu incisa dallo Speranza
che, per la testina galeata di lioma, usufruì il punzone
adoperato nel 18S8 per una medaglietta ricordante la visita
di (Guglielmo II alla capitale del regno d'Italia; e fu co-
niata in argento ed in rame nella zecca di Roma.
23U ALKRIiDO COMANDINI

18. — Diam. inm. 52.


^' — 111 giro, ai lati, su due righe: COLUI CHE LA DIFESE
— A VISO APERTO — EMPOLI — MCCLX. Busto di Fa-
rinata degli Uberfci, a sinistra, con berretto in capo.
Sotto: CioccHETTi, Siena inc.
yì — Nel campo: GARA NAZIONALE - ROMA — PREMIO
1890 — ■ ^ In giro, superiormente, ad arco: SOCIETÀ'
DEL TIRO A SEGNO; — ed inferiormente , ad arco :
MANDAMENTO DI EMPOLI.

Per la gara generale di tiro a segno nazionale in Roma


furono stabiliti da varii corpi amministrativi, società man-
damentali, ecc., premi speciali. La medaglia sudescritta
rappresenta appunto il premio speciale della Società Man-
damentale di Empoli. La medaglia, conferita in oro. fu
incisa in Siena dall'incisore bresciano Luigi Ciocchetti,
avente ivi laboratorio d'incisione; ed il ritratto del Farinata,
per la finezza del lavoro, specialmente negli ornamenti che
ne fregiano il busto, merita lode.

*
* *

Nei mesi di maggio e giugno, per speciale iniziativa


del conte e professore De Gubernatis, fu tenuta in Firenze
un'esposizione nazionale di lavori femminili, con concorsi
artistici e letterari, conferenze, ecc. ; il tutto dedicato ed in-
titolato alla problematica Beatrice Portlnari di Dante. Queste
feste per Beatrice, oltre all' aver dato occasione ad una
gustosa polemica fra dantisti sulF esistenza e sull' essenza
di Beatrice e sull'epoca presunta del centenario che appunto
con tali feste si voleva celebrato, diedero occasione alla
coniazione delle due seguenti medaglie:

19. Diam. mm. 45.


^ — Busto, a sinistra di Beatrice in mezzo rilievo, testa
velata laureata, in giro ai lati: LUCE INTELLETTUAL —
PIENA D'AMORE • Nel taglio del busto a destra : L Giorgi f.
!{,' — Nel campo, dentro ornato a fregi, il giglio fioren-
tino. In cerchio rilevato, in giro, ad arco, in alto:
mi:dagi-ii: italiane del 1890 231

ESPOSIZIONE BEATRICE • Sotto, in giro, ad arco, fra


due rosette: FIRENZE MAG-G-IO — GIUG-NO MDCCCXC •

Questa medaglia — lavoro di una finezza veramente


ammirevole — fu eseguita dal cav. Luigi Giorgi più volte
ricordato. La commissione fa data dal comitato esecutivo
della Esposizione Beatrice: e le medaglie — distribuite a
titolo d'onore agli espositori e concorrenti che le meritarono
furono otto in oro, cinquanta in argento, e cento in bronzo.
Il profilo di Beatrice, magistralmente riprodotto nel diriftn^
fu tolto dal ritratto ideatone da Ary Scheffer.
20. Diam. mm. 38.
ly — Testa nuda, laureata, di prospetto, un poco a sin.,
in giro: O BEATRICE DOLCE GUIDA E CARA! sotto:
L. GoKi E F. I. E più sotto, ad arco; FARAD • C. XXIII.
1> — Nel campo, in cercliio di perline, il giglio fioren-
tino. In alto, ad arco: RICORDO DELL'ESPOSIZIONE
BEATRICE. Sotto, ad arco, fra due stellette: FIRENZE
MAGGIO • GIUGNO MDCCCXC •
Questa medaglia eseguita, col concorso del figlio, dal
vecchio incisore fiorentino Gori, veniva venduta come ri-
cordo dell'Esposizione Beatrice.

Oramai nelle abitudini carnevalesche italiane ò avve-


nuto uno spostamento, so pure non si vuol dire che, malgrado
le magre risorse economiche, gl'italiani tirano a divertirsi
tutto r anno. Fatto si è che, da (|ualcho anno, i mesi di
maggio e di giugno — e (queste medaglie nostre lo pro-
vano — sono prescelti per ogni maniera di feste.
Cosi Milano , col suo (iraìi ]>remio dei C(rnìmerci<i
(L. 50,00*3) 0 con altre gare sportivo inaugurava il suo
nuovo tur f ài San Siro; e dello feste di maggio del 'JO, il
ricordo ci è serbato dallo due medaglie seguenti :
21. — Diam. mm. 48.
r/ — Nel campo, posto a guisa di arco, ferro da cavallo,
ornato in alto dallo stemma di Milano, e ai lati da
ALFREDO COMANDINI

trofei di "bandiere e fiori; e alla base di esso due ca-


valieri torneanti. In alto, ad arco: FESTE DI — MAGGIO-
Jjl — Nel campo, gruppo di sei fantini a cavallo in gara
di corsa a destra. In alto, ad arco: GRAN PREMIO DEL
COMMERCIO. A tergo: MILANO-

Questa medaglia, eseguita dall'incisore milanese Don-


zelli, venne messa in vendita, in bronzo ed in metallo
bianco, come ricordo delle feste di maggio celebrate a
Milano.
22. — Diam. mm. 47.
jy — In cerchio di perline, nel campo, stemma coronato
di Milano, ai cui lati, orrizzontalmente, in mezzo al
campo, divisa metà per parte, la data: MDC— CCXC; e
sotto, a destra: -Johnson. In alto, ad arco, fra due ro-
sette: CONCORSO IPPICO- Sotto, ad arco: FESTE DI
MAGGIO MILANO.
9' — In giro: SOCIETÀ' ITALIANA PER LA CACCIA A
CAVALLO- Campo, chiuso da ghirlanda d'alloro, in mezzo
alla quale, la targa ornata di fregi: RICORDO- In basso,
in scudetto ovale scudellato, in monogramma sormon-
tato da corona reale: S ■ M • C • C •

Questa medaglia, eseguita finamente nello stabilimento


Johnson in Milano, fu coniata nei tre metalli, e non che
come ricordo, fu distribuita come premio — con speciale
rovescio portante le indicazioni della gara, della categoria
ed il nome dei premiati -- ai cavalli vincitori nel concorso
ippico, tenuto il 20 maggio 90 nell'Arena.
»
* *

Nello stesso mese di maggio compieva i trentacinque


anni di operosa collaborazione (come direttore) nella ditta
industriale milanese A. Binda e C. il sig. ingegnere Fran-
cesco Coglia; ed a lui gli azionisti offrivano, in oro, la
seguente medaglia :
23. — Diam. mm. 06.
;& — In giro ai lati: AMBROGIO — BINDA. Busto di
MEDAGLIE ITALIANE DEL 1890 233

prospetto, im poco a sinistra, di Ambrogio Binda, testa


nuda. Nel campo, a destra : Johnsox.
9; — Cerchio di perline. Xel campo, in dieci riglie : A
RICORDO — DI SETTE LUSTRI — DI ONESTA INDEFESSA
- COLLABORAZIONE DELL' INGEGNERE — FRAN-
CESCO COGLIA — GLI AZIONISTI — DELLA DITTA
A. BINDA E C. — DEDICANO - • - MDCCCXC.
Questa medaglia fu eseguita nello stabilimento Johnson
di Milano, ed il ritratto del Binda che campeggia nel diritio
fu inciso in modo eccellente e con grande effetto di rasso-
miglianza, dal valente A. Cappuccio.

24. La domenica 18 maggio 1800 in Genova veniva reso


solenne tributo di onoranze alla memoria dei militari pie-
montesi stati fucilati nel giugno 1833 come partecipi ai
moti rivoluzionari ed alle cospirazioni dei mesi anteriori,
preparate dalla (iiovnne Italia e miranti all' indipendenza
ed unificazione d' Italia. Tale solennità ebbe occasione dal
rinvenimento delle ossa dei fucilati — Gavotti, Biglia e
Miglio — giacenti in dimenticata ed indegna sepoltura, e
il 18 maggio 1890 tumulate in forma solenne nel Cimitero
monumentale di Stanjlieno. Per tale occasione il Consolato
Operaio di Genova fece riprodurre dall'incisore Ferrea, nel
modulo di mm. 40 di diametro, la grande medaglia che per
i martiri della dwraur Ilnìia del 18.-Ì3, del 1834 e del 1844
Mazzini fece incidere in Londra nel 1845.

Il 1 giugno in Vercelli veniva inaugurato un m(_)uuinento


in onore di Giuseppe Garibaldi, e la patriottica festa i'- ri-
cordata da questa medaglia :
25. — Diam. mm. 38.
(ly — Nel campo, busto di Garibaldi a sin., testa nuda,
e sotto a destra: G. Sambonet. In giro, ad arco;
234 ALFREDO COMANDINI

INAUGURAZIONE MONUMENTO G- GARIBALDI- Sotto, fra


due rosette: 1 GIUGNO 1890.
^ — Nel campo, in cerchio di perline, fra due rami di
alloro, stemma civico di Vercelli, e in giro: COMITATO
PERMANENTE DELLE SOCIETÀ' M. S- - VERCELLI-
Questa medaglia fu incisa in Milano dal Donzelli, e
fu distribuita alle rappresentanze ed agli speciali invitati
intervenuti in Vercelli all' inaugui'azione del monumento a
Garibaldi.

Pel giugno del 1890 radunavansi in Trento, a (congresso,


i rappresentanti di quella società Pro Patirla clie aveva per
programma, nelle provinole italiane appartenenti alla mo-
narchia Austriaca, di propugnare tutti gì' interessi della na-
zionalità italiana contrastati dalla nazionalità tedesca e
slava, e specialmente la difesa della lingua italiana.
In ricordo del congresso fu coniata questa medaglia :
26. Diam. mm. 38.

,D'. — In gruppo gli stemmi delle cinque provincie ita-


liane: Trento (nel mezzo) Trieste (in alto a sinistra),
Gorizia (in basso a sinistra) Istria (in alto a destra),
e Dalmazia (in basso a destra).
IJ- — In quattro righe nel campo: ||| CONGRESSO —
PRO PATRIA TRENTO — GIUGNO 1890 •
Questa medaglia (Tav. V, n. 7) fu incisa e coniata in
Milano dall'incisore Luigi Broggi. Subito dopo il congresso,
la società Pro Patria fu dlsciolta nelle provincie italiane
soggette all'Austria, e la medaglia (della quale furono fatti
150 esempliiri in bronzo) ha maggior pregio ricordando un'i-
stituzione ed una manifestazione, gli oggetti ed i documenti
relativi alle quali furono in Austria colpiti da sequestro.

Il '26 giugno 1890 il pontefice Leone XIII riceveva in


privata udienza monsignore Enrico Folcili vice-camerlengo,
MEDAGLIE ITALIANE DEL 1890 235

commissario per l' ammiuistraziono dei boni della Santa


Sede, il quale, insieme al cav. Francesco Bianchi incisore
dei sacri palazzi apostolici, presentava a Sua Santità la me-
daglia storica annuale clie viene coniata per la festiva
ricorrenza degli apostoli Pietro e Paolo.
La medaglia è questa:
27. Diam. mm. 43.
,fy. — Busto a sinistra di Leone XIII, con zucclietto,
mezzetta e stola, In giro, ai lati : LEO XIII PON • —
MAX • AN • XIII • sotto: F. Bl\.\chi.
It. — In giro, su due righe, ad arco: TE VINDICE DEVS
VINCULA CORRUANT AD LIBERTATEM APOSTOLICAE -
POTESTATIS • San Pietro, nimbato, seduto, di prospetto,
su di un sasso al quale è incatenato, tenendo nella
destra una chiave ed avendo la sinistra aperta ; e con
la testa nuda rivolta a sinistra, verso il cielo. Lsergo :
A • MDCCCXC • sotto: F. Bianchi.

La dicitura latina di questa medaglia i^i'^iv- V, n. l; fu


dettata da mons. Nocella segretario dei brevi ai principi.
Della medaglia - - coniata nella regia zecca di Roma —
furono presentati, il 27 giugno al papa trenta esemplari in
oro ed altrettanti in argento, racchiusi in astucci con lo
stemma pontificio.
E con questa medaglia chiudiamo la prima parto di
questa nostra rivista delle medaglie italiane dtd 1890.
Milano, 4 i/iiif/iio 1802.

Alfredo Co.ma.ndi.xi.
VITE
DI

ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI

XII.

GIULIO CORDERÒ DI S. QUINTINO

In Mondovi, piccola città nella provincia di Cuneo in


Piemonte, ma famosa per aver dato i natali all' immortale
fisico e matematico Griovanni Battista Beccaria (1716-81), e
più tardi per gli studi ivi fatti dai celebri astronomi Plana
e Carlini, il 30 gennaio 1778. nacque Giulio Paolo Corderò
de' conti di S. Quintino, che doveva aggiungere nuovo
lustro e rinomanza alla gentile ed operosa sua patria. Nato
dal primo matrimonio del Conte Giovanni Antonio con
Caterina Botta, Giulio, adolescente ancora, uscito dalla casa
paterna, si raccolse in Possano a 23 miglia dalla città natia,
vesti l'abito de' Chierici Regolari di S. Paolo, e, poco stante,
fu mandato a fare il suo noviziato a Roma. Quivi la vista
dei grandiosi monumenti dell' eterna città, e la presenza
de' stupendi avaiizi doli' antica gloria italiana, accesero
l'animo del giovinetto per gli studi archeologici si fatta-
mente, che fece di essi, da quel momento, l'oggetto precipuo
delle sue meditazioni, e. in seguito, l'occupazione quasi
esclusiva di tutta la sua vita.
Rimpatriato nel 1800, era ancora studente di teologia :
allora in Piemonte, per la rivoluzione suscitata dai Francesi,
essendo stati aboliti gli Ordini religiosi, e quindi sciolto
anche il Convento di Possano, il Corderò, che non aveva
238 e. LL'ppi

per anco pronunciato i voti solenni, dovette rientrare nella


vita secolare. Lasciato il Convento, e provvisto della modesta
pensione concessagli, primo suo pensiero fu quello di ri-
tornare a Roma per completare i suoi studi, e dedicarsi
più di proposito a quelli della storia, della filologia, del-
l' archeologia e della numismatica. Quando si senti fornita
la mente d' un corredo sufficiente di erudizione e di cogni-
zioni, intraprese frequenti viaggi nelle diverse città della
penisola ad esaminare documenti, a consultare libri e me-
morie che servissero a' suoi studi prediletti. Fra le città
italiane, quella che lo attrasse più specialmente, fu Lucca,
dove faceva più lunghe dimore, e che poi considerò come
sua seconda patria. In Lucca, nel 1815, diede alla luce il
suo primo lavoro : Osservazioni sopra alcuni monumenti di
beile arti nello Stato Lucchese ; cinque anni dopo (1820), in
seguito ad una scoperta fatta, non lungi dalla città, di un
rij^ostiglio di moneto medioevali, pubblicò il suo secondo
lavoro: Della zecca e delle monete dei Marcitesi della To-
scana nel decimo secolo. Fu in considerazione del merito
di questo lavoro che l'Accademia Lucchese gli fece l' onore
di accoglierlo nel numero de' suoi membri effettivi. D'allora
in poi altri pregiati scritti uscirono dalla sua penna a
Firenze e a Roma. In quest'ultima città, l'anno dopo, sot-
topose al giudizio dei dotti le sue Considei'azioni sulle mo-
nete dei bassi tempi, ritrovate nella tomba di San Francesco
d'Assisi.
Restituita la Famiglia reale di Savoja negli Stati aviti,
il S. Quintino fece ritorno in patria, e poco dopo, (1823),
presentò all'Accademia Reale delle Scienze in Torino due
opuscoli, e cioè: Dell'uso dei marmi Lunesi presso gli an-
ticlii ; e Bei piìi antichi marmi statuari adoperati per la
scoltura in Italia , che furono inserti nella Raccolta di
queir insigne Istituto, e valsero all' autore l' ammissione a
membro di quel dotto consesso.
Quando re Carlo Felice acquistò con 400 mila lire, la
celebre collezione di antichità egiziane, fatta durante il
suo lungo soggiorno in Alessandria d'Egitto, dal Cavaliere
B. Drovetti, console generale di Francia, il S. Quintino
fece di essa uno studio speciale, che pubblicò in Roma in
VITE DI ILLUSTRI NLMISMATICl ITALIANI 239

quell'anno stesso (1S23). col titolo: Nolizia intorno a(jli


antichi monumenti raccolti in Egitto dall' ili. car. Broretti
Console generale di Francia in ([nella cont)-ada. In questo
scritto il S. Quintino dimostrò tanta competenza, da indurre
il Re a nominarlo Conservatore di quella sjDlendida raccolta,
e il S. Quintino, per corrispondere al grande onore che gli
era venuto, a }iiù ampia illustrazione del Museo affidato
alle sue cure, approfondi maggiormente i suoi studi e, spe-
cializzandoli, pubblicò una dopo l'altra le seguenti disser-
tazioni: 1." Osservazioni intorno all' etii ed (dia persoìia
rappresentata dal ìnayijiore colosso del IL }[useo egizio di
Torino (1S24:); — 2.* Interj)retazione e con/'i'onto di una
iscrizione bilingue cìie sta sopra la cassa di una mummia
egiziana nel R. Museo di Torino (lS2-i:ì; — 3." Descrizione
delle medaglie imperi(di Alessnndi'ine inedite del R. Museo
di Torino (1824); — 4." Sull'uso, cui o-ano destinali i »io-
numenti egiziani detti comunerncute scar(d)ei (']825i: —
5." Saggio sopirà il sistema dei numci-i presso gli anticlii
Egiziani (1825); — 6." Desi'i'izioìn flrlìc medaglie dei X('iiìii,
ossia delle anticlie prorincie e cittii dell'Egitto, che si can-
servano nel R. Museo di Torino (1832); tutte le quali dis-
sertazioni furono stampato ed inserte negli Alti della R. Ac-
cademia agli anni sopra accennati. Lo cure del Museo a
lui affidato, non distolsero il S. Quintino dall'attendf re ad
altri lavori, di che sono prova gli altri scritti che contem-
poraneamente aiprecedenti andaN'a ili mano in mano pub-
blicando, ecioè: Osserrc.zioni intorno ai monumenti dell'an-
tica colonia di Lilximui. pi-esso Si'r/-ar(illi\ in rid di Scri-
r'ja(1824): — Reeensio UUmoeum reteiiat), (/ni ((pud lurredes
CI. Viri Kquitis Ab. .Tonn. I!('.ptis/(r Incisa e comitibus Sci.
Stephani Augusta' Taurinoi-uiu asserraufur : additis nonuul-
lorum anedoctorum rei pra:slanti(n-um numismatum descrip-
tionibus (1826y; — Dell' itidiana aì'cliitettura durante le domi-
nazione dei IjOngotiardì. Quest'ultima dissertazione venne
stampata in Brescia nel 1820, e fu premiata dall'Ateneo di
quella città, che onorò l'autore coli' iscriverlo a suo membro
corrispondente.
Carlo Alberto di Carignano, successo a re Carlo Felice
il 27 aprile 1831, tosto che le curo dello Stato gli permisero
240 e. Luppi

di occuparsi de' pubblici Istituti letterari e scientifici, e


del loro miglioramento, trovò opportuno di riunire il Museo
egiziano a quello delle antichità greco-romane della E. Uni-
versità, e pose il S. Quintino in istato di riposo. Allora
questi, trovatosi libero di sé, e preceduto da bella fama,
diede più largo sfogo alla sua antica passione pei viaggi ,
senza tralasciare tuttavia di dare alla luce altri saggi pre-
giati della sua vasta e multiforme erudizione. Una scoperta
d'antichi oggetti fatta in Torino negli anni 1830, 31 e 32
gli diede occasione di scrivere l'opuscolo : Ricerclte intorno
ad alcune cose anliclie disotterrate in l'orino. L'altra sco-
perta d' un tesoro di monete longobarde d' oro e d' argento
lo richiamò potentemente all'antico genio per lo studio
delle monete antiche e segnatamente delle medioevali, e
gli diede occasione di leggere all'Accademia Pontaniana
di Napoli (1834) un discorso: Sulla moneta dei Longobardi
in Italia nei secoli VI, VII ed Vili. L'anno seguente (1835)
all'Accademia di Lucca, indotto in errore da una medaglia,
che volle illustrare, lesse all'Accademia Lucchese una dis-
sertazione :Delle medaglie di Giunia Donata, moglie di
M. Cassianio Postumo iiì'anno e signore delle Gallie : ma
presto riconobbe l' abbaglio di cui fu causa un cattivo
esemplare d'una medaglia di Giulia Domna, e lo confessò
francamente. Ma nel 1836, quasi avesse voluto prendere la
rivincita di quell'involontario errore, diede alle stampe in
Lucca l'eruditissima dissertazione: Della istituzione delle
zecche dei marcitesi di Saluzzo.
L'anno dopo (1837) intraprese un viaggio a Marsiglia
per iscoprire in qiiegli archivi, documenti e memorie relative
ad alcune zecche rarissime del Piemonte, e il frutto delle sue
ricerche stampò in quell'anno stesso nel giornale di Torino,
il Subalpino: Notizie sopra alcune monete battute in Piemonte
dai Conti di Provenza coll'indicazione di una serie di docu-
menti dei secoli XIII e XIV o.ttcnenti ai doìnini degli stessi
Conti in quella contrada. A queste notizie tennero dietro
nel 1838 i Cenni intorno al commercio de' Luccliesi co' Geno-
vesi nel XII e XIII secolo. Ma non è da credere che solo
l'erudizione antica e la numismatica assorbissero fin qui
tutta l'attività del S. Quintino; egli fra questi gravi argomenti
VITE DI ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI 241

ue iuti-amezzavrt d'altra specie, e \e misure hiccìicsì, i poz-zi


triveìluti (li Gctviuinia, la Ugnile di Cìianìììèri/. la in ani fi d l in •a,
dei cappelli, i rasi vinari eiT altri oggetti ancora, relativi
all'agricoltura ed airindustria fece oggetto de' suoi studi e
delle sue riflessioni. Dopo il 1S3S il S. Quintino non si
occupò che di numismatica.
Incaricato dall'Accademia luccliese di redigere la storia
della zecca di quella illustre città, dovette uscire nuovamente
d'Italia, condursi in Francia e fare lunglie ricm'che n.elle
biblioteche e nelle collezioni numismatiche più rinomate,
specialmente di Parigi. Mentre però accudiva con tutta
l'anima a quelle faticose indagini, trovò ancora lena di pub-
blicare nella Rcrue nìimisrnatique di' lUuis del 1841 una
Nolice sur les nionnaics des jirinres de S'drrne, et snr eelles
de Grimoald due de Bénérenl : e negli anni seguenti le Lezioni
intorno ad argomenti ìnanisiìialici. e cioè: — 1." Notizia eil
osservazioni sopra alcune monete, fìnoì-a non conosciute, bat-
tute in Pavia da A>-duino iiiai-cliese iV Ivrea e i-e iF Italia: —
2° Della parte dovuta agli HnHani ndln studio delle monete
battute nel corso dei secoli XIII e XIV nelle jrrovince dell'im-
pero greco in Kuropa. col tipo dei denai-i torncsi , ed ambedue
queste dissertazioni furono inserte negli Atti dell' Accad. di
Torino nel 184"2. Fu solo nel 1841 che apparve in Lucca, nel
tomo XI delle Memorie e Documenti per la storia, di quella
città, il primo saggio dell'opera cui aveva diretto i suoi
maggiori studi, col titolo: Della zcfca e delle mon'de di Lucca
nei secoli di mezzo. Discorsi ili (Huìio di S. Quintino socio
ordinario della R. Accad. luccliese, corredati da cinque bello
tavole in rame. Mentre l'infaticabile scrittore proseguiva
la redazione di questa opera, clie doveva essere por lui la
più importante, volle concorrere con altro lavoro al premio
di numismatica bauilito dal li. Istituto di Francia, nel 1845
e a questo intento pubblicò \\n dotto raglonainento sulle
Monete dell' im]teratore (ìiustiniirno If. corredato di nove .'■1
tavole in rame dedicandolo al principe de' numismatici
italiani, Bartolomeo Borghesi. (Questa, che riuscì la sua
migliore opera, ottenne, insieme cui })lauso degli eruditi
nostrali e stranieri, la menzione tràs-/uìnorable di quel celebre
Istituto, e avreblje potuto anche conseguire il premio, se
242 e. Luppi

non fosse apparsa, in quell'anno stesso, in Francia l'opera


non meno erudita e meritevole di G. B. Duchalais Sur les
médailles gaidoises faisdnt ìiartie des coUecliuns de la hihlio-
tìiòqiie royaìe.
Proseguendo a registrare in ordine cronologico le altre
opere numismatiche edite da S. Quintino , non è da pas-
sare sotto silenzio l'opuscolo importantissimo anche pei
numismatici francesi, e cioè le Monete del decimo e del-
l' undecimo secolo scoperte nei dintorni di Roma nel 1843
inserto, come il precedente, nelle Memorie della E. Acca-
demia di Torino, e cioè il primo nel tomo Vili (1845); il
secondo nel tomo X (1846) della seconda serie. Né qui
ancora s'arrestò l'opera del S. Quintino; nel 1847 lesse alla
stessa Accademia le sue dotte Osservazioni criliclie iiUornu
all'origine ed antichi/à della moneta veneziana, (Atti della
E. Accademia di Torino, tomo X, serie II), e finalmente i
Disco)'si sojira aryomenli spettaidi a monete coniate in Italia
ìlei secoli XIV e XVII, in cui diede preziose notizie sulle
monete battute in Seborga dai monaci benedettini di S. Ono-
rato di Lerino; su di un tornese inedito di Filippo di Savoia
principe d'Acaja; e su alcune monete coniate nei secoli XIV
e XVII dai marchesi Dei-Carretto in Cortemiglia ed in Rodi.
(Atti della E. Accad. ibidem).
Ultimo lavoro di questo insigne erudito furono le
Osservazioni critiche sopra alcuui pjarlicolari delle storte
del Piemonte e della Liguria nell' undecima e dodicesimo
secolo (IS.'jl al 1854).
In tutti gli scritti del S. Quintino i dotti ammirano
un'erudizione vasta e variata, una critica profonda e uno
stile sempre corretto. Tante fatiche avevan logorato, non lo
spirito, ma le fibre di questo infaticabile archeologo, e gli
tolsero la lena di continuare 1' opera, che per lui doveva
essere la principale, per la quale aveva assunto uno speciale
impegno, e che glidi fuLucca. forza lasciare imperfetta. 1' illustra-
zione della zecca In breve si trovò condotto in
tale spossatezza di corpo, che non potè a meno di rivolgere
il suo pensiero alla morte die sentiva avvicinarsi. Aveva
toccato già l'ottantesimo anno di sua vita; nessuna ma-
lattia lo cjlse. ma fu prostrato da un languore che mano
Nirr; d! ir.t.usTKi nimisnu iic.i hm.iani 243

mano andava crescendo, finchò fu tolto ai viventi, in To-


rino, in 19 settembre 1857.

Per più estese notizie inforno la vita e le opere del S. Quin-


tino veggansi : JIanno. Opera cinquantenaria della lì. SocieUì di.
Storia Patria, pag. 2.":i(;. — Memorie e dnemncnti per xfrrire alla Storia
di Lucca, Voi. XIII, parte I, pag. CXXVI, 13 — Baruffi G. F. Il
Cav. Gi'ilio Corriera di S. Qiii,>/i,to. Sotizia liinijraf!ea. (Annali della
R. Società d'Agricoltura. Torino 1858; XI, 1-13). — Cerri D. Giidin
Paolo dei Conti di S. Qnin/iìio. Palermo 1S5S; in-4 di ]iag. 32.
(Estratto dal giornale : La Scienza e la lA't/era/ura). — Tet-
TONI L. Nella Vita di Lnir/i Cibrario. Torino, 1S72 ; pag. 302. — •
PrO.MIS D. Giulio di S. Quintino. 'Vorìnn 1857: in-S. (Estratto della
Gazzetta piemontce]. Idem. {^Rerue Xumi.^niafiiji'e. Paris 1857,
X. S. II, pag. 375). — Siipp/rmen/o perorne alI'Vjiìciclopedia popo-
lare. Torino 1872 : VI, 57:'>.

C. Lt;'pi.
BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

Arthur J. Evans, S//raci(sau ;; Meda/lions n and their engravers


in tìie Uglit of recent fìnds (Estratto dal Numùmatic Cronicle]
London 1802.

L'Evaus ha avuto occasione di studiare accuratamente


i numerosi ripostigli che di recente sou venuti a luce in
Sicilia e quello specialmente importante che si rinvenne a
principio dell'anno passato a santa Maria di Licodia presso
Catania.
E, in questo lavoro, dai nuovi indizi, trae motivo di
accurata e coscienziosa classifica delle monete siracusane
del V e IV secolo a. C. e vien minuziosamente illustrando
l'importanza storica dei vari tipi e quanto concerne la
produzione e il valore artistico di quei stupendi coni sira-
cusani.
Il dottor AVeil nel suo lavoro u Nomi d'artisti su mo-
nete Sicule V ritenne i decadramuii di Eveneto anteriori a
quelli di Kimone, e l'Head, nei pochi cenni che dedicò a
questi graziosi cimelii dell'arte antica, si accostò pure a
tale opinione. L'Evans, invece, rivendica la priorità a Ki-
mone, addimostrando che il decadramma riportato dall'Head ■
a tav. IV, n. 6, precede di sei anni circa il primo di Eve-
neto. E, con sicuri confronti, con intelligentissimo esame
dei dettagli artistici, cogli importanti indizi comparativi
dei ripostigli, analizza l'operato dei due artisti rivali. Eve-
neto e Kimone, determinando quale rispettivamente ne sia
il valore, quanta l'originalitii di ciascuno.
Il primo conio inciso da Eveneto è da riferirsi verso
il 425-420 a. C. e lascia molto addietro per vigoria e spi-
gliatezza di disegno, quanto erasi prodotto in quel turno,
nella zecca siracusana. Kveneto si recò poi a Catania e
246 niBMOGRAKIA

forse anche a Segesta. A Catania lavorò per parecchi anni


e, certo, non è chi ignori il magnifico tetradramma sul cui
rovescio la Vittoria reca la tavoletta col nome EYAIN; a mi-
nutissimi caratteri, o la dramma, parimenti firmata colla
testa della divinità fluviale ed al rovescio la ninfa sul
cigno. Divampata la guerra tra Catania e Siracusa, Eveneto
fu costretto rimanere a Catania e non potò far ritorno a
Siracusa se non nel 409 a. C, quando, cioè, fu conchiusa
la pace fra le due città e, difatti, in quell'anno o a prin-
cipio del susseguente. Eveneto riappare a Siracusa quale
incisore dei coni per la rinnovata monetazione aurea. In-
tanto tra il 413 e il 412 viene coniato il decadramma e
Kimone ne incide il primo conio, dappoiché l'Evans addi-
mostra con eflficaci argomenti che il decadramma, coniato
già 60 anni innanzi, in occasione del trionfo riportato da
Gelone sui Cartaginesi, ricomparve a celebrare altro trionfo
siracusano, in seguito alla disfatta degli ateniesi, ed in
intima relazione coi nuovi giuochi istituiti allora (18 set-
tembre 412) o detti assinari a perenne ricordo della gola
ove ebbe l'ultimo crollo la baldanza ateniese. Giova il
ricordare che il prof. Salinas aveva già fatto cenno di un
tetradramma commemorativo della vittoria riportata dai Si-
racusani sulla flotta ateniese, essendo su quel tetradramma
espresso il trionfo siracusano mediante i;ua vittoria con
aplustre nella destra. Il primo decadramma di Kimone è ab-
bastanza raro. La testa della ninfa Aretusa è a rilievo molto
basso ed è tratta evidentemente da un modello ben diverso
da quello di cui si servi Kimone per i tipi susseguenti, in
cui si compiacque rappresentare la ninfa con tratti severi ed
altieri resi più energici da un altissimo rilievo. L' Evans
richiama l'attenzione sulla singolare somiglianza che questo
secondo tipo del Kimone coniato sino dal 410 a. C. e lo
stupendo tetradramma con testa prospiciente (409 a. C.)
hanno coi didramrai campani colla testa prospiciente e quelli
del periodo di transizione colla testa di profilo. Sono tali i
punti di contatto tra questi didrammi e i lavori di Kimone,
che l'Evans ò indotto a credere sieno da ricercarsi da
quelle parti i principi! della carriera artistica di Kimone;
ed in appoggio di questa sua congettura rintraccia l'operato
BIBLIOGRAFIA 247

di questo artista innanzi all'epoca che fu impiegato nella


zecca siracusana. E vediamo, cosi, che lavorò a Metaponto,
essendo firmato da lui un grazioso didramma di quella
città (Garrucci, tav. CUT, fig. 16) e che lavorò pure prima
di venire a Siracusa, per parecchie città calcidiche di Sicilia.
Di lui, siccome già avvertirono il Gardner ed il Poole, è
il magnifico tetradramma messinese coll'iscrizione PEAnPlAZ,
sui diversi esemplari del quale vedonsi traccio del nome
KIMflN.
Verso il 406 Kimono incideva un terzo conio del de-
cadramma, apponendo il nome sul delfino che sta sotto il
collo della ninfa, e nel contempo Eveneto compiva il suo
primo medaglione colla graziosa testa di Persefone. L'Evans
rinvenne poi, nel ripostiglio di S. Maria Licodia, un nuovo
decadramma ch'egli crede di quest'anno medesimo e di
nuovo artista. Questo decadramma differisce sensibilmente
da quelli sinora conosciuti e specialmente nel rovescio dove
è assai diversa la mossa dei cavalli. Mentre negli altri
decadrammi vediamo espressi ancora gli sforzi della corsa,
(jui, invece, i cavalli son trattenuti a redini tese, dinnanzi
alla meta. AU'esergo trovasi, al disopra dei premi, in grandi
lettere, l'ASAA, mentre di solito si vede a caratteri molto
più minuti, al disotto delle armi. L'impercettibile j-K o hK
che l'Evans ed il Poole credono vedere all'esergo di questo
decadramma, è molto dubbio e potrebbe dipendere assai fa-
cilmente da lieve corrosione della superficie, tanto più che
il lavoro si può benissimo attribuire ad Eveneto.
Sia come si vojrlia, 1' Evans ha ben rufrione nel rite-
nerlo tra i migliori coni Siracusani. Altro conio sul deca-
dramma fu lavorato da Kimono verso il 403 ed Eveneto
incise nel 385 il bellissimo tipo colla firma EYAINETOY-
Neil' esaminare attentamente il ripostiglio di S. Maria di
Licodia l'Evans osservò che la nu^ggior parte dei decadrammi
più recenti accusavano dei coni o rotti o talmente ossidati
che spesso, per la ruggine accumulatasi negli interstizi,
mancavano i contorni precisi del disegno. Egli ne trae di
conseguenza che dal 385 al 360 furono continuate le emis-
sioni cogli antichi coni.
L'Evans riporta inoltre un sardonico finamente inciso
248 niBLICGRAKIA

in cui è ripetuto fedelmente il rovescio dell'aureo da lOOlitre


di Eveneto. L'incisione di questa gemma, a tocchi sicuri e
decisi, pare sia da assegnarsi verso la fine del V secolo o
al principio del IV, e l'Evans avverte che potrebbe anche
esser di Eveneto stesso, poiché i coni da lui incisi tradi-
scono evidentemente una mano cui è consueta l'incisione
a punta di diamante. L'Evans connette questa graziosa
gemma ad una serie interessante di anelli con tipi civici
che dovevano servire ad uffici di Stato; ve n'ha di Gela
coi simboli della città e l' iscrizione rEAAI, di Selinunto,
di Napoli e via dicendo. Dell'importanza che ebbero i lavori
di Eveneto e di Kimone, discorre a lungo, esaminando ac-
curatamente lediverse riproduzioni sia sulle monete, sia
su altre produzioni artistiche. Riproduzioni de' medaglioni
di Eveneto si vedono pure su terrecotte campane su cui
furono eseguite spesso a mezzo di stampiglia ricavata sulla
moneta stessa. Queste terrecotte. di cui si continuava ancora
la fabbricazione durante il III secolo a. C, simulavano
mercè la patina di cui erano rivestite, coppe d'argento e
sembrano riferirsi ad originali siracusani proprio di argento
in cui erano incastonati medaglioni di Eveneto. L' Evans
chiude questo lavoro colla ristampa di una sua monografia
su nomi di artisti su monete siculo, o non ancora decifrati
o non ravvisati ancora sui tipi da lui pubblicati. Il nome
di un Kimone su di un tetradramma di Imera, emesso verso
il 45 a. C. sarebbe interessantissimo; ma avemmo agio di
esaminare quel tetradramma e pensiamo che di tracce cosi
sbiadite, come quelle che appaiono su quella moneta, non
si può cosi decisamente tener conto. Graziosissimo è il te-
tradramma di Camarina, colla testa imberbe d' Ercole, che
ha, presso al mento, la tavoletta col nome EZÀ-KEI (TIAAI).
Il lavoro dell' Evans del resto abbraccia un campo
abbastanza vasto, e in occasione della siracusana, discorre
di molte altre zecche siculo ; vogliamo sperare che l'autore
continui alacremente questi studi e dia mano possibilmente
ad un lavoro complessivo sulle monete sicule.
A. G. S.
l'.IBLlOÒKAl'IA 249

Wat*»vicli \%''i»oth. Catalogne of Ihc Greeh coins af Mi/sia cditc.d


h>j U. Stuart Pool' L. L. D. Londra, 1802 (1).

Un nuovo volume dei Cataloghi del ■Museo Britannico,


destinati alla serie greca, è dedicato all'illustrazione numis-
matica della ITisia. E compilato, cornai altri precedenti, dal
Sig. Warwicli Wrotli . capo del dipartimento delle monete
greclie, ed edito dal Direttore S. Reginald Stuart Poole.
La numismatica greca è una scienza cosi complessa
e piena ancora di problemi, che la compilazione di un ca-
talogo èun lavoro tutt'altro che semplice, lìasta leggere la
dotta prefazione, che l'autore lia scritto in testa al vo-
lume, per vedere (juante ditìicoltà di attriluizione e di crono-
logia si siano dovuto vincere, alle i|uali portarono luce i
molti lavori pubblicati da eminenti numismatici da ^Iioiiii(;t
ad OiTiri. Il catalotro dumiue va considerato come una vera
monografia delle monete della ]Misia e principalmente delle
importantissime città di Cizico, Pario. Lampsaco, Apol-
lonia ePergamo . incominciando da 5 secoli avanti 1' l'-ra
volgare fino al finire della dominazione romana. -- L'opera
è corredata da 25 accuratissime tav(de in eliotipia.
Nel 1890 (^-2). annunciando il Voi. XXI (!<■! Cataloglii del
Museo Britannico dedicaro alli' ^Inni'te greche del l'onto.
della Paflagonia, della Bitinia iì did l'osf.iro. acceniiavaiiin
al desiderio che tale catalogo fossM aocomjiagiiato da una
carta geografica della plaga comprendente le città, ili cui
si descrivevano le monete. Il nuin'o Catalogo è coi-rcdato
appunto da una utilissima, carta, ccdb? venti([U;i tti'o città
della Misia, di cui si conoscono monete. - Se in tale in-
novazione ha avuto un po' di parte l'espressione del nostiai
desiderio, ce ne rallegriamo , i3 ci incoraggiamo ad espri-
merne due altri. Il primo, die già ul)biamo veduiu espressi^

(\) Mandato in dono alla lliiistii presentuJ by tlie tni.-itees of


British Muaeum) 1" aprile 18M.
(■2j Hirisla Italiana dì yuinisiniticu, .Vnno III, pa-^'. 15i).
250 niBLlOGRAFIA

in altra recensione d' uno dei precedenti cataloghi del


Museo Britannico, riguarda la riproduzione delle leggende.
Tu questi cataloghi s' è adottato il sistema di riprodurle
materialmonte come si leggono sulle monete. Ora ognun sa
come, non solo le leggende delle antiche monete siano gene-
ralmente scritte tutte di seguito, senza che un maggiore in-
terval o 0 un punto o un segno qualunque indichi il distacco
tra una parola e 1' altra ; ma come anche bene spesso tali
leggende siano, per le esigenze del disegno, rappresentate
tagliate qua e là dove ca|iita, occorrendo, a metà di una
parola ; dimodoché molte volte rimangono oscure, o per lo
meno richiedono uno studio speciale per decifrarle. Siccome.
1' essere le leggende tagliate dal diseguo piuttosto in un
punto che in un altro, non è cosa che abbia in sé alcuna
importanza scientifica, tanto che alle volte due medesime
monete, prodotte da conio differente , offrono una diversa
distribuzione di lettere , non sarebbe più comodo e più
razionale di riprodurle non come sono materialmente sul-
l'esemplare che si descrive, ma a norma del signiiìcato che
debbono avere? Per citare un solo esempio , invece di
scrivere: AKTOKPAKAICA PATPAIANAAPIANON non sarebbe
più chiaro: AKTOKPA KAICAP A TPAIAN AAPIANON ?
Il Cohen ha adottato questo sistema per le monete
romane e ci pare sarebbe consigliabile anche per le greche.
L'ultimo desiderio, che ci permettiamo d'esprimere, sa-
rebbe quello che, oltre alle finche indicanti il metallo, il
diametro e il peso delle monete, ce ne fosse un'altra indi-
cante il grado di rarità. Né diciamo questo nel senso com-
merciale ;la maesiore o minore rarità d' una moneta ha
sempre anche un interesse scientifico, indicando approssi-
mativamente ilnumero maggiore o minore d'esemplari che
furono coniati.
Questi cataloghi del Museo Britannico, compilati con
tanta scienza, tanta cura, tanta nitidezza, rappresentano il
risultato ultimo degli studi fatti finora sulla numismatica
greca, e, corredati, come sono, da bellissime tavole e da abbon-
danti indici, restano il più prezioso manuale pei raccoglitori
di queste serie. Da ciò il rammarico clie non siano una de-
scrizione universale, ma quella di un solo museo, il quale, per
lilBLIOGRAKU 251

quanto straordinariamente ricc), non lo può essere del pari


in tutte le serie (3)^ nò può comprendere esemplari di tutte lo
monete conosciute.
F. G.

Conyrès International de Xnmixinatiiii.i';. Mcinolres et Comples reìidim


des séanccs. Bruxelles, 18DI.

I Segretari del Congri^ssd di Bruxelles, Siguuri (I. Cumont


e A. De Witte, incaricati della pubblicazione delle memorie
presentate al Congresso e dei resoconti dello sedute, ven-
nero a capo della loro impr^^sa, col Volume di cui prendiamo
a discorrere. — E un grosso Volume di circa 700 }iagine
nel formato della Reviii' lìcli/'', con pareccliie tavole e disegni.
Contiene dapprima la Lista dei Memlnd del Congresso, poi
il resoconto delle sedute, poi gli indirizzi delle varie Società
sorelle, e della nostra liivist'i., che allora rappresentava in
germe la Società Italiana, poi una storia della R. Società
Belga, scritta dal barone Felice Bethune ; e, dopo tutto questo
a guisa di prefazione, seguono in ordine alfabetico degli
autori le 4:2 Memorie presentato al Congresso ; — otto di
queste trattano di Numismatica antica, e di queste, sette
sono dedicate alla N'umismatica romana, o una sola alla
greca, quella dell'illustre numismatica Ernesto Babelon,
— La Vittoria sulh; lìionnlr /('oro (P Alcisandrn il Crraìide, —
in cui dimostra come il siuibolo che tione la Vittoria,
finora giudicata l'armatura o il sostegno di un trofeo, sia
invece un emblema navale e precisamente la Sli/lis. Ventitré
memorie sono per la Xiimlsmatici m-jdioevale e moderna,
cinque per le Medaglie, una pei gett )ni, due per la sfra-
gistica, quattro infine per argomenti generali riguardanti la
numismatica.

{\i) Lo sttì-iHo aiU-oi-j d.iplora nella prefizione tpag. XVIIj che una
serie del quarto periolo delia coniaziou; di (;izioo sia laulu raijprusi'n-
tata nel Mu-^uo Britannico.
2r>2 niCLlOGliAMA

Troppo lungo sarebbe l'esaminare ad nna ad una le


memorie, e d'altronde d'alcune abbiamo già parlato; altre
— le italiane — le abbiamo quasi completamente ripro-
dotte nella Rinslrt. Ci basterà dire che buon numero d'esse
sono importanti, recando nuova luce alla scienza, e che nel
suo complesso il Volume fa molto onore a chi ha organiz-
zato il Congresso Numismatico di Bruxelles, che vi ha dato
occasione, e del (|uale rimane l'imperituro monumento.
Siccome però un resoconto deve prima di tutto essere
sincero, non ci esimeremo dal rilevare un difetto che, secondo
il nostro modo di vedere, vi troviamo.
Alcune fra le memorie non sono pubblicate in e.rtenso
come la grande maggioranza, ma date semplicemente nel
riassunto francese destinato ad esser letto al Congresso; ciò
produce uno squilibrio, che tosto appare all' occhio di chi
prende ad esaminare il Volume. — Ma non è solo per
riguardo all'euritmia del lavoro, che troviamo a ridire sul
sistema adottato. Gli è che una memoria scientifica dovrebbe
essere letta dallo studioso nella forma e nella integrità in
cui l'autore ha creduto di stenderla ^ tale almeno è certa-
mente rintenzione dell'autore — mentre il riassunto che
talvolta l'accompagna, e che può essere sufficiente ad accen-
narne verbalmente l'argomento a un pubblico consesso, non
può in alcun modo sostituirla. Difatti, le memorie pub-
blicate riassuntivamente riuscirono estremamente povere e
monche, e lasciano troppo il desiderio d'essere lette nella
loro integrità.
Una nota posta infine all'indice avvisa come appunto di
parecchie delle memorie italiane non si dia che il riassunto,
accennando al fatto ch'esse furono presentate al Congresso
in un fascicolo a stampa; ma non abbiamo potuto afferrare
il criterio per cui alcune di esse furono pubblicate per esteso
ed altre no.
F. G.
BIlll.lOGRAliA 253

lleniole IDii^éae, HUtoire raoaétaii-e da Genève de 17 02 à 184S.


Genève, lS',)-2; ia-4°, con G tav.
Con questo volume, che fa seguito a quello pubblicato
nel 18S7 (l), l'egregio nutnisiuatico ginevrino ha portato a
compimento la descrizione dell'officina monetaria di Ginevra.
Questa seconda parte comprende la storia di quella zecca
dalla Rivoluzione francese fino al 181-8, ossia all'epoca in cui
la nuova Costituzione federale tolse a vari Cantoni svizzeri
il diritto di batter moneta, por riunirlo nelle mani del
potere centrale. Il lavorcj è diviso in quattro parti: la prima
comprende la storia delle monete ginevrine battute dal 1792
fino alla riunione alla Francia, nel 1798; la seconda tratta
dell' officina monetaria stabilita dal governo francese a
Ginevra; la terza fa la storia delle monete emesso dal 1813
al 1838 col sistema del fiorino, e dal 1838 al 1848 sulla
base del franco; la quarta infine dà la descrizione gene-
rale di tutte le monete di Ginevra dal 1792 al 1848.
Questo è a mio avviso il metodo migliore per compi-
lare la monografia di una zecca; esso è nel medesimo
tempo scientifico e pratico, e riesce utile tanto allo studioso,
quanto al semplice raccoglitore, cJie vuol classificare le sue
monete colla guida di un libro. Il lavoro è arricchito di
buona copia di documenti e di tabelle, che illustrano sotto
ogni rapporto le varie emissioni di monete, che si succe-
dettero nel breve periodo dal 1792 al 1848.
La descrizione delle monete è molto esatta e minuziosa.
e sempre corredata delle indicazioni riguardanti il \ie>iO. il
modulo e la Collezione in cui trovansi le singole monete.
L'opera infine è provveduta di sei tavole egregiamente
incise, che danno tutti i tipi delle monete.
Se tutti i Cantoni svizzeri avessero una il'uistrazione
come questa, sarebbe di molto agevolato il compito di
alcuni egregi uumismatioi svizzeri, che si propongono di
compilare una descrizione generale di tutte b' moneto del
loro paese. E. G.

(1) De.moi.e EuoiiNE, Histitìri: iniini'Uiii'i: ile (rciiì-re d'^ /.'j.).7 ìi I7!ì':
Genève, 1887, in-4", con '■) tavole.
254 BIBLIOGHAKIA

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Abhandlungeu zar classisclien Altertliunis-AVis-ienspbat't. Willieliii
von Christ zum 60. Geburtstag dargebraclit von seinen Scliiilern. Mint-
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2")8 Pini.IOGIÌAFIA

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KubitscJiecl' J. IC!, Erliluterungen zu einer l'iir den Scliulgebraucli ausge-
wtllilteii Sammlung galvanoplastiscber Abdriicke atitiker Munztypcn.

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Allgemeine Zeitung, di Monaco, Beiloge n. 74 (I892j: Luschin
ron Ebeiigreufh A., Eine Silberki'ise im 14. Jahrhundert.
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Berichte ùber die Verhandlungen der k. sachsischen
Gesellschaft der "Wissenschaften. (Philologisoh-hlstorische Classe)
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Caesar's auf dem Forum .Tulium und den Tictio; Bpotónou; einer Miinze
des Gordianus Plus voti Xikaia (Bitliyuien). — • Schneider, Goldtypen
des 0sten3 in Grieehischer Kunst.
Mittheilungen des Oberhessischen Geschichtsvereins in
Giessen, N. Folge, Band 3, 1892: Kleiritz, Alte Miuizstatte bei Giessen
Mittheilungen des Vereins fiir Geschichte der Stadt Meis-
sen, voi. 2, fase. IV: linnieì Georg, Aiis der Kipper-und Wipper Zeit.
L'art pratique, dell' Jlirth di Monaco, 1892, livraison I, tav. 6:
Médaille (le l'erapereur
Travail allemand de Tan Maximilien
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Qiiartalbliitter des histor. Vereins fiir das Grossherzog-


thum Hessen, Xeues Folge, Bd. I, n. 4: Miinzfund in Mainz.
Neues lausitzisches Magazin, LXVIT, 2: Scheuner R., Die
Bracteatenfunde in der Oberlausitz. Mit Abbildnng.

Musóe neuchàtelois, 1892. n.2: Petipierre-Steiger, Les anciennes


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Mémoires et documentS de la Sociétè d'histoire et d'arcbéologie
de Genève, t. II, cahier I, (1892): Demole FI, Histoire monétaire de
Genève de 1792 à 1848. Av. 6 planches.

Boletin de la Real Academia de la Historia, di Madrid, di-


cembre 1391 : C. Pujol y Camps, Xnraismàtica antigua de Aragón.
NOTIZIE VARIE

Premio per medaglie. _ La il. AcciKlomiii di Belle Arti


in Milano ha bandito il seguente concorso, sul quale rivol-
giamo l'attenzione dei nostri incisori:
l'RKMio speciali:
PER MEDAGLIE OTTKNUTE LiA CONI! li' ACCIA IO INCISI A MANO.

Una persona benemerita, che desidera mantenere per


ora 1' incognito, ha destinato la somma di L. 1000 (inille)
per un premio da conferirsi da quest' Acoademin per un
concorso, i*>«a ^ii artigli ìtalSitiii «iieiitì, di iiii'iluxlic
ottenute da conìi d'acciaio iiiciwì a luanu.

DISCIPLINE.

I concorrenti dovranno consegnare le loro medaglie


all' Ispettore-Economo di quost' Acc.ideraia non più tardi
delle ore 4 pom. del giorno I*0 «etlciiihrc l^ft**. Non si
ammettono giustificazioni sul ritardo a questo termine; e
l'Accademia non si incarica di ritirare le opere, quantunque
ad essa dirette, nò dao;li uffici dolio ferrovie, né dalle do-
gane. I concorrenti che desiderassero conservare l'anoniiao
dovranno anche consegnare un cart'dlino con epigrafe e
ripeterla sopra una busta suggellata, contenente nell'interno
il loro nome, cognome e domicilio.
Sono ammesse al Concorso le medaglitj di cjualsiasi sog-
getto di commissione pubblica o privata, oppure eseguite
per iniziativa dell'artista, purcln'; in esse campeggi almeno
una figura od un ritratto artisticamente eseguito e siano
tali medaglie ottenute da cimii «^'acciaio iiici«i a luaiiu
ed eseguite nel triennio 1890-92,
Non si ammetterà al Concorso alcun lavoro ottenuto
260 NOTIZIE VARIE

con mezzi meccanici, chimici, o con altri sistemi e, che


quindi non sia lavoro d'incisione a mano.
Nessun artista potrà concorrere al premio con più di
un'opera.
La medaglia presentata al Concorso dovrà essere un'o-
pera originale eseguita dal concorrente e non copia di
altre medaglie.
Della medaglia per il Concorso si dovranno presentare
due esemplari, che verranno restituiti dopo il giudizio.
Della medaglia premiata, 1' autore, oltre ai predetti due
esemplari da trattenersi dall'Accademia, dovrà consegnarne
un terzo per il E,. Gabinetto Numismatico.
Il premio verrà aggiudicato da una Commissione esa-
minatrice composta da uno scultore e da un pittore, dal Se-
gretario della R. Accademia di Belle Arti, da uno studioso
di storia dell'Arte, dal Direttore del R. Gabinetto Numis-
matico eda un incisore di conti di medaglie.

]^JB. Le medaglie presentate al concorso saranno


esposte in una vetrina eseguita espressamente e donata alla
E. Accademia dal signor Francesco Grazioli.
Milano, 10 Marzo 1892.
Il Presidente
E. Visconti Venosta.
Il Segretario
Giulio Carotti.

Monete rinvenute nelle vicinanze di Fano. — Nell'ese-


guire alcuni lavori campestri in un fondo rustico, denomi-
nato Forcole, posto sulla sinistra della via Flaminia a tre
chilometri da Fano , di proprietà del nobil uomo Duca
Astorre di Montevecchio Benedetti, vennero alla luce avanzi
di fabbricati e sepolcri romani, insieme a uija ingente
quantità di ruderi, materiali e stoviglie frammentate e-
oggetti in bronzo. La confusione, in cui giacevano questi
avanzi nel terreno in discorso, fanno supporre escavazioui
precedenti; e, specialmente i sepolcri, presentavano traccie
non dubbie di manomissione. Il proprietario si die la mas-
NOTIZIE VARIE 261

sima cura di sorvegliare e far sorvegliare i lavori, perchè


gli oggetti trovati non andassero dispersi , e mise quindi
a mia disposizione le monete rinvenute per classificarle.
Ho creduto darne una breve descrizione , non perchè
vi siano pezzi di molta importanza, ma perchè il serbarne
memoria potrà essere utile a chi voglia studiare la topo-
grafia storica delle nostre località.

Monete Consolari incerte.

Asse di gr. 43
Asse con astro al rovescio. Babelon T. 1. p. 50 n. 26.
Sentisse con mezzaluna al rovescio, ivi
Denar^o foderato illeggibile
Viltoriato tipo solito
Viltorialo (?) Dr. Pegaso. — Rv. Vittoria che corona un trofeo.
71 Pezzi di assi e frazioni di assi di conservazioni diverse.

Monete di Famiglie.

Calpurnia. Denaro Babelon N. 11


Cassia. Asse " •; 5
Clouliu. Quinario .• ^ n2
Furia. Asse i )i 1
Herennia. Denaro i ni
Mamilia. Denaro foderato n •: 1
Rubria. Quinario " ^4
Salvia. Medio Bronzo ^ "4
Valeria. Medio Bronzo •' •'24

Monete Imperiali.

Augusto. Medio Bronzo. Cohen 1' ediz. n. 272.


Augusto. Medio Bronzo coloniale di Bilbilis.
Id. e Agrippa. M. B. coniato a Ninies, diviso verticalmente.
Agrippa. M. B. Cohen N. 3 ; tre esemplari.
Druso Cesare. M. B. Cohen N. 2.
Claudio I. M. B. Cohen X. 73.
Vespasiano. G. B. Cohen N. 367.
262 NOTIZIL VARIE

Vespasiano M. B. Cohen N. 422.


Id. M. B. Cohen N. 450 (V^ariante nella leggenda al diritto^.
Traiano. M. B. Cohen N. 300.
Adriano. 2 M. B. sconservati.
Antonino. M. B. Cohen N. 605.
M. Aurelio. G. B. Cohen N. 427.
Claudio II Gotico. P. B. Cohen N. 268.
Costantino I. P. B.
Costantino IL P. B.
10 M. B. sconservati.
13 P. B. e Quinari sconservati.

A queste monete vanno aggiunti lo pezzi di cattiva


conservazione, divisi per metà, come il medio bronzo di
Augusto e Agrippa. Evidentemente questi nummi furono
tagliati a scopo votivo.
Evvi pure una piccola moneta in bronzo di Teano (Cam-
pania) jy
: — Testa di Pallade ; ly, — Gallo e astro: TIAN-
Infine due medagliette di divozione, una moneta me-
dioevale di mistura, un sesino di Francesco Maria II Duca
di Urbino, una moneta veneta di rame pel Levante , e un
quattrino di Benedetto XIV.
La prevalenza delle monete rinvenute è del periodo
Repubblicano e dell'alto Impero.
Le poche monete del basso Impero, le pochissime mo-
derne e la mancanza di quelle del periodo ohe va dagli
Antonini a Claudio II, dimostrano che la località (forse un
sobborgo o vico dell' antica città) venne devastata in una
delle prime invasioni barbariche , e tracce evidenti d' in-
cendio lo confermano. Ma non è questo il luogo di pro-
nunciare giudizii in proposito : altri potrà farlo studiando
meglio gli oggetti rinvenuti, tenendo conto delle altre sco-
perte fatte nei dintorni, e cercando di farne delle altre.
Mi ù bensì di compiacimento annunziare che l'egregio
proprietario ha liberalmente disposto che queste monete
insieme a tutti gli altri oggetti trovati vengano depositate
nell'Archivio Municipale di Fano, ove esistono altri avanzi
di antichità. G. C.
NOTIZIE VARIK 203

Ripostiglio d'Aurei romani in Calabria. _ Nello scorso


Aprile vennero trovati nelle vicinanze di Mouteleone Ca-
labria 73 aurei romani. Trovandomi colà di passaggio potei
vederli, ma non acquistarli, né più mi fu possibile saperne
qualche cosa.
Ho potuto prendere qualche annotazione, che mi basta
a darne una descrizione, so non rigorosamente esatta, almeno
molto approssimativa. — Vi si trovano adunque 7 Aurei
d'Antonia (i due tipi). 6 colle due teste d'Augusto e Cali-
gola, ed' Agrippina e Caligola, -4 di Nerone Druso (1 due
tipi) uno di Galba, uno di Vitellio, uno di Nerone e Agrip-
pina, uno d'Augusto e Tiberio, uno di Tito, uuo di Vespa-
siano, due di Domiziano, due Quinarii di Tiberio, e infine
le rimanenti 24 rappresentano tipi comuni d' Augusto e
Tiberio.
Il bel tesoretto era nascosto in un rozzo vaso di terra. Le
monete sono in generale di bella conservazione. F. G.

Ripostiglio di Monete Consolari in Sicilia. — Un im-


portantissimo ripostiglio di monete consolari venne ritrovato
0 verso la fine dello scorso anno o al principio dell' anno
corrente, credo nell'interno della Sicilia. — Difficile è sempre
conoscere quale sia il luogo dove un ripostiglio viene
trovato, come pure la sua importanza. Da quanto però mi
fu dato raccogliere e dalla parte che mi fu dato vedere,
(circa 2000 pezzi) credo poter affermare che si tratta di un
ricco ripostiglio di 8 o 10 mila pezzi, buona parte del
quale è ancora nelle mani del misterioso e fortunato ritro-
vatore. Il ripostiglio fa nascosto in epoca recente, ossia
quattro o cini[ue lustri avanti l'era volgare, contenendovisi
in grande abbondanza i denari di Sesto Pompeo Magno,
poi quelli coi nomi di Sempronio Gracco, M. Barbazio,
Cocceio Nerva, L. Cornelio Balbo, Q. Nasidio, M. Servilio,
Stazio Murco, L. Sestio, L. Plaetorio Cestiano, ecc., ecc.
La conservazione è in generale molto buona, e sono
spiacente di non poterne dare che un cenno fuggevole a
memoria dopo una semplice visita, mentre il ripostiglio
meriterebbe un esame ben più accurato. Ma davanti alle
eccessive esigenze dei proprietarii, convenne in questo caso,
264 NOTIZIE VARir

come nel precedente degli aurei romani, rinunciare all'in-


teresse della scienza, tanto più che il ripostiglio sarebbe
ormai impossibile ricostituirlo nella sua totalità. F. G.

Vendite pubbliche di Monete a Milano. — Durante il


primo semestre dell'anno corrente ebbero luogo a Milano
due vendite pubbliche di Monete. La prima fu quella del
Conte M.*** di monete greche, romane ed italiane, tenuta
dall'impresa Sambon il 4 Aprile e giorni seguenti. La col-
lezione che si presentava non era molto importante e il
concorso fu specialmente di piccoli amatori, cosicché le
monete di poca entità e le conservazioni mediocri raggiun-
sero comparativamente prezzi superiori a quelli delle poche
vere belle conservazioni che vi si contenevano.
La seconda fu quella della Collezione del fu Amilcare
Ancona, tenuta dall'impresa Pertusi il 3 maggio e giorni
consecutivi nei nuovi locali di via Dante. Fatta e disfatta
più volte dal proprietario, questa collezione numismatica
non aveva più molte attrattive per grandi raccoglitori, e
furono anche qui i piccoli che poterono a prezzi molto
ragionevoli aumentare le proprie raccolte.
Crediamo quindi inutile citare i prezzi sia dell'una che
dell'altra, che, meno pochissimi, non potrebbero servire
di base. L.i Direzione.

Ai raccoglitori di Monete Romane. — Il sottoscritto,


mentre ringrazia cordialmente i Signori direttori di Musei
e i privati raccoglitori, che risposero premurosamente al
suo ultimo appello circa i bronzi eccedenti il peso normale,
i quali formeranno il tema di un prossimo studio, si ri-
volge nuovamente alla cortesia loro e degli altri raccoglitori
di monete romane, interessandoli a fornirgli le descrizioni
dei bronzi privi delle lettere S C da Augusto ad Adriano,
non descritti nell'opera di Cohen. Questi bronzi non sono
certo comuni; ma è probabile che parecchi esistano inav-
vertiti nelle collezioni.
Francesco Gnecchi.
Via FUodraDimatici, io, Milano.
NOTIZIE VARIE 2G5

Premio Duchalais. — L'accademia delle Iscrizioni e


belle lettere ha decretato il premio Duchalais (num. del
M. Evo) a Ad. Blanchet per la sua n Numismaliiiue chi
mo'jen Age. -n

In memoriam. — Il giorno 12 corr. giugno, nella Bi-


blioteca Nazionale (Braidense) di Milano, s' inaugurò un
busto al compianto Comm. Ghiron, già prefetto della Bi-
blioteca stessa.
Isaia Ghiron, com'è noto, coltivò pure gli studi numis-
matici, ela nostra Rivista lo annoverò tra i suoi fondatori,
come lo ebbe consigliere sino alla immatura di lui morte.

34
ATTI
DELLA

SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

Prima Adunanza dei Soci.


Il Aprite 1802.

Un invito del Comitato promotore, diramato ai sotto-


scrittori, indiceva la prima Adunanza pel giorno 11 di
Aprile 1892 al tocco, presso la Direzione della Rivista Ita-
liana di Numismatica (via Filodrammatici , lOj , per discu-
tere il seguente ordine del giorno :

I. Comunicazioni delle adesioni e dei doni pervenuti.


IL Approcazioìie dello Statuto.
III. Concorso Numismatico.
IV. Nomina delle cariche sociali.

Vi intervenivano i Signori : Ambrosoli , Ballarati , Ca-


soretti , Gavazzi, Gnecchi E., Gnecchi F. , Luppi , Maraz-
zani, Motta, Papadopoli, Ratti, Romussi, Ruggero, Sani.

I. — Il Cav. Francesco Gnecchi, assunta per desiderio


dei Soci, la presidenza provvisoria, apre la seduta, annun-
ciando la costituzione definitiva della Società e dando let-
tura dell' elenco delle adesioni pervenute , in testa allo
quali figura il nome di S. A. R. il Principe ereditario, ac-
colto coi segni della massima simpatia e devozione.
Neil' adunanza del Comitato promotore s'era deciso di
dichiarare costituita la Società quando si avessero 40 ade-
sioni ;ora questo numero è raggiunto ed anzi leggermente
sorpassato.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

Ecco l'elenco dei Soci:

Roma
1. S. A. R. IL Principe di Napoli
2. Ambrosoli Dott. Solone Milano
3. Arcari Cav. Dott. Francesco Cremona
Sacconago
4. Ballarati Cap.° Amedeo
5. Bertoldi Antonio . Venezia
6. Brambilla nob. Comm. Camillo Pavia
7. Gagnola nob. Carlo Milano
8. Casoretti Carlo
9. Castellani Giuseppe Fano
10. Ciani Ing. Giorgio Trento
11. Comandini Dott. Alfredo Milano
12. De Lazara Conte Antonio . Padova
ì>

13. Fascila Comm. Carlo . Milano

14. Fiorasi Cap.' Gaetano.


15. Gavazzi Cav. Giuseppe Milano
Aquila
16. Gnecchi Cav. Ercole .
17. Gnecchi Cav. Francesco
18. Johnson Cav. Federico
19. Marazzani Visconti Terzi Conte Piacenza
Lod
20. Marietti Cav. Giovanni Parma
21. Maselli Avv. Giuseppe Acquaviva
Venezia
22. Miari Conte Fulcio Luigi .
23. Milani Cav. Prof. L. Adriano Firenze
24. Morsolin Prof. Ab. Bernardo Vicenza
Milano
25. Motta Ing. Emilio
26. Mulazzani Conte Lodovico . Treviglio
27. Padovan Cav. Vincenzo Venezia
28. Papadopoli Conte Comm. Nicolò
29. Pioozzi Dott. Francesco Lodi
30. Ratti Dott. Luigi. Milano
81. Romussi Dott. Carlo .
32. Rossi Cav. Dott. Umberto . Firenze
II
Cremona
33. Ruggero Cav. Col." Giuseppe Palermo
34. Salinas Prof. Comm. Antonino
35. Sani Aldo .... Milano
36. Santoni Can.* Prof. Milziade Camerino
37. Sambon Arturo Giulio. Napoli
38. Sessa Rodolfo Milano
39. Sormani Andreani Conte Loren
40. Stefani Federico . Venezia
41. Tatti Ing. Paolo . Milano
42. Visconti March. Carlo Ermes
II
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 269

Questi primi 42 Soci sono dichiarati Fondatori della


Società.
Le offerte, sia in denaro a fondo perduto, sia in libri,
pervennero già copiose alla Società , fino prima della sua
definitiva costituzione.
Offersero in denaro :
S. A. K. Il Principe di Napoli .
Ambrosoli Dott. Solone . 100
r!
Ballarati Gap. Amedeo .
Brambilla nob. Comm. Camillo 20
Cuttica de Cassine Marchesa Maura n 200
Garovaglio Cav. Alfonso. 10
50
Gavazzi Cav. Giuseppe . 100
Gnocchi Cav. Ercole
- 500
Gnecchi Cav. Francesco .
500
n 200
Gnocchi Comm. Ing. Giuseppe
Johnson Cav. Federico . r 200
Maselli Avv. Giuseppe . :, 10
Papadopoli Conte Comm. Nicolò . nri
n
500
Salinas Comm. Prof. Antonino
Sessa Rodolfo ..... 100
50
L. 3040
In libri

Enrico Osnago. — Denaven, Le Caissier Italien ; Camozzi, Ca-


talogo del Risorgimento Italiano ; Ambrosoli, Zecche Italiane ;
Tini, Storia della moneta ; Catalogo della Collezione Rossi.

Francesco ed Ercole Gnecchi. — Le loro pubblicazioni numis-


matiche :Le Monete di Milano; le Monete dei Trivulzio ;
Saggio di Bibliografia ; Guida Numismatica 1* e 2' edizione ;
Rivista Italiana di Numismatica 1890-1891.

Francesco Gnecchi. — Revue Belfie de Numismatique 1876-1891 ;


Cataloghi diversi.
Ercole Gnecchi. — Cinwjli, Le Monete dei Tapi.
Solone Ambrosoli. — Le sue pubblicazioni numismatiche; Gaz-
zetta numismatica di Como , completa ; Rivista Italiana di
Numismatica, 1888-1889; Le Zecche Italiane rappresentate
nella sua Collezione.
270 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

Nicolò Papadopoli. — Le sue pubblicazioni numismatiche.


Costantino Luppi. — Le sue pubblicazioni numismatiche , più
parecchi cataloghi.
Francesco Malaguzzi Valeri. — Notizie di Artisti Reggiani
(1300-1600).
Damiano Muoni. — Le sue pubblicazioni numismatiche ; La Zecca
di Milano; Elenco delle zecche d'Italia; Cenni storici sopra
Calcio ed Antignate, ecc. ecc.
Ortensio Vitalini. — Bullettino di Numismatica e Sfragistica
(Camerino) Anno II e III; Tariffa delle monete pontificie se-
condo l'ordine del Cinagli.
E.MILIO Motta. — Euyéne Demole, Histoire monétaire de Genève
de 1792 à 1848. Tomo II ; varie piccole pubblicazioni.

A norma della prima circolare d'invito (confermata poi


dall'Art. XI dello Statuto) vengono dall'Assemblea dichia-
rati benemeriti della Società

S. A. K. Il Principe di Napoli
Ambrosoli Dott. Solone
Cuttica de Cassine Marchesa Maura
Gnecchi Cav. Ercole
Gnecchi Cav. Francesco
Gnocchi Comm. Ing. Giuseppe
Johnson Cav. Federico
Papadopoli Conte Comm. Nicolò.

IL — Si passa quindi alla discussione dello schema di


Statuto provvisorio il quale viene approvato nella forma
in cui si iinisce come allegato a questo verbale, colla espli-
cita dichiarazione che diverrà definitivo quando, nell'epoca
più prossima che sarà possibile , la Società sia fusa colla
Rivista Numismatica, alla qual'epoca vi saranno introdotte
tutte le modificazioni che fossero del caso.

III. — La proposta messa innanzi dal Comitato pro-


motore, di iniziare i lavori della Società con un Concorso
numismatico è accolta molto favorevolmente da tutti i Soci,
specialmente dopo alcune osservazioni del Presidente sul-
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 271

l'opportunità di non istornare nel primo anno i pochi fondi


sociali per nna sede, che sarebbe per ora di assai scarsa utilità,
convergendoli invece a favorire quello che dovrebbe essere
uno dei precipui obbiettivi della Società , la Illustrazione
generale delle Zecche italiane , opera grandiosa e comples-
siva ,alla quale non si potrà addivenire senza \\\x lungo
lavoro preparatorio e individuale.
La proposta viene dunque concretata nel seguente Or-
dine del giorno votato all'unanimità :

CONCOESO DI NUMISMATICA.

a) La Società Numismatica Italiana, nella sua seduta inau-


gurale del giorno 11 aprile 1892, ha delilierato di bandire un Con-
corso per la migliore Illustraziow di una o più zecche italiane, n
anche solo di un periodo di una zecca maggiore, purché tale illu-
strazione porti nuova luce alla scienza,
b) Il Concorso è aperto ai numismatici d'ogni paese, ma i
lavori devono essere scritti in italiano o in francese.
e) I concorrenti presenteranno i loro lavori anonimi entro
r.A.prile 1893, alla Presidenza della Società Numismatica Italiana,
muniti di un motto e della relativa scheda suggellata col nome
dell'autore. La sola scheda del vincitore verrà aperta. Le altre
saranno rese suggellate oppure distrutte, dopo trascorso un anno.
d) I lavori vorranno giudicati da una Commissione di tre
membri eletti dal Consiglio direttivo della Società.

e) L'autore del lavoro che dalla Commissione esaminatrice


della Società verrà giudicatoli migliore, riceverà un premio di 500
lire, più cento esemplari del lavoro medesimo, stampato coi carat-
teri della Rivinta Italiana di Numismatica, nella quale sarà pub-
blicato.
f) Il premio potrà anche essere diviso fra due concorrenti,
o non aggiudicato affatto, a giudizio della Commissione.
Si lascia completa libertà ai concorrenti, circa il modo di com-
pilare le monografie.

IV. — Per ultimo si procede per schede segrete alLa


nomina delle cariche sociali. Gli scrutatori, Sigg. Sani e
Casoretti, ne proclamano il risultato come segue ;
272 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

Presidente
Conte Comm. Nicolò Papadopoli, Senatore del Regno.

Vice-Presidenti
Cav. Francesco Gnecchi
Cav. Ercole Gnecclii.

Consiglieri
Dott. Solone Ambrosoli , Conservatore del R. Gab. Num.
di Brera.
Cav. Giuseppe Gavazzi.
Ing. Emilio Motta, Bibliotecario della Trividziana.
Dott. Umberto Rossi, Conservatore del Museo Nazionale di
Firenze.
G. Arturo Sambon.
March. Carlo Ermes Visconti, Direttore del Museo Artistico
Municipale di Milano.

Il Consiglio poi nomina a proprio Segretario e Biblio-


tecario della Società il Prof. Costantino Luppi , e affida al
Consigliere Cav. Gavazzi la carica di Tesoriere.
La seduta è quindi sciolta alle ore 4.
STATUTO PROVVISORIO
DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

I.

Col giorno 11 Aprile 1892 è fondata, in Milano una Società


scientifica, col titolo: Società Italiana di Xitmisi/iatica.
II.

Scopo della Società è quello di accrescere, agevolare e diffon-


dere gli studi relativi alle monete, alle medaglie ed ai sigilli.
111.

La Società ha, fino a nuove disposizioni, la sua sede provvi-


soria presso la Direzione della liirista Italiana di Xi'.mismatica,
Via Filodrammatici, 10, Milano.
IV.

La Società si compone di un numero indefinito di Soci. Tutti


gli uffici sono gratuiti e conferiti ai soli Soci.
I .Soci destinati a sostenere una funzione nel Consiglio Diret-
tivo sono eletti in assemblea generale a scrutinio segreto ed a
maggioranza assoluta di voti. E fatta
V. facoltà al Consiglio direttivo
di assumere tin segretario con piccolo stipendio.

II Consiglio Direttivo si compone di:


1 Presidente
2 Vice-Presidenti
6 Consiglieri, ad uno de' ijuali viene deferita la carica di
Tesoriere.
Tutti i Membri del Consiglio hanno voto deliberativo.
Il Consiglio Direttivo è radunato dal Presidente per tratture
gli affari ordinari della Società, ed è legale se presenti almeno
cinque membri. A parità di voti prevale quello del Presidente.35 Le
sue deliberazioni sono esecutive.
271 ATI 1 DliLLA SOCIKIA NUMISMATICA ITALIANA

VI.

TI Presidente rappresenta la Società, convoca le adunanze e ne


dirige le discussioni ; veglia alla osservanza dello Statuto, firma gli
atti d'utflcio e le corrispondenze. Dura in carica tre anni.
I Vice-Presidenti lo suppliscono in ordine di anzianità. Durano
pure in carica tre anni.
Dò'i Consiglieri si rinnovano annualmente due, estratti a sorte
nel primo anno, poi per ordine di anzianità.
Tutti sono rieleggibili.
In caso di sostituzione straordinaria d'un Membro del Con-
siglio, ilsocio eletto sottentra in luogo e stato del cessante.
VII.

