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La principessa Brambilla
Romanzi e racconti
Gli elisir del diavolo
Mastro Pulce
Il vaso d'oro
E. T. A. Hoffmann
Racconti notturni
Einaudi
019691:1994 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino
ISBN 8 8 - o 6 - i 7 7 i z - 5
L ' E S I L I O D E L BORGHESE
di Claudio Magris
I.
3-
4-
5-
6.
8.
Ernst Theodor Wilhelm HoHmann (il cui terzo nome, Wilhelm, fu mutato
i n Amadeus in segno d i omaggio a Mozart) nacque a Kònìgsberg i l 24 gennaio
1776 da Christoph Hoffmarm, severo giurista non privo d i inclinazioni artisti-
che, e da Luise Albertine Dorffer, donna dal temperamento ipersensibile e sog-
getta a vere e proprie crisi nevrotiche. Dopo la separazione dei genitori, avve-
nuta nel 1780, H o f f m a i m fu affidato alla famìglia materna ove passò la sua in-
fanzia, segnata da esperienze indelebili che non si cancellarono più dalla sua
mente e che emergono in molte delle sue opere. Fra queste, decisivo fu l'affet-
t o per la dolce zia Fiisschen, morta assai giovane e trasfigurata nel ricordo d i
Hoffmann come ìl simbolo della femminilità, come i l simbolo d i una sublimata
esperienza amorosa della fanciullezza i n cui lo scrittore vide la prima identifì-
cazione d i femminilità, Eros, musica e poesia. Accanto al prozio Vòthory, mo-
I; dello dell'indimenticabile Justitiarius del racconto Das Hajorat [ I l maggìora-
sco], lo zio O t t o Wilhelm Dorffer, rievocato più tardi, costituì i l primo incon-
I
xLvm NOTA BIOBIBUOGRAFICA
Per quel che concerne la bibliografia si rimanda, oltre agli studi menzionati
nella nota all'introduzione, a G . W T T T K O P - M É N A R D E A U , E. T. A. Hoffmann in
Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, iibertr. v. J . F. W i t t k o p , Hamburg 1966;
j . V O E R S T E R , 160JahreE. T. A. Ho^nam-Forscbung. i8oy-i^y. EineBiblio-
graphie, Stuttgart 1967; G . R . K A I S O R , E. T. A. Hoffmann, Metzler, Stuttgart
1988; K . K A N Z O G , E. T. A. Hoffmann-Literatur 'óó-'ó^. Bine Bibliographie, i n
«Mitteilungen der E. T . A . Hoffmann-Gesellschaft», 16 (1970), 28/40; K .
K A N Z O G , IO Jahre E. T. A. Hoffmann-Forschung. E. T. A. Hoffmann-Literatur
'jo-'8o • Etne Bibliographie, i n «Mitteilungen der E. T . A . Hoffmann-
Gesellschaft», 27 (1981), 35/103.
Si vedano inoltre le annatedelle «Mitteilungen der E. T . A . Hoffmann-
Gesellschaft», hrsg., V . W u l f Segebrecht et al., Bamberg.
La presente versione è stata condona sul testo dell'edizione E . T . A . H O F F -
M A N N , Poetische Werke, 12 B.de, hrsg. v . K. Kanzog, Berlin 1957-62.
C. M.
Racconti notturni
PARTE PRIMA
I
L'ORCO INSABBIA
Natamele a Lotario
Clara a Nataniele
Nafaniele a Lotario
i mia figlia, - disse questi sorridendo. - Bene, bene, caro signor Na-
-taniele, se lei ci prova gusto a far chiacchiere con questa scioccherel-
l i , le sue visite saranno per me u n piacere.
Con tutto u n cielo luminoso, raggiante nel cuore, Nataniele usci
I d i là. I giorni seguenti nessxmo parlava d'altro che della festa d i
ISpallanzani. Sebbene i l professore n o n avesse trascurato nulla per
max una splendida figura le teste allegre raccontavano una quantità
i d i stranezze, d i contrattempi che si erano avverati e soprattutto si
|diiacchierava molto a proposito della rigidità e del silenzio d i O l i m -
. alla quale, ad onta della sua bellezza esteriore, attribuivano una
le ottusità d i spirito ed i n ciò si voleva vedere la causa per cui
aUanzani l'aveva tenuta nascosta tanto tempo. Nataniele n o n po-
sentire questi discorsi senza sentirsi sconvolto; ma n o n diceva
jUa perché, pensava, che scopo c'era d i mostrare a quei ragazzetti
: era proprio la l o r o ottusità i l m o t i v o per cui n o n potevano rico-
jscere i sentimenti profondi, meravigliosi d i OHmpia.
- Fammi i l favore, camerata, - disse u n giorno Sigismondo, - d i
p i i r m i come t i può essere venuto i n testa a te, che piire sei una perso-
||ta intelligente d i stupidirti dietro a quella faccetta d i cera, a quella
sboia d i legno? — Nataniele stava per andare i n furia, ma si trat-
j|i«nne e rispose: - D i m m i piuttosto t u , Sigismondo come al t u o
latdo che dì solito concepisce ogni bellezza, come al tuo spìrito
ìvace sia p o t u t o sfuggire U d i v i n o fascino d i Olìmpia? M a proprio
lesto è i l m o t i v o che, grazie alla nostra sorte, n o n sei mìo rivale;
lenti uno d i n o i due dovrebbe cadere nel proprio sangue - . Si-
ismondo, accorgendosi a che punto era arrivato i l suo amico, ebbe
.buon senso d i dargli ragione ed aggiunse, dopo avere osservato
i n fatto d'amore n o n si può mai discutere sull'oggetto amato:
• Però è strano che m o l t i d i n o i hanno su per giù la stessa opinione
Olìmpia. Per i l nostro gusto - non avertene a male camerata! c'è
sa un poco troppo rigida e senza spirito. H a u n personale m o l t o
ilare, è vero ed anche u n bel viso; potrebbe passare per una vera
lazza se ì suoi occhi n o n fossero cosf senza vita, starei per dire
sa sguardo. £ p o i cammina a passi misurati; ogni movimento
fa sembra che sia regolato dalie rotelle d i u n meccanismo.
i Q u a n d o suona, quando canta ha l o stesso r i t m o cosf sgradevole,
nso e senza spirito come una macchina cantante, e l o stesso si
isa quando balla. Insomma per n o i questa OUmpìa ha qualcosa
l'inquietante e n o n vorremmo avere nidla a che fare con lei. C i pa-
ra che facesse finta d i essere u n essere vivente e che sotto cì fosse
Icosa d i poco chiaro.
Nataniele non sì abbandonò affatto ai sentimenti dì amarezza
30 RACCONTINOTTURNI
' Secondo quanto affetoia Kunz nella biografia hofmanujana d i Hìtzlg, questo nome sa-
rebbe una de^rmazione d i quello della guardia forestale Endres, d i Frensdorf, presso Bam-
berga, dove Hofmann e Kuoz si lecavana ipesso a csccia.
* I l nome d i questo conte immaginario deriva forse dal feudo d i Klcinvacli, presso
Kassel.
RACCONTI NOTTURNI
38
ed incerte e i l giardino assegnatogli da coltivare per proprio uso,
veniva d i continuo messo a soqquadro e devastato da l u p i e cinghia-
l i ; per quanto egli si a€aticasse a vigilare col suo garzone, spesso
avveniva che i n una sola notte t u t t o i l raccolto, su cui aveva fatto
conto per campare, andasse distrutto. I n o l t r e la sua vita era conti-
nuamente minacciata dai bracconieri e dai ladri d i legna. Da quel-
l'onest'uomo che era egli si opponeva sempre a qualsiasi tentativo
d i corruzione, preferendo la miseria al denaro male acquistato e
continuando a fare coraggiosamente e lealmente i l proprio dovere;
ma le insidie erano incessanti, e soltanto i suoi fedeli mastini riusci-
vano a difenderlo dalle incursioni notturne dei malfattori. Giorgi-
na, non avvezza a quel clima, a quel genere d i vita, andava deperen-
do a vista d'occhio; i l suo bel colorito bruno diveniva smorto, gial-
lastro, gli occhi vivaci, scintillanti si incupivano, le belle forme pie-
ne si facevano più scarne ed incavate d i giorno i n giorno. Spesso,
nel cuore della notte, si destava d i soprassalto: colpi d i fucile i n
lontananza... guaiti dei mastini... I l marito si alzava piano plano e
sgattaiolava fuor della porta, nel bosco, insieme al garzone, mormo-
rando qualcosa... A l l o r a lei pregava I d d i o e t u t t i i santi d i salvare i l
suo bravo Andrea e d i t r a r l i da quel luogo spaventoso e selvaggio,
da quei continui, mortali pericoli. La nascita d'un bimbo fece d i lei
im'inferma, inchiodata a letto; sentiva che le forze andavano ab-
bandonandola, che la fine era inmiinente. I l marito andava i n t o m o
cupo e pensieroso : con la malattia della moglie ogni felicità era sva-
nita. I l vento l o investiva, frusciando attraverso i cespugli, come i m
folletto maligno; tutte le sue fucilate andavano a vuoto, non riusci-
va più a colpire alcim animale e soltanto più i l suo vecchio garzone
- tiratore provetto - g l i procurava la selvaggina che egli era tenuto a
fornire al conte von Vach. Una sera Andrea sedeva accanto al letto
d i Giorgina fissandone intensamente le amate sembianze; la povera
donna giaceva spossata e non respirava ormai quasi più. Schiacciato
da u n dolore cupo e silenzioso egli le prese la mano, senza neppure
più udire i vagiti lamentosi del bimbo stremato dalla fame. I l gar-
zone era uscito fin dall'alba per recarsi a Fulda a comprare con g l i
u l t i m i risparmi un po' dì cibo per l'ammalata. A l l ' i n t o r n o , per un
raggio d i molte miglia, non c'era speranza d i trovare anima viva né
ima parola d i conforto: soltanto l'ululato terrificante e lamentoso
del vento fra i neri abeti e i guaiti dei mastini, che parevano pian-
gere sconsolati sulla sorte dell'infelice padrone. All'improvviso
Andrea udì dei passi avvicinarsi alla casa: credette fosse i l garzone,
d i r i t o m o da Fulda, benché non l o aspettasse ancora cosi presto. M a
i mastini si precipitarono fuori abbaiando furiosamente: doveva
IGNAZIO DENNER 39
' Anche il nofn^ di Dennw avrebbe, sfondo Kunz, una sua Gtorìa. Due titrattl del pit-
tore Balthasar Denner esposti nella pinacoteca di Pommersfelden (presso Bamberga) avevano
suscitato l'entusiastica ammirazione di Hoffmann. Dopo aver tmtato inutilmente di procu-
rarsi pili precise notizie intorno a guell'irtisu, la cui vita, l a cui personalìtì umana e^i eia
convinto si identificassero col temperamento pittorico, Hofimann espresse l'intenzione di ri-
costruire poeticaracnie i l personaggio su tali basi in uno dei suoi Taniaiteslucke. Ma non lo
fece. Ne utilizzò invece i l nome per questo racconto, ambientandolo tuttavia in un mondo
diverso, lontanissimo da quello originariamente ispiratogli d a l pittore Denner e dai suoi
quadri.
