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BSM - Anno IV n.

1 - Gennaio/Febbraio 2012

CONTRIBUTORS
Silvia Barucci, Fabio Canneta, Armando Dal Col, Gian Luigi Enny, Stefa-
no Frisoni, Antonio Gesualdi, Min Hsuan Lo, Laura Monni, Luca Ra-
macciotti, Roberto Raspanti, Francesco Santini, Anna Lisa Somma

IN COLLABORAZIONE CON

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photo © Hitoshi Shirota
BONSATIREGGIANDO

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SOMMARIO

EDITORIALE

08 Antonio Ricchiari
Cross culture

SECRET WORLD
26
10 Fabio Canneta
Le forme d'acqua

DAL MONDO DI BONSAI & SUISEKI

20 Gian Luigi Enny


L'essenza del giardino nella
storia giapponese

24 Stefano Frisoni
Club Bonsaisensi in streaming

26 Luca Ramacciotti
Ikebana. Arte del divenire
34 10
34 Silvia Barucci
Florero Design

BONSAI-DO: PRATICA E SAPERE

42 Massimo Bandera
Pittori e letterati. Gli stili Bunjin

MOSTRE ED EVENTI

48 Laura Monni
Una buona idea per la Mostra
d'Autunno Bonsai e Suiseki dell'Asso-
ciazione Culturale Roma Bonsai

42 20
SOMMARIO

IN LIBRERIA

54 Antonio Ricchiari
Le Icone di Hiroshima di A.
Curcio 1
55 Carlo Scafuri
Commento al libro "Bonsai.
Tecniche avanzate" di A. Ricchiari
58
BONSAI 'CULT'
1
56 Antonio Ricchiari
Bonsai e mercato

LA MIA ESPERIENZA
1
e

58 Antonio Gesualdi
Sakurako. La geisha triste

64 Armando Dal Col


Corniolo. Alla ricerca
1
dell'esemplare. 76 97 v

70 Roberto Raspanti
Quercus "Zoo"... iperarborea!
1
A LEZIONE DI SUISEKI & CO.

76 Luciana Queirolo
Flusso - II parte
1
...QUELLI DI BONSAI CREATIVO

87 Francesco Santini
Ginepro Itoigawa
1
r

L'OPINIONE DI...

54 64 1
97 Giuseppe Monteleone
Nicola 'Kitora' Crivelli
SOMMARIO

I FANTASTICI QUATTRO

106 Massimo Cotta


I fantastici quattro

TECNICHE BONSAI
114
108 Antonio Acampora
La collocazione dei bonsai

NOTE DI COLTIVAZIONE

114 Luca Bragazzi


Il corretto utilizzo degli
estratti umici: radicale o fogliare?

IL GIAPPONE VISTO DA VICINO

115 Anna Lisa Somma


Mishima, o la visione del
vuoto
116 108
116 Antonio Ricchiari
La bellezza del quotidiano

MALATTIE ED INSETTI

122 Luca Bragazzi


I batteri fitopatogeni

BCI NEWS

124 MinHsuan Lo
Imperturbable like jade,
righteous like a mountain

131 BCI
The Ambassador's newsletter
115 124
L a febbre occidentale per la cultura pop dell’Impero del
Sol Levante riflette un profondo mutamento generazio-
nale. Ciò che sta emergendo, insomma, è una gioventù
pan-asiatica che condivide condizioni di vita e si riconosce
in idoli, pose e modelli di consumo comuni. E molti di que-
sti modelli giungono dal Giappone al pari di quei flussi
non dissimili che in Occidente continuano a dettare la fa-
scinazione per il pop londinese o il cinema hollywoodiano.
La penetrazione della cultura giapponese,
insomma, non si limita più all’Asia o ai giovani della dia-
spora asiatica: essa ha una dimensione mondiale. Alcuni
sociologi si sono chiesti se sia possibile parlare di un pro-
cesso di “giapponesizzazione” delle culture giovanili
mondiali paragonabile a quello dell’”americanizzazione”.
Anche in Occidente, in effetti, il pop giapponese:
manga, anime, videogiochi, moda, telefilm, mostra di es-
sersi radicato oramai nell’immaginario giovanile contempo-
raneo. Le nuove sottoculture giovanili sembrano avere
esaurito il serbatoio della cultura americana per riciclarsi e
tendono a guardare globalmente. Moda, media e pubblici-
tà hanno adottato da tempo lo sguardo globale. Volti e mo-
delli asiatici, moda ispirata ai giovani di Tokyo,
arredamenti zen e post-zen, magliette Hawaii, ideo-
grammi, cyber lolite ricalcate sull’iconografia degli anime,
tycno nipponica, sushi-bar: il Sol Levante è da tempo
trendy.
Il Giappone si impone come polo di seduzione e
di sesiderio per gli occidentali. Il Sol Levante emerge come
il prototipo della società post-moderna, postindustriale, ci-
bernetica, ribaltando le coordinate di Estremo Oriente in
quelle di Occidente Estremo. Il momento iniziale di questa
costruzione, secondo i più attenti osservatori, è da ri-
cercarsi nel film cult Blade Runner, di Ridley Scott, datato
1982, dove per la prima volta le immagini di fantascienza
futuribili e le immagini del Giappone si fondono indissolu-
bilmente.
Oggi però è sempre più difficile isolare o definire
una cultura pop-olare da contrapporre ad una cultura
“alta”. Nello scenario contemporaneo, tutti questi confini
appaiono sgretolarsi o comunque farsi più fluidi. In
Giappone esistono pratiche normalmente etichettate come
cultura d’élite come la cerimonia del tè, l’ikebana, il
bonsai (tanto perché ci riguarda da vicino) e rientrano
dunque nel patrimonio culturale condiviso da strati
sempre più ampi della grande classe media giapponese.
La cross culture non investe solo i confini fra arte e
commercio, quelli fra mainstream e undergroud: a saltare
sono anche i confini fra Oriente ed Occidente. E il bonsai
con il suiseki hanno fatto degnamente la loro parte
sull’onda dei cultural studies poiché hanno aperto agli
appassionati un mondo meravigliosamente impensabile
con tutte quelle implicazioni anche culturali che queste
arti comportano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Fabio CANNETA
Il respiro della terra...
cattura evanescenti semi alati forieri di nuova vita...
accarezzando verdi foglie che
si specchiano nel cielo...
sfidando la gravità in un ostinato abbraccio a non
voler tornare alla terra...
incontrando il vento del nord che trasforma
l'acqua in soffici batuffoli...
che il morso dell'inverno avvolge in un
gelido soffio che tutto purifica.
N
on esiste una definizione semplice di ciò che
costituisce un giardino giapponese, come
non esiste un unico stile. Agli occhi occi-
dentali, tre degli elementi più sorprendenti
sono: le lanterne di pietra, la vasca per l’acqua o tsuku-
bai e la ghiaia rastrellata con al loro interno rocce, ma
questi componenti non sono sufficienti per fare un
giardino giapponese.
La composizione è importante in ogni giardino,
ma ciò che distingue un giardino giapponese è il bel ri-
sultato ottenuto attraverso una miscela di piante sa-
pientemente potate, sabbia, acqua e roccia. L'obiettivo
non è semplicemente quello di ottenere un effetto esteti-
co, ma trae la sua ispirazione dalle due religioni principa-
li in Giappone: Shintoismo e Buddismo.

ISPIRAZIONE SPIRITUALE
Sin dall’antichità, i giapponesi hanno conside-
rato i luoghi circondati da rocce come dimore degli
dei, così pure come montagne, boschi e corsi d’acqua
sono tradizionalmente considerati terra sacra. E’ in que-
ste antiche credenze Shinto che l'origine creativa del
giardinaggio giapponese si sviluppò.
Quando il buddismo per mezzo dei cinesi
entrò in Giappone nel 6°secolo, portò nuove convenzio-
ni intellettuali trovando la strada giusta nel disegno del
giardino. Il primo di questi fu l'utilizzo dei giardini per
rappresentare la visione buddista del paradiso. Poi, do-
po il 14° secolo, la dottrina buddista zen dette luogo a
uno dei concetti più importanti del giardinaggio giappo-
nese; l'espressione simbolica di un universo intero in
uno spazio limitato, in pratica un universo in miniatura.
Vari dispositivi ingegnosi sono stati utilizzati per realizza-
re tali effetti, la ghiaia rastrellata a rappresentare un fiu-
me o il mare, pietre con forme idonee a rappresentare
isole o montagne e, alberi in mi- samente in pietra e alberi dalle
niatura per rappresentare un'inte- fattezze sorprendenti.
ra foresta. Anche se ancora oggi il
I giardini nipponici design più sobrio sembra essere
acquistarono, nelle loro composi- considerato da molti come il "ve-
zioni, una delicatezza quasi pitto- ro spirito" dei giardini giappone-
rica che dura ancora oggi, si, recenti esempi di stile più
divenendo materia di osservazio- esuberante sono facili da trova-
ne e studio,innescando un re oggi in Giappone, in partico-
concetto molto diverso dal giardi- lare nella cintura di
naggio occidentale, che cerca insediamenti moderni attorno
spesso di deliziare con una profu- alle grandi città.
sione di forme astratte e colori
sgargianti. UNA SINTESI DI STILI.
1. Giardino che rappresenta simbolicamente la vi- Quando la pace ritornò Il lungo periodo dello
sione buddista del paradiso - 2. Giardino dipinto in Giappone nel tardo 16° seco- shogunato Tokugawa a partire
su stoffa
lo dopo molti anni di lotte dall'inizio del 17°secolo diede vi-
interne, samurai e shogun famo- ta a un altro stile di giardinaggio
si svilupparono il loro amore per giapponese, una sintesi di tutto
l’arte attraverso la progettazione ciò che era successo pri-
di giardini, costruendoli con ma. Questo è riconosciuto co-
rocce avente forme sorprendenti me kaiyu ( il luogo del piacere),
e utilizzando piante dalle sago- in cui vari stili di giardini, spesso
me ricercate. Tali idee in seguito intorno ad un laghetto centrale,
vennero ostentate dal grande vennero costruiti per visualizza-
maestro della cerimonia del tè, re i cambiamenti di scena
Sen no Rikyu, che ne cercò l'ispi- sorprendendo i visitatori mentre
razione per il suo giardino del vagavano intorno. In seguito si
tè (roji Niwa) nella tranquillità iso- diede vita a quella che oggi è
lata in un borgo di monta- considerato come uno degli ele-
gna. Questa era simboleggiata menti più importanti di un
attraverso elementi come pietre giardino giapponese :il shakkei
miliari, lanterne e vasche rigoro- o paesaggio preso a prestito.
SHAKKEI – UTILIZZO DEL PANORAMA CIRCO-
STANTE COME SFONDO NATURALE.
Il concetto di natura, riprodotta in miniatura, è
stata interpretata nel corso dei secoli e inserita dai niwa-
shi (maestri giardinieri) come concetto base nei progetti
dei giardini nipponici, ed è per noi oramai naturale
che la stessa natura debba essere copiata,oppure uti-
lizzata, inserendo nel progetto lontane colline o pae-
saggi sullo sfondo e altre caratteristiche topografiche
che vengono "prese a prestito" e integrati nella pro-
spettiva del giardino. In questo modo il giardino e la
natura sembrano diventare uno, ma alla fine è una
sottile combinazione delle due cose.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

3. Nuove concezioni di giardino giapponese moderno - 4. Il


bel risultato ottenuto lo si deve al sapiente utilizzo di pochi
elementi - 5. Altro scorcio di un giardino realizzato secondo i
canoni moderni
sionato o chiunque desideri
assistere ad interventi e lavo-
razioni potrà collegarsi al
link: http://www.bonsai-
sensei.it/live.htm (Foto imma-
gine 1) e vivere in diretta da
casa o dal proprio laborato-
rio le tematiche che in ogni

O
gni giorno pratica. incontro si presenteranno. Sa-
dobbiamo Il Club Bonsaisensei La Diretta Live segue un ca- rà possibile rivolgere do-
confrontarci e vi- ha percepito questa necessi- lendario ben preciso. Per co- mande in diretta utilizzando
tà del bonsaista e per questo noscerlo basta collegarsi al
vere nuove espe- la CHAT (foto immagine chat
sito:
rienze che la vita ci presenta, che in collaborazione con il 1) nella quale potrete scrive-
http://www.bonsaisensei.it/
ma spesso e volentieri dobbia- Laboratorio Bonsaisensei di re le vostre curiosità (previa
mo affrontarle basandoci sul Stefano Frisoni ha ideato registrazione gratuita al sito
nostro istinto. La passione “Bonsaisensei in Streaming” Livestrim), ed avere così in
che ci unisce è ricca di situa- (foto streaming 1) ovvero tempo reale la risposta a
zioni che dobbiamo affronta- una sezione interattiva di- quanto richiesto. E’ inoltre
re per la prima volta senza rettamente sul web a disposi- possibile rivedere frammenti
mai averle potute vivere zione di ogni persona che di filmati girati in precedenza
personalmente o per lo me- desideri approfondire il pro- semplicemente accedendo
no senza aver mai potuto assi- prio interesse per il bonsai. alla funzione VIDEOS (foto li-
stere ad una dimostrazione In questo modo ogni appas- breria 1).
Nella Video Library è possibile visionare degli spezzoni su lavorazioni eseguite in passato.

Noi ci credia-
mo! Crediamo che que-
sto strumento possa
esserci utile per elimina-
re le distanze che spes-
so ci separano e che
purtroppo rendono diffi-
cili gli incontri. Faccia-
mo questo per una
passione che ci accomu-
na, nelle nostre possibili-
tà tentiamo di divulgare
l'arte bonsai e speriamo
così di fare appassiona-
re più persone possibili,
per garantire il futuro di
questa meravigliosa arte.

Vi aspettiamo numerosi Durante la diretta, è possibile comunicare con Stefano Frisoni tramite l'apposito pannello di chat.
sul web. Per farlo, basta soltanto registrarsi gratuitamente al sito.
A presto, e... buon
Bonsai!

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Stile libero. Alla carnosità del lilyum viene contrapposta la rigida essenzia-
lità dei rami di Mitsumata. I colori delicati di entrambi i materiali sono
messi in risalto da quelli quasi fluorescenti dei vasi di vetro.
Stile libero realizzato sotto la supervisione della mia inse-
gnante Valeria Raso Matsumoto dove abbiamo utilizzato
platano e calla selvatica (materiale a disposizione
ovunque) e margheritine gialle proprio per sottolineare
la bellezza e l'eleganza della natura che spesso i nostri
occhi distratti non riescono a percepire.
I
kebana (fiori viventi) il nome con cui
dal secolo XVIII si definisce l'arte
compositiva nota anticamente come
Kado (via dei fiori) nata nel VI secolo
in Giappone. Di derivazione religiosa l'ike-
bana penetra in Giappone assieme al
buddismo e all'offerta floreale che veniva
fatta agli dei e con cui si adornavano gli
altari. Due sono le leggende che stanno
alla base della nascita dell'ikebana.
Secondo la prima, Amaterasu-o-
Mikami (dea della luce e del calore terre-
no) dopo aver litigato con il fratello Susa-
no-o-no-Mikoto si rinchiuse in una
caverna, sigillandone l’entrata con un gros-
so masso e facendo precipitare la terra nel
buio e nel freddo. A nulla valsero le suppli-
che degli altri dei, la dea non ritornava
sulla sua decisione. Fu posto allora,
innanzi alla grotta, un sakai di cinque-
cento rami e la dea della bellezza (Ameno-
Uzumeno-Mikoto) improvvisò una danza.
Incuriosita dal trambusto Amaterasu si
affacciò dalla caverna spostando di un po-
co il masso e il dio della forza fu lesto a
prenderla e a tirarla fuori; così il sole tornò
a risplendere sulla terra riportando luce e
calore.
La seconda, che si svolge nel VI,
racconta invece del rapporto di amicizia e
rispetto tra il reggente Shoku-Taishi e
l’ambasciatore in Cina Ono-no-Imoko che
al rientro in patria, saputo della morte
dell’amico, decise di ritirarsi a vita privata.
Scelse di stabilirsi in una località vicino ad
un lago e al tempio Rokkakudo assu-
mendo il nome di Sen-mu e il suo eremo
fu chiamato Ike-no-bossia. Nel suo modo
di porgere i fiori alla dea Kannon (dea
della misericordia), collocandoli all’interno
del vaso, egli oltre ad omaggiare l’amico
scomparso voleva ricordare gli alti principi
che avevano caratterizzato il suo regno. Le
persone iniziarono a recarsi presso il suo
eremo per imparare la nuova arte fino a
quando il nome dell’eremo e della scuola
si fusero dando vita appunto alla prima
scuola di ikebana l’Ikenobo. Questa è la
scuola più antica in assoluto ed ancora
oggi svolge la sua attività con allievi ed
insegnanti in tutto il mondo.
Le scuole di ikebana sono molte,
le più famose sono riunite nell'associazio-
ne Ikebana International, ma le principali,
assieme all'Ikenobo, sono l'Ohara e la So-
getsu (a cui appartengo).
L'ikebana è l'arte del divenire sia
perché i fiori o i rami che andremo ad uti-
lizzare hanno un durata ben specifica sia
perché, nel suo mutare forma e stile, ha se-
guito di pari passo la storia del Giappone.
Per secoli è stata un'arte di esclusivo
appannaggio di monaci, aristocratici e sho-
1. Ikebana realizzato per la
mostra Incontro con l'ikebana -
Biblioteca Comunale Pier Pao-
lo Pasolini - Roma - nell'ambi-
to delle attività promosse dal
Comune di Roma per le festivi-
tà di Natale del 2008. Si tratta
di uno studio di rapporto tra li-
nee curve e verticali, tra mate-
riale secco, naturale e
sintetico.

2. Il triangolo è la figura base


comune a tutte le scuole di
ikebana che prevedono tre ra-
mi principali, e il ricreare attra-
verso di essi tale figura
geometrica. Qui ho creato
questa figura geometrica due
volte utilizzando sia il triango-
lo di pietra sia disponendo le
tre sfere di vetro con l'orchi-
dea. Un tocco di naturalezza è
gun e solo nel 1860 (quando il Giappone fu co- colore o struttura. Un successivo stile fu il Na-
dato dal rametto di bambù
(che per i giapponesi rappre- stretto ad uscire dal suo isolamento e ad aprire geire (letteralmente fiori gettati dentro) che
senta forza e delicatezza allo di nuovo i suoi confini) che l'ikebana cambiò il prevedeva l'uso di vasi alti e stretti (tsubo).
stesso tempo) mentre della suo volto ed anche le donne iniziarono ad acce- Quando il Giappone tornò in contatto con il
sabbia bianca collega i vari ele- dere a quest'arte. mondo occidentale iniziò ad importare anche
menti posizionati sul dai (base Il primo stile che incontriamo, il i fiori che non erano adatti a questi ikebana
di legno su cui si posa il conte- Rikka, è caratterizzato da un ramo principale per le foglie grandi, le corolle pesanti o gli steli
nitore che spesso contribuisce posto al centro del contenitore, intorno al qua- corti.
a dare il tocco finale ad una le sono disposti altri fiori o foglie. Fino alla fine Unshin Ohara (fondatore dell'omoni-
composizione).
del 700 si usavano i rami come erano in natu- ma scuola), allievo della scuola Ikenobo,
3. Durante il secondo anno di ra (anche se selezionati con molta cura), poi si ruppe con l'esperienza centenaria dell'ikebana
studio si realizza la variazione iniziò a lavorarli e a curvarli verso la linea volu- comprendendo che si dovevano percorrere
8 che prevede una doppia ta. Con il passare dei tempi il Rikka si tra- nuove vie ed invece di comporre ikebana verti-
composizione abbinata sformò in virtuosismi, regole e manierismi cali creò un nuovo stile dove l'andamento fos-
(nageire con nageire, tanto che gli si preferì un nuovo stile denomi- se orizzontale. Era nato il moribana (fiori
moribana con moribana, nato Shoka, molto più semplice, che prevede- ammassati) che utilizzava contenitori bassi e
nageire con moribana). In va l'utilizzo di tre rami da posizionare in larghi ideati dallo stesso Ohara (sono i suiban
questo caso ho scelto maniera asimmetrica. Un'altra celebre composi- ancor oggi in uso) e mescolava materiale au-
l'abbinamento nageire
zione il Chabana che veniva fatto per la cerimo- toctono con quello nuovo creando nuovi stili
(composizione verticale) con
moribana (la composizione in nia del te consisteva in un unico fiore o ramo e forme. Una successiva evoluzione dell'ikeba-
ciotola bassa) per sfruttare la di stagione che si mostrasse con discrezione, na si ebbe quando Sofu Teshigahara nel 1927
drammaticità naturale dei leggerezza e bellezza a chi partecipava alla ceri- fondò la scuola Sogetsu il cui motto era che
rami di pino. monia senza essere chiassoso o invadente per tutti potevano fare ikebana con qualsiasi mate-
Luca Ramacciotti è regista e sceno-
grafo in campo lirico. Da anni si
occupa di Ikebana Sogetsu tenendo
corsi, dimostrazioni e realizzando
ikebana di grandi dimensioni per
foyer dei teatri o come scenografie.
Ha partecipato a trasmissioni televisi-
ve per parlare di ikebana e svolto
corsi anche per i bambini delle scuo-
le elementari. Di recente è stato chia-
mato ad ideare degli ikebana su cui
potessero essere inclusi dei gioielli
per il lancio di una linea di gioielli
etnici ispirati all'Oriente.

