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Nadita ideale sentito di fornire un altro manifesto esempio della tendenza della sua opera. L'allegoria del corpo umano presenta nel Ripa — una genetazione dopo Michelangelo — un uomo coronato di fiori, sontuosamente vestito, che reca in mano una lampada senza luce. I fiori rappresentano la cadu cita, le splendide vesti i piaceri sensuali, la lampada l’illuminazione che proviene dalPanima. ‘Tuttavia, affermare che il Ripa si colloca alla fine di un’evoluzio- ne che aveva preso le mosse sullo scorcio del Trecento, non avrebbe che un senso limitato, In ogni caso la Controriforma, di cui Ia sua opera & eco, non ha potuto spezzare il rapporto che condusse nel xvitt secolo ad una nuova manifestazione del pensiero umanistico, e ad un movi- mento ideologico che da esso dipendeva. Sarebbe a questo punto com- pito dello studioso elaborare le differenze, sotto questo aspetto, tta Rina- scimento ¢ Neoclassicismo, il che peraltro costituirebbe un lavoro a sé stante. Compito peraltro che tanto pit s"impone, in quanto vi @ sempre il peticolo di riproiettare su un’epoca pid antica il modo di vedere neo- classico, del che offre esempio e monito Popera di Raffaello, Nella pre- sente ricerca si perd cercato soprattutte di rintracciare il filo della tradi- Zione, Non ? forse casuale che sembri mancare, nel xv e nel xv1 secolo, una testimonianza letteraria per quanto riguarda i concetti di nuditi ideale o etoica. Chi intendesse dedurne che i fenomeni corrispondenti fossero una conquista «in vitro», propria soltanto del Neoclassicismo, mentre nel Rinascimento sono preponderanti significati di coloritura eri stiana, ben dificilmente potrebbe essere contraddetto, Tuttavia, ambe- due le concezioni risalgono, dal punto di vista del contenuto, al Rinasci- mento, ove «ezoico» esprime piti Paspetto morale, e «ideale» esprime piti Vaspetto estetico-neoplatonico. E vero che la mudita ideale @ stata generalizzata soltanto nel Rinascimento a convenzione artistica, ma le sue radici si collocano in una tradizione medievale. Da essa deriva lo stretto legame tra nudita ideale ed allegoria, che di limpronta alle raff- gurazioni fino all’epoca moderna. Quantunque Goethe e la sua genera- zione si sforzassero di dimostrare il contzario, Ia nudita ideale non & la pura natura, ma possiede sempre una componente di pensiero, che va oltre se stessa. II carattere fondamentalmente diverso della rappresenta- zione della nuditi durante Pantichita andra esaminato in altro Iuogo: € jn quella sede ci si dovra pur chiedere in quale misura Parte antica riveli poi sviluppi che potrebbero offrire alla concezione moderna una base. ANTONIO PINELLI Feste e trionfi: continuita e metamorfosi di un tema Perle will discussion ej suggetimenti desidero ringresiare Giovanni Agosti, Richard Brilliant, Monica Donato, Lucia Facto, Vincenoo Farinella, Francesca Flores Areas, ‘Chiara Fragoni, Carla Ginzburg, Steven F. Ostrow e, in modo partiolare, Onietta Ross ¢ Salvatore Sets x. Roma triumpbans. ‘Tempo fa, conversando con me sul tema di questa ricerca sui trionfi, Salvatore Settis mi raccontd di aver letto — ma non ricordava dove — che san Bernardino ebbe una volta ad esprimere questi tre desideri: 1) vede- re Gest; 2) ascoltare san Paolo; 3) assistere ad un trionfo antico. Benché avesse Varia di un bizzarro hapax legomenon, la notizia mi parve del tutto plausibile non solo per Vattendibilita di chi me la tra- smetteva, ma anche per la sua formulazione tipicamente bernardiniana: i sermoni del santo senese, infatti, sono costellati di raccomandazioni, precetti, anatemi ripartiti in elencazioni preferibilmente ternarie. Pescate il brano in questione nel vasto pelago dell’Opera onenia di san Bernardino si @ rivelata impresa superiore alla mia dubbia perseve- ranza, tuttavia la mia rapida indagine bernardiniana ha ugualmente dato qualche fratto, Tnnanzi tutto ho potuto constatare che san Bernardino ama spesso ci- tare nei suoi sermoni Ia frase «volumus Jesum videre» ', con un chiaro riferimento a quel passo del Vangelo secondo San Giovanni (XII 2x) in cui tale espressione messa in bocea ad un gruppo di Greci convenuti a Gerusalemme quando Gesii vi entrava sul dorso di un asino. Pud essere sofo una coincidenza, ma & comunque singolare che nella mente del mi: stico predicatore senese l’espressione «vogliamo vedere Gest» appaia indissolubilmente associata alla visione di un trionfo. Perché di questo non é lecito dubitare: l'entrata di Cristo a Gerusalemme sulla sua umile cavalcatura, mentre la folla osannante sparge rami di palma e stende ‘mantel sul suo cammino, non & altro che Ia parafrasi evangelica di un trionfo romano, o se si preferisce, un paradossale e deliberato nae avg Lg 3. rs rh ow De dacittd di Roma, « cure Gi R, Valentini e G. Zacchetsi, IV, Roms 1953, B. 367. rgbe Cte ci tet le ah Te rd Aten ee Satie wid. 25 Feste ¢ trionfi: continuita e metamorfosi di un tema 291 di un augure di nome Fulvio che avrebbe fatto parte delle truppe con cui Pompeo conquist’ Gerusalemme e che, in punto di morte, avrebbe pro- {fetizzato che sulla sua tomba sarebbe nata una nuova diviniti. Se dunque la prima iscrizione allude al trionfo del paganesimo sul giudaismo, la e- conda adombra Ja vittoria conseguita a sua volta dal cristianesimo sul mondo pagano. II falso archeologico & dunque utilizzato per puntualiz~ zare una verit’ storica, la quale viene visvalizzata dal Ghislandaio attra- verso la descrizione del luogo fisico della Nativita come una sorta di stande crocevia della storia, dove le maggiori religioni del mondo antico, ucla giudaica © quella pagan, eonfuisono per rendere omaggio all nuova fede che le contiene e le trascende. Un'altra variante iconografica della Nativita, che ebbe una certa for- tuna tra fine Quattrocento ¢ primo Cinguecento, specie in area tosco- emiliana, sostituisce addirittura le tradizionali rovine del Tempio della ace con un grande arco di trionfo romano anch’esso in rovina. Appar- tengono a questa variante quadri molto noti come PAdorazione dei pa- 236 stori di Francesco di Giorgio in San Domenico a Siena e la Nativita del Beccafumi nella chiesa senese di San Martino, palesemente derivata dal: la prima. Probabilmente tutte le valenze simboliche a sfondo cris no, che dianzi, abbiamo visto collegate all'immagine dell’atco di