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CAP. III
LE LAMENTATRICI FUNEBRI pni;.53

l La ricorca sul campo poi;.53


2.Chi ereno la prefich poa-.57
3.Le funzion simbolice la funz1on protico. png.60
4.Analisi doi dati pt· s nli n 11 fo11li scrittu. vns.G5

SECONOA PARTE.
CAP. IV
FONT! SCRITTE CON TEST! DI L AMENTl FUNEBfil.

1 "t::ARQtHE Q TA ATQ n ll lntlt'rnturn n JaC"llnt· t


S.!:!H,2=9trao!inn" di Mori o Cossoni. Pl\ • 7 1
2. "ll., fAQ� __ ESI�IQ tlf!;, FO!.1<!.,ORf tQPOl,ARI� � !,F, llt'JO: 1
fU6EBRl" di Eltoro V rnolo. pog. 7 3
3 "!...A fQfSl� fOfQL�RE t!E!,, SHEtlTO" di lr n M.
Malecor pnir.80
4. Conclusioni. poa.811
CAP. V
FONT! DISCOGRAFICHE CONTENENTI LAMENT! FUNEBRI. pag.87

1. Accademia Nazionale di S.Cecilia. pag.87


2. Collana discografica ALBATROS. pag.100

CAP. VI
TEST! DI LAMENT! FUNEBRI RACCOLTI SUL CAMPO. pag. 105

l. Rcgistrazione avvenuta a Galatina il 16 dicembre


1990. pag. 105
2. Registrazioni avvenute 1'1 e il 2 novembre 1991 a
Mesagne e a Manduria. pag.106
3. Registrazione avvenuta il 3 gennaio 1992 a
Mesagne. pag.114
4. Conclusioni. pag. 121

APPENDICE ICONOGRAFIC9 pag.124

BIBLIOGRAFIA pag.151


5

INTRODUZIONE

Il presente lavoro nasce da una personle esigenza di

approfindire in modo scientifico le tradizioni popolari del

mondo femmin ile del Salento, luogo di cui sono originaria.

La mia famigl ia infatti vive a Mesagne e da sempre ho avuto

continui contatti con la gente del Salento.

Non avevo mui analizzato i modi di pensare e di agire

della gente salentina in maniera scientifica in una

prospettiva di tipo antropologico prima di avviare la

ricerca per la mia tesi di laurea in etnomusicologia.

Ho iniziato la mia ricerca sul campo nel Salento con

l'intento di raccogliere del materiale etnografico e

musicale del mondo femminile salentino: ho raccolto

filastrocche, ninne-nanne, racconti, canti di campagna,

nenie.

Il mio interesse cresceva e si definiva man mano che

proseguivo nella ricerca sul campo: mi attraevano sempre

di piu i racconti su cui incombeva un indefinito mistero,

dei quali la gente esitava a parlare quasi frenata da un

senso di timore: e il caso di racconti sulle anime sante e

spiriti di morti.

.Ho indirizzato quindi la ricerca nello studio dei riti

funebri e delle credenze sul mondo dei morti, ed ho

approfondito in modo particolare lo studio sul pianto

rituale e sul ruolo femminile nella lamentazione.


6

Ho diviso il prcsente lavoro in due parti. Nella prima,

dopo un capitolo introd uttivo sull'area geografica c

sull'approccio alla ricerca, doscrivo il processo rituale

funebre nel Salento, rispettandone la sequenza reale dei

var i momenti.

Il terzo capitolo sulle lamentarici funebri, quello che

prelude a tutta la seconds parte incentrata proprio sui

"lamenti" e sul pianto rituale. Ho prestato una

particolare attenzione alla funzione sociale del pianto

rituale inteso come un momento in cui si crea uni one e

solidarieta tra la famiglia e la societa in seguito allo

shock dells perdita.

Nella seconda parte riporto la documentazione dei

lamenti, nei testi e nella musica, quando o possibile, sia

recuperati da fonti letterario e discografiche, sia

raccolti dall'orali'linella ricerca sul campo.

Riuscire a documentare il "pianto", come il resto dei

riti, nel momento del 1·cale compimonto � stato praticamente

impossibile. Anche trovare in formatori in grado di

riprodurre in simulazione il "pianto" e stato estromamente

difficile, pertanto colgo l'occasione per ringraziare lo


persone che hanno contribuito alla documontazione del
presentc lavoro.
9

sola P ugl1'a central e, questo nome scomparve


ma anche
dall'uso e venne sostituito dal termine Apulia, impostosi

durante l'eta romana.

1 Salentini abitavano in et� romana il settore occidentale

della penis ola, alla quale davano il proprio nome, una volta

attenuato e poi scomparso quello di Calabria.

Va menzionalo che il Salento ancora in etl romana era

incluso nella Calabria e rimase diviso dal resto della

Puglia fin quando, intorno al Mille, in seguito alla

rioccupazione bizantina di gran parte dell' Italia

meridionale, fu aggregate al "Thema Longobardia", in cui fu

compresa tutta la Puglia, mentre il "Thema Calabria" venne a

designare l'attuale regione calabrese.(3)

Ma Salento i un termine che non � mai stato usato con

significato amministrativo ( 4) : nell'Alto Medioevo per

indicare la provincia di tale territorio sorse l'espressione

di Terra d'Otranto, parallelamente a quella di Terra di

Bari, conservata anch'essa ufficialmente sino

all'Unificazione d'Italia.

Nel 1861 in Puglia continua la distinzione delle tre

province di Capitanata, con 7652,18 kmq, di Terra di Bari

con 5937,52 kmq, di Terra d'Otranto con 8529,89 kmq, e tale

(3) A.A.V.V., "Puglia", Electa edit. spa, Milano, 1966,


p.92-95.
(4) O.Baldacci, "La Puglia". XIV vol. di "Le Regioni
d'Italia" collez. dir. da Roberto Almagia, Torino, UTET,
1962, pp.151-155.
10

suddivisione continua negli anni successivi anche se con le

denominazioni di province di Foggia, provincia di Bari e

provincia di Lecce.

Solo negli anni '20, e quindi nell'epoca fascista, ci sara

un radicale rinnovamento nella compagine amministrativa

pugliese; con i decreti del 2 settembre 1923 e del 2 giugno

1927 vengono istituite rispettivamente la provincia di

Taranto e quells di Brindisi, ma il nome Salento permane tra

giornalisti, scrittori locali e politici.

Ricordo a tale proposito il nome di una rivista trimestrale

uscita negli annni '35-'45 chiamata "Rinascenza Salentina",

nome sintomatico della forte permeanza storico-culturale che

lega tale popolazione, e ancora il recente tentative di un

gruppo di politici di costituire il Salento come unica

provincia amministrativa.

Anche geograficamente -come scrivono le enciclopedie- il

Salento ha un profile ben individuate:

a sud-est dell'Italia, che nelle ultime ondulazioni


delle Murge _soglia messapica_ tra il punto p1u interno
del Golfo di Taranto e la spiaggia a sud di Ostuni, si
protende ad arco, con la convessita dell'Adriatico, tra
questo mare e lo Ionio. Comprende la provincia di Lecce
e parte di quella di Brindisi e di Taranto [ ... J. (5)

(5) vedi voce Salento nell'Enciclopedia TRECCANI.


12

Nell'introduzione al suo libro, Giovanni Cavaliere, piu


esplicitamente scrive:

"L'influenza dei Messapi,


[ •••J insediatasi sulle nostre pastori e genti di mar
e,
sec. a.C., coste tra il VII e VI
fondo i nuclei pri
armi ed all'agricoltura, ncipali e li educo alle
fortifico in seguito questa gente
i punti piu str
vita insegnando i propri ategici e stabil1 metodi di
i usi, imponendo il proprio
dialetto e mescolando ai
culturali e rappre vecchi nuovi indirizzi
sentativi, finch, altri orizzonti
Ellenistici non apparvero per l'affe
crescente potenza rmarsi della
militare, commerciale e culturale
della Grande Taranto.
L'influsso della grazia Ion
della pompositA Corinz ica e
ia valsero ad affernmare
ornamentale, mescolando e fondendo ad il gusto
man ifestazione reale tra un tempo ogni
dizionale religisa della
vita che l'Ellenismo imponeva nuova
sentimento, con l'arte, col
con gli usi e con la parola
e diffusa con piccole varianti ornata, cantata
fra zone piu ricche e
meno ricche di benessere di civi
lta e di tradizione
[ . . .J " . ( 8 )

G. Cavaliere dimostra quindi come le


influenze Messapiche ed
Ellenistiche abbiano avuto la maggiore
sulle altre e come la
posizione strategica della Puglia,
e in particolar modo del
Salento, abbia favorito l'avvicendar
si delle influenze:
nell'epoca romana la via Appia
, che terminava a Brindi
si,
metteva Roma in diretta comunicaz
ione con l'Oriente:
Brindisi inoltre, era il porto principale
di Roma per la
Grecia; Otranto era luogo d'imba
rco per l'Oriente; Taranto
era una stazione navale important
e. (9)
(8) G.Cavaliere, "Antichissimi proverbi,
pop olari salentini", Brindisi, Tip usanze e canti
ografia Ragione, 1968.
(9) Ho trovato un articolo di Fran
cesco Lanzoni in "Apulia"
rivista a carattere regionale_,
il quale avanza l'ipotesi
;he le comunita cristiane si fossero
formate molto presto in
questa regione per il suddetto motivo.
(F.Lanzoni, "La prima
introduzio ne del Cristianesimo e dell'Episc
opato nelle
Puglie", APULIA, II, 1911).
13

Cio posto mi sembra nocessario tracciare sommariamente la

storia del Salento e quindi della Puglia:

[ ... ] Il succedersi di immigrazioni, sin dalla


preistoria, di genti illiriche e poi, agli albori
dell'eta storica di genti egee e, nella scconda met� del
sec. VIII a.C., con la conseguente porziale
grecizzazione, la conquista romana nel IV-Ill sec. a.C. e
la romanizzazione; poi nell'alto Medioevo, le invasioni
gotiche, le conquiste longobarda e bizantina; no] Basso
Medioevo la conquista normanna, le dominazioni sveva,
angioina, aragonese; e, nell'eta moderna, la soggozionc a
dinastie spagnole, austriache e francesi sino all'unitA
nazionale, hanno determinato in Puglia la stratificazione
o la fusione di elementi etnici della piu varia
provenienza, che sul piano delle istituzioni e dei
costumi hanno portato alla coesistonza, accettata o
sofferta, di stimoli e motivi molteplici ed eterogonei.
( .. � Nei quattro secoli precedenti la immigrazione
laconica convissero in Puglia due culture: quella micenea
e quella indigena (Dauni, Peucezi e Messapi), che era
soprattutto di carattere agricolo. 11 geloso spirito di
indipendenza delle stirpi Japigie oppose per altri tre
secoli una tenace resistenza anche alla colonizzazione
laconica: la loro civilta, cho ebbe il suo periodo di
maturita tra VIII e VI sec. a.C., risent:i. indubbiamente
gli influssi delle vicine colonie greche, ed in
particolare di Taranto, ma questo popolo di pastori ed
agricoltori riuscl a conservare certi suoi tratti
caratteristici, come nella ceramica a docorazione
geometrica (le trozzelle), nella lingua (osca) e nel
culto dei morti". (10)

(10) AA. VV. ,"Puglia: Turismo, storia, arte, f 0 lkl ore", Adda,
Bari . 197 4 , p. 21 •
14

3. Ambientazione e approccio alla ricerca sul campo.

Da questo breve profilo geografico-storico-culturale ci

si rende subito conto delle dimensioni dell'area salentina

caratterizzata dalla presenza di numerosi paesini, poche

cittadine e solamente tre province. Nella mia ricerca

bibliografica mi � capitato di dare uno sguardo ai dati

statistici del 1967 in occasione del riordinamento delle

diocesi italiane avvenuto il 31/12/1966. Risultano essere

nell'area salentina dieci diocesi con circa 140 comuni: (11)

dioc. BRINDISI 27 parrocchie 9 comuni


CASTELLANETA 24 5
GALLIPOLI 13
LECCE 53 18
NARDO' 14 14
ORIA 29 11
OSTUNI 19 5
OTRANTO 63 39
TARANTO 61 17
UGENTO 33 18

Interessante mi sembra cio che scrive il Cav. Giacomo Arditi

nel 1879 a proposito dell'assetto politico-economico della

provincia di Terra d'Otranto:

"Ed in vero, se la si guarda dal lato politico ed


economico, ella, oltre la Prefettura in palagio e villa
da Re, ha quattro Circo ndarii, nove Collegi politico­
elettorali, dodici Citt�. 118 Comuni, cinquantadue
frazioni, ed oltre 16 in via di completamento". (12)

(11) Conferenza Episcolare Italiana, "Riordinamento delle


diocesi d'Italia, dati statistici", Roma, 1967, p.275.
(12) G.Arditi, "Coreografia fisica e storica della p rovinc1a
, .
,
di Terra d Otran to ", L ecce, 1879.
Nonostante la numerosita, tali comuni e citta riflettono una

omogeneita di fondo sia in verticale che in orizzontale: non

ci sono grandi sbalzi nella stratificazione sociale, in

quanto la presenza di grosse industrie i veramente bassa,

quindi l'economia e basata principalmente sull'agricoltura,

pesca, artigianato -specializzato soprattutto sulla

lavorazione della creta-. commercio spicciolo; non esiste

quindi una differenza a livello economico tra frazioni,

comuni, citta e province.

