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Wabi

sabi: il valore dell’imperfezione e l’estetica giapponese





Il repentino sviluppo del Giappone durante i secoli di storia ha come conseguenza un legame alle tradizioni
molto più stretto e sentito dalla popolazione. Il misterioso paese del Sol Levante, peculiare per la sua forte
chiusura, si aprì al mondo tra il 1853 e il 1854 grazie alle spedizioni del commodoro statunitense Matthew
Perry e alle trattative con lo Shogunato Tokugawa che posero fine all’isolamento commerciale.
Pur aprendosi ad ingerenze esterne, il Giappone resta ancora oggi una nazione con una forte identità che lo
contraddistingue dagli Stati per le usanze altamente radicate nel tessuto sociale. Un punto cardine e peculiare
della storia della società giapponese è il rapporto fra uomo e natura, intensamente sentito tanto da
divinizzarne alcuni elementi: uno dei fattori che alimenta questo rapporto è sicuramente l’ambiente in cui ci
troviamo, essendo il Giappone una zona vulcanica e soggetta a terremoti e maree, la natura viene concepita
come invincibile, e di conseguenza elevata a divina.
La contemplazione della natura è un punto chiave per interpretare il concetto di wabi sabi (侘寂).
L’origine di questa parola è correlata alla religione Buddhista e ai suoi precetti: il rifiuto dello sfarzo e la
rinuncia a beni materiali non fondamentali è anche uno dei precetti del wabi sabi come filosofia di vita, che
si applica altresì nelle usanze principali di questa società.
Il significato di wabi sabi si può conoscere attraverso l’analisi delle due parole che lo compongono: wabi si
riferiva originariamente alla solitudine, a una vita lontana dalla società immersa nella natura; sabi significava
povertà e appassimento. Verso il XIV secolo questi significati mutarono progressivamente, assumendo
connotazioni più positive. Wabi identifica oggi la semplicità rustica e può essere applicata sia a oggetti
naturali che a manufatti. Può anche riferirsi a difetti involontariamente creati nel processo di costruzione,
che aggiungono unicità ed eleganza all'oggetto. Sabi sottintende un’idea di bellezza legata al passare del
tempo, che può manifestarsi solo in seguito all’usura e all’invecchiamento, come può accadere per la patina
che ricopre inevitabilmente gli oggetti che usiamo.
Wabi sabi è quindi un concetto metafisico che può essere interpretato in modi differenti a seconda del
contesto in cui viene inserita la parola. Possiamo definire wabi sabi come la consapevolezza dell’eterno fluire,
dell’impermanenza, dell’imperfezione e incompletezza sia della vita che delle cose materiali che ci
circondando. Il senso della bellezza risiede quindi nel ciclico naturale di crescita e nella contemplazione della
natura.
Questo principio filosofico negli anni avvenire si è evoluto in vere e proprie forme materiali: I manufatti
realizzati secondo il wabi sabi sono imperfetti, con un’estetica non appariscente e rustica1. I canoni estetici
rispecchiano la semplicità della natura, l’esaltazione dell’imperfezione e l’asimmetria che evocano in chi
guarda questi manufatti una serena malinconia.
Possiamo vedere a tutti gli e effetti il wabi sabi nell’Ikebana (生け花), l’antica arte della disposizione dei fiori
recisi. Questa pratica che da sfogo alla propria emotività e dedizione nei confronti della natura eleva la
semplicità e l’armonia grezza della natura stessa.
Allo stesso modo possiamo trovare oggetti in linea con il pensiero wabi sabi usati nella cerimonia del tè o
Chadō (茶道, "via del tè").


