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BSM ‐ Anno V n.

3 ‐ Novembre/Dicembre 2013

CONTRIBUTORS
Fabio Canneta, Gian Luigi Enny, Ettore Gardini, Antonio Gesualdi,
Masahiko Kimura, L., Luca Ramacciotti, Daniela Schifano, Umberto
Scognamiglio, Anna Lisa Somma, Mauro Stemberger, Alessandro Valfré,
Melanie Walzer

IN COLLABORAZIONE CON

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BONSATIREGGIANDO

1
2
3

4
SOMMARIO

EDITORIALE

8 Antonio Ricchiari
Editoriale

SECRET WORLD 10
10 Fabio Canneta
L'assenza

DAL MONDO DI BSM

16 Gian Luigi Enny


Che cos'è un giardino zen?

22 Luca Ramacciotti
Ikebana. Tecniche di base

30 Melanie Walzer
Summer Bonsai Festival 30 22
BONSAI 'CULT'

44 Antonio Ricchiari
Lo spirito del bonsai

IN LIBRERIA

47 Antonio Ricchiari
Bonsai

47 16
SOMMARIO

LA MIA ESPERIENZA

48 Alessandro Valfré
Storia di un bonsai di ficus 1
90
54 Antonio Gesualdi
Cambio di vento

62 Mauro Stemberger
The beauty face of ugly 1
A LEZIONE DI SUISEKI & CO.

70 Ettore Gardini
Il mistero della montagna

76 Luciana Queirolo
Il fronte in una pietra pae‐
saggio.

L'OPINIONE DI... 62 81 1
81 Giuseppe Monteleone
Ezio Piovanelli

BSM AWARD 1
90 Daniela Schifano
Spirito immortale 1

54 70
SOMMARIO

OGGI PARLIAMO DI...

100 Antonio Acampora


L'esposizione del bonsai
‐ II parte ‐

IL BONSAINAUTA
100
106 L.
I luoghi del mondo...

DALLE PAGINE DI BONSAI&NEWS

108 Masahiko Kimura


A lezione da un
professionista

A SCUOLA DI ESTETICA

114 Antonio Ricchiari


Lo stile. Dettagli di bellezza 114 122
IL GIAPPONE VISTO DA VICINO

119 Anna Lisa Somma


Caro, inatteso Giappone

120 Hitoshi Shirota


Hitoshi's World

L'ESSENZA DEL MESE

122 Umberto Scognamiglio


Ezomatsu. La picea

119 108
V iviamo in un periodo di tempo che non esito a definire “decadenti‐
sta”. E non mi riferisco soltanto alla grave e perdurante crisi econo‐
mica. La critica ufficiale della seconda metà dell’800 usò questo termine
proprio per ricordare la sensazione di crollo di una civiltà.
Credo che l’accezione negativa ricordi propri gli inizi degli anni
80 e 90 del XIX secolo con il diffondersi di uno stato d’animo caratte‐
rizzato da un senso di disfacimento e termine di una civiltà, l’approssi‐
marsi di un cambiamento epocale, lo smarrimento della coscienza e
della crisi dei valori. In questo periodo la sensazione è quella di contra‐
sto con la società che ci circonda, insensibile e distaccata di fronte alle
sue esigenze.
Questo disarmante panorama fa registrare un calo preoccupante
della cultura e di tutte le arti dovuto alla insensibilità di chi dovrebbe
istituzionalmente averne cura e stimolo. E quando in una nazione
avviene tutto ciò ne risultano compromessi popolo e democrazia.
In Italia negli ultimi anni si è notato un calo preoccupante del li‐
vello di attenzione appunto verso le arti che sono le fondamenta di tutto
il patrimonio culturale di un popolo. Si è incapaci di dare risposte
soddisfacenti all’uomo nelle sue esigenze estetiche e di gusto. L’uomo
tende infatti ad interrogarsi su di sé, sui suoi bisogni, sui suoi desideri
effimeri assai più di quanto si occupi della realtà fisica o naturale,
perché incapaci di coinvolgere più di tanto sentimenti ed aspirazioni.
Perché tutto questo preambolo?
Perché bonsai e suiseki sono da considerarsi “un’isola felice” per
il bagaglio di cultura e di emozioni che sono in grado di trasmettere a
chi li pratica e li “frequenta”. Perché sono essi stessi cultura. Fanno
cultura. Regalano cultura. E in questa nostra società non è roba da poco.
Tutta la produzione bonsaistica, in particolare, che l’uomo ha
creato fa parte del patrimonio culturale e ha valore di documento, in
quanto testimonianza dell’evoluzione stessa del bonsai visto come patri‐
monio artistico. Gli esemplari di bonsai e le pietre d’arte, oltre ad avere
la stessa rilevanza di tutti gli altri prodotti dell’uomo sul piano della te‐
stimonianza storico‐sociale, presentano un contenuto qualitativamente
più significativo sul piano estetico e simbolico.
Bonsai e suiseki possono quindi essere considerati “prodotti
d’arte speciali” complessi e ricchi di significato, che parlano a chi li sa
“leggere” di molteplici aspetti (filosofici, estetici, etc.) della cultura pro‐
pria di chi li ha creati o li possiede.
Ogni bonsai suscita in chi lo osserva particolari sensazioni.
Ognuno di noi è in grado di fornire giudizi di carattere intuitivo su ciò
che sta osservando. Ma per capire pienamente che cosa il bonsaista
abbia saputo comunicare attraverso il suo lavoro sulla pianta e decifrare
così i molteplici messaggi che essa contiene, è necessario approfondire
l’analisi in modo preciso e metodico.
Il bonsai utilizza le tre dimensioni della scultura con
un’aggiunta: la quarta dimensione. Il tempo. Nessuna altra arte dell’uo‐
mo è capace di tanto! Il bonsai, inoltre, si può etichettare anche come
“opera d’arte di relazione” perché può prevedere la partecipazione di
più bonsaisti che collaborano alla realizzazione e alla definizione di una
pianta.
Bonsai e suiseki, due arti di grande valenza culturale dunque
che ci accomunano e ci fanno ritrovare anche nell’appuntamento con il
nostro Magazine.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
di Fabio CANNETA
L’ombra di se oscura se stesso.

Emerge con prepotenza


per farsi beffe del pieno vivente.
Diviene metamorfosi di forme compiute.

Distorce gli spazi e restituisce forme uniche, irripetibili, mai uguali a se stesse.

Cerca nello spazio ciò che non vede.


Giardino Zen?
(PRIMA PARTE)
S
i è sempre detto che guaci di tale religione.
i giapponesi sono Proprio per questo,
attenti osservatori nei secoli, i giapponesi
della natura e che la hanno catturato l'essenza
celebrano in ogni aspetto della natura che combinata
della loro vita. con l'arte da la possibilità di
Anche il Shintoismo creare giardini come luoghi
che è una religione nativa di serenità spirituale, li i
del Giappone, è nato dal pensieri volano liberi e cala
modo di vedere e di conce‐ la pace nell’animo di chi os‐
pire con l’anima tutto ciò serva.
che le forze naturali offrono Anche piccoli e mo‐
attraverso il passare delle sta‐ desti giardini possono tra‐
gioni, pertanto ogni evento smettere questa pace,
come un tuono, un fulmine, ricercata nelle cose più
un acquazzone,un arcobale‐ semplici e naturali come un
no, sono fenomeni voluti da piccolo fiore, o una roccia a
poteri sovrannaturali, perciò forma di montagna, o ancora
ben visti e accettati dai se‐ un albero contorto che la‐

1, 2. Anche le foglie e gli aghi che cadono aiutan‐


o alla meditazione. ‐ 3. AProvate a sedervi sulla
panca e... ‐ 4. Evoluzione di un cigno ‐
scia cadere le sue foglie tra‐
sportate dal vento autunnale.
Ed è proprio da tutte
queste piccole e semplici co‐
se che nei secoli hanno
influenzato il modo di vedere
e di concepire uno stato
mentale, rivolto a una fede
religiosa composta da una
setta di monaci buddisti, do‐
ve veniva praticata la filosofia
zen.
Il giardino zen è visto
prima di tutto all'interno della
propria mente, provate a se‐
dervi su una panca accanto
alla ghiaia, ora rilassatevi e
lasciate che la vostra mente
sia aperta e libera di fantasti‐
5. Pietre a forma di testuggine ma‐
rina.
6. Acquarello: giardino zen parzi‐
almente chiuso da cancello di
bambù.
7. Angolo meditativo di un Karesa‐
nsui.
care, lasciate che vaghi per creare immagini tra i sassi e aiuterà nella meditazione e nella fantasia.
le rocce. Questi tipi di giardino, se privati non sono fatti
Forse vedrete il mare o le montagne che salgono per essere esposti all'ammirazione dei passanti ma per
dall’ acqua o forse potrete vedere un luogo emozionante goderseli al massimo con gli amici, per cui sono isolati
all’interno dalla vostra memoria. dal mondo esterno, i giardini di pietre si trovano nei
Per i bambini poi è più facile l’immaginazione, cortili interni e sono circondati almeno in parte da mura
possono vedere le tartarughe marine, mostri d'acqua e o da siepi.
immagini attive e fantastiche che con la loro fantasia sco‐ Pertanto se vi accingete a realizzare un qualsiasi
priranno nella forma di ciottoli e scogli. giardino in stile zen, tenete in considerazione questi po‐
Questo giardino pur nella sua struttura minimali‐ chi fondamentali principi che vi aiuteranno a realizzare e
sta ispira il pensiero creativo, e offre una splendida completare in modo semplice e garbato il vostro angolo
opportunità per rilassare il corpo e la mente. meditativo.
Vi garantisco: l’emozione sarà diversa ogni volta.
Questi giardini in realtà hanno ben poco materiale vege‐
tale, inoltre non ci sarà materialmente nessun fiume e
stagno, esso rappresenta quella forma filosofica che ci © RIPRODUZIONE RISERVATA
S
tudiare ikebana significa
approcciarsi seriamente a un
percorso artistico. Capita
spesso di vedere su internet
(specialmente nei gruppi di Face‐
book dedicati a quest’arte) persone
che si improvvisano ikebaniste o
che addirittura hanno scritto libri
senza aver mai seguito una scuola
di ikebana. Mi domando come sia
possibile parlare di un argomento
quando la nostra conoscenza si basa
solo su articoli o libri letti. Come
possiamo pensare che quello che
scriviamo in un libro o realizziamo
sia davvero un ikebana e non una
semplice composizione floreale?
Quale artista (anche i più grandi) di
qualsiasi disciplina non si è recato
da un maestro a imparare i rudi‐
menti di quell’arte che voleva stu‐
diare?
Per tale motivo quando mi
chiedono di partecipare a un mio
corso di ikebana premetto che farò
un incontro di prova comprendente
un’introduzione storica e filosofica
di cosa è l’ikebana e poi spiego e
faccio eseguire i due stili che sono
alla base della scuola Sogetsu:
Verticale e Inclinato. L’allievo deve
comprendere se quello che si tro‐
verà a studiare è effettivamente
quello che sperava o se ha sbagliato
posto credendo di fare una cosa alla
moda e di facile apprendimento. In
caso negativo è libero di non pro‐
seguire lo studio. Almeno con me.
Se altri vedono l’ikebana in un’altra
ottica liberi di farlo, ma per me è
serietà e dedizione. Questo perché
contrariamente all’opinione di fre‐
quentatori di altre scuole di ikebana
la scuola Sogetsu è una delle più
difficili. Non andiamo a studiare
Materiale non convenzionale: per
uno stile che ripeteremo fino alla
questo ikebana sono stati utilizzati
dei bastoni di legno gialli in
perfezione, come nella maggior
seguito spruzzati con vernice blu. parte delle scuole classiche, ma
Nell'ikebana Sogetsu si può studieremo l’ikebana nella sua spa‐
abbinare al materiale vegetale (qui zialità.
sterlizie e bancsia) materiale Sofu Teshigahara quando
definito non convenzionale (carta, creò la scuola Sogetsu "levò" l’ike‐
plastica, metallo etc) purché non bana dal tokonoma pensando ad un
sembri un materiale "estraneo" approccio più moderno e non le‐
all'ikebana.
gato solo al mondo giapponese. Kakeiho è Nella Sogetsu i due stili base e le variazioni
il nome del metodo attraverso cui nella So‐ vengono realizzati sia nei Moribana (una
getsu si studiano le basi dell’ikebana composizione in ciotola bassa – suiban –
permettendo di familiarizzare con il mate‐ nel quale si utilizza come reggifiori un
riale vegetale e studiarne le varie caratteri‐ attrezzo denominato kenzan) sia nel Na‐
stiche. Nel Kakeiho andremo a studiare i geire (una composizione in vaso alto – tsu‐
due stili base (Verticale e Inclinato) e le lo‐ bo – che non prevede l’uso di sostegni
ro variazioni in modo da comporre fa‐ quali il kenzan, ma fissaggi che andranno
cilmente ikebana fin dai primi istanti. Il realizzati a mano di volta in volta).
tutto utilizzando tre elementi principali Per facilitare lo studente ogni le‐
(denominati Shushi) che sono: Shin (l’ele‐ zione Sogetsu è spiegata dal libro di testo
mento principale, il più lungo di tutti, in utilizzando dei diagrammi (Kakei‐zu) in
base al quale si ha la misurazione dei modo che a casa possa esercitarsi con faci‐
successivi), Soe (l’elemento secondario), lità. A lezione chiedo sempre di tenere il
Hikae (l’elemento più corto di tutti). A essi libro chiuso dato che non voglio che
si affiancano degli elementi di "sostegno" l’allievo si distragga mentre esegue l’ikeba‐
denominati Jushi che non hanno una na o che cerchi di copiare la foto del libro
collocazione precisa, ma che sta all’esecu‐ dove solitamente vi è anche materiale ve‐
tore decidere (anche in base al materiale getale diverso. Solitamente nei Kakei si
che utilizzato) come disporli. Quindi anche utilizza per Shin e Soe un ramo (od una
l’allievo fin dalla prima lezione è chiamato foglia) e fiori per l’Hikae.
a esprimere la propria personalità (ovvia‐ Importante è far capire all’allievo
mente poi il maestro andrà a fare le dovute che con il solo libro NON imparerà mai
correzioni dato che ha un occhio e l’ikebana come di sicuro Picasso non è di‐
un’esperienza più sviluppata rispetto a chi venuto tale studiando un libro su come si
prende lezione). dipinge un corpo umano. Ci vuole l’espe‐
Sofu in un suo libro di ikebana per rienza che ha il maestro (e che matura con
principianti consiglia di mettere un fiore il passare del tempo e dello studio) per far
davanti alla composizione per dare capire cosa l’allievo ha fatto di giusto e co‐
un’armonia al tutto e uno dietro che dia sa di errato. Questo soprattutto per il III e
l’idea di profondità soprattutto nel Nageire. IV livello della Sogetsu dove, imparato ad
eseguire moribana e nageire in tutte questo è il lavoro più importante di
le variazioni e quindi avendo acquisi‐ tutta la lezione. Dopodichè andremo
to l’idea di spazialità, dimensione e a scegliere il ramo più importante che
armonia, lasceremo i diagrammi per sarà il nostro Shin.
affrontare temi quali: Linea, Colore, Abbiamo tre misurazioni a
Massa e Spazio. Attraverso il Kakeiho cui ricorrere (valide sia per il Nageire
impareremo misure e angolazioni, ma sia per il Moribana) in base sia al tipo
come spiega lo stesso Sofu (nel libro di materiale usato, sia a ciò che noi
di testo a metà percorso tra il I e il II vogliamo realizzare.
livello) è anche importante capire
l’andamento che ha un materiale e MISURAZIONE STANDARD
assecondarlo. Shin (diametro del contenitore +
Ci sono tecniche avanzate altezza del medesimo) x 1.5
che permettono di piegare rami Soe = ¾ di Shin
morbidi o di lavorare le foglie, ma Hikae = ¾ o ½ di Soe
tendenzialmente questo non si fa stu‐
diando i Kakei. MISURAZIONE GRANDE
Shin (diametro del contenitore +
Ora vediamo tecnicamente altezza del medesimo) x 2
come realizzare gli stili base. Qui mi Soe = ¾ di Shin
avvarrò di una foto tecnica che evito Hikae = ½ di Soe
a lezione perché, come dico sempre,
non si sta montando una bicicletta. MISURAZIONE PICCOLA
Nel suiban il kenzan occupa Shin (diametro del contenitore +
varie posizioni a seconda dello stile e altezza del medesimo)
delle variazione che dovremo Soe = ¾ di Shin
effettuare. Per prima cosa dovremo Hikae = ¾ di Soe
concentrarci sul materiale che il mae‐
stro ci avrà messo a disposizione. Ne Tutti questi dati tecnici e
studieremo le peculiarità e la forma, matematici possono spaventare a un
1. In questo ikebana il tema centrale è la superficie delle foglie che vengono messe in risalto sia dalla forma contrastante del fiore sia dalla
"piegatura" stessa a cui sono sottoposte per dare movimento al tutto. ‐ 2. Questo ikebana sviluppa il tema de: La forma del contenitore ov‐
vero come un elemento floreale o vegetale può far risaltare la linea del contenitore sia per contrasto sia ricreandola.
primo approccio, ma se uno come me è riuscito a di‐
ventare maestro vuol dire che sono nozioni che si
imparano con la pratica.
La prima lezione (che verrà ripetuta più volte)
è lo stile base Verticale. Si colloca il kenzan nella posi‐
zione 1 e andremo a prendere le misure dei tre rami
principali che sul kenzan dovranno formare un ideale
triangolo (lo Shin al vertice e Soe ed Hikae agli angoli
della base). Nello stile base verticale lo Shin è inclinato

