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GIUSEPPE SQUILLACE
Prefazione di
L ORENZO V ILLORESI
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ca presso il Dipartimento di Storia dell’Univer-
sità degli Studi della Calabria. Ha indirizzato
le sue indagini sia sui temi della propaganda ma-
cedone e antimacedone sotto Filippo II e Ales-
sandro Magno, pubblicando una serie di articoli
nonché le monografie Basileis o tyrannoi. Filippo
II e Alessandro Magno tra opposizione e consenso
(Rubettino 2004), e Filippo il Macedone (Laterza
2009), sia sui medici vissuti in Magna Grecia e
Sicilia nel IV secolo a.C. Su quest’ultima temati-
ca sta realizzando presso la Technische Univer-
sität di Dresda un progetto di ricerca internazio-
nale finanziato dall’Alexander von Humboldt
Stiftung di Bonn.
BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»
Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia
372
GIUSEPPE SQUILLACE
IL PROFUMO
NEL MONDO ANTICO
CON LA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA
DEL «SUGLI ODORI» DI TEOFRASTO
Prefazione di
LORENZO V ILLORESI
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PREFAZIONE
Quale poteva essere lo sguardo degli antichi verso l’universo delle fragran-
ze? Come possiamo metterci nei panni di un contemporaneo di Aristotele e di
Teofrasto e guardare il mondo con i suoi occhi, in particolare il mondo degli
aromi? In un’epoca nella quale ci si interrogava sulle origini di tanti fenomeni
ancora ignoti cercandone la causa prima, aromi, profumi e odori apparivano
forse come uno dei modi nei quali si manifestavano l’essere e la natura.
Gli antichi furono particolarmente colpiti da tutto ciò che coinvolgeva
profondamente i sensi. Proprio gli aromi più forti e intensi attirarono l’atten-
zione dei popoli dell’antichità che ne fecero uso in ambito religioso, alimen-
tare e cosmetico. Come nei poemi omerici l’attenzione del narratore si soffer-
ma spesso su ciò che colpisce l’occhio 1 cosı̀, riguardo agli aromi, ciò che
1 Si parla di agili membra, di forti braccia e di veloci gambe in movimento, ma anche di nuvole
spinte dai venti, di mare schiumoso in tempesta, di vele che si gonfiano, di acque che si scagliano
violentemente contro le navi. Omero, Iliade e Odissea, passim.
— VII —
PREFAZIONE
2 La leggenda sulla Fenice è emblematica: uccello sacro del Sole e degli aromi, unico della sua
specie, sempre uguale a se stesso, l’araba Fenice disponeva di mirra e incenso per costruirsi il nido.
Aveva alcune penne d’oro, altre di color rosso vivo. Non lasciava mai la terra degli Arabi se non per
recarsi al santuario del dio Sole. Col passare degli anni, solo la fiamma profumata degli aromi riusciva
a restituirle tutto il passato vigore. Ormai vecchia, si costruiva un nido di rami di incenso, lo inon-
dava di profumi e vi moriva, arsa dal fuoco solare, per poi rinascere dalle proprie ceneri. Si nutriva
solo dei raggi più luminosi del Sole, dei vapori eterei portati dai venti marini, delle lacrime dell’in-
censo più puro. Sul tema vedi: Erodoto, Storie II 73 (testo 9.1 in Appendice documentaria); ma anche
M. DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, trad. it. Roma-Bari 1987, pp. 3 ss.; F. ZAMBON –
A. GROSSATO (a cura di), Il mito della Fenice in Oriente e in Occidente, Venezia 2004; F. LECOCQ,
L’oeuf du phénix. Myrrhe, encens et cannelle dans le mythe du phénix, «Schedae», XVII.2, 2009,
pp. 107-130.
— VIII —
PREFAZIONE
ORIGINALITÀ DI TEOFRASTO
3 Teofrasto, Sugli odori 57, capitolo nel quale il filosofo sottolinea la necessità di creare una fra-
granza equilibrata non dominata da un solo ingrediente.
4 Platone, Timeo 66d-67a; Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b. Vedi testi
nn. 5.1-5.3 in Appendice documentaria.
5 Il filosofo parla infatti di ‘combinazione delle essenze’ (Teofrasto, Sugli odori 8); di ‘amalgama’
tra le diverse componenti’ (Teofrasto, Sugli odori 19); di accostamento tra odorato e olfatto (ivi 9); di
mancanza di regole precise nell’accordo e nella mescolanza delle essenze (ivi 37).
— IX —
PREFAZIONE
granza con essi composta è suscettibile di essere diversa di volta in volta.6 Teo-
frasto fu forse il primo a porsi il problema della volatilità e della persistenza
delle materie aromatiche.7 Arrivò a un passo dal trovare la chiave della solu-
zione quando parlava della macerazione delle spezie 8 osservando come, essen-
do sottile, la fragranza di rosa evaporasse rapidamente lasciandosi sovrastare
dalle altre componenti aromatiche.9
Il Sugli odori è anche ricco di considerazioni precise, estremamente attuali
come, ad esempio, l’osservazione in base alla quale il miglior eccipiente per
diluire gli aromi deve essere «un olio dotato di una minor profumazione pos-
sibile».10 Teofrasto riferiva dell’impiego di coloranti per profumi e cosmetici,
indicava in luce e calore i nemici dei profumi e osservava che l’esaltazione del-
le note odorose e la conservazione delle essenze dipendevano dalla tempera-
tura.11 Inoltre, notava – una constatazione, questa, evidentemente valida per
tutte le epoche – che alle donne piacevano le fragranze persistenti 12 e rilevava
la vicinanza tra gusto e olfatto evidenziando come nessun sapore fosse sguar-
nito di odore e nessun odore potesse essere senza sapore.13 Infine rimarcava
come i profumi emanassero un odore dolcissimo se spalmati sul polso (per que-
sto motivo i profumieri li testavano su questa parte del corpo) 14 ed estendeva
l’uso delle fragranze alla profumazione dei vestiti, del letto e dei mantelli. 15
6 Secondo il filosofo il tutto era determinato dalla stabilità della stagione, o dal periodo di rac-
colta delle sostanze odorose: Teofrasto, Sugli odori 37.
7 Teofrasto, Sugli odori 12 : «Occorre domandarsi inoltre per quale motivo i fiori e le altre com-
ponenti odorose usate nella preparazione delle corone, pur avendo un profumo assai tenue riescano
tuttavia a emanarlo fino a grandi distanze, mentre l’iris, il nardo e altre sostanze secche dotate di pro-
fumazione assai intensa riescano a renderlo percepibile solo da vicino». Vedi anche Sugli odori 56, nel
quale risulta interessante l’osservazione del filosofo secondo il quale nardinon e irinon «rimanevano
più a lungo». Per quanto riguarda il nardinon la maggiore persistenza era senz’altro dovuta in primo
luogo alla presenza, nella formula, del nardo stesso, una ferula simile alla valeriana, ma anche all’im-
piego nella composizione di ingredienti come il costo (una radice) e la mirra, una resina particolar-
mente persistente.
8 «Prima si mettono a macerare le spezie dotate di un aroma meno intenso, alla fine si unisce la
fragranza, il cui aroma si desidera rimanga persistente». Teofrasto, Sugli odori 17.
9 Un profumo composto, contenente tuttavia un estratto o essenza di rosa, posto in un flacone,
quando viene aperto «emana solo ed esclusivamente la fragranza di rosa». Ma «tale effetto ha tuttavia
scarsa durata per la debolezza e la volatilità dell’essenza, che inizialmente prevale sulle altre»: Teo-
frasto, Sugli odori 47.
10 Teofrasto, Sugli odori 18. Inoltre «l’olio deve essere nuovo, non vecchio» e si può usare anche
quello ricavato da mandorle amare: ivi 15.
11 In generale il filosofo rilevava che il caldo alterava i profumi: Teofrasto, Sugli odori 40.
12 Ivi 42.
13 Ivi 67.
14 Teofrasto, Sugli odori 53, dove si riporta un’altra osservazione interessante perché implicita-
mente si considera la pelle dotata di un suo odore che, a sua volta, si mescola con quello del profumo.
15 Ivi 58.
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PREFAZIONE
16Vedi supra.
17Uso intenzionalmente questa espressione al posto di ‘profumiere’, perché in italiano, diver-
samente dalle altre lingue, il termine viene ormai ad indicare il negoziante di profumi, non più il loro
creatore.
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PREFAZIONE
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PREFAZIONE
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PREFAZIONE
Jacques Guerlain, Ernest Beaux, Henry Robert e François Coty, per citarne
solo alcuni tra i più famosi, lamentavano spesso la limitata disponibilità di so-
stanze aromatiche nuove e diverse. Tuttavia rispetto agli antichi, essi poteva-
no utilizzare un numero notevolmente maggiore di ingredienti, molti dei quali
erano sconosciuti ai profumieri egiziani, romani e greci. Basti pensare ad al-
cuni tra i più famosi, come il vetiver, il patchouli, l’ylang-ylang, l’ambra, il
musk, il castoreum, la civetta, la violetta, la tuberosa, il bergamotto, l’arancio,
i fiori d’arancio, il neroli, i chiodi di garofano, il muschio di quercia, la noce
moscata, la vaniglia ed altre ancora, per citare solo alcuni tra quelli naturali.
Ma le differenze non si fermano qui: gli sviluppi della scienza e, di conse-
guenza, dei sistemi di analisi, soprattutto a partire dai primi decenni dell’ ’800,
hanno permesso di conoscere sempre di più la composizione delle essenze
delle piante e di svelare in tal modo buona parte del mistero che da secoli cir-
condava gli aromi. Si è scoperto che la natura non è altro che un immenso
‘mosaico’ di costituenti diverse, più o meno aromatiche; che la componente
aromatica, ‘l’anima odorosa’, è di natura oleosa; che le singole essenze natu-
rali (dette ‘oli essenziali’ quando ottenute per distillazione) e gli altri tipi di
estratti, sono a loro volta un insieme complesso di numerose costituenti, in
percentuali variabili. L’essenza di rosa ottenuta per distillazione, ad esempio,
non è in realtà una cosa ‘singola’, bensı̀, al suo interno, un compound di so-
stanze diverse. Quindi ogni profumo finito è una ‘composizione’, che contie-
ne al suo interno vari ingredienti, alcuni dei quali (i naturali) sono in realtà a
loro volta delle ‘composizioni’ (ad esempio l’essenza di rosa o l’assoluta di gel-
somino). Questi estratti ed essenze naturali sono spesso mescolati insieme ad
altre sostanze di sintesi (‘singole’), come rodinolo, idrossicitronellale, alcool
feniletilico e molte altre per la creazione dei profumi. In altre parole, come
scatole cinesi, le essenze e gli estratti naturali sono quindi a loro volta compo-
sti da insiemi di sostanze di natura differente e in diversa proporzione, molte
delle quali sono presenti anche in essenze ottenute da altre parti di piante. Si
tratta di misture cangianti e in parte sfuggenti come tutto ciò che proviene
dalla natura.
La conoscenza delle costituenti delle essenze e degli estratti naturali è stata
successivamente approfondita, sia riguardo al loro profumo, sia in relazione
alle loro caratteristiche generali, decifrando in tal modo sempre di più il mi-
sterioso arabesco degli odori della natura. Dato che si scoprı̀ che molte di que-
ste costituenti erano presenti abbondantemente in natura anche in altre ma-
terie molto più diffuse e meno preziose di una essenza distillata, si studiò e
si trovò il modo di ottenerle da queste stesse materie producendole su larga
scala. Cosı̀ in pochi decenni le sostanze aromatiche disponibili per il profu-
miere da poco più di 100-120 sono quasi decuplicate, comprendendo nuovi
— XIV —
PREFAZIONE
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PREFAZIONE
smetici, a scopo medicinale, nei riti e nelle cerimonie religiose, nel settore ali-
mentare per aromatizzare cibi e bevande. Un’arte, quella della profumeria,
senza confini nel tempo e nello spazio: analogo infatti è l’atteggiamento crea-
tivo, l’approccio artistico dei profumieri di ogni epoca per la composizione
delle fragranze, le basi dei profumi, al pari della libertà e della fantasia nella
scelta degli ingredienti.
Vissuto in un epoca straordinaria tra le lezioni di Platone e Aristotele e la
spedizione di Alessandro verso mondi sconosciuti, dai quali provenivano nuo-
ve piante e aromi, Teofrasto estese i suoi interessi dalla biologia alla fisica, dal-
l’etica alla metafisica. Le sue due opere di botanica giunte fino a noi, Storia
delle piante e Le cause delle piante, ebbero una grande influenza sulla scienza
medievale e rimasero importanti testi di riferimento fino al XVIII secolo inol-
trato. Certamente furono una fonte importante per il suo omonimo Paracel-
so,22 anch’egli medico, botanico, alchimista e astrologo del Rinascimento che,
come Teofrasto, fu attento osservatore delle opere della natura. Osservò, ad
esempio, molto acutamente che spesso la tossicità di una sostanza dipende
dal dosaggio – un concetto che anche Teofrasto aveva preso in considerazione –
e fece continui esperimenti nell’uso di piante medicinali usando il filosofo pe-
ripatetico come guida.23
Quando Aristotele partı̀ da Atene per Calcide nel 322 lasciò a Teofrasto la
sua biblioteca e gli originali dei suoi lavori e lo nominò suo successore nella
guida del Liceo. Teofrasto morı̀ a 85 anni, dedicando la sua vita a un intensa
opera di ricerca e di studio. Un’età assai avanzata per l’epoca, che il filosofo
tuttavia non riteneva sufficiente a colmare la sua sete di conoscenza. Diventato
ormai vecchio e giunto al crepuscolo della sua esistenza – riferisce Diogene
Laerzio – avrebbe esclamato con una certa amarezza: «si muore proprio quan-
do si comincia a vivere».24 Nonostante quasi due millenni li separino, il mot-
to di Paracelso «non appartenga ad altri l’uomo che può appartenere a se
stesso» 25 risuona attraverso i secoli: avrebbe potuto essere la massima di
Teofrasto.
— XVI —
Fig. 1. Donna che travasa un unguento. Affresco, Villa Farnesina, I sec. d.C., Roma.
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3 4
Fig. 2. Preparazione e prova del profumo. Affresco, Casa dei Vettii, I sec. d.C. Pompei.
Fig. 3. Lekythos a figure rosse, V sec. a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.
Fig. 4. Lekythos a figure rosse, Atene, V sec. a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.
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PREMESSA
— XVII —
2
PREMESSA
4 Vedi A. LALLEMAND, Le parfum comme signe fabuleux des pays mythiques, in F. JOUAN –
B. DEFORGE (eds.), Peuples et pays mythiques. Actes du Ve colloque du Centre de Recherches My-
thologiques de l’Université de Paris X, Chantilly 1986, Paris 1988, pp. 73-90.
5 Per i passi relativi vedi Appendice documentaria sezione 9.
6 Le cause delle piante; Storia delle piante, passim.
7 Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b; vedi testi 5.2; 5.3 in Appendice do-
cumentaria.
8 Vedi ad esempio J.I. MILLER , Roma e la via delle spezie, trad. it. Torino 1974; M.G. RASCHKE,
New studies in Roman commerce with the East, in ANRW, II, Berlin 1978, pp. 604-1361; G. DONATO –
M.E. MINARDI BRANCA – A. RALLO (a cura di), Sostanze odorose nel mondo classico, Venezia 1979;
N. GROOM, Frankincense and Myrrh. A study of the arabian incense trade, London - New York - Beirut
1981; P. FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, Paris 1987; G. ROSSI OSMIDA, La scoperta della
vanità. Profumi e cosmetici nel mondo antico, «Archeo», LVIII, 1989, pp. 62-111; M. DAYAGI MENDE-
LES , Perfumes et cosmetics in the ancient world, Jerusalem 1989; D.J. MATTINGLY, Paintings, presses
and perfume production at Pompeii, «OJA», 9, 1990, pp. 71-90; E. PASZTHORY, Salben, Schminken
und Parfüme im Altertum, Mainz 1992; C. CLASSEN – D. HOWES – A. SYNNOTT (eds.), Aroma. The
cultural history of smell, London - New York 1994; M. BRIZZI, I profumi tra archeologia e fonti lette-
rarie: il mondo romano, in S. PENNESTRÌ (a cura di), Aromatica. Profumi tra sacro, profano e magico,
Torino 1995, pp. 31-57; M.N. PEARSON (ed.), Spice in the Indian Ocean world, London 1996; A. AVAN-
ZINI (a cura di), Profumi d’Arabia, Atti del Convegno, Roma 1997; C. CORN, The scents of Eden: a
history of the spice trade, New York 1998; A. CIARALLO, Verde pompeiano, Roma 2000; M. GRAS,
Commerci e scambi tra Oriente e Occidente, in Magna Grecia e Oriente mediterraneo prima dell’età
ellenistica. Atti del XXXIX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1999, Taranto 2000,
pp. 125-165; A. DALBY, Empire of pleasures: luxury and indulgence in the Roman world, London -
New York 2000; A. D’AMBROSIO, La bellezza femminile a Pompei, Roma 2001; A. CIARALLO, I pro-
— XVIII —
PREMESSA
Nel dare alle stampe questo volume desidero esprimere un vivo ringraziamento
alla mia maestra Prof.ssa Giovanna De Sensi Sestito per le continue esortazioni, all’a-
fumi nel mondo classico, in O. PASTORELLI (a cura di), La parole del profumo, Roma 2002, pp. 49-57;
A. CIARALLO, Flora Pompeiana, Roma 2004; M. SAIKO, Cura dabit facies. Kosmetik im Altertum, Bo-
chum 2005; A. CIARALLO, Pompei verde. Il tempo, la moda, le piante, Napoli 2006; J. KEAY, The spice
route. A history, Berkeley - Los Angeles 2006; F. DE ROMANIS, Cassia, cinnamomo, ossidiana. Uomini
e merci tra Oceano Indiano e Mediterraneo, edizione anastatica Roma 2006; A. CIARALLO, Flora pom-
peiana antica, Roma 2007; C. GIORDANO – A. CASALE, Profumi, unguenti e acconciature in Pompei
antica, Roma 20072; I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio. Catalogo della mostra (Roma, Musei
Capitolini 2007; Firenze, Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella 2008), Roma - Reg-
gio Calabria 2007; A. VERBANCK PIÉRARD – N. MASSAR – D. FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La
rose et l’encens en Méditerranée, Mariemont 2008; L. BODIOU – D. FRÈRE – V. MEHL (eds.), Parfums
et odeurs dans l’antiquité, Rennes 2008; i convegni di studio: La ruse d’Idothée. Bonnes et mauvaises
odeurs dans les mondes grec et romain. Imaginaires, pratiques, savoirs, Université de Nantes 16-17 juin
2007; Archéologie des huiles et huiles perfumées en Méditerranée occidentale et en Gaule (VIIIe s. av.-
VIIe s. ap. J.-C.), Rome, École française, 16-18 novembre 2009.
9 Sul problema vedi infra.
10 G.R. THOMPSON , Theophrastus on plant flavours and odours. Studies on the philosophical and
scientific significance of De causis plantarum VI, accompanied by translation and notes, Diss. Prince-
ton 1941; R.W. SHARPLES, Theophrastus on tastes and smells, in W.W. FORTENBAUGH – P. HUBY –
M.A. LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life and work, New Brunswick - London 1985,
pp. 183-204; D.N. SEDLEY, Three notes on Theophrastus’ treatment of tastes and smells, ivi,
pp. 205-207; G. WÖHRLE, The structure and function of Theophrastus’ treatise De Odoribus, in
W.W. FORTENBAUGH – R.W. SHARPLES (eds.), Theophrastean studies. On natural science, physics
and metaphysics, ethics, religion, and rhetoric, New Brunswick - London 1988, pp. 3-13; B. TRIPODI,
Il profumo di Teofrasto. Considerazioni intorno a Od. 42, in Corona Aurea. Studii ı̂n onoarea Luciei
Teposu Marinescu, Bucarest 2005, pp. 529-535. Vedi anche FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité,
cit., pp. 181-185 e il lavoro in corso di stampa di B. NICOLAS, Quelques traces du savoir des parfumeurs
dans l’œuvre de Théophraste, in F. LE BLAY (ed.), Doctrinarum disciplina. La transmission des savoirs
dans le monde hellénistique et romain, Nantes 22-24 Mars 2007.
11 A. HORT (ed.), Enquiry into Plants and Minor Works on Odours and Weather signs, II voll.,
(London - Cambridge Mass. 1916), repr. London - Cambridge Mass. 1961; U. EIGLER – G. WÖHRLE
(eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar von Ulrich Eigler, Georg Wöhrle
mit einem botanischen Anhang von Bernhard Herzhoff, Stuttgart 1993.
— XIX —
PREMESSA
mico prof. Bruno Tripodi per i preziosi consigli e le stimolanti discussioni sul tema
dei profumi, al personale della Biblioteca di Area Umanistica dell’Università degli
Studi della Calabria per avere recuperato da Atenei italiani e stranieri testi preziosi
sull’argomento, all’Alexander von Humboldt Stiftung (Bonn) e al prof. Martin Jehne
per avermi dato l’opportunità di completare il lavoro nella tranquillità della Sächsi-
sche Landesbibliothek – Staats- und Universitätsbibliothek di Dresda, ad Antonella
Bevilacqua per l’aiuto prestato nella revisione finale dei testi, a Luciana De Rose e
Francesco Scornaienchi per l’elaborazione di alcune cartine geografiche, a Silvana
Autieri, Cinzia Citraro, Daniela ed Elena Coricello, Francesca De Fazio, Gino Ditadi,
Caterina e Lidia Gerardi, Ilaria Guasco, Francesco Imperio, Ornella Pastorelli,
Bertram Ringwald, Lucia Salatino, Sabrina Salerno, Angelina Squillace che in vario
modo hanno incoraggiato questa ricerca.
A oltre un anno dalla loro scomparsa, è mio desiderio dedicare il volume a Car-
mela e Giuseppe, che ero solito rivedere nelle settimane di Maggio all’epoca della fio-
ritura della rosa e del gelsomino calabrese: a loro, inconsapevoli esperti del mondo dei
profumi e per sempre compagni della mia memoria.
— XX —
PARTE PRIMA
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INTRODUZIONE
1 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,36-57. Sulla biografia di Teofrasto nell’opera di Dio-
gene Laerzio, vedi M. SOLLENBERGER, Diogenes Laertius 5,36-57: the vita Teophrasti, in FORTEN-
BAUGH – HUBY – LONG (eds.), Theophrastus of Eresus: on his life and work, cit., pp. 1-62; ma an-
che O. REGENBOGEN, s.v. Theophrastos (3), in RE, suppl. VII, 1940, coll. 1354-1362; F. WEHRLI,
Theophrast, in H. FLASHAR (ed.), Die Ältere Akademie. Aristoteles. Der Peripatos bis zum Beginn
der römischen Kaiserzeit, Basel 1983, pp. 474-522; W.W. FORTENBAUGH – P.M. HUBY – R.W. SHAR-
PLES – D. GUTAS (eds.), Theophrastus of Eresus: sources for his life, writings, thought and in-
fluence, II voll., Leiden 1992; P.M. FRASER, The world of Theophrastus, in S. HORNBLOWER
(ed.), Greek historiography, Oxford 1994, 167-191; W.W. FORTENBAUGH – J.M. VAN OPHUIJSEN –
P. MAURITSCH, s.v. Theophrastos, in DNP XII.1, 2002, coll. 385-386; P. MILLET, Theophrastus and
his world, Cambridge 2007, pp. 7 ss.
2 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,38, ma anche Strabone, Geografia XIII 2,4 C 618; Cice-
rone, Oratore 62; Plinio il Vecchio, Storia Naturale I, pref. 29; Quintiliano, Istituzione oratoria X 1,83;
Suda, s.v. Qeovfrasto".
3 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,36; vedi REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., coll. 1354-
1562; WEHRLI, Theophrast, cit., p. 477; J. GLUKER, Theophrastus, the Academy and the Athenian phi-
losophical atmosfere, in J.M. VAN OPHUIJSEN – M. VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the
sources, New Brunswick - London 1998, pp. 281-298.
4 Sul personaggio e le vicende dell’Accademia alla morte di Platone: M. ISNARDI PARENTE
(a cura di), Speusippo. Frammenti, Napoli 1980.
—3—
PARTE PRIMA
lene a Lesbo dove Teofrasto rimase per circa 10 anni 5 raccogliendo un gran
numero di dati di argomento botanico 6 e svolgendo anche un’intensa attività
politica a Ereso.7 Solo nel 335 lasciò nuovamente la patria per fare ritorno ad
Atene, richiamato nella città attica dalla fondazione di una scuola filosofica, il
Liceo, a opera di Aristotele di ritorno dal suo soggiorno in Macedonia come
maestro di Alessandro Magno.8 Dopo avere seguito le lezioni del maestro per
oltre 10 anni, alla morte di questi nel 322, Teofrasto assunse la guida della
scuola e la mantenne fino al 288 anno della sua morte.9
Diogene Laerzio gli attribuisce oltre 200 opere.10 Si tratta di scritti di vario
genere che toccavano i più svariati argomenti: dalla politica alla logica, dalla
botanica alla zoologia, dalla fisica alla metafisica, dall’etica alla poetica, dalla
retorica alla psicologia. Il tutto in linea con gli interessi enciclopedici di Ari-
stotele e della sua scuola.
5 Vedi A.H. CHROUST, Aristotle’s sojourn in Assos, «Historia», XXI, 1972, pp. 170-176.
6 Sembrano darne attestazione i numerosi riferimenti ai luoghi di soggiorno in Asia Minore pre-
senti nella Storia delle piante: vedi S. AMIGUES, Les traités botaniques de Théophraste, in S. AMIGUES,
Études de botanique antique, Paris 2002, pp. 14-15.
7 Secondo Plutarco (Opere morali 1126f; 1097b), insieme a Fania, Teofrasto per due volte avrebbe
liberato la sua patria Ereso dai tiranni, addirittura mandandoli a morte: FORTENBAUGH – HUBY – SHAR-
PLES – GUTAS (eds.), Theophrastus of Eresus: sources for his life, writings, thought and influence, cit.,
pp. 438; 453; 506; sul tema: REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit.; A.J. PODLECKI, Theophrastus on
history and politics, in FORTENBAUGH – HUBY – LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life
and work, cit., pp. 231-249; G. DITADI (a cura di), Teofrasto. Sulla Pietà, Este 2005, pp. 33-34.
8 Vedi REGENBOGEN , s.v. Theophrastos, cit.; H.B. GOTTSCHALK, Theophrastus and the Peripatos,
in VAN OPHUIJSEN – VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit., pp. 299-316. Ivi
altra bibliografia.
9 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,37. Vedi REGENBOGEN , s.v. Theophrastos, cit., col. 1358.
Un riesame degli elementi biografici relativi a Teofrasto in J. MEJER, A life in fragments: the vita
Theophrasti, in VAN OPHUIJSEN – VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit.,
pp. 1-28. In questo lungo periodo Teofrasto poté contare sull’appoggio di sovrani e potenti dell’epoca
come Cassandro, Tolomeo di Lago, Demetrio Falereo: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,37-38;
vedi T. DORANDI, Qualche aspetto della vita di Teofrasto e il Liceo dopo Aristotele, in VAN OPHUIJSEN –
VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit., pp. 29-38.
10 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,42-50. Vedi REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., col.
1370 ss.; FORTENBAUGH – VAN OPHUIJSEN – MAURITSCH, s.v. Theophrastos, cit., coll. 386 ss.
11 Teofrasto, Le cause delle piante VI 4,1: AiJ de; ijdevai twn cumwn eJpta; dokousin eij~jnai kaqavper kai;
~ ~ ~
tw~n ojsmw~n kai; tw~n crwmavtwn, tou~to de; a[n ti" to;n aJlmuro;n oujc e{teron tiqh~/ tou~ pikrou~ kaqavper kai; to;
faio;n tou~ mevlano". eja;n de; cwrivzh/ sumbaivnei tou~ton o[gdoon eij~nai. Gluku;" ga;r kai; liparo;" kai; pikro;"
kai; aujsthro;" kai; drimu;" kai; ojxu;" kai; strufno;" ajriqmoun~ tai. prostivqetai de; kai; oJ aJlmuro;" o[gdoo".
—4—
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
gini del maestro che, nel prendere in considerazione gli odori, li aveva suddi-
visi e posti a confronto con i sapori.12
Già Wimmer intorno alla metà dell’ ’800, inseriva il Sugli odori tra gli
opuscula di Teofrasto ponendolo come Fragmentum IV tra il De igne e il
De ventis.13 Sulla sua scia anche Hort, oltre 50 anni dopo, lo collocava tra
i Minor Works del filosofo di Ereso inserendolo nella parte finale della
sua edizione della Storia delle piante.14 Il problema legato alla struttura dello
scritto e alla sua originaria collocazione sembra avere trovato negli ultimi
anni una soluzione largamente condivisa nata sulla base di una vecchia ipo-
tesi di Thompson. Se già Regenbogen nel 1940 aveva posto il Sugli odori al-
l’interno de Le cause delle piante,15 con maggiori argomenti, negli stessi an-
ni, il Thompson, fondandosi su un passo da Le cause delle piante, nel quale
Teofrasto preannunciava di volere prendere in considerazione più avanti
l’effetto delle sostanze profumate sul vino,16 più precisamente inserı̀ lo scrit-
to all’interno della stessa opera in un libro VIII andato perduto che avrebbe
fatto seguito all’altrettanto smarrito libro VII dedicato invece a vini e oli.17
Nel riprendere e fare propria tale ipotesi, prima in uno studio specifico poi
nell’edizione tedesca del Sugli odori curata insieme a Eigler, il Wöhrle è ri-
tornato a sottolineare il carattere non isolato dello scritto e a ipotizzarne la
collocazione nell’VIII libro de Le cause delle piante,18 trovando il sostegno
degli studiosi.19
Nel Sugli odori Teofrasto affronta il tema delle osmai legandole ripetuta-
mente ai sapori e distinguendole in gradevoli e sgradevoli. Diviso in 68 capi-
toli, ai quali si aggiungono il capitolo 69, che comunque riprende concetti
—5—
PARTE PRIMA
Sebbene la creazione dei profumi costituisse un’arte antica tanto che a Pi-
lo, a Cipro e a Creta sono state rinvenute officine di produzione risalenti al-
l’età del bronzo,22 tuttavia nessuno prima di Teofrasto, tanto meno il maestro
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
«RAL», ser. IXa, vol. XIV.3, 2003, pp. 461-466; I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio, cit., in par-
ticolare il contributo di A.M. JASINK, Gli oli profumati nel mondo miceneo, pp. 73-81.
23 Difficile pensare che Teofrasto le avesse raccolte di prima mano spostandosi di regione in
regione come pensa W. CAPELLE, Theophrast in Kyrene?, «RhMus», XCVII, 1954, pp. 169-187. Più
probabilmente gli furono trasmessi da chi personalmente ebbe modo di visitare i luoghi di produ-
zione delle spezie: AMIGUES, Les traités botaniques de Théophraste, cit., pp. 17-19.
24 Aristobulo di Cassandrea, FGH 139, F 55; Strabone, Geografia XVI 4,4 C 768 (vedi testi
nn. 11.10; 21.9 in Appendice documentaria) vedi M.A. LEVI, Alessandro Magno, Milano 1977, pp. 209-
210; S. AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale, in ID., Études de botanique antique,
cit., pp. 58-59.
25 Nearco di Creta, FGH 134, F 15. Su Nearco e Onesicrito: H. BERVE, Das Alexanderreich auf
prosopographiscer Grundlage, II, München 1926, nn. 544; 583; L. PEARSON, The lost histories of Ale-
xander the Great, Chicago 1960, repr. 1983, pp. 112 ss.; M.A. LEVI, Introduzione ad Alessandro Magno,
Milano 1977, pp. 40 e passim; P. PÉDECH, Historiens compagnons d’Alexandre, Paris 1984, pp. 162-163
e passim; W. HECKEL, Who’s who in the age of Alexander. Prosopography in Alexander’s empire,
Oxford 2006, pp. 171-173; 183-184. Sulla spedizione esplorativa: LEVI, Alessandro Magno, cit., p. 398;
N.G.L. HAMMOND, Alexander the Great. King, commander and statesman, London 1980, repr. London
1994, pp. 231 ss.; sul numero delle imbarcazioni che vi parteciparono: W. HECKEL, The conquest of
Alexander the Great, Cambridge 2007, p. 162.
26 Su tutti questi personaggi vedi, da ultimo, L.A. TRITLE , Alexander and the Greeks. Artists and
soldiers, friends and enemies, in W. HECKEL – L.A. TRITLE (eds.), Alexander the Great. A new history,
London 2009, pp. 121-140.
27 Nearco di Creta, FGH 134 F 15.
—7—
PARTE PRIMA
tutto a loro due – ma anche a Tolomeo, Aristobulo e Clitarco che allo stesso
modo avevano riportato notizie sui paesi toccati dalla spedizione macedo-
ne 28 – Arriano rilevava, ad esempio, come gli abitanti dell’India facessero
uso di profumi; 29 ricordava l’approdo della flotta presso un promontorio del-
l’Arabia, denominato Maceta, dal quale gli Arabi erano soliti importare il cin-
namomo e le altre spezie; 30 annotava che presso un villaggio situato in pros-
simità di Babilonia e chiamato Diridoti i mercanti ammassavano l’incenso
raccolto nella regione di Gerra e le altre sostanze profumate prodotte in Ara-
bia.31 Tali dati si univano a tutta una serie di notizie sull’economia dei territori
attraversati e sulle piante che vi crescevano.32
Da questo ricchissimo bagaglio di conoscenze sul campo attingevano Ari-
stotele e la sua scuola. Di tali dati il maestro (e i suoi allievi) poté entrare in
possesso in tempi assai rapidi grazie al rapporto privilegiato che aveva con
Alessandro Magno e, soprattutto, per il tramite del nipote Callistene che ave-
va seguito il re macedone in Asia e della spedizione era diventato uno dei can-
tori più apprezzati.33 Ora, il flusso di dati che aveva in Callistene la fonte più
immediata si interruppe nel 327 a.C. anno nel quale – come è noto – accusato
di congiurare contro il re, lo storico fu condannato a morte e giustiziato.34 Solo
altre fonti, dunque, potevano documentare le campagne in India e la succes-
siva spedizione di Nearco e Onesicrito. Il Liceo, perciò, dopo il 327, dovette
giovarsi di altri canali che, dalle lontane terre orientali, erano in grado di por-
tare notizie in merito alle popolazioni, alla flora, alla fauna, ai commerci, al
mondo delle spezie. Alle informazioni di tipo naturalistico già raccolte prima
28 Aristobulo ricordava i commerci con gli Arabi (FGH 139, F 57; vedi testo n. 11.11 in Appendice
documentaria); Clitarco dava informazioni sulle popolazioni dell’India, sulle caratteristiche geografi-
che del territorio, sugli animali che lo popolavano: FGH 137, FF 12; 13; 18; 19; 21; 22; 23; 26. Altri passi
da Nearco, Onesicrito, Tolomeo sul tema delle spezie nei paesi orientali investiti dalla conquista di
Alessandro sono segnalati da REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., coll. 1464-1465, ma anche in Ap-
pendice documentaria, testi nn. 11.1-11.11.
29 Arriano, Indike VII 9.
30 Nearco di Creta, FGH 133, F 1; vedi testo n. 11.3 in Appendice documentaria.
31 Nearco di Creta, FGH 133, F 1; vedi testo n. 11.3 in Appendice documentaria; ma anche Nearco
di Creta, FGH 133, F 25.
32 Ad esempio, nell’isola di Organa crescevano vigne ed era coltivato il grano: Arriano, Indike
XXXVII 2. Sulle notizie di carattere botanico e geografico raccolte durante la spedizione: H. BRETZL,
Botanische Forschungen des Alexanderzuges, Leipzig 1903; P. HÖGEMANN, Alexander der Grosse und
Arabien, München 1985; AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale, cit., pp. 57-62.
33 Sul personaggio: L. PRANDI, Callistene. Uno storico tra Aristotele e i re macedoni, Milano 1985.
34 Vedi PRANDI, Callistene, cit., pp. 29 ss.; G. SQUILLACE, Basileis o tyrannoi. Filippo II e Ales-
sandro Magno tra opposizione e consenso, Soveria Mannelli 2004, pp. 84 ss.; W. HECKEL, Alexander’s
conquest of Asia, in HECKEL – TRITLE (eds.), Alexander the Great. A new history, cit., pp. 46-47.
—8—
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
del 335 a Lesbo, Teofrasto dovette dunque unire tutta una gamma di dati su
paesi come Arabia e India recuperati in vario modo da quanti avevano par-
tecipato alla spedizione di Alessandro.
Un’opera (o un libro di un trattato di argomento botanico) di taglio estre-
mamente tecnico sul mondo degli odori e, nella fattispecie, su quello delle fra-
granze odorose rappresentava senz’altro una novità nel panorama della filoso-
fia e della scienza greca. Sebbene la scuola peripatetica fosse nota per i suoi
ramificati interessi verso tutte le branche del sapere, tuttavia è solo con Teo-
frasto che l’attenzione si sposta in forma decisa e con alcuni elementi di rilievo
su questo versante. Se Platone aveva solo sfiorato tale tematica nelle pagine
del Timeo limitandosi a distinguere gli odori in gradevoli e sgradevoli,35 vice-
versa Aristotele aveva affrontato con maggiore profondità il tema.36 Nell’opera
Sull’anima, rilevando la difficoltà di distinguere con precisione i tipi di odori
rispetto a suoni e colori, il filosofo aveva notato come il senso dell’olfatto fosse
nell’uomo di gran lunga meno sviluppato che negli animali. A suo dire, gli
odori potevano essere messi in relazione ai sapori: in alcuni casi tra essi vi
era perfetta corrispondenza, in altri casi contrapposizione. Al pari dei sapori,
gli odori potevano essere distinti in pungenti, aspri, acidi, grassi, ma anche
dolci e risultavano percepibili agli esseri animati (uomo e animali) attraverso
l’aria.37 Riflessioni per molti versi analoghe aveva fatto nello scritto Sul senso,
nel quale aveva evidenziato come gli odori si diffondessero non solo nell’aria
ma anche nell’acqua, due dei quattro elementi costitutivi del mondo (fuoco,
aria, acqua, terra) inodori, al pari della pietra e dell’oro. Il filosofo si era in-
terrogato sulla natura degli odori: vapore secondo alcuni, esalazione secondo
altri, entrambe le componenti secondo altri ancora. Perciò li aveva distinti in
pungenti, dolci, aspri, forti, grassi, fetidi, li aveva accostati ancora ai sapori,
aveva confrontato la capacità percettiva di uomini e animali e legato l’odorato
al cervello e all’ispirazione dell’aria. Di contro non aveva fatto alcun cenno
(tanto meno l’aveva fatto Platone) ai profumi, alla loro preparazione, al loro
impiego.38 È già questo un elemento che pone il Sugli odori di Teofrasto su
binari differenti rispetto alla linea di ricerca di Aristotele. Per la prima volta,
infatti, il filosofo di Ereso indagava il mondo degli odori nella sua interezza
—9—
PARTE PRIMA
— 10 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
analizzava gli odori tipici delle bestie rilevando come essi diventassero più in-
tensi nel periodo dell’accoppiamento.46
La frequente citazione dei profumieri e delle loro tecniche specifiche nella
creazione delle fragranze sta a indicare che il filosofo di Ereso (direttamente o
per il tramite di qualche suo allievo) potesse avere raccolto proprio da essi – del
resto numerosi ad Atene con i loro negozi all’interno dell’agora 47 – tutte le in-
formazioni relative alla loro techne. Lo fanno credere le notizie precise sui pro-
cedimenti di preparazione dei diversi prodotti odorosi, come l’estrazione in
olio (a caldo o a freddo) delle essenze,48 la minuziosa descrizione del difficile
e lungo processo di combinazione tra i diversi ingredienti aromatici,49 le det-
tagliate informazioni sui metodi di conservazione delle fragranze.50 Solo nella
bottega di un profumiere avrebbe potuto carpire alcuni «segreti del mestiere»
quali, ad esempio, le modalità per testare una fragranza, ma anche l’impiego
del profumo di rosa (rhodinon) in grado di impedire la percezione di altri aro-
mi e perciò deliberatamente spalmato sui clienti indecisi al fine di impedire
loro ogni acquisto in botteghe concorrenti.51 Solo un profumiere poteva cono-
scere tale trucco e avrebbe potuto rivelarlo con una certa tranquillità a Teo-
frasto: nella sua veste di scienziato, il filosofo non rappresentava certo un ri-
vale nel settore.
In virtù dunque delle dettagliatissime informazioni contenute, il Sugli odo-
ri costituisce un vero e proprio manuale della profumeria antica, tanto più
prezioso in funzione della sua unicità e specificità. Da esso attinsero a piene
mani sia Ateneo, che lo citava ripetutamente nella parte del libro XV dei suoi
I Sofisti a banchetto dedicata al tema dei profumi,52 sia soprattutto Plinio il
Vecchio che, pur senza menzionarlo esplicitamente, lo condensava nei primi
sei capitoli del libro XIII della sua Storia naturale,53 consegnando al mondo
romano il patrimonio di conoscenze raccolto e tramandato dal filosofo peri-
patetico oltre tre secoli prima.
— 11 —
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
TRADUZIONE ITALIANA
CON TESTO GRECO A FRONTE
3
QEOFRASTOU
PERI OSMWN
1. AiJ ojsmai; to; me;n o{lon ejk mivxewv" eijsi kaqavper oiJ culoiv. to; ga;r
a[mikton a{pan a[odmon w{sper a[culon, dio; kai; ta; aJpla~ a[odma, oiJ~on
u{dwr ajh;r pu~r. hJ de; gh~ mavlista movnh ojdmh;n e[cei dio; mavlista mikthv.
tw~n d j ojdmw~n aiJ me;n w{sper ajeidei~" kai; uJdarei~" kaqavper ejpi; tw~n
culwn~ , aiJ d j e[cousaiv tina" ijdeva". aiJ d j ijdevai dokous
~ i me;n ajkolouqein~
tai~" tw~n culw~n, ouj mh;n e[cousiv ge pa~sai ta;" aujta;" proshgoriva",
w{sper ejn toi"~ provteron ei[pomen, oujd j o{lw" ou{tw diwrismevnai toi"~ ei[-
desin w{sper oiJ culoi; ajll j wJ" a]n toi~" gevnesin, o{ti ta; me;n eu[osma ta;
de; kavkosma.1
3. Ej n a{pasi d j ejsti;n hJ tou~ saprou~ kakwdiva kai; ejn futoi"~ kai; ejn
zw/voi" kai; ejn toi~" ajyuvcoi". ejn a{pasi de; diafqeiromevnoi" wJ~n mh; hJ
1 Il testo greco segue l’edizione curata da EIGLER – WÖHRLE (Theophrast De odoribus: Edition,
Übersetzung, Kommentar von Ulrich Eigler, Georg Wöhrle mit einem botanischen Anhang von
Bernhard Herzhoff, Stuttgart 1993).
— 14 —
TEOFRASTO
«SUGLI ODORI»
0
1. Gli odori come i sapori sono determinati in linea generale da mescolan-
za. Infatti tutto ciò che non deriva da mescolanza non ha odore né sapore.
Per questo motivo risultano prive di odore le sostanze semplici come acqua,
aria, fuoco. La terra invece è l’unica sostanza semplice dotata di un suo odo-
re, per il fatto che risulta più composita rispetto alle altre.2 Tra gli odori al-
cuni sono indistinti e inconsistenti, come del resto alcuni sapori, altri invece
dotati di caratteristiche precise. Tali caratteristiche sembrano accostarli ai sa-
pori, tuttavia gli odori non hanno tutti gli stessi nomi, come si è detto in re-
lazione ai sapori, né come i sapori sono completamente distinti per caratteri-
stiche ma piuttosto per origine dal momento che alcuni sono gradevoli altri
invece ripugnanti.
2. I diversi tipi di odori, siano essi gradevoli o sgradevoli, non hanno rice-
vuto denominazioni particolari. Sebbene tra essi ci siano grandi differenze dal
momento che esistono odori dolci e odori aspri, tuttavia essi sono generica-
mente classificati come piccanti, forti, deboli, dolci, pesanti. Alcune di queste
denominazioni sono comuni anche ai cattivi odori. Lezzo in linea generale è
usato per tutte quelle sostanze che marciscono. Infatti ogni cosa in fase di pu-
trefazione emana cattivo odore, tranne la fermentazione del vino, che nessuno
ritiene un processo di putrefazione analogo alla decomposizione.
2 Il riferimento è ai quattro elementi costitutivi del mondo ipotizzati dai primi filosofi e, soprat-
tutto, da Empedocle di Agrigento: J. LONGRIGG, Philosophy and Medicine: some early interactions,
«HSCP», LXVII, 1963, pp. 147-175; G.E.R. LLOYD, The hot, the cold, the dry and the wet in Greek
Philosophy, «JHS», LXXXIV, 1964, pp. 92-106.
— 15 —
PARTE PRIMA
suvstasi" eujqu;" ejk toiauvth" u{lh". e[cei ga;r e[nia kai; th;n th"~ u{lh"
ojsmhvn, ouj mh;n ejpi; pavntwn ouj kakwvdh. ta; ejk tw~n saprw~n, wJ" oujd j
oiJ muvkhte" oiJ ejk th"~ kovprou fuovmenoi. ta; d j ejk shvyew" fuovmena
kai; sunistavmena kakwvdh. eu[osma me;n ouj~n wJ" aJplw~" eijpei~n ta; pepem-
mevna kai; lepta; kai; h{kista gewvdh. to; ga;r th"~ ojsmh"~ ejn ajnapnoh/.~
kakwvdh de; dhlonovti tajnantiva. polla; d jw{sper tw~n glukevwn ejmfaivnei
tina; pikrovthta, kai; twn~ eujwdwn~ baruvthta tai"~ ojsmai"~ .
4. [Ecei d je{kaston ojsmh;n ijdivan kai; zvw/vwn kai; futw~n kai; tw~n
ajyuvcwn o{sa ojsmwvdh. polla; d j hJmi~n ouj faivnetai dia; to; ceirivsthn
e[cein th;n ai[sqhsin tauvthn wJ" eijpei~n. ejpei; toi~" ge a[lloi" kai; ta; pan-
telw~" a[odma fainovmena divdwsiv tina ojsmhvn, w{sper aiJ kriqai; toi~"
uJpozugivoi" aiJ ejk th"~ Kedropovlio", a}" oujk ejsqivousi dia; th;n kakwdivan.
hJma~" de; kai; aiJ tw~n zw/vwn lanqavnousin tw~n ojsmwdw~n dokouvntwn.
eujwdiva/ me;n ouj~n oujqe;n faivnetai kaq j auJto; caivrein wJ" eijpei~n, ajll j
o{sa pro;" th;n trofh;n kai; th;n ajpovlausin. ponei~n d j e[nia faivnetai
tai~" ojsmai~" kai; tai~" eujwdivai", ei[per ajlhqe;" to; ejpi; tw~n gupw~n kai;
tw~n kanqavrwn. tou~to de; wJ" me;n aJplw~" eijpei~n { dh~lon tw~n { di j ejnan-
tivwsin th"~ ejnantiva" fuvsew". wJ" de; kaq j e{kaston a{ma dei~ thvn te kras~ in
th;n eJkavstou kai; th;n th~" ojsmh~" lambavnein duvnamin.
