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B.A.R.

ISSN 0066-6807 I BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»


Vol. 372 Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia
372

GIUSEPPE SQUILLACE

G. SQUILLACE – IL PROFUMO NEL MONDO ANTICO


IL PROFUMO
NEL MONDO ANTICO
CON LA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA
DEL «SUGLI ODORI» DI TEOFRASTO

Prefazione di
L ORENZO V ILLORESI

LEO S. OLSCHKI EDITORE


MMX
LEO S.
OLSCHKI

ISBN 978 88 222 5983 7


Giuseppe Squillace è Ricercatore in Storia Gre-

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ca presso il Dipartimento di Storia dell’Univer-
sità degli Studi della Calabria. Ha indirizzato
le sue indagini sia sui temi della propaganda ma-
cedone e antimacedone sotto Filippo II e Ales-
sandro Magno, pubblicando una serie di articoli
nonché le monografie Basileis o tyrannoi. Filippo
II e Alessandro Magno tra opposizione e consenso
(Rubettino 2004), e Filippo il Macedone (Laterza
2009), sia sui medici vissuti in Magna Grecia e
Sicilia nel IV secolo a.C. Su quest’ultima temati-
ca sta realizzando presso la Technische Univer-
sität di Dresda un progetto di ricerca internazio-
nale finanziato dall’Alexander von Humboldt
Stiftung di Bonn.
BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»
Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia
372

GIUSEPPE SQUILLACE

IL PROFUMO
NEL MONDO ANTICO
CON LA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA
DEL «SUGLI ODORI» DI TEOFRASTO

Prefazione di
LORENZO V ILLORESI

LEO S. OLSCHKI EDITORE


MMX
Tutti i diritti riservati

CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKI


Viuzzo del Pozzetto, 8
50126 Firenze
www.olschki.it

versione digitale PDF


ISBN 978 88 222 7863 0
versione cartacea
ISBN 978 88 222 5983 7
Si accorse che non c’era moto dell’animo che
non avesse una corrispondenza nella vita dei sensi
e tentò di scoprire le loro vere relazioni domandan-
dosi perché l’incenso spinge al misticismo mentre
l’ambra eccita le passioni, le violette risvegliano il ri-
cordo dei morti amori, il muschio turba l’intelletto,
la magnolia ravviva l’immaginazione.
Più volte cercò di elaborare una vera psicologia
dei profumi calcolando le varie influenze di radici
odorose, di fiori ricchi di polline, di balsami aroma-
tici, di legni fragranti: il nardo che illanguidisce, la
hovenia che rende folli, l’aloe che, dicono, libera l’a-
nimo dalla malinconia.
OSCAR WILDE, II ritratto di Dorian Gray

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PREFAZIONE

Questa pubblicazione contiene la prima edizione in italiano con testo greco a


fronte del Sugli Odori (Peri; ojsmwn~ ) di Teofrasto, presentata unitamente ad una
raccolta di brani di altri importanti autori sulla profumeria nel mondo antico.
È un’opera di importanza straordinaria perché rende per la prima volta accessi-
bili anche al grande pubblico dei non addetti ai lavori testi fino a oggi pressoché
sconosciuti, mantenendo al tempo stesso un’impostazione scientifica.
L’idea di Giuseppe Squillace è indubbiamente quella di offrire una pano-
ramica più completa possibile del mondo degli aromi e dei profumi dell’anti-
chità. Vengono cosı̀ alla luce, sulla base di traduzioni serie e rigorose, testi af-
fascinanti e di impressionante ricchezza, mentre si apre la strada a nuovi studi
sui profumi nel mondo antico. Mai prima d’ora erano stati pubblicati i nomi
storici dei profumieri di allora, le ricette dei loro profumi più famosi, l’elenco
minuzioso degli ingredienti di quell’epoca, insieme alla più completa biblio-
grafia sull’argomento.

LA VISIONE DEL MONDO DEGLI AROMI ALL’EPOCA DI TEOFRASTO

Quale poteva essere lo sguardo degli antichi verso l’universo delle fragran-
ze? Come possiamo metterci nei panni di un contemporaneo di Aristotele e di
Teofrasto e guardare il mondo con i suoi occhi, in particolare il mondo degli
aromi? In un’epoca nella quale ci si interrogava sulle origini di tanti fenomeni
ancora ignoti cercandone la causa prima, aromi, profumi e odori apparivano
forse come uno dei modi nei quali si manifestavano l’essere e la natura.
Gli antichi furono particolarmente colpiti da tutto ciò che coinvolgeva
profondamente i sensi. Proprio gli aromi più forti e intensi attirarono l’atten-
zione dei popoli dell’antichità che ne fecero uso in ambito religioso, alimen-
tare e cosmetico. Come nei poemi omerici l’attenzione del narratore si soffer-
ma spesso su ciò che colpisce l’occhio 1 cosı̀, riguardo agli aromi, ciò che

1 Si parla di agili membra, di forti braccia e di veloci gambe in movimento, ma anche di nuvole
spinte dai venti, di mare schiumoso in tempesta, di vele che si gonfiano, di acque che si scagliano
violentemente contro le navi. Omero, Iliade e Odissea, passim.

— VII —
PREFAZIONE

impressiona maggiormente gli antichi è ciò che colpisce il senso dell’odorato,


provocando in tal modo una forte emozione: il calamo, il costo, il galbano, l’i-
ris, il nardo sono tutte radici o rizomi dal profumo intensissimo, al pari di spe-
zie come cannella, cardamomo, cumino, menta, timo, mirto e salvia, per citar-
ne alcune tra le più apprezzate. Lo stesso vale per legni come sandalo e cedro e
fiori come rosa, geranio, lavanda e meliloto. Per non parlare poi di tutte le re-
sine odorose, gli incensi – mirra, benzoino, incenso, opoponax, storace – veri e
propri cristalli magici, ricettacoli di un’altissima percentuale di essenza, capaci
di sprigionare una fragranza particolarmente intensa, quando venivano scal-
dati sulle pietre poste intorno ai fuochi o arsi nei bracieri. È intorno a questi
aromi straordinari che nascono miti e leggende di amore e seduzione, di amori
incestuosi, di nascite e morti: le storie di Adone e Mirra, di Afrodite e Perse-
fone, di Menta, Narciso, Mirto, Giacinto, di Dioniso, della Fenice 2 e molti altri
di cui si narra nei testi antichi e nei brani presentati in questo volume.
Quando si pensa alla visione del mondo degli antichi vengono in mente
film come Medea di Pasolini, a cavallo tra la storia e il mito, tra un’epoca re-
mota e la leggenda. Ma è davvero possibile immaginare lo sguardo di un uo-
mo dell’epoca di Teofrasto come assolutamente libero da sovrastrutture
mentali riguardo agli aromi? Probabilmente no. Nel Sugli odori il filosofo
peripatetico porta alla nostra attenzione uno spaccato della realtà del suo tem-
po, il IV-III secolo a.C.: idee, usi e consuetudini intorno agli aromi, che in
buona parte appartenevano alle età precedenti. Un uomo colto di quell’epoca
si trovava circondato da un’immensa teoria di miti e leggende molto più anti-
chi della sua generazione, sentiva intorno a sé favole che avvolgevano di mi-
stero le terre dalle quali provenivano gli aromi, assisteva a riti e cerimonie re-
ligiose nelle quali le piante aromatiche avevano un ruolo di rilievo, ascoltava le
indicazioni dei medici sulle proprietà e i benefici terapeutici delle essenze.
Quale poteva essere la visione del mondo di un greco dell’età di Teofrasto?
La natura era una continua fonte di meraviglia e mistero: il moto delle stelle di

2 La leggenda sulla Fenice è emblematica: uccello sacro del Sole e degli aromi, unico della sua
specie, sempre uguale a se stesso, l’araba Fenice disponeva di mirra e incenso per costruirsi il nido.
Aveva alcune penne d’oro, altre di color rosso vivo. Non lasciava mai la terra degli Arabi se non per
recarsi al santuario del dio Sole. Col passare degli anni, solo la fiamma profumata degli aromi riusciva
a restituirle tutto il passato vigore. Ormai vecchia, si costruiva un nido di rami di incenso, lo inon-
dava di profumi e vi moriva, arsa dal fuoco solare, per poi rinascere dalle proprie ceneri. Si nutriva
solo dei raggi più luminosi del Sole, dei vapori eterei portati dai venti marini, delle lacrime dell’in-
censo più puro. Sul tema vedi: Erodoto, Storie II 73 (testo 9.1 in Appendice documentaria); ma anche
M. DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, trad. it. Roma-Bari 1987, pp. 3 ss.; F. ZAMBON –
A. GROSSATO (a cura di), Il mito della Fenice in Oriente e in Occidente, Venezia 2004; F. LECOCQ,
L’oeuf du phénix. Myrrhe, encens et cannelle dans le mythe du phénix, «Schedae», XVII.2, 2009,
pp. 107-130.

— VIII —
PREFAZIONE

notte, l’alternarsi delle stagioni, la nascita, la crescita e la morte degli animali e


delle piante. Il mondo conosciuto non era vasto e la possibilità di viaggiare era
appannaggio di pochi. Se si escludono mercanti e soldati – come i reduci della
spedizione in Asia di Alessandro – la maggior parte delle persone doveva accon-
tentarsi di racconti recuperati solo per via indiretta. Le difficoltà del viaggio da-
vano alla distanza il suo pieno significato. Le piante e le radici portate da paesi
lontani avevano ancora l’inebriante gusto dell’esotico. Il loro profumo parlava
delle impervie montagne dell’India, delle distese deserte dell’Arabia Felix, della
Via degli Incensi e della Via delle Spezie, di piante, alberi e cespugli sconosciuti.
Storie vere mescolate a fiabe incastonate in paesi lontani, storie trasfigurate dal-
l’immenso e misterioso universo del mito: un insieme variegato e controverso
non sempre semplice da decifrare di fronte al quale si trovò anche Teofrasto.

ORIGINALITÀ DI TEOFRASTO

C’è qualcosa di estremamente nuovo e fresco nel filosofo di Ereso. Supe-


rando queste sovrastrutture culturali, per la prima volta egli affrontava il mon-
do degli odori in modo scientifico, in linea con l’impostazione trasmessagli dal
maestro Aristotele e seguita all’interno del Liceo. Teofrasto guardava il mon-
do degli aromi con l’occhio attento dell’osservatore guidato da infinita curio-
sità. Fu il primo studioso degli odori: nessuno prima di lui aveva trattato l’ar-
gomento in modo cosı̀ sistematico. Fu il primo a spiegare la preparazione dei
profumi e il loro impiego, descrivendo tutto il percorso necessario per mettere
a punto una fragranza in modo ‘armonico’, senza che uno o più ingredienti
prevalessero sugli altri.3 Si interrogò sulla natura degli odori, come già Aristo-
tele, ma in modo ancora più analitico, per comprenderne i numerosi misteri,
che in molti casi resteranno tali fino al secolo scorso. Teofrasto superò la sem-
plice ripartizione in odori più o meno piacevoli effettuata da Platone e seguita
anche da Aristotele.4 Fu il primo a trattare il tema della composizione di un
profumo e della sua creazione da un punto di vista artistico 5 e pose già allora
un problema, molto attuale anche per il profumiere di oggi, riguardante gli
ingredienti naturali: non sono mai uguali a se stessi e, di conseguenza, una fra-

3 Teofrasto, Sugli odori 57, capitolo nel quale il filosofo sottolinea la necessità di creare una fra-
granza equilibrata non dominata da un solo ingrediente.
4 Platone, Timeo 66d-67a; Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b. Vedi testi
nn. 5.1-5.3 in Appendice documentaria.
5 Il filosofo parla infatti di ‘combinazione delle essenze’ (Teofrasto, Sugli odori 8); di ‘amalgama’
tra le diverse componenti’ (Teofrasto, Sugli odori 19); di accostamento tra odorato e olfatto (ivi 9); di
mancanza di regole precise nell’accordo e nella mescolanza delle essenze (ivi 37).

— IX —
PREFAZIONE

granza con essi composta è suscettibile di essere diversa di volta in volta.6 Teo-
frasto fu forse il primo a porsi il problema della volatilità e della persistenza
delle materie aromatiche.7 Arrivò a un passo dal trovare la chiave della solu-
zione quando parlava della macerazione delle spezie 8 osservando come, essen-
do sottile, la fragranza di rosa evaporasse rapidamente lasciandosi sovrastare
dalle altre componenti aromatiche.9
Il Sugli odori è anche ricco di considerazioni precise, estremamente attuali
come, ad esempio, l’osservazione in base alla quale il miglior eccipiente per
diluire gli aromi deve essere «un olio dotato di una minor profumazione pos-
sibile».10 Teofrasto riferiva dell’impiego di coloranti per profumi e cosmetici,
indicava in luce e calore i nemici dei profumi e osservava che l’esaltazione del-
le note odorose e la conservazione delle essenze dipendevano dalla tempera-
tura.11 Inoltre, notava – una constatazione, questa, evidentemente valida per
tutte le epoche – che alle donne piacevano le fragranze persistenti 12 e rilevava
la vicinanza tra gusto e olfatto evidenziando come nessun sapore fosse sguar-
nito di odore e nessun odore potesse essere senza sapore.13 Infine rimarcava
come i profumi emanassero un odore dolcissimo se spalmati sul polso (per que-
sto motivo i profumieri li testavano su questa parte del corpo) 14 ed estendeva
l’uso delle fragranze alla profumazione dei vestiti, del letto e dei mantelli. 15

6 Secondo il filosofo il tutto era determinato dalla stabilità della stagione, o dal periodo di rac-
colta delle sostanze odorose: Teofrasto, Sugli odori 37.
7 Teofrasto, Sugli odori 12 : «Occorre domandarsi inoltre per quale motivo i fiori e le altre com-
ponenti odorose usate nella preparazione delle corone, pur avendo un profumo assai tenue riescano
tuttavia a emanarlo fino a grandi distanze, mentre l’iris, il nardo e altre sostanze secche dotate di pro-
fumazione assai intensa riescano a renderlo percepibile solo da vicino». Vedi anche Sugli odori 56, nel
quale risulta interessante l’osservazione del filosofo secondo il quale nardinon e irinon «rimanevano
più a lungo». Per quanto riguarda il nardinon la maggiore persistenza era senz’altro dovuta in primo
luogo alla presenza, nella formula, del nardo stesso, una ferula simile alla valeriana, ma anche all’im-
piego nella composizione di ingredienti come il costo (una radice) e la mirra, una resina particolar-
mente persistente.
8 «Prima si mettono a macerare le spezie dotate di un aroma meno intenso, alla fine si unisce la
fragranza, il cui aroma si desidera rimanga persistente». Teofrasto, Sugli odori 17.
9 Un profumo composto, contenente tuttavia un estratto o essenza di rosa, posto in un flacone,
quando viene aperto «emana solo ed esclusivamente la fragranza di rosa». Ma «tale effetto ha tuttavia
scarsa durata per la debolezza e la volatilità dell’essenza, che inizialmente prevale sulle altre»: Teo-
frasto, Sugli odori 47.
10 Teofrasto, Sugli odori 18. Inoltre «l’olio deve essere nuovo, non vecchio» e si può usare anche
quello ricavato da mandorle amare: ivi 15.
11 In generale il filosofo rilevava che il caldo alterava i profumi: Teofrasto, Sugli odori 40.
12 Ivi 42.
13 Ivi 67.
14 Teofrasto, Sugli odori 53, dove si riporta un’altra osservazione interessante perché implicita-
mente si considera la pelle dotata di un suo odore che, a sua volta, si mescola con quello del profumo.
15 Ivi 58.

—X—

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PREFAZIONE

L’ARTE DELLA PROFUMERIA TRA PASSATO E PRESENTE

Quando oggi si pensa alla filosofia e alla profumeria, si immaginano due


cose lontane e diverse. In realtà filosofi e profumieri hanno avuto da sempre
molto in comune, prima fra tutte la ricerca dell’essenza! Dico sempre cosı̀
quando qualcuno mi chiede come mai, dagli studi di filosofia antica, sia poi
diventato un profumiere: continuo la ricerca dell’essenza! A parte i giochi
di parole, tra gli autori che riportano notizie su spezie, aromi e profumi ci fu-
rono anche filosofi come Platone e Aristotele.16 La filosofia quale ‘amore della
sapienza’, quella antica in particolare, aveva come oggetto del proprio studio e
della propria indagine vari aspetti della realtà. Si trattava di una ricerca della
sintesi totale: parole e concetti dovevano essere attentamente meditati e dive-
nire ‘essenziali’, al pari delle gocce che escono dall’alambicco durante la distil-
lazione. Come il filosofo svolge la sua attività intellettuale mirando a una con-
cezione complessiva del reale, allo stesso modo il profumiere – cioè il creatore
di fragranze 17 – mira alla creazione di nuove dimensioni: un creatore di mondi
e di visioni sempre nuove, accompagnate da una profonda carica emozionale e
di sensualità. Il filosofo distilla parole e concetti per elaborare la sua visione
della realtà. Il creatore di fragranze distilla essenze ed estratti dalla natura
per elaborare le sue visioni odorose.
Un po’ filosofo e un po’ profumiere, l’alchimista si dedicava un tempo a
una disciplina vicina a entrambe le arti, che implicava per chi la praticava una
progressiva crescita conoscitiva proprio come la filosofia. Andava alla ricerca
della pietra filosofale per trasformare i metalli meno preziosi in quelli più no-
bili e la materia umile in una più ricca e pregiata, per creare l’elisir di lunga
vita. Alchimia (dall’arabo al-kimiya) e Elisir (dall’arabo al-iksir) hanno analogo
significato: la pietra (filosofale). Ma in greco chymeia vuol dire anche ‘mesco-
lanza di liquidi’, come quella caratteristica dei creatori di fragranze di ogni
tempo. Spesso ingredienti presi da soli e di limitato o di scarso interesse, messi
insieme secondo una certa architettura e ‘cosmeticamente’, cioè con ordine ed
eleganza, finiscono per rappresentare mosaici di straordinaria bellezza, ricchi
di innumerevoli e imprevedibili sfaccettature. Una fragranza, per un profu-
miere, è un mondo fatto di visioni, emozioni, immagini e ricordi altrimenti dif-
ficilmente definibili, mai veramente traducibili, indecifrabili, se non attraverso
l’esperienza della fragranza stessa.

16Vedi supra.
17Uso intenzionalmente questa espressione al posto di ‘profumiere’, perché in italiano, diver-
samente dalle altre lingue, il termine viene ormai ad indicare il negoziante di profumi, non più il loro
creatore.

— XI —
PREFAZIONE

Mago e psicologo, medico e artista, scienziato e alchimista, filosofo e stre-


gone. Il creatore di fragranze è un po’ tutte queste cose insieme, anzi è l’ulti-
mo discendente dei maghi e degli alchimisti accettato dalla società contempo-
ranea e segretamente lo sa. Manipola la materia per plasmare i suoi sogni. Il
profumiere ‘vede’ le sue composizioni odorose anche prima di realizzarle.
Userebbe qualsiasi cosa a questo scopo, come i profumieri più antichi e senza
alcuna distinzione se questa ‘cosa’, questa materia, fosse necessaria al comple-
tamento della sua opera, al mosaico di odori, visioni e sensazioni da lui imma-
ginate. In questo senso non c’è alcuna differenza fra i veri creatori di fragranze
di ogni epoca e luogo.
Esiste invece una distanza abissale tra la profumeria antica e quella con-
temporanea se si considerano i mezzi di cui quest’ultima dispone. Basti pen-
sare ai moderni e sofisticati sistemi di analisi 18 mediante i quali si conosce sem-
pre più la fitta trama di cui è fatta la natura, materie aromatiche comprese.
Oggi, ad esempio, si lanciano palloni aerostatici sopra l’Amazzonia per deci-
frare il puzzle di odori che ne costituiscono l’atmosfera. Sono stati creati siste-
mi di analisi adatti a operare immersi nell’acqua dei fiumi e dei mari. È stata
distillata la rosa in assenza di gravità sulle navicelle spaziali in orbita intorno
alla terra. Prima o poi saranno organizzate spedizioni alla ricerca di materie
importanti nascoste su pianeti lontani! Allo stesso tempo sono stati riscoperti
e sperimentati sistemi di estrazione abbandonati da molti anni, come la co-di-
stillazione, mentre di nuovi e sempre più sofisticati ne sono stati messi a punto
negli ultimi tempi.19 Metodi di gran lunga differenti da quelli – spremitura,
bollitura, macerazione – impiegati nel mondo antico.
Rispetto all’epoca di Teofrasto, oggi sappiamo che gli odori possono essere
classificati non solo, ad esempio, per tipologia (acetati, aldeidi, salicilati; oppu-
re balsami, resine, assolute, resinoidi) o per affinità odorosa (floreale, legnoso,
ambrato, speziato ecc.) ma anche in base alla volatilità relativa (testa, cuore,
fondo), cioè la durata dell’evaporazione di una sostanza di sintesi o di una ma-
teria aromatica naturale posta su una cartina. Il gruppo di aromatici più vola-
tili, quelli che evaporano più rapidamente, sono stati chiamati ‘note di testa’
(head notes); quelli a intermedia volatilità ‘note di cuore’ (middle notes); il
gruppo più persistente ‘note di fondo’ (base notes).20 L’effetto arpeggio, arpè-

18 Dallo Head-space system ad altri tipi di gas-cromatografia-spettrometria di massa avanzati.


19 Ecco i principali sistemi di estrazione moderni, tanto per dare un’idea: estrazione mediante
ultrasuoni; estrazione in CO2 supercritica; distillazione molecolare; distillazione sotto vuoto; distilla-
zione frazionata; distillazione in corrente di vapore; espressione (agrumi); estrazione con solventi
volatili.
20 Tuttavia questa ripartizione non deve essere concepita in modo rigido e si modifica laddove

— XII —
PREFAZIONE

ge, in cui le note vengono suonate in successione invece che simultaneamente, è


altamente descrittivo del comportamento di un profumo e delle sue costituenti.
Quanto all’uso dei profumi, l’antichità presenta numerose analogie con il
mondo attuale. Oltre che per la creazione di fragranze e cosmetici, all’epoca di
Teofrasto i profumi trovavano impiego, come oggi, anche in campo alimenta-
re. Ai vini aromatizzati di cui parla il filosofo, fanno da contrappunto vari tipi
di bevande, ma anche caramelle, chewing-gum, dolci e gelati, oltre a ogni ge-
nere di cibo confezionato, ai quali il mercato destina gran parte della produ-
zione di sostanze aromatiche per la composizione degli ‘aromi’.21 Campo ali-
mentare ma anche sfera religiosa. Gettate sulla fiamma, le resine fragranti da
sempre hanno avuto la funzione di mettere in comunicazione il mondo degli
uomini con quello degli dèi. Avevano lo scopo di attirare la loro attenzione e,
dal momento che stabilivano una comunicazione ‘verticale’, gli aromi consu-
mati sugli altari avevano un compito analogo a quello assolto dal fumo odo-
roso degli animali bruciati nei sacrifici. I profumi più preziosi e straordinari
erano privilegio degli dèi, appartenevano alla sfera divina. Quando nei sacri-
fici gli uomini lasciavano salire al cielo il fumo degli incensi e degli aromi, essi,
in un certo senso, non facevano altro che restituire al mondo celeste le sostan-
ze che a questo appartenevano. Ne rimane traccia ancora oggi nel largo impie-
go degli incensi e di altri aromi nei riti delle diverse religioni.
Se l’atteggiamento, il modo di porsi ‘creativamente’ verso i potenziali in-
gredienti della fragranza da parte del profumiere di oggi non è molto diver-
so da quello dei profumieri di un tempo, profonde sono le differenze che ci
separano dalla profumeria dell’epoca di Teofrasto. Diversamente dal passa-
to, oggi, ad esempio, esistono norme precise che stabiliscono quali ingre-
dienti il creatore di fragranze possa usare e in che misura. Inoltre, anche
se è vero che numerosi sono gli aromi antichi tuttora impiegati, bisogna tut-
tavia tenere presente che si tratta al massimo di alcune dozzine di compo-
nenti. Certamente straordinarie, ma assai limitate di numero rispetto alla ‘ta-
volozza’ di odori della quale può disporre il profumiere di oggi: perfino
migliaia in linea teorica, anche se in genere se ne impiegano al massimo
non più di duemila. Per avere un’idea della rapidissima evoluzione della
profumeria negli ultimi decenni basta pensare che, agli inizi del secolo scor-
so, i grandi profumieri ‘dell’età dell’oro’ della profumeria moderna, come

un ingrediente particolare venga usato in percentuali elevate. Ad esempio, l’assoluta di gelsomino è


normalmente una nota di fondo ma, se usata in proporzioni elevate, ‘sconfina’ nell’ambito delle note
di cuore e perfino in quelle di testa.
21 Cosı̀ si chiamano oggi le essenze il cui impiego è previsto nel settore alimentare.

— XIII —
PREFAZIONE

Jacques Guerlain, Ernest Beaux, Henry Robert e François Coty, per citarne
solo alcuni tra i più famosi, lamentavano spesso la limitata disponibilità di so-
stanze aromatiche nuove e diverse. Tuttavia rispetto agli antichi, essi poteva-
no utilizzare un numero notevolmente maggiore di ingredienti, molti dei quali
erano sconosciuti ai profumieri egiziani, romani e greci. Basti pensare ad al-
cuni tra i più famosi, come il vetiver, il patchouli, l’ylang-ylang, l’ambra, il
musk, il castoreum, la civetta, la violetta, la tuberosa, il bergamotto, l’arancio,
i fiori d’arancio, il neroli, i chiodi di garofano, il muschio di quercia, la noce
moscata, la vaniglia ed altre ancora, per citare solo alcuni tra quelli naturali.
Ma le differenze non si fermano qui: gli sviluppi della scienza e, di conse-
guenza, dei sistemi di analisi, soprattutto a partire dai primi decenni dell’ ’800,
hanno permesso di conoscere sempre di più la composizione delle essenze
delle piante e di svelare in tal modo buona parte del mistero che da secoli cir-
condava gli aromi. Si è scoperto che la natura non è altro che un immenso
‘mosaico’ di costituenti diverse, più o meno aromatiche; che la componente
aromatica, ‘l’anima odorosa’, è di natura oleosa; che le singole essenze natu-
rali (dette ‘oli essenziali’ quando ottenute per distillazione) e gli altri tipi di
estratti, sono a loro volta un insieme complesso di numerose costituenti, in
percentuali variabili. L’essenza di rosa ottenuta per distillazione, ad esempio,
non è in realtà una cosa ‘singola’, bensı̀, al suo interno, un compound di so-
stanze diverse. Quindi ogni profumo finito è una ‘composizione’, che contie-
ne al suo interno vari ingredienti, alcuni dei quali (i naturali) sono in realtà a
loro volta delle ‘composizioni’ (ad esempio l’essenza di rosa o l’assoluta di gel-
somino). Questi estratti ed essenze naturali sono spesso mescolati insieme ad
altre sostanze di sintesi (‘singole’), come rodinolo, idrossicitronellale, alcool
feniletilico e molte altre per la creazione dei profumi. In altre parole, come
scatole cinesi, le essenze e gli estratti naturali sono quindi a loro volta compo-
sti da insiemi di sostanze di natura differente e in diversa proporzione, molte
delle quali sono presenti anche in essenze ottenute da altre parti di piante. Si
tratta di misture cangianti e in parte sfuggenti come tutto ciò che proviene
dalla natura.
La conoscenza delle costituenti delle essenze e degli estratti naturali è stata
successivamente approfondita, sia riguardo al loro profumo, sia in relazione
alle loro caratteristiche generali, decifrando in tal modo sempre di più il mi-
sterioso arabesco degli odori della natura. Dato che si scoprı̀ che molte di que-
ste costituenti erano presenti abbondantemente in natura anche in altre ma-
terie molto più diffuse e meno preziose di una essenza distillata, si studiò e
si trovò il modo di ottenerle da queste stesse materie producendole su larga
scala. Cosı̀ in pochi decenni le sostanze aromatiche disponibili per il profu-
miere da poco più di 100-120 sono quasi decuplicate, comprendendo nuovi

— XIV —
PREFAZIONE

tipi di estratti naturali, centinaia di sostanze di sintesi e altre materie chimiche


‘modellate’ in laboratorio e non esistenti in natura.
Bisogna capire l’importanza di ciò dal punto di vista del creatore di fra-
granze. Per la prima volta il profumiere non solo poteva disporre di tanti in-
gredienti che dalla natura non si riuscivano ad ottenere (come l’odore dell’er-
ba tagliata, del mare, dei fiori e dei frutti più insoliti) ma poteva impiegare a
piacimento i ‘pezzetti del mosaico’, vale a dire le costituenti delle essenze, pre-
se da sole. Ad esempio, una volta scoperto che la lavanda conteneva il linalolo,
l’acetato linalile, la canfora, il canfene, etc. questi pezzetti, ricorrenti anche al-
trove in natura, potevano essere prodotti singolarmente con procedimenti di-
versi, in quantità maggiore e a un costo inferiore.
Conoscendo in modo sempre più approfondito questo ‘mosaico’ – l’in-
sieme delle costituenti che compongono le essenze – fino ai tasselli più pic-
coli e potendone disporre, non solo si potevano sempre meglio ‘ricostruire’
artificialmente alcune fra le essenze e gli estratti più preziosi come la rosa e
il gelsomino (pur sempre ottenibili in modo naturale dai fiori) ma finalmen-
te si poteva ricostruire il profumo originale anche di piante e fiori, dai quali
non si era mai riusciti a ottenere risultati soddisfacenti, cioè una fragranza
vicina all’originale. Tra questi figurano il lillà, il mughetto, la gardenia, il
caprifoglio, l’orchidea e tanti altri, la cui fragranza ancora oggi viene ‘rico-
struita’ con le costituenti che compongono l’odore del fiore in natura, im-
piegate insieme nelle debite proporzioni. Negli ultimi decenni infine è pro-
gressivamente aumentata la domanda di essenze e profumi per usi diversi,
tra i più disparati: dall’uso nelle bevande e negli alimenti a quello nell’agri-
coltura; da profumi e cosmetici ai prodotti detergenti; dall’impiego nelle
vernici e nei collanti a quello in vari tipi di profumazione d’ambiente, tanto
che oggi il fabbisogno mondiale di sostanze aromatiche è quasi dieci volte
superiore alla quantità totale di essenze ed estratti naturali che è possibile
produrre.
Gli antichi Greci non conoscevano la complessità della natura, costituita
da insiemi di sostanze diverse in misura variabile, come lo sono le essenze del-
le piante e tutti i profumi. Per questo le costituenti degli aromi e le loro ca-
ratteristiche – come la volatilità, la persistenza, la densità e altre peculiarità –
erano praticamente sconosciute. Inoltre non erano in possesso della tecnolo-
gia attuale, dei sistemi di analisi, degli impianti di estrazione e delle metodo-
logie di produzione più avanzate, con le quali oggi si è in grado di realizzare
una gamma assai più ampia di ingredienti.
Nonostante questo, numerose sono, come si è detto, le affinità tra l’anti-
chità e i giorni nostri nell’uso delle fragranze, assai diffuso per profumi e co-

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PREFAZIONE

smetici, a scopo medicinale, nei riti e nelle cerimonie religiose, nel settore ali-
mentare per aromatizzare cibi e bevande. Un’arte, quella della profumeria,
senza confini nel tempo e nello spazio: analogo infatti è l’atteggiamento crea-
tivo, l’approccio artistico dei profumieri di ogni epoca per la composizione
delle fragranze, le basi dei profumi, al pari della libertà e della fantasia nella
scelta degli ingredienti.
Vissuto in un epoca straordinaria tra le lezioni di Platone e Aristotele e la
spedizione di Alessandro verso mondi sconosciuti, dai quali provenivano nuo-
ve piante e aromi, Teofrasto estese i suoi interessi dalla biologia alla fisica, dal-
l’etica alla metafisica. Le sue due opere di botanica giunte fino a noi, Storia
delle piante e Le cause delle piante, ebbero una grande influenza sulla scienza
medievale e rimasero importanti testi di riferimento fino al XVIII secolo inol-
trato. Certamente furono una fonte importante per il suo omonimo Paracel-
so,22 anch’egli medico, botanico, alchimista e astrologo del Rinascimento che,
come Teofrasto, fu attento osservatore delle opere della natura. Osservò, ad
esempio, molto acutamente che spesso la tossicità di una sostanza dipende
dal dosaggio – un concetto che anche Teofrasto aveva preso in considerazione –
e fece continui esperimenti nell’uso di piante medicinali usando il filosofo pe-
ripatetico come guida.23
Quando Aristotele partı̀ da Atene per Calcide nel 322 lasciò a Teofrasto la
sua biblioteca e gli originali dei suoi lavori e lo nominò suo successore nella
guida del Liceo. Teofrasto morı̀ a 85 anni, dedicando la sua vita a un intensa
opera di ricerca e di studio. Un’età assai avanzata per l’epoca, che il filosofo
tuttavia non riteneva sufficiente a colmare la sua sete di conoscenza. Diventato
ormai vecchio e giunto al crepuscolo della sua esistenza – riferisce Diogene
Laerzio – avrebbe esclamato con una certa amarezza: «si muore proprio quan-
do si comincia a vivere».24 Nonostante quasi due millenni li separino, il mot-
to di Paracelso «non appartenga ad altri l’uomo che può appartenere a se
stesso» 25 risuona attraverso i secoli: avrebbe potuto essere la massima di
Teofrasto.

Firenze, 10 agosto 2009


LORENZO VILLORESI

22 Theophrastus Philippus Aureolus Bombastus von Hohenheim (1493-1541), detto Paracelso.


23 La Storia delle piante venne pubblicata in latino nel 1483 e apparve per la prima volta in greco
per i tipi di Aldo Manuzio nel 1498.
24 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2, 41.
25 Alterius non sit qui suus esse potest, motto ripreso da Cicerone, Repubblica III 37.

— XVI —
Fig. 1. Donna che travasa un unguento. Affresco, Villa Farnesina, I sec. d.C., Roma.
2

3 4

Fig. 2. Preparazione e prova del profumo. Affresco, Casa dei Vettii, I sec. d.C. Pompei.
Fig. 3. Lekythos a figure rosse, V sec. a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.
Fig. 4. Lekythos a figure rosse, Atene, V sec. a.C. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.
5 6

7 8

Fig. 5. Balsamario da Vetulonia, VI sec.


a.C. Firenze, Museo Archeologico Na-
zionale. Fig. 6. Alabastron da Rodi,
VI sec. a.C. Firenze, Museo Archeologi-
co Nazionale. Fig. 7. Alabastron da Ro-
di, VI sec. a.C. Firenze, Museo Archeo-
logico Nazionale. Fig. 8. Alabastron
da Rodi, VI sec. a.C. Firenze, Museo
Archeologico Nazionale. Fig. 9. Askos
da Vetulonia, IV sec. a.C. Firenze, Mu-
9 seo Archeologico Nazionale.
Fig. 10. Alabastron da Rodi, VI
sec. a.C. Firenze, Museo Archeo-
logico Nazionale. Fig. 11. Bal-
samario, VI sec. a.C. Firenze,
Museo Archeologico Nazionale.
Fig. 12. Balsamario, Pompei,
Museo Archeologico Nazionale
di Napoli.

10

11

12

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PREMESSA

Nel noto romanzo Il profumo, Patrick Süskind,1 riferendolo al protagoni-


sta Jean Baptiste Grenouille, rilevava che «gli uomini potevano chiudere gli
occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, davanti alla bellezza, e turarsi
le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi
al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro. Con esso penetrava ne-
gli uomini, a esso non potevano resistere, se volevano vivere. E il profumo
scendeva in loro, direttamente al cuore, e là distingueva categoricamente la
simpatia dal disprezzo, il disgusto dal piacere, l’amore dall’odio. Colui che do-
minava gli odori, dominava i cuori degli uomini». Innaturalmente privo di un
suo personale odore, Grenouille avrebbe trovato proprio nel profumo un’in-
credibile arma di seduzione ma, ancor più, di persuasione dopo avere appreso
a Parigi e nella capitale dei profumi Grasse le tecniche di estrazione delle es-
senze.
La vicenda di Jean Baptiste Grenouille, recentemente portata sul grande
schermo dal regista Tom Tickwer,2 richiama l’attenzione sul fugace mondo
degli odori e, nella fattispecie, sull’universo dei profumi e delle essenze del
quale Grenouille, nel suo folle progetto, fu signore incontrastato.
Pur ambientato in un’epoca assai differente quale la Francia del XVIII se-
colo, il romanzo di Süskind aiuta a penetrare nel regno delle sostanze aroma-
tiche che, già nell’antichità, fu avvolto da un alone di mistero. Nardo, mirra,
incenso, zafferano, cinnamomo descrivono fin dal Cantico dei cantici 3 un con-
testo, per lo più di tipo orientale, quasi fiabesco nel quale l’aroma si intreccia
al mito. L’Arabia – e complessivamente l’Oriente – assume i tratti della terra
del sogno, delle spezie fragranti, sede dell’araba Fenice ed essa stessa Felix

1 P. SÜSKIND, Das Parfum, Zürich 1985, trad. it. Milano 1988.


2 Profumo. Storia di un assassino, regia di Tom Tickwer, produttore Bernd Eichinger, 2006.
3 Cantico dei cantici, 2 e passim; vedi A. BRENNER, Aromatics and perfumes in the Song of the
Songs, «Journal for the Study of the Old Testament», XXV, 1983, pp. 75-81; A. LALLEMAND, Le safran
et le cinnamone dans les Homélies sur le Cantique des cantiques de Grégoire de Nysse, «AC», LXXI,
2002, pp. 121-130.

— XVII —
2
PREMESSA

perché capace di produrre in abbondanza aromi destinati a soddisfare l’olfat-


to di principi e re.4 Fiori e piante odorose diventano, nella trasfigurazione
operata dal mito, ipostasi di giovinetti e giovinette bellissimi trasformati dagli
dèi in alloro, anemone, croco, incenso, giacinto, menta, mirra.5
Un argomento cosı̀ affascinante, che si confonde e si intreccia spesso col
mito, tra IV e III secolo a.C. fu affrontato da Teofrasto da un’ottica scientifica
nell’ambito delle sue indagini sulle piante.6 Nel Sugli odori il filosofo margina-
lizzava la componente irrazionale per soffermarsi sulla natura delle osmai, ov-
verosia degli odori gradevoli o sgradevoli. Si trattava di una ricerca che teneva
conto delle riflessioni operate sul tema da Aristotele 7 e che si occupava della
natura degli odori e della composizione dei profumi da parte dell’uomo attra-
verso una techne specifica che consentiva di mescolare e armonizzare sostanze
aromatiche assai diverse per creare nuovi soggetti odorosi. Il loro impiego ri-
cadeva nella sfera dei piaceri destinati a soddisfare l’olfatto ma anche il gusto:
dai profumi per la persona ricavati per lo più dalla macerazione in olio di so-
stanze odorose, ai vini fragranti prodotti con l’aggiunta di sostanze aroma-
tiche.
A fronte di numerose ricerche e incontri di studio sul tema dei profumi
nel mondo antico,8 va rilevato come i lavori specifici relativi al Sugli odori

4 Vedi A. LALLEMAND, Le parfum comme signe fabuleux des pays mythiques, in F. JOUAN –
B. DEFORGE (eds.), Peuples et pays mythiques. Actes du Ve colloque du Centre de Recherches My-
thologiques de l’Université de Paris X, Chantilly 1986, Paris 1988, pp. 73-90.
5 Per i passi relativi vedi Appendice documentaria sezione 9.
6 Le cause delle piante; Storia delle piante, passim.
7 Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b; vedi testi 5.2; 5.3 in Appendice do-
cumentaria.
8 Vedi ad esempio J.I. MILLER , Roma e la via delle spezie, trad. it. Torino 1974; M.G. RASCHKE,
New studies in Roman commerce with the East, in ANRW, II, Berlin 1978, pp. 604-1361; G. DONATO –
M.E. MINARDI BRANCA – A. RALLO (a cura di), Sostanze odorose nel mondo classico, Venezia 1979;
N. GROOM, Frankincense and Myrrh. A study of the arabian incense trade, London - New York - Beirut
1981; P. FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, Paris 1987; G. ROSSI OSMIDA, La scoperta della
vanità. Profumi e cosmetici nel mondo antico, «Archeo», LVIII, 1989, pp. 62-111; M. DAYAGI MENDE-
LES , Perfumes et cosmetics in the ancient world, Jerusalem 1989; D.J. MATTINGLY, Paintings, presses
and perfume production at Pompeii, «OJA», 9, 1990, pp. 71-90; E. PASZTHORY, Salben, Schminken
und Parfüme im Altertum, Mainz 1992; C. CLASSEN – D. HOWES – A. SYNNOTT (eds.), Aroma. The
cultural history of smell, London - New York 1994; M. BRIZZI, I profumi tra archeologia e fonti lette-
rarie: il mondo romano, in S. PENNESTRÌ (a cura di), Aromatica. Profumi tra sacro, profano e magico,
Torino 1995, pp. 31-57; M.N. PEARSON (ed.), Spice in the Indian Ocean world, London 1996; A. AVAN-
ZINI (a cura di), Profumi d’Arabia, Atti del Convegno, Roma 1997; C. CORN, The scents of Eden: a
history of the spice trade, New York 1998; A. CIARALLO, Verde pompeiano, Roma 2000; M. GRAS,
Commerci e scambi tra Oriente e Occidente, in Magna Grecia e Oriente mediterraneo prima dell’età
ellenistica. Atti del XXXIX Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1999, Taranto 2000,
pp. 125-165; A. DALBY, Empire of pleasures: luxury and indulgence in the Roman world, London -
New York 2000; A. D’AMBROSIO, La bellezza femminile a Pompei, Roma 2001; A. CIARALLO, I pro-

— XVIII —
PREMESSA

– probabilmente parte de Le cause delle piante – 9 siano complessivamente


pochi.10 Tale constatazione è all’origine di questo lavoro, che si propone di
valorizzare il contenuto dello scritto presentandolo per la prima volta in
traduzione italiana – laddove già nel 1916 Hort ne curò una in lingua inglese
e, più di recente, Eigler e Wöhrle ne hanno pubblicato una in lingua tede-
sca – 11 e corredandolo di due appendici: la prima raccoglie le fonti antiche
che meglio illustrano il tema della profumeria nelle sue varie sfaccettature:
dal mito, alla tecnica di estrazione delle essenze, dalla natura delle sostanze
aromatiche, ai profumieri celebri; la seconda presenta invece una serie di
tabelle a carattere sinottico utili a riassumere per schemi il contenuto del
Sugli odori nonché alcuni passi riportati nella prima appendice (soprattutto
Plinio il Vecchio e Ateneo).

Nel dare alle stampe questo volume desidero esprimere un vivo ringraziamento
alla mia maestra Prof.ssa Giovanna De Sensi Sestito per le continue esortazioni, all’a-

fumi nel mondo classico, in O. PASTORELLI (a cura di), La parole del profumo, Roma 2002, pp. 49-57;
A. CIARALLO, Flora Pompeiana, Roma 2004; M. SAIKO, Cura dabit facies. Kosmetik im Altertum, Bo-
chum 2005; A. CIARALLO, Pompei verde. Il tempo, la moda, le piante, Napoli 2006; J. KEAY, The spice
route. A history, Berkeley - Los Angeles 2006; F. DE ROMANIS, Cassia, cinnamomo, ossidiana. Uomini
e merci tra Oceano Indiano e Mediterraneo, edizione anastatica Roma 2006; A. CIARALLO, Flora pom-
peiana antica, Roma 2007; C. GIORDANO – A. CASALE, Profumi, unguenti e acconciature in Pompei
antica, Roma 20072; I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio. Catalogo della mostra (Roma, Musei
Capitolini 2007; Firenze, Officina profumo-farmaceutica di Santa Maria Novella 2008), Roma - Reg-
gio Calabria 2007; A. VERBANCK PIÉRARD – N. MASSAR – D. FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La
rose et l’encens en Méditerranée, Mariemont 2008; L. BODIOU – D. FRÈRE – V. MEHL (eds.), Parfums
et odeurs dans l’antiquité, Rennes 2008; i convegni di studio: La ruse d’Idothée. Bonnes et mauvaises
odeurs dans les mondes grec et romain. Imaginaires, pratiques, savoirs, Université de Nantes 16-17 juin
2007; Archéologie des huiles et huiles perfumées en Méditerranée occidentale et en Gaule (VIIIe s. av.-
VIIe s. ap. J.-C.), Rome, École française, 16-18 novembre 2009.
9 Sul problema vedi infra.
10 G.R. THOMPSON , Theophrastus on plant flavours and odours. Studies on the philosophical and
scientific significance of De causis plantarum VI, accompanied by translation and notes, Diss. Prince-
ton 1941; R.W. SHARPLES, Theophrastus on tastes and smells, in W.W. FORTENBAUGH – P. HUBY –
M.A. LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life and work, New Brunswick - London 1985,
pp. 183-204; D.N. SEDLEY, Three notes on Theophrastus’ treatment of tastes and smells, ivi,
pp. 205-207; G. WÖHRLE, The structure and function of Theophrastus’ treatise De Odoribus, in
W.W. FORTENBAUGH – R.W. SHARPLES (eds.), Theophrastean studies. On natural science, physics
and metaphysics, ethics, religion, and rhetoric, New Brunswick - London 1988, pp. 3-13; B. TRIPODI,
Il profumo di Teofrasto. Considerazioni intorno a Od. 42, in Corona Aurea. Studii ı̂n onoarea Luciei
Teposu Marinescu, Bucarest 2005, pp. 529-535. Vedi anche FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité,
cit., pp. 181-185 e il lavoro in corso di stampa di B. NICOLAS, Quelques traces du savoir des parfumeurs
dans l’œuvre de Théophraste, in F. LE BLAY (ed.), Doctrinarum disciplina. La transmission des savoirs
dans le monde hellénistique et romain, Nantes 22-24 Mars 2007.
11 A. HORT (ed.), Enquiry into Plants and Minor Works on Odours and Weather signs, II voll.,
(London - Cambridge Mass. 1916), repr. London - Cambridge Mass. 1961; U. EIGLER – G. WÖHRLE
(eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar von Ulrich Eigler, Georg Wöhrle
mit einem botanischen Anhang von Bernhard Herzhoff, Stuttgart 1993.

— XIX —
PREMESSA

mico prof. Bruno Tripodi per i preziosi consigli e le stimolanti discussioni sul tema
dei profumi, al personale della Biblioteca di Area Umanistica dell’Università degli
Studi della Calabria per avere recuperato da Atenei italiani e stranieri testi preziosi
sull’argomento, all’Alexander von Humboldt Stiftung (Bonn) e al prof. Martin Jehne
per avermi dato l’opportunità di completare il lavoro nella tranquillità della Sächsi-
sche Landesbibliothek – Staats- und Universitätsbibliothek di Dresda, ad Antonella
Bevilacqua per l’aiuto prestato nella revisione finale dei testi, a Luciana De Rose e
Francesco Scornaienchi per l’elaborazione di alcune cartine geografiche, a Silvana
Autieri, Cinzia Citraro, Daniela ed Elena Coricello, Francesca De Fazio, Gino Ditadi,
Caterina e Lidia Gerardi, Ilaria Guasco, Francesco Imperio, Ornella Pastorelli,
Bertram Ringwald, Lucia Salatino, Sabrina Salerno, Angelina Squillace che in vario
modo hanno incoraggiato questa ricerca.

A oltre un anno dalla loro scomparsa, è mio desiderio dedicare il volume a Car-
mela e Giuseppe, che ero solito rivedere nelle settimane di Maggio all’epoca della fio-
ritura della rosa e del gelsomino calabrese: a loro, inconsapevoli esperti del mondo dei
profumi e per sempre compagni della mia memoria.

Santa Severina, 26 giugno 2009


GIUSEPPE SQUILLACE

— XX —
PARTE PRIMA

TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

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INTRODUZIONE

TEOFRASTO DI ERESO: NOTIZIE BIOGRAFICHE

La maggior parte delle notizie su Teofrasto di Ereso deriva dai capitoli


che Diogene Laerzio gli dedicò nelle sue Vite dei filosofi.1 La data di nascita
del filosofo si colloca tra il 372 e il 370 a.C. Originario di Ereso, nell’isola di
Lesbo, acquisı̀ il nome di Teofrasto per merito di Aristotele che, cambian-
done quello originario di Tirtamo, intese elogiarne la capacità quasi divina
di eloquio.2 Dopo essere stato allievo del concittadino Alcippo, il filosofo si
recò ad Atene dove frequentò l’Accademia ed ebbe modo di ascoltare le
lezioni di Platone.3 Fu in questo contesto che strinse rapporti di amicizia
con Aristotele.
Quando nel 347, alla morte di Platone, la guida dell’Accademia passò a
Speusippo,4 Teofrasto, seguendo Aristotele e Senocrate, si allontanò dalla
scuola. Mete del gruppo di intellettuali furono prima Asso, poi nel 345 Miti-

1 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,36-57. Sulla biografia di Teofrasto nell’opera di Dio-
gene Laerzio, vedi M. SOLLENBERGER, Diogenes Laertius 5,36-57: the vita Teophrasti, in FORTEN-
BAUGH – HUBY – LONG (eds.), Theophrastus of Eresus: on his life and work, cit., pp. 1-62; ma an-
che O. REGENBOGEN, s.v. Theophrastos (3), in RE, suppl. VII, 1940, coll. 1354-1362; F. WEHRLI,
Theophrast, in H. FLASHAR (ed.), Die Ältere Akademie. Aristoteles. Der Peripatos bis zum Beginn
der römischen Kaiserzeit, Basel 1983, pp. 474-522; W.W. FORTENBAUGH – P.M. HUBY – R.W. SHAR-
PLES – D. GUTAS (eds.), Theophrastus of Eresus: sources for his life, writings, thought and in-
fluence, II voll., Leiden 1992; P.M. FRASER, The world of Theophrastus, in S. HORNBLOWER
(ed.), Greek historiography, Oxford 1994, 167-191; W.W. FORTENBAUGH – J.M. VAN OPHUIJSEN –
P. MAURITSCH, s.v. Theophrastos, in DNP XII.1, 2002, coll. 385-386; P. MILLET, Theophrastus and
his world, Cambridge 2007, pp. 7 ss.
2 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,38, ma anche Strabone, Geografia XIII 2,4 C 618; Cice-
rone, Oratore 62; Plinio il Vecchio, Storia Naturale I, pref. 29; Quintiliano, Istituzione oratoria X 1,83;
Suda, s.v. Qeovfrasto".
3 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,36; vedi REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., coll. 1354-
1562; WEHRLI, Theophrast, cit., p. 477; J. GLUKER, Theophrastus, the Academy and the Athenian phi-
losophical atmosfere, in J.M. VAN OPHUIJSEN – M. VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the
sources, New Brunswick - London 1998, pp. 281-298.
4 Sul personaggio e le vicende dell’Accademia alla morte di Platone: M. ISNARDI PARENTE
(a cura di), Speusippo. Frammenti, Napoli 1980.

—3—
PARTE PRIMA

lene a Lesbo dove Teofrasto rimase per circa 10 anni 5 raccogliendo un gran
numero di dati di argomento botanico 6 e svolgendo anche un’intensa attività
politica a Ereso.7 Solo nel 335 lasciò nuovamente la patria per fare ritorno ad
Atene, richiamato nella città attica dalla fondazione di una scuola filosofica, il
Liceo, a opera di Aristotele di ritorno dal suo soggiorno in Macedonia come
maestro di Alessandro Magno.8 Dopo avere seguito le lezioni del maestro per
oltre 10 anni, alla morte di questi nel 322, Teofrasto assunse la guida della
scuola e la mantenne fino al 288 anno della sua morte.9
Diogene Laerzio gli attribuisce oltre 200 opere.10 Si tratta di scritti di vario
genere che toccavano i più svariati argomenti: dalla politica alla logica, dalla
botanica alla zoologia, dalla fisica alla metafisica, dall’etica alla poetica, dalla
retorica alla psicologia. Il tutto in linea con gli interessi enciclopedici di Ari-
stotele e della sua scuola.

SUGLI ODORI (Peri; ojsmw~n)

Ne Le cause delle piante, ponendo a confronto sapori, colori e odori, Teo-


frasto distingueva tutti in sette tipi,11 proseguendo e approfondendo le inda-

5 Vedi A.H. CHROUST, Aristotle’s sojourn in Assos, «Historia», XXI, 1972, pp. 170-176.
6 Sembrano darne attestazione i numerosi riferimenti ai luoghi di soggiorno in Asia Minore pre-
senti nella Storia delle piante: vedi S. AMIGUES, Les traités botaniques de Théophraste, in S. AMIGUES,
Études de botanique antique, Paris 2002, pp. 14-15.
7 Secondo Plutarco (Opere morali 1126f; 1097b), insieme a Fania, Teofrasto per due volte avrebbe
liberato la sua patria Ereso dai tiranni, addirittura mandandoli a morte: FORTENBAUGH – HUBY – SHAR-
PLES – GUTAS (eds.), Theophrastus of Eresus: sources for his life, writings, thought and influence, cit.,
pp. 438; 453; 506; sul tema: REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit.; A.J. PODLECKI, Theophrastus on
history and politics, in FORTENBAUGH – HUBY – LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life
and work, cit., pp. 231-249; G. DITADI (a cura di), Teofrasto. Sulla Pietà, Este 2005, pp. 33-34.
8 Vedi REGENBOGEN , s.v. Theophrastos, cit.; H.B. GOTTSCHALK, Theophrastus and the Peripatos,
in VAN OPHUIJSEN – VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit., pp. 299-316. Ivi
altra bibliografia.
9 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,37. Vedi REGENBOGEN , s.v. Theophrastos, cit., col. 1358.
Un riesame degli elementi biografici relativi a Teofrasto in J. MEJER, A life in fragments: the vita
Theophrasti, in VAN OPHUIJSEN – VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit.,
pp. 1-28. In questo lungo periodo Teofrasto poté contare sull’appoggio di sovrani e potenti dell’epoca
come Cassandro, Tolomeo di Lago, Demetrio Falereo: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,37-38;
vedi T. DORANDI, Qualche aspetto della vita di Teofrasto e il Liceo dopo Aristotele, in VAN OPHUIJSEN –
VAN RAALTE (eds.), Theophrastus. Reappraising the sources, cit., pp. 29-38.
10 Diogene Laerzio, Vite dei filosofi V 2,42-50. Vedi REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., col.
1370 ss.; FORTENBAUGH – VAN OPHUIJSEN – MAURITSCH, s.v. Theophrastos, cit., coll. 386 ss.
11 Teofrasto, Le cause delle piante VI 4,1: AiJ de; ijdevai twn cumwn eJpta; dokousin eij~jnai kaqavper kai;
~ ~ ~
tw~n ojsmw~n kai; tw~n crwmavtwn, tou~to de; a[n ti" to;n aJlmuro;n oujc e{teron tiqh~/ tou~ pikrou~ kaqavper kai; to;
faio;n tou~ mevlano". eja;n de; cwrivzh/ sumbaivnei tou~ton o[gdoon eij~nai. Gluku;" ga;r kai; liparo;" kai; pikro;"
kai; aujsthro;" kai; drimu;" kai; ojxu;" kai; strufno;" ajriqmoun~ tai. prostivqetai de; kai; oJ aJlmuro;" o[gdoo".

—4—
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

gini del maestro che, nel prendere in considerazione gli odori, li aveva suddi-
visi e posti a confronto con i sapori.12
Già Wimmer intorno alla metà dell’ ’800, inseriva il Sugli odori tra gli
opuscula di Teofrasto ponendolo come Fragmentum IV tra il De igne e il
De ventis.13 Sulla sua scia anche Hort, oltre 50 anni dopo, lo collocava tra
i Minor Works del filosofo di Ereso inserendolo nella parte finale della
sua edizione della Storia delle piante.14 Il problema legato alla struttura dello
scritto e alla sua originaria collocazione sembra avere trovato negli ultimi
anni una soluzione largamente condivisa nata sulla base di una vecchia ipo-
tesi di Thompson. Se già Regenbogen nel 1940 aveva posto il Sugli odori al-
l’interno de Le cause delle piante,15 con maggiori argomenti, negli stessi an-
ni, il Thompson, fondandosi su un passo da Le cause delle piante, nel quale
Teofrasto preannunciava di volere prendere in considerazione più avanti
l’effetto delle sostanze profumate sul vino,16 più precisamente inserı̀ lo scrit-
to all’interno della stessa opera in un libro VIII andato perduto che avrebbe
fatto seguito all’altrettanto smarrito libro VII dedicato invece a vini e oli.17
Nel riprendere e fare propria tale ipotesi, prima in uno studio specifico poi
nell’edizione tedesca del Sugli odori curata insieme a Eigler, il Wöhrle è ri-
tornato a sottolineare il carattere non isolato dello scritto e a ipotizzarne la
collocazione nell’VIII libro de Le cause delle piante,18 trovando il sostegno
degli studiosi.19
Nel Sugli odori Teofrasto affronta il tema delle osmai legandole ripetuta-
mente ai sapori e distinguendole in gradevoli e sgradevoli. Diviso in 68 capi-
toli, ai quali si aggiungono il capitolo 69, che comunque riprende concetti

12Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b, vedi infra.


13F. WIMMER (ed.), Theophrasti Eresii opera, quae supersunt omnia Graeca, recensuit Latine in-
terpretatus est F. Wimmer, voll. I-III, Leipzig 1854-1862.
14 HORT (ed.), Enquiry into Plants and Minor Works on Odours and Weather signs, voll. II, cit.
15 REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., col. 1452.
16 Teofrasto, Le cause delle piante VI 7,6: Sumbaivnei de; tw/ oi[nw/ th;n ejkstatikh;n tauJthn poieisqai
~ ~
fqora;n ejx ouJ~per kai; hJ fusikh; gevnesi": ejk ga;r tou~ ojxevo" kai; eij" to; ojxu; kaqavper eij" th;n u{lhn ajnaluov-
menon metabavllei. Kai; ajpokaqivstasqai pavlin sumbaivnei me;n wJsauvtw", spanivw" de; kai; mavlisq j o{tan h]
qalattwqh~/ h] ejpi; th~" tou~ a[strou ejpitolh~" parakinhvsh: kai; ga;r tovte paraplhvsion to; pavqo" a]n mh; gevnhtai
sfodrovn. ajll j uJpe;r me;n twn~ toiouvtwn ejn toi"~ eJpomevnoi" oijkeiovteron ejpelqein~ .
17 THOMPSON , Theophrastus on Plant Flavours and Odours. Studies on the philosophical and

scientific significance of De causis plantarum VI, cit.


18 WÖHRLE, The structure and function of Theophrastus’ treatise De odoribus, cit., p. 11; EIGLER –

WÖHRLE (eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar, cit., p. 11.


19 Vedi, ad esempio, AMIGUES, Les traités botaniques de Théophraste, cit., p. 20.

—5—
PARTE PRIMA

espressi nel 57,20 e i capitoli 70 e 71 unanimemente considerati estranei al te-


sto,21 lo scritto sviluppa i seguenti argomenti:
Contenuti
1-3 Introduzione generale e classificazione degli odori
4 Gli odori degli animali
5 Analogie e differenze tra gusto e olfatto
6 Gli odori delle piante
7-13 Gli odori ottenuti attraverso la techne
14-20 Gli oli impiegati nell’estrazione delle essenze profumate
21-26 Il trattamento delle sostanze aromatiche
27-31 Le parti delle piante utilizzate nella preparazione dei profumi
32-35 Le proprietà di alcune spezie
35-36 Le proprietà terapeutiche di alcune fragranze
37-41 Composizione (krasis) e combinazione (mixis) delle essenze
42-56 Le proprietà dei profumi
57-60 La preparazione di diapasmata e syntheseis
61-63 Gli odori peculiari degli animali
64-68 L’odorato e gli altri sensi
69 Riprende il capitolo 57
70-71 Estranei al Sugli odori

TEOFRASTO E IL MONDO DEGLI ODORI TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE

Sebbene la creazione dei profumi costituisse un’arte antica tanto che a Pi-
lo, a Cipro e a Creta sono state rinvenute officine di produzione risalenti al-
l’età del bronzo,22 tuttavia nessuno prima di Teofrasto, tanto meno il maestro

20 EIGLER – WÖHRLE (eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar, cit.,


pp. 14; 77.
21 WÖHRLE, The structure and function of Theophrastus’ treatise De odoribus, p. 5; EIGLER –
WÖHRLE (eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar, cit., p. 15.
22 Vedi H. GEISS , Ko-ri-ja-do-no, ku-pa-ro, die Abkürzung KO und B 123 = Aromata in der
Gruppe KN Ga, in W.C. BRICE (ed.), Europa. Studien zur Geschichte und Epigraphik der frühen Ägäis.
Festschrift für Ernst Grumach, Berlin 1967, pp. 113-119; H. GEISS, Ko-ri-a-da-na, ku-pa-ro, KO und B
123 = Aromata in den PY- und MY-Tafeln, «Klio», LXXII, 1970, pp. 117-121; M. WYLOCK, La fabri-
cation des parfums à l’époque mycénienne d’après les tablettes Fr. de Pylos, «SMEA», IX, 1970, 116-133;
C.W. SHELMERDINE, The perfume industry of Mycenaean Pylos, Göteborg 1985; FAURE, Parfums et aro-
mates de l’Antiquité, cit., pp. 99 ss.; Y. HAMILAKIS, Food technologies/technologies of the body: the
social context of wine and oil production and consumption in Bronze Age Crete, in K.D. THOMAS
(ed.), Food technology and its social context: production, processing and storage, London 1999, pp. 38-
54; Y. TZEDAKIS – H. MARTLEW, Minoans and Mycenaeans: flavours of their time. Catalogue de l’ex-
position présentée au Musée Archéologique National, 12 juillet - 27 novembre 1999, Athènes 1999;
A. SACCONI, L’industria dei profumi e la circolazione delle informazioni nel regno miceneo di Pilo,

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

Aristotele, aveva indagato in maniera cosı̀ approfondita e puntuale il tema di-


stinguendo le diverse componenti aromatiche, indicandone le caratteristiche,
evidenziando le fasi di lavorazione nella creazione di una fragranza. Le notizie
raccolte dal filosofo nel corso degli anni trascorsi in Asia Minore ad Asso e
durante la lunga permanenza a Lesbo dovettero essere notevolmente arricchi-
te, specie sul versante della provenienza delle spezie, da quelle che avevano
avuto origine nella spedizione di Alessandro Magno in Asia.23 Tra quanti l’a-
vevano seguita, infatti, c’erano stati tecnici incaricati di fare misurazioni e ri-
lievi dei posti attraversati, di segnare gli itinerari, di prendere nota delle carat-
teristiche degli ambienti,24 c’erano stati ricercatori, c’erano stati intellettuali,
come Nearco e Onesicrito, che nel 325 a.C. avevano condotto la flotta mace-
done dall’India alla Persia in un itinerario volto a esplorare le coste delle terre
che ormai, dopo le vittorie sui Persiani, ricadevano sotto il dominio di Ales-
sandro.25 Ma c’erano stati anche ingegneri, architetti, attori, atleti, medici e so-
prattutto soldati semplici.26 Reduci dalla strateia, essi avevano portato nelle lo-
ro comunità di appartenenza ricordi e notizie di terre che avevano attraversato
e conquistato.
Delle osservazioni di Nearco e Onesicrito si servı̀ nel II secolo d.C. Arria-
no di Nicomedia nella compilazione dei suoi Indike, opera nella quale è evi-
dente come i due generali, accanto a informazioni di tipo etnografico, avessero
annotato anche dati di carattere botanico e commerciale.27 Attingendo soprat-

«RAL», ser. IXa, vol. XIV.3, 2003, pp. 461-466; I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio, cit., in par-
ticolare il contributo di A.M. JASINK, Gli oli profumati nel mondo miceneo, pp. 73-81.
23 Difficile pensare che Teofrasto le avesse raccolte di prima mano spostandosi di regione in
regione come pensa W. CAPELLE, Theophrast in Kyrene?, «RhMus», XCVII, 1954, pp. 169-187. Più
probabilmente gli furono trasmessi da chi personalmente ebbe modo di visitare i luoghi di produ-
zione delle spezie: AMIGUES, Les traités botaniques de Théophraste, cit., pp. 17-19.
24 Aristobulo di Cassandrea, FGH 139, F 55; Strabone, Geografia XVI 4,4 C 768 (vedi testi
nn. 11.10; 21.9 in Appendice documentaria) vedi M.A. LEVI, Alessandro Magno, Milano 1977, pp. 209-
210; S. AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale, in ID., Études de botanique antique,
cit., pp. 58-59.
25 Nearco di Creta, FGH 134, F 15. Su Nearco e Onesicrito: H. BERVE, Das Alexanderreich auf
prosopographiscer Grundlage, II, München 1926, nn. 544; 583; L. PEARSON, The lost histories of Ale-
xander the Great, Chicago 1960, repr. 1983, pp. 112 ss.; M.A. LEVI, Introduzione ad Alessandro Magno,
Milano 1977, pp. 40 e passim; P. PÉDECH, Historiens compagnons d’Alexandre, Paris 1984, pp. 162-163
e passim; W. HECKEL, Who’s who in the age of Alexander. Prosopography in Alexander’s empire,
Oxford 2006, pp. 171-173; 183-184. Sulla spedizione esplorativa: LEVI, Alessandro Magno, cit., p. 398;
N.G.L. HAMMOND, Alexander the Great. King, commander and statesman, London 1980, repr. London
1994, pp. 231 ss.; sul numero delle imbarcazioni che vi parteciparono: W. HECKEL, The conquest of
Alexander the Great, Cambridge 2007, p. 162.
26 Su tutti questi personaggi vedi, da ultimo, L.A. TRITLE , Alexander and the Greeks. Artists and
soldiers, friends and enemies, in W. HECKEL – L.A. TRITLE (eds.), Alexander the Great. A new history,
London 2009, pp. 121-140.
27 Nearco di Creta, FGH 134 F 15.

—7—
PARTE PRIMA

tutto a loro due – ma anche a Tolomeo, Aristobulo e Clitarco che allo stesso
modo avevano riportato notizie sui paesi toccati dalla spedizione macedo-
ne 28 – Arriano rilevava, ad esempio, come gli abitanti dell’India facessero
uso di profumi; 29 ricordava l’approdo della flotta presso un promontorio del-
l’Arabia, denominato Maceta, dal quale gli Arabi erano soliti importare il cin-
namomo e le altre spezie; 30 annotava che presso un villaggio situato in pros-
simità di Babilonia e chiamato Diridoti i mercanti ammassavano l’incenso
raccolto nella regione di Gerra e le altre sostanze profumate prodotte in Ara-
bia.31 Tali dati si univano a tutta una serie di notizie sull’economia dei territori
attraversati e sulle piante che vi crescevano.32
Da questo ricchissimo bagaglio di conoscenze sul campo attingevano Ari-
stotele e la sua scuola. Di tali dati il maestro (e i suoi allievi) poté entrare in
possesso in tempi assai rapidi grazie al rapporto privilegiato che aveva con
Alessandro Magno e, soprattutto, per il tramite del nipote Callistene che ave-
va seguito il re macedone in Asia e della spedizione era diventato uno dei can-
tori più apprezzati.33 Ora, il flusso di dati che aveva in Callistene la fonte più
immediata si interruppe nel 327 a.C. anno nel quale – come è noto – accusato
di congiurare contro il re, lo storico fu condannato a morte e giustiziato.34 Solo
altre fonti, dunque, potevano documentare le campagne in India e la succes-
siva spedizione di Nearco e Onesicrito. Il Liceo, perciò, dopo il 327, dovette
giovarsi di altri canali che, dalle lontane terre orientali, erano in grado di por-
tare notizie in merito alle popolazioni, alla flora, alla fauna, ai commerci, al
mondo delle spezie. Alle informazioni di tipo naturalistico già raccolte prima

28 Aristobulo ricordava i commerci con gli Arabi (FGH 139, F 57; vedi testo n. 11.11 in Appendice
documentaria); Clitarco dava informazioni sulle popolazioni dell’India, sulle caratteristiche geografi-
che del territorio, sugli animali che lo popolavano: FGH 137, FF 12; 13; 18; 19; 21; 22; 23; 26. Altri passi
da Nearco, Onesicrito, Tolomeo sul tema delle spezie nei paesi orientali investiti dalla conquista di
Alessandro sono segnalati da REGENBOGEN, s.v. Theophrastos, cit., coll. 1464-1465, ma anche in Ap-
pendice documentaria, testi nn. 11.1-11.11.
29 Arriano, Indike VII 9.
30 Nearco di Creta, FGH 133, F 1; vedi testo n. 11.3 in Appendice documentaria.
31 Nearco di Creta, FGH 133, F 1; vedi testo n. 11.3 in Appendice documentaria; ma anche Nearco
di Creta, FGH 133, F 25.
32 Ad esempio, nell’isola di Organa crescevano vigne ed era coltivato il grano: Arriano, Indike
XXXVII 2. Sulle notizie di carattere botanico e geografico raccolte durante la spedizione: H. BRETZL,
Botanische Forschungen des Alexanderzuges, Leipzig 1903; P. HÖGEMANN, Alexander der Grosse und
Arabien, München 1985; AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale, cit., pp. 57-62.
33 Sul personaggio: L. PRANDI, Callistene. Uno storico tra Aristotele e i re macedoni, Milano 1985.
34 Vedi PRANDI, Callistene, cit., pp. 29 ss.; G. SQUILLACE, Basileis o tyrannoi. Filippo II e Ales-
sandro Magno tra opposizione e consenso, Soveria Mannelli 2004, pp. 84 ss.; W. HECKEL, Alexander’s
conquest of Asia, in HECKEL – TRITLE (eds.), Alexander the Great. A new history, cit., pp. 46-47.

—8—
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

del 335 a Lesbo, Teofrasto dovette dunque unire tutta una gamma di dati su
paesi come Arabia e India recuperati in vario modo da quanti avevano par-
tecipato alla spedizione di Alessandro.
Un’opera (o un libro di un trattato di argomento botanico) di taglio estre-
mamente tecnico sul mondo degli odori e, nella fattispecie, su quello delle fra-
granze odorose rappresentava senz’altro una novità nel panorama della filoso-
fia e della scienza greca. Sebbene la scuola peripatetica fosse nota per i suoi
ramificati interessi verso tutte le branche del sapere, tuttavia è solo con Teo-
frasto che l’attenzione si sposta in forma decisa e con alcuni elementi di rilievo
su questo versante. Se Platone aveva solo sfiorato tale tematica nelle pagine
del Timeo limitandosi a distinguere gli odori in gradevoli e sgradevoli,35 vice-
versa Aristotele aveva affrontato con maggiore profondità il tema.36 Nell’opera
Sull’anima, rilevando la difficoltà di distinguere con precisione i tipi di odori
rispetto a suoni e colori, il filosofo aveva notato come il senso dell’olfatto fosse
nell’uomo di gran lunga meno sviluppato che negli animali. A suo dire, gli
odori potevano essere messi in relazione ai sapori: in alcuni casi tra essi vi
era perfetta corrispondenza, in altri casi contrapposizione. Al pari dei sapori,
gli odori potevano essere distinti in pungenti, aspri, acidi, grassi, ma anche
dolci e risultavano percepibili agli esseri animati (uomo e animali) attraverso
l’aria.37 Riflessioni per molti versi analoghe aveva fatto nello scritto Sul senso,
nel quale aveva evidenziato come gli odori si diffondessero non solo nell’aria
ma anche nell’acqua, due dei quattro elementi costitutivi del mondo (fuoco,
aria, acqua, terra) inodori, al pari della pietra e dell’oro. Il filosofo si era in-
terrogato sulla natura degli odori: vapore secondo alcuni, esalazione secondo
altri, entrambe le componenti secondo altri ancora. Perciò li aveva distinti in
pungenti, dolci, aspri, forti, grassi, fetidi, li aveva accostati ancora ai sapori,
aveva confrontato la capacità percettiva di uomini e animali e legato l’odorato
al cervello e all’ispirazione dell’aria. Di contro non aveva fatto alcun cenno
(tanto meno l’aveva fatto Platone) ai profumi, alla loro preparazione, al loro
impiego.38 È già questo un elemento che pone il Sugli odori di Teofrasto su
binari differenti rispetto alla linea di ricerca di Aristotele. Per la prima volta,
infatti, il filosofo di Ereso indagava il mondo degli odori nella sua interezza

35 Platone, Timeo 66d-67a, vedi testo n. 5.1 in Appendice documentaria.


36 Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; Sul senso V 442b-445b; vedi testi nn. 5.2; 5.3 in Appendice
documentaria. Sugli elementi di comunanza tra Aristotele e Teofrasto in relazione alle teorie sulla for-
mazione degli odori: SHARPLES, Theophrastus on tastes and smells, cit., pp. 193-197; SEDLEY, Three no-
tes on Theophrastus’ treatment of tastes and smells, cit., pp. 205-207.
37 Aristotele, Sull’anima IX 421a-422a; vedi testo n. 5.2 in Appendice documentaria.
38 Id., Sul senso V 442b-445b; vedi testo n. 5.3 in Appendice documentaria.

—9—
PARTE PRIMA

comprendendo nell’analisi anche quello dei profumi creati dall’uomo attraver-


so la techne. Un filone di ricerca del tutto nuovo che Teofrasto – staccandosi,
come del resto aveva fatto già in altri ambiti, dalle teorie del maestro 39 – to-
glieva dalla marginalità nella quale la scienza greca, e anche Platone e Aristo-
tele, l’aveva relegato.
Già nella Storia delle piante il filosofo si soffermava sulle piante odorose
descrivendo i metodi di raccolta delle resine fragranti,40 nonché l’impiego
di incenso e mirra,41 cinnamomo e cassia,42 del balsamo della Mecca,43 delle
piante aromatiche originarie dell’Oriente.44 Tale tema, legato alla botanica
ma comunque a lui caro, Teofrasto l’aveva sviluppato anche in alcuni capitoli
de Le cause delle piante 45 riprendendolo e ampliandolo in relazione alle osmai
nel Sugli odori. Pur partendo da dati e considerazioni che già Aristotele aveva
sviluppato in Sull’anima e Sul senso, quali la distinzione dei diversi odori e
l’accostamento dell’olfatto al gusto, Teofrasto tuttavia lo approfondiva soffer-
mandosi sulle proprietà delle diverse sostanze aromatiche e sui metodi di
composizione dei profumi. Si trattava di una ricerca che per la prima volta
indagava questo settore da un punto di vista tecnico: sistemi di estrazione del-
le essenze, composizione delle sostanze aromatiche, diversi tipi di fragranze
odorose, proprietà terapeutiche delle stesse o di alcuni loro ingredienti. Solo
nella parte finale dello scritto, certamente sulla scia di un metodo di confronto
tra mondo animale e vegetale che Aristotele era solito proporre, Teofrasto

39 Se fino a qualche tempo fa si marginalizzava la figura di Teofrasto ponendola all’ombra del


maestro (vedi, ad esempio, CH. SINGER, Greek biology and greek medicine, Oxford 1922), è ormai ac-
clarato che il filosofo di Ereso non solo si differenziò da Aristotele ma in talune circostanze vi si pose
in polemica. Ad esempio, a differenza del maestro che paragonava la testa dell’animale alla radice
della pianta (Le parti degli animali IV 686b,35), egli evitava di porre in parallelo mondo animale e
sistema vegetale (Storia delle piante I 1,4 ma anche I 1,3). Sul distacco di Teofrasto da molte delle
teorie di Aristotele esiste una bibliografia ampia. Mi limito perciò a segnalare: O. REGENBOGEN, Eine
Polemik Theophasts gegen Aristoteles, «Hermes», 77, 1937, pp. 469-475; REGENBOGEN, s.v. Theophra-
stos, cit., coll. 1354 ss.; G. REALE, Teofrasto e la sua aporetica metafisica, Brescia 1964, pp. 156-157;
G. MARENGHI (a cura di), [Aristotele]. Profumi e miasmi, Napoli 1991, pp. 15; 23 ss.; M. BATTEGAZZORE,
L’originalità della posizione teofrastea nel contesto del pensiero animalistico aristotelico e della fisiono-
mica zoo-etica tra Peripato, Stoa e loro critici, in VAN OPHUIJSEN – VAN RAALTE (eds.), Theophrastus:
reappraising the sources, cit., pp. 223-266; B. BOTTER, Teofrasto e i limiti della teleologia aristotelica,
in C. NATALI – S. MASO (a cura di), Antiaristotelismo, Amsterdam 1999, pp. 41-62; M. MIGNUCCI,
La critica di Teofrasto alla logica aristotelica, ibid., pp. 22 ss.; S. AMIGUES, À l’origine de la botanique,
les recherches sur les plantes de Théophraste, in ID., Études de botanique antique, cit., pp. 3-4.
40 Teofrasto, Storia delle piante IX 2.
41 Ivi IX 4.
42 Ivi IX 5.
43 Ivi IX 6.
44 Ivi IX 7.
45 Teofrasto, Le cause delle piante VI 1,1; VI 17.

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

analizzava gli odori tipici delle bestie rilevando come essi diventassero più in-
tensi nel periodo dell’accoppiamento.46
La frequente citazione dei profumieri e delle loro tecniche specifiche nella
creazione delle fragranze sta a indicare che il filosofo di Ereso (direttamente o
per il tramite di qualche suo allievo) potesse avere raccolto proprio da essi – del
resto numerosi ad Atene con i loro negozi all’interno dell’agora 47 – tutte le in-
formazioni relative alla loro techne. Lo fanno credere le notizie precise sui pro-
cedimenti di preparazione dei diversi prodotti odorosi, come l’estrazione in
olio (a caldo o a freddo) delle essenze,48 la minuziosa descrizione del difficile
e lungo processo di combinazione tra i diversi ingredienti aromatici,49 le det-
tagliate informazioni sui metodi di conservazione delle fragranze.50 Solo nella
bottega di un profumiere avrebbe potuto carpire alcuni «segreti del mestiere»
quali, ad esempio, le modalità per testare una fragranza, ma anche l’impiego
del profumo di rosa (rhodinon) in grado di impedire la percezione di altri aro-
mi e perciò deliberatamente spalmato sui clienti indecisi al fine di impedire
loro ogni acquisto in botteghe concorrenti.51 Solo un profumiere poteva cono-
scere tale trucco e avrebbe potuto rivelarlo con una certa tranquillità a Teo-
frasto: nella sua veste di scienziato, il filosofo non rappresentava certo un ri-
vale nel settore.
In virtù dunque delle dettagliatissime informazioni contenute, il Sugli odo-
ri costituisce un vero e proprio manuale della profumeria antica, tanto più
prezioso in funzione della sua unicità e specificità. Da esso attinsero a piene
mani sia Ateneo, che lo citava ripetutamente nella parte del libro XV dei suoi
I Sofisti a banchetto dedicata al tema dei profumi,52 sia soprattutto Plinio il
Vecchio che, pur senza menzionarlo esplicitamente, lo condensava nei primi
sei capitoli del libro XIII della sua Storia naturale,53 consegnando al mondo
romano il patrimonio di conoscenze raccolto e tramandato dal filosofo peri-
patetico oltre tre secoli prima.

46 Teofrasto, Sugli odori 61-63.


47 R.E. WYKERLEY, The market of Athens. Topography and monuments, «G&R», ser. II, vol.
III.1, 1956, pp. 2-23, vedi anche infra.
48 Teofrasto, Sugli odori 14-20.
49 Ivi 25-26; 37-39.
50 Ivi 40-41.
51 Ivi 45.
52 Ateneo, I sofisti a banchetto XV 674f-692e; vedi testo n. 7.1 in Appendice documentaria.
53 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 1-6; vedi testo n. 6.2 in Appendice documentaria.

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»
TRADUZIONE ITALIANA
CON TESTO GRECO A FRONTE

3
QEOFRASTOU
PERI OSMWN

1. AiJ ojsmai; to; me;n o{lon ejk mivxewv" eijsi kaqavper oiJ culoiv. to; ga;r
a[mikton a{pan a[odmon w{sper a[culon, dio; kai; ta; aJpla~ a[odma, oiJ~on
u{dwr ajh;r pu~r. hJ de; gh~ mavlista movnh ojdmh;n e[cei dio; mavlista mikthv.
tw~n d j ojdmw~n aiJ me;n w{sper ajeidei~" kai; uJdarei~" kaqavper ejpi; tw~n
culwn~ , aiJ d j e[cousaiv tina" ijdeva". aiJ d j ijdevai dokous
~ i me;n ajkolouqein~
tai~" tw~n culw~n, ouj mh;n e[cousiv ge pa~sai ta;" aujta;" proshgoriva",
w{sper ejn toi"~ provteron ei[pomen, oujd j o{lw" ou{tw diwrismevnai toi"~ ei[-
desin w{sper oiJ culoi; ajll j wJ" a]n toi~" gevnesin, o{ti ta; me;n eu[osma ta;
de; kavkosma.1

2. Th~" d j eujwdiva" kai; kakwdiva" oujkevti ta; ei[dh katwnovmastai


kaivper e[conta diafora;" megavla" ejpeivper aujtwn~ twn~ glukevwn kai;
pikrw~n culw~n, ajlla; drimei~a levgetai kai; ijscura; kai; malakh; kai;
glukeia ~ kai; bareia~ ojdmhv. koinai; d j e[niai touvtwn kai; twn~ kakwdwn~ .
hJ de; kaqovlou kai; w{sper ejpi; pa~si toi~" diafqeiromevnoi" saprovth".
a{pan ga;r to; shpovmenon kakwd~ e", eij mhv ti" th;n ojcuvthta levgei tou~ oi[-
nou saprovthta th~/ oJmoiovthti th~" fqora~".

3. Ej n a{pasi d j ejsti;n hJ tou~ saprou~ kakwdiva kai; ejn futoi"~ kai; ejn
zw/voi" kai; ejn toi~" ajyuvcoi". ejn a{pasi de; diafqeiromevnoi" wJ~n mh; hJ

1 Il testo greco segue l’edizione curata da EIGLER – WÖHRLE (Theophrast De odoribus: Edition,
Übersetzung, Kommentar von Ulrich Eigler, Georg Wöhrle mit einem botanischen Anhang von
Bernhard Herzhoff, Stuttgart 1993).

— 14 —
TEOFRASTO
«SUGLI ODORI»

1-3. INTRODUZIONE GENERALE E CLASSIFICAZIONE DEGLI ODORI

0
1. Gli odori come i sapori sono determinati in linea generale da mescolan-
za. Infatti tutto ciò che non deriva da mescolanza non ha odore né sapore.
Per questo motivo risultano prive di odore le sostanze semplici come acqua,
aria, fuoco. La terra invece è l’unica sostanza semplice dotata di un suo odo-
re, per il fatto che risulta più composita rispetto alle altre.2 Tra gli odori al-
cuni sono indistinti e inconsistenti, come del resto alcuni sapori, altri invece
dotati di caratteristiche precise. Tali caratteristiche sembrano accostarli ai sa-
pori, tuttavia gli odori non hanno tutti gli stessi nomi, come si è detto in re-
lazione ai sapori, né come i sapori sono completamente distinti per caratteri-
stiche ma piuttosto per origine dal momento che alcuni sono gradevoli altri
invece ripugnanti.

2. I diversi tipi di odori, siano essi gradevoli o sgradevoli, non hanno rice-
vuto denominazioni particolari. Sebbene tra essi ci siano grandi differenze dal
momento che esistono odori dolci e odori aspri, tuttavia essi sono generica-
mente classificati come piccanti, forti, deboli, dolci, pesanti. Alcune di queste
denominazioni sono comuni anche ai cattivi odori. Lezzo in linea generale è
usato per tutte quelle sostanze che marciscono. Infatti ogni cosa in fase di pu-
trefazione emana cattivo odore, tranne la fermentazione del vino, che nessuno
ritiene un processo di putrefazione analogo alla decomposizione.

3. Il cattivo odore determinato dal processo di putrefazione è comune a


piante, animali, esseri inanimati. Vale a dire in tutte le sostanze in decompo-
sizione che non si sono formate da un processo complessivo di putrefazione.

2 Il riferimento è ai quattro elementi costitutivi del mondo ipotizzati dai primi filosofi e, soprat-
tutto, da Empedocle di Agrigento: J. LONGRIGG, Philosophy and Medicine: some early interactions,
«HSCP», LXVII, 1963, pp. 147-175; G.E.R. LLOYD, The hot, the cold, the dry and the wet in Greek
Philosophy, «JHS», LXXXIV, 1964, pp. 92-106.

— 15 —
PARTE PRIMA

suvstasi" eujqu;" ejk toiauvth" u{lh". e[cei ga;r e[nia kai; th;n th"~ u{lh"
ojsmhvn, ouj mh;n ejpi; pavntwn ouj kakwvdh. ta; ejk tw~n saprw~n, wJ" oujd j
oiJ muvkhte" oiJ ejk th"~ kovprou fuovmenoi. ta; d j ejk shvyew" fuovmena
kai; sunistavmena kakwvdh. eu[osma me;n ouj~n wJ" aJplw~" eijpei~n ta; pepem-
mevna kai; lepta; kai; h{kista gewvdh. to; ga;r th"~ ojsmh"~ ejn ajnapnoh/.~
kakwvdh de; dhlonovti tajnantiva. polla; d jw{sper tw~n glukevwn ejmfaivnei
tina; pikrovthta, kai; twn~ eujwdwn~ baruvthta tai"~ ojsmai"~ .

4. [Ecei d je{kaston ojsmh;n ijdivan kai; zvw/vwn kai; futw~n kai; tw~n
ajyuvcwn o{sa ojsmwvdh. polla; d j hJmi~n ouj faivnetai dia; to; ceirivsthn
e[cein th;n ai[sqhsin tauvthn wJ" eijpei~n. ejpei; toi~" ge a[lloi" kai; ta; pan-
telw~" a[odma fainovmena divdwsiv tina ojsmhvn, w{sper aiJ kriqai; toi~"
uJpozugivoi" aiJ ejk th"~ Kedropovlio", a}" oujk ejsqivousi dia; th;n kakwdivan.
hJma~" de; kai; aiJ tw~n zw/vwn lanqavnousin tw~n ojsmwdw~n dokouvntwn.
eujwdiva/ me;n ouj~n oujqe;n faivnetai kaq j auJto; caivrein wJ" eijpei~n, ajll j
o{sa pro;" th;n trofh;n kai; th;n ajpovlausin. ponei~n d j e[nia faivnetai
tai~" ojsmai~" kai; tai~" eujwdivai", ei[per ajlhqe;" to; ejpi; tw~n gupw~n kai;
tw~n kanqavrwn. tou~to de; wJ" me;n aJplw~" eijpei~n { dh~lon tw~n { di j ejnan-
tivwsin th"~ ejnantiva" fuvsew". wJ" de; kaq j e{kaston a{ma dei~ thvn te kras~ in
th;n eJkavstou kai; th;n th~" ojsmh~" lambavnein duvnamin.