Stile base verticale Stile base inclinato


di 10 ° – 15°, verso sinistra e in avanti, il Soe di
45° a sinistra ed in avanti e l’Hikae di 75° a de‐
stra e in avanti. Sistemati i tre rami principali
andremo a mettere quelli di sostegno in modo
da completare la nostra opera che dovrà essere:
Asimmetrica (in natura le piante non sono
simmetriche e inoltre l’asimmetria è movimento,
la simmetria è la negazione di esso), Equilibrata
(non dovremo avere l’asimmetria con una spro‐
porzione tra di loro degli elementi), Armonica (il
tutto deve comunicare a chi la esegue e a chi poi
la vedrà un senso di armonia non solo di estetica
bellezza come nella composizione occidentale).
Ogni elemento dovrà avere il suo spa‐
zio, dovremo creare vuoto e movimento e ogni
materiale dovrà sembrare che abbia una sua
naturalezza dove viene collocato.
Come detto in precedenza, l’altro stile
base della scuola Sogetsu è l’Inclinato. Il kenzan
sarà in posizione 3 ed avremo al vertice del no‐
stro immaginario triangolo il Soe a 15° (verso si‐
nistra ed in avanti), lo Shin al vertice sinistro del
triangolo (con un’inclinazione di 45° a sinistra e
in avanti) e l’Hikae al vertice destro (con
un’inclinazione di 75° a destra e in avanti).
Già spostando due rami principali e la
posizione del kenzan all’interno del suiban
l’allievo avrà modo di percepire come l’ikebana
ha un suo movimento e occupi un ben determi‐
nato spazio a seconda della posizione in cui lo
collocheremo.
I rami secondari serviranno non solo a
completare e dare un senso di unità ai tre rami
principali, ma ci aiuteranno a dare una pro‐
fondità al nostro lavoro evitando, se possibile, di
fare un muro frontale. In realtà la visione a 360°
non fa parte dello studio iniziale dell’ikebana
Sogetsu, ma è bene piano piano abituarsi a que‐
sto concetto per non scontrarcisi all’improvviso,
poi se collocheremo il nostro lavoro su di un ta‐
volo non vorremo che sia interessante da ogni
lato?

