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JAZZ, CHE FARE ?

Un manuale di sopravvivenza
nell'improvvisazione e nell'armonia jazz.
Parte I

Giovanni Agostino Frassetto


Abbreviazioni e simboli usati nel testo.

Le lettere maiuscole A, B, C, D, E, F, G indicano, nel siglato


anglosassone (ormai universalmente adottato), rispettivamente
le note La, Si, Do, Re, Mi, Fa, Sol.
Quando queste lettere sono usate per rappresentare un accordo
ne indicano la (nota) fondamentale.
I numeri indicano gli intervalli.
Ho usato le lettere M, m, G e le abbreviazioni "aug" (o "ecc")
e "dim" per definire i diversi tipi di intervallo.
es: 3M = terza maggiore
2m = seconda minore
4G = quarta giusta
9aug = nona aumentata (o eccedente)
5dim = quinta diminuita etc...
I numeri romani I, II, III, IV,V, VI, VII indicano i gradi della scala.
La lettera T indica l'intervallo di tono e ST quello di semitono.
I simboli ∆ ( la lettera greca "delta" ) e i simboli ø e °
rappresentano alcune specie di accordi.
1) Il siglato anglosassone.
Il siglato è una rappresentazione degli accordi tramite sigle
formate da lettere, numeri e simboli, secondo dei princìpi che
richiamano quelli del basso numerato. Il siglato anglosassone è
ormai quello più diffuso, soprattutto nei testi relativi alla musica
jazz. Esistono diverse scuole che propongono dei tipi di siglato
lievemente differenti tra loro, ma al momento nessuna si è imposta
decisamente sulle altre. Il criterio in base al quale ho scelto le sigle
che userò è quello della massima sinteticità e velocità di lettura.

Esempi di accordi aventi come fondamentale la nota Do (C):

Sigla Sigle equivalenti Intervalli tra la fondamentale


e le altre note dell'accordo

C 3M, 5G
C- Cm, Cmin ... 3m, 5G
C+ C#5 3M, 5ecc
C∆ C∆7, CM7, CMA7, Cmaj7 ... 3M, 5G, 7M
C7 3M, 5G, 7m
C-7 Cm7, Cm7, CMI7 ... 3m, 5G, 7m
CØ CØ7, C-7 b5, Cm7b5, C-7-5 ... 3m, 5dim, 7m
C° C°7, Cdim, Cdim7 ... 3m, 5dim, 7dim
Csus C7sus, C7sus4 ... 4G, 5G, 7m

C C- C+ C∆ C7 C-7 CØ C° Csus
Nelle sigle tutti i numeri indicano intervalli maggiori o giusti; gli
intervalli minori, tranne la terza (la terza minore è indicata dal
segno – ) e quelli diminuiti sono rappresentati dal numero
preceduto dal segno b (bemolle), quelli eccedenti dal numero
preceduto dal segno # (diesis).
A questa regola fa eccezione il numero 7 che indica la settima
minore; la settima maggiore è siglata ∆ oppure maj7. I numeri
maggiori di 7 (9, 11, 13) sottintendono la presenza nell’accordo
della settima minore.

C∆ C∆(#5) C7 C7(b9) C6

Il seguente specchietto mostra le cinque specie di accordi di


settima e le sigle corrispondenti (alla destra della sigla compare il
nome dell'accordo; es: Ab-7 = La bemolle minore settima):

I = 7= settima (di dominante)


II = -7 = minore settima
III = Ø = semidiminuita
IV = ∆ = (maggiore)
V = ° = diminuita

Esempi (con fondamentale Mi):

E7 E-7 EØ E∆ E°
2) Il sistema tonale. Il modo maggiore.

Ho scelto il sistema tonale come punto di partenza perché


probabilmente è quello più familiare al tipo di musicista cui è
rivolto questo testo. Nel corso della storia della musica colta
europea si è sviluppato il concetto di "tonalità", che può essere
riassunto come "quell'insieme di regole che individuano una serie
di note (scala) in rapporto con una nota data (nota fondamentale) e
determinano una gerarchia di valori melodici e armonici tra queste
stesse note". Questo sistema tonale ha due varianti : una cosiddetta
maggiore e una minore, per cui possiamo trovare brani in tonalità
(per esempio) di Si maggiore, in cui il Si indica la nota su cui
verrà costruita la scala e il termine "maggiore" indica le distanze
(intervalli) che dovremo avere tra ogni nota della scala e la nota
successiva.

Intervalli della scala maggiore:

I ↔ II ↔ III ↔ IV ↔ V ↔ VI ↔ VII ↔ (I)


T T ST T T T (ST)

Prendiamo come esempio la scala di La maggiore:

Studio:
Esecuzione di tutte le scale maggiori.
Ai fini del miglioramento della tecnica dell'improvvisazione,
conviene impadronirsi delle diteggiature delle varie scale, in modo
tale da poter suonare in qualsiasi tonalità senza vincoli
di carattere tecnico.
3) Costruzione degli accordi. Le triadi.

Per accordo si intende un insieme di suoni prodotti


simultaneamente. Nel sistema tonale l'accordo più semplice è
composto da tre note, è detto "triade" ed è formato dalla
sovrapposizione di due intervalli di terza. In base agli intervalli
usati ed alla loro disposizione, si classificano quattro specie di
triadi:

1) maggiore composta da 3M + 3m es: Do Mi Sol


2) minore " " 3m + 3M es: Do Mib Sol
3) aumentata " " 3M + 3M es: Do Mi Sol#
4) diminuita " " 3m + 3m es: Do Mib Solb

C C-

Possiamo costruire gli accordi anche calcolando gli intervalli che


separano la nota fondamentale dalle successive note dell'accordo.
Per esempio costruiamo un Do maggiore sapendo che le due note
successive al do distano da questo rispettivamente una terza
maggiore e una quinta giusta:

Do Mi = terza maggiore
Do Sol = quinta giusta
Triade Intervalli tra la nota fondamentale e le successive
note dell’accordo

maggiore 3M, 5G
minore 3m, 5G
aumentata 3M, 5ecc
diminuita 3m, 5dim

Gli accordi si possono trovare in posizione "fondamentale"


(quando la nota che dà il nome all’accordo si trova al basso) o allo
stato di "rivolto" a seconda di quale nota si trovi al basso.
Un accordo è detto in posizione "stretta" quando le note che lo
compongono si trovano nell'ambito di un'ottava; se si trovano più
distanziate l'accordo è in posizione "lata".

