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Monogrammi e Figure (Giovanni Anceschi)
Monogrammi e Figure (Giovanni Anceschi)
Giovanni Anceschi
Monogrammi e figure
Teorie e storie della progettazione
di arte/atti comunicativi
lacasa
U8~3R
SOMMARIÒ
9 Monogrammi e figure
81 Definizioni
Il campo della grafica italiana: storia e problemi, 123. Image: il corpo mistico
dell'organizzazione, 160. Etologia dell'image, 172.
f.
Nel breve saggio illustrato dedicato al marchio che compare in questo libro alla
pagina 190) e che compariva identico nella prima edizione) illogotipo Pirelli viene classi-
ficato fra i logogrammi puri) e la caratteristica p deformata viene dichiarata come un
espediente sin tattico per rendere inconfondibile la scritta. Ma l'affermazione dell' assenza
da quel marchio di qualsiasi rimando iconico, che allora ci era parsa perfettamente con-
vincente) nel periodo di tempo intercorso fra quella prima edizione e questa è stata messa
in crisi da un)osservazione fatta da uno studente: ovvero) che il tratto distintivo del-
l)estremo stiramento della parte curva dell' iniziale innegabilmente allude all' elasticità
della gomma) quindi nel marchio è presente una componente pittografica. La pertinenza
dell' osservazione renderebbe quindi necessario un emendamento del testo.
Questo esempio può dare un) idea delle molteplici ragioni che venano di problema-
ticità (e stavo per dire di angoscia) l)evento) in sé piacevole) della riedizione di un libro:
dato che) trascorso molto tempo) vengono a proporsi i problemi dell' aggiornamento;
anche soltanto gli eventuali progressi ai quali è andata incontro la teoria stessa) esposta
nel testo) esigerebbero una riscrittura.
Ma) in particolare nel caso di una disciplina come quella che rappresentiamo) che è
pur sempre una disciplina del progetto) del disegno) del design, e quindi in una prospet-
tiva di lavoro necessariamente caratterizzata da un atteggiamento antispeciiico, e tuttora
impegnata nella ricerca di una compiuta autonomia disciplinare) il problema si fa note-
vole. Per un approccio che deve porsi all' incrocio di un) infinità di ambiti e di attività)
ciascuno dei quali è non solo un universo in espansione) ma possiede anche un back-
ground di tradizioni intellettuali che a sua volta rappresenta qualcosa di simile a una
miniera) il campo degli aggiornamenti e degli sviluppi costituisce uno smisurato intreccio
in movimento. Non credo che ci sia nulla di scandaloso nel riconoscere che si scoprono
continuamente nuove regioni disciplinari limitrofe.
Per fare un esempio) nell' area di ciò che viene chiamato scrittura) per noi diventa
sempre più fruttuoso fare riferimento) in Italia) ad una figura di studioso come Armando
Petrucci; e parimenti sempre più fertile) anche proprio per certe affinità di tematica,
anche se diverso è l'impianto) diventa frequentare la produzione intellettuale del com-
pianto Giorgio Raimondo Cardona. Qualcosa di simile vale per le tesi di Walter Ong, a
proposito del libro) dopo e oltre il contributo di 5. H. Steinberg, l'energetico pensiero di
Febvre e Martin o) più recentemente) il grande studio di E.L. Eisenstein.O ancora (sta-
volta dentro l'orizzonte della tematica delle origini della produzione grafica) accanto a)
e dopo il grande abbé Breuil, si consideri la presenza di un autore come Leroi-
Gourhan.
Ma per un libro che viene riproposto dopo sette anni) il rimaneggiamento dei testi
sarebbe una soluzione troppo drastica e ancora sempre insufficiente.
Fra l)altro) quelli trascorsi sono stati sette anni non irrilevanti per la grafica italiana
e per la riflessione sulla grafica in Italia: ad esempio) il movimento che si è riconosciuto
nella grafica di pubblica utilità è passato dalla prima Biennale di Cattolica (1984) alla
8 Premessa
Non si può fare a meno di constatare che il panorama degli studi sui fenomeni
della grafica o, più generalmente, delle comunicazioni visive si configura come un
paesaggio estremamente articolato e segmentato. La presenza di approcci forte-
mente orientati in senso ernpirico e specialistico, propriamente tecnico, si accompa-
gna (e spesso si contrappone) a studi di grande respiro (di taglio socio-economico ad
esempio, o critico-culturale).
Per altro verso ci si trova di fronte a un intreccio di teorizzazioni di tipo anali-
tico o interpretativo (di provenienza semiotica, ovviamente, e delle teorie dell'infor-
mazione, ma anche psicologica ecc.) e documentazioni di tipo propositivo (profes-
sionali e, al limite, autopromozionali).
In qualche modo, malgrado (o forse addirittura a causa di) questo nutritissimo
fascio di apporti, va considerata attualmente una certa mancanza di trasparenza e
una certa multidirezionale contraddittorietà.
J
·\fonogrammi e figure
sta area, nella quale si svolgono una serie di azioni, di procedimenti e di operazioni
di cui fanno parte ad esempio quelle del rappresentare e del presentare, del trasrnet- .
~tere e del tradurn;, dell' esporre,.del descrF.rere,del codificare e del simboleggiare.
.E.s:iò s~ealizza col tramite di tecniche e' tecnolQgie svariate, servenaosiQr.
j
sistemi e di metodi, ma anche di accorgimenti e di trucchi, ed.avviene con l'aiuto di
jtru::.men..!Je af at~ezziprociuttivj, nonché, di macchinari fabbric~!ivi ecc. __
Tutte queste azioni e operazioni confluiscono poi e si coagulano in un oggetto,
=
o meglio, in una serie di oggetti materiali, destinati in prima istanza semplicemente a
stimolare gli organi visivi di uno o molti destinatari, e più in generale diretti ad essere
da essi per qualche motivo usati o più genericamente fruiti.
Il nostro oggetto si compone in realtà di un vastissimo insieme di oggetti pro-
dotti per comunicare: manifesti e cataloghi, inserzioni ed annunci (che possiamo
collocare nella rubrica pubblicità), libri e riviste, settimanali e giornali (che possiamo
collocare nella categoria grafica editoriale), ma anche tastiere, cruscotti, quadranti,
etichette, imballaggi, e cioè parti e componenti comunicative di merci e di oggetti
tecnici (la cosiddetta grafica del prodotto). E ancora i caratteri tipografici, i marchi
commerciali e istituzionali, le varie segnaletiche (che costituiscono una parte rile-
vante dei sistemi grafici). Ma anche l'illustrazione divulgativa e scientifica, le tecni-
che di rappresentazione comuni a tutti i campi progettuali e via dicendo.
E un simile elenco non vuole affatto considerarsi esaustivo ...
1 Un' paradigma di questo procedimento re, creare, dar vita, presentare, caratterizzare, mi-
preliminare dell' elencazione può essere indicato mo, preciso, reporter, spiegazione, elenco, statisti-
nella scelta del campo semantico della parola rap- ca, visione d'insieme, cioè, districare, interpretare,
presentare presentata in K. Alsleben, Aestetische Re· tradurre, marcare, tipico, segno, mostra, immagine
dundanz, Veri. Schnelle, Quickborn bei Hamburg speculare, aspetto, modello, concreto, apparire,
1959, e tratta da F. Dornseiff, Der Deutsche Vor- manifestare.» [tr. nostra].
,scbatz nach Sachgruppen, Walter de Gruyter und 2 T. Maldonado, «Problemi attuali della co-
. Co., 1959: «Ritrarre, progettare, acconciare, dar municazione 1953», in Avanguardia e razionalità,
forma, visualizzare, monumento, diva, simbolo, Einaudi, Torino 1974, p. 28.
mannequin, pianta, esporre, delineare, contorna-
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I . \ Monogrammi e figure 13
di quanto siamo oggi in grado di recepire delle tracce comunicative lasciate dal suo
vivere associato.
Anche un artista (e studiosokconternporaneo, il Kriwet del movimento Flu-
xus, arriva senz'altro a sostituire il cagita ergo sum cartesiano con l'affermazione wir
existieren weil wir kammunizieren [ 'Slstiamo Rerdie_comuOlc iarnc J, dove è già in-
dicativa la sostituzione del pronome singolare col plurale. E, per confortare questo
ruolo coesivo delle strutture comunicative riporta che «l'impero cinese, costituito
da una molteplicità di province in cui si parlano lingue diverse, viene unificato da
circa 4000 anni da un sistema di scrittura comune a tutti gli uomini». Infatti la
caratteristica della scrittura itto rammatica (o ideo rammatica =cinese è proprio
quella di costituire un siste a di significazione Indipendente e parallelo a quello
delle formazioni fonetiche della lingua parlata. Per cui, appunto, due comunità lin-
guistiche diverse, purché aderiscano ai sistema di notazione, si possono compren-
dere per iscritto, per così dire, senza minimamente concordare sul piano dell' emis-
sione sonora.
Segnalando così la rilevanza politica di questo tipo di fenomeni, nonché la
consapevolezza che i poteri politici hanno di tali questioni, Kriwet prosegue col
dire che «questa situazione non sarà sostanzialmente modificata nemmeno dalla
riduzione, nelle tipografie, del lessico di più di 45.000 segni ideografici precedenti
a soli 200 segni, riduzione ordinata a partire dallo febbraio 1956 dal potere sta-
tale».'
Il nesso fra attività comunicativa, modalità e condizioni del vivere associato
dell'uomo viene messo in rilievo ancora da Maldonado, quando afferma: «Ricor-
diamo che i primi trattati di comunicazione persuasiva - i trattati retorici di Corace
e Tisia - possono essere spiegati solo nel contesto delle tirannidi siracusane.» 4
E con un movimento in fondo analogo del pensiero, anche da Levi-Strauss, che
in Tristi tropici, ricordando che «l'unico evento storico che coincise con l'avvento
della scrittura è la fondazione di città e di regni, in altre parole l'integrazione di un
gran numero di individui in un sistema politico e la loro suddivisione in caste e
classi», sottolinea da un lato la necessarietà e dall' altro la forza costrittiva dei sistemi
simbolici, arrivando ad affermare che «sembra quindi che la scrittura servì allo sfrut-
tamento degli uomini prima che all'illuminazione del loro spirito». E aggiunge, con
un salto prospettico, che «gli sforzi sistematici degli stati europei e l'introduzione
della scolarizzazione obbligatoria - un obbiettivo che si sviluppò sempre più nel
corso del XIX secolo - furono accompagnati dalla estensione del servizio militare e
dalla proletarizzazione». 5
L'aspetto socializzante delle strutture comunicazionali è segnalato perfino
nella famosa frase di Saussure che determina il numero minimo di partner lingui-
stici: «Il faut au moins deux individus; un seul la langue ne servirait
à rien.»> à
E già Wilhelm von Humboldt, nel 1824, perfino in uno scritto tutto lingui-
stico, dedicato alla scrittura alfabetica e ai suoi nessi con la struttura del linguaggio,
3 Kriwet, Com. Mix, Die Welt der Schrift und tore, Milano 1965).
Zeicbenspracbe, Du Mont Schrauberg, Koln 1972, 6 F. de Saussure, Cours de linguistique généra-
non può prescindere dal fare riferimento a qualche nozione politico-sociale. In una
riflessione che, per così dire, anticipa - percorrendole in senso diametralmente
opposto -le linee di pensiero di Arnheim sul1!.isual thinking egli afferma: «Illeg-
gere e scrivere alfabeticamente costringe in og-Òtistante àl ri~onoscimento degli ele-
menti fonetici percepibili per l'orecchio e per l'occhio e abitua a una sottile scompo-
sizione e ricomposizione dei medesimi e da ciò generalizza una concezione completa
ed esatta della separabilità della lingua nei suoi elementi, appunto nella misura in cui
essa è diffusa attraverso l'intera nazione [corsivo nostro].» 7 Resta comunque da con-
siderare, almeno per queste poche citazioni (ma crediamo che ciò possa essere inteso
anche molto più in generale), una quasi totale sovrapposizione fra comunicazione
verbale e comunicazione tout court.
La nostra intenzione non è però quella di una rivendicazione iconocentrica,
contrapposta alla visione verbocentrica - quasi iconoclastica - che sembra essere
una caratteristica di molti uomini di cultura di oggi. E della quale perfino l'aggres-
sione antigrafica, anzi anti -tipografica mcluhaniana ci pare un esempio rovesciato, in
quanto anch' essa mitizzante e sopravvalutante. E nemmeno il nostro problema è
quello di una equa o di una più giusta valutazione di questo piuttosto che di quell' or-
gano di senso (la vista contro l'udito, o il tatto ecc.) .
.it Come abbiamo accennato, il compito di riequilibrare le sorti della lotta fra
l'. eidolon e onoma è stato in un certo senso assunto da Rudolf Arnheim; con un'se-
-7e~ione però, anzi con l'intento programmatico di rivalutare la percezione vi-
siva come attività conoscitiva. Muovendosi cioè sul piano delle connessioni fra psi-
cologia della conoscenza ed euristica." Ma non è nemmeno questo il senso in cui si
indirizza la nostra riflessione. La nostra iniziativa, in coerenza con l'inclinazione
progettuale, fabbricativa, operativa, poietica, della nostra disciplina, consiste piut-
tosto nel considerare il fenomeno comunicativo visivo vedendolo costituito dagli
oggetti materiali prodotti che lo compongono. Criticando anzi la nozione stessa di
comunicazioni visive in quanto astrazione generica e tendendo a sostituire ad essa,
come definizione o indicazione dell' oggetto di indagine, il concetto di artefatto co-
municativo.
Non solo, ma intendiamo trattare l'insieme degli artefatti comunicativi visivi
- anche quelli del passato - attraverso strutture conoscitive di tipo teorico o inter-
pretative in generale; ma anche, anzi forse soprattutto, attraverso l'ottica discipli-
nare di coloro che questo tipo di oggetti materiali attualmente producono, proget-
tano e fabbricano.
Altrove? abbiamo tentato di mettere in guardia contro l'errore anacronistico di
usare terminologie recenti per parlare di cose del passato e viceversa. In tale occa-
sione ci riferivamo però ad un uso metaforico e, diremmo, stilistico di tali concetti,
che va nettamente distinto da un uso descrittivo e costruttivo.
der Hochschule fur Gestaltung), n. 12-13, marzo Bruce Humpries, Boston 1962.
1965. 14 K. AIsleben, op. cit., p. 25. Vedi anche
Il K. Marx, Das Kapital, Dietz Verlag, Ber- E.D. Adrian, I fondamenti fisiologici della percezio-
lin 1957, I, Libro I, p. 389 (tr, it. di D. Cantimori, ne, Boringhieri, Torino 1960; A.C.S. Van Heel,
Ed. Riuniti, Roma 1970, p. '(2). S.H.P. Velzel, Che cos' è la luce, Il Saggiatore, Mila-
12 T. Maldonado, «Appunti sull'iconicità no 1967; R.L. Gregory, Occhio e Cervello, Il Saggia-
1974», in Avanguardia e razionalità, cit., pp. 295 .tore, Milano 1967.
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16 Monogrammi e figure
15 F. Rossi-Landi, op. cit., p. 144 sgg. stre franco-canrabrica», in H.G. Bandi et al., Età
16 E. Gavazza, «La lavorazione delle terre», della pietra, Il Saggiatore, Milano 1960, p. 29. Cfr.
in C. Maltese (a cura di), Le tecniche artistiche, Mur- anche C. Dufour Bozzo, «La pittura parietale anti-
sia, Milano 1973, pp. 86 e 92. ca», in C. Maltese, op. cit., pp. 309 sgg.
17 H. Breuil, C. Berger-Kircher, «Arte rupe-
Monogrammi e figure 17
In primo luogo viene indicato un interesse per la cultura della massa della
popolazione, in contrapposizione alla cultura della èlite dei protagonisti. In secondo
luogo, una predilezione per i fatti ripetitivi in contrapposizione agli eventi eccezio-
nali e accidentali, in polemica con la storia degli eventi. In terzo luogo, un atteggia-
mento di sospettosità scientifica nei confronti dei sistemi simbolici e rappresentativi
di una determinata cultura, privilegiando cioè gli aspetti che Marx chiamava struttu-
rali: i prodotti, gli strumenti, gli utensili, le tecniche, le tecnologie.
E infine, specialmente per quanto riguarda il parco degli artefatti, un atteggia-
mento di rifiuto per gli oggetti d'arte e di lusso, privilegiando gli artefatti dell'uso
normale e quotidiano.
Vediamo a questo punto di confrontare con queste indicazioni la posizione di
chi come noi è alla ricerca di un oggetto disciplinare che prefigura con la nozione di
artefatto comunicativo.
Il punto più critico, di eventuale frizione è, ovviamente, quello della contrap-
posizione struttura-sovrastruttura. Ma solo in apparenza. Qui, infatti, a parte la con-
siderazione teorica che sostituisce il concetto di interazione a quello di causalità o di
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.\fonogrammi e figure
21 K. Marx, Einleitung zur Kritik der Politi- Le città dei padri, FeltrineIli, Milano 1980. E in par-
schen Okonomie, MEW, Bd. 13; Dietz Verlag, Berlin ticolare alle conseguenze sulla vita degli abitanti
1961, p. 624 (tr. it., Per la critica della economia poli- determinata dalla scarsa diffusione degli strumenti
tica, Ed. Riuniti, Roma, p. 180). Vedi anche, Oko- di misura temporale, pp. 82 sgg.
i nomiscb-pbilosopbiscbe Manuskripte, pp. 101-2, 24 Cfr. O.G. Edholm, Biologia del lavoro, Il
104-5 (tr, it., Scritti sull'arte, a cura di C. Salinari, Saggiatore, Milano 1967, p. 127 sgg.; e anche W.H.
Laterza, Bari 1971, pp. 194 sgg.). Mayall, Machines and Perception in Industrial De-
22 La notizia è tratta da un annuncio pubbli- sign, Studio Vista-Reinhold, London-New York
citario della ditta in questione, apparso qualche 1968, p. 35 e pp. 55 sgg.
tempo fa su alcuni settimanali italiani. 25 Cfr. il capitolo «Analisi del prodotto» di
2! Si veda ad esempio l'ampio rilievo dedica- G. Bonsiepe, in Teoria e pratica del disegno indu-
to al fattore tempo nell' organizzazione della vita striale, Feltrinelli, Milano 1975, pp. 191 sgg.
delle città preindustriali da G. Sjoberg nel suo libro
Monogrammi e figure 19
26 A proposito della storicità e comunque immagini come sussidio indispensabile per l'edu-
della variabilità e continua trasformazione della cazione degli illetterati (ad instructionem rudium);
nozione di arte, in contesti attuali e anche meno la seconda che riconosce la maggiore memorizzabi-
attuali, in periodi di breve e di lungo termine, vedi lità delle rappresentazioni visive rispetto a quelle
il lavoro pluriennale di uno studioso come Dorfles, verbali; la terza che sottolinea la maggiore efficacia
A partire da un ormai storico saggio, dall' emble- dei mezzi visivi rispetto a quelli auditivi (e si noti la
matico titolo Il divenire delle arti, Einaudi, Torino sottile distinzione), per eccitare i sentimenti di devo-
1959, fra i molti contributi da lui apportati proprio zione. Cfr. M. Baxandall, Pittura e esperienze sociali
questo non ci pare il meno rilevante, e comunque nell'Italia del Quattrocento, Einaudi, Torino 1978,
non se ne può più non tenere conto. Vedi anche, pp. 52 sgg.
Simbolo, comunicazione, consumo, Einaudi, Torino 28 A.A. Moles, op. cito
1962; Artificio e natura, Einaudi, Torino 1968; Tra 29 In proposito, proprio a conferma di quan-
il significato e le scelte, Einaudi, Torino 1974. Sem- to diciamo, e cioè dalla fertilità di indagini sul feno-
pre sulla storicità della nozione di arte, vedi, con meno delle esposizioni, ci preme segnalare lo stu-
tutt' altra angolatura, la trattazione specifica di dio di S. Esposito, G. Marogna, R. Riccini, Artigia-
P.O. Kristeller, Il sistema moderno delle arti, a cura nato, manifattura, industria: 1. Progetto e produzio-
di P. Bagni, Uniedit, Firenze 1977. ne in 100 anni di esposizioni italiane, edizione
27 In proposito, ad esempio, ci pare davvero xerocopiata a cura dei corsi di Sistemi grafici e Teo-
significativo ricordare la triplex ratio che giustifica ria delle forme, DAMS, Bologna 1979.
l'uso delle immagini murali nelle chiese, esplicita- 30 Dictionary of tbe Social Sciences, J. Gould
mente formulata da Giovanni da Genova, alla fine and W.L. Kolb ed., Tavistòck Pubblications, Lon-
del XIII secolo, e ripresa con variazioni non sostan- don 1964.
ziali in un sermone di ha Michele da Carcano del 31J. Muller-Brockmann, A History of Visual
1492. La prima ragione è quella che considera le Communication / Geschichte der visuellen Kommu- .
20 Monogrammi e figure
per il suo prendere le distanze da formulazioni come Storia della pubblicità o Storia
dell' espressione grafica. Ma più che gli aspetti di impostazione teorica, i motivi di
interesse di questa pubblicazione sono da individuare nella decisione pratica di met-
tere le mani sui documenti storici del settore, e cioè di selezionare particolari arte-
fatti e di riprodurli e disporli in un ordine determinato."
Per trovare invece la figura di un autentico teorico e storico della cultura mate-
riale comunicativa, bisogna risalire al pionieristico lavoro di Walter Benjamin. Certo
quello dell'Opera d'arte nell' epoca della sua riproducibilità tecnica: ma anche e soprat-
tutto il Benjamin della Piccola storia della fotografia, e ancora più specificamente
quello del saggio Eduard Fucbs, il collezionista e lo storico," e di alcuni degli Illu-
strierte Auisatze."
E attraverso di lui bisogna risalire a Fuchs, ai suoi studi di storia illustrata del
costume, di storia dell' arte erotica, di storia della caricatura e alle sue indicazioni
metodologiche, relative alla ricezione di massa, all'interpretazione iconografica e
alla materialità delle tecniche riproduttive, che Benjamin non esita a definire rivolu-
zonarie.>
Ma occorre risalire anche a una figura che per certi versi può essere considerata
la versione francese di Fuchs (ma Benjamin direbbe che il suo approccio non è suffi-
cientemente distruttivo e il suo metodo non sufficientemente critico), cioè John
Grand-Carteret. Un personaggio di collezionista, storico e pubblicista che inizia la
sua attività militante con una raccolta di illustrazioni satiriche sul caso Dreyfus (vi si
legge in trasparenza la sua adesione partecipativa al fianco del]' accuse di Zola) e
procede con un mastodontico lavoro di raccolta iconografica, di catalogazione e
pubblicazione che si conclude con la pubblicazione di una storia del costume edita a
dispense a partire dal 1927.36
Va notato però che l'interesse prevalente di questo filone di studi tende ad
incentrarsi su quel particolare tipo di artefatti o di materiali comunicativi che vanno
genericamente sotto il nome di illustrazione; non solo, ma di quel tipo di illustra-
zione che, secondo una ipotetica tassonornia dei generi, potrebbe ricevere come
definiens l'attributo fantastico e/o satirico. 37
nikation / Histoire de la communication visuelle, marion, Paris 1898; L'enseigne, H. Falque et F. Du-
Niggli, Teufen 1971. cloz, Grenoble et Mouthiers 1902; Les titres illu-
32 Cfr. il nostro, Grafica e circostanze 2: tre strés et l'image, au seruice de la musique, Bocca, Tori-
libri e infiniti criteri, «Il Verri», n. 13-16, 1979 (ma no 1904; Derriere «Lui», Courbevoie s. d.; L'Hi-
sett. 1980), qui a p. 246. sto ire, la vie, les moeurs et la curiosité, 5 voll.,
33 Tutti e tre riuniti in W. Benjamin, L'opera Librairie de la Curiositè et des Beaux Arts, Paris
d'arte nell' epoca della sua riproducibilità tecnica, Ei- 1927.
naudi, Torino 1977. 37 Da rilevare un autentico rinascimento di
34 W. Benjamin, Illustrierte Aufsatze, Insel interessi e di studi in questo settore in Italia, dovu-
Verlag, Frankfurt am Main 1977. to allo sforzo di studiosi e di critici come Antonio
35 E. Fuchs, Das erotische Element in der Faeti, Paola Pallottino, Ennio Chiggio, Manfredo
Kunst, Hoffmann, Berlin 1904; Die Karikatur der Massironi. Vedi: A. Faeti, Guardare le figure, Einau-
europdiscben Volker, Hoffmann, Berlin-Leipzig di, Torino 1972; Letteratura per l'infanzia, La Nuo-
1901; Die Frau in der Karikatur, Langen, Munchen va Italia, Firenze 1977; Un sogghigno senza gatto,
1906; Illustrierte Sittengeschichte, Langen, Mun- Dedalo, Bari 1979. Vedi anche: P. Pallottino, «Il-
chen 1908 (di cui abbiamo potuto vedere solo Die lustrazione», in Nuove conoscenze e prospettive nel
Galente Zeit, Erganzungsband, 1911). mondo dell' arte, vo!. di supplemento all'sua, col.
36 J. Grand-Carteret, Les Almanach [rançats. 406-489. Vedi anche il meritorio: E. Chiggio (a cu-
Bibliographie, iconograpbie, 1600-1895, S. Alièe et ra di), Illustratori italiani /Italian Illustrators, Qua-
c., Paris 1896; L'affaire Dreyfus et l'image, Flam- dragono Libri, Conegliano 1978.
Monogrammi e figure 21
j Vedi W. Herdeg, L'artiste au seruice de la Decio Gioseffi, a Argan e alla sua scuola, a Maltese
sxence, The Graphis Press, Ziirich 1974; W. Her- e alla sua scuola, e infine a quella particolarissima
-'=-o 2 cura di), Graphis Dyagrams, The Graphis figura di ricercatore che è Jurgis Baltrusaitis,
?:=, Zurich 1976. E ancora: A. Lockwood, 42 Vogliamo ricordare l' utilissima voce "Pro-
:Jp7Tams, Studio Vista, London 1969. gettazione» dell'sua, ad opera di G.c. Argan, voI.
39 S. H Steinberg, Cinque secoli di stampa, IX, col. 55-62.
~di, Torino 1962. 43 G. Bonsiepe, op. cit.; B.E. Burdeck, Desi-
~ A. Adversi, Storia del Libro, Sansoni, Fi- gntheorie 2. Einjùbrung in die Designmethodologie,
= 1963. Designtheorie VerI., Frankfurt am Main 1975.
s l Impossibile qui dare indicazioni biblio- 44 Ch. S. Peirce, Selected Writings (T.B. Bu-
~::;che perché i contributi sono sterminati, ma ci chler ed.), Routledge and Kegan Paul, London
~o in particolare a Panofsky e a tutta la scuo- 1956, pp. 100 sgg.
::,y - Warburg, all' oppositore italiano di Panofsky:
22 . Monogrammi e figure
quella per cui Freud raccomanda più volte l'osservazione del comportamento infan- .
tile.45 E cioè, non per una semplicità paternalisticamente presupposta dall' analista
negli attori (bambino o primitivo), ma per l'immediatezza, per l'ostensività dei loro
atteggiamenti e manifestazioni di fronte all'urgenza del problem solving esistenziale
e sociale.
° si tratta invece anche delle maggiori aspettative o della maggiore plausibilità
di una penetrazione strutturale nel caso di oggetti tecnologicamente meno sofisti-
cati: è più facile capire, attraverso la semplice osservazione, il funzionamento di un
prato-computer; ancora parzialmente elettro meccanico, che indovinare cosa si stia
svolgendo sotto i carter di un compattissimo minicomputer dell'ultima generazione.
0, infine, si tratta della fiducia (o dell'illusione) genetica che nelle manifesta-
zioni del passato vede contenuti in nuce tutti gli sviluppi del futuro. Certo tutte
queste, o in forma di pregiudizi o come legittime motivazioni, sono spinte concor-
renti al nostro rivolgere l'attenzione a ciò che è stato prima.
Legittima comunque, nel nostro caso, ci pare in primo luogo la considerazione
che,partendo dal constatare che, di fatto, il parco degli artefatti comunicativi di oggi
è smisurato, mentre quello delle origini costituisce un insieme relativamente poco
numeroso, ci conduce a concentrarci su questo secondo insieme.
Legato a questa considerazione ma, se possibile, più sostanziale e stringente,
come motivazione per cui prendiamo le mosse da questa partenza, è il fatto che
nutriamo la convinzione che la nostra disciplina si trovi ad essere costretta all' esposi-
zione in una fase dove quello che Marx chiama il modo di esposizione costruttivo
(logico, teorico, sistematico) non sia ancora maturo. Costretta cioè a farlo coincidere
con il modo di ricerca (ernpirico, accidentale, particolare)." E a chi ci domandasse
perché diciamo costretta noi risponderemmo semplicemente: per farlo maturare. In
quanto, come sa bene chiunque abbia avuto a che fare con l'attività didattica, è
proprio di fronte all' esigenza, difronte a quella condizione appunto quasi costrittiva
che è l'esposizione, che si riesce a passare dallo stato magmatico degli infiniti nessi
fra le informazioni allo stato organizzato della formulazione.
45 «Non dovrebbe essere possibile osservare Casi clinici 4. Il piccolo Hans, Boringhieri, Torino
direttamente sul bambino, in tutta la loro vivente 1976.
freschezza, quei moti sessuali e quelle formazioni di 46 Cfr. A. Schmidt, Storia e struttura, De Do-
desiderio, che negli adulti disseppelliamq con tanta nato, Bari 1972, pp. 48 sgg.
fatica dalle loro rovine .. .?» (corsivi nostri). E più 47 G.W.F. Hegel, Samtlicbe Werke, Bd. XIX,
avanti: «A questo scopo vado esortando da anni Glockner, Stuttgart 1959, pp. 283 sgg. (tr, it. di F.
allievi e amici a raccogliere osservazioni sulla vita Codignola e G. Sanna, Lezioni sulla storia della filo-
sessuale dei bambini, che per lo più viene abilmen- sofia, vol. IlI, Firenze 1967, pp. 21-22).
te trascurata o deliberatamente negata.» S. Freud,
Monogrammi e figure 23
filetto delle viti, i bulloni) sono state fabbricate non a partire da zero, ma con l'uso
dei torni precedenti.
La prima componente -la parte per così dire definitoria - questa proto-teoria
è appunto la nozione di artefatto, nel nostro caso di artefatto comunicativo, di cui ci
iamo già occupati. Mentre la parte ipotetica si può formulare come segue avvicinan-
dosi per gradi.
Ogni artefatto, inteso, come abbiamo già visto, come prodotto intenzionale,
esercita delle funzioni (siano esse considerate come risposte a bisogni, come valori
d'uso, come soluzioni di problemi, oppure più neutralmente come modalità o op-
portunità di uso e di fruizione). Ma soprattutto, gli artefatti sono da intendere come
fasci di funzioni." È rarissimo il caso di monofunzionalità. Si ha talvolta il caso di
strumenti iperspecializzati (ad esempio chirurgici: ma nessuno può impedirei di
usare un costosissimo bisturi per fare la punta alla matita, il che fra l'altro accenna
alla possibilità di costruire famiglie di funzioni). Questo concetto proviene dall' area
disciplinare che si può collocare a monte dell' attività progettuale vera e propria
dell' industrial designo Precisamente, l'area della pianificazione del prodotto, e speci-
ficamente quella branca di ricerca che porta il nome di analisi [unzionale."
Interrogare le origini degli artefatti comunicativi implica dunque una ipotesi
teorica che, se pure non si configura come ipotesi dell' origine comune di essi, consi-
dera però come probabile un loro svilupparsi per differenziazione e specializzazione
delle funzioni.
Di fronte al ciclo delle pitture rupestri di Altamira (intese come artefatti comu-
nicativi) noi possiamo mettere in evidenza differenti funzioni. Vederle come risposte
al bisogno sociale di autodocumentazione, vederne le funzionalità magico-
simboliche, didattico-descrittive, conoscitivo-analitiche, e infine di godimento nel
produrle e vederle. Tanto da fare sorgere il sospetto (e l'eclettismo terminologico cui
siamo stati costretti a ricorrere ce lo conferma) che questo ventaglio di attributi
abbia le sue radici in, o meglio sia la conseguenza di, una differenziazione che si è
realizzata successivamente. Cosa che per altro concorda con quanto si diceva all'ini-
zio, e cioè che è il presente che spiega il passato. Infatti, sempre in conformità col
nostro interessamento per gli artefatti comunicativi, se prendiamo la tipologia ri-
tratto di signore rinascimentale, emerge chiaramente che per ricostituire la compatta
totalità di attributi ternatici e funzionali che abbiamo indicato per l'artefatto di
Altamira, avremmo la necessità di accostare al ritratto tutto un parco di oggetti
comunicativi specializzati: affreschi religiosi e profani, ma anche codici miniati
e così via.
Non solo, ma anche gli eventuali enunciati definitori del fascio di funzioni
espletate a sua volta dall' artefatto più recente necessiterebbero un grado maggiore
di specificazione e di dettaglio. Entrerebbero probabilmente in campo sul piano
della documentazione sociale nozioni come individuo, decoro, prestigio. Su altri
mico, non una tassonomia constatata. Un modello concettuale che noi avanziamo
come una mossa tentativa, alla maniera di Veca," in attesa di risultati.
50 S. Veca, Modi della ragione, in: AA.VV. (a ringhi eri, Torino 1962. Tutto l'avvio dell' esposizio-
cura di A. Gargani), Crisi della ragione, Einaudi, To- ne darwiniana è intessuto di riferimenti alla selezio-
rino 1979, p. 293. ne artificiale.
51 J. Savage, L'evoluzione, Zanichelli, Bolo- 53 Cfr. W. Irvine, Apes, Angels and Vieto-
gna 1975,p. 78. Vedi anche: G. Wald, TheOriginof rians, Mc Graw-Hill, New York 1955.
Liie, «Scientific Arnerican», agosto 1954, p. 44 (tr, 54 In margine, possiamo notare che, fra l'al-
it. «L'origine della vita», in AA.VV., Molecole e vi-- tro, la battaglia di Feyerabend contro il metodo è
te, Zanichelli, Bologna 1962). un poco una lotta contro i mulini a vento. Contro
52 Ch. R. Darwin, L'origine della specie, Bo- una nozione di metodo ormai sbriciolata da decen-
26 Monogrammi e figure
ni. Ormai tutti sanno che il metodo è uno strumen- 55«In un saggio del 1909, Darwinism and
to che ci si costruisce adattandolo all' oggetto d'in- History, Bury aveva giustamente osservato che' il
dagine. E in particolare lo sanno coloro che lavora- progresso implica un giudizio di valore, che non è
no in ambito progettuale. È significativo, ad esem- implicito nella concezione della storia come pro-
pio, l'uso glorioso e ostentato di un libro come R. cesso genetico'.» P. Rossi, «Prefazione» aJ.B. Bu-
Tolanski, Optical lllusion, London 1964, che è sta- ry, Storia della idea di progresso, Feltrinelli, Milano
to il livre de chevet di almeno una generazione di 1964.
designer e di grafici. P. K. Feyerabend, Contro il 56 J.M. Savage, op. cit., p. 11.