II Segretario custodisce gli atti della Società, stende i verbali


delle adunanze consigliari, come delle generali; funge da Biblio-
tecario e custodisce i libri mandati in dono o acquistati dalla
Società, come pure il Medagliere che coi doni si andrà l'ormando
in seno alla Società medesima, e ne tiene in corrente il catalogo.
I soli Soci possono valersi sia dei libri, come del medagliere.
Vili.

II Tesoriere cura la riscossione del contributo dei Soci ed ogni


altro provento della Società ; firma le quitanze, paga le spese stan-
ziate dal Consiglio Direttivo o dalle assemblee generali ; tiene un
registro di entrata e di uscita; compila i bilanci preventivi e
consuntivi.
IX.

La Società pubblicherà i suoi atti nella Rivista Italiana di


Num isma fica .
X.

Le proposte per l'ammissione di nuovi Soci si fanno con let-


tera firmata da due Soci alla Presidenza. Il Consiglio, nella sua
prossima adunanza, decide sull' ammissione dei candidati i cui
XI.
nomi figurino nell'ordine del giorno.

Ogni Socio contribuisce L. 20 ogni anno. L'obbligo sociale è


per un triennio. Il Socio che nel settembre del terzo anno non
dichiara in iscritto di uscire dalla Società, rimano obbligato per
un altro triennio.
ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA 275

Gli abbonati alla liivisfa Italiana di Numismatica pagheranno


sole L. 15 annuali.
Il Socio che, scorso l'anno, non ha versato il suo contributo
sociale, vi è invitato dal Presidente, e se nel successivo trimestre
non si pone in regola, si ritiene rinunciante di fatto e di diritto
alla Società, la quale si riserva l'esercizio delle azioni e ragioni
sociali per il conseguimento del suo credito.
Chi offre alla Società un dono di almeno 200 lire in denaro,
in libri, o in monete, medaglie, sigilli o altro interessante la Società,
sia in una sol volta come ripartitamente, è considerato come bene-
merito. Quelli che diedero la loro adesione alla Società a tutto l'il
Aprile 1892, giorno della prima adunanza, restano Soci fondatori.
XII.

Una sola adunanza annuale è obbligatoria: le altre sono la-


sciate in facoltà del Presidente. Nella seduta annuale, da tenersi
nei primi tre mesi dell'anno, saranno presentati i conti consun-
tivi dell'anno finito ed i preventivi di quello incominciato.
Per la legalità delle adunanze è necessaria la presenza di al-
meno un quinto dei soci. Dopo però passata un'ora dalla convo-
cazione, l'assemblea viene tenuta, qualunque sia il numero dei Soci,
e le deliberazioni sono valide ed obbligano tutti i Soci.
Sono ammesse le rappresentanze per procura. Ciascun Socio
può rappresentarne un altro.
Ogni Socio può chiedere che siano messe all'ordine del giorno
proposte di sua iniziativa, purché presentate almeno 15 giorni
prima della seduta.
Il Presidente è in obbligo di convocare 1' adunanza dei Soci
quante volte siane richiesto per iscritto, con ragioni motivate, da
cinque di essi.
XIII.

Pei cambiamenti a questo Statato Provvisorio occorreranno i


due terzi dei voti dei Soci presenti all'adunanza.
XIV.

Un apposito regolamento stabilisce lo norme per la pratica


attuazione del presente Statuto.
XV (transitorio).

Le deliberazioni relativo allo scioglimento della Società s'in-


seriranno nello Statuto definitivo.
276 ATTI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI Nl.'MISMATICA

I.'' Seduta del Consiglio direttivo


.9 Giugno 18!) 2.

La seduta è teniita in Via Filodrammatici N. 10, alle


ore 9 ant., presenti i signori: Francesco ed Ercole Gnecclii
Vicepresidenti, Atìibrosoli, Alotta, Jambon, lAippi segretario.
Gli altri consiglieri si scusano di non poter intervenire.
Su proposta dei Vicepresidenti, sono ammessi come
soci i signori: Gav. Ortensio Vitalini di Roma — Sig. Luigi
Rizzoli di Padova — Sig. S. M. Spink di Londra.
Il Consigliere dott. Umberto Rossi fa per lettera la
proposta di iniziare presso la Società una collezione di
ritratti di Numismatici, possibilmente in medaglie o anche
in qualunque altro modo, e la inizia col dono di due me-
daglie. La proposta viene accolta favorevolmente, e vi si
aggiunge anche quella di una serie di autograiì di Numis-
matici. Si invitano quindi i Soci a far pervenire i loro
doni, di cui si darà nota in un prossimo fascicolo, unitamente
ad altri doni in libri già pervenuti alla Società.
Ija Vicepresidenza annuncia che nella prossima tornata
di Ottobre o Novembre si discuterà l'assetto definitivo della
Società, e la fusione di questa colla Rivista, e invita i com-
ponenti ilConsiglio a studiare preventivamente la questione,
e a predisporre il nuovo Statuto definitivo.
Dà infine comunicazione che la Rivista Italiana di
Numismatica ottenne all'Esposizione Nazionale di Palermo,
la Medaglia d'Argento, ossia la più alta onorificenza nella
categoria dei Periodici scientifici.
Alle ore 10 1^2 la seduta è levata.

I vice presidenti
Francesco ed Ercoli: Gnecoiii.
Il Segretario Luppi.

Finito di stampare il i8 Giugno 1892.

Lodovico Felice Cogliati, Gerente responsabile.


RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA
1S92. TAV. IV.

FUAX( ESCO liXKCtllI. — Xiimì l'iumbci


ANNO V. 1892
RIVISTA ITALIA^^A 1:1 NUM1S?.'AT!CA TAV. V.

A- COMANDiNl - Medaf^-m italiani. ■■A :'-yO


■. NNO V - E'APr. 11
FASCICOLO III.
APPUNTI
m

NUMISMATICA ROMANA

XXIV.

CLASSIFICAZIOXE
DEL BRONZO IM P E R IA L E

I.

È ben raro elio lo classi o categorie, nelle quali


una scienza qualunque si suddivide, siano cosi nette
e precise, che tutta la materia vi si abbia a collocare
completamento, e che tutti gli individui, che essa
scienza riflette, possano trovare ciascuno il loro posto
in questa o in quella, senza dubbi e senza esitazione.
Un dato numero d'individui entra a formare una
categoria, un altro numero ne forma una seconda,
e così via ; ma ne rimangono quasi sempre taluni,
i quali, partecipando un poco dolV una <; un poco
dell'akra, restano per qualche motivo esclusi dall'una
e dall'altra, perchè in nessuna vi possono stare a
loro agio, e vengono per conseguenza collocati or
qua or là, a seconda che uno vi riconosce la preva-
lenza d' un carattere piuttosto che di un altro. Ciò
280 FnANXESCO GN'IXCKI

proviene da due cause; o che le categorie sono


malo stabilito, o che la scienza non è abbastanza
studiata. Solo quando una scienza arriva al punto di
elevarsi dalle cognizioni speciali alle idee generali ,
può determinare con giusto criterio i veri caratteri,
secondo i quaU lo categorie si debbono stabilire; e
la netta divisione di queste e il loro completamento
camminano sempre di pari passo col progredire della
scienza stessa ; mentre il numero degli individui ,
che restano vaganti e incerti, va di mano in mano
scemando fino ad essere completamente annullato ;
il che rappresenta la perfezione.
La scienza numismatica, come parecchie altre,
ò ben lontana da questo punto ; e , relativamente
alla s3rio romana, uno dei quesiti , che aspetta an-
cora una soluzione soddisfacente è la classificazione
della monetazione imperiale di bronzo. Ormai però
mi sembra che gli studii (e riconosciamone il merito
principale al Dott. Federico Kenner'')) siano arrivati
al punto da rischiarare sufficientemente questa ma-
teria, e possano consigliare a stabilire una prima
divisione di categorie diversa e più razionale di
quella che è stata fin qui in vigore.

II.

Incominciamo ad esaminare quale sia la divi-


sione attualmente adottata pel bronzo imperiale, e
vedremo facilmente come i criterii che la stabilirono
non siano tali da rispondere scientificamente ai di-
versi problemi, che si presentano, e quanto per con-

(1) Vedi il suo articolo Der Roinische Medaillon nella Numismatische


Zeil^chvìft del 1887, e la traduzione in questa liirista nel 1889.
CLASSIKlCAZlONt; D|;L BUONZO IMl'KUlAI.i; 28L

segiienza essa riesca, al caso pratico , incompleta e


insufficiente.
La prima e grande divisione del bronzo imperiale
venne originariamente stabilita ed è oggi ancora
mantenuta nelle due categorie delle Monete e dei
Medaglioni.
Ed eccoci addirittura davanti ad una categoria
certa e ad uii'altra incerta; o permeglio spiegarmi,
davanti ad una, di cui si intende bene il significato,
e ad un' altra, che non ha se non un significato
molto vago e indeterminato. Che una parte ed anzi
una grandissima parte del bronzo coniato che ci
rimane dei romani fosse veramente moneta, nessuno
dubita, e si può anche asserire con piena certezza
che tutti i pezzi collocati in questa categoria erano
positivamente monete ; quantunque ne rimangano
sempre alcuni, che non riesce egualmente facile il
determinare se in questa categoria debbano entrare
o meno. ^la che poi altri pezzi ci fossero e quali,
che dalla categoria delle moneto dovessero essere
esclusi, per formarne un' altra a parte, è ciò che
nessuno potè mai con sicurezza affermare, e che
quindi diede luogo a tante incertezze, a tanti ten-
tennamenti. Chi ha potuto mai assicurare che ^Me-
daglioui, nel senso che sempre s' è dato a ([uesta
parola, (jssia di nuidaglie non aventi ufficit) di moneta
e con altro scopo ik^u per anco precisato, siano
veramente esistiti y K poi qual era il limite preciso
che segnava la dilferenza fra codesto medaglione e
la moneta? Nessuno Dia mai segnato con esattezza,
nessuno no ha mai dato una definizione precisa, e
dal non essersi mai bene staliilito il significato della
parola, vennero le molte dispute che si sono fatte
sulla cosa , — come del resto avviene in tutte le
questioni, in cui i termini iion furono posti con pre-
cisione — : e dalla m"desima incerte/.za primitiva
282 FRANCESCO GNECCHI

nacquero tutte lo successive confusioni, perchè nulla


di pili ]iaturale che andare di errore in errore quando
si parte da nn primo punto sbagliato.
Vale la pena di accennare ancora nna volta i
caratteri, ai quali si dovrebbe riconoscere un Meda-
glione, nel senso volgare della parola, per vedere di
portare nn po' di luce, se non nella questione del-
l' essenza del medaglione, che ora non ci tocca se
non indirettamente, e che però in certo modo viene
illuminata di riflesso, almeno nell'altra più positiva,
che trattiamo, della classificazione del bronzo im-
periale.
Questi caratteri mi pare si possano ridurre a tre:
I. Mancanza delle lettere S C.
II. Dimensioni superiori a quelle del gran
bronzo.
III. Arte e rilievo superiori a quelli della
moneta comune di bronzo.

Ora, se quest'ultimo requisito si riscontra sempre


o quasi sempre, gli altri due sono tutt'altro che co-
stanti. Pai'ecchi pezzi, aventi tutti gli altri caratteri
del medaglione, hanno pure le lettere S C, e molti
poi sono quelli che hanno dimensioni inferiori al
gran bronzo comune, ed eguali o molto simili a
quelle del medio bronzo, principalmente al tempo
d'Adriano e d'Antonino Pio.
Lo stesso Cohen, colla grandissima pratica che
aveva, e che gli è generalmente riconosciuta, non
è riuscito a classificare molti pezzi di bronzo e dovette
più volte ricorrere nella sua Descrizione Genei-ale
alle frasi dubitative: u Petit Médaillon ou M. B., Mé-
daillon oii G. Jì. " Talora, riconoscendovi più i caratteri
del Grran Bronzo che quelli del ]\ledagiione, si servì
della frase incerta e poco precisa : « G. B. frappé
sur un finn de MrdaUlon " ed altre volte , vedendo
CI.ASSiriCAZIONT Dr.F. BRONZO IMPKRIALF, 283

emergere piuttosto i caratteri del Medaglione che


non quelli del (rran Bronzo comune, disse: « Vra?'
MédaiUan mcdgrc les leitres S. C. "
Sono frasi che a un dipresso si equivalgono e
tutte vogliono dire clic il pozzo in questione rappre-
senta un problema insoluto. Noto qui per debito di
giustizia che queste frasi o alcuno di esso le ho
adoperate anch' io nella descrizione di alcune moneto
inedite, — il lettore probabilmente non se ne ricorda,
ed è mio dovere il rammentarlo: — ma ciò non vuol
dir altro se non che anch' io ero nell'incertezza e
probabilmente nell' errore, mentre posteriori rifles-
sioni mi hanno fatto vedere la cosa sotto un aspetto
più chiaro.
Del resto, comunque sia delle frasi impiegato,
queste dimostrano chiaramente come la vecchia di-
visione in ^[onete e Meihii/ìJoni sia tutt' altro che
precisa e ben definita, e come fra queste due cate-
gorie rimangano sempre alcuni pezzi dublìiosi e
oscillanti, perchè, ])artecipanti dei caratteri della
prima come di quelh della seconda.

III.

Abbandcna7id(j dun(|ue tale divisione, che ab-


itiamo veduto insufficient(j e iuadegiuita, non resta
clic provarci a [)artire dall' altra più razionalo, cui
abbiamo accennato. Nò cm'to è una novità tale di-
visione. Conosciuta già. po'r (pianto non adottata
anticamente , essa venne rocentomente esposta e
precisata dal Dott. Federico Keimer; e la novità sta
solo neir applicarla alla classificazione del l)ronzo
imperiale. Trascurando le apparenze esterif)ri, a cui
unicamente si inforuiava la vecchia divisione, la
2Sl KHANCrSCO GNKCCHI

nuova non si cura elio del cai'attore intrinsoco, se-


irnando così la vera storia della monetazione di
bronzo.
Si sa come da Augusto in poi, ritenuta la moneta-
zione dell'oro e delUargento di diritto imperiale, quella,
del bronzo venisse dichiarata di spettanza del Senato,
e lo dimostra chiaramente l'immensa maggioranza
dei J^ronzi l'omani portanti le lettere S • C . (Senatus
Consulto) sigle dell'Autorità Senatoria. Ciò non toglie
però che di quando in quando anche l' imperatore
coniasse moneta di Bronzo e ce lo attestano quelle,
per quanto poco numerose in confronto alle prime, che
sono prive delle dette lettere S • C • — Ecco dunque se-
Jd

gnata la prima grande divisione del Bronzo dell'impero


romano. 0 battuto dal Senato (colle lettere S ■ C • ) o
battuto direttamente dall'Imperatore (senza le lettere
S • C •) e quindi Monetazione Scnalorki e Monetazione
Imperatoria. Questa prima e grande divisione si inizia
col principio dell'impero e dura fino a Gallieno, fino
cioè che dura la monetazione del Senato, separando
il fiume della monetazione di bronzo romano in due
grandi canali, uno larghissimo, l'altro assai stretto,
ma sempre paralleli e sempre assai ben distinti;
neir uno o nell' altro dei quali vedremo come vadano
a prender posto tutti i bronzi, siano essi chiamati
monete o medaglioni : nel primo quelli coniati per
ordine del Senato, nel secondo quelli coniati diret-
tamente per ordine dell'Imperatore.

IV

E se qui non giova, ricordare particolarmente


la prima di questa serie troppo nota, come quella
che rappresenta nella sua quasi totalità la moneta-
CLASSIFICAZIONE DEL BRONZO IMPEUIAI.F. liftj

zione di bronzo romano, non sarà fuori del caso il


ricordare almeno sommariamente la seconda, sia
perchè crediamo che nno studio speciale sn ciò non
sia mai stato fatto, sia perchè il medaglione, il qnale,
come vedremo non no fa che un brillante episodio,
ha per gran tempo sviata l'attenzione dal resto della
monetazione imperatoria, la quale, perchè assai poco
numerosa, venne nel suo principio e fino all'apparire
del Medaglione confusa colla senatoria.
La serie delle moneto coniate direttamente dal-
l'imperatore incomincia fino dal principio dell'impero.
Lo stesso Augusto, che accorda al Senato il diritto
e la giui-isdizione sulla moneta di bronzo, conia
monete direttamente nei tre moduli (-). Segue Tiberio
con pochi sesterzi (i soli che portino la sua tosta) e
alcuni dupondii, poi Agrip[)ina con sesterzi, Caligola
con sesterzi v. dupondii, Claudio con j)ochi dupondii
e assi. Sotto il regno di Xeroni; la monetazione impe-
ratoria di bronzo prende il suo massimo sviluppo e
relativamente abbondanti sono le sue monete ]i<'i
tre moduli. Di (ialina aljljiamo sesterzi e du])ondii ,
più numerosi i primi che i secondi ; di X'itellio un
unico sesterzio. Vespasiano , l'ito e Domiziano si
limitano a. coniare (pialclu' raro sesterzio , podii
dupondii Mi cui uno col rovescio del caduceo tra
due cornucopie è comune a tutti e tre) ed alcuni
piccoli bronzi. Xerva non conia moneta ])ro[)ria
di bronzo. Traiano hi riprende in ])iei-oli>sime pro-
porzioni, ei suoi sesterzi o gran bronzi, conuj tutte
le monete precedenti, non si scostano ancora me-
nomamente dal tipo senatorio, e da (|ueste' non si
distinguono se non per la mancanza delle lettere

(2) Conviene perù notare come iirolialiilnioiite tutte le minute eli


Augusto senza s . e, gran parte di ((iielle de' suoi successori, Tiberio
e Caligola e tutte quelle di Claudio, t'iuono battute fuori di Iloina.
28G FRANCESCO GNECCHI

S • C • (3), motivo per cui, come s' è accemiato più


sopra, tale monetazione venne confusa con quella
del Senato.
È solamente sotto Adriano che la monetazione
dell'imperatore si modifica e assume vma fisionomia
speciale. Tale cambiamento però si operò con una
certa lentezza, e del passaggio una traccia doveva
rimanere, come rimase di fatti, nella storia monetaria.
Natura non facit saltus, e il vecchio adagio s'è veri-
ficato anche in questa circostanza.
Di Adriano abbiamo pai'ecchi gran bronzi senza
S • C • di fabbrica e tipo e peso perfettamente identici
a quelli senatori, bronzi che fanno continuazione a
quelli di Caligola, di Xcrone, di Trajano. Il Cohen
anzi , trovandone a questo regno un numero supe-
riore a quello dei regni precedenti, si decise a farne
una serie a parte, segnando quasi una transizione
tra il Gran bronzo e il Medaglione (Vedi Cohen
dal N. 5GG al N. 57G) i'^). E difatti una vera transi-
zione' si possono considerare, essendo evidente nella
loro serie il graduale passaggio dall'uno all'altro
tipo. Crederei anzi che tali pezzi potrebbero con
molta approssimazione classificarsi cronologicamente,
a seconda dell'accentuarsi del rilievo e del progredire

(3) Tre soli sono i bronzi che ci restano di Traiano senza le lettere
S . e . e che Cohen classifica per Medaglioni; ma il primo di essi (Coh. 296j
ò dato per tale pel solo motivo che l'esemplare da Ini descritto è ornato
di cerchio ornamentale , mentre ha il tipo e le dimensioni di un gran
bronzo ordinario. Ai;li altri dne (Coli. 297 e 298) privi di tal cerchio fa
seguire l'annotazione u Ce médaUlon est plutòt mi grami brame saits ics
leitres s . C . " il che significa che tutti e tre sono affatto simili ai gran
bronzi battuti dal Senato. Un quarto, che pure ha la perfetta apparenza
di un gran bronzo senatorio , venne ultimamente ad arricchire la mia
collezione, e ne darò a suo tempo la descrizione.
(4) Nella H EJiz. del Cohen questi pezzi vengono confusi nella serie
generale come agli altri regni, sotto l'incerta denominazione: Medaglione
0 Gran Bronzo.
CLASSIFICAZIONE DEL BRONZO IMPERIALE 287

dell'arte. Scostandosi man mano dal tipo comuno


del gi'an bronzo senatorio, essi si accostano a poco
a poco a quello del medaglione, lincilo ne raggiun-
gono tutta la perfezione. K ciò è naturale e facil-
mente spiegabile. Siamo al punto culminante del
])otere e della gloria dell'impero, all'apogeo dell'arte,
e questa è messa al servizio della monetazione im-
periale. Si aumentano le dimensioni dei pezzi, mo-
strando una decisa preferenza pei multipli, si coniano
i medaglioni a due metalli, come si amano e si
adottano appunto in questo tempo le statue di marmo
policrumo e le incrostazioni a diversi marmi ; si porta
insomma, come in tutto il resto, la perfezione e la
magnificenza anche in questo particolare della grande
vita pubblica di l?oma.
Quantunque però il cambiamento del tipo si
sia operato sotto il regno d' Adriano , troviamo
ancora eccezionalmente sotto quello d'Antonino Pio
qualche esempio di bronzo imperatorio, che conserva
il vecchio tipo del Senato. Il Cohen non ne conosco
alcuno, neppure nella seconda edizione, e i due soli
finora conosciuti videro la hice in questa Rioista.
Quando descrissi il primo nel 1889 (^' non pensavo
ancora alla questione, che ci occupa, o non vidi come
il bronzo descritto vi potesse aver relazione ; perciò,
seguendo la vecchia divisione, lo classificai sempli-
cemente come (f. 13., rilevando s(;lo il suo essere ane-
pigrafo, ossia mancante delle lettere SC. — Quanto
al secondo '*'), rimasi dubbioso come chissificaiio; ma
poi, trovandovi tutti i caratteri esteriori del (Iran
Bronzo, lo collocai in (piesta categoria, riservandomi
di ritornare sulla questione.

(5) Rivista Italiana di Sumixmutiid. Anno II: .l/ii>i<i>l/ di Miiiiii.i-


matica Roìiiana, I, N. H.
(<)) Detta. - Anno IV: Appit/tli di Xiini'-: nnJ/ca li i.'inin'i, XXU, N. :'-2.
288 FRANCESCO GNECCHI

Il momento di ritornarvi ò venuto , e mi pare


elio il problema sia ora sciolto in modo soddisfacente.
Questi due bronzi vanno a collocarsi nella serie im-
peratoria, corno ultimo esempio del tipo senatorio.
Levato queste due eccezioni, da Adriano in poi,
sotto i suoi successori e principalmente sotto Com-
niodo, si seguono i medaglioni più o meno ricchi, arti-
stici, grandiosi, fregiati di cerchio ornamentale, e la
moneta dell'Imperatore si stacca completamente e
per sempre da quella del Senato.
Ma la traslbrmazione operata da Adriano e
mantenuta dai suoi successori nel tipo della mone-
tazione imperatoria ne cambia forse l'essenza? Non
mi pare. Tutte le monetazioni subiscono e riflettono
gli alti e bassi dell'ambiente sociale in cui vengono
prodotte, e un miglioramento nell' arte , come un
aumento nel peso della moneta imperatoria, nulla
tolgono alla continuità di questa serie, la quale va
considerata nella sua essenza, non già nelle sue ap-
parenze esteriori. L'apparire dunque dei così detti
inedaglioni all' epoca d'Adriano e il loro perpetuarsi,
trasforuiandosi a norma dei tempi e piìi o meno
seguendo l' andamento della monetazione ordinaria
senatoria, non è, come più sopra s'è detto, se non un
episodio nella lunga storia della serie imperatoria.

So però 1 medaglioni o multipli imperatori!,


come quelli più appariscenti e più numerosi, fu-
rono i primi ed anzi i soli, che destarono l' inte-
resse e lo studio, nel fatto essi non sono che una
imitazione, migliorata più tardi sotto l'aspetto arti-
stico, di quelli del Senato; i quali, per quanto a noi
CLASSIFICAZIONK DICL RUONZO IMPHRIAI,!-; 239

consta, possono vantare la priorità, avendo incomin-


ciato sotto Angusto stesso, mentre, degli altri, il più
antico che ci rimane appartiene a Caligola.
Una anomalia avvenne nello studio di ambedue
le serie, essendosi presa in considerazione una sola
parte di ciascheduna. Come nella serie imperatoria,
fermatasi 1' attenzione ai Medaglioni da Adriano in
avanti, si trascin'ò tutto il resto; riguardo alla serie
senatoria, si studiarono le monete semplici, tra-
scurando imultipli, sia perchè molto scarsi, sia
perchè in nulla differenti dalle monete semplici so
non nel peso. È così che questi bronzi, pochi di
numero, ma non perciò meno importanti, i quali,
portando le lettore S C, hanno un peso assai supe-
riore (edi solito i-apprcsentano il doppio sesterzio
o il doppio dupondio) non trovarono finora una sede
fissa e non vennero classificati se non vagamente e
indecisamente, o furono semplicemente accennati
quali oggetti di cnriositii. — Ora sono appunto
questi pezzi quelli cui accennavamo più sopra, e
che colla nuova divisione, vanno a collocarsi natu-
ralmente al loro posto nella serio Senatoria.
Se si vuole conservare a questi multijdi 1' ap-
pellativo ormai tradizionale di ^Eedaglioni lo si con-
servi pure; ma si chiamino Medar/lioni Senatori, e
si stabilisca per i medesimi u]ia serio C^i , come s'è
fatto per i medaglioni imperatorii, ai quali fanno
riscontro.

(7j Tedi Apiiunto soguenle X. XXV.


290 FRANCESCO GNECCHI

VI.

Ricapitolando
abbandonando dunque
la vieta quanto
e falsa sopra in
divisione s'è Monete
detto,
e Me da (jli Olii, e, prendendo la cosa da un punto più
alto e più razionale, si istituisca la prima grande
divisione fra il Bronzo senatorio e il Bronzo irn-
2)eraforio. Tanto nel primo come nel secondo avremo
bronzi dei tre moduli ordinari, Gran Bronzo, Medio
Bronzo e Piccolo Bronzo, rispettivamente equivalenti
al Sesterzio, al Dapondio e all'Asse, e dei moduli
superiori o multipli, i quali potranno, volendo, con-
tinuarsi achiamare Medaglioni. Nella serie senatoria
dominerà il numero, la varietà e l'abbondanza dei
moduli comuni; la serie imperatoria invece, cammi-
nando da principio, per quanto assai meno numerosa,
parallela ed eguale nella forma all' altra, brillerà
da Adriano in poi per l'arte e pei moduli pesanti.
Ma, quello che maggiormente importa, nessuna mo-
neta resterà esclusa dall'una o dall'altra serie, ciascuna
moneta invece nell' una o nell' altra troverà il suo
posto opportuno.
Nella prima saranno compresi tutti quei bronzi
che furono fin qui chiamati Gran Bronzi battuti sic
disco da medaglione, o Medii Bronzi hatttdi su disco
da Gran Bronzo, purché abbiano le iniziali S C ; nella
seconda tutti quelli indistintamente che, qualunque
sia la loro apparenza e il loro modulo, sono privi di
tali iniziali. — E sarà lecito chiamare perfetta la nuova
divisione, la quale lutto comprende e nulla esclude.
IL MEDAGLIONE SENATORIO

SAGGIO DI UXA TRI MA S K R I E.

Come corollario di quanto si è esposto nel pre-


cedente Appunto, segue che in una nuova descrizione
generale delle monete romane si debba istituire
la Serie dei Medaglioni Senatori, ossia dei multipli
delle monete senatorie, che faccia riscontro a quella,
dei Medaglioni imperiali. — Ma quali sono questi
multipli? Quando incomincia una moneta a poter
essere considerata come multiplo? Ecco un problema,
che in teoria può sembrare molto semplice, ma che
invece nella pratica offre difficoltà e complicazioni
non lievi. I bronzi senatori romani, pesati a uno
a uno, presentano una gradazione indefinita di pesi
diversi; e, per citare un solo esempio, avendo pesati
circa GOO Gran Bronzi d'Antonino Pio, trovai una
scala progressiva che dai KJ grammi va fino ai
grammi 02,50. Pochissimi scendono vicino al peso
minimo, come pochissimi s'innalzano verso il massimo;
ma, oscillando fra questi lontanissimi estremi, il nu-
mero dei pezzi va sempre aumentando di mano in
mano che si avvicinano al peso medio, il quale si
può calcolare a poco meno di 25 grammi e mezzo.
Il Kenner colla sua teoria eminentemente tedesca
molto fine ed anzi forse troppo sottile, nella grada-
zione di tali pesi ha trovato non solo la monetazione
leggera e la pesante, ma ha stabilito la graduatoria
292 FRAN'CKSCO UNECCHI

dei pesi a seconda degli assi e anche dei mezzi assi


che in tali differenti pesi si possono riscontrare, e
dà, nel suo articolo sul medaglione Romano, la serie
dei Gran Bronzi pesanti 5 Assi, 5 1[2 assi, 6 assi,
7 assi, 7 1[2 assi, Sassi, ecc. Ma se ciò può star bene
in teoria e riesce ammirabile a chi lo osserva nelle
tabelle, quando si viene al lato pratico della questione,
nasce spontanea la domanda se è ammissibile che
tante sottili e sottilissime distinzioni si potessero
fare. Nel commercio comune pare logico ammettere
che tanto valesse un sesterzio leggero come uno
pesante, tanto un dupondio leggero come uno pesante,
che altrimenti sarebbe necessario supporre che gli
antichi romani dovessero andare costantemente prov-
visti di una bilancia, il che conhna coU'assurdo. Perchè
infine bisogna considerare che non si tratta dell'oro
o dell'argento, bensì del bronzo, il quale, durante il
periodo imperiale, non era più, couie alcuni secoli ad-
dietro, iltipo nionetario, vero rappresentante del va-
lore ;ma semplice moneta divisionaria e di valore
convenzionale, come lo è ai giorni nostri, fatta unica-
mente pei piccoli saldi e per le spicciole e giornaliero
contrattazioni. E bisogna anche tener conto della
relativa imperfeziono nella apprestazione dei ton-
dini per le monete di bronzo, sia che questi venis-
sero fusi prima d'essere coniati, come generalmente
si ritiene, sia che venissero tagliati da verghe, come
certamente in qualche epoca si fece (e lo dimostrerò
in una prossima memoria). Ammessa però l'irrego-
larità necessaria dei pesi entro certi limiti, e ammesse
le differenze anche grandi, che possono esistere e
tollerarsi fra le monete dello stesso valore, v'hanno
sempre alcuni pezzi, che decisamente offrono un peso
fuori del comune, e sono appunto quei pezzi, i quali
fin qui furono battezzati, in mancanza di una deno-
minazione pili precisa^, per « Medit bronzi battuti in
IL MEDAGLIONE SENATORIO 293

disco da Gran Bronzo " oppure « Gran Bronzi battuti


su disco da Medaglione n Sono quei pozzi che l'ap-
presentano un peso e quindi un valore doppio o
pressoché doppio dei comune o sono questi, elio
chiamerei volontieri Medaglioni Senatori, ossia mul-
tipli delle monete senatorio. — Ve ne sono anche
alcuni che superano il doppio, ma dal doppio o circa
da questo limite (data la tolleranza necessaria, come
s'ebbe ad osservare) partirei per chiamarli Meda-
glioni.
Da molto tempo qualcheduno di questi pezzi
più forti dei comuni esisteva nella mia collezione,
ora non saprei più dire se acquistato a caso insieme
ad altri, oppure appositamente come pezzo di qualche
interesse. Essendomi replicatamente dimandato cosa
potessero essere, senza potermi dare una spiegazione
soddisfacente, li conservavo come semplici curiosità
numismatiche, quali, a dir vero, erano e sono tuttora
considerati in tutte le altre collozioni, salvo che vi
stiano completamente ignorati. Una volta finalmente
mi balenò l'idea che potessero essere midtipli o, con
parola più recente, piéforts , o infine medaglioni de!
Senato, e, riflettendovi, tale idea a poco a poco por m^'
diventò certezza. Mi diedi allora attorno per racco-
glierne una serie ; ma l'impresa non era facile, essendo
questi pezzi assai più rari dei medaglioni imporatorii.
Unendo però i miei a quelli di parecchie altre colle-
zioni pubbliche '*^) e private di cui ho avuto comunica-

(8) Fra queste vi figurano, coni|iletaniente o quas,i, il (iabinetto ili


Francia, di Vienna, di Berlino e di Milano, e sono felice di rendere pub-
bliche grazie ai Signori Direttori di questi Musei, che gentilmente mi
favorirono le chieste informazioni. Sono poi spiacente di non poter dare
quelli del Museo di Londra, della cui serie romana non è ancora redatto
il Catalogo e d'altri musei d'Italia tuttora giacenti in un deplorevole
abbandouo.
294 FRANCESCO GNECCHt

zione, mercè la gentile cooperazione d'alcuni amici (^),


posso offrirne oltre a una settantina, rappresentanti
trenta nomi diversi, come primo abbozzo di questa
nuova serie. Essa si verrà a poco poco completando,
di mano in mano che i raccoglitori vorranno far co-
noscere quelli da loro posseduti.
Dai pesi segnati a ciascun pezzo e meglio ancora
dal prospetto, che precede la descrizione, nel quale,
allato al peso medio approssimativo del sesterzio e
del dupondio sotto i diversi imperatori, ho segnato i
pesi dei pezzi descritti, appare chiaramente come essi
in generale rappresentino molto approssimativamente
il doppio della moneta originaria, doppio Dupondio
o doppio Sesterzio. Alcuni vi arrivano esuberante-
mente, pochissimi, in via eccezionale, rappresentano
un multiplo molto superiore al doppio. Questi si
]-iscontrano principalmente fra i dupondii, e gli esempì
più forti li abbiamo nel pezzo di Tiberio (N. 7j, che
rappresenta almeno G dupondii, in quello d'Augusto
(N. 1), che ne rappresenta 5, e nell'altro di Xerone,
(N. 11), che ne rappresenta da 4 a 5. Ma la massima
parte non arriva che a stento, a rappresentare il
doppio peso della moneta semplice ; fatto che del
resto non è speciale al caso nostro, ma che si veri-
fica costantemente in tutte lo monetazioni e in tutte
le epoche, incominciando dall' asse romano il quale
non raggiunge mai il peso delle 12 once, che do-
vrebbe rappresentare.
Certo che la necessità di appoggiarsi unicamente
al peso (e qual altro elemento vi potrebbe essere di
distinzione fra due monete battute cogli identici
coni '?) costituisco il punto nero della questione ;

(9) Ringrazio cordialmente i Sigg. if. Montagu di Londra, Feuardent,


Mowat e Guérin di Parigi, Stettiner di Roma, Sambon di Napoli, che mi
fornirono preziosi dati sui pezzi delle loro collezioni, o d'altre.
IL MEDAGLIONE SENATORIO 295

perchè la linea di demarcazione fra un semplice


sesterzio di peso molto eccedente e uno doppio di
peso molto calante è talvolta così poco avvertibile,
che le due categorie si intrecciano e si confondono,
cosicché riesce impossibile dichiarare con sicurezza
se un pezzo sia semplice oppure doppio, l'arecchi
casi di tal genere mi si sono presentati, e ho perciò
ricorso a un punto interrogativo per contraddistin-
guere nella descrizione i pezzi dubbiosi: anzi alcuni
di questi li ho appositamente riprodotti nelle tavole,
onde ognuno possa per se stesso giudicare iinche
coll'occhio del pezzo controverso.
Giova però avvertire che pochissimi di questi
si incontrano durante l'alto impero (Tra quelli da me
descritti se ne trovano due soli, uno d'Adriano e
uno d'Antonino Pio, ambedue appartenenti al ^luseo
di Berlino) mentre si fanno assai più abbondanti
all'avvicinarsi del terzo secolo, all'epoca di Gallieno,
nella monetazione del quale ognuno sa come si ri-
scontri una straoi'dinaria anomalia di pesi in tutti i
metalli e specialmente nel bronzo.
Per quanto riguarda la parte tecnica, ossia la
fabbricazione materiale dei Medaglioni Senatori, essa
non si scosta per nulla da quella dei bronzi comuni.
Nella quasi totalità, essi sono anzi battuti coi me-
desimi conii che servivano per Gran Bronzi o per
Medii Bronzi comuni, e solo eccezionahuente se ne
trovano alcuni , pei quali furono apprestati conii
speciali, esempio il Medaglione di Faustina juniorc
descritto al N. 27 e quello di Severo Alessandro,
al N. 49.
296 FRANCESCO GNECCHI

PROSPETTO DEI PESI.

Multipli
Peso Medili Peso Medio
Nomi Multii.li del del
itmtivo Sesterzio
del (t. B.
aiJlirossi- Del M. B Dupoiidio
tivo
approssima-

» 12,5 » 24
gr. 59 (da 5)
Augusto ....
Livia » 12 ^ 27.5.
gr. 28 » 12 » 71 (da 6)
Agrippa. . . . gr. 39
Tiberio .... • » ?
gr. 12
» 25 26,05-19,63
Agrippina Madre » 12
Caligola .... » 029-22
da 5)
» 12
Nerone .... » 52 (da 4
> 25 » 40,5
Vespasiano . . . » 25
» 50
» 25
Trajano .... » 45-29,45
Adriano .... ^ 25,5
Domiziano . . . !> 78-54-50,5-
» 25 » 33
Elio ..... » 25,5 38,725
Antonino Pio . . !> 21
» 25,5 »» 42,5-33,75-
49,5
30,05 » 12
M. Aurelio . . . » 25 » 12 » 20
» 42-35,5
Faustina juniore. ^ 25 » 37
Lucio Vero. . . » 25 » 36
Commodo . . . » 25 » 32,5
Settimio Severo . » 25
Giulia Domna. . » 25 » 43-42.5 » 22
Caracalla . . . y, 45-44-44-43,1 » 11.5
f 25 » 35
43-36,3-30 » 24
Elagabalo . . . ^ 20 34,6
Sev. Alessandro . > 51-43-36-35,5 > 11.5
» 19
29,5-29,4
» 33,1
Filippo Padre » 19 ^ 27,7
Filippo Figlio . 3. 19
Trebon. Gallo. . » 19
Trajano Decio » 63-51-48,7-46
45-42-41.5-
41,3-40.1-38,5-
37,8-35,5-34,9-
31,5-31-30,7-
80-29,4-27,9-
» 19 27,8-25,2
Etruscilla . . . » 42-40,1-40-39
-34-33,5-29
> 18
Valeriane . . . ^ 31,3-30,5-28,1
» 18 24-22,6-21
Gallieno. . . . » 31-27,7-26.7-
» 17,5 21, 35
Salonina. . . . » 27,7-25,5
297
IL MEDAGLIONE SENATORIO

DESCRIZIONE
DI UNA PRIMA. SFRIK DI ^[e])\GIAOSI SkxaTORI.

AUGUSTO.

1. Peso: grammi 50 (ila 5 dupondii).


,'& — DIVVS AVG-VSTVS PATER
Testa radiata a sinistra.
IJ — se Aquila colle ali spiegate su di un globo, volta
a destra.
Coh. 282. M. B. Gabinetto di rrancia.
Un esemplare simile esisteva anche nella collezione Gréan fCata-
logo N. 643).

2. gr. .39 (doppio sesterzio).


jy — OB CIVIS SERVATOS Corona di ([uercia fra due
rami d'alloro.
}>' — C Gi^LLIVS C F LVPEi?CVS III VIR AAA F F • Nel
campo S C
Coh. 427. G. B. Gal)inptto di Franna.
Il Gabinetto Montis^ny possedeva un esemplare simile.

LIVIA.

3. gr. 24 (doppio dupondioì.


,D' — IVSTITIA Busto iliademato di Livia a destra.
9 — Ti CAESAR DIVI AV& P M TR P XXIIII • Nel
campo S C (anno 22 d. C).
Coh. 2. M. B. Gabinetto di Francia.

AGRIPP A.

4. gr. 27,50 (doppio dupondio).


,iy — M AGRIPPA L F COS III
Testa a sinistra C(dla corona rostrata.
298 l'RANCKSCO GNF.CCHI

1^ — se Nettuno di fronte rivolto a sinistra con un


delfino e il tridente. (anno 27-12 a. C).
Coh. 3. M. B. Coli. Gneeciii a Milano.
CTav. \L N. 1).

Colien alla descrizione di questo Medio Bronzo d'Agripp.a ajjgiun^e


la nota: Cf^ite mi'dniìle frappéf sur flaìi, de hn'daiììon a pani à la rtnte
Fon'ana eii ]H60. Nmi so se si tratti d" un altro esemplare o dell'iden-
tico ora descritto.

TIBERIO.

6. gr. 25 (doppio dupondio'i.


;iy — TI CAESAR DIVI AV& F AVGVST IMP Vili
Testa laureata a destra.
1^ — MODERATIONI S C
Busto della Clemenza di fronte nel centro di uno scudo.
All'intorno una corona d'alloro. (anno 21 d. C.)
Coh. 24. M. B. Coli. Gnecchi a Milano.

Nel Catalogo Hedervar si dà la descriiìione e il disegno d'un meda-


glione con questo rovescio e con una variante nella leggenda del dritto
(TI CAESAU invi AVG F AVGVSTVsl. Mi pare lecito supporre che si tratti
semplicemente di un pezzo battuto su disco superiore al comune, ossia
di un doppio dupondio.
Quanto alla varietà della leggenda è assai probabile che sia un
errore, e non sono rare simili inesattezze in quel catalogo.
Nel Catalogo della Collezione Campana venduta a Londra nel 1846
figura anche un bronzo di Tiberio col rovescio ^LE^rE^■TIAE coniato su
disco superiore al comune.

6. gr. 19,63 (doppio dupondio).


:& — T\ CAESAR DIVI AV& F AVGVST IMP Vili
Testa laureata a sinistra.

I^' PONTIF MAX TRIBVN POTEST XXXIIX


Nel campo S C (anno 36 d. C.)
Coli. 28 M. B. Gabinetto di Francia.

gr. 71 (da 6 dupondii).


fì" - TI CAESAR DIVI AVG F AVGVST IMP Vili
Testa laureata a sinistra.
IL M^DAGMONr; SENATORIO
299

9 — PONTIF MAXIM TRIBVN POTEST XXXVII


Caduceo alato fra le lettere S C (Anno 35 d. C.)
Coli. iil. M. B. Coli. Gnocchi a Milano.
(Tav. VI, N. 3).

8. gf, 26, 05 'doppio dupiiudio)


.B' — TI CAESAR DIVI AVG- F AVG-VST IMP Vili
Testa nuda a sinistra.
ri' — PONTIF MAXIM TRIBVN POTEST XXXVII
Nel campo S C- (anno Uò d. C.)
Coh. 32. M. B. Gabinetto di Francia.

AGRIPPINA MADRE.

9. gr. ? (doppio sesterzio?!.


jy — AGRIPPINA M F MAT C CAESARIS AV&VSTl
Busto a destra.
]> — S P Q R MEMORIAE AGRIPPINAE
Carpento tirato da due mule a sinistra.
Coh. 1. G. B. Coli, già IJlacas.
Questo pezzo esistente f;ià nella Collezione del Duca di Blacas è
ora passato al Museo l'ritannico. Quantunque me ne manchi il peso,
stando alla dicitura del Cohen (frappé sur flan de médaillon; mi pare
lecito giudicarlo un doppio sesterzio.

CALIGOLA.

10. gr. 22,29 (doppio du[iondÌM .


iy — e CAESAR DIVI AVG PRON AVG P M TR P IMI
P p Tosta nuda a sinistra.
LJ, — VESTA S C Vesta velata seduta a sinistra con
lina patera e un'asta. 'anno 40 d. C. ■
Coh. 27 M. B. Coli. Moiita<,ni a Londra.

NERONE.

11. gr. 52 (da 4 o da 5 dupondiii.


1>' — NERO CLAVD CAESAR AVG GER P M TR P IMP P P
Testa laureata a destra. Sotto, un glubo.
300 FRANCESCO GNECCHI

9 — SECVRITAS AV&VSTI S C
La Sicurezza seduta a destra davanti a un' ara accesa,
presso cui una torcia infiammata. Tiene un' asta
nella sinistra, sostenendosi il capo colla destra, il cui
gomito è appoggiato alla sedia. All'esergo II.
Coli. 255 var. (per l'esergo) M. B. Gabinetto di Francia.
La sigla li all'esergo dimostra come veramente per coniare questo
multiplo si sia adoperato il conio del dupondio.

VESPASIANO.

12. gr. 40,50 (doppio sesterzio).


,iy — IMP CAES VESPAS AVG P M TR P P P COS llll
Testa laureata a destra.
Ijl — se Vespasiano in una quadriga a destra collo
scettro e un ramo. (anno 71 d. C.)
Coh. 434. Gr. B. Gabinetto di Francia.

DOMIZIANO.

13. gr. 78 (da tre sesterzi),


^ — CAES DIVI AVO VESP F DOMITIAN COS VII
Testa laureata a destra. (Marca del Museo Estense).
1^' — se Pallade a destra armata di scudo, in atto
di lanciare un giavellotto, (anno 80 o 81 d. C.)
Coli. 430 G. B. Gabinetto di Brera.
(Tav. VI, N. 2).
NB. Questo bronzo è cerchiato.

14. gr. 50,50 (doppio sesterzio).


^' — IMP CAES DOMITIAN AVG GERM COS XI
Busto laureato a destra coll'egida (marca del Museo
Estense).
!>,' — se Vittoria a destra col piede su di un elmo,
in atto di scrivere DE GERM su di uno scudo attac-
cato ad un trofeo formato d' armi germaniclie. Ap-
piedi del trofeo la Germania piangente seduta su di
uno scudo (anno 85 d. C.)
Coh. 453. G. B. Gabinetto di Brera.
IT, mi;i)agi.10jNE senatorio 30l

15. gr. 38.725 (doppio sesterzio).


ly. — CAES DIVI AVG VESP F DOMITIAN COS • VII
Testa laureata a destra.
H. — se TjU Speranza a sinistra, (auno 80 o 81 d. Ci.
Coh. 424. G-. lì. M'iseo di Napoli.

16. gr. 51 (doppio sesterzio).


!>' - IMP CAES DOMIT AVG- GERM COS XII CENS PER
P P Testa laureata a destra coirogida.
]J' — se Domiziano al galoppo a destra con uno scudo
germanico, in atto di colpire colla lancia un Germano,
che cade difendendosi collo scudo (anno 8G a. C).
Coh. 47.3, var. ^per l'egida) G. B. Coli. Giiecchi a Milano.
(Tav. VT. X. .'.).
TRAIANO.

17. gr. 50 (doppio sesterzio).


;B' — IMP CAES NERVAE TRAIANO AV& GER DAC P M
TR P COS V P P Testa laureata a d"stra.
J> — ALIM ITAL 'all'esergo S P Q R OPTIMO PRINCIPI
(in giro; S C Traiano seduto a sinistra su di una
sedia curale, con uno scettro sormontato da un'aquila,
stende la mano a una donna diadenuita. che gli sta
dinanzi con un bambino in collo e un altro per niauci.
ialino l()4-lli) d. C.>.

Celi. 303, var. (K P,. L'-'ll. (jiieirlii a Milano.


Possegt;o nella min collezione un altro i!.-seiii;>laro simile, liiittuto
.su disco comune di (ìr:iii liroiizo, ma riletto al jii.'so di ."jO gr.
mediante un cerchio ornamentale, die vi si vede anidicato anti-
camente.

18. gr. y idoppio sesterzio?'


ir — IMP NERVA CAES TRAIAN AVG GERM P M T.usto
laureato a destra, col paludamento sulla spalla si-
nistra.
Ij: — IR POI COS li S ■ C • Koma Xicetbra seduta a si-
nistra su di una corazza, il piede ilestru su di un
302 FRANCESCO GNECCHI

elmo, la sinistra sul parazouio. Dietro a lei due scudi


oblunghi e uno rotondo. (anno 98 d. C-).
giìi Coli. T3'szkiewicz a Parigi.
NB. Questo Ijronzo, sconosciuto a Cohen, viene pubblicato nella
seconda Edizione (N. 615) e dato come medaglione. Il modulo è
segnato come il N. 10 della scala di Mionnet e corrisponde quindi
precisamente a quello del gran bronzo. La collezione del Conte
Tyszkiewicz, a cui apparteneva, fu venduta dieci anni sono, e non
mi fu possibile rintracciare ove il pezzo descritto oggi si trovi.
Ma dalle dimensioni e dalle lettere S C mi pare lecito argomentare
che si tratta precisamente d'un medaglione senatorio e assai pro-
babilmente d'un doppio sesterzio.

ADRIANO.

19. gr. 29.45 fdappio sesterzio '?)


^ — IMP CAESAR TRAIANVS HADRIANVS AVG Busto
laureato a destra.

9 — LIBERTAS RESTITVTA (all'esergo) PONT MAX TR


FOT COS MI (in giro) S C. Adriano seduto su di un
palco a sinistra tende la mano a una donna, che sta
appiedi del palco e che gli presenta un bambino,
che ha in collo, e un altro che tiene per mano.
Coh. 965, var. fcome l'esemplare citato della Collezione
Gonzales) G. B. Gabinetto di Berlino.
(Tav. VI, X. 4).

20. gr. ? (doppio sesterzio?!


jy — IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVG-
Busto laureato a sinistra col paludamento e la corazza.
^ P M TR P COS III S C
Troia a destra in atto d'allattare i suoi piccoli; dietro,
il fico Huminale.
Coh. 550. Med. Museo Britannico.
NB. Cohen descrive questo Bronzo fra i medaglioni, aggiungen-
dovi la nota : Vrai mcdaiUon maìyré les httres s e. E evidente che
si tratta di un Medaglione Senatorio e lo registro volentieri,
anche non conoscendone il peso perchè il nome d'Adriano non
è d'altronde rappresentato in questa serie che pel bronzo pre-
cedente, ilcui- peso lascia dubbio se veramente sia da consi-
derarsi come un doppio sesterzio.
IL mi:daglioniì senatorio 303

ELIO.

21. gr. 33 (doppio sesterzioi.


.^ — L AELIVS CAESAR. J?asfco nudo a sinistra col
paludamento.
I> — PANNONIA (nel campo) TR POT COS II (all'ingiro)
S C- — Tja Pannonia turrita di fronte rivolta a si-
nistra. Tiene colla destra un vessillo e si solleva la
veste colla sinistra.
Coli. 4(J G. B. Medai^liere Fiorentino.
Il Cohen, descrivendo un esemplare di questo bronzo appartenente
al Museo Britannico, aggiunge : fahriqu". de Mé'Iaiììon.

ANTONINO PIO.

22. gr. 30.0.5 (doppio sesterzio i?


fi" — DIVVS ANTONINVS Testa nuda a destra.
1^' — CONSECRATIO S C Kogo a quattro piani, sul
quale Antonino in quadriga.
Coli. 517. G. B. Gabinetto di Berlino.
(Tav. VI, N. 0,1.

23. gr. 33.75 (doppio sesterzio).


^ — ANTONINVS AVG PIVS P P TR COS MI Testa lau-
reata a destra.
lì — LIBERALITAS AVG- Il Teggenda poco visibile) S C
Antonino seduto su di un palco a sinistra e davanti
a lui la Liberalità con una tessera o una cornucopia.
Al basso un uomo che tondo le mani.
fanno MO-143 d. C.)
Coli. 650. G. B. Gabinetto di Berlino.

24. gr. 42.50 (doppio sesterzio;.


,ìy — IMP CAES T AEL HADR ANTONINVS AVG PIVS P P
Testa laureata a 'stra.
9 — TR POT XV COS IMI S C Antonino a cavallo a
sinistra colla destra alzata e col parazonio.
(anno 152 d. C.\
Coli. 915. G. B. Gabinetto di Francia.
304 1-R4NCESC0 GNECCHI

M. AURELIO.

25. gr. 49.50 adoppio sesterzio).


,B' — AVRELIVS CAESAR AV& PII F Busto nudo a destra
col paludamento.
!>' — TR POT XV (in giro) COS III (all'esergoj S C-
M. Aurelio in (quadriga lenta a sinistra con uno
scettro terminato da un'aquila, (anno 161 d. C.)
Coli. 714. G. B. Coli. GiieccM a Milano.
Un esemplare simile a ({uesto esisteva nella collezione Blacas, e
si troverà quindi presentemente al Museo Britannico.

'26. gr. 21 (doppio dupondio).


B' — M AVREI ANTONINVS AVG- Testa laureata a destra.
9 — TR P XXXIIIl IMP X COS MI P P S C La lupa coi
gemelli a destra in una grotta, (anno 180 d. G.)
Coli. 782. M. B. Coli. A. Guérin a Parigi.

FAUSTINA FIGLIA.

27. gr. 35.50 (doppio sesterzio).


B^ — FAVSTINA AVG- ANTONINI AV& PII F Busto a destra.
13^ — se uiU'esergo). Tempio rotondo a quattro colonne,
davanti al quale tre uomini e tre Vestali, accompa-
gnate da un fanciullo, sacrificanti su di un tripode.
Coli. 101. Med. Gabinetto di Brera e di Francia.
(Tav. VII, N. I.)
XB. Il Cohen, descrivendo questo lironzo, lo colloca tra i meda-
glioni e aggiunge in nota l^rcii méJaiUon maìgré les lettrcs s e.
Certamente ò un vero medaglione; ma non nel senso che l'inten-
deva Cohen, bensì nel senso di medaglione Senatorio. Ad ogni
modo bisogna notare come questo sia uno dei pochi medaglioni
senatori , che si scostano dal comune tipo del gran bronzo
assumendo l'aspetto veramente di medaglione, e questa fa la
ragione clie indusse Cohen a collocarlo e cl.Tssiflcarlo corno
sopra si disse.

28. gr. 42 ^loppio sesterzio).


\y — FAVSTINA AVGVSTA Testa a destra.
ir, mi;d\gi.ion[: si;matoiìio 305

]>' — D1AN\ LVCIF S C- Diana a sinlsti-a con una torcia


accasa, che tiene colle due mani.
Coh. ITA. G. B. Coli. Gnocc])i a .Alilano.
(Tav. VII, X. 2).

29. gr. "20 (doppio dupondio .


r>' — FAVSTINA AVGVSTA. P-usto a destra.
i>' — VENERI VICTRICI S C- A'enere seminuda a destra
trattiene ^[arto ignudo e galeato. armato di scudo e
di parazonio.
Coh. 220. M. B. Coli, (iiiecclii a Milano.

LUCIO VERO.

30. gr. 137.00 (doppio sesterzio'i.


^ — L AVREL VERVS AV& ARMENIACVS
Busto laureato a destra.
9i TR P IMI IMP II COS II S C
Vittoria a destra, che scrivi- VIC AVG ^^u di uno scudo
attaccato a un palmizio. nnnn IHi d. Ci
Coh. 217. Ci. B. Coli. (Jiieei'lii a Milano.

COMMODO.

31. gr. 36.20 («loppio sesterzio^


,1)' — M COMMODVS ANTONINVS AVG PIVS
Testa laureata a destra.

9' Vittoria,
— TR P che
Vili cammina
IMP VI COS IMI P Ptenendo
a- destra, S C un trofeo
colle due mani fanno 18.'5 d. C. >
Coh. SIO a. B. Gabinetto <li Vienna.

SETTIMIO SEVERO.

32. gr. .32.50 (doppio sesterzio?)


,iy - L SEPTIMIVS SEVERVS PIVS AVG
Busto laureato a destra col pnludamento.
30G FRANCESCO GNECCHI

9 — VICTORIAE AV&G S C
Vittoria in biga veloce a destra.
Ined. dopo Coli. CAI. Coli. Ercole GneccM a Milano.
Ho descritto questo lironzo nella illustrazione delle inedite della
Coli. Ercole Gneochi data nel I fascìcolo delia Rirista in questo mede-
simo anno 1892 (X. 25), avvertendone fino d'allora il grande diaiiietro
(mi 1. 35) e il peso eccezionale, che me lo faceva ritenere equivalente a
un doppio sesterzio, prendendo come base il peso minimo dei tì. Bronzi
di Settimio Severo, o a un sesterzio e mezzo, calcolandone il peso medio.

GIULIA DOMNA.

33. gr. 43 (doppio sesterzio).


^ IVLIA PIA FELIX AV&. Busto diademato a destra
(marca del Museo Estense;.
1^ — • VESTA S C- Quattro Vestali accompagnate da
due ragazzi sacrificanti sopra un'ara accesa davanti
a un tempio a quattro colonne e a cupola rotonda,
nell'interno del quale si vede la statua di Vesta
seduta. In alto una statua.
Coli. 205 G. B. Gabinetto di Brera.
(Tav. VII, N. 3).

34. gr. 42,50 (doppio sesterzio).


^ — IVLIA AVG-VSTA. Busto a destra.
9' — VESTA MATER S C- Sei Vestali sacrificanti sopra
di un'ara accesa, davanti a un tempio, come nel pre-
cedente: (adue metalli).
Coli. 208. G. B. Gabinetto di Brera.
(Tav. VII, N. 4).

CARACALLA.

35. gr. 45 (doppio sesterzio).


^' — M AVREL ANTONINVS PIVS AV& BRIT-
Busto laureato a destra col paludamento e la corazza.
9I — P M TR P XVI COS IMI P P S C
Serapido a sinistra col sistro in testa, colla destra
alzata e uno scettro trasversale, (anno 213 d. C.)
Inedito dopo Coli. 431. Coli. Gnecchi a Milano.
(Tav. VII, ^^. 5).
II. MEDAGLIONE SENATORIO 307

36. gr- 43,10 (doppio sesterzio).


B' — M AVREL ANTONINVS PIVS AVG- BRIT
Testa laureata a destra.

1/ — P M TR P XVI IMP II COS IMI P P S C


Caracalla in quadriga lenta a destra con uno scettro,
coronato dalla Vittoria, che gli sta dietro.
(anno 213 d. C).
Coli. 43(3. G. B. Gabinetto di Vienna.

37. gr. 44 (doppio sesterzio).


ir — M AVR ANTONINVS PIVS FELIX AVG-
Busto laureato a destra col paludameiito.
li' — P M TR P XVII IMP 111 COS llll P P S C
Caracalla su di un palco collocato a sinistra e scor-
tato da due personaggi tiene allocuzione a tre soldati.
(anno -214 d. C.)
Coli. 455. G. B. Coli. Gnecchi a Milano.
(Tav. VII X. G).

38. gr. 44 (doppio sesterzio .


^' — M AVREL ANTONINVS PIVS AVG- GERIVI.
Busto laureato a destra col paludamento e la corazza.
1/ — P M TR P XVIII IMP Ili COS llll P P S C
Esculapio di fronte rivolto a sinistra, con un bastone,
intorno al ([uale è attorcigliato il serpente. A sinistra
Telesi'oro avviluppato nel mantello; a destra un globo.
(anno 21.5 d. C)
Coli. 464. G. B. Gabinetto di Francia.

39. gr. 36 (doppio sesterzio).


,B' — M AVR ANTONINVS PIVS AVG GERM MAX Busto
laureato a destra col pai ndaiiieni o e la corazza.
]> — P M TR P XVIII IMP Ili COS llll P P S C Caracalla
al galoppo a destra calpestando un nemico.
(anno 215 d. C).
Coh. 473. G. B. Gabinetto di Brera.
303 KKaNCESCO gnecchi

40. gr. 43 (doppio sesterzio).


,1/ — M AVREL ANTONINVS PIVS AVO- Testa imberbe e
laureata a destra coll'egida.
y — PONTIF TR P X COS II S C Trireme diretta a
sinistra con sette rematori, un pilota e un comandante
(anno 207 d. C).
Coh. 504. G. B. Coli. Gnecchi a Milano.
(Tav. Vili, N. 1).

41. gr. 22 (doppio dupoudio).


iy '- M AVR ANTONINVS CAES Busto giovanile e pa-
ludato a destra. Testa nuda.
I;t — SEVERI AVG PII FIL S. C. Istromenti da sacrifizio.
Coli. 563. M. B. Coli. K. Mowat a Parigi.

42. gr. 36,30 (doppio sesterzio).


jy — M AVREL ANTONINVS PIVS AVG Busto laureato
a destra col paludamento.
1> — ViRTVS AVGVSTOR S C lioma seduta a sinistra
e appoggiata a uno scudo con una Vittoria e il pa-
razonio. (anno 211 d. C.;.
Coli. 584, G. B. var. Gabinetto dì Berlino.
ELAGABALO.

43. gr. 30,50 (doppio sesterzio).


fìy — IMP CAES M AVR ANTONINVS PIVS AVG Busto
laureato a destra col paludamento e la corazza.
9 — FIDES EXERCITVS S C Ba Fede militare seduta
a sinistra con un'aquila e un'insegna. Davanti a lei
un'altra insegna.
Coh. 162 (Cohen però non dà la leggenda del dritto) G. B.
Coli. A. Guériu a Parigi.
Un esemplare simile è al gabinetto di Fi-ancia, dato da Mionnet
per medaglione (Vedi Nota del Cohen a pag. 53i del Voi. IH i-

SEVERO ALESSANDRO.

44. gr. 36 (doppio sesterzio».


.iy ~ IMP SEV ALEXANDER AVG Busto laureato a destra.
II. MEIJAGLIONE SEN\TORIO 300

TJ — LIBERALITAS AV&VSTI IMI SC Oongiaiio (aun.j •22S


circa d. C. .
Coli. 286. G. B. Gabinetto di lu-uucia.

45. gr. 51 doppio sesterzio .


L/ — IMP SEV ALEXANDER AVG J5usto laureato a destra.
]>' — P M TR P Vili COS Ili P P S C Alessandro in
(quadriga lenta a destra, con uno scettro terminato da
un'aquila. (anno 229 d. C).
Coli. 3GS. G. B. Ga))iiietto di Francia.

ìG. gr. 5-1. GO (doppio sesterzio i.


ir — IMP SEV ALEXANDER PIVS AVG Hustu laureato
a destra.

9 — P M TR P X COS IM P P S C H i-^olo ra<liato a


sinistra colla destra alzati, e con un globo l'anuo 2.'J1
d. C).

Coli. 378. G. B. (iabinettù di \'ioiuia.

47. gr. 24 (doppio dupoudiui.


iy — IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG T-usto
laureato a di,'stra col iiaiuda mont-ii.
1> — PONT MAX TR P III COS P P S C La Fi licita {?)
seduta a sinistra col palladio e uno scettro sormon-
tato da un'aciuila. anno 224 d. C.^.
Inedito dopo Coli. 41.'5. M. 11 (Jull. Gaecclii a .Milano.

48. gr. 35,50 Moppio sesterzio .


1/ — IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG Busto
laureato e paludato a di-stra.
1> — PONTIF MAX TR P V COS II P P S C l^c 'rerme.
ialino 22G d. C.;.
Coli. 418. G. !'.. (iabiuetto di Vienna.

4'J. gr. 43 i(lop])i<i sesterzio .


y — IMP SEV ALEXANDER AVG ISusto laur, al.. ,■ .io-
razzato a destra col palud inaento sulla s[ialla.
310 FHANCFSCO GNTCCHI

ÌS' — PROFECTIO AV&VSTI S C Alessandro a cavallo


a destra, preceduto dalla Vittoria l'anno 231 d. C).
Coli. 42-1-, var. (per la corazza) G. B.
Coli. Gnecchi a Milano.
(Tav. VIIT, N. 2).
NB. Dopo i! medaglione senatorio di Fiinstina, descritto al nu-
mero 27, questo è il secondo, per cni mi pare non si sia cdope-
i-ato il conio del gran bronzo, ma si sia ricorso a un conio
speciale sia pel dritto che pel rovescio. II busto di Severo Ales-
sandro sui grandi bronzi, quantunque lo si trovi molte volte col
p.aludamento e talvolta anche con la corazza, non è mai cosi svi-
luppato corno nel doppio sesterzio descritto, in cui appare quasi
a mezza figura. Anche il rovescio presenta un rilievo superiore
.1 quello del comune gran bronzo.

GORDIANO PIO.

50. gr. 41.50 (doppio sesterzio!.


.^y — IMP G-ORDIANVS PIVS FELIX AVG- IJusto laureato
a de? tra.

-D" — ADLOCVTIO AVGVSTI S C Gordiano su di un palco


collocato a sinistra in atto d'arringare tre soldati.
Coli. 211. G. B. Gabinetto di Brera.
(Tav. Vili, X. 3).

51. gr. 39 (doppio sesterzio).


B" — IMP CAES M ANT GORDUNVS AVG Basto lau-
reato a destra.
1>' — CONCORDIA AVG S C La Concordia seduta a si-
nistra con una patera e una doppia cornucopia.
Coh. 222. G. B. Gabinetto di Brera.

52. gr. 31.70 (doppio sesterzio).


EC — IMP CAES M ANT GORDIANVS AVG Busto lau-
reato a destra col paludamento.
1^ — FIDES MILITVM S C La Fede militare a sinistra
con un' insegna e imo scettro obliquo.
Coh. 231. G. B. Gabinetto di Vienna.
NR. Un bronzo simile a questo è disegnato nel Catalogo del Museo
Albani e presentato quale medaglione. Probabilmente, come
IL MEDAGLIONI': SI:NA1 OHIO 311

osserva il Cohen, non si tratta che di un doppio sesterzio, simile


a quello ora descritto, a cui furono levate le lettere s e. ("\'edi
Coh. N. 18-2|.

5i3. gr. 29.50 (frusto) (doppio sesterzio).


Ty — IMP GORDIANVS PIVS FEL AVG-
Busto laureato a destra.

9 — lOVI STATORI S C
Giove ignudo di fronte, \'olto a destra con uno
scettro e i fulmini.
Coh. 240. G. B. Galdnotto di nrora.

54. gr. 35.50 i doppio sesterzio-.


jy — IMP GORDIANVS PIVS FEL AVG.
Busto laureato a destra col paludamento.
H — P M TR P lill COS II P P S C.
Gordiano in alato militare a destra con uno scettro

trasversale e tm gioii') ('anno 211 d. C).


Coli. 293. (;. B. Coli. Gneó-lii a ^Milano.

FILIPPO PADRE.

55. gr. 29,40 'doppio sesterzio .


yy - IMP M IVL PHILIPPVS AVG.
Busto laureato a destra col paludamento.

1> — ANNONA AVGG S C L'Abbondanza a sinistra con


tre spighe e una cornucopia. Ai suoi piedi il modio
pieno di spighe.
(]oli. N. 131 var. G. B. Gabinetto di Vieiuia.

5G. gr. 29,50 ''doppio sesterzio).


\y — IMP M IVL PHILIPPVS AVG
]?usto laureato a sinistra col paludamento.

!>' — LAET FVNDATA S C- L'Allegrezza a sinistra con


una patera e un timone.
Inedito, simile a (Joli. 153. (j. B.
Coli. Stettiiior a Konia.
312 KHANCKSCO GNKCCIH

FILIPPO FIGLIO.

~u. gr. .ì'ò.iO (doppio sesterzio).


ly — M IVL PHILIPPVS CAES
Busto a destra col paludamento, testa nuda.
]j: — PRINCIPI IVVENT S C
Filippo in abito militare, che cammina a destra con
un'asta e un globo.
Coh. GG. G. B. Gabinetto di Vienna.

TRAJANO DECIO.

58. gr. 51 48,7 4G 45 42 41,5 41,3 38,5 37,8 35,5 34,9 31,5
31 29,4 25.2 (Sesterzio doppio, triplo, quadruplo, ecc.).
jy — IMP C M Q TRÀIANVS DECIVS ÀVG-. Busto laureato
a destra colla corazza, oppure col paludamento e la
corazza, talvolta visto per di dietro.
]> - FELICITAS SAECVLi S C La Felicità a sinistra
con un lungo caduceo e una cornucopia.
Coh. 57. Med. In tutte le collezioni.

59. o'r. 27, 9i). (doppio sesterzio


D' IMP C M Q TRÀIANVS DECIVS AV& o MES?
Busto laureato e corazzato a destra.
1^' — LIBERALITAS AV& S C Traiano Decio e Erennio
seduti su di un palco a sinistra. Davanti, la Libe-
ralità, con una tessera e una cornucopia , e un cit-
tadino, che sale il palco.
Coh. 59. Med. Gabinetto di Vienna.

GO. gr. 27,80 (doppio sesterzio).


jy IMP CAES C MESS Q DECIO TRAI AVG-
]5usto laureato a destra col paludamento.
Tjl — PAX AVG-VSTI S C- La Pace a sinistra con un
ramo d'ulivo e uno scettro trasversale.
Coh. 100 (4. n. Gabinetto di Vienna.

GÌ. gr. G3 40.10 30,70 30. (Sesterzio doppio, triplo, qua-


druplo, ecc. .
jy - IMP e Q TRÀIANVS DECIVS AVG «usto radiato
e corazzato a destra.
IL MK.DAGLIONi: SKNATOHIO 313

R — VICTORIA AVG S C Vittoria corrente a sinistra


con nna corona e nna palma.
Culi. Brera, Vienna, Gnocchi, ecc.
Coh. ni. Med. Tav. Vili, N. 5.
ETRUSCILLA.

C,2. gr. 42 4(110 40 39 34 33.-') 20. ^Sesterzio doppio, triplo,


qnadrnplo, ece.i.
B' - HERENNIA ETRVSCiLLA AV&.
Busto diademato a ilestra colla mezzaluna.
Ij- — PVDICITIA AVG- S C La Pudicizia seduta a sinistra
in atto di coprirsi la faccia col velo e con un scettro.
Coli. 18 Med. Coli. Brera, Vienna. Gnecchi, ecc.
Il mcilnnjlione senatorio di Ti-aiaiio Decio col rovescio riaaciTAS
s.\Ervi.i è il più colmino di tutti, o si trova in tutto le collezioni. Seguono
poi, in ordine di rarità, l'altro dello stesso Trajano Decio col rovescio
VICTOKIA AVO e quello di Etriiscilla col rov^^cio pviilciTlA AVG, i quali
])nre si trovano assai frequentemente; cosicché, mentre molti altri d'altri
imperatori, per essere rarissimi, quantunque di peso equivalenti ,a questi,
sfuggirono all'attenzione degli studiosi e furono considerati quali pezzi
eccezionali, ((uesti di Traiano Decio e d'Ktruscilla sono generalmenfe
conosciuti e furono anzi sempre classificati col nome di ^fedaglioni, mal-
grado le lettere s e. Anche Colien li dà come tali, come dà quello col
rovescio MHKrai.ITas avc, del Gabinetto di Vienna: e non saprei vera-
mente perchè non abbia usato lo stesso trattamento all'altro col rovescio
PAX AVGVSTI pure del Gabinetto di 'Vienna. Ciò la vedere una volta di
pai la confu-^iono che dominava nella classificazione di questi pezzi.

TREBONIANO GALLO.

G3. gr. 27,70 (doppio sesterzini.


iy — IMP CAES C VIBIVS TREBONIANVS GALLVS AVG
Busto laureato a destra col pnludaniento.

1^' colonne;
— IVNONIiu MARTIALI
mezzo la S statua
C- Tempio rotondo aassisa
di (liunono quattro
di
fronte.
Coh. or., a. B. Gabinetto di Vienna.

VALERIANO.

G4. gr. 21. (doppio sesterzio?


jy — IMP e P LIC VALERIANVS AVG Busto laureato a
destra col paludaiiiputo e la corazza.
311 KHANCIiSCO GNKCCm

IJ' — CONCORDIA EXERCIT S C La Concordia a sini-


stra con una jiatera e una doppia cornucopia.
Coli. 184. var. G. B. Gabinetto di IJerlino.

(jó. gr. 30.50. idoppio sesterzio).


jy — IMP e P LIC VALERIANVS P F AV& Inasto laureato
e corazzato a destra.

]>' — ORIENS AVGG S C II Sole radiato a sinistra


colla destra alzata e col flagello.
Coh. 201. var. (). B. Gabinetto di Vienna.

(jG. gr. 31.30. (doppio sesterzio).


,n' — IMP e P LIC VALERIANVS P F AVG Busto laureato
a destra col paludamento.

!>' — VICTORIA AVG& S C Vittoria a sinistra con una


corona e una palma.
Coh. 213. G. Il Gabinetto di Vienna.

07. gr. 22.60. (doppio sesterzio?].


D" — IMP C P LIC VALERIANVS AVG Busto laureato a
destra.

9- "~ VICTORIA AVGG S C Vittoria a sinistra con una


corona e una j^ialma.
Coli. 214. G. B. Gabinetto di Brera.

08. gr. 28.10. (doppio sesterzio?).


^ - IMP C P LIC VALERIANVS AVG Busto laureato e
corazzato a destra.

9' — VICTORIA AVGG S C. Vittoria a sinistra appog-


giata allo scudo e con una palma.
Coh. 21.5. G. B. Gabinetto di Vienna.

69. gr. 24. (doppio sesterzio?)


iiy — IMP e P LIC VALERIANVS P F AVG Busto laureato
e corazzato a destra.
ir, MP-DAGMONE SENATORIO 315

9' ~" VICTORIA G-ERM S C Vittoria a sinistra con una


corona e una palina. Ai suoi piedi un Germano se-
duto, colle mani legate dietro il dorso.
Inedito (simile al M. B. Coli. 2-21i. G. B.
Coli. Gnecclii a Milano.
(Tav. Vili, N. 4).

GALLIENO.

70. gr. 21.35. (doppio sesterzio?'.


jy — IMP e P LIC G-ALLIENVS AV&
Busto laureato e corazzato a destra.
9 — FIDES MILITVM S C
La Fede militare a sinistra con due insegne.
Coh. 759 G. B. var. Gabinetto di Berlino.
(Tav. Vili, N. G).

71. gr. 27.70. iduppio sesterzioi.


& --- IMP C P LiC G-ALLIENVS P F AVG
Busto laureato e corazzato a destra..
9' - FIDES MILITVM S C
La Fede militare a sinistra con due insegne.
Coh. 7G0. G. B. Gabinetto di Vienna.

72. gr. 31.00 'doppio sesterzio".


D' — IMP GALLIENVS P F AV& GERM
Busto laureato e corazzati:) a destra.
!>' — LIBERALITAS AVG III S C
La Liberalità a sinistra con una tessera e una cor-
nucopia.
Coh. 781. G. B. var. Giibinetto di Vienna.

7.'5. gr. 2^). (doppio sesterzio'.


iy-— IMP GALLIENVS AVG-
Busto laureato (quasi a mezza figura) a sinistra, col
paludamento e la corazza.
!>' — PAX AVG S C
La Pace a sinistra con un ramo d'ulivo o uno scettro
trasversale.
Inedito dopo 799. G. B. Coli. Gnecclii a Milano.
31G r. GNKCClll - IL MEDAGLIONE SENA I OHIO

7-i. gr. 26.70 'doppio sesterzio).


:& — IMP &ÀLLIENVS P F AVG-
Busto laureato a destra col paludamento.
1^ - VICTORIA AVO MI S C
A^ittoria che cammina a sinistra con una corona o
nna palma.
Coli. 834. G. B. Ga1)iuetto di Vienna.

SALONINA.

75. gr. 25.50 (doppio sesterzio).


,B' — CORNELIA SALONINA AVG-
Busto diademato a destra.
3> — PVDICITIA S C
La Pudicizia seduta a sinistra, che si rialza il velo
e tiene uno scettro.
Coh. IIB. G. B. Gabinetto di Vienna.
Il Medagliere Fiorentino possiede questo stesso bronzo del peso di
grammi 20.

76. gr. 27.70. ("doppio sesterzio".


jy - CORNELIA SALONINA AV&
Busto diademato a destra.
]>' — VESTA S C
Vesta seduta a sinistra con una patera e uno scettro
trasversale.
Coh. 123. G. B. Gabinetto di Vienna.