Es: Do maggiore

posizione stretta posizione lata

I rivolto II riv. I riv. II riv.


4) Accordi con più di tre suoni.

Per costruire accordi composti da più di tre suoni si aggiungono


alla triade di base una o più note; l'accordo ottenuto prenderà il
nome dall'ultima nota aggiunta (in ordine di altezza); avremo così
accordi di sesta, settima, nona, undicesima e tredicesima (le
numeriche superiori al 7 sottintendono la presenza della settima
minore).

D- D-6 D-7 D-9 D-11 D-13

Da questo esempio appare chiaro come gli accordi che si


estendano oltre la sesta siano costruiti per terze sovrapposte e
contengano di conseguenza tutti gli intervalli dispari inferiori.
Questa disposizione per terze sovrapposte è utile per la
costruzione e l'identificazione dell'accordo ma nella pratica
jazzistica l'accordo si trova spesso disposto in maniera diversa ed
alcune note che lo compongono non vengono suonate.
Per poter siglare un accordo bisogna individuare la sua
fondamentale e cercare di riportarlo nella disposizione originaria.

C9 G13 A-9
Quando in un accordo appaiono note diverse da quelle previste
dalla sigla di base, queste saranno essere indicate nella sigla stessa.

D7(b5) G13(b9) Bb+7 AØ(maj9) C ∆(11)

Nel caso in cui la nota alterata sia la 9, la 11 o la 13, si usa


includere nella sigla il numero 7 o un altro numero che ne
sottintenda la presenza.

C7(b9) A13(b9) F7(b5) B7(b13)

Per tutti questi accordi valgono le stesse regole applicabili alle triadi.

Studio:
Lettura al pianoforte di siglati di brani standard del repertorio
Jazzistico (la mano sinistra può suonare le fondamentali, la destra
l’intero accordo).
5) Accordi di settima costruiti sui gradi della scala maggiore.

Gli accordi di settima si chiamano in questo modo appunto perché


contengono, oltre le tre note che formano la triade (fondamentale,
terza e quinta), anche la settima. Per costruire accordi di settima
sui gradi della scala maggiore è sufficiente prendere una nota sì e
una no dalla scala sino ad ottenere un accordo di quattro suoni e
ripetere questo procedimento a partire da ogni grado della scala.
Prendiamo come esempio gli accordi di settima costruiti sui gradi
della scala di Do maggiore:

Scala:

Accordi:

I II III IV V VI VII
La composizione di questi accordi risulta essere la seguente : (gli
intervalli indicano le distanze tra la fondamentale e le successive
note dell'accordo)

(Fondamentale), 3M, 5G, 7M es: Do Mi Sol Si
7 (Fondamentale), 3M, 5G, 7m es: Sol Si Re Fa
-7 (Fondamentale), 3m, 5G, 7m es: Re Fa La Do
Ø
(Fondamentale), 3m, 5dim, 7m es: Si Re Fa La

Riassumendo, troviamo:

sul I e IV grado
-7 " II , III e VI grado
7 " V grado
Ø
" VII grado

Se prendiamo come esempio la tonalità di La maggiore, otterremo


i seguenti accordi:

A∆ B-7 C#-7 D∆ E7 F#-7 G# Ø

Studio :
Suonare tutti gli accordi (e i loro rivolti) sulle varie scale
maggiori. Arpeggiare tutti gli accordi.
6) Funzioni degli accordi.

Si è stabilito che alcuni accordi che contengono la tonica e/o i suoi


armonici principali vengano considerati "consonanti", ovverosia
comunichino una sensazione di equilibrio, di stasi, di
compiutezza. Via via che ci allontaniamo da questi e costruiamo
accordi con altre note della scala, otteniamo accordi cosiddetti
"dissonanti" che sviluppano un senso di precarietà e di tensione
che tenderà a scaricarsi in un successivo accordo consonante.
Questi princìpi, peraltro, sono assolutamente convenzionali e sono
il risultato dell'evoluzione storica della teoria musicale
occidentale.
Fatto sta che il nostro orecchio, abituato ai suoni della scala
maggiore, percepisce l'appartenenza dell'accordo dissonante alla
scala da cui è ricavato e lo ricollega alla tonica.
Applicando questo concetto possiamo ottenere il seguente schema,
dividendo gli accordi in tre gruppi (secondo un ordine crescente di
dissonanza) :

1 ) Gruppo di Tonica (I, III e VI grado*)


2 ) Gruppo di Sottodominante (II e IV grado)
3 ) Gruppo di Dominante (V e VII grado)

Gli accordi dissonanti hanno la necessità di scaricare la tensione


armonica (risolvere) su di un accordo consonante.
La successione più tipica sotto questo punto di vista sarà quindi:

V (dominante) → I (tonica) [ es: G7 C∆ ]

* quest’ultimo talvolta viene associato al gruppo di


sottodominante
Se vogliamo ottenere un crescendo di tensione armonica prima
della risoluzione, possiamo anteporre al V grado un accordo del
gruppo di sottodominante:

II → V → I [ es: D-7 G7 C ∆ ]