trionfo, han finito qui col fondersi (per sineretismo consapevole o per una forma «'. ‘Operante in letteratura come nelle arti figurative, questa «regola» tester’ in vigore, con non molte eecezioni, fino al Rinascimento, quando si affermer’ il principio opposto: la «reintegrazione delle forme clas che con il contenuto classico»*. ‘IL tema del trionfo offte un'abbondante casistica a verifica della «re- gola» panofskiana, ma anche qualche esempio a sua patziale smentita. Se 2 infatti diftusissima, come abbiamo visto, l'interpretatio christiana del tema, non mancano casi di rappresentazioni medievali di un antico ttionfo ispitate ad un modello formale anch’esso antico’’ ‘Di regola, perd, nel Medioevo, ci simbatte in casi che potremmo de- finire «mistim, in contaminazioni di «antico» e «moderno». La sugge- stione dei cerimoniali romani germoglia in un contesto ricco di intenzio- nalit allegoriche di natura etico-religiosa del tutto estranee al mondo + porate, Rnnzinenl Rage 103: Ha poets cule eile di asiumnty ential toon sponte of decions teoemsla mena che sdbtas dal SRE ASO Falcon Ce re erties Eas Sel Duo i Modena ee. sens, Tilt ‘aa parora Rape’ od reimblete dt saltare exticbe, nav, Lanfanco e Viigelmo. It Dao EMU iach taal ea Bac Nake 390 1 te ne Race poor 2 Stee Catia omar pen Tn fear erica ef uneedicecomunemenssfertoadarblete romano dela scone ets del x ‘ecole ta pera spostare al xy), Contaramente a quanto wteneye i! Mona, che pubblico See ee Re Bn fcc Revonn ong fegian at 8, rt Psa i none ny ss tee ie el Ae tl To, Rinse hess eal Ron Mace vel nt cds Caeret in Erie owl ced ang mal oor ee. ere, Conk iF © end cca neva note, A Troe di Mario ru Chapa” trata in un code sll aan ne nk i Reet tn. Mado dlrs oe sla Gets Rama sia Dar Willey Se ie rect in ee Hisashi natn Par, re a 9 atm SEB aihnen) sisgupsionen ctatn de Paolsky— gue Feste ¢ teionfi: continuitd e metamorfosi di un tema 293 classico e che, per giunta, portano con sé una propria tradizione letters. ria e magati anche una cotrispondente tradizione iconografica. Il risul- tato di questa ibridazione pud essere diverso ma, come accade in natura, ‘non necessatiamente sterile, anzi: valga per tutti Pesempio dei Trionft petrarcheschi ¢ della loro strepitosa fortuna iconografica, su cui dovre- ‘mo tornare pit avanti. Quanto alla «reintegrazione delle forme classiche con il contenuto classico», essa si fara strada lentamente, mano a mano che avanzano le jstanze umanistiche, fino a culminare in quel meticoloso, ma al tempo stesso immaginoso capolavoro di «reintegrazione» filologica che 2 costi- tuito dal celeberrimo ciclo con il Trionfo di Cesare del Mantegna. Ma procediamo con ordine, cominciando con le «contaminazioni» del Medioevo maturo. Un primo esempio particolarmente significativo ce lo offre Dante con immagine trionfale che accompagna apparizione di Beatrice negli ul- timi canti del Purgatorio. Un carro allegorico a due rote (Ia Chiesa che poggia sul Vecchio e sul Nuovo Testamento), trainato da un grifone (Cristo nella sua doppia natura, umana e divina), & preceduto e scortato da-un folto corteo in cui spiccano i 24 Seniori (i Libri del Vecchio Testa- mento), i quattro animali simbolici degli evangelist, le tre Virei teolo- gali, le quattro Vireii cardinali e numerosi altri personaggi in rappre- sentanza di altrettanti caposaldi della tradizione scritturale’. «Non che Roma di carro cosi bello | rallegrasse Affricano, o vero Augusto, | ma quel del Sol sarfa pover con ello», commenta estasiato il poeta alla vista del corteo (Purgatorio XXIX 115-17), confermandoci implicitamente di aver preso spunto dai trionfi romani per la sua sfilata allegorica. Ma a scandagliare pitia fondo si scopre che l'immagine dantesca ha un pedi- gree piti complesso, che si dirama nel pid immediato retroterra del- Pimmaginario medievale. In un’illustrazione dell’ Hortus deliciarum di Herrad di Landsberg (1181), ad esempio, una donna che impersona la Chiesa monta su un animale mostruoso le cui quattro teste simboleggia- no gli evangelist’, Inoltre, nel commento al Cantico dei Cantici sexitto da Onorio di Autun nel x11 secolo e nelle illustrazioni che ne derivano, compare Vimmagine di una quadriga Christi le cui quattro ruote sono rappresentate dagli evangelisti‘. Manca ~@ vero — il corteo, che resta la « Nola cele rie llantravon oiceline della Commedia te dsc, sta Kupfer: sichabinets 2 Belinn sapreceatane leo igen dance ite owe ey ea SUSGEE RI eA can del Purestro, Dermat noises weds canon, Ton ce, fp. gp3a, 4, aoe gb 2, fap 9669, 8 ‘binant, Probes Titer monty iconnpaphic, New Yark- Landon 136, 9. 626. + Econo Coes Canna, i nc Parloios te, COM ea. ashe SE fnolae ntornie, Probl in Tit ce po Go 239 a 204 Antonio Pinelli pid peculiare connotazione trionfale dellallegoria dantesca, ma a ten- dere pit stringente la derivazione del carro di Beatrice dalia quadriga Christi di Onotio di Autun va aggiunto che su quest’ultima siede pro- prio una donna, la Sulamita, che & Ia personificazione simbolica della Chiesa ebraica. La liceita del raffronto @, del resto, confermata da una lettura del successivo canto del Purgatorio, il XXX, dove Beatrice viene invitata a salire sul carro del grifone con la triplice invocazione «Veni, sponsa, de Libano», che altro non & se non la formula con cui viene in vvocata la Sulamita nel Cantico dei Cantici. Liintricata genealogia dell’allegoria trionfale dantesca apre uno spi- raglio sulla genesi dei Trionfi petrarcheschi e sul rigoglioso filone figura- tivo ad essi ispirato. Ma prima di affrontare questo importante capitolo 2 opportuno accennare ai molteplici spunti offerti al rilancio dell’icono- agli tionfale anche da als srt del Petre eprfino da ceri even tidella sua vita. Una prima menzione d’obbligo ? per I’AJrica, Popera con cui lo scrit- tore aretino si propose di far rinascere il poema epico classico e dove non trascurd di inserite la prima rievocazione letteraria di un trionfo romano (quello di Scipione) ". Il desiderio di resuscitare gesti ispirati al rituale trionfale traspare anche da un dettaglio certamente non casuale della cerimonia che si svol- se a Roma nel 1341 in occasione dell'incoronazione poetica del Petrarca. Ricevuta la corona d’alloro in Campidoglio, Petrarca volle infatti offrir- Ia in San Pietro alla divinitd, a imitazione dei trionfatori antichi che compivano un analogo atto votivo dinanzi all’ara di Giove Capitolino AllAfrica va accostato il De viris illustribus, che ne costituisce una sorta di commentario in prosa, imperniato sulle biografie dei maggiori protagonisti della Roma antica, da Romolo in poi. La fortuna iconografi- cadel De viris ilustribus fu tutt’altro che trascurabile: si ispiravano ad fxano del IX bro ispento per molt partcolai al 0X libro dell AB Urb condi di Tivo Live. "[epizodio®eveeio in nano, f trian cit p96, ma s veda ache coo, La «Cel. lato auton del Peirce nla doce asta, (3970). 