La Scuola Sogetsu nello stile libero permette la massima


creatività andando ad impiegare anche materiali non canonici, a
reinventare l'uso di oggetti ideati per altri scopi. In questo
ikebana un coppapasta diviene un elemento visivamente
importante, che spicca rispetto alla comunione cromatica che c'è
tra la canna da zucchero e l'orchidea, ma nello stesso tempo
riesce ad integrarsi con essi creando un tutt'uno armonico.
riale e in qualsiasi luogo. Lontani dall'idea del to- Persino il contenitore inizia ad avere
konoma in cui veniva tradizionalmente inserito forme particolari accanto a quelle tradizionali e
l'ikebana Sofu ebbe una visione innovativa può essere di qualsiasi materiale non solo cera-
dell'ikebana che perdeva una bidimensionale mica, bambù (il cestino) o vetro.
facciata ed esplodeva a 360° guadagnando una Si reinventa il materiale, gli oggetti non
tridimensionalità fino ad allora mancante. canonici vengono riideati come contenitori od
Nell'ikebana si iniziarono ad inserire elementi decorativi all'interno dell'ikebana che
materiali secchi, plastici, metallici o cartacei. Era da composizione diviene scultura moderna. Do-
dato libero spazio all'artista dell'ikebana dato po la Sogetsu sono nate altre scuole che hanno
che per la prima volta veniva introdotto il proseguito questo cammino poiché come dice
concetto di stile libero. Dopo un percorso di stu- uno dei maggiori Iemoto della Scuola Sogetsu,
di l'ikebanista poteva esprimere la sua creatività Hiroshi Teshigahara: Non si deve considerare
senza riprodurre forme e stili all'infinito come l’ikebana come un oggetto fisso; l’ikebana è co-
nelle precedenti scuole. Interiorizzate le regole stantemente fluttuante. Non si deve dare una
e i principi base dell'ikebana Sogetsu poteva forma all’ikebana; l’ikebana ha una nuova
applicarle con fantasia. Magari non vi si ravvedo- forma per ogni nuova era.
no nello stile libero i rami principali, ma sono il
punto di arrivo di un cammino fatto di studi di
stili base e di variazioni volti a far acquisire espe- © RIPRODUZIONE RISERVATA
rienza, tecnica ed occhio all'ikebanista.
T
utto è cominciato tempo, con mia grande inutilizzata che, con l’ausilio stagno d’acqua. Quello che
con un regalo... mi sorpresa, la Phalaenopsis è ri- di lampade per la coltivazio- normalmente facciamo
è arrivata in casa fiorita e sull’onda dell’entusia- ne indoor, vivono benissimo. (anche io l’ho fatto) quando
una Phalaenopsis smo (era la prima volta che L’idea di FLORERO arriva in casa una di queste
quasi sfiorita che avevano re- riuscivo a non farla morire), è nata dall’esigenza di avere piante è quello di procurarsi
galato a mia madre. Lei parti- ho cominciato a docu- un vaso bello da tenere in ca- un controvaso carino dove
va per le vacanze estive e mentarmi su come coltivare sa, ma allo stesso tempo mettere l’orchidea in modo
visto che io e mio marito al meglio queste piante. funzionale. Leggendo e appli- da coprire quel bruttissimo
Mauro coltiviamo da Nel frattempo le Pha- cando i consigli di coltivazio- vaso di plastica. Così fa-
qualche anno bonsai, ha laenopsis da una erano di- ne ho capito che alcuni tipi cendo togliamo alla pianta
pensato di lasciarla alle no- ventate 5 o 6 e adesso ne ho di orchidee, amano fonda- tutto ciò di cui ha bisogno
stre cure, così ho preso circa una ventina. D’estate mentalmente tre cose: luce aria, luce e favoriamo i rista-
l’orchidea e l’ho messa in le tengo all’aperto in un ango- alla parte aerea e alle radici, gni d’acqua dopo
giardino insieme ai nostri lo riparato dal sole e in aria all’apparato radicale, l’annaffiatura con l’acqua
bonsai. Dopo qualche inverno in casa su una scala umidità alle radici ma non ri- che rimane nel controvaso.

1. La base d’alluminio forata impedisce il ristagno dell’acqua delle annaffiature, limitando


così una delle cause di morte delle orchidee: il marciume radicale. I piedini che sollevano
la base da terra favoriscono la circolazione dell’aria all’interno del vaso e quindi alle radi-
ci.uove concezioni di giardino giapponese moderno - 2, 3. Il corpo trasparente (vetro pirex
3 mm. di spessore) consente di far arrivare la luce alle radici della pianta. - 4. Il design di
florero fa di questo vaso un oggetto d’arredamento bello e funzionale.
Ho cercato
ovunque, un vaso che aves-
se le caratteristiche giuste
per la coltivazione e fosse
anche bello esteticamente
ma non ho trovato niente.
Così ho cominciato a pensa-
re a come poter realizzare
il vaso “perfetto” per que-
ste piante. Il vaso doveva ri-
spettare alcune
caratteristiche fondamenta-
li: essere trasparente per
consentire alla luce di arri-
vare alle radici, garantire la
circolazione d’aria (come
per i vasi bonsai, i piedini
che sollevano il vaso dal
piano d’appoggio garanti-
scono questa funzione), evi-
tare i ristagni d’acqua (il
fondo forato molto più di
un vaso normale non
consente all’acqua di rima-
nere all’interno dopo
l’annaffiatura). Ed infine, es-
sere bello tanto da poterlo
lasciare su un tavolo senza
pensare di doverlo coprire.
Da questi quattro
punti fondamentali ho co-
minciato a sviluppare l’idea
di come realizzare il vaso.
Devo dire che l’aiuto della
mia famiglia è stato fonda-
mentale, le serate a discute-
re tutti insieme su come
5. Florero è disponibile in diverse varianti.
realizzare Florero sono state un valido aiuto.
Il sostegno impagabile di Mauro (mio marito)
è ed è stato fondamentale per la realizzazio-
ne del mio progetto.
Devo anche un ringraziamento spe-
ciale ad Andrea (amico e bonsaista) che si è
prestato ad aiutarmi realizzando il primo pro-
totipo. Mi è servito moltissimo per far capire
la mia idea a chi avrebbe dovuto costruire
una parte del vaso, avere un prototipo rende
ogni spiegazione più facile (sono serviti
cinque fornitori diversi ed ognuno ha rea-
lizzato un pezzo del vaso).
Comunque, dal momento che è nata
l’idea e ho presentato la domanda di bre-
vetto, al momento che effettivamente sono
stata pronta a commercializzare FLORERO è
passato un anno. Un anno di prove, tentativi,
ricerche, campioni e poi fi-
nalmente il cerchio si è chiuso. IL
VASO ERA PRONTO!
La prima uscita pubblica è
stata la presentazione sulla mia pa-
gina Florero Design su FaceBook e
contemporaneamente sul sito
www.florero.eu. Dal “vivo” alla mo-
stra di Bologna ORCHIBO’ ed a
Piacenza all'ORTIDEA.
Il riscontro è stato positi-
vo, alle persone piace e questo è
molto importante. Sulla funzionali-
tà non ho dubbi, io coltivo già da
mesi alcune delle mie orchidee nei
vasi FLORERO e stanno benissimo.
FLORERO è sicuramente “il vaso”
per chi come me ama e coltiva, le
orchidee in casa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bonsai di Ginepro nello stile letterato
BUNJIN del pittore Blas Cano di Malaga

N
ell’arte bonsai esiste un parti- Tutta la cultura giapponese deriva da
colare tipo di stile dal quella cinese. Anche il bonsai, ossia il
tronco molto sottile, quasi bunjin, vede le sue origini nella lontana
minimalista, prerogativa di Cina. In particolare, lo spirito che sta
un certo tipo di letterati e pittori che si alla base del bunjin è riferibile all'OUT-
ispirano alla antica poesia e pittura TSE (taoismo cinese) nato 2,5 sec a.C.
cinse. Già nel 600 d.C. lo spirito bunjin arriva
Il Bunjin, nella sua accezione in Giappone, ma solo dopo il 1200
più corretta non deve essere conside- d.C. si diffonde e si evolve.
rato uno stile vero e proprio, ma un mo- Gli intellettuali cinesi, detti bu-
do di fare bonsai di qualunque tipo e di njin, fuggivano la gloria, la posizione so-
qualunque forme. Alcuni giapponesi ciale, la ricchezza. Si dedicavano allo
considerano una differenza tra il “vero studio dell'uomo e spesso vivevano co-
bunjin” ed il “tipo bunjin”. Altri giappo- me eremiti. Il bunjin-bonsai deve esse-
nesi considerano il bunjin l’unico vero re così: non appariscente ma nobile
bonsai veramente figlio dell’estetica d'animo, minimo materialmente ma
zen. In ogni caso ci troviamo di fronte massimo spiritualmente. In Giappone il
alla massima raffinatezza estetica intesa bunjin si arricchisce della bellezza
in un ambito informale e spirituale. semplice.
Vengono quindi rifuggite le raffinate pre- Il bunjin deve quindi essere
ziosità di origine cinese e le formalità leggero, esile, morbido, non perfetto,
imperiali e militari del mondo giappone- non apparente, ma deve celare la forza
se. La spiritualità diventa l’elemento invisibile e mistica, la potenza della
chiave di interpretazione dello stile bun- natura: la VITA. Questa forza non si ve-
jin. de, non è esplicita ma è il fondamento
II bunjin è lo stile rappresentati- della natura. Un esempio che chiarisce
vo del bonsai, è l'essenza del bonsai. tale concetto è il seguente: "...un
Pinus parviflora var. pentaphylla "Kuon"
Età 230 anni
campo in inverno è ricoperto di
neve, il gelo rende tutto immo-
bile, il grigio e il bianco fanno
rabbrividire... sembra tutto
morto... ma in realtà sotto la ne-
ve, nella terra c'è un seme, ed è
VITA!".
Il concetto di forza ce-
lata è fondamentale nella cultu-
ra giapponese ed è anche
indicato con il termine shinri
che significa ragione vera. Tutti
gli stili del bonsai devono essere
bunjin, tutti devono celare ad
un primo sguardo, ma manife-
stare dopo un'osservazione più
accurata, la vita.
La danza che si faceva
anticamente davanti alla divini-
tà scintoista (Kagura) veniva
praticata a corte per rendere
omaggio alla divinità, per ringra-
ziare la bontà del raccolto e si
celebrava danzando e suo-
nando flauto e tamburo; anch'
essa di derivazione cinese.
ancora oggi si ripropongono
nell'ambito delle accoglienze
musicali che sono sempre fatte
per l'ospite, insieme ad altre arti
fini all'interno della casa giappo-
nese.
La derivazione del
bonsai dalla Cina, che si adegua
al territori giapponese rappre-
senta una via ed un'arte nella
quale si elabora la natura con
gli uomini per creare opere
d'arte che ne sono il risultato in
armonia tra uomo e natura.
Naturalmente sarà l'uomo a ri-
spettare il disegno naturale.
Dall'antichità i giappo-
nesi pensano che ci siano divini-
tà in ogni parte della natura, e
ciò è in ogni opera d'arte. Ri-
cordiamo che i giapponesi sono
politeisti e che il buddismo è
entrato in Giappone nel XI sec.
La concettualità del bu-
njin è molto profonda ma è
molto difficile, ma è da studiare
perché rappresenta una filoso-
fia molto utile. La sua storia ha
origine in Cina dalla filosofia
taoista del Lao Tse. IniziaI-
mente se ne occupavano i lette-
rati che praticavano la
cerimonia del the, successiva-
mente il bunjin è diventato un
modo di pensare ed oggi è sba-
gliato consideralrlo uno stile.
Possiamo considerare l'arte
bonsai come anche altre cui suonare l'arpa, gioca-
arti giapponesi in tre stili re a scacchi, comporre
principali: shin, gyoo, poesie, saper scrivere,
soo. Nello stile shin il gu- comporre calligrafie, di-
sto è rigido, siamo nella pingere e scrivere libri.
formalità e lo stile bonsai Erano persone dalle
corrispondente è il grandi possibilità che
chokkan. Lo stile gyoo, non si macchiavano di
di carattere morbido è mondanità, ma prefe-
considerato di maggior rivano vivere da eremiti.
classe e dal punto di vi- In Cina l'epoca d'oro di
sta bonsai è rappre- questo modo di essere
sentato dal moyogi e dal va dal X al XII sec. (dina-
sakkan. Lo stile soo è il stia Sung).
più libero ed è caratte- La storia del bu-
rizzato da linee eleganti njin giapponese inizia
e raffinate; ad esso dopo la fine del periodi
appartiene il bunjin. Que- Kamakura (XIII sec.). In
sto modo di classificare è questo periodo nascono
basato sulla personalità, diversi pittori bunjin che
la forza, la morbidezza, il vivevano frugalmente.
gusto. Per arrivare a capire il gu-
La parola bunjin sto bunjin si deve pratica-
deriva dall'ambiente dei re la forma più regolare
guerrieri, che in Cina era- ed in base a questo si
no normalmente dei digni- comprende lo stile
tari, proprietari terrieri e morbido, agile, spigliato,
burocrati del governo (IX arguto, elegante e non
sec d.C.). Per essere consi- curante, così da arrivare
Bunjin di ginepro derati bunjin dovevano al culmine per
Foto Marco Cantafore conoscere sette arti, tra comprendere la vera ani-
Zhuāngzi - Illustrazione
Mistico e filoso cinese, è considerato tra i fondatori del
Daoismo.

ma bunjin, la quinta essenza della passione. generale. Anche l'ikebana era molto amata
L'albero bunjin dovrebbe avere un soprattutto nell'antichità, negli stili che ri-
tronco snello ma non giovane, elegante, cordano la pittura delle forme libere. Lo spiri-
disinvolto e ricco di poesia. Anche il suo va- to bunjin si vede anche nel modo di fare
so e il suo tavolo devono essere molto raffi- ikebana e di goder della bellezza dei fiori,
nati, suggestivi e delicati. n bunjin è l'essenza indifferenti delle cose mondane; per questo
del bonsai. L'immagine ideale ricercata dai ci- sono ikebana liberi e non formali, talvolta
nesi deriva dalla filosofia taoista ZUANG-ZI, anche senza tecnica. Talvolta anche con fiori
e non è precisamente uguale al concetto di rari o stravaganti, dalle forme ricche di
wabi-sabi da cui scaturisce la bellezza esteti- formalità.
ca giapponese. Del resto anche in Giappone L'albero bunjin dovrebbe essere
ci sono due correnti principali, la prima un'opera che esprime al meglio la bellezza
intorno alla cerimonia del the e la seconda le- giapponese. Secondo Sudoo il bunjin può es-
gata allo spirito dello zen. sere anche essere considerato una via da
La ricerca della bellezza del vuoto, percorrere per arrivare ad una illuminazione
cioè della semplificazione, è la bellezza bun- della vita attraverso il bonsai.
jin che è tipica del Giappone, appartiene al Conclude augurando che si possa fa-
gusto zen e culmina realizzando nella figura re bonsai ringraziando di essere in vita e ri-
del bonsai questa caratteristica. In questo spettando la vita e la natura. Il bunjin non è
senso la bellezza della cultura Giapponese è una forma d'arte, perché è vivo, mutevole
una bellezza del togliere. In Cina nella dina- nel tempo, fugace (gicon). Per poter realizza-
stia Ming incontriamo l'apice della maturazio- re un bunjin è importante conoscere il
ne intellettuale di questi uomini sublimi: concetto di bellezza del vuoto.
persone raffinate, intelligenti, amanti della Il vuoto è bello perché esso accetta
lettura e della cultura, pittori, calligarafi, mae- illimitatamente tutto ciò che si trova nell'uni-
stri del tè che hanno buon gusto, amanti verso; nel vuoto ognuno può esprimere cosa
della vita eremitica. Sono persone che ha nel cuore. Il bunjin deve trovare spazio
comprendono la passione per la natura ed nel vuoto ma non riempirlo, deve suggerire
hanno un sentimento poetico. Sono collezio- ma non raccontare.
nisti di pietre, oggetti d'arte per l'allestimento
dei tokonoma, ceramiche ed antiquariato in © RIPRODUZIONE RISERVATA
UNA BUONA IDEA
PER LA MOSTRA D'AUTUNNO BONSAI E SUISEKI
dell'Associazione Culturale Roma Bonsai

S
crivere un reportage di una mo- allestire altri spazi, cercando di non
stra è spesso ripetitivo, le dinami- scontentare nessuno.
che delle mostre sono più o Ormai la mia collaborazione per
meno le stesse. Ma questa volta l’organizzazione delle mostre inizia ad es-
lo scrivo con molto entusiasmo, che spe- sere annosa, ma le preoccupazioni e
ro di trasmettere ai lettori. l’agitazione pre - durante - post mostra
Roma, “Città dei ragazzi”, è sono sempre uguali!
giunta alla IV edizione la Mostra d’Au- Quest’anno la Mostra d’au-
tunno Bonsai e Suiseki dell’Associazione tunno ha avuto una grossa risonanza per
Culturale Roma Bonsai. via di un’idea che ha avuto il nostro Vice
Negli ultimi mesi è arrivata nuo- Presidente e Consigliere UBI Fabrizio Pe-
va linfa all’Associazione, si sono iscritti truzzello: organizzare delle dimostrazioni
dei nuovi soci appassionati di bonsaismo, di rappresentanti delle varie Scuole rico-
e con noi “vecchi” si sono anche dedicati nosciute UBI.
all’organizzazione della mostra. Ogni L’invito è stato accolto positiva-
anno, facendo tesoro dei piccoli errori mente da parte di cinque scuole, che
commessi nelle precedenti edizioni, ci mi- hanno inviato dei rappresentanti vera-
glioriamo e speriamo di continuare così. mente qualificati e con piante di altissi-
Ad ogni edizione aumentano le ri- mo livello. Il locale adibito alle
chieste di iscrizione di bonsai e suiseki dimostrazioni è stato affollatissimo
alla mostra, tanto che questa volta abbia- sempre, ed è stato proprio piacevole ve-
mo dovuto limitare ad uno soltanto il nu- dere tanti nomi noti e tanti emergenti del
mero degli spazi da assegnare a ciascun bonsaismo italiano lavorare assieme e,
partecipante. Ma va bene lo stesso, perché no, ridere e scherzare! Siamo
l’importante è passare un fine settimana tutti amici davvero!
assieme agli amici, godendo della condivi- I nomi:
sione della nostra passione. per Studio Botanico: Mario Pavone
Anche la sala dedicata ai suiseki per Bonsai Creativo: Francesco Santini,
è stata insufficiente, ma siamo riusciti ad Bruno Proietti Tocca e Michele Pacini.