5. Eijsi; me;n ouj~n e[niai tw~n eujovsmwn kai; ejn tai~" trofai~", oiJ~on aiJ
tw~n ajkrodruvwn kai; ajpivwn kai; mhvlwn. auJ~tai ga;r a[neu th~" prosfora~"
hJdei~ai, kai; ma~llon wJ" eijpei~n. ouj mh;n ajll j w{" g j aJplw~" dielei~n aiJ
mevn eijsi kaq jauJta;" aiJ de; kata; sumbebhko;". aiJ me;n tw~n culw~n kai;
th~" trofh~" kata; sumbebhko;", aiJ d j w{sper th~" ajnapnoh~" kaq j auJtav".
wJ" ga;r ejpivpan ta; eu[osma, kaqavper kai; provteron ejlevcqh duvscula
kai; strufna; kai; uJpovpikra. e[nia de; twn~ eujcuvlwn kai; kakwvdh, kaqavper

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

Alcune infatti presentano l’odore della materia, anche se questo non vale per
tutte. Molte sostanze infatti, sebbene siano state generate da un processo di
putrefazione, non emanano cattivo odore, come i funghi che nascono dallo
sterco; altre, invece, ugualmente nate per putrefazione, messe insieme, emana-
no cattivi odori. In sintesi, tutte le sostanze cotte, delicate e poco legate alla
terra presentano una profumazione gradevole. E infatti la genesi dell’odore
sta nella sua diffusione aerea. Viceversa hanno cattivo odore tutte le cose do-
tate di natura differente. E tuttavia, come molte sostanze dolci al gusto mo-
strano una certa asperità, cosı̀ anche molte sostanze dall’odore gradevole pos-
sono procurare qualche fastidio all’olfatto.

4. GLI ODORI DEGLI ANIMALI

4. Tutte le cose, animali, piante, esseri inanimati dotati di odore, possiedo-


no una loro peculiare profumazione. Molti odori non ci risultano percepibili
dal momento che noi abbiamo, per cosı̀ dire, un pessimo olfatto. Infatti le co-
se che ci sembrano prive di profumazione sono percepite dagli altri animali,
come l’orzo di Cedropoli per le bestie da soma le quali non lo mangiano
per il suo tanfo. In realtà noi non percepiamo nemmeno l’odore di quegli ani-
mali che sembrano emanare un loro tipico sentore. Ora, nessun animale pare
trarre piacere di per sé dalla soavità di un odore, se non da quelli legati al cibo
e alla sfera sessuale. E infatti alcuni animali sembrano essere infastiditi dagli
aromi anche se gradevoli se è vero quanto raccontano a proposito degli avvol-
toi e degli scarabei. In realtà, per dirlo in forma più chiara, ciò si verifica poi-
ché essi sono per natura intolleranti a questi. Perciò bisogna prendere in con-
siderazione separatamente il temperamento e la capacità di percepire gli odori
propri di ciascun animale.

2
5. ANALOGIE E DIFFERENZE TRA GUSTO E OLFATTO

2 5. Alcuni profumi risiedono negli alimenti come nelle bacche, nelle pere,
nelle mele. Esse infatti emanano un profumo dolce – e direi quanto più inten-
so – se non le consumiamo. In ogni caso, per fare una distinzione generale,
alcuni profumi esistono di per sé stessi, altri invece sono accidentali. Sono ac-
cidentali quelli legati al gusto e all’alimentazione, esistono in sé quelli che si
annusano. Come detto, ciò che emana un buon odore in genere presenta
un gusto sgradevole, aspro e alquanto amaro. Invece alcune sostanze che han-

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PARTE PRIMA

kai; to; Aijguvption kalouvmenon suk ~ on, gluku; o]n. kai; eij mh; pantacou~
ajll j ejniacou~ kai; hJ a[rkeuqo" ejmfaivnei tina; th/~ mashvsei kakwdivan
glukeia ~ ouj~sa. to; d j ouj~ron poiei~ eujwd~ e".

1
6. Ej pei; de; twn~ ojsmwn~ 3 aiJ me;n ejn futoi"~ kai; toi"~ touvtwn morivoi",
oiJ~on klwsi; fuvlloi", floioi~" karpoi~" dakruvoi", aiJ d j w{sper dieivlomen
ejn zw/voi" [kai; futoi"~ ] kai; toi"~ ajyuvcoi", auJ~tai me;n fanero;n o{ti pevyin
e{kastai lambavnousin ejn toi~" oijkeivoi" h/J~ kai; to; eujw~de" kai; kakw~de"
ajkolouqei~ kata; ta;" oijkeiva" fuvsei", hJ de; pevyi" tw/~ oijkeivw/ qermw/.~ ejn
de; toi~" ajyuvcoi" tai~" tw~n aJplw~n dunavmesi kai; givnontai kai; meqivstan-
tai kaqavper oiJ culoiv.

7. {Osai de; dh; kata; tevcnhn kai; ejpivnoian givnontai peri; touvtwn
peiratevon eijpein~ w{sper kai; peri; twn~ culwn~ . ejn ajmfoin~ de; dhl ~ on
.
wJ" ajei; pro;" to; bevltion kai; h{dion hj~n hJmi~n hJ ajnaforav pa~sa ga;r tevcnh
stocavzetai touvtwn. eijsi; me;n ouj~n kai; toi"~ ajmivktoi" ojsmaiv tine" pro;"
a}" sunergei~n peirw~ntai kai; tai~" para<skeuai~", wJ" kai; pro;"> tai~"
tw~n culw~n eujsto<mivai">. ouj mh;n ajll j w{" g j aJplw~" eijpei~n ejn mivxei
to; plevon, kai; ou{tw" aiJ <mivxei"> duoi~n me;n wJ" tw/~ gevnei labei~n, uJgrou~
kai; xhrou~. tricw~" de; givnontai o{tan h] oJmogene;" oJmogenei~, h] paravllat-
ton tw/~ parallavttonti, h] uJgrw/~ uJgro;n h] xhrw/~ xhro;n, <h] uJgrw/~ xhrovn>.

3 In questo caso ho preferito tradurre la vox media ojsmhv con ‘profumo’ piuttosto che con
‘odore’ considerato il riferimento successivo dell’autore a sostanze aromatiche tratte da rami, foglie,
corteccia, frutti e resina delle piante.

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

no un buon sapore presentano un odore sgradevole, come il cosiddetto ficus


aegyptia,4 che è dolce non ovunque ma solo in alcune regioni. Allo stesso mo-
do anche il cedro del Libano 5 presenta un sapore dolce, produce tanfo se ma-
sticato, rende profumata l’urina.

6. GLI ODORI DELLE PIANTE

6. Dal momento che tra gli odori alcuni si trovano nelle piante e in parti di
esse, come rami, foglie, corteccia, frutti, resina, altri, in funzione della distin-
zione che ho fatto, negli animali [nelle piante] e negli esseri inanimati, è chiaro
allora che ciascuno di essi raggiunge la propria maturazione nella propria sede
di origine. Il profumo e l’olezzo sono legati all’originaria natura, la maturazio-
ne invece è connessa al calore innato. Negli esseri inanimati, invece, gli odori,
come i sapori, si generano e modificano in funzione delle proprietà degli ele-
menti semplici che li compongono.

7-13. ODORI OTTENUTI ATTRAVERSO LA TECHNE

7. Adesso occorre parlare di quegli odori e quei sapori che sono prodotti
5
attraverso la techne e su preciso disegno.6 In entrambi i casi è chiaro che mi-
riamo sempre a ciò che risulta migliore e maggiormente gradevole. Del resto
ogni techne persegue questo obiettivo. Ora, esistono alcuni profumi anche
nelle sostanze semplici, per ottenere i quali gli uomini ricorrono a procedi-
menti artificiali, cosı̀ come per ricavare sapori gradevoli. In ogni caso, per dirla
in forma semplice, il risultato deriva da una mescolanza. Si combinano due
elementi di natura diversa: umido e secco. Ci sono tre tipi di combinazioni:
tra componenti identiche o diverse; tra sostanze umide o sostanze secche;
tra un ingrediente umido e uno secco.

4 Sukon/sukh (Ficus Carica): albero che cresce in Egitto dotato di svariate proprietà medicinali:
~ ~
Teofrasto, Storia delle piante I 5,1-3; I 11,2; Dioscoride, Materia Medica I 183 Gunther; vedi S. AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, Paris 2006, s.v., p. 336. Sull’etimologia dei nomi
di pianta: J. ANDRÉ, Lexique des termes de botanique en latine, Paris 1956; A. CARNOY, Dictionnaire
étymologique des noms grecs de plants, Louvain 1959; P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la
langue grecque. Historie des mots, Paris 19992.
5 [Arkeuqo" (Juniperus Communis o Juniperus Phoenicea): Teofrasto, Storia delle piante I 9,3; III
3,3; V 7,6; Dioscoride, Materia Medica I 105 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plan-
tes, V, cit., ss.vv., p. 272.
6 Il riferimento è a composizioni odorose e a preparati alimentari creati dall’uomo.

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PARTE PRIMA

8. Ej k duoi~n ga;r touvtwn kai; hJ tw~n culw~n kai; tw~n ojsmw~n gevnesi".
wJ" me;n oiJ ta; ajrwvmata kai; ta; diapavsmata suntiqevnte" xhroi~" pro;"
xhrav. wJ" d j oiJ ta; muvra kerannuvnte" h] tw/~ oi[nw/ ejpicevonte" uJgroi~"
pro;" uJgrav. to; de; trivton, o} kai; plei~stovn ejstin, wJ" oiJ mureyoi; xhroi~"
pro;" uJgrav. panto;" ga;r muvrou kai; crivsmato" hJsuvnqesi" au{th. dei~ d j
eijdevnai poi~ai poivai" eu[miktoi kai; poi~ai poivai" sunergou~sin eij" to;
poiein~ mivan w{sper ejpi; twn~ culwn~ . kai; ga;r ejkei~ taujto; tout~ o zhtous ~ in
oiJ mignuvnte" kai; oiJo~ n ajrtuvonte". taut~ a me;n oujn~ ejn oiJ"~ kai; di j wJn~ aiJ
tevcnai poioun~ tai ta; tevlh.

9. Mivgnuntai de; ta; me;n aujth~" th~" ojsmh~" e{neka kai; pro;" tauvthn
th;n ai[sqhsin, ta; d j w{sper hJduvnein boulovmena th;n geus ~ in, oiJ~on wJ"
oiJ ta; muvra toi~" oi[noi" ejjpicevonte" h] ta; ajrwvmata ejmbavllonte". aiJ
ga;r aijsqhvsei" suvneggu" ouj~sai poious ~ iv tina ajpovlausin ajllhvlwn,
o{qen kai; aujtoi~" toi~" geustoi~" zhtou~si ta;" eujosmiva".

10. Aj porhvseie d j a[n ti" i[sw" dia; tiv pote muvron kai; taj~lla eu[osma
tou;" me;n oi[nou" hJduvnei tw~n de; brwmavtwn oujde;n, ajlla; pavnta lumaivne-
tai kai; ajpuvrwta kai; pepurwmevna. to; d j ai[tion uJpolhptevon o{ti sum-
baivnei tw~n me;n xhrw~n ajfairei~sqaiv te to;n oijkei~on culo;n dia; th;n
ijscu;n kai; a{ma sunepifaivnein to;n auJtou~ o[nta strufno;n kai; uJpovpikron.
a{pan ga;r to; eu[osmon toiout~ on, diamaswmevnoi" de; kai; mal~ lon ejmfane;"
diav te th;n qlivyin kai; tomh;n kai; e[ti tw/~ cronivzesqai.

11. To;n d j oi[non oujdevteron poiei~. kai; ga;r oJ culo;" ijscurovtato" kai;
pleivwn eij" to; mh; krateis ~ qai kai; oujdevna th/~ geuvsei crovnon ejpidia-
trivbwn ajll j o{son ejpiqiggavnwn, w{ste to; me;n hJdu; didovnai th/~ aijsqhvsei
to; de; pikro;n kai; duvsculon th/~ geuvsei mh; ejmfaivnein, ajlla; sumbaivnein
tw/~ o[nti kaqavper h{dusma givnesqai tw/~ povmati th;n ojsmhvn. tw/~ me;n ga;r
glukei~ kai; mavlista deomevnw/ dia; to; mhde;n e[cein, toi"~ d j a[lloi" w{sper

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

8. Alle prime due combinazioni si riconduce l’origine di sapori e odori.


Dunque alcuni creano profumi e polveri fragranti 7 mescolando sostanze sec-
che a sostanze secche, altri invece o unendo le essenze al vino o combinando
ingredienti liquidi con ingredienti liquidi. Il terzo metodo, il più diffuso, è
quello seguito dai profumieri e consiste nell’unire componenti secche a so-
stanze umide. È questo il procedimento di preparazione di tutte le fragranze
e di tutti gli oli profumati.8 Peraltro bisogna conoscere quali essenze ben si
fondino con altre e quale combinazione generi una buona fragranza. Lo stesso
vale per i sapori. Infatti anche per essi coloro che mescolano e preparano fan-
no attenzione a come combinare i sapori. Perciò i procedimenti artificiali rag-
giungono i loro scopi attraverso gli ingredienti e i metodi di combinazione e
preparazione.

9. Alcune sostanze vengono mescolate per creare un profumo e stimo-


lare l’olfatto, altre invece per soddisfare il palato, come quando si aggiun-
gono al vino sostanze profumate o vi si buttano dentro delle spezie. I
due sensi dell’olfatto e del gusto sono infatti cosı̀ vicini che traggono un cer-
to giovamento l’uno dall’altro. Per questo gli uomini cercano nei cibi odori
gradevoli.

10. Ci si potrebbe chiedere come mai talora un’essenza e altre sostanze


aromatiche profumino dolcemente i vini, mentre rovinino i cibi, crudi o cotti
che siano. La causa va trovata nel fatto che il profumo, grazie alla sua forza, è
in grado di togliere l’odore proprio delle sostanze secche e nello stesso tempo
di sovrapporvi il proprio che è aspro e alquanto amaro. Ogni sostanza profu-
mata infatti ha questa caratteristica: si manifesta in modo assai più chiaro
quando si mastica poiché il cibo viene schiacciato e triturato e rimane a lungo
in bocca.

11. La sostanza profumata non ha quest’effetto sul vino, il cui sapore è cosı̀
forte e intenso da non essere sopraffatto. Il vino inoltre non rimane a lungo in
degustazione e tocca la bocca solo per breve tempo, cosicché esso è percepito
nella sua nota dolce, mentre il profumo non sembra amaro e di sapore sgra-
devole, anzi esso diventa per il vino quasi un additivo aromatico. Dell’aggiun-
ta di profumo necessitano, per un verso, soprattutto i vini dolci che non pos-
siedono profumazione alcuna, per un altro, anche gli altri vini nei quali, a

7 Per i significati di ajrwvmata e diapavsmata vedi l’Introduzione alla seconda parte.


8 Per i significati di muvron e cri~sma, vedi l’Introduzione alla seconda parte.

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PARTE PRIMA

mia"~ ejx ajmfoin~ genomevnh" dia; th;n mivxin. oJ ga;r oij~no", w{sper kai; prov-
teron ejlevcqh, deino;" devxasqai ta;" ojsmav".

12. E[ cei d j ajpovrhsin kai; tovde, di j o{ti ta; me;n a[nqh kai; ta; stefanwv-
mata ajsqenevstera o[nta tai~" ojsmai~" kai; povrrwqen o[zei, hJ d j i[ri" kai;
to; navrdon kai; ta; a[lla ta; eu[osma tw~n xhrw~n ijscurovtera ejgguvqen. kai;
e[niav ge prosenegkamevnoi", e[nia de; kai; trivyew" prosdei~tai kai;
diairevsew", ta; de; kai; purwvsew" w{sper hJ smuvrna kai; oJ libanwto;"
kai; pa~n to; qumiatovn.

13. Ai[tion d j o{ti tw~n me;n ajnqw~n ejpipolh~" to; poiou~n th;n ojsmh;n a{te
manwn~ o[ntwn kai; oujk ejcovntwn bavqo", tw~n de; rJizw~n kai; pavntwn tw~n
sterew~n ejn bavqei, ta; d j e[xwqen ajpexhrammevna kai; pepuknwmevna.
dio; kai; ajfia~si povrrw ta;" ajpopnoiva", ta; d j oiJ~on ajnoivxew" devontai
twn~ povrwn, o{qen diairouvmena kai; koptovmena pavnt j eujwdevstera, ta;
d j a[nqh kakwdevstera tribovmena. ta; me;n ga;r ejkfaivnei to; oijkei~on
ta; de; proslambavnei to; ajllovtrion. oJ de; libano;" kai; hJ smuvrna pukno-
tevran e[ti th;n fuvsin e[conta prosdevontai purwvsew" malakh~", h} kata;
mikro;n ejkqermaivnousa poihvsei th;n ajnaqumivasin. eja;n ga;r kovpth/ ti" h]
trivbh/ tau~ta prosoivsontai me;n ojsmh;n oujc oJmoivw" de; hJdei~an oujd j euj-
tamiveuton. touvtwn me;n ouj~n toiaut~ aiv tine" aiJ aijtivai.

14. Tw~n de; muvrwn hJ suvnqesi" kai; hJ kataskeuh; to; o{lon oiJ~on eij"
qhsaurismovn ejsti twn~ ojsmwn~ . diovper eij" tou[laion tivqentai. tout~ o

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

causa della mescolanza, da due componenti nasce una sola fragranza. Infatti,
come si è detto in precedenza, il vino è una sostanza in grado di assorbire gli
odori.9

12. Occorre domandarsi inoltre per quale motivo i fiori e le altre compo-
nenti odorose usate nella preparazione delle corone, pur avendo un profumo
assai tenue, riescano tuttavia a emanarlo fino a grandi distanze, mentre l’iris, il
nardo 10 e altre sostanze secche, sebbene dotate di profumazione assai intensa,
riescano a renderlo percepibile solo da vicino. Alcune sostanze rilasciano il lo-
ro profumo quando sono masticate, altre quando sono sfregate e tagliuzzate,
altre ancora – come la mirra, l’incenso e tutte le resine in grado di sprigionare
fumo 11 – quando sono bruciate.

13. La causa sta nel fatto che nei fiori l’odore è rilasciato dalla parte più alta
della pianta: per questo risulta debole e poco pungente. Nelle radici e in tutte
le sostanze secche invece l’aroma risiede più in profondità essendo le loro par-
ti esterne secche e compatte. Per questo motivo i fiori sono in grado di man-
dare più in lontananza i loro effluvi odorosi, le radici invece non riescono a
diffonderli a grande distanza. Perciò ogni tipo di radice rilascia più soavemen-
te il suo profumo se frantumata e triturata, a differenza dei fiori che, se pesta-
ti, emanano cattivo odore. In questo modo le radici diffondono la loro fra-
granza, ne assumono un’altra i fiori. L’incenso e la mirra, che sono le
sostanze dotate di una natura più densa, hanno bisogno di essere sottoposti
a fuoco lento, affinché, riscaldati, rilascino gradualmente il loro aroma. Se
qualcuno li ammacca o li tritura essi offrono comunque la loro fragranza
ma senza che essa si mostri dolce e pervasiva. Dunque sono questi alcuni mo-
tivi per i quali insorgono tali fenomeni.

14-20. GLI OLI IMPIEGATI NELL’ESTRAZIONE DELLE ESSENZE PROFUMATE

14. La composizione e la preparazione degli oli profumati va di pari passo


con la conservazione delle fragranze. Per questo esse vengono tenute nell’olio,

9 Su una serie di vini noti dotati di profumazione e, talora, di proprietà terapeutiche riferiscono
Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIV 6 ss.; Dioscoride, Materia Medica V 7 ss. Gunther; Ateneo, I
sofisti a banchetto I 25f ss.; Eliano, Le storie varie XII 31; XIII 6.
10 Su iris e nardo vedi capitoli successivi, ma anche le Tabelle poste in appendice.
11 Su mirra e incenso vedi capitoli successivi, ma anche le Tabelle poste in appendice.

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PARTE PRIMA

ga;r croniwvtaton kai; a{ma pro;" th;n creivan mavlisq j aJrmovtton. ejpei;
fuvsei h{kista dektiko;n ojsmh~" dia; th;n puknovthta kai; to; livpo",
aujtw~n de; touvtwn to; liparwvtaton oiJ~on to; ajmugdavlinon. to; de; shsav-
minon kai; to; ejk tw~n ejlaiw~n mavlista.

15. Crw~ntai de; mavlista tw/~ ejk th~" balavnou th~" Aijguptiva" kai;
Suriva", h{kista ga;r liparo;n. ejpei; kai; tw/~ ejk tw~n ejlaiw~n mavlista
crw~ntai tw/~ wjmotribei~ th~" fauliva". dokei~ ga;r ajlipevstaton e[cein
kai; leptovtaton. kai; touvtw/ nevw/ kai; mh; palaiw./~ to; ga;r uJpe;r ejniauto;n
ajcrei~on pacuvteron ga;r kai; liparwvteron genovmenon. e[laion me;n
ouj~n toiou~ton oijkeiovtaton, ajjeidevstaton gavr. fasi; dev tine" kai; tw/~
crivsmati to; ejk tw~n pikrw~n ajmugdavlwn. polla; de; givnetai peri;
Kilikivan kai; poiou~sin ejx aujtw~n crivsma.

~ twn~ muvrwn aJrmovttein. w{sper kai;


16. Fasi; de; kai; eij" ta; spoudaia
to; ejk th~" balavnou kai; tou~to poiei~ de; keluvfh aujtw~n eu[osma eij" to;
e[laion ejmballovmena. ejpei; kai; ta; tw~n pikrw~n. ijdei~n de; pw~" oujk ej-
nantivon a{ma me;n to; ajosmovtaton zhtei~n, w{sper kai; to; wjmotribe;" ejk
tw~n fauliw~n, a{ma d j ejn touvtoi" poiei~n. drimuvthta ga;r e[cei to;
tw~n ajmugdavlwn. eij mh; a[r j o{ti to; e[laion eJyovmenon kakw~de". tau~ta
me;n ouj~n ejpiskeptevon.

17. Crw~ntai de; pro;" pavnta toi~" ajrwvmasi, toi~" me;n uJpostuvfonte"
to; e[laion toi"~ de; kai; th;n ojsmh;n ejk touvtwn ejmpoioun~ te". uJpostuvfousi
ga;r pa~n eij" to; devxasqai ma~llon th;n ojsmh;n, w{sper ta; e[ria eij" th;n

— 24 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

che è in grado di preservarle molto a lungo e può essere agevolmente utiliz-


zato. È dotato infatti di una natura tale da riuscire a mantenere in forma mi-
nima il proprio odore grazie alla sua densità e viscosità. Tra tutti i tipi di olio il
più grasso è l’amygdalinon; 12 ancora di più lo è il sesaminon 13 e soprattutto
quello di oliva.14

15. Si fa un uso massiccio dell’olio ricavato dal balano egiziano e siriano,15


che solo in forma minima è grasso. Si impiega anche l’olio di olive selvatiche,
che risulta poco denso e soprattutto per niente grasso. L’olio deve essere nuo-
vo, non vecchio. Se esso infatti ha superato l’anno risulta inutilizzabile dal mo-
mento che diventa alquanto grasso e denso. Dunque, l’olio di oliva è il più
adatto perché, più di tutti, non ha odori. Alcuni includono come olio per pro-
fumi anche quello ricavato dalle mandorle amare. Ne produce in grande
quantità la Cilicia dove lo estraggono per ricavarne un unguento.

16. Si dice che l’olio di mandorle amare sia il più adatto per la creazione
dei profumi più raffinati, come anche quello ricavato dal balano. Lo produco-
no i gusci profumati delle mandorle amare lasciati macerare nell’olio, anche in
quello ricavato dalle stesse mandorle. Occorre cercare un olio dotato di una
minore profumazione possibile come quello estratto dalle olive selvatiche, e
custodire in esso le fragranze. L’olio di mandorle infatti ha un odore pungen-
te. Esso acquista un cattivo odore quando è sottoposto a cottura. Ma su que-
sto argomento occorre un’ulteriore riflessione.

17. Si usano le spezie per tutti i profumi, in alcuni casi impregnadone l’o-
lio, in altri ricavando direttamente il profumo da esse. Si impregna ogni olio
quanto più esso sia in grado di assorbire le fragranze, allo stesso modo con il
quale si inzuppa la lana nella tintura. Prima si mettono a macerare le spezie

12 Olio ottenuto dalla ajmugdalhv o Prynus Dulcis/Amygdalus Communis: Teofrasto, Storia delle
piante I 6,3; I 9,6; I 11,1; Dioscoride, Materia Medica I 39; 176 Gunther; Ateneo, I sofisti a banchetto II
52b-53e; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 268. Sulla denominazione dei
profumi o oli profumati con suffisso neutro in ‘inon’, vedi B. NICOLAS, Le vocabulaire de la parfume-
rie ancienne, in BODIOU – FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., p. 34.
13 Olio ricavato dai semi di sesamo (Sesamum Indicum): Teofrasto, Storia delle piante IV 8,14;
Dioscoride, Materia Medica I 41; II 121 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes,
V, cit., s.v., pp. 331-332.
14 Sui diversi tipi di olio di oliva: Ateneo, I sofisti a banchetto II 56a-d; 66d-67b (vedi testo n. 19.1
in Appendice documentaria); ma anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XV 1 ss.
15 Olio estratto dal bavlano" o Balanites Aegyptiaca, albero tipico dell’Egitto: Teofrasto, Storia
delle piante IV 2,1; IV 2,6; Dioscoride, Materia Medica I 40 Gunther.

— 25 —
PARTE PRIMA

bafhvn. uJpostuvfetai de; toi"~ ajsqenestevroi" twn~ ajrwmavtwn, eij~q j u{ste-


ron ejmbavllousin ajf j ouJ~ a]n bouvlwntai th;n ojsmh;n labei~n. ejpikratei~
ga;r ajei; to; e[scaton ejmballovmenon kai; a]n e[latton h/j~. oiJ~on eja;n
eij" kotuvlhn smuvrnh" ejmblhqh/~ mna~ kai; u{steron ejmblhqw~si kinamwv-
mou dracmai; duvo, kratei~ aiJ tou~ kinamwvmou duvo dracmaiv.

18. Qaumavseie d j a[n ti" i[sw" tou~tov te kai; dia; tiv pote ta; ajrwvmata
proemballovmena dektikwvteron poiei~ tou[laion ojsmh;n e[conta. dei~ ga;r
ajwd~ e" eijn~ ai to; dexovmenon, to; de; kateilhmmevnon uJf j eJtevrou oujk ajwd~ e",
w{sq j hJ~tton ejcrhn~ eij~nai dektikovn. ai[tion d j ajmfotevrwn h] pavntwn to;
aujtov. xhra; ga;r o[nta to; livpo" e{lkei pro;" eJauta; kai; ajnadevcetai,
dio; kai; th;n sunevceian ejxairei.~ mano;n de; genovmenon kai; tou~ livpou"
ajfaireqevnto", ejn w/J~ kai; hJ oijkeiva mavlist j ojsmh;, dektikwvteron ejgevneto
tou~ ejpemballomevnou dia; to; mh; ajntistatein~ .

19. H
J de; ajpo; tw~n ajrwmavtwn ojdmh; kai; ajsqenh;" a{te eij" to; liparo;n
ajnhlwmevnh, kai; e[ti katevcetai touvtw/ dia; to; plhrw~sai tou;" povrou".
w{ste kata; lovgon ka]n e[latton h/j~ to; ejpiballovmenon ejpikratei~n th;n
touvtou ojsmhvn. eijj ajsqenevstaton ga;r ejmpivptei kai; dektikwvteron. ajna;
lovgon d j e[cei kai; hJ polucroniovth" hJ ejn eJkavstw/ kai; hJ pro;" th;n puvrwsin
eujsqevneia kai; taj~lla ta; toiau~ta. to; ga;r dektikwvtaton, oiJ~on th~"
balavnou, kai; croniwvtaton, kai; dia; th;n aujth;n aijtivan. mavlista ga;r
w{sper e}n givnetai kai; sumfue;" to; mavlista decovmenon. ajei; ga;r to;
toiou~ton diamonwvtaton, dio; kai; purouvmenon mavlista ajpaqev".

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

dotate di un aroma meno intenso, alla fine si unisce la fragranza il cui aroma si
desidera rimanga persistente. Per questo motivo l’ultimo ingrediente aggiunto
mantiene una nota dominante, sebbene esso sia in quantità minore rispetto
agli altri. Cosı̀ se in una cotila di olio 16 si mette una libbra di mirra e alla fine
si addizionano due dracme di cinnamomo,17 prevalgono le due dracme di cin-
namomo.

18. Analogamente uno potrebbe meravigliarsi del fatto che le sostanze aro-
matiche, aggiunte nell’olio, lo rendano ancora più in grado di assorbire l’es-
senza. Infatti occorre che l’olio destinato a ricevere la fragranza sia inodore
e si lasci sopraffare dall’essenza profumata, in modo tale da diventare meno
recettivo ad altre sostanze. La causa di entrambi questi procedimenti è la me-
desima. Infatti le spezie secche attraggono l’elemento oleoso e vi si avvolgono.
In questo modo tolgono all’olio la sua densità. Rarefattosi e privato ormai del-
la sua componente grassa cui si lega soprattutto il caratteristico odore, esso è
in grado di assorbire meglio la fragranza aggiunta, alla quale non riesce a op-
porre resistenza.

19. L’odore delle sostanze aromatiche si indebolisce allorché si fonde con


l’olio e ne viene imprigionato poiché esso chiude ogni passaggio. Di conse-
guenza, sebbene la componente aromatica aggiunta sia in quantità minore ri-
spetto all’olio, tuttavia ne sovrasta l’odore: infatti penetra in una sostanza più
debole e assai predisposta ad assorbire la fragranza. Un discorso analogo può
essere fatto in relazione alla durata dell’olio, alla sua resistenza al fuoco e ad
altre sue proprietà. L’olio maggiormente in grado di trattenere gli odori – ad
esempio, quello ricavato dal balano – per lo stesso motivo è anche il più du-
raturo. Infatti l’olio capace di assorbire al meglio le fragranze è soprattutto
quello nel quale da due sostanze 18 ne nasce una sola nella quale le componenti
siano perfettamente amalgamate. Questo tipo di olio è in grado di durare più
a lungo degli altri e, soprattutto, è resistente al fuoco.

16 Corrisponde nel sistema attico a circa 0,273 litri; a 0,205 litri nel sistema tolemaico.
17 Cinnamomum Cassia. Appartenente alla famiglia delle Lauracee, il cinnamomo si distingueva
dalla cassia (Cinnamomun Iners, della famiglia delle Leguminose) per l’aroma più intenso e raffinato
della corteccia. Cinnamomum Cassia: Teofrasto, Storia delle piante IV 4,14; IX 4,2; IX 5,1-2; IX 7,2;
Dioscoride, Materia Medica I 13 Gunther; Cinnamomum Iners: Teofrasto, Storia delle piante IV 4,14;
IX 4,2; IX 5,1-3; IX 7,2-3; Dioscoride, Materia Medica I 12 Gunther; su cinnamomo e cassia: MILLER,
Roma e la via delle spezie, cit., pp. 154 ss.; AMIGUES, L’expédition d’Anaxicrate en Arabie occidentale,
in ID., Études de botanique antique, cit., p. 58 e nota 2; DE ROMANIS, Cassia, cinnamomo, ossidiana.
Uomini e merci tra Oceano Indiano e Mediterraneo, cit., pp. 97 ss.
18 Olio e sostanze odorose.

— 27 —
PARTE PRIMA

20. W J sauvtw" de; kai; tw~n a[llwn to; shsavminon, toiou~to ga;r
dektikwvtaton. to; d j ajmugdalivnon parakmavzei tacu; kai; ojligocroniwvtaton
dia; th;n ejnantivan. to; ga;r h{kista dexavmenon tavcista meqivsthsi. Tou~
rJodivnou de; mavlista dektiko;n to; shsavminon dia; th;n liparovthta.
purouvmenon de; ejxovzei shsavmou kaqavper ajnaluovmenon. AiJ me;n ouj~n
tw~n ejlaivwn fuvsei" kai; dunavmei" toiau~tai.

21. Ta; ajrwvmata de; pavnta [de;] scedo;n kai; eu[osma plh;n tw~n ajnqw~n
xhra; kai; qerma; kai; stuptika; kai; dhktikav. ta; de; kai; e[contav tina
pikrovthta, kaqavper kai; ejn toi"~ provteron ei[pomen, w{sper i[ri" smuvrna
libanwtov", wJ" d j aJplw~" eijpei~n kai; ta; muvra. koinovtatai de; tw~n dunav-
mewn tov te stuptiko;n kai; to; qermantiko;n, a} dh; kai; ejrgavzontai.

22. U
J postuvfontai me;n ouj~n pavnta purouvmena, ta;" d j ojsma;" ta;"
kuriva" e[nia lambavnei yucra; kai; ajpuvrwta. kai; e[oiken w{sper tw~n
ajnqw~n ta; me;n yucrobafh~ ta; de; qermobafh~ paraplhsivw" e[cein kai;
ejpi; tw~n ojsmw~n. pavntwn de; hJ e{yhsi" kai; ei[" te th;n uJpovstuyin kai;
ta;" kuriva" ojsma;" ejnistamevnwn tw~n ajggeivwn ejn u{dati givnetai kai;
oujk aujtw/~ tw/~ puri; crwmevnwn. tou~to d j o{ti malakh;n eij~nai dei~ th;n
qermovthta, kai; ajpousiva pollh; gevnoit j a]n th/~ flogi; crwmevnwn,
kai; e[ti kau~sin a]n o[zoi.

23. Poiei~ d j ejlavttw th;n ajpousivan o{sa purouvmena lambavnei ta;" ku-
riva" ojsma;" mal~ lon h] o{sa yucra; dia; to; profuras
~ qai ta; purouvmena, ta;

— 28 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

20. Tra tutti gli oli il più ricettivo è quello di sesamo; al contrario quello di
mandorle amare invecchia velocemente e dura pochissimo. Infatti l’olio in gra-
do di assorbire pochi aromi muta assai velocemente. Per la sua densità l’olio di
sesamo riesce ad assorbire meglio di altri l’essenza di rosa (rhodinon) 19 e,
quando è accostato al fuoco, emana, quasi sprigionandolo, un caratteristico
odore di sesamo. Questi dunque sono i tipi di oli e le loro proprietà.

21-26. IL TRATTAMENTO DELLE SOSTANZE AROMATICHE

21. Gli aromi e quasi tutte le fragranze profumate, tranne quelle estratte
dai fiori, sono secche, calde, astringenti e piccanti. Alcune poi, come detto
in precedenza, hanno un certo sentore di amaro, come l’iris,20 la mirra,21 l’in-
censo 22 e, in genere, le resine profumate. I profumi hanno in comune le se-
guenti proprietà: sono astringenti e in grado di produrre calore.

22. Tutte le spezie diventano astringenti quando sono esposte al fuoco, an-
che se alcune di esse, di natura fredda, sprigionano comunque la loro fragran-
za senza l’ausilio del fuoco. Come tra le tinture ottenute dai fiori alcune si ap-
plicano calde, altre fredde, lo stesso pare avvenga per i profumi. La bollitura,
finalizzata sia a restringere il composto, sia a separare gli oli essenziali, viene
effettuata in recipienti pieni di acqua in modo tale che le spezie non vengano
in contatto diretto con il fuoco. In questa operazione occorre un calore blan-
do dal momento che, aumentando la temperatura e usando il fuoco diretta-
mente sulle sostanze odorose, ci sarebbe il rischio di bruciarle.

23. In ogni caso si rovinano di meno le componenti odorose che rilasciano


il proprio profumo grazie all’esposizione al calore, che non, al contrario, quel-

19 Sul rhodinon vedi infra.


20 Iri"
j~ (Iris Germanica ma anche Iris Florentina e Iris Pallida). Se ne utilizzava la radice: Teofra-
sto, Storia delle piante I 7,2; IV 5,2; VI 8,3; VII 13,1-2; IX 7,3-4; IX 9,2; Dioscoride, Materia Medica I 1
Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 19; 83; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plan-
tes, V, cit., s.v., p. 291. Vedi Tabelle in appendice.
21 Smuvrna/muvrra (Commiphora Myrrha): Teofrasto, Storia delle piante IV 4,12; IX 1,2; IX 1,6; IX
4,1-10; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 77; I 78 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur
les plantes, V, cit., s.v., p. 335. Vedi Tabelle in appendice.
22 Livbano"/libanwtov" (Boswellia Sacra): Teofrasto, Storia delle piante IV 4,14; IX 1,6; IX 4,1-10;
IX 11,3; IX 11,10; IX 20,1; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 308. Vedi
Tabelle in appendice. Di mirra e incenso si utilizzava la resina fatta sgorgare dalla corteccia dell’al-
bero attraverso apposite incisioni.

— 29 —
4
PARTE PRIMA

me;n oi[nw/ eujwvdei, ta; d j u{dati. hJ~tton ga;r ajnapivnei. ta; de; yucra; xhra;
o[nta ma~llon kaqavper i[ri" kopei~sa. lambavnonto" ga;r tou~ ajmforevw"
xhra"~ i[rido" kekommevnh" mevdimnon kai; duvo hJmivekta pollh;n poiein~
fasi;n ajpousivan, eja;n de; metrivw" furavsh leivpein o{son duvo cova",
toi"~ de; polloi"~ e[latton.

24. Givnetai de; [to;] bevltion to; i[rinon eja;n h/j~ xhra; kai; ajpuvrwto" hJ
i[ri". ajkratestevra ga;r hJ duvnami" h] eja;n furaqei~sa kai; puroumevnh.
sumbaivnei d j w{sper kai; ejkqlivbesqai mal~ lon ejk twn~ propefuramevnwn
dia; to; hJ~tton ajnadevcesqai kai; e{lkein eij" auJtov. prostuvfonte" d jouj
polu;n crovnon ejw~si ta; ajrwvmata ajll j ejxairou~sin, o{pw" mh; polu;
ejkpivnwsi.

25. Pro;" e{kaston de; tw~n muvrwn ejmbavllousi ta; provsfora tw~n
ajrwmavtwn oiJ~on eij" me;n th;n kuvpron kardavmwmon ajspavlaqon ajnafu-
ravsante" tw/~ eujwvdei. Eij" de; to; rJovdinon scoi~non ajspavlaqon kavla-
mon hJ d jajnafuvrasi" oJmoivw". Kai; toi~" a[lloi" a} dei~ ta; aJrmovttonta.

— 30 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

le trattate a freddo. Le prime, sottoposte a ebollizione, vengono fatte macerare


alcune in vino odoroso, altre in acqua. Infatti cosı̀ esse assorbono di meno.
Viceversa le spezie trattate a freddo, essendo secche, hanno una maggiore ca-
pacità di assorbimento, come i rizomi di iris triturati. Infatti se si mette un’an-
fora 23 di radice di iris triturata in un medimno 24 e due emiecte 25 di olio, si dice
ci sia una grande perdita. Se il composto è lasciato macerare a sufficienza, si
perdono quasi due congi.26 La perdita è minore per altre sostanze.

24. L’irinon 27 diventa più intenso se estratto dalla radice secca di iris e non
sottoposto al calore, poiché in questo modo la sua fragranza risulta più natu-
rale, che non se sottoposto invece a macerazione e bollitura. Capita poi che le
sostanze lasciate a macerare rilascino di più la loro essenza se assorbono meno
olio e non se ne impregnano. Perciò (i profumieri) quando queste hanno or-
mai liberato la loro essenza, non le lasciano a lungo nell’olio, ma le tolgono
affinché non ne assorbano una quantità eccessiva.

25. Nella creazione di ogni profumo intervengono determinate sostanze


aromatiche. Ad esempio, per preparare il kypros occorre il cardamomo 28 e l’a-
spalato 29 dopo aver fatto macerare le due sostanze in vino dolce. Per prepa-
rare il rhodinon 30 occorre giunco,31 aspalato e calamo 32 sottoposti anch’essi a

23 Unità di misura corrispondente a 1 metretes. Equivaleva a 38,88 litri all’epoca di Solone (inizio
del VI secolo a.C.), a 39,29 litri in epoca successiva.
24 Unità di misura impiegata per il grano. Nel sistema ateniese equivaleva a 48 chenici, cioè 52
litri.
25 Mezzo moggio, vale a dire 4,5 litri.
26 Il congio o boccale equivaleva a circa 3,25 litri.
27 Il profumo di iris. Dioscoride, Materia Medica I 66 Gunther. Sulla pianta vedi supra.
28 Kardavmwmon (Elettaria Cardamomum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2-3; Dioscoride, Ma-
teria Medica I 5 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 295. Vedi
Tabelle in appendice.
29 jAspavlaqo" (Alhagi Maurorum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Cytisus Lanigerus: Dio-
scoride, Materia Medica I 19 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v.,
p. 272. Vedi Tabelle in appendice.
30 Profumo di rosa. Sulle diverse specie di rosa: Erodoto, Storie VIII 138,2-3 (testo n. 15.1 in Ap-
pendice documentaria); Teofrasto, Storia delle piante VI 6,6 (centifolia); I 9,4; I 13,1-5; IV 8,7; IV 10,3;
VI 1,1-3; VI 6,4-6; VI 8,2-6; IX 19,1; Dioscoride, Materia Medica I 53; I 130 Gunther; Plinio il Vecchio,
Storia Naturale XXI 10 (testo n. 15.2 in Appendice documentaria); AMIGUES, Theophraste. Recherches
sur les plantes, V, cit., s.v., p. 330. Vedi Tabelle in appendice.
31 Scoino" (Cymbopogon): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,1-3; Dioscoride, Materia Medica I 16
~
Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 339. Vedi Tabelle in appendice.
32 Kavlamo" (Acorus Calamus): Teofrasto, Storia delle piante IV 8,4; IX 7,1-3; Dioscoride, Materia
Medica I 17 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 293-294. Vedi
Tabelle in appendice.

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PARTE PRIMA

Tw/~ rJodivnw/ d j ejmbavllontai kai; a{le" polloi; kai; tou~t j i[dion para;
taj~lla, dio; kai; pleivsth ajpousiva givnetai. mivgnutai ga;r eij" to;n ajmforeva
duvo mevdimnoi.

26. Th~" de; kuvprou hJme;n ejrgasiva paraplhsiva kai; tou~ rJodivnou.
plh;n ajll j ejanv ti" mh; tacevw" ejxaivrh/ kai; ajpoqlivbh/ shy
~ i" ejgginomevnh
fqeivrei ta; muvra dia; th;n duswdivan. poiei~ ga;r sh~yin ajnugrainomevnh.
paraplhsiva d j ejrgasiva kai; tou~ mhlivnou. prostufevnto" ga;r ejlaivou
kai; ta; mh~la ejmbavllousin eij" yucro;n, eij~t j ejxairou~si pavlin pro;
tou~ melaivnesqai kata; pavsa" ta;" ejmbolav". melainomevnwn ga;r shy ~ i"
dia; to; ajnugraivnesqai, kaqavper kai; ejpi; th~" kuvprou.

27. A { panta de; suntivqentai ta; muvra ta; me;n ajp j ajnqw~n ta; de; ajpo;
fuvllwn ta; d j ajpo; klwno;" ta; d j ajpo; rJivzh" ta; d j ajpo; xuvlwn ta; d j ajpo;
karpou~ ta; d j ajpo; dakruvwn. mikta; de; pavnq j wJ" eijpein~ . ajp j ajnqwn~ me;n
oiJ~on to; rJovdinon kai; to; leukovi>non. kai; to; souvsinon. kai; ga;r tou~to ejk

— 32 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

macerazione. E anche per gli altri è necessario seguire i procedimenti adatti.


Per il rhodinon si aggiungono anche una massiccia quantità di sale – ingre-
diente, questo, peculiare di questa fragranza rispetto alle altre – che comporta
un enorme spreco. Si aggiungono infatti per due medimni di profumo un me-
trete di sale.33

26. La preparazione del kypros 34 richiama quella del rhodinon. Tuttavia se


non si tolgono subito i fiori e non li si spreme, il profumo si rovina assumendo
un odore sgradevole. Ne è causa l’eccessiva immersione nel liquido. Una pre-
parazione analoga riguarda il melinon.35 In questo caso infatti si immergono in
olio freddo le mele cotogne, poi si tolgono prima che esse si anneriscano ri-
petendo l’operazione diverse volte. La decomposizione sopraggiunge se esse,
una volta anneritesi, rimangono immerse a lungo nell’olio. Questo va fatto an-
che per il kypros.

27-31. LE PARTI DELLE PIANTE UTILIZZATE NELLA PREPARAZIONE DEI PROFUMI

27. I profumi sono composti da varie parti delle piante: fiori, foglie, rami,
radici, resina. In molti casi il profumo nasce per cosı̀ dire dalla loro mescolan-
za. Il rhodinon e il leukoı̈non 36 si ottengono dai fiori, come il susinon. Que-
st’ultimo si ottiene dai gigli.37 E ancora (si ricavano dai fiori) il sisymbrinon,38

33Per queste unità di misura vedi supra. Sul sale come conservante e disinfettante vedi C. CA-
RUSI, Il sale nel mondo greco (VI a.C. - III d.C.), Bari 2008, pp. 25-30. Più particolarmente in relazione
agli aromi: M. TORELLI, Gli aromi e il sale. Afrodite ed Eracle nell’emporia arcaica dell’Italia, in
A. MASTROCINQUE (ed.), Ercole in Occidente, Trento 1993, pp. 91-117.
34 Secondo Dioscoride, invece, il kypros era composto da fiori di cipero ma anche da aspalato,
calamo aromatico, mirra, cardamomo: Dioscoride, Materia Medica I 65 Gunther. Vedi Tabelle in
appendice.
35 Dalla mela cotogna assai profumata nella buccia. Riferimenti a vari tipi di mela in Teofrasto,
Storia delle piante I 3,3; IV 13,2 ecc.; Dioscoride, Materia Medica I 55; I 159 Gunther; Ateneo, I sofisti a
banchetto I 80e-82e; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 313. Vedi Tabelle
in appendice.
36 Dalla viola. Per le diverse varietà della pianta: Teofrasto, Storia delle piante VII 13,9; Diosco-
ride, Materia Medica III 138 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 14-15; 38; 76. Vedi Tabelle
in appendice.
37 Krivnon o Lilium Candidum: Teofrasto, Storia delle piante I 13,2; II 2,1; IV 8,6; IV 8,9; VI 6,3;
VI 6,8-9; VI 8,3; IX 1,4; Dioscoride, Materia Medica III 116 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale
XXI 11-12; 74; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 303. Vedi Tabelle in
appendice.
38 Dal sisuvmbrion o Calamintha Nepeta: Teofrasto, Storia delle piante I 3,1; II 1,3; II 4,1; VI 1,1; VI
6,2-3; VI 7,2; VI 7,4; VI 7,6; IX 16,3; Dioscoride, Materia Medica III 42 Gunther; AMIGUES, Theoph-
raste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 333. Vedi Tabelle in appendice.

— 33 —
PARTE PRIMA

twn~ krivnwn. e[ti de; to; sisuvmbrinon kai; to; eJrpuvllinon kai; hJ kuvpro"
kai; pro;" touvtoi" to; krovkinon. bevltisto" d j ejn Aijgivnh/ kai; Kilikiva/.
ajpo; de; twn~ fuvllwn oiJ~on tov te muvrrinon kai; to; oijnavnqinon. au{th d j ejn
Kuvprw/ fuvetai ojreinh; kai; poluvodmo". ajpo; de; th~" ejn th~/ JEllavdi ouj
givnetai dia; to; a[odmon.

28. Aj po; rJizw~n de; tov te i[rinon kai; to; navrdinon kai; to; ajmaravkinon
ejk tou~ kovstou. tout~ o ga;r ojnomavzousi th;n rJivzan. to; de; crivsma to; ejre-
triko;n ejk tou~ kupeivrou. komivzetai de; ajpo; tw~n Kuklavdwn to; kuvpei-
ron. ajpo; xuvlou de; oJ foivnix kalouvmeno". ejmbavllousi ga;r th;n ojnoma-
zomevnhn ejlavthn xhravnante". ajpo; karpw~n de; tov te mhvlinon kai; to;
muvrtinon kai; to; davfninon. to; d j Aijguvption ejk pleiovnwn e[k te tou~
kinamwvmou kai; ejk smuvrnh" kai; ejx a[llwn.

— 34 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

l’erpyllinon 39 e il kypros e, oltre a questi, anche il krocinon.40 Il croco migliore


si produce a Egina e in Cilicia. Alcuni profumi sono ricavati invece dalle foglie
come il myrrinon 41 ma anche l’oinanthinon.42 Le piante che forniscono le fo-
glie crescono a Cipro in una zona collinare e ricca di aromi. Non sono utiliz-
zabili per quest’uso quelle che invece attecchiscono in Grecia dal momento
che risultano prive di profumazione.

28. Dalle radici invece si ricavano l’irinon, il nardinon,43 l’amarakinon 44


nonché l’essenza estratta dalla cosiddetta radice di costo.45 Invece il profu-
mo Eretrikon si ottiene dal cipero 46 importato dalle Cicladi. Dal legno si ri-
cava il profumo detto di palma (phoinix).47 Mettono a macerare la cosiddet-
ta spathe (rami di palma) dopo averla fatta essiccare. Dai frutti si ottiene il
melinon (dalla mela) e il myrtinon (dal mirto) 48 ma anche il daphninon.49 Il

39 Dall’eJrpuvllo", una varietà di timo (Thymus): Teofrasto, Storia delle piante VI 7,2; VI 7,5; AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 285. Vedi Tabelle in appendice.
40 Dai pistilli del croco o zafferano (Crocus Sativus): Teofrasto, Storia delle piante IV 3,1; VI 6,5;
VI 6,10; VI 8,3; VII 7,4; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 25; I 64 Gunther; Strabone, Geografia
XIV 5.5 C 670 (testo n. 15.3 in Appendice documentaria); Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 17
(testo n. 15.4 in Appendice documentaria); Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 81; AMIGUES,
Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 303. Vedi Tabelle in appendice. Vedi A. LIND-
SELL , A note on greek crocus (1937), ora in J.E. RAVEN, Plants and plant lore in ancient Greece, Oxford
2000, pp. 49-54; J. MANESSY GUITTON, Le nom grec du crocus, in Les phytonymes grecs et latins, Actes
du colloque international de Nice 1992, Nice 1993, pp. 223-244.
41 Dalle foglie dell’albero della mirra.
42 Dalle foglie dell’oijnavnqh o Filipendula Vulgaris. Per i vari tipi di pianta: Teofrasto, Storia delle
piante III 12,6-9; III 15,4; V 9,6; Dioscoride, Materia Medica I 56; III 135 Gunther; AMIGUES, Theoph-
raste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 317. Vedi Tabelle in appendice.
43 Dalla radice del nardo (Nardostachys Jatamansis): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2-4; Dio-
scoride, Materia Medica I 6; I 74 Gunther; ma anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 20; AMI-
GUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 315. Vedi Tabelle in appendice.
44 Dalla maggiorana o ajmavrako" (Origanum Majorana): Teofrasto, Storia delle piante I 9,4; VI
1,1; VI 7,4; VI 8,3; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 68 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recher-
ches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 267. Vedi Tabelle in appendice.
45 Kovsto" (Saussurea Lappa): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica
I 15 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 301. Vedi Tabelle in
appendice.
46 Kupeivro" (Cyperus). Varietà di giunco: Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Le cause delle
piante VI 11,13; Dioscoride, Materia Medica I 4; 148 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI
70-72; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 306. Vedi Tabelle in appendice.
47 Foivnix (Phoinix Dactylifera): Teofrasto, Storia delle piante II 6,6; IX 4,4; Dioscoride, Materia
Medica I 148 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 344-345.
48 Murrivnh/muvrrino" (Myrthus Communis): Teofrasto, Storia delle piante I 3,3; I 9,3; I 10,2; I 10,4;
I 10,8; I 12,1; I 13,3; I 14,1; I 14,4; II 1,4; II 2,6; II 5-6; II 7,2-3; III 6,2; III 12,4; III 15,5; III 16,4; IV 2,6; IV
3,1; IV 5,3-4; V 8,3; VI 8,5; IX 11,9; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXIII 81-82; Dioscoride, Materia
Medica I 155 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 315.
49 Profumo a base di alloro o Davfnh (Laurus Nobilis): Teofrasto, Storia delle piante I 5,2; I 6,4;

— 35 —
PARTE PRIMA

29. [Eti d j ejk pleiovnwn touvtou to; megalei~on. kai; ga;r { ejk kinamwv-
mou { kai; ejk th~" smuvrnh" koptomevnh" ga;r e[laion rJei~. stakth; de;
kalei~tai dia; to; mikro;n stavzein. o} dh; movnon tinev" fasin aJplou~n eij~nai
kai; ajsuvnqeton tw~n muvrwn ta; d j a[lla pavnta suvnqeta, plh;n ta; me;n ejk
pleiovnwn, ta; d j ejx ejlattovnwn, ejx ejlacivstwn de; to; i[rinon. oiJ me;n ouj~n
ou{tw levgousin, oiJ de; th;n ejrgasivan th~" stakth~" eij~nai toiavnde. th;n
smuvrnan o{tan kovywsi kai; diathvxwsi ejn ejlaivw/ balanivnw/ puri;
malakw/~ u{dwr ejpicei~n qermovn. sunizavnein eijj buqo;n th;n smuvrnan
kai; tou[laion kaqavper ijluvn. o{tan de; tout~ o sumbh/~ to; me;n u{dwr ajphqein~
th;n d j uJpovstasin ajpoqlivbein ojrgavnoi".

30. To; de; megalei~on ejk rJhtivnh" kekaumevnh" suntivqesqai kai;


ejlaivou balanivnou. mignuvein de; kasivan kinavmwmon smuvrnan.
Pleivsthn de; pragmateivan peri; to; megalei~on kai; to; Aijguvption eij~nai,
pleivstwn ga;r mivxin kai; polutelestavtwn. tw/~ de; megaleivw/ kai; to;
e[laion e{yesqai devc hj mJ evra" kai; devka nuvkta", eijt~ a ou{tw" th;n rJhtivnhn
ejmbavllesqai kai; tajl~ la. dektikwvteron ga;r ajfeyhqevn. to; d j ajmaravkinon
to; crhsto;n ejk twn~ beltivstwn ajrwmavtwn suntivqesqai cwri;" ajmaravkou.
touvtw/ d j ouj crh~sqai movnw/ tw~n ajrwmavtwn tou;" mureyou;" oujd j eijj e}n
muvron, ajlla; yeudwvnumov" ti" hJ ejpivklhsi".

31. Poiou~si de; kai; ta; me;n ajcrwmavtista ta; de; kecrwmatismevna.
crwmativzousi de; ajmaravkinon, rJovdinon, megaleio ~ n, ajcrwmavtista de;
tw~n me;n polutelw~n Aijguvption, mhvlinon, kuvpro", ta; d jeujtelh~ pavnta.
taut~ a de; ajcrwmavtista diovti to; me;n Aijguvption kai; th;n kuvpron leuka;
eijn~ ai bouvlontai, to; de; mhlivnon th;n twn~ mhvlwn crovan, toi~" d j eujtelevsin
ouj lusitelei~ to; crw~ma prostiqevnai. crwmativzousi de; ta; me;n

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

profumo detto Aegyption 50 si ricava invece dal cinnamomo, dalla mirra e da


altri ingredienti.

29. Il megaleion 51 si ottiene da molte parti delle piante. Infatti è composto


da cinnamomo ma anche da mirra la resina che l’albero della mirra, inciso nel-
la corteccia, secerne. Essa è detta stakte poiché stilla (stazein) goccia a goccia.
Alcuni ritengono che questa sia la più semplice ed elementare tra le fragranze,
le altre invece risultano complesse. Alcune infatti sono ottenute da molti in-
gredienti, altre da pochi, altre ancora, come l’irinon, da pochissimi. Alcuni af-
fermano questo, altri invece ritengono che il processo di lavorazione della mir-
ra stakte sia il seguente: dopo avere ammaccato la mirra, la immergono in olio
di balano messo a riscaldare a fuoco lento. Aggiungono quindi acqua calda.
La mirra e l’olio si sedimentano sul fondo come fango. Appena si verifica
ciò occorre scolare l’acqua e schiacciare in una pressa la parte sedimentata.

30. Il megaleion si ricava da resina bruciata e olio di balano. Vi si uniscono


cassia, cinnamomo, mirra. La preparazione tanto del megaleion quanto del-
l’Aegyption è laboriosissima, dal momento che prevede l’uso di molti ingre-
dienti peraltro assai costosi. Per preparare il megaleion occorre far bollire
per dieci giorni e dieci notti dell’olio, poi si aggiunge la resina e gli altri ingre-
dienti, dal momento che l’olio ormai cotto è in grado di assorbire nella forma
migliore le componenti profumate. L’amarakinon è il miglior profumo. È com-
posto dalle spezie più pregiate ma non dalla maggiorana (amarakos). In effetti
questo è il solo ingrediente che i profumieri non usano nella preparazione del-
le fragranze. Perciò il nome dato non ne indica l’autentica composizione.

31. Ad alcuni profumi viene addizionato del colorante, ad altri no. Sono
colorati l’amarakinon, il rhodinon, il megaleion, non lo sono le fragranze più
raffinate come l’Aegyption, il melinon, il kypros, ma anche tutte quelle sca-
denti. Non sono sottoposti a colorazione artificiale per il fatto che si desi-
dera che l’Aegyption e il kypros mantengano il loro colore bianco naturale
e che nel melinon risalti il colore della mela cotogna. L’aggiunta di colorante
invece non riveste grossa importanza nei profumi a buon mercato. Si fa uso

I 8,1; I,9,3; I 11,3; I 12,1; I 14,4; II 1,3 e passim; Dioscoride, Materia Medica I 106 Gunther; AMIGUES,
Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., pp. 277-278. Sui diversi tipi di Daphne: Diosco-
ride, Materia Medica IV 147-149 Gunther. Vedi Tabelle in appendice.
50 Altra fragranza composita come il megaleion. Vedi Tabelle in appendice.
51 Su questa fragranza anche Dioscoride, Materia Medica I 69 Gunther. Vedi Tabelle in appen-
dice.

— 37 —
PARTE PRIMA

ejruqra; th/~ ajgcouvsh/, to; d j ajmaravkinon tw/~ kaloumevnw/ crwvmati. tout~ o


d jejsti; rJizivon o} a[gousin ejk th~" Suriva". <sunergei~ de; kai; th~"
ajgcouvsh" to; rJizivon eij" th;n crovan tou~ rJodivnou kai; th"~ i[rido">.

32. Sunergei~n de; dokou~si pro;" ta;" geuvsei" oujc aiJ ojdmai; movnon
ajlla; kai; aiJ drimuvthte" kai; aiJ qermovthte" ejnivwn, dio; kai; tw~n oi[nwn
tisi; ta; toiau~ta mignuvnte" w{sper kevntron ejmpoiou~sin. e[sti d jhJ me;n
smuvrnh qermh; kai; dhktikh; meta; stuvyew", e[cei de; kai; pikrivan. to;
de; kinavmwmon drimuvthtav tina metrivan meta; qermovthto". paraplhsivw"
de; kai; to; kovston. hJ de; kasiva touvtwn uJperbavllei qermovthti kai; dri-
muvthti kai; stuvyei. qermh; de; kai; stuptikh; kai; hJ i[ri", kaq j uJperbolh;n
de; kai; pikra; neva oujs
~ a kai; to;n crwt~ a twn~ ejrgazomevnwn aujth;n ajfelkoi.~
dhktiko;n de; kai; to; kardavmwmon meta; qermovthto". tou~ de; balsavmou oJ
me;n ojpo;" kai; to; karpivon ajndrikwvtera pro;" ajmfovtera tau~ta, to; de;
xuvlon ajsqenevsteron. paraplhsivan d j e[cei touvtw/ th;n duvnamin kai; to;
a[mwmon.

33. JO de; scoi~no" dhktikwvteron me;n tou~ kalavmou kai; qermovteron,


stuptika; de; oJmoivw" a[mfw. Touvtwn de; stuptikwvteron to; kuvpeiron.
stuvfei de; kai; hJ ajspavlaqo" hJ eujwvdh", hJ de; navrdo" dhktikh; meta;
qermovthto". to; de; mavron kai; to; crwm ~ a to; eij" to; ajmaravkinon ejmmignuv-
menon qermantikav. [sunergei~ de; kai; th~" ajgcouvsh" to; rJizivon eij" th;n
crovan tou~ rJodivnou kai; th~" i[rido"].

— 38 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

dell’anchusa 52 per dare il colore rosso porpora, l’amarakinon invece è colo-


rato con la cosiddetta chroma, una piccola radice importata dalla Siria. <Le
piccole radici di anchusa, infine, conferiscono colore al rhodinon e all’irinon>.

32-34. LE PROPRIETÀ DI ALCUNE SPEZIE

32. Sembrano giovare al gusto non solo i profumi in generale, ma anche il


carattere caldo e piccante di alcuni di essi. Per questo motivo essi sono addi-
zionati ad alcuni vini per renderli più briosi. La mirra, oltre che astringente, ha
un profumo caldo e pungente cui si unisce una nota piccante. Il profumo del
cinnamomo è caldo e moderatamente aspro, al pari di quello del costo. La
cassia,53 più di tutte le altre sostanze odorose, è calda, aspra, astringente. L’iris
invece è caldo e astringente e, quando è fresco, eccessivamente piccante tanto
da ustionare la pelle di quanti lo lavorano. Il cardamomo,54 oltre che caldo, è
anche piccante. Hanno entrambe queste proprietà anche il succo e il frutto
del balsamo,55 mentre ne è meno provvisto il legno. Ha proprietà simili anche
l’amomon.56

33. Il giunco è più pungente e più caldo del calamo, anche se entrambi so-
no astringenti. Il cipero è più astringente di questi. Risulta astringente anche
l’aspalato profumato. Il nardo è pungente e caldo. Il maron 57 e il chroma, in
aggiunta all’amarakinon, sono caldi. [Le piccole radici di anchusa, infine, con-
feriscono colore al rhodinon e all’irinon].

52 [Agcousa (Alkanna Tinctoria): Teofrasto, Storia delle piante VII 8,3; VII 9,3; Dioscoride, Ma-
teria Medica IV 23 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 263.
Vedi Tabelle in appendice.
53 Vedi supra.
54 Kardavmwmon (Elettaria Cardamomum). Se ne utilizzavano i semi: Teofrasto, Storia delle piante
VII 7,2-3; Dioscoride, Materia Medica I 5 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes,
V, cit., s.v., p. 295. Vedi Tabelle in appendice.
55 Bavlsamon (Commiphora Opobalsamum): Teofrasto, Storia delle piante IX 1,2; IX 1,7; IX 4,1;
IX 6,1-4; IX 7,3; Dioscoride, Materia Medica I 18 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les
plantes, V, cit., s.v., p. 274. Vedi Tabelle in appendice.
56 [Amwmon (Amomum Subulatum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,2; Dioscoride, Materia Me-
dica I 14 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 268. Vedi Tabelle
in appendice.
57 Maron (Origanum Sipyleum): Teofrasto, Storia delle piante IX 7,3; Dioscoride, Materia Me-
~
dica I 49 Gunther; AMIGUES, Theophraste. Recherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 310. Vedi Tabelle
in appendice.

— 39 —
PARTE PRIMA

34. Neva me;n ouj~n o[nta tw~n ajrwmavtwn e[nia dunavmei" me;n eujqu;" e[cei
bareiva" kai; drimeiva", palaiouvmena de; mevcri th~" ajkmh~" glukaivnetai,
eij~t j ajnaluvetai pavlin. oiJ~on hJ ij~ri" eij" me;n th;n ejrgasivan ajkmavzei meta;
th;n sullogh;n triva e[th, kai diamevnei de; plei~ston e}x e[th. to; de; mavron
e[th duvo. hJ de; smuvrna devka e[th diamevnei beltivwn genomevnh. paraplh-
sivw" de; touvtoi" hJ th~" ajkmh~" diamonh; kai; tou~ kinamwvmou kai; tou~ kov-
stou kai; th"~ kasiva". scoin~ o" de; kai; kavlamo" parakmavzei tacuv. twn~
d j ajnqw~n ta; me;n eujqu;" clwra; o[nta ta;" dunavmei" e[cei, kaqavper to;
rJovdon, ta; de; xhranqevnta, kaqavper oJ krovko" kai; oJ melivlwto". clwra;
ga;r uJgrovtera. Ta;" me;n ouj~n fuvsei" kai; dunavmei" tw~n ajrwmavtwn ejk
touvtwn qewrhtevon.

35. Dokei~ de; to; megalei~on ajflevgmanton eij~nai panto;" trauvmato".


to; de; rJovdinon a[riston pro;" ta; wj~ta. taut~ a d j oujk ajlovgw". tou~ me;n
ga;r hJ suvnqesi" ejk rJhtivnh" kekaumevnh", w{sper ejlevcqh, kai; kasiva"
kai; kinamwvmou kai; smuvrnh", a{panta de; taut~ a stuptika; kai; xhrantikav.
to; de; rJovdinon toi~" wjsi;n ajgaqo;n o{ti aJlsi;n hJ poivhsi". ajnaxhraivnei ga;r
kai; ejkqermaivnei dia; tou;" a{la" dio; kai; hJ aJlosavcnh ajgaqovn. ajlla; to;
th~" straggouriva" lovgou dei~tai. kai; ga;r tauvth/ levgousi mavlista
bohqein~ . ai[tion d j a]n ei[h diovti pan~ to; uJpexavgon mal ~ lon ajnalus
~ ai
.
dei~ provteron to; uJpexacqhsovmenon tou~to de; oiJ a{le" poiou~sin, hJ
d jeujwdiva th;n oJrmh;n ajpevdwke.

36. Diovti de; to; i[rinon eu[osmon me;n, ouj poiei~ de; th;n oJrmhvn; h] diovti
stuptiko;n kai; sunavgei tou;" povrou", w{ste sugkleivsei kwluvein th;n
divodon; ajlla; kai; koiliva" lutikh; diav te th;n qermovthta kai; dia; to;
ajpostuvfein tou;" ejpi; th;n kuvstin povrou". ajpokleiomevnwn ga;r touvtwn
eij" th;n koilivan hJ surrohv. to; d jo{lon farmakw~de" kai; to; i[rinon kai;
a[lla twn~ muvrwn. hJ d j aijtiva pavntwn wJ" kaqovlou eijpein~ ejn tai"~ dunavmesi

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

34. Alcune sostanze profumate, quando sono fresche, hanno un profumo


forte e penetrante, ma, lasciate maturare pienamente, lo addolciscono diffon-
dendolo nuovamente. La radice di iris, ad esempio, prima di essere lavorata,
deve essere lasciata maturare dopo la raccolta per tre anni fino a un massimo
di sei. Il maron viene fatto maturare per due anni, la mirra per dieci affinché
diventi di eccellente qualità. Analogo a quello delle sostanze menzionate è il
periodo di maturazione del cinnamomo, del costo, della cassia. Il giunco e
il calamo rimangono a maturazione per un breve periodo. Tra i fiori invece,
alcuni, come la rosa, mostrano le loro proprietà profumanti appena raccolti,
altri invece, come il croco e il meliloto,58 lo fanno solo dopo l’essiccazione. Ap-
pena raccolti infatti presentano un odore piuttosto debole. Da quanto si è det-
to è possibile osservare la natura e le proprietà delle sostanze odorose.

35-36. LE PROPRIETÀ TERAPEUTICHE DI ALCUNE FRAGRANZE

35. Il megaleion sembra riesca a togliere l’infiammazione alle ferite, il rho-


dinon pare efficace contro il mal d’orecchi. Ciò ha una spiegazione logica. Il
megaleion, infatti, come detto, è composto da resina bruciata, cassia, cinnamo-
mo, mirra, sostanze dotate di proprietà astringenti e cicatrizzanti. Il rhodinon
invece è efficace contro il mal d’orecchi per il fatto che, nella sua preparazio-
ne, interviene il sale. Infatti riesce a seccare e a riscaldare proprio grazie alla
quantità di sale che contiene. Per questo stesso motivo è efficace anche la
schiuma del mare. Occorre ora parlare della stranguria,59 dal momento che
si ritiene che i malati traggano sollievo contro questa malattia dall’impiego
del rhodinon. La spiegazione sta nel fatto che la sostanza idonea a drenare
per prima cosa deve sciogliere ciò che poi andrà espulso. Il sale espleta questa
funzione, mentre la fragranza offre lo stimolo iniziale.

36. Perché l’irinon non dà stimolo? Forse perché è astringente e chiude
perciò ogni poro cosı̀ da impedire il passaggio? Esso agisce come diuretico
o lassativo grazie al suo calore innato e alla capacità di serrare i passaggi
che portano alla vescica. Riempiendosi questi, convoglia i liquidi verso l’inte-
stino. Dunque anche l’irinon ha proprietà medicamentose cosı̀ come altri. In

58 Melivlwto" (Melilotus o Melilotus Italicus): Teofrasto, Storia delle piante VII 15,3; Dioscoride,
Materia Medica I 48 Gunther; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 87; AMIGUES, Theophraste. Re-
cherches sur les plantes, V, cit., s.v., p. 311. Vedi Tabelle in appendice.
59 Emissione difficoltosa dell’urina durante la minzione.

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PARTE PRIMA

tai~" eijrhmevnai", o{ti stuptika; kai; qermantikav. ta; ajrwvmata ga;r


toiau~ta farmakwvdh. tau~ta me;n ouj~n e[xw th~" tevcnh".

37. Kra~si" de; kai; mivxi" oujk e[stin wJrismevnh tw~n ajrwmavtwn, w{st j
ejk tw~n aujtw~n ajei; crhsta; kai; o{moia givnesqai, ajlloi~a de; sumbaivnei
dia; th;n ajnwmalivan tw~n dunavmewn tw~n ejn toi~" ajrwvmasi. th~" d j ajnwma-
liva" aijtivai pleivou". miva me;n, h{per kai; toi~" a[lloi" karpoi~", hJ tou~
e[tou" katavstasi". au{th ga;r polucoustevra", oJte; d j ajsqenestevra"
ta;" dunavmei". eJtevra de; ejn th/~ sullogh/~, to; proterh~sai th~" ajkmh~"
h] uJsterhs ~ ai. kai; ga;r tout~ o ouj mikro;n diafevrei. Trivth d j hJ meta;
th;n sullogh;n, o{sa crovnou dei~tai pro;" th;n ajkmhvn, w{sper ejlevcqh.
kai; ga;r ejntauq ~ av ejsti to; proterein~ kai; uJsterein~ .

38. Touvtwn de; to; me;n tw~n ejtw~n oujk ejf j hJmi~n, plh;n eij" to; eijdevnai ta;
poia~ sfodrotevra" kai; ajsqenestevra" e[cei ta;" dunavmei". ta; de; kata;
ta;" ajkma;" th~" te sullogh~" kai; meta; th;n sullogh;n ejf j hJmi~n ejsti;,
w{ste taut~ jeijdovti mal
~ lon to; ejpitugcavnein. hJ me;n ouj~n gevnesi" kai; suvn-
qesi" tw~n muvrwn ejk touvtwn. polucroniwvtaton d j ejsti; tov t jAijguvption
kai; to; i[rinon kai; to; ajmaravkinon kai; to; navrdinon, pavntwn de; mavlista
hJ stakth;, diamevnei ga;r oJposonou~n crovnon. muropwvlh" dev ti" e[fh par j
aujtw/~ memenhkevnai Aijguvption me;n ojktw; e[th, i[rinon de; ei[kosi, kai; e[ti
diamevnein bevltion o]n tw~n ajkmazovntwn. hJ me;n ouj~n croniovth" ejn touvtoi".

39. Ta; d j a[nqina pavnta ajsqenh.~ sumbaivnei de; toi"~ ajnqivnoi" ajkmav-
zein me;n wJ" ejpi; to; pa~n meta; divmhnon, metabavllein d j ejpi; to; cei~ron
ejniautou~ proelqovnto" kai; perikatalabouvsh" th"~ w{ra" ejn h/J~ th;n
ajkmh;n lambavnei to; a[nqo". ajna; lovgon de; th/~ ajsqeneiva/ kai; to; eujek
v pauta
eij~nai kai; o{lw" eujdiavpneusta. ta; d j ejk twn~ rJizwn~ kai; twn~ loipwn~
croniwvtera. pleivwn ga;r hJ ojsmh; kai; ijscurotevra kai; swmatwdestevra.

40. Diafqeivrei de; ta; muvra kai; w{ra qermh; kai; tovpo" kai; oJ h{lio"
a]n teqw~si. dio; kai; oiJ muropw~lai zhtou~si ta;" oijkiva" uJperw/vou" kai; mh;

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

sintesi, il motivo sta nelle caratteristiche precedentemente menzionate: astrin-


genti e riscaldanti. Queste sono dunque le fragranze dotate di proprietà tera-
peutiche. In ogni caso il tema è marginale a questa ricerca.

37-41. COMPOSIZIONE (KRASIS) E DI COMBINAZIONE (MIXIS) DELLE ESSENZE

37. Non esistono regole precise nella mescolanza e nella combinazione del-
le essenze, cosı̀ da ricavare sempre prodotti uguali dalle medesime sostanze.
Talora capita che, per qualche anomalia degli ingredienti utilizzati, il prodotto
finale sia diverso. Le cause di tale discrepanza sono svariate. La prima riguar-
da i frutti e risiede nella stabilità della stagione, che può rendere più o meno
intense le proprietà odorose dei prodotti. La seconda sta nel periodo di rac-
colta: occorre considerare cioè se le sostanze odorose siano state raccolte pri-
ma o dopo rispetto al momento della loro piena maturazione. La terza è legata
alla fase di conservazione dopo la raccolta e riguarda quegli ingredienti che,
come detto, richiedono un tempo di riposo per raggiungere la loro piena ma-
turazione aromatica. Anche per questo occorre considerare se vengono tenute
a riposo più o meno rispetto al tempo necessario.

38. Tra le tre cause elencate quella legata alla stagione non dipende da noi
che possiamo solo sapere quali sostanze abbiano un aroma più o meno intenso
in un dato momento dell’anno. Dipendono invece da noi il periodo della rac-
colta e quello dopo la raccolta. Siamo noi, cioè, che dobbiamo osservare i
giusti tempi. A ciò è legata l’origine e la composizione dei diversi profumi.
Si conservano assai a lungo l’Aegyption, l’irinon, l’amarakinon, il nardinon e,
soprattutto, il profumo a base di mirra stakte che si mantiene per un lungo
periodo. Qualche profumiere afferma di aver conservato l’Aegyption per otto
anni e l’irinon per venti, e che questo si mantiene meglio che non quelli pro-
dotti di recente. Sono questi dunque i profumi che durano a lungo.

39. Invece tutti i profumi a base di fiori hanno breve durata. Essi raggiun-
gono la loro perfetta maturazione dopo due mesi, ma cominciano a sciuparsi
già dopo un anno quando arriva nuovamente la stagione della fioritura. La ra-
gione di questa debolezza sta nella precoce maturazione e nella facilità con la
quale evaporano le essenze. Si conservano più a lungo invece i profumi a base
di radici. La loro fragranza infatti è più decisa, pungente, corposa.

40. I profumi si rovinano a causa della stagione calda, del luogo, dell’espo-
sizione al sole. Per questo motivo i profumieri cercano di trovare case collo-

— 43 —
PARTE PRIMA

proshlivou" ajll j o{ti mavlista paliskivou". ajfaireit~ ai ga;r ta;" ojsma;" oJ


h{lio" kai; to; qermo;n kai; o{lw" ejxivsthsi th~" fuvsew" ma~llon tou~
yucrou.~ to; de; yucro;n kai; oJ pavgo" eij kai; ajosmovteron poiei~ [de;]
dia; to; sustevllein, ajll j oujk ajfairei~taiv ge th;n duvnamin televw". hJ
ponhra; ga;r fqora;, kaqavper twn~ oi[nwn kai; twn~ a[llwn culwn~ , tw/~ to;
oijkei~on ajfairei~sqai qermovn.

41. Dio; kai; eij" ajggeia


~ molubda~ ejgcevousi kai; tou;" ajlabavstrou"
zhtou~si toiouvtou livqou. yucro;n ga;r kai; pukno;n kai; oJ movlubdo"
kai; oJ livqo" oJ toiout~ o". kai; a[risto" toi"~ muvroi" oJ mavlista toiout~ o".
w{ste di ja[mfw throu~si, kai; tw/~ yucrw/~ kai; tw/~ puknw/~, mhvte dievnte"
e[xw th;n ojsmh;n mhvq j o{lw" ejpidecovmenoi mhdevn. kai; ga;r hJ ajnapnoh;
fqeivrei kai; to; e[xwqen ejpeisio;n kai; ajllovtrion. ejpei; kai; ta; pneuvmata
fqeivrei kai; katanalivskei, kaqavper ejlevcqh, ta;" ojsma;", a[llw" te kai;
ta;" mh; fusikav".

42. Kefalalgh~ de; twn~ me;n polutelwn~ to; ajmaravkinon kai; to; navr-
dinon kai; to; megalei~on, tw~n d j eujtelw~n o{lw" me;n ta; plei~sta mavlista
de; to; davfninon. ejlafrovtata de; to; rJovdinon kai; hJ kuvpro", a} kai; toi"~
ajndravsi mavlista aJrmovttein dokei~, kai; pro;" touvtoi" to; krivnon. tai~"
de; gunaixi;n hJ stakth; kai; to; megaleio ~ n kai; to; Aijguvption kai; to;
.
ajmaravkinon kai; to; navrdinon dia; ga;r th;n ijscu;n kai; to; pavco" oujk
eujapovpnoa oujd j eujafaivreta zhtou~si ta; crovnia.

43. jEpei; de; ta; me;n ajsqenh~ ta; d j ijscura;, kai; ijscurovtera ta; ajpo;
twn~ rJizwn~ kai; ta; a[lla ta; proeirhmevna, dia; tout~ o ta; me;n a[nqina mh;
tribovmena eujosmovtera, ta; d j ajpo; tw~n rJizw~n kai; ta; loipa; tribovmena.
ta; me;n ga;r diapneit~ aiv te kai; a{ma diaqermainovmena dia; th;n trivyin

— 44 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

cate in una posizione elevata ma anche poco esposte al sole e perciò quanto
più ombrose. Il sole infatti – o comunque un posto caldo – distrugge i profu-
mi più di un luogo freddo. Il fresco e il gelo, invece, sebbene li rendano meno
fragranti gelandoli, tuttavia non ne distruggono completamente le proprietà.
Perciò la più grande sciagura che può loro capitare, come del resto ai vini e
agli altri sapori, è di perdere il calore innato.

41. È questo il motivo per il quale li conservano in contenitori di piombo e


tentano di preservarli in boccette di alabastro. Infatti tanto il piombo quanto
l’alabastro sono freddi e compatti. Soprattutto quest’ultimo costituisce il mi-
glior materiale per la conservazione dei profumi. Per la loro freddezza e com-
pattezza, perciò, i contenitori di piombo e di alabastro riescono a preservare i
profumi. Essi non lasciano evaporare l’essenza tanto meno permettono ad altri
odori estranei di filtrare all’interno. Infatti distruggono il profumo tanto l’eva-
porazione quanto la penetrazione di altri aromi. Come detto, questi ultimi ro-
vinano e alterano i profumi soprattutto quelli che non si trovano in natura.

42-56. LE PROPRIETÀ DEI PROFUMI

42. Tra i profumi di pregio causano mal di testa l’amarakinon, il nardinon,


il megaleion, tra quelli a buon mercato in linea di massima tutti, in particolar
modo il daphninon. I più leggeri invece sono il rhodinon e il kypros – fragranze
che sembrano adatte anche agli uomini – ma anche il profumo a base di giglio.
Alle donne invece si addicono il profumo a base di mirra stakte, il megaleion,
l’Aegyption, l’amarakinon, il nardinon, fragranze queste che. per la loro forza e
corposità, tendono a non evaporare e a durare. Del resto le donne ricercano i
profumi persistenti.60

43. Poiché i profumi si distinguono in leggeri e forti e quelli più intensi


sono composti da radici e da tutte le altre sostanze aromatiche di cui si è
già parlato, per questo motivo le fragranze floreali, dal momento che i fiori
che le compongono non sono stati macinati, sono più avvolgenti, al contrario
di quelle ricavate da radici e da altre sostanze odorose sottoposte invece a tri-
turazione. Riscaldandosi sulla pelle per lo sfregamento, le fragranze floreali

60 Per approfondimenti sul capitolo, vedi B. TRIPODI, Il profumo di Teofrasto. Considerazioni


intorno ad Od. 42, in Corona Aurea. Studii ı̂n onoarea Luciei Teposu Marinescu, Bucarest 2005,
pp. 529-535.

— 45 —
5
PARTE PRIMA

ejxivstatai kai; ajlloiout~ ai, ta; de; dia; th;n ijscu;n w{sper ajnoigomevnwn
tinw~n povrwn ejk th~" trivyew" ejmfanestevran poiei~ th;n ojsmhvn.

44. O} kai; ejp j aujtw~n tw~n rJizw~n kai; o{lw" tw~n sterew~n sumbaivnei,
kaqavper ejlevcqh. kata; de; tw~n ajnqw~n ejnantivw", <w{s>te hjkolouvqhken
eJkavtera th/~ ajrch/~. ta; d j ejk th~" smuvrnh" eujlogwvtata di j a[mfw. kai; ga;r
mivgnutai ma~llon kai; hJ qermovth" hJ th~" trivyew" oujk ajllotriva, malakhv
ti" ouj~sa. kai; ga;r hJ smuvrna zhtei~ tina puvrwsin. ajplw"~ de; pan~ to;
poluvodmon a[n t j eujw~de" a[n te kakw~de" a[n te drimu; a[n t j ojxu; a[n q j
oJpoionoun~ tugcavnh/, kinouvmenon ejmfanevsteron. tovte ga;r w{sper ejner-
geiva/ ajnamivgnutai ma~llon tw/~ ajevri. tw~n de; muvrwn to; Aijguvption kai; hJ
stakth; kai; ei[ ti a[llo poluvodmon [kai;] mignuvmena tw/~ oi[nw/ tw/~ eujwvdei
hJdivw. parairei~tai ga;r hJ baruvth" aujtw~n. ejpei; kai; hJ smuvrnh aujth; pro;"
th;n ajnaqumivasin brecqeis ~ a ejn tw/~ glukei~ kaqavper ejn toi"~ provteron
ejlevcqh.

45. Pro;" de; ta;" dunavmei" skopoumevnoi" dovxeien a]n a[topon eij~nai
to; sumbai~non ejpi; tou~ rJodivnou. koufovtaton ga;r o]n kai; ajsqenevstaton
ajfanivzei ta;" tw~n a[llwn ojsma;" o{tan promurisqw~si. dio; kai; oiJ
muropw~lai tou;" ejpidistavzonta" kai; mh; wjnoumevnou" par j aujtw~n
ejpimurivzousi touvtw/ pro;" to; mh; aijsqavnesqai ta; para; twn~ a[llwn.
ai[tion d j o{ti leptovtaton o]n kai; prosfile;" th/~ aijsqhvsei dia; th;n
koufovthta mavlista diiknei~tai kai; sumplhroi~ tou;" povrou", w{sq j hJ
ai[sqhsi" kateilhmmevnh kai; plhvrh" ouj~sa krivnein ajdunatei~.

46. Duvo gavr eijsi trovpoi, tavca de; trei"~ , oiJ kwluvonte" th;n krivsin.
EiJ~" me;n oJ nu~n eijrhmevno". a[llo" d j oJ ajpo; twn~ ijscurwn~ w{sper mequvskwn
th;n ai[sqhsin kai; karhbaran~ poiwn~ . trivto" d j o{tan prokatalhfqh/~ tw/~
beltivoni. to; ga;r ejpeisavgein to; ceir~ on ouj rJa/vdion. ouj devcetai ga;r hJ
ai[sqhsi", w{sper oujd j ejpi; tw~n culw~n kai; o{lw" tw~n kata; th;n trofhvn.

47. Katiscnaivnein de; dokei~ to; rJovdon kai; th;n suvnqeton ojsmhvn.
o{tan ga;r ajkmavzh/ to; a[nqo", rJodivzousi ta;" sunqevsei", ajnoigovmenai d j
ejxovzousi touvtou movnou kai; mavlista. pauvetai de; tacu; kai; lhvgei dia;

— 46 —

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

evaporano, si alterano e mutano. Le altre fragranze, invece, facilitando con le


loro note intense l’apertura di alcuni pori a seguito dello sfregamento, assu-
mono un carattere più marcato.

44. Ciò si verifica, come osservato, nel caso delle essenze ricavate da radici
e da componenti solide. Avviene invece il contrario nei profumi ottenuti dai
fiori, cosicché ciascuna tipologia segue la sua origine. Questo stesso principio
riguarda anche il profumo ricavato dalla mirra per due motivi. Infatti esso de-
riva soprattutto da un processo di mescolamento e il calore generato dallo
sfregamento non è nocivo alla sostanza ma le è adatto. La mirra infatti ha bi-
sogno di una certa quantità di calore. Del resto, ogni odore gradevole o ripu-
gnante, acuto, penetrante o di qualsiasi altro genere assume una nota più mar-
cata a seguito del movimento e acquista una profumazione tanto più decisa
quanto più si mescoli all’aria. Tra le fragranze l’Aegyption, il profumo a base
di mirra stakte e qualsiasi altro dall’aroma intenso, mescolati a vino odoroso,
diventano più dolci. In questo modo infatti si liberano della loro asprezza. Co-
me detto, la stessa mirra, lasciata macerare in vino dolce, diventa ancora più
gradevole nei suoi effluvi odorosi.

45. A quanti indagano sulle proprietà dei profumi potrebbe apparire stra-
no quanto avviene con il rhodinon. Infatti, sebbene sia il più leggero e debole,
tuttavia distrugge le altre fragranze delle quali una persona si sia in preceden-
za cosparsa. I profumieri perciò ungono con esso i clienti indecisi e intenzio-
nati a non comprare nulla presso di loro, affinché essi non riescano a sentire
alcunché presso i profumieri concorrenti. La spiegazione sta nel fatto che, es-
sendo assai leggero e gradevole all’olfatto per la sua soavità, il rhodinon pene-
tra nei canali sensoriali occupandoli totalmente, cosicché l’olfatto, completa-
mente assorbito da questa fragranza, non è in grado di percepire altro.

46. Ci sono due sistemi o probabilmente tre per impedire la percezione. Il


primo è quello di cui si è appena parlato, il secondo si manifesta quando il
senso dell’olfatto, colpito da sensazioni più forti, ne rimane stordito; il terzo
quando l’olfatto, completamente assorbito da sensazioni migliori, non è dispo-
sto a percepire stimoli di minore intensità. Perciò esso li respinge cosı̀ come fa
il gusto in relazione ai cibi.