27. Rihinaa sceraormente incoronazione del Peteatea In eta moccina dl cordna Bib poeta Cosmo Barabelo, abate i Gaeta, che aeva ia beegncione ale vert del Pte Bj el 4 — al ede ce Lene ee ds Ealfish fate sedere es trop Cond e's ales ml dopey delllante Anpone. ‘Soren tigfae sf avid da Pasa San Bieuo, tual applause Te sida dela ola giunce avant Gol StoAnaro, dove Feleante,spavehate tal rstaona, imbizar mandanco Barsallo {Lambe allaia Ltnimaioe di Barsall, tonto e impettio il ltane,&raporesentas in uth ‘guateo a tans che oraa una ports dell apparamentovaseano dl Leone X;precaamente labor ‘hemette jn comunicrione la Sunes dlls Seenaara con fz Stansa a Eliodro, Clr. wows, ‘Rafuel mal ein Elefanem in abditelungen des KunsharorischenTostiates in Floezaza, 1 (3963 1367) pp. 9595; Acs ob Sevan, Scheda nel extalog della most Rafclo Vaticano (Cit EET Vaklaag obi 1984 senna wots) Mina 1984, pp. 7779 Feste ¢ trionfi: continuita ¢ metamorfosi di un tema ess0, ad esempio, gi aflreschi eseguiti fra il 1367 e il 1379" da Alt to e Ottaviano Bresciano (secondo alcune fonti)", oppure da Guariento eda Jacopo Avanzi (secondo altre) " nella Reggia padovana dei Da Car- ara. Come attesta un cronista padovano del Quattrocento", tali affre- schi rappresentavano le figure di eroi romani accompagnate dalle rispet- tive gestae trionfi («Romani imperatores, miris cum figuris cumque triumphis») e la sala che li ospitava veniva denominata «Sala virorum illustriumy, o anche Sala degli Imperatori o Sala dei Giganti. Oggi, in Tuogo dei dipinti trecenteschi (di cui resta il significativo frammento rappresentante Petrarca nel suo studio), la sala esibisce altre storie eroi- che, affrescate nel Cinquecento da Domenico Campagnola e Stefano del- P’Atzete, ma un’idea delle pitture andate perdute ci offerta da un codi- ce del De viris illustribus conservato a Darmstadt, che & illustrato con miniature derivanti, quasi certamente, da quei prototipi®. Tra queste ‘miniature non mancano le scene trionfali: il Trionfo di Camillo, il Trion- fo di Claudio Nerone ¢ Livio Salinatore e il Trionfo di Scipione VA- Fricano. I pittore Altichiero & chiamato in causa dal Vasari“ anche per un’al- tra setie di affreschi che ci interessano da vieino: il ciclo can le Storie della guerra di Gerusalemme, tratte dall’antica cronaca di Flavio Giu- seppe e affrescate nella Sala Grande del Palazzo degli Scaligeri a Verona. ‘A informare Vasari su questi affreschi til suo corrispondente padovano Gerolamo Campagnola, il quale aggiunge che sotto quelle Storie (di cui oggi timane solo qualche traccia relativa al partito decorativo) " Jacopo ‘Avanzi aveva dipinto «due trionfi bellissimi», lodati dal Mantegna in petsona «come pittura rarissima» ", Purtroppo anche questo anteceden- te del Trionfo di Cesare mantegnesco andato perduto, ma in compenso 1 gk ovum Parc ea be Deaton ob Se Vir Msi ip Pad in ‘¢Are Bulletin sn (4932), ppc 39-106. Sal engemento swe ea ia qs stesso volume a HOLM. Dono Cl ovot oneal testis ed exempta. I pr cell mani i Uomind Fa Pn eeanota, De eudibar Pats (14460 447), tumssont, Ror Talcarany Seri tore, RAIV, Cas i Castello 1902, 13, 49, Tis Kent bid ates che fa {noi &t Gustiento © Avera? Gerolamo Campagna, vieato nella sco era del Quatzsento, eur opinione &opota in ANOWM hoasitiaNo (waneae ‘avg ccet). Notizie d opere del dee, Vienna 1882, P34 egroat Bedi 2 windablehae on Gn saonetses, Pare et Rag 3, 7.40: scuoere, Zar Winderbelebung cit. fig x04. Hasan Le Vite do pid coeleti pitt seultort ef arebillor! (Page 368), ed. cura di'G. Milas Frense1878:3 (Wor in avant! cato come vasmaraiasest), Hy p83 SP cel, dk euta cra peta la pemorin& In ran pate aodato peeduto, ma cl che esta € stato racoperto propio alfstensione da. Lattin Li Sate Grandeo dt Alicea ear ‘ipo d Avcago ed Pall Seager’ di Verona, in aLs Cres dwztey, vt (999), pb. 3t%34- Ct Stche ips sisbtero Jacopo Annet, Milano 1963, pp. 2937. Di gecente at afrescht supers no sat sestuta lt ats X curvth Patare eral retauate, Soptntendeaa at Mosument Seton, Asin delle pltare mal vstrate,Caliano 1972, DB. 6870. yazan natant ly pete 80,8 op 296 Antonio Pinelli esiste un certo numero di disegni, riferibli con ogni probabilita al xv secolo, che derivano dalle Storie giudaiche della Sala Grande. Da uno di essi veniamo cost ad apprendere che quegli affreschi includevano un. Trionfo di Vespasiano e Tito che & senz’altro azzardato attribuire a Ja- copo piuttosto che ad Altichiero o viceversa, ma che appare certamente iti movimentato scenograficamente complesso degli austeri e paratat- tici «ttionfi> padovani tramandati dalle miniature di Darmstadt”. Il poco che resta delle pitture parietali della «Sala virorum illustrium» di Padova e della Sala Grande di Verona, integrato dalle miniature e dai disegni che ne derivano, sufficiente a convincerci che il clima di rievo- cazione antiquariale alimentato dal Petrarca dovette senz’altro contagia- te Altichiero e la sua cerchia, ma non al punto da azzerarne la «memoria visivan sconvolgendo consuetudini figurative ormai radicate. Da una parte, infatti,assistiamo a timidi approcci «reintegrativi», che presup- pongono una ricerca filologica sull'iconografia antica non dissimile da quella condotta dal Petrarca sugli scritti degli autori classici (penso so- prattutto ai «medaglioni» con profili di imperatori, che sono tra le po- che cose superstiti dell'impresa decorativa veronese, e che sono palese- mente ispirati alle monete antiche), ma dall’altra troviamo continui rife- rimenti — nei costumi, negli edifici, nelle impaginazioni spaziali — alla vi- ta contemporanea ¢ alla tradizione d’immagine piii recente. Se dunque Petrarca nel De viris illustribus e nell’ Africa si sforzava di assimilare i testi classici per restituirne tanto il contenuto che la forma, Altichiero ¢ ‘compagni, sia che illustrino storie antiche con la mediazione degli scritti petrarcheschi (com’ avvenuto a Padova), sia che abbiano come punto di rifetimento un testo antico vero e proprio (come sembra sia avyenuto a ‘Verona), non s‘impongono una linea di condotta altrettanto rigorosa per le fonti figurative e timangono, per cosi dire, a mezza strada. C’é dunque tuna sfasatura tra quanto avviene in campo letterario, dove il processo di eisincerasione> i generie temi t pid radicle, e quanto avvine nel campo delle immagini. Benché interferenti, i due «sistemi» conservano una loro autonomia: dietro gli affreschi di’ Padova e Verona c’t — & ve- 10 ~ un testo letterario antico o anticheggiante, ma esso determina solo il soggetto degli affreschi, non i concreti modelli iconografici che consen- tiranno al pittore di visualizzare quel soggetto, Ul De virisillustribus ha perd in serbo un’altea immagine trionfale 2 nap 3 Laue (x 8) ad & wt pubblico, su eaaione dG. Romano da rrsennti, Verio aro del Teaconto paano, ins uragonay i973 t 279° 19, 088 yi 99 arpormoni 3 wlan Setar, Zar Wiederbelbune ci. 9 €:nomaso, Verto sere dere de Marea «Rafal tn Sori dei we ain, vo. VI, too, Too 338, Pooaras fe. Feste e trioni: continuiti ¢ metamorfosi di un tema 207 che testimonia, invece, un momento di piena confluenza tra filone lette- rario e fone figurativo. Si tratta di una miniatura con il Trionfo della Gloria che campeggia, con minime varianti, sul frontespizio di ben tre codici del De viris illustribus, tutti e tre provenienti dalla corte pado- vvana dei Da Carrara: il eodice 201 di Darmstadt, che gid abbiamo incon- trato, e due codici conservati nella Bibliothéque Nationale di Parigi (ms lat. 6069 F e 6069 1). Il piti antico dei tre, il ms lat. 6069 F, & datato 24 gennaio 1379 ¢ fu seritto da Lombardo della Seta, Pallievo padovano del Petrarca che portd a termine il De viris illustribus, lasciato incompiuto dal maestro, La Gloria miniata sul frontespizio ha Paspetto di una solen- ne figura di donna alata, che appare in cielo seduta su una biga e distt- buisce corone d’alloro ad una schiera di cavalieri assiepati in basso su un prato verdeggiante. Due geni alati cavaleano i caval della biga e altri volano intorno alla Gloria, suonando Iunghe tube anch’esse provviste diali. TI secondo codice patigino @ probabilmente di poco posteriore al pri- so e contiene una diversa redazione latina dello scritto petrarchesco. La miniatura sul frontespizio @ assai diversa dalla prima per quel che con- ‘cere P'aspetto cromatico, ma Je sole varianti iconografiche consistono nel maggior numero di geni alati, nella scritta GLoRza che campeggia in ciclo e nella mandorla che recinge il carro allegorico. ‘Quanto al codice di Darmstadt, ess0 & databile intorno al 400 ¢ con- tiene una traduzione in volgare del De viris. Qualitativamente inferiore alle altre due, la Gloria sul frontespizio presenta qualche dettaglio dif- ferente: @ priva di ali, non ha corone dalloro e con la destra impugna una spada, mentre nella sinistra mostra un genietto alato. ‘La maggior parte degli storici dell’arte che si sono occupati delle tre miniature” concordano nell'indicare l'autore in Altichiero o in qualche artista della sua cerchia e nel supporre che esse derivino da un affresco, ma divergono sull’autore ¢ Pubicazione di questo perduto e ipotetico prototipo, Per alcuni si tratterebbe di una scena de! ciclo padovano della Sala degli Imperatori, per altri potrebbe trattarsi di uno dei Trionfi di- pinti da Avanzo a Verona; altri ancora, sulla scia di un suggerimento dello Schlosser, collegano la miniatura ad una Gloria dipinta da Giotto, ma sidividono a loro volta in chi, dando credito al Vasari”, sostiene che % 5, vow scossaa, Ein sroneicber Bilderbuch wnd die bofvehe Kutt der xv, Jobrbum ders, ie bach det Kunetarmlungen d, Alf. Kaberbausesn, 1893, pp 1at-a30: 4 foes, Le minatine, Milano too, 10 If Treceno, Torna 1951, BBs t-aeaigso, De Alicbero Preanelio, Csialoga dela mantra, Verona tox, pp. ut So, Ate eco dal Medicevo woronte, ‘Torino 1562, po. 86 Ih, Aliciew Ce, . 3637 isn inst, 43, 298 Antonio Pinelli questo originale giottesco si trovasse a Padova e in chi, collegando una serie di altre indicazioni provenienti da fonti disparate, lo colloca invece a Milano nel Palazzo di Azzone Visconti”. Come si vede, le potesi sono parecchie e non & detto che Puna esclu- da necessariamente I'altra, Appare certo, comunque, che le tre miniatu- te provengono da Padova e rimandano, per stile ed impaginazione, ad Altichiero e alla sua stretta cerchia; il che non esclude un ipotetico pro- totipo giottesco, ma neppure ’esistenza di altri affreschi che abbiano fat- to da tramite tra tale supposto prototipo e le miniature padovane Per il nostro discorso, tuttavia, gli elementi di maggior interesse so- no altrove: ad esempio, nel fatto che il frontespizio miniato abbia si at nenza con il contenuto generale del De viris, ma non sia, a ben vedere, Tillustrazione di un passo specifico dello scritto petrarchesco. In realt’, un testo letterario collegabile a questa immagine della Gloria esiste, ma non @ frutto della penna del Petrarca, bens{ di quella del Boccaccio. Si tratta del poemetto allegorico L’amorosa visione (1342), in cui Boccac- cio immagina di essere condotto in sogno da una donna in un castello, sulle cui pareti sono stati mirabilmente dipinti tre Trionfi Vultimo dei quali 8 quello della Gloria’. La descrizione di quest’ultima scena corti- sponde quasi alla lettera alle miniature padovane, soprattutto a quella del codice di Darmstadt. La Gloria, «magnanima ¢ possente», coronata oro e di pietre preziose, siede sul carro trionfale omnato di fronde di alloro ¢ circondato dagli «vomini illustri>; nella destra tiene la spada e nella sinistra una mela d’oro”. La contraddizione tra quest’ultimo detta- glio ¢ il «genietto» di Darmstadt @ stata brillantemente spiegata dalla Shorr, che ba supposto un ervore di lettura degli iconograh («home doro» per «pomo d’oro»), da cui sarebbe scaturita una variante icono- 2 Vedi ora sasanta tit Vntrcaae importante questone jn 6, tmnt, Conideraciont 1 mobail tong tra Alscio« Perrece in Be Cito oh Masia, Catalog dela tons borer Mita rsp. 32 306 ha, Fhe Prec by Gat Hier i «A on ‘SP ePhecesceto, Lavon vison (342), in ., Le rime, Lamorou vsine, La cuca di ise sm agra