Elisabetta Ruo premiata con


Franco Barbagallo mentre ri- una menzione di merito "mi-
ceve il Premio Associazione glior latifoglia" per il suo
Culturale Roma Bonsai bonsai di azalea
Il Premio Miglior Suiseki è
Premio Bonsai & Suiseki ma- stato vinto da Daniela Schifa-
gazine a Daniele Abbattista no per la sua elegante Pietra
per il suo bonsai di Leccio montagna "Canto antico"
Premio UBI - Olivastro
Shi Zong Quan

per Progetto Futuro: Tomma- vo, con la collaborazione di non era più una frase fatta o nio, quest’anno per la prima
so Triossi e Andrea Bianco Giuseppe Massa, Shi Zong un concetto astratto, era lì volta, riconoscendo i nostri
per Bonsai Time: Fabrizio Quan un pino nero, rappresentato da tante perso- sforzi a divulgare l’amore
Zorzi e Carmelo Bonanno Vincenzo Dominizi un’erica. ne che esprimevano la parte per la natura e la nostra
con Giorgio Castagneri Tutti sono rimasti migliore di un’arte antica, collaborazione con la Città
per Bonsai Mediterraneo: soddisfatti, sia per il clima acquisita da noi italiani e dei Ragazzi.
Matteo Testa con Antonio amichevole, che per queste portata verso un pubblico Molte targhe sono
Gesualdi. lezioni di grande bonsaismo qualificato ed attento. state consegnate alle piante
Inoltre nei due italiano. Per me è stato La mostra ha avuto in mostra. Oltre al premio
giorni si sono alternati altri davvero emozionante vivere il patrocinio dell’Unione Presidente U.B.I. ed i premi
personaggi: Franco Barba- quelle giornate così intense Bonsaisti Italiani ed è dell’Associazione, sono state
gallo che ha lavorato, con ed essere consapevole di sempre un grande onore. consegnate due targhe dal
una tecnica spettacolare, il le- partecipare ad un momento Anche la Provincia di Roma “Bonsai & Suiseki magazi-
gno secco di un grande oli- storico. Il bonsaismo italiano ci ha concesso il suo patroci- ne”, che ha anche dato il

Premio Ass. Cul. Roma Bonsai - Melograno Premio Miglior latifoglia-menz. di merito - Azalea
Franco Barbagallo Elisabetta Ruo
1. Premio Miglior lati-
foglia - Sughera
(Francesco Giammona)
2. Olivastro
(Laura Monni)
3. Premio Miglior lati-
foglia - menz. di meri-
to - Pino silvestre
(Mario Pavone)
4. Premio Miglior coni-
fera - Tasso
(Roberto Raspanti)
5. Premio Miglior coni-
fera - menz. di merito -
Cipresso (Gianni Troiani)
6. Le demo in
contemporanea nella
"casa delle rondini"
7. Demo Bonsai Creati-
vo School
8. Demo Scuola Bonsai
del Mediterraneo
9. Demo a cura di
Franco Barbagallo

suo patrocinio, ed una targa è me Emilio Di Raimo, Fabrizio molti premiati alla Mostra
stata assegnata ad un bonsai in Bonafè, Cosimo Lo Parco e Da- dell’Associazione nazionale
mostra dal Presidente dell’Asso- niele Abbattista. Ma anche i so- AIAS a Firenze. Un grande
ciazione Umbria Bonsai di Foli- ci con meno esperienza hanno onore per l’associazione aver
gno. potuto presentare, con grande potuto accogliere i suiseki di
Quest’anno per la pri- emozione, i loro bonsai. Carlo Maria Galli, Carlo Scafu-
ma volta è stata allestita una sa- Una sala interamente ri, Antonio Marino e Napoli
la dedicata alle piante dei soci dedicata ai suiseki, col passare Bonsai Club, Giuseppe Cordo-
ed istituito un premio dedi- degli anni abbiamo potuto nota- ne e Filippo Lanfranchi. A que-
cato. Sono state esposte le re un deciso miglioramento st’ultimo è andata la targa del
piante dei soci più anziani già della qualità delle pietre e patrocinio del Bonsai & Suise-
famose come quelle di Enrico delle esposizioni. Bellissimi ki magazine.
Sallusti e di Ottavio Foschi, pezzi alcuni dei quali di re- Giudice della mostra
quelle dei soci più esperti co- cente sono stati presentati e e socio della nostra Associazio-
ne Fabrizio Buccini che ha pre- grandi piante presenti alla mostra!
sentato un suo suiseki partico- Sarebbero necessarie troppe pagi-
larmente evocativo. Daniela ne per pubblicare tutte le foto e
Schifano ha esposto una pietra quindi vi invito a venire il prossi-
montagna che ha colpito tutti per mo anno per ammirare dei veri
la sua bellezza, ha presentato la pie- capolavori dal vivo e per godere
tra in una esposizione elegante, co- del clima amichevole che si respi-
me sempre curata in ogni ra sempre all’Associazione Roma
particolare e con un tavolo innovati- Bonsai.
vo realizzato da Sergio Biagi. A Da- Questi alcuni nomi degli
niela il meritato premio al migliore espositori: Francesco Giammona,
suiseki della mostra. Franco Barbagallo, Mario Pavone,
Bene dopo tutto questo Roberto Raspanti, Shi Zong Quan
discorso, lascio immaginare le (Ace), Antonio Conte, Andrea Be-
Particolare del secco del melograno
di Franco Barbagallo

nevieri, Gianni Troiani, Vincenzo Dominizi, Claudio Tampucci,


Giorgio Castagneri ed Elisabetta Ruo. Ma ancora tanti nomi ci
sarebbero da dire, gli spazi espositivi erano quasi 60.
Il mercatino, da molti anni ormai famoso per tutti i
bonsaisti dell’Italia centrale, ha confermato la sua fama con la
presenza di grandi nomi e di ottimo materiale: i vasi originali e
di ottima fattura di Tiberio Gracco, lo stand di Bonsai Time co-
me sempre fornitissimo, i prebonsai imperdibili provenienti
dalla Sicilia di Vito, Paolo e Ottavio Miano, di Donato Maiorino
e di Francesco Giammona.
Le piante “nostrane” di Vincenzo Dominizi, quelle di
Ace e di Fabrizio Buccini. Le pietre di Buccini e di Carlo Maria
Galli. Le magliette di Elisabetta Ruo instancabile sostenitrice
dell’aiuto italiano per il Giappone.
Mi auguro che il nostro esempio possa essere
apprezzato e seguito dalle Associazioni di bonsaisti sparse per
l’Italia, conservando il clima di amicizia e solidarietà che si re-
spira nelle nostre mostre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Premio Miglior Suiseki


Pietra Montagna "Canto antico"
Daniela Schifano

Premio Miglior Suiseki - menz. di merito


Pietra Montagna "Eneepah - L'isola miraggio"
Carlo Scafuri

Simpatico particolare
dell'esposizione di Elisabetta Ruo
S
ono sempre stato convinto per ben altri motivi, anche il Giappo-
che le piccole Case editrici ne fece di tutto per rimuovere queste
pubblicano i lavori più interes- atrocità dalla memoria collettiva.
santi e meritevoli di attenzio- Una originalità di questo la-
ne e lettura. Il libro “Le icone di voro è la trattazione della fotografia
Hiroshima” rafforza la mia tesi. Lavo- come ricordo e l’immagine come ico-
ro eccellente e soprattutto originale na. Questo è un libro per non di-
quello di Annarita Curcio che, con menticare. Per non dimenticare il
una profonda ricerca, porta avanti senso dell’onore e della sopportazio-
una trattazione storica critica ed analiti- ne del Giappone, della sua dignità.
ca su una delle barbarie più assurde Per non dimenticare l’orrore delle
del secolo trascorso. guerre e la barbarie perpetrata da
Il bombardamento di Hiroshi- vincitori e vinti in nome di una logica
ma, questo olocausto perpetrato con folle che coinvolge e macchia anche
impressionante e freddo calcolo mate- le Nazioni cosiddette civili e progredi-
matico dagli Stati Uniti, costituisce un te.
orrore che non ha avuto la pubblicità La storia è piena di olocausti
e l’esecrazione che meritava perché (non furono soltanto quelli nazisti o LE ICONE DI HIROSHIMA
consumato da una Nazione che era comunisti). E quelli consumati dai FOTOGRAFIE, STORIA E MEMORIA
uscita vittoriosa dal secondo conflitto vincitori sono spesso più atroci di
mondiale. quelli consumati dai vinti!
Lavoro portato avanti, ripeto, ANNARITA CURCIO
con rigore storico e con senso critico © RIPRODUZIONE RISERVATA
che analizza come l’America censurò POSTCART
ogni fonte di informazione e docu-
mentazione che potesse riguardare il
€ 12,50
lancio della bomba atomica e la barba-
rie che ne seguì e come, di contro,
C
onsiderata la mia amicizia ed i miei bonsai. Quando si entra nel vivo delle tecni-
rapporti di lavoro redazionale con che anche le sequenze fotografiche risultano
Antonio Ricchiari, potrei trovarmi estremamente soddisfacenti e di grande aiu-
un tantino imbarazzato nel volere to. Eccezionale la seconda parte del libro che
parlare della sua ultima fatica, del suo lavoro riguarda le tecniche di invecchiamento, l’uso
pubblicato dai Crespi. Imbarazzato perché po- del fuoco, la sabbiatura, le lavorazioni della
trei sembrare di parte o comunque poco legna secca, la preparazione della pianta. Ori-
obiettivo, ma non è così. La valutazione di un ginale il paragrafo che riguarda gli attrezzi
lavoro di questa portata, di un lavoro scientifi- per la legna secca ed il loro uso. Come
co e di tecniche avanzate va al di là di ogni sempre la parte dedicata all’Estetica, argo-
considerazione emozionale. Aspettavo con cu- mento sul quale Ricchiari insiste oramai da
riosità l’uscita del libro, che peraltro era in ri- parecchi anni, è interessante ed arricchisce il
tardo rispetto alle previsioni di Antonio. bagaglio di conoscenze che ogni bonsaista
Quando mi è arrivata la copia ho iniziato dovrebbe possedere; in particolare racco-
immediatamente a scorrere il volume che già, mando la lettura di: Visione analitica e di-
al primo impatto, mi è sembrato grafica- dattica sull’impiego della legna secca.
mente molto bello con una copertina davve- Seguono le Tecniche di piegatura, uno Spe-
ro originale ed impattante. ciale concimazione: novità e sperimentazioni
Gli argomenti sono naturalmente di (scritto a quattro mani con Luca Bragazzi as-
grande attualità e vengono trattati con appro- sieme ai paragrafi che parlano di: Miscele
fondimento che mi fanno pensare ai testi uni- adeguate di terricci, Fitopatologia: come pre-
versitari. Si inizia con una visione analitica ed parare la pianta alle lavorazioni e come
estetica della legna secca, per proseguire con intervenire). Concludono questo originale
una trattazione completa ed esaustiva sul le- quanto “colto” lavoro due argomenti: BONSAI
gno delle piante: struttura e funzionamento, i Commenti di critica estetica su alcuni TECNICHE AVANZATE
legni di reazione, di compressione, studio esemplari e per finire: caratteristiche macro-
della carie del legno per passare alla dendro- scopiche fisiche del legno di alcuni alberi. So- ANTONIO RICCHIARI
chirurgia. Dal punto di vista scientifico nessu- no sicuro che non esista in giro negli altri
no aveva fino ad ora trattato così Paesi un lavoro di siffatta natura e credo che
approfonditamente gli argomenti che è gli altri bonsaisti apprezzeranno il lavoro di CRESPI EDITORE
d’obbligo che ogni bonsaista conosca. Antonio che continua nell’ottica di una
Estremamente interessanti i paragrafi maggiore professionalità anche degli appas- € 34,00
che riguardano l’interpretazione artistica sionati.
della natura, la visione stilistica del bonsai
contemporaneo, l’Estetica e il disegno del © RIPRODUZIONE RISERVATA
S
i parla di bonsai dei rapporti tra creazione arti- In altre parole: diffi- capolavoro può esistere
d’avanguardia di- stica e situazione socioecono- cilmente possiamo scindere anche se “sporcata” da una
menticando che vi è mica, che appare più diretta la valutazione di un Maestro “sopravalutazione”.
pure una transa- (e pericolosa) rispetto da quella che è la sua quota- Non vorrei che si
vanguardia rappresentata da all’immediato passato. Ho zione sul mercato, che ovvia- giudicasse il mio discorso
un discreto numero di detto “pericolosa” senza vole- mente dipende dal genere eccessivamente polemico o,
bonsaisti che hanno pre- re svalutare la qualità di dei rapporti tra marketing e peggio ancora, banale, ma è
sentato piante che non ri- molte piante; anzi con la stes- attività artistica. Il che non si- soltanto la volontà di chia-
spondono a quelle costanti sa parola “valore” si do- gnifica che il bonsai debba rezza che mi spinge a tene-
che ancora le avanguardie vrebbe tenere conto non sempre corrispondere alla re conto di alcuni dati che
storiche seguivano. solo del valore estetico, ma sua valorizzazione “venale”. un tempo non erano palesi:
Credo che la situa- di quello economico: il che Il che significa oltretutto basterebbe verificare alcune
zione di mercato odierna ne- avviene soprattutto a favore che, come avviene per un quotazioni: mai applicate in
cessiti di una valutazione del secondo. quadro, l’alone (o l’aura) del passato.
Questo fatto, se da gemmi valutativi aleatori, so” al bonsaista: il mercato mercato, di sagge valutazio-
un lato può condurre a facili continuano per fortuna, e spesso e per tanti motivi che ni perché se applicate le re-
equivoci circa il limite entro continueranno a popolare sono oggetto di analisi di gole di una sana
cui considerare lo “status” di l’universo bonsaistico marketing, tende ad accetta- compravendita e leale
un esemplare bonsai, esemplari saggiamente e re quotazioni che non ri- contrattazione, tutto questo
dall’altro ci permette di correttamente quotati. Cre- spondono alla reale porta popolarità e immagi-
apprezzare alcune piante do che oggi dovremmo esse- valutazione. ne al bonsaismo italiano e
che mai prima d’oggi aveva- re attenti e altrettanto pronti Niente di più cata- soprattutto incoraggia e fa-
no trovato consenso e spa- a biasimare tutto ciò che si strofico è, in qualsiasi vorisce questo nostro picco-
zio nell’universo tende a porre sul mercato campo, l’instaurarsi di un lo mercato, fonte onesta di
bonsaistico, e di tenere con sovra quotazioni e con falso mercato e di falsi giusto guadagno.
conto che l’originalità del tentativi speculativi che altro mercati. Non è il
progetto e non solo il “mate- non fanno che falsare e L’invito che andia- commercio o il guadagno
riale” può essere la vera allarmare il mercato dei mo continuamente ripe- che ci scandalizzano, è il lu-
discriminante per la valuta- bonsai. tendo (anche ad orecchie crare, la mira di improbabili
zione di una pianta. La responsabilità di sorde, noncuranti del danno facili introiti che ci allarma-
Ma al di là di quota- una corretta valutazione e procurato) è quello di una no.
zioni estreme, di strata- quotazione è affidata “di pe- corretta valutazione del © RIPRODUZIONE RISERVATA
Ume... Essenza Wabi! In questo articolo Antonio Gesualdi si
troverà alle prese con un anonimo materiale di Prunus mume
proveniente dalla Cina, destinato a diventare albero da giardi-
no, reinterpretato e valorizzato in chiave wabi al fine di creare
un pregevole bonsai.
C
omunemente chiamato Prunus mu- cembre, nell’attesa della fioritura, che se
me, in Giappone assume il nome avviene prima del fine anno, è simbolo di
di Ume, il quale indica generica- abbondanza e prosperità, in particolare per
mente una pianta che si può consi- gli studenti.
derare una forma intermedia tra un pruno Questa meravigliosa essenza, mi
ed un albicocco. È un piccolo albero alto ha sempre affascinato forse per il fatto di es-
da 4 a 6 m con corteccia di colore grigio sere molto simile al nostro albicocco o forse
verdastro. Le foglie sono decidue, alterne, a perché per anni ho studiato alle falde del
lembo ovale acuminato con bordi fine- Vesuvio, ove esiste la maggior varietà di
mente dentellati, lunghe da 5 a 8 cm. Le fo- albicocchi esistente e dove è coltivato
glie compaiono poco dopo la caduta dei dappertutto.
petali dei fiori. Il fiore è formato da 5 petali, Per anni ho cercato un materiale
numerosi stami ed ha diametro che varia da degno di entrare nella mia collezione,
1 a 3 cm; esistono delle varietà ornamentali quando presso un vivaio specializzato in
a fiore doppio. I fiori sono solitamente bonsai alle porte di Roma, dove abi-
bianchi, anche se le piante da coltivazione tualmente tengo dei corsi, mi imbatto nella
orticola possono avere fiori rosa o rosso pianta che vi vado a presentare. Era da anni
intenso; la fioritura precede la foliazione. I accantonata in un angolo presso l’ingresso
frutti sono delle drupe sferiche di circa 3 del vivaio, che per altro ne possiede molte
cm di diametro, con un solco dal picciolo già in contenitore bonsai, ma purtroppo
alla punta, in qualche misura analoghe a sinceramente nessuna di esse mi intrigava
quelle dell'albicocco. La buccia del frutto è da farla mia. Decido di prendere questo
verde quando il frutto è acerbo, passa al albero di ume destinato a essere impiantato
giallo a maturità a volte con delle sfumature in qualche giardino, non prima però di chie-
rosse. La polpa a maturità è gialla. dere qualche informazione riguardo la pro-
Il frutto non è edule così tal quale, venienza della stessa al venditore, il quale
ma viene lavorato in una sorta di salamoia, mi racconta che è una pianta proveniente
per fare un tipico prodotto della cucina da un impianto frutticolo nel sud-est della
Nipponica chiamata Umeboshi usato come Cina e che al momento dell’espianto egli la
condimento dal sapore salato-acido (foto a). recuperò per crearne materiale da avviare
Pertanto questo stupendo ed evocativo albe- alla coltivazione bonsai. Portato l’albero a
ro, con il passare dei secoli è divenuto uno casa scelsi un contenitore adatto che si
dei simboli del Giappone, in particolare il abbinasse molto bene all’idea che avevo in
fiore, che viene ritratto in maniera stilizzata mente per questo particolarissimo materia-
in diversi stemmi araldici e nella iconografia le.
popolare (foto b). Come non ricordare Sono sincero! A una prima analisi,
l’usanza tutta Nipponica di ritirare in casa non diedi molto peso a cosa potessi creare
bonsai di questa essenza, verso fine di- con quest’ume; diciamo che lo presi più
1. Il prunus quando ancora era in vivaio, un anno prima dell’acquisto
nel dicembre 2009

2. Particolare della legna secca 3. Dicembre 2010. Il prunus in laboratorio

che altro per avere questa essenza in collezione, ma giunto tutto con una lama e sagomarla al futuro vaso.
in laboratorio e cominciando a pulire le vene che originaria- I prunus, come tutte le rosacee, non danno mai grossi pro-
mente erano tutte collegate da porzioni di corteccia na- blemi in fatto di rinvaso, ma bisogna attuare l’operazione in
scondendo la reale bellezza della pianta, mi resi conto che pieno inverno quando la pianta è in dormienza, potremo di-
le vene erano già tubbolarizzate e che sotto la corteccia re in “anestesia totale” frase molto eloquente usata dai vivai-
ormai morta tra un fascio vascolare e un altro c’era del legno sti.
già suberizzato che necessitava un restauro e un consolida- In quest’articolo che potrebbe sembrare una sempli-
mento. ce cronistoria di un rinvaso, vorrei mostrarvi qualcosa d’inno-
Con l’aiuto del mio assistente Tonino, mettemmo il vativo, che ho scoperto per caso e sperimentato su varie
prunus in contenitore bonsai, giacché anche il periodo era fa- essenze, concernente quello che è la tecnica di riconsolida-
vorevole trovandoci in metà dicembre, dando alla pianta mento del legno spugnoso, che a volte, come in questo ca-
un’angolazione opportuna creando pertanto un prunus in sti- so, possiamo trovare su certi soggetti.
le fukinagasci, con ampie porzioni di legno secco e vene. Molto spesso si legge e si sente parlare di sostanze
L’operazione di invasatura, non comportò grosse problemati- utilizzate per consolidare parti molli di legni: una delle so-
che anche perche mi trovavo a lavorare con una pianta ultra stanze più utilizzate è il paraloid, sostanza di sintesi chimica
stabilizzata, infatti, nella mastella, si era formato un derivante dal petrolio, utilizzata anche da me, rendendomi
compatto e maturo pane radicale, pertanto potei tagliare il conto subito che presenta diversi handicap di tipo tecnico...

5. Con l’aiuto di Tonino si posiziona l’albero


correttamente in vaso con la nuova inclinazio-
ne. Per stabilizzare il rinvaso, si picchetta
l’albero con dei legni, in basso è visibile tutta
la zona lignea da risanare

4. Viene scelto quel che sarà il suo fronte definitivo


mi spiego. Il paraloid è molto volatile e
facilmente veicolabile nel legno molle
ben asciutto, ove ha un forte potere
consolidante con effetto plastico; le sue
molecole, consolidando, plastificano il
legno, rendendo la superficie esterna
plasticosa e idrorepellente. Di conse-
guenza il liquido jin non riesce a impre-
gnare il legno che risulta per anni
plastificato e impermeabile. Parados-
salmente l’impermeabilizzazione può
essere un motivo di ancor maggior au-
mento di fenomeni di marcescenza in
quelle parti dove non arriva a impregna-
re la resina, a causa della mancata tra-
spirazione del legno.
In antichità vi erano diversi pro-
dotti utilizzati per risanare porte e infissi
in legno, uno dei più importanti è l’olio
di lino cotto. L’olio di lino, grazie alla
sua alta percentuale di acido linoleico,
è classificato come un olio siccativo, in
particolare credo sia uno degli oli
siccativi più forti in natura. Esso è
estratto dai semi del lino appunto e
subisce un trattamento termico per au-
mentarne il potere impregnante e
6. Llato destro, si intravedono le altre 3 vene che unendosi in apice alimentano la ramifi- siccativo. Non a caso la sua versione
cazione raffinata è utilizzata da centinaia di anni

8. Si passano più mani di olio di lino cotto, facendo attenzione


7. Si inizia il risanamento del legno asciugando il pezzo col fuoco. ad impregnare ogni parte.

10. Dopo aver passato la fiamma per far


"friggere" il legno, si rifinisce con una
spazzola in PVC per asportare delicata-
mente parti di legno bruciato.

9. L’olio utilizzato.
come veicolante dei colori ad olio nelle
belle arti; è’ proprio la presenza di que-
sto olio che permette ai pigmenti di soli-
dificare in un tempo relativamente
breve mantenendoli stabili nel tempo.
Prima dell’avvento degli impre-
gnati e delle vernici polimeriche tutti i
manufatti lignei, che dovevano stare
esposti alle intemperie, venivano trattati
a più e più mani con questo olio che la-
scia una patina esterna porosa in grado
di assorbire qualsiasi altra vernice co-
prente.
Mi sono chiesto perché non uti-
lizzare le proprietà del olio di lino anche
nel bonsai? Ho sperimentato a lungo
questa tecnica su parti di legni di diverse
essenze che richiedevano un consolida-
mento, sempre con ottimi risultati, ed è
il caso anche del prunus presentato in
queste pagine.
Come prima operazione pulii 11. Dopo aver nebulizzato acqua si spennella il polisolfuro di calcio. Ecco il risultato finale
le parti di legno più polverose e cadenti, della parte risanata.
poi asciugai il legno con un microbru-
ciatore, per poi stendere più mani di
olio di lino cotto, facendo bene attenzio-
ne che ogni parte fosse ben impregnata;
una volta lasciato asciugare per qualche
minuto, passai nuovamente il bruciatore
“friggendo” letteralmente il legno, che 14: Aprile 2011. “Guardando le canne la geisha triste
già dopo pochi minuti risultò solido. danza leggiadra”
Al termine della operazione do-
po una leggera spazzolata passai
tranquillamente il liquido jin in purezza
nella maniera classica, cioè bagnando
prima il pezzo, ottenendo un risultato
del tutto identico cromaticamente e co-
me aspetto alle parti non trattate con
olio.
Il processo di consolidamento
del legno utilizzando olio di lino è molto
più lento, infatti occorrono una diecina
di giorni affinché l’olio impregni to-
talmente il legno e asciughi perfetta-
mente, ma il risultato è enormemente
più duraturo e naturale. Tornando alle
questione più strettamente bonsaistiche,
visto che mi trovavo ad operare in un
periodo favorevole anche alla modellatu-
ra dei rami, diedi anche una prima
impostazione a questo affascinante
materiale.
Ecco quindi che da un anoni-
mo e accantonato tronco di prunus mu-
me, è nato un nuovo ed importante
bonsai, dal quale scaturisce tutta l’anima
wabi tipica di questa essenza.
Non rimane che alleggerire
ancora dei punti sul secco e applicare
un corretto mochikomi al fine di fare
infittire ed impreziosire ulteriormente
questo splendido ume.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
13: A lavorazione ultimata, fukinagasci di Prunus mume,
“La Geisha Triste Sakurako”
I
l Corniolo è un alberello dal piacevole aspetto che può
raggiungere i 4-7 m di altezza. Ha il pregio di fiorire prestissi-
mo coprendo i rami ancora spogli con una miriade di fiorellini
gialli, e grazie a questa sua caratteristica è facilmente individua-
bile anche da lontano fra la macchia arbustiva, altrimenti più diffici-
le da riconoscere per chi non ha una certa conoscenza delle piante.
Colonizza i boschi di pianura e di collina dell’Italia centrale
e settentrionale, privilegiando le zone calcaree dell’Europa centrale
e sud-orientale. Prospera bene su terreni sciolti, argillosi e mode-
ratamente umidi. Il legno del corniolo è molto duro e pe- ALLA RICERCA DELL'ESEMPLARE
sante e la pianta può raggiungere una venerabile età. Il Corniolo fa parte di quelle specie arboree a lento
Le foglie sono caduche, opposte a due a due ai no- sviluppo raggiungendo età plurisecolari. In esemplari annosi
di dei rami, di forma ellittico-ovale con apice molto acumi- il tronco appare nodoso e talvolta gibboso, con la corteccia
nato, lunghe 5-7 cm con margine intero e superficie che tende a sfaldarsi mettendo a nudo ampie chiazze. La
lievemente tomentosa. difficoltà maggiore che incontra il corniolo sta nello sviluppa-
I fiori, di colore giallo oro, hanno 4 petali e sono riu- re un singolo tronco robusto con ramificazioni basse, privile-
niti in corimbi semplici cinti da 4 brattee molto più brevi e giando, invece, una forma arbustiva di grandi dimensioni. Il
di colore giallo-verdognolo; sono opposti e inseriti lungo i ra- suo legno è durissimo specialmente se cresce in terreni aridi,
mi e compaiono molto precocemente, prima dell’emissione mentre sviluppa senza troppe difficoltà lunghi rami sottili.
delle foglie, già in febbraio-marzo. Da queste realtà risulta molto difficile trovare in
Il frutto è una drupa ovale di colore rosso brillante natura nell’ambiente Yamadori un Corniolo dal tronco anno-
lunga fino a due cm, edule, astringente e leggermente acidu- so e con rami molto bassi e ben ramificati, cioè degli splendi-
la anche a maturità raggiunta, ma veramente buona quando di Araki, ma la fortuna volle che...
cade naturalmente dai rami. Il frutto è provvisto di un lungo
picciolo simile alle ciliegie.

1. MARZO 1992, il Corniolo è stato


espiantato dal luogo di crescita. La pianta,
con la sua enorme zolla, era troppo pe-
sante da trasportare e caricare nel furgonci-
no, così abbiamo tolto una gran quantità di
terra e di sassi dalla zolla per facilitarci il
compito. Ci vennero in aiuto due larghe as-
si di legno che resero meno pesante lo
sforzo nel caricare la pianta. Fortunata-
mente l’apparato radicale è molto ricco di
radici sottili, il che agevolerà sicuramente
l’attecchimento della pianta.

2. ANALISI DEL CORNIOLO. La pianta è sicura-


mente secolare, poiché come si sa, il
Corniolo è di crescita lenta e ci vogliono
davvero molti anni prima che riesca a svi-
luppare un tronco così massiccio. Ecco
perché è necessario studiare attentamente
i suoi punti di forza al fine di esaltare le ca-
ratteristiche più interessanti.
3. Rami e tronco rappresentano la caratteristica peculiare di que-
sto Corniolo annoso. Dopo aver esaminato attentamente la pianta
decido di eliminare una parte del tronco secondario perché era
troppo cilindrico. Il legno del Corniolo, come già detto, è durissi-
mo, ma con il seghetto elettrico ho potuto tagliare il tronco ed
anche dei grossi rami senza difficoltà. - 4. Agosto 1993, il Corniolo
ha reagito bene. E’ sorprendente come la pianta abbia reagito be-
ne, segno tangibile che le varie operazioni sono state eseguite con
la massima correttezza. - 5. L’applicazione del martinetto sul gros-
so ramo. - 6. I tiranti collegati tra i due tronchi ne hanno permesso
l’avvicinamento. L’immagine non è chiara, ma si nota comunque il
corniolo sottoposto a lavorazioni estreme. Non è trascorso molto
tempo rispetto all’immagine precedente, epoca in cui decisi di
intervenire sulla vegetazione sviluppatasi liberamente, ma so-
prattutto per eliminare i monconi delle grosse branche tagliate in
precedenza snellendo nel contempo i tronchi dando loro conicità
e sinuosità. Il disegno non è ancora decisamente soddisfacente e
prima di intervenire ancora sull’apparato radicale saranno necessa-
ri non meno di due-tre anni, tempo necessario per permettere alla
pianta di riprendersi da queste estreme lavorazioni, cicatrizzando
bene i perimetri denudati per le grandi ferite.
7. La conicità del tronco parzialmente
scortecciato è migliorata. L’idea è di simulare una
roccia inglobata nel tronco.

8. Applicazione del liquido per jin.

9. Riduzione dell’apparato radica-


le, marzo 1996. L’apparato radicale
del Corniolo è stato ridotto, miglio-
rando nel contempo il Nebari.

10. AGOSTO 1998, il Corniolo visto


nella livrea estiva appare sicura-
mente più compatto e massiccio e
il disegno del Bonsai è a un buon li-
vello. Il corniolo gode di ottima sa-
lute e il disegno è ulteriormente
migliorato. Le cicatrizzazioni si
fanno sempre più estese. Nel
marzo di quell’anno erano
comparsi anche alcuni fiorellini, il
che faceva ben supporre che essi
appariranno regolarmente sempre
più numerosi anno dopo anno.

11. Febbraio 2007, viene anticipato il rinvaso prima dell’apertura delle


gemme da fiore. Scelta fatta anche per partecipare con un Bonsai fiorito alla
mostra nazionale dell’UBI (Unione Bonsaisti Italiani) che si terrà a fine mese a
Fermo di Ascoli Piceno. Haina si appresta a liberare il terriccio dalle radici
prima di intervenire con la spuntatura delle stesse.
12. La base è stata parzialmente liberata dal terriccio, operazione necessaria per poter rimodellare parte di grossi rami semi-interrati.
Con l’ausilio dell’albero flessibile, procedo alla rifinitura delle parti morte utilizzando delle frese adatte, dopodiché andrà applicato il liqui-
do per jin. - 13. Riduzione di una grossa radice tagliata con il seghetto; essendosi sviluppate sufficienti radichette vicino alla base del
tronco è possibile accorciarla di molto. - 14. Il rinvaso è stato completato inserendo il corniolo in un vaso della stessa forma e fattura di
quello precedente, ma decisamente più piccolo ed equilibrato. Ultimi ritocchi nella preparazione del “sottobosco” in attesa del grande
incontro della mostra nazionale dell’UBI che si terrà a Fermo. - 15. Il Corniolo visto dal retro e ultimi ritocchi per la mostra. - 16. Vista
dal fronte. La ricca ramificazione della pianta ricoperta da una miriade di gemme da fiore fa ben sperare in una pronta fioritura.
17. Eccolo infine nel Tokonoma espositivo all’interno della mostra
dell’UBI (Fermo di Ascoli Piceno il 23, 24 e 25 febbraio 2007),
selezionato fra i migliori Bonsai ammessi per la pubblicazione del
prestigioso volume fotografico annuale. 18. Maggio 2011, alcune drupe
di corniolo hanno già preso la consueta forma ovoidale. - 19. Siamo
sempre nel mese di maggio del 2011. L’esplosione vegetativa
primaverile è molto ricca di fogliame, questo è un momento delicato nel
controllo della pianta poiché i “pericoli” sono sempre in agguato: in
primis gli stress idrici che farebbero afflosciare il fogliame con la caduta
dei frutticini e, in secondo luogo, i possibili attacchi degli afidi i quali
sono molto ghiotti delle tenere foglioline. Infine un piccolo
suggerimento: il Bonsai è una disciplina calma ma severa!!!
Q
uesto importante araki di roverella mi
fu affidato qualche anno fa per una pri-
ma lavorazione. Ero preparato a tro-
varmi davanti una pianta di grandi
dimensioni, ma la realtà andò ben oltre a quelle
che erano le mie aspettative. Pesante, enorme,
ingombrante… non riuscivo a collocarla in un
idea di bonsai! Lo studio del materiale proseguì
per qualche giorno; si provano a cambiare le
angolazioni, la pianta viene inclinata, girata, scru-
tata e analizzata, il piede viene riportato alla lu-
ce dal terriccio in eccesso, ogni particolare di
rilievo viene evidenziato, si studiano i tagli di
raccordo... si parte!
L’approccio manuale su un albero del
genere, non è propriamente “tradizionale”… tutto deve esse-
re amplificato alle dimensioni della pianta: il pennellino di-
venta un pennellone, il seghetto viene usato al posto delle
tronchesi, la motosega al posto del seghetto …
Tutto diventa più faticoso: manipolare una ciotola di
80 cm di diametro con all’interno una sessantina di chili di
buon legno di rovere e terriccio annesso è un bell’impegno,
ma la voglia di cimentarsi, la voglia di fare bonsai ti fa andare
sempre oltre l’ostacolo.
Gli ultimi lavori sul tronco, dopo aver provveduto a
raccordare un taglio posteriore, furono eseguiti su due monco-

1. La quercia gode di ottima salute: la ramificazione ha una


densità incredibile, le foglie hanno dimensioni omogenee sulla
totalità della ramificazione, gli internodi sono corti ed hanno la
stessa distanza su tutta la lunghezza del getto. Non mi ricordo di
aver mai messo mano su una pianta così equilibrata a livello di
coltivazione. Le cure del proprietario hanno funzionato in ma-
niera egregia… un protocollo di coltivazione invidiabile!

2. Un affettuoso saluto! Tanto per rendersi conto di quanto la-


voro c’è da fare!!!

3, 4, 5. Preparare la ramificazione alla filatura… defogliare, de-


fogliare e ancora defogliare!!! Scoprire a poco a poco la morfo-
logia della ramificazione, immaginando già come distribuire le
nuove vegetazioni… un’operazione preliminare che aiuta a co-
noscersi meglio!
ni di radice, ridotti con la sega al momento della
raccolta. La vegetazione, previa selezione sistemi-
ca della ramificazione, fu avvolta e posizionata.
Il primo step si concluse con un’accurata
modellatura e con una piacevole riflessione: ades-
so riuscivo a vederla come bonsai: il tronco era “
uscito fuori “in tutta la sua sinuosità e in tuta la
sua potenza, la sua proiezione nel vuoto cattura-
va lo sguardo, la sua fine e fessurata corteccia
raccontava di tempi antichi... ed è proprio
nell’immediato post lavorazione che mia figlia Se-
rena gli attribuì il nome che porta :” babbo, que-
sta pianta sembra un elefante!”
Mai nome fu più indovinato: osservando
il tronco è innegabile la rassomiglianza alla forma
di un elefante con la proboscide alzata.
Purtroppo un guasto all’hard disk mi ha fatto
perdere gli scatti di questo step.
Maggio 2011 - Zoo ritorna sul tavolo del mio la-
6, 7. La ramificazione prodotta rende pressochè invisibile la struttura interna della
boratorio. Rimango letteralmente sbalordito dalla pianta…ci sarà molto da potare e tantissimo filo da stendere… si parte!
forza e dalla qualità di vegetazione che la pianta
esprime: il proprietario ha coltivato al pianta in
maniera egregia, facendola arrivare pronta per
un secondo step al massimo delle sue potenziali-
tà: foglie aventi vigore omogeneo, internodi
molto corti, ramificazione in equilibrio… non po-
tevo chiedere di meglio!
Avete mai visto quanto è grosso un
vecchio elefante? La defogliazione richiede
un’intera giornata di lavoro, sembra di non finire
mai… in questo caso l’aiuto di Luca ( il ninja) è
stato provvidenziale.
Ogni passo insieme a questa quercia,
ogni sessione di lavoro, mi vede sempre più affa-
scinato e attratto da questo bonsai oversize, più
lo imparo a conoscere e più lo apprezzo… inizio
a pensare che forse è così anche per lui nei miei
confronti!!!
L’analisi della pianta dopo la defogliazione mi la-
scia molto soddisfatto: i rami principali hanno
ben mantenuto le pieghe attribuite nella prima
impostazione, la totalità dei tagli fatti sulla 8. Il lavoro di filatura viene affrontato in maniera decisa, vista la mole della pianta,
corteccia ha prodotto un buon callo cicatriziale, l’aiuto di Marco si è rilevato efficace . Ogni ramo viene avvolto, e la ramificazione
la qualità della ramificazione risulta note- aperta sommariamente; questa operazione ci permette già di individuare quelli
volmente migliorata. che saranno i volumi e gli spazi che si potranno ottenere con ogni singolo ramo.
Anche la filatura è stata un ottimo allena-
mento: in questa occasione mi sono avvalso della
compagnia e del valido aiuto di Marco. In buona
compagnia, scambiando quattro chiacchiere
anche il lavoro più lungo scorre più piace-
volmente.
Ho modellato Zoo con un atteggiamento
rispettoso, cercando di non forzare troppo sui ra-
mi e utilizzando dei tiranti per fermare con l’incli-
nazione dovuta i rami principali aventi pieghe già
attribuite, avvolgendo solo dal secondo ordine di
ramificazione in poi.
In questa occasione si pone particolare
attenzione nel creare, con la ramificazione, dei
palchi che presentino volumi e profondità tali da
guidare l’occhio alla scoperta dei punti focali che
abbiamo in precedenza individuato; il verde di-
venta così una splendida cornice del tronco.
9, 10, 11. I rami vengono modellati seguendo e migliorando quelle che sono le tracce della modellatura precedente, ogni ramo viene suddiviso,
accorciato, coniugato a quello vicino in un insieme che risulti armonico, morbido, dove le linee espresse dal tronco possano essere riconosciute nella
ramficazione. - 12. "Zoo" al termine della modellatura. Questa è la foto che io definisco “per il piacere dell’occhio” ovvero quella scattata con la pianta un
po’ più carica e con vegetazione un po’ più lunga del necessario. Mi aiuta ad immaginare le proporzioni che dovrebbe raggiungere ogni palco e ogni ra-
mo. Dopo questo scatto l’attenzione si concentra su un’attenta e metodica potatura degli apici della ramificazione per ricreare sezioni e conicità nella
struttura dei rami, oltre che per aumentare l’efficacia della defogliazione.