Questi sono suddivisibili poi in organi ricettori (relativi cioè al versante dell' ir-
ritabilità) degli organismi viventi, e in organismi effettori (relativi al versante delle
capacità di risposta all' irritazione ambientale; nonché organi di elaborazione, di re-
gistrazione e di governo, che presiedono alla connessione fra ricettori e effettori. Nel
nostro caso, dunque, l'applicazione della nozione di evoluzione avrebbe un senso
non irrimediabilmente traslato, solo riuscendo ad equiparare gli artefatti (soprat-
tutto quelli comunicativi), se non ad organismi nella loro interezza, almeno a delle
loro parti, cioè a degli organi. Il che è possibile attraverso la nozione di protesi.
Una perfetta definizione generativa, precettuale, per esemplificazione, di pro-
tesi è stata data da Umberto Eco: riferendosi al cannocchiale galileiano egli dice: «Il
fatto è che in quest'ambito lo strumento non è veicolo di significazione. È pura
protesi; così come con una pinza articolata posso afferrare oggetti che il mio braccio
non raggiungerebbe, così come ponendomi uno specchio dietro la testa e uno da-
vanti posso guardarmi la nuca, là dove i miei occhi non possono arrivare, così come
mettendomi i trampoli posso compiere passi più lunghi, mettendo l'occhio a una
lente vedo le cose più grandi. »57
E le protesi, in senso clinico;" sono oggetti artificiali più o meno complessi,
costruiti ed applicati all' organismo umano o allo scopo di ripristinare la funzionalità
di un organo danneggiato o usurato (protesi correttive), oppure quando l'organo sia
totalmente compromesso o distrutto, per reintegrare complessivamente tale funzio-
nalità, magari scegliendo tecnologie fortemente disomogenee da quelle organiche
(protesi sostitutive). Si noti che funzionalità va inteso qui in un senso molto largo e
comprensivo: si pensi alle protesi estetiche.
E vi sono protesi relative al versante di quegli organi che abbiamo chiamato
ricettori (ad esempio le protesi correttive ottiche) e protesi relative al versante degli
organi effettori (ad esempio le protesi sostitutive dentali).
Al di fuori dell'ambito clinico, si può individuare inoltre un'altra grande fami-
glia di protesi in senso stretto, che chiameremo potenzianti e amplificanti, e che è
quella degli oggetti e delle attrezzature che consentono a un organismo di compiere
operazioni che altrimenti non sarebbe in grado di compiere (quella appunto della
definizione di Eco).
Si noti comunque che, al di fuori di una prospettiva curativa e restaurativa,
la distinzione fra i primi due tipi da un lato e il terzo tipo dall' altro è per certi
versi puramente formale. Nel senso che fa riferimento a una nozione di norma-
lità di standard di efficienza, che è significativo soltanto nel quadro di un con-
rronto con gli altri membri della popolazione. Cioè soggettivamente, per l'organi-
smo danneggiato, la protesi (correttiva o sostitutiva) costituisce sostanzialmente
un potenziamento rispetto alla condizione di disagio, di necessità e, perché no, di
desiderio.
L'equiparazione organi adattivi/protesi avrebbe come conseguenza di con-
e a vedere l'homo sapiens proprio come quella specie di organismo caratterizzata
TI U. Eco, "Chi ha paura del cannocchia- sostituire un organo o una parte corporea mancan-
~ in op. cit., n. 32 (gennaio 1975).
•• > te o a integrare la funzione quando questa sia gra-
- "Sostituzione di una parte del corpo con vemente compromessa. Le protesi più comuni so-
_=:IareCcruo artificiale che ne può fare più o me- no le protesi dentarie, quelle ortopediche (dette
:;';e le veci, sia dal lato estetico che funziona- anche arti artificiali) e le protesi acustiche (dette
_ J:::ionario di terminologia medica, Vallardi, apparecchi acustici)», Grande dizionario medico,
_~. «Apparecchiatura artificiale destinata a Fratelli Fabbri, Milano.
28 Monogrammi e figure
dal fatto di essere in grado di produrre organi adattivi artificiali (dunque, ancor più
un homo abilis che sapiens). E conseguentemente, a vederlo proprio come quella
specie di organismo che non deve attendere i lenti processi dell' evoluzione biologica
per tentare nuovi schemi adattivi favorevoli alla propria sopravvivenza. Non solo,
ma anche in grado di disporre di un set, di un repertorio di organi adattivi occasio-
nali da «indossare» e da «deporre» a seconda delle situazioni contingenti.
È ovvio che dobbiamo dunque aspettarci svolgimenti diversi da quelli dell' evo-
luzione biologica sia sul versante delle modalità di formazione di tali organi, sia sul
versante delle modalità di trasmissione ereditaria, di generazione in generazione, di
tali adattamenti.
L'uomo sembra, per certi versi, comportarsi più come la ideale giraffa di La-
marck " che come i concreti fringuelli e colombi di Darwin. O piuttosto: la costru-
zione concettuale della dottrina genealogica di Lamarck, costituita da un prodursi di
trasformazioni finalizzate degli organi (la giraffa alla quale, grazie al séntiment interi-
eur, si allunga il collo per raggiungere il cibo), e da una trasmissione diretta alla
progenie, nella quale le modificazioni si sommano e si stabilizzano, sembrerebbe
quasi aver preso a modello proprio la produzione protetica urrlana.60
Gli uomini si costruiscono protesi che permettono loro t
fare ciò che altri-
menti non potrebbero e trasmettono materialmente alla propria progenie tali acqui-
sizioni; e lo possono fare in quanto esse sono artificiali e non biologicamente costitu-
tive. E i loro eredi possono farne uso oppure no; proseguire nell' operazione di po-
tenziamento, differenziazione, specializzazione di esse, oppure lasciarle cadere.
Esse entrano comunque a far parte di una sorta di patrimonio che può essere social-
mente rivisitato: oppure, possono essere dimenticate, e allora (in certi casi) si può
verificare una riscoperta autonoma e indipendente, qualcosa di molto simile a un
doppione o a un parallelismo genetico.
Le preoccupazioni di Savage dovrebbero essere a questo punto appianate. So-
stituendo debitamente organo a organismo, e a quelle di stadi di sviluppo della
cultura in generale, la nozione specificata di cultura materiale (sia pure nell' acce-
zione più elastica che abbiamo inteso attribuirle), non dovrebbero più sorgere osta-
coli sostanziali al pensare in termini evoluzionistici il processo dello svilupparsi nel
tempo di oggetti inanimati prodotti.
59 «Relativement aux habitudes, il est curi- Saggiatore, Milano 1961, p. 38. «Alle trasforma-
eux d'en observer le produit dans la forme particu- zioni evolutive Lamarck attribuisce una duplice
lière et la taille de la girafe Ccarnelo-pardalìs'): on causalità: in primo luogo una specie di tendenza
sait que cet animaI, le plus grand des marnrnifères, innata (séntiment interieur) verso il progresso -
habite l'intérieur de l'Afrique, et qu'il vir dans des tendenza sulla quale egli si esprime solo vagamente
lieux où la terre, presque toujours aride et sans her- - e in secondo luogo l'azione delle circostanze
bage, l' oblige de brouter le feuillage des arbres et ambientali, che a sua volta può manifestarsi in due
de s'efforcer continuellement d'y atteindre. Il est modi distinti, sia che modifichi direttamente l'or-
résulté de cette habitude soutenue depuis lon- ganismo sia che lo modifichi attraverso i bisogni
gtemps, dans tous les individus de la race, que ses che essa stimola e le abitudini e i movimenti che tali
jambes de devant sont devenues plus longues que bisogni producono. Spinto dalle circostanze ad
celles de derrière, et que son col s'est tellement al- esplicare una maggiore attività un organo si svilup-
longé, que la girafe, sans se dresser sur ses jambes pa e si ingrandisce, se l'attività si riduce esso si inde-
de derrière, élève sa tète et atteint à six mètres de bolisce e si atrofizza. Per effetto dell'uso o del disu-
hauteur (près de vingt pieds)». J.-B. Lamarck, so - dell'esercizio o dell'inattività, - a lungo an-
L'Origine des animaux, G. Masson éd., Paris 1892, dare un organo può addirittura formarsi di sana
pp. 79 sgg. pianta o sparire del tutto».
60 Cfr. anche J. Rostand, L'evoluzione, Il
Monogrammi e figure 29
61 J. Daniel, «Le signe produit et repro- prattutto W. Leiss, Scienza e dominio, Longanesi,
duit», in AA.VV., La créativité en noir et blanc, Milano 1976. Vacomunque sempre notata una leg-
Nouvelles Editions, Paris 1973, p. 107. gera sottovalutazione dei fenomeni comunicativi.
62 F. Rossi-Landi, op. cit., p. 17. Vedi anche: 64 K. Marx, Vas Kapital, cit., I, Libro I, p.
A. Lorenzer, Nascita della psiche e materialismo, La- 389 (tr, it. di D. Cantimori, Il Capitale, cit., p. 72).
terza, Bari 1976. La concezione protetica in Marx è resa inequivoca-
63 Vedi, per quanto rigurda una storia della bile dalla citazione, sempre nel medesimo contesto
tecnologia non banalmente ottimista, A. J. Forbes, del programma di John Wyatt: «una macchina per
L'uomo fa il mondo, Einaudi, Torino 1961; S. Lilley filare senza dita».
Storia della tecnica, Einaudi, Torino 1952; ma so-
30 Monogrammi e figure
d'azione sono come muscoli aggiunti alle nostre braccia e delle molle accessorie
aggiunte al nostro spirito. »65Protesi, potenziamento e differenziazione sono le no-
zioni su cui si regge questa affermazione. E si tratta di Diderot nella voce «Arte»
dell' Encyclopédie.
34 Monogrammi e figure
teresse indagatore, è quella della tecnica esecutiva, nel senso dell' attrezzatura mate-
riale di realizzazione e fabbricazione. E se qualunque relazione archeologica concer-
nente arte fatti pittorici, espletate le questioni informative di collocazione geografica
e di datazione, comincia di solito con un capitolo di questo argomento esecutivo,
materialistico e produttivo, Walter Benjamin, a proposito dell'arte di massa (che
costituisce evidentemente un settore dell' area ricoperta dalla nostra nozione gene-
rale di produzione di artefatti comunicativi), dice che lo studio di essa «porta a una
revisione del concetto di genio; rispetto all'ispirazione, che concorre al divenire
dell' opera d'arte, esso suggerisce di non trascurare il momento dell' esecuzione» ed
aggiunge, riferendosi propriamente a quella estensione, a quello sviluppo dell' ese-
cuzione che è la tecnica riproduttiva, che la considerazione di essa «permette di
capire come nessun altro campo di indagine l'importanza decisiva della rice-
zione»."
Successivamente gli archeologi trattano il contenuto raffigurativo, la tematica
dell' artefatto o del ciclo di artefatti, quello che più in generale si chiama il motivo
iconografico. E Benjamin in proposito afferma che « ... l'interpretazione iconografica
si dimostra indispensabile non soltanto per lo studio della ricezione e dell' arte di
massa: essa è atta a neutralizzare in specie gli abusi a cui ogni formalismo ben presto
induce»."
Intorno a questo momento espositivo discorsivo e tematico, il predecessore di
Benjamin, Eduard Fuchs, aveva del resto espresso constatazioni assai avanzate. Ad
esempio, a proposito della caricatura (che noi possiamo indicare come un possibile
genere raffigurazionale), Fuchs constata che, in essa «alles nach bestimmten Geset-
zen sich bewegt, alles nach klar bewulsten Zielen sich hindrangt, kurz daf es eine
ganz eigene Sprache ist die hier geredet wird: eine Sprache rnit eigenen Symbolen
und eigener Grammatik»75 [ ... tutto si muove secondo leggi determinate. Tutto si
indirizza verso obbiettivi chiaramente consapevoli, insomma che è una lingua del
tutto particolare quella che si usa qui: una lingua con suoi propri simboli e una sua
propria grammatica].
Distinto dal momento tematico viene poi quello che gli archeologi chiamano il
significato degli artefatti e che noi (ma come abbiamo visto anche Fuchs, quando
parla di obbiettivi consapevoli, e Benjamin, quando sottolinea l'importanza della
ricezione, si muovono nello stesso senso), chiamiamo le loro funzioni d'uso comuni-
cativo. Ecco indicate almeno tre dimensioni tassonomiche, tre distinti ed intrecciati
criteri di classificazione e categorizzazione degli aspetti degli artefatti comunicativi.
Si tratta di un'indagine dotata, se così si può dire, di due baricentri, l'uno collo-
cato nelle informazioni del passato e l'altro collocato nelle spiegazioni che dal pre-
sente vanno a investire il passato.
La visuale puramente retrospettiva non è sufficiente. È indispensabile trovare il
modo di confrontarla con la visuale prospettiva di coloro che di tali artefatti erano
realizzatori e/o committenti. Oltre che, come indica già Benjamin, con la prospet-
tiva per così dire sincronica dei loro effettivi fruitori.
7J «In linea di principio l'opera d'arte è sem- dagni». W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca del-
pre stata riproducibile. Una cosa fatta da uomini ha la sua riproducibilità tecnica, p. 2.
sempre potuto essere rifatta da uomini. Simili ri- 74 W. Benjamin, ivi, p. 44.
produzioni venivano realizzate dagli allievi per 75E. Fuchs, Die Karikatur der europiiischen
esercitarsi nell' arte, dai maestri per diffondere le Volker, cit., p. 2.
opere, infine da terzi semplicemente avidi di gua-
Monogrammi e figure 35
°
conoscitore, o anche critico e teorico) configura la mediazione fra funzioni e aspetti.
forse addirittura il vero e proprio trasformarsi storico delle une negli altri. Ed è
questo a costituire la base per cui possiamo dire che nel presente funzioni ed aspetti
coincidono. 0, più prudente mente, che, per quanto riguarda la complessa attività
del fabbricare artefatti comunicativi oggi, la possibilità di realizzare funzioni coin-
cide con la capacità di discrirninarne e strutturarne gli aspetti. Comunque, questo
interesse per le manifestazioni dichiarative di artefici, committenti e fruitori tende a
metterei al riparo da ogni vizio «purovisibilista», «empirista», «positivista».
Nella ricostruzione del nostro metaforico puzzle bisogna sempre tenere pre-
sente che solo alcune tessere portano colori vivaci e linee nette, ma che la mag-
gior parte portano colori sbiaditi e linee appena accennate, o sono addirittura
sbocconcellate.
Prendiamo un caso concreto: di fronte a un' eventuale indagine sull' artefatto
manifesto, non prendere in considerazione l'opera di Max Gallo;" bollandola di
mancanza di rigore scientifico, sarebbe imprudente per certe scoperte documentali
davvero interessanti, dettate proprio da un interesse puntiglioso per il curioso e
l'insolito (e inoltre non andrebbero sottovalutate certe qualità piuttosto elevate del-
l'accuratezza riproduttiva della pubblicazione). Ma sarebbe altrettanto imprudente
non tener conto che l'ottica artistica, in cui sono poi trattati gli artefatti nella formula
editoriale della pubblicazione stessa, comporta delle conseguenze profonde. Poiché
infatti i cartellonisti sono qui sostanzialmente considerati come artisti figurativi,
capita che i loro lavori siano amputati delle parti testuali e tipografiche. 78
Per le origini (cioè per gli inizi della produzione di artefatti comunicativi) que-
sto tipo di problemi assume poi un'incidenza smisurata. E in misura se possibile
76 Vedi il nostro Gralica e circostanze: saggi- 78 Si noti nel caso particolare, che fortunata-
stica illustrata, «Il Verri» (sesta serie), nn. 13-16, mente (ma sarebbe meglio dire ovviamente) questo
1979, pp. 328-342, qui a p. 241. atteggiamento di poetica deljrammento, di stampo
77 M. Gallo, I manijesti nella storia e nel co- crociano, non ha toccato la preziosa appendice sto-
siume, Mondadori, Milano 1972. rico-critica curata da A. C. Quintavalle.
36 Monogrammi e figure
ancora più rilevante per quelle che abbiamo chiamato le manifestazioni dichiarative
dei produttori.
Se già gli arte fatti in quanto tali sono per noi soggetti alle normali mediazioni
riproduttive e selettive, per quanto riguarda qualcosa che possa valere come loro
descrizione o come manifestazione di intenzioni, per così dire ortocroniche, non
possiamo che constatare di esserne totalmente sprovvisti.
Se si esclude qualche caso che qualcuno, con un atteggiamento culturale per lo
meno paternalistico, ha voluto chiamare di archeologia vivente, non ci è possibile
confrontare le realizzazioni protografiche e protoraffigurative con quanto di esse
pensavano coloro che le hanno prodotte. Quindi per necessità siamo costretti a fare
riferimento a due altri tipi di fonti: da un lato al mito, inteso come memoria storica
descrittivo-narrativa, e ancor prima al linguaggio, all'insieme dei linguaggi verbali,
intesi invece come memoria designativa o terminologica. E col dire questo ci pare a
nostra volta di testimoniare di non essere affetti da nessun pregiudizio materialista
volgare e da nessuna idiosincrasia per il verbale o logofobia.
Queste ultime considerazioni relative al problema delle fonti ci permettono
di esplicitare un'ulteriore motivazione, interna questa volta, e per così dire autori-
flessiva, del nostro interessamento per le origini. Si tratta di una motivazione che
si ricollega a quanto dicevamo a proposito dell' embrionalità del nostro approccio
concettuale. Occuparci delle origini, date le condizioni così critiche dell' acquisì-
zione di informazioni, deve condurre collateralmente ad un affinamento partico-
lare e a un' elasticità della strumentazione metodologica che ci sarà, probabil-
mente, utile in futuro.
Proprio nel libro per eccellenza, che comincia con: «In principio», nel grande
libro sacro della tradizione mitica semita, l'idea del dio artefice ha una posizione
centrale. In esso sta scritto: «Poi Iddio disse: facciamo l'uomo alla nostra immagine
secondo la nostra somiglianza.» 79 E più oltre sta scritto: «E il signore Iddio formò
l'uomo dalla polvere della terra. »80E sta anche scritto: «Non farai immagine alcuna
di ciò che è in cielo o in terra o nelle acque o sotto la terra. »81E ancora: «Ma tu non
adorare né servire i loro dei [degli idolatri], non fare quello che essi fanno; distrug-
gili, stritola le loro statue. »82Le operazioni di raffigurazione e di modellazione sono
dunque attività divine e strettamente riservate alla divinità. Ed è interessante seguire
nella tradizione islamica, senz' altro fra le eredi della giudaica, una delle più fedeli
per quanto riguarda queste problematiche, proprio la vicenda dell'interdizione al-
l'immagine.
Titus Burkhart riferisce che è a partire dall'idea del dio artefice che per l'uomo
raffigurare appunto come dio ha il valore di una bestemmia. E riferisce anche che il
divieto mussulmano di raffigurare si struttura però, confrontando si con la dimen-
sione dell' esistenziale e del pratico, in una raffinata casistica di interdizioni e di
concessioni. L'immagine piana è tollerata nell' arte profana, il tabù rigoroso riguarda
soltanto dio e il volto del profeta, in direzione antifeticista. E probabilmente nello
stesso senso va inteso il divieto che riguarda invece drasticamente «l'immagine che
proietta un' ombra», 83 con una deroga per quanto riguarda soltanto gli animali stiliz-
zati della decorazione architettonica e dell' oreficeria. Burkhart riporta l'aneddoto
di un artista recentemente convertito all'Islam che «con Abbas, zio del profeta, si
lamentava di non saper più cosa dipingere (o scolpire). Il patriarca gli consigliò di
rappresentare delle piante o degli animali fantastici che non esistano in natura». 84 Il
ragionamento che sta alla base della prescrizione è molto prossimo all' atteggia-
mento che riguarda la decorazione astratta (ad esempio, i rosoni geometrici: i tasa-
tir), comunque considerati superiori a qualunque raffigurazione iconica. La do-
manda è: perché riprodurre quando si può produrre? E in generale l'arte figurativa
(o meglio la raffigurazione) è vista come proiezione di un ordine di realtà in un altro.
E ciò è considerato, se non come un vero e proprio errore, almeno come un'impro-
prietà o una scorrettezza concettuale che finirebbe per accordare al relativo un' auto-
nomia che non possiede.
Da queste descrizioni e prescrizioni, che vanno prese alla lettera, ma anche
come sintomi e come indizi, o anche talvolta controinterpretate come lapsus, pos-
siamo ricavare molteplici indicazioni che ci servono.
In primis abbiamo un immediato e fortissimo riconoscimento dell'importanza
dell'attività raffigurativa (divinità), poi possiamo constatare la consapevolezza del
suo carattere fabbricazionale (modellazione), e subito in trasparenza, ma anche
molto esplicitamente, leggere una grande attenzione alle sue possibilità manipolato-
rie sociali (interdizione in chiave anti-idolatra), infine, ma questo nella molto più
tarda elaborazione mussulmana, l'indicazione del suo carattere proiettivo in senso
lato (la raffigurazione come operazione che attribuisce autonomia al raffigurato).
83 T. Burkhart, Principes de l'ari sacrée, Der- dove Zeusi dipinge dell'uva che inganna i passeri,
vy Livres, Paris 1976, pp. 13 7 sgg. mentre Parrasio dipinge un panneggio che simula
84 Ivi, p. 140. . ' così perfettamente un telo steso a coprire un qua-
85 Riportate entrambe da Hallain che le trae dro da ingannare lo stesso suo concorrente. Ripor-
da Leon Battista Alberti; M. Hallain, «La Iigne, dé- tata da Baltrusaitis che la trae da Cornelio Agrippa.
bordement et rupture», in: AA.VV., La créativité ]. Baltrusaitis, Anamorjosi, Adelphi, Milano 1969,
en noir et blanc, cit., p. 9. p. 107. •
86 Ad esempio la gara fra Zeusi e Parrasio,
38 Monogrammi e figure
glese rendering O a resa prospetticat, La seconda invece, tanto più umana e veri simile,
è però soprattutto più tecnica e operazionale: si consideri 1'operazione materiale del
tracciare a partire da un' attrezzatura proiettiva, occasionale e precaria come può
esserlo una lampada d'alcova, ma pur sempre un'attrezzatura. E più pragmatistica:
senza illudersi di potere appunto rendere tutta la ricchezza fenomenica del raffigu-
rato, ci si accontenta di selezionare almeno il profilo, il che è poi la sostanza di ogni
schernatizzazione.
Qui però, infine, la raffigurazione è soprattutto concepita come rilevamento in
vista di una conservazione nel tempo di essa, risponde cioè a un'istanza di documen-
tazione e registrazione: quando 1'amante non sarà più là, sul muro resterà il suo
profilo, in una sorta di memoria materializzata. Può, a questo punto, dimostrarsi di
qualche interesse, con un salto prospettivo non indifferente, rilevare come il più
tecnoide, e per certi versi il più automatico dei mezzi di produzione di immagini: la
fotografia, si possa leggere, fra 1'altro, come la realizzazione dell'intreccio di aspira-
zioni espresse da entrambi i miti: foto ricordo e souvenir fotografico da un lato, e
dall'altro 1'autoscatto, ma soprattutto il più recente trionfo sintetico (un vero e pro-
prio connubio fra Narciso e Dibutade) rappresentato dalle macchine a sviluppo
istantaneo Polaroid,
Il primo accenno invece all' attività artistica nella letteratura cinese è davvero
curioso, e si trova anch' esso in un libro sacro (nel libro terzo degli Analecta di Confu-
cio, VI secolo a. C.) e paragona la pittura alla cosmesi femminile. Ma si tratta di
un' espressione metaforica usata per parlare di tutt' altro argomento. Per risalire in-
vece ai miti delle origini della pittura cinese bisogna servirsi di un trattato di Chan
Yenytian, fiorito intorno alla fine del IX secolo d. C. 87 Il capitolo intitolato appunto
«L'origine dell' arte» è un vero e proprio trattato protostorico o mitico dove si co-
mincia col dire che «il valore dell'arte [ ... ] scaturisce dalla natura stessa». Alle ori-
gini vi sono delle vere e proprie comunicazioni divine e cioè «le iscrizioni sui gusci di
tartaruga e i disegni presentati dai draghi»," che noi possiamo interpretare come il
conferimento di significati alle configurazioni apparentemente ornamentali degli
animali e delle piante o il tentativo di leggerle come messaggi. 89 Queste indicazioni
sono riferite dal trattatista al periodo «in cui gli uomini facevano il nido sugli alberi e
trapanavano il legno» per fare fuoco.
Più tardi, nel regno di Huangti, che viene considerato come l'inizio del periodo
storico (2698-1598 a. C.), «Tsiang Chieh, che aveva quattro occhi, osservò i feno-
meni celesti e copiò impronte di zampette d'uccelli e gusci di tartaruga così fissando
le forme e i caratteri della scrittura. La natura non poté più celare i suoi segreti e
perciò piovve miglio. Gli spiriti maligni non poterono più tenere nascoste le loro
forme e perciò piangevano di notte»." Dopo aver riferito il poetico mito, il redat-
tore del trattato commenta come avremmo quasi esattamente potuto fare noi: «In
questo periodo la scrittura non era diversa in sostanza dalla pittura, ma le prime
forme furono rozze. La scrittura nacque dal bisogno di esprimere idee, la pittura
nacque dal bisogno di rappresentare forme.»?'
87 Lin Yutang (a cura di), Teoria cinese del- ohne Ornament, Kunstgewerbe Museum, Zurich,
l'arte, Bompiani, Milano 1967. 1965.
88 Ivi, p. 50. 90 Lin Yutang, op. cit., p. 50.
89 Cfr. catalogo dell' esposizione Ornament 91Ibidem.
Monogrammi e figure 39
. Origini e etimologia
100 H. Read, L'arte e la società, La Nuova Ita- beit und Gegenwart, Berlin 1958; citoin Kriwet, op.
lia, Firenze 1969, pp. 10 e 12. cit., p. 128-V.
101 H. ]ensen, Die Schrift in der Vergangen- 102 Lin Yutang, op. cit., p. 51.
Monogrammi e figure 41
turale, e cioè la caccia. Ed è sbalorditiva qui la coincidenza con il mito cinese delle
origini della scrittura. Possiamo aggiungere che il discrirnine consiste nel passaggio
dalla impronta-indizio della zampa dell' animale all'impressione-segnale della mano
dell'uomo. 105
Ma le mani che ricoprono le pareti e le volte delle grotte - ad esempio quelle
di Gargas e di EI Castillo - sono però già in positivo (cioè appunto impresse dalla
mano imbrattata di colore), ma anche subito in negativo (prodotto sia contornando la
mano usata come dima con un dito intinto nel colore - il disegno a profilo - sia
addirittura, con una tecnica protoaerografica, spruzzando, probabilmente dalla
bocca, il colore liquido sulla mano usata come mascherino: la silhouette). E qui
invece è impressionante anche nel dettaglio la prossimità col mito della figlia del
vasaio di Corinto: profilatura e una forma molto materiale di proiezione. E infine si
fa riferimento a un'ipotesi che vede la raffigurazione provenire dall' attività giocosa e
casuale del tracciare linee con le dita aperte sulla mota e poi con spatole dentate sulle
pareti argillose delle grotte: «Sorge così un intrico di linee che a poco a poco si
piegano in arabeschi e meandri e dal quale a un tratto, chissà quando, nasce il con-
torno di un animale.» 106
Questa versione percettiva o gestaltica è da un lato ricollegabile all'idea del-
l'autonomizzarsi della raffigurazione vista nella tradizione araba: di un produrre che
si fa riprodurre. E dall' altro il richiamo va invece al percorso ontogenetico verso la
raffigurazione che caratterizza le fasi del pregrafismo infantile, al passaggio cioè
dallo scribillo alla prima figura.
Accompagnata da un formidabile lavoro di laboratorio per la ricerca della qua-
lità dell'immagine, 107 la raffigurazione di animali del paleolitico si differenzia e si
specializza anche nel senso del motivo rappresentato: dall'animale singolo, al
gruppo o alla mandria, alla vera e propria fissazione del dinamismo delle scene di
caccia, con figure di prede e di cacciatori. Parlando di laboratorio, ci riferivamo a
una ricerca tecnica davvero sofisticata relativa agli strumenti traccianti che si ven-
gono a sostituire alla proprietà del dito umano di produrre solchi: aculei, punteruoli,
protobulini ecc. Ma relativa anche agli strumenti che si vengono a sostituire alle
attitudini della mano a spalmare coloranti: spatola e protopennelli (cioè stecche con
brani di pelliccia o piccoli fasci di vegetali). E orientata anche, infine, alla qualità dei
materiali coloranti (pigmenti e terre) e degli adesivi (grassi animali, bianco d'uovo,
succhi vegetali ecc.).
Che «le pitture rupestri non furono mai un fenomeno di arte per l' arte», 108
ma che si tratti di una produzione culturale legata al complesso delle attività
delle aggregazioni sociali degli uomini preistorici, è opinione ormai consolidata.
A partire da essa, però, si può constatare il divergere di un ventaglio di atteggia-
menti interpretativi (dovuto in parte, come vedremo, alla specificità degli artefatti
presi in considerazione).
Una prima posizione estrema è quella che assimila gli arte fatti pittorici delle
origini direttamente a strumenti per la caccia: non strumenti materiali come le armi,
ovviamente, ma strumenti di altro tipo.
Certo, la vasta diffusione di raffigurazioni di animali cosparse di fori prodotti
da colpi di autentiche zagaglie fa pensare a riti di uccisione in effigie, con lo scopo
del superamento del terrore del conflitto.
Un senso analogo devono avere le sagome di bisonte cosparse anch' esse di
frecce, questa volta raffigurate e sovrapposte al disegno. Ma a questa ipotesi di fun-
zionalità si associa qui anche quella di intenti per così dire propedeutici, o di con-
ferma della conoscenza dei punti vulnerabili della preda. In questa direzione è inte-
ressante fermarci un momento sulla configurazione che assumono queste raffigura-
zioni di frecce. E cioè sul loro carattere fortemente schematizzato: un tratto più
lungo (l'asta) e due tratti convergenti ad angolo (la punta). Questa configurazione
non ha niente a che vedere con la forma o il profilo delle zagaglie reali usate dai
cacciatori paleolitici, che sono il risultato del fissaggio di una punta affusolata ad un
bastone. Ha invece raggiunto già compiutamente una configurazione simile a quella
della freccia vettoriale della simbologia scientifica, a quella della freccia direzionale
della segnaletica, a quella in generale della freccia indicativa. Si può forse parlare in
questo caso di una prima manifestazione ideogrammatica.
Ma soprattutto si pensi al caso dell' elefante di Pindal;''" che consiste in una
raffigurazione del profilo dell' animale, che porta nella posizione approssimativa-
mente esatta, una forma cardioide dipinta in rosso. Che potrebbe essere intesa come
il primo esempio di endografia e come archetipo del disegno anatomico. Certo, il
pittore paleolitico deve aver partecipato a quelle sedute di endoscopia e di anatomia
utilitaristica che dovevano essere la macellazione della preda.
E infine i confini (detti anche recinti) che circondano molte raffigurazioni di
animali selvaggi fanno ricorrere alla concezione del pensiero magico che vede la
raffigurazione come atto di appropriazione, come vera e propria cattura anticipata
dell' oggetto (si pensi ancora alla cattura per il futuro di Dibutade).
A questo ventaglio di interpretazioni, sostanzialmente convergenti, si contrap-
pone con energia la concezione simbolista, rappresentata, ad esempio da Erik Holm,
le cui considerazioni si costruiscono a partire soprattutto da artefatti dell' arte prei-
storica sudafricana.!'"
Bollando come limitativa e materialistica la precedente concezione, Holm
mette in rilievo il carattere rituale, mitico, esoterico, protofilosofico, concettuale
delle raffigurazioni preistoriche. Certo, di fronte all' elefante-nuvola di Mount Sto
Paul dal quale scorre la pioggia, e ai vari cicli cosmografici dell' elefante-pioggia, è
difficile contentarsi dell' esplicazione generica: si tratta di magia pratica. O di fronte
al continuo ripetersi delle immagini dell' antilope-canna, raffigurata con la parte
posteriore non sviluppata, embrionale, ridotta, non si può proprio pensare a un
intestardirsi nel raffigurare modelli sciancati, soprattutto se, come fa già l'autore, si
comparano le raffigurazioni con la raccolta delle favole della tradizione boscimana.
Tali narrazioni infatti mettono in connessione direttamente le raffigurazioni del-
l'animale con il mito della luna nuova.
109 Bandi et al., op. cito (fig. 13, secondo Bre- Origini dell' arte, Bologna-Mantova 1975-1976.
uil, p. 64). Si noti bene che la connessione fra que- 110 E. Holm, «Arte rupestre sudafricana»,
sta raffigurazione e 1'endoscopia era già stata in- in Bandi et al., op. cit., pp. 161 sgg.
staurata da Giorgio Celli nel catalogo della mostra
Monogrammi e figure 45
Se l'elefante di Pindal può funzionare (con tutte le cautele) come antenato della
illustrazione scientifica, la discendenza dell' elefante di Mount St. Paul può essere
indicata in tutto il filone delle raffigurazioni cosmologiche.
È certo tutta da verificare un'ipotesi che colleghi le rappresentazioni cosmo-
grafiche primitive in una posizione di punto di partenza (di snodo diastolico), da cui si
dipartono tutta una serie di sviluppi della raffigurazione, morfologicamente diffe-
renziati e funzionalmente specializzati.
Una tesi del genere descriverebbe retrospettivamente tali protoraffigurazioni
come sintesi condensate e compatte di molteplici componenti comunicative. Il che
significa che non dovrebbe essere impossibile tradurre ciascuna di esse in un fascio di
raffigurazioni specializzate, prelevate dal repertorio contemporaneo: grafi, topo-
grammi, diagrammi, schemi di flusso, schematizzazioni al tratto. E ciò potrebbe
112
fra l'altro, al di là dei risultati analitici, essere anche un modo per comprenderle più a
fondo a partire dall' oggi. E sarebbe interessante in questo senso la constatazione di
un residuo intraducibile.