47. Sembra che la rosa riesca ad alterare anche i profumi composti. Infatti
quando il fiore è nel momento migliore per la raccolta, allora si preparano
prodotti profumati a base di rosa. Tuttavia quando questi vengono aperti, essi
emanano solo ed esclusivamente la fragranza di rosa. Tale effetto ha tuttavia

— 47 —
PARTE PRIMA

th;n ajsqevneian kai; leptovthta, di j h}n kai; ejxovzei twn~ a[llwn. lepth;
ga;r oujs
~ a hJ ajnapnoh; kai; hjqroismevnh th/~ katakleivsei proterei~ te twn~
loipwn~ kai; diadivdotai pantacou.~ dia; taujto; de; tout~ o kai; ajpolhvgei
tacu; kai; katakrateit~ ai pavlin. ajsqenei~ ga;r to; lepto;n kai; malakovn.

48. Poiou~si dev tine" tou~to kai; tw~n oi[nwn, w{ste propoqevnte" ajfa-
nivzein th;n twn~ a[llwn hJdonhvn. e[nioi d j w{ste mh; ejpidevcesqai rJa/divw"
tou;" a[llou", w{sper oJ E j ruqrai~a" aJlukov" ti" w]n kai; malakov". th;n
aijtivan peiratevon ejk tw~n oJmoivwn lambavnein. e[cei de; kai; tou~t j i[dion
to; rJovdinon, o{per scedo;n kai; mikrw/~ provteron ei[rhtai. ta; me;n ga;r
a[lla pavnta ta; plei~sta kefalalgh~, tou~to d j, w{sper ejlevcqh, lutiko;n
kai; bavrou" kai; ajlghdovno" kai; th~" ajpo; tw~n muvrwn.

49. H
J d j aijtiva fanera; dia; tw~n proeirhmevnwn, ei[per ejpikratei~ kai;
diaduvetai pantacou.~ ta; me;n ga;r a[ll j o{sa kefalalgh~ bareva dia; to; ejk
toiouvtwn sugkei~sqai ta; me;n rJizw~n ta; d j ojpw~n. tou~to de; kai; th/~ ojsmh/~
ejlafro;n kai; th/~ qermovthti suvmmetron eij" to; sumpevyai kai; dianoi~xai
tou;" povrou". oiJ ga;r dh; povnoi th"~ kefalh"~ h] kaqugrainomevnh" h] pneu-
matoumevnh" tw/~ ejnapolambavnesqai, w{ste to; me;n ejkkri~nai dei~ to; de;
pevyai h] ajfelei~n.

50. Pro;" a{panta de; hJ qermovth" crhvsimon, kai; eij" ajfaivresin kai;
e[ti mal~ lon eij" to; pevttein kai; dianoivgein tou;" povrou", eij" a} sumbavl-
letai to; ejn tw/~ aJli; pepoih~sqai. kai; ga;r ajnastomou~si kai; diaqermaiv-
nousin oiJ a{le". hJ d j eujosmiva kai; oJrmhvn tina poiei~ pro;" th;n kivnhsin.
ajgaqo;n de; dokei~ kai; pro;" tou;" kovpou" eij~nai th/~ qermovthti suvmmetron
o]n kai; th/~ koufovthti kai; th/~ diaduvsei pro;" tou;" ejnto;" povrou". wJ" dev
tinev" fasin, oujc hJ~tton hJ kuvpro" e[ti touvtou. malakh; ga;r hJ ojsmh;
kai; prosfilh;" tw/~ crwti; kai; hJ tauvth". kai; taut~ a me;n kai; ta; o{moia
touvtoi" w{sper i[dion a]n ei[h.

51. Tou~ rJodivnou de; aiJ mivxei" kai; ejn tai~" ojsmai~" kai; ejn toi~" cumoi~"
eja;n hJrmosmevnai tugcavnwsin, e[cousiv tina creivan, aiJ me;n ajfairou~sai
th;n baruvthta kai; th;n ijscu;n, aiJ d j eujosmivan tina; aiJ de; glukuvthta
ejmpoiou~sai kaqavper kai; ejpi; tw~n oi[nwn. kai; ga;r oJ ejn Qavsw/ oJ ejn tw/~
prutaneivw/ didovmeno", qaumastov" ti" wJ" e[oike th;n hJdonh;n hjrtumevno"
ejstivn. ejmbavllousi ga;r eij" to; keravmion stai"~ mevliti furavsante",
w{ste th;n me;n ojsmh;n ajp j aujtou~, th;n de; glukuvthta ajpo; tou~ staito;"
lambavnein to;n oij~non.

— 48 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

scarsa durata per la debolezza e la volatilità dell’essenza, che inizialmente pre-


vale sulle altre. Infatti, essendo sottile, la fragranza di rosa evapora preceden-
do le altre e diffondendosi ovunque. Per questo motivo essa sfuma rapi-
damente ed è nuovamente sovrastata dalle altre componenti aromatiche.
Infatti ogni ingrediente delicato e leggero è di per sé debole.

48. Producono analogo effetto anche alcuni vini: se bevuti per primi tol-
gono il piacere degli altri, cosicché alcune persone non sono disposte a assu-
merne altri dopo avere assaggiato il primo. Questo, ad esempio, è l’effetto di
un vino di Eritre che è salato e leggero. Si può cercare di recuperarne la causa
dal confronto con casi analoghi. Come detto poc’anzi, ha effetto analogo il
rhodinon. Infatti mentre tutti gli altri profumi – direi la maggior parte – cau-
sano mal di testa, il rhodinon scioglie il senso di pesantezza e di sofferenza
creato dalle altre fragranze.

49. La ragione di ciò appare chiara da quanto è stato già detto, se si tiene
presente che il rhodinon si impone sulle altre fragranze e penetra ovunque.
Infatti tutti gli altri profumi causano fastidiosi mal di testa poiché sono ricavati
alcuni da radici, altri da resine. Il rhodinon invece ha una fragranza leggera e
dal calore equilibrato adatto a dare una temperatura giusta ai pori e a farli
aprire. Infatti i mal di testa sono determinati dalla ritenzione di umidità o
di aria, cosicché è necessario, per un verso, espellerla, per un altro, lasciarla
maturare o liberarsene.

50. Il calore del rhodinon è utile nella soluzione di tutti questi problemi, sia
per la sua capacità di far secernere, sia soprattutto di far maturare e aprire i
pori. Ciò avviene anche perché il rhodinon è composto da sale, ingrediente
che aiuta ad aprire i passaggi e a riscaldarli. Questo profumo favorisce inoltre
il movimento. Infatti sembra stimolare al lavoro per il suo calore equilibrato,
per la sua leggerezza, per la sua capacità di penetrare nelle parti più profonde
dei pori. Secondo alcuni non è da meno il kypros. Come il rhodinon possiede
infatti una fragranza delicata e gradevole alla pelle. Queste e simili proprietà
possono essere considerate peculiari di questi profumi.

51. La composizione del rhodinon, se ben fatta, può apportare benefici sia
nel campo degli odori che dei sapori; gli uni ne assumono l’acutezza e la forza,
gli altri la dolcezza dell’aroma, come avviene per i vini. Cosı̀ il vino servito nel
pritaneo di Taso, capace di offrire una sensazione meravigliosa, è preparato
con questo procedimento: mettono in un contenitore di terracotta mescolan-
doli farina di spelta e miele, cosicché il vino possa prendere dal miele il pro-
fumo, dalla farina la dolcezza.

— 49 —
PARTE PRIMA

52. Sumbaivnein de; tou~to kai; kata; ta;" tw~n oi[nwn mivxei". oiJ~on ejavn
ti" keravsh/ [eij"] sklhro;n kai; eu[osmon malakw/~ kai; ajovsmw/, kaqavper
ton HJ raklewvthn kai; to;n E j ruqrai~on, tou~ me;n th;n malakovthta tou~ de;
th;n eujosmivan parecomevnou. sumpivptei ga;r a{ma [kai;] ta; kaka;
ajllhvlwn ajfanivzein th/~ malakovthti qatevrou polla;" de; kai; a[lla" oiJ
e[mpeiroi levgousi kai; i[sasi kravsei". o} kai; ejpi; tw~n ojsmw~n eu[logon
sumbaivnein, kai; ejpi; twn~ crwmavtwn a[n ti" lambavnh/ ta;" aJrmottouvsa"
mivxei". tou~to me;n ouj~n i[dion tou~ rJodivnou.

53. To; de; koino;n ejpi; pavntwn ajpovrhma, tiv dhv pote ajpo; tou~ karpou~ th"~
ceiro;" h{dista faivnetai, dio; kai; oiJ muropwl~ ai tout~ o murivzousi to; mevro".
th;n d j aijtivan ejk tou~ ejnantivou lhptevon, o{ti to; qermo;n ejxivsthsi kai;
ajlloioi.~ taceia~ de; dh; hJ ai[sqhsi" toi"~ muvroi" ajnamignumevnoi" tw/~ crwtiv.

54. A
j porei~tai de; divoti oiJ mh; eijwqovte" murivzesqai ma~llon ejxovzou-
si tw~n sunecw~" murizomevnwn. ei[h me;n ga;r a]n levgein kai; o{ti fantasiva/
kai; oujk ajlhvqeia/ dia; to; mh; eijwqov". eij d j ouj~n kai; ajlhqe;", e[oike to; me;n
oiJ~on sunanamivgnusqai pleivosin ojsmai~" eJtevrai" uJf j wJ~n ajmaurou~tai,
sugkatamignumevnou kai; tou~ crwto;", to; de; w{sper ajkevraion devcesqai
to; mano;n kai; ejkfaivnein th/~ aijsqhvsei cronizovmenon. ei[h d j a]n kai;
ejnantivw" labein~ wJ" hJ~tton decomevnou dia; to; ajsuvnhqe", braduvteron
d j ajnamignuvmena pleivw crovnon ejxovzein. kai; tou~to me;n e[latton kai;
ouj fanerw"~ oJmologouvmenon.

55. A
{ ptetai de; mavlista tou~ crwto;" kai; kefalh~" kai; tw~n a[llwn
kai; pleis~ ton crovnon ejmmevnei tai"~ ijscurotavtai" tai"~ ojsmai"~ , oiJ~on
megalei~on, Aijguvption, ajmaravkinon. ta; d j ajsqenh~ kai; poluvodma,
kouvfhn e[conta th;n ajnapnoh;n, kai; taceia ~ n poieit~ ai th;n ajpovleiyin
w{sper tov te rJovdinon kai; hJ kuvpro".

56. E[ nia de; kai; eij" th;n uJsteraivan ouj cei~ron o[zei, diapepneukuiva"
ei[ ti" ejnhn~ baruvth". Ta; de; kai; o{lw" e[mmona mal ~ lon w{sper hJ navrdo" kai;
to; i[rinon, pavntwn de; mavlista <ta;> ijscurovtata. Kai; ta; me;n e[n te toi~"
loutroi"~ kai; th/~ ajnevsei diathrei~ pw" th;n ojsmh;n h] ouj sugkakuvnei. ta; de;
kakunovmena pleivw poiei~ duswdivan aujtw~n tw~n iJdrwvtwn wJ" a]n shvyewv"
tino" h] diafqora~" ginomevnh". Kai; ta; me;n peri; th~" tw~n muvrwn poihvsewv"
te kai; dunavmew" ejpi; tosou~ton eijrhvsqw.

— 50 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

52. Questo si verifica anche quando si mescolano i vini. Se si unisce un vi-


no aspro ma profumato a un vino dolce ma privo di aroma, come il vino di
Eraclea e il vino di Eritre, uno darà la dolcezza, l’altro la fragranza. Capita cioè
che l’uno sovrasti la qualità più debole dell’altro, con la dolcezza il primo, con
la fragranza il secondo. Gli esperti riferiscono e conoscono molte altre com-
posizioni. Ciò avviene per i profumi, ma anche per i colori nel caso si trovino
le combinazioni equilibrate. Queste dunque sono le proprietà del rhodinon.

53. C’è una questione comune a tutti i profumi: perché essi emanano un
odore dolcissimo se spalmati sul polso, e i profumieri per questo testano la
fragranza proprio su questa parte del corpo? La risposta va cercata osservan-
do il caso contrario, ovvero quando il calore altera e distrugge la fragranza.
Perciò la sensazione destata dai profumi è immediatamente percepibile allor-
ché essi vengano messi a contatto diretto con la pelle.

54. Ci si deve interrogare anche per quale motivo chi non fa uso di profu-
mi emani un odore più pungente rispetto a chi invece ne fa un uso abituale. Si
potrebbe rispondere, ma più facendo leva sulla suggestione che non sulla real-
tà dei fatti, che questo dipende dal mancato impiego dei profumi. Se questo
corrispondesse a verità, sarebbe naturale che il profumo si mescolasse agli altri
odori, dai quali è sovrastato. Unendosi il sentore della pelle al profumo, que-
sto, puro, assorbe quello poroso e si porta all’attenzione dell’olfatto rimanen-
dovi. Si potrebbe anche proporre una soluzione differente: il profumo rimane
meno in quelli che non ne fanno un uso frequente, dal momento che essi man-
tengono per più tempo il loro odore a cui la fragranza assai lentamente riesce
a mescolarsi. Ma questa è solo una piccola spiegazione non condivisa comple-
tamente da altri.

55. Tra le fragranze più forti, il megaleion, l’Aegyption e l’amarakinon ri-


mangono più a lungo soprattutto sulla pelle della testa e anche delle altre parti
del corpo. Quelle più leggere e semplici invece, come il rhodinon e il kypros,
dal momento che evaporano facilmente, svaniscono rapidamente.

56. Ci sono comunque alcuni profumi la cui fragranza risulta migliore il se-
condo giorno, dopo che hanno perso, se mai la possedevano, la pesantezza ini-
ziale. Certe fragranze rimangono a lungo, come il nardinon e l’irinon che sono le
più forti tra tutte. Alcune poi resistono anche a bagni rilassanti senza esserne ro-
vinate, altre invece, alterandosi sensibilmente, producono un odore simile al su-
dore, come se fosse in atto un processo di putrefazione e di decomposizione.
Sulle creazione e le proprietà dei profumi è sufficiente quanto detto finora.

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PARTE PRIMA

57. Ta; de; peri; th;n tw~n xhrw~n mivxin, ejx wJ~n <ta;> diapavsmata kai;
aiJ sunqevsei", oujk e[ti zhtei~ mivxin tw~ndev tinwn wJrismevnwn, ajll j o{sw/
a[n ti" pleivw kai; poikilwvtera mivxh/, tosouvtw/ kai; hJ ojsmh; lamprotevra
kai; hJdivwn. w{sper kai; ejx aujtw~n tw~n ajrwmavtwn tw~n proceivrwn eij" tauj-
to; ga;r mignuvnte" a{panta crw~ntai. zhtou~si de; touvtoi" kai; speuvdousin
w{ste mh; eJno;" ajlla; pavntwn koinhvn tina th;n ojsmh;n eij~nai. dio; kai; ajnoiv-
gonte" diav tinwn hJmerwn~ to; ejxovzon ejxairous ~ in ajei; kai; twn~ ijscurwn~
ejlavttw mignuvousin, { w{s t n to; d j o{lw" { ouj mignuvousin w{sper to;
ejrusivskhptron, uJpe;r ouJ~ kai; ajrtivw" ejlevcqh.

58. Brevcousi de; suntiqevnte" tw/~ oi[nw/ tw/~ eujwvdei. kai; e[oike d j ouj~n
crhvsimo" eij~nai pro;" ta;" eujosmiva", ei[ ge kai; oiJ mureyoi; crwn~ tai.
mevnousi de; polu;n crovnon aiJ sunqevsei". hJ de; crh~si" touvtwn me;n eij"
th;n twn~ iJmativwn ojsmh;n twn~ de; diapasmavtwn eij" th;n strwmnh;n o{pw"
pro;" to;n crw~ta prospivpth/. kai; ga;r { a[rcetai ma~llon kai; ejmmo" newv-
teron tout~ o, kai; w{sper ajnt j ejkeivnou tout~ o poious ~ in {. oiJ de; provte-
ron ejnevbalon oi[nw/ katabrevconte" eujwvdei pro;" to; parairei~sqai th;n
ojsmh;n, e[nia de; kai; melikravtw/ kai; oi[nw/ mignuvnte" ajnevdeuon, ta; de;
kai; aujtw/~ tw/~ melikravtw/. to; ga;r o{lon a[mfw tau~ta sunergei~ pro;"
eujosmivan. diamevnousi de; aiJ sunqevsei". fanero;n d j ejk touvtwn o{per
kai; provteron ejlevcqh, diovti ta; xhra; kai; eujosmovtera pro;" a[llhla
<micqevnta> tai~" ojsmai~".

59. AiJ de; tw~n zw/vwn ojsmai; kata; ta;" ijdiva" givnontai fuvsei". eJkavstw/
gavr ejstiv ti" oijkeiva kata; th;n kras
~ in. auJ~tai d j hJdeia
~ i me;n kai; kaqarai;
kai; kata; ta;" ajkma;" kai; o{tan euj~ e[cwsin eJautw~n, e[ti de; hJdivou"
aJpalw~n kai; nevwn o[ntwn. plei~stai de; kai; kakwdevstatai peri; ta;"
ojceiva" kai; o{lw" sunthkomevnwn kai; kamnovntwn <tw~n> swmavtwn.
dio; kai; oiJ travgoi kai; oiJ e[lafoi kai; lagoi; kai; taj~lla tovte mavlista
o[zei.

— 52 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

57-60. LA PREPARAZIONE DI DIAPASMATA E SYNTHESEIS

57. Riguardo alla mescolanza di sostanze secche da cui si ottengono polveri


profumate 61 e composizioni aromatiche, non interessa parlare dell’unione di al-
cuni ingredienti, ma di come un profumiere riesca ad armonizzare al meglio sia
gli elementi più rari, in modo tale da comporre un profumo magnifico e dolce,
sia gli ingredienti più a portata di mano. Per questa operazione (i profumieri)
hanno bisogno di mescolare tutti gli ingredienti. Durante questo procedimento
si preoccupano e si sforzano di creare una fragranza che non sia dominata da
un solo componente ma sia costruita sull’armonia di tutte le note aromatiche.
Per questo motivo, a distanza di qualche giorno, essi aprono il contenitore, ri-
muovono l’ingrediente profumato dominante e aggiungono una piccola quan-
tità di spezie dall’aroma intenso come [...] tuttavia non sempre fanno delle ag-
giunte come nel caso dell’erysiskeptron,62 del quale si è parlato poco prima.

58. Si lasciano macerare mescolandole le sostanze odorose in vino fragran-


te. Pare che questo procedimento sia utile nella produzione dei profumi, dal
momento che gli stessi profumieri ne fanno uso. Le fragranze composte hanno
lunga durata. Esse trovano impiego nella profumazione dei vestiti e, sotto for-
ma di polveri odorose, in quella del letto: l’obiettivo è di portarli a contatto
diretto con la pelle. [...]. Alcuni in passato hanno messo a macerare le sostan-
ze aromatiche in vino odoroso per ricavare il profumo, altri le inzuppavano
mescolandole in latte, miele e vino, altri ancora in latte e miele. In ogni caso
entrambi questi procedimenti sono efficaci nella preparazione del profumo.
Le fragranze composte durano comunque a lungo. Da quanto è stato detto
in precedenza risulta chiaro che le sostanze secche, mescolate ad altre sostanze
secche, acquisiscono un profumo ancora più intenso.

59. Gli odori degli animali sono rapportabili alla loro natura. Infatti ciascu-
no ha un sentore peculiare che si accorda alla sua particolare composizione.
Tali odori sono dolci e puri quando l’animale è nel fiore dell’età e in buona
salute, ancora più dolci quando è tenero e giovane. Essi risultano insopporta-
bili durante il periodo dell’accoppiamento e quando l’animale è deperito e
malato. Perciò le capre, i cervi, le lepri e tutte le specie di animali proprio
in quel periodo emanano cattivo odore.

61 Sul significato di diavpasma, vedi Introduzione alla seconda parte, ma anche Tabelle in ap-
pendice.
62 Forse Teofrasto ne aveva parlato nella parte lacunosa del testo. In ogni caso l’ejrusivskhptron /
esyskeptrum equivaleva al Cyperus Rotundus come informa Dioscoride, Materia Medica I 4 Gunther.

— 53 —
PARTE PRIMA

60. Qaumasto;n de; faivnetai kai; i[dion to; sumpavscein ta;" trageva",
o{tan hJ w{ra kaqhvkh/ th~" oJrmh~". Ai[tion de; dhlonovti to; uJpoleivpesqaiv
tina ejn tw/~ devrmati duvnamin h] uJgrovthta toiauvthn ajf j hJ~" hJ oJrmh; givnetai
kai; zwvntwn. kinoumevnh" ouj~n kai; diaqermainomevnh" tauvth" uJpo; tou~
ajevro" eu[logon kai; ta; devrmata, kaq j o{son ejpibavllei. dio; kai; wJ"
prw~ton ai[tion hJ diavqesi". tovte ga;r kai; oiJ mh; ojceuvonte" ejx<ovz>ousi
kai; oiJ a[gonoi kai; aiJ aij~ge" o{lw". hJ d j ojceiva tovte me;n megavlhn merivda
sumbavlletai, kaq j auJth;n d j aijtiva givnetai th~" diaqevsew".

61. Eujlovgw" de; ta; muvra farmakwvdh dia; th;n tw~n ajrwmavtwn duvna-
min. kai; ga;r ta; ajrwvmata toiau~ta. dhloi~ de; tav te kataplavsmata kai; a}
dhv tine" malavgmata kalou~sin o{ia" ajpodeivknutai dunavmei" tav te
fuvmata kai; ta; ajposthvmata diacevonta kai; a[lla pleivw tw~n kata; to;
swm~ a dialloioun~ ta, ejpipolh"~ me;n ajlla; kai; ta; ejn bavqei, oiJ~on, a[n
ti" kataplavsh/ ta; uJpocovndria kai; to; sth~qo", eujqu;<"> su;n toi~" ejrug-
moi"~ ajpodivdwsin eujwvdei" ta;" ojsmav".

62. E[ nia de; kai; eij" ou[rhsin a[gei, sunexovzein poiou~nta aujtav. e[ti
de; touvtou meiz~ on, o{ti kai; ajpo; th"~ kefalh"~ , a[n ti" kataplavsh/, divdwsi
th;n ojsmh;n eij" ta; ouj~ra ta; ajpo; tw~n ajrwmavtwn. ejpeiv ge koilivan kinei~
kai; hJ i[ri" w{sper ejlevcqh. pavnta de; taut~ a poiei,~ kaqavper pollavki"
ei[rhtai, dia; to; fuvsei strufna; kai; uJpovpikra, qermantika; kai; eujdivoda
pro;" tou;" povrou" eij~nai. tmhtika; ga;r o[nta kai; qermantika; kai;
stuvfein a{ma kai; qermaivnein dunavmena, kai; ejxavgein kai; ejkpevttein
duvnatai, kai; to; o{lon ajlloioun~ kai; metabavllein.

63. Sumbaivnei de; trovpon tina; kai; ejn a[lloi" hJ toiauvth sumpavqeia.
kai; ga;r oJ oij~no" a{ma th/~ stafulh/~ dokei~ sunanqein~ kai; ta; skovroda kai;
ta; krovmua tovte drimuvtaton o[zein, o{tan <ta;> ejn th/~ gh/~ blastavnh/. plh;n
touvtoi" d j a{ma sumbaivnei kai; aujtoi~" blastavnein. o{lw" de; pavnta
kinei~tai ta; floiovriza kai; sarkovriza mh; ajpexhrammevna kata; ta;"
blasthtika;" w{ra". hJ ga;r ejnupavrcousa duvnami" ejn aujtoi"~ kineit~ ai.

— 54 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

60. È strano ma anche singolare che la pelle delle capre emani un pessimo
odore durante il periodo dell’accoppiamento. La causa evidentemente sta nel
fatto che nella pelle rimane qualche componente o qualche umore da cui na-
sce l’istinto all’accoppiamento dell’animale. È ovvio che quando questo è ec-
citato e riscaldato dall’aria anche la pelle è investita da questo stato. Perciò la
prima causa del cattivo odore risiede nella condizione degli animali. In quel
periodo infatti anche le bestie che non si accoppiano, quelle sterili e le fem-
mine emanano tutte lo stesso fetore. Il periodo dell’accoppiamento costituisce
la causa principale del cattivo odore, insieme a esso però figura anche la con-
dizione fisica dell’animale.

61-63. GLI ODORI PECULIARI DEGLI ANIMALI

61. Ovviamente i profumi hanno anche capacità curative grazie alle pro-
prietà delle componenti odorose. Le sostanze aromatiche le possiedono in
questa forma. I cataplasmi e quei preparati che alcuni chiamano malagmata
evidenziano proprietà che risultano efficaci contro tumori e ascessi. Alcuni ri-
solvono per lo più quelli che compaiono all’esterno sulla pelle, altri invece
quelli che si formano all’interno del corpo. Ad esempio, se qualcuno applica
un cataplasma profumato sull’ipocondrio e sul petto subito, nell’espettorare,
emette, insieme ai muchi, anche le componenti profumate contenute nel me-
dicamento.

62. Alcune sostanze aromatiche sono utili nella minzione e, cosı̀ operando,
profumano l’urina. Ciò avviene anche in forma più marcata se uno spalma la
fragranza sulla testa: l’odore della sostanza aromatica arriva fin nelle urine.
Come detto, l’iris ha la proprietà di mettere in movimento le viscere. Anche
tutti gli altri aromi, come è stato già rilevato, hanno analogo effetto poiché
per natura risultano astringenti, assai amari, riscaldanti, in grado di insinuarsi
nei pori. Perciò, essendo pungenti, capaci di riscaldare, astringere e ancora
seccare, possono avere effetto lassativo e far digerire e, complessivamente,
possono provocare alterazioni e trasformazioni.

63. Questo accordo tra odore e stagione investe in qualche modo anche le
altre cose. Infatti il vino sembra maturare in relazione alla maturazione dell’u-
va. Allo stesso modo l’aglio e la cipolla emanano un odore assai acuto, quando
le piantine vengono alla luce dalla terra o quando dai bulbi nascono i germo-
gli. In linea generale tutti i bulbi, siano essi duri o teneri, se non sono del tutto
inariditi, tornano a vita nella stagione della ripresa vegetativa. A muoverli è
un’energia insita in essi. Tra tutti questi fenomeni, quello più degno di ammi-

— 55 —
PARTE PRIMA

qaumasiwvtaton de; tw~n toiouvtwn to; ejpi; tou~ stevato" th~" a[rktou
sumbai~non, ei[per a{ma tai~" fwlivai" ejpaivretai kai; ejkplhroi~ ta;
ajggei~a.

64. Tiv dhv pote Dhmovkrito" tou;" me;n culou;" pro;" th;n geu~sin ajpo-
divdwsi ta;" d j ojsma;" kai; ta;" crova" oujc oJmoivw" pro;" ta;" uJpokeimevna"
aijsqhvsei"; e[dei ga;r ejk tw~n schmavtwn. h] tou~tov ge pro;" a{panta" koi-
novn; a{pante" ga;r oiJ me;n movnh" oiJ de; mavlista tauvth" ta; pavqh levgousi
kai; ta;" diafora;", wJ" ejn crwvmasi leuko;n kai; mevlan, kai; ejn cumoi~"
gluku; kai; pikro;n, <oujc> ou{tw d j ejn ojsmai"~ . oujde;n ga;r plh;n t j eu[o-
smon kai;; <to;> kavkosmon [e[ti de; ta; me;n mikta; ta; d jajnavmikta]. oujd j
ejn aJptoi"~ . pleivw ga;r eujqu; ta; uJpokeivmena, sklhro;n malako;n tracu;
lei~on. Aj lla; ma~llon ejn fwnai~", ojxu; kai; baruv.

65. < [Eti de; ta; me;n mikta; ta; d j a[mikta.> a[miktoi culoi; oiJ me;n tw/~
mh; katamerivzesqai w{st j ejx ajmfoi~n, oiJ~on u{dwr e[laion flevgma aiJ~ma,
o{lw" pan~ to; ejpinevon h] to; diairoun~ , w{sper to; o[xo" kai; to; gavla. to;
ga;r th/~ pievsei kai; trivyei mignuvmenon e{teron eij~do". a[llon de; trovpon
oiJ mh; eu[miktoi pro;" th;n creivan oiJ kai; lumainovmenoi ajllhvlou", oiJ~on hJ
qavlatta kai; ta; nitrwvdh kai; pikra; u{data tou;" oi[nou" kai; ta; povtima,
eja;n mh; eujqu;" crht~ aiv ti".

66. O j smai; de; aiJ me;n ou{tw" a[miktoi pleivou" kai; w{ste kaqovlou la-
bein~ aiJ kakwvdei" tai"~ kakwvdesi. { wJ" de; mh; e{n ti to; ejx ajmfoin~ e[rgon
euJrei~n mh; ajduvnaton, eij" th;n toiauvthn de; duvnamin a{pan wJ" eijpei~n pa~n
eu[osmon {. ajll j e[nqa me;n i[sw" ceivrw poiei~ e[nqa de; beltivw, kaqavper
ejpi; tw~n muvrwn. ta; me;n ga;r ajfairei~tai to; a[kraton kai; sklhro;n, ta; d j
ajpoqhluvnei kai; w{sper ejxudatoi~ ta;" ojsmav". ejn de; toi"~ xhroi"~ a{pasai
pavsai" miktaiv.

67. Ta; ga;r diapavsmata o{sw/ a]n h/j~ pleiovnwn ajmeivnw. poiei~ de; kai; hJ
tou~ oi[nou katavmixi" kai; muvra e[nia kai; qumiavmata eujosmovtera, kaqavper

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TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

razione riguarda il grasso dell’orso, che si gonfia durante il periodo di letargo


dell’animale e riempie i contenitori nei quali è conservato.

64-68. L’ODORATO E GLI ALTRI SENSI

64. Perché Democrito assegna una genesi ai sapori, mentre non colloca nei
relativi sensi di pertinenza odori e colori? 63 Avrebbe dovuto farlo in funzione
del suo sistema. È questo un elemento comune ai fisiologi? Tutti infatti per il
solo senso dell’olfatto indicano le sensazioni, mentre per gli altri sensi segna-
lano i contrasti: bianco e nero per i colori, dolce e amaro per il gusto, non cosı̀
per gli odori sommariamente distinti in buoni e cattivi. [Ci sono poi elementi
composti ed elementi semplici]. Non fanno lo stesso per ciò che riguarda il
tatto: infatti in questo caso molte sono le caratteristiche: duro, morbido, ruvi-
do, liscio. Nel campo dei suoni ancora più rilevanti sono le distinzioni tra gra-
ve e acuto.

65. <Ci sono poi elementi composti ed elementi semplici>. I sapori sono
semplici. Alcuni infatti non possono essere divisi come l’acqua, l’olio, il fleg-
ma, il sangue e, in linea generale, ogni cosa che galleggia o che tende a sepa-
rare come l’aceto e il latte. Un altro aspetto riguarda il mescolamento ottenuto
attraverso la spremitura e la triturazione, un altro ancora i sapori che non pos-
sono essere mescolati per necessità. Se non li si usa subito, si rovinano l’un
l’altro, come, ad esempio, l’acqua del mare, quella contenente nitro, quella
amara, i vini e tutte le altre bevande.

66. Sono numerosi gli odori che non possono essere combinati. In linea di
massima, i cattivi odori vanno con i cattivi odori. [È difficile, se non impossibile,
trovare un prodotto migliore da una simile combinazione, anzi, per cosı̀ dire, in
questa operazione non tutto porta alla creazione di un odore gradevole]. Talora
si arriva a un risultato peggiore, talora a uno migliore, come nel campo dei pro-
fumi. In alcuni casi, infatti, la combinazione serve a togliere gli eccessi e la du-
rezza di partenza, in altri casi le fragranze perdono la loro corposità e si annac-
quano. Con le sostanze secche comunque tutti gli accordi sono possibili.

67. Le polveri profumate quanto più sono formate da molti elementi tanto
più risultano di buona qualità. Addizionando vino si rendono più profumate

63 Analoga teoria riporta Aristotele, Sul senso V 442b; vedi testo n. 5.3 in Appendice documen-
taria.

— 57 —
PARTE PRIMA

th;n smuvrnan. dokei~ de; kai; to; muvron hJduvnein tou;" oi[nou", dio; kai; oiJ
me;n ejn th/~ oijnopnoii~a/ mignuvousin oiJ de; ou{tw" ejpiceovmenon pivnousin.
oujk a[logon de; sunevggu" ta;" aijsqhvsei" ou[sa" kai; ejn toi"~ aujtoi"~
uJpokeimevnoi" e[cein tina; ejpikoinwnivan. wJ" ga;r ejpi; to; pa~n oujdei;" ou[te
culo;" a[osmo" ou[te ojsmh; a[culo". tout~ o de; o{ti oujdemiva ejk mh; e[conto"
culovn.

68. Sumbaivnei de; kai; metabavllein ta;" ojsma;" a{ma toi"~ culoi"~ ,
w{sper ejpiv te tou~ oi[nou kai; ejpi; karpw~n tinw~n. ejnivwn de; kai; ejn tw/~
a[nqei provteron, w{sper twn~ botruvwn. hJ de; twn~ muvrwn eij" ajkmh;n movnon
kai; oiJ~on fqivsin. metakinou~ntai d j ejn tai~" ejteivai" w{rai" pavnq j wJ"
eijpei~n, mavlista de; ta; ajsqenevstata, ta; d j a[nqina kaq j h}n w{ran
<a]n> anqh/j~ to; a[nqo".

69. Ta;" sunqevsei" poious~ in ejk twn~ ajrwmavtwn. qrauvsante" polla;


kai; mivxante" eij" taujto; kleivousin eij" kibwvtion, eij~t j ajnoivgonte" diav
tinwn hJmerwn~ o{ti a]n mavlista o[zein dokh/~ tout~ j ai[rousi, kai; pavlin
de; kai; pavli<n> dialeivponte" crovnon, o{pw" a]n mhdeno;" ejxovzh/. Qau-
masth;n d j ojsmh;n lambavnei ta; iJmavtia eij" taut~ a tiqevmena. To; de; th"~
balavnou th~" Aijguptiva" muvron aujto; me;n oujk { a[gan ajnapnei~ {, mignuv-
menon de; poiei~ taj~lla beltivw mavlista de; th;n i[rin <...>

70. <...> ejn th/~ ejruqra/~ qalavtth/ diakoptomevnwn tw~n livqwn e[ndon
ejmpefukovta faivnetai ijcquvdia kai; karivde" kai; a[ll j a[tta zwa
~ ejpiklh~
<...>

71. <...> Aj qhvnh/si levgein eij" tau~ta calko;n koi~lon ejmbavllesqai


sivdhron oJmoivw" ejruqro;n kai; leukovn. eij~nai dev tina lovgon pro;" to;n
kattivteron: ejmbavllesqai d j ouj megevqou" cavrin ajlla; th"~ puknothvto"
<...>

— 58 —
TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

alcune sostanze odorose e alcune resine, come la mirra. Pare che il profumo
addolcisca i vini. Per questo alcuni lo uniscono nella fase di preparazione
del vino odoroso, altri invece lo addizionano poco prima di bere. È ovvio
che i sensi del gusto e dell’olfatto, essendo cosı̀ vicini negli oggetti del loro sen-
tire, abbiano qualche elemento in comune. Genericamente si può dire che nes-
sun sapore sia sguarnito di odore e nessun odore sia senza sapore. Il motivo è il
seguente: nessun odore può nascere da ciò che manca di sapore.

68. Capita ancora che gli odori cambino insieme ai sapori, come nel caso
del vino e di alcuni frutti. In alcuni casi, come per l’uva, questo cambiamento
ha luogo prima nel periodo della fioritura. Nel caso dei profumi, invece, tale
variazione si verifica quando essi abbiano raggiunto la loro piena maturazione
e stiano per sfumare. In genere, i profumi si deteriorano in determinate sta-
gioni dell’anno, soprattutto i più leggeri. In particolare, quelli derivati dai fiori
si sciupano nella stagione nella quale sbocciano i fiori.

69. RIPRENDE IL CAPITOLO 57

69. Dalle sostanze odorose si ottengono una serie di combinazioni. Dopo


avere triturato molti ingredienti e averli messi insieme, si chiude il composto
in un contenitore. Passato qualche giorno, si tolgono le spezie dotate dell’aro-
ma più intenso, ripetendo a intervalli di tempo l’operazione, affinché nessun
ingrediente prevalga sugli altri. I mantelli trattati con questa fragranza assu-
mono un odore meraviglioso. Il profumo fatto con il balano di Egitto, sebbe-
ne non abbia in sé una fragranza troppo intensa, tuttavia, mescolato ad altri,
specialmente a quello di iris, diventa eccellente...

70-71. ESTRANEI AL SUGLI ODORI

70. <...> Nel mare rosso, spaccate le pietre, sono stati trovati piccoli pesci,
gamberetti, altri animali <...>

71. <...> Si dice che ad Atene in queste cose sia stato trovato un bronzo
cavo, simile al ferro, rosso e bianco. C’è ancora una diceria in relazione a
uno stagno. Si valuta non la superficie ma la densità <...>

— 59 —
PARTE SECONDA

PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

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L’ARTE DELLA PROFUMERIA

E della fanciulla fino alle tenere membra (Borea) non soffia,


perché dentro la casa presso la cara madre rimane,
ignara ancora dell’opere dell’aurea Afrodite;
lei bagna le tenere membra e di grasso olio
le unge [...]

cosı̀ cantava Esiodo nell’VIII secolo a.C. nelle Opere e i giorni accostando la
bellezza derivante dalla giovinezza alla fragranza che detergeva la pelle di una
vergine.1
Le sostanze odorose furono inizialmente per i Greci, e prima ancora per le
popolazioni orientali, parte dell’offerta dell’uomo agli dèi e solo successiva-
mente diventarono elemento per la cura del corpo. Se ne conserva traccia
in diversi termini abbinati al mondo del profumo. Nella lingua greca ajmbrosiva
fa riferimento ad a[mbroto" cioè immortale; 2 qumivasi" ai fumi che si innalzava-
no verso gli dèi durante i sacrifici, qumiavmata agli aromi, qusiva al sacrificio,
quva-quvia al legno balsamico, termini legati alle forme verbali qumiavw e quvw
che indicavano rispettivamente l’atto del bruciare per produrre fumo e l’offerta
sacrificale.3 Al medesimo campo si legano ‘profumo’ e ‘incenso’ entrambi de-
rivati dal latino. ‘Profumo’, da per fumum o pro fumo, indicava appunto il fu-
mo che dalle offerte saliva alle divinità; 4 ‘incenso’, da incendo, richiamava ai
sacrifici che raggiungevano gli dèi attraverso il fuoco: 5 un mondo degli aromi,

1 Esiodo, Le opere e i giorni 519-523, traduzione di G. ARRIGHETTI (a cura di), Esiodo. Opere e
giorni, Milano 1985.
2 STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, Parisiis 1865, Graz 1954, s.v.; H.G. LIDDELL –
R. SCOTT – H.S. JONES, A greek-english lexicon, Oxford 1961, s.v. Sull’ambrosia: K. BLONDEL, s.v.
Ambrosia, in DAGR I.1, 1877, pp. 225-226; W.H. ROSCHER, s.v. Ambrosia und Nektar, in ALGRM
I.1, 1884-1886, coll. 280-283; W. DEONNA, Euodia: croyances antiques et modernes. L’odeur suave des
dieux et des élus, Torino 2003, p. 19. Vedi testo n. 18.1 nell’Appendice documentaria.
3 Vedi STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., ss.vv.; LIDDELL – SCOTT – JONES, A greek-
english lexicon, cit., ss.vv. Sulla quvia: Teofrasto, Storia delle piante V 3-7; Plinio il Vecchio, Storia Na-
turale XIII 29.
4 Vedi Thesaurus Latinae Linguae (formato elettronico, München 2002), s.v.
5 Vedi Thesaurus Latinae Linguae, cit., s.v. Sulle sostanze odorose come offerta agli dèi: Teofra-

— 63 —
PARTE SECONDA

dunque, inizialmente legato alla sfera celeste, che ebbe soprattutto in Afrodite
la sua divinità di riferimento.6
In relazione alle fragranze, ma più in generale al mondo degli odori, i Gre-
ci impiegarono numerosi termini tecnici riferendoli al tipo di odore ma anche
a specifici prodotti da profumeria di uso quotidiano: ojsmhv, muvron, a[rwma, diav-
pasma, cris~ ma ricorrono nella tradizione con differenti sfumature di significato
che è opportuno prendere in esame.

IL LINGUAGGIO TECNICO DEL MONDO DEGLI AROMI

Il termine ojsmhv talora anche ojdmhv è vox media atta a indicare tanto gli odo-
ri gradevoli quanto quelli sgradevoli. Non a caso esso acquista una sua conno-
tazione positiva o negativa sia nelle forme aggettivali eujwvdh"-duswvdh", sia
allorché risulta specificato da attributi,7 o accompagnato da genitivi di
specificazione che lo legano a sostanze come l’olio,8 i fiori,9 il sangue umano.10
Le altre voci impiegate per connotare gli odori, come muvron, a[rwma, diavpa-
sma, cri~sma (o cri~ma), qumivama si iscrivono già in una sfera semantica positiva.
Muvron indica l’olio profumato, ma anche l’essenza aromatica ricavata dalle
piante e utile per aspersioni, per aromatizzare il vino, per la creazione – da

sto, Sulla pietà F 1 Ditadi [su cui vedi DITADI (a cura di), Teofrasto. Sulla pietà, cit., pp. 171 ss.],
che ricorda l’impiego di mirra, cassia, incenso, zafferano. Le stesse sostanze profumate sono ri-
petutamente menzionate negli Inni Orfici. Sull’impiego di spezie nei sacrifici: E.G. ATCHLEY –
F. CUTHBERT, A history of the use of incense in divine worship, London 1909; A. BALLABRIGA, La
nourriture des dieux et le parfum des déesses: à propos d’«Iliade» XIV, 170-172, «Métis», XII, 1997,
pp. 119-127.
6 A. MOREAU , Le fabuleux, le divin, le parfum: Aphrodite maı̂tresse des odeurs, in Saveurs, sen-
teurs: le goût de la Méditerranée. Actes du colloque coord. par Paul Carmignani, Jean-Yves Lauri-
chesse, Joël Thomas, Perpignan, Universitaires de Perpignan, 1998, pp. 41-58; ID. Le fabuleux, le
divin et le parfum: Aphrodite, maı̂tresse des odeurs, in Mythes Grecs I: origines. Actes du séminaires
d’étude des mentalités antiques, Montpellier 1999, pp. 149-166, ma vedi anche i diversi studi pre-
senti in I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio, cit.; i lavori di F. PROST, L’odeur des dieux en
Grèce ancienne, e L. BODIOU – V. MEHL, Sociologie des odeurs en pays grec, entrambi in BODIOU
– FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., pp. 97-103; 141-163; lo studio di
A. LALLEMAND, L’immaginaire des parfums dans la littérature antique, d’Homere à Ovide, in VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit., pp. 37-38.
7 Ad esempio kalhv, fivlh, kakh: Sofocle, Filottete 891; Euripide, Ciclope 153; Aristofane, Uccelli 1715.
8 Senofonte, Simposio II 4.
9 Plutarco, Opere morali 626b.
10 Eschilo, Eumenidi 253. Per altri esempi, STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LID-
DELL – SCOTT – JONES, A greek-english lexicon, cit., s.v.; W.W. MÜLLER, s.v. Weihrauch, in RE, suppl.
15, 1978, coll. 700-777; A. LALLEMAND, Vocabulaire des parfums, in VERBANCK PIÉRART – MASSAR –
FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée, cit., pp. 45-52.

— 64 —
PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

sola o in aggiunta ad altre sostanze – delle varie fragranze che, in funzione del-
la nota dominante, assumevano il nome di amarakinon, irinon, rhodinon, me-
linon, nardinon ecc.11 Nella stessa sfera degli odori gradevoli ricade a[rwma
connotato, ad esempio, da Senofonte nella forma plurale di ajrw/vmata, come
eujwvdh,12 e posto in relazione a sostanze profumate come i fiori.13 A specifici
prodotti della profumeria antica fanno riferimento diavpasma e cri~sma. Diavpa-
sma sta a indicare, talora genericamente, una sostanza aromatica con la quale
si cospargeva il corpo,14 talora, nella distinzione operata da Teofrasto e seguita
da Plinio il Vecchio, le polveri odorose ricavate dalla frantumazione delle spe-
zie 15 e impiegate, ad esempio, per asciugare il sudore.16 Cri~sma, invece, qualifi-
ca, in una forma più generica, l’olio con il quale si ungeva il corpo; 17 qumivama,
l’azione del bruciare sostanze odorose.18
Già l’uso di termini cosı̀ specifici è di per sé prova dell’evoluzione della
profumeria. Sviluppatasi fin dall’età del bronzo a Pilo e a Cipro,19 tra IV e
III secolo a.C. – l’epoca nella quale visse Teofrasto – essa aveva raggiunto
un grado di raffinatezza tanto elevato da richiedere una gamma di voci tecni-
che per definire i diversi prodotti.

PROFUMO E MITO

La funzione della sostanza profumata come elemento di congiunzione tra


uomo e dio si avverte con forza nella tradizione mitologica.20 Nei miti di Mirra

11 STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-english
lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777; NICOLAS, Le vocabulaire de la parfumerie
ancienne, cit., p. 34.
12 Senofonte, Anabasi I 5,1.
13 Lo fa, ad esempio, lo stesso Teofrasto: Storia delle piante I 8,5, ma anche Sugli odori 8. Per
altri riferimenti: STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES, A
greek-english lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777.
14 Ad esempio Dioscoride, Materia Medica I 6 Gunther.
15 Teofrasto, Sugli odori 8; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2: siccis odoribus constant, quae
diapasmata vocantur. Vedi testo n. 6.1 in Appendice documentaria.
16 Per altri riferimenti: STEPHANUS, Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JO-
NES , A greek-english lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777.
17 Vedi STEPHANUS , Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-en-
glish lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777. Si trattava nella maggior parte dei
casi di un unguento reso profumato attraverso sostanze aromatiche: Teofrasto, Sugli odori 14-20, ma
anche infra in Appendice documentaria.
18 Vedi STEPHANUS , Thesaurus Graecae Linguae, cit., s.v.; LIDDELL – SCOTT – JONES , A greek-english
lexicon, cit., s.v.; MÜLLER, s.v. Weihrauch, cit., coll. 700-777; LALLEMAND, Vocabulaire des parfums, p. 46.
19 Vedi la bibliografia citata nell’introduzione alla prima parte.
20 Sugli aspetti antropologici di alcuni miti legati al mondo degli odori (Mirra, Incenso ecc.:

— 65 —
PARTE SECONDA

e Adone bellezza e giovinezza si legano alle sostanze aromatiche. Mirra era fi-
glia di Tiante re di Assiria. L’ira del dio Sole o della dea Afrodite portarono la
ragazza a innamorarsi perdutamente del padre concependovi con l’inganno
un figlio. Trasformata in albero della mirra, generò da una fenditura della pel-
le-corteccia un bambino, Adone, bellissimo e profumato come le gocce di re-
sina fragrante che lei stessa era in grado di stillare. Se ne invaghirono Afrodite
e Persefone, che si accordarono per tenerlo ciascuna accanto a sé per una par-
te dell’anno. Ma la vita del giovane fu assai breve: per volere di Ares, geloso di
Afrodite, un cinghiale lo aggredı̀ e uccise. Nemmeno la morte, tuttavia, riuscı̀
a dissipare la natura profumata di Adone, dal cui corpo straziato gli dèi fecero
spuntare fragranti anemoni rossi.21
Il legame tra sostanze aromatiche, amore proibito, bellezza, giovinezza,
morte, rinascita ritorna anche in altri miti. Giacinto, accidentalmente ucciso
da Apollo, divenne un fiore.22 Sedotta da Ade la ninfa Minthe fu trasformata
dal dio nella pianta profumata della menta.23 Incappata in analoga situazione,
Leucotoe fu mutata nell’albero dell’incenso.24 Il giovane Croco, innamorato
della bella Smilace ma non ricambiato, venne trasformato dagli dèi nell’omo-
nimo fiore.25 Dafne divenne albero di alloro per sfuggire al dio Apollo.26 Gli

vedi i testi nn. 9.1-9.11 in Appendice documentaria) sono illuminanti gli studi di M. DETIENNE,
Aromi e seduzione, «R & C», 1, 1972, pp. 529-537; ID., I giardini di Adone, trad. it. Torino 1975;
e Dioniso e la pantera profumata, cit. Vedi anche FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, cit.,
pp. 172 ss.; LALLEMAND, L’immaginaire des parfums dans la littérature antique, d’Homere à Ovide, cit.,
pp. 38-41; R. BUXTON, Forms of astonishment: Greek myths of Metamorphosis, Oxford-New York 2009.
21 Bione di Smirne, Epitaffio per Adone; Apollodoro, Biblioteca III 14; Ovidio, Metamorfosi X
311 ss.; 532 ss.; 717-739; vedi i testi nn. 3.10; 9.7 in Appendice documentaria. Sui miti di Mirra e Adone:
HÖFER, s.v. Myhhra, in ALGRM II.2, 1886-1890, col. 3314; G. BERGER DOER, s.v. Myrrha, in LIMC
VI.1, Zürich - München 1992, pp. 691-693; ROSCHER, s.v. Adonis, in ALGRM I.1, 1884-1886, coll.
69-77; S. RIBICHINI, Adonis. Aspetti orientali di un mito greco, Roma 1981; B. SERVAIS – SOYEZ, s.v.
Adonis, in LIMC, I.1, Zürich - München 1981, pp. 222-229.
22 Ovidio, Metamorfosi X 174-219 (testo n. 9.5 in Appendice documentaria); vedi GREVE, s.v. Hya-
kinthos, in ALGRM I.2, 1886-1890, coll. 2759-2766; L. & F. VILLARD, s.v. Hyakintos, in LIMC V.1,
Zürich - München 1990, pp. 546-550; S. AMIGUES, Hyakinthos. Fleur mythique et plantes réelles, in
EAD., Études de botanique antique, cit., pp. 395-409.
23 Cenni in Ovidio, Metamorfosi X 717-739 (testo n. 9.8 in Appendice documentaria). Vedi
STOLL, s.v. Menthe/Minthe, in ALGRM II.2, 1886-1890, col. 2801.
24 Ovidio, Metamorfosi IV 234-256 (testo n. 9.6 in Appendice documentaria). Vedi SCHIRMER , s.v.
Leukothöe, in ALGRM II.2, 1886-1890, coll. 2017-2018.
25 Nonno, Dionisiache XII 86; Ovidio, Metamorfosi IV 283 (testi nn. 9.2; 9.3 in Appendice docu-
mentaria). Secondo una variante riportata da Galeno (Sulla composizione dei farmaci IX 4), Croco fu
ucciso accidentalmente da Ermes. Dal suo sangue spuntarono gli omonimi fiori. Vedi STOLL, s.v.
Krokos, in ALGRM II.1, 1890-1894, col. 1450. Sullo zafferano anche: Strabone, Geografia XIV 5,5
C 670 (testo n. 15.3 in Appendice documentaria); Curzio Rufo III 10; Solino 39. Vedi A. PETINO, Lo
zafferano nell’economia del mondo antico, «MC», Suppl. 1942, pp. 1-18; L. MAGINI, Profumi d’Oriente
in terra etrusca: lo zafferano, «Atti del sodalizio glottologico milanese», 37-38, 1996-1997, pp. 76-89.
26 Ovidio, Metamorfosi I 543-567 (testo n. 9.4 in Appendice documentaria). Vedi VON SYBEL, s.v.

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PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

dèi coprirono di fiori gialli il corpo di Narciso, morto accidentalmente; 27 Ci-


parisso si mutò in albero del cipresso volendo espiare le sue colpe 28 e Attis in
pino; 29 l’araba Fenice, il mitico uccello nato proprio in Arabia terra degli aro-
mi, trovò la morte su una pira di erbe aromatiche, ma rinacque subito dopo.30
Da offerte agli dèi per fumum, a sostanze utili a cospargere il corpo del
defunto e in qualche modo renderlo eterno il passo è breve. In questo campo
la lezione degli Egiziani si trasferı̀ sia alle altre popolazioni del Medio Oriente,
sia ai Greci.31 Già nell’Iliade la dea Afrodite faceva scendere olio di rose sul
cadavere di Ettore affinché Achille non lo deturpasse trascinandolo intorno
alla rocca di Ilio.32 Ancora il corpo dei re degli Sciti – rilevava Erodoto – dopo
la morte veniva cosparso di cera, svuotato, pulito e riempito di cipero tritura-
to, incenso, semi di sedano, anice.33
Le sostanze aromatiche presto uscirono dal ristretto ambito religioso per
caratterizzare anche la vita quotidiana di Greci e Romani. Incenso, mirra, nar-
do, rosa, zafferano, maggiorana, cardamomo, cinnamomo, cassia diventarono
in vario modo ingredienti base di fragranze impiegate, visto il costo dei singoli
ingredienti, soprattutto da famiglie benestanti.

Daphne, in ALGRM I.1, 1884-1886, coll. 954-955; O. PALAGIA, s.v. Daphne, in LIMC III.1, Zürich -
München 1986, pp. 344-348.
27 Ovidio, Metamorfosi III 502-510 (testo n. 9.9 in Appendice documentaria). Vedi GREVE , s.v.
Narkissos, in ALGRM I.2, 1886-1890, coll. 2759-2766; B. RAFN, s.v. Narkyssos, in LIMC VI.1, Zürich -
München 1992, pp. 703-711; M. BETTINI – E. PELLIZER, Il mito di Narciso. Immagini e racconti dalla
Grecia ad oggi, Torino 2003.
28 Ovidio, Metamorfosi X 106-142 (testo n. 9.10 in Appendice documentaria). Vedi STOLL, s.v.
Kyparissos, in ALGRM II.1, 1890-1894, coll. 711-712; J.R. GISLER, s.v. Kyparissos, in LIMC VI.1, Zürich -
München 1992, pp. 165-166.
29 Ovidio, Metamorfosi X 99-105 (testo n. 9.11 in Appendice documentaria). Vedi RAPP, s.v. Attis,
in ALGRM I.1, 1884-1886, coll. 715-727; M.J. VERMASEREN – M.B. DE BOER, s.v. Attis, in LIMC III.1,
Zürich - München 1986, pp. 22-44.
30 Erodoto, Storie II 73 (testo n. 9.1 in Appendice documentaria). Sul mito dell’araba Fenice:
P. PERDRIZET, Le mort qui sentait bon, in Mélanges J. Bidez, Bruxelles 1934, pp. 719-727; J. HUBAUX
– M. LEROY, Le mythe du phénix dans les littératures grecque et latine, Liège - Paris 1939; H. BAU-
MANN , Die griechische Pflanzenwelt in Mythos, Kunst und Literatur, München 1982; J.P. VERNANT ,
Introduzione a DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, cit., p. XVIII ss.; DETIENNE, ivi, pp. 3 ss.;
R. SICILIANO, Origine del mito della Fenice: dall’Egitto al mondo greco, «AFLB», XXXVII-XXXVIII,
1994-1995, pp. 309-318; ZAMBON – GROSSATO (a cura di), Il mito della Fenice in Oriente e in Occidente,
cit.; LECOCQ, L’oeuf du phénix. Myrrhe, encens et cannelle dans le mythe du phénix, cit., pp. 107-130.
31 Vedi FAURE , Parfums et aromates de l’Antiquité, cit., pp. 25 ss.; G. PILLIVUYT, Storia del pro-
fumo. Forme e fragranze di un’arte antica, trad. it. Milano 1989, pp. 10 ss.; SAIKO, Cura dabit facies.
Kosmetik im Altertum, cit., pp. 20 ss.
32 Omero, Iliade XXIII 186-187; vedi PERDRIZET , Le mort qui sentait bon, cit., pp. 719-727;
FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité, cit., pp. 148 ss.; C.W. SHELMERDINE, Shining and fragrant
cloth in Homeric Epic, in The ages of Homer. A tribute to Emily Townsend Vermeule, Austin 1995,
pp. 99-107.
33 Erodoto, Storie IV 71.

— 67 —
PARTE SECONDA

Le tecniche di composizione dei profumi, il loro impiego, la loro conser-


vazione sono ricordate, oltre che nel Sugli odori di Teofrasto, soprattutto nei
primi sei capitoli del libro XIII della Storia naturale di Plinio il Vecchio (I se-
colo d.C.), sebbene riferimenti al mondo e all’impiego degli aromi non man-
chino in poeti di età arcaica e classica, negli scritti del Corpus Hippocraticum,
in Celso e Dioscoride, in Ateneo.34
Già il poeta Archiloco nel VII secolo a.C. poneva in stretta relazione l’olio
profumato sparso sui capelli e sul seno di una ragazza al sentimento dell’amo-
re; 35 Saffo ricordava sia le chiome di una sua allieva adornate di viole, rose,
foglie di salvia, il collo cinto di ghirlande, la pelle cosparsa di un olio profu-
mato alle erbe,36 sia la gioia degli abitanti di Troia e il profumo di mirra, cassia
e incenso diffuso nella città all’arrivo di Andromaca sposa di Ettore.37 Erodo-
to, nel suo excursus sull’Arabia, non mancava di illustrare le ricchezze della
regione costituite da incenso, mirra, cassia, cinnamomo, ladano. In particola-
re, per la raccolta del cinnamomo, lo storico riportava un aneddoto curioso.
Trasportati dagli uccelli sulle alte montagne per la costruzione del nido, gli
Arabi raccoglievano i rametti di cinnamomo con questo stratagemma: ponen-
do a valle buoi e asini fatti a pezzi, inducevano gli uccelli a impadronirsene e a
portarli nei loro nidi. Questi, non potendo reggere il peso, si sfasciavano spro-
fondando a valle e permettendo cosı̀ il recupero del legno fragrante.38 Ancora
Erodoto si soffermava su una particolare varietà di rosa. Lo faceva a proposito
della nascita del regno di Macedonia ricordando che i progenitori di Alessan-
dro I si erano stanziati nei pressi dei giardini di Mida, figlio di Gordio, dove
ne nasceva spontaneamente una specie dotata di sessanta petali e di una pro-
fumazione superiore alle altre.39

34 Per alcuni di questi testi vedi Appendice documentaria.


35 Archiloco F 30 Edmonds (testo n. 3.1 in Appendice documentaria).
36 Saffo F 94 Lobel Page (testo n. 3.5 in Appendice documentaria).
37 Saffo F 44 Lobel Page (testo n. 3.3 in Appendice documentaria).
38 Erodoto, Storie III 107-113 (testo n. 21.3 in Appendice documentaria).
39 Erodoto, Storie VIII 138 (testo n. 15.1 in Appendice documentaria). È probabile che lo storico
facesse riferimento ad una varietà di rosa damascena diffusa anche oggi in Bulgaria, ma anche in Tur-
chia e Siria: vedi H.J. BRUMAN, The bulgarian rose industry, «EG», XII (3), 1936, pp. 273-278; R. GOU-
BEAU, Parfum de rose, in M.C. AMOURETTI – P. VILLARD (eds.), Eukrata: mélanges offerts à Claude
Vatin, Aix-en-Provence 1994, pp. 83-86. Sull’etimologia del nome rosa: M. MASSON, Le nom de la
rose: problème d’étymologie grecque, «Kentron», II, 1986, pp. 61-70.

— 68 —
PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

LA CREAZIONE DEL PROFUMO

«Finora, quanto a essenze aromatiche, si è considerato il valore che in que-


st’ambito hanno le foreste, ed erano già di per sé, prese a una a una, cose
straordinarie: tutte queste essenze il lusso si compiacque di mescolarle e di
trarre dalla loro combinazione un unico odore; cosı̀ furono inventati i profu-
mi». È questa la spiegazione razionale che Plinio il Vecchio, nel I secolo d.C.,
trovava alla creazione delle fragranze odorose sempre più diffuse e costose ai
suoi tempi.40
Come si è detto, era stato Teofrasto per primo a ricordare il procedimento
di preparazione del profumo: rami, foglie, corteccia, frutti, resina, fiori da
mettere a macerazione a caldo o a freddo in olio inodore. Al composto si ad-
dizionava del conservante e si poteva aggiungere anche del colorante.41 Ana-
loga preparazione menzionava Plinio il Vecchio.42 Se – riferiva – la sostanza
odorosa costituiva la base della fragranza, nella creazione di un profumo in-
tervenivano vino o olio utilizzati per la loro capacità di assorbire gli aromi.
Ad avere una maggiore durata erano le essenze disciolte in olio. Non sempre
il colore del prodotto rispecchiava quello ricavato dalla macerazione delle spe-
zie. In molti casi, infatti, il profumo era colorato con l’aggiunta di altri ingre-
dienti: diventava verde con olio di henna, nero con essenza di Mende, bianco
addizionando del rhodinum, giallognolo con l’aggiunta di mirra.43

FRAGRANZE ALLA MODA

Come Teofrasto, anche Plinio indicava una serie di località note per pro-
dotti da toilette. Per la produzione del profumo si distinse l’isola di Delo e
Mende; 44 per quello a base di iris fu nota prima Corinto, poi Cizico; per il
profumo di rose divenne celebre Faselide, la cui fama comunque fu presto
oscurata da Napoli, Capua, Preneste. Per quello allo zafferano fu a lungo nota
Soli di Cilicia, presto superata da Rodi. Allo stesso modo Cos prima si distinse

40 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 1 (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).


41 Teofrasto, Sugli odori 6 ss.; 17 ss.
42 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 1 ss. (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).
43 Teofrasto, Sugli odori 14 ss.; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2 ss. (testo n. 6.2 in Ap-
pendice documentaria).
44 Vedi gli studi di J.P. BRUN , «Laudatissimum fuit antiquitus in Delo insula»: la maison IB du
quartier du stade et la production des perfums à Délos, «BCH», CXXIII, 1999, pp. 87-155; ID., The
production of perfumes in antiquity: the cases of Delos and Paestum, «AJA», CIV, 2000, pp. 277-308.

— 69 —
PARTE SECONDA

per la produzione del profumo di maggiorana, poi preferı̀ produrre quello di


mele cotogne. Non mancavano fragranze ‘doc’ contrassegnate da un «marchio
di fabbrica»: fu cosı̀ per il Panathenaicum prodotto ad Atene o per il Parda-
lium prodotto a Tarso.45
Di alcune fragranze Plinio, al pari di Teofrasto, non mancava di fornire la
ricetta. Tra quelle più note vi era l’Egizio a base di cinnamomo e mirra. A esso
si affiancavano lo stakte composto da mirra, il megalium da resine, olio di ba-
lano, cassia, cinnamomo, mirra. Quest’ultimo si preparava aggiungendo all’o-
lio di balano, fatto bollire per dieci giorni, le sostanze aromatiche. Vi era poi il
profumo a base di mirto, composto da calamo aromatico, cipresso, henna,
lentischio e scorza di melagrana; il rhodinum ricavato da petali di rosa, agre-
sto, olio di zafferano, cinabro, calamo aromatico, miele, giunco profumato,
fiore di sale (o anchusa), vino. Analoga fama avevano il profumo allo zafferano
composto da zafferano, cinabro, anchusa e vino, il melinum a base di olio di
mele cotogne, agresto, olio di henna, olio di sesamo, balsamo, giunco profu-
mato, cannella, abrotano. Le fragranze più delicate erano il susinum preparato
con giglio, olio di balano, calamo aromatico, miele, cinnamomo, zafferano,
mirra, e il cyprinum a base di henna, agresto, cardamomo, calamo aromatico,
aspalato, abrotano e, secondo una variante, cipero, mirra e panacea. Quest’ul-
timo si conservava a lungo con l’aggiunta di olio di sesamo e poteva essere
trasformato in una fragranza extreme addizionando cinnamomo. Noto era an-
che il telinum composto da olio fresco, cipero, calamo aromatico, meliloto,
fieno greco, miele, maro, maggiorana. Vi erano poi le essenze monoflore o mo-
noessenza come il profumo di malobatro, di iris dell’Illirico, di maggiorana di
Cizico.46
Nonostante i costi, non sempre la presenza di essenze preziose era garan-
tita. Alla sua epoca – rilevava Plinio – non mancavano infatti prodotti contraf-
fatti venduti a prezzi esorbitanti, specie quelli preparati con nardo indiano,
pianta che, avendo in natura molte erbe somiglianti seppure di odore meno
intenso, meglio si prestava alla contraffazione.47 Tra i profumi più esosi vi
era quello a base di cinnamomo il cui costo era determinato dagli ingredienti
esotici di cui era composto. Al cinnamomo, importato prevalentemente dal-
l’India e dalla Cina, si univano olio di balano, xilobalsamo, calamo aromatico,

45 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2 (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).


46 Teofrasto, Sugli odori 14 ss.; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 1-6, (testo n. 6.2 in Appen-
dice documentaria). Vedi anche Tabelle in appendice.
47 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 1-6 (testo n. 6.2 in Appendice documentaria). Vedi an-
che Tabelle in appendice.

— 70 —
PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

semi di giunco profumato, balsamo, mirra, miele profumato, per un costo


complessivo che oscillava tra i 35 e i 300 denari. Vi era poi il regale unguentum
– cosı̀ detto perché elaborato inizialmente per il re dei Parti – nella cui pre-
parazione intervenivano mirobalano, costo, amomo, cinnamomo comico, car-
damomo, spiga di nardo, maro, mirra, cannella, storace, ladano, opobalsamo,
calamo aromatico, giunco profumato di Siria, enante, malobatro, sericato,
henna, aspalato, panacea, zafferano, cipero, maggiorana, loto, miele, vino: il
suo costo era dettato dall’importazione dall’Oriente della maggior parte degli
ingredienti.48

LA CONSERVAZIONE DEI PROFUMI

Fu soprattutto il problema della conservazione a preoccupare sia chi crea-


va i profumi, sia chi li usava. Soggetti a un rapido sfiorire per la naturale vo-
latilità delle essenze, le sostanze odorose andavano disciolte in olio. Il compo-
sto veniva conservato in vasetti di piombo o alabastro al fine di preservarlo da
agenti nocivi come il calore e la luce e testato frizionandolo o sul polso, come
rilevava Teofrasto, o sul dorso della mano, come suggeriva Plinio: mai sulla
palma per evitare che il calore lo alterasse.49
Il commercio dei profumi venne accompagnato e forse agevolato dalla
creazione di contenitori per cosı̀ dire di design, in vetro, piombo o alabastro,
ma anche in terracotta atti a contenere gli oli fragranti. I raffinati vasetti egi-
ziani furono affiancati nel mondo greco e in quello romano da lekythoi, ary-
balloi, alabastra, unguentaria spesso elegantemente decorati per un mercato
sempre più evoluto sul quale le famiglie benestanti non esitavano a sperperare
enormi ricchezze.50
Il commercio dell’effimero forse. Lo rilevava Plinio a conclusione del suo
excursus sui profumi: un lusso tra i più vani, a suo dire. Infatti se chi compra-
va perle e pietre preziose poteva lasciarle in eredità, al contrario sperperava il
suo denaro chi lo investiva in profumi, destinati a dissolversi in breve tempo
senza lasciare traccia e, soprattutto, a non essere avvertiti da chi li indossava.

Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2 ss. (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).
48

Teofrasto, Sugli odori 54; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 3 (testo n. 6.2 in Appendice
49
documentaria). Vedi anche Tabelle in appendice.
50 Ad esempio, Erodoto, Storie III 20; Aristofane, Acarnesi 1053; Lisistrata 947; Teocrito, Idillio
XV 114; per altri passi specie dai poeti comici, vedi B. PÜTZ, The symposium and komos in Aristophanes,
Oxford 2007, p. 216 e note 256-257.

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PARTE SECONDA

Un lusso in nome dell’altrui piacere, un universo di essenze ricercate e rare


destinate a attirare e soddisfare i nasi degli altri,51 eppure capace di allietare
i conviti,52 di dare sollievo ad alcune malattie,53 di costituire un valido stru-
mento contro i morsi dei serpenti velenosi,54 di catturare l’attenzione di gene-
rali e re nel corso delle loro imprese militari.55

51 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 4 (testo n. 6.2 in Appendice documentaria).


52 In questo senso la testimonianza più completa è quella di Ateneo: I sofisti a banchetto XV
674f-692e (testo n. 7.1 in Appendice documentaria). Vedi anche Tabelle in appendice.
53 Ad esempio a quelle a carico dell’apparato genitale femminile: Ippocrate, Natura della donna
6; 34 (testi nn. 8.4, 8.5 in Appendice documentaria. Vedi anche Tabelle in appendice).
54 Nicandro, Antidoti contro il morso di animali velenosi 80-97; 564-629 (testi nn. 8.1, 8.2 in Ap-
pendice documentaria).
55 È il caso di Alessandro Magno che, sconfitto a Isso Dario III re dei Persiani (333 a.C.), si im-
possessò tra l’altro dei profumi del nemico custoditi nella tenda reale: Plutarco, Vita di Alessandro
Magno XX 10-13 (testo n. 10.1 in Appendice documentaria).

— 72 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

In questa sezione sono stati raccolti, in traduzione italiana, i passi più si-
gnificativi sul tema del profumo selezionati in funzione degli argomenti trat-
tati nel Sugli odori di Teofrasto, ma anche in relazione ad ambiti-chiave ai qua-
li nell’antichità si legava il complesso mondo delle sostanze aromatiche e degli
odori in genere: è il caso, ad esempio, della filosofia che si interrogò sui sensi e
sull’odorato.
La vastità del tema ha reso impossibile la raccolta di tutti i dati, molti dei
quali (ad esempio, i riferimenti alle sostanze aromatiche nel Corpus Hippocra-
ticum, nelle opere di Galeno e, in genere, nella letteratura di argomento me-
dico dove risulta un ampio impiego di spezie a uso terapeutico) 1 sono segna-
lati a volte – ma a titolo meramente esemplificativo – nel testo, a volte solo in
nota o nelle tabelle finali. Complessivamente, in funzione dell’origine di Teo-
frasto, è stato privilegiato il mondo greco rispetto a quello romano, limitando
a sole citazioni in nota opere importanti sulla profumeria antica come i Cosme-
tici (Medicamina faciei) e l’Arte di amare di Ovidio o notizie rilevanti su pro-
fumi e profumieri riportate da Plauto, Petronio, Marziale, Giovenale.2 Non

1 Basti pensare all’opera di Alessandro di Tralle, Areteo, Dioscoride, Eroziano, Oribasio, Paolo
Egineta, Sorano (vedi ad esempio: L.M.V. TOTELIN, Parfums et huiles perfumées en médicine, in VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfum de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit., pp. 227-232; ID., Hippocratic recipes. Oral and written trasmission of pharmacological knowledge
in fift- and fourth-century B.C., Leiden-Boston 2009, 141 ss., ivi ampia bibliografia). Allo stesso modo
non è stata presa in considerazione la tradizione biblica e la letteratura cristiana nelle quale ci sono
ampi riferimenti al mondo delle sostanze aromatiche (ad esempio Cantico dei cantici, 2 e passim; vedi
BRENNER, Aromatics and perfumes in the Song of the Songs, cit., pp. 75-81; LALLEMAND, Le safran et le
cinnamone dans les Homélies sur le Cantique des cantiques de Grégoire de Nysse, cit., pp. 121-130.
2 Allo stesso modo non ho incluso nel testo le fonti che fanno riferimento alla profumeria
presso gli Egiziani, i Persiani, i Fenici e i Cartaginesi, le popolazioni orientali in genere, gli Etruschi.
Per questi temi, rimando ai contributi presenti in E. BRESCIANI – M.C. GUIDOTTI – A. MENGHINI –
F. SILVANO (eds.), Igiene e bellezza nell’antico Egitto, Catalogo della mostra Sansepolcro 2005, San-
sepolcro 2005; E. BRESCIANI – M.C. GUIDOTTI – A. MENGHINI – R. PAGIOTTI – F. SILVANO (eds.), La
bellezza femminile nell’antico Egitto, Catalogo della mostra Milano 2006, Sansepolcro 2006; VER-
BANCK PIÉRART – MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfums de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée,
cit.; BODIOU – FRÈRE – MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit.; agli Atti in corso di
stampa dei Convegni di Studio su Archéologie des huiles et huiles parfumées en Méditerranée occiden-

— 73 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

sono stati tuttavia esclusi alcuni passi da un’opera tecnica come la Storia Na-
turale di Plinio il Vecchio che, memore della lezione di Teofrasto, la arricchı̀
di nuovi elementi del suo tempo.
In linea di massima l’appendice intende segnalare i diversi ambiti tematici
investiti dal profumo: dalle vicende mitiche che raccontano della metamorfosi
di giovinette e giovinetti in sostanze aromatiche, a eventi e personaggi storici
in diverso modo toccati dal tema del profumo, ai resoconti di geografi e sto-
riografi sulle regioni aromatifere e le vie delle spezie, ad aneddoti di vario ge-
nere. Un panorama ricostruito soprattutto attraverso le fonti letterarie, ma al
quale va affiancata, per un quadro completo, la documentazione epigrafica
– sommariamente segnalata nella relativa sezione – unitamente ai dati numi-
smatici, papiracei, archeologici.3
Se, per un verso, la raccolta intende presentarsi come uno strumento utile
agli specialisti, per un altro, la scelta di presentarne i passi nella sola traduzio-
ne italiana è finalizzata sia a rendere più snello il testo sia, soprattutto, a sti-
molare la curiosità anche dei non addetti ai lavori verso un tema, la profume-
ria, ieri come oggi ricco di fascino.

tale et en Gaule, Roma 16-18 novembre 2009, École française de Rome; e su La vie, la religion et la
mort dans l’univers phénico-punique, VII Congrès International des études phéniciennes et puniques,
Hammamet 10-14 novembre 2009. In tutti fonti e bibliografia relativa. Ringrazio gli amici e colleghi
Vincenzo Bellelli (ISCIMA, CNR, Roma), Dominique Frère (Université de Bretagne - Sud, Lorient),
Maria Intrieri e Adele D’Alessandro (Università degli Studi della Calabria), Mario Iozzo (Soprinten-
denza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze) per avermi fornito queste indicazioni e avermi
inviato i relativi volumi.
3 Per questi dati rimando alla bibliografia specifica segnalata nel testo e alla fine.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

1. LA TOELETTA DI ERA 1

1.1. OMERO, Iliade XIV 159-195


Allora Era divina grandi occhi esitò, cercando
come potesse ingannare la mente di Zeus egı́oco:
questo infine le parve nell’animo il piano migliore
andare sull’Ida, dopo aver ben ornato se stessa,
se mai Zeus bramasse d’abbandonarsi in amore
contro il suo corpo e un sonno caldo e tranquillo
potesse versargli sopra le palpebre e nei pensieri prudenti.
E mosse per andare nel talamo che il figlio le fece,
Efesto, e solide porte ai pilastri adattò,
con chiave segreta; nessun altro dio le può aprire.
Ella, giuntavi, chiuse le porte splendenti.
E con ambrosia prima del corpo desiderabile
tolse ogni sozzura, si unse poi d’olio grasso,
ambrosio, soave, che profumò lei stessa.
Ad agitarlo nella dimora soglia di bronzo di Zeus,
dovunque in terra e in cielo se ne spande il profumo.
Unto con quello il bel corpo e pettinate le chiome,
intrecciò di sua mano le trecce lucenti,
belle, ambrosie, che pendono giù dal capo immortale.
E indosso vestı̀ veste ambrosia, che Atena
le lavorò e ripulı̀, vi mise molti ornamenti;
unı̀ fibbie d’oro se l’affibbiò sopra il petto.
Cinse poi la cintura, bella di cento frange,
nei lobi ben bucati infilò gli orecchini

1 Sul passo vedi BALLABRIGA, La nourriture des dieux et le parfum des déesses: à propos d’«Iliade»
XIV, 170-172, cit. Vedi anche Omero, Iliade XIX 38 ss.; 347 s.; Odissea IV 446.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

a tre perle, grossi come una mora; molta grazia ne splende.


D’un velo coperse il capo la dea luminosa,
nuovo e bello; ed era candido come un sole.
Sotto i morbidi piedi legò i sandali belli,
Poi, dopo che tutti mise gli ornamenti sul corpo,
uscı̀ dal talamo e chiamando Afrodite
in disparte dagli altri dèi, le disse parola:
Ora m’ascolterai, figlia cara, in quello ch’io dico,
o mi darai rifiuto, irata in cuore
perché io ai Danai, tu porgi aiuto ai Troiani?».
[Traduzione di R. CALZECCHI ONESTI, Omero. Iliade, Torino 1950]

2. LE DIMORE DI CALIPSO E PERSEFONE

A. Calipso

2.1. OMERO, Odissea V 59-64


Gran fuoco nel focolare bruciava e lontano un odore
di cedro e di fissile tuia odorava per l’isola,
ardenti; lei dentro, cantando con bella voce
e percorrendo il telaio con spola d’oro, tesseva.
Un bosco intorno alla grotta cresceva, lussureggiante:
ontano, pioppo e cipresso odoroso
[Traduzione di R. CALZECCHI ONESTI, Omero. Odissea, Torino 1950]

B. Persefone

2.2. Inno omerico a Demetra (II) 1-21


Demetra dalle belle chiome, dea veneranda, io comincio a cantare,
e con lei la figlia (Persefone) dalle belle caviglie, che Aidoneo
rapı̀ – lo concedeva Zeus dal tuono profondo, che vede lontano,
eludendo Demetra dalla spada d’oro, dea dalla splendide messi –
mentre giocava con le fanciulle dal florido seno, figlie di Oceano, 5
e coglieva fiori: rose, croco e le belle viole,
sul tenero prato; e gli iris e il giacinto;
e il narciso, che aveva generato, insidia per la fanciulla dal roseo volto,

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

la Terra, per volere di Zeus compiacendo il dio che molti uomini


[accoglie
mirabile fiore raggiante, spettacolo prodigioso, quel giorno,
[per tutti: 10
per gli dèi immortali e per gli uomini mortali.
Dalla sua radice erano sbocciati cento fiori
e all’effluvio fragrante tutto l’ampio cielo, in alto,
e tutta la terra sorrideva e i salsi flutti del mare.
Attonita, ella protese le due mani insieme 15
per cogliere il bel giocattolo: ma si aprı̀ la terra dalle ampie strade
nella pianura di Nisa e ne sorse il dio che molti uomini accoglie,
il figlio di Crono (Ade), che ha molti nomi, con le cavalle immortali.
E afferrata la dea, sul suo carro d’oro, riluttante,
in lacrime, la trascinava via; ed ella gettava alte grida 20
invocando il padre Cronide, eccelso e potente.
[Traduzione di F. CÀSSOLA, Inni Omerici, Milano 1975]

3. I PROFUMI NEI LIRICI GRECI

3.1. ARCHILOCO F 30 EDMONDS


Odoravan d’unguento chioma e seno:
anche un vecchio ella avrebbe innamorato.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.2. SAFFO F 2 LOBEL PAGE


.......................................................
Vieni per me da Creta a questo sacro
tempio, dov’è il bosco tuo leggiadro
di meli, dove odorano d’incenso
le are fumanti.
Fresca mormora l’acqua in mezzo ai rami
dei meli; intorno intorno ombran le rose
tutto il luogo; dalle stormenti fronde
piove sopore.2

2 Su piante e fiori in Saffo, vedi I. WAERN, Flora sapphica, «Eranos», LXX, 1972, pp. 1-11; J.E. RA-
VEN, Plants of Homer, plants of Sappho, in ID., Plants and plant lore in ancient Greece, cit., pp. 49-54.

— 77 —
7
APPENDICE DOCUMENTARIA

E il prato dove pascono i cavalli


è fiorito dei fior di primavera;
odor soave esalano gli aneti
e i meliloti.
Togli dal capo le tue sacre bende,
e dolcemente nelle coppe d’oro,
versa, Cipride, col nettare divino,
anche la gioia.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.3. SAFFO F 44 LOBEL PAGE (Arrivo a Troia degli sposi Ettore e Andromaca)
Giunse correndo Ideo, veloce messaggero,
l’araldo, che recava questo messaggio lieto:
«D’Ilio e di tutta l’Asia gloria immortale è questa:
da Tebe sacra e dalla Placia di acque perenni
Ettore e i suoi compagni giù per il salso mare
conducon sulle navi la delicata Andromaca
dagli occhi vivi e mobili; e braccialetti d’oro
e vesti porporine leggere come il vento,
e leggiadri trastulli, e vasi innumerevoli
d’argento, e molto avorio». Cosı̀ disse. E il caro
padre di Ettore sorse subito; e agli amici
per la città dalle ampie piazze giunse la fama.
E rapide le Iliadi aggiogaron le mule
sotto i cocchi veloci; salı̀ tutta la folla:
matrone e insieme vergini dalle belle caviglie.
In disparte salirono le figlie del re Priamo.
E gli uomini condussero sotto il cocchio i cavalli,
e i giovani.....................................
e gli aurighi..................................
........................................................
Allora il dolce flauto, lo strepito dei crotali
e la cetra si unirono. Cantarono le vergini
con voce chiara il canto sacro e giunse nel ciclo
l’eco stupenda..................................................
e dappertutto nelle strade era gioia...
i crateri e le coppe.......................................................
si mesceva la mirra alla cassia e all’incenso,
e mandavan le anziane tutte un grido di gioia;

— 78 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

cantavano a voce alta gli uomini un bel peana,


invocando il saettante signore della lira;
e cantavano Andromaca ed Ettore divini.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.4. SAFFO F 81b LOBEL PAGE


Tu cingiti, Dica, le chiome di ghirlande leggiadre,
ramicelli intreccia di aneto con le tenere mani.
Liete guardano i fiori Afrodite, le Cariti beate;
allontanano esse lo sguardo da chi non ha ghirlande.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.5. SAFFO F 94 LOBEL PAGE


........................................
Vorrei davvero esser morta.
Ella con molto pianto mi lasciava,
e mi diceva piangendo:
«È triste la nostra sorte,
Saffo, come ti lascio a malincuore!»
Io risposi a lei cosı̀:
«Va lieta, e sempre il ricordo
serba di me: tu sai quanto io ti ho amata.
Tu non lo sai? Ricordarti
voglio quello che tu oblii:
quante gioie godemmo dolci e care.
Molte corone di viole,
di crochi, insieme, e di rose,
cingesti, a me vicina, alle tue chiome,
e ghirlandette intrecciate
dei fiori di primavera
ponesti intorno al collo delicato;
e tutto il corpo spargesti
di molto nardo lucente
tratto dai fiori, e d’unguento regale,
e sopra un molle giaciglio
delle tenere compagne
quietasti l’amoroso desiderio.
Non v’era colle, né sacro

— 79 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

recinto, né pura fonte,


dove non fossimo sempre anche noi.
Non v’era bosco né danza...
..........................................
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.6. SENOFANE F 1 EDMONDS


Ora il pavimento è bello lustro, pulite le mani di tutti
e le tazze: uno ci pone in capo corone intrecciate,
un altro offre una coppa di olio odoroso;
il cratere troneggia, dispensatore di letizia;
altro vino è pronto, che promette di non tradire mai, 5
soave nelle brocche, ha fragranza di fiore;
nel mezzo l’incenso spande profumo di santità;
fresca è l’acqua e dolce e limpida.
Davanti a ognuno pani biondi, la mensa sontuosa
è ricolma di formaggio e miele denso; 10
nel mezzo c’è un altare tutto inghirlandato di fiori,
con canti e danze la festa invade la casa.
Ma prima bisogna, da uomini pii, lodare il dio
con racconti devoti e puri detti;
dopo avere libato e rivolto la preghiera di poter fare 15
ciò che è giusto sempre (questo è il dovere ogni giorno presente),
non è colpa bere quanto si regge, purché poi si sappia
tornare a casa senza un appoggio, se non si è troppo vecchi.
Si lodi l’uomo che nel vino mostra nobili doti,
poiché memoria e impegno mette al servizio di virtù. 20
Non andar dietro alle battaglie di Titani e Giganti,
non dei Centauri, favole degli antichi,
o a contese violente di cittadini, in cui di buono non c’è proprio nulla,
ma degli dèi aver cura sempre, questo è bene.
[Traduzione di R. CHERUBINA, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

3.7. SENOFANE F 3 EDMONDS


Prima dell’aborrita tirannide, dai Lidi
impararono inutili mollezze.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Erano mille in tutto, non di meno. Andavano


al foro in lunghi mantelli di porpora,
spocchiosi, in uno sfoggio di gran capigliature.
Lasciavano una scia balsami fini.
[Traduzione di F.M. PONTANI, Elegia greca arcaica, Torino 1972]

3.8. STESICORO F 10 DIEHL


Molte mele cotogne
buttavan sul cocchio al sovrano,
molte foglie di mirto
e corone di rose
e molli ghirlandette di viole.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.9. IBICO F 315 DAVIES


e i mirti e le viole e l’elicriso
e le mele le rose
e i teneri allori...
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.10. PINDARO, Treni F 129-130 SNELL


Per essi risplende laggiù la fiamma del sole,
mentre qui per noi è notte;
nei prati di rose purpuree,
all’ombra degli olibani,
sorge la loro città,
carica di frutti d’oro.
E chi trova diletto nei cavalli,
chi nei giuochi, nei dadi, nelle cetre;
e per essi fiorisce
ogni felicità.
............................
Dappertutto si spande odor soave
per il luogo bellissimo:
profumi vari sempre
versano sulle are degli dèi,

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APPENDICE DOCUMENTARIA

nella pianura che splende lontano.


..............................
Di lı̀ infinita tenebra gettano i fiumi lenti della notte oscura.
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

3.11. BIONE DI SMIRNE, Epitaffio per Adone


[...] O Cipride, nei boschi non pianger più il tuo sposo.
Un cattivo giaciglio Adone ha sulle fronde;
abbia il tuo letto Adone, Citerea, anche morto.
Anche morto egli è bello: sembra solo che dorma.
Stendilo sulle molli coltri, dove, giacendo,
con te si affaticava nelle notti d’amore,
sul letto tutto d’oro: vuole Adone anche morto.
Gettagli le corone e i fiori: con lui
tutti muoiano i fiori, tutti, come egli è morto.
Bagnalo con gli unguenti siri, con i profumi;
muoian tutti i profumi: il tuo profumo è morto.
Sulle coltri di porpora il molle Adone giace;
piangono intorno a lui e gemono gli Amori. [...] 3
[Traduzione di G. PERROTTA, in U. ALBINI (a cura di), Lirici Greci, Milano 1976]

4. LEGISLATORI, CITTÀ E FILOSOFI CONTRO I PROFUMI

Solone

4.1. ATENEO, I sofisti a banchetto XV 687a


Il saggio Solone 4 nelle sue leggi proibı̀ agli uomini di vendere profumi.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

3 Riferimenti ai profumi ancora in Esiodo, Teogonia 555-557; Teognide 5-10; 825-830 Edmonds;
Pindaro, Olimpica II 70-74. Altri passi sono segnalati da M. BRIAND, Du banquet d’Éros au printemps
des immortels, e BODIOU – MEHL, Sociologie des odeurs en pays grec, entrambi in BODIOU – FRÈRE –
MEHL (eds.), Parfums et odeurs dans l’antiquité, cit., pp. 129-139; 141-163.
4 F 73a Ruschenbush.