Nella mia ricerca sul campo ho cercato di intervistare gente

appartenente a tutte le categorie socio-economiche.

Data la delicatezza dell'argomento della mia ricerca ho

preferito avvicinare per prima i preti sperando di avere

attraverso essi la possibilita di avvicinare le persone

giuste e con un'accoglienza meno sospettosa.

I preti infatti si dimostravano molto disponibili alle mie

visite e risultavano interessati all'argomento: rispondevano

meticolosamente alle mie domande e molto spesso mi


indirizzavano a persone che, secondo il loro parere,
potevano fornirmi maggiori notizie. Queste ultime pero,

quasi sempre, erano dei cultori o studiosi di tradizioni

popolari, anch'essi molto disponibili a fornirmi notizie sui

riti funebri locali e a indirizzarmi alla lettura di testi e

articoli riguardanti l'argomento, ma molto devianti per


la
raccolta diretta dei dati sul campo.
16

Tra queste persone molto spesso ho incontrato dei poeti di

versi in vernacolo, i quali, anch'essi ben disposti a

rispondere alle mie domande -ormai sempre piu indirazzate a

cogliere aspetti piu particolari-, mi hanno sommerso di loro

poesie e considerazioni sui cambiamenti negativi avvenuti

nclla societa odierna con il progresso degli ultimi tempi.

L'incontro con queste persone e stato fondamentale per la

raccolta bibliografica locale e per inquadrare i riti

funebri nella loro totalit�.

Un'altra categoria della scala sociale che mi ha accolto con

molta disinvoltura c cortesia e quella dei "possidenti",

tra loro e molto facile trovare gente laureata, sapevano

cosa sigificasse fare una tesi di laurea. Alcuni di questi

si sono sforzati di recuperare immagini nei loro ricordi e

immagini fotografiche che li attestavano ma in essi ho

risconlrato una maggiore considerazione agli insegnamenti

mi sono spesso sentita dire "si fa


della chiesa cattolica:
", "non c•� da preoccuparsi della
come e scritto nella Bibbia
mondo migliore". Alla mia domanda
morte perche/ s1.· va in un
ebri alcune donne mi hanno risposto
riguardante i canti fun
o della funzione funebre in chiesa,
recita n do versi in latin
hanno anche cantato in stile gregoriano la
altre mi
Irae" e del "Libera me Domine".
preghiera del "Dies
invece e state avvicinare i contadini, la
Piu difficile
malapena la licenza elementare:
maggi.or
. parte dei quali ha a
18

Si sono create interessanti discussioni


sull'argomento delle
prefic he, e qualche donna Pi u cora
ggiosa mi ha anche
eseguil o dei lamenti funobri, simulando la situ
azione e il
modo in cui avvengono.

Di quest'argomento parlero a lungo nel terzo


capitolo.
Rare inveco sono state le occasioni in cui
sono riuscita ad
avvicinare e a partecipare ai funerali "di ques
ta gente",
ed. jn quei pochi, non ho avuto l'opportunita di azion
are
il registratore al momento dei lamenti.

Fin qui ho analizzato solo il livello verticale della


ricerca sul campo e cioe quello riguardante la
stratificazione sociale, diro qualcosa adesso del livello

orizzontale, cioe gli spostamenti nei vari comuni.

Ho gia parlato del criterio con cui mi sono mossa da

Mesagne, mio luogo di origine, verso gli altri comuni presi

in esame. Al termine della mia indagine, mi sono accorta che

questi comuni presentano una omogeneita di fondo

nell 'economia (contadina) e nel dialetto (varia solo nelle

finali di parola dalla "i" e "u" usate nella zona della

provincia di Brindisi alla "e" ed "o" della zona circostan te

alla citli'i di Lecce le quali si rimutano man mano che si

scende vers o il Capo di S.Maria di Louca).

Non ho avuto la possibilit� di contattaro gonto doi comuni

costieri, in cui la categoria dei pescatori prevale su

quella dei c ontadini (a parte Brindisi che ormai di



pescalori ce ne sono ben pochi).
20

Con mio stupore ho potuto constatare la poverta di studi

svolti nell'ambito dell'etnomusicologia.

Provavo un enorme dispiacere quando tra i racconti e

proverbi trovavo dei canti con la parte musicale mancante.

Ho provato inoltre, un grande stupore quando ho scoperto che

nel "ciclo della vita", la morte era la fase meno studiata

dagli etnologi locali: Luigi Bianco nel libro "Le tradizioni

popolari di Aradeo e dei paesi vicini", e l'unico cha vi

dedica alcune pagine; Mario Cassoni ed Ettore Vernole

scrivono ambedue un articolo sulla rivista "Rinascenza

Salentina" sull'argomento, con un particolare riferimento ai

lamenti funebri, ambedue sottovalutando per� la trascrizione

musicale. Infine Irene Malecore ne "La poesia popolare nel

Salento" analizza sotto l'aspetto poetico alcuni lamenti di

Lecce e Surbo.

Analizzer� tali fonti nella seconda parte del seguente

lavoro.
22

criniera dei cavalli, togliere il respiro nella notte alle

donne in cinta, e addirittura ingravidare qualche ragazza.

Questi episodi vengono raccontati ancora oggi dalle nonne ai

ragazzi e, per qualche gruppetto di gente, che nelle serate

estive siede nelle strade fuori l'uscio della porta di casa,

resta ancora un argomento di di scussioni animate.

Un'informatrice di Noha mi ha confessato che l'apparizione

di questo folletto matto non avviene piu grazie

all'introduzione di preghiere e benedizioni per la casa da

part e della Chiesa.

Questo esempio puo sembrare un po fuorviante alla mia

esposizion e sui riti funebri, ma mi e sembrato essenziale,

primo perche mi e stato raccontato da ogni persona

ad altre esperienze personali, Secondo


intervistata , insieme
molto chiaro per spiegare come le credenze
perche mi sembrava
. sian o molto spesso confuse e incorporate con
mag1co-r eli"g ios e
ri sul cattolicesi mo.
le credenze popola
ve in "Sud e Megia ":
E.De Martino scri

.. [ ...l. In real Hi._ �e so� ravvivenze magiche lucane 0


ame nt e mer1 d1onal1 pur vivono in qualche modo e
gene ric - .
nel a soc1et� data, a una lor propria
assol vono, . 1 he v1vono
. .
-s1a
e f in e pure per gruppi umani
funzione:
• s cri tti - serbano una tal quale coordinazione con le
c1rco
he d"1 _v:·t 8 cultura�e a cominciare da quella
forme e gemonic
e ge mon ica religi�sa che � il cattolicesimo, con le
forma
lte sotto l:neate accentuazioni meridionali di
sue tante vo
paganes1mo e di magia
est
.. eriorit� di (p.llg)
. la mag �a per_ quanto attenuate e resasi media trice
[ ..] .
n n scompare ma1 de 1 tutto, poiche
di alt i valor 1 ( ·: ·J • �
le r e li gioni pe e evat� che siano, se so no davvero
[ ... ] �
on so tanto vita morale o conoscenza o
reli gioni e n
e fa tte autonome nella coscienza,
poesia dispiega te
racchiudono sem pre un nucleo mitico-rituale, una

-
24

1. la vestizione e permanenza del defunto in casa;

2. la processione e il corteo funebre;

3. "lu VJ.Situ";

4. "lu cunsulu";

5. il lutto e il suffragio.

I momenti della sepoltura e della seconda sepoltura sono

contemplati nel rito religioso cristiano, ma non sono

ritenuti
'
COSl importanti dagli informatori di cultura

popolare: questi momenti si riducono alla sola partecipazione

dei congiunti piu stretti.

Prima di iniziare l'esposizione vorrei ricordare che i riti

funebri fanno parte dei riti di passaggio, denominati COSl

da Van Gennep in uno studio divenuto classico, secondo il

quale gli atti e le cerimonie che rendono solenni tali riti

si sviluppano in tre fasi. Il rito mortuario, tra tutti i

riti di passaggio, � quello che sottolinea maggiormente il

tema della transizione: contiene in tutti i suoi aspetti la

crisi dell 'esistenza umana con il "dramma del distacco", con

la "fase liminale" e la finale "fase di accreditazione". Nei

riti funebri poi, attraverso queste fasi si articolano le

complesse relazioni tra cadavere, anima e superstiti.

Vorrei inoltre menzionare il caso dell a "morte ricreata"

nella cultura salentina. Vi sono stati casi in passato in cui

madri che hanno perso momentaneamente i propri figli per il

servizio militare o per emigrazione per lavoro. simulano il

dolore con il lutto e con i lamenti funebri.


26

Se poi la "separazione" (o nel Salento del nord

semplicemente campana a morto") termine che indica tale

rintocco, viene suonata anche con la campana grande il

defunto apparteneva all'ordine clericale.

La campana della chiesa � ancora oggi il principale segnale

acustico delle comunita cristiane. Essa definisce la comunita

in senso concreto, infatti la parrocchia � "lo spazio

acustico" delimitato e circoscritto dalla portata del suono

della campana.

"La campana produce un souno centripeto: attira verso di


se e unifica socialmente la comunit�. e nello stesso
tempo stabilisce un legame tra l'uomo e Dio. Talvolta,
nel passato, ha anche avuto un carattere centrifugo,
quando veniva usata per cacciare gli spiriti
maligni".(4)

Oggi la crescita del rumore ambientale e i mutamenti nelle

abitudini percettive della gente hanno portato a far scemare

l'attenzione per questi segnali, i quali si rivolgono ad una

parrocchia sempre piu ridotta.

In altre regioni., come la Corsica e la Sardegna, per

l'annunciazione della morte ci si serve, oltre al suono della

campana, di due persone che annunciano la triste notizia

nelle case del vicinato e del gruppo parentale.(5) I

familiari del defunto iniziano poi ad avere lunghe trafile di

(4) R.M.Schafer, "Il paesaggio sonoro", ed. Unicopoli,


Milano, 1985, p.82.
(5) C.Corrain-P.Zampini, "Documenti etnografici e
folkloristici nei. Sinodi Diocesani", Forni ed., Bologna,
1970, p.75
27

doveri da compiere: debbono infatti riunirsi, consigliarsi e


dichinrare le volontA del defunto, se ce ne sono state,

riguardo allc ullime cure da tenere sul suo corpo e alle

disposizioni per il suo funerale.

E' consueludine comune nel Solento, quando il pensiero dclla

morte comincia ad cssere molto presente, decidere come si

svolgora il proprio funerale e quali persone dovranno


occuparsi del proprio corpo: a queste persone di fiducia

verranno date delle istruzioni e svelati dei segreti.(6)

llo potuto constatare che queste preoccupazioni esistono

prevalentemontc tra le donne, le quali preparano il vestito

da indossare in quest'ultimo avvenimento e poi lo conservano

"intra 'llu baroi" o "casciapanca", cassa di legno usata

anche per riporvi il corredo delle figlie.

Di solito il vestito � di colore nero, ma a volte viene

fatto cucire molto simile al vestito del santo a cui si e


devoti.(7)

(6) Mi hanno informato che si usa mettere dei soldi da parte


per il funerale e per l'acquisto della bara. Qualche
contadino la comprava da se la propria bara e la nascondeva
nella stalla. Sigismondo F. di Galatina, 53 anni, dice:
"mio nonno aveva nascosto la propria bara nella stalla,
ricoperta di fieno e paglia; io un giorno l'ho scoperta:
era un segre to ... ".
(7) L'informatrice Lucia Z. di Mesagne ha preparato per la
sua morte il vestito uguale a quello della Madonna del
Carmine, patrona di Mesagne:
"il vcstito dei carmelitani con lo scapolare e il velo
marrone, di guanti non voglio indossarne".
28

Gli uomini invece non pensano a "queste cose" e per loro si

utilizza il vestito che hanno indossato nelle cerimonie

importanti delle loro vita e di solito, tra il ceto basso, e

lo stesso vestito indossato per il proprio matrimonio, fatta


eccezione per la cravatta che deve essere rigorosamente di

color nero.

Solo ultimamente qualcuno, che, secondo quanto mi hanno

raccontato, fa parte del "ceto piu alto", esprime la volonta

di essere sepolto in "camicia da notte bianca" o nudo e

avvolto in lenzuolo bianco di lino, e quando ciO accade tutto

il paese ne viene a conoscenza e lo considera come un

tradimento alla tradizione.

"Intra 'llu baroi" si trovano anche gli accessori quali: il

velo nero per coprire il volto delle donne, il crocifisso, la

corona del rosario o il libro delle preghiere -dipende se si

tratta di donna o uomo-. (8)

Particolare importanza � data ai guanti per le donne, e alle

calze, entrambi di color nero che obbligatoriamente devono

esser e indoss ati: secondo quanta raccolto da Luigi Bianco

mettere le calze ad una madre risulta essere prerogativa

delle figlie. (9)

Per le scarpe ho raccolto due versioni: secondo una devono

essere di cartone, per facilitare la decomposizione, secondo

l'altra devono essere di "suola buona" per poter affrontare

( 8) A volte vi � la presenza dell' "abitino", una sorta di


scapolare con l'immaginetta sacra del santo devoto.
(9) L.Bianco, " Le tradizioni popolari di Aradeo e dei paesi
vicini" p.lll.
29

il lungo cammino.