Fi;.\>'CEsco Gnecchi.
Francesco Foscari e le sue monete
(14-23-1457)

Con lunga o contrastata cIczÌoik' f'n creato doge


Frnncesco Foscari che tenne il seggio ducale p(M-
hen trentaqnattro anni in una dello epoclio più av-
venturose della iHìstra repul)l)lica. Si avverarono
cosi i timori del ])rnd('nte }iredecessore : 1' ingraiv.li-
iiiento dei possessi in terraferma costò a N'eiiezia
duro lotte e penosi sacrifici, di cui si sentirono p;}r
lungo tempo lo conseguenze nelle finanze e nella
prosperità dello stato. Xon si ])nò. senza ingiustizia,
darnf! tutta la colpa al doge Foscari. il (piale aveva,
energia ed avvedutezza non comuni e sentiva alta-
mente di sé e della repnWdica. ma conviene attri-
buirne gran parte ai principi vicini. aml)iziosi e
senza fedo, ed allo coirlizioni g(;nerali dell'Italia in
quei tempi tristis.simi. Filippo Visconti agognava il
dominio di tutta la pcmisola e le due repul)l)liclie
di Firenze e di W-nezia dovettero allearsi per difen-

(l) Questo articolo la parti; della iiiipcjrtaiitissim.T ilhistrazioiie delle


Monete di Venezia, al quale il Cli.mo Autore attendo da iiarccclii anni.
0 il cui primo volume 'dalle origini fino a Kicolù Troii) uscir.\ verso la
fine del corrente anno. fX. d. D.).
318 NICOLO PAPADOPOI.I

(Tore la lovo libertà contro il nemico comune. Aspro


ed accanito lotto si pugnarono sui campi di Lom-
bardia, sotto il comando dei più illiistri capitani di
ventura, con varia vicenda; più volto fu segnata la
pace, ma si riprese poco dopo la guerra, e solo dopo
la morte del Duca Filippo i Veneziani poterono
concludere una pace durevole colla cessione definitiva
di Cremona, oltre a Brescia e Bergamo ottenute nei
precedenti trattati.
Gli sforzi fatti nelle hinglie guerre d' Italia
impedirono di tutelare validamente gli interessi ve-
neziani in levante, dove i Turchi si avanzavano mi-
nacciosi molestando contiuuamento l' impero greco
(mI i principi cristiani. Xel 1430 presero Salonicco ,
di cui gii abitanti s'erano dati pochi anni prima a
A'euezia, e nel 1453, dopo una memorabile difesa, en-
trarono in Costantinopoli con gravissimo danno del
commercio e dell' influenza dei Veneziani che non
aA-evano potuto recare efficace soccorso ai Greci per
r al)bandono di tutto le potenze europee e per la
mancanza di forze militari ed economiche stremate
nelle guerre d'occidente.
Gli ultimi anni del vecchio dogo furono ama-
reggiati da sventure e dolori, e principalmente dalla
condanna a morte del figlio Jacopo, che si era reso
colpevole di gravi infrazioni alle leggi dello stato.
Finalmente la deposizione dal dogado, consigliata
da crudele ragione di stato o da altri motivi assai
difiicili, a distanza di secoli, ad apprezzarsi, affrettò
la fine di quel principe elettivo, che aveva avuto più
lungo regno.
Quanto alla zecca pochi fatti importanti sono
da notare in questo periodo , n^cno forse che in
altri regni più brevi, ma più calmi. Relativamente
al più prezioso dei metalli non si conoscono che
due soli documenti : un decreto del 18 settembre
FRANCESCO KOSCARI E LE SUE MONETI: 319

145<3 {-) con cui il Senato delibera di eleggere tre no-


bili per istndiare e proporre quelle misure che credes-
sero più utili ad aumentare il concorso e la coniazione
dell'oro, ed mia legge del 1 dicemljre 1454 (^), colla
quale il Maggior Consiglio incarica il Senato di fare
all' ufficio del saggio dell' oro qucll(j riforme che
stimasse convenienti a mantenere il ducato in quella
perfezione, per la quale è reputato in tutto il mondo.
Non havvi memoria che gli studi ordinati e le pro-
poste, che dovevano esserne la conseguenza, abbiano
avuto un pratico risultamcnto, anzi è da ritenere
che nessun provvedinrento sia stato adottato, non
trovandosene traccia nel Capitolare dei massari all'oro.
Dalle considerazioni che precedono il decreto IS set-
teml)re 1453, in cui è dftto clic la quantità dell'oro
portato in zecca era minima, mentre abbondantissimo
era l'argento che si coniava in moneta, si può fa-
cilmente argomentare elicgli inconvenienti lamentati
dipendevano dall'abìxiudanza del ricavo dello miniere
d' argento, mentre era scarso il prodotto di quello
d'oro. Non era quindi in poteic dei savi consultori
della republ)lica rimuoven' lo cause di questo fmo-
meno ecoriomico. menti'e al)bassando continuamente
e progressivamente il valore dcirargento si otteneva
d' impedire 1' esportazione delhi ricercatissima mo-
neta d'oro.
Alcuni provvedimenti troviamo quindi in (piesto
senso e, [)rime in ordine di data, due parti sancite
dal Senato nel giorno 9 lugHo 1429: nella juàma W
si ordina che coli' argento del quarto che i mercanti

(2j U. Archivio 'li Stato. Siiicilo. Terra rej;. Ili, carte 7!'.
(3^1 Ivi. Mcif/ff/or Coiis'i/Iio, re^xi-^lro Ursa, carte l'.ll.
(i) Ivi. Senato, Misti reg. J.VII , e. liG r. — Capitolare dello
Brocche, carte 24 t. — Capitolare dei Massari all' argento, carte GÌ t.
520 NICOLÒ l'AI'ADOl'Ol.I

avevano obbligo di consognaro alla zecca per farne


moneta, debbano ossero coniati soldi della forma
usata 0 due nuove monete, 1' una da <S', V altra da
2 soldi, in uguali proporzioni, o cioè un terzo di
ogui qualità. Il grosso da ■/ soldi viene mantenuto,
ed i mercanti possono farne coniare per la Seria e
per gli altri paesi del levante col rimanente del-
l'argento, dopo fraiicato l'obbligo del (piarlo. Sì le
nuovo che le antiche monete dovevano avere la lega
e la bontà usata fmo allora e andare al taglio di
lire Bl per marca, ed in modo che 104 soldi vales-
sero un ducato, aggiungendo calde raccomandazioni
por l'esattiìzza del peso e della fablu'icazione. Tale
decreto, motivato dalla invasione di monete forastiere
nelle nuovo provincie di Brescia e Bergamo, prescrive
clic le monete da 1, da 2 e da 8 soldi sieno spedite
in quei territori, conservando i grossi per i commerci
dell'Oriente. 1] questa la ragione per cui nei ripostigli
che si rinvengono nella, terraferma, dove la Repub-
blica estendeva i suoi possessi, troviamo più facil-
uKiute i grossoni ed i pozzi da uno e da due soldi,
moutre i grossi vengono ai raccoglitori dai ritrova-
menti fatti in Oriente.
La seconda parte presa in qi;el giorno (5) revocava
]a, deliberazione 4 gennaio 1419 (1420,), nella quale
si abolivano tutte 1(3 restrizioui e si permetteva di
vendere 1' argento in qualsiasi luogo ed a qualsiasi
persona, e richiamava in vigore l'antica leggo 28 set-
tembre 1374, la quale ordinava che tutto l'argento
condotto a Venezia ibssc venduto a campanella a
1 rialto.

(5) R. An-liivio (]i Stato. Si'iiato, !i\[isti reg. L"\'II, carte l'2G t. —
Capitolare dello Brocclie, cavie 25. — Capitolare dei Massari all'argento,
c:irte 65 t.
I-RANCliSCO rOSCAIU K LK SUU MONKTli 321

Xc'l 1442, 24 maggio (^), quando più grande era


il bisogno di denari a cagione delle guerre, si ordina
che ogni marca di argento posta in zecca debl)a
pagare due grossi por indennizzare le spese per la
fusione e per le altre operazioni. Nel 15 gennaio 1443
(1444) l''J si rinnovano le presci-izioni per la vendita
deirargento, emanate nel J429, minacciando, a quelli
che contravvenissero, la perdicn del metallo, da di-
vidersi fra i denunciatori ed il Coìuune. Con decreto
del 23 gennnio dello stosso anno (^) il Sonato porta
il taglio della moneta a 34 liro por marca, con
nuova e sonsil)ile diminuzione , detorminajido che
si stampino soldi, e non grossoni, nò altro monete:
la quale disposizione, trovata troppo gravosa per i
lavoranti della zecca, si modifica nel giorno dopo,
24 gennaio '^', delil)orando che una terza parte sia
ridotta in grossi da 4 soldi, o gli altri duo terzi in
soldi, ferme le altro disposizioni. L'aumonto del taglio
induceva naturalmente i mercanti a portare in z(!Cca
l'antica moneta più posante, per avere la ]uiova e
luci'are la diftV'ren/.a ; por cui nel 2 febbraio 1443
(1444) ('Oj, ottenevano (dio si abolisse il pagamento
dei 2 grossi por marca, in (pianto si trattasse dei
grossoni e di altr*! vecchie monete, e, per evitare i
lamentati ritardi nella consogna delle nuovo monete

(6j R. Archivio di Stato. S'.iialo, Terra rog. I, carte (i7 t. — Capi-


tolare delle Brocche, carte 20 t.

(7) R. Archivio di Stato. Srinifo, Terra reg. 1, carte 11." t. — Capi-


tolare delle Brocche, carte 2J t. — (Capitolare dei Massari all' argento,
carte 67.

(8) R. Archivio di Stato. Seintto. 'l'erra reg. I, cnric Hit. -- Capi-


tolare delle Brocche, carte 30.
('J) R. Archivio di .Slato. S'^inilfi, Ti-rra reg. J, cari.' HO. -- Capi-
tolare dello Brocche, carte ijH t.
(lOj R. Archivio di Stato. Senulv. Terra reg. I, carte IIG t. — Ca-
j'itolaro delle Brocche, carte ;!U t.
322 NICOLÒ PAPADOPOI.l

lavorate, fa accorJnto elio 1' argento fosse ridott >


luotà in soldi, metà in grossi. Non bastando per
questa trasformazione il termine fissato da prima a
tutto aprile, fu prorogato nel 2G giugno i^^) fino a
tutto agosto dello stosso anno.
I bisogni delle esauste finanze fecero ricorrere a
frequenti emissioni di moneto di bassa lega, le quali
davano alla zecca non pochi guadagni, destinati ad al-
leviare lespese delle guerre lunglie e costose. I pezzi
di questo genere, abbondantissiuii anche oggi , col
]iome di Francesco Foscari , sono vari di tipo e di
peso, per cui viene naturale il sospetto che sieno stati
creati per località e monetazioni differenti; ma sic-
come 11011 hanno alcun segno che chiarisca 1' attri-
buzione, non si seppe fin'ora trovare una soddisfaceiite
spiegazione. Su ciò le cronache e le storie sono mute,
ond'è necessario ricorrere ai documenti, che in que-
st'epoca si susseguono numerosi e ordinati.
Nei primi a^nni del dogado de] Foscari non liavvi
alcun cenno di moneta minuta, per cui è probabile
si continuasse la coniazione dei piccoli e dei tornesi
col peso e col titolo usato precedentemeiue.
Solo nel 22 febbraio 1441 (4442) (12;, si trova il
primo decreto del Senato, il quale delibera di dimi-
nuire l'intrinseco dei piccoli, che si battono in zecca
per Brescia, Bergamo, Verona e Vicenza, sub dwersis
slamj)ìs secundum cursum locorum essendo necessario,
per la strettezza della guerra, far denaro in tutti i
modi onesti. Quasi a giustificazione si osserva che
quelle provincie sono invase da moneta del ducato
di Milano dotta Scsino che di sopra e imbianchita,

(11) R. Aixhivio di Stato. Senato, Teri-a reg. I, carte 134. — Capi-


lave delle Bi-occlie, carte 30 t.
(12) R. Archivio di Staio. Siiiato, Terra reg. I, e. 59 t. — Capitolare
delle Brocche, carte 29. — Capitolare dei Massari all'argento, carte GG
KRAN'Ci:SCO KOSCARI E I-H SUE MONTTH 323

ma del resto è tutta rame, e, per sostituirla, si or-


dina che i bagattini colle stampe usate per Bergamo.
Brescia, Verona, Vicenza e Venezia, contengano 1{18
parte di argento, invece di 1|9 come avevano pre-
cedentemente.
Il 24 maggio dolio stosso anno 1442 13) osser-
vando il Senato che , provveduto per Bergamo ,
Brescia, Verona e Viceiiza, nulla sia espresso per
Padova, Treviso ed altro torre, determina che i mas-
sari della moneta d'argento mitlcre debeant Padaam.
Tarvisium, et ed alias ferras nostras a parte terre et
in patriara Foro Julii^ i bagattini che vengono usati
in tali siti, fatti colla Ioga fissata precedentemente,
e stabilisce che i rettori delle provincio debbano in
ogni pagamene» dare, per ogni ducato, almeno cinque
soldi di tali monetino, e tutti gli utili sì di questa
che della })recedente fabbricazione debbano essere
mandati allo Sforza, che comandava le aiMui vene-
ziane in Londiardia. ]ier gli stipendi delle truppe.
Con decreto dello stesso giorno (^'^J s' incaricano i
governatori delle entrate di riscuotere dalle [)rovincie
l'equivalente dei piccoli spediti e di rifondere alla
zecca il capitale esborsato, destinando l' utile alle
spese di guerra.
Questi provvedimenti conftn'inano che la stessa
lega era adoperata per h; diverse monetine, che con
tipi variati si usavano nelle provincio: bisogna dunque
ricercare nel solo pes > a quali lire corrispondano i
denari coniati in ([UoU'o^ìOca. A l'adova ed a Treviso
erasi sempre adoperata la stessa lira che a \'e-
nezia, e quindi i piccoli o denari veneziani avevano

(13) R. Archivio di St^to. Smidli). 'l'erra reg. f, e. G7 t. — Capitolare


delle Brocche, carte 2rt.
(14) K. Arcliivio di Stato. Sr-nuto, Terra rog. T, e. GT t. — Capitolare
delle Brocche, carte 29 t.
324 NICOLÒ PAPADOPOKI

corso ili tutti ([liei tcn'itori. nei quali ora anclio


comune la tradizione della forma concava o scifata.
Infatti, tra gli esemplari che si conservano nei me-
daglieri, alcuni sono di buon aspetto ed hanno la
consueta quantità d' argento, altri invece sono neri
e di lavorazione negletta. I primi sono quelli coniati
avanti il decreto, gli altri colla nuova lega piìi
scadente, ma tutti hanno lo stesso peso che supera
di poco i quattro grani e non raggiungo i 4 1^2. A
Verona e Vicenza correva invece la lira veronese,
la quale, come fu detto precedentemente, valeva un
terzo di più della vcmeziana, e quindi per quelle Pro-
vincie sicontinuavano a coniare i denari colla croce
a lunghe l)raccia, che divide a due a due le lettere
dell' iscrizione, simili a quelli per la prima volta co-
niati da Michele Stono, che pesano scarsi 6 grani.
I territori di Brescia e della Lombardia veneziana
usavano la lira imperiale , doppia della veneziana ,
come rilevasi anche da un documento poc'anzi rife-
rito, e quindi ad essi deve attribuirsi quel piccolo
assai comune che da un lato ha il leone accosciato
senza iscrizione e dall' altro, fra le braccia della
croce, le lettere F F D V, il cui peso, abbastanza va-
riabile fra pezzo e pezzo , ha però una media di
8 grani e 1[2. È questa la prima volta che nei do-
cumenti veneziani s' incontra la parola hagaitrao ,
che invece a Padova è adoperato sino dall' ultimo
quarto del secolo XIII (^^.' ed a Treviso anche prima,
e precisamente nel decreto 7 settembre 1317, in cui
si ordina la coniazione del piccolo ossia hagaitino (^*^.'.

(15) Vkiici G. B., Deìle monete di Palora, in Zanetti G-. A., yuoid
raccnì(a di zecche e monete d'Italia. Tomo III, pag. 374. Brunacci J., De
re ]\'unitiiarla Pdtariiioruìu, pag. 46.
(IGj AzzoNi AvoiiAijd, lì. ]>"l!e monete di Trevicji. in Zanetti G. A.,
Suora raccolta, etc. Tomo IV.
KRAN'CESCO FOSCARI E LE SUE MONETE

Il Pegolotti, ri})ortanclo i cambi ed i prezzi della


piazza di Venezia, li traduce sempre in lire e soldi
di grossi, lire e soldi di piccoli o denari, ma non
nomina mai i bagattini tranne quando lu il l'agguaglio
fra la moneta friulana e la veneziana (cap. XXXIIlì,
dove parla di bagattini ]iiccioli di A'o'.H'zia. Tu tal
modo quell'esattissimo scrittore di usi commerciali,
mostra che i bagattini ed i denari erano bensì una
stessa cosa, ma che il nome di bagattino era ado-
perato nelle vicino provincie, non a Venezia,
Anche a Venezia se ne parla per la ]n-iuia volta
quando si tratta di coniare i piccoli per la terra-
ferma. Senza occuparmi dell'origine di (picsta parola,
ne della sua etimologia, osservo solo che in Lom-
bardia si usa tutt'ora Ixujai per dinotare un essere
singolarmente piccolo, //fl'^a/// per siguificare un valore
minimo, e nel giuoco del tarocco si chiama haf/ailo
la carta più piccola : le (piali V(ìci tutte hanno la
l'adice comune con har/nl/eHn. parola usata in italiano
ed in francese.

Alla data del IS luglio M-12 '^''\ e cioè pochi


mesi dopo i provvedimenti relativi alla moneta mi-
nuta per le provincie della parte di terra trcniamo
inscritto, nel libro riguardante le faccende del mare,
un decreto del Senato che ordina la coniazioni' di
(^laurini e mezzi quatVnw per Ravenna, secondo la
lega ed il modello presentato dai massari dcirargi'uto.
e prescrivo al provveditore di T^avcnna, di adoperare,
in tutti i pagamenti fatti in (ptei territori, tali mo-
nete nella misura di un cinque per cento.
Il Lazari iiella piccola moneta col Jiome ili
liavenna e coli' immagine di S. .Apollinare, credette

(ITj R. Archivio di Stato. Senato, ^far. reg. I, e. lUO. — Capitolare


delle Brocche, carte 29 t.
320 NICOLO l'APADOPOI.l

voliere il (|uattriiio coniato in quest' epoca. Però


liei le sue uiemorie, che conservo manoscritte, egli
giustamente si ricrede, osservando che la fattura di
([uesto pezzo, perfettamente uguale a quello coniato
])er Rovigo, li mostra entrambi incisi dalla stessa
mano e battuti nella stessa epoca , che per Rovigo
non si può anticipare dal 1484, seconda occupazione
di cpiella città. Aggiungerò che non sarchile naturale
che la zecca di Venezia, soltanto in questo caso per
Ravenna, avesse messo il Santo protettore ed il nome
della città, uso introdotto soltanto piìi tardi, e che
il \olume ed il peso di tale monetina non permettono
(li supporre un mozzo quattrino, che sarebbe riuscito
tropico piccolo e troppo leggero. D" altronde la lira
ed il quattrino di liavenna erano uguali a quelli
adoperati nelle città di Rimini, Pesaro ed altre vicine;
ma i (piattrini di quel tempo e di quei luoghi sono
più pesanti e stanno fra i 14 ed i IG grani. Crederei
piuttosto riconoscere il quattrino decretat) sotto
Francesco Poscari in quel rarissimo nummo, che ha
da nn lato la croce ornata e dall'altra il leone ram-
pante senza ali, colla banderuola fra lo zampe an-
teriori, il cui peso si avvicina assai a quello dei
quattrini battuti nella città della Romagna ed è tale
da permettere la coniazione di nn mezzo quattrino
di sufficiente volume.
Il quattrino a Ravenna e nelle Romagna valeva
duo denari piccioli della lira usata in quelle [)rovincie,
come dimostra lo Zanetti, per cui il mezzo quattrino
era uguale alla 1|24() parte della lira. Sembrami poterlo
identificare in quella moneta esistente nel Museo di
S. ]\larco, che Lazari credette un tornese. Siccome
più tardi si sono ritrovati degli esemplari del vero
tornese di Francesco Foscari e di Cristoforo ^loro,
con la solita croce, non si può ammettere che la
zecca abbia lasciato un tipo antico e popolare, come
327
KIÌANCLSCO FOSCARI U I-E SUD MONETI-;

quello del tornesc, piT ripi-euderlo più tardi. Un


esemplare meglio conservato , che da poco è stato
ncqiiistato dalla raccolta Bottacin, mi fa credere,
tanto "per l' aspetto , quanto per il peso di circa
7 grani , eh' esso sia il mezzo quattrino desiderato.
Resta ancora da interpretare una singolare mo-
netina assai comune, avente sul diritto una croce
patente col nome del doge e sul rovescio un leoncino
e le sole lettere S M. Essa è tanto tenue, tanto leg-
gera, che riesce diftìcile a comprendersi come abbia
potuto essere praticamente adoperata. Xe troviamo
la spiegazione in un decreto dei Pregadi del 21
giugno 144G (I8j. che abolisce 1" antico modello dei
piccoli ed ordina una nuova stampa, la cui scelta
affida al Collegio, ma colla stessa lega e colla stessa
bontà. Lo scopo di questo cambiamento eia quello
di liberarsi da molte falsificazioni che infestavano il
paese, e, .sebbene non sia espresso, è facile intendere
che si tratta di quei piccoli scud('llati, che si conia-
vano per Venezia, e che avevano corso nei territori
vicini di Padova e di Treviso; infatti questi donaretti
hanno lo stesso intrinseco e lo stesso jteso dei pre-
cedenti denari scodellati, sebbene seguano la tendenza
comune delle monete di ([uest'epoca, e cioè \adan()
insensibilmente scapitando nel peso, dacché si cer-
cava di aumentare quant'era possiliile il largc^ gua-
dagno, che la fabl)ricazione recava al })u1j1j1ìc() erario,
essendo lo stat > travagliato da bisogni seuipre cre-
scenti. Cosi finisce e scompare mia delle più antiche
monete veneziane, che era stata la prima base della
nostra monetazione ; ma il piccolo nummo chiamato
a sostituirla era destinato a breve vita, perchè la

(IH) IJ. Arcliivio di Stato. Sentilo, 'l'erra vc-j;. I, e. 195. — Cajìitolare


delle Brocche, carte 31.
328 NICOLÒ PAPADOPOLI

.su;i esiguità conduceva naturalmente ad adoprare


il puro rame, come avvenne più tardi.
Xel 18 dicombro 1453 (i^) il Senato ordina alla
zecca di coniare colla massima sollecitudine, per la
somma di 20,000 ducati, quatlrini, da 4 piccoli l'uno,
i quali sieno spesi in tutto lo stato, ad eccezione
(lolla città di Venezia, proibendo però di eccedere
(j[uella somma senza autorizzazione dello stesso Con-
siglio. Tali quattrini si trovano assai facilmente anche
oggi, od hanno sul diritto la croce col nome del
doge o sul rovescio un leone rampante senza ali,
che tiene nelle zampo anteriori la spada. Servivano
utilmente per avere una comune moneta nei conteggi
delle vari(i hre adoperate nella terra ferma veneziana,
giacche a Padova ed a Treviso valevano quattro
piccoli e con tre pezzi si aveva il soldo veneziano ;
a Verona ed a Vicenza il quattrino valeva tre denari
di quella lira e quattro quattrini formavano un soldo
veronese. Jj;i comodità, di tali monete era tanto ap-
])rezzat;i cli<' la Conninità di Verona nel 1493 ('2'^), e
(1 nulla di V'icenza nel 1498 (21) chiesero al Consiglio
dt'i Dieci di far coniare in zecca quattrini da tre al
marchetto ed oboli da nove al niarchetto, per servire
alle minute contrattazioni. A Brescia gli stessi quat-
1 lini avevano un valore doppio del bagattino o denaro
locale, por cui si dicevano quattri ai-duini, nome che
viene' adoperato in un decreto del 29 agosto 1458, di
cui parleremo piìi tardi, ed in un contratto conchiuso
in Collegio (19 ottobre 1474) (22)^ pgi- [a vendita di

(19) R. Archivio di Stato. Senato, Terra reg. III. e. 92. — Capitolare


(Ielle Brocclie, carte 34.
(20) K. Arcliivio di Stato. Ooìistijlio dei dieci, Misti reg. XXVI, e. 3.
(21) Ivi. Consiglio dei dieci. Misti, reg. XXVII, e. 183, t.
(22) Ivi. Capitolare dello Brocche, e. 44.
FRANXKSco FOscAKi K Li: suK moni:ti: 320

moneto fuori d'uso a certo Antonio Agostini, a cui


restava vietato di spenderle, contiutto in cni sono spe-
cificatiquaUì'ììi)
i diiiìii da Brescia ed i piz:o() caccili
dal lion, le qual monede non se possnio ùi alcìuuxa
pai-te del inondo spender.
Data così soddisfacente spiegazione di pressoché
tutte le monete di l)assa lega, che portano il nome
di Francesco Foscari, una sola ci resta da chiarire,
ed è (piella lavorata accuratauiente, che da un lato
reca la testa del Santo Evaugolista e dall'altro una
croce accantonata da quattro punti triangolari, la
quale esiste anche col nome di Tomaso ]\[ocenigo,
per cui ne ho già parlato nel capitolo che riguarda
quel doge. Sia por l'epoca in cui fu ijitrodotto questo
tipo, sia per non poterlo ad altra regione attribuire,
sospettai che questo denaro sia stato coniato per la
provincia del Frinii, con(jUÌstata dai veneziani pre-
cisamente ai tempi di Tomaso Mocenigo. Il decreto
24 maggio 1442. riferito ])iù s()[)ra, ordina che i
Masseri nostri della unnieda de larcjenti) mandare de-
hiano a padoa. trerprii e n'e nllre lerc nostre da parte
de tera et r:i la patria del frin' di haipitini, i ipn.a'
cien spesi in, li diti In.orji. Tale dizione send)ra con-
fermane che si coniassero anche pel Friuli hagattini
di una stampa speciale, avendo quella provincia una
monetazione differente da ([nella usata a Padova ed
a Treviso: altrimenti il decreto avrebl)e semplice-
mente ordinata la coniazione e la spedizion(' di un
solo tipo di denari, sapendosi che la stessa lira era
adoperata a. N'enezia, Pado\a e Treviso, (; che alle
monete speciali di Verona e N'iconza , di Prescia e
Pergamo,
l.raio 1441 erasi pi'ovveduto coU'aUro decrc^to 22 fei)-
ri442i.
Cos'i abl)ondanti e ri[)etut:i emissioni di monete
scadenti, il cui pregio era di gran lunga inferiin'(^ al
valore ed al ragiruaglio collo [irinoipali d"or(j e d'ai'-
330 NICOLÒ PAPADOl'OLl

gento, j'ecavano non poclii danni al commercio ed


a tutti i cittadini, producondo, fra gli altri inconve-
nienti, anche quello di incoraggiare le ijnitazioni e
lo falsificazioni. Tu tale epoca ai volgari falsificatori,
che esistettero sempre, si aggiungevano alcuni prin-
cipi e governi, i quali non avevano scrupolo di co-
piare itipi più conosciuti e più pregiati e di ripro-
durli con lievi modificazioni in metallo scadente ,
ricavando non iscarso guadagno da tale disonesta
operazione. Il ducato ed il gi'osso veneziano erano
stati copiati in Italia ed in levante, ma era ben piii
facile imitare piccole monetine di fabbricazione molto
trascurata, approfittando della negligenza che si os-
serva nel pubblico di tutti i tem])i, nelle cose di poco
valore. Infatti il Senato si preoccupa dei piccoli falsi
che infestano il paese, ordinando nel 7 maggio 144G (23)
a tutti i cittadini di presentarli alle autorità, per
essere indennizzati del solo valore del rame, e chi
avesse piccoli falsi e non li denunciasse deve perderli.
Visto che gli altri rimedi non sono sufficienti ad
estirpare il male, si decide di cambiare il tipo dei
denari veneziani, come abbiamo raccontato più sopra
prescrivendo a tutti di portare agli ufficiali della zecca
i piccoli della vecchia forma, per avere in cambio
quelli nuovamente coniati C^^). Pochi mesi dopo ,
9 settembre 144G, si minacciano pene e multe a chi
introduce monete false nello stato, con proibizione di
far grazia, ed il decreto (^5) parla principalmente di
soldi e di piccoli. Finalmente nel 15 dicembre 1454

(23) R. Archivio di Stato. Sonalo, Terra reg. I, carte IPO. — Capi-


tolare delle Brocche, carte 30 t.
(24) R. Archivio di Stato. Senato, Terra reg. I, carte 195. — Capi-
tolare delle Brocche, carte 31 (21 giugno 144G;.
(25) R. Archivio di Stato. Senato, Terra reg. II, carte 2. — Capito-
lare delle Brocche, carte 31 tergo.
FRAN'Ci:SCO fOSCARI i: LK SI'R MONI: II: 331

il Senato (-^\ trovando troppo miti e non adequate


alla colpa le punizioni sino allora comminate, estende
anche a quelli, che portano o fanno portare dall'estero
monete false, le peno stabilite per i falsificatori, che
non erano certamente leggere, giacché si trattava
della perdita della mano destra e di tutti e due gli
occhi, oltre a multe gravissime, alle quali una parte
ei-a devoluta ai denunciatori.
Collo stesso scopo il Senato :'28 agosto 1447)
sancisce una legge '-^i secondo la quale gli intaglia-
tori della zecca devono essere cittadini originari
di. Venezia, per isfuggire il pericolo che i coni pos-
sano cadere n(dle mani dei signori forestieri, che
imitano lo monete ven(,'ziane, e poco tempo dopo
(29 novembre 1447', essendo vacante il posto del-
l'intagliatore delle stampe delle monete d'argento, por
la morte di Gerolamo Sesto, il Collegio prescrive '-'^)
che la elezione d<'bba farsi assieme dagli uftìciali della
moneta dell'argento con quelli della moneta, d'oro,
tanto in questo caso, quanto in quello che mancasse
il maestro delle stampe dell'oro.
Indipendentemente dalle falsilicazioni i danni
causati da si grande copia di monete infu'iori erano
tanti e cosi manifesti, che il Sonato })iù volU- no i'u
compreso a sospese la coniazione dell' tino o dell'altri)
genere di monetine, quando troppo si era abusato
di questo ripiego linanziario. Ma si tornava a ricor-
rervi sotto la pressione delle iiocessità di una giujrra
lunga e dis[)endiosa, sostemita da trnpi)e di ventura.

(■•it)) R. Aivhivio lii Srato, .{rr/iriu rh'J (')iiitii", l> 'liheru:iiìiii ili-l
Mnjgior C^tsigliD, registro C. 11, carte 01. — Ciiiilolari! dei .Mass.iri
all'argento, e. G8.
(27} li. Arcliivio di S'ato. S/'ii-ito. 'l'eri-a ret;. IT. e. 13. — Capitolare
delle Brocche, carte 31 t. — Capitolare «lei Masiari all'ari^eiilo, carte Gì t.
(28; R. Archivio di .Stato. CiUeijin. Xotatoi-io reg. XVI, carte GG. —
Capitolare delle Brocche, carte 31 tergo.
NICOLO PAPAIlOrOM

che smungeva lo finanze dello Stato o lo risorse del


paese. Per esempio nel 23 novembre 1443, dopo
sognata la pace, sperandosi tenipi più tranquilli, si
proibisce la coniazione di piccoli por Brescia, Padova
ed altre terre (-■>>, ma nel 13 marzo 1447, quando
più urgente era il Ijisogno di denaro, si ordina ai
massari dell'argento di fabbricare tremila marche di
piccoli per Brescia, per ricavare 3500 ducati di uti-
lità, che sono destinate agli armamenti (^h Nel
25 settembre 1451 si sosptnide nuovamente la fab-
bricazione di piccoli pei Brescia "^^i). o nel 12 no-
veiiibre successivo (^'^J si ordina alla zecca di far
uscire in qualsiasi modo i piccoli di Jjrescia , già
pronti e che non si possono spedire costà per la
proibizione fritta, consegnando il ricavato all'arsenale
per provviste di guiu'ra, ma nel 29 dicembre dello
stesso anno si delibera la coniazione di 7000 ducati
di piccoli da lìrescia, non ostante tutti gli ordini
contrari '''^'^). Nel 18 settembre 1453 il Senato proi-
bisce agli ufficiali della zecca di coniare piccoli da
Venezia ^'^^) sotto pena di 200 ducati di multa da
infliggersi dagli Avogadori del Comune : tre giorni
dopo questo provvedimento viene sospeso })er ordine
della Signoria (^-a» fiiTchò sia coinpletrita la somma
di 18,000 lire di tali denari decretata nel 22 agosto

(20) R. Archivio di Stato. Srnido, Tevr.i reg. I, carte 111. — Capi-


tolare delle Brocche, carte 'J9 tei-go.
(30) R. Archivio di Stato. Smnito, Terra reg. II, carte 24 t. — Ca-
pitolare delle Brocche, carte Bl.
(31) R. Archivio di Stato. Soial'i, Terra reg. Ili, carte 2. — Capi-
lare delle Brocche, carte 33.
(32) R. Archivio di Stato. Capitolare delle lìrocche, carte 33.
(33) R. Archivio di Stato. Senato, 't'erra reg'. III. carte lo. — Capi-
tolare delle Brocche, carte 33 t.
(34) R. Archivio di Stato. Srimlo, Terra reg. III, carte 70. — Capi-
tolare delle Brocche, carte 33 t.
(35) R. Archivio di Stato. Capitolare delle Brocche, carte 34.
FRANCESCO FOSCARI E LE SUE MONETE 3311

precedente (3^), il cui ricavato doveva essere conse-


gnato all' arsenale per 1' annamonto di cinquanta
galere.
Giunte le cose a questo punto vi si ingerisce
il Maggior Consiglio, il quale in una legge del
16 marzo 1450 '^■^'') osserva che nel tempo della guerra,
e per le necessità delle terre e per le molte spese,
furono ordinati e coniati nella zecca quattrini e
piccoli di vana sorte, e si sono continuati a coniare
anche dopo la pace, ed ora sono talmente moltipli-
cati che nella terraferma sendn-a che non vi sia
altra moneta se non di rame, e comincia, ad esserne
infestata anche la città, ciò che è causa di questioni,
di confusioni e di altri gravi inconvenienti. Per cui
proibisce agli ufficiali della zecca di coiiiare quattrini
0 piccoli senza il permesso dello stesso Maggior
Consiglio, minacciando la privazione dell'ufficio, pene
pecuniarie e personali, agli ufficiali ed agli stampa-
tori che contravvenissero a questi ordini.
Xel 20 febbraio successivo 145G (1457) (38), es-
sendovi circa 2500 marche di rame legato coll'argento
giacente in zecca con danno del Comune, il ^laggior
Consiglio ordina di fabl)ricai-o quattrini con quella
pasta e di adoperare in preparativi di guerra la
utilità risultante, calcolata in 1500 ducati, e ciò solo
per la materia esistente e non piìi. rimanendo ferme
le disposizioni e le pene stabilito dal precedente
decreto.
Con siffatti provvedimenti si chiude qtiesto pe-
riodo importante di storia munismatica veneziana.

fStij n. Arcliivio ili Stato. Capitolare delle l!rocc;lie. carte '-'l'-'i t.


OM} R. Archivio di Stato. Mugr/ior ('iinsiijlio, reg. Regina, e. 5 (. -
Capitolare dei Mascari all'argento, carte liO.
(38) R. .\rcliivio di Stato. Maijginr ('Diisi'f/ìio, reg. Regina, e. 10 t.
"34 NICOLÒ PAPAnopor.i

I\3r lungo tempo non si coniarono più dalla nostra


zecca moneto di bassa lega, se non nella quantità
strettamente necessaria ai l)isogni.

.MONETE DI FRANCESCO FOSCA UT.

1. DiiciUo. — Oro, titolo 1,000; peso grani veneti G8 52[ot


(grammi 3.659).
jy — S. Marco porge il vessillo al doge FRAC • FOSCARI;
lungo l'asta DVX, dietro il Santo ■ S ■ M • VENETI
]ji' — Il Redentore benedicente in un' aureola elittica
cosparsa di stelle , quattro a sinistra . cinque a destra
• SIT ■ T • XPE • DAT • Q • TV RE&IS • ISTE • DVCAT' •
Tav. IX, N. 1.

2. Varietà. — Nel ^ FRAC • FVSCARI •

,'). Grossonr fla 8 soldi. — Argento, titolo 0,919 (peggio GO) :


peso grani veneti 59 4:5[]00 (grammi 3,076).
JY — Il doge in piedi volto a sinistra , tiene con ambe
le mani 1' asta di un orifianima ed è cliiuso in un
cerchio di perline, oltre il ([uale sporge la banderuola
volta a destra • FRANCISCVS • FOSCARI DVX
J^ — S. Marco di fronte , mezza figura . cinto il capo
d'aureola, tiene il Vangelo colla mano sinistra, e colla
destra benedice: un cerchio di perline divide dall'iscri-
zione + • SANCTVS • MARCVS • VENETI •
Ta\. IX, X. 2.

4. Varietà. — ,B' — Il doge in ginocchio, volto a sinistra,


tiene con ambe le mani l'asta di un orifiamma, la cui
banderuola, volta a destila, divide 1' iscrizione. Il dia-
metro della moneta è minore e inanca il cerchio di
perline FRANCISCVS • FOSCARI.... VX •
FRANCESCO KOSC.AiU F, I.H SUE MONETE 335

^ ^ S. Marco di fronte , come sopra , manca il cerchio


di perline.
Tav. IX, N. 3.
L'esemplare del Museo Correr, solo conosciuto, è bucato e consu-
mato dall'uso, per cui non pesa che grani veneti 55 (grammi 2,846j.

5. O/'OSSO o Orosscllo. — Argento, titolo 0,9-10: peso grani


veneti 3<-)'J2[iOO (grammi 1,000), legge G febbraio 1420-21;
grani veneti 29 72[iO) (grammi 1,538), legge 9 luglio
1429 e grani veneti 27 i"[ioo (grammi 1.402) legge 22
gennaio 1413-44.
,TY — S. Marco porge il vessillo al doge FRA • FOSCARI,
lungo r asta DVX, a destra ■ S ■ M ■ VENETI • nel campo,
tra le figure e l'iscrizione, lo iniziali del massaro.
Jjl - Il Redentore in trono + TIBI LAVS 7 • GLORIA
Tav. \X. X. 4.
Iniziai/ ihi ììKismri :
AP l'.S DI DZ FL LG LL MB MM ML MP Mi XC
NF Zìi ZZ.

G. Mezzo Grosso (2 soldi). — .Vrgento , titolo 0,949 : peso


grani veneti 14 SG^i^qq (grammi 0,7G9_i.
,1^ — Il doge in piedi, volto a sinistra, tiene con ambo
le mani un vessillo, la cui banderuola svolazza a destra
• FRA • FOSC ARI • DVX
^ — S. ilarco di fronte, mozza figura, con aureola, tieno
il Vangelo con la mano sinistra e colla destra bene-
dice •S • MARC' VENETI •

7. Sohliìio. Argento, titolo 0.949: peso grani veneti 7 '<:''[ loo


(grammi 0,400), leggo G febbraio 1420-21; grani veneti
T^Sfioo (grammi 0,384;, leggo 9 luglio 1429 e grani
veneti G 77jioo (grammi 0,350) legge 23 gennaio 1443-41.
,1^ — Il dogo in piedi tiene con ambe le mani il vessillo
FRA • FOSCA RI • DVX , nel campo dietro alla figuia
del doge lo iniziali del massaro una sopra l'altra.
If! — Leone accosciato sullo zampe p'osteriori . tiene
colle anteriori il Vangelo: la iscrizione ò (|ualcli'j
33G NICOLÒ PAPADOI'OLI

volta divisa da un leggero cerchietto, che manca com-


pletamente inaltri esemplari "ih • S • MARCVS • VENETI •
Tav. IX, N. G.
liiisiaU dei massari :
B T) E F F F G K M M M M N N N N N R Z
S I P ];- M V M Q B L M P B C D F V B B
Z Z
L Z

8. Piccolo 0 denaro. — Mistura, titolo 0,111 e 0,055 : peso


grani veneti 4 80[io3 (grammi 0,248) : scodellato.
,iy — Croce in un cerchio + FRAC • FO DVX
TJ.' — Croce in un cerchio + «/) MARCV w
Tav. IX, X. 7.

9. — Varietà — B" — * FRA ■ FO • DVX


Ij,' -_ 4« . «5 • MARCVW •
Per la negligenza degli stampatori della zecca, i piccoli di questo
doge, sono talvolta incusi da un lato, tal altra mancano di ogni impres-
sione sul rovescio.

10. Piccolo o denaro, nuovo tipo. — Mistura , titolo 0,055 :


peso grani veneti 4 1[2 (grammi 0,232) circa.
ly — Croce patente in un cerchio + • FRA • FO • DVX •
9' — Leone nimbato, senza ali. rampante a sinistra nel
campo S • • M
Tav. IX, N. 8.

11. Quatirino per la terraferma (4 denari). — Mistura, ti-


tolo 0,055: peso grani veneti 18 (grammi 0,931) circa.
^. — Croce patente, colle braccia divise longitudinal-
mente in tre comparti, quello di mezzo di perline, il
tutto chiuso in un circolo, attorno
+ • FRA • FOSCARI • DVX •
^. — Leone rampante, nimbato, senz' ali, che tiene la
spada nella zampa destra anteriore, volgendosi a sinistra,
chiuso in un circolo + • S • MARCVS • VENETI •
Tav. IX, N. 9.
FRANCliSCO KOSCARI E LK SUK MONKTE

12. — Varietà. — Nel Jy Ci-oce colle estremità ornate di


ricci, simile al ^ del n. 13.
Tdv. IX, N. 10.

13. — Quattrino per Ravenna (due piccioli). — Mistura ,


titolo 0,055: peso grani veneti 12 (grammi 0,621).
jy. — Croce colle estremità ornate di ricci, chiusa in un
circolo + • FRA • FOSCARI • DVX •
J^' — Leone rampante, nimbato, senz'ali, volto a sinistra,
con un orifiamma nelle zampo anteriori la cui bande-
ruola esce dal circolo che separa l'iscrizione S • MARCVS •
VENETI
Tav. IX, N. 11.
Gabinetto di S. M. Torino.
Museo Brittannico.
Conte Antonio de Lazzara — Padova.
I tre esemplari conosciuti sono consumati e quindi deficienti di peso.

14. — Mezzo Quattrino per Ravenna (picciolo). — Mistura,


titolo 0,055: peso grani veneti 7 1[2 (grammi 0,388 1.
ÌY — Leone colle estremità ornate di ricci, in un cerchio
+ • FRA • FOSCARI • DVX •
I^ — Leone accosciato, col Vangelo tra le zampe ante-
riori, in un cerchio * • S • MARCVS • VENETI •
Tav. IX. N. 12.
R. Biblioteca e Museo di S. Marco.
Museo Bottacin. Padova.

15. — Piccolo 0 Bagattino per Brescia. — Mistura, titolo 0,111


e 0,055: poso grani veneti 0 l'grammi 1,4G5) circa.
^ — Croce a braccia uguali, accantonata dalle quattro
lettere F F D V
5" — Leone accosciato, che tiene il Vangelo tra lo zampe
anteriori, senza iscrizione.
Tav. IX, N. 13.

16. Piccolo 0 Bagattino per Verona e Vicenza. — Mistura, ti-


tolo 0,111 e 0,0.55; peso grani veneti 6 93[ioo (gr.'"' 0,309).
jy — Croce a braccia uguali , accantonata da quattro
338 N'ir.OLÒ PAPADOPOLl

anellini: le estremità delle braccica dividono l'iscri-


zione FR AF OD VX
Ij^ — Testa di S. Marco in un cerchio + • S • M • VENETI •
Tav. IX, X. 14.

17. - Varietà. — Nel JY FA FO SD VX

1^- — Piccolo 0 Bagallino pel Friuli (?) — Mistura, ti-


tolo 0,055: peso grani veneti 11 (grammi 0,569).
jy — Croce accantonata da quattro punti triangolari in
forma di raggi, entro un cerchio, attorno >«< • FRAC •
FOS • DVX •
}^ — lìiisto di S. Marco, con aureola di puntini in un
cerchio, attorno * • S • MARCVS •
Tav. IX, X. 16.
Jluseo Correr.

19. — Tornesello. — Mistura, titolo 0.1 11 e 0,0.55; peso


grani veneti 14 (grammi 0,7"2-4).
,iy — Croce patente * • FRAC FOSCARI • DVX •
lì — Leone accosciato , col Vangelo tra le zampe ante-
riori * VEXILIFER • VENECIA-f
Tav. IX, X. 16.

Nicolò P.\padopolt.
IRANCr.SCO FOSCARl E LF. Sl'E MONETE

Opere che trattano delle monete di Foscari.

'^^^■;l.\T )i;l L. A. — Anti'iuUafi'!^ itaìinr ìiiedii (fri. Mediolani , 1738-42.


Tomo II, D!.^-mi. XXVII, col. 050-65-2, n. XVI. ed in Augei.ati, F.,
7)^ iiiiiietii ItaìidV, etc. Meliolaiii, 17òO-jO. Parte I, pag. 48 e 49 ,
tav. XXXVIII, II. XVI.
Schiavini F. — Obs'rrah'oiìes in r-ii'^fii^ iniiivìto-i , etc. in Ai;gei.ati ,
Parte I, p.ig. 283 e 2S7, n. II.
C'.\:;i.i Rriìm G. R. — 7>?7/.; nni'''p /> djì!'i\ii!n7'oiie dell/; zeccJie d' Jtaìid.
Aja, 17.51. Tomo I, pag. 420, Tav. VI n. VI e X.
lìEi.r.iM V. — D^lì'anticn lira f-rrarfi^ di iiroxìi'ifshii. ecc.. Ferraria?, 17.'')'i,
pag. fi, nota 1.
— — De mtiietii JIiiHt in-'dii irr! , etc. Dissali. I. Ferrari», 175-"),
pag. 101, 105 e 109 n. XXVII. XXVIII. XXIX. XXX ed in AunE-
l.ATl, Parte V, png. 30 t. e 32 t. , n. XXVII, XXVIII, XXIX e
X\X. — Di.-im-t. II. Ferrari;.., Hiw. pag. 133-13.5, n. IV, V e VI.
DiJVAl, ET FkGi.ich — Miilìlìnif'f o.ii or qui cninpoHenl nnr. dp.s diffflrrn/fs
jvirtie il II cubi net de S. M. 1' K,iip"reur. Vienna, 175!), pag. 27G.
GuADEMGO G. A. — Indire delle ìitonete d'Italia raccolte ed ili tisi rate, in
."Zanetti G. A., Xnjra raccolta d -ile nionefe e zecche lì'Il'ilia. Bologna,
177.5-80. Tomo li, pag. 17(;-17.s. n. LXXXIII. LXXXIV, LXXXV,
LXXXVI, LXXXVII, LXXXVIII. LXXXIX, XC. XCI, XCII. XCIII,
XCIV, XCV, XCVI e XCVII.
Tkkzi R. — OìH'^rr'niiiiìi t^-ynra a'i'itn- inme'e inedite d' Italia. Pa'lova,
180,S, pag. 20-30, tav. II, n. 12.
Ari'El, .1. — li'>pirt irlitìn zar .\f in :':'i')'7 • dct Mttelallers inid dir ncicrii
Zeit. Wien, IS.'O-2'J. Voi. IH, pag. 1127-U2S, n. 3913, 3914, 394.5.
39 Ki 3947 e 3918.

^^A^■|^" L. — Ksiììte ra/iami'n sai lilirn ddle ìaiirie dei ì'ene~iani, ecc.
— E-i'^rcitazinni sci-ntifidi". e letterarie d <ir .[leni'n, ecc. Venezia. 1.S27,
pag. 181, II. 11 della tavola.
Geoeiifei.T (von) II. G. — Saini darnni reipiddicr veneta- in iiumapliy-
lacio acadeinico Up.vili'-usis. l'psaliri', is:59, pag. 9.
ZoN A. — Cenni i.tforici intorno alla anne'a veneziana. — ì^enezin e le
ime La(jìine. Venezia, 1.S17. ))ag. 25, :')I. 34-30, tav. I, n. 14.
ScilWEITZEK F. — Serie delle monete e nied ir/lie d'Aqìiileja e di ì'enezia.
Trieste, 1818-.52. Voi. II, pag. 2'.i e :n tn. 322 a :;73), e tavola.
La/ari V. — L-; monete dei pone-ìinienti veneziani di allremare e di
terraferma. Venezia, 1852, pag. 72, I3'j-137 e 114-147, tav. VI, n. 30
e tav. XIV, n. 70.
340 N. PAPADOPOLI • FRANCESCO KOSCARI E LK SUE MONETE

KuNZ C. — Pruno catalogo degli oggetti di Numismatica. Venezia, 1855,


pag. 9 e 10.
Oklandim O. — Catalogo di una serie di monete dei dogi veneti, ecc.
Portogvuaro, 1S55, pag. 7.
Biografia dei Dogi, ecc. Venezia, 1855 e 1657. •— ■ Doge LXV.
^Numismatica Veneta, ecc. Venezia, 1854 e 1863. — Doge LXV.
Pado^'an V. K Ceccheìti B. — • Sommario della Niimmografia reneziana.
Venezia, 18G6, pag. 20-21, 85 e 96.
Waciitek (von) C. — VersucJt einer systematischen Beschreibung der Ve-
iieziaiier Miimen nach ihren Typen. — Numismatisclie Zeitschrift ,
Wien, Voi. Ili, 1871, pag. 228-233 254-255. Voi. V, 1873, pag. 207-210.
Voi. XI, 1879 pag. 130 e 158.
ScHLUMUEUGEK G. — yumisìiiatique de V Oricnt latin. Paris, 1878, pa-
gina 474, tav. XVIII, n. 10.
Padoyan V. — Le monete della ItepiMlica veneta, ecc., Venezia, 1879,
pag. 23-25 e 124. — Le monete dei Veneziani, Sommario, Arcliivio
Veneto, Tomo XII, pag. 103-101, Tomo XIII, j.ag. 147, Tomo XXI,
pag. 136 e Tomo XXII pag. 292 — terza edizione 1881, pag. 19-20,
89, 335 e 056.
DI ALCUNE MONETE INEDITE
DI

ALFONSO I E FERDINANDO I
Rie DI NAPOLI

K DI DUE OETICIXE MONETARIE DEL NAPOLET.WO


SINORA SCONOSCIUTE

ZKCCA DI GAKTA.

La prima iiioiicta, elio Alfonso 1 teco C(jiiiai'o nel


Napoletano, fu V Al/'onsino d'oro. S' ignorava, finora,
l'epoca precisa in cui fu impresso, per la prima volta;
e solo, per testimonianza (h'I 811111 monte, e a mezzo
del tipo 0 (Iella leggenda, ora manifesto (die aveva
dovuto essere emesso, (piando anora contoiidevano
lìenato ed Alfonso.
Ecco ora una serie di notizie e di documenti
che ci dà i più minuti e precisi ragguagli di (piosta
moneta. Faremo cosi conoscere l'anno in cui fu co-
niata: la zecca in cui venne costantemente lavorata,
sino al tem[)o in cui Na])oli si arrese alle fortunate
armi dell'Aragonese ; i nomi del maestro della zecca
e degli artisti che ne lavorarono i conii od altro che
abbiamo pensato opportuno.
La prima notizia che abliiamo, è di certo De Lello,
nativo di Gaeta, di cui ci rosta una cronaca, dettata
verso la fine del XV secolo, o trascritta da nn anonimo
veneziano. In (piella parte di detta cronaca, dove si
b42 ARTURO G. SAMBON

parla degli eventi seguiti verso il 1436 o 1437


si legge questo :
a Vene poi a questi tempi una grandissima fame
u in la iJarbaria et convenivasi fornir per la via
« dela Cicilia, chi voleva trazer grano per condur
" in Barbarla over in altro luoco, Ile Alfonso, per
a liaver denari per acquistar lo resto de lo reame,
« che puochi ne haveva in quel tempo, facevali
u pagare una dolila per star veneziano: zoe de tal
u mesura che non era più che el star venetiano. Et
a per dita via fu asomato grande quantità di doble
u et portato a Ile Alfonso a Gaeta. El qual li fece
u stamjv'r in nova moneta chiamata Àlfonsini de pretio
u uno ducato et ìurzzo luna. Et questi sono i primi
V. Àlfonsini che el fece battere et lui incoronato a ca-
t; ratio con tma spada nuda in mano, che ozi a questo
il mile.riino del nostro segnare iesu (JJiristo 1 181 asai
i; se ne trova (i). »
Troviamo poi, nelle cedole della Tesoreria ara-
gonese clic, nell'anno 1441, l'orafo Guido d'Antonio
fiT nominato direttore della zecca di Gaeta (-J. Ma
])iii importante ancora è la notizia d' un privilegio,
dell' anno 1437 , con cui si concede a certo Paolo
de lloma , orefice, l'ufficio di incisore de' conii
della regia zecca. In questo stesso privilegio è,
poi , altra, concessione , di gran lunga maggiore
0 che addimostra l'importanza di questo artista;
poiché gli si concede nientemeno la facoltà di

(1) Questa cronaca del De Lello si pubblica ora nellMrc/inv'o Storico


per le Provincie nupoletnne dal mio cbiar. amico Prof. G. De Blasiis.
(•2j Cedole Aragonesi, .\imo 1441, f. 50. Itera Recebi de mestre Guido
de Antonjo argenter del Senyor Rej' e mestre de fer moueda. Il re (per
o'iOO ducati) li ha fet arrendament de la secha de la civitat de Gajeta
a temps de dos anys qne coinencera a correr lo premier dia del mes de
Janer; e di nuovo a f. 200: Guido d'Antonio mestre de Seca de la Civitat
de Gaieta.
su ALCUNE MONETE INEDITE DI ALFONSO I, ECC. 343

ap23orre il proprio marchio a tutti gli argenti laro-


rati nel Reanie (3). ]1 Miuieri-Ricoio, nel suo articolo:
Alcuni fatti di Alfonso /, ed il cliiar.""' X. Barone, nel
suo studio: Le cedole della Tesoreria aragonese ; rac-
colsero pareccliiG notizie di questo artista, elio fu-
rono riassunte dal Filangieri, nell' Indice degli Arte-
fici, ecc. annesso all'opera: Bocnvaenti per l/i Stoi-ia,
le arti e le industrie delle prooincie napoletane. Queste
notizie però terminano all'anno 1442 ; mentre, nello
spoglio delle cedole, ho trovato menziono di questo
artista, anche negli anni seguenti ; l'ultima notizia di
lui, che mi è venuta sott'occhio, è dell'anno 1448 ('^i.
Riassumendo dunque queste notizie, s;i[)piamo che
Paolo de Roma era milanese ; che, sin dal 14157 ,
trovavasi a Gaeta, alla corto aragonese; che in quel-
l'anno, "in considerazione della sua abilità ■^ gli
fu data speciale concessione, vita durante, di con-
trollare, previo ad(\gnato couipoiiso, la lega dell'ar-
gento lavorato nel reame da qualsiasi oi-efice, a])-
ponendo o facendo app(iri(; il ])ro[)rio marchio sugli
oggetti di quel metallo, e che, nel 1442, segui la corte
a Xapoli , e continuò quivi a lavctrare p(4 sovrano
aragonese, sin oltre l'anno 144S. Da queste notizie
traspare altresì che Paolo do Iloma era spesso coadiu-
vato, ne' suoi lavori, dall'orefice Guido d'Antonio. Di
questo artista si trova anche menzione sin tlal 1487
e, come già dicemmo, nel J441 fu ncjiiiinato maestro
della zecca di Gaeta. Sa[)piamo che auch'egli incise
i conii per la zecca, poiché nella notizia che lo ri-
guarda, n(;lle cedole del 1441, è detto: ti nido de

f.S) Sciiui.z, fhiiL-ii/aler i/'-r Knìi-tt ih'.i Mitt'laìter^ in ('iìlr'ril'i!ict> .


Dresda 18';0, Voi. II, p. IJC e 1:;7.
(4) Cedola di ([nell' anno l'ol. ■_"; t. ai^osfo lU>i. ^rc>ti-e Cui. lo d'An-
tonio e luestre Paolo db Koina (nyìì('T.i sono pagati per cene rrxrJli
d' urr/';nt.
344 AUTLUO G. SAMBON

Aìitonjo argenier del Senijor Reij e raestre de fer


moneda.
Nel documento che abbiamo accennato poc'anzi,
o ciie riguarda l'orefice Paolo do Roma, dicesi che
lui solo aveva il diritto di intagliare i conii delle
monete; ma, evider.temente, il nostro Guido d'Antonio,
sarà stato incaricato spesso dallo stesso Paolo, di
coadiuvarlo o sostituirlo in questa carica.
Nel 1442 anche Guido d'Antonio seguì a Napoli
la corte aragonese. D'altra parte, venuta Napoli in
potere di Alfonso, nel giugno del 1442, trasportossi
([ui la zecca, ed in un libro dell'Archivio di Napoli,
intitolato: Quafernus tocius 'pecunie facte et liberale
Neapolis tani aureo quam. argenteo A. M"CCO'XXXX''ll''
troviamo annotata la prima emissione della zecca
napoletana: a dì A'A'A' de ottufro fa liberata de Al-
fonzine doro boni de piso et de lega pezzi novecento-
(piarantatre (°'.
Alcuni alfonsini recano l' iniziale del nome del
maestro di zecca. Tra gli esemplari da me raccolti,
ve n' ha due con tali lettere ; uno con un S, che
può indicare , tanto il nome di Francesco Sinier ,
quanto
con un quello
B. È da diavvertire
Salvatore
che denessun
Miraballis;
maestro l'altro
della
zecca napoletana, sotto Alfonso I, ebbe nome o co-
gnome colla B iniziale ; poiché , dalle notizie che
ho trovato nei registri della Camera della Som-
maria all'Archivio di Stato di Napoli , risulta che
]ion vi furouo altri maestri della zecca napoletana
oltre i seguenti : Jacopo Piperno (1442-1450) Fran-
cesco Sinier (1450-1455) , Salvatore de Miraballis
(1455-1459).
Questo alfonsino, colla sigla B, potrebbe quindi

(5) Fusco, Annali di Xuniisìiiatica di G. Fioi-elli.


su ALCUNE moneti; INEDIIE di alfonso I, ECC. 345

attribuirsi alla zecca di Gaeta, poiché, probabil-


mente , quel B indica il predecessore di Guido di
Antonio, che dal 1437 al 1441 diresse la zecca di
Gaeta.
Rimane così dimostrato; che Alfonso T, nel 1437,
istituì a Gaeta la regia zecca , coniandovi, sin da
quell'anno, gli alfonsini d'oro; che quegli alfonsini
che recano la sigla B possono ritenersi di Gaeta, es-
sendo, quella lettera, iniziale del nome del primo
maestro della zecca di Gaeta, il quale, nel 1441, fu
surrogato da (fuido cVAntonio ; che gli orefici, Paolo
de Roma, e Guido d'Antonio, incisero i conii dell'al-
fonsino d' oro e finalmente che nel 1442 , venuta
Napoli in potere di Altbnso , fu definitivamente
chiusa questa zecca provvisoria di Gaeta.

LA CELLA ED IL REALE DI ALFONSO I

CONIATI Ali AoT'II.A.

G. ^[. Fusco, per il primo, pubblicò il carlino di


Alfonso, coniato ad Aquila i^^*^^. 11 Lazari, nel ripul)-
blicare quella moneta , noi suo pregevole lavoro :
Zecche d' Abruzzo , ricordò la concessione delhi
aquilana, fatta da Alfonso al Conte di IMontorio ,
Ludovico di Camponesco, con facoltà di battervi

(6j G. M. Fi scd, InUinto ad alcune iiioiiele urto/oiiesi, Tav. I, ii. 1.


346 ARTURO G. SAMBON

carlim, mezzi carlini, trentini e bajocchi. Questa con-


cessione fu fatta neir ottobre del 1442. Ma nei re-
gistri della Camera della Sommaria nell'Archivio di
Stato di Napoli C^) rinvenni, oltre ad un riassunto di
questa concessione del 1442, una seconda concessione
del 1443 , che inodifìca la prima, e , finalmente ,
nna cessione, da parte del Montorio, de' suoi dritti
sulla zecca , fatta ad Alfonso , nel 1451 , con pro-
messa di pecuniario compenso.
Credo inutile trascrivere qui questi tre docu-
menti basterà
; darne nn sunto, soffermandoci spe-
cialmente sulle notizie elio riguardano le inedite
monete che descriviamo più giù.
Ludovico di Camponesco, Conte di Montorio,
aveva grande possanza negli Abruzzi , e contribuì
molto a che la città di Aquila fosse ridotta all'ub-
bidienza dell'Aragonese. Alfonso, tra i capitoli che
concesse alla città, annoverò il privilegio della zecca,
ed il Conte di ^lontorio si affrettò a chiedere al
sovrano che gliene cedesse la prerogativa. Alfonso,
che molto doveva al Montorio, accondiscese ; e, nel-
l'ottobre del 1442 furono redatte le condizioni, cui il
Conte doveva attenersi, nell'esercizio di quel dritto.
Gli si dava , cioè , facoltà di coniare carlini, mezzi
carlini, trentini e bajocchi della stessa lega di quelli
coniati nella zecca di Napoli; ed il Camponesco, con
questa concessione, coniò di fatti i carlini (pubblicati
dal Fusco e dal Lazari) ed i trentini ossia celle che
descriveremo più giù.
Però, nell'aprile del 1443, Alfonso modificò le
condizioni del primo privilegio, e die al Camponesco
ordine formnle di fondere le celle, e di smettere
il conio di qualsiasi moneta straniera al reame (pe-

(7) Comune -1, f. 21.


su ALCUNE MOMETE INEDITE DI ALFONSO I. ECC. 347

cunia externa). Nello .stesso tempo dava facoltà al


Camponesco di coniare, ad Aquila, qualsiasi specie
monetale della zecca di Xapoli , e segnatamente i
carlini o gigliati ed i nuoci aragonesi. Più giù
descrivo due diversi esemplari di questo reale o
aragonese, della zecca Aquilana.
Finalmente, come già abbiamo detto, nel 1451,
Alfonso, pensando fosse assai meglio rivendicasse a
se ogni diritto sulla zecca Aquilana , se ne fece
fare rinuncia dal Conte di ^[ontorio , facendogli
assegno vitale d'annui ducati 400. Premesse queste
notizie, esaminiamo ora le nuove monete aquilane
da noi l'invenute.
p] prima diremo della cella, o trentino, così detta
perchè pari a 30 denari , che fu coniata come già
abbiamo dimostrato . tra il G ottobre 1442 ed il
6 aprile 1443. Il breve periodo in cui furono
coniate queste celle, e l' ordine emanato da Alfonso
per la loro fusi(me, ne spiegano sufficientemente la
rarità. Ciò nonostante ve ne sono due nella collezione
di mio padre, e due nel Medagliere del Museo Na-
zionale di Napoli.

Esaminando attentamente; i diversi esemplari


di questa moneta , ho trovato che l' epigrafe del
diritto era divisa a mezzo da un [)iccolo endolema,
in forma di montagna, con cinque rialzi ; e questo
emblema è appunt(j 1' arme d(;' Camponeschi , che
hanno in campo d'argento cinque nionti azzurri.
3-18
ARTURO C. SAMEON

Per maggior cliiaiezza do qui il disegno di questo


stemma.

Il Camponesco, adunque, non si contentò dei


vantaggi pocuniarii del dritto concessogli da Alfonso,
ma volle alti'esì, con ambizioso pensiero, che la mo-
neta aquilana recasso manifesto segno della sua pos-
sanza, 0 fosse fregiata del suo stemma. Fu questo
il primo esempio di uno stemma di feudatario, sulla
moneta napolet:uìa; e conosciamo soltanto altri duo
esempi simili durante il dominio aragonese; amendue
su moneta di Atri ; il primo, pur troppo naturale, è
fornito dai bologiiini del ribelle Giosia d'Acquaviva,
il secondo ha invece maggior simiglianza col caso
nostro, essendo quello dei doppi bolognini di Matteo
di Capua, coniati tra il 1462 ed il 1464.
Veniamo ora al reale, coniato nella zecca di
Aquila dopo l'aprile del 1443. Il reale, anche detto
aragonese o grassone, fa coniato por un lungo periodo
di tempo in Tspagna; ed il tipo adottato da Alfonso,
i' assai simigiiante a quello delle monete di Gio-
vanni I d'Aragona e di Errico III. Il suo valore
ora, di tre cin(|uine, ossia di grani 7 1|2. Trascrivo
(]ui le notizie che ci dà, di questa moneta, un ano-
nimo A-eneziano, in una Descrizione del Eegno di
Napoli, scritta nel 1444 (Fcucard, Arcìi. Storico Na-
r,io
Sf Ar.crNi: montti: iNi:!>iTr-: tu alfonso i. vr.c.

poic'/toio, anno TI) J.o (p-ossora lìafjoìiese cale XV tor-


nì'se che seria niarcliiti sete e mezo (il marclietto era
eguale al grano). Ma proprio è corno seria el grossoiu
da Venezia e XIV firossnm Rarjonese vale el ducato
veneciano. Nel 1445 la zecca di Aquila cominciò a
coniare questa moneta clic coniavasi puro in Si-
cilia ,a Xa])oli e , come dimostreremo in seguito,
anche a Lanciano. Posso produrre duo diversi esem-
plari, usciti dalla zecca di Aquila: il primo ha, a
mezzo dell'epigrafe del dritto, il distintivo della zecca,
un'aquila; il secondo ha solo h) stemma del Conte
di Montorio.
■■•:;^.

7-1 •' ■■■'

%y

2 l-'O
Della prima moneta cnndsno un solo c^semplare
ch'è nella colloziiinc de] chiarissimo IX ]\1. \'idal.
Quadi'as di Hai-cclloiia : della seconda conosco invece
tre esemplari: uno nella crillezioiie di mio padre,
e due nel McMlaylien; del Musco N'azionale.
o.jO artcro g. sambon

ZECCA DI LANCIANO

(Abruzzo Citeriork).

Questa zecca ò stata sinora ignorata affatto.


Però le notizie, da me rinvenute ne' registri della
Camera della Sommariii, addimostrano che non ei'a
di minore importanza, doll'aquilaira. Riporto qui un
privilegio agli ufficiali della zecca di Lanciano, con-
cesso da Alfonso addì 15 ottobre del 1444.

« Pro domino Francisco Sinier Magistro probe


u Siclarnm Pegni Sicilie.

. u Franciscus etc. et prcsidcntes etc. niagni-


u fico viro domino Mactlieo pniades militi generali
u tbesaurario necnon Capitaneis Universitatibus et
a singularibus pcrsonis Magistrisque Siclarum huins
a Pegni Sicilie citra farum et signanter in Terra
a lanzani constitutis et constituendis et aliis ad
u quos spectat et spectabit presentesque perve-
a nerint presentibus et futuris amicis nostris ca-
li rissimis salutem. Vidimus regias licteras , parvo
il regio sigillo munitas propriaque regia manu sub-
ii scriptas tenoris et continentie subsequentis. Al-
ti fonsus Dei grafia Pex Aragonum Sicilie citra
11 et ultra farum etc. Spectabilibus ^NFagnificis nobi-
li libus et Egregiis Yiris Capitaneis Universitatibus
il et singularibus personis Magistrisque Siclarum
11 huins Regni nostri Sicilie citra farum et presertim
su ALCUNE MONETE INEDITE DI ALFONSO I, ECC. 351

,1 in Terra lanzani constitutis et constituendis et


t aliis ad quos spectat et presentes fuerint presentato
i c'onsiliariis et fidelibiis nostris dilectis gratiam et
i bonam volnntatem. Scire vos volunins qiiod per
i nobilem et dilectum consiliarium et Uscerium Ar-
moruin nostrum Franciscmn Sinier militeni ^Fa-
gistrum Prove Siclarnm Jlcgui predicte Sicilie
1 fuimus supplicati quod acteuto quod bis supcrio-
ribus diebus fnerunt certa capitala et provvisioues
per nostros predccessores, ^NTonctariis, cuditoril)us
et aliis officialibus Side Civitatis nostre Xeapolis
i confinnata concessa et data quibus Tpsi nuiltis
prerogativis et gratiis fruuntur et gaudent consi-
iiiileiu gratiain nionetariis et officialibus side pre-
■i diete terre lanzani concedere dignaremur cuui
i miuoris non sint condicionis et in consimili mini-
u storio elaboreut. Nos vero supplicationibus fami-
u liarium et domesticoram nostrorum presertim Justis
u gratiose admissis promaxime (|uia concessionom
" monetariis et officialilìus diete Civitatis Neapolis
" ut predicitur factam monetariis aliis et offlcialibus
u omnium huius Regni Siclaruin fructuosam esse
u putamus et sic fuit nosti'e intencionis, tenore pre-
u sontis pi-edicta capitala seu provisiones cam con-
u similibus gratiis prerogativis favoi'ibus et aliis
ì: quibus eadem concessa fuere munetariis, cuditoribus
u et aliis officialibus Side Civitatis Xeapolis conce-
u dimus iu presentiaruiii Universis et singulis cudi-
u toribus, inouetariis et aliis officialibus quarum-
t; cumquo dicti R<';;;ii Siclarum et presertim diete
« Terre lanzani. Que quidem capitula et provisiones
u licet hic non inserantur haberi vfdumus prò insertis
ti et specifico declaratis at eoasiinilcm vim obtiuero
u volumus ac si in presentil)us nostris licteris inserta
u e.ssent. Volumus tamen quod omnes et quicuniqui;
.4 oflìeiales et ministri predictanun Siclarum ponantur
352 AinURO G. SAMBOX

il eligaiitur et noininentiu' in dicto officio exercendo


a per dictum Magistriim prove seu eius in dictis
u siclis locLimtenentes et non per alios officiales seu
a personas et hii tales electi et nominati predictis
" gratiis, prerogativis, favoribus, et aliis in dictis
u officiis contentis fruantur et gaudeant. Alii vero
(4 minime potiantur eisdeni. Et quia Magister prove
il predictus in Sicla diete Civitatis Neapolis viginti
« quatuor uncias liabet prò suo salario, volumus
a quod alias viginti (|uatuor uncias in Sicla ipsius
41 terre liabeat, adeo ut ipse maxima cum affectiono
11 in dicto officio exercendo prout *liactenus fecit se
li liabeat, quas quidem viginti quatuor uncias sibi
11 de primis Introytibus aut Juribus diete side per
11 vos magitìtros Side et alios officiales diete Side
11 ad quos pertineat solvi volumus et Jubemus Con-
11 trarium minime facendo prò quanto gratia nostra
11 vobis cara est et penam mille unciarum cupitis
11 evitare. Datum Xeapoli die XV octobris octave
11 Indictionis M"OOGC''XXXX"IIII°. " Segue rescritto
por l'esecuzione del Regio mandato W.
Da questo documento si rileva che la zecca di
Lanciano era stata aporia prima del 1444 , e che
non era molto da meno di quella di Xapoli. A
questa importanza della zecca di Lanciano , di cui
ora, per la prima volta, si dà notizia, accenna assai
chiaramente il documento stesso.
Nel repertorio, poi, de' llegistri Comune delia-
Camera della Sommaria, trovasi altra indicazione di
questa zecca, che si riferisce ad un registro di cui
non è più traccia. L' annotazione è la seguente,
e sembra appunto del 1443 o 1444: Zecca di moneta

(8) Archivio di Stato di Kapoli, Pririlegi della Soiiimond, voi.


f. 'ir; t. e 44.
su ALCUNE MONETE INEDITE DI ALFONSO I, ECC. 353

cìie si fa in Lanzano nominala aragonese e che


ci è molta lega, l' ordinazione al Gahernatore che la
faccia fare conforme li alfonsinì nella zecca di Napoli.
Nel medagliere del Museo Nazionale v' ha un
reale, che si potrebbe attribuire a Lanciano. Per
mala ventura, non essendo di buona conservazione,
non posso essere proprio sicuro di questa attri-
buzione. Nel mezzo dell'epigrafe è un simbolo simile
molto ad una lancia tra due stelle; ma, ripeto, questo
esemplare è troppo logoro pei'chè se ne possa , con
certezza, tenero conto.
Lo stemma di Lanciano consiste appunto di una
lancia tra due stelle. Si trova così delineato, in
raccolte di stemmi, sin dal XVII secolo, e tutto induce
a credere die fosse foggiato di questi stessi elomenti,
nel XV secolo. Credo però, ora che ho avuto
l'opportunità di richiamare l'attenzione su questa
zecca, mercè gli inediti documenti da me prodotti,
che non tarderà a venir fuori qualche esemplare
più completo, col distintivo della zecca ; poiché le
emissioni della zecca di Lanciano hanno dovuto es-
sere moltissime e, dato anche il caso che , su tutte
le emissioni, non si sia apposto il segno particolare
della zecca, nuUamcno parecchie avranno dovuto
esserne contrassegnate. Tutte le zecche minori ap-
ponevano sulla moneta il simbolo della città ;
non solo per propna iniziativa , o per vanitosa
diraosti'azione dell' importante prerogativa ; ma per
garanzia altresì della lega e del peso della moneta
emessa. Il piccolo distintivo della zecca sarà sinora
facilmente sfuggito all' osservazione , perchè si è
creduto sempre che questi reali fossero stati coniati
solo nella zecca napoletana.
334: AHTLHO G. SAMBON

IL CORONATO DI FERDINANDO I IN ORO.

Rinvenni, nell'Archivio di Stato di Milano (9), un


documento abbastanza interessante per la storia na-
poletana. Èla relazione fatta, dagli oratori ducali, al
Duca di Milano, sull' incoronazione di Ferdinando I
a Barletta. Tra i ininuti particolari di quella de-
scrizione, sifa menzione di una moneta d'oro, fatta
coniare da Ferdinando per quell' occasione, assieme
al corona/o d'argento, di cui avanza così gran numero
di esemplari. Credo imitile riportare qui l'intero do-
cumento, poiché verrà pubblicato, fra breve, dal mio
amico, il Marchese Nunziante, che si occupa de' primi
amii di Ferdinando I d' Aragona. Recherò dunque
solo la notizia che riguarda la moneta, coniata in
quell'occasione.
Dopo aver minutamente narrato tutti i parti-
colari dell' incoronazione , Fnincesco Cusano , sog-
giunge : li finita la mesrja fece poi essa M.ta dare a
a tuti ambassatori et prelati una moneta doro picela
a fatta fare per Sua M.ta che valle uno ducato et
u mezo et focene dare dargento a tuti li astanti. ìi
Al ritorno poi dalla Messa, le monete d' argento
furono lanciato al popolo. Ora dobbiamo noi sup-
porre che Ferdinando , nei primi anni del suo
regno, (egli fece coniare il ducato d'oro per la
prima volta nel 14G5) abbia continuata la moneta
del padre, l'alfonsino d'oro cioè, del valore di un
ducato e mezzo , facendovi incidere il disegnetto
della sua incoronazione ; o, piuttosto, che qui non si

(9) Corr. colle poterne estere, Napoli, anno 1459.


su ALrfNr: monttf: iNEnirn di at.fonso i, ree.

tratti, se non di poclii (\sf'niplari in oro. tratti dal


conio per l'argento, per cssore jn-esentati ai diversi
ambasciatori o prelati? Sono proclive più a <[iiesta
seconda ipotesi, malgrado che il Gasano, nel dirci
elio questa moneta valeva nn ducato e mezzo , 35'.
sombri evidentemente accennare al fatto elio essa
]ioteva correre come moneta. Sia come si voglia, è
certo che col conio inciso da Francesco Liparolo,
che rappresenta Ferdinando, incoronato dal Legato
pontificio, Cardinale Oi'sino, furono impressi parecchi
esemplari in oro, e non è difficile clic, un giorno o
l'altro, se n'abbia a trovare (pialcuno. Abbiamo
notizia di altre monete, coniato in qualche speciale
occasione, di cui un esemplare in oro tu offerto al
Sovrano. Il Fusco, nel pubblicare la graziosa monetina
di Ferdinando il Cattolico, col trofeo al riverso, ri-
cordò anche il fatto, die il ^Maestro delhi Zecca,
Gian Carlo Ti'amontano, otiVi al l'è ed alla T^'gina
due esemplari in oro: ma <pii il caso è diverso, poiché.
non solo il Cusano ci avverte che la moneta fu ta-
gliata proprio al valore deiralfonsino. ma che se ne
coniarono luoltissiini esein|)lari . da dare ;mli amba-
sciatori milanesi, veneziani, a (pielli del Ifo dWra-
gona, al Tesoriere del Papa, al ("ardiuale ()rsino, e
ad altri prelati o importanti personaggi. IVrò si
potrebbe pensare che fisse proprio moneta . nel
caso solo che il tipo non fosso ]»erfettamente si-
mile a quello dell'argento. Mi pare. iiivec(>, di poter
dedurre dalle parole del (Pisano, (die le due monete
fossero di tipo perfettamente eguale. D'altra parte
la mancanza di moneta aurea di Ferdinando, sino
all'anno 140.5, vien sufficientemente spiegata dalla
.sovrabbondanza degli allbnsini.