Questa concatenazione di accordi identifica chiaramente il centro


tonale e può essere definita il fulcro della musica tonale, ragion
per cui sarà opportuno abituarsi a riconoscerla all'interno di un
siglato e, anche col solo aiuto dell'orecchio, durante l'ascolto di un
brano musicale.
E' perciò assolutamente indispensabile acquisire una certa
dimestichezza nell'esecuzione degli arpeggi delle varie specie di
accordi, arpeggiando gli accordi che si trovano nei siglati. Questo
studio servirà anche a farvi familiarizzare con la struttura del
brano.
Non tutte le note che compongono un accordo sono indispensabili
per definire la sua funzione armonica (vedi il capitolo sulle
tensioni armoniche); generalmente sono sufficienti la
fondamentale, la terza e la settima (fanno eccezione gli accordi di
settima diminuita e semidiminuita in cui la quinta diminuita ha un
ruolo determinante).
Per questo motivo (almeno in questa prima fase di studio)
suggerirei di ridurre tutte le sigle alle loro forme essenziali,
secondo una tabella di questo genere, al fine di individuare più
rapidamente la loro funzione armonica:

7, MA7, M7, maj7, 6, 6/9, MA9, ∆9, ∆#11, ∆#5...etc. → ∆
m7, mi7, min7, -9, -11...etc. → -7
-7b5, min7b5, Ø7...etc. → Ø
9, 13, 7alt, 7b9 ( #9, #11, b5, #5, b13...), sus, 7sus...etc. → 7
Es: un siglato come il seguente

C-9 F13sus Bb6/9 Eb∆(#11)

può essere "semplificato" in questo modo

C-7 F7 Bb∆ Eb∆

senza peraltro alterare le funzioni armoniche dei singoli accordi.

Quello che determina la funzione di un accordo è la sua


composizione (le note da cui è formato) e non la sua disposizione
(l'ordine in cui si trovano le note).

Studio:
Costruzione di II V I in tutte le tonalità maggiori.
Arpeggiare gli accordi con variazioni ritmiche.
7) Individuazione del centro tonale.

Per improvvisare sulla struttura di un brano, è indispensabile


operare una scelta delle note da usare e per fare ciò occorre
determinare quale sia il centro tonale intorno al quale ruota ogni
serie di accordi, quando non addirittura tutto il brano. Abbiamo
visto che alcuni accordi (come quelli di settima di dominante)
compaiono una sola volta in ogni scala, di conseguenza ogni
accordo di questo genere potrà appartenere ad una sola tonalità; in
altre parole : le note che formano quell'accordo si potranno trovare
tutte e quattro solo in quella determinata scala.

per esempio:
l'accordo G7 (Sol Si Re Fa) può essere costruito solo sulla scala di
Do, infatti tutte le altre tonalità avranno o il Fa diesis o il Si
bemolle. Di conseguenza per tutta la durata di quell'accordo
potremo improvvisare usando le note della scala di Do maggiore.

Il problema sorge quando ci troviamo davanti a tipi di accordi che


compaiono più volte nella scala maggiore, come ad esempio i -7
(che troviamo sul II, III e VI grado). Questi accordi potranno
appartenere a diverse tonalità (cioè potranno essere ricavati da
diverse scale):

es: D-7 ( Re Fa La Do) può essere costruito sul


II grado di Do maggiore, sul
III grado di Si bemolle maggiore e sul
VI grado di Fa maggiore.

A questo punto, per scegliere la scala da usare, sarà necessario


determinare la funzione degli accordi in questione.
Si tratta di vedere quindi se ci sono più accordi consecutivi che
possono appartenere alla stessa scala e se questi formino alcune
delle successioni armoniche più caratteristiche, come quelle che
abbiamo visto (V I, II V I, II V...).
Prendiamo in esame le prime otto battute di un celeberrimo
standard: "All the things you are" di Jerome Kern:

F-7 Bb-7 Eb7 Ab∆

Db∆ G7 C∆

Notiamo la presenza di un cambio di tonalità (modulazione) in


quanto i due accordi di settima di dominante (Eb7 e G7) ci
indicano inequivocabilmente la presenza di due distinti centri
tonali (La bemolle maggiore e Do maggiore).
Ora vediamo se è possibile individuare qualcuna delle formule che
abbiamo già visto collegando gli accordi vicini ed otteniamo:

Bb-7 Eb7 Ab∆


II V I di La bemolle maggiore

G7 C∆
V I di Do maggiore
Rimangono ancora due accordi ( F-7 e Db∆ ) ; questi possono
essere considerati rispettivamente :

F-7 II di Mi bemolle maggiore,


III di Re bemolle maggiore o
VI di La bemolle maggiore;

Db∆ I di Re bemolle maggiore o


IV di La bemolle maggiore.

Vediamo subito che entrambi possono appartenere alla tonalità di


La bemolle maggiore e perciò sarà più logico pensarli come gradi
di questa scala, che come dei momentanei cambi di tonalità. Il
risultato finale di questa analisi armonica sarà:

F-7 Bb-7 Eb7 Ab∆ Db ∆ G7 C∆


IV II V I IV V I
___________________________________ ___________
La bemolle maggiore Do maggiore

Diciamo che in un contesto tonale si cerca di far sì che vi sia


sempre un collegamento fra gli accordi, quindi ovunque sia
possibile si cerca una scala comune a più accordi, partendo magari
da accordi di settima di dominante che individuano subito la
tonalità.

Studio: individuare i centri tonali dei seguenti brani:


Giant steps (J.Coltrane); Central Park West (J.Coltrane);
Afternoon in Paris (J.Lewis); Tune up (M.Davis).
8) Il modo minore.