A modellatura ultimata si passa ulteriormente a


rassegna il lavoro prodotto, ci sono ancora molte piccole
sostituzioni di apice da fare… devo accorciare ancora i ra-
mi dove è possibile! Solo potando e facendo sostituzioni
di apice al termine di ogni fase di spinta della pianta, si rie-
sce, con lo scorrere del tempo ad ottenere una ottimale co-
nicità della ramificazione costruita.
La sessione di lavoro è appena terminata dopo la
foto di rito accanto alla pianta, ma già il pensiero è rivolto
a pianificare il prossimo step… sì, penso che Zoo si meriti
un bel rinvaso la prossima primavera! Un sentito grazie a
Luca e Marco.
Quercus 'Zoo' collezione G. Muratori

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13. Al sole sui pancali… pronta ad esplode-


re di nuovo… (collezione G. Muratori)
“Se riuscissimo a far di noi il severo giudice di noi stessi? Perchè il suiseki (ed
il mondo che rappresenta) non è la sintesi di un insieme di regolette, ma
ARMONIA NATURALE e PROPORZIONE; Uno scenario prospettico ove ogni
cosa ha il suo posto ed una sua giusta dimensione.” - Luciana Queirolo

A
bbiamo già scritto sulla Co- gliere da lei l’attenzione: siano esse pie- “settaggio della vista”: prospettiva, as-
scienza Visiva (vedi articolo tre od ambiente naturale. sonometria etc. con o senza retinatu-
di Felix Rivera) che aiuta il Nello specifico, lo sviluppo ra): asimmetria (hitaisho), proporzioni,
raccoglitore esperto ad indivi- della “Coscienza Visiva” o “Espe- flussi, linee di forza, variazioni di textu-
duare ciò che sta cercando, selezio- rienza Estetica” porta a distinguere, re, colore… nella ricerca di un ri-
nando la pietra meritevole, isolandola nella forma complessiva di una pietra sultato complessivo di: EQUILIBRIO
da ciò che la circonda e che può disto- (usando un termine azzardato: ed ARMONIA.
SANMEN NO HOO zionale implicito di un suiseki, come
IL “METODO DELLE TRE SUPERFICI” determinato dalle relative caratteristi-
Equilibrio nella forma di un suiseki non Sanmen = 3 superfici: che prominenti”) di qualche pietra
vuol dire, infatti, ripetizione di ele- Zengo = fronte – retro (Mikaeshi, il re- raccolta e, parzialmente, per voi puli-
menti, o massa troppo squadrata o tro di un suiseki, Mitsuki, il suo fronte) ta; onde leggervi ciò che c’è da legge-
tonda od inscrivibile in un triangolo Sayuu = sinistra – destra, re… goderne, oppure… oppure no.
equilatero: questa sarebbe MONOTO- Soko = cima – fondo.
NIA, rigidità senza dinamismo. Principalmente legata alla classica Nell’articolo dell’estate 2009
Primo: osservando la bellezza forma della Toyama-ishi, potete circa il posizionamento di una pietra
dei particolari della pietra; poi, il natura- leggerne una esaustiva spiegazione, nel suiban, ricordo, scrissi: “Se il flusso
le collocamento di essi nel suo insie- sulle web-pages di Martin Pauli, artico- della pietra (KATTE) scende dal punto
me; infine, l’armonia dell’immagine lo riportato in italiano ed inglese, di forza, verso il lato opposto, là vi sarà
complessiva, si possono provare le stes- anche sulla home-page AIAS. il maggior spazio vuoto (area riposante
se emozioni suscitate dalla contempla- Noi, qui, ora... divertiamoci per la vista)” ...“quell’indispensabile,
zione di uno splendido panorama. ad individuare il “Katte” (“Flusso dire- insopprimibile spazio vuoto, senza il
quale non vi è atmosfera né armonia”. acqua nel torrente, seguendo il pendio sino
Sul ritornello di quel pensiero, vi a trovare il piano od il vuoto come dilatazio-
rimando ad una pietra (foto 1) che po- ne della spazio: supplendo alla eventuale
tremmo definire “problematica”. mancanza della pietra con l’esposizione nel
A ben pensare (e qui cambio ragio- suiban o creando lo spazio nell’esposizione
namento, ma non argomento) io vedo il Flus- (ricorda: in un'esposizione affollata, il senso
so come una delle caratteristiche non del vuoto-spazio viene annullato).
marginali, che differenziano il modo di posi-
zionare ed interpretare la pietra. Provo ad illustrarvi ciò che mi frulla
In pietre Gongshi e Suiseki, vi è in testa, giocando con una mia pietra cinese
l’esempio più lampante: verticali le pietre ci- (foto 22-26): prima, mostrandola come l’au-
nesi più caratterizzanti, orizzontali le pietre tore, seguendo la propria cultura, ha scelto
di concezione giapponese. di posizionarla.
Poi, come la utilizzerò nel futuro,
FLUSSO COME “ENERGIA”… penso, costruendole un daiza abbastanza
Un flusso di energia ha forza suffi- classico e certamente meno predominante.
ciente da spingere in alto la materia inerte,
prima che essa ricada. …che ne pensate? Intanto… alla prossima!

FLUSSO NEL SENSO DI “ANDAMENTO FLUIDO ”


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Fluire come lava del vulcano, come

1. E’ decisamente una hidari-katte (una pietra che fluisce verso sinistra). Una pietra di Palombino con
queste caratteristiche, non è facile da incontrare: sfugge alla naturale postura di una pietra paesaggio
portante le cime nella parte mediana: non porta rotture, ma mentre il lato a sinistra degrada dolcemente,
sul lato a destra si erge un altopiano. La parete laterale sulla destra, presenta alcune grotte, così pure una
grande rientranza è sul fronte, obbligandoci ad interpretarla come pietra a roccia costiera o isola in vista
ravvicinata. Mentre le due cime maggiori, occupando la parte mediana, indurrebbero ad uno stato di sta-
si o quiete, il flusso che scende alla nostra destra, attraversa senza pietà la pietra per tutta la sua
larghezza: così decisamente discendente sino al limite estremo opposto, da stravolgere ogni nostra sereni-
tà ed equilibrio, trascinandoci in un leggero stato di malessere come se, inesorabilmente, potessimo scivo-
lare ed essere inghiottiti in un mare pieno di insidie. Lo stesso, calmo flusso dalle cime principali, viene
travolto e trascinato dalla forza del flusso che scende dalla compatta massa di destra. Sì, veramente, que-
sta pietra avrà assoluta necessità di essere poggiata in un suiban ed essere riequilibrata là dove il respiro è
mancante... la massa ad altipiano, allora, verso il bordo di destra e spazio-vuoto verso sinistra?
2. Non credo che si possa, in questo modo, riequilibra-
re l’armonia nel suo insieme.

3. Al contrario di ogni classica “regola” che vuole la


massa verso il bordo, immagino una alta roccia costiera
che fronteggia il mare aperto; ricreando col “pieno del
vuoto”, la triangolarità asimmetrica, dove mancante.

4. Mi perdonerà, il proprietario di questo schizzo di cui


mi sono impadronita, presa così dalla fretta: mi pare
corrisponda, nei livelli degradanti delle piccole valli, a
quanto era mia intenzione farvi osservare attraverso le
foto di un’altra mia pietra - paesaggio. Perché... perché
in un paesaggio a catene di monti, dove il flusso degra-
da dall’alto verso il basso (= “Mikiri”: letteralmente:
abbandonare, abbandonarsi) incontrando e tra-
versando vallate, credo sia importante che esse siano a
livelli decrescenti, tra loro: scendere con lo sguardo da
10 a 0 e poi risalire a 10 e poi riscendere a 0 più volte,
affatica gli occhi e la mente che li guida, come affatiche-
rebbe il nostro cammino nella realtà. Visualizzare un
cammino difficile da portare a compimento per intero,
potrebbe rappresentare una sfida, per il camminatore
instancabile; un ben traducibile senso di affaticamento,
per nulla rilassante, per l’osservatore esperto.
5, 6, 7. La vista dal retro evidenzia i livelli degra-
danti. Si è fatto chiaro: mettiamoci in cammino...

“Furyu, vento che scorre.”


“Come vento in movimento,
può essere percepito, ma non si vede”.
8, 9. La cima è il punto
di partenza; l’anda-
mento della discesa si
svolge lungo un arco
convesso su cui il no-
stro sguardo age-
volmente scorre, infine
dirigendosi verso di noi
osservatori, punto di
arrivo finale.

10. Sempre dalla cima


maggiore, un’altra ca-
scata converge verso di
noi più direttamente…

11. Lo spazio creato


dalla direzione dei due
flussi, si allarga
idealmente
frammettendosi tra noi
e la montagna e dila-
gando verso sinistra.
Un daiza non appari-
scente completerà que-
sto suiseki importante.

12, 13, 14. Pietra di dimensione più modesta, montagna a tre


cime con cascate. La rigidità dei picchi viene mitigata dalla
dolcezza e curvatura, verso l’osservatore, delle rocce affioranti
in basso. Al medesimo modo, una cascata totalmente fronta-
le, mostra la sua rigidità se il flusso dell’acqua cade ”imbalsa-
mata” a perpendicolo, senza ostacoli apparenti.
15. Una buona pietra cascata porta il flusso
dell’acqua non frontalmente, ma in diagonale,
permettendole di scendere a gradoni, sparire e
riapparire, prima di venirci incontro; creando quel
pizzico di mistero che è magia e poesia.

16. Sansui keijo-seki: Paesaggio di terra ed acqua

17. Una “Forra”, difficile da scoprire; deliziosi brivi-


di, immergervisi nella calura estiva

18. Vista dall’alto, il suo corso scende a balzi.


“Katte: flusso direzionale implicito di un suiseki…
anche flusso dell’acqua di un torrente che non c’è,
ma che tornerà ad essere e di nuovo a scomparire,
nell’alternarsi eterno delle stagioni …..” - Luciana
Queirolo
18. Quanto poco sia importante la grandezza di una pie-
tra, per un osservatore allenato… quanta poesia ed
armonia, in questo piccolo futuro suiseki! Non siete
forse d’accordo?

19, 20. “Fiume rosso”: per me, un mondo completo di


montagne, acqua, spazio, cielo.

21. La forma di tale rappresentazione, tende ad avere


una base stretta, per poi esplodere in alto, espandendosi.
22, 23, 24. Con e senza lo shi-zuo
25, 26. Un Olimpo... sopra le nuvole!
TIBERIO GRACCO hand made BONSAI POTS
info@tiberiogracco.it

www.tiberiogracco.it
Ginepro itoigawa Francesco Santini
Bonsai Creativo School-Accademia

www.bonsaicreativo.it
Il ginepro nel 2005 Particolare del tronco e dello shai presente

D
al 2005 questo ginepro itoigawa è entrato a lunghi e si tolgono le scaglie deboli e ascellari. L’obiettivo
far parte della mia collezione. Si tratta di una è di selezionare solo la ramificazione più vigorosa.
margotta di generose dimensioni, debita- La pianta pulita si presenta subito diversa,
mente preparata e coltivata in un capiente va- mettendo in risalto pregi e difetti. Adesso l’analisi e la pro-
so di plastica. Le dimensioni del tronco e il movimento gettazione è molto più semplice. L’idea è di inclinare il gi-
della pianta, unite alla qualità della vegetazione sono stati nepro verso sinistra e ruotarlo in avanti per avere una
i motivi che mi hanno fatto procedere all’acquisto. La sca- migliore proiezione del tronco verso l’osservatore. Si apre
glia si presenta fine e di un verde brillante e inoltre sono la vegetazione disponendo i rami lungo il tronco. Il ri-
già presenti alcuni shari importanti, uno dei quali termina sultato finale è una pianta inclinata e come tutti i bonsai
in un jin apicale di questo stile si può osservare la tipica disposizione dei
Adoro i ginepri! Mi piacciono i colori, il tipo di rami: molto distesa sulla parte sinistra (la parte a favore
scaglia, l’elasticità dei rami e la lavorabilità del legno dell’inclinazione) e molto compatta e attaccata al tronco
secco. Gli ingredienti per divertirsi ci sono tutti! Come nella parte destra (la parte opposta all’inclinazione).
faccio sempre, preferisco coltivare per almeno un anno Dopo un anno di crescita pressoché libera, è arri-
ogni nuovo arrivo… e così è stato. Preferisco infatti prepa- vato il momento del rinvaso. Lo stato delle radici è ottimo
rare personalmente la pianta alla prima lavorazione. e conferma che si tratta di una margotta. Un problema
A maggio 2006 il ginepro è sul mio tavolo di lavo- evidente è la disposizione delle radici. Gran parte di que-
ro. Come sempre la prima fase è quella della pulizia: si ste si trovano sul retro e per questo motivo non riesco a
parte dalla corteccia asportando le scaglie più grandi con porre il ginepro con l’angolazione che vorrei. Pulisco il
la lama di un coltello per poi proseguire con spazzole di ceppo di radici eliminando quasi tutta la vecchia terra
acciaio e ottone. Il colore della corteccia diventa di un bel (akadama al 100%). Il nuovo terreno è composto da po-
marrone…liscia e pulita. In questa fase non mi curo della mice, akadama e una piccola percentuale di lapillo vulca-
lavorazione del legno ma della sola evidenziazione delle nico.
vene secche. Il liquido jin termina quest’operazione. La pu- Nel 2008, dopo un anno e mezzo dal rinvaso,
lizia continua sulla vegetazione: si accorciano i rami più comincio il lavoro sulla legna secca. Osservo la superficie
del legno: sono presenti segnali importanti che aiutano in più pulito.
questa lavorazione. Piccole fratture o crepe sono il punto Con la pinzatura primaverile i palchi tendono a
di partenza per disegnare sul tronco nuovi canali e partico- infoltirsi e a creare volumi vegetativi morbidi e compatti.
lari. Prediligo l’utilizzo di attrezzi manuali, ma in questo ca- Normalmente è sufficiente eliminare a forbice o con le di-
so sono ricorso all’uso di una piccola fresa per togliere ta il nuovo getto senza ricorrere a una pinzatura su tutte
legno dalle zone più difficili da raggiungere. le punte. Così facendo si evita di arrestare la crescita della
Ad aprile del 2009 procedo alla seconda mo- vegetazione. Diventa importante rifinire sempre i profili
dellatura. Viene innanzitutto eliminato il jin apicale per dei palchi, soprattutto quelli inferiori. Lo sguardo finale
poi continuare con la creazione di piccoli shari. Successiva- del bonsai, metterà in evidenza un gran quantità di picco-
mente si passa alla filatura e stesura dei rami. Visto la mi- li palchi ben definiti. A questo proposito vorrei porre
nore inclinazione del tronco rispetto al primo step, i rami l’accento sull’importanza di dividere ogni palco in tanti
avranno un posizione meno distesa e più compatta e vici- piccoli sottopalchi. Così facendo l’albero apparirà molto
na al tronco. Le masse vegetative gli saranno disposte più vecchio e definito.
intorno quasi ad accarezzarlo. A gennaio del 2010 faccio un passo in avanti
Per quanto riguarda la filatura, è estesa a tutta la nella lavorazione del legno secco. In quest’ occasione uti-
ramificazione periferica in modo da ottenere un risultato fi- lizzo solo sgorbie e scalpelli. Le punte degli attrezzi entra-
nale molto preciso. È mia abitudine fare un piccolo anelli- no nel legno e tolgono materia. Il lavoro è lento ma
no nella parte terminale del filo da collocare sotto il preciso e naturale. Il vuoto e il legno si alternano dise-
ciuffo. In questo modo posso alzare la vegetazione termina- gnando ombre e linee nuove. Alla fine, con l’utilizzo di
le ottenendo un maggiore volume e un profilo inferiore una fiamma e una spazzola, vengono levigate le superfici

La pianta dopo la fase di pulizia

Particolare del legno

Il fronte dopo la prima


lavorazione
Particolare della vegetazione

Una prima avorazione del secco Il tronco dopo la lavorazione sul legno e pulizia delle vene vive
2009. Prima del secondo
step d'impostazione

Secondo step terminato.


Lato sinistro Retro

legnose. tronco. La miscela del terreno è la stessa del primo rinvaso


Nella primavera del 2010 procedo a un secondo ma il vaso utilizzato è leggermente più basso e largo del
rinvaso. Il bonsai è ruotato di qualche grado in avanti e precedente.
verso sinistra in modo da esaltare il movimento del Arrivato a gennaio del 2011 sono pronto per la

Lato destro Particolare dei palchi t


e
d
s
m
c

Particolare della filatura e degli anelli alla fine di ogni palco


Lavorazione della legna secca

Con una precisa pinzatura si infittiscono i palchi

terza impostazione. La pianta si presenta in salute nel nuovo vaso Il lavoro è molto minuzioso, si lavora con forbici e fili sempre più
e con la legna secca lavorata. Evito il più possibile l’utilizzo di fili sottili cercando di mantenere la naturalità della vegetazione. Un
di grosse dimensioni. La filatura in questi casi deve riposizionare lavoro minuzioso…ma affascinante.
solo la vegetazione terminale ricorrendo ai tiranti per lo sposta- Quando si arriva a una modellatura molto dettagliata, si
mento dei rami primari e secondari. Si rifiniscono i profili, si gioca con piccoli spostamenti del verde. A differenza di una pri-
compattano le masse, si entra sempre più nel dettaglio del palco. ma lavorazione, dobbiamo migliorare un qualcosa già buono e
definito. Si hanno a disposizione centinaia di rami, ognuno con un ciuffo di Prima della terza rimodellatura
verde, ognuno da disporre nel migliore dei modi... o anche da eliminare. Un
gigantesco puzzle dove i pezzi sono composti da tutti i rami... e noi non pos-
siamo che cominciare a giocare!

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Risultato finale
BENTROVATI. In questo numero abbiamo il piacere di ospitare un artista
del bonsai dal gusto particolarmente raffinato. Nicola Crivelli alias Kitora.
Svizzero di Lugano, è uno dei più affermati rappresentanti della Scuola
d'Arte Bonsai, di cui diventa istruttore nel 2006. Pratica la sua Bonsai-do
da un ventennio e le sue creazioni sono ormai note a tutto il pubblico
grazie ad uno stile inconfondibile.
Si è recato più volte in Giappone per approfondire la sua conoscenza,
prestando particolare attenzione all'allestimento. Assieme al bonsai prati-
ca diverse discipline di origine nipponica come l'Aikido e lo Shodo. Ci sa-
rebbe molto altro da dire sul nostro amico Nicola, ma preferisco che sia
lui a raccontare.
Buona lettura e buon bonsai e suiseki a tutti.
Benvenuto Nicola, devo confessarti che questa intervista saranno i sigilli da incidere con varie forme e dimensioni.
la stavo immaginando da diverso tempo. Prima di entrare Nella sigillografia si usa la forma antica, quella più pittografi-
nel vivo, vuoi raccontarci qualcosa di te? ca, la forma che racconta l’origine del kanji.
Ciao Giuseppe. Trovo difficile parlare di me stesso, KI ad esempio viene rappresentato come il vapore
sono una persona abbastanza chiusa e forse posso dare del riso bollito. Ki si rappresenta con l’ideogramma del riso
un’impressione sbagliata, mi fa piacere poter conoscere nuo- sormontato da delle striscie che rappresentano il vapore,
vi amici del bonsai, quindi tranquilli, quando mi trovate in gi- Nell’ideogramma TORA è invece più facile riconoscere la fi-
ro per le mostre, non abbiate paura a farvi riconoscere. gura di una tigre. Per il mio nome da calligrafo scelsi Ki che
Quando mi butto in un’avventura, mi ci dedico con significa l’energia, lo spirito, forse uno dei kanji più belli, sia
anima e corpo, ho passato giornate della mia gioventù chino graficamente che per significato. Per il secondo carattere
sui miei disegni, ora non mi stacco dai miei bonsai. In tutto scelsi Tora la tigre nel mio oroscopo cinese 1962.
quel che faccio e ho fatto, ho cercato di dare un anima. La Usavo già, comunque, una specie di tigre nella mia
via del Bonsai è lunga e tortuosa, ma con il giusto impegno i firma «logo» che usavo nei miei lavori grafici e pittorici, una
risultati prima o poi arrivano. Sta nascendo in questi giorni la specie di gatto stilizzato che formava il mio nome, che poi
mia scuola, e stanno arrivando anche i primi riconoscimenti diventò il mio logo.
a chi ha deciso di seguire la via di Kitora. Quando iniziai il mio percorso nel web, mi venne naturale
usare il mio nome poetico di calligrafo come nickname
Bene. Veniamo a noi. Come ti dicevo da un po' di tempo
stavo preparando questa intervista. Il personaggio Nico- Forse un'altra cosa da chiarire è il significato della Kitora
la/Kitora mi ha da sempre affascinato per il suo modo di no-do. Cosa rappresenta la via di Kitora?
fare. Tanto per iniziare, potresti illuminarci sull'origine Sì, forse con un po’ di presunzione chiamai il mio
del nickname che ormai ti contraddistingue? sito web KITORA NO DO, la via di Kitora, la mia via, anche
Sì, oramai per tutti sono Kitora o Kit. Il mio nickna- perchè il mio sito non trattava solo il bonsai. Il percorso, la
me nasce quando nello shodo dovetti trovarmi un nome poe- via, vede come suo fine l’insegnamento, il trasmettere
tico da calligrafo da usare per firmare gli esercizi e gli esami quello che si apprende. Io ho appreso la mia bonsai Do da
da mandare in giappone. Il nome doveva essere composto vari Maestri, primo fra tutti Hideo Suzuki. Tu apprendi da
da due kanji (i kanji sono i caratteri cinesi usati anche dai un Maesto o più Maestri, poi rielabori e fai tuoi i suoi inse-
giapponesi per scrivere), i kanji vengono scelti per il loro signi- gnamenti.
ficato, ma anche per la loro estetica. Il nome poetico viene All’inizio usavo spesso l’espressione «Suzuki dice
scritto con il pennello come firma, generalmente nella forma questo, Suzuki dice quest’altro» ora il mio approccio è un
gyosho (corsiva). In lavori più complessi, oltre alla firma si po’ diverso, preferisco dire per me è così, qualcuno la vede
applica un sigillo, anche il sigillo è formato dai due caratteri così, altri così. Il fatto poi che la mia ricerca nel bonsai mi
che compongono il tuo nome da calligrafo. In genere il calli- ha spinto a studiare altre discipline giapponesi, mi ha conso-
grafo si incide anche il sigillo, o meglio i sigilli, perchè diversi lidato l’idea di usare un termine più ampio, che non fosse
solo la mia bonsai do, ma la via di Nicola Cri-
velli.