Aurruo ('•. Samiìon.


MEDAGLIA
IN ONORE DI

GIUSEPPE DA PORTO

Il conte Guardino Collconi (l(»nava nel 1801


al Civico Museo di \'icenza una medaglia in bronzo,
assai rara, della dinn-nsiono di cinquantaduo milli-
metri. Nel diritto è raffigurato il busto, volto a destra,
d'un individuo nel pieno della virilità, col capo sco-
perto, la fronte ampia, i capelli e la barba corti e
ricciuti, vestito d' una roba, che, vorrebbesi (pialili-
care una toga. La leggenda, clui vi corre all'ingiro,
dice: lOSEPH • PORTVS ■ COMES • VINCENTIE • Il rovescio
reca la sola Aquila imperiale, sormontata dalla co-
rona, senza nessuna scritta.
358 DERNARDO MORSOMI

* *

Gfiuseppe Porto, o meglio Da Porto, usciva da quel


])atrizio casato vicentino, la cui nobiltà molto antica
yi onora d'una serio d'uomini illustri nelle scienze,
nello lettere e nelle armi. Tra i più insigni, vissuti
nel secolo XVI, voglionsi segnalare: Leonardo, il cui
nome va raccomandato aiicora a un rarissimo scritto
sui pesi , sulle misure e sulle monete degli antichi
romani ; Luigi, l'autore delle Lettere storielle e della
Giulietta e Romeo; e Ipjiolito, il fortunato guerriero
agli stipendi di Cai-lo V, ch'ebbe la destrezza di far
prigioniero, nel 1547, Grianfederico, duca di Sassonia.
ìòì parecchi individui della famiglia parla con copia
di particolari il Marzari, storico vicentino del se-
colo XVI : ma del conte Giuseppe , a cui fu pure
conteiuporaneo, non fa nemmeno parola (i). Eppure
il conte Giuseppe fu de' cittadini più attivi , che
promovessero nel secolo XVI lo splendor di Vicenza.
Dell' anno della nascita di lui nessuno ha la-
sciato notizia alcuna. L'iscrizione, incisa sulla pietra
sepolcrale della Chiesa , oggidì sconsecrata , di San
Biagio, recava soltanto l'anno della morte, avvenuta
rS novembre del 1580 (2). Ma questo millesimo basta
a sfatare il giudizio del conte Giovanni Da Schio, che
fissava le prove della rara operosità dell'egregio pa-
trizio all'ultimo ventennio del secolo XVK^J. È chiaro
che il valente erudito confondeva insieme piir indi-
vidui d' identico nome, appartenenti allo stesso ca-
sato, moltiplicatosi già al tempo di cui si parla, in

(1) Marzaui, Histofia di Vicenza, Lib. II. Vicenza, 1590.


(2) Bakiì.\kano, Historia Ecclesiastica di Vicenza, Lib. V, piig. 139.
Vicenza 1761. — Faccioi.i , Musaeuiii Lupidarium , Pars I , pag. 205 ,
n. 30. Vicentiae, 1776.
(3) Da Schio, Memorahili, Msc. nella Biblioteca Comunale in Vicenza.
MEDAGLIA IN ONORE DI GIUSEPPE DA PORTO 359

pareccliie fcimiglie. Il nume del conto Giuseppe, figlio


di Girolamo (*), associasi, del resto, la prima volta ai
ricordi di uno spettacolo, dato nel 1539 entro l'ampio
cortile del suo palazzo, residenza oggidì del conte Col-
leoni, per opera della Compagnia della Calza sur un
teatro di legno, architettato dal Sorlio (^) ; incontrasi
quindi sul frontone del palazzo, eretto da lui in Vi-
cenza su disegno del Palladio nel 1552 (C) ; appare
tra i fondatori dell' Accademia Olimpica , istituita
nel 1555 dal fiore dei letterati vicentini (''): s'anno-
vera tra i cittadini preposti nel 1505 alla direzione
degli apparecchi immaginati dal Palladio, in occa-
sione di publdiche fi'ste (^i : leggevasi fino al 1834
sur un caminetto murato in una stanza del suo
palazzo palladiano n(d 1572 . ott anni avanti la
morte (^ . ^Mecenate d'artisti, il J)a Porto fu largo
di protezione al Palladio, al Riccio, a Paolo Vero-
nese ,al Zelotti e al Vittoria , eh' esercitarono per
lui la sesta, lo scalpello e il pennello (^'^).

Dire in quale anno si coniasse veramente la


medaglia, non è cosa, di cui s"al)bian le })rovc. Che
il Da Porto morisse nel 1580, non v'ha, comò s'è

(4) Maghini, Meinnrie ^n Amlrea Pnììaiw, pap;. 29-t. Padova, 1845.


(5) Beccanl'Voi.i, Tutfn I" d ìnnn ricf.iitin': vedove, maritate e domcìle.
1539. — Magki.m, op. cit., pag. 15 e p:ig. x, nota 22.
(6) Magkim, op. cit., p.Tg. 295.
(7j Magkini, Il Teatro Olimpico. Padov.i, 1847.
(8j Da Schio, op. cit. — Magrini, Memorie inforno Andrea Palladio,
pag. 70.
(9) Da Schio, op. cit. — ToKSiEiti, Ducri^ione delle architetture ,
pitture e sculture di \'icen:a, P. II. Vicenza, 1779.
(10) ToRNiEiii, op. cit., pag. 80. — ■ Da Schio, op. cit. — Magrini,
op. cit., pag. 330.
360 BERNARDO MORSOLIN

veduto, alcun dubbio. Ne il fatto dello spettacolo,


datosi sai teatro, architettato dal Serbo, lascia ugual-
mente dubitare elio nel 1539 fosse già uscito dagli
anni dell'adolescenza, per non dire anche della gio-
vinezza. Il che fa ragionevolmente congetturare che
la nascita dovesse risalire all'entrare del secolo XVI,
o, se vuoisi, all'ultimo scorcio del secolo XV. Questo
fatto e le sembianze del busto, che rivelano come
ho detto, un uomo nel pieno della virilità, non
bastano però a far indovinare in che tempo si co-
niasse la medaglia.
Ho già detto che il rovescio reca 1' aquila im-
periale con l'ali aperte, sormontata dalla corona. Di
tratto parrebbe quasi che quell'emblema do-
primo vesse essere lo stemma della Simiglia. Nulla di men
vero. L' Aquila e il titolo di conte , scolpito nella
leggenda del diritto, ricordano invece \in fatto non
indegno di nota, compiutosi nel 1532. Sanno tutti che
l'imperatore Carlo V, tenendo il patto, strotto con
Clemente VII il 1530 nella solenne incoronazione a
Bologna, moveva il novembre del 1532 da Vienna
in Italia. Nel passaggio a traverso il Vicentino
intrattenevasi, com'ebbi altra volta ad avvertire, in
Sandrigo presso i Sosso e poi in jMontecchio Maggiore,
ospite dei Gualdo. In queir occasione conferiva il
titolo di conte a parecchie delle patrizie famiglie di
Vicenza •'11). Fu tra queste la famiglia dei Da Porto, il
cui diploma è dato da Bologna il 14 dicembre 1532.
Tra i privilegi, concessi a ciascun individuo, era quello
d'innestare all'arma di famiglia l'aquila bicipite con
l'ali aperte (i^). Tutto fa credere pertanto che la me-

(11) B. MoRSOLiN, Un episodio dp.Ila vita di Carlo V. Venezia, 1884,


{Archivio Veneto, Serie II, Tom. XXVII, p. llj.
(12) u Goncedimns er impartimur, ut dimidiam aquilani bicipitem co-
li loris nigri alis expansis in aureo, sen croceo campo snpra haereditaria et
MEDAGLIA IN ONORE DI GIUSEPPE DA PORTO 361

daglia in onoro di Giuseppe da Porto si riferisca


così nella leggenda del diritto, come nell' emblema
del rovescio, al diploma imperiale.
Io so bene che il privilegio del 1532 fece mon-
tare in tanta boria i nuovi Conti da provocare , in
capo a quattro anni, due solenni deliberazioni, prese
nel Consiglio della Città, Tuna il 27 maggio del 153G,
l'altra il 17 giugno successivo, per la prima delle quali
vietavasi a ciascuno ed a tutti d'assumere il nuovo
titolo, e modiflcavasi per la seconda quel rigore, con-
cedendosene l'uso a quelli, che ne avevano avuto, in
precedenza, il privilegio da' Principi esteri : ma non
mi è noto che il conte Giuseppe Da Porto seguisse
in questo l'esempio degli agnati Francesco, collate-
rale della RepubbHca di Venezia, e Leonardo, il
celebre autore del trattato sullo monete, sui pesi e
sulle misure dell' ai^tioa Poma, i quali rinunzia-
vano entrambi, noi 1Ò3G, por su e discendenti al
privilegio imperiale, e no avevano lodi dall' austera
Signoria di Venezia (i^i. E quand'anclie si potesse
sospettare che il Conte Giuseppe rinunziasse, come
Francesco e Leonardo, al privilegio imperiale, man-
cherebbe di corto ogni argomento a provare che la
medaglia s'improntasse entro lo spazio di quattro
anni corsi tra il ló32 e il 153G. Buono ragioni trag-
gono, invece, a congetturare che il conio si lavorasse
alcuni anni più tardi.
Della medaglia non fanno cenno alcuno nò gli
scrittori di cose vicentine, nò i genealogisti dei
Da Porto. La conoscenza ì; dovuta interamente al

u gentilitia arma et insignia vestra deforre ot go-^tare possitis et valeatis.


u Dat. Bononiae dio xiv mensis deoombris, anno Dai 1532 )•. ToMASIM,
Genealogie Vicentine, Msc. in lì. C.
(13) luK Muniripnln Vicentiniiin . paj:. rs'i.l e sec;!;. Vicentiap. ]T<i5,
362 BERNAUDO MORSOLIN

caso. Fu scoperta, cioè, durante il ristauro del palazzo


del conte Colleoni in uno di quegli anni , che cor-
sero Ira il 1850 e il 1860. Del fatto s' han due ri-
cordi, l'imo in una carta di famiglia, che avvolgeva
la medaglia, l'altro nei Memorahìli del conte Gio-
vanni Da Schio. Ma do' due non è pieno l'accordo.
I^a residenza del conte Colleoni, eh' è la stessa
del conte Giuseppe Da Porto , si compone di due
palazzi, l'uno di stile archiacuto, sorto di certo negli
ultimi decenni del secolo XV, l'altro di stile classico,
eretto dopo il looO su disegno del Palladio. E i due pa-
lazzi porgono appunto argomento al disaccordo. Xella
carta di famiglia è detto che la scoperta si è fatta
nell'atrio del palazzo d'architettura archiacuta (i*) ;
nello scritto del conte Giovanni Da Schio , che di-
chiara d' aver veduta e anche moltiplicata la me-
daglia co' piombi, si dice che fu dissotterrata nei
fondamenti del palazzo palladiano C^). E dal sito della
scoperta il dott'uomo argomentava l'origine e il pos-
sessore dell' edificio, testimoniati d'alti-a parte non
tanto da due scrittori contemporanei, il Palladio (^"^^
e il Vasari C^"^), quanto dalla iscrizione , che si può
leggere tuttora sul frontone del palazzo (^S) e dal-
l'altra incisa già sul caminetto e distrutta, come s'è
pure avvertito , nel 1834 (i^). E 1' esempio di tra-
mandare iltempo 0, se vuoisi, anche 1' anno della

(14) Ecco le parole testuali : u Questa medaglia venne trovata nel


ristauro dell'atrio gotico n.
(15) u Ristaurandosi le fondamenta (del palazzo palladiano) fa tro-
ll vata una medaglia, che ricordava rorigine e il proprietario del loco. Io
Il la vidi e moltiplicai co' piombi ii. Da Schio, op. cit. Msc. in B. C.
Dei piombi fatti fare dal conte Da Schio ne conserva un esemplare
anche il Museo Civico di Vicenza.
(16) Palladio, / quattro libri. (IcWArchiteitura. Venezia, 1769.
(17) Vasari, Opere, Tom. VII, pag. 527. Firenze ISSI.
(18) Magrini, Op. cit. pag. 75 e xxn-, nota 47.
(19) Da Schio, op. cit. e loc. cit.
MEDAGLIA IN ONORE DI GIUSEPPE DA PORTO 363

costruzione degli edifizii , non dirò niedioevali , ma


palladiani, per mezzo delle medaglie non doveva
esser nuovo. Ciò che s'ebbe a scoprire nel palazzo
del Conte Giuseppe da Porto, erasi incontrato, in
antecedenza, ne' palazzi do' Valmarana, de' Civenna,
ora Trissino, in \'icenza, e do' Muzani a liettorgole
per il disseppellimento di tre medaglie, l' una con
l'effigie d'Isabella Nogarola, vedova di Luigi A'al-
marana (-'^), la seconda con la leggenda in memoria
della iamiglia. Civeinn '-^ì, la terza col busto di
Claudio Muzani e i relativi millesimi, in cui furono
gettati i singoli edifici i (-'-). Sicché non dovrebbe, uii
pare, cogliere in fallo chi fissasse la fattura del
conio a mezzo circa il secolo XVJ, (piando si diede
mano, come s'è detto, airi.'difizio. SiMiibrauo avvalo-
rare siffatta congettura le seuil^iaiizo del busto, che
rappresentano un uomo nel fiore della virilità, (piale
doveva essere allora il Da Porto, mortt), giova ripe-
terlo, nel 1580.

Clie.il conio, anche logoro al([uaiito com'è, ac-


cusi il punzone d'una mano valeute. non è, mi pare,
nemmeno da mettere in dubbio : tanto è ben con-
dotto il rilievo dell' iusicmo o. il profilo. !Ma ciò
non basta a determinare chi ne fosse 1' artefice. Io
non ho certo alcun arg(nnento per crederne autore
il Cavino di Padova, il cui fan; p/arrebb(; rivelar-
visi dal raffronto con un esemplare, che tengo sot-

(20) Maghini, op. cit. pag. XXIV, nota '17.


(21) Id., op. cit., pag. II.
(22) Id., op. cit., pag. 284.
364 B. MOnSOI.IN - MEDAGLIA IN ONORI: 1)1 GIUSEPPE DA PORTO

t'occhio, cT" una inedagiia in onore di Giovanni Bat-


tagiini, illustrata dairArmand (23)^ custodito nel Museo
Civico di Vicenza ; né so se il Da Porto possa es-
sersi giovato de' bravi artefici, fiorenti allora in Ve-
rona e in Venezia, che pur rappresentavano in me-
daglie altri Vicentini (2*). Che se pur si volesse rin-
tracciarne l'autore in Vicenza, dovrebbesi escludere,
mi pare, Valerio Belli, già morto a 78 anni nel 1546.
Potrebbe, invece, cogliere nel sogno chi fermasse il
pensiero su qualcuno degli allievi, usciti dalla scuola
di lui, Lodovico Chiericati cioè. Arcivescovo d'Anti-
vai'i e Primate della Serbia, o su quel Giorgio Ca-
pobianco , orefice insigne , che fece stupire con le
sue invenzioni maravigliose lo stesso Cai'dano ; e
chi si risovvenisso che in Vicenza cercavano allora
ricovero e lavoro artefici d'altre città, quali il Forni
e il padre di Camillo Mariani (-^).

Vicenza, Giufjno 1892.

Berxahdo Moksolin.

(23) Armand, op. cit., part. I, pag. 278.


(24) Id.. op. oit., p. I, pag. 126 e seg. e pag. 129 e segg.
(25) Marzaim, op. cit., Lib. IL
MEDAGLIA
DEL PORTO DI FANO

^^'W^f^'
L'illustrazione di una mpiLiglia già 0(lii:a può ugual-
mente interessare quando contribuisca a cousorvaro la luo-
moria di persone e di coso che altfimonti restori'bbero se-
polte neir oblio e porga occasione a raccogliere le sparse
notizie che di esse rimangono.
(Juerrli che chiedesse ai buoni Fanesi di oircicioi'iio
dove è, o per lo meno dove era il L'orto lìorgliese del quale
si riporta la figura nel rovescio della medaglia che mi pro-
pongo d' illustrare, sentirebbe rispondersi: non lo sappiamo.
Se pure qualcuno non sarà messo sulla vi:i dai poclii
avanzi della biggia chf serbano ancora gì' incavi dove a
lettere di bronzo era scritto: PORTVS BORGHESIVS.
E toccò a noi, in tanto conto si tiene la ineninria dei
tempi e delle cose andate, toccò a noi pochi anni or sono
30(5 GIUSEPPn CASTELLANI

vedere, a cura del cosi detto Genio Civile, restaurato bar-


baramente ilparapetto della piazzetta de' Marinai che forma
l'attico della loggia sottoposta, sopprimendone la balaustrata
e sostituendola con un muro ripieno che tolse non poco
alla leggiadria dell' ediflzio. E ciò non ostante i reclami
dell'egregio amico Prof. Oreste Antognoni allora Ispettore
degli scavi e monumenti che voleva fosse almeno conservata
1' antica forma a quest' ultimo avanzo del porto Borghese,
di questa fabbrica grandiosa dove i Fanesi di allora profu-
sero somme ingenti, indebitandosi fino agli occhi, grazie
alla indulgenza di Paolo V, Pontefice che legò la sua me-
moria a molte opere monumentali.

* *

La necessità di avere un porto s' impose sempre e


s'impone tuttora alla città di Fano. Posta com'è al punto
dove la Via Flaminia, partendo da Roma, tocca l'Adriatico,
essa ne è lo scalo naturale e ne costituisce la più pronta
comunicazione col Levante e Venezia. Questa ragione che
ora, mercè le ferrovie, ha perduto alquanto del suo valore,
0 la prospettiva di vivi commerci, indussero il Comune a
spendere largamente perchè le navi potessero avervi accesso
facile e rifugio sicuro. Mancano notizie precise della esistenza
di Qn porto all'epoca romana; però da un passo di Vitruvio (Ij
si può dedurre che le navi potevano approdare facilmente
a Fano come a Pesaro e ad Ancona. Gli storici locali (2j
lasciarono scritto che il porto chiamavasi Augusto perchè
fu costruito allorquando Augusto recinse di nuove mura
e adornò di splendidi edifizi la Colonia Giulia Fanestre.

(1) ArdiìteHura, Lili. 2.


(2) Noli--] Vincenzo, Delle nothie /'storiche; della Città di Fano,
nis. nell'Archivio Comunale. — Xegosanti Pietro, Compendio delVIIistorie
della Città di Fano, ms. nell'Arcliivio sudd. — Ajiiam Piekm.mìia, Me-
morie istoricJic della Ctità di Fano. Fano, Giuseppe Leonardi 17.")1.
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 367

Dalle lapidi antiche (3) sappiamo della esistenza nella


Colonia Fanese del Collegio dei Dendrofoiù specialmente
destinati a fornire i legnami e a risarcire le navi. Vi
erano anche le corporazioni o collegi dei Centonari o fab-
bricanti di stoffe, dei lintiari o fabbricanti delle tele di
lino, dei fabbri, e quello dei Mercuriali ; quindi industria
speciale marittima, e industrie e commerci vivissimi cui era
certamente necessario un porto per potere importare ed
esportare con facilità le materie prime e i manufatti. L'A-
miani (ij parla di un restauro fatto con considerabile spesa
al porto di Augusto al tempo degli imperatori Graziano e
Valentiniano. Non so donde egli abbia tratto questa notizia:
la cosa però è verosimile, visto che sotto (quegli Imperatori
fu restaurata la Via Flaminia (5). Certamente un porto oravi
e di non piccola importanza commerciale nel 952 , poiché
sappiamo che in quell'anno il Doge Veneto Candiano spedi
a Fano sette navi cariche di merci sotto la condotta del
proprio figliuolo che invece se ne fuggì con esse in Levante,
cagionando tale dolore al Padre che ne mori di crepacuore (6).
Anche nel 11-iO il Doge di Venezia Polano appi-odò a Fano
con molte galere in aiuto della città minacciata dalla lega
di Pesaro, Fossombrone e Senigallia appoggiata puro dai
Ravennati (7).
E, venendo a tempi meno remoti, troviamo infinito
notizie relative a studi e speso fatto per restaurare il porto
o fondarlo di nuovo in j^inti diversi.
Nel 1421 Paudolfo Malatesta impose una colletta per
la costruzione del porto affidata a certo M. Giovanni Inge-
gnere (8). Però nel 14GG il porto allora fatto era già reso

(3) Gasi'Aroli FitANCEico, Lì marmi enulili di Fano raccolti e ile-


scritti, ms. di mia proprietà. — ■ Amiam, T. II, appendice.
(4) Tomo I, pag. 43.
(5_) BiLLi Alessanduo, Cip/ìr> Milliurio Fiiiio^lrc ineililo. Estratto dal-
V Eiiciclop'J'liii Conlcinpir.iW'i di Fano, Irfóó. — Maseiti Liuu, Antiche
Colonne Milliari della Via Fla,n'itiu da f'anliaiio a lì i mini , Fano,
Tip. V. Pasqualis, 1870.
(Cj Amiam, Tomo 1, pag. 110.
('i) Idem, Tomo I, pag. 140.
(8; Idem, Tomo I, pag. 351.
3G8 GIUSEPPE CASTELLANI

inservibile e il 12 ottobre fu deliberato di costruirlo di


nuovo all'Arzilla (9j. Tale costruzione venne intrapresa sol-
tanto nel 1476 alli 8 di agosto. Nel 1477 i lavori furono
visitati da un tal Jacomo Ingegnere da Chioggia e prose-
guirono fino al 1481 ; furono poi ripresi nel 1486 e 1488.
Ma la conformazione della spiaggia rendeva e rende tuttora
difficile il mantenervi un porto qualsiasi quando questi non
abbia una difesa che valga ad arrestare i detriti e le ghiaie
rotolate dal Metauro che i venti di Levante spingono inces-
santemente ad interrirne la bocca (10). Questa difficoltà volle
risolversi rn modi diversi e a seconda del parere di uomini
sia pure insigni nell' idraulica, ma che male potevano ac-
conciare le loro teoriche alla realtà delle cose , mentre
una soluzione forse la si sarebbe avuta e la si potrebbe
avere raccogliendo il tesoro di osservazioni fatte dai pra-
tici e aiutando la natura invece di porle ostacoli inutili.
Dalle somme ingenti finora spese nelle varie costruzioni
del porto si sarebbe potuto ottenere come risultato la
formazione di un seno semi-naturale che potrebbe por-
gere sufficiente sicurezza alle navi. Il fatto sta che anche
il porto costruito all'Arzilla con gravissima spesa, mafput
ìivpeìisa, come lasciò scritto Antonio Costanzi che fu uno
dei soprastanti a detta fabbrica (H), nel 1491 era reso presso
che inservibile, tanto che in detto anno si fecero nuovi
lavori più vicino alla città e nel 1495 il Consiglio generale
deliberava alli 24 di agosto di condurre al porto 1' acqua
del Metauro per mezzo di una grandiosa condottura sot-
terranea che venne cominciata a costruire a circa quattor-
dici chilometri dalla città e che esiste tutt'ora, servendo a

(0) Ho tolto queste notizie dal Sommario dagli Atti Consif/ìiari


(hiJ JS9S al 1741, esistente nell'Archivio Municipale, Sezione Amiani
N. 4, e dallo Spoglio incompUto della Segreteria Comunale di Fano nella
.stessa sezione al !N. G.
(10) De Cuppis PoMni.io, Sulla Fisica Generale del Bacino di Fano.
Nella llivigla delle Marche e dell' Umbria, 1866, Distribuz. V, pag. 709
e seguenti.
(11) OviDius, de Fastis cum duobits Coinmcniariis, Venetiis, Mcrcc-
i.xxxvii, cai-. Ids.
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 369

portare l'acqua al molino della Sacca e venne chiamata la


Traforata. Tale opera non venne proseguita perchè la spesa
sarebbe stata addirittura enorme: e cosi nel 1497 si facevano
ancora dei lavori all'Arzilla.
Nel 1556 Pietro Cillc da Venezia, architetto chiamato
dal Consiglio fin dal 1553, fece i;n progetto di Porto e vennero
quindi Sabha Martino da QuintavcHc e il fratello di Aliivigi
architetti a riconoscere i siti per procedere al nuovo la-
voro. Intanto per provvedere ai mezzi il Comune aumentava
l'imbottato e si faceva prestare denaro e legnami dall'am-
ministrazione della Pia Azienda del Ponte. Il 30 di Giugno
il Comune fece celebrare un officio di messe nella Chiesa
di S. Salvatore per propiziarsi Iddio, essendosi in quel giorno
cominciato il lavoro del Porto e il taglio dei pali nella
Selva del Ponte: il 7 di settembre dopo un'altra messa
solenne al Duomo, cui assistè il Magisti-ato e il Consiglio,
si die principio a porre i pali all'Arzilla. IMa l'aiuto divino
invocato colle solenni cerimonie ecclesiastiche mancò anco
a questa nuova fabbrica che in breve ebbe la sorte delle altre.
Quindi nuovi progetti, nuovi studi, e istanze alla Corte
Romana. Il Cardinale Rusticucci Fanese tanto si adoprò
che fece incaricare nel 1591 Lorio Lori architetto della
Camera di Roma di fare un nuovo progetto e si tolse l'im-
pegno di ottenere dal Papa noi 1595 la facoltà di spendere
in tale opera venticinquemila scudi: ma lo preoccupazioni
destate dal male contagioso che imperversava in Lourbardia
fecero rimettere la cosa ad altro tempo ('2).
Quando Clemente Vili, che era nato a Fano, passò
nel 1598 dalla sua patria per recarsi a Ferrara non man-
carono irappresentanti del Comune di palesargli a il solito
desiderio o l'antica inclinazione della città di porre mano
alla fabbrica del Porto n n:!). ]<]gli accolse l'istanza incari-
cando Don Mario Farnese di riferirgli in proposito, e,
siccome il reforto fu favorevole, destinò per architetto il
celebre Giovanni Fontana. Ma non doveva toccaro al pontifi-

(12j AmiaM, T. II, pag. L>:i'.J.


(13) Idem, il., pag. 211.
370 GIUSEPPE CASTELLANI

caio di Clemente Vili la gloria o la sventura, come meglio


aggrada, di far gettar via al pubblico di Fano parecchie
decine di migliaia di scudi nella fabbrica del porto e le
ragioni le riporterò colle parole stesse dello storico Amiani :
u Nel mentre, che medita vasi l'incominciamento del Porto,
comparvero ordini di Roma al nostro Consiglio trasmessi
con lettera di Maffeo o Matteo Barberini Chierico di Camera,
colle quali s' incaricava di por mano alla fabbrica del Ba-
luardo, altre volte disegnata fuori la porta di S. Leonardo,
per cui spedivasi a questa volta l'architetto Giovanni Fon-
tana da Ferrara. Ma, o fosse la mancanza del denaro, o
fosse la sopraggiunta disgrazia della peste, che nella Lom-
bardia faceva grande strage, per cui i Magistrati dovettero
attendere con assidui provvedimenti e con guardie a spen-
dere il denaro per la salvezza della città, non fu in que-
st'anno (1600) né l'una, né l'altra di quest'opere pubbliche
incominciata. Tanto più si raffreddarono i vogliosi del porto
a por mano a quell' opera , perchè fattosi il ripartimento
della guerra da Roma intrapresa ^ler ricuperare il Ducato
di Ferrara, toccarono a Fano milleduecento scudi da pagarsi
in capo all'anno al Tesoriere della Marca; oltredichè in tale
occasione si vide ciò, che in casi simili nascer suole nelle
città; la diversità de' pareri tra i cittadini, i quali tutto giorno
nuove idee rappresentavano intorno al Porto n'impedì ap-
punto l'esecuzione: vma parte di essi per una lettera scritta
al Consiglio da Cesare Porta, il quale spacciavasi architetto
della Corte Imperiale, desiderava il Porto all'imboccatura
del fiume Arzilla. Al contrario Roma col parere degli In-
gegneri romani comandava, che si fabbricasse vicino alla
città, anzi sotto la Rocca, e questo sentimento era il più
accetto al Pubblico : con tali dispareri il Consiglio final-
mente rivoltossi all'esercizio delle opere pie v (14). E cosi
invece del porto fabbricaronsi chiese e conventi !

(14) Idem, ib. pag. 240.


MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 371

Con questa rapidissima rassegna siam giunti all'epoca


nella quale cominciò ad incarnarsi l' idea del Porto che col
nome di Borghese, doveva poi costruirsi. Per q-aalche anno
il pubblico Fanese fu distolto dall'occuparsi del porto senza
però perderlo di vista; di modo die quando nel 1610 una
forte inondazione distrusse i moliui, il Comune, che ne ri-
traeva hxrgo utile, si accinse a fare un canale o Vallato
che conducesse l'acqua del Motauro fino in città pel servizio
dei molini da rifarsi e per introdurla nel nuovo porto.
Nel 1G12 lo scavo del canale era quasi compiuto , ma
essendovi dei dubbi sulla giusta sua livellazione e sulla
possibilità che le acque vi scorressero, fu inviato a Fano
Girolamo Rainaldi da Ferrara (^15) architetto del Popolo
Romano coli' incarico di eseguire la livellazione del Val-
lato, di architettare i nuovi molini e sopratutto di occu-
parsi del porto. L'invio di questo architetto, al quale si
deve il progetto e la costruzione del Porto Borghese, si
ottenne ad istanza di Galeotto Utfreducci da Fano, cameriere
segreto del Papa.
Ho nominato (galeotto Utfreducci che ha parte princi-
palissima in questo negozio del porto e credo opportuno
dirne qualcosa.
Nacque egli nel 156G in Fano da Giuseppe Ufifreducci
discendente dalla nobile famiglia omonima che ebbe già la

("15) L'Amiani lo dice da Ferrara: in varie iscrizioni e atti è detto


Romano: anche il Cantl' nell'indice di uomini illustri, unito alla Sturiti
Unirersale nel volume della Cronnlofjin , lo dice lioiuano e vissuto dal
l.j7(> al 165.5. Fu buon architetto e la molteplicità delle opere da lui con-
dotte meriterebbe forse uno studio. Dopo costruito il Porto Borghese
fa anche al servizio del Duca di Parma. Sono disegno del llainaldi, in
Roma: la facciata di S. J[aria Maggiore, l'aitar maggiore della Cappella
Paolina, la facciata di S. Andrea della Valle e l'aitar maggiore di S. Gi-
rolamo della Carità; in Bologna: le volte di S. Petronio e la chissà di
S. Lucia, ora Palestra Ginnastica.
572 GIUSEPPE CASTELLANI

signoria ili Fermo. Fu col Nunzio Pontificio in Francia e


coll'ambasciatore Veneto a Costantinopoli: poscia entrò nella
casa del Cardinale Borghese, che poi divenne Papa col
nome di Paolo V. Da questo fu fatto cameriere segreto e
Canonico di S. Maria Maggiore e tenuto caro sommamente
tanto che ne ottenne molti favori e privilegi pel suo paese
natale. L' ab. Evaristo Francolini raccolse alcune notizie
intorno all' Uffreducci (10) senza però accennare affatto alla
sua maggiore benemerenza verso la patria, quella cioè di
avere ottenuta la costruzione del porto. Giova qui ricordare
una curiosa leggenda tramandataci dal Gasparoli (l'^j. Quando
rUffreducci trovavasi a Costantinopoli un u Indovino arabo
gli predisse che un cardinale, il di cui Arme era composto
di un drago e di un' aquila, doveva esser Papa e far lui
grande di ricchezza e di dignità: onde considerando che
questi poteva essere il Cardinale Borghese pose ogni sua
industria per entrare nella di lui corte, come gli sorti fe-
licem nte. ;i
L'Uifreducoi istituì sei benefizi nella Cattedrale di Fano
dove una iscrizione commemorativa posta sotto il suo ri-
tratto a cura del nipote Giuseppe ne ricorda la vita e le
larghezze, ^lovì nel 1643 e fu sepolto a Roma in S. Maria
Maggioro, dove pure lo ricorda una iscrizione (1^;.
Nel carteggio conservato nell' Archivio Comunale di
Fano mancano disgraziatamente le lettere dell' Uffreducci
dalle quali avremmo potuto trarre molte notizie e carta-

ceo
(1(5) Ct^iini biof/rtifici deìl'Abùafe Gaìeottr, rifrfducci Fnnesf Canon
(li S. Maria Maggior/; in Roma di E\aristo Ab. Fuancolini, Fano coi
filli di Giovanni Lana 1857.
(17) Gasparoli Fkakcesco, J.e glorie di Fano ahbozsate negli illustri
suoi Cittadini et esposte ai propri fìgìi per eniuìacione e stimolo alla rirtìi.
^Fs. nell'Archivio Mnnicipale, Sez. Amiani N. 39, pag. 102.
(18) Ambedue queste iscrizioni sono riportate dal Francolini nell'o-
puscolo succitato e credo inutile riprodurle. Riporto invece Y iscrizione
onoraria che lo ricorda nella Tav. VI, àeWalbo Albriziano chlta Colonia
Fanese che conservo presso dime: Galeot. Uffreducci, post multa itinera
cum vuncio apostolic. in Gollia , cum veneto oratore in Bizautio, inter
priinos cubicul. e ninnerò participantiitiii , D. Marie Majoris Basilica'
canonicus, patr. caihlis opt. nicr. obiit Romae an. 1643 detatis anno 77.
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO TlTS

mente di non poco interesse. In compenso, per una combi-


nazione fortunata vi si trovano due volumi di lettere
originali indirizzategli dal Comune con molti documenti e
varie annotazioni di suo pugno e qui ebbi a spigolare lar-
gamente come si vedrà (lOj.

Dissi che il RinaLli o Rainaldi fu inviato a Fano per


la interposizione dell' Uffreducci : infatti appena giuntovi
egli scrive all' Uffreducci rendendogli conto delle accoglienze
fattegli dal Magistrato, della visita fatta al Vallato dove
u di già passa dentro rac(|ua ;i e soggiungendo:

« Circa al l'orto ho visto un sito tanto bello che paro che la


« natura l'habbia fatto per un teatro da edificarvi il Porto , dove
« vi ho disegniate un uovo capace e sicuro et con fondo in ina-
« niera cli3 vi , potranno entrare anco lo Galere bisogniando , et
< saria di tanto utile non solo a questa Città, ma ancora da qui
« fino a Roma perchè la strada Flaminia dà decapo qui : bora sto
« facendo le piante et il scannaglio della spesa e subito che sarrò
« a Roma verrò da Lei a dargli conto del tutto.... »

A tergo di questa lettera datata li 27 maggio 1612


1' Uffreducci annota :

« Lessi questa lettera a N. S. che ne senti gusto grande et


« mi disse sentiamo prima la relazione del Architetto et poi or-
« dinaremo che si facci il porto. »

Ed egli non perdette tempo, ma scrisse subito al Ma-


gistrato di proporro in Consiglili la costruzione del porto

(19j Uno (li r[ue:^ti volumi venne compreso dall'egregio Mons. Zonglii
nel rionlinamento dell'archivio antico di Fano tra i rej^istri al X. "21.
Vedi: Mons. Aurelio Zo.ngiu, Repertoria di-ìì' antico Airliirio Cniniiiuik
di Fano. Fano, Tipografìa Soncnniana 18SS a pag. .'511. L' altro vohnno
lo rinvenni nel Carteggio e precisamente tra le minute di lettere al
N. 4 descritto nel sudd. repertorio a pag. 37.3. Questo volume è stato
scucito e manca di molte lettere.
371 GirsnppF, castixlani

suggerendo di denominarlo Porto Borghese a fine d'ingra-


ziarsi maggiormente il Pontefice. Il Consiglio prese tale
deliberazione li 7 di giugno con grandi acclamazioni es-
sendo sorti in piedi tutti i Consiglieri gridanti : placet,
placet (20). Il IG di giugno la Comunità inviò all' UfFreducci
il disegno del porto ed egli a tergo annota:

« La Città mi manda li disegni del porto del Braccioli e


« quello dei molini da farsi nella Città del Rainaldi.... mi manda
« anche il disegno del Porto di Gir.'"" Rainaldi et dice oh' io
« debba impetrare da N. S. le tre gratie per fare il Porto ; ma io
« otterrò quello che il magistrato mai pensò per maggior bene-
« ficio della Patria. »

Con successiva lettera del 29 luglio la Comunità gli


scrive circa le varianti arrecate alla località e al disegno
del porto e anclie qui apprendiamo da un'annotazione del-
l' Uffreducci clie a il parere fu di X. S. et del Card. Serra
u elle il Porto si facesse sotto le mura acciò il mosclietto
" lo potesse guardare, r)
E finalmente il 4 di agosto egli scrive al Magistrato
una lettera per dire che ha superato tutti gli ostacoli e
quindi il Porto ])\\ò considerarsi come cosa fatta. Riproduco
la lettera nella sua integrità perchè da essa apprendiamo ciò
che si chiedeva e come fece F Uffreducci ad ottenerlo (2lj:

« Te Deum laudamus , faranno cantare con una process.""


« gen.lc , et con una ]\Iessa solenne prò gratiar. actione con
« campano, trombe, tamburi et tiri d'artiglieria; et la sera per
« una volta tanto li soliti fuochi nella Piazza per una tanta gr.a
« ottenuta dalla S.'' di N. S." che la nostra Città possi fare il
« Porto con li assignam.'' che al suo luogo dirò. Io quando
« considero, che la Patria nostra bavera tra pochi mesi un Porto,
« trasecolo , et per allegrezza non capisco in me med."'" Ve-
« nerdi informai in persona et doi Prelati della Congr.ne
« che mi restavano d'informare ; et per assicurare tanto maggior-
« mente il neg.° procurai che nella Congreg."^ si disse la pro-

(20) Atti del Consiijìlo 7 Giugno 1G13 e lettera del Magistrato al-
l' Uffreducci.
(21) Si conserva copia di questa lettera nel voi. 2-1 dei reg. e. 289.
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 375

« posta di trovare il modo da fare il Porto a Tano già deliberato


« nella Cong."'^ de Cam.'' che ai facci con particip."" et consenso
« di N. S. : fu discorso lungam.''-' et variam,'" et in fine fu con-
« eluso, che la Cam/" Ap.lica non haveva il modo da farlo né con-
*. veniva per ciò agravare Io stato. Ma qn.do si lesse poi il
« Mem.'*-' in nome della n.ra Città esibendosi di farlo lei tutta la
<•< Gong."* concorse a dare la comodità , et a farci tutte le gratie
« adimandate nel Mem.''^ che sono la Panetteria , il denaro de-
« corso per gli Utensili de' Corsi, et quella portione che ci tocca
« applicata al pagam.'" de frutti delli 32[m scudi che in altra
« man.''" non potevamo mai liberarci, et in q.sto modo non liave-
« remo che fare con la Provincia della Marca: Havemo doi emo-
<■< lum.'' del Archivio et della foglietta et ritornaremo il pub.'""
<( n.ro P.rone delle tratte ciò è delli 17 boi."' per rubbio. Si compu-
« teranno tutti q.sti utili et q.l ohe mancherà poi per compim.'"
« delli 1700 se. per li frutti delli 32[ui se. haveremo da N. S.''^'
« tanta tratta delli grani della n.ra Com.tà. Per 1' estintione una
« proroga di 32 anni sopra il dan.""" della fabrica. In questo modo
« la n.ra Città non viene agravata né nel q.no della carne 'né in
« cosa nissuna ma reintegrata di quel e' haveva jierso. Se da
« prin.pio havessimo offerto alli Cam.'' di volere fare noi il Porto,
« il neg." non caminava cosi, che ci haverebbono dato le leggi a
« modo loro. Intendo che l'Iustrom. si facci tra il n.ro pub.*^" et il
« Rainaldi acciò in ogni tempo la Città n.ra possi mostrare il
* suo D.nio.
« Mandarano adunque una facoltà libera in pers."" del Signor
« Amb.," Signor Agente et mia per poter fare tutto q.Uo biso-
« gnerà : Daranno conto a X. S.'- dell'allegrezza fatta et lo rin-
« gratiarano di cosi bella gr.a, il med.'"" l'aranno con l'Ili. mi B(or-
« ghese) , e Serra come anco col Sig. Santarelli degno di ogni
« gran dimostrazione: Il Sig. Amb.""'' si è portato valorosam.'" con
« molta diligenza et con grand.'"" affetto , et il med."'" ha fatto il
« n.ro S."" Agente (22)

« Si come il Porto sarà d'utile et di rip."° al pub.<^° et al pri-


« vaio n.ro, così ciascheduno deverebbe fare allegrezza in casa sua
« con mettere i lumi alle finestre et faro aparire la Città n.ra tutta
« gioconda et risplendente: La Cong.ne dopo liaver aprovato et
« concesso qn.to si è adimandato ha voluto per tanto maggiorra.''=
« favorire la Città n.ra rimettere 1' essecuzioue et ogni altra cosa
« nella persona del S. Card.'" Serra per il carico che tiene di

(22) Ambasciatore del Comune ora il Capitano PairJolfo Carrara e


Agente Grefjorio Amiani.
376 GIUSEPPE CASTELLANI

« Thes.'" Gen.''' per poter fare passare li chirografi da N. S. et


« come quello c'ha portato q.to neg.° dal pr.pio che sono hormai
« tre anni insino al fine. Laus Deo et li bacio le mani che il Si-
« gnore Iddio li feliciti. Di Roma alli 4 d'Agosto 1612.
« D. VV. SS.'- M.'° Ill.'-i
« Umili.'"" Servo
« Galeotto Ufkredccci ».

La notizia portata da questa lettera fu accolta in paese


con giubilo grandissimo e il Consiglio votò 1' erezione di
una statua di bronzo a Paolo V. Giacomo Rinalducci, che
era già stato ambasciatore del Comune a Roma, cosi ne
scriveva all' Uifreducci li 9 agosto (23) ;

« . . . . non so dirle altro se non il gusto eh' ha sentito la


« Città tutta della rissolutione del porto con 1' aiuto per trovare
« il denaro et ogniuno fa a gara di lodare la bontà et benignità
« di N. Sig." di cosi segnalata gratia et in conseguenza l'amore
« di V. S. 11."'-' verso la sua patria, che di questo negotio è stato
« il primo motore et 1' ha ridotto con molta patientia nel ter-
« mine che si trova al p.nte. Papa Clemente ch'era nato in questa
« città eh' era in obligo di fare qualche servitio di rilievo , non
« fece niente rispetto a quello ch'ha fatto Paolo Y in diverse oc-
« casioni , et con questa g.ra del porto ha obbligato di maniera
« tutti che ne terranno perpetua memoria.... » « Questi mercanti di
« Pesaro sono in gran scattura (?) per la rissolutione del porto,
« et di già molti cominciano a pensare a' casi loro et di trasmi-
« grare a questa volta: questi giorni adietro s' è fatto un gran
« scaricare di pali per il porto di Pesaro. Qui si fa un novo ma-
« gazzino di legname da un tal Vignola mercante ricco con dis-
« piacere dei paesani. Hoggi ho inteso che s'è preso in affitto la
<< casa per il Rinaldi che è quella di Paolo del Theologo altre
« volte del sig. Pompilio Cuppis.... >

Lo coso erano spinte con tutta rapidità, le difficoltà


finanziarie più gravi erano rimosse, le due Congregazioni
dei Camerali e del Buon governo avevano dato voto favo-

(23) Reg. 24, e. 239.


MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 377

revole, ma l'UfFreducci non aveva finito il suo compito perchè


altre difficoltà ed opposizioni per parte delle città vicine
e specialmente di Ancona, sorsero ad ostacolare l'impresa.
E da prima comparve uno scritto di Tarquinio Pinauro
0 Pinaoro Anconitano di cui una copia manoscritta trovasi
tra le lettere indirizzate airUffreducci. E intitolato: Parere
di Tarquinio Pinaoro Anconitano - scritto - a Mons. Negusanii
Referendario Apostolico - per il Porto e traffico mercantile
disegnato farsi nella - Città di Fano sua patria, - e porta
la sottoscrizione: Di casa in Roma li xvii di ottobre 1612.
Con questo suo parere il Pinaoro cerca di dimostrare 1' inu-
tilità eil danno della costruzione di un porto a Fano.
Perchè dirigesse questo scritto a Cristoforo Negusanti (2tj
Ponente di Consulta e Referendario apostolico è ignoto.
Il fatto è che il Pubblico Fanese ricorse subito, 4 no-
vembe 1612, all' Ilffreducci che al solito fa questa annota-
zione a tergo della lettera :

« La Città mi scrive dulia scrittura fatta dal Pinauro Anco-


« lutano che mi diede da sudare perchè oltre le buone rugioiii sue
« apparentissime era fomentata da p.sona e' liaveria polso: con
« tutto ciò superai ogni cosa ed altre difficoltà che non voglio
« dire, né meno 1' ho scritto mai al Mag.to. »

La persona e' haveria polso si sussurrava fosse il Duca


d' Urbino che vedeva di mal occhio la costruzione di un
porto a Fano a scapito di quello di Pesaro. Appena queste
voci giunsero all' orecchio del Duca egli scrisse a un con-
sigliere Emilio, che non so chi sia, una lettera per giusti-
ficarsi di questo dubbio. Questa lettera originalo trovasi nel
carteggio dell'Ufi'reducci e credo opportuno riprodurla perchè
sommamente onorifica per l'Uffreducci stesso della citi 1)6-
nevolenza sembra fosse desideroso il Duca (''^•">J:

(24) Cristoforo Negusanti viveva in Roma insieme all'Uffreduoci ed


era ancli'esso Cameriere secreto di Paolo V, e Keferendario titriusqiie
signalurce. Il Pinauro gli avrà indirizzato il suo scritto sperando forse
in qualche sua gelosia con 1' L ifreducci , ma nulla ci fa credere che il
Negusanti si prestasse a intralciare l'opera dell' Uflfreducci.
(26) Rcg. ii, in fine.
378 GIUSEPPE CASTELLANI

« IL DUCA D'URBINO

« Molto Mag."^" dilett.'"° n.ro. Si è inteso che in Fano si va


« assai pubblic.'"' dicendo die alcune scritture uscite fuori per dis-
« suadere la fabbrica di quel porto sono state fatte d' ord.' o al-
« meno con saputa n.ra, il che n'è dispiaciuto infinitam." parendoci
« che si voglia dipingere per persona interessata chi con q.ste vie
« cerchi d' impedire gli utili d'altri, e partic.'*^ quelli di q.Ua Città,
« il cui benef." è desiderato da noi come il proprio 7i.ro. Per tanto
« vogliamo che siate con l'abbate Uffreduoci dell'amorevolezza del
« quale sappiamo quanto posiamo prometterci, con dirli che se
« havesse inteso cosa alcuna del soprad.'' si assicuri sopra la
« parola n.ra esser falsiss.° poiché desideriamo infinitam.''* che il
« desid." e la speranza di quei cittadini habbia intiero effetto se
« bene dubitiamo assai del contrario, essendo q.l sito tale, che
« per simili cose sarebbe necess." di pensare a i moli perfetti, la
« spesa de' quali si sa dove ascenda, ma a questo tocca di pensare
« ad altri. A noi dispiace di non poterceli aiutare con le cose di
« qua come faressimo se non havessimo per le mani il rifacim.'"
« del Porto di Pesaro come sapete, a che ci troviamo non per
« molta speranza, che ci sia di far cosa buona; ma per non lasciar
« mem." che nei di n.ri sia affatto andato in rovina e che non
« habbiamo procurato di lasciarlo almeno come fu lasciato a noi:
« Tutto questo direte all'abb." acciò se n'havesse sentito parlare nel
« modo toccato da principio sappia la pura verità; et sentendone
« parlar di nuovo ne faccia cortesia d' affermare ciò che da noi
« se ne dice, che affermarà il vero , e si prevaglia di noi come
« può liberam.'" fare : State sano. Di Caste) d.'" a 10 di Nov.^ 1612
« V.ro. Fra\.'=" M. II.
fuori
« Al molto mag.<^" dilett."™ n.ro II Cons."
« Emilio.
« Roma ».

Non ostante questa lettera l' Uffreducci consigliò il


Comune a inviare due ambasciatori al Duca per dimostrargli
che il porlo a Fano non era una novità e questi ne ripor-
tarono altra lettera piena di benevolenza.
Ma non finirono qui le difficoltà. Ancona non poteva
rassegnarsi a vedere costruito a Fano un porto che poteva
toglierle qualcosa e giocò l'ultima carta toccando un tasto
JIEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 370

sensibile assai per la corte romana e per tutti in genere i


governi, quello fiscale e finanziario.

« Mons. Lancilotto » (è l'UfFreclucci che scrive questo dietro


alla copia del Memoriale che consegnò egli stesso al Papa)
« Gov.re di Ancona scrisse come fece anche la Città a N. S. clie
« il Porto di Fano darebbe danno alle dogano di quella Città et
« già li doganieri cominciavano a parlare di diffalchi : queste
« lettere havevano messo sossopra tutto il negotio per l' interesse
« della Camera Apostolica e' ha li assegnamenti d' Ancona per il
« Monte Pio ricuperato et per altri monti ancora: ond' io mi ri-
« scisi dare il presente memoriale a X. S. che lo lesse tutto in
* mia presenza nelle stanze di Giulio 2" in Belvedere dove era
« andato dopo pranzo : piacque tanto il mem.'>= a S. B."'' che di suo
« pugno fece il rescritto al Card.'" Serra: et insomma q.'" mem.'" è
« stato causa che si è fatto il Porto a Fano. Laus Deo. »

Il Memoriale veramente non è un capolavoro, ma sic-


come ribatte bene le ragioni accampate contro la nuova
fabbrica e, o bene o male scritto, raggiunse lo scopo per
cui fu redatto, giustizia vuole che lo si riproduca :

« Beat."'" P.rc,
« La Città di Fano desidera far il Porto per introdurre un
« poco di neg." per benef." di quella gioventù otiosa, et per assi-
« curarsi dalli contrabandi che ne segue la liberat.'' da' Comm.'''
« sopra i fr.iudi che rovinano la povera contadinesca che se ne
« fuggi poi in altri stati lasciando inculte le possessioni con danno
« notabilissimo de' privati. Non intende la d." Città di ricever
« altri vascelli che quelli che ricevono li porti di Senigaglia et
« di Pesaro dove hoggi fanno scala tutte le mercanzie che ven-
« gono da Venetia a Roma per esser luogo più vicino in quel
« mare Adriatico a Roma, da Fano in poi, ch'è il più vicino di
«; tutti gl'altri luoghi, et per fuggire ancora il pericolo di 50 miglia
€ di mare che sono da Pesaro in Ancona, che in un hora si leva
« la fortuna in quel mare. Il Porto di Fano non darà mai danno a
« quello d'Ancona di un quattrino ne per le mercantio che si ca-
« ricano a Venetia per Roma nò per quelle che vengono di Le-
« vanta et in spetie di Ragusi. Se si carica alle volte a Venezia
« qualche mercantia per Ancona ò per servitio di Ancona terri-
« torio et della Marca solamente, et in questo caso ancora il Porto
« di Fano non darà mai danno a quello d'Ancona, quale si non
« viene danneggiato da quello di Sinigaglia più vicino 15 miglia
« di quello di Fano, eccettuatone li contrabandi de' grani , molto
380 GICSF.PPE CASTKLI.AXI

« meno lo danneggia a Pano. Se la S.''' V/" vorrà certificarsi di


« questa verità potrà ordinare che si mandi alla Dogana , che si
« pigli informatione da' mercanti che fanno venir roba di Venetia
« et dalli mulatieri che giungono ogni ora in Roma che delli 100 li
« 90 vengono da Pesaro con mercantie di Venetia et passano con
« li muli carichi sotto le mura di Fano. D'Ancona a Roma si paga
« maggior condutta ohe non si fa da Pesaro a Roma et meno si
« pagarà da Fano a Roma. Le mercantie di Levante faranno
« sempre scala in Ancona et per la bontà del Porto capace di
« ricever navi et altri vascelli grossi et per trovarsi Ancona prima
« di Fano si che il Porto Borghese non incommoderà né danneg-
« giara mai quello d'Ancona d'un quattrino. Insomma il Porto di
« Fano tanto danneggiarà il Porto d'Ancona come fa hoggi quello
« di Pesaro come è stato benissimo considerato dalle Sacre
« Cong."' de' Cam." et de bone Reg."" Et in caso che per fortuna
« o altro accidente capitasse nel Porto Borghese Vascello di Le-
« vante la Città di Fano sia tenuta di dire al p.rone del Vascello
« che se il carico è per Ancona debba andare a fare la sua scala
« in quella Città. Quando non si facesse il Porto a Fano sarebbe
« grandissimo danno di quella Città c'ha speso per condur l'acqua
« del Metaro 17[m. scudi 'la qual spesa sarebbe stata frustatriva
« inutile et dannosa perchè non comportava fare una tanta spesa
« per li moliui solamente.
« i7 novembre 1612.
« Galeotto Uffreducci ».

Letto questo memoriale il Papa di suo pugao vi scrisse:


a Al Card. Serra perchè ne parli con N. S. al quale pare
a die la città di Fano abbia levato ogni di/flcoltà. r E dopo
(j^uesto rescritto non eravi luogo a dubitare ulteriormente
che il Porto non si sarebbe fatto. Era troppo chiara ed
esplicita la volontà del Sovrano perchè altri si attentasse
a fare nuove osservazioni. Con tutto ciò qualche accenno
ad altre ostilità più o meno velate lo troviamo nelle pre-
ziose annotazioni che l'UfFreducci faceva sulle lettere a lui
dirette. A tergo di una lettera del Comune delli 16 di-
cembre 1612 scrive:

« La Città loda che io non habbia contradetto nella Congre-


« gazione alli architetti. Il rijjiego e' havevo acciò si facesse in
« tutti i modi il Porto a Fano era la parola ferma havuta dal
« S.' Roberto Primo Dep.''° et Thes."''^ Sec.'» di N. S. che voleva
« fare tutta la spesa di sua borsa et voleva godere per 20 anni
MIPAni.IA D! L PORTO DI FANO 381

< il Porfo. o vero che la Citfà lo rimlior^a-^so un tanto l'anno con-


« tentandosi per li fratti l'utile del Porto detrattone quel ch'oggi
« cava la Città dalli suoi datii et gabelle, et mai lo scrissi a Fano.,
« né meno ne parlai con persona vivente. »

E a tergo di altra lettera del 28 dicembre :

« Il Bargoni non approvava il Porto por il med.'"" interesse


« accennato da me nel 2" libro (ohe marna) et dimostrava mo-
« versi per benef." dela Camera, ma li messi al pelo il Jladerni
•■ che lo chiarì benissimo in tutto duo lo sessioni fatte inanzi al
« al S/ Card> Serra che voleva v' intervenissi io sempre : la
<< causa non voglio dire per rispetto di X. S/" che me 1' ha
« prohibito. »

Poi venne i[ualo]io dissenso col capitano Pandolfo Car-


rara mandato Ambasciatore dal Puljldico di Fano a Roma

perchè pareva all' [Tffreducci che egli tirasse le cose in lungo


per aver agio di stare a Roma a spese del a povero pub-
blico n per sbrigare i negozi suoi partic^olni'i. Il fatto sta
che l'istromento col (|uale venne appaltata l' intera costru-
zione del porto all'architetto Rinaldi fu stipola to li 16 gen-
naio 1G13 e il 25 stesso mese fa stipolato l'altro istroriionto
col quale si contraeva, un ilobito di 32 hioghi del Monte
delle Comunità per la fabbrica stessa ^-<\'.
Subito dopo il Rinaldi si portò a Fano e pose mano
ai lavori.

Ai deputati e al Comune impazienti o snlleciti di veder


compiuto il porto pareva che i lavori andassero assai per
le lunghe e ne fecero sovi'ute lamento a Roma al Cardi-
nale Serra. Ai primi di luglio i lavori erano soltanto od
appena iniziati a detta del Comune e il Rinaldi a sua giu-

(26) Lettere di P.iiidolfo Carrara iiell'Arcliivio Comunale di Fano.


Carteggio Anibusciatori ed Oratori, busta 15.
49
332 (iIUSi;PPE CASTELLANI

stificazioue indirizzò al Cardinale una lettera lunghissima


che si conserva nel carteggio del porto {-"i). Questo documento
è ricco di notizie curiose e interessanti e vai la pena di
riprodurlo anche per la sua originalità :

III.'"" ut li:"" Sr et P.ron mio Col.,""'

« Ho ricevuto una lettera di V. S. 111.'"-' nella quale mi scrivo


« che l'opera del Porto dormo et che da un poco di cavamente
« in fuora del resto sta come quando io mi partii di costì et che
« li SS/' Deputati si dolgono che non si lavori. In risposta darrò
« ragguaglio a V. S. IH. ma del tutto e vedrà che non si dorme. Il
« cavamento è fatto, tutto spianato al paro dell'acqua con maggior
« profondità di quello che si era presupposto , et non solo si è
« trovata l'acqua al piano del mare, ma tre palmi prima. Quanto
« al far delle provisioni, se io havesse speso a conto della Città
« haverrei concluso subbito il tutto, a qual si voglia prezzo , ma
« perchè va a conto mio mi bisogna assottigliare la borsa , et
« questa opera non è in Roma che in doi giorni si trovarla tutto
« quello che si vele, fu poi risoluto di mandarmi tanto tardo che
« in cosi poco tempo non si è possuto far tutte le provisioni.
« Questi SS.'' sono usati a fabricare un paro di stanze, et quando
« hanno fatto provisione d'una fossa di calce et una cotta de mat-
« toni hanno fatto ogni cosa, ed il simile si pensano che si possa
« fare di questo Porto. Ma V. S. 111. ma si assicuri che finirò
« l'opera nel tempo promesso, perchè condotte che sono le materie
« subbito si pongono in opera et non vi sono agetti né lavori
« di stucco, ma solo muri massicci. Delle provisioni sono fatte
« l'infra.tte : et p." fatto fare a Ravenna un instrom.''^ da scolare
« l'acqua dalli fondamenti, et ordinatone un' altro ; un partito di
« 300 carri di calcina dieci miglia lontano , et doi altri partiti
« quindici miglia lontano , et di già si è condotta al porto una
« gran fossa piena, et se ne va cocendo dell'altra ; si sono appal-
« tati tutti li mattoni che bisognano et già ne sono cotti doi for-
« naci e si vanno cocendo delli altri quali sono viciniss.'"' al porto
« et nisi tempo da ponerli in opera li farò condurre p.cliè di
« presente m' impedirla il luogho delle provisione : ho comprato
« quantità d' arbori e fattone far travi, tavoli et travicelli da far
« ponti p. li fondamenti , et si son fatte doi grande cappanne p.
« li operarli, et queste cose non si trovano a comprare alli ma-
« gazzini ; et hanno pur veduto che sono doi mesi che dentro e
« fuori della mia Gasa non si fa altro che segare e squadrare

(27) Carteggio del Porto. Busta I, N. 101.


MKDAGLIA DEL PORTO DI FANO 383

« legni. Ho fatto condurre da Eimini tutti li picconi, pale, mazzo


« et altri ferrara.'' p. tutto il bisognio. Subbi/o die venne la reso-
« licione che si ponga in opera la pietra del monte Soriano soi-
« t'acqua, ho appaltata tutta la pietrara la megliore, et si cava et
« si conduce. Ilo anco stabilito con li scarpellini il prezzo della
« scarpellatura et si lavora et se ne fatta una mostra di tre file
« al porto quale riesce belliss.'"-' Et ogni prencipio ha delle dif-
« ficoltà e massime a questa pietra qual si conduce p. una calata
« tanto erta, che li bovi non vi possono resistere et ho supplicato
« li vicini et fattili pregare dalli SS."'' Deputati che mi diano un
« passo p. un stradello nella lor possessione con pagargli quanto
« volevano, et non s' è possuto far niente et uno de" SS." Depu-
« tati mi ha detto che non ci pensi et che io facci fare delle sliscie
« di modo che m'è bisognato a mie spese far accomodare la d.'-' ca-
« lata con mazze di ferro et altro con molta fatica et lio anco
« latte le d.'" sliscie altrim.'' li bovi non possevauo condurre la
« d.'" pietra, et a tutte queste cose ci ha voluto del tempo. Di più
« havevo di necessità di doi barche p. doi giorni p. piantare quattro
« pali in mare et ne pregai li padroni con pagargli quanto vole-
« vano, mi hanno tenuto un pezzo in parola che me le haveriano
« prestate, et p.chò lo barche erano del proprio del Grillo et deli
« parenti, insoma li SS.'"' Deputati me intimorno un decreto fatto
« nella loro congregaz."" che io dovesse provedermi di barche a
« Pesaro o a Senigaglia et io feci subbito l'ubedientia ma non si
« è possuto far niente, et sapevano benissimo loro elio dal Stato di
« S. A. non si puoi sperare un sospiro p. servitio del Porto di Fano,
<"< et gli dissi elio il simile credo che loro farriano p. il porto di
< Pesaro, et uno di loro mi rispose che farriano ogni cortesia p.
« servizio di S. A. , ma intanto p. servizio di N. S. et p. loro
« proprio interesse non si è possuto haver niente con li denari
« di modo che mi è bisognato far fare una barca a Ravenna et
« in tutte le cose mi bisogna far cosi. Il p. giorno che arrivai a
« Fano mi vennero incontro trombe et tamburri, et mi furono of-
* ferti da tutti li miracoli, e poi la va cosi. Mi diedero una casa
« che all'incontro vi erano tre froUoni di fornari, et sotto un ferrare,
« et incontro alla camera la stalla della posta con le montagne di
« stabio, con le sboccate parole delli vetturini tre hore avanti giorno,
« et a capo del mio letto un muro sottile dove vi era attaccata la sina-
« goga delli Hebrei. Ho fatto tante volte instanza d'un altra casa et
« mai ò stato ordine, et so ho voluta altra casa mi ha bisognato
« con infiniti stenti sborsar del mio se. 70 e pigliar una casa tra
< li christiani a ragione di se. 50 di questa moneta, et mi hanno
« detto di restituirmi quanto pagavano p. quell'altra casa ma non
« si è mai visto niente, come anco del farmi esonte dala macina del
« grano per gii operarli, mi fecero scrivere a V. S. 111.'"'' che haver-
« riano data soddisfatione et non ho veduto niente. Hora V. S. HI.'"'
384 GlLSKPl'E CASTELLANI

« consideri se mi fanno venir voglia di starci volentieri. Quanto


« alU -pali havcvo fatto il partito delli zappini ma li SS/' Deputati
« mi dissero risolutam.''- che non ci volevano altro elle la Rovere
« et li capitoli non mi sforzano a questo. Hora che si sono pian-
« tati li pali per saggio è subbilo comparso uno homo da Cin-
« goli molto tempo desiderato et portato da molti di Fano, et non
« so p.chè, al quale gli diedi la nota delli pali acciò in essa mi
« desse l'adimandita del prezzo. Li SS.'' Deputati fecero subb.'" una
« Congregai. "" et mi chiamorno , dove mi dissero che era venuto
« quest'homo et offeriva bona robba e haveria fatto buon partito,
« et io gli risposi che mi piaceva ma che ancora non mi haveva
« data la risposta alla mia domanda, loro mi dissero che l'haveva
« data et uno di essi me ne mostrò la copia, dove che a me parve
« cosa strana che altri havessero da fare li fatti della mia borsa
« senza che io ne sappia niente. Et l'offerta era di se. 2 di pavoli
« il palo condotti a fiumicino et altri cinque ne dimandava un
« altro della portatura sino a Fano, et li voleva consegniarne una
« parte a 7bre 1614 et il resto a 7bre 1615 di maniera che erano
« 6 mesi dapoi il mio tempo , et io gli resposi che il prezzo e il
<■< tempo non facevano p. me et non si fece altro. Li SS.''' Depu-
«. tati trattorno tra di loro che il mercante deputi per suo homo
« uno che trattava per lui, et p. me si deputasse uno delli SS''' De-
« putati et quel che essi dichiaravano io ci dovesse stare , et mi
« vennero subito a trovar tre di loro con proporrne questo par-
« tito, et che il mercante se ne contentava, et io gli resposi che
« non ne volevo far niente et gli offersi undici baiocchi il piede
« che di tanto havevo fatto partito delli zappini. Et p.chè non ho
« accettato il partito loro, si partirono desgustati et gli soggiunsi
« che poiché loro volevano fare il partito mi sgravassero dalli
« Capitoli la partita delli pali e poi gli pigliassero a che prezzo
« volevano. Hora questa medema nota delli pali 1' ho mandata a
« Venetia, in Sohiavonia, a Ferrara, in tre luoghi della Marca, in
« Ancona et in Regnio , nelli quali luoghi ho tenuto correspon-
« denze, et chi me farà meglior partito a quello strengerò , et se
« non havesse trattato in più. luoghi haverrei fatto errore a attac-
« carme col primo , et non fuggie l'hora poiché delli pali non
« veu'è quella prescia che vi è nelli muri ohe hanno da far presa,
« ma il palo subbito piantato ha fatta la sua presa, et in tre mesi
« e mezzo al più si pongono tutti in opera. L'altre monitione s'at-
« tendono a condurre al Porto da più bande , et se non mi fos-
« sero legate le mani nelli capitoli che nel raccolto e nelle ven-
« demmie potesse comandare all' opere , si farria più , et quelli
« pochi che vengono bisognia haverli con gran preghiere ; ma
« passati questi giorni si darrà dentro et p.chè 1' opera venghi
« megliore di quanti ne sono in questo golfo, sono andato a Ve-
« netia p. finire di vedere tutti li porti e trattare per pali, ferra-
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 385

« menti et instromenti da cavar sott'acqua , et in sette giorni mi


■< sono spedito ot tra tanto 1' opera è andata avanti p.chè vi ho
« lasciato mio fr.Ilo a sollecitarla il quale l'ho levato da Ferrara
« dove era soprastante alla fortezza acciò assista a quest' opera.
« Et se di quanto ho scritto V. S. 111."'-' vorrà chiarirsi si è il vero
« la supp/" (sen'è servita) di mandare questa medema lettera alli
« SS.'' Deputati che da essi sentirà se vi è cosa in contrario. Però
« V. S. III.'"' non deffidi di me p.chè ho piii fretta io de ritornare
« a Roma che li fanesi de veder fenito il porto, et si assicuri che
« in tutto quello che mi sono obbligato , voglio che in ogni cosa
« vi si trovi avvantaggio, et p. fine la supp.'^^" a escusarmi della
« lungha diceria di questa littera ma p. disingannare V. S. 111.'"*
« d'ogni cosa che gli è stato scritto, non potevo scrivere manco ;
« cosi che prego il S.'-' Dio che conceda a V. S. III.'"" ogni cou-
« tento et a me pacientia con tanti SS."'' Deputati.
« Di Fano li 11 LucjUo 1013.
« Di V. S. 111.'"» et R.""'
humiliss.'"" et obbligatiss.'"" ser.""
« HlKRONIMO RaI\A[,DI. »

Non tutte le cose dette dal Rinaldi erano completa-


mente vere. Il cavamento del porto, ad esempio, non poteva
essere già fatto, dal moiiionto clie soltanto ai 20 di no-
vembre del 1G13 uscì il seguente editto relativo al suo
cavamento.

« Douendosi finire il caliamento del Porto Borghese, che si


« fa di nuouo in terra ferma nella Città di Fano , vna parte da
« cauarsi sopra acqua e d'altra sotto, e in oltre da cauarsi dentro
« il mare tra le palificate sotto acqua ; si notifica a tutti quelli che
« voranno attendere a detto cauamento, che si vogliano ritrouare
« per tutto li venticinque di Decembre prossimo a Fano , doue
« dall' Architetto di detto Porto gli sarà mostrato il tutto ; E clii
« farà meglior partito gli resterà la ditta opera , dando però
« sigurtà idonea.
« Dat. ili Fano, li 'JO Novembre Kìl.'i. »

La slampa di (questo editto e 1' intaglio dello stemma


del Cardinal Serra fatto da nn ^laestro Antonio orefice

costarono scudi imo e nuvdjilacinqxic baiocclii i;^'^). Tra paren-

(28) Fabbrica del l'orto, N. 2. È un piccolo quaderno co.si intitolato:


Ad(Ti 20 settembre Idi:!. In questo libro sarà notato da me Castruccio
38G GIUSEPPE CASTELLANI

tesi osservo che questo intaglio non è certo un gran bel la-
voro. Comunque il Rinaldi si giustificasse pel momento, non
riusci meno vera l'accusa d'imperizia poi che egli si accinse
alla costruzione di un porto senza tener conto delle circo-
stanze e condizioni di cose che potevano rendere inservibile
l'opera sua come di fatto a poca distanza di tempo la
resero. Artisticamente , prospetticamente e tecnicamente
anche se vuoisi, astrazion fatta dalle circostanze di cui non
si tenne conto , il porto era bello e poteva soddisfare le
giuste esigenze del Pubblico che si era impegnato in una
spesa soverchiante di tanto le proprie forze.
Per dare un' idea della figura e dimensioni del porto
costruito dal Rinaldi ne riporterò la descrizione datane da
un contemporaneo, Pietro Xegosanti nel suo: Compendio
deirilislorie della CUl<i di Fano (29):
« hora stando sotto il felicissimo Pontificato della
« Santità di N. Sig."'' Papa Paolo V gode (la città di Fano) sicura

— Castr."' tutti li denari che si apciìderanno a — minuto p. hoìetiiui del


Rainaldi urclìiietto — sì in cavam.'" del Porto come in tutte l'altre —
roblje ]}■ <1" serritio. La notizia di questa spesa trovasi a pag. 12 ìq qui;sti
termini : E addi d." (15 Obre) pay.'" al sta.patore che ha stampato l'editti
et M." Ani." orefice per haver i.taf/ìiato l'arma d.l S. Card. Serra da slam-
pare id.' editti g." treniunore. se. 1.95. Siccome qui non è indicato
che lo stampatore sia di fuori, cosi può ritenersi clie gli editti siano
stampati a Fano e la notizia diventa di molto interesse per la storia
delle officine tipografiche fanesi. Il Cav. Luigi Masetti nelle Memorie
sulla Biblioteca Comunale di Fano denominata Federiciana. Fano, tipo-
grafia Lana 1870, in una nota a pag. 18 dà l'elenco dei Tipografi che
lavorarono a Fano e al N. 3 pone Pietro Farri nel 1590. Ora si conoscono
edizioni del Farri stampate a Fano fino al 1G12, nel quale anno comin-
ciano anche stampe del medesimo colla data di Venezia. Vedi : Dott. Al-
fredo Margutti, Pietro Farri tipografo veneto e le origini della Tipo-
grafìa Sinigayliese. Osimo, stamperia di f. Possi, 1SS7. E dal 1612 al 1672
non si hanno notizie edite finora di altri tipografi. Per cui l'editto di cui
è parola sarebbe uscito da una officina finora ignota o da quella del Farri
medesimo che pur tornando a Venezia potrebbe aver lasciato materiale
e operai anche a Fano come in quel tempo facevano molti impressori.
(29) Una copia di questo Compendio trovasi al Registro 24, Archivio
Comunale di Fano che contiene, come abbiam detto di sopra, le lettere
dirette dal Comune all'UlTreducci.
micdaglia del porto di pano 387

« et tranquilla pace et in questa trauquillità ha ottenuto jjer grafia


« speciale da questo S.'"" Poutefice licenza et facoltà di poter edi-
« ficare un nuovo porto a ])erpetua memoria di Sua Beat.""* con
« titolo di Porto Borghese, di meravigliosa bellezza in forma ovata
« circondato di grosse et ben fondate mura sino alla riva del mare,
« con sua debita et proporzionata scarpa, di lunghezza di canne
« 108 e di larghezza di canne 181["2 con due grossissime e for-
« tisaime palificate in mare che si congiungono con dette mura e
« s'estendono fora in mare circa 70 canne traversando tanto la
« drittura del canale del porto sin che lo copra dalle fortune del
« mare voltando la lor bocca a tutra tramontana e parte di maestro,
« dove si è trovato nelle maggiori secche d'estate palmi 12 d'acqua
< et col moderno fondo si è cavato tutto il porto. Sopra le dette
« muraglie vi ha uno scalone di pietra d' Istria per commodità
« dello sbarco delle mercanzie et a canto a esso, palmi doi e mezzo
« più elevati , vi è pure intorno un stradone larghissimo silicato
« di mattoni in cortello per condutta di dette mercantie alli va-
« scelli nel quale vi sono compartite buon numero di colonnette
•< della medesima pietra d' Istria per legarvi i vascelli che sono
« in porto; dopo il quale stradone vi è una bella cortina di mu-
« raglia fatta a scarpa per tenere il terrapieno che vi sta a torno
« che con l'altezza dell'altra muraglia sudetta ascende all' altezza
« ili palmi 30 et per mantenere il dotto fondo tanto nel Porto
« quanto nella sua bocca vi si è condotto un ramo del fiume !Me-
« tauro, dopo che ha servito alli molini dentro la Città si fa gon-
« fiare indietro con gran raccolta et etiandio con palmi sedici
« di caduta dentro di tre cliiaviconi viene a sboccare per essi
« con tanta furia in detto Porto o Canale al paro del fondo di
< essi che vengano a mantenere sempre escavato il detto fondo;
« et la detta acqua so gli dà [ler via di Sarracinesche mentre
« viene chiara et quando li venti da terra mandano il moto del
« mare in fuori che essendosi fatto il fondo di detto Porto e Ca-
« naie con il declivo verso il mare tanto più detta acqua va con
« velocità.
« Fuori delle mura di detto Porto lontano da osso palmi venti
« vi è edificata una stanza dove vi sgorgano vene d'acqua dolcis-
« sime chiare e fresche le (juali si alzano et calano secondo il
« flusso e reflusso di quelle dd Porto : et quest' acqua si è rac-
« colta assieme per servitio di far acqua per li vascelli per esser
« vene che non mancano mai.
« Di più per commodità ilei commercio di detto Porto si ò
« fatta al capo di esso alla strada Flaminia una logia di doi navate
« al pari di detto Porto ; con cinque archi di facciata et sopra a
« essa vi sta una grandissima piazza unita con detta strada con
« una balaustrata per parrapetto verso il Porto acciò tutti li pas-
« seggieri da detta pia^iza che sopraatà di vista a tutto il Porto
388 r.lUSEPPE CASTELLANI

« lo possine godere tutto in una Oi'chiata ; et per calare a detta


«. loggia vi sono doi scale a cordone amplissime a semicircolo; vi
« sono ancora a torno a esso porto repartite quattro altre scale
« doi a cordone e doi a scalini, dalle quali si cala pure a detto
« Porto; et al suddetto canale del porto dalla parte di ponente
« vi è il scalo da poter tirar fuori li Vascelli che hanno bisogno
« d'accomodamenti ; atorno poi al detto terrapieno vi sono stra-
de doni larghissimi per commodità di carrozze, et per condurre dal
« Porto alla Città tutte le mercantie.
< Il detto Porto non ha dentro di esso fiume che gli possa
«: far pianara con travagliargli li vascelli che vi stanno dentro ,
« ne anco far corrente alla bocca che gli renda difficile l'ingresso
« a essi vascelli, però si giudica che sarà un porto sicurissimo da
« pigliar con ogni facilità la sua bocca et ò quieto dentro come
« un stagno et non solo sarà diffeso dalle fortune del mare ma
« anco dalli venti per essere esso circondato da muri e terra-
« pieni si alti a torno, come si è detto.
« Quanto al suo commercio si spera sarà di molto concorso
« per essere non solo delle sudette qualità ma anco per essere il
<•< sito dove è il diritto della scala di Roma, Umbria, parte della
« Marca e Toscana.
« E tutto col disegno et construttione di Geronimo Rainaldi
« Romano Architetto dell'inclito Popolo Romano in spatio d'anni
« quattro in cinque »

Il Rinaldi doveva consegnare il porto costruito nel


termine di due anni e invece ci badò quattro o cinque anni,
come dice il Negosanti e come appare dai reclami fatti alla
Corte Romana dal Comune di Fano perchè l'arcliitetto non
si atteneva ai patti stipulati. Soltanto agli 8 settembre 1616
il porto fu aperto e primo ad entrarvi fu Paron Vincenzo
Moreri da Chioggia. Il Consiglio eresse una Chiesa (30) in
onore della Vergine per ringraziar Dio del completamento
del porto e qualche anno dopo fece causa all' architetto
perchè il porto veniva interrito.
La spesa raggiunse i 50 mila scudi, somma davvero
ingente per quei tempi e per un ])iccolo paese come Fano.
Tenuto conto del costo dei materiali e della mano d'opera,
equivale a più di 400 mila lire di nostra moneta (31), spesa

(30) Chiesa che esiste tuttora ed è la parrocchiale del Porto.