IGNAZIO DENNER 45
E
X)enner puntò l'arma contro di lui ma, mentre stava per premere il
"letto, lanciò un urlo soffocato e cadde colpito da un proiettile, I
;anti fuggirono; i cacciatori del conte accorsero verso il capo-
da ferito ma Andrea, come spinto da una forza irresistibile, con
! i n balzo fu accanto a Denner, se lo caricò sulle spalle robuste e cor-
i se via, portandolo ìn salvo. Non venne inseguito e potè raggiunge-
re felicemente il bosco. Si ud£ ancora qualche sparo isolato, poi tut-
i,to ripiombò nel silenzio; evidentemente i briganti rimasti illesi era-
no riusciti a imboscarsi nella macchia, dove ì cacciatori e i contadini
•non avevano ritenuto consigliabile spingersi. - Posami giù, Andrea,
disse Denner: - Mi hanno ferito aJ piede e... maledizione a me! ...
sono caduto... La ferita mi fa molto male ma non credo sia grave
Andrea Io depose a terra. Denner trasse di tasca una fialetta e la
aperse. Ne scaturì una luce vivissima che permise ad Andrea di e-
'splorare attentamente la ferita. Deimer aveva ragione: sì trattava
soltanto dì un brutto colpo dì strìscio al piede destro, che sanguina-
va copiosamente. Andrea fasciò la ferita col fazzoletto. Denner lan-
|dò unfischio,udìrisponderedì lontano e allora pregò Andrea di
iaccompagnarlo pian piano su per ìl sentiero del bosco: ìn breve sa-
srebbero arrivati. Difattì poco dopo videro baluginare le luci delle
52 RACCONTI NOTTURNI
mandò a dire che sarebbe rimasto fuori per alcuni giorni, avendogli
i l conte affidato certe commissioni importanti da sbrigare. G i u n t o a
Francoforte si presentò al banchiere del conte, i l quale l o indirizzò
a u n certo mercante, formalmente incaricato d i pagargli i l legato.
Andrea fini per trovare anche costui e ne ricevette la notevole som-
ma i n contanti. Sempre pensando soltanto a Giorgina e al modo d i
rendere ancor più completa l a sua gioia, comprò per l e i ogni sorta
d i cose belle e i m o spillone d'oro identico a quello donatole da Den-
ner. M a la sua sacca si era fatta troppo pesante per u n viaggiatore
appiedato, perciò egli dovette procurarsi anche u n cavallo. E cosi,
dopo sei giorni d i assenza, riprese allegro e giulivo la via del ritor-
no. I n breve giunse alla foresta, e quindi a casa. M a la casa la trovò
chiusa. Chiamò forte i l garzone. Giorgina... Nessuna risposta: sol-
tanto i sommessi guaiti dei cani chiusi dentro. Presagendo una gros-
sa sciagura, bussò con violenza alla porta e tornò a chiamare con
quanto fiato aveva i n gola : - Giorgina !... Giorgina !?... — O r a final-
mente la finestra del pianterreno cigolò, si aperse e apparve Giorgi-
na gemendo: - O h D i o ! . . . O h D i o ! . . . Andrea... sei tu?... Grazie al
cielo seì ritornato!... - Quando Andrea entrò i n casa la donna g l i sì
gettò al collo pallida, stravolta, piangente; egli rimase impietrito:
se la sentì venir meno fra le braccia e, prima d i e scivolasse sul pavi-
mento, la strìnse forte e la portò d i peso nella camera accanto. L'or-
rore, i l raccapriccio l o afferrarono alla gola con artìgli dì acciaio.
Orrendo spettacolo! Sangue dappertutto, sul pavimento, sulle pa-
r e t i ! . . . Disteso sul lettino, i l bimbo più piccolo m o r t o , rol petto
squarciato. - D o v ' è Giorgio... dov'è Giorgio?... - urlò Andrea con
disperazione selvaggia, ma i n quel momento udì i l ragazzino trotte-
rellare giù dalla scala chiamando - Babbo... b a b b o ! . . . . . . . B i c d i i e r i ,
bottìglie, p i a t t i r o t t i erano sparpaglìari dovunque. I l grosso tavolo
pesante, abitualmente addossato alla parete, era stato spinto i n
mezzo aUa camera e su dì esso posavano u n braciere dì foggia stra-
na, alcune fiale e una scodella piena dì sangue. Andrea sollevò i l suo
povero piccino dal letto; Giorgina comprese, portò alcune pezzuo-
le i n cui avvolsero i l corpìcìno e l o seppellirono presso la casa. A n -
drea ìntagUò una piccola croce dì quercia e la pose sul tumulo. N o n
una parola, n o n un lamento sfuggi alle labbra degli infelici genito-
ri: fecero t u t t o nel più cupo silenzio e p o i sedettero i n giardino fis-
sando l o sguardo immobile verso i l lontano orizzonte, nella luce del
tramonto.
Soltanto i l giorno seguente Giorgina f u i n grado d i raccontare
ad Andrea l'accaduto. Quattro giorni dopo la sua partenza ìl garzo-
ne, a mezzogiorno, disse d i aver d i nuovo scorto u n gran numero d i
IGNAZIO DENNER 57
' figuri sospetti aggirarsi nel bosco. Giorgina si augurò di tutto cuore
;che ìl maritoritornassepresto. Durante la notte venne destata da
grida e baccano, sotto lefinestre;ìl garzone accorse terrorizzato e
le disse che la casa era completamente circondata dai briganti: im-
possibile pensare a difendersi. I mastini si misero a latrare furiosa-
'jmente ma quasi subito parvero quietarsi, e qualcuno chiamò forte:
;- Andrea!... Andrea!... ~ I l garzone si fece coraggio, apri la finestra
e rispose che il guardiacaccia Andrea non era in casa. - E va bene,
non importa, -gridò un'altra voce. - Apri soltanto la porta, dobbia-
mo far sosta qui da voi; Andrea ci raggiungerà fra poco Al garzo-
ne nonrimasealtro che aprire; e un'orda dì banditi fece irruzione
lin casa salutando festosamente Giorgina come moglie del compa-
gno cui il capobanda doveva la libertà e la vita. Poi le chiesero di
preparare un pranzo coifiocchi,perché quella notte avevano lavo-
rato sodo, e con pieno successo. Tremante dì paura, la povera don-
na andò ìn cucina, accese un gran fuoco e preparò un buon pranzo
con la selvaggina, il vino e ogni sorta di ben di Dio, fomiti da im
•brigante addetto evidentemente alle mansioni di cuoco e cantinie-
re della banda. I l garzone dovette apparecchiare la tavola e mentre
,andava a prendere le stoviglie in cucina colse il momento opportu-
no per avvicinarsi alla padrona e sussurrarle, col terrore nella voce :
Avete sentito... avete sentito che razza di impresa hanno compiu-
to stanotte questi briganti ?... Dopo una lunga assenza e una lunga
.preparazione, alcune ore fa hanno assalito il castello del conte von
Vach; malgrado la disperata difesa, allafineìl conte e molti dei suoi
>8ono caduti uccisi... e ìl castello è stato dato allefiamme.- Ah, po-
vero signore!... Povero signore!... - gridò Giorgina, — Ah, se mio
.^marito fosse stato al castro!... - E intanto i banditi, nell'altra ca-
; mera, facevano baccano, cantavano e bevevano in attesa del pranzo,
r Verso l'alba apparve l'odioso Denner; le casse e i bauli trasportati
'dai briganti std dorso dei cavalli vennero aperti. Giorgina udì ìl tin-
, tirmio delle monete e delle argenterie, come se i briganti contassero
ed elencassero ogni cosa, pezzo per pezzo. Finalmente quando fu
giorno pieno la banda se ne andò. Deimer solorimase.Assunse
xm'aria disinvolta e cordiale e disse a Giorgina: - Certamente vi
, sarete molto spaventata, mia buona donna, perché mi pare che An-
ì'drea non vi abbia ancora detto di essere diventato imo dei nostri
già da molto tempo. Mirincresceproprio che non sìa ancora rien-
trato: forse avrà preso un'altra strada e non ha potuto trovarsi al-
l'appuntamento. Era con noi al castello di quel manigoldo, si, dico,
; del conte von Vach, che cì ha perseguitati in ogni modo per due an-
' ni, ma stanotte ha avutofinalmenteìl fatto suo. È caduto combat-
58 RACCONTI NOTTURNI
' Da questo puDto in poi. l'autDie continuerà a chiimare «Tiabaccbio» tanto U padre
quinto ilfiglio.Per maggior chiarezza preferiamo conservare a quest'ultimo i) nome iti Dea-
ner[N.*Ì.T.].
74 RACCONTI NOTTURNI
dere che cosa accadrà all'ora della preghiera, quando sarò rientra-
to dalla caccia.
L'indomani era una splendida giornata autunnale, d i quelle che
promettono ricchi carnieri. Rientrando dagli appostamenti a tarda
sera, Andrea si senti stranamente commosso e turbato: le sue incre-
d i b i l i peripezie, l'immagine d i Giorgina, del bimbo sgozzato g l i r i -
tornarono vivide alla memoria; e così assorto i n tali pensieri, ral-
lentò sempre più ìl passo, si distanziò dai cacciatori e procedendo
pian piano dove l o portavano ì piedi, finì per trovarsi solo ìn mezzo
al bosco, su u n sentierino laterale. Stava per riportarsi sulla strada
grande quando vide fiammeggiare fra i l fogliame una luce abba-
gliante. U n presentimento confuso g l i disse che colà stava accaden-
do qualcosa d i orrìbile: si aperse u n varco fra la macchia folta, si
avvicinò a] fuoco e vide... vide avvolto nel manto ribordato d'oro,
l'ampio cappello col pexmacchìo rosso sulla testa, la spada al fianco,
la cassetta deì medicinali sotto i l braccio, i l vecchio Trabacchio in-
tento a fissare con occhi sfavillanti le fiamme che lambivano come
serpentelli rossi e azzurrini i l fondo d i un enorme lambicco. Davan-
t i d fuoco, le membra nude divaricate e tese su una specie dì grati-
cola, giaceva Giorgio; e l'infame figlio del dottore satanico già stava
levando su d i luì u n coltello lucente, p r o n t o a vibrargli ìl colpo
mortale. Andrea lanciò u n grido d i orrore, l'assassino si volse d i
scatto - e i n quell'attimo stesso sibilò U proiettile partito dalla cara-
bina d i Andrea. Con la fronte fracassata, Denner precipitò i n avan-
t i sul fuoco che sì spense all'istante. I l dottore era sparito. Andrea
accorse, scostò i l corpo del caduto, sciolse ìl povero Giorgio dalla
graticola e l o riportò i n fretta a casa. I l fanciullo era illeso, ancorché
svenuto per l o spavento mortale. Andrea volle ritornare nel bosco
per convincersi della morte d i Denner e seppellirne subito i l cada-
vere; svegliò i l vecchio cacciatore, piombato i n u n sonno profondo
probabilmente per opera dello stesso Trabacchio, e, mimitosi dì
lanterna, zappa e pala, si diresse con l u i al luogo n o n lontano ov'era
successo i l fatto. Denner giaceva a terra sanguinante - ma appena
Andrea g l i si avvicinò erse per metà i l tronco e, fissandolo con uno
sguardo terrificante, rantolò: - Assassino!... Assassino del padre d i
tua moglie!... M a i mìei demoni non t i daranno pace!... - All'infer-
n o , satanico malfattore!... - gli gridò Andrea vincendo a stento l'or-
rore e i l ribrezzo che stavano pet sopraffarlo! - Vattene all'infer-
no!... H a i meritato cento volte la morte ch'io t i ho dato perché stavi
per assassinare mio figlio... Ìl bimbo d i tua figlia!... Falso era i l tuo
pentimento, falsa la tua pietà... fingevi per tradirmi, ignobile ipo-
crita! ... M a Satana starà ora preparando i meritati tormenti all'ani-
IGNAZIO DENNER 79
poco dopo l'arrivo del pittore nel collegio, un giovane studente ave-
va fatto grande amicìzia con lui sicché Bertoldo, un poco alla volta,
gli aveva raccontato tutte le avventure della sua vita e ìl giovane le
aveva trascrìtte con cura affidando il manoscritto al professor Wal-
ther. - Anche lui, - disse il professore, - era un entusiasta come lei,
caro signore, col suo permesso! Ma in realtà trascrivere le strane
avventure del pittore gli ha permesso dì fare un eccellente esercizio
di stile ~. A fatica potei ottenere dal professore la promessa che
quella sera, di ritorno dalla gita, mi avrebbe affidato il manoscritto.
Fosse la curiosità, o fosse veramente colpa del professore, non mì
sono mai annoiato tanto in vita mìa come ìn quel giorno.