Come ho avuto modo di accennare nella


presentazione, oltre al bonsai, pratichi con
assiduità lo Shodo e l'Aikido. Pensi che sia-
no un importante completamento alla
bonsai-do, o rappresentano solo un piace-
vole hobby?
Ad un certo punto della mia bonsai
Do ho sentito la necessità di esplorare nuove
vie, nuovi Do. Fu sorprendente ritrovare in
discipline molto diverse tra loro un comune
filo rosso. Nelle discipline giapponesi che
comprendono un DO, il fine ultimo è
percorrere la strada.
Si fanno belle calligrafie, bellissimi
bonsai, ma questo non è il fine ultimo di
percorrere una via. È stato anche interes-
sante apprendere i vari metodi d’insegna-
mento usati dai vari Maestri, delle varie
discipline. Nell’Aikido ad esempio, non esiste un unico vero porta, un mobile od un oggetto di uso contadino,
Aikido, il fondatore ha dato degli insegnamenti, gli allievi li sabbiandolo e riverniciandolo a copale, questo oggetto
hanno interpretati e rielaborati fondando molte scuole. A perde il wabi sabi. Nel bonsai è lo stesso, spesso il secco vie-
volte mi viene da ridere quando si parla di vero Bonsai, co- ne lavorato ad opera d’arte, fiammato, lucidato e sbiancato.
me se il bonsai fosse una sola cosa e si potesse costruire con La procedura potrà anche essere corretta, ed il lavoro ben
una tabella. fatto, ma da questo momento il secco dovrà invecchiare
naturalmente ed acquistare la patina del wabi sabi. La pati-
Dalle ultime notizie che ho, finora hai fatto ben quattro na del tempo, in giappone la si trova su tutti gli accessori
viaggi in Giappone. Cosa ti hanno lasciato queste visite? usati nel bonsai.
Tra tutti i maestri che hai conosciuto, chi ti è rimasto più Una pianta vecchia verrà abbinata ad un vaso anti-
impresso? co con una bella patina. Tante volte ho visto pulire e lucida-
Purtroppo l’utima volta che sono stato in giappone re vasi, questo è un idea occidentale poco wabi sabi.
fu nel 2004, sette anni fa, chissà quante cose sono
cambiate. La cosa che più colpisce visitando il mondo del Torniamo un attimo al Nicola privato, hai da sempre mo-
bonsai in Giappone è l’applicazione del WABI SABI. Il Wa- strato una vena artistica visto che i tuoi studi ti hanno
bi Sabi è un concetto molto importante nel bonsai, un portato prima a diplomarti al Centro Scolastico per le
concetto che si scontra con la visione occidentale delle co- Industrie Artistiche, C.S.I.A. - Arti Decorative, e successi-
se, io stesso a volte me ne dimentico. Nella visione occi- vamente a frequentare il corso di perfezionamento per il
dentale quello che non è perfetto e si avvia sulla via del Disegno Animato dell’Istituto Statale D’Arte di Urbino.
disfacelo, viene poco considerato. Pensi che l'aver imboccato la via del bonsai sia stata una
Quando si risana un oggetto antico di legno, una naturale conseguenza di questa tua propensione all'arte
e al bello?
Sì, ho avuto una formazione artistica, artigianale.
La scuola che feci da ragazzo era impostata sul saggiare le
varie forme artistiche, disegno dal vero, ceramica, falegna-
meria, incisione, cartapesta, scultura con creta, gesso e le-
gno. Una scuola che apriva tante possibili vie da percorrere,
c’è chi è diventato restauratore, chi scenografo, chi Artista.
Io mi perfezionai sul disegno animato tradizionale, tanti
disegni uno dietro l’altro che infine danno una sensazione
di movimento. Un lavoro lungo, preciso e dietro le quinte.
Mi piaceva l’idea dell’animare un disegno, nel senso di farlo
muovere, ma anche nel senso di dargli un’anima, un lavoro
comunque artigianale, nel senso positivo del termine. Poi le
tecnologie evolsero, i disegni venivano inseriti in un compu-
ter, imparai la grafica tridimensionale, anche questo un
mondo molto interessante, ma che mi costringeva a stare
attaccato ad un computer per tutto il giorno; da qui il biso-
gno di tornare a lavorare con un materiale concreto, vivo,
come una pianta, un bonsai.
Il bonsai è sicuramente una forma d’arte, anche se
in giappone viene considerata un’arte strampalate che qualcuno si è svegliato nelle nostre scuole d’arte si insegna a
artigianale. L’illustrazione, il disegno ani- la mattina ed ha detto che il 1° ramo de- sperimentare le tecniche, cosa che non
mato, la grafica televisiva, hanno certa- ve essere così e perciò tutti lo do- è così nell’arte tradizionale giappone-
mente una componente artistica molto vranno fare così. se, dove prima c’è molta ripetizione e
forte, ma comunque rientrano in una Gli stili sono un accurato stu- studio dei classici.
forma d’arte artigianale, arte applicata. dio delle forme che si trovano in natu-
Mi spaventa un po’ quando si cerca di ra, naturalmente i giapponesi hanno Veniamo un attimo al tuo modo di la-
dare al bonsai lo stesso valore artistico studiato la loro natura e le loro es- vorare. Ho negli occhi un tuo fantasti-
di un quadro o una scultura. Nel senze, i cinesi hanno degli stili che si co kaki che ha nella delicatezza e
bonsai è certamente importante la adattano ai loro paesaggi. Noi dovremo leggerezza i suoi punti forti. Sbaglio
componente artistica, ma è importante pensare alle nostre montagme, ai nostri o sono queste le caratteristiche che
anche il naturale sviluppo della pianta, laghi ed al nostro mare (in Svizzera non maggiormente tendi a far risaltare
che ad un certo punto evolve per abbiamo il mare, ma spesso le vacanze nelle tue opere?
conto suo. estive le passiamo al mare). Un altro Nel mio modo di lavorare,
Bonsai è un giusto mix di arte fattore importante della scuola giappo- che penso derivi da quello tradizionale
e botanica, se si eccede in un senso o nese è il tempo, un bonsai non può es- giapponese, è molto importante la tipi-
nell’altro non è più bonsai, diventa una sere costruito in un’impostazione, il cità dell’essenza, una latifoglia deve as-
scultura o per il suo opposto arte topia- mio maestro ribadiva che per definire somigliare ad una latifoglia, un pino ad
ria. la forma di un bonsai, sono necessarie un pino, uno shinpaku (juniperus chi-
almeno tre impostazioni. Un altro nensis) ad uno shinpaku. Perchè un ka-
Andando avanti con le domande sta- punto importante della scuola d’arte ko non potrà avere una ramificazione
vo per dimenticarne una molto bonsai è l’allestimento, cosa che spesso troppo fitta? Perchè se i rami sono
importante, come e quando ti sei avvi- non viene insegnato nelle scuole di troppo fitti non ci sarà il posto per far
cinato all'arte del bonsai? impostazione occidentale. sviluppare i frutti. I rami di un’essenza
Bella domanda, sentendo le sto- che fa frutti pesanti e penduli, do-
rie dei bonsaisti, quasi tutti ricordano A proposito della tradizione nella via vranno aver una forma arcuata. Una
quando da bambino seminavano i fagio- del bonsai e della moderna tendenza latifoglia che non fa frutti (o meglio fa
li a scuola o il seme di qualche pianta all'avanguardia, chiedo a te, di fare frutti leggeri) avrà invece i rami che
che a volte è ancora viva in giardino. Io per noi una differenza tra questi due spingono verso l’alto. Sono ragiona-
ricordo che seminai sull’ovatta dei semi diversi modi di intendere il bonsai. menti semplici da porsi che però fre-
di mandarino, ma il vero innamora- Io penso che i due mondi, quentemente vengono dimenticati.
mento con gli alberi lo ebbi quando les- quello orientale e quello occidentale sia- Spesso si punta solo alla
si Il Signore degli anelli. In questo libro no in continua relazione. Nello shodo triangolarità della chioma e alla conici-
J. R. R. Tolkien descrive con un modo ad esempio, che per anni veniva consi- tà del tronco, certamente anche queste
molto evocativo il mondo vegetale derato solo una forma di bella scrittura, sono cose importanti, ma non si appli-
della terra di mezzo. In realtà quando un grande cambiamento ci fu quando i cano a tutte le essenze.
iniziai a fare bonsai io, c’era un grande calligrafi giapponesi incontrarono l’arte
boom del bonsai, in edicola si trovava- moderna occidentale, l’arte informale, Facendo una visita virtuale del tuo
no addirittura tre riviste dedicate al ha influenzato molto i calligrafi giappo- giardino si nota che tra tutte le pre-
bonsai, anche in libreria diversi erano il nesi. Quelle calligrafie enormi e quasi senti, due essenze ti attirano in ma-
libri che si potevano trovare sul tema astratte, che a noi sembrano tipica- niera particolare, lo shinpaku e
del bonsai. mente giapponesi, probabilmente non l'acero. Cosa ti ispira particolarmente
ci sarebbero state se alcuni calligrafi lavorare queste essenze?
Come detto, sei uno dei rappre- giapponesi non si fossero interessati ai In Giappone spesso ogni Mae-
sentati più affermati della Scuola movimenti artistici europei ed america- stro o produttore si specializza su un’es-
d'Arte bonsai. Questa scuola è nota ni. Io penso che i giapponesi tengano senza, ci sono specialisti sui momiji
per essere legata alla tradizionale via d’occhio il bonsai e i gusti bonsaistici (acero palmato) sui pini neri ecc. Il
del bonsai, ti chiedo se è stata questa occidentali. Anche in Giappone non Maestro Suzuki era appassionato di
caratteristica ad affascinarti o c'è tutto il bonsai è tradizione. tutte le essenze e questo sicuramente
dell'altro. Il mio Maestro spiegando il me l’ha tramesso. Facendo una scuola
Certo, la nostra scuola si basa percorso didattico della scuola, ci dice- con un maestro giapponese, si impara
sugli insegnamenti dei maestri giappo- va che una volta appresi tutti gli stili, si soprattutto a lavorare le essenze
nessi e difatti per statuto l’insegnate do- doveva sviluppare uno stile personale, giapponesi, è assurdo chiede ad un
vrà rimanere sempre un giapponese. lui spronava noi occidentali a trovare giapponese come si imposta un olivo o
Senza togliere pregi ad altre scuole, ma una via bonsai occidentale, basata natu- un ginepro fenicio. Già parlando di
penso che la scuola d’arte bonsai sia ralmente sula scuola tradizionale, ma faggi, una latifoglia tipica della mia zo-
quella che tratta meglio il bonsai tradi- che si doveva adattare alle nostre es- na, si riscontrano enormi differenze
zionale. In un esempio pratico è l’unica senze ed al nostro modo artistico di ve- con la varietà giapponese, che per sua
scuola che insegna i vari stili nel bonsai. dere il bonsai. tipicità ha un portamento eretto forma-
Anche se in qualsiasi pubblicazione de- Tornando allo shodo, il Mae- le, i nostri faggi sono più movimentati.
dicata al bonsai si trattono i vari stili, il stro Nagayama diceva che gli occidenta- Lo shinpaku è sicuramente una delle
vero studio degli stili è un’altra cosa. li sono molto più creativi dei mie essenze preferite, è un’essenza
Gli stili nel bonsai non sono delle cose giapponesi, questo è normale perchè ideale per un principiante, forte e
malleabile, permette anche errori mente un vero bunjin. Anche se per mo- mento d’accompagnamento in un
nell’applicazione del filo e coltivazione, tivi di semplificazione un tronco sottile bonsai. Quando sono in gita o in va-
ed è per di più un’essenza abbastanza viene definito bunjin, il vero bunjin è canza raccolgo spesso sassi dalla forma
veloce, in pochi anni si può tranquilla- molto difficile da realizzare e da mante- interessante, ma non si può parlare di
mente portare uno shinpaku in mostra nere tale. Il tronco ed i rami devono ri- suiseki, a volte li uso come supporti
senza problemi. manere sottili e questa non è cosa per kusamono o mini ishizuki.
Lavorare sulle latifoglie mi pia- facile. Il wabi sabi è un concetto molto
ce molto, anche se sono molto più legato allo stile bunjin. In realtà di Bun- Voglio ancora tornare alla Scuola
lunghi i tempi di formazione per un jin ne ho pochi, ho molte piante snelle d'Arte, sul tuo sito un posto d'onore
bonsai di Momiji (acer palmatum). Un lo occupa Mr. Hideo Suzuki. Dobbia-
acero deve essere curato nei minimi Un'altra cosa che mi ha molto colpito mo arguire che, tra tutti, occupa un
dettagli, è molto importante la ramifica- della tua bonsai-do è la cura che pre- posto particolare tra i Maestri che
zione, prima di avere un acero da mo- sti nell'allestimento del tokonoma. hai incontrato in questi anni?
stra ne devono passare di anni. Penso Molti bonsaisti invece trascurano le Sicuramente Hideo Suzuki è il
infatti di non aver ancora portato un esposizioni. Tu quanto credi sia mio Maestro, devo a lui l’incontro con
mio acero palmato in mostra, e co- importante essere a conoscenza alme- il bonsai giapponese. Negli anni ho co-
munque sarà molto difficile vincere un no dei fondamenti? nosciuto molti altri maestri giapponesi,
premio con un acero. Sono piante che L’allestimento del bonsai nel to- alcuni solo per un workshop, altri per
si coltivano per piacere personale, per konoma la trovo una cosa molto più incontri. Da alcuni anni frequento
il colore in autunno, per la ramificazio- importante, generalmente si punta ad dei seminari con il Maestro Fukano,
ne in inverno, per le gemme nuove in insegnarlo quando uno studente ha già esperto di shohin e di latifoglie, ho avu-
primavera. Un momiji è indispensabile le basi del bonsai, io comunque preferi- to l’occasione di fare dei workshop e
in un giardino bonsai. sco accennare sin da subito, ai miei stu- di assistere un paio di volte il maestro
denti, i rudimenti dell’allestimento. Kobayashi, da tutti c’è da imparare.
Rimanendo nel tuo giardino risalta fa- Sì, forse agli inizi per un princi- Con il Maestro Suzuki comunque ho
cilmente che lo stile che prediligi è il piante è più importante imparare come condiviso otto anni della mia bonsai do
bunjin. Sei riuscito a creare piante me- far sopravvivere la propria pianta, ma e devo ringraziare lui per quello che so-
ravigliose utilizzando le essenze più l’arte dell’allestimento è molto in relazio- no ora.
disparate a significare che il bunjin è ne con la comprensione degli stili. Io di-
dentro di te. Quali sono le sensazioni co che sin da subito, quando imposti Devo confessarti che ho spulciato il
che provi nel confrontarti con lo stile una pianta dovresti già pensare al suo fu- tuo sito fino all'ultima foto. Tra tutte
più completo e personale tra tutti? turo collocamento nel tokonoma. Il mo- le gallerie che proponi ai visitatori
Ti sbagli il mio stile preferito è vimento del tronco, la direzione una mi ha colpito particolarmente ed
il kengai o Han Kengai (cascata o semi dell’apice, sono cose che stabilisci sin è quella relativa alla Shodo. Ho visto
cascata). Poi in realtà mi piacciono tutti da subito già nella prima impostazione. che l'impegno che metti è notevole.
gli stili, ci sono degli stili che solo la no- Lavorare senza pensare a come esporre Con che spirito ti avvicini alla calli-
stra scuola ha saputo insegnare corretta- la pianta, porterà a pianta ultimata a tro- grafia?
mente, uno di questi è l’ishizuki e varsi con situazioni strane e diffi- Lo shodo è stata un avventura
naturalmente il bunjin. Nel costruire un cilmente coreggibili. che ho percorso con mia moglie,
ishizuki ci sono degli accorgimenti da se- Nel bonsai tradizionale è purtroppo in questo momento sono in
guire in modo che la composizione pos- molto importante il potere evocativo, il pausa con lo shodo, anche se non
sa soppravvivere per molti anni su una potere evocativo è in relazione allo sti- escludo di ripartire in futuro. È stato
roccia senza il rinvaso, vedo spesso le nel quale imposterai una pianta, il po- per me, un ritorno ai pennelli ed
perpetuare degli errori in ishizuki che tere evocativo è quello che la pianta all'inchiostro, materiali che lavorando
precluderanno la sopravvivenza della riuscirà ad evocare negli spazi vuoti del con il computer, non usavo quasi più.
composizione, o che comunque rende- tokonoma, il paesaggio che si riuscirà Lo shodo se vogliamo è molto più arti-
ranno difficile la sua coltivazione. ad immaginare. Spesso i bonsai stico del bonsai, anche se per molti
Lo stile Bun jin è uno stile d’avanguardia sono poco evocativi, le lo- versi, come dicevo sopra, c’è un filo co-
molto intellettuale, e molto mal compre- ro forme artistiche si riscontrano poco mune.
so, queste malcomprensioni le ho ri- in natura. Un bonsai snello in genere è Nello shodo è molto
scontrate anche tra i giapponesi. più evocativo. importante il vuoto e il ritmo, l’impagi-
Quando iniziai a frequentare i forum, nazione, il non riempire il foglio
la mia missione sembrava fosse di- Giusto per non farti mancare nulla, bianco, concetti basilari anche nel
ventata far capire lo stile bunjin, ho re- hai anche una discreta collezione di bonsai. Forse praticare lo shodo mi ha
datto lunghe spiegazioni su come suiseki, pensi di dover ancora appro- riportato ad elaborare questi concetti
dovrebbe essere un vero bunjin. fondire la conoscenza di quest'arte o molto importanti. Nello shodo con un
Devo ammettere che all’inizio sei a buon punto anche in questo ca- solo pennello (in genere si usa lo stesso
non era uno stile che mi piacesse so? E, contemplare una pietra che pennello per tutta la composizione
molto, forse non mi sentivo ancora sensazioni ti provoca? calligrafica) e l’inchiostro nero, sulla
pronto per questo stile, io difatti come Mi piacciono molto i suiseki carta di riso bianca, si riesce a creare
detto sopra amo molto lo shinpaku, giapponesi, mi piace abbinarli ai un’infinità di grigi, di spessori di tratto.
un’essenza poco bunjin, anche se bonsai, purtroppo la mia conoscenza È una disciplina molto vicina alla grafi-
snello uno shinpaku diventerà rara- del suiseki è limitata all’uso come ele- ca, chi ha una formazione grafica rie-
sce a comprendere più fa-
cilmente questa discipli-
na. Nello shodo si usa
molto il KI, l’energia, si
impara a leggere l’energia
che il calligrafo mette
nella sua opera, un’opera
anche se ben eseguita, se
non trasmette energia, KI,
non è aprezzabile.
Io, non so se ci
sono riuscito, ma è que-
sto concetto che ho
cercato di portare nel
bonsai, l’energia nella
semplicità del tratto, nei
vuoti e nei pieni, nell’es-
senzialità della forma.