(31) Basti accennare che il cavamente fu appaltato a paoli 8 la canna
cuba ossia a poco più di cinque centesimi il m.c, mentre ora costa ceu-
MKDAGLIV DKI, PORTO DI FANO 330

che il Comune di Fano oggi non solo non potrebbe fare,


ma nemmeno pensarci. Eppure quei buoni vecchi coli' idea
di giovare al paese e di chiamarlo quasi a nuova vita non
si peritarono di farla, disgraziatamente con successo non pari
all'ardimento.
Il porto ad ogni modo si fece e non è fuori di luogo
averne conservata e divulgata la memoria insieme alla
medaglia che finora lo ricordava n pochissimi.

Come vedemmo, nel primo slancio di gratitudine entu-


siasta, iFanesi avevano votata l'ereziijno di una statua di
bronzo a Paolo V : 1' idea genemsa slxiHl di fronte alle
difficoltà prosastiche ma ine'iorabili della fiuanza e si ridusse
a più modeste propoi'zioni. Anche t^ni 1' l7lTi'<^ducci soccorso
alla mancanza d'idee (non di buona volontà) dei reggitori
della pubblica cosa, suggeremlo loi'o di l'ar coniare una
medaglia da gettarsi nelle fondamenta del nuovo manufatto.
E infatti li 16 febljraio 1()13 il Oiinsiglio geu(>rale lingra-
ziando 1' Uffreducci del suo suo-frerimcnto delibera di f ir
coniare una medaglia da gettarsi nelle foinlamenta del porto
proni fieri aolct in simiìiì)}/^ cflifiriix jn'lihì icix a perpi'tua
memoria del pontefice Paohj Y. dandone l'incarico al predetto
abbate T^ffreducci e rimettendosi al giudizio e prudenza didlo
stesso circa alla qualità, al modo, alla forma e al numero,
L'Uffreducci commise subito l'opera al Sanquirico, che
era U)io dei migliori incisoi-i del suo tempo, e chiese al
Rinaldi il disegno del porto per poterlo riprodurre nel
rovescio. Egli glielo inviò con lettera del 11 maizo IHl.'J
raccomandandosi: u che lo faccia pe-rsona. che distingua
u bene il tutto et cerchi di faro che ne siano a oi'dine che

tesiiiii ')0 il in. e.,, e i pali furoro pagati in meilia Ilo parili rnnu. iiiciitro
ora costano L, 40 oiroa. Tenendo conto di queste cifre si vedrà clir imn
ho esagerato ragguagliando la spesa a ioOiOiK» Uro ossia non raddop-
piando nemmeno l'effettiva spesa sostenuta.
;)00 GiT'SF.ppr: CAsrnr.t.ANi

u. per il prencipio d'Aprile si possino inviare qua, perchè


u avanti che passi fuora tutto il d." mese d' aprile voglio
l; con l'aiuto del S/" Dio mettere la p." pietra . . . . n
La premura del Rinaldi era proprio fuori di luogo
perchè, come vedremo, la prima pietra fu posta un anno
più tardi.
A.Ì 13 di giugno il Comune ringrazia l'Uflfreducci della
notizia datagli che la forma della medaglia era compiuta
od era riuscita di soddisfazione del Papa.
Ed eccoci alla quistione finanziaria. Il Comune, che
votava allegramente spese colossali come quella del porto
e quella di una statua in bronzo, all'atto pratico si trovava
imbarazzato per trovare i pochi scudi necessari a pagare
la medaglia. E alli 7 di luglio, nello scrivere all' Uffreducol
che mandi quanto prima le medaglie perchè si sta per dar
principio ai fondamenti, soggiunge :

« . . . . per q\iesto effetto basterà che siano di puro metallo


« senza inargentarle. Dell'altre poi da donarsi a S. S.''' et altri ci
« riportiamo alla prudenza sua se le parerà di farle inargentare o
«. no, non restando poro di dirle in q.'" proposito che (p. quanto
« ci dice il S.'' Rainaldi Architetto) il Popolo Romano med." nella
« fabbrica fatta idtimam.''^ ha donato a N. S. le medaglie di bronzo
< schietto et da S. S.'-' ò stato assai commendato questo modo. Che
« quando a Lei cosi paresse sarebbe di molto rispai-mio all'erario
« del nostro povero pubblico grandemente esausto. »

Pei denari necessari il Consiglio il giorno stesso aveva


autorizzato i signori Priori a valersi di 27 scudi lucrati
nella vendita dei luoghi di Monte avuti pel porto e a pre-
levare il resto dal fondo delle spese straordinarie. Intanto
il Comune pregava 1' Uffreducci a significargli a quanto
ascenderebbe la spesa totale. L' Uffreducci a mezzo di An-
tonio Negosanti fece sapere che la spesa ascendeva a qua-
ranta scudi, ma che non si potevano per ora toccare i 27
scudi sui quali si faceva conto e il Comune di rimando
pregava 1' Uffreducci a u non voler abbandonare per questo
.: l'impresa ma seguitarla alegramente, che hora che si sa
a la quantità della spesa non mancaremo procurare di trovar
a modo di bavere il denaro o rimetterlo quanto prima sarà
MEDAGLIA DI;L PORTO DI FANO 391

u possibile, n E infatti il 22 agosto il Depositario del Comune


pagò a Giuseppe Uifreducoi quaranta scudi perchè li trasmet-
tesse allo zio Galeotto, ciò che egli fece poco tempo dopo. In-
tanto il Comune si raccomandava che le medaglie venissero
spedite subito per u. gittarle in quel poco di fondameato
- che si sta per fare per prova, n
Le medaglie arrivarono finalmente il 21 novembre e il
Magistrato Comunale ne scrisse all' UfFreducci cosi :

« Meutre eravamo in Consiglio aspettando il numero, il


« S.'' Giuseppe ci lia mandato la scattola con le medaglie e con
« quella occasione le habbiamo fatto vedere a tutti i consiglieri
« che v'erano, che è stata cosa di molto gusto. Ne ringraziamo
« infinitamente l'amorevolezza di V. S. E.'"' et non mancaremo
« distribuirle secondo l'avviso suo. »

Qui la mancanza delle lettere dell'Ufifreducci è proprio


da lamentarsi, perchè avremmo potuto sapere il numero
preciso degli esemplari e quindi il loro costo e la distri-
buzione che ne venne fatta ; se ve ne furono in oro e in
argento o soltanto dorate e inargentate. Lo notizie locali
portano a credere, come vedremo, che ve ne fosse qualcuna
di argento, ma non suno certo pervenute fino a noi, mentre
una dorata appartenente alla Collezione Kirsch di Monaco
fu venduta a Milano nel 1888 3-^j.

La medaglia riprodotta in testa a questo articolo da un


bellissimo esemplare originale della mia collezione ha un dia-
metro di 58 millimetri. Al dritto evvi il busto del pontefice
con camauro e mezzetta volto a destra con la leggenda cir-
colare: PAVLVS • V • BVR&HESIVS • RO • PONT ■ MAX • A • D •

(32; Impresa di rewlila in Ilaliu di Giir.io Sa.mko.n. Catal(i<jo della


Collezione Ilirsch di Monaco. Milano, Tip. Luigi di Giacomo Pirola 188S,
pag. 172, X. 2077.
392 GIUSEPPE casti;llani

MDCXIII • P • IX • Sotto il busto, a caratteri piccoli, il nome


dell'artista: pavl . sanqvir . Al rovescio è riprodotto il disegno
avolo d'uccello della darsena e del canale d'accesso che sbocca
sul mare : sul davanti o campo inferiore della medaglia è
disegnato una porta con bastioni accennante alle mura della
città. La leggenda circolare è: >ì< PORTV • BVRGHESIO • A ■
FVNDAMEN • EXTRVCTO • Nel campo superiore in due linee
il nome della città- COL • IVL • FANESTRIS •
Altro esemplare simile a questo si conserva nell'Archivio
Municipale di Fano: quello della Collezione Hirsch citato
di sopra era pure identico e identica è la descrizione che
ne dà l'Amiani (33j.
Il Venuti (31) invece descrive due medaglie che diver-
sificano alquanto. La prima ha il busto del Pontefice a capo
nudo con piviale : la leggenda del dritto e la leggenda e
rappresentazione del rovescio sono identiche a quelle de-
scritto. L'altra ha il busto del Pontefice col camauro come
nel nostro; la leggenda invece è: RAVLVS V- BVR&HESIVS •
ROM • PONT • MAX • AN • IX • Nel rovescio evvi il diseguo
del porto senza lo mura: la leggenda circolare è: COLONIA •
IVLIA • FANESTRIS • e nel campo: PORTVS • BVR&HESIVS •
Anche il diametro di queste due medaglie non corri-
s ponderebbo perchè il Venuti le assegna al suo modulo 2
che è di 64 millimetri : ciò forse dipende dal non aver
moduli intermedi tra il 2 ed il 3 che è di 51 millimetri.
Sarebbe invece interessante conoscere se il disegno del
porto di questa seconda medaglia sia uguale a quello da
me riprodotto.
Il diseo;uo, come vedemmo, fu dato dal Rinaldi stesso
fin dai principi del lavoro ed esso non riproduce che le
linee generali e rudimentali dell' opera. Da ciò si deduce
che tutti i miglioramenti, e specialmente la loggia, furono
introdotti in seguito a completare l'idea primitiva più mo-

(3i5) Tom. 11, pag. 258.


(31) yiiiiiiijiiatd Itomanorum Ponlificuni praestantiora a Marliiio V
ad Jienedivtmn XiFper EoDUi.riuNUM Venuti Cortonensem auctu ac iìlu-
siruld. RouiEe mdccxliv, Ex Typograpliia Jo. Baptistae Bernabò et Joseplii
Laz;;arini: pag. 213 N. XXIII e XXIV.
MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO 393

desta e semplice. Infatti se la loggia era in progetto, sarebbe


stato naturale di farla figurare nella medaglia dove avrebbe
fatto assai buon effetto contribuendo a dare all'insieme un
aspetto grandioso e monumentale.
Pochissime rappresentazioni grafiche, o per meglio dire
nessuna dettagliata e precisa è giunta insino a noi dell'opera
del Rinaldi per giudicare se il rovescio della medaglia la
riproduce esattamente. Tuttavia in una stampa raffigurante

•[Ducato cL Urbuw dello òtato Ecctcjiojhco.

la Città di Fano, che io possiedo e che non so a qual libro


abbia appartenuto (35) e che dovrebbe rimontare ai primi
anni del secolo scorso, e' è la veduta del porto che so-
miglia molto al diseguo della medaglia e ho ijuindi creduto
opportuno riprodurla. Attualmente poi del Porto Borghese
non resta, come dicovo in principio di questo articolo, che
la loggia ora chiusa e adibita ad uso di magazzeno. La
darsena venne ristretta per dar luogo al jìorto e al canaio co-

(35) Le dimensioni di questa stampa mi fanno supporre che possa


appartenere a un' opera storica e geografica edita a Venezia nel secolo
scorso di cui io posseggo ijualdie vohuuc.
394 GIUSEPPE CASTELLANI

struito nel primo quarto del secolo scorso. Sulla fronte della
Loggia sonvi gli stemmi di Paolo V , del Cardinale Bor-
ghese e del Cardinale Serra. Sul fregio a grandi caratteri
sta scritto: PORTVS BORG-HESIVS. I due pilastri di mezzo
hanno sul capitello, quello a destra, lo stemma di Mons. Cuc-
cino Grovernatore di Fano e l'iscrizione: M. A. Cuccinus,
liomunus, ut. S. li. Guber.; quello a sinistra, 1' arma del
Comune e la scritta: Senalus Popìdusquc Fanesler.
Neil' intorno della loggia havvi un altro stemma di
Paolo V e una iscrizione che ricorda il completamento del
Porto nel 1619 (BO).

La cerimonia della posizione della prima pietra tante


volte annunziata come imminente non ebbe luogo che il
31 maggio 1614. Questo ritardo mi fa credere che non si
trattasse più della prima pietra del porto ma bensì della
loggia. E questo è confermato dal Gasparoli (37) il quale,
riportando l'iscrizione incisa in una lamina di piombo posta
nei fondamenti, dice :

« Nelli fondamenti del porto, cioè sotto \\ secondo pilone dalla


« parte della Città fu sepolta una cassetta con diverse medaglie
« d'argento e di bronzo, alcune delle quali dorate, coll'efiìgie di
« Paolo V e dall'altra il disegno della Darsena che fu fatta in quel
« tempo (ma del 17.... nel riattam.'" delhi Darsena non fu rinvenuta
« la d." cassa, se pure non fosse nascosta) et una lastra di piombo
« con questa iscrizione. »

(36) L'iscrizione non è pubblicata da alcuno e siccome ora è nascosta


agli sguardi del pubblico, sarà opportuno riprodurla qui: Pauìi quinti
I'. M. maìiìficeiitia, poiium Burglieniuin, lìavibus nautisquo refiigiuin et
iiici'cemoniis einporiiiin S. P. Q. I\ unno saìiilis MDCXIX. M. Ani. Cuc-
cino Giib. MtUio llaijnaldutio Con., Vineentio Bertotio, Jeanne Lanceo,
Francisco Borijixjeìlio priarili. Noi fus Xolfius, iidem Vinccnlius et Miilius,
Fraììiiscit.-i Paìatiiis et Xicolau-i Scliaccìiiiis ]'.riri electi po.v(crnnt. Ilier
Ji(ii/j>aìd(i Hoin. Arcliitecto.
ipiì) Lì iiKinni rrifiiiti di Fano.
MnDAGT.IA Tir.L PORTO DI FANO 39'

Il srcoìi'ki pilone non può essere che quello della loggia


perchè il porto era circonda,to di mura e non di archi : è
vero altresì che era impossibile che nel riattamento della
darsena si avessero a trovare le medaglie poste sotto la
loggia. Ma il buon Gasparoli nella smania di raccogliere
notizie non badava tanto a collegarle logicamente tra di
loro e non si preoccupava di qualche piccola contradizione.
Come dissi più sopra, dalle parole dell' Amiani (33,' e da
quelle del Gasparoli pare assodato che qualcuna delle me-
daglie fosse in argento. Quanto alla cassetta in cui furono
riposte dallo stesso registro, ove vedemmo annotata la sposa
di stampa dell'editto, apprendiamo che si spese uno scudo
per / pezzi di pieh'a d'hh'iii InrnrnJn da mettere le mednijlie.
Da ciò possiamo dedurre che la prima pietra era fatta di
4 pezzi di pietra entro ai quali furono poste le medaglie e
la lastra di piombo.
Dobbiamo esser grati al Gasparoli di averci conservata
la iscrizione di questa, che qui riporto, perchè ci dà la re-
lazione della cerimonia che dal nostro storico C39) viene
descritta corno imponente : /). O. M. l'nulo T. niirr/Iìesio
Font. api. Mf'.-r cedente, Thomas Lapii's Florenlimis Kpis
Fanen, nxsisten/i/ins Lnurelo MurtfDìO Spolelino Re/'. Apos,
Guhernatore, Livio Pon/ii-nlo Forolivien. praelore, Miitio
Rainaldulin Gonfilonerio, /f>/rroiìi>i>o finmbelclìo, Aìilonio
Raynaldulio, Patmiidno Passaro. Jos/'pìio l'ifredueeio Prio-
l'iìias, Petro Dominico Coiìs/aiilio, Xol/'o Nolfto, Pandulfo
Carrneio, (Jis/rnecio Casfriinun' et Xinccntio Peetntio peae-
fectis, ne Ihirronimo Rainaldo Are/iitecln, Porlus P>or(jliesii
primum lapidem dernore lienedietìira. prneeedentihus, pid)-
hlicis a'I Deuììì penei'iìms , i>i fnìidameìilo posuit. Anno
D. MDCXIHI.
A chi si voglia raffigurare alla mento lo spettacolo di
questa cerimonia, esso deve apparire sicuramente grandioso.
Dopo le solenni preci e la Messa con scelta musica celebrata
al Duomo tutto il clero co' suoi più ricchi paludamenti, il

(38) Loc. cit.


(39) T. II, pag. 2.")
39G G, CASTKI.r.ANI - MEDAGLIA DEL PORTO DI FANO

Magistrato del Comune con i severi costumi di cui abbiamo


ancora i campioni nell'Archivio Comunale, col pittoresco
corteggio dei donzelli, famigli e trombetti nelle loro assise
smaglianti; i consiglieri ossia tutti i nobili di Fano vestiti
collo sfarzo del seicento, il Governatore anch'esso col cor-
teggio dei suoi famigliari e bargelli, il Pretore o Giudice,
le milizie cittadine e immensa folla di popolo si recarono
processìonalmente al nuovo porto dove il Vescovo pose la
prima pietra nelle fondamenta tra il rombo delle artiglierie
della fortezza, il suono dei sacri bronzi, lo squillar delle
trombe e 1' applauso degli astanti ai quali tiitti sorrideva
quasi il miraggio di una vita novella di prosperità dal lavoro
che si intraprendeva con auspici cosi solenni. Nel fondo
del quadro campeggiano le colline fanesi a popolate di case
e d' uliveti n e dorate dal sole fecondo di maggio....
E fermiamoci qui, che purtroppo il più bello del Porto
Borghese fa questa cerimonia alla quale tennero dietro le
più amare disillusioni. Di essa restò la memoria negli scritti
e nella tradizione, mentre del porto non rimase che un debito
ingente che fu pagato con continui e gravi sacrifìci.
Riandando queste memorie, che pur qualcosa ci serbano
di glorie passate, chissà non sorga nella mente dei presenti
il desiderio di rivolgersi ad opere le quali tornino a van-
taggio del paese che, pur troppo da allora ad oggi, ha
ancora perduto molto del suo splendore e della sua ricchezza.

Giuseppe CASTELLANr.
NECROLOGIE

CARLO PRAYER.

Sabato, giorno 13 Agosto scorso, dopo brevissima ma-


lattia, òmorto a 67 anni. Cario Prai/er, capitano in ritiro,
antico patriota, e appassionato raccoglitore di numismatica.
Nato a Milano nel 1825, studiò pittura. Giovanissimo
ancora, assieme al fratello Giulio Giuseppe, si imbarcava
per l'America su la stessa nave di Giuseppe Garibaldi, del
quale i due milanesi furono fedeli e valorosi seguaci, accap-
parrandosi la confidenza dell'eroe.
Ferventi di amor patrio e di affetto frn terno, insieme
combatterono in tutte le guerre dell'iudipcndenza dal 1848
al 1861; bastava un cenno di Garibaldi perchè accorressero.
Nel 59 erano in Spagna, reduci da un lungo viaggio nelle
Americhe; ricevettero una riga del loro capitano e senza
indugi furono in Piemonte, ambedue dopo il 60 passarono
nell'esercito regolare, e i due prodi soldati che mai in oltre
quindici anni di perigliose vicissitudini, si erano distaccati,
ottennero di servire nello stesso reggimento. Durante la
campagna del bringantaggio, incorporati nel 14" fanteria,
amendue capitani, l'uno comandante la 13'. l'altro la 14' com-
pagnia, diedero prova, oltre che di valore, di energia ed
abnegazione; in un conflitto coi briganti, Giulio Giuseppe
cadde. Allora Carlo chiese il ritiro e si ridusse a Genova
dove si dedicò ai suoi favoriti studi della storia dell'arte,
e fra i numismatici italiani s'acquistò buon nome. Appas-
sionato dilettante di pittura, i quadri suoi donava agli amici,
oppure consacrava l'opera sua alle chiese dei villaggi delle
nostre Prealpi, ove compiacevasi passare i mesi estivi, ador-
nandole di pregevoli affreschi.
Da parecchi anni era tornato a vivere nella sua Milano,
5l
ove aveva riannodato le antiche relazioni. Anima mite, di
f.OS STCROt.OGin

singolare modestia, d'un delicato riserbo nel tratto, in lui


non si tradiva l'antico uomo d'armi, che pure erasi acqui-
stato medaglie al valore.
Aveva cominciato a raccogliere nel 1865 in Sicilia, e
possedeva monete greche, romane ed italiano medioevali.
Fra le romane, aveva una speciale predilezione per le monete
di Marco Aurelio, l'imperatore filosofo e, artista com'era e
appassionato pel bello, egli faceva una collezione special-
mente sotto l'aspetto dell' arte. E collegando la collezione
numismatica con altre di disegni di primari artisti, di
miniature iu pergamena , di impronte di medaglie e di
cammei, s'era prefisso lo scopo di riunire una serie di
esemplari atti a rappresentare la storia dell'arte figurativa
dall' epoca greco-romana, passando pel ]\Iedio Evo e pel
Rinascimento, fino a' nostri giorni.
E. G.

GABRIELLO CHERUBINI.

Il giorno oO Marzo pp. 1802 moriva in Atri, sua patria,


il Cav. Prof Gaìn-icUo Cherubini. Nato il 2 ottobre 1817 ,
s'era dato per tempo a studiare con amore e con rara per-
tinacia tutto quanto riguarda la storia di Atri e del suo
territorio. Aveva a tal'uopo radunato una importante col-
lezione di libri , opere d' arte, documenti , monete, sigilli ,
oggetti d'ogni genere atti ad illustrare tanti punti contro-
versi della storia abruzzese. Cominciò (j^uindi una serie di
pubblicazioni archeologiche, che resero cliiaro il suo nome,
non solo in Italia, ma anche all' estero. Ebbe dal governo
la nomina di Regio Ispettore degli Scavi e monumenti, e
fu membro di varie Accademie italiane ed estere.
Fra le molte sue pubblicazioni, sono a notarsi alcuni
lavori di numismatica italiana medioevale pubblicati nel
Periodico di numismatica e sfragistica di Firenze, e nella
Rivista abruzzese.
BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

Lcs Moiuiaids anoni/me.'ì des Comtes de Savoie, par A. Ladk, privat


doceat à l' Uiiiveràit»^ do Geucve , vicepnlsideiit di^ la Sociéti'
Suisse de NumLsmatique. Genève, 1892.

Les lecteiirs de la Rivista Italiana di Numismatii^a, qui


ne sont pas abounés à la Revue de la Société Snissr de
Numismatiquc, n'ont pas eu connaissance de l'article , que
vient de publier le Dr. Ladó , sur les mouuaies anonyiues
des Cointes de Savoie. Les conclusione de l'auteur, savam-
ment déduites, sont tout-ii-fait neuves , et, à raisou niùine
de ce caractèro , sollicitent 1' exainen des s^iécialistes qui
sont en cominunauti'- d't'tnde avec lui. La discussioii de ses
idées n'a rieii qui lui iL'plaise ; il nio semble mème la
désirer, convaiucu (juc d'une luTdée amicale , où 1' on n'a
d'autres arines quo des objeotions et de.s róponses, la vériti'^
ne peut manquer de so faire jour. Kt qui sait si ses d(''-
ductions, soumises à ce critèrium, no vieudront pas délini-
tivement grossir le patrimoine de la science. C'est dono
un appel ii la publioitó de la Rivista Italiana et aux sa-
vants qui la lisent, qui me fait ócrire ces lignes.
Ceux qui ont étudió la numismatique do la Savoie con-
naissent ces monuaies, toutes guthiques (,'t d'un style par-
ticulier, sur l'attribution desquellos , l'absonce , non de h':-
gende, mais d'une initiale ou duii noni princier, a laissó
subsister des doutes. On les divise eu deux types. Le
premier, peu commun , se rattache au genre des <|uarts ;
il porte au droil FERT entro deux traits douldes , et. au
400 Iill!LIOGUAl-iA

revers, une croix formée de quatre lacs d'amour. Le secoiid,


qui est très rare , doit étre classe parrai les viennois ,
c'est-à-dire les pièces de 16 au gros de Savoie. Il se dis-
tingue du précédent par un lacs d'amour à l'avers et une
croix de St. Maurice au champ du revers. D. Promis les a
décrits et figurés, celui-là, dans les Monete dei Reali di Sa-
voia, pi. V, fig. 4, et celui-ci, dans les Monete inedite del
Piemonte , pi. I, fig. 10 , les attribuant 1' un et l'autre au
comte Araédée Vili et à l'ordonnance de 1405.
Quelques variantes inédites , étant venues récemment
compléter la collection du Dr. Ladé, ont attiré son atten-
tion. Après les avoir aérieussment observées, il a reconnu que
quarfcs et viennois, très resseinblants quant à leur facture
generale, doivent provenir d'un méme atelier, d' un méme
maitre, peut-étre d'un méme graveur et remonter à la méme
epoque.
Mais quelle est cette epoque? Plusieurs raisons vont à
l'encontre de l'avis de Promis. Tout d'abord, en ce qui re-
garde les quarts , leur analogie frappante aveo les quarts,
signés, d'Amédée d'Acliaie, comte de Piémont , frappés en
vertu d'ordres forraels sur le modèle de ceux de la branche
ainée, les font déjà antérieurs à 1402 , date de la mort de
ce priuce. Nous avons ensuite les ordonnances. Parmi les
six que l'oQ possedè, publiées par Amédée Vili, de son
avènemeut à la date précitée , celles de 1392 et de 1393 ,
pour 1' atelier d' Avigliane, parlent seules de quarts, où
nous pouvons reconnaìtre nos anonymes , et, si nous con-
sultons leur valeur intriusèque , 328 millièmes , qui , tous
décoraptes faits, peuveut se réduire à 4 deniers 12 grains,
on retrouve là les chiffres prescrits , soit par 1' ordon-
nance de 1393, soit par celles d'Amédée VII et les dernières
d'Amédée VI.
La variante de viennois , sur laquelle a travaillé le
Dr. Ladé, l'autorise à préciser encore. Le poids en est de
0.5S et le titre de 218 millièmes. Or, aucune pièce de cette
jiatnro, entre celles que décrivent les ordonnances de 1383
à 1405, ne répond a ces données, tandis que le titre efFectif
de 218 millièmes, ó(^ulvalant ìi pea près au titre officiel de
2 douiers 18 gi;iius, est presque en accord complet avec les
Bir.LlOGiiAFIA 401

viennois d'Amédée VI , éinis a 2 deuiers 15 grains et à 3


deniers.
Ces considérations amèneut uaturellement l'auteur à
supposer que les espèces mont'taires , objet de son étude,
ont été frappées vers la fin dii rógne de ce prince, de 1369
à 1377, pendant qu'il gérait la tutelle du jeune comte de
Piémont, et, probableinent, de 1370 à 1375.
Yous vous demanderez sans doute pourquoi , au lieu
de répudier l'anonymat, les quarts étalent eu toutes lettres
et, pour la première fois, ce mot FERT, si gros de mystère.
On n'ignore pas qu'avant 1384 , les Comtes de Savoie
ne suivaient aucun systéine, dans l'ómission de leurs mon-
naies. Non-seulemeut les espèces n'avaient pai de rapport
entre elles, mais chacune variait exLrèiuenient de iiom et
de qualité. Le Comte Verd essaya de uiettre un peti d'or<Ire
dans cette anarchie. Pour y arrivar, il réduisit à un type
unique les diverses varii'tés de quarts, qu'il appela quart
de gros cu simplement (ju/irl, nom qui indi(juait clairement
leur rapport de valeur avec lo gros. Rien de plus naturol ,
senible-t-il, que d'inserire sur les uiounaies ainsi rt'gularisées,
FERTO, dont FERT est l'abrt'g.', et qui . dans la basse lati-
nité du Mo\'en àge , à toujours d/'sigut'' un quart d'unitr
monétaire.

L'innovation dut ótre remar(iu('e. Les beaux discoureurs


de l'epoque, très portés aux jeux il'c-^prit, s'exercèrent ii oi^
propos. On lut : Furlihi lo rjus Uhnihiui tcìmit, et la Cour,
séduite par la flatterie, adojìta ce terme barbare pour ilovise.
Tel est, en substauc; ■. l'opuscule du Dr. Ladé. La thèse
est bien établie ; le raisonnement est sern'' , précis, calcub''
méme, si je puis ainsi dire, e, ir les cliilFres aboudent. Ou y
constate la clart,(j et la niéthodo . qualiti's liabituelles du
savant genevois , et , comme toujours , une connaissauce
profonde de la iiumismatiiiue des priuces de Savoie. Elle
peut contrarier vos sentinients; vous la lirez néanmoins
avec intt'-rét.
Mais, me direz-vous, que faut-il ])cnsor des hypl>tll^!■s■^s
auxquelles cette ijtude Uijiis couduit?
Mr. A. ]'.. de Ohamb'ry, auctqitu la première, c'est-à.
dire l'attribution au (Jumte Verd dos pièces anonymes ; ju
4U2 I;1HI.10GKA1-1A

crois que son avis sera généralement partagé. Mr. M.-P., de


Genève , ne se prononco pas. Quant à l'interprétation du
mot FERT, l'un et l'autre se refuseut à suivre l'auteur sur
le terrain où il s'est place, u S'il est exact, déclare en parti-
culier celui-ci , que l'on volt quelquefois sur les monnaies
la désignation de la valeur de la pièce , en legende, il est
sans exemple qu'elle occupo le cliamp. -n
Et cependant si, telle qu'elle est présentóe, l'explication
du Dr. Ladé surprend à première vue , réflexion faite ,
elle parait assez naturelle ; oar , après tout , il y a eu un
prétexte à l'adoption de cette devise, et celui qui nous est
donne céans est d'autant plus lieureux , qu'il laisse sub-
sister entières les interprétations daus lesquelles se sout
toujours complus les historiens de la maison de Savoie.
Sans étre en mesure, pour le moment, de prendre parti
pour ou contro dans la question. je piacerai néanmoins ici
deux observations.
Bon gre mal gre on s'est obstiné, jusqu'à ce jour, à ne
voir dans les quatre lettres mystérieuses de FERT, que de
simples initialos. Maintes fois je me suis demandò pourquoi,
puisque, dans le monde liéraldique, à part la fantaisie de
l'empereur Maximilieii I, on ne rencontre pas, que je saclie,
1' exemple d' une seule devise ainsi composée. L' idée d'y
trouvor un mot uniquo , d' interprétation difficile , j'en
conviens, me parait dono de beaucoup la meilleure.
D'un autro coté, les quarts du prince d'Acha'ie, frappés
à 1' imitation de ceux de Savoie, dont nous avons parie,
portent en fasce PRIN au lieu de FERT. Or si FERT est
réellement 1' abrégé de FERTO, on ne s' explique pas bien
ce changement. Il importait sans doute de distinguer les uns
des autres. mais concoit-on que la différence pùt consister
prócisément, dans la substitution d' un titre personnel à
l'énoncé de la valeur, inscrit sur ceux-ci en caractères tels
et d' une facon si apparente, qu' il constitue, eu quelque
sorto, la pièce essentielle de l'avors.
C est ma petite diffioulté ; si la réflexion et 1' étude
m'en révèleront d'autres, jc l'ignoro.
Voilà co que j'avais à dire de la recente publication
du vice-président de la Société Suisse de Numismatique.
BIBI.IOGnAFIA 403

Mainfcenant le clianip est ouvert. Daignent ces quelques


lignes provoquer, de la part des savanfcs compétents , une
controverse quo le Dr. Ladé. je le répète. appelle de tous
ses voeux. «
Vantmhoit, lo IS aont ls!)\>.
Frédkric Marchand
ASSOCIK CoRRKSroNDAN f

l't LA SociKTi': ijKS AsrujrAiRKS r>E Fkanlì:.

II. (Joiieii , Descrìption ìii^loriiine (Ii'f; momiaii's frappéi'n sons


l'empire Roniain. — 2' odizione. Parigi , Rollili et Fciiardeiit ,
1880-1892.

Della seconda edizione del Cohen, incominciata noi ISSO,


lisci nello scorso Luglio l'ottavo ed ultimo volume. L'opera
grandiosa è dunque intera dinanzi al pubblico, il quale è
in diritto d' esprimere la propria opinione e di giudicare
se e quanto la seconda edizione sia rioscita superiore alla
prima.
Questa seconda edizione, iniziata dallo stesso Cohen,
veniva poi. dopo la sua morte, avvenuta nel 18S() stesso, ossia
dopo la pubblicazione del solo primo volume , continuata
dai signori Rollili et Feuardeut. Essa aveva , come tutto
le seconde edizioni di opere scientifiche , il doppio scopo
di sopperire alle richiesto della prima esaurita, e di mi-
gliorarla dove ce n'era Insogim , correggerla (correzioni co
ne sono sempre da fare in simili lavori) e ampliarla col
materiale venuto in luce dappoi.
Il primo scopo, non v'ha luogo a discussione, fu com-
pletamento raggiunto. Gioiti amatori di monete romane sono
sorti da trent'anni in poi e anche quelli, che già erano for-
niti della prima edizi(jne, era naturale che dovessero pure
provvedersi della seconda.
La discussione può invece farsi suU' altro scopo . il
quale , trattandosi di un' opera tanto importante . e che
dovrebbe servire di base alla classificazione ili tutto lo
i<li '■,11:1 l'.'.l'i IH

/«/Bit <! c.i»)<;<^(ii,,

!/'•. iiiii>r/ii.'/.iiiiii mii 'i'ii,i,t,i; Sii ri)i.:i«iji()'(ii') f/'ill<! H<!((N'ajl,i :

) " .'l'iUd'-.ro l(ii)(/(/i'/r<i 'li lii'ilii'U; il'5Ki;rJI,(,(' /)i:||it «(i(ic,


|/r';|»l m.i(ii',l)t.'i 'l<i(,l,;<, / in)i<'j (iiJ't i)//^/i il n t.:i vi hi. 'I'!«'',/ izioii'i 'li
'jlK-.il't ''.'/l'flllll II.
'/," l''llt'i'/(|l' Ul llli;i, l!';l;i, l'iMIC 'l':l|l: l()';)|l-(,<- l; 'lui Itil;-
'l.i(/li'/ii I 'I' I 1,1'-. m'^l.ii.lli^ Kii'.iil.m I'-. M<:ri'-. il<'.||;i. );ti/(i;) '-'liziofi'»
1111,11'/ 'I ii.i t,l,i '/ ^ '/ii:iia I iii<!'l;i.p'li'/iii /'/(Diii.vnii'/ limi, inìtìi; <i l<i

Ki'iii'il.''. iiii':i II,) ii^ e. '/(/(iiiiiii 'Il (|ii<'«t,<', riv.Vii. unii ì'.'/l,l,'/'li vi-
Ri'/ii''. |/<ii iiii'.t.ii.jii , '-'/(/Il/I '■/l'I'-ii'l'/ lii j/iiiii;i, ì'iii'i <) l'iu'^'ifit,'*
Il III, ni'.''.'/ii'lii, il l/i'/ir/'i

l'I." fi'/|i)/i ''HMi'/iM'. ili'.ji'i l„iv';|ii, ii'l'/M.iiti'l'/ inviaci! l'iri-


I.III '■,ll,lll/l'/ll'l 'lnjl'l I I I utili ll./.l'iM I IM'I (,l',ll(,(),

'/un III." Il II' ■. iii'iii'-l.''. 'l'-.iji'i il.l.(!| !■. I il. Il il. 1,11 1 al '1 ''.11'' l.i ;('■';'( fi 'III
'■'I i/,i"ii'i '|i/V'isM'i ''.'/Il l.iiii'ii ii'i un niii/i'!!'/ ungili mui/ci i'irn

'l'illii, iiiiniii. '!ii''.it (,i «111 (,' unni di /icdr'-liD (iovivurio itii-
nixhl.iiin M'tnni lui iiiiinl,ii il r'/iil.i n^i'nUi 'lulln ni'iri<il.ii i-oun-
h'^i iil.u, 11 'li lii.U.i l'I iii'iiMil.ii i|i'M':(i U,ii, 'III. ('.ircii. '/jrAHK), clin (!iii,ii((
iKillii, |)iiniii 'iiii/,i'/nii| «i(.l(/'iii(i II. l'.ii'iii, l'I'KCK) n"l!ii. nuci/ikIii.
Vi viMiiin |ii>i ii^p;i iiiil.ii. In. viihI. Itili niii mui'i 'li'lln iii'innlo
''"l'Ili ini I , " 'Il '|U(Mil." Iiiiif^'i (t |in'/,iiuil,'i III V"!''» VII t.'iniil,') corib»
Il lini. II. niii|iiii. I'mIi'. ni ('"limi ''Ini In. ini/,i'') " ai miihÌ niic-
i'''ti:("ii, l'Ii'i In. ''.'/Il II II uni'iii". Vi vnnnu aneli" rnuj^li" mvì-
I ii|i{iii In. Ili iti'iiu i|iu l'.'/iil.'il II inl.i >y i|ii|l'i l,«MKi<r''i , nin^li')
'"III |il'il.n In. In. Invilii. nH'itliol.ii'n. ili'lln In^'^^'tii'in i iii|iiU'iali, ii
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ri<'/,'/,n i< uiin ii"ll" IH I iMu [HI 11 tirni "p^iil.i vi< iii un' iipKi'ii <|i
limi iiM.ii Al I \
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c|lliiil,u ^"imrci, dm (InV'ii Nii|ila.l.ul tu it.ssciiii |)i.illrn. I ■" divi-


hiolii dilli. L |iriliiit nili/.i(j|iii ii'iidiiiiD lit l'iruridid {un I.M'ili. {iHl
H|lil^ril1 , llliMlLni liL lu^^iulMl ili llll.l.n In «luiii Ih llllil , lllll'i-

do(,l.il llidlil MMODlldit, )lUi'l I li;^i'l|i'lil|i- r.lflllllnlil it I uh rilMiilii' ,


II liL i'IIIiI'iIhÌiiMH, l'ill'lln III l'Ili l'illlHII II ,1 il lllilii lluh llil. Il
H|iiiriiiial,ii i|ii|i|iiii'ii l'Ili In ha i'uiii{ii 1,1 l'I. j'ulii'i l'il.ui' lrii|i|iii
IIIIIIIiII'DmÌ llr<nlll)ll di I 11 ivial.l.r /. /.u 11 l'ui I ull.i- Ih ^M.lh palli' ililllil
Miivnri:liiii alilinivia/.iuiii , diu li'i|i|ii rirliiaini |ii'i drilli u {>i<i
l'iiViiMi'i ai liilllinil |i|iii'ndnlil I , i'iiliMi';^ili'h/.i' 1 lii'\ il .1 1)1 1 1 di 1111
HÌhI.ihiI.l iilin |iriidlli'it Uh l'Uni lini a Ila -^1 id la lilili I n di hinhi'li',
nilllili lini iIiVi'I'mÌ lundllli. Il IH'l dlVi'l-M hii'lalli. Sr i{iiiiiili
l'ill'nlin r.ni l'iil.l.ii Ululi. n hnu l.iill.' In i h niii.l.l n/./.n di'lla

|H'lllia ndi/iulm, un l'umiin |;iTn 11 ;j jj I 1 1 h I ' ' lllnlln alili' dl|ii'll-


iIdIiI.Ì 111 f^rau |),iil.n dal .iiMlmua d-lla. Mnin- iiiina Si dnvn
|ii)i ull.rn a l'.ii') i',i)llMÌiinrain , rlm ini .alalni'u in>l ru|/iurtii
rullili l'i ijllnllii d'-l (lulinli Inni n la I l.n ^ln I a Ih l'h I n |ii-r r 1 a -^
hÌIÌi'UI'ii I" i:ul|n/lulil 1» |inr l'n'n|''arn «n un dalu |ii'/./.n i' jiiili-
Idli'.al.il II lllnliu. Hnlin Njin.-'--n n. ''nlln i| i .i^u di lali- ijilali In^
ÌM|)iV/.iiillii Jjjiillnraln .-iiilln luulii'ln di lilla liala la I i';.'nl I a n di
UH ilalu Uinl.allu, nd <' ni i|iln,ill ra.-^i .iln-ria I iinu I n ijn- .--1 n
l'ual.rnl.l I 11 i|l1|lluMirn il .■ilMlnlua dnlla hnlli- llhlia n a di'.ll
limarli i|ilid|i» didln «Hill' ||lVl^^l•
Si la valnrn 1' m'uhnili I a di r-|i.i/lii rlm ni ullinin',
riliriiunli) In «nrin. ('n'; n yniu limili; M Irallad.'ll. niuliili',
In ijiiali HUIIU HuVnlil.n lijii'l.iiln Uni I 1 •' imlalli Inlla lii'ln
la varia lil.n itusi.il.lli l.ii |ii| i-u Imliinli I n da llnr-Mi'i VI n dal limi
t-M.inrVJ In illi/.lall S C( I "la 1 111 nd a l',11 n h l i d n I ,i \ n 1 I i- 1 dlln
III nii)linl,a/.ii)U<i llll|inra(,ul la i'uiii|/|i'l a ; ma di mn imn c-l
parlava altura n la n.oMii Maia jimlia In lim ni n da iidnllai>i
ijliainlu mÌ jinliNi'là lilla l-nr/. Ii/.inim i midaL'Iinhi di
i;nVllUli», llVUMiiu ra|(|)rii«n|il,a /.lulii n In^^^niidi- mila ^'iahdl>
hÌiiiii liliif{gi<trah/,a divinai- da .|iii||n dnlln iimmli', mm
ullVi/Uu lln|)|)ill !• la limmlii ha muli uni I a di M|ia/.iu, iln ri
pant Mia la Mula lagluim i Im iiillil'i ih lavuln dulia Miim

llllii'.a 11 la )'ni:n prnvalnm. Il Onlnii Vrlaimul.- mila >iia


|)|nfii/ii)Uii rluania ijiìuhIu hiiuvu uidiim |iiii In^-nu i jnii
Kurralu; 11 iiui lu vu(j;liaiiiu ani inni l.n ■ , ma. ijiiamlu |/i'i la.
l'Illiirn/./.ll ai Marriliril n limi a laniuiin ruldihr riuinn

|i»|^ii;u airnU'alinllru ri jiain rjin uin(.^llu val(.^i larn il Mini


40G BIBLIOGRAFIA

fìcio completo della logica, per raggiungere il meglio pos-


sibile lo scopo supremo della chiarezza; e questo è il
motivo che ci fa preferire 1' antica divisione. Aggiunge-
remo anzi, che, se un cambiamento si volesse fare alla
prima edizione, noi lo vorremmo in senso contrario a
quello che venne fatto, dividendo cioè anche 1' oro dal-
l'argento. Ci sbaglieremo, ma abbiamo la convinzione che
quando fra qualche tempo si penserà alla terza edizione
(definitiva ?), si ritornerà all' antico e la si farà piuttosto
sulla prima che sulla seconda. Perciò abbiamo sempre pre-
ferito partire da quella e non da questa nella pubblicazione
delle monete romane inedite o varianti.
Rimane il terzo punto. Ammettiamo senza difficoltà
che la questione delle tavole o delle figure intercalate nel
testo può essere unicamente di gusto e noi non oseremmo
davvero pronunciarci in un senso piuttosto che nell' altro,
trovando che ambedue i sistemi hanno il loro lato buono ;
anzi, se dovessimo dichiarare una preferenza, sarebbe per
l' intercalazione nel testo, come mezzo più sicuro e imme-
diato di mettere sott' occhio al lettore le monete descritte.
Ma, tolta la questione teorica, e venendo al lato pratico
della cosa, nessuno credo vorrà negare che le tavole della
prima edizione siano incomparabilmente superiori alle figure
intercalate nella seconda, ed è questo che davvero non
sappiamo perdonare agli editori, come ci pare poco perdo-
nabile la generale negligenza tipografica dell' opera. Un
lavoro come questo, edito a Parigi, che interessa tutto il
mondo, meritava certamente anche una veste esteriore pili
accurata, e doveva riuscire anche materialmente superiore
alla prima edizione, mentre invece è questa che brilla al
suo confronto.
Ci sarebbero poi diverse osservazioni di dettaglio che
si potrebbero fare all' opera dei successori di Cohen, ma
ci condurrebbero troppo per le lunghe. Xe faremo una sola
per concludere, circa ai prezzi mercantili. Questi, come è
detto nella prefazione, dovrebbero rappresentare i prezzi cor-
renti; ma francamente ci pare di poter osservare che, mentre
non furono ribassati quelli di monete, che, per rinvenimento
di copiosi ripostigli divennero assai più comuni di prima
BIBLIOGRAKIA 407

(alcuni (li questi furono anzi rialzati e non ne vediamo


proprio la ragione), cosi i prezzi di alcuni pezzi rarissimi
sono troppo al disotto del vero. Chi per es. vorrebbe cedere
tutti i medaglioni d'oro ai prezzi segnati? Il compratore
sarebbe sempre pronto.
La Direzione.

Alias de monnaies gaidoises. prepari par la Commission de topo-


graphie des Gaules et piiblié sous les aiispices du Ministère do
l'iastruction publique par Henri de la Tour. Paris, 1892, ia 4.

Per dare una idea esatta dell' origine e delle vicende


di questo splendido Atlante , crediamo bene riportare un
brano di quanto è detto nelle notizie premessevi a guisa
di Prefazione dal Sig. H. de La Tour, incaricato della de-
finitiva pubblicazione del lavoro.
u. Nel 1876, sotto il ministero del Sig. Waddington, la
u Commissione topografica della Gallia decise di pubblicare
u un Catalogo generale dello monete galliclie. A questo
u scopo essa scelse nel suo seno una Sotto-commissione,
u composta dei Sigg. de Saulcy, C. Robert , e A. de Bar-
u tliélemy, ai quali furono poi aggiunti i Sigg. Chabouillet
u e Muret. L'opera doveva comporsi di due parti ; la prima
u esclusivamente consacrata alla descrizione delle monete
u galliche del Gabinetto di Francia ; la seconda , alla de-
u scrizione dei pezzi i quali, non esistendo in quel museo,
u si sarebbero trovati nelle collezioni pubbliche e private
u della Francia e dell'estero. Un atlante generale doveva
u completare e illustrare questa doppia pubblicazione.
u La Commissione di topografia della Gallia fu di-
u sciolta nel 1883 , prima che il lavoro fosse terminato. I
« Sigg. Chabouillet e Muret restarono i due soli incaricati
u di continuare la pubblicazione della prima parte, ossia del
u Catalogo delle monete galliclie della Biblioteca Nazionale.
u La seconda parte era rimasta allo stato di progetto. Quanto
u all'Atlante, il lavoro era già molto inoltrato; la Commis-
408 ISIBLIOGIÌAFlA

li sione aveva già fatto incidere la maggior parte delle


u. tavole.
a Scopo della Commissione — quello di mettere nelle
u mani dei dotti un Corpus della numismatica gallica — è
a chiaramente indicato dalla scelta stessa dei pezzi , che
u compongono quest'Atlante, e che appartengono alle colle-
a zioni più svariate ; si può anzi affermare che questo scopo
u fu press'a poco raggiunto, giacché non vi è, per cosi dire,
ti un solo tipo importante che non vi sia rappresentato.
u Sfortunatamente l'opera preparata con tanta cura, re-
a stava incompiuta ; due dei principali collaboratori , i si-
li gnori Robert e Muret morivano in quest' intervallo di
u tempo, e il Sig. De Barthélemy, assorbito da altri lavori,
li non poteva continuare la sua valida collaborazione; anche
u l'incisore Dardel , colpito da malattia , non poteva più
a dedicare l'opera sua al compimento delle tavole, n
Fu allora che il Ministro dell'Istruzione Pubblica, in-
caricò il Signor Henri de la Tour di portare a ter-
mine e pubblicare quest' opera. Le tavole predisposte per
l'Atlante sommavano a cinquantacinque, ma queste non re-
cavano che il disegno delle monete, senza alcun titolo, senza
numeri , senza riferimenti. Tutte queste ulteriori indica-
zioni si devono dunque al sapere e al paziente e solerte
lavoro del de la Tour, il quale, non potendo più giovarsi
degli studi già intrapresi dai numismatici, che 1' avevano
preceduto, dovette attendere tutto solo al lungo e difficile
lavoro. Il de la Tour credette superfluo di descrivere ad
lina ad una le monete delle tavole, giacché la maggior parte
di quelle monete, appartenendo alla collezione della Biblio-.
teca nazionale, erano già state descritte nel Catalogo delle
monete galliche di quel museo pubblicato dal Muret fino
dal 1889, e le altre poche si trovavano pressoché tutte de-
scritte in altre opere facili a trovarsi. Egli prese dunque
quel Catalogo come base del lavoro, e confrontando i varii
disegui cogli originali, collocò ad ogni moneta i numeri di
riferimento a quelli del Catalogo della Biblioteca Nazionale
e a (quelli di altre cinque o sei collezioni dove esistono
tipi non posseduti da quel Museo.
Queste Tavolo ammirabilmente incise dal valente bu-
r.ini.ioGRAriA 409

lino del Dardel, unite al Catalogo delle monete galliche


della Biblioteca Nazionale e a qualche altra opera, formano
dunque una illustrazione completa della Serie delle monete
galliche, e gli studiosi saranno ben grati al Sig. de la Tour,
il quale, dando vita e compimento a questo Atlante, ha
reso un vero servigio alla scienza.
L' Atlante è infine preceduto da un Indice generale
della materia , la quale permette di ricorrere con uguale
facilità alle tavole dell'Atlante, e al Catalogo della Biblio-
teca Nazionale.
Questo Indice delle materie contiene inoltre, poste ai
singoli numeri, in forma di note, tutte le rettifiche neces-
sarie alle inesattezze e agli errori materiali avvenuti tanto
nel disegno delle monete , che nel testo ; togliendo quindi
le poche imperfezioni che restavano e nell'uno e nell'altro.
E. G.

Catalogo de la Culh'rcion de Monedns ]i .^r^dallns de Manuel Vidal


Quadras y Ramon de Barcellona. Barcellona, 1892, 4 voi. iu-4.

Il Catalogo d'una collezione redatto dal proprietario e


non a scopo di vendita, è una rarità ai giorni nostri, iu
cui i cataloghi non si fanno se non per la vendita dello
collezioni , la quale succe^le il più sovente alla morte del
proprietario. Bisognerebbe quindi tener nota di quello della
collezione Vidal (Quadras y Rimou a semplice titolo di cu-
riosità, quand'anche non lo meritasse per sé stesso e pei
suoi grandi pregi intrinseci. — La collezione di Don Manuel
Vidal Quadras y Ramon ili Barcellona , incominciata da
oltre mezzo secolo, è considerata come la più importante
fra le collezioni private della Spagna. oA è una colleziono
eminentemente spagnuola, comprendendo, con circa 15 mila
pezzi, tutto le serie numismatiche d<^lla penisola iberica ,
incominciando dalle monete L'uniche e jìassando per le
Greche, le Iberiche, le Bilingui, le Latine, quelle della Re-
pubblicn e dell'Impero Romano, le Visigote, le Carolingie.
410 lilliLlOGUAl'IA

le Ispano-Cristiane , ecc. fino alle medaglie di Pi'oclama-


zione e alle moderne.
E il nitido , accurato e voluminoso catalogo è certo
degno della collezione. — Il metodo seguito nella descri-
zione è strettamente cronologico , il quale metodo , se è
l'unico razionale e scientifico, e se serve ammirabilmente
per alcune serie, rimane però un poco oscuro per qualche
altra, per esempio per quelle della Repubblica Romana. I
nomi delle famiglie che si ripetono ad epoche diverse ,
quelli dei monetarii che si assomigliano molto gli uni e
gli altri, e molti dei quali non sono personaggi cosi celebri
da rimanere fissi nella memoria , rendono assai difficili le
ricerche in un catalon;o cronologico, in chi non ha una eru-
dizione fuori del comune , e richiedono il sussidio di un
indice alfabetico ; indice, che del resto non manca nel ca-
talogo, come non mancano quelli per le altre serie. Dòpo
tutto però non possiamo che dar lode al signor Quadras y
Ramon d'avere corassiosamente adottato l'ordine scientifico,
anche là dove riesce di qualche difficoltà. A poco a poco ci
si farà l'abitudine.
Una novità che non ci siamo saputo spiegare è quella
di mettere nelle descrizioni (della sola serie romana) il ro-
vescio prima e il dritto dopo. — E vero che nella serie
repubblicana spessissimo il nome della famiglia o del mo-
netario èiscritto al rovescio, mentre il dritto è occupato
dalla rappresentazione della testa di Roma ; ma è questo
wn motivo sufficente per urtare contro un' abitudine ormai
inveterata e generale '? E poi nella serie imperiale tale mo-
tivo non sussiste più ; il nome è senipre , salvo eccezioni ,
al dritto. Del resto la nostra non è una critica, ma una sem-
plice osservazione o, se si vuole, una dimanda, perchè sup-
poniamo ci debba essere una ragione che noi non vediamo.
Nel corso del Catalogo troviamo descritte alcune mo-
nete false, colla relativa nota: falsificazione. Queste vera-
mente ci pare che avrebbero dovute essere escluse dalla
serie; nò vediamo con quale ragione possano averci tro-
vato posto.
La parte tipografica del grandioso Catalogo merita un
cenno di lode speciale, sia per la correttezza del testo, che
BIBLIOGRAFIA 411

pei' la nitidezza dei caratteri o l'eleganza complessiva del-


l'opera. — Per essere però completamente sinceri non pos-
siamo lodare con eguale franchezza le tavole , nelle qnali
non sono riprodotte le monete stesse , bensì le impronte
fatte su queste con carta e polvere di matita, cosi almeno
ci pare di poteide giudicare. Se queste impronte possono
benissimo servire per dare provvisoriamente 1' idea d' nna
moneta e si prestano ad tessere spedite a mi corrispondente
per lettera, portano però sempre con so un certo carattere
di provvisorietà, che ci pare sia una leggera stonazione in
un lavoro di si gran mole e cosi tipograficamente elegante
in tutto il resto.
Un'altra piccola osservazione faremo alle tavole ed è
quella della scelta delle monete riprodotte. Ve ne troviamo
pareccliie di assolutamente inconcludenti , mentre vi man-
cano molte e molte assai importanti, uniche o rare, appar-
tenenti alla famosa collezione. Ammetteremo volontieri in
un trattato elementare un saggio di monete preferibil-
mente comuni ; ma in un catalogo d' una collezioni? clie
contiene tante rarità, ci pare che dando una scelta di mo-
nete, convenga dare le più interessanti e le più preziose.
Accennati così, per imparzialità, anclie i nei dell'opera,
amiamo terminare col più sincero elogio, esprimendo il de-
siderio, clie l'esemplo possa essere seguito e oke altri pos-
sessori di collezioni importanti facciano quello che ka fatto
Don Manuel Vidal Quadras y Ramon; della cui colleziono
(alla quale, a meno di caso fortunato speciale che ben di
cuore le auguriamo , toccherà in termine più o meno re-
moto la sorte di tutte le collezioni privato, la dispersione)
rimarrà imperituro monumenti} il Catalogo. F. G.

O. VitaISni, Le monde battute nel pontificnto di Pio JX e nel-


l'interregno della Ilepithhlica romana. — Supplemento alle Mo-
nete dei Papi del Ihtt. A. (Jinaijli. Cameriao, 1392, in-4.

L'opera del Cinagli sulle Monete dei Pupi , che tutti


conoscono, e che è ancora la migliore e più comjileta illu-
412 lilIit.lOOUAFU

strazione generale delle Monete Pontificie , si chiude al


1848 ossia all'anno III del Pontificato di Pio IX, di cui
l'Autore non descrivo che 19 monete. La monetazione di
quel Pontefice durò fino al 1870, e quindi restavano ancora
a pubblicarsi qualche centinajo delle sue monete. Manca-
vano pure all' opera del Cinagli le poche monete coniate
dalla Repubblica romana nel 1849.
A questa lacuna supplì egregiamente il Cav. Ortensio
Vitalini, pubblicando per intero queste due serie di monete.
L'autore adottò per la sua pubblicazione il metodo identico
del Cinagli, a guisa di tavole sinottiche, imitando fino nella
disposizione, nel formato, e nella parte tipografica 1' opera
sulle Monete dei Papi; talché, anche per questo lato, il suo
lavoro è un vero Supplemento a quell'opera.
L' autore , avendo potuto esaminare varie ricchissime
collezioni di Roma e dintorni , e giovarsi di alcune note
avute dall' ex-direttore della zecca pontificia, riuscì a rac-
cogliere nella sua pubblicazione ben ;i21 monete coniate da
Pio IX dal 1846 al 1870. A questo egli aggiunge 11 mo-
nete coniate dalla Repubblica romana nel 1849. Fra quelle
di Pio IX, sono specialmente rimarchevoli 5 prove di zecca,
due in oro e tre in argento coniate da quel Pontefice nel
1866 ; queste prove furono coniate a pochissimi esemplari,
e sono di una estrema rarità. Le cinque prove suddette (che
l'Autore illustra in una tavola), sono entrate recentemente
a far parte della ricchissima collezione del Marchese Com-
mendator Filippo Marignoli.
E. G.

Alexandre ICoutk.o\v<>«lLi-4>IIiika. llecueil special de grandes


curiositcs incdites ou peu conmiet; dans le champ de l' Archeo-
logie, de la Numismatiqiie et de V Kpigrapliie. Parigi, 1892.

La prima dispensa di questa raccolta venne pubbli-


cata nel 1868 a Pietroburgo, la seconda a Ginevra nel 1873,
e l'attuale di Parigi è la terza. Quantunque non a tutte le
BIBt.IOCR WIA 41:")

(variositk numismatiche ivi raccolte possa convenire l'appel-


lativo di grande , pure fra le varie monete greche e ro-
mane inedite o molto rare , se ne trovano certamente al-
cune interessanti. Forse si sarebbe meglio provveduto a
farle largamente conoscere, se invece che in fascicoli stac-
cati, si fossero pubblicati in un Periodico di Numismatica.
In tal caso poi l'autore avrebbe assai probabilmente omesse
quelle note che stanno in fondo al volumetto, che ci limi-
teremo a chiamare troppo personali , e la parte scientifica
del lavoro non ci avrebbe nulla perduto,
L, D.

PERIODICI,

Itetele belge de NuiHismntiqtte, li tVscicolo ISi'-J,

C/iarricr Louis, Numismatique africaiue. — ('Iwsli'rl lìr


Ilancfjc [le Bd.r. de), Numismatique de la principautt'- de
Stavelot et de Malmédy. — A. de W'itte, Trouvaille de Be-
veren. Si.\ mille denlers flamands et allemands du XII siòcle.
— li. de Jonr/he {le T.), Deux; monnaies de Philippe de Saint-
Poi, comte de Ligny et de Saint-Poi, comme ruwanrd et
comme duo de Brabant, ìi propos de quel(|ues piAces inódites
frappóes ìi Louvain par ce prince. — Cwnont G., Un jeton
d'or intklit de Pierre d" Eughien, seigaeur do Kestorgat.
Vidlcìi/in R., Marques de la confri-rie du ."-laint-Esprit. di'
l'aumùne de la rue de 1' Epicerie et do l'aunii'ine gont'-ralf
d'Avignon. - Alviti Fred , Lt'opold Wiener, graveur on
módailles et son reuvre (aecondn ar/irnh). — Necrologie, —
Miscellanea,

ri3
414 RIBLIOGRAFIA

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Moriìi-Pons, Encore le sceau do Vantier Bonjour, aveo


une figure. — Feist-Jules , Médaille inedite de Strasbourg,
avec une figure dessinée par l'auteur. — Le Roy L., Edit
relatif au descriement des monnayes de Vaulvilliers, Franc-
mont et Montoye. — Vnn Jeckìin F., Der Miinzfund von
Schleins, avec troia planclies dessinées par A. St. von
Muyden. — Vo7i TAchencm Di'. T/i., Das Miinzwesen ini
Lande der Rhucantier. — Filtri A., Bernisclies Mùnzmandat
von 156G. — UaUc'}' F. Th.. Collectanea ad Rhaetiam nu-
mismaticam mlt einer Einleitung von Herrn F. von .Tecklin.
— G. F. ron Jlallcr, Schweizerisclies Aliinz-und Medaillen-
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des comtes de Savoie, avec trois fignres dessinées par A. St.
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Annualve de Numismatique, maggio-giugno 1892.


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BIBLIOGRAI-IA 415

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Different d'un maitre partioulier de la ilonnaie d' Angers,
sous Cliarles VII. — Bibliografia. — Notizie, ecc.
NOTIZIE VARIE

Doni pervenuti alla Società Italiana di Numismatica dal


mese di aprile a tutto settembre :

Dott. Prospero Bizzini :


Le sue Illustrazioni del Civico Museo di Brescia: Parte I,
Placclieile e bassorilievi : — Parte II, Medaglie.
Cav. Ercole Gnecchi :
Bosio Griacomo , Dell' istoria della Sacra Religione et illu-
strissima Militia di San Giovanni Gierosolomitano.
Roma, 1590-1602. Voi. 3 in f.
Lambros G., Avzypzcp'/i tójv voy.ijay.TOV t7,; x'js'.oì; K),).aòo;-ns).o-
-ovvr.co:. - .\3-r.vr,ffiv, 1891.
Gav. Gol. Giuseppe Raggerò :
Tavole descrittive delle monete della Zecca di Genova, dal
MCXXXrX al MDCCXIL Genova, 1881, in-4.
N. 11 estratti delle sue opere numismatiche , pubblicate
in varii periodici.
Gav. Umberto Rossi :
Monaldini G. A. , Introduzione allo studio delle Medaglie.
Roma, 1772, in-8.
Moreui Domenico, Illustrazione di una rarissiìna medaglia
rappresentante Biiido Altoviti. Firenze, 1824, in-8.
Fontenay (J. De), Manuel de V amateur de Jetons. Paris,
1854, in-8.
N. B Medaglie del Secolo XVIII.
Dott. Arturo G. Sambon :
Fusco G. V.. Sidlc monete dette cinquine.
Fusco G. M.. Iiìlorno ad alcune monete nragoìiesi.
N0 1l7.li: VAHli; 411

Laugier L., Monnaies inédili's de papes et legnls d' Avignon.


— — Monographie des monnaies de René d'AnJoK.
Salinas A., Sul tipo de' telrad ramini di Segcsta.
Capasse B., De sigillis et niimmis ad Neapolitanum ducatum
pertinentibus.
Sambon L., Recherc/ies sur les monnaies de la presgu'ile
Itaìique.
Sambon A. G., Monnayage de Charles I d'AnJou dans l'Italie
tnéridionale.
— — Les ti Cavalli n de Ferdinand I d'Aragon, roi de
Naples.
Lambros G., >'op,iff'j.zT tt; Y~r,<jyj 'Ay.o^yoò — Aj/^^vòtiv , 1870.
Enrico Osnago :
Monete italiane antiche, X. 1 in oro, BO in arg., 1 in rame.
Monete italiane moderne, N. 35 in argento, 3 in rame.
Monete estere moderne, N. 28 in argento.
Medaglie moderne, N. 1 in argento, (> in bronzo.
Totale N. 105 pezzi.

Soppressione definitiva della Zecca di Milano. — L'Isti-


tuto più antico e il più storicamente importante di Milano
sta per scomparire. La Zecca Milanese, che da undici se-
coli ben compiuti segui la storia di Milano, ne scrisse a
caratteri indelebili tutte le vicissitudini , e ne registrò
le glorie e i dolori, seguendo gli alti e bassi della politicn.
della religione, dell'economia e dell' arte, ha visto segnata
la sua ultima ora. Un decreto ministeriale del 28 scorso
giugno ordinava la definitiva soppressione della Zecca di
Milano. Le ragioni, che militavano a favore della conserva-
zione , ragioni che abbiamo esposte già sommariamente
in questa Rivista (Anno IV, Fase. Illì e che abbiamo anche
discusse più diffusamente in un giornale politico, non ebbero
la forza di convincere il Ministero e di farlo rinvenire su
una decisione già presa. E cosi sia.
In una delle sedute dello scorso luglio al Consiglio
Comunale di Milano l'Ou. Mussi volle nuovamente spezzare
una lancia a favore delhi nostra zecca; ma crediamo trop^ìo
tardi, essendo ormai la cosa già definitivamente decretata.
Del resto, come abbiamo fino dapprima osservato, le
418 NOIIZIK VAIÌlE

ragioni che noi mettevamo innanzi per la conservazione,


assai più che storiche o numismatiche, erano d'opportunità
e d'economia. Non erano argomenti poetici quelli che face-
vamo valere, ma semplicemente positivi, che l'importanza
storica della nostra zecca si può dire cessata col finire del
ducato di Milano, o, se si vuole protrarla più oltre, col sorgere
del ilegno d'Italia.
Ci auguriamo ben volentieri d'esserci sbagliati; ma per
ora persistiamo a credere che eravamo noi dalla parte della
ragione, tanto è vero che, vista l'insufficenza dell'attuale
zecca di Roma, già si pensa alla costruzione di una nuova!
La Direzione.

Monete milanesi inedite. — I Sigg. Francesco ed Ercole


Gnecchi si propongono di pubblicare nel venturo anno 1893,
a mezzo della Rivista Italiana di Numismatica, tutte quelle
Monete milanesi inedite, che sono venute a loro cognizione
dopo la pubblicazione del loro libro Le Monete di Milano.
Essi si rivolgono pertanto a tutti i collettori e direttori di
Musei , pregandoli vivamente a voler dar loro comunica-
zione di tutte le monete milanesi da loro possedute, le quali
fossero inedite o anche semplicemente varianti da quelle
pubblicate in quel lavoro.
La Società italiana di numismatica avvisa i propri Soci
che col 29 Settembre p. p. ha fissato la propria sede in
Piazza del Duomo, '^U, presso il Segretario di detta Società,
Cav. Prof. Costantino Luppi.

Finito di stampare il i Ottobre 1892.

Lodovico "Felite Cooi.iati, Gerente responsabile.


ANNO V. 1892 RIVISTA ITALIANA LI .NUMISMATICA tav, vi
ANNO V. 1892 RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA tav. vii.

F. ™ GNECCHI - Appunti di Numismatica Romana XXV


tav. vili
!INO V. 1892 RIVISTA UAUAU DI NUMISMATICA

B -3

F. <:" GNECCH! - Appunti di Nurnismalica Romana XXV


RIVISTA ITAI.IANA DI NL'LII^
Tav.lX.

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N, l'APADOl'OI,! 1'Vjiic.-sc-(] l'osr.iM
FASCICOLO IV.
APPUNTI
DI

NUMISMATICA ROMANA

XX VT.

SERIE DEL IJIIOXZO I .MPEltATUUTO

ALI," ixi'ToRr Dia .Mi';i)A(;i.ioxi


(iWIAN nUONZO, MEIlIO lUlO.NZn E l'JCCoT.CJ liUONZO

CONIATO DIUICTI'AMK.M i: DAI.I,' IMI'IOKAToKE)

Trattando della classificazione del Bronzo im-


periale (Appunti di Nuni. Jiom. X. XXTV), abbiamo
osservato come le due serie, in cui originariamente
si divido la monetazione del JJronzo romano, ossia
quella del Senato e quella emanante direttamente dal-
l'Imperatore, siano state non solo confuse fra di loro,
ma aml)edue studiate e descritte incompletamente.
]Jella prima, solo la parte rappresentiita dalle
monete semplici ebbe nna vastissima ed esauriente
descrizione, mentre venivano trascurati i pezzi mul-
tipli. Della seconda invece gli studiosi non ricerca-
rono che i multipli più numerosi e più appariscenti,
trascurando i semplici o frammischiandone confusa-
mente le descrizioni con quelle della monetazione
senatoria. Il che ha la sua spioga/.iono in ciò che,
mentre nella serie senatoria i multipli non rappre-
424 i-'HANci;sco gnkcchi

sentano che una estrema minoranza, nella serie


imperatoria sono questi invece, che hanno un grande
sopravvento sia per numero che per bellezza di
tipo e maestà di forme. Ma spiegazione non vuol dire
giustificazione ; e, come abbiamo tentato di colmare
il primo vuoto, abbozzando una prima serie di Meda-
glioni oMultipli Senatori (Appunto N. XXV), non è
forse opera sciupata il riunire anche la serie delle
monete semplici imperatorio , gran bronzi , medii
bronzi e piccoli bronzi senza S C, di cui non abbiamo
dato che un cenno rapido e molto incompleto nella
citata memoria.
Prima di tutto essa potrà fornire un'idea com-
plessiva di questa monetazione, ed ò solamente dallo
vedute generali che le osservazioni generali possono
scaturire ; e poi persistiamo a vedere tanto logica
la divisione del bronzo imperialo secondo che essa
proviene dall' Imperatore oppure dal Senato, che
non è malo insistervi, onde abbia ad essere definitiva-
mente adottata. Rcpetita jwanf.

*
* *

S' intende che la descrizione è limitata unica-


mente alle monete semplici, (grandi, medii o piccoli
bronzi), coniate in Roma, con esclusione assoluta
delle multiple, ossia di quelle riconosciute sotto il
nomo di Medaglioni, e già perfettamente conosciute.
Come s' è osservato nella precedente memoria,
dalle origini e fino a tutto il regno di Trajano, le
monete imperatorie, sia semplici che multiple, non
offrono alcuna differenza di fabbrica con quelle se-
natorie, e questo è il principale motivo per cui le
poche multiple fino a quest'epoca furono trascurate; e
il titolo di medaglione, accordato da qualche vecchio
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 425

autore ad alcuna di esse, venne poi revocato dagli


autori successivi, come vedremo a luogo opportuno W.
È solo sotto il regno d' Adriano, che la monetazione
imperatoria assume un tipo speciale per le monete
multiple; il che non toglie che la stessa continuasse
ancora per molto tempo ed anzi finché durò la
moneta senatoria, a mantenere più o meno il tipo
comune per lo semplici , nello piccole proporzioni
in cui queste venivano pi'odotte. Perciò la nostra
serio, iniziata con Caligola, invece che finire con
Adriano, si protrae fino a Gallieno, dopo il quale
la monetazione del Sonato non appare che eccezio-
nalmente ancora sotto Postumo, per cessare poi to-
talmente.
Le monete privo dell' S C anteriormente a Ca-
ligola restano escluse per essere tutte coniate fuori
di Roma; e per lo stesso motivo lo sono parimenti
tutte quelle degli imperatori seguenti dal cui tipo
o dalle cui leggende appaja che furono coniate in
Gallia, in Ispagna, in Siria o in qualunque altra
provincia e quindi sotto l'impero di legge differente.
Corto che la divisione netta e sicura fra la produ-
zione della zecca di Koma e quella di alcune officine
forastiere non è sempre facile, e può darsi che qualche
errore sia incorso, il (piale potrà essere in seguito
rettificato. Ad ogni m )do abbiamo abbondato nel-
l'omettere tutto quelle moneto, che offrono qualche
dubbio sul luogo della loro coniazione.

Oltre però allo monete coniate fuori di Poma,


altre esclusioni più numerose abbiamo dovuto fare,

(1) Vedi la nota al Tìrotizo di Caligola N. 2.


426 ynANCi;sco gnecchi

principalmente nelle monete dell'ultimo modulo. p].si-


stono di queste alcune intere serie, delle quali non
solo non ò ancora Lene determinato il luogo di'
flxbbricazione, ma talora neppure l'epoca dell'emis-
sione nò il preciso ufficio a cui erano destinate, e
queste naturalmente dovevano essere escluse.
La prima che ci si presenta è quella formata dai
numerosi piccoli e piccolissimi In-qnzi, clie general-
mente s'attribuiscono all'epoca di Domiziano, alcuni
dei quali portano le lettere S C, mentre altri ne sono
privi. — Dal tipo sembra probabilissimo che questi
bronzi siano stati l)attuti in lloma; ma erano essi
vera moneta, oppure tessere o qualche cosa di simile?
La straordinaria oscillazione dei pesi per pezzi del
medesimo tipo, e i tipi stessi, scostantisi assai da
quelli delle monete comuni, possono dar luogo a
diverse supposizioni, che non è qui opportuno di
discutere.
Una seconda serio ci si presenta sotto il regno di
Trajano e d'Adriano e consta di quei piccoli bronzi che
portano le leggende METALLI VLPIANI, METALLI VLPIANI
DELM, METALLI VLPIANI PANN, DARDANICI, ecc. Furono
essi coniati in Roma o nelle proviucie Danul)iano, in
cui esistevano le miniere? Furono essi coniati vera-
mente col metallo proveniente da quelle miniere?
Erano essi vera moneta o semplicemente tessere de-
stinate a pagare gli scavatori delle miniere stesse, op-
pure non erano che medaglie commemorative della
scoperta
di lavori di
in giacimenti metallici Loe dell'inaugurazione
una data miniera? stato attuale della
scienza non è in grado di rispondere a tali dimando,
e il problema rimane por ora insoluto.
Una terza serie assai più numerosa e più pro-
lungata delle procedenti è quella costituita dai
bronzi battuti coi conii dell'argento, la quale, in-
cominciando verso il regno d'Antonino, si protrae
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. ■127

fino verso l'epoca di Scvin'O Alessandro. Cohen sup-


pone che questi bronzi non siano altro che l'aninaa
di denari d'argento foderati. Noi abbiamo esposto
lina opinione diversa ('-) e vi persistiamo. Ma, siccome
questa serie da una parto è troppo poco nota, non
essendone stato descritto che nn piccolissimo numero,
(Cohen non dà che quelli del Gabinetto di Francia),
dall'altra, facendo un lavoro improbo e probabilmente
inutile di ricerca nelle collezioni pubbliche e private,
si formerebbe una serio infinita, eguagliante forse
quella dell' argento ; lasciamo anche questa fuori
dalla nostra descrizione, ammettendo però che, quando
sia consentito che essa rappresenti una serie di mo-
nete di bronzo senza S C, vi dovrebbe essere compresa
in blocco.