Certamente, a meno di liquidarle con ingenua perentorietà, come superstizioni
ingenue, esse possono essere descritte come topologie rivestite di figure, come mo-
delli concettuali materializzati secondo un sistema di corrispondenze significanti,
come rappresentazioni processuali di sequenze di eventi naturali. Si pensi a una
delle principali raffigurazioni cosmologiche egizie che il Libro dei morti decifra
come una nave il cui scafo è rappresentato dalla figura sdraiata di Keb, dio della terra
nera, nella quale stanno nascoste le caverne del mondo sotterraneo; l'albero è Shu, il
dio dell' aria che sorregge il corpo inarcato di Inuit, dea della volta celeste, ricavando
da essa la pioggia e convogliandola sulla terra. Il cosmo come un insieme di luoghi
- un sopra, un di mezzo e un sotto - e corrispondenze fra facoltà e caratteristiche
morfologiche: la volta si incurva, l'aria sorregge, la terra giace; che sono anche raffi-
gurazioni di processi: la pioggia che scende attraverso l' aria. 113
111 Mimesis eikastiké e mimesis phantastiké 112 Cfr. A. A. Moles, Teoria informazionale
sono i due termini che Platone usa per analizzare la dello schema, «Versus», n. 2 (marzo) 1972.
mimetiké tekne, e comunque per condannarla. Cfr. Il} K. Seligmann, Lo specchio della magia,
E. Panofsky, Idea, La Nuova Italia, Firenze 1952, Casini, Roma, pp. 61 sgg.
p. 5.
46 Monogrammi e figure
114 Per quello che possiamo chiamare la 1562, con carte planisferiche precedenti come:
gemmazione del planisfero delle raffigurazioni co- Pierre d'Ailly, Planisfero, Lovanio 1483 o l'incuna-
smologiche, cfr., ad esempio, Ph. Ranson, Tantra, bolo cartografico tratto dal Rudimentum novitio-
Seui!, Paris 1973, p. 111: Diagramma [ain delle divi- rum, Lubecca 1475, e con planisferi post-
sioni primordiali del cosmo unico. Cfr. anche i mol- Mercatore come: Bernardus Sylvanus, Planisfero,
teplici e praticamente identici cosmogrammi Jai'n Venezia 1511 e Johannes Ruysch, Planisfero, Ro-
dei cataloghi: Tantra, Senior, Roma 1974 e Arte ma 1507-8. Vedi anche: R. Lister, Old Maps and
Tantra, Ed. Galleria Crippa, s.l. (ma Milano), s.d. Globes, Bell and Hyman, London 1979. Vedi anco-
Va segnalato che si tratta di artefatti prodotti nei ra AA.VV.,Cartes et figures de la terre, Centre Porn-
secoli XVII e XVIII. Ma questo non ci pare inficia- pidou, Paris 1980.
re la collocazione in un periodo molto anteriore di 116 Per la suddivisione nelle due grandi cate-
questa gemmazione cartografica. Infatti se da un Ia- gorie vedi M. L. von Franz, Le temps: le fleuve et la
to disponiamo di documenti analoghi risalenti al- roue, Ed. du Chène, Paris 1978; vedi anche il curio-
meno al III sec. d. C. (cfr. fig. 3, 4, 5 del catalogo so: G. B. Priestley, L'uomo e il tempo, Sansoni, Fi-
Dieux et Démons de l'Himalaya, Editions de Mu- renze 1974.
sées Nationaux, Paris 1977 pp. 66 e 67), d'altro 117 Cfr. J. Baltrusaitis, Medioevo fantastico,
canto è noto che tuttora i pittori di T'anke tibetane Adelphi, Milano 1973, pp. 245 sgg. In particolare
eseguono le raffigurazioni seguendo un precisissi- vedi il confronto iconografico fra Composizione co-
mo rituale esecutivo. Sembra cioè che tale rituale smografica dei cento Budda, Kakrak, prima metà del
sia un sostituto, o comunque una strada evolutiva V sec., e W. Traut, Le gioie e i trionfi della Vergine,
collaterale, rispetto alla rigidità e esattezza restitu- ca. 1510 o Lo specchio della saggezza, Norimberga
tiva della riproduzione tecnica. 1448, e anche «Le sei età del mondo», in Meister
115 Per documentare lo sviluppo della carto- Ermengau, Breviario d'Amore, ca. 1300. L'andarsi
grafia cfr. L. Bagrow,R. Skelton, Meister der Karto- specializzando in direzione scientifica delle rappre-
graphie, Berlin 1963. In particolare l'idea di mon- sentazioni cicliche è testimoniato ad esempio dal
taggio, assemblaggio deriva dal confronto di carte Cerchio di vasi di urina, tratto da Petrus de Monta-
settoriali come: Hieronimus Munster, Carta del- gnana, Fasciculo de Medicina, Venezia 1494, in L.
l'Europa centrale, Nurnberg 1493 o Mao Yuan-yi, Firpo (a cura di), Medicina Medioevale, UTET, Tori-
Carta nautica di Singapore e delle isole circostanti, no 1972, pp. 141 sgg.
el disegno dello
Huer, l'esemplare di
giraffa reticolata reca-
w in dono nel 1827
èa Mehrnet Alì, pa-
scià d'Egitto, alla città
èi Parigi (dove un si-
:nile animale non era
mai stato veduto). Se-
condo il noto natura-
S'la francese del seco-
:0 scorso, Jean-
Baptiste Lamarck, lo
smisurato collo della
. affa si doveva ad
un séntiment intérieur,
il quale interveniva a
modificare le dimen-
sioni degli organi del-
. animale, consente n-
€!agli di cibarsi. Note-
voli sono le assonanze
Ci tale visione con il
raodello concettuale
dia produzione pro-
retica umana (v. a pa-
5ina 44 e seguenti)
2. Realizzate con una
rudimentale tecnica
«a spruzzo», queste
silbouettes di mani si
trovano nella grotta
di Gargas, presso
Aventignan nella re-
gione degli Alti Pire-
nei. Risalgono alla
cultura dell'aurigna-
ziano I, che si colloca
fra 36.000 e 20.000
anni prima di Cristo
3. I bisonti trafitti da
frecce che decorano
le pareti del Salon
Noir delle grotte di
Niaux, presso Ariège
in Francia, risalgono
alla cultura del mag-
daleniano IV, che si
situa circa 11.000 an-
ni prima di çristo
3
4. L'elefantino (più
probabilmente, secon-
do gli studiosi, un
marnrnut) graffito sul-
le pareti della grotta
di Pindal, presso
Oviedo in Spagna,
rappresenta, come ha
sostenuto qualche pa-
leontologo, una sorta
di protoendografia?
5. L'elefante-nuvola
dal quale fluisce la
pioggia, pittura rupe-
stre da Mount St.
Paul, presso Harri-
smith nell'Orange
6. Una raffigurazione
(secondo Adolf Her-
mann) della cosrnolo-
gia egizia
6
7. I gradini della sca-
linata che conduce al-
la città celeste in una
xilografia dal Liber de
Ascensu del mistico e
filosofo catalano Rai-
mondo Lullo, pubbli-
cato a Valencia nel
1512
7
8. L'albero del siste-
ma sefirotico (secondo ~~b l'~
Kircher), 1652
HORIZON~ ATIS
......-. •.•••••
S'P,-~...:..""""""·'
Su.mma: Corona
SYSTEMA SEPHlROTICVM
X DNINO RVM NOMJNVM
8
9. [ambu- duipa man-
dala, Rajahstan (In-
dia), XVIII secolo
lO. Incisione con pla-
nisfero, dal Rudimen-
tum novitiorum, Vene-
zia 1494
--
11. Incisione dal Fa-
Propri.1a eli nalUto rangorgna propri.ta di JUIUto colai",
sciculo de Medicina
/-..::---=-=:::::~
pubblicato a Venezia
nel 1494, con il cer-
chio dei vasi e le
istruzioni per stabili-
re, a partire dal colo-
re delle urine (« Que-
ii
sto e il modo di giu-
dicare le urine pel co-
lore de e f f e), lo stato
di salute e le caratteri-
stiche psicologiche
dei soggetti
11
'ì2, L'aibero del ma-
le miniatura di Ver-
g~r de Soulas degli
inizi del Trecento
13, Tavola con illu-
strazioni di strutture
ed elementi costruttivi
dal Discorso sopra la
laguna di Venezia di,
Giovanni A. Borelli,
della metà del X'l se-
colo
12
~
~
;ç.6}(§
'y
13
14. Tavola con la rap-
presentazione del cor-
po dell'ape e di alcu- ,:p:>
ni suoi particolari,
dallo studio al micro-
3{
scopio eseguito da
Francesco Stelluti nel
1630
Z;;" J
,. /
( 101'/It~ l'. 1-;;/'1"1"" .
15
16. La progressiva
schematizzazione dei
tratti di teste di renna
e di capra su utensili
appartenenti alla cul-
tura magdaleniana. In
basso, le fasi dell' evo-
luzione dei pittogram-
mi sumeri verso la
scrittura cuneiforme
1 2 3 4 "S
~ 'C::Y >\f \V
9 9 ::f> [>
~ ~ ~"p ~
TT
TT~ ~T ~Tt tt-
16
17. Ciottoli dipinti
del Mesolitico. Il si-
(J)
. ~
~.....
"-J-P mllID G® ~ gnificato di tale deco-
razione ci è sconosciu-
to, anche se molte
ipotesi propendono
®.•.
• "::'11,',::,' ~ ~,
~'\
CI) te rE
m ~eD (lì ~
,'~~~-~,
~,C})G~~(9~
I~ IOoéj)Qm
~ ~ (lCi) \ED ~
~ ~CJl[D o ft 8
17
Monogrammi e figure 59
118Se per la prima fase dello sviluppo si de- concettualmente a livelli di astrazione o di genera-
ve ovviamente fare ricorso anche qui allo studio lizzazione molto elevati.
della von Franz (op. cit.), per il periodo che va dal- 119 Vedi in particolare la sequenza iconogra-
l'Umanesimo fino al Settecento, possiamo costrui- fica Albero della vita e la nascita di Eua, illustrazione
re uno spezzone di connessione, che consiste nel- dell'Hortus deliciarum, fine del XII secolo, quindi
l'allineare in sequenza una serie di raffigurazioni Albero del male, affresco del Trecento ad Hoxne,
disegnate: ad esempio 1regni della natura e le possi- Suffolk, e Verger de Soulas, Albero del male, Parigi,
bilità dell'uomo, dell'illustratore di Bonvillus, Li- inizi del Trecento, interessantissimo perché porta
ber de intellectu, Parigi 1509 (in J. Muller- cartigli esplicativi alle ramificazioni (J. Baltrusaitis,
Brockmann, op. cit., p. 81. Poi La scala della città Medioevo fantastico, cit., p. 140).
celeste, dell'illustratore di Raimondo Lullo, Liber 120Vedi Arbor affinitatis, xilografia del 1473
de ascensu, Valenza 1512 (K. Seligmann, op. cit., p. (E.H. Gombrich, L'immagine visiva, "Le scienze»,
32). Poi L'albero seiirotico, dell'illustratore di Pau- n. 61, settembre 1973). Poi Gerolamo da Cremo-
lus Ricius, Porta Lucis, Augsburg 1516 (K. Selig- na, Diagramma alchemico dendriforme e Diagram-
mann, op. cit., p. 354). E ancora L'universo come ma alcbemico, miniature del Pseudo-Lullus, Tratta-
monocordo, dell'illustrato re di Robert Fludd, to alchemico, Firenze 1474 ca. (J. J. Alexander, 1ta-
Utriusque cosmi bistoria, Oppenheim 1617 (K. Se- lieniscbe Buchmalerei der Renaissance, Prestel,
ligmann, op. cit., p. 354). E ancora, Il Systema Se- Munchen 1977, pp. 60 sgg.).
phiroticum, dell'illustratore di Athanasius Kircher, 121 T. Maldonado, in Avanguardia e raziona-
Oedipus Egiptiacus, Roma 1652 (in K. Seligmann, lità, cit., p. 266.
op. cit., p. 345). E infine, Schema ermetico dell'uni- 122Fra l'altro questa stessa nozione di visua-
verso, dell'illustratore di Thomas Norton, Musa- lizzazione, e cioè il rendere visibile ciò che esiste
eum Hermeticum, Frankfurt 1749 (K. Seligmann, ma che non è visibile, è una circostanza storica con
op. cit., p.148). Per il balzo all'attualità cibernetica, origini relativamente precise e individuabili, e col-
e in generale schematica, possiamo contare soltan- locabili intorno agli inizi del Seicento. Nel secolo
to, finora, su delle somiglianze morfologiche e fun- cioè dove si viene mettendo in atto la rivoluzione
zionali che consideriamo rilevantissime. È proba-. scientifica astronomica, attraverso Keplero e Gali-
bilmente appropriata inoltre la considerazione, in leo. Anzi, ci si può domandare se la fiducia di Car-
generale, che la tradizione raffigurativa del pensie- tesio nella sensorialità - oltre che alle influenze
ro mistico e alchimistico ha in comune con le mo- del pensiero automatico (J. Baltrusaitis, Anamorfo-
dernissime discipline che fanno uso di diagrammi si, cit., pp. 71 sgg.), non sia stata fortemente in-
di flusso, il fatto di avere l'abitudine di lavorare· fluenzata anche dal comparire sulla scena scientifi-
60 Monogrammi e figure
ciò che si presenta nell' esistente, ma vuoI dire anche costruire figure e modelli visi-
bili del possibile, del probabile, dell'ipotetico.
Tutta un'area che potremmo chiamare, utilizzando Peirce, ambito rematico'"
della raffigurazione e che comprenderebbe anche tutto il settore della rappresen-
tazione progettuale, cioè oltre che la raffigurazione di ciò che potrebbe fantastica-
mente essere, anche i disegni che sono prefigurazione di ciò che potrà essere fab-
bricato.!"
ca dell' occhialino per vedere da vicino le cose minime rappresentazioni di strumenti sperimentali, al trat-
di Galileo, e cioè dalla scoperta di un intero sub- to e solo leggermente ombreggiate, dell'illustrato-
mondo, esistente ma invisibile. Comunque, poco re delle Esperienze per conoscere se l'acqua si dilati
prima dell'edizione della Dioptrique (1637), si ha nell'agghiacciare (1667) di Lorenzo Magalotti, acca-
la prima pubblicazione di figure di esseri viventi e demico del Cimento (rispettivamente Tav. III e
di loro organi separti osservati al microscopio, ad Tavv.VI e VII, della pubblicazione: M.L Altieri
opera di Francesco Stelluti (1630): ape e punteruo- Biagi, a cura di, Scienziati del Seicento, Rizzoli, Mi-
lo del grano. E di qui parte una corsa alla raffigura- lano 1969). Tutte queste tecniche raffigurative, as-
zione del sempre più minuto: dalla prima raffigura- sieme a quelle di provenienza scenografica, archi-
zione di un acaro da scabbia, Hauptmann (1687), tettonica, propriamente pittorica ecc., sembrano
di una pulce e delle sue uova (viste al microscopio preparare (e comunque vengono tutte adeguata-
da Bonami, 1691), fino agli Animalcula incredibly mente applicate) in quel sofisticato risultato di sag-
menute, di un anonimo inglese (1703), e poi gli Ani- gistica per immagini che sono le tavole dell' Encyclo-
malcules, classificati secondo la tassonomia linneia- pédie (si pensi a ben 11 volumi di planches usciti
na da Hill (1762), e infine le raffigurazioni di coc- dopo il 1767). Vedi Testa di medusa e sole di mare o
chi e batteri disegnate da Muller (1786). Tutte que- Pulce vista al microscopio (Tavv CXIII e CXV dise-
ste raffigurazioni sono riprodotte nel formidabile gnate da Martinet e incise da Bénard) per la rappre-
libro di Giuseppe Penso, La conquista del mondo sentazione microscopica; oppure, per il disegno co-
invisibile, Feltrinelli, Milano 1973. Queste raffigu- struttivo, esecutivo, vedi Guanti da donna (Tav.
razioni, a partire dallo Stelluti, vanno viste però nel XCVIII, disegnata da Goussier e incisa da Defehrt)
loro contesto, e cioè in quella nuova tipologia di ecc. Ma soprattutto vedi la soluzione presentativol
pubblicazioni che è il libro scientifico illustrato a impaginativa, che associa solitamente una veduta
stampa. Da notare che le tavole, se pure fondamen- d'insieme e di ambientazione, raffigurata prospet-
tali, e valutabili, e effettivamente valutate, come ticamente e disposta in alto nella pagina e sotto la
contributo scientifico esse stesse, sono qui, per mo- quale trovano posto una articolata serie di raffigu-
tivi di economia produttiva collocate generalmen- razioni di dettagli, ciascuno raffigurato scegliendo
te fuori testo, ed associate ad esso attraverso un si- adeguatamente fra diversi sistemi di rappresenta-
stema di richiami, contrariamente a quanto avveni- zione (assonometria, disegno costruttivo, spaccato
va nel caso della manifattura dei codici miniati pre- ecc.), e diversi metodi di trattamento dell'immagi-
cedenti, di zoologia, botanica ecc. che, in genere, ne (al puro tratto, con leggeri accenni di rilievo,
integravano le illustrazioni nel testo. È in questo con ombre portate ecc.). [Le cifre romane si riferi-
periodo del Seicento che si articola tutto un venta- scono al numero di tavola della pubblicazione An-
glio di raffigurazioni adeguate alle diverse discipli- tologia della Encyclopédie di Diderot e D'Alembert,
ne. Si veda ad esempio la tavola di ingegneria cit.].
idraulica dell'illustratore del Discorso sopra la lagu- 123 Ch. S. Peirce, op. cit., p. 103 e pp. 115
na di Venezia (1670 ca.) di Benedetto Castelli, che sgg.
raccoglie figure geometriche piane e tridimensio- 124 Cfr. il nostro Grafica e circostanze: Saggi-
nali al tratto, prospettive cavaliere e assonometrie stica illustrata, in «Il Verri» (sesta serie), n. 13-16,
assimilate con ombreggiature e senza ombreggia tu- 1979, pp. 329-342, in questo volume alla pagina
re, schizzi topografici ecc. Oppure le straordinarie 241 e seguenti.
Monogrammi e figure 61
125 Cfr. tav. Trasformations progressives de te- Scuola, Brescia 1970, pp. 129 e 159 sgg.
tes de rennes et de cbèures grauées sur des outils de 128 R. Bosi, L'avventura delle monete, Faenza
l'epoque magdaléenne J. Daniel, in AA.VV., La ed., Faenza 1975, p. 23. Cfr. ancheJ. Muller Brock-
Créativité en noir et blanc, cit., p. 108. mann, op. cit., p. 11.
126 Cfr. A. A. Moles, Teoria injormazionale 129 Ivi, p. 17.
dello schema, «Versus», n. 2, marzo 1972.,Cfr. an- 130 Cfr. EUA, voI. XI, col. 55-62, e tavv. 34,
che fig. 6, (Degrees of iconisation), H. H. J. Eshes, A 37,50: voce «Progettazione», di G.c. Argan. Vedi
Semiotic Approach to Communication Design, «The anche A. Parma Armani, «Le prime manifestazioni
Canadian Journal of Research in Semiotics», voI. grafiche», in C. Maltese (a cura di), Le tecniche arti-
IV, n. 3 (spring-surnmer) 1977. stiche, cit., p. 237.
127 Cfr. E. Doblhofer, Segni meravigliosi, La
62 Monogrammi e figure
diatamente, iconica della scrittura, sembrano essere contenute anche nelle denomi-
nazioni delle lettere semitiche: aleph (toro), beth (tenda, casa), daleth (porta), zajin
(arma). 131 E perfino nel Futhark delle rune germaniche si può constatare la trasfor-
mazione di segni culturali ideografici in alfabetici. Le rune sono un sistema di 24
segni principali, a ognuno dei quali corrisponde un suono, ma ciascuno dei quali
conserva un significato simbolico: X corrisponde al suono g, ma significa anche
moltiplicazione, accoppiamento; I corrisponde al suono i, ma significa volontà, forza,
potere. 132
131 K. Gerstner, Kompendium [ur Alpbabe- procédé du rebus à tr~nsfert ont servi écrire soit
à
ten, Niggli, Teufen 1972, p. 18. des mots qu' on écrivait par ailleurs au moyen des
132 Ivi, p. 17. signes-mots, soit surtout des mots pour lesquels au-
m M. Cohen, L'écriture, Éditions Sociales, cun signe-rnot avait été créé ou pour lesquels ce
Paris 1953. In realtà, accanto al transfert per orno- signe-mot était tombé en désuetude. », p. 34. Per la
fonia, vi è anche la forma del transfert psicologico, o problematica della decifrazione della scrittura ge-
per associazione d'idee, p. 23. Per quanto riguarda roglifica egizia cfr. E. Doblhofer, op. cit., pp. 41
quello che noi chiamiamo l'ingresso iconico Co- sgg. Per un approccio più interpretativo e introdur-
hen dice: «En effet les phonogrammes créés par le tivo vedi anche J. Derrida, De la grammatologie, Mi-
Monogrammi e figure 63
rappresentato purché questa avesse una consonanza omofonica con la prima (come
nel caso di bat e bas in francese, I e eye in inglese, b6tte e bòtte o prìncipi e principi in
italiano). Ciò che ampliava ulteriormente le possibilità combinatorie, nel senso an-
che di aggregazioni di più fonemi, consisteva nel fatto che il pittogramma, ormai
funzionante come notazione fonematica, aveva carattere consonantico, cioè senza
caratterizzazioni vocaliche, come le grafie semite.
Questa via di soluzione, che porta comunque alla notazione fonematica, come
avvenne poi nella scrittura egizia detta demotica, è molto diversa da quella presa
dalla scrittura ideografica cinese. Essa infatti è caratterizzata da una stategia notazio-
nale di tipo costitutivo (cioè i segni elementari, si associano secondo criteri di inter-
pretazione concettuale e comunque persistono a comportarsi in maniera relativa-
mente indipendente dall' emissione verbale sonora).
E soprattutto, veniamo a sapere direttamente da Chang Yenytian che «nel
Chouli [manuale di calligrafia] si insegnano ai principi i princìpi della formazione
dei caratteri: nel terzo principio detto del 'raffigurare forme' si richiama l'idea del
disegno». I}4 Sembra quindi che in una forma di scrittura come quella cinese, rigo-
rosamente pittogrammatica, fosse garantito, attraverso il terzo principio, l'ingresso
pittografico, cioè mediatamente iconico, relativo ad eventuali ampliamenti del «da
scrivere». Il che è probabilmente ciò che ha consentito a questo sistema di scrittura
di sopravvivere fino a noi. L'adattamento ambientale del sistema consisteva cioè
nella sua facoltà di ampliare costantemente il catalogo dei pittogrammi. Di fatto,
come si sa, il lessico cinese ha raggiunto un numero complessivo di più di 45.000
ideogrammi.
Dunque una tendenza sistolica, caratterizzata da forze standardizzanti, codifi-
canti, semplificanti, istituzionalizzanti, contrapposta a una tendenza diastolica al-
l'articolazione, particolarizzazione, individualizzazione, differenziazione. Da no-
tare, collateralmente, il fatto che la riproduzione meccanica diretta (il sigillo rota-
tivo mesopotamico) è qui messa al servizio dell' esigenza individualizzante, partico-
larizzante. Pagato lo scotto anticipato di alcuni adattamenti o predisposizioni alla
riproducibilità, il sigillo è uno strumento in grado di ripetere a piacimento una raf-
figurazione iconica.Alla riproduzione meccanica è qui associata una più sottile e
dettagliata qualità riproduttiva di quella tipica della codifica istituzionalizzata cu-
neiforme.
nuit, Paris 1967 (tr, it. Della grammatologia, Jaca I}4 Lin Yutang, op. cit., p. 51.
Book, Milano 1967).
64 Monogrammi e figure
137 Per un differenziato e ampio panorama ca, provenienti da settori di ricerca psicologica,
vedi A. Kathibi, M. Siegelmassi, L'art calligraphi- contenuti nell'utilissima raccolta AA.VV., (a cura
que arabe, Ed. du Chène, Paris 1978. di M. Farné), Illusione. e realtà, Le Scienze, Milano
138 Ci riferiamo alle ormai classiche tratta- 1978 (con testi di Gombrich, Atteneave, Rock, Far-
zioni, ad esempio, di Kohler, Katz ecc. Cfr. D. né, Metelli ecc.).
Katz, La psicologia della forma, Boringhieri, Torino 140 È necessario coniare o meglio introdurre
1966, pp. 41 sgg. W. Kohler, La psicologia della Ce- questo termine in quanto, come si vedrà più oltre,
stalt, Feltrinelli, Milano 1961, pp. 200 sgg. ci serve una espressione per designare qualcosa di
139 Per un uso analogo al nostro di questa molto specifico e preciso. Non era usabile calli-
distinzione terminologica, cfr.]. Albers, Interaction gramma in quanto non è una caratteristica del me-
of Colors, Yale University Press, New Haven 1975, todo tracciante ad essere rilevante. Tipo e tipogram-
pp. 73 sgg. In particolare vedi il passaggio: «In dea- ma avrebbe fatto pendere la bilancia troppo in dire-
ling with color relativity or color illusion, it is prac- zione del versante della meccanizzazione fabbrica-
tic al to distinguish factual from actual facts. The 'tiva. Logogramma o logotipo avrebbe spostato il
data on wave lenght - the result of optical analysis baricentro concettuale verso il verbale, quando va
of light spectra - we acknowledge as a fact. This is invece constatata una sostanziale indifferenza del
a factual fact. It means somethingremaining what fenomeno nei confronti sia della pittogrammaticità
it is, something probably not undergoing changes. che delÌa fonogrammaticità. Diagramma, per molti
But when we see opaque color as transparent or versi proponibile, avrebbe associazioni nel senso di
perceive opacity as translucence, then the optical raffigurazioni quantitative. Crafema, modellato su
recetion in our eye has changed in our mind to so- morfema, rnonerna, fonema, semema ecc., avrebbe
mething different. The same is true when we see 3 indicato un'unità troppo minima o meglio sarebbe
colors as 4 or as 2, or 4 colors as 3, when we see flat forse adeguato per un'ipotetica unità di tratto e di
even colors as intersecting colors and their fluting tracciato. Per monogramma (non priva di interesse
effect, or when we see distinct 1 - contour boun- la possibilità di usare poligramma per aggregati di
daries doubled or vibrating or just vanishing. The- unità) le associazioni con quello che abbiamo chia-
se effects we call actual facts.» Cfr. accanto a questo mato marcatura, con il marchio ecc. non sono per
importante contributo per la fondazione di una nulla negative, anzi benvenute, suggerendo un'u-
specifica disciplina della progettazione visiva, altri ità che veicola già significato, ma di cui il significa-
contenuti attuali nella medesima area problemati- to è relativamente indifferente.
66 Monogrammi e figure
141 Vedi W, Herzefelde,]ohn Hartfield, Vero che Massironi chiama gli ambiti dell' arte di ricerca
lag der Kunst, Dresden 1971. - alla sfera della pratica comunicativa. Ci riferiamo
142 Vedi: VI. Fuka, Al settimo cielo, sNDK-La da un lato al fatto molto immediato e concreto del-
Pietra, Praga-Milano 1965. Con una interessante la frequente «doppia militanza» degli artisti sui
introduzione di G. Rodari. due versanti (ricerca e pratica), e addirittura del
143 In margine al ragionamento è forse op- coincidere delle due attività (che è proprio il caso
portuno annotare una considerazione di metodo. di Hartfield), e dall'altro al constatato utilizzo di
Se può apparire curioso fare uso, in un contesto soluzioni prodotte nel versante artistico da parte
I come questo, di un esempio marginale, tratto dalla del mondo della pratica grafica e pubblicitaria (cfr.
casistica criminale, come la tecnica della lettera L. Pignotti, Le avanguardie espropriare, «D'Ars»,
anonima, può forse apparire inadeguato fare riferi- nn. 83-84-85, 1977). L'altra strada è quella di nega-
I mento a due artisti (parlare cioè di metodo Hart- re tutto ciò o meglio di passarlo sotto silenzio, se-
field, contrapposto al metodo Kolar del collage). guendo la strada dell' «ho inventato tutto io», co-
Designare cioè due pratiche tecniche col nome di me fa, ad esempio Jacques Bertin, il quale nella sua
due artisti, individuali come tali secondo criteri di farraginosa sistematica (che deve la sua frequente
definizione storici, contemporanei, attuali, Può citazione in bibliografia ad un titolo alla moda: Sè-
sembrare quindi leggermente scandaloso conside- miologie graphique, Gauthier-Villars-Mouton, Pa-
tarli come membri effettivi del grande «laborato- ris-La Haye 1967) non menziona minimamente le
rio di ricerca della progettazione visiva» che dice- fonti delle sue concezioni, che si devono non esclu-
vamo. Ma se da un lato il riferimento corre alla ver- sivamente, ma certo in gran parte, ad elaborazioni
sione «giocosa», non direttamente utilitaria, delle di artisti. In particolare nel capitolo «Les moyens
origini della produzione raffigurativa, dall' altro du système graphique», dove le tabelle alle pp. 66
più specificamente, va ricordato il vettore bidire- e 68 non sono altro che delle frettolose rnoderniz-
zionale che lega le avanguardie artistiche - quelli zazioni delle Urtheorien di Klee e Kandinskij.
Monogrammi e figure 67
144 Per controllare quanto l'espressione co- nella elaborazione degli oggetti esterni. Di fronte a
stretta, riferita alla fotografia impaginata, sia poco un oggetto esterno le quattro fasi di elaborazioni
rnetaforica, vedi il nostro «Fotografia in pagina» in sono: 1) ricezione/analisi percettiva, 2) sintesi o ge-
AA. VV., Fotografia e immagine dell'architettura, nerazione oggettuale, 3) astrazione e rappresenta-
Galleria d'arte moderna, Bologna 1980, che mette zione simbolica, 4) azione. Nella terza fase sono
in rilievo le mentalità contrapposte: quella somma- esplicitamente indicate, come stazioni processuali,
tiva dell'impaginatore e quella costitutiva del foto- sia la nozione di registrazione [Speicherung] (per
grafo. noi qui modello appreso), ma soprttutto la nozione
145 In un saggio che costituisce un bilancio e di Handlung senttoiirle [progetti d'azione] (per noi
un'indicazione di prospettiva degli studi neurobio- gestualttà). O. Grusser, Neurobiologische Grundla-
logici sui processi del riconoscimento segnico, Ot- gen der Zeichenerkennung, «Sprache im techni-
to Grusser ha sistemato in uno schema a quattro schen Zeitaltef»,n. 65 (gennaio-marzo), 1978.
fasi la complessità dei processi mentali coinvolti
68 Monogrammi e figure
prevalente si può notare che si tratta di una calligrafia che conserva molto netta-
mente l'origine separata delle singole lettere: i legamenti, quando ci sono, sono
embrionali.':"
Sembra dunque in primo luogo irrilevante la tecnica di traccia tura prece-
dente e cioè la calligrafia in quanto tale, in qualche misura comune a tutti e tre i
sistemi.
Sembra inoltre non determinante l'aspetto del nesso notazionale, in quanto i
due sistemi, nell' area di diffusione dei quali si è verificata l'invenzione della stampa
sono l'uno a base pittografica, l'altro a base fonogrammatica. Mentre, si badi, pro-
prio questi ultimi hanno proprio invece in comune il tratto caratteristico dell' acco-
stamento di caratteri isolati.
Infatti la tipografia a caratteri mobili sfrutta precisamente 1'aspetto elastico,
percettivo e ambivalente della giunzione monogrammatica. Separando cioè pro-
prio materialmente i caratteri al momento della fabbricazione. Separazione che
resta poi impercettibile, o meglio latente, dopo la stampa dell'artefatto finale.
Sarà poi l'occhio del lettore ad instaurare, o a reinstaurare, una giunzione che
non è contiguità.
Senza avere la pretesa di aver stabilito nessi certi fra monogrammaticità e si-
stema di composizione a caratteri mobili, questo ragionamento ce li propone al-
meno come fortemente probabili. E comunque ha dato corpo alla nozione di
monogramma.
Peraltro, a tutt' oggi, la tipografia in caratteri arabi può essere considerata come
il risultato di un'artificiosa monogrammatizzazione. Osservando infatti con una
lente d'ingrandimento un qualsiasi stampato tipografico in caratteri arabi, si può
notare sempre un sottilissimo filo scoperto, una traccia di disgiunzione, fra le estre-
mità di ogni giunto proteso in avanti ed ogni giunto proteso all'indietro, general-
mente quasi del tutto cancellato dall'imbeversi d'inchiostro della carta, ma eviden-
ziato a livello macroscopico dalla più piccola imprecisione involontaria di allinea-
mento. Questi fenomeni, che non inficiano minimamente la lettura se non come
eventi inaspettati, cioè come disturbi, possono essere visti come la materializzazione
della pleonasticità (sul piano strettamente tipografico, beninteso), del sistema di
legamenti nel suo insieme.
Sembra cioè - per esprimerei con il vocabolario evoluzionistico - che l'adat-
tamento congiuntivo fattuale, estremamente favorevole sul piano, diciamo a medio
termine, della realizzazione calligrafica e delle sue implicazioni stenografiche, abbia
finito per rivelarsi favorevole a lungo termine, nella prospettiva della riproducibilità
tecnica tipografica.
Questo è appunto un caso dove si fa significativa la nostra preoccupazione
riguardo alle necessità di relativizzare gli aspetti valutativi di un'impostazione evolu-
zionistica: un carattere adattivo che agisce in senso evolutivo relativamente a un
determinato contesto, si può fare involutivo rispetto a un contesto mutato. E il me-
desimo adattamento può funzionare di nuovo in senso evolutivo quando si riprodu-
cono, magari a un diverso livello di scala, condizioni. analoghe alle precedenti.
A sua volta, infatti, la tecnologia di giunzione della calligrafia araba, o meglio il
suo principio informatore, potrebbe di nuovo rivelarsi come fattore favorevole nei
149 A cominciare dagli studi pionieristici di ric Cbaracters, Published by Royal College of Art-
D. C. Pateson, M. A. Tinker, 5tudies 01 Typographi- Readability of Print Research Unit, London 1973.
cal Factors lniluencing 5peed 01 Reading: Size 01 Ty- E anche in: H. Spencer, L. Reynolds, and B. Coe, A
pe, «Journal of Applied Psychology», n. XII, 1929; . Comparison o/ the Effectiveness o/ 5elected Typogra-
vedi G. W. Ovink, Legibility Athmosphere and phic Variations, Published by Royal College of Art-
Forms o/ Printing Types, A. W. Sigthoff, Leiden Readability of Print Research Unit, London
1938; B. Zacharison, 5tudies on the Legibility 01 1973.
Printed Text, Almqwist and Wiksell, Stockholm 1501- Scorsone, Word Ligatures: Toward the
1965; e ancora H. Spencer, The Visible World, Pro- Design 01 new Reading Systems, «Print» USA, n.
blems o/ Legibility, Published by Lund Humphries XXX, 1, 1976.
in association with The Royal College of Art, Lon- 151 Cfr. K. Gerstner, op. cit., p. 37.
don 1969. Sviluppi degli studi della scuola del Ro- 152 Cfr. la tavola esplicativa dei sensi di trae-
yal College sono constatabili in D. Cranch, A Re- ciatura gestuale a p. 35 di ]. Peignot, op. cito
port on a 5ystem 01 Computer-generated Alpbanume-
Monogrammi e figure 71
principal sur une page qui sert de grille, le copiste-maitre d' oeuvre réservant à l' oc-
casio n desblancs annotés rapidement, qui sont ensuite comblés ou décorés par les
responsables des notes ou des lettrines, celles-ci pouvant ètre éventuellement enlu-
minées par un autre service, si le livre est destiné à une clientèle plus fortunée», 153
dice Jacques Daniel.