dV. Brac, Bat 1930, DP. 9371 ‘s ‘Damoroy atone ei ep. vB. 297 2 Thad ov. eo73. Tut i sopraave vramente Vd cee ier coronas e eo, | nl’ ‘etc agnanias © poten" atta sopra un cates tra ctor | grace © tranal sede | ornate ‘tia a on allt, miraido uns gene. Ih ran tenea | ut gota taster, cn i que | he i mondo mipaceiase mt pre, Ts tency pala man ine Sta [un pomodoro evn tron ala tale | vie sedva, x dala on an sre | ue eavalt est eco perio forte! tear eo inf a pee peta. E ines Yale cose, che sorte | iv {ron de me incorpo «questa | sovrana Jaana neues di morte [nel magnanitno eft, fu cle ssT cc inp nde sede pra hm te, Rc ‘tin arto il mondo, | ila, puese, dimestio 0 stan, | ehe non parse Geaio da que! fondo. ESsepacnss no ive, wait un veo, ce dhe Ress lo son fe Gloss opal om, Some Notes onthe Lonoarby of Prac Timah of Fane, in ae Balle tins, xx (938), bp 1027. Feste € trionfi: continuita e metamorfosi di un tema 299 sgrafica dotata, come talvolta accade, di una sua curiosa vita autonoma”. E dunque accertato un nesso tra questo poemetto di Boccaccio ¢ le pid tarde miniature padovane, ma se si tratti di un legame diretto o me- Giato non é possibile dirlo, né si pud inconfutabilmente asserire che l'im- maine lettraria abba procedato quell figurativ. Come sugerie i Gilbert, nulla vieta, infatti, di supporre che Boccaccio si sia a sua vol- ta ispirato ad una Gloria dipinta da Giotto: le date e le circostanze non lo escludono, tanto pii che ne L’amorosa visione si pud leggere un pre- ciso riferimento all’eccellenza di Giotto, definito il solo artista in grado di dipingere opere belle come i Trionf istoriti sulle pareti dell'immagi- nario castello La conclusione d’obbligo @ che, in assenza di prove certe, dobbiamo limitarci a constatare l'avvenuta «confluenzay tra fone della parola e filone dell'immagine, senza poter stabilire a quale dei due vada attribui- tala precedenza, Alla domanda: @ stata la pittura ad influenzare la poe- sia o viceversa? non & possibile, ora come ora, rispondere. Ma @ ugual- mente interessante rilevare che se & proprio I'«errore» evidenziato dal- Tincongrua presenvza dell’ehomo d’oro» nella miniatura di Darmstadt a renderci certi di una sua dipendenza ~ diretta o mediata — dal poemetto di Boccaccio, @ altrettanto incontestabile che nelle altre due miniature esistono dettagli importanti che in Boccaccio non & dato reperire. Penso soprattutto alla mandorla, che compare nel ms 6069 1 di Parigi: un det- taglio che & qualcosa di pit di un indizio. Da esso infatti deduciamo che tuno dei modelli cui @ ispirata la miniatura padovana & lo schema tradi- ionale della Deesis, il che ci riporta di nuovo ~ ¢ senza possibilita di dubbio — nelP’alveo della tradizione figurativa. L’intreccio tra filone del- immagine e filone letterario non potrebbe essere pit inestricabile. 4. Amor triumpbans. La fortunatissima serie iconografica ispirata ai Trionfi del Petrarca presenta lo stesso complicato intrecciarsi di confluenze e di divergenze Questimegine della Gloria ver adotat da conoeafeptoe per sappresenae il Tro fo delta Fema nee noomereyl erie immagi’ litte a! [rogh cel Petraes. La Fama ba ‘loc, come atbuto la space ela mano snr, mente nella dessa 0 ene us «pono Geom, ‘un iva, oppure un «homo doros, che appate gneralmente come un Cupido sactante. Un ot ips wuotiicctons a quest variants sembra fornia propelo Ht tasto pearchesco (Trove della ins wvs 192,18 dove poe fen vedere al seqite del esr dels Fara mola «onrata spree cea gi ads etalon me, wend sone a vari tg aomint celeb, seo tormenta da pene d'aote, ‘S cauaear, The Fresco by Giotto cit. 6 Soceucio, L’aworotadsane Cty betsty wes TOE, 25 300 Antonio Pinelli tra testo figurazioni, afilone della parola» e «filone dellimmagine», che abbiamo potuto constatare nel caso del De viris illustribus. Opera della maturita del poeta, i sei canti in terzine che compongo- no i Trionf furono iniziati intorno al x350 0 poco dopo ¢ la loro reda- zione progredi lentamente tanto che non eta terminata alla morte del poeta, avvenuta nel 1374. Non diversamente dal Roman de la Rose, dal- Ja Commedia dantesca e da L’amorosa visione del Boccaccio, i Trionfi sono un poema allegorico che si apre con un sogno delPautore. Dopo es- sete tiandato con la memoria al giorno del suo primo incontro con Lau- ra, «che fu principio a sf lunghi martiri», Petrarca cade vinto dal sonno gli appare in sogno il carro trionfante di Amore, seguito da un intermi- nabile corteo di personaggi storici, mitici o letterari, vittime e prigionie- ri d’Amore, A questa prima processione si fa incontro un secondo cor- te0, quello guidato da Laura, nelle vesti della Pudicizia (o Castita), cir condata da un «drappelletto» di figure allegoriche che inalberano vessil- Jicon lermellino, animale simbolico del candore virginale, Ne segue un combattimento tra LaurajCastita e Amore, in cui la prima ha la meg lega Pavversario, ne fa strazio e offre le sue spoglie al Tempio della Pu: dicizia. Nei canti successivi si rinnova questo schema: ciascun trionfo si tivela effimero e, vinto, deve cedere il passo al nuovo corteo trionfale che celebra la potenza di un’entita allegorica superiote, La Castita & so- praffatta dalla Morte, questa dalla Fama, scortata dall‘eletta schiera de- sli uomini illustri, ea sua volta questa dovra fare i conti con il Tempo, che cancella inesorabilmente anche la memoria delle piti magnanime itm: prese. In ultimo, a rincuorare il poeta shigottito di fronte allo spettacolo diun mondo dove non v'é cosa «stabile e ferma», apparita sfolgorante il Trionjo dell’Eternitd. ) poema si conclude dunque, come la Comme- dia, con una visione celeste di ineffable immobilita: la varieta si unifica, il moto si placa, il tempo si arresta, passato futuro svaniscono per dat Iuogo alla rivelazione mistica di Dio e della sua eternita Com’é noto, la strepitosa diffusione della serie iconografica che illu- straiTrionfi petrarcheschi dura per tutto il Quattrocento e anche oltre, spingendosi ben al diJ& dell’area pur vasta in cui citcolavano i codici mi niati riproducenti il testo originale del poema’, A determinate tale for- + Sule illusion dei Trion petechesch una vast bibliog, i eui punto di pate. 2s rena tutors iver wesstinewre Plrargne es Cader dat 108 inet Io a Fesun Bag too. Ole atc wnshas, Tone canary, Trion he ea se Diente del tena nel consi Una pid ampiatattione sul conoarae oft nel Tunas {beako,sicordamo, tat conti psec. veNTOm, es triomples de Pliage dan Fat teprcentat ins Revue dear anien er moderne», 3 (989), 9p. 81-93 20821: ,€ som, The dentition of the Canes ty Petrarch Trtampb of Pane. a «Grizhache Rinstew, n3, 1 (G93) po, tras shown, Some Note ean. skates f Trion dl Petraes vel primo Romaine, in cA More del Academia Perea Aretzo», nse 38 (09787379), 00. 