© RIPRODUZIONE RISERVATA
- (PH) © NICOLA C RIVELLI
D
al 31 agosto al 8
settembre Fai della Paga‐
nella, una piccola cittadi‐
na nel bel mezzo delle
Dolomiti del Brenta, ha ospitato una
settimana bonsai denominata
“Summer Bonsai Festival” orga‐
nizzato dalla Nippon Bonsai Sakka
Kyookai Europa (NBSKE) con il
supporto di Trentino Bonsai Club e il
comune di Fai della Paganella.
Obiettivo dell'associazione è quello
di diffondere il tradizionale bonsai
giapponese e le sue antiche arti in
Europa. Questa Associazione ha
obiettivi educativi e culturali, ed è
una associazione senza scopo di lu‐
cro; qualsiasi forma di competizione
non è incluso nelle attività.
Questi nove giorni sono stati
pieni di workshop, conferenze, di‐
mostrazioni e molto altro e che ci
crediate o no, tutte queste attività
erano aperti a tutti. La struttura era
pulita, luminosa e abbastanza grande
da consentire fino a 43 pezzi in mo‐
stra tra i quali bonsa , suiseki, kusa‐
mono e piante di compagnia, che
sono stati ben esposti e cambiate di
posizione per tre volte nel corso della
settimana. I laboratori serano pieni di
nuovi membri che hanno voluto
imparare qualcosa di nuovo, così co‐
me vecchi membri che hanno assistito gor Carino e suoi vasi bonsai; e ultimo più popolare al mondo e alla fine il
ed aiutato e, alla fine, hanno imparato ma non meno importante, il Presi‐ pubblico poteva provare diversi tipi di
qualcosa anche loro. Le conferenze dente della NBSKE Lorenzo Agnoletti tè. E non dimentichiamo le più
erano di varia natura e interessanti. E che ha tenuto un seminario sugli Ya‐ femminili tra le arti giapponesi: ikeba‐
le demo sono state spiegate in detta‐ madori, lo spirito della natura. Tutti na e cerimonia del tè. Le signore
glio anche se a volte tradotti dal questi meravigliosi insegnanti di talento giapponese con i loro Kimono imma‐
giapponese. Nell'insieme l'evento è erano molto disponibili, gentili e la colate erano graziose e delicate nella
stato un vero successo. maggior parte di loro sono rimasti per loro arte e gestualità. Suiseki, a quanto
Iniziamo dai workshop: shita‐ tutta la settimana in modo che sia il pare, non sono solo le "pietre" e ognu‐
kusa con Alfonsina Zenari, delicata, novizio sia i bonsaisti più esperti po‐ no ha scoperto qualcosa di nuovo su di
femminile, affascinante; il competente tessero sfruttare appieno le loro cono‐ loro. Un vero esperto ha spiegato
Paolo Giai e il suo elegante pino silve‐ scenze consolidate. coltivazione di Ficus bonsai e bonsai
stre; il ginepro Shimpaku e Nicola Cri‐ Le conferenze d'altra parte da interno e condiviso la sua cono‐
velli con la sua conoscenza quasi erano più interessanti del previsto. scenza. Incredibile!
enciclopedica della materia; Adriano Partendo dall'importanza del tavolo Si potrebbe concludere di‐
Nolan e la sua spiccata sensibilità nel per la presentazione di un bonsai. Di cendo: una settimana davvero ricca.
coltivare da seme; Xavier Redon pro‐ solito i nuovi membri non ricevono Lo pensi davvero? Non è ancora finito,
venienti dalla Spagna e il suo know ‐ questo tipo di spiegazione in un club. la perla è ancora da svelare: Sensei
how in materia di olivi in natura. Il bel Si è parlato della storia e il sapore del Isao Fukita è venuto dal Giappone e
I tè, la bevanda ha
impressionato il pubblico con la sua conoscenza, ni nel tokonoma, che è l'obiettivo di tutti gli
tecnica e sensibilità, tutti ingredienti a cui ogni bonsai‐ appassionati di bonsai. Ci sono state discussioni su
sta dovrebbe mirare lungo il suo percorso. La de‐ quale sia il tavolino più adatto, il miglior kakejiiku, la
mo/workshop è stato davvero interessante per il scelta tra diversi shitakusa, il giusto equilibrio tra il
pubblico, il Sensei Fukita ha spiegato il suo intento e vuoto e il pieno all'interno della esposizione. Sì, a mio
ha dato una lezione di teoria sul dramma (Shibishiza). parere, l'arte della esposizione nel tokonoma è davve‐
Il proprietario del bonsai intanto lavorava con la filatu‐ ro una sfida.
ra e lavori sul legno: Jin e Shari. Una volta che il lavo‐ Il Festival ha chiuso le sue porte per questa
ro tecnico è stato concluso il sensei ha impostato edizione, ma ha aperto molte porte nuove nel cuore
l'albero e di nuovo spiegato la sua visione. Se questo di molti appassionati di bonsai. Non vedo l'ora di
non è una perla ditemi voi cosa è! partecipare alla nuova edizione che si terrà l'anno
Ogni membro del NBKSE poteva esporre il prossimo. Per diventare un membro inviare una e‐
proprio bonsai, che la pianta fosse pronta o meno. mail con il vostro nome e indirizzo alla segreteria del
Naturalmente dovevano essere piante visivamente NBSKE info@sakkakyookai‐e.com, 35 euro per anno
accattivante. E' proprio questo il tipo di supporto di e chiunque può diventare membro.
cui hanno bisogno i nuovi membri ai loro primi passi
nella esposizione. Non vi è nessuna giuria e nessuno è Homepage: http://www.sakkakyookai‐e.com
giudice, ci sono solo scambi di opinione, suggerimenti
per migliorare il bonsai e la presentazione. Non ci so‐ Blog: http://summerbonsaifestival.wordpress.com
no vincitori o perdenti, tutti uguali, uniti dalla la stessa
passione . Facebook: https://www.facebook.com/sakka.kyookai
Al fine di raggiungere i migliori risultati possi‐
bili, 11 membri hanno esposto le proprie composizio‐
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L
a forma del bonsai torna all’osservatore come oscura gli altri, ma passando sopra tutti ci conferma
soggetto efficace, capace cioè di trasformare che ognuno è in grado di possedere i caratteri della
chi la contempla. C’è una reciprocità bellezza. La “summa” dei particolari forma la bellezza
drammatizzata, una tensione in atto che è il totale della pianta.
risultato della forma stessa del bonsai. E’ un evento Il bonsai inteso come opera si evolve da sé e
che ha leggi solo sue. Esclusive. Se il bonsai dal punto nemmeno il bonsaista conosce la sua conclusione. Il
di vista estetico non è concettualizzabile, ciò è dovuto bonsaista decide passo passo gli interventi sulla
al fatto che è affascinante in sé. La tessitura della ra‐ pianta, come compierli e perciò si richiede un potere
mificazione, la trama della corteccia, le venature della percettivo di ricezione della pianta, e non qualità
pianta non sono classificabili, ma è proprio per via soggettive o oggettive di analisi. Il bonsaista deve pos‐
dell’attrazione e del fascino che esercitano con quel sedere una potenzialità percettivo‐estetica che
dato colore e quelle sfumature particolari e irripetibili, coincida totalmente con la ricezione immediata del
che il bonsai è più che sé stesso nel suo grado di bonsai.
bellezza visibile, perché porta la presenza di una Un’accurata analisi estetica delle forme del
perfezione invisibile, impalpabile. bonsai riconfigura tutta la tradizione orientale del
C’è una stretta associazione fra compimento e pensiero estetico senza imprimervi una propria dire‐
limite: la forma, quando si realizza un bonsai, è limi‐ zione, ma lasciando che si realizzino concetti di stili
tazione perché l’idea globale in essa non sarà mai diversi e coesistenti. E’ questa la questione degli stili
completa. Dagli esemplari dei grandi maestri possia‐ che sta subendo un processo evolutivo e che trova nel
mo evincere come, a distanza di tanti anni, molti di bonsaismo italiano particolare sensibilità ed attenzio‐
questi sono stati ristrutturati e stravolti esteticamente. ne. Stiamo parlando del bonsai d’avanguardia.
Se si osserva profondamente un bonsai è co‐ Un bonsai viene selezionato dal tempo, sotto‐
me se ogni forma contemplata ci facesse dimenticare posto alla capacità di giudizio e custodito come valore
la precedente, ma tutte nella loro successione storico di memoria artistica.
confermano la presenza costante della bellezza di E’ IL TEMPO CHE RACCHIUDE LO SPIRITO DI UN BONSAI.
ogni pianta. E’ come guardare con una lente di Partendo dall’analisi dell’osservazione e della
ingrandimento che mentre ingrandisce un particolare, contemplazione di un bonsai attraverso la percezione
della sua forma, si evince che se non certa verve e con compiaciuta mae‐
si dà contemplazione senza perce‐ stria.
zione è anche vero che la percezio‐ E’ vero che qua e là si incontrano
ne è naturalmente modellata sulla spesso ottimi bonsaisti e validi di‐
contemplazione della pianta. Non si mostratori che forse meriterebbero
percepisce dunque se non per attra‐ altri destini. Ma l’arte è un’altra co‐
zione dell’attenzione, per passione, sa, è qualcosa che esprime una
per potere apprendere la struttura sensibilità più raffinata, un’intuizio‐
della forma. ne che va oltre il confine della realtà
L’estetica quindi può ristabi‐ e che sopravviverà come un valore
lire con un maggiore realismo che spirituale eterno; vuol dire riempire
cosa accade quando percepiamo. di contenuto un vuoto, dare un
Una volta stabilito l’elemento tra‐ senso al senso di vuoto. In altre
scendente nella percezione del parole è la visione di un bonsai nel
bonsai, una considerazione ontolo‐ quale convivono contaminazioni
gica della bellezza diventa possibile culturali e spiritualità universali.
con gli elementi che costituiscono i Queste contaminazioni pos‐
punti focali o di “interesse”. Questa sono provenire dall’anima autentica
proceduralità è il nocciolo dell’este‐ di una terra mitica come per
tica del bonsai e il suo disordine es‐ esempio la Sicilia … o come qua‐
senziale ne fa un puro prodotto lunque altro posto del mondo. Per
dell’arte. sentieri di montagna, campagne as‐
Il bonsai è diventato un oggetto di solate e fresche battigie, il bonsaista
culto. si incammina inconsapevolmente
E’ identificato e classificato alla ricerca delle proprie radici.
in quella nicchia che raccoglie ogni Quando affermo che ad ispirare il
cosa sia definibile con il termine bonsai ad un siciliano non è la Sici‐
cult. Un totem su cui si proiettano lia, ma la sua natura di uomo, e che
immagini che intrecciano passato e il resto semmai è solo l’effetto di una
futuro. Un oggetto di culto diventa causa, dico una cosa vera.
quanto più importante quanti più Un siciliano o un abitante di
sono i suoi seguaci e quanto più so‐ qualsiasi altra terra può fuggire
no fedeli. lontano dalla propria terra d’origine
Il bonsai ha dato vita ad uno ma, ovunque si trovi, non riuscirà
di quei fenomeni definiti “comunità mai abbastanza a fuggire da sé stes‐
immaginate” in cui i membri spesso so e dal proprio modo di fare
non si conoscono, non si frequenta‐ bonsai.
no per forza, ma sentono di Desidero ora inserire un concetto:
appartenere, in questo caso, ad una l’austerità, che nel caso del bonsai
comunità di pratiche ma anche ad ha una doppia connotazione che
una filosofia comune. Un credo coinvolge sia l’estetica che il bonsai‐
anche un po’ snob, che gode sta. L’austerità, nel bonsaista, ri‐
nell’essere minoranza e se ne privi‐ guarda l’individuo che vive
legia. Come ogni vera fede ha biso‐ concretamente la propria esistenza
gno di seguaci convinti, costanti e quotidiana nonché la sua condotta
praticanti. Un totem sì, un totem se etica.
lo vogliamo intendere nell’accezio‐ Il bonsaista si caratterizza
ne del termine. per questo profondo incrocio fra la
Un vero, grande bonsaista (e sfera etica e quella estetica: non
in Italia, buon per tutti, qualcuno insegna l’ethos né attraverso impe‐
c’è!) deve essere un protagonista rativi morali astratti o formali, né
indiscusso del panorama bonsaisti‐ allenando la facoltà di giudizio e di
co. Dico “vero” perché oggi il termi‐ analisi della Natura mediante
ne ha subito un grave processo di l’esercizio artistico che si direziona
inquinamento, una deriva inquie‐ verso l’armonia con la natura stessa
tante e licenziosa. o addirittura nella sua idea più alta
Se autori dei capolavori che coinvolge i maestri orientali, fi‐
bonsai sono i grandi artisti, non si nisce per esserne assorbito. Per
capisce come e perché sia invalsa quanto riguarda l’estetica, il rigore
l’abitudine a considerare come significa essenzialità, semplicità.
espressione dell’arte bonsai qualsiasi
pianta venga impostata con una © RIPRODUZIONE RISERVATA
A
vevo già acquistato questo corpo vero e proprio del lavoro che
lavoro editoriale del Mae‐ è diviso nei dodici mesi dell’anno.
stro Kobayashi nella sua Ogni mese comprende le foto ed
versione originale in lingua una brevissima descrizione di una
inglese, edito da PIE International varietà di pianta. L’Autore scrive che
Inc. di Tokyo. Da buon bibliofilo ho “sono circa 120 le varietà di alberi
poi acquistato l’edizione italiana, usate nella creazione di bonsai,
stampata sempre in Cina dove, con qualcuna in più se si includono le
buona grazia, i costi di stampa sono varietà orticole e i cultivar”. Il titolo
concorrenziali, distribuita da L’Ippo‐ di ogni mese è allietato dai versi di
campo di Milano. un haiku. Alle lingue straniere delle
Nella IV di copertina, il no‐ varie edizioni si affiancano gli ideo‐
me di Kobayashi è insolitamente grammi giapponesi che dal punto di
affiancato da quello di Kazuhiko Ta‐ vista estetico fa sempre piacere
jima che è Art Director di questo li‐ apprezzare.
bro. Il Maestro ha potuto contare su E’ questo un libro che va
uno staff professionale che ha pre‐ tenuto assieme ad altri di ogni buon
sentato un lavoro editoriale molto bonsaista soprattutto per il nume
gradevole e molto curato. Il prezzo illustre del suo Autore. Dal punto di
BONSAI
di copertina rientra in una media ra‐ vista informativo le schede botani‐
gionevolmente accettabile. che sono molto sintetiche e credo KUNIO KOBAYASHI
La cooperazione con una non aggiungano molto alle nostre
serie di musei giapponesi ne valo‐ conoscenze.
rizza la ricerca fotografica. Ma l’Autore si chiama pur
Il libro si apre con una bre‐ sempre Kobayashi.
EDIZIONI IPPOCAMPO
vissima storia del bonsai, cui segue
una pagine interessante titolata € 29,90
"Contemplazione". Entriamo poi nel © RIPRODUZIONE RISERVATA
DI ALESSANDRO VALFRE'