Già la freddezza del professore nei riguardi di Bertoldo mì dava
ai nervi; ma i discorsi che fece con gli altri colleghì presenti al pran-
zo, mi convinsero che, ad onta della grande erudizione e della espe-
rienza mondana, la sua anima era completamente chiusa a d ò che è
devato e che egli era ìl più crasso materialista che sì potesse imma-
ginare. Aveva realmente adottato il sistema del «divorare ed essere
divorato» cui aveva accennato Bertoldo. Tutte le aspirazioni spiri-
tuali, ogni forza ddla fantasia e della creazione egli le derivava da
certe combinazioni dell'intestino e dello stomaco e imbandiva anco-
ra altre stupide enormità di questa fatta. Per esempio sosteneva se-
riamente che ogni pensiero viene generato dall'accoppiamento dì
due fibre nel cervello umano. Compresi in che modo i l professore
poteva torturare con queste assurdità il povero Bertoldo, che nella
sua ironìa disperata metteva ìn dubbio ogni benefico effetto dello
spirito; e cosi conficcava coltelli pungenti ndle ferite ancora sangui-
nanti. Finalmente venne la sera ed i l professore mi consegnò un
paio dì fasdcoli manoscritti, con queste parole: - Ecco qua, caro
entusiasta, l'opera dd nostro studente. Non è scritta male, ma in im
modo oltremodo stravagante e per di più i l signor autore sì è per-
messo dì riferire testualmente i discorsi dd pittore in prima perso-
na setiza darsi la pena di annunciarli secondo le regole. D d resto,
visto che lei non è uno scrittore, le voglio regalare questo scritto del
quale posso disporre a mia volontà. Lo so che l'autore ddle Fanta-
sie nello siile di Callot lo massacrerebbe a modo suo e poi lo fa-
rebbe stampare. Ma so anche che da lei non devo temere niente dd
genere.
Naturalmente ìl professor Aloysio Walther non aveva l'idea di
trovarsi proprio di fronte al viaggiatore entusiasta, per quanto se lo
sarebbe dovuto immaginare e cosi, benigno lettore, sono in grado
di offrirti la breve storia del pittore Bertoldo scritta dallo studente
dei Gesuiri. Lo strano aspetto con cui egli mi apparve viene cosi
90 RACCONTI NOTTURNI
mente dal fatto che egli si è messo in testa im sistema assurdo sugli
scopi dell'arte, che non vale un accidente. Lo so bene che non mi
stima affatto, ma io glielo perdono, visto che non mi può contesta-
) re ima fama ben meritata —. Tuttavia a Bertoldo pareva che il maltc-
„se avesse toccato una ferita nella sua anima, ma cosi, come fa un
chirurgo benefico, quando vuol guarire; nel frattempo dimenticò
tutte queste storie e continuò a lavorare allegramente come prima.
I l grande quadro cosi ben riuscito e tanto ammirato gli aveva
dato nuovo coraggio e pensò di incominciarne uno analogo. Hack-
ert in persona scelse uno dei più bei punti dei meravigliosi dintorni
di Napoli, e come il primo quadro aveva rappresentato un tramon-
, to, questo paesaggio doveva essere invece dipinto nella luce dcl-
l'aurora. Bertoldo avrebbe dovuto dipingere molti alberi rari, mol-
te vigne, ma specialmente molta nebbia e molti vapori.
Un giorno Bertoldo stava seduto sopra una grande pietra, nel
punto scelto da Hackert, e terminava i l primo schizzo del suo pae-
•saggio. - Ben riuscito, davvero! - esclamò una voce vicino a lui.
Bertoldo si volse e U maltese stava a guardare il suo disegno ed ag-
',^^unse con un sorriso sarcastico: - Vi siete dimenticato di una co-
sa, caro giovane amico! Guardate un po' laggiù il muro coperto d'e-
,' dera di quella vigna! La porta non è completamente chiusa; dovete
disegnare anche quella, con la sua ombra - una porta semichiusa fa
sempre un grande effetto! — C a r o signore, —risposeBeltoldo, - a-
• vete torto di scherzare! Questi particolari incidentali non sono af-
: fatto cosi disprezzabili come voi credete, ed i l mio maestro ha ra-
igione di servirsene. Non viricordatedi quel paimo bianco appeso
/ in mezzo al paesaggio di un maestro olandese, che, se mancasse, ro-
vinerebbe tutto i l quadro? Ma mi sembra che voi non abbiate nes-
, Sima simpatia per questo genere di pittura al quale mi sono invece
; dedicato corpo ed anima, e per questo vi prego di lasciarmi conti-
nuare tranquillo U mio lavoro.
! ' - Ti sbagU, e di molto, ragazzo mio, - disse i l maltese. - Te lo
' dico ancora una volta che tu avresti potuto fare qualcosa di molto
' buono; le tue opere dimostrano evidentemente una aspirazione in-
• frenabile verso l'alto, ma non raggiungerai mai la tua meta perché
la strada che hai scelto non vi conduce. Ascolta bene quello die ti
dico! Forse mi riuscirà di far divampare nella tua anima la fiamma
die tu, sdocco! t'immaginavi di soffocare, in modo che splenda e ti
illumini, e allora potrairiconoscereil vero spìrito che vìve ìn te.
Credi che io sìa cosi sdocco da subordinare il paesaggio alla figura
umana, da nonriconoscereche è unica la meta alla quale ogni pit-
tore deve aspirare ? L'intelligenza della natura, nei simboli più prò-
94 RACCONTI NOTTURNI
fondi dell'eterno spirito, che accende i n ogni creatura una vita su-
periore, questo è i l sacro scopo dell'arte. M a può mai condurvi una
semplice, pedantesca copia della realtà? L'iniziato sente la voce del-
la natura che con voci meravigliose g l i rivela misteri imperscrutabi
l i attraverso alberi, piante, fiorì, m o n t i e acque, e genera nel suo
petto u n presentimento d i v i n o ; allora, come lo spirito d i D ì o , scen
de su l u i Ù dono d i tradurre visibilmente questo presentimento nel
la sua pittura. - Studia dunque la natura con diligenza anche nella
parte meccanica, per raggiimgere la pratica della rappresentazione
ma non credere che pratica ed arte siano la stessa cosa. Quando sa-
rai penetrato nel senso più profondo della natura, spontaneamente
le sue immagini sì schiuderanno nel tuo animo con una sublime ma-
gnificenza - , I l maltese tacque, ma vedendo che Bertoldo era rima-
sto profondamente colpito, e stava col capo basso e senza parole, Io
lasciò dicendo: - N o n ho certo voluto turbarri nella tua professio-
ne; ma so che i n te è sopito u n altro spirito e l ' h o chiamato ad alta
voce perché si rìdesti e dischiuda liberamente le ali. A d d i o !
Bertoldo aveva la sensazione che U maltese avesse dato parole a
quello che g l i era sempre fermentato nell'anima; una voce interna
sì sciolse i n l u i : N o ! T u t t i questi sforzi, t u t t e queste ricerche sono
come i movimenti incerti e ingannevoli dì u n cieco! V i a , via tutto
quello che m i ha fuorviato finora! - N o n si sentiva pìù I n grado di
disegnare u n solo tratto del suo quadro. Abbandonò i l suo maestro
e se ne andò vagabondando t u t t o sconvolto supplicando che g l i fos-
se concessa q u d l a suprema illuminazione della quale aveva parlato
i l maltese.
N o n lontano da N a p o l i c'era ima villa che offriva magnifici pun-
t i d i vista sul Vesuvio e sul mare e perciò, per ordine del suo pro-
prietario, u n duca, era ospitalmente aperta agli artisti. Bertoldo v i
aveva spesso lavorato e spesso sì era abbandonato, i n una grotta del
parco, al gioco deì suoi sogni fantastici. Q u i , i n questa grotta, egli
stava u n giorno, tormentato da un'ardente nostalgia che g l i dilania-
va i l petto, e piangendo lacrime cocenti perché nessuna stella vole-
va illuminare la sua strada. D ' u n tratto senti u n sussurro fra le pian-
te e davanti alla grotta apparve la figura dì ima dontia meravigliosa.
« I raggi del sole cadevano i n pieno sul suo v o l t o angelico. - M i
guardò con uno sguardo indescrivibile. Era un'antica immagine già
nota - no, molto d i più - era ìl m i o ideale, veramente i l mio ideale !
- Trasportato dall'entusiasmo caddi ìn ginocchio, ma la figura
scomparve con i m tenero sorriso! - Le mìe appassionate preghiere
erano state esaudite.' »
LA C H I E S A D E I G E S U I T I DI G. 95
egli tentava dì ritrarla, appariva sulla tela come una morta figura d i
cera che lo fissava con occhi v i t r e i . Una tristezza sempre p i l i fosca si
impossessava della sua anima e g l i consumava ogni gioia della vita.
N o n voleva — non poteva p i l i lavorare e cosf incominciarono giorni
d i miseria che tanto più l o umiliavano perché Angiola non faceva
mai sentire i l m i n i m o lamento.
«L'angoscia che m i divorava sempre più, alimentata dalle spe-
ranze continuamente deluse, m i mise ben presto i n i m o stato che
somigliava alla pazzia. M i a moglie ebbe u n bambino, e questo fece
traboccare il vaso, Tira da lungo tempo trattenuta si cambiò i n u n
odio irresistibile. L e i , solo l e i era la causa della mia disgrazia. N o ,
lei non era l'ideale che m i era apparso, aveva assunto i l viso e l'a-
spetto d i quella creatura celeste solo per la mia rovina. Disperato
maledii leì e la nostra creatura iimocentc. A v r e i voluto che fossero
m o r t i per sentirmi libero d i quel tormento insopportabile che m i
dilaniava con coltelli roventi! - Nacquero i n me pensieri infernali.
Inutilmente i l volto pallido dì Angiola, le sue lacrime m i ammoni-
vano che stavo per commettere una follia, u n delitto. - " H a i rovi-
nato la mìa v i t a , dotma maledetta", urlai; e mentre mì cadeva ac-
canto senza forza e tentava d i abbracciarmi le ginocchia, la respinsi
vìa da me col piede».
I l folle, crudele comportamento dì Bertoldo verso la moglie e i l
bambino attirarono l'attenzione dei vicini che l o denunciarono al-
l'autorità. Volevano arrestarlo; ma quando le guardie entrarono
nella sua abitazione, era scomparso con la moglie e ìl bambino, sen-
za lasciare traccia. Poco dopo Bertoldo comparve a N . i n A l t a Sle-
sia; si era liberato d i sua moglie e del bambino e incominciò allegra-
mente a dipìngere i l quadro che aveva inutilmente incominciato a
M . M a potè terminare solo le figure della Madonna, del Bambin
G e s ù e d i Giovannino, p o i f u colto da una terribile malattia che per
poco non g l i costò la vita. Per poterlo curare avevano venduto tut-
to quello che possedeva ed anche i l quadro incompiuto; e quando
si f u , almeno i n parte, ristabilito, e potè partire, era ridotto un
mendicante. - I n seguito si guadagnò la vita con lavori dì decora-
zione che g l i venivano affidati qua e là.
re una simile azione. Del resto a questo proposito non ha mai detto
nulla di preciso, e io mi domando se, quella di essere il responsabile
della morte di sua moglie e di suo figlio, non sia semplicemente ima
sua immaginazione. Ora è giù che dipinge, probabilmente la prossi-
ma notte terminerà il suo altare, allora sarà di buon umore e forse
lei riuscirà a cavargli qualche cosa di più su questo punto scabroso.
Devo confessare che se mi immaginavo di trovarmi solo con
Bertoldo a mezzanotte dentro la chiesa, ora che avevo letto la sua
storia, sentivo un certo brivido giù per la schiena. Pensai che con
tutta la sua bonomia e i suoi modi cordiah fosse meglio non stuzzi-
carlo troppo e preferii perciò di andare a parlare con lui a mezzo-
giorno, alla luce del sole.
Lo trovai in cima all'impalcatura che stava disegnando le vene
nel marmo, tutto imbronciato e sopra pensiero; mì arrampicai ac-
canto a lui e incominciai a porgergli i vasi di colori. Mi guardò me-
ravigliato: - Sono il suo garzone, - dissi sottovoce, e lui non potè
trattenere un sorriso. Allora incominciai a parlare della sua vita in
modo che egli comprendesse che sapevo tutto e forse si immaginò
di avermela raccontata lui durante la notte. Senza parere venni a
jarlare della terribile catastrofe, e all'improvviso gU chiesi: - E al-
ota, in un momento dì follia lei ha ammazzato sua moglie e il bam-
bino?