A questo indirizzo produttivo di un'esecuzione gestuale e ripetitiva si contrap-
pone la scelta della riproduzione meccanica, già presente nell' antichità protostorica,
come abbiamo già visto nel caso del sigillo sumero e mesopotamico, ma anche nel
caso del conio di monete, il cui primo esempio si ha in Lidia nel VI secolo a. C. 154 E
questa segue un' altra strategia: si paga lo scotto anticipato di un procedimento estre-
mamente lento, come la fabbricazione dello strumento intermedio (cioè l'incisione
del punzone del conio, o l'intaglio della matrice del sigillo), per far seguire il veloce e
sicuro processo dell'impressione: conio e marcatura.
Seguiamo ora questo succedersi di procedimenti lenti e veloci nel già com-
plesso sistema della tipografia: allento processo di fabbricazione del punzone se-
gue il relativamente veloce conio della matrice, e poi l'ancor più veloce fusione del
carattere. Quindi al relativamente lento processo di composizione manuale seguirà
il veloce processo della stampa. Sembra che questo della celerità possa essere consi-
derato un obbiettivo costante e fondamentale degli adattamenti sisternici delle pro-
. tesi comunicative, paragonabile alla motilità e alle facoltà locomotorie degli orga-
nismi viventi. Nonché una preoccupazione costante dei fabbricanti di tali protesi
comunicative e di tali sistemi di adattamenti. Si pensi al tentativo di accelerare la
composizione manuale, operato aggiungendo al sistema di caratteri normali un si-
stema di logotipi, cioè di aggregati di caratteri (digrammi, trigrammi o intere pa-
role) di cui si era constatato empiricamente 1'occorrere con frequenze rilevanti,
compiuto per la prima volta nel 1776 da François Barletti-de-Saint-Paul, e poi lar-
gamente adottato nella tipografia di grande produzione."? Ma bisogna natural-
mente attendere la messa a punto della meccanizzazione della composizione tipo-
grafica, culminata nel 1885 con l'invenzione della Linotype, per avere un'accelera-
zione radicale del processo. 156 E cioè non un potenziamento strutturale, o organiz-
zativo, ma un potenziamento proveniente dallo sfruttamento di nuove modalità di
elaborazione energetica.
Conclusioni provvisorie
Infatti non avevamo la pretesa di statuire certezze, bensì certamente quella di co-
struire strumenti concettuali.
Vediamo dunque, a partire dalla nostra osservazione preliminare, e cioè dalla
constatazione che originariamente l'equipaggiamento comunicativo delle aggrega-
zioni sociali primitive era composto da pochi esemplari, mentre attualmente gli arte-
fatti comunicativi sono in numero praticamente incornmensurabile; vediamo in-
somma di stabilire se attraverso questa indagine, compiuta proprio sopra quella fase
originaria, abbiamo acquisito qualche conoscenza sul come questo accrescimento si
sia potuto verificare. In primo luogo, ci pare di avere ripetutamente potuto consta-
tare che il prodursi della molteplicità si è verificato in direzione di numerose situa-
zioni differenziate. E abbiamo anche potuto osservare il prodursi della variazione
degli adattamenti a partire da una condizione meno differenziata. Basti ricordare la
nozione del tracciare in comune fra i successivi scrivere e disegnare.
Ci pare, in secondo luogo, di avere constatato che la fonte principale della
variazione vada individuata in un progressivo arricchirsi dei problemi comunicativi
da risolvere, dei bisogni comunicativi da soddisfare e delle intenzioni comunicative
da realizzare. Anzi, in un certo senso è stato proprio questo l'ambito più ricco di
risultati d'osservazione. La scrittura realizza il bisogno di esprimere idee e la pittura
quello di rappresentare forme (secondo il mito cinese). Le raffigurazioni di animali
singoli, di gruppi, le scene di caccia rispondono in prima istanza all' esigenza di raffi-
gurare rnimeticarnente il percepito (in accordo col mito di Narciso). Le silhouette, i
profili di mani rispondono in prima istanza alla necessità di conservare, registrare,
memorizzare materialmente (in accordo col mito di Dibutade), il che si specializza
ad esempio nella necessità di annotare informazioni topografiche, che costituiscono
la «ricchezza di una nazione e il mezzo per il controllo della pace» (secondo la
tradizione della protostoria cinese).
Le segnalazioni indicative dei punti vulnerabili della preda e le protoendogra-
fie rispondono all' esigenza di «insegnare qualcosa», come dice la tradizione cinese,
che specializza questa funzionalità in senso etico a proposito dei ritratti di saggi, o
come avviene nella instructio rudium del Medioevo occidentale. Le effigi di prede
crivellate di colpi rispondono all' esigenza di influenzare il comportamento collet-
tivo nella caccia. Le protocosmografie rispondono all' esigenza di sintetizzare cono-
scenze e concezioni complessive del mondo.
Infatti non avevamo la pretesa di statuire certezze, bensì certamente quella di co-
struire strumenti concettuali.
Vediamo dunque, a partire dalla nostra osservazione preliminare, e cioè dalla
constatazione che originariamente 1'equipaggiamento comunicativo delle aggrega-
zioni sociali primitive era composto da pochi esemplari, mentre attualmente gli arte-
fatti comunicativi sono in numero praticamente incommensurabile; vediamo in-
somma di stabilire se attraverso questa indagine, compiuta proprio sopra quella fase
originaria, abbiamo acquisito qualche conoscenza sul come questo accrescimento si
sia potuto verificare. In primo luogo, ci pare di avere ripetutamente potuto consta-
tare che il prodursi della molteplicità si è verificato in direzione di numerose situa-
zioni differenziate. E abbiamo anche potuto osservare il prodursi della variazione
degli adattamenti a partire da una condizione meno differenziata. Basti ricordare la
nozione del tracciare in comune fra i successivi scrivere e disegnare.
Ci pare, in secondo luogo, di avere constatato che la fonte principale della
variazione vada individuata in un progressivo arricchirsi dei problemi comunicativi
da risolvere, dei bisogni comunicativi da soddisfare e delle intenzioni comunicative
da realizzare. Anzi, in un certo senso è stato proprio questo l'ambito più ricco di
risultati d'osservazione. La scrittura realizza il bisogno di esprimere idee e la pittura
quello di rappresentare forme (secondo il mito cinese). Le raffigurazioni di animali
singoli, di gruppi, le scene di caccia rispondono in prima istanza all' esigenza di raffi-
gurare mimeticamente il percepito (in accordo col mito di Narciso). Le silhouette, i
profili di mani rispondono in prima istanza alla necessità di conservare, registrare,
memorizzare materialmente (in accordo col mito di Dibutade), il che si specializza
ad esempio nella necessità di annotare informazioni topografiche, che costituiscono
la «ricchezza di una nazione e il mezzo per il controllo della pace» (secondo la
tradizione della protostoria cinese).
Le segnalazioni indicative dei punti vulnerabili della preda e le protoendogra-
fie rispondono all'esigenza di «insegnare qualcosa», come dice la tradizione cinese,
che specializza questa funzionalità in senso etico a proposito dei ritratti di saggi, o
come avviene nella instructio rudium del Medioevo occidentale. Le effigi di prede
crivellate di colpi rispondono all' esigenza di influenzare il comportamento collet-
tivo nella caccia. Le protocosmografie rispondono all' esigenza di sintetizzare cono-
scenze e concezioni complessive del mondo.
Ora, con uno sforzo schematizzante che non può che configurarsi come un
costringere dentro a contenitori categoriali fenomeni che in realtà sono largamente
intrecciati, ci pare comunque di essere in grado di indicare tre tipi principali di
efficienza/inefficienza. Relativa, s'intende, ai contesti variabili dove gli artefatti (o le
protesi comunicative) si trovano ad agire o meglio ad essere attivati. In primo luogo,
l'efficienza nel preparare e nel predisporre per l'uomo materiali elaborati in arrivo
dalla ricchezza fenomenica dell'ambiente esterno. Ambiente fisico, bio tico e anche
intraspecifico e cioè sociale e umano, ma nella fattispecie considerato come realtà
separata, in qualche modo oggettiva. 157 È in prevalenza il settore di quelle che ab-
biamo chiamato le protesi monodirezionali osservativo-rivelative.
Qui l'efficienza e l'inefficienza si misurano e si giocano sulla relativa capacità
di artefatti e sistemi (protesi e adattamenti) di açcogliere, di catturare, di fissare
dati, aspetti, configurazioni, morfologie; di registrarli e di predisporli ad una ulte-
riore agevole ricezione e poi elaborazione. Qui, fra la scrittura da un lato, e tutte le
forme di raffigurazione dall'altro (pittoriche, plastiche, disegnative), si manifesta
una contrapposizione (che può essere vista come una scelta di linea evolutiva) in
direzione di un ulteriore trattamento sommativo e lineare del materiale, o rispetti-
vamente di un ulteriore trattamento o uso sinottico di esso. Le situazioni di rice-
zione sinottica vedranno tendenzialmente prevalere le seconde sulle prime, e vice-
versa. Mentre a loro volta, all'interno della raffigurazione in generale, quella che
abbiamo chiamato la modalità di rendering (cioè di resa dettagliata e globale: Nar-
ciso), contrapposta a quella che possiamo chiamare la modalità di screening (cioè di
selezione di particolari tratti significativi o di schematizzazione: Dibutade), sono
ancora due scelte preliminari o strategiche rispetto al trattamento di quell' esterno
che è là per essere elaborato.
157 Vedi la definizione classific;toria di Sa- interagenti: A. Ambiente fisico: fattori fisici e chi-
vage: «Tutti gli organismi vivono in un ambiente mici B. Ambiente Biotico 1. ambiente extraspecifi-
costituito dagli aspetti fisici e biotici del loro parti- co: comunità biotica, 2. ambiente interspecifico:
colare ecosisterna, e sono adattati in modo estrema- popolazione, 3. ambiente interno: individuo». J.
mente complesso alla risultante dei seguenti fattori M. Savage, op. cit., p. 79.
Monogrammi e figure 75
158 «For severa! centuries roll and codex nant form». K. Weitzmann, Late Antique and Early
competed with each other, and not before the Cbristian Book Illumination, Braziller, New York
fourth century did t.b<e.code become the predomi- 1977, p. 9.
76 Monogrammi e figure
È cioè indifferente, entro certi limiti, lo spessore delle linee di contorno, o delle
frecce congiuntive usate per disegnare un determinato organigramma schematico.
O meglio, il medesimo organigramma di partenza può essere riproposto (cioè riuti-
lizzato) in diverse maniere e versioni disegnative, pur mantenendo lo stesso signifi-
cato complessivo. Mentre un esempio di scelta strategica in direzione di un riutilizzo
sin tattico può essere indicato nel disegno progettuale, tecnico ed esecutivo, dove.
morfologia dei simboli (appunto frecce ecc.) e spessore dei tratti, o trattamento delle
varie zone (tratteggio, punteggiatura ecc.), se vengono modificate in una replica o in
un ulteriore disegno, comportano sostanziali modificazioni di significato (e conse-
guentemente rilevanti modificazioni del risultato fabbricativo).
zio sociale.
In altri termini possiamo dunque dire - d'accordo con Benjamin - che a
lungo andare, o meglio in ultima istanza, è la ricezione che decreta estinzioni e
promuove differenziazioni, che corregge atrofie e ipertrofie. Ma ci stiamo espri-
mendo qui in termini solo affermativi e non interattivi o dialettici, in quanto non
va dimenticato che «l'oggetto artistico - e allo stesso modo qualsiasi altro pro-
dotto - crea un pubblico sensibile all'arte e capace di godimento estetico. La pro-
duzione produce perciò non soltanto un oggetto per il soggetto ma anche un sog-
getto per l'oggetto». 159 Ed è da questo movimento di pensiero che deriva l'inte-
resse tecnico di cui dicevamo, per le modalità di produzione e - come dice Benja-
min - di riproduzione.
159 K. Marx, Einleitung a Zur Kritik der Poli- ting, Wace, London 1980. Vedi anche: J. Graig,
tiscben Okonomie, cit., p. 624 (tr, h. cito p. 180). Phototype setting, Wace, London 1971.
160 Vedi L. Rasberry, Computer Age Copyfit-
Monogrammi ejigure 79
spetti va, segnala con energia il nesso fra prospettiva ribaltata, tipica delle prototopo-
grafie egizie (e si riferisce a quella particolare combinazione fra contorno della
pianta topografica vera e propria e prospetto ribaltato all' infuori degli oggetti tridi-
mensionali che la circondano: nello specifico alberi), e l'analoga doppia prospettiva
tipica delle rappresentazioni antropomorfe della stilizzazione faraonica (e si riferisce
alla combinazione fra profilo laterale usato per il volto, le braccia, le gambe, i piedi e
prospetto usato per l'occhio e il torace). Egli spiega tale combinazione come com-
promesso fra sintassi specifiche: l'una impaginativa e architettonica e l'altra raffigu-
rativa o naturalistica. Ma soprattutto - ed è quello che ci interessa - parla esplici-
tamente di influenza della verbalità ideogrammatica.?"
Ora, se per un verso la nozione di compromesso ancora una volta mette a fuoco
quanto noi intendiamo per ingresso iconico dentro a un sistema codificato (il compro-
messo si produce cioè fra sintassi monogrammatica e approccio raffigurativo), per
altro verso l'intero ragionamento che collega attività disparate come l'architettura,
la raffigurazione monumentale, la topografia e la scrittura, esplicita con chiarezza
ciò che noi intendiamo per interazioni fra strumentazioni compresenti.
Questo per quanto riguarda il piano sincronico: sul piano diacronico possiamo
parlare delle trasformazioni delle attrezzature e delle strutture concettuali nel senso
delle progressive sostituzioni, differenziazioni, potenziamenti e specializzazioni
sommariamente accennate. Ma possiamo anche constatare un altro aspetto, e cioè il
venire via via depositandosi delle attrezzature adoperabili più arcaiche in una sorta
di grande repertorio riutilizzabile che forse sarebbe opportuno chiamare strumenta-
rio adoperabile: il catalogo di una odierna tipografia, di un attuale laboratorio di
fotocomposizione o di una ditta produttrice di caratteri trasferibili è da un lato,
ovviamente, l'offerta di un assortimento commerciale, ma è anche una (parziale)
documentazione di questo repertorio depositato. Di esso, nel presente, noi pos-
siamo fare uso come di un ventaglio di possibilità di scelta, magari nel senso dello
sfruttamento delle caratteristiche connotative derivanti, per un carattere, dall' essere
stato progettato in una determinata epoca storica.!" .
Per altro verso, nel presente, possiamo constatare un altro fenomeno, colle-
gato al precedente, manifestantesi in altra maniera. E ci riferiamo al fatto che per
la produzione di particolari artefatti la progettazione può venire a configurarsi
come la ripetizione di spezzoni o frammenti dei processi evolutivi che abbiamo
osservato.
La progettazione, ad esempio, di quell'esemplare monogramma che è un mo-
derno marchio commerciale, tende a ripercorrere in forma contratta, sintetica, il
processo di passaggio dalla raffigurazione alla notazione. Un ripercorrere che può
significare lo scendere lungo la scala di semplificazione di Breuil e fermarsi ad un
determinato livello di figuratività (e si tratterà allora di un marchio pittogrammatico
non molto dissimile da un geroglifico sumerico o egizio), oppure passare alla nota-
zione fonematica fermandosi a scegliere nell'infinito repertorio di possibilità delle
forme calligrafiche e tipografiche (e sarà allora un marchio [onogrammatico, cioè
l'elaborazione di una O più lettere alfabetiche); o infine proseguire ancora nel pro-
cesso di schematizzazione, abbandonando ogni referenzialità raffigurativa e nota-
161 Cfr. voce «Prospettiva» di Decio Gioseffi, 162 Cfr. il nostro Merci progettuali in questo
EUA, voI. IX, col. 12.9. stesso volume, alla p. 203.
80 Monogrammi e figure
• 163 La terminologia è tratta da T. Maldona- di), Top Symbo!s and Trademarks of the Wor!d. 1977
do, «Introduction» a F. M. Ricci, C. Ferrari (a cura Annua!, Decopress, Milano 1977.
--- ---~----..--
Definizioni
------- -~ --
/G-RAFICA
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~'i~
·/[jcf:v'f7VJ
"1"1 Il N V A L )
, tf'l/.!.d\/'FIQArPItI'
Per un lunghissimo periodo, a partire dalle origini delle culture, la storia della
grafica coincide con quella della raffigurazione, della scrittura, della notazione: dise-
gno e pittura, epigrafia e cartografia, calligrafia e miniatura.
È però con l'invenzione della scrittura artificiale (il sistema della stampa a ca-
ratteri mobili) ad opera di Johannes Gensfleisch Gutenberg, intorno alla metà del
Quattrocento, ma forse ancora più precisamente con la presa di coscienza, da parte
della seconda generazione degli stampatori, delle possibilità autonome del nuovo
mezzo, che nasce la grafica come attività progettuale."
Un esempio di questa raggiunta maturità può essere la produzione di Aldo
Manuziò a Venezia. Esemplare, per quanto riguarda il carattere protoindustriale, è
la sua realizzazione dei classici in sedicesimo (avvicinabili, per tiratura e caratteri
;, Questo testo, ampiamente rielaborato, co- in S. Sameck-Ludovici, Arte del libro, Ares, Milano
stituiva la voce «Grafica" dell'Enciclopedia Euro- 1974, p. 20. Vedi poi G. D'Ambrosio, P. Grimaldi e
pea Garzanti. C. Lenza, ...e se Gutenberg fosse un designer?, in op.
l Cfr. G. D'Ambrosio, P. Grimaldi, C. Len- cit., n. 58, settembre 1983. E poi R. De Fusco,La
za, Sulla definizione di Grafica, «Grafica», n. O(feb- grafica è design, «Grafica», n. O (febbraio), 1985.
braio), 1985. Ancora, De Fusco fa partire la sua Storia del design,
2 Vedi gli accenni alla problematica del ca- Laterza, Bari 1985, dall'invenzione di Gutenberg.
rattere progettuale, o più precisamente di design Infine si ha il più articolato panorama sulla que-
conferibile al campo della grafica in: F. Barberi, al- stione ad opera di G. D'Ambrosio, P. Grimaldi, Il
la voce «Grafica e arte del libro», in Enciclopedia libro design inauuertito, in G. Anceschi, A. Colonet-
Universale dell'Arte, Istituto per la collaborazione ti, G. Sassi (a cura di), Homo Faber, supplemento di
culturale, Venezia-Roma 1958, vol.Vl, col. 509; e «Alfabeta», n. 88 (settembre), 1986, p. XII.
84 Definizioni
Le indicazioni emerse nel periodo dei pionieri vengono via via diffondendosi
su scala mondiale, tendendo così a determinare una sorta di standard grafico, di
lingua visuale universale, di koinè internazionale, che, confrontandosi e intreccian-
dosi con le caratteristiche culturali e con le condizioni socio economiche dei vari
paesi, darà vita a scuole grafiche nazionali, le quali si verranno sviluppando nel
secondo dopoguerra ed oltre: la svizzero-tedesca (con personalità come M. Bill, A.
Hoffmann,}. Muller-Brockrnann, E. Ruder, A. Stankowski, O. Aicher ecc.); la nord-
americana (con L. Ball, L. Dorfsmann, H. Lubalin, W. Burtin ecc.); la britannica
----~~~-----------------~==--------------------------
86 Definizioni
E in realtà è a partire dagli inizi del vivere associato dell'uomo che si praticano
interventi di definizione e di identificazione visiva delle entità sociali sopraindivi-
duali per mezzo di marchiature, insegne, emblemi, allo scopo di rappresentare il
potere regale, militare, religioso, e si realizzano pratiche distintive e di orientamento
dei comportamenti dei membri del corpo sociale (tatuaggio, pittura del corpo, aral-
dica, uniformi ecc.). Questo, nella società industriale, si fa soltanto più complesso.
Quali anticipatori dei più recenti sviluppi della disciplina del visual design vanno
citati alcuni esempi pionieristici dell' applicazione consapevole di queste concezioni
ai problemi posti dalla modernità.
Per l'ambito pubblico vanno menzionati il London Transport e il London
Underground (il métro londinese), che a partire dal 1907 legano sempre l'innova-
zione tecnologica ad una strategia della comunicazione.
Ciò si è venuto realizzando nel tempo attraverso l'adozione di un marchio di
straordinaria semplicità (1913), di un carattere esclusivo progettato da Edward
Johnston (1915) e ancora attraverso una concezione unitaria del coordinamento
manageriale: la design policy di Frank Pik ed Albert Stanley (1931), attraverso una
linea pragmatica e innovativa di informazione agli utenti (ad esempio, la famosa
mappa del London Underground ad opera di Henry C. Beck), e di propaganda affi-
data a grandissimi autori (ad esempio, Mc Knight Kauffer o Man Ray).
Parallelamente, a partire dagli anni dieci, in Germania, per l'ambito privato, si
Definizioni 87
ha l'attività accentrata intorno alla figura di Peter Behrens per l'AEG, che, a partire
dalla grafica, investirà il design del prodotto industriale e commerciale, l'architet-
tura e perfino illay-out industriale. O ancora, la politica dell'immagine praticata
dall'Olivetti a partire dagli anni trenta, che vede saldamente nelle mani di Adriano
Olivetti la guida delle operazioni della comunicazione globale, attraverso una strate-
gia che consiste nell' attenta selezione di specialisti di grandissima qualità culturale
come gli architetti Figini e Pollini, il designer Marcello Nizzoli, il pubblicista e ma-
nager (e poeta) Leonardo Sinisgalli e soprattutto il grafico Giovanni Pintori.
* Questo testo, ampiamente rimaneggiato, tecnica della voce «Pubblicità" dell' Enciclopedia
costituiva la stesura originale della parte storico- Europea Garzanti.
Definizioni 89
Dalle rovine di Tebe, in Egitto, è emerso quello che può essere considerato
forse il più antico annuncio pubblicitario scritto che ci sia pervenuto: su una stele in
pietra di 3000 anni fa è incisa una frase che offre una taglia di una intera moneta d'oro
per uno schiavo fuggitivo. Sono note, d'altronde, le insegne figurate delle taverne di
Pompei. Oppure l'uso, nel Medioevo, di marchi di fabbrica per i pellami, la panifica-
zione ecc. Comunque, per l'attività che noi oggi chiamiamo pubblicità è sempre
stata la parola «parlata» (il richiamo dello strillone, la chiacchiera dell'imbonitore) a
costituire il mezzo principale, almeno fino al momento dell'invenzione della compo-
sizione a caratteri mobili da parte di Gutenberg.
Già nel Lt7_<Ll~iQglese_Wjlliam Caxton stam a un annuncio, Roi certamente
affisso, per pubblicizzare i libri da lui edi i. Ma è con la diffusiQD.~_~aJDpa e
--con1a_nasdta_dLqll.~Jla_12eriodicache il fenomeno acquìsra.prcnorzionì.rilezanri.,.,
N_eU610.Jheophraste Renaudot a12.rea Parigi un ufficio con finalità non dissimili
ja quelle dei futurLpr.o-cu.r-atGJ;.Lpub licitari, e che è conteml2oraneamenttiihlOgo- -
Qovei destinatari_p-OJenzialisi recan.o_p_eLe.ssere informati. FondaJ]~il~_~<§.:~e~,~
dove pubblica il rimo annuncio a agamento che offre i servigi di.JJ!L~o, e
clO\re~ prima «pubblicità redazionale» che magnifica le ualità delle -ic-
que minerali di Forges. Quasi contemporaneamente, a Londra, il «Mercurius poli-
~ ica la prim~inserzione per la: dÌstribuzi;;;-e di tè proveniente 'dal1a'-
~ corso aefXVIITseccloif1eriomeno-a:éqUisisce--dimens"ion-imondiali: ne è
. coinvolto anche un personaggio come Benjamin Franklin che sostenta le battaglie
ideali della sua «Pennsylvania Gazette» principalmente con gli introiti degli an-
nunci commerciali.
Con l'affermarsi della rivoluzione industriale, con la sua produzione di massa
. alla ricerca di una massa di consumatori, è però il XIX secolo (soprattutto la [in-de-
.siècle) che vede un'autentica esplosione e un articolarsi sempre più consapevole dei
mezzi e delle tecniche pubblicitarie: dall' annuncio illustrato al volantino, dal grande
manifesto colorato all'insegna, dal dono pubblicitario all'uomo-sandwich.
~a~oo.negli Stati Uniti le prime agenzie, che presto si trasformano da conces-
sionàrié dispazi p'cl3l5licltari(space brokers) in apparati operativi che riempiono di
parole e di immagini tali spazi. Contrariamente allo studio grafico tipico della tradi-
zione europea, che imita lo studio architettonico, la struttura dell' agenzia pubblici-
aria sarà per sempre segnata da questa duplicità originaria: da un lato gli ammini-
strativi (che originariamente si occupavano della gestione commerciale degli spazi, e
poi, diventati account executive, tratteranno l'acquisizione e la gestione di budget,
cioè di clienti), e dall' altra i creativi (art director, oisualizer. copywriter ecc.).
~ Dato che i primi spazi pubblicitari con cui si confronta l'agenzia pubblicitaria
sono spazi editoriali (advertisement, inserzioni sui periodici), è il testo (copy) con la
sua struttura argomentativa, a diventare il nocciolo dell' azione pubblicitaria, e
quella di copy-writer comincia a diventare una professione ricercata. Si pensi al caso
di John E. Kennedy, ex poliziotto a cavallo, assunto nel 1903 dalla Lord and Tho-
mas, che, grazie ai suoi copy avvincenti ed espliciti, divenne rapidamente uno dei
professionisti meglio pagati di tutti i tempi.
anche gli stati maggiori commerciali finiscono per conferire una fiducia sempre
maggiore all' efficienza dell' apparato pubblicitario: circola l'affermazione «it pays
to advertise».
La pubblicità diventa un sempre più entusiastico e incondizionato invito al
consumo. Inizia, all'interno delle grandi agenzie, l'elaborazione di formule e di mo-
delli operativi che per lungo tempo resteranno segreti e riservati. Per Starch, che in
questo periodo sviluppa una teoria che riguarda esclusivamente gli annunci a
stampa, un annuncio deve: 1. essere visto; 2. essere letto; 3. essere creduto; 4. essere
ricordato; 5. indurre all' azione.
Ma anche il ventaglio dei mezzi si arricchisce. È degli anni venti l'inizio dell'im-
piego per scopi commerciali del mezzo radiofonico, tanto potente per le sue caratte-
ristiche di immediatezza e capillarità.
La depressione degli anni trenta costituisce una battuta d'arresto che induce a
ridimensionamenti e a ripensamenti; ma, invece che prendere la strada della sem-
plificazione e della razionalizzazione, la situazione, soprattutto in America, evolve
nella direzione contraria. Ai testi espliciti e alle immagini ottimistiche del recente
passato si sostituiscono copy e figurazioni più sofisticate e allusive. Si cerca di far
leva sulle debolezze, sui desideri inconfessati, sui bisogni psicologici, sulle aspira-
zioni sociali del destinatario. Ogni mezzo appare buono per farlo consumare mal-
grado tutto.
Inizia a farsi strada l'impiego di concezioni, di tecniche e di esperti psicologici.
E si prenderà spunto dalla psicologia del profondo, del comportamento, da quella
motivazionale, da quella sociale.
La seconda guerra mondiale vede un impiego massiccio, capillare, sistematico
dei mezzi pubblicitari, sia in campo alleato ma anche e soprattutto in campo avverso.
La macchina propagandistica che aveva contribuito a portare il nazismo al potere si
di spiega in un articolato e totalizzante sistema di manipolazione e di controllo. La
progettazione comunicativa investe in maniera coordinata tutto il vivere associato:
dalla ripetizione ossessiva del marchio per eccellenza (la svastica), alle scenografie dei
grandi riti di massa, all'abbigliamento (le divise, i distintivi), all'architettura, alla
radio, al cinema.
&d.anche in ambito commerciale, nel dopoguerra, si fanno strada concezioni
~ lessi.'le-~.z-~me quelladììmmag~e ~SOprattutto per e ifu-.:-
prese di distribuzione), e. di immagine aziendale (soprattutto per quelle di produ-
zione). Si t~ di indu;;:C nel pubblico un insieme com lessivo di atteggiamenti
_favorevoli'J!!l_globale giudizio di stimajie] confronti, iù che_e~ 010 pro otto,
,della linea di prodotti, della marca, dell~ stessa impresa aziendal~La teori~là
}zrand ~h.~ ha i suoi fondamenti nell~Rsicologia motivazionafe-:siciopera dI--
.Davìd OgITvy: alle caratteristiche funzionali d<i.P-rodottLvanno __ ~ggiunti dei v-;ron--
-emotivi,
- ~- -~-
cne--costituiranno
~ la« ersonalità» unitaria della marca. Melltreta-m·eto-d-o-::----
logia dell'immagine coordinata è un portato piuttosto della tradizione europea deI
------------
Quasi immediatamente si ha però, da part~ del potere politico (fin dal XVI
secalO)ll~cimenta aelle passibiTità aeTn;zzo..J;i tende quindi a monopoliz- ~
zarlo per farne usa cam~efficiente ~~ la trasmissiane di ardin~Wziani
l@ìttl, praclamt;cmamate atle armi). Questa ti a di manjjesti.si.prese tana can un -
.ililattissima--tim.g;a ad elementi ap~, <sastituiti da una segnalaziane evidente
dell' autorità emittente (insegne, stemmi ecc.), accompagnata, per a più, da fregi che
-ne sottolineano il decora. In questa periodo la ~ampa e l'affissione di manifesti al di
fuori deCcanali ufticiali vengono recepite come abuso, azione illegale, con.!!affa-=--
Z1one, .non dissimile dal battere moneta falsa. -~-
~ Edi fatto dei manifesti (e volantini, i flìegende Blatter) vengono usati come
strumento di lotta politica e religiosa in Germania anche dagli oppositori del potere
costituito nel XVI secolo. In questi momenti di crisi lo Stato non riesce più a control-
lare la produzione e la diffusione del nuovo mezzo di comunicazione attuata dal-
l'emergente classe borghese che presto, oltre che per scopi politici, se ne servirà per
perseguire scopi commerciali.
E però solanto a partire dal XIX secolo che si può constatare l'assestarsi del
manifesto nella sua forma moderna di strumento di persuasione pubblicitaria. Da un
lato abbiamo l'affermarsi della produzione industriale di massa e, nelle città, della
grande distribuzione, collegate col formarsi, sempre nelle città, di una massa di po-
tenziali consumatori da attirare ed orientare; dall' altro, il progressivo perfezionarsi
delle tecniche di riproduzione (la litografia nel 1793 , la cromolitografia nel 1836) e
l'affermarsi della meccanizzazione dei procedimenti di stampa (il torchio litografico
a stella ne11833): una serie di circostanze che contribuiscono a determinare da un
lato una massiccia richiesta di comunicazioni visive e dall'altro la disponibilità di
mezzi per soddisfarla. Tale richiesta, intorno agli anni sessanta del secolo scorso, si fa
anche richiesta di capacità inventive e professionali specifiche.
Esemplare, in questo senso, l'attività del francese J. Chéret (1836-1932), che
comincia come sperimentatore e imprenditore nel campo della stampa cromolito-
grafica, e, passando per un'intensa attività come progettista, conclude come artista
riconosciuto. La sua produzione, caratterizzata ovviamente da un uso particolar-
mente esperto del colore, avvia quella ricerca su una sempre più articolata integra-
zione fra componente illustrativo-appellativa e informativo-verbale alla quale si as-
socieranno, con risultati straordinari, tutta una serie di artisti attivi nella Parigi fin-
de-siècle, come Touluse-Lautrec e P. Bonnard. A partire da questa autentica esplo-
sione di creatività «applicata» il paesaggio delle grandi città non sarà più pensabile
senza la presenza di questa tappezzatura variabile e colorata.
L'attrazione esercitata dal manifesto su artisti famosi non è un fenomeno limi-
tato alla Francia: A. Beardsley e C. R. Mackintosh in Gran Bretagna, W. Bradley e J.
Sloan negli Stati Uniti, vi giungono dopo essere passati attraverso una pratica colta e
raffinata della progettazione grafica editoriale. Essi, ma in maggior misura ancora
artisti come l'alandese J. Toorop e il belga H. Van de Velde, sono i portatori del
contributo formale del movimenta Jugend alle comunicazioni visive.
Accanto ai contributi della Jugend-Stijl è passibile individuare, già a partire dal
medesima periodo e più oltre fina ai primi decenni del Novecento, l'emergere di una
corrente di operatori, già fortemente professionalizzati, la cui produzione è caratte-
I~~--"----~~~-~--------
Definizioni 95
Allo scoccare della prima guerra mondiale, il manifesto è già uno strumento
sperimentato per influenzare comportamenti economici. E, in una simile situazione
di mobilitazione totale delle risorse e delle coscienze, lo Stato, ogni Stato coinvolto,
ne afferra le potenzialità come mezzo di manipolazione dei comportamenti politici.
Non solo, ma in particolare nel mondo anglosassone la necessità di coordinare gli
sforzi secondo coerenti strategie propagandistiche spinge le amministrazioni statali
alla creazione di autentici staff esecutivi. ì{kne applicatala-fo1:ffi-ula-organizzativa
~p.uhblicita~te affermandosLmptattutto nJ::gliUSA, con una r~
zionale suddivisione dei compiti fra s ecialisti dell' al' omentazione verbale (,w~
'1i!riters) e specwlsti aen 'immagine. A_parti~ da questo momento il manifesto è
~ml2re
~ iù consIderato come una delle tante~m onenti utilizzaEfli nel
------corso di
------
~lila campagna orchestrata su vari ed/a. __ella marea di questa produzione patriot-
e!ica ed esorta.!WLe~gono i.l2rodotti dell'americano J.M~Iagg, ertecIescoC-~
Bernhard degli italiani Ca elIo e Dudovich e del frar;:ceseTIJroi-t.-- -
. Fin qui la funzione appellativo-figurativa rimane affidata all'illustrazione: è
alla mano del disegnatore che viene delegata la responsabilità finale della configura-
zione del manifesto. E questa tendenza raggiunge i suoi limiti estremi nella produ-
zione che gravita nell' area culturale dell' espressionismo. In particolare nei violenti
manifesti di propaganda di destra prodotti da H. Fuchs o O. Kokoschka.