163TH 8 TE Feste ¢ trionfi: continuita e metamorfosi di un tema jor tuna concorsero molti fattori, compreso il fascino della composizione poetica e del suo elementate congegno allegorico, erudito ed edificante, ma soptattutto Ia sua larga traducibilita in immagini allettanti e sontu- se, quanto mai adatte a decorare piacevolmente atmadi da corredo, fron- ti di cassone, deschi da parto ed ogni altra sorta di donativi nuziali ¢ di arredi lussuosi. Sea questa gia vasta gamma di utilizeazioni aggiungiamo le stampe ad ampia diffusione e la nutrita serie di spettacoli teatrali, cor- tei e sfilate festive che trassero esplicitamente spunto dai sei canti del Petrarca, si dovra necessariamente concludere che il sucesso letterario dei Trionf fu al tempo stesso causa ed efferto del loro suecesso figurati- vo. Salvo poi constatare che, paradossalmente, nei versi del Petrarca so- no alquanto sporadiche le indicazioni visive, tanto che gli artist, in loro assenza, dovettero spesso attingere alle due risorse che soccorrono in si mili frangenti: V'invenzione e la tradizione (owvero ad entrambe, vatia- mente combinate). Il risultato @ che tra quanto leggiamo nel poema € quanto si andd ben presto codificando come sua illustrazione & riscontra- bile un divario, una sfasatura, che, a guardar bene, rappresenta un varco attravetso il quale & possibile penetrare nel cuore del complesso mecca- nismo che regola il processo dell’invenzione iconografica. Per chi non abbia presente la serie figurativa dei Trionfi bastera ri cordare che essa consiste, essenzialmente, in una successione di sei carri, su cui siedono altrettante personificazioni allegoriche, seguiti da una scorta composta da personaggi storici, miticio allegorici, pertinenti al trionfo celebrato’. Vien subito fatto di notare che Petrarca descrive un carro trionfale solo nel primo canto, quello dedicato al carro d’Amore'’, e che tale de- scrizione, generalmente rispettata alla lettera dagli illustrator, finisce poi col servire loro da canovaccio iconogralico per visualizzare con altri cinque carrie altrettanticortei gli altri eanti, nei quali Petrarca & invece assai pid reticente nelle indicazioni di «regia» e di messinscena del rac- conto allegorico. Di pit: facendo ricorso a quello che potremmo defini- reil «principio della pertinenza simbolica», gl illustratori hanno dotato suc, Cont foe de Tron del Cn d Pavan eC engi a homens St a it at Qn vd mor, Fran dl Pe # Ke ire Sguainu dee Rinc compete eee Combine Amore Catt, snc an ae wate "TONE SUE ESE chi sn ero oo wn an cr on ao ina tag tute Hache crete an Secale ae SRSA RS A ae alse ma oa ae ee Ser pet pe mato ae eee age a ‘no, Milano 1936, Triowfo d? Amore, cap. 1, W. 22°30). 302 Antonio Pinelli i sei convogli trionfali di differenti animali da traino: i casti unicorni per il carro della Pudicizia, i lugubri bufali per quello della morte, i longevi clefanti per la Fama (ma a volte questo carro trainato anch’esso da ca- valli bianchi, quasi a sottolineare la direttafiliazione di questa immagine dalliconografia della Gloria che ben conosciamo, filiazione tibadita da simboli come la spada, a mela d’oro, ovvero il genio alato); infine i ve- loci cervi per il carro del Tempo e i simboli degli evangelisti per quello dell’Eternita, la cui immagine trionfale & rappresentata da un Padre Eterno maestosamente assiso sul carro e inscritto nella tradizionale man- dorla raggiante. ‘Quanto alla tipologia compositiva di questa serie, si registrano, in sostanza, tre schemi spaziali diversi, spesso utilizati tutti e tre allinter- no della medesima sequenza: x) sebenra frontale, con il carto e il cotteo che si presentano frontalmente, in posa rigidamente iconica, esibendo studiate simmetrie; 2) schema processionale, con il carro e il corteo rap- presentati di profilo, a mo’ di fregio, con un andamento rigorosamente parallelo al piano del quadro; 3) schema diagonale, con il carto e il cor- teo inguadrati di tre quart. ‘La varieta degli schemi la spia piti vistosa delle ramificate ed etero- gence radici di questa serie iconografica. Non 2 escluso che a far da tra- mite tra artisti e testo del Petrarca vi sia stato qualche Commento del poema (ne conosciamo alcuni, ma sono tutti posteriori alle prime illu- strazioni note)’. Resta comunque certo che, in assenza di precise indica- zioni nei versi del Petrarca, gli artisti (e i loro suggeritori iconografici) abbiano supplito ricorrendo a quanto la tradizione offtiva loro di pit ‘consono. Ed ecco, dungue, la ragione della frontalita iconica che irrigidi- sce, di norma, il Trionfo dell’Eternita, con la sua mandorla che timanda allo schema della Deesis; ecco un’analoga frontalita che contraddistin- gue altrettanto spesso il Trionfo della Fama, tradendone, non meno de- ali accessori simbolic, la discendenza dall'iconografia della Gloria e dal- Pekfrasis contenuta ne L’amorosa visione del Boccaccio; ecco i simboli degli evangelisti che, risalendo «per li tami» ci conducono fino a Dante € aicommenti medievali del Cantico dei Cantici; ed ecco, soprattutto, 'in- negabile tangenza con tutta una tradizione di immagini da almanacchi ¢ di vignette astrologiche — i cosiddetti Pianeti —che, prodotte spesso nel- Ie stesse botteghe incisorie da cui uscivano le serie petrarchesche, vis lizzavano i ecaratteri» delle singole costellazioni astrologiche © dei pia- « 1 pximi comment nti sao ttl pista primo & il oxnmentn dl Bernardo Glisino o Mita Siena, che ascompapna la rim eitone a samp del Tviewh (Veneria 1470) I onde Comment soa ol Frompbo dele Fama Gh Jacopo a Messer Pogeo 1483). Feste ¢ trionfi: continuitd e metamorfosi di un tema 303 neti cortispondenti mediante allegorie trionfali imperniate sull'immagine di un carro, guidato dalla divinitA pagana che da nome al pianeta e trai rato da animali simbolici «pertinenti>, nonché sul consesso dei «figli> del pianeta, vale a dire dei personaggi che mostrano atteggiamenti o