Lasciò cadere i colori e ì pennelli efissandomicon uno sguardo
spaventoso e alzando i pugni al cielo gridò : - Queste mani sono pu-
re, non sono macchiate di sangue! Ancora una parola, e mi butto
insieme con lei giù da queste impalcature! Cì spaccheremo il cranio
sul marmo del pavimento! — In quel momento mi sentii in una posi-
zione veramente poco naturale e mi parve che la miglior cosa fosse
mettermi a parlare d'altro. - Oh, guardi là, caro Bertoldo, - dissi
con tutta la calma che mi fu possibile, - quella tìnta gialla come
scorre giù per la parete - . Egli si scosse e mentre stendeva ìl colore
col permeilo, scesì pian piano giù per la scala, abbandonai la chiesa
e mi recai dal professore per farmi prendere in giro per la mia scioc-
ca avventura.
La carrozza intanto era stata riparata e io abbandonai G. dopo
essermi fatto promettere solennemente dal professor Aloysio Wal-
ther che se fosse successo qualcosa dì particolare a Bertoldo, mì a-
vrebbe scritto immediatamente.
Erano passati circa sei mesi quando ricevetti veramente una let-
tera dal professore nella quale ricordava molto prolissamente il no-
stro incontro a G. A proposito dì Bertoldo scriveva quanto segue:
«Poco tempo dopo la sua partenza, al nostro stravagante pittore è
lOO RACCONTI NOTTURNI
' £ il dottor Sangrado, il medicastro datlauno di cui si parla nel secondo libro del Gii
BUa. Hofmann tuttavia fa qui una piccola confusione; perché non è Sangrado che tenta di-
versi metodi di cura ma il suo servitore e aiutante Gii Blas che lo consiglia io tal senso. £
Sai^rado sirifiutadi farlo (libro II, cap. vij).
I02 RACCONTI NOTTURNI
JBia se appena fa per cantare, nel pieno senso del termine, i m qual-
' cosa d i inafferrabile la paralizza... u n qualcosa che n o n si manifesta
icome una trafittura, u n p r u r i t o , u n solletico, né come qualsiasi al-
,tro sintomo morboso obiettivo, ma fa sì che ogni nota emessa, pur
senza suonare rauca, forzata, impura ~ catarrosa, diciamo - diventi
opaca, incolore e subito si smorzi... Bettina stessa paragona molto
^giustamente i l proprio stato alla sensazione che proviamo i n sogno
quando, pur essendo pienamente consapevoli d i poter volare, non
liusciamo, malgrado t u t t i g l i sforzi, a distaccarci da terra e levar-
ifà i n alto. Insomma, è uno stato morboso «negativo», ribelle a
qualsiasi trattamento e d i fronte al quale m i sento impotente. M i
«enibra, ecco, dì dover combattere contro u n nemico incorporeo,
p n ' o m b r a , u n fantasma invulnerabile. Che l'intera esistenza d i Bet-
;rina sia condizionata dal canto avete ragione d i d i r l o : potremmo
^ n c e p i r e u n uccelletto del paradiso togliendogli i l canto?... M a è
' roprio i l pensiero ossessivo d i aver perduto definitivamente la
jpossibilità d i cantare e d i stare soccombendo insieme alla propria
voce a porla i n uno stato d i continua agitazione. Questo, secondo
me, aggrava i l male e rende vani t u t t i Ì miei sforzi. Bettina, e l o ri-
ironosce l e i stessa, è per natura molto apprensiva. E d i o dopo aver
per mesi e mesi provato ogni possibile rimedio - (come u n nauf ra-
:go che tenti d i aggrapparsi a qualsiasi pezzo d i legno) - ed esseme
stato regolarmente deluso, credo ormai che la malattia d i vostra fi-
glia sia assai p i l i psichica che fisica. - Ben detto, dottore! - esclamò
U Viaggiatore Entusiasta i l quale da i m bel pezzo sedeva silenzioso
i n u n angolo a braccia conserte. - Ben detto!... Finalmente avete
toccato 3 punto giusto, dottore mio eccellentissimo!... L o stato
morboso d i Bettina è la ripercussione fisica d i un'impressione psi-
chica, e perciò appunto tanto più grave e insidioso. I o , i o soltanto
potrò spiegarvi t u t t o , signori!... - Che cosa m i toccherà mai d i sen-
tire! ... - gemette i l maestro d i cappella i n tono ancor più piagnuco-
loso d i poc'anzi. I l dottore accostò la sedia al Viaggiatore Entusia-
sta e l o fissò i n viso con ima strana espressione sorridente; ma que-
'sti senza degnar d'mio sguardo né l u i né i l maestro levò gli occhi i n
.alto e disse: — Signor maestro, i o v i d i una volta una piccola farfal-
, letta variopinta andarsi a cacciare sotto le corde del vostro clavicor-
d o a due tastiere. La poverina svolazzava su e gid e con le alucce
splendenti urtava ora le corde acute ora le gravi, traendone suoni
c accordi cosi tenui che soltanto rorccchio più fine ed esercitato a-
vrebbe potuto percepirli. L'animaletto pareva nuotare i n quelle
morbide, fluttuanti sonorità o meglio, pareva lasciarsi trasportare
sull'onda delle vibrazioni. M a ad u n tratto una corda urtata u n p o '
104 RACCONTI NOTTURNI
più forte, quasi per vendicarsi, colpi l'ala della beata nuotatrice e ne
fece cadere un po' di polline colorato. La farfallina senza badarci
continuò a frullare felice in quel mare di suoni e di canti; e altre
corde la colpirono ferendola sempre più crudelmente, fino a farla
cadere nell'apertura della cassa armonica. E tutto fu di nuovo silen-
zio. - Che cosa intendete dire con questo?... - domandò il maestro
di cappella. - Fiat applicatio, egregio signore! - disse il medico.
- Di una applicatio diretta non è i! caso di parlare, - prosegui l'En-
tusiasta. - Ma poiché ho veramente udito la musica di quella far-
falla, volevo soltanto accennare, così, in generale, a im'idea che al-
lora mi passò per la mente e che potrebbe, in un certo senso, prelu-
dere a quanto vi dirò sul male di Bettina. Potete anche prenderla
per un'allegoria e trascriverla nell'albo genealogico di una qualsi-
voglia virtuosa in tournée. Mi parve allora veramente che la natura
avesse costruito intomo a noi un gigantesco clavicordo a mille regi-
stri. Noi ci affanniamo, ci diamo da fare fra quelle corde, scambian-
done i suoni, gli accordi, per suoni ed accordi prodotti da noi, a no-
stro piacere. E spesso veniamo feriti a morte senza neppure sospet-
tare dì essere stati colpiti da una corda stonata, toccata a sproposi-
to... - Molto oscuro... - disse il maestro di cappella. - Oh!... - e-
sclamò il dottore ridendo. - Un po' di pazienza, poi balzerà sul suo
cavallo di battaglia e via di galoppo sfrenato nel mondo dei presen-
timenti, dei sogni, degli influssi psichici, delle simpatie, delle idio-
sincrasie eccetera eccetera... Ma giunto alla stazione del magneti-
smo si fermerà per fare una buona colazione!... - Piano, piano, dot-
tore mìo sapientissimo, - disse l'Entusiasta. - Non prendete così
alla leggera cose che, per quanto vogliate impuntarvi, dovrete pur
sempre umilmente riconoscere vere e altamente rispettare. Non a-
vete detto voi stesso, poc'anzi, che la malattia dì Bettina è causata
da un'eccitazione psichica, anzi, è una malattia psichica vera e pro-
pria?... - Ma che c'entra Bettina con quell'infelice farfalla?... - lo
interruppe il dottore. - Se proprio vogamo setacciare tutto quan-
to, - continuò l'Entusiasta, - e esaminare e spilluzzicare granello
per granello, non faremo che imiversalizzare la noia con questo
noiosissimo lavoro. Lasciate riposare in pace la farfalla nel clavicor-
do del maestro!... Del resto, ditemi voi stesso, maestro, non è una
vera sciagura che la musica sacrosantìssima sìa diventata parte inte-
grante delle nostre conversazioni?... Stiamo trascinando gli artisti
più eletti nelle meschine banalità della vita!... La musica, il canto,
anziché irradiare su di noi da inaccessìbili lontananze sacrali, come
dallo stesso regno dei cieli, ora ci vengono sottomano così, alla buo-
na. Sappiamo esattamente quante tazze dì tè debba bere la cantante
I L SANCTUS 105
tal dei tali o quanti bicchieri d i vino occorrano al basso talaltro per
trovare la giusta vena... Esistono talune associazioni, lo so, ove si
pratica e si studia la musica nel suo giusto spirito, con autentica de-
vozione non come fanno quei miserabili i n quincisquindi - belli,
l u s t r i , agghindati... M a non voglio arrabbiarmi!... Quando giunsi
q u i , l'anno scorso, la povera Bettina era d i gran moda; era, come si
suol dire recherchée... N o n si offriva u n tè sen2a i l condimento d'u-
' na romanza spagnola, d'una canzonetta italiana o d'una canzoncina
francese... [Souvent l'amour ecc. ) ~- naturalmente cantati da Betti-
tia... I o temetti seriamente che la povera bimba, malgrado le sue
iiBiagnifiche d o t i musicali, finisse per subissarsi i n quel mare d i tè...
ijCiò non avvenne; ma avvenne l a catastrofe. - Quale catastrofe?...
% esclamarono ad una voce i l dottore e i l maestro. - Vedete, cari si-
toiori, - continuò l'Entusiasta, - la povera Bettina è stata, come sì
WioI dire, «affatturata», stregata. E , quantunque m i riesca duro
I m m e t t e r l o , chi ha operato i l malefizio ed ora non riesce più a sdo-
ijì^lierlo - come l'apprendista stregone! - sono p r o p r i o io. - Scioc-
(Qiezzei... Sciocchezze!... E n o i ce ne stiamo q u i , buoni e tranquilli,
% farci prendere i n giro da questo briccone i n vena d i scherzare!...
> sbuffò i l dottore scattando i n piedi. - A l diavolo la catastrofe!...
quale catastrofe?... - gridò i l maestro d i cappella. - Calma, si-
r i , calma... ora vengo al fatto: a u n fatto vero, - ve l o posso ga-
tire - anche se v o i lo prenderete per uno scherzo. L o confesso,
'volta m i pesa assai sulla coscienza Ìl rimorso d'avere, senza voler-
e senza saperlo, servito da medium alla forza psichica misteriosa
influì su Bettina, causando e sviluppando i l suo male. Voglio di-
, h o fatto da «conduttore», sf, come avviene nella catena elettri-
, quando uno trasmette all'altro la scossa, senza volerlo... - H o p
p!... — fece i l dottore. - Attenzione: guardate che magnifiche
rbettes sta eseguendo i l cavallo d i battagHa!... - A l fatto, al fat-
p\ reclamò i l maestro d i cappella. - V o i , maestro, - riprese l'En-
ìUsiasta, - avete ricordato poc'anzi che Bettina cantò per l'ultima
§oIta, prima d i perder la voce, nella chiesa cattolica. Ricorderete
che ciò avvenne la domenica d i Pasqua dello scorso anno. V o i
issavate i l vostro bell'abito nero d i gala e dirigevate la stupenda
sa i n re minore d i H a y d n . Fra i soprani c'erano fior d i belle ra-
e giovani e eleganti che i n parte cantavano e i n parte no; e c'era
le Bettina, la quale eseguì con voce piena e magnifica i piccoli
l i della messa. Come sapete Ìo m i trovavo fra i tenori. Iniziò i l
nctus. I o ero così raccolto, cosi compreso, da sentirmi rabbrividì-
mazza colui che giurò la tua rovina e la tua morte!... Si, certo!...