Per rilevare l'integrazione della fotografia nel manifesto bisogna invece spo-
stare l'attenzione su quell' area delle avanguardie artistiche, così attenta alla speri-
mentazione linguistica e alla nascita delle metodologie progettuali, che diretta-
mente o indirettamente si collegano con l'esperienza del Bauhaus. Da un lato si ha la
fotografia considerata come elemento equivalente agli altri (tipografici e grafici),
come negli esempi di H. Bayer e J. Tschichold; dall' altro, le elaborazioni fotografi-
che (dal fotogramma al fotomontaggio). Un particolare rilievo, in questo senso, as-
sume l'attività di J. Hartfield e la sua produzione di corrosivi fotomanifesti antinazi-
stioIn un' analoga direzione, di convergenza fra sperimentazione innovativa e impe-
gno politico-sociale, si muove, nella Russia postrivoluzionaria, l'opera di EI Lissi-
tskij, di S. Kluzis, e soprattutto della coppia Majakovskij-RodCenko nel quadro del
movimento produttivista.
Con gli apporti dei pionieri degli anni venti si può considerare concluso lo
sviluppo genetico del manifesto. Da allora in poi le innovazioni tecnologiche che lo
concernono si verificano sotanzialmente sul versante del perfezionamento delle ca-
pacità riproduttive. Esso diventa un tema classico della progettazione grafica, una
sorta di istituzione nel campo delle comunicazioni visive. Si configura cioè come
campo delle sperimentazioni delle possibilità di combinazione di tre tipi di ele-
menti: tipografici, grafici e' fotografici.
Sullo sfondo di un mercato dei consumi che si fa sempre più mondiale si assiste
alla formazione di un linguaggio internazionale sia nel senso di un livellamento degli
96 Definizioni
standard qualitativi, sia in quello del costituirsi di una koinè formale che tende ad
assorbire ogni sorta di influenze e contributi. Significativo in proposito è il feno-
meno della funzionalizzazionea scopi comunicativi dei risultati metodologici e for-
mali delle avanguardie artistiche che vengono via via affacciandosi sulla scena inter-
nazionale: dal manifestopostcubista del francese Cassandre, o dell' italiano Sepo (S.
Pozzati), a quello postsurrealista degli americani L. Beall, H. Koerner e in altro
senso dello svizzero H. Matter; da quello postcostruttivista della scuola svizzera con
M. Bill, C. Vivarelli,]. Miiller Brockmann o dell'italiana con B. Munari, G. Pintori,
F. Grignani, a quello cinetico, optical e programmato di K. Gerstner, H.]. Spohn, R.
Gretsko, A. Mavignier, e infine a quello pop) hippy, psichedelico di M. Glaser, R.
Wesley Wilson, V. Moscoso.
I •
18. Una lapide ipote-
caria greca del IV se-
colo a.C. L'iscrizione,
liberamente tradotta,
significa: "Per gli dei.
Pietra d'ipoteca per il
laboratorio, compresi
gli schiavi, rimessa
dietro rimborso a Fe-
done di Aixone. Im-
porto del pegno: 1 ta-
lento.»
18
i
l
~
t
19 20
19. Insegna-annuncio
di un commercio di
vini di Pompei, I se-
colo at.
20. Alcuni marchi
commerciali tedeschi
del XVI secolo
21. Manifesto in xilo-
grafia per pubblicizza-
re una lotteria; realiz-
zato da E. Altdorfer
nella città tedesca di
Rostock nel 1518
21
:::
22. Una pagina della
Bibbia detta delle 42
righe, stampata da
Gutenberg nel 1456 a i1We:ttIUUlIttUttimore maguo. tr ifral!rl:ttfpiritUofamhla roat in ro.
Magonza DiJfril1ìeanrlue.l{oIitttinutt.tm trnfrifllm arrqurat a fpiritu rtitta·
23. Un piccolo poster tDim !Uan~o uobio gau!liii ma. nO uil"urii fr mo!tm1: trifl prìua uiIlt-
(to post significa, in UtIUmlitime amni wfu:quia tiarue m rriltii lini. tr urnir in fpiritu i ttm'
Il! nobie ~ollìt Caluator aui hrilluf plum.tr rum inIluntmr punii iQrfti
inglese, affiggere) di
l!iio·in01litllttllaUlIl.ft ~oe 1I0bie pIrlitGri'·ur ftunit fdim rofurtuOini
\X1illiam Caxton, Lon- [tgnU.• nunùrtio infantmt pilnllÌe Irgie pro ro:n: ipfr ampit riiin ulnaf
dra 1477 inuolutii:ttpofuii i Pfrpio.ft fubiro fuao :ttlmt!ri~ brii llliJjt.l!unroi-
fal!arllrum angdo mulriwllO mili, mittie fnuii tuii biit frlim mrlJiituii i
ritnlctho: laullanriii Ilriitt Ilitmtiii. pm:quiB uillttUtorulì mri CaIutare
filana i alnlfnuio Ilro:l in tttta 48. ruii:IIUODpttaRianttfarlrm omniii
~ominilI;bollt IIOliitarie.tr fattii f IPfotii:lumm alll'tlltlationi gmtiii:
utni!irlfniitab tin ungrli inalii:1lil' rtgtnriti plrbie tur ifral,d.tr n:atpu·
IiortllIoQUlbiiwralUnuimn.ltam. mriue rt mane miranttll !hR ilije il
rallli1nu[q;~lmn:ttui!leam9 \JlC llitdJtirur nr ifuJ.te bmr!li~ i!!iofp,
wrlIiiIl!! fadii dilltiftrit Ilnn l oRm, mron:1lliJjt illl muriii manrm nua,
bitnohia.ft Ilntttiir frlliniitrO:tt in. Ita pollrue rlt Qitin ruinam-r in re<
umrnjrmariti l iofrp~·n:infanti po, ~n~lUUltoljilr~tl~:ttililJlli.!
fmjinPfrpio.li iDmtt9 aliti roguo. tlllrotttllllUtur. fttuolJllue anima
umir!leIlttbo: qJillittii n:at illilt Ilt ~bit glalli9: ur rrurlmi rr muI,
piI!tIl ~ot.ft nmnra qui aUllitntnt ne tOlllilnrogtttlrionre.tr n:at ana
IlIÌnlrifunr.n:Ile~rroquelliàa n:ant proPQttilfll ftlìa fanutlllr tribu afrr:
a pa!ItJrilnUDijion.lRaria aiit lIl11< !;tt,pttlfuat in llirII;multie:ttuimat
fnlIabatnmnia Ilttba ~rr:ronfrtmo rum Wrafuo tinie Ii'ptf a uirginitatt
inrmbe[uo.ft mlml film pallnrre fua. trQrt uìnua ufq; no auoolJlbJ,
!IIorifuantten:laull6tte llriiin onn. gitaquaruOz: ilnii Oiratrbat or ttm,
fum QueauOinm l uillrram:fmle!li< plo-ìriunijett obrrrratìonllafuimo
dumdlao iUOIl.ftjDfujj rofunnna. nom ar Dtt. ft QECijia \JlCtl fupunù,
rifuntoiFeodo· ur rirriitiomfllurr: moroflttbafoiin:1loqurbaforìjin·
UllllllU rll nom nua I~rfua . Vuoll omniIn q 1tPltlalRt Itliprioni il!rliu.
IlOnItii iab iigdo priuIqj i lltmJ mn- tr ur Ilffmiitoriiiafdim Irgnn Ilm:
.r. ft pol!!jj implrtiIuntIlite rrun:ft film in galilram· inriuitattm'
pmvarioniotiue fniiDumIrmm ma. flltinaaartt!J • f:)nrr autÉ rnfubat tt
nuulrriitilliiin illttUfali·ut flllmm rofomlbatur.plmue fapiitia : rr gra,
lItmDno:ftllJtfrtiptumdiin lrgr Do- tia Iltittat in illo •ft ibiit pUrrtllt6 r,
.lIlini.Duia amne mafrulinii aoapr- iuo 11oriite annue in il;mtCaliin llìr
tiItla ualuam ·fondiiIlilo IIOrabitur. IOlnnnipali1lt •tr riifattua !ffrt an-
fturllarmtQollitifdim qJ llittii rlt nOliouoorrlm • afrmllmnla tllie in
inllgtIlm:jllrrurrurii aur ouoe put, iQnnfolimii fdim tOfurtullini Iliri er-
loucolumbilll.fttttt Qomo ftatÌll Ri· rofummntifm Ilirfurum llilirrnt·
tl!tfmllJinomi frmron.ltlpmo iBt rntlWIt pun: it,tfnain iQttufalr:l nO
tuR9rtrimorat?1tPtdiiorofolariont tntInDurriit pmntte n9. f[tliimiitrO
22
23
24. Il catalogo dei ca-
ratteri tipografici di
Onirqlli. abu raipr'Y quimmran fOlliN" inl'
oìcra tu m muuenb"
-:rcsrur:amcn: Il',,,n,,,:(olit'lc',;)cl1fr1bu~\f"
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Vc!ttillmo molli.): ']::Pl Cllp\)f.::nfUI tu
bue bei "enbuntnobie om- Eft homini uirtus fuluo prcciolìor auro: xn:tas
24
",
- -. Una illustrazione,
!:;risa in xilografia, cumreligiofo enpudio plaudendo & iubilando , Quale erano le Nrm-
Calla Poliphili Hypne- phe A madryade.& agli redolenti fiori le H ymenide , riuirenrc, falicndo
iOClllldedinanti&daquaIliq;latodel Horeo V ertunno !irido nella fron
tomacbia di France-
tede purpurantc &melinerofe,cllmel gremio pieno de odoriferi & Ipe-
sco Colonna, stampa-
dari/Iimi Eori.amanti lalbgionedellanofo Ariete, Sedendo ouante (0-
ta presso Aldo Manu-
praunauererrima Veha.daqu~trocomigeriFauniri!';lra,lnuinculatide
zio in Venezia nel
fuophiedenouellefronde, Cum laiì:!aaffiata & bdliflìma moglie Po-
: .•99. Il cara ttere usa-
monacoronaradefrucn CUIll omatodefluodcglibi6diflìmicapigli,pa
LO per la stampa era
rea dio fedéce;&a gli pedi dcllaquale una coailia Clepfydria iaceua.nel
stato inciso dal bolo-
le manerenente unaftipatacopia de fiori & maturati frulli cum imixra
gnese Aldo Griffo fogliatura.Przcc:détcIa Vehaaglitrahenti Fauni propinq; dueformofe
26. L'annunzio pub- Nympheafiligome. V nacfi uno haftile T ropheo geruta, de Ligoni-Bi
blicitario di un grande denti.farculi.& .fàlcionttti • al una ppcndéce tabella abaca ru tale titulo,
magazzino di cappelli
e pellicce di New Ha-
ven (USA) intorno al
1860
,INTEGERRI~1".A-M-';-CòRPOR~VAÙTvDINEM:ET
STABILER.OBVR.. CAST ASayE MEMSAR..DELI
TIAS,ET BEATAM ANIMI SECVR.ITA
TEMCYLTOR.IB.M.OFFER.O.
25
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26
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28
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~Bd)ft origilt!U IInb pra!lifcb
~reì~ 12 Wlt.
29 30
_1_ il manifesto pub-
~citario di un nego-
zio tedesco di abbi-
gliamento maschile,
cl quale si spiega
che l'esercizio è aper-
ro anche di domenica.
Berlino, 1874
2 . Un manifesto di
Jules Chéret per lo
spettacolo di danze di
LoY~ Fuller. Parigi,
--1893
29. Uno striscione
pubblicitario teso at-
traverso la Main
Street di Richmond,
in Virginia, ai primi
del Novecento, recla-
mizza (naturalmente)
una marca di sigarette
3 O. Il manifesto pub-
blicitario di un telefo-
no un po' particolare,
in vendita alla modica
cifra di 12 marchi: un
«complemento d'arre-
damento» certo assai
gradito ai seguaci di
Bacca, nella Germa-
nia del 1910 ...
31. Una pagina del
catalogo dell'impresa
di vendite per corri-
spondenza americana
Sears & Roebuck. Si
noti, sulla sinistra, il
messaggio propagan-
distico che magnifica
le qualità degli oc-
chiali in vendita, com-
posto in forma di test
oculistico, in modo da
consentire alla cliente- 31
la di ordinare articoli
con lenti della giusta
graduazione
32. L'annunzio pub-
blicitario di una mar-
ca di sigari. Londra,
1880
L. WELLS,
!I~B:tli~IIatj
..• *- 44, ~.-
KENNINGTON PARK ROAO.
32
33. Henri de Toulou-
se-Lautrec, affiche
pubblicitaria dello
spettacolo di cabaret
dell' attore Aristide
Bruant. Parigi, 1893
33
34. Una pagina da
History 01 Godirey 01
Boloyne [il nostro
Goffredo di Buglio-
ne] and 01 tbe Con-
quest 01 [erusalem di-
I)ere bcg)'nneth tbc boheinrituted €raclce, and
segnata da William alsoof Godcfrc)'of Bctcyne, tbewbicbe spek-
Morris per la Kel- eth cf tbe conquest of tbe bol)' Ionde cf 'Ibe-
mscott Press, 1893 rusatem, con tc)'n)'ng diuerse warree and noble
fa)'tce of Rrmce made in tbc same rovamme,
and in tbc ccnrrees adiacenr, and ateo many
mcrua)'lloue werkes bapped.and fallen, as wel
on tbie e)'dc, ae in tbc partyes rbis t'Vml! du-
ryng, and how rbe valvanrduc Godefrey of
Bctoyne conquerd wirb rbe swerd tbe eayd
royamme, and wae Ityngc tbere.
-Cbe firer chapitre treatetb bow €raclce con-
querd peree & stewe Cosdrce, & brougbt in re
'Iberuaalem rbe "Cf)' crosee, capirulo primo il"
~'t~~~~~~~I1€ Huncyent h)'storyee ea-
ye tbat €raclee was a good
crveten man.and gouemour
of tbempyre of Rome, but
in bis ryme Macbomet bad
ben, wbicbe was messager
~~~~~~ of rbe deuil, and made rbe
~ peple to vndersronde tbat
be was a propbete sente from our lorde. In rbe
rvme of €raclee was tbe fale )awe of Macbo-
met aowm and sprad abrode 10 man)' part)'ee .
of tboryenr, & narrìdy in F.Irab)'e, in so mccbe
tbartbe prynccs of'tbe tcndesvet wold nor gyuc
faith to bis eecre rbat he precbid and tauqbr,
wbicbe ia cursed and euvt, but be conetrayned
rbem by force and by swerd re, and alle tbeir
eubgete to obc)?eto bis eommandcmene, and
34
35. Un manifesto di
Jan Toorop per pub-
blicizzare il condi-
mento Delftsche Slao-
lie. Delft, Olanda,
1893
35
36. Un manifesto dei
Beggarstaff Brothers,
al secolo James Pryde
e William Nicholson,
per pubblicizzare il
cacao Rowntree. Lon-
dra, 1895
Bowntrees
Elect
Gtlcoa
36
37. Un manifesto di
Edward Penfield per
pubblicizzare una .
marca di biciclette
38. La copertina del-
la rivista «Collier' s»
disegnata da MaxIield
Parrish nel 1908
38
39. Il manifesto pub-
blicitario di un com-
mercio di prodotti ar-
tigianali disegnato da
Ludwig Hohlwein.
Monaco, 1908
40. Herhert Bayer,
progetto di un carat-
tere-ombra realizzato
presso il Bauhaus di
Dessau attorno al 1925
39
40
41. Un manifesto
pubblicitario per un
negozio di abbiglia-
mento realizzato da
Otto Baumberger nel
1923 a Zurigo. Si
tratta eli uno dei po-
chi esempi, in tutta la
storia della grafica, eli
manifesto dal quale
sia completamente as-
sente la componente
testuale
42. Un cartellone sa-
tirico da vetrina di V.
Majakovskij e A.M.
Rodcenko per la Ro-
sta. Mosca, 1925
42
43. Un manifesto
pubblicitario di Maja-
kovskij e Rodéenko
per la fabbrica di ma-
tite Mospoligraf di
Mosca, 1925
44. Una copertina di
Herbert Bayer realiz-
zata presso il Bauhaus
di Dessau nel 1927
45. Un manifesto di
El Lissitskij per l'in-
chiostro Pelikan. Da
notare l'uso di una
tecnica fotografica che
consente di simulare
una raffigurazione
prospettica
45
••
46. Un manifesto di
propaganda politica
del partito comunista
tedesco ideato da
John HartfieId nel
1928. Lo slogan reci-
ta: «5 dita ha la ma-
no, con 5 hai in pu-
gno il nemico. Vota
lista 5, partito comu-
nista!»
47. Un manifesto per
la ditta di biancheria
intima Lindauer pro-
gettato da Jan Tschi-
chold, Monaco di Ba-
viera, 193O. Si noti
l'uso della fotografia
della pin-up sulla base
grafica
46
, pNDAUERS
47
48. Manifesto di Man
Ray per i trasporti
pubblici di Londra,
.1932
49. Un manifesto
pubblicitario dell' ape-
ritivo Dubonnet rea-
lizzato da Cassandre
nel 1934. La struttura
per fasi successive era
stata pensata in fun-
zione di una lettura
rapida, «in movimen-
to», da parte degli
utenti del métro pari-
gino
49
50. Una inserzione
pubblicitaria per pagi-
ne di rivista realizzata
da Max Bill nel 1936
per un' azienda svizze-
ra di fotoincisione
50
51. Doppia pagina
per un fascicolo di in-
f
formazioni statistiche
disegnata da Max Bill
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nel 1940 IJ1 li 1,
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52. Sistema di simbo-
li per apparecchiature
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* Questo saggio è stato pubblicato per la l A. Lancellotti, Storia aneddotica della ré-
prima volta in «Rassegna», n. 6 (aprile), 1981, p. 5 clame, Milano 1912.
e seguenti.
124 Il campo della grafica
emerge qui una conferma, rilevata sul versante della ricezione, dell'ipotesi, avanzata
da Paolo Fossati, di una tendenza all' anti-austerità, propria della grafica ita-
liana.
A proposito dello studio Boggeri, ma con un'evidente estensibilità all'intero
panorama grafico italiano, Fossati parla - servendosi di un' enunciazione di Bog-
geri stesso - di una inclinazione a intendere la grafica come spettacolo, ed esplicita-
mente del «rifiuto di una austerità eccessiva per la regola tipografica in se stessa e
l'utilizzo di questa regola a sorreggere l'invenzione più ricca». 2
D' altro canto, Andries Van Onck, riferendosi per parte sua all' area dell' indu-
striai design (ma l'osservazione è decisamente trasferibile all'ambito delle comunica-
zioni visive) sottolinea che nella filosofia del design italiano la tecnologia è vista
come ciò che «consente il superamento dei limiti intrinseci nei materiali». 3 E effetti-
vamente la tecnologia, e nel nostro caso la regola tipografica, è raramente intesa
come vincolo, ma piuttosto come possibilità di realizzare (o di giustificare) non solo
idee formali, ma anche intenti culturali. In apparenza ciò si configura come un atteg-
giamento decisamente idealis-tico:piegare la materia alle ragioni dell'idea. E invece
idealistico è solo l'uso che si può fare della constatazione. Di fatto, se si indaga un
poco più a fondo ci si rende conto che questo stile di pensiero progettuale è, semmai,
radicalmente pragmatistico. La sensazione di una inclinazione verso una forzatura al
limite dei mezzi tecnici (di produzione, di riproduzione, di moltiplicazione) è effetti-
vamente forte nel caso della produzione grafica italiana. Ma ci sembra derivare da
un' abitudine contratta dall'intera cultura progettuale e tecnica italiana, a partire dal
suo affacciarsi sul mondo industrializzato. E cioè da una abitudine a competere con
prodotti realizzati in altri contesti a partire da tecnologie adeguate, dovendosi ac-
contentare di mezzi e metodologie arcaiche. Per spiegarci faremo di nuovo uso di un
aneddoto, questa volta generalizzato, nel senso che ne può dare testimonianza
chiunque abbia praticato o pratichi la concreta attività progettuale: il gestore della
meno attrezzata delle tipografie italiane a conduzione familiare risponderà alle do-
mande del progettista tendenti a stabilire le effettive potenzialità tecniche a disposi-
zione: «Si può fare tutto!» E non si tratterà solo di una risposta dettata dall' ansia di
perdere il lavoro, ma anche proprio dall'abitudine alla supplenza dell'immagina-
zione realizzativa rispetto alle carenze della normalità produttiva. E tracce di questa
consuetudine alla forzatura dei limiti fabbricativi permangono e marcano la memo-
ria dell'intelligenza tecnica (progettuale e quindi anche grafica) italiana, anche
quando essa si muove in contesti adeguati. Le conferiscono un gusto predestinato
per una condizione costante - vorremmo dire sospesa - di sperimentazione che
copre ideologicamente il pionierismo, o se si vuole di pionierismo che costringe alla
sperimentazione.
E questa condizione di sfasamento, di anticipo delle intenzioni e dei desideri
sulle strutture viene da lontano. Marinetti, in tipografia, afferma di «combattere
l'ideale statico di Mallarmé». 4 Ma se avesse parlato di comunicazioni visive in gene-
rale, avrebbe potuto, invece che il nome del poeta francese, fare quello di Behrens
- come a Behrens, a Van de Velde, a Sullivan pensa Sant'Elia quando dichiara di
Una storia puntigliosa della grafica italiana è tutta da scrivere. E scrivere vuol
dire qui non tanto semplicemente formulare, stendere, ma soprattutto costruire, a
partire dai necessari e attualmente scarsi rilevamenti documentali: filologici e, si
consenta il neologismo, filoiconici. È forse invece possibile, allo stato attuale, ten-
tare di constatare via via la posizione italiana nei suoi connotati di scarto, di décalage,
di deriva rispetto alla più consolidata periodizzazione per fasi che caratterizza il
panorama internazionale. 6
La prima fase, alla fine del secolo scorso, è quella della scoperta delle nuove
realtà comunicative (réclame e città pubblicitaria, stampa di massa e «mondo illu-
strato») e poi il periodo delle avanguardie, contese fra ottimismo collaborativo e
pessimismo critico e ancora fra razionalismo costruttivista e creativismo espressivo.
Successivamente, il periodo del consolidamento professionale, anch'esso conteso
fra il delinearsi di scuole grafiche nazionali (l'americana, l'inglese, la svizzero-
tedesca, la polacca, l'italiana), e il venirsi costituendo in parallelo di una koinè gra-
fica internazionale, soprattutto nel senso della definizione e del riconoscimento di
standard qualitativi e di tratti morfologici omogenei. Senza dimenticare che a que-
st'ultimo processo sembra aver dato un contributo non indifferente il venirsi pro-
gressivamente realizzando, prima nel Bauhaus e poi nella diaspora internazionale
dei suoi membri, dei primi accenni di una fondazione disciplinare della progetta-
zione grafica.
Ad esempio, rispetto a questi svolgimenti (e per cominciare dalla situazione
della fine secolo), il corrispettivo italiano dell'operazione morrisiana della Kelm-
scott Press può essere individuato nel lavoro di De Carolis, sia come illustrato re,
interessato alla rinascita di tecniche arcaiche come la xilografia, che proprio come
disegnatore di caratteri decisamente antitipografici, di sapore prima preraffaellita e
poi neorinascimentale,? aprendo così un filone che si consoliderà nella scuola degli
Adornatori del libro, anche per opera di una figura di organizzatore e di leader come
il bolognese Cesare Ratta." A queste prove, che nell' ambito della grafica editoriale
assumono il carattere di una tendenza individuata, corrisponde invece sul piano
visuellen Kommunikation, Niggli, Teufen 1971; e Italia, ed. C. Ratta-Scuola tipografica del Comune
cfr. A. C. Quintavalle, Pubblicità modello sistema di Bologna, 7 voll., Bologna 1923-1928.
126 Il campo della grafica
E, come abbiamo già avuto modo di accennare, tocca al futurismo - alla pro-
toavanguardia italiana per eccellenza - pronunciare un sì entusiasta a favore -
Marinetti ci perdoni - della tradizione, fresca ma assestata, macchinistica e com-
merciale, della rivoluzione industriale.
Un filone futurista della grafica italiana non è testimoniato soltanto dalla pre-
senza di una figura di collegamento diretto come Munari, alla cui intera produzione
bene si attaglia la caratterizzazione generale di antiausterità; ma pensiamo, nel suo
caso, ad esempio, alla nozione di tattilismo, da lui praticata anche nella sua ultimis-
sima produzione di libri per la prima infanzia. E nemmeno soltanto alla parentesi di
Depero con la sua attività multimediale per la Davide Campari.lO
Il ruolo del movimento è, per così dire, quello di un riferimento molto più
centrale, anche se sottoposto per lungo tempo a una censura ideologica comprensi-
bile ma improduttiva.
Non è un caso infatti che addirittura alla fine degli anni trenta, in pieno neo-
classicismo di regime, l'unica rivista specializzata del settore, la «rivista di estetica e
tecnica grafica» dal bellissimo nome «Campo grafico», abbia dedicato un numero
alla grafica futurista. Il contributo principale è un lungo testo di F. T. Marinetti,
Il
costituito secondo l'uso futurista, dalla rifusione in una lettera ai «Cari grafici d'Ita-
lia», di tutta una serie di brani di manifesti e dichiarazioni cioè da una vera summa
del pensiero futurista sulla verbo-visualità moltiplicata. Naturalmente, di fonda-
mentale importanza è, nel paragrafo «Rivoluzione tipografica» (che si rifà al manife-
sto L' immaginazione senza fili e le parole in libertà dell' Il maggio, 1913), una frase
come: «Noi useremo perciò in una pagina tre o quattro colori diversi di inchiostro e
anche 20 caratteri tipografici diversi. Per esempio, corsivo per una serie di sensazioni
simili e veloci, grassetto tondo per le onomatopee violente ecc.» " Ma forse ancora
più rilevante è il paragrafo dedicato al «Lirismo multilineo», che suona: «Data una
pagina contenente molti fasci di sensazioni e analogie ognuno dei quali composto di
tre o quattro linee la catena delle sensazioni e analogie pittoriche stampata in un
carattere grosso formerà la prima linea del primo fascio e continuerà sempre nello
stesso carattere nella prima linea di ognuno degli altri fasci. La catena delle sensa-
zioni e analogie musicali 2"linea meno importante di quella delle sensazioni e analo-
gie pittoriche la linea ma più importante di quella delle sensazioni e analogie odo-
rose sarà stampata in un carattere meno grosso di quello della prima linea e più
grosso di quello della terza.» 13
Il caso Boggeri
16 A. Piea, «Arti decorative», in AA. VV., 18 Vedi, ad es., G. Pellitteri, Lettura del lin-
Milano 70/70, cit., voI. II, pago 86. guaggio· della stampa, «Il compasso», 1 (autunno),
17 Vedi Centro di Cultura Grafica «Cesare 1986, pp. 16-50; e A. Novarese, Alfa-Beta, ed. Asso-
Ratta», Catalogo generale, Bologna, ed. CCG, s.d. ciazione per il Progresso Grafico, Torino 1964.
55. Una fotografia
eseguita da Antonio
Boggeri nel 1934
56. La copertina del-
la rivista «Die Forrn»,
numero 8 del 1930
56
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59 60 61
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62
63
63. George Grosz e
John Hartfield, Dada-
mertca, fotomontaggio
del 1920
64. Laszlo Moholy-
Nagy: un manifesto
del 1925
65. Kurt Schwitters:
una pagina di Ilrsona-
te, 1924
66 67
Pier Zwart: la co-
de! catalogo
~one delle
_OH;:, 1926
Finsler: fo-
_ -." di una lampa-
2929
3eIDert Bayer:
a per un pro-
1933
68
69
~
~C\
I
i
70
I 71
69. Max Huber: pan-
nello da mostra per lo
studio Boggeri, 1940
70-77. Ezio Bonini:
otto doppie pagine di
un progetto di catalo-
go dello studio Bog-
geri, 1947
73
74 75
76 77
78. 'Àlbe Steiner: co-
pertina dell' opuscolo
Olivetti-Ivrea: visita a
una fabbrica, 1949
79. Max Huber: pagi-
na pubblicitaria per
l'impresa tessile
Braendli, 1947
78
79
81
8? Aldo ClJabresi:
;ieg3emle pubblicita-
per il medicinale
~ ~ _ •••• IO della Roche,
- ..:\!do Calabresi·
- pubblicitari~
una campagna
'impresa produttri-
.:1! di fucili Franchi
:. -9 '
_ Remo Muratore:
=ni.festo per il Pic-
:'963
teatro di Milano
' ;C, diGalileo
o~
_ Marcello Nizzoli: C ht p.iccolo
Eh BertoltBre Teatro aprile 1%3
::=chi"'p Olivetti, 1954,
82 83
85
84-90. Un'ampia
gamma. di realizzazio-
ni di Giovanni Pintori
per le campagne Oli-
.vetti. Un manifesto
del 1940 (84), un ese-
cutivo per manifesto
del 1962 (85), un ma-
nifesto del 1956 (86).
Alla pagina seguente,
un manifesto del
1952 (87), una pagina
pubblicitaria del 1953
(88), un manifesto del
1962 (89) e una pagi-
na pubblicitaria del
1965 (90)
84 86
87 88
oUvetti
, :r:
,.
olivetti
89 90
95
91. Giovanni Pintori:
manifesto pubblicita-
:::n perla Olivetti, 1962
___ Iichele Provin-
CasabeDa 431
~ la copertina del
=-J70 di «Edilizia
.::OCema» dedicato al
ccign,1964
- ~ e 95. Franco Gri-
~ pagine pubbli-
é:m.rie per la ditta AI-
e:: - e Lacroix, 1952
__ Pino Tovaglia:
=nrtesto per 1'AD!,
1970
96. Pierluigi Cerri e
Tom Gonda: «Casa-
bella», 1977
96
97-100. Max Huber e
Nuovo pourecmco 65 Emaudr 1914. a' ed .. 1978 Bruno Munari hanno
R. D.lAING collaborato all'impo-
stazione dell'immagi-
NODI ne editoriale della ca-
Paraaigml di rapporti Illtraoslchici e into,~e'$onali sa editrice Einaudi,
,.w.oIJ'GANG GOETHE _ • della quale sono
esempio le collane
.•.. NUE, Nuovo Politecni-
'LEAFFINJTA ELmlVf co, Nuovi Coralli, PBE
97 98
Leonardo Soiasoia
La soom'parsa di Majora~
•••••••
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BMII
99 100
101-108. Bruno Mu-
nari: I prelibri, edizio-
ni Danese, Milano
1980. Si tratta di 12
piccoli libri realizzati
con diversi materiali,
quali carta, cartone di
diversi spessori, legno,
panno, panno-spugna,
plastica trasparente,
ognuno rilegato in
modo differente dagli
altri, per bambini fra
i tre e i sei anni
109. «L'Europeo»,
1945
110. Albe Steiner: «Il
Politecnico», 1945
ll1-ll2. «Il Mon-
do»,1949
llO
109
ll1 112 -
113. «L'Espresso»,
1955
114-116. Giuseppe
Trevisani è l'autore
della grafica di «Il
Giorno» (1956),
'«Quindici» (1967) e
«Il Manifesto» (1971)
113
114
116 115
117. Max Huber,
pannello per lo studio
Boggeri, 1940
118. Deberny e Pei-
gnot: il primo mar-
chio dello studio Bog-
geri (successivamente
modificato da Max
Huber), 1933
117
118
Il campo della grafica 147
21Cito in: P. Fossati, op. cit., s.n.p. produzione del filone costruttivista, per cui la sern-
22«Campo grafico», cit., p. 97. plificazione morfologica diventa, sul versante del-
2} Cit. in P. Fossati, op. cit., s.n.p. 1'utenza, «educazione del gusto» e quindi propa-
24Ivi, s.n.p. gandismo. Citoin G. Muller-Krauspe, Design Ideo-
25 Per 1'esattezza Banham, citando Michael logien (1), «Form», 46 (maggio), 1969, p. 32.
Brawne, sottolinea il carattere di orientamento alla
Il campo della grafica 149
Come potevo sapere quanti giorni ci sarebbero voluti per ottenere un risultato
adatto?»27 A questa maniera maieutica (che peraltro è anche probabilmente la più
accorta delle politiche dell'utilizzo del personale, in quanto consiste nel mettere in
grado ciascuno di dare il meglio), a questa guida non costrittiva è da ricondurre poi
quasi certamente il connotato più importante della produzione dello studio nel suo
insieme, e cioè I'Impossibilità di individuarvi una cifra grafica. Si consideri la pre-
senza, accanto al filone visual design, del filone grafica illustrativa, che collega certe
prove di Schawinsky a quelle molto più recenti di Maggs e soprattutto di Osterwal-
der. Ciò che accomuna la produzione è un'unità di stile di pensiero progettuale, non
uno stile esterno e formale.
30 G. Modiano, Un posteggio e una vetrina nel IIl, pp. 172-179 e per la parte iconografica le due
commento di un tipografo, «Campo Grafico» cit., file inferiori di illustrazioni pp. 180-201. Le ill.
pp. 103-104. 399,475,568,703,739,777, 1050, 1201, che sono
3! Cit. in P. Fossati, op. cit., s.n.p. tutte con committenza Pirelli, dimostrano questa
32 Cfr. G. Anceschi, S. Pasqui, «Indagine sui sequenza di interventi.
fenomeni del disegno industriale e sulle comunica- 33 Vedi B. Munari, Design e comunicazione
zioni visive», in AA.VV., Milano 70/70, cit., voI. visiva, Laterza, Bari 1968.
152 Il campo della grafica
}4 Vedi E. Mari, Funzione della ricerca este- Cultura, Milano 1975, p. 300.
tica, ed. Comunità, Milano 1970. }6 Cfr. G. Turroni, Franco Grignani, «Foto-
}5 AA.VV., Franco Grignani: una metodolo- grafia Italiana», 235 (marzo), 1978, s.n.p.
gia della visione, Comune di Milano Ripartizione
Il campo della grafica 153
gramme entioerien"), O il caso già citato della Lufthansa (ad opera dell'istituto Ent-
wicklung 5 della Scuola di Ulm, dove l'impresa progettuale acquisisce i caratteri di
una conclusiva metodologia disciplinare, applicata poi sul caso dell'immagine-istitu-
zionale dei giochi olimpici di Monaco).
Comunque sul piano internazionale, e anche in Italia, tutto il clima è cambiato:
conclusa l'epoca delle avanguardie, superato il tunnel della guerra, passato il neo-
pionierismo del primo dopoguerra, siamo ormaiin pieno consumismo, da un lato; e
dall'altro in un'atmosfera dove la cultura del progetto e dell'innovazione torna a
vivere l'illusione di poter giocare un ruolo attivo e integrato nella società industriale.
È un'ora di estetiche programmate, tecnologiche, informazionali.
L'Italia (ma anche la Francia), esprime questa tendenza non tanto attraverso
fenomeni realizzativi effettivamente integrati, ma piuttosto in forma metaforica. Si
pensi a quelle simulazioni ludiche del team operativo che sono stati i gruppi di arte
cinetica e programmata (T di Milano, N di Padova, GRAV di Parigi).