Un discorso analogo a quello riguardante la tonalità maggiore può


essere fatto per quella minore, ricavando i seguenti accordi dalla
scala minore armonica:

- maj7(- ∆) sul I (anche -7, ricavato dalla scala minore naturale)


Ø
sul II
∆(#5)
sul III (più comune ∆, dalla scala minore naturale)
-7 sul IV
7 sul V

sul VI
° (dim.) sul VII

di conseguenza, il II V I sarà Ø 7 -maj7 ( oppure -7 )


es: DØ G7 C-maj7 (oppure C-7).

Es: accordi costruiti sui gradi della scala minore di La:

A-∆ A-7 B Ø C∆(#5) C ∆ D-7 E7 F∆ G#°

Studio:
Costruire la formula II V I in tutte le tonalità minori.
Arpeggiare gli accordi con variazioni ritmiche.
Rispetto al modo maggiore, appare un poco più complesso il
discorso sulla scelta delle note per l’improvvisazione, avendo a
disposizione più di una scala (minore naturale, armonica e
melodica). In una fase iniziale, suggerirei di utilizzare la scala
minore naturale che, avendo le stesse note della relativa maggiore,
non ci costringe a studiare nuove diteggiature. E’ necessario
comunque prestare attenzione all’uso del settimo grado della scala
sull’accordo di dominante (per esempio: – in Do minore – il Si
bemolle sul G7); questa nota va considerata la nona eccedente
dell’accordo di settima di dominante (nell’esempio: La diesis) e va
perciò adoperata con una certa cautela, inserendola in un adeguato
contesto melodico. Se invece volessimo evidenziare la sensibile
(che compare nella scala minore melodica ascendente e nella
minore armonica) potremmo arpeggiare l’accordo di dominante.

Di conseguenza su E Ø A7 D- ( II V I minore ), possiamo


utilizzare la scala di Re minore naturale, equivalente alla scala di
Fa maggiore.
9) L'accordo di settima diminuita.

Sul VII grado della scala minore armonica si trova l'accordo di


settima diminuita, che ha la terza minore, la quinta diminuita e la
settima diminuita.

Es.: C° ( = C°7, Cdim, Cdim7 )

Spesso nella scrittura di questi accordi si usa enarmonicamente la


sesta maggiore al posto della settima diminuita per evitare i doppi
bemolli.

L'accordo di settima diminuita, appartenente al gruppo di


dominante, può essere usato in sostituzione del V grado.

es: G7 C-7 si può trasformare in B° C-7


senza alterare le funzioni armoniche.

L'accordo di settima diminuita viene impiegato anche per degli


scivolamenti cromatici ascendenti come IV7 IV#° I, frequente nel
blues (es: F7 F#° C) e discendenti come
III-7 IIIb° II-7 V7 I∆ (es: E-7 Eb° D-7 G7 C ∆).
La particolarità dell'accordo di settima diminuita sta nella sua
composizione: esso è infatti ottenuto dalla sovrapposizione di tre
terze minori e questo fa sì che la successione degli intervalli in
qualsiasi rivolto (in posizione stretta) sia la stessa della posizione
fondamentale:

Es: C°

Perciò ad ogni accordo di settima diminuita può essere attribuita


come nota fondamentale una qualsiasi delle quattro note che lo
compongono.

B° = D° = F° = Ab°

Il vantaggio che deriva da tutto ciò sta nel fatto che lo studio di tre
accordi di diminuita a distanza di semitono uno dall'altro ci
metterà in condizione di suonare anche tutti gli altri.

Studio:
costruire ed arpeggiare accordi di settima diminuita.
10) Le dominanti secondarie.

Talvolta, in una successione di accordi, per ottenere una maggiore


spinta armonica da un accordo all'altro, si usa trasformare un
accordo nella dominante dell'accordo successivo. Naturalmente
questo procedimento sarà attuabile solo in quei casi in cui il
secondo accordo si trovi una quarta giusta sopra (o una quinta
giusta sotto) il primo.

es: nella successione D-7 G7 C∆ ( II V I di Do maggiore)


trasformiamo il D-7 in D7 (dominante di Sol) e otteniamo:

D7 G7 C∆
V→I (di Sol)
V → I (di Do)

molto più ricca di tensione armonica e più stimolante per


l'improvvisatore.

L'accordo costruito sul Sol dà l'impressione di essere


contemporaneamente I grado di una tonalità e V grado dell'altra,
in realtà non c'è un vero e proprio spostamento del centro tonale,
ma una specie di "micromodulazione", sempre nell'ambito della
tonalità originaria (Do maggiore).Walter Piston chiama questo
processo "tonicizzazione", alludendo alla temporanea sensazione
di una nuova tonica.

Studio:
1) Individuare nei siglati le eventuali dominanti secondarie
e ricostruire la progressione originaria.
11) La sostituzione del tritono.

Da secoli considerato l'intervallo dissonante per eccellenza, anche


per la sua difficoltà di intonazione, il tritono è un intervallo di tre
toni (es: Fa - Si) ed è il cuore dell'accordo di settima di dominante,
perché è proprio da questo intervallo che scaturisce tutta la
tensione armonica che si risolverà nell'accordo di tonica. Le due
note del tritono tenderanno a scivolare ognuna verso la
consonanza più vicina (in questo caso rispettivamente Mi e Do).

G7 C D7 G

Ma il tritono Do - Fa diesis può essere considerato


enarmonicamente anche Do - Sol bemolle, appartenente all'
accordo Ab7 , V grado di Re bemolle, per cui il tritono potrà
risolvere anche in questo senso :

Ab7 Db

Si noti come la sola sostituzione del basso (da Re a La bemolle)


abbia spostato completamente il centro tonale. Noi possiamo
sfruttare questa ambiguità tonale del tritono per rendere
interscambiabili i due accordi di settima.
es: se abbiamo una cadenza D7 → G∆ , possiamo lasciare
inalterata la funzione effettiva del tritono (cioè quella di
dominante di Sol), ma pensarlo (Solb - Do) come
appartenente alla tonalità di Re bemolle; questo ci porta a
sostituire il D7 con Ab7, senza tuttavia cambiare il centro
tonale, che resta quello di Sol maggiore.