* Sappilo, cane cristiano; a H i c h e m t u rapisti Sulema... a H i c h e m ,
; l ' u l t i m o della stirpe d i Alhamar! I l mendicante cencioso che si tra-
' scinava per i l vostro accampamento fingendosi pazzo era H i c h e m ,
; sappilo!... Hichem incendiò la tetra prigione i n cui v o i , scellerati,
rinchiudeste la luce dei suoi pensieri... e liberò Sulema !... »
«Sulema!... Giulia... vive ancora?...», gridò Aguillar. H i c h e m
scoppiò i n una risata stridente, piena d i disprezzo e d i odio: « Si, v i -
, ve. M a i l vostro idolo imbrattato d i sangue e incoronato d i spine
l'ha resa schiava d i un sortilegio esecrando... e l'olezzante, ardente
fiore d i vita langue sotto i neri drappi mortuari d i quelle donne de-
' menti che v o i chiamatele spose del vostro ìdolo... Sappi che la m u -
isica e i l canto sono m o r t i i n lei... spenti...: soffocati come dall'alito
' velenoso del simun... Col dolce canto d i Suleraa anche la mìa felici-
,tà è morta... Perciò uccidimi... uccìdimi!... M e Io merito per n o n
essere stato capace d i vendicarmi su d i te, che già m i strappasti più
•della vita stessa!...» - Aguillar lasciò la presa, raccolse la spada e si
rialzò lentamente, «Hichem», disse. «Sulema che nel santo batte-
i i m o assunse i l nome d i G i u l i a , cadde mia prigioniera i n leale com-
i;)>flttimento sul campo. Illuminata dalla grazia del Signore rinunziò
falsa fede i n Maometto; e ciò che t u , moro cieco e stolto, credi
:Ì]ÓA conseguenza del malvagio sortilegio d i un idolo proviene i n ef-
dalla tentazione del Maligno, cui G i i d i a non seppe resistere.
•Se la tua amata si chiama Sulema, la dama dei mìei pensieri sia dun-
|que G i u l i a - la convertita alla fede - . Tenendola i n cuore, eccomi
' Ledere sopra il sospetto di un nuovo senso nei pipistrelli, dell'abate Lazzaro Spallan-
zani, con le risposte dell'abate Antonio Maria Vassalli, Torino 1794-
I20 RACCONTI NOTTURNI
^ tasca un taccuino in cui, come gli amici ben sapevano, aveva an-
j^tato varie notizie del suo viaggio; e, gettandogli un'occhiata di
Jito in tanto, raccontò i l fatto seguente, a parer nostro non inde-
l o di venir trascritto;
- Voi sapete, - incominciò Teodoro, - ch'io passai tutta Testa-
scorsa a ***no '. M i trattennero colà 1 molti vecchi amici e cono-
ijcenti che vi incontrai, la vita libera, facile, piacevole, le manifesta-
tàoni artistiche, gli interessi scientifici. Non mi ero mai sentito cosi
•allegro in vita mia. Potevo abbandonarmi con passione alla mia an-
tica mania di bighellonare solo soletto per le vie, godermi ogni inci-
%ìone, ogni cartellone esposti in mostra, osservare i passanti e, a
•qualcuno, tentar perfino di tracciare un oroscopo, cosi, mental-
j'mente... La grande attrattiva di quelle passeggiate non era soltanto
•'la ricchezza degli oggetti d'arte e di lusso esposti nei negozi ma an-
'che il gran numero di edifici stupendi. I l viale fiancheggiato da edi-
fici del genere, che conduce alla porta * * *ghese ' è il luogo di ritro-
vo del gran mondo: vi convergono tutti i privilegiati per rango so-
ciale o per ricchezza, coloro i quali si possono godere abbondante-
• niente la vita. A l piano terreno di quei palazzi imponenti ci sono i
negozi, prevalentemente di oggetti di lusso; ai piani superiori abi-
tano i privilegiati di cui ho detto. Anche gli alberghi più eleganti e
quasi tutte le ambasciate straniere si trovano in quella via, di gran
lunga la più animata e movimentata della città. A giudicare da
quanto vi si vede, parrebbe di trovarsi in una città anche piti popo-
losa di quanto ***no non sia. L'afiluenza della gente è enorme: pur
di abitare in quella zona molti si accontentano di un alloggio più
piccolo del necessario; certe case brulicano di inquilini, come alvea-
ri. Avevo già percorso molte volte quel viale quando un giorno im-
provvisamente mi cadde sott'occhio una casa stranissima ', contra-
stante con tutte le altre, e in modo assai stridente; immaginatevi
una casetta larga quanto quattro finestre e cosi bassa da superare di
poco col suo primo piano i l livello delle finestre a pian terreno dei
due imponenti palazzi fra i quali era incastrata... Tetto in rovina,
muri scoloriti, vetri sfondati e sostituiti con fogli di carta, tutti i
segni d'un completo abbandono da parte del suo proprietario, in-
somma... Pensate un po' voi quale effetto possa fare una simile ca-
tapecchia accanto a stupendi caseggiati di lusso!... M i fermai a os-
' Berlino,
' Si tratta della porta Brandenbutghese; i l viale è i l celebre Unter den Linden,
' Questa casa, situata al n . 5 dell'Unter den Linden, «ppartencva alla vedova del mag-
giore von A m i m , n a u Wegclin. Non si è potuto accertare se nella storia della sua famiglia v i
fosse qualcosa d i conispondenie ai fatti narrati da Hoflmann.
122 RACCONTI NOTTURNI
' Er« i l conte von Piidder-Moskiiu (1783-1871), ottimo amico d i Hoffmann. A quel
tempo - a circa trentun anni - aveva gii un pawato molto avventuroso - campagne d i guerra,
viaggi, ecc. I n campo letterario sì era già f i t t o conotccte con un volume d i poesie; noa la sua
attività letteraria vera e propria iniziò soltanto molli anni dopo la morte d i Hofimann, nel
1830, con le Lettere di un trapassato, che fecero molto rumore.
LA CASA D I S A B I T A T A 123
ro; e per giungere a tanto aveva arzigogolato una storia così straor-
dinaria quale soltanto sarebbe potuta scaturire dalla fervida fanta-
sia di un poeta. Ricordo anche troppo bene quella storia e sarebbe
giusto che ve la raccontassi; ma sono cosi preso da quanto realmen-
te accadde in seguito che devo sorvolare e andare avanti. I l conte
aveva appena finito di elaborare la sua bella storia quando venne a
sapere - e ci rimase malissimo!... - che dentro la famosa casa c'era-
no semplicemente 1 laboratori dell'elegante pasticceria situata nel
fabbricato adiacente; al pianterreno i fornì - ed ecco perché le fine-
stre erano murate — al piano superiore i magazzini; e ì pesanti ten-
daggi servivano a riparare dal sole e dagli insetti i dolciumi già
pronti!... Quella notizia fu, per Ìl conte prima e per me poi, una au-
tentica doccia fredda; il demone nemico d'ogni volo poetico aveva
dato ima maliziosa — e dolorosa - tiratina di naso a noi due, eterni
sognatori di dolci sogni... Eppure... malgrado quella prosaica spie-
gazione, tutte le volte che passavo davanti alla casa disabitata non
potevo fare a meno di fermarmi: che cosa mai ci potrà essere là
dentro?, mi domandavo; e la mia fantasia sì sbrigliava, suggerendo-
mi ogni sorta di immagini strane, che mi davano piccoli brividi in
tutte le membra. Dolciumi, dunque?... Marzapani, confetti, torte,
frutta zuccherate... No; quella storia non riuscivo assolutamente a
mandarla giù. Per una bizzarra associazione di idee la paragona-
vo alle parole dolciastre che sì dicono per tranquillizzare la gente:
«... No, non si spaventi amico mio: siamo tutti quanti dei buoni, dei
cari bambinelli... ma fra un attimo cadrà un piccolissimo fulmi-
ne... » Poi mi dicevo: Ma non sai che sei proprio un bel matto a vo-
ler tirare ìn ballo il soprannaturale ad ogni costo, anche nelle situa-
zioni più naturali?... Non haimo ragione i tuoi amici di chiamarti
im visionario esaltato?... — La casa rimase tal e quale e, dato lo sco-
po cui si diceva fosse destinata, non c'era da aspettarsi altrimenti;
perciò mi abituai a vederla cosi e le deliranti immagini fantastiche
che prima sembravano trasudare da quelle pareti a poco a poco sva-
nirono. Un caso imprevisto le resuscitò. Tanto quanto, ero riuscito
a reinserirmi nella prosaica realtà quotidiana... Ma voi conoscete
troppo bene Ìl mio carattere e la mia religiosa, cavalleresca fedeltà
al soprannaturale per stupirvi se vi dico che continuai a tener d'oc-
chio la casa favolosa. E così una mattina, sul mezzogiorno, mentre
facevo la solita passeggiata lungo Ìl viale, diressi lo sguardo alle fi-
nestre velate, e vidi... vidi ondeggiare la tenda dell'ultima finestra
- quella proprio accanto alla confetteria - e apparire una mano, poi
un braccio. Trassi di tasca i l binocolo da teatro c osservai meglio:
era una mano bella, bianchissima, al cui dito mignolo scintillava un
124 RACCONTI NOTTURNI
' I ritmi quinari, oggigiorno abbastanza consueti, non erano praticati all'epoca d i Hoff-
mann. I l «cinque ottavi» lo possiamo immaginare come un tempo d i giga zoppicante e squa-
drato. Perciò H o f m a n n lo associa all'idea de! diabolico [N, d. T.].
LA CASA DISABITATA 129
ro, del ruscello a cui potranno dissetarsi, così anche noi, sfiorati dal-
l'impercettibile colpo d'ala, dal respiro di spiriti ignoti, presentia-
mo che i l nostro peregrinare ci conduce alla sorgente della luce alla
quale i nostri occhi si apriranno».
- Non potei più trattenermi: «Lei dunque sostiene», gli do-
mandai, «la possibilità di soggiacere passivamente a una forza spi-
rituale estranea?...» - «Ritengo», rispose il medico, « ritengo - per
non andare troppo lontano — non soltanto possibile questa itifluen-
za, ma anche perfettamente analoga ad altre operazioiù dell'agente
psichico, ormai note attraverso lo stato magnetico». - «E per con-
seguenza», continuai, «potrebbe anche essere consentito a certe
forze sataniche di influire dannosamente su di noi?...» - «Allude
alle maligne gherminelle delle anime dannate? », domandò il medi-
co sorridendo. «No! a quelle non dovremo soccombere! Comun-
que , vi prego : questi miei sono puri e semplici cenni. Vogliate pren •
derli per tali. Non credo assolutamente - aggiungo - al predominio
di un'entità spirituale su un'altra - a meno che uno stato di sogge-
zione 0 di debolezza di una delle due volontà, o una particolare rea-
zione reciproca non dia luogo a tale predominio». - «Ora soltan-
to», disse un signore di mezz'età i l quale si era limitato a tacere c
ascoltare con attenzione. «Ora soltanto posso, fino a un certo pun-
to, aderire alle sue strane idee circa taluni misteri che per noi do-
vrebbero rimanere tali. Se misteriose forze attive possono aggredir-
ci e recarci danno, ciò avviene unicamente perché un'anomalia del
nostro organismo spirituale ci toglie la forza e i l coraggio di respin-
gerne l'aggressione. I n una parola: soltanto una malattia spirituale,
(e cioè i l peccato), ci può rendere schiavi di una forza demoniaca.
Dai tempi del tempi le forze demoniache si sono sempre esplicate
facendo leva sulle nostre passioni più sconvolgenti. Non è curio-
so?... Intendo parlare degli incantesimi d'amore di cui sono piene
le cronache. Nei paradossali processi delle streghe ritroviamo sem-
pre la stessa cosa. Perfino nei codici di uno stato molto illuminato '
si fa menzione dei "filtri d'amore" - filtri destinati ad agire specifi-
camente suUa psiche, vale a dire, non a suscitare in noi una frenesia
amorosa generica, ma a legarci indissolubilmente a una determinata
persona. Questi discorsi mi ricordano un tragico fatto avvenuto po-
chi armi fa, e proprio in casa mia. Quando le armate di Bonaparie
invasero il nostro paese, un colonnello della guardia nobile italiana
si acquartierò presso di me. Era uno dei pochi ufficiali della cosid-
' Sj aHudc al codice civile per g l i stati prussiani entrato in vigore i l i° giugno 1794 (par-
te l i , cap. XX, SS 867-69) ove sì fa divieto d i usare filtri d'amore capaci d i provocare conse-
guenze dannose.
LA CASA D I S A B I T A T A 137
i•
nello specchio. Ora sappiamo entrambi che quello era Ìl viso di Ed-
monda».
- Così come il medico non credette opportuno aggiungere alcun
commento, anch'io ritengo perfettamente inutile diffondermi a
spiegarvi quali misteriosi rapporti si fossero stabiliti fra Angelica,
Edmonda, il vecchio cameriere e me... inutile indagare nel gioco de-
moniaco di quelle arcane reazioni reciproche... V i dirò una sola co-
sa ancora: in seguito a quegli avvenimenti un opprimente senso dì
disagio mi spinse a lasciare ***no. Dopo qualche tempo quell'inde-
finibile sensazione mì abbandonò di colpo; e ìo sono convìnto che
nel momento stesso ìn cui ciò avvenne, e mi sentii invadere da un
, indicìbile senso dì benessere, la vecchia sia morta...
Cosi Teodoro concluse i l proprio racconto. Gli amici si soffer-
marono ancora un po' a commentarlo; e convennero che Teodoro
j aveva avuto ragione dì affermare che ìn quell'avventura l'imprevì-
, sto e ìl soprannaturale sì fondevano in modo assai strano e impres-
sionante.
Quando sì congedarono, Franz prese la mano di Teodoro e scuo-
, tendogllela piano gli disse con un sorriso quasi mesto: - Buona-
>notte, tu, pipistrello di Spallanzani!...
I L MAGGIORASCO
' I I romanzo incompiuto d i Schiller Der Geisterseher (1787-89) ebbe grande successo.
Q u i Hoffmann confonde i l cootc von V . col marchese del M**te IN. d. T,],
I L MAGGIORASCO I53
ra e purissima, una voce sgorgante dal fondo del cuore, intonò una
canzone la cui semplice melodia aveva i n tutto e per t u t t o Ìl caratte-
re d i quei canti popolari cosi schietti, immediati, luminosi da farci
riconoscere la nostra superiore natura poetica. Le parole del testo,
per lo più insigiùfìcanti, diventano geroglifici dei sentimenti ine-
sprimibili d i cui abbiamo l'anima ricolma. Chi non ricorda la can-
zonetta spagnola i l cui testo dice a u n dipresso: «Navigavo sul ma-
re con la mia ragazza. Scoppiò la burrasca e la mia ragazza prese ad
ondeggiare spaventosamente su e giù. N o ! M a i più navigherò sul
mare con la mia ragazza! », o non molto più d i cosi? La canzoncina
della baronessa diceva invece: «Ballai col mio tesoro a una festa d i
nozze - le cadde u n fiore dai capelli - lo colsi - glielo diedi - Quan-
do, fanciulla, - le dissi - andremo ancora a nozze?...»
Quando accompagnai arpeggiando la seconda strofa della can-
zoncina e, trascinato dall'entusiasmo, riuscii a carpire le melodie
delle canzoni successive direttamente dalle labbra della baronessa,
dovetti apparire agli occhi suoi e della signorina Adelaide i l più
grande dei maestri v i v e n t i , perché entrambe m i colmarono d i lodi.
Vedemmo filtrare dalle finestre le luci già accese della sala da ballo,
situata nell'ala laterale del castello. Una fanfara stonata d i trombe
e corni ci annunziò che era ora d i recarsi alla festa. - A h . . . devo an-
dare! - esclamò Serafina. - L e i m i ha fatto passare un'ora magnifi-
ca... forse la prima ora serena ch'io abbia mai trascorso a R..sitten,
- e m i porse la mano. Balzai i n piedi, inebriato, estasiato, m i pre-
m e t t i la sua mano alle labbra, sentii le pìccole dita pulsare violente-
mente fra le mìe !... N o n so d i r v i come entrai nella camera dello zio
e quindi nella sala da ballo... « Quel Guascone teme la battaglia per-
ché, essendo t u t t o cuore, qualsiasi ferita g l i riuscirebbe morta-
le!...» Altrettanto avrei dovuto dire d i me, altrettanto dovrei dire
d i chiunque sì t r o v i nel mìo stato d'animo d i allora... Quando sì è i n
quello stato ogni contatto diventa mortale... La mano della baro-
nessa, le sue dita pulsanti m i avevano colpito come frecce avvelena-
te... i l sangue m i ribolliva nelle vene!
Pur senza avermi rivolto alcuna domanda, l o zio la mattina do-
po già conosceva la storia della serata da me trascorsa con la baro-
nessa; ed ìo rimasi non poco imbarazzato quando, dopo avermi par-
lato allegramente, sorridendo, sì fece tutt'a un tratto serissimo e m i
disse: - T i prego, cugino, reagisci a questa follìa! Quello che stai
facendo, per quanto innocente possa sembrare, potrebbe avere con-
seguenze tremende. Tienilo a mente... Nella tua incoscienza stai
camminando su una sottile crosta dì ghiaccio che t i si spezzerà sotto
i piedi, quando meno te lo aspetti... Se t i vedrò sprofondare m i
I L MAGGIORA S CO 165
guarderò bene dal trattenerti per le falde della giacca perché, già lo
I so, bene o male t i tirerai f u o r i da solo e, pur colpito a morte, t i d i -
I r a i : Questo p o ' d i raffreddore me lo sono buscato i n sogno - . E i n -
vece una febbre maligna t i consumerà fino al midollo, e dovranno
Ijpassare anni ed anni prima che t u t i riprenda... I l diavolo si p o r t i
|.Ìa musica se con essa non sai far niente d i meglio che turbare la pa-
ce delle donnicciole sentimentali !... - M i è forse mai passato per la
I mente d i fare i l cascamorto con la baronessa?... - protestai risenti-
I to. - Babbeo ! - gridò l u i . - Se sapessi una cosa simile t i butterei dal-
l l a finestra! - Sopraggiunse i l barone a interrompere i l penoso col-
l^loquio; mettendomi al lavoro m i strappai all'amoroso fantasticare
i d i Serafina, e p o i ancora d i Serafina. I n società la baronessa si l i m i -
jtava a rivolgermi qualche parola gentile d i quando i n quando; ma
.quasi non passava sera senza che m i facesse segretamente invitare
I t a l i a signorina Adelaide a salire da lei. A l l a musica alternavamo
conversazioni d i vario genere. La signorina Adelaide, anche troppo
I ijngenua ed estrosa per la sua non più giovanissima età, quando io
e Serafina incominciavamo ad addentrarci nel campo dei presagi e
dei sogni sentimentali, saltava f u o r i a sproposito con certe sortite
Infacete e piuttosto c o l i s e . D a alcuni accermi dovetti ben presto
I convincermi che la baronessa aveva veramente nell'animo u n qual-
,die grave motivo d i turbamento, come m'era parso d i leggerle ne-
Lgh occhi la prima volta che l'avevo vista. Ripensai all'influsso male-
I fico del fantasma d i famiglia: qualcosa d i spaventoso era accaduto
I o stava per accadere... N o n so quante volte f u i sul punto d i raccon-
|,tarle come fossi stato sfiorato da quel nemico invisibile, e come Ìl
Invecchio zio lo avesse scacciato forse per sempre. M a nel momento
i'm cui stavo per parlare u n inspiegabile ritegno mi paralizzava la
'lingua.
; U n giorno la baronessa non scese a pranzo, pareva fosse indi-
sposta e non potesse lasciare la camera. Qualcuno si fece premura
idi domandare al barone se si trattasse d'un malanno serio. Coa u n
, odioso sorriso amaro, sprezzante, egli rispose; — Soltanto u n lieve
raffreddore... Colpa del nostro crudo vento dì mare che non può
soffrire le vocine dolci e tollera una sola musica: i brutali halloh del-
la caccia - ; e cosi dicendo lanciò un'occhiata tagliente nella mia dl-
: rezione; io gli sedevo quasi dirimpetto : non aveva parlato al mio v i -
i i d n o , ma proprio a me! La signorina Adelaide, seduta al mio fianco,
si fece d i brace, abbassò g l i occhi e, scarabocchiando con la for-
chetta sul fondo del piatto, mormorò: - ... E oggi t u vedrai Serafi-
na... e oggi ancora le tue dolci canzoncine blandiranno i l suo cuore
malato... - Anche Adelaide aveva parlato a me ; ma ìn quel momen-
i66 RACCONTI NOTTURNI
la mia eroica gesta del lupo ucciso a coltellate, neppure allora g l i av-
veniva - né mai più g l i avvenne - d i lasciarsi sfuggire u n solo accen-
no al nostro soggiorno i n R..sitten; e, come chiunque potrà com-
prendere, la mia naturale timidezza m i impediva - e m i impedi sem-
pre - d i ricondurlo su quell'argomento. Le gravi preoccupazioni, la
faticosa, incessante assistenza allo zio malato, avevano risospinto
i n secondo piano i l ricordo d i Serafina. M a non appena lo zio inco-
minciò a migliorare l'attimo felice della camera della baronessa m i
ritornò più vivo che mai alla memoria, come una stella luminosa
tramontata per sempre. U n fatto singolare ridestò p o i all'improvvi-
so tutta la mia pena, facendomi raggelare come u n messaggio d'ol-
tretomba. Una sera, aprendo i l portafogli che avevo portato a
R..sitten, ne v i d i cadere d i fra le carte u n ricciolo bruno legato con
u n nastro bianco: riconobbi immediatamente i capelli d i Serafina!
Osservai meglio i l nastro: era macchiato d i sangue!... Forse, du-
rante la folle esaltazione d i quegli u l t i m i gioriù, Adelaide era riu-
scita a infilarmi abilmente i n tasca quel ricordo... M a perché le goc-
ce d i sangue?... Perché quel pegno d'amore quasi esageratamente
pastorale assumeva ad u n tratto le proporzioni d i tremendo richia-
mo a una passione che veramente poteva costare i l prezioso sangue
del cuore?... Si: era lo stesso nastro bianco che durante i l m i o p r i -
mo incontro con Serafina m i ero visto svolazzare intorno, lieve e
leggero, come i n u n frivolo gioco; ed ora le potenze tenebrose g l i
avevano impresso i l marchio della ferita mortale. I fanciulH n o n de-
vono giocare con armi d i cui n o n comprendono la pericolosità !...
G l i acquazzoni primaverili avevano finalmente smesso d i i m -
perversare, l'estate reclamava i suoi d i r i t t i . E se prima Ìl freddo era
insopportabile, agli inizi d i luglio divenne insopportabile i l caldo.
I l vecchio zio si rimetteva a vista d'occhio e aveva ripreso a recarsi
a passeggio i n u n giardino d i periferia. Durante una serata tiepida
e tranquilla sedevamo sotto u n pergolato odorante d i gelsomino.
Lo zio era insolitamente allegro, ma non i n vena d i umorismo sar-
castico, come d'abitudine, bensì d i dolcezza, quasi d i tenerezza.
- Cugino, - m i disse, - non capisco che cosa m i stia accaden-
do: oggi m i sento come non m i sentivo più da m o l t i anni: sono tut-
to pervaso da un senso dì benessere stranissimo, da una specie d i
calore elettrico... Credo m i preannunzi la morte vicina... - Cercai d i
distoglierlo da quel fosco pensiero. - Lascia andare, cugino, - r i -
spose. - N o n rimarrò più per molto tempo quaggiù. M a prima vo-
glio saldare u n debito con te. Pensi ancora all'auturmo trascorso ad
R..sitten?... - Questa domanda m i colpì come una folgore ma, sen-
za darmi i l tempo d i rispondere, lo zìo continuò: - I l cielo ha volu-
i8o RACCONTI NOTTURNI
re, e t i eri posato sul suo cuore come u n vampiro, e forse hai ap-
profittato della sua demenza senile per convincerlo a prendere le
diaboliche decisioni che m i hanno portato sull'orlo del disastro... A
calci, come i m cane rognoso dovrei scacciarti... — A l prorompere
della tremenda sfuriata i l vecchio maggiordomo era caduto i n gi-
nocchio davanti al signore; e poiché nella collera i l corpo spesso se-
gue meccanicamente U pensiero, nel pronunziare le ultime parole i l
barone, forse senza volerlo, vibrò veramente una pedata e colse i n
pieno petto Daniele con tanta forza da farlo ruzzolare sul pavimen-
to. Daniele crollò con u n grido soffocato; p o i si rialzò a stento e-
mettendo uno strano mugolio, simile al gemito d i u n animale ferito
fl morte e fissando sul barone uno sguardo carico d i disperato furo-
re. La borsa d i danaro gettatagli dal suo signore prima d i andarsene
la lasciò sul pavimento senza nemmeno toccarla.