— 82 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Sparta

4.2. ATENEO, I sofisti a banchetto XV 686f-687a


Gli Spartani allontanano dalla città coloro che producono profumi, accu-
sandoli di sprecare l’olio d’oliva, e cosı̀ pure quelli |687a| che tingono la lana,
in quanto ne distruggono il candore.5
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

Socrate

4.3. ATENEO, I sofisti a banchetto XIII 611f-612a


Eppure è proprio Lisia,6 nell’orazione intitolata Contro Eschine socratico,
per debiti – e io, indotto dalla vostra grande alterigia, o filosofi, intendo farne
esposizione, anche se il passo è molto lungo –, ebbene, cosı̀ comincia l’oratore:
Non avrei mai creduto, o giudici, che Eschine osasse intentare una causa cosı̀ ver-
gognosa; penso anzi che non avrebbe potuto facilmente trovarne una più degna di un
sicofante. Perché costui, o giudici, doveva del denaro a titolo di interesse, in ragione
di tre dracme al mese, al banchiere Sosinomo e ad Aristogitone; presentatosi da me,
mi chiedeva di non lasciare che a causa degli interessi egli fosse espropriato dei suoi
beni: «Sto mettendo in piedi – disse – un’industria profumiera, e mi serve un capitale
di partenza: ti darò un interesse di nove oboli a mina».

Ah, che glorioso percorso verso la felicità è per un filosofo fare il profu-
miere! Del tutto in linea con il pensiero di Socrate, che bollava l’uso dei pro-
fumi, ma anche con quello del legislatore Solone che non aveva consentito ad
alcun cittadino di svolgere tale attività!
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

5 Vedi anche Seneca, Questioni Naturali IV 13,9: «Gli Spartani espulsero i profumieri dalla città
e subito ordinarono loro di uscire dai loro confini poiché sprecavano l’olio» (traduzione di G. SQUIL-
LACE ).
6 F 1 Thalheim.

— 83 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

4.4. SENOFONTE, Simposio II 3-4


E Callia disse: «Cosa ne dite se ci portano dei profumi in modo tale che ci
possiamo nutrire di dolci fragranze?». «No, no – disse Socrate – ci sono abiti
che si addicono alle donne e abiti che invece si addicono agli uomini. Allo
stesso modo ci sono profumi adatti agli uomini e profumi adatti alle donne.
Certamente nessun uomo si unge con olio profumato per un altro uomo.
La stessa cosa fanno le donne specialmente se si sono sposate da poco, come
la moglie di Nicerato e la moglie di Critobulo. Cosa guadagnerebbero da un
profumo? Esse hanno già il loro odore naturale. E il profumo dell’olio nei gin-
nasi è più gradevole dell’olio profumato per le donne e diventa più desidera-
bile allorché sfuma. E quando una persona, schiava o libera che sia, usa del
profumo, allora ogni cosa emana lo stesso odore. Invece gli odori che proven-
gono dalle fatiche degli uomini liberi hanno bisogno prima di tutto di esercizi
e di molto tempo, per risultare gradevoli e propri degli uomini liberi».
[Traduzione di G. SQUILLACE]

Platone

4.5. PLATONE, Gorgia 465b


Sotto la medicina, dunque, sta, come dicevo, la lusinga culinaria; sotto la
ginnastica, analogamente, la lusinga dell’agghindarsi, malefica, ingannevole,
ignobile e servile, che inganna con figure esteriori, colori, leziosità e vesti, al
punto da fare in modo che gli uomini, preoccupati di attrarre su se stessi
una bellezza estranea, trascurino la propria, quella cioè che si ottiene attraver-
so l’attività ginnica. In sintesi, voglio spiegarmi usando il gergo dei geometri,
perché cosı̀, forse, riuscirai a seguirmi, e voglio dirti che, come l’arte di ag-
ghindarsi sta alla ginnastica, cosı̀ la sofistica sta all’arte della legiferazione, e
che, come la culinaria sta alla medicina, cosı̀ la retorica sta alla giustizia.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

5. ODORI E ODORATO NELLA RIFLESSIONE FILOSOFICA

5.1. PLATONE, Timeo 66d-67a


Per quanto concerne, poi, la capacità delle narici, non vi sono specie da
distinguere. Infatti, ognuno degli odori è un genere dimezzato e nessuna for-

— 84 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

ma è strutturata in modo proporzionale da avere un qualche odore. Le nostre


vene che sono destinate a queste cose, sono molto strette per le forme della
terra e dell’acqua, e troppo larghe per quelle del fuoco e dell’aria. Perciò,
di nessuno di questi elementi alcuno ha mai percepito alcun odore, ma gli
odori si formano sempre di cose che si bagnano, o che infracidiscono o che
si sciolgono, o che evaporano.
Infatti, mutandosi l’acqua in aria e l’aria in acqua, gli odori si formano du-
rante il passaggio intermedio di questi elementi e sono tutti quanti o fumo o
nebbia. E di questi quello che passa da aria in acqua è nebbia, e quello che
passa da acqua in aria è fumo. Perciò, tutti gli odori sono più sottili dell’acqua
e più grossi dell’aria. E questo è evidente quando qualcuno, per un’ostruzione
che ha luogo nella sua respirazione, tiri a forza l’aria dentro di sé. Infatti, in tal
caso, nessun odore fluisce con essa, e l’aria segue da sola privata di tutti gli
odori.
Per questo, dunque, le varietà degli odori sono senza nome, ossia perché
esse non constano di molte specie né di semplici specie, ma si chiamano nei
due modi che soli si possono distinguere, cioè il gradevole e lo sgradevole, l’u-
no che produce irritazione e violenza in tutta quanta la cavità che sta a mezzo
fra il capo e l’ombelico, l’altro che la ammorbidisce e la restituisce gradevol-
mente al suo stato naturale.
[Traduzione di G. REALE, Platone. Timeo, Milano 2003]

5.2. ARISTOTELE, Sull’anima IX 421a-422a


Ciò che riguarda l’odore e l’oggetto dell’odorato è meno facile a determi-
narsi di quanto è stato esposto perché la particolare natura dell’odore non è
cosı̀ chiara come quella del suono, della luce o del colore. La ragione è che
questa sensazione non l’abbiamo perspicua, ma inferiore a molti animali: e
in realtà l’uomo sente gli odori mediocremente e nessun oggetto dell’odorato
avverte senza dolore o piacere, prova che l’organo sensoriale non è in noi per-
spicuo. È cosı̀ presumibilmente che gli animali scleroftalmici percepiscono i
colori e cioè le differenze dei colori non si chiariscono a essi se non dalla paura
che ne ricevono o no. Cosı̀ anche il genere umano per rapporto agli odori. C’è,
a quanto pare, analogia (tra l’odorato) e il gusto e ugualmente tra le specie dei
sapori e quelle degli odori: più perspicuo, però, abbiamo il gusto, per il fatto
che è una forma di tatto e il tatto è nell’uomo il senso più perspicuo: rispetto
agli altri sensi l’uomo rimane indietro a molti animali, ma il tatto lo possiede
incomparabilmente più perspicuo degli altri. Per questo è anche il più intel-
ligente degli animali. Ne è prova che tra gli uomini, proprio grazie all’organo

— 85 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

di questo senso, e a nessun altro, ci sono ben dotati e mal dotati: quelli dalla
carne dura sono mal dotati d’intelligenza, quelli dalla carne molle, ben dotati.
Come i sapori sono uno dolce, l’altro amaro, cosi sono anche gli odori. Alcune
cose, poi, hanno odori e sapori che si corrispondono, dico cioè odore dolce e
sapore dolce, altre il contrario. Cosı̀ pure, l’odore è pungente, aspro, acido,
grasso, ma poiché gli odori, s’è già detto, non sono facilmente distinguibili,
come invece lo sono i sapori, da questi mutuarono le denominazioni, grazie
all’uguaglianza degli oggetti: e infatti l’odore del croco e del miele è dolce,
quello del timo e di altre cose del genere è pungente, e allo stesso modo
per gli altri casi. Come l’udito e ciascun altro senso è senso dell’udibile e
del non udibile, e la vista del visibile e dell’invisibile, anche l’odorato è senso
dell’odoroso e dell’inodore. Inodore è ciò che è quasi assolutamente impossi-
bile abbia odore e ciò che lo ha debole e mediocre: gli stessi significati si dan-
no al non-gustabile. Pure l’odorato si esercita attraverso un mezzo, quale l’aria
o l’acqua: infatti gli animali acquatici, i sanguigni al pari degli esangui, sembra
percepiscano l’odore come quelli che vivono nell’aria: e, in realtà, alcuni di
essi, attirati da un leggero odore, pur da lontano si portano verso il cibo.
Di qui deriva un’ovvia difficoltà, posto che gli animali tutti sentono l’odore
allo stesso modo e l’uomo mentre inspira, perché, quando non ispira ma espi-
ra o trattiene il fiato, non lo sente né da lontano né da vicino, neppure se l’og-
getto gli sia posto nell’interno, sulle narici (che l’oggetto posto sul sensorio
stesso non possa essere percepito è comune a tutti gli animali, ma di non sen-
tire senza inspirare è proprio dell’uomo e l’esperienza lo prova): di conseguen-
za gli animali esangui, dal momento che non inspirano, dovrebbero avere un
senso differente oltre quelli di cui s’è detto. Ma ciò è impossibile se quel che
sentono è davvero odore: la sensazione di una cosa odorosa, sia sgradevole sia
gradevole, è odoramento. Inoltre appare che muoiono sotto l’influsso degli
stessi odori potenti che sono mortali per l’uomo, ad esempio, del bitume, del-
lo zolfo e simili. È necessario dunque che percepiscano gli odori ma senza in-
spirare.
Sembra quindi che nell’uomo tale sensorio differisca da quello degli altri
animali, come i suoi occhi differiscono da quelli degli animali scleroftalmici.
Gli occhi hanno come copertura e quasi come involucro le palpebre e se
non le muove o le solleva, non può vedere: gli scleroftalmici non hanno niente
di tutto ciò, ma percepiscono immediatamente quel che accade nel diafano.
Cosı̀, dunque, sembra che anche l’organo olfattivo in alcuni sia scoperto, al
pari dell’occhio, e che invece, in quanti accolgono l’aria, abbia una copertura
che si rimuove quando inspirano grazie alla dilatazione delle vene e dei pori.
Per questo gli animali che inspirano non sentono l’odore nel liquido: per sen-
tirlo è necessaria l’inspirazione, ma far questo nel liquido è impossibile. L’o-

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

dore appartiene al secco, come il sapore all’umido, e l’organo olfattivo è tale in


potenza.
[Traduzione di R. LAURENTI, in Aristotele. Opere, Bari 1973]

5.3. ARISTOTELE, Sul senso V 442b-445b


Si deve pensare allo stesso modo anche a proposito degli odori: in realtà,
ciò che il secco produce nell’umido, l’umido saporoso lo produce ugualmente
in un altro campo, nell’aria e nell’acqua. Ora noi ammettiamo che il diafano è
comune a questi elementi, ma non è in quanto diafano che l’uno e l’altro sono
odorabili, ma in quanto hanno il potere di lavare e di nettare il secco sapo-
roso: in effetti l’oggetto del gusto si trova non solo nell’aria ma anche nell’ac-
qua. E lo dimostrano i pesci e i crostacei i quali, com’è esperienza, percepi-
scono gli odori, pur non essendo l’aria nell’acqua (che sale alla superficie
quando vi si trova), e non respirano. Se, dunque, si ammette che l’aria e l’ac-
qua sono entrambe umide, la natura del secco saporoso nell’umido è l’odore
e qualsiasi altra cosa di tale natura è odorabile. Che questa affezione dei corpi
derivi dalla sapidità, è chiaro sia dalle cose che hanno odore, sia da quelle che
non l’hanno.
Gli elementi sono inodori, ad esempio il fuoco, l’aria, l’acqua, la terra, per-
ché le loro parti secche e umide non hanno sapore, a meno che non lo pro-
duca qualcosa a essi mescolata. Perciò il mare ha odore: esso, infatti, contiene
sapore e secchezza. E il sale è più odoroso del nitro. Lo dimostra l’olio che
cola dal primo, mentre il nitro è più del sale vicino alla terra. Anche la pietra
è senza odore, perché insipida, mentre il legno è odoroso perché ha sapore:
meno ne hanno i legni acquosi. Ancora: per quanto riguarda i metalli, l’oro
è inodore perché non ha sapore, mentre il bronzo e il ferro sono odorosi.
Quando l’umido dei metalli è stato bruciato, le scorie sono quel che c’è di me-
no odoroso. L’argento e lo stagno sono più odorosi di certi metalli, meno di
altri, perché sono acquosi.
Ritengono taluni che odore sia l’esalazione fumosa, la quale è un compo-
sto di terra e di aria (e tutti sono portati ad abbracciare tale opinione sull’o-
dore). Per questo anche Eraclito ha sostenuto che se tutte le cose diventassero
fumo, le narici le discernerebbero. Per quanto riguarda l’odore, tutti sono in-
clini a riportarlo (a tale causa), ma gli uni pretendono che è vapore, altri che è
esalazione, altri, infine, tutt’e due le cose. Ora il vapore è una sorta di umidità,
e l’esalazione fumosa, come s’è detto, è un composto di aria e di terra: per
condensazione si forma dal vapore l’acqua, dall’esalazione una specie di terra.
Ma l’odore pare che non sia né l’una né l’altra: il vapore è d’acqua, l’esalazione

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APPENDICE DOCUMENTARIA

fumosa è impossibile si produca nell’acqua, anche se le creature acquatiche


percepiscono gli odori, come s’è già detto.
Inoltre la teoria delle esalazioni è considerata sullo stesso piano che quella
delle emanazioni – e se l’una non è giusta, neppure l’altra lo sarà. È chiaro
dunque che l’umido, sia quello che è nell’aria sia quello che è nell’acqua
può ricevere e subire qualche modificazione da parte del secco saporoso per-
ché l’aria è per sua natura umida. Inoltre se il secco produce nei liquidi e nel-
l’aria l’effetto come di qualcosa lavato in essi, è chiaro che gli odori devono
essere analoghi ai sapori. Ora questo si verifica in taluni casi: infatti gli odori
sono pungenti, dolci, aspri, forti e grassi e si dirà che odori fetidi sono analo-
ghi a sapori amari – per cui, com’è difficile bere sapori amari, difficile è pure
respirare odori fetidi. È chiaro, dunque, che ciò che nell’acqua è il sapore, tale
è nell’aria e nell’acqua l’odore: per questo il freddo e il congelamento attuti-
scono i sapori e annullano gli odori: infatti il freddo e il congelamento distrug-
gono il caldo che muove ed elabora gli uni e gli altri.
Ci sono due specie di odoroso: non è vero, come dicono alcuni, che non ci
sono specie di odoroso: ce ne sono, invece. Bisogna spiegare in che senso tali
specie ci siano e in che senso non ci siano. L’una classe di odori è parallela a
quella dei sapori, come abbiamo detto, e quindi hanno il gradevole e lo sgra-
devole per accidente. Poiché sono affezioni dell’alimento, gli odori di tali cose
sono graditi a chi ne sente desiderio, mentre non riescono graditi a quelli che
sono sazi e non ne sentono il bisogno e neppure a quanti non piace un cibo di
tale sapore. Per conseguenza, questi odori, come s’è detto, hanno in sé il gra-
devole e lo sgradevole per accidente e pertanto sono comuni a tutti gli animali.
Ma ci sono pure taluni odori gradevoli di per sé stessi, ad esempio quelli dei
fiori: non ci sollecitano né molto né poco verso il cibo né concorrono a pro-
vocarne il desiderio, anzi è piuttosto il contrario, che è vero il verso di Strat-
tide 6 bis volto a ridicolizzare Euripide «quando cuocete lenticchie, non versa-
teci aromi». Quelli che adesso introducono nelle bevande sostanze con tali
proprietà forzano il senso del piacere abituandolo ad esse, finché dalle due
sensazioni derivi il piacere come potrebbe derivare da una sola. Questa specie
di odori è, dunque, propria degli uomini, mentre l’odore che si rapporta ai
sapori è proprio anche degli altri animali, come già si è detto. E poiché questi
odori sono graditi per accidente, si dividono anch’essi in tante specie quanti
sono i differenti sapori. Il che non vale per l’altra specie di odori, perché la
loro natura è di per se stessa gradevole o sgradevole. Il motivo per cui tali
odori sono propri dell’uomo va ricercato nella particolare condizione della re-

6 bis F 47 Kassel-Austin.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

gione cerebrale. Il cervello è per natura freddo e il sangue che contiene nelle
vene è leggero e puro, ma facile a raffreddarsi (per questo l’evaporazione del
cibo raffreddata dalla natura del luogo produce malsani reumi): pertanto tale
specie di odori esiste presso gli uomini a salvaguardia della loro salute: essa
non ha altro compito che questo e lo compie, come si vede: infatti il cibo,
pur essendo gradito, sia secco sia umido, spesso fa male, mentre l’odore
che viene dall’oggetto odoroso di per sé è, per cosi dire, sempre giovevole,
qualunque siano le condizioni dell’individuo.
Pure per questo motivo la percezione degli odori avviene mediante l’inspi-
razione, non in tutti gli animali ma negli uomini e tra gli animali sanguigni nei
quadrupedi e in quanti partecipano in maggior quantità della sostanza dell’a-
ria, perché quando gli odori, per la leggerezza del calore ch’è in essi, salgono al
cervello, provocano uno stato di salute in questa regione – e infatti la potenza
dell’odore è per sua natura calda. Cosi la natura impiega la respirazione per
due scopi, uno primario, come difesa del petto, l’altro accessorio, per sentire
gli odori – in effetti, quando uno respira, l’odore entra attraverso le narici come
dalla porta laterale. Ma la percezione della seconda classe di odori è propria
della natura dell’uomo perché, in rapporto alla sua grandezza, l’uomo possiede
il cervello più grosso e più umido degli altri animali: e perciò, per cosı̀ dire, solo
tra gli esseri viventi l’uomo percepisce e gode gli odori dei fiori e di simili altre
cose: infatti il calore e lo stimolo di questi odori è commisurato all’eccesso di
umidità e di freddo di questa regione. A tutti gli altri che hanno il polmone la
natura ha concesso la percezione di uno dei due generi di odori mediante la
respirazione, per non fare due sensori distinti, perché, come agli uomini basta
la sensazione che mediante la respirazione hanno di entrambe le specie di odo-
ri, cosı̀ agli altri animali basta la sensazione di una specie di odori soltanto.
Ma è chiaro che anche gli animali che non respirano possiedono la sensa-
zione dell’odore: in effetti i pesci e la razza tutta degli insetti, a causa della spe-
cie dell’odore rapportata al nutrimento, avvertano molto accuratamente e da
lontano il proprio cibo, pur distandone molto: cosı̀ le api e quella specie di
formiche piccine che chiamano ‘cnipe’ e tra gli animali marini i cosiddetti mu-
rici e molti altri di tal genere avvertono acutamente il cibo mediante l’odore.
Non è però ugualmente chiaro con quale organo l’avvertano. Si potrebbe anzi
chiedere con quale organo avvertano l’odore, se è vero che l’odoramento av-
viene unicamente mediante la respirazione (e ciò si verifica, com’è esperienza,
in tutti gli animali che respirano): ma nessuno di quelli respira e tuttavia sente
l’odore – a meno che non ci sia un altro senso oltre i cinque. Ma ciò non è
possibile. L’odorato è il senso dell’odorabile e quegli animali percepiscono l’o-
dorabile, se anche non allo stesso modo: in quelli che respirano, la corrente
d’aria solleva qualcosa posto sulla membrana come una specie di opercolo

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APPENDICE DOCUMENTARIA

(e quindi se non respirano non percepiscono gli odori), in quelli che non re-
spirano tale opercolo è soppresso, come per quanto riguarda gli occhi alcuni
animali hanno le palpebre e non possono vedere se non le sollevano, mentre
gli scleroftalmici non ne sono forniti e quindi non hanno bisogno di qualcosa
che le sollevi, ma vedono subito appena hanno la possibilità di vedere.
Cosı̀ pure nessuno degli altri animali, qualunque esso sia, soffre per l’odo-
re dei corpi fetidi per se stessi, a meno che non ci si trovi qualcosa di perni-
cioso: e tuttavia da questi odori essi sono distrutti, come gli uomini che hanno
il capo appesantito dal vapore del carbone e spesso muoiono: cosı̀ pure gli al-
tri animali sono distrutti dall’esalazione violenta dello zolfo e di sostanze bitu-
minose e le evitano per i perniciosi effetti. Ma del cattivo odore per se stesso
non si danno cura (e sı̀ che molte piante mandano odori disgustosi) a meno
che non abbia qualche effetto sul loro gusto o sul loro cibo.
Poiché i sensi sono di numero dispari e il numero dispari ha un centro, il
senso dell’odorato pare che occupi tale posizione centrale tra i sensi che si
esercitano per contatto, come il tatto e il gusto, e quelli che sentono attraverso
un mezzo estraneo al soggetto, come la vista e l’udito. Perciò l’odorabile è una
proprietà delle sostanze nutrienti (che rientrano nelle cose tattili) e di quel che
si ascolta e si vede – e perciò si sentono gli odori in acqua e in aria. Di con-
seguenza l’odorabile è qualcosa di comune a entrambi e si trova nell’oggetto
del tatto, dell’udito e nel diafano. Per questo è stato ragionevolmente parago-
nato a qualcosa come un’immersione o un lavaggio del secco nell’umido e nel
liquido. Basti quel che s’è detto per spiegare in che senso si deve parlare delle
specie dell’odoroso e in che senso no.
Non è giusto quel che dicono taluni Pitagorici: asseriscono cioè che certi
animali si nutrono di odori. In primo luogo vediamo che il nutrimento dev’es-
sere composito perché non sono semplici i corpi che si nutrono, e poi dal nu-
trimento si producono residui sia negli organismi sia fuori degli organismi, ad
esempio nelle piante. Neppure l’acqua può nutrire da sola e cioè non mescola-
ta: quel che deve formare qualcosa di solido, dev’essere corporeo. Anche meno
concepibile è che l’aria prenda corpo. Ma, oltre questo, c’è il fatto che tutti
gli animali hanno un ricettacolo per il cibo: di qui, quando il cibo è entrato, il
corpo l’assorbe. Ora il sensorio che percepisce gli odori è in testa e l’odore en-
tra nell’organismo con l’esalazione dell’aria inspirata in modo che poi vada nel-
la regione respiratoria. È evidente, quindi, che l’odore, in quanto odore, non
concorre in niente al nutrimento. Ma che concorra alla salute è evidente sia dal-
l’immediata percezione, sia da quanto s’è detto. Di conseguenza, ciò che il sa-
pore è nel nutrimento e rispetto a quelli che si nutrono, lo stesso è l’odore ri-
spetto alla salute. Bastino tali precisazioni a proposito di ciascun sensorio.
[Traduzione di R. LAURENTI, in Aristotele. Opere, Bari 1973]

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

5.4. PSEUDO ARISTOTELE, Problemi XII 1-13, 906a, 22-907b,19


1. Perché, a distanza ravvicinata, percepiamo meno le esalazioni delle so-
stanze aromatiche che bruciano? Forse perché (nella propagazione a distanza)
l’effluvio, mescolandosi all’aria, cala d’intensità, e quindi risulta più gradevole
all’olfatto, cosi come la mirra (oleosa) usata a scopo terapeutico? O può anche
verificarsi, al contrario, che il fuoco bruciando le sostanze aromatiche ne an-
nulli il profumo? Di fatto è dalla combustione degli aromi che si sprigiona il
profumo. Perciò anche in prossimità dei carboni ardenti non si avverte odore,
ma a maggiore distanza l’esalazione odorosa si manifesta più pura e molto pe-
netrante.
2. Perché il profumo sia degli aromi che bruciano sia dei fiori è meno gra-
devole da vicino? Forse perché (da vicino) si accompagnano al profumo anche
minute particelle terrose, le quali per il loro peso precipitano prima, e perciò a
maggiore distanza l’effluvio arriva depurato? O è perché l’effluvio non rag-
giunge la sua massima intensità né quando la sorgente (della combustione)
è vicina, né quando è troppo lontana? Di fatto nel primo caso l’effluvio non
è ancora consistente e nel secondo si disperde.
3. È vero o è falso? E se è vero, perché avviene il fenomeno? Si dice che gli
alberi investiti dall’arcobaleno diventino profumati. È dunque evidente che né
tutti gli alberi né sempre diventino profumati; spesso infatti dopo l’apparizio-
ne dell’arcobaleno gli alberi non palesano alcun effetto; quando poi profuma-
no – e qualche volta accade, donde la diceria corrente – il fenomeno non si
verifica su ogni specie di legno. E la causa dev’essere attribuita all’arcobaleno
solo per accidente, soprattutto perché l’arcobaleno non è un’entità fisica, ma
un effetto prodotto sull’occhio dalla rifrazione. Questo fenomeno, come si è
detto, non si produce nel legno indipendentemente dalla sua qualità: difatti
non sugli alberi verdi né su quelli secchi bensı̀ sul legno appena bruciato i pa-
stori dicono che l’odore è avvertibile dopo le piogge concomitanti con l’arco-
baleno, e soprattutto laddove allignino l’aspalato, il ramno e le piante i cui fio-
ri sono profumati. E la causa del profumo è la stessa che agisce anche nel caso
della terra: quando infatti è surriscaldata e arsa, qualunque suo prodotto ini-
zialmente ha odore dolce, giacché le sostanze scarsamente umide, stando per
un certo tempo sul fuoco, emanano profumo, in quanto il calore assorbe l’u-
mido. Ciò spiega perché su tutta la terra le parti esposte al sole profumino più
di quelle esposte a settentrione, e tra le regioni soleggiate quelle rivolte a
oriente profumino più di quelle esposte a mezzogiorno: difatti il suolo della
Siria e dell’Arabia è di qualità più terrosa mentre la Libia è sabbiosa e arida.
L’umido in effetti non dev’essere eccessivo (in tal caso è difficile a smal-
tirsi), né deve mancare del tutto (altrimenti non c’è evaporazione): è questa

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APPENDICE DOCUMENTARIA

la condizione in cui sono sia il legno bruciato di recente sia quello che appar-
tiene alla specie odorosa. Il fenomeno si evidenzia attraverso i fiori, giacché è
attraverso essi che il legno effonde l’odore. Comunemente però si crede che il
profumo emani dagli alberi sui quali è caduto l’arcobaleno, per il solo fatto
che il fenomeno dell’arcobaleno non può avvenire senza la pioggia; in realtà
è il legno bagnato che in forza del calore interno assorbe e sprigiona sotto for-
ma di vapore l’umido in esso formatosi. Né la pioggia dev’essere copiosa: in
quantità rilevante impregnerebbe troppo il legno ed estinguerebbe il calore in
esso causato dall’azione del fuoco. E dopo l’arcobaleno le gocce d’acqua ca-
dono non fitte, ma piuttosto scarse; e se anche apparissero più arcobaleni, la
pioggia non risulterebbe mai copiosa, bensı̀ frequenti e minute sarebbero le
gocce d’acqua (in sospensione nell’atmosfera). Perciò, in presenza del fenome-
no, la gente, non notando nulla di nuovo tranne l’arcobaleno, a ragione attri-
buisce a esso la causa del profumo.
4. Perché i fiori e gli aromi in combustione da maggiore distanza emanano
profumo più gradevole mentre da vicino i primi sentono più di erba e i secon-
di di fumo? È perché l’odore è in qualche modo calore, e le sostanze odorose
contengono calore, e ciò che è caldo è leggero. Per questo motivo quindi,
quando fiori e aromi sono a una maggiore distanza, il loro profumo risulta me-
no inquinato dai concomitanti sentori emanati dalle foglie e dal fumo, che è
vapore acqueo; quando invece sono a distanza ravvicinata, gli odori commisti
sono percettibili unitamente a quelli delle piante in cui si trovano.
5. Perché ogni cosa quand’è in movimento diffonde meglio il suo profu-
mo? È perché impregna una quantità d’aria maggiore che non quando è fer-
ma. Ne consegue che l’odore perviene più rapidamente al nostro senso.
6. Perché la nostra capacità olfattiva d’inverno è minore e nei giorni di ge-
lo addirittura nulla? È perché in ambiente freddo l’aria ha minore mobilità;
quindi lo stimolo proveniente dal corpo odoroso non ci perviene con uguale
intensità per la difficoltà di spostamento sia dell’effluvio che dell’aria, nella
quale esso si trova.
7. Perché gli aromi bruciati sulla cenere emanano un profumo più pene-
trante che sul fuoco, ma quando bruciano sulla cenere conservano più intenso
e persistente il loro profumo? È perché sulla cenere la sostanza odorosa si con-
suma più lentamente e perciò dura anche di più. Il fuoco, per contro, esauren-
do rapidamente la forza delle sostanze aromatiche, ne altera l’odore, giacché il
processo di combustione altera qualitativamente la sostanza che brucia.
8. Perché le rose dal ‘centro’ ruvido profumano più che quelle col ‘centro’
liscio? È perché tutto ciò che conserva le sue caratteristiche naturali ha odore
più soave. La rosa per sua natura è spinosa; quindi (quella col centro ruvido),
meglio conservando le proprietà naturali, è più profumata.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

9. Perché il profumo degli aromi e dei fiori da vicino è meno intenso? È


perché da vicino si trasmette insieme all’odore anche la componente terrosa;
di conseguenza questa, mescolandosi in quantità omogenea, attenua l’intensità
odorosa e la scia del profumo allontanandosi si dissolve. Per questo motivo
anche i fiori, quando vengono stropicciati, (per lo smuoversi dell’elemento
terroso) perdono il profumo.
10. Gli odori sono esalazioni di fumo o di vapore? Di fatto c’è differenza,
in quanto il fumo si origina dal fuoco mentre il vapore si produce anche in-
dipendentemente da esso. Ancora: è dall’organo di senso che un effluvio ar-
riva ai corpi odorosi, o da questi perviene all’olfatto, muovendo di continuo
l’aria circostante? E se (è vero che) deriva dalle sostanze odorose, ci aspette-
remmo che esso si affievolisse; invece constatiamo che, quanto più le sostanze
sono odorose, tanto più durano.
11. Perché gli aromi bruciati sulla cenere emanano un profumo più pe-
netrante che se bruciati sul fuoco? È perché sulla cenere la sostanza odorosa
si consuma più lentamente e perciò dura più a lungo. Quindi insieme alla
sostanza odorosa brucia anche gran parte dell’elemento terroso trasforman-
dosi in fumo. Il fuoco, per contro, distrugge prima la componente terrosa
degli aromi, sicché l’odore senza il fumo perviene all’olfatto più puro e di-
stinto. Perciò anche i fiori, quando vengono sfregati, perdono il profumo.
Lo sfregamento smuove l’elemento terroso e il calore tenue non riesce a di-
struggerlo.
12. Perché le sostanze di odore dolce – siano semi o piante erbacee – fa-
cilitano la diuresi? È perché sono calde e leggere, e le sostanze di questo ge-
nere sono diuretiche. Il calore che è in esse le rende presto leggere e l’odore
non ha consistenza materiale, poiché anche le piante di odore forte, come ad
esempio gli agli, in virtù del loro calore sono sı̀ diuretiche, ma hanno maggior
potere dissolvente. E i semi di odore dolce sono caldi, perché generalmente
l’odore è causato da calore. Peraltro le sostanze maleodoranti non vengono
elaborate; per essere anche diuretiche, dovrebbero invece non solo essere cal-
de, ma altresı̀ ben elaborate, affinché, defluendo insieme agli umori, li elimi-
nino.
13. Perché mai i vini temperati con acqua perdono l’aroma più presto che i
vini puri? È perché il vino annacquato è meno vigoroso di quello puro; e ciò
che è più debole cede in ogni caso al più forte. Inoltre, il vino diluito risponde
all’uso più di quello puro e cosı̀ meglio riesce a combinarsi con qualsiasi ele-
mento e a recepire una di quelle qualità che prima non aveva. Pertanto il vino
puro conserva l’aroma, quello allungato con acqua lo perde.
[Traduzione di G. MARENGHI, [Aristotele]. Profumi e miasmi, Napoli 1991]

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8
APPENDICE DOCUMENTARIA

5.5. EMPEDOCLE 31a 11 DIELS-KRANZ


Empedocle di Agrigento vinse con i cavalli a Olimpia ma, da seguace di
Pitagora qual era, astenendosi dal mangiare animali, fece plasmare un bue
di mirra, di incenso e di altri preziosi aromi e lo divise tra quanti erano pre-
senti alla festa.
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

5.6. DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi VI 2,66


A un tale che si spargeva di unguento le chiome (Diogene di Sinope) disse:
«Bada che il profumo della tua testa non apporti cattivo odore alla tua vita».
[Traduzione di M. GIGANTE, Diogene Laerzio. Vite dei filosofi, Roma-Bari 1991]

5.7. TELES (ed. Hense, p. 12)


Diogene (di Sinope) si recò in un negozio di profumi e chiese quanto co-
stasse una cotila di henna. «Una mina» rispose il venditore. «La città è cara»,
esclamò allora Diogene.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

6. UN ‘MANUALE’ DELLA PROFUMERIA ANTICA

6.1. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale, libro XII


(1) Questi, suddivisi per specie e descritti nei singoli particolari, sono i ca-
ratteri di ciascun essere animato di cui si è potuta acquisire conoscenza. Re-
sta ora da parlare di ciò che la terra produce, nemmeno questo senza il re-
spiro – giacché niente può vivere se ne è privo –, e di ciò che dalla terra si
estrae, in modo che non sia taciuta nessuna delle opere della natura. Per molto
tempo i suoi benefici rimasero nascosti e alberi e boschi erano considerati il
dono più grande fatto all’uomo. Da questi in origine egli traeva il proprio ali-
mento, le loro fronde rendevano più morbide le caverne e dalle loro cortecce
si facevano le vesti: ancora adesso ci sono genti che conducono questo tipo di
vita. Perciò tanto più ci meraviglia che, malgrado tali origini, oggi si taglino i
monti in blocchi di marmo, si vadano a prendere le vesti nel paese dei Seri, si
vada a cercare la perla negli abissi del Mar Rosso e lo smeraldo nelle viscere

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

della terra. E per di più si è inventato di bucare le orecchie: non bastava – è


chiaro – portare i preziosi al collo, tra i capelli o alle mani, dovevano essere
conficcati anche nel corpo. Per questi motivi è bene seguire lo sviluppo della
vita umana e parlare degli alberi prima del resto, modellando il nostro com-
portamento sulle origini.
(2) Proprio gli alberi erano i templi dedicati alle divinità e ancora adesso,
secondo un rito antico, la gente semplice di campagna consacra a un dio l’al-
bero più bello. D’altronde le statue splendenti d’oro e d’avorio non suscitano
in noi maggiore venerazione che i boschi sacri e il loro stesso silenzio. Alcune
specie di alberi sono oggetto di una continua protezione in quanto dedicate
ciascuna a una sua propria divinità, come il farnetto a Giove, l’alloro ad Apol-
lo, l’olivo a Minerva, il mirto a Venere, il pioppo a Ercole. Inoltre crediamo
che i boschi siano popolati da Silvani, Fauni e varie specie di dee, attribuendo
alle selve divinità peculiari, come se fossero scese dal cielo. In seguito gli alberi
con frutti dal succo più dolce dei cereali hanno reso più mite la sorte dell’uo-
mo. Da questi proviene il liquore d’oliva che rilassa le membra e la bevanda
del vino che ricrea le forze, poi tanti frutti saporiti che nascono spontanea-
mente nel corso dell’anno e le portate che, benché per esse si lotti con le fiere
e si vada in cerca di pesci che si sono nutriti dei corpi dei naufraghi, ancora
oggi si chiamano ‘seconde’.
Oltre a questi, mille altri sono gli usi degli alberi, in mancanza dei quali
non sarebbe possibile vivere. Con l’albero solchiamo i mari e avviciniamo le
terre una all’altra, con l’albero costruiamo le case. Di legno erano anche le sta-
tue degli dèi, quando non si attribuiva ancora alcun valore al cadavere degli
elefanti e non facevano ancora spettacolo di sé intagliati nel medesimo avorio
i volti delle divinità e i piedi dei tavoli: una sottomissione al lusso, questa, che
ha origine dagli stessi dèi. Si dice che i Galli, chiusi allora dalle Alpi come da
un muro inespugnabile, la prima volta che si riversarono in Italia ebbero que-
sta motivazione: uno della loro nazione, l’elvetico Elicone, aveva soggiornato a
Roma per fare il fabbro e al ritorno aveva portato con sé fichi secchi, uva e
assaggi di olio e vino. Sarebbero perciò scusabili per aver cercato di procac-
ciarsi, anche con la guerra questi prodotti.
(3) Ma chi non avrebbe ragione di stupirsi che un albero sia stato impor-
tato da un paese diverso solo per la sua ombra? È il platano, introdotto pri-
ma nel mare Ionio fino all’isola di Diomede per ornare la sua tomba; di lı̀
passò in Sicilia e fu tra i primi alberi giunti in Italia, adesso è arrivato fino
ai Morini e occupa anche un terreno soggetto a tributi, di modo che le po-
polazioni ivi stanziate devono pagare una tassa persino per l’ombra. Dioni-
sio il Vecchio, tiranno della Sicilia, lo portò nella città di Reggio per ornare
con effetti meravigliosi la propria dimora, dove poi fu fatta una palestra; in

— 95 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

alcune fonti si trova che la pianta non riuscı̀ a completare il proprio svilup-
po in ampiezza, e che ve ne erano stati altri esemplari in Italia e specialmen-
te in Spagna.
(4) Questo accadeva verso l’epoca della presa di Roma; da allora il platano
è cresciuto tanto in onore che lo si nutre innaffiandolo col vino. Si è appurato
che esso fa molto bene alle radici e cosi abbiamo insegnato a bere il vino an-
che agli alberi.
(5) I primi platani a essere famosi furono quelli situati nella passeggiata
dell’Accademia di Atene; uno aveva una radice di 33 cubiti, più lunga dei rami.
Ora è celebre un platano della Licia, al cui incanto si unisce quello di una fon-
te di acqua fresca: posto sulla strada, ha dentro di sé una caverna di ottantuno
piedi che forma come un alloggio; la sua cima sembra un bosco, si circonda di
rami grandi come alberi, avvolge i campi con le sue grandi ombre e, perché
non manchi nulla all’aspetto di una spelonca, dentro, all’orlo dell’incavatura,
c’è una corona di sassi di pietra pomice muscosa; una tale meraviglia che Li-
cinio Mudano, tre volte console e poco tempo fa legato di quella provincia, ha
creduto suo dovere tramandare anche ai posteri che vi fece dentro un ban-
chetto con diciassette commensali su letti di fronde forniti generosamente dal-
l’albero stesso, al riparo da ogni vento, e vi dormı̀ anche, più contento del pia-
cere che gli dava ascoltare il crepitı̀o della pioggia sulle foglie, che se fosse
stato tra marmi splendenti, pitture variopinte e soffitti dorati. Un altro caso
è quello dell’imperatore Gaio, che nella campagna di Velletri poté ammirare
in uno stesso platano la lunghezza dei rami e la loro larghezza, tale da offrire
comodi scanni: fece un banchetto (cosı̀ lui stesso costituiva parte dell’ombra)
in questa sala da pranzo che poteva contenere quindici convitati più la servitù,
e la chiamò ‘il nido’. A Gortina nell’isola di Creta c’è presso una fonte un pla-
tano famoso, celebrato da scrittori greci e latini: poiché non lascia mai cadere
le foglie, subito ne venne fuori una di quelle storie leggendarie tipiche della
Grecia: dicono che lı̀ sotto Giove giacque con Europa, come se non vi fossero
altri platani della medesima specie a Cipro. Ma i platani generati dai semi di
quello, che dapprima furono piantati nella stessa Creta – la natura umana, si
sa, è desiderosa di novità – conservarono il solito limite della specie: per nien-
t’altro quest’albero è utile se non perché ripara dal sole l’estate e lo lascia pas-
sare in inverno. In seguito, al tempo dell’impero di Claudio, un liberto di Mar-
cello Esernino, ma che per acquistare potere si era fatto accogliere fra i liberti
dell’imperatore (era un eunuco tessalo ricchissimo), trasferı̀ a sua volta questa
specie di albero in Italia, nella sua villa di campagna, e a ragione si potrebbe
definire anche lui un secondo Dionisio. Le meraviglie di altre terre si manten-
gono anche in Italia, oltre naturalmente a quelle che l’Italia stessa ha esco-
gitate.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

(6) Esistono anche dei platani detti platani nani, che sono costretti artifi-
cialmente a rimanere di piccola altezza, perché abbiamo inventato pure l’abor-
to per le piante. Anche parlando delle specie arboree, dunque, dovremo men-
zionare la sventurata sorte dei nani, alla quale esse approdano sia per il modo
in cui vengono piantate sia con la pratica della potatura. Gaio Mazio dell’or-
dine equestre, amico del divino Augusto, fu colui che per primo inventò l’arte
di tosare i boschi in varie fogge 80 anni or sono.
(7) Provengono da altre terre anche i ciliegi, i peschi e tutti quegli alberi
che hanno nomi greci o esotici: ma quelli che ormai si annoverano fra gli auto-
ctoni saranno trattati nel libro degli alberi da frutta. Adesso passeremo in ras-
segna gli alberi esotici iniziando dal più benefico. Il melo d’Assiria, detto al-
trimenti il melo di Media, ha l’effetto di antidoto contro i veleni. Le sue foglie
sono quelle del corbezzolo e a esse si interpongono delle spine. Il suo frutto
non si mangia, ma questa specie si distingue anche per l’odore delle foglie: se
si ripongono insieme ai vestiti, l’odore si trasmette a questi e li preserva dai
danni degli insetti. L’albero da parte sua produce frutti in tutte le stagioni:
quando gli uni cadono, ve ne sono altri in via di maturazione e altri ancora
che cominciano a formarsi. Alcuni popoli tentarono di trapiantarlo nel pro-
prio territorio per le sue proprietà medicinali, trasportandolo in vasi di terra-
cotta nei quali avevano praticato dei buchi per far respirare le radici (un pro-
cedimento questo che sarà opportuno ricordare – ne parlo ora una volta per
tutte – quale il più adatto per i trasferimenti e i trapianti di qualsiasi specie
vegetale a grande distanza). Ma si è riprodotto solo in Media e in Persia. È
questo l’albero i cui semi, come abbiamo detto, i nobili Parti facevano cuocere
insieme ai cibi per profumarsi l’alito. Nessun altro albero degno di menzione
cresce in Media.
(8) Parlando dei Seri, abbiamo già trattato delle piante da lana che cre-
scono nel loro paese, ugualmente a proposito dell’India si è menzionata la
grandezza dei suoi alberi. Uno di quelli che vi crescono, l’ebano, l’ha celebra-
to Virgilio,7 il quale afferma che non si trova in nessun’altra regione. Erodo-
to 8 invece faceva intendere che cresceva in Etiopia, riferendo che gli Etiopi
pagavano ogni due anni quale tributo ai re persiani cento tronchi di ebano
oltre all’oro e all’avorio. Sarà il caso di ricordare anche, giacché lo storico
lo menziona, che gli Etiopi in quell’occasione pagavano venti zanne di elefan-
te. Questo era il valore dell’avorio nell’anno 310 dalla fondazione di Roma
(444 a.C.): allora quello storico scriveva a Turi in Italia; è quindi sorprendente

7 Georgiche II 116 ss.


8 III 97.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

il credito prestatogli quando afferma che al suo tempo non si trovava nessuno
né in Asia né in Grecia che avesse visto il fiume Po. La descrizione dell’Etiopia,
che – lo abbiamo ricordato – è stata da poco riferita all’imperatore Nerone,
mostra che gli alberi sono rari da Siene, al confine dell’impero, fino a Meroe
per un’estensione di 996 miglia e non vi si trova altro che palme. Questa forse
la ragione per cui l’ebano figura nell’imposizione del tributo al terzo posto.
(9) Pompeo Magno lo mostrò a Roma nel trionfo su Mitridate. Fabiano
sostiene che non è combustibile, invece brucia sprigionando un profumo pia-
cevole. Ne esistono due specie: una rara, ed è la migliore, cresce in forma di
albero e ha un legno compatto senza nodi e un colore nero lucido, bello a ve-
dersi anche se non è lavorato; l’altra cresce ad arbusti come il citiso ed è dif-
fusa per tutta l’India.
(10) Nell’India cresce anche una pianta spinosa simile all’ebano, ma basta
accostarvi una lucerna che il fuoco vi si attacca subito. Ora passeremo in ras-
segna le piante che destarono la meraviglia di Alessandro Magno vincitore,
quando gli si dischiuse quella parte del mondo.
(11) Cresce là un fico dai frutti eccellenti, che si riproduce costantemente
da solo. Si allarga in rami estesi, i più bassi dei quali si curvano verso terra al
punto che nel giro di un anno vi si radicano e procreano a loro volta in circolo
attorno all’albero madre, formando un disegno che sembra opera di un giar-
diniere esperto. I pastori stanno d’estate all’interno di quel recinto, ombroso e
insieme ben protetto dall’albero, che con la sua chioma a volta offre un pre-
gevole spettacolo a chi lo guarda dal basso o da lontano. I rami superiori si
levano in alto dal grande tronco della madre formando una folta vegetazione:
la maggior parte di questi alberi si estendono per una circonferenza di 60 passi
e coprono con la loro ombra un’estensione di due stadi. Hanno le foglie lar-
ghe a forma di scudo d’Amazzone: 9 per questo il frutto, che esse ricoprono,
non può crescere. I frutti non sono abbondanti e non superano la grandezza
di una fava ma, maturati dal sole che assorbono attraverso le foglie, acquistano
un sapore dolcissimo e degno di quell’albero prodigioso. Questo fico cresce
soprattutto nelle vicinanze del fiume Acesine.
(12) C’è un altro fico dai frutti più grandi e ancora più dolci, dei quali si
nutrono i saggi dell’India. Le foglie hanno la forma delle ali degli uccelli, sono
lunghe tre cubiti e larghe due. Fa nascere dalla sua corteccia un frutto dal suc-
co straordinariamente dolce: ne basta uno per saziare quattro persone. L’albe-
ro si chiama pala, il frutto ariera. È abbondante nel territorio dei Sidraci, pun-
to estremo a cui arrivarono le spedizioni di Alessandro. Vi è anche un altro

9 Sta a significare a forma di mezzaluna come lo scudo delle mitiche Amazzoni.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

albero simile a questo, dal frutto più dolce ma dannoso all’intestino: per or-
dine di Alessandro nessuno nel suo esercito poteva toccarlo.
(13) I Macedoni hanno trattato di varie specie d’alberi per lo più senza dar-
ne il nome. Ce n’è anche uno simile al terebinto e al mandorlo per i frutti, che
sono soltanto un po’ più piccoli e straordinariamente dolci, almeno in Battria-
na. Qualcuno ha pensato che appartenga proprio alla specie del terebinto
piuttosto che assomigliarvi soltanto. Quelli invece da cui si ricava il lino per
le vesti hanno le foglie simili a quelle del gelso e il calice del frutto a quello
della rosa canina. Li coltivano nei campi e il colpo d’occhio che offrono
non è inferiore a quello dei vigneti.
(14) Gli olivi che crescono nell’India non producono alcun frutto con la sola
eccezione dell’olivo selvatico. Invece gli alberi che producono il pepe, simili ai
nostri ginepri, si trovano in varie zone, benché si sia detto che crescano solo
sul versante del Caucaso esposto al sole. I semi sono differenti da quelli del gi-
nepro per i loro piccoli gusci, che sono come quelli che vediamo nei dolci. Sono
questi gusci che, staccati prima che si aprano e messi a seccare al sole, danno
quello che si chiama il pepe lungo. Se si lasciano invece aprire a poco a poco,
intanto che maturano, fanno comparire il pepe bianco che poi, seccato al sole,
muta di colore e presenta delle crepe. Anche questi frutti si possono guastare
e, quando la stagione è avversa, bruciano e diventano grani completamente vuoti
chiamati bregma, vocabolo che nella lingua indiana significa ‘morto’. Di tutte le
specie di pepe questo è il più forte, il più leggero ed è di colore pallido; quello
nero ha un sapore più gradevole, quello bianco è meno forte degli altri due.10
La radice del pepe non corrisponde, come alcuni hanno pensato, a quella
che chiamano zingiberi oppure zimpiberi, anche se il sapore è simile. Lo zen-
zero cresce in Arabia e nel paese dei Trogloditi, dove si coltiva in fattorie: si
tratta di una piccola erba con la radice bianca, che si guasta facilmente mal-
grado sia molto amara. Il suo prezzo è di 6 denari per libbra.
Il pepe lungo viene adulterato molto facilmente con la senape di Alessan-
dria. Del pepe lungo il prezzo a libbra è di 15 denari, di quello bianco 7, di quel-
lo nero 4. È sorprendente quanto seguito abbia incontrato l’uso del pepe. I cibi
conquistano con la propria dolcezza oppure invogliano col loro aspetto; il pepe
non ha nulla per piacere né nel frutto né nella bacca. E dire che piace solo per il
suo gusto amaro e lo si va a cercare nell’India! Chi per primo volle sperimen-
tarlo nei cibi, chi volle stuzzicare il suo appetito senza accontentarsi di aver fa-
me? Il pepe e lo zenzero nei loro paesi crescono allo stato selvatico, eppure si
comprano a peso come l’oro o l’argento. Adesso anche in Italia c’è un albero

10 Una lunga digressione sul pepe si trova anche in Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana III 4 ss.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

del pepe più grosso del mirto e non molto diverso. Si creda pure che il gusto
amaro del suo seme sia lo stesso del pepe fresco; ma non riesce a essiccare e
maturare al sole e perciò non acquista né le stesse venature né lo stesso colore.
Il pepe viene adulterato con le bacche di ginepro che ne assorbono il sapore in
maniera straordinaria; per aumentarne il peso molti sono gli espedienti.
(15) Nell’India si trova inoltre un grano chiamato chiodo di garofano, che
assomiglia a quello del pepe, ma è più grande e più fragile: dicono che cresca
sul loto indiano e viene importato per il suo aroma. Vi si trova anche un ar-
busto spinoso che produce grani di un gusto straordinariamente amaro, simili
a quelli del pepe: le foglie sono piccole e folte come quelle dell’henna, i rami
raggiungono la lunghezza di tre cubiti, la corteccia ha un colore pallido, la ra-
dice è larga e legnosa, di color del bosso. Facendola bollire nell’acqua col suo
seme dentro un vaso di bronzo, si ottiene un medicamento che si chiama licio.
Un arbusto spinoso di quel genere nasce anche sul monte Pelio ed è usato per
falsificare il licio, cosı̀ come la radice di asfodelo, il fiele di bue, l’assenzio, il
sommacco e la morchia. Il licio più efficace è quello schiumoso: gli Indiani lo
spediscono in otri di pelle di cammello o rinoceronte. In Grecia c’è chi allo
stesso arbusto spinoso dà il nome di pixacanto chironio.
(16) Anche il macir viene importato dall’India ed è la scorza rossastra di
una grossa radice che appartiene all’albero dello stesso nome. Mi è ignota
la forma di quest’albero. Questa scorza cotta insieme col miele viene conside-
rata un rimedio efficacissimo contro la dissenteria.
(17) Anche l’Arabia produce lo zucchero, ma quello dell’India è più pre-
giato. Si tratta di un miele che si raccoglie sulle canne, bianco come la gomma,
fragile sotto i denti, delle dimensioni, al massimo, di una nocciola, impiegato
solo in medicina.
(18) Confina con l’India la nazione detta ariana, nel cui territorio cresce un
arbusto spinoso, pregiato per il suo succo simile alla mirra, ma difficilmente
avvicinabile a causa dei suoi aculei. In quella stessa regione c’è anche un ar-
boscello velenoso delle dimensioni di un cavolo, con le foglie simili all’alloro;
grazie all’odore che diffonde attira i cavalli e rischiò di privare Alessandro del-
la sua cavalleria, quando egli entrò in questa regione. Lo stesso accadde nel
paese dei Gedrosi, sempre a causa di un arbusto con le foglie dell’alloro.
Là – si dice – cresce anche un arbusto spinoso, il cui succo, schizzato negli
occhi, renderebbe cieco qualsiasi animale; cresce ivi, inoltre, un’erba dall’odo-
re fortissimo, piena di piccoli serpenti, il cui morso farebbe morire all’istante.
Onesicrito 11 riferisce che nelle valli dell’Ircania vi sono alberi simili al fico
chiamati ‘occhi’, dai quali scorre il miele per due ore al mattino.

11 FGH 134 F 3.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

(19) Vicino c’è la Battriana, nella quale cresce il rinomatissimo bdellio. Si


tratta di un albero nero, della grandezza di un olivo; le foglie sono come quelle
della quercia e i frutti come quelli del fico selvatico; la loro consistenza è quella
della gomma. Alcuni chiamano questo frutto broco, altri malaca, altri maldaco;
una sua qualità nera e che si confeziona in focacce è chiamata adrobolo.
Deve essere trasparente come la cera, profumato e, quando si sbriciola,
deve far uscire grasso; il sapore deve essere amaro, ma non acido. Nei riti sacri
viene mescolato al vino, che ne aumenta la fragranza. L’albero cresce anche in
Arabia, India, Media e a Babilonia. Alcuni chiamano lo bdellio importato dal-
la Media peratico. Questa qualità è più fragile, ha più scaglie ed è di sapore
più amaro; quello indiano, invece, è più ricco di succo e gommoso. Lo si adul-
tera con le mandorle, mentre le altre specie con la scorza di scordasto – questo
è il nome di un albero simile per la gomma –: ma è facile accorgersene (sia
detto questo una volta per tutte e valga anche per gli altri profumi) dall’odore,
il colore, il peso, il sapore, la reazione al fuoco. Lo bdellio della Battriana è
lucido e secco e ha molte macchie chiare che sembrano unghie; inoltre ha
un peso specifico, al quale non deve essere né superiore né inferiore. Il prezzo
di quello puro è di 3 denari a libbra.
(20) La Persia confina con i paesi ora nominati. Il Mar Rosso, che in que-
sto punto abbiamo chiamato Golfo Persico, spinge le sue maree sulla terra per
vari tratti e determina la crescita di alberi dalle caratteristiche straordinarie.
Infatti, erosi dal sale, simili a relitti portati e abbandonati dai flutti, quando
la riva è secca si vedono abbracciare la sterile sabbia con le radici a nudo, co-
me fossero piovre. Al sopraggiungere della marea resistono forti ai flutti che le
sbattono; quando poi la marea è al massimo, rimangono completamente som-
mersi e mostrano alla prova dei fatti che si nutrono del sale marino. Sono di
una grandezza prodigiosa, d’aspetto simile al corbezzolo, ma il loro frutto as-
somiglia di fuori a una mandorla e all’interno è fatto a spirale.
(21) Nello stesso golfo c’è l’isola di Tilo: la parte che guarda a Oriente è
coperta da foreste e anch’essa subisce le maree. Ogni albero che vi cresce
ha la grandezza di un fico e un fiore dal profumo di una dolcezza indescrivi-
bile; i frutti assomigliano al lupino e sono evitati da tutti gli animali per il loro
sapore aspro. Su un’altura di quella stessa isola vi sono alberi che producono
lana, ma di una specie diversa da quella che cresce nel paese dei Seri. Le loro
foglie, da cui non si ricava niente, se non fosse per le loro piccole dimensioni,
potrebbero sembrare quelle della vite. Fanno invece frutti simili a zucche della
grandezza di una mela cotogna che, quando giungono a maturazione, si rom-
pono liberando delle sfere lanose, dalle quali si fanno vesti di un tessuto pre-
zioso. Il nome di quest’albero è gossipino e si riproduce con ancor più grande
abbondanza a Tilo minore, un’isola che dista 10 miglia da quella maggiore.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

(22) Secondo Giuba,12 esiste un arboscello attorno a cui si forma una lanu-
gine dalla quale si traggono stoffe più preziose di quelle indiane; inoltre c’è in
Arabia un albero dal quale si fanno le vesti, che si chiama cina e ha foglie si-
mili simili a quelle della palma. Cosı̀ gli Indiani sono vestiti dai propri alberi.
Nelle due isole di Tilo cresce poi un altro albero, il cui fiore assomiglia alla
violetta bianca, ma è quattro volte più grande e non profuma, cosa che pos-
siamo considerare sorprendente in quella regione.
(23) Esiste anche un altro albero simile, ma ha più foglie e i fiori rosa che
tiene chiusi durante la notte e comincia a dischiudere al sorgere del sole, fino a
raggiungere il massimo dell’apertura a mezzogiorno; a proposito di questi fiori
gli indigeni dicono che dormono. Sempre nella stessa isola crescono anche
palme, olivi, viti, fichi e tutte le altre specie di alberi da frutto. Nessuno degli
alberi che vi crescono ha le foglie caduche; l’irrigazione è assicurata da fonti di
acqua fresca e dalle piogge che riceve.
(24) Nell’Arabia, che è vicina a quelle isole, occorre fare una qualche di-
stinzione fra le specie di piante a seconda delle parti che sono utilizzate come
prodotti: radice, fusto, corteccia, succo, resina, legno, germogli, fiore, foglie,
frutto.
(25) Ci sono una radice e una foglia che sono preziosissime in India. La
radice è quella del costo: ha un sapore bruciante e un eccellente profumo,
il resto della pianta non viene utilizzato. Subito all’inizio del delta del fiume
Indo, nell’isola Palale, se ne trovano le due specie, una nera e l’altra bianca,
che è la migliore. Il suo prezzo è di 5 denari e mezzo la libbra.
(26) Sulla foglia del nardo conviene soffermarsi un po’ di più, perché essa
riveste importanza primaria fra i profumi. Il nardo è un arbusto dalla radice
pesante e grossa, ma corta, nera e fragile, benché sia oleosa: ha un odore fe-
tido come quella del cipero e un sapore aspro. Le foglie della pianta sono pic-
cole e folte; la sua cima si ramifica in una serie di spighe: cosı̀ il nardo va fa-
moso per il doppio dono che esso offre delle foglie e delle spighe. Una
seconda sua specie nasce sulle rive del Gange e per il suo odore mefitico viene
bollata senza remissione col nome di ozenilide. Il nardo si falsifica anche con
l’erba dello pseudonardo, che cresce dappertutto: ha le foglie più spesse e lar-
ghe e un colore smorto che tende al bianco. Si falsifica anche mescolandolo
con la sua stessa radice per aumentarne il peso, oppure con la gomma, col li-
targirio, con l’antimonio, col cipero o la corteccia di cipero. Il nardo puro si
riconosce dall’aspetto levigato, dal colore rosso, dal profumo soave, dal suo
gusto, che prosciuga la bocca, ma possiede una fragranza piacevole. La sua

12 FGH 275 F 62.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

spiga costa 100 denari la libbra. Il prezzo delle foglie varia a seconda della loro
grandezza. L’adrosfero, cosı̀ chiamato perché se ne ricavano pallottoline più
grandi, costa 40 denari a libbra; quello con foglie più piccole è il mesosfero
e costa 60 denari. Il più pregiato è il microsfero, cosi chiamato dalle foglie pic-
colissime, e costa 75 denari. Tutti hanno un profumo gradevole, ma di più
quando sono freschi. La qualità migliore di nardo, quando invecchia, è quella
di colore più nero. Nella nostra parte di mondo dopo il nardo indiano viene
apprezzato quello siriaco, poi quello gallico, al terzo posto è quello cretese,
che viene chiamato selvatico o phu: ha foglie simili a quelle del macerone, il
tronco alto un cubito, nodoso e di color rosa pallido, la radice ricurva, rico-
perta di peli e a forma di piede d’uccello. Il nardo dei campi di cui parleremo
trattando dei fiori, si chiama baccaride. Tutti questi nardi sono erbe all’infuori
di quello indiano. Quello della Gallia viene divelto con la sua radice e bagnato
nel vino; si fa seccare all’ombra e si lega in piccoli fasci confezionandolo nella
carta: i suoi caratteri non sono molto differenti da quelli del nardo indiano,
ma è più leggero di quello siriaco. Il prezzo è di 3 denari a libbra. C’è un solo
modo per verificarne la qualità: le foglie non devono essere fragili e bruciate,
invece che secche. Col nardo gallico cresce sempre un’erba chiamata irculo
per il suo cattivo odore simile a quello del capro: è con questa soprattutto
che lo stesso nardo gallico viene falsificato e ciò avviene per la loro somiglian-
za. La differenza sta nel fatto che l’irculo è senza tronco, ha le foglie più pic-
cole e le sue radici non sono né amare né odorose.
(27) Le proprietà del nardo si ritrovano nell’asaro, specie anche questa che
qualcuno chiama nardo selvatico. Le sue foglie sono quelle dell’edera, solo più
rotonde e più tenere, il fiore è color porpora, la radice è quella del nardo gal-
lico, il seme ha la forma dell’acino e ha un sapore caldo e vinoso: fiorisce due
volte l’anno su montagne che sono ricche di ombra. Il migliore è quello del
Ponto, segue quello della Frigia, il terzo proviene dall’Illirico. Quando comin-
cia a mettere le foglie, viene estratto dal terreno ed essiccato al sole: si guasta e
invecchia velocemente. Da poco è stata trovata anche in Tracia un’erba le cui
foglie sono identiche a quelle del nardo indiano.
(28) L’amomo a grappoli che noi usiamo proviene da una lambrusca india-
na, oppure, secondo l’opinione di altri, da un arbusto tortuoso, alto quanto
una palma: si coglie assieme alle radici e si mette in fasci maneggiandolo
con cautela, perché è molto fragile. Il più pregiato ha le foglie simili al melo-
grano e ben levigate, il suo colore è rosso. Poi viene quello di colore pallido;
ha il colore dell’erba una qualità ancora peggiore, mentre quello più scadente
di tutti è il bianco, colore che, invecchiando, acquistano tutti. L’amomo in
grappoli vale 60 denari la libbra, se è sminuzzato 48. Cresce anche in quella
parte di Armenia chiamata Otene, nella Media e nel Ponto. Viene adulterato

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APPENDICE DOCUMENTARIA

con le foglie del melograno e con la gomma liquida, che serve da adesivo per
farlo coagulare in aggregati simili ai grappoli. Ce n’è anche un’altra qualità
chiamata amomide, non cosı̀ piena di vene, più dura e dall’odore meno forte:
questi caratteri mostrano che si tratta di una pianta diversa o di amomo colto
prima della maturazione.
(29) Simile all’amomo nel nome e nella forma dell’arbusto è il cardamomo
il cui seme è oblungo. La raccolta avviene in Arabia allo stesso modo e si han-
no quattro specie di semi: una molto verde e oleosa con la forma ad angoli
acuti, per niente friabile (è la più pregiata); al secondo posto viene una di
un colore rosso che tende al bianco; terza una specie più corta e più scura.
La qualità peggiore è di colore variegato ed è friabile; il suo profumo è tenue
e deve essere vicino a quello del costo puro. Cresce anche nella Media. Il prez-
zo della qualità migliore è di 3 denari la libbra.
(30) Dovrei parlare subito dopo, seguendo un criterio di affinità, del cin-
namomo, ma prima è opportuno elencare le ricchezze dell’Arabia e le ragioni
per cui è chiamata Felice e Fortunata. I suoi prodotti principali sono, dunque,
l’incenso e la mirra. Quest’ultima cresce anche nel paese dei Trogloditi; l’in-
censo invece non si trova al di fuori dell’Arabia e non cresce nemmeno in tutte
le sue regioni. Verso il centro dell’Arabia ci sono gli Atramiti, una tribù dei
Sabei, la cui capitale è Sabota, posta su un alto monte: a otto tappe da lı̀ si
trova la regione turifera chiamata Sariba, una parola che secondo i Greci si-
gnifica ‘mistero’.13 La regione è esposta verso il sorgere del sole quando è esta-
te ed è inaccessibile da ogni parte per la presenza di rupi scoscese; dal lato
destro, che dà sul mare, l’approdo è reso impossibile dagli scogli. Si dice
che il suolo sia di un rosso tendente al bianco. Le foreste si estendono per
20 scheni in lunghezza e la metà in larghezza. Secondo il calcolo di Eratostene
uno scheno equivale a 40 stadi, cioè 5 miglia; secondo altri ogni scheno equi-
vale a 32 stadi. In quella regione le colline si ergono ad altezza elevata e gli
alberi vi crescono spontaneamente e degradano fino alla pianura. È opinione
concorde che il territorio sia argilloso, le sorgenti rare e con acqua alcalina.
Popolazione confinante sono anche i Minei, un’altra tribù, per il cui territorio
l’incenso viene esportato attraverso un solo angusto sentiero. Furono loro a
iniziare il commercio dell’incenso e ancora oggi sono quelli che lo praticano
di più: da loro deriva l’altro nome del profumo, mineo. Nessun altro fra i po-
poli arabi vede l’albero dell’incenso e nemmeno lo vedono tutti gli apparte-
nenti a queste tribù, perché si dice non siano più di 3000 le famiglie che si
tramandano in forma ereditaria questo privilegio; perciò i membri di quelle

13 Su questa popolazione vedi anche infra.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

famiglie sono chiamati sacri e nel periodo dell’incisione degli alberi e della rac-
colta evitano di essere contaminati dal contatto con le donne o con i morti,
aumentando cosı̀ il valore religioso della merce. Secondo alcuni l’incenso nelle
foreste appartiene in comune a questi popoli, secondo altri ne usufruiscono
un anno ciascuno a rotazione.
(31) Non è nemmeno ben chiaro quale sia l’aspetto dell’albero. Noi abbia-
mo condotto una spedizione in Arabia e le armi romane sono penetrate in
gran parte di questa. Anche Gaio Cesare figlio di Augusto ha cercato lı̀ la glo-
ria, e tuttavia da nessun latino, che io sappia, è stato fornito un resoconto sulla
forma di quell’albero. Le descrizioni date dai Greci sono discordi una dall’al-
tra: secondo alcuni la foglia è quella del pero, soltanto più piccola e color ver-
de erba, secondo altri la pianta assomiglia al lentischio e ha le foglie rossicce,
secondo altri ancora si tratta di un terebinto e cosı̀ sembrò al re Antigono, a
cui ne fu portato un arbusto. Il re Giuba 14 in quei volumi che dedicò al figlio
di Augusto Gaio Cesare, un appassionato delle cose d’Arabia, riferisce che ha
il tronco tortuoso, i rami esattamente uguali a quelli dell’acero del Ponto,
emette una resina come quella del mandorlo e che alberi siffatti si vedono
in Carmania e in Egitto, dove furono seminati per ordine dei Tolomei che al-
lora vi regnavano. Si sa che ha la corteccia come quella dell’alloro; secondo
alcuni anche le foglie sono simili: certamente di tale aspetto era l’albero a Sar-
di, dove cresceva perché anche i re dell’Asia si erano interessati di farlo semi-
nare. All’epoca mia gli ambasciatori che sono venuti dall’Arabia hanno reso
tutto più incerto: cosa veramente sorprendente, ci hanno portato pure alcune
verghe d’incenso, dalle quali si può dedurre che anche l’albero madre sia le-
vigato ed emetta i suoi prodotti da un tronco senza nodi.
(32) La raccolta un tempo, quando lo smercio era minore, si faceva una
volta l’anno. Adesso, per la richiesta del mercato, se ne fanno due. La prima
raccolta, quella naturale, avviene verso il sorgere della Canicola quando il cal-
do è più torrido: si procede incidendo la corteccia là dove appare più gonfia e
più sottile per la tensione. Vi si fa uno squarcio senza togliere nulla: zampilla
fuori una schiuma grassa. La si lascia inspessire e coagulare, quindi viene rac-
colta, se la natura del terreno lo esige, su una foglia di palma, altrimenti su un
pezzo di terreno battuto tutto intorno. Col primo procedimento si ottiene una
sostanza più pura, ma col secondo una più pesante. L’incenso rimasto attac-
cato all’albero viene tolto col ferro e cosi vi è mescolata un po’ di corteccia. La
foresta, divisa in settori ben delimitati, è resa sicura dall’onestà vicendevole di
tutti quanti: nessuno fa la guardia agli alberi incisi e nessuno ruba all’altro.

14 FGH 275 F 2.

— 105 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Invece, per Ercole, ad Alessandria, dove si lavorano gli incensi, non c’è pre-
cauzione sufficiente a proteggere i laboratori. Si mette un sigillo sul grembiule
di ciascun operaio, gli viene messa in testa una maschera o un reticolo a maglie
fitte e lo si fa uscire nudo. Tanto meno onesti sono nel trattare l’incenso quan-
do è già prodotto rispetto a quelli che lo rispettano quando è ancora sull’al-
bero. In autunno si raccoglie ciò che le piante hanno prodotto l’estate; è que-
sto un prodotto purissimo, candido. La seconda raccolta avviene a primavera,
dopo aver praticato l’incisione degli alberi in inverno in vista di quella. Il pro-
dotto stavolta è rossastro e non è paragonabile all’altro. Il primo si chiama car-
fiato, il secondo datiate. Un’altra opinione è che il prodotto di un albero gio-
vane sia più candido, ma quello di un albero vecchio abbia più profumo.
Alcuni credono anche che l’incenso cresca migliore nelle isole, Giuba 15 invece
sostiene che nelle isole non cresca affatto. L’incenso che rimane appeso alla
pianta in gocce rotonde è detto maschio, benché in genere parlare di maschio
presupponga che ci sia anche una femmina; ma si tratta di uno scrupolo reli-
gioso, per cui non va nominato l’altro sesso. Secondo alcuni il nome di ma-
schio deriva dall’aspetto simile ai testicoli. Le preferenze però vanno a quella
con la forma a mammella, che si ha quando a una goccia rimasta appesa si
unisce l’altra che segue. Trovo scritto che una sola di queste bastava a riem-
pire una mano, al tempo in cui gli uomini non erano cosı̀ avidi di guadagno e
le lasciavano a formarsi per più tempo. I Greci chiamano queste bolle stagonia
e atomo, quelle più piccole orobia. Le particelle che si staccano quando l’al-
bero viene scosso si chiamano manna. Comunque si trovano ancora delle goc-
ce che raggiungono il peso di un terzo di mina, cioè di 28 denari. Una volta
che Alessandro Magno, fanciullo, usava con grande abbondanza l’incenso su-
gli altari, il pedagogo Leonida gli disse di aspettare a onorare gli dèi in quel
modo, quando avesse sottomesso le popolazioni che producevano l’incenso.
Quando in seguito il condottiero si fu impadronito dell’Arabia, mandò al pe-
dagogo una nave carica d’incenso e gli raccomandò di essere generoso nel cul-
to degli dèi. L’incenso dopo la raccolta viene trasportato sui cammelli a Sabo-
ta, dove c’è una sola porta che si può attraversare per questo trasporto:
passare da un’altra parte è delitto che i re stabilirono di punire con la morte.
Là i sacerdoti prelevano una decima per il dio di nome Sabi, calcolandola a
volume, non a peso: prima che avvenga questo prelievo, non è permessa la
vendita. La decima serve a coprire delle spese pubbliche, perché per un de-
terminato numero di giorni il dio nutre con grande generosità gli stranieri.
L’unica strada che si può percorrere per portare l’incenso via da Sabota passa

15 FGH 275 F 63.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

per il territorio dei Gebbaniti, e cosı̀ si paga un tributo anche al loro re. La
loro capitale, Tomna, dista da Gaza, città della Giudea posta sulle rive del
Mediterraneo, 2437 miglia e mezzo, una distanza che si percorre in 65 tappe
di cammello. Anche i sacerdoti e gli scribi del re ricevono delle parti fisse.
Ma, oltre a questi, anche le guardie e i loro aiutanti, i portieri e i servi si danno
al saccheggio. Per tutto il viaggio si paga dove per l’acqua, dove per il pascolo
o per le soste e pedaggi vari: si raggiunge cosı̀ la spesa di 688 denari a cammel-
lo per il viaggio fino alla costa del Mediterraneo, e poi lı̀ si paga ancora ai pub-
blicani del nostro impero. In questo modo una libbra di incenso della qualità
migliore costa 6 denari, una di seconda qualità 5, di terza 3. L’incenso si rico-
nosce dal candore, dalla capacità di espandersi, dalla fragilità; messo sui car-
boni, prende subito fuoco; quando si morde, non conserva l’impronta del
dente ma si sbriciola. Da noi si falsifica con il succo della resina bianca che
è molto simile, ma si scopre la frode nei modi che si è appena detto.
(33) Secondo alcune fonti l’albero della mirra cresce, nelle stesse foreste,
mescolato a quello dell’incenso, secondo altre (e sono di più) cresce separato,
perché si riproduce in molti luoghi dell’Arabia, come vedremo quando si trat-
terà delle specie. Si importa mirra pregiata anche dalle isole e i Sabei vanno a
cercarla fin dai Trogloditi, attraversando il mare. Ne è prodotta anche una
qualità coltivata, che è di gran lunga preferita a quella selvatica. Trae giova-
mento se si rastrella il terreno intorno e la si scalza, e migliora se le radici sono
rinfrescate.
(34) L’albero raggiunge l’altezza di cinque cubiti e ha delle spine, il tronco
è duro e ritorto, più grosso di quello dell’incenso e ancora più grosso dalla
parte della radice che nel resto. Secondo alcuni la corteccia è liscia e simile
a quella del corbezzolo, secondo altri ruvida e irta di spine; le foglie sono quel-
le dell’olivo, ma più crespate e acuminate, secondo Giuba 16 sono quelle del
macerone. Qualcuno sostiene che la mirra è simile al ginepro, solo più ruvida
e irta di spine, le foglie sono più rotonde, ma il gusto è quello del ginepro.
Non manca nemmeno chi afferma falsamente che l’albero dell’incenso produ-
ca sia l’incenso sia la mirra.
(35) Anche l’albero della mirra viene inciso due volle l’anno e negli stessi
periodi dell’incenso, ma l’incisione è fatta dalle radici fino ai rami più forti. Pri-
ma dell’incisione trasuda spontaneamente una mirra detta stakte, che è la qua-
lità migliore. Dopo di questa viene quella coltivata, mentre anche fra la mirra
selvatica la migliore è quella raccolta in estate, come l’incenso. Non si offrono
al dio porzioni del raccolto di mirra, perché l’albero cresce anche in altre regio-

16 FGH 275 F 64.

— 107 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

ni; e tuttavia ne viene data la quarta parte al re dei Gebbaniti. Per il resto viene
comprata per tutta la regione dal popolo che la stiva in sacchi e per i nostri pro-
fumieri non è difficile distinguerne la qualità dall’odore e dall’oleosità.
Ve ne sono molte specie: quella trogloditica è la migliore fra le selvatiche,
seguita dalla minea, nella quale sono comprese l’atramitica, la gebbanitica e
l’ausaritica nel regno dei Gebbaniti; al terzo posto è la dianite, al quarto
una mistura di mirra raccolta in vari luoghi, al quinto la sambracena, che
prende il nome da una città del regno dei Sabei posta sul mare, al sesto quella
chiamata dusariti. Ce n’è anche una bianca che cresce solo in un luogo ed è
convogliata nella città di Mesala. Quella trogloditica si riconosce per l’oleosità
e per il fatto che all’aspetto è più secca, sporca e grezza, ma il profumo è più
penetrante delle altre. La sambracena che abbiamo ora nominata è piacevole
più di tutte all’aspetto, ma il profumo ha poca forza. Grosso modo la garanzia
della buona qualità è data dalla mirra che si presenta in pallottoline di forma
irregolare, risultanti dalla concrezione di un succo biancastro e che tende a
fondersi; quando si rompe, deve avere dentro delle particelle bianche simili
a unghie e al gusto deve essere leggermente amara. La mirra di seconda qua-
lità è variegata dentro; la più cattiva è quella nera all’interno ed è ancora peg-
giore se lo è anche fuori. I prezzi variano a seconda della domanda: quello del-
la stakte va da 3 a 50 denari per libbra, quello della mirra coltivata raggiunge al
massimo 11 denari, quello dell’Eritrea (che fanno passare per arabica) 16, il nu-
cleo della trogloditica è venduto a 16 e mezzo, quella che chiamano odoraria a
12. La mirra viene falsificata con grumi di resina di lentischio e gomma e
ugualmente con succo di cocomero, per renderla amara, e litargirio per appe-
santirla. Le altre sofisticazioni si scoprono dal sapore; le gomme si rivelano,
sotto i denti, per la loro viscosità. La falsificazione più grave è quella con la
mirra indiana, che si raccoglie in India da un arbusto spinoso. Questo è il solo
prodotto dell’India che è di peggiore qualità rispetto a quello di altre regioni:
distinguerlo è facile, tanto è inferiore.
(36) Questa mirra indiana può dunque essere trasformata in mastice, che
è anche prodotto da un altro arbusto spinoso sia in India sia in Arabia: il
suo nome è laina. Ma anche del mastice ci sono due qualità: in Asia e in
Grecia si trova un’erba che fa spuntare le foglie dalle radici e ha per frutto
un cardo simile a una mela, pieno di grani e di un succo che viene fuori
quando si incide la parte superiore: si prova fatica a distinguerlo dal mastice
vero. Ce n’è anche una terza qualità nel Ponto, più simile al bitume. Il più
rinomato è però il mastice bianco di Chio il cui prezzo è di 10 denari a lib-
bra, mentre quello nero costa solo 2. Il mastice di Chio – si dice – viene pro-
dotto dal lentischio come una gomma. Si falsifica come l’incenso con della
resina.