Visto che spesso hai


messo in relazione i
concetti di Shin-Gyou-
Sou del bonsai e delle
esposizioni con lo Sho-
do, ti chiedo quanto ha
contribuito la pratica di
questa arte ad affinare le
tue capacità di padro-
neggiare concetti molto
più vicini alla mentalità
orientale che alla nostra?
Il concetto di
Shin Gyou Sou penso sia-
no molto radicati nella
cultura giapponese. Ulti-
mamente se ne fa un gran
parlare e trovo che sia uti-
le comprenderne il signifi-
cato, anche perchè una
volta capito il concetto, di-
venta molto facile fare
molte scelte stilistiche che
spesso vengono liquidate
con il concetto di gusto
personale. Saper classifica-
re un vaso in uno di que-
sti tre gruppi facilita poi l’abbinamento Prima studiamo le origini poi
pianta-vaso-tavolino-kakejiku mettiamoci del nostro. Poi sicuramente è
anche un percorso personale
Conoscendo la tua profonda conoscenza
di tutto quanto riguarda il giappone, cre- Giusto qualche giorno fa, in occasione di
do tu sia la persona giosta a rispondere una lezione alla quale ho assistito, un
ad un quesito che ho in mente da tempo: amico istruttore ebbe a dire che chi fa
quanto ritieni sia importante conoscere la bonsai non “lavora le piante” ma “lavora
storia, la filosofia a la cultura giapponese con le piante”. Tu quanto sei daccordo
per poter fare bene bonsai e suiseki? con questa affermazione?
Io posso affermare che mi sono avvi- Si mi trovo d’accordo, io aggiunge-
cinato al mondo giapponese, quando rei che lavora se stesso.
hanno incominciato ad arrivare in TV le pri-
me serie animate giapponesi, l’impatto di Siamo arrivati alla fine di questa intervi-
questi disegni animati non fu all’inizio faci- sta. Ti ringrazio per il tempo che ci hai
le, chi ha la mia età ricorda sicuramente i di- concesso e augurandoti un futuro colmo
battiti televisivi -Mazinga vs Pinocchio- di successi, ti chiedo un saluto per i no-
Io in quegli anni mi stavo specia- stri amici.
lizzando in disegno animato e devo dire Vorrei finire questa intervista con
che iniziai a seguirli con attenzione ed un pensiero del mio maestro Hideo Suzuki,
occhio critico. Efettivamente erano costruiti lui ripeteva spesso scherzosamente che il
per un pubblico molto diverso dal nostro. Io bonsai è come un virus, se rimani infettatto
trovo la cultura giapponese molto affasci- non guarisci più. Perciò auguro a tutti di
nante, con i suoi pro e contro. Se facciamo infettarsi di questo fantastico virus
bon-sai trovo indispensabile cercare di
comprendere questa cultura, se facciamo Pe-
njin allora studiamo la cultura cinese, lo stes-
so vale per il suiseki.
E
ccoci qui, ci siamo, dopo una gestazione più lunga di quella umana, sta-
volta ci siamo… dal prossimo numero! E' arrivata la nostra rubrica di pro-
gettazione, i fantastici 4! Nata per caso e proposta per gioco ora è una
realtà! Immagino che tutti voi abbiate presente il funzionamento 'classico'
della rubrica di progetto; un esperto studia la pianta inviata dai lettori e ricrea 2 o
3 progetti possibili, evidenziando peculiarità e caratteristiche della pianta.
L'idea, per cambiare e distinguerci un pò, sarebbe di invertire 'i numeri';
anziché avere un progettista che faccia 2 o 3 progetti per pianta, abbiamo scovato
4 progettisti che facciano un progetto ciascuno, i nostri fantastici 4! Approfitto
per ringraziarli pubblicamente per aver accettato la collaborazione che è ovvia-
mente gratuita e sarà un ulteriore impegno per loro già molto impegnati. Sono
quattro grandi personaggi che sicuramente già conoscete e che conoscerete anco-
ra di più seguendo la rubrica: Lorenzo Agnoletti, Nicola Crivelli, Roberto Ra-
spanti, Francesco Santini.
Da neofita qual sono ovviamente remo al mio mulino; l'idea non è di da-
re a qualcuno un progetto per la propria pianta, ma di permettere a tutti, anche
ai neofiti, di capire come si osservano e studiano le piante per trovare le soluzioni
migliori e di mettere in risalto le eventuali diverse visioni di ogni artista, partendo
dal presupposto che non esiste un solo modo di "fare bonsai"! Un confronto non
da poco, che aiuterebbe molti a crescere, compresi gli artisti stessi. Non sarà una
competizione, ma un confronto costruttivo tra artisti diversi per formazione, opi-
nioni, posizioni personali e filosofie.
Ora tocca a voi lettori darci una mano; ci servono le vostre piante! Spedi-
teci le foto, formato jpeg (dimensione minima 1200 x 800 pixel), una per ogni
lato e una dall'alto, se poi sono di più ancora meglio! Dateci qualche indicazione
sulla pianta, se ne siete a conoscenza, da quanto tempo è in vaso, l'origine (se
raccolta, margotta, talea o semina), le dimensioni e l'essenza.
Non possiamo garantire a tutti la pubblicazione; le foto inviate verranno
visionate e selezione. Se ritenute idonee e sufficienti verranno utilizzate e pubbli-
cate senza ulteriori comunicazioni così avrete la sorpresa di vederle direttamente
sul magazine.
Potete inviare le foto e le informazioni all'indirizzo:
massimo.cotta@bonsaiandsuisekimagazine.eu

Grazie a tutti quelli che invieranno le loro foto e grazie ai nostri... fantastici 4!!!

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Shunkaen Bonsai Museum - Curatore: Kunio Kobayashi
P
rima di decidere la colloca- ma in quelle zone la temperatura luce, temperatura, umidità e circo-
zione dei bonsai, essi non scende mai di sotto i dieci gra- lazione dell'aria…
vanno valutati in base agli di. Quindi i bonsai tropicali e I bonsai vanno esposti
areali di provenienza. Gli subtropicali, sono chiamati da alla luce, collocati sopra mensole,
areali o fasce climatiche da cui pos- interno, poiché possono tollerare questo serve a salvaguardare da
sono provenire le essenze impie- periodi di permanenza più o me- eventuali insetti e da piante infe-
gate per creare bonsai possono no lunghi all'interno, anche se in stanti, incrementa la circolazione
essere riassunte nel seguente sche- realtà non esistono specie vegetali dell'aria e permette di usufruire
ma: Temperata, Subtropicale, Tro- legnose da interno. Nessuna completamente la visione. Anche
picale, Equatoriale. pianta è nata per vivere in casa, il vento è un elemento
I bonsai tropicali e subtro- mentre quelli temperati sono identi- importante: una lieve brezza aiuta
picali, tra cui Ficus, Serisse, Carmo- ficati come bonsai da esterno. La a tenere lontano malattie, parassi-
ne e Sageretie, nel loro luogo di corretta collocazione dipende, da ti, ecc.
origine crescono all’aria aperta, più fattori: Riunendo gli alberi che
fanno parte alla stessa specie, si facilita la colti- alimentarsi e respirare. Nelle abitazioni, i ve-
vazione. Alcune specie gradiscono l’ombra in tri, le tende, limitano la quantità di luce utile
estate, altre no: certe hanno bisogno di alle nostre piante. Importante cercare per la
annaffiature più frequenti di altre, per questo collocazione del bonsai uno spazio distante
è utile raggruppare le piante appartenenti alla dai 70 ai 120 cm. da una finestra luminosa.
stessa specie. Nel mantenimento di un bonsai da interno la
Un errore è rappresentato dallo spo- mancanza di luce è una delle complicazioni
stamento improvviso di un bonsai da una posi- che si manifesta più frequentemente. Oltre a
zione stabilizzata ad un'altra. Spostamenti ciò occorre vaporizzare la chioma con
scorretti e improvvisi del bonsai possono cau- acqua, anche più volte al giorno poiché
sare la caduta delle gemme o dei fiori, dei l’ambiente domestico a causa del riscalda-
frutti o delle foglie, l'avvizzimento, o addirittu- mento, è molto secco e in più serve creare
ra la morte della pianta. una zona umida sottostante ai vasi, questa
Per la sua salute, un bonsai non dovrebbe re- può essere ottenuta, con un grosso vassoio
stare all'interno più di poche ore alla volta. contenente sabbia, o argilla espansa inumidi-
ta. E' opportuno anche che i bonsai da
COLLOCAZIONE - BONSAI DA INTERNO interno abbiano un’adeguata ventilazione,
Per i bonsai da interno è fondamenta- anche se sia bene evitare di esporli a
le ricostituire condizioni di vita molto simili a correnti.
quelle naturali. Il rapporto tra luce, temperatu- Dalla primavera in poi nel periodo
ra e umidità dell'aria deve assomigliare per inizio maggio fine settembre questi tipi di
quanto più è possibile a quello del luogo d'ori- piante potranno essere poste tranquillamente
gine, solo così si potrà garantire una crescita all’esterno in un luogo ben ventilato, ma al ri-
sana. La temperatura invernale ideale, per paro dal sole diretto.
queste specie tropicali, di giorno è compresa
tra i 15 ed i 18°C. mentre di notte sarà COLLOCAZIONE - BONSAI DA ESTERNO
compresa tra gli 8°C ed i 12°C. La collocazione ideale per i bonsai
In nessun caso, la temperatura in ca- da esterno è in un luogo ben ventilato e so-
sa dovrà sorpassare i 25°C. La luce del sole leggiato. Le caducifoglie dovranno essere pe-
fornisce l'energia indispensabile alla fotosinte- rò riparate sotto una rete ombreggiante
si clorofilliana tramite la quale la pianta sinte- durante i mesi estivi più caldi, specialmente
tizza i composti che gli servono per nelle regioni del sud, quando il sole essendo
troppo forte, potrebbe bruciarne le foglie. vento durante tutto l'anno. Inoltre, apprezza-
Piante, come gli aceri, le azalee, i faggi, le no la rugiada notturna, che tra l’altro è un
cryptomerie, ecc. che mal sopportano il sole fattore importante per la coltivazione di tutte
diretto devono essere protette da strutture le specie. Considerando le caratteristiche, si
ombreggianti. La sicurezza sulla buona esposi- può affermare che la collocazione ideale per
zione del bonsai si ha quando innaffiando la le conifere sia una zona del giardino o una
pianta di sera, nella giornata successiva, essa terrazza ben esposta. Esse non gradiscono
risulti, ancora relativamente umida. Il bonsai nemmeno la protezione di una tettoia,
dovrà essere ruotato di 180 gradi ogni 7-10 altrimenti non ricevono la rugiada notturna.
giorni per evitare che la parte meno esposta Al contrario, le latifoglie non richie-
allunghi i nuovi germogli alla ricerca della lu- dono un'eccessiva esposizione al sole, ma gra-
ce. discono una posizione a mezz'ombra. Le
Una giusta ventilazione è fonda- specie di montagna abituate all’ombra (Aza-
mentale, per la salute dei bonsai che spesso lea, ecc.) quando sono debilitati, assorbono
per necessità di spazio sono riuniti sui bancali acqua con difficoltà, pertanto l’esposizione al
in modo troppo ravvicinato. Un eccessivo sole intenso potrebbe essergli letale.
raggruppamento di bonsai facilita la diffusio- Viceversa, specie come le conifere
ne delle crittogame. Quindi i posti moderata- (Pini ecc.) che si sviluppano dove la luce è
mente ventilati sono ideali per i bonsai. In abbondante, se deperiti ottengono giova-
inverno, il vento oltre alla disidratazione pro- mento da una collocazione al sole. Se le radi-
duce anche colpi di freddo che possono ci sono deboli, si consiglia di nebulizzare
danneggiare la ramificazione sottile della chio- frequentemente il fogliame. Particolare
ma oltre a seccare le zolle. In questo periodo attenzione occorre, invece, prestare in
1. Scorcio del giardino di Ro-
dell’anno conviene che le piante alloggiate inverno al vento freddo e secco. Nel periodo
berto Smiderle. Le shitakusa e
gli shohin trovato riparo sotto all'esterno siano protette con barriere frangi- invernale il motivo di sofferenza e le conse-
le chiome dei bonsai di taglia vento. guenze negative per i bonsai sono dovute più
più grande - 2. Riparo inverna- In generale le conifere presentano facilmente dalla combinazione di bassa
le degli esemplari del Maestro maggiore resistenza al freddo e al caldo e ri- temperatura e vento secco.
Shinji Suzuki chiedono una buona esposizione al sole e al In inverno le piante sempreverdi so-
spendono la fotosintesi. L'acqua è ri- due o tre giorni. le e quindi sarà proprio quest’ultima a
chiesta in quantità limitata. Tuttavia da- La resistenza al freddo deriva dover essere protetta dalle gelate
gli stomi continua l’evaporazione, dalla relazione con la latitudine e l’alti- notturne. Spesso è sufficiente isolare il
mentre le radici alle basse temperature tudine delle zone di origine delle spe- vaso, sistemandolo all’interno di una
riducono l’attività di assorbimento. Se cie bonsai, e la relazione con la cassetta in seguito ricoperta di aghi, fo-
la terra del vaso gela, e non si sgela pas- profondità delle radici nelle zone di glie o segatura. È importante che
sate le undici della mattina la pianta origine. La resistenza all'inverno di un anche d’inverno i bonsai da esterno
non può assorbire I’ acqua e se in bonsai diminuisce rispetto all'albero in debbano essere annaffiati possi-
contemporanea spira un vento freddo natura, perché sviluppa un apparato ra- bilmente durante le ore più calde
e secco che fa traspirare acqua dalle fo- dicale piatto e superficiale, che soffre della giornata, in modo che il bonsai
glie, l'albero comincia a presentare se- il freddo. abbia il tempo di asciugare prima
gnali di disidratazione e rischia persino La parte della pianta più a ri- dell’arrivo della notte, momento in cui
la morte se la situazione si protrae per schio durante l’inverno è quella radica- la temperatura si abbassa.

3, 4. Le specie dalle medesime esigenze vengono raggruppati e posizionati ai lati del giardino in base ai propri fabbisogni d'esposizione.
Hanno una scarsa resistenza quando si superano i 35°C, anche l’as- temperatura del corpo, così nei vegeta-
al caldo oltre a quelle che vivono in zo- sorbimento non è più possibile. Si arri- li la traspirazione ha lo scopo di
ne umide e in zone fredde, anche le va alla temperatura limite per la controllare la temperatura della pianta.
specie che in natura sviluppano radici crescita. In estate un sistema per
profonde. Le piante che crescono su ri- Con le alte temperature l'as- conservare un certo grado di umidità
lievi e versanti dei monti, solitamente, sorbimento dell’acqua e dei nutrienti attorno ai bonsai è quello di porre un
sopportano bene il caldo. per mezzo delle radici diviene inade- vassoio, (migliore se scuro) pieno
In linea generale la fotosintesi guato, ma continua la traspirazione d’acqua sotto ogni vaso, evitando il
si avvia a partire da una temperatura dalle foglie; in questa condizione la contatto con l’acqua. Soprattutto i
di circa 15°C e giunge al suo apice tra pianta mostra sintomi da squilibrio, ed bonsai su roccia, e quelli che asciuga-
i 27°C e i 30°C. Quando la temperatu- è possibile rilevare bruciature alle fo- no rapidamente, quelli che consuma-
ra si alza oltre questo limite I‘attività di glie. Occorre rammentare che l’acqua no molta acqua e quelli deboli,
fotosintesi rallenta. L'attività di as- assorbita dalle radici oltre all’attività di ottengono beneficio da questo micro
sorbimento si fa più intensa, cosi che il fotosintesi, viene impiegata per la traspi- ambiente.
consumo (l’assorbimento) supera la razione tramite gli stomi, che come
produzione dei nutrienti. Però, nell’uomo la sudorazione abbassa la

in generale la sistemazione del bonsai dipende dalla stagione e dalla specie botanica

PRIMAVERA-ESTATE AUTUNNO-INVERNO
PIENO SOLE Esterno (Zone mediterranee): tutte le specie escluso le tropi-
Conifere: ginepri, pino silvestre, p. d'Aleppo, p. nero. cali.
Latifoglie: specie mediterranee quali olivo, rosmarino, bu-
ganvillea, phillirea e specie tropicali tra cui ficus, carmona, Esterno (Regioni Settentionali e Prealpine): Larice, pino mu-
zelcova, serissa. go, p. silvestre, ginepri (ad eccezione del phoenicea e dell'oxy-
cedra).
OMBREGGIANTE AL 50%
Conifere: Pino mugo, P. cembro. P. rosso, P. pentaphilla, lari- Serra fredda: piante mediterranee, querce, aceri, prunus.
ce, tasso.
Latifoglie: acero, faggio, erica, prunus.
Gli estratti umici, composti da acidi umici e acidi fulvici, come già
enunciato su questa rivista nel mio articolo sugli acidi umici, sono due
componenti con un’attività nei confronti dei vegetali assai diversa: la
grande differenza sta proprio nella grandezza molecolare di entrambi.