Chi veste il morto ha


diritto a prendersi ci� che il morto ha
addosso, a volte anche dell'oro, in quanto non si dovrebbe

lasciare al defunto nessun oggetto di metallo: "alle cose di

ferro si attacca il demonio" dicono delle informatrici di

Noha e di Mesagne.

Nel Sinodo Diocesano di Nardo del 1564 il canone 53 stabiliva

"item comanda lo detto Episcopo sub pena excomunicationis


che nulla persona debia sotterrare alcuna persona con
cose di valore come guttardite, perme et argento''.(10)

Se muore un Confratello di una Congrega spetta esclusivamente

a due Confratelli vestire il morto in casa della famiglia del

defunto con l'abito sociale della Confraternita sugli abiti

civili, cosl come erano stati due Confratelli a vestirlo

degli abiti del Pio Sodalizio.

In alcune situazioni familiari o in caso di morte violenta in

cui non si e potuto attribuire a nessuno precedentemente

l 'incarico della vestizione, i familiari chiamano una delle

persone conosciute nel paese come addette o esperte in

"queste cose e che molto spesso sono in grado anche di

procurare vestiti e accessori. Queste persone in via

d'estinzione -perch� sostituite dagli operai delle pompe

funebri- specialiste in materia, erano soprattutto donne di

et� avanzata o vedove in condizioni sociali molto povere.

Jl loro compito era quello di denudare e pulire il cadavere,

compito che per il grande senso di rispetto e pudore

(10) L.Bianco, op. cit., p. 114.


30

esistente tra le fami glie non poteva essere dato ad un

familiare. Poteva assumerselo in via straordinaria e

spontaneamente, chi era stato molto vicino al defunto

nell'agonia della malattia che ha condotto alla morte, quindi

chi lo aveva gia conosciuto nelle sue nudita: moglie, marito,

a volte figli.

La pulizia del cadavere avveniva con una miscela di acqua e


aceto, oggi sostituita dall'alcool etilico, la quale sembra

avere un valore simbolico oltre che igienico.

Altra persona esperta, e di solito estranea alla famiglia,

che subentra nella preparazione del defunto, nel caso questo

sia uomo, e il barbiere che procede alla rasatura della barba

e al taglio delle unghie il giorno dopo la vestizione, in

quanto la notte possono ancora crescere.(11) E' risaputo che

la "barba di morto" e la piu "costosa" perch€ molto difficile

da radere: "non si puo fare il contropelo, ne lo sbaglio di

un taglio". (12)

(11) Negli studi che ha condotto J.Mitford a New York sui


rit i funebri la figura di persone estranee e centrale nella
preparazione del cadavere. Queste si prendono cura del
cadvere, lo ren dendono presentabile prima ai pa renti piu
. • n1,
v1c1 · ed in seguito anche . ai successori. E' loro usanza
imbalsamare i morti ed esporl1.
ness una legge lo richiede, nessuna dottrina
ligiosa lo raccomanda. e none neanche dettato da
o, igienico,
::nsidera zioni di ordine sanitari o di
raffinatezza personale. A parte il Nord America, non lo
. 1·n nessuna altra parte del mondo. Lo scopo
51 u sa . .
'im bals amazion e e d1 rendere 11 cadavere presentabile
dell
• •
per l'esposizione •
gton -P.M etca lf, "Celebrazioni della morte", Il
R.Hun tin
53.
Mulino, Bologna, 1985, p.
(l2) Pino G. di Mesagne.
31

L'usanza vuole che, oltre al compenso, il barbiere avesse

anche l'asciugamani "di prima piega" del defun to.

Attorno al letto su cui la salma rimane fino al giorno

successive al decesso si dispongono quattro ceri accesi, un

drappo nero attorno alla porta della camera mortuaria,

infine, con la disposizione delle sedie, lo spostamento di

mobili ingombranti, la pulizia di tutta la casa, la velatura

degli specchi e l'apertura di porte e finestre della camera

funeraria, si conclude la fase preparatoria.

�� ri�DiQD� della gente.

Nei paesi del Salento sono ancora molto saldi i vincoli di

vicinato e parentela tra la gente. Nel caso di un agonizzante

i vicini e i parenti si rendono molto disponibili e la loro

presenza nella sua casa e quasi quotidiana. In caso di morte

la solidarieta e la presenza si allarga a tutti i conoscenti

e, a seconds della notorieta del defunto, a tutta la

generazione e a tutto il paese. I momenti in cui tali persone

vengono ricevute sono decisi dalla tradizione e dalla

ritualita funeraria.

I familiari sono sempre presenti e soprattutto nelle ore di

permanenza del defunto in casa, magari a turno se la Casa e

piccola. Le persone estranee alla famiglia, amiche

dell'estinto, si ritrovano nel corteo funebre. Alle persone

che vorranno far sentire la loro solidarieta ai congiunti e

destinate il memento "ti lu vlsetu".


32

Tutti i parenti si dispongono attorno alla salma secondo

precise posizioni. Ad Aradeo "alla vedova spetta il prime

pesto a sinistra del marito defunto, al vedovo la destra

della moglie. Il papa sta a destra e la mamma sta a sinistra

se si tratta di un figlio morto ancora celibe". (13)

Queste posizioni riscontrabili tuttora nei paesi salentini

possono racchiudersi sotto un'unica formula: le donne stanno

a sinistra e gli uomini a destra; tale formula si riscontra

anche durante ogni funzione della messa.

Una strofa di una prefica intervistata da Irene Malecore a

Lecce conferma quanta ho detto:

Quandu ai 'lla chiesia, 'Ssunta


tieni mente a manu manca (lato sinistro)
ca le lti tutte quante
la Dunata toa 'nde manca.

Nel caso in cui il defunto sia un vecchio genitore con figli

sposati, i posti da rispettere sono piu complessi in quanta

sottostanno anche ad un ordine decrescente di eta: . '


i PlU

grandi siedono piu vicini al capezzale. Se si tratta di un

fratello o sorella morta, gli altri fratelli e sorelle danno

il prime pesto alla cognata o cognate vedovo, poi ai suoi

figli ed infine a s� stessi in ordine decrescente di eta.

Voglio precisare che tali posti non vengono mantenuti in modo

fisso per tutto il giorno e, durante la permanenza del

defunto in casa, possono mutare.

(11) L.Bianco, op. cit., p. 116.


7
33

L'assegnaz1one
• • estranee alla
avv1ene affinch� 1 e persona
f amiglia che entrano, possano riconoscere a colpo d'occhio la

parentela.

In questa prima fase sono infatti ammesse le "visite" degli

amici piu cari dei congiunti e del defunto, compresi i

vicini.

Gli uomini non sono tenuti a stare nella stanza del defunto
per tutto il tempo, e dopo una prima seduta si recano nella

stanza "degli uomini"; le donne assolvono invece al compito

di compiangere il defunto con sospiri, lacrime, lamenti e

nenie, sia per il reale dolore sia per provocare il contagio

psicologico del pianto e commozione a tutte le presenti.

Chi da l'avvio con comportamenti e parole alle crisi generali

di pianto sono proprio le piu strette parenti del defunto che

ricordano episodi della vita dell'estinto: lo chiamano con

aggettivi, diminutivi, lo invocano con il suo nome o con il

grado di parentela. Questo lamento continuo si carica di

maggiore intensita quando entra a far visita una nuova

persona, la quale suscita nella lamentazione un nuovo ricordo

e un nuovo pianto.

A questo pianto si aggiunge talvolta la gestualita mimica che

si manifesta con il chinarsi per abbracciare e baciare il

cadavere, e i tantativi di strapparsi i capelli e graffiarsi

il volto.
Molte delle persone presenti biascicano il 'Rosario' misto di

pettegolezzi; non mancano anche delle risate. Il proverbio


34

usato piu di una Volta dalle informatrici a questo riguardo

o e non c'i sposa senza pianto".


e: "non c'i morto senza ris

A volte vi sono delle "pizzoche" 0 "biatelle" che si

piazzano davanti al capezzale del letto mortuale per

recitare preghiere suffraganti, anche senza essere state

invi tate a farlo. ( 14)

Al calar del sole tutte le persone non familiari tornano

nelle proprie case lasciando i congiunti da soli, i quali

restano insieme per tutta la notte.

E' usanza diffusissima che il morto debba pernottare a casa

nel suo letto e se cio non avviene senza motivi viene

violentemente criticato dal paese.

La veglia notturna e sentite infatti nel Salento come un

obbligo morale. In questa occasione le donne non sono tenute

a stare nella stanza per tutte la notte e possono riposare in

un'altra stanza; gli uomini restano invece tutta la notte a

vegliare facendo scorrere il tempo con discorsi di vario

genere. (15)

(14) Rimando al terzo capitolo per una piu accurata


argomentazione sulle lamentatrici salentine.
(15) I.Pardo ne "L'esperienza popolare della morte.
Tradizione e Modernizzazione in un quartiere di Napoli", in
"Rassegna Italians di Sociologia", n. 7, 1983, p.115,
distingue la buona morte dalla mala morte. La buona morte e
quella prevista, che avviene nel proprio letto, nel seno
della famiglia, della comunita, i cui membri partecipano ai
riti. I napoletani delle aree popolari -come i salentini- in
caso di morte in ospedale fanno di tutto per riportarsi il
defunto a casa per "fargli sentire il calore delle lenzuola
del proprio letto e per controllare opportunamente il
defunto durante il pericoloso periodo della veglia, che
intercorre tra la morte e la prima sepoltura."
35

Dopo la veglia funebre avviene la prepar azione della bara e

il t rasloco del cadavere dal letto alla cassa funebre.

11 fondo della bara viene precedentemente coperto in maniera

abbondante di foglie verdi di alloro o di agrumi,

probabilmonte per motivi igienico-pratici e forse simbolici:

il corpo non deve adorire durante il processo di

docomposizione direttamente alle pareti dclla bara in modo

che la raccolta dei rcsti ossei per la seconds sepoltura

potra avvonire in modo piu semplice. Tale spiegazione non mi

e stato fornita dai miei informatori direttamente, essi

infatti preferivano attenersi alla giustificaziono legata

all'intenso profumo delle foglie appena raccolte.

Delle stesse foglie e per gli stessi motivi si riempie il

cuscino della bara.

Inoltre sul fondo si mettono degli indumenti o oggetti a cui

il defunto era particolarmente legato come un bastone se era

zoppo, la dentiera se no avova, pettine, acc.

11 sudario coprc poi lo strato di foglie e oggetti, e SU

questo viene deposto il defunto.

Il momento della chiusura della bara e il momonto piu

emozionante e piu struggonte, anche percho viene maggiomonte

enfatizzato da grids, urla e scenale delle donno e, so co ne

sono, delle prcfiche.


36

Tut to e
' pronto per il corteo funebre che si svolge nel

pri mo pomeriggio del giorno successivo al decesso. Ormai la

tradizione della processione con il corteo funebre sta

scomparendo e nella citt� e paesi piu grandi rimane solo a

1 ive 11 o simbolico: le macchine dei parenti seguono la

macchina funebre contenente la bara.

Mi piace ricordare perb come era un tempo, fino a 20 anni fa,

e lo e ancora in parte in alcuni paesi.

Un'informatrice di Galatina ricorda che lo stato sociale del

defunto si capiva dalla lunghezza del corteo. lmportante era

la quantita di "corone di fiori", ritenute ormai uno spreco.

Se nel corteo c'era la presenza del Capitolo intero

-"quattordici o quindici preti della diocesi del paese in

cappa magna"- il defunto apparteneva ad una "razza nobile";

poteva esserci anche solo il Mezzo Capitolo.

Per i contadini che non potevano permettersi di pagare tanto

lusso invece c'era solo la "Croce", cio� un solo prete con un

sagrestano che reggeva un crocefisso di medie dimensioni.

11 Capitola e il Mezzo Capitolo poteva presentarsi a casa del

defunto per iniziare il cammino con tutto il corteo che parte

da casa e arriva in chiesa, naturalmente chiedendo un


compenso maggiore.

Dopo la messa, se il cimitero era vicino al paese, tutta la


gente, tranne le donne familiari che vanno direttamente in
casa del defunto, proseguiva con il corteo fino al cimitero
38

"Originalissimo e il rnodo che usasi, in Manduria stessa,


nello accompagnare al cimitero i bambini morti.
Innanzi va il prete, col sacreStano e la croce; poi viene
un suonatore di flauto, un violinista e un suonatore
di
trombone, che fa da basso: suona questa orchestra
volante, per lo piu, un allegro e vivace balletto". (17)

Solo in questa occasione poi potevano partecipare altre

bambine o fanciulle vestite da verginelle con il vestito

della prima comunione e mi hanno assicurato (18) che lo

facevano solo per solidarietl e per rendere pi� bello il

corteo senza pretendere alcun compenso.

Altra usanza che serviva da sfarzo per il corteo era la

"cavalleria"(l9):

e scuvidii lu miu cagnatu


e cu 'na longa cavalleria".

Questi versi di un lamento funebre di Galatone raccolto da

D. Carpitella attestano questa usanza.

Un'informatrice di Mesagne(20) testimonia che fino a

trent'anni fa qualche "patroni", possidente terriero, ci

teneva a far trasportare la propria salma da cavalli bianchi

ma non esclusivamente.