son dediti ad attivita caratteristiche dei diversi «segni>» astrologici Come tiveld Aby Warburg in una memorabile relazione al Congres- so internazionale di storia dell'arte, che si tenne a Roma nel 1912', la se- tie dei Pianeti non timase confinata nell’area «minore» dei calendati e delle stampe ad alta tiratura, ma arrivo a fungere da asse portante di un zgrande ed ambizioso ciclo di affreschi com’e quello di Schifanoia, per poi perpetuarsi in forme pid stereotipate e succinte, nella sconfinata sequen- za di immagini che allegorizzano il trionfo di questa o quella diviait’ mi- tologica. Non diversamente, la serie dei Trionfi petrarcheschi, sia pure ridotta e compendiata per loccasione, fu elevata al rango di soggetto de- gno di figurare in un’importante cappella gentilizia, qual & quella dipinta da Lorenzo Costa per i Bentivoglio in San Giacomo Maggiore a Bolo- gna’. Ma si trattd, in questo caso, di una specie di canto del cigno, poi- ché la fortuna iconogratica dei Trionfi petrarcheschi, a quella data ormai avanzata del xv secolo, volgeva ormai inesorabilmente al declino, 5. Festae trionfo. _Nel 1441, il medaglista e miniatore Matteo de’ Pasti, dovendo ese- guire per Piero de’ Medici una serie di illustrazioni dei Trionfi del Pe- trarca, scriveva da Venezia al suo committente per chiedergli se deside- tasse cavalli o elefanti nella rappresentazione del carro della Fama e se il corteo al seguito dovesse essere composto da eomeni famosi vecchi» oppure da «scudéti e damiselle» ' Oltre a confermarci quanto ampia fosse la discrezionalita consentita dalle reticenze descrittive del Petrarca e quanto potesse essere determi- eee es eee cee cee a aed re a Te Fee i eer a as ent re Fc Hie ie eee BS wo, get Dy dl Degen eer Me opin Sel aS sc et ci cial ae oc ee Hugcnceras case tinge A ee ned rae eas Hesperia ng ct Sw SRS hice patios oaerona eminspta ce ce ces ee peed eh ieee ie ESE IS hd i Sea * c. ncanst, Lettered ats italien dei sec. iv xv, Ron 1869, D6 27 ae 304 Antonio Pinelli nante il ruolo della committenza anche nelle pitt minute scelte icono- gtafiche, lalettera ci appare emblematica perché quellalternativa tra wo- ‘mini famosi del passato e cortigiani d’ambo i sessi— che poi ¢ un'alterna- tiva tea «antico» e «moderno» ~ tradisce un’ambiguita che, a ben guar- dare, sicoglie un po’ in tutte queste illustrazioni petrarchesche € ne spie- a, in larga misura, Peccezionale successo: il soggetto erudito, la morale edificante sono quasi sempre un alibi per inscenare sfarzose e mondanis- sime sfilate di «scudéri e damiselle» in cui il miniatore o il pittore da cas- soni profonde tesori di sapienza artigianale, abbondando in pastiglie d rate, damaschinature e altre imprimiture del supporto a scopo decorat vo, ¢ indugiando nell'adornare finimenti o gualdrappe, simulare i tessuti piti preziosi, sbizzarrirsi nelle acconciature pid sofisticate. Che questi al- lettamenti dell'occbio siano lo scopo principale della «serie petrarche- sea» ce lo conferma, del resto, una semplice constatazione iconografica: se infatti guardiamo al di IA dei singoli spunti che abbiamo gia individua- to e proviamo a cercate la fonte primaria cui 2 ispirata la sostanza del _messaggio iconogralico estilistico afidato alla serie, cimbattiamo in tut- tauna produzione a carattere suntuario il cui modello ideale, aulico e fa- scinosamente esotico, costituito dagli arredi lussuosi provenienti d’ol- tralpe, e in particolare dagli arazzi francesi e fiamminghi ‘Nasce di qui la sostanziale indifferenza degli illustratori per una rico- struzione pedantemente filologica del corteo trionfale e il loro frequen- te abbandonatsi a quei palesi anacronismi che Warburg definiva «anti- chit alla franzeseo (personaggi antichi vestiti «alla moderna», con ar- mature da torneo cortese e magati con costumi e fogge alla moda di Fian- dra 0 di Borgogna). Del resto, dalle stesse fiorenti bottezhe quattrocen- tesche, pet lo pit toscane, che sfornavano Trionfi petrarcheschi a volon- 18, uscivano, ugualmente in gran copia, tavole, arredi, miniature ra presentanti ora il Trionfo di Mario, ora quello di Scipione, ora quello di ‘Tito e Vespasiano, ora quello biblico di David, messi in scena con il me- desimo disinvolto anactonismo, fiorito di «antichita alla franzese, del- te illustrazioni petrarchesche. A definitiva conferma che non era tanto Pevasivita del poema a consentire queste di legname, carta e cera, somiglianti a torri dorate (i cronist, a volte, i denominano «castelli»). Gregorio Dati precisa che essi etano decorati 2, wotan, Florentine Painting and its Social Background, London 2048 (ad. it, La pura forentina eH Suo ambiente scale pel Treceta e nel primo Outtrocento, Torino r960, 0-443), LGagretegancin vans 1! Gotiesintermeionte Italie Romp Dresien 96a, By 43 ‘s'Sallargomento ef veda soptatutgr @ cums, Mlemore inoriche remark fete = lite aa in Firenze per la asia 8. Gio. Bot, Penge 1765 9s. ma, Ragioneeno io: ‘0 sour eae che i conducono al Tempio tS Gio. Bata di Pivenae la mattne del Sant, Fenee 176 cases, Le fest dt ex Glan’ Batt in irene, Fite 268g rasconn, Origin del teatro cit, 1, pp. 22633; Oni, Le feste ce; & ouNanl, Sputaol Forntnd del "oo, Vere pin, Lore di Firenze ct, VI, mp. 848 Feste ¢ trionfi: continuith e metamorfosi di un tema 35 «con ofo econ coloti, ¢ con figure rilevate, voti drento, e drento vi stan- no uomini, che fanno volgere di continovo quelle figure» * carattere di chiassosa sagra popolaresca di questa processione & ri- badito dalla cronaca cinquecentesca di Giovanni Cambi, che ricorda Je gate provocate dal passaggio di questi «Ceri di cartapesta dipinta, pieni di fantocci di carta, alti chi sei braccia, e chi otto», quando «dalle fine- stre delle case de’ Cittadini con oncini, e con mazze s‘ingegnavano di spiccare qualeuno di quei bambocci di cera», Ce n'eta a sufficienza per far storcere il naso al Vasari, che sofisticato pittore di corte qual cra, indulge volenticri nel descrivere altre attrazio- ni folkloristiche del San Giovanni, come le buffonesche ma ingegnose esibizioni sui trampoli di «giganti>, «gigantesse e «spiritellin®, ma preferisce liquidare le goffe fantasie da «pittori plebei» istoriate sui Ce- 1i, ricordando che eta divenuto un luogo comune della parlata fiorentina bollare spregiativamente le «cattive pitturer definendole tout court «fantocci da