— 108 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

(37) A tutt’oggi un altro vanto dell’Arabia è il ladano. Sono in molti ad


affermare che questa pianta deve al caso e all’ingiuria che subisce se è da an-
noverare fra i profumi: le capre, animali avidi dei rami delle altre piante, ma
più golosi ancora degli arbusti profumati, come se ne intuissero il valore,
strappano via i rami dei virgulti che sono pieni di un liquore dolcissimo e
asciugano infaticabili coi peli della barba il succo che gocciola giù, formando
una mistura fortuita: questo si raggruma con la polvere, viene cotto dal sole ed
è cosı̀ che nel ladano si trovano i peli di capra. Ma questo accade solo nel paese
dei Nabatei, un popolo dell’Arabia confinante con la Siria. Gli scrittori più re-
centi chiamano questo prodotto storbo e riferiscono che le foreste arabe sono
fatte a pezzi dalla voracità delle capre e cosı̀ il succo si mescola ai loro peli, ma
che il ladano vero si trova nell’isola di Cipro (questo lo dico per toccare, di pas-
saggio, tutte le specie di profumi, pur senza mantenere l’ordine geografico). Se-
condo queste fonti anche il ladano che si produce a Cipro ha una simile origine:
si tratterebbe di una sostanza detta esipo che si attacca alle barbe dei capri e
alle loro guance pelose, però quando mangiano il fiore d’edera alla mattina pre-
sto, le ore in cui Cipro è coperta di rugiada. Poi, dopo che il sole ha dissolto la
nebbia, la polvere aderisce ai peli umidi e cosı̀ il ladano può esser tolto via con
un pettine. Secondo alcuni l’erba di Cipro dalla quale esso si forma ha nome
‘leda’ e infatti gli abitanti dell’isola lo chiamano ‘ledano’. Sopra quest’erba si
depositerebbe una sostanza grassa, e quest’erba verrebbe avvolta da cordicelle
tese tutto intorno che permetterebbero la raccolta del ladano, e cosı̀ si confe-
zionerebbe poi la sostanza in focacce. Per concludere, in ambedue i paesi ci
sono due specie di ladani, uno che si deposita in terra e l’altro che viene rac-
colto: il primo è friabile, il secondo gommoso. Si dice anche che esiste un ar-
busto di ladano in Carmania, che per disposizione dei Tolomei sarebbe stato
trapiantato al di là dell’Egitto, oppure, secondo altri, si tratterebbe di un pro-
dotto degenerato dell’albero dell’incenso, si otterrebbe come la gomma, inci-
dendo la corteccia, e si raccoglierebbe su pelli di capra. Il prezzo della qualità
più pregiata è di 40 assi a libbra. Si falsifica con le bacche di mirto e con i peli
che cadono da animali diversi dalle capre. Il ladano per essere puro deve avere
un profumo selvatico, come di deserto, deve essere all’aspetto secco ma ram-
mollirsi appena si tocca e, quando si accende, deve fare una fiamma viva che
produce un odore piacevole; quando invece è falsificato col mirto, si riconosce
perché dà un odore cattivo e scoppietta nel fuoco. Inoltre quello puro è più
facile che abbia inglobati piccoli frammenti di roccia anziché polvere.
(38) In Arabia anche l’olivo emette un succo, col quale i Greci confezio-
nano un medicamento chiamato enemo, straordinariamente efficace per far
rimarginare le cicatrici delle ferite. Sui litorali queste piante sono ricoperte
dai flutti dell’alta marea, ma le bacche non ne sono danneggiate, anche se è

— 109 —
9
APPENDICE DOCUMENTARIA

evidente che il sale rimane nelle foglie. Questi sono i prodotti propri dell’A-
rabia: ve ne sono ancora pochi che esistono anche in altre regioni e che con-
viene trattare in un altro punto, perché in questi casi non è l’Arabia ad avere la
supremazia. Suscita meraviglia che gli Arabi vadano anche in cerca dei profu-
mi esteri: tanta è la sazietà dei propri beni e tanta l’avidità di quelli altrui che
prende i mortali.
(39) Cosı̀ vanno a prendere il brato nel territorio degli Elimei: si tratta di
una pianta simile a un cipresso coi rami aperti, ha i rami biancastri e manda un
profumo gradevole quando brucia: Claudio Cesare 17 nelle sue Storie ne parla
come di una meraviglia. Riferisce che i Parti spargono le sue foglie nelle loro
bevande, che ha un profumo molto simile alla cedrus e che il suo fumo è un
antidoto contro quello di altre varietà di legno. Cresce oltre il Pasitigri, nel
territorio della città di Sostra sul monte Scancro.
(40) Importano anche lo stobro dal territorio dei Carmani per fare i suf-
fumigi (lo bagnano di vino di palma e gli danno fuoco). Il suo profumo ritorna
dal soffitto al pavimento ed è piacevole, ma appesantisce la testa, senza arri-
vare però al dolore; lo si usa per far dormire gli ammalati.
Hanno aperto a questi commerci la città di Carré, che in quella regione è
la sede del mercato. Di lı̀ una volta partivano tutti i convogli per Gabba, dove
arrivavano con venti giorni di viaggio, e per la Palestina in Siria. In seguito,
come riferisce Giuba,18 per questo commercio si cominciò a passare per Ca-
race e per il regno dei Parti. La mia opinione è che abbiano portato questi
prodotti in Persia prima ancora che in Siria e in Egitto, perché, secondo la
testimonianza di Erodoto, le popolazioni arabe pagavano ai re di Persia un
tributo di mille talenti d’incenso l’anno.18 bis Dalla Siria portano indietro lo sto-
race, che gettano nel fuoco per scacciare col suo forte odore il fastidio per i
propri profumi. D’altra parte non usano altra legna all’infuori di quella pro-
fumata: i Sabei cuociono i cibi con il legno d’incenso, altri con quello della
mirra e il fumo e l’odore che si alza dalle città e dai villaggi è lo stesso che
si solleva dagli altari. Cosı̀, per porre un rimedio a queste esalazioni, impor-
tano lo storace in sacchi di pelle di capro e ne affumicano le loro case. A tal
punto è vero che non esiste piacere che non generi fastidio se è assaporato a
lungo. Bruciano lo storace anche per allontanare i serpenti, numerosissimi nel-
le foreste di alberi che producono profumi.
(41) Gli Arabi non hanno né il cinnamomo né la cannella e nondimeno
l’Arabia è detta ‘Felice’, un epiteto falso e pieno di ingratitudine, che fa pas-

17 FGH 276 F 1.
18 FGH 275 F 65.
18 bis III 97 ss.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

sare per avuto dagli dèi celesti quello di cui la regione è piuttosto debitrice
verso le potenze infernali. La sua fortuna l’ha fatta il lusso degli uomini che
arriva fino alla morte e fa bruciare per i defunti quei prodotti che prima si
intendevano creati per gli dèi. Gli esperti assicurano che la produzione
di un intero anno non arriva a eguagliare la quantità che l’imperatore Nerone
fece bruciare ai funerali della sua Poppea. Si considerino poi gli innumerevoli
funerali che ogni anno si celebrano in tutto il mondo e la massa dei profumi
accumulati in onore dei morti e si vedrà che agli dèi vengono date solo le bri-
ciole. D’altronde gli dèi non erano meno propizi quando li si adorava con la
farina salata; al contrario, è evidente, erano più benevoli allora. Ma ancora più
fortunato è il mare dell’Arabia: da questo gli Arabi traggono le perle che
esportano; e secondo la valutazione più bassa ogni anno gli Indiani, i Seri e
gli abitanti della penisola d’Arabia tolgono al nostro impero cento milioni
di sesterzi; tanto ci costano il lusso e le donne. Orsù, ditemi ora quale parte di
questi soldi proviene dagli dèi, anche da quelli inferi.
(42) In tempi antichi Erodoto 19 per primo ci ha narrato una leggenda sul cin-
namomo e la cannella: questi prodotti si trovavano nei nidi degli uccelli e soprat-
tutto in quello della Fenice, nei luoghi dove era stato allevato il dio Libero, e ve-
nivano fatti precipitare giù da alberi posti su rupi inaccessibili o dal peso della
carne che gli uccelli portavano loro o da frecce piombate; parimenti della can-
nella si dice che cresce intorno alle paludi e che è difesa con le unghie da una
terribile specie di pipistrelli e da serpenti alati: con queste favole si aumenta il
prezzo della merce. C’è un’altra storia inventata che riguarda questi prodotti:
sotto i raggi del sole di mezzogiorno si solleva da tutta la penisola una sorta di
profumo indescrivibile, formato dall’accordo delle varie specie di profumi che
porta il soffio della brezza, e fu cosı̀ che i profumi, spingendosi in alto mare, die-
dero il primo annuncio dell’Arabia alle flotte di Alessandro Magno. È tutto falso,
giacché il cinnamomo cosı̀ come il cinnamo nascono in quella parte dell’Etiopia
in cui la popolazione si unisce in matrimonio coi Trogloditi. Questi lo comprano
dai loro vicini e lo trasportano per la vastità del mare su zattere che non hanno
timoni che le dirigano, né remi che le trascinino, né vele che le sospingano, né
alcuno strumento utile alla navigazione: su quelle imbarcazioni, a far le veci di
tutto questo, sta solo l’uomo con la sua audacia. Come se non bastasse, fanno
la traversata verso il solstizio d’inverno, quando gli euri soffiano più forti. Questi
venti li spingono in linea retta per il golfo e, dopo aver doppiato il capo di Ara-
bia, i soffi dell’argeste li fanno approdare nel porto dei Gebbaniti che si chiama
Ocilia. Perciò questo porto costituisce la loro meta preferita e si dice che questi

19 III 110 ss.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

mercanti difficilmente tornino indietro prima che sian passati quattro anni, e
molti muoiono nel viaggio. In cambio portano indietro oggetti di vetro e di bron-
zo, vesti, fibbie con braccialetti e collane. Quindi quel commercio si basa soprat-
tutto sulla sicurezza che danno le donne con la loro ambizione.
L’arbusto di queste piante è al massimo alto due cubiti e come minimo un
palmo, è largo quattro dita, appena a 6 dita da terra mette germogli, somiglia a
un albero secco, non manda profumo quando è verde, ha le foglie dell’origa-
no, trae giovamento dalla siccità, diventa meno fecondo se piove e lo si può
potare. Nasce nelle pianure, ma là dove i cespugli e i rovi sono più fitti ed
è difficile da cogliersi. Per procedere alla raccolta ci deve essere il permesso
del dio, che la popolazione locale chiama Assabino e qualcuno identifica
con Giove. Il permesso di tagliare è ottenuto col sacrificio delle viscere di
44 buoi, capre e arieti, e cionondimeno non si può lavorare prima del sorgere
del sole né dopo il tramonto. Un sacerdote divide i rami con un’asta e mette
da parte una porzione per il dio, il resto il mercante lo confeziona in balle.
Secondo un’altra versione il prodotto viene diviso col Sole in questo modo:
se ne fanno tre parti, poi, tirando a sorte due volte, se ne mettono due da par-
te e quella che tocca al Sole è lasciata lı̀ e prende fuoco spontaneamente. La
migliore qualità si trova nelle parti più fini dei rami, per la lunghezza di un
palmo, poi viene quella della parte che subito segue, ma per una lunghezza
minore, e cosı̀ via. La qualità peggiore si trova nelle zone più vicine alle radici,
perché lı̀ c’è meno corteccia, che è la parte più pregiata, e perciò sono prefe-
rite le cime, dove la corteccia è in quantità maggiore. Il legno invece non è
apprezzato per l’odore acre che ne emana, simile a quello dell’origano; il
suo nome è xilocinnamo. Il prezzo del prodotto è di 10 denari a libbra. Alcuni
riferiscono di due specie di cinnamo, una bianca, l’altra nera; un tempo si pre-
feriva quello bianco, ora invece è pregiato quello nero e al bianco si preferisce
anche quello variegato. La sua qualità si può comunque verificare con la mas-
sima sicurezza, accertando che non sia ruvido e che resista a lungo allo sfre-
gamento con un altro pezzo di cinnamo senza sfaldarsi. Il peggiore viene con-
siderato quello molle o quello a cui si stacca la corteccia. Il monopolio del
prodotto è esclusivo del re dei Gebbaniti, che ne apre la vendita con un edit-
to. Una volta il prezzo era di mille denari a libbra; è aumentato del cinquanta
per cento quando le foreste furono incendiate (cosı̀ si dice) dal furore dei bar-
bari: non è certo se l’incendio fosse stato provocato dalla malvagità dei potenti
o dovuto al caso. Troviamo scritto nelle fonti che là soffiano austri cosı̀ infuo-
cati, che in estate incendiano le foreste. Primo fra tutti l’imperatore Vespasia-
no Augusto consacrò nei templi del Campidoglio e della Pace corone di cin-
namo intarsiato chiuse in un’anima d’oro. Abbiamo visto nel tempio del
Palatino, che la consorte Augusta aveva fatto innalzare al divino Augusto

— 112 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

una radice di cinnamo molto pesante collocata su una patera d’oro, dalla qua-
le ogni anno si versavano fuori alcune gocce che seccavano e diventavano se-
mi: ci rimase fino alla distruzione di quel tempio a opera di un incendio.
(43) Anche la cannella (casia) è un arbusto e nasce presso i campi del cin-
namo (ma quella che cresce in montagna ha lo stelo più grosso), ha una pelle
fine, più che una vera corteccia e, contrariamente a quel che si è detto prima
per il cinnamo, acquista valore se questa pelle cade o viene tolta. L’arbusto è
alto tre cubiti e ha tre colori: da dove comincia a spuntare da terra fino all’al-
tezza di un piede è bianco, poi, per un altro mezzo piede, diventa rosseggiante,
da quel punto in poi è nero. Quest’ultima parte è la più pregiata, al secondo
posto viene quella intermedia, mentre quella bianca non ha nessun valore. Si
tagliano i ramoscelli per una lunghezza di due dita ciascuno, poi si avvolgono
nelle pelli di animali appena uccisi per questo scopo, in modo che nel processo
di putrefazione i vermi erodano il legno e vuotino dentro la corteccia, che non
li attira per il suo gusto amaro. È pregiata soprattutto la cannella più fresca e
dall’odore più penetrante, quella che, quando si gusta, non brucia la bocca, ma
la stuzzica delicatamente con un calore progressivo: deve avere inoltre un co-
lore purpureo, il massimo del volume per il minimo di peso e deve formare col
proprio rivestimento dei tubetti corti e resistenti. Questa qualità è chiamata la-
da dai barbari. Un’altra è detta balsamode perché ha un odore simile al balsa-
mo, ma è amara e perciò più utile in medicina, cosı̀ come quella nera viene usa-
ta di preferenza per i profumi. Nessun prodotto registra una tale escursione dei
prezzi: la qualità migliore costa 50 denari a libbra, le altre 5. A queste specie i
mercanti hanno aggiunto quella che chiamano dafnide, soprannominandola
isocinnamo e vendendola a 300 denari. Viene falsificata con lo storace e, per
la somiglianza della corteccia, con i ramoscelli più teneri dell’alloro. Viene col-
tivata anche nella nostra parte di mondo e io l’ho vista piantata, in mezzo ad
alveari, all’estremo confine dell’impero, nelle terre bagnate dal Reno. A questa
manca il colore e il sapore che le viene dato dal bruciare del sole.
(44) Dai confini del paese dove crescono la cannella e il cinnamo vengono
importati anche il cancamo e il taro, ma questi passano per il territorio dei
Nabatei Trogloditi, che sono una colonia dei Nabatei.
(45) Lı̀ vengono trasportati anche il sericato e il gabalio, il cui uso gli Arabi
riservano a se stessi; nella nostra parte di mondo sono conosciuti solo di no-
me, ma crescono insieme al cinnamo e alla cannella. Per la verità qualche volta
il sericato arriva e c’è chi lo aggiunge ai profumi. Si vende a 6 denari la libbra.
(46) Il mirobalano si trova nel paese dei Trogloditi, nella Tebaide e in
quella parte di Arabia che divide la Giudea dall’Egitto. Si tratta di un albero
che produce profumo, come mostra il nome stesso, col quale parimenti viene
anche significato che il suo frutto è una ghianda. La pianta ha le foglie simili al

— 113 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

girasole, che nomineremo trattando delle erbe, e ha frutti grandi come noccio-
le. La specie che cresce in Arabia è detta siriaca ed è bianca, al contrario quel-
la che cresce nella Tebaide è nera. La prima si apprezza di più per la qualità
dell’olio che se ne ricava, la seconda per la quantità. Quella del paese dei Tro-
gloditi è tra queste qualità la peggiore. Alcuni preferiscono a tutte queste il
mirobalano etiopico che ha una ghianda nera e non oleosa, dal nocciolo esile,
ma che produce un liquido più profumato: è un albero che cresce in pianura.
Secondo gli stessi il mirobalano d’Egitto è più grasso, ha una corteccia più
grossa che gli conferisce un colore rossiccio e, benché cresca in zone palustri,
è più corto e più secco; al contrario quello dell’Arabia è verde, più esile e più
compatto nella forma, in ragione del fatto che cresce in montagna: ma la qua-
lità di gran lunga migliore è quella petrea, che prende il nome dalla città di cui
abbiamo parlato: ha la corteccia nera e il nocciolo bianco. I profumieri spre-
mono solo le cortecce, i medici anche i noccioli, che battono versandovi sopra
dell’acqua calda piano piano.
(47) Tra i profumi viene usata in maniera simile e subito dopo il miroba-
lano una palma che cresce in Egitto, chiamata adipso, che è verde, ha il pro-
fumo della mela cotogna e non ha legno internamente: si raccoglie in autunno
poco prima che cominci a maturare. Se invece non si raccoglie, prende il no-
me di fenicobalano, diventa nera e chi la mangia subisce l’effetto di una droga.
Il prezzo del mirobalano è di 2 denari a libbra. I mercanti danno questo nome
anche al fondo del profumo che ne traggono.
(48) Il calamo aromatico è un altro prodotto dell’Arabia. Cresce anche in
India e in Siria, dove c’è il migliore. A 150 stadi dal Mediterraneo tra il monte
Libano e un altro senza nome (non è, come taluno ha pensato, l’Antilibano),
in una piccola valle, presso un lago le cui paludi d’estate si seccano, per un
raggio di trenta stadi intorno, crescono il calamo aromatico e il giunco profu-
mato. Parliamo pure anche del giunco, benché sia un altro il libro dedicato
alle erbe, poiché qui si tratta di tutto ciò che serve ai profumi. Non hanno nel-
l’aspetto tratti diversi rispetto alle altre piante della loro specie, ma il calamo
attira subito da lontano con un profumo eccellente; è più molle al tatto e la
qualità meno fragile e che si rompe in schegge è migliore di quella che si rom-
pe come il ravanello. Dentro la canna c’è una sorta di ragnatela che chiamano
il fiore: è migliore la pianta che ne ha in maggior quantità. L’altra prova di
qualità è il colore nero – quelle bianche non hanno valore – ed è tanto miglio-
re quanto è più corta e più spessa e flessibile quando si rompe. Il calamo aro-
matico ha il prezzo di 1 denaro a libbra, il giunco di 5. Si dice che il giunco
profumato si trovi anche in Campania.
(49) Ora abbiamo abbandonato le terre prospicienti l’oceano per entrare
in quelle poste sui nostri mari. Dunque, la parte dell’Africa che sta sotto l’E-

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

tiopia distilla la gomma ammoniaca nelle sue distese di sabbia; dalla sabbia
prende il nome anche l’oracolo di Ammone, presso il quale questa sostanza
è prodotta da un albero, che chiamano metopo, in maniera simile alla resina
o alla gomma. Ve ne sono due specie: il trausto, che assomiglia all’incenso ma-
schio ed è apprezzato moltissimo, e quella che ha nome urama, oleosa e resi-
nosa. Il prodotto viene adulterato con la sabbia, come se vi fosse rimasta at-
taccata quando esso si stava formando; è più apprezzato dunque quanto più
piccole e più pure sono le zollette in cui si presenta. Il prezzo della qualità
migliore è di 40 assi a libbra.
(50) Lo sfagno che si trova nella provincia della Cirenaica a sud di quelle
regioni è il più pregiato; si chiama anche brio. Il secondo posto lo occupa
quello di Cipro, il terzo quello della Fenicia. Si dice che cresca anche in Egitto
e persino in Gallia; e non potrei dubitarne, perché sugli alberi ci sono ciuffi
bianchi di questo nome, come ne vediamo soprattutto sulle querce, ma dal
profumo eccellente. Il valore più alto lo hanno quelli più bianchi e più larghi,
poi vengono quelli rossicci, mentre quelli neri non hanno alcun valore. Non
valgono nulla nemmeno quelli nati sulle isole e sulle rocce e tutti quelli che
hanno il profumo delle palme e non quello che gli è proprio.
(51) In Egitto c’è l’henna un albero che ha le foglie del giuggiolo, il seme
come quello del coriandolo, bianco e profumato. Questo seme viene fatto
cuocere nell’olio e viene spremuto ricavandone quello che chiamano henna.
Il suo prezzo è di 5 denari la libbra. La qualità migliore si ricava dall’albero
che cresce a Canopo sulle rive del Nilo, poi viene quello di Ascalona in Giu-
dea e al terzo posto quello dell’isola di Cipro. Il suo profumo ha una certa
dolcezza. Dicono che l’henna sia da identificare con l’albero che in Italia si
chiama ligustro.
(52) Nella stessa regione nasce l’aspalato, un arbusto spinoso bianco di
grandezza non eccessiva, che ha il fiore simile alla rosa. La radice è ricercata
per i profumi. Dicono che su qualunque arbusto si incurvi l’arcobaleno, vi ri-
mane lo stesso profumo soave dell’aspalato; ma, se questo accade all’aspalato,
la soavità del profumo è indescrivibile. Alcuni chiamano questa pianta erisi-
scettro, altri scettro. La buona qualità si può verificare dal colore rossiccio
o rosso fuoco, dalla compattezza che rivela al tatto e dal profumo, che è quello
del castorio. Viene venduto a 5 denari la libbra.
(53) In Egitto cresce anche il maro, inferiore per qualità a quello della Li-
dia, che ha foglie più grandi e variegate; quelle del maro egizio sono corte,
piccole e profumate.
(54) Ma fra tutti i profumi il preferito è il balsamo, che è concesso a una
sola terra, la Giudea, e un tempo si trovava solo in due giardini, ambedue del
re, uno grande non più di venti iugeri l’altro ancora meno. Gli imperatori Ve-

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APPENDICE DOCUMENTARIA

spasiano e Tito hanno mostrato quest’albero a Roma e – poiché è motivo di


gloria, la cosa va segnalata – a partire da Pompeo Magno i Romani hanno fat-
to sfilare in trionfo anche degli alberi. Ora il balsamo è schiavo e paga i tributi
insieme al suo popolo e risulta avere caratteri completamente diversi da quelli
divulgati dagli scrittori romani e stranieri. È infatti più simile alla vite che al
mirto. Da non molto si è imparato a trapiantarlo tagliando ramoscelli a forma
di martello, viene legato come la vite e ricopre i colli come i vigneti. Si sostiene
da solo senza lacci, viene tagliato come la vite quando butta fuori i rami, l’uso
del rastrello lo fa prosperare: spunta presto e prima di tre anni fruttifica. Le
foglie sono molto simili a quelle del lazzeruolo e non cadono mai. I Giudei
hanno infierito contro il balsamo cosı̀ come hanno fatto con la loro stessa vita;
ma i Romani lo hanno difeso e si è combattuto per un arbusto; adesso è col-
tivato dall’erario imperiale e non fu mai prodotto in quantità maggiore. L’al-
tezza si mantiene sotto i due cubiti. Vi sono tre specie di balsamo: una esile e
dai rami fatti a capigliatura, chiamata euteristo; la seconda ruvida all’aspetto,
ricurva, ricca di germogli, dall’odore più forte: la chiamano trachi; la terza è
detta eumece perché è più alta delle altre; ha la corteccia liscia. Quest’ultima è
la seconda per qualità, mentre la peggiore è quella dell’euteristo. Il seme del
balsamo ha un gusto molto simile a quello del vino, il colore rossiccio ed è un
po’ oleoso. Più il grano è levigato e verde e meno è buono. I rami sono più
spessi che nel mirto. La pianta viene incisa col vetro, con una pietra o con col-
telli fatti di osso; non sopporta che il ferro leda le parti vitali e muore subito,
ma tollera invece che il ferro la liberi dalle parti superflue. La mano dell’inci-
sore si muove con sapiente prudenza per non provocare ferite oltre la cortec-
cia. Dalla ferita esce il succo che chiamano opobalsamo: è estremamente dol-
ce, ma cola in piccole gocce: servendosi di batuffoli di lana lo si raccoglie in
piccoli corni e da quelli si mette in vasi di terra nuovi. È allora simile a un olio
piuttosto grasso, di colore bianco, prima che avvenga la fermentazione; poi
diventa rossiccio e insieme si indurisce perdendo la trasparenza. Al tempo
in cui Alessandro Magno fece una spedizione in Giudea, era normale riempire
in una giornata estiva una sola conchiglia; tutto il prodotto che si traeva dal
giardino più grande era di sei congi, da quello più piccolo di uno solo, e ve-
niva pagato col doppio del suo peso in argento: ora anche la produzione di
una sola pianta è più abbondante. L’incisione viene fatta tre volte ogni estate,
poi si fa la potatura. Anche i ramoscelli sono messi sul mercato. Già quattro
anni dopo la vittoria sulla Giudea, solo dai tagli e dai germogli si ricavarono
800.000 sesterzi; è quello che chiamano xilobalsamo e se ne fanno decotti in
profumeria. Nei laboratori ha preso il posto del succo stesso. Anche la cortec-
cia è pregiata per l’uso in medicina. Ma la parte più ricercata sono le lacrime,
poi viene il seme, terza la corteccia, all’ultimo posto il legno. Il legno migliore

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

è simile al bosso e anche il più profumato; il seme migliore è quello più grosso
e più pesante, quello che ha un sapore più aggressivo e brucia in bocca. Si
falsifica con l’iperico di Petra, che si riconosce dalle sue grandi dimensioni,
dal fatto che è vuoto, dallo sviluppo per il lungo, dalla debolezza del profumo
e dal sapore uguale a quello del pepe. La lacrima è pregiata quando è oleosa,
sottile, un poco rossa e dà profumo quando si sbriciola. Quello di seconda
qualità è bianco, poi viene quello verde e spesso e il peggiore è nero, perché
degenera invecchiando come l’olio. Quanto all’incisione, quella che dà la la-
crima migliore deve essere effettuata prima che la pianta fruttifichi. Si falsifica
anche in un altro modo, col succo del seme e a stento si riesce a scoprire la
frode grazie al sapore più amaro; il prodotto deve essere infatti dolce, senza
alcuna acidità, solo il profumo deve essere forte. Si falsifica anche con l’olio
di rosa, con quello di henna, di lentischio, di balano, di terebinto, di mirto,
con la resina, il galbano, la cera di Cipro, a seconda di ciò che si ha a dispo-
sizione. L’adulterazione più insidiosa è quella con la gomma, perché questa
secca sul dorso della mano e nell’acqua si deposita sul fondo, ambedue carat-
teristiche del balsamo vero. Anche il balsamo puro deve seccare ma, quando
vi è aggiunta la gomma, si forma una crosta fragile. Si scopre la falsificazione
anche dal sapore; mediante la combustione si scopre poi quello che è adulte-
rato con la cera e con la resina, perché produce una fiamma più scura. Se vie-
ne adulterato con l’aggiunta di miele, subisce un mutamento sensibile e, ap-
pena in mano, attira le mosche. Inoltre una goccia di balsamo puro versata
in acqua tiepida si concentra e va a depositarsi sul fondo del vaso; se il balsa-
mo è adulterato, galleggia come l’olio e, se la sostanza con cui è adulterato è il
metopio, si forma un cerchio bianco intorno. La verifica decisiva è che il bal-
samo puro fa coagulare il latte e non macchia le vesti. In nessun altro campo si
assiste a un maggior numero di frodi, perché un sestario comprato alla vendita
fatta dall’erario per trecento denari, è rivenduto a mille: questo dà un’idea del
profitto che c’è ad aumentare la quantità della sostanza. Lo xilobalsamo costa
6 denari a libbra.
(55) Nella parte della Siria che confina con la Giudea, all’interno della
Fenicia, viene prodotto lo storace nei dintorni di Cabala, Maratunte e il
monte Casio di Seleucia. L’albero ha lo stesso nome, è simile al melo coto-
gno e le gocce della sua resina hanno un odore forte e piacevole; dentro è
cavo come una canna e pieno di succo. Verso il sorgere della canicola vo-
lano su questa pianta dei vermicelli alati e si mettono a roderla, ed è per
questa erosione che essa assume un aspetto squallido. Dopo la qualità pro-
dotta in queste zone, è apprezzato lo storace della Pisidia, di Cipro, della
Cilicia, di Creta; quello dell’Amano di Siria non è affatto usato in medicina,
ma piuttosto per i profumi. Fra gli storaci di tutti questi luoghi sono più

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APPENDICE DOCUMENTARIA

pregiati quelli di colore rossiccio, oleosi ed elastici, peggiori sono invece


quelli bruni e ricoperti di una muffa bianca. Lo storace viene adulterato
con la resina di cedrus o di gomma, altrimenti col miele o mandorle amare;
si tratta di sofisticazioni che vengono tutte svelate al gusto. Il prezzo della
qualità migliore è 17 denari a libbra. La pianta cresce anche in Panfilia,
ma è più secca e ha meno succo.
(56) Altro prodotto della Siria è il galbano che sullo stesso monte Amano
viene fuori da una ferula che porta lo stesso nome. È una sorta di resina e lo
chiamano stagonitide. Quello più pregiato è cartilaginoso, chiaro come la
gomma ammoniaca e per niente legnoso. Anche se all’apparenza è cosı̀,
può essere adulterato con la fava o il sacopenio. Se è puro, quando brucia
sprigiona un odore che mette in fuga i serpenti. È venduto a 5 denari la lib-
bra.
(57) Il galbano viene usato solo in medicina; un altro prodotto della Siria
è la panacea che serve anche per i profumi: cresce in Psofide in Arcadia, nei
dintorni della sorgente del fiume Erimanto, nonché in Africa e in Macedo-
nia. Si tratta di una ferula particolare alta cinque cubiti, le foglie sono rag-
gruppate prima a quattro per volta, poi a sei, quelle a terra sono rotonde e
di notevoli dimensioni, mentre in cima sono come quelle dell’olivo; il seme
pende giù dal fogliame a chioma come nella ferula. Il succo si raccoglie in-
cidendo il tronco al tempo delle messi e la radice in autunno. Il più pregiato
è quello che coagulandosi diventa bianco; segue per qualità quello pallido,
mentre nessun valore ha quello nero. La qualità migliore costa 2 denari a
libbra.
(58) La ferula che ha nome spondilio differisce da questa solo nelle foglie,
poiché esse sono più piccole e divise come nel platano. Cresce solo in luoghi
ombrosi. Il seme, che ha lo stesso nome, ha l’aspetto del seseli e si usa solo in
medicina.
(59) La Siria produce anche il malobatro, un albero dalle foglie ripiegate,
che ha il colore delle foglie morte e dal quale si spreme un olio per profumi.
L’Egitto ne produce più della Siria, ma più pregiato è quello che viene dall’In-
dia. Si dice che in questa regione nasca nelle paludi come la lenticchia, sia pro-
fumato più dello zafferano, sia nerastro, ruvido, dal sapore simile al sale. Me-
no pregiato è quello bianco, che invecchiando si guasta prestissimo. Il suo
sapore in bocca deve essere simile a quello del nardo, il suo profumo, quando
viene fatto bollire nel vino, supera tutti gli altri. Quanto al prezzo, è veramente
incredibile: oscilla da 1 fino a 300 denari per libbra; le sue foglie costano 60
denari a libbra.
(60) Anche l’agresto è un olio, che viene da due specie di piante mediante
due diversi procedimenti, dall’olivo e dalla vite; l’oliva viene spremuta quando

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

ancora è bianca; di qualità inferiore è quello tratto dalla drupa (si chiama cosı̀
l’oliva che non è ancora matura per essere mangiata, ma già cambia colore).
La differenza tra le due qualità di agresto è che il secondo è verde, il primo
bianco. Si ottiene poi dalla vite psitia o da quella aminnea. Quando i grani
hanno la grandezza di un cece, prima del sorgere della canicola, viene colta
l’uva nel suo primo fiorire e il suo agresto. Il resto si lascia a cuocere al sole
(per proteggerli dalla rugiada si mettono i grappoli in vasi di terra), l’agresto
viene raccolto e conservato in vasi di bronzo cipriota. Il migliore è rossiccio,
piuttosto aspro e secco. L’agresto costa 6 denari a libbra. Si ottiene anche con
un altro procedimento, triturando nei mortai l’uva non ancora matura, facen-
dola poi seccare al sole e dividendola in pastiglie.
(61) Alla stessa famiglia appartiene anche il muschio, ottenuto dalle pan-
nocchiette del pioppo bianco. Il migliore cresce nei dintorni di Cnido o in Ca-
ria, in zone prive d’acqua, aride e rocciose, quello di seconda qualità cresce
sulla cedrus di Licia. Altro componente della famiglia è l’enante che corrispon-
de all’uva della lambrusca; questa viene colta al tempo della fioritura che coin-
cide con quello in cui sparge il miglior profumo, viene fatta seccare all’ombra
sopra un telo e poi viene raccolta in vasi. La qualità migliore proviene dalla
Parapotamia, la seconda da Antiochia e Laodicea in Siria, la terza dai monti
della Media ed è più usata in medicina. Alcuni preferiscono a tutte queste
quella che è prodotta nell’isola di Cipro. Infatti quella che si produce in Africa
è usata solo in medicina e si chiama massari. Comunque la lambrusca bianca
dà un prodotto migliore di quella nera.
(62) C’è un altro albero che serve anch’esso a produrre profumi: alcuni lo
chiamano elate (è il nostro abete), altri palma, altri spathe. Il più pregiato è
quello dell’oasi di Ammone, poi viene l’egizio, poi il siriaco. È profumato solo
se si trova in luoghi privi d’acqua, ha una lacrima grassa, che viene aggiunta
nei profumi per attenuare la viscosità dell’olio.
(63) In Siria si produce anche quella specie di cinnamo che chiamano co-
maco. È il succo spremuto da una noce ed è molto diverso dal succo del vero
cinnamo, ma ha un profumo quasi ugualmente piacevole. Costa 40 assi la lib-
bra.
[Traduzione di A. PERUTELLI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

6.2. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale, Libro XIII capitoli 1-6


(1) Finora, quanto a essenze aromatiche, si è considerato il valore che in
quest’ambito hanno le foreste, ed erano già di per sé, prese a una a una, cose

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APPENDICE DOCUMENTARIA

straordinarie: tutte queste essenze il lusso si compiacque di mescolarle e di


trarre dalla loro combinazione un unico odore: cosi furono inventati i profu-
mi. Il nome del loro inventore non è tramandato. Ai tempi della guerra di
Troia essi non esistevano e nelle suppliche non si usava l’incenso: perfino nelle
cerimonie religiose si conosceva solo il sentore del fumo, più che l’odore, che
si levava dalle piante del luogo bruciate, la cedrus e la tuia; era nondimeno già
conosciuta l’acqua di rose; anch’essa infatti viene ricordata nell’Iliade e lodata
come olio.20 L’uso del profumo va fatto risalire ai Persiani. Costoro ne sono
impregnati e ricorrono a esso come espediente per estinguere il fetore causato
dal loro sudiciume. La prima attestazione che io ne abbia trovato si riferisce a
quando Alessandro, dopo avere espugnato l’accampamento del re Dario, fra
tutti gli altri oggetti che formavano la dotazione reale, s’impadronı̀ di un co-
fanetto di profumi.21 In seguito, il piacere derivante dal loro uso fu annoverato
anche da noi Romani fra i beni più eleganti della vita, e persino che danno più
decoro, ed essi cominciarono a rappresentare un appropriato tributo onorifi-
co anche per i morti. Perciò ne parleremo piuttosto a lungo. Quelli tra loro
non estratti da arbusti saranno per il momento indicati solo con i nomi, men-
tre le loro caratteristiche verranno fornite a suo luogo.
(2) I profumi hanno ricevuto i loro nomi in alcuni casi dal paese di pro-
duzione, in altri dalle essenze che li compongono, in altri dalle piante di pro-
venienza, in altri ancora da cause particolari; bisogna inoltre sapere, prima di
tutto, che la loro importanza ha subito delle variazioni e che assai spesso sono
passati di moda. Anticamente il profumo più pregiato era quello dell’isola di
Delo, più tardi quello di Mende. Tali mutamenti non sono dovuti solo alla ri-
cetta e alle dosi dei vari ingredienti, ma anche al fatto che una medesima es-
senza, a seconda del luogo di produzione, ha variato la propria qualità in me-
glio o in peggio. Il profumo di iris di Corinto godette a lungo di un notevole
successo, che in seguito passò a quello di Cizico; similmente il profumo di rose
di Faselide, la cui fama fu oscurata da quelli di Napoli, di Capua e di Preneste.
Il profumo allo zafferano di Soli di Cilicia fu a lungo pregiatissimo, poi fu la
volta di quello di Rodi; il più rinomato profumo all’enante fu dapprima quello
di Cipro, poi quello di Adramittio; per quanto riguarda il profumo di mag-
giorana, il migliore era quello di Cos; in seguito gli fu preferito quello di co-
togne, prodotto nel medesimo luogo; il profumo di henna più rinomato si
produceva dapprima a Cipro, poi in Egitto, dove d’un tratto il profumo di

20 Iliade XXIII 186.


21 Plutarco, Vita di Alessandro Magno XX (vedi infra testo n. 10.1); Plinio il Vecchio, Storia Na-
turale VII 108.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Mende e il metopio divennero più pregiati. Subito dopo la Fenicia si appro-


priò di questi ultimi e lasciò all’Egitto l’esclusiva del profumo di henna. Atene
ha mantenuto con costanza quella del suo panatenaico. Era pure esistito un
profumo detto pardalio, prodotto a Tarso, di cui si è perso il ricordo anche
per quanto riguarda la formula e le dosi. Non si produce più neanche il pro-
fumo di narciso, estratto dal fiore omonimo.
Due sono gli elementi utilizzati nella fabbricazione del profumo, il succo e
l’essenza: il primo, in genere, consiste nei vari tipi di olio, la seconda negli
odori; nell’un caso si parla di elementi ‘astringenti’, nell’altro di ‘aromi’. Un
terzo elemento, connesso con questi, del quale molti non fanno menzione, è
il colore; per produrlo si aggiungono cinabro e anchusa. Una spruzzata di sale
ha la funzione di mantenere inalterata la natura dell’olio. Ai profumi cui sia
stata aggiunta anchusa non si aggiunge sale. Si addizionano resina o gomma
per fissare all’essenza l’aroma che, in caso contrario, rapidissimamente svani-
sce e si perde.
Tra i profumi il più semplice e, verisimilmente, il primo a essere inventato,
fu quello ricavato dal muschio e dall’olio di balano, dei quali abbiamo parlato
in precedenza; in seguito il profumo di Mende si arricchı̀ di olio di balano, di
resina, di mirra, mentre ancora più complessa è, ai giorni nostri, la ricetta del
metopio. Questo è un olio estratto, in Egitto, da mandorle amare, al quale so-
no stati addizionati agresto, cardamomo, giunco profumato, calamo aromati-
co, miele, vino, mirra, seme di balsamo, galbano e resina di terebinto. Tra i pro-
fumi attualmente più comuni – e perciò anch’esso ritenuto tra i più antichi –
c’è quello costituito da olio di mirto, da calamo aromatico, cipresso, henna,
lentischio e scorza di melagrana. Ma io sarei incline a credere che i profumi
più diffusi siano quelli estratti dalla rosa, che cresce ovunque in abbondanza.
Questo è il motivo per cui fu per lungo tempo semplicissima la ricetta del ro-
dino, che richiede aggiunte di agresto, petali di rosa, olio di zafferano, cina-
bro, calamo aromatico, miele, giunco profumato, fiore di sale o anchusa, vino.
Simile è la formula del profumo di zafferano, cui si aggiungono cinabro, an-
chusa e vino, nonché quella del profumo di maggiorana, cui si addizionano
agresto e calamo aromatico. Il migliore si produce a Cipro e a Mitilene, dove
la maggiorana è molto abbondante. Vengono preparate anche essenze profu-
mate più scadenti a base di mirto e di alloro, con aggiunte di maggiorana, gi-
glio, fieno greco, mirra, cannella, nardo, giunco profumato, cinnamomo.
Anche dalle mele cotogne e dagli struthia si ricava, come diremo, un olio,
il melino, che diventa un profumo se si aggiungono agresto, olio di henna, olio
di sesamo, balsamo, giunco profumato, cannella, abrotano. Tra tutti i profumi
il più fluido è quello di gigli; si compone di gigli, olio di balano, calamo aro-
matico, miele, cinnamo, zafferano, mirra; parimenti fluido è il profumo di

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APPENDICE DOCUMENTARIA

henna, che richiede henna, agresto e cardamomo, nonché calamo aromatico,


aspalato e abrotano; alcuni vi aggiungono anche cipero, mirra e panacea. Il
migliore è quello di Sidone poi quello d’Egitto. Se non si addiziona olio di se-
samo, esso si conserva anche per quattro anni; si rinforza col cinnamomo.
Il telino si fa con olio fresco, cipero, calamo aromatico, meliloto, fieno gre-
co, miele, maro, maggiorana. Esso era il profumo di gran lunga più in voga ai
tempi del poeta comico Menandro; più tardi il suo posto passò al megalium,
cosı̀ chiamato in virtù della sua fama, composto da olio di balano, calamo aro-
matico, giunco profumato, xilobalsamo, cannella, resina. Una sua peculiarità
consiste nel fatto che, durante la cottura, gli si deve fare vento fino a quando
cessa di emanare odore; raffreddatosi, torna a prendere il suo particolare aroma.
Anche essenze prive di ulteriori aggiunte costituiscono di per sé eccellenti
profumi: in primo luogo quella di malobatro, poi quelle di iris dell’Illirico e di
maggiorana di Cizico, entrambe estratte da erbe. A queste alcuni aggiungono
anche altri ingredienti, chi uno, chi un altro, ma in misura esigua; al massimo
mischiano all’una o all’altra delle due miele, fiore di sale, agresto, foglie di
agnocasto, panacea.
Il profumo di cinnamomo contiene solamente prodotti esotici e ha prezzi
elevatissimi: al cinnamo si aggiungono olio di balano, xilobalsamo, calamo
aromatico, semi di giunco profumato e di balsamo, mirra, miele profumato;
è il più denso tra tutti i profumi. Il suo prezzo varia da 35 a 300 denari. Il pro-
fumo di nardo o foliatum si compone di agresto o di olio di balano, di giunco
profumato, di costo, di nardo, di amomo, di mirra e di balsamo. A proposito
di questo genere di piante balsamiche converrà ricordare che abbiamo men-
zionato nove specie di erbe che somigliano al nardo indiano: che abbondante
materiale per adulterazioni! Tutti i profumi, del resto, diventano più pene-
tranti con aggiunte di costo e di amomo, che colpiscono assai violentemente
l’olfatto, più consistenti e più soavi con aggiunta di mirra, mentre se si addi-
ziona zafferano aumenta la loro utilità in medicina; diventano, infine, estrema-
mente penetranti di per sé tramite l’aggiunta di amomo, che produce persino
dolori di capo. Alcuni profumieri si accontentano di spruzzare gli ingredienti
più preziosi sugli altri già fatti bollire, risparmiando cosı̀ sulle spese; il profu-
mo, però, non raggiunge la medesima intensità, se non si fanno bollire i vari
ingredienti tutti assieme.
Anche la mirra, da sola e senza olio, costituisce un profumo, purché si
tratti della mirra stakte, perché altrimenti apporta una nota troppo amara.
Con l’olio di henna un profumo diventa verde, con quello di gigli untuoso,
con l’essenza di Mende nero, con il rodino bianco, con la mirra pallido.
Questi sono i tipi di profumo di invenzione antica e le adulterazioni di la-
boratorio compiute in epoca posteriore. Ora parleremo di quello che è il vero

— 122 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

e proprio colmo della mollezza e gode del più alto pregio. Si tratta dunque
del profumo ‘regale’, cosı̀ chiamato perché preparato nel modo che segue
per i re dei Parti; si compone di mirobalano, costo, amomo, cinnamo coma-
co, cardamomo, spiga di nardo, maro, mirra, cannella, storace, ladano, opo-
balsamo, calamo aromatico e giunco profumato di Siria, enante, malobatro,
sericato, henna, aspalato, panacea, zafferano, cipero, maggiorana, loto, miele,
vino. Nessuno degli ingredienti che concorrono alla sua formazione si produ-
ce in Italia, che pure è la vincitrice di tutte le genti, e nessuno invero nell’in-
tera Europa, fatta eccezione per l’iris dell’Illirico e il nardo di Gallia. Infatti il
vino, le rose, le foglie di mirto e l’olio si possono ritenere diffusi un po’ dap-
pertutto.
(3) I profumi definiti ‘diapasmati’ si compongono di polveri aromatiche.
La morchia del profumo si chiama infatti magma. Tra tutti gli aromi, pre-
vale quello che si aggiunge per ultimo. I profumi si conservano al meglio in
vasetti di alabastro, le essenze in olio, che sarà tanto più utile per la loro
durata quanto più sarà grasso, come quello di mandorle. Anche i profumi
migliorano con l’invecchiamento. Il sole li danneggia; questo è il motivo per
cui vengono conservati all’ombra, in vasi di piombo. Se ne verifica la qualità
ponendoli sul dorso della mano, per evitare che il calore della palma li al-
teri.
(4) Questa è la materia di un lusso che tra tutti è il più vano. Infatti le perle
e le gemme per lo meno passano agli eredi, le vesti durano nel tempo: i pro-
fumi si dissolvono istantaneamente e muoiono appena nati. Il loro massimo
pregio consiste nel fatto che, quando passa una donna, la sua scia attira anche
chi è affaccendato in tutt’altre cose. Il loro costo supera i 400 denari la libbra;
ecco a quanto si compra il piacere altrui, visto che chi è profumato non si ac-
corge di esserlo.
Se poi vogliamo segnalare anche in questo campo qualche particolarità,
nelle opere di Marco Cicerone 22 troviamo che i profumi che sanno di terra
sono più gradevoli di quelli che sanno di zafferano; ciò prova come, anche
in un contesto di massima depravazione, faccia piacere riscontrare una certa
austerità del vizio stesso. Certuni, poi, ricercano soprattutto i profumi consi-
stenti, che chiamano ‘spessi’, e amano non solo cospargersene, ma addirittura
spalmarseli addosso. Abbiamo visto gente che si profumava persino le piante
dei piedi, usanza che, secondo la tradizione, fu mostrata all’imperatore Nero-
ne da Marco Otone; domando, di grazia, come si potesse avvertire un profu-
mo proveniente da quella parte del corpo e come si facesse a trarne piacere.

22 Sull’oratore III 99; ma anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XVII 3.

— 123 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Inoltre abbiamo sentito raccontare che un tale, un cittadino privato, aveva da-
to ordine di cospargere di profumo le pareti del bagno e che l’imperatore
Gaio Caligola faceva profumare le vasche da bagno, e ancora che in seguito,
perché non sembrasse un privilegio da principi, fece altrettanto anche uno de-
gli schiavi di Nerone. Ciò che più stupisce, però, è che questa mollezza sia pe-
netrata anche all’interno dei campi militari; certo, le aquile e le insegne, pol-
verose e irte con le loro punte di lancia, nei giorni di festa vengono cosparse di
profumi e magari potessimo dire chi per primo introdusse tale usanza! Una
cosa è certa, comunque: corrotte da questa ricompensa le nostre aquile hanno
sottomesso il mondo. Queste sono le giustificazioni che cerchiamo per i nostri
vizi, affinché, grazie alla legittimazione da esse fornita, ci possiamo mettere il
profumo sotto l’elmetto.
(5) Non saprei dire facilmente quando sia penetrato per la prima volta in
Roma l’uso del profumo. Certo è che, debellati il re Antioco e l’Asia, nell’anno
565 di Roma (189 a.C.), i censori Publio Licinio Crasso e Lucio Giulio Cesare
promulgarono un editto che vietava a chiunque di vendere profumi ‘esotici’
(essi infatti li chiamarono cosı̀). Eppure qualcuno oramai, per Ercole, li mi-
schia anche alle bevande, e il loro aspro aroma è tenuto in cosı̀ grande consi-
derazione che il corpo trae piacere dall’abbondante odore sia all’interno che
all’esterno. Si sa che Lucio Plozio, fratello di Lucio Planco due volte console e
censore, proscritto dai triumviri, fu tradito, nel nascondiglio di Salerno, dal-
l’aroma del suo profumo, particolare ignominioso che fu sufficiente ad assol-
vere l’intera proscrizione: chi infatti potrebbe ritenere ingiusta la morte di si-
mili individui?
(6) Fra tutti i paesi, l’Egitto è il più idoneo alla produzione di profumi;
segue la Campania per l’abbondanza di rose. La Giudea, invece, è famosa
più che altro per le palme, delle quali saranno ora descritte le caratteristiche.
Ne esistono effettivamente anche in Europa e un po’ dappertutto in Italia, ma
sono sterili; quelle delle coste della Spagna danno frutti, che però rimangono
acerbi; in Africa i frutti sono dolci, ma perdono subito il sapore. In Oriente,
invece, se ne fa vino e, presso alcune popolazioni, una sorta di pane; moltis-
simi, poi, li utilizzano come cibo per il bestiame. Questo è il motivo per cui a
buon diritto le palme saranno definite esotiche; non nascono mai spontanea-
mente in Italia né in nessun’altra parte del mondo, fatta eccezione per le zone
calde; quanto poi a quelle fruttifere, non se ne trovano se non nelle zone tor-
ride.
[Traduzione di R. CENTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo, Storia Naturale,
vol. III, Botanica, Torino 1984]

— 124 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

7. PROFUMI E CORONE
23

7.1. ATENEO, I sofisti a banchetto XV 674f-692e


[17] Nella sua opera Profumi e corone il medico Filonide dice: 24
Dopo che Dioniso portò la vite in Grecia dal Mar Rosso, i più si abbandonarono
a uno smisurato godimento bevendo vino schietto. Perciò alcuni, |675b| come pazzi,
erano fuori di sé, altri, per lo stordimento, sembravano cadaveri. Ma un giorno, men-
tre alcuni bevevano sulla spiaggia, scoppiò un temporale che interruppe la bevuta e
riempı̀ d’acqua il cratere in cui era rimasto un po’ di vino. Quando il cielo tornò se-
reno, fatto ritorno nello stesso luogo e assaggiata la mistura, ne ricavarono un piacere
gradevole e innocuo. Per questa ragione, quando nel corso del pasto si distribuisce il
vino schietto, i Greci rivolgono una preghiera al Buon Genio, rendendo cosı̀ onore al
dio che scoprı̀ il vino, cioè a Dioniso. Invece, con la prima coppa di vino miscelato
|675c| distribuita dopo cena, invocano Zeus Salvatore, nella convinzione che colui
che fa scoppiare i temporali sia anche artefice della miscela innocua di acqua piovana
e vino. Dunque, quelli che in conseguenza del bere avevano la testa ottenebrata, era-
no bisognosi di aiuto; fra tutti i rimedi quello più a portata di mano e naturale era una
benda. Infatti, come dice Andrea, il bendaggio come rimedio al mal di testa fu sco-
perto da uno, che ne provò sollievo |675d| stringendo il capo fra le sue mani. Utiliz-
zando dunque questo sollievo nei confronti del bere, si fasciavano la testa con ciò di
cui disponevano. Cosı̀ ricorsero alla corona d’edera, una pianta di gradevole aspetto
che cresce ovunque spontanea e copiosa. Questa, con le sue verdi foglie e con i suoi
grappoli di bacche, proietta ombra sulla nostra fronte e sa resistere a una stretta le-
gatura; inoltre dà refrigerio, pur senza avere un profumo che provoca torpore. A me
sembra che i mortali abbiano dedicato la corona a Dioniso per questo motivo, volen-
do che lo scopritore di questa bevanda fosse anche il liberatore delle sue conseguenze
negative. Ma da allora essi si volsero al piacere e trascurarono il vantaggio |675e| che
derivava dalle corone anche a coloro che subivano gli effetti negativi dell’ebbrezza, e
si preoccuparono soltanto del piacere che si ricavava dal loro aspetto e dal profumo.
Perciò bisogna considerare adatte a un simposio, oltre alla corona di alloro, anche
quella di mirto, un arbusto che provoca stipsi e allontana i fumi del vino, o quella
di rose, un fiore che sa in qualche modo calmare anche il mal di testa e nello stesso
tempo fornire in una certa misura una sensazione di fresco. Devono invece essere evi-
tate la corona di violette bianche (leukoı̈nos), fiori capaci di eccitare i nervi della testa,
quella di maggiorana (amarakinos) e tutte quelle che provocano intontimento o danno
in altro modo un senso di pesantezza alla testa.

23 Sul tema, oltre al passo di Ateneo qui riportato, vedi anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale
XXI 1-9; Plutarco, Opere morali 645d-648a; Clemente di Alessadria, Pedagogo II 8,70-76.
24 F 1 Garcı́a Lazaro.

— 125 —
10
APPENDICE DOCUMENTARIA

Apollodoro, nella sua opera Profumi e corone, ha fatto alla lettera le stesse
osservazioni. |675f|.25 Ecco quanto posso dirvi, amici miei, su questo argomento.

[18] Per quel che riguarda invece i fiori della corona di Naucrati, dopo nu-
merose e inutili ricerche e indagini presso molte persone, alla fine un giorno
mi imbattei nell’opera di Policarmo di Naucrati intitolata Afrodite, nella quale
è scritto quanto segue: 26
Era la ventitreesima Olimpiade (688-685 a.C.). Il nostro concittadino Erostrato,
in viaggio per mare per scopi commerciali, toccava molte terre. Un giorno approdò
anche a Pafo, |676a| nell’isola di Cipro, dove acquistò una statuetta di Afrodite di
antica fattura, alta una spanna. Di ritorno a Naucrati, la portò con sé. Quando ormai
era in vista dell’Egitto, poiché su di lui improvvisamente si abbatté una tempesta e
non era più possibile capire in quale parte della terra fossero, andarono tutti quanti a
rifugiarsi vicino alla statua di Afrodite e pregavano che la dea li salvasse. Quando i
marinai, presi da grande nausea e da forti conati di vomito, disperavano ormai della
salvezza, la dea (era benigna con gli abitanti di Naucrati) improvvisamente |676b|
riempı̀ tutto lo spazio intorno a lei di verdi rami di mirto e sparse per tutta la nave
un dolcissimo profumo. Allo spuntar del sole essi scorsero il porto e approdarono a
Naucrati. Erostrato sbarcò portando con sé la statua e anche i verdi rami di mirto
che gli erano apparsi improvvisamente, e li offrı̀ al tempio di Afrodite. Dopo aver
sacrificato alla dea e dedicato la statua ad Afrodite, invitò i |676c| suoi parenti e amici
più stretti a un banchetto nello stesso tempio e a ciascuno di essi offrı̀ una corona
fatta con i rami di mirto, che da lui, già in quell’occasione, fu chiamata ‘corona di
Naucrati’.27

Questo è dunque il racconto di Policarmo; anch’io lo ritengo veritiero e


penso che la corona di Naucrati non sia altro che quella di mirto, anche per-
ché Anacreonte 28 dice che è portata insieme con quella di rose. Anche secon-
do Filonide 29 la corona di mirto disperde i fumi del vino e quella di rose leni-
sce in qualche modo il mal di testa, oltre ad avere un potere rinfrescante.
Dunque sono ridicoli coloro che sostengono che la corona di Naucrati sia

25 F 1 Garcı́a Lazaro.
26 FGH 640, F 1.
27 Anche Archestrato di Gela, poeta di IV secolo a.C., cosı̀ esortava a partecipare ai banchetti
(Hedypatheia F 62 Brandt): «Sempre alla mensa cingiti il capo di ghirlandette, acconce di ogni fiore,
di cui la terra nutrice di germogli sia tutta un prato. Stilla sulle tue chiome odori rugiadosi, profumati
e sulla cenere che indugia, mollemente, ogni giorno mirra e incenso, odorata arbore di Siria». [Tra-
duzione di S. GRASSO (a cura di), Archestrato di Gela. I piaceri della mensa, Palermo 1987].
28 F 104,2 Gentili.
29 F 2 Garcı́a Lazaro.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

quella fatta |676d| con il papiro che gli Egiziani definiscono ‘per corone’,
traendone il nome dal tredicesimo libro della Storia dell’età di Filippo e dal-
l’undicesimo della Storia della Grecia di Teopompo.30 Questi dice che, quando
il re di Sparta Agesilao giunse in Egitto, gli Egiziani gli mandarono fra gli altri
doni anche un papiro per corone. Io ignoro l’utilità o il piacere che si ricava
dal cingere una corona fatta di papiro e di rose, a meno che quelli che rica-
vano qualche piacere da questo tipo di corona non siano pronti a cingere nello
stesso modo una corona di rose e di aglio. So inoltre che molti per corona di
Naucrati intendono |676e| quella fatta di maggiorana, un fiore che è diffuso in
Egitto. Il mirto egiziano, come ricorda anche Teofrasto,31 se confrontato con
quello che cresce in altre zone, si distingue per il suo profumo.

[19] Si stava ancora parlando di questi argomenti, quando entrarono dei


fanciulli che recavano corone intrecciate con fiori di stagione. Allora Mirtilo
disse: – Nobile Ulpiano, dicci quali sono i nomi delle corone. I fanciulli, in-
fatti, come si dice nel Centauro di Cheremone,32
Preparano corone, che lanciano come araldi di religioso silenzio
prima delle preghiere agli dèi.

|676f| E nel Dioniso lo stesso Cheremone dice: 33


Dopo aver tagliato corone, messaggere di religioso silenzio.

Tu, però, non pensare di proporci le notizie che ricavi dall’opera di Elio
Asclepiade intitolata Le corone, come se non ne avessimo mai sentito parlare,
ma aggiungi a quelle qualcos’altro. In verità non sei in grado di dimostrare che
qualcuno abbia detto rhodon stephanos (‘corona di rose’) o ion stephanos (‘co-
rona di viole’) tenendo separati i due termini, perché infatti l’espressione di
Cratino narkisson olisboi (‘falli di narcisi’) è scherzosa.34
E Ulpiano ridendo rispose: – Presso i Greci, a quanto dice Semo di Delo 35
nel quarto libro delle Antichità di Delo, fu chiamato per la prima volta stepha-
nos (‘corona’) quello che noi oggi chiamiamo |677a| stephos e alcuni stemma;
perciò, dopo aver cinto questa benda, mettiamo sopra di essa la corona d’al-

30 FGH 115, FF 106a-b; 22.


31 Storia delle piante VI 8,5.
32 TGrF 71, F 11.
33 TGrF 71, F 6.
34 F 394 Kassel-Austin.
35 FGH 396, F 8.

— 127 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

loro. Stephanos viene dal verbo stephein (‘intrecciare’). E tu, Tessalo dal par-
lare variopinto quale sei, credi che ciò che sto per dirti sia qualcosa di ovvio,
una di quelle cose già trite e ritrite? Ricorrendo alla tua stessa lingua (glossa) ti
ricorderò la corona di pungitopo (hypoglottis), della quale parla Platone nello
Zeus oltraggiato: 36
Certo una linguetta (glossa) portate nei vostri calzari,
e se mai bevete, cingete la corona hypoglottis;
|677b| e se gli auspici son buoni, voi parlate con lingua (glossa) propizia.

Invece Teodoro, nelle Voci attiche, come dice Panfilo nella sua opera Ter-
mini d’uso comune, definisce hypoglottis un modo di intrecciare corone.37
Dunque ricevi da me, secondo le parole di Euripide,38
A saper parlar bene, da ogni cosa una disputa
di parole ambigue si potrebbe suscitare,

anche [20] la corona istmica (isthmiakon). Aristofane, quando nei Friggitori


disse: 39
|677c| Che dovremmo dunque fare? Prendere un bianco mantello;
poi, con le istmiche corone, come i cori
cantiamo un encomio al nostro signore,

ritenne che la corona che ha questo nome fosse degna di essere ricordata. Si-
leno, nelle Glosse, dice: «Isthmion, una corona», e Fileta: 40 «Corona (isth-
mios), cioè parola con doppio significato, quale ornamento del capo e del col-
lo. Posso dire anche isthmion di un pozzo o di un pugnale». Timachida e
Simmia,41 entrambi di Rodi, riportano i due termini come sinonimi uno del-
l’altro: «Isthmion, cioè corona». |677d| Callissino,42 anche lui originario di Ro-
di, ne parla nella sua opera Alessandria. Egli scrive [...] [21] Ma, visto che ho
ricordato Alessandria, io so che in quella bella città c’è una corona detta Anti-
noeios (‘di Antinoo’), fatta con il tipo di loto che lı̀ chiamano ‘di Antinoo’;
questo cresce d’estate nelle paludi e può essere di due colori: una varietà è

36 F 51 Kassel-Austin.
37 Panfilo F 37 Schmidt; Teodoro FGH 346, F 3a.
38 F 240b Mette.
39 F 505 Kassel-Austin.
40 F 41 Kuchenmüller.
41 Timachida F 28 Blinkenberg; Simmia F 27 Powell.
42 FGH 627, F 4.

— 128 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

di un colore simile a quello della rosa e con essa si intreccia la corona propria-
mente definita Antinoeios (‘di Antinoo’); l’altra varietà si chiama lotinos (‘di lo-
to’) ed è di un azzurro cupo. |677e| Pancrate,43 un poeta del posto, che anche
noi conosciamo, mostrò all’imperatore Adriano in visita ad Alessandria il loto
del colore della rosa come qualcosa di straordinario. Disse che esso deve essere
chiamato Antinoeios in quanto era spuntato dalla terra bagnata con il sangue
del leone di Mauritania, che Adriano aveva ucciso in una battuta di caccia nella
regione libica vicina ad Alessandria. Si trattava di una bestia enorme, che per
molto tempo aveva devastato la Libia intera, rendendola per largo tratto inabi-
tabile. Adriano allora si compiacque di quell’idea originale e singolare e ricom-
pensò il poeta concedendogli di essere mantenuto a pubbliche spese nel Museo.
|677f| Anche il commediografo Cratino,44 negli Odissei, partendo dal fatto che
gli Ateniesi definiscono ‘piante da corone’ tutte quelle frondose, chiama il loto
‘pianta da corona’. Pancrate 45 nel suo poema ha detto non senza eleganza:
Il folto serpillo, il bianco giglio e il giacinto
purpureo e le foglie del glauco chelidonio
e la rosa che si piega agli zefiri di primavera:
non era ancor nato il fiore dal nome di Antinoo.

[22] |678a| Pyleon. A detta di Panfilo 46 ha questo nome la corona che i


Lacedemoni cingono in onore di Era.
So poi di una corona che, come dice Timachida 47 nelle Glosse, è chiamata
iakcha (‘bacchica’) dagli abitanti di Sicione. Fileta 48 scrive: «Iakcha: una coro-
na profumata della terra di Sicione:
Si è messa sulle chiome profumate una bella corona iakcha
e si è posta presso il padre».

Nelle Glosse Seleuco 49 sostiene che hellotis è il nome dato alla corona in-
trecciata con il mirto, una corona |678b| di venti cubiti di circonferenza, che si
portava in processione nelle feste Ellotie. Dicono che su questa corona fossero
portate le ossa di Europa, chiamata Hellotis. Le Ellotie si celebravano anche a
Corinto.

43 FGH 625, T 1.
44 F 157 Kassel-Austin.
45 F 3,1-4 Heitsch.
46 F 32 Schmidt.
47 F 19 Blinkenberg.
48 F 40 Kuchenmüller.
49 F 52 Müller.

— 129 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Thyreatikoi (‘di Tirea’) – A quanto dice Sosibio 50 nella sua opera I sacri-
fı̀ci, sono cosı̀ chiamate dai Lacedemoni alcune corone. Sosibio sostiene che
ora esse sono denominate ‘psiline’ e che sono confezionate con rami di pal-
ma. Le si cingono, egli dice, per ricordare la vittoria di Tirea da coloro che
guidano le danze di questa festa, durante la quale si celebrano anche |678c|
le Gimnopedie. Ci sono inoltre tre cori di danzatori: in testa quello di fan-
ciulli, a destra quello di vecchi e a sinistra quello di uomini adulti. Danzano
nudi e intonano canti di Taleta e di Alcmane e i peani del lacedemone Dio-
nisodoto.
Le corone melilotinoi (‘di meliloto’) sono cosı̀ ricordate da Alessi 51 nella
Cratea ovvero Il farmacista:
e molte corone di meliloto appese.

Epithymis (‘collare di fiori’). Seleuco 52 definisce in questo modo tutte le


corone; Timachida 53 sostiene invece che si chiamano cosı̀ le |678d| corone
di ogni tipo portate dalle donne.
Hypothymis e corone hypothymides vi erano presso Eoli e Ioni, che se le
mettevano attorno al collo; ciò si può chiaramente ricavare dai versi di Alceo e
di Anacreonte. Nelle Glosse sparse Fileta 54 sostiene che i Lesbi chiamano hy-
pothymis il ramoscello di mirto, attorno al quale intrecciano viole e altri fiori.
Anche la hypoglottis (‘di pungitopo’) è un tipo di corona. Teodoro,55 nelle
Glosse attiche, lo definisce un modo di intrecciare corone, del tipo di quello
di cui parla Platone 56 nello Zeus oltraggiato.

[23] |678e| Anche presso i poeti comici trovo poi una corona detta kylistos
(‘intrecciata in cerchio’). Ne fa menzione Archippo 57 nel Rinone con queste
parole:
Dopo aver restituito il mantello, se ne torna a casa impunito
e con una corona ben intrecciata in cerchio.

50 FGH 595, F 5.
51 F 119 Kassel-Austin.
52 F 54 Müller.
53 F 25 Blinkenberg.
54 F 42 Kuchenmüller.
55 FGH 346, F 3b.
56 F 51 Kassel-Austin.
57 F 42 Kassel-Austin.

— 130 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Alessi,58 nell’Adonide ovvero Il cavallino, dice:


È il terzo questo che ha
una corona di fichi intrecciata in cerchio.
Ma anche da vivo era contento di cose del genere.

E poi ancora nello Scirone: 59


oscillando come una corona intrecciata in cerchio.

Ricordano questa corona anche Antifane 60 nell’Innamorato di se stesso,


|678f| ed Eubulo 61 nell’Enomao ovvero Pelope:
Roteando con movimenti circolari,
come una corona intrecciata in cerchio.

Che cosa è dunque questa corona intrecciata in cerchio? So in verità che


nei Nomi attici Nicandro di Tiatira 62 dice: «Ekkylistoi (‘intrecciate in cer-
chio’): si tratta di corone, in particolare quelle di rose». Ma io, caro Cinulco,
vorrei capire come è fatta questa corona, e non venirmi a dire che con questo
nome noi dobbiamo intendere semplicemente quelle di grande spessore. Tu
sei in grado non solo di svelare, ma anche di scavare i segreti contenuti nei
libri, come fanno i filosofi nel Compagno di frode del commediografo Bato-
ne,63 dei quali anche Sofocle 64 dice nei Convitati (questi sono simili a te):
|679a| Certo bisogna che tu, ormai adulto e d’importante famiglia,
non porti in giro un mento cosı̀ unto, per cui ti si chiami
‘Figlio del ventre’, pur potendo tu portare il nome di tuo padre.

Poiché dunque anche tu ti sei ingozzato non solo di teste di glauco, ma


anche di quell’erba immortale, di cui il famoso dio di Antedone si riempı̀ e
divenne a sua volta immortale, parlaci del problema proposto. Non vorrem-
mo infatti sospettare, come farebbe il divino Platone, che tu sia morto e che
poi abbia mutato forma. Egli dice che è naturale che prendano l’aspetto di
asini o di bestie simili gli uomini che sono |679b| eccessivamente ghiotti e

58 F 4 Kassel-Austin.
59 F 210 Kassel-Austin.
60 F 53 Kassel-Austin.
61 F 73 Kassel-Austin.
62 FGH 343, F 7.
63 F 6 Kassel-Austin.
64 F 564 Radt.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

tracotanti o che indulgono troppo al bere e non si astengono da questi com-


portamenti.64 bis

[24] Poiché Cinulco si trovava in difficoltà, Ulpiano continuò cosı̀ a par-


lare: – Passerò ora a descrivere un altro tipo di corona, cioè quella chiamata
struthion (‘corona di saponaria’), nominata anche da Asclepiade, e citerò
questi versi dalle Venditrici di corone di Eubulo: 65
Beata colei che nella sua cameretta ha un passerotto dall’aereo volo,
e stringe il suo esilissimo corpo al corpo del giovane sposo
dalla bella chioma, che alita molta fragranza,
come Cisso quando cresce a primavera
s’avvinghia a Calamo, consumato
|679c| dall’amore per l’ololygon.

Questa corona è intrecciata con il fiore della cosiddetta ‘saponaria’, a cui ac-
cenna Teofrasto 66 nel sesto libro della sua opera Storia delle piante quando dice:
«Fioriscono d’estate anche l’iris e la cosiddetta ‘saponaria’, un fiore bello a veder-
si, ma non profumato». Anche Galene di Smirne chiama questo ‘di saponaria’.
Pothos (‘rimpianto’). Nelle Glosse Nicandro di Colofone 67 dice che si
chiama cosı̀ un tipo di corona; o forse è una corona confezionata con i fiori
che hanno questo nome; questi sono ricordati nel |679d| sesto libro della Storia
delle piante dallo stesso Teofrasto,68 che cosı̀ scrive:
Fioriscono preferibilmente d’estate la licnide, il dianto, il giglio, lo spigo e la mag-
giorana frigia, e inoltre il cosiddetto pothos (‘rimpianto’). Quest’ultimo può essere di
due tipi: uno ha il fiore simile a quello del giacinto, l’altro, senza colore, di un bianco
assoluto, è usato per adornare le tombe.

Eubulo 69 enumera anche altre corone:


Capretta, questa corona –
di fiori variopinti tu porterai,
molto ricurva, o Zeus, e bellissima.
E che mai? Con questa un amante troverai.

64 bis Fedone 81e.


65 F 102 Kassel-Austin.
66 Storia delle piante VI 8,3.
67 F 144 Schneider.
68 Storia delle piante VI 8,3.
69 F 103 Kassel-Austin.

— 132 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

|679e| E nei versi successivi Eubulo 70 dice:


[A] Forse volete delle corone. Di timo
o di mirto o di quelle intrecciate con fiori?
[B] Qualcuna di queste di mirto noi vogliamo.
Ogni altra metti in vendita, ma non quelle di mirto.

[25] Phylyrinos (‘di tiglio’). Senarco 71 nel Soldato dice:


Il fanciullo aveva intorno al capo
una corona di tiglio senza foglie.

Alcune corone si chiamano heliktoi (‘ritorte’), e sono cosı̀ definite ancora


|679f| ai nostri giorni dagli abitanti di Alessandria. Ne fa menzione il tragedio-
grafo Cheremone 72 in questi versi del Dioniso:
Catene di corone ritorte con edera e narciso
avvolte intorno tre volte [...].

Riguardo alle sempre fiorenti corone d’Egitto, nella Storia d’Egitto Ellani-
co 73 scrive:
C’è una città di nome Tindio, posta sul fiume. È luogo di riunione degli dèi, e al
centro di essa c’è un tempio grande e venerando, di pietra, e una porta, anch’essa di
pietra. All’interno del tempio crescono acacie bianche e nere. |680a| Sopra di queste
sono state gettate corone intrecciate con fiori di acanto, melograno e vite, sempre fio-
rite. Furono poste dagli dèi quando seppero che in Egitto regnava Babi, vale a dire
Tifone.

Ma Demetrio,74 nella sua opera Fatti d’Egitto, dice che queste acacie si
trovano presso la città di Abido; egli scrive quanto segue:
Nella parte bassa della regione |680b| cresce anche un albero di acacia che pro-
duce un frutto globoso in ramoscelli di forma rotonda. Fiorisce a primavera e il fiore è
di un colore [...] e splendido. Gli Egiziani raccontano una storia secondo la quale gli
Etiopi inviati a Troia da Titono, quando udirono che Memnone era morto, gettarono
in questa regione le loro corone sulle acacie. I ramoscelli sui quali cresce questo fiore
sono simili a corone.

70 F 104 Kassel-Austin.
71 F 13 Kassel-Austin.
72 TGrF 71, F 7.
73 FGH 4, F 54.
74 FGH 643, F 1.

— 133 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Ellanico,75 che è stato appena citato, dice anche che Amasi, che pure era
prima un semplice e modesto cittadino, riuscı̀ a diventare re d’Egitto grazie a
una corona intrecciata con i fiori più belli della stagione |680c| e inviata in do-
no per il suo compleanno a Patarmi, che era allora sovrano d’Egitto. Patarmi,
deliziato dalla bellezza della corona, invitò a pranzo Amasi. Da quel momento
cominciò a considerarlo come un amico e un giorno, poiché gli Egiziani gli
facevano guerra, lo inviò contro di essi come comandante. Amasi fu poi di-
chiarato re dagli stessi Egiziani, a causa dell’odio che essi nutrivano nei con-
fronti di Patarmi.
[26] Le corone synthematiaioi (‘ordinate’) sono quelle preparate su com-
missione e dietro compenso. Aristofane 76 le nomina nelle Donne alle Tesmo-
forie:
Per intrecciare venti corone già ordinate.

|680d| Choronon. Apione, nella Lingua latina, sostiene che ciò che ora di-
ciamo stephanos (‘corona’) si chiamava un tempo choronon perché usato nei
teatri dai choreutai, i quali non solo lo cingevano, ma anche se lo contendeva-
no come premio. Negli Epigrammi di Simonide 77 abbiamo la conferma che
avesse questo nome:
Le nostre cicale una corona (choronon) fecero cingere a Febo,
che i figli di Tindaro educa ai canti.

Akininoi (‘di basilico’). Hanno questo nome, a quanto dice il medico An-
drone, alcune corone che si intrecciano con la pianta del basilico (akinos).
Quanto Androne afferma fu testimoniato da Partenio, il discepolo di Dioni-
sio, nel primo libro del |680e| Lessico degli storici.

[27] Teofrasto 78 elenca questi fiori per fare corone: «Viola, elianto, spigo,
viola fiamma, emerocallide». Teofrasto dice 79 che il primo fiore a spuntare è la
violetta bianca, e contemporaneamente a questa nasce anche la viola fiamma
che chiamiamo ‘selvatica’, e poi il narciso e il giglio e tra le specie selvatiche il
tipo di anemone chiamato ‘montano’ e il cipollaccio col fiocco (alcuni intrec-

75 FGH 4, F 55.
76 Donne alle Tesmoforie 458.
77 F 176 Bergk.
78 Storia delle piante VI 6,11.
79 Storia delle piante VI 8,1.

— 134 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

ciano corone anche con questo fiore). Inoltre la filipendola (oinanthe) e la vio-
letta e, tra i fiori selvatici, l’elicriso |680f| e il tipo di anemone che chiamiamo
‘dei prati’, e poi il gladiolo e il giacinto. La rosa spunta più tardi ed è l’ultima
ad apparire e la prima a terminare la sua fioritura. Fioriscono preferibilmente
d’estate la licnide, il dianto, il giglio, lo spigo e la maggiorana frigia, e inoltre il
cosiddetto pothos (‘rimpianto’). Nel nono libro lo stesso Teofrasto 80 dice: «Se
un uomo cinge una corona fatta con fiori di helikrysos (‘elicriso’), ottiene buona
fama se la asperge di profumo». All’elicriso accenna Alcmane 81 in questi versi:
|681a| A te rivolgo preghiere, portando
questa corona (pyleon) d’elicriso
e d’amabile cipero.

E inoltre Ibico: 82
Mirti e viole ed elicriso,
mele e rose e tenero alloro.

Negli Effeminati Cratino 83 dice:


Con timo, crochi, giacinti e ciuffi di elicriso.

Il fiore dell’elicriso è simile a quello del loto. Temistagora di Efeso,84 nel-


l’opera intitolata Libro d’oro, dice che questo fiore derivava il suo nome |681b|
dalla ninfa Elicrise, che fu la prima a raccoglierlo. Quanto ai gigli, Teofrasto 85
sostiene che se ne trovano alcuni con il fiore di porpora.
Filino afferma che il krinon (‘giglio’) è chiamato da alcuni leirion, da altri
ion. I Corinzi però, secondo quanto dice Nicandro 86 nelle Glosse, lo chiamano
‘ambrosia’. Nel suo trattato Veleni mortali Diocle 87 dice: «L’amarakon (‘mag-
giorana’), che alcuni chiamano sampsuchon».
[28] Kosmosandala (‘speronelle’): le speronelle sono menzionate da Crati-
no 88 in questi versi degli Effeminati:

80 Storia delle piante IX 19,3.


81 F 60 Davies.
82 F 315 Davies.
83 F 105,4 Kassel-Austin.
84 FHG IV, p. 512 Müller.
85 Storia delle piante VI 6,3.
86 F 126 Schneider.
87 F 206a van der Eijk.
88 F 105,1-2 Kassel-Austin.

— 135 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Il capo mi cingo con fiori,


con narcisi, rose, gigli, speronelle.

|681c| Nel secondo libro delle Vite Clearco 89 dice:


Guarda gli Spartani, che intrecciano la speronella (kosmosandalon). Essi calpesta-
rono il più antico ornamento (kosmos) della loro società e cosı̀ caddero in rovina. Giu-
stamente, quindi, il commediografo Antifane ha detto di loro nel Citarista: 90
Non erano superbi gli Spartani come se mai dovessero esser vinti?
Oggi essi hanno reticelle di porpora e danno ostaggi.

Nel secondo libro della sua opera La materia, Icesio 91 sostiene che il leu-
koı̈on (‘violetta bianca’) ha un moderato effetto astringente e che il suo profumo
è di gran lunga il più soave e il più capace di dilettare, seppure per pochissimo.
«La violetta – egli dice – è di aspetto |681d| simile, ma conserva il suo profumo
per molto più tempo». Apollodoro,92 nella sua opera Gli animali selvatici, dice:
«Camepizio: alcuni lo chiamano holokyros, gli abitanti di Atene ionia, quelli di
Eubea sideritis». Nicandro nel secondo libro delle Georgiche – ne riporterò i
versi tra poco, quando passerò in rassegna tutti i fiori usati per le corone – dice
che alcune ninfe loniadi offrirono lo ion (‘viola’) a Ione per primo.
|681e| Nel sesto libro delle Ricerche sulle piante, Teofrasto 93 sostiene che il
narkissos (‘narciso’) è chiamato anche leirion. Ma poco dopo lo stesso Teofra-
sto 94 parla di narciso e leirion come di due fiori differenti. Eumaco di Corcira 95
afferma nell’Erborista che il narciso è chiamato sia akakallis sia krotalon. Il fio-
re chiamato emerocallide, che appassisce durante la notte, ma rifiorisce al sor-
gere del sole, viene ricordato da Cratino 96 in questi termini negli Effeminati:
e con l’amato emerocallide.

Teofrasto 97 sostiene che la specie selvatica dell’herpillos (‘serpillo’) |681f| è


portata giù dalle montagne e piantata a Sicione, mentre quella che si pianta ad

89 F 39 Wehrli.
90 F 115 Kassel-Austin.
91 F 30 Garcı́a Lazaro.
92 F 2 Garcı́a Lazaro.
93 Storia delle piante VI 6,9.
94 Storia delle piante VI 8,1.
95 F 1 Garcı́a Lazaro.
96 F 105,5 Kassel-Austin.
97 Storia delle piante VI 7,2.

— 136 —

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Atene proviene dall’Imetto. In altre zone, come per esempio in Tracia, le


montagne sono interamente coperte di questo flore. Filino dice che il suo no-
me è zygis.
Il macedone Ameria, parlando nell’Erborista della lychnis (‘licnide’), so-
stiene che essa nacque dall’acqua in cui fece il bagno Afrodite dopo che giac-
que con Efesto. Le migliori licnidi si trovano a Cipro e a Lemno, e inoltre a
Stromboli, a Erice e a Citera.
Teofrasto 98 dice che l’iris fiorisce d’estate ed è il solo fra i fiori europei a
mandare un buon profumo. La migliore si può trovare nell’entroterra dell’Il-
liria, a una certa distanza dal mare. |682a| Filino sostiene che i fiori dell’iris so-
no chiamati lykoi (‘lupi’) perché sono simili alle labbra di un lupo.
Nicola di Damasco,99 nel centottavo libro delle Storie, dice che nei pressi
delle Alpi c’è un lago che si estende per molti stadi, intorno al quale durante
tutto l’anno nascono fiori molto profumati e dai colori bellissimi, simili alle
cosiddette kalchai. Di queste ultime parla Alcmane 100 nel verso
Aveva una collana d’oro con petali di kalchai delicate.

|682b| Ne fa cenno anche Epicarmo 101 nel Campagnolo.

[29] Le varietà di rose sono molte – dice Teofrasto nel sesto libro –.102 La mag-
gior parte di esse ha cinque petali, altre ne hanno dodici; alcune poi, che crescono
nelle vicinanze di Filippi, ne hanno addirittura cento. Si trapiantano cogliendole
sul monte Pangeo, dove se ne trovano molte. I petali interni sono molto piccoli; que-
ste rose infatti germogliano in modo tale che alcuni petali sono interni, altri esterni.
Esse non sono profumate e hanno dimensioni ridotte. Le più fragranti sono quelle
con cinque petali, la cui parte inferiore è ruvida. |682c| Hanno invece un odore molto
intenso le rose di Cirene, perciò anche il profumo che si fa con esse è il migliore. Ma a
Cirene è purissima e divina la fragranza anche delle viole e degli altri fiori, in modo
speciale quella del croco.

Timachida,103 nei Banchetti, sostiene che gli Arcadi sono soliti dire del-
la rosa che è euomphalon (‘dal bel cuore’), invece che euosmon (‘profuma-
ta’).

98 Storia delle piante VI 8,3.


99 FGH 90, F 76.
100 F 91 Davies.
101 F 2 Kassel-Austin.
102 Storia delle piante VI 6,4-5.
103 F 4 Blinkenberg.

— 137 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Apollodoro,104 nel quarto libro della Storia dei Parti, afferma che nel ter-
ritorio dei Parti c’è un fiore chiamato philadelphon (‘filadelfo’), del quale dice
quanto segue:
Sono molti i tipi di mirto, come per esempio la salsapariglia (milax) e il cosiddetto
‘filadelfo’, |682d| che ha un nome adatto alla sua natura. Infatti, ogni volta che i suoi
ramoscelli spontaneamente colmano l’intervallo che li divide e si toccano, restano uni-
ti nel [...] in un abbraccio simile a quello delle creature animate, come scaturissero da
un’unica radice, e cosı̀ continuano a crescere e a produrre germogli. Per questa ragio-
ne li si usa come protezione per le piante coltivate. Infatti nei giardini si piantano tut-
t’intorno, prendendo i polloni più delicati e intrecciandoli a mo’ di rete. Cosi uniti
insieme rendono il recinto impenetrabile e sicuro.

[30] |682d| L’autore dei Canti Ciprı̂,105 sia egli Egesia oppure Stasino, fa
menzione di fiori usati per confezionare corone. Demodamante di Alicarnas-
so, o di Mileto,106 nell’opera Alicarnasso, sostiene però che quei canti sono
opera di Cipria di Alicarnasso. Chiunque sia stato l’autore di quei canti, nel
primo libro possiamo leggere questi versi: 107
Sul corpo le vesti indossò, che le Grazie e le Horai
fecero e tinsero in fiori di primavera,
quanti recano le stagioni, nel croco e nel giacinto,
nella viola rigogliosa e nella bella rosa sbocciata,
dolcemente profumata, nei calici d’ambrosia,
|682f| del narciso [...] e del giglio [... .
.. ] la divina Afrodite indossava abiti profumati con fiori di ogni stagione.

Questo poeta è certamente informato anche circa l’uso delle corone. Ciò
risulta dai versi seguenti: 108
Afrodite amante del sorriso con le sue ancelle [...]
intrecciando i fiori della terra in profumate corone,
le posero sulla testa, le dee dai veli lucenti,
le Ninfe e le Grazie, e con loro Afrodite d’oro,
mentre magnificamente cantavano sull’Ida ricco di sorgenti.

104 FGH 770, F 1.


105 T 8 Bernabé.
106 FGH 428, F 1.
107 Canti Ciprı̂ F 4 Bernabé.
108 Canti Ciprı̂ F 5 Bernabé.

— 138 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

[31] |683a| Nicandro, nel secondo libro delle Georgiche, fa anche lui una
lista di fiori usati per le corone; riguardo alle ninfe Ioniadi e alle rose, Nican-
dro 109 dice quanto segue:
Ma i fiori della Ionia tu stesso potresti seminare o quelli già cresciuti
potresti trapiantare. Sono due le specie di viole:
una è gialla e appare simile all’oro;
le altre sono quelle che, come pura corona, le ninfe loniadi,
prese d’amore, offrirono a Ione nella terra di Pisa. 5
Aveva egli ucciso un cinghiale, seguendone le tracce con i cani,
|683b| e nell’Alfeo si era lavato le membra sporche di sangue,
pronto la sera a passare la notte con le ninfe Ioniadi.
Taglia poi germogli di rosa spinosa,
e piantali in fosse di due palmi: 10
prima le rose che Mida, del paese degli Odoni, lasciando il regno
dell’Asia, coltivò nei fondi di Emazia:
sempre avevano intorno una chioma di circa sessanta petali;
poi quelle di Nisea di Megara; e non è spregevole |683c|
la rosa di Faselide o della città devota a Leucofri: 15
cresce questa a Magnesia, vicino alle acque del Leteo.
Pianterai talvolta in buche polloni d’edera ben radicata,
più volte poi lo stesso festone dell’edera a corimbi
che viene dalla Tracia, o il tipo bianco o quello dai viticci erranti.
Li rinforzerai colti in germoglio, e falli crescere in un’unica cima 20
fissando l’intreccio a canestri intrecciati da poco,
sicché due corimbi insieme legati facendo da corona,
|683d| possano stare uniti fino alla cima gagliarda,
coperti di verde fronda da una parte e dall’altra.
Dal seme nascono certo i calici che crescono in cima: 25
bianchi nei petali, di giallo zafferano all’interno.
Alcuni poeti li chiamano krina, altri leiria,
altri anche ‘ambrosia’, e molti ‘delizia d’Afrodite’,
perché con il colore della sua pelle il giglio compete. Forse per questo si dice,
|683e| nel mezzo cresce l’oggetto della vergogna, il membro dell’animale
[che raglia. 30
Dalle radici nasce l’iris, l’iris nana e quella che è simile
al giacinto piangente; cresce con fiori del colore delle rondini
e insieme alle rondini arriva. Produce nel grembo
crudele fogliame, ma i calici, se pure nati da poco,
li vediamo sempre con l’apertura cadente. 35
Insieme nasce anche la licnide dal colore vivo; né si diranno

109 F 74 Gow.

— 139 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

fiori da poco la piantaggine o la camomilla al massimo del vigore,


né l’occhio di bue, un fiore che molto in alto solleva la testa,
e la viola fiamma che gareggia con i raggi del dio al suo sorgere.
|683f] Pianterai il serpillo su umide terrazze, 40
sicché, serpeggiando coi lunghi rami, sia spinto dal vento
o resti sospeso quando cerca di bere la bevanda delle Ninfe.
E del papavero tu stesso strappa i petali,
perché dagli insetti la sua testa non sia divorata.
Tutti i bruchi striscianti di certo amano stare 45
sui petali aperti: si nutrono infatti del capo, ch’è simile
|684a| a tenera creatura, colmo di frutto mielato.
Quando cadono i petali, facilmente le vampe del sole,
o altrove i soffi del vento, ne rendono dura la carne;
e i bruchi non hanno dove fermarsi, né dove trovare cibo; spesso 50
allora, ormai in vista delle solide cime, ricadono sulle loro orme.
Il letame nel vaso fa crescere germogli profondi, giovani rami
|684b| di maggiorana e d’incenso e di tutte le piante, quante i giardini
danno per fare corone per gli uomini affaticati.
Ci sono di certo esili felci e pederoti (paidos erotes) 55
simili al pioppo bianco, e il croco che a primavera sfiorisce
e l’henna e il sisimbrio fragrante e quante bellezze spontanee
un prato fa crescere nei luoghi concavi e irrigui,
l’occhio di bue e il bel dianto,
|684c| le kalchai e insieme il giacinto e le basse viole 60
assai fosche, che fra i fiori Persefone aborriva.
E ancora l’alto panosmeon e quei gladioli (phasgana) che i tumuli
fanno crescere attorno alle fanciulle morte da poco;
mentre anemoni che brillano da lontano
attraggono le vergini coi loro colori abbaglianti. 65
|684d| Ognuno raccoglie l’elenio o la brillante margherita,
che pone vicino ai recinti degli dèi lungo la strada,
o presso le loro statue, non appena le vede.
Spesso raccoglie buoni lupini, talora il crisantemo,
e gigli, che appassiscono sui cippi dei morti, 70
e la venerabile barba di becco e i pudichi ciclamini,
e l’agrettone, ch’è detto corona del sotterraneo Condottiero (Hegesilaos).

[32] |684e| Da questi versi risulta evidente che chelidonio e anemone non
sono, come invece alcuni affermano, la stessa pianta. Teofrasto 110 dice:
La pianta chiamata girasole e il chelidonio devono fiorire in stretta relazione con
gli astri. Il chelidonio, per esempio, fiorisce con l’arrivo delle rondini.

110 Storia delle piante VII 15,1.

— 140 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Un fiore di nome ‘ambrosia’ è cosı̀ ricordato nelle Note storielle da Cari-


stio: 111 «Nicandro 112 afferma che il fiore chiamato ‘ambrosia’ cresce nell’isola
di Cos dalla testa della statua di Alessandro». Di questa ‘ambrosia’ è stato
già detto in precedenza che |684f| alcuni chiamano cosı̀ il giglio. Timachida,113
nel quarto libro del Banchetto, ricorda anche un fiore che prende il nome di
theseion:
E il theseion, fiore delicato simile a quello della mela,
sacro alla bellissima Leucerea, che certo moltissimo
l’amava.

Timachida aggiunge che era intrecciata con questo fiore anche la cosiddet-
ta ‘corona di Arianna’. E Ferecrate,114 |685a| o chiunque sia l’autore della com-
media I Persiani, nel citare anche lui alcuni fiori adatti per le corone, dice:
O tu, che vomiti malve e respiri giacinto,
che parli dolce come il meliloto e fai sorrisi di rosa;
tu, il cui bacio sa di maggiorana, di sedani (selina) l’eccitarsi,
di macerone (hipposelina) il ridere, di speronella il camminare,
versa vino e, com’è uso, urla il triplice peana.

L’autore dei Minatori, attribuiti allo stesso Ferecrate,115 dice:


Calpestando su di un prato di loto, sotto viti arbustive,
|685b| morbidi astragali e cipero rugiadoso,
e un campo di cerfoglio e di soffici viole e di trifoglio.

Mi domando che cosa sia il trifoglio di cui si parla in questi versi. A De-
marete 116 si attribuisce un poemetto intitolato Il trifoglio. Inoltre, nella Brava
gente, Ferecrate,117 o Strattide, dice:
Vi siete lavati e ora, prima della splendida luce del giorno,
cianciate di sisimbri e di speronelle,
alcuni al mercato delle corone, altri dal profumiere.

111 FHG IV, p. 357, F 6 Müller.


112 F 127 Schneider.
113 F 1 Blinkenberg.
114 F 138 Kassel-Austin.
115 F 114 Kassel-Austin.
116 SH 372.
117 F 2 Kassel-Austin.

— 141 —
11

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APPENDICE DOCUMENTARIA

E Cratino 118 negli Effeminati:


Ma il capo mi cingo con fiori d’ogni tipo,
|684c| con narcisi, rose, gigli, speronelle e viole
e inoltre con sisimbri e calici d’anemoni primaverili,
con timo, crochi, giacinti e ciuffi d’elicriso,
gemme di vite e con l’amato emerocallide, 5
di cerfoglio [...] con fogliame di narciso
e col meliloto che sempre protegge il capo rivesto
e [...] da parte di Medonte arriva il citiso spontaneo.

[33] L’entrata nei simposi delle corone e dei profumi precedeva la seconda
tavola. Ce lo conferma Nicostrato 119 in questi versi del Falso briccone:
|685d| E tu
fa’ che la seconda tavola sia pronta;
abbelliscila con stuzzichini d’ogni tipo;
porta profumo, corone, incenso e una sonatrice di aulo.

Il poeta ditirambico Filosseno,120 in questi versi del Banchetto, indica nella


corona il segno dell’inizio della festa:
Sulla mano
scese acqua lustrale, che un delicato fanciullo portò in brocca
d’argento e versò.
Portò poi una corona di nobili rami di mirto sottile
due volte intrecciata.

|685e| Eubulo 121 nelle Balie:


Quando i vecchietti entrarono in casa,
prontamente sedettero a mensa. Subito ecco una corona;
fu portato il tavolo, fu posta davanti una maza d’orzo impastata,
che graziosamente occhieggiava.

Questa abitudine era diffusa anche in Egitto, come ci dice Nicostrato 122
nell’Usuraio. Presentando un usuraio egiziano, Nicostrato dice:

118 F 105 Kassel-Austin.


119 F 27 Kassel-Austin.
120 F 836 Page.
121 F 111 Kassel-Austin.
122 F 26 Kassel-Austin.

— 142 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Ci imbattiamo nel ruffiano e in altri due


|685f| che hanno appena ricevuto acqua lustrale sulla mano
e una corona. Bene! È questo il momento, Cherefonte!

Ma tu ora riempiti il ventre, Cinulco, e poi dicci per quale motivo Crati-
no,123 parlando del meliloto, ha detto «col meliloto che sempre protegge». Ma
poiché vedo che tu sei ormai exoinos (‘sbronzo’) – cosı̀ Alessi,124 nel Nuovo
inquilino, chiama quello che noi definiamo methyses (‘ubriaco’) – smetterò
di infastidirti e darò ordini ai servi adeguandomi a Sofocle,125 che nei Convitati
dice:
|686a| Portate la mensa! Che qualcuno impasti una maza e riempia una
[coppa
profonda: quest’uomo, come un bue da fatica,
non può fare bene il suo lavoro prima di mangiare.

O seguirò il modello di Aristia di Fliunte,126 che nelle Parche dice:


Commensale o festaiolo o mendicante di mazai
invitato alla mensa di Ade, con un ventre insaziabile.

Poiché Cinulco non ha nulla da rispondere a quanto ho detto, io ordino


che, come avviene nei Gemelli di Alessi, gli si pongano sul capo corone chy-
daioi (‘intrecciate alla rinfusa’) e sia cacciato dal simposio. |686b| Il commedio-
grafo, menzionando questo tipo di corone, dice: 127
di queste corone intrecciate alla rinfusa.

Anch’io ormai smetterò per oggi di parlare di corone e inviterò quelli che
vogliono farlo a continuare la conversazione discutendo di profumi. A conclu-
sione di questo mio discorso portatore di corona, usando parole di Antifane 128
darò allo schiavo questi ordini:
Porta qui due belle corone
|686c| e una bella fiaccola accesa con un bel fuoco.