Riassumendo:
Un accordo di settima di dominante può essere sostituito con
un accordo dello stesso tipo costruito una quinta diminuita
sopra.

Questo tipo di sostituzione genera una forte tensione armonica,


ragion per cui è consigliabile effettuarla su accordi di settima che
risolvano (che siano quindi seguiti dalla tonica).

Studio:
Analizzare le strutture dei seguenti brani:
Joy spring (C.Brown); Lullaby of Birdland (G.Shearing)
Sometime ago (S.Mihanovic); My foolish heart (V.Young);
One note samba (A.C.Jobim); Moment's notice (J.Coltrane);

Studio:
1) Individuare nei siglati le eventuali sostituzioni del tritono e
riportare la progressione alla forma originaria, per
determinare il centro tonale.
2) Operare la sostituzione del tritono, ove possibile, nei siglati
e confrontare il suono delle due progressioni.
12) Interscambio modale.

Per interscambio modale si intende lo scambio di accordi aventi la


stessa funzione armonica dal modo maggiore al modo minore e
viceversa (questo principio è estensibile anche alla musica
modale).
Per esempio in una cadenza II V I maggiore possiamo sostituire
l'accordo sul II grado con l'accordo equivalente della tonalità
minore, senza alterare le funzioni armoniche.

es: in D-7 G7 C ∆ (II V I di Do maggiore) sostituiamo il D-7 con il


secondo grado di Do minore e otteniamo: D Ø G7 C ∆.

Un'altra applicazione di questa tecnica si ha nella cadenza plagale


(IV → I) : spesso tra IV e I di una tonalità maggiore si inserisce il
IV della tonalità minore:

Studio:
Analisi dei seguenti brani: Night and day (C.Porter);
Just friends (Klemmer/Lewis); All the things you are (J.Kern)
e individuazione dei punti di interscambio modale.
13) La scala diminuita.

La scala diminuita è una scala di otto suoni che alterna intervalli di


tono a intervalli si semitono. Può avere quindi due forme:

1) Tono-Semitono (T S T S T S T):

Es: scala diminuita di Do tono-semitono

2) Semitono-Tono (S T S T S T S):

Es: scala diminuita di Do semitono-tono

* trattandosi di una scala di otto suoni è necessario ripetere una nota con differenti alterazioni

La scala diminuita ha caratteristiche analoghe a quelle


dell’accordo diminuito e su questo può essere applicata nella
forma tono-semitono.
La forma semitono-tono viene utilizzata su accordi di settima di
dominante che contengano 13, b9, #9, #11.

Studio:
E’ sufficiente studiare tre scale diminuite a distanza di semitono
per impadronirsi di tutte le diteggiature necessarie per eseguire
qualsiasi scala diminuita tono-semitono e semitono-tono.
14) La lettura e la pronuncia jazzistica.

E' praticamente impossibile trascrivere esattamente la pronuncia


delle crome nello swing, sia perché non corrisponde ad una
suddivisione precisa, sia perché varia da periodo a periodo e, in
pratica, da musicista a musicista.
Diciamo che, benché la scrittura sia quella tradizionale, si tende a
suonare la croma sul battere di ogni movimento appena più lunga
di quella sul levare, producendo un effetto quasi terzinato.

Es: scrittura:

esecuzione (swing):

Per evitare di accentare la prima delle due crome, suggerirei di


studiare le scale in questa maniera (non terzinate) :

(gli strumenti a fiato possono eseguire questo studio senza


staccare completamente le note, ma semplicemente
“chiamandole", senza interrompere il flusso dell'aria,
pronunciando una "d" leggera).
Tuttavia niente come l'ascolto di brani jazz potrà farvi assimilare
questo genere di pronuncia; ascoltate per esempio i soli vocali di
Chet Baker e vi accorgerete che la sua pronuncia è pressoché
identica a quella che usa con la tromba.

E' utile esercitarsi anche negli spostamenti di accento :

Sia nell'improvvisazione che nella lettura jazzistica è importante


accentuare anche ritmicamente l'andamento melodico della frase.
16) Il fraseggio.

Non credo che esista un sistema per acquisire un buon fraseggio


jazzistico che non passi attraverso l'ascolto dei grandi musicisti del
jazz. Da principio si può provare a riprodurre degli assoli o dei
passaggi tratti da registrazioni storiche (perché si assimili
realmente una frase conviene impararla a orecchio e non da una
trascrizione!).
In una fase successiva si comincerà ad improvvisare sullo stesso
brano, magari cercando di suonare nello stesso stile o utilizzando
le frasi del solo che abbiamo imparato che ci sembrano più
interessanti. Scopo di tutto ciò sarà quello di rendere nostre alcune
di quelle frasi, o meglio ancora di inventarne di originali.

Per chi si avvicina al Jazz dalla musica "classica" vi sarà


probabilmente un impatto con la componente ritmica che è un
valore fondamentale nella musica afro-americana, componente
che nella musica colta europea ha un valore quasi secondario
rispetto a quella armonica e melodica.
15) L'improvvisazione.

L'improvvisazione può essere descritta come la composizione


estemporanea di un evento musicale, che può essere una semplice
melodia, una figurazione ritmica, una struttura armonica o una
combinazione di questi ed altri elementi. L'improvvisazione non è
assolutamente una prerogativa del jazz; in questo ambito musicale
è stata particolarmente curata, mentre è venuta progressivamente a
mancare in buona parte della musica colta europea.

Uno studio dell'improvvisazione jazzistica può cominciare


semplicemente dall'interpretazione di un tema; è infatti
consuetudine, nel jazz, modificare ritmicamente i temi in modo
tale da personalizzarli e renderli più interessanti. Questo
procedimento si può attuare anticipando o ritardando alcune note
del tema, modificandone le durate e l'accentazione.