G
li acidi umici presentano un peso molecolare ci sono apprezzabili nel medio/lungo periodo, ed ecco
di gran lunga maggiore rispetto a quello riferi- giustificati i trattamenti ogni 7-10gg che garantiscono tra-
to alla frazione fulvica, questa differenza impe- mite applicazioni costanti, risultati dopo circa 15gg. Ne
disce materialmente alla frazione umica di risultano nulli quando i trattamenti sono sporadici. Va
entrare nei tessuti vegetali, per cui l’unica componente inoltre ricordato che tali effetti-benefici sono di gran
attiva capace di essere veicolata nel sistema di conduzio- lunga più apprezzabili su suoli poveri di Sostanza Organi-
ne di un vegetale è rappresentata dalla frazione fulvica in ca (miscele ad uso bonsaistico) che su suoli ricchi
quanto dotata di grandezza molecolare molto piccola (Terriccio Universale) dove peraltro i trattamenti risulta-
capace di entrare nei vegetali avendo quindi un’attività no inutili.
di tipo fisiologica. Nella pratica bonsaistica, le prove di utilizzo di
Ricordata questa differenza, è bene affermare estratti umici sul suolo, hanno confermato le teorie se-
che gli estratti umici non sono da utilizzare per tratta- condo le quali il metabolismo secondario delle piante è
menti per via fogliare, almeno che non vengano messo in maggior attività e di come, i trattamenti aerei
approntati prodotti dotati di sola componente fulvica, di siano da attuare con prodotti ad azione stimolante dotati
cui, tra l'altro, ad oggi non ne esiste alcuna traccia, anche di chelanti artificali quali LSA ad uso specifico fogliare.
perché la percentuale fulvica è estremamente più bassa ri-
spetto a quella umica, e il dato peggiora se si considera © RIPRODUZIONE RISERVATA
che la fonte di estrazione è rappresentata da ligniti e non
da leonardite americana. Le affermazioni inerenti l’uti-
lizzo fogliare presenti sulle modalità d’uso delle eti-
chette, sono inesatte, in quanto proprio per la differenza Acidi umici disponibili nei diversi formati
su citata, il prodotto risulta essere di scarsa efficacia o to-
talmente nullo nel suo effetto. Oltre che per questa so-
stanziale “disparità d’effetto”, bisogna anche tener
presente che gli estratti umici sono prodotti dalle loro
fonti d’origine grazie a KOH, un estraente alcalino che re-
sta nel prodotto finito e che è dotato di un valore Ph
molto alto rispetto ai valori di pH più bassi presenti nella
foglia. L’eccesso di pH, potrebbe manifestarsi con fenome-
ni di fitotossicità, quindi caustici, anche se ad oggi, non
esiste casistica bonsaistica che ne attesti l’effetto negativo
espletato per via fogliare.
Ne risulta quindi, che i trattamenti al suolo che
sfruttano l’apparato radicale, rappresentano la migliore
strategia ammendante oggi esistente, ricordando anche
che i benefici che ne derivano non sono espletati diretta-
mente sulle radici, ma sul suolo e tramite chelazione dei
micro-nutrienti e quindi poi sulle radici. Gli effetti-benefi-
G
li scrittori - quelli veri, si) importanti tasselli della letteratura
quelli grandi - hanno la giapponese del secondo dopoguerra.
capacità di ricreare conti- Quel che scaturisce dal
nuamente la letteratura: pla- racconto-essai è dunque un rapido ri-
smano generi impercettibilmente tratto a tutto tondo in cui Marguerite
nuovi, seminano dubbi, piegano il si- Yourcenar, sapientemente, non di-
gnificato delle parole sino a farlo mentica mai che Mishima . prima
coincidere con l'ombra di ciò che ancora di essere un romanziere, un
intendono narrare. Nel quadro appe- drammaturgo, un intellettuale - è
na descritto, credo che meriti una cita- stato un uomo. Pensieroso, riservato,
zione Mishima o La visione del vuoto talvolta eccessivo persino nei gesti più
(Bompiani, pp. 111, € 6,20), breve quotidiani; un uomo che, nel suo bi-
ma denso saggio di Marguerite Yource- glietto d'addio, con una coerenza e
nar, nota al pubblico soprattutto per una sincerità spesso incomprese,
Le memorie di Adriano. ebbe il coraggio di rivelare una delle
Il sottotitolo potrebbe più grandi e amari verità: «La vita
indurre a pensare che si tratti di un'ele- umana è breve, ma io vorrei vivere
gia funebre o dell'ennesimo lavoro co- per sempre». MISHIMA
struito attorno al perfetto centro O LA VISIONE DEL VUOTO
vuoto dell'esistenza di Mishima, vale a © RIPRODUZIONE RISERVATA
dire il suicidio progettato tanto metico-
losamente quanto mal riuscito. L'autri- MARGUERITE YOURCENAR
ce riserva sì ampio spazio al tema, ma
preferisce dare in particolar modo rilie- BOMPIANI
vo alla filosofia e alle opere dello
scrittore, che non costituiscono sempli-
€ 6,20
ci proiezioni biografiche o caratteriali
su carta, quanto piuttosto (in molti ca-
Chawan tradizionale, elemento principe
della cerimonia del tè
L
o studio dell’estetica applicata al bonsai è
materia didattica divenuta oramai insostituibi-
le per ogni appassionato che pratica tale disci-
plina. Ma la conoscenza dei concetti di
estetica non si possono limitare e deve allargarsi la conce-
zione. Noi pronunciamo giudizi sul “bello” e sul “brutto”,
spesso ignorando quanto labili e mutevoli siano I criteri su
cui poggiano. E’ utile conoscere I modelli di bellezza che,
da differenti tradizioni, convergono nel nostro tempo. Il
bello continua anche oggi a sorprendere e a rinnovarsi,
sfuggendo a qualsiasi definizione univoca e conclusiva.
E’ nelle civiltà estremo-orientali e in particolare in quella
giapponese, segnata dal buddhismo zen e nell’arte moderna
occidentale (a partire da una determinate epoca), che si è
affermata non solo la teoria e l’effettiva presenza delle armonie na-
scoste, ma anche la ricerca cosciente delle disarmnie, delle asimme-
trie e disritmie prestabilite che, a dispetto delle apparenze, non
implicano però nessun disordine.
Nell’arte giapponese si pensa che la la simmetria e l'armonia
perfette siano negate all’uomo e raggiunte soltanto dalla divinità. Si
tende, di conseguenza, all’asimmetria, cercando un tratto squilibrante o
una voluita imperfezione. E tutto ciò lo ritroviamo nele arti decorative,
nella disposizione dei mobili e degli oggetti, nella calligrafia e nella danza,
nella cerimonia del tè, nella pittura e nell’architettura di edifici e giardini e
nel bonsai.
Allarghiamo la nostra discussione parlando di ceramica. In Giappone le
portate non sono servite esclusivamente in stoviglie di ceramica: il vetro è
apprezzato per il senso di freschezza che trasmette durante l'afa estiva e il su-
shi è tradizionalmente disposto su un supporto di legno o su foglie di aspidistra,
mentre la zuppa è quasi sempre versata in ciotole laccate. I manufatti di cerami-
ca restano comunque quelli più utilizzati. Sono prodotti, con una sorprendente
varietà di forme e colori, nelle fornaci disseminate nello Honshu e nell'isola meri-
dionale di Kyushu ove si perpetua spesso una tradizione ancestrale.
Prima della invasione della plastica e della ristorazione rapida, tutti i giapponesi era-
no abituati al contatto quotidiano con la ceramica, materiale per il quale provano
un'attrazione che definirei innata. Indipendentemente dal valore economico ed esteti-
co di alcuni pezzi considerati vere e proprie opere d'arte, gli oggetti in ceramica, per la
loro stessa origine, sono funzionali e concepiti, alla stregua di molti altri, per essere ma-
nipolati e usati facilmente piuttosto che per sedurre grazie alla loro sola bellezza.
Agli occhi di un esperto l'aspetto esteriore della ceramica riveste un'estrema
importanza. Ma prima di giudicare un pezzo, egli sa che non dovrà apprezzare solo il pe-
so, la foggia, la composizione della superficie e le sensazioni legate alla sua manipolazione,
ma anche tentare, a un livello superiore, di penetrare nell’animo del vasaio, artefice della stu-
pefacente metamorfosi di un blocco d'argilla in oggetto artistico. Purtroppo oggi numerosi ma-
nufatti sono considerati così preziosi da essere custoditi nei musei, dove soltanto agli specialisti
è permesso toccarli. Rinchiusi nelle vetrine illuminate dalla luce artificiale, sembrano
condannati a una morte inesorabile.
Soprattutto gli oggetti legati alla cerimonia del tè: indipendentemente dalla loro straordinaria
bellezza, l’osservatore avverte l'irrefrenabile desiderio di usarli ancora una volta (con il rischio di
danneggiarli) per riportarli a nuova vita. Per fortuna la maggior parte delle ceramiche ha un destino
più concreto. Perfino in un'epoca come la nostra, ove tutto è fabbricato meccanicamente, esse sono
ancora lavorate a mano, usate autovetture.
con vivo piacere e molto Mentre numerosi
apprezzate. aspetti della cultura giappone-
E poiché quasi tutti i se sono stati notevolmente
giapponesi hanno una partico- influenzati dal continente
lare predilezione per tali manu- asiatico o perfino mutuati tali
fatti, la produzione raggiunge e quali, la ceramica si è svi-
livelli ragguardevoli: sono deci- luppata essenzialmente in mo-
ne di migliaia i vasai dissemi- do autonomo e in maniera
nati nell'arcipelago nipponico. specifica in ogni isola. Ciò va-
Senza contare i numerosi ope- le soprattutto per gli oggetti
rai delle grandi imprese indu- destinati al consumatore co-
striali, di fama internazionale, mune. Laddove emerge però
che producono all'ingrosso un forte condizionamento
piatti, tazze da caffè e altri della Cina o della Corea, e in
pezzi di ispirazione occidenta- particolare nei pezzi fabbri-
le destinati sia al mercato loca- cati per la nobiltà o il clero,
le sia a quello internazionale. va precisato che in tempi
Oltre alle stoviglie per la tavo- molto brevi un processo di
la esiste un'ampia gamma di "nipponizzazione" ha conferi-
oggetti in ceramica: dalle to alle ceramiche locali tratti
grandi giare per la conservazio- assai diversi dai modelli origi-
ne degli alimenti, ai vasi per nari.
piante e fiori, senza contare Le ceramiche del
accessori più insoliti come le Giappone possono essere
tegole, le piastrelle per il ba- distinte in due categorie
gno. Con lo sviluppo tecnologi- principali: le raffinate porcella-
co sono apparsi sul mercato e ne ispirate ai manufatti
divenuti di uso commune importati dalla Cina e i sempli-
anche coltelli da cucina in cera- ci grès di fabbricazione locale
mica che non vanno più affi- ricoperti da una vetrina natu-
lati o pezzi di motore per rale alla cenere. Per quanto
Alcune ceramiche di Hamanaka Gesson, vasaio che utlizza tecni-
che di produzione artigianale. Le sue creazioni sono per lo più vasi
o semplici completamenti d'arredo di vita quotidiana. La casa di
Hamanaka riflette la sua raffinatezza tipicamente giapponese.
Preziose ceramiche antiche
Un Maestro vasaio durante la modellutura
di un vaso al tornio

sorprendente, questi due tipi di cerami- liberarla dalle bolle d'aria. L’apprendi- ne del legame viscerale che unisce il
ca si fondono e si completano mira- sta deve sapere svolgere alla perfezio- vasaio alla sua professione. Pur condu-
bilmente nella presentazione dei pasti, ne questi compiti fondamentali prima cendo un'esistenza tutt'altro che facile,
soprattutto quando sono scelti con cu- di ottenere l'autorizzazione a foggiare il miracolo della trasformazione
ra e raffinatezza. I pezzi destinati la sua prima ceramica. Possono tra- dell'argilla è decisamente una gratifica-
all'uso quotidiano spiccano soprattutto scorrere diversi anni, durante i quali zione invidiabile.
per la loro sobria bellezza, frutto di un fabbricherà sempre il medesimo Prima o poi i ceramisti dotati
delicato connubio fra l'argilla e le inve- oggetto – una piccola ciotola per il riso di particolare talento espongono le lo-
triature naturali. Le fogge sono piace- o una coppa per il sakè – prima che, as- ro creazioni. Con un po' di fortuna e
volmente discrete e funzionali e i similata una certa competenza tecnica, di riconoscimenti, una volta raggiunta
colori sono in armonia con le tinte pre- ogni suo gesto diventi naturale e una certa fama possono aumentare le
senti in natura. Le imperfezioni della perfetto. Vedete come il concetto di quotazioni. I migliori godono spesso
forma o della vetrina sono considerate apprendistato e di rapporto maewstro- dello status di artista stimato, conosco-
in Giappone particolarità interessanti e allievo è commune a tutte le arti, no gli onori e la gloria, non solo in
perfino i pezzi intaccati o rotti, che in bonsai compreso? Giappone ma anche in quei paesi do-
altri paesi verrebbero scartati, vengono Soltanto quando l’allievo avrà ve vivono gli appassionati dell'artigia-
di solito riparati con lacca mescolata a raggiunto lo stadio in cui la modellatu- nato contemporaneo di alto livello. I
polvere d'oro [a fronte]. ra dell'argilla sarà interamente subordi- collezionisti attendono pazientemente
Il visitatore occidentale rima- nata alla sua volontà verrà considerato ogni nuova esposizione delle ultime
ne inizialmente perplesso di fronte alle pronto per sperimentare le forme parto- produzioni, lavori che possono
vetrine asimmetriche e irregolari delle rite dalla sua immaginazione. Gli appas- raggiungere prezzi elevatissimi. Du-
ceramiche giapponesi, così distanti da- sionati d'antiquariato tentano qualche rante l'anno gallerie d'arte e grandi ma-
gli ideali estetici della tradizione occi- volta di imboccare una scorciatoia e di gazzini allestiscono molteplici mostre
dentale, ma i suoi occhi si abitueranno apprendere i rudimenti dell'arte del va- di ceramica: vi è quindi molto da ve-
presto a una bellezza che affascina pro- saio frequentando corsi di artigianato dere e, come per la pittura e le altre
prio per la sua dimensione umana. Ta- in città, ma i risultati sono raramente forme d'arte, ci sono sempre degli
le bellezza non si spiega né con la all'altezza, anche perché quasi tutti gli acquirenti in cerca di nuovi talenti da
filosofia né con l'analisi intellettuale: è oggetti di un certo pregio vengono pro- scoprire.
immanente, discreta ed evidente. dotti nelle fornaci delle zone rurali. Esiste poi tutta una serie di
Secondo la comune tradizio- I centri di produzione della ce- opere e riviste consacrate all'arte della
ne l'apprendistato del vasaio avviene ramica si sono sviluppati in regioni ceramica antica e moderna. Contraria-
presso un maestro. In Giappone tale ricche di legna e di giacimenti di argilla mente ad altri settori dell'artigianato
formazione consiste in una ripetizione che vantano peraltro i paesaggi più destinati all'estinzione, i vasai e la cera-
e imitazione costante dei gesti del mae- belli del Giappone. Molti artigiani mica giapponese hanno una notevole
stro e non tanto in un insegnamento perpetuano una tradizione familiare, ini- vitalità a garanzia della loro futura so-
progressivo. I compiti sono dapprima ziata molti secoli addietro da antenati pravvivenza.
umili, difficili e al contempo elementa- che si sono dedicati in quel medesimo
ri: raccogliere la legna, attizzare il fuo- luogo alla fabbricazione di ceramiche.
co nel forno e plasmare l'argilla per In questa eredità va cercata la spiegazio- © RIPRODUZIONE RISERVATA
I
batteri hanno forma bastoncellare - Predilezione di ambienti vitali sub- colore, che presenta tonalità
con dimensioni comprese tra 0,5-1 alcalini, a differenza dei funghi che pre- dall’arancio sino al rosso intenso-
micrometri di larghezza e 1-5 mi- diligono ambienti acidi. bordeaux, e viene emessa nei pressi di
crometri di lunghezza. Si distinguo- - Formazione di aggregati mucillagino- ferite non rimarginate e infettate
no in Gram + e Gram – in base alla si, che ostacolano la diffusione anemofi- appunto da batteri.
tecnica di colorazione proposta dal bio- la (vento). Spesso la manifestazione pato-
logo danese Christian Gram (foto 1) du- - Assenza di strutture di difesa. logica in Prunus spp. è rappresentata
rante le fasi di studio in laboratorio. Nonostante le numerose restri- dalla comune “gomma delle rosacee”
I batteri fitopatogeni appartengono per zioni alla loro diffusione, i batteri, nel del medesimo colore e nei cipressi, dal
la grande maggioranza alla categoria momento in cui trovano le condizioni “cancro del cipresso” storica patologia
Gram – (foto 2, 3) con una struttura favorevoli al loro sviluppo, possono tristemente nota in Toscana.
più complessa rispetto ai Gram +. Le lo- rappresentare l’avvio di malattie alta-
ro caratteristiche sono: mente distruttive e di difficile conteni- IL PROCESSO INFETTIVO
- Termofilia: l’Optimum di temperatu- mento, grazie all’elevata capacità di Prima fase: Epifitica
ra si attesta tra 25-30 °C, con cessazio- riprodursi. Ne consegue che l’unico me- I batteri risiedono sulla superfi-
ne dell’attività riproduttiva e patogena todo di controllo è la: PREVENZIONE. cie degli organi aerei; rami, foglie,
al di sotto dei 15° e dai 33° ai 40 °C. La cellula batterica è costituita piccioli, anfratti della corteccia, stomi,
- Idrofilia: esigenze abbondanti di esternamente da una capsula che ha la peli fogliari e nel momento in cui le
acqua sia in termini di idratazione funzione di preservare l’interno dalla condizioni, nella fattispecie T° e Ur au-
strutturale che di Ur atmosferica. disidratazione. La principale secrezio- mentano, inizia la loro moltiplicazione.
- Mancanza di attività diretta penetrati- ne caratterizzante i batteri sono gli EPS.
va nell’ospite. Necessitano di vettori o Acronimo di EsoPoliSaccaridi, caratte- Seconda fase: Penetrazione
eventi traumatici che ne possano agevo- rizzano la virulenza del batterio in base Attraverso stomi, lenticelle o
lare la penetrazione. alla quantità prodotta e all’intensità del meglio ferite (Micro e Macro), riescono
a entrare all’interno del vegetale, so- rettamente ac. indolacetico (auxine) e nell’asportazione dei cancri rameali
prattutto tramite bagnatura delle parti citochinine. con tronchesi affilate, a cui segue una
(pioggia, irrigazione ecc.) bruciatura con cannello di precisione
SOPRAVVIVENZA E DIFFUSIONE della ferita.
Terza fase: Incubazione e manifesta- I batteri, possono rimanere Dopo la spazzolatura della
zione dei sintomi latenti in uno stato ipobiotico per setti- parte trattata con il fuoco, si prepara
Il primo passo è la moltiplica- mane o mesi e risvegliare la loro azio- una poltiglia molto concentrata di
zione In Situ, ovvero nei pressi della zo- ne deleteria quando le condizioni acqua (qualche goccia) e idrossido di
na di penetrazione. Quando il numero (acqua) lo consentono. La loro diffusio- rame (circa 5gr) che viene spennellata
di cellule batteriche sono sufficenti (in ne in ambito bonsaistico è dettata dalle sulla ferita. Tale trattamento ha il solo
base al tipo), si originano infezioni di scarsissime conoscenze del patogeno e scopo di arginare e rallentare la nuova
due tipi: intercellulare e intravascolare. dalle inesistenti forme di pulizia e steri- formazione di escrescenze tumorali. Se
La prima origina marciumi localizzati lizzazione dell’attrezzatura*. Fonte ad a questo aggiugiamo la riduzione delle
dei tessuti, necrosi e più comunemente oggi, considerata come la principale concimazioni azotate primaverili,
ipertrofie (rogna dell’Olivo, cancro forma di infezione di esemplari sani. l’effetto è ancora più efficace. A questa
dell’Olmo). La seconda provoca marce- pratica segue la pulizia e sterilizzazio-
scenze più diffuse su tutto l’ospite. CONTROLLO ne dell’attrezzo utilizzato.
Nelle infezioni di tipo Gli unici prodotti ad azione Anche la potatura riveste un
intercellulare i batteri non uccidono le batteriostatica sono quelli a base ramei- ruolo importantissimo: esemplari già
cellule dell’ospite, ma alterano la fisiolo- ca, che esercitano un controllo diretto affetti non dovrebbero essere mai po-
gia legata alla produzione di ormoni, e sulla popolazione batterica epigea, ridu- tati nei periodi primaverile-estivo, ma
quindi della crescita. L’effetto è uno svi- cendone l’effetto penetrativo. Una sempre in autunno-inverno, periodo in
luppo spropositato di cellule e tessuti, volta instaurato il processo infettivo, il cui l’attività batterica è ferma per i rigo-
che disorientati, provocano escre- controllo è molto difficoltoso e mai riso- ri dell’inverno, anche in questo caso si
scenze tumorali altamente infettive lutivo. Prodotti battericidi sono ad oggi ricorda la protezione dei tagli con ma-
(es.: rogna dell’Olivo). In Olea Euro- non ancora efficaci per un controllo to- stice cicatrizzante cosmetico senza
paea queste malformazioni strutturali so- tale delle batteriosi. Uno dei metodi di aggiunta di ormoni.
no provocati da Pseudomonas Syringae controllo di batteriosi su Olea Euro-
subsp. Savastanoi che producono di- paea e Olea Oleaster, consiste © RIPRODUZIONE RISERVATA

* "Gli attrezzi come veicolo di malattie. I vettori antropici di trasmissione" - Luca Bragazzi (BSM anno II n. 3)

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