Erano giunti frattanto Ì parenti prossimi abitanti nelle vicinan-
ze. I l vecchio barone verme tumulato con gran pompa nella tomba
d i famiglia, situata entro la chiesa dì R..sitten. R i p a r t i t i gU ospiti, i l
nuovo signore del maggiorasco parve scordare i pensieri foschi e
rallegrarsi molto dei beni acquisiti. Dopo aver parlato con V . , pro-
curatore legale del defunto padre, g l i diede piena fiducia e lo ricon-
fermò nella carica. Fece quindi t m conto esatto dei proventi del
maggiorasco e cercò d i stabilire d i quale somma potesse disporre
per le necessarie migfiorie e per la costruzione d i u n nuovo castello.
A giudizio d i V . non era possibile che i l vecchio barone avesse con-
sumato per intero Ì redditi annuaU. Fra le corrispondenze e le carte
erano state trovate soltanto alcune somme irrilevanti In banconote,
e poco più d i mille talleri entro una cassetta d i ferro: c'era dunque
certamente dell'altro danaro nascosto da qualche parte. E chi altri
poteva saperlo se non Daniele?... Ostinato e caparbio com'era, for-
se aspettava soltanto che glielo domandassero ; ma forse anche si sa-
rebbe lasciato uccidere piuttosto che rivelare Ìl nascondìglio d i e-
ventuaH tesori; e non certo per avidità (...che cosa avrebbe potuto
farsene d'una così grossa somma d i danaro quel vecchio senza figli,
che non desiderava altro se non d i finire ì p r o p r i giorni nel castello
d i R..sitten?...) ma per vendicarsi della grave offesa subita. I l baro-
ne, molto preoccupato, riferì a V . l'incidente occorsogli con Danie-
le, spiegandogli d i aver saputo da diverse f o n t i che era stato soltan-
to l u i , i l vecchio maggiordomo, ad alimentare nel padre quell'in-
spiegabile mania d i non voler rivedere ì p r o p r i figli nel castello d i
R..sìtten. L'avvocato dichiarò totalmente false tali voci: perché
nessun individuo al mondo sarebbe mai stato i n grado, non diciamo
d i provocare, ma neppure dì influenzare le decisioni del vecchio ba-
i84 RACCONTI NOTTURNI
R . . s i t t e n , l a notte d i s a n M i c h e l e d e l l ' a n n o 1 7 6 0 .
R o d e r i c o , barone d i R.
' « Il tuo viaggio non ci è caro - più cara ci era la tua amicìzia qui in pattia> - dal te-
sto di una «polonaise» che si cantava nel 1797 alla partenza di Kosciuszko per l'America.
I L VOTO 219
no, e preso servizio nell'eserciio francese, e combattuto i n Italia al
suo fianco. A soli diciott'anni si era subito talmente distinto per i n -
telligenza, asseimatezza e leonino coraggio da meritarsi la promo-
zione ad aiutante d i campo del generale. E d ora, a vent'anni, era già
maggiore. Costretto ad u n periodo d i riposo dalle ferite riportate
i n guerra, appena rientrato i n patria era subito accorso dal conte
Nepomuceno per recare u n messaggio d i Stanislao alla sua amata...
ed era stato accolto come se fosse Stanislao ìn persona.
Ermenegilda, annientata dalla vergogna e dal dolore non voleva
più uscire dalla propria camera fintantodié Saverio fosse rimasto ìn
casa. I l padre e i l dottore fecero l'impossibile per rìcondurla alla
calma, ma inutilmente.
Saverio, fuori d i sé al pensiero d i non poterla più rivedere, le
scrisse dicendole che g l i sì faceva pagar troppo caro una rassomi-
glianza dì cui n o n aveva colpa alcuna; e non luì soltanto ma anche
Stanislao avrebbe scontato le conseguenze del malaugiu^to equi-
voco se al latore del dolce messaggio amoroso veniva preclusa la
possibilità d i consegnarlo personalmente aggitmgendo a viva voce
ciò che egli, nella fretta del momento, n o n aveva p o t u t o scrivere.
Una cameriera, conquistata alla causa dì Saverio, sì assimse l'inca-
rico d i consegnare la lettera a Ermenegilda; e ciò che non era riusci-
to al padre né al dottore lo ottenne Saverio col proprio scritto. Er-
menegilda si decìse a rivederlo. L o ricevette silenziosa, ad occhi
bassi, nella propria camera. Saverio le sì avvicinò a passi l i e v i , esi-
t a n t i , prese posto davanti al divano su cui sedeva lei ma p o i , chinan-
dosi i n avanti per parlare, venne a trovarsi piuttosto inginocchiato
che seduto. Con le espressioni più commoventi, col tono d i chì sì
accusi d'ima colpa imperdonabile, la suppUcò dì n o n riversare sul
suo capo la responsabilità dell'equìvoco che g j i aveva concesso dì
assaporare la felicità spettante al carissimo amico. N o n Saverio a-
veva abbracciato nella gioia dell'incontro inatteso, ma Stanislao.
Le consegnò quindi la lettera ed incominciò a parlarle d i luì: anche
nell'infuriare delle più sanguinose battaglie - disse - i l pensiero d i
Stanislao era costantemente rivolto alla sua «dama»... Ìl suo cuore
ardeva soltanto d'amore per la libertà, per la patria, ecc., e c c . Tra-
scinata dal racconto focoso e vivace dì Saverio, Ermenegilda scordò
a poco a poco ogni timidezza e incominciò a sollevare su d i luì lo
sguardo f a s c i n a n t e dei suoi occhi dì cielo. Novello Kalaf colpito
dagli sguardi dì Turandot stordito da una dolcissima sensazione
' Vedi Turandot di Carlo &>^Ì, atto I I , aceoa v. Questa favola cìaat h nota soprattut-
to nella tielaborazionc di Schiller (Tiibingen 1801, atto I I , scena iv).
220 RACCONTI NOTTURNI
' Napoleone I .
224 RACCONTI NOTTURNI
mandar via Ermenegilda i l più presto possibile. Caso volle che essa,
contrariamente all'abitudine, fosse scesa a passeggiare nel parco;
dalla finestra Saverio la vide i n lontananza, corse sotto e la raggiun-
se proprio mentre stava entrando nel fatale padiglione situato sul
lato meridionale del parco. L o stato d i prossima maternità della
giovane donna era ormai evidente a chiunque. — Potenze celesti!...
- esclamò Saverio quando le f u d i fronte; e, cadendo i n ginocchio
ai suoi piedi, la scongiurò, con appassionate proteste d i amore, d i
farlo felice e diventare sua moglie.
Ermenegilda rimase sconvolta dalla sorpresa e dallo spavento.
- L o aveva condotto la mala sorte a turbare la sua pace! - g l i rispo-
se. — Aveva giurato d i serbarsi fedele fino alla morte al suo amato
Stanislao. M a i e p o i mai sarebbe diventata moglie d i u n altro! -
Saverio insistette a pregarla, a scongiurarla; p o i , reso quasi folle
dalla passione, le spiegò che stava ingannando se stessa perché già
gli aveva donato i più dolci attimi d i amore; ma quando balzò i n
piedi e fece per stringerla fra le braccia lei l o respinse con orrore e
ribrezzo: - Miserabile pazzo egoista! - esclamò. - Com'è vero che
non potrai distruggere i l dolce pegno della mia unione con Stani-
slao, non potrai i n d u r m i a tradirlo!... Vattene!
Saverio scoppiò I n una risata selvaggia, sprezzante e, tendendo
i l pugno verso d i lei, urlò: - Pazza!... N o n l'hai già violato t u stessa
quello stupido giuramento?.,. I l bimbo che p o r t i i n seno è m i o . . .
me hai abbracciato q u i , i n questo stesso luogo... Sei stata la mia a-
mante... e tale rimarrai se non farò d i te mia moglie! - Ermenegilda
Io fissò (aveva i l fuoco dell'inferno negli occhi). - Mostro! - gridò
con voce acuta e stridente. E stramazzò al suolo come colpita a
morte.
Come inseguito dalle furie, Saverio rientrò d i corsa al castello,
si imbatté nella principessa, la afferrò impetuosamente per una ma-
no trascinandola dentro: - M i ha respinto con orrore, - le disse.
- M e . . . i l padre del suo bambino!... - Per t u t t i i santi!.,. Tu?... Sa-
verio?... M i o D i o . . . parla... Com'è possibile?... — esclamò la princi-
pessa inorridita. — M i condanni chi vuole, - proseguì Saverio già u n
p o ' più calmo. - M a chiunque altro avrebbe peccato come me se si
fosse sentito ribollire Ìl sangue nelle vene come l'ho sentito io i n
quel momento!... Trovai Ermenegilda nel padiglione, addormen-
tata sul divano... ma i n uno stato stranissimo, impossibile a descri-
versi. Appena entrai l e i si alzò, m i venne incontro, m i prese per ma-
no e m i fece attraversare la camera camminando a passo lento e so-
lenne; quindi si inginocchiò e si mise a pregare. Inginocchiato al
suo fianco n o n tardai ad accorgermi che essa credeva d i vedere u n
230 RACCONTI NOTTURNI
' Glogau.
RACCONTI NOTTURNI
' Tutta questa tirata è tolta di peso dal romanzo La Banisa asiatica, di cui si è detto nel-
la nota precedente.
I L CUORE D I PIETRA 239
come i n casa mia, m i porgerà la mano con la più affettuosa cordiali-
tà. - A l l u d i a una riconciliazione?... Come nella vita eterna, quando
ci siamo scrollata d i dosso ogni umana aspirazione ?... - O h , t i pre-
go! - lo interruppe W i l l i b a l d . - Siamo ragionevoli!... N o n toc-
chiamo questi vecchi argomenti r i t r i t i i n un momento cosi inoppor-
tuno: per ora non possiamo fare d i meglio che abbandonarci alla
suggestione del quadro inconsueto, i n cui l'estro d i Reutlinger ci ha
cosi bene incorniciati... Guarda, laggiù, quell'albero... con quegli
enormi fiori bianchi mossi dal vento!... U n «cactus grandlflorus»
non può essere, perché i l cactus fiorisce solo a mezzanotte... e p o i 11
suo aroma dovrebbe giungere fin q u i . . . D i o sa quale altra rarità bo-
tanica i l consigliere avrà d i nuovo coltivato nel suo «Tusculum»...
- G l i amici si avvicinarono all'albero prodigioso ma, con n o n poco
stupore si trovarono d i fronte a u n folto cespuglio dì sambuco: Ì
grandi fiori bianchi altro non erano se n o n parrucche incipriate ap-
pese ai r a m i , parrucche con tanto d i boccoli e codini, ondeggianti
come curiosi giocattoli al soffio d'un estroso venticello del sud. D i
dietro i cespugli si udiva giungere u n coro d i risate squillanti; una
numerosa brigata d i signori piuttosto anziani ma allegri e ben por-
tanti si era radunata su i m praticello circondato dalla boscaglia; ì
signori, toltesi le giacche e appese al sambuco le opprimenti parruc-
che, giocavano al pallone. I n questo gioco Reutlinger era imbattibi-
le: sapeva lanciare la palla a un'altezza incredibile e con tanta bra-
vura da farla ricadere esattamente a tiro dell'avversario. I n quel
momento si udì i n lontananza, i m ' o r r i b i l e musica d i pifferi acuti e
stridenti e d i sordi tamburi barbareschi. I signori interruppero su-
b i t o i l gioco e si rimisero giacche e parrucche. - Che cosa succede d i
nuovo?... - domandò Ernesto. - Scommetto, - rispose W i l l i b a l d ,
- che sta arrivando l'ambasciatore turco. - L'ambasciatore tur-
co ?... - fece Ernesto stupito. - I o l o chiamo cosi, - continuò W i l l i -
bald, — ma è i l barone v o n Exter, che attualmente risiede a G . T u l o
conosci troppo poco per sapere che è una delle macchiette più spas-
sose del mondo. M o l t i anni fa è stato effettivamente ambasciatore
della nostra corte a Costantinopoli e continua tuttora a crogiolarsi
nel ricordo d i quella che f u , probabilmente, l'epoca più splendida e
felice della sua vita. T i descrive la sua residenza d i Pera come u n pa-
lazzo d i diamante, u n palazzo incantato da M i l l e e una notte... e la
vita che v i conduceva pare fosse simile a quella del saggio re Salo-
mone; egli p o i vanta ancora un'altra affinità con i l biblico re: 11 do-
m i n i o sidle forze naturali sconosciute. E d i f a t t i , pur con tutte le sue
millanterie, con tutta la sua ciarlataneria, i l barone Exter u n certo
non so che d i misterioso ce l'ha per davvero... u n qualcosa che con-
240 RACCONTI NOTTURNI
' AH Ibn Abi Talib, cugino e genero di Maometto. CaliSo dal 6)6 al 66r.