L'inserimento delle nuove tecniche e metodologie progettuali grafiche dell'im-
magine coordinata programmata rappresenta, nel contesto della cultura progettuale
italiana, il frutto di una sorta di seconda ondata di innesti cosmopoliti.
Ciò si verifica, dopo il precedente di Huber, e contestualmente al venirsi conso-
lidando dell' apporto di Noorda e Vignelli (con la fondazione di una struttura proget-
tuale internazionale come Unimark), ad esempio con l'intervento di operatori pas-
sati come protagonisti attraverso l'esperienza ulmese come Tomas Maldonado e, con
competenze più specificamente di tipo grafico, Tom Gonda, presso un'importante
impresa di distribuzione delle merci come la Rinascente-urna: o addirittura, con
l'innesto di un altro progettista di estrazione ulmese come von Klier, per la produ-
zione di un sistematicissimo manual nel sancta sanctorum dell'immagine coordinata
di rito italiano: l'Olivetti.
Ci pare a questo punto indispensabile operare uno stacco riflessivo, una vera e
propria sospensione del procedere espositivo. Bisogna insomma esercitare
un' azione che ci consenta di osservarci procedere. E 1'osservazione dei modi di inda-
gine e esposizione da noi attivati fin qui ci segnala immediatamente di essere incap-
pati, di fronte allo stimolo costituito dall' espressione «storia della grafica italiana»,
in un peccato di natueté di triplice segno.
Una prima natueté, che chiameremo teorica, consisteva nell'entrare nel tema
senza operare preliminari definizioni di campo. Forti cioè della nozione di grafica
come si presenta nel linguaggio comune, con tutte le sue imprecisioni e ambiguità. E
qui l' «ingenuo» è stato giustamente sorpreso da un illimitato estendersi e ramificarsi
dei riferimenti e dei rimandi ad aree che sono tutte per principio centrali e tutte
limitrofe. La seconda ingenuità, che chiameremo nai'veté documentale, in realtà non
è un'ingenuità ma piuttosto - insistendo sulla metafora degli atteggiamenti psico-
logici - una sorta di spavalderia, consistita nell' entrare in tema in assenza di studi
monografici preliminari. Con 1'eccezione del prezioso studio di Fossati su Boggeri, e
di pochi altri accessi, la grafica progettata italiana sembra dover subire un ulteriore
ritardo: il ritardo nell'essere considerata oggetto degno di studio.
Una costante che abbiamo ripetutamente rilevato, che abbiamo visto correre
parallela e intrecciarsi al panorama della grafica italiana, è stata quella che po-
tremmo definire del protagonismo della committenza. Anche se il nostro punto di
vista è stato piuttosto quello di privilegiare il ruolo e il peso degli operatori specifica-
mente disciplinari, e il loro modo di pensare e di organizzare il loro intervento,
abbiamo visto questi ultimi chiamare continuamente in causa committenze torpide
o attive, arretrate o progressiste, ipotetiche o effettive.
E di certo una committenza particolarmente avveduta per i grafici è sempre
stata, diremmo per tradizione, quella della pubblicistica architettonica: una commit-
tenza esemplare, accomunata da un senso di impresa culturale in comune e in parti-
colare da un comune propagandismo dell'innovazione. Nei confronti del grafico gli
architetti hanno sempre avuto l'atteggiamento che avrebbero voluto vedere prati-
cato dai propri committenti: chiarezza di intenzionalità, rispetto delle competenze,
Il campo della grafica 155
Gregotti), chiama «l'ultimo Palazzo di Cristallo», l'edizione del '64 della triennale,
dedicata al tempo libero, la quale (sono parole di Eco) «costituisce l'ultima Ker-
messe in cui poeti, pittori, musicisti, architetti, grafici, designer e scrittori hanno
lavorato insieme credendo che nel chiuso di quattro pareti (per quanto amplissime),
si potesse fare un discorso che inquietasse il mondo». 39
Ma se nella manifestazione triennale era contenuta per lo meno l'intenzione di
una riflessione critica sopra un grande fenomeno socio culturale, è forse da ricordare,
come inquietante di fatto, un' altra manifestazione sempre milanese che la precedeva
di qualche anno. E ci riferiamo all'ultraeffimera Operazione Natale del 1962. In un
Clima dunque non di perdita, ma di pienezza delle certezze, grafici e designer furono
chiamati dall'amministrazione comunale a fornire una copertura di pulizia estetico-
formale e di competenza culturale a quel forcing della propensione al consumo costi-
tuita per tradizione dalle luminarie natalizie del centro commerciale.
E, si badi, si è trattato di operazioni culturali e formali non prive di una loro
dignità professionale e inventiva, se si pensa alla struttura argentea elicoidale posta
al centro della galleria Vittorio Emanuele ad opera di Enzo Mari (con il suo richiamo
alla famosa struttura pubblicitaria proposta nella medesima collocazione negli anni
trenta da Persico e Pagano), o anche alla torre luminosa e sonora, alta 100 metri e
collocata accanto al Duomo, progettata dal gruppo T, sotto la direzione di Munari e
Viganò (col suo omaggio al progetto di campanile di Viganò padre, sfrattato dal-
l'arengario piacentiniano).
È comunque interessante vedere accomunati entrambi gli eventi da due mani-
festazioni del successivo movimento contestativo. Una contestazione più discipli-
nare e degli addetti ai lavori quella relativa alla triennale, che ha portato alla sua
sospensione per qualche edizione. Una contestazione più politica e dalla parte degli
utenti quella relativa al Natale consumista, consistita nel blocco dell'ingresso di
alcuni grandi magazzini nel Natale del '70.
Resta però curioso rilevare che è nelle pieghe di questi eventi spettacolari e
commerciali che viene manifestandosi una prima forma di committenza pubblica
per la nuova grafica. Sollecitati dall' esigenza di «comparire senza sfigurare», al para-
gone con le imprese private nelle fiere, e più genericamente spinti a ottenere rica-
dute propagandistiche e di prestigio, l'industria di Stato, gli enti, i ministeri, e, come
abbiamo visto, i comuni si affacciano sul mercato della progettazione comunicativa.
Ma per vedere superata questa concezione circense delle comunicazioni visive col-
lettive, e per passare ad un approccio che consideri la progettazione qualificata del-
l'erogazione di informazioni come parte integrante del servizio pubblico, bisogna
attendere il caso della metropolitana milanese ad opera di Unimark. Il caso MM è
rilevante per tre motivi. Sul piano della grafica sistematica e segnaletica, riassume e-
mette a frutto le esperienze internazionali più avanzate realizzatesi in particolare nel
settore del trasporto aereo. Sul piano dell' image complessiva, riesce a far coincidere
gli aspetti di identificazione del servizio rispetto al contesto degli altri servizi citta-
dini con gli aspetti grafico-funzionali del servizio stesso. E infine (ma probabilmente
si tratta di una delle cause che hanno determinato la precisione di risultati ottenuta)
è il frutto di un efficiente impiego complementare di competenze progettuali diffe-
renziate: l'immagine grafica si intreccia alla progettazione architettonica e microam-
bientale ad opera dello studio Albini-Helg ed entrambe si fondano su una imposta-
zione complessiva di ingegneria dei sistemi dovuta a Ciribini.
E se dire che quello della metropolitana milanese rappresenta un caso isolato
sarebbe eccessivo, in quanto nel panorama si possono rilevare accenni analoghi nel-
l'ambito dei trasporti pubblici e delle manifestazioni culturali degli enti locali, è pur
vero che in generale (ma questa è una considerazione per così dire astorica, cioè solo
la segnalazione di un disagio da indagare nelle sue origini e motivazioni) quella dello
standard medio della grafica delle istituzioni italiane è una condizione di autentica
miseria progettuale.
Si pensi a quegli oggetti ipermoltiplicati di presenza e di uso quotidiani come i
francobolli, la cui progettazione e esecuzione resta saldamente confidata nelle mani
di melensi incisori accademici (con qualche rarissima eccezione: ad esempio il fran-
cobollo commernorativo dedicato al raid Pechino-Parigi, ad opera di Piludu). E
ancora più esterna alla grafica progettata sembra essere mantenuta !'ideazione e la
realizzazione della cartamoneta, che, ad ogni nuova emissione, aggrava i problemi di
indistinguibilità fra i tagli per l'incerto uso di formati e colori. Per non parlare poi
dello standard dei formulari con cui la burocrazia si connette operativamente col-
l'utente-cittadino.
Forse si tratta di carenze nemmeno strutturali, ma addirittura di principio, se si
pensa che la legalità stessa si basa sul nonsense comunicativo per cui «non è ammessa
l'ignoranza [e noi potremmo aggiungere: la mancata percezione] della legge». Del
resto, al disprezzo istituzionale per l'utente come cittadino, fa da contraltare l'inte-
ressamento malizioso per il medesimo come potenziale consumatore. E la grafica
persuasiva, la professionalità pubblicitaria pura e semplice, se ne occupa spesso con
un atteggiamento di vigorosa quanto problematica allegria (e pensiamo alla tradi-
zione di uno studio Dradi, di un Carboni seconda maniera, o di un Testa che si salda
con il filone delle agenzie all'americana, o americane tout courti.
Nell'ipotesi di una scelta autonoma, che sappiamo invece quanto il mercato del
lavoro renda obbligatoria o inesistente, ai grafici giovanissimi di oggi la scelta si
presenta in questi termini: o entrare nella grande danza della comunicazione persua-
siva, inchiodata alla triade tematica affissioni, annunci, spot televisivi, oppure rial-
lacciarsi alla tradizione di una grafica progettuale, caratterizzata, come abbiamo
visto, da un ampio ventaglio tipo logico di interventi, e che investe cioè anche la
grafica editoriale e la grafica sistematica. Una tradizione che parte dallo studio Bog-
geri ma che prosegue, con collegamenti diretti o indiretti, attraverso le figure di
operatori come Confalonieri, Iliprandi, Ceni, Vitale, Spera o Castellano.
E anzi, si potrebbe dire che la storia del design editoriale italiano dovrebbe
essere vista come un capitolo, o un aspetto fra i più robusti e influenti della storia
stessa dell'editoria italiana. Pomba o Formiggini, Treves o Bestetti, Ricordi o Ber-
tieri, Mondadori o Garzanti o Bompiani, assieme ai loro collaboratori e uffici tec-
nici, fanno certamente parte di entrambe le storie. E questo è ovvio nel caso di una
produzione dove il prodotto (Benjamin doceti non è tale se non è passato attraverso
la lavorazione finale della composizione, dell'impaginazione e della stampa, dove
cioè, in un certo senso, i testi degli autori e le immagini degli illustratori e dei foto-
grafi giuocano il ruolo dei semilavorati. In questo panorama vasto e articolato, la cui
tipologia merceologica va dal periodico per l'infanzia all' opera scientifica standard,
dalla rivistina di poesia alla grande enciclopedia a dispense, ci limiteremo ad isolare
qualche caso dove emerga la nozione di immagine coordinata che abbiamo visto in
altri settori produttivi.
Radicalmente diverso è il caso di Boringhieri dopo l'intervento di Mari.
Qui è evidente invece uno studio preventivo tendenzialmente onnicompren-
sivo, che ha inteso, cioè, investire la totalità degli aspetti dei prodotti. È insomma un
ruolo di «gestione progettuale fiduciaria» quello assunto dal visual designer, se-
condo una formula che, fatte le debite proporzioni, è più simile a quella AEG di
Behrens. E certo secondo una metodologia che trapianta in ambito grafico i modi
propri dell' industrial designo
Del resto, in proposito, è il caso di ricordare una lucidissima affermazione di
Albe Steiner quando ricorda: «Le mie prime esperienze di grande serie sono del
1946 e riguardano il quotidiano e il settimanale. Settori che richiedono studi e pro-
grammi e impianti tipici del disegno industriale»." E il giornale è «Milano Sera»,
mentre il periodico è il «settimanale di cultura contemporanea» di Vittorini: «Il
Politecnico». Ed è appunto attraverso l'intervento di un operatore che aveva lunga-
mente collaborato con Steiner, che passa la linea di aggiornamento innovativo che
rompe con la grafica ottocentesca del «Corriere». A Trevisani si deve il progetto
allora (nel '56) dirompente di «Il Giorno» di Gaetano Baldacci e poi di «Il Manife-
sto», che aprono la strada a esempi di grafica editoriale come «Repubblica» (un
progetto che assorbe e rielabora le indicazioni della nuova grafica anglosassone,
forse soprattutto di Harold Evans) o come il «Paese Sera» di Italiani.
Questo per quanto riguarda i quotidiani; per i periodici invece, se è pur vero
che la linea grafica di un settimanale come «Il Politecnico» prevalentemente
«scritto» e impaginato con una certa ruvidezza, dovuta alla situazione di neo-
pionierismo, anche proprio tecnologico, del primo dopoguerra, fu battuta - come
ricorda Petrucci'" - dalla linea del roto calco illustrato, è anche vero che i periodici
«di cultura» di grande diffusione (e sempre, attraverso Trevisani, a cui si deve il
progetto di «Quindici»), fanno riferimento al modello «Politecnico».
Un esempio evidente di immagine coordinata editoriale, e proprio di immagine
coordinata del tipo che abbiamo chiamato di rito italiano, è la linea grafica Einaudi.
Essa è infatti caratterizzata da una regia unitaria che si basa su una solida struttura
tecnico-progettuale interna che fornisce gli elementi standard di composizione tipo-
grafica, di sistema impaginativo, di qualità di stampa, di selezione dei supporti carta
e dei materiali di confezione, ma che fa ricorso, di volta in volta, a operatori esterni
40 AA.VV., Milano 70/70, cit., voI. Ill, 41 A. Petrucci, op. cit., p. 103.
p. 170.
-- --~ ==--
* Questo saggio è stato pubblicato per la sia, Milano 1977, p. 31 e sgg. per l'ampia e docu-
prima volta in «Linea Grafica», n. 1 (1985), alle mentata elaborazione del tema.
pp. 34-49. 3 Vedi ancora il capitolo iniziale di questo
l È la logica della teoria protetica degli arte- volume, alle pagine citate in precedenza.
fatti; vedi, in questo stesso volume, il capitolo ini- 4 Qui il termine corrisponde parzialmente
ziale, note 57 e 58. Per quanto riguarda la cibeme- alla nozione di Persona in Jung: « ...l'uomo [...] aS-~1
tica basta ormai guardarsi attorno e osservare l'in- sume una maschera, conscio che essa corrisponde l
formatica distribuita. Per la mistica rimandiamo fra' da un lato alle sue intenzioni e dall'altro alle sue
i tanti esempi al paragone fra figura del cavaliere esigenze e alle opinioni del suo ambiente [' .. J.
armato e santa Chiesa; Jacques Boulanger (a cura Questa maschera [...] io l'ho chiamata Persona, dal
di), I romanzi della tavola rotonda, 2 voll., Monda- nome della maschera che mettevano gli attori nel-
dori, Milano 1981, voI. II, p. 58. l'antichità.» c.G. Jung, Opere, voI. VI, p. 417.
2 Cfr. B.E. Burdeck, Teoria del design, Mur- 5 F.H.K. Henrion, A. Parkin, Design coordi-
Il campo della grafica 16 ì
vole o no, una propria persona) o realtà comunicativa o correaltà, come la chiamano i
teorici dell'informazione," in qualche modo distinta dall' entità in quanto tale. Ed è
la problematicità del rapporto fra ente che è (agisce, produce) e l'entità che appare a
costituire lo spazio di intervento e di manipolazione progettuale.? Proprio a questa
apparenza, che è anche la facoltà di essere apparizione, fa riferimento il termine
tmage.
E naturalmente un' apparizione implica qualcuno a cui manifestarsi. Implica un
pubblico che la veda, e che poi la conservi nella memoria e sia in grado di evocarla
davanti agli occhi della mente. E qui non stiamo citando il verso di un visionario
medioevale come Dante (<<Nela mente mi si è fitta la cara e buona imagine»), ma la
lettera (mind eyes) di Henrion e Parkin. 8 È una concezione che trova dei parallelismi
nella nozione di imagines introiettate, della psicanalisi." E si tratta di paralleli poi
non così trascurabili, poiché, oltre a possedere la particolare vividezza e nettezza
sincretica delle immagini di sogno, lO l'immagine dell'artificial person funziona da
agevole supporto proiettivo di pulsioni, affetti, giudizi di valore. L'ideale sarebbe
quello della costruzione di uno stereotipo 11 positivo.
Il pubblico dei destinatari e dell'immagine, come abbiamo detto; o meglio,
ogni evento comunicativo, ogni contact con l'ente, o piuttosto con la sua persona,
.corrisponde all' aggiunta di un tratto al ritratto, o di un connotato all'identikit. E se
produrre l'immagine è un lento processo, evocarla è una sintesi istantanea." In
modo del tutto analogo a come il volto è qualcosa di più della somma dei tratti, come
insegna la psicologia della Gestalt, per la quale anzi questo tipo di constatazione
rappresenta la base epistemologica.13
Riassumendo, possiamo dire che per il destinatario l'image poggia sopra un
substrato costituito da un assemblaggio di oggetti. 14 Questi oggetti, nella perce-
zione, funzionano come i tratti costitutivi di un complesso segnico unitario; questi si
nation and corporate image, Studio Vista, London First Bank Tower, First Canadian Palace, York Uni-
1967, p. 7. versity, Toronto 1979.
6 M. Bense, Estetica, Bompiani, Milano 8F.K.H. Henrion, A. Parkin, op. cit.,
1974, p. 54 sgg. p. 7.
7 Ci riferiamo alla distinzione fra realtà [at- 9 S. Freud, Opere, Boringhieri, Torino 1978,
tuale e realtà attuale. Cfr. J. Albers, Interaction of voI. X, pp. 14-15.
colors, Yale University Press, New Haven 1975, p. 10 G. Durand, Le strutture antropologiche
73 e sgg. Per la discussione sulla problematicità dell'immaginario, Dedalo, Bari 1974, p. 403, dove
della relazione fra i due piani vedi anche G. Bonsie- si affida alla testimonianza di Sartre, M. Bonaparte,
pe, Teoria e pratica del disegno industriale, Feltrinel- Alain.
li, Milano 1975. In proposito, nel suo fondamenta- 11 T. Maldonado, Communication and semio-
le saggio Design process, un design manager come tic Communikation und Semiotik Communication et
Renzo Zorzi arriva a dire al contrario che l'image sémiotique, «Ulm», n. 5 (Iuly /juillet), 1959,
e ,..is the same thing L..] and never an Ersatz». p. 72.
I 'on è un caso però che la metafora preferita da 12 «Nel dominio della fantastica pura, nel
Zorzi sia quella dello specchio, in una prospettiva sogno gli osservatori sono sorpresi dal carattere fol-
della rappresentazione che la intende come registra- gorante dei sogni e il lento processo temporale del- '
zione in analogia a quanto afferma Maldonado nel la percezione» e fa riferimento a Th. de Quincey, a
suo Appunti sull' iconicità, in Avanguardia e raziona- Baudelaire, a Proust. G. Durand, op. cit.,
lità, Einaudi, Torino 1974, p. 266 e sgg. Anche se p. 403.
poi al reflecting Zorzi aggiunge il concentrating el- 13 Gestalt vuoI dire apparizione più che for-
ements, e in questo concentrating c'è posto per tutta ma, come avviene correntemente tradotto. Un ter-
la retorica dell' enjatizzazione e dell' esclusione. Cfr. mine che possiede tutte le implicazioni semantiche
~L Massironi, Vedere con il disegno, F. Muzzio ed., di immagine evocata e addirittura di fantasma.
Padova 1982. R. Zorzi, Design process, in N. Shapi- 14 Ciascun messaggio in uscita dall'emitten-
fa (a cura di), Design process Olivetti 1908-1978, te/azienda possiede un veicolo materiale, una base
162 Il campo della grafica
attivano nell'uso, o più precisamente nella vita degli eventi comunicativi, cioè in
ogni singolo incontro comunicativo.
Non ci troviamo lontani qui dalle concezioni che stanno alla base del object
language di Ruesch e Kess, dellangage objet di Barthes, dall'idea di segno-oggetto di
Baudrillard e di messaggio oggettuale di Maltese." In tutti questi casi, sembrerebbe
però prevalere un atteggiamento di serniologia della significazione. Il conformarsi
degli assemblaggi oggettuali sembra vedersi attribuito tutt' al più il ruolo di sintomo,
di lapsus. Siano essi il salotto buono borghese, il townscape, 1'altare o la vetrina.
L'imma ine coordinata potrebbe ra l'esentare invece roprio il caso di una comuni-
:,,eazioneoggettu _e.intenzi nata Sl.ualcQSa,disimile.a.una fras_~QJL.-.:.:itlJa-f-raz~
~g~nL_ ,
L'idea di una relazione piuttosto complicata fra linguaggio e oggetti attraversa
l'intera riflessione umana, filosofica e/o semiotica, ed ha anche una tradizione para-
dossale che ne mette in rilievo il carattere intrigante. Ad esempio, Borges, in un suo
racconto di cui è protagonista Funes, un uomo dotato di una memoria prodigiosa,
assoluta, prospetta vividamenteIe conseguenze ontologiche di un tale caso. Funes
ricorda ogni singolo oggetto particolare, senza minimamente categorizzare, e Bor-
ges si richiama a John Locke, che avrebbe accarezzato la possibilità di una lingua con
un nome per ogni singolo oggetto. 16 Se poi si vanno a controllare alla fonte le affer-
mazioni del grande mentitore,' si vede bene che per Locke non si tratta che del
passaggio di una dimostrazione ad absurdum tutta a favore del verbale. 17 Qualche
riga più in basso, nel testo di Borges, appare però il nome di Swift, chiamato in causa
per un'inezia, Ed è proprio Swift invece, nei Viaggi di Gulliver, a presentare un mo-
dello compiuto di linguaggio per oggetti: i saggi dell' Accademia di Lagado, per par-
lare in modo inequivocabile, si caricano le spalle di montagne di oggetti da esi-
bire."
L'impiego di una comunicazione per accostamento di oggetti invece non è poi
tanto raro, nel rebus (dai geroglifici a Leonardo), nell' emblematica (cinquecentesca)
e nei sottili messaggi della stilI-life (barocca). 19 Ma sono però tutti ambiti dove il
movimento concettuale va dalla figura a qualcosa di più codificato e maneggevole: il
verbale, la scrittura. O meglio il percorso è: oggetti~figure~parole~scrittura.
artefattuale, cioè un oggetto, se si esclude quella da comprendere molte cose particolari; perché la
che in Public Relation si intende come Direct Com- moltiplicazione delle parole renderebbe confuso il
munication. loro uso se fosse necessario designare ciascuna cosa
15 Soprattutto il capitolo «The Syntax of particolare con un nome distinto». G, Locke, Sag-
Object language», in J. Ruesch, W. Kess, Non uer- gio sull'intelletto umano, Signorelli ed" Milano
bal communication, Univesity of California Press, 1955,
Berkeley-Los Angeles-London 1956. R, Barthes, 18 « .. .ciononostante alcuni saggi si manten-
Mithologies, Le Seuil, Paris p. 221 e sgg, J, Baudril- gono fedeli a questo progetto di parlare con le co-
lard, Per una critica della economia politica del segno, se, il quale presenta solo questo inconveniente, per
Mazzotta, Milano 1974, C. Maltese, Semiologia del cui se un uomo ha da discorrere di varie e comples-
messaggio oggettuale, Mursia, Milano 1970, se faccende è costretto a portarsi sulle spalle un sac-
16 «Locke nel sec. XVII propose e rifiutò un co di cose, a meno che possa permettersi il lusso di
idioma impossibile in cui ogni singola cosa, ogni farsi aiutare da servitori stracarichi», J. Swift, I
pietra, ogni uccello e ogni ramo avesse 'Un nome viaggi di Gulliuer, Garzanti, Milano 1975, p, 171.
suo».J.L. Borges, Finzioni, Einaudi, Torino 1967, 19 Per questo ambito di emblematica grafica
pp. 103-104, rimando al mio Aderire all'emblema e imprimere il
17 «Non basta per la perfezione dellinguag- marchio, «Il piccolo Hans», n. 40 (ottobre-
gio che i suoni possano divenire segni delle idee, a dicembre), 1983.
meno che quei segni si possano adoperare in modo
I~
- 19. Particolare del
.:rontespizio dell' edi-
none del 1651 del
Leciatban di Thomas
Hobbes
:20. Impresa milane-
se del periodo gotico
.z L Le Cauchemar de
• sristocratie, incisione
- P]. Sauvage
119
120 121
· 122. L'organigramma
figurato della Wyan-
dotte Chemicals Cor-
poration
123. Un manifesto
propagandistico che
illustra l'ordinamento
corporativo dello Sta-
to fascista
124. Un annuncio
pubblicitario della
Beli Telephon System,
1951
125. Ever Collier: Va-
nitas allegorica, 1670
__ -!!!Il •••.
\
lO \I\Ct_
122
123 124
125
126 127
126. Nicolas de Lar-
messin: incisione trat-
ta da una tavola di
Costumes grotesques,
1695
127. J.-L. David, Na-
poleone nel suo studio,
1812
128. Tavolino-inse-
gna, fotografia di An-
tonio Barrese, 1972
129 130
129. L'inconfondibile
personaggio delle
pubblicità della Mi-
chelin
130. Un ritratto di
Mao-tzedong
131. Segni di proprie-
tà di popolazioni be-
duine, 1890
131
132. Lo sviluppo li-
neare di una corona
d'oro. Kongyu, Corea,
IV-VI secolo
133. L'elmo Prank,
del XIV secolo
134. Una figura an-
tropomorfa cornuta.
Cina, IV-III secolo
a.c.
135. I diversi logoti pi
delle imprese del
gruppo Zanussi
Becchi
"lBIPL:E1"
ORGIOR
NAONIS
srERN
-
135
133 134
'ampo della grafica
Sembra insomma che la nuvola degll oggetti, da soli, non basti a produrre
l'image, se la si vuole un discorso per immagini. In concreto non siamo lontani dal-
I'impiego del «vaso di gerani» esposto sul davanzale per dare via libera all' amante.
L'oggetto è qui usato però come puro elemento notazionale, arbitrario, inequivoca-
bile appunto perché convenuto. Il che poi è ciò che permette al significato di essere-
segreto per tutti gli altri. C'è invece un esempio perfettamente pertinente, che Bar-
rese ha impiegato in un articolo, dove l'oggetto è rnotivatissimo, anzi predisposto
per una decisiva immediatezza interpretativa da parte del pubblico. Ed è l'esempio
del tavolino con tovaglia, ostentato alla pubblicità della strada, al posto dell'insegna
di trattoria (o, da un punto di vista genetico, prima dell'insegna di trattoria);" I
Siamo pervenuti a farci un'idea dell'image, come di una figura (una persona)
costituita di oggetti. E possiamo impiegare, come visualizzazione di questo con-
cetto, certe personificazioni barocche vicine alla maniera dell' Arcimboldo. 21 Ma
forse, se dobbiamo dar retta ai molteplici esempi analoghi presenti nella prassi grili~
co-pubblicitaria, il procedimento è ancora più pertinente [Come avviene nell' ornino
dei pneumatici (il Bibendum della Michelin), o con la capigliatura di matite (il volto
stralunato della Presbitero) ecc.
Del resto, passando per tutt' altre vicende evolutive, dell' espediente allegorico
della personalizzazione si è fatto uso da sempre, si può dire, soprattutto in area poli-
tica e politico-militare. È la figura del capo, l'immagine del condottiero a funzionare
da parafulmine proiettivo. E il culmine della consapevolezza dall' interno di questi
fenomeni coinciderà con la stigmatizzazione, nell' ambito della sinistra, del culto
della personalità (ancora la persona). Bonapartismo o maoismo,l'image tende a coin-
cidere con le fattezze più o meno idealizzate dell'uomo-guida. E anche qui siamo
vicini a quanto può accadere nella pratica pubblicitaria odierna, quando assistiamo
alla scenetta televisiva del nonno che studia un dentifricio per la nipotina e risulta
poi portare il cognome della ditta produttrice; o quella del manager con baffetti che
consiglia di comprare un rasoio elettrico e confessa di esserne talmente entusiasta da
avere comprato l'intera fabbrica:
Il capo (come sineddoche del corpo) viene spinto sulla ribalta." L'image ha
dunque a che vedere con componenti che agiscono su più livelli: un' apparizione
personale o personificata costituita, prodotta o circondata da una molteplicità di
artefatti e poi ulteriormente specificata da peculiarità del suo corpo e dei suoi attri-
buti. Ed ecco che, quasi impercettibilmente, abbiamo finito per incappare in una
terminologia che è propria di una classica disciplina dell' ermeneutica figurale: l'ico-
nologia,"
E quindi il visual design di image potrebbe forse essere definito come una com-
29 P.E. Schramm, Herrscbaltszeicben, und guaggio dei segni, Sugar Editore, Milano 1971,
Staatssymbolik, in Schriften der Monumenta Germa- p. 71.
niae, bd. 13, 1978, p. 1059. 32 J. Boucher, Simbologia massonica, ed. Ata-
30 Vedi in proposito il-meraviglioso A. Sal- nor, Roma, s.d. (ma ed fr. 1948), p. 61 e poi
mony, Corna e lingua, Adelphi Editore, Milano p. 211.
1968, p. 68 e passim. 33 U. Eco, voce «Simbolo», Enciclopedia,
31 T. Brun, Dizionario internazionale dellin- voI. XII, p. 877.
ETOLOGIA DELL'IMAGE1'
* Questo saggio è stato pubblicato per la Jones, paragonate alle varie maniere di articolare il
prima volta in «Linea Grafica», n. 2 (1985), alle sapere, le arti del trivio e del quadrivio della Scola-
pagine 28-31. stica, le arti meccaniche e liberali del Rinascimento
l Ci si sta riferendo alle varie sistemazioni ecc. Cfr.·P.O.Kristeller, Il sistema moderno delle ar-
delle diverse branche progettuali: environamental ti, Uniedit, Firenze 1977.
design, architectural design, industriai design, visual 2 Vedi per la nozione di maestria manuale
design ad esempio nella accezione di Bonsiepe. connessa con il design, il nostro Design di base, fon-
Uberdie Lageder Hfg, «Ulm», n. 21,1968; ma altri- damenta del design, Ottagono», n. 70 (settembre),
menti strutturate secondo Archer, o Moles, o Ch. 1983.
Il campo della grafica 17 3
3 Generai Food Plant Community Relation no 1969, o P.E Lazarsfeld, R.K. Merton, Mezzi di
Handbook, Chicago, s.d., ma prima del 1950. comunicazione di massa, gusti popolari e azione di
4 W. Albig, Modern Public Opinion, Dryden massa organizzata, in M. Livolsi, op. cito
Press, New York 1956, p. 38. 6 J. Muller-Brockrnann, Gestaltungsproble-
5 Vedi ad esempio: E Allport, Verso una me des grafikers, The Graphic Artist and His Design
scienza della pubblica opinione, in M. Livolsi (a cura Problems, Les problèmes d'un artiste grapbique, Nig-
di), Comunicazione e cultura di massa, Hoepli, Mila- gli, Teufen 1971, pp. 65 sgg.
Il campo della grafica 175
Il Vedi F.H.K. Henrion, A. 'Parkin, Dçsign 14 G. Bonsiepe, Teoria e pratica del disegno
Coordination and Corporate image, Studio Vista, industriale, Fetrinelli, Milano 1975, p. 227.
London 1967, pp. 7 sgg. Per Zorzi !'idea è che a 15 «Mich hat vielmehr das konzeptionelle
lungo termine ciò che appare è uguale a ciò che è. Denken interessiert, die 'Philosophie' die hier
La nozione temporale è molto rilevante, in quanto sichtbar wird. Das Verantwortungsgefiihl, die Ein-
J il programma delle apparenze, la immagine via via sicht, die Konsequenz des Unternehmers». W.
nuova, può essere vista come episodio all'interno Schmittel, Design concept realisation, ABC edition,
di un processo. R. Zorzi, «Design process», N. Zurich 1975, p. 6. «In realtà !'immagine coordina-
Shapira (a cura di), Design Process Olivetti ta presuppone in chi la usa una consapevolezza del
1908-1978, First Bank Tower-First Canadian Pala- proprio ruolo non solo economico, ma anche cul-
ce- York University, Toronto 1979, soprattutto il pa- turale che raramente si può riscontrare in imprese
ragrafo «Historie confirrnations», p. XXXI. rette con criteri di gretto economicismo; [. ..] l'Oli-
12 Era l'idea base del mio saggio precedente, vetti rappresentava quanto di più avanzato era in
Image: il corpo mistico dell'organizzazione, qui alle grado di esprimere globalmente la 'filosofia' neo-
pagine 160-171. industriale del tempo». G. Brunazzi, «Introduzio-
13 R. Moss, Anatomy of an lmage, «Indu- ne: segni e cultura», in G. Brunazzi et al., Immagine
strial Desìgn», 1962, cit. in R. Zorzi, op. cito coordinata, Stige, Torino 1978, p. 5.
=
.\.1. •
~"IIII.
-.."
MANAGEMENT
(~eitung)
<~EAgiONS]
(Meinungen) ,"
EMPLOYEES
(Gemeinde
des Standortes)
136
~ttt
137
136. Schema triadico
di interazione secondo
Albig, 1956
137. Schema del fun-
zionamento comunica-
tivo dell' image secon-
do Barrese, 1982
138. Una pagina del-
lo stemmario di Jorg
_Rugenn, 1495
138
139
141
----------------------------------------------------~~
142
_-\d uno dei poli ideali
caratterizzazione
unmagine, che
- -. eremo polo soft,
:;u;siamo virtualmente
::o&x:are l'immagine
;w:::I:!::J::IMe spontanea "
~tità che agi,'
~enteinto-
di neces-
- e é::!roli 0, più
'::lII:J:::>==:.a[l[C, possia-
,=:0 -=:r'l"", in consi-
~r:::Dr ..emanife-
143
144
145-149. Distribuire i
vari casi concreti lun-
go 1'asse hard-soft ha
lo scopo di mostrare
se vi siano connessio-
ni significative fra la
spontaneità del pro-
gettista, il suo atteg-
giamento e il suo ruo-
lo. Attorno al polo
soft si possono dispor-
re l'image AEG di Beh-
rens (145-146), del
1907-1908; la Barilla
di Carboni, del 1965
(147-148), ma anche
il delicato house-
styling della Kartell di
Michele Provinciali,
del 1957-1960 (149).
In quest'ultimo caso
lo strumento di unifi-
cazione è il progetti-
145
WERKE i !
: I
! :
I·i I.
!•
I
·:
!
.i
:
I •
I .
: i
: :
i !
: !
1 ALLGEMEINE i
~
:
ELEKTRICITkTS~
GESELLSCHAFf
l
i
: !
·i ......••..•.•••.•...."...••.•...•..... ...0!
0,·.,·.······,.