Il 3 marzo 1992 sono stata testimone di un funerale con il

carro funebre portato da cavalli. Nel corteo funebre c'era

molta gente perche il trapassato era un giovane ventiduenne

morto in un incidente stradale e apparteneva ad una famiglia

molto stimata e rispettata ad Erchie.

(17) G.Gigli, o p. cit.,


(18) Anche mia madre, 48 anni, lo ha fatto da piccola.
(l9) Termine con cui la gente del luogo indica i quattro
cavall i che trasportano il carro funebre.
(20) Antoni etta M., 78 anni, contadina di Mesagne.
40

Usanza molto vecchia,


ormai praticata da pochi uomini , e
s ne capelli e
quella di non tagliare n, barb indossare un

d'estate.
1 ungo cappotto Scuro anche
Tale usanza viene attestata dal sinodo diocesano di Nardo di

Mons. Acquaviva; nel canone 60 si legge:

"item perche come chirico deve observare li ordinamenti


et comandamenti de la Sancta Eccclesia et maxime circa
la postura de li capelli ( ... Jet similmente de la barba
eccetto quando fusse morto alcuno parente, non la possa
portare piu di quaranta giorni". (22)

Oggi invece solo per otto giorni dalla morte di un caro, gli

uomini evitano di radersi, le donne di pettinarsi e di

cucinare. Si cerca di interrompere l'attivita lavorativa per

rivolgere in quei giorni tutti i proprii pensieri al caro

estinto ricordandolo e suffragandolo.

Si deve inoltre rispettare per il periodo di lutto un

comportamento dignitoso, senza svaghi e divertimenti.

Addirittura non si deve ascoltare musica, non si tengono in

casa molte luci accese e non si esce da casa se non per

motivi di stretta necessita.

11 lutto � considerato con il massimo rispetto fino ad

essere invocato per testimoniare la verita di alcune

affermazioni a cui si vuol dare il massimo credito:

"giuru su quistu neru ca portu susu, ca...

Allo scadere del periodo di lutto le donne non cambiano

subito il colore nero dei vestiti con quelli chiari, ma

(22) L.Bianco, op. cit., p.


42

Le donne un tempo si recavano a fare "v1setu" all'uscita

dalla messa giornaliera da loro seguita, e vi restavano a

svolgere tale dovere fino all 'uscita della messa successiva

aspettando che le altre "visite" vi desser o il cambio.

La riunione della gente in casa del defunto nella giornata

di permanenza della salma in casa, per alcuni informatori

rientra nel "visi tu", ma poiche i congiunti, in quella

giornata non fanno molto caso alla gente che li circonda,

tale costumanza acquista maggior valore con la continuita

nei giorni successivi.

Oltre "allu v:i:situ•· le prsone piu intime, o "chi lo sente",

preparano da mangiare alla famiglia colpita dal lutto, dato

che questa non deve accendere il fuoco nel caminetto, ne

tantomeno i fornelli per cucinare. Se ciO non veniva

rispettato, si era oggetto di critiche severe nel paese,

perchi comunque si veniva a sapere sia dall'odore di cucinato

che veniva fuori dalla casa (Mesagne) sia dal fumo che

veniva fuori dal caminetto (Galatina).

"Oggi, con la diffusione dei termosifoni, non esiste piu


lo scrupolo di non accendere il fuoco, i termosifoni si
accendono e nessuno sa' niente" (Lucia Z. di Mesagne).

L'usanza di non cucinare, ne provvedere personalmente alle


vivande, rimane invece molto radicato nelle persone colpite
dal lutto, per questo se ne preoccupano le persone esterne.
Tale atto viene denominato "cunsulu", da consolare, ed e il

primo atto ufficiale del riconoscimento della comunita allo

stato di lutto familiare: viene infatti reso per la prima


44

"Lu c�nsulu" inoltre prevede delle vivand


e fredde delle o
provviste, Perche i condolenti, non Potendo uscire
da casa,
non potevano Provvedervi personalmente.

Quando poi la quantita di alimenti sup


era
il fabbisogno
familiare, alcuni di questi vengono
distribuiti dai familiari
stessi ai biso gno si raccomandando
loro di mangiare e pregare
in suffragio dell'anima del proprio
defunto. Ci sono pero dei
defunti bollati dalla chiesa come dann
ati, che non possono
avere suffragi. Si tratta di categorie
di persone alle quali,
fino a Prima del Concilio Vaticano II, veniva negato il
funera le e la sepoltura cristiana nei cimiteri. Il codice del
Diritto Canonico ed anche il Sinodo Diocesano di Nardo del

1954 (Mons. Ursi, canone 348 e 342) stabilivano i varii casi.

E' nel ricordo di molti adulti la zona non Sacra del

cimitero, il luogo dove si seppellivano anche i bambini non

battezzati.

Con il Concilio II sono decadute queste rigide e antiche

norme che, generalmente nei paesi, riguardavano qualche

suicida, 0 pubblico peccatore, o qualche ateo.

Per la maggior parte dei defunti, che rientrano nella

normalita, e dovere dei parenti provvedere al suffragio.

recitati dalle donne in casa,


Dopo gli otto giorni di rosarii
E' i.l mese in cui i preti
segue il "mese gregoriano della

parrocchia, a cui il defunto apparteneva, celebrano per tutti


46

che tengono in casa per il resto dell'anno e di fronte al


quale non manca mai il cero acceso e i fiori.

Un'informatrice di Erchie(24) mi ha detto che non esiste un

giorno in cui lei non dedica un'ora di preghiera in suffragio

del figlio morto. La preghiera da lei preferita e il "Diu

Silla", la quale, secondo la credenza popolare, recitato per

sette volte di seguito sostituisce la celebrazione della

messa in suffragio. Inoltre recita frequentemente il

"rosario" con le sue amiche che, in base ad una sua ricerca,

risulta essere il "piu antico" di Erchie.

La recita individuale di preghiere e il modo piu spicciolo,

piu economico, ma anche piu sicuro ("perche fatto col cuore")

e viene reso piu valido se viene imparato dai "vecchi".

Tutto questo rispetto e preoccupazione per i defunti �. oltre

che una questione di affetto e sentimenti per i propri cari,

anche una sorta di paura. Il rispetto-paura e tale che, fuori

dalle preghiere, parlando del morto non lo si nomina mai con

il suo nome, ma viene introdotto da circonlocuzioni 0

espressioni come: "la bon'anima ti lu ... ", "pace, luce, recu

e riposu cu pozza 'bbire, iddhru ca stae allu locu ti la

verita",

Quando poi si vuole dare la massima importanza a cio che si

afferma , si giura sulla memoria dei morti. Gravissima offesa

invece e ricevere una bestemmia sui propri morti, la quale

di vendette di vario genere.


, ri·sultare occasione
pot ra
48

mancata apertura.

Qgni notte dopo la mezzanotte inoltre le "anime'' possono

vagare sulla terra, c'e chi die� di averle viste celebrare

la "messa santa" al cimitero, c'e chi le ha viste nei campi

"intente a racogliere", c'e invece chi le ha viste in

sembianza di animali, come gatti o gufi (l'uccello della

mo rte).

Un' informatrice di Noha mi ha svelato che se si vedono sei o

sette gatti camminare insieme, poiche e strano che i gatti

si muovano in questa maniera, vuol dire che sono le "anime

sante" che stanno passeggiando. Mi ha anche detto che,

nonostante si possa avere paura, non bisogna averne perche la

visione di queste none premonitrice di eventi negativi, ne


/

positivi.

Altre forme in cui le "anime sante" possono presentarsi sono:

avvolte da una luce bianca o vestite di bianco e senza volto,

possono presentarsi anche singolarmente o solo ad una persona

e parlargli.

3.Paura dei morti.

Come si e potuto capire la dedizione ai rituali funebri non

e solo votata al rispetto dei morti ne


/
soddisfa i reali

sentimenti di dolore della famiglia coinvolta. I riti funebri

sottostanno ad un disegno tramandato dalla tradizione di cui

fanno parte: la concezione della morte come viaggio in un

altro mondo, la paura dell'aldila, la paura degli spiriti, ed


50

1 'altra afferma che il cadavere viene temuto fino a quando

la sua ricostruzione nell'aldila none completa perche fino

ad allora l'essenza spirituale rimane in questo mondo e

rappresenta una minacc ia di ulteriori morti.(27)

Queste due spiegazioni ci forniscono la chiave per

interpretare alcuni riti e credenze; la prims ci dice perche

alcuni funerali sono grandi e procurano molta tensione,

mentre la seconda ci mette in grado di penetrare il

significato dei riti, dal trattamento del cadavere alla

seconds sepoltura.

Una donna di Mesagne mi ha raccontato di essere stata in

stato di coma per quindici giorni e di aver visto una nipote

che era morta nei giorni della sua malattia.

"Era insieme a tanti altri bambini, tutti felici,


ridenti, solo lei era triste e messa in disparte da
tutti. Lei infatti era l'unica che indossava solo una
tunics bianca, tutta sgualcita. Quando mi sono rimessa
ricordavo tutto quello che avevo vista, l' ho raccontato
e abbiamo fatto in modo di far giungere alla bambina un
vestito con tutti gli accessori".

Esempi come questo ne ho sentiti a iosa: una signora di

S.Pietro Vernotico mi ha raccontato che suo marito defunto

era "un tipo molto precise" non usciva da casa se non era

tutto in ordine, tant'e che portava in tasca sempre un

pettine, per potersi rimettere in ordine nel caso in cui ce

ne sarebbe stato bisogno.

(27) Lucietta di Noha dice: se il morto nell'ultimo respire


apre e chiude tre volte gli occhi, porta con se qualcuno dei
presenti.
52

viaggio eterno, il corpo non venga posseduto e animate da

qualche forza malefica.


53

CAPITO LO I I I
LE LAMENTATRICI FUNEBRI.

1. La ricerca sul campo.

Le mie interviste procedevano per ore fino a quando non

toccavo il tema particolare delle lamentatrici. (1) Le mie

richieste crano di carattere specifico: mi interessava

sapere qucllo che dicevano, delle frasi tipiche, la

cantilena. A tali richieste gli informatori ammutolivano o

mi rispondevano che la cantilena e le parole usate erano

dettate dal momento e dalla situazione, percio

irriproducibili.

Io non potevo essere soddisfatta da tali affermazioni per il

semplice fatto che, essendo un rito tramandato da anni

doveva pur presentare delle formule, degli eventi precisi

se non fissi. a cui attenersi: la cantilena o melodia, il

ritmo o la cadenza. i moduli verbali o ritornelli emotivi,

la mimica o la posture del corpo.

Ma parlare di canti 0 "lamenti funebri" con i miei

interlocutori non era cosa semplice: molti mi rispondevano

che non sapevano di cosa parlassi. Sicuramente non ci

intendevamo con i termini: "nenia", "cantilena", "lamento".

usat.i da me nelle interviste, erano sconosciuti da alcuni

informatori: la parola usata da loro era la "chiangiuta" ( il

piunto).

( 1 ) Della loro figura ne ho gia parlato nel precedente


capitol 0.
54

Le lamentatrici nel Salento vengono infatti chiamate

"chiangimorti". Solo un'informatrice di S.Pietro Vernolico

di 83 anni, molto acculturata -aveva fatto il liceo classico

dalle suore- mi ha parlato di "repite".(2)

Gl i informatori non molto acculturati, anche se di eta

avanzata, non mi sapevano dire molto sul loro conto, non

avevano mai visto delle "chiangimorti": molti mi

i·ispondevano di conoscerle solo "per sentito dire" e che

certamente non era un usanza dei loro paesi.

Gli informatori con un grado maggiore di acculturazione (sia

per gli anni di scuola, sia perch, hanno figli e nipoti

studenti ed hanno gi� affrontato la problematica di una

ricerca, o addirittura hanno in qualche modo gi� affrontato

dei discorsi sull'argomento) erano molto piu precisi: mi

dicevano che l'usanza di piangere il morto i scomparsa da

oltre un ventennio e che sarebbe stato molto difficile

recuperare qualcuno che lo sapesse ancora fare.

"Quand'ero bambino mi ricordo di averle viste al


funerale di mia nonna, vestite di nero, erano in due e
evevano un fazzolettone bianco in mano che sventolavano
sul cadavere, e dondolando il loro corpo avanti e in
dietro piangevno gridando".(31

(2) "Nel Leccese venivano chiamale due donne, dette rlpite,


. ,
a reputare lu muertu. La prefica e detta grica (greca) nel
Salento", scrive Corrain-Zampini, "documenti etnografici e
folkloristici nei Sinodi Dioceseni",op.cit. p. 46.
(3) Sigismondo F., camioniste, 53 anni, Galatina.
56

vicini, 0 ancora di averlo sentito fare nel quartiere piu

povero del Paese (centro storico). Insomma si attribuisce a

tale costumanza un grade di arretratezza culturale, e, per

una sorta di campanilismo, viene escluso dal proprio luogo

di nascita e lo si associa, come dispregiativo, ai paesi o

luoghi non identificabili con i propri. Ci� dimostra come

l'uso di chiamare le donne per piangere il proprio defunto

sia oggi considerato un atto da sdegnare e di cui

vergognarsi. In alcuni funerali a cui ho assistito

personalmente, ho potuto notare delle donne anziane che

spontaneamente iniziavano a piangere "ritualmente", e che

venivano azzittite dai piu giovani con la frase tipica: non

mi fa' fare brutte figure".

Probabilmente anche nei paesi del Salento oggi prevale i1

bisogno di "privacy", e i funerali e il pianto vengono

vissuti con pi� pudore e riservatezza. Non ci si meraviglia

piu quando nei manifesti mortuali si legge "s i dispensa

dalle visite" e quando le lamentazioni vengono considerate

pura messa in scena dei propri dolori e sofferenze. e

le lamentatrici vengono tacciate di falsita nei sentimenti.


58

domestiche per cui si sentivano obbligate a rendere i1

servigio di piangere le morti della "famiglia patronale".

Una di Statte (provincia di Taranto) mi ha

racconlato in fo1·ma di aneddoto la storia di una

Jamentatrice professionista del paese che, arrivata in casa

del rnorto per pian g e r· 1 o non riusciva a trovare

l"ispirazione per i. ni z i a r·e. Chiese allora di andare in

cucina dove trovo una bacinella con l'aceto, vi intinse le

mani e le strofin� sugli occhi. L'aceto negli occhi le

procur� un reale dolore e la discesa di lacrime vere. La mia

informatrice aggiunge che alla fine quest a venne pagata

molto bene perch& soddisfece il desiderio di commozione

generale.

Alcune donne invece non aspettavano di essere chiamate per

andare a versare lacrirne nei funerali altrui. Esse

accorrevano di loro sponlanea volonta. Erano donne queste

che coglievano 1 ·occasione del lamento altrui, per

rinnovare, associandosi, quello per i propri cari estinti.

In questo caso le larnenlatrici avevano dei legami con la

famiglia del defunlo: esse conoscevano il defunto e nel

lamento chiedevano, rivolgendosi all'estinto, di portare i

propri saluti ai propri cari. Altre volte addirittura

chiedevano di recapitere loro oggetti da questi richiesti

nei sogni: in questo caso tali oggetti venivano deposti

nella bara dell'estin to, ai piedi del feretro.

Queste lamentatrici fanno parte dell a categoria per


60

Vi sono altri casi di lamenti fatti da uomini della fam


iglia
colpita dal lutto. Don Saverio, parroco di Mesagne. mi
racconta che per la morte di un giovane figlio sia il padre

che la madre solevano intonare insieme il lamento, e secondo

lui questa usanza e tutt'oggi praticata.

Viene spontaneo a questo punto chiedersi i motivi del

pianto funebre: se un tempo era cosl importante organizzare

il pianto per il defunto con l'aiuto di professioniste. se

oggi viene negata tale costumanza con tanto e.

nonostante alcune famiglie non riescono a fare a meno

nella cerimonia funebre di piangere ritualmente, sicuramente

questo rito contempla una complessita di situazioni che

cercherb di analizzare.

3. La funzione simbolica e la funzione pratica del "pianto".

£.De Martino definisce il lamento funebre un azione

rituale circoscritta da un orizzonte mitico".

Per poter capire questa definizione bisogna ricordare che

l'uso di piangere i morti con canti e lamenti e antichissimo

( 9) e che si riscontra diffuso nella maggior parte del

mondo. Cio si potrebbe spiegare con il semplice fatto che il

pianto e una naturale risposta emotiva alla morte, ma la

spiegazione non i cos{ semplic� non si spiegherebbe come

in alcuni gruppi etnici la morte viene affrontata con

un'estrema calma e serenita.

(9) A.Cirese, "Nenie e prefiche nel mondo antico", LARES,


1952.
62

La gente ancora capace di farlo, sfoga la propria crisi di

dolore con il pianto rituale. il quale contiene ancora i

moduli emotivi protetti dalla tradizione. Quando cio accade.

il resto della gente presente partecipa in modo collettivo

al pianto con lacrime e gemiti di dolore.

In tal modo la lamentazione diventa un momento in cui i

legami di parentela e di amicizia vengono rafforzati, perch6

ci si sente uniti e legati nella triste evidenza della

morte e nello shock subito con la perdita.

11 pianto rituale diventa cosl un modo collettivo di

risolvere i rischi della "crisi del cordoglio"(ll): assolve

quindi la funzione culturale di riparatrice (della "crisi")

e reintegratrice (nella societA).

Vi e pero un'altra funzione a cui il pianto rituale

assolve: la funzione catartica. legata alla paura dei morti

e del loro "ritorno irrelativo" (12). Con il pianto i

rimasti mirano a soddisfare l'anima del morto la quale

"rimane ancora vicino al morto fino a quando le anime


sante non vengono a prenderla ...
Se il defunto non viene pianto puo rimanere
insoddisfatto e ritornare nei sogni e nelle brutte
visioni".(13)

La funzione "catartica" prevede quindi di aiutare l'anima

del defunto ad allontanarsi soddisfatta e senza rimpianti

dal mondo dei vivi. (Vedi Cap. II, paragrafo 3 del presente

lavoro).

(11) e (12) Terminologia usata da E.De Martino nell'


op.cit.. 1975.
(13) Dice Antonio V. di Copertino, 64 anni, il quale tenta
di dare una risposta al perch€ del pianto.
64

. - ge ttitto il g iorno?
D • Che vuo 1 d ire - P 1 8 0 ta tutto il
du __ giorno davanti al
R. Lei e orr,;a 1 se
.
cam1ne tto. 1.0n. cammina p1u tan• to bene, . e al lora
. prega e
ut to il gi o rn o �e 1 no�tr 1 defun!1: a me _I
piange t �
a e d1 eucem 1 a .. . Ogg 1 per ese rnp10
morto un figlio giov n
ono venuti dei ni po ti, quando se ne sono andati lei si
: messa a piangere come si fa davanti ad un morto.
D. (Rivolgendomi alla donna ottantenne) potrebbe farrni
sentire un pianto?
R. "None figghia mia, comu fazzu cu chiangu figghia mia,
ca no' mi fitu cchiui figghia mia. No' li pozzu propriu
favurire figghia.
Ci ti 'ccuntienti ti ticu na preghiera e ssignuria mi
pue registrari."(13)

In questa testimonianza traspare oltre all'uso di piangere

per ricordare i propri defunti e per suffragarli ( ell a

infatti li abbina con estrema facilita alle preghiere

suffraganti) anche l'uso del lamento funebre

decontestualizzato. Ella, inltre, rivolgendomi la parola, ha

riprodotto <lei moduli verbali e la cantilena usata nel

pianto rituale.

Noni mio compito cercare un'interpretazione psicoanalitica

in ci�. ma e risaputo che l'uso del lamento funebre

decontestualizzato avviene 1n presenza di situazioni emotive

molto forti e di origini disparate. (14)

(]3) Cosimina M., di Erchie, 80 anni.


(14) Vedi il concetto di "morte ricreata" sviluppato nel If
cap. par. 1 del presente lavoro.
66

r a avevamo dovizia. ed ora son


di canti di p efic
oesia e �uanto simbo lismo immagi nifico.
perduli: quanta p
quanto sentimento in ess1! Rimane nei ricordi qunlche
b1·ande l lo."

Mario Cassoni s tudioso dell'area greca nica nel suo articolo

"Ca,·onte 0 Tanato nella letteratura popolare greco-

otrantina" del 1935 scrive:

la reputa odierna della nostra minuscola Grecia,


non si esprime altrimenti da quella del miglior tempo
dela Grecia pagana; e venti secoli di Cristianesimo non
sembrano essere stati sufficienti a sradicare della loro
coscienza questa tanto antica e remota concezione
dell'Eliso o dell'Ade. Le repute sono delle vere
poetesse di professione, che improvvisano canti funebri
di un pathos inarrivabile davanti a un feretro."

Da queste parole sembrerebbe che in quel periodo era ancora

vivo il fenomeno nei luoghi da lui studiati, ma nella

conclusione del suo articolo nega questa ipotesi:

"Dobbiamo dolerci della scarsezza di queste nenie,


sinora poco curate, e tutte sepolte con le repute. una
volta in gran numero in tutti i paesi di lingua
g1·eca ...

Si direbbe. da quanto affermano tali fonti scritte, che nel

nostro secolo le prefiche non siano esistite. Probabilmente

pero questi autori ricercavano il fenomeno con le medesime

sembianze delle prefiche del mondo antico, non prendendo in

cosiderazione la possibile trasformazione del fenomeno.

Nella seconda parte riporterb i testi dei lamenti che questi

autori hanno rilevato.

La presenza delle prefiche viene attestata pero dai

sinodi diocesani del XVII e XVIII sec. i quali muovono una

campagna proibitiva di tali fenomeni. Nel sinodo di Lecce

del 1663 vengono proibite:


68

articolari di Professioniste, ed
la e postura p
mimica ha
• e del lamento.
favorito la trasformazion
e lamentare defunti,
Oggi chi continua a piangere i come

anche chi continua a svolgere il resto dei riti funebri,

adempie solo alle funzioni pratiche, con le quali intendo

sia il pianto come "valvola di sfogo" non solo della singola

persona ma di tutta la gente che vi partecipa, sia il resto

dei I' it i come un momento di comunione e di solidarieta.

L'importanza di tali funzioni i destinata anch'essa a

scomparire poich, legata a dei valori di un vecchio modello

di societa in cui la propria vita, come anche la propria

morte, e direttamente relazionata all'intera comunita che la

condivide e la accetta.
72

La traduzione, non riportata dall'autore, e:

Me l'avresti dovuto dire figlia mia di quale tempo puoi


tornare. Te l'ho detto, mamma, non mi aspettare in alcun
tempo. Quando ci sari caccia maggese ai laghi Alimini, e
quando si seminera il mare; questa cosa potr� mai essere? E
nem meno quello che mi chiedi si potra mai fare.

e poi continua:

Si affaccia in questa letteratura popolare tutta


intera la pessimistica concezione dell 'Ade, dell' Erebo,
della terra dei Cimmerii, quale ci viene descritta nei
poemi epici di Omero e in altri poeti come di un luogo
dove si cibano ancora i morti ed hanno bisogno ancora di
cose da donare per ingraziarsi nell'arrivo coloro che
presiedono nell'Ade, di un luogo ove ognuno continua in
quelle occupazioni di cui era dedito in vita (p.297)

Grida la reputa martanese, alternando al greco il


dialetto italiano:

Me manda dicendu fijama,


cu 1 i mandu 'na muta ta.
ca quidda ci li misera
s'ave strutta p� la str�ta.

Me minda dicendu fljama


cu le mandu 'na camisa.
Ca quidda ci li misera,
l'ha squjata comu na cira.

Addu ci pricati fljama


Chiantatinci n'arberu de nuce,
se vole gnienti fljama
cu la sentu a prima vuce,

Add� ci pricati fijama


chiantltinci n'arberu de limone,
se vole gnienti fijama
cu la sentu ... ". (p.299)

La traduzione e:

Mi manda dicendo mia figlia, di mandargli dei vestiti per


pote rsi cambiare, perch& quel li che gli sono stati messi si
sono consumati durante il cammino. Mi manda dicendo mia
figlia, che li mandi una camicia, perche quella che le misero
si � sciolta come la cero. Dove seppellirete mia figlja
74

D ai lesti presentatici si puo notare infatti una differenza

culturale rispetto al la zona del grecanico prima analizzata,

q uindi una diversa concezione della figura del morto e del

viaggio nell'aldila, pregne di superstizioni magiche pi� che

di mitizzazioni. Cib puo essere un ulteriore elemento che

attesta la lontananza tra i luoghi presi in considerazione

dai due studiosi.

Ettore Vernole scrive:

"Alla morte d'una giovane puerpera si cantava:

Quandu nasc1u sta giovine


la m ammana scettau l'acqua pe la via;
passau na Fata perfida
e nde vagnau la pudia:
disse: c'e misculu, cu m6jara a la guerra,
e ci e femmana a la lefunla...
Add� pracati sta giovine
Chiantatinci n'arbulu de noce,
ca ci ole cosa lu maritu
vae dda sotta e nde dae na voce.
(mammana=levatrice; scettau=getto; pudia=pedana della
gonna, da podos; lefunia= puerperio, da lahon,
sopravvisuta, la puerpera, lafona, e una sopravvissuta
dal pericolo di morte del puerperio ; praciti=seppellite).

E il canto lugubre vien comment ato con cadenza


monotona, straziante, intarsiata di sospiri in AHI!,
quali dalla A alla svolazzano in alto un acuto
lacerante.

Quandu nasciu sta giovine


f�e nata de vennardio
e l'acqua ci la sciacquara
la menara mienzu la via:
de ddai passara tre Fate
e se vagnara la pudia...
la piccicca nde mise lu Fat u
aggii murire a la lefunia ...
76

a Gloria 'ter na j�u su' chiamatu!


oppure: a lu 'nfiernu su cundannatu!

(muta=molta: esse=avessi: strazze=stracci: cascione=


lenzuolo).

Altra volta la morta i una giovine nubile, la quale


descrive la propria agonia e svolge l'ultimo accorato
appello alla mamma: (la nenia musicale A quasi la stessa
che pubblicai nel II fascicolo A.I di questa Rivista per
la "romanza Sabella").

Jeu santia la porta sbattere


e li fiirri cutulare,
e trasla la morte 'ritica
e me nde 'ulla purtare.

D'addu vlnne sta morte, mamma?


d'addu vinne, d'addu calau?
Se mise an piedi, poi an capatale,
mamma mea, me suffucau!

'vi cridieve ca era lu m�ducu


ci me vania a 'jutare,
ma era la morte 'retica
ci m'lppe de carrisci�re.

E mo' chiangi, me chiangi, o mamma,


facce russa nu te nde fare,
lu tou pi�ttu se face na 'ncudana,
l'occhi toi su do' fiumare...

Velame, mamma, de capu a lu pede,


e poi tutta la persona,
e poi aza la manu daritta,
damme l'urtima benedizione!

Questo straziante larnento merita d'essere tradotto per la


miglior comprensione della sua soavita:"Io udivo la porta
sbattere e le ferramenta tremolare, ed entrare la morte
eretica e me ne voleva portare ... Donde venne sta morte,
o mamma, donde venne donde calo? Si mise ai piedi, poi al
capezzale (notasi la reminescenza della leggenda pagana­
medioevale circa l'alterno passar della Morte da capo ai
piedi, a seconda della ripresa dell'agonia) mamma mi
soffoca! Voi credevate ch'era il medico che mi venia ad
aiutare, ma era la Morte eretica che m'ebbe da
trascinare... Ed ora piangi, mi piangi, o mamrna, non ti
far il viso rosso, il tuo petto diviene incudine (per le
percosse penitenziali che ti dai) gli occhi tuoi son due
78

ROMANZA "SABELLA":

L'adda dia chiantai nu dattulu,


Jiri matlna lu 'cchiai fiuritu:
salii cima cima
e scupersi la marina,
vitti lu scinnuru mia
cu na longa cavalleria:
-Cci nove me 'nduci, scennuru,
de dda rosa primitia?

-Su' banutu cu p1ju Sabella


cu 1 'ajuta a 'ncannulare,
ca Cecilia e gravida grossa
nu se pole rutulare,
have stisu nu toccu de tela
longu e largu quantu stu mare.

-A'zate. Sabella,
e mintete la turchina,
lu nieddu d'oru a manu
e an canna la catina!

-Mamma, mamma, cu ci me mande?


su zitella, e ci me 'nganna?

-Jeu te mandu co to' caniatu.


iddu te sia lu frate amatu,
jeu te mandu cu to' caniellu,
iddu te sia lu frate bellu!

-E ci frate amatu jeu nu te sia,


1 'unda de mare cu me 'nghiuttia!

Quandu stava a li mari braf�ndi


la nzigniu a pizzicare.
-Ci la soru mia vid1a
cosa bona nu nde rascia!
-E sai quantu nde sape soruta?
quantu 1 'unda de ddu mare...

Guarda, guarda su ddu scoju,


e ddu mena l'onda e l'onda,
addai nc•� pracita s6ruta
cu dda bedda trezza bionda.

Guarda, guarda su ddu scoju


addu mena russu e jancu,
addai nc'e pracata soruta
cu ddu longu velu jancu...
80

3. "LA l:QJ;9JA PQl:QUH NH 9HENIQ" di Irene Malecore.

Il libro di Ir ene Malecore, pubblicato dalla BIBLIOTECA di

LARES, contiene uno studio attento sulle forme di poesia

popolare salentina, con una attenzione particolare ai canti

popolari. In questi include anche i lamenti funebri sotto il

nome di nenie o canti funebri". Nell'appendice di tale

libro, ne vengono riportati alcuni esempi raccolti a Lecce e

a Surbo mancanti della parte musicale. Essi infatti vengono

considerati esclusivamente nella loro risoluzione lirica

nonostante manchino anche di traduzione in italiano.

Cerchero, dove e possibile, di inserirla di mio pugno, e la

frapporrb tra parentesi.

Lecce:
47
Quante simu intra 'stu visetu
simu tutte ndolorate
ci te mamma e ci te sire
cite soru e ci te frate.
E a 'du precati 'sta giovine
e chiantatinci 'nu gigliu
cu' bascia la mamma soa
cu' ni cerca 'nu cuns1gliu
Ci Napuli fosse chiesia
ieu nimminu nci tras1a
cu' nu' bisciu 'dda chianca mara
a 'du stae la Lucia.

(Quante siamo in questa visita siamo tutte addolorate


chi per la morte della mamma, del padre, della sorella o
del fratello. Dove seppellirete questa ragazza
piantateci un giglio, affinchfi la madre lo possa
baciare e chiedergli consiglio. Se Napoli fosse una
chiesa io non vi entrerei pi� per non vedere quella
lapide amara dove e sepp�llita Lucia.)
81

48
Ulia cu' sacciu chiangere
e forte reputare
pe fare 'nu mare Plcculu
de la porta allu lemetare
quandu enenu li prieti
cu' nu' pozzanu ventrare
Quandu fli 'lla chiesia, 'Ssunta
tieni mente a manu manca
ca le iti tutte quante
la Dunata toa nde manca
Ci lu chiange lu chiange 'stu vlsetu
e lu chiange ci chiu se dole
e lu chiange la mamma soa
ca n'ha lassatu 'nu cheu allu core.

(Vorrei saper piangere bene e forte, per rendere grande il


mare piccolo dalla porta fino all'infinito, cosl che quando
vengono i preti non potranno entrare. Quando vai alla chiesa,
Assunta, ricordati di guardare al lato sinistro, ci vedrai
tutte quante, manchera solo la tua Donata. Chi piange in
questo "vlsetu" El veramente addolorato, lo piange la mamma
sua alla quale e rimasto un chiodo nel cuore.)

49
Mamma, mamma, mesura le addlne
e bi' ca manca lu megghiu capQne
te manca quiddu cu' l'ale turchine
lu capurale de lu battagli�ne.

(Mamma, mamma, conta le galline e vedrai che manca il miglior


gallo, quello con le ali turchine, il caporale del
reggimento.)

Surbo:
336
A 'du a sclre, a 'du a sclre 'sta giovane
ci tantu s•� parata?
e ieu crisciu ca a scire alla Chiesia
e puru a missa cantata.
A 'du scia' pricati 'sta giovane
e chiantiitinci 'nu gigliu
quandu ae so' matre carissima
ascia 'ddai e cerca cunsigliu.

(Dove deve andare questa giovane, tanto si e preparata per


bene? Io credo debba andare in chiesa, e anche con mess�
cantata. Dove andrete a seppellire questa giovane, piantatec1
un giglio, cosl quando andra sua madre carissima, andra li a
chiedere consiglio.)

b
337
0 c'alla 'ller ta alla 'llerta 'stu visitu
ca nu' cummine alla s�tata
ca nun e na figghia piccula
ca quist'e na magna gibvine
ca mantenla tu tta n'annata
mancu la pierdi te la frazzata.
E miratc, mamma, mirate
te la capu fena li pieti
cu te 'egna 'mente flgghiata
quandu a casa tu sula siedi.
E mirate, mamma, mirate
te la capu alla cintura
cu le 'egna 'mente figghiata
quandu a casa tu siedi sula.
E mlrate, mamma, mirate
tc la capu fena 'lli pieti
cu' te 'egna 'mcnte figghiata
quandu a casa tu sula siedi -
E stanotte la viddi 'n sOnnu
me la vlddi allu giardinu
stia cugghiendu rose e dattuli
'nu fazzulettu purtava chinu
Ene a mienzu a quiddi dattuli
nc'era 'na chianta te pitrusinu
-e sa' ce diciti a mammama?
cu se dimcntica tantu primu-
E 'stanotte la viddi 'n sonnuma
e me la viddi mienzu la strata
sta' binia dirittu a casama
ma la porta la truau 'nsirrata­
E pirduname, f1gghia, pirduname,
ca me nd'ia dimenticata,
'n'autra fiata ritorna a cisama
te la lassu stampagnata-
E stanotte la viddi 'n sonnuma
me la viddi 'n capitale
e me sumpunla ca e medica
ca vinne fijama medicare
-Ieu nu' su' medica
e nu' vlnni a medicAre
eu su la morte 'retica
ci inni f1gghiata a purtare.
E mirate, mamma, mlrate
te la capu alla cintura
cu te 'egna 'mente figghiata
quandu a casa tu siedi sula-
E mirate, mamma, mlrate
te la capu fena li pieti
cu te 'egna 'mente flgghiata
quandu a casa tu sula siedi.-
83

E sp�zzate, jonca, spezzate


o spozzate te 'na ripa
quantu bau cu' bisciu figghia
ma
a 'dda sutta comu stae-
E te preu. terra, praute,
tu ci fai 'nu gran lavbre
i' ca te manda i f1gghiama
nu' ni uastAre la sua persona
Te preu, terra. preute
tu che fai la ranu risu
i' co te mandAi flgghiama
cu' nu' ni uasti lu beddu visu­
-E fici 'na crucc 'll'astrocu
puru 'll'butu te la porta
e nu' me spittare, mamma,
nu' de Pasca e nu' de Natale,
e nu' de 'ddi giurni ca venunu
ca se Chiamanu carniale.
Ca tutti li soi se 'ncocchianu
nu' ni vbsemu scucchibre-
A 'du pricati 'sta giovane
chiantatinci 'nu gigliu
ca po' ae soa mamma cara
e ni cerca 'nu cunsigliu.

Questi componimenti sono di varia lunghezza o sono stati

suddivisi in strofe da I.Malecore la quale scrive:

"'[ ...)La forma met1·ica e del tipo del "vocero" corso e del
"repito" calabrese e siciliano, cioe sullo schema: xa xa
xa. cioe sestine di ottonari, in cui i versi dispari sono
liberi e i versi pari rimano tra loro. Spesso nelle nenie
salentine la sestina si riduce a quartina. e il verso
ottonario si allunga in novenario o decasillabo, talora
anche in endecasillabo, obbedendo ad esigenze di
contenuto e di ritmo, dettate dall'eccitazione e
dall'affollarsi di immagini e di sentimenti del momento.
Il ritmo dei versi e sempre concitato e con una
accentuazione uniforme che implica la cadenza.
Solitamente il primo verso di ogni strofa contiene un
richiamo, un appello, che molto spesso e fatto con le
medesime parole in ogni strofa. Spesso il variare
dell'appello del primo verso indica il variare del motivo
di tutta la slrofa o di una serie di strofe.
84

L'eccitazione con cui vengono cantate quest e nenie si


riflette nella struttura concettuale dei canti, non
connessa nel le varie parti, ma con trapassi talora
illogici, con legami spe sso tenuissimi basati su analogie
o su contrasti, con un continue ondeggiamento tra sogno e
realt�. tra visioni fantastiche e ricordi lontani.
Sicche il soggetto muta di continue e muta di continue
anche il punto di vista, donde deriva un certo senso di
confusione e di incongruenza che pu� esser superato solo
se si considera il canto nel memento materiale e
spirituale in cui e cantato."

4. CONCLUSIONI.

Da questo resoconto delle fonti letterarie si sono potuti

cogliere i diversi punti di vista degli scrittori presi in

considerazione: chi ha considerate l'aspetto mitico della

morte, chi la liricita, chi addirittura la forma poetica.

Nonostante il mio parere sia discordante sul considerare tali

lamenti con una forma metrica fissa, posso trarre da questi

studi informazioni essenziali sui temi dei lamenti, sui

moduli verbali e sui ritornelli emotivi.

I contenu1.i principali che ritornano nei lamenti sono: le

lodi del morto, il suo vigore fisico e le sue virtu morali;

i1 contraccolpo che la perdita reca a chi resta;

l'atteggiamento partecipe o indifferente che la "na tura"

assume di fronte all'evento doloroso; l'imprecazione alla

morte e alcune volte il desiderio di raggiungere il proprio

caro nello stato di morte.

L'analisi dei testi Presentati fin'ora e di quelli che

presentero nei prossimi capitoli mostra come lo stesso


86

-Giacche ca si vvenuta matre mia


uiddi chiovi facitili suttil i
va ppreca 'q
c'annu p passare de la carni mia.-

�;N'onza e menza de ferru: un cippon1l e.­


Maria quandu 'ntise sta nuvella
prima tremau lu celu e poi la terra.
88

ca 'mie me tale lu core e l'anima


ca 'mie me tole lu core e l'anima
e ca chi ne sposa [machingime?J

puru cu chiangi e cu suspiri


puru cu chiangi e cu suspiri
mai mai ca vegnu a casama

ma no me senti e no' me viti


ma no me senti e no' me viti
e ca chi ne sposa [maringimel

puru cu chiangi e cu laminti


puru cu chiangi e cu lamenti
mai mai ca vegnu a casata

ma no me vidi e no me senti
ma no me vidi e no' me senti
lu lamentu te fazzu sposama

ma sutta l'arcu te la porta


ma sutta l'arcu te la porta
mai mai te vegnu a casata
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n. 121
Galatone

Ca �s ci chiangi ci tene la mamma...ahi !


ca os ci chiangi ci tene la mamma
epp�ru chilngi ci tene lu sire
ca dsci chiinge ci tene lu sire

ca figghiu mia ti cori flgghiu ... uh!


ca figghiu mia ti cori figghiu
ca timme timme a do' a scire
ca timme timme a do' a scire

c'aggiu scire ti votti ti votti


c'aggiu sc1re ti votti ti vbtti
ca no' ci tormu chiui ti notti

ca figghia mia ce t'aggia dire


ca figghia mia ce t'aggia dire
comu aggia 'fare cu mi cunfortu
comu aggia 'fare cu mi comportu

ca osci chiange ci teni la soru


ca osci �hiinge ci teni la soru
eppuru chiangi ci teni la sposa
epp0ru chilngi ci teni la sposa

ca flgghia mia ti core flgghia


ca figghia mia ti core figghia
ca no' mi pbzzu capacithre
comu aggia 'fare capacitlre.
91

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n.122
Galatone

I�ri 'sera chiantai nu tattulu


i�ri 'sera chiantai nu tattulu
ca le matina l'acchiai fiuritu
ca la matina l'acchiai fiurltu

e poi 'nchianai cima cima


e poi 'nchianai cima cima
ca scuvidli la mia marina
ca scuvidii la mia marina

e scuvidii lu mia cagnatu


e scuvidli lu mia cagnatu
e cu na longa cavalleria
e cu 'na longa cavalleria

e mi critla ca 'nduce sorma


e mi critla ca 'nduce sorma
e ca soru ma no' la 'nduce
e ca soru ma no la 'nduce

e ca teni 'nu toccu a tessire


P, ca teni ' P- u longu a tP.ssire
ca longu e stisu quantu lu mare
ca longu e stisu quantu lu mare

e poi tene 'nu figghiu 'mpessimu


ca no la face t'indesslre
93

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94

Sempre all'Academia di S.Cecilia ho trovuto le


registrazioni che testimo niano il viag gio di D.Carpitella ed

E. De Martino dal 26-6 al 3-7 del 1959. In queste

testimonianze, catalogate nella Raccolta 48, ci sono solo due

lamenti raccolti uno a Nard� e uno a Muro Leccese, i quali

sono stati anche trascritti da E.De Martino in "La Terra del

Rimorso", 11 Saggiatore, Milano, 1961, pp.364-366.

Raccolta 48

n.9
Nardo

Oh! Ziu mia te core


o sienti sienti 1 i lamenti, 'zlu mia!
ca comu chiaange la figlia tua,
e pensa tuni quillu ca 'fare, zlu mia!
faci 'na preghiera '11� matonna, ziu mia!
95

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.:\•;llv Le •(;,_ re ,'c!i-
1

e} I., •C' •, I, ,,
96

n.16
Muro Leccese

Beddu meu beddu meu,


si mori tie no' campu ieu,
beddu meu beddu meu,
si mori tie mo' camp u ieu.

Vidi 'nu iertu iertu reculu


e viniu ti la marina
e trasiu 'ntra quista casa
ne truncau la meiu cima.

Beddu!
beddu meu beddu meu
ci mori tie ce fazzu ieu.

Vidi nu i�rtu iertu reculu


e vinlu di la marina
e trasiu 'tra quista casa
ne truncau la meiu cima.

Beddu!
beddu te n� vai.?
staslra ci me la mitte,
ci me la mitte stasira
lu fierru alla po&,

beddu!
e ci diu te ne mannai
e di te me ne i .. -1
....

97

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Ancora un'a ltra raccolta di canti nel Salento (Raccolta

5 3) registrati da D.Carpitella tra il 6-6 al 16-6 nel 1960.

Vi� un solo lamento raccolto a Sanarica.

Raccolta 53

n. 11
Sanarica

Auh! Cumpare, cumpare, cumpare,


a du' 'ai 1.ti ca lmu tate,
e ieu cumpare, ieu SU binutu
ma cu ti tau lu miu salutu
e cu lu porti alla mamma mia,
la mamma mia,
ca quldda sta spetta, ma cu me vlsce,
cummare.
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2. Collana discografica ALBATROS.

Altri documenti musicali per il Salento


si possono trovare
tra i dischi della collana "Albatros" . Solo in "MUSICHE E
CANTI POPOLARI DEL SALENTO vol.2" ho trovato due lamenti
funebri reccolti entrembi e Martano e dalla stessa

informatrice. I due lamenti sono stati raccolti nell'aprile

del 1978 da Brizio Montinaro: il n.A6 e in dialetto

salentino, il n.A7 e in grecanico. Nel libretto del disco si

possono trovare sia i testi che le traduzioni che io riporto:

n.A6

Aggiu saputu ca faci v1setu


io' s'era festa non venla
aggiu saputu ca sc�tti lacrime
ieu vinni 'ffazzu la parte mia.
Dove visciu fare viseti
pare ca sentu 'na chitarra
dove vlsciu scett�re lacrime
a mie me dole lu core e l'arma.
E ci ndae 'na mamma a perdere
e vi' ce li cumb�ne a fare,
vae sartandu pe' le f0scule
e pe le vie e pe le carrare
sempre dicendu mamma carissima
ca tutta china de grazie care
e le grazie ci av1a mammama
ca non se basta' a cuntare.
Luce luce la conta decima
e luce luce mmenzu 'lla via
e cus1 luceva mammama
ma quandu a casa me venia.
Luce luce la conta decima
e luce luce mmenzu 'lla strada
e cusl luceva rnammama
quandu ma scla missa cantata.
Du lu mlnti 'stu focu, fijama?
ca mintitelu alla mant�la
dai s'azzau 'na lampa a !ampere
e bruscia tutta la parentela
du lu m'i.nti 'stu focu. fljama?
101

Ca mintit�lu alla cintQra


dai s 'azz�u 'na lampa a l ampare
ca fija m1a te bbrusci sula
Issimelu dittu, mammama
ca vi' a ce_ tie�pu me P�i tornare.
Ca te l'agg1u d1ttu, f1jama
de nuddu ... tiempu no mme 'spett
. , 'are ..
quandu cacc;a masc1scia l'Alimini,
quandu se s1mmena lu mare,
vi'sta cosa se Pot'esS6"o,
mancu 'sta cosa se p6te fare.

TRADUZIONE: Ho saputo che fai "visito"/ se fosse festa certo


non verrei/ ho saputo che Piangi/ io son venuta a fare la mia
parte./ Dove vedo fare viseti/ pare che senta una chit
arra/
dove vedo gettare lascrime/ e me duole il cuore e l'ani
ma./
Chi perde una mammal ecco cosa gli conviene fare:/ vada
saltando per luoghi bui,/ per le vie e per le carreggiate/
dicendo sempre: mamma carissima,/ tutta piena di grazie care/
E le grazie che aveva mia madre/ certo non basta il
raccontarle./ Luce luce. • • • • ,/ e luce luce in mezzo alla via/
cosi splendeva mia madre/ quando veniva a casa mia./ Luce
luce......./ e luce luce in mezzo alla strada/ cosi splendeva
mia madre/ quando andava a messa cantata./ Dove metti questo
fuoco, figlia mia? mettitelo nel grembiule/ perche da ll
s'alzb una fiamma a bruciare/ che brucia tutta la perentela/
dove lo metti questo fuoco, figlia mia?/ mettitelo intorno
alla vita/ perch� da li s'alzo una fiamma a bruciare/ e
figlia mia, ora tu bruci da sola./ Avresti potuto dirmelo,
mamma;/ ora vedi quando puoi ritornarmi./ Te l'ho detto,
figlia mia,/ non aspettarmi mai:/ quando l'Alimini (lago
vicino Otranto) si copre a maggese/ quando si semina il mare/
ora vedi se cio puo mai essere/ e neppure quello che mi hai
chiesto sara mai.

n.A7

Emena mu despiacesse, kecciamu,


ma satti susa speraziuna.
Ipa taxedda ene a manamu
ca 'n ixe Sorta nde Furtuna.

Sorta Sorta ka tis bkama


te ci'o 'pu s'oxo jenom�na.
Ka 'su panta ma me'a tin �bbike
ma ce ma me'a 'n ise piammena.

Ma ce f1conta ce ficonta
ce piacont�i m'addon ena.
Cini i Sorta mu respundesse
Ca 'vo na cunsumesso s ena.
102

Mi me mini mai, kecciamu


ka mai mai kane"a cerb.
Mai mai s'brxome �ssusu
na n'exi fiacco nde an ei kalo.

An 'e spezzeato ciso marmaro


ce e katinazzi e sider�gni.
Isi giovei 'cessu 'mbennune
ma ce kanenas en 'e guenni.

An 'e spezzeato ciso marmaro


ce plake satti 'n ag-lisia
n'artune e mane ce 's te kiateretto
ce ciuri 'aartune 's ta ped1a.

E ce an isane e ti kecciama
ma na 'mas 'camu' ti tornata
ercatto citt'oria somata
ma ta pulita ce ta gelata.

E ce an isane 'tti kecciamu


ma na 'mas 'camu' to ritorno
ercatto citt'oria somata
ca oles ixamo 'na bbesogno.

Ce nna klassome na kl�ssome


na'mi posessome manc�ta
Oles exome to jenoma
acau citti mavri plaka.

'Me'na man�ddamu m'upe t'erkete


'perni mea mali kumpagnia.
'Perni mane es te kiateretto
ce ciurni n'artune 's ta pedia.

TRADUZIONE: A me dispiacque, piccola mia/ con tutta la mia


disperazione./ Dissi: povera mamma mia/ che non ha avuto
Sorte ne Fortuna.// -Sorte, Sorte cosa ti ho fatto/ che cosa
ho potuto farti/ Tu sempre con me l'hai avuta/ e sempre con
me te la sei presa.// Lasciami, lasciami/ e prenditela con
qualcun altro./ La Sorte mi rispose: io devo consumarti.//
Non mi aspettare, piccola mia/ mai mai in nessun tempo; mai
pi� verrb a casa tua/ sia che tu abbia bisogno sia che tu non
ne abbia.// Oh se si spezzasse questo marmo/ e le catene di
ferro!/ Quei giovani vi (nella tomba) entrano e nessuno pi�
riesce.// Se si spezzasse quel marmo/ e quelle lastre di
pietra della chiesa/ perch€ le madri ritornino alle loro
figlie/ e i padri ai figli.// E se ci fosse, piccola mia,/
che potessero far ritorno/ tornerebbero quei bei carpi/ dei
quali tutti abbiamo bisogno.// Dobbiamo piangere e piangere/
103

senza mai riposo./ Tutti abbiamo parenti/ so tto quell a nera


P ietra.// A me mia madre disse che sare bbe tornata/ m a Quell�
(Tanato) non me la fa ritornare./ Deve venire ai suoi
bambini/ perch, deve consig liarli.// A me mia madre d isse che
sarebbe tornata/ Portando con se una grande compagnia :/
riportando le madri alle figlie/ e i padri ai figli.
105

CAP.VI
TEST! DI LAMENT! FUNEBRI RACCOLTI SUL CAMPO.

1. Registrazione avvenuta a Galatina il 16 dicembre 1990 .

Nel ricordo dell'informatrice Gina F., 54 anni, ci sono

le donne che piangevano in modo professionale, con il

rituale di sciogliersi i capelli, vestite tutte di nero (le

piu giovani avevano il velo nero sul viso) e con il

fazzoletto in mano bianco che sventolavano.

Un distico nel suo ricordo:

Te ddo' se part1u stu v1setu,


se partlu de l'Altamura, A-hi!

TRADUZ IONE: Donde e partito questo "v1setu", e partito da


Altamura.

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Informatrice: Vincenzina M., 90 anni.

Strofa di "chia.ngimorti" prezzolate, nel ricordo: ricordava

solo il testo:

Ce vientu s e partutu
e partutu te !'Albania
e trasutu 'ntra quista casa
cu nni spezza la meju cima.
106

Mamma! No' llu spittari cchiui


ne de Pasca ne de Natale
ne di gi�rnu chiam�tu Carnuvale
ca lu figghiu no' te pote veniri
cchii:li 'intru 'sta casa.

TRADUZIONE: Che vento e venuto, � partito dall'Albania, e


entrato in questa casa per spezzare la cima migliore.
Mamma, non aspettare piu tuo figlio ne a Pasqua, ne a
Natale, ne a Carnevale, perche tuo figlio non puo entrare
piu in questa Casa.

2. Registrazione effettuata l'l e il 2 novembre 1991, a


Mesagne e a Manduria.

Antonietta M., 80 anni, di Mesagne, non � riuscita a

sentirsi disinvolta davanti alle domande postele, ed era

molto imbarazzata nel vedere il registratore acceso davanti

a lei. Ha parlato molto apertamente delle sue esperienze

oniriche, ma ha deviate i discorsi riguardanti i lamenti.

L'unico esempio che ha citato � stata una quartina che lei

ricordava e che la faceva un po'sorridere:

"Una signora era morta proprio il giorno della Madonna


del 20 febbraio, il marito di S.Pancrazio inizio il
lamento dicendo:

Alli vinti ti febbraru


terram0tu t"aggia 'fari
cu si chiutunu li strati
cu no passa 'Ntunietta mia" (1)

TRADUZIONE:
terremoto/
11 venti febbraio/ dovrebbe esserci
affinchl le strade si chiudano/
il
e non passi
I
Antonietta mia./

(1) 11 20 febbraio si festaggia il miracolo della Madonna


del Carmine�venuto in occasione di un lerribile terremoto.
107

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"-J - '7v 'i'e'�f:ie \,- fi
b -
108

Anche nel ricordo degli informatori di Manduria non vi e


traccia di lamentarici prezzolate: c'era perb chi sapeva

piangere meglio di altri ma sempre tra i familiari del

defunto.

Esempio di lamentazione per una mamma defunta da parte di

una figlia nella simulazione dell'informatrice Angelina, 73

anni:

Ohi mamma!
No' lla scta viti la Tunata?
Tuna' la mamma na!
Ohi la mamma mia
comu n'e llassati suli suli.
Manda 'nu salutu alla piccinna tua
Tunata!
ca quedda li vulla tantu beni.
Mamma no' ti ni scurdari sa' !
ne di nui , ne di nisciunu.
Bata sa, Bata mamma!
Statti bona, statti bona.

TRADUZIONE: 0 mia povera mamma, puoi vedere Donata che �


venuta a trovarti? Donata, guarda la mamma. Ohi, poveri
noi, come ci ha lasciato soli nostra madre. Donata, manda
un saluto con mia madre alla tua povera piccola, alla quale
mia madre le voleva tanto bene. Mamma, non dimenticarti di
noi, ne di nessuno, miraccomando mamma! Stai bene.
110

Sempre nell'i ncontro avvenu to a Manduria il 2 novembre

1991 un'informatore, con circa 75 anni, mi racconta come

una barzellet ta la storia di due compari che vanno a far

visita ad un l oro amico che aveva perso il padre.

"Rimase una stretta amicizia tra due compari di Erchie


e un signore di Erchie. Quelli di Manduria andavano a
trovare spesso quello di Erchie e quando andavano si
scambiavano dei regali: se avevano dei pomodori, per
esempio, del vino. Arrivo un giorno che il padre del
signore di Erchie stava male, quando hanno avuto
l'ambasciata sono andati a trovarlo e come regalo hanno
preso una decina di sigari e glieli hanno dati.
Un bel giorno hanno avuto l'ambasciata che il padre del
signore di Erchie era morto: "be' cusc1 (cugino) a
Erchie imma 'sclre (dobbiamo andare)".
Quando sono arrivati ad Erchie hanno visto i manifesti
davanti alla casa del defunto e tante persone, cos1
sono entrati in casa del defunto per recar "v'i.situ".
Dentro c'era la sorella del loro amico che ha
incomin�iato a piangere:

Tata!
E' vin�tu lu 'Manueli lu mandur�si

'I ......--0:--.. °I 3
fJ i! h1 \f f 1£ f f' f' . iJ\P-:,)'711
""- iJ I, lio- l\v• <.- \, Iv ""60-,.\1.:- 1.t

'l'

t£. 1.p
"
pp
111

I due cugini compuri si sono guardati e si son detti d i


staro attenli.

T�ta!
E' vin utu lu 'Manu�li lu manduresi
cuddu ca ti •nduclu li sigarri.

TRADUZIONE: Padro! E' venuto Emanuele di Mandu ria, quel lo


cho ti port o una volta i sig ari.

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'i\nn. �2 �,

i 'n
A
I ....-::--,...

p
x I
T� . to, _I t.'

,IT � •ft
c,,,:l. du t;

Un compare disse all 'alt ro: a noi tocca e, non sapendo


che dir� dissero:

Mamma la rondinella mamma la rondina'.


11 2

Sempre a Mndu ria Angelina. con l'aiuto dell'altro

informator e, simula un'altro lamento con situazione

inventata: un uomo ubriaco nel giorn o di Natale lamenta la

moglie (figlia?):

E' natu lu Redentore


e natu lu re Messia
e solu la Nina mia no' nasci cchiui?

Nina la mamma, Nina!


Timmi sola sola 'na parola
cu ti sentu ancora!

dopo qualche secondo, che le serve per trovare altre

parole, Angelina continua:

Ni tegnu tanti ricuerdi, la mamma,


ni tegnu tanti e no' ni essi cchiui nisciunu a luce,
comu fazzu cu ti pozzu a vetiri, la mamma!

TRADUZIONE: E' nato il Redentore, e


natu il re Messia,
soltanto Nina mia non puo piu rinascere? Nina, e mamma,
Nina! Dimmi soltanto una parola per sentirti ancora... Ho
tanti ricordi, la mamma, e non ne viene nessuno in luce,
come faccio per vederti, mamma!
113

Un altro lomo nto invontato alla stessa muniera da i due

p or ridoro o:

"Quondu moroo la muggh iori ti mosctu Carminu lu fiju, lu


Pippinu, sciu nonti do' mammosa (mortal e di�si:
Mornrno,
l'oi;i;iu co�latu lu cutt6ni cu ti po' sdrviri,
l'aggiu piJ�tu lu vontlli,
t'o.i;i;iu pJj�to la fittuccio pi lu vantlli,
marnrno!
T'oi;gib nijbta nu vosto ti sota
cu cumparlsci nanti o tutt i
l'oggiu pijulo li calzo, lu �elu pi' 'ncopu.
Co l'oro 'pij�ri cchiui, momma.
Bata so.' ,
quantu affottu o quantu pinsieri aggi� tin�tu iu a toi
Cu no' ti ni scuordi,
ormonu ti mbi, momma, sa'?
ArmOnu cu piOnsi tuni,
ormQnu la libretto do' la lassatu,
no' rni lu tici, momma?
Cu nd sia foci tuttu
cu li 'nfulrdichi l'otri fili.

TRADUZIONE: Quando mori la moglio del maestro Carmine, il


figlio Peppino, and O davanti alla salma di sua madre e
disse: "Mamrna ti ho comprato un gomitolo di cotone, che ti
pu� servire, ti ho comprato il grembiulo, ti ho comprato la
fottuccia por il grembiule, momma! Ti ho comprato un
vestito di sotu per far bells figura davanti a tutti, ti ho
comprato lo calzo, il velo per il capo. Cho dovevo
comprarti in piu, marnma. Ricordati di quonto affetto e di
quanta cura ho avuto per to. Non dimonticartelo; almeno
pensami, almeno dove hai lasciato il libretto di risparmio,
non mo Jo vuoi dire, mamrna? Non fare in modo di saziare
solo gli altri tuoi figli.
114

3. Registrazione e ffettuata il 3 gennaio 1992 a Mesagne.

Un'altro tipo di lamento l'ho raccolto a Mesagne

dall 'informatrice Cosima G., 72 anni, la sua prof essione

era quella di contadina. Tuttora e una donna attiva, fa

l'aiutante domestica. Lei afferma di saper piangere e

cantare. Le canzoni da lei preferite sono quelle

"campagnole", cioe cantate da lei in campagna per tenere

allegre le sue compagne; mi ha anche detto che le e


capitato di cantare anche di notte in casa sua e tutti si

affacciavano a battere le mani perche aveva una bella voce.

La sua abitazione e nel centro storico di Mesagne, zona che

e rimasta molto legata a tutti i tipi di tradizione e nella

quale "tutti conoscono tutto di tutti".

Ha affermato di essere molto brava a piangere, e che i suoi

lamenti hanno fatto piangere molta gente, ma non si faceva

pagare. Adesso non piange piu e lo ha fatto in via

straordinaria per me.

La sua non e stata una simulazione di pianto rituale, in

quanto non ha accennato a nessuna mimica, postura corporale

che pressupponeva un defunto davanti a lei. Nel suo tono di

more, e non dimostrava alcun


voce non traspariva alcun tre

segno di imbarazzo, neanche celato con risate come gli

informatori di Manduria. Dal punto di vista ritmico e

musicale le sue nenie potevano essere anche delle ninne

nanne, ma contenevano tutti i moduli verbali, espressivi e

i ritornelli emotivi dei lamenti funebri.


115

L'ascolto questi lamenti ha


della registrazione di

s uscita to nei miei genitori una rea le commozione.


Ohi mamma,
cu ce dulori ma lassatu, mamma!
Mamma,
t'hannu mesa 'ntra quattru muri,
passioni mia, passioni mia.
Mamma,
e t'aggiu fatta 'na lett're bianca,
la mamma mia sott'alla chianca.
Ohi mamma mia,
e no mi ieni mai a suennu!

TRADUZIONE: Ohi mamma, mi hai lasciato con tanto dolore,


mamma! Mamma, ti hanno messo in quattro mura, mia passione,
mia passione. Mamma, ti ho fatto un lenzuolo bianco, mia
mamma sotto la lapide. Ohi mamma mia, non mi vieni mai in
sogno!
116

ct . e P �J? f 11 f, 1' J rJ
✓ I
11
117

Ohi lu tata mia,


comu 'ndj lassati suli,
comu n'isula mienzu u mari.
E no m'ha tittu mancu 'na parol a
e cu mi tici 'na cosa
e ce vulivi ti mei, tata.
E ci ti manca ncu na cosa
e mi l'ha 'diri tata mia,
ca ci ti manca iu
e ti la fazzu fare
e ci ti manca ieni
e ci non hai li forzi
e fatti cumpagnari
sott'alla porta ti lu cimiteru, tata
ca poi ti essu annanti iu
ca no' mi ieni mai a suennu
cu mi tici na parola
e ieni a dimmi 'ncuna cosa
tata mia.
Com'aggia 'fari quandu vegnu allu cimiteru, tata
iessimi annanti sa'
ca v�gghiu 'ti vesciu
ca ma lass�ta sola sola
e ma lassata comu 'n'isula mienzu mari
ca iu no' sacciu ti ce sctlata aggia pigghiari.
tata mia.

TRADUZIONE: Ohi padre mio come ci hai lasciati soli, come


un'isola in mezzo al mare, e non ci hai detto neanche una
parola, e dimmi una cosa e che cosa volevi da me, padre, e
se ti manca qualcosa e me lo devi dire padre mio, che se ti
manca io te la faro avere, e se ti manca vieni e 'l'>n
hai le forze, e fatti accompagnare sotto la porta del
cimitero, padre che poi io ti vengo incontro. Che non mi
vieni mai in sogno per dirmi una parola, e vieni a dirmi
qualche cosa, padre. Come devo fare quando verra al
cimitero, padre, vienimi incontro ti prego, che voglio
vederti, poiche mi hai lasciato sola sola, e mi hai
lasciato come un'isola in mezzo al mare, che non so che
strada devo prendere, padre mio.
119

L'informatrice Cosima G. mi fa anche l'imitaz ione di sua


zia di S.Pa ncrazio quando ha lamentato sua figlia.

Riproduce lo stesso lamento con lo stesso ritmo e stessa

melodia, variano solo le parole e l'in flessione dialettal e:

Ohi rlja mea, fija


comu m'ha lassAta la mamma
comu Aggia 'ffare fija mea'
ti ce sctrata aggiA pigghi�ri,
fija mea,
ca m'ha lassata sola sola
e m'ha lassata
e no' m'ha tittu niende, fija.
Ca iu aggia vvinlri allu cimiteru fija
e quantu 'oti vegnu, la mamma
i�nimi a su�nnu e dimmi 'nc�na cosa
ci t'ha mancatu ni�nde, la mamma
e iu te la fazzu fare, flja mea.

TRADUZIONE: Ohi figlia mia, figlia come mi hai lasciata, la


mamma, come devo fare figlia mia, dimmi che strada devo
prendere, figlia mia, che mi hai lasciata sola e mi hai
lasciata senza dirmi niente, figlia. Che io devo venire al
cimitero, figlia e quante volte vengo, la mamma, vienimi
in sogno e dimmi qualche cosa se ti e venuto a mancare
niente, la mamma e io te la faro avere, figlia mia .

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FIG. 6: Culture etnic


• ·he Albanese l l) ,e Grec,1n1• ca
_ l2J de) SalenLo.
lle1• comun1• •<oLLollneaL1
. . ,•1 parlJ ancura l· 1 ,liJleLLo onginar
. . 10 .


FOTO 1: 'Verg1nelle" nel rorteo
funebre di unJ g1ovane dnnna.
Arch. f a1 . Ch1sena, "esagne,
1957.

FOTO 2: Gruppo di candele


(CASTELLANA) sull' altJre della
ch1esa de1 Oo1en1cani di
Nesasgne.
Arch. fa■. Ch1sena, Nesagne, 1957
11 nu1ero delle candele testiao­
n1ava l' i1portanza attribuita al
funerale. Oggi le candele sono
state ridotte a quattro.
FOTO 3: Corteo funebre di unJ
91ovJne donnJ.
At ch. fJ■. Ch1senJ, NesJgne.1957
Test11on1dnZJ dellJ generale
pJrtec1pJ21one del pJese. S1
intrJvede Jll' 1n1zio del corteo
il 'CAPITOLO' intero.

FOTO 5: Corteo funebre di una


91ovJne donnJ.
Arch. fJ1. Chisena, Nesagne, 1957

..,_,.....,=--·--
· ---------------------

- ;

:1·
. di J
FOTO 4 : Testimonianza di bara portata sulle spalle fino al cimitero.
Arch. fara. Lupo, Hesagne, 1950 circa .
II

FOTO 6 e 7:Testimonianza del vecchio carro funebre trasportato da cavalli Arch. della chiesa di S. Karia,
Kesagne, 1944.

·�
·--
foto 8 ; Manifesto che annuncia la ■orte del Carnevale l "Oggi tre ■arzo e ■ortu lu PAULIHU. Li
funerali partiranno da via Ro■a intorno alle orP. 19, 30, siete tutti invitati a partecipdre' ).
Nartignano, 3 ■arzo 1992 .
FOTO 9 e FOTO 10: Esposizione in pi<122a, dopo il corteo funebre, del fantnrcio di "pezza e pagghia".
Oopo l' e�posizione ed il la■ento il fantoccio viene bruciato alla presenza di tutti .
FOTO 11: 099ett1 preparati e conservati "nt.-a lu baroi • dalle donne anziane salentine
pe.- la vestizione dellJ propria persona una volta defunta. S1 riconoscono
nella foto : il crocifisso , la corona del rosario e l' abitino.
151

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