5. Eijsi; me;n ouj~n e[niai tw~n eujovsmwn kai; ejn tai~" trofai~", oiJ~on aiJ
tw~n ajkrodruvwn kai; ajpivwn kai; mhvlwn. auJ~tai ga;r a[neu th~" prosfora~"
hJdei~ai, kai; ma~llon wJ" eijpei~n. ouj mh;n ajll j w{" g j aJplw~" dielei~n aiJ
mevn eijsi kaq jauJta;" aiJ de; kata; sumbebhko;". aiJ me;n tw~n culw~n kai;
th~" trofh~" kata; sumbebhko;", aiJ d j w{sper th~" ajnapnoh~" kaq j auJtav".
wJ" ga;r ejpivpan ta; eu[osma, kaqavper kai; provteron ejlevcqh duvscula
kai; strufna; kai; uJpovpikra. e[nia de; twn~ eujcuvlwn kai; kakwvdh, kaqavper
— 16 —
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
Alcune infatti presentano l’odore della materia, anche se questo non vale per
tutte. Molte sostanze infatti, sebbene siano state generate da un processo di
putrefazione, non emanano cattivo odore, come i funghi che nascono dallo
sterco; altre, invece, ugualmente nate per putrefazione, messe insieme, emana-
no cattivi odori. In sintesi, tutte le sostanze cotte, delicate e poco legate alla
terra presentano una profumazione gradevole. E infatti la genesi dell’odore
sta nella sua diffusione aerea. Viceversa hanno cattivo odore tutte le cose do-
tate di natura differente. E tuttavia, come molte sostanze dolci al gusto mo-
strano una certa asperità, cosı̀ anche molte sostanze dall’odore gradevole pos-
sono procurare qualche fastidio all’olfatto.
2
5. ANALOGIE E DIFFERENZE TRA GUSTO E OLFATTO
2 5. Alcuni profumi risiedono negli alimenti come nelle bacche, nelle pere,
nelle mele. Esse infatti emanano un profumo dolce – e direi quanto più inten-
so – se non le consumiamo. In ogni caso, per fare una distinzione generale,
alcuni profumi esistono di per sé stessi, altri invece sono accidentali. Sono ac-
cidentali quelli legati al gusto e all’alimentazione, esistono in sé quelli che si
annusano. Come detto, ciò che emana un buon odore in genere presenta
un gusto sgradevole, aspro e alquanto amaro. Invece alcune sostanze che han-
— 17 —
PARTE PRIMA
kai; to; Aijguvption kalouvmenon suk ~ on, gluku; o]n. kai; eij mh; pantacou~
ajll j ejniacou~ kai; hJ a[rkeuqo" ejmfaivnei tina; th/~ mashvsei kakwdivan
glukeia ~ ouj~sa. to; d j ouj~ron poiei~ eujwd~ e".
1
6. Ej pei; de; twn~ ojsmwn~ 3 aiJ me;n ejn futoi"~ kai; toi"~ touvtwn morivoi",
oiJ~on klwsi; fuvlloi", floioi~" karpoi~" dakruvoi", aiJ d j w{sper dieivlomen
ejn zw/voi" [kai; futoi"~ ] kai; toi"~ ajyuvcoi", auJ~tai me;n fanero;n o{ti pevyin
e{kastai lambavnousin ejn toi~" oijkeivoi" h/J~ kai; to; eujw~de" kai; kakw~de"
ajkolouqei~ kata; ta;" oijkeiva" fuvsei", hJ de; pevyi" tw/~ oijkeivw/ qermw/.~ ejn
de; toi~" ajyuvcoi" tai~" tw~n aJplw~n dunavmesi kai; givnontai kai; meqivstan-
tai kaqavper oiJ culoiv.
7. {Osai de; dh; kata; tevcnhn kai; ejpivnoian givnontai peri; touvtwn
peiratevon eijpein~ w{sper kai; peri; twn~ culwn~ . ejn ajmfoin~ de; dhl ~ on
.
wJ" ajei; pro;" to; bevltion kai; h{dion hj~n hJmi~n hJ ajnaforav pa~sa ga;r tevcnh
stocavzetai touvtwn. eijsi; me;n ouj~n kai; toi"~ ajmivktoi" ojsmaiv tine" pro;"
a}" sunergei~n peirw~ntai kai; tai~" para<skeuai~", wJ" kai; pro;"> tai~"
tw~n culw~n eujsto<mivai">. ouj mh;n ajll j w{" g j aJplw~" eijpei~n ejn mivxei
to; plevon, kai; ou{tw" aiJ <mivxei"> duoi~n me;n wJ" tw/~ gevnei labei~n, uJgrou~
kai; xhrou~. tricw~" de; givnontai o{tan h] oJmogene;" oJmogenei~, h] paravllat-
ton tw/~ parallavttonti, h] uJgrw/~ uJgro;n h] xhrw/~ xhro;n, <h] uJgrw/~ xhrovn>.
3 In questo caso ho preferito tradurre la vox media ojsmhv con ‘profumo’ piuttosto che con
‘odore’ considerato il riferimento successivo dell’autore a sostanze aromatiche tratte da rami, foglie,
corteccia, frutti e resina delle piante.
— 18 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
6. Dal momento che tra gli odori alcuni si trovano nelle piante e in parti di
esse, come rami, foglie, corteccia, frutti, resina, altri, in funzione della distin-
zione che ho fatto, negli animali [nelle piante] e negli esseri inanimati, è chiaro
allora che ciascuno di essi raggiunge la propria maturazione nella propria sede
di origine. Il profumo e l’olezzo sono legati all’originaria natura, la maturazio-
ne invece è connessa al calore innato. Negli esseri inanimati, invece, gli odori,
come i sapori, si generano e modificano in funzione delle proprietà degli ele-
menti semplici che li compongono.
7. Adesso occorre parlare di quegli odori e quei sapori che sono prodotti
5
attraverso la techne e su preciso disegno.6 In entrambi i casi è chiaro che mi-
riamo sempre a ciò che risulta migliore e maggiormente gradevole. Del resto
ogni techne persegue questo obiettivo. Ora, esistono alcuni profumi anche
nelle sostanze semplici, per ottenere i quali gli uomini ricorrono a procedi-
menti artificiali, cosı̀ come per ricavare sapori gradevoli. In ogni caso, per dirla
in forma semplice, il risultato deriva da una mescolanza. Si combinano due
elementi di natura diversa: umido e secco. Ci sono tre tipi di combinazioni:
tra componenti identiche o diverse; tra sostanze umide o sostanze secche;
tra un ingrediente umido e uno secco.
4 Sukon/sukh (Ficus Carica): albero che cresce in Egitto dotato di svariate proprietà medicinali:
~ ~
Teofrasto, Storia delle piante I 5,1-3; I 11,2; Dioscoride, Materia Medica I 183 Gunther; vedi S. AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, Paris 2006, s.v., p. 336. Sull’etimologia dei nomi
di pianta: J. ANDRÉ, Lexique des termes de botanique en latine, Paris 1956; A. CARNOY, Dictionnaire
étymologique des noms grecs de plants, Louvain 1959; P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la
langue grecque. Historie des mots, Paris 19992.
5 [Arkeuqo" (Juniperus Communis o Juniperus Phoenicea): Teofrasto, Storia delle piante I 9,3; III
3,3; V 7,6; Dioscoride, Materia Medica I 105 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plan-
tes, V, cit., ss.vv., p. 272.
6 Il riferimento è a composizioni odorose e a preparati alimentari creati dall’uomo.
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PARTE PRIMA
8. Ej k duoi~n ga;r touvtwn kai; hJ tw~n culw~n kai; tw~n ojsmw~n gevnesi".
wJ" me;n oiJ ta; ajrwvmata kai; ta; diapavsmata suntiqevnte" xhroi~" pro;"
xhrav. wJ" d j oiJ ta; muvra kerannuvnte" h] tw/~ oi[nw/ ejpicevonte" uJgroi~"
pro;" uJgrav. to; de; trivton, o} kai; plei~stovn ejstin, wJ" oiJ mureyoi; xhroi~"
pro;" uJgrav. panto;" ga;r muvrou kai; crivsmato" hJsuvnqesi" au{th. dei~ d j
eijdevnai poi~ai poivai" eu[miktoi kai; poi~ai poivai" sunergou~sin eij" to;
poiein~ mivan w{sper ejpi; twn~ culwn~ . kai; ga;r ejkei~ taujto; tout~ o zhtous ~ in
oiJ mignuvnte" kai; oiJo~ n ajrtuvonte". taut~ a me;n oujn~ ejn oiJ"~ kai; di j wJn~ aiJ
tevcnai poioun~ tai ta; tevlh.
9. Mivgnuntai de; ta; me;n aujth~" th~" ojsmh~" e{neka kai; pro;" tauvthn
th;n ai[sqhsin, ta; d j w{sper hJduvnein boulovmena th;n geus ~ in, oiJ~on wJ"
oiJ ta; muvra toi~" oi[noi" ejjpicevonte" h] ta; ajrwvmata ejmbavllonte". aiJ
ga;r aijsqhvsei" suvneggu" ouj~sai poious ~ iv tina ajpovlausin ajllhvlwn,
o{qen kai; aujtoi~" toi~" geustoi~" zhtou~si ta;" eujosmiva".
10. Aj porhvseie d j a[n ti" i[sw" dia; tiv pote muvron kai; taj~lla eu[osma
tou;" me;n oi[nou" hJduvnei tw~n de; brwmavtwn oujde;n, ajlla; pavnta lumaivne-
tai kai; ajpuvrwta kai; pepurwmevna. to; d j ai[tion uJpolhptevon o{ti sum-
baivnei tw~n me;n xhrw~n ajfairei~sqaiv te to;n oijkei~on culo;n dia; th;n
ijscu;n kai; a{ma sunepifaivnein to;n auJtou~ o[nta strufno;n kai; uJpovpikron.
a{pan ga;r to; eu[osmon toiout~ on, diamaswmevnoi" de; kai; mal~ lon ejmfane;"
diav te th;n qlivyin kai; tomh;n kai; e[ti tw/~ cronivzesqai.
11. To;n d j oi[non oujdevteron poiei~. kai; ga;r oJ culo;" ijscurovtato" kai;
pleivwn eij" to; mh; krateis ~ qai kai; oujdevna th/~ geuvsei crovnon ejpidia-
trivbwn ajll j o{son ejpiqiggavnwn, w{ste to; me;n hJdu; didovnai th/~ aijsqhvsei
to; de; pikro;n kai; duvsculon th/~ geuvsei mh; ejmfaivnein, ajlla; sumbaivnein
tw/~ o[nti kaqavper h{dusma givnesqai tw/~ povmati th;n ojsmhvn. tw/~ me;n ga;r
glukei~ kai; mavlista deomevnw/ dia; to; mhde;n e[cein, toi"~ d j a[lloi" w{sper
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
11. La sostanza profumata non ha quest’effetto sul vino, il cui sapore è cosı̀
forte e intenso da non essere sopraffatto. Il vino inoltre non rimane a lungo in
degustazione e tocca la bocca solo per breve tempo, cosicché esso è percepito
nella sua nota dolce, mentre il profumo non sembra amaro e di sapore sgra-
devole, anzi esso diventa per il vino quasi un additivo aromatico. Dell’aggiun-
ta di profumo necessitano, per un verso, soprattutto i vini dolci che non pos-
siedono profumazione alcuna, per un altro, anche gli altri vini nei quali, a
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PARTE PRIMA
mia"~ ejx ajmfoin~ genomevnh" dia; th;n mivxin. oJ ga;r oij~no", w{sper kai; prov-
teron ejlevcqh, deino;" devxasqai ta;" ojsmav".
12. E[ cei d j ajpovrhsin kai; tovde, di j o{ti ta; me;n a[nqh kai; ta; stefanwv-
mata ajsqenevstera o[nta tai~" ojsmai~" kai; povrrwqen o[zei, hJ d j i[ri" kai;
to; navrdon kai; ta; a[lla ta; eu[osma tw~n xhrw~n ijscurovtera ejgguvqen. kai;
e[niav ge prosenegkamevnoi", e[nia de; kai; trivyew" prosdei~tai kai;
diairevsew", ta; de; kai; purwvsew" w{sper hJ smuvrna kai; oJ libanwto;"
kai; pa~n to; qumiatovn.
13. Ai[tion d j o{ti tw~n me;n ajnqw~n ejpipolh~" to; poiou~n th;n ojsmh;n a{te
manwn~ o[ntwn kai; oujk ejcovntwn bavqo", tw~n de; rJizw~n kai; pavntwn tw~n
sterew~n ejn bavqei, ta; d j e[xwqen ajpexhrammevna kai; pepuknwmevna.
dio; kai; ajfia~si povrrw ta;" ajpopnoiva", ta; d j oiJ~on ajnoivxew" devontai
twn~ povrwn, o{qen diairouvmena kai; koptovmena pavnt j eujwdevstera, ta;
d j a[nqh kakwdevstera tribovmena. ta; me;n ga;r ejkfaivnei to; oijkei~on
ta; de; proslambavnei to; ajllovtrion. oJ de; libano;" kai; hJ smuvrna pukno-
tevran e[ti th;n fuvsin e[conta prosdevontai purwvsew" malakh~", h} kata;
mikro;n ejkqermaivnousa poihvsei th;n ajnaqumivasin. eja;n ga;r kovpth/ ti" h]
trivbh/ tau~ta prosoivsontai me;n ojsmh;n oujc oJmoivw" de; hJdei~an oujd j euj-
tamiveuton. touvtwn me;n ouj~n toiaut~ aiv tine" aiJ aijtivai.
14. Tw~n de; muvrwn hJ suvnqesi" kai; hJ kataskeuh; to; o{lon oiJ~on eij"
qhsaurismovn ejsti twn~ ojsmwn~ . diovper eij" tou[laion tivqentai. tout~ o
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
causa della mescolanza, da due componenti nasce una sola fragranza. Infatti,
come si è detto in precedenza, il vino è una sostanza in grado di assorbire gli
odori.9
12. Occorre domandarsi inoltre per quale motivo i fiori e le altre compo-
nenti odorose usate nella preparazione delle corone, pur avendo un profumo
assai tenue, riescano tuttavia a emanarlo fino a grandi distanze, mentre l’iris, il
nardo 10 e altre sostanze secche, sebbene dotate di profumazione assai intensa,
riescano a renderlo percepibile solo da vicino. Alcune sostanze rilasciano il lo-
ro profumo quando sono masticate, altre quando sono sfregate e tagliuzzate,
altre ancora – come la mirra, l’incenso e tutte le resine in grado di sprigionare
fumo 11 – quando sono bruciate.
13. La causa sta nel fatto che nei fiori l’odore è rilasciato dalla parte più alta
della pianta: per questo risulta debole e poco pungente. Nelle radici e in tutte
le sostanze secche invece l’aroma risiede più in profondità essendo le loro par-
ti esterne secche e compatte. Per questo motivo i fiori sono in grado di man-
dare più in lontananza i loro effluvi odorosi, le radici invece non riescono a
diffonderli a grande distanza. Perciò ogni tipo di radice rilascia più soavemen-
te il suo profumo se frantumata e triturata, a differenza dei fiori che, se pesta-
ti, emanano cattivo odore. In questo modo le radici diffondono la loro fra-
granza, ne assumono un’altra i fiori. L’incenso e la mirra, che sono le
sostanze dotate di una natura più densa, hanno bisogno di essere sottoposti
a fuoco lento, affinché, riscaldati, rilascino gradualmente il loro aroma. Se
qualcuno li ammacca o li tritura essi offrono comunque la loro fragranza
ma senza che essa si mostri dolce e pervasiva. Dunque sono questi alcuni mo-
tivi per i quali insorgono tali fenomeni.
9 Su una serie di vini noti dotati di profumazione e, talora, di proprietà terapeutiche riferiscono
Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIV 6 ss.; Dioscoride, Materia Medica V 7 ss. Gunther; Ateneo, I
sofisti a banchetto I 25f ss.; Eliano, Le storie varie XII 31; XIII 6.
10 Su iris e nardo vedi capitoli successivi, ma anche le Tabelle poste in appendice.
11 Su mirra e incenso vedi capitoli successivi, ma anche le Tabelle poste in appendice.
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PARTE PRIMA
ga;r croniwvtaton kai; a{ma pro;" th;n creivan mavlisq j aJrmovtton. ejpei;
fuvsei h{kista dektiko;n ojsmh~" dia; th;n puknovthta kai; to; livpo",
aujtw~n de; touvtwn to; liparwvtaton oiJ~on to; ajmugdavlinon. to; de; shsav-
minon kai; to; ejk tw~n ejlaiw~n mavlista.
15. Crw~ntai de; mavlista tw/~ ejk th~" balavnou th~" Aijguptiva" kai;
Suriva", h{kista ga;r liparo;n. ejpei; kai; tw/~ ejk tw~n ejlaiw~n mavlista
crw~ntai tw/~ wjmotribei~ th~" fauliva". dokei~ ga;r ajlipevstaton e[cein
kai; leptovtaton. kai; touvtw/ nevw/ kai; mh; palaiw./~ to; ga;r uJpe;r ejniauto;n
ajcrei~on pacuvteron ga;r kai; liparwvteron genovmenon. e[laion me;n
ouj~n toiou~ton oijkeiovtaton, ajjeidevstaton gavr. fasi; dev tine" kai; tw/~
crivsmati to; ejk tw~n pikrw~n ajmugdavlwn. polla; de; givnetai peri;
Kilikivan kai; poiou~sin ejx aujtw~n crivsma.
17. Crw~ntai de; pro;" pavnta toi~" ajrwvmasi, toi~" me;n uJpostuvfonte"
to; e[laion toi"~ de; kai; th;n ojsmh;n ejk touvtwn ejmpoioun~ te". uJpostuvfousi
ga;r pa~n eij" to; devxasqai ma~llon th;n ojsmh;n, w{sper ta; e[ria eij" th;n
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
16. Si dice che l’olio di mandorle amare sia il più adatto per la creazione
dei profumi più raffinati, come anche quello ricavato dal balano. Lo produco-
no i gusci profumati delle mandorle amare lasciati macerare nell’olio, anche in
quello ricavato dalle stesse mandorle. Occorre cercare un olio dotato di una
minore profumazione possibile come quello estratto dalle olive selvatiche, e
custodire in esso le fragranze. L’olio di mandorle infatti ha un odore pungen-
te. Esso acquista un cattivo odore quando è sottoposto a cottura. Ma su que-
sto argomento occorre un’ulteriore riflessione.
17. Si usano le spezie per tutti i profumi, in alcuni casi impregnadone l’o-
lio, in altri ricavando direttamente il profumo da esse. Si impregna ogni olio
quanto più esso sia in grado di assorbire le fragranze, allo stesso modo con il
quale si inzuppa la lana nella tintura. Prima si mettono a macerare le spezie
12 Olio ottenuto dalla ajmugdalhv o Prynus Dulcis/Amygdalus Communis: Teofrasto, Storia delle
piante I 6,3; I 9,6; I 11,1; Dioscoride, Materia Medica I 39; 176 Gunther; Ateneo, I sofisti a banchetto II
52b-53e; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 268. Sulla denominazione dei
profumi o oli profumati con suffisso neutro in ‘inon’, vedi B. NICOLAS, Le vocabulaire de la parfume-
rie ancienne, in BODIOU – FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., p. 34.
13 Olio ricavato dai semi di sesamo (Sesamum Indicum): Teofrasto, Storia delle piante IV 8,14;
Dioscoride, Materia Medica I 41; II 121 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes,
V, cit., s.v., pp. 331-332.
14 Sui diversi tipi di olio di oliva: Ateneo, I sofisti a banchetto II 56a-d; 66d-67b (vedi testo n. 19.1
in Appendice documentaria); ma anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XV 1 ss.
15 Olio estratto dal bavlano" o Balanites Aegyptiaca, albero tipico dell’Egitto: Teofrasto, Storia
delle piante IV 2,1; IV 2,6; Dioscoride, Materia Medica I 40 Gunther.
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PARTE PRIMA
18. Qaumavseie d j a[n ti" i[sw" tou~tov te kai; dia; tiv pote ta; ajrwvmata
proemballovmena dektikwvteron poiei~ tou[laion ojsmh;n e[conta. dei~ ga;r
ajwd~ e" eijn~ ai to; dexovmenon, to; de; kateilhmmevnon uJf j eJtevrou oujk ajwd~ e",
w{sq j hJ~tton ejcrhn~ eij~nai dektikovn. ai[tion d j ajmfotevrwn h] pavntwn to;
aujtov. xhra; ga;r o[nta to; livpo" e{lkei pro;" eJauta; kai; ajnadevcetai,
dio; kai; th;n sunevceian ejxairei.~ mano;n de; genovmenon kai; tou~ livpou"
ajfaireqevnto", ejn w/J~ kai; hJ oijkeiva mavlist j ojsmh;, dektikwvteron ejgevneto
tou~ ejpemballomevnou dia; to; mh; ajntistatein~ .
19. H
J de; ajpo; tw~n ajrwmavtwn ojdmh; kai; ajsqenh;" a{te eij" to; liparo;n
ajnhlwmevnh, kai; e[ti katevcetai touvtw/ dia; to; plhrw~sai tou;" povrou".
w{ste kata; lovgon ka]n e[latton h/j~ to; ejpiballovmenon ejpikratei~n th;n
touvtou ojsmhvn. eijj ajsqenevstaton ga;r ejmpivptei kai; dektikwvteron. ajna;
lovgon d j e[cei kai; hJ polucroniovth" hJ ejn eJkavstw/ kai; hJ pro;" th;n puvrwsin
eujsqevneia kai; taj~lla ta; toiau~ta. to; ga;r dektikwvtaton, oiJ~on th~"
balavnou, kai; croniwvtaton, kai; dia; th;n aujth;n aijtivan. mavlista ga;r
w{sper e}n givnetai kai; sumfue;" to; mavlista decovmenon. ajei; ga;r to;
toiou~ton diamonwvtaton, dio; kai; purouvmenon mavlista ajpaqev".
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
dotate di un aroma meno intenso, alla fine si unisce la fragranza il cui aroma si
desidera rimanga persistente. Per questo motivo l’ultimo ingrediente aggiunto
mantiene una nota dominante, sebbene esso sia in quantità minore rispetto
agli altri. Cosı̀ se in una cotila di olio 16 si mette una libbra di mirra e alla fine
si addizionano due dracme di cinnamomo,17 prevalgono le due dracme di cin-
namomo.
18. Analogamente uno potrebbe meravigliarsi del fatto che le sostanze aro-
matiche, aggiunte nell’olio, lo rendano ancora più in grado di assorbire l’es-
senza. Infatti occorre che l’olio destinato a ricevere la fragranza sia inodore
e si lasci sopraffare dall’essenza profumata, in modo tale da diventare meno
recettivo ad altre sostanze. La causa di entrambi questi procedimenti è la me-
desima. Infatti le spezie secche attraggono l’elemento oleoso e vi si avvolgono.
In questo modo tolgono all’olio la sua densità. Rarefattosi e privato ormai del-
la sua componente grassa cui si lega soprattutto il caratteristico odore, esso è
in grado di assorbire meglio la fragranza aggiunta, alla quale non riesce a op-
porre resistenza.
16 Corrisponde nel sistema attico a circa 0,273 litri; a 0,205 litri nel sistema tolemaico.
17 Cinnamomum Cassia. Appartenente alla famiglia delle Lauracee, il cinnamomo si distingueva
dalla cassia (Cinnamomun Iners, della famiglia delle Leguminose) per l’aroma più intenso e raffinato
della corteccia. Cinnamomum Cassia: Teofrasto, Storia delle piante IV 4,14; IX 4,2; IX 5,1-2; IX 7,2;
Dioscoride, Materia Medica I 13 Gunther; Cinnamomum Iners: Teofrasto, Storia delle piante IV 4,14;
IX 4,2; IX 5,1-3; IX 7,2-3; Dioscoride, Materia Medica I 12 Gunther; su cinnamomo e cassia: MILLER,
Roma e la via delle spezie, cit., pp. 154 ss.; AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale,
in ID., Études de botanique antique, cit., p. 58 e nota 2; DE ROMANIS, Cassia, cinnamomo, ossidiana.
Uomini e merci tra Oceano Indiano e Mediterraneo, cit., pp. 97 ss.
18 Olio e sostanze odorose.
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PARTE PRIMA
20. W J sauvtw" de; kai; tw~n a[llwn to; shsavminon, toiou~to ga;r
dektikwvtaton. to; d j ajmugdalivnon parakmavzei tacu; kai; ojligocroniwvtaton
dia; th;n ejnantivan. to; ga;r h{kista dexavmenon tavcista meqivsthsi. Tou~
rJodivnou de; mavlista dektiko;n to; shsavminon dia; th;n liparovthta.
purouvmenon de; ejxovzei shsavmou kaqavper ajnaluovmenon. AiJ me;n ouj~n
tw~n ejlaivwn fuvsei" kai; dunavmei" toiau~tai.
21. Ta; ajrwvmata de; pavnta [de;] scedo;n kai; eu[osma plh;n tw~n ajnqw~n
xhra; kai; qerma; kai; stuptika; kai; dhktikav. ta; de; kai; e[contav tina
pikrovthta, kaqavper kai; ejn toi"~ provteron ei[pomen, w{sper i[ri" smuvrna
libanwtov", wJ" d j aJplw~" eijpei~n kai; ta; muvra. koinovtatai de; tw~n dunav-
mewn tov te stuptiko;n kai; to; qermantiko;n, a} dh; kai; ejrgavzontai.
22. U
J postuvfontai me;n ouj~n pavnta purouvmena, ta;" d j ojsma;" ta;"
kuriva" e[nia lambavnei yucra; kai; ajpuvrwta. kai; e[oiken w{sper tw~n
ajnqw~n ta; me;n yucrobafh~ ta; de; qermobafh~ paraplhsivw" e[cein kai;
ejpi; tw~n ojsmw~n. pavntwn de; hJ e{yhsi" kai; ei[" te th;n uJpovstuyin kai;
ta;" kuriva" ojsma;" ejnistamevnwn tw~n ajggeivwn ejn u{dati givnetai kai;
oujk aujtw/~ tw/~ puri; crwmevnwn. tou~to d j o{ti malakh;n eij~nai dei~ th;n
qermovthta, kai; ajpousiva pollh; gevnoit j a]n th/~ flogi; crwmevnwn,
kai; e[ti kau~sin a]n o[zoi.
23. Poiei~ d j ejlavttw th;n ajpousivan o{sa purouvmena lambavnei ta;" ku-
riva" ojsma;" mal~ lon h] o{sa yucra; dia; to; profuras
~ qai ta; purouvmena, ta;
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
20. Tra tutti gli oli il più ricettivo è quello di sesamo; al contrario quello di
mandorle amare invecchia velocemente e dura pochissimo. Infatti l’olio in gra-
do di assorbire pochi aromi muta assai velocemente. Per la sua densità l’olio di
sesamo riesce ad assorbire meglio di altri l’essenza di rosa (rhodinon) 19 e,
quando è accostato al fuoco, emana, quasi sprigionandolo, un caratteristico
odore di sesamo. Questi dunque sono i tipi di oli e le loro proprietà.
21. Gli aromi e quasi tutte le fragranze profumate, tranne quelle estratte
dai fiori, sono secche, calde, astringenti e piccanti. Alcune poi, come detto
in precedenza, hanno un certo sentore di amaro, come l’iris,20 la mirra,21 l’in-
censo 22 e, in genere, le resine profumate. I profumi hanno in comune le se-
guenti proprietà: sono astringenti e in grado di produrre calore.
22. Tutte le spezie diventano astringenti quando sono esposte al fuoco, an-
che se alcune di esse, di natura fredda, sprigionano comunque la loro fragran-
za senza l’ausilio del fuoco. Come tra le tinture ottenute dai fiori alcune si ap-
plicano calde, altre fredde, lo stesso pare avvenga per i profumi. La bollitura,
finalizzata sia a restringere il composto, sia a separare gli oli essenziali, viene
effettuata in recipienti pieni di acqua in modo tale che le spezie non vengano
in contatto diretto con il fuoco. In questa operazione occorre un calore blan-
do dal momento che, aumentando la temperatura e usando il fuoco diretta-
mente sulle sostanze odorose, ci sarebbe il rischio di bruciarle.
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4
PARTE PRIMA
me;n oi[nw/ eujwvdei, ta; d j u{dati. hJ~tton ga;r ajnapivnei. ta; de; yucra; xhra;
o[nta ma~llon kaqavper i[ri" kopei~sa. lambavnonto" ga;r tou~ ajmforevw"
xhra"~ i[rido" kekommevnh" mevdimnon kai; duvo hJmivekta pollh;n poiein~
fasi;n ajpousivan, eja;n de; metrivw" furavsh leivpein o{son duvo cova",
toi"~ de; polloi"~ e[latton.
24. Givnetai de; [to;] bevltion to; i[rinon eja;n h/j~ xhra; kai; ajpuvrwto" hJ
i[ri". ajkratestevra ga;r hJ duvnami" h] eja;n furaqei~sa kai; puroumevnh.
sumbaivnei d j w{sper kai; ejkqlivbesqai mal~ lon ejk twn~ propefuramevnwn
dia; to; hJ~tton ajnadevcesqai kai; e{lkein eij" auJtov. prostuvfonte" d jouj
polu;n crovnon ejw~si ta; ajrwvmata ajll j ejxairou~sin, o{pw" mh; polu;
ejkpivnwsi.
25. Pro;" e{kaston de; tw~n muvrwn ejmbavllousi ta; provsfora tw~n
ajrwmavtwn oiJ~on eij" me;n th;n kuvpron kardavmwmon ajspavlaqon ajnafu-
ravsante" tw/~ eujwvdei. Eij" de; to; rJovdinon scoi~non ajspavlaqon kavla-
mon hJ d jajnafuvrasi" oJmoivw". Kai; toi~" a[lloi" a} dei~ ta; aJrmovttonta.
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
24. L’irinon 27 diventa più intenso se estratto dalla radice secca di iris e non
sottoposto al calore, poiché in questo modo la sua fragranza risulta più natu-
rale, che non se sottoposto invece a macerazione e bollitura. Capita poi che le
sostanze lasciate a macerare rilascino di più la loro essenza se assorbono meno
olio e non se ne impregnano. Perciò (i profumieri) quando queste hanno or-
mai liberato la loro essenza, non le lasciano a lungo nell’olio, ma le tolgono
affinché non ne assorbano una quantità eccessiva.
23 Unità di misura corrispondente a 1 metretes. Equivaleva a 38,88 litri all’epoca di Solone (inizio
del VI secolo a.C.), a 39,29 litri in epoca successiva.
24 Unità di misura impiegata per il grano. Nel sistema ateniese equivaleva a 48 chenici, cioè 52
litri.
25 Mezzo moggio, vale a dire 4,5 litri.
26 Il congio o boccale equivaleva a circa 3,25 litri.
27 Il profumo di iris. Dioscoride, Materia Medica I 66 Gunther. Sulla pianta vedi supra.
28 Kardavmwmon (Elettaria Cardamomum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2-3; Dioscoride, Ma-
teria Medica I 5 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 295. Vedi
Tabelle in appendice.
29 jAspavlaqo" (Alhagi Maurorum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Cytisus Lanigerus: Dio-
scoride, Materia Medica I 19 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v.,
p. 272. Vedi Tabelle in appendice.
30 Profumo di rosa. Sulle diverse specie di rosa: Erodoto, Storie VIII 138,2-3 (testo n. 15.1 in Ap-
pendice documentaria); Teofrasto, Storia delle piante VI 6,6 (centifolia); I 9,4; I 13,1-5; IV 8,7; IV 10,3;
VI 1,1-3; VI 6,4-6; VI 8,2-6; IX 19,1; Dioscoride, Materia Medica I 53; I 130 Gunther; Plinio il Vecchio,
Storia Naturale XXI 10 (testo n. 15.2 in Appendice documentaria); AMIGUES, Theophraste. Recherches
sur les plantes, V, cit., s.v., p. 330. Vedi Tabelle in appendice.
31 Scoino" (Cymbopogon): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,1-3; Dioscoride, Materia Medica I 16
~
Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 339. Vedi Tabelle in appendice.
32 Kavlamo" (Acorus Calamus): Teofrasto, Storia delle piante IV 8,4; IX 7,1-3; Dioscoride, Materia
Medica I 17 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 293-294. Vedi
Tabelle in appendice.
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PARTE PRIMA
Tw/~ rJodivnw/ d j ejmbavllontai kai; a{le" polloi; kai; tou~t j i[dion para;
taj~lla, dio; kai; pleivsth ajpousiva givnetai. mivgnutai ga;r eij" to;n ajmforeva
duvo mevdimnoi.
26. Th~" de; kuvprou hJme;n ejrgasiva paraplhsiva kai; tou~ rJodivnou.
plh;n ajll j ejanv ti" mh; tacevw" ejxaivrh/ kai; ajpoqlivbh/ shy
~ i" ejgginomevnh
fqeivrei ta; muvra dia; th;n duswdivan. poiei~ ga;r sh~yin ajnugrainomevnh.
paraplhsiva d j ejrgasiva kai; tou~ mhlivnou. prostufevnto" ga;r ejlaivou
kai; ta; mh~la ejmbavllousin eij" yucro;n, eij~t j ejxairou~si pavlin pro;
tou~ melaivnesqai kata; pavsa" ta;" ejmbolav". melainomevnwn ga;r shy ~ i"
dia; to; ajnugraivnesqai, kaqavper kai; ejpi; th~" kuvprou.
27. A { panta de; suntivqentai ta; muvra ta; me;n ajp j ajnqw~n ta; de; ajpo;
fuvllwn ta; d j ajpo; klwno;" ta; d j ajpo; rJivzh" ta; d j ajpo; xuvlwn ta; d j ajpo;
karpou~ ta; d j ajpo; dakruvwn. mikta; de; pavnq j wJ" eijpein~ . ajp j ajnqwn~ me;n
oiJ~on to; rJovdinon kai; to; leukovi>non. kai; to; souvsinon. kai; ga;r tou~to ejk
— 32 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
27. I profumi sono composti da varie parti delle piante: fiori, foglie, rami,
radici, resina. In molti casi il profumo nasce per cosı̀ dire dalla loro mescolan-
za. Il rhodinon e il leukoı̈non 36 si ottengono dai fiori, come il susinon. Que-
st’ultimo si ottiene dai gigli.37 E ancora (si ricavano dai fiori) il sisymbrinon,38
33Per queste unità di misura vedi supra. Sul sale come conservante e disinfettante vedi C. CA-
RUSI, Il sale nel mondo greco (VI a.C. - III d.C.), Bari 2008, pp. 25-30. Più particolarmente in relazione
agli aromi: M. TORELLI, Gli aromi e il sale. Afrodite ed Eracle nell’emporia arcaica dell’Italia, in
A. MASTROCINQUE (ed.), Ercole in Occidente, Trento 1993, pp. 91-117.
34 Secondo Dioscoride, invece, il kypros era composto da fiori di cipero ma anche da aspalato,
calamo aromatico, mirra, cardamomo: Dioscoride, Materia Medica I 65 Gunther. Vedi Tabelle in
appendice.
35 Dalla mela cotogna assai profumata nella buccia. Riferimenti a vari tipi di mela in Teofrasto,
Storia delle piante I 3,3; IV 13,2 ecc.; Dioscoride, Materia Medica I 55; I 159 Gunther; Ateneo, I sofisti a
banchetto I 80e-82e; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 313. Vedi Tabelle
in appendice.
36 Dalla viola. Per le diverse varietà della pianta: Teofrasto, Storia delle piante VII 13,9; Diosco-
ride, Materia Medica III 138 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 14-15; 38; 76. Vedi Tabelle
in appendice.
37 Krivnon o Lilium Candidum: Teofrasto, Storia delle piante I 13,2; II 2,1; IV 8,6; IV 8,9; VI 6,3;
VI 6,8-9; VI 8,3; IX 1,4; Dioscoride, Materia Medica III 116 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale
XXI 11-12; 74; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 303. Vedi Tabelle in
appendice.
38 Dal sisuvmbrion o Calamintha Nepeta: Teofrasto, Storia delle piante I 3,1; II 1,3; II 4,1; VI 1,1; VI
6,2-3; VI 7,2; VI 7,4; VI 7,6; IX 16,3; Dioscoride, Materia Medica III 42 Gunther; AMIGUES, Theoph-
raste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 333. Vedi Tabelle in appendice.
— 33 —
PARTE PRIMA
twn~ krivnwn. e[ti de; to; sisuvmbrinon kai; to; eJrpuvllinon kai; hJ kuvpro"
kai; pro;" touvtoi" to; krovkinon. bevltisto" d j ejn Aijgivnh/ kai; Kilikiva/.
ajpo; de; twn~ fuvllwn oiJ~on tov te muvrrinon kai; to; oijnavnqinon. au{th d j ejn
Kuvprw/ fuvetai ojreinh; kai; poluvodmo". ajpo; de; th~" ejn th~/ JEllavdi ouj
givnetai dia; to; a[odmon.
28. Aj po; rJizw~n de; tov te i[rinon kai; to; navrdinon kai; to; ajmaravkinon
ejk tou~ kovstou. tout~ o ga;r ojnomavzousi th;n rJivzan. to; de; crivsma to; ejre-
triko;n ejk tou~ kupeivrou. komivzetai de; ajpo; tw~n Kuklavdwn to; kuvpei-
ron. ajpo; xuvlou de; oJ foivnix kalouvmeno". ejmbavllousi ga;r th;n ojnoma-
zomevnhn ejlavthn xhravnante". ajpo; karpw~n de; tov te mhvlinon kai; to;
muvrtinon kai; to; davfninon. to; d j Aijguvption ejk pleiovnwn e[k te tou~
kinamwvmou kai; ejk smuvrnh" kai; ejx a[llwn.
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
39 Dall’eJrpuvllo", una varietà di timo (Thymus): Teofrasto, Storia delle piante VI 7,2; VI 7,5; AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 285. Vedi Tabelle in appendice.
40 Dai pistilli del croco o zafferano (Crocus Sativus): Teofrasto, Storia delle piante IV 3,1; VI 6,5;
VI 6,10; VI 8,3; VII 7,4; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 25; I 64 Gunther; Strabone, Geografia
XIV 5.5 C 670 (testo n. 15.3 in Appendice documentaria); Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 17
(testo n. 15.4 in Appendice documentaria); Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 81; AMIGUES,
Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 303. Vedi Tabelle in appendice. Vedi A. LIND-
SELL , A note on greek crocus (1937), ora in J.E. RAVEN, Plants and plant lore in ancient Greece, Oxford
2000, pp. 49-54; J. MANESSY GUITTON, Le nom grec du crocus, in Les phytonymes grecs et latins, Actes
du colloque international de Nice 1992, Nice 1993, pp. 223-244.
41 Dalle foglie dell’albero della mirra.
42 Dalle foglie dell’oijnavnqh o Filipendula Vulgaris. Per i vari tipi di pianta: Teofrasto, Storia delle
piante III 12,6-9; III 15,4; V 9,6; Dioscoride, Materia Medica I 56; III 135 Gunther; AMIGUES, Theoph-
raste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 317. Vedi Tabelle in appendice.
43 Dalla radice del nardo (Nardostachys Jatamansis): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2-4; Dio-
scoride, Materia Medica I 6; I 74 Gunther; ma anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 20; AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 315. Vedi Tabelle in appendice.
44 Dalla maggiorana o ajmavrako" (Origanum Majorana): Teofrasto, Storia delle piante I 9,4; VI
1,1; VI 7,4; VI 8,3; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 68 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recher-
ches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 267. Vedi Tabelle in appendice.
45 Kovsto" (Saussurea Lappa): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica
I 15 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 301. Vedi Tabelle in
appendice.
46 Kupeivro" (Cyperus). Varietà di giunco: Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Le cause delle
piante VI 11,13; Dioscoride, Materia Medica I 4; 148 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI
70-72; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 306. Vedi Tabelle in appendice.
47 Foivnix (Phoinix Dactylifera): Teofrasto, Storia delle piante II 6,6; IX 4,4; Dioscoride, Materia
Medica I 148 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 344-345.
48 Murrivnh/muvrrino" (Myrthus Communis): Teofrasto, Storia delle piante I 3,3; I 9,3; I 10,2; I 10,4;
I 10,8; I 12,1; I 13,3; I 14,1; I 14,4; II 1,4; II 2,6; II 5-6; II 7,2-3; III 6,2; III 12,4; III 15,5; III 16,4; IV 2,6; IV
3,1; IV 5,3-4; V 8,3; VI 8,5; IX 11,9; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXIII 81-82; Dioscoride, Materia
Medica I 155 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 315.
49 Profumo a base di alloro o Davfnh (Laurus Nobilis): Teofrasto, Storia delle piante I 5,2; I 6,4;
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PARTE PRIMA
29. [Eti d j ejk pleiovnwn touvtou to; megalei~on. kai; ga;r { ejk kinamwv-
mou { kai; ejk th~" smuvrnh" koptomevnh" ga;r e[laion rJei~. stakth; de;
kalei~tai dia; to; mikro;n stavzein. o} dh; movnon tinev" fasin aJplou~n eij~nai
kai; ajsuvnqeton tw~n muvrwn ta; d j a[lla pavnta suvnqeta, plh;n ta; me;n ejk
pleiovnwn, ta; d j ejx ejlattovnwn, ejx ejlacivstwn de; to; i[rinon. oiJ me;n ouj~n
ou{tw levgousin, oiJ de; th;n ejrgasivan th~" stakth~" eij~nai toiavnde. th;n
smuvrnan o{tan kovywsi kai; diathvxwsi ejn ejlaivw/ balanivnw/ puri;
malakw/~ u{dwr ejpicei~n qermovn. sunizavnein eijj buqo;n th;n smuvrnan
kai; tou[laion kaqavper ijluvn. o{tan de; tout~ o sumbh/~ to; me;n u{dwr ajphqein~
th;n d j uJpovstasin ajpoqlivbein ojrgavnoi".
31. Poiou~si de; kai; ta; me;n ajcrwmavtista ta; de; kecrwmatismevna.
crwmativzousi de; ajmaravkinon, rJovdinon, megaleio ~ n, ajcrwmavtista de;
tw~n me;n polutelw~n Aijguvption, mhvlinon, kuvpro", ta; d jeujtelh~ pavnta.
taut~ a de; ajcrwmavtista diovti to; me;n Aijguvption kai; th;n kuvpron leuka;
eijn~ ai bouvlontai, to; de; mhlivnon th;n twn~ mhvlwn crovan, toi~" d j eujtelevsin
ouj lusitelei~ to; crw~ma prostiqevnai. crwmativzousi de; ta; me;n
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
31. Ad alcuni profumi viene addizionato del colorante, ad altri no. Sono
colorati l’amarakinon, il rhodinon, il megaleion, non lo sono le fragranze più
raffinate come l’Aegyption, il melinon, il kypros, ma anche tutte quelle sca-
denti. Non sono sottoposti a colorazione artificiale per il fatto che si desi-
dera che l’Aegyption e il kypros mantengano il loro colore bianco naturale
e che nel melinon risalti il colore della mela cotogna. L’aggiunta di colorante
invece non riveste grossa importanza nei profumi a buon mercato. Si fa uso
I 8,1; I,9,3; I 11,3; I 12,1; I 14,4; II 1,3 e passim; Dioscoride, Materia Medica I 106 Gunther; AMIGUES,
Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 277-278. Sui diversi tipi di Daphne: Diosco-
ride, Materia Medica IV 147-149 Gunther. Vedi Tabelle in appendice.
50 Altra fragranza composita come il megaleion. Vedi Tabelle in appendice.
51 Su questa fragranza anche Dioscoride, Materia Medica I 69 Gunther. Vedi Tabelle in appen-
dice.
— 37 —
PARTE PRIMA
32. Sunergei~n de; dokou~si pro;" ta;" geuvsei" oujc aiJ ojdmai; movnon
ajlla; kai; aiJ drimuvthte" kai; aiJ qermovthte" ejnivwn, dio; kai; tw~n oi[nwn
tisi; ta; toiau~ta mignuvnte" w{sper kevntron ejmpoiou~sin. e[sti d jhJ me;n
smuvrnh qermh; kai; dhktikh; meta; stuvyew", e[cei de; kai; pikrivan. to;
de; kinavmwmon drimuvthtav tina metrivan meta; qermovthto". paraplhsivw"
de; kai; to; kovston. hJ de; kasiva touvtwn uJperbavllei qermovthti kai; dri-
muvthti kai; stuvyei. qermh; de; kai; stuptikh; kai; hJ i[ri", kaq j uJperbolh;n
de; kai; pikra; neva oujs
~ a kai; to;n crwt~ a twn~ ejrgazomevnwn aujth;n ajfelkoi.~
dhktiko;n de; kai; to; kardavmwmon meta; qermovthto". tou~ de; balsavmou oJ
me;n ojpo;" kai; to; karpivon ajndrikwvtera pro;" ajmfovtera tau~ta, to; de;
xuvlon ajsqenevsteron. paraplhsivan d j e[cei touvtw/ th;n duvnamin kai; to;
a[mwmon.
— 38 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
33. Il giunco è più pungente e più caldo del calamo, anche se entrambi so-
no astringenti. Il cipero è più astringente di questi. Risulta astringente anche
l’aspalato profumato. Il nardo è pungente e caldo. Il maron 57 e il chroma, in
aggiunta all’amarakinon, sono caldi. [Le piccole radici di anchusa, infine, con-
feriscono colore al rhodinon e all’irinon].
52 [Agcousa (Alkanna Tinctoria): Teofrasto, Storia delle piante VII 8,3; VII 9,3; Dioscoride, Ma-
teria Medica IV 23 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 263.
Vedi Tabelle in appendice.
53 Vedi supra.
54 Kardavmwmon (Elettaria Cardamomum). Se ne utilizzavano i semi: Teofrasto, Storia delle piante
VII 7,2-3; Dioscoride, Materia Medica I 5 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes,
V, cit., s.v., p. 295. Vedi Tabelle in appendice.
55 Bavlsamon (Commiphora Opobalsamum): Teofrasto, Storia delle piante IX 1,2; IX 1,7; IX 4,1;
IX 6,1-4; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 18 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les
plantes, V, cit., s.v., p. 274. Vedi Tabelle in appendice.
56 [Amwmon (Amomum Subulatum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2; Dioscoride, Materia Me-
dica I 14 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 268. Vedi Tabelle
in appendice.
57 Maron (Origanum Sipyleum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Dioscoride, Materia Me-
~
dica I 49 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 310. Vedi Tabelle
in appendice.
— 39 —
PARTE PRIMA
34. Neva me;n ouj~n o[nta tw~n ajrwmavtwn e[nia dunavmei" me;n eujqu;" e[cei
bareiva" kai; drimeiva", palaiouvmena de; mevcri th~" ajkmh~" glukaivnetai,
eij~t j ajnaluvetai pavlin. oiJ~on hJ ij~ri" eij" me;n th;n ejrgasivan ajkmavzei meta;
th;n sullogh;n triva e[th, kai diamevnei de; plei~ston e}x e[th. to; de; mavron
e[th duvo. hJ de; smuvrna devka e[th diamevnei beltivwn genomevnh. paraplh-
sivw" de; touvtoi" hJ th~" ajkmh~" diamonh; kai; tou~ kinamwvmou kai; tou~ kov-
stou kai; th"~ kasiva". scoin~ o" de; kai; kavlamo" parakmavzei tacuv. twn~
d j ajnqw~n ta; me;n eujqu;" clwra; o[nta ta;" dunavmei" e[cei, kaqavper to;
rJovdon, ta; de; xhranqevnta, kaqavper oJ krovko" kai; oJ melivlwto". clwra;
ga;r uJgrovtera. Ta;" me;n ouj~n fuvsei" kai; dunavmei" tw~n ajrwmavtwn ejk
touvtwn qewrhtevon.
36. Diovti de; to; i[rinon eu[osmon me;n, ouj poiei~ de; th;n oJrmhvn; h] diovti
stuptiko;n kai; sunavgei tou;" povrou", w{ste sugkleivsei kwluvein th;n
divodon; ajlla; kai; koiliva" lutikh; diav te th;n qermovthta kai; dia; to;
ajpostuvfein tou;" ejpi; th;n kuvstin povrou". ajpokleiomevnwn ga;r touvtwn
eij" th;n koilivan hJ surrohv. to; d jo{lon farmakw~de" kai; to; i[rinon kai;
a[lla twn~ muvrwn. hJ d j aijtiva pavntwn wJ" kaqovlou eijpein~ ejn tai"~ dunavmesi
— 40 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
36. Perché l’irinon non dà stimolo? Forse perché è astringente e chiude
perciò ogni poro cosı̀ da impedire il passaggio? Esso agisce come diuretico
o lassativo grazie al suo calore innato e alla capacità di serrare i passaggi
che portano alla vescica. Riempiendosi questi, convoglia i liquidi verso l’inte-
stino. Dunque anche l’irinon ha proprietà medicamentose cosı̀ come altri. In
58 Melivlwto" (Melilotus o Melilotus Italicus): Teofrasto, Storia delle piante VII 15,3; Dioscoride,
Materia Medica I 48 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 87; AMIGUES, Theophraste. Re-
cherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 311. Vedi Tabelle in appendice.
59 Emissione difficoltosa dell’urina durante la minzione.
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PARTE PRIMA
37. Kra~si" de; kai; mivxi" oujk e[stin wJrismevnh tw~n ajrwmavtwn, w{st j
ejk tw~n aujtw~n ajei; crhsta; kai; o{moia givnesqai, ajlloi~a de; sumbaivnei
dia; th;n ajnwmalivan tw~n dunavmewn tw~n ejn toi~" ajrwvmasi. th~" d j ajnwma-
liva" aijtivai pleivou". miva me;n, h{per kai; toi~" a[lloi" karpoi~", hJ tou~
e[tou" katavstasi". au{th ga;r polucoustevra", oJte; d j ajsqenestevra"
ta;" dunavmei". eJtevra de; ejn th/~ sullogh/~, to; proterh~sai th~" ajkmh~"
h] uJsterhs ~ ai. kai; ga;r tout~ o ouj mikro;n diafevrei. Trivth d j hJ meta;
th;n sullogh;n, o{sa crovnou dei~tai pro;" th;n ajkmhvn, w{sper ejlevcqh.
kai; ga;r ejntauq ~ av ejsti to; proterein~ kai; uJsterein~ .
38. Touvtwn de; to; me;n tw~n ejtw~n oujk ejf j hJmi~n, plh;n eij" to; eijdevnai ta;
poia~ sfodrotevra" kai; ajsqenestevra" e[cei ta;" dunavmei". ta; de; kata;
ta;" ajkma;" th~" te sullogh~" kai; meta; th;n sullogh;n ejf j hJmi~n ejsti;,
w{ste taut~ jeijdovti mal
~ lon to; ejpitugcavnein. hJ me;n ouj~n gevnesi" kai; suvn-
qesi" tw~n muvrwn ejk touvtwn. polucroniwvtaton d j ejsti; tov t jAijguvption
kai; to; i[rinon kai; to; ajmaravkinon kai; to; navrdinon, pavntwn de; mavlista
hJ stakth;, diamevnei ga;r oJposonou~n crovnon. muropwvlh" dev ti" e[fh par j
aujtw/~ memenhkevnai Aijguvption me;n ojktw; e[th, i[rinon de; ei[kosi, kai; e[ti
diamevnein bevltion o]n tw~n ajkmazovntwn. hJ me;n ouj~n croniovth" ejn touvtoi".
39. Ta; d j a[nqina pavnta ajsqenh.~ sumbaivnei de; toi"~ ajnqivnoi" ajkmav-
zein me;n wJ" ejpi; to; pa~n meta; divmhnon, metabavllein d j ejpi; to; cei~ron
ejniautou~ proelqovnto" kai; perikatalabouvsh" th"~ w{ra" ejn h/J~ th;n
ajkmh;n lambavnei to; a[nqo". ajna; lovgon de; th/~ ajsqeneiva/ kai; to; eujek
v pauta
eij~nai kai; o{lw" eujdiavpneusta. ta; d j ejk twn~ rJizwn~ kai; twn~ loipwn~
croniwvtera. pleivwn ga;r hJ ojsmh; kai; ijscurotevra kai; swmatwdestevra.
40. Diafqeivrei de; ta; muvra kai; w{ra qermh; kai; tovpo" kai; oJ h{lio"
a]n teqw~si. dio; kai; oiJ muropw~lai zhtou~si ta;" oijkiva" uJperw/vou" kai; mh;
— 42 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
37. Non esistono regole precise nella mescolanza e nella combinazione del-
le essenze, cosı̀ da ricavare sempre prodotti uguali dalle medesime sostanze.
Talora capita che, per qualche anomalia degli ingredienti utilizzati, il prodotto
finale sia diverso. Le cause di tale discrepanza sono svariate. La prima riguar-
da i frutti e risiede nella stabilità della stagione, che può rendere più o meno
intense le proprietà odorose dei prodotti. La seconda sta nel periodo di rac-
colta: occorre considerare cioè se le sostanze odorose siano state raccolte pri-
ma o dopo rispetto al momento della loro piena maturazione. La terza è legata
alla fase di conservazione dopo la raccolta e riguarda quegli ingredienti che,
come detto, richiedono un tempo di riposo per raggiungere la loro piena ma-
turazione aromatica. Anche per questo occorre considerare se vengono tenute
a riposo più o meno rispetto al tempo necessario.
38. Tra le tre cause elencate quella legata alla stagione non dipende da noi
che possiamo solo sapere quali sostanze abbiano un aroma più o meno intenso
in un dato momento dell’anno. Dipendono invece da noi il periodo della rac-
colta e quello dopo la raccolta. Siamo noi, cioè, che dobbiamo osservare i
giusti tempi. A ciò è legata l’origine e la composizione dei diversi profumi.
Si conservano assai a lungo l’Aegyption, l’irinon, l’amarakinon, il nardinon e,
soprattutto, il profumo a base di mirra stakte che si mantiene per un lungo
periodo. Qualche profumiere afferma di aver conservato l’Aegyption per otto
anni e l’irinon per venti, e che questo si mantiene meglio che non quelli pro-
dotti di recente. Sono questi dunque i profumi che durano a lungo.
39. Invece tutti i profumi a base di fiori hanno breve durata. Essi raggiun-
gono la loro perfetta maturazione dopo due mesi, ma cominciano a sciuparsi
già dopo un anno quando arriva nuovamente la stagione della fioritura. La ra-
gione di questa debolezza sta nella precoce maturazione e nella facilità con la
quale evaporano le essenze. Si conservano più a lungo invece i profumi a base
di radici. La loro fragranza infatti è più decisa, pungente, corposa.
40. I profumi si rovinano a causa della stagione calda, del luogo, dell’espo-
sizione al sole. Per questo motivo i profumieri cercano di trovare case collo-
— 43 —
PARTE PRIMA
42. Kefalalgh~ de; twn~ me;n polutelwn~ to; ajmaravkinon kai; to; navr-
dinon kai; to; megalei~on, tw~n d j eujtelw~n o{lw" me;n ta; plei~sta mavlista
de; to; davfninon. ejlafrovtata de; to; rJovdinon kai; hJ kuvpro", a} kai; toi"~
ajndravsi mavlista aJrmovttein dokei~, kai; pro;" touvtoi" to; krivnon. tai~"
de; gunaixi;n hJ stakth; kai; to; megaleio ~ n kai; to; Aijguvption kai; to;
.
ajmaravkinon kai; to; navrdinon dia; ga;r th;n ijscu;n kai; to; pavco" oujk
eujapovpnoa oujd j eujafaivreta zhtou~si ta; crovnia.
43. jEpei; de; ta; me;n ajsqenh~ ta; d j ijscura;, kai; ijscurovtera ta; ajpo;
twn~ rJizwn~ kai; ta; a[lla ta; proeirhmevna, dia; tout~ o ta; me;n a[nqina mh;
tribovmena eujosmovtera, ta; d j ajpo; tw~n rJizw~n kai; ta; loipa; tribovmena.
ta; me;n ga;r diapneit~ aiv te kai; a{ma diaqermainovmena dia; th;n trivyin
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
cate in una posizione elevata ma anche poco esposte al sole e perciò quanto
più ombrose. Il sole infatti – o comunque un posto caldo – distrugge i profu-
mi più di un luogo freddo. Il fresco e il gelo, invece, sebbene li rendano meno
fragranti gelandoli, tuttavia non ne distruggono completamente le proprietà.
Perciò la più grande sciagura che può loro capitare, come del resto ai vini e
agli altri sapori, è di perdere il calore innato.
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5
PARTE PRIMA
ejxivstatai kai; ajlloiout~ ai, ta; de; dia; th;n ijscu;n w{sper ajnoigomevnwn
tinw~n povrwn ejk th~" trivyew" ejmfanestevran poiei~ th;n ojsmhvn.
44. O} kai; ejp j aujtw~n tw~n rJizw~n kai; o{lw" tw~n sterew~n sumbaivnei,
kaqavper ejlevcqh. kata; de; tw~n ajnqw~n ejnantivw", <w{s>te hjkolouvqhken
eJkavtera th/~ ajrch/~. ta; d j ejk th~" smuvrnh" eujlogwvtata di j a[mfw. kai; ga;r
mivgnutai ma~llon kai; hJ qermovth" hJ th~" trivyew" oujk ajllotriva, malakhv
ti" ouj~sa. kai; ga;r hJ smuvrna zhtei~ tina puvrwsin. ajplw"~ de; pan~ to;
poluvodmon a[n t j eujw~de" a[n te kakw~de" a[n te drimu; a[n t j ojxu; a[n q j
oJpoionoun~ tugcavnh/, kinouvmenon ejmfanevsteron. tovte ga;r w{sper ejner-
geiva/ ajnamivgnutai ma~llon tw/~ ajevri. tw~n de; muvrwn to; Aijguvption kai; hJ
stakth; kai; ei[ ti a[llo poluvodmon [kai;] mignuvmena tw/~ oi[nw/ tw/~ eujwvdei
hJdivw. parairei~tai ga;r hJ baruvth" aujtw~n. ejpei; kai; hJ smuvrnh aujth; pro;"
th;n ajnaqumivasin brecqeis ~ a ejn tw/~ glukei~ kaqavper ejn toi"~ provteron
ejlevcqh.
45. Pro;" de; ta;" dunavmei" skopoumevnoi" dovxeien a]n a[topon eij~nai
to; sumbai~non ejpi; tou~ rJodivnou. koufovtaton ga;r o]n kai; ajsqenevstaton
ajfanivzei ta;" tw~n a[llwn ojsma;" o{tan promurisqw~si. dio; kai; oiJ
muropw~lai tou;" ejpidistavzonta" kai; mh; wjnoumevnou" par j aujtw~n
ejpimurivzousi touvtw/ pro;" to; mh; aijsqavnesqai ta; para; twn~ a[llwn.
ai[tion d j o{ti leptovtaton o]n kai; prosfile;" th/~ aijsqhvsei dia; th;n
koufovthta mavlista diiknei~tai kai; sumplhroi~ tou;" povrou", w{sq j hJ
ai[sqhsi" kateilhmmevnh kai; plhvrh" ouj~sa krivnein ajdunatei~.
46. Duvo gavr eijsi trovpoi, tavca de; trei"~ , oiJ kwluvonte" th;n krivsin.
EiJ~" me;n oJ nu~n eijrhmevno". a[llo" d j oJ ajpo; twn~ ijscurwn~ w{sper mequvskwn
th;n ai[sqhsin kai; karhbaran~ poiwn~ . trivto" d j o{tan prokatalhfqh/~ tw/~
beltivoni. to; ga;r ejpeisavgein to; ceir~ on ouj rJa/vdion. ouj devcetai ga;r hJ
ai[sqhsi", w{sper oujd j ejpi; tw~n culw~n kai; o{lw" tw~n kata; th;n trofhvn.
47. Katiscnaivnein de; dokei~ to; rJovdon kai; th;n suvnqeton ojsmhvn.
o{tan ga;r ajkmavzh/ to; a[nqo", rJodivzousi ta;" sunqevsei", ajnoigovmenai d j
ejxovzousi touvtou movnou kai; mavlista. pauvetai de; tacu; kai; lhvgei dia;
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
44. Ciò si verifica, come osservato, nel caso delle essenze ricavate da radici
e da componenti solide. Avviene invece il contrario nei profumi ottenuti dai
fiori, cosicché ciascuna tipologia segue la sua origine. Questo stesso principio
riguarda anche il profumo ricavato dalla mirra per due motivi. Infatti esso de-
riva soprattutto da un processo di mescolamento e il calore generato dallo
sfregamento non è nocivo alla sostanza ma le è adatto. La mirra infatti ha bi-
sogno di una certa quantità di calore. Del resto, ogni odore gradevole o ripu-
gnante, acuto, penetrante o di qualsiasi altro genere assume una nota più mar-
cata a seguito del movimento e acquista una profumazione tanto più decisa
quanto più si mescoli all’aria. Tra le fragranze l’Aegyption, il profumo a base
di mirra stakte e qualsiasi altro dall’aroma intenso, mescolati a vino odoroso,
diventano più dolci. In questo modo infatti si liberano della loro asprezza. Co-
me detto, la stessa mirra, lasciata macerare in vino dolce, diventa ancora più
gradevole nei suoi effluvi odorosi.
45. A quanti indagano sulle proprietà dei profumi potrebbe apparire stra-
no quanto avviene con il rhodinon. Infatti, sebbene sia il più leggero e debole,
tuttavia distrugge le altre fragranze delle quali una persona si sia in preceden-
za cosparsa. I profumieri perciò ungono con esso i clienti indecisi e intenzio-
nati a non comprare nulla presso di loro, affinché essi non riescano a sentire
alcunché presso i profumieri concorrenti. La spiegazione sta nel fatto che, es-
sendo assai leggero e gradevole all’olfatto per la sua soavità, il rhodinon pene-
tra nei canali sensoriali occupandoli totalmente, cosicché l’olfatto, completa-
mente assorbito da questa fragranza, non è in grado di percepire altro.
47. Sembra che la rosa riesca ad alterare anche i profumi composti. Infatti
quando il fiore è nel momento migliore per la raccolta, allora si preparano
prodotti profumati a base di rosa. Tuttavia quando questi vengono aperti, essi
emanano solo ed esclusivamente la fragranza di rosa. Tale effetto ha tuttavia
— 47 —
PARTE PRIMA
th;n ajsqevneian kai; leptovthta, di j h}n kai; ejxovzei twn~ a[llwn. lepth;
ga;r oujs
~ a hJ ajnapnoh; kai; hjqroismevnh th/~ katakleivsei proterei~ te twn~
loipwn~ kai; diadivdotai pantacou.~ dia; taujto; de; tout~ o kai; ajpolhvgei
tacu; kai; katakrateit~ ai pavlin. ajsqenei~ ga;r to; lepto;n kai; malakovn.
48. Poiou~si dev tine" tou~to kai; tw~n oi[nwn, w{ste propoqevnte" ajfa-
nivzein th;n twn~ a[llwn hJdonhvn. e[nioi d j w{ste mh; ejpidevcesqai rJa/divw"
tou;" a[llou", w{sper oJ E j ruqrai~a" aJlukov" ti" w]n kai; malakov". th;n
aijtivan peiratevon ejk tw~n oJmoivwn lambavnein. e[cei de; kai; tou~t j i[dion
to; rJovdinon, o{per scedo;n kai; mikrw/~ provteron ei[rhtai. ta; me;n ga;r
a[lla pavnta ta; plei~sta kefalalgh~, tou~to d j, w{sper ejlevcqh, lutiko;n
kai; bavrou" kai; ajlghdovno" kai; th~" ajpo; tw~n muvrwn.
49. H
J d j aijtiva fanera; dia; tw~n proeirhmevnwn, ei[per ejpikratei~ kai;
diaduvetai pantacou.~ ta; me;n ga;r a[ll j o{sa kefalalgh~ bareva dia; to; ejk
toiouvtwn sugkei~sqai ta; me;n rJizw~n ta; d j ojpw~n. tou~to de; kai; th/~ ojsmh/~
ejlafro;n kai; th/~ qermovthti suvmmetron eij" to; sumpevyai kai; dianoi~xai
tou;" povrou". oiJ ga;r dh; povnoi th"~ kefalh"~ h] kaqugrainomevnh" h] pneu-
matoumevnh" tw/~ ejnapolambavnesqai, w{ste to; me;n ejkkri~nai dei~ to; de;
pevyai h] ajfelei~n.
50. Pro;" a{panta de; hJ qermovth" crhvsimon, kai; eij" ajfaivresin kai;
e[ti mal~ lon eij" to; pevttein kai; dianoivgein tou;" povrou", eij" a} sumbavl-
letai to; ejn tw/~ aJli; pepoih~sqai. kai; ga;r ajnastomou~si kai; diaqermaiv-
nousin oiJ a{le". hJ d j eujosmiva kai; oJrmhvn tina poiei~ pro;" th;n kivnhsin.
ajgaqo;n de; dokei~ kai; pro;" tou;" kovpou" eij~nai th/~ qermovthti suvmmetron
o]n kai; th/~ koufovthti kai; th/~ diaduvsei pro;" tou;" ejnto;" povrou". wJ" dev
tinev" fasin, oujc hJ~tton hJ kuvpro" e[ti touvtou. malakh; ga;r hJ ojsmh;
kai; prosfilh;" tw/~ crwti; kai; hJ tauvth". kai; taut~ a me;n kai; ta; o{moia
touvtoi" w{sper i[dion a]n ei[h.
51. Tou~ rJodivnou de; aiJ mivxei" kai; ejn tai~" ojsmai~" kai; ejn toi~" cumoi~"
eja;n hJrmosmevnai tugcavnwsin, e[cousiv tina creivan, aiJ me;n ajfairou~sai
th;n baruvthta kai; th;n ijscu;n, aiJ d j eujosmivan tina; aiJ de; glukuvthta
ejmpoiou~sai kaqavper kai; ejpi; tw~n oi[nwn. kai; ga;r oJ ejn Qavsw/ oJ ejn tw/~
prutaneivw/ didovmeno", qaumastov" ti" wJ" e[oike th;n hJdonh;n hjrtumevno"
ejstivn. ejmbavllousi ga;r eij" to; keravmion stai"~ mevliti furavsante",
w{ste th;n me;n ojsmh;n ajp j aujtou~, th;n de; glukuvthta ajpo; tou~ staito;"
lambavnein to;n oij~non.
— 48 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
48. Producono analogo effetto anche alcuni vini: se bevuti per primi tol-
gono il piacere degli altri, cosicché alcune persone non sono disposte a assu-
merne altri dopo avere assaggiato il primo. Questo, ad esempio, è l’effetto di
un vino di Eritre che è salato e leggero. Si può cercare di recuperarne la causa
dal confronto con casi analoghi. Come detto poc’anzi, ha effetto analogo il
rhodinon. Infatti mentre tutti gli altri profumi – direi la maggior parte – cau-
sano mal di testa, il rhodinon scioglie il senso di pesantezza e di sofferenza
creato dalle altre fragranze.
49. La ragione di ciò appare chiara da quanto è stato già detto, se si tiene
presente che il rhodinon si impone sulle altre fragranze e penetra ovunque.
Infatti tutti gli altri profumi causano fastidiosi mal di testa poiché sono ricavati
alcuni da radici, altri da resine. Il rhodinon invece ha una fragranza leggera e
dal calore equilibrato adatto a dare una temperatura giusta ai pori e a farli
aprire. Infatti i mal di testa sono determinati dalla ritenzione di umidità o
di aria, cosicché è necessario, per un verso, espellerla, per un altro, lasciarla
maturare o liberarsene.
50. Il calore del rhodinon è utile nella soluzione di tutti questi problemi, sia
per la sua capacità di far secernere, sia soprattutto di far maturare e aprire i
pori. Ciò avviene anche perché il rhodinon è composto da sale, ingrediente
che aiuta ad aprire i passaggi e a riscaldarli. Questo profumo favorisce inoltre
il movimento. Infatti sembra stimolare al lavoro per il suo calore equilibrato,
per la sua leggerezza, per la sua capacità di penetrare nelle parti più profonde
dei pori. Secondo alcuni non è da meno il kypros. Come il rhodinon possiede
infatti una fragranza delicata e gradevole alla pelle. Queste e simili proprietà
possono essere considerate peculiari di questi profumi.
51. La composizione del rhodinon, se ben fatta, può apportare benefici sia
nel campo degli odori che dei sapori; gli uni ne assumono l’acutezza e la forza,
gli altri la dolcezza dell’aroma, come avviene per i vini. Cosı̀ il vino servito nel
pritaneo di Taso, capace di offrire una sensazione meravigliosa, è preparato
con questo procedimento: mettono in un contenitore di terracotta mescolan-
doli farina di spelta e miele, cosicché il vino possa prendere dal miele il pro-
fumo, dalla farina la dolcezza.
— 49 —
PARTE PRIMA
52. Sumbaivnein de; tou~to kai; kata; ta;" tw~n oi[nwn mivxei". oiJ~on ejavn
ti" keravsh/ [eij"] sklhro;n kai; eu[osmon malakw/~ kai; ajovsmw/, kaqavper
ton HJ raklewvthn kai; to;n E j ruqrai~on, tou~ me;n th;n malakovthta tou~ de;
th;n eujosmivan parecomevnou. sumpivptei ga;r a{ma [kai;] ta; kaka;
ajllhvlwn ajfanivzein th/~ malakovthti qatevrou polla;" de; kai; a[lla" oiJ
e[mpeiroi levgousi kai; i[sasi kravsei". o} kai; ejpi; tw~n ojsmw~n eu[logon
sumbaivnein, kai; ejpi; twn~ crwmavtwn a[n ti" lambavnh/ ta;" aJrmottouvsa"
mivxei". tou~to me;n ouj~n i[dion tou~ rJodivnou.
53. To; de; koino;n ejpi; pavntwn ajpovrhma, tiv dhv pote ajpo; tou~ karpou~ th"~
ceiro;" h{dista faivnetai, dio; kai; oiJ muropwl~ ai tout~ o murivzousi to; mevro".
th;n d j aijtivan ejk tou~ ejnantivou lhptevon, o{ti to; qermo;n ejxivsthsi kai;
ajlloioi.~ taceia~ de; dh; hJ ai[sqhsi" toi"~ muvroi" ajnamignumevnoi" tw/~ crwtiv.
54. A
j porei~tai de; divoti oiJ mh; eijwqovte" murivzesqai ma~llon ejxovzou-
si tw~n sunecw~" murizomevnwn. ei[h me;n ga;r a]n levgein kai; o{ti fantasiva/
kai; oujk ajlhvqeia/ dia; to; mh; eijwqov". eij d j ouj~n kai; ajlhqe;", e[oike to; me;n
oiJ~on sunanamivgnusqai pleivosin ojsmai~" eJtevrai" uJf j wJ~n ajmaurou~tai,
sugkatamignumevnou kai; tou~ crwto;", to; de; w{sper ajkevraion devcesqai
to; mano;n kai; ejkfaivnein th/~ aijsqhvsei cronizovmenon. ei[h d j a]n kai;
ejnantivw" labein~ wJ" hJ~tton decomevnou dia; to; ajsuvnhqe", braduvteron
d j ajnamignuvmena pleivw crovnon ejxovzein. kai; tou~to me;n e[latton kai;
ouj fanerw"~ oJmologouvmenon.
55. A
{ ptetai de; mavlista tou~ crwto;" kai; kefalh~" kai; tw~n a[llwn
kai; pleis~ ton crovnon ejmmevnei tai"~ ijscurotavtai" tai"~ ojsmai"~ , oiJ~on
megalei~on, Aijguvption, ajmaravkinon. ta; d j ajsqenh~ kai; poluvodma,
kouvfhn e[conta th;n ajnapnoh;n, kai; taceia ~ n poieit~ ai th;n ajpovleiyin
w{sper tov te rJovdinon kai; hJ kuvpro".
56. E[ nia de; kai; eij" th;n uJsteraivan ouj cei~ron o[zei, diapepneukuiva"
ei[ ti" ejnhn~ baruvth". Ta; de; kai; o{lw" e[mmona mal ~ lon w{sper hJ navrdo" kai;
to; i[rinon, pavntwn de; mavlista <ta;> ijscurovtata. Kai; ta; me;n e[n te toi~"
loutroi"~ kai; th/~ ajnevsei diathrei~ pw" th;n ojsmh;n h] ouj sugkakuvnei. ta; de;
kakunovmena pleivw poiei~ duswdivan aujtw~n tw~n iJdrwvtwn wJ" a]n shvyewv"
tino" h] diafqora~" ginomevnh". Kai; ta; me;n peri; th~" tw~n muvrwn poihvsewv"
te kai; dunavmew" ejpi; tosou~ton eijrhvsqw.
— 50 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
53. C’è una questione comune a tutti i profumi: perché essi emanano un
odore dolcissimo se spalmati sul polso, e i profumieri per questo testano la
fragranza proprio su questa parte del corpo? La risposta va cercata osservan-
do il caso contrario, ovvero quando il calore altera e distrugge la fragranza.
Perciò la sensazione destata dai profumi è immediatamente percepibile allor-
ché essi vengano messi a contatto diretto con la pelle.
54. Ci si deve interrogare anche per quale motivo chi non fa uso di profu-
mi emani un odore più pungente rispetto a chi invece ne fa un uso abituale. Si
potrebbe rispondere, ma più facendo leva sulla suggestione che non sulla real-
tà dei fatti, che questo dipende dal mancato impiego dei profumi. Se questo
corrispondesse a verità, sarebbe naturale che il profumo si mescolasse agli altri
odori, dai quali è sovrastato. Unendosi il sentore della pelle al profumo, que-
sto, puro, assorbe quello poroso e si porta all’attenzione dell’olfatto rimanen-
dovi. Si potrebbe anche proporre una soluzione differente: il profumo rimane
meno in quelli che non ne fanno un uso frequente, dal momento che essi man-
tengono per più tempo il loro odore a cui la fragranza assai lentamente riesce
a mescolarsi. Ma questa è solo una piccola spiegazione non condivisa comple-
tamente da altri.
56. Ci sono comunque alcuni profumi la cui fragranza risulta migliore il se-
condo giorno, dopo che hanno perso, se mai la possedevano, la pesantezza ini-
ziale. Certe fragranze rimangono a lungo, come il nardinon e l’irinon che sono le
più forti tra tutte. Alcune poi resistono anche a bagni rilassanti senza esserne ro-
vinate, altre invece, alterandosi sensibilmente, producono un odore simile al su-
dore, come se fosse in atto un processo di putrefazione e di decomposizione.
Sulle creazione e le proprietà dei profumi è sufficiente quanto detto finora.
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PARTE PRIMA
57. Ta; de; peri; th;n tw~n xhrw~n mivxin, ejx wJ~n <ta;> diapavsmata kai;
aiJ sunqevsei", oujk e[ti zhtei~ mivxin tw~ndev tinwn wJrismevnwn, ajll j o{sw/
a[n ti" pleivw kai; poikilwvtera mivxh/, tosouvtw/ kai; hJ ojsmh; lamprotevra
kai; hJdivwn. w{sper kai; ejx aujtw~n tw~n ajrwmavtwn tw~n proceivrwn eij" tauj-
to; ga;r mignuvnte" a{panta crw~ntai. zhtou~si de; touvtoi" kai; speuvdousin
w{ste mh; eJno;" ajlla; pavntwn koinhvn tina th;n ojsmh;n eij~nai. dio; kai; ajnoiv-
gonte" diav tinwn hJmerwn~ to; ejxovzon ejxairous ~ in ajei; kai; twn~ ijscurwn~
ejlavttw mignuvousin, { w{s t n to; d j o{lw" { ouj mignuvousin w{sper to;
ejrusivskhptron, uJpe;r ouJ~ kai; ajrtivw" ejlevcqh.
58. Brevcousi de; suntiqevnte" tw/~ oi[nw/ tw/~ eujwvdei. kai; e[oike d j ouj~n
crhvsimo" eij~nai pro;" ta;" eujosmiva", ei[ ge kai; oiJ mureyoi; crwn~ tai.
mevnousi de; polu;n crovnon aiJ sunqevsei". hJ de; crh~si" touvtwn me;n eij"
th;n twn~ iJmativwn ojsmh;n twn~ de; diapasmavtwn eij" th;n strwmnh;n o{pw"
pro;" to;n crw~ta prospivpth/. kai; ga;r { a[rcetai ma~llon kai; ejmmo" newv-
teron tout~ o, kai; w{sper ajnt j ejkeivnou tout~ o poious ~ in {. oiJ de; provte-
ron ejnevbalon oi[nw/ katabrevconte" eujwvdei pro;" to; parairei~sqai th;n
ojsmh;n, e[nia de; kai; melikravtw/ kai; oi[nw/ mignuvnte" ajnevdeuon, ta; de;
kai; aujtw/~ tw/~ melikravtw/. to; ga;r o{lon a[mfw tau~ta sunergei~ pro;"
eujosmivan. diamevnousi de; aiJ sunqevsei". fanero;n d j ejk touvtwn o{per
kai; provteron ejlevcqh, diovti ta; xhra; kai; eujosmovtera pro;" a[llhla
<micqevnta> tai~" ojsmai~".
59. AiJ de; tw~n zw/vwn ojsmai; kata; ta;" ijdiva" givnontai fuvsei". eJkavstw/
gavr ejstiv ti" oijkeiva kata; th;n kras
~ in. auJ~tai d j hJdeia
~ i me;n kai; kaqarai;
kai; kata; ta;" ajkma;" kai; o{tan euj~ e[cwsin eJautw~n, e[ti de; hJdivou"
aJpalw~n kai; nevwn o[ntwn. plei~stai de; kai; kakwdevstatai peri; ta;"
ojceiva" kai; o{lw" sunthkomevnwn kai; kamnovntwn <tw~n> swmavtwn.
dio; kai; oiJ travgoi kai; oiJ e[lafoi kai; lagoi; kai; taj~lla tovte mavlista
o[zei.
— 52 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
59. Gli odori degli animali sono rapportabili alla loro natura. Infatti ciascu-
no ha un sentore peculiare che si accorda alla sua particolare composizione.
Tali odori sono dolci e puri quando l’animale è nel fiore dell’età e in buona
salute, ancora più dolci quando è tenero e giovane. Essi risultano insopporta-
bili durante il periodo dell’accoppiamento e quando l’animale è deperito e
malato. Perciò le capre, i cervi, le lepri e tutte le specie di animali proprio
in quel periodo emanano cattivo odore.
61 Sul significato di diavpasma, vedi Introduzione alla seconda parte, ma anche Tabelle in ap-
pendice.
62 Forse Teofrasto ne aveva parlato nella parte lacunosa del testo. In ogni caso l’ejrusivskhptron /
esyskeptrum equivaleva al Cyperus Rotundus come informa Dioscoride, Materia Medica I 4 Gunther.
— 53 —
PARTE PRIMA
60. Qaumasto;n de; faivnetai kai; i[dion to; sumpavscein ta;" trageva",
o{tan hJ w{ra kaqhvkh/ th~" oJrmh~". Ai[tion de; dhlonovti to; uJpoleivpesqaiv
tina ejn tw/~ devrmati duvnamin h] uJgrovthta toiauvthn ajf j hJ~" hJ oJrmh; givnetai
kai; zwvntwn. kinoumevnh" ouj~n kai; diaqermainomevnh" tauvth" uJpo; tou~
ajevro" eu[logon kai; ta; devrmata, kaq j o{son ejpibavllei. dio; kai; wJ"
prw~ton ai[tion hJ diavqesi". tovte ga;r kai; oiJ mh; ojceuvonte" ejx<ovz>ousi
kai; oiJ a[gonoi kai; aiJ aij~ge" o{lw". hJ d j ojceiva tovte me;n megavlhn merivda
sumbavlletai, kaq j auJth;n d j aijtiva givnetai th~" diaqevsew".
61. Eujlovgw" de; ta; muvra farmakwvdh dia; th;n tw~n ajrwmavtwn duvna-
min. kai; ga;r ta; ajrwvmata toiau~ta. dhloi~ de; tav te kataplavsmata kai; a}
dhv tine" malavgmata kalou~sin o{ia" ajpodeivknutai dunavmei" tav te
fuvmata kai; ta; ajposthvmata diacevonta kai; a[lla pleivw tw~n kata; to;
swm~ a dialloioun~ ta, ejpipolh"~ me;n ajlla; kai; ta; ejn bavqei, oiJ~on, a[n
ti" kataplavsh/ ta; uJpocovndria kai; to; sth~qo", eujqu;<"> su;n toi~" ejrug-
moi"~ ajpodivdwsin eujwvdei" ta;" ojsmav".
62. E[ nia de; kai; eij" ou[rhsin a[gei, sunexovzein poiou~nta aujtav. e[ti
de; touvtou meiz~ on, o{ti kai; ajpo; th"~ kefalh"~ , a[n ti" kataplavsh/, divdwsi
th;n ojsmh;n eij" ta; ouj~ra ta; ajpo; tw~n ajrwmavtwn. ejpeiv ge koilivan kinei~
kai; hJ i[ri" w{sper ejlevcqh. pavnta de; taut~ a poiei,~ kaqavper pollavki"
ei[rhtai, dia; to; fuvsei strufna; kai; uJpovpikra, qermantika; kai; eujdivoda
pro;" tou;" povrou" eij~nai. tmhtika; ga;r o[nta kai; qermantika; kai;
stuvfein a{ma kai; qermaivnein dunavmena, kai; ejxavgein kai; ejkpevttein
duvnatai, kai; to; o{lon ajlloioun~ kai; metabavllein.
63. Sumbaivnei de; trovpon tina; kai; ejn a[lloi" hJ toiauvth sumpavqeia.
kai; ga;r oJ oij~no" a{ma th/~ stafulh/~ dokei~ sunanqein~ kai; ta; skovroda kai;
ta; krovmua tovte drimuvtaton o[zein, o{tan <ta;> ejn th/~ gh/~ blastavnh/. plh;n
touvtoi" d j a{ma sumbaivnei kai; aujtoi~" blastavnein. o{lw" de; pavnta
kinei~tai ta; floiovriza kai; sarkovriza mh; ajpexhrammevna kata; ta;"
blasthtika;" w{ra". hJ ga;r ejnupavrcousa duvnami" ejn aujtoi"~ kineit~ ai.
— 54 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
60. È strano ma anche singolare che la pelle delle capre emani un pessimo
odore durante il periodo dell’accoppiamento. La causa evidentemente sta nel
fatto che nella pelle rimane qualche componente o qualche umore da cui na-
sce l’istinto all’accoppiamento dell’animale. È ovvio che quando questo è ec-
citato e riscaldato dall’aria anche la pelle è investita da questo stato. Perciò la
prima causa del cattivo odore risiede nella condizione degli animali. In quel
periodo infatti anche le bestie che non si accoppiano, quelle sterili e le fem-
mine emanano tutte lo stesso fetore. Il periodo dell’accoppiamento costituisce
la causa principale del cattivo odore, insieme a esso però figura anche la con-
dizione fisica dell’animale.
61. Ovviamente i profumi hanno anche capacità curative grazie alle pro-
prietà delle componenti odorose. Le sostanze aromatiche le possiedono in
questa forma. I cataplasmi e quei preparati che alcuni chiamano malagmata
evidenziano proprietà che risultano efficaci contro tumori e ascessi. Alcuni ri-
solvono per lo più quelli che compaiono all’esterno sulla pelle, altri invece
quelli che si formano all’interno del corpo. Ad esempio, se qualcuno applica
un cataplasma profumato sull’ipocondrio e sul petto subito, nell’espettorare,
emette, insieme ai muchi, anche le componenti profumate contenute nel me-
dicamento.
62. Alcune sostanze aromatiche sono utili nella minzione e, cosı̀ operando,
profumano l’urina. Ciò avviene anche in forma più marcata se uno spalma la
fragranza sulla testa: l’odore della sostanza aromatica arriva fin nelle urine.
Come detto, l’iris ha la proprietà di mettere in movimento le viscere. Anche
tutti gli altri aromi, come è stato già rilevato, hanno analogo effetto poiché
per natura risultano astringenti, assai amari, riscaldanti, in grado di insinuarsi
nei pori. Perciò, essendo pungenti, capaci di riscaldare, astringere e ancora
seccare, possono avere effetto lassativo e far digerire e, complessivamente,
possono provocare alterazioni e trasformazioni.
63. Questo accordo tra odore e stagione investe in qualche modo anche le
altre cose. Infatti il vino sembra maturare in relazione alla maturazione dell’u-
va. Allo stesso modo l’aglio e la cipolla emanano un odore assai acuto, quando
le piantine vengono alla luce dalla terra o quando dai bulbi nascono i germo-
gli. In linea generale tutti i bulbi, siano essi duri o teneri, se non sono del tutto
inariditi, tornano a vita nella stagione della ripresa vegetativa. A muoverli è
un’energia insita in essi. Tra tutti questi fenomeni, quello più degno di ammi-
— 55 —
PARTE PRIMA
qaumasiwvtaton de; tw~n toiouvtwn to; ejpi; tou~ stevato" th~" a[rktou
sumbai~non, ei[per a{ma tai~" fwlivai" ejpaivretai kai; ejkplhroi~ ta;
ajggei~a.
64. Tiv dhv pote Dhmovkrito" tou;" me;n culou;" pro;" th;n geu~sin ajpo-
divdwsi ta;" d j ojsma;" kai; ta;" crova" oujc oJmoivw" pro;" ta;" uJpokeimevna"
aijsqhvsei"; e[dei ga;r ejk tw~n schmavtwn. h] tou~tov ge pro;" a{panta" koi-
novn; a{pante" ga;r oiJ me;n movnh" oiJ de; mavlista tauvth" ta; pavqh levgousi
kai; ta;" diafora;", wJ" ejn crwvmasi leuko;n kai; mevlan, kai; ejn cumoi~"
gluku; kai; pikro;n, <oujc> ou{tw d j ejn ojsmai"~ . oujde;n ga;r plh;n t j eu[o-
smon kai;; <to;> kavkosmon [e[ti de; ta; me;n mikta; ta; d jajnavmikta]. oujd j
ejn aJptoi"~ . pleivw ga;r eujqu; ta; uJpokeivmena, sklhro;n malako;n tracu;
lei~on. Aj lla; ma~llon ejn fwnai~", ojxu; kai; baruv.
65. < [Eti de; ta; me;n mikta; ta; d j a[mikta.> a[miktoi culoi; oiJ me;n tw/~
mh; katamerivzesqai w{st j ejx ajmfoi~n, oiJ~on u{dwr e[laion flevgma aiJ~ma,
o{lw" pan~ to; ejpinevon h] to; diairoun~ , w{sper to; o[xo" kai; to; gavla. to;
ga;r th/~ pievsei kai; trivyei mignuvmenon e{teron eij~do". a[llon de; trovpon
oiJ mh; eu[miktoi pro;" th;n creivan oiJ kai; lumainovmenoi ajllhvlou", oiJ~on hJ
qavlatta kai; ta; nitrwvdh kai; pikra; u{data tou;" oi[nou" kai; ta; povtima,
eja;n mh; eujqu;" crht~ aiv ti".
66. O j smai; de; aiJ me;n ou{tw" a[miktoi pleivou" kai; w{ste kaqovlou la-
bein~ aiJ kakwvdei" tai"~ kakwvdesi. { wJ" de; mh; e{n ti to; ejx ajmfoin~ e[rgon
euJrei~n mh; ajduvnaton, eij" th;n toiauvthn de; duvnamin a{pan wJ" eijpei~n pa~n
eu[osmon {. ajll j e[nqa me;n i[sw" ceivrw poiei~ e[nqa de; beltivw, kaqavper
ejpi; tw~n muvrwn. ta; me;n ga;r ajfairei~tai to; a[kraton kai; sklhro;n, ta; d j
ajpoqhluvnei kai; w{sper ejxudatoi~ ta;" ojsmav". ejn de; toi"~ xhroi"~ a{pasai
pavsai" miktaiv.
67. Ta; ga;r diapavsmata o{sw/ a]n h/j~ pleiovnwn ajmeivnw. poiei~ de; kai; hJ
tou~ oi[nou katavmixi" kai; muvra e[nia kai; qumiavmata eujosmovtera, kaqavper
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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
64. Perché Democrito assegna una genesi ai sapori, mentre non colloca nei
relativi sensi di pertinenza odori e colori? 63 Avrebbe dovuto farlo in funzione
del suo sistema. È questo un elemento comune ai fisiologi? Tutti infatti per il
solo senso dell’olfatto indicano le sensazioni, mentre per gli altri sensi segna-
lano i contrasti: bianco e nero per i colori, dolce e amaro per il gusto, non cosı̀
per gli odori sommariamente distinti in buoni e cattivi. [Ci sono poi elementi
composti ed elementi semplici]. Non fanno lo stesso per ciò che riguarda il
tatto: infatti in questo caso molte sono le caratteristiche: duro, morbido, ruvi-
do, liscio. Nel campo dei suoni ancora più rilevanti sono le distinzioni tra gra-
ve e acuto.
65. <Ci sono poi elementi composti ed elementi semplici>. I sapori sono
semplici. Alcuni infatti non possono essere divisi come l’acqua, l’olio, il fleg-
ma, il sangue e, in linea generale, ogni cosa che galleggia o che tende a sepa-
rare come l’aceto e il latte. Un altro aspetto riguarda il mescolamento ottenuto
attraverso la spremitura e la triturazione, un altro ancora i sapori che non pos-
sono essere mescolati per necessità. Se non li si usa subito, si rovinano l’un
l’altro, come, ad esempio, l’acqua del mare, quella contenente nitro, quella
amara, i vini e tutte le altre bevande.
66. Sono numerosi gli odori che non possono essere combinati. In linea di
massima, i cattivi odori vanno con i cattivi odori. [È difficile, se non impossibile,
trovare un prodotto migliore da una simile combinazione, anzi, per cosı̀ dire, in
questa operazione non tutto porta alla creazione di un odore gradevole]. Talora
si arriva a un risultato peggiore, talora a uno migliore, come nel campo dei pro-
fumi. In alcuni casi, infatti, la combinazione serve a togliere gli eccessi e la du-
rezza di partenza, in altri casi le fragranze perdono la loro corposità e si annac-
quano. Con le sostanze secche comunque tutti gli accordi sono possibili.
67. Le polveri profumate quanto più sono formate da molti elementi tanto
più risultano di buona qualità. Addizionando vino si rendono più profumate
63 Analoga teoria riporta Aristotele, Sul senso V 442b; vedi testo n. 5.3 in Appendice documen-
taria.
— 57 —
PARTE PRIMA
th;n smuvrnan. dokei~ de; kai; to; muvron hJduvnein tou;" oi[nou", dio; kai; oiJ
me;n ejn th/~ oijnopnoii~a/ mignuvousin oiJ de; ou{tw" ejpiceovmenon pivnousin.
oujk a[logon de; sunevggu" ta;" aijsqhvsei" ou[sa" kai; ejn toi"~ aujtoi"~
uJpokeimevnoi" e[cein tina; ejpikoinwnivan. wJ" ga;r ejpi; to; pa~n oujdei;" ou[te
culo;" a[osmo" ou[te ojsmh; a[culo". tout~ o de; o{ti oujdemiva ejk mh; e[conto"
culovn.
68. Sumbaivnei de; kai; metabavllein ta;" ojsma;" a{ma toi"~ culoi"~ ,
w{sper ejpiv te tou~ oi[nou kai; ejpi; karpw~n tinw~n. ejnivwn de; kai; ejn tw/~
a[nqei provteron, w{sper twn~ botruvwn. hJ de; twn~ muvrwn eij" ajkmh;n movnon
kai; oiJ~on fqivsin. metakinou~ntai d j ejn tai~" ejteivai" w{rai" pavnq j wJ"
eijpei~n, mavlista de; ta; ajsqenevstata, ta; d j a[nqina kaq j h}n w{ran
<a]n> anqh/j~ to; a[nqo".
70. <...> ejn th/~ ejruqra/~ qalavtth/ diakoptomevnwn tw~n livqwn e[ndon
ejmpefukovta faivnetai ijcquvdia kai; karivde" kai; a[ll j a[tta zwa
~ ejpiklh~
<...>
— 58 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
alcune sostanze odorose e alcune resine, come la mirra. Pare che il profumo
addolcisca i vini. Per questo alcuni lo uniscono nella fase di preparazione
del vino odoroso, altri invece lo addizionano poco prima di bere. È ovvio
che i sensi del gusto e dell’olfatto, essendo cosı̀ vicini negli oggetti del loro sen-
tire, abbiano qualche elemento in comune. Genericamente si può dire che nes-
sun sapore sia sguarnito di odore e nessun odore sia senza sapore. Il motivo è il
seguente: nessun odore può nascere da ciò che manca di sapore.
68. Capita ancora che gli odori cambino insieme ai sapori, come nel caso
del vino e di alcuni frutti. In alcuni casi, come per l’uva, questo cambiamento
ha luogo prima nel periodo della fioritura. Nel caso dei profumi, invece, tale
variazione si verifica quando essi abbiano raggiunto la loro piena maturazione
e stiano per sfumare. In genere, i profumi si deteriorano in determinate sta-
gioni dell’anno, soprattutto i più leggeri. In particolare, quelli derivati dai fiori
si sciupano nella stagione nella quale sbocciano i fiori.
70. <...> Nel mare rosso, spaccate le pietre, sono stati trovati piccoli pesci,
gamberetti, altri animali <...>
71. <...> Si dice che ad Atene in queste cose sia stato trovato un bronzo
cavo, simile al ferro, rosso e bianco. C’è ancora una diceria in relazione a
uno stagno. Si valuta non la superficie ma la densità <...>
— 59 —
PARTE SECONDA
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L’ARTE DELLA PROFUMERIA
cosı̀ cantava Esiodo nell’VIII secolo a.C. nelle Opere e i giorni accostando la
bellezza derivante dalla giovinezza alla fragranza che detergeva la pelle di una
vergine.1
Le sostanze odorose furono inizialmente per i Greci, e prima ancora per le
popolazioni orientali, parte dell’offerta dell’uomo agli dèi e solo successiva-
mente diventarono elemento per la cura del corpo. Se ne conserva traccia
in diversi termini abbinati al mondo del profumo. Nella lingua greca ajmbrosiva
fa riferimento ad a[mbroto" cioè immortale; 2 qumivasi" ai fumi che si innalzava-
no verso gli dèi durante i sacrifici, qumiavmata agli aromi, qusiva al sacrificio,
quva-quvia al legno balsamico, termini legati alle forme verbali qumiavw e quvw
che indicavano rispettivamente l’atto del bruciare per produrre fumo e l’offerta
sacrificale.3 Al medesimo campo si legano ‘profumo’ e ‘incenso’ entrambi de-
rivati dal latino. ‘Profumo’, da per fumum o pro fumo, indicava appunto il fu-
mo che dalle offerte saliva alle divinità; 4 ‘incenso’, da incendo, richiamava ai
sacrifici che raggiungevano gli dèi attraverso il fuoco: 5 un mondo degli aromi,
1 Esiodo, Le opere e i giorni 519-523, traduzione di G. ARRIGHETTI (a cura di), Esiodo. Opere e
giorni, Milano 1985.
2 STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, Parisiis 1865, Graz 1954, s.v.; H.G. LIDDELL –
R. SCOTT – H.S. JONES, A greek-english lexicon, Oxford 1961, s.v. Sull’ambrosia: K. BLONDEL, s.v.
Ambrosia, in DAGR I.1, 1877, pp. 225-226; W.H. ROSCHER, s.v. Ambrosia und Nektar, in ALGRM
I.1, 1884-1886, coll. 280-283; W. DEONNA, Euodia: croyances antiques et modernes. L’odeur suave des
dieux et des élus, Torino 2003, p. 19. Vedi testo n. 18.1 nell’Appendice documentaria.
3 Vedi STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., ss.vv.; LIDDELL – SCOTT – JONES, A greek-
english lexicon, cit., ss.vv. Sulla quvia: Teofrasto, Storia delle piante V 3-7; Plinio il Vecchio, Storia Na-
turale XIII 29.
4 Vedi Thesaurus Latinae Linguae (formato elettronico, München 2002), s.v.
5 Vedi Thesaurus Latinae Linguae, cit., s.v. Sulle sostanze odorose come offerta agli dèi: Teofra-
— 63 —
PARTE SECONDA
dunque, inizialmente legato alla sfera celeste, che ebbe soprattutto in Afrodite
la sua divinità di riferimento.6
In relazione alle fragranze, ma più in generale al mondo degli odori, i Gre-
ci impiegarono numerosi termini tecnici riferendoli al tipo di odore ma anche
a specifici prodotti da profumeria di uso quotidiano: ojsmhv, muvron, a[rwma, diav-
pasma, cris~ ma ricorrono nella tradizione con differenti sfumature di significato
che è opportuno prendere in esame.
Il termine ojsmhv talora anche ojdmhv è vox media atta a indicare tanto gli odo-
ri gradevoli quanto quelli sgradevoli. Non a caso esso acquista una sua conno-
tazione positiva o negativa sia nelle forme aggettivali eujwvdh"-duswvdh", sia
allorché risulta specificato da attributi,7 o accompagnato da genitivi di
specificazione che lo legano a sostanze come l’olio,8 i fiori,9 il sangue umano.10
Le altre voci impiegate per connotare gli odori, come muvron, a[rwma, diavpa-
sma, cri~sma (o cri~ma), qumivama si iscrivono già in una sfera semantica positiva.
Muvron indica l’olio profumato, ma anche l’essenza aromatica ricavata dalle
piante e utile per aspersioni, per aromatizzare il vino, per la creazione – da
sto, Sulla pietà F 1 Ditadi [su cui vedi DITADI (a cura di), Teofrasto. Sulla pietà, cit., pp. 171 ss.],
che ricorda l’impiego di mirra, cassia, incenso, zafferano. Le stesse sostanze profumate sono ri-
petutamente menzionate negli Inni Orfici. Sull’impiego di spezie nei sacrifici: E.G. ATCHLEY –
F. CUTHBERT, A history of the use of incense in divine worship, London 1909; A. BALLABRIGA, La
nourriture des dieux et le parfum des déesses: à propos d’«Iliade» XIV, 170-172, «Métis», XII, 1997,
pp. 119-127.
6 A. MOREAU , Le fabuleux, le divin, le parfum: Aphrodite maı̂tresse des odeurs, in Saveurs, sen-
teurs: le goût de la Méditerranée. Actes du colloque coord. par Paul Carmignani, Jean-Yves Lauri-
chesse, Joël Thomas, Perpignan, Universitaires de Perpignan, 1998, pp. 41-58; ID. Le fabuleux, le
divin et le parfum: Aphrodite, maı̂tresse des odeurs, in Mythes Grecs I: origines. Actes du séminaires
d’étude des mentalités antiques, Montpellier 1999, pp. 149-166, ma vedi anche i diversi studi pre-
senti in I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio, cit.; i lavori di F. PROST, L’odeur des dieux en
Grèce ancienne, e L. BODIOU – V. MEHL, Sociologie des odeurs en pays grec, entrambi in BODIOU
– FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., pp. 97-103; 141-163; lo studio di
A. LALLEMAND, L’immaginaire des parfums dans la littérature antique, d’Homere à Ovide, in VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit., pp. 37-38.
7 Ad esempio kalhv, fivlh, kakh: Sofocle, Filottete 891; Euripide, Ciclope 153; Aristofane, Uccelli 1715.
8 Senofonte, Simposio II 4.
9 Plutarco, Opere morali 626b.
10 Eschilo, Eumenidi 253. Per altri esempi, STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LID-
DELL – SCOTT – JONES, A greek-english lexicon, cit., s.v.; W.W. MÜLLER, s.v. Weihrauch, in RE, suppl.
15, 1978, coll. 700-777; A. LALLEMAND, Vocabulaire des parfums, in VERBANCK PIÉRART – MASSAR –
FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée, cit., pp. 45-52.
— 64 —
PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE
sola o in aggiunta ad altre sostanze – delle varie fragranze che, in funzione del-
la nota dominante, assumevano il nome di amarakinon, irinon, rhodinon, me-
linon, nardinon ecc.11 Nella stessa sfera degli odori gradevoli ricade a[rwma
connotato, ad esempio, da Senofonte nella forma plurale di ajrw/vmata, come
eujwvdh,12 e posto in relazione a sostanze profumate come i fiori.13 A specifici
prodotti della profumeria antica fanno riferimento diavpasma e cri~sma. Diavpa-
sma sta a indicare, talora genericamente, una sostanza aromatica con la quale
si cospargeva il corpo,14 talora, nella distinzione operata da Teofrasto e seguita
da Plinio il Vecchio, le polveri odorose ricavate dalla frantumazione delle spe-
zie 15 e impiegate, ad esempio, per asciugare il sudore.16 Cri~sma, invece, qualifi-
ca, in una forma più generica, l’olio con il quale si ungeva il corpo; 17 qumivama,
l’azione del bruciare sostanze odorose.18
Già l’uso di termini cosı̀ specifici è di per sé prova dell’evoluzione della
profumeria. Sviluppatasi fin dall’età del bronzo a Pilo e a Cipro,19 tra IV e
III secolo a.C. – l’epoca nella quale visse Teofrasto – essa aveva raggiunto
un grado di raffinatezza tanto elevato da richiedere una gamma di voci tecni-
che per definire i diversi prodotti.
PROFUMO E MITO
11 STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-english
lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777; NICOLAS, Le vocabulaire de la parfumerie
ancienne, cit., p. 34.
12 Senofonte, Anabasi I 5,1.
13 Lo fa, ad esempio, lo stesso Teofrasto: Storia delle piante I 8,5, ma anche Sugli odori 8. Per
altri riferimenti: STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES, A
greek-english lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777.
14 Ad esempio Dioscoride, Materia Medica I 6 Gunther.
15 Teofrasto, Sugli odori 8; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2: siccis odoribus constant, quae
diapasmata vocantur. Vedi testo n. 6.1 in Appendice documentaria.
16 Per altri riferimenti: STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JO-
NES , A greek-english lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777.
17 Vedi STEPHANUS , Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-en-
glish lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777. Si trattava nella maggior parte dei
casi di un unguento reso profumato attraverso sostanze aromatiche: Teofrasto, Sugli odori 14-20, ma
anche infra in Appendice documentaria.
18 Vedi STEPHANUS , Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-english
lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777; LALLEMAND, Vocabulaire des parfums, p. 46.
19 Vedi la bibliografia citata nell’introduzione alla prima parte.
20 Sugli aspetti antropologici di alcuni miti legati al mondo degli odori (Mirra, Incenso ecc.:
— 65 —
PARTE SECONDA
e Adone bellezza e giovinezza si legano alle sostanze aromatiche. Mirra era fi-
glia di Tiante re di Assiria. L’ira del dio Sole o della dea Afrodite portarono la
ragazza a innamorarsi perdutamente del padre concependovi con l’inganno
un figlio. Trasformata in albero della mirra, generò da una fenditura della pel-
le-corteccia un bambino, Adone, bellissimo e profumato come le gocce di re-
sina fragrante che lei stessa era in grado di stillare. Se ne invaghirono Afrodite
e Persefone, che si accordarono per tenerlo ciascuna accanto a sé per una par-
te dell’anno. Ma la vita del giovane fu assai breve: per volere di Ares, geloso di
Afrodite, un cinghiale lo aggredı̀ e uccise. Nemmeno la morte, tuttavia, riuscı̀
a dissipare la natura profumata di Adone, dal cui corpo straziato gli dèi fecero
spuntare fragranti anemoni rossi.21
Il legame tra sostanze aromatiche, amore proibito, bellezza, giovinezza,
morte, rinascita ritorna anche in altri miti. Giacinto, accidentalmente ucciso
da Apollo, divenne un fiore.22 Sedotta da Ade la ninfa Minthe fu trasformata
dal dio nella pianta profumata della menta.23 Incappata in analoga situazione,
Leucotoe fu mutata nell’albero dell’incenso.24 Il giovane Croco, innamorato
della bella Smilace ma non ricambiato, venne trasformato dagli dèi nell’omo-
nimo fiore.25 Dafne divenne albero di alloro per sfuggire al dio Apollo.26 Gli
vedi i testi nn. 9.1-9.11 in Appendice documentaria) sono illuminanti gli studi di M. DETIENNE,
Aromi e seduzione, «R & C», 1, 1972, pp. 529-537; ID., I giardini di Adone, trad. it. Torino 1975;
e Dioniso e la pantera profumata, cit. Vedi anche FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, cit.,
pp. 172 ss.; LALLEMAND, L’immaginaire des parfums dans la littérature antique, d’Homere à Ovide, cit.,
pp. 38-41; R. BUXTON, Forms of astonishment: Greek myths of Metamorphosis, Oxford-New York 2009.
21 Bione di Smirne, Epitaffio per Adone; Apollodoro, Biblioteca III 14; Ovidio, Metamorfosi X
311 ss.; 532 ss.; 717-739; vedi i testi nn. 3.10; 9.7 in Appendice documentaria. Sui miti di Mirra e Adone:
HÖFER, s.v. Myhhra, in ALGRM II.2, 1886-1890, col. 3314; G. BERGER DOER, s.v. Myrrha, in LIMC
VI.1, Zürich - München 1992, pp. 691-693; ROSCHER, s.v. Adonis, in ALGRM I.1, 1884-1886, coll.
69-77; S. RIBICHINI, Adonis. Aspetti orientali di un mito greco, Roma 1981; B. SERVAIS – SOYEZ, s.v.
Adonis, in LIMC, I.1, Zürich - München 1981, pp. 222-229.
22 Ovidio, Metamorfosi X 174-219 (testo n. 9.5 in Appendice documentaria); vedi GREVE, s.v. Hya-
kinthos, in ALGRM I.2, 1886-1890, coll. 2759-2766; L. & F. VILLARD, s.v. Hyakintos, in LIMC V.1,
Zürich - München 1990, pp. 546-550; S. AMIGUES, Hyakinthos. Fleur mythique et plantes réelles, in
EAD., Études de botanique antique, cit., pp. 395-409.
23 Cenni in Ovidio, Metamorfosi X 717-739 (testo n. 9.8 in Appendice documentaria). Vedi
STOLL, s.v. Menthe/Minthe, in ALGRM II.2, 1886-1890, col. 2801.
24 Ovidio, Metamorfosi IV 234-256 (testo n. 9.6 in Appendice documentaria). Vedi SCHIRMER , s.v.
Leukothöe, in ALGRM II.2, 1886-1890, coll. 2017-2018.
25 Nonno, Dionisiache XII 86; Ovidio, Metamorfosi IV 283 (testi nn. 9.2; 9.3 in Appendice docu-
mentaria). Secondo una variante riportata da Galeno (Sulla composizione dei farmaci IX 4), Croco fu
ucciso accidentalmente da Ermes. Dal suo sangue spuntarono gli omonimi fiori. Vedi STOLL, s.v.
Krokos, in ALGRM II.1, 1890-1894, col. 1450. Sullo zafferano anche: Strabone, Geografia XIV 5,5
C 670 (testo n. 15.3 in Appendice documentaria); Curzio Rufo III 10; Solino 39. Vedi A. PETINO, Lo
zafferano nell’economia del mondo antico, «MC», Suppl. 1942, pp. 1-18; L. MAGINI, Profumi d’Oriente
in terra etrusca: lo zafferano, «Atti del sodalizio glottologico milanese», 37-38, 1996-1997, pp. 76-89.
26 Ovidio, Metamorfosi I 543-567 (testo n. 9.4 in Appendice documentaria). Vedi VON SYBEL, s.v.
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PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE
Daphne, in ALGRM I.1, 1884-1886, coll. 954-955; O. PALAGIA, s.v. Daphne, in LIMC III.1, Zürich -
München 1986, pp. 344-348.
27 Ovidio, Metamorfosi III 502-510 (testo n. 9.9 in Appendice documentaria). Vedi GREVE , s.v.
Narkissos, in ALGRM I.2, 1886-1890, coll. 2759-2766; B. RAFN, s.v. Narkyssos, in LIMC VI.1, Zürich -
München 1992, pp. 703-711; M. BETTINI – E. PELLIZER, Il mito di Narciso. Immagini e racconti dalla
Grecia ad oggi, Torino 2003.
28 Ovidio, Metamorfosi X 106-142 (testo n. 9.10 in Appendice documentaria). Vedi STOLL, s.v.
Kyparissos, in ALGRM II.1, 1890-1894, coll. 711-712; J.R. GISLER, s.v. Kyparissos, in LIMC VI.1, Zürich -
München 1992, pp. 165-166.
29 Ovidio, Metamorfosi X 99-105 (testo n. 9.11 in Appendice documentaria). Vedi RAPP, s.v. Attis,
in ALGRM I.1, 1884-1886, coll. 715-727; M.J. VERMASEREN – M.B. DE BOER, s.v. Attis, in LIMC III.1,
Zürich - München 1986, pp. 22-44.
30 Erodoto, Storie II 73 (testo n. 9.1 in Appendice documentaria). Sul mito dell’araba Fenice:
P. PERDRIZET, Le mort qui sentait bon, in Mélanges J. Bidez, Bruxelles 1934, pp. 719-727; J. HUBAUX
– M. LEROY, Le mythe du phénix dans les littératures grecque et latine, Liège - Paris 1939; H. BAU-
MANN , Die griechische Pflanzenwelt in Mythos, Kunst und Literatur, München 1982; J.P. VERNANT ,
Introduzione a DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, cit., p. XVIII ss.; DETIENNE, ivi, pp. 3 ss.;
R. SICILIANO, Origine del mito della Fenice: dall’Egitto al mondo greco, «AFLB», XXXVII-XXXVIII,
1994-1995, pp. 309-318; ZAMBON – GROSSATO (a cura di), Il mito della Fenice in Oriente e in Occidente,
cit.; LECOCQ, L’oeuf du phénix. Myrrhe, encens et cannelle dans le mythe du phénix, cit., pp. 107-130.
31 Vedi FAURE , Parfums et aromates de l’Antiquité, cit., pp. 25 ss.; G. PILLIVUYT, Storia del pro-
fumo. Forme e fragranze di un’arte antica, trad. it. Milano 1989, pp. 10 ss.; SAIKO, Cura dabit facies.
Kosmetik im Altertum, cit., pp. 20 ss.
32 Omero, Iliade XXIII 186-187; vedi PERDRIZET , Le mort qui sentait bon, cit., pp. 719-727;
FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, cit., pp. 148 ss.; C.W. SHELMERDINE, Shining and fragrant
cloth in Homeric Epic, in The ages of Homer. A tribute to Emily Townsend Vermeule, Austin 1995,
pp. 99-107.
33 Erodoto, Storie IV 71.
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PARTE SECONDA
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PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE
Come Teofrasto, anche Plinio indicava una serie di località note per pro-
dotti da toilette. Per la produzione del profumo si distinse l’isola di Delo e
Mende; 44 per quello a base di iris fu nota prima Corinto, poi Cizico; per il
profumo di rose divenne celebre Faselide, la cui fama comunque fu presto
oscurata da Napoli, Capua, Preneste. Per quello allo zafferano fu a lungo nota
Soli di Cilicia, presto superata da Rodi. Allo stesso modo Cos prima si distinse
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PARTE SECONDA
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PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE
Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2 ss. (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).
48
Teofrasto, Sugli odori 54; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 3 (testo n. 6.2 in Appendice
49
documentaria). Vedi anche Tabelle in appendice.
50 Ad esempio, Erodoto, Storie III 20; Aristofane, Acarnesi 1053; Lisistrata 947; Teocrito, Idillio
XV 114; per altri passi specie dai poeti comici, vedi B. PÜTZ, The symposium and komos in Aristophanes,
Oxford 2007, p. 216 e note 256-257.
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PARTE SECONDA
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APPENDICE DOCUMENTARIA
In questa sezione sono stati raccolti, in traduzione italiana, i passi più si-
gnificativi sul tema del profumo selezionati in funzione degli argomenti trat-
tati nel Sugli odori di Teofrasto, ma anche in relazione ad ambiti-chiave ai qua-
li nell’antichità si legava il complesso mondo delle sostanze aromatiche e degli
odori in genere: è il caso, ad esempio, della filosofia che si interrogò sui sensi e
sull’odorato.
La vastità del tema ha reso impossibile la raccolta di tutti i dati, molti dei
quali (ad esempio, i riferimenti alle sostanze aromatiche nel Corpus Hippocra-
ticum, nelle opere di Galeno e, in genere, nella letteratura di argomento me-
dico dove risulta un ampio impiego di spezie a uso terapeutico) 1 sono segna-
lati a volte – ma a titolo meramente esemplificativo – nel testo, a volte solo in
nota o nelle tabelle finali. Complessivamente, in funzione dell’origine di Teo-
frasto, è stato privilegiato il mondo greco rispetto a quello romano, limitando
a sole citazioni in nota opere importanti sulla profumeria antica come i Cosme-
tici (Medicamina faciei) e l’Arte di amare di Ovidio o notizie rilevanti su pro-
fumi e profumieri riportate da Plauto, Petronio, Marziale, Giovenale.2 Non
1 Basti pensare all’opera di Alessandro di Tralle, Areteo, Dioscoride, Eroziano, Oribasio, Paolo
Egineta, Sorano (vedi ad esempio: L.M.V. TOTELIN, Parfums et huiles perfumées en médicine, in VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfum de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit., pp. 227-232; ID., Hippocratic recipes. Oral and written trasmission of pharmacological knowledge
in fift- and fourth-century B.C., Leiden-Boston 2009, 141 ss., ivi ampia bibliografia). Allo stesso modo
non è stata presa in considerazione la tradizione biblica e la letteratura cristiana nelle quale ci sono
ampi riferimenti al mondo delle sostanze aromatiche (ad esempio Cantico dei cantici, 2 e passim; vedi
BRENNER, Aromatics and perfumes in the Song of the Songs, cit., pp. 75-81; LALLEMAND, Le safran et le
cinnamone dans les Homélies sur le Cantique des cantiques de Grégoire de Nysse, cit., pp. 121-130.
2 Allo stesso modo non ho incluso nel testo le fonti che fanno riferimento alla profumeria
presso gli Egiziani, i Persiani, i Fenici e i Cartaginesi, le popolazioni orientali in genere, gli Etruschi.
Per questi temi, rimando ai contributi presenti in E. BRESCIANI – M.C. GUIDOTTI – A. MENGHINI –
F. SILVANO (eds.), Igiene e bellezza nell’antico Egitto, Catalogo della mostra Sansepolcro 2005, San-
sepolcro 2005; E. BRESCIANI – M.C. GUIDOTTI – A. MENGHINI – R. PAGIOTTI – F. SILVANO (eds.), La
bellezza femminile nell’antico Egitto, Catalogo della mostra Milano 2006, Sansepolcro 2006; VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit.; BODIOU – FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit.; agli Atti in corso di
stampa dei Convegni di Studio su Archéologie des huiles et huiles parfumées en Méditerranée occiden-
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APPENDICE DOCUMENTARIA
sono stati tuttavia esclusi alcuni passi da un’opera tecnica come la Storia Na-
turale di Plinio il Vecchio che, memore della lezione di Teofrasto, la arricchı̀
di nuovi elementi del suo tempo.
In linea di massima l’appendice intende segnalare i diversi ambiti tematici
investiti dal profumo: dalle vicende mitiche che raccontano della metamorfosi
di giovinette e giovinetti in sostanze aromatiche, a eventi e personaggi storici
in diverso modo toccati dal tema del profumo, ai resoconti di geografi e sto-
riografi sulle regioni aromatifere e le vie delle spezie, ad aneddoti di vario ge-
nere. Un panorama ricostruito soprattutto attraverso le fonti letterarie, ma al
quale va affiancata, per un quadro completo, la documentazione epigrafica
– sommariamente segnalata nella relativa sezione – unitamente ai dati numi-
smatici, papiracei, archeologici.3
Se, per un verso, la raccolta intende presentarsi come uno strumento utile
agli specialisti, per un altro, la scelta di presentarne i passi nella sola traduzio-
ne italiana è finalizzata sia a rendere più snello il testo sia, soprattutto, a sti-
molare la curiosità anche dei non addetti ai lavori verso un tema, la profume-
ria, ieri come oggi ricco di fascino.
tale et en Gaule, Roma 16-18 novembre 2009, École française de Rome; e su La vie, la religion et la
mort dans l’univers phénico-punique, VII Congrès International des études phéniciennes et puniques,
Hammamet 10-14 novembre 2009. In tutti fonti e bibliografia relativa. Ringrazio gli amici e colleghi
Vincenzo Bellelli (ISCIMA, CNR, Roma), Dominique Frère (Université de Bretagne - Sud, Lorient),
Maria Intrieri e Adele D’Alessandro (Università degli Studi della Calabria), Mario Iozzo (Soprinten-
denza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze) per avermi fornito queste indicazioni e avermi
inviato i relativi volumi.
3 Per questi dati rimando alla bibliografia specifica segnalata nel testo e alla fine.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
1. LA TOELETTA DI ERA 1
1 Sul passo vedi BALLABRIGA, La nourriture des dieux et le parfum des déesses: à propos d’«Iliade»
XIV, 170-172, cit. Vedi anche Omero, Iliade XIX 38 ss.; 347 s.; Odissea IV 446.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
A. Calipso
B. Persefone
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
2 Su piante e fiori in Saffo, vedi I. WAERN, Flora sapphica, «Eranos», LXX, 1972, pp. 1-11; J.E. RA-
VEN, Plants of Homer, plants of Sappho, in ID., Plants and plant lore in ancient Greece, cit., pp. 49-54.
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7
APPENDICE DOCUMENTARIA
3.3. SAFFO F 44 LOBEL PAGE (Arrivo a Troia degli sposi Ettore e Andromaca)
Giunse correndo Ideo, veloce messaggero,
l’araldo, che recava questo messaggio lieto:
«D’Ilio e di tutta l’Asia gloria immortale è questa:
da Tebe sacra e dalla Placia di acque perenni
Ettore e i suoi compagni giù per il salso mare
conducon sulle navi la delicata Andromaca
dagli occhi vivi e mobili; e braccialetti d’oro
e vesti porporine leggere come il vento,
e leggiadri trastulli, e vasi innumerevoli
d’argento, e molto avorio». Cosı̀ disse. E il caro
padre di Ettore sorse subito; e agli amici
per la città dalle ampie piazze giunse la fama.
E rapide le Iliadi aggiogaron le mule
sotto i cocchi veloci; salı̀ tutta la folla:
matrone e insieme vergini dalle belle caviglie.
In disparte salirono le figlie del re Priamo.
E gli uomini condussero sotto il cocchio i cavalli,
e i giovani.....................................
e gli aurighi..................................
........................................................
Allora il dolce flauto, lo strepito dei crotali
e la cetra si unirono. Cantarono le vergini
con voce chiara il canto sacro e giunse nel ciclo
l’eco stupenda..................................................
e dappertutto nelle strade era gioia...
i crateri e le coppe.......................................................
si mesceva la mirra alla cassia e all’incenso,
e mandavan le anziane tutte un grido di gioia;
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Solone
3 Riferimenti ai profumi ancora in Esiodo, Teogonia 555-557; Teognide 5-10; 825-830 Edmonds;
Pindaro, Olimpica II 70-74. Altri passi sono segnalati da M. BRIAND, Du banquet d’Éros au printemps
des immortels, e BODIOU – MEHL, Sociologie des odeurs en pays grec, entrambi in BODIOU – FRÈRE –
MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., pp. 129-139; 141-163.
4 F 73a Ruschenbush.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Sparta
Socrate
Ah, che glorioso percorso verso la felicità è per un filosofo fare il profu-
miere! Del tutto in linea con il pensiero di Socrate, che bollava l’uso dei pro-
fumi, ma anche con quello del legislatore Solone che non aveva consentito ad
alcun cittadino di svolgere tale attività!
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]
5 Vedi anche Seneca, Questioni Naturali IV 13,9: «Gli Spartani espulsero i profumieri dalla città
e subito ordinarono loro di uscire dai loro confini poiché sprecavano l’olio» (traduzione di G. SQUIL-
LACE ).
6 F 1 Thalheim.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Platone
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
di questo senso, e a nessun altro, ci sono ben dotati e mal dotati: quelli dalla
carne dura sono mal dotati d’intelligenza, quelli dalla carne molle, ben dotati.
Come i sapori sono uno dolce, l’altro amaro, cosi sono anche gli odori. Alcune
cose, poi, hanno odori e sapori che si corrispondono, dico cioè odore dolce e
sapore dolce, altre il contrario. Cosı̀ pure, l’odore è pungente, aspro, acido,
grasso, ma poiché gli odori, s’è già detto, non sono facilmente distinguibili,
come invece lo sono i sapori, da questi mutuarono le denominazioni, grazie
all’uguaglianza degli oggetti: e infatti l’odore del croco e del miele è dolce,
quello del timo e di altre cose del genere è pungente, e allo stesso modo
per gli altri casi. Come l’udito e ciascun altro senso è senso dell’udibile e
del non udibile, e la vista del visibile e dell’invisibile, anche l’odorato è senso
dell’odoroso e dell’inodore. Inodore è ciò che è quasi assolutamente impossi-
bile abbia odore e ciò che lo ha debole e mediocre: gli stessi significati si dan-
no al non-gustabile. Pure l’odorato si esercita attraverso un mezzo, quale l’aria
o l’acqua: infatti gli animali acquatici, i sanguigni al pari degli esangui, sembra
percepiscano l’odore come quelli che vivono nell’aria: e, in realtà, alcuni di
essi, attirati da un leggero odore, pur da lontano si portano verso il cibo.
Di qui deriva un’ovvia difficoltà, posto che gli animali tutti sentono l’odore
allo stesso modo e l’uomo mentre inspira, perché, quando non ispira ma espi-
ra o trattiene il fiato, non lo sente né da lontano né da vicino, neppure se l’og-
getto gli sia posto nell’interno, sulle narici (che l’oggetto posto sul sensorio
stesso non possa essere percepito è comune a tutti gli animali, ma di non sen-
tire senza inspirare è proprio dell’uomo e l’esperienza lo prova): di conseguen-
za gli animali esangui, dal momento che non inspirano, dovrebbero avere un
senso differente oltre quelli di cui s’è detto. Ma ciò è impossibile se quel che
sentono è davvero odore: la sensazione di una cosa odorosa, sia sgradevole sia
gradevole, è odoramento. Inoltre appare che muoiono sotto l’influsso degli
stessi odori potenti che sono mortali per l’uomo, ad esempio, del bitume, del-
lo zolfo e simili. È necessario dunque che percepiscano gli odori ma senza in-
spirare.
Sembra quindi che nell’uomo tale sensorio differisca da quello degli altri
animali, come i suoi occhi differiscono da quelli degli animali scleroftalmici.
Gli occhi hanno come copertura e quasi come involucro le palpebre e se
non le muove o le solleva, non può vedere: gli scleroftalmici non hanno niente
di tutto ciò, ma percepiscono immediatamente quel che accade nel diafano.
Cosı̀, dunque, sembra che anche l’organo olfattivo in alcuni sia scoperto, al
pari dell’occhio, e che invece, in quanti accolgono l’aria, abbia una copertura
che si rimuove quando inspirano grazie alla dilatazione delle vene e dei pori.
Per questo gli animali che inspirano non sentono l’odore nel liquido: per sen-
tirlo è necessaria l’inspirazione, ma far questo nel liquido è impossibile. L’o-
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
6 bis F 47 Kassel-Austin.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
gione cerebrale. Il cervello è per natura freddo e il sangue che contiene nelle
vene è leggero e puro, ma facile a raffreddarsi (per questo l’evaporazione del
cibo raffreddata dalla natura del luogo produce malsani reumi): pertanto tale
specie di odori esiste presso gli uomini a salvaguardia della loro salute: essa
non ha altro compito che questo e lo compie, come si vede: infatti il cibo,
pur essendo gradito, sia secco sia umido, spesso fa male, mentre l’odore
che viene dall’oggetto odoroso di per sé è, per cosi dire, sempre giovevole,
qualunque siano le condizioni dell’individuo.
Pure per questo motivo la percezione degli odori avviene mediante l’inspi-
razione, non in tutti gli animali ma negli uomini e tra gli animali sanguigni nei
quadrupedi e in quanti partecipano in maggior quantità della sostanza dell’a-
ria, perché quando gli odori, per la leggerezza del calore ch’è in essi, salgono al
cervello, provocano uno stato di salute in questa regione – e infatti la potenza
dell’odore è per sua natura calda. Cosi la natura impiega la respirazione per
due scopi, uno primario, come difesa del petto, l’altro accessorio, per sentire
gli odori – in effetti, quando uno respira, l’odore entra attraverso le narici come
dalla porta laterale. Ma la percezione della seconda classe di odori è propria
della natura dell’uomo perché, in rapporto alla sua grandezza, l’uomo possiede
il cervello più grosso e più umido degli altri animali: e perciò, per cosı̀ dire, solo
tra gli esseri viventi l’uomo percepisce e gode gli odori dei fiori e di simili altre
cose: infatti il calore e lo stimolo di questi odori è commisurato all’eccesso di
umidità e di freddo di questa regione. A tutti gli altri che hanno il polmone la
natura ha concesso la percezione di uno dei due generi di odori mediante la
respirazione, per non fare due sensori distinti, perché, come agli uomini basta
la sensazione che mediante la respirazione hanno di entrambe le specie di odo-
ri, cosı̀ agli altri animali basta la sensazione di una specie di odori soltanto.
Ma è chiaro che anche gli animali che non respirano possiedono la sensa-
zione dell’odore: in effetti i pesci e la razza tutta degli insetti, a causa della spe-
cie dell’odore rapportata al nutrimento, avvertano molto accuratamente e da
lontano il proprio cibo, pur distandone molto: cosı̀ le api e quella specie di
formiche piccine che chiamano ‘cnipe’ e tra gli animali marini i cosiddetti mu-
rici e molti altri di tal genere avvertono acutamente il cibo mediante l’odore.
Non è però ugualmente chiaro con quale organo l’avvertano. Si potrebbe anzi
chiedere con quale organo avvertano l’odore, se è vero che l’odoramento av-
viene unicamente mediante la respirazione (e ciò si verifica, com’è esperienza,
in tutti gli animali che respirano): ma nessuno di quelli respira e tuttavia sente
l’odore – a meno che non ci sia un altro senso oltre i cinque. Ma ciò non è
possibile. L’odorato è il senso dell’odorabile e quegli animali percepiscono l’o-
dorabile, se anche non allo stesso modo: in quelli che respirano, la corrente
d’aria solleva qualcosa posto sulla membrana come una specie di opercolo
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APPENDICE DOCUMENTARIA
(e quindi se non respirano non percepiscono gli odori), in quelli che non re-
spirano tale opercolo è soppresso, come per quanto riguarda gli occhi alcuni
animali hanno le palpebre e non possono vedere se non le sollevano, mentre
gli scleroftalmici non ne sono forniti e quindi non hanno bisogno di qualcosa
che le sollevi, ma vedono subito appena hanno la possibilità di vedere.
Cosı̀ pure nessuno degli altri animali, qualunque esso sia, soffre per l’odo-
re dei corpi fetidi per se stessi, a meno che non ci si trovi qualcosa di perni-
cioso: e tuttavia da questi odori essi sono distrutti, come gli uomini che hanno
il capo appesantito dal vapore del carbone e spesso muoiono: cosı̀ pure gli al-
tri animali sono distrutti dall’esalazione violenta dello zolfo e di sostanze bitu-
minose e le evitano per i perniciosi effetti. Ma del cattivo odore per se stesso
non si danno cura (e sı̀ che molte piante mandano odori disgustosi) a meno
che non abbia qualche effetto sul loro gusto o sul loro cibo.
Poiché i sensi sono di numero dispari e il numero dispari ha un centro, il
senso dell’odorato pare che occupi tale posizione centrale tra i sensi che si
esercitano per contatto, come il tatto e il gusto, e quelli che sentono attraverso
un mezzo estraneo al soggetto, come la vista e l’udito. Perciò l’odorabile è una
proprietà delle sostanze nutrienti (che rientrano nelle cose tattili) e di quel che
si ascolta e si vede – e perciò si sentono gli odori in acqua e in aria. Di con-
seguenza l’odorabile è qualcosa di comune a entrambi e si trova nell’oggetto
del tatto, dell’udito e nel diafano. Per questo è stato ragionevolmente parago-
nato a qualcosa come un’immersione o un lavaggio del secco nell’umido e nel
liquido. Basti quel che s’è detto per spiegare in che senso si deve parlare delle
specie dell’odoroso e in che senso no.
Non è giusto quel che dicono taluni Pitagorici: asseriscono cioè che certi
animali si nutrono di odori. In primo luogo vediamo che il nutrimento dev’es-
sere composito perché non sono semplici i corpi che si nutrono, e poi dal nu-
trimento si producono residui sia negli organismi sia fuori degli organismi, ad
esempio nelle piante. Neppure l’acqua può nutrire da sola e cioè non mescola-
ta: quel che deve formare qualcosa di solido, dev’essere corporeo. Anche meno
concepibile è che l’aria prenda corpo. Ma, oltre questo, c’è il fatto che tutti
gli animali hanno un ricettacolo per il cibo: di qui, quando il cibo è entrato, il
corpo l’assorbe. Ora il sensorio che percepisce gli odori è in testa e l’odore en-
tra nell’organismo con l’esalazione dell’aria inspirata in modo che poi vada nel-
la regione respiratoria. È evidente, quindi, che l’odore, in quanto odore, non
concorre in niente al nutrimento. Ma che concorra alla salute è evidente sia dal-
l’immediata percezione, sia da quanto s’è detto. Di conseguenza, ciò che il sa-
pore è nel nutrimento e rispetto a quelli che si nutrono, lo stesso è l’odore ri-
spetto alla salute. Bastino tali precisazioni a proposito di ciascun sensorio.
[Traduzione di R. LAURENTI, in Aristotele. Opere, Bari 1973]
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APPENDICE DOCUMENTARIA
la condizione in cui sono sia il legno bruciato di recente sia quello che appar-
tiene alla specie odorosa. Il fenomeno si evidenzia attraverso i fiori, giacché è
attraverso essi che il legno effonde l’odore. Comunemente però si crede che il
profumo emani dagli alberi sui quali è caduto l’arcobaleno, per il solo fatto
che il fenomeno dell’arcobaleno non può avvenire senza la pioggia; in realtà
è il legno bagnato che in forza del calore interno assorbe e sprigiona sotto for-
ma di vapore l’umido in esso formatosi. Né la pioggia dev’essere copiosa: in
quantità rilevante impregnerebbe troppo il legno ed estinguerebbe il calore in
esso causato dall’azione del fuoco. E dopo l’arcobaleno le gocce d’acqua ca-
dono non fitte, ma piuttosto scarse; e se anche apparissero più arcobaleni, la
pioggia non risulterebbe mai copiosa, bensı̀ frequenti e minute sarebbero le
gocce d’acqua (in sospensione nell’atmosfera). Perciò, in presenza del fenome-
no, la gente, non notando nulla di nuovo tranne l’arcobaleno, a ragione attri-
buisce a esso la causa del profumo.
4. Perché i fiori e gli aromi in combustione da maggiore distanza emanano
profumo più gradevole mentre da vicino i primi sentono più di erba e i secon-
di di fumo? È perché l’odore è in qualche modo calore, e le sostanze odorose
contengono calore, e ciò che è caldo è leggero. Per questo motivo quindi,
quando fiori e aromi sono a una maggiore distanza, il loro profumo risulta me-
no inquinato dai concomitanti sentori emanati dalle foglie e dal fumo, che è
vapore acqueo; quando invece sono a distanza ravvicinata, gli odori commisti
sono percettibili unitamente a quelli delle piante in cui si trovano.
5. Perché ogni cosa quand’è in movimento diffonde meglio il suo profu-
mo? È perché impregna una quantità d’aria maggiore che non quando è fer-
ma. Ne consegue che l’odore perviene più rapidamente al nostro senso.
6. Perché la nostra capacità olfattiva d’inverno è minore e nei giorni di ge-
lo addirittura nulla? È perché in ambiente freddo l’aria ha minore mobilità;
quindi lo stimolo proveniente dal corpo odoroso non ci perviene con uguale
intensità per la difficoltà di spostamento sia dell’effluvio che dell’aria, nella
quale esso si trova.
7. Perché gli aromi bruciati sulla cenere emanano un profumo più pene-
trante che sul fuoco, ma quando bruciano sulla cenere conservano più intenso
e persistente il loro profumo? È perché sulla cenere la sostanza odorosa si con-
suma più lentamente e perciò dura anche di più. Il fuoco, per contro, esauren-
do rapidamente la forza delle sostanze aromatiche, ne altera l’odore, giacché il
processo di combustione altera qualitativamente la sostanza che brucia.
8. Perché le rose dal ‘centro’ ruvido profumano più che quelle col ‘centro’
liscio? È perché tutto ciò che conserva le sue caratteristiche naturali ha odore
più soave. La rosa per sua natura è spinosa; quindi (quella col centro ruvido),
meglio conservando le proprietà naturali, è più profumata.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
alcune fonti si trova che la pianta non riuscı̀ a completare il proprio svilup-
po in ampiezza, e che ve ne erano stati altri esemplari in Italia e specialmen-
te in Spagna.
(4) Questo accadeva verso l’epoca della presa di Roma; da allora il platano
è cresciuto tanto in onore che lo si nutre innaffiandolo col vino. Si è appurato
che esso fa molto bene alle radici e cosi abbiamo insegnato a bere il vino an-
che agli alberi.
(5) I primi platani a essere famosi furono quelli situati nella passeggiata
dell’Accademia di Atene; uno aveva una radice di 33 cubiti, più lunga dei rami.
Ora è celebre un platano della Licia, al cui incanto si unisce quello di una fon-
te di acqua fresca: posto sulla strada, ha dentro di sé una caverna di ottantuno
piedi che forma come un alloggio; la sua cima sembra un bosco, si circonda di
rami grandi come alberi, avvolge i campi con le sue grandi ombre e, perché
non manchi nulla all’aspetto di una spelonca, dentro, all’orlo dell’incavatura,
c’è una corona di sassi di pietra pomice muscosa; una tale meraviglia che Li-
cinio Mudano, tre volte console e poco tempo fa legato di quella provincia, ha
creduto suo dovere tramandare anche ai posteri che vi fece dentro un ban-
chetto con diciassette commensali su letti di fronde forniti generosamente dal-
l’albero stesso, al riparo da ogni vento, e vi dormı̀ anche, più contento del pia-
cere che gli dava ascoltare il crepitı̀o della pioggia sulle foglie, che se fosse
stato tra marmi splendenti, pitture variopinte e soffitti dorati. Un altro caso
è quello dell’imperatore Gaio, che nella campagna di Velletri poté ammirare
in uno stesso platano la lunghezza dei rami e la loro larghezza, tale da offrire
comodi scanni: fece un banchetto (cosı̀ lui stesso costituiva parte dell’ombra)
in questa sala da pranzo che poteva contenere quindici convitati più la servitù,
e la chiamò ‘il nido’. A Gortina nell’isola di Creta c’è presso una fonte un pla-
tano famoso, celebrato da scrittori greci e latini: poiché non lascia mai cadere
le foglie, subito ne venne fuori una di quelle storie leggendarie tipiche della
Grecia: dicono che lı̀ sotto Giove giacque con Europa, come se non vi fossero
altri platani della medesima specie a Cipro. Ma i platani generati dai semi di
quello, che dapprima furono piantati nella stessa Creta – la natura umana, si
sa, è desiderosa di novità – conservarono il solito limite della specie: per nien-
t’altro quest’albero è utile se non perché ripara dal sole l’estate e lo lascia pas-
sare in inverno. In seguito, al tempo dell’impero di Claudio, un liberto di Mar-
cello Esernino, ma che per acquistare potere si era fatto accogliere fra i liberti
dell’imperatore (era un eunuco tessalo ricchissimo), trasferı̀ a sua volta questa
specie di albero in Italia, nella sua villa di campagna, e a ragione si potrebbe
definire anche lui un secondo Dionisio. Le meraviglie di altre terre si manten-
gono anche in Italia, oltre naturalmente a quelle che l’Italia stessa ha esco-
gitate.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
(6) Esistono anche dei platani detti platani nani, che sono costretti artifi-
cialmente a rimanere di piccola altezza, perché abbiamo inventato pure l’abor-
to per le piante. Anche parlando delle specie arboree, dunque, dovremo men-
zionare la sventurata sorte dei nani, alla quale esse approdano sia per il modo
in cui vengono piantate sia con la pratica della potatura. Gaio Mazio dell’or-
dine equestre, amico del divino Augusto, fu colui che per primo inventò l’arte
di tosare i boschi in varie fogge 80 anni or sono.
(7) Provengono da altre terre anche i ciliegi, i peschi e tutti quegli alberi
che hanno nomi greci o esotici: ma quelli che ormai si annoverano fra gli auto-
ctoni saranno trattati nel libro degli alberi da frutta. Adesso passeremo in ras-
segna gli alberi esotici iniziando dal più benefico. Il melo d’Assiria, detto al-
trimenti il melo di Media, ha l’effetto di antidoto contro i veleni. Le sue foglie
sono quelle del corbezzolo e a esse si interpongono delle spine. Il suo frutto
non si mangia, ma questa specie si distingue anche per l’odore delle foglie: se
si ripongono insieme ai vestiti, l’odore si trasmette a questi e li preserva dai
danni degli insetti. L’albero da parte sua produce frutti in tutte le stagioni:
quando gli uni cadono, ve ne sono altri in via di maturazione e altri ancora
che cominciano a formarsi. Alcuni popoli tentarono di trapiantarlo nel pro-
prio territorio per le sue proprietà medicinali, trasportandolo in vasi di terra-
cotta nei quali avevano praticato dei buchi per far respirare le radici (un pro-
cedimento questo che sarà opportuno ricordare – ne parlo ora una volta per
tutte – quale il più adatto per i trasferimenti e i trapianti di qualsiasi specie
vegetale a grande distanza). Ma si è riprodotto solo in Media e in Persia. È
questo l’albero i cui semi, come abbiamo detto, i nobili Parti facevano cuocere
insieme ai cibi per profumarsi l’alito. Nessun altro albero degno di menzione
cresce in Media.
(8) Parlando dei Seri, abbiamo già trattato delle piante da lana che cre-
scono nel loro paese, ugualmente a proposito dell’India si è menzionata la
grandezza dei suoi alberi. Uno di quelli che vi crescono, l’ebano, l’ha celebra-
to Virgilio,7 il quale afferma che non si trova in nessun’altra regione. Erodo-
to 8 invece faceva intendere che cresceva in Etiopia, riferendo che gli Etiopi
pagavano ogni due anni quale tributo ai re persiani cento tronchi di ebano
oltre all’oro e all’avorio. Sarà il caso di ricordare anche, giacché lo storico
lo menziona, che gli Etiopi in quell’occasione pagavano venti zanne di elefan-
te. Questo era il valore dell’avorio nell’anno 310 dalla fondazione di Roma
(444 a.C.): allora quello storico scriveva a Turi in Italia; è quindi sorprendente
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il credito prestatogli quando afferma che al suo tempo non si trovava nessuno
né in Asia né in Grecia che avesse visto il fiume Po. La descrizione dell’Etiopia,
che – lo abbiamo ricordato – è stata da poco riferita all’imperatore Nerone,
mostra che gli alberi sono rari da Siene, al confine dell’impero, fino a Meroe
per un’estensione di 996 miglia e non vi si trova altro che palme. Questa forse
la ragione per cui l’ebano figura nell’imposizione del tributo al terzo posto.
(9) Pompeo Magno lo mostrò a Roma nel trionfo su Mitridate. Fabiano
sostiene che non è combustibile, invece brucia sprigionando un profumo pia-
cevole. Ne esistono due specie: una rara, ed è la migliore, cresce in forma di
albero e ha un legno compatto senza nodi e un colore nero lucido, bello a ve-
dersi anche se non è lavorato; l’altra cresce ad arbusti come il citiso ed è dif-
fusa per tutta l’India.
(10) Nell’India cresce anche una pianta spinosa simile all’ebano, ma basta
accostarvi una lucerna che il fuoco vi si attacca subito. Ora passeremo in ras-
segna le piante che destarono la meraviglia di Alessandro Magno vincitore,
quando gli si dischiuse quella parte del mondo.
(11) Cresce là un fico dai frutti eccellenti, che si riproduce costantemente
da solo. Si allarga in rami estesi, i più bassi dei quali si curvano verso terra al
punto che nel giro di un anno vi si radicano e procreano a loro volta in circolo
attorno all’albero madre, formando un disegno che sembra opera di un giar-
diniere esperto. I pastori stanno d’estate all’interno di quel recinto, ombroso e
insieme ben protetto dall’albero, che con la sua chioma a volta offre un pre-
gevole spettacolo a chi lo guarda dal basso o da lontano. I rami superiori si
levano in alto dal grande tronco della madre formando una folta vegetazione:
la maggior parte di questi alberi si estendono per una circonferenza di 60 passi
e coprono con la loro ombra un’estensione di due stadi. Hanno le foglie lar-
ghe a forma di scudo d’Amazzone: 9 per questo il frutto, che esse ricoprono,
non può crescere. I frutti non sono abbondanti e non superano la grandezza
di una fava ma, maturati dal sole che assorbono attraverso le foglie, acquistano
un sapore dolcissimo e degno di quell’albero prodigioso. Questo fico cresce
soprattutto nelle vicinanze del fiume Acesine.
(12) C’è un altro fico dai frutti più grandi e ancora più dolci, dei quali si
nutrono i saggi dell’India. Le foglie hanno la forma delle ali degli uccelli, sono
lunghe tre cubiti e larghe due. Fa nascere dalla sua corteccia un frutto dal suc-
co straordinariamente dolce: ne basta uno per saziare quattro persone. L’albe-
ro si chiama pala, il frutto ariera. È abbondante nel territorio dei Sidraci, pun-
to estremo a cui arrivarono le spedizioni di Alessandro. Vi è anche un altro
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
albero simile a questo, dal frutto più dolce ma dannoso all’intestino: per or-
dine di Alessandro nessuno nel suo esercito poteva toccarlo.
(13) I Macedoni hanno trattato di varie specie d’alberi per lo più senza dar-
ne il nome. Ce n’è anche uno simile al terebinto e al mandorlo per i frutti, che
sono soltanto un po’ più piccoli e straordinariamente dolci, almeno in Battria-
na. Qualcuno ha pensato che appartenga proprio alla specie del terebinto
piuttosto che assomigliarvi soltanto. Quelli invece da cui si ricava il lino per
le vesti hanno le foglie simili a quelle del gelso e il calice del frutto a quello
della rosa canina. Li coltivano nei campi e il colpo d’occhio che offrono
non è inferiore a quello dei vigneti.
(14) Gli olivi che crescono nell’India non producono alcun frutto con la sola
eccezione dell’olivo selvatico. Invece gli alberi che producono il pepe, simili ai
nostri ginepri, si trovano in varie zone, benché si sia detto che crescano solo
sul versante del Caucaso esposto al sole. I semi sono differenti da quelli del gi-
nepro per i loro piccoli gusci, che sono come quelli che vediamo nei dolci. Sono
questi gusci che, staccati prima che si aprano e messi a seccare al sole, danno
quello che si chiama il pepe lungo. Se si lasciano invece aprire a poco a poco,
intanto che maturano, fanno comparire il pepe bianco che poi, seccato al sole,
muta di colore e presenta delle crepe. Anche questi frutti si possono guastare
e, quando la stagione è avversa, bruciano e diventano grani completamente vuoti
chiamati bregma, vocabolo che nella lingua indiana significa ‘morto’. Di tutte le
specie di pepe questo è il più forte, il più leggero ed è di colore pallido; quello
nero ha un sapore più gradevole, quello bianco è meno forte degli altri due.10
La radice del pepe non corrisponde, come alcuni hanno pensato, a quella
che chiamano zingiberi oppure zimpiberi, anche se il sapore è simile. Lo zen-
zero cresce in Arabia e nel paese dei Trogloditi, dove si coltiva in fattorie: si
tratta di una piccola erba con la radice bianca, che si guasta facilmente mal-
grado sia molto amara. Il suo prezzo è di 6 denari per libbra.
Il pepe lungo viene adulterato molto facilmente con la senape di Alessan-
dria. Del pepe lungo il prezzo a libbra è di 15 denari, di quello bianco 7, di quel-
lo nero 4. È sorprendente quanto seguito abbia incontrato l’uso del pepe. I cibi
conquistano con la propria dolcezza oppure invogliano col loro aspetto; il pepe
non ha nulla per piacere né nel frutto né nella bacca. E dire che piace solo per il
suo gusto amaro e lo si va a cercare nell’India! Chi per primo volle sperimen-
tarlo nei cibi, chi volle stuzzicare il suo appetito senza accontentarsi di aver fa-
me? Il pepe e lo zenzero nei loro paesi crescono allo stato selvatico, eppure si
comprano a peso come l’oro o l’argento. Adesso anche in Italia c’è un albero
10 Una lunga digressione sul pepe si trova anche in Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana III 4 ss.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
del pepe più grosso del mirto e non molto diverso. Si creda pure che il gusto
amaro del suo seme sia lo stesso del pepe fresco; ma non riesce a essiccare e
maturare al sole e perciò non acquista né le stesse venature né lo stesso colore.
Il pepe viene adulterato con le bacche di ginepro che ne assorbono il sapore in
maniera straordinaria; per aumentarne il peso molti sono gli espedienti.
(15) Nell’India si trova inoltre un grano chiamato chiodo di garofano, che
assomiglia a quello del pepe, ma è più grande e più fragile: dicono che cresca
sul loto indiano e viene importato per il suo aroma. Vi si trova anche un ar-
busto spinoso che produce grani di un gusto straordinariamente amaro, simili
a quelli del pepe: le foglie sono piccole e folte come quelle dell’henna, i rami
raggiungono la lunghezza di tre cubiti, la corteccia ha un colore pallido, la ra-
dice è larga e legnosa, di color del bosso. Facendola bollire nell’acqua col suo
seme dentro un vaso di bronzo, si ottiene un medicamento che si chiama licio.
Un arbusto spinoso di quel genere nasce anche sul monte Pelio ed è usato per
falsificare il licio, cosı̀ come la radice di asfodelo, il fiele di bue, l’assenzio, il
sommacco e la morchia. Il licio più efficace è quello schiumoso: gli Indiani lo
spediscono in otri di pelle di cammello o rinoceronte. In Grecia c’è chi allo
stesso arbusto spinoso dà il nome di pixacanto chironio.
(16) Anche il macir viene importato dall’India ed è la scorza rossastra di
una grossa radice che appartiene all’albero dello stesso nome. Mi è ignota
la forma di quest’albero. Questa scorza cotta insieme col miele viene conside-
rata un rimedio efficacissimo contro la dissenteria.
(17) Anche l’Arabia produce lo zucchero, ma quello dell’India è più pre-
giato. Si tratta di un miele che si raccoglie sulle canne, bianco come la gomma,
fragile sotto i denti, delle dimensioni, al massimo, di una nocciola, impiegato
solo in medicina.
(18) Confina con l’India la nazione detta ariana, nel cui territorio cresce un
arbusto spinoso, pregiato per il suo succo simile alla mirra, ma difficilmente
avvicinabile a causa dei suoi aculei. In quella stessa regione c’è anche un ar-
boscello velenoso delle dimensioni di un cavolo, con le foglie simili all’alloro;
grazie all’odore che diffonde attira i cavalli e rischiò di privare Alessandro del-
la sua cavalleria, quando egli entrò in questa regione. Lo stesso accadde nel
paese dei Gedrosi, sempre a causa di un arbusto con le foglie dell’alloro.
Là – si dice – cresce anche un arbusto spinoso, il cui succo, schizzato negli
occhi, renderebbe cieco qualsiasi animale; cresce ivi, inoltre, un’erba dall’odo-
re fortissimo, piena di piccoli serpenti, il cui morso farebbe morire all’istante.
Onesicrito 11 riferisce che nelle valli dell’Ircania vi sono alberi simili al fico
chiamati ‘occhi’, dai quali scorre il miele per due ore al mattino.
11 FGH 134 F 3.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
(22) Secondo Giuba,12 esiste un arboscello attorno a cui si forma una lanu-
gine dalla quale si traggono stoffe più preziose di quelle indiane; inoltre c’è in
Arabia un albero dal quale si fanno le vesti, che si chiama cina e ha foglie si-
mili simili a quelle della palma. Cosı̀ gli Indiani sono vestiti dai propri alberi.
Nelle due isole di Tilo cresce poi un altro albero, il cui fiore assomiglia alla
violetta bianca, ma è quattro volte più grande e non profuma, cosa che pos-
siamo considerare sorprendente in quella regione.
(23) Esiste anche un altro albero simile, ma ha più foglie e i fiori rosa che
tiene chiusi durante la notte e comincia a dischiudere al sorgere del sole, fino a
raggiungere il massimo dell’apertura a mezzogiorno; a proposito di questi fiori
gli indigeni dicono che dormono. Sempre nella stessa isola crescono anche
palme, olivi, viti, fichi e tutte le altre specie di alberi da frutto. Nessuno degli
alberi che vi crescono ha le foglie caduche; l’irrigazione è assicurata da fonti di
acqua fresca e dalle piogge che riceve.
(24) Nell’Arabia, che è vicina a quelle isole, occorre fare una qualche di-
stinzione fra le specie di piante a seconda delle parti che sono utilizzate come
prodotti: radice, fusto, corteccia, succo, resina, legno, germogli, fiore, foglie,
frutto.
(25) Ci sono una radice e una foglia che sono preziosissime in India. La
radice è quella del costo: ha un sapore bruciante e un eccellente profumo,
il resto della pianta non viene utilizzato. Subito all’inizio del delta del fiume
Indo, nell’isola Palale, se ne trovano le due specie, una nera e l’altra bianca,
che è la migliore. Il suo prezzo è di 5 denari e mezzo la libbra.
(26) Sulla foglia del nardo conviene soffermarsi un po’ di più, perché essa
riveste importanza primaria fra i profumi. Il nardo è un arbusto dalla radice
pesante e grossa, ma corta, nera e fragile, benché sia oleosa: ha un odore fe-
tido come quella del cipero e un sapore aspro. Le foglie della pianta sono pic-
cole e folte; la sua cima si ramifica in una serie di spighe: cosı̀ il nardo va fa-
moso per il doppio dono che esso offre delle foglie e delle spighe. Una
seconda sua specie nasce sulle rive del Gange e per il suo odore mefitico viene
bollata senza remissione col nome di ozenilide. Il nardo si falsifica anche con
l’erba dello pseudonardo, che cresce dappertutto: ha le foglie più spesse e lar-
ghe e un colore smorto che tende al bianco. Si falsifica anche mescolandolo
con la sua stessa radice per aumentarne il peso, oppure con la gomma, col li-
targirio, con l’antimonio, col cipero o la corteccia di cipero. Il nardo puro si
riconosce dall’aspetto levigato, dal colore rosso, dal profumo soave, dal suo
gusto, che prosciuga la bocca, ma possiede una fragranza piacevole. La sua
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spiga costa 100 denari la libbra. Il prezzo delle foglie varia a seconda della loro
grandezza. L’adrosfero, cosı̀ chiamato perché se ne ricavano pallottoline più
grandi, costa 40 denari a libbra; quello con foglie più piccole è il mesosfero
e costa 60 denari. Il più pregiato è il microsfero, cosi chiamato dalle foglie pic-
colissime, e costa 75 denari. Tutti hanno un profumo gradevole, ma di più
quando sono freschi. La qualità migliore di nardo, quando invecchia, è quella
di colore più nero. Nella nostra parte di mondo dopo il nardo indiano viene
apprezzato quello siriaco, poi quello gallico, al terzo posto è quello cretese,
che viene chiamato selvatico o phu: ha foglie simili a quelle del macerone, il
tronco alto un cubito, nodoso e di color rosa pallido, la radice ricurva, rico-
perta di peli e a forma di piede d’uccello. Il nardo dei campi di cui parleremo
trattando dei fiori, si chiama baccaride. Tutti questi nardi sono erbe all’infuori
di quello indiano. Quello della Gallia viene divelto con la sua radice e bagnato
nel vino; si fa seccare all’ombra e si lega in piccoli fasci confezionandolo nella
carta: i suoi caratteri non sono molto differenti da quelli del nardo indiano,
ma è più leggero di quello siriaco. Il prezzo è di 3 denari a libbra. C’è un solo
modo per verificarne la qualità: le foglie non devono essere fragili e bruciate,
invece che secche. Col nardo gallico cresce sempre un’erba chiamata irculo
per il suo cattivo odore simile a quello del capro: è con questa soprattutto
che lo stesso nardo gallico viene falsificato e ciò avviene per la loro somiglian-
za. La differenza sta nel fatto che l’irculo è senza tronco, ha le foglie più pic-
cole e le sue radici non sono né amare né odorose.
(27) Le proprietà del nardo si ritrovano nell’asaro, specie anche questa che
qualcuno chiama nardo selvatico. Le sue foglie sono quelle dell’edera, solo più
rotonde e più tenere, il fiore è color porpora, la radice è quella del nardo gal-
lico, il seme ha la forma dell’acino e ha un sapore caldo e vinoso: fiorisce due
volte l’anno su montagne che sono ricche di ombra. Il migliore è quello del
Ponto, segue quello della Frigia, il terzo proviene dall’Illirico. Quando comin-
cia a mettere le foglie, viene estratto dal terreno ed essiccato al sole: si guasta e
invecchia velocemente. Da poco è stata trovata anche in Tracia un’erba le cui
foglie sono identiche a quelle del nardo indiano.
(28) L’amomo a grappoli che noi usiamo proviene da una lambrusca india-
na, oppure, secondo l’opinione di altri, da un arbusto tortuoso, alto quanto
una palma: si coglie assieme alle radici e si mette in fasci maneggiandolo
con cautela, perché è molto fragile. Il più pregiato ha le foglie simili al melo-
grano e ben levigate, il suo colore è rosso. Poi viene quello di colore pallido;
ha il colore dell’erba una qualità ancora peggiore, mentre quello più scadente
di tutti è il bianco, colore che, invecchiando, acquistano tutti. L’amomo in
grappoli vale 60 denari la libbra, se è sminuzzato 48. Cresce anche in quella
parte di Armenia chiamata Otene, nella Media e nel Ponto. Viene adulterato
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con le foglie del melograno e con la gomma liquida, che serve da adesivo per
farlo coagulare in aggregati simili ai grappoli. Ce n’è anche un’altra qualità
chiamata amomide, non cosı̀ piena di vene, più dura e dall’odore meno forte:
questi caratteri mostrano che si tratta di una pianta diversa o di amomo colto
prima della maturazione.
(29) Simile all’amomo nel nome e nella forma dell’arbusto è il cardamomo
il cui seme è oblungo. La raccolta avviene in Arabia allo stesso modo e si han-
no quattro specie di semi: una molto verde e oleosa con la forma ad angoli
acuti, per niente friabile (è la più pregiata); al secondo posto viene una di
un colore rosso che tende al bianco; terza una specie più corta e più scura.
La qualità peggiore è di colore variegato ed è friabile; il suo profumo è tenue
e deve essere vicino a quello del costo puro. Cresce anche nella Media. Il prez-
zo della qualità migliore è di 3 denari la libbra.
(30) Dovrei parlare subito dopo, seguendo un criterio di affinità, del cin-
namomo, ma prima è opportuno elencare le ricchezze dell’Arabia e le ragioni
per cui è chiamata Felice e Fortunata. I suoi prodotti principali sono, dunque,
l’incenso e la mirra. Quest’ultima cresce anche nel paese dei Trogloditi; l’in-
censo invece non si trova al di fuori dell’Arabia e non cresce nemmeno in tutte
le sue regioni. Verso il centro dell’Arabia ci sono gli Atramiti, una tribù dei
Sabei, la cui capitale è Sabota, posta su un alto monte: a otto tappe da lı̀ si
trova la regione turifera chiamata Sariba, una parola che secondo i Greci si-
gnifica ‘mistero’.13 La regione è esposta verso il sorgere del sole quando è esta-
te ed è inaccessibile da ogni parte per la presenza di rupi scoscese; dal lato
destro, che dà sul mare, l’approdo è reso impossibile dagli scogli. Si dice
che il suolo sia di un rosso tendente al bianco. Le foreste si estendono per
20 scheni in lunghezza e la metà in larghezza. Secondo il calcolo di Eratostene
uno scheno equivale a 40 stadi, cioè 5 miglia; secondo altri ogni scheno equi-
vale a 32 stadi. In quella regione le colline si ergono ad altezza elevata e gli
alberi vi crescono spontaneamente e degradano fino alla pianura. È opinione
concorde che il territorio sia argilloso, le sorgenti rare e con acqua alcalina.
Popolazione confinante sono anche i Minei, un’altra tribù, per il cui territorio
l’incenso viene esportato attraverso un solo angusto sentiero. Furono loro a
iniziare il commercio dell’incenso e ancora oggi sono quelli che lo praticano
di più: da loro deriva l’altro nome del profumo, mineo. Nessun altro fra i po-
poli arabi vede l’albero dell’incenso e nemmeno lo vedono tutti gli apparte-
nenti a queste tribù, perché si dice non siano più di 3000 le famiglie che si
tramandano in forma ereditaria questo privilegio; perciò i membri di quelle
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
famiglie sono chiamati sacri e nel periodo dell’incisione degli alberi e della rac-
colta evitano di essere contaminati dal contatto con le donne o con i morti,
aumentando cosı̀ il valore religioso della merce. Secondo alcuni l’incenso nelle
foreste appartiene in comune a questi popoli, secondo altri ne usufruiscono
un anno ciascuno a rotazione.
(31) Non è nemmeno ben chiaro quale sia l’aspetto dell’albero. Noi abbia-
mo condotto una spedizione in Arabia e le armi romane sono penetrate in
gran parte di questa. Anche Gaio Cesare figlio di Augusto ha cercato lı̀ la glo-
ria, e tuttavia da nessun latino, che io sappia, è stato fornito un resoconto sulla
forma di quell’albero. Le descrizioni date dai Greci sono discordi una dall’al-
tra: secondo alcuni la foglia è quella del pero, soltanto più piccola e color ver-
de erba, secondo altri la pianta assomiglia al lentischio e ha le foglie rossicce,
secondo altri ancora si tratta di un terebinto e cosı̀ sembrò al re Antigono, a
cui ne fu portato un arbusto. Il re Giuba 14 in quei volumi che dedicò al figlio
di Augusto Gaio Cesare, un appassionato delle cose d’Arabia, riferisce che ha
il tronco tortuoso, i rami esattamente uguali a quelli dell’acero del Ponto,
emette una resina come quella del mandorlo e che alberi siffatti si vedono
in Carmania e in Egitto, dove furono seminati per ordine dei Tolomei che al-
lora vi regnavano. Si sa che ha la corteccia come quella dell’alloro; secondo
alcuni anche le foglie sono simili: certamente di tale aspetto era l’albero a Sar-
di, dove cresceva perché anche i re dell’Asia si erano interessati di farlo semi-
nare. All’epoca mia gli ambasciatori che sono venuti dall’Arabia hanno reso
tutto più incerto: cosa veramente sorprendente, ci hanno portato pure alcune
verghe d’incenso, dalle quali si può dedurre che anche l’albero madre sia le-
vigato ed emetta i suoi prodotti da un tronco senza nodi.
(32) La raccolta un tempo, quando lo smercio era minore, si faceva una
volta l’anno. Adesso, per la richiesta del mercato, se ne fanno due. La prima
raccolta, quella naturale, avviene verso il sorgere della Canicola quando il cal-
do è più torrido: si procede incidendo la corteccia là dove appare più gonfia e
più sottile per la tensione. Vi si fa uno squarcio senza togliere nulla: zampilla
fuori una schiuma grassa. La si lascia inspessire e coagulare, quindi viene rac-
colta, se la natura del terreno lo esige, su una foglia di palma, altrimenti su un
pezzo di terreno battuto tutto intorno. Col primo procedimento si ottiene una
sostanza più pura, ma col secondo una più pesante. L’incenso rimasto attac-
cato all’albero viene tolto col ferro e cosi vi è mescolata un po’ di corteccia. La
foresta, divisa in settori ben delimitati, è resa sicura dall’onestà vicendevole di
tutti quanti: nessuno fa la guardia agli alberi incisi e nessuno ruba all’altro.
14 FGH 275 F 2.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Invece, per Ercole, ad Alessandria, dove si lavorano gli incensi, non c’è pre-
cauzione sufficiente a proteggere i laboratori. Si mette un sigillo sul grembiule
di ciascun operaio, gli viene messa in testa una maschera o un reticolo a maglie
fitte e lo si fa uscire nudo. Tanto meno onesti sono nel trattare l’incenso quan-
do è già prodotto rispetto a quelli che lo rispettano quando è ancora sull’al-
bero. In autunno si raccoglie ciò che le piante hanno prodotto l’estate; è que-
sto un prodotto purissimo, candido. La seconda raccolta avviene a primavera,
dopo aver praticato l’incisione degli alberi in inverno in vista di quella. Il pro-
dotto stavolta è rossastro e non è paragonabile all’altro. Il primo si chiama car-
fiato, il secondo datiate. Un’altra opinione è che il prodotto di un albero gio-
vane sia più candido, ma quello di un albero vecchio abbia più profumo.
Alcuni credono anche che l’incenso cresca migliore nelle isole, Giuba 15 invece
sostiene che nelle isole non cresca affatto. L’incenso che rimane appeso alla
pianta in gocce rotonde è detto maschio, benché in genere parlare di maschio
presupponga che ci sia anche una femmina; ma si tratta di uno scrupolo reli-
gioso, per cui non va nominato l’altro sesso. Secondo alcuni il nome di ma-
schio deriva dall’aspetto simile ai testicoli. Le preferenze però vanno a quella
con la forma a mammella, che si ha quando a una goccia rimasta appesa si
unisce l’altra che segue. Trovo scritto che una sola di queste bastava a riem-
pire una mano, al tempo in cui gli uomini non erano cosı̀ avidi di guadagno e
le lasciavano a formarsi per più tempo. I Greci chiamano queste bolle stagonia
e atomo, quelle più piccole orobia. Le particelle che si staccano quando l’al-
bero viene scosso si chiamano manna. Comunque si trovano ancora delle goc-
ce che raggiungono il peso di un terzo di mina, cioè di 28 denari. Una volta
che Alessandro Magno, fanciullo, usava con grande abbondanza l’incenso su-
gli altari, il pedagogo Leonida gli disse di aspettare a onorare gli dèi in quel
modo, quando avesse sottomesso le popolazioni che producevano l’incenso.
Quando in seguito il condottiero si fu impadronito dell’Arabia, mandò al pe-
dagogo una nave carica d’incenso e gli raccomandò di essere generoso nel cul-
to degli dèi. L’incenso dopo la raccolta viene trasportato sui cammelli a Sabo-
ta, dove c’è una sola porta che si può attraversare per questo trasporto:
passare da un’altra parte è delitto che i re stabilirono di punire con la morte.
Là i sacerdoti prelevano una decima per il dio di nome Sabi, calcolandola a
volume, non a peso: prima che avvenga questo prelievo, non è permessa la
vendita. La decima serve a coprire delle spese pubbliche, perché per un de-
terminato numero di giorni il dio nutre con grande generosità gli stranieri.
L’unica strada che si può percorrere per portare l’incenso via da Sabota passa
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per il territorio dei Gebbaniti, e cosı̀ si paga un tributo anche al loro re. La
loro capitale, Tomna, dista da Gaza, città della Giudea posta sulle rive del
Mediterraneo, 2437 miglia e mezzo, una distanza che si percorre in 65 tappe
di cammello. Anche i sacerdoti e gli scribi del re ricevono delle parti fisse.
Ma, oltre a questi, anche le guardie e i loro aiutanti, i portieri e i servi si danno
al saccheggio. Per tutto il viaggio si paga dove per l’acqua, dove per il pascolo
o per le soste e pedaggi vari: si raggiunge cosı̀ la spesa di 688 denari a cammel-
lo per il viaggio fino alla costa del Mediterraneo, e poi lı̀ si paga ancora ai pub-
blicani del nostro impero. In questo modo una libbra di incenso della qualità
migliore costa 6 denari, una di seconda qualità 5, di terza 3. L’incenso si rico-
nosce dal candore, dalla capacità di espandersi, dalla fragilità; messo sui car-
boni, prende subito fuoco; quando si morde, non conserva l’impronta del
dente ma si sbriciola. Da noi si falsifica con il succo della resina bianca che
è molto simile, ma si scopre la frode nei modi che si è appena detto.
(33) Secondo alcune fonti l’albero della mirra cresce, nelle stesse foreste,
mescolato a quello dell’incenso, secondo altre (e sono di più) cresce separato,
perché si riproduce in molti luoghi dell’Arabia, come vedremo quando si trat-
terà delle specie. Si importa mirra pregiata anche dalle isole e i Sabei vanno a
cercarla fin dai Trogloditi, attraversando il mare. Ne è prodotta anche una
qualità coltivata, che è di gran lunga preferita a quella selvatica. Trae giova-
mento se si rastrella il terreno intorno e la si scalza, e migliora se le radici sono
rinfrescate.
(34) L’albero raggiunge l’altezza di cinque cubiti e ha delle spine, il tronco
è duro e ritorto, più grosso di quello dell’incenso e ancora più grosso dalla
parte della radice che nel resto. Secondo alcuni la corteccia è liscia e simile
a quella del corbezzolo, secondo altri ruvida e irta di spine; le foglie sono quel-
le dell’olivo, ma più crespate e acuminate, secondo Giuba 16 sono quelle del
macerone. Qualcuno sostiene che la mirra è simile al ginepro, solo più ruvida
e irta di spine, le foglie sono più rotonde, ma il gusto è quello del ginepro.
Non manca nemmeno chi afferma falsamente che l’albero dell’incenso produ-
ca sia l’incenso sia la mirra.
(35) Anche l’albero della mirra viene inciso due volle l’anno e negli stessi
periodi dell’incenso, ma l’incisione è fatta dalle radici fino ai rami più forti. Pri-
ma dell’incisione trasuda spontaneamente una mirra detta stakte, che è la qua-
lità migliore. Dopo di questa viene quella coltivata, mentre anche fra la mirra
selvatica la migliore è quella raccolta in estate, come l’incenso. Non si offrono
al dio porzioni del raccolto di mirra, perché l’albero cresce anche in altre regio-
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APPENDICE DOCUMENTARIA
ni; e tuttavia ne viene data la quarta parte al re dei Gebbaniti. Per il resto viene
comprata per tutta la regione dal popolo che la stiva in sacchi e per i nostri pro-
fumieri non è difficile distinguerne la qualità dall’odore e dall’oleosità.
Ve ne sono molte specie: quella trogloditica è la migliore fra le selvatiche,
seguita dalla minea, nella quale sono comprese l’atramitica, la gebbanitica e
l’ausaritica nel regno dei Gebbaniti; al terzo posto è la dianite, al quarto
una mistura di mirra raccolta in vari luoghi, al quinto la sambracena, che
prende il nome da una città del regno dei Sabei posta sul mare, al sesto quella
chiamata dusariti. Ce n’è anche una bianca che cresce solo in un luogo ed è
convogliata nella città di Mesala. Quella trogloditica si riconosce per l’oleosità
e per il fatto che all’aspetto è più secca, sporca e grezza, ma il profumo è più
penetrante delle altre. La sambracena che abbiamo ora nominata è piacevole
più di tutte all’aspetto, ma il profumo ha poca forza. Grosso modo la garanzia
della buona qualità è data dalla mirra che si presenta in pallottoline di forma
irregolare, risultanti dalla concrezione di un succo biancastro e che tende a
fondersi; quando si rompe, deve avere dentro delle particelle bianche simili
a unghie e al gusto deve essere leggermente amara. La mirra di seconda qua-
lità è variegata dentro; la più cattiva è quella nera all’interno ed è ancora peg-
giore se lo è anche fuori. I prezzi variano a seconda della domanda: quello del-
la stakte va da 3 a 50 denari per libbra, quello della mirra coltivata raggiunge al
massimo 11 denari, quello dell’Eritrea (che fanno passare per arabica) 16, il nu-
cleo della trogloditica è venduto a 16 e mezzo, quella che chiamano odoraria a
12. La mirra viene falsificata con grumi di resina di lentischio e gomma e
ugualmente con succo di cocomero, per renderla amara, e litargirio per appe-
santirla. Le altre sofisticazioni si scoprono dal sapore; le gomme si rivelano,
sotto i denti, per la loro viscosità. La falsificazione più grave è quella con la
mirra indiana, che si raccoglie in India da un arbusto spinoso. Questo è il solo
prodotto dell’India che è di peggiore qualità rispetto a quello di altre regioni:
distinguerlo è facile, tanto è inferiore.
(36) Questa mirra indiana può dunque essere trasformata in mastice, che
è anche prodotto da un altro arbusto spinoso sia in India sia in Arabia: il
suo nome è laina. Ma anche del mastice ci sono due qualità: in Asia e in
Grecia si trova un’erba che fa spuntare le foglie dalle radici e ha per frutto
un cardo simile a una mela, pieno di grani e di un succo che viene fuori
quando si incide la parte superiore: si prova fatica a distinguerlo dal mastice
vero. Ce n’è anche una terza qualità nel Ponto, più simile al bitume. Il più
rinomato è però il mastice bianco di Chio il cui prezzo è di 10 denari a lib-
bra, mentre quello nero costa solo 2. Il mastice di Chio – si dice – viene pro-
dotto dal lentischio come una gomma. Si falsifica come l’incenso con della
resina.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
evidente che il sale rimane nelle foglie. Questi sono i prodotti propri dell’A-
rabia: ve ne sono ancora pochi che esistono anche in altre regioni e che con-
viene trattare in un altro punto, perché in questi casi non è l’Arabia ad avere la
supremazia. Suscita meraviglia che gli Arabi vadano anche in cerca dei profu-
mi esteri: tanta è la sazietà dei propri beni e tanta l’avidità di quelli altrui che
prende i mortali.
(39) Cosı̀ vanno a prendere il brato nel territorio degli Elimei: si tratta di
una pianta simile a un cipresso coi rami aperti, ha i rami biancastri e manda un
profumo gradevole quando brucia: Claudio Cesare 17 nelle sue Storie ne parla
come di una meraviglia. Riferisce che i Parti spargono le sue foglie nelle loro
bevande, che ha un profumo molto simile alla cedrus e che il suo fumo è un
antidoto contro quello di altre varietà di legno. Cresce oltre il Pasitigri, nel
territorio della città di Sostra sul monte Scancro.
(40) Importano anche lo stobro dal territorio dei Carmani per fare i suf-
fumigi (lo bagnano di vino di palma e gli danno fuoco). Il suo profumo ritorna
dal soffitto al pavimento ed è piacevole, ma appesantisce la testa, senza arri-
vare però al dolore; lo si usa per far dormire gli ammalati.
Hanno aperto a questi commerci la città di Carré, che in quella regione è
la sede del mercato. Di lı̀ una volta partivano tutti i convogli per Gabba, dove
arrivavano con venti giorni di viaggio, e per la Palestina in Siria. In seguito,
come riferisce Giuba,18 per questo commercio si cominciò a passare per Ca-
race e per il regno dei Parti. La mia opinione è che abbiano portato questi
prodotti in Persia prima ancora che in Siria e in Egitto, perché, secondo la
testimonianza di Erodoto, le popolazioni arabe pagavano ai re di Persia un
tributo di mille talenti d’incenso l’anno.18 bis Dalla Siria portano indietro lo sto-
race, che gettano nel fuoco per scacciare col suo forte odore il fastidio per i
propri profumi. D’altra parte non usano altra legna all’infuori di quella pro-
fumata: i Sabei cuociono i cibi con il legno d’incenso, altri con quello della
mirra e il fumo e l’odore che si alza dalle città e dai villaggi è lo stesso che
si solleva dagli altari. Cosı̀, per porre un rimedio a queste esalazioni, impor-
tano lo storace in sacchi di pelle di capro e ne affumicano le loro case. A tal
punto è vero che non esiste piacere che non generi fastidio se è assaporato a
lungo. Bruciano lo storace anche per allontanare i serpenti, numerosissimi nel-
le foreste di alberi che producono profumi.
(41) Gli Arabi non hanno né il cinnamomo né la cannella e nondimeno
l’Arabia è detta ‘Felice’, un epiteto falso e pieno di ingratitudine, che fa pas-
17 FGH 276 F 1.
18 FGH 275 F 65.
18 bis III 97 ss.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
sare per avuto dagli dèi celesti quello di cui la regione è piuttosto debitrice
verso le potenze infernali. La sua fortuna l’ha fatta il lusso degli uomini che
arriva fino alla morte e fa bruciare per i defunti quei prodotti che prima si
intendevano creati per gli dèi. Gli esperti assicurano che la produzione
di un intero anno non arriva a eguagliare la quantità che l’imperatore Nerone
fece bruciare ai funerali della sua Poppea. Si considerino poi gli innumerevoli
funerali che ogni anno si celebrano in tutto il mondo e la massa dei profumi
accumulati in onore dei morti e si vedrà che agli dèi vengono date solo le bri-
ciole. D’altronde gli dèi non erano meno propizi quando li si adorava con la
farina salata; al contrario, è evidente, erano più benevoli allora. Ma ancora più
fortunato è il mare dell’Arabia: da questo gli Arabi traggono le perle che
esportano; e secondo la valutazione più bassa ogni anno gli Indiani, i Seri e
gli abitanti della penisola d’Arabia tolgono al nostro impero cento milioni
di sesterzi; tanto ci costano il lusso e le donne. Orsù, ditemi ora quale parte di
questi soldi proviene dagli dèi, anche da quelli inferi.
(42) In tempi antichi Erodoto 19 per primo ci ha narrato una leggenda sul cin-
namomo e la cannella: questi prodotti si trovavano nei nidi degli uccelli e soprat-
tutto in quello della Fenice, nei luoghi dove era stato allevato il dio Libero, e ve-
nivano fatti precipitare giù da alberi posti su rupi inaccessibili o dal peso della
carne che gli uccelli portavano loro o da frecce piombate; parimenti della can-
nella si dice che cresce intorno alle paludi e che è difesa con le unghie da una
terribile specie di pipistrelli e da serpenti alati: con queste favole si aumenta il
prezzo della merce. C’è un’altra storia inventata che riguarda questi prodotti:
sotto i raggi del sole di mezzogiorno si solleva da tutta la penisola una sorta di
profumo indescrivibile, formato dall’accordo delle varie specie di profumi che
porta il soffio della brezza, e fu cosı̀ che i profumi, spingendosi in alto mare, die-
dero il primo annuncio dell’Arabia alle flotte di Alessandro Magno. È tutto falso,
giacché il cinnamomo cosı̀ come il cinnamo nascono in quella parte dell’Etiopia
in cui la popolazione si unisce in matrimonio coi Trogloditi. Questi lo comprano
dai loro vicini e lo trasportano per la vastità del mare su zattere che non hanno
timoni che le dirigano, né remi che le trascinino, né vele che le sospingano, né
alcuno strumento utile alla navigazione: su quelle imbarcazioni, a far le veci di
tutto questo, sta solo l’uomo con la sua audacia. Come se non bastasse, fanno
la traversata verso il solstizio d’inverno, quando gli euri soffiano più forti. Questi
venti li spingono in linea retta per il golfo e, dopo aver doppiato il capo di Ara-
bia, i soffi dell’argeste li fanno approdare nel porto dei Gebbaniti che si chiama
Ocilia. Perciò questo porto costituisce la loro meta preferita e si dice che questi
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APPENDICE DOCUMENTARIA
mercanti difficilmente tornino indietro prima che sian passati quattro anni, e
molti muoiono nel viaggio. In cambio portano indietro oggetti di vetro e di bron-
zo, vesti, fibbie con braccialetti e collane. Quindi quel commercio si basa soprat-
tutto sulla sicurezza che danno le donne con la loro ambizione.
L’arbusto di queste piante è al massimo alto due cubiti e come minimo un
palmo, è largo quattro dita, appena a 6 dita da terra mette germogli, somiglia a
un albero secco, non manda profumo quando è verde, ha le foglie dell’origa-
no, trae giovamento dalla siccità, diventa meno fecondo se piove e lo si può
potare. Nasce nelle pianure, ma là dove i cespugli e i rovi sono più fitti ed
è difficile da cogliersi. Per procedere alla raccolta ci deve essere il permesso
del dio, che la popolazione locale chiama Assabino e qualcuno identifica
con Giove. Il permesso di tagliare è ottenuto col sacrificio delle viscere di
44 buoi, capre e arieti, e cionondimeno non si può lavorare prima del sorgere
del sole né dopo il tramonto. Un sacerdote divide i rami con un’asta e mette
da parte una porzione per il dio, il resto il mercante lo confeziona in balle.
Secondo un’altra versione il prodotto viene diviso col Sole in questo modo:
se ne fanno tre parti, poi, tirando a sorte due volte, se ne mettono due da par-
te e quella che tocca al Sole è lasciata lı̀ e prende fuoco spontaneamente. La
migliore qualità si trova nelle parti più fini dei rami, per la lunghezza di un
palmo, poi viene quella della parte che subito segue, ma per una lunghezza
minore, e cosı̀ via. La qualità peggiore si trova nelle zone più vicine alle radici,
perché lı̀ c’è meno corteccia, che è la parte più pregiata, e perciò sono prefe-
rite le cime, dove la corteccia è in quantità maggiore. Il legno invece non è
apprezzato per l’odore acre che ne emana, simile a quello dell’origano; il
suo nome è xilocinnamo. Il prezzo del prodotto è di 10 denari a libbra. Alcuni
riferiscono di due specie di cinnamo, una bianca, l’altra nera; un tempo si pre-
feriva quello bianco, ora invece è pregiato quello nero e al bianco si preferisce
anche quello variegato. La sua qualità si può comunque verificare con la mas-
sima sicurezza, accertando che non sia ruvido e che resista a lungo allo sfre-
gamento con un altro pezzo di cinnamo senza sfaldarsi. Il peggiore viene con-
siderato quello molle o quello a cui si stacca la corteccia. Il monopolio del
prodotto è esclusivo del re dei Gebbaniti, che ne apre la vendita con un edit-
to. Una volta il prezzo era di mille denari a libbra; è aumentato del cinquanta
per cento quando le foreste furono incendiate (cosı̀ si dice) dal furore dei bar-
bari: non è certo se l’incendio fosse stato provocato dalla malvagità dei potenti
o dovuto al caso. Troviamo scritto nelle fonti che là soffiano austri cosı̀ infuo-
cati, che in estate incendiano le foreste. Primo fra tutti l’imperatore Vespasia-
no Augusto consacrò nei templi del Campidoglio e della Pace corone di cin-
namo intarsiato chiuse in un’anima d’oro. Abbiamo visto nel tempio del
Palatino, che la consorte Augusta aveva fatto innalzare al divino Augusto
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
una radice di cinnamo molto pesante collocata su una patera d’oro, dalla qua-
le ogni anno si versavano fuori alcune gocce che seccavano e diventavano se-
mi: ci rimase fino alla distruzione di quel tempio a opera di un incendio.
(43) Anche la cannella (casia) è un arbusto e nasce presso i campi del cin-
namo (ma quella che cresce in montagna ha lo stelo più grosso), ha una pelle
fine, più che una vera corteccia e, contrariamente a quel che si è detto prima
per il cinnamo, acquista valore se questa pelle cade o viene tolta. L’arbusto è
alto tre cubiti e ha tre colori: da dove comincia a spuntare da terra fino all’al-
tezza di un piede è bianco, poi, per un altro mezzo piede, diventa rosseggiante,
da quel punto in poi è nero. Quest’ultima parte è la più pregiata, al secondo
posto viene quella intermedia, mentre quella bianca non ha nessun valore. Si
tagliano i ramoscelli per una lunghezza di due dita ciascuno, poi si avvolgono
nelle pelli di animali appena uccisi per questo scopo, in modo che nel processo
di putrefazione i vermi erodano il legno e vuotino dentro la corteccia, che non
li attira per il suo gusto amaro. È pregiata soprattutto la cannella più fresca e
dall’odore più penetrante, quella che, quando si gusta, non brucia la bocca, ma
la stuzzica delicatamente con un calore progressivo: deve avere inoltre un co-
lore purpureo, il massimo del volume per il minimo di peso e deve formare col
proprio rivestimento dei tubetti corti e resistenti. Questa qualità è chiamata la-
da dai barbari. Un’altra è detta balsamode perché ha un odore simile al balsa-
mo, ma è amara e perciò più utile in medicina, cosı̀ come quella nera viene usa-
ta di preferenza per i profumi. Nessun prodotto registra una tale escursione dei
prezzi: la qualità migliore costa 50 denari a libbra, le altre 5. A queste specie i
mercanti hanno aggiunto quella che chiamano dafnide, soprannominandola
isocinnamo e vendendola a 300 denari. Viene falsificata con lo storace e, per
la somiglianza della corteccia, con i ramoscelli più teneri dell’alloro. Viene col-
tivata anche nella nostra parte di mondo e io l’ho vista piantata, in mezzo ad
alveari, all’estremo confine dell’impero, nelle terre bagnate dal Reno. A questa
manca il colore e il sapore che le viene dato dal bruciare del sole.
(44) Dai confini del paese dove crescono la cannella e il cinnamo vengono
importati anche il cancamo e il taro, ma questi passano per il territorio dei
Nabatei Trogloditi, che sono una colonia dei Nabatei.
(45) Lı̀ vengono trasportati anche il sericato e il gabalio, il cui uso gli Arabi
riservano a se stessi; nella nostra parte di mondo sono conosciuti solo di no-
me, ma crescono insieme al cinnamo e alla cannella. Per la verità qualche volta
il sericato arriva e c’è chi lo aggiunge ai profumi. Si vende a 6 denari la libbra.
(46) Il mirobalano si trova nel paese dei Trogloditi, nella Tebaide e in
quella parte di Arabia che divide la Giudea dall’Egitto. Si tratta di un albero
che produce profumo, come mostra il nome stesso, col quale parimenti viene
anche significato che il suo frutto è una ghianda. La pianta ha le foglie simili al
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APPENDICE DOCUMENTARIA
girasole, che nomineremo trattando delle erbe, e ha frutti grandi come noccio-
le. La specie che cresce in Arabia è detta siriaca ed è bianca, al contrario quel-
la che cresce nella Tebaide è nera. La prima si apprezza di più per la qualità
dell’olio che se ne ricava, la seconda per la quantità. Quella del paese dei Tro-
gloditi è tra queste qualità la peggiore. Alcuni preferiscono a tutte queste il
mirobalano etiopico che ha una ghianda nera e non oleosa, dal nocciolo esile,
ma che produce un liquido più profumato: è un albero che cresce in pianura.
Secondo gli stessi il mirobalano d’Egitto è più grasso, ha una corteccia più
grossa che gli conferisce un colore rossiccio e, benché cresca in zone palustri,
è più corto e più secco; al contrario quello dell’Arabia è verde, più esile e più
compatto nella forma, in ragione del fatto che cresce in montagna: ma la qua-
lità di gran lunga migliore è quella petrea, che prende il nome dalla città di cui
abbiamo parlato: ha la corteccia nera e il nocciolo bianco. I profumieri spre-
mono solo le cortecce, i medici anche i noccioli, che battono versandovi sopra
dell’acqua calda piano piano.
(47) Tra i profumi viene usata in maniera simile e subito dopo il miroba-
lano una palma che cresce in Egitto, chiamata adipso, che è verde, ha il pro-
fumo della mela cotogna e non ha legno internamente: si raccoglie in autunno
poco prima che cominci a maturare. Se invece non si raccoglie, prende il no-
me di fenicobalano, diventa nera e chi la mangia subisce l’effetto di una droga.
Il prezzo del mirobalano è di 2 denari a libbra. I mercanti danno questo nome
anche al fondo del profumo che ne traggono.
(48) Il calamo aromatico è un altro prodotto dell’Arabia. Cresce anche in
India e in Siria, dove c’è il migliore. A 150 stadi dal Mediterraneo tra il monte
Libano e un altro senza nome (non è, come taluno ha pensato, l’Antilibano),
in una piccola valle, presso un lago le cui paludi d’estate si seccano, per un
raggio di trenta stadi intorno, crescono il calamo aromatico e il giunco profu-
mato. Parliamo pure anche del giunco, benché sia un altro il libro dedicato
alle erbe, poiché qui si tratta di tutto ciò che serve ai profumi. Non hanno nel-
l’aspetto tratti diversi rispetto alle altre piante della loro specie, ma il calamo
attira subito da lontano con un profumo eccellente; è più molle al tatto e la
qualità meno fragile e che si rompe in schegge è migliore di quella che si rom-
pe come il ravanello. Dentro la canna c’è una sorta di ragnatela che chiamano
il fiore: è migliore la pianta che ne ha in maggior quantità. L’altra prova di
qualità è il colore nero – quelle bianche non hanno valore – ed è tanto miglio-
re quanto è più corta e più spessa e flessibile quando si rompe. Il calamo aro-
matico ha il prezzo di 1 denaro a libbra, il giunco di 5. Si dice che il giunco
profumato si trovi anche in Campania.
(49) Ora abbiamo abbandonato le terre prospicienti l’oceano per entrare
in quelle poste sui nostri mari. Dunque, la parte dell’Africa che sta sotto l’E-
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
tiopia distilla la gomma ammoniaca nelle sue distese di sabbia; dalla sabbia
prende il nome anche l’oracolo di Ammone, presso il quale questa sostanza
è prodotta da un albero, che chiamano metopo, in maniera simile alla resina
o alla gomma. Ve ne sono due specie: il trausto, che assomiglia all’incenso ma-
schio ed è apprezzato moltissimo, e quella che ha nome urama, oleosa e resi-
nosa. Il prodotto viene adulterato con la sabbia, come se vi fosse rimasta at-
taccata quando esso si stava formando; è più apprezzato dunque quanto più
piccole e più pure sono le zollette in cui si presenta. Il prezzo della qualità
migliore è di 40 assi a libbra.
(50) Lo sfagno che si trova nella provincia della Cirenaica a sud di quelle
regioni è il più pregiato; si chiama anche brio. Il secondo posto lo occupa
quello di Cipro, il terzo quello della Fenicia. Si dice che cresca anche in Egitto
e persino in Gallia; e non potrei dubitarne, perché sugli alberi ci sono ciuffi
bianchi di questo nome, come ne vediamo soprattutto sulle querce, ma dal
profumo eccellente. Il valore più alto lo hanno quelli più bianchi e più larghi,
poi vengono quelli rossicci, mentre quelli neri non hanno alcun valore. Non
valgono nulla nemmeno quelli nati sulle isole e sulle rocce e tutti quelli che
hanno il profumo delle palme e non quello che gli è proprio.
(51) In Egitto c’è l’henna un albero che ha le foglie del giuggiolo, il seme
come quello del coriandolo, bianco e profumato. Questo seme viene fatto
cuocere nell’olio e viene spremuto ricavandone quello che chiamano henna.
Il suo prezzo è di 5 denari la libbra. La qualità migliore si ricava dall’albero
che cresce a Canopo sulle rive del Nilo, poi viene quello di Ascalona in Giu-
dea e al terzo posto quello dell’isola di Cipro. Il suo profumo ha una certa
dolcezza. Dicono che l’henna sia da identificare con l’albero che in Italia si
chiama ligustro.
(52) Nella stessa regione nasce l’aspalato, un arbusto spinoso bianco di
grandezza non eccessiva, che ha il fiore simile alla rosa. La radice è ricercata
per i profumi. Dicono che su qualunque arbusto si incurvi l’arcobaleno, vi ri-
mane lo stesso profumo soave dell’aspalato; ma, se questo accade all’aspalato,
la soavità del profumo è indescrivibile. Alcuni chiamano questa pianta erisi-
scettro, altri scettro. La buona qualità si può verificare dal colore rossiccio
o rosso fuoco, dalla compattezza che rivela al tatto e dal profumo, che è quello
del castorio. Viene venduto a 5 denari la libbra.
(53) In Egitto cresce anche il maro, inferiore per qualità a quello della Li-
dia, che ha foglie più grandi e variegate; quelle del maro egizio sono corte,
piccole e profumate.
(54) Ma fra tutti i profumi il preferito è il balsamo, che è concesso a una
sola terra, la Giudea, e un tempo si trovava solo in due giardini, ambedue del
re, uno grande non più di venti iugeri l’altro ancora meno. Gli imperatori Ve-
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
è simile al bosso e anche il più profumato; il seme migliore è quello più grosso
e più pesante, quello che ha un sapore più aggressivo e brucia in bocca. Si
falsifica con l’iperico di Petra, che si riconosce dalle sue grandi dimensioni,
dal fatto che è vuoto, dallo sviluppo per il lungo, dalla debolezza del profumo
e dal sapore uguale a quello del pepe. La lacrima è pregiata quando è oleosa,
sottile, un poco rossa e dà profumo quando si sbriciola. Quello di seconda
qualità è bianco, poi viene quello verde e spesso e il peggiore è nero, perché
degenera invecchiando come l’olio. Quanto all’incisione, quella che dà la la-
crima migliore deve essere effettuata prima che la pianta fruttifichi. Si falsifica
anche in un altro modo, col succo del seme e a stento si riesce a scoprire la
frode grazie al sapore più amaro; il prodotto deve essere infatti dolce, senza
alcuna acidità, solo il profumo deve essere forte. Si falsifica anche con l’olio
di rosa, con quello di henna, di lentischio, di balano, di terebinto, di mirto,
con la resina, il galbano, la cera di Cipro, a seconda di ciò che si ha a dispo-
sizione. L’adulterazione più insidiosa è quella con la gomma, perché questa
secca sul dorso della mano e nell’acqua si deposita sul fondo, ambedue carat-
teristiche del balsamo vero. Anche il balsamo puro deve seccare ma, quando
vi è aggiunta la gomma, si forma una crosta fragile. Si scopre la falsificazione
anche dal sapore; mediante la combustione si scopre poi quello che è adulte-
rato con la cera e con la resina, perché produce una fiamma più scura. Se vie-
ne adulterato con l’aggiunta di miele, subisce un mutamento sensibile e, ap-
pena in mano, attira le mosche. Inoltre una goccia di balsamo puro versata
in acqua tiepida si concentra e va a depositarsi sul fondo del vaso; se il balsa-
mo è adulterato, galleggia come l’olio e, se la sostanza con cui è adulterato è il
metopio, si forma un cerchio bianco intorno. La verifica decisiva è che il bal-
samo puro fa coagulare il latte e non macchia le vesti. In nessun altro campo si
assiste a un maggior numero di frodi, perché un sestario comprato alla vendita
fatta dall’erario per trecento denari, è rivenduto a mille: questo dà un’idea del
profitto che c’è ad aumentare la quantità della sostanza. Lo xilobalsamo costa
6 denari a libbra.
(55) Nella parte della Siria che confina con la Giudea, all’interno della
Fenicia, viene prodotto lo storace nei dintorni di Cabala, Maratunte e il
monte Casio di Seleucia. L’albero ha lo stesso nome, è simile al melo coto-
gno e le gocce della sua resina hanno un odore forte e piacevole; dentro è
cavo come una canna e pieno di succo. Verso il sorgere della canicola vo-
lano su questa pianta dei vermicelli alati e si mettono a roderla, ed è per
questa erosione che essa assume un aspetto squallido. Dopo la qualità pro-
dotta in queste zone, è apprezzato lo storace della Pisidia, di Cipro, della
Cilicia, di Creta; quello dell’Amano di Siria non è affatto usato in medicina,
ma piuttosto per i profumi. Fra gli storaci di tutti questi luoghi sono più
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
ancora è bianca; di qualità inferiore è quello tratto dalla drupa (si chiama cosı̀
l’oliva che non è ancora matura per essere mangiata, ma già cambia colore).
La differenza tra le due qualità di agresto è che il secondo è verde, il primo
bianco. Si ottiene poi dalla vite psitia o da quella aminnea. Quando i grani
hanno la grandezza di un cece, prima del sorgere della canicola, viene colta
l’uva nel suo primo fiorire e il suo agresto. Il resto si lascia a cuocere al sole
(per proteggerli dalla rugiada si mettono i grappoli in vasi di terra), l’agresto
viene raccolto e conservato in vasi di bronzo cipriota. Il migliore è rossiccio,
piuttosto aspro e secco. L’agresto costa 6 denari a libbra. Si ottiene anche con
un altro procedimento, triturando nei mortai l’uva non ancora matura, facen-
dola poi seccare al sole e dividendola in pastiglie.
(61) Alla stessa famiglia appartiene anche il muschio, ottenuto dalle pan-
nocchiette del pioppo bianco. Il migliore cresce nei dintorni di Cnido o in Ca-
ria, in zone prive d’acqua, aride e rocciose, quello di seconda qualità cresce
sulla cedrus di Licia. Altro componente della famiglia è l’enante che corrispon-
de all’uva della lambrusca; questa viene colta al tempo della fioritura che coin-
cide con quello in cui sparge il miglior profumo, viene fatta seccare all’ombra
sopra un telo e poi viene raccolta in vasi. La qualità migliore proviene dalla
Parapotamia, la seconda da Antiochia e Laodicea in Siria, la terza dai monti
della Media ed è più usata in medicina. Alcuni preferiscono a tutte queste
quella che è prodotta nell’isola di Cipro. Infatti quella che si produce in Africa
è usata solo in medicina e si chiama massari. Comunque la lambrusca bianca
dà un prodotto migliore di quella nera.
(62) C’è un altro albero che serve anch’esso a produrre profumi: alcuni lo
chiamano elate (è il nostro abete), altri palma, altri spathe. Il più pregiato è
quello dell’oasi di Ammone, poi viene l’egizio, poi il siriaco. È profumato solo
se si trova in luoghi privi d’acqua, ha una lacrima grassa, che viene aggiunta
nei profumi per attenuare la viscosità dell’olio.
(63) In Siria si produce anche quella specie di cinnamo che chiamano co-
maco. È il succo spremuto da una noce ed è molto diverso dal succo del vero
cinnamo, ma ha un profumo quasi ugualmente piacevole. Costa 40 assi la lib-
bra.
[Traduzione di A. PERUTELLI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
e proprio colmo della mollezza e gode del più alto pregio. Si tratta dunque
del profumo ‘regale’, cosı̀ chiamato perché preparato nel modo che segue
per i re dei Parti; si compone di mirobalano, costo, amomo, cinnamo coma-
co, cardamomo, spiga di nardo, maro, mirra, cannella, storace, ladano, opo-
balsamo, calamo aromatico e giunco profumato di Siria, enante, malobatro,
sericato, henna, aspalato, panacea, zafferano, cipero, maggiorana, loto, miele,
vino. Nessuno degli ingredienti che concorrono alla sua formazione si produ-
ce in Italia, che pure è la vincitrice di tutte le genti, e nessuno invero nell’in-
tera Europa, fatta eccezione per l’iris dell’Illirico e il nardo di Gallia. Infatti il
vino, le rose, le foglie di mirto e l’olio si possono ritenere diffusi un po’ dap-
pertutto.
(3) I profumi definiti ‘diapasmati’ si compongono di polveri aromatiche.
La morchia del profumo si chiama infatti magma. Tra tutti gli aromi, pre-
vale quello che si aggiunge per ultimo. I profumi si conservano al meglio in
vasetti di alabastro, le essenze in olio, che sarà tanto più utile per la loro
durata quanto più sarà grasso, come quello di mandorle. Anche i profumi
migliorano con l’invecchiamento. Il sole li danneggia; questo è il motivo per
cui vengono conservati all’ombra, in vasi di piombo. Se ne verifica la qualità
ponendoli sul dorso della mano, per evitare che il calore della palma li al-
teri.
(4) Questa è la materia di un lusso che tra tutti è il più vano. Infatti le perle
e le gemme per lo meno passano agli eredi, le vesti durano nel tempo: i pro-
fumi si dissolvono istantaneamente e muoiono appena nati. Il loro massimo
pregio consiste nel fatto che, quando passa una donna, la sua scia attira anche
chi è affaccendato in tutt’altre cose. Il loro costo supera i 400 denari la libbra;
ecco a quanto si compra il piacere altrui, visto che chi è profumato non si ac-
corge di esserlo.
Se poi vogliamo segnalare anche in questo campo qualche particolarità,
nelle opere di Marco Cicerone 22 troviamo che i profumi che sanno di terra
sono più gradevoli di quelli che sanno di zafferano; ciò prova come, anche
in un contesto di massima depravazione, faccia piacere riscontrare una certa
austerità del vizio stesso. Certuni, poi, ricercano soprattutto i profumi consi-
stenti, che chiamano ‘spessi’, e amano non solo cospargersene, ma addirittura
spalmarseli addosso. Abbiamo visto gente che si profumava persino le piante
dei piedi, usanza che, secondo la tradizione, fu mostrata all’imperatore Nero-
ne da Marco Otone; domando, di grazia, come si potesse avvertire un profu-
mo proveniente da quella parte del corpo e come si facesse a trarne piacere.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Inoltre abbiamo sentito raccontare che un tale, un cittadino privato, aveva da-
to ordine di cospargere di profumo le pareti del bagno e che l’imperatore
Gaio Caligola faceva profumare le vasche da bagno, e ancora che in seguito,
perché non sembrasse un privilegio da principi, fece altrettanto anche uno de-
gli schiavi di Nerone. Ciò che più stupisce, però, è che questa mollezza sia pe-
netrata anche all’interno dei campi militari; certo, le aquile e le insegne, pol-
verose e irte con le loro punte di lancia, nei giorni di festa vengono cosparse di
profumi e magari potessimo dire chi per primo introdusse tale usanza! Una
cosa è certa, comunque: corrotte da questa ricompensa le nostre aquile hanno
sottomesso il mondo. Queste sono le giustificazioni che cerchiamo per i nostri
vizi, affinché, grazie alla legittimazione da esse fornita, ci possiamo mettere il
profumo sotto l’elmetto.
(5) Non saprei dire facilmente quando sia penetrato per la prima volta in
Roma l’uso del profumo. Certo è che, debellati il re Antioco e l’Asia, nell’anno
565 di Roma (189 a.C.), i censori Publio Licinio Crasso e Lucio Giulio Cesare
promulgarono un editto che vietava a chiunque di vendere profumi ‘esotici’
(essi infatti li chiamarono cosı̀). Eppure qualcuno oramai, per Ercole, li mi-
schia anche alle bevande, e il loro aspro aroma è tenuto in cosı̀ grande consi-
derazione che il corpo trae piacere dall’abbondante odore sia all’interno che
all’esterno. Si sa che Lucio Plozio, fratello di Lucio Planco due volte console e
censore, proscritto dai triumviri, fu tradito, nel nascondiglio di Salerno, dal-
l’aroma del suo profumo, particolare ignominioso che fu sufficiente ad assol-
vere l’intera proscrizione: chi infatti potrebbe ritenere ingiusta la morte di si-
mili individui?
(6) Fra tutti i paesi, l’Egitto è il più idoneo alla produzione di profumi;
segue la Campania per l’abbondanza di rose. La Giudea, invece, è famosa
più che altro per le palme, delle quali saranno ora descritte le caratteristiche.
Ne esistono effettivamente anche in Europa e un po’ dappertutto in Italia, ma
sono sterili; quelle delle coste della Spagna danno frutti, che però rimangono
acerbi; in Africa i frutti sono dolci, ma perdono subito il sapore. In Oriente,
invece, se ne fa vino e, presso alcune popolazioni, una sorta di pane; moltis-
simi, poi, li utilizzano come cibo per il bestiame. Questo è il motivo per cui a
buon diritto le palme saranno definite esotiche; non nascono mai spontanea-
mente in Italia né in nessun’altra parte del mondo, fatta eccezione per le zone
calde; quanto poi a quelle fruttifere, non se ne trovano se non nelle zone tor-
ride.
[Traduzione di R. CENTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo, Storia Naturale,
vol. III, Botanica, Torino 1984]
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
7. PROFUMI E CORONE
23
23 Sul tema, oltre al passo di Ateneo qui riportato, vedi anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale
XXI 1-9; Plutarco, Opere morali 645d-648a; Clemente di Alessadria, Pedagogo II 8,70-76.
24 F 1 Garcı́a Lazaro.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Apollodoro, nella sua opera Profumi e corone, ha fatto alla lettera le stesse
osservazioni. |675f|.25 Ecco quanto posso dirvi, amici miei, su questo argomento.
[18] Per quel che riguarda invece i fiori della corona di Naucrati, dopo nu-
merose e inutili ricerche e indagini presso molte persone, alla fine un giorno
mi imbattei nell’opera di Policarmo di Naucrati intitolata Afrodite, nella quale
è scritto quanto segue: 26
Era la ventitreesima Olimpiade (688-685 a.C.). Il nostro concittadino Erostrato,
in viaggio per mare per scopi commerciali, toccava molte terre. Un giorno approdò
anche a Pafo, |676a| nell’isola di Cipro, dove acquistò una statuetta di Afrodite di
antica fattura, alta una spanna. Di ritorno a Naucrati, la portò con sé. Quando ormai
era in vista dell’Egitto, poiché su di lui improvvisamente si abbatté una tempesta e
non era più possibile capire in quale parte della terra fossero, andarono tutti quanti a
rifugiarsi vicino alla statua di Afrodite e pregavano che la dea li salvasse. Quando i
marinai, presi da grande nausea e da forti conati di vomito, disperavano ormai della
salvezza, la dea (era benigna con gli abitanti di Naucrati) improvvisamente |676b|
riempı̀ tutto lo spazio intorno a lei di verdi rami di mirto e sparse per tutta la nave
un dolcissimo profumo. Allo spuntar del sole essi scorsero il porto e approdarono a
Naucrati. Erostrato sbarcò portando con sé la statua e anche i verdi rami di mirto
che gli erano apparsi improvvisamente, e li offrı̀ al tempio di Afrodite. Dopo aver
sacrificato alla dea e dedicato la statua ad Afrodite, invitò i |676c| suoi parenti e amici
più stretti a un banchetto nello stesso tempio e a ciascuno di essi offrı̀ una corona
fatta con i rami di mirto, che da lui, già in quell’occasione, fu chiamata ‘corona di
Naucrati’.27
25 F 1 Garcı́a Lazaro.
26 FGH 640, F 1.
27 Anche Archestrato di Gela, poeta di IV secolo a.C., cosı̀ esortava a partecipare ai banchetti
(Hedypatheia F 62 Brandt): «Sempre alla mensa cingiti il capo di ghirlandette, acconce di ogni fiore,
di cui la terra nutrice di germogli sia tutta un prato. Stilla sulle tue chiome odori rugiadosi, profumati
e sulla cenere che indugia, mollemente, ogni giorno mirra e incenso, odorata arbore di Siria». [Tra-
duzione di S. GRASSO (a cura di), Archestrato di Gela. I piaceri della mensa, Palermo 1987].
28 F 104,2 Gentili.
29 F 2 Garcı́a Lazaro.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
quella fatta |676d| con il papiro che gli Egiziani definiscono ‘per corone’,
traendone il nome dal tredicesimo libro della Storia dell’età di Filippo e dal-
l’undicesimo della Storia della Grecia di Teopompo.30 Questi dice che, quando
il re di Sparta Agesilao giunse in Egitto, gli Egiziani gli mandarono fra gli altri
doni anche un papiro per corone. Io ignoro l’utilità o il piacere che si ricava
dal cingere una corona fatta di papiro e di rose, a meno che quelli che rica-
vano qualche piacere da questo tipo di corona non siano pronti a cingere nello
stesso modo una corona di rose e di aglio. So inoltre che molti per corona di
Naucrati intendono |676e| quella fatta di maggiorana, un fiore che è diffuso in
Egitto. Il mirto egiziano, come ricorda anche Teofrasto,31 se confrontato con
quello che cresce in altre zone, si distingue per il suo profumo.
Tu, però, non pensare di proporci le notizie che ricavi dall’opera di Elio
Asclepiade intitolata Le corone, come se non ne avessimo mai sentito parlare,
ma aggiungi a quelle qualcos’altro. In verità non sei in grado di dimostrare che
qualcuno abbia detto rhodon stephanos (‘corona di rose’) o ion stephanos (‘co-
rona di viole’) tenendo separati i due termini, perché infatti l’espressione di
Cratino narkisson olisboi (‘falli di narcisi’) è scherzosa.34
E Ulpiano ridendo rispose: – Presso i Greci, a quanto dice Semo di Delo 35
nel quarto libro delle Antichità di Delo, fu chiamato per la prima volta stepha-
nos (‘corona’) quello che noi oggi chiamiamo |677a| stephos e alcuni stemma;
perciò, dopo aver cinto questa benda, mettiamo sopra di essa la corona d’al-
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APPENDICE DOCUMENTARIA
loro. Stephanos viene dal verbo stephein (‘intrecciare’). E tu, Tessalo dal par-
lare variopinto quale sei, credi che ciò che sto per dirti sia qualcosa di ovvio,
una di quelle cose già trite e ritrite? Ricorrendo alla tua stessa lingua (glossa) ti
ricorderò la corona di pungitopo (hypoglottis), della quale parla Platone nello
Zeus oltraggiato: 36
Certo una linguetta (glossa) portate nei vostri calzari,
e se mai bevete, cingete la corona hypoglottis;
|677b| e se gli auspici son buoni, voi parlate con lingua (glossa) propizia.
Invece Teodoro, nelle Voci attiche, come dice Panfilo nella sua opera Ter-
mini d’uso comune, definisce hypoglottis un modo di intrecciare corone.37
Dunque ricevi da me, secondo le parole di Euripide,38
A saper parlar bene, da ogni cosa una disputa
di parole ambigue si potrebbe suscitare,
ritenne che la corona che ha questo nome fosse degna di essere ricordata. Si-
leno, nelle Glosse, dice: «Isthmion, una corona», e Fileta: 40 «Corona (isth-
mios), cioè parola con doppio significato, quale ornamento del capo e del col-
lo. Posso dire anche isthmion di un pozzo o di un pugnale». Timachida e
Simmia,41 entrambi di Rodi, riportano i due termini come sinonimi uno del-
l’altro: «Isthmion, cioè corona». |677d| Callissino,42 anche lui originario di Ro-
di, ne parla nella sua opera Alessandria. Egli scrive [...] [21] Ma, visto che ho
ricordato Alessandria, io so che in quella bella città c’è una corona detta Anti-
noeios (‘di Antinoo’), fatta con il tipo di loto che lı̀ chiamano ‘di Antinoo’;
questo cresce d’estate nelle paludi e può essere di due colori: una varietà è
36 F 51 Kassel-Austin.
37 Panfilo F 37 Schmidt; Teodoro FGH 346, F 3a.
38 F 240b Mette.
39 F 505 Kassel-Austin.
40 F 41 Kuchenmüller.
41 Timachida F 28 Blinkenberg; Simmia F 27 Powell.
42 FGH 627, F 4.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
di un colore simile a quello della rosa e con essa si intreccia la corona propria-
mente definita Antinoeios (‘di Antinoo’); l’altra varietà si chiama lotinos (‘di lo-
to’) ed è di un azzurro cupo. |677e| Pancrate,43 un poeta del posto, che anche
noi conosciamo, mostrò all’imperatore Adriano in visita ad Alessandria il loto
del colore della rosa come qualcosa di straordinario. Disse che esso deve essere
chiamato Antinoeios in quanto era spuntato dalla terra bagnata con il sangue
del leone di Mauritania, che Adriano aveva ucciso in una battuta di caccia nella
regione libica vicina ad Alessandria. Si trattava di una bestia enorme, che per
molto tempo aveva devastato la Libia intera, rendendola per largo tratto inabi-
tabile. Adriano allora si compiacque di quell’idea originale e singolare e ricom-
pensò il poeta concedendogli di essere mantenuto a pubbliche spese nel Museo.
|677f| Anche il commediografo Cratino,44 negli Odissei, partendo dal fatto che
gli Ateniesi definiscono ‘piante da corone’ tutte quelle frondose, chiama il loto
‘pianta da corona’. Pancrate 45 nel suo poema ha detto non senza eleganza:
Il folto serpillo, il bianco giglio e il giacinto
purpureo e le foglie del glauco chelidonio
e la rosa che si piega agli zefiri di primavera:
non era ancor nato il fiore dal nome di Antinoo.
Nelle Glosse Seleuco 49 sostiene che hellotis è il nome dato alla corona in-
trecciata con il mirto, una corona |678b| di venti cubiti di circonferenza, che si
portava in processione nelle feste Ellotie. Dicono che su questa corona fossero
portate le ossa di Europa, chiamata Hellotis. Le Ellotie si celebravano anche a
Corinto.
43 FGH 625, T 1.
44 F 157 Kassel-Austin.
45 F 3,1-4 Heitsch.
46 F 32 Schmidt.
47 F 19 Blinkenberg.
48 F 40 Kuchenmüller.
49 F 52 Müller.
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Thyreatikoi (‘di Tirea’) – A quanto dice Sosibio 50 nella sua opera I sacri-
fı̀ci, sono cosı̀ chiamate dai Lacedemoni alcune corone. Sosibio sostiene che
ora esse sono denominate ‘psiline’ e che sono confezionate con rami di pal-
ma. Le si cingono, egli dice, per ricordare la vittoria di Tirea da coloro che
guidano le danze di questa festa, durante la quale si celebrano anche |678c|
le Gimnopedie. Ci sono inoltre tre cori di danzatori: in testa quello di fan-
ciulli, a destra quello di vecchi e a sinistra quello di uomini adulti. Danzano
nudi e intonano canti di Taleta e di Alcmane e i peani del lacedemone Dio-
nisodoto.
Le corone melilotinoi (‘di meliloto’) sono cosı̀ ricordate da Alessi 51 nella
Cratea ovvero Il farmacista:
e molte corone di meliloto appese.
[23] |678e| Anche presso i poeti comici trovo poi una corona detta kylistos
(‘intrecciata in cerchio’). Ne fa menzione Archippo 57 nel Rinone con queste
parole:
Dopo aver restituito il mantello, se ne torna a casa impunito
e con una corona ben intrecciata in cerchio.
50 FGH 595, F 5.
51 F 119 Kassel-Austin.
52 F 54 Müller.
53 F 25 Blinkenberg.
54 F 42 Kuchenmüller.
55 FGH 346, F 3b.
56 F 51 Kassel-Austin.
57 F 42 Kassel-Austin.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
58 F 4 Kassel-Austin.
59 F 210 Kassel-Austin.
60 F 53 Kassel-Austin.
61 F 73 Kassel-Austin.
62 FGH 343, F 7.
63 F 6 Kassel-Austin.
64 F 564 Radt.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Questa corona è intrecciata con il fiore della cosiddetta ‘saponaria’, a cui ac-
cenna Teofrasto 66 nel sesto libro della sua opera Storia delle piante quando dice:
«Fioriscono d’estate anche l’iris e la cosiddetta ‘saponaria’, un fiore bello a veder-
si, ma non profumato». Anche Galene di Smirne chiama questo ‘di saponaria’.
Pothos (‘rimpianto’). Nelle Glosse Nicandro di Colofone 67 dice che si
chiama cosı̀ un tipo di corona; o forse è una corona confezionata con i fiori
che hanno questo nome; questi sono ricordati nel |679d| sesto libro della Storia
delle piante dallo stesso Teofrasto,68 che cosı̀ scrive:
Fioriscono preferibilmente d’estate la licnide, il dianto, il giglio, lo spigo e la mag-
giorana frigia, e inoltre il cosiddetto pothos (‘rimpianto’). Quest’ultimo può essere di
due tipi: uno ha il fiore simile a quello del giacinto, l’altro, senza colore, di un bianco
assoluto, è usato per adornare le tombe.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Riguardo alle sempre fiorenti corone d’Egitto, nella Storia d’Egitto Ellani-
co 73 scrive:
C’è una città di nome Tindio, posta sul fiume. È luogo di riunione degli dèi, e al
centro di essa c’è un tempio grande e venerando, di pietra, e una porta, anch’essa di
pietra. All’interno del tempio crescono acacie bianche e nere. |680a| Sopra di queste
sono state gettate corone intrecciate con fiori di acanto, melograno e vite, sempre fio-
rite. Furono poste dagli dèi quando seppero che in Egitto regnava Babi, vale a dire
Tifone.
Ma Demetrio,74 nella sua opera Fatti d’Egitto, dice che queste acacie si
trovano presso la città di Abido; egli scrive quanto segue:
Nella parte bassa della regione |680b| cresce anche un albero di acacia che pro-
duce un frutto globoso in ramoscelli di forma rotonda. Fiorisce a primavera e il fiore è
di un colore [...] e splendido. Gli Egiziani raccontano una storia secondo la quale gli
Etiopi inviati a Troia da Titono, quando udirono che Memnone era morto, gettarono
in questa regione le loro corone sulle acacie. I ramoscelli sui quali cresce questo fiore
sono simili a corone.
70 F 104 Kassel-Austin.
71 F 13 Kassel-Austin.
72 TGrF 71, F 7.
73 FGH 4, F 54.
74 FGH 643, F 1.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Ellanico,75 che è stato appena citato, dice anche che Amasi, che pure era
prima un semplice e modesto cittadino, riuscı̀ a diventare re d’Egitto grazie a
una corona intrecciata con i fiori più belli della stagione |680c| e inviata in do-
no per il suo compleanno a Patarmi, che era allora sovrano d’Egitto. Patarmi,
deliziato dalla bellezza della corona, invitò a pranzo Amasi. Da quel momento
cominciò a considerarlo come un amico e un giorno, poiché gli Egiziani gli
facevano guerra, lo inviò contro di essi come comandante. Amasi fu poi di-
chiarato re dagli stessi Egiziani, a causa dell’odio che essi nutrivano nei con-
fronti di Patarmi.
[26] Le corone synthematiaioi (‘ordinate’) sono quelle preparate su com-
missione e dietro compenso. Aristofane 76 le nomina nelle Donne alle Tesmo-
forie:
Per intrecciare venti corone già ordinate.
|680d| Choronon. Apione, nella Lingua latina, sostiene che ciò che ora di-
ciamo stephanos (‘corona’) si chiamava un tempo choronon perché usato nei
teatri dai choreutai, i quali non solo lo cingevano, ma anche se lo contendeva-
no come premio. Negli Epigrammi di Simonide 77 abbiamo la conferma che
avesse questo nome:
Le nostre cicale una corona (choronon) fecero cingere a Febo,
che i figli di Tindaro educa ai canti.
Akininoi (‘di basilico’). Hanno questo nome, a quanto dice il medico An-
drone, alcune corone che si intrecciano con la pianta del basilico (akinos).
Quanto Androne afferma fu testimoniato da Partenio, il discepolo di Dioni-
sio, nel primo libro del |680e| Lessico degli storici.
[27] Teofrasto 78 elenca questi fiori per fare corone: «Viola, elianto, spigo,
viola fiamma, emerocallide». Teofrasto dice 79 che il primo fiore a spuntare è la
violetta bianca, e contemporaneamente a questa nasce anche la viola fiamma
che chiamiamo ‘selvatica’, e poi il narciso e il giglio e tra le specie selvatiche il
tipo di anemone chiamato ‘montano’ e il cipollaccio col fiocco (alcuni intrec-
75 FGH 4, F 55.
76 Donne alle Tesmoforie 458.
77 F 176 Bergk.
78 Storia delle piante VI 6,11.
79 Storia delle piante VI 8,1.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
ciano corone anche con questo fiore). Inoltre la filipendola (oinanthe) e la vio-
letta e, tra i fiori selvatici, l’elicriso |680f| e il tipo di anemone che chiamiamo
‘dei prati’, e poi il gladiolo e il giacinto. La rosa spunta più tardi ed è l’ultima
ad apparire e la prima a terminare la sua fioritura. Fioriscono preferibilmente
d’estate la licnide, il dianto, il giglio, lo spigo e la maggiorana frigia, e inoltre il
cosiddetto pothos (‘rimpianto’). Nel nono libro lo stesso Teofrasto 80 dice: «Se
un uomo cinge una corona fatta con fiori di helikrysos (‘elicriso’), ottiene buona
fama se la asperge di profumo». All’elicriso accenna Alcmane 81 in questi versi:
|681a| A te rivolgo preghiere, portando
questa corona (pyleon) d’elicriso
e d’amabile cipero.
E inoltre Ibico: 82
Mirti e viole ed elicriso,
mele e rose e tenero alloro.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Nel secondo libro della sua opera La materia, Icesio 91 sostiene che il leu-
koı̈on (‘violetta bianca’) ha un moderato effetto astringente e che il suo profumo
è di gran lunga il più soave e il più capace di dilettare, seppure per pochissimo.
«La violetta – egli dice – è di aspetto |681d| simile, ma conserva il suo profumo
per molto più tempo». Apollodoro,92 nella sua opera Gli animali selvatici, dice:
«Camepizio: alcuni lo chiamano holokyros, gli abitanti di Atene ionia, quelli di
Eubea sideritis». Nicandro nel secondo libro delle Georgiche – ne riporterò i
versi tra poco, quando passerò in rassegna tutti i fiori usati per le corone – dice
che alcune ninfe loniadi offrirono lo ion (‘viola’) a Ione per primo.
|681e| Nel sesto libro delle Ricerche sulle piante, Teofrasto 93 sostiene che il
narkissos (‘narciso’) è chiamato anche leirion. Ma poco dopo lo stesso Teofra-
sto 94 parla di narciso e leirion come di due fiori differenti. Eumaco di Corcira 95
afferma nell’Erborista che il narciso è chiamato sia akakallis sia krotalon. Il fio-
re chiamato emerocallide, che appassisce durante la notte, ma rifiorisce al sor-
gere del sole, viene ricordato da Cratino 96 in questi termini negli Effeminati:
e con l’amato emerocallide.
89 F 39 Wehrli.
90 F 115 Kassel-Austin.
91 F 30 Garcı́a Lazaro.
92 F 2 Garcı́a Lazaro.
93 Storia delle piante VI 6,9.
94 Storia delle piante VI 8,1.
95 F 1 Garcı́a Lazaro.
96 F 105,5 Kassel-Austin.
97 Storia delle piante VI 7,2.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
[29] Le varietà di rose sono molte – dice Teofrasto nel sesto libro –.102 La mag-
gior parte di esse ha cinque petali, altre ne hanno dodici; alcune poi, che crescono
nelle vicinanze di Filippi, ne hanno addirittura cento. Si trapiantano cogliendole
sul monte Pangeo, dove se ne trovano molte. I petali interni sono molto piccoli; que-
ste rose infatti germogliano in modo tale che alcuni petali sono interni, altri esterni.
Esse non sono profumate e hanno dimensioni ridotte. Le più fragranti sono quelle
con cinque petali, la cui parte inferiore è ruvida. |682c| Hanno invece un odore molto
intenso le rose di Cirene, perciò anche il profumo che si fa con esse è il migliore. Ma a
Cirene è purissima e divina la fragranza anche delle viole e degli altri fiori, in modo
speciale quella del croco.
Timachida,103 nei Banchetti, sostiene che gli Arcadi sono soliti dire del-
la rosa che è euomphalon (‘dal bel cuore’), invece che euosmon (‘profuma-
ta’).
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Apollodoro,104 nel quarto libro della Storia dei Parti, afferma che nel ter-
ritorio dei Parti c’è un fiore chiamato philadelphon (‘filadelfo’), del quale dice
quanto segue:
Sono molti i tipi di mirto, come per esempio la salsapariglia (milax) e il cosiddetto
‘filadelfo’, |682d| che ha un nome adatto alla sua natura. Infatti, ogni volta che i suoi
ramoscelli spontaneamente colmano l’intervallo che li divide e si toccano, restano uni-
ti nel [...] in un abbraccio simile a quello delle creature animate, come scaturissero da
un’unica radice, e cosı̀ continuano a crescere e a produrre germogli. Per questa ragio-
ne li si usa come protezione per le piante coltivate. Infatti nei giardini si piantano tut-
t’intorno, prendendo i polloni più delicati e intrecciandoli a mo’ di rete. Cosi uniti
insieme rendono il recinto impenetrabile e sicuro.
[30] |682d| L’autore dei Canti Ciprı̂,105 sia egli Egesia oppure Stasino, fa
menzione di fiori usati per confezionare corone. Demodamante di Alicarnas-
so, o di Mileto,106 nell’opera Alicarnasso, sostiene però che quei canti sono
opera di Cipria di Alicarnasso. Chiunque sia stato l’autore di quei canti, nel
primo libro possiamo leggere questi versi: 107
Sul corpo le vesti indossò, che le Grazie e le Horai
fecero e tinsero in fiori di primavera,
quanti recano le stagioni, nel croco e nel giacinto,
nella viola rigogliosa e nella bella rosa sbocciata,
dolcemente profumata, nei calici d’ambrosia,
|682f| del narciso [...] e del giglio [... .
.. ] la divina Afrodite indossava abiti profumati con fiori di ogni stagione.
Questo poeta è certamente informato anche circa l’uso delle corone. Ciò
risulta dai versi seguenti: 108
Afrodite amante del sorriso con le sue ancelle [...]
intrecciando i fiori della terra in profumate corone,
le posero sulla testa, le dee dai veli lucenti,
le Ninfe e le Grazie, e con loro Afrodite d’oro,
mentre magnificamente cantavano sull’Ida ricco di sorgenti.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
[31] |683a| Nicandro, nel secondo libro delle Georgiche, fa anche lui una
lista di fiori usati per le corone; riguardo alle ninfe Ioniadi e alle rose, Nican-
dro 109 dice quanto segue:
Ma i fiori della Ionia tu stesso potresti seminare o quelli già cresciuti
potresti trapiantare. Sono due le specie di viole:
una è gialla e appare simile all’oro;
le altre sono quelle che, come pura corona, le ninfe loniadi,
prese d’amore, offrirono a Ione nella terra di Pisa. 5
Aveva egli ucciso un cinghiale, seguendone le tracce con i cani,
|683b| e nell’Alfeo si era lavato le membra sporche di sangue,
pronto la sera a passare la notte con le ninfe Ioniadi.
Taglia poi germogli di rosa spinosa,
e piantali in fosse di due palmi: 10
prima le rose che Mida, del paese degli Odoni, lasciando il regno
dell’Asia, coltivò nei fondi di Emazia:
sempre avevano intorno una chioma di circa sessanta petali;
poi quelle di Nisea di Megara; e non è spregevole |683c|
la rosa di Faselide o della città devota a Leucofri: 15
cresce questa a Magnesia, vicino alle acque del Leteo.
Pianterai talvolta in buche polloni d’edera ben radicata,
più volte poi lo stesso festone dell’edera a corimbi
che viene dalla Tracia, o il tipo bianco o quello dai viticci erranti.
Li rinforzerai colti in germoglio, e falli crescere in un’unica cima 20
fissando l’intreccio a canestri intrecciati da poco,
sicché due corimbi insieme legati facendo da corona,
|683d| possano stare uniti fino alla cima gagliarda,
coperti di verde fronda da una parte e dall’altra.
Dal seme nascono certo i calici che crescono in cima: 25
bianchi nei petali, di giallo zafferano all’interno.
Alcuni poeti li chiamano krina, altri leiria,
altri anche ‘ambrosia’, e molti ‘delizia d’Afrodite’,
perché con il colore della sua pelle il giglio compete. Forse per questo si dice,
|683e| nel mezzo cresce l’oggetto della vergogna, il membro dell’animale
[che raglia. 30
Dalle radici nasce l’iris, l’iris nana e quella che è simile
al giacinto piangente; cresce con fiori del colore delle rondini
e insieme alle rondini arriva. Produce nel grembo
crudele fogliame, ma i calici, se pure nati da poco,
li vediamo sempre con l’apertura cadente. 35
Insieme nasce anche la licnide dal colore vivo; né si diranno
109 F 74 Gow.
— 139 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
[32] |684e| Da questi versi risulta evidente che chelidonio e anemone non
sono, come invece alcuni affermano, la stessa pianta. Teofrasto 110 dice:
La pianta chiamata girasole e il chelidonio devono fiorire in stretta relazione con
gli astri. Il chelidonio, per esempio, fiorisce con l’arrivo delle rondini.
— 140 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Timachida aggiunge che era intrecciata con questo fiore anche la cosiddet-
ta ‘corona di Arianna’. E Ferecrate,114 |685a| o chiunque sia l’autore della com-
media I Persiani, nel citare anche lui alcuni fiori adatti per le corone, dice:
O tu, che vomiti malve e respiri giacinto,
che parli dolce come il meliloto e fai sorrisi di rosa;
tu, il cui bacio sa di maggiorana, di sedani (selina) l’eccitarsi,
di macerone (hipposelina) il ridere, di speronella il camminare,
versa vino e, com’è uso, urla il triplice peana.
Mi domando che cosa sia il trifoglio di cui si parla in questi versi. A De-
marete 116 si attribuisce un poemetto intitolato Il trifoglio. Inoltre, nella Brava
gente, Ferecrate,117 o Strattide, dice:
Vi siete lavati e ora, prima della splendida luce del giorno,
cianciate di sisimbri e di speronelle,
alcuni al mercato delle corone, altri dal profumiere.
— 141 —
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APPENDICE DOCUMENTARIA
[33] L’entrata nei simposi delle corone e dei profumi precedeva la seconda
tavola. Ce lo conferma Nicostrato 119 in questi versi del Falso briccone:
|685d| E tu
fa’ che la seconda tavola sia pronta;
abbelliscila con stuzzichini d’ogni tipo;
porta profumo, corone, incenso e una sonatrice di aulo.
Questa abitudine era diffusa anche in Egitto, come ci dice Nicostrato 122
nell’Usuraio. Presentando un usuraio egiziano, Nicostrato dice:
— 142 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Ma tu ora riempiti il ventre, Cinulco, e poi dicci per quale motivo Crati-
no,123 parlando del meliloto, ha detto «col meliloto che sempre protegge». Ma
poiché vedo che tu sei ormai exoinos (‘sbronzo’) – cosı̀ Alessi,124 nel Nuovo
inquilino, chiama quello che noi definiamo methyses (‘ubriaco’) – smetterò
di infastidirti e darò ordini ai servi adeguandomi a Sofocle,125 che nei Convitati
dice:
|686a| Portate la mensa! Che qualcuno impasti una maza e riempia una
[coppa
profonda: quest’uomo, come un bue da fatica,
non può fare bene il suo lavoro prima di mangiare.
Anch’io ormai smetterò per oggi di parlare di corone e inviterò quelli che
vogliono farlo a continuare la conversazione discutendo di profumi. A conclu-
sione di questo mio discorso portatore di corona, usando parole di Antifane 128
darò allo schiavo questi ordini:
Porta qui due belle corone
|686c| e una bella fiaccola accesa con un bel fuoco.
— 143 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
Cosı̀ infatti porrò fine al mio discorso secondo i modi di un’azione teatrale.
E non molti giorni dopo, come se avesse presagito che il suo silenzio
sarebbe stato eterno, Ulpiano morı̀ felicemente, senza concedere alcun
tempo alla malattia, ma provocando grande dolore in noi, che eravamo suoi
amici.
[34] Mentre gli schiavi portavano in giro dei profumi in vasi di alabastro e
in altri contenitori d’oro, un tale, notando che Cinulco stava sonnecchiando,
gli spalmò del profumo in gran quantità sul viso. Svegliatosi e |686d| ripresosi
a stento, Cinulco disse: – Cos’è questo, per Ercole? Non viene qualcuno con
una spugna a pulirmi il viso sporco di tutte queste magie? Non sapete forse
che anche il nobile Senofonte,129 nel Simposio, fa parlare cosı̀ Socrate:
Sı̀, per Zeus, Callia, sei proprio un perfetto padrone di casa! Infatti, non solo ci
hai preparato un pranzo eccellente, ma ci offri anche intrattenimenti e spettacoli mol-
to piacevoli.
– Che cosa diresti, dunque, se ci portassero anche del profumo, perché possiamo
banchettare in un ambiente profumato?
– Assolutamente no, rispose Socrate. Come infatti un tipo di veste è per la donna
e un altro per l’uomo, |686e| cosı̀ per i profumi, uno è da donna, un altro da uomo. E
in realtà, io credo, nessun uomo si cosparge di profumo per piacere a un altro uomo.
Ma invero anche le donne, specialmente se sono spose novelle, come la moglie del qui
presente Nicerato e quella di Critobulo, che bisogno hanno di profumarsi? Sono esse
di per sé profumate. L’odore di olio di oliva nelle palestre è più soave di quello del
profumo per le donne, quando ci sia; se invece manca, se ne avverte di più l’assenza.
Senza dubbio, schiavi o liberi che siano, tutti, quando si sono spalmati del profumo,
profumano allo stesso modo; ma i |686f| profumi che derivano dalle fatiche di un uo-
mo libero, richiedono prima di tutto nobili occupazioni e molto tempo, se vogliono
essere piacevoli e degni di uomini liberi.
Il mirabile Crisippo 130 dichiara che i profumi (myra) derivano il loro nome
dal fatto che si ricavano con grande moros (‘pena’) e vana fatica. Gli Spartani
allontanano dalla città coloro che producono profumi, accusandoli di sprecare
l’olio d’oliva, e cosı̀ pure quelli |687a| che tingono la lana, in quanto ne distrug-
gono il candore. Il saggio Solone 131 nelle sue leggi proibı̀ agli uomini di ven-
dere profumi. [35] Nel terzo libro delle Vite Clearco 132 dice:
129 II 2-4.
130 F 12, SVF III, p. 200.
131 F 73a Ruschenbuch.
132 F 41 Wehrli.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Oggi hanno qualcosa di voluttuoso non solo i profumi degli uomini, ma anche
la loro carnagione, sicché i profumi contribuiscono a rendere femminei quelli che li
usano. Pensate voi che l’eleganza senza virtù possa avere in sé qualche cosa di vo-
luttuoso? La stessa Saffo, che era una donna nel vero senso della parola, e per di
più poetessa, ebbe ritegno a separare ciò che è onesto da ciò che è elegante quando
disse: 133
|687b| Ma io amo l’eleganza;
e per me l’amore della vita è splendore e onore.
Saffo in questi versi chiariva a tutti come il desiderio di vivere per lei unisse ciò
che è splendido a ciò che è onorevole; e queste sono prerogative della virtù. Inoltre il
pittore Parrasio, sebbene indulgesse inopportunamente al lusso al di là della sua con-
dizione d’artista e si tracannasse dalle sue verghette di pittore quella che si chiama
‘vita da persona libera’, certamente rivendicò per se stesso la virtù, almeno a parole,
dal momento che appose questo epigramma su tutte le sue opere realizzate a Lin-
do: 134
Opera di un uomo dalla vita raffinata (hobrodiaitos) e rispettoso della virtù,
Parrasio.
Al che qualche spirito arguto (cosı̀ a me sembra), molto crucciato con uno che
insudiciava |687c| la bellezza e l’onorevolezza della virtù, in quanto aveva finalizzato
sconvenientemente al lusso quei beni a lui concessi dalla fortuna, corresse ‘uomo ha-
brodiaitos’ (‘dalla vita raffinata’) con ‘uomo rhabdodiaitos’ (‘che vive del suo stilo’);
tuttavia, poiché afferma di onorare la virtù, bisogna tollerarlo.
[36] |687d| In risposta alle parole di Cinulco, Masurio disse: – O uomo divi-
no, non sai che le sensazioni poste nel nostro cervello sono lenite e inoltre guarite
dai buoni odori? È quanto sostiene anche Alessi 136 nella Malata d’amore:
Di buona salute mezzo
validissimo è procurare buoni odori al cervello.
— 145 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
E inoltre: 141
E il suo cuore dentro il petto fremeva.
E ancora: 142
A Ettore stesso il cuore batté forte nel petto.
Questo fatto essi portano come prova che la parte più autorevole dell’a-
nima ha la sua sede nel petto. Infatti quando siamo agitati per la paura,
|688a| accade molto chiaramente che il nostro cuore salti. Anche l’Agamenno-
ne 143 omerico dice:
Tremendamente per i Danai io temo, né sta tranquillo
il mio cuore, ma sono molto turbato; il cuore mi balza
fuori dal petto e mi tremano le membra gagliarde.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Sofocle 144 poi fa dire alle donne che si sono liberate dalla paura:
Nessuna figlia della paura
danza lieta nel petto.
Platone 146 dice che il creatore dell’universo avvolse il cuore con i polmoni,
che innanzitutto hanno consistenza molle e sono privi di sangue, e poi sono
forniti di cavità tutt’intorno a mo’ di spugne, cosicché quando davanti al pe-
ricolo il cuore spesso balza, lo fa contro qualcosa di cedevole e soffice. |688c|
In ogni modo i poeti hanno chiamato le corone che si pongono intorno al pet-
to hypothymiades dall’esalazione (anathymiasis) dei fiori e non, come alcuni
credono, perché l’anima sia chiamata thymos.
— 147 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
[38] I profumi migliori non si producono tutti nello stesso luogo; lo sostie-
ne Apollonio,153 il discepolo di Erofilo, che nei Profumi scrive:
È eccellente il profumo d’iris che si produce nell’Elide e a Cizico; il migliore pro-
fumo di rosa lo fanno a Faselide, ma anche a Napoli e a Capua; quello di croco a Soli,
in Cilicia, e a Rodi; quello di nardo a Tarso; il migliore profumo di filipendola è quello
di Cipro e di Adramittio; per quello |688f| di maggiorana e per il melino si distingue
Cos. Quanto poi all’olio di henna, è più apprezzabile quello confezionato in Egitto, e
in secondo luogo quello di Cipro e della Fenicia, specialmente la zona di Sidone. Il
cosiddetto panatenaico è migliore ad Atene, mentre in Egitto è ottima la produzione
di metopio e di mendesio. Il metopio si fa con l’olio ricavato dalle mandorle amare.
Tuttavia – dice Apollonio – l’eccellenza del prodotto è determinata non dalle località,
ma da chi fornisce i materiali, dai materiali stessi e dall’abilità dei profumieri. |689a|
Per esempio – aggiunge – Efeso era un tempo famosa per i profumi, in special modo
per il megallio, ma ora non più. Furono famosi anche i profumi di Alessandria grazie
alla ricchezza della città e all’interesse che per essi avevano Arsinoe e Berenice. Nello
stesso modo a Cirene, al tempo di Berenice la Grande, si produceva il migliore pro-
fumo ricavato dalla rosa. Quello di filipendola era un tempo mediocre ad Adramittio,
ma più tardi divenne il migliore grazie a Stratonice, moglie di Eumene. Tutti i pro-
fumi forniti in tempi remoti dalla Siria erano eccellenti, soprattutto quello di fieno
greco (telinon), ma ora non è più cosı̀. A Pergamo un tempo, e grazie alla dedizione
di un profumiere, fu prodotto in modo eccellente, ma ora non più, |689b|, un profu-
mo d’incenso, mai fatto prima da nessun altro. Un buon profumo, versato su uno sca-
dente, resta in superficie; viceversa il miele buono, versato su uno di qualità peggiore,
è costretto al fondo; infatti prende su di sé il peggiore.
— 148 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Didimo 155 sostiene che forse il poeta si riferisce |689c| alla cosiddetta stak-
te, in quanto in Grecia si importa la mirra che è portata prima in Egitto. Ice-
sio,156 nel secondo libro della Materia, dice:
Alcuni profumi si spalmano sul corpo, altri si cospargono. Quello della rosa è
adatto al simposio, cosı̀ come quello di mirto e il melino. Quest’ultimo profumo fa-
vorisce anche la digestione ed è efficace per chi soffre di sonnolenza. Anche il profu-
mo di filipendola è digestivo e inoltre conserva la mente sveglia. Al simposio si addi-
cono anche il profumo di maggiorana e quello di timo, e inoltre quello di croco, a
patto che non si mescoli con molta mirra. |689d| Sono adatti al simposio anche la stak-
te e inoltre il nardo. Dolce e delicato è il profumo di fieno greco (telinon). Quello di
violetta bianca è fragrante ed è di grande aiuto alla digestione.
[40] Che gli antichi fossero molto accurati nell’uso dei profumi è provato
anche dal fatto che essi sapevano quale fosse adatto per ciascuna delle parti
del nostro corpo. Antifane,158 per esempio, in Quelli di Torico ovvero Il mina-
tore, dice:
Ecco che si lava veramente!
[B] E allora, cosa?
[A] Da una brocca con le borchie d’oro
154 F 20 Radt.
155 Didimo p. 305 Schmidt.
156 F 31 Garcı́a Lazaro.
157 Sugli odori 27.
158 F 105 Kassel-Austin.
— 149 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
159 F 3 Kassel-Austin.
160 F 41 Kassel-Austin.
161 FF 1; 17 Kassel-Austin.
161 bis F 37 Kassel-Austin.
162 F 107,21-22 Degani.
163 F 10 Radt.
— 150 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
164 F 24 Radt.
165 F 158 Gentili.
166 F 1032 Radt.
167 F 3 Kassel-Austin.
168 F 14 Radt.
169 F 16 West.
170 F 336 Kassel-Austin.
171 F 105 Kassel-Austin.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Del profumo basileion (‘regale’) fa menzione Cratete 172 nei Vicini di casa,
quando dice:
Molto dolce olezzava di profumo regale.
Polmone,177 nella sua opera Contro Adeo, dice che presso gli Elei c’è un
profumo chiamato plangonion, inventato da una certa Plangone. |690f| La co-
sa è confermata da Sosibio 178 nelle Somiglianze. Cosı̀ anche per il megalleion
(‘megallio’): fu chiamato cosı̀ da Megallo, un greco di Sicilia, ma alcuni dicono
che Megallo fosse ateniese. Aristofane 179 lo ricorda nella commedia Quelli di
Telmesso e Ferecrate 180 nella Petale. Nella Medea Strattide 181 dice:
E dillo che le stai portando un profumo
quale mai Megallo
preparò, né l’egizio Dinia
mai vide né possedette.
172 F 2 Kassel-Austin.
173 F 94,19-20 Lobel Page.
174 F 213 Kassel-Austin.
175 F 204 Kassel-Austin.
176 F 100 Kassel-Austin.
177 F 64 Preller.
178 FGH 595, F 9.
179 F 549 Kassel-Austin.
180 F 149 Kassel-Austin.
181 F 34 Kassel-Austin.
182 F 27 Kassel-Austin.
— 152 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
183 F 47 Kassel-Austin.
184 F 210 Kassel-Austin.
185 F 23 Kassel-Austin.
186 Donne all’assemblea 1117.
187 F 1 Kassel-Austin.
188 F 213 Kassel-Austin.
189 F 204 Kassel-Austin.
— 153 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
Nicandro di Tiatira 190 sa che questa espressione è stata usata per indicare
un tale che si compiaceva eccessivamente del lusso. Teodoro 191 definisce il sag-
das un tipo di incenso.
[44] Una cotile di profumo ad Atene costava moltissimo. A quanto dice
Ipparco 192 nella Festa notturna il suo prezzo era di cinque mine; ma nel Miso-
gino Menandro 193 parla di dieci mine. |691d| Nella commedia Quelli di Frearri
Antifane,194 ricordando il profumo stakte, dice:
Non è affatto di mio gradimento una stakte da due mine.
Ma ad amare i profumi non c’erano solo gli abitanti di Sardi, come sostie-
ne Alessi 195 nel Fabbricante di coppe:
Sempre amante dei profumi l’intera stirpe di Sardi.
Li amavano anche gli Ateniesi che, pur artefici delle conquiste più impor-
tanti nella vita degli uomini, non si astennero dall’usare profumi, anche se, co-
me è stato detto, nella loro città avevano un prezzo eccessivo. |691e| D’altra
parte neanche noi ora ce ne asteniamo, sebbene i migliori siano cosı̀ costosi
che ci sembra veramente frivola la realtà che Alessi 196 ci descrive in questi ver-
si del Nuovo inquilino:
Non si profumava da un vaso d’alabastro,
cosa sempre avvenuta, fin dai tempi di Crono,
ma bagnava nel profumo quattro piccioni, non nello stesso,
per Zeus, ma ciascuno in uno diverso,
e poi li faceva volare. Ed essi, librandosi intorno,
spruzzavano i nostri mantelli e i nostri giacigli.
|691f| Non m’invidiate per questo, principi della Grecia:
mi unsi bagnandomi in una pioggia di profumo d’iris.
[45] Per gli dèi, amici, che piacere, anzi, che spacconeria da porco imbrat-
tarsi le vesti, quando è possibile attingere con le proprie mani, come ora noi
facciamo, e ungere tutto il corpo, e soprattutto la testa! |692a| Filonide,197 nel-
— 154 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
l’opera Profumi e corone, afferma che l’abitudine di ungersi la testa nei simpo-
si deriva dal fatto che, quando la pelle della testa è secca, ciò che si ingerisce
tende a tornare su. Per questo motivo, quando il corpo è eccessivamente cal-
do, ci si inumidisce la testa con degli impacchi per evitare che le parti vicine
muovano all’attacco di quella che è più asciutta, e che quindi presenta molti
punti vuoti. Tenendo conto di questo fatto e sospettando che durante i sim-
posi il vino tenda ad andare verso l’alto, gli uomini furono indotti a ungersi la
testa, ritenendo che la bevanda avrebbe perso parte della sua forza se si fos-
sero bagnati il capo prima di bere. |692b| Poiché inoltre la vita umana è sem-
pre incline ad aggiungere a ciò che è utile qualcosa che tende al godimento e
al lusso, si cominciò a fare uso di profumi. Dunque, o Teodoro Cinulco, quan-
do si beve si devono usare i profumi che sono meno in grado di intorpidire la
mente e che per meno tempo hanno potere astringente e refrigerante. Il dot-
tissimo Aristotele,198 nei Problemi di fisica, pone la questione del perché quelli
che usano i profumi incanutiscano prima. Egli dice:
Il fatto è che il profumo, a causa dei suoi aromi, ha potere essiccante; quindi co-
loro che ne fanno uso hanno la pelle asciutta e questo rende i loro capelli più grigi.
Infatti, sia nel caso in cui la canizie sia provocata dall’inaridirsi dei capelli sia che alla
sua origine ci sia una mancanza di calore, è certo che l’aridità fa appassire. |692c| Per-
ciò anche portare il cappello rende più velocemente canuti, in quanto esso assorbe
quell’umidità che dovrebbe servire ad alimentare i capelli.
— 155 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
dove si dice che il nostro dio Giano, che invochiamo anche come padre, fu il
primo a ideare una corona. Questo viene ricordato da Draconte di Corcira,201
che nella sua opera Le pietre scrive:
Si dice che Giano fosse bifronte poiché aveva una faccia dietro e una davanti. Da
lui hanno preso il nome il fiume Giano e il monte Giano, sul quale egli dimorò. |692e|
Fu lui a inventare la corona, le zattere e le imbarcazioni e a coniare una moneta di
bronzo. Perciò molte città della Grecia, dell’Italia e della Sicilia incidono sulle loro
monete da una parte una testa a due facce e dall’altra una zattera o una corona o
un’imbarcazione. Giano si sposò con sua sorella Camese e da lei ebbe un figlio di no-
me Etex e una figlia di nome Olistene. Ambiva a maggiori fortune, |692f| per cui na-
vigò alla volta dell’Italia e si stabilı̀ sul colle presso Roma che da lui prese il nome di
Gianicolo.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
8. PROFUMI E MEDICINA
— 157 —
12
APPENDICE DOCUMENTARIA
i foraggi verdeggiano e stanno per far sbocciare l’erba, e lascia il fondo del
fiume, calpestando tanto quanto divora con le sue mascelle nel tornare indie-
tro. Da questo taglia in modo da pareggiare il peso di una dracma e dai da
bere in acqua, dopo aver tagliato tutto insieme in un vaso.
E non dimenticare l’abrotano, né il frutto dell’alloro a foglie piccole;
molto utile sarebbe anche la maggiorana che verdeggia negli spazi fioriti
e nelle aiuole. E inoltre poni caglio di un’agile lepre giovane o di daino o
di cerbiatto, avendo tolto prima le feci, o il ventre di un cervo, che chiama-
no riccio, altri retina, che racchiude gli intestini. E prendi da questi ingre-
dienti il peso di due dracme, metti le parti in quattro ciati di vecchio vino e
mischiali bene.
E non ti sfugga l’utilità del polio o del cedro, il ginepro e le palle del pla-
tano adatto a dormirci sotto d’estate, e i semi del bupleuro e del cipresso del-
l’Ida; o anche taglia da un cervo lo scroto contenente il seme. Tutto infatti sarà
utile per la guarigione e allontanerà l’indicibile sofferenza. Considera ora un
altro modo per poter sfuggire alla morte e proteggersi: prendendo la colibatia.
Sminuzzala in un mortaio rotondo e insieme versa una cotile di tisana di orzo,
aggiungi due ciati di vino vecchio e anche una porzione uguale di olio splen-
dente d’oliva; dopo aver mescolato sbattendo, arresterai il veleno che rode co-
me la bile. Prendi un sesto di una cotile di pece profumata, e togli il midollo
centrale da una verde ferula, o anche trita la radice robusta del cavallo-finoc-
chio nelle bacche di cedro e semi di sedano che cresce nelle paludi; li contenga
una capacità colma di un ossibafo. Aggiungi anche i semi di macerone dopo
averli tagliati, e due dracme di mirra pungente, e inoltre taglia un frutto di cu-
mino che cresce in estate, rimescolalo secondo un peso stabilito o versa a caso
e senza pesare. Bevi dopo aver mescolato con questi ingredienti del vino at-
tinto per tre volte nella quantità di un ciato. Prendi il peso di una dracma
di nardo dalla bella spiga, e insieme sminuzza anche in latte appena munto
un granchio di otto piedi rubato da un fiume, e l’iris, che il Drilone nutre e
le rive del Narono, la dimora del sidonio Cadmo e di Armonia, dove entram-
bi, serpenti tremendi, calpestano il pascolo. Aggiungi anche subito dell’erica
fiorita, frondosa, di cui si ciba uno sciame di api brulicante. E aggiungi anche
un cespuglio nuovo di tamerice che non dà frutti, onorato vate tra i mortali, in
cui Apollo Coropeo pose proprietà divinatorie e potere di leggi sugli uomini.
Mescola anche la verde enula e steli di sambuco agitati dal vento e numerose
foglie e fiori di maggiorana, citiso e titimalli pieni di succo lattiginoso. Sminuz-
za tutti questi ingredienti nel mortaio e mescolali in grandi recipienti con del
vino comune nella dose di una decima parte di congio. Ma invero soprattutto i
rumorosi genitori dei girini, le rane, sono ottime bollite nelle pentole con ace-
to. Spesso il fegato, bevuto insieme a vino ordinario, o la testa di un serpente
— 158 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
nocivo, data a bere alle volte con l’acqua, altre volte insieme a qualche goccia
di vino, potranno aiutarti. Non trascurare il fiore del dolce elicriso, né l’ana-
gallide dagli occhi chiusi, né la maggiorana panacea, che onorano come origa-
no eraclio. E insieme sminuzzate la foglia dell’origano degli asini e le secche
pallottole di santoreggia, che elimina la grave malattia.
[Traduzione di G. SPATAFORA, Nicandro. Theriaká e Alexiphármaka, Roma 2007]
207 Riferimenti a questa tematica anche in Plauto, Soldato vanaglorioso 823; Plinio il Vecchio,
Storia Naturale XIII 25; XIV 107 ss.; Plutarco, Opere morali 149b.
208 Anche il medico doveva essere sempre adeguatamente profumato e vestito decorosamente
per rendersi credibile agli occhi del paziente: Ippocrate, Medico 1: «Il popolo crede che colui il quale
non si presenti fisicamente in un buono stato non sia in grado di curare bene gli altri. Per questo il
medico deve presentarsi in abiti consoni, indossare oli profumati gradevoli, non avere odori so-
spetti». (Traduzione di G. SQUILLACE).
— 159 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
di vapore, ordinale di tirare con il dito la bocca dell’utero e di fare una fumi-
gazione con calonia 209 e mirra versandovi acqua di rose. Beva cinque grani ne-
ri di peonia, mescolando castoreo in vino aromatico, stia coricata sul lato sano
e faccia applicazioni di baccaride o olio bianco sempre sul lato sano, e mangi
agli crudi e cotti quanto più possibile, mandi giù il decotto d’orzo e faccia uso
di cibi leggeri. Passato il dolore, cercherai di sospingere l’utero verso il lato
sano; poi vaporizzazione con urina cospargendovi alloro, e dopo la vaporizza-
zione applicare ciclamino; il giorno dopo, lavatasi, faccia una fumigazione aro-
matica. Soprattutto a seguito di questa malattia le donne divengono sterili.
[Traduzione di V. ANDÒ, Ippocrate. Natura della donna, Milano 2000]
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
stare con miele semi di viola bianca, segatura di cipresso, galbano e fumigare.
Mettere a bagno in olio di foca pallottole di sterco di capra e peli di lepre e
fumigare. Un’altra: sminuzzare finemente la pellicola del caglio della foca, me-
scolare assieme una spugna e muschio sminuzzati, unire all’olio di foca e fu-
migare. Un’altra: pallottole di sterco di capra, polmone di foca e segatura di
cedro e fumigare. Sterco di bue, raschiatura di corno e bitume e fumigare.
Un’altra: seme di acacia egiziana, segatura di cedro, foglie di mirto secco, tri-
tare finemente questi ingredienti, bagnare con profumo di balsamo e fumiga-
re. Un’altra: fare una fumigazione con sostanze aromatiche versate in un pro-
fumo. Sminuzzare finemente vinaccioli, bacche di ginepro, mescolarvi insieme
resina di pino, mettere a bagno in vino dolce cotto e fumigare. Fare una va-
porizzazione leggera con sterco di bue sminuzzato e passato allo staccio, ag-
giungere metà di aceto, metà di farina di veccia; dopo il bagno di vapore beva
decotto di lenticchie, lo sorbisca e vomiti, dare una minestra di farina e far
bere sopra del vino; il giorno dopo far prendere del grano di Cnido in pillole,
e il giorno dopo ancora un diuretico. Macinare due parti di ceci bianchi e una
terza di uva secca, versarvi sopra metà di acqua, mettere a cuocere, poi trava-
sare, esporre all’aria aperta e l’indomani dar da bere, gli altri giorni mescolare
salvia e semi di lino, dare della farina due volte al giorno in quattro cotili di
vino annacquato, tre mezze cotili di olio, un buon pugno di foglie di sambuco,
mettere a cuocere, versare in un vaso caldo, fare il bagno di vapore con cocci
caldi, mettendo la donna a sedere su uno sgabello, avvolta in coperte. Un
buon pugno di foglie di sambuco e altrettanto di mirra, mettere in acqua, cuo-
cere e travasare l’acqua, aggiungere paglia di orzo, far cuocere, mettere in un
panno, poi fare la vaporizzazione con questo, più calda che può sopportarla.
Aceto, olio, acqua, miele, mescolare, portare a forte ebollizione, poi prendere
un sacchetto della capacità di un congio o un piccolo otre di pelle sottilissima,
versare, avvolgere in un panno di lana e fare il fomento caldo; quando il pan-
no diventa bagnato, avvolgerne un altro. Prendi corteccia di pino e foglie di
sommacco, metti a cuocere bene, travasa l’acqua, metti a cuocere paglia di or-
zo, aggiungendo olio; quando è tutto cotto, metti in un panno e fa’ il fomento.
Prendi segatura di loto e di cipresso, aggiungi acqua e olio, metti a bollire fin-
ché è tutto ben cotto; poi metti in un panno e fomenta. Un altro: metti degli
aromi a bollire in una chenice d’acqua, fa’ bollire in quest’acqua crusca di gra-
no, fa’ il fomento allo stesso modo. Taglia della noce di galla e corteccia di
ramno, metti a cuocere bene, impasta con acqua crusca di grano e mescolaci
olio, poi fanne un pane semicotto della grandezza di due chenici, legaci un
panno e fomenta. Un altro: fa’ bollire cavolo e pastinaca, usa il decotto allo
stesso modo. Un altro: metti a cuocere paglia di orzo, versaci olio, spalma
in un panno e fomenta. Un altro: fa’ cuocere stricno e foglie di olivo e fomenta
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APPENDICE DOCUMENTARIA
allo stesso modo. Fa’ questi fomenti, cosı̀ come descritti, se li vuoi umidi; in-
vece se li vuoi secchi, fa’ dei pani ben cotti e anche cotti a metà e fomenta;
fomenta anche avvolgendo dei cocci in un panno, riscaldandoli con gli stessi
panni e con vasi di coccio a forma di lenticchie, dove si verserà acqua bollente.
Applica anche ai piedi la radice di iris, tagliata e messa a cuocere, e fa’ il fo-
mento allo stesso modo.210
[Traduzione di V. ANDÒ, Ippocrate. Natura della donna, Milano 2000]
8.7. PSI inv. 964 [= PSI. Omaggio XX Congresso, Firenze 1992, n. 5] [III se-
colo d.C.]
Unguento. Blocca all’istante la secrezione oftalmica [...]. 1 dracma di zaffe-
rano [...]; succo di violaciocca; sansa di zafferano; gomma arabica. Dopo aver
pestato le sostanze in polvere, prepara il medicamento col succo e applicalo.
[Traduzione di I. ANDORLINI – A. MARCONE, Medicina, medico e società nel mondo antico,
Firenze 2004, p. 117] 211
210 Ancora una tradizione tarda riporta la notizia, con tutta probabilità falsa, dell’intervento di
Ippocrate ad Atene nel corso della pestilenza che colpı̀ la città nel 430 a.C. Nell’occasione il medico
avrebbe ordinato fumigazioni, frizioni, bagni a base di sostanze aromatiche come salvia, malva, bac-
che di mirto, corteccia di melograno, cumino: Pseudo Galeno, Theriaka a Pisone 16; Ezio V 95; ma
anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXXVI 102; vedi E. LITTRÉ, Ouvres complètes d’Hippocrate,
vol. I-X, Paris 1861, vol. I, pp. 40 ss.; G. MARENGHI (a cura di), [Aristotele]. Profumi e miasmi, Napoli
1991, p. 18, nota 24; J. JOUANNA, Ippocrate, trad. it. Torino 1994, pp. 33-35; 420, nota 35.
211 Per altri riferimenti alle proprietà medicamentose delle sostanze aromatiche, vedi in appen-
dice la tabella IV.1, ma anche Plinio, Storia naturale, libri XXI-XXIV; Dioscoride, Materia Medica,
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
9. PROFUMI E MITO
A. L’araba Fenice
Croco
passim; Celso, Sulla medicina (in particolare III 21), e tutta la letteratura medica: da Galeno ad Ales-
sandro di Tralle, Areteo, Eroziano, Oribasio, Paolo Egineta, Sorano.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Dafne/alloro
Giacinto
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
con i corpi lucidi, per essersi unti con il succo di grassa oliva, iniziano una gara
di lancio del largo disco: Febo per primo lo bilanciò e lo scagliò in aria, squar-
ciando con quella massa le nubi che si trovavano nella sua traiettoria; il disco
ricadde dopo lungo tempo sul suolo duro e dimostrò l’abilità del dio insieme
alla sua forza. Subito, incautamente, spinto anche dal desiderio di giocare, il ra-
gazzo del Tenaro correva a raccattare il disco, ma la dura terra, facendolo rim-
balzare in aria, lo spinse contro il tuo viso, o Giacinto. Impallidı̀ il fanciullo e
come lui lo stesso dio, che prende tra le braccia il corpo afflosciato e, ora cerca
di rianimarlo, ora asciuga la funesta ferita, ora, applicandovi alcune erbe, tenta
di fermare la vita che vien meno: a niente giovano le sue arti; la ferita non era
curabile. Come quando qualcuno in un giardino irrigato spezza viole, papaveri,
gigli che innalzano i gialli stami, subito quei fiori appassendosi piegano la testa
senza linfa e non si reggono su, ma guardano con la cima verso il suolo, cosı̀ si
accascia il volto di Giacinto morente e il collo privo di vigore è di peso a se stes-
so e ricade sull’omero. «Tu ti spegni, o Ebalide, defraudato del fiore della gio-
vinezza – dice Febo – e vedo la tua ferita che mi accusa. Tu sei causa del mio
dolore, provocato dal mio delitto; la mia destra deve essere ritenuta responsa-
bile della tua morte. Io ti causai la fine. Tuttavia, qual è la mia colpa? A meno
che si possa dire colpa giocare o che si possa chiamare colpa amare. Oh! Se
fosse possibile dar la vita per te e con te! Ma, poiché siamo vincolati da una
legge voluta dal destino, tu sarai sempre con me, sarai sempre sulle mie labbra
fedeli. La lira percossa dalla mia mano canterà di te, i miei versi ti celebreranno
e tu, trasformato in un nuovo fiore, ripeterai con una parola scritta su di te il
mio lamento. E verrà un tempo, in cui un eroe fortissimo si muterà in questo
fiore e il suo nome si leggerà nei medesimi petali». Mentre queste parole usci-
vano dalla bocca di Apollo, ecco che il sangue, che versato sulla terra aveva
macchiato l’erba, cessa di essere sangue e spunta un fiore più splendente della
porpora di Tiro, che prende la forma dei gigli, tranne il fatto che uno è di colore
vermiglio, gli altri sono bianchi argentati. Ma ciò non basta a Febo (che proprio
lui era stato l’artefice di tale omaggio): di suo pugno incide sui petali i suoi la-
menti, sicché il fiore conserva l’iscrizione AI AI, che furono chiamate lettere lut-
tuose. Né per Sparta fu disonorevole aver generato Giacinto e quel culto dura
fino alla nostra età e ogni anno ritornano le Giacinthie, che vanno celebrate con
una solenne processione secondo il rito dei padri.212
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]
212 Accanto ai miti ricordati, occorre menzionare quello della pantera indicata nella mitologia
antica come animale profumato, teoria questa accettata o contestata già nell’antichità: Aristotele, Sto-
ria degli animali IX 6, 612a,12-15; Teofrasto, Le cause delle piante VI 5.2; VI 17,9; Pseudo Aristotele,
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Leucotoe/incenso
Smirna/mirra 213
9.7. APOLLODORO, Biblioteca III 14
Adone, invece, era ancora un ragazzo quando, a causa dell’ira di Artemide,
durante una caccia fu ferito da un cinghiale e morı̀. Ma secondo Esiodo, Adone
era figlio di Fenice e Alfesibea; secondo Paniassi, invece, era il figlio che Tiante,
re di Assiria, ebbe da sua figlia Smirna. Afrodite, adirata contro Smirna che
non le tributava i dovuti onori, fece sı̀ che si innamorasse di suo padre; con
l’aiuto della nutrice, la fanciulla dormı̀ per dodici notti insieme a suo padre,
senza che questi la riconoscesse. Ma quando si accorse che era sua figlia, estras-
Problemi XIII 4, 907b, 35 ss.; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 18 (testo n. 22.1); vedi F. WOTKE,
s.v. Panther, in RE, XVIII.3, 1949, coll. 747-767; DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, cit.
213 Vedi anche Ovidio, Metamorfosi X 311 ss.; 532 ss.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
se la spada e la inseguı̀, e lei, ormai alle strette, pregò gli dèi di renderla invi-
sibile. E gli dèi ebbero compassione di Smirna e la tramutarono in quella pianta
che si chiama appunto smirna. Al decimo mese la pianta si spaccò, e nacque il
bambino di nome Adone: era tanto bello che Afrodite, senza che gli dèi lo sa-
pessero, lo mise, ancora in fasce, dentro una cesta e lo affidò a Persefone per-
ché lo nascondesse. Ma Persefone, quando lo vide cosı̀ bello, non volle più ri-
darlo ad Afrodite. Allora, per decisione di Zeus, l’anno venne diviso in tre
parti: e ordinò che Adone stesse da solo per un terzo dell’anno, per un altro
terzo con Persefone e l’ultimo terzo con Afrodite. Ma Adone rimase con lei an-
che per quella parte dell’anno in cui avrebbe dovuto stare da solo. E poi, du-
rante una caccia, fu ferito da un cinghiale e morı̀.
[Traduzione di M. CAVALLI, Apollodoro. Biblioteca, Milano 1998]
Minthe/menta - Adone/anemone
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Narciso
Ciparisso/cipresso
9.10. OVIDIO, Metamorfosi X 106-142
In mezzo a questo gruppo (di alberi) comparve il cipresso che richiama le
mete del Circo, ora albero, un tempo fanciullo amato dal dio che per mezzo
delle corde suona la cetra e tende l’arco. V’era un tempo un cervo smisurato,
sacro alle ninfe che abitano nella campagna di Cartea, il quale con le corna
ampiamente ramificate stendeva una fitta ombra al suo capo; le corna splen-
devano d’oro, sul collo tornito gli pendavano monili di gemme che scendeva-
no fino ai fianchi; sulla fronte gli oscillava una borchia d’argento legata con
piccole corregge e della stessa sua età; in entrambe le orecchie aveva perle
che luccicavano intorno alle cave tempie. Esso, per nulla pauroso e messa
da parte la avidità naturale, soleva frequentare le case e porgere il collo a ogni
mano, anche se sconosciuta, per farselo accarezzare: ma davanti a tutti era ca-
ro a te, o Ciparisso, a te il più bello della gente di Ceo. Tu guidavi il cervo ai
nuovi pascoli, tu all’acqua delle limpide fonti, tu ora intrecciavi tra le sue cor-
na fiori variopinti, ora seduto sulla groppa, come un cavaliere, giosamente lo
indirizzavi qua e là, guidando la sua bocca docile con le briglie di porpora. Si
era d’estate e a metà della giornata: per la vampa del sole ardevano le chele
ricurve del Cancro amante dei litorali: il cervo stanco adagiò il corpo su
una terra erbosa e si godeva il fresco sotto l’ombra degli alberi. Ecco che il
giovane Ciparisso poco accorto lo trafisse con un dardo acuto e, appena lo
vide morire per la crudele ferita, stabilı̀ fermamente di morire. Quali e quante
parole di conforto non gli disse Febo, esortandolo a dolersi moderatamente e
in proporzione alla causa! Ma quello continua a lamentarsi e chiede agli dèi
questo dono supremo, cioè di piangere senza limite di tempo. E subito
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Attis/pino
10. PROFUMI DA RE
215 Si tratta del successo di Alessandro sul re persiano Dario III ad Isso nel 333 a.C.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
sche, vasi, alabastri, tutto in oro e finemente adorno, e il luogo odoroso in mo-
do soavissimo di aromi e unguenti, e passò poi nella tenda, mirabile per altez-
za e ampiezza e per le coperte e i tavoli e i cibi, rivoltosi agli amici disse:
«Questo, a quanto sembra, è l’essere re!».
[Traduzione di D. MAGNINO, Plutarco. Vite Parallele. Alessandro, Cesare, Milano 1987]
216 Sul tema riferiscono anche Plutarco, Opere morali 179e; Plinio il Vecchio, Storia Naturale VII 108;
Strabone, Geografia XV 2.3 C 721. Su Alessandro e i profumi: FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité,
cit., pp. 186 ss.; ID., Alexandre ou la rèvolution parfumée, «Historama», settembre 1987; G.W. BOWER-
SOCK , Perfumes and power, in AVANZINI (a cura di), Profumi d’Arabia, cit., pp. 543-556: 545.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
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APPENDICE DOCUMENTARIA
ebbero luogo li spettacoli, nei primi cinque giorni che seguirono tutti nella pa-
lestra si ungevano con olio di zafferano preso da recipienti d’oro; questi erano
quindici, e in ugual numero quelli con unguento di cinnamomo e di nardo.
Ugualmente anche nei giorni a seguire fu portato olio di fieno greco, di mag-
giorana, di iris, tutte essenze dal buon profumo.
[Traduzione di R. NICOLAI, Polibio. Storie, Roma 1998]
Atenogene
13.1. IPERIDE, Contro Atenogene. Primo discorso (V) 5-19 MARZI 220
5. (Antigona) ci combinò un incontro tra me e Atenogene; ci riappacificò e
ci esortò da allora in avanti a volere l’uno il bene dell’altro. Io, per parte mia,
promisi che non avrei mancato, e Atenogene, qui presente, prendendo la pa-
rola a sua volta disse che, se ogni cosa s’era accomodata, dovevo esserne grato
ad Antigona. «E ora, aggiunse, per amore di lei intendo dimostrarti quale
grosso favore ti farò. Tu, vero? – disse – sei disposto a sborsare il denaro
per l’affrancamento di Mida e dei suoi figli, e io invece te li cederò con un
regolare atto di compravendita, perché, primo, nessuno possa importunarti
né corrompere il ragazzo, secondo, perché essi stessi non tentino di compor-
tarsi male in alcun modo; ché avranno paura di te. 6. Ma c’è ancora un punto
estremamente importante: oggi come oggi avrebbero l’impressione di essere
divenuti liberi per merito mio; se al contrario, dopo averli acquistati con re-
golare atto di compravendita, solo più tardi, quando ti piacerà, accorderai lo-
ro la libertà, la loro gratitudine per te sarà raddoppiata. Per tutti i debiti che
hanno, il prezzo di un po’ di unguento a Pacalo e a Procle e qualche altra som-
ma, se c’è, depositata nella profumeria dall’uno e dall’altro dei clienti, come
capita, questi – disse – te li accollerai tu. È poca cosa davvero e vi sono merci
per ben di più in magazzino: unguento, fiale di alabastro, mirra (e snocciolava
i nomi di non so quali articoli) con cui salderai tutti questi conti senza fatica».
[...] 9. Dopo essere andati alla profumeria, depositiamo il contratto presso Li-
sicle di Leuconoe e, sborsate le quaranta mine, conclusi il mio bell’acquisto.
220 Il personaggio era attaccato da Iperide anche in un secondo discorso pervenuto in forma
estremamente frammentaria: Iperide, Contro Atenogene. Secondo Discorso F 1 Marzi.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
221 Si trattava di una parte dell’agora: Aristofane, Lisistrata 657; Scolio ad Aristofane, Pluto 550;
Lisia, Contro Pancleone (XXIII) 6; Eubulo F 74 Kassel-Austin; Polluce, Onomasticon IX 46-47 Be-
the. Sul mercato ateniese: WYCHERLEY, The market of Athens: topography and monuments, cit., pp. 2-
23; A. LALLEMAND, Le marché aux parfums à Athènes à l’époque classique, in VERBANCK PIÉRART –
MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfum de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée, cit., pp. 175-179.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Dinia
Eschine
222 Marziale nel I secolo d.C. cita sia il profumiere Cosmo, delle cui pastiglie profuma-alito fa-
ceva uso Fescennia (Epigramma I 87, ma anche III 55; VI 55), sia Nicerote noto, insieme a Cosmo, per
la preparazione di belletti utili a nascondere i segni del tempo: Epigramma XII 65.
223 Lisia F 1 Thalheim.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Megallo
Perone
13.6. ANASSANDRIDE F 41 KASSEL-AUSTIN
Anassandride nel Protesilao:
Il profumo in vendita da Perone: sı̀, quello che si era comprato
ieri Melanopo, il balsamo d’Egitto che costa una fortuna,
con cui ora strofina i piedi di Callistrato.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Plangone 224
Strattide
224 È l’etera menzionata da Ateneo anche altrove: I sofisti a banchetto XIII 558b; 567e.
225 Nel mondo latino vi era la categoria degli unguentarii attestata, ad esempio in: AE 1963, 108b;
CIL IV 2184; CIL 9932a; CIL VI 4046; CIL 5638 = CIL I 1334b; CIL VI 5681 = CIL X 1088,103; CIL VI
9998 = CIL V 182; CIL VI 9999; CIL VI 10001; CIL VI 10002; CIL VI 10003 = CIL XIV 223,2; CIL VI
10004 = CIL XIV 218b; CIL VI 10005; CIL VI 10006; CIL VI 10007; CIL VI 33928; CIL VI 36819; CIL
VI 37830; CIL IX 471; CIL X 1965; CIL X 3968; CIL X 3974; CIL X 3975; CIL X 3979; CIL X 3982; CIL
XI 1594.
226 Belletti di vario tipo sono ricordati da Aristofane, Donne all’assemblea 878, 929; Senofonte,
Economico 10,2; Plutarco, Vita di Lisandro XXI 7; Apuleio, Metamorfosi III 21; XI 13; e, per il mondo
romano, Plinio il Vecchio, Storia Naturale XVIII 191; XXVII 28; Marziale, Epigramma XIV 27 e, so-
prattutto, Ovidio, Amori III 193 ss.; e Cosmetici (Medicamina faciei); Petronio, Satyricon passim; Gio-
venale, Satira VI.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
cedro e dell’albero dell’incenso, versandovi sopra acqua poi, con questo denso
impasto, si spalmano tutto il corpo e il viso e non solo le donne hanno addos-
so il profumo proveniente da questo. La mattina seguente, quando lo tolgono,
la pelle rimane nitida e lucente.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]
A. La rosa 227
227 Il passo va abbinato a Pseudo Aristotele, Problemi XII 8, 907a, 20 ss.; Plinio il Vecchio, Sto-
ria Naturale XIII 2; XXI 40; 73; Ateneo, I sofisti a banchetto XV 682b-c (vedi testi nn. 5.4; 6.2; 7.1).
228 Iliade XXIII 186 ss.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
la si fa entrare nei profumi, come abbiamo detto. Ha di per sé proprietà medi-
cinali. Si mette negli empiastri e nei colliri, per la sua penetrante acredine. Si usa
anche per profumare le prelibatezze della mensa, dato che non è per niente no-
civa. Le specie di rose che da noi hanno acquistato maggiore celebrità sono la
prenestina e la campana; altri hanno aggiunto la milesia, che ha colore accesis-
simo e non più di dodici petali. Segue la trachinia, meno rossa, poi quella di Ala-
banda, di minor pregio, dai petali biancheggianti, poi quella meno pregiata di
tutte, la rosa di macchia, dai moltissimi ma piccolissimi petali. Le rose differisco-
no infatti per la quantità dei petali, per la ruvidezza, la levigatezza, il colore, l’o-
dore. I petali vanno da un minimo di cinque in su, fino a una specie chiamata
‘centifolia’, che in Italia si trova nella Campania e in Grecia presso Filippi, dove
però non nasce spontaneamente: nelle vicinanze, il monte Pangeo produce rose
dai petali numerosi e piccoli; la gente del luogo le trapianta, ed esse migliorano
proprio grazie al trapianto. Questa specie di rose però non è molto odorosa, e
non lo è nemmeno quella dai petali molto larghi e grandi; in breve, è segno di
fragranza il calice ruvido. Al tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, Cepio-
ne ha affermato che la centifolia non veniva messa nelle corone, se non alle estre-
mità, perché facesse come da fermaglio, dato che non è apprezzabile né per odo-
re né per aspetto. C’è anche una specie che da noi è chiamata ‘greca’, dai Greci
licnide; nasce solo nei luoghi umidi e non ha mai più di cinque petali; grande
quanto una viola, manca di fragranza. Un’altra specie, chiamata ‘rosellina greca’,
ha petali raccolti a pannocchia e non si schiude se non forzata con la mano, re-
stando sempre simile a una rosa nascente; i suoi petali sono molto grandi. Un’al-
tra si spiega su un gambo che pare quello della malva, con foglie simili a quelle
dell’olivo; la chiamano muceto. A metà fra queste per grandezza sta la rosa d’au-
tunno, che chiamano ‘coroncina’. Tutte sono inodori, tranne la coroncina e
quella che nasce sul rovo. Tante sono le adulterazioni praticate! Del resto, anche
le virtù della rosa autentica dipendono moltissimo dal terreno. Quella di Cirene
è la più odorosa e perciò lı̀ si ottiene il miglior profumo, A Cartagena, in Spagna,
per tutto l’inverno è in fiore una rosa precoce. Contano anche i fattori climatici:
in certi anni, infatti, le rose profumano meno, e inoltre tutte sono più odorose
nei luoghi secchi che in quelli umidi. La rosa non vuole essere piantata né nei
terreni grassi né in quelli argillosi né in quelli irrigati; si appaga delle rugiade
e ama in modo particolare il terreno frammisto di macerie. Quella della Campa-
nia è precoce, quella di Mileto tardiva, l’ultima a scomparire è comunque quella
di Preneste. Si zappa il terreno più in profondità che per le messi, più in super-
ficie che per le viti. Le rose nascono molto tardi dal seme, che si trova proprio
nel calice, subito sotto il fiore, ed è coperto di lanugine. Perciò è preferibile pian-
tarne il gambo tagliato. La sola specie che si pianta anche usando gli occhi della
radice, come per la canna, è quella della rosa pallida, spinosa, dai gambi lunghis-
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
simi, con cinque petali; si tratta della seconda delle rose greche. Tutte, comun-
que, traggono vantaggio dall’essere potate e bruciate; crescono benissimo e mol-
to velocemente anche con il trapianto, come le viti, se si piantano polloni di
quattro o più dita di lunghezza dopo il tramonto delle Pleiadi e poi si trasferi-
scono col favonio lasciando intervalli di un piede e zappando intorno di frequen-
te. Chi vuoi ottenere rose precoci scava intorno alla radice una fossa di un piede
e vi versa dell’acqua calda quando il calice comincia a germogliare.
[Traduzione di A.M. COTROZZO, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo, Storia
Naturale, vol. III, Botanica, Torino 1984]
B. Il croco-zafferano
229 Sul croco-zafferano di Sicilia anche Strabone, Geografia VI 2,7 C 273; Dioscoride, Materia
Medica I 26 Gunther.
230 Altre indicazioni sulla qualità dei prodotti aromatici e sui luoghi di produzione si ritrovano
ancora in Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI, libro interamente dedicato a fiori e ghirlande.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
16.1. Iscrizione funeraria (da Astipalea: IG XII, Suppl. 152, I secolo a.C.)
Non consentitemi di bere in questo modo – ho bevuto inutilmente infatti
quando ero ancora in vita – tanto meno di mangiare. Questo è sufficiente.
Queste cose sono sciocchezze. Se invece (volete onorare) il ricordo di coloro
che sono vissuti con voi, allora, o amici, portate in dono zafferano e incenso
offrendoli di valore uguale rispetto a quanto è stato stabilito. Queste cose si
addicono ai morti e i morti non hanno nulla in comune con i vivi.
Kleumatras
[Traduzione di G. SQUILLACE]
16.2. Iscrizione di sanatio (da Lebena, Creta: IC I, XVII.19, II-I secolo a.C.)
[...] testa
[...] rendendo grazie ad Asclepio Salvatore poiché è stata guarita da una
dolorosa ferita al dito mignolo. Il dio le ordinò di applicarvi sopra un guscio di
conchiglia abbrustolito e tritato impastato con olio di rosa (rhodinon) e di un-
gerla con olio unito a malva. In questo modo la curò. A lei che ne aveva visto
in sogno le straordinarie doti, il dio ordinò di mettere per iscritto quanto ave-
va osservato. [...] dito [...] avendole il dio ordinato in sogno [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]
231 Sono prese in considerazione, a titolo meramente esemplificativo, solo alcune iscrizioni. So-
stanze aromatiche sono menzionate, ad esempio, anche in Ephesos 5; Ephesos 465; Ephesos 2102; FD
III 5.37; FD III 5.38; IC I, XVII 12; ID 354; I. Kition 2090; IG IV 836; IG V 2,514; IG VII 1887; IG XI 2;
IG I3 386; IGLSyr 1.1; IGLSyr 1.47; IGR I 5,1376; IGR III 1056; SEG 28,749 (2); SEG 37,214; SEG 45,116
bis; SEG 45,1244; SIG3 1017.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
232 Vale a dire: non occorre cioè essere sofisticati nella realizzazione delle cose più semplici. Nel
motto ci sarebbe un riferimento implicito a contesti ufficiali e lussuosi quali i simposi nei quali i pro-
fumi trovavano largo uso: vedi PÜTZ, The symposium and komos in Aristophanes, cit., p. 223.
233 FHG II, p. 320 Müller.
234 P. 219 Buecheler.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
235 Riferimenti all’ambrosia anche in Omero, Iliade XIV 170 ss.; Odissea IV 445; Inno omerico a
Demetra (II) 236 ss.; Pindaro, Olimpica I 62; Pitica IX 63; Teocrito, Idillio XV 108; Ovidio, Metamor-
fosi XIV 605. Secondo Ibico (F 325 Davies), l’ambrosia era nove volte più dolce e gradevole del miele;
per Anticlide (FGH 140, F 22) era composta da acqua pura, olio, frutti di tutte le specie. Altri passi in
ROSCHER, s.v. Ambrosia und Nektar, cit., coll. 280-283.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Aminta nella Persia a tappe dice: 238 «Le montagne producono terebinto,
lentisco, karya di Persia, da cui si ricava molto olio per il Re». Ctesia 239 dice
che in Carmania si trova un olio di acanto che viene usato dal Re; e lo stesso
autore, anche quando elenca nell’opera I tributi dell’Asia 240 tutti i cibi imban-
diti al Re per il pranzo, non fa cenno né al pepe, né all’aceto, «che di gran
lunga è il migliore di tutti i condimenti». Ma neppure Dinone vi accenna nella
sua opera Sulla Persia; 241 egli sostiene che erano fatti venire dall’Egitto per il
Re anche il sale ammonio e l’acqua del Nilo. All’olio detto omotribes fa cenno
Teofrasto nell’opera Sugli odori 242 e afferma che esso deriva dalle olive dette
phauliai e dalle mandorle. Anfide menziona come eccellente l’olio prodotto a
Turi: 243
A Turi l’olio, a Gela lenticchie.
[Traduzione di A. MARCHIORI, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Vedo che anche Scevola, Lucio Elio e Ateio Capitone furono dello stesso
parere, poiché nello Pseudolo 245 si legge:
Ma se è necessario che egli sprema del dolce dal medesimo posto, ne ha
di che? – E lo chiedi?
Vino alla mirra, passito, defrutum,246 miele,
da cui risulta che il vino alla mirra era annoverato non solo tra i vini, ma anche
tra i vini dolci.
[Traduzione di A. ARAGOSTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]
244Personaggio citato da Plinio tra le fonti dei libri XIV e XV ma sul quale si sa ben poco.
245Plauto, Pseudolo 740 ss.
246 Si tratta di mosto ristretto tramite bollitura: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIV 11.
247 Per la ricetta di Catone: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XV 123. Sul myrtites: Dioscoride,
Materia Medica V 36 Gunther.
248 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 52-53.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
del ginepro, del terebinto, del calamo aromatico, del lentischio; cosı̀ come il
legno di olivo nano, di pino nano, di quercia nana. Con lo stesso procedimen-
to si ottiene vino anche dai fiori, aggiungendone dieci denari in un congio di
mosto.249
[Traduzione di A. ARAGOSTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]
A. India
B. Somalia
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14
APPENDICE DOCUMENTARIA
sti in cui si vedono anche gli ibis. Gli indigeni che abitano nei pressi del pro-
montorio di Pitolao non si circoncidono. Segue la regione dell’incenso, dove si
trova un promontorio su cui sorge un tempio circondato da pioppi. Nell’en-
troterra, inoltre, si trovano, disposte lungo il fiume, una regione chiamata ‘di
Iside’ e un’altra ‘Nilo’; nell’una e nell’altra crescono la mirra e l’incenso. Se-
guono, poi, un invaso riempito dalle acque che scendono dai monti e, dopo
di questo, la Specola di Leon e il Porto di Pitangelo. Nella regione che segue
cresce anche la pseudocassia; 252 poi molte altre regioni fluviali, ai cui margini è
diffuso l’incenso, e ancora corsi di acqua, fino alla regione del cinnamomo.
Sulle rive del fiume che vi fa da confine prospera anche il giunco. Quindi è
la volta di un altro fiume, del porto di Dafne e della regione fluviale detta
‘di Apollo’, che produce, oltre all’incenso, anche la mirra e il cinnamomo;
questo però cresce in prevalenza nella parte più interna. Seguono il monte
Elefante, che si protende in mare, un canale e subito dopo il grande porto
e stazione di rifornimento idrico di Psygmos, la località detta dei cinocefali
e l’ultimo promontorio di questo tratto costiero, il Corno di Mezzodı̀. Una
volta doppiato questo promontorio in direzione di mezzogiorno, non si regi-
strano più – attesta la nostra fonte 253 – né porti, né località, perché mancano
ulteriori informazioni sul successivo litorale.
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]
C. Arabia Felix
252 Una specie di cassia non odorosa: Dioscoride, Materia Medica I 12 Gunther.
253 Si tratta del Periplo di Artemidoro. Vedi il commento al passo di BIFFI, Il Medio Oriente di
Strabone. Libro XVI della Geografia, cit., p. 290.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
alle vipere. [2] Certo in qualche modo la provvidenza divina, essendo, com’è
naturale, saggia, ha fatto prolifici tutti gli animali che sono timidi d’animo e
atti a essere mangiati, per impedire che, divorati, si estinguessero; quelli invece
che sono feroci e nocivi li ha fatti poco prolifici. [3] Cosı̀, poiché la lepre viene
cacciata da tutti, dalle fiere e dagli uccelli e dagli uomini, proprio per questo è
prolifica fino a tal segno che essa sola fra tutti gli animali concepisce anche
mentre è gravida, e l’uno dei piccoli è nel ventre già coperto di peli, l’altro
ancora privo di peli, l’altro si forma appena nella matrice, un altro viene con-
cepito. [4] Questo animale ha dunque tale particolarità; la leonessa invece,
che è un animale assai vigoroso e fiero, genera una sola volta nella vita un solo
piccolo: partorendo infatti espelle insieme col figlio anche le matrici. Questa è
la causa: quando il leoncino stando nel ventre della madre comincia ad agitar-
si, avendo gli unghioni molto più aguzzi di ogni altro animale lacera la matri-
ce, e crescendo poi penetra molto più addentro graffiando e quando il parto è
ormai vicino assolutamente nulla ne resta intatto.
109. Cosı̀ se sia le vipere che i serpenti alati d’Arabia prolificassero secon-
do la loro natura, gli uomini non potrebbero più vivere. Ora invece quando si
accoppiano e il maschio è proprio sul punto di emettere il seme, mentre egli lo
emette la femmina lo afferra alla gola e non cessa di stringerlo prima di averlo
divorato. [2] Il maschio cosı̀ muore nel modo che ho detto, ma la femmina
paga questa pena per l’uccisione del compagno: vendicando il genitore i ser-
pentelli, mentre stanno ancora nel ventre, divorano la loro madre, e divoran-
done le viscere si procurano in tal modo una via di uscita. [3] Invece gli altri
serpenti non dannosi agli uomini depongono le uova e facendole schiudere
mettono alla luce una grande quantità di figli. Le vipere vivono su tutta la ter-
ra, mentre i serpenti alati, tutti uniti, vivono esclusivamente in Arabia e per
questo sembra che siano molti.
110. Dunque gli Arabi si procurano l’incenso nel modo suddetto, la cassia
invece nella seguente maniera: dopo essersi cinti di pelli di bue e di altre pelli
tutto il corpo e il volto, eccettuati gli occhi, vanno in cerca di cassia. Essa cre-
sce in un lago non profondo; intorno e dentro di questo vivono delle bestie
alate assai simili ai pipistrelli, che lanciano strida tremende e oppongono
una forte resistenza: è necessario perciò raccogliere la cassia tenendo queste
bestie lontano dagli occhi.
111. Il cinnamomo poi lo raccolgono in modo ancora più strano di quelli
che ho detti: dove nasce e quale è la terra che lo alimenta non sono in grado
di dirlo; solamente alcuni, attenendosi a una opinione assai verosimile, dicono
che nasce negli stessi luoghi in cui fu allevato Dioniso. [2] Raccontano che
grandi uccelli portano questi fuscelli che noi, con nome appreso dai Fenici,
chiamiamo cinnamomo, e che gli uccelli lo portano per i loro nidi, che costrui-
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APPENDICE DOCUMENTARIA
scono con fango a ridosso di montagne scoscese, dove non c’è per l’uomo al-
cuna possibilità di salire. [3] Allora in vista di ciò gli Arabi hanno escogitato
questo artificio: dopo aver tagliato a pezzi il più possibile grandi membra di
buoi e di asini e di altre bestie da giogo morte, le portano in questi luoghi
e, depostele vicino ai nidi, si allontanano. Gli uccelli allora volando giù tra-
sportano i pezzi delle bestie ai nidi, ma questi, non potendo reggere al peso,
si infrangono a terra, e gli Arabi allora, accostandosi, li raccolgono. Cosı̀ il cin-
namomo da essi raccolto giunge negli altri paesi.
112. Il ladano poi, che gli Arabi chiamano ledano, cresce in modo ancora
più meraviglioso. È di odore gradevolissimo pur nascendo nel luogo più feti-
do: si trova infatti nelle barbe dei caproni e vi si attacca come colla quando
vengono dai boschi. Serve per preparare un gran numero di unguenti, e gli
Arabi lo bruciano di preferenza come profumo.
113. Ho detto abbastanza riguardo agli aromi, e dalla terra d’Arabia esala
un profumo di divina dolcezza.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
piove, quella parte della casa che è liquefatta dalla pioggia fluisce nelle giun-
ture delle pietre e, emanando odore, rende le parti più solide.
[Traduzione di A. BACCARIN, Diodoro Siculo. Storia universale, Torriana (FO) 1991]
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APPENDICE DOCUMENTARIA
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
do patria un territorio disabitato senza né fiumi né sorgenti abbondanti con le
quali possa dissetarsi un esercito nemico. È legge presso di loro non seminare
grano né piantare alberi da frutto, non bere vino né costruire case; se per caso
qualcuno viene trovato a fare queste cose, c’è per lui la pena di morte. Seguo-
no questa legge, poiché ritengono che i possessori di questi beni, facilmente,
pur di poterne godere, possano essere costretti dai potenti a sottostare ai loro
ordini. Alcuni di loro allevano cammelli, altri pecore che pascolano nel deser-
to. Delle numerose tribù arabe che portano al pascolo nel deserto i loro greg-
gi, questi superano di gran lunga gli altri per ricchezze e sono non più di
10.000; non pochi di loro infatti sono soliti condurre al mare incenso, mirra
e i più preziosi aromi che ricevono da coloro che giungono dall’Arabia detta
Felice.
[Traduzione di A. SIMONETTI AGOSTINETTI, Diodoro Siculo. Biblioteca storica, libri XVIII-
XIX, Milano 1988]
— 195 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
principale Carne ovvero Carnana; i loro abitanti Sabei, la cui capitale è Maria-
ba; i Cattabanei, che si estendono fino allo stretto e al punto di attraversamen-
to del golfo arabico – la sede del loro re si chiama Tamna – e infine, più a
oriente, i Catramatiti, ai quali appartiene la città di Sabata. [...] La Cattabania
produce l’incenso, la Catramotitis la mirra.
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]
255 Si tratta di una serie di popolazioni che Strabone dice (Geografia XVI 4,18 C 777) di non
volere menzionare in dettaglio sia perché poco importanti sia per la difficoltà di pronunciarne cor-
rettamente i nomi.
256 Su questa popolazione riferiscono anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XII 30 ss. (testo n.
6.1 in Appendice documentaria) e Agatarchide 100-102 Müller.
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
tripodi, crateri, oltre ai vasi e ad altre sontuosità delle case; ché le porte, i mu-
ri, i soffitti sono variamente decorati con figure a mosaico in avorio, oro, ar-
gento. Questa è l’immagine che Artemidoro ci dà degli Arabi; quanto al resto,
in parte coincide con ciò che ne ha riferito Eratostene, in parte lo attinge da
altri storici.257
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]
257 F 8 Berger.
258 Strabone, Geografia XVI 4,2 C 768 (testo n. 21.9 in Appendice documentaria).
259 F 96 Walzer.
— 197 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
D. Armenia 261
260 Sull’Arabia Felix vedi anche Ctesia FGH 688, F 71 = F 71 Lenfant; Diodoro, Biblioteca storica
II 54; Strabone, Geografia XVI 3,1 C 765; Plinio il Vecchio, Storia Naturale VI 23; XII 41; Anonimo,
Periplo del Mare Eritreo 27; 56, e passim Müller. Sul ‘porto degli aromi’ in Arabia vedi anche: Ano-
nimo, Periplo del mare Eritreo 7; 8; 10; 12; 24; 27; 29 ss. Müller; Tolomeo Geografo, Geografia VI 7
Nobbe; Stefano Bizantino, s.v. jArabiva.
261 Sulla regione vedi anche Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana II 2; III 4 (testi nn. 23.4; 23.5).
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
il vino è più odoroso del mosto, e tutte le piante selvatiche lo sono più di quel-
le coltivate. La fragranza di certe piante, come quella della viola, è più soave
da lontano; sentita da vicino si attenua. La rosa fresca profuma da lontano,
quella secca da vicino. Tutti i fiori, comunque, hanno un profumo più pene-
trante in primavera e al mattino; man mano che si avvicina il mezzogiorno, il
profumo si attenua. Le piante novelle, inoltre, sono meno odorose di quelle
vetuste; comunque, l’odore più penetrante si ha per tutte nell’età di mezzo.
La rosa e lo zafferano sono più odorosi se si colgono nei giorni di sereno, e
tutte le piante sono più odorose nelle regioni calde che in quelle fredde. Non-
dimeno in Egitto i fiori profumano pochissimo, perché l’aria è resa nebbiosa e
rugiadosa dall’imponente presenza del fiume. Il profumo di certe piante è soa-
ve ma troppo intenso. Talune, quando sono verdi, non odorano per eccesso di
umidità, come il bucerate, cioè il fieno greco. Nelle piante ricche di acqua,
l’odore non è del tutto indipendente dal succo, come nella viola, nella rosa,
nello zafferano, mentre tutte le piante acquose prive di succo hanno un odore
pesante, come il giglio di tutte e due le specie.262 L’abrotano e la maggiorana
hanno odori penetranti. Di certe piante solo il fiore è gradevole, le altre parti
sono inerti: è il caso della viola e della rosa. Fra le piante dell’orto, le più odo-
rose sono quelle secche, come la ruta, la menta, l’apio, e quelle che crescono
nei luoghi secchi. In certi casi il profumo aumenta con l’invecchiamento, come
avviene alle cotogne, le quali inoltre odorano di più una volta colte che non
sull’albero. Certe piante odorano solo se vengono spezzate o sfregate, altre so-
lo se vengono scortecciate, certe poi solo se si bruciano, come l’incenso e la
mirra. Tutti i fiori una volta pestati sono più amari di quando sono intatti. Al-
cune piante mantengono più a lungo l’odore quando sono seccate, come il
meliloto. Certe rendono più odoroso il luogo dove si trovano, come l’iris,
che anzi profuma per intero qualunque albero di cui tocchi la radice. L’espe-
ride odora di più di notte, e da ciò gli deriva il nome. Fra gli animali, nessuno
è odoroso, a meno che non vogliano credere a ciò che è stato detto delle pan-
tere.
[Traduzione di A.M. COTROZZI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia
Naturale, vol. III, Botanica, Torino 1984]
262 Vale a dire bianco e rosso: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 11.
— 199 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
A. Strane usanze
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
|553b| Nella Procri un tale spiega come si deve accudire il cane di Procri,
ma è come se parlasse invece di un essere umano: 267
Vi decidete a preparare una buona cuccia per il cane?
Stendetegli sotto lana milesia,
e sopra stendetegli una sistide.
[B] Apollo!
[A] Poi gli inzupperete il grano
nel latte di oca.
[B] Eracle!
[A] E le zampe
ungetegli di unguento megallio.
Antifane nell’Alcesti 268 mette in scena un tale che si unge i piedi con olio
di oliva; nel |553c| Metragirte 269 dice inoltre:
E gli unguenti
ricevuti dal dio chiese quindi all’ancella
di spalmargli prima sui piedi, poi sulle ginocchia.
Non appena l’ancella i suoi piedi ebbe spalmato
e massaggiato, balzò dritto.
267 F 89 Kassel-Austin.
268 F 31 Kassel-Austin.
269 F 152 Kassel-Austin.
270 F 101 Kassel-Austin.
271 F 105 Kassel-Austin.
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APPENDICE DOCUMENTARIA
Clearco di Soli nelle Questioni d’amore dà vita a questa disquisizione: 275
Per quale motivo rechiamo tra le mani fiori e frutta e cose di tal genere? È forse
perché, servendosi anche dell’amore manifestato per questi oggetti, |553f| la natura di-
svela coloro che della florida bellezza hanno desiderio? Non sarà questa la ragione
che li spinge a tenere tra le mani, quasi come un saggio della desiata visione, le cose
che hanno grazia fiorente, e a trarne diletto? Oppure, può darsi che agiscano in tal
modo per questi due motivi, perché tanto l’occasione di un felice incontro, quanto
il chiaro segnale di quel che vogliono ottenere, possono nascere per loro da questi
oggetti: per chi glieli domanda, sono un pretesto per farsi rivolgere la parola, mentre
per chi li dona, sono i preliminari di una sorta di contratto che impegna l’altro a fare a
sua volta dono delle sue grazie. |554a| Infatti, la richiesta di fiori e frutti rigogliosi in-
vita quelli che li ricevono al contraccambio con il fiore del loro stesso rigoglio. Op-
pure, la ragione è che forse essi trovano nella bellezza di queste cose il sollievo e il
conforto ai desideri suscitati in loro dalla bellezza di quelli che amano, e perciò di esse
si dilettano, perché la presenza di questi oggetti allontana la nostalgia per gli amati; a
meno che invece non tengano queste cose e si compiacciano di esse con l’intento di
ornarsene, al pari di altre che contribuiscono a migliorare l’aspetto; non soltanto le
corone di splendidi fiori, ma anche i fiori tenuti in mano aggiungono ornamento a
tutta la persona. |554b| Ma, forse, la ragione è piuttosto l’essere amanti della bellezza:
272 F 41 Kassel-Austin.
273 F 25 Kassel-Austin.
274 F 257 Kassel-Austin.
275 F 25 Wehrli.
— 202 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
reggere fiori e frutti rivela infatti l’amorosa passione per le cose belle, e l’affettuosa
propensione per ciò che è fiorente. Giacché bello è il volto della stagione matura e
di quella in fiore, nei frutti e nei fiori contemplato. O anche, infine, la ragione è
che tutti gli innamorati, spinti dalla passione a ogni sorta di voluttuoso eccesso, cer-
cando di avere un aspetto leggiadro, ingentiliscono le loro persone con ornamenti leg-
giadri. È cosa naturale infatti che quanti pensano di essere belli e fiorenti raccolgano
fiori: perciò si racconta che le fanciulle del seguito di Persefone raccogliessero fiori, e
Saffo 276 dice di vedere:
Una fanciulla che coglie fiori, davvero delicata.
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]
— 203 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
sono 365 di acqua, altrettante di miele, 500 di olio profumato, queste però più
piccole, 7 fiumi di latte e 8 di vino.
[Traduzione di Q. CATAUDELLA, Luciano. Storia vera, Milano 1990]
B. Animali e aromi
C. Un elenco di spezie
— 204 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
D. Personaggi bizzarri
279 Riferimenti a profumi e profumieri anche in Teofrasto, I caratteri 11 («Lo sguaiato fa da sé la
spesa e noleggia le flautiste, ma a tutti quelli che incontra per strada mostra le provviste, e li prega di
favorirlo; e, avvicinatosi alla porta di una bottega di barbiere o di profumiere, dà voce che vuole
sborniarsi a buono...». [Traduzione di G. PASQUALI, Teofrasto. I Caratteri, Milano 19914]; 16 (chi è
superstizioso offre continuamente rami di mirto, incenso e focasse agli Ermafroditi); 19 (chi è sporco
usa olio rancido); 30 (chi è avaro usa l’olio degli altri per ungersi).
— 205 —
15
APPENDICE DOCUMENTARIA
più di ogni altro): un giorno, infatti, egli dormı̀ adagiato su petali di rosa e,
quando si alzò, disse che quel giaciglio gli aveva procurato delle vesciche.
Per nulla al mondo si sarebbe sdraiato su uno strapunto o su un pagliericcio,
su un prato in un dolce pendio o su una pelle di toro adatta invece a un sol-
dato rude e di razza come Diomede:
sotto di lui era stesa la pelle di un bove selvaggio.280
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]
— 206 —
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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
Antalcida,282 che era giunto a corte come ambasciatore per trattare la pace. Al
che Antalcida gli disse: «Accetto il dono e ti ringrazio per la cortesia, ma adul-
terandolo artificialmente hai rovinato il profumo delle rose e la loro fragranza
naturale».
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]
E. Un profumo straordinario
282 Emissario spartano che nel 386 a.C. concluse la pace con il re di Persia Artaserse II.
283 367-344 a.C.
— 207 —
APPENDICE DOCUMENTARIA
F. Un pranzo straordinario
— 208 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO
— 209 —
UNITÀ DI MISURA
Obolo (0,72-1,05 g)
Dracma = 6 oboli
Mina = 100 dracme
Talento = 60 mine
— 211 —
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UNITÀ DI MISURA
— 212 —
TABELLE
TABELLA I.1
Le sostanze odorose
A. Derivazione delle sostanze odorose
Piante – Corteccia
– Fiori
– Foglie
– Frutti
– Rami
– Radici
– Resina
– Semi
B. Tipologie di profumi
Aromi presenti naturalmente in: Profumi ricavati dall’uomo attraverso la techne:
– Corteccia – Combinazione di sostanze aromatiche
– Fiori
– Foglie
– Frutti
– Rami
– Radici
– Resina
– Semi
— 213 —
TABELLE
C. Tipi di profumi
1. Osmai (sostanze odorose in generale)
2. Aromata (essenze)
3. Diapasmata (polveri profumate)
4. Myra (sostanze profumate liquide)
5. Chrismata (oli profumati)
E. Coloranti
PROFUMI PROFUMI
NOME PROVENIENZA CON AGGIUNTA SENZA AGGIUNTA
DI COLORANTE DI COLORANTE
TABELLA I.2
Metodi di estrazione delle essenze
Estrazione a caldo 1. Con olio caldo
2. Con vino caldo
3. Con acqua calda
Estrazione a freddo 1. Con olio freddo
2. Con vino freddo
3. Con latte e miele (o con latte, vino e miele)
— 214 —
TABELLE
TABELLA I.3
Nomi e composizione dei profumi
CARATTERISTICHE
INGREDIENTI METODO PROPRIETÀ
NOME E QUALITÀ CONTROINDICAZIONI
AROMATICI DI ESTRAZIONE TERAPEUTICHE
DEL PRODOTTO
— 215 —
TABELLE
CARATTERISTICHE
INGREDIENTI METODO PROPRIETÀ
NOME E QUALITÀ CONTROINDICAZIONI
AROMATICI DI ESTRAZIONE TERAPEUTICHE
DEL PRODOTTO
Macerazione in vi-
no dolce per stem-
perarne l’odore
pungente
Myrtinon Mirtillo (frut-
to)
Nardinon Radice di nar- Persistente Causa mal di testa
do Pregiato
Oinanthinon Foglie
(oinanthe)
Phoinix (palma) Legno (rami)
Rhodinon Giunco, aspa- Macerazione in vi- Leggero 1. Efficace contro
lato, calamo, no dolce il mal d’orecchi
rose per il suo conte-
nuto di sale; ef-
ficace contro la
stranguria
2. Elimina il senso
di fastidio spesso
creato da altri
profumi
3. Stimola al lavoro
Sisymbrinon
Susinon Giglio
— 216 —
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TABELLE
TABELLA I.4
— 217 —
TABELLE
TABELLA I.5
Sul polso Calore della pelle favorisce l’evaporazione immediata della fragranza
TABELLA I.6
— 218 —
TABELLE
TABELLA I.7
— 219 —
TABELLE
TABELLA II.1
Sostanze odorose da alberi e/o arbusti (libro XII)
PARTE USATA PARTE USATA PARTE USATA ADULTERAZIONI
PIANTA PROVENIENZA
IN PROFUMERIA IN MEDICINA IN CUCINA DEL PRODOTTO
Adiposo Egitto
Agresto Siria Olio
Albero del macir India Scorza della radi-
ce bollita e miele:
rimedio efficace
contro la dissen-
teria
Albero del pepe Caucaso Pepe lungo Aggiunta di bacche
Pepe nero (forte) di ginepro
Pepe bianco (leg-
gero)
Albero dello zuc- Arabia, India Resinoide dolce
chero impiegato in me-
dicina
Amomo a grappoli Armenia, Me- Foglie, radici Foglie di melogra-
dia, Ponto no, gomma liquida
Arbusto spinoso India Medicamento Adulterato con ar-
simile al pepe detto ‘licio’ otte- busto simile del
nuto dalla cortec- monte Pelio, radice
cia bollita di asfodelo, fiele di
bue, assenzio, som-
macco, morchia
Asaro o Nardo sel- Ponto, Frigia,
vatico Illirico
Aspalato Egitto Radice
Balsamo Giudea Resina (opobal- Cera e resina
samo)
Bdellio (gommo- Battriana (ma Si aggiunge al vi- Mandorla, scorza
resina profumata) anche Arabia, no per profumarlo di scordaste
India, Media,
Babilonia)
— 220 —
TABELLE
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16
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TABELLE
— 222 —
TABELLE
— 223 —
TABELLE
TABELLA II.2
TABELLA II.3
— 224 —
TABELLE
B. Profumi composti
QUALITÀ
TIPO DI PROFUMO INGREDIENTI
DEL PRODOTTO
— 225 —
17
TABELLE
QUALITÀ
TIPO DI PROFUMO INGREDIENTI
DEL PRODOTTO
C. Coloranti
SOSTANZA COLORAZIONE OTTENUTA
— 226 —
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TABELLE
TABELLA II.4
TABELLA II.5
— 227 —
TABELLE
Croco Cirene
Iris nana
Maggiorana (amarakinos) Provoca intontimento e dà
(corona) senso di pesantezza alla testa
Mirra stakte
Mirto (corona) Provoca stipsi e allontana i
fumi del vino
Olio di henna Egitto, ma anche Cipro e
Fenicia (presso Sidone)
Profumo alla rosa Il migliore si produceva a
Cirene all’epoca di Bereni-
ce la Grande sposa di To-
lomeo III Evergete (284-
221 a.C.)
Profumo di baccaride
Profumo basileion
Profumo brentheion
Profumo di Croco Soli in Cilicia e a Rodi
Profumo di fieno greco Siria
(telinon)
Profumo di filipendola Cipro e Adramittio in Misia Digestivo, conserva la mente
sveglia
Profumo di incenso Pergamo
Profumo di iris Elide, Cizico
Profumo di maggiorana Cos
Profumo di mela (meli- Cos Favorisce anche la digestio-
non) ne ed è efficace contro la
sonnolenza
— 228 —
TABELLE
TIPO DI PROFUMO
PROVENIENZA PROPRIETÀ TERAPEUTICHE
O DI SPEZIA
— 229 —
TABELLE
TABELLA III.2
Profumieri famosi
NOME PROFUMO INVENTATO FONTE
ATENOGENE Iperide, Contro Atenoge-
ne. Primo discorso (V) 5-
19 Marzi
DINIA Eraclide Pontico F 61
Wehrli, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XII 552f-553a;
Strattide F 34 Kassel-Au-
stin, in Ateneo, I sofisti a
banchetto XV 690f.
ESCHINE Ateneo, I sofisti a banchet-
to XIII 611f.
MEGALLO (greco di Sicilia Megalleion Aristofane F 549 Kassel-
o di Atene) Austin, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XV 690f; Fe-
recrate F 149 Kassel-Au-
stin, in Ateneo, I sofisti a
banchetto XV 690f; Strat-
tide F 34 Kassel-Austin,
in Ateneo, I sofisti a ban-
chetto XV 690f; Anfide F
27 Kassel-Austin, in Ate-
neo, I sofisti a banchetto
XV 691a; Anassandride F
47 Kassel-Austin, in Ate-
neo, I sofisti a banchetto
XV 691a.
PERONE Non specificato Anassandride F 41 Kassel-
Austin, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XII 553d-e;
XV 689f-690a; Teopompo
FF 1; 17 Kassel-Austin, in
Ateneo, I sofisti a banchet-
to XV 690a.
— 230 —
TABELLE
TABELLA IV.1
1 Il riferimento è ai volumi della vecchia edizione curata da LITTRÉ, Ouvres complètes d’Hippo-
crate, vol. I-X, cit. Per diverse opere del Corpus Hippocraticum nuove edizioni critiche sono apparse
nel Corpus Medicorum Graecorum (CMG). Come è noto, gran parte del materiale pervenuto sotto il
nome di Ippocrate in realtà non appartiene al medico di Cos. Sul problema, ampiamente dibattuto,
vedi JOUANNA, Ippocrate, cit. Sull’uso delle sostanza aromatiche a fini terapeutici nelle opere del Cor-
pus Hippocraticum e, in particolare, negli scritti ginecologici, vedi TOTELIN, Parfums et huiles perfu-
mées en médicine, cit., pp. 227-232; ID., Hippocratic recipes. Oral and written trasmission of pharma-
cological knowledge in fift- and fourth-century B.C., cit., pp. 141 ss. (ivi ampia bibliografia). Sulla
terminologia inerente alla botanica nel Corpus Hippocraticum: M. MOISAN, Lexique du vocabulaire
botanique d’Hippocrate, Université Laval, Pubblication n. 7, 1990.
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TABELLE
— 232 —
TABELLE
— 233 —
I TESTIMONI*
ANACREONTE. Poeta lirico, nacque a Teo, in Asia Minore, intorno al 570 a.C. Si
recò prima a Samo alla corte del tiranno Policrate, poi ad Atene presso Ippia e Ippar-
co. Morı̀ nel 485 a.C. circa.
APOLLODORO. Vissuto tra il II e il III secolo d.C. è considerato autore di una Bi-
blioteca, opera in 3 libri a contenuto mitologico.
ARCHILOCO. Poeta lirico originario di Paro, visse nel VII secolo a.C.
ARISTOBULO DI CASSANDREA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., compose un’opera
sulla spedizione di Alessandro Magno pervenuta solo in frammenti.
ARISTOTELE. Nacque nel 384 a.C. a Stagira nella penisola Calcidica e frequentò,
giovanissimo, ad Atene, l’Accademia di Platone. All’indomani della morte del mae-
stro nel 347 a.C., lasciò la scuola diretta da Speusippo. Nel 343 a.C., chiamato da Fi-
lippo II, si recò in Macedonia come maestro di Alessandro Magno. Al rientro ad Ate-
ne nel 335 a.C. fondò la sua scuola filosofica, il Liceo, lasciandone la direzione
all’allievo Teofrasto alla sua morte avvenuta nel 322 a.C.
ATENEO. Originario di Naucrati, in Egitto, visse tra II e III secolo d.C. Compose I
sofisti a banchetto un’opera a carattere erudito in 15 libri.
BATONE. Vissuto in data imprecisata, fu storico di Alessandro Magno. Scrisse Le
tappe della spedizione opera pervenuta solo in frammenti.
BIONE DI SMIRNE. Poeta bucolico, visse intorno al I secolo a.C. La sua opera è
pervenuta in frammenti.
CTESIA DI CNIDO. Medico e storico vissuto tra V e IV secolo a.C., soggiornò a
lungo presso la corte del re di Persia Artaserse II. La sua opera sull’impero persiano
(Persike) è pervenuta in frammenti.
* Sono presi in considerazione solo gli autori dei passi raccolti nell’Appendice documentaria, non
le fonti (poeti comici, eruditi, medici, storici) da questi citati.
— 235 —
I TESTIMONI
DIODORO. Originario di Agirio, in Sicilia, visse nel I secolo a.C. Fu autore di una
Biblioteca storica in 40 libri, nella quale intese raccogliere i principali eventi storici dal-
le origini mitiche in poi.
DIOGENE LAERZIO. Vissuto tra II e III secolo d.C., il suo nome è legato alle Vite
dei filosofi, opera in 10 libri nella quale raccolse preziose notizie su noti pensatori di
età precedente.
DURIDE DI SAMO. Visse tra IV e III secolo a.C. La sua opera storica è pervenuta
solo in frammenti.
EFIPPO DI OLINTO. Vissuto tra IV e III secolo a.C., narrò l’impresa di Alessandro
Magno. La sua opera è pervenuta solo in frammenti.
ELIANO. Autore erudito, nacque a Preneste intorno al 170 d.C. I suoi scritti più
importanti furono Sulla natura degli animali in 17 libri e Le storie varie in 14. Morı̀ nel
235 d.C.
EMPEDOCLE. Filosofo nato ad Agrigento intorno al 490 a.C. Ipotizzò come ele-
menti costitutivi del mondo quattro radici o elementi: Fuoco, Aria, Acqua e Terra
capaci di catalizzarsi o di disunirsi attraverso due forze: Odio e Amore. Morı̀ nel
430 a.C. circa.
ERODOTO. Nato ad Alicarnasso in Asia Minore nel 484 a.C. circa, si trasferı̀ ad
Atene nel 445 partecipando un anno dopo alla fondazione, su iniziativa di Pericle, del-
la città di Turi, in Magna Grecia. Morı̀ intorno al 424 a.C. Il suo nome è legato ad
un’opera storica in 9 libri, nella quale narrò prevalentemente le guerre che i Greci
combatterono contro i Persiani tra il 499 e il 479 a.C.
FILOSTRATO. Retore ateniese vissuto tra II e III secolo d.C. scrisse tra l’altro opere
biografiche come la Vita di Apollonio di Tiana e le Vite dei Sofisti.
IBICO. Poeta lirico originario di Reggio in Magna Grecia, tra il 564 e il 561 a.C. si
trasferı̀ a Samo alla corte del tiranno Policrate dove trascorse gran parte della sua vita.
IPERIDE. Oratore e politico ateniese di IV secolo a.C. (390-322 a.C.) fu strenuo av-
versario di Filippo II e Alessandro Magno. I suoi discorsi sono pervenuti in forma
frammentaria.
IPPOCRATE. Nato a Cos, visse tra il 460 e il 370 a.C. esercitando la professione di
medico. Sebbene la tradizione abbia tramandato sotto il suo nome una serie di scritti
raccolti nel cosiddetto Corpus Hippocraticum, tuttavia solo pochi tra essi gli possono
essere attribuiti.
LUCIANO DI SAMOSATA. Retore vissuto tra il 125 e il 190 d.C., scrisse numerose ope-
re tra le quali I dialoghi (delle cortigiane, degli dèi, marini, dei morti), La storia vera,
Lucio o l’asino.
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I TESTIMONI
NEARCO DI CRETA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., fu generale di Alessandro Ma-
gno. Narrò alcune fasi della spedizione in Asia in un’opera pervenuta solo in fram-
menti.
NICANDRO. Nativo di Colofone in Asia Minore, visse nel II secolo a.C. Scrisse nu-
merose opere di argomento epico-didascalico, tra le quali gli Antidoti contro il morso
di animali velenosi (Theriaka) e gli Antidoti contro i veleni (Alexipharmaka).
NONNO. Originario di Panopoli in Egitto, visse tra IV e V secolo d.C. Il suo nome
è legato alle Dionisiache, poema in esametri in 48 libri nel quale narrò le vicende re-
lative al dio Dioniso/Bacco.
OMERO. Vissuto in età imprecisata, la tradizione gli attribuisce l’Iliade e l’Odissea
(ma la paternità delle due opere è da secoli oggetto di ampio dibattito). I due poemi
epici narrano rispettivamente alcuni eventi relativi alla guerra di Troia, e il ritorno del-
l’eroe Odisseo/Ulisse nella sua patria Itaca.
ONESICRITO DI ASTIPALEA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., fu generale di Alessan-
dro Magno. Narrò alcune fasi della spedizione in Asia in un’opera pervenuta solo in
frammenti.
OVIDIO. Nato a Sulmona nel 43 a.C., fu poeta alla corte di Augusto. Tra le sue
opere più celebri si ricordano le Metamorfosi e L’arte di amare. Morı̀ nel 17 d.C. a
Tomi sul mar Nero dove l’imperatore l’aveva relegato.
PAUSANIA. Vissuto tra 110 e 180 d.C. circa, compose una Periegesi della Grecia nel-
la quale descrisse monumenti e ricordò tradizioni di regioni e città elleniche.
PINDARO. Poeta lirico, nacque nel 518 a.C. a Cinoscefale nei pressi di Tebe. Viaggiò di
corte in corte celebrando nei suoi componimenti i potenti dell’epoca. Morı̀ nel 438 a.C.
PLATONE. Nato ad Atene nel 427 a.C. fu allievo di Socrate. Nel 388, al ritorno dal
suo primo viaggio in Sicilia alla corte del tiranno Dionisio I di Siracusa, fondò nella
sua città la scuola filosofica, l’Accademia, frequentata, tra gli altri, da Aristotele, Se-
nocrate, Speusippo, Teofrasto. Morı̀ nel 347 a.C.
PLINIO IL VECCHIO. Nato a Como nel 23 d.C., dedicò la sua vita alla scienza rac-
cogliendo un gran numero di dati nella sua opera La storia naturale in 37 libri. L’a-
more per il sapere ne determinò anche la morte avvenuta nel 79 d.C. nel corso del-
l’eruzione del Vesuvio che distrusse Ercolano, Pompei e Stabia.
PLUTARCO. Autore erudito, nacque a Cheronea in Beozia intorno al 50 d.C. Viag-
giò a lungo in Grecia componendo numerosi scritti di argomento vario. Morı̀ nel 120
d.C.
POLIBIO. Storico greco originario di Megalopoli, visse tra il 206 e il 124 a.C. Com-
pose un’ampia opera storiografica nella quale pose al centro la nascente potenza di
Roma.
— 237 —
I TESTIMONI
— 238 —
CARTINE GEOGRAFICHE
1
Fig. 1. Orbis veteribus notus. Fig. 2. La città di Corinto, nel Peloponneso, oltre che essere nota per
il profumo di iris (Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2, in Appendice documentaria n. 6.2),
costituiva uno dei principali snodi commerciali e di smistamento delle sostanze aromatiche, mentre
Atene, in Attica, era nota per le sue botteghe profumiere nell’agora e per il profumo Panathenaicum
(Plinio il Vecchio, ivi).
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3
Fig. 3. Durante la sua spedizione contro i Persiani (335-323 a.C.) Alessandro Magno attraversò e
conquistò molte regioni aromatifere come la Siria, la Giordania, l’Egitto, l’Armenia, la Carmania,
la Gedrosia. Nel 326, interrotta la marcia verso Est ai confini con l’India, il re macedone,
intraprendendo il viaggio di ritorno via terra, ordinò ai suoi generali Nearco e Onesicrito di
esplorare con la flotta le coste dall’Indo fino al Golfo Persico. Fig. 4. Arabia Felix, terra degli
aromi. Proprio all’abbondante produzione di spezie come incenso, mirra, cassia, cinnamomo e
ladano (Erodoto, Storie III 107-113,1, in Appendice documentaria n. 21.3) impiegate nella produzione
dei profumi la regione doveva l’epiteto.
Fig. 5. Regione aromatifera nel corno d’Africa (Somalia). Era nota, riferisce
Strabone (Geografia XVI 4,14 CC 773-774, in Appendice documentaria n. 21.2), per
l’abbondante produzione di spezie.
6
Fig. 6. Carta del mondo secondo Erodoto. Fig. 7. Carta del mondo secondo Strabone.
ABBREVIAZIONI
— 241 —
18
ABBREVIAZIONI
— 242 —
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* Si tratta di una scheda bibliografica di orientamento. Altri studi sono citati nelle note al testo
in relazione agli argomenti specifici via via trattati.
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— 250 —
INDICI
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INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI*
* I primi due indici non prendono in considerazione la Prefazione, la Premessa, le note e le Ta-
belle finali, l’indice delle fonti le sole Tabelle finali.
— 253 —
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI
Dario III di Persia, 120, 169, 170. Ida (monte), 75, 138, 158.
Delo, 69, 120, 127. Ilio, 78, vedi Troia.
Demetra, 76. Illiria/Illirico, 70, 103, 122, 123, 137.
Demetrio Falereo, 174. India/Indiani, 7-9, 70, 97-102, 108, 111, 114, 118,
Demetrio Poliorcete, 174. 172, 173, 189, 195, 197, 207, 235.
Democrito, 56, 57. Indo, 102.
Dinia (profumiere), 152, 178. Ircania, 100.
Diogene di Sinope, 94. Italia, 96, 97, 99, 115, 123, 124, 156, 182, 183.
Dionisio il Giovane, 207.
Dionisio il Vecchio, 95, 96, 237. Lacedemoni, vedi Sparta/Spartani.
Diridoti, 8, 172. Leonida (pedagogo di Alessandro Magno),
106, 170.
Efesto, 75-77, 125, 128, 130, 132, 144, 148, 151, Lesbo, 3, 4, 7, 9, 238.
154, 167, 169, 186. Leucotoe, 66, 166.
Egina, 34, 35, 149. Libano (monte), 114.
Egitto/Egiziani, 24, 58, 59, 67, 105, 109, 110, 113- Libano, 19.
115, 118, 120-122, 124, 126, 127, 133, 134, 142, 148- Libia, 91, 129.
150, 156, 163, 179, 185, 187, 190, 199, 201, 202. Licia, 96, 119, 186.
Elide, 148. Lidia/Lidi, 80, 115, 151, 156.
Emazia, 139. Lindo, 145.
Era, 75.
Eraclito, 87, 197. Macedonia, 4, 68, 118, 175, 181, 235.
Eratostene, 104, 195, 197. Magna Grecia, 236, 238.
Ereso, 3-5, 9, 11. Mar Rosso, 94, 101, 125, 195.
Eritre, 49, 51. Media, 97, 101, 103, 104, 119.
Eritrea, 108. Megallo (profumiere), 152, 153, 156, 178, 179.
Eschine (profumiere), 83, 178. Mende, 69, 120-122.
Etiopia/Etiopi, 97, 98, 111, 133, 172, 189, 195, Mida (figlio di Gordio), 68, 139, 181.
196. Mileto, 138, 152, 182.
Ettore, 67, 68, 78, 79, 146, 148. Minei, 104, 195.
Eufrate, 172, 174. Minthe, 66, 167.
Mirra/Smirna, 65, 66, 166.
Faone, 186. Mitilene, 4, 121, 186, 238.
Faselide, 69, 120, 139, 148.
Fenice (padre di Adone), 166. Nabatei di Arabia, 109, 113, 195, 197.
Fenicia, 115, 117, 121, 148. Nabatei Trogloditi, 113.
Filippi, 137, 182. Napoli, 69, 120, 148.
Narciso, 67, 168.
Gallia/Galli, 95, 103, 115, 123. Naucrati, 126, 127, 235.
Gange, 102. Nisea di Megara, 139.
Gaza, 107.
Gebbaniti, 107, 108, 111, 112. Palestina, 110.
Gedrosia, 173, 195. Panfilia, 118, 204.
Gerra, 8. Pangeo (monte), 137, 182.
Giacinthie, 165. Parti, 71, 97, 110, 123, 138.
Giacinto, 66, 164, 165. Perone (profumiere), 150, 179, 202.
Giove, vedi Zeus. Persefone, 66, 76, 140, 167, 203.
Giudea, 107, 113, 115-117, 124, 195. Persia/Persiani, 7, 97, 101, 110, 120, 141, 169,
Golfo Persico, 101, 171. 187, 188, 197, 206-209, 236.
Gordio (padre di Mida), 68, 181. Pilo, 6, 65.
— 254 —
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI
— 255 —
INDICE DELLE PIANTE,
DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE
— 257 —
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INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE
ebano, 97, 98, 171. iris, 22, 23, 28-31, 38-41, 54, 55, 58, 59, 69, 70, 76,
edera, 103, 109, 125, 133, 139. 120, 122, 123, 132, 137, 139, 148, 149, 150, 154,
elenio, 140. 156, 158, 162, 171, 176, 185, 199, 200, vedi an-
elianto, 134. che irinon.
elicriso, 81, 135, 142, 157, 159. iris nana (fiore), 139.
emerocallide, 134, 136, 142, 157. isocinnamo, 113, vedi anche cinnamo.
enante/oinanthe, 71, 119, 120, 123, 148, vedi an-
che filipendola. kalchai, 137, 140.
Eretrikon (profumo), 34, 35. krinon/krina, 44, 135, vedi giglio.
erpyllinon (profumo), 34, 35, vedi anche timo. krocinon (profumo), 34, 35, vedi anche croco e
erysiskeptron (profumo), 52, 53, vedi cipero. zafferano.
kypros/cyprinum (profumo), 30-37, 44, 45, 48-
farina, 49, 111, 168, 208, 209. 51, 70, 185.
farina (fiore di), 208, 209.
farina di farro, 208, 209. ladano/ledano, 68, 71, 109, 123, 190, 192.
farina di frumento, 208, 209. laina, 108.
farina di orzo, 208, 209. lentischio, 70, 105, 108, 117, 121, 189.
farina di spelta, 49. leukoı̈non/leukoı̈nos (profumo), 32, 33, 125,
farina di veccia, 161. 136, vedi anche viola.
farina salata, 111. licnide, 132, 135, 137, 139, 182.
fenicobalano, 114. litargirio, 102, 108.
ferula, 118, 158. loto, 71, 100, 123, 127-129, 135, 141, 160, 161, 204.
ficus aegyptia, 19.
filadelfo, 138. macerone, 103, 107, 158, 208.
filipendola o enante/oinanthe, 135, 148, 149, macir, 100.
vedi anche enante/oinanthe. maggiorana, 37, 67, 70, 71, 120-124, 127, 132,
foliatum (o profumo di nardo), 122, vedi an- 135, 140, 141, 148-150, 156, 158, 159, 176, 184,
che nardo e nardinon. 199, 202.
malobatro, 70, 71, 118, 122, 123.
galbano, 117, 118, 121, 160, 161. malva, 141, 157, 182, 184.
giacinto, 76, 129, 132, 135, 138-141. mandorle (frutto), 101, 208.
giglio, 33, 70, 121, 122, 129, 133, 135, 136, 138-142, mandorle amare (olio), 25, 29, 118, 121, 123, 148,
156, 162, 165, 185, 199, 202, 203. 187, 198.
ginepro, 99, 100, 107, 158, 161, 189. mandorle dolci (olio), 208.
girasole, 114, 140. margherita, 140.
giunco profumato, 39, 41, 70, 71, 114, 121-123, maron/maro, 38-41, 70, 71, 115, 122, 123.
158, 190. mastice, 108.
gladiolo, 135, 140. megaleion/megalleion/megalium/megallio
gomma, 100-102, 104, 108, 109, 115, 117, 118, 121, (profumo), 36, 37, 40, 41, 44, 45, 50, 51, 148,
162. 152, 153, 156, 179, 201.
gomma ammoniaca, 115, 118. mela, 17, 31, 81, 108, 134, 141, 208, vedi anche
melinon e mela cotogna.
henna, 11, 69-71, 94, 100, 115, 117, 120-123, 140, mela cotogna, 33, 37, 70, 81, 101, 114, 121, 199,
148, 149, 156. 200.
melagrana, 70, 121, 167.
incenso, 8, 10, 22, 23, 28, 29, 63, 66-68, 77, 78, melilotinoi, 130, vedi meliloto.
80, 94, 104-110, 115, 120, 140, 142, 148, 153, meliloto, 40, 41, 70, 78, 122, 130, 141-143, 157,
154, 160, 166, 170-172, 174, 181, 184, 190-199. 199.
iperico, 117. melinon/melino (profumo), 32-37, 65, 121, 148,
irinon (profumo), 31, 34-37, 39-43, 50, 51, 65. 149, vedi anche mela e mela cotogna.
— 258 —
INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE
— 259 —
INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE
sisymbrinon (profumo), 33, 34. 123-126, 141, 154, 158-161, 170, 171, 188, 189, 195,
sommacco, 100. 197, 199, 200, 204, 208.
spathe, 35, 119, vedi anche elate e palma. vino alla mirra, 188.
speronella, 135, 136, 141, 142, 157. vino di arbusti, 188.
spigo, 132, 134, 135, vedi anche nardo. vino di Eraclea, 51.
storace, 71, 110, 113, 117, 118, 123, 160, 185, 190, vino di Eritre, 49, 51.
197, 204. vino di fiori, 189.
susinon/susinum (profumo) 32, 33, 70, 121, vino di mirto (myrtites), 188.
122, 136, 149, 199, vedi anche giglio. vino di palma, 110.
vino di Taso, 49.
tasso, 157 viola, 68, 76, 79, 81, 127, 130, 134-142, 156, 165,
telinon/telinum/telino (profumo), 70, 148, 149, 181, 182, 199, 203.
vedi anche fieno greco. viola fiamma o viola selvatica, 134, 140.
terebinto, 99, 105, 117, 121, 172, 187, 189, 192, 198. violaciocca, 162.
theseion, 141. violetta bianca, 102, 125, 134-136, 149, 161, 173,
tiglio, 133. vedi anche leukoı̈nos.
timo, 133, 135, 142, 149, 205.
trifoglio, 141. xilobalsamo, 70, 116, 123, 184.
tuia, 76, 120. xilocinnamo, 112, vedi anche cinnamo.
uva, 55, 59, 95, 119, 161, 205, 208. zafferano, 67, 69-71, 118, 120-123, 139, 159, 160,
162, 171, 176, 183, 184, 197, 199, 209, vedi an-
vino, 15, 21, 23, 31, 47, 49, 51, 53, 55, 57, 59, 64, che croco.
69-71, 79, 80, 93, 95, 96, 101, 103, 116, 118, 121, zenzero, 99, 185.
— 260 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
FONTI LETTERARIE
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
— 262 —
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
— 263 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
— 264 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
— 265 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
I 74 35 nota 43
I 77 29 nota 21
I 78 29 nota 21
I 105 19 nota 5
I 106 37 nota 49
I 130 31 nota 30
I 148 35 note 46-47
I 155 35 nota 48
I 176 25 nota 12
I 183 19 nota 4
II 121 25 nota 13
III 42 33 nota 38
III 116 33 nota 37
III 135 35 nota 42
III 138 33 nota 36
IV 23 39 nota 52
IV 147-149 37 nota 49
V 7 ss. 23 nota 9
V 28 ss. 189 nota 249
V 36 188 nota 247
DRACONTE DI CORCIRA FHG IV, p. 402 Müller 156 nota 201
DURIDE DI SAMO FGH 76, F 10 174
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
I 9,6 25 nota 12
I 10,2 35 nota 48
I 10,4 35 nota 48
I 10,8 35 nota 48
I 11,1 25 nota 12
I 11,2 19 nota 4
I 11,3 35 nota 49
I 12,1 35 note 48-49
I 13,1-5 31 nota 30; 33 nota 37; 35 nota 48
I 14,1 35 nota 48
I 14,4 35 note 48-49
II 1,3 33 nota 38; 35 nota 49
II 1,4 35 nota 48
II 2,1 33 nota 37
II 2,6 35 nota 48
II 4,1 33 nota 38
II 5-6 35 nota 48
II 6,6 35 nota 47
II 7,2-3 35 nota 48
III 3,3 19 nota 5
III 6,2 35 nota 48
III 12,4 35 nota 48
III 12,6-9 35 nota 42
III 15,4 35 nota 42
III 15,5 35 nota 48
III 16,4 35 nota 48
IV 2,1 25 nota 15
IV 2,6 25 nota 15; 35 nota 48
IV 3,1 35 note 40 e 48
IV 4,12 29 nota 21
IV 4,14 27 nota 17; 29 nota 22
IV 5,2 29 nota 20
IV 5,3-4 35 nota 48
IV 8,4 31 nota 32
IV 8,6 33 nota 37
IV 8,7 31 nota 30
IV 8,9 33 nota 37
IV 8,14 25 nota 13
IV 10,3 31 nota 30
IV 13,2 33 nota 35
V 3-7 63 nota 3
V 7,6 19 nota 5
V 8,3 35 nota 48
V 9,6 35 nota 42
VI 1,1 33 nota 38; 35 nota 44
VI 1,1-3 31 nota 30
VI 6,2-3 33 nota 38
VI 6,3 33 nota 37; 135 nota 85
VI 6,4-6 31 nota 30; 35 nota 40; 137 nota
102
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE
F 22 127 nota 30
TIMACHIDA F 1 Blinkenberg. 141 nota 113
F 4 Blinkenberg 137 nota 103
F 19 Blinkenberg 129 nota 47
F 25 Blinkenberg 130 nota 53
F 28 Blinkenberg 128 nota 41
TOLOMEO GEOGRAFO Geografia (ed. Nobbe)
VI 7 198 nota 260
VII 1 189 nota 250
FONTI EPIGRAFICHE
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INDICE
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » XIX
PARTE PRIMA
PARTE SECONDA
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INDICE
TABELLE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 213
I TESTIMONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 235
ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 241
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 243
INDICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 251
Indice dei nomi e dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 253
Indice delle piante, dei profumi e delle sostanze aromatiche . » 257
Indice delle fonti letterarie ed epigrafiche . . . . . . . . . . . . . » 261
— 280 —
CITTÀ DI CASTELLO . PG
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2010
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B.A.R.
GIUSEPPE SQUILLACE
Prefazione di
L ORENZO V ILLORESI