I
l ficus: un'essenza che può dire poco se impostata, co‐ mero 3. Per maggior chiarezza ho numerato tutti i rami che
me spesso si vede, secondo canoni che non le hanno avuto un ruolo nella successiva impostazione: il nu‐
appartengono (vale a dire, ricalcando stili fatti per le mero contrassegnante ogni ramo è riportato vicino all'apice
conifere) ma che può dare risultati interessanti se del ramo stesso. Il ramo 1 ed il ramo 12 erano ancora molto
vengono valorizzati i suoi punti di forza. esili e flessibili e si prestavano a qualunque posizionamento.
Nel seguito descrivo la mia personale esperienza di Il ramo 2 era già invece discretamente rigido e aveva alcuni
realizzazione di un bonsai di ficus retusa partendo da una rametti secondari nella parte bassa (numeri 4, 5 e 6). I rami
piantina di poche foglie. Un'esperienza in gran parte da au‐ 7, 10 e 13 erano pure già discretamente sviluppati.
todidatta, fatta secondo il principio dell'osservazione, del La piantina, essendo ancora giovane, si prestava
tentativo e dell'errore corretto, che spero possa costituire ovviamente ad interpretazioni diversissime: dallo stile ban‐
magari per qualcuno una piccola fonte di ispirazione. jan al moyogi al bonsai su roccia, solo per citarne alcuni,
escludendo evidentemente le impostazio‐
GLI INIZI E LA PRIMA IMPOSTAZIONE. Tutto "Alla fine, ispi‐ ni non adatte ai ficus, quale, per esempio,
ebbe inizio .. non ricordo nemmeno più
quando, comunque, all'incirca nel
randomi anche al lo stile a cascata. Come esempi cui ispi‐
rarmi avevo in mente i grandi ficus ma‐
2001/2002, dopo la potatura primaverile famoso e magni‐ gnoloides dalla imponente chioma
del mio bonsai di ficus retusa (all'epoca il
mio unico bonsai, che accudivo da circa
fico esemplare di uniforme e a cupola, in particolare quelli
dei giardini palermitani , che conoscevo
10/12 anni), mi domandai: "con tutti que‐ Ficus Benjamin da fotografie e che ho avuto poi modo di
sti rametti, perché non provare a fare una
talea?" Detto,fatto. Presi uno dei rametti
custodito presso ammirare dal vivo nell'estate 2011.
Era mio desiderio riprodurre un
più regolari e lo misi, molto semplice‐ il Crespi Bonsai albero di quel tipo, ricco di intricate radici
mente, in un piccolo recipiente riempito
di acqua di rubinetto. Il rametto produsse
Museum, optai aeree, che sostenessero come colonne
grandi rami serpeggianti, che avrebbero
radici con vigore, radici sanissime, per uno stile a dovuto dipanarsi in tutte le direzioni.
bianche e turgide. Quando le radici
ebbero raggiunto all'incirca una spanna di
tre tronchi" D'altro canto, volevo cercare anche di
imprimere un qualche movimento e ritmo
lunghezza, lo piantai in un vasetto con comune terriccio per alla chioma, senza limitarmi a farla sviluppare come una
piante ornamentali. semplice cupola. Alla fine, ispirandomi anche al famoso e
Non avevo in mente uno specifico progetto e se‐ magnifico esemplare di ficus benjamin custodito presso il
guirono alcuni anni di pura coltivazione senza alcun Crespi Bonsai Museum, optai per uno stile a tre tronchi.
intervento bonsaistico. La prima impostazione può essere sinteticamente descritta
Arriviamo quindi alla primavera 2006, quando la come segue, con riferimento al disegno di figura 2:
piantina aveva raggiunto l'altezza di circa tre spanne e aveva • Rinvaso in un vaso di coccio di dimensioni maggio‐
l'aspetto che ho personalmente riprodotto in figura 1 ri del precedente. La vecchia zolla è stata in gran parte
(purtroppo, non ho foto risalenti a quel periodo). Il tronco mantenuta e, nel posizionarla nel nuovo vaso, è stata girata
principale aveva un diametro, alla base, di circa 1cm e se‐ di quasi 90° così che il tronco, prima verticale, andasse ad
guiva la linea che conduce all'apice, contrassegnato col nu‐ assumere una giacitura sub orizzontale.
• I rami 1 e 2 sono stati scelti come sinistra dando equilibrio all'insieme.
futuri tronchi, per costituire lo stile a
tre tronchi insieme a quello che già TRA IL DIRE ED IL FARE C'È DI MEZZO IL
era il tronco principale e sono stati MARE! Il ficus ha una spiccatissima
incurvati e posizionati col filo. tendenza ad incurvare i rami verso
• Il tronco principale ha subito una l'alto, alla ricerca della luce. Avevo
sostituzione dell'apice: l'apice 3 è di‐ forte difficoltà a mantenere la posizio‐
venuto un ramo, mentre il rametto 9 è ne dei palchi in quanto questi, anche
stato posizionato come nuovo apice. dopo ripetute applicazioni di filo e ti‐
• Gli altri rami sono stati piegati, so‐ ranti, tendevano poi sempre ad assu‐
prattutto con l'ausilio di tiranti, fissati mere inverosimili forme arcuate,
ad un filo di ferro girato e chiuso protendendosi verso l'alto. L'applica‐
attorno al vaso: zione successiva di filo e tiranti non
‐ Il rametto 12 è stato posizionato co‐ era sufficiente a stabilizzare nel tempo
me una piccola branca frontale. e rendere definitiva la giacitura voluta.
‐ 11 e 13 sono stati posizionati come Inoltre, occorreva incentivare la cre‐
rami posteriori. scita delle radici aeree, che diffi‐
‐ 7 e 10 sono stati abbassati al fine di cilmente riescono a svilupparsi
creare una grande massa fogliare in autonomamente se non si ha a dispo‐
basso a sinistra, visivamente separata sizione una serra che permetta di
dal resto della chioma. Il ramo 10 è mantenere un alto livello di umidità
stato anche spostato un po' all'indietro, nell'ambiente.
per dare maggior profondità. Negli anni successivi alla pri‐
‐ Il ramo 8 è stato posizionato come ma impostazione, oltre a procedere a
un palco intermedio. successivi rinvasi in vasi (sempre di
L'effetto finale vuole essere coccio) via via più grossi, per velo‐
quello di un grande albero cresciuto cizzare lo sviluppo delle branche ed
sulle placide rive di un lago e che ingrandirne velocemente il diametro,
quindi, crescendo, si è proteso col ho risolto entrambi i problemi di cui
tronco e coi rami verso l'acqua, alla ri‐ sopra con le lavorazioni illustrate in fi‐
cerca della luce. Il tronco, piegandosi gura 3 e che vado di seguito a descri‐
e incurvandosi per il suo stesso peso, vere.
ha lasciato degli spazi vuoti, colmati Anno 2007 circa: i rami
dai tronchi 1 e 2. Lo sviluppo succes‐ incurvati sono stati abbassati mediante
sivo di radici colonnari avrebbe dovu‐ la tecnica dell'asportazione di una
to controbilanciare il movimento verso fettina di legno. Ciò ha permesso di
1. Il ficus retusa nell’aprile 2006, pro‐ interrompere la continuità delle fibre ringa attraverso la fasciatura di nylon.
nto per la prima impostazione. ‐ 2. (più di quanto non si riesca a fare con Anno 2010: quando le radici
Schema della prima impostazione. ‐ 3. la torsione dei rami) e di far sviluppare sono state sufficientemente lunghe, le
Schema della tecnica usata per abbas‐ piccoli calli legnosi, con l'effetto di fasciature di nylon sono state aperte e
sare i rami e far crescere le radici immobilizzare finalmente il ramo nella le radici sono state distese delicata‐
aeree. ‐ 4. Futura tecnica di
posizione voluta. I rami sono stati nuo‐ mente fino a raggiungere il terreno
costruzione di ulteriori radici aeree
mediante talea, innesto per vamente filati e/o tirantati. sottostante. Quando la loro lunghezza
approssimazione e successiva Anno 2008 circa: a cicatrizza‐ non era ancora sufficiente a toccare il
asportazione dell’apice. zione completamente avvenuta, dopo terreno, il livello di quest'ultimo è stato
la rimozione del filo, il ramo è stato temporaneamente innalzato
avvolto in nylon riempito di terriccio riempiendo di terra dei cilindretti co‐
per piante ornamentali. Terriccio è struiti artigianalmente con ritagli di una
stato applicato anche sul tronco. Que‐ comune rete a maglia fine, reperibile
sto allo scopo di incentivare lo svi‐ in qualunque centro per bricolage. Il
luppo di radici, che sarebbero poi tratto di radice aerea appena esposto
diventate radici aeree, applicando, di all'aria rischiava comunque di subire
fatto, la tecnica della margotta ma un forte shock, che avrebbe rischiato
senza poi staccare i rami dalla pianta di comprometterne lo sviluppo e, nei
madre. Per favorire lo sviluppo delle casi peggiori, anche di farlo seccare.
radici è bene mantenere il terriccio vi‐ Per scongiurare tale eventualità
cino a tronco e rami il più possibile occorre intervenire con frequenti ne‐
umido e ridurre le irrigazioni nel pane bulizzazioni e mantenere una parziale
di terra sottostante. Personalmente, copertura con sfagno (in alternativa, si
mantenevo l'umidità delle margotte può anche applicare un bendaggio di
iniettando acqua con una comune si‐ cotone idrofilo da mantenersi umido,
tecnica che ho pure personalmente speri‐
mentato e che ha avuto una discreta effica‐
cia, seppur non tanto quanto l'applicazione
dello sfagno) fino a che la radice non appaia
sufficientemente lignificata.
Nel corso dell'anno 2010 è stato
anche possibile rinvasare finalmente l'albero
in un vaso bonsai, procedendo ad una forte
riduzione dell'apparato radicale. Questa
volta il substrato è stato in gran parte rinno‐
vato e sostituito con una miscela di materia‐
le drenante, akadama (prevalenti nella parte
inferiore del vaso) e terriccio per piante
ornamentali (prevalentemente in superficie).
Successivamente si sono progressi‐
vamente rimosse le varie retine di terriccio
di supporto per le radici aeree arrivando fino
ad oggi!

COSA ANCORA PER IL FUTURO? Beh, resta anco‐


ra tantissimo lavoro da fare. D'altro canto,
questa è la via del bonsai: il lavoro non fini‐
sce mai e la soddisfazione sta nel cammino
che si fa insieme all'albero!
Occorre che i tronchi acquisiscano
maggior spessore e soprattutto bisogna far
inspessire le radici aeree, ancora troppo esili
per avere l'aspetto di vere e proprie colonne.
Inoltre, occorre procedere col mochicomi
per migliorare l'effetto di miniaturizzazione
delle foglie, ancora molto carente in alcuni
punti.
Oltre a ciò, la base del tronco pre‐
sentava alcuni antiestetici calli radicali che si
è reso necessario mascherare e nascondere
con l'ausilio di una pietra, sulla quale ho fis‐
sato, con rafia, alcune radici. Anche queste
ultime radici hanno bisogno di tempo per
inspessirsi e abbracciare la pietra diventando
tutt'uno con essa.
Per velocizzare le fasi di cui sopra,
intendo riposizionare per un paio d'anni il
bonsai in un vaso di crescita, anche per dare
maggior vigoria ai rami bassi, che lascerò li‐
beri di crescere con alcuni rami di sacrificio,
mentre sulle cime continuerò a praticare il
mochicomi, per contrastare la dominanza
apicale.
Intendo poi riempire ancora
qualche vuoto con alcune nuove radici ae‐
ree; questa volta, avendo bisogno che esse si 5. Dicembre 2012, fronte del bonsai.‐ 6.
sviluppino in punti predeterminati, ho Particolare delle radici aeree. In basso si
intenzione di fare delle talee (usando rametti vedono ancora alcune retine posizionate
per facilitarne l’attecchimento, che
potati) da far crescere laddove voglio che ci
saranno definitivamente rimosse nella
sia una radice aerea e da far unire ai rami primavera 2013 ‐ 7, 8. Viste laterali
soprastanti mediante innesti per approssi‐
mazione.
Un caloroso grazie a chi avrà avuto
la bontà di arrivare fino alla fine dell'articolo!
Spero di aver dato qualche spunto interes‐
sante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
PROPRIETARIO ESEMPLARE: DOMENICO SANTORIELLO
I
1. Febbraio 2005, il fronte dell‐ l Ginepro Fenicio rappresenta per avviarli alla via del bonsai, non possia‐
'albero nella precedente impos‐ attualmente in Italia una delle più mo non citare i vari appassionati della
tazione del proprietario. ‐ 2. Il importanti cupressace a squama di Campania; in questa regione esistono,
nuovo fronte da me
interesse bonsaistico, presente in ma‐ infatti, grandi popolazioni spontanee sulle
considerato ‐ 3. Particolare
della legna seccai ‐ 4. Dopo niera naturale sul territorio nazionale e in coste e nell'entroterra più prossimo al mare.
aver deciso di piegare il tutto il bacino del Mediterraneo, tanto da Il ginepro che vi vado a presentare
ramo‐tronco si iniziano le diventare in pochi anni, da essenza quasi è uno di questi pionieri, raccolto nel 1996
operazioni di scavo della totalmente sconosciuta ai più, una della più nell'entroterra cilentano dal sig. Domenico
porzione secca interna alla richieste ed apprezzate sul mercato. Tra i Santoriello, amico e socio dell'Arbores
curva del ramo da piegare primi in assoluto a raccogliere dei materiali Bonsai Club da sempre.
6

10
L'amico Domenico mi consegnò questo fe‐
nicio presso il mio giardino‐laboratorio nel febbraio
2005, dopo che gli espressi il mio parere sull'impo‐
stazione da lui data a quest'albero tempo prima. In
quell'occasione gli confermai il fatto che l'albero era
da ridisegnare in quanto in una prima impostazione
egli scelse un fronte che, se pur accattivante per
movimento e composizione d'insieme, non
permetteva la visione della vena viva che correva
magnificamente sul tronco, all'epoca sul retro,
completamente nascosta alla vista.
Ricordo che erano i primi anni in cui mi
avviavo a fare del bonsai la mia professione e questo
fu uno dei primi lavori su commissione che presi; ri‐
cordo che allora ero combattuto tra l'emozione e la
responsabilità di mettere mano ad una pianta di un
ottimo livello, e il cercare di accontentare al meglio
il committente senza intervenire in maniera pesante
da mettere a repentaglio la vita della pianta stessa.
Domenico, acconsentendo al mio progetto,
mi lasciò mano libera nella reinterpretazione di
questo bonsai e così non ebbi che da mettermi al
lavoro in quel febbraio stesso.
La prima operazione fu quella di scegliere
un nuovo fronte, scelta che cadde sull'angolo sinistro
dell'allora retro. Nello scegliere questo fronte,
immediatamente mi resi conto che una tale chioma
ora non aveva senso, per di più copriva una buona
parte della bellissima legna secca presente. E fu in
quel momento che decisi che per quest'albero biso‐
gnava "cambiare vento"!
5. scavando scavando… si elimina la parte secca lasciando
intatta la parte viva ‐ 6. Dopo l’applicazione della raphya ‐
7. Si applica il filo di rame e si procede alla piega ‐ 8. Una
visione d’insieme ‐ 9. Qualche giorno dopo la piega, prim‐
a della gelata ‐ 10. Ecco l’aspetto della pianta a marzo
2006 dopo aver eliminato il ramo‐tronco piegato ormai
inesorabilmente seccato ‐ 11. Marzo 2006 la forza del
ramo rimasto dopo solo un anno ‐ 12. Una prima veloce
impostazione ‐ 13. Una visione d’insieme… davvero una
magra consolazione allora! ‐ 14. Settembre 2006
incredibile esplosione, la desolazione si trasforma in gioia,
e si ricomincia a progettare ‐ 15. Settembre 2006 si inizia
a leggere già un progetto d’insieme ‐ 16, 18. Momenti
durante una dimostrazione alla mostra della Giareda
settembre 2006