1 Per descrivere qualcosa di sobrio ed equilibrato possiamo utilizzare l’aggettivo Shibui
È importante ricordare che la cerimonia del tè è di origine cinese ma a differenza della cerimonia del tè
giapponese questa pratica era di carattere prettamente aristocratico e ridondante di sfarzo.
Il monaco zen Murata Shukō trasformò la pratica antica del Chadō radicalmente: la cerimonia si basava
sull’eliminazione di ogni ostentazione di ricchezza tipica della cerimonia cinese, riportando questo rito in un
ambito di semplicità e sobrietà tipica del wabi sabi. Dopo la morte di Murata Shukō (1502) I suoi discepoli
affinarono la cerimonia eliminando altresì scaffali e utensili considerati non indispensabili. Gli utensili usati
per la cerimonia uniti al wabi sabi prendono il nome di raku (楽焼), una tecnica di creazione e cottura della
ceramica che da vita a ciotole di argilla che esaltano l’imperfezione, la naturalezza delle forme, l’armonia
delle cose semplici, l’arte del grezzo.
La ceramica raku si ottiene con una tecnica di seconda cottura dell’argilla che viene realizzata in un forno a
gas; il pezzo viene estratto a caldo, indossando protezioni contro l’elevato calore e viene poi riposto in un
contenitore metallico contenente carta, seguatura e foglie.
Il contatto con questi materiali provoca l’accensione di una fiamma che genera la riduzione di ossigeno e in
conseguenza la formazione di particolari crepe nella smaltatura e annerimento di alcune parti.
Tutte le creazioni raku in terra refrattaria2 devono essere preventivamente cotte una prima volta, in forno a
gas o elettrico, a una temperatura che si aggira sui 1000°C.
Nelle manifatture wabi sabi quindi possiamo quindi definire delle caratteristiche che le contraddistinguono
dalle altre:
• La forma non deve essere simmetrica ma naturale, organica, perciò imperfetta.
• Il materiale usato non deve essere metallico o di finitura pulita, si prediligono I materiali tendenti al
rovinarsi, di aspetto rustico e antico.
• I colori usati non devono essere sgargianti ma rispecchiare il mondo naturale.
• Più un oggetto è deteriorato dal tempo, più viene considerato di autentica bellezza.
• I materiali riciclabili e di orgine naturale vengono prediletti rispetto agli altri.
• La semplicità e l’asimmetria sono parte fondamentale della creazione di tali oggetti.
• La realizzazione degli oggetti è intima, personale e svolta nel silenzio della contemplazione del lavoro
stesso.
I primi manufatti wabi sabi arrivarono in Europa fra il 1850 e il 1870, il mondo europeo vide per la prima volta
questi manufatti alla Grande esposizione di Londra nel 1862, che venne organizzata nei giardini della Royal
Horticultural Society a South Kensington, su un'area che sarà in seguito destinata a ospitare il Museo di storia
naturale e il Museo della scienza.
Questa esposizione influenzò intensamente artisti e artigiani del tempo, i quali iniziarono a dipingere e creare
oggetti di estetica giapponese avvicinandosi allo stile wabi sabi e iniziando a dipingere la natura decaduta,
dando inizio alla corrente artistica chiamata japonisme.
Il japonisme iniziò in Francia soprattuto tra il 1850 e il 1870, grazie alla moda di collezionare opere giapponesi,
in particolare le stampe ukiyo-e. I collezionisti, gli scrittori e i critici d'arte europei intrapresero molti viaggi in
Giappone, soprattutto nei due decenni successivi al 1870, portando con sé molti manufatti e stampe; in
conseguenza a questi viaggi, cominciò la pubblicazione di molti articoli sull'estetica giapponese, e vi fu un
incremento nella distribuzione di stampe in tutta Europa.
Nei quadri dei pittori iniziano a comparire riferimenti allo stile giapponese a partire da Monet e il suo
interesse verso i fenomeni della natura che, lo porteranno verso una disgregazione della forma con una
tecnica più vicina alla filosofia wabi sabi in contrapposizione assoluta alla precisione cromatica e di linee delle
stampe giapponesi. Eppure nessuna antitesi sarà più similare allo studio della natura come si può evincere
confrontando l’opera dell’artista Hiroshige “Recinto del Santuario Tenjin” con il quadro di Monet “Lo stagno
delle ninfee”.


2 Terra refrattaria: atta a resistere a temperature elevate senza subire troppe alterazioni.
Ancora oggi, i principi del wabi sabi vengono rispettati dalla popolazione giapponese non solo con manufatti
che ne rispecchiano le caratteristiche ma anche come modo di vivere: sapersi adattare alla realtà senza
controllarla, lasciare andare ciò che non è necessario, vivere con la consapevolezza che tutto ciò che
incontriamo è imperfetto e destinato ad essere impermanente accettandolo in modo positivo. Questo tipo
di pensiero è sicuramente agli antipodi delle mire perfezionistiche che permane nel mondo occidentale: è
ormai impensabile ad oggi che l’imperfezione non sia simbolo di fallimento.
Contrariamente al poco interesse verso questo tipo di pensiero, in Occidente negli ultimi anni si è sviluppato
un tipo di design che assorbe i principi fondamentali del wabi sabi: gli interni delle case sono caratterizzati
dal riferimento alla natura e alla semplicità grezza degli elementi con l’uso di legno naturale, pietra e vimini.
I colori della terra sono le tonalità perfette per questo stile, conformandosi alle tonalità dei manufatti che in
precedenza abbiamo descritto, che rendono l’ambiente significativamente più caldo e accogliente.
Questo approccio al wabi sabi tuttavia, malintende l’essenza stessa del termine: la scelta accurata e
maniacale di certi oggetti di arredamento, la ridondanza dei manufatti e la cura nel dettaglio che crea il
perfezionismo portano ad una interpretazione del wabi sabi diversa da quella concepita fino ad ora, che
segna il rinnovamento di una tradizione e di una lettura più simile al mondo occidentale che a quello
nipponico. I principi di progettazione occidentali come l'ordine, la simmetria e la gerarchia sono spesso
metodicamente predeterminati e calcolati pur mostrando materiali simili a quelli usati dal wabi sabi. In
Giappone invece, l'asimmetria, l’incompletezza e l’imperfezione sono il fulcro per capire al meglio questo
pensiero ed applicarlo, oltre all’importanza che si da al processo di creazione piuttosto che sul prodotto finito.
Comprendere questa relazione tra design e cultura aiuta a capire perché il design efficace in una parte del
mondo non è sempre efficace o autentico in altri paesi.






BIBLIOGRAFIA

1. Giappone: Ikigai, Kaizen, Kintsugi, Wabi sabi, Shinrin yoku, Nippon Teikoku

2. Wabi sabi: History https://youtu.be/QmHLYhxYVjA

3. Wabi Sabi Style, James Crowley e Sandra Crowley, 2005

4. Wabi sabi. La via giapponese a una vita perfettamente imperfetta, Beth Kempton

5. The Wabi Sabi Way: Antidote for a Dualistic Culture? Cooper, Tracy M.

6. Wabi sabi: the wisdom in imperfection, Nobuo Suzuki, 2020

7. Cross-Cultural Design: A Visual Approach to Understanding Japanese Wabi-Sabi, Anna Davies, St.

Edward’s University

8. The meaning and Expression of Wabi sabi in Enviromental Art Design, Yang Jian

9. Tecnica Raku, https://it.wikipedia.org/wiki/Raku

10. Japonisme, https://www.silvanaeditoriale.it/exhibition/68/giapponismo

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