146
147 148
149
sta. Lo stesso Provin-
ciali ha definito l'ima-
ge come il potere di
un grafico di gestire
globalmente tutto il
processo comunicati-
m. Il progettista è
così un soggetto che
partecipa alle decisio-
ni, fiduciario del ma-
nagement
il"
Il
Ip-~= ~
~~ ~
-
k~._,
'"
I H-
1==-- -
150 151
150-152. Soft e hard.
Il caso dell'Olivetti è
contraddistinto, in
una prima fase, dal-
l'assunzione da parte
dell'imprenditore stes-
so del ruolo di de-
sign-coordinator; in
seguito, tale ruolo è
affidato a un design-
management in grado
di valutare autonoma-
mente !'impiego arti-
colato di operatori,
metodologie e caratte-
ristiche estetiche, in
una strategia entro la
quale l'approccio hard
e quello soft possono
rappresentare episodi
o ingredienti. Nelle il-
lustrazioni, un manife-
sto di Milton Glaser
del 1976 (150) e i ma-
nuals di H. von Klier
(151), Cino Castelli
(152 alto) e Perry A.
King (152 basso)
152
153-155. Soft ma
hard. La collaborazio-
ne di Michele Spera
con il partito repub-
blicano, nel 1973,
rappresenta un profi-
latissimo caso di rap-
porto fiduciario, che
ricorda quello di Beh-
rens con l'AEG.L'incli-
nazione del progetti-
sta per una morfolo-
153
155
gia di grande rigore
geometrizzante finisce
per fare apparire il ri-
sultato come connota-
to in senso hard.
156. Hard ma soft.
L'image Fiorucci può
apparire, dal punto di
vista del linguaggio,
come un caso di estre-
mo eclettismo soft.
Ma sarebbe una lettu-
ra ingenua: sotto una
sensazione di instabili-
tà si indovina piutto-
sto una combinatoria
morfologica, cromati-
ca e semantica ferrea.
156
157 -159. Il polo
hard. In questo caso,
.__""-'_.= '1M''''
lo strumento di unifi-
cazione è senza dub-
bio 1'ipostatizzazione,
ovvero il tradursi in
norme delle risultanze
progettuali. Lo stesso
percorso proge;tuale
non risulta dall adat-
tamento alle contin-
genze, ma è rigida- .
mente pianificato. SI
deve alle industrie pe-
trolifere, negli anni
trenta, l'invenzione .
dello strumento tecru-
co-burocratico tipica-
mente hard rappre-
, sentato dal manual. Il
percorso progettuale
si conclude appunto
con la presentazione e
I~ I'(eventuale) accetta-
zione del manual: do-
podiché soltanto è
possibile passare al-
l'applicazione concre-
ta. Una volta accetta-
to il manual è stru-
m~nto prediletto dai
politici dell' azienda e
dai manager della po-
litica: il suo carattere
oggettivo e imperso-
nale ne fa uno stru-
mento ideale di auto-
promozione interna.
Attorno al polo hard
si collocano quegli in-
terventi contrassegnati
da grandi dimen~ioni,
dall'intenzione di
emergere nettamente,
da complessità struttu-
rale, da connotati di
grande costanza e du-
l revolezza: come la .
KLM di Henrion, del
primi anni sess~nta
(157), i ricambi Iveco
di Brunazzi, del 1978
(158), o l'AGIP di Bob
Noorda, del 1960 (159)
159
----'
Piccole storie
LA PARETE CONTESA: IL' MANIFESTO IN AZIONE~'
'.
I primi tre manifesti, sembra siano stati prodotti nella città di Rostock,
nei primissimi anni del Cinquecento, per chiamare a raccolta un pubblico che
si sperava pagante in occasione di alcuni eventi spettacolari: una corsa di ca-
valli, una lotteria, una rappresentazione teatrale. Diciamo dunque commit-
tenza privata e finalità commerciale. Delle modalità di affissione si sa ben
poco, probabilmente erano libere, o tutt'al più patteggiate privatamente. Da
notare, dal punto di vista della struttura grafica, il grande rilievo attribuito alle
parti figurative e la presenza di testi relativamente lunghi, in accordo con le
modalità di ricezione di allora (a carattere certamente più contemplativo delle
attuali).
Si sa ovviamente molto di più della produzione e affissione di manifesti
nel periodo delle monarchie assolutistiche del XVI secolo. Sembra infatti che
il monarca assoluto (in Francia, ad esempio) abbia afferrato con grande pron-
tezza le fantastiche potenzialità del nuovo mezzo come strumento della tra-
smissione del comando. Editti, chiamate alle armi, ordinanze prodotte nelle
stamperie regie prendono posto nelle strade. E qui è da notare l'assenza di
ogni forma di appellazione figurativa, molto testo (alla faccia degli analfabeti),
niente o quasi artifici retorici, al massimo una retorica autocompiacente, deco-
rativa, come decorativi (il decoro dell' autorità') sono gli scarsi fregi. Molto
chiara, esplicita, evidente la segnalazione della autorità emittente: le «armi»,
le insegne reali.
Produzione e affissione di manifesti al di fuori della esclusività reale sono
considerate, e probabilmente vissute, come contraffazione, come attività cri-
minale, come battere moneta falsa. Si racconta di un gentiluomo che fu giusti-
ziato per aver fabbricato e diffuso un manifesto (per onestà di cronaca va ag-
giunto che il manifesto contraffaceva le insegne reali e che quindi aveva il·
valore effettivo di un' ordinanza).
Ci vedeva giusto, dalla sua prospet-tiva, il monarca coi suoi rigori: il po-
tenziale di efficacia eversiva del mezzo viene infatti sfruttato a fondo per inte-
ressi particolari nelle lotte politico-religiose dello stesso secolo. E in tali fasi di
crisi, produzione e diffusione del manifesto sfuggono di mano alle autorità
accentratrici, prendendo anche la forma più agile del volantino (i famosi flie-
gende Blatter). Qui le modalità di affissione sono in pratica le medesime di
quelle dell'attuale affissione selvaggia di natura politica.
Dunque la borghesia nascente si serve dello strumento per i suoi scopi
politici e rapidamente di nuovo per scopi privati e commerciali. E non a caso
questi prodotti graficitornano a interessarsi delle effettive modalità di perce-
160
Oppure le iniziali vengono combinate in un unico segno, sfruttando ad
esempio l'effetto negativo-positivo, come nel caso del Teatro popolare ita-
liano, affrontato da Steiner, o in quello del monogramma di Friederich Hey-
king disegnato da Stankowski. Si noti che in questi casi il segno non trasmette
informazioni ulteriori, per esempio relative all' attività dei committenti.
-]
ma di Friedrich Hey-
king disegnato da
Stankowski
I
Nel caso invece del marchio ideato da Sugiura per la Tokyo Gallery, l'ini-
161
ziale T si presenta inscritta in una forma rettangolare allungata. Ciò che confe-
risce una caratterizzazione al simbolo sono le proporzioni insolite attribuite
alla lettera.
162. Il marchio della
Tokyo Gallery ideato
da Sugiura
163. Marchio della
Metropolitana milane-
se disegnato da Bob
oorda nel quadro di
uno studio progettua-
le complessivo interdi-
sciplinare, nell' ambito
del quale sono stati
affrontati tutti gli
aspetti della sotterra- 162
Dea, fra i quali segna-
letica e materiale rota- Un monogramma assai riuscito per la pregnanza del segno risultante è il
bile (a destra) simbolo della metropolitana milanese. La seconda M capovolta e collocata
sotto la prima può essere intesa come embrione di rinvio pittogrammatico:
sotterranea. È curioso notare che questo marchio non è stato accettato dalla
committenza, che gli ha preferito una relativamente banale versione della si-
gla. Il marchio è da segnalare anche perché è stato disegnato da Bob Noorda
nel quadro di uno studio progettuale interdisciplinare che ha coinvolto la
totalità degli aspetti della sotterranea milanese, dal materiale rotabile fino alle
rappresentazioni cartografiche.
USCITA C)
EI
--~--------'--------'-
163
192 Piccole storie
164
Particolarmente interessante, per il consapevole sfruttamento dell' ambi-
guità di percezione di lettura, è il marchio della Westinghouse. Leggibile in-
fatti come monogramma (l'iniziale W), è contemporaneamente un pitto-
gramma che rappresenta un gruppo di contatti elettrici che alludono al settore
di attività dell' azienda.
165. Il marchio della
Westinghouse, leggibi-
le sia come mono-
w
gramma che come pit-
togramma
165
Il segno deve però il suo successo presso gli acquirenti di elettrodome-
stici, con ogni probabilità, a un ulteriore livello di lettura: lo si può leggere
infatti come una corona nobiliare stilizzata.
Sono, anch' esse, logogrammi quasi tutte le testate di giornale e rivista,
molte delle iscrizioni per insegne di negozio e la maggior parte delle denomi-
nazioni delle marche commerciali: sono infatti parole o locuzioni che si distin-
guono per la scelta o per il disegno del carattere. Un esempio particolare di /
166
Piccole storie 193
167
Oppure, come nel caso del notissimo marchio Pirelli di un anonimo pro-
gettista del 1908, attribuendo a una lettera un caratteristico disegno.
168. Il marchio Pirel-
li, opera di un anoni-
mo progettista nel
1908 IIAELLI
168
Ulteriori determinazioni significative si ottengono anche sostituendo
una lettera con un segno pittogrammatico adeguato: il profilo di una sedia al
posto della H minuscola nel caso di «Chairmasters» di Tscherny; la falce e
martello al posto della G maiuscola nel caso della testata disegnata da Siné
per una rivista politico-satirica del Sessantotto francese. O ancora, elabo-
rando più elementi tipografici in modo da raggiungere un effetto pittogram-
matico, come nel caso di «Mother and Child», composizione ideata da Luba-
lin e Peckclyde per una rivista americana.
169. Il marchio Chair-
masters di Tscherny,
l.a testata di «L'Enra-
gé,> di Siné e la testa-
ta della rivista « Mo-
ther & Child», di Lu-
chairmasters j
balin e Peckclyde
rellraCj.é
M~ R 169
194 Piccole storie
STONE
170
I marchi pittogramrnatici sono molteplici: si pensi al pinguino della Pen- 170. Il marchio Dun-
guin books, al pellicano della Pelikan, al cane a sei zampe della Supercorte- lop di Lammble e
Clements e il marchio
maggiore. Un esempio di particolare efficacia è la rappresentazione piuttosto
progettato dalla Mor-
realistica dell' elmo gallico, come visualizzazione del nome della marca di siga- ton Goldschool D.A.
rette francesi Gauloises, ad opera di Jacno. per la Stone Contai-
ner Corporation
171. Esempi di mar-
chi pittogrammatici: il
cane della Supercorte-
maggiore e l'elmo gal-
lico delle Gauloises,
di Jacno
171
A un livello di maggiore schernatizzazione si pone il marchio di Gerstner
per la ditta di fotoincisioni Schwitter, che rappresenta un particolare ingran-
dito del retino tipografico. Ancora più astratto, in quanto solamente allusivo
rispetto al gomitolo o alla matassa di-lana, è il marchio di garanzia Pura lana
vergine, di Saroglia e Grignani.
172. Il marchio pro-
gettato da Gerstner
per la ditta Schwit-
ters, e il marchio Pu-
ra lana vergine di Sa-
roglia e Grignani
Piccole storie 195
173
Un particolare interesse, in quanto concepiti per essere usati sia per
mezzi di comunicazione dinamici (titoli di testa), sia per mezzi statici (campa-
gna pubblicitaria di lancio), rivestono le combinazioni pittogramma-lo-
gogramma disegnate da Saul Bass per due film americani.
_,4. Le combinazioni
::-Grogramma-Iogo·
smmma nei manifesti
~ttati da Saul
3ss per i film Exodus
e Anatomia di un orni-
so
174
Solitamente il marchio tende ad assumere una configurazione semplice,
chiusa, fissa, e soprattutto a conservare rigorosamente inalterati i rapporti
dimensionali fra le parti che lo compongono. La costanza percettiva è l'obbiet-
tivo principale del progettista. Estremamente innovativo, in quanto contrav-
viene a questa sorta di regola, è il marchio «a programma variabile» proget-
Il
1751_11_1
Un altro marchio, questa volta logogrammatico, che si basa anch'esso
sulla nozione di programma, è quello progettato da Nelly Rudin per la Schwa-
benbrau A. G. Si noti che il punto di partenza della progettazione è stato in
questo caso la caratteristica sottocoppa di cartone della birra.
e",
,·'
.'.,.,
.'.,.,
.'"''
.'.:.,
.'.:., 176, Il marchio logo-
grammatico di Nelly
Rubin per la Schwa-
- •• "., -
.
••
.
"..
.
-
-
''"O;
.' .
-
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-
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o.
. benbrau A,G, e, sot-
. -.' .
to, il sistema di mar-
chi progettato da
•
.....
eD
o o
00
o
• ••••00
oe
Henrion per le sei so-
ciètà del gruppo Me-
• 00 o o
o • o o
eD o tra International
••••• 0000 0000.0000
• 00 o o eo o
.....
• o o o o • o o
eo 00 oe 00
•••••
l 176
Sempre sulla nozione di programma variabile (questa volta per conferire
unitarietà all'immagine delle sei società europee di consulenza aziendale con-
sorziate nella Metra International) è basato il sistema di marchi a struttura
I esagonale progettato da Henrion.
BEHRENS, GRAFICO SISTEMATICO!
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Il
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177
Piccole storie 199
2 G. Heidecker, «La grafica pubblicita- ta, Milano 1979 (catalogo della mostra omoni-
ria», in T. Buddensieg, H. Rogge (a cura di), ma tenutasi al Padiglione di arte moderna, Mi-
Cultura e industria. Peter Behrens e la AEG, Elec- lano 1979).
-
200 Piccole storie
178
Esemplari in questo senso sono le soluzioni grafiche delle componenti
comunicative degli oggetti tecnici. Le cifre dei quadranti sono presentate nel-
l'alfabeto con le grazie esclusive AEG, mentre le esigenze di leggibilità richie-
derebbero piuttosto l'uso di un carattere «bastone». Come si vede, i vincoli di
immagine sono nettamente vincenti sulle esigenze funzionali.
E non si può pensare minimamente a una scelta irriflessiva: per Behrens
il disegno di caratteri è un settore ampiamente indagato. Come abbiamo visto
l'Azc-Antiqua è la dimostrazione di quanto Behrens padroneggiasse gli aspetti
connotativo-stilistici e denotativo-costruttivi del disegno di lettere. E inoltre
la distinzione fra i due tipi è chiaramente. desumibile dall'uso del Grotesk
(bastone) per le sigle di codificazione poste sul bordo degli originali disegnati
in Antiqua: l'uso del funzionale Grotesk viene riservato alla sfera interna alla
progettazione.
3 P. Behrens, Kunst und Technik, «Ele- nado (a cura di), Tecnica e cultura, Feltrinelli,
ktrotechnische Zeitschrift», n. 22, 1910. Tra- Milano 1979.
duzione italiana «Arte e tecnica», in T. Maldo-
Piccole storie 201
179a 179b
179. Esempi del dise- visive, ma anche tattili: appunto scelta dei colori e trattamento delle superfici)
gno del carattere AEG.
Si notino, sulla destra,
che è sempre sostenuta da un'arguzia imprevedibile della razionalità. Di-
le sigle-codice di ogni sporre e connettere, combinare e collegare: il filo di punti luminosi che «tiene
divisione, realizzate in insieme» il manifesto per la lampadina a filamento metallico, la cornice geo-
carattere bastone
metrica che lega i riquadri modulari in marmo del quadro interruttori, il lega-
mento centrale che connette i tre quadranti circolari della colonnina di distri-
buzione. La matrice che abbiamo chiamato propagandistico-comunicativa
dell'intervento di Behrens sull'xsc potrebbe lasciar pensare a un atteggia-
mento ipersegnaletico, a una proliferazione ostensiva degli elementi segnici, a
un'ipertrofia di quella che Bonsiepe ha chiamato la grafica del prodotto.
Niente di tutto questo. La riconoscibilità dell' appartenenza del singolo pro-
dotto a una linea di prodotti, e in ultima istanza alla ditta produttrice (quello
che può venir chiamato l'effetto propagandistico cumulativo della merce
stessa), è invece affidato da Behrens all'omogeneità morfologica, alla coordi-
nazione armonizzatrice; insomma alle caratteristiche complessive di stile.
Come si èvisto, uno stile consapevolmente unitario, anzi costruito come
tale a partire da concezioni ed elementi predisposti.
Stile, ma nessun accenno di styling: non c'è traccia di marcature tempo-
rali ottenute coll'immissione di leggere variazioni formali non indispensabili,
che si riscontrano invece nella produzione Thonet (altro protodesigner più o
meno contemporaneo di Behrens).
Neppure nell'unico settore paragonabile per categoria alla produzione
del mobiliere moldavo, e cioè in quello del variatissimo assortimento dei bolli-
tori. Qui la molteplicità morfologica sembra piuttosto orientarsi a una diffe-
renziazione sincronica relativa alle stratificazioni del gusto. E di ciò è testi-
mone l'uguale sforzo di qualificazione formale investito per ognuna delle va-
riazioni. ~
202 Piccole storie
180
Anzi, in proposito, volendo tentare, per concludere, una considerazione
largamente interpretativa (cioè forse generica) dall'intero panorama della pro-
duzione che testimonia dell'intervento di Behrens sull' AEG, ci pare di poter
ricavare una sensazione di sospensione temporale. Uno stile senza tempo,
dunque: potremmo dire classico, e commetteremmo così 1'errore anacroni-
stico stigmatizzato all'inizio. Ma preferiamo alludere a una sospensione in-
quieta più adeguata al clima reale storico della Germania di Weimar.
(
MERCI PROGETTUALI: IL DISEGNO DI CARATTERI
~BC[)EfGH1JHLm~DPnRSTlJlJrnHYl
( ___________ ._2~_~_8_~_a_AO_· ~.
J
181
: 1-182. Dall'alto, i
caratteri Magnetic (a),
e Data 70 (b)
PlBC[]EF[3H~J~l
mflOPDASTUU
WHYB BbLdefgh'j
~~rnn[]pqrEìtuuwHy
a ~2aQ5S1aq[]
e?~a[s[~]
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182
204 Piccole storie
183-185. Dall'alto, i
caratteri Dìn 17 (c),
MNOPQRSTUV
WXYZ abcdefgh
ijkLmnopqrstuv
wxyz 123456789
O&?I"($ (;);~ci
183
ABCDEFGH/JKLMNOPQ
RSTUVWXYZ
I l ,\ abcdefghijklmnopqrstuvw
xyz1234567890
184
ABCOEFGHIJKLM
NOPQRSTUVWX
YZ aab(defgh~kl
mnopqrstuvwxyz
1234S671890&?~n
E$(;)~~ .
185
Piccole storie. 205
problema che deve risolvere (dei suoi bisogni). Nel grande e svariatissimo
repertorio possono pescare sia il giovane che vuol produrre il manifesto alter-
nativo serigrafato o eliografato in proprio, sia il grande ufficio di architettura o
pianificazione per le' didascalie dei suoi schemi, per i suoi prospetti, i suoi
disegni tecnici, come anche il creativo pubblicitario per dare un certo grado di
maturità ai suoi rough e ai suoi schizzi, e ancora molti altri.
Caratteri, dunque, come prodotti di consumo con i loro specifici pro-
blemi di confezione e packaging. Il foglio di supporto esercita ad un tempo la
funzione di «impugnatura» per l'applicazione (paragonabile in un certo senso
a quella del manico nel caso di un trapano) e, assieme al foglio di protezione,
quella di imballaggio conservativo (il barattolo di vetro per gli alimentari). E
queste riflessioni, che possono valere in una maniera evidente nel caso del
trasferibile, restano valide in maniera un poco più mediata anche in quello del
carattere in piombo o per fotocomposizione (i «disegni» sono i medesimi). Il
mercato non è in questo caso quello del consumo al minuto, ma quello dei
beni strumentali. Si tratta comunque di un mercato.
Proprio in quanto strumento attivo della diffusione di prodotti, sottopo-
sto dunque all'intreccio dei condizionamenti reali provenienti sia dall'valto»
(addetti ai lavori) sia dal «basso» (acquirenti effettivi), il catalogo dei trasferi-
bili può essere considerato ragionevolmente come uno spaccato attendibile
degli attuali orientamenti e gusti in ambito di lettering. E in particolare, se è
vero che ogni carattere che vi compare è - per il fatto che vi compare -
assimilabile a qualunque altro oggetto prodotto e cornmercializzato, ci pare
legittimo, anzi promettente, trattarne applicando schemi concettuali e catego-
rie emerse in altri settori disciplinari adiacenti (e cioè in quello del design
degli oggetti d'uso). Qualche anno fa tra i designer (i product designer, i dise-
AIJ(~J)I~I~(ìlll,JI'I.•)INOI)(nlsrl'tJV1fXYZ
IZ:Jii5(J711f)O
I
186
187. Dall'alto, il
=tlere Stencil (f) e
tencil di Milton
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J\I~(:I)l:I:GI·1
I,JI{I.MNOI:»Q
I~SilJ"\\'X~(
Z 123.•~5()711c)
O&?!I:$(:) ·ic»~}
187
(
- 206 Piccole sto;ie
188-190. Dall'alto, i
caratteri American Ty-
ABCDEFGHIJK pewriter (h), Pin Ball
(i), Roberta (1)
LMNOPQRSTU
VWXYZabcdef
ghijklmnopqrs
tuvwxyz 12345
678908e?1~~$€Q)
--,.."-,, ..
188
189
(lUICDEf6HIdHLMNOPQRSfIlVUIX\'ZIEIE J
190
gnatori industriali) era emersa una contrapposizione di linea culturale e non
solo culturale: stylists contro designer. Gli uni si definivano «vitali creatori» e
bollavano gli altri come «noiosi razionalisti», gli altri si sentivano «educatori
del gusto» e demonizzavano gli stylists come «cinici formalisti».
Di questo dibattito molto è ormai passé (fra 1'altro lo sfondo socio-
economico nel quale si svolgeva). Ma fra i depositi del dibattito ideologico di
Piccole storie 207
_-_-193. Dall'alto,
- =eri Thalia (n),
- - (o) e Sil-
1lI(n(1Glf133JCJ:
1DDa'PQJSluva;;
XYZabcdefjhijklm
nopqrs,tuv1wxyz l
23456789 OS?!D2$
~~.,-=:.~(( ))--
191
ABCDEFGHIJK
LMNOPQRSTU
UVWXYZ abcde
fghyklmnopqrst
uvwxyz1234567
890 &?!f3~$e.J~
192
MtSeBBEflF6HlcJKbM-NS-pfJ,R-ST-n-V\ftn-----...J
( ~~ '_1~_56_~9_B ~.
193
allora si possono isolare, per la loro praticabilità, alcune considerazioni sul
problema dell'innovazione. Introdurre innovazioni nel processo produttivo è
forse il principale dei compiti affidati agli operatori di tutti i settori della pro-
gettazione. Certo è il più gravoso: la domanda «ma come faccio ad inventare
qualcosa di nuovo?» è per essi tutti un costante autentico cauchemar (per pro-
gettisti è giusto intendere l'area vastissima che va dall'urbanista più impe-
208 Piccole storie
194-195. Dall'alto, i
caratteri Le Golf (p) e
.Ringlet (q)
194
195
Piccole storie 209
_ ~_ i_ Dall'alto, i
- Tip Top (r) e
- -" (5)
IltDEFIlillRtm
nupqlSTUUIDDZ
Ibcd.IghUklmnap
qrstuDliIlUZ IZ315
171IaD?'BESfJ;~«» 196
A4tBeBEEflF(;
HIdKbMNElPQ
R§Tl1VW~YZ
123466V8ssa
D..~-91~S-··-"\I.
DiUl•• 1: CC)) ~ .,
197
210 Piccole storie
gioiello art déco non è mai stato realizzato in plastica, ma «dopo tanti fiorel-
lini» un poco di forme sinuose e squadrate non guasta.
Dunque proviamo a considerare cosa avviene se questa impalcatura con-
cettuale viene usata nel caso dei caratteri tipografici. Va ricordato comunque a
questo proposito che già nella tradizionale terminologia dell' arte tipografica è
presente la distinzione fra caratteri normali (le tre famiglie base: romani, egizi
e bastoni) e caratteri di fantasia. Significativo è già il fatto che nel nostro cata-
logo la proporzione fra le due categorie è tutt' altro che equilibrata a favore
degli ultimi. Certo il caso del Magnetic (a) e del Data (b) è lampante come caso
di trasmigrazione morfologica da un settore all' altro della tecnologia. Nati in
un contesto tecnologico particolare per risolvere (ex novo) un problema con
vincoli particolari (e cioè come caratteri leggibili sia dall' occhio umano che
KbMNOPQRS
~UVWXYZab
c(k6ffjhijkImno
pqpstuvWX!?Zl
23456~890&?
!J)B$ O »«Si;
198
199
Piccole storie 211
ABCDEFGBIJ
XL •• OPQRS
TUVWHYZab
cdefghijklmna
pqrstuvwxyz 1
2a4&8~8SaS?!
BC$IIg;J;- .
201
212 Piccole storie
202
203
Piccolestorie 213
.. li raffronto fra dalla smisurata offerta di caratteri stile Liberty, quasi tutti individuati da nomi
pagina del libro languorosi di donna, con casi che vanno dalla raffinata operazione di filologia
preghiera dell'im-
tipografica alla bieca imitazione caricaturale (l, v).
;eratore Massimiliano
_ vergato a mano da Davvero geniale sarebbe l'uso del Rodeo (w) per la marca e per illettering
Hans Schonsperger di della cucina Old America di cui sopra, e del Roco (y) per l'imballaggio del
~ta nel 1514 (a gioiello art-déco.
'!bistra) ed una pagi-
Di fronte al caso estremo del Magnificat (z), nel quale a un grado di
-" della Bibbia delle
~ righe di Guten-
leggibilità ridotto quasi a zero corrisponde un'ipertrofizzazione fantastica del
.::Eig: il carattere inci- versante connotativo-espressivo, o si resta senza parole oppure viene sponta-
e stampato è quasi neo di paragonarlo - proseguendo il parallelo fra lettere e oggetti d'uso - al
sringuibile da più frenetico dei gadget.
o calligrafico
Concludiamo provvisoriamente qui, con un atteggiamento critico che
però non deve essere scandalizzato. Bisogna ricordare infatti che questi pro-
blemi non sono nuovi. Il carattere tipografico nasce come soluzione tecnica a
minor costo, in concorrenza con la produzione manuale dei copisti. E il carat-
tere della Bibbia di Gutenberg (sperimentatore tecnologico, progettista e im-
2Q
_.
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~d~;7c~Jto~~
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~!~CI~~~C
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annan l naru. "fi.' {'fa n. h l' J' U· 'r.d
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S. F ran,e{co, ,chefluii. cr 0Berui aDII.!/Iogl;e /a,~ro",effll.foll:Jg/i aU
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i ' +. diOuJr, H87.prof<l~ 14parÙ!a{l44, di tornar« 4, vepcr~, E par.
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ni ,~i hJil4Òli'DI!~;,.IÌf, (J!) ••w, 71/ir1tit, no rllgu4g/io aD. bontà di V. S. {II,V'o'N,
IW~ruiti, , & V'la fr~~lio dtl.:MMilo.L",· J . la. confer"i in pace. Di 1\.ama ~/Ji 8.41'
,•••f.JeO.fo. {"!,. i.cbt /e,.rJull.flau"....,; Ollobrc 1$87.
':fof'lJi- j" Gr,ci.,}"
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~el/eu..~1"••. rIWM.r~ 'Di V.S.mJlI1Q Jlluflre,
Stampata in .Torino, & RiChmpata la ~Lup~lfop:rn;.otlìe.(fJ' •• ke/J,eLJif"1-~ flumiJ~'S,Su14ÌJore
~LESSA NDRIA app eil Er I JV'S 114II".G"' •• ,Q1t9_""""(ntI' IIIMtlìc; VjlJCtIIli,flr4IJIICfj.
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u 1 L F l W E.
2~
stato il libro.
Non a caso il primo libro a stampa è stato il libro per eccellenza: la Bib- 205·207. Tre fogli di
bia. Ma accanto all' esigenza di accedere alla cultura, religiosa o scientifica, è un avviso di una sola
sempre stata comunque latente anche quella di essere informati tempestiva- notizia stampato da
Ercole Quinciano in
mente dei fatti più recenti e quindi più direttamente coinvolgenti: battaglie e Alessandria nel 1587
decisioni politiche, curiosità esotiche e eventi meravigliosi.
Quello che noi conosciamo ora confezionato nell' articolato sistema di
convenzioni che sono i quotidiani, i settimanali, i periodici specializzati ecc.
era allora presentato secondo le modalità più disparate: dall' avviso di una sola
notizia, al libello di piccolo formato, al grande foglio stampato da una sola
parte e illustrato. In questa fase il giornale può essere volantino, fascicoletto,
manifesto, o piuttosto le modalità di presentazione delle notizie sono ancora
indeterminate, imprecisate. I modelli sono in formazione.
La grande innovazione costitutiva è la periodicità.
Ai primi del Seicento, gli Avisa Relation in Germania e gli Ordinar Avisa
di Strasburgo, i Corantos in Olanda (dove ancora oggi il giornale si chiama
Krant) e la produzione variegata di Avisos, Passages,Newes, Relations di Natha-
niel Butter ed altri in Inghilterra si assestano, non senza intoppi, come servizio
permanente di notizie. E dal titolo-intestazione comincia a cristallizzarsi la
testata vera e propria. Materialmente, sono fascicoletti che poi rilegati ven-
gono a costituire il libro di notizie dell' anno. E vengono sovente anche ven-
duti in questa forma. E del libro hanno tutte le caratteristiche formali: sono
cioè basati su una gabbia semplicissima e compatta, composta su una, al mas-
simo su due colonne.
Imprenditore e tipografo, giornalista e grafico sono funzioni più o meno
riassunte in una sola persona, che spesso è un personaggio coloratissimo.
Theophraste Renaudot, nella Francia di Richelieu, è un medico pieno di
iniziativa che fonda, anzi si inventa, un bureau d'adresses et rencontres (il proto-
Piccole storie 217
208
tipo dell' agenzia pubblicitaria) ed entra nell' editoria stampando un foglio che
raccoglie le varie inserzioni (1'anticipo della piccola pubblicità). Forte poi del
supporto economico garantito dal suo servizio entra - si direbbe oggi - sul
mercato dei settimanali con la «Gazette». E si procura rapidamente 1'esclu-
siva stroncando sul piano legale la concorrenza tramite un accordo con il car-
dinale, il quale nel periodico vede un supporto alla sua politica. A parte la
graziosa testata, la «Gazette» è involutiva dal punto di vista grafico: una sola
colonna e addirittura una numerazione progressiva delle pagine di numero in
numero. È insomma un libro di notizie a dispense. Qui l'innovazione è sul
versante delle strategie di politica editoriale.
Sempre a più o meno curiosi personaggi dai molti interessi è dovuto in-
vece un sostanziale avvicinamento al modello di giornale che noi conosciamo:
a Londra la «London Gazette» decide di passare a un formato decisamente
218 Piccole storie
Avifa t
nale di Strasburgo,
pubblicato nel 1609
209
grande, e conseguentemente a una presentazione nuova del materiale di infor-
mazione. Interpretare il passaggio alla grande testata che sovrasta un numera
maggiore di colonne corne una pura conseguenza di miglioramenti tecnolo-
gici intervenut-i sarebbe piuttosto miape. Anzi, si può dire che non vi sana
sostanziali e radicali innovazioni tecniche in questa ambita fina all'Ottocento.
È piuttosto il pubblica dei destinatari - il target, si direbbe aggi - ad essere
cambiato. Non è più solo l' «uomo di lettere» a costituire l'acquirente poten-
ziale, ma l' «uomo di monda»:JVteqye-4lta.tor.e.attent~gato di quel ouovo ,
centro vitalissimo della vita sociale che è la bottega del cafkAlla lettura si ~
SOsti uisce il cal o d'occ' la ,ina è un a ~ ~Q.c ·o,$GQ.t;~-
pJ:ima di soffermarsL.
Il passaggio dal settimanale al quotidiano è progressivo. Prima edizioni
bisettimanali, poi trisettimanali. La «Leipziger Zeitung», nata come quoti-
Piccole storie 219
ReLztion stampa-
I Francoforte sul
nel 1626
erOael""f ~.&~cnMftI.c
a.lation.
Q((c&btWcn/134l&
mit ~er~apr"trd)rnI ~tm1tmdrdtfç1)m
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Dnl>auW sn"tlefdDlfc6tn~rm"~DJ"uff"lkn ~~.
t,:t -om ~O .• 4t J.p.ri:I"blp .:ali" D,n ~()It.U ~bl)/ &'6"c.
o"D Wl t~(rl8fn.'l)on ~ìn~lI7un4 Ocr6.cibtc/3lcctcn onD.,o"
lClIJlo:3cnl1l ~tJ,nal ~6Dcnl 31t~'4nOcn6u.r.,
QlùlI~"jI<»'~Cl/.oUoJtt,,~urél:l~III81ecfll .
Dc1t:Z"'8~DCIf:C.
210 .
diano, il primo quotidiano, retrocederà poi a quadrisettimanale per infine tor-
nare ad uscire tutti i giorni e sopravvivere fino agli inizi del Novecento.
Qui, nel frattempo, il problema chiave è divenuto quello dell' afflusso
costante delle notizie e si dice che l'uscita del «Daily Currant» (1702), primo
quotidiano londinese, sia stata resa possibile dall'instaurazione del servizio
postale Dover-Londra che garantiva ogni giorno la tempestività dell'informa-
zione in provenienza dal continente.
Nel 1730 nasce il «Daily Advertiser», che offre quotidianamente un ser-
vizio di annunci alla borghesia mercantile di Londra.
Ma ecco, su questo sfondo ormai sostanzialmente assestato, profilarsi la
figura di un nuovo protagonista dell'innovazione tipografica. John BelI
. (1745-1831) non è solo un pubblicista, è un ingegno pragmatico attivo in
molteplici settori: i suoi interessi per i problemi della grafica sono innegabili,
220 Piccole storie
I
ì1"V01<lltd1 .•bl~ te Ca1\hll.1 Ilorgl.1. au gouver- feres. & 1""" (Ca,Uendk &'lu'. ccrlc oce"ltotl. d. 212. Frontespizio del-
n,0"'''''14u ROl.umc, li l. (H"\,,t'l" de,«h,f~ C.- Un' celefirc lc)<ulne p"'IOUllcp~ìs.