L'idea iniziale era quella di schiantare


il ramo‐tronco in basso a sinistra in modo da
creare una chioma discendente sotto il secco,
più dinamica e accattivante, pertanto fessu‐
rando, svuotando e coprendo con raphia la
porzione di tronco da piegare.
La piega e tutto il lavoro preparatorio
non presentarono grosse difficoltà e tutto andò
bene. Purtroppo, come non tutte le ciambelle
riescono col buco, anche in questo caso la
piega fallì a causa di una forte gelata avuta in
quel febbraio 2005, il ramo‐tronco seccò!
Sono sincero, la presi male! Fortu‐
natamente lasciai un altro ramo prima della
curva, dal quale sarei potuto ripartire per rico‐
struire la chioma, ma in ogni caso con tempi
20. Inizia il lavoro di rifinitur ‐ 21.Tirata a lucido
‐ 22. Particolare del secco e della vena viva ‐
23. Presentato al congresso UBI di Arco 2008

più lunghi per la formazione. Mi dovetti ri‐ manifestazioni nazionali, Crespi coup, UBI
credere! In poco tempo e nello stesso anno 2008, trofeo Arbores, Valle d'Itria Bonsai ed
la pianta reagì violentemente regalando una altre, riscuotendo sempre grandi apprezza‐
vegetazione abbondante e vigorosa, infatti menti. L'ultima apparizione pubblica di
nel settembre 2005 direzionai già la vegeta‐ questa pianta risale al giugno 2011 durante
zione in laboratorio, facendo seguire nella il trofeo Arbores.
primavera del 2006 una prima impostazio‐ Questa pianta rappresenta un
ne e sistemazione del secco in demo alla esempio di come nel bonsai da un inci‐
mostra delle Giareda a Reggio Emilia. dente di percorso si possa ricominciare e ri‐
L'anno seguente, nel 2007, fu costruire una storia tutta nuova e magari
cambiato anche il vaso, con un contenitore anche più interessante.
dalle linee più eleganti e morbide. Nel 2008
questo ginepro ha poi partecipato a diverse © RIPRODUZIONE RISERVATA
di MAURO STEMBERGER
2
1, 2, 3. Il pino al momento dell'acquisto

E
ra il 2006 quando ebbi colpì subito per le sue caratteristiche
l'opportunità di acquistare da peculiari quasi più simili ad un gine‐
un raccoglitore questo interes‐ pro, intendo dire le torsioni del
santissimo araki di pino Silve‐ tronco che creavano moltissime curve
stre raccolto l'anno precedente in interessanti dalla base fino all'apice.
Francia. La pianta che aveva superato Inoltre questi pini, provenienti da una
in modo ottimale lo stress da raccolta specifica zona nell'altipiano al centro
mostrava già segni di ottimo vigore della Francia, presentano una
con gemme apicali forti ed inoltre corteccia molto rugosa e dal colore
gemme arretrate che a seguito della grigiastro ed un colore verde/azzurro
potatura di contenimento si stavano degli aghi, molto diversi dai loro cu‐
sviluppando nella ramificazione che gini italiani che hanno corteccia e co‐
ora aveva luce ed aria. Il materiale mi lore degli aghi più scuro.
L'anno seguente in primavera, informatiche, creare dei piccoli pro‐
viste le ottimali condizioni in cui si tro‐ getti in modo da poter valutare le di‐
vava il materiale, era auspicabile una verse opzioni che il materiale ci
prima lavorazione in modo da propone. In questo caso, analizzando
compattare i lunghi rami (queste un cambio di angolazione della pianta,
piante, che in natura crescono in un sono emersi due interessanti progetti
terreno composto prevalentemente da da sviluppare nel tempo.
creta, quindi povera di sostanze nutri‐ L'importante, quindi, come
tive, sviluppano una crescita cosiddetta primo passo è stato riportare i lunghi
"a fungo", coprendosi interamente rami vicini al tronco in modo che nel
dai rami e strisciando nel terreno in futuro, lavorando con la ramificazione
modo da diminuire il più possibile la secondaria e terziaria, si potesse fa‐
4. Si studia la nuova inclinazione al mome‐ traspirazione dell'umidità dal terreno cilmente ricostruire la chioma del no‐
nto della prima lavorazione ‐ 5, 6. Le due circostante nel periodo estivo ). stro bonsai. L'utilizzo della raphia
possibilità ipotizzate al computer sullo A volte può essere interes‐ naturale in questi casi è il metodo che
sviluppo futuro del bonsai sante, utilizzando le tecnologie prediligo in quanto, durante la fase di

7. Il corretto posizionamento della raphia


naturale e l’avvolgimento dei rami pronti
per essere piegati ‐ 8. La pianta dopo
l’intervento per compattare la
ramificazione, Autunno 2007 ‐ 9.
Autunno 2008, si esegue una stilizzazion‐
e approfondita di tutta la vegetazione che
nel frattempo si è molto sviluppata ‐ 10.
Le particolarità del tronco contorto vengo‐
no messe completamente in evidenza ‐
11. La pianta al termine del secondo step
Autunno 2008 ‐ 12. In dettaglio un palco
impostato e visto dal basso ‐ 13. Autunno
5 2009
piegatura, quando il ramo è sottoposto a notevole stress e
tensione, la raphia bagnata ne aiuta la flessibilità e nella fase
di post‐piega mantiene protetto il ramo dalla disidratazione
che potrebbe essere causata dalle micro‐rotture della
corteccia che naturalmente si creano durante operazioni così
delicate.
Nell'autunno del 2008, dopo che la pianta aveva
abbondantemente vegetato per due stagioni vegetative, era
giunto finalmente il momento di lavorare sulla struttura fine
della ramificazione e poter finalmente mettere in risalto tutto
il movimento del tronco che fino a quel momento era stato
parzialmente nascosto dalla vegetazione. Ogni singolo ra‐
metto viene accuratamente legato e messo in posizione, in
modo da creare palchi fogliari ordinati e che nel complesso
creino quel disegno formato da vuoti e pieni che saranno
come una cornice per il movimento plastico della pianta.
Un dettaglio ravvicinato di un palco completamente
legato e messo in posizione corretta. La ramificazione se‐
condaria si apre quasi a formare una mano, mentre i piccoli
germogli della ramificazione terziaria vengono alzati in modo
da ricevere la luce in modo corretto e così da dare tridi‐
mensionalità e spessore all'impalco stesso.
La pianta vista nell'autunno del 2009, dopo un ulte‐
riore step di rifinitura e nella primavera dell'anno seguente,
esprime appieno le po‐
tenzialità di questo
bonsai.
E' quasi di‐
vertente pensare che io
sia sempre attratto da
questi tronchi brutti‐rotti‐
contorti nella mia ricerca
della pianta dei miei so‐
gni e così per il mio
occhio, quelle che in
natura sono comune‐
mente considerate ca‐
ratteristiche bizzarre,
diventano invece un
qualcosa di bello da voler
così ostentare nella crea‐
zione bonsaistica

© RIPRODUZIONE RISERVATA
12
DI ETTORE GARDINI

E
ra il 16 agosto 2011... una bella anni fa: quella sera, Claudio Villa si presentò
giornata baciata dal sole, l'aria al Club Bonsai di Forlì con le sue prime
frizzante e cinque persone cariche pietre d'arte. L’interesse esplose immediata‐
di speranza: Franco, Virna, Attilio, mente e come una malattia epidemica
Guerrina ed io, con zaini ed i piccoli picco‐ infettò in maniera gravissima Cusercoli, un
ni nella mano destra, ci accingevamo paesino presso le colline romagnole nella
all'ennesima ricerca del tesoro, esclamando, valle del Bidente.
come antico grido di battaglia: “Al lago! Al L’epicentro della pandemia venne
lago!”. localizzato all’interno del KON‐DO‐MING
Tutto era cominciato circa quindici (kon significa dio della pioggia, do la via
della mano vuota, ming l'illuminazio‐ storia che poi, insieme, abbiamo bonsai da circa tre anni e frequenta il
ne) ovvero “Il Condominio” ove risie‐ scritto. club di Forlì; lì ha visto le nostre pietre
dono Carlo Laghi, Attilio Valdifiori e Torniamo a quel giorno me‐ per la prima volta… ed ecco che il vi‐
Primangelo Pondini. Ho bazzicato morabile, ennesima uscita al lago di rus dormiente si risveglia e ne viene
anch’io per vent'anni la casa dell’Atti‐ Giacopiane, ma con una novità: si infettata. Pure suo marito ne esce
lio e sono rimasto subito contagiato. uniscono a noi la Virna Marchi con febbricitante. Scendiamo dunque le
Questo fu l'inizio della nostra storia e l'inseparabile marito Franco, mio ami‐ rive del lago; Virna e Franco, spaesati
della “Cooperativa Aias Val Bidente”; co d'infanzia. Virna si interessa di tra tutte quelle pietre, non sanno cosa
7

fare o, per meglio dire, fanno troppo! nalmente svelata: “ la Montagna Mi‐ chi veramente possiede un suiseki?
Si affannano su ogni pietra senza ri‐ steriosa " si manifesta in tutta la sua Possederlo è solamente un piccolo
sultati: rovescia ed ancora rovescia, bellezza. La febbre è salita a 42°! Son passo, nella vita di un oggetto che avrà
nulla. Passano due ore. disposto a tutto: offro una cifra alla altri padroni, altre storie. E poi, chi è
Attilio ed io offriamo alla Virna… (me ne vergogno ancora, ma l’artista: la Natura che l’ha formata?
Virna, in dono, alcune pietre trovate; non troppo!) che lei, ancora Chi l’ha trovata? Chi ha costruito il suo
ma Virna, gentilmente ma ferma‐ “gentilmente ma fermamente”, rifiuta. daiza? Questa, comunque, non è una
mente, le rifiuta: “No! Le voglio con le Si torna a casa e il KON‐DO‐ storia comune ad ogni pietra degna di
punte, cerco una montagna”. MING comincia a interagire con la divenire in futuro un suiseki; questa, è
Sconcertato, continuo a seguirla con lo pietra. Claudio Villa, Primangelo la storia del ritrovamento di una bella
sguardo, sino a che, all'improvviso si Pondini, Carlo Laghi, Attilio Valdifiori pietra e della sua evoluzione a Suiseki
china e mi chiama: “Una puntina!” mi ed Ettore Gardini dicono la loro circa attraverso la condivisione di un
dice. Mi chino anch'io: sarà due centi‐ la scelta del fronte, Franco dice la sua. gruppo; e condividere il godimento di
metri, quel piccolo triangolino di pa‐ Passiamo diverse giornate a un oggetto naturale… questo dovrebbe
lombino che affiora dalla terra. casa di uno, a casa dell’altro in discus‐ essere il fine, non il solo possesso."
Cominciamo a scavare… mi fermo un sioni, scelte di posizione e calcoli; poi ma torniamo alla Storia... (foto
attimo: il tempo di scattare una foto si decide per un fronte. La pietra passa 7‐10) Attilio Valdifiori ha procurato
alla montagnina che sta emergendo ed dalle mani di Franco e Virna a quelle l’asse di mogano per il daiza, mentre la
alla Virna. Il mio cuore sobbalza (foto di Primangelo per una sommaria puli‐ sua costruzione, nonché la supervisio‐
3), mentre invece lei si alza demora‐ tura e poi a quelle di Claudio per la ne & costruzione del tavolino, è affi‐
lizzata: “La montagna è attaccata ad pulizia di fino. Nel mentre, procede il data a Carlo Laghi. Coordina il tutto
altra pietra” dice “è troppo grande, la‐ confronto su daiza e tavolino finché Ettore Gardini e non è da dimenticare
scia stare”. Io però insisto. Lei, per tre Carlo Laghi prende il comando ed i la‐ la caparbietà di Virna in tutta la vi‐
volte si rialza sfiduciata e per tre volte vori di intaglio hanno inizio (foto 4, 5, cenda.
la esorto: “Aspetta, aspetta”. 6). Son passati due anni di
Siamo invasati da sacro furore LUCIANA: "Bella storia davvero! Ricordo incontri e belle serate tra i componenti
mentre continuiamo a scavare e la bra‐ una discussione scambiata alcuni anni del condominio (foto 11): ora la pietra
mosia che riluce nei nostri occhi si fa or sono, proprio circa la paternità su di ha il suo daiza ed il suo tavolino e
sempre più forte: Attilio, Franco e una pietra e di quanta importanza Virna ringrazia tutti gli amici citati, per
Guerrina si avvicinano alla pietra fi‐ possa avere chi la sta possedendo. Ma la collaborazione e la passione che li
ha uniti, permettendo la realizzazio‐ suo percorso verso il meritato
ne di questo sogno. Solamente la appellativo di “Meiseki” e tale è di
scelta del fronte ha avuto sorti già per Virna… Virna che, come ha
alterne praticamente sino al giorno spiritosamente ricordato il Giudice
del Concorso ed in quel di Pescia, Jesus Quintas premiando il di lei pri‐
sono gli amici dell’associazione che, mo e per ora unico suiseki, avrà vita
concordi, ne han deciso la scelta. dura nel mettere insieme una colle‐
La "Montagna Misteriosa" zione che ne sia all’altezza.
ha conquistato il titolo di “Trofeo
A.I.A.S. 2013” (foto 12) iniziando il
Il fronte
in una pietra paesaggio