ceri» *. ‘Del resto, ai tempi del Vasari, i Ceri tradizionali erano quasi del tut- to caduti in disuso per dar Iuogo ad un numero minore di «macchine» lignee pit stabili, «tirate a uso di carzi trionfanti» Prima di generalizzarsi nel corso del Cinquecento, Vuso di offrire un Cero portato su un carro era prerogativa dei soli Signori della Zecca (0 Moneta), il cui ticco carro, «tirato da un par di buoi covertati col segno ed arme di detta Zecca» *, ricordava l’antico Cartoccio. ‘Anche il Carro della Moneta, che rimase costantemente una delle at- trazioni della festa, subi una continua evoluzione. Ai tempi del Vasari si era ormai consolidato il suo carattere di grande macchina scenica, abi- tata da attori in carne ed ossa rappresentanti angeli, santi e, in cima a tutto, un attore barbuto, vestito di pelli lacere e con la croce in mano, che rappresentava il Battista nel deserto. Ancora nel xviit seco, il «san Giovanni vivo», volgarmente soprannominato «brindellone», veniva assicurato in cima al carro con una fune affinché le scosse non lo sbal- zassero a terta ¢, sostenuto da abbondanti libagioni e aizzato dalla folla, si produceva in mille ebuffonerie», finché nel 1749 si decise di por fine 2 bid 86 le nln on 1 cranny he sl avglae anumente# Gobbi. ‘OES canny, Ioie i Govunnd Cab, ctadino forenino, in Delisie deli eruitt toscent, ienze 1/69, AEXAILL Mela caione& tats da Mn, Replnamonto toric eh BV (dove 1 aga La fon po San Govern dl 133) ‘ypsant Iban, TH, pp. 2012 3 Bids. 205 bi. 2 a, Istria dé Firenze cit, WIP. 86 16 ‘Antonio Pinell a tale disdic compars Tra le usanze che resistettero pitt a lungo vi era quella, gid ricordata da Gregorio Dati, di liberare dodici carcerati, che sfilavano dietro al Catto della Moneta, un po’ come gli antichi prigioni dietro al carro del Un riferimento ancora pit esplicto alliconografia del trionfo romano era costituito dalla «carretta trionfale» (sono sempre parole del Dati) <. Il 1494 & ’anno che segna la svolta: Ventrata di Carlo VIII in citta festeggiata con un apparato che Luca Landucei non esita a definire «veramente una cosa triumphale», con i portone di Palazzo Medici addobbato ad arco di trionfo e, naturalmen- te, «spiriteglie giganti, e triumphi», ma le feste per il Battista perdono Una coloritadeciione di giant, sgmntesee psitll, wavestt de foun, ninf e cena 1, pub rvare int ester del 2 sccembee 1475, sata da Piero Cennini nd un aio © 1 Foci in, senrh I! fl Son Cionann ele este Patrnal de Frenze deste nl 1495 da ora Commi, im wRivist Santen, (sae), BD. 165227 lin particoace pp, 323-24) *eFam it Var (vss stkanest, Vy pe 240), va A. AZZINe dest asc Tat Z “Triomp, cart, matebeate ocak carattleseb ena er Proce dal Leo del ago Laren 2 Htas 4399 concodano nelfscribuize proprio = Lorenan i Magni fart del carve: jel cnn ce alle ns ee aerate ca, acompernae we ear Gir Guns Le este cit, . 24 Second Vasari, ip questa maschrats «pena di bellisime inyension » lor France Granac! ancor ce fe glovineto, che He fy sorumaneatelodnton {esr V9 30) cna Frnt ope r7e st a) mete In big Is noi perché Grama allepce sarc stato oppo wlovane Ip felt eg eva autre, fiche ene nel te tov cei noi vin, ce a obs I ao ‘Up Tetonto di Palo Emilio fa allestito anche a Roma, nel Carnevale 1535, oon chia all slong. pape reanante Palo IT SP PeiSeet, Deo fronting dal x450 al 1326, acura dt 1. de Radi, Feenze 1883, ad 8 Feste ¢ trionfi: continuitd ¢ metamorfosi di un tema 339 ‘ogni gaiezza profana tanto che Landucci, nel suo Diario, annota che «non sifece festa veruna se non la processione e Poferta>”. La campagna di austerita savonaroliana culminera nel carevale del "97 con i roghi dove si bruciano le «vanita», in un clima di discordia ct vile e di apocalittico millenarismo. Nel tentativo di prevenire lincom- bente scomunica, Savonarola pubblica proprio in quell’anno un libre no (tradotto in italiano l'anno seguente), che ha lo scopo di attestare Por- todossia delle sue posizioni: @ il Triumphus crucis *, in cui il domenicano, in ossequio alla tecnica eidetica dell'ars memorize, condensa il suo cre- do in un’immagine, quella del Cristo trionfante, che sembra parafrasare ma rovesciandola polemicamente — immagine di quet trionfiall’antica che il laicismo umanistico di Lorenzo il Magnifico aveva mescolato alle cerimonie religiose di Firenze. Sul carro immaginato dal Savonarola, al posto di Paolo Emilio o di Cesare, siede il Cristo piagato e coronato di spine, che tiene nella destra il Vecchio e il Nuovo Testamento e nella nistra gli strumenti della Passione, mente sul suo capo, in luogo del ser- to destinato al generale vittorioso, splende «una luce come uno sole che abbia tre facce in figura della Santa Trinitd» *. I corteo che accompagna il Cristo trionfante appare invece come una libera contaminazione del modello proposto dai trionfi sceneggiati nelle feste con quello immagina- to da Dante nel Purgatorio e visualizzato dal Botticelli, acceso seguace del frate. Ne scaturisce un’immagine inedita, benché colma di remini- scenze, con i Patriarchi e i Profeti che guidano la sfilata insieme a una «innumerabile moltitudine di uomini e di donne del Vecchio Testamen- to», cui fa riscontro, dietro al carro, una folla ugualmente strabocchevo- Jedi «Giudei, Greci, Latini, barbari, rcchi, poveri, dott, indotti,piccoli, sgrandi, vecchi e giovani», convertiti dalla rivelazione del Nuovo Testa- mento, Trainano il carro gli Apostolic i Predicatori, mentre fanno coro- na intorno ad esso i Marti, i Dottori della Chiesa, «con libri aperti in mano», e legioni di Vergini. Non basta: tutto il corteo & a sua volta cir- condato da «innumerabilischiere di inimici econtrari alla Chiesa di Cri- sto», con accanto i loro idoli infranti ei libri eretici che ardono nelle fiamme; un’immagine di accerchiamento, che nelle intenzioni del frate ‘wuol essere un’ulteriore professione di fede e di ortodossia, ma che ai Liaeo erionfale davant a Palazzo Medic fu progetato ¢realizmato da Pitt Perugin, Cie tz, norsoo, Decor i Florence forthe Bvt of Cbarer VII of France is dtunges des Kons FistogichenIngutes tn Plorenz», x(t), 196 "e Tyrnepbus crate, Firenne 1497.6 sAVONAWOLS, Oper, Ezine naionle acute di M. Fee- sara, Roma 1965 Bo. S296 Op Metron delle croces, in 1, Predice escriti, acura di M, Ferra, Milano 1950, P99. —_

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