Prendiamo come esempio le prime quattro battute di Beautiful


Love (di Young, King, Alstyne, Gillespie):

scrittura:

possibile interpretazione (le “r” e le “a” indicano rispettivamente


gli anticipi o i ritardi):
17) La scelta delle note nell'improvvisazione.

Nella musica tonale anche la melodia è in parte condizionata dalle


regole che determinano i rapporti armonici.
Di conseguenza nell'improvvisazione, sebbene sia possibile
suonare su tutte le note della scala relativa ai vari accordi,
bisognerà usare una certa cautela con quelle che gli americani
chiamano "avoid notes" (letteralmente: note da evitare), che sono
delle note che, se prolungate, possono "entrare in conflitto" con la
struttura dell'accordo.
Per esempio il IV grado sugli accordi ∆ : provate a cantare un Fa
suonando un Do maggiore ...

Mentre per quanto riguarda la tonalità maggiore non si pone il


problema della scelta della scala, per l'improvvisazione nella
tonalità minore ne abbiamo a disposizione ben tre :

1) la Scala Minore Armonica


2) la Scala Minore Melodica Ascendente
3) la Scala Minore Melodica Discendente, che equivale alla
Scala Minore Naturale. (v.Tab II)

In una prima fase di studio dell'improvvisazione si può usare la


minore naturale, anche perché questa scala ha esattamente le
stesse note della sua relativa maggiore e ci eviterà lo studio di altre
diteggiature.
In pratica su DØ G7 C-7 ( II V I di Do minore ) possiamo usare
inizialmente la scala di Do minore naturale, che corrisponde a Mi
bemolle maggiore.
A questo punto l'unica precauzione da usare è nell'uso della
settima minore (della scala) sull'accordo di settima di dominante
(es: Sib sull'accordo di G7); peraltro questo accordo può essere
arpeggiato usando quindi la sensibile (Si naturale); infatti per
quanto in alcune scale minori l'accordo costruito sul V grado sia
un minore settima (-7), in un contesto tonale si userà sempre
(come dominante) l'accordo di settima (7), indipendentemente
dalla scala usata per l'improvvisazione.
Chi proviene da studi di armonia classica troverà un poco ostico
l'uso di questa nota (che considerata enarmonicamente, altro non è
che una nona eccedente, per es: il Si bemolle = La diesis, nona
eccedente dell’accordo di G7), ma con la pratica si abituerà a
suonarlo in un contesto melodico adeguato.

In generale, a questo punto, abbiamo due possibilità :

1) Un'improvvisazione cosiddetta "orizzontale" (immaginàtela


sullo spartito), costruita sulle scale, che terrà in maggior conto
l'aspetto melodico:

BØ E7 A-7

2) una detta "verticale", sulle note degli accordi.

E-9 A7(b9,b13) D∆9 B7(b9)


Naturalmente l'ideale è un'improvvisazione che alterni le due
tecniche o che le integri, dando un senso melodico agli arpeggi e
usando le scale in modo tale da evidenziare anche l'aspetto
armonico.

Non bisogna trascurare il concetto di improvvisazione "tematica",


cioè un'improvvisazione che sviluppi o perlomeno tenga in
considerazione il contenuto melodico-ritmico del tema.

Ricordiamo che tutte queste regole hanno un valore puramente


indicativo e costituiscono semplicemente uno dei vari sistemi per
avvicinarsi all'improvvisazione.

Studio:
Lettura ed elaborazione di temi di standard jazzistici e successiva
improvvisazione tematica sulla struttura.
18) Un po' di analisi.

L’analisi armonica di un brano può essere svolta su due livelli:


uno che tenga in considerazione il brano nella sua globalità e
individui i principali centri tonali e uno che analizzi i rapporti tra i
singoli accordi al fine di stabilire, accordo per accordo, le scale da
usare per l’improvvisazione. Prendiamo ad esempio la seguente
successione di accordi:

C∆ A-7 D7 G7

Il centro tonale è evidentemente Do maggiore ( I VI II V ), in


quanto il D7 è una dominante secondaria del G7 e può essere
comunque considerato un secondo grado di Do.
Tuttavia è opportuno adottare alcuni accorgimenti nel trattamento
del D7, che può essere considerato temporaneamente come un
quinto grado di Sol maggiore, in modo tale da poter utilizzare su
di esso una scala che comprenda il Fa diesis.

Analizzando alcune strutture può capitare di trovare degli accordi


che non hanno nessuna scala comune con gli accordi vicini. In
questi casi, per non correre rischi, ci si può limitare a suonare sulle
note dell'accordo.

Spesso l'accordo minore settima ( -7 ), quando non è collegabile


alla scala degli accordi vicini, può essere trattato come un II grado
della tonalità maggiore.
19) Studio delle strutture.