Ièto. pour envcver des geni v"U ~.llinc.l a nnct"'" DI P'.g_ l. J' "'·Ao.il. . la raccolta della prima
U~llt\! '. conl~kr(' quc.: le Turc a ton H.•ld~ ·\lOU:: Il mt1tlnuc: cnccr ,quc 8;,hlc:ncm Glbor cfld.. annata (1631) della
pn::sd..:CorfU,&~Olbt p.Jrt~r(\e~lrlY(,;o Matr'!do *-J clxre Roy ècHollpilC I
&. qF.U:l\"P 11dtnonlculC"*
«Gazctte» di Renau-
J:iU tUcnc~rand~qUJ..n'll;<:dcChnl.iuJlSdcla ••cs- 1 .1t1.<:I1:.an\Uf <iU~'P-C ICQOdc.llorrgnct).c:n noiùc
.1), Y'.'P"~' .-[4#. ]1
C,ml',"'''' qu·.•um GaborI~)'u,cl",c CItPA"} de
dot, pubblicata a Pari-
L·0Jl-.;\~Mil~n~ue le ~1!l:r.l1 A!,n~f:ytl\·~·:q 'l!~'kfJt:1U:S avcc ~1s:_':lqUiJf',mr.e rn1Ì~mmcJ~ 11.roti gi nel 1632 «avec pri-
.....m!OldJ_ q {'<n dì ••h{rOur9,,,!!unl,u~\I1II'<I"_ <-«'ludtk )«<o",[urSc},,,,.rck; 4< 1o! •••••• lonr uilège»
"\'t4ùll\ct. qui <Il nl.l'''''''~flI ~lU<~doçr"",*ìo!' .• "''''''"n 110[1«C.n,p avcc Bcduchcm ~
R,h~~1iII f~' ,rom: ,,$ ,~nl 'lç< Òt<hoi!- !le:! "rive i,y un Cou-ìr dc p~e JOuu.
'ì~")quoy la.lcJ J;fp"I>nu:,f;Qqtrf()Ì' /l".q'1lUI>-
d:nlp""dç[cft~"k",cn.,kfl:>1lr&
Honc\'Angl*rr<.
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ilnchc, P,,,,lka,çll •.••• lh le Du~boppld'l'lrft lJI~ j q •• ! dI pOU3ccrt.un ql'C le R'n dc Denemarck
{y.ia v3.1 de s. ~~;J(l(", tl~ 1"3utrr: (01&
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211 t;~;;;~;""'::':.;~.or,;;'_;"?:~;
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<le Ìannéc 163[.
DE D l'E' A v R. o Y.
A Y E C V'N È P RE F A C E sE RV A ~ T
À fillttlligrn,r ats ,j,oft'J _qui] font (onr~mm.
Ee vne Table alphabetique des matieres,
M, o C. XXXI L
AII(( '1'riujl(~,"
Puxoie 221
~~AZ:E~T:E:
7'
213
214
222 Piccole storie
215
basti dire che farà eseguire dalla grande fonderia di caratteri di Richard Austin
addirittura un carattere tipografico, appunto il BelI Roman. Editore di libri,
periodici, giornali svilupperà innovazioni tecnologiche perfino nel campo de-
gli inchiostri da stampa. Ma il suo vero grande apporto sarà una rivoluzionaria
concezione della tipografia, o meglio del display tipografico. BelI ha alle spalle
una lunga esperienza nell' editoria popolare. Si pensi che per facilitare la leggi-
bilità aveva eliminato, in una famosa edizione delle opere di Shakespeare, la
esse lunga, facilmente confondibile con la lettera effe. E i suoi progetti grafico-
editoriali, del «Morning Post» (fondato nel 1772 e sopravvissuto fino al 1937)
e soprattutto di «The World» (1787), partono dal presupposto che, poiché il
giornale viene letto velocemente, l'unità di lettura è il paragrafo. Da qui la
rottura della solida compattezza della composizione con titoli e sottotitoli e
una sottile manipolazione degli spazi di interlineatura.
L
Piccole storie 223
frMl.thcPni,Gum~DattdloUt.ll. '701.
216
217
==
Piccolestorie 225
«The Times», di
)ohn Walters, pubbli-
.- o a Londra il l°
sennaio 1788. L'asset-
(testata che sovra-
quattro colonne
::.eo organizzate in pa-
;:;grafi) configura il
ello di giornale
~. diano in voga
~ rutto il secolo
218
[Pnee Thrcc:pcnct.,)
J:; j il 0'~ q Il <t •.• .R e. ·~.tnWl(l. ~bt4:r\f,I\Ol"'I. (:~\I!nt.Q>ilOln.
11, "A Il. T I C\,;,- A Il [) E !> r t F.. " 'I ~~,t':.y ••••t. 1'-""'7 J •• }U.
T'q I t ~ t t'I Il C,
W'lL Il ~~rH"TlD , ••~ n •.o
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Piccolestorie 227
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228 Piccole storie
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222
Piccole storie 229
l~~~~·~L~lJ!
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223
230 Piccole storie
224. Il «Daily
Sketch» di Londra
del 5 gennaio 1915
. DAILY SKETCH.
GUAftAHTeeO DAILV HeTT SALe l'Ioft.e THAH 1,000.000 COr"es.
LONDON. SA'TUBDAY. JANUARY s, 1915.
224
zate, ma soprattutto l'introduzione di testatine ternatiche). La differenzia-
zione fra le parti non si realizza però soltanto attraverso questi artifici segnale-
tici espliciti, esterni e sistematici: si concretizza anche tramite lo svilupparsi di
trattamenti specifici dell'impaginazione e della presentazione iconografica,
sovente mutuata dalle modalità di arrangiamento é trattamento grafico venu-
tesi caratterizzando come tipiche dei periodici specializzati (di moda, sport,
cultura ecc.).
_h
Piccole storie 231
Per rendersi conto di quale possa essere il rapporto fra granca e conte-
nuto basta pensare a quanto succede in grafologia. Il grafologo, osservando
l'aspetto del manoscritto (il ductus, la forma delle lettere, la loro inclinazione,
la loro posizione relativa, l'andamento ascendente o discendente delle righe
di scrittura ecc.), trae alcune conclusioni sulla persona che l'ha scritto. È in
grado di stimarne con qualche sicurezza la professione, con ragionevole cer-
tezza alcuni tratti del carattere, con notevole precisione il grado di coordina-
mento muscolare e percettivo.
Qualcosa di simile vale per il dattiloscritto. L'impaginazione di una let-
tera commerciale deve essere chiara e precisa, come afferma Alfredo 'Iombo-
lini. «primatista mondiale di dattilografia dal 1910», lascia infatti capire a
colpo d'occhio se lo scrivente ha le idee chiare o confuse. L'idea è che il grafico
usi intenzionalmente questi indizi.
Aaron Burns, uno dei massimi esperti di lettering di tutti i tempi, mostra
come esempio di «ottimo disegno tipografico» un titolo di testa per una tra-
smissione della grande CBS Televison di New York, Private secretary, che im-
piega appunto. gli errori di battitura di un'ipotetica segretaria per anticipare il
contenuto del telefilm.
Ma anche direttamente, attraverso il servizio prestato al lettore, attra-
verso la capacità di farlo leggere bene, di fargli capire senza fatica il contenuto, _
si ottiene l'effetto di fargli trarre delle conclusioni positive sul contenuto
stesso e sull'ernittenza. Anzi, in qualche modo, una buona impaginazione pro-
mette un buon contenuto.
Strumento e merce
Fonti informative
~
I (testi)
I Impaginazione
".
Redazione
Fonti illustrative
(foto, disegni,
schemi)
.. e Grafica
Stampa
Archivio delle
fonti illustrative
t Prodotto finito
225
225. Nello schema, le polazione dei contenuti altrettanto responsabile. Chiunque sia stato in una
:Esi di lavorazione del redazione di giornale conosce l'appuntamento della «confezione della prima
giornale pagina». In quei momenti, il direttore e il caporedattore che si danno tanta
pena, e tante pene infliggono a tecnici e tipografi con infiniti ripensamenti e
riequilibrature di spazi, corpi, giustezze, stanno praticando la disciplina della
grafica. E per loro la formulazione è diventata tutt'uno con la presenta-
zione.
Parlando del direttore e del capo redattore come grafici si sarebbe do-
vuta fare una precisazione: la prima pagina da loro confezionata ogni gior-
no è quello che si definisce un risultato produttivo «di contingenza». Ma
l'aspetto di un giornale è prima di tutto determinato da un lavoro «di strut-
tura» che lo precede. E cioè dalla progettazione del sistema grafico che vale
per tutti i numeri.
Il compito del progettista (del visual designer) è quello di concepire e di
disegnare un sistema, che deve essere sufficientemente semplice e profilato
per essere una presenza individuale e distinguibile dalla concorrenza, ma an-
che sufficientemente elastico ed adattabile, cioè complesso, per accogliere le
infinite «contingenze» di tutti i giorni. Ma questo non può avvenire in totale
stato di libertà di scelte creative: dall' editore il designer riceve il progetto
editoriale, completo dei vincoli rappresentati dalla situazione tecnologica e
produttiva disponibile ..Si può far un giornale molto diverso a seconda che la
situazione"tecnologica sia ancora elettromeccanica o già elettronica, e a se-
conda della struttura e delle competenze della redazione, per esempio a se-
conda della presenza o meno di «redattori grafici», come li chiamava Albe
Steiner,
234 Piccole storie
Mappa e lettura
Se, dal punto di vista di chi lo fa, il giornale può essere inteso come
un'esecuzione musicale, per chi lo legge esso è invece, oltre che un agglome-
rato di notizie da consumare, la mappa che mette in grado di farlo, che con-
sente cioè al lettore di orientarsi al suo interno e di «recarsi» là dove c'è ciò che
interessa. Il giornale è un insieme di segnaletiche e di indicatori, organizzati
come un sistema di scatole cinesi.
:oria
~
elio
227
Procedimento come avviene in «il Manifesto» di Trevisani, nella parte superiore della prima
_ ~ su una gab-
pagina) il sommario dei titoli principali.
'"'= econelemen-
_ ':;,' le progressive Scendendo ulteriormente a livelli di sempre minore «provocazione gra-
- Ci ricerca e la so- fica», si incontra poi la soluzione «giornale murale», che affigge una sorta di
accettata. Ha- riassunto dell'intero giornale: titoli ed inizi degli articoli principali di tutte le
- Evans elabora sezioni, come succede con «il Messaggero».
prima pagina
cSunday Times.
E infine, c'è l'astensione da ogni forma di strategia seduttiva, che come
=-_1 ottobre 1969 ben si sa è una delle più praticate forme di seduzione: si pensi al trucco «acqua
=:-, A confronto, le e sapone». Cioè la prima pagina pura e semplice che non allude all'interno:
pagine di «la vedi ad esempio il «Corriere della Sera». In generale, una prima pagina
lica» e del
mossa, variabile, diversificata di giorno in giorno, presuppone la concorrenza
'ere della Sera»;
le differenti se- e la cattura di un acquirente che è sempre potenziale. Una prima pagina co-
·=~icb,e interne dei stante, stabile, tranquilla, si riferisce invece a un lettore abituale e fedele, sen-
tidiani sibile alle minime variazioni.
;, Pubblicato per la prima volta in G, 1980 (catalogo della mostra omonima tenutasi
Basilico, G. Morpurgo, 1. Zannier (a cura di), alla Galleria d'arte moderna, Bologna 1980).
Fotografia e immagine.dell'architettura, Bologna
238 Piccole storie
228b
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... SAGGISTI~A I~~UST~TA "'_\
l>itllmlir
., \ltlucn
..
re che sostituiscono
alcune parole di esso un\l I~l ~~ W\l,\}t~'
\i1\~"-,,ctl\,1t>,\I'U11I WJ!lf/t;
.liif ~é.l"
li,\!'
r;;nc '":>ìl'l'li~ìlrftt ~rdU1 fau.
229
Qui la presenza di documenti raffigurati (in particolare la pagina tratta
dai Sittensprucbe di Jesus Sirach, cioè di uno dei prototipi di Rebusbùcber) è
davvero producente. L'occhio che scorre lungo le righe di testo e inciampa
nelle figurette oggettuali o allegoriche che sostituiscono tutte le parole che si
lasciano sostituire, conferma la sottile intuizione di Benjamin: questi libri con-
sentono al bambino di ripercorrere sinteticamente (potremmo dire ontogene-
ticamente) il percorso dal visivo al verbale tipico della filogenesi, o meglio del
progressivo passaggio storico da una notazione geroglifico-ideogrammatica
alla notazione fonematica.
Ma consente anche di percepire, o piuttosto produce, il manifestarsi dei
misteriosi nessi fra visivo e verbale nel campo dell'inconscio. Sinotticamente
(in contrapposizione alla linearità della lettura) la pagina è anche un brulicare
dJ,figure, un campo di possibili incontri fra ombrelli e macchine da cucire su
tavoli anatomici. E questo viene portato alle estreme conseguenze dalle pano-
plie di' oggetti degli alfabeti figurati che obbediscono al più arbitrario dei
programmi: 1'ordine alfabetico.
Il brevissimo saggio «Dienstmadchenrornane des vorigenJahrhunderts»
(Romanzi per servette del secolo scorso) si conclude con la formidabile frase:
«Non dimentichiamo che il libro alle origini è stato un oggetto d'uso, anzi un
prodotto di consumo alimentare [Lebensmittel!J. Questi [i romanzi per ser-
vette] sono stati digeriti. Studiamo su di essi la chimica alimentare del ro-
manzo!» Una frase che può essere considerata il punto di partenza e di base
244 Piccole storie
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Vft'~••,,:I•• n,•. T"'PI"n S...hlit. t".,~M' O•.•.rJ~bt.r Hor K.W,,01 I.dea K••• in"
230
230, Una pagina, de- Ma quello che lascia letteralmente senza fiato è l'esempio di tabella pratica,
dicata all' ordinamento
dedicata alla casa, suddivisa in componenti strutturali, costruttive e funzio-
della casa, dal libro
del consigliere reale nali, a loro volta ciascuna suddivisa in triadi di materiali, principi costruttivi,
Schmidt Leben und tipologie di attività.
Wissenschaft in Ihren Soprattutto (in qualche modo) terrificante è la somiglianza, purtroppo
Elementen und Gesetzen
non soltanto formale, con tanti trees così diffusi nella letteratura progettuale
di oggi.
Forse la cosa è soltanto apparentemente così strana: non si può infatti
fare a meno di ricordare la stretta somiglianza fra certa raffigurazione proget-
tuale (il cosiddetto rendering) e certa illustrazione di fantasia (ad esempio di
science-fiction). Di fatto, si tratta in entrambi i casi di raffigurazioni di oggetti
inesistenti. O meglio, non ancora esistenti per il disegno progettuale, e solo
possibilmente esistenti nel disegno di fantasia.
E di nuovo nel senso delle parentele fra utopia e delirio va forse vista
anche la tabella degli emolumenti previsti per «cittadini e signori» di un at-
teso «Stato Universale Planetario», redatta con diligente immaginazione giu-
ridica da un 'anonimo studioso di Brno. L'ammontare degli stipendi cresce,
per i cittadini, col crescere del grado di istruzione raggiunto, a partire da un
minimo di 1.000 per i servitori evidentemente non scolarizzati, passando per
le 3.000 corone per i cittadini con la maturità, e su su, fino ai re, (10.000
corone «in via eccezionale»), visti come i massimi borghesi. Mentre per i si-
gnori gli assegni decrescono da un massimo di 6.000 corone fino a un minimo
di 1.000 per i «santi in servizio attivo». Per l'imperatore zero corone. Benja-
min parla in questo caso della «più innocua delle follie», ma non sarebbe forse
il caso di ravvisare qui gli indizi di un atteggiamento punitivo di un cittadino
(di un borghese) nei confronti dei sIgnori (della nobiltà)? La sensazione di
«buffo» qui non è forse simile a quella che si ha vedendo cadere nella scolla-
tura della signora pomposa il gelato di Charlot?
E infine, dulcis in fundo, un altro medico, il dottor Carl Gehrmann di
Berlino, colla pubblicazione in tre tomi dell' opera Korper. Gehirn, Seele, Gott
246 Piccole storie
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231
Piccole storie 247
r~
- -- - - ---------~ I
\GRAFICA E CIRCOSTANZE: \
'iTRE LIBRI E INFINITI CRITERI*
~---------
Esiste un tipo di lettore di saggi che per prima cosa va a leggersi tutte le
note (in fondo o a piè di pagina) e solo dopo legge il testo.
Questa, che potremmo chiamare una perversione ricettiva, è in realtà un
modo per disporre in anticipo dei punti di riferimento (dei nodi) di quella
curva più o meno spezzata che è il testo. Così da trasformare la lettura in un
confronto fra profilo del testo vero e proprio e profilo del testo che avrebbe
potuto stendere il lettore. Che poi è quello che costituisce sempre e sostanzial-
mente il senso di ogni lettura.
Un tipo di testo (di libro) che si offre con ostentazione esibizionistica a
questo tipo di perversione è il libro illustrato. E 1'equazione un poco forzata
illustrazioni = note è ovviamente accettabile con minore disagio quando non
si tratti di libri decorati da illustrazioni ma di libri dove le illustrazioni eserci-
tano un ruolo nodale e emergente.
Il caso poi di libri che manifestamente si sono costruiti intorno alla docu-
mentazione illustrativa trascende addirittura il modello note = illustrazioni e
toglie alla modalità di ricezione che va a guardare prima le illustrazioni, e
come esse sono organizzate, e poi legge il testo, ogni traccia di perversione.
Questo è il caso di alcuni libri riccamente illustrati sui quali intendiamo com-
piere la nostra riflessione. E sono fortemente illustrati perché tutti si occu-
pano, secondo prospettive diverse ma affini, di un'unica classe di oggetti: gli
artefatti a funzione comunicativa. Si occupano insomma, in prima istanza, non
tanto di idee, concetti, quanto di oggetti materiali. E non di oggetti materiali
in generale, ma di quel particolare tipo di oggetti prodotti materialmente da-
gli uomini per entrare in comunicazione con altri uomini. Ma non basta: gli
artefatti comunicativi presi in esame non sono nemmeno la totalità degli ar-
tefatti comunicativi, ma soltanto quegli artefatti che si indirizzano, certo
prevalentemente, a una particolare facoltà ricettiva e cioè l'organo di senso
della vista.
È dunque perfettamente ragionevole e adeguato che si tratti di libri fon-
damentalmente costituiti da illustrazioni.
Non ci occuperemo qui però dei motivi che hanno spinto, né dei criteri
che hanno guidato i vari saggisti nel trascegliere e nell'indicare questo o quel-
1'artefatto rispetto al mare o meglio all'universo degli artefatti comunicativi
visivi. Non ci preoccuperemo se si sia trattato di una documentazione ad boe o
di un rilievo aderente, di una collezione idiosincrasiaca o di una campionatura
Nel caso della Geschichte der visuellen Kommunikation [Storia della co-
municazione visiva] di Josef Muller-Brockmann, il criterio base, che serve a
dare un ordine al materiale documentale, è - ed è implicito nell'intenzione
espressa dal titolo - quello storico, anzi cronologico. La scansione organiz-
zativa è quella di una periodizzazione in qualche modo esterna al materia-
le: le grandi epoche (preistoria, antichità, Medioevo, Età moderna, Età con-
temporanea). E lo svolgersi delle pagine del libro esercita 111 funzione del me-
tronomo.
È, naturalmente, significativo segnalare che, già di fronte al caso delle
origini (1'antichità), il criterio puramente cronologico si mostra insufficiente, e
subito la dimensione geopolitica emerge a rendere meno tranquillizzante l'im-
magine di un flusso unitario del vivere associato dell'uomo e della sfera di
artefatti comunicativi che lo accompagna.
Per cui, le illustrazioni relative ai vari bacini culturali, alle varie civiltà
(dall'assira alla romana, dalla cinese all'islamica), se pur costrette material-
a
mente organizzarsi in sequenza monodimensionale, vanno concepite come
iscritte in spezzoni di sequenze i cui inizi e ie cui fini si sovrappqngono.
È con il Medioevo e l'Età moderna (in quest'ultima la quantità crescente
del materiale specifico disponibile costringe a una periodizzazione più fitta:
per secoli), e infine con l'Ottocento (ulteriormente scandito in inizio e fine
secolo: c'è stata di mezzo la rivoluzione industriale) che l'unitarietà concet-
tuale del flusso si instaura, si costituisce, si stabilizza nell'unicità della storia
.occidentale.
Ma già con l'inizio del XX secolo I'unitarietà cronologica non regge più e
nella storia per documenti delle comunicazioni visive irrompono ideologie
parallele, movimenti convergenti e concorrenti, sovrapposizioni e confronti.
Nozioni come futurismo, dadaismo, costruttivisrno, de Stijl, Mechano-Faktur
e Bauhaus si conquistano il diritto a un capitoletto ciascuno.
Lo storico introduce poi qui un'ulteriore distinzione fra il piano dell'in-
tervento culturale e della proposta innovativa da un lato, e dall'altro il piano
della professionalità. L'idea di flusso unitario viene qui brevemente riattivata
per dar conto della produzione grafica per usi pratici e commerciali (con una
scansione decennale: pionieri degli anni venti, pionieri degli anni trenta). Ma
di nuovo non regge più, perché, anche sul piano professionale, Muller-
Brockmann individua una storia di doppia tradizione parallela: la grafica illu-
strativa e le comunicazioni visive oggettive (1'intraducibile sachlich). Una di-
stinzione che viene mantenuta fino all'attualità, e che intreccia l'approccio
constatativo dello storiéo all'atteggiamento propositivo del protagonista. Più
esplicitamente: Muller-Brockmann è un esponente (e non dei meno presti-
giosi) della scuola grafica svizzera, che ha fatto del termine sachlich una ban-
diera, e nel suo sottolineare le diversità fra le modalità operative delle due
250 Piccole storie
I
L
Piccole storie 251
sione sul rapporto fra illustrazione e verbalità, cioè proprio della casistica ab-
bozzata: il verbale incastrato nell'illustrazione, sovrapposto ad essa, il verbale
come referente, l'illustrazione come freno alla polisemia del verbale ecc. Una
casistica che sviluppa un accenno interessantissimo di Quintavalle a proposito
di Chéret e Lautrec.1
Mentre ci interessa invece direttamente la brillante notazione che loca-
lizza l'area propria dell'illustrazione nel no man' s land fra disegno progettativo
e arte di ricerca, in quanto legittima l'uso, che abbiamo visto fare da parte di
Chiggio, di termini provenienti dalla critica artistica o dall' autoterminologia
dei movimenti artistici.
E infine il testo della Pallottino parte con un taglio informativo (sulla
situazione internazionale e sulle carenze di quella italiana) e con un tono volu-
tamente dimesso. Il titolo «Note di una illustratrice» è un indice esplicito di
questo understatement. E di understatement è proprio il caso di parlare in
quanto, nel suo caso, oltre che di una illustratrice si tratta anche forse della
studiosa di questo tipo di materiali, cosiddetti minori, metodologicamente più
rigorosa, più attenta e appassionata, oltre che certamente più documentata."
Comunque, il ruolo dichiarato di illustratrice praticante conferisce una note- .
vole sicurezza, aderenza e trasparenza alla categorizzazione proposta; in
primo luogo una suddivisione secondo il criterio della modalità di cornrnit-
tenza: committenza diretta (direttamente dal mercato editoriale) e commit-
tenza indiretta (con la mediazione e il filtro dell'agenzia pubblicitaria).
Il secondo criterio è quello delle tecniche di produzione dell'immagine
(nel senso molto specifico e materiale della strumentazione tecnica utilizzata)
viste nei loro nessi con le tecnologie riproduttive (di stampa).
Il terzo criterio è quello della tipologia dei contenuti. A un primo livello,
una distinzione per grandi aree (illustrazione scientifica e illustrazione di fan-
tasia). Poi l'illustrazione scientifica che si articola in un ventaglio che va dal
rendering ipericonico alla visualizzazione estraente.' Il tutto saldamente messo
in connessione con la sua funzione principale sul versante deidestinatari, e
cioè quella didattica. L'illustrazione di fantasia viene suddivisa in: tradizione
verista, legata alla narrativa classica e d'azione, elaborazione simbolico-
fantastica, legata all'editoria per la prima età, e trattamento comico caricaturale
legato alla humour Presse. Anche qui, da notare come la concezione delle mo-
dalità presentativo-narrative, attraverso il saldo ancoraggio alle particolarità
della struttura produttivo-distributiva, dia chiare indicazioni anche sul desti-
natario tipo. Come non richiamarsi alle indicazioni di Benjamin nel saggio su
Fuchs? «La considerazione della tecnica riproduttiva permette di capire,
come nessun altro campo di indagine, l'irnportanza decisiva della ricezione.
[...] Lo studio dell'arte di massa porta a una revisione del concetto di genio;
rispetto all'ispirazione che concorre al divenire dell' opera d'arte, esso suggerì- .
sce di non trascurare il momento dell'esecuzione, che sola le permette di di-
1 Vedi A. C. Quìntavalle, Pubblicità: sto- } Si noti come per vie del tutto diverse la
ria, sistemi, modelli, Feltrinelli, Milano 1979. , Pallottino sia pervenuta a una concezione non
2 Vedi P. Pallottino, «illustrazione», in molto distante da quella esposta da A. A. Mo-
Nuove conoscenze e prospettive del mondo del- les, Teoria injormazionale dello schema, «VS»,
l'arte, Enciclopedia Universale dell' Arte, Ro- n.2 (marzo), 1972.
ma, Aggiornament~
256 Bibliografia
4 W. Benjamin, «Eduard Fuchs: il colle- ca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, To-
: zionista.e lo storico», in L'opera d'arte nell' epo- rino 1974, p. 94.
l
",-----I.! _
Bibliografia 257
manda che cosa è un segno), fino alla casistica tabellare di Eco (orientata a
rispondere alla domanda come vengono producendosi i segni), il presupposto,
del tutto esplicito, anzi indispensabile, alla fondazione disciplinare è, nei con-
fronti degli artefatti materiali, quello di considerarli deil1P~
L'altra strada è quella che vede invece gli artefatti comunicativi come
membri della classe più generale degli arte fatti tout court. E che considera
quindi la comunicatività come una fra le tante funzioni possibili, cioè come un
tratto distintivo, appunto come un criterio.
È una strada non molto battuta, o meglio solo parzialmente e marginal-
mente percorsa.
Non vi è stato ancora un Linneo paziente che si sia prodigato nella pro-
duzione di una nomenclatura degli artefatti comunicativi, secondo genere,
specie ecc. Eppure, per spezzoni e settori, questo si verifica e si è verificato.
Valga per tutti l'esempio dei caratteri tipografici. O addirittura il fatto che
qualunque progettista grafico, per poco sistematico che sia, all'interno della
sua pratica professionale (ad esempio nella fase di programmazione, di defini-
zione del compito progettuale), elabora tassonomie parziali. Purtroppo, per
ovvi motivi, la letteratura progettuale è un settore teorico e disciplinare te-
nuto gelosamente nascosto e occultato.
E neppure vi è stato un Lamarck, o una teoria ambientalistica degli arte-
fatti comunicativi. Eppure, fenomeni di atrofia, distrofia, ipertrofizzazione di
organi, parti o componenti a seconda dello sviluppo o della contrazione del-
l'uso (mercato e/o destinatari) sono appariscenti e constatabili da parte di
chiunque abbia un minimo di frequentazione storica di. questo tipo di pro-
dotti. Un esempio: il titolo degli Avisa che si consolida e si cristallizza nella
testata dei primi periodici. O la sparizione dai manifesti delle lunghe parti
testuali, con il manifestarsi di una ricezione distratta nella grande città.
E tantomeno vi è stato un Darwin, o una teoria evoluzionistica, che co-
struisse un albero filogenetico degli artefatti comunicativi. Eppure la tecnolo-
gia come fattore mutazionale e di nuovo il mercato e la risposta dei destinatari
come fattori selettivi configurano un'ipotesi che è certo qualcosa di più di una
metafora.
Forse la constatazione di queste assenze può essere assunta come un'indi-
cazione programmatica.
Certo, uno schizzo sommario come questo si offre senza protezione a
un'infinità di obbiezioni. Vorremmo rispondere a una sola fra quelle che pos-
sono venire in mente, ed è quella che consisterebbe nel rilevare l'impossibilità
di trattare e comunque di afferrare, da un punto di vista come questo, tutta
una serie di fenomeni individuati da termini come evento comunicativo o situa-
zione comunicativa. In proposito (a parte l'ovvio richiamoall'interdisciplina-
rità, e cioè al fatto che un approccio di questo tipo non si potrebbe mai permet-
tere di porsi come alternativo alla semiotica o alle teorie della comunica-
zione), varrebbe comunque la pena di segnalare che è piuttosto difficile rinve-
nire nel mondo sensibile una situazione comunicativa che non si appoggi
sopra un'attrezzatura (almeno una dotazione naturale). Ma a questo punto
conviene fermarsi, perché implicita in questa ultima affermazione è tutta una
potenziale teoria protetica degli artefatti comunicativi.
Prendiamo anche questo come programma.
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I seguenti testi sono di corredo bibliografico ai leries, d'auberges et de cabaret, s.e., Genève
capitoli «Grafica», «Manifesto», «Pubblicità» 1879.
e «La parete contesa: il manifesto in azione» G. Bocca, I manifesti italiani fra Belle-époque
e fascismo, F.lli Fabbri, Milano 1971.
AA. VV., L'affissione in Italia, Impresa gene- G. Bonsiepe, Teoria e pratica del disegno indu-
rale d'affissioni e pubblicità, Milano 1922. striale, Feltrinelli, Milano 1975.
AA. VV., Grafica - Dal manifesto storico alla M. Constantin, A.M. Fern, World and Image,
produzione di avanguardia, Edizioni Ente The Museum of Modern Art, New York
Premi, Roma 1967. 1968.
AA.VV., La créativité en noir et blanc, Nou- P. Datz, Histoire de la Publicité,]. Rotschild,
velles Editions Polaires, Paris 1973. Paris 1894.
AA.VV., L'altra Grafica, Bompiani, Milano M. De Micheli, Manifesti rivoluzionari, Mila-
1973. no 1975.
AA. VV., Majakovskij, Meierchol' d, Stanis- V. De Mendez, La campagne de publicité, SPIE,
lavskij, Electa, Milano 1974. Paris 1945.
AA. VV., Manifesti della rivoluzione russa A. Demeure de Beaumont, L'affiche illustrée,
260 Bibliografia
!
-------------
Bibliografia 261
F.M. Ricci, C. Ferrari (a cura di), Top Symbols B. Rosen, Type and Typography, Reinhold,
of the World, 7 voll., Decopress, Milano New York 1963.
1973.
F.H. Wills, Schrift und Zeichen der V olleer von
der Urzeit bis Heute, Diisseldorf-Wien La seguente bibliografia si riferisce ai capitoli
1977. «La grafica dei giornali: origini e sviluppi» e
«Fotografia impaginata»
( Pasqui, S. 151n.
Pateson, D.C. 70n.
Rodari, G. 66n.
Rodèenko, A.M. 85, 95
Paxton 155 Rogge, H. 199n.
Peckclyde 193 Rossi, A 127
Peignet, J. 69n., 70n. RQ§g,f, 26_n.
PeircevCh. S.21, 59, 60, 256 Rossi Landi, P. 13n., 16, 29
Pellitteri, G. 128 Rostand, J. 28n.
Penfield, E. 95, 126 Ruder, E. 85
Penso, G. 60n. Rudin, N. 196
Persico, E. 155, 156 Ruesch, J. 162 e n.
Pesez, R. 17 Ruysch, J. 46n.
Petrucci, A. 127 e n., 158 e n.
Petrus de Montagnana 46n. Salinari, C. 17n.
Piea, A 128n., 155 e n. Salmony, A 171n.
Pignotti, L. 66n. Sambonet, R. 86
Pik, p. 86 Sameck-Ludovici, S. 83n.
Piludu, G. 157 Sanna, G. 22n.
Pintori, G. 87, 96, 128, 150, 151 Sant'Elia, A 124
Piranesi, G.B. 247 Saroglia, P. 194
Platone 45n. Sartre, J.-P. 161n.
Plessi, G. 169n. Sassi, C. 83n., 159
Plinio il vecchio 37 Saussure, P. de 13, 76
Pollini, M. 87, 150 Savage, J.M. 25n., 26, 28, 74n.
Ponti, G. 155 Savinio, A. 39
Pozzati, S. v. Sepo Schawinsky, X. 149, 150
Pride, J. 95 Schmidt, A 22n.
Priestley, G.B. 46n. Schmidt, C.P.A 244
Provinciali, M. 86, 152, 155 Schmidt, J. 85
Proust, M. 161n. Schmittel, W. 175
Schober, H. 31n.
Quaini, M. 17 Schramm, P.E. 171n.
Quincey, Th. de 161n. Schreber, O. 244
Quintavalle, AC. 35n., 125n., 232, 255 Schwitters, K. 85
Scorsone, J. 70 e n.
Rand, P. 152, 190, 199 Seguela, J. 92
Ranson, Ph. 46n. Seligmann, K. 45n., 59n.
Rasberry, L. 78n. Sepo (Pozzati, S.) 96
Rathenau, famiglia 198 Sereni, V. 151
Ratta, C. 125 e n. Sewell, J. 86
Ray, M. 85, 86 Shakespeare, W. 222
Read, sir H. 40 Shannon, P. 174
Reeves, R. 91 Shapira, N. 161n., 175n.
Reiner, 1. 149 Shu 45
Renaudot, Th. 89, 216 Shun 39
Reynolds, L. 70n. Siegelmassi, M. 65n.
Ricas 149 Sightoff, A W. 70n.
Ricci, P.M. 80n. Siné 193
Riccini, G. 19n. Sinisgalli, L. 151
Richelieu, du Plessis A-J. de 84, 2'16 Sirach, J. 243
Ricius, P. 59n. Sjoberg, G. 18n.
Ries 91 Skelton, R.A. 46n.
Rhine, J.-B. 15 Sloan, J. 94
Rock, R. 65n. Sottsass, E. 155
l
270 Indice dei nomi
Finito di stampare
presso la tipo litografia
Press 80 - Firenze-
nel mese di novembre 1988
-,
I
I
I
I
Monogrammi e figure torna, in edizione riveduta ed ampliata, a
soddisfare la richiesta el<tlpubblico, dO];?011successo decretato alla
__primaedizione, in bseve eempe esaurita. li il primo libro di autore ita-
liano che abbia-contribuito" al vigoroso processo fondativo che sta inte-
-,"ressando la grafica e la sta collocando a tutti gli effetti mel cuore del
sistema delle arti dell' attualità;
A partire dal suo configurarsi originario come attività di scrittura e
di rarmgmazione, e dopo avere più di recente assunto il carattere e il
ruolo di una professionalità progettuale, la grafica si sta consolidando
ora, nel quadro della civiltà della comunicazione, come disciplina do-
- tata di autonomi interessi teorici, storici e pratici.
Intrecciandosi e talvolta conseapponendosi ad approcci di taglio
interpretativo (cioè -dì prospettiva storico-artistica e semielogtca), 'ma
soprattutto facendo riferimento diretto ad un notevole materialedocu-
mentario ed illustrativo, il saggio introduttivo (che parte da lllm disegno, "-
Lit.30.000
- ':: ==-