123 F 105,7 Kassel-Austin.


124 F 64 Kassel-Austin.
125 F 563 Radt.
126 F 3 Radt.
127 F 54 Kassel-Austin.
128 F 269 Kassel-Austin.

— 143 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Cosı̀ infatti porrò fine al mio discorso secondo i modi di un’azione teatrale.
E non molti giorni dopo, come se avesse presagito che il suo silenzio
sarebbe stato eterno, Ulpiano morı̀ felicemente, senza concedere alcun
tempo alla malattia, ma provocando grande dolore in noi, che eravamo suoi
amici.

[34] Mentre gli schiavi portavano in giro dei profumi in vasi di alabastro e
in altri contenitori d’oro, un tale, notando che Cinulco stava sonnecchiando,
gli spalmò del profumo in gran quantità sul viso. Svegliatosi e |686d| ripresosi
a stento, Cinulco disse: – Cos’è questo, per Ercole? Non viene qualcuno con
una spugna a pulirmi il viso sporco di tutte queste magie? Non sapete forse
che anche il nobile Senofonte,129 nel Simposio, fa parlare cosı̀ Socrate:
Sı̀, per Zeus, Callia, sei proprio un perfetto padrone di casa! Infatti, non solo ci
hai preparato un pranzo eccellente, ma ci offri anche intrattenimenti e spettacoli mol-
to piacevoli.
– Che cosa diresti, dunque, se ci portassero anche del profumo, perché possiamo
banchettare in un ambiente profumato?
– Assolutamente no, rispose Socrate. Come infatti un tipo di veste è per la donna
e un altro per l’uomo, |686e| cosı̀ per i profumi, uno è da donna, un altro da uomo. E
in realtà, io credo, nessun uomo si cosparge di profumo per piacere a un altro uomo.
Ma invero anche le donne, specialmente se sono spose novelle, come la moglie del qui
presente Nicerato e quella di Critobulo, che bisogno hanno di profumarsi? Sono esse
di per sé profumate. L’odore di olio di oliva nelle palestre è più soave di quello del
profumo per le donne, quando ci sia; se invece manca, se ne avverte di più l’assenza.
Senza dubbio, schiavi o liberi che siano, tutti, quando si sono spalmati del profumo,
profumano allo stesso modo; ma i |686f| profumi che derivano dalle fatiche di un uo-
mo libero, richiedono prima di tutto nobili occupazioni e molto tempo, se vogliono
essere piacevoli e degni di uomini liberi.

Il mirabile Crisippo 130 dichiara che i profumi (myra) derivano il loro nome
dal fatto che si ricavano con grande moros (‘pena’) e vana fatica. Gli Spartani
allontanano dalla città coloro che producono profumi, accusandoli di sprecare
l’olio d’oliva, e cosı̀ pure quelli |687a| che tingono la lana, in quanto ne distrug-
gono il candore. Il saggio Solone 131 nelle sue leggi proibı̀ agli uomini di ven-
dere profumi. [35] Nel terzo libro delle Vite Clearco 132 dice:

129 II 2-4.
130 F 12, SVF III, p. 200.
131 F 73a Ruschenbuch.
132 F 41 Wehrli.

— 144 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Oggi hanno qualcosa di voluttuoso non solo i profumi degli uomini, ma anche
la loro carnagione, sicché i profumi contribuiscono a rendere femminei quelli che li
usano. Pensate voi che l’eleganza senza virtù possa avere in sé qualche cosa di vo-
luttuoso? La stessa Saffo, che era una donna nel vero senso della parola, e per di
più poetessa, ebbe ritegno a separare ciò che è onesto da ciò che è elegante quando
disse: 133
|687b| Ma io amo l’eleganza;
e per me l’amore della vita è splendore e onore.
Saffo in questi versi chiariva a tutti come il desiderio di vivere per lei unisse ciò
che è splendido a ciò che è onorevole; e queste sono prerogative della virtù. Inoltre il
pittore Parrasio, sebbene indulgesse inopportunamente al lusso al di là della sua con-
dizione d’artista e si tracannasse dalle sue verghette di pittore quella che si chiama
‘vita da persona libera’, certamente rivendicò per se stesso la virtù, almeno a parole,
dal momento che appose questo epigramma su tutte le sue opere realizzate a Lin-
do: 134
Opera di un uomo dalla vita raffinata (hobrodiaitos) e rispettoso della virtù,
Parrasio.
Al che qualche spirito arguto (cosı̀ a me sembra), molto crucciato con uno che
insudiciava |687c| la bellezza e l’onorevolezza della virtù, in quanto aveva finalizzato
sconvenientemente al lusso quei beni a lui concessi dalla fortuna, corresse ‘uomo ha-
brodiaitos’ (‘dalla vita raffinata’) con ‘uomo rhabdodiaitos’ (‘che vive del suo stilo’);
tuttavia, poiché afferma di onorare la virtù, bisogna tollerarlo.

Queste le parole di Clearco. Nel Giudizio Sofocle 135 presenta Afrodite, la


dea del Piacere, che si unge con del profumo e si contempla in uno specchio,
mentre Atena, che è la Saggezza e la Ragione e la Virtù per eccellenza, si co-
sparge con olio di oliva e fa esercizi ginnici.

[36] |687d| In risposta alle parole di Cinulco, Masurio disse: – O uomo divi-
no, non sai che le sensazioni poste nel nostro cervello sono lenite e inoltre guarite
dai buoni odori? È quanto sostiene anche Alessi 136 nella Malata d’amore:
Di buona salute mezzo
validissimo è procurare buoni odori al cervello.

133 F 58,25-26 Lobel Page.


134 Epigramma I, 1-2 Page.
135 F 361 Radt.
136 F 195 Kassel-Austin.

— 145 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Il più coraggioso e anche il più combattivo dei poeti, Alceo,137 affermò:


Che versi dolce profumo sul nostro petto.

|687e| Inoltre il saggio Anacreonte,138 se non erro, dice:


Perché dunque vai a volo,
dopo aver unto di profumo il tuo petto
più cavo di una canna,

esortando cosı̀ a profumare il petto, sede del cuore, anch’esso evidentemente


ristorato dai buoni odori. Facevano questo non solo in quanto un buon pro-
fumo sale per sua natura dal petto fino alle narici, ma anche perché si pensava
che l’anima avesse la sua sede nel cuore, |687f| come hanno insegnato i medici
Prassagora 139 e Filotimo. Ma anche Omero 140 dice:
Battutosi il petto, con parole rimproverò il suo cuore.

E inoltre: 141
E il suo cuore dentro il petto fremeva.

E ancora: 142
A Ettore stesso il cuore batté forte nel petto.

Questo fatto essi portano come prova che la parte più autorevole dell’a-
nima ha la sua sede nel petto. Infatti quando siamo agitati per la paura,
|688a| accade molto chiaramente che il nostro cuore salti. Anche l’Agamenno-
ne 143 omerico dice:
Tremendamente per i Danai io temo, né sta tranquillo
il mio cuore, ma sono molto turbato; il cuore mi balza
fuori dal petto e mi tremano le membra gagliarde.

137 F 362,3-4 Voigt.


138 F 17 Gentili.
139 F 30 Steckerl.
140 Odissea XX 17.
141 Odissea XX 13.
142 Iliade VII 216.
143 Iliade X 93-95.

— 146 —

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Sofocle 144 poi fa dire alle donne che si sono liberate dalla paura:
Nessuna figlia della paura
danza lieta nel petto.

Anassandride 145 rappresenta l’uomo preoccupato mentre dice:


|688b| O cuore malvagio,
come sei la sola cosa che gode dei mali del corpo!
Infatti tu danzi, appena vedi ch’io provo paura.

Platone 146 dice che il creatore dell’universo avvolse il cuore con i polmoni,
che innanzitutto hanno consistenza molle e sono privi di sangue, e poi sono
forniti di cavità tutt’intorno a mo’ di spugne, cosicché quando davanti al pe-
ricolo il cuore spesso balza, lo fa contro qualcosa di cedevole e soffice. |688c|
In ogni modo i poeti hanno chiamato le corone che si pongono intorno al pet-
to hypothymiades dall’esalazione (anathymiasis) dei fiori e non, come alcuni
credono, perché l’anima sia chiamata thymos.

[37] Il primo a usare la parola myron (‘profumo’) è stato Archiloco,147


quando ha detto:
Non si sarebbe dovuta profumare, perché è una vecchia.

E altrove lo stesso Archiloco 148 disse:


Con le chiome e il petto
profumati, sicché anche un vecchio l’avrebbe desiderata.

Infatti gli Eoli chiamano myrrha. (‘mirra’) la smyrna poiché la maggior


parte dei profumi (myra) era preparata con la smyrna, e la cosiddetta stakte
(‘lacrima di mirra’) esclusivamente con questa sostanza. |688d| Omero 149 cono-
sce l’uso dei profumi, ma li chiama oli (elaia), qualificandoli poi con un agget-
tivo:
Con olio di rosa lo ungeva.

144 F 766 Radt.


145 F 60 Kassel-Austin.
146 Timeo 70c.
147 F 205 West.
148 F 31 Edmonds.
149 Iliade XXIII 186.

— 147 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

In un altro verso il poeta parla di un olio tethyomenon (‘reso fragrante’).150


Lo stesso Omero 151 racconta che Afrodite unse il cadavere di Ettore con divi-
no olio di rose. Anche questo era naturalmente ricavato dai fiori. Omero 152
parla di un olio ricavato dalle piante aromatiche (questi oli prendevano il no-
me di thyomata) quando dice di Era:
Con ambrosia prima dall’amabile corpo
pulı̀ tutte le lordure, poi la bianca pelle si unse
con olio divino, splendido, da lei reso fragrante (tethyomenon).
|688e| Il profumo, al solo agitarlo nella dimora di Zeus
dalla soglia di bronzo, giungeva anche sulla terra e nel cielo.

[38] I profumi migliori non si producono tutti nello stesso luogo; lo sostie-
ne Apollonio,153 il discepolo di Erofilo, che nei Profumi scrive:
È eccellente il profumo d’iris che si produce nell’Elide e a Cizico; il migliore pro-
fumo di rosa lo fanno a Faselide, ma anche a Napoli e a Capua; quello di croco a Soli,
in Cilicia, e a Rodi; quello di nardo a Tarso; il migliore profumo di filipendola è quello
di Cipro e di Adramittio; per quello |688f| di maggiorana e per il melino si distingue
Cos. Quanto poi all’olio di henna, è più apprezzabile quello confezionato in Egitto, e
in secondo luogo quello di Cipro e della Fenicia, specialmente la zona di Sidone. Il
cosiddetto panatenaico è migliore ad Atene, mentre in Egitto è ottima la produzione
di metopio e di mendesio. Il metopio si fa con l’olio ricavato dalle mandorle amare.
Tuttavia – dice Apollonio – l’eccellenza del prodotto è determinata non dalle località,
ma da chi fornisce i materiali, dai materiali stessi e dall’abilità dei profumieri. |689a|
Per esempio – aggiunge – Efeso era un tempo famosa per i profumi, in special modo
per il megallio, ma ora non più. Furono famosi anche i profumi di Alessandria grazie
alla ricchezza della città e all’interesse che per essi avevano Arsinoe e Berenice. Nello
stesso modo a Cirene, al tempo di Berenice la Grande, si produceva il migliore pro-
fumo ricavato dalla rosa. Quello di filipendola era un tempo mediocre ad Adramittio,
ma più tardi divenne il migliore grazie a Stratonice, moglie di Eumene. Tutti i pro-
fumi forniti in tempi remoti dalla Siria erano eccellenti, soprattutto quello di fieno
greco (telinon), ma ora non è più cosı̀. A Pergamo un tempo, e grazie alla dedizione
di un profumiere, fu prodotto in modo eccellente, ma ora non più, |689b|, un profu-
mo d’incenso, mai fatto prima da nessun altro. Un buon profumo, versato su uno sca-
dente, resta in superficie; viceversa il miele buono, versato su uno di qualità peggiore,
è costretto al fondo; infatti prende su di sé il peggiore.

150 Iliade XIV 172.


151 Iliade XXIII 186-187.
152 Iliade XIV 170-174.
153 F 1 Garcı́a Lazaro.

— 148 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

[39] Nei Giochi Acheo,154 ricordando il profumo egizio, dice:


Daranno per la sua mano un ornamento in pietra di Cipro
e in profumi egizi dello stesso valore dell’argento [...].

Didimo 155 sostiene che forse il poeta si riferisce |689c| alla cosiddetta stak-
te, in quanto in Grecia si importa la mirra che è portata prima in Egitto. Ice-
sio,156 nel secondo libro della Materia, dice:
Alcuni profumi si spalmano sul corpo, altri si cospargono. Quello della rosa è
adatto al simposio, cosı̀ come quello di mirto e il melino. Quest’ultimo profumo fa-
vorisce anche la digestione ed è efficace per chi soffre di sonnolenza. Anche il profu-
mo di filipendola è digestivo e inoltre conserva la mente sveglia. Al simposio si addi-
cono anche il profumo di maggiorana e quello di timo, e inoltre quello di croco, a
patto che non si mescoli con molta mirra. |689d| Sono adatti al simposio anche la stak-
te e inoltre il nardo. Dolce e delicato è il profumo di fieno greco (telinon). Quello di
violetta bianca è fragrante ed è di grande aiuto alla digestione.

Nell’opera Sugli odori Teofrasto 157 dice:


Si preparano con i fiori il profumo di rosa, quello di violetta bianca e il susinon
(anche questo ottenuto dai gigli), e inoltre quelli di sisimbrio e di timo, di henna e di
croco. Il migliore profumo di croco è quello che si confeziona a Egina e in Cilicia. Si
ottengono invece dalle foglie il profumo di mirto e quello di filipendola. La filipen-
dola di Cipro cresce sulle colline ed è molto profumata; viceversa quella che nasce
|689e| in Grecia non è adatta ai profumi, in quanto manca di fragranza. Dalle radici
si ottiene il profumo di iris, e inoltre quello di nardo e quello di maggiorana, fatto con
il costo.

[40] Che gli antichi fossero molto accurati nell’uso dei profumi è provato
anche dal fatto che essi sapevano quale fosse adatto per ciascuna delle parti
del nostro corpo. Antifane,158 per esempio, in Quelli di Torico ovvero Il mina-
tore, dice:
Ecco che si lava veramente!
[B] E allora, cosa?
[A] Da una brocca con le borchie d’oro

154 F 20 Radt.
155 Didimo p. 305 Schmidt.
156 F 31 Garcı́a Lazaro.
157 Sugli odori 27.
158 F 105 Kassel-Austin.

— 149 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

con balsamo d’Egitto si unge piedi e gambe,


con olio di palma le guance e le tettine,
|689f| con balsamo di menta acquatica un braccio 5
con quello di maggiorana le sopracciglia e i capelli,
con quello di serpillo il ginocchio e il collo [...].

E Cefisodoro 159 nel Trofonio:


[A] E poi, per ungermi il corpo, comprami
profumo d’iris e di rosa, per favore, Santia;
e a parte per i piedi comprami della baccaride (bakkaris).
[B] Culo sfondato! dovrei comprare della baccaride
per i tuoi piedi? Mi prostituirò per della baccaride?

Anassandride 160 nel Protesilao:


Il profumo in vendita da Perone: sı̀, quello che si era comprato
|690a| ieri Melanopo, il balsamo d’Egitto che costa una fortuna,
con cui ora strofina i piedi di Callistrato.

Anche Teopompo 161 nomina il profumiere Perone nell’Admeto e nel Gau-


dente; Antifane nell’Antea 161 bis dice:
Lo lasciai dal profumiere Perone a provare
i profumi [...] si accorderà sul prezzo e poi
verrà a portarti quelli di cannella e di nardo.

[41] Molti poeti comici nominano un profumo chiamato bakkaris (‘bacca-


ride’). Lo menziona anche Ipponatte 162 in questi versi:
|690b| Mi ungevo le narici
con la baccaride: è buono come il croco.

Acheo 163 poi, nel dramma satiresco Etone, dice:


Si è unto con la baccaride e con rinfrescanti ali (psykteria ptera)
si è tirato su i capelli che aveva davanti.

159 F 3 Kassel-Austin.
160 F 41 Kassel-Austin.
161 FF 1; 17 Kassel-Austin.
161 bis F 37 Kassel-Austin.
162 F 107,21-22 Degani.
163 F 10 Radt.

— 150 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

E Ione 164 nell’Onfale:


Meglio conoscere
gli oli di baccaro e i profumi e il cosmetico di Sardi per la pelle
piuttosto che i costumi dell’isola di Pelope.

In questi versi con ‘cosmetico di Sardi’ Ione intende il profumo, poiché i


Lidi erano famosi per la loro vita dedita ai piaceri. |690c| E il termine di Ana-
creonte 165 lydopathes (‘stile di vita lidio’) va inteso per hedypathes (‘dedito ai
piaceri’). La baccaride è nominata anche da Sofocle.166 Inoltre Magnete 167 dice
nei Lidi:
Dopo essersi lavato e unto con la baccaride dovrebbe [...]

Ma forse la baccaride non è un profumo. Infatti Eschilo 168 fa una distin-


zione quando dice nell’Amimone:
e io, sia la tue baccaridi sia i tuoi profumi.

E anche Semonide: 169


Con profumi mi ungevo e aromi
e con la baccaride.

Aristofane 170 poi nelle Donne alle Tesmoforie:


|690d| Zeus molto venerabile, come quella dannata
borsa da bucato, appena aperta, alitò
su di me il suo profumo e la sua baccaride!

[42] Ferecrate,171 nei Fronzoli, parla cosı̀ di un profumo chiamato bren-


theion (‘prezioso’):
Fermatomi ordinavo: «Versate su noi due
del brentheion, affinché lo versi anche su quelli che entrano».

164 F 24 Radt.
165 F 158 Gentili.
166 F 1032 Radt.
167 F 3 Kassel-Austin.
168 F 14 Radt.
169 F 16 West.
170 F 336 Kassel-Austin.
171 F 105 Kassel-Austin.

— 151 —

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APPENDICE DOCUMENTARIA

Del profumo basileion (‘regale’) fa menzione Cratete 172 nei Vicini di casa,
quando dice:
Molto dolce olezzava di profumo regale.

|690e| Saffo 173 cosı̀ ricorda contemporaneamente il regale e il prezioso: «Con


brentheion e basileion». Dello psagdas Aristofane 174 nei Banchettanti dice:
Vediamo, che profumo posso darti? Ti piace lo psagdas?

Eupoli 175 nel Mancante:


Vomitando psagdas.

Eubulo 176 nelle Venditrici di corone:


Tre volte lavatasi nell’egizio psagdas.

Polmone,177 nella sua opera Contro Adeo, dice che presso gli Elei c’è un
profumo chiamato plangonion, inventato da una certa Plangone. |690f| La co-
sa è confermata da Sosibio 178 nelle Somiglianze. Cosı̀ anche per il megalleion
(‘megallio’): fu chiamato cosı̀ da Megallo, un greco di Sicilia, ma alcuni dicono
che Megallo fosse ateniese. Aristofane 179 lo ricorda nella commedia Quelli di
Telmesso e Ferecrate 180 nella Petale. Nella Medea Strattide 181 dice:
E dillo che le stai portando un profumo
quale mai Megallo
preparò, né l’egizio Dinia
mai vide né possedette.

|691a| Il megallio è ricordato anche da Anfide 182 in questi versi dell’Odis-


seo:

172 F 2 Kassel-Austin.
173 F 94,19-20 Lobel Page.
174 F 213 Kassel-Austin.
175 F 204 Kassel-Austin.
176 F 100 Kassel-Austin.
177 F 64 Preller.
178 FGH 595, F 9.
179 F 549 Kassel-Austin.
180 F 149 Kassel-Austin.
181 F 34 Kassel-Austin.
182 F 27 Kassel-Austin.

— 152 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

[A] Adornate le pareti tutt’intorno con lane di Mileto,


poi spandete profumo megallio
e bruciate la mindace reale.
[B] Padrone, hai mai prima d’ora sentito parlare
di questo incenso?

Anassandride 183 dice nel Tereo:


Ma poiché è promessa in sposa al re,
si cosparge il corpo di profumi di Megallo.

Il nardinon (‘profumo di nardo’) è cosı̀ ricordato da Menandro 184 nella Cuffia:


[A] |691b| Soave questo profumo, schiavetto.
[B] Soave, senza dubbio: è di nardo.

[43] Per descrivere l’azione di cospargersi (chrisasthai) di tali oli profuma-


ti, Alceo 185 ha usato il verbo myrisasthai in questi versi della Palestra:
La profumò e la rinchiuse di nascosto al posto suo.

Tuttavia Aristofane 186 nelle Donne all’assemblea usò myromata al posto di


myrismata (‘oli profumati’):
Io che la testa mi sono unta con oli profumati (myromata).

|691c| Il cosiddetto sagdas – anche questo è un profumo – è ricordato da


Epilico,187 che nel Giovinetto dice:
baccaride e sagdas insieme.

Ricordano il sagdas anche Aristofane 188 nei Banchettanti ed Eupoli,189 che


nel Mancante dice:
vomitando sagdas.

183 F 47 Kassel-Austin.
184 F 210 Kassel-Austin.
185 F 23 Kassel-Austin.
186 Donne all’assemblea 1117.
187 F 1 Kassel-Austin.
188 F 213 Kassel-Austin.
189 F 204 Kassel-Austin.

— 153 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Nicandro di Tiatira 190 sa che questa espressione è stata usata per indicare
un tale che si compiaceva eccessivamente del lusso. Teodoro 191 definisce il sag-
das un tipo di incenso.
[44] Una cotile di profumo ad Atene costava moltissimo. A quanto dice
Ipparco 192 nella Festa notturna il suo prezzo era di cinque mine; ma nel Miso-
gino Menandro 193 parla di dieci mine. |691d| Nella commedia Quelli di Frearri
Antifane,194 ricordando il profumo stakte, dice:
Non è affatto di mio gradimento una stakte da due mine.

Ma ad amare i profumi non c’erano solo gli abitanti di Sardi, come sostie-
ne Alessi 195 nel Fabbricante di coppe:
Sempre amante dei profumi l’intera stirpe di Sardi.

Li amavano anche gli Ateniesi che, pur artefici delle conquiste più impor-
tanti nella vita degli uomini, non si astennero dall’usare profumi, anche se, co-
me è stato detto, nella loro città avevano un prezzo eccessivo. |691e| D’altra
parte neanche noi ora ce ne asteniamo, sebbene i migliori siano cosı̀ costosi
che ci sembra veramente frivola la realtà che Alessi 196 ci descrive in questi ver-
si del Nuovo inquilino:
Non si profumava da un vaso d’alabastro,
cosa sempre avvenuta, fin dai tempi di Crono,
ma bagnava nel profumo quattro piccioni, non nello stesso,
per Zeus, ma ciascuno in uno diverso,
e poi li faceva volare. Ed essi, librandosi intorno,
spruzzavano i nostri mantelli e i nostri giacigli.
|691f| Non m’invidiate per questo, principi della Grecia:
mi unsi bagnandomi in una pioggia di profumo d’iris.

[45] Per gli dèi, amici, che piacere, anzi, che spacconeria da porco imbrat-
tarsi le vesti, quando è possibile attingere con le proprie mani, come ora noi
facciamo, e ungere tutto il corpo, e soprattutto la testa! |692a| Filonide,197 nel-

190 FGH 343, F 18.


191 FGH 346, F 5.
192 F 4 Kassel-Austin.
193 F 243 Kassel-Austin.
194 F 222 Kassel-Astin.
195 F 67 Kassel-Austin.
196 F 63 Kassel-Austin.
197 F 3 Garcı́a Lazaro.

— 154 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

l’opera Profumi e corone, afferma che l’abitudine di ungersi la testa nei simpo-
si deriva dal fatto che, quando la pelle della testa è secca, ciò che si ingerisce
tende a tornare su. Per questo motivo, quando il corpo è eccessivamente cal-
do, ci si inumidisce la testa con degli impacchi per evitare che le parti vicine
muovano all’attacco di quella che è più asciutta, e che quindi presenta molti
punti vuoti. Tenendo conto di questo fatto e sospettando che durante i sim-
posi il vino tenda ad andare verso l’alto, gli uomini furono indotti a ungersi la
testa, ritenendo che la bevanda avrebbe perso parte della sua forza se si fos-
sero bagnati il capo prima di bere. |692b| Poiché inoltre la vita umana è sem-
pre incline ad aggiungere a ciò che è utile qualcosa che tende al godimento e
al lusso, si cominciò a fare uso di profumi. Dunque, o Teodoro Cinulco, quan-
do si beve si devono usare i profumi che sono meno in grado di intorpidire la
mente e che per meno tempo hanno potere astringente e refrigerante. Il dot-
tissimo Aristotele,198 nei Problemi di fisica, pone la questione del perché quelli
che usano i profumi incanutiscano prima. Egli dice:
Il fatto è che il profumo, a causa dei suoi aromi, ha potere essiccante; quindi co-
loro che ne fanno uso hanno la pelle asciutta e questo rende i loro capelli più grigi.
Infatti, sia nel caso in cui la canizie sia provocata dall’inaridirsi dei capelli sia che alla
sua origine ci sia una mancanza di calore, è certo che l’aridità fa appassire. |692c| Per-
ciò anche portare il cappello rende più velocemente canuti, in quanto esso assorbe
quell’umidità che dovrebbe servire ad alimentare i capelli.

[46] Leggendo il ventottesimo libro delle Storie di Posidonio,199 amici, la


mia attenzione fu attratta da un racconto piacevolissimo, che l’autore fa rela-
tivamente ai profumi e che è pertinente al nostro simposio. Dice infatti il fi-
losofo:
In Siria, durante i simposi di corte, una volta distribuite le corone tra i convitati,
alcuni entrano con dei piccoli otri contenenti profumi babilonesi; da questi otri, po-
nendosi a distanza e andando intorno, quelli irrorano |692d| di profumi le corone de-
gli invitati sdraiati, ma al di fuori delle corone non aspergono nessun’altra cosa.

E poiché stiamo trattando questo argomento, ricorrendo alle parole del


poeta di Citera,200
vi offrirò come contributo un canto in onore dell’amore,

198 F 235a Rose.


199 FGH 87, F 20.
200 F 26 Sutton.

— 155 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

dove si dice che il nostro dio Giano, che invochiamo anche come padre, fu il
primo a ideare una corona. Questo viene ricordato da Draconte di Corcira,201
che nella sua opera Le pietre scrive:
Si dice che Giano fosse bifronte poiché aveva una faccia dietro e una davanti. Da
lui hanno preso il nome il fiume Giano e il monte Giano, sul quale egli dimorò. |692e|
Fu lui a inventare la corona, le zattere e le imbarcazioni e a coniare una moneta di
bronzo. Perciò molte città della Grecia, dell’Italia e della Sicilia incidono sulle loro
monete da una parte una testa a due facce e dall’altra una zattera o una corona o
un’imbarcazione. Giano si sposò con sua sorella Camese e da lei ebbe un figlio di no-
me Etex e una figlia di nome Olistene. Ambiva a maggiori fortune, |692f| per cui na-
vigò alla volta dell’Italia e si stabilı̀ sul colle presso Roma che da lui prese il nome di
Gianicolo.

[47] Ecco quanto fu detto sui profumi.


[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

7.2. Polluce, Onomasticon VI 104-106 Bethe


104. Bisogna ricordare poi i profumi nei banchetti. Occorre conoscere il
profumo megalleion del siceliota Megallo, il plangonion di Plangone, il bren-
teion di Lidia, il profumo di nardo da Babilonia (di cui parla Alessi) 202 e il
nero Aegyption. C’era ancora lo psagdas di Egitto. Tra i profumi furono alta-
mente considerati quelli di baccaride, di maggiorana e di iris. 105. C’era poi il
rhodinon che Omero chiama rhodoen.203 Esisteva ancora un profumo ricavato
dall’henna e dal giglio. Abdellonymo di Sidone lo inviò ad Alessandro (Ma-
gno). Era senz’altro celebre il profumo regale. Contenitori di profumo erano
le lekythoi e gli aryballoi adatti a preservare le fragranze. Ferecrate nella Le-
roi 204 menzionò una tazzina d’argento nella quale si versa del profumo. 106.
(Chiamiamo) l’azione di ungersi con oli profumati con il vocabolo myraloiphia
e con il verbo myraloiphein. In passato hanno usato anche i termini myromata,
myrisasthai, myrisai. Il contenitore di profumo era chiamato anche exaleiptron
(‘contenitore per unguenti’) simile a una tazza. Le corone erano composte dai
seguenti fiori: rose, viole, gigli, menta acquatica, anemoni, serpillo, croco, gia-

201 FHG IV, p. 402 Müller.


202 F 309 Kassel-Austin.
203 Iliade XXIII 18.
204 F 112 Kassel-Austin.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

cinto, elicriso, emerocallide, calaminta, piantaggine, cerfoglio, narciso, melilo-


to, camomilla, artemisia. Ne ricorda la maggior parte Cratino nei Malthachi.205
C’erano anche speronella, tasso e fiore di tasso.206
[Traduzione di G. SQUILLACE]

8. PROFUMI E MEDICINA

A. Sostanze profumate come antidoto ai veleni

8.1. NICANDRO, Antidoti contro il morso di animali velenosi 80-97


Ora dunque, in un vaso di terracotta oppure anche in un’ampolla per l’o-
lio sminuzza frutti di cedro e ungi le membra flessibili, o trita nell’olio alcune
foglie secche di peucedano di odore forte o di enula di montagna; e cosı̀ salvia
salutare, e inoltre la radice del silfio, che i denti della grattugia avranno reso in
polvere. Spesso anche hanno paura dell’odore della saliva dell’uomo. Se tu
strofini in un po’ di aceto un bruco da giardino, rugiadoso, con il dorso verde,
o se ungi i tuoi arti tutt’intorno con il frutto gonfio di succo della malva sel-
vatica, potrai passare la notte non insanguinato. Tritura nella cavità petrigna
di un mortaio, in cui le avrai precedentemente gettate, da una parte due ricche
fronde di abrotano mescolate a nasturzio, il peso giusto è di un obolo, e dal-
l’altra una manciata di bacche fresche di alloro amaro, in modo da ottenere
col pestello una polvere levigata. Forma delle pastiglie tondeggianti che met-
terai a essiccare in un luogo ombreggiato ed esposto al vento; quando sono
secchi sminuzzali in un fiasco di olio e subito puoi ungere le tue membra.
[Traduzione di G. SPATAFORA, Nicandro. Theriaká e Alexiphármaka, Roma 2007]

8.2. NICANDRO, Antidoti contro il morso di animali velenosi 564-629


Inoltre strappa una chioma di cipresso sempreverde per una pozione, o la
panacea, o un testicolo mortale di castoro o di ippopotamo che il Nilo nutre
oltre la città nera di Sais e che lancia una rovinosa falce sui terreni coltivati.
Questo animale, emerso dal fiume, si allontana dal gorgo limaccioso, quando

205F 105 Kassel-Austin.


206Su Polluce vedi C. BERZOT – F. LANDUCCI – G. ZECCHINI (a cura di), L’«Onomasticon» di
Giulio Polluce. Tra lessicografia e antiquaria, Milano 2007.

— 157 —
12
APPENDICE DOCUMENTARIA

i foraggi verdeggiano e stanno per far sbocciare l’erba, e lascia il fondo del
fiume, calpestando tanto quanto divora con le sue mascelle nel tornare indie-
tro. Da questo taglia in modo da pareggiare il peso di una dracma e dai da
bere in acqua, dopo aver tagliato tutto insieme in un vaso.
E non dimenticare l’abrotano, né il frutto dell’alloro a foglie piccole;
molto utile sarebbe anche la maggiorana che verdeggia negli spazi fioriti
e nelle aiuole. E inoltre poni caglio di un’agile lepre giovane o di daino o
di cerbiatto, avendo tolto prima le feci, o il ventre di un cervo, che chiama-
no riccio, altri retina, che racchiude gli intestini. E prendi da questi ingre-
dienti il peso di due dracme, metti le parti in quattro ciati di vecchio vino e
mischiali bene.
E non ti sfugga l’utilità del polio o del cedro, il ginepro e le palle del pla-
tano adatto a dormirci sotto d’estate, e i semi del bupleuro e del cipresso del-
l’Ida; o anche taglia da un cervo lo scroto contenente il seme. Tutto infatti sarà
utile per la guarigione e allontanerà l’indicibile sofferenza. Considera ora un
altro modo per poter sfuggire alla morte e proteggersi: prendendo la colibatia.
Sminuzzala in un mortaio rotondo e insieme versa una cotile di tisana di orzo,
aggiungi due ciati di vino vecchio e anche una porzione uguale di olio splen-
dente d’oliva; dopo aver mescolato sbattendo, arresterai il veleno che rode co-
me la bile. Prendi un sesto di una cotile di pece profumata, e togli il midollo
centrale da una verde ferula, o anche trita la radice robusta del cavallo-finoc-
chio nelle bacche di cedro e semi di sedano che cresce nelle paludi; li contenga
una capacità colma di un ossibafo. Aggiungi anche i semi di macerone dopo
averli tagliati, e due dracme di mirra pungente, e inoltre taglia un frutto di cu-
mino che cresce in estate, rimescolalo secondo un peso stabilito o versa a caso
e senza pesare. Bevi dopo aver mescolato con questi ingredienti del vino at-
tinto per tre volte nella quantità di un ciato. Prendi il peso di una dracma
di nardo dalla bella spiga, e insieme sminuzza anche in latte appena munto
un granchio di otto piedi rubato da un fiume, e l’iris, che il Drilone nutre e
le rive del Narono, la dimora del sidonio Cadmo e di Armonia, dove entram-
bi, serpenti tremendi, calpestano il pascolo. Aggiungi anche subito dell’erica
fiorita, frondosa, di cui si ciba uno sciame di api brulicante. E aggiungi anche
un cespuglio nuovo di tamerice che non dà frutti, onorato vate tra i mortali, in
cui Apollo Coropeo pose proprietà divinatorie e potere di leggi sugli uomini.
Mescola anche la verde enula e steli di sambuco agitati dal vento e numerose
foglie e fiori di maggiorana, citiso e titimalli pieni di succo lattiginoso. Sminuz-
za tutti questi ingredienti nel mortaio e mescolali in grandi recipienti con del
vino comune nella dose di una decima parte di congio. Ma invero soprattutto i
rumorosi genitori dei girini, le rane, sono ottime bollite nelle pentole con ace-
to. Spesso il fegato, bevuto insieme a vino ordinario, o la testa di un serpente

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

nocivo, data a bere alle volte con l’acqua, altre volte insieme a qualche goccia
di vino, potranno aiutarti. Non trascurare il fiore del dolce elicriso, né l’ana-
gallide dagli occhi chiusi, né la maggiorana panacea, che onorano come origa-
no eraclio. E insieme sminuzzate la foglia dell’origano degli asini e le secche
pallottole di santoreggia, che elimina la grave malattia.
[Traduzione di G. SPATAFORA, Nicandro. Theriaká e Alexiphármaka, Roma 2007]

B. Sostante aromatiche contro gli effetti del vino

8.3. ARISTOTELE F 110 Rose


I pentolini di terracotta chiamati ‘rodiesi’ sono ben accetti ai bevitori per il
loro sapore piacevole e anche perché, scaldati, fanno sı̀ che il vino ubriachi
meno. Infatti sono messi a cuocere dopo che all’acqua sono stati aggiunti mir-
ra, giunco e altre sostanze analoghe; questi si mescolano al vino e ne riducono
il potere inebriante. [...] I pentolini rodiesi vengono cotti dopo essere stati im-
pregnati di mirra, giunco, aneto, zafferano, balsamo, amomo, cannella: il com-
posto che ne risulta, mescolandosi col vino, blocca a tal punto l’ubriacamento
che libera anche gli impulsi erotici, ammorbidendo gli spiriti vitali.207
[Traduzione di R. CHERUBINA, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

C. Sostanze profumate in medicina: rimedi contro le malattie delle donne

8.4. IPPOCRATE, Natura della donna 6 208


Se l’utero aderisce, preme, e al tatto puoi sentirlo duro sotto il fianco, vie-
ne dolore al basso ventre, ai fianchi e alle anche, e il dolore arriva fino alla
gamba che non si può distendere; spesso suppura e si forma un’ulcera puru-
lenta e il flusso provoca la morte se non si cauterizza o si incide. In questa
situazione occorre somministrare un purgante, lavare con molta acqua calda
e fare una vaporizzazione; e non appena si sia lavata o abbia fatto il bagno

207 Riferimenti a questa tematica anche in Plauto, Soldato vanaglorioso 823; Plinio il Vecchio,
Storia Naturale XIII 25; XIV 107 ss.; Plutarco, Opere morali 149b.
208 Anche il medico doveva essere sempre adeguatamente profumato e vestito decorosamente
per rendersi credibile agli occhi del paziente: Ippocrate, Medico 1: «Il popolo crede che colui il quale
non si presenti fisicamente in un buono stato non sia in grado di curare bene gli altri. Per questo il
medico deve presentarsi in abiti consoni, indossare oli profumati gradevoli, non avere odori so-
spetti». (Traduzione di G. SQUILLACE).

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APPENDICE DOCUMENTARIA

di vapore, ordinale di tirare con il dito la bocca dell’utero e di fare una fumi-
gazione con calonia 209 e mirra versandovi acqua di rose. Beva cinque grani ne-
ri di peonia, mescolando castoreo in vino aromatico, stia coricata sul lato sano
e faccia applicazioni di baccaride o olio bianco sempre sul lato sano, e mangi
agli crudi e cotti quanto più possibile, mandi giù il decotto d’orzo e faccia uso
di cibi leggeri. Passato il dolore, cercherai di sospingere l’utero verso il lato
sano; poi vaporizzazione con urina cospargendovi alloro, e dopo la vaporizza-
zione applicare ciclamino; il giorno dopo, lavatasi, faccia una fumigazione aro-
matica. Soprattutto a seguito di questa malattia le donne divengono sterili.
[Traduzione di V. ANDÒ, Ippocrate. Natura della donna, Milano 2000]

8.5. IPPOCRATE, Natura della donna 34


Fare le fumigazioni con sostanze blande sminuzzate, come la noce di galla.
Mescolare segatura di loto a foglie secche di olivo sminuzzate, impastare con
olio e fare la fumigazione, mettendo sotto carboni accesi, disponendo sotto
della paglia umida d’orzo, e fare la fumigazione. Bruciare la pimpinella che
copre un’anfora, metterci della segatura di cipresso e fare la fumigazione. Sca-
monea, mirra, incenso, versarvi profumo e fumigare. Bitume e paglia di orzo
mescolati, e fare la fumigazione. Immergere dello zolfo in olio di foca e fumi-
gare. Frassino, segatura di cipresso, radice di cipero, immergere in profumo di
rose e fumigare. Calamo aromatico, cipero, brionia, muschio, anice mescolato
a semi di sedano, bagnare con profumo di rose e fare la fumigazione. Gettare
sulla cenere della resina secca e fumigare. Cinnamomo, mirra e cassia in parti
uguali; zafferano, caglio, mirra e muschio in parti uguali allo zafferano; calamo
aromatico, foglie di dafne, di zafferano, di rose rosse dolcemente profumate,
triturare e far seccare, mescolare allo zafferano anche dello storace (la metà
dello zafferano), fare un composto uniforme, immergere in miele cotto in mi-
nima quantità, la fumigazione si faccia con tutti questi ingredienti mescolati,
del peso di un obolo attico; fumigare su escrementi di bue: disporre gli escre-
menti a forma di ossibafo per l’olio, con il fondo stretto; gli escrementi siano
secchi; il fuoco, sul quale si poseranno gli escrementi, sia di sarmenti; la don-
na, seduta su un vaso, faccia la fumigazione. Immergere in profumo di rose
galbano, resina, polvere di incenso, e fumigare. Un’altra: immergere in un-
guento egiziano bianco segatura di panacea e cipresso e fumigare. Bagnare
con profumo di rose cinnamomo, nardo e mirra e fumigare. Un’altra: impa-

209 Pianta non nota.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

stare con miele semi di viola bianca, segatura di cipresso, galbano e fumigare.
Mettere a bagno in olio di foca pallottole di sterco di capra e peli di lepre e
fumigare. Un’altra: sminuzzare finemente la pellicola del caglio della foca, me-
scolare assieme una spugna e muschio sminuzzati, unire all’olio di foca e fu-
migare. Un’altra: pallottole di sterco di capra, polmone di foca e segatura di
cedro e fumigare. Sterco di bue, raschiatura di corno e bitume e fumigare.
Un’altra: seme di acacia egiziana, segatura di cedro, foglie di mirto secco, tri-
tare finemente questi ingredienti, bagnare con profumo di balsamo e fumiga-
re. Un’altra: fare una fumigazione con sostanze aromatiche versate in un pro-
fumo. Sminuzzare finemente vinaccioli, bacche di ginepro, mescolarvi insieme
resina di pino, mettere a bagno in vino dolce cotto e fumigare. Fare una va-
porizzazione leggera con sterco di bue sminuzzato e passato allo staccio, ag-
giungere metà di aceto, metà di farina di veccia; dopo il bagno di vapore beva
decotto di lenticchie, lo sorbisca e vomiti, dare una minestra di farina e far
bere sopra del vino; il giorno dopo far prendere del grano di Cnido in pillole,
e il giorno dopo ancora un diuretico. Macinare due parti di ceci bianchi e una
terza di uva secca, versarvi sopra metà di acqua, mettere a cuocere, poi trava-
sare, esporre all’aria aperta e l’indomani dar da bere, gli altri giorni mescolare
salvia e semi di lino, dare della farina due volte al giorno in quattro cotili di
vino annacquato, tre mezze cotili di olio, un buon pugno di foglie di sambuco,
mettere a cuocere, versare in un vaso caldo, fare il bagno di vapore con cocci
caldi, mettendo la donna a sedere su uno sgabello, avvolta in coperte. Un
buon pugno di foglie di sambuco e altrettanto di mirra, mettere in acqua, cuo-
cere e travasare l’acqua, aggiungere paglia di orzo, far cuocere, mettere in un
panno, poi fare la vaporizzazione con questo, più calda che può sopportarla.
Aceto, olio, acqua, miele, mescolare, portare a forte ebollizione, poi prendere
un sacchetto della capacità di un congio o un piccolo otre di pelle sottilissima,
versare, avvolgere in un panno di lana e fare il fomento caldo; quando il pan-
no diventa bagnato, avvolgerne un altro. Prendi corteccia di pino e foglie di
sommacco, metti a cuocere bene, travasa l’acqua, metti a cuocere paglia di or-
zo, aggiungendo olio; quando è tutto cotto, metti in un panno e fa’ il fomento.
Prendi segatura di loto e di cipresso, aggiungi acqua e olio, metti a bollire fin-
ché è tutto ben cotto; poi metti in un panno e fomenta. Un altro: metti degli
aromi a bollire in una chenice d’acqua, fa’ bollire in quest’acqua crusca di gra-
no, fa’ il fomento allo stesso modo. Taglia della noce di galla e corteccia di
ramno, metti a cuocere bene, impasta con acqua crusca di grano e mescolaci
olio, poi fanne un pane semicotto della grandezza di due chenici, legaci un
panno e fomenta. Un altro: fa’ bollire cavolo e pastinaca, usa il decotto allo
stesso modo. Un altro: metti a cuocere paglia di orzo, versaci olio, spalma
in un panno e fomenta. Un altro: fa’ cuocere stricno e foglie di olivo e fomenta

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APPENDICE DOCUMENTARIA

allo stesso modo. Fa’ questi fomenti, cosı̀ come descritti, se li vuoi umidi; in-
vece se li vuoi secchi, fa’ dei pani ben cotti e anche cotti a metà e fomenta;
fomenta anche avvolgendo dei cocci in un panno, riscaldandoli con gli stessi
panni e con vasi di coccio a forma di lenticchie, dove si verserà acqua bollente.
Applica anche ai piedi la radice di iris, tagliata e messa a cuocere, e fa’ il fo-
mento allo stesso modo.210
[Traduzione di V. ANDÒ, Ippocrate. Natura della donna, Milano 2000]

D. Sostanze profumate in medicina: rimedi contro le ferite

8.6. PAUSANIA, Periegesi della Grecia. La Beozia IX 41,7


Qui a Cheronea si distillano unguenti dai fiori, precisamente dal giglio,
dalla rosa, dal narciso, dall’iris. Essi sono efficaci nella cura delle ferite degli
uomini. L’unguento ottenuto dalle rose, se anche lo spalmi su statue di legno,
impedisce loro di marcire. L’iris cresce nelle zone paludose, e ha una grandez-
za pari a quella del giglio, ma non è bianco e ha una profumazione meno in-
tensa.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

E. Un collirio allo zafferano

8.7. PSI inv. 964 [= PSI. Omaggio XX Congresso, Firenze 1992, n. 5] [III se-
colo d.C.]
Unguento. Blocca all’istante la secrezione oftalmica [...]. 1 dracma di zaffe-
rano [...]; succo di violaciocca; sansa di zafferano; gomma arabica. Dopo aver
pestato le sostanze in polvere, prepara il medicamento col succo e applicalo.
[Traduzione di I. ANDORLINI – A. MARCONE, Medicina, medico e società nel mondo antico,
Firenze 2004, p. 117] 211

210 Ancora una tradizione tarda riporta la notizia, con tutta probabilità falsa, dell’intervento di
Ippocrate ad Atene nel corso della pestilenza che colpı̀ la città nel 430 a.C. Nell’occasione il medico
avrebbe ordinato fumigazioni, frizioni, bagni a base di sostanze aromatiche come salvia, malva, bac-
che di mirto, corteccia di melograno, cumino: Pseudo Galeno, Theriaka a Pisone 16; Ezio V 95; ma
anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXXVI 102; vedi E. LITTRÉ, Ouvres complètes d’Hippocrate,
vol. I-X, Paris 1861, vol. I, pp. 40 ss.; G. MARENGHI (a cura di), [Aristotele]. Profumi e miasmi, Napoli
1991, p. 18, nota 24; J. JOUANNA, Ippocrate, trad. it. Torino 1994, pp. 33-35; 420, nota 35.
211 Per altri riferimenti alle proprietà medicamentose delle sostanze aromatiche, vedi in appen-
dice la tabella IV.1, ma anche Plinio, Storia naturale, libri XXI-XXIV; Dioscoride, Materia Medica,

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

9. PROFUMI E MITO

A. L’araba Fenice

9.1. ERODOTO, Storie II 73


C’è anche un altro uccello sacro, che ha nome Fenice. Io per parte mia
non l’ho visto se non dipinto, che assai raramente appare tra loro, a quanto
dicono gli Eliopolitani ogni 500 anni; cioè quando gli muore il padre. Orbene,
se è somigliante al dipinto, è di queste dimensioni e aspetto: alcune delle pen-
ne sono dorate, altre rosse; in complesso per forma e per grandezza è assai
simile a un’aquila. Si racconta che la Fenice riesca a compiere quest’impresa
(però a mio parere dicono cose certo non degne di fede): partendo dall’Ara-
bia, essa trasporterebbe nel tempio di Helios il padre dopo averlo spalmato di
mirra e lı̀ lo seppellirebbe trasportandolo nel modo seguente: dapprima foggia
un uovo di mirra grande quanto è in grado di portare, poi si prova a portarlo,
e fatta la prova allora, svuotato l’interno dell’uovo, vi pone dentro il padre, e
con l’altra mirra spalma quella parte dell’uovo dove, dopo averlo svuotato, ha
posto il padre, in modo che l’uovo raggiunga lo stesso peso. Dopo averlo cosı̀
avvolto lo trasporta in Egitto nel santuario di Helios. Questo affermano faccia
la Fenice.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]

B. La metamorfosi in sostanza odorosa

Croco

9.2. OVIDIO, Metamorfosi IV 281-284


Te pure, che oggi sei acciaio e un tempo eri, Celmi, il fedele di Giove
bambino, e i Cureti, spuntati da un vasto diluvio, e Croco, che insieme a Smi-
lace fu mutato in minuscolo fiore, trascurerò, per sedurvi la mente con nuove
attrazioni.
[Traduzione di L. KOCH, in A. BARCHIESI (a cura di), Ovidio. Metamorfosi, Milano 2007]

passim; Celso, Sulla medicina (in particolare III 21), e tutta la letteratura medica: da Galeno ad Ales-
sandro di Tralle, Areteo, Eroziano, Oribasio, Paolo Egineta, Sorano.

— 163 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

9.3. NONNO, Dionisiache XII 86


Croco, per la passione di Smilace, fanciulla ornata di belle corone, sarà un
fiore d’amore.
[Traduzione di M. MALETTA, in D. DEL CORNO (a cura di), Nonno di Panopoli. Le Dioni-
siache, Milano 1997]

Dafne/alloro

9.4. OVIDIO, Metamorfosi I 543-567


La ninfa, esaurite le forze impallidı̀ e sfinita per la fatica della veloce fuga
(guardando le acque del Peneo) «O Terra – invoca – spalancati oppure di-
struggi con una metamorfosi la mia bella figura che è causa del mio danno!
Padre, dammi aiuto – aggiunge – se voi fiumi avete potere divino! Cancella
trasformandolo il bel sembiante per cui piacqui tanto!». Aveva appena finito
di pregare, che un pesante torpore invade il suo corpo: il petto delicato viene
avvolto da una sottile corteccia, i capelli si mutano in foglie, le braccia in rami,
i piedi poco prima cosı̀ veloci si fissano in radici inerti, il volto in una cima
d’albero: le rimane soltanto la bellezza. Pur cosı̀ Febo continua ad amarla e,
poggiando la destra sul tronco, sente che ancora il petto batte sotto la fresca
corteccia e, intrecciando le sue braccia ai rami come se fossero le membra di
lei, bacia il legno: ma il legno si sottrae a quei baci. A cui il dio: «Poiché non
puoi essere mia coniuge – disse – sarai di certo il mio albero. La mia chioma,
la mia cetra, la mia faretra, o alloro, si orneranno di te. Tu incoronerai i ge-
nerali lieti per la vittoria, quando un coro festante intonerà il canto del trionfo
e il Campidoglio vedrà lunghi cortei. Tu medesima, come una custode fede-
lissima, sarai appesa alle porte della reggia di Augusto e guarderai la quercia
che sta nel mezzo, e come il mio capo giovanile è pieno di capelli intonsi, an-
che tu avrai in eterno l’onore delle foglie sempreverdi». Apollo cosı̀ finı̀ di di-
re: l’alloro con i suoi rami formatisi da poco dà il suo assenso e sembrò che
muovesse la cima come se fosse il capo.
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

Giacinto

9.5. OVIDIO, Metamorfosi X 174-219


E una volta che il sole era quasi in mezzo a una notte trascorsa e a una in
arrivo e distava ugualmente dall’una e dall’altra, si tolgono di dosso le vesti e

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

con i corpi lucidi, per essersi unti con il succo di grassa oliva, iniziano una gara
di lancio del largo disco: Febo per primo lo bilanciò e lo scagliò in aria, squar-
ciando con quella massa le nubi che si trovavano nella sua traiettoria; il disco
ricadde dopo lungo tempo sul suolo duro e dimostrò l’abilità del dio insieme
alla sua forza. Subito, incautamente, spinto anche dal desiderio di giocare, il ra-
gazzo del Tenaro correva a raccattare il disco, ma la dura terra, facendolo rim-
balzare in aria, lo spinse contro il tuo viso, o Giacinto. Impallidı̀ il fanciullo e
come lui lo stesso dio, che prende tra le braccia il corpo afflosciato e, ora cerca
di rianimarlo, ora asciuga la funesta ferita, ora, applicandovi alcune erbe, tenta
di fermare la vita che vien meno: a niente giovano le sue arti; la ferita non era
curabile. Come quando qualcuno in un giardino irrigato spezza viole, papaveri,
gigli che innalzano i gialli stami, subito quei fiori appassendosi piegano la testa
senza linfa e non si reggono su, ma guardano con la cima verso il suolo, cosı̀ si
accascia il volto di Giacinto morente e il collo privo di vigore è di peso a se stes-
so e ricade sull’omero. «Tu ti spegni, o Ebalide, defraudato del fiore della gio-
vinezza – dice Febo – e vedo la tua ferita che mi accusa. Tu sei causa del mio
dolore, provocato dal mio delitto; la mia destra deve essere ritenuta responsa-
bile della tua morte. Io ti causai la fine. Tuttavia, qual è la mia colpa? A meno
che si possa dire colpa giocare o che si possa chiamare colpa amare. Oh! Se
fosse possibile dar la vita per te e con te! Ma, poiché siamo vincolati da una
legge voluta dal destino, tu sarai sempre con me, sarai sempre sulle mie labbra
fedeli. La lira percossa dalla mia mano canterà di te, i miei versi ti celebreranno
e tu, trasformato in un nuovo fiore, ripeterai con una parola scritta su di te il
mio lamento. E verrà un tempo, in cui un eroe fortissimo si muterà in questo
fiore e il suo nome si leggerà nei medesimi petali». Mentre queste parole usci-
vano dalla bocca di Apollo, ecco che il sangue, che versato sulla terra aveva
macchiato l’erba, cessa di essere sangue e spunta un fiore più splendente della
porpora di Tiro, che prende la forma dei gigli, tranne il fatto che uno è di colore
vermiglio, gli altri sono bianchi argentati. Ma ciò non basta a Febo (che proprio
lui era stato l’artefice di tale omaggio): di suo pugno incide sui petali i suoi la-
menti, sicché il fiore conserva l’iscrizione AI AI, che furono chiamate lettere lut-
tuose. Né per Sparta fu disonorevole aver generato Giacinto e quel culto dura
fino alla nostra età e ogni anno ritornano le Giacinthie, che vanno celebrate con
una solenne processione secondo il rito dei padri.212
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

212 Accanto ai miti ricordati, occorre menzionare quello della pantera indicata nella mitologia
antica come animale profumato, teoria questa accettata o contestata già nell’antichità: Aristotele, Sto-
ria degli animali IX 6, 612a,12-15; Teofrasto, Le cause delle piante VI 5.2; VI 17,9; Pseudo Aristotele,

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APPENDICE DOCUMENTARIA

Leucotoe/incenso

9.6. OVIDIO, Metamorfosi IV 234-256


Clizia ne provò invidia (infatti in lei profondo era stato l’amore per il Sole)
e, aizzata dal rancore contro la rivale (cioè Leucotoe amata dal dio Sole), dif-
fonde la notizia di quella tresca e calunniando la riferisce al padre; il quale,
spietato e implacabile, nonostante che essa lo pregasse e tendendo le mani ver-
so la luce del sole dicesse «Quello mi usò violenza contro la mia volontà», la
fece seppellire, crudele, in una buca profonda e vi fece aggiungere un pesante
cumulo di terra. Il figlio di Iperione con i suoi raggi cerca di allargarlo e ti offre
una via per poter tirar fuori il viso sepolto, ma tu, o giovane, non potevi più
sollevare il capo pressato dal peso della terra: giacevi ormai corpo senza san-
gue. Si dice che il guidatore dei cavalli alati non vide spettacolo più doloroso
di quello dopo il corpo infiammato di Fetonte. Egli, invero, tenta, se possibile,
di riportare al calore vitale con il potere dei suoi raggi le membra gelide, ma
poiché il destino si oppone a cosı̀ grandi tentativi, cosparse di nettare profuma-
to il corpo e il sepolcro, e tra molti lamenti «Ciononostante, giungerai fino al
cielo» disse. Immediatamente il corpo imbevuto del nettare celeste si liquefece
e irrorò la terra con il suo odore, e un ramoscello di incenso, che aveva messo a
poco a poco le radici tra le zolle, spuntò rompendo il tumulo con la cima.
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

Smirna/mirra 213
9.7. APOLLODORO, Biblioteca III 14
Adone, invece, era ancora un ragazzo quando, a causa dell’ira di Artemide,
durante una caccia fu ferito da un cinghiale e morı̀. Ma secondo Esiodo, Adone
era figlio di Fenice e Alfesibea; secondo Paniassi, invece, era il figlio che Tiante,
re di Assiria, ebbe da sua figlia Smirna. Afrodite, adirata contro Smirna che
non le tributava i dovuti onori, fece sı̀ che si innamorasse di suo padre; con
l’aiuto della nutrice, la fanciulla dormı̀ per dodici notti insieme a suo padre,
senza che questi la riconoscesse. Ma quando si accorse che era sua figlia, estras-

Problemi XIII 4, 907b, 35 ss.; Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 18 (testo n. 22.1); vedi F. WOTKE,
s.v. Panther, in RE, XVIII.3, 1949, coll. 747-767; DETIENNE, Dioniso e la pantera profumata, cit.
213 Vedi anche Ovidio, Metamorfosi X 311 ss.; 532 ss.

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se la spada e la inseguı̀, e lei, ormai alle strette, pregò gli dèi di renderla invi-
sibile. E gli dèi ebbero compassione di Smirna e la tramutarono in quella pianta
che si chiama appunto smirna. Al decimo mese la pianta si spaccò, e nacque il
bambino di nome Adone: era tanto bello che Afrodite, senza che gli dèi lo sa-
pessero, lo mise, ancora in fasce, dentro una cesta e lo affidò a Persefone per-
ché lo nascondesse. Ma Persefone, quando lo vide cosı̀ bello, non volle più ri-
darlo ad Afrodite. Allora, per decisione di Zeus, l’anno venne diviso in tre
parti: e ordinò che Adone stesse da solo per un terzo dell’anno, per un altro
terzo con Persefone e l’ultimo terzo con Afrodite. Ma Adone rimase con lei an-
che per quella parte dell’anno in cui avrebbe dovuto stare da solo. E poi, du-
rante una caccia, fu ferito da un cinghiale e morı̀.
[Traduzione di M. CAVALLI, Apollodoro. Biblioteca, Milano 1998]

Minthe/menta - Adone/anemone

9.8. OVIDIO, Metamorfosi X 717-739


Trasportata attraverso l’etere sul suo cocchio leggero dalle ali dei cigni, la
dea di Citera non era ancora giunta a Cipro: da lontano percepı̀, riconoscen-
dolo, il gemito di Adone moribondo e indirizzò i bianchi uccelli verso quel luo-
go e, appena dall’alto del cielo lo scorse esanime, mentre si dibatteva nel pro-
prio sangue, balzò giù e si strappò ora le vesti, ora i capelli, e si percosse con le
mani il petto senza colpa e, lagnandosi contro i fati, «Ma non tutto, invero, è in
vostro potere – disse –; rimarrà in eterno il ricordo della mia pena, o Adone, e
la rievocazione della tua morte annualmente rinnovata ripeterà anche la rap-
presentazione del mio dolore. Il sangue poi si muterà in fiore. Se a te, Persefo-
ne, fu lecito un tempo trasformare un corpo di donna in menta profumata,214
perché dovrebbe essere motivo di biasimo per me la trasformazione dell’eroe
figlio di Cinira?». Dopo queste parole versò nettare profumato sul sangue, che
appena in contatto si gonfiò, alla maniera con cui una bolla trasparente suole
levarsi nel cielo rosso; non trascorse più di un’ora che dal sangue spuntò un
fiore dello stesso colore di quelli portati dalle melagrane, che nascondono i
chicchi sotto una morbida scorza; ma breve è il godimento dato da quel fiore,
perché, essendo malamente attaccato allo stelo ed essendo fragile per l’ecces-
siva leggerezza, quegli stessi venti che gli danno il nome lo sfogliano.
[Traduzione di M. CAVALLI, Apollodoro. Biblioteca, Milano 1998]

214 Si tratta della ninfa Minthe.

— 167 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Narciso

9.9. OVIDIO, Metamorfosi III 502-510


Narciso abbandonò il capo stanco sulla verde erba e la morte chiuse gli oc-
chi che contemplavano la bellezza di colui che li possedeva. Dopo che fu ac-
colto nella sede degli inferi, anche allora continuava a guardare nell’acqua dello
Stige. Lo piansero le sue sorelle, le Naiadi che, tagliate le chiome, le offrirono al
fratello; lo piansero le Driadi e ai loro pianti rispondeva Eco. Già quelle pre-
paravano il rogo e le fiaccole da agitare e la bara: ma il corpo non c’era e al
posto del corpo trovarono un fiore giallo cinto da petali bianchi.
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

Ciparisso/cipresso
9.10. OVIDIO, Metamorfosi X 106-142
In mezzo a questo gruppo (di alberi) comparve il cipresso che richiama le
mete del Circo, ora albero, un tempo fanciullo amato dal dio che per mezzo
delle corde suona la cetra e tende l’arco. V’era un tempo un cervo smisurato,
sacro alle ninfe che abitano nella campagna di Cartea, il quale con le corna
ampiamente ramificate stendeva una fitta ombra al suo capo; le corna splen-
devano d’oro, sul collo tornito gli pendavano monili di gemme che scendeva-
no fino ai fianchi; sulla fronte gli oscillava una borchia d’argento legata con
piccole corregge e della stessa sua età; in entrambe le orecchie aveva perle
che luccicavano intorno alle cave tempie. Esso, per nulla pauroso e messa
da parte la avidità naturale, soleva frequentare le case e porgere il collo a ogni
mano, anche se sconosciuta, per farselo accarezzare: ma davanti a tutti era ca-
ro a te, o Ciparisso, a te il più bello della gente di Ceo. Tu guidavi il cervo ai
nuovi pascoli, tu all’acqua delle limpide fonti, tu ora intrecciavi tra le sue cor-
na fiori variopinti, ora seduto sulla groppa, come un cavaliere, giosamente lo
indirizzavi qua e là, guidando la sua bocca docile con le briglie di porpora. Si
era d’estate e a metà della giornata: per la vampa del sole ardevano le chele
ricurve del Cancro amante dei litorali: il cervo stanco adagiò il corpo su
una terra erbosa e si godeva il fresco sotto l’ombra degli alberi. Ecco che il
giovane Ciparisso poco accorto lo trafisse con un dardo acuto e, appena lo
vide morire per la crudele ferita, stabilı̀ fermamente di morire. Quali e quante
parole di conforto non gli disse Febo, esortandolo a dolersi moderatamente e
in proporzione alla causa! Ma quello continua a lamentarsi e chiede agli dèi
questo dono supremo, cioè di piangere senza limite di tempo. E subito

— 168 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

le membra, esauritosi il sangue per l’incontenibile pianto, cominciarono a tin-


gersi di verde e i capelli, che poco prima gli cadevano sulla fronte candida co-
me la neve, divennero una chioma ispida, che drizzandosi puntava con la cima
sottile verso il cielo stellato. Se ne dolse il dio e con tristezza gli dice: «Sarai
pianto da me e piangerai gli altri e sarai accanto a chi soffre».
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

Attis/pino

9.11. OVIDIO, Metamorfosi X 99-105


Anche voi accorreste, edere dai tronchi tortuosi, e con voi le viti ricche di
pampini e gli olmi coperti di viti e gli orni e i pini selvatici e i corbezzoli colmi
di rosse bacche e le palme flessibili, premio per i vincitori, e il pino che si cin-
ge in alto di rami e irsuto nella cima, albero caro alla Madre degli dèi, in quan-
to Attis suo fedele per mezzo di esso si spogliò della natura umana e si inglobò
in quel duro tronco.
[Traduzione di N. SCIVOLETTO, Ovidio. Metamorfosi, Torino 2000]

10. PROFUMI DA RE

10.1. PLUTARCO, Vita di Alessandro Magno XX 10-13


Splendida fu la sua vittoria,215 ma per quanto avesse ucciso 110.000 nemici,
non poté far prigioniero Dario che in fuga gli aveva preso un vantaggio di
quattro o cinque stadi; ritornò sui suoi passi dopo aver catturato soltanto il
suo carro e il suo arco. Trovò che i Macedoni facevano razzia di tutto l’oro
che trovavano nel campo barbaro, veramente in grande abbondanza, anche
se i Persiani erano venuti a combattere con pochi ornamenti e avevano lascia-
to a Damasco la maggior parte del loro equipaggiamento; comunque i soldati
avevano riservato a lui la tenda del re piena di splendidi arredi, di schiavi e di
molti tesori. Egli depose subito le armi e andò al bagno dicendo: «Andiamo a
detergere il sudore della battaglia nel bagno di Dario»; e uno degli amici: «Per
Zeus – disse – no, ma in quello di Alessandro; è inevitabile che quanto era del
vinto sia e sia detto del vincitore». Quando poi vide bacinelle, brocche, va-

215 Si tratta del successo di Alessandro sul re persiano Dario III ad Isso nel 333 a.C.

— 169 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

sche, vasi, alabastri, tutto in oro e finemente adorno, e il luogo odoroso in mo-
do soavissimo di aromi e unguenti, e passò poi nella tenda, mirabile per altez-
za e ampiezza e per le coperte e i tavoli e i cibi, rivoltosi agli amici disse:
«Questo, a quanto sembra, è l’essere re!».
[Traduzione di D. MAGNINO, Plutarco. Vite Parallele. Alessandro, Cesare, Milano 1987]

10.2. PLUTARCO, Vita di Alessandro Magno XXV 6-8


Mandando poi gran quantità di bottino a Olimpiade, a Cleopatra e agli
amici, aggiunse anche per il suo maestro Leonida cinquecento talenti di incen-
so e cento di mirra, memore di una speranza concepita da bambino. Infatti
Leonida, a quanto sembra, durante un sacrificio, aveva detto ad Alessandro
che con ambedue le mani prendeva profumi e li versava sul fuoco dell’altare:
«Quando sarai signore delle regioni che producono profumi, o Alessandro, li
brucerai con simile abbondanza; ma ora sii parsimonioso di quanto hai». In
quel momento, dunque, Alessandro gli scrisse: «Ti ho mandato una gran
quantità di incenso e di mirra perché tu cessi di essere avaro con gli dèi».216
[Traduzione di D. MAGNINO, Plutarco. Vite Parallele. Alessandro, Cesare, Milano 1987]

10.3. ATENEO, I sofisti a banchetto XIII 607f-608a


Ma anche i re avevano sempre avuto un debole per le virtuose di musica,
come dimostra Parmenione in quella lettera ad Alessandro (Magno), che egli
inviò al re dopo aver preso Damasco (333 a.C.) ed essersi impadronito del ba-
gaglio di Dario. Tirate le somme dei prigionieri catturati, scrive tra l’altro:
Ho trovato 329 concubine del re, virtuose di musica; 46 confezionatori di corone;
277 cuochi; 29 addetti alle pentole da bollito; 13 addetti alla lavorazione del latte; 17
preparatori di bevande; 70 addetti a filtrare il vino; 40 profumieri.
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

10.4. ATENEO, I sofisti a banchetto V 196a; 200f-201a


I commensali espressero il loro stupore sia per il comportamento del re
(Antioco III di Siria, 242-187 a.C.), che giudicarono non Epiphanes (‘eminen-

216 Sul tema riferiscono anche Plutarco, Opere morali 179e; Plinio il Vecchio, Storia Naturale VII 108;
Strabone, Geografia XV 2.3 C 721. Su Alessandro e i profumi: FAURE, Parfums et aromates de l’Antiquité,
cit., pp. 186 ss.; ID., Alexandre ou la rèvolution parfumée, «Historama», settembre 1987; G.W. BOWER-
SOCK , Perfumes and power, in AVANZINI (a cura di), Profumi d’Arabia, cit., pp. 543-556: 545.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

te’), ma davvero Epimanes (‘demente’), [...] e quindi Masurio riprese il suo


racconto, passando a descrivere la grande processione che si tenne ad Alessan-
dria a opera del migliore dei sovrani sotto ogni aspetto, Tolemeo Filadelfo
(308-246 a.C.). Ne dà ampio resoconto Callissino di Rodi,217 nel libro quarto
su Alessandria, dove racconta:
[...] Poi venivano sei bighe tirate da cammelli, tre da un lato, tre dall’altro, seguite
da carriaggi tirati da muli. Questi erano provvisti di tende di foggia barbarica, sotto le
quali sedevano donne indiane e altre ancora, acconciate da prigioniere. E poi altri
cammelli, alcuni dei quali trasportavano trecento mine di incenso, trecento di mirra,
e duecento di zafferano, cassia, cannella, iris e altre spezie. Di seguito venivano i por-
tatori di tributi etiopi, tra i quali alcuni avevano 600 zanne, altri 2000 fusti d’ebano,
altri infine 60 crateri pieni di pezzi d’oro e d’argento e di polvere d’oro.
[Traduzione di A. MARCHIORI, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

11. PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE DURANTE LA SPEDIZIONE DI ALES-


SANDRO MAGNO

11.1. BATONE, FGH 119, F 1


Tanto Batone, che si occupava delle misurazioni durante la spedizione di
Alessandro, nella sua opera Le tappe della spedizione di Alessandro, quanto
Aminta nel suo scritto Le tappe dell’Asia affermano che il popolo dei Tapiri
era cosı̀ amante del vino da non utilizzare altro se non vino come profumo.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.2. EFIPPO DI OLINTO, FGH 126, F 5


[...] Alessandro amava soprattutto i profumi ricercati e il buon vino. Per-
ciò si bruciavano per lui mirra ardente e altre resine profumate. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.3. NEARCO DI CRETA, FGH 133, F 1


[...] La notte essi navigano in acque profonde cosı̀ come tutto il giorno
seguente fino alla sera. Essi percorrono 900 stadi e alla fine approdano alla

217 FGH 627, F 2,32.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

foce dell’Eufrate presso un villaggio della regione di Babilonia chiamato Diri-


doti. È là che i mercanti ammassano l’incenso inviato dalle regioni produttrici,
al pari di tutte le spezie prodotte in Arabia. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.4. NEARCO DI CRETA, FGH 133, F 28


[...] All’imboccatura del Golfo Persico – ricorda Nearco – sorge un’isola
che produce molte perle di buona qualità, le altre isole invece producono pie-
tre in materiale traslucido e brillante. Quanto alle isole antistanti la foce del
fiume Eufrate, vi crescono alberi che emanano un odore di incenso. Le loro
radici rilasciano del liquido allorché vengano tagliate. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.5. ONESICRITO DI ASTIPALEA, FGH 134, F 22


[...] La regione più a sud dell’India produce cinnamomo, nardo e altre so-
stanze profumate, al pari dell’Arabia e dell’Etiopia alle quali è simile per il cli-
ma. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.6. ARISTOBULO DI CASSANDREA, FGH 139, F 23


[...] Sulla montagna del Caucaso nulla attecchisce tranne il terebinto e il
silfio, come dice Aristobulo. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.7. ARISTOBULO DI CASSANDREA, FGH 139, F 41


[...] Aristobulo dice di aver visto a Tassila due sofisti entrambi Bramani. Il
più anziano aveva i capelli rasati il più giovane no. Entrambi erano accompa-
gnati da allievi. Essi trascorrevano il resto del tempo nelle piazze dove erano
rispettati come consiglieri e avevano la facoltà di avere in dono ciò che desi-
deravano. Chiunque essi accostassero, versava loro sulla testa olio di sesamo,
al punto che il liquido colava davanti agli occhi. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

11.8. ARISTOBULO DI CASSANDREA, FGH 139, F 49a


Aristobulo dice che nel deserto di Gedrosia crescono alberi di mirra in
grande quantità e di dimensioni superiori che altrove. I Fenici, che erano al
seguito delle truppe come mercanti, raccoglievano le stille di mirra – abbon-
danti come mai ne avevano raccolto in passato, poiché esse erano prodotte da
tronchi di grandi dimensioni – e ne riempivano i cesti delle loro bestie da so-
ma. Questo deserto produce anche le radici del nardo profumato, che i Fenici
pure raccoglievano. Una grande quantità di questo nardo veniva calpestato
dalle truppe in marcia e cosı̀ un odore soave proveniente dal nardo appunto
si diffondeva per una larga parte di quel luogo. In questo deserto crescono
anche altri alberi. Uno di essi ricorda nel formato della foglia l’alloro e attec-
chisce nelle zone bagnate dal mare. [...] Gli alberi di questa regione crescono
fino a trenta cubiti e in questa stagione sono in fiore. I loro fiori richiamano
quello della violetta bianca, ma hanno una fragranza più intensa. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

11.9. STRABONE, Geografia XV 2,3 C 721


All’interno si estende la Gedrosia, terra meno infuocata dell’India, ma più
del resto dell’Asia e carente di frutti e di acqua, salvo che in estate, e non mi-
gliore di quella degli Ittiofagi. È tuttavia produttrice di profumi, soprattutto
nardo e mirra, tanto che l’esercito di Alessandro, quando vi passò, ne usò
le piante come tettoie e giacigli, godendone del profumo e oltre a ciò di un’a-
ria più salubre.
[Traduzione di N. BIFFI, L’Estremo Oriente di Strabone. Libro XV della Geografia, Bari
2005]

11.10. ARISTOBULO DI CASSANDREA, FGH 139, F 55


[...] È anche la ricchezza del paese (l’Arabia) che influenza Alessandro, dal
momento che il re aveva sentito dire che la cassia attecchisce nelle zone umi-
de, la mirra e l’incenso colano dai tronchi degli alberi, il cinnamomo si ricava
dagli alberi, i prati forniscono spontaneamente il nardo. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

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13
APPENDICE DOCUMENTARIA

11.11. ARISTOBULO DI CASSANDREA, FGH 139, F 57


[...] La gente di Gerrha (città dell’Arabia) trasporta via terra i prodotti
dell’Arabia e le sostanze profumate. Al contrario, Aristobulo afferma che tra-
sporta gran parte delle mercanzie via mare fino a Babilonia. Di là risale l’Eu-
frate con il carico fino a Tapsaco, poi prosegue ancora un poco via terra. [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

12. PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE DOPO LA SPEDIZIONE DI ALESSAN-


DRO MAGNO

Demetrio Falereo (345 a.C. - circa 282 a.C.)

12.1. DURIDE DI SAMO, FGH 76, F 10


Demetrio Falereo, come afferma Duride nel sedicesimo libro delle sue Sto-
rie, controllava circa 1200 talenti all’anno, e di questa somma ne spendeva una
minima parte per il mantenimento dell’esercito e per l’amministrazione dello
stato, mentre sperperava la restante parte per soddisfare i suoi innati desideri,
celebrando ogni giorno splendide feste e intrattenendo un gran numero di
ospiti. In effetti, egli superava i Macedoni nello sfarzo dei banchetti e i Ciprio-
ti e i Fenici nella raffinatezza. Essenze profumate scendevano a pioggia sul pa-
vimento e molti locali riservati ai simposi erano stati decorati da artisti con
motivi floreali molto sofisticati.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

Demetrio Poliorcete (337-283 a.C.)

12.2. ELIANO, Le storie varie IX 9


Demetrio Poliorcete conquistò le città greche e, indulgendo alla sua smo-
datezza, fruı̀ di una rendita di 1200 talenti all’anno. Di questi ne spendeva una
minima parte per l’esercito, il resto per soddisfare i suoi eccessi. Egli faceva
aspergere il pavimento di essenze profumate e spargere in ogni stagione del-
l’anno fiori attorno a sé per camminarvi sopra.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

— 174 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Agatocle di Siracusa (360-289 a.C.)

12.3. ELIANO, Le storie varie XI 4


Raccontano che Agatocle, tiranno di Sicilia,218 si acconciasse il capo in mo-
do assolutamente ridicolo. Dato che stava diventando calvo perché gli cade-
vano a poco a poco tutti i capelli, vergognandosi del suo stato, usava a mo’
di parrucca una corona di mirto: un espediente per occultare la calvizie. I Si-
racusani, peraltro, erano al corrente del suo difetto e ben sapevano che i ca-
pelli cospiravano contro di lui, ma tacevano perché temevano la furia dei suoi
atti violenti e scellerati.
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]

Antioco III re di Siria (242-187 a.C.)

12.4. ATENEO, I sofisti a banchetto V 193d-195b


Cosa dire, allora, cari amici, del simposio allestito dal re Antioco detto l’E-
pifane e, in seguito ai suoi atti, soprannominato Epimane (cioè ‘il Pazzo’)? [...]
(Nel corso della processione) Arrivarono poi 600 schiavi con recipienti aurei e
subito dopo 200 donne che spargevano oli profumati da brocche d’oro.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

Antioco IV re di Siria (215-164 a.C.)

12.5. POLIBIO, Storie XXX 25-26,1-2


25. Questo stesso re (Antioco IV), dopo avere sentito parlare dei giochi
celebrati in Macedonia da Emilio Paolo, il comandante romano, desiderando
superare quest’ultimo in munificenza, inviò nelle città ambasciatori e legati sa-
cri per annunciare i futuri giochi da lui indetti a Dafne,219 affinché i Greci
avessero interesse a recarsi da lui. Ad apertura della festa fece fare una sfilata
organizzata in questo modo. [...] Arduo raccontare il resto della parata. [...]
26. Svoltesi le gare, gli incontri di lotta e le cacce per i trenta giorni nei quali

218 Prima tiranno (316-304 a.C.) poi re (304-289 a.C.) di Siracusa.


219 Località della Siria nei pressi di Antiochia.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

ebbero luogo li spettacoli, nei primi cinque giorni che seguirono tutti nella pa-
lestra si ungevano con olio di zafferano preso da recipienti d’oro; questi erano
quindici, e in ugual numero quelli con unguento di cinnamomo e di nardo.
Ugualmente anche nei giorni a seguire fu portato olio di fieno greco, di mag-
giorana, di iris, tutte essenze dal buon profumo.
[Traduzione di R. NICOLAI, Polibio. Storie, Roma 1998]

13. PROFUMIERI FAMOSI

Atenogene

13.1. IPERIDE, Contro Atenogene. Primo discorso (V) 5-19 MARZI 220
5. (Antigona) ci combinò un incontro tra me e Atenogene; ci riappacificò e
ci esortò da allora in avanti a volere l’uno il bene dell’altro. Io, per parte mia,
promisi che non avrei mancato, e Atenogene, qui presente, prendendo la pa-
rola a sua volta disse che, se ogni cosa s’era accomodata, dovevo esserne grato
ad Antigona. «E ora, aggiunse, per amore di lei intendo dimostrarti quale
grosso favore ti farò. Tu, vero? – disse – sei disposto a sborsare il denaro
per l’affrancamento di Mida e dei suoi figli, e io invece te li cederò con un
regolare atto di compravendita, perché, primo, nessuno possa importunarti
né corrompere il ragazzo, secondo, perché essi stessi non tentino di compor-
tarsi male in alcun modo; ché avranno paura di te. 6. Ma c’è ancora un punto
estremamente importante: oggi come oggi avrebbero l’impressione di essere
divenuti liberi per merito mio; se al contrario, dopo averli acquistati con re-
golare atto di compravendita, solo più tardi, quando ti piacerà, accorderai lo-
ro la libertà, la loro gratitudine per te sarà raddoppiata. Per tutti i debiti che
hanno, il prezzo di un po’ di unguento a Pacalo e a Procle e qualche altra som-
ma, se c’è, depositata nella profumeria dall’uno e dall’altro dei clienti, come
capita, questi – disse – te li accollerai tu. È poca cosa davvero e vi sono merci
per ben di più in magazzino: unguento, fiale di alabastro, mirra (e snocciolava
i nomi di non so quali articoli) con cui salderai tutti questi conti senza fatica».
[...] 9. Dopo essere andati alla profumeria, depositiamo il contratto presso Li-
sicle di Leuconoe e, sborsate le quaranta mine, conclusi il mio bell’acquisto.

220 Il personaggio era attaccato da Iperide anche in un secondo discorso pervenuto in forma
estremamente frammentaria: Iperide, Contro Atenogene. Secondo Discorso F 1 Marzi.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Ma, ad affare fatto, cominciarono a presentarsi i fornitori che avevano crediti


presso Mida, e i finanziatori; e discutevano con me. Cosı̀ entro tre mesi tutti i
debiti erano venuti a galla, sicché, compresi i prestiti, come ho già detto poco
fa, ne avevo per cinque talenti. 10. Quando mi fui reso conto del guaio in cui
mi ero cacciato, allora senza indugio riunii i miei amici e parenti e ci mettem-
mo a leggere la copia del contratto. In esso erano segnati i nomi di Pancalo e
Policle espressamente, con l’indicazione degli unguenti il cui prezzo era da me
dovuto: si trattava di poca cosa, e i miei avversari potevano affermare a ragio-
ne che l’unguento in magazzino ne rappresentava il valore. Però i più nume-
rosi e i più grossi dei debiti non erano segnati nominativamente ma solo in
forma di postilla, come cosa di nessuna importanza «e se Mida deve qualcosa
a qualcun altro». [...] 11. Consultandoci risolvemmo di andare da lui per discu-
tere la cosa. Lo trovammo nel quartiere delle profumerie 221 e gli chiedemmo
se non si vergognasse di mentire cosı̀ e di averci teso un tranello con quel con-
tratto, in cui non aveva precisato prima i debiti. Egli ci rispose che non sapeva
di quali debiti parlassimo, che non aveva tempo di badare a noi e che d’altron-
de era in possesso di un contratto concluso con me su questi particolari. 12.
Molta gente si era raccolta intorno a noi e stava a sentire il fatto, poiché la
discussione si svolgeva nella piazza. [...] 19. Forse Atenogene dirà di non aver
saputo che Mida avesse debiti, ma di essere stato all’oscuro dei prestiti da lui
contratti. Ora io che non ho alcun interesse alle cose del commercio, senza
darmi da fare, in soli tre mesi fui informato di tutti quanti i debiti e i prestiti,
mentre costui, che è profumiere da tre generazioni, che sta piantato nella piaz-
za per quanti giorni ha l’anno, che è proprietario di tre profumerie, che riceve
i conti ogni mese, ignorava i debiti.
[Traduzione di M. MARZI, in M. MARZI – P. LEONE – E. MALCOVATI (a cura di), Oratori
attici minori, vol. I, Iperide, Eschine, Licurgo, Torino 1977]

221 Si trattava di una parte dell’agora: Aristofane, Lisistrata 657; Scolio ad Aristofane, Pluto 550;
Lisia, Contro Pancleone (XXIII) 6; Eubulo F 74 Kassel-Austin; Polluce, Onomasticon IX 46-47 Be-
the. Sul mercato ateniese: WYCHERLEY, The market of Athens: topography and monuments, cit., pp. 2-
23; A. LALLEMAND, Le marché aux parfums à Athènes à l’époque classique, in VERBANCK PIÉRART –
MASSAR – FRÈRE (eds.), Parfum de l’antiquité. La rose et l’encens en Méditerranée, cit., pp. 175-179.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

Dinia

13.2. ERACLIDE PONTICO F 61 WEHRLI

Eraclide Pontico nel trattato Il Piacere riporta questa notizia:


Spinto dalla lussuria, il profumiere Dinia si gettò sugli amori facili e finı̀ per di-
lapidare il suo patrimonio, al punto che i suoi desideri non furono più alla sua por-
tata, e cosı̀, sconvolto dal dolore, si tagliò i genitali: ecco quali conseguenze produce la
lussuria sfrenata.
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

13.3. STRATTIDE F 34 KASSEL-AUSTIN


E dillo che le stai portando un profumo
quale mai Megallo
preparò, né l’egizio Dinia
mai vide né possedette.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

Eschine

13.4. ATENEO, I sofisti a banchetto XIII 611f 222


Eppure è proprio Lisia,223 nell’orazione intitolata Contro Eschine socrati-
co, per debiti – e io, indotto dalla vostra grande alterigia, o filosofi, intendo
farne esposizione, anche se il passo è molto lungo –, ebbene, cosı̀ comincia
l’oratore:
Non avrei mai creduto, o giudici, che Eschine osasse intentare una causa cosı̀ ver-
gognosa; penso anzi che non avrebbe potuto facilmente trovarne una più degna di un
sicofante. Perché costui, o giudici, doveva del denaro a titolo di interesse, in ragione
di tre dracme al mese, al banchiere Sosinomo e ad Aristogitone; presentatosi da me,
mi chiedeva di non lasciare che a causa degli interessi egli fosse espropriato dei suoi

222 Marziale nel I secolo d.C. cita sia il profumiere Cosmo, delle cui pastiglie profuma-alito fa-
ceva uso Fescennia (Epigramma I 87, ma anche III 55; VI 55), sia Nicerote noto, insieme a Cosmo, per
la preparazione di belletti utili a nascondere i segni del tempo: Epigramma XII 65.
223 Lisia F 1 Thalheim.

— 178 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

beni: «Sto mettendo in piedi» – disse – «un’industria profumiera, e mi serve un ca-


pitale di partenza: ti darò un interesse di 9 oboli a mina».
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

Megallo

13.5. ATENEO, I sofisti a banchetto XV 690f


Cosı̀ anche per il megalleion (‘megallio’): fu chiamato cosı̀ da Megallo, un
greco di Sicilia, ma alcuni dicono che Megallo fosse ateniese.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

Perone
13.6. ANASSANDRIDE F 41 KASSEL-AUSTIN
Anassandride nel Protesilao:
Il profumo in vendita da Perone: sı̀, quello che si era comprato
ieri Melanopo, il balsamo d’Egitto che costa una fortuna,
con cui ora strofina i piedi di Callistrato.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

13.7. TEOPOMPO COMICO FF 1; 17 KASSEL-AUSTIN e ANTIFANE F 37 KASSEL-


AUSTIN
Anche Teopompo nomina il profumiere Perone nell’Admeto e nel Gau-
dente; Antifane nell’Antea dice:
Lo lasciai dal profumiere Perone a provare
i profumi [...] si accorderà sul prezzo e poi
verrà a portarti quelli di cannella e di nardo.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

— 179 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

Plangone 224

13.8. POLEMONE F 64 PRELLER e SOSIBIO FGH 595, F 9


Polemone, nella sua opera Contro Adeo, dice che presso gli Elei c’è un
profumo chiamato plangonion, inventato da una certa Plangone. La cosa è
confermata da Sosibio nelle Somiglianze.
[Traduzione di A. RIMEDIO, in Ateneo, I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

Strattide

13.9. ANACREONTE, F 89 GENTILI


Chiedevo al profumiere Strattide se avrebbe lasciato crescere i suoi capelli.225
[Traduzione di G. SQUILLACE]

14. QUALCHE RICETTA DI BELLEZZA


226

14.1. ERODOTO, Storie IV 75


Gli Sciti dunque, dopo aver preso semi di questa canapa, si introducono
sotto quelle coperte e poi gettano i semi sopra le pietre roventi. Il seme gettato
fa fumo ed emana un vapore tale che nessun bagno a vapore greco potrebbe
vincerlo. [2] Gli Sciti mandano urla di gioia soddisfatti da questo bagno di
vapore. Questo serve loro come bagno, perché non si lavano il corpo con ac-
qua. [3] Le donne, invece, triturano su una pietra scabra legno di cipresso, di

224 È l’etera menzionata da Ateneo anche altrove: I sofisti a banchetto XIII 558b; 567e.
225 Nel mondo latino vi era la categoria degli unguentarii attestata, ad esempio in: AE 1963, 108b;
CIL IV 2184; CIL 9932a; CIL VI 4046; CIL 5638 = CIL I 1334b; CIL VI 5681 = CIL X 1088,103; CIL VI
9998 = CIL V 182; CIL VI 9999; CIL VI 10001; CIL VI 10002; CIL VI 10003 = CIL XIV 223,2; CIL VI
10004 = CIL XIV 218b; CIL VI 10005; CIL VI 10006; CIL VI 10007; CIL VI 33928; CIL VI 36819; CIL
VI 37830; CIL IX 471; CIL X 1965; CIL X 3968; CIL X 3974; CIL X 3975; CIL X 3979; CIL X 3982; CIL
XI 1594.
226 Belletti di vario tipo sono ricordati da Aristofane, Donne all’assemblea 878, 929; Senofonte,
Economico 10,2; Plutarco, Vita di Lisandro XXI 7; Apuleio, Metamorfosi III 21; XI 13; e, per il mondo
romano, Plinio il Vecchio, Storia Naturale XVIII 191; XXVII 28; Marziale, Epigramma XIV 27 e, so-
prattutto, Ovidio, Amori III 193 ss.; e Cosmetici (Medicamina faciei); Petronio, Satyricon passim; Gio-
venale, Satira VI.

— 180 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

cedro e dell’albero dell’incenso, versandovi sopra acqua poi, con questo denso
impasto, si spalmano tutto il corpo e il viso e non solo le donne hanno addos-
so il profumo proveniente da questo. La mattina seguente, quando lo tolgono,
la pelle rimane nitida e lucente.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]

15. ALCUNI INGREDIENTI ‘DOC’

A. La rosa 227

15.1. ERODOTO, Storie VIII 138,2-3


Il fiume, dopo che i Temenidi lo ebbero varcato, divenne cosı̀ gonfio che i
cavalieri non furono in grado di attraversarlo. Ed essi, giunti in un’altra regio-
ne della Macedonia, vi si stanziarono presso i giardini che si dice fossero di
Mida figlio di Gordio, nei quali spontaneamente nascono rose che hanno cia-
scuna sessanta petali e si distinguono per profumo sopra tutte le altre. In que-
sti giardini, a quanto narrano i Macedoni, fu preso anche Sileno. Al di là dei
giardini si trova un monte che ha nome Bermio, inaccessibile per il clima fred-
do e burrascoso. Muovendo di qua, dopo che ebbero occupata questa regio-
ne, essi assoggettarono anche il resto della Macedonia.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]

15.2. PLINIO IL VECCHIO, Storia naturale XXI 10


(10) Tra i fiori da giardino, la nostra gente ne conosce solo pochissime spe-
cie da far ghirlande, praticamente solo le viole e le rose. La rosa nasce su un
pruno più propriamente che su un arbusto, spunta anche sul rovo di macchia,
e anche lı̀ ha un profumo gradevole, per quanto leggero. Il germoglio di ogni
rosa è dapprima racchiuso in una corteccia granulosa, che presto si gonfia e si
appuntisce in verdi boccioli; a poco a poco si colora di rosso, si apre e si
espande, racchiudendo in mezzo al calice le punte gialle degli stami. Il suo im-
piego nelle corone è quasi il meno importante. La si fa macerare nell’olio, e
questo già dal tempo della guerra di Troia, come attesta Omero.228 Inoltre

227 Il passo va abbinato a Pseudo Aristotele, Problemi XII 8, 907a, 20 ss.; Plinio il Vecchio, Sto-
ria Naturale XIII 2; XXI 40; 73; Ateneo, I sofisti a banchetto XV 682b-c (vedi testi nn. 5.4; 6.2; 7.1).
228 Iliade XXIII 186 ss.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

la si fa entrare nei profumi, come abbiamo detto. Ha di per sé proprietà medi-
cinali. Si mette negli empiastri e nei colliri, per la sua penetrante acredine. Si usa
anche per profumare le prelibatezze della mensa, dato che non è per niente no-
civa. Le specie di rose che da noi hanno acquistato maggiore celebrità sono la
prenestina e la campana; altri hanno aggiunto la milesia, che ha colore accesis-
simo e non più di dodici petali. Segue la trachinia, meno rossa, poi quella di Ala-
banda, di minor pregio, dai petali biancheggianti, poi quella meno pregiata di
tutte, la rosa di macchia, dai moltissimi ma piccolissimi petali. Le rose differisco-
no infatti per la quantità dei petali, per la ruvidezza, la levigatezza, il colore, l’o-
dore. I petali vanno da un minimo di cinque in su, fino a una specie chiamata
‘centifolia’, che in Italia si trova nella Campania e in Grecia presso Filippi, dove
però non nasce spontaneamente: nelle vicinanze, il monte Pangeo produce rose
dai petali numerosi e piccoli; la gente del luogo le trapianta, ed esse migliorano
proprio grazie al trapianto. Questa specie di rose però non è molto odorosa, e
non lo è nemmeno quella dai petali molto larghi e grandi; in breve, è segno di
fragranza il calice ruvido. Al tempo dell’imperatore Tiberio Cesare, Cepio-
ne ha affermato che la centifolia non veniva messa nelle corone, se non alle estre-
mità, perché facesse come da fermaglio, dato che non è apprezzabile né per odo-
re né per aspetto. C’è anche una specie che da noi è chiamata ‘greca’, dai Greci
licnide; nasce solo nei luoghi umidi e non ha mai più di cinque petali; grande
quanto una viola, manca di fragranza. Un’altra specie, chiamata ‘rosellina greca’,
ha petali raccolti a pannocchia e non si schiude se non forzata con la mano, re-
stando sempre simile a una rosa nascente; i suoi petali sono molto grandi. Un’al-
tra si spiega su un gambo che pare quello della malva, con foglie simili a quelle
dell’olivo; la chiamano muceto. A metà fra queste per grandezza sta la rosa d’au-
tunno, che chiamano ‘coroncina’. Tutte sono inodori, tranne la coroncina e
quella che nasce sul rovo. Tante sono le adulterazioni praticate! Del resto, anche
le virtù della rosa autentica dipendono moltissimo dal terreno. Quella di Cirene
è la più odorosa e perciò lı̀ si ottiene il miglior profumo, A Cartagena, in Spagna,
per tutto l’inverno è in fiore una rosa precoce. Contano anche i fattori climatici:
in certi anni, infatti, le rose profumano meno, e inoltre tutte sono più odorose
nei luoghi secchi che in quelli umidi. La rosa non vuole essere piantata né nei
terreni grassi né in quelli argillosi né in quelli irrigati; si appaga delle rugiade
e ama in modo particolare il terreno frammisto di macerie. Quella della Campa-
nia è precoce, quella di Mileto tardiva, l’ultima a scomparire è comunque quella
di Preneste. Si zappa il terreno più in profondità che per le messi, più in super-
ficie che per le viti. Le rose nascono molto tardi dal seme, che si trova proprio
nel calice, subito sotto il fiore, ed è coperto di lanugine. Perciò è preferibile pian-
tarne il gambo tagliato. La sola specie che si pianta anche usando gli occhi della
radice, come per la canna, è quella della rosa pallida, spinosa, dai gambi lunghis-

— 182 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

simi, con cinque petali; si tratta della seconda delle rose greche. Tutte, comun-
que, traggono vantaggio dall’essere potate e bruciate; crescono benissimo e mol-
to velocemente anche con il trapianto, come le viti, se si piantano polloni di
quattro o più dita di lunghezza dopo il tramonto delle Pleiadi e poi si trasferi-
scono col favonio lasciando intervalli di un piede e zappando intorno di frequen-
te. Chi vuoi ottenere rose precoci scava intorno alla radice una fossa di un piede
e vi versa dell’acqua calda quando il calice comincia a germogliare.
[Traduzione di A.M. COTROZZO, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo, Storia
Naturale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

B. Il croco-zafferano

15.3. STRABONE, Geografia XIV 5.5 C 670


Dopo Calicadno (in Cilicia) viene la montagna detta Poicile che ha una via
scavata nella pietra che la collega a Seleucia. Cosı̀ anche il promontorio Ane-
nurio, omonimo di quello menzionato in precedenza, l’isola di Crambusa e il
monte Corico, sul quale a una distanza di 20 stadi c’è la grotta Coricia nella
quale fiorisce il croco migliore.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

15.4. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale XXI 17


Tra i tipi di zafferano, quello selvatico è il migliore. Non conviene assolu-
tamente piantarlo in Italia, perché il prodotto di un’area si riduce alla quantità
di uno scrupolo. Se ne pianta il bulbo della radice. Quello coltivato è più lar-
go, più grande e più bello, ma è molto più delicato e degenera dovunque; non
rende molto nemmeno a Cirene, dove i suoi fiori sono sempre molto decan-
tati. Il primo posto per rinomanza spetta a quello della Cilicia, e lı̀ in partico-
lare a quello del monte Corico, poi a quello licio del monte Olimpo, poi a
quello di Centuripe in Sicilia.229 Alcuni hanno assegnato il secondo posto a
quello di Tera.230
[Traduzione di A.M. COTROZZI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo, Storia
Naturale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

229 Sul croco-zafferano di Sicilia anche Strabone, Geografia VI 2,7 C 273; Dioscoride, Materia
Medica I 26 Gunther.
230 Altre indicazioni sulla qualità dei prodotti aromatici e sui luoghi di produzione si ritrovano
ancora in Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI, libro interamente dedicato a fiori e ghirlande.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

16. AROMI NELLA DOCUMENTAZIONE EPIGRAFICA


231

16.1. Iscrizione funeraria (da Astipalea: IG XII, Suppl. 152, I secolo a.C.)
Non consentitemi di bere in questo modo – ho bevuto inutilmente infatti
quando ero ancora in vita – tanto meno di mangiare. Questo è sufficiente.
Queste cose sono sciocchezze. Se invece (volete onorare) il ricordo di coloro
che sono vissuti con voi, allora, o amici, portate in dono zafferano e incenso
offrendoli di valore uguale rispetto a quanto è stato stabilito. Queste cose si
addicono ai morti e i morti non hanno nulla in comune con i vivi.

Kleumatras
[Traduzione di G. SQUILLACE]

16.2. Iscrizione di sanatio (da Lebena, Creta: IC I, XVII.19, II-I secolo a.C.)
[...] testa
[...] rendendo grazie ad Asclepio Salvatore poiché è stata guarita da una
dolorosa ferita al dito mignolo. Il dio le ordinò di applicarvi sopra un guscio di
conchiglia abbrustolito e tritato impastato con olio di rosa (rhodinon) e di un-
gerla con olio unito a malva. In questo modo la curò. A lei che ne aveva visto
in sogno le straordinarie doti, il dio ordinò di mettere per iscritto quanto ave-
va osservato. [...] dito [...] avendole il dio ordinato in sogno [...]
[Traduzione di G. SQUILLACE]

16.3. Elenco di sostanze aromatiche (da Delfi, in P. PEDRIZET, Fragment delphi-


que de l’édite de Dioclétien, «BCH», XXII, 1898, pp. 403-409, 301 d.C.)
Opobalsamo di prima qualità 1 litra;
mirra di prima scelta, 1 litra;
mirra di seconda scelta, 1 litra;
foliato, 1 litra;
olio di rose di prima qualità, 1 litra;

231 Sono prese in considerazione, a titolo meramente esemplificativo, solo alcune iscrizioni. So-
stanze aromatiche sono menzionate, ad esempio, anche in Ephesos 5; Ephesos 465; Ephesos 2102; FD
III 5.37; FD III 5.38; IC I, XVII 12; ID 354; I. Kition 2090; IG IV 836; IG V 2,514; IG VII 1887; IG XI 2;
IG I3 386; IGLSyr 1.1; IGLSyr 1.47; IGR I 5,1376; IGR III 1056; SEG 28,749 (2); SEG 37,214; SEG 45,116
bis; SEG 45,1244; SIG3 1017.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

olio di rose di seconda scelta, 1 litra;


olio di storace, 1 litra;
olio di iris, 1 litra;
olio kypros affumicato di Canopo (Egitto), 1 litra;
olio Partico, 1 litra;
olio di giglio, 1 litra;
miele unito a olio di rose, 1 litra;
olio di nardo, 1 litra;
olio di maggiorana, 1 litra;
olio vergine di zenzero profumato, 1 litra;
radice secca di zenzero, 1 litra;
succo di euforbia, 1 litra;
mirra del paese dei Trogloditi, 1 litra;
mirra stakte, 1 litra;
mirra sembracene, 1 litra
olio di psilotro, 1 litra.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

17. UN PROVERBIO SUI PROFUMI

17.1. STRATTIDE F 47 KASSEL-AUSTIN


Voglio consigliare loro una cosa saggia: «Quando cucinate la minestra di
lenticchie, non versateci sopra del profumo».232
[Traduzione di G. SQUILLACE]

17.2. ATENEO, I sofisti a banchetto IV 160c


Il peripatetico Clearco,233 nella sua opera Sui proverbi, include il detto
«Profumo nella minestra di lenticchie» menzionato anche dal mio antenato
Varrone detto il Menippeo.234
[Traduzione di G. SQUILLACE]

232 Vale a dire: non occorre cioè essere sofisticati nella realizzazione delle cose più semplici. Nel
motto ci sarebbe un riferimento implicito a contesti ufficiali e lussuosi quali i simposi nei quali i pro-
fumi trovavano largo uso: vedi PÜTZ, The symposium and komos in Aristophanes, cit., p. 223.
233 FHG II, p. 320 Müller.
234 P. 219 Buecheler.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

18. PROFUMO E MORTE


235

18.1. OMERO, Iliade XVI 666-675


Allora disse ad Apollo Zeus che raduna le nubi:
«Su, ora, presto, caro Febo, il nero sangue pulisci,
dopo avere sottratto Sarpedone dai dardi,
poi portalo molto lontano, lavalo nella corrente del fiume,
ungilo d’ambrosia e vestigli veste immortale;
e dàllo da portare ai rapidi portatori,
al Sonno e alla Morte, che velocemente
lo deporranno nella grassa contrada di Licia,
e là l’onoreranno i fratelli e i compagni
di tomba e stele; questo è l’onore dei morti».
[Traduzione di R. CALZECCHI ONESTI, Omero. Iliade, Torino 1950]

18.2. ELIANO, Le storie varie XII 18


Faone, che era il più bello degli uomini, fu nascosto da Afrodite tra le
lattughe. Secondo un’altra tradizione, Faone era un barcaiolo e faceva questo
per mestiere. Un giorno si presentò a lui Afrodite per essere traghettata: Fao-
ne fu ben lieto di accoglierla, anche se non sapeva chi fosse, e la condusse
con estrema sollecitudine dove desiderava. Come ricompensa, la dea gli donò
un vasetto che conteneva un olio profumato: ungendosi con esso, Faone di-
venne il più bello degli uomini. Perciò le donne di Mitilene si innamoravano
di lui, finché un giorno Faone venne colto in fragrante adulterio e fu giusti-
ziato.
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano
1996]

235 Riferimenti all’ambrosia anche in Omero, Iliade XIV 170 ss.; Odissea IV 445; Inno omerico a
Demetra (II) 236 ss.; Pindaro, Olimpica I 62; Pitica IX 63; Teocrito, Idillio XV 108; Ovidio, Metamor-
fosi XIV 605. Secondo Ibico (F 325 Davies), l’ambrosia era nove volte più dolce e gradevole del miele;
per Anticlide (FGH 140, F 22) era composta da acqua pura, olio, frutti di tutte le specie. Altri passi in
ROSCHER, s.v. Ambrosia und Nektar, cit., coll. 280-283.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

19. OLI SPECIALI

19.1. ATENEO, I sofisti a banchetto II 66d-67b


Olio. Antifane o Alessi, nomina l’olio di Samo: 236
Ecco per te
un metrete di olio di Samo
il più chiaro di tutti.

Ofelione nomina l’olio di Caria 237


Con olio di Caria,
si unge.

Aminta nella Persia a tappe dice: 238 «Le montagne producono terebinto,
lentisco, karya di Persia, da cui si ricava molto olio per il Re». Ctesia 239 dice
che in Carmania si trova un olio di acanto che viene usato dal Re; e lo stesso
autore, anche quando elenca nell’opera I tributi dell’Asia 240 tutti i cibi imban-
diti al Re per il pranzo, non fa cenno né al pepe, né all’aceto, «che di gran
lunga è il migliore di tutti i condimenti». Ma neppure Dinone vi accenna nella
sua opera Sulla Persia; 241 egli sostiene che erano fatti venire dall’Egitto per il
Re anche il sale ammonio e l’acqua del Nilo. All’olio detto omotribes fa cenno
Teofrasto nell’opera Sugli odori 242 e afferma che esso deriva dalle olive dette
phauliai e dalle mandorle. Anfide menziona come eccellente l’olio prodotto a
Turi: 243
A Turi l’olio, a Gela lenticchie.
[Traduzione di A. MARCHIORI, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

236 Antifane F 212 Kassel-Austin; Alessi F 245 Kassel-Austin.


237 F 5 Kassel-Austin.
238 FGH 122, F 4.
239 FGH 688, F 38 = F 38 Lenfant.
240 FGH 688, F 53 = F 53 Lenfant.
241 FGH 690, F 23a.
242 Sugli odori 14-15.
243 F 40,1 Kassel-Austin.

— 187 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

20. VINI AROMATICI

20.1. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale XIV 15


Molto pregiati erano presso gli antichi i vini profumati con la mirra, come
risulta dalle commedie di Plauto, per quanto in quella intitolata Il Persiano
raccomandi di aggiungervi anche il calamo aromatico. Pertanto alcuni dedu-
cono che agli antichi piacesse soprattutto il vino aromatico. Ma Fabio Dossen-
no si pronuncia in proposito con questi versi: 244
Io mandavo del buon vino, vino alla mirra.

Vedo che anche Scevola, Lucio Elio e Ateio Capitone furono dello stesso
parere, poiché nello Pseudolo 245 si legge:
Ma se è necessario che egli sprema del dolce dal medesimo posto, ne ha
di che? – E lo chiedi?
Vino alla mirra, passito, defrutum,246 miele,

da cui risulta che il vino alla mirra era annoverato non solo tra i vini, ma anche
tra i vini dolci.
[Traduzione di A. ARAGOSTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

20.2. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale XIV 19


Daremo fra non molto la ricetta di Catone per preparare il vino di mirto
(myrtites).247 I Greci lo fanno anche in un altro modo: dopo aver fatto cuocere
nel mosto salato dei rami giovani con le loro foglie, li pestano, ne bollono una
libra in tre congi di mosto, finché ne rimangano due. Quanto si ottiene, con lo
stesso procedimento, dalle bacche di mirto selvatico, è chiamato mirtidamo;
esso tinge le mani. [...] il vino di arbusti si prepara facendo bollire nel mosto
le bacche o il legno verde delle due varietà di cedrus,248 del cipresso, del lauro,

244Personaggio citato da Plinio tra le fonti dei libri XIV e XV ma sul quale si sa ben poco.
245Plauto, Pseudolo 740 ss.
246 Si tratta di mosto ristretto tramite bollitura: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIV 11.
247 Per la ricetta di Catone: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XV 123. Sul myrtites: Dioscoride,
Materia Medica V 36 Gunther.
248 Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 52-53.

— 188 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

del ginepro, del terebinto, del calamo aromatico, del lentischio; cosı̀ come il
legno di olivo nano, di pino nano, di quercia nana. Con lo stesso procedimen-
to si ottiene vino anche dai fiori, aggiungendone dieci denari in un congio di
mosto.249
[Traduzione di A. ARAGOSTI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia Na-
turale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

21. LE TERRE DEI PROFUMI

A. India

21.1. STRABONE, Geografia XV 1,22 C 695


La parte meridionale dell’India ha anche il cinnamomo, il nardo e le altre
piante profumate, proprio come l’Arabia e l’Etiopia, in quanto trae una certa
somiglianza con quelle per via dell’esposizione ai raggi solari.250
[Traduzione di N. BIFFI, L’Estremo Oriente di Strabone. Libro XV della Geografia, Bari
2005]

B. Somalia

21.2. STRABONE, Geografia XVI 4,14 CC 773-774


Subito dopo la città di Deire ha inizio la regione degli aromi; per prima
quella da cui proviene la mirra (anch’essa da ascrivere al territorio degli Ittio-
fagi e dei Creofagi),251 ma che produce inoltre la persea e il sicamino egizio.
All’interno si trova il territorio di caccia agli elefanti aperto da Lica. In diversi
punti ci sono riserve di acqua piovana; quando sono prosciugate, gli elefanti
scavano con la proboscide e con le zanne e vi ritrovano l’acqua. In questo trat-
to di litorale, fino al promontorio di Pitolao, si trovano due grandi laghi; il
primo di acqua salmastra, che chiamano ‘il Mare’, l’altro di acqua dolce, in
cui vivono ippopotami e coccodrilli, mentre ai bordi cresce il papiro. Sono po-

249 Su questi vini anche Dioscoride, Materia Medica V 28 ss. Gunther.


250 Dell’India parla anche Tolomeo Geografo, Geografia VII 1 Nobbe.
251 Si riferisce al Nord della Somalia la cui forma a cuneo è divisa dall’Arabia Felix da un breve
tratto di mare: vedi il commento al passo di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della
Geografia, Bari 2002, p. 287.

— 189 —
14
APPENDICE DOCUMENTARIA

sti in cui si vedono anche gli ibis. Gli indigeni che abitano nei pressi del pro-
montorio di Pitolao non si circoncidono. Segue la regione dell’incenso, dove si
trova un promontorio su cui sorge un tempio circondato da pioppi. Nell’en-
troterra, inoltre, si trovano, disposte lungo il fiume, una regione chiamata ‘di
Iside’ e un’altra ‘Nilo’; nell’una e nell’altra crescono la mirra e l’incenso. Se-
guono, poi, un invaso riempito dalle acque che scendono dai monti e, dopo
di questo, la Specola di Leon e il Porto di Pitangelo. Nella regione che segue
cresce anche la pseudocassia; 252 poi molte altre regioni fluviali, ai cui margini è
diffuso l’incenso, e ancora corsi di acqua, fino alla regione del cinnamomo.
Sulle rive del fiume che vi fa da confine prospera anche il giunco. Quindi è
la volta di un altro fiume, del porto di Dafne e della regione fluviale detta
‘di Apollo’, che produce, oltre all’incenso, anche la mirra e il cinnamomo;
questo però cresce in prevalenza nella parte più interna. Seguono il monte
Elefante, che si protende in mare, un canale e subito dopo il grande porto
e stazione di rifornimento idrico di Psygmos, la località detta dei cinocefali
e l’ultimo promontorio di questo tratto costiero, il Corno di Mezzodı̀. Una
volta doppiato questo promontorio in direzione di mezzogiorno, non si regi-
strano più – attesta la nostra fonte 253 – né porti, né località, perché mancano
ulteriori informazioni sul successivo litorale.
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]

C. Arabia Felix

21.3. ERODOTO, Storie III 107-113,1


107. Verso sud l’ultima delle terre abitate è l’Arabia, l’unica dove nascono
incenso, mirra, cassia, cinnamomo e ladano. Tutti questi prodotti tranne la mirra
gli Arabi se li procurano con difficoltà. [2] L’incenso lo raccolgono bruciando lo
storace, che i Fenici esportano in Grecia; bruciando questo lo ottengono. Gli al-
beri che producono incenso li custodiscono dei serpenti alati, piccoli di dimen-
sioni, vari di colore, molto numerosi attorno a ciascun albero, e sono gli stessi che
invadono l’Egitto. Solo il fumo dello storace riesce ad allontanarli dagli alberi.
108. Gli Arabi sostengono che tutta la terra si riempirebbe di questi ser-
penti se non accadesse loro qualche cosa di simile a ciò che io so che accade

252 Una specie di cassia non odorosa: Dioscoride, Materia Medica I 12 Gunther.
253 Si tratta del Periplo di Artemidoro. Vedi il commento al passo di BIFFI, Il Medio Oriente di
Strabone. Libro XVI della Geografia, cit., p. 290.

— 190 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

alle vipere. [2] Certo in qualche modo la provvidenza divina, essendo, com’è
naturale, saggia, ha fatto prolifici tutti gli animali che sono timidi d’animo e
atti a essere mangiati, per impedire che, divorati, si estinguessero; quelli invece
che sono feroci e nocivi li ha fatti poco prolifici. [3] Cosı̀, poiché la lepre viene
cacciata da tutti, dalle fiere e dagli uccelli e dagli uomini, proprio per questo è
prolifica fino a tal segno che essa sola fra tutti gli animali concepisce anche
mentre è gravida, e l’uno dei piccoli è nel ventre già coperto di peli, l’altro
ancora privo di peli, l’altro si forma appena nella matrice, un altro viene con-
cepito. [4] Questo animale ha dunque tale particolarità; la leonessa invece,
che è un animale assai vigoroso e fiero, genera una sola volta nella vita un solo
piccolo: partorendo infatti espelle insieme col figlio anche le matrici. Questa è
la causa: quando il leoncino stando nel ventre della madre comincia ad agitar-
si, avendo gli unghioni molto più aguzzi di ogni altro animale lacera la matri-
ce, e crescendo poi penetra molto più addentro graffiando e quando il parto è
ormai vicino assolutamente nulla ne resta intatto.
109. Cosı̀ se sia le vipere che i serpenti alati d’Arabia prolificassero secon-
do la loro natura, gli uomini non potrebbero più vivere. Ora invece quando si
accoppiano e il maschio è proprio sul punto di emettere il seme, mentre egli lo
emette la femmina lo afferra alla gola e non cessa di stringerlo prima di averlo
divorato. [2] Il maschio cosı̀ muore nel modo che ho detto, ma la femmina
paga questa pena per l’uccisione del compagno: vendicando il genitore i ser-
pentelli, mentre stanno ancora nel ventre, divorano la loro madre, e divoran-
done le viscere si procurano in tal modo una via di uscita. [3] Invece gli altri
serpenti non dannosi agli uomini depongono le uova e facendole schiudere
mettono alla luce una grande quantità di figli. Le vipere vivono su tutta la ter-
ra, mentre i serpenti alati, tutti uniti, vivono esclusivamente in Arabia e per
questo sembra che siano molti.
110. Dunque gli Arabi si procurano l’incenso nel modo suddetto, la cassia
invece nella seguente maniera: dopo essersi cinti di pelli di bue e di altre pelli
tutto il corpo e il volto, eccettuati gli occhi, vanno in cerca di cassia. Essa cre-
sce in un lago non profondo; intorno e dentro di questo vivono delle bestie
alate assai simili ai pipistrelli, che lanciano strida tremende e oppongono
una forte resistenza: è necessario perciò raccogliere la cassia tenendo queste
bestie lontano dagli occhi.
111. Il cinnamomo poi lo raccolgono in modo ancora più strano di quelli
che ho detti: dove nasce e quale è la terra che lo alimenta non sono in grado
di dirlo; solamente alcuni, attenendosi a una opinione assai verosimile, dicono
che nasce negli stessi luoghi in cui fu allevato Dioniso. [2] Raccontano che
grandi uccelli portano questi fuscelli che noi, con nome appreso dai Fenici,
chiamiamo cinnamomo, e che gli uccelli lo portano per i loro nidi, che costrui-

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APPENDICE DOCUMENTARIA

scono con fango a ridosso di montagne scoscese, dove non c’è per l’uomo al-
cuna possibilità di salire. [3] Allora in vista di ciò gli Arabi hanno escogitato
questo artificio: dopo aver tagliato a pezzi il più possibile grandi membra di
buoi e di asini e di altre bestie da giogo morte, le portano in questi luoghi
e, depostele vicino ai nidi, si allontanano. Gli uccelli allora volando giù tra-
sportano i pezzi delle bestie ai nidi, ma questi, non potendo reggere al peso,
si infrangono a terra, e gli Arabi allora, accostandosi, li raccolgono. Cosı̀ il cin-
namomo da essi raccolto giunge negli altri paesi.
112. Il ladano poi, che gli Arabi chiamano ledano, cresce in modo ancora
più meraviglioso. È di odore gradevolissimo pur nascendo nel luogo più feti-
do: si trova infatti nelle barbe dei caproni e vi si attacca come colla quando
vengono dai boschi. Serve per preparare un gran numero di unguenti, e gli
Arabi lo bruciano di preferenza come profumo.
113. Ho detto abbastanza riguardo agli aromi, e dalla terra d’Arabia esala
un profumo di divina dolcezza.
[Traduzione di A. IZZO D’ACCINNI, Erodoto. Storie, Milano 1984]

21.4. DIODORO, Biblioteca storica II 49


Quella parte dell’Arabia che confina al di sopra con la regione desertica è
cosı̀ differente che, per la quantità di frutti da essa prodotti e per le altre sue
caratteristiche positive, è stata chiamata Arabia Felice. Infatti le canne, i giun-
chi e ogni altra pianta dal forte aroma cresce qui in grande abbondanza, e lo
stesso accade per ogni genere di sostanza fragrante che è derivata dal foglia-
me; cosı̀ la terra è distinta in varie zone proprio dagli odori che ne derivano;
infatti la mirra e l’incenso più gradito agli dèi sono esportati in tutto l’Ecume-
ne e prodotti nelle parti più lontani delle regione. Il costo, la cassia e il cinna-
momo e tutte le altre piante di questo genere crescono nei campi e in cespugli
di tale densità che ciò che tutti gli altri popoli pongono sugli altari degli dèi
da loro si usa come combustibile sotto le loro pentole, e ciò che fra gli altri si
trova in esigue quantità, lı̀ fornisce materiale per il giaciglio dei servi nelle
loro case. Inoltre il cinnamo, com’è appunto chiamato, che è di grande utilità,
la resina di pino e il terebinto sono qui abbondanti e molto odorosi. Nelle
montagne cresce non solo l’abete e il pino, ma anche il cedro, il cedro fenicio
e il cosiddetto boraton. Vi sono molti altri tipi di piante da frutto profumate,
che generano linfa e odori gradevoli per colui che si avvicini. La regione è per
natura piena di un vapore simile all’incenso dolce. Per questo in alcuni luoghi,
quando il terreno è lavorato, si trovano vene di vapore dolce e nelle cavità si
sono formate querce di grandi dimensioni; da queste cave ottengono pietre da
costruzione per le loro abitazioni. Per quanto riguarda queste ultime, quando

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

piove, quella parte della casa che è liquefatta dalla pioggia fluisce nelle giun-
ture delle pietre e, emanando odore, rende le parti più solide.
[Traduzione di A. BACCARIN, Diodoro Siculo. Storia universale, Torriana (FO) 1991]

21.5. DIODORO, Biblioteca storica III 41


Ora che abbiamo descritto le terre occidentali e quelle settentrionali, com-
prese le isole dell’oceano, parleremo delle isole dell’oceano meridionale che
bagna quella porzione d’Arabia estesa verso Oriente e che confina con la re-
gione conosciuta come Cedrosia. L’Arabia possiede molti villaggi e famose cit-
tà, che in alcuni casi sono poste su alte montagne e in altri costruite su colli-
nette o in pianura; le città più grandi sono sedi di residenze reali e di
costruzioni lussuose. Hanno una popolazione numerosa e ampi possedimenti.
Inoltre la terra degli Arabi abbonda di animali domestici di ogni razza, reca
frutti senza scarseggiare di pascoli per gli animali grossi; molti fiumi scorrono
per la regione irrigandola per buona parte, contribuendo in questo modo alla
piena maturità dei frutti. Di conseguenza la parte d’Arabia che possiede il pri-
mo posto per la sua fertilità ha ricevuto un nome a lei appropriato, essendo
chiamata Arabia Felice.
Sui suoi confini più lontani, dove è bagnata dall’oceano, ci sono molte iso-
le di cui tre meritano una menzione nel racconto; una di loro porta il nome di
Iera. Su di essa non è permesso seppellire i morti, che vengono portati in
un’altra, postale vicino, a una distanza di sette stadi. Iera non ha porti e
non produce frutti. Di contro produce incenso in grande abbondanza, tanto
da essere sufficiente per gli onori resi agli dèi in tutta l’Ecumene; reca anche
un’eccezionale quantità di mirra, che viene lavorata in questo modo: per
quanto riguarda la grandezza l’incenso è una pianta piccola e all’apparenza
assomiglia all’acacia egiziana bianca, mentre le sue foglie sono simili a quelle
del cosiddetto salice; il fiore da essa prodotto ha un colore simile all’oro e la
resina che ne promana gocciola come le lacrime. L’albero della mirra è simile
al lentisco, sebbene le sue foglie siano più piccole e crescano molto fitte. La
mirra gocciola quando sin dalle sue radici è scavata la terra e se è piantata
sul suolo fertile. Questo fenomeno avviene due volte all’anno, sia in primavera
che in estate. La mirra della primavera è rossa a causa della rugiada, ma quella
d’estate è bianca. Inoltre si raccoglie il frutto del paliuro, che (gli Arabi) usano
sia come cibo che come bevanda ma anche come farmaco per la cura della
dissenteria.
[Traduzione di A. BACCARIN, Diodoro Siculo. Storia universale, Torriana (FO) 1991 con mo-
difiche di G. SQUILLACE]

— 193 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

21.6. DIODORO, Biblioteca storica III 46


Oltre questo popolo ci sono i cosiddetti Corbei, e dopo i Sabei, le più nu-
merose fra le popolazioni arabe. Abitano quella parte del paese conosciuta co-
me Arabia Felice, regione che produce la maggior parte dei frutti da noi rite-
nuti preziosi e nutre greggi e mandrie in quantità. Un odore dolce e naturale
pervade tutto il paese per il fatto che vi crescono costantemente tutte le piante
famose per il profumo. Infatti lungo la costa cresce il cosiddetto balsamo, la
cassia e un’altra erba dalla natura particolare; quest’ultima, nel caso sia fresca,
è più piacevole e bella a vedersi, ma quando è vecchia improvvisamente ap-
passisce. Inoltre nella parte interna delle regioni ci sono fitte foreste, dove cre-
scono grandi alberi di incenso e mirra, e ancora palme, canne, alberi del cin-
namo e ogni altra pianta dall’odore dolce, simile a quello emesso dai tipi
precedenti; infatti è impossibile enumerare le proprietà e le particolarità di
ciascuna, per il loro volume e per l’eccezionale ricchezza di dolci profumi
emessi da ognuna di loro. È un fenomeno divino e indescrivibile la fragranza
che saluta le narici e scuote i sensi di ciascuno.
Sebbene quelli che navigano lungo questa costa passino lontano dalla re-
gione, ciò non li priva della partecipazione al godimento di questa fragranza;
infatti in estate, quando il vento soffia dalla spiaggia, si può notare che i dolci
profumi diffusi dalla mirra e da altri alberi aromatici penetrano nelle zone li-
mitrofe al mare; ne è causa il fatto che l’essenza di queste erbe non è, come da
noi, estratta quando le piante sono secche e vecchie, ma la loro potenza sta
nella piena manifestazione della loro freschezza aromatica, che penetra nelle
zone più delicate del senso dell’odorato. Poiché il vento trasporta la fragranza
della maggior parte delle piante ai viaggiatori che si avvicinano alla costa, vie-
ne trasportata sull’acqua una corrente di profumi, dolce e potente, salutare ed
esotica, composta dai migliori odori, poiché il prodotto degli alberi non è sta-
to triturato in pezzi e cosı̀ ha potuto diffondere il proprio profumo peculiare,
né è stato immagazzinato in recipienti fatti di sostanze diverse, ma mantiene la
sua freschezza cosicché la sua natura divina assume una potenza pura e incon-
taminata. Di conseguenza quelli che sentono quest’unica fragranza, godono
dell’ambrosia di cui si narra nei miti, non essendo possibile, per l’incredibile
dolcezza del profumo, trovare qualche altro nome adatto al fenomeno.
[Traduzione di A. BACCARIN, Diodoro Siculo. Storia universale, Torriana (FO) 1991]

21.7. DIODORO, Biblioteca storica XIX 94,2-5


Per coloro che ignorano è utile descrivere le usanze grazie alle quali questi
Arabi sembrano salvaguardare la loro libertà. Vivono all’aria aperta, chiaman-

— 194 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

do patria un territorio disabitato senza né fiumi né sorgenti abbondanti con le
quali possa dissetarsi un esercito nemico. È legge presso di loro non seminare
grano né piantare alberi da frutto, non bere vino né costruire case; se per caso
qualcuno viene trovato a fare queste cose, c’è per lui la pena di morte. Seguo-
no questa legge, poiché ritengono che i possessori di questi beni, facilmente,
pur di poterne godere, possano essere costretti dai potenti a sottostare ai loro
ordini. Alcuni di loro allevano cammelli, altri pecore che pascolano nel deser-
to. Delle numerose tribù arabe che portano al pascolo nel deserto i loro greg-
gi, questi superano di gran lunga gli altri per ricchezze e sono non più di
10.000; non pochi di loro infatti sono soliti condurre al mare incenso, mirra
e i più preziosi aromi che ricevono da coloro che giungono dall’Arabia detta
Felice.
[Traduzione di A. SIMONETTI AGOSTINETTI, Diodoro Siculo. Biblioteca storica, libri XVIII-
XIX, Milano 1988]

21.8. STRABONE, Geografia XVI 4,2-4 CC 767-768


Ritorno ora su alcuni dettagli aggiunti da Eratostene 254 nella sua descrizio-
ne dell’Arabia. In merito alla regione settentrionale e desertica – qual è quella
che, posta tra l’Arabia Felix, la Celesiria e la Giudea, giunge fino al fondo del
Golfo Arabico – egli dichiara che da Heroonpolis (ovvero il recesso del Golfo
Arabico che dà sul Nilo) fino a Babilonia, passando per Petra dei Nabatei, ha
una larghezza di 5600 stadi. Estesa tutta nella direzione del levante d’estate,
comprende nell’ordine il territorio dei Nabatei, dei Caulotei e degli Agrei.
Al di sotto di queste popolazioni si trova l’Arabia Felix, che si allunga a mez-
zogiorno fino al mare Atlantico per 12.000 stadi. Per primi l’abitano, insieme
ai Siriani e i Giudei, comunità di agricoltori; dopo diviene sabbiosa e sterile
– con pochi alberi e piante di acanto e tamerisco e pozzi di acqua scavati
nel terreno come la Gedrosia – ed è terra degli Sceniti, Arabi e allevatori di
cammelli. L’estrema parte meridionale è dirimpettaia dell’Etiopia ed è sogget-
ta alle piogge estive; consente due raccolti all’anno, come l’India. Vi scorrono
dei fiumi che si dissipano nella pianura o nei laghi. Qui la produzione agricola,
fra cui anche quella del miele, è generalmente buona; c’è abbondanza di bestie
da pascolo, eccetto i cavalli, i muli e i maiali, e vi sono volatili di ogni specie,
eccetto le oche e le galline. Il paese è ripartito fra quattro grandi popolazioni: i
Minei, i quali risiedono nella parte che dà sul Mar Rosso e hanno come centro

254 F III b,48 Berger.

— 195 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

principale Carne ovvero Carnana; i loro abitanti Sabei, la cui capitale è Maria-
ba; i Cattabanei, che si estendono fino allo stretto e al punto di attraversamen-
to del golfo arabico – la sede del loro re si chiama Tamna – e infine, più a
oriente, i Catramatiti, ai quali appartiene la città di Sabata. [...] La Cattabania
produce l’incenso, la Catramotitis la mirra.
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]

21.9. STRABONE, Geografia XVI 4,19 CC 778


Contiguo al loro 255 è il fertilissimo territorio dei Sabei,256 la comunità più
grande dove si trovano la mirra, l’incenso e il cinnamomo; nelle zone costiere
si trovano anche il balsamo e un altro tipo di erba dal profumo assai intenso,
ma che si dissolve rapidamente. Non mancano palme odorose e giunchi e poi i
serpenti: lunghi una spanna e di color rosso porpora, sono in grado di avven-
tarsi fino all’altezza del fianco e il loro morso è incurabile. Gli abitanti, data
l’abbondanza dei prodotti della terra, sono sfaccendati e pigri; molti del po-
polo si fanno un giaciglio con le radici degli alberi e vi dormono su. Quanto
alle mercanzie, le rilevano sempre i loro vicini e le smistano ai mercanti che
subentrano loro, i quali poi le trasportano fino alla Siria e alla Mesopotamia.
E poiché il profumo li stordisce, lo neutralizzano con suffumigi di asfalto e di
barba di capro. La città dei Sabei, Mariaba, si trova sopra un monte boscoso e
ospita il re che ha pieni poteri nelle cause giudiziarie e in altri campi. Però non
gli è consentito uscire dalla reggia; in caso contrario la folla, come impone un
vaticinio, lo lapiderebbe immediatamente. Vive, e con lui quelli che gli stanno
attorno, in un lusso da effeminati; la gran parte della popolazione, invece, la-
vora la terra o è dedita al commercio delle spezie, sia quelle locali sia quelle
provenienti dall’Etiopia, dove si reca a prelevarle attraversando lo stretto a
bordo di imbarcazioni di pelle. E la loro quantità è tale che in luogo dei sar-
menti e della legna da ardere usano il cinnamomo, la cassia e le altre piante
odorifere. In territorio sabeo nasce il ‘larimno’, il più penetrante degli incensi.
Grazie al relativo commercio i Sabei e i Gerrei sono i più ricchi di tutti e met-
tono da parte un’enorme quantità di monili in oro e in argento, e poi di letti,

255 Si tratta di una serie di popolazioni che Strabone dice (Geografia XVI 4,18 C 777) di non
volere menzionare in dettaglio sia perché poco importanti sia per la difficoltà di pronunciarne cor-
rettamente i nomi.
256 Su questa popolazione riferiscono anche Plinio il Vecchio, Storia Naturale XII 30 ss. (testo n.
6.1 in Appendice documentaria) e Agatarchide 100-102 Müller.

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

tripodi, crateri, oltre ai vasi e ad altre sontuosità delle case; ché le porte, i mu-
ri, i soffitti sono variamente decorati con figure a mosaico in avorio, oro, ar-
gento. Questa è l’immagine che Artemidoro ci dà degli Arabi; quanto al resto,
in parte coincide con ciò che ne ha riferito Eratostene, in parte lo attinge da
altri storici.257
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]

21.10. STRABONE, Geografia XVI 4,25 CC 782-783


Come abbiamo anticipato,258 la terra degli aromi è suddivisa in quattro di-
stretti; degli aromi si dice che l’incenso e la mirra siano prodotti dagli alberi, la
cassia dalle paludi. Alcuni sostengono che la maggior parte della cassia pro-
venga dall’India e il miglior incenso da una regione vicina alla Persia. In base
a un’altra ripartizione, la Felix si divide in cinque regni; nel primo ci sono i
guerrieri, che combattono per tutti; nel secondo gli agricoltori, che produco-
no il cibo per tutti; nel terzo coloro che esercitano i vari mestieri; dal quarto
proviene la cassia; dal quinto l’incenso e da tutti la cassia, il cinnamomo e il
nardo. Le rispettive competenze non sono interscambiabili, ma ciascuno con-
serva quelle che ha ereditato. Il vino che si produce è per la maggior parte di
palma.
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]

21.11. STRABONE, Geografia XVI 4,26 C 784


(Presso i Nabatei) alcuni beni sono importati del tutto, altri solo in parte,
altri ancora si trovano in sede locale; per esempio, l’oro, l’argento, la maggior
parte delle spezie. Invece il rame, il ferro, le vesti di porpora, lo storace, lo
zafferano, la radice del costo, i lavori a cesello, i dipinti, le sculture non sono
prodotti indigeni. I corpi dei defunti sono giudicati alla stregua di rifiuti, co-
me dice Eraclito: 259
gittar via i morti, più che i cascami;

257 F 8 Berger.
258 Strabone, Geografia XVI 4,2 C 768 (testo n. 21.9 in Appendice documentaria).
259 F 96 Walzer.

— 197 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

per questo li seppelliscono presso le discariche, compresi i re. Praticano il cul-


to del Sole, erigendogli sul terrazzo di casa un altare. Su quello ogni giorno
fanno libagioni e bruciano incenso.260
[Traduzione di N. BIFFI, Il Medio Oriente di Strabone. Libro XVI della Geografia, Bari
2002]

D. Armenia 261

21.12. SENOFONTE, Anabasi IV 4,12-13


Ma mentre pernottavano lı̀ (in una pianura dell’Armenia occidentale go-
vernata da Tiribazo), cadde neve a non finire, tanto da coprire sia le armi
che gli uomini sdraiati; la neve bloccò anche le bestie da soma, e si esitava
molto ad alzarsi: la neve caduta sugli uomini sdraiati, infatti, dava calore, al-
meno a quelli da cui non era scivolata via. Ma dopo che Senofonte ebbe avuto
il coraggio di alzarsi nudo per spaccar legna, ben presto uno si alzò, e un altro,
toltagliela, si mise a spaccare lui la legna. Dopo di ciò anche gli altri, alzatisi,
accesero il fuoco e si unsero; lı̀ si trovava, infatti, molto grasso, che usavano al
posto dell’olio di oliva, ricavato dai maiali, dal sesamo, dalle mandorle amare,
dal terebinto.
[Traduzione di M. MARI, in U. BULTRIGHINI – M. MARI, Senofonte. Elleniche. Anabasi, Ro-
ma 1997]

22. QUALCHE SEGRETO

22.1. PLINIO IL VECCHIO, Storia Naturale XXI 18


La differenza tra tutte le sostanze odorose, e perciò anche tra le piante, è
nel colore, nell’odore e nel succo. Raramente una sostanza odorosa non ha sa-
pore amaro, e viceversa è raro che le sostanze dolci siano odorose. Per questo

260 Sull’Arabia Felix vedi anche Ctesia FGH 688, F 71 = F 71 Lenfant; Diodoro, Biblioteca storica
II 54; Strabone, Geografia XVI 3,1 C 765; Plinio il Vecchio, Storia Naturale VI 23; XII 41; Anonimo,
Periplo del Mare Eritreo 27; 56, e passim Müller. Sul ‘porto degli aromi’ in Arabia vedi anche: Ano-
nimo, Periplo del mare Eritreo 7; 8; 10; 12; 24; 27; 29 ss. Müller; Tolomeo Geografo, Geografia VI 7
Nobbe; Stefano Bizantino, s.v. jArabiva.
261 Sulla regione vedi anche Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana II 2; III 4 (testi nn. 23.4; 23.5).

— 198 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

il vino è più odoroso del mosto, e tutte le piante selvatiche lo sono più di quel-
le coltivate. La fragranza di certe piante, come quella della viola, è più soave
da lontano; sentita da vicino si attenua. La rosa fresca profuma da lontano,
quella secca da vicino. Tutti i fiori, comunque, hanno un profumo più pene-
trante in primavera e al mattino; man mano che si avvicina il mezzogiorno, il
profumo si attenua. Le piante novelle, inoltre, sono meno odorose di quelle
vetuste; comunque, l’odore più penetrante si ha per tutte nell’età di mezzo.
La rosa e lo zafferano sono più odorosi se si colgono nei giorni di sereno, e
tutte le piante sono più odorose nelle regioni calde che in quelle fredde. Non-
dimeno in Egitto i fiori profumano pochissimo, perché l’aria è resa nebbiosa e
rugiadosa dall’imponente presenza del fiume. Il profumo di certe piante è soa-
ve ma troppo intenso. Talune, quando sono verdi, non odorano per eccesso di
umidità, come il bucerate, cioè il fieno greco. Nelle piante ricche di acqua,
l’odore non è del tutto indipendente dal succo, come nella viola, nella rosa,
nello zafferano, mentre tutte le piante acquose prive di succo hanno un odore
pesante, come il giglio di tutte e due le specie.262 L’abrotano e la maggiorana
hanno odori penetranti. Di certe piante solo il fiore è gradevole, le altre parti
sono inerti: è il caso della viola e della rosa. Fra le piante dell’orto, le più odo-
rose sono quelle secche, come la ruta, la menta, l’apio, e quelle che crescono
nei luoghi secchi. In certi casi il profumo aumenta con l’invecchiamento, come
avviene alle cotogne, le quali inoltre odorano di più una volta colte che non
sull’albero. Certe piante odorano solo se vengono spezzate o sfregate, altre so-
lo se vengono scortecciate, certe poi solo se si bruciano, come l’incenso e la
mirra. Tutti i fiori una volta pestati sono più amari di quando sono intatti. Al-
cune piante mantengono più a lungo l’odore quando sono seccate, come il
meliloto. Certe rendono più odoroso il luogo dove si trovano, come l’iris,
che anzi profuma per intero qualunque albero di cui tocchi la radice. L’espe-
ride odora di più di notte, e da ciò gli deriva il nome. Fra gli animali, nessuno
è odoroso, a meno che non vogliano credere a ciò che è stato detto delle pan-
tere.
[Traduzione di A.M. COTROZZI, in G.B. CONTE (a cura di), Gaio Plinio Secondo. Storia
Naturale, vol. III, Botanica, Torino 1984]

262 Vale a dire bianco e rosso: Plinio il Vecchio, Storia Naturale XXI 11.

— 199 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

23. QUALCHE CURIOSITÀ

A. Strane usanze

23.1. ATENEO, I sofisti a banchetto II 45f-46a


Non bisogna bere prima dei pasti, come i Carmani, dice Posidonio; 263
questi, infatti, quando vogliono dimostrare la loro amicizia nei simposi aprono
le vene della fronte e, mescondando al vino il sangue che scorre, lo assumono,
considerando il massimo dell’amicizia gustare il sangue l’uno dell’altro. Dopo
questa bevuta, si ungono il capo di essenza profumata, soprattutto di rosa, al-
trimenti di mela cotogna, per allontanare gli effetti della bevanda e non subire
danno dalle esalazioni del vino; altrimenti si ungono di essenza profumata di
iris o di nardo. Dice bene quindi Alessi: 264
Si unge le narici di profumo; di buona salute mezzo
validissimo è procurare buoni odori al cervello.
[Traduzione di A. MARCHIORI, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

23.2. ATENEO, I sofisti a banchetto XII 553a-554b


Ad Atene era costume che gli amanti dei piaceri si ungessero persino i pie-
di con unguenti profumati, come dice Cefisodoro nel Trofonio: 265
E poi, per ungermi il corpo, comprami
profumo di iris e di rosa, per favore, Santia,
e a parte per i piedi comprami della baccaride.

Eubulo nello Sfingocarione: 266


Mollemente sdraiato nel talamo; e ora, in cerchio,
voluttuose fanciulle, squisite e indolenti,
massaggeranno il delicato piede con balsami d’amaraco.

263 FGH 87, F 72.


264 F 195 Kassel-Austin.
265 F 3,1-3 Kassel-Austin.
266 F 107 Kassel-Austin.

— 200 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

|553b| Nella Procri un tale spiega come si deve accudire il cane di Procri,
ma è come se parlasse invece di un essere umano: 267
Vi decidete a preparare una buona cuccia per il cane?
Stendetegli sotto lana milesia,
e sopra stendetegli una sistide.
[B] Apollo!
[A] Poi gli inzupperete il grano
nel latte di oca.
[B] Eracle!
[A] E le zampe
ungetegli di unguento megallio.

Antifane nell’Alcesti 268 mette in scena un tale che si unge i piedi con olio
di oliva; nel |553c| Metragirte 269 dice inoltre:
E gli unguenti
ricevuti dal dio chiese quindi all’ancella
di spalmargli prima sui piedi, poi sulle ginocchia.
Non appena l’ancella i suoi piedi ebbe spalmato
e massaggiato, balzò dritto.

E nell’Uomo di Zacinto: 270


E allora non è giusto che io stia dietro alle donne,
e che me la spassi con tutte le etère?
E che anche io mi goda, per cominciare, la stessa cosa che fai tu,
cioè farmi massaggiare i piedi da mani morbide e belle:
|553d| non è forse una cosa magnifica?

E in Quelli di Torico: 271


Ma ecco che si lava veramente!
[B] E allora, cosa?
[A] Da una brocca con borchie di oro
con balsamo d’Egitto si unge piedi e gambe,
con olio di palma le guance e le tettine,

267 F 89 Kassel-Austin.
268 F 31 Kassel-Austin.
269 F 152 Kassel-Austin.
270 F 101 Kassel-Austin.
271 F 105 Kassel-Austin.

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con balsamo di menta acquatica un braccio,


con quello di maggiorana la sopracciglia e i capelli,
con quello di serpillo il ginocchio e il collo...

E Anassandride nel Protesilao: 272


Con il profumo in vendita da Perone: sı̀, quello che si era comprato
|553e| ieri Melanopo, il balsamo d’Egitto che costa una fortuna,
con cui ora strofina i piedi di Callistrato.

E inoltre Teleclide, nei Pritani,273 mette in scena la vita ai tempi di Temi-


stocle, mostrandone la raffinatezza; Cratino, illustrando nei Chironi 274 la vo-
luttuosità degli antichi, dice:
Ciascuno stava assiso, gli orecchi ornati di menta flessuosa, rosa o giglio;
e girellavano in piazza con un frutto fra le mani e un bastone da passeggio.

Clearco di Soli nelle Questioni d’amore dà vita a questa disquisizione: 275
Per quale motivo rechiamo tra le mani fiori e frutta e cose di tal genere? È forse
perché, servendosi anche dell’amore manifestato per questi oggetti, |553f| la natura di-
svela coloro che della florida bellezza hanno desiderio? Non sarà questa la ragione
che li spinge a tenere tra le mani, quasi come un saggio della desiata visione, le cose
che hanno grazia fiorente, e a trarne diletto? Oppure, può darsi che agiscano in tal
modo per questi due motivi, perché tanto l’occasione di un felice incontro, quanto
il chiaro segnale di quel che vogliono ottenere, possono nascere per loro da questi
oggetti: per chi glieli domanda, sono un pretesto per farsi rivolgere la parola, mentre
per chi li dona, sono i preliminari di una sorta di contratto che impegna l’altro a fare a
sua volta dono delle sue grazie. |554a| Infatti, la richiesta di fiori e frutti rigogliosi in-
vita quelli che li ricevono al contraccambio con il fiore del loro stesso rigoglio. Op-
pure, la ragione è che forse essi trovano nella bellezza di queste cose il sollievo e il
conforto ai desideri suscitati in loro dalla bellezza di quelli che amano, e perciò di esse
si dilettano, perché la presenza di questi oggetti allontana la nostalgia per gli amati; a
meno che invece non tengano queste cose e si compiacciano di esse con l’intento di
ornarsene, al pari di altre che contribuiscono a migliorare l’aspetto; non soltanto le
corone di splendidi fiori, ma anche i fiori tenuti in mano aggiungono ornamento a
tutta la persona. |554b| Ma, forse, la ragione è piuttosto l’essere amanti della bellezza:

272 F 41 Kassel-Austin.
273 F 25 Kassel-Austin.
274 F 257 Kassel-Austin.
275 F 25 Wehrli.

— 202 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

reggere fiori e frutti rivela infatti l’amorosa passione per le cose belle, e l’affettuosa
propensione per ciò che è fiorente. Giacché bello è il volto della stagione matura e
di quella in fiore, nei frutti e nei fiori contemplato. O anche, infine, la ragione è
che tutti gli innamorati, spinti dalla passione a ogni sorta di voluttuoso eccesso, cer-
cando di avere un aspetto leggiadro, ingentiliscono le loro persone con ornamenti leg-
giadri. È cosa naturale infatti che quanti pensano di essere belli e fiorenti raccolgano
fiori: perciò si racconta che le fanciulle del seguito di Persefone raccogliessero fiori, e
Saffo 276 dice di vedere:
Una fanciulla che coglie fiori, davvero delicata.
[Traduzione di M.L. GAMBATO, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana com-
mentata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

23.3. LUCIANO, Storia vera II 5-13


5. E già eravamo vicini a essa (un’isola), e una brezza meravigliosa soffiò
verso di noi, deliziosa e odorosa, quale quella che lo storico Erodoto dice
che esala dall’Arabia Felice.277 Quale l’odore che esala da rose e narcisi, gia-
cinti e gigli e viole, e inoltre da mirra e da alloro e dai fiori della vite, tale
era l’odore soave che veniva fino a noi. Incantati da questo profumo e speran-
do cose buone dopo lunghe pene, ci avvicinammo ormai a poco a poco a que-
st’isola. [...] 11. Allora le corone ci caddero già da se stesse e fummo liberi e ci
conducevano alla città e al simposio dei Beati. La città stessa è tutta quanta
d’oro e il muro che la cinge è di smeraldo, le porte sono sette, tutte di un solo
pezzo, in legno di cinnamomo; il pavimento della città, però, e il suolo che si
estende dentro le mura, sono di avorio; templi di tutti gli dèi, costruiti in be-
rillo, e altari vi sono in essi, grandissimi, monolitici, di ametista, sui quali fan-
no le ecatombi. Intorno alla città scorre un fiume di mirra più bella, di cento
cubiti regi di larghezza, e di cinque di profondità, cosicché vi si può nuotare
agevolmente. Sono adibiti a bagni vasti edifici di vetro, scaldati con legno di
cinnamomo: invece dell’acqua però nelle vasche c’è rugiada calda; come vesti
hanno tele di ragno sottili, color porpora. 13. Il paese è coperto di ogni sorta di
fiori, di alberi coltivati e di alberi che fanno solo ombra; le viti producono do-
dici volte l’anno e si vendemmia ogni mese; dicevano che i melograni e i meli e
gli altri alberi da frutto danno tredici raccolti e vi è un mese chiamato ‘mese di
Minosse’ che produce due volte; invece di grano le spighe producono sulla
cima pane già pronto, come funghi. Quanto a fonti, intorno alla città ve ne

276 F 122 Lobel Page.


277 III 113 (testo n. 21.3).

— 203 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

sono 365 di acqua, altrettante di miele, 500 di olio profumato, queste però più
piccole, 7 fiumi di latte e 8 di vino.
[Traduzione di Q. CATAUDELLA, Luciano. Storia vera, Milano 1990]

B. Animali e aromi

23.4. FILOSTRATO, Vita di Apollonio di Tiana II 2


Il monte Caucaso può essere considerato l’inizio del Tauro che si estende
attraverso l’Armenia e la Cilicia fino alla Panfilia e a Micale. [...] Come è stato
detto, il Tauro si estende nella regione oltre l’Armenia. Questa notizia, messa
in dubbio nel tempo, la confermano i leopardi. Essi, a quanto ne so, vengono
poi catturati nella regione della Panfilia che produce le sostanze aromatiche.
Questi animali, infatti, amano il profumo delle spezie e, sentendone la fragran-
za da lontano, migrano dall’Armenia attraverso le montagne verso la resina
dello storace, allorché i venti soffiano da quella zona e gli alberi la emettono.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

23.5. FILOSTRATO, Vita di Apollonio di Tiana III 4


Le pendici del monte Caucaso producono cinnamomo. Le piante, che so-
migliano a giovani viti, possono essere individuate attraverso una capra. Infat-
ti, se dai da mangiare del cinnamomo a una capra, questa, come un cane, co-
mincerà a guaire in direzione della mano, ti seguirà se ti allontani premendo il
naso contro il tuo corpo. Se il capraio poi la porta via, si lamenterà come se si
staccasse da una pianta di loto.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

C. Un elenco di spezie

23.6. ATENEO, I sofisti a banchetto IV 170a


Un elenco si spezie lo ha fatto Alessi nel Calderone: 278
[A] Non voglio scuse adesso, nessun «non ce l’ho».
[B] Dimmi cosa ti serve: prenderò tutto io.
[A] Bene: anzitutto va’ a prendermi del sesamo.

278 F 132 Kassel-Austin.

— 204 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

[B] Non ce l’hai già in casa?


[A] Uva passa tritata,
finocchio, aneto, senape, steli e radice di silfio,
coriandolo secco, sommacco, cumino, capperi,
origano, cipolla porrata, aglio, timo,
salvia, sapa, seselio, ruta, porri.
[Traduzione di L. CITELLI, in Ateneo. I Deipnosofisti, prima traduzione italiana commen-
tata su progetto di L. Canfora, Roma 2001]

D. Personaggi bizzarri

23.7. TEOFRASTO, I caratteri 4 (La rusticità)


La rusticità parrebbe essere un difetto sconveniente di educazione e il ru-
stico suppergiù un tale che beve ciceone prima di avviarsi all’assemblea, e as-
serisce che l’odor di unguento non è migliore di quello del timo e porta le
scarpe più grandi del piede e conversa urlando.
[Traduzione di G. PASQUALI, Teofrasto. I Caratteri, Milano 19914]

23.8. TEOFRASTO, I caratteri 5 (La piacenteria)


Il piacentiere è suppergiù un tale che, salutato uno da lontano, e chiama-
tolo ‘uomo esimio’ e mostratagli a sufficienza la propria devozione, afferratolo
con tutte e due le mani, lo tiene fermo, e solo dopo averlo accompagnato per
un pezzetto e avergli chiesto quando lo rivedrà, si allontana da lui seguitando
ancora nei complimenti. [...] E si taglia spessissimo barba e capelli, e smette i
vestiti ancora buoni, e si unge con unguento profumato.279
[Traduzione di G. PASQUALI, Teofrasto. I Caratteri, Milano 19914]

23.9. ELIANO, Le storie varie IX 24


Smindiride di Sibari raggiunse il culmine della mollezza (tutti i Sibariti, di
fatto, non pensavano ad altro che a vivere tra gli agi e i lussi, ma Smindiride

279 Riferimenti a profumi e profumieri anche in Teofrasto, I caratteri 11 («Lo sguaiato fa da sé la
spesa e noleggia le flautiste, ma a tutti quelli che incontra per strada mostra le provviste, e li prega di
favorirlo; e, avvicinatosi alla porta di una bottega di barbiere o di profumiere, dà voce che vuole
sborniarsi a buono...». [Traduzione di G. PASQUALI, Teofrasto. I Caratteri, Milano 19914]; 16 (chi è
superstizioso offre continuamente rami di mirto, incenso e focasse agli Ermafroditi); 19 (chi è sporco
usa olio rancido); 30 (chi è avaro usa l’olio degli altri per ungersi).

— 205 —
15
APPENDICE DOCUMENTARIA

più di ogni altro): un giorno, infatti, egli dormı̀ adagiato su petali di rosa e,
quando si alzò, disse che quel giaciglio gli aveva procurato delle vesciche.
Per nulla al mondo si sarebbe sdraiato su uno strapunto o su un pagliericcio,
su un prato in un dolce pendio o su una pelle di toro adatta invece a un sol-
dato rude e di razza come Diomede:
sotto di lui era stesa la pelle di un bove selvaggio.280
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]

23.10. ELIANO, Le storie varie XII 1


Aspasia era ricca di grazie come nessun’altra fanciulla del tempo. Aveva i
capelli biondi e un poco ondulati, occhi grandissimi, un naso leggermente
aquilino e orecchie piuttosto piccole. La sua pelle era delicata e la carnagione
del volto color di rosa: è per questo motivo che i Focesi la chiamavano Milto
(= terra rossa) fin dall’infanzia. [...] Un giorno Aspasia giunse al cospetto di
Ciro, figlio di Dario e di Parisatide e fratello di Artaserse. [...] 281 La prima
volta che Aspasia incontrò Ciro, questi aveva finito di cenare e si apprestava
a bere secondo l’uso persiano. [...] Nel bel mezzo delle libagioni furono con-
dotte a Ciro quattro fanciulle greche – fra le quali vi era anche Aspasia di Fo-
cea –, tutte sontuosamente abbigliate. Le altre tre giovani erano state prepa-
rate dalle ancelle venute al loro seguito, e avevano i capelli raccolti in trecce e
il viso illeggiadrito da belletti e unguenti. [...] Le tre fanciulle, allora, facevano
a gara per primeggiare in bellezza. Aspasia, invece, si rifiutava di indossare
tuniche sfarzose e non acconsentiva a cingere sopravesti ricamate né era di-
sposta a lavarsi, ma implorava a gran voce tutti gli dèi protettori dei Greci
e insieme della libertà, invocava urlando suo padre e imprecava la morte a
lui e a sé stessa: era infatti convinta che indossare quelle vesti per lei inusuali
e quegli ornamenti ricercati fosse come soggiacere a una chiara e indiscutibile
servitù.
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]

23.11. ELIANO, Le storie varie XIV 39


Il re dei Persiani (voglio infatti raccontarvi anche una storia gustosa) im-
merse una corona nel profumo (si trattava di un serto di rose) e la mandò ad

280 Omero, Iliade X 155.


281 Ciro il Giovane, principe persiano (423-401 a.C.).

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I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

Antalcida,282 che era giunto a corte come ambasciatore per trattare la pace. Al
che Antalcida gli disse: «Accetto il dono e ti ringrazio per la cortesia, ma adul-
terandolo artificialmente hai rovinato il profumo delle rose e la loro fragranza
naturale».
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]

23.12. ELIANO, Le storie varie IX 8


Dionisio il Giovane,283 giunto nelle città di Locri (sua madre Doride era
appunto di Locri), si impadronı̀ delle case più grandi della città e ne fece co-
spargere i pavimenti di rose, serpilli e altri fiori; quindi mandava a prendere le
giovani locresi e abusava di loro dando sfogo a tutta la sua libidine: ma per
questa sua violenza fu punito.
[Traduzione di C. BEVEGNI, in N. WILSON (a cura di), Eliano. Storie Varie, Milano 1996]

E. Un profumo straordinario

23.13. CTESIA DI CNIDO, Indike FGH 688, F 45,47 = F 45,47 LENFANT


Ctesia afferma che presso gli Indiani crescono alberi alti come cedri o ci-
pressi le cui foglie sono come quelle delle palme ma un po’ più larghe. I rami
di quest’albero non si biforcano. La pianta fiorisce come l’alloro maschio e
non produce frutti. Nella lingua indiana è detta karpion, in greco myroroda.
È rara. Da essa stillano gocce di olio. Raccolte con della lana, esse poi vengono
travasate in ampolle di pietra. Ristagnando, quest’olio ha un colore rosso in-
tenso e si presenta molto denso. Ha però il profumo più dolce di tutti e si dice
che la fragranza riesca a espandersi fino a cinque stadi di distanza. Quest’olio
può essere posseduto solo dal re e dalla sua famiglia. Il re degli Indiani una
volta lo inviò al sovrano di Persia e Ctesia afferma di aver sentito un profumo
che non avrebbe potuto né descrivere né paragonare ad altro.
[Traduzione di G. SQUILLACE]

282 Emissario spartano che nel 386 a.C. concluse la pace con il re di Persia Artaserse II.
283 367-344 a.C.

— 207 —
APPENDICE DOCUMENTARIA

F. Un pranzo straordinario

23.14. POLIENO, Stratagemmi IV 3,32


Alessandro (Magno) nel palazzo dei Persiani lesse l’occorrente per la cola-
zione e il pranzo del re, descritto in una colonna di bronzo, dove si trovavano
anche le altre usanze che Ciro 284 aveva fatto registrare. Questo era l’elenco:
400 artabe di pura farina di frumento (un’artaba persiana corrisponde a
un medimno attico); dopo quella pura, 300 artabe di farina di seconda scelta
e altre 300 di terza scelta. In tutto 1000 artabe di farina di frumento per il
pranzo.
200 artabe di farina d’orzo assolutamente pura; 400 di seconda scelta [e
400 di terza]; in tutto 1000 artabe di farina d’orzo; 200 artabe di farina grossa
di farro. 10 artabe di fior fiore di farina per le bevande. + ++ artabe di nastur-
zio tagliato, setacciato fine. 10 artabe di orzo mondato; un terzo di artaba di
grani di senape.
Per quanto riguarda il bestiame: 400 montoni; 100 buoi; 30 cavalli; 400
oche ingrassate; 300 tortore; 600 piccoli uccelli di tutti i generi; 300 agnelli;
100 piccoli d’oca; 30 caprioli.
10 mari (un mari corrisponde a 10 congi attici) di latte di giornata; 10 mari
di latte acido addolcito. Un talento di peso di aglio; mezzo talento di peso di
cipolle piccanti. 1 artaba di frutti del silfio; 2 mine di succo di silfio; 1 artaba di
cumino; 1 talento di peso di silfio; un quarto di artaba di essenza di mele dolci;
1 artaba di bevanda di scorze acide di melograno; un quarto di artaba di es-
senza di cumino; 3 talenti di peso di uva nera secca; 3 mine di peso di fiori
d’aneto; un terzo di artaba di cumino nero; 2 capeti di grani di senape; 10 ar-
tabe di sesamo puro. 5 mari di vino nuovo; 5 mari di ravanelli bolliti, di rape
preparate in salamoia; 5 mari di capperi in salamoia, da cui si preparano le sal-
se piccanti; 10 artabe di sale. 6 capeti di cumino etiope (un capetis corrisponde
a un chenice attico); 30 mine di peso di aneto secco. 4 capeti di semi di seda-
no. 10 mari di olio di sesamo; 5 mari di panna; 5 mari di olio di pistacchio e 5 di
olio di legno d’acacia; 3 mari di olio di mandorle dolci; 3 artabe di mandorle
dolci secche. 50 mari di vino.
Quando si trovava a Babilonia e a Susa, Ciro offriva vino estratto metà
dalle palme e metà dall’uva. 200 carri di legna secca; 100 carri di rami freschi;
100 dolci quadrati di frutta secca e miele stillante, del peso di 100 mine. Quan-

284 Si tratta di Ciro il Grande, re di Persia dal 559 al 530 a.C.

— 208 —
I PROFUMI NEL MONDO ANTICO

do era in Persia distribuiva queste razioni: 3 artabe di semi di zafferano giallo;


2 mine di peso di zafferano bianco. Questo veniva consumato come bevande e
pasti.
Distribuiva 500 artabe di farina pura di frumento; 1000 artabe di farina
pura d’orzo; 1000 artabe di farina di seconda scelta. 500 artabe di fior di fa-
rina; 500 mari di farina grossa di farro; 20.000 artabe di orzo per il bestiame,
10.000 carri di paglia, 5000 di fieno. 200 mari di olio di sesamo; 100 mari d’a-
ceto; 30 artabe di nasturzio tagliato, setacciato fine. Tutto quanto detto veniva
distribuito ai soldati. Queste erano le spese che il re affrontava ogni giorno per
il suo pranzo e la sua cena e per le sue distribuzioni.
Mentre gli altri Macedoni, leggendo quest’elenco di preparativi per il
pranzo ne restavano ammirati, ritenendolo segno di ricchezza, Alessandro in-
vece lo derideva, considerandolo una disgrazia e un gran fastidio, a tal punto
che ordinò addirittura di abbattere la colonna su cui era riportato questo elen-
co, dicendo agli amici: «Non giova per nulla ai re imparare a pranzare in mo-
do cosı̀ dissoluto; inevitabilmente a una gran dissolutezza e lusso segue una
grande viltà; vedete che coloro che si rimpinzavano di tali pasti sono stati ra-
pidamente sopraffatti in battaglia».
[Traduzione di E. BIANCO, Polieno. Stratagemmi, Alessandria 1997]

— 209 —
UNITÀ DI MISURA

UNITÀ DI MISURA MONETALI ATTICHE

Obolo (0,72-1,05 g)
Dracma = 6 oboli
Mina = 100 dracme
Talento = 60 mine

UNITÀ DI MISURA MONETALI ROMANE

Sesterzio = 1/4 di denario


Denario (moneta d’argento pari a 10 assi = 1/72 di libbra = 4,55 g)

UNITÀ DI MISURA PER LIQUIDI

Cotile = 1 coppa circa


Ciato = 1/6 di cotile
Ossibafo = 1/4 di cotile
Emicongio = 6 cotili (circa 1,7 litri)
Congio = 12 cotili (circa 3,5 litri)
Anfora = 72 cotili o 1/2 metreta (circa 27 litri)
Metreta = 2 anfore o 144 cotili (circa 55 litri)
Otre = 520 litri

UNITÀ DI MISURA PER SOSTANZE SOLIDE

Cotile = 1 coppa circa


Chenice = 4 cotili = 1/48 di medimno nel sistema ateniese (= 1,08 litri)
Sestario = 8 chenici
Emiecte = 1/4 di moggio (= 2,25 litri)
Moggio = circa 9 litri
Medimno = 6 sestari = 52 litri nel sistema ateniese

— 211 —

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UNITÀ DI MISURA

UNITÀ DI MISURA ROMANE PER IL CALCOLO DEL PESO

Oncia = 1/12 di libbra (circa 28 grammi)


Libbra = circa 327 grammi

UNITÀ DI MISURA PER IL CALCOLO DELLE DIMENSIONI O DELLE DISTANZE

Dito (larghezza di un dito della mano)


Condilo = 2 dita (circa 4 cm)
Palmo (della mano) = 4 dita (= circa 8 cm)
Spanna = 12 dita (circa 24 cm)
Piede = 16 dita (piede attico = 29,6 cm)
Pigone = 20 dita (circa 40 cm)
Cubito = 24 dita (circa 45 cm)
Orgı̀a = 6 piedi (circa 178 cm)
Pletro = 100 piedi (circa 30 m)
Stadio = 600 piedi (stadio attico = 177,6 m)
Miglio (romano) = 1,48 km
Parasanga (persiana) = 30 stadi (5500 m)

UNITÀ DI MISURA PERSIANE

Capetis = 1 chenice (1,08 litri)


Mari = 10 congi (= 35 litri)
Artaba = un medimno (= 52 litri)

— 212 —
TABELLE

TEOFRASTO, SUGLI ODORI

TABELLA I.1

Le sostanze odorose
A. Derivazione delle sostanze odorose
Piante – Corteccia
– Fiori
– Foglie
– Frutti
– Rami
– Radici
– Resina
– Semi

B. Tipologie di profumi
Aromi presenti naturalmente in: Profumi ricavati dall’uomo attraverso la techne:
– Corteccia – Combinazione di sostanze aromatiche
– Fiori
– Foglie
– Frutti
– Rami
– Radici
– Resina
– Semi

— 213 —
TABELLE

C. Tipi di profumi
1. Osmai (sostanze odorose in generale)
2. Aromata (essenze)
3. Diapasmata (polveri profumate)
4. Myra (sostanze profumate liquide)
5. Chrismata (oli profumati)

D. Metodi di creazione delle fragranze


1. Diapasmata (polveri profumate): sostanze secche unite a sostanze secche
2. Myra (sostanze profumate liquide): sostanze umide unite a sostanze umide
3. Chrismata (oli profumati): macerazione di spezie in oli

E. Coloranti
PROFUMI PROFUMI
NOME PROVENIENZA CON AGGIUNTA SENZA AGGIUNTA
DI COLORANTE DI COLORANTE

Anchusa Rhodinon, irinon ma Aegyption, kypros,


(piccola radice anche tutti i profumi melinon
che dà un colore rosso scadenti e a buon mer-
porpora) cato
Chroma (radice) Siria

TABELLA I.2
Metodi di estrazione delle essenze
Estrazione a caldo 1. Con olio caldo
2. Con vino caldo
3. Con acqua calda
Estrazione a freddo 1. Con olio freddo
2. Con vino freddo
3. Con latte e miele (o con latte, vino e miele)

— 214 —
TABELLE

TABELLA I.3
Nomi e composizione dei profumi
CARATTERISTICHE
INGREDIENTI METODO PROPRIETÀ
NOME E QUALITÀ CONTROINDICAZIONI
AROMATICI DI ESTRAZIONE TERAPEUTICHE
DEL PRODOTTO

Aegyption Cinnamomo, Lunga macerazio- Persistente


mirra e altri ne degli ingredien- Costosissimo
ingredienti ti in olio caldo

Amarakinon Tanti ingre- Persistente Causa mal di testa


(maggiorana) dienti di qua- Il più pregiato tra i
lità a esclusio- profumi
ne della mag-
giorana
Daphninon Alloro Scadente Causa mal di testa
(bacche)
Eretrikon Radice di ci-
pero
Erpyllinon
Timo
(Thymus Atti-
cus)
Erysiskeptron Radice di ci-
pero
Irinon Radice di iris Macerazione della Persistente Lassativo
radice triturata in
olio freddo
Krocinon Croco/zaffe-
rano
Kypros Cipero, carda- Macerazione in olio Leggero Stimola al lavoro
momo, aspa- freddo Fragranza raffinata
lato
Leukoı̈non Viole
(viole)
Megaleion Cassia, cinna- Lunga macerazio- Persistente Antinfiammatorio Causa mal di testa
momo, mirra ne degli ingredien- Costosissimo Cicatrizzante
stakte, resina ti in olio caldo
bruciata

— 215 —
TABELLE

CARATTERISTICHE
INGREDIENTI METODO PROPRIETÀ
NOME E QUALITÀ CONTROINDICAZIONI
AROMATICI DI ESTRAZIONE TERAPEUTICHE
DEL PRODOTTO

Melinon Mele cotogne Macerazione in olio Fragranza raffinata


(frutto) freddo
Myrrinon Albero della
mirra (foglie)
Myrrha-smyr- Resina Macerazione in olio Persistente
na stakte caldo con aggiunta
di acqua

Macerazione in vi-
no dolce per stem-
perarne l’odore
pungente
Myrtinon Mirtillo (frut-
to)
Nardinon Radice di nar- Persistente Causa mal di testa
do Pregiato
Oinanthinon Foglie
(oinanthe)
Phoinix (palma) Legno (rami)
Rhodinon Giunco, aspa- Macerazione in vi- Leggero 1. Efficace contro
lato, calamo, no dolce il mal d’orecchi
rose per il suo conte-
nuto di sale; ef-
ficace contro la
stranguria

2. Elimina il senso
di fastidio spesso
creato da altri
profumi

3. Stimola al lavoro

Sisymbrinon
Susinon Giglio

— 216 —

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TABELLE

TABELLA I.4

Nomi delle sostanze odorose


NOME PARTE IMPIEGATA CARATTERISTICHE E PROPRIETÀ

Alloro (daphne) Foglie, bacche Pungente, caldo


Amomon Foglie, radice Caldo, piccante
Aspalato Radice Astringente
Balsamo Frutti, resina, legno Caldo, piccante
Calamo aromatico Radice Pungente, caldo, astringente
Cardamomo Semi Caldo, piccante
Cassia Corteccia Caldo, aspro, astringente
Cinnamomo Corteccia Caldo e moderatamente aspro
Cipero Radice Astringente
Costo Radice Caldo e moderatamente aspro
Croco Fiori
Giglio (krinon) Fiori
Giunco (schoinos) Legno Pungente, caldo, astringente
Incenso Resina
Iris Radice
Maron Foglie Caldo
Meliloto Fiori
Mela cotogna Frutti Pungente, caldo
Mirra Resina
Mirto Bacche Pungente, caldo
Nardo Radice Pungente, caldo
Palma (phoinix) Legno, rami Pungente, caldo
Rosa Fiori

— 217 —
TABELLE

TABELLA I.5

Fragranze maschili, fragranze femminili


Fragranze Rhodinon, kypros, krinon Profumi leggeri
maschili
Fragranze Smyrna stakte, megaleion, Aegyption, Profumi intensi e persistenti
femminili amarakinon, nardinon

Come testare un profumo

Sul polso Calore della pelle favorisce l’evaporazione immediata della fragranza

TABELLA I.6

La conservazione dei profumi


A. Sostanze conservanti
NOME CARATTERISTICHE
Olio 1. Olio amygdalinon Grasso, giovane, privo di profumazione
2. Olio di sesamo (sesaminon) Grasso, giovane, privo di profumazione
3. Olio di balano (Egitto, Siria) Poco grasso, giovane, privo di profu-
mazione
4. Olio di olive selvatiche Poco grasso, giovane, privo di profu-
mazione
5. Olio di mandorle amare (Cilicia) Poco grasso, giovane, privo di profu-
mazione
6. Olio di oliva Poco grasso, giovane, privo di profu-
mazione
Sale

— 218 —
TABELLE

B. Come conservare il profumo


Tenerlo al riparo dalla luce del sole e da fonti di calore, che distruggono la fragranza
Conservarlo in contenitori di piombo o alabastro che:
– lo mantengono fresco
– impediscono l’evaporazione
– non lasciano penetrare aromi estranei

TABELLA I.7

La durata dei profumi


NOME DEL PROFUMO DURATA MASSIMA

Lunga durata Tutti i profumi a base di radici Aegyption (anche 8 anni)


Irinon (anche 20 anni)
Amarakinon
Nardinon
Smyrna stakte
Breve durata Tutti i profumi a base di fiori (du- Rhodinon, susinon
rata massima: 1 anno)

— 219 —
TABELLE

II. PLINIO, STORIA NATURALE XII-XIII 1-6

TABELLA II.1
Sostanze odorose da alberi e/o arbusti (libro XII)
PARTE USATA PARTE USATA PARTE USATA ADULTERAZIONI
PIANTA PROVENIENZA
IN PROFUMERIA IN MEDICINA IN CUCINA DEL PRODOTTO

Adiposo Egitto
Agresto Siria Olio
Albero del macir India Scorza della radi-
ce bollita e miele:
rimedio efficace
contro la dissen-
teria
Albero del pepe Caucaso Pepe lungo Aggiunta di bacche
Pepe nero (forte) di ginepro
Pepe bianco (leg-
gero)
Albero dello zuc- Arabia, India Resinoide dolce
chero impiegato in me-
dicina
Amomo a grappoli Armenia, Me- Foglie, radici Foglie di melogra-
dia, Ponto no, gomma liquida
Arbusto spinoso India Medicamento Adulterato con ar-
simile al pepe detto ‘licio’ otte- busto simile del
nuto dalla cortec- monte Pelio, radice
cia bollita di asfodelo, fiele di
bue, assenzio, som-
macco, morchia
Asaro o Nardo sel- Ponto, Frigia,
vatico Illirico
Aspalato Egitto Radice
Balsamo Giudea Resina (opobal- Cera e resina
samo)
Bdellio (gommo- Battriana (ma Si aggiunge al vi- Mandorla, scorza
resina profumata) anche Arabia, no per profumarlo di scordaste
India, Media,
Babilonia)

— 220 —
TABELLE

PARTE USATA PARTE USATA PARTE USATA ADULTERAZIONI


PIANTA PROVENIENZA
IN PROFUMERIA IN MEDICINA IN CUCINA DEL PRODOTTO

Brato (pianta si- Paese degli Eli- Resina I Parti aggiungo-


mile al cipresso) mei no le foglie al vino
Calamo aromatico Arabia, India, Legno
Siria
Cancamo Etiopia Resina
Cannella o cassia Etiopia Legno Proprietà balsa- Corteccia di storace
Corteccia miche
Cardamomo Arabia Semi
Chiodi di garofano India Fiore essiccato
(Plinio lo chiama
granis)
Cinnamomo Etiopia Legno/corteccia
Comico (specie di Siria Legno
cinnamo)
Costo (due varie- India Radice profumata Sapore piccante
tà, bianca e nera)
Ebano India Bruciato sprigio-
Etiopia na un profumo
gradevole
Elate (abete) Egitto, Siria Resina
Enante Paropotamia, Resina
Antiochia,
Laodicea, Me-
dia, Cipro, Afri-
ca
Fenicobalano Egitto I frutti, se man-
giati, hanno effet-
to soporifero
Ferula Siria Usato in medicina
Fico India
Gabalio Etiopia

— 221 —
16

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TABELLE

PARTE USATA PARTE USATA PARTE USATA ADULTERAZIONI


PIANTA PROVENIENZA
IN PROFUMERIA IN MEDICINA IN CUCINA DEL PRODOTTO

Galbano Siria Resina Usato in medicina Fava o sacopenio


Henna Egitto, Giudea, Seme da cui si ri-
Cipro cava l’olio detto
henna
Incenso Si produce solo Resina Succo della resina
in Arabia nella bianca
regione centra-
le detta Sariba
Ladano Regione dei Succo dolciastro Bacche di mirto
Nabatei
Malobatro Siria Olio
Maro Egitto Foglie
Melo Assiria o Me- I semi cotti servi- Contro i veleni
dia vano ai Parti per
profumare l’alito
Metopo Africa Resina Sabbia
Mirobalano Paese dei Tro- Olio ricavato da
gloditi, Arabia, corteccia e noc-
Egitto ciole
Mirra Arabia Resina Grumi di resina di
lentischio e gom-
ma, con succo di
cocomero per ren-
derla amara, e litar-
girio per appesan-
tirla; mirra indiana
Muschio Cnido, Caria
Nardo India, rive del Foglie e spighe Sapore amaro Pseudonardo, litar-
Gange, Siria, girio, cipresso, cor-
Gallia, Creta teccia di cipresso,
irculo (Valeriana
Saxatilis)
Olivo Arabia Olio Rimargina le ci-
catrici delle ferite
Panacea Siria Resina

— 222 —
TABELLE

PARTE USATA PARTE USATA PARTE USATA ADULTERAZIONI


PIANTA PROVENIENZA
IN PROFUMERIA IN MEDICINA IN CUCINA DEL PRODOTTO

Platano Atene, Licia,


Creta
Sericato Etiopia
Sfagno Cirenaica, Ci- Legno
pro, Fenicia,
Egitto, Gallia
Stobro Carmania Resina Il fumo fa dormi-
re gli ammalati
Storace Siria, ma an- Resina Il fumo allontana Resina di cedrus o
che Pisidia, i serpenti di gomma; miele
Cipro, Cilicia, o mandorle amare
Creta
Taro (o legno di Etiopia
aloe)
Zenzero Arabia, Paese
dei Trogloditi

— 223 —
TABELLE

TABELLA II.2

I profumi (XIII 1-6)


TIPO DI PROFUMO PROVENIENZA
Panathenaicum Atene
Pardalium Tarso
Profumo all’enante (oenanthinum) Adramittio, Cipro
Profumo alla maggiorana (amaracinum) Cos, Cipro, Mitilene
Profumo allo zafferano (crocinum) Soli (Cilicia), Rodi
Profumo dell’isola di Delo Delo
Profumo di henna (cyprinum) Cipro, Egitto, Sidone
Profumo di iris (irinum) Corinto, Cizico
Profumo di mele cotogne (melinum) Cos
Profumo di Mende (Egitto) Egitto
Profumo di rose (rhodinum) Faselide in Panfilia, Napoli, Capua, Pre-
neste

TABELLA II.3

La composizione dei profumi (XIII 1-6)


A. Profumi semplici
QUALITÀ
TIPO DI PROFUMO INGREDIENTI
DEL PRODOTTO

Malobatrum Malobatro talora unito a miele, fiore di Nobile unguentum


sale, agresto, foglie di agnocasto, pana-
cea
Irinum dell’Illirico Iris Nobile unguentum
Amaracinum di Cizico Maggiorana Nobile unguentum
Murrinum (profumo Mirra stakte –
alla mirra)

— 224 —
TABELLE

B. Profumi composti
QUALITÀ
TIPO DI PROFUMO INGREDIENTI
DEL PRODOTTO

Cinnamoninum (pro- Cinnamomo, olio di balano, xilobalsa- Prodigiosa pretia


fumo di cinnamomo) mo, calamo aromatico, semi di giunco
profumato, balsamo, mirra, miele pro-
fumato
Crocinum (Profumo Uguale al rhodinon ma con l’aggiunta, –
allo zafferano) oltre allo zafferano, di cinabro, anchusa
e vino
Cyprinum (o profumo Henna, agresto, cardamomo, calamo Tenuissimum om-
di henna) aromatico, aspalato, abrotano, ma an- nium
che (in alcune preparazioni), cipero,
mirra, panacea. Si rinforza con cinna-
momo
Megalium Olio di balano, calamo aromatico, –
giunco profumato, xilobalsamo, can-
nella, resina
Melinum (dalle mele Mele, agresto, olio di henna, olio di se- –
cotogne e da altre va- samo, balsamo, giunco profumato, can-
rietà di mele) nella, abrotano
Mendesium Olio di balano, resina, mirra –
Metopium Olio di mandorle amare, agresto, car- –
damono, giunco profumato, calamo
aromatico, miele, vino, mirra, seme di
balsamo, galbano, resina di terebinto
Nardinum o foliatum Nardo, agresto, olio di balano, giunco –
(profumo di nardo) profumato, costo, amomo, mirra, bal-
samo
Profumo di alloro Alloro, maggiorana, giglio, fieno greco, Profumo scadente
mirra, cassia/cannella, nardo, giunco
profumato, cinnamomo.
Profumo di mirto Mirto, maggiorana, giglio, fieno greco, Profumo scadente
mirra, cassia/cannella, nardo, giunco
profumato, cinnamomo

— 225 —
17
TABELLE

QUALITÀ
TIPO DI PROFUMO INGREDIENTI
DEL PRODOTTO

Regale unguentum (o Mirobalano, costo, amomo, cinnamo Pregiato


unguentum Partho- comico, cardamomo, spiga di nardo,
rum) maro, mirra, cannella, storace, ladano,
opobalsamo, calamo aromatico, giunco
profumato di Siria, enante, malobatro,
sericato, henna, aspalato, panacea, zaf-
ferano, cipero, maggiorana, loto, miele,
vino
Rhodinum Agresto, petali di rosa, olio di zaffera- –
no, cinabro, calamo aromatico, miele,
giunco profumato, fiore di sale (o an-
chusa), vino
Sampsuchinum (o pro- Uguale al rhodinon ma con l’aggiunta, –
fumo di maggiorana) oltre alla maggiorana, di agresto e cala-
mo aromatico
Senza denominazione Olio di mirto, calamo aromatico, ci- Vilissimum
presso, henna, lentischio, scorza di me-
lagrana
Susinum (o profumo Gigli, olio di balano, calamo aromatico, Tenuissimum om-
di giglio) miele, cinnamo, zafferano, mirra nium
Telinum (profumo di Olio fresco, cipero, calamo aromatico, –
fenum graecum) meliloto, fieno greco, miele, maro,
maggiorana.