' Costruliorc di pianoforti, berlinese.
I L CUORE DT PIETRA
' Shakespeare, Sogno d'una notte d'eHale, atto I I I , scena i ; «BOTTOM: There are
things in this comedy of Pyramus aiìd Thisby that will never please...»
246 RACCONTI NOTTURNI
gjione come u n sordo rumore dì colpì - poi una voce sommessa e la-
mentosa. M i avvicinai - la porta era aperta - guardai dentro e v i -
d i . . . me stesso!... M e stesso!... M a cosf com'ero trent'annì fa, con lo
stesso vestito che indossavo nel giorno fatale quando, disperato,
volevo por fine alla mia mìsera v i t a , quando G i u l i a mì apparve, co-
me l'angelo della luce, vestita da sposa. Era i l giorno d ^ e sue noz-
ze: quell'uomo - Ìo... l o ! . . . - giaceva sul pavimento e picchiava sul
cuore d i pietra, facendo rimbombare la cavità vuota e mormoran-
do: « M a i , dunque, m a l , riuscirai a intenerirti, o cuore d i sasso?...»
Rimasi a fissare la scena come paralizzato... sentivo la gelida morte
corrermi per le vene... Quand'ecco dai cespugli uscì G i u l i a , vestita
da sposa, nel pieno fulgore della sua meravigliosa giovinezza... con
atto d i struggente desiderio la v i d i tender le braccia a quell'uomo...
a me... a me giovinetto!... A l l o r a persi ì sensi e c a d d i - . Reutlinger
si abbatté sulla poltrona e per poco non svenne d i nuovo. Rixendorf
glì prese le mani, gliele scosse e gridò a piena voce: - Questo hai v i -
sto?... Questo hai visto, fratello?.,, E niente altro?... Evviva!... Fa-
rò sparare a salve ì tuoi caimoni giapponesi per festeggiare la vitto-
ria!... M a che morte imminente... ma che apparizione!,,. Niente...
niente d i t u t t o questo! T i scuoto, t i scuoto perché t u t i svegli dai
sogni angosciosi e viva risanato e felice per m o l t i e m o l t i aimì an-
cora! ... - Rixendorf esultante corse fuori più velocemente d i quan-
to l'età paresse consentirgli. Abbandonato sulla poltrona, ad occhi
chiusi, Reutlinger aveva inteso ben poco delle parole d i Rixen-
dorf. Exster continuò a passeggiare su e giù, a grandi passi, cor-
rugando la fronte: - Scommetto, - disse infine, - che l'amico Ri-
xendorf vorrà d i nuovo spiegarci tutto nel suo solito modo... ma
non glì sarà facile, vero, mìo pìccolo consigliere aulico?,.. D ì appa-
rizioni noi ce ne intendiamo... Avessi soltanto ìl turbante e la pel-
lìccia!... - Per averU diede i m fischio acuto servendosi dì u n pìcco-
lo fischietto d'argento che portava sempre cx>n sé e subito u n moro
del suo seguito ^ recò g l i indumenti desiderati. Poco dopo entrò
la signora Foerd seguita dal marito e da Giu l ia. Reutlinger balzò
i n piedi, e tanto assicurò d i sentirsi dì nuovo perfettamente bene,
che fini col ritornare a sentirsi bene sul serio; pregò d i dimentica-
re l'accaduto e t u t t i si disposero a rientrare nel salone; t u t t i eccet-
to Exter i l quale, sdraiato sul sofà, nel suo bel costume turco, sor-
biva i l caffè e fumava una pipa smisuratamente lunga, facentlo ci-
golare contro i l pavimento le rotelle su cui poggiava la testa della
pipa medesima... M a ìn quel mentre la porta sì spalancò e Rixen-
dorf entrò a precipizio trascinando per mano i m giovanotto i n anti-
co costiune tartarico: era Max. Reutlinger vedendolo rimase senza
250 RACCONTI NOTTURNI
perché t u l i pagavi con vile denaro !... M a i , mai più m i rivedrai !... ^
Come i l giovane fece per slanciarsi fuor della porta, G i u l i a cadde a
terra singhiozzando. M a x ritornò indietro d'un balzo, la prese fra
le braccia e se la strinse impetuosamente al petto esclamando con
accento straziante: - Giulia... Giulia... O g n i speranza è perduta!...
- Reuthnger, tremante i n tutte le membra, incapace d i profferire
parola, rimase immobile a guardare... ma quando vide Giulia fra le
braccia d i M a x lanciò u n urlo folle, avanzò decìso, la strappò dal-
l'abbraccio d i M ax, la sollevò d i peso e le domandò con voce appe-
na percettibile; - Giulia... t u ami Max?... G i u l i a ! . . . - C o m e la mia
vita, - rispose G i u l i a fra le lacrime. - Come la mìa vita stessa... I l
pugnale che lei infigge nel cuore dì M a x colpisce anche i l m i o ! - I l
consigliere allentò la stretta e lasciò scivolare dolcemente la fanciul-
la su ima poltrona. Poi restò immobile premendosi le mani giunte
sulla fronte. I n t o r n o era silenzio dì tomba: nessuno osava muove-
re né fiatare!... Reutlinger cadde ìn ginocchio - i l sangue era torna-
to ad affluirgli al viso, g l i occhi glì si erano r i e m p i t i d i lìmpide lacri-
me - erse ìl capo, tese le braccia al cielo e disse sottovoce, solenne-
mente: - Eterna, imperscrutabile potenza, suprema reggitrìce del
mondo... fosti t u a volere che la mìa vita sbagliata fosse soltanto co-
me u n seme deposto nel grembo della terra affinché ne germoglias-
se un giovane arbusto carico dì fiori e f r u t t i meravigliosi?... O G i u -
lia... G i u l i a ! . . . O h , pazzo, cieco ch'io f u i ! . . . — Reutlinger nascose i l
viso fra le mani - e pianse. M a per pochi secondi soltanto, pqi si
scosse, si precipitò verso Max, che l o guardava attonito, se l o strin-
se al petto e gridò, come fuor d i senno: - T u ami Giulia... t u sei mìo
figlio!... N o . . . d i più... d i più... t u sei «me stesso»... T u t t o quello
che ho t i appartiene... sei ricco... molto ricco; hai una tenuta... ca-
se... denari... Lasciami rimanere con te: mì darai i l pane della cari-
tà nei miei u l t i m i giorni... Vero che lo farai?... T u m ì v u o i bene, ve-
ro?... D e v i volermene, perché t u sei «me stesso»... N o n temere più
i l mio cuore d i pietra: stringimi soltanto forte a te, e i l pulsare del
tuo sangue l o intenerirà, vedrai... Max... Max... figlio mio... amico
mìo... mìo benefattore!... - Prolungandosi u n po' troppo quelle ef-
fusioni esaltate, ì presenti incominciarono a preoccuparsi: ìl consi-
gliere pareva i n preda a una crisi d i sovreccitazione nervosa... Ri-
xendorf, l'amico d i buon senso, riuscì finalmente a calmarlo; e sol-
tanto quando f u più tranquillo, Reutlinger potè rendersi pieno con-
to d i quale guadagno avesse fatto ritrovando l'affetto dì quell'otti-
mo ragazzo; e si rese pure conto, con profonda commozione, che
anche la signora Foerd vedeva nell'unione della sua G i u l i a col nipo-
te d i luì i l rifiorire d ' u n lontano tempo perduto. I l consigliere
252 RACCONTI NOTTURNI
genza e la tua buona volontà, mio caro M a x , t u sei ancora uno sbar-
batello... manchi d i esperienza... d i cultura... non conosci la vita...
Cammini con i piedi i n dentro... t i esprioii setiza garbo, come ho no-
tato poco fa quando, parlando a tuo zio, ìl consigliere aulico Reut-
linger, g l i hai dato tJd t u . . . V ia, per i l mondo!... A Costantinopo-
l i ! . . . L à imparerai quanto t i occorre, per tutta la vita... Poi r i t o r n i e
ti sposi tranquillamente la mia cara bambina... la deliziosa Giuliet-
ta —. A l l ' u d i r e questa proposta t u t t i rimasero alquanto sorpresi. M a
Exter trasse da parte 11 consigliere e ì due amici parlottarono per u n
p o ' , ponendosi vicendevolmente le mani sulle spalle e scambiandosi
alarne parole ìn arabo. Poi Reutlinger sì avvicinò a M a x , l o prese
per una mano e g l i disse i n tono molto dolce e suadente: - Figliolo
m i o caro... mio ottimo Max, fammi questo piacere: va' a Costanti-
nopoli. Sarà questione d i sei mesi al massimo... p o i io, q u i , penserò
a preparare i l tuo matrimonio - . Vane furono le proteste della fi-
danzata: Max dovette andare a Costantinopoli.
A questo punto, lettore mio amatissimo, io potrei anche con-
chiudere i l mio racconto perché Max, come t u ben potrai immagi-
nare, appena ritornato da Costantinopoli (dove vide la scala su cui
la foca aveva riportato 11 bambino e molte altre meraviglie), sposò
veramente la sua G i u l i a ; e non t i interesserà dì sapere come fosse
vestita la sposa né quanti figli allietassero la felice unione...
Aggiungerò soltanto ancora che, nel giorno della natività d i Ma-
ria dell'almo 18..., M a x e G i u l i a si inginocchiarono l'uno d i fronte
all'altra nel padiglione, accanto al cuore rosso: e copiose lacrime
caddero su quella fredda pietra perché sotto d i essa giaceva i l cuo-
re - ahimè, troppo crudelmente ferito! - del benefico zio.
N o n per voler imitare la tomba dì lord H o r i o n \a perché gli
era parso dì riassumere così tutta la dolorosa vicenda terrena del
povero zio, M a x aveva scolpito dì propria mano sul cuore dì pietra
la parola:
Riposa!
' NeH'Hesperus di Jean Paul, Lord Horion si uccide dentro la cripta sepolcrale della
tua amau, dopo avet Eatto deporre una lapide con la propria epigrafe mortuaria.
«Accorremmo al cespuglio e, alla luce di due torce funebri vedemmo che If accanto era
•tata scavata una seconda fossa, coperta da una lastra di marmo nero di sotto aìla quale usciva
un lembo dell'abito nero del Lord: egli si era suicidato dentro quella fossa. Sulla lapide di
tuarmo nero - come su quella che copriva U tomba dell'amata - c'era un pallido cuore di ce-
nere e sotto i l cuore, incisa a lettere bianche, la parola; "Riposa"» (Jean Paul, Opere, 2*
ed., voi. IV, p. 131, Berlin 1826).
p. vu L'esilio del borghese di Claudio Magris
xuii Nota all'introduzione
XLV Nota biobibliografìca
Racconti notturni
PARTE PRIMA
5 L ' O r c o Insabbia
37 Ignazio Denner
80 L a chiesa d e i g e su iti d i G .
loi I I Sanctus
PARTE SECONDA
119 L a casa d i s a b i t a t a
146 I I maggiorasco
208 II voto
233 I I cuore d i p i e t r a
Stampato per conto della Casa editrice Einaudi
presso Mondadori Printing S.p.A., Stabilimento N.S.M., Cles (Trento)
C.L. 17712
Edizione