Un'ultima serie, finalmente, è quella dei piccoli


bronzi di Gallieno, o diremo più precisamente del-
l'epoca di Gallieno. Le nuinerosissime moneto di
piccolo modulo di quest'epoca (incominciando da
Valeriano padre), che si prosentano sotto 1' aspetto
ora d' ai-gento di lega più o meno bassa, ora di puro
bronzo, vengono generahnentc confuse in una st^la
categoria dubitativa sotto la denominazione di Pic-
colo Bronzo o ^fistl(ra. IMa, (juantunque la lega delle
monete d'argent(j sia talora tanto bassa da renderne
la distinzione con (pielle di bronzo estremamente
difficile, pure è evidente che la distinzione deve sus-
.sistere fra le monete d'argento (qualniKpie ne sia la
lega) e (|uelle di bnmzo. .Vnche (pii però si entre-
rebbe in un tale ginepraio di dubliii e di difficoltà,
che meglio vale lasciar da parte anche questa nu-
merosissima serie, la quale ha una certa analogia con
quella dei piccoli bronzi del secolo precedente , ne

(2) V. in questa Itirista, u Appunti di Num. Koni., N. W. r


428 FRANCLSCO GNECCHI

è in certo modo la continuazione, e meriterebbe in-


sieme a (|uella uno studio speciale.

I tipi dei rovesci nella monetazione imperatoria,


quali ci rimangono dopo le fatte esclusioni, non sono
molto numerosi, e per la massima parte riguardano
le Divinità o Semi-Divinità e la persona degli Impe-
ratori 0delle Auguste. Le altre rappresentazioni si
possono riguardare quasi come eccezionali.
In fatto delle prime, abbiamo anzitutto il sommo
Giove in varii modi raffigurato [7 ramno, Adriajio,
Antonino Pio, Marc' Aurelio, Commodo, Salonhio), la
triade di Giove con Pallade e Giunone o rappresen-
tata colle loro figure, oppure simbolicamente col-
l'Aquila, la Civetta e il Pavone (Adriano, Antonino),
Ercole [Adriaìio, Commodo, Gallieno), Apollo (Treho-
niano Gallo, Voliisiano, Gallieno), Venere (Adriano,
Faustina, Lucilla), Vesta (Adriano, Giulia Domnn),
Cerere (Nerone, Adriano), Pallade guerriera (Dorui-
ziaìio, Adriano, Antonino Pio, Commodo), Minerva
medica (il/. Aurelio), Diana [Adì-iano, Antonino Pio,
Gallieno), Iside (Adriano, Faustiìia giovane), Yaììc\\\s.])ìo
(Adriano, Antonino), poi Komolo (Adriano), la Lupa
e la Troja (Adriano, Antonino e Salonino).
Per ciò che riguarda la persona dell' imperatore,
il fatto maggiormente ripetuto è il conferimento
della corona civica. È con questo anzi che incomincia
la serie sotto Caligola, e il fatto è poi ricordato con
varietà di leggende, sotto Galba, Vitellio, Vespasiano
Tito, Prajano ^'^) ed Adriano. Nerone si fa rappresen-

(3) Al Cohen, che nella serie di Trajano ha classificato come meda-


glioni itre bronzi privi delle lettere s e (N. 296, 297, 298), è sfuggito
questo della corona civica, E la mancanza delle lettere s e pare non sia
SERI!-; DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 429

taro in varii attoggiamenti, ora a cavallo in corsa,


ora in abito femminile, travestito da Apollo, in atto
di cantare accompagnandosi colla lira. — Nel Con-
giario, facondo distribuzione al popolo, sono rappre-
sentati Nerone, Severo Alessandro, i due Filippi. Icf-
leriano e Gallieno ; in atto d'allocuzione ai soldati,
Caligola, Nerone, Adriano, Valeriana e Gallieno. A
cavallo in atto di pacificatori o di ingrosso solenne
Traiano, Cornmodo, Severo Alessandro, Gordiano Pio,
i due Filippi, Trehoniano (jallo, Volusiano, Valeriana,
Gallieno e Salonino ; in quadriga trionfale, Ihrai-
ziano, Severo Alessandro e Gordiano Pio e Gallieno.
Adriano e M. Aurelio li vediauio in attitudine di
caccia o di giuochi : An/onmo Pio, Se/finito Severo,
Caracalla. Severo Alessandro e Gaìliciia sacrificanti ;
Adriano frale iusegue luilitari : Filippo giovane e Sa-
lonino quali principi della gioventù.
Lo Augusto sono ricordate per lo più coi mas-
simi onori loro accordati, il Carpeuto (Afpv'ppjina e
Faustina), la biga d'elofanti (Fcotslina) o la Cousa-
crazione (Mariniana\, la (juale ]>el stdo Salonino fra

mai stata avvertita nei molti bronzi anteriori, incominciando da Caligola.


Forse fu ammesso o sottinteso die le letti-re s v q k, elio semiire vi si
leggono, ne fossero una specie di siirroic.'itn. M.inon lo sono jjunif. perdio
tali iniziali si riferiscono al fatto ilei cjiirui'',m..-iito ilulla C/rona civica al-
l'imperatore da parte del Popolo e dui SlmkiIo; ma non liaiiiKj alcuna
attinenza colla coniazione della moneta. Taiito è vero die niuiiido una
-yolta una simile moneta viene coniata dal .'senato, poit.a le soliti^ si^■le
SO. (Vedi i brcjiizi di 'l'i-ajano descritti al X. .5L»S, 50» e 510,) e del restj
gli altri numerosissimi bronzi senatori di 'l'j-.aiano colla leggenda s l' t,> l;
OI'TIMO l'iilNi ll'l non m.'incano mai d^dl' s e.
Lo stesso ragionamento valga per le moneta colla leggenda K.\ s. e,
che troviamo sotto Galba o Faustina maire. Tale leggenda, come nel
caso precedente, ò nt'eribile al conferimento della cortina civica (tJalbaj
o agli onori decretati per la Consacrazione (Faustina): ma non già alla
coniazione della moneta, la (pialr, quando è d'emissione del Sciiatc, |)orta
le sigle se in aggiunta alla leggenda ìi\ se o SEN.VTVS co.nsvi.to, come
p. es, nel G. B. di Marciana.
53
430 FKANCKSCO GNECCHI

i Cesari e gli Augusti, ò ricordata su moneta non


senatoria.
Queste le rappresentazioni principali e più fre-
quenti. Restano alcuno altre monete con Roma (Ne-
rone, 'Traiano), colla Sicilia (Adriano), colla Dacia
(Traiano), con alcuni monumenti (Nerone, Adriano,
Caracalla, Severo Alessandro), colla Vittoria (Vespa-
siano, Commodo, Sev. Alessandro, Gallieno), con una
trireme (Nerone, Lucio Vero, Gordiano), con un'aquila
romana (Nerone), colle quattro Stagioni (Antonino
e Commodo) , cogli attributi di Ercole (Commodo),
cogli istromenti da sacrificio (Commodo, Salonino),
con qualche simbolo, fra cui predominante il Ca-
duceo (Vespasiano, Tito, Domiziano, Adriano, Anto-
nino Pio), con allusioni militari (Sev. Alessandro,
Giulia Mammea'), con voti o saluti dell'Esercito, del
Senato e del Popolo (Gallieno). In fine il tipo delle
tre Monete, il più comune sui medaglioni, figura
pure ripetutamente sullo monete semplici impera-
torio, incominciando da Elagahalo e dalle sue donne
fino a Gallieno.
Le rappresentazioni, die mancano quasi com-
pletamente nei bronzi coniati direttamente dall'Im-
peratore, sono le personificazioni delle Deità astratte
Ahundantia, Pietas, Fecundifas, Pax, Salus, ecc., le
quali formano invece la maggioranza non solo sui
bronzi sonatori, ma anche sulle monete d'oro e d'ar-
gento, e costituiscono una delle caratteristiche della^
monetazione romana. Sulla moneta semplice impera-
toria, queste rappresentazioni sono affatto eccezionali
nei primi due secoli, e non è che più tardi che,
quantunque sempre raro, pure appaiono meno ec-
cezionalmente.
Come bronzi imperatorii riguardanti essenzial-
mente la persona dell'Imperatore o delle Auguste
vanno considerati tutti (meno una sola eccezione)
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 431

quelli che portano due teste, una per ciascun lato,


siano esse di due Imperatori, siano di un Imperatore
e d'un'Augusta, siano infine quelli abbastanza curiosi,
ma abbastanza numerosi per non poterli giudicare
il prodotto d' un errore o d' uno scherzo isolato, che
portano la medesima testa ripetuta sui due lati della
moneta, per lo più con ornamentazione e leggenda
variate ; ma alle volte anche perfettamente siniili in
tutto. Questi bronzi a due testo sono sempre man-
canti delle lettere S C e quindi emesse direttamente
dall' imperatore. La sola eccezione si verifica nei
bronzi colle teste di Antonino Pio e M. Aurelio, i
quali portano le lettere SC; e difatti, come di omis-
sione del Senato, sono comuni, mentre gii altri sono
tutti 0 rari o rarissimi.
Sono pure tutte imperatorie le monete che ,
incominciando colla famiglia di Settimio Severo ,
portano tre teste d' Imperatori, Cesari od Auguste,
e quasi tutte quelle che hanno duo teste al dritto
e una rappresentazione al rovescio.

La maggior parto delle monete che costituiscono


la nostra serie imperatoria si trovano già descritte
nelle pubblicazioni esistenti, e riassunte nel cata-
logo generale Cohen; tutto sta a sceveraiie dalle
senatorie con cui sono confuse W. Alcuno incom-

(4) E tale scelta non è sempre facile, percliè pareccliie monete, che
dalle descrizioni risulterebbero mancanti dello lettere s e, in realtà non
lo sono. Diverso sono citate dai vechi autori (Museo Tiepolo, Tanini.
Vaillant, cco.j, i quali, nelle loro descrizioni, omettono costantemente le
lettere s o, non perchè manchino realmente, ma perchè lo sottintendono
nelle moneto coniate dal Senato. In qualclie altra poi ebbi campo a ve-
432 KRANCKSCO GNIXCHI

plctamonte descritto abbiamo potuto completare con


migliori esemplari, alcune altre poche inedite e com-
parse dappoi, abbiamo potuto aggiungere, e così
questa serie riescirà assai più completa di quella
che abbiamo tracciata poi multipli senatori!. Quella
non era che un principio o un abbozzo ; questa invece
riassume press'a poco quanto ò conosciuto al giorno
d'oggi in tale specialità, almeno per ciò che riguarda
il grande e il medio bronzo. Quanto al piccolo bronzo,
vi si potrà forse faro tui' aggiunta importante, quando
saranno sciolto e chiarite completamente le diverse
questioni ciii abbiamo più sopra accennato.
Per non andar troppo por le lunghe, e anche
per maggior semplicità e chiarezza, abbiamo trascu-
rato le piccole varianti di leggende, di toste o di
date, limitandoci ad accennarle ove del caso e non
dando la descrizione che dei varii tipi, i quali non
sono molti, come si può vedere dal prospetto che
precode la descrizione, e la maggior parte dei quali
si ripetono sotto più imperatori.
Quando alla serie delle monete semplici (pii de-
scritta siaggiungessero i medaglioni o i multipli (di
cui la serio è già completamente stabilita), si avrà
la serie completa della monetazione imperatoria di
bronzo.

rificare che tale omissione è una semplice svista, o venne prodotta dal'a
s;couserv.izione della moneta. Sono perciò parecchie quelle clie figurano
senza s e nel Cohen, ma che noi non abbiamo creduto di far figurare
nella nostra serie, talora pei'chè non avevamo prova dell'esattezza della
descrizione, t.alora anche perchè ne abbiamo potuto avere del contrario.
?!
'"
3
H. 1'. H.
riiOSPETTO NUMERICO DFA TIPI H.DI ROVESCIO.
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11

: Caligola ... 2 2 N. . N. 4
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11 1^1
Adriano e ."cabina n 1 11 \ 11

Antonino Pio 2 9 7 ,
Faustina madre 2 11 1
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Antonino e Faustina madre .... 1 TI
n 1 n 2
11
11 1 11
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M. Aurelio 11
TI
1
M. Aurelio, Fau.stina e Conimodo . 11
;i

M. Aurelio e Lucio Vero 1 n


11 1 11
11
2
1 11 13 5'
1 Annio Vero e Commodo 1 11 1 11 " 2 11

1 Lucio Vero n TI 4 2
Lucilla n 11 3
n n 11

Settimio .'^evero n 11
• 1
Giulia Domna n 1
S. Severo e Giulia ' 11
• , 11 1
[ Severo, Cararalla e PlautilU .... n
11
1
! Severo, Giulia e Geta 1
Caracalla 3
Caracalla e Plautilla TI l
Ela,2;abalo
' 11l
i11 n
11 1
Giulia Paola. • . 1
Aquilia Severa 1 11 " 1 11 132
1 Giulia Mesa
1
TI 1
Severo Alessandro n n
Sev. Alessandro e Orbiana ^ 1" 1
Sev. Alessandro e Giulia M.ainmea . n 11 7
Orbiana
Giulia Mammea
. . n
»i

n ì 11

11 G
Gordiano Pio 11 TI 3
1 "n 1
Filippo padre 11

' Filippo padre e Otarilla 2


Filippo padre e Filippo Afelio TI 1 n 4
m 1 9 3
Filippo padre e figlio con Otarilla .
j Etruscilla « 1
Treboniano 'lallo nII 11 1
Treb. Gallo o Volusiano n 11 1
Volusiano n
TI 1 1"
11
11
11
1
Valeriane padre o Gallieno .... 11 11

n 1
Gallieno 5 22 11
27
Gallieno o S.alonina 1 TJ
3
11 1
Salonino ... _ 2 n 11 5
11

11

11

11
434 KRANXESCO GNECCHI

DESCilIZIO]S K DELLE MONETE

CALIGOLA.

1. D. : e CAESAR AVO ger:\ianicvs pon m tr pot. Testa laureata


a sinistra. — E,. : ADr>oc\'T COH. Caligola su di un palco in
atto (V arringare cinque soldati. (Anno 37 d. C).
Ct. B. Coli. 10. (Tav. X, N. 1).
Variante per la data (tr r ili e mi, anno 40 e 41 d. C). V. Cohen
N. 11 e 12.

2. D. : c CAESAR AVO GERMANicvs PON M TR POT. Testa laureata


a sinistra. — E.. : s P Q R P P OB ClVES SERVatos in una corona
di querc'a. (Anno 37 d. C). (Tav. X, N. 2).
G. B. Coh. 22.
Cohen, descrivendo questo bronzo, aggiunge in nota: u Le Médaillon
u du Cabinet des Médailles avec ce revers citò par Mionnet, et estimé
a 300 fcs, n'est qu'un grand bronze frappé sur un flan de Médaillon n Con
buona pace del signor Cohen, e, malgrado la nessuna importanza che
egli annette a questo pezzo, che egli giudica nulla più che un pezzo
qualunque battuto per combinazione su di un disco più grande, per noi
rappresenta invece un pezzo d' importanza capitale, essendo nientemeno
ohe il nestore dei mednglioni imperatore. Dato che i medaglioni non
sono che i mnltipli delle monete imperatorie, questo non solo è un vero
medaglione ; ma è importantissimo per essere il primo della serie, il più
antico da noi conosciuto ; ed era Mionnet che aveva ragione.

3. D. : Anepigrafo. Tosta nuda di Caligola a sinistra entro una


corona. — R. : o CAESAR GERM.vxicvs IMP intorno al campo nel
quale si legge: PO.NT MAXIM tribvn potest COS.
M, B. Coh. 28.

4. D. : e CAESAR GERMANICI F M AGRIPPAE N. Testa nuda a si-


nistra. — R. : DIVI AVG PRON AVGVST GERMANICVS intorno al
campo, nel quale si legge : PONT MAX TU POTEST COS.
M. B. Coh. 29.
Questi duo rarissimi bronzi (Num. 3 e 4) conosciuti solamente per
due esemplari, elio fecero parte della collezione Ilerpin, e di cui si
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 435

ignora l'attuale esistenza, presentano un tipo clie si scosta alquanto dal


comune. Tuttavia ablii&uio seguito il Colien, che li colloca nella serie
romana.

AGRIPPINA MADRE.

1. D. : AGRII'PI.VA M F MAT C CAESAIUS AAT.VSTl. Busto a destra.


— E. : s PQ R :ME.MOiaAK AGUIPIM.NAE. Carpento a sini.stra tirato
da duo mule.
G. B. Coli. 1.

Questo bronzo è postumo, perciù l'abbiamo cronologicamente collo-


cato dopo quelli di Caligola. Anche di que.sto esiste il pezzo multiplo o
medaglione, il quale per errore venne da noi collocato nella .Serie Sena-
toria (V. Appunto precedenti N. 9j.

CLAUDIO.

1. D. : TI CL.AVDIVS CAKSAii AVO p M TR P IMP P P. Testa lau-


reata a destra. — 11.: ex s c p p oh cives servatos in una
corona di quercia. (Anno 11 d. C).
G. B. Coli. 77. Var. (senza p p) Coli. 78.

NERONE.

1. D. : IMP NERO CAESAli AVG PO.NT MAX TR POI' pp. Tosta lau-
reata adestri. — R. : ADl.ocvT con. Xerouo su di un jialco a
sinistra, accom])agnato dal Prefetto del Protorio, in atto d'arrin-
gare tre soblati, davanti a uu tempio a otto colonne.
G. B. Coh. 75.
Varietà nel dritto. V. Coh. 7G e 77 e supph 7, 8.

2. D. : NEliO CLAVDIVS CAESAR AVO OEIIM P M TP. P IMP P P. Busto

laureato a destra coli' egida. — II.: an.NO.NA avgvsti ceres.


Cererò seduta a sinistra con una torcia o dello spighe. Da-
vanti a lei l'Abbondanza colla cornucopia. Fra le due un'ara
accesa, e nello sfondo una nave.
G. B. Coh. 84.
Esistono pareccliie varianti nel dritto Coli. S5 e segg.

3. D. : NERO cr,AVDiv.s caesar avg ger p m ti; p imp p p. Testa


laureata a destra. — K, : ceiìtamen' qvi.n'<ì ROM con.s. Ta-
436 FRANCESCO GNLCCHI

vola da giuoco ornata J' un bassorilievo rappresentante duo


orifoni. Sopra di esso un vaso, una corona, una palma e la
lettera s. Sotto un disco.
P. B. Coli. 109.

4. D. : KKUO CLAUD CAESAR AVO GEK.M P M TR 1' IMI' I> 1". Testa
laureata a sinistra. — R. : CO.NG li DAT POI' U. Nerone seduto
su di un palco collocato a sinistra. Sullo stesso ])iano un
uomo seduto, che fa distrilju/.ione a uu altro che sale i gra-
dini, al basso dei quali sta un fanciullo. Dietro l'uomo seduto
la statua di Pallade, davanti la Liberalità.
G. B. Coh. 113.
Esistono parecchie varianti nel dritto. V. Coli. 114 e segs;. e sup].!. 17.

5. D. : NERO CLAVI) 0 CLAVDIVS CAESAU AVG GERM P M TR P HIP

; p p. Busto laureato a destra coli' egida. — R. : decvrsio. Ne-


rone galoppante a destra preceduto e seguito da due soldati,
di cui quello davanti porta un' insegna.
G. B. Coh. 1S2.

G. D. : Medesima leggenda. Testa laureata a sinistra. — R. : Lo


stesso, ma il soldato che sta davanti porta un vessillo.
G. B. Coh. 133. (Tav. X, N. 3).

7. D. : IMP KERO CAESAR AVG GERM. Testa laureata a destra.


— R. : iMP NERO CAESAR AVG GERM. Testa laureata a sinistra.
M. B. Coh. 146 e var. 147.

8. D : NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GERM. Elmo SU di una colonna.


Dietro un'asta. A destra l'egida. — R. : PO.N M TR P I.MP P P.
Ramo d'ulivo.
P. B. Coh. 198.

9. D. : NERO CLAVDIVS CAESAR AVG GERMANIO. Testa nuda a si-


nistra. — R. : PONTIF MAX TR P IMP P P. Nerone laureato a
destra in abito femminile, in atto di cantare accompagnandosi
colla lira.
M. B. Coh. 204.

Varianti nelle legi^ende V. Cohen N. 20.j o segg. e suppl. N. 04. Ane-


pigrafi al rovescio Coh. 278 e suppl. 58.
SERIE DEL ERONZO IMPERATORIO, ECC. 437

10. D. : NERO ci.AVD CAESAR AVO GRM (sìc). Testa nuda a destra.
— R. : ROMA. Roma seduta a sinistra su di una corazza col
parazonio, il piede destro appoggiato su di un elmo.
P. B. Coh. II ediz. 272.

11. D..: NERO CLAVDIVS CAESAR AVO GERM P M TR P I.MP P P.


Testa nuda a destra. — R. : Anepigrafo. Roma come nel pre-
cedente.
M. B. Coh. II ediz. 353.

12. D. : NERO CL.AVD CAESAR .VV(Ì GERM P M TR P IMP PP. Testa


laureata a destra. ■— R. : Anepigrafo. Il Macello.
M. B. Coh. 276 e var. 277.

13. D: NERO CLAVD CAESAR AVO GER P M TR P IMP P P. Tosta


radiata a destra. — R. : Anepigrafo. Aquila romana fra due
insegne.
M. B. Coh. II ediz. 358.

14. D. : IMP .NERO CAESAR AVG P MAX TR P P P. Testa laureata


a sinistra. Sotto un globo. R. : — Anepigrafo. Nave a vela con
dei rematori diretta a sinistra.
M. B. Coh. supi.l. 59.

GALEA.
1. D. : SER GAEHA IMP CAESAP. WCi TU P. Testa laureata a sini-
stra. — R. : EX s e OH ci\'ES SKRVATOS in una corona di
quercia.
G. B. Coh. 122 o var. 123, 121.

2. D. : SEK GAEIU IMP CAESAR A\''; TR P. Basto latireato a destra.


— II. : S p () u 01! ci\' SKli in una corona di quercia.
G. B. Coh. 233, e varianti Coii. 235, 23(5, 237, 23-ì, 240, 241,
suppl. C)Qj 70 ed altri.
3. La medesima moneta.
M. B. Coh. 234 e var. 239, 252, suppl. 71 ecc.

VI TEL LIO.

1. D. : A VITEI.I.IVS GERMANlc^-s p M TR P. Testa laureata a


de.stra. — R. : s p q R oh civ SER in una corona di quercia.
G. B. Coh. 90.
438 FRANCESCO GN'IXCHI

VESPASIANO.

1. D. : IMP CAKSAR VESPASrAN AVG. Testa laureata a destra.


— E.. : PON MAX TU POT P P COS V GENS. Caduceo alato fra
due cornucopie. (Anno 74 d, C).
M. B. Coli. 365. Var. nel dritto Coli. 366.

2. D. : IMP CAESAR VKSPASIAN AVGVST. Testa laureata a destra.


— E,. : PONTIF JIAX ? TK P COS VII GENS. Vittoria a sinistra con
una corona e una palma. (Anno 76 d. C).
P. B. Coh. 367.

3. D. : IMP CAESAR VESPASIANVS AVO P M T P P P COS II DES III.


Testa laureata a destra. — li. : s P Q R ADSERTORI LIBERTA-
TIS PABLICAE in una corona d' alloro. (Anno 70 d. C).
G. B. Coh. 402.
Variante colla data dell'anno 71. V. Coh. 463, 46i.

4. D. : IMP CAESAR VESPASIANVS kXG P M T P P P COS III. Testa


laureata a destra. — R. : S P Q R GB CIV SER in una corona
di quercia. (Anno 71 d. C).
G. B. Coh. 465, e varianti colla medesima data dell'anno 71 op-
pure con quella del 77 o 78 N. 4G7, 4G3, 469.

5. D. : IMP CAESAR VESp WG p M T p COS IIII CEXS. Testa lau-


reata a destra. — E,. : s P Q K OB CIV SER in una corona di
quercia. (Anno 72 o 73 d. C).
M. B. Coh. 466.

TITO.

1. D. : IMP T CAES VESP AVG P M TR P COS Vili. Testa laureata


a sinistra. — R. : Ripetizione del dritto. (Anno 80 d. C).
M. B. Coh. 185.

2. D. : T GAES IMP PONT. Testa laureata a destra. — E. : PON MAX


TR POT P P COS V GENS. Caduceo alato fra due cornucopie.
(Anno 76 d. C).
M. B. Coh. 210.

3. D. : T CAES IMP. Testa laureata a destra. — R. : PON TR POT.


Caduceo alato.
P. B. Coh. 211.
4:39
SERIE DEL BRONZO IMPERATOUIO, ECC.

4. D. : T CAES niP pon tr p COS II GENS. Testa radiata a destra.


— R. : S p Q R OB CIV SEK in una corona di quercia.
M. B. Coh. 28G.

5. D. : T CAES IMP PONT. Testa laureata a destra. — R. : TR roT


COS III CENSOR. Caduceo alato fra due cornucopie. (A. 74 d. C).
M. B. Coh. 287 e var. Coh. 288, 289.

G. D. : T CAES IMP. Testa laureata a destra. — R. : VESP P0.\


TR P. Caduceo alato.
P. B. Coh. 290.

DOMIZIANO.

1. D. : CAESAR AvavSTl F. Testa di Domiziano a sinistra. —


R. : DOMITIANVS COS II. Caduceo alato. (Anno 73 d, C).
M. B. Coh. 317.

2. D. : CAES AVO F. Testa di Domiziano a sinistra. — R. : DOMIT


COS II. Caduceo alato. (Anno 73 d. C).
P. B. Coh. 318.

3. D.: DOMITIANVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. — R.: GER-


MANICVS COS XVI. Domiziano in quadriga lenta a sinistra.
(Anno 92-94 d. C).
M. B. Coh. 353.
4. D. : IMP CAES DIVI VESP F DOMITIAN AVO V M. Testa laureata
a destra. — R. : Ripetizione del dritto.
M. B. Coh. 557.

5. D. : IMP DOMIT AVG GKRM. Busto galcato di Pallade a destra.


— R. : IO IO TRIVMP. riivo.
P. B. Coh. 358.

6. D. : IMP CAES DIVI VESP F DOMIT .WG GERM COS XI. BuStO
laureato a destra coli' egida. — R.: Anepitcrafo. Pallade seduta.
G. B. Coh. suppl. 98. (Vendita Uobler).

TRAIANO.

1. D. : IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC P M TR P COS


V P P. Busto laureato a sinistra col paludamento e la corazza.
440 KKANCKSCO GNIXCHl

— R. : ADVE.NTVS AVO (in alto) S 1' Q K Ol'T PRINCIPI (al-


l'esergo). Traiano a cavallo a de-stra in abito militare e con
un'asta, preceduto dalla Felicità con un caduceo e una cor-
nucopia, e seguito da tre militi. (Anno. 104-110 d. C).
G. B. Coli. 296 (ilato come medaglione).

2. D. : niP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC P M TR POT COS

VI P P. Busto radiato a de.stra. — R. : da gap (all' esergo)


s P (^> li OPTIMO PRINCIPI (in giro). La Dacia ignuda colle
mani Ijgate inginocchiata a destra su un mucchio d' armi.
(Anno 112-117 d. C).
M. B. Coh. 34.
Cohen dà incompletamente questo bronzo al N. 31 del supplemento.
— V. Gazzetta JS'umismatica di Como, 1880. Monete e Medaglioni Ro-
mani inediti nella collezione Gnecohi a Milano, III Serie, Num. 09.

3. D. : IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GERM DAC P M TR P COS


V P P. Busto laureato a destra. — R. : Ripetizione di diritto.
M. B. Coh. 351.

4. D. : IMP CAES NEPVA TRAIAN AVG GERM P M. Busto laureato


a destra. — E. : S P Q R OB CIV SER in una corona di quercia.
■ CI. B. Coh. 402.

5. D. IMP CAES NERVA TRAIAN AVG GERM P M. Busto laureato a


destra. — R. : TR POT COS II. Roma galeata seduta a sinistra
su di una corazza con una piccola Vittoria e il parazonio.
Dietro di lei due scudi oblunghi e uno rotondo.
G. B. Inedito. Coli. Gnecchi a Milano. (Tav. X, N. 5).
NB. Questo bronzo, quantunque abbia tutta l'apparenza esteriore di
una moneta senatoria, come tutte le monete imperatorie di quest'epoca,
è però di una fattura molto fine e d' uno stile superiore a quello del
tipo comune.

6. D. : IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC P M TR P COS


VI (?) P P. Busto laureato a destra. — R. : Anepigrafo. Giove
tra Pallade e Giunone ; a terra una civetta, un' aquila e un
pavone.
G. B. Coh. 297. (Dato come medaglione).

7. D. : IMP CAES NERVAE TRAIANO AVG GER DAC I' M TR P COS


V P P. Busto laureato a destra. — ■ R. : Anepigrafo. Testa di
Giove Ammone a destra. (Anno 104-110 d. C).
G. B. Coh. 208. (Dato come medaglione).
SLRIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 441

ADRIANO.

1. D. : IIADIUANVS AVC.VST\'S V P. Testa laureata a destra. —


R. : AKLIA.VA PINCENSIA ili una Corona d'alloro.
P. B. e P. B. Quin. Coh. G44-G.55.

2. D. : HADRIAN^•s AA'G cos IH p p. Busto laureato a destra col


paludamento. — R. : con PltAETOR (all'esergo). Adriano su di
un palco a destra accompagnato dal Prefetto del Pretorio, in
atto d'arringare tre soldati armati da scudo. Un sesto perso-
naggio èIra l'imperatore e i soldati, visto per di dietro e
tiene la spada (o le verghe).
M. B. Coh. 095. V. Gazzetta Nuuiismatica di Como. Memoria
cit. N. 127.

3. D. : HADRINNVS AVO COS III 1' V. Testa laureata a destra. —


R. : COHOUT l'KAETO (paro che s e manchino). Adriano su di
un palco eretto a destra, accompagnato dal Prefetto del Pre-
torio, in atto d'arringare tre soldati e un capo. Il soldato che
sta nel mezi^o tiene un cavallo per la briglia.
G. B. Coh. suppl. 78.

4. D. : IIADRIANV.S AVGVSTVS.. Busto laureato a destra col palu-


damento. — R. : co.s HI. Ercole ignudo a destra, appoggiato
alla clava, colla pelle del leone e un ramo.
G. B. Coh. 566.

5. D. : HADlilA.ws AV'iVSTVS. Busto laureato a destra. — R. : cos


III. Civetta su di un'i-^ida, aquila su di un fulmine e pavone.
G. B. Coh. 569 e Var. \'. (nizzutla SiunUuiatuM di ('omo. Mem.
cit. N. 121.

G. D. : IIADIUANN'S A\GVSTVS. Busto laureato a destra. — R.: COS


IH. La Lupa a destra con Romolo e Remo.
G. B. Coh. 570.

7. D. ; iiADRlANVS A\"GVSTVS. Testa laureata a destra. — R. : cos


III. Ammasso d' armi.
G. B. Coh. Suppl. 82.
XH. Xon è ben sicuru se lo lettore s e iiiamliino veramente a questo
bronzf).
442 FRANCESCO GNiìCCHI

8. D. : IIADIUANVS AVGVSTVS P p. Testa laureata a destra. —


R. : COS III. La Salute seminuda a sinistra appoggia la sinistra
sulla spalla d'Esculapio, che tiene un bastone con un serpente
attorcigliato a cui la Salute offre a mangiare. A destra una
colonna con una statua.
G. B. Coli. II Ed. 372.

9. La stessa moneta (con testa radiata a destra).


M. B. Coli. II Ed. 373.

10. D. : IIADRIANVS AYGVSTVS. Testa laureata a destra. — R.: cos


III. Diana a destra coU'arco e la freccia.
G. B. Inedito (tipo del K 717 di Cohen). Coli. Gnecchi a Milano.
(Tav. X, N. 4).

11. D. : IIADRIANVS AVGVSTVS. Testa radiata a destra. — R. : cos


HI. Modio con cinque spighe.
P. B. Coh. suppl. 83.

12. D, : IIADRIANVS AVGVSTVS. Busto nudo a sinistra col palu-


damento. — R. : COS III P P. Adriano a sinistra fra cinque
insegne militari colla destra alzata e con un'asta.
G. B. Coh. II Ed. N. 490.

13. D.: IIADRIANVS .WOVSTVS. Busto laureato a destra. — R. : cos


111 P P. Adriano al galoppo a sinistra col manto svolazzante,
in atto di trafiggere colla lancia un cinghiale.
G. B. Coh. 567 e var. 568.

14. D. : IIADRIANVS .4.VGVSTVS. Busto laureato a destra col pa-


ludamento. — R. : cos III P P. Ercole ignudo seduto a destra
su di una rupe colla clava e la pelle del Leone. Ai suoi piedi
una testa di cinghiale.
M. B. Coh. 753.

15. D.: IIADRIANVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. — R.: cOS


III p p. Mezzaluna e sette stelle.
M. B. Coh. 760.

16. D. : IIADRIANVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. — R.: cos


III p 1". Caduceo.
P. B. Coh. sappi. 85.
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 443

17. D. ; IIADRIANVS AYG COS III P P. Busto nudo a destra colla


corazza. — R. : exerc britanxicvs. Adriano a cavallo a destra
in atto d'arringare quattro soldati.
G. B. Coli. 784.

38. D. : IIADRIANVS AVGVSTVS. Biisto laureato a destra con pa-


ludamento e corazza. — E,.: iiadrianvs AVGVSTVS. Busto lau-
reato a destra.
M. B. Coh. 917. Var. 918, 919, 920, 921, e suppl. 103.

19. D. : HADRIANVS AVG COS III p p. Busto laureato a destra


col paludamento. — R. : lovi CONSERVATORI. Giove ignudo di
fronte stende il suo manto e il fulmine colla destra sopra
Adriano. Colla sinistra tiene imo scettro.
G. B. Coh. 571.

20. D. : HADRIANVS AVGVSTVS p P. Busto laureato a destra. —


R. : lOVI OPTIMO MAXIMO S P (J R in una corona di quercia.
All'esergo cos III.
G. B. Coh. 572.

21. D. : IMP CAESAR TRAIAN HADRIANVS AVO. Busto laureato a


destra col paludamento. — R. : p m tr P COS il. Busto ga-
leato di Pallade a destra coli' egida.
P. B. Coh. 1007.

22. D. IMP CAESAR TRAIAN HADRIAN AVG. Busto laureato a de-


stra col paludamento e la corazza. — R. : p m tr COS in.
Cerere a sinistra con due spighe e una torcia.
G. B. Coh. 1011.

23. La stessa moneta (testa radiata a diìstra).


M. B. Coh. 1012.

24. D. : HADRIANVS avgvstvs. Testa laureata. — R. : providentia


AVGVSTI COS III. Donna a sinistra in vesto corta con un ferro
d'aratro e un rastrello.
M. B. Coh. 1043.

25. D.: HADRIANVS avgvstvs. Busto laureato a destra col pa-


ludamento. — R. : ROMVLO CONDITORI. Romolo corrente a de-
stra con un' asta e un trofeo.
G. B. Coh. 573.
444 FRANCi;SCO GNKCCHI

2G. D. : IIADRIANA'S AVO COS III P P. Busto nI^lo a destra. ^


E,.: SICILIA. La Trlquetra colla testa di Medusa nel contro.
Sotto il mostro Scilla, a sinistra due o tre figure, a destra il
faro di 3Iessina ?
G. B. Coli. 1141.
L'esemplare del Gabinetto di Francia è cosi male conservato clie
non si potrebbe assicurare se lo lettere s o mancliino veramente.

27. D. IIADRIANVS AYGVSTVS. Busto nudo a destra col paluda-


mento. — E.. : S P Q R AN F F HADRIAXO AVO P P in una co-
rona di quercia.
G. B. Coh. 574.

28. D. : IIADRIANVS AVG COS III P P. Testa nuda a destra. —


R. : VKNERI GENETRICI. Venere di fronte rivolta a sinistra con
un trofeo e appoggiata allo scudo collocato sopra di un elmo.
G. B, Coh. II Ed, 1446.
NB. Quantunque Cohen dia questo bronzo come un medaglione, dal
disegno che se ne offre, mi parrebbe più giusto classific.irlo fra i G. B.
che non hanno ancora il tipo di medaglione.

29. D. : IIADRIANVS AVG COS HI p p. Busto laureato a sinistra


colla corazza. — R. : "\'ESTA. Vesta seduta a sinistra col pal-
ladio elo scettro.
G. B. Coh. 556.
NB. Questo bronzo è dato come medaglione nella prima Edizione.
Nella seconda invece come gran bronzo e mi pare con maggior ragione.

30. D. : IIADRIANVS AVGVSTVS PP. Busto laureato a destra col


paludamento e la corazza. — R. : ^'IRTVTI AVGVSTI. Adriano
galoppante a destra in atto di lanciare un giavellotto contro
un leone corrente.
G. B. Coh. 1158.

31. D. : IIADRIANVS AVG COS III p p. Busto nudo a destra col


paludamento. — R. : Anepigrafo. Giove seduto fra Paìlade e
Giunone. Al di sopra un'aquila.
G. B. Coh. 575.

32. D. : IIADRIANVS AVG COS III p p. Busto nudo a destra col


paludamento. — R. : Anepigrafo. Ponte a setto archi ornati
da statue.
G. B. Coh. 576.
SERIE DEL BRONZO IMPEUATOlìIO, ECC. 445

33. D. : ]IADR[ANVS -WG COS III i> P. Testa laureata. — E,. Ane-
pigrafo. La Salute in atto di nutrire un serpente attorcigliato
attorno a un albero e appoggiato a un'ara, sulla quale si legge:
S.ALVS.
M. B. Coh. Sappi. 127.

34. D. : II.ADRIANVS AVO COS IH p p. Busto laureato a destra col


paludamento. — E,. : Anepigrafo. Iside a sinistra. A sinistra
un tempio (t), a destra una civetta su di una rupe. Nello sfondo
un bastimento.
M. B. Coh. 1161.

ADRIANO E SABINA.

1. D. : IIADRIANVS AVGVST^■s. Testa nuda a destra. — R. : SABINA


AVGA'STA. Busto diademato a destra.
M. B. Coh. 1. Var. 2 a G. Suppl. 2 ed altre.

ANTONINO PIO.

1. D. : ANTONi.ws AV.; Pivs pp TR P W'III. Testa laureata a


destra. — R. : cos III. Giove fanciullo sulla capra Amaltoa.
(Anno 155 d. C).
M. B. Coh. 531.

2. D. : ANTONINVS Avr, i>n's !■ p TU P. Testa laureata a destra.


— R. : COS III. Diana caciatrire correntu a destra con un cane.
Dietro a lei un albero. (Anno 145 d. C).
M. B. Coh. 532.

3. D. : ANTONIN\"S AVr, i>i\s i' !■ TR P XXII. Testa laureata a


sinistra. — 1!.: Cos lllt. Le quattro Stagioni rappresentato da 57

M. quattro
B. Coh.fanciulli.
511. (Anno i')'* d. C).

Forse questo tii^o esiste audio in gran bronzo, rome descritto incom-
pletamento da VaiUant (V. Cohen dìOk

4. D. : ANTONiN^-s AVc, Pl\s p p TRI' XI. Tosta radiata a dcst ra.


— R. : COS mi. Aquila su di un fulmine tra una civetta su di
un elmo e un pavone. (Anno 148 d. C).
M. B. Coh. 573.
446 FHANCKSCO GNlXCilI

5. D. : ANTONINVS AVG PlVS P P. Testa laureata, a destra o a


sinistra. — R. : tk pot cos il (senza se?) Pallacle che cam-
mina a destra collo scudo o lanciando un giavellotto.
M. B. Coh. suppl. 103 e 104.

6. D. : ANTONINVS AVG PIVS P P. Testa laureata a destra. —


R. : TR POT ros II. Caduceo alato attraversato da una clava.
P. B. Coh. 873.

7. D. : ANTONINVS .WG PIVS P P I.MP II. Testa radiata a destra.


— E.: TR POT XXI cos mi. Troja sdraiata, a destra, con sei
piccoli. (Anno 158 d. C).
M. B. Coh. 953.

8. D. : ANTONINVS AVG PIVS P P. Testa laureata a destra. —


R. : TU POT XXIII cos mi. Figura imberbe seminuda a sinistra
con un serpente, e colla destra al petto. (Anno 101 d. C).
M. B. Coh. 958.

9. D. : IMP T AEI, CAES HADR ANTONINVS AVG PIVS. BuStO lau-


reato a destra col paludamento. — R. : Anepigrafo. La Salute
a destra in atto di nutrire un serpente attorcigliato intorno ad
un albero e appoggiato ad un'ara inghirlandata, sulla quale si
leggo : SALVS.
M. B. Sconosciuto a Cohen. Gabinetto di Brera. Y. F, Gnocchi,
Btdlettino Xumi.ìmatico-Sfragi-itico di Camerino, anno 1884, N. 82.

10. D. : ANTONINVS AVG PIVS P P TU p XII. Testa laureata a destra.


— Pv,. : Anepigrafo, (o VOTA all' esergo ?) Antonino a destra
sacrificante su di un'ara davanti a un tempio tetrastilo. Da-
vanti a lui due persone.
M. B. Coh. 971.

11. D. : ANTONINVS AVG PIVS P P TR P. Testa laureata a destra.


— R. : Anepigrafo. Diana cacciatrice di fronte volta a sinistra,
olfre a mangiare con una patera a un'antilope, che a lei si
rivolge. Alla destra un tronco d'albero, cui sono appese le
spoglie d'un cervo.
G. B. Sconosciuto a Cohen.
Coli. F. Gnecclu a Milano. V. Appunti di Xumismatica Romana, I.
N. 8. Riv. It. ili Xiini., anno 1889.
SICniE TIFA. BRONZO nil'ERATOlUO, ECC. 447

12. D. : ANTO.viNVS AVO PIVS p p TK P cos HI. Testa laui-eata a


destra. — R. : Anepigrafo. Diana a destra con una lancia
nella destra e un piccolo cervo nella sinistra.
G. B. Sconosciuto a Cohen.
Coli. E. Gneoclii a Milano. V. Appunti di Xumismatica Romana,
XXI. X. 23. Riv. It. di Xuni., anno 1892.

ANTONINO PIO E ADRIANO.

1. D. : IMP T AELIVS CAKSAR AXTOXINVS. Busto nudo d'Antonino


a destra col jialudamento. — E,. : iiaiuuanì's a\'G oos ih i-p.
Busto nudo d'Adriano a ilestra col paludamento. (A. 138 d. U.).
M. B. Coli. 1. \^ar. Coli. 2.

FAUSTINA MADRE.

1. D. : DIVA AVGVSTA FAVSTINA. Basto a destra. — R. : kx s c.


Faustina con una torcia in una biga d'elefanti.
G. B. Coh. 230 e var. 231.

2. D. : DIVA AVOVSTA FAVSTiXA. Biisto a destra. — R. : ex s c.


Carpento tirato da due mule.
G. B. Coh. 232 e var. 233.

3. D. : FAVSTINA AvrrVSTA. Busto a destra. — R. : Anepigrafo.


Venere (o la Concordia ?) a destra con un'asta e una colomba.
M. B. Coh. 284.

ANTONINO PIO E FAUSTINA MADRE.

1. D. : ANTO.VINVS AVG PU'S I' P TU p COS III. Tosta laureata


di Antonino a destra. — R : DIVA AVGVSTA FAVSTIXA. Busto
di Faustina a destra. (Anno 140-143 d. C).
G. B. Coh. 2 e var. 3.

2. D. : ANTONINVS AVG .... Tosta nuda d'Antonino a destra.


— R. : FAX'STINA A\'G ANTONINI AVG pil P P. Busto di Fau-
stina a destra.
M. B. Coh. 3.
448 FRANCliSCO GNIXCKI

ANTONINO PIO E FAUSTINA GIOVANE.

1. D. : ANTONINVS AVG l'iVR p 1' TR 1' XII. Testa laureata d'An-


tonino adestra. — R. : favstinak avo i-ii avo fil. Busto
nudo di Faustina giovane a destra.
G. B. Coh. 1.

2. La atessa moneta.
M. B. Coh. 2.

MARC' AURELIO.

1. D. : M ANTONINVS AVGVSTVS. Testa laureata a destra. —


E.. : COR III. Testa laureata di Giove a destra.
M. B. Coh. 447.

2. La stessa moneta.
P. B. Coh. 448, 449.

3. AVKEMVS CAESAR AVG PI! V. Busto nudo e giovanile a sini-


stra. — Ti. : TR P III COS II. Genio alato seduto su di un leone
che cammina a destra. (Anno 149 d. C).
M. B. Coh. 741.

4. D. : AVREIJVS CAESAR ANTONINI AVG Pil FU,. Busto nudo gio-


vanile adestra col paludamento. — II. : tr p III cos II. Uomo
nudo con un globo e una bacchetta, presso di un' ara, dietro
la quale sta la Pietà colle mani alzate. (Anno 149 d. C).
M. B. Coh. 742.

5. D. : M ANTONINVS AVCr ARMENiACVS p M. Busto a destra col


paludamento e la corazza. — R. : TR P XIX IMP II COS III.
Minerva medica galeata seduta a sinistra e appoggiata col go-
mito sinistro alla spalliera della sedia in atto d'olTrire un pomo
al serpente d' Igea, attorcigliato intorno ad un albero. Dietro
a lei uno scudo e su questo una civetta. (Anno 165. d. C).
M. B. Sconosciuto a Cohen.
Coli. F. Gnecchi a Milano. V. Appwiti di Numismatica Romana, 5VII.
litv. Ital. (li Nulli., anno 1S91.

6. D. : AVREI.IVS CAESAR AVG PII F. Tosta nuda giovanile a destra.


— - R. : Anepigrafo. M. Aurelio galoppante a destra con una
insegna.
M. Coh. 819.
SICIÌUC DEI. BUONZO IMPKR ATOIilO, IXX. 449

M. AURELIO E FAUSTINA GIOVANE.

1. D. : AVKKLIVS (WESAK AVO l'il V. Tosta nuda di M. Aurelio a


destra. — IJ. : l'AVSTi.NAH A\0\"STAK. Busto di Faustina gio-
vane a destra,
M. B. Coli, suppl. 1 e var. Coli. 1.

MARC' AURELIO E COMMODO.

1. D. : M ANTONi.Nvs AVG r.F.KM Tii I' XXIX. Busto laureato di


M. Aurelio a destra col paludanieiito. — II. : i, aviìkl COMMODVS
CAKS AV(} KlL, GKK\I. Busto nudo di Coinmodo giovane a de-
stra col paludamento. (.Vnno 175 d. C).
G. B Coh. Suppl. 1.

M. AURELIO
FAUSTINA GIOVANE E COMMODO.

1. D. : M A.S'TONINVS AVO OKKM SAUM TK 1" XXXI. Tosta radiata


di M. Aurelio. — K. : favstinak ano imi a\i} f common oaes
Fir., Ava. Testo atfroutato di Faustina o di Comiuodo.
M. B. Coli. 1.

FAUSTINA GIOVANE.

1. D. : FAVSTINA AViìVSTA. i?usto a destra. — R. : Ripetizione


del dritto.
M. B. Coh. 159.

2. D. : FAVSTINAK AVU l'ii AVO Vìi.. Busto a .sinistra. — R. : vknvs.


Venere a destra in atto di coprirsi col volo e con un pomo.
M. B. Coli. II E.liz. N. 'J5U.

3. FAVSTl.NA AVOVSTA. Hiisfo a sinistra. — R, : Anepigrafo. Ve-


nere (o la Concordia) con un lungo scettro nella destra e una
colomba nella sinistra.
M. B. Sconosciuto a Cohen. Gabinetto di Brera. V. F. (Inecchi,
Boltetlinn Xn,niò-ma/ico-.'<fr<i(/i.s-firn di Canicrino, Anno 1884, N. 102.

4. D. : FAVSTINA AV(JVSTA. Busto a destra. — R. : Anepigrafo.


Iside Faria che cammina a destra col volo svolazzante o il
sistro. Dietro un faro, davanti una nave! colla vela spiegata.
M. B. Coh. 245.
450 FRANCICSCO GraxcHi

5. D. : FAVSTINA AVO PII AVG FIL. Testa di Faustina. — R. : Ane-


pigrafo. Iside col fiore di loto sul capo, col sistro e uno
scettro, su di un cane corrente.
M. B. Cùh. 246.

G. D. : FAVSTINA AVG PII AVG FIL. Busto a destra. — R. ; Ane-


pigrafo. Pavone di faccia volto a destra colla coda spiegata.
M. B. Coli. 247.

7. D. : FAVSTINA AVGVSTA. Busto a sinistr.i. — R. : Anepigrafo.


Iside a sinistra col fior di loto in testa e il sistro in mano,
rivolta a sinistra. Ai suoi piedi un pavone e un leone.
M. B. Coli, suppl. 33.
Posseggo nella mia collezione un esemplare mal conservato di questa
moneta nel cui rovescio piuttosto che un' Iside panni vedere una Giu-
none, e a' suoi piedi un pavone o una civetta.

M. AURELIO E LUCIO VERO.

1. D. : M AVR ANTONINVS AVG IMI' xxii Testa di M. Aurelio. —


R. : . . . . Tosta di L. Vero.
G. B. Coli. 3.

2. D. : CAES M AVREL ANTONhNVS -WG COS III. Busto laureato di


M. Aurelio a destra col paludamento. — R. : nip CAES L AVREL
VERVS AVG. Busto laureato di L. Vero a destra col palu-
damento.
M. B. Coh. 4.

ANNIO VERO E COMMODO.


1. D. : ANNivs VERVS CAES ANTONINI AVG FIL. Busto nudo di Annio
Vero a sinistra col paludamento. — R. : COMMODVS CAES AN-
TONINI AVG FIL. Busto nudo di Commodo fanciullo a destra
col pahidameuto.

LUCIO VERO.

1. D.: iMP CAES M AVRELivs VERVS A^^'G. Testa laureata a destra.


-- R. : FELIC AVG TR P III (in giro) COS II (all'esergo). Tri-
cerne con vela spiegata e quattro rematori, diretta a destra.
(Anno 163 d. C).
M. B. Sconosciuto a Cohen.
Coli. Gnecclii a Milano. V. Ga;zetta Xìoiiivnaticd dì Como, 1886.
SERIE DEL BRONZO 1.\1;>I:RATOR10, ECC. 451

2. D. : Testa laureata di Vero a destra. Leggenda consunta. —


R. : La medesima testa. Leggenda consunta.
M. B. Coli. 242.

LUCILLA.

1. D. : UTH.LAK AVO ANTiìMNI AVii F. Busto a destra. — 11.: lli-


peti/ione del diritto.
M. B. Coh. 67.

2. D. : LTCU.LA AvnvSTA. Basto a destra. — lì : i>vi)ir[TlA. La


Pudicizia seduta a sinistra.
M. B. Coh. 75.

3. D. : i.rciLi.AF: avg M axto.nini wr, f. Busto a destra. —


R. : VENVS \'irTitl\. Venero a sinistra con una Vittoria o ap-
poggiata ad uno scudo collocato su di un olmo.
P. B. Coh. 91.

COMMODO.

1. D.: cOMMonn taks Avr, fu, iumim PaFvM. lìusto nudo giovanile
a destra. — R. : ^Nfi- lo^ima Icu'lC inda. Testa o busto a destra.
M. B. Coh. 171, e var. 517 e 005.

2. D. : L AF.I, A\'UKr, CuMM \vr, ]> i^'F.r,. Tosta laureata a destra.


— IIEUCVM ItOMANO A\'((. l'ercole ignudo di t'ronte. Appoggia
la destra sulla clava, e colla sinistra tiene sospeso per un
piede il leono ucciso.
M. B. Coh. suppl. 23.

3. D. : i, A\'iu:i, ('OM m a\'i; i' FKL. 'l'osta laui-eata a destra. —


R. : IO .M Sl'ONSOll SKO A\'<'. (air ingiro) cos vt 1' 1>. Criovo a
.sinistra col fulmino posa la destra sulla spalla di Commodo
che tiene un globo e uno scettro e si rivolge a lui.
GJ. B. Inedito. Coli. F. Gn-r,;!,! a >[ilauo. (Tav. X, X. C).
Questo bronzo è identico fsnlvo la manranza dolio letture s cj a
quello descritto al X. 555 ili t"'ulieii.
4. D. : I, ARI, AVRKI, ciiMM AVi> 1' Fi:t,. Busto a destra coperto
dalla pelle del leono. — 11.: 1' h. Arco e faretra, la pelle del
leone sospesa alla clava e Tridente. (Anno l')0 e 102 d. C ).
M. B Coh. 633.
452 FKANCESCO GNLCCHI

5. D. : COMMODO CAES AVG FIL GERM SARM. Busto a destra col


paliulameuto. — R. : PIKTAS aVG. Istromenti da sacrificio.
P. B. Coli. 637.

6. D. : L AEL AVREL COMM AVG P PEL. Busto laureato a destra.


— R. : i> M TR P XVII IMP vili COS VII PP. Commodo a sini-
stra sacrificante su di un'ara. In faccia a lui la Felicità o la
Pace e un vittimarlo che conduce un toro.
M. B. Coli. 697.

7. D. : COMMODVS CAES AVG FiL. Bu.sto nudo e giovanile a destra


col paludamento e la corazza. — E. : PONTIF. Coltello da sa-
crificatore, cranio di bue, berretto e simpulo.
M. B. Coli. 698.

8. D. : AEL AVREL COMM AVG p PEL. Busto laureato a destra. —


R. : TEMPORVM FELiciTAS. Le quattro Stagioni rappresentate
da quattro fanciulli.
M. B. Coh. 758.

9. D. : IMP CAES L AVREL co:mmodvs GERM SARM. Busto giova-


nile e laureato a destra col paludamento e la corazza. —
R. : TR POT COS. Vittoria che cammina a sinistra con una co-
rona e una palma. (Anno 177 d. C).
P. B. Coh. 760.

10. D. : Medesima leggenda. Busto laureato a destra col palu-


damento. — R. : TR POT II COS. La Salute a sinistra con uno
scettro in atto di nutrire un serpente che si svolge da un'ara.
(Anno 117 d. C).
P. B. Coh. 762.

11. D. : M COMMODVS ANTOXINVS AVO Pivs. Testa laureata a de-


stra. — R. : TR P Vim IMP VI COS in p p. Paliade che cam-
mina a destra collo scudo in atto di lanciare un giavellotto.
Ai suoi piedi una civetta. (Anno 184 d. C.)
P. B. Cohen 832.

12. D.: L AVREL COMMODVS AVG GERM SARM. Busto giovane lau-
reato adestra con paludamento e corazza. — R. : Anepigrafo (?)
Dioscoro col suo cavallo ; a sinistra una Vittoria.
G. B. Coh. 866.
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 453

13. D. ; COMMODVS AXT AVO p. B'.isto come il precedente. —


R.: Auepigrafo. Quadriga al passo a destra. (Anno 175 d. C.).
M. B. Coh. 867.

SETTIMIO SEVERO.

1. D. : L SEI'T SKVEKVS l'ivs .^VG. Testa laureata a destra. —


• — R. : CONCORDIAE AVOG. Severo e Caracalla sacrificanti sopra
di un'ara, e ciascuno coronati da una Vittoria. Dietro l'ara la
Concordia,
G. B. Coh. 492.
Quantunque sia impossibile verificare se veramente questo bronzo,
conosciuto solo per un esemplare appartenuto già a una raccolta ora
dispersa, sia veramente senza le lettere s e, lo si può però argomentare
con un certo l'ondamento did tipo, che si riproduce parecchie volte fra
le monete imperatorie.

GIULIA DOMNA.

1. D. : ivij.v PIA l'l-:i,IX AVG. Busto diademato a sinistra. —


R. : VESTA. Sei Vestali accompagnate da due fanciulli, sacrifi-
canti davanti a un temjìio.
M. B. Coh. suppl. 15.

SETTIMIO SEVERO E GIULIA DOMNA.

1. D. : L SEl'T SEV l'KKT A\'i: IMI'. . . . Busto laureato a destra.


— R. : IVEIA l'iA FKEIX A\'G. Busto diademato a destra.
G. B. Coh. 4.

SETT. SEVERO, CARACALLA E PLAUTILLA.

1. D. : SEl'TlMnS SI-.M-.ia'S ì'ì.I;TIN.\X AV(ì. Busto a destra col


capo coperto della pelle lìi leone. — lì,: ,\NTO.MNVS A^■GV-
STVS l'I.AVTlI.I.A AMa'STA PONT 'l'K P V lOS. I?usti affrontati
di Caracalla giovane laureato e di Plautilla, (Anno 202 d C).
G. B. Coh. 1.

GIULIA DOMNA
SETT. SEVERO E G E T A.
1. D. : IVMA PIA KEI.tX AVG. Busto diademato di Giulia a destra.
— R. : AETERNIT I,\1PEP>I. Busti affrontati di S. Severo lau-
reato e di Geta a testa nuda.
G. B, Coh. suppl. 1.
454: KRANCLSCO GNECCHI

CARACALLA.
1. D. : ANTONIXVS PlVS PONT TR P VI. Busto giovanile laureato
e paludato a destra. — E.: INDVLGENTIA AVGG IN CARTII. La
Dea Celeste di Cartagine seduta su di un leone corrente a
destra; dietro una rupe da cui sgorga una fonte.
G. B. Coh. 407. (Bibl. di S. Marco a Venezia).
2. La stessa moneta.
M. B. Coli. 408.

3. D. : ANTOXixvs Pivs avo. Busto imberbe laureato a destra col


paludamento. — lì. : TRAIECTVS (all' esergo) PONTIF TR P Xll
COS III. Ponte su cui passano delle figure a piedi e a cavallo.
Sotto tre barche.
M. B. Coli. 568.
CARACALLA E PLAUTILLA.
1. D. : M AVREL AXTONixvs PIVS AVG. Testa di Caracalla. —
R. : PLAVTILLA .AVGV.STA. Testa di Plautina.
Gr. B. Coh. 4 (dal Museo Tiepolo).
ELAGABALO.
1. D. : IMP CAES M AVR ANTONiNVS PIVS AVG. Busto laureato a
destra col paludamento e la corazza. — R. : AEQVITAS AVGVSTI.
Le tre Monete, ciascuna colle bilancie e la cornucopia. Ai loro
piedi dei mucchi di metallo.
G. B. Coh. 160.
GIULIAPAOL A.
1. D. : IVLIA PAVI.A AVGVSTA Biisto diademato a sinistra. —
II. : AEQVITAS PVBLICA. Le tre Monete come nel precedente.
G. B. Coh. 11. Var. con aeqvitati PVIìLICae. Coh. 12.

AQUILIA SEVERA.
1. D. ; IVLIA AQVILIA SEVERA AVG. Basto diademato a destra.
— R. : Come il precedente.
G. B. Coh. 4.

2. D. : IVLIA AQVILIA SEVERA .AVG. Busto a destra. — R. : con-


cordia. Aquilia a destra porge la mano ad Elagabalo. Fra
loro la Concordia, che li -abbraccia entrambi.
M. B. Coh. 8.
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 455

GIULIA MESA.
1. D. : IVLIA MAESA AVGVSTA. Busto diademato a sinistra. —
R. : AEQVITAS l'VHLiCA. Le tre Monete come nei precedenti.
G, B. Coh. 22.

SEVERO ALESSANDRO.

1. D. : nip SEV Alexander avg. Busto laureato a destra col pa-


ludamento. — R. : ADLOCVTIO AVGVSTI cos III p p. Alessandro
con due altri personaggi in atto d'arringare tre soldati.
M. B. Coh. suppl. 14.

2. D. : . . , — R,: oo.n'oordia avgvstoiu'M. Alessandro e Giulia


Mammea che si danno la mano.
G. B. Coh. 252 (da Mionnet).
3. D. : IMP SEV ALEXA.NDE ; AVG. Busto laureato a destra. —
R. : FIDES MIIJTVM. Alessandro in abito militare rivolto a de-
stra e con un lungo scettro in atto di versare una patera su
di un'ara, e coronato dal Valore militare che gli sta di dietro
con uno scudo. Davanti a lui Giovo ignudo col mantello dietro
le spalle col fulmine nella destra e lo scettro nella sinistra.
M. B. Sconosciuto a Cohen. Coli. F. Gnecchi a villano.
(Cohen dà questa moneta con s e. V. N. 250). (Tav. X, N. 7).
4. D.: i.vip CAES M AVR SEV AEEXANDEU AVG. Busto laureato a
destra col paludamento. — R. : lovi VETOiti p m tu i' ih cos
pp Tempio con porticato, nel centro del quale si vede la
statua di Giove. (Anno 224 d. C).
M. B. Coh. 269.
5. D. : IMP CAES M AVlt SEV ALEXANDER AVG. Busto laureato a
destra col paludamento e la cora/./a. — R. ; uh avg IH (al-
l'esergo) PONTIF MAX TR P V ros il P P. (all'intorno). Tipo
del Congiario. (Anno 226. d. C).
M. B. Coh. 272.

6. D. : Medesima leggenda. Busto a destra col paludamento. —


R. : LUiERALiTAS AVGVSTI H. Congiario. (Anno 224 d. C).
M. B. Coh. 279.

7. D. : Come il precedente. — ■ R. : p m tr p V cos II P P. Lo


Terme d'Alessandro. (Anno 220 d. C).
M. B. Coh. 333.
456 FRANCESCO GNECCHI

8. D. : IMP SEV ALEXANUF.it AVG. Busto laureato a destra. —


R. : 1' M TR P VIH cos III P P. Alessandro con un ramo e ac-
compagnato dalla Vittoria in quadriga di fronte diretta a si-
nistra. Icavalli di destra e di sinistra sono condotti da due
soldati. Al secondo piano tre soldati. (Anno 229 d. C).
M. B. Coh. 370.

9. D.: IMP CAES M AVR SEV ALEXANDER AVG. Busto laureato a


destra col paludamento. — U. : poInTIF max TR P V COS II
p p. Lo Terme. (Anno 226 d. C).
G. B. Coh. 418.

10. D. : IMP e M AVR SKV ALEXANDER AVG. Busto laureato a destra


col paludamento. — 11.: PO.XTIF MAX TR P VII COS II P P. Roma
seduta a sinistra con una Vittoria e un'asta. Dietro uno scudo.
(Anno 228 d. C).
P. B. Coh. II Ed. N. 483.

11. D.: IMP ALEXANDER PIVS AVG. Busto laureato a destra col palu-
damento. ^ E,.: PROFECTIO AVGVSTI. Alessandro a cavallo a si-
nistra, preceduto dalla Vittoria e seguito da due soldati.
M. B. Coh. II E 1. X. 494.

12. D.: IMP ALEXANDER PIVS AVG. Busto come sopra. — R. : spes
PVBLICA. Alessandro laureato a destra accompagnato da due
soldati, ricevo una Vittoria da un personaggio che si prosenta
sotto lo spoglie della Sperau/.a.
M. B. Coh. suppl. 22.

13. D.: IMP ALEXANDER PIVS AVG. Busto laureato a destra col
paludamento e la cora/.za. — R.: VICTORIA AVGVSTI. Alessandro
a cavallo a destra, in atto di lanciare un giavellotto, prece-
duto dalla Vittoria e seguito da un soldato; davanti a lui un
prigioniero seduto.
G. B. Coh. II Ed. N. 573.

SEV. ALESSANDRO E ORBIANA.

1. D. : IMP SEV ALEXAND SALL RARI! ORBIAN AVG. Teste affron-


tate di S. Alessandro e di Orbiana. — R. : CONCORDIA AVGV-
STORVM. Alessandro e Orbiana che si danno la mano.
M. B. Coh. 3.
SERIE DKL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 457

SEV. ALESSANDRO E GIULIA MAMMEA.

1. D. : IMP SEV AI.EXAND AVG IVLIA MA:\IAEA MATEIl AVG. Ba-


sti affrontali di Alussamlro laureato e Mammea diademata. —
R. : ADi.ocvTio AVGVSTi cos IH 1' p. Tipo dell'Allocuzione.
M. B. Coh. 14.

2. D. : Simile al precedente. — R. : felicitaS I'ERI'ETVa avo.


Mammea seduta a sinistra e davanti a lei due donne in piedi,
una delle quali le presenta un globo. Dietro Mammea la Feli-
cità col caduceo.
M. B. Coh. 15.

3. D. : Simile ai precedenti. — R. : FELICITAS te:\iporvm. Ales-


sandro seduto a sinistra su di una sedia curule con un globo
e un libro, incoronato da una Vittoria. Davanti a lui la Feli-
cità e al secondo piano altra figura femminile.
M. B. Coh. 16,

4. D.: Simile ai precedenti. — R. : FiriE.^ MirjTVM. Alessandro


in abito militare e con un un'asta a destra, sacrificante su di
un tripode e coronato dal Valore militare. In faccia a lui
Giove ignudo col fulmine e lo scettro. Al secondo piano un'in-
segna militare.
M. B. Coh. 17.

5. D. : Simile ai precedenti. — R. : p m im; I' vini cos in p p.


Alessandro seduto a sinistra con una Vittoria e unu scettro
coronato da una Vittoria che gli sta ilietro. Davanti a lui un
soldato che posa su di un cippo uno scudo colla leggenda
VOT X. (Anno 230 d. C).
M. B. Coh. 18.

6. D. : Simile ai precedenti. — R. : l'UOF AVG (all'osergo) PONTIK


MAX ti; P X cos III P P. (all' ingiro). Alessandro in abito mi-
litare a cavallo a destra, preceduto dalla Vittoria o seguito
da un soldato. Al secondo piano due iitsegne.
M. B. Coh. 10.

7. D. : Simile ai pi-ecijdenti. — R. : IMMAI-: AETEUNAE. Alessan Irò


a sinistra accompagnato eia un soldato e sacrificante su di
458 FRANCESCO GNECCHI

un'ara davanti a un tempio a due colonne, nel mezzo del quale


si vede una statua. In faccia a lui due flamini.
M. B. Coli. 20.

ORBIANA.

1. D. : SAi.L n.\RmA orbiaxa avg. Busto diademato a destra. —


E. : CONCORDIA AVGVSTORV.M. Alessandro e Orbiana, che si danno
la mano.
M. B. Coh. II Edi;c. N. 7.

GIULIA MAMME A.

1. D. : ivLiA MAMAE.v AVGVSTA. Busto diademato a sinistra. —


R. : FELiciTAS PERPETVA. Tipo descritto al X. 2 di Sev. Ales-
sandro eMammea.
M. B. Coh. 40.

2. D. : Come il precedente. — R. : mater avg et castrorv.m.


Mammea seduta a sinistra con un globo (?) e appoggiata a
una cornucopia. Dietro lei un'aquila legionaria e un'insegna.
Davanti la Pietà a sinistra presso di un'ara accesa con una
scattola di profumi.
M. B. Coh. 54.

3. D. Come i precedenti. — E,. : mater castrorvm. Mammea se-


duta :davanti a lei due insegne ; di dietro una figura in piedi.
M. B. Coh. 55.

4. D. : — R, : M.^TRi castrorv.m. Mammea seduta e


davanti a lei tre insegne.
M. B. Coh. 56 (da Vaillant).

5. D. : — ■ R. : temporvm felicit.vs. La Felicità a sini-


stra con una patera e un'asta, tra una donna che tiene un'asta
trasversale, e un'altra che tiene una cornucopia.
M. B. Coh. 57 (da Vaillant).

G. D. : ivLiA MAMAKA AVGVSTA. Busto diademato a sinistra. —


R. : temporvm felicit.'vs, Mammea seduta a sinistra con una
patera e uno scettro ; davanti una donna con uno scettro ; di
dietro la Felicità col caduceo.
M. B. Coh. 58.
SERIE Dia. BRONZO IMPERATORIO, ECC. 459

GORDIANO PIO.

1. D. : iMP ciORniAXvs pivs kel -\vg. Busto laureato a sinistra


col ]ialudamento e la corazza. — R. : pontifex m.v.k tr p mi
COS II P P. Gordiano in quadriga lenta a sinistra con uno scettro
e un ramo, insieme a una Vittoria che lo incorona. Due sol-
dati accompagnano i cavalli. (Anno 241 d. C).
M. B. Cola. 305. Var. 306 e 307. (Tav. X, N. 8).

2. D. : iMP GORDi.\NVs Pivs FEL .wo. Busto laureato a destra. —


R. : TRAiECTvs .WG. Trireme diretta a destra coli' imperatore,
(o il capitano ?) cinque rematori e quattro soMati.
M. B. Coh. 323 e var. 324.

3. D. : Come il precedente. — R. : victoki.v .wc;. Tempio rotondo


tetrastilo con iscrizione greca sul frontone e colla statua di
Marte nel mezzo. A destra Gordiano velato sacrifica su di
un'ara, accompagnato da un personaggio. A sinistra un vitti-
marlo che abbatte un toro.
M. B. Coh. 333.

FILIPPO PADRE.

1. D. : iMP M i\T. piiii.ippvs .w(;. Busto radiato a destra. — R.: li-


BERAi.iTAS AVc.G Ili. Tij)0 del Congiario.
M. B. Coh. 160.

FILIPPO PADRE E OTACILLA.

1. D. : M ivi. l'iin.iprvs .wg. Busto laureato di Filippo a destra.


— R. : MARCi.\ OT.\cii, -"lAERA .wt,. Busto d'Otacilla diademato
a destra.
M. B. Coh. 5 e var. Coh. G.

2. D.: coNCORDi.v AVGf;. Busti affrontati di Filippo e d'Otacilla.


— R. : . . . . Donna in piedi con un'asta.
M. B. Coh. 17.

FILIPPO PADRE E FILIPPO FIGLIO.

1. D. : coNXORniA avgvstorvm. Busti affrontati di Filippo padre


laureato e di Filippo figlio a testa nuda. — R. : adventvs
460 FRANCtSCO GNKCCHI

AVGG. I due Pilippi a cavallo a sinistra, preceduti dalla Vit-


toria eseguiti da due soldati. Al secondo piano un' insegna e
uno stendardo.
M^ B. Coli. 6.

2. D. : iMP M ivL piiiLii'Pvs A\-(; cos II. Busto laureato di Filippo


padre a destra. — R. imp .m ivi, philippvs avo. Busto laureato
di Filippo figlio a destra.
G. B. Coh. 7.

3. La stessa moneta in due varianti.


M. B. Coh. 8 e 9.

4. D.:m ivl philippvs xoiìil caes. Busto nudo di Filippo figlio a


destra col paludamento. — R. : pietas avgvstorv.m. Busti af-
frontati di Filippo padre laureato e di Filippo figlio nudo.
M. B, Coh. 1 (pag. 227).

FILIPPO PADRE, FILIPPO FIGLIO


E OTACILLA.

1. D. : marcia otacil severa avo. Busto diademato d'Otacilla a


destra. — R. : pietas avgvstorvm. Busti affrontati di Filippo
padre laureato e Filippo figlio a testa nuda.
M. B. Coh. 3 (pag. 215).

2. La stessa moneta.
G. B. Coh. 4 (dal Museo Tiepolo).

3. D. : M IVL philippvs noril caks. Busto nudo di Filippo figlio


a destra. — R. : coxcordia .wgvstorvm. Busti affrontati di
Filippo padre laureato e di Otacilla diademata.
M. B. Coh. 3 (pag. 228).

ETRUSCILLA.

l. T).: iierexnta ktrvscilla avg. Busto diademato a destra. —


R. : pvdicitia avgvst.ve. Etruscilla seduta a sinistra con uno
scettro in atto di coprirsi il viso col velo. Davanti a lei la
Salute che nutre un serpente, di dietro la Felicità col cadu-
ceo, appoggiata ad una colonna.
M. B. Coh. 27.
SERIE DEL BRONZO IMl'E li ATORIO, ECC. 461

TREBONIANO GALLO.

1. D. : iMP cai; c vii; treb gallv.s avo. Busto radiato a destra.


— E,. : AKXAZi. Apollo ignudo di fronte su di una montagna
con un ramo d'alloro e un arco.
M. B. Cola. S7.

TREB. GALLO E VOLUSIANO.

1. D. : CON'CORDIA -WGVSTORVM. Busti laureati ed affrontati di


Treb. Gallo e di Volusiano. — R. : adve.ntvs avgg. I due im-
peratori cavalcanti a sinistra preceduti dalla Vittoria e seguiti
da un soldato.
M B. Coh. 5.

VOLUSIANO.

1. D. : IMI' e viri v.:)lvsia\ ) avg. Busto laureato a destra. —


R. : ARNAZi. Tipo descritto a Troboniano Gallo.
G. B. Coh 89.

2. La stessa moneta.
M. B. Coh. I»0.

VALERIANO PADRE E GALLIENO.

1. D. : coNCiìRniA avgv,^;(i'ì\-m. Basti alTi'ontati, laureati e palu-


dati da Valori. i:io e (iallieuo. — R. : Ai)!.oi;vTio avgvsiorv.m.
Tipo doU'Alloeuziono.
M. B. Coh. .').

2. D. : Cmho il primu lonfrt. — R. : aììvi-.mvs avc;;;. Tipo de-


scritto aTreb. Gallo o Volusiano.
M. B. Coh. G.

3. D. : Como il proc'jdeiito. — R. : i.inr.uAi.ii as avcc, i. Tipo del 59


Con^^iario.
M. B. Coh. 7 e var. CmIl 8 (i.ii:i:rai.itas .wgi; ii ?)

MARINIANA.

1. D. : DivAi; MARiNiANAi:. Busto velato a destra. — R. : consk-


cratio. Pavone che vola a sinistra trasportando ilariniana.
M. B. Coh. 18.
462 FUANCKSCO GNECCHI

GALLIENO.

1. D. : i.MP e p Lic GALLiEXvs AVO. Basto laureato a destra col


paludamento. — E. : adve.ntvs avgg. Gallieno e Valeriane a
cavallo. Tipo solito.
M. B. Coh. 736.

2. D. : Come il precedente. — R. : aeqvitas avo. L'Equità a si-


nistra colle bilancia e la cornucopia.
M. B. Coli. 737.

3. D. : iMP GAi.LiE.ws avo con. Busto laureato. Dietro Pegaso. —


E. : ALACRiTATi. Pegaso volante a destra.
M. B. Coh. 738.

4. D. : GALLiE.Nvs AVO. Busto radiato e corazzato a destra. —


R. : APOLLO co.NSER. Apollo ignudo a sinistra con un ramo di
alloro e appoggiato alla lira.
M. B. Coh. 745.

5. D.: iMP e p LicLN GALLiENvs p F AVG. Testa laureata. —


E. : COHORT PRAET PRLNciPi svo in Una corona d'alloro.
G. B. Coh. 746.

■6. D. : LMP e p Lic GALLiE.NVri AVG. Busto laureato a destra col


paludamento. — E. : diana fellx. Diana che cammina a destra
con un arco e alzando la mano destra. Ai suoi piedi un cervo.
G. B. Coh. 753.

7. D.: iMP GALLIENVS AVG. Busto laureato e 'corazzato a destra.


— E. : FIDES MiLiTVM. La Fede militare di fronte con due
insegne.
M. B. Inedito. Coli. F. Gnecchi. Milano.

8. D. : GALLIENVS AVG. — Busto radiato a destra. — E. : fidei


PRAET. Gallieno a sinistra con una palma e una cornucopia.
A sinistra un' insegna.
G. B. Coh. 798 (da Pembroke).

9. D. : GALLIENVS AVG. Testa laureata a sinistra. — E. : fides


MILITV.M in una corona d'alloro.
M. B. Coh. Suppl. 80.
SERIE DEL BRONZO IMPERATORIO, ECC. 4(53

10. D. : GALLiENvs I' F AVO. Testa laureata a destra. — R. : .mo-


.\ET.\ AVG. Le tre Monete. Tipo solito.
G. B. Coh. 785 e var. 78G. Con avgg Coli. 787, 788, 789.

11. D. : G.xr.LiENVM avg p r. Basto laureato a destra col paluda-


mento. — ■ R. : GB coNSERVATioxEM s.\i,vTis. La Salute a destra
in atto di nutrire un serpente.
M. B. Coh, 790 e var. 791 (ob conserv.\tion'em salvtis avggì.

12. D. : GAi.i.iENVM .WG sE.N'.VTVS. Busto laureato a sinistra col


paludamento. — E,. : ob libertatem recept.vm. La Libertà a
sinistra col berretto e uno scettro trasversale.
M. B. Coh. 792.

13. D. : Simile al prec. — R. : or reddit i.ibkrt. Jlodesirao tipo.


M. B. Coh. 793.

14. D. : IMP gam.ienvs .\vg. Busto radiato a destra col paluda-


mento. — R. : PA.\ .\etern'.\ .WG. La Pace a sinistra con un
ramo d'ulivo e uno scettro trasversale.
M. B. Coh. 798.

15. D. : IMI' G.\Li.iEN"vs .WG cos II. Tosta laureata a destra. — •


R. : p .M tr p V cos ih p p. Gallieno a sinistra sacrifìcanto su
di un'ara. In faccia a lui un vittimario che abbatte un toro.
M. B. Coh. 810.

16. D. : GALLiENVM .WG SEN.VTvs. Busto laureato a sinistra col


manto imperiale. R. : p m tr p xii cos vi pp. Gallieno in qua-
driga lenta a sinistra (a. 2G4 d. C).
M. B. Coh. II Ediz. 841.

17. D. : GAi.i.iEN'vs AVG. Busto laureato a destra col paludamento.


— R. : SECVRiT.vs .WG. La Sicurezza a sinistra con uno scettro
e appoggiata a una colonna.
M. B. Coh. 818.

18. D. : GALLIENVS AVG. Testa radiata a destra. — R. : secvkit


PERPET. La Sicurezza a sinistra con uno scettro e appoggiata
a una colonna. Nel campo ii.
464 l'RANCrCSCO gnkcchi

M. B. Sconosciuto a Cohen. Coli. F. Gnecchi a Milano. V. Gaz-


zetta Num. di Como, 1886. Mem. oit. N. 300.
NB. Qaesto medio bronzo sembra battuto col conio dell'argento.

19. D. : GALLiEXVs p F AVG. Testa laureata. — E,. : s p q r


OPTIMO PRINCIPI in una corona d'alloro.
G. B. Coh. 823.

20. La stessa moneta.


M. B. Coli. Suppl. 94.

21. iMP GALLiENVs p AVG. Busto laureato a destra col paludamento


— R. : TE.MPORVM FELiciTAS. La Felicità a sinistra col caduceo
e la cornucopia.
M. B. Sconosciuto a Cohen. Coli. Gnocchi. V. Gazzetta Xum.
di Como. 1886. — Mem. cit. N. 290. (Tav. X, N. 9).

22. D. : GALLiENv.M AVG SENATV3. Busto laureato a sinistra colla


clamide. — R. : tr p xii e vi p p. Gallieno in quadriga a si-
nistra collo scettro.
M. B. Coh. 825.

23. D. : CMLiEWS p f avg. Testa laureata a destra. — R. : Vic-


toria AVG III. Vittoria che cammina a sinistra con una co-
rona e una palma.
M. B. Coh. II, Ed. 1126.

24. D. : iMP e p Lic G.ALLiE.ws p F AVG. Busto laureato e co-


razzato adestra. — ■ E, : Victoria avgg. Vittoria a sinistra.
M. B. Inedito Coli. F. Gnecchi.

25. D. : galliews p f avg gerji. Busto laureato e corazzato a


sinistra armato di lancia e scudo. — R. : Victoria germanica.
Gallieno a sinistra coronato dalla Vittoria. A ciascun lato del-
l' imperatore un prigioniero seduto a terra.
M. B. Coh. 850.

26. D. : iMP GALLIENVS p F GERII. Busto laureato a' destra. —


R. : viRTVs gallieni avg. Ercole di fronte rivolto a sinistra con
un ramo nella destra, la clava alzata e la pelle del leone nella
sinistra.
M. B. Inedito. F. Gnecchi.
SEItlE DF.r, BRONZO IMl'HRATORIO, ECC. 46."

27. D. : iMP e p ijc GAi.i.iKxvs avo. Basto laureato a destra col


paludamento. — R. : vons DECEXXALinvs iu una corona di
alloro.
M. B. Sconosciuto a Cohen. Coli. Grnecchi. V. Gazzella Xiim. di
Como, 188G. Meni. cit. N. 301.

SALONINA.

1. D. : SALONiN.v AVO. Busto diademato a destra. — R. : iv.xo re-


gina. Giunone a sinistra con una patera e uno scettro tra-
sversale.

M. B. Cohen 111.
2. D. : cuRN sALi3NiN.\ ,\VG. Busto diademato a destra. — R.: pv-
DicrriA .WG. La Pudicizia seduta a sinistra.
M. B. Inedito. Coli. F. Gnecchi.

GALLIENO E SALONINA.

1. D. : coNCORDL\ .WGVSTOKVM. Busti affrontati di Gallieno e Sa-


lonina. — R. : adventvs .W(.. Gallieno e Salonino a cavallo.
Tipo solito.
M. B. Coh. 11 (e G. B? Coh. 12).

2. D. : viRTVs .WGvsTr. Testa di Gallieno coU'elmo. — R. : salo-


Nl\.\ .WG. Busto di Salonina.
M. B. Coh. 14 (e G. B. 1:5).

3. D. : Testa di Gallieno. — 11.: corni:li.v s,\loni\a


AV(,v.-5rA. Testa di Salonina.
G. B. Coh. 13.

SALONINO.

1. D. : DIVI (;.\Es.\Ri vALKRiAxu. T<;sta nuda a destra, — R. : cox-


SECR.\r[o. Aquila che vola a destra trasportando Saloniuo al
cielo.
M. Coh. 117.
466 F. GNECCHI - SERIE DEt, BRONZO IMPERATORIO, ECC.

2. D. : PIETAS SAECVi.i. Busto nullo di Salonino a destra col pa-


ludamento. — R. : lovi EXORiENTi. Giov6 sulla capra Amaltea
a sinistra.
G. B. Coh. 68.

3. D. : PC I. vAi.ERiAXvs NOP, e. Busto nudo a destra col palu-


damento. — R. : PIETAS AVGG. Istromenti da sacrificio.
M. B. Coh. 69.

4. D, : p e L vAi.ERiAws X e. Busto e. s. — R. : prinxipi ivve.vt.


Salonino a sinistra con un globo e vxn'asta rovesciata.
M. B. Coh. 74 e var. 78, 79.

ó. 1). : SPES PVBEICA. Busto di Salonino a destra. — R. : salvs


VRBis. La Lupa coi gemelli a sinistra.
G. B. Inedito.

Milano. Novembre 1S02.

Francesco Gnkcchi.
DI UN GRAN BRONZO INEDITO

DEL

NOMO TANITE

I monumenti numismatici che ci rimangono dei


diversi Xùmi o prefetture in cui si divideva l'Egitto
antico, sono, in genere, assai scarsi e preziosi. A
questa scarsità di monumenti, |ter vero diro, non
corrisponde la scarsità della bil)liogralia, che una
lunga schiera di autori trattò di proposito cpiell' in-
teressantissimo argomento (^), e molti altri lo tratta-

(1) TócHON d'Annfxy (J. F.), RerhTclies Jnstoriqiifis et r/i'ognipliiques


sur ìes mé'ìailles des H'jines oit prt'fertiDys de V Ivjypte. Paris, 1H22.
San Quintino (G. di), Descrizione delle medaijìie dei Numi ossia delle
antiche provincie e città dell' Kyittv, che si conservano nel li. Museo di
Torino. Ivi, 1832.
468 SOLONI: AMBROSOLI

rono in via inciclontalo ; di maniera che le monete


dei Nomi si trovano edite o ricordate in un gran
numero di pubblicazioni, sia d'indole scientifica sia
d'indole meramente descrittiva.
Nessun autore tuttavia, eli' io mi sappia, ha
dato notizia sinora della seguente moneta, che la
molta cortesia di un figregio nostro connazionale, il
Dott. Griuseppo Bosso, già residente per vari anni al
Cairo, mi concede di publjlicare :

Gran Bronzo. Diam. mm. 34 (mod. 9-10 di Mionnet).


;& — [ÀYT] TPAIA C€B [AAKIK]
Testa laureata di Traiano, a destra.

9' — [TjANGITHC NOMOC L IB


Figura imberbe stante, di fronte, in abito militare e

BiiiCH (Samuel), lieseavclies relative io the connection of the deities


represenfed upnn the coins of Ef/i/ptian Xomes irith the Eg-jptian Pan-
theon (in : Kumismatic Chronicìc, voi. li). London, 1839-40.
Lenormant (Ch.), }[us)'e des ant/quiféi é'jyptiennes. Paris, 1841.
Parthey (G.j, Die Gaumiinzen Aeijyptens (in : Beitnif/e sur alteren
Miilizhunde, lierausgegeben von M. Piiider und J. Friedlaender, Band I).
Berlin, 1851.
Langlois (Victor), Xuinisiimtiqice des nomes d' Egypfe sous l' admi-
nistration romaine. Paris, 1852.
ScHLEDEHAUS (-V.), Aerjypiiscìie Noinos-Miinzen (in: Miiusstudien ,
heransgegeben von H. Grote, II). Leipzig, 18G2.
Friedlaendeh (J.), (in: Berìiner Bliitter fiir Miinz-, Siegel- und
Wappeiìliinde), Berlin, 18(i8.
Feuardknt (F.), Moniiaiei de^ nnineì oh prc'f"ctures de V Eyypte (in:
Égypte ancienne, voi. II). Paris, 1873.
De Eougé (V.t'' Jacques). Monnaieì des noinns do V Égypte (in : Beinw
numismatiqiie, Nouv. sèrie, Tome XV). Paris, 1874.
Idem, Description de quelqnei monnaies nouvelles des nomes d' Égypte
(in: Annuaire de la Societe franraise de Xitniisniatique). Paris. 1882.
rRffiH>ER (W.), Le nome sur Ics monnaies d'Egyp'e (in: Ann. de la
Soc. fr. de Nimi.). Paris, 18>»0.
De Eougé fJ.), Les personnages sur les monnaies des nomes (in :
Ann. de la Soc. fr. de Num.). Paris, 1891.
DI UN GRAN BRONZO INEDITO DEL NOMO TANITIC 4G9

con paludamento, imbracciando lo scudo colla destra


e reggendo colla manca un trofeo. A sinistra un'ara
da cui si eleva la fiamma.
(Collezione Bosso).

Come si vede, la leggenda è sgraziatamente sciu-


pata là dove appunto importerebbe che fosse più
chiara e distinta, cioè al principio del nome stesso
del Nomo. Ciò che si legge in modo indiscutibile
non è infatti che la terminazione NGITHC, la quale
tuttav^ia non può convenire che a due soli Nómi
d'Egitto, cioè al Tanite od al Tinite.
Ma un esame accuratissimo della moneta con-
duce ad intravvedere, prima del N€ITHC, le traccie di
un'alfa, preceduta alla sua volta, sembra, da un tau;
e, se il tau è incerto e affatto nebuloso, l'altra lettera,
sotto alcuni angoli di luco, diventa leggibile per
alfa, quasi con piena sicurezza, e ad ogni modo non
può leggersi assolutamente per iota, ciò che esclude
l'attribuzione al Nomo Tinite.
Il gran bronzo della Colleziono Bosso dovrebbe
quindi appartenere al Nomo Tanite: e tale attribu-
zione .sembra evidente ed inoppugnabile al chia-
rissimo Prof. Postolacca, insigne conoscitore della
numismatica dei Nómi egiziani, al cui autorevole
giudicio ebbi la fortuna di poter ricorrere durante
un mio recente soggiorno in Atene.
La figura stante, che spicca nel rovescio, sarol)be,
se non m'inganno, il dio Horo, sotto hi forma di
« Horo vittorioso », assimilato a Marte dai Greci ('-'.
Il dio è rappresentato nel nostro gran bronzo
sotto l'aspetto di un giovane imberbe, in costumo

(2) Il dio Horo assume forme svariatissime a seconda dei diversi ^.0
culti locali, talché 1 Greci, imbarazzati da queste continue trasformazioni,
lo assimilarono, talvolta a Marte, tal altra ad Apollo, ad Ercole, ad Anteo.
470 S. AMBROSOI.I • DI l.N GRAN RliOS'ZO INEDITO DKL NOMO TANITK

luilitaro, come su altre monete elei Nómi '^), ed il


trofeo lo caratterizza eloquentemente per « Horo
vittorioso " . Il Nomo Tanite ed il Nomo Setroite
orano stati formati dallo smembramento dell' antico
Nònio Khent-ahet, la cui divinità principale era ap-
punto u Horo vittorioso " (*); a aussi les eniblèmes
de ce. dieit 11 — osserva il visconte De Rougé —
.1 se rencontrent-ìls sur les monnaies des deux notnes
a jìostcrieiirs •• (5).
f^i potrà forse obbiettare che la grafia TAN€ITHC
ò nuova, leggendosi sulle altre monete di questo
Nomo conosciute sinora: TANITHC; ma il Nomo Mom-
iito ci offre esempio di una simile doppia grafia:
M€N(t)ITHC e M€Nct)€ITHC.
^li pare quindi che vi siano elementi più che
a. sufficienza per attribuire al Nomo Tanite il gran
bronzo della Collezione Bosso.
Ad ogni modo, spero di non aver fatto cosa
inutile col pubblicare una moneta che sembra asso-
lutamente inedita fra la serie dei Nómi, e eh' è pre-
gevole anche per la non comune inscrizione delhi
parola NOMOC, pregevole poi sopratutto per la straor-
dinaria sua rarità, non avendosi notizia che di un
altro solo esemplare, assai sciupato, il quale si con-
serva nel Gabinetto Numismatico del Museo Britan-
irico, come risulta da una cortese comunicazione di
queir ilhistre Direttore Sig. Stuart Poole.
Oltohrc ]S93.

Sor.ONK Amrrosou.

(3) De Rulgé (J.), Monnaies (hs nomes, etc. (Rer. niiiii., 187i), p. 48.
(4) Idem, op. cit., p. 42-44.
(5j Idem, op. cit., p. 44.
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI

XXT.

ULTIMI MINUTI E LORO MULTIPLI ANEPIGRAFI.

Avendo cominciato dai minuti la .serie di queste


mie Annotazioni sebl)ene non mi sia limitato a queste
sole monete, confesso tuttavia il mio compiacimento
ogni qual volta mi si presenti l'opportunità di ritoi-
nare su questo argomento.
Xon mi fu dato per ora di aggiungere qualche
cosa di importante per la serie antica. A (pxolla in-
vece dei minuti dei Dogi biennali col castello dei
quali conoscevamo le sigle LB, IV- HP ed IZ W, posso
aggiungerne uno colla sigla B&. che perciò dovrebbe
trovar posto dopo il n. Ilo.'} delle Tavole (fenovesi

(l) Tavole descrittive ilnlle monete della zecca di Genova dui ] l-'iO al
1814. Genova, 1891, nn. 1192-'J.5. 1311-45, 13<33 e 141a
472 GIUSEPPE RUGGERO

all'anno 1561, quantunque non si abbia dai docu-


menti conosciuti, il nome del soprastante corrispon-
dente a queste iniziali.
Il nuovo tipo della Vergine è impresso dopo il
1G38 anche sui denarini, e la prima volta che se ne
ha notizia, è nel catalogo Wellenheim (2). In seguito
n' ebbi anch'io un esemplare del peso di gr. 0,69 ed
a quanto pare di rame puro, che ho descritto e di-
segnato nelle Tavole ^3). Non avendo conoscenza di
altri esemplari o varianti, sembra vanii che fossero
questi i soli ed ultimi rappresentanti del minuto con
leggenda, quando in questi ultimi tempi me ne ca-
pitò un altro con tali caratteri da farlo riconoscere
per meno antico. Infatti tanto il busto della Vergine
quanto le lettere sono più piccole, e le stelle che
nei primi sono intercalate nella leggenda, vengono
sostituite in questo da semplici punti. Sebbene que-
st'ultimo sipalesi evidentemente meno antico del-
l'altro, pure non vorrei credere che questa monetina
possa aver continuato per molto tempo ancora, con-
siderandone lararità in confronto di quelle prece-
denti col castello, e dei denarini anepigrafi dei quali
dirò in seguito. In ogni modo è da deplorarsi che
manchino i documenti relativi di quest'epoca.
Ma indipendentemente dalla maggiore o minor
durata del minuto colla Madonna, questa specie di
moneta non ebbe fine con questo tipo, ma si tra-
smutò in quel denarino senza leggenda già riportato
da diversi autori e descritto nelle nostre Tavole W.

(2) Catalogne de la grande Collection de monnaies et méd. de mr. Welzl


de Wellenìieim. Vienna, 1844-45, n. 2623.
(3) Pag. 164, n. 1563 e Tavola V, n. 50.
(4) Benaven, Le Caissier Italie/i, Lione, 1787-88: Tav. 126, n. 50.
— Descrizione di Genova e del Genovesaio, Genova 1846 ; alla Tavola
numismatica annessa n. 57. — Tavole Genovesi n. 2147.
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 473

Di questo, non sarà fuor di luogo ripetere qui la de-


scrizione unitamente ai multipli suoi, che per mag-
gior comodità del lettore ho disegnato in capo alla
presente.

1. ^ D •1 — li]l Croce isolata V. Fig. 1.


2. ;& D •2 — 13,' V V (6). :, „ 2.
3. ,& 2. — 9 7, :, (6). ;, ., 3.
4. ,B' 3. — ij r: ri (7). -, -, 4.

L'assegnazione cronologica come si trova nelle


tavole Genovesi non va presa quale verità assolu-
tamente provata, ma un indizio importante la con-
ferma per l'anno 1751, anno che 1' Avignone aveva
segnato per queste monete. Il lettore avrà forse posto
mente alla nota nella colonna delle osservazioni, a
pag. 237, relativa alla coniazione di nuova moneta
da denari 2 in seguito alla scarsità d'argento. Il
pezzo adunque da duo denari, non fu mai usato
prima di quell' anno, ma avendosi due tipi della
moneta, cioè quello colla inziale D, e l'altro senza
iniziale, non si può asserire con certezza quale sia
il più antico, cioè coniato nel 1751 : tuttavia per
analogia del tipo, risulta evidente che il minuto
con D 1 deve essere stato coniato posteriormente a
quella data.
Circa alla provenienza della nota in margine, l'A-
vignone deve averla riportata dall'Acinelli (S) il quale

(5) Benaven, Tav. 1-2G, n. 40. — DfscriiùiHe di. Genova, etc, n. 50. —
Tarale Genovesi nn. 2145 e 2140. Di questo da due, si lia un'altra varietà
colle lettere più grandi.
(6j Tavole Genovesi n. 2141.
(7) Descrizione di Genova, etc, Tavola annessa n. 55. — Tavole Ge-
novesi n. 2143.
(8) Compendio della storia di Genova, etc, Ediz. originale, Lipsia 1750.
474 GlLSIii'l'i: KLGtilìKO

a pag. 355 del Tonio li scriveva: « Ond'ù (;lic qno-


u st'anno 1751, correndo l'indizione di Genova lìi,
u per la scarsezza d'ai-gento fu stampata in Genova
" una nuova moneta di rame da denari due, cioè
u una sesta parte di soldo, etc. " Non trovai docu-
menti a conferma di questa notizia, ma l'asserzione
dell' Acinelli non perde della sua importanza per
questo, come quella eli e è testimonianza di uno
scrittore sincrono. Per chi volesse convincersi, colla
ispezione delle Tavole, della citata penuria d'argento
in queir anno , gli sarà facile , poiché vedrà sin
dal 1720 cessare quella ricca e continuata emissione
dei buoni scudi larghi e stretti e dei loro spezzati;
nel 1722 vedrà conq^arire per poco tempo un pezzo
da 24 soldi e della metà sua al titolo di 860 : poi
qualche raro scudo stretto: scendendo verso il 1745,
vedrà come si rimediasse coll'emissione delle madon-
nine a 833 ; ma l'argento scompare definitivamente
al 1749, per non ritornare eh ■ alla fine del secolo
cogli scudi di S. Giovanni a 890.
Dalla differenza fra queste monete, consistente
nella cifra accompagnata oppur no dalla iniziale D,
nasce spontanea la domanda se possano esistere il
minuto senza D ed il da tre colla iniziale, monete
che completerebbero le due serie, delle quali dovrebbe
aversi per più antica quella coll'iniziale perchè meno
semplice. Il non conoscersi ancora queste nionete dai
raccoglitori non esclude che siano state coniate :
aspettiamo dunque che vengano fuori in seguito.
Dovrei ora trattare del peso; cosa difficile, perchè
non conoscendo quello legale, non ci rimane che
quello degli esemplari esistenti, sul quale si deve
procedere con molta circospezione. Non ho avuto a
mia disposizione un gran numero di esemplari per
formare le medie, ma tuttavia abbastanza per averne
dati sufficienti e dedurne risultati che mi sembrano
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 475

concludenti : beninteso che ho scartato quelh troppo


consunti, e qualche altro che per essere coniato
sopra un tondino più grosso, raggiungeva un peso
eccezionale. Orbene, i pezzi da Di e D 2 mi hanno
dato la media pel denaro di gì-. 0,G5, mentre quelli
senza iniziale e colla sola cifra, raggiunsero a mala
pena la media di gr. 0,45.
Volendo confrontare questi pesi con quelli di
epoche diverse dei Dogi biennali, potremo farlo be-
nissimo, avendo i pesi legali di emissione tanto per
la seconda metà del X\'J, quanto per la stessa del
XVITI secolo. Xel 1572 il pi?so dei mimiti doveva
essere di gr. 0,499. nel 1582 di 0,471, nel 1590 di
0,447 e nel 1G02 di 0,432 ('•). Infatti i minuti col
castello pesati in bunu numero, scartando i meno
conservati, mi hanno dato una media in peso di
gr. 0,45, che combina appunto colla media dei pesi
legali: e conviene ricordare che questi minuti hanno
ancora un titolo, (quantunque di soli 41 mm. \'ione
poi quello colla Vergine dopo del 1(138 che pesa
gr. 0,69, non tenendo conto del secondo esemplare
meno conservato che pesa molto meno ; e questo
aumento in peso devesi all'abolizione della lega, anzi
credo che il peso legale debba essere maggiore, ciò
che potremo forse verificare con migliori esemplari.
In seguito, forse anche prima del 1G70, si coniò
un grosso pezzo in rame da 12 denari colla metà
ed il quarto, con leggende sulle due faccie C^^), mo-
nete abolite poco dopo (l'i e che danno la media

(9) Desimom, Suiil''nari minuti, etc. in Giornale li'juaticiì a. IX- 1832,


p. 224-225.
(10) V. Tarolf: Gemresi, nn. 17GS e 1778-80.
(11) Il Desimoni, colla consueta cortesia, mi dà notizia di una tal
proibizione avvenuta in data 21 gennaio 1071, della quale trova cenno
in un ms. dell'Avignone,
476 GIUSEPPE RUGGERO

pel denaro in gr. 0,75. Qui entrano in serie le mo-


netine colla iniziale D del 1751, col peso del minuto
di gr. 0,65, seguite da quelle colla sola cifra che
danno la media di gr. 0,45.
Finalmente abbiamo quella coniazione conti-
nuata dal 1768 al 1797 dei pozzi da denari 4, col-
l'arme al ^^ ed il valore tra due rami al 9, nume-
rosa di esemplari e di leggiere varianti che danno
una media di gr. 0,40 pel denaro. Ed infatti l'ordine
di emissione in data 19 febbraio 1768 ne fissa il
taglio a. 192 per libbra, che equivale a gr. 1,649,
cioè a 0,412 per denaro.
Questi pesi in continua decrescenza, confermano
la precedenza di emissione dei pezzi colla iniziale
su quella degli altri colla sola cifra, già indicata
dalla minor semplicità di tipo.
Poiché il denarino anepigrafo mi condusse ne-
cessai'iamente a toccare dei suoi multipli da due e
da tre, trovo che qui cade opportuno di rilevare una
inesattezza incorsa in una importante pubblicazione
di pochi anni addietro, quella del Barone Furse C^^),
nella quale viene attribuito a Malta il nostro pezzo
da denari tre. E poiché mi piace dare a Cesare ciò
che è di Cesare ed al liizzini ciò che è del Rizzini,
dirò che fu per 1' appunto questo dotto amico, il
Direttore di quel Museo Bresciano che egli impi-ese
ad illustrare con tanto amore, con tanto studio e
tanta accuratezza, il quale mi fece avvertito di quel-
l'errore del Furse facile a passare inosservato, essendo
fuori del corpo dell'opera. Figura infatti nell'appen-
dice a pag. 394 con altro quattro marche, tutte
appartenenti alla raccolta di Mons. Taggiasco, e

(12) Furse E. II. Mànoires numismatiques de VOrdre Souverain de


S. Jean de Jeriisalem, Roma II Ed. 1889.
ANNOTAZIONI NUMISMA l'ICHi; GENOVESI 477

vien reputata tanto rara da assegnarle il valore di


100 lire.
Non vedo molto chiaramente quali criteri ab-
biano potuto indurre il Ch. autore o forse anche
Mons. Taggiasco, a questa involontaria sottrazione
dalla serie Genovese di una monetina molto comune
da noi, per convertirla in un raro cimelio dell'Ordine
di S. Giovanni. Xon la forma della croce, che per
l'epoca cui 1" impronta mostra di appartenere, non
si ha più altra croce per 1' Ordine che quella così
detta Maltese, cioè colle braccia a coda di rondine.
Rimane adunque quella sola e lontana analogia della
cifra 3 nel campo, con quella dei i)ezzi in rame da
tre piccioli di sei Gran Maestri che dal 1582 vanno
fino al 1657. Queste monetine che tutti i raccogli-
tori conoscono benissimo, con leggenda dalle due
parti, hanno da un lato il canqx) inquartato dell'ordine
e del G. Maestro, e dall'altra l;i cifra li nel mezzo:
analogia che fu senza dubbio causa dell'errore. Oltre
alla mancanza delle leggende e dell'arme, per cui non
si credette bene di innalzare alla dignità di moneta
il nostro pezzo, ma relegarlo tra le marche, vi è
anche un' altra differenza. La forma del 3 ha uno
spiccato carattere tutto suo per le maggiori propor-
zioni della metà superiore, e per l' allargamento
triangolare del In-accio, che la distingue da quella
dei 3 piccioli ^laltesi. Giova pur anche avvertire
che la serie monetaria dell' Ordino non offre prece-
denti di monete anepigrafi, mentre la (fenoveso ne
ha esempi perfino nel tipo della Madonna C^i. senza
contare i D 1, e i D 2 e specialmente (piello del 'J
senza il D ; e se 1' autore avesse avuto conoscenza
dell'opera Descrizione di Genova e del Genocesnio

(i;^j \'. 'lavolfi (reiior''v', n. 21 l-J. — Ben.wen, T. 120 n. 48, eto.


.178 GIUSEPPE ULGGERO

del 1846, vi avrebbe trovato il disegno della moneta


stessa. Per ultimo, la rarità esagerata data dal Furse
al nostro pezzo da 3 denari, è una controprova dello
errore di attribuzione, considerando quanto sia co-
mune nel nostro territorio ligure.
Era conveniente questa rivendicazione trattan-
dosi di una monetina cosi modesta ? Per me il
maogior o minor valore di un pezzo non deve in-
fluire sulla questione. Il vedere la stessa moneta de-
scritta o disegnata in opere illustrative di zecche
diverso, può ingenerare il dubbio che queste irre-
golarità di minor conto facciano riscontro ad ine-
sattezze di importanza maggiore. In conseguenza io
credo che incumba ad ognuno l' obbligo di de-
nunziarle.
Ho accennato più d'una volta al poco conto in
cui erano tenuti i denarini dai raccoglitori, per modo
che anche i meno rari mancavano nelle collezioni,
e pochissimi furono coloro che si occuparono a de-
cifrare qualche volta le loro leggende abbreviate.
Ora non voglio tralasciare di far nota una circo-
stanza che riguarda queste monete, che se non ba-
sterà a rialzarne il pregio, resterà a titolo di cu-
riosità numismatica. Questi infimi individui della
nostra serie metallica, ebbero anch'essi al pari dei
loro maggiori multipli nei metalli nobili, l' onore
delle falsificazioni. Non potrei asserire che i falsifi-
catori siansi occupati dei denarini dopo che si ta-
gliarono nel rame schietto, non rimanendo loro che
la sola differenza di peso; ma quando potevano avere
un piccolo lucro sulla infinitesima parte di argento
che dovea entrare nella loro lega, non trascurarono
di farlo.
Fra i minuti del Doge XXVI e dei seguenti,
ne ho alcuni che si direbbero di rame puro: tra
quelli del Governatore Agostino Adorno, ne trovai
ANNOTAZIONI NUMISMATICHE GENOVESI 479

qualcuno d'una lega giallastra come di ottone, dunque


indubbiamente falso. Né mi pareva impossibile in-
fatti che i falsificatori avessero approfittato della
gran quantità che se ne dovette coniare sotto l'A-
dorno, per mettere in circolazione i prodotti della
loro colpevole industria. Ma un documento del 12 ot-
tobre 1462 '1'^) ci conferma che venivano falsificati
anche i minuti. Il documento citato, è relativo alla
cussione di moneta argentea spicciola « cum preter
u aureos et grossos argenteos, nulla propc inveniatur
u in tota urbe moneta quam nummornm minutorum,
« qui etiam adulterinis permixti sunt. ;i

Cremona, Ottohre 1892.

G. Ruggero.

(14) Archivio di Stato, Dirersorum Communis Ltnue, reg. 79, 574.


Gian Marco e Gian Battista Cavalli

A coinpl(Mneuto del lavoro su Gian Marco Ca-


valli pubblicato nel primo anno della Ricista, credo
opportuno far seguire altre notizie, che mi sono state
comunicate in questi ultimi tempi e che mi sembrano
molto interessanti per la vita di lui. Con esse abbiamo
finalmente i materiali per riconoscere parecchi dei
suoi lavori , e uno studio ulteriore sulle monete dei
Gonzaga potrà stabilire in modo certo quanta parte
egli abbia avuto nelle produzioni della zecca man-
tovan .
Jl documento principale, che mi fu favorito dal
cav. Stefano Davari , direttore dell'Archivio , è una
lettera dell' imperatore Massimiliano al marchese
Francesco, la quale ci svela il nome del medaglista
anonimo mantovano, che lavorò nel 150G alla zecca
di Hall nel Tirolo (i) e che è appunto Gian ^[arco
Cavalli.
La lettera è la seguente :
u jraxiinilianns divina favente clementia Romanorum
u Kex semper Augustus ac Hungarie. Dalmatie, Oroatie. etc.
u Rex. Arcidnx Austrie, otc.

(1) ScHNEiDEU, hi ìin ìiìfi/iigììstiimioìì l'ino iiKiiiInniiio rMl'aiino l'ìOfì,


in questa /("/r/s/a, anno IH, [ihk- 101. Il signor Sclineider ebbe in coinu-
nicnzione la lettera di cui si natta fin dal marzo 1800; mi pare quindi
di non mancare alle regole di convenienza pubblicandola io oggi dopo
oltre due anni da rbe egli ne ebbe cognizione.
482 UMBERTO ROSSI

a Illustris princeps et consanguinee dilecte. — Usi


u. nunc siimus fideli nostro Magistro Joanne Marco de Ga-
li vallis, qui se in suo opere penitus ad vota et voluntatem
i: nostrani prestitit. Quare eum spetialibus graciis et pro-
ti motionibus amplectimur , et ipsum iam in patriam re-
ti deunteni tue dilectioni obnixe commendamus. Hortando
ti ixt eum vestri intuitu gratiose et favorabiliter commissum
ti habere et tractare velit. In eo nobis dilectio tua rem gratam
ti efiiciet siugulari gratia reoognoscendam. Datum in opido
ti nostro Insprugh, vigesima sexta die mensis Junij, anno do-
u mini millesimo (_[UÌngentesimo sexto, Regni nostri romani
ti vigesimo primo, Hungarie vero decimo septimo annis n.

ti Commissio D. Regis etc. n.

(fuori)
ti 111. Francisco Marchioni Mantue principi et consan-
ti guineo nostro dilecto. n (2).

Questa commendatizia che il Cavalli deve aver


portato in persona al marchese Francesco ci mostra
come r imperatore fosse rimasto molto soddisfatto
dell' opera dell' artista mantovano : e veramente le
monete e la medaglia pubblicate dal sig. Schneider
possono stare a pari con le più belle cose di quel-
l'epoca. La lettera fissa la durata del soggiorno di
Gian Marco in Tirolo che fu solo di quattro mesi ;
ed è anche il documento di più recente data che
abbiamo intorno a lui (3).
Sul Cavalli scultore nulla di nuovo si è trovato
negli archivii : però non è da tacersi che altri ar-

(2) Archivio Gonzaga di Mantova, rub. E, II, 2.


(3) Le ultime notizie che avevo riportato di lui risalivano al 1504,
nel qual anno era stato testimonio al testamento di Andrea Mantegna.
Egli non può esser nato dopo il 1154 perchè nel 1479 faceva parte del
Consiglio degli Ottanta di Viadana, e doveva esseve maggiorenne.
GIAN MAKCC i: GIAN BATTiSTA CAVALLI 483

gomenti sono venuti a confermare l' ipotesi già da


me accennata che il busto di Andrea Mantegna sia
opera sua.
Il Museo di Berlino acquistò tempo fa un busto
in bronzo di Battista Spagnoli , frate carmelitano e
celebre poeta latino, più noto sotto il nouie di Bat-
tista Mantovano. Esso appare lavoro dello stesso
artista che eseguì quello di Mantegna e al pari di
questo ò foggiato col busto in bassorilievo , perchè
doveva essere applicato slmilmente sopra un disco
di poi'fido. Ora fra le poesie del Carmelita liavvi il
seguente epigramma che si riferisce forse ad una
medaglia, forse ad un piccolo busto in oro del mar-
chese Francesco Gonzaga, eseguito dal Cavalli :

ti Ad Marcum Cabalhun nobilem fictorem


u Ipse nec est fictus, vivit Franciscns in auro ;
u. Quod, si fiotum, opus, Marce Caballe, tuum hoc i {^).

Non è improbabile che queste lodi al Cavalli ,


quasi sconosciuto fuori di ^Eantova e poco dopo af-
fatto dimenticato, siano un attestato di riconoscenza
del poeta per il ritratto che l'artista gli aveva fatto.
E notisi che il busto deve essere stato fuso durante
la vita di fra liattista (f lolO), poiché dopo la sua
morte si trattò di fargli un monumento con una
statua di bronzo che poi non venne altrimenti posto
in esecuzione (^>.
Giambattista Cavalh fu forse figlio di Gian
Marco, e su di lui ho trovati) due documenti che ce
lo mostrano incisore di monete per tre zecche di-

(4) opera Baplistue Mdntuniii, Antiifirpiae, 1570. Tomo IH, 31G.


(5) fìoDE, Die bromchiiste dei Jltiitista Spagnoli, nel Jahrhuch der
Konirjlich Prftiiii.ichen k-unstammliinjeii, 1800.
484 i;mbi;rto rossi

vei'se. TI primo è una lettera a lui diretta dal mar-


cliese
cliese Federico
Federico Gei
Gonzaga con cui lo sollecitava a con-
segnare certi conii

ti Jo. Baptista. — Havemo più volte dimandato al


u Grana nostro maistro de la zeccha che voglia horniai far
ii stampire le monete col David : ne ha sempre conducto in
.: longo . mo' ne chiarise che è mancato par te , che non
li riiai mai finita, donde havem:) presa adnilratione che si
.. poco conto tenete de le cose nostre, tanto più clie inten-
ti demo fate altre stampo per la zeccha di Parma. Dispia-
ii cene che preponi altri a noi. però dicemo chs mandi su-
ii bito la predetta stampa de David et che non lassi man-
.i care le altre stampe necessarie aUa nostra zeccha et così
ti le aspettamo. Sta sano.
ti Da Mantua, xii julij 1523 ri {&).

Giambattista ò dunque l'autore della bella mo-


neta col Davide, di cui dò per ora la de.^^crizione :

,iy — FÉ • Il • MAR • MANTVAE • V •


Busto a sinistra.
I{i — G-LORIAM • AFFERTE • DOMINO •
Davide seduto a sinistra suonando la lira e coronato
dalla Vittoria; davanti a Ini la fionda e la spada, e
sotto il piede sinistro la testa di Golia.

E probahihnento è suo lavoro anche la medaglia


con lo stesso soggetto e le stesse iscrizioni pubbli-
cata dal Litta ("') e descritta dall' Armand (*').
Il Grana nominato nella lettera è il medaglista
mantovano Gian Francesco Roberti , che sui primi

(G) Archivio Gonzaga di Mantova. Copialettere del marcheee, lib. ;


(7) LrrrA, Famiglie celebri (V Italia: Gomaqa, n. IH.
(8) AiiM.^M), Les mikìailleurs italiens, II, 15G, 4.
GIAN MAIiCO K GIAN BATriSfA C.iVALI.I 48j

del cinquecento cambiò cognome e si fece chiamare


Della Grana.
L' altro clocuiuento è una lettera dello stesso
Giambattista, che riguarda alcuni lavori fatti da lui
por la zecca di Reggio :

li Alli magnifici signori superiori de la Cieclia di Regio


a in Regio.
li Magnifici signori superiori.
ti Essendo venuto da me uno maestro Nicola Signorotto
ti per haver la ponzonaria del scudo di Regio, la quale me
ti fu lassata inter li mani da maestro Pandolfo per liaverlo
- servito et reconzata detta ponzonaria per non essere
u bona da cazar. Si che io ho aspettato per non bavere bauto
ti la satisfatione mia sin al presente et bora non bavendo
. cognitione del detto maestro Nicola , ij^ual dice essere
ti maestro di cieclia lie in Regio, mando uno messo a posta
ti acciò che V. S. receva dicti dui ponzoni, uno de Cbristo,
- l'altro de l'arma de la Comunità. Cosi V. S. se dicnarano
ti remandarne risposta do la receputa. No altro di continuo
u recomando a V. S. Dat. in Pomponesco, a di primo ze-
u naro 1541.

ti ,To Battista Cavallo n (p).

La zecca di li,eggi(j era stata fin dal ÌÌì'ò2 data


in appalto a Girolamo della Penna e a Pandolfo
Cervi, ferraresi, che avevano battuto moneto d'ar-
gento e di mistura ; o continuò a stare aporta con
varie intermittenze fino al 1537, essend(jne maestro
il solo Cervi, che è quello nominato nelhi lettera
riportata di sopra, >Sebl)ene sia detto orefice in di-
versi documenti, non pare che sapesse fabbricare le
stampe da se, perchè dovè rivolgersi al Cavalli, che

(9) Archivio comunale ili Reggio. Registri di lettere wl animm.


486 i;. KOSSI - GIAN MAKCO li GIAN liATlISlA CAVALLI

godeva certo grande fama nella sua arte ; e questi


li fece i conii per lo scudo d' oro, col notissimo
t)
tipo del Cristo con la croce e il motto Caius cruore
sanali, smntcs e dall'altro lato l'armo di Reggio con
la qualifica licf/n Loinhardie. La battitura di questi
scudi, che continuò con lo stesso tipo per tutto il
ducato di P]rcole II, cominciò quindi almeno nel 153G,
e il merito dell'invenzione dui conii è tutta del
Cavalli.
Un'altra circostanza apparisce vera anche per
altri documenti: nel 1540 la zecca di Reggio fu
appaltata ad Alberto Signorotti ed a Nicolò suo
figlio per un anno, contratto prolungabile a bene-
placito dtjUc parti C^J : due anni dopo questi era an-
cora maestro di zecca.

U.MiiERTo Rossi.

(lOj Archivio comunale di Reg'gio. Pi-ovvigioiii ad animili.


GRIDE RELATIVE
AL CORSO DELLE MONETE MILANESI

IN REGGIO D'EMILIA

Xell'archivio di "Reggio esistono molti docnmenti


dell'epoca in cui la città era soggetta al dominio
dei Visconti, e fra essi pnrecclii si riferiscono a. mo-
nete e al loro corso ; ne ho trascelti tre clic mi
sembrano di qualche importanza, tanto più che la
storia della monetazione viscontea non è ancora
conosciuta esattamente.
Prima in data è una grida di Itegina della Scala,
moglie di Barnaljò Visconti, sul peso e sul valore
dei fioi-ini d'oro inviata al podestà di Reggio.

a Regina de la Schala, etc.


u Fecimns (jneiulam ordinein ailuotari saprà pomloro
u florenoruni, quem voluiniis in civitate nostra Regii servari
a (lebere, ac etiain in aUis civitatibus et terris nostris. TJt
u pondas dictoruni florenorum conservetur in ipsis nostris
a civitatibus et terris proiit in Mediolano servatur. — Datum
a Mediolani, xiiij" februarii, Mcccl.xxxiiij.
u Ordo servaudus saprà pondero florenorum in civitate
u. et terris Domini est ut infra, videlicet.
u Quod constituatur unus officialis ad ponderandum
u florenos, qui non sit campsor nec mercator, qui omnes
j. florenos quos exjiendi continget in civitatibus et terris
~ preilictis, iuste et dilligenter penset et sigillet ut yen-
4S8 l'MRERTO ROSSI

;; santur et sigillanfcur in Mediolano, et lioc cura balanziis


a et oampionibns iustis et bonis ad rectum pensum Medio-
i; lani, et potestas Regii deputet unum ex iudicibus et
a collateralibus snis ad inquirendum cum diligentia si
u balp,nzie et campioni sunt insti et qiii procedat contra
a quoscumque quos inveniet contrafecisse et eos condem-
u pnet iuxta ordinem qui dabitur super hoc per potesta-
u tem, refferendarium et deputatos super intratas Regii,
.: et qui floreni expendantur ut expenduntur in Mediolano,
t; videlicet:
ti Primo. Floreni fiorentini, januensis, papinus, ducatus
li mediolanensis, papiensis bonus prò bono S. xxxij.
Ci Item florenus florentinus de medio grano S. xxxj
.. den. viiij.
a Item florenus florentinus de uno grano S. xxxj den. vj.
ti Item florenus savonensis bonus S. xxxj den. vj.
ti Item florenus savonensis de medio grano S. xxxj
t: den. iij.

ffuortj
ti Nobili viro potestati, refferendario et deputatis super
ti intratis nostris Regii n (1).

Sembra da questo documento che i fiorini di


Savona fossero di minor bontà degli altri, e il popolo
ne era tanto persuaso che non voleva riceverli : due
anni prima si era dovuto fare una grida con cui si
minacciavano multe severe a chi avesse osato dire
che i suddetti fiorini non eran buoni e non li avesse
accettati secondo la tariffa (2).
La seconda è una grida con cui Baniabò ab-
bassa il corso dei grossi e sesini :

(1) Archivio comunale ài Reggio. Provvigioni ad amiwìi.


(2) Arch. sudd. Provvigioni, 1372, 28 ottobre.
GRIDE RELATIVE AL CORSO DELLE MONETE MILANESI 489

a Domiiius Mediolani, Imperialis 'Vicarius genevalis.


u Ad evitandum dampna plurima que secuntur subdictis
.; nostris occaxione monete argenti nunc curentis, reduximus
- monetam ipsam ad precia contenta in crida quam vobis
ti mittimus presentibns introclusam. Volentes et mandantes
ti vobis qnatenus crielam ipsam statim fieri faciatis in Ci-
a vitate et episcopatu Regii et in ipsa contenta prò quolibet
ti observari. — Datum Mediolani, primo octubris Mccclxxxiij.

ffuor/J
ti Nobili militi domino potestati nec non refferendariis
ti et deyiutatis supra intratis civitatis nostre Tiegii.
ti Mandato Magnifici et ex. domini domini Mediolani etc.
ti Imperialis vicarius generalis, fiat crida qnod intentionis
ti prefati domini est et vult qnod de cetero omnes illi grossi
ti et sexini novi tam fabricati nomine prefati Magnifici
ti domini et condam bone memorie Magnifici domini domini
ti Galeazii, quam illustris principis domini comitis Virtutum
u filli sui clarissimi: ab liodierna die in antea non expen-
u dantur ncque recipiantur nisi solummodo ad computum
ti imperialium decemocto prò (quolibet grosso et imperialium
ti quatuor prò quolibet sixino. Et prò dicto predo unus-
u quisque tam nomine camere prefati domini, quam qua-
li rumcumque porsonarum comunitatis et singularum per-
ii sonarum suppositarum dominio prefati domini, de cetero
ti teneantur dare et recipere de dictis grossis et sexinis prò
u dictis quantitatibus imperialium sub pena indignationis
u prefati domini nostri, non obstantibus aliquibus cridis,
ti literis sou ordinamentis prefati domini in contrarium.
u Item qnod non sit aliqua persona cuiuscumque con-
a ditionis vel status qui de dieta moneta grosorum vel
- sexinorum de cetero audeat vel presumat incidere seu
u fondere, nec de ipsa prò iufideiiilo seu fondendo emere,
u seu extra teritorium prefati domini exportare prò fondendo
u vel incidendo ut supra sub aliquo colore, sub pena indi-
ti gnationis prefati domini et amissionis dictem onete n (•").

("3) Archivio comunale di T?eggio. Provvigioni ni? aìinum.


490 UMHKRI.O DOSSI

Dall' ultima disposizione risulta chiaro che il


vaioi'B tariffato delle monete era inferiore a quello
reale del metallo : e infatti da altre gride appare
che i grossi allora valevano ventiquattro imperiali
e i sesini, sei: perciò si minacciavano pene rigorose
a chi le avesse tagliate o fuse per venderle con
guadagno fuori di stato. Questo è un esempio carat-
teristico della tirannide di IJarnabò che non rifug-
giva da alcun mezzo per far denaro aumentando
con questa trovata il prodotto delle gabelle ; nello
stesso tempo fiiceva un disp»etto al nipote, di cui
agognava il dominio. È notevole che nella grida si
nominano le monete battuto da lui in unione al
fratello Galeazzo e quelle di Gian Galeazzo, ma non
quelle di Galeazzo solo W. Questo, per quanto di
non grande impoi'tanza potrebbe essei'e un argo-
mento in favore dell' opinione di coloro che non am-
mettono che Galeazzo abbia coniato moneta col solo
suo nome.
L'ultima grida è anche più interessante, perchè
risolve un dubbio su certe monete di Barnabò.

u Dominus Mediolani ac Comes Virtutum ac imperiaUis


V. vicariiis generaUis.
u Volnmns ut hys vixis proclamationem seu cridam
i: introinissi tenoris publice fieri faciatis in civitate et
u districtu nostris Regii, in locis, vicis, terris et contratis
a ubi et in quibus talles et similles cride fieri solent. Data
li Mediolani, die v lunii Mccclxxxviij.
u Lucetus et Montanarius.

u Fiat crida ex parte Illustris principis ac magnifici


a et exctìlsi domini Domini MedioLini et comitis Virtutum
li Imperialis Vicarii generalis.

(4! E vero che non si conoscono grossi di Gcaleazzo, ma i sesini sono


comunissimi.
GRIDE RELATIVE AL COUSO DELLE MONE l'È MILANESI 491

u Quod non sit aliql^a persona cuiusvis sit status,


ti gradus, habitus vel couditionis que audeat nec presura at
ti (leinceps expendere, recipere, seu traffigare ob aliquam
ù causam aliquos grossos nec sexiuos, videlicet grossos
~ solitos expendi prò imperialibus xxiiij prò quolibet et
ti sexinos consuetos expendi prò imperialibus sex de stampa
li quondam domini Bernabovis, videlicet de D • B formaruin
ti presentibus incluxarum (5), nisi prò eo quod valebunt
u tamquam argentura ruptum, et prò argento rupto, sub
u pena arbitrio prefacti domini aufterenda. Cum hoc sit
tt quod intenctiouis et propositi prefacti domini est quod
ti cursus ipsorum grossorum et sexinorum predicti stampi
a sit penitus extinctus ubillibet super territorio suo, liceat
ti tamen unicuique habitanti de ipsis ipsos grossos et se-
~ xinos memorati stampi vendere prò suo libito voluntatis
ti et specialiter ofticialibus eiusdem domini deputatis super
u. fabrica monete Mediolani, qui de ipsis grossis et sexinis
li dabunt difFerentibus sibi de ipsis iustum pretium se-
ti cundum quod valebuut prò argento, ut predicitur, rupto.
f^ficorij
ti Nobilli viro potestati et referendario nostris Regii n (6).

Ognun vede che qni si tratta di queliti curiose


monete di Barnabò, da molti creduto tessere, perchè
si staccano nel tipo da tutte le altre monete me-
dioevali, e che i signori Gnecchi hanno pubblicato
l'una come wn pecione l'altra come un soldo ^''^). La
grida li designa chiaramente come [/rossi e sesini ;
nò deve far maraviglia che la maggior moneta possa
essere stata creduta un pegione, perchè la differenza
fra questi che valevano un soldo e mezzo e i grossi

(5) Neil' originalo della lettera vi è un vero e proprio tac-wiiuilo


delle iniziali di Barnabò gotiche, col segno d'abbreviazione.
(6) Archivio comunale di Reggio. Registro di lettore wl aniiuìu.
(7) G.NEcnii, Jji' monete di Milano: liarnubh, nn. 11, 12 e 13.
492 LMBliUTO «OSSI - GKIDli KELATIVE, ECC.

elio no valevano due, non consisteva nel peso, ma


nel titolo ; il sesino invece è un po' più pesante degli
altri che correvano allora, anche dello stesso Bar-
nabò ; ma può darsi che sia di laontà inferiore. Così
è spiegata anche la grande rarità di queste monete
che dovettero scomparire in In-eve tempo dalla cir-
colazione dietro il bando assoluto dato loro da Gian
Galeazzo.

Umjìerto Rossi.
MEDAGLIA
IN ONORE DI

FRA DOMENICO DA PESCIA

Nel ]\[useo Civico di Vicenza si conserva nna


medaglia in bronzo, senza rovescio, del diametro di
G8 millimetri, non priva di certa importanza storica
e artistica. Il diritto rappresenta il busto d'un frat(j
domenicano, volto a sinistra. La testa, dalla fronte
aperta un po' rugosa, dal mento col pizzo, dall'aria
profondamente pensosa, è coperta dal cappuccio della
cocolla di san Domenico , non cosi però che vi si
nasconda l'orecchio. La leggenda, che vi sta incisa
all'ingiro, non indica più che il nome del rappresen-
03
494 RERNAKDO MOKSOI.IN

tato 0 il giorno, il mese e l'anno della morte. Vi si


logge cioè : F • DOMINICVS ■ A • PISCIA • OB • 23 • MAY
• 1497 • Io non so se la medaglia sia nota ; devo
parò dichiarare che d'essa ho cercato indarno alcun
cenno nell'opera classica dell'Armand intorno ai co-
niatori di medaglie nei secoli XV e XVI in Italia (i).

Di frate Domenico da Pescia non è nuovo il


nome nella storia. La sua famiglia chiamavasi dei
IJuonvicini. Domenicano nel convento di S. Marco

in Fireìize , fu do' più caldi , per non dire il più


caldo ammii'atore di frate Girolamo Savonarola.
a Compagno » u. lui « indivisibile nelle fatiche del-
l' apostolato , nelle glorie , nei dolori , nei trionfi ,
TloI patibolo, era, scrive il Padre Vincenzo Marchese,
una di quelle anime semplici, affettuose, tacili alle
impressioni e capaci di qualunque sacrifizio, le quali
passano sulla terra senza punto addarsi, o cono-
scersi di questa portentosa natura umana, e già de-
stinate vittime dei tristi " (-). È nota la fine ch'egli
ha fatto il 23 maggio del 1498 e la dispersione
delle sue ceneri insieme con quelle del Savonarola
e di fra Silvestro Marufiì da Firenze nella cor-
rente dell'Arno. Del Buonvicini gli storici ricordano
con ammirazione la singolare intrepidezza , onde
salì il palco e offerse il collo al capestro del car-
nefice. Neil' universale scompiglio il buon frate

(1) Armami, Lcs Mi'Jailleurs Italiens des quimihnc et seizicme siMes.


Paris, 1882-1887.
(2) Mauduesk, Scrini Varii, voi. I, pag. 143. Firenze, 18G0.
MEDAGLIA IN ONORE DI FRA DOMENICO DA IM;SCIA 405

non s' avvedeva , come scrive il Yillari , di nulla ;


sicché

Parea che a danza e non a morte andasfc'e (3).

I Piagnoni non cessarono di venerarne la memoria.


quale d' un martire e di tributare a lui , come a
fz'a Silvestro , il culto stesso , clic tributavasi al
Savonarola.

* *

Il Yillari ricorda che in onore de' tre domenicaui


li vennero coniato medaglie e incise imagini , che
da tutti i devoti erano ricercate e mantenute na-
scoste ;'(^i. Il che non deve destar maraviglia, quando
si p3nsi die tra i seguaci del Savonarola erano dei
più fervidi u Baccio della Porta e Lorenzo di Credi,
rarissimi dipintori : Baccio da Montelnpo , insigne
scultore : Sandro Bottic(_dli. che no sci-isso la vita, "
ora perduta, u pittore e niellatore ; il Cronaca , ar-
chitet o tutta
; la famiglia, dei Robbia , illustri pla-
sticatoriil
; Baldini, incisore: Giovanni dalle Cor-
niole, intagliatore in gomme: Kastachio e Jjottuccio
miniatori " (°', ed altri. Ora io non dirò dei riti'atti,
che si son fatti, di Girolamo Savonarola: ben mi
giova ricordare che in onore di lui furono coniato
non una, ma più medaglie, di taluna delle quali fa
cenno anclu- il Vasari. L' Armand ne l'egistra e il-
lustra ben sette varie di dimensioni e di valore arti-

(3) Vii.EMii, Storia di Girolaiit) S'tn»! ir.jìa , v 4. II, cap. XI. Fi-
renze, 1859.
(4) ViLLAltl, op. cit. e loc. cit.
(f)) Mautiiese, op. cit . voi. I. ]iap:. 2' 'y FirpnzR, ISfiO.
49G ei:rn\rdo MOHSOLirJ

stico, ma conformi affatto di concetto. Di due, gl'in-


cisori sono anonimi: d'una, si credette autore, per un
]nomento, il cel(jl)re Giovanni dalle Corniole, la quale
sarel)be uscita, invece, secondo il Milanesi, dal pun-
zone d'uno dei IJalla Roljbia, e probabilmente di quel-
l'Ambrogio, assai valente nella plastica, che nel 1495
vestiva l'abito di san Domenico per mano del Sa-
vonarola. Vorrebl)esi anzi che da lui si foggiassero
anche lo altre quattro (*^).

Ht) dotto che fra Domenico , ammirato per il


coraggio, ondo si fuco incontro al martirio, >' ebbe
nell'anime dei Piagnoni un culto, so non pari, certo
indiviso da qu(dlo del maestro ; e che anche di lui,
come del MarufB, si sono incise immagini e coniate
medaglie, che pr'r timore degli Arrabl)iati si tenevan
nascoste. E di queste è a erodere sia la medaglia ,
di cui si parla, la quale nella squisitezza del lavoro
accusa, non v'ha dubbio, la mano d'un artefice pro-
vetto. Dire chi esso fosse, non è dato di certo; come
non è dato additare, tranne che per congetture, gli
incisori delle medaglie del Savonarola. j\Ii giova
anzi notare che una medaglia in onore di quest'ul-
timo, della dimensione di 62 millimetri, si custodisce
anche nel Museo di Vicenza.
È la stessa , che è riportata dal Mazzuc-
chelli C'), dal rriedlaender (§) e dal Trésor de Nu-

(G) Armaisi), op. cit., pjirt. I, png. 105 o lOG, p. II, pag. 46, p. Ili,
33, 109, 170. Paris, 1S82-1887.
(7) Mazzucchei.i.i, Musafum, tom. I, tav. xxYlll, n. 3. Venetiis, 1761.
(8) I. Fkiedi.aknder, />/> italienisclien Scìiaumiimen des fmifzelmicn
Jarhumlerts. Berlin, 1880-1882.
MEDAGLI\ IN ONORE DI FRA GIOVANNI DA PFSCIA 497

mismatique et de Glypfique (9) ; e che V Annand ,


suffragato dal giudizio illuminato di Gaetano Mila-
nesi, reputa lavoro d'uno dei Dalla Robbia e proba-
bilmente di frate Ambrogio. Rappresentasi nel di-
ritto il busto di Girolamo, volto a sinistra, vestito
dell'abito di san Douicuico con la leggenda: HIERO-
NYMVS ■ SAVO • FER • VIR ■ DOCTISS • ORDINIS • PREDI-
CHARVM. E scoljiita nel rovescio una mano, armata di
pugnale, ch'esce da una nuvola e minaccia la città
di Firenze, con all'ingiro la scritta: GLADIVS ■ DOMINI
SVP • TERAM • CITO • ET • VELOCITER • (Wj. Alla medaglia
del Savonarola si assomiglia di molto il diritto di
quella del ]3uonvicini , così per la posa del busto ,
come per la forma del vestito e la natura del la-
voro. Sicché mi parrebbe cosa né irragionevole, né
presuntuosa pensare, eh' essa possa riputarsi lavoro
d'una medesima mano. Vorrei dedurlo anche dalla
venerazione, che al Savonarola e ai due compagni
di supplizio s' ebbe a prestare a lungo nel con-
vento di S. ^[arco in Firenze e segnatamente dai
testimoni oculari delle virtù di ciascuno dei tre. P]
dei testimoni oculari fu, non v'iia dul)l)io, frate Am-
l)rogio, che venne tratto alla vita religiosa daha parola
affascinatrice e dall'esempio eloquente del Savona-
rola, e dev'esserne stato, i)er quanto è dato conget-
turare, dei seguaci più ardenti.

Che frate Ambrogio Della Robl)ia, o l'artefice,


qualunque egli fosse , delle medaglie in onore del
Savonarola, si conoscesse gran fatto di lettere, non

(9) MéJdilìfs coulées et cifek't'S en Italie, I, x\' , I. If. \.\.\i. l'aris,


1834-1830.

(10) Armami, op. cit., p. T, pag. \('i'>.


498 lìICKNAHDO MOliSOLIN

pare. L'imperizia è testimoniata, non fosse altro,


dalle duo leggende, del diritto, cioè, e del rovescio,
dove l'ortografia specialmente lascia un qualche de-
siderio. E un desiderio lascia pure la leggenda, che
circonda il busto di fra Domenico da Poscia. Vi si
sorprende cioè uno sbaglio nel millesimo. Il sup-
plizio dei tre Domenicani si consumò il 23 maggio,
non del 1497 , come vi si legge , ma del 1498. Di
questo sbaglio non vuoisi però fare un conto mag-
giore di quello, eh' esso si merita. È ciò che si sor-
prende non di rado anche nelle dato di documenti
autentici, e elio torna facile a correggersi o per il
contenuto, o col mezzo d'altri documenti. Dirò inoltre
che la leggenda non è in rilievo, ma incisa. Il che
può anche far erodere eh' essa vi si incidesse non
contemporaneamente al busto, ma in età posteriore,
quando sbollite già le animosità degli Arrabbiati ,
dei Compagnacci e dei Palleschi , e sbandito l'an-
tico timore, che costringevanli , come si è detto , a
tener nascosti i ricordi artistici dei tre martiri, po-
tevano professarne con fronte libera il culto. Dato
pertanto , come sembrerebbe ragionevole a cre-
dersi , un corso più o meno lungo di anni tra
il faci mento del busto e l'incisione delle lettere ,
condotta , se vuoisi , anche per altra mano , non
è, mi pare, da maravigliare, se si scambiava, usando
unicamente della memoria,' il 1498 coi 1497. Mara-
viglia sarebbe, invece, se lo sbaglio si riferisse al
giorno del supplizio, il cui anniversario celebravasi
costantemente con mesta cerimonia. I Piagnoni ,
cessate- le persecuzioni, presero, " non più peritosi
0 sfidati, ma baldi e sicuri r, a rialzare ;; gli altari
al loro Profeta ", a parlare u di miracoli, di visioni
e di profezie avverate " o a minacciare i divini ca-
stighi ai loro nemici. Poi traevano , scrive il Mar-
chese, ;' al luogo del supplizio di fra Girolamo e dei
MEDAGLIA IN ONOKI; Ul FRA DOMENICO DA l'ICSCIA
499

compagni, vi spargevano e frondi e fiori, vi deposi-


tavano eletti carmi, lo bagnavano delle loro lagrime,
v'imprimevano affettnosi baci e giuravano di man-
tenerne, fin che loro bastasse la vita , inviolato il
culto e la dottrina. E tutti gli anni, al ritorno del
farai giorno 23 maggio , la stessa tenera e poetica
dimostrazione d'affetto si ripeteva da' nepoti, clie la
continuarono por il corso di sopra due secoli (^^) ".

Dopo le congetture, non ix-ragionevoli, mi pare,


che sonosi esposte, a me non resta che dare il fac-
simile d'una medaglia non senza valore per la storia
e pregio per l'arte, avventurato oltre ogni dire , so
altri, rifacendosi sull'argomento, varrà a diradare per
intero le tenebre, in mezzo alle quali ho cercato di
gettare, comò che si voglia, un ([ualche barlume
di luce.

Ekrxardo ;Morsoi,ix.

(U) NfARCiiKSE, Scritti nirii , voi. I: Il Cuuvnto di S. Marco in


Firenze, lib. HI, pai;. ;V)7. l'ir^^n/.e, IBiJ ).
BIBLIOGRAFIA

LIBRI NUOVI.

Rrg'. Stiiiirt Poolc, Catalogne of tìie coins of Ahvcandria and


the Xomes. — 1892.
Darcla^' V. Head, Catalogna of tìw [ireeck coins ofJonia. — 1802.

Il Museo Britannico non è solaraonto il più cospicuo


del mondo per la massa e la qualità degli "oggetti ivi rac-
colti, ma, ciò che meglio vale, ò il più attivo, il più utile,
e diremo il più vivo per gli studii che gli egregi conser-
vatori vi fanno e per le pubblicazioni che no seguono. A
brevissimo intervallo furono quest' anno pubblicati due
nuovi cataloghi delle collezioni numismatiche , uno per le
monete d'Alessandria, l'altro per quelle della Jonia.
La serie delle monete imperiali d'Alessandria, conservata
al [Museo Britannico, ì' importantissima, di poco inferiore
alla famosa della collezione Di Demetrio, ora al Museo
d'Atene, che è ritenuta la prima del mondo. Il catalogo
quindi per questa parte si può considerare quasi una de-
scrizione generale della zecca; e importantissima è l'intro-
duzione, nella quale il Direttore, Sig. Reginaldo Stuart
64
Poole, ci dà una splendida monografia della zecca d'Ab-s-
sandria sia sotto il rapporto cronologico-storico , sia sotto
quello dei tipi i quali formano infatti l'oggetto più meri-
tevole di studio nella monetazione Alessandrina, e che sono
sviluppati con tutta la desiderabile ampiezza. — Anche le
32 nitidissime tavole che accompagnano il Catalogo non
furono disposte cronologicamente come di solito ; ma con
502 P.II!I.I0GI(A1-IA

felice innovazione pel caso speciale, lo furono invece in


online dei tipi rappresentati al rovescio delle monete ;
sistema che serve mirabilmente a rendere famigliari le
numerosissime personificazioni, deità e rappresentazioni di
cui è ricca la serie egiziana.
La parte che riguarda i Nomi non ò certo esauriente
come quella riguardante la zecca d'Alessandria, e ciò di-
pende dall'essere questa serie dei Nomi relativamente assai
deficiente al Museo Britannico.

*
* ♦

Nel secondo Catalogo il Signor Barclay Head ci offre


la serie delle monete greche della Dodecapoli Jonica. La
dotta prefazione si addentra nelle delicate e complicate
questioni di attribuzioni, di pesi, di sistemi di cronologia e
metrologia delle primitive monete della Jonia ; e l'autore, pure
lasciandone parecchie in sospeso o sciolte in modo dubita-
tivo, si appalesa sempre come uno dei più profondi cono-
scitori di questa difficilissima materia. — L'uso del catalogo
poi è assai facilitato dal corredo di sette copiosi indici
cosi distribuiti: I. Geografico. — IL Tipi. — III. Simboli e
contromarclie. — IV. Re e reggenti; nomi di Magistrati
su monete autonome e su monete imperiali. — V. Nomi di
Magistrati romani. — VI. Nomi di incisori. — VII. Iscri-
zioni notevoli.
Il volume è corredato da una carta geografica della
Jonia e da 39 tavole in Eliotipia disposte per città in
ordine cronologico.
F. G.

Fìticlii (Isiiloro), Vetulonia e la sua Necropoli antichissima. —


Firenze, coi tipi dei Successori Le Monnier. — (Un voi. in-4, di
pag. 317, con 19 tav., delle quali una di monete).

In quest'opera, nella quale il Cav. Falchi, benemerito


e indefesso ricercatore delle ruine e antichità di Vetulonia,
BIBLIOGRAFIA 503

rende conto degli scavi da lui intrapresi e condotti con


esito sorprendente (basti 1' accennare alla scoperta , fatta
nello scorso anno, del grande ipogèo , simile ai cosidetti
tesauri degli Atridi che Schliemann restituì alla luce a
Micene), l'autore consacra un capitolo alla numismatica ve-
tuloniense , di cui egli ebbe già a trattare in lina lettura
all' Istituto Imperiale Archeologico Germanico ed in un
esteso articolo pubblicato nelVAnìiuaire de la Sociétó fran-
Qaise de Numismatique.
Com'è noto, l'interpretazione, l'attribuzione e l'ordina-
mento cronologico delle monete etrusche hanno suscitato
molte discussioni ; e vediamo, ad esempio, che fra Mommsen,
Fabretti, Gamurrini, Deecke, Head, vi è dissidio intorno a
varii punti. Alcune fra tali monete, tuttavia, per ciò che l'i-
guarda l'attribuzione, non lasciano alcun dubbio sulla zecca
da cui sono uscite , poiché recano inscritto o per disteso
0 in modo più o meno abbreviato il nome della città: Ve-
lathri (Volterra), Pupluna (Populonia), Tla, TI (Telamone).
A Vetulonia erano già state attribuite dal Passeri , da
Eckhel, dal Lanzi, monete che non le appartenevano; quelle
veramente di Vetulonia recano spesso la leggenda Veli, se-
gnata a caratteri minuti, è vero, ma perfettamente distinti
su alcuni dei molti esemplari in bronzo che il Cav. Falcili
ha ritrovati e raccolti sul luogo.
Altrettanto non si può dire per le scarse monete d'ar-
gento che si rinvennero a Vetulonia; esse non recano l'in-
dicazione della zecca, ma quella soltanto del valore, sono a
rovescio liscio come quelle di Populonia ; e la ragione
principale per cui l'autore le assegna a Vetulonia si è che
quivi soltanto furono ritrovate.
S. A.

// Museo Archeologico e Xnmisinatìco di Livorno , illustrata diil


Prof. Pio Mantovani. — Livorno , G. Meucoi , 1892. — (Un
voi. in-4, di pag. XI-140, con 17 tav. Ut., delle quali la XIV ò
di monete livornesi).

L'origine del Museo di Livorno è recentissima ; l'inizio


delle collezioni che lo compongono si deve alla donazione
504 BIULIOGRAHA

fatta al Municipio nel 1883 dal benemerito Commend. En-


rico Chiellini.
La parte numismatica , sinora, non ha molta impor-
tanza ;si tratta di circa 2000 monete, così suddivise :
Seiiie antica.
ORO ARG. BR,
— 20 126
Monete greche o italiche non romane. — 2 20
- egizie dei Toloraeì .... — 64 35
:> romane dell'epoca repubblicann — 25 833
■> ; dell'Impero — — 73
:> ;> dell'Impero d'Oriente.
Serie medioevale e modeuxa 9 281 583

Alla raccolta delle monete livornesi vengono dedicate


cure speciali; un capitolo del volume di cui parliamo è
riservato appunto a quest'argomento. Vi si premettono al-
cuni cenni storici intorno alle monete di Livorno in ge-
nerale; poi si dà l'elenco e la descrizione di quelle possedute
dal Museo, e che, in riassunto, sono le seguenti :
Ferdinando II, pezza (Mia rosa, del 1665.
:' ' quarto di pezza della rosa, id. (2 es).
Cosimo III, uyighero, del 1675.
-> pezza d'oro
differ. della rosa, del 1717 e del 1718
di conii). (3 es. , con

» tollero col porto, del 1680, 1683, 1685, 1687, 1688 (2 es.),
1692, 1691, 1697, 1698, 1699, 1702, 1703, 1704.
- tollero collo stemma, del 1707 (3 os.), 1711, 1712 (4 es.,
con diff. di conii), 1717 (2 es.).
■> > mezzo tollero colla nave, del 1683 (2 es., con diff. di conii).
» quarto di tollero, del 1683.
» pezza della rosa, del 1681, 1697, 1701 (2 es.), 1703, 1707,
1718 (2 es.).
» mezza pezza della rosa, del 1697 (2 es.).
GiANGASTONE, tollero collo stemma, del 1723.

Il volume, stampato con lusso, è dedicato a S. A. R. il


Principe di Napoli, cui veniva offerto a nome della Giunta
Municipale nello scorso agosto, inaugurandosi in Livorno
il monumento a Re Vittorio Emanuele.
S. A.
I!ir,LIO(JR\FIA 505

Fumag'alli (G.), Biblintica etiopica. Catalogo descrittivo e ragio-


nato degli scritti pubblicati dalla invenzione della stampa
fino a tutto il 189L intorno alla Eriopia e regioni limitrofe.
— Milano, U. Hoepli.

In questa recentissima pubblicazione del solerte Biblio-


tecario della Nazionale Braideuse. fra le molte sezioni nelle
quali 1' autore ha opportunamoute ripartito il ricco mate-
riale da lui raccolto, troviamo una suddivisione dedicata
alla numismatica. Vi sono diligentemente radunate le in-
dicazioni bibliografiche relative alla storia monetale del-
l'Etiopia, ein particolare alla illustrazione dolio monete
coniate dai re della dinastia axuinita nella regione che
cjrrisponde alla moderna Abissinia;.
Questi scarsi monumenti numismatici, — dice 1' Head
nella sua flislorin ìmnioruui , — consistono in piccole mo-
nete d'oro e di bronzo , con leggende dapprima in carat-
teri greci o piuttosto greco-copti, piti tardi in caratteri etio-
pici; e spesso scorretto e frammiste a parole inintelligibili.
Eccone alcuni esempi :

A4>IAAC BACIAGYC — AIOOMITOON


BICIAIMHAH.
* BAC * CIN * BAX * ACA —
+ lAN + AA* + EOùN * BIC.
++* AIHB BACIAeY. ecc.

Per lo stilo, per la fabbrica , o principalmente per la


presenza della croce nel! ) leggendo , si argomenta che le
monete di Axum siano posteriori alla venuta di G. C, senza
che riesca possibile d'altra parte di stabilire con certezza
la data della hn-o coniazione, per la scarsezza delle notizie
cronologiche pervenute sino a noi intorno a quella dinastia.
Quanto alle altre indicazioni numismatiche , 1' elenco
del Fumagalli un armonia col programma ch'egli si era
tracciato, e ch'ò riassunto nel titolo stesso dell' operaj , si
estende anche a tempi più recenti, sino ad accennare alla
moneta speciale por la ( 'olonia Eritrea. S. A.
506 BIBLIOGUAKIA

Motta (Emilio), Il museo di un letterato milanese del Seicento.


— Bellinzona, 1892. — (Nozze Salvioni-Taveggia).
Per le nozze dell'amico suo Dott. Carlo Salvioni, Prof, di Let-
terature Neo-latine all' Uaivorsità di Pavia, il nostro collaboratore
E. Motta, Bibliotecario della Trivulziana , ha dato alle stampe un
opuscolo curioso ed interessante, intorno alle collezioni di monete
e medaglie, rarità d'arte, mss. e libri figurati, ch'erano stati rac-
colti dal Canonico Valeri.
Di questo letterato, cosi scrive il Forcella nella prefazione
alla voluminosa ed ormai compiuta sua opera sulle iscrizioni mi-
lanesi :Il Nato in Milano intorno all'anno 1572 da Gio. Pietro Va-
leri, eda Francesca Eleonora Guasconi, appartenne alla milizia
ecclesiastica, e cessò di vivere il 4 agosto 1651, nella Canonica di
S. Maria della Scala, di anni 79 e 7 mesi. Fu dottore in ambe le
leggi, profondo conoscitore della latinità classica e cultore della
poesia latina. Scrisse opere legali , storiche , archeologiche e poe-
tiche, ma nessuna di queste vide la luce. Il cardinale Francesco
Sforza, duca di Fiano, lo ebbe a segretario, e il re Filippo IV gli
conferi nel 1627 il canonicato nella regia ducal basilica di Santa
Maria della Scala n (*).
La Trivulziana custodisce un codice autografo del Valeri, con-
tenente l' inventario del museo da lui posseduto , ed il Motta ne
trascrive e ne pubblica una parte, con accenni anche a monete e
medaglie.

Un triens signé par un monétaire mérovingien inconnu jusqii'à ce


jour, et frappé dans un atelier nouveau, par le V" B. de Jonghe.
— Bruxelles, 1892. (Estr. dalla lievue belge de Numismatique).
Terzo di soldo , colla leggenda gas — trono(vo) nel diritto
[Castro novo], e cHARivLFOM(onetario) nel rovescio [Chariulfo mo-
netario). Fu trovato ne' dintorni di Langres (Dipart. dell' Alta
Marna), e non ha riscontro neppure fra la incomparabile serie
merovingia del Gabinetto Nazionale di Parigi. L'erudito Presidente
della Società belga di Numismatica, in questo suo breve scritto ,
attribuisce questa moneta, dubitativamente ma tuttavia con ragioni
assai plausibili, a Xovum-Castrum nel Limosino.

(*) Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo Vili
ai giorni nostri^ raccolte da Vincenzo Forcella per cura della Società
Storica Lombarda. — (Voi. I, pag. VI).
BIBLIOGRAFIA 507

Vitalini 0., Supplemento alle monete dei papi descritte in tavole


sinottiche dal dott. Angelo Cinaglì, compilato per le monete battute nel
pontificato di Pio IX e nell'interregno della Repubblica Romana. Ca-
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Chiaiso F., Saggio dell'oro e dell'argento : studio sulle monete e sui
corpi che più devono essere noti agli assaggiatori. Genova, Pio Gaggero
già dei Tribunali, 1892, in-8, p. 194.
Gabella G., Catalogo delle monete e medaglie genovesi di proprietà
degli eredi del fu cav. avv. Gaetano Avignone. Genova, stab. tip. Geno-
vese, 1892, in-8, p. 23.
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sciano dei Bagni). Poggibonsi-Fireme, stab. tip. Cappelli, 1891, 1-8, p. 12.
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Prou M., Le monogramrae àn Christ et la Croix sur les monnaies
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508 nini.ioiiHAFiA

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Cowperthvait J., Money, Silver and Finance. London, 1832, in-8.


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2 edit. London, G.ll, in-S, pp. 180.

PERIODICI.

JVaìnisniatische Zeitschrift. Wieir, 1891.

Dr. /. von S'-'hhsscr, Kleinasiatisclie und tlirakische


Miinzbilder der Kaiserzelt. U Tipi monetarii dell'Asia Mi-
nore e della Tracia all'epoca imperiale ;i).
Moneto greche del Gabinetto Imperiale di Vienna, ordinate
per tipi. Non tutte, — osserva l'autore, — sono inedite ; alcune si
trovano in Mionnet, ma per lo più con atrribu/.ione erronea, op-
pure mal descritte; altre sono state pubblicate in modo cosi in-
sufficiente da sembrare opportuno di ripubblicarle ora coi nuovi
procedimenti tecnici (l'articolo del Dott. Schlosser è corredato
infatti di due tavole in fototipia, egregiamente eseguite),

Dr. B. Pici;, Inedita der Sammlnng Mandi in Budapest.