C. Coloranti
SOSTANZA COLORAZIONE OTTENUTA

Olio di henna Verde


Essenza di Mende Nero
Rhodinum Bianco
Mirra Pallido

— 226 —

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TABELLE

TABELLA II.4

Metodi di conservazione (XIII 1-6)


Sale (o anchusa) in aggiunta al prodotto – Conservanti naturali dell’olio pro-
fumato
Resina o gomma in aggiunta al prodotto – Fissativi dell’aroma (impediscono
una veloce evaporazione)
No esposizione alla luce del sole – Luce distrugge la fragranza
Custodia in contenitori di piombo o alabastro – Piombo e alabastro riparano dalla
luce il prodotto

TABELLA II.5

A. Struttura di un profumo (XIII 1-6)


CARATTERISTICHE
ELEMENTI NATURA DEGLI ELEMENTI
DEGLI ELEMENTI

A. Succo (sucus) Vari tipi di olio Stymmata (elementi astringenti)


B. Essenza (corpus) Odori tratti dalle sostanze Hedysmata (aromi)
odorose
C. Colore Cinabro e anchusa –
D. Conservante Sale –
E. Fissanti dell’aroma Resina o gomma –

B. Metodi di estrazione delle essenze (XIII 1-6)


Bollitura I vari ingredienti vanno messi tutti insieme

C. Come testare un profumo (XIII 1-6)


Sul dorso della mano Calore del palmo distrugge il profumo

— 227 —
TABELLE

III. I PROFUMI IN ATENEO, I SOFISTI A BANCHETTO XV 674f-692e


TABELLA III.1
TIPO DI PROFUMO
PROVENIENZA PROPRIETÀ TERAPEUTICHE
O DI SPEZIA

Croco Cirene
Iris nana
Maggiorana (amarakinos) Provoca intontimento e dà
(corona) senso di pesantezza alla testa
Mirra stakte
Mirto (corona) Provoca stipsi e allontana i
fumi del vino
Olio di henna Egitto, ma anche Cipro e
Fenicia (presso Sidone)
Profumo alla rosa Il migliore si produceva a
Cirene all’epoca di Bereni-
ce la Grande sposa di To-
lomeo III Evergete (284-
221 a.C.)
Profumo di baccaride
Profumo basileion
Profumo brentheion
Profumo di Croco Soli in Cilicia e a Rodi
Profumo di fieno greco Siria
(telinon)
Profumo di filipendola Cipro e Adramittio in Misia Digestivo, conserva la mente
sveglia
Profumo di incenso Pergamo
Profumo di iris Elide, Cizico
Profumo di maggiorana Cos
Profumo di mela (meli- Cos Favorisce anche la digestio-
non) ne ed è efficace contro la
sonnolenza

— 228 —
TABELLE

TIPO DI PROFUMO
PROVENIENZA PROPRIETÀ TERAPEUTICHE
O DI SPEZIA

Profumo di nardo (nardi- Taso


non)
Profumo di rosa (rhodi- Faselide in Panfilia, Napo-
non) li, Capua
Profumo di timo
Profumo di violetta bianca
Profumo in generale Forte stimolante; capacità
di risvegliare dal torpore
Profumo megallio Efeso
Profumo mendesio (dalla Egitto
città di Mende)
Profumo metopio Egitto
Profumo panathenaico Atene
Profumo plangonion
Profumo psagdas
Rosa Nisea di Megara
Rosa Leucofri presso Magnesia
Rosa (corona) Calma il mal di testa e dà
una sensazione di fresco
Rosa a cinque petali Cirene
Rosa centifolia Filippi
Rosa di Mida da 60 petali Emazia in Macedonia
Rosa selvatica da 5 a 12 petali
Viola Cirene
Violetta bianca (corona) Eccita i nervi della testa

— 229 —
TABELLE

TABELLA III.2

Profumieri famosi
NOME PROFUMO INVENTATO FONTE
ATENOGENE Iperide, Contro Atenoge-
ne. Primo discorso (V) 5-
19 Marzi
DINIA Eraclide Pontico F 61
Wehrli, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XII 552f-553a;
Strattide F 34 Kassel-Au-
stin, in Ateneo, I sofisti a
banchetto XV 690f.
ESCHINE Ateneo, I sofisti a banchet-
to XIII 611f.
MEGALLO (greco di Sicilia Megalleion Aristofane F 549 Kassel-
o di Atene) Austin, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XV 690f; Fe-
recrate F 149 Kassel-Au-
stin, in Ateneo, I sofisti a
banchetto XV 690f; Strat-
tide F 34 Kassel-Austin,
in Ateneo, I sofisti a ban-
chetto XV 690f; Anfide F
27 Kassel-Austin, in Ate-
neo, I sofisti a banchetto
XV 691a; Anassandride F
47 Kassel-Austin, in Ate-
neo, I sofisti a banchetto
XV 691a.
PERONE Non specificato Anassandride F 41 Kassel-
Austin, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XII 553d-e;
XV 689f-690a; Teopompo
FF 1; 17 Kassel-Austin, in
Ateneo, I sofisti a banchet-
to XV 690a.

— 230 —
TABELLE

NOME PROFUMO INVENTATO FONTE


PLANGONE Plangonion Polemone F 64 Preller, in
Ateneo, I sofisti a banchet-
to XV 690e; Sosibio, FGH
595, F 9, in Ateneo, I sofisti
a banchetto XV 690f.
STRATTIDE Non specificato Anacreonte F 89 Gentili

IV. PROFUMI E MEDICINA

TABELLA IV.1

Usi terapeutici delle principali sostanze odorose nel Corpus Hippocrati-


cum
PRINCIPALI IMPIEGHI
NOME FONTE 1
TERAPEUTICI

ALLORO – nelle fumigazioni uterine Ippocrate VII 321


– nei lavaggi uterini Ippocrate VIII 281
– nei pessari uterini Ippocrate VIII 457
– tra gli ingredienti degli oli Ippocrate VIII 654
usati nella cura della febbre
quartana

1 Il riferimento è ai volumi della vecchia edizione curata da LITTRÉ, Ouvres complètes d’Hippo-
crate, vol. I-X, cit. Per diverse opere del Corpus Hippocraticum nuove edizioni critiche sono apparse
nel Corpus Medicorum Graecorum (CMG). Come è noto, gran parte del materiale pervenuto sotto il
nome di Ippocrate in realtà non appartiene al medico di Cos. Sul problema, ampiamente dibattuto,
vedi JOUANNA, Ippocrate, cit. Sull’uso delle sostanza aromatiche a fini terapeutici nelle opere del Cor-
pus Hippocraticum e, in particolare, negli scritti ginecologici, vedi TOTELIN, Parfums et huiles perfu-
mées en médicine, cit., pp. 227-232; ID., Hippocratic recipes. Oral and written trasmission of pharma-
cological knowledge in fift- and fourth-century B.C., cit., pp. 141 ss. (ivi ampia bibliografia). Sulla
terminologia inerente alla botanica nel Corpus Hippocraticum: M. MOISAN, Lexique du vocabulaire
botanique d’Hippocrate, Université Laval, Pubblication n. 7, 1990.

— 231 —

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TABELLE

AMARAKOS (maggiorana) – nei lavaggi uterini Ippocrate VII 419

CASSIA – nelle fumigazioni e nei la- Ippocrate VIII 368; 405


vaggi uterini

CINNAMOMO – nelle fumigazioni uterine Ippocrate VII 373; VIII


365

CROCO/ZAFFERANO – collirio Ippocrate II 521-523; V


133
– contro le piaghe Ippocrate VI 415
– nei pessari usati nella cura Ippocrate VII 427; VIII
delle malattie delle donne 131; 185; 187; 189; 363;
427; 441

INCENSO – contro le ulcerazioni della Ippocrate V 417


bocca
– contro le piaghe Ippocrate VI 415; 429
– come cicatrizzante Ippocrate VI 427
– nei pessari uterini Ippocrate VII 397

GIGLIO (susinum) – nei pessari uterini Ippocrate VII 363; VIII


363

IRIS – nelle fumigazioni e nei pes- Ippocrate VII 377; VIII


sari uterini 157; 381; 451

MIRRA – contro i dolori agli occhi (an- Ippocrate II 523; V 133


che come ingrediente nei col-
liri)
– nelle fumigazioni e nei pes- Ippocrate VI 347; VII
sari uterini 367; 369; 399; VIII 155;
209; 211; 247; 279; 379;
365; 379; 401; 403; 405;
407; 437; 455
– nella cura delle fistole anali Ippocrate VI 453

— 232 —
TABELLE

MIRTO – in infusione nella cura delle Ippocrate II 365


malattie acute
– nei cataplasmi nella cura Ippocrate VII 317
delle infezioni ai genitali
– nelle fumigazioni e nei pes- Ippocrate VII 375; VIII
sari uterini 381; 399

NARCISO – contro le febbri Ippocrate V 139


– nei pessari uterini Ippocrate VII 323; 345;
365; 431
– nelle ulcerazioni uterine Ippocrate VII 141

NARDO – nelle fumigazioni usate nel- Ippocrate VII 373


la cura delle malattie delle
donne

ROSA – contro la stranguria Ippocrate V 429


– nelle fumigazioni uterine Ippocrate VII 337
– come pessario contro le ul- Ippocrate VIII 111; 399
cerazioni uterine
– come pessario per facilitare Ippocrate VIII 187
l’espulsione del feto morto
– nei pessari per facilitare il Ippocrate VIII 215, 455
concepimento
– nelle fumigazioni uterine Ippocrate VIII 353; 399

— 233 —
I TESTIMONI*

ANACREONTE. Poeta lirico, nacque a Teo, in Asia Minore, intorno al 570 a.C. Si
recò prima a Samo alla corte del tiranno Policrate, poi ad Atene presso Ippia e Ippar-
co. Morı̀ nel 485 a.C. circa.
APOLLODORO. Vissuto tra il II e il III secolo d.C. è considerato autore di una Bi-
blioteca, opera in 3 libri a contenuto mitologico.
ARCHILOCO. Poeta lirico originario di Paro, visse nel VII secolo a.C.
ARISTOBULO DI CASSANDREA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., compose un’opera
sulla spedizione di Alessandro Magno pervenuta solo in frammenti.
ARISTOTELE. Nacque nel 384 a.C. a Stagira nella penisola Calcidica e frequentò,
giovanissimo, ad Atene, l’Accademia di Platone. All’indomani della morte del mae-
stro nel 347 a.C., lasciò la scuola diretta da Speusippo. Nel 343 a.C., chiamato da Fi-
lippo II, si recò in Macedonia come maestro di Alessandro Magno. Al rientro ad Ate-
ne nel 335 a.C. fondò la sua scuola filosofica, il Liceo, lasciandone la direzione
all’allievo Teofrasto alla sua morte avvenuta nel 322 a.C.
ATENEO. Originario di Naucrati, in Egitto, visse tra II e III secolo d.C. Compose I
sofisti a banchetto un’opera a carattere erudito in 15 libri.
BATONE. Vissuto in data imprecisata, fu storico di Alessandro Magno. Scrisse Le
tappe della spedizione opera pervenuta solo in frammenti.
BIONE DI SMIRNE. Poeta bucolico, visse intorno al I secolo a.C. La sua opera è
pervenuta in frammenti.
CTESIA DI CNIDO. Medico e storico vissuto tra V e IV secolo a.C., soggiornò a
lungo presso la corte del re di Persia Artaserse II. La sua opera sull’impero persiano
(Persike) è pervenuta in frammenti.

* Sono presi in considerazione solo gli autori dei passi raccolti nell’Appendice documentaria, non
le fonti (poeti comici, eruditi, medici, storici) da questi citati.

— 235 —
I TESTIMONI

DIODORO. Originario di Agirio, in Sicilia, visse nel I secolo a.C. Fu autore di una
Biblioteca storica in 40 libri, nella quale intese raccogliere i principali eventi storici dal-
le origini mitiche in poi.
DIOGENE LAERZIO. Vissuto tra II e III secolo d.C., il suo nome è legato alle Vite
dei filosofi, opera in 10 libri nella quale raccolse preziose notizie su noti pensatori di
età precedente.
DURIDE DI SAMO. Visse tra IV e III secolo a.C. La sua opera storica è pervenuta
solo in frammenti.
EFIPPO DI OLINTO. Vissuto tra IV e III secolo a.C., narrò l’impresa di Alessandro
Magno. La sua opera è pervenuta solo in frammenti.
ELIANO. Autore erudito, nacque a Preneste intorno al 170 d.C. I suoi scritti più
importanti furono Sulla natura degli animali in 17 libri e Le storie varie in 14. Morı̀ nel
235 d.C.
EMPEDOCLE. Filosofo nato ad Agrigento intorno al 490 a.C. Ipotizzò come ele-
menti costitutivi del mondo quattro radici o elementi: Fuoco, Aria, Acqua e Terra
capaci di catalizzarsi o di disunirsi attraverso due forze: Odio e Amore. Morı̀ nel
430 a.C. circa.
ERODOTO. Nato ad Alicarnasso in Asia Minore nel 484 a.C. circa, si trasferı̀ ad
Atene nel 445 partecipando un anno dopo alla fondazione, su iniziativa di Pericle, del-
la città di Turi, in Magna Grecia. Morı̀ intorno al 424 a.C. Il suo nome è legato ad
un’opera storica in 9 libri, nella quale narrò prevalentemente le guerre che i Greci
combatterono contro i Persiani tra il 499 e il 479 a.C.
FILOSTRATO. Retore ateniese vissuto tra II e III secolo d.C. scrisse tra l’altro opere
biografiche come la Vita di Apollonio di Tiana e le Vite dei Sofisti.
IBICO. Poeta lirico originario di Reggio in Magna Grecia, tra il 564 e il 561 a.C. si
trasferı̀ a Samo alla corte del tiranno Policrate dove trascorse gran parte della sua vita.
IPERIDE. Oratore e politico ateniese di IV secolo a.C. (390-322 a.C.) fu strenuo av-
versario di Filippo II e Alessandro Magno. I suoi discorsi sono pervenuti in forma
frammentaria.
IPPOCRATE. Nato a Cos, visse tra il 460 e il 370 a.C. esercitando la professione di
medico. Sebbene la tradizione abbia tramandato sotto il suo nome una serie di scritti
raccolti nel cosiddetto Corpus Hippocraticum, tuttavia solo pochi tra essi gli possono
essere attribuiti.
LUCIANO DI SAMOSATA. Retore vissuto tra il 125 e il 190 d.C., scrisse numerose ope-
re tra le quali I dialoghi (delle cortigiane, degli dèi, marini, dei morti), La storia vera,
Lucio o l’asino.

— 236 —

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I TESTIMONI

NEARCO DI CRETA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., fu generale di Alessandro Ma-
gno. Narrò alcune fasi della spedizione in Asia in un’opera pervenuta solo in fram-
menti.
NICANDRO. Nativo di Colofone in Asia Minore, visse nel II secolo a.C. Scrisse nu-
merose opere di argomento epico-didascalico, tra le quali gli Antidoti contro il morso
di animali velenosi (Theriaka) e gli Antidoti contro i veleni (Alexipharmaka).
NONNO. Originario di Panopoli in Egitto, visse tra IV e V secolo d.C. Il suo nome
è legato alle Dionisiache, poema in esametri in 48 libri nel quale narrò le vicende re-
lative al dio Dioniso/Bacco.
OMERO. Vissuto in età imprecisata, la tradizione gli attribuisce l’Iliade e l’Odissea
(ma la paternità delle due opere è da secoli oggetto di ampio dibattito). I due poemi
epici narrano rispettivamente alcuni eventi relativi alla guerra di Troia, e il ritorno del-
l’eroe Odisseo/Ulisse nella sua patria Itaca.
ONESICRITO DI ASTIPALEA. Vissuto tra IV e III secolo a.C., fu generale di Alessan-
dro Magno. Narrò alcune fasi della spedizione in Asia in un’opera pervenuta solo in
frammenti.
OVIDIO. Nato a Sulmona nel 43 a.C., fu poeta alla corte di Augusto. Tra le sue
opere più celebri si ricordano le Metamorfosi e L’arte di amare. Morı̀ nel 17 d.C. a
Tomi sul mar Nero dove l’imperatore l’aveva relegato.
PAUSANIA. Vissuto tra 110 e 180 d.C. circa, compose una Periegesi della Grecia nel-
la quale descrisse monumenti e ricordò tradizioni di regioni e città elleniche.
PINDARO. Poeta lirico, nacque nel 518 a.C. a Cinoscefale nei pressi di Tebe. Viaggiò di
corte in corte celebrando nei suoi componimenti i potenti dell’epoca. Morı̀ nel 438 a.C.
PLATONE. Nato ad Atene nel 427 a.C. fu allievo di Socrate. Nel 388, al ritorno dal
suo primo viaggio in Sicilia alla corte del tiranno Dionisio I di Siracusa, fondò nella
sua città la scuola filosofica, l’Accademia, frequentata, tra gli altri, da Aristotele, Se-
nocrate, Speusippo, Teofrasto. Morı̀ nel 347 a.C.
PLINIO IL VECCHIO. Nato a Como nel 23 d.C., dedicò la sua vita alla scienza rac-
cogliendo un gran numero di dati nella sua opera La storia naturale in 37 libri. L’a-
more per il sapere ne determinò anche la morte avvenuta nel 79 d.C. nel corso del-
l’eruzione del Vesuvio che distrusse Ercolano, Pompei e Stabia.
PLUTARCO. Autore erudito, nacque a Cheronea in Beozia intorno al 50 d.C. Viag-
giò a lungo in Grecia componendo numerosi scritti di argomento vario. Morı̀ nel 120
d.C.
POLIBIO. Storico greco originario di Megalopoli, visse tra il 206 e il 124 a.C. Com-
pose un’ampia opera storiografica nella quale pose al centro la nascente potenza di
Roma.

— 237 —
I TESTIMONI

POLLUCE. Grammatico vissuto nel II secolo d.C. scrisse l’Onomasticon.


SAFFO. Poetessa nata e vissuta tra VII e VI secolo a.C. a Mitilene nell’isola di Le-
sbo. La sua opera è pervenuta in frammenti.
SENOFANE. Poeta lirico nato a Colofone in Asia Minore nel 565 a.C. circa e vissuto
a Elea in Magna Grecia. La sua opera è pervenuta in frammenti.
SENOFONTE. Nato ad Atene intorno al 430 a.C., trascorse gran parte della sua vita
in esilio. Allievo di Socrate, compose numerose opere tra le quali l’Anabasi, le Elleni-
che, i Memorabili, il Simposio. Morı̀ nel 355 a.C. circa a Corinto.
STESICORO. Poeta lirico nato a Matauro in Magna Grecia tra il 632 e il 629 a.C. e
vissuto prevalentemente a Imera in Sicilia. La sua opera è pervenuta in frammenti.
STRABONE. Nato a Amasea nel Ponto intorno al 64 a.C., il suo nome è legato alla
Geografia, opera in 17 libri, nella quale descrisse numerose regioni di Europa, Africa,
Asia. Morı̀ intorno al 20 d.C.
STRATTIDE. Poeta della Commedia Antica, visse tra V e IV secolo a.C. Le sue ope-
re sono pervenute solo in frammenti.
TELES. Vissuto nel III secolo d.C., esercitò la professione di maestro. Nella sua
opera raccolse motti di filosofi di età precedente.

— 238 —
CARTINE GEOGRAFICHE
1

Fig. 1. Orbis veteribus notus. Fig. 2. La città di Corinto, nel Peloponneso, oltre che essere nota per
il profumo di iris (Plinio il Vecchio, Storia Naturale XIII 2, in Appendice documentaria n. 6.2),
costituiva uno dei principali snodi commerciali e di smistamento delle sostanze aromatiche, mentre
Atene, in Attica, era nota per le sue botteghe profumiere nell’agora e per il profumo Panathenaicum
(Plinio il Vecchio, ivi).

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3

Fig. 3. Durante la sua spedizione contro i Persiani (335-323 a.C.) Alessandro Magno attraversò e
conquistò molte regioni aromatifere come la Siria, la Giordania, l’Egitto, l’Armenia, la Carmania,
la Gedrosia. Nel 326, interrotta la marcia verso Est ai confini con l’India, il re macedone,
intraprendendo il viaggio di ritorno via terra, ordinò ai suoi generali Nearco e Onesicrito di
esplorare con la flotta le coste dall’Indo fino al Golfo Persico. Fig. 4. Arabia Felix, terra degli
aromi. Proprio all’abbondante produzione di spezie come incenso, mirra, cassia, cinnamomo e
ladano (Erodoto, Storie III 107-113,1, in Appendice documentaria n. 21.3) impiegate nella produzione
dei profumi la regione doveva l’epiteto.
Fig. 5. Regione aromatifera nel corno d’Africa (Somalia). Era nota, riferisce
Strabone (Geografia XVI 4,14 CC 773-774, in Appendice documentaria n. 21.2), per
l’abbondante produzione di spezie.
6

Fig. 6. Carta del mondo secondo Erodoto. Fig. 7. Carta del mondo secondo Strabone.
ABBREVIAZIONI

AArchHung Acta Archaeologica Academiae Scientiarum Hungaricae.


AC L’Antiquité classique.
AE L’Année epigraphique.
AFLB Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia di Bari.
AION Annali dell’Istituto Orientale di Napoli.
AJA American Journal of Archaelogy.
ALGRM W.H. ROSCHER (ed.), Ausführliches Lexikon der Griechischen und Römischen My-
thologie (Leipzig 1884 ss.), Hildesheim 1965.
ANRW Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, Berlin 1972 ss.
ArchClass Archeologia Classica.
ASNP Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa.
BCH Bullettin de Corrispondence Hellénique.
BStudLat Bollettino di Studi Latini.
CIG Corpus Inscriptionum Graecarum.
CIL Corpus Inscriptionum Latinarum.
CPh Classical Philology
DAGR CH. DAREMBERG – EDM. SAGLIO (eds.), Dictionnaire des Antiquités Grecques et
Romaines (Paris 1877 ss.), Graz 1969.
DNP H. VON CANCIK – H. SCHNEIDER (eds.), Der Neue Pauly, Stuttgart-Weimar 1996 ss.
EG Economic geography.
EL Études de Lettres.
FD Fouilles de Delphes.
FGH F. JACOBY (ed.), Die Fragmente der Griechischen Historiker, Berlin 1923 ss.
FHG C.F.W. MÜLLER (ed.), Fragmenta Historicorum Graecorum, Berlin 1841-1870.
G&R Greece & Rome.
HSPh Harward Studies in Classical Philology.
IC Inscriptiones Creticae.
ICS lllinois Classical Studies.
ID Inscriptions Delphiques.
IG Inscriptiones Graecae.

— 241 —
18
ABBREVIAZIONI

IGLSyr Inscriptions Grecques et Latines de la Syrie.


IGR Inscriptiones Graecae ad res Romanas pertinentes.
JAOS Journal of the American Oriental Society.
JEA The Journal of Egyptian Archaeology.
JEurArch Journal of European Archaeology.
LIMC Lexicon Iconographicum Mythologiae Graecae, Zürich-München 1981 ss.
MC Il mondo classico.
MedSec Medicina nei secoli.
MEFRA Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité.
MusHel Museum Helveticum.
OJA Oxford Journal of Archaeology.
PSI Papiri della società italiana.
QUCC Quaderni Urbinati di Cultura Classica.
RA Revue Archéologique.
RAL Rendiconti della classe di scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademia dei
Lincei.
R&C Religioni e civiltà.
RE G. WISSOWA – W. KROLL – K. MITTELHAUS – K. ZIEGLER (eds.), Paulys Realen-
cyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart 1894 ss.
REByz Revue des Études Byzantines.
RhMus Rheinische Museum.
RN Revue Numismatique.
SH Supplementum Hellenisticum.
SIG W. DITTENBERGER, et al. (eds.), Sylloge Inscriptionum Graecarum, I-IV, Leipzig
1915-19243.
SME Studi micenei ed egeoanatolici.
SVF J. VON ARNIM, Stoicorum Veterum Fragmenta, I-III, Leipzig 1903-1905; IV, Leipzig
1924.
TAPhA Transactions of the American Philological Association.
TGrF A.N., NAUCK (ed.), Tragicorum Graecorum Fragmenta, Lipsiae 18892.

— 242 —

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en zijn Zedeprenten, Nijmegen 1953.
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BIBLIOGRAFIA

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swick - London 1998.
WIMMER F. (ed.), Theophrasti Eresii opera quae supersunt omnia Graeca, recensuit Latine inter-
pretatus est F. Wimmer, vol. I-II, Leipzig 1854; vol. III, Leipzig 1862.
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2. EDIZIONI E TRADUZIONI DEL SUGLI ODORI

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HEINSIUS D. (ed.), Theophrasti Eresii, Graece et Latine, Opera omnia, Leiden 1613.
SCHNEIDER J.G. (ed.), Theophrasti Eresii quae supersunt et excerpta, I-IV, Leipzig 1818, V, Leip-
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WIMMER F. (ed.), Theophrasti Eresii opera quae supersunt omnia Graeca, recensuit Latine inter-
pretatus est F. Wimmer, vol. I-II, Leipzig 1854; vol. III, Leipzig 1862.
HORT A. (ed.), Enquiry into Plants and Minor Works on Odours and Weather signs, II voll.,
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EIGLER U. – WOHRLE G. (eds.), Theophrast De odoribus: Edition, Ubersetzung, Kommentar
von Ulrich Eigler, Georg Wohrle mit einem botanischen Anhang von Bernhard Herzhoff,
Stuttgart 1993.

3. STUDI SUL SUGLI ODORI

FAURE P., Parfums et aromates de l’Antiquité, Paris 1987, pp. 181-185.


SEDLEY D.N., Three notes on Theophrastus’ treatment of tastes and smells, in W.W. FORTEN-
BAUGH – P. HUBY – M.A. LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life and work,
New Brunswick - London 1985, pp. 205-207.
SHARPLES R.W., Theophrastus on tastes and smells, in W.W. FORTENBAUGH – P. HUBY –
M.A. LONG (eds.), Theophrastus of Eresus. On his life and work, New Brunswick - London
1985, pp. 183-204.
THOMPSON G.R., Theophrastus on plant flavours and odours. Studies on the philosophical and
scientific significance of De causis plantarum VI, accompanied by translation and notes, Diss.
Princeton 1941.
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onoarea Luciei Teposu Marinescu, Bucarest 2005, pp. 529-535.
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metaphysics, ethics, religion, and rhetoric, New Brunswick - London 1988, pp. 3-13.

— 244 —
BIBLIOGRAFIA

4. ALCUNI STUDI SU PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE NEL MONDO ANTICO *

Profumi e cosmetici nell’antichità, in I quaderni di Antiquitates. Centro di Archeologia speri-


mentale, Civitella Cesi - Blera (VT), senza data.
Bellezza e seduzione nella Roma imperiale. Catalogo della mostra, Roma 1990, Roma 1990.
I profumi di Afrodite e i segreti dell’olio. Catalogo della mostra, Roma 2007, Roma - Reggio Ca-
labria 2007.
ANDREWS A.C., The mints of the Greeks and Romans and their culinary uses, «Osiris», XIII,
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* Si tratta di una scheda bibliografica di orientamento. Altri studi sono citati nelle note al testo
in relazione agli argomenti specifici via via trattati.

— 245 —
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goût de la Méditerranée. Actes du colloque coord. par Paul Carmignani, Jean-Yves Lauri-
chesse, Joël Thomas, Perpignan, Universitaires de Perpignan, 1998, pp. 59-71.
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duction des perfums à Délos, «BCH», CXXIII, 1999, pp. 87-155.
— The production of perfumes in antiquity: the cases of Delos and Paestum, «AJA», CIV, 2000,
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GOUBEAU R., Parfum de rose, in M.C. AMOURETTI – P. VILLARD (eds.), Eukrata: mélanges offerts
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production and consumption in Bronze Age Crete, in K.D. THOMAS (ed.), Food technology
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— 250 —
INDICI
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INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI*

Accademia, 3, 96, 235, 237. Attis, 67, 169.


Achille, 67.
Ade (dio), 66, 76, 77. Babilonia, 8, 101, 156, 172, 174, 195, 208.
Adone, 66, 82, 166, 167.
Afrodite (Cipride), 63, 64, 66, 67, 76, 78, 79, Calipso, 76.
82, 126, 137-139, 145, 148, 166, 167, 186. Campania, 114, 124, 182.
Agatocle di Siracusa, 175. Canopo, 115, 185.
Alessandria d’Egitto, 99, 106, 128, 129, 133, 148, Capua, 69, 120, 148.
171. Carmania, 105, 109, 187.
Alessandro I (re di Macedonia), 68. Carré, 110.
Alessandro Magno, 4, 7-9, 98-100, 106, 111, 116, Caucaso, 99, 172, 204.
120, 141, 156, 169-171, 173, 174, 208, 209, 235-237. Celesiria, 195.
Ammone (oracolo e oasi di), 115, 119. Centuripe, 183.
Andromaca, 68, 78, 79. Cheronea, 162, 237.
Antalcida, 207. Cicladi, 34, 35.
Antilibano, 114. Cilicia, 24, 25, 34, 35, 69, 117, 120, 148, 149, 183,
Antioco III di Siria, 170, 175. 204.
Antioco IV di Siria, 175. Cina, 70.
Apollo Febo, 66, 95, 134, 158, 164, 165, 168, 186, Ciparisso, 168.
190, 201. Cipro, 6, 34, 35, 65, 96, 109, 115, 117, 119-121, 126,
Araba Fenice, 67, 111, 163. 137, 148, 149, 167.
Arabia/Arabi, 8, 9, 67, 68, 99-102, 104-111, 113, Cirenaica, 115.
114, 163, 172-174, 189-195, 203. Cirene, 137, 148, 182, 183.
Arabia Felix, vedi Arabia. Ciro il Grande, 208.
Arcadia/Arcadi, 118, 137. Citera, 137, 155, 167.
Ares, 66. Cizico, 69, 70, 120, 122, 148.
Armenia, 103, 198, 204. Corinto, 69, 120, 129, 237.
Asia, 7, 8, 78, 98, 105, 108, 124, 139, 171, 173, 187, Creta, 6, 77, 96, 117, 171, 172, 184, 236.
235-238. Croco, 66, 163, 164.
Aspasia, 206. Crono, 77, 154.
Assiria, 66, 97, 166.
Atene, 3, 4, 11, 58, 59, 70, 96, 121, 136, 137, 148, Dafne (città della Siria), 175, 190.
154, 200, 235-238. Dafne (personaggio mitologico), 66, 164.
Atenogene (profumiere), 176, 177. Dafne (porto della Somalia), 190.
Atramiti, 104. Damasco, 169, 170.

* I primi due indici non prendono in considerazione la Prefazione, la Premessa, le note e le Ta-
belle finali, l’indice delle fonti le sole Tabelle finali.

— 253 —
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI

Dario III di Persia, 120, 169, 170. Ida (monte), 75, 138, 158.
Delo, 69, 120, 127. Ilio, 78, vedi Troia.
Demetra, 76. Illiria/Illirico, 70, 103, 122, 123, 137.
Demetrio Falereo, 174. India/Indiani, 7-9, 70, 97-102, 108, 111, 114, 118,
Demetrio Poliorcete, 174. 172, 173, 189, 195, 197, 207, 235.
Democrito, 56, 57. Indo, 102.
Dinia (profumiere), 152, 178. Ircania, 100.
Diogene di Sinope, 94. Italia, 96, 97, 99, 115, 123, 124, 156, 182, 183.
Dionisio il Giovane, 207.
Dionisio il Vecchio, 95, 96, 237. Lacedemoni, vedi Sparta/Spartani.
Diridoti, 8, 172. Leonida (pedagogo di Alessandro Magno),
106, 170.
Efesto, 75-77, 125, 128, 130, 132, 144, 148, 151, Lesbo, 3, 4, 7, 9, 238.
154, 167, 169, 186. Leucotoe, 66, 166.
Egina, 34, 35, 149. Libano (monte), 114.
Egitto/Egiziani, 24, 58, 59, 67, 105, 109, 110, 113- Libano, 19.
115, 118, 120-122, 124, 126, 127, 133, 134, 142, 148- Libia, 91, 129.
150, 156, 163, 179, 185, 187, 190, 199, 201, 202. Licia, 96, 119, 186.
Elide, 148. Lidia/Lidi, 80, 115, 151, 156.
Emazia, 139. Lindo, 145.
Era, 75.
Eraclito, 87, 197. Macedonia, 4, 68, 118, 175, 181, 235.
Eratostene, 104, 195, 197. Magna Grecia, 236, 238.
Ereso, 3-5, 9, 11. Mar Rosso, 94, 101, 125, 195.
Eritre, 49, 51. Media, 97, 101, 103, 104, 119.
Eritrea, 108. Megallo (profumiere), 152, 153, 156, 178, 179.
Eschine (profumiere), 83, 178. Mende, 69, 120-122.
Etiopia/Etiopi, 97, 98, 111, 133, 172, 189, 195, Mida (figlio di Gordio), 68, 139, 181.
196. Mileto, 138, 152, 182.
Ettore, 67, 68, 78, 79, 146, 148. Minei, 104, 195.
Eufrate, 172, 174. Minthe, 66, 167.
Mirra/Smirna, 65, 66, 166.
Faone, 186. Mitilene, 4, 121, 186, 238.
Faselide, 69, 120, 139, 148.
Fenice (padre di Adone), 166. Nabatei di Arabia, 109, 113, 195, 197.
Fenicia, 115, 117, 121, 148. Nabatei Trogloditi, 113.
Filippi, 137, 182. Napoli, 69, 120, 148.
Narciso, 67, 168.
Gallia/Galli, 95, 103, 115, 123. Naucrati, 126, 127, 235.
Gange, 102. Nisea di Megara, 139.
Gaza, 107.
Gebbaniti, 107, 108, 111, 112. Palestina, 110.
Gedrosia, 173, 195. Panfilia, 118, 204.
Gerra, 8. Pangeo (monte), 137, 182.
Giacinthie, 165. Parti, 71, 97, 110, 123, 138.
Giacinto, 66, 164, 165. Perone (profumiere), 150, 179, 202.
Giove, vedi Zeus. Persefone, 66, 76, 140, 167, 203.
Giudea, 107, 113, 115-117, 124, 195. Persia/Persiani, 7, 97, 101, 110, 120, 141, 169,
Golfo Persico, 101, 171. 187, 188, 197, 206-209, 236.
Gordio (padre di Mida), 68, 181. Pilo, 6, 65.

— 254 —
INDICE DEI NOMI E DEI LUOGHI

Pisidia, 117. Soli, 69, 120, 148, 202.


Pitagora/Pitagorici, 90, 94. Solone, 82, 83, 144.
Plangone (donna profumiere), 152, 156, 180. Spagna, 96, 124, 182.
Ponto, 103, 105, 108, 238. Sparta/Spartani, 83, 127, 129, 130, 136, 144, 165.
Preneste, 69, 120, 182, 236. Strattide (profumiere), 180.
Priamo, 78.
Tarso, 70, 121, 148.
Rodi, 69, 120, 128, 148, 171. Taso, 49.
Roma/Romani, 67, 95-98, 116, 120, 124, 156. Tebe (di Beozia), 237.
Tebe (di Cilicia), 78.
Sabei, 104, 107, 108, 110, 194, 196. Tera, 183.
Sabota, 104, 106. Tiro, 165.
Sarpedone, 186. Tracia, 103, 137, 139.
Sciti, 67, 180. Trogloditi, 99, 104, 107, 111, 113, 114, 185.
Sicilia, 95, 152, 156, 175, 179, 183, 236-238. Troia/Troiani, 68, 76, 78, 120, 133, 181, 237.
Siria/Siriani, 24, 25, 38, 39, 71, 91, 109, 110, 114, Turi, 97, 187, 236.
117-119, 123, 148, 155, 170, 175, 195, 196.
Smindiride di Sibari, 205. Zeus, 75-77, 95, 96, 112, 146-148, 156, 163, 181,
Smirne, 82, 132, 235. 186, 237.

— 255 —
INDICE DELLE PIANTE,
DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE

abrotano, 70, 121, 122, 157, 158, 199. calaminta, 157.


acacia, 133, 161, 193, 208. calamo aromatico, 30, 31, 38-41, 70, 71, 114, 121,
Aegyption/Egizio (profumo), 34, 35, 37, 42-47, 122, 132, 160, 188, 189.
50, 51, 70, 149, 156, 160, 202. camomilla, 140, 157.
agresto, 70, 118, 119, 121, 122. cannella, 70, 71, 110, 111, 113, 121-123, 150, 159,
agrettone, 140. 171, 179, vedi anche cassia.
alloro, 66, 81, 95, 100, 105, 113, 121, 125, 135, 157, cardamomo, 30, 31, 38, 39, 67, 70, 71, 104, 121-123.
158, 160, 164, 203, 207. cassia/casia, 10, 36-41, 67, 68, 70, 78, 160, 171,
amarakinon/amarakinos/amaracinum (profu- 173, 190-192, 194, 196, 197.
mo), 34-39, 42-45, 50, 51, 65, vedi anche cedro, 19, 76, 157, 158, 161, 181, 192, 207.
maggiorana. cedrus, 110, 118-120, 188.
amarakos/amaraco, 36, 37, 135, 200, vedi anche cerfoglio, 141, 142, 157.
maggiorana. chelidonio, 129, 140.
ambrosia (fiore e olio profumato), 63, 75, 135, chiodo di garofano, 100.
138, 139, 141, 148, 186, 194. chroma di Siria, 38, 39.
amomo/amomon, 38, 3971, 102-104, 122, 123, 159. ciclamino, 140, 160.
amygdalinon (olio), 24, 25. cinabro, 70, 121.
anchusa (o fiore di sale), 38, 39, 70, 121. cinnamo, 111-113, 119, 121-123, 192.
anemone, 66, 134, 135, 140, 142, 156, 167. cinnamo comaco, 119, 123.
aneto, 78, 79, 159, 205, 208. cinnamomo, 8, 10, 26, 27, 34, 37-41, 67, 68, 70,
anice, 67, 160. 71, 104, 110, 111, 121, 122, 160, 172, 174, 176,
antimonio, 102.
189-192, 196, 197, 203, 204.
artemisia, 157.
cinnamomo comico, 71.
asfodelo, 100.
cipero, 34, 35, 38, 39, 67, 70, 71, 102, 122, 123,
aspalato, 30, 31, 38, 39, 70, 71, 91, 114, 122, 123.
135, 141, 160.
assenzio, 100.
cipresso, 67, 70, 76, 110, 121, 157, 158, 160, 161,
avorio dell’Etiopia, 97.
168, 180, 188, 207.
baccaride o nardo dei campi (profumo), 103, costo/kostos, 34, 35, 38-41, 71, 102, 104, 122, 123,
150, 151, 153, 156, 160, 200, vedi anche nardo. 149, 192, 197.
balano (olio), 24-27, 36, 37, 58, 59, 70, 117, 121, crisantemo, 140.
122. croco, 34, 35, 40, 41, 69, 70, 76, 79, 86, 120, 135,
balsamo, 10, 38, 39, 70, 71, 113, 115-117, 121, 122, 138, 140, 142, 148-150, 156, 183.
123, 150, 159, 161, 179, 194, 196, 201, 202. cumino, 158, 205, 208.
basileion (profumo), 152, vedi regale unguen-
tum. daphninon (profumo), 34, 35, 44, 45, vedi an-
basilico, 134. che alloro.
bdellio, 100. Delo (profumo di), 69, 120.
brentheion (profumo), 151, 152, 156. dianto, 132, 135, 140.

— 257 —
19

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INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE

ebano, 97, 98, 171. iris, 22, 23, 28-31, 38-41, 54, 55, 58, 59, 69, 70, 76,
edera, 103, 109, 125, 133, 139. 120, 122, 123, 132, 137, 139, 148, 149, 150, 154,
elenio, 140. 156, 158, 162, 171, 176, 185, 199, 200, vedi an-
elianto, 134. che irinon.
elicriso, 81, 135, 142, 157, 159. iris nana (fiore), 139.
emerocallide, 134, 136, 142, 157. isocinnamo, 113, vedi anche cinnamo.
enante/oinanthe, 71, 119, 120, 123, 148, vedi an-
che filipendola. kalchai, 137, 140.
Eretrikon (profumo), 34, 35. krinon/krina, 44, 135, vedi giglio.
erpyllinon (profumo), 34, 35, vedi anche timo. krocinon (profumo), 34, 35, vedi anche croco e
erysiskeptron (profumo), 52, 53, vedi cipero. zafferano.
kypros/cyprinum (profumo), 30-37, 44, 45, 48-
farina, 49, 111, 168, 208, 209. 51, 70, 185.
farina (fiore di), 208, 209.
farina di farro, 208, 209. ladano/ledano, 68, 71, 109, 123, 190, 192.
farina di frumento, 208, 209. laina, 108.
farina di orzo, 208, 209. lentischio, 70, 105, 108, 117, 121, 189.
farina di spelta, 49. leukoı̈non/leukoı̈nos (profumo), 32, 33, 125,
farina di veccia, 161. 136, vedi anche viola.
farina salata, 111. licnide, 132, 135, 137, 139, 182.
fenicobalano, 114. litargirio, 102, 108.
ferula, 118, 158. loto, 71, 100, 123, 127-129, 135, 141, 160, 161, 204.
ficus aegyptia, 19.
filadelfo, 138. macerone, 103, 107, 158, 208.
filipendola o enante/oinanthe, 135, 148, 149, macir, 100.
vedi anche enante/oinanthe. maggiorana, 37, 67, 70, 71, 120-124, 127, 132,
foliatum (o profumo di nardo), 122, vedi an- 135, 140, 141, 148-150, 156, 158, 159, 176, 184,
che nardo e nardinon. 199, 202.
malobatro, 70, 71, 118, 122, 123.
galbano, 117, 118, 121, 160, 161. malva, 141, 157, 182, 184.
giacinto, 76, 129, 132, 135, 138-141. mandorle (frutto), 101, 208.
giglio, 33, 70, 121, 122, 129, 133, 135, 136, 138-142, mandorle amare (olio), 25, 29, 118, 121, 123, 148,
156, 162, 165, 185, 199, 202, 203. 187, 198.
ginepro, 99, 100, 107, 158, 161, 189. mandorle dolci (olio), 208.
girasole, 114, 140. margherita, 140.
giunco profumato, 39, 41, 70, 71, 114, 121-123, maron/maro, 38-41, 70, 71, 115, 122, 123.
158, 190. mastice, 108.
gladiolo, 135, 140. megaleion/megalleion/megalium/megallio
gomma, 100-102, 104, 108, 109, 115, 117, 118, 121, (profumo), 36, 37, 40, 41, 44, 45, 50, 51, 148,
162. 152, 153, 156, 179, 201.
gomma ammoniaca, 115, 118. mela, 17, 31, 81, 108, 134, 141, 208, vedi anche
melinon e mela cotogna.
henna, 11, 69-71, 94, 100, 115, 117, 120-123, 140, mela cotogna, 33, 37, 70, 81, 101, 114, 121, 199,
148, 149, 156. 200.
melagrana, 70, 121, 167.
incenso, 8, 10, 22, 23, 28, 29, 63, 66-68, 77, 78, melilotinoi, 130, vedi meliloto.
80, 94, 104-110, 115, 120, 140, 142, 148, 153, meliloto, 40, 41, 70, 78, 122, 130, 141-143, 157,
154, 160, 166, 170-172, 174, 181, 184, 190-199. 199.
iperico, 117. melinon/melino (profumo), 32-37, 65, 121, 148,
irinon (profumo), 31, 34-37, 39-43, 50, 51, 65. 149, vedi anche mela e mela cotogna.

— 258 —
INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE

melo di Assiria, 97. Panathenaicum/panatenaico di Atene (profu-


melo di Media, 97. mo), 70, 121, 148.
mendesio o profumo di Mende, 69, 120, 121, papavero, 140, 165.
122, 148. pardalium/pardalio di Tarso (profumo), 70, 121.
menta, 167, 199, 202. pathos, 132, 135.
menta acquatica, 150, 156, 202. pece profumata, 158.
metopio (profumo), 117, 121, 148. peonia, 160.
miele, 49, 53, 70, 71, 80, 86, 100, 117, 118, 121- pepe, 99, 100, 117, 187.
123, 148, 160, 161, 185, 188, 195, 204, 208. phoinix, 34, 35, vedi anche palma.
miele di Arabia, 100. piantaggine, 140, 157.
miele di India, 100. pimpinella, 160.
miele di Ircania, 100. pino, 67, 161, 169, 189, 192.
mirobalano, 71, 113, 114, 123. pioppo, 76, 95, 119, 140, 190.
mirra/smyrna, 10, 22, 23, 27-29, 34, 36-47, 58, plangonion (profumo), 152, 156, 180.
59, 66-71, 78, 91, 94, 100, 104, 105, 107, 108, platano, 95-97, 118, 158.
110, 121-123, 147, 149, 158-161, 163, 166, 170, porpora, 81, 82, 136, 165, 168, 197, 203.
171, 173, 176, 184, 185, 188-190, 192-197, 199, profumo/olio di rosa, vedi rhodinon.
203. psagdas/sagdas (profumo), 152-154, 156.
mirra stakte, 36, 37, 42-47, 70, 107, 108, 122, pseudocassia, 190.
147, 149, 154, 185. putrefazione, 15, 17, 51, 113.
mirto, 35, 70, 81, 95, 100, 109, 116, 117, 121, 123,
125-127, 129, 130, 133, 138, 142, 148, 161, 175, regale unguentum/ unguento regale/ profumo
188. regale (profumo), 71, 79, 123, 152, 156.
muschio, 119, 121, 160, 161. rhodinon/rhodinum/rodino (profumo), 11, 28-
myrrinon (profumo), 34, 35, vedi anche mirra. 33, 36-41, 44-51, 65, 69, 70, 117, 122, 146-149,
myrtinon (profumo), 34, 35. 156.
rosa, 11, 29, 41, 47, 49, 67, 68, 69, 70, 92, 99,
narciso, 76, 121, 133, 134, 136, 138, 142, 157, 162.
102, 115, 117, 120, 121, 124, 129, 135, 137-139,
nardinon (profumo), 34, 35, 42-45, 51, 65, 153.
141, 142, 147-150, 156, 160-162, 180-184, 199,
nardo, 22, 23, 38, 39, 50, 67, 70, 79, 102, 103,
118, 120, 122, 123, 148-150, 153, 156, 158, 160, 200, 202, 207.
172-174, 176, 178, 185, 189, 197, 200. rosa (acqua di), 160.
nardo (spiga di), 71, 123, 158, vedi anche spigo. rosa canina, 99.
nardo selvatico o asaro, 103. rosellina greca (fiore), 182.

oinanthinon (profumo), 34, 35, vedi anche salsapariglia, 138.


enante e filipendola. salvia, 68, 157, 161, 204.
olibano, 81. sambuco, 158, 161.
olio partico, 185, vedi anche regale unguentum. santoreggia, 159.
oliva (olio), 25, 83, 95, 118, 119, 144, 145, 158, 165, saponaria, 132.
187, 198, 201. sedano, 107, 141, 158, 208.
olivo, 95, 99, 101, 102, 107, 118, 160, 161, 182, 187, senape, 99, 205, 208.
189. sericato, 71, 113, 123.
opobalsamo, 71, 116, 123, 184. serpillo, 129, 136, 140, 150, 156, 207.
origano, 112, 159, 202. sesamo/sesaminon (olio), 24, 25, 28, 29, 70, 121,
origano eraclio o maggiorana panacea, 159. 122, 173, 198, 208, 209.
sesamo (semi), 204, 208.
palma, 35, 102, 103, 105, 110, 114, 119, 130, 150, sfagno, 115.
197, 201. silfio, 157, 172, 205, 208.
panacea, 70, 71, 118, 122, 123, 157, 159, 160. sisimbrio, 140-142, 149.

— 259 —
INDICE DELLE PIANTE, DEI PROFUMI E DELLE SOSTANZE AROMATICHE

sisymbrinon (profumo), 33, 34. 123-126, 141, 154, 158-161, 170, 171, 188, 189, 195,
sommacco, 100. 197, 199, 200, 204, 208.
spathe, 35, 119, vedi anche elate e palma. vino alla mirra, 188.
speronella, 135, 136, 141, 142, 157. vino di arbusti, 188.
spigo, 132, 134, 135, vedi anche nardo. vino di Eraclea, 51.
storace, 71, 110, 113, 117, 118, 123, 160, 185, 190, vino di Eritre, 49, 51.
197, 204. vino di fiori, 189.
susinon/susinum (profumo) 32, 33, 70, 121, vino di mirto (myrtites), 188.
122, 136, 149, 199, vedi anche giglio. vino di palma, 110.
vino di Taso, 49.
tasso, 157 viola, 68, 76, 79, 81, 127, 130, 134-142, 156, 165,
telinon/telinum/telino (profumo), 70, 148, 149, 181, 182, 199, 203.
vedi anche fieno greco. viola fiamma o viola selvatica, 134, 140.
terebinto, 99, 105, 117, 121, 172, 187, 189, 192, 198. violaciocca, 162.
theseion, 141. violetta bianca, 102, 125, 134-136, 149, 161, 173,
tiglio, 133. vedi anche leukoı̈nos.
timo, 133, 135, 142, 149, 205.
trifoglio, 141. xilobalsamo, 70, 116, 123, 184.
tuia, 76, 120. xilocinnamo, 112, vedi anche cinnamo.

uva, 55, 59, 95, 119, 161, 205, 208. zafferano, 67, 69-71, 118, 120-123, 139, 159, 160,
162, 171, 176, 183, 184, 197, 199, 209, vedi an-
vino, 15, 21, 23, 31, 47, 49, 51, 53, 55, 57, 59, 64, che croco.
69-71, 79, 80, 93, 95, 96, 101, 103, 116, 118, 121, zenzero, 99, 185.

— 260 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

FONTI LETTERARIE

ACHEO F 10 Radt 150 nota 163


F 20 Radt 149 nota 154
AGATARCHIDE 100-102 Müller 196 nota 256
ALCEO (commediografo) F 23 Kassel-Austin 153 nota 185
ALCEO DI MITILENE F 362,3-4 Voigt 146 nota 137
ALCMANE F 60 Davies 135 nota 81
F 91 Davies 137 nota 100
ALESSI F 63 Kassel-Austin 154 nota 196
F 64 Kassel-Austin 143 nota 124
F 67 Kassel-Austin 154 nota 195
F 54 Kassel-Austin 143 nota 127
F 4 Kassel-Austin 131 nota 58
F 119 Kassel-Austin 130 nota 51
F 132 Kassel-Austin 204 nota 278
F 195 Kassel-Austin 145 nota 136; 200 nota 264
F 210 Kassel-Austin 131 nota 59
F 245 Kassel-Austin 187 nota 236
F 309 Kassel-Austin 156 nota 202
AMINTA FGH 122, F 4 187 nota 238
ANACREONTE F 17 Gentili 146 nota 138
F 89 Gentili 180
F 104,2 Gentili 126 nota 28
F 158 Gentili 151 nota 165
ANASSANDRIDE F 41 Kassel-Austin 150 nota 160; 179; 202 nota 272
F 47 Kassel-Austin 153 nota 183
F 60 Kassel-Austin 147 nota 145
ANFIDE F 27 Kassel-Austin 152 nota 182
F 40,1 Kassel-Austin 187 nota 243
ANONIMO Periplo del Mare Eritreo
(ed. Müller)
7 198 nota 260
8 198 nota 260
10 198 nota 260
12 198 nota 260

— 261 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

24 198 nota 260


27 198 nota 260
29 ss. 198 nota 260
56 198 nota 260
ANTICLIDE FGH 140, F 22 186 nota 235
ANTIFANE F 31 Kassel-Austin 201 nota 268
F 37 Kassel-Austin 150 nota 161 bis, 179
F 53 Kassel-Austin 131 nota 60
F 101 Kassel-Austin 201 nota 270
F 105 Kassel-Austin 149 nota 158; 201 nota 271
F 115 Kassel-Austin 136 nota 90
F 152 Kassel-Austin 201 nota 269
F 212 Kassel-Austin 187 nota 236
F 269 Kassel-Austin 143 nota 128
F 222 Kassel-Astin 154 nota 194
APOLLODORO (erudito) F 1 Garcı́a Lazaro 126 nota 25 1
F 2 Garcı́a Lazaro 136 nota 92
APOLLODORO (storico) FGH 770, F 1 138 nota 104
APOLLODORO Biblioteca III 14 66 nota 21; 166
APOLLONIO F 1 Garcı́a Lazaro 148 nota 153
APULEIO Metamorfosi
III 21 180 nota 226
XI 13 180 nota 226
ARCHESTRATO DI GELA Hedypatheia F 62 Brandt 126 nota 27
ARCHILOCO F 30 Edmonds 68 nota 35; 77; 147 nota 147
F 31 Edmonds 147 nota 148
ARCHIPPO F 42 Kassel-Austin 130 nota 57
ARISTIA DI FLIUNTE F 3 Radt 143 nota 126
ARISTOBULO
DI CASSANDREA FGH 139, F 23 172
F 41 172
F 49a 173
F 55 7 nota 24; 173
F 57 8 nota 28; 174
ARISTOFANE Acarnesi 1053 71 nota 50
Donne all’assemblea 878 180 nota 226
929 180 nota 226
1117 153 nota 186
Donne alle Tesmoforie 458 134 nota 76
Lisistrata 657 177 nota 221
947 71 nota 50
948
Uccelli 1715 64 nota 7
F 213 Kassel-Austin 152 nota 174; 153 nota 188

— 262 —

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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

F 336 Kassel-Austin 151 nota 170


F 505 Kassel-Austin 128 nota 39
F 549 Kassel-Austin 152 nota 179
ARISTOTELE Le parti degli animali
IV 686b,35 10 nota 39
Storia degli animali
IX 6,612a,12-15 165 nota 212
Sul senso
V 442b-445b XVIII nota 7; 5 nota 12; 9 note 36,
38; 57 nota 63; 87
Sull’anima
IX 421a-422a IX nota 4; XVIII nota 7; 5 nota 12;
9 note 36-37; 85
F 110 Rose 159
F 235a Rose 155 nota 198
ARRIANO Indike
VII 9 8 nota 29
XXXVII 2 8 nota 32
ATENEO I sofisti a banchetto
I 25f ss. 23 nota 9
I 80e-82e 33 nota 35
II 45f-46a 200
II 52b-53e 25 nota 12
56a-d; 66d-67b 25 nota 14; 187
IV 160c 185
IV 170a 204
V 193d-195b 175
V 196a 170
V 200f-201a 170
XII 553a-554b 200
XII 553d-e 179
XIII 558b; 567e 180 nota 224
XIII 607f-608a 170
XIII 611f 178
XIII 611f-612a 83
XV 674f-692e 11 nota 52; 72 nota 52; 125
XV 682b-c 181 nota 227
XV 686f-687a 82-83
XV 690f 179

BATONE (commediografo) F 6 Kassel-Austin 131 nota 63


BATONE (storico) FGH 119, F 1 171
BIONE DI SMIRNE Epitaffio per Adone 66 nota 21; 82

CALLISSINO DI RODI FGH 627, F 2,32 171 nota 217


F4 128 nota 42

— 263 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

CANTI CIPRIˆ T 8 Bernabé 138 nota 105


F 4 Bernabé 138 nota 107
F 5 Bernabé 138 nota 108
CANTICO DEI CANTICI 2 XVII nota 3

CARISTIO FHG IV, p. 357, F 6 Müller 141 nota 111


CEFISODORO F 3 Kassel-Austin 150 nota 159; 200 nota 265
CELSO Sulla medicina III 21 162 nota 211
CHEREMONE TGrF 71, F 6 127 nota 33
F7 133 nota 72
F 11 127 nota 32
CICERONE Oratore 62 3 nota 2
Repubblica III 37 XVI nota 25
Sull’oratore III 99 123 nota 22
CLAUDIO CESARE FGH 276 F 1 110 nota 17
CLEARCO F 25 Wehrli 202 nota 275
F 39 Wehrli 136 nota 89
F 41 Wehrli 144 nota 132
CLEARCO FHG II, p. 320 Müller 185 nota 233
CLEMENTE DI ALESSADRIA Pedagogo II 8,70-76 125 nota 23
CLITARCO DI COLOFONE FGH 137, F 12 8 nota 28
F 13 8 nota 28
F 18 8 nota 28
F 19 8 nota 28
F 21 8 nota 28
F 22 8 nota 28
F 23 8 nota 28
F 26 8 nota 28
CRATETE F 2 Kassel-Austin 152 nota 172
F 105 Kassel-Austin 142 nota 118; 157 nota 205
F 105,1-2 Kassel-Austin 135 nota 88
F 105,4 Kassel-Austin 135 nota 83
F 105,5 Kassel-Austin 136 nota 96
F 105,7 Kassel-Austin 143 nota 123
F 157 Kassel-Austin 129 nota 44
CRATINO F 257 Kassel-Austin 202 nota 274
F 394 Kassel-Austin 127 nota 34
CRISIPPO F 12, SVF III, p. 200 144 nota 130
CTESIA DI CNIDO FGH 688
F 38 = F 38 Lenfant 187 nota 239
F 45,47 = F 45,47 Lenfant 207
F 53 = F 53 Lenfant 187 nota 240
F 71 = F 71 Lenfant 198 nota 260
CURZIO RUFO III 10 66 nota 25

— 264 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

DEMARETE SH 372 141 nota 116


DEMETRIO FGH 643, F 1 133 nota 74
DEMODAMANTE FGH 428, F 1 138 nota 106
DIDIMO p. 305 Schmidt 149 nota 155
DINONE FGH 690, F 23a 187 nota 241
DIOCLE DI CARISTO F 206a van der Eijk 135 nota 87
DIODORO SICULO Biblioteca storica
II 49 192
II 54 198 nota 260
III 41 193
III 46 194
XIX 94,2-5 194
DIOGENE LAERZIO Vite dei filosofi
V 2,36-57 3 nota 1
V 2,36 3 nota 3
V 2,37 4 nota 9
V 2,38 3 nota 2
V 2,41 XVI nota 24
V 2,42-50 4 nota 10
VI 2,66 94
DIOSCORIDE Materia Medica (ed. Gunther)
I1 29 nota 20
I4 35 nota 46; 53 nota 62
I5 31 nota 28; 39 nota 54
I6 35 nota 43; 65 nota 14
I 12 27 nota 17; 190 nota 252
I 13 27 nota 17
I 14 39 nota 56
I 15 35 nota 45
I 16 31 nota 31
I 17 31 nota 32
I 18 39 nota 55
I 19 31 nota 29
I 25 35 nota 40
I 26 183 nota 229
I 39 25 nota 12
I 40 25 nota 15
I 41 25 nota 13
I 48 41 nota 58
I 49 39 nota 57
I 53 31 nota 30
I 55 33 nota 35
I 56 35 nota 42
I 64 35 nota 40
I 65 33 nota 34
I 66 31 nota 27
I 68 35 nota 44

— 265 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

I 74 35 nota 43
I 77 29 nota 21
I 78 29 nota 21
I 105 19 nota 5
I 106 37 nota 49
I 130 31 nota 30
I 148 35 note 46-47
I 155 35 nota 48
I 176 25 nota 12
I 183 19 nota 4
II 121 25 nota 13
III 42 33 nota 38
III 116 33 nota 37
III 135 35 nota 42
III 138 33 nota 36
IV 23 39 nota 52
IV 147-149 37 nota 49
V 7 ss. 23 nota 9
V 28 ss. 189 nota 249
V 36 188 nota 247
DRACONTE DI CORCIRA FHG IV, p. 402 Müller 156 nota 201
DURIDE DI SAMO FGH 76, F 10 174

EFIPPO DI OLINTO FGH 126, F 5 171


ELIANO Le storie varie
IX 24 205
IX 8 207
IX 9 174
XI 4 175
XII 1 206
XII 18 186
XII 31 23 nota 9
XIII 6 23 nota 9
XIV 39 206
ELLANICO FGH 4, F 54 133 nota 73
F 55 134 nota 75
EMPEDOCLE 31a 11 Diels-Kranz 94
EPICARMO F 2 Kassel-Austin 137 nota 101
EPILICO F 1 Kassel-Austin 153 nota 187
ERACLIDE PONTICO F 61 Wehrli 178
ERACLITO F 96 Walzer 197 nota 259
ERATOSTENE F 8 Berger 197 nota 257
F III b,48 Berger 195 nota 254
ERODOTO Storie
II 73 VIIInota 2; 67 nota 30; 163
III 20 71 nota 50

— 266 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

III 97 ss. 97 nota 8; 110 nota 18 bis


III 107-113 68 nota 38; 190
III 110 ss. 111 nota 19
III 113 203 nota 277
IV 71 67 nota 33
IV 75 180
VIII 138 31 nota 30; 68 nota 39; 181
ESCHILO Eumenidi 253 64 nota 10
F 14 Radt 151 nota 168
ESIODO Le opere e i giorni 519-523 63 nota 1
Teogonia 555-557 82 nota 3
EUBULO F 73 Kassel-Austin 131 nota 61
F 74 Kassel-Austin 177 nota 221
F 89 Kassel-Austin 201 nota 267
F 100 Kassel-Austin 152 nota 176
F 102 Kassel-Austin 132 nota 65
F 103 Kassel-Austin 132 nota 69
F 104 Kassel-Austin. 133 nota 70
F 107 Kassel-Austin 200 nota 266
F 111 Kassel-Austin 142 nota 121
F 204 Kassel-Austin 153 nota 189
EUMACO DI CORCIRA F 1 Garcı́a Lazaro 136 nota 95
EUPOLI F 204 Kassel-Austin 152 nota 175
EURIPIDE Ciclope 153 64 nota 7
F 240b Mette 128 nota 38
EZIO V 95 162 nota 210

FERECRATE F 2 Kassel-Austin 141 nota 117


F 105 Kassel-Austin 151 nota 171
F 112 Kassel-Austin 156 nota 204
F 114 Kassel-Austin 141 nota 115
F 138 Kassel-Austin 141 nota 114
F 149 Kassel-Austin 152 nota 180
FILETA F 40 Kuchenmüller 129 nota 48
F 41 Kuchenmüller 128 nota 40
F 42 Kuchenmüller 130 nota 54
FILONIDE F 1 Garcı́a Lazaro 125 nota 24
F 2 Garcı́a Lazaro 126 nota 29
F 3 Garcı́a Lazaro 154 nota 197
FILOSSENO DI CITERA F 26 Sutton 155 nota 200
FILOSSENO F 836 Page 142 nota 120
FILOSTRATO Vita di Apollonio di Tiana
II 2 198 nota 261; 204
III 4 99 nota 10; 198 nota 261; 204

GALENO Sulla composizione dei farmaci


IX 4 66 nota 25

— 267 —

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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

GIOVENALE Satira VI 180 nota 226


GIUBA FGH 275 F 2 105 nota 14
F 62 102 nota 12
F 63 106 nota 15
F 64 107 nota 16
F 65 110 nota 18

IBICO F 315 Davies 81; 135 nota 82


F 325 Davies 186 nota 235
ICESIO F 30 Garcı́a Lazaro 136 nota 91
F 31 Garcı́a Lazaro 149 nota 156
INNO OMERICO 1-21 76
A DEMETRA (II) 236 ss. 186 nota 235
IONE F 24 Radt 151 nota 164
IPERIDE Contro Atenogene.
Primo discorso (V)
5-19 Marzi 176
Contro Atenogene.
Secondo Discorso
F 1 Marzi 176 nota 220
IPPARCO F 4 Kassel-Austin 154 nota 192
IPPOCRATE Medico 1 159 nota 208
Natura della donna 34 72 nota 53; 160
Natura della donna 6 72 nota 53; 159
IPPONATTE F 107,21-22 Degani 150 nota 162

LISIA Contro Pancleone (XXIII) 6 177 nota 221


F 1 Thalheim 83; 178 nota 223
LUCIANO Storia vera II 5-13 203

MAGNETE F 3 Kassel-Austin 151 nota 167


MARZIALE Epigrammi
I 87 178 nota 222
III 55 178 nota 222
VI 55 178 nota 222
XII 65 178 nota 222
XIV 27 180 nota 226
MENANDRO F 210 Kassel-Austin 153 nota 184
F 243 Kassel-Austin 154 nota 193

NEARCO DI CRETA FGH 133, F 1 8 note 30-31; 171


F 15 7 note 25, 27
F 28 172
F 25 8 nota 31
NICANDRO DI COLOFONE Antidoti contro il morso
di animali velenosi
80-97 72 nota 54; 157

— 268 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

564-629 72 nota 54; 157


Georgiche II 1-72, F 74 Gow 139 nota 109
F 126 Schneider 135 nota 86
F 127 Schneider 141 nota 112
F 144 Schneider 132 nota 67
NICANDRO DI TIATIRA FGH 343, F 7 131 nota 62
F 18 154 nota 190
NICOLA DI DAMASCO FGH 90, F 76 137 nota 99
NICOSTRATO F 26 Kassel-Austin 142 nota 122
F 27 Kassel-Austin 142 nota 119
NONNO Dionisiache XII 86 66 nota 25; 164

OFELIONE F 5 Kassel-Austin 187 nota 237


OMERO Iliade
VII 216 146 nota 142
X 93-95 146 nota 143
X 155 206 nota 280
XIV 159-195 75
XIV 170 ss. 148 nota 150; 148 nota 152; 186
nota 235
XVI 666-675 186
XIX 38 ss. 75 nota 1
XIX 347 s. 75 nota 1
XXIII 18 156 nota 203
XXIII 186 ss. 67 nota 32; 120 nota 20; 147 nota
149; 148 nota 151; 181 nota 228
Odissea
IV 445 186 nota 235
IV 446 75 nota 1
V 59-64 76
XX 13 146 nota 141
XX 17 146 nota 140
ONESICRITO DI ASTIPALEA FGH 134, F 3 100 nota 11
F 22 172
OVIDIO Amori III 193 ss. 180 nota 226
Cosmetici 180 nota 226
Metamorfosi
I 543-567 66 nota 26; 164
III 502-510 67 nota 27; 168
IV 234-256 66 nota 24; 166
IV 281-284 66 nota 25; 163
X 99-105 67 nota 29; 169
X 106-142 67 nota 28; 168
X 174-219 66 nota 22; 164
X 311 ss. 66 nota 21; 166 nota 213

— 269 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

X 532 ss. 66 nota 21; 166 nota 213


X 717-739 66 nota 21; 66 nota 23; 167
XIV 605 186 nota 235

PANFILO F 32 Schmidt 129 nota 46


F 37 Schmidt 128 nota 37
PANCRATE (poeta) F 3,1-4 Heitsch 129 nota 45
PANCRATE (storico) FGH 625, T 1 129 nota 43
PARRASIO Epigramma I, 1-2 Page 145 nota 134
PAUSANIA Periegesi della Grecia. La Beozia
IX 41,7 162
PETRONIO Satyricon passim 180 nota 226
PINDARO Olimpica I 62 186 nota 235
II 70-74 82 nota 3
Pitica IX 63 186 nota 235
Treni FF 129-130 Snell 81
PLATONE
(commediografo) F 51 Kassel-Austin 128 nota 36; 130 nota 56
PLATONE Fedone 81e 132 nota 64 bis
Gorgia 465b 84
Timeo 66d-67a IX nota 4; 9 nota 35; 84
70c 147 nota 146
PLAUTO Pseudolo 740 ss. 188 nota 245
Soldato vanaglorioso 823 159 nota 207
PLINIO IL VECCHIO Storia Naturale
I, pref. 29 3 nota 2
VI 23; XII 41 198 nota 260
VII 108 120 nota 21; 170 nota 216
XII 30 ss. 196 nota 256
XIII 1-6 11 nota 53; 65 nota 15; 69 nota 40;
69 note 42-43; 70 note 45-47;
71 note 48-49; 72 nota 51; 119;
181 nota 227
XIII 25 159 nota 207
XIII 29 63 nota 3
XIII 52-53 188 nota 248
XIV 6 ss. 23 nota 9
XIV 11 188 nota 246
XIV 15 188
XIV 19 188
XIV 107 ss. 159 nota 207
XV 1 ss. 25 nota 14
XV 123 188 nota 247
XVII 3 123 nota 22
XVIII 191 180 nota 226
XXI 1-9 125 nota 23

— 270 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

XXI 10 31 nota 30; 181


XXI 11 199 nota 262
XXI 11-12 33 nota 37
XXI 14-15 33 nota 36
XXI 17 35 nota 40; 183
XXI 18 165 nota 212; 198
XXI 19 29 nota 20
XXI 20 35 nota 43
XXI 38 33 nota 36
XXI 40 181 nota 227
XXI 70-72 35 nota 46
XXI 73 181 nota 227
XXI 74 33 nota 37
XXI 76 33 nota 36
XXI 81 35 nota 40
XXI 83 29 nota 20
XXI 87 41 nota 58
XXIII 81-82 35 nota 48
XXXVI 102 162 nota 210
XXVII 28 180 nota 226
PLUTARCO Vita di Alessandro Magno XX 72 nota 55; 120 nota 21; 169
XXV 6-8 170
Vita di Lisandro XXI 7 180 nota 226
Opere morali
149b 159 nota 207
179e 170 nota 216
626b 64 nota 9
645d-648a 125 nota 23
1097b 4 nota 7
1126f 4 nota 7
POLEMONE F 64 Preller 152 nota 177; 180
POLIBIO Storie XXX 25-26,1-2 175
POLICARMO DI NAUCRATI FGH 640, F 1 126 nota 26
POLIENO Stratagemmi IV 3,32 208
POLLUCE Onomasticon
VI 104-106 Bethe 156
IX 46-47 Bethe 177 nota 221
POSIDONIO FGH 87, F 20 155 nota 199
F 72 200 nota 263
PRASSAGORA F 30 Steckerl 146 nota 139
PSEUDO ARISTOTELE Problemi
XII 1-13, 906a, 22-907b,19 91
XII 8, 907a, 20 ss. 181 nota 227
XIII 4, 907b, 35 ss. 165 nota 212
PSEUDO GALENO Theriaka a Pisone 16 162 nota 210
PSI inv. 964 162

— 271 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

QUINTILIANO Istituzione oratoria X 1,83 3 nota 2

SAFFO F 2 Lobel Page 77


F 44 Lobel Page 68 nota 37; 78
F 58,25-26 Lobel Page 145 nota 133
F 81b Lobel Page 79
F 94 Lobel Page 68 nota 36; 79; 152 nota 173
F 122 Lobel Page 203 nota 276
SCOLIO AD ARISTOFANE Pluto 550 177 nota 221
SELEUCO GRAMMATICO Glosse
F 52 Müller 129 nota 49
F 54 Müller 130 nota 52
SEMO DI DELO FGH 396, F 8 127 nota 35
SEMONIDE F 16 West 151 nota 169
SENARCO F 13 Kassel-Austin 133 nota 71
SENECA Questioni Naturali IV 13,9 83 nota 5
SENOFANE F 1 Edmonds 80
F 3 Edmonds 80
SENOFONTE Anabasi I 5,1 65 nota 12
IV 4,12-13 198
Economico 10,2 180 nota 226
Simposio II 2-4 64 nota 8; 84; 144 nota 129
SIMMIA F 27 Powell 128 nota 41
SIMONIDE F 176 Bergk 134 nota 77
SOFOCLE Filottete 891 64 nota 7
F 361 Radt 145 nota 135
F 563 Radt 143 nota 125
F 564 Radt 131 nota 64
F 766 Radt 147 nota 144
F 1032 Radt 151 nota 166
SOLINO 39 66 nota 25
SOLONE F 73a Ruschenbuch 82 nota 4; 144 nota 131
SOSIBIO FGH 595, F 5 130 nota 50
F9 152 nota 178; 180
STEFANO BIZANTINO s.v. Arabiv
j a 198 nota 260
STESICORO F 10 Diehl 81
STRABONE Geografia
VI 2,7 C 273 183 nota 229
XIII 2,4 C 618 3 nota 2
XIV 5,5 C 670 35 nota 40; 66 nota 25; 183
XV 1,22 C 695 189
XV 2,3 C 721 170 nota 216; 173

— 272 —

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INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

XVI 3,1 C 765 198 nota 260


XVI 4,2-4 CC 767-768 7 nota 24; 195; 197 nota 258
XVI 4,14 CC 773-774 189
XVI 4,18 C 777 196 nota 255
XVI 4,19 CC 778 196
XVI 4,25 CC 782-783 197
XVI 4,26 C 784 197
STRATTIDE F 34 Kassel-Austin 152 nota 181; 178
F 47 Kassel-Austin 88 nota 6 bis, 185
SUDA s.v. Qeovfrasto" 3 nota 2

TELECLIDE F 25 Kassel-Austin 202 nota 273


TELES p. 12 ed. Hense 94
TEMISTAGORA DI EFESO FHG IV, p. 512 Müller 135 nota 84
TEOCRITO Idillio XV 108 186 nota 235
XV 114 71 nota 50
TEODORO FGH 346, F 3a 128 nota 37
F 3b 130 nota 55
F5 154 nota 191
TEOFRASTO I caratteri
4 205
5 205
11 205 nota 279
16 205 nota 279
19 205 nota 279
30 205 nota 279
Le cause delle piante
VI 1,1 10 nota 45
VI 4,1 4 nota 11
VI 5,2 165 nota 212
VI 7,6 5 nota 16
VI 11,13 35 nota 46
VI 17 10 nota 45; 165 nota 212
Storia delle piante
I 1,3 10 note 39
I 1,4 10 nota 39
I 3,1 33 nota 38
I 3,3 33 nota 35; 35 nota 48
I 5,1-3 19 nota 4
I 5,2 35 nota 49
I 6,3 25 nota 12
I 6,4 35 nota 49
I 7,2 29 nota 20
I 8,1 35 nota 49
I 8,5 65 nota 13
I,9,3 19 nota 5; 35 note 48-49
I 9,4 31 nota 30; 35 nota 44

— 273 —
20
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

I 9,6 25 nota 12
I 10,2 35 nota 48
I 10,4 35 nota 48
I 10,8 35 nota 48
I 11,1 25 nota 12
I 11,2 19 nota 4
I 11,3 35 nota 49
I 12,1 35 note 48-49
I 13,1-5 31 nota 30; 33 nota 37; 35 nota 48
I 14,1 35 nota 48
I 14,4 35 note 48-49
II 1,3 33 nota 38; 35 nota 49
II 1,4 35 nota 48
II 2,1 33 nota 37
II 2,6 35 nota 48
II 4,1 33 nota 38
II 5-6 35 nota 48
II 6,6 35 nota 47
II 7,2-3 35 nota 48
III 3,3 19 nota 5
III 6,2 35 nota 48
III 12,4 35 nota 48
III 12,6-9 35 nota 42
III 15,4 35 nota 42
III 15,5 35 nota 48
III 16,4 35 nota 48
IV 2,1 25 nota 15
IV 2,6 25 nota 15; 35 nota 48
IV 3,1 35 note 40 e 48
IV 4,12 29 nota 21
IV 4,14 27 nota 17; 29 nota 22
IV 5,2 29 nota 20
IV 5,3-4 35 nota 48
IV 8,4 31 nota 32
IV 8,6 33 nota 37
IV 8,7 31 nota 30
IV 8,9 33 nota 37
IV 8,14 25 nota 13
IV 10,3 31 nota 30
IV 13,2 33 nota 35
V 3-7 63 nota 3
V 7,6 19 nota 5
V 8,3 35 nota 48
V 9,6 35 nota 42
VI 1,1 33 nota 38; 35 nota 44
VI 1,1-3 31 nota 30
VI 6,2-3 33 nota 38
VI 6,3 33 nota 37; 135 nota 85
VI 6,4-6 31 nota 30; 35 nota 40; 137 nota
102

— 274 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

VI 6,8-9 33 nota 37; 136 nota 93


VI 6,10 35 nota 40
VI 6,11 134 nota 78
VI 7,2 33 nota 38; 35 nota 39; 136 nota 97
VII 7,2-3 39 nota 54
VII 7,4 33 nota 38; 35 note 40 e 44
VI 7,5 35 nota 39
VI 7,6 33 nota 38
VI 8,1 134 nota 79; 136 nota 94
VI 8,2-6 31 nota 30
VI 8,3 29 nota 20; 33 nota 37; 35 note
40 e 44; 132 note 66 e 68;
137 nota 98
VI 8,5 35 nota 48; 127 nota 31
VII 8,3 39 nota 52
VII 9,3 39 nota 52
VII 13,1-2 29 nota 20
VII 13,9 33 nota 36
VII 15,1 140 nota 110
VII 15,3 41 nota 58
IX 1,2 29 nota 21; 39 nota 55
IX 1,4 33 nota 37
IX 1,6 29 note 21-22
IX 1,7 39 nota 55
IX 4,1-10 27 nota 17; 29 note 21-22; 35 nota
47; 39 nota 55
IX 5 10 nota 42; 27 nota 17
IX 6 10 nota 43; 39 nota 55
IX 7 10 note 40-41 e 44; 27 nota 17;
29 note 20-21; 31 note 28-29,
31-32; 35 note 40, 43-46; 39
note 55-57
IX 9,2 29 nota 20
IX 11,3 29 nota 22
IX 11,9 35 nota 48
IX 11,10 29 nota 22
IX 16,3 33 nota 38
IX 19,1 31 nota 30
IX 19,3 135 nota 80
IX 20,1 29 nota 22
Sulla pietà
F 1 Ditadi 63 nota 3
TEOGNIDE 5-10 Edmonds 82 nota 3
825-830 Edmonds 82 nota 3
TEOPOMPO F 1 Kassel-Austin 150 nota 161; 179
(commediografo)
F 17 Kassel-Austin 150 nota 161; 179
TEOPOMPO DI CHIO FGH 115, F 106a-b 127 nota 30
(storico)

— 275 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

F 22 127 nota 30
TIMACHIDA F 1 Blinkenberg. 141 nota 113
F 4 Blinkenberg 137 nota 103
F 19 Blinkenberg 129 nota 47
F 25 Blinkenberg 130 nota 53
F 28 Blinkenberg 128 nota 41
TOLOMEO GEOGRAFO Geografia (ed. Nobbe)
VI 7 198 nota 260
VII 1 189 nota 250

VARRONE 219 Buecheler 185 nota 234


VIRGILIO Georgiche II 116 ss. 97 nota 7

FONTI EPIGRAFICHE

AE 1963, 108b 180 nota 225


CIL 5638 = CIL I 1334b 180 nota 225
CIL 9932a 180 nota 225
CIL IV 2184 180 nota 225
CIL VI 10001 180 nota 225
CIL VI 10002 180 nota 225
CIL VI 10003 = CIL XIV 223,2 180 nota 225
CIL VI 10004 = CIL XIV 218b 180 nota 225
CIL VI 10005 180 nota 225
CIL VI 10006 180 nota 225
CIL VI 10007 180 nota 225
CIL VI 33928 180 nota 225
CIL VI 36819 180 nota 225
CIL VI 37830 180 nota 225
CIL VI 4046 180 nota 225
CIL VI 5681 = CIL X 1088,103 180 nota 225
CIL VI 9998 = CIL V 182 180 nota 225
CIL VI 9999 180 nota 225
CIL IX 471 180 nota 225
CIL X 1965 180 nota 225
CIL X 3968 180 nota 225
CIL X 3974 180 nota 225
CIL X 3975 180 nota 225
CIL X 3979 180 nota 225
CIL X 3982 180 nota 225
CIL XI 1594 180 nota 225
Ephesos 5 184 nota 231
Ephesos 465 184 nota 231
Ephesos 2102 184 nota 231
FD III 5.37 184 nota 231
FD III 5.38 184 nota 231

— 276 —
INDICE DELLE FONTI LETTERARIE ED EPIGRAFICHE

I. Kition 2090 184 nota 231


IC I, XVII 12 184 nota 231
IC I, XVII.19 184
ID 354 184 nota 231
IG I3 386 184 nota 231
IG IV 836 184 nota 231
IG V 2,514 184 nota 231
IG VII 1887 184 nota 231
IG XI 2 184 nota 231
IG XII, Suppl. 152 184
IGLSyr 1.1 184 nota 231
IGLSyr 1.47 184 nota 231
IGR I 5,1376 184 nota 231
IGR III 1056 184 nota 231
Iscrizione in «BCH», XXII, 1898, pp. 403-409 184
SEG 28,749 (2) 184 nota 231
SEG 37,214 184 nota 231
SEG 45,116 bis 184 nota 231
SEG 45,1244 184 nota 231
SIG3 1017 184 nota 231

— 277 —
21

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INDICE

Prefazione di LORENZO VILLORESI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. VII

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » XIX

PARTE PRIMA

TEOFRASTO, «SUGLI ODORI»

Introduzione. Teofrasto di Ereso: notizie biografiche . . . . . . . . . » 3

TEOFRASTO, «SUGLI ODORI». TRADUZIONE ITALIANA CON TESTO


GRECO A FRONTE ............................. » 13

PARTE SECONDA

PROFUMI E SOSTANZE AROMATICHE

L’arte della profumeria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 63

APPENDICE DOCUMENTARIA ......................... » 73


I profumi nel mondo antico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75
1. La toeletta di Era . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 75
2. Le dimore di Calipso e Persefone . . . . . . . . . . . . . . . . » 76
3. I profumi nei lirici greci. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 77
4. Legislatori, città e filosofi contro i profumi . . . . . . . . . . » 82
5. Odori e odorato nella riflessione filosofica . . . . . . . . . . » 84
6. Un ‘manuale’ della profumeria antica . . . . . . . . . . . . . . » 94
7. Profumi e corone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 125
8. Profumi e medicina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 157

— 279 —
INDICE

9. Profumi e mito. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 163


10. Profumi da re . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 169
11. Profumi e sostanze aromatiche durante la spedizione di
Alessandro Magno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 171
12. Profumi e sostanze aromatiche dopo la spedizione di Ales-
sandro Magno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 174
13. Profumieri famosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 176
14. Qualche ricetta di bellezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 180
15. Alcuni ingredienti ‘doc’ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 181
16. Aromi nella documentazione epigrafica . . . . . . . . . . . . » 184
17. Un proverbio sui profumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 185
18. Profumo e morte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 186
19. Oli speciali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 187
20. Vini aromatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 188
21. Le terre dei profumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 189
22. Qualche segreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 198
23. Qualche curiosità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 200

UNITÀ DI MISURA ............................... » 211

TABELLE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 213

I TESTIMONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 235

ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI ....................... » 239

ABBREVIAZIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 241

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 243

INDICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 251
Indice dei nomi e dei luoghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 253
Indice delle piante, dei profumi e delle sostanze aromatiche . » 257
Indice delle fonti letterarie ed epigrafiche . . . . . . . . . . . . . » 261

— 280 —
CITTÀ DI CASTELLO . PG
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2010
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B.A.R.

ISSN 0066-6807 I BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»


Vol. 372 Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia
372

GIUSEPPE SQUILLACE

G. SQUILLACE – IL PROFUMO NEL MONDO ANTICO


IL PROFUMO
NEL MONDO ANTICO
CON LA PRIMA TRADUZIONE ITALIANA
DEL «SUGLI ODORI» DI TEOFRASTO

Prefazione di
L ORENZO V ILLORESI

LEO S. OLSCHKI EDITORE


versione digitale PDF
MMX
ISBN 978 88 222 7863 0 LEO S.
OLSCHKI
versione cartacea
ISBN 978 88 222 5983 7
Da offerte agli dèi per fumum, le sostanze aromatiche divennero parte della vita quoti-
diana dei popoli antichi. Incenso, mirra, nardo, rosa, zafferano, maggiorana, cardamo-
mo, cinnamomo, cassia furono gli ingredienti di fragranze preziose come l’Aegyption, il
Megalleion, il Panathenaicum create dall’arte dei profumieri e impiegate, in funzione dei
costi, soprattutto da famiglie benestanti.
Aperto dalla prefazione del noto creatore di fragranze Lorenzo Villoresi, il volume com-
prende la prima traduzione italiana del Sugli Odori del filosofo e botanico greco Teo-
frasto (IV-III secolo a.C.), presentata unitamente a un’ampia raccolta di brani di autori
greci e latini che, in riferimento al tema, ricordano i miti di metamorfosi in sostanza
odorosa, il nome degli antichi profumieri, l’elenco degli ingredienti-base delle fragranze,
i metodi di estrazione delle essenze, i ‘segreti del mestiere’, le vie delle spezie. Un insie-
me di informazioni affascinanti che portano il lettore in paesi come l’Armenia, l’Arabia
Felix e l’India, terre ricche di aromi e in grado di affascinare lo stesso Alessandro Magno
che, proprio nel profumo, riconobbe un elemento caratterizzante dell’essere re.

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ISBN 978 88 222 7863 0
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