Un aspetto che spesso viene (ingiustamente) trascurato dello


studio dell’improvvisazione e della teoria musicale jazzistica è lo
studio della struttura dei brani.
E’ fondamentale per una buona esecuzione del brano non solo la
sua analisi armonica, ma anche quella strutturale.
Quest’ultima individua le differenti sezioni di cui è composto un
brano musicale e ci dà l’opportunita di cogliere il senso globale di
quello che stiamo suonando (o ascoltando).
Un brano può essere così composto da un’introduzione, un tema
(a sua volta suddiviso in sezioni indicate da lettere), un chorus
(la parte del brano che si ripete ciclicamente e sulla quale avviene
l’improvvisazione), varie sezioni di collegamento (interludi,
transizioni etc.), una coda.
Talvolta il chorus comprende l’intera struttura del pezzo, come in
Blue bossa (Kenny Dorham), Solar (Miles Davis), in altri casi è
solo una parte dell’intero brano, come in A night in Tunisia (Dizzy
Gillespie / Frank Paparelli), Dolphin dance (Herbie Hancock).
Facciamo qualche esempio:
alcune delle strutture più diffuse e più semplici hanno una forma
regolare AABA (è il caso di I got rhythm di George Gershwin, il
cui chorus è formato da 32 misure divise in due sezioni A di 8
misure, seguite da una sezione B (detta bridge) e da un’ultima A
(sempre di 8 ) o ABAC (come Out of nowhere ...).
Nel caso di All the things you are di Jerome Kern troviamo una
struttura AABA alquanto irregolare:
il primo A è di 8 misure, il secondo, sempre di 8 non è esattemente
identico al primo, ma è la sua trasposizione una quarta giusta
sotto; segue un B di 8 con ulteriori modulazioni e un’ultima A
nella tonalità della prima ma di 12 misure, per un totale di 36 per
ogni chorus. Spesso questo brano è preceduto da un’introduzione
di 8 misure che non fa parte del chorus.
Nel celebre A night in Tunisia di Dizzy Gillespie troviamo spesso
un’introduzione di 4 misure (che peraltro possono essere
ritornellate ad libitum sino all’entrata del tema); un tema regolare
AABA di 32 in cui le A(8) vengono suonate su un tempo latin, la
B(8) su uno swing; un interludio di 8 misure le cui ultime due
servono come lancio per il solo; un chorus AABA (32) sulla
struttura del tema; un tema finale (di cui spesso si esegue solo la
prima A con un rallentando sulle ultime due misure).
Troviamo struttura più complesse in brani come in Tempus Fugit
di Bud Powell: introduzione (8), tema regolare AABA(32),
interludio (6 misure con break sulle ultime due), chorus AABA
sulla struttura del tema, tema AABA (32), coda di due misure.
La versione di Charles Mingus di Girl of my dreams di Sonny
Clapp presenta una struttura estremamente interessante per le sue
complesse variazioni ritmiche, infatti il pezzo inizia in 4/4 con un
primo tema con struttura A(8), A(8), B (8, tempo in 2), A (7
misure, tempo in 4);
4 misure di transizione in 3/4;
tema II - sulla stessa struttura armonica - composto da A
(8 misure in 3/4), A (8 in 3/4), B (8 in 6/8), A (8 in 4/4,
di cui le ultime due di break di batteria),
2 misure in 6/8 di sola ritmica;
solo di sax tenore (1 chorus) AABA in 6/8;
solo di piano (1 chorus) AABA sempre in 6/8 con un rallentando
sulle ultime quattro misure che porta al 3/4 del
tema II che mantiene le stesse caratteristiche della sua prima
esposizione;
ripresa del tema I con le 2 prime A in 4/4, la B in 6/8,
l’ultima A in 4/4 che finisce bruscamente alla sesta misura.
Facendo un cammino a ritroso nella storia del jazz possiamo
riscontrare strutture ancora più complesse nei brani di Jelly Roll
Morton o di Scott Joplin.
Naturalmente l’analisi di questi e altri brani avrà un senso solo se
accompagnata dall’ascolto dei brani stessi.
20) Voicing.

Per voicing si intende la disposizione delle voci di un accordo.


E’ importante che qualsiasi musicista sia in grado di suonare un
siglato al pianoforte.
Un sistema abbastanza efficace è quello di disporre l’accordo su
tre voci ,due delle quali saranno, nella maggior parte dei casi, la
terza e la settima, che costituiscono, per così dire, lo “scheletro”
armonico dell’accordo e ne determinano la funzione*. A queste
note si potrà aggiungere una nota di
tensione armonica (b5, #5, 6, 9, b9, #9, 11, #11, b13, 13, etc),
ovverosia una nota accessoria che di volta in volta darà
all’accordo un diverso colore armonico.

* A questa regola fanno talvolta eccezione i semidiminuiti ( Ø ) che


possono essere disposti dei quali possiamo suonare la
fondamentale, la quinta diminuita e la settima minore, i sus,
(fondamentale, quarta giusta e settima minore) e i diminuiti (°) che
conviene suonare con tutte e quattro le note.
Su una disposizione 7 3 (dal grave verso l’acuto) possiamo
aggiungere 5, b5, #5, 6, 11, #11, b13, 13.
Su una 3 7 possiamo aggiungere 9, b9, #9.
La mano sinistra può suonare la fondamentale degli accordi
mentre la destra esegue i voicing suddetti.
Esempi:

C∆ C6/9 C∆ C∆
C9 C7(b9) C7(#9) C7 C7(#11) C7 C7(b5) C7(#5) C7(b13) C13

Ecco un esempio sulle prime otto battute di Autumn leaves di


Joseph Kosma (la scelta del voicing da usare dipende anche dalla
zona della tastiera in cui vogliamo suonare: per avere una sonorità
ben definita è consigliabile disporre gli accordi in prossimità del
Do centrale):

C-7 F9 Bb6/9 Eb∆ AØ D7(b9) G-6


Glossario.

1st, 2 nd, 3rd (ingl.): abbreviazioni di first, second, third,


rispettivamente primo, secondo, terzo.
1st x only, 1st time only: soltanto la prima volta.
8va, 8vb : un'ottava sopra, un'ottava sotto.
Acoustic bass (ingl.): contrabbasso.
Ad lib. (latino: ad lìbitum): a piacere.
Add (ingl.): aggiungere (o abbreviazione di added: aggiunto).
Anatole (franc.): Termine usato in Italia e in Francia per
indicare una struttura di tipo "rhythm changes"(v.).
La leggenda vuole che Anatole fosse il nome dato dagli
studenti a uno scheletro dell'università della Sorbona e da qui
anche a quella che è la struttura, quindi lo "scheletro" di un
grande numero di standards di jazz.
Bar (ingl.): misura, battuta.
Block chords ( ingl.) : armonizzazione di una melodia con
accordi in posizione stretta.
Brass (ingl.): la sezione degli ottoni.
Break (ingl: interruzione, pausa): breve episodio di alcune
battute in cui un solista rimane da solo e la ritmica tace.
Bridge [o release, o channel] (ingl.): letteralmente "ponte" è,
in una struttura di tipo AABA, la sezione B, che è una
variazione rispetto alle altre tre A; detto anche "inciso".
Changes (ingl.): letteralmente "cambi", in inglese usato
per "modulazione", indica l'insieme degli accordi che
formano la struttura di un brano o un particolare tipo di
progressione.
Chord (ingl.): accordo.
Chorus (ingl.): In origine il ritornello (refrain) della canzone,
si usa generalmente per definire la struttura ciclica sulla
quale si improvvisa.
Coltrane changes (ingl.): indica un determinato tipo di
progressione ideata da John Coltrane, in cui i vari centri
tonali sono disposti a distanza di terza maggiore l’uno
dall’altro (v.Giant Steps, Countdown, 26-2).
Combo (dall'inglese combination): piccolo organico
strumentale, generalmente costituito dalla sezione
ritmica e da alcuni solisti.
Comping (ingl.): accompagnamento.
D.C. : da capo.
Double bass (ingl.): contrabbasso.
Drums (ingl.): batteria.
Ending (ingl.): finale.
Fade (ingl.): dissolvere, dissolvenza (fading).
Fast (ingl.): veloce.
Fill (ingl. riempi, riempire): scritto sulla parte, indica al
musicista che deve improvvisare una o più brevi frasi per
una durata stabilita.
Even eights [Even 8ths] (ingl.): termine che indica che le note
del valore di un ottavo non devono essere suonate con
una pronuncia swing, ma esattamente come sono scritte.
H: nella nomenclatura tedesca la lettera H rappresenta il Si
naturale; il Si bemolle è rappresentato dalla lettera B.
Half-step (ingl.): mezzo tono, semitono (lett. mezzo passo).
Horn (ingl.): Corno; al plurale (horns) è usato anche per
indicare l’intera sezione dei fiati.
Intro: introduzione.
Interlude (ingl.): interludio.
Keyboard (ingl): tastiera (abbreviato: kbd).
Last x, last time (ingl.): ultima volta.
Lead (ingl.): lett. "guida", è la voce principale (spesso la più
acuta) di una armonizzazione a più parti.
Loco (lat. sul posto): usato dopo il segno 8va, significa che le
note che seguono vanno suonate come sono scritte.
Medium (ingl.): media velocità (anche seguito da swing,
ballad etc…).
Modulazione: cambio di tonalità.
Play (ingl.): suona (imperativo), suonare.
Progressione: procedimento compositivo secondo il quale una
formula armonica o melodica viene ripetuta più volte
partendo da note diverse.
Rhythm Changes (ingl.): Struttura tipica del jazz (con struttura
AABA) derivata dal brano "I got rhythm" di George
Gershwin (v.Oleo di S.Rollins, Anthropology di
C.Parker, Rhythm-a-ning di T.Monk, Cotton tail di
D.Ellington...).
Root (ingl: radice): (nota) fondamentale.
Standard (ingl.): qualsiasi brano che sia divenuto un classico
del jazz e venga reinterpretato da diversi musicisti.
Step (ingl.): lett. passo, è l'intervallo di tono.
Stop chorus (ingl.): break (v.) della lunghezza di un chorus.
Stop time (ingl.): solo improvvisato su una serie di break
consecutivi, all’inizio di ognuno dei quali la ritmica suona
una nota o una frase, poi tace.
Straight eights (ingl.): sinonimo di even 8ths.
String bass (ingl.): contrabbasso.
Strings (ingl.): letteralmente corde (di chitarra, per esempio),
ma anche "archi", ovverosia violini, viole, violoncelli e
contrabbassi.
Sus. (ingl.): abbr. di suspended, sospeso, generalmente riferito
ad un ritardo della quarta che non risolve e quindi usato
nei siglati di accordi di settima in cui la terza maggiore è
sostituita dalla quarta giusta.
Tacet (latino: taci!): non suonare.
Tag (ingl.): coda.
Tone (ingl.): nota (tono si dice step).
Tonicization (ingl.): non esiste l'equivalente in italiano, si
potrebbe tradurre in modo abbastanza eloquente con
"tonicizzazione". Questo termine, usato da Walter Piston
nel suo trattato di armonia, indica una momentanea
modulazione, generalmente prodotta da una dominante
secondaria.
Turnaround (ingl.): La progressione che generalmente si trova
alla fine del tema o del chorus e che contiene una cadenza
che riporta all'accordo iniziale. Un esempio tipico è la
progressione (ciclica) I(III) VI II V.
Up tempo: tempo veloce.
Up swing: swing veloce.
Upper structure (ingl. struttura superiore): triade estratta.
Vamp (ingl.): breve sequenza di alcune battute, spesso ripetuta
ad libitum con un solista che improvvisa, usata come
riempitivo o come coda di un brano.
Verse (ingl.): nelle canzoni poi divenute degli standard del
jazz, è la parte introduttiva, quella che potremmo
chiamare “strofa”, seguita dal ritornello o chorus;
nel jazz moderno viene eseguito quasi sempre solo il chorus,
che poi diventa appunto la struttura base per
l’improvvisazione e che è anche quello che troviamo nelle
varie raccolte di standard, i vari real book e fake book (solo
in qualche raccolta di recente pubblicazione
si trovano le canzoni intere, complete anche del verse).
Voicing (ingl.): la disposizione delle parti di un accordo; in
alcuni casi gli americani intendono con questa parola
proprio "gli accordi".

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