(i( Monete inedite della Collezione Mandi a Budapest. Con-
tributi alla Numismatica greca dell'epoca imperiale n).
Erudito articolo, in cui il Dott. Pick, giovane ma valente pro-
fessore deU'Univorsità di Zurigo, illustra buon numero di monete
BIBLIOGRAFIA 509

appartenenti ad una raccolta privata di Budapest , le quali pro-


vengono per la massima parte da un ripostiglio scoperto in Ru-
menia, e spettano a diverse città della Mesia e della Tracia (pe-
riodo d'emissione : da Settimio Severo a Filippo).
Dr. B. Pick, Zwei neue Medailloas von Thyateira.
(« Due nuovi medaglioni di Tiatira ri).
La serie numismatica di questa città della Lidia era già ricca
di tipi interessanti, ma i due medaglioni descritti dal Prof. Pick,
trovati in Ungheria o nella Slavonia, gettano nuova luce sul culto
locale di Tiatira. Secondo l'autore, la divinità che vi si vede rap-
presentata èu Elio Tirimneo " , ricordato anche in un' iscrizione
di Tiatira (Corpus Inscr. Graec, n. 3500), nella quale si accenna
al suo sacerdote (l;p£'; xoj t.^okìzoci iì 6;o5 'Hà.'.o'j ]Ijt):oj 'AnóW.cuvo^
TopijJivsioo). Elio insomma con gli attributi del dio locale Tirimno ,
cui si allude in un'altra iscrizione di Tiatira, nominandovisi il
sacerdote toj jiponaTopoj S^oO Tupiuvo:) (C. /. G., n. 3497),

Dr. J. Hampel, Ein Mituzfund aus Bregetio. (" Ripo-


stiglio scoperto a Bregetio ri).
Aurei di Numeriano e di Diocleziano, donarli di quest'ultimo
imperatore e di Costanzo Cloro, medaglioni d'oro, inediti (due), di
Massimiano Erculeo , denari! dello stesso e di Galerio Valerio
Massimiano.

Dr. Fr. Kenner , Naohtrag zu dem Miinzfunde aus


Bregetio. (u Appendice al Ripostiglio di Bregetio -n).
Altri due medaglioni d'oro, della stessa provenienza, l'uno di
Massimiano Erculeo, l'altro di Diocleziano.
M. Bahrfeldl, Ueber die Miluzen der romisclien Repu-
blik in der grosslierzoglicli badischen Miinzsammlung zu
Karlsruhe. {e Le monete della Repubblioa Romana nella
Collezione numismatica granducale badese a Carlsruhe ni.
Rassegna delle 500 monete repubblicane romane che appar-
tengono a quella raccolta; qualcuna di esse è notevole per singo-
larità, come ad esempio un denario di Turpiliano (Petronia), di
buono stile, ma con leggenda alterata.
A proposito del denario di M. Sergio Silo (Sergia, Bahelon, 1),
il Capit. Bahrfeldt osserva che ve ne sono di due conii , i qu:di
8Ì distinguono l'uno dall'altro per la differente grandezza della
testa della dea Roma.
L' articolo si chiude con una tabella di contromarche o con-
tras egni e; coU'eleaco delle monete , per ordine alfabetico delle
famiglie.
ilo l'.IRI.lOGRAFIA

Tra i deuarii della Calpurnia ve n' è uno che reca, non im-
jn-esse come contromarca, sibbene leggermente graffite, le let-
tore NN. L'autore ricorda i pochi esempì analoghi , e fra gli altri
quello del semisse di Roma con iscrizioni etrusche, di cui parla-
rono i eh. Gamurrini e Lattes nella nostra Rivista.

Dr. /. Schoìz, Bericht uber eine Anzahl beim Baue


(les kunsthistorisclien Hofmuseums ausgegrabener Miinzen.
('« Relazione intorno ad un certo numero di monete venute
alla luce nei lavori di costruzione del Museo imperiale per
la Storia dell'Arte n).
Dugentosessanta monete, per la massima parte imperiali ro-
mane; non ])re3entano interesse numismatico, ma sono assai im-
jiortanti per la storia locale di Vienna, come risulta dalle dedu-
zioni topografiche dell'autore.

Dr. A'. Bomanig, Der Fund zu Thomasberg. (a II ripo-


stiglio di Thomasberg ri).
Conteneva oltre ad un migliaio di monete del XIII e XIV
secolo, principalmente austriache e bavaresi.

Dr. .1. Nagl, Zum Wertliverhiiltniss zwischen Gold und


Silber im XIV. Jahrhundert. iu. Sul rapporto fra 1' oro e
l'argento nel sec. XIV n),
Considerazioni sulla crisi monetaria di Firenze verso la metà
del sec. XIV (cfr. Giovanni Villani : " Nel detto anno 1345. ha-
uendo in Firenze grande difetto, e nulla moneta dargento, se non
la moneta da quattro, che tutte le monete dargento si fondieno, e
portauansi oltre mare, ecc. ecc. n).

Dr. A. Nagl, Ueber eine Mailiinder Goldmunze nacli

dem Typus des Venetianer Dukatens. ('.; Di una moneta


milanese in oro, al tipo dello zecchino veneziano r,).
Cfr. gli zecchini di Scio, pubblicati da Schh'mbkrgkr {Xnmix-
matique de l'Orient Latin) e da L.\mbros (M.i^.ùiviv.a '/o^.-^i.zi 'mw

Dr. Arnnìil niift.tou, Ein Munzftind im Kirchthurmknopf


z;i Sterzlng in Tirol. (a Un ripostiglio nella palla del cam-
panile di Sterzing in Tirolo ;■).
Si tratta d'una cinquantina di monete tedesche, svizzere e po-
lacche, per la massima parte del sec. XVI; il pezzo più notevole
0
ò un kreuzer di Goslar (Germania del Nord) al tipo de' tirolini ,
circostanza singolare per una zecca così remota.
BIBLIOGRAKIA 511

Ednard Fiala, Das Mtinzwesen der Grafen Sclilik . II.


(u La monetazione dei Conti Sclilick «).
Monete boeme, battute iu varie zecche. Gli Sclilick avevano
ricevuto dall'imperatoro l'investitura della contea di Bassano, e ne
portavano il titolo.
Alle monete fa séguito un'appendice di medaglie (e placclietto)
in argento ed in oro, in bronzo, rame, piombo, stagno, ferro, ecc.
Tre tavole litogr. corredano l'articolo.
E. Forclilicinier, Der Tlialer des Filrsten Karl Eusebius
voli Liechtenstein, (a II tallero del Principe Carlo Eusebio
di Liechtenstein n).
Pezzo di straordinaria rarità, anzi probabilmente unico , pos-
seduto dal principe Ernesto di Windischgriltz.
Tli. Silcnzrl, Beitene .VnliaUisclie Miinzen und Medaillen
ans der Ballenstedter Saramlung iin herzoglichen Miinz-
kabinet zn Dessaii. (u ^Monete e medaglie rare, provenienti
dalla Collezione Ballenstedt e conservate nel Gabinetto Nu-
mismatico ducale di Dessau n).
Il Dr. Steiizel aveva già pubblicato, molti anni or sono, u'ia
descrizione delle monete e medaglie doU'Anhalt ; il presente arti-
colo è un complemento di quel lavoro.

Dr. /''/•. K('ììni'i\ Die Miinzen und Medaillen im k. le.


kunsthistorischen Hofinuseum. fi; Lo monete e medaglie noi
Museo imperiale per la Storia dell'Arte n).
Com'è noto, le differenti collezioni imperiali di oggetti d'arti\
che si trovavano disseminato sinora nei vari musei di Vienna, sono
stato riunite non ha guari in un nuovo e splendido Museo, il
quale, benché di recentissima apertura, forma già la più possente
attrattiva della metropoli austriaca.
Per ciò che riguarda la sezione numismatica , è da notare
anzitutto che lo moneto e medaglie esposte per saggio in vetrine
furono riordinate con criteri moderni, e grandemente accresciute
in confronto al saggio che so ne vedeva nell'antico Gabinetto , e
ch'era stato immaginato ed introdotto per la prima volta, innanzi
la metà di questo secolo, dall'allora Direttore Arneth, con pensiero
che pei suoi tempi era stato una felice innovazione . imitata [loi
altrove. Il presento articolo dell'attuale Direttore Dott. Kenner ,
— (ben conosciuto anche dai lettori della Riris/a per il magistrale
suo studio sul li Medaglione romano " , che abbiamo tentato di
riassumere nel voi. II di questo periodico), ^ dà ragione aiipunio
dei criteri elio presiedettero al nuovo ordinamento ed anipliaineini,
512 BIBLIOGRAFIA

intrattenendosi in particolare sulle medaglie , fuse e coniate , le


quali furono esposte in modo da rappresentare la storia e le suc-
cessive modificazioni di questi interessanti monumenti artistici.
Dr. K. Schalk, Nationalokonomie und Numismatik in
ihren AVechselbeziehungen. (ci L'Economia politica e la Nu-
mismatica nelle loro relazioni reciproche n).
Articolo inteso a porre in luce le molteplici attinenze fra la
Numismatica e l'Economia politica, rilevando gli errori nei quali
sono caduti molti egregi economisti per aver trascurato di ricor-
rere alle nozioni positive di Numismatica, che si attingono dallo
studio diretto delle monete stesse, o almeno de' più autorevoli scrit-
tori di questa scienza.
L'autore è d'avviso che uno de' motivi principali per cui la
Numismatica è spesso dimenticata o tenuta in poco conto dai dotti,
sia la circostanza che dessa non forma parte degl' insegnamenti
universitari, ed invoca quindi la creazione di una cattedra appo-
sita, almeno nell'Università di Vienna.
Bibliografia. — Rendiconto annuale della Società Nu-
mismatica Viennese. — Otto tavole d'illustrazioni.
Solone Ambrosoli.

Jlet'ue belge de Niimisìnatiqtie, III e IV fase, 1892.


Babelon E., Numismatique d' Edesse en Mésopotamie.
— Jonglie B. d., Un triens signó par un monétaire móro-
vingien inconnu jusqu'à ce jour. — Roest TIi. M., Essai de
classifìcation des monnaies du comtó puis duché de Gueldre.
— Delbelce Aufj., Monnaies grecques et médailles modernes.
— Lcmaire V., Les procédés de fabrication des monnaies
et médailles depuis la Renaissance. — Wervelce N. Van ,
Deux monnaies Inxembourgeoises de Henri VII et Jean
l'aveugle. — AloÌ7i Fred., Léopold Wiener, graveur en mé-
dailles et son oeuvre. — Necrologie. — Bibliografia. —
Miscellanea.

lievue Numismatiqtie, II e III fase. 1892.


Babelon E., Monnaies grecques récemment acquises par
le Cabinet des Médailles. — Villaret E., Numismatique
japonaise. — Ifeiss Alofss, Coup d'oeil sur l'étt actuel de
BIBLIOGRAFIA 513

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Médaille du Grand Condé. — Blanchet J. A., Jeton du
XVII" siede aux types des monnaies de Ohio. — Bnljelon E.,
Les monnaies araméennes de la Cappadoce. — Vogiìé Mar. de,
Xote sur quelques monnaies des rois d'Edesse. — Svo-
ronos J-, INIonnaie inedite de la Cyréna'ique. — Schicah, Mó-
dailles et amulettes à légendes hébraìques conservées au
Cabinet des Médailles. — Ronrlot Nataìis, Les graveurs de
la monnaie de Troj'es du XII* au XVIII" siede. — Ba-
belon E., Les Monnaies des Satrapes dans l' empire des
Perses Achéménides. — Ranger J., Thóophraste Renaudot.
— Cronaca. — Necrologia. — Bibliografia.

^liìnisnintic Chronicle. Fascicolo III, 1892.


Weber Hermann, On some unpublished or rare Greek
Coins. — FalTcland Warren, Note on some mediaeval coins
of Cyprus. — Montariu IL, Find of Groats at Wallingford.
— Grueber H. A., English personal medals. — Bibliografia.
— Miscellanea.

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Serriire R., Une monnaie iné(lite des princes de Sou-
vigny. — E. Fairre, Numismatique coloniale. — Serrxre R.,
Jetons rares ou inédites. — Castellane (Conte di), Différent
d' un maitre particulier de la Monnaie d' Angers sous
Louis XI. — Serrare R., ]\[óreaux de Warnefcon et d'Ath. —
Libri nuovi. — Vendite. — Notizie, ecc. ecc.

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christlicbe Bleisiegel des Museo Nazionale zti Xeapel. Con ili.
Natura ed arte, lo agosto 1892: Maineri fi. E., Gabriello Cheru-
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)11 lìHU.IOC.iìAKIA

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Repertorium fiir Kunstwissenschaft, XV, fac 2 3: C. von F.,


Medaillen vom Ausgang des 14 Jalirliundi-;-t-. — Der Medailieur Candid.
Mittheilungen der Gesellschaft fiir gesehichth Denkmàler
im ElsaSS, 15, 328-33: A. JhrtiOi/. Der Vò:kliii-,liofener Miinzfund.
Monatsblàtter fùr Pommersche Geschichte, 1892 4-G : Starck,
Bine Silberdenkmiinze des 18 Jalirluiuderts.
Allgàuer Geschichtsfreund , 4 , 93 8 ; 109 ; 5 . 2';-3l , 41-7 :
A. Ilorchìer, ]\[unznieister lleel in Kempten. — Aufliebung der reichs-
stiidtisclieii Mùnze in Kempten.
Jahrbiicher des Vereins fiir Meklenburgische Geschichte,
56. 86-94: Wunderlich. Der Miiaz-fund von Gammelin.
RinLlOGUAKIA Ilo

Zeitschrift der histor. Gesellschaft Posen, G, 2irj-s : Priiinprs


Ji., .Muiizi'iini Vdii Kiei'/. i lOl.'i-.") ti.
Jahreshericht der Gesellschaft zu Emden, 9, II , OG : Schnc-
deriiirinn. '//w MiinzkuMde l'ITiSli.
Preussische Jahrbiicher, v^l. GO, fise. G'': .^.■hnrliir/ ir., Oaster-
reicli- L'iitfanis Valurai-ei^iilioi-iing ami i'n-.! Foli;t!ii fili- Karopa.
Jahrbucher fiir Nationalòkoaomie und Statistik, III. fase 1:
Ziickerkandl Rnh., L tu rata r zu:- AVuiirung-tVagt?.

Kiirìiìar A , Miinzj;oscliic!ite voii ObwalJen. Sdpa-.it-AUlriick aus


(lem Obwaldiifr-VolkslVounl. Sirii^it. MiiUci-, lftn2.
Musée neUChàteloiS, \^'i. n. 1<); ir.cw,' ir., L^s m ■iliille.s dn
tir faiironal <lii Ij'irlp. 1S02. \vi'C pi.
Bulletin ile riiis'itur national g.-ni'VMi..;, t, DI, IS-IÌ: Ro'iniai.r, De-
scrijition d'uno 5" s^rio .lo inUaiLes ;^Mi(n'oi^es imUitcs.
Anzeiger fiir schweizerische Alterthumskuade , Z migo ,
1892, p. 10>l : Eii: Bjitra.gza Moininsen's Li.sto von Fiinden grieclii.scher
Miuizen.

AnnaleS ile la Sneiótò af.'liéoIn<;ii|ii(3 ilo Xa'unr. XIX. :'.'' livr. : Dn


]Vitl'. Un (leiiier iiirlit da l'enipertìur Henri I! trapp.' à Xa n'ir Cln )2-l'->2i).

Boletin de la Real Academia de la Historia, ma2;si"-"'''.2;"o


1.S12: f'oh;r'i Fr.. 'l'.'^'ir i do monedas àraljos, dosi-ubierto en Alhaina de
Ciranida. — l''i((i F. Xuniismatica espanola.
Revista Contemporanea, lo nia.2;L;:o 1R92 : Orti y lìrìiìl V., La
Cliesticjn monetaria.

Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des Aller-


hòchsten Kaiserhauses, voi. XIII. |i. 55 a*'.'^.: K'iniv Fr., Leone
l^oonis Mi-l:ii!irn t'iir ilrn kai.;ei'iicli"n IIol". Con U) eliofipio.
Archeografo triestino, X\'lll. t'asci. 1892: Pnscln A., Scoperte
nro:iool"<,'ic!iO i-itrnvainfMti n un'.;. stilatici i.
Archaeoìog -epigraph. Mittheilungen aus Oesterreich-
Ungarn,
VOI! Toinis. X\'. 2: /'/(•;■ I).. D. Monunont Villi ,\ lani-Kiis.^i aut' .Miinzcn

Romànische Revue. Vili, t'asc. 5'\ Has Miinzim nnd Antiqnit'l


ten^'abinet an der l'niv.ìrsit;if Cz-rnowitz.

The Magazine of Art, dicembre 1801 : Alvin Fr.. Tbe Bi'otliei'3


Wiener: M-dallists. Con ili.
Journal of the Asiatic Society of Bengal, voi. LX, P. I,
n. I-III : Oliri/r, Tiio coins ot tbe Ciiagliatai MoLjhuls.
NOTIZIE VARIE

Note numismatiche di un viaggio ad Atene e Costantinopoli.


Da una relazione die il nostro collega Dott. Solone Ambrosoli ha diretta
al Ministero della Pubblica Istruzione intorno ad un viaggio ad
Atene e Costantinopoli, da lui intrapreso nella decorsa primavera,
togliamo i seguenti brani, d'interesse numismatico.
*
* *

u L' isola di Corfù, se tiene forse lo scettro fra le terre


greche per la bellezza del paesaggio e per la lussureggiante
vegetazione, d'altra parte è povera di monumenti, e la sua
capitale non vanta musei o collezioni pubbliche di oggetti
che interessino la storia o l'arte. Mi limitai quindi a visitare,
nella città di Corfù stessa, la raccolta privata di monete
corciresi autonome del Sig. Aristide Spiridione Varuccas.
Questa ristretta raccolta, alla quale il Sig. Varuccas attende
da oltre vent'anni, contiene alcune varietà pregevoli, e più
d' un esemplare che si distingue per la squisita conser-
vazione

** *

a S' intende che, durante il mio soggiorno in Atene,


nulla trascurai di attinente agli studi numismatici; e che,
quantunque non incaricato di veruna missione ufficiale,
stimai mio stretto dovere di visitare, come del resto era
mio vivo desiderio, le relative collezioni pubbliche e private;
in primo luogo, e ripetutamente, quella del Gabinetto Na-
zionale, dove fui ricevuto con ogni cortesia dal nuovo
Direttore Sig. Giovanni N. Svoronos, ben conosciuto per
le si;e pregiate pubblicazioni.
u La suppellettile scientiiìca del Gabinetto Nazionale
NOTIZIE VARIE 517

(magnificamente installato nel più splendido edificio della


nuova Atene, l'Accademia delle Scienze) consta di diverse
grandi serie. La prima è la cospicua collezione nazionale
propriamente detta, accresciuta ora di oltre ventimila pezzi
dalla Società Archeologica di Atene. La seconda è la col-
lezione numismatica che appartiene all' Università, e che
si suddivide nella raccolta IMurusi (di cui si ha il catalogo
a stampa) e in un' altra raccolta di monete scelte. La
terza è la celebre collezione Giovanni di Demetrio (mo-
nete dell' Egitto antico) , che sinora era custodita nel
Museo della Società Archeologica e che avrebbe dovuto
rimanere unita alle altro antichità donate dal .Sig. Demetrio,
ma che per intromissione del Sig. Svoronos fu recentemente
stralciata per aggregarla al Gabinetto, in seguito ad appo-
sita disposizione del donatore, legalizzata da un decreto
reale. E da notare clie. al dono originario, il Sig. Demetrio
aggiunse generosamente nuovi doni preziosissimi, talché il
supplemento sorpassa quasi, per alcuni riguardi, il nucleo
primitivo, e la 2' edizione del catalogo (ora in preparazione]
riuscirà di supremo interesse per la scienza.
u II Gabinetto possiede pure una superba serie di me-
daglie russe in argento ed in oro. provenienti da un dono
che i fratelli Zjsiinas. greci stabiliti in Russia, fecero alla
patria nei primi tempi dell' indipendenza ellenica.
li I doni, del resto, com'è bel vanto della Grecia, con-
tinuano ad afrtuire anche a nuoU' istituto; cosi, p. es.. l'at-
tuale Presidente del Consiglio de' Ministri, Carilao Tricupis,
ha donato non ha guari la propria colleziono di monete,
specialmente ateniesi e dell' Acarnauia.
u Oltre al Gabinetto Nazionale, visitai in Atene la
raccolta numismatica dei Slgg. fratelli Dionigi e Giovanni
Lambros, formata dal defunto loro padre Paolo Lambros.
e ben nota anche in Italia per la sua straordinaria impor-
tanza relativamente ad alcune nostre zecche medioevali ;
— (juella vastissima del Prof. Atanasio Russopulo (monete
greche e romane), che ò doviziosa in particolar modo nella
serie ateniese, nonché nelle serie dell'Asia Minore: — quella
ora appartenente alla distintissima Sig." Sofia Schliomann,
vedova del celebre esploratore (monete greche e romanej ; -

66
il8 NOrizii; vakiic

quella del Sig. Griovanni Solon (specialmente monete del-


l'Asia Minore), ecc.
t; Ebbi occasione, infine, di far conoscenza con altri
numismatici o studiosi, quali il dotto e venerando Pro-
fessor Achille Postolacca, già Direttore del Gabinetto ; il
Sig. Alessandro Meletopulo, del Pireo, possessore di una
notevolissima raccolta di monete greche, eco

li Al Museo d'antichità di Tchinili-Kiosk (in Costanti-


nopoli) èunito anche un Gabinetto Numismatico, non an-
cora completamente ordinato, intorno al quale ebbi le se-
guenti notizie dalla compiacenza dello stesso Direttore
(S. E. Hamdy-Bey), cui ero stato raccomandato dall'Amba-
sciata d'Italia.
u Quando Hamdy-Bey fa chiamato a dirigere i Musei
Imperiali, trovò giacente una gran quantità di monete d'oro,
argento e bronzo (circa 28,000 pezzi) , accumulate alla rin-
fusa. Egli pensò di costituire con esse un Gabinetto , ed
incaricò due numismatici , Macridi-Pascià e Achmed-Bey
(attuale Conservatore) di intraprendere la classificazione
sistematica, intorno alla quale lavorarono per tre anni, riu-
scendo a catalogare le monete greche, romane e dei Parti.
Vi sono anche molte monete bizantine ed islamitiche già
separate ma non ancora classificate, essendo stati interrotti
provvisoriamente i lavori, per circostanze imprevedute. Ad
ogni modo, Hamdy-Bey spera che alla fine del venturo
anno 1893 si possa aprire al pubblico la collezione greca e
romana. Il Gabinetto si accresce continuamente per ritrovi
di ripostigli; un recente ordine imperiale dispone che siano
aggregate ad esso anche le diverse centinaia di monete d'oro
che si conservano presso il Ministero degl'Interni. De' nume-
rosi duplicati esistenti a Tchinili-Kiosk verrà redatto un
elenco per procedere a cambi o vendite.
a Durante il mio soggiorno a Costantinopoli, per cortese
intromissione di S. E. il Comm. Ressman, allora Ambascia-
tore d' Italia colà, mi fu dato di esaminare minutamente la
pregevolissima collezione di monete greche radunata da una
NOTIZIE VARIK 519

gentildonna egregia, la Principessa di Mavrocordato, consorte


all'Ambasciatore di S. M. Ellenica

li Nel ritorno, mi soffermai a Belgrado, dove visitai il


nascente Museo nel palazzo dell'Università. Esso è diretto
dal chiaro archeologo Prof. Michele Valtrovic, che con somma
affabilità mi diede conto dell' origine e dello sviluppo della
collezione affidata alle intelligenti sue cure. Questa si è
costituita per via di doni e di ritrovamenti, e comprende
alcuni oggetti interessantissimi, come, a cagion d'esempio,
delle collane d'oro massiccio, di lavoro barbarico, composte
di perline che si suppone potessero servire ad uso monetale;
delle barre d'argento contromarcate, oppure con leggende
punteggiate (pubblicate da Mommsen) ; ecc.
li La numismatica occupa un posto abbastanza ragguar-
devole nel Museo di Belgrado, talché si vagheggia l' idea
di organizzare un vero Gabinetto; e allora si procederà anche
a proposte di cambi, essendovi gran numero di duplicati
disponibili.
u Oltre ad una collezione di monete imperiali romane
(specialmente di Traiano, frequentissime ne' ritrovi monetali
in Serbia; e bizantine, il Museo possiede, fra 1' altro, una
bella serie di monete serbe (esposta quasi intieramente in
vetrine), ed una raccolta di impronte di medaglie che si
riferiscono alla storia guerresca di Belgrado. Le zecche di
Cattaro e Ragusa, che interessano si davvicino la nostra
numismatica, sono assai ben rappresentate nel Museo.
li Aggiungerò, infine, che il direttore del Museo stesso,
Prof. Valtrovic, è anche il redattore del periodico Slarinar
li (L'Antiquario) ti, organo della Società Archeologica Serba,
nel quale la numismatica ha talora una parte notevole.
*
* *

u Fra la modesta capitale della Serbia e la superba


metropoli dell'Ungheria, che in poco più di un ventennio
si è trasformata da città di provincia in città mondiale, il
contrasto non potrebb'essere più caratteristico, k Budapest
520 NOTIZIE VARIE

infatti, gV istituti scientifici sono organizzati su basi gran-


diose, ed il ricco Gabinetto Numismatico non forma che un
reparto della Sezione delle Antichità del Museo Nazionale
diretto dall'illustre scienziato e patriota Francesco Pulszky.
Questi ebbe la bontà di presentarmi e raccomandarmi al
eh. Prof. Giuseppe Hampel , che insegna archeologia in
quella R. Università ed è Gonservatore-Capo del Gabinetto
Numismatico, di cui il Dott. Kuzsinszky ed il Dott. Réthy
sono Conservatori-Aggiunti, il primo per la parte antica, il
secondo per la parte medioevale e moderna e per la serie
speciale ungherese.
li La cortesissima accoglienza avuta mi rese possibile
di darmi conto sommariamente della vasta suppellettile
scientifica contenuta nel Gabinetto, quantunque per circo-
stanze sfavorevoli (sopratutto per la inopportunità della mia
visita, procedendosi in quei giorni ai preparativi per le
grandi feste pel 25.° anniversario dell'incoronazione del Re
d'Ungheria) mi dovessi limitare ad un esame affrettato.
u II Gabinetto raccoglie particolarmente i monumenti
numismatici trovati in paese, e suo vanto principale è la
serie preziosissima delle monete barbare trovate appunto
in Ungheria; sono circa tre migliaia di pezzi importantis-
simi, in parte imitazioni di tipi greci e delle consolari
romane. La serie delle monete ungheresi medioevali e mo-
derne, poi, è strabocchevolmente doviziosa, e dopo l'acquisto
della sezione relativa della Collezione Montenuovo è divenuta
la prima nel suo genere. Notevole è anche la raccolta delle
medaglie ungheresi; le più belle fra esse sono esposte in
vetrina, assieme ad una collezione sfragistica e ad un saggio
della monetazione ungherese e transilvana, ecc., ecc. n

Premio per medaglie. — Nel fase. II del corr. anno


(pag. 259-260), abbiamo pubblicato il concorso bandito dalla
R. Accademia di Belle Arti in Milano , per Medaglie otte-
nute da conii d' acciaio incisi a mano. Il premio era di
L. 10(X) (mille) , generosamente destinate da una persona
benemerita , che desidera mantenere per ora 1' incognito.
Termine della consegna, il 30 settembre u. se. I concorrenti
furono tre ; le medaglie vennero esposte al pubblico nelle
NOTIZIE VARIE 521

sale dell'Accademia, entro artistica vetrina eseguita espres-


samente edonata dal noto incisore milanese Signor Fran-
cesco Grazioli.
Il 26 ottobre si radunò la Commissione giudicatrice del
concorso , composta dei Sigg. : Bertini Prof. Comm. Giu-
seppe, Biganzoli Filippo , Garetti Dott. Cav. Giulio , De
Castro Prof. Cav. Giovanni, Grazioli Francesco predetto, e
Ambrosoli Dott. Solone, che fungeva da Segretario.
Per la molta cortesia della on. Presidenza dell' Acca-
demia, possiamo pubblicare il seguente estratto dal verbale
della Commissione :
u Riconosciuto, dalla ispezione dei relativi documenti,
che le medaglie presentate al concorso furono eseguite nelle
condizioni richieste dal programma , la Commissione pro-
cede all'esame delle medaglie inviate dai tre concorrenti ,
ed è d'accordo nel raccogliere i suoi suffragi sulla medaglia
ad Ubaldino Peruzzi (presentata dal concorrente N. 2i, tro-
vando questa commendevole por sentimento artistico, per
larghezza di stile, per vigoria ed efficacia di (jaratteristica,
mentre, sotto l'apparenza di una geniale sprezzatura, la ese-
cuzione è corretta ed accurata sino ne' particolari , con
abili accorgimenti per la ricerca dell'effetto, e ciò sempre
rispettando le esigenze tecniche speciali della coniazione.
u La Commissione decide quindi ad unanimità di pro-
porre per il premio l'autore di detta medaglia Sig. Italo Va-
GNETTI, di Firenze, domiciliato in Roma, n
Il Consiglio Accademico, accogliendo la proposta della
Commissione , conferi al Sig. Italo Vagnetti il premio di
lire mille.

Falsificazioni di gran bronzi romani fi), — Nella Nnmis-


matic Clironiclc di Londra , il Sig. Grueber dà 1' allarme
per la comparsa di una serie di falsificazioni, ch'egli asse-
risce si vadano fabbricando in Italia. Trattasi, per quanto
se ne sa finora , unicamente di gran bronzi romani. Nella

d) Di queste falsifii'azioni ha già dato un cenno la lìivìsia, in una


Corrisponiema da lioina pubblicata nel IV fascicolo dello scorso anno
1891 (Vedi pag. 538 >.
522 NOTIZIl; VARIE

scorsa primavera, il Sig. Evans , presidente della Società


Numismatica Londinese, ricevette dall'Italia un gran bronzo
di Tranquillina, per il quale si domandava un prezzo rile-
vante, essendo rarissimo le monete di bronzo di quell'impe-
ratrice. A prima vista, la moneta semVjrava perfettamente
genuina. La forma delle lettere era soddisfacente, la patina,
verde-scui'a, pareva antica, ed il tipo del rovescio era ben
eseguito ; ma ciò che rendeva sospetta la moneta era la
fattura del busto nel diritto. Era poco rilevato , special-
mente verso il basso, e la capigliatura aveva tutto il fare
d'una medaglia fusa del Cinquecento, che fosse stata accu-
ratamente ritoccata al bulino. S'intende da se che il signor
Evans riconobbe tosto che si trattava d'una falsificazione ,
e la rimandò alia persona che gliene proponeva l'acquisto.
Il secondo pezzo che fece la sua comparsa fu un gran
bronzo di Britannico, una delle monete più rare della serie
romana. Esso era esattamente eguale per lo stile e la fat-
tura alla moneta di Tranquillina, e quantunque alcuni che
lo videro fossero proclivi dapprima a crederlo autentico,
generalmente fu ritenuto per una falsificazione.
Il mistero è stato chiarito non ha guari, in modo ab-
bastanza curioso. Al Sig. Wallis, del Museo di South Ken-
sington , durante un suo recente soggiorno in Napoli , fu
mostrato da un amico un gran bronzo dell' imperatrice
Didia Clara , che questi diceva di aver acquistato per un
prezzo piuttosto basso , ma della cui autenticità non era
ben sicuro , quantunque la patina sembrasse buona. E ag-
giunse : C4 Su questo punto, potrò venir in chiaro fra poco,
perchè il venditore me ne porterà alcuni altri -. Di li a
qualche giorno, infatti, il venditore si ripresenta, e questa
volta portando con sé una ventina di pezzi, fra i quali vi
erano varii duplicati precisi della moneta di Didia Clara
comperata prima. Allora cessò ogni dubbio sulla falsità di
tutte quelle monete; e, in séguito a diligenti indagini, l'a-
mico del Sig. Wallis riusci a sapere ch'erano state fabbricate
in Napoli stessa o nei dintorni. I conii adoperati per bat-
tere queste monete sono di fattura moderna, e probabilmente
eseguiti con qualche nuovo procedimeuto meccanico , che
permette di ottenere copie esatte dell'oggetto originale. Nel
roo
NOTIZIE VAI1I12 .1 Ci, 1

caso poi che 1' originale presenti qualche imperfezione , si


ritoccano i conii , come s' è visto per la capigliatura di
Tranquillina. Quanto al metallo, si dice che i falsificatori
si servano di gran bronzi autentici, ma di nessun valore,
e cosi , riconiandoli , ottengano 1' apparenza della patina
antica.

Corso di Numismatica. — Nel p. v. gennaio, il Dottor


Solone Ambrosoli, libero docente presso la E,. Accademia
Scientifico-Letteraria di Milano, darà principio al suo corso
di Numismatica. Le lezioni saranno pubbliche , e si ter-
ranno il venerdì dalle 10 alle 11 ant., nella sala del Gabi-
netto di Brera.

Aforismi numismatici. — Un giornaletto settimanale


eclettico di Milano, che s' intitola // Bene, pubblicò nel
1891-92, sotto il titolo di Conrefsnzioni numiftmaticlie, alcuni
articoli elementari, inviati da Roma e firmati col pseudonimo
di Pertina.r, i (juali possono formare una specie di manna-
letto popolare di numismatica generale. Col N. 33 dello
scorso Agosto si dava l'ultimo capitolo, ossia la conclusione
delle dette conversazioni, la quale riassume quasi a guisa
di Catechismo numismatico, una serie di precetti e di afo-
rismi, in cui è riassunto il risultato di una lunga esperienza.
Accordiamo a questo breve capitolo un posticino fra le
Notizie Varie, parendoci che, quantunque il vecchio Per-
tinax lo abbia scritto come chiusa del suo trattato molto
elementare, dedicato ai raccoglitori novelli, qualche inte-
resse può offrirlo anche ai lettori della nostra Ririsla.
I. in.

I piacori umani sono tutti jiiù Chi inizia una collezione, si


o meno presto esauribili; quello guardi bene dall'acquistarne una
del raccoglitore fa una splen- bella e fatta. Ne perderebbe ben
dida eccezione a questa regola presto il gusto.IV.
generale.
IT.
I desideri devono essere pro-
I piaceri sono sempre più in- porzionati alle forze di ciascuno.
tensi quanto più costano fatica Chi troppo desidera, non gode
a raggiungerli , e quanto piti neppure il poco che gli è dato
lunga è la strada che vi conduce. raggiungere.
524 NOTIZIE VAKIE

V. moneta genuina venne cambiato


il nome, talora due monete pure
La pazienza deve essere una
genuine furono segate a metà e
delle duti indispensabili del rac- colle due metà riunite si forma-
coglitore. Chi non è paziente ri- rono monete non mai viste e che
nunci addirittura alle collezioni. non esistettero mai.
VI. XI.
Chi vuole assolutamente un
Una norma precisa per giu-
dato oggetto, riesce ad averlo, ma dicare le monete false è impos-
è certo di pagarlo caro. Chi vuol sibile darla. Non v' ha che la
comperarlo bene, non abbia mai lunga pratica , corroborata da
premura e aspetti che gli venga qualche sbaglio pagato di borsa,
offerto. — Sia però nello stesso che valga a procurare a poco a
tempo disposto a vederselo por-
tato via da un compratore piìi poco quell' occhio esperto che,
senza ragionamenti, decide del-
generoso. l'autenticità delle monete.
VII.
XII.
Una certa diffidenza è dote
Una regola costante è quella
indispensabile pel raccoglitore, che le monete rare non devono
e sarà bene non dimenticare mai
il vecchio adagio: Fidarsi è bene, j nel loro aspetto per nulla diffe-
rire dalle comuni. Quelle false
non fidarsi è wieglio. o falsificate hanno sempre , nei
Vili. tipi, nei caratteri , nella patina,
nel metallo, un certo aspetto che
Fra le varie collezioni, quella si scosta da quello comune delle
delle monete è la più solida, monete genuine.
quella che meno deperisce , e XIII.
quella che maggiormente acqui-
sta pregio col tempo. Al primo presentarsi di una
IX. moneta rara è buona regola di
immaginarsela addirittura falsa,
Quasi tutte le monete rare fu- e non recedere da questo primo
rono falsificate e lo furono molte giudizio, se non quando tutti gli
anche fra le comuni. Quindi la argomenti vi persuadano a cam-
prudenza e la circospezione negli biare opinione.
XIV.
acquisti non saranno mai troppe,
e converrà tener sempre bene
aperti gli occhi, dovendosi so- Tinche non avete pratica suffi-
vente lottare con chi mette in ciente per giudicare sicuramente
opera tutta la propria abilità per coi vostri occhi, non fate affari
ingannare. con gente di dubbia fede.... e
se ve ne asterrete anche in se-
tirvene.guite , non avrete mai a pen-
Svariatissimi sono i generi di
falsificazioni. Alcune moneto sono
completamente false , ossia fu- XV.
rono coniate o fuse in tempi Non pretendete d'essere infal-
posteriori. Altre sono semplice- libili. La scuola tutti l'hanno a
mente falsificate. Talora a una
pagare, e se alle volte vi capi-
NOTiZIl: VARIE

tasse d'acquistare un pezzo falso, Lo potrà invece avere, assoluta-


in luogo di scoraggiarvi, mette- mente o relativamente, una spe-
telo in conto dell'esperienza per ciale, laquale naturalmente costa
l'avvenire. di più. LTn raccoglitore interro-
XVI. gato perchè facesse la colleziono
universale, rispose : perchè non
Non abbiate mai premura pei sono abbastanza ricco jicr farne
pezzi comuni. Li troverete sem- ima speciale.
pre. Ma invece abbiate a tempo XXI.
opportuno il coraggio necessario
quando l' occasione vi presenta Economizzate su una moneta
quei pezzi, che capitano una sola di lusso
volta nella vita. , ma acquistate tutti i
libri che si riferiscono al ramo
XV II. da voi prescelto.
XXII.
Come il negoziante, per essere
buon negoziante, non deve essere Non calcolate che i vostri figli
raccoglitore, cosi il raccoglitore, abbiano a continuare la vostra
per essere vero raccoglitore , collezione. È troppo difficile che
non deve essere negoziante. il figlio abbia le inclinazioni del
xviir. padre, e non giova farsi tali il-
lusioni. Non avviene un caso in
Il raccoglitore dove per neces-
sità cedere in cambio o vendere cento di un poeta figlio di poeta
che vale lo stesso, i suoi dupli- e di un raccoglitore figlio di un
raccoglitore
cati — e non è effetto che di un
vano pregiudizio il non volerli XXIII.
cedere a denaro ; — ma deve
avere la fermezza di non cedere Le collezioni private sono irre-
nessuna moneta della collezione vocabilmente destinate ad essere
a nessun prezzo, né per nessun <lisperse, e le monete, dopo aver
cambio, anche tnittamlosi di ri- errato per secoli in questa e in
quella collezione, non trovano
ceverne altra di maggior v;ilnre.
posa se non nelle collezioni
La vendita o il cambio potreb-
bero essere una volta conve- pubbliche.
nienti, ma è assai pericoloso il XXIV.
derogare al principio.
Non vi ha al mondo collezione
XIX.
compiota né fra le private né
Quando avrete a realizzare una fra le pubbliche. E non v'ha
collezione, tenete bene a mente piccola colle/ione che non con-
che avrete sempre a perdere sui tenga qualche pozzo desiderato 67
pezzi comuni e di cattiva conser- dalle più insigni.
vazione ;mentre invece vi sarà XXV.
tutta la probabilità di guada-
gnare su quelli di esimia rarità ^ Non essendovi al mondo colle-
e di conservazione eccezionale. zione completa, qualche lacuna
XX. da riempiere vi rimarrà sempre,
e questo è appunto ciò che forma
Una collezione universale non la durata e la continuità del jiia-
potrà mai avere un gran valore. cere pel raccoglitore.
A T TI
SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

SF.cnNDA Adi:nanza dei Soci.


S Dicnubrr r8(j2.

L' Assemblea è tenuta al tocco nei nuovi locali della


Società, Piazza del Duomo N. '^0, per la trattazione del se-
guente ordine del giorno :

1. Proposta relativa agl'assunzione della Rivista Ita-


liana di Numismatica per piarle della Società.
2. Approvazione dello Statuto definitivo della Società,
nel caso che sia accettata la proposta di cui sopra.
3. Comunicazioni sull'andamento della Società.

Sono presenti i Signori : Conte Comm. Papadopoli, Pre-


sidente, Cav. Francesco ed Ercole Gnecclii, Vice Presidenti,
Dott. Solone Ambrosoli, Ing. Emilio Motta, Dott. G. Arturo
Sambon, March. Carlo Ermes Visconti, Consiglieri, oltre un
buon numero di Soci.
I. ^ Il Presidente, dopo un breve riassunto dell'anda-
mento della Società nei suoi primi mesi di vita , durante
i quali si acquistarono 5 nuovi Soci, passa alla trattazione
dell'importante ordine del giorno, il quale porta in primo
luogo l'assunzione della Rivista per parte della Società , e
il conseguente cambiamento dello Statuto provvisorio.
I Sigg. Fratelli Gnecchi dichiarano d'essere disposti a
cedere la ìiifisla alla Società, mettendo la sola condiziono
523 ATTI DELLA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

che le sia assicurata la vita finanziaria per un certo pe-


riodo, e pure rimanendone alla Direzione come per lo in-
nanzi. — Il Presidente ed i Vice Presidenti assumono in
conto proprio tale garanzia, e si offrono a colmare il deficit
della pubblicazione, deficit che, si può sperare, andrà man
mano diminuendo per poi scomparire affatto coll'aumentare
dei Soci. Con questo la Rivista passa definitivamente alla
Società, e ne diventa il suo organo ufficiale.

II. — Si fa in seguito la discussione del nuovo Statuto


definitivo , il quale viene articolo per articolo approvato
con lievi modificazioni, quale era stato proposto dal Con-
siglio, nella forma in cui viene in seguito riprodotto.
III. — Il segretario dà lettura dei nuovi doni perve-
nuti alla Società, dal settembre al dicembre, ossia :
Blanchet F. Adrien:
Tomo I della sua pubblicazione FAudes Numismatiques.
Parigi, 1892.
Santoni Mons. Milziade :
Bazzi e Santoni , Vade-mecuni del raccoglilore di monete
italiane. Camerino , 1886 , in-8. — Santoni M. , Della
zecca e delle monete di Camerino. Firenze, 1875, in-8.
— Detto, Del coordinamento necessario alle nummo-
teche italiane. Camerino. — Diamilla, Memorie Numis-
matiche. Roma, 1847, in-4. — Pila-Carocci, Della zecca
e delle monete di Spoleto. Camerino, 1884, in-8.
Vitalini Cav. Ortensio :
La sua recente pubblicazione Le monete battute nel ponti-
ficato di Pio IX e nelV interregno della Repubblica
Romana. Roma, 1892, in f.
Gnocchi Cav. Ercole :
Mionnet , Déscription des Médailles antiques grecques et
romaines. Paris, 1822. (Il voi. I e quello delle tavole).
— Ghiron I., Monete Arabiche del Gabinetto Numisma-
tico di Milano. Ivi, 1878, in-4. — Rossi, Scudo romano
del sacco di Roma. Ivi , 1886, in-8. — N. 5 cataloghi
per vendite di monete.
ATTI «ILLA SOCIKIÀ NUMISMATICA ITALIANA 529

Gnocchi Cav. Francesco :


N. 25 cataloghi per vendite di monete. — N. 25 estratti
della R. 1. di Xiiìììisinalica.
N N. :
Argelati, De Mo>ìe/is Paline. Mediolani, 1750-59, iu4. N. G
volumi. — X. 500 monete varie in rame e bronzo.
Motta Ing. ■ inilio :
Liebeuau Th. , h'iìie Mùiiz-gcnossenscliaft der Ursc/avciz ,
LUS-L't')'^. Basai, 1887. — Mayor Jacques , Notice des
ìììédailloììs el niodi'les d'Anloinn Bovi/ e.rposcs dcvis les
ìocni'.i' de /' lù-ole municipide d'uri. Genève, 1891. —
Geigy Dr. Alfred, llaìdenstcin und SeIiaite7is/riìì-Rei-
c/ieunn xnd ilire Mi'iizjìì-ai/mìr/en. Basel, 1889. — Osnaghi
Natale, Propdsia di nimru moncla itaìica ilesnnfji da.lla
francese inodifìcdtji.. Milano , 1860. — Luschin Dr. A.,
Die RoUbalzen. h'ni ISeitraij zur wiiìiixnuUischen Klymo-
logie. Wieu, 1880. — Trachsel Dr. C. F., Numismntique
épiscopaìe ìiiusannnisc. Fribourg, 1879. — Due cataloghi
di vendite di monete.

Marazzani Visconti-Terzi Conte L'xlovico :


Pedrusi Paolo , / O'.svov' id anjenlo l'accoìli nei Farnese
Museo. Parma, 1701-1704, 3 voi. in f.
Gnecchi Francesco ed Ercole :
Rei'ue Nurjiis/uali'/ue. Anno 1889-90-91-92. — Revue lìidge
de Nuììiis/ìiafi'/ne. Anno 1>92. — Reme Suisse de Xuuiis-
luutique. Anno 1891-92,

IV. — Il Presidente annuncia poi ai convenuti che, in


seguito a votazione tenutasi nel Consiglio Direttivo, nel
giorno 22 Novembre p. p.. furono ammessi quali nuovi Soci:
Enrico Ilutli di ]\[ilano; Avv. Efisio Piseli edd a ài Oristano;
e che fu proclamato Ileìienieri/u il Sig. Enrico Osnago di
Milano.
Da ultimo si delibera che, non compiendosi colla fine
del 1892 che il primo periodo transitorio della Società, le
cariche sociali abbiano a ritenersi continuativo, e si com-
putino cioè come incominciate col principio del 1893 con
330 ATTI DELLA SOCILTA NUMISMATICA ITALIANA

cui avrà vigore il nuovo Statuto definitivo. — Il Consiglio


rimane quindi composto anche per l'anno 1893, come segue :
Presidente

Conte Comm. Nicolò Papadopoli, Sanatare del Regno

Vice-Presidenti
Cav. Francesco Gnecchi
Cav. Ercole Gnecchi.

Consiglieri

Dott. Solone Ambrosoli, Conservatore del R. Gabinetto XìonmnaUco


di Brera.
Cav. Giusepiie Gavazzi.
Ing. Emilio Motta, Bibliotecario della Trivìdziana.
Dott. Umberto Rossi, Conservatore del Museo Xazionale di Firenze.
Dott. G. Arturo Sambon.
March. Carlo Ermes Visconti, Direttore del Museo Artistico Muni-
cipale di Milano.
Segretario e Bibliotecario : Cav. Prof. Costantino Luppi.
Tesoriere: Cav. Giuseppe Gavazzi.

La seduta è quindi sciolta alle ore 4 poni.


STATUTO
DELLA SOCIETÀ NUiMISMATlCA ITALIANA

Approvato dall' As>if.mhka generale dei Soci


il (jiorno H dicembre 1S02.

I.

Col gionio 11 Aprile 1892 è t'ondata in Milano una Società scien-


tifica, col titolo: Società Xamismatica Italiana.

II.

Scopo della Società è quello di promuovere, agevolare e diffondere


gli studi relativi alle monete, alle medaglie ed ai sigilli.

III.

La Società piiljblica la Ririitn Italiana di Siim/sinatica, nella quale


inserisce anche i suoi Atti.

IV.

La Società si compone di un numero illimitato di Soci, e questi si


dividono in
a) Soci effettivi,
b) Soci corrispondenti.

V.

I Soci effettivi pagano L 30 annuali. Ricevono la Rivista e lo pul)-


lilicazioni ordinarie della Società, e hanno diritto di l'reijuentare lesale
sociali e di usare della Bililioteca e delle Collezioni a norma del
Regolamento. Hanno voto deliberativo nelle assemblee, e fra essi viene
scelto il Consiglio direttivo, come all'.-Vrt. XII. I Soci effettivi sono i soli
comproprietari dello attività sociali.
S32 SIA'IXTO DI-.LI.A SOCIl:l\ M'M ISM Al ICA ITALIANA

VI.

I Soci corrispondenti italiani e stranieri pagano L. 20 annuali.


Ricevono la Rivista e hanno diritto di frequentare le sale sociali e di
usarvi della Biblioteca e delle Collezioni a nonna del regolamento.
Possono intervenire alle assemblee, ma non lianno voto deliberativo.
VII.

Non possono essere Soci corrispondenti quelli che abitano la città


dove ha sede la Società. Viceversa chi risiede alti-ove può essere Socio
effettivo o corrispondente.
Vili.

L'obbligo per tutti i Soci è triennale. Il Socio che nel Settembre del
terzo anno non dichiara in iscritto di voler uscire dalla Società, rimane
obbligato per un altro triennio.
II rifiuto a pagare la propria quota dopo due avvertimenti della
Presidenza ò considerato come una dimissione, senza pregiudizio dei diritti
della Società al ricupero di quanto le è dovuto.

IX.

Chi offre alla Società un dono di almeno 200 lire in denaro, in libri
o in monete, medaglie, sigilli od altro interessante la Società, sia in una
sola volta che ripartitamente, è considerato come Benemerito.
Quelli che diedero la loro adesione prima dell' 11 febbraio 1892 ,
giorno della costituzione della Società, sono Soci Fondatori.

X.

Le proposte per nuove ammissioni si fanno con lettera controfirmata


da due Soci alla Presidenza. Il Consiglio , nella sua prima adunanza
delibera sull'ammissione dei candidati, i cui nomi figurino all'Ordine
del Giorno.
XT.

I Soci destinati a sostenere una funzione nel Consiglio Direttivo


sono eletti in assemblea generale a scrutinio segreto ed a maggioranza
assoluta di voti. E fatta facoltà al Consiglio Direttivo di assumere un
segretario. Tutte le cariche sociali sono gratuite, meno quella di Segretario,
il quale potrà essere retribuito.
SFA ILIO Di;[.LA SOCIKTA NUMIS.NUIKU ITALIANA

S33
XIL

11 CoiK-iiglio Direttivo si compone di:


1 Presidente
2 Vice-Presidenti

G Consiglieri, ad uno de' quali viene deferita la carica di Tesoriere.


Tutti i >rembri del Consiglio hanno voto deliberativo.
Il Consiglio Direttivo è radunato dal Presidente per trattare gli af-
fari ordinari della Società, ed è legale se predenti almeno cinque membri.
A parità di voti prevale quello del Presidente. Le deliberazioni del
Consiglio sono esecutive.

Xlll.

Il President'' rap[>reseata la Società, convoca le assemblee dei Soci


e le adunanze dui Consiglio Direttivo e ne dilige le discussioni ; veglia
alla osservanza dello Statuto, all'economia della proprietà sociale, firma
gli atti d'uffii;io e le corrispondenze. Dura in carica tre anni.
I Vico presidenti Ki .supijliscono i.i ordine di anzianità. Durano pure
in carica tre anni.
Dei Consiglieri .^i rinnovano antniabiumte due, estratti a sorte nei
primi due anni, poi per ordine di anzianità.
Tutti sono rieleggibili.
In caso di sostituzione straordinaria d'un Membro del Consiglio, il
socio eletto sottentra in luogo e stato del cessante.

XIV.

II Segretario custodisce gli atti della Società, stende i verbali delle


adunanze consigliari. come di-Ile generali; funge da Bibliotecario e cu-
stodisce ilibri mandati in dono o acquistati dalla Società, come pure
il Medagliere che coi doni .si andrà formando i:i sono alla Società me-
desima, e ne tiene in corrente i relativi cataloghi e inventaiii. Coadiuva

la Direzione della /ù'r/s/a per correzione di bozze, comj)ilazioni di sunti,


sommarli, ecc.
I soli Soci poss. no valersi sia dei libri, che del medagliere, a norma
del Kegolameniii.

XV.

II T'esoriere i in- 1 la riscossione del contributo dei Soci e di ogni altro


provento della S icictà ; firma le qnitanze, paga le snese stanziate dal
Consiglio Direttivo o dalle assemblee generali : tiene un registro di en-
trata edi uscita ; compila i bilanci preventivi e consuntivi.
68
534 STATUTO IJEr.LA SOCIETÀ NUMISMATICA ITALIANA

XVI.

n Consiglio nomina nel suo seno la Direzione della Rivista, e può


aggregarsi alcuni altri soci per formare con questi il Comitato di Reda-
zione della stessa, il quale funzionerà a norma del vigente regolamento.

XVII.

Una sola assemblea dei Soci è obbligatoria ogni anno; le altre sono
lasciate in facoltà del Presidente. Nella assemblea annuale , da tenersi
nei primi tre mesi dell'anno, saranno presentati i conti consuntivi del-
l'anno finito ed i preventivi di quello incominciato.
Per la legalità delle assemblee è necessaria la presenza di almeno
un quinto dei soci effettivi. Dopo però passata un'ora dalla convocazione,
l'assemblea viene tenuta, qualunque sia il numero dei Soci, e le delibe-
razioni sono valide ed obbligano tutti i Soci.
Sono ammesse le rappresentanze per procura. Ciascun Socio può
rappresentarne un altro.
Ogni Socio può chiedere che siano messe all'ordine del giorno pro-
poste di sua iniziativa, purché presentate almeno 15 giorni prima del-
l'assemblea.
Il Presidente è in obbligo di convocare i Soci quante volte siane
richiesto per iscritto, con ragioni motivate, da cinque di essi.

XVIII.

La Società non potrà esser sciolta che sopra dimanda scritta di al-
1 dei Soci effettivi, e la decisione di scioglimento dovrà essere presa
meno [3
in Assemblea generale, convocata a questo scopo un mese innanzi, colla
maggioranza di 4[5 dei votanti.
Votato lo scioglimento , 1' attivo depurato , la Biblioteca , le colle-
zioni, ecc., resteranno proprietà dei Soci effettivi inscritti a quell'epoca,
e questi decideranno a maggioranza di voti sulla loro destinazione.
XIX.

Nessuna modificazione potrà essere fatta a questo Statuto, se non


sarà presentata dal consìglio direttivo o per iscritto da almeno li3 dei
Soci effettivi e approvata in Assemblea generale con 2i3 dei voti presenti.
COLLABORATORI DELLA RIVISTA
NELL'ANNO 1892

Memorie e Dissertazioni.

Ambrosoli Solone
Capobianchi Vincenzo
Castellani Giuseppe
CoMANDiNi Alfredo
Gabrici Ettore
Gavazzi Giuseppe
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
Lattes Elia
Luppi Costantino
MoRsoLiN Bernardo
Motta Emilio
Papadopoli Nicolò
Poma Cesare
Rossi Umberto
Roggero Giuseppe
Sambon Arturo G.
Tagliabue Emilio.

Cronaca.
Ambrosoli Solone
Brambilla Camillo
Clerici Carlo
Gnecchi Ercole
Gnecchi Francesco
Marchand Prèdkric
Sambon A. G.
ELENCO DEGLI ASSOCIATI
AT,I..\

RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA


r E R V .\\ N 0 1 s! 0 2

'^-

cop:
S. A. R, II, Principe di Xatoli
Adriani Prof. Comm. Dott. d. 15. 11., Ispettore degli Scavi o
Monumenti di Antichità. — Cherasco .
Agostini Tni^ Agostino. — Milano
Anibrosoli Dott. Soloin' . Conservatore del li G; mie tto Niiinis
matico di Brera. - - Milnno .
Averara Avv. Manifesto. — Lnrìi.
Bagatti-Valsecclii Nob. Cav. Fausto. — Milano
Bahrfeldt Muv. — liastatt (IJadenj
Ballarati Magg. Amedeo. — Saronaiio
Bartolini Cav. Luigi. — 'Trevi
Bartolo (Di) Prof. Francesco, Conservatore del M useo Civico
Catania . .....
Basilea. — Soriété Suisse de Nnmismatiqun
Beltrami Luca, Architetto. - Milano .
Bergamaschi Prof. Giovanni , Cunservatore del (] VICO ]\Iuseo. —
Cremona
Berlino. — Zcitschrift fin- Nitniismatiì:
Bignami Cav. Giulia. — llonia .
Bocca Fratelli. Librai. — Torino.
Bologna. — Hiblioteca .Nrunicipale
Bonomi Enrico. — Legnalo.
Bosso Dott. Giuseppe. — Cairo (Egitto)
Boston. — American ■foiirn'il of .irrlienloi/i/
» — American Journal vf Niiini^mafic.s
Biivne WilliiiKi. -- Firenze.
538 ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1892

COPIE
Brambilla Nob. Comm. Camillo. — Pavia ....
Briganti Cav. Bellino. — Osimo
Brockhaus F. A., Libraio. — Lipsia
Bruxelles. — Revue belge de Numismatique
Butti Alfonso. — Milano
Cagliari. — Regio Museo di Antichità ....
Cahn E. Adolph. — Francoforte sul Meno.
Camozzi Verteva Comm. G. B. Sen. del Regno. — Bergamo
Camuccini Barone G. B. — Roma
Capo Dott. Tomaso. — Roma
Capobianchi Cav. Prof. Vincenzo. Eoma.
Capretti Giuseppe. — Alhiate
Carpinoni Michele. — Brescia
Castellani Rag. Giuseppe. — Fano
Catania. — Biblioteca Universitaria
Cerrato Giacinto. — Torino .
Ciani Dott. Giorgio, Conservatore del Museo Civico — Trento
Cini Avv. Tito. — Montevarchi .
Comandini Dott. Alfredo. — Roma
Como. — Municipio
» — Museo Civico
Cunha (Da) Dott. Giuseppe Gerson. — Bombay .
D'Angelo Domenico fu Antonio, Libraio. — Reggio-Calabria
Dattari Avv. Alberto. — Cairo (Egitto) ....
Demole Dott. Eugenio, Conservatore del Gabinetto Numismatico
— Ginevra .
Dessi Vincenzo. — Sassari .
Doimo Savo. — Spalato
Dupriez Raimondo. — Bruxelles.
Engel Dott. Arturo. — Parigi .
Fasella Comm. Carlo, Direttore della
Fiorasi Capitano Gaetano. — Scuola di Guerra. — Torino.
Firenze. — Archivio Storico Italiano
» — Biblioteca Riccardiana
Poa Alessandro. — Torino .
Formenti Giuseppe. — Milano .
Franclii Carlo (ditta di A. Vismara. Libraio). — Como
Furchheim Federico, Libraio. — Napoli
ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER l'aNNO 1892
539

COPIE
Gaggino G. e C. — Singapore
Garda Antonio. — Valenza (Spagna) ....
Garovaglio Cav. Dott. Alfonso. — Loveno sopra Menaggio (Como;
Gavazzi Cav. Giuseppe. — Milano ....
Geigy Dott. Alfredo. — Basilea
Genova. — Biblioteca Civica
» — Giornale ligustico
Gentili di Rovellone Conte Tarquinio. — San Severino
Georg. H., Libraio. — Ginevra
Gnecchi Carlo. — Milano
Gnecchi Cesare. — Milano
Gnecchi Ing. Corani. Giuseppe. — Milano .
Gnecchi Marco. — Milano
Gnecchi -Vittorio. — Milano
Grossi Gualtiero, Bibliotecario dell'Oliveriana. — Pesaro
Hamburger L. e L. — Francoforte sul 3Ieno .
Hess Adolfo. — Francoforte sul Meno
Hoepli Comm. Ulrico, Libraio-Editore. — Milano
Jacobson E\v. — Mosca
Jatta Giulio. — Bnvo di Puglia
Johnson Cav. Stefano. — Milano
Lamberti Policarpo. — Savona
Lambros Gio. Paolo. — Atene
Landolina di Rigilifi Barone Francesco. — Palermo .
Lazara (De) Conte Antonio. — Padova
Leone Cav. Camillo. — Vercelli
Lippi Raffaele. — Biccari
Loescher Ermanno, Libraio. — Poma ....
Loescher Ermanno, Libraio. — Torino.
Londra. — The Xumismatic Clironicle
Luppi Cav. Prof. Costantino. — Milano
Mantova. — Biblioteca Comunale ....
Mariani Giuseppe. — Milano
Marignoli March. Comm. Filippo, Sen. del Regno. — Roma
Marsiglia. — Biblioteca Civica
Maselli Avv. Giuseppe. — Aquaviva ....
Milani Prof. Cav. Luigi Adriano, Direttore del R. Museo Arclieo
logico. — Firenze
540 i-.i.KNCO 1)i:gi,i associati pi:r l ANNO 1892

3IUnno. — Archivio Civico di S. Carpoforo CCPII


» — Archivio Storico Loiìibardo
» — Biblioteca Ambrosiana
» — Circolo Fotografico Lombardo .
» — Circolo Alessandro Manzoni
» — Direzione della R. Zecca .
» — R. Biblioteca Braidense
» — R. Gabinetto Numismatico di Brera.
Mirenglii Avv. Michele, Presidente della Commissione del Museo
Provinciale. — Bari
Modena. — Regia Bil)lioteca Estense .
Mojana (De) Conte Avv. Alberto. — Milano
Montagli H. — Londra
Morsolin Ab. Prof. Bernardo. — Direttore del Museo
Civico.
Vicenza ........
Motta Ing. Emilio. — Milano ....
Mulazzani Conte Lodovico. — 'Ingiglio
Napoli. — Archivio storico per le provincie napoleta
\» — Direzione dei RK. Musei di Antichità
Nervegna Giuseppe. — Brindisi ....
Neustàtter Emilio. — Monaco (Baviera)
Nutt Davide, Libraio. — Londra.
Oslo Magg. Generale Comm. Egidio — Roma .
Osnago Eurico. — Mi/ano
Padoa Cav. Vittorio. — Firenze ....
Papadopoli Conte Comm. Nicolò, Sen. del Regno. — T enezia
Parazzoli Antonio. — Cairo (Egitto) .
Parigi. — l'olijbihìioii ......
» — lievite Nuìiiisììiatique.
» — Soci(it(^ fran(,MÌse de numismatique
Parma. — R. Museo di Antichità
Pasi Avv. Adolfo. — Bologna ....
Pasinati Francesco. — Poma ....
Pavia. — Biblioteca Civica Bonetta .
Peelmau Giulio e C — Parigi ....
Perini Qiiintilio. — Trento
Persiani Avv. Raffaele. — Cìdeti
Piacenza. — ISiblioteca pubblica Passeriui-Landi
eli;n(;o dicgii associati per l"an'NO 189- 541
COPIE

Picozzi Dott. Fraucesco. — Lodi


Pisano Cav. Dott. G. B. — Genova
Pischedda Avv. Efisio. — Oristano
Polleri Francesco fu Luigi. — Genova ....
Prayer Carlo. — Milano
Ratti Dott. Luigi. — 2Iilano
Rivani Giuseppe, Direttore del Civico Museo di Arclieologia.
Ferrara
Rizzini Dott. Prospero, Direttore del Museo Civico. — Brescia
Rizzoli Luigi, Conservatore del Museo Bottacin. — Padova
Roma. — Archivio della Società romana di storia patria.
> — Biblioteca della R. Accademia dei Lincei .
» — Direzione della R. Zecca
Rossi Dott. Umberto. Conservatore del ^Iiiseo Nazionale. — Firenze
Ruggero Cav. Giusejipe. Tenente Coloiiello. — T'iz.-i(jliettotie
Salinas Cornili. Prof, .\ntonino, Direttore del Museo Nazionale
— Palermo .....
Sambon Cav. Giulio — Firenze .
Sangiorgi G. — Roma ....
Santoni Can. Milziade. Direttore della ^'alentiuiana. — Camerino
Savini Paolo. — Milano ....
Scarpa Dott. Ettore. - Treviso .
Seletti Avv. Emilio. — Milano .
Serazzi Avv. Pietro. — Novara .
Serrure R. e C. — Parigi ....
Sessa Rodolfo. — Milano ....
Sorniani Andreani Conte Lorenzo. — Milano
Sozzani Ing Vincenzo. — Tromello (Lomelliiia
Spalato. — lìolh'ttiìio di Arclieologia e Storia
Spigardi .Vrtiiro. — Firenze
69
Spink S. ^L — Londra
Stettiner Cav. Pietm. -- Roma .
Tatti Tng. Paolo. — Milano
Tolstoy Conto Giovanni. — Pietroburgo
'Torino. - Regio Museo di Antichità .
» — R. Biblidteca Nazionale
Torreqiiadra Conte Rogadeo. -- Ritonto
Trento. - I.iblioteca Comunale .
542 ELENCO DEGLI ASSOCIATI PER L ANNO
1892

cop:
Trieste. — Museo Civico di Antichità .
Trivulzio Principe Gian Giacomo. — Milano
l'i-iibner K. J., Libraio. — Strasburgo
Turati Conte Emilio. — Milano .
Valton Prospero. — Parigi .
Van Sclioor Carlo. — Bruxelles .
Van Trigt G. A., Libraio. — Bruxelles
Varese. — Museo Patrio
Varisco Sac. Acliille. — Monza .
Venezia. — Arcìiivio Veneto
» — Ateneo Veneto .
» — K. JJiblioteca Marciana
» — Museo Civico .
Verona. — P>iblioteca Comunale .
Vidal Quadras y Ramilii Emanuele. — Bar cellona
Vienna. — Gabinetto Num. e di Antichità della Casa Imperiai
•» — Nuniismatiftclie Zeitschrift
Vigano Gaetano. — Desio .
Virzi Ig. — Falermo
Visconti March. Carlo Ermes. — Mik'.no
Vitalini Cav. Ortensio. — Roma .
Volterra. — Museo e Biblioteca Guarnacci
Wesener E. J. — Monaco (Baviera) .
Witte (De) Alfonso. — Bruxelles.
Woringer D. — Basilea
Zitelli Pietro. — Scio (Turchia) .
INDICE METODICO DELL'ANNATA 1892

NUMISMATICA ANTICA.
(Memo h ie e D i s s e it t a z i o n i). 11
Appunti di Xuaiisnuiticii Koinana. Filwcesco Gnkcohi
XXI. Contribuzioni al Corpus Nuraoruni. E. Colieziont' Pag.
Ercole Gnecchi a Milano ....
163
XXII. Scavi (li Roma nel 1891 .... »
XXIII. Numi plumbei » 165 ^g
279
XXIV. Classificazione del Bronzo imperiale »
XXV. Il Medaglione Senatorio » 423
291
XXVI. Serie del Bronzo Iniperatorio. »
41
Postilla all'isorizione etrusca del Semisse romano d'Arezzo
Elia Latte-- »
Poche o3.servazioui .sul ilenaro di L. Menimi. Ettore Gaiìric »
175
Di un gran bronzo inedito del Nomo Tallite. Soi-o.ne A.m-
BROSOLl 467
(Notizie Varie).
Ritrovamento di monete siciliano 160
160
Ritrovamento di monete romane a Gambolò »
Monete ritrovate nello vicinanze di Fano. (G. Casteei.axi) » 260
» 263
Ripostiglio d'aurei romani in Calabria. (P. G.). »
Ripostiglio di monete consolari in Sicilia. (F. G.j 263
Vendite pubbliche a Milano. ^La Dir.) .... » 264

NUMISMATICA MEDIOEVALE.
(Me.morie e Dissertazioni;.

Appunti di Numismatica Italiana. Ei{i-ole GxKrrin :


V. I Luigini di Giulia Centurioni Serra. Principessa
di Campi Pafi. 45
VI. Un mezzo Testone dì Francesco Gonzaga, Maivlieso
di Castiglione » 53
514 INDICI-; MI.TODICO djìll'annata 1802

VII. Uà obolo inedito di Pouzono Fag. 50


Vili. Uno zecchino di liSone X per Ravenna ...» (il
IX. Un mezzo f^ros-io di Paolo III per Camerino . . » li-l
Grosso inedito di Gian (Galeazzo per Verona. Gius. G.w.ìzzi » ti?
Pesi proporzionali dedotti dalia libbra romana, merovingia
e di Garlomagno. Vi.vcknzo C.\poiu.\.\ch[ ...» 79
Tariffa monetaria mesolciness. Emilio T.\ ìllmìdic . . » 11.5
Il Bimetallismo a Venezia nel Medio Evo. Nicoi.n P.\-
P.IDOPOLI » 199
Di una monetina inedita della zecca di Messerano. Ck-
SAllE Po.M.A. j> 215
Francesco Poscari e le sue monete. Nicolò P.xp.^uopoli. ■■ .SI 7
Di alcune monete inedite di Alfonso I e Ferdinando I re
di Napoli e di due officine monetarie del Napoletano
finora sconosciute. Airmio G. S.wibon:
a) Zecca di Gaeta „ 341
h) La Cella ed il Reale d'Alfonso I coniati ad Aquila » 345
e) Zecca di Lanciano „ 3.5O
d) Il Coronato di Ferdinando I in oro . . . » 354
Annotazioni Numismatiche Genovesi. Giuseppe Ruggero :
XXI. Ultimi minuti e loro multipli anepigrafi . . . » 47!
Gride relative al corso delle monete milanesi in Reggio
d'Emilia. U.mberto Rossi , 487
(Notizie V.\rie).

Il ripostiglio di Grattasoglio (C. Clekici). . . . Fay. 156


Falsificazioni moderne (La Direzione) .... » 1.58

MEDA&LIE.

Una medaglia di Alfonsina Orsini. Bkr.vardo Morsolin Pag. 71


Tre medaglie in onore di frate Giovanni da Vicenza. Ber-
nardo MORSOLI.N > 209
Medaglia in onore di Giuseppe da Porto. B. Morsoli.n . » 357
Medaglia in onore di fra Domenico da Poscia. B. Morsoli.n- > 493
Medaglia del Porto di Fano. Giuseppe Castellani . » 365
Gian Marco e Gian Battista Cavalli. U-Mbekto Rossi . » 481
Medaglie italiane del ISDO. Alfredo Cùmandixi . . » 219
INDICK MKTOniCO lIlCLI,' ANNATA 1892 Ólc

BIBLIOGRAFIA.
(Opina-: Xl: MI SFATICHI-;).

Ikirclaij Head V., Catalogne of the gi'eek coius of Jouia


181»2. (F. G.) P„(j. 501
Boutlcoivslii (GliukaA), Ilecueil special des graiides curio-
sités inédite.s ou peu coiiuues dans le cliamp de l'Ar-
chi?olo<,àe, de la Xiunisinatique et de rKpi^n-aphie [L. D) » 412
Catalogo de la Colleciou de Monedas y Medallas de Manuel
Vidal Quadrai y Karaon de Barcellona (F. G.) . . » 401»
Cohen (H.), Description historique des moniiaies frappées
soiis l'empire romain. (Jj^ Direzione) ...» 403
Congrès internatioiial de Numisinatique 1891. (F. G.) . > 291
l)e ì'i Tour (H.,, Atlas de ni )niiaies gauloise:^. {E. G.) . » 417
Df.moh (Eugène), Hi.stoire raonétaire de Genève de 1791
il 1848. fE- G.) » 253
FjV'uis (.\rthur), .Syracusan ^ledaiiloas and theìr cngravers
in the liglit of recent fonds. (A. G. S.) . » 243
Falcia (I.). Vetuloaia e la sua necropoli antichissima (S. A.) »
» 512
144
Foresi') (G.,. L'^ monete delle zecche di Salerno (A. G. S.) 505
Fuma'inUi fi.. Biblioteca Etiopica. Milano. 1892 (.S. A.). »
Jonijite (V. dii B ). Un triens signé par un nionc^taire mé-
rovingien iucounu Jusqu'à ce jour .... » .506
Ladf' (A.), Lea monnaie-i auonymes des Comtes de Savoie
(F. MAKni.\.\D) . . , » 399
Lagumiii'i (B.), Studi sulla Numismatica arabo-normanna
di Sicilia. (A. G. Samho.n) » 141
LamhrOS (J. P.) , .\vaYO-iy. r, T^iv v5ijLt5;j.dlT bv tr,? x'jv. l? "SX-
XiSo- jitò Icuiwoo li. .Vafiitpoo .S. .V). ...» 149
Motta (E.;. 11 Museo d'un letterato milanese del seicento » 50IJ
AFuseo (II) Archeologico e Numismatico di Livorno. (S. A.) » 503
liis Paquot. Uepertoire aimuaire gén(^ral des Collection-
neurs de la Franca et d' l'Etranger. (P. G.) . . » 148
Schodt (.\. J)f), La Numismatif|ue romaine dans ses rap-
ports avec l'art oratoire. (F. (j.) » 14(J
VnlUer (G.j . Sigillogranhie de l'onli-e des Cliartroux , et
Numismatique do S. Bi-iino. C. Bììa.\:hili.a) . . » 137
Vitalini (0), Le monete battute nel Pontificato di Pio IX
0 neirinti'rregno della Repubblica Romana. (E. G.) . » 411
S46 INDICE METODICO DELI,' ANNATA 1892

Warwicìi, (Wroth), Catalogue of the Greek coins of Mysia


edited by R. Stuart Poole. (F. G.) . . . . Pafj. 249
Zay (E.), Histoire iiioni^taire des Colonies Frangaises d'après
les documeiits ufficiels. (S. A.) » 150
Pubblicazioni diverse. Pag. 150, 254, 507.

Periodici di Numismatica.

Numismatic Chronicle, pag. 415, 5ir>. — Revue Numisma-


tique, pag. 152, 256, 512. — Kevue Suisse de Numi»-
matique, pa*/. 152, 256, 414. — Annuaire de Xumis-
matique , pag. 152 , 256 , 414. — Revue Belge de
Numismatique, ^a^. 256, 413, 512. — Zeitschrift fiir
Numismatik, pag. 414. — Numismatisclie Zeitschrift,
pag. 508. — BuUetin de Numisraatique , pag. 153 ,
257, 415, 513.
Articoli numismatici in Periodici diversi, pag. 153, 257, 513.

NECROLOGIE

Bertolotti Giuseppe (E. G.) » 135


129
Pag.
» 134
Brambilla Camillo (La Direzione)
Camera Matteo (A. G. S.) . » 398
Cherubini Gabriello (E. G.) » 135
Fraccia Giovanni (F. G.) . » 133
Minervini Giulio (E. G.) . * 397
Prayer Carlo (E. G.) . » 134
Reale Francesco . » 136
De Schodt Alfonso (F. G.j.

MISCELLANEA.

Vite di illustri Numismatici Italiani. C. Loppi : Pag.


XI. Giorgio Viani 119
237
XII. Giulio Corderò di S. Quintino . »
Insegnamento di Numismatica . » 160
259 e 265
520
Premio per Medaglie
Premio Duchàlais >
In memoriam » 265
417
Soppressione definitiva della zecca di Milano »
547
indici; metodico dell'annata 1892

Note Nuraismaticlie di un viaggio ad Atene e Costantino Pa(/. 51t>


poli. (SOLO.NK AmBROSOLi) ....
Corso di Numismatica » 523
Aforismi numismatici 523
Collaboratori della liivisln ueiranno 1892. »
» 535
537
Indice degli Associati alla Eivista per l'anno 1892

Atti e Memorie della Società Numisì:aiica Italiana.

Società Numismatica Italiana (La Direzione) V 267


Pag. 155
Prima adunanza dei Soci .
» 273
Statuto provvisorio .... » 416
Doni alla Società ....
Seconda adunanza dei Soci. » 527
» 531
Statuto definitivo ....
>>

Finito di stampare il 31 Uicembrc 1892.

Lodovico Felick Coci.iati, (ierente responsabile.


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ANNO V: 1892 RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA

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CJ Plivista italiana di niomisma-
9 tica e scienze affini
R6
V.5

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