N
el caso della “Montagna zione del Congresso… (foto 13, 14) ricompensato dal gradimento del Giu‐
Misteriosa” c’era ancora tanto che, inizialmente, venne posi‐ dice e dei presenti tutti. In effetti, se
qualche incertezza, nel zionata ponendo come fronte quello guardiamo la pietra dall’alto (foto
gruppo, appena prima che che diventò poi, definitivamente, il re‐ 17)… un fronte corretto dovrebbe
si “aprisse il sipario” sulla Manifesta‐ tro. Fronte alfine scelto (foto 15, 16) e abbracciare lo spettatore e non re‐
spingerlo; in effetti, una ampia curva “Le cime delle montagne non mezzo della curva convessa, potrebbe
concava prende oltre la metà della dovrebbero essere allineate. Tutte le creare, se posta sul retro, sì! certa‐
pietra sulla parte in alto, mentre una cime dovrebbero essere diseguali in mente la profondità della terza di‐
complessiva curva convessa disegna altezza e forma e tutte dovrebbero es‐ mensione…
una schiena lungo il lato inferiore. sere più basse della cima principale e Ma… (foto 18) dovrebbe essere ormai
Anche in alto verso sinistra, però (così collocate lungo il lato frontale o poste‐ risaputo… (foto 19) che se il materiale
come in basso al centro), abbiamo una riore; le posteriori più dolci e smus‐ che compone la pietra ha assunto, du‐
contro‐curva: perimetro della cospicua sate mentre, i picchi frontali, rante la sua formazione, una inclina‐
massa di uno dei due massicci princi‐ dovrebbero avere insenature più zione diagonale, questa ora ci impone
pali che caratterizzano il paesaggio. profonde e superficie più ruvida. di indirizzare le linee che attraversano
Sulla parte sinistra del lato in basso, Valli relativamente poco profonde, in la pietra ad inclinarsi verso lo spettato‐
poi, i due “promontori” creano una maniera da permettere che lo sguardo re e non a “cadere all’indietro” perché
baia, anche se più aperta… con questi scorra da un picco ad un altro senza in tal caso creerebbero senso di dise‐
presupposti così tra loro “conflittuali”, fatica.” quilibrio e precarietà.
appare naturale che la scelta sia stata Ancora, se continui a sfogliare E’ l’inclinazione delle linee e
così sofferta. il Covello, trovi che: “Idealmente, le della forma complessiva che ha de‐
Sul caro, vecchio Covello ‐ inclinazioni del lato frontale saranno terminato la scelta del suo posiziona‐
Yoshimura, abbiamo imparato che: differenti rispetto al lato posteriore.” mento.Ma non sempre la scelta del
”L’Equilibrio è un elemento essenziale Nel senso che, come per il bonsai e fronte valuta a sufficienza dove la pie‐
per la bellezza di un Suiseki. Per giudi‐ come ricordato più sopra, il fronte do‐ tra va e se tende otticamente a cadere
care la validità di un suiseki, esamina vrebbe presentarsi aperto verso l’os‐ all’indietro. A volte, si tiene poco in
la pietra dai sei lati e cerca l’asimme‐ servatore ed avvolgente, mentre sul conto la tridimensionalità (profondità
tria, l’originalità, l’irregolarità e gli ele‐ retro il paesaggio dolcemente scema visuale) del paesaggio sullo sfondo,
menti contrastanti, in armonioso verso l’orizzonte. Ecco che, a questo prediligendo ciò che “sta davanti”: per
Equilibrio; Elementi importanti so‐ punto, quella piccola collina “dolce e spiegarmi meglio, si dà rilevanza ad
prattutto per la scelta del Fronte.” smussata e bassa”, posta proprio nel avere piccole colline che salgono gra‐
datamente sino alla montagna più alta
e massiccia e che, in tal modo, si verrà
a trovare “dietro” sullo sfondo… ma‐
gari con una schiena‐parete a picco;
magari, senza null’altro dietro di lei.
Questo, dimenticando che un suiseki
quasi perfetto e presentato corretta‐
mente, non è una cartolina, ma una
massa tridimensionale che dovrebbe
rispettare la regola del Sanmen non ho
(il Metodo delle tre superfici).
Come ricorda il nostro caro
amico e sensei, Martin Pauli: “Le tre
superfici ( sanmen ) si riferiscono alle
parti: anteriore e posteriore , sinistra e
destra , ed alla parte superiore ed infe‐
riore della pietra. Un equilibrio tra
queste differenti superfici è da consi‐
derarsi basilare, quando visualizziamo
e giudichiamo una pietra. Quando si
osserva una pietra partendo dal punto
di vista di queste tre superfici, ci do‐
vrebbe essere un equilibrio in termini
di massa e di forma. Una pietra note‐
vole è anche quella in cui vi sia
un'armonia nelle dimensioni, spessore
e forma delle tre superfici… In pratica,
le tre superfici dovrebbero mostrare
fondamentalmente una forma rappre‐
sentativa ed un certo grado di unità”.
Così, senz’altro difficile è
stata, da parte di Attilio Valdifiori nel
2012, la scelta del fronte per quella
sua spaziosa, inusuale e preziosa pietra
scenica che ben ha meritato il Trofeo
AIAS dello scorso anno. (foto 20) Nella
scelta del fronte, la preferenza è
andata a favorire l’esaltazione della Questa la visuale del retro. La leggera mentre i loro proprietari possono
spianata, ad ampio respiro, a fronte del inclinazione del massiccio e del suo permettersi di disquisire con
picco solitario. (foto 21) Il picco più apice posto frontalmente, si annulla. Lo indulgenza e pour parler sulle scelte di
alto si trova sulla linea di perimetro del spazio si dilata sui fianchi e sullo esposizione, per noi, poveri mortali
retro: se fosse visionata di profilo sfondo in maniera tridimensionale. La dalle pietre modeste, azzeccare il giu‐
(sanmen sinistra – destra), nonostante il piccola appendice della montagna che sto fronte ed un passabile equilibrio,
perfetto lavoro di intaglio di Carlo La‐ spunta da dietro, si estende in pro‐ equivale alla salvezza della dignità dei
ghi e l’aumentato spessore del daiza spettiva verso un orizzonte sconfinato. nostri piccoli tesori. Vi mostro (eserci‐
sul retro, la parete del picco pende un Bene! Pochi possono vantare tazione per nuovi entusiasti!) due mo‐
poco ancora all’indietro. (foto 22) il possesso di simili pietre perciò, destissimi esempi: una da decenni
staziona nella mia cantina;
l’altra, recente e neppure
pulita. (foto 23, 24) Proba‐
bilmente (ma con questo
non voglio sottovalutare la
perspicacia dei novellini) la
fretta di vederle già nel loro
daiza potrebbe spingerci a
valutare sufficiente l’equili‐
brio della rappresentazione
nel suo insieme ed andare
via di intaglio torno ‐ torno.
Ma… tutto sommato, per
fare un lavoro di fino, basta
poco: (foto 25, 26) uno
spessore da 0,1 cm. riequili‐
bra la cima maggiore e dà
maggiore visibilità al lato si‐
nistro, di per sé esiguo, ripi‐
do e lineare rispetto al
destro.
(foto 27, 28) Lo so:
mi direte che il fronte mi‐
gliore è senz’altro quello che
sta a sinistra… mi stringo
nelle spalle: se quello di de‐
stra retro deve essere, assie‐
me al sinistro, saranno una
coppia di sanmen che
“fondamentalmente mostra
una forma rappresentativa
ed un certo grado di unità”.
Ecco l’arenaria di recente ri‐
trovamento (foto 29): ancora
da rivelare nei particolari,
ma già distinguibile nelle
altezze e masse e alternanze
dei volumi.
Questo esempio
(foto 30) potrebbe bene
indirizzare chi va alla ricerca
ed ha la lucidità di ponde‐
rare e quindi scartare le pie‐
tre mancanti dei requisiti
richiesti per una scelta ocu‐
lata (non sarò mai io,
quella!). Il lato a sinistra,
infatti, scende asimmetrica‐
mente, con una certa qual
armonia di insieme. Mentre
a destra, il perimetro
dell’intero lato è pratica‐
mente perpendicolare al
piano del tavolo.
La tavoletta è 0,2
cm. di spessore (foto 31,
32). Aumentare ancora lo
spessore sotto la pietra per
inclinare il lato altrimenti di‐
ritto, danneggerebbe l’equi‐
librio dell’insieme. Mi
sostiene la speranza che il
profilo in alto di questo
fianco (foto 33, 34) sia, sotto la scorza di degrado, otticamente più morbido di
quanto appare… e che l’inclinazione data sia di un qualche aiuto.
Ora, si dovrebbe passare dalle chiacchiere alla segatura perciò, non
mi resta che darvi appuntamento… alla prossima! Luciana Q.

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Salve amici, questa intervista riapre lo spazio dedicato al Suiseki. Ci farà
compagnia, in queste prossime pagine, Ezio Piovanelli. Persona discreta e
riservata, di lui non si hanno notizie, se non quelle relative ai concorsi e
premi vinti, oltre al suo impegno per la diffusione di questa meravigliosa
arte. Nelle prossime pagine cercheremo di conoscerlo meglio. Ora lascio
la parola ad Ezio.
Buona lettura.
I SUISEKI. Pietre raccolte in natura per la loro bellezza, rispettate nella lo‐
ro integrità, racchiudono in sé con perfetta armonia colori, forme e sugge‐
stioni.
E' nella capacità dell'uomo capirne l'interpretazione per poi ved‐
erle trasformate in opere di assoluto valore artistico.

"Questo concetto fa dei Suiseki una vera forma d'arte, naturale, primitiva e sp‐
irituale." ‐ Ezio Piovanelli
Voglio cominciare questa intervista ringra‐ ne erano a livelli ottimali. L’incontro mi portò a
ziandoti per averci “aperto la porta di casa”. partecipare a manifestazioni nazionali e interna‐
Detto ciò ti chiedo di parlarci un po’ di te. Chi zionali. Importante era la nostra frequentazione,
è Ezio tra le pareti di casa? ci portava a dibattere quali erano le problemati‐
Ezio tra le mura di casa è sicuramente che del Suiseki. Ci trovavamo concordi su due
un uomo felice. Tutto ciò che gli è attorno gli punti fondamentali; la diffusione del Suiseki, per
rappresenta le sue passioni (che sono il Suiseki e mezzo di associazioni e di club che ne prendes‐
il Bonsai). Sì, per chi non lo sapesse, anche il sero in considerazione l’importanza. L’altro
Bonsai fa parte delle mie passioni. Così trascorro punto è l’esposizione, che ci vedeva quasi
buona parte del mio tempo tra pulire, fare Dai sempre in conflitto, ma che poi risultava sempre
alle mie pietre e annaffiare, potare e concimare i costruttiva.
miei Bonsai.
Ritornando al sodalizio con Franco, quanto ri‐
I tuoi primi approcci con il Suiseki risalgono tieni sia stato importante nella divulgazione di
agli anni ’90, sbaglio o possiamo affermare un’arte che, ancora adesso, ai più risulta poco
che tu sia stato uno dei principali attori del comprensibile?
suo sviluppo in Italia? Personalmente tanto. Se oggi ho la pos‐
Nei primi anni ’90, il mio lavoro occu‐ sibilità di trasmettere quest’arte lo devo a quei
pava gran parte del mio tempo. Malgrado que‐ dibattiti. Sono sicuramente gli anni più proficui,
sto, nei ritagli di tempo, mi dedicavo alla ricerca dove la mia conoscenza ha fatto veramente un
e all’informazione di tutto quanto riguardava il salto di qualità.
Suiseki. Le mie esperienze le ho riportate ai soci
del mio club e pochi altri appassionati. Questo è Collegandomi all’ultima parte della domanda
quanto ho potuto fare in quegli anni. precedente, io ho l’impressione che nel nostro
Paese il Suiseki, tra quelle di importazione
Fondamentale per la tua crescita personale nipponica in particolare, sia un’arte conside‐
sembra sia stato l’incontro con Franco Saburri, rata, a torto, minore. Se è così, quali a tuo
oltre che sul piano umano, tu quanto pensi avviso i motivi?
abbia inciso la frequentazione con Franco nel La non conoscenza. Abbiamo l’abitudi‐
tuo percorso artistico? ne di osservare l’esteriorità delle cose, mentre si
Conosco Franco nel 1998, anno in cui dovrebbe approfondire di più quest’arte. Il Sui‐
la mia conoscenza del Suiseki e la mia collezio‐ seki è fatto di meditazione, poesia e di valori
culturali. È questa la differenza tra La mia passione per i minerali
Oriente e Occidente: due culture e i fossili mi ha sempre portato ad
ampiamente differenti. amare le pietre. Avvicinandomi al
Bonsai scopro il Suiseki. Riportandomi
Voglio ancora insistere sulla scarsa alla risposta precedente, per questo
considerazione della quale quest’arte dico che confrontarci con altre passioni
gode in Italia, quali secondo te po‐ aumenterà le opportunità di far cono‐
trebbero essere le iniziative, o più scere il Suiseki.
prosaicamente, le cose da fare,
perché il Suiseki abbia finalmente la La tua collezione vanta diverse deci‐
dignità che merita? ne di pezzi provenienti dai luoghi più
Bella domanda. I giapponesi disparati, tra tutti ce n’è uno che ami
hanno la cultura del Tokonoma. Arti di più o per han tutte la stessa
come il Suiseki o il Bonsai, la scrittura importanza?
e l’Ikebana, hanno la loro maggiore Dire che tutte hanno la stessa
espressione artistica nell’interpretare la importanza, non è corretto. Ci sono
Keido. Il Suisekista dovrebbe, a mio pietre legate a dei momenti, altre che
parere, orientarsi su questa, come un risultano nei canoni del Suiseki, altre
pittore lo fa dipingendo la tela. ancora che per motivi personali mi
emozionano. Per ciò non mi sento di
Piccola frecciatina… Pensi che tutte dire che una pietra valga più di
le federazioni interessate si stiano un’altra. Tutte hanno quel qualcosa
muovendo in maniera adeguata per che me le fa apprezzare.
raggiungere gli obiettivi prima detti?
Io credo di sì. O meglio, me Quando ti fermi ad osservare le tue
lo auguro. Penso che per il Suiseki non pietre quali sono le emozioni che ti
sia abbastanza confrontarsi con il suscitano? Cos’è che ti spinge a
Bonsai, si dovrebbe accedere con altre fermarti a contemplare una pietra?
arti come l’Ikebana, con cui ho avuto il Quando guardo le mie pietre,
piacere di confrontarmi con positività. vedo che non ce n’è una uguale
Oppure con hobbies e passioni come all’altra; vedo forme, disegni oppure
la mineralogia o addirittura la scultura. colori. Mi chiedo: “Chi c’è dietro a
tutte queste opere per poi regalarme‐
Dopo aver divagato un po’ veniamo le?”. Io penso che la natura faccia delle
all’Ezio Piovanelli artista del Suiseki. cose talmente belle, da poter donare a
La mia prima domanda è: cosa ti ha tutti, orientali e occidentali. Per questo
fatto innamorare di quest’arte? chi ama il Suiseki ha un solo modo di
apprezzarne la sua bellezza.

Volendo fare un parallelo con l’arte Bonsai,


quali credi che siano i motivi della maggiore
diffusione di questo rispetto al Suiseki? A tuo
avviso, il fatto che il fare Bonsai permetta una
maggiore interazione con la materia, può
avere il suo peso?
Premesso che io faccio Bonsai, come
detto all’inizio, penso che il poter agire sulla
materia dia all’uomo quel senso di prevalenza.
Il Suiseki è un’opera fatta dalla natura, dove
l’uomo la può solo interpretare per poi condi‐
viderne la bellezza. Queste due condizioni
possono fare la differenza? Non lo so.

Torniamo al tuo modo di vivere il Suiseki.


Quanto pensi abbia influito l’aver appro‐
fondito quest’arte sul tuo modo di vivere la
quotidianità? Credi a chi dice di aver pro‐
fondamente cambiato il proprio modo di vi‐
vere dopo aver conosciuto la bellezza delle
arti orientali?
Dire che mi ha cambiato il modo di
vivere mi sembra esagerato, però, da quando
l’ho conosciuta non c’è giorno che io non ci
pensi e la voglia di saperne di più mi spinge alla
ricerca e all’apprendimento di questa stupefa‐
cente arte.

Spesso penso all’importanza nella gerarchia


delle arti, che il Suiseki assume in Giappone.
A tuo avviso, come mai in un paese come il
nostro, che è fatto di arte non c’è la giusta
considerazione? Pensi possa bastare come
giustificazione la differenza culturale?
Penso di aver toccato questo argo‐
mento nelle risposte precedenti e penso anche
che chi ha voglia di cimentarsi con arti diverse
delle nostre alla fine può scoprire che sono
molto simili.

Ci avviamo alla conclusione, qual è l’augurio


che fai al movimento Suisekista italiano?
Mi auguro che la voglia di fare Suiseki
si trasformi in gioia, piacere e entusiasmo come
provo io per quest’arte. Per questo auguro a
tutti gli appassionati le stesse emozioni.

La nostra chiacchierata è giunta al termine,


nel ringraziarti per il tempo che ci hai dedi‐
cato ti chiedo un saluto per i nostri lettori.
Buon Suiseki!!
Ringrazio chi fin qui mi ha letto. Il mio
modo di vivere il Suiseki è sicuramente perso‐
nale, però voi vivetelo come volete, però, vive‐
telo.
E
ra giugno del 2011, e la
mostra annuale del
Bonsai Club Castelli Ro‐
mani venne ‘sigillata’
con la classica foto di gruppo.
Fu una edizione della mostra di
Frascati molto ben riuscita, per
la presenza di Nicola Crivelli e
di Luciana Queirolo, che diede‐
ro un apporto didattico
importante. Sembrano parole di
maniera, ma sentire e toccare
con mano gli insegnamenti di
due esperti che riuscirono ad
integrare teoria e pratica fu una
esperienza significativa, per la
crescita del Club.
E a dimostrazione di quella particolare sintonia di cui
fummo fortunati protagonisti, voglio raccontare una storia che
parla sì di una pietra, ma anche di affiatamento, di collabora‐
zione, di un cameratismo che spero si colga nei volti di quel
gruppo di amici che si trovò a vivere per tre giorni immerso
nella stessa passione e che ha trovato il modo di racchiudere
quello ‘spirito’ in una pietra, diventata il “suiseki “ del club.
Quasi a ribadire la gradevolezza della esperienza, Lu‐
ciana infatti ci volle regalare una pietra, dalle potenzialità non
ancora del tutto espresse: stava a noi abbandonarla, o fare
insieme il percorso che l’avrebbe fatta diventare un suiseki :
una appropriata pulizia delle zone ancora sporche di terra,
l’acquisizione di una buona patina, la costruzione di un daiza,
la pianificazione di una esposizione. Il tempo a nostra disposi‐
zione non era poi molto…
Una occasione infatti da non perdere era il Congresso
dell’AIAS che si sarebbe svolta a Firenze, in settembre: il Bonsai
Club Castelli Romani, socio AIAS, avrebbe avuto una sua pietra
a rappresentarlo! La fase della pulizia fu relativamente sempli‐
ce, ed occupò qualche incontro del club. Fu volontariamente
deciso di non pulire in modo esagerato la parte inferiore, la‐
sciando la terra di degrado dello zoccolo, sia perché era molto
dura, sia per evitare di alterare troppo una linea perimetrale
che già presentava qualche problema costruttivo per il daiza.
Già… il daiza… chi lo avrebbe potuto realizzare? Si‐
curamente un amico, sicuramente un professionista del legno
ed un appassionato del suiseki: Felice Colombari, socio AIAS e
mio caro amico, accettò volentieri la sfida, e la pietra partì per
Monza. Come detto, la pietra presentava qualche difficoltà,
non tanto sul fondo, sufficientemente piatto, quanto per la
presenza di numerose rientranze, anche profonde, e per alcuni
dislivelli proprio sul fronte.
Nella sequenza successiva, dall’archivio fotografico di
Felice alcune fasi della lavorazione del daiza, che venne rea‐
lizzato in mogano. Dopo il primo scavo, effettuato con l’ausilio
di un attrezzo professionale che ha fresato restando
leggermente all’interno del perimetro disegnato a matita,
l’incavo viene poi perfezionato con un attento lavoro di rifini‐
tura manuale, portandolo fino al margine reale.
La pietra è incassata, si studia il posizionamento dei
piedini, che dovrebbero essere inta‐ care e fare delle scelte. Stabilite la
gliati nei punti di forza della pietra, do‐ posizione dei piedini, si procede
ve essa va a sporgere. A volte, però, è all’abbassamento del muro, fino ad
necessario fare alcune valutazioni, arrivare al risultato finale. Il legno se‐
quando ad esempio seguendo questa gue ed accompagna i dislivelli della
impostazione di base ci si rende conto pietra, salendo e scendendo con pre‐
che i piedini sono troppi e troppo vici‐ cisione, come un vestito, come un
ni tra di loro. Bisogna quindi semplifi‐ guanto.
Nel frattempo, iniziava lo studio del tavolo da
esposizione: anche in questo caso la scelta era semplice,
chiesi la collaborazione di Sergio Biagi, che ancora oggi
realizza i miei tavoli. Il progetto di un tavolo inizia
sempre dalle stesse fasi: la proposta, da parte di Sergio,
di alcuni modelli che si adattano alla pietra, la scelta da
parte mia della tipologia che preferisco, il disegno tecni‐
co dopo averne stabilito le misure, al fine di proporzio‐
nare ogni elemento costruttivo, piano di appoggio,
gambe, elementi decorativi. Ed anche in questo caso il
tempo era poco.
Comunque, già a fine giugno la pietra tornò a
Roma, con il suo daiza, e rispetto alle foto eseguite du‐
rante la lavorazione, è assottigliato ed abbassato, al fine
di alleggerirlo, ed i piedini sporgono meno.
Era possibile procedere con il tavolo… a parer
mio, la pietra richiedeva un supporto più alto del solito,
rispetto allo standard che in genere utilizzo per i suiseki.
Ho potuto quindi valutare tipologie che in genere
scartavo, e questa volta sono partita da un tavolo
pubblicato in una rivista UBI (N. 54 di Giugno 2011,
articolo di Massimo Bandera sui vasi per bonsai) che mi
aveva colpito per le gambe che partono leggermente
dall’interno del piano di appoggio e poi si vanno
allargando, terminando con una lavorazione che viene
chiamata ‘a zampa di gatto’. In generale, il tavolo
sembra innalzare il soggetto esposto come su un vassoio,
da offrire agli osservatori.
Questo il punto di partenza e con Sergio, poi,
sono stati modificati alcuni particolari, al fine di allegge‐
rire e personalizzare il tavolo. E’ stato tolto il fregio
centrale ed è stato modificato il alla mostra AIAS di Firenze, settembre completò l'esposizione arricchendola
doppio piano, fino ad arrivare al dise‐ 2011. L’esposizione venne pianificata con un suo bonsai di ginepro. Eravamo
gno del progetto. Questa tipologia in in base agli insegnamenti della Scuola ansiosi di sentire il giudizio di Luciana
genere non è mai alta meno di 25 cm, d’Arte Bonsai, di cui i soci del club se‐ Queirolo, nostra ospite come giudice
ma per questa pietra sarebbe risultato guono i corsi, quindi senza kakejiku e anche quell’anno: "Amavo partico‐
esagerato. Feci alcune prove, co‐ con la sola pianta di accompagna‐ larmente questa pietra, quindi sono
munque, fino ad arrivare ad una mento, scelta da Giuseppe Cordone, emozionata nel vederla finalmente co‐
altezza di 20 cm, che fece sì che vice presidente del BCCR. Nessun pre‐ me suiseki, con il suo daiza, inserita in
Sergio, giudicandolo troppo basso, mio ma… tanta soddisfazione! E la vita una esposizione che la valorizza. Tutto
battezzasse questo tavolo ‘Il Tarpo‐ espositiva di questa pietra non era mi parla di vento fresco : il tavolo alto,
ne’… e così è rimasto ! Il piano è ancora conclusa, perché nel Giugno il ginepro che andrebbe forse ancora
lungo 45 cm, e largo 33: ricordo che la del 2012, in occasione della Mostra pinzato ma sembra comunque anche
pietra è lunga 23 e larga 23, alta 13 ‘Città di Frascati’, ci fu di nuovo lui muoversi nella brezza. Bravi!". ll
cm. l’occasione di portarla in mostra, suiseki fu ritenuto meritevole della
Così fummo pronti per pre‐ sempre con gli stessi criteri espositivi. Targa ‘Bonsai & Suiseki Magazine’, che
sentare il suiseki ‘Spirito immortale’ A Frascati, Giuseppe Cordone adesso ne racconta la storia.
Ecco, il progetto era completato: un gruppo di amici uniti da una
passione, un atto di generosità, un incontrarsi di anno in anno per fare
insieme un percorso condiviso. Questo è insito nel nome poetico dato alla
pietra, uno spirito immortale che superi il tempo e lo spazio.
E siamo finalmente ad oggi il Bonsai Club Castelli Romani ha
scelto di riproporre questa pietra al Congresso AIAS 2013, che si è tenuto a
Pescia in Settembre. La realizzazione di un Catalogo del Congresso, infatti,
ci ha fatto riflettere… sarebbe stata una splendida conclusione, vivere
ancora una volta nelle pagine di un libro!

© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
l TOKONOMA semplice misura SHAKU, 302 cm. sigillo rosso che normalmente nel ka‐
191 x 95,5 cm, ed il TOKONOMA Fino a 50 anni fa, Tokokazari kemono (pitture montate su tela)
composto, di 191 x 95,5 + 95,5 x era l'unico modo per esporre. Il rappresenta il nome del pittore descri‐
62‐68,5 oppure di 191 x 95,5 + concetto che permea tutta la cultura ve un po’ il punto di chiusura delle li‐
131‐138 x 95,5 o 62, in cui la parte se‐ giapponese e perciò anche il bonsai e nee di movimento in quella
condaria, rialzata ulteriormente dalla la sua esposizione, ma anche la rea‐ composizione, è questo deve essere
primaria, con sotto un cassetto o lizzazione del tokonoma è dato da tre valutato.
sportello in cui riporre oggetti, può termini che definiscono tre gradi di SHIN ‐ Nell’allestimento è
avere misure più libere e variabili della formalità: SHIN ‐ GYOU – SOO (SHO) quello più formale classico che rispetta
principale. Formale ‐ Informale – Libero rigidamente le regole e la tradizione. Se
Il TOKONOMA allargato, nelle Questi tre stili sono da riferi‐ l’esposizione è fatta con due oggetti, lo
misure: ‐ nana shaku‐doko, sette SHA‐ mento per rendere concorde l'esposi‐ scroll è posto al centro, e l'oggetto
KU, 212‐227cm (1 SHAKU è intorno ai zione di oggetti d'arte. Le principali principale è esposto sotto la pittura o
30,3 cm), ‐ hasshaku‐doko, otto SHA‐ motivazioni per realizzare un'esposizio‐ appena di Iato, normalmente con
KU, 272 cm, ‐ kyuushaku‐doko, nove ne sono le stagioni e gli avvenimenti. Il oggetti diritti. Se ci sono tre oggetti, il
II PARTE

DI ANTONIO ACAMPORA

rotolo è appeso sempre nel centro e periodo dell’apprendere, nella tradizio‐ appesi centralmente. Le linee sono
l'oggetto principale dei tre è messo ad ne Giapponese il ripetere ciecamente molto rigide; si usano colori neutri e
una distanza del 60% dal bordo, gli insegnamenti del Maestro. Negli stili misurati, si usano tavolini alti. Si
mentre l'oggetto di compagnia è espo‐ bonsai è l’eretto formale (Chokkan) a scelgono suiseki ad orientamento verti‐
sto ad una distanza del 40% dal bordo tronco rigido e diritto e il Kengai o ca‐ cale e si posizionano nel centro del to‐
del tokonoma. Il soggetto del kakemo‐ scate verticali ed anche Shakan konoma.
no deve reggere l'intero leitmotiv leggermente inclinati e Moyogi con ca‐ GYOU ‐ nell’allestimento del
dell'esposizione e ricordandosi che più ratteristiche forti su tavoli alti. Tra le es‐ bonsai nel Tokonoma è qualcosa di più
il tema è un dettaglio e più l'esposizio‐ senze sono le conifere, per primo il libero, meno formale. La mostra gyoo è
ne è intensa. Aggettivi che possono pino essenza molto maschile e ginepri, quella dove c'è più movimento, senza
qualificarle questo stile possono essere: conifere in generale specie molto quella rigidezza tipica della forma shin.
formale, duro, forte, uomo, caldo, longeve. I tipi di vaso sono quelli Nell'uso dei bonsai si prediligono alberi
dritto, nero, rugoso, verticale, pesante, rettangolari antichi e ben definiti nelle decidui e latifoglie in genere, con una
a spigoli vivi. Shin è anche la realtà, la linee. Disposizione verticale della mo‐ linea sinuosa. Il soggetto principale è
verità la purezza. Ma indica anche il stra; i kakejiku (rotoli di carta) sono messo al lato opposto della fonte
d’illuminazione. Le caratteristiche es‐
senziali dello stile sono: una prevalenza
di linee orizzontali; una disposizione
asimmetrica degli oggetti in mostra; l'uso
di vasi ovali o rotondi con curve affuso‐
late; tavolini bassi o basi di legno;
Aggettivi che possono definire
questo stile possono essere: Informale,
soffice, né debole né forte, donna, tie‐
pido, inclinato neutro, scuro, né pesante
né leggero, a spigoli arrotondati, né li‐
scio né rugoso. Gyou nello SHODO é il
semi corsivo, una scrittura più veloce e
libera.
Nel bonsai lo stile Moyogi,
eretto casuale, è una delle sue espres‐
sioni, le latifoglie sono gyou. In generale
gyou è anche un’impostazione più
leggera e libera. Gyou è anche il porta‐
mento tipicamente femminile delle lati‐
foglie. Nell’apprendimento è il
momento di agire, rielaborare e
reinterpretare gli insegnamenti ricevuti.
Acquisire un proprio stile personale.
SOO ‐ Nell’allestimento
rappresenta qualcosa di estremamente
libero, personale e raffinato.
La mostra soo è quella, che
suggerisce un movimento largo e vasto,
con linee di movimento informali. Può
essere anche di soli due oggetti dove il
suiseki o il bonsai diventa principale. Le
caratteristiche principali sono: sistema‐
zione irregolare della mostra; colloca‐
zione asimmetrica degli oggetti; forme
morbide, vasi ovali o rotondi; lo
stile bonsai più adeguato è lo stile bun‐
jin. La serenità ed il silenzio sono gli
elementi per giudicare la qualità
1. Tokonoma destro, il cui movimento va verso destra (michi nagare). Questo tipo di toko‐
dell'allestimento; consideriamo che
noma possiede l'oggetto principale a sinistra. L'elemento di compagnia riceve il movimento
dell'albero, il sigillo principale (rakka) è opposto all'oggetto principale. ‐ 2. Tokonoma l'allestimento si fa per gli ospiti e non
sinistro: il cui movimento va verso sinistra (hidare nagare). Questo tipo di tokonoma per se stessi. Aggettivi che possono indi‐
possiede l'oggetto principale a destra. L'elemento di compagnia riceve il movimento care questo stile possono essere: casua‐
dell'albero, il sigillo principale (rakka) è opposto all'oggetto principale ‐ 3. Tokonoma shin le, libero, debole, bambino, fresco,
(formale, rigido) ‐ 4. Tokonoma gyou (informale) ‐ 5. Tokonoma soo chiaro, curvo, leggero, senza spigoli, li‐
scio, colorato, gioco. Sono sou le piante da fio‐
re e da frutto, le erbe di compagnia.
Il kanji Sou vuol dire erba, nel bonsai
sono i Kusamono, i bonsai di erbacee e le erbe
di compagnia. Ma anche, le piante impostate
in modo molto libero e naturale. I vasi sou
hanno forme rustiche e molto naturali sia nel
colore sia nella pasta (ceramica raku).
Una persona, un Maestro in stato Sou
è libero da tutte le regole, ogni cosa che fa è
giusta.
Queste tre fasi vanno vissute e speri‐
mentate in successione. Essere Gyou o Sou
senza passare dallo Shin è una cosa irrealizza‐
bile.
Ciascuno degli stili su indicati si divide
ancora nel seguente modo:
SHIN: Shin di SHIN, Gyo di SHIN e So di
SHIN.
GYO: Shin di GYO, Gyo di GYO, e So di
GYO.
SO: Gyo di SO e So di SO.
Ogni suddivisione esprime particolari
secondari all'interno di una categoria. Ad
esempio un pino BUNJIN sarà GYo di So per la
sua corteccia ruvida a scaglie fini (GYo),
mentre le caducifoglie BUNJIN saranno So di
So.
L’esposizione infatti dovrà contenere
solo elementi GYO nelle loro varianti, o So
nelle loro varianti, senza mischiare tra loro.
L’esposizione SHIN richiede elementi formali,
tavolini squadrati, pesanti e neri, lo stile bonsai
utilizzabile è l'eretto formale di conifera; ed è
idonea anche ad oggetti o KAKEMONO. Ecco
quindi che tutto diventa semplice, le regole
incomprensibili spariscono, sostituite dalla
semplice logica.
Diventa facile capire il vaso adatto,
capire perché un BUNJIN vada in vasi tondi attenzione è condotta via da evidenti segni di‐
ed/o irregolari (pianta e vaso so) e un tavolino rezionali nella f orma delle piante.
da caducifoglie debba avere colori più chiari, Se il soggetto principale sembra avere
bordi smussati. Partendo dai Kakejiku, i rotoli la sua massa concentrata a destra e le sue linee
dipinti da appendere, è importante capire portano l'occhio a sinistra, si dice che ha una
l'importanza degli spazi vuoti che lasciano libe‐ dominanza destra e può essere posto nella
ra la mente di immaginare. parte destra dell'esposizione. Al contrario, se la
massa è concentrata a sinistra e il movimento è
PRINCIPI BASE D’ESPOSIZIONE ‐ DIREZIO‐ verso destra, il soggetto ha una sua dominanza
NE. C’è noto dalla psicologia, che l'occhio si a sinistra ed posto a sinistra dell'esposizione.
ferma quando incontra masse, e si muove di‐ Quando queste regole sono applicate,
rezionalmente in reazione alla linea di fuga. gli occhi saranno direzionati verso il centro
Questa conoscenza è usata nelle esposizioni dell'esposizione e verso gli altri oggetti. Nessu‐
per tenere l'attenzione dell’osservatore foca‐ na regola formulata sarà sempre vera, ma
lizzata su un'esposizione. l'intuizione è sviluppata dalla pratica.
Quando otteniamo un successo, l'os‐ I principi di massa e movimento si
servatore per prima esamina il Bonsai o il sui‐ applicano anche agli oggetti di compagnia che
seki principale, il centro d'interesse. Quando il devono essere scelti e piazzati con la stessa cu‐
suo interesse iniziale si affievolisce, la sua ra.
POSIZIONAMENTO. L'esposizione SPAZIO. Lo spazio è l'elemento più KAKEJUKU. I rotoli ci permettono
non deve sembrare affollata o "stipata". importante e difficile dello studio d'introdurre interessanti forme, colori e
Come regola generale, non dovrebbe‐ dell'esposizione. Lo spazio ha forma, materiali come soggetto concreto
ro esserci più di due pezzi, in uno spa‐ aria, umore e sensazioni. La bellezza nell'esposizione. Cura va posta nello
zio largo 1,80 m. E non più di tre in dello spazio può essere vista solo attra‐ scegliere quelli che non dominano
uno di m. 2.50. In uno spazio di 3 m. verso l'occhio della mente, l'occhio l'esposizione. Due tipi sono soprattutto
si possono porre 5 pezzi. (Più di 5 della mente con conoscenza e senti‐ preferibili:
pezzi sono generalmente esposti insie‐ mento. Shodo, calligrafie (parole o poemi
me solo nelle esposizioni shohin)
appropriati alla stagione e all’atmosfera
ERBE DI COMPAGNIA. della mostra.)
EQUILIBRIO ASIMMETRICO. L'equili‐ A — le piante di compagnia devono Sumi‐ e, acquerelli di semplici scene in
brio si ottiene quando l'esposizione è provenire dalla stessa zona geografica tonalità sottomesse.
interessante ma riposante per la vista. del Bonsai principale: alpina, pia‐
E' difficile insegnarlo, dovete "sentirlo". neggiante, desertica. TEMPAI. Oggetti d'arte. Figurine o altre
I diagrammi mostrati possono essere B — Idealmente, differenti erbe di miniature sono talvolta usate efficace‐
un punto di partenza. compagnia vanno preparate per ogni mente. Esse hanno la tendenza, tutta‐
stagione in cui un soggetto può essere via, di far volgere i propri pensieri alle
STAGIONE. Piante di compagnia e esposto. condizioni umane, e necessitano di
altri accessori sono scelti per accresce‐ C — Le piante di compagnia intensifi‐ essere utilizzate con attenzione.
re la percezione della stagione. Per cano l'atmosfera stabilita dal soggetto
convenzione il tentativo è fatto per principale. Ad esempio, il senso del
suggerire una stagione con un breve tardo autunno è accresciuto da un
tempo nel futuro. complemento di bambù con le punte © RIPRODUZIONE RISERVATA
secche.
DI L.

I
luoghi del mondo hanno un odore, quello che mi arri‐ capacità di ingurgitare il pasto in una frazione di minuto. A
va aprendo la finestra nel primo giorno dal Maestro è volte lo guardo ammirato, così piccolo e magro, nei suoi 19
stato quello del legno tagliato. Dei carpentieri stavano anni perennemente in azione ed un cespuglio disordinato
costruendo a pochi metri dall'abitazione degli allievi un di capelli. Ba si alza per primo e va a letto per ultimo a volte
nuovo edificio in stile tradizionale destinato a divenire il buttandosi sul futon completamente vestito, in fondo è una
Museo dei Vasi. disgrazia che capita a tutti quella di essere per un certo pe‐
Appena il tempo di appendere il futon che Ak mi riodo l'allievo più giovane, eppure Ba si considera fortunato
chiama per le pulizie del giardino. Imparerò ben presto che di essere stato accettato da un famoso Maestro di bonsai.
nonostante tutto sia già pulito e nessuno sporchi, questo è Ba è il figlio di un Maestro del nord, conosciuto
un rito da rispettare. Mentre ho la scopa in mano arriva per i bonsai di media dimensione, e come tradizione è stato
improvvisa la voce della moglie del Maestro che avverte mandato da un altro Maestro per l'apprendistato. Gli allievi
della prima colazione. Per fortuna scoprirò che il menu è un più fortunati o quelli con i padri più abili riescono a far
misto di tradizione e modernità ben fatto. accettare il proprio figlio ad un Maestro famoso e con un
Una volta seduti sperimento la capacità del Mae‐ buon giro di clienti. In questo modo si creano nel tempo
stro di fare almeno tre azioni contemporaneamente: circoli di affari e favori, ed inoltre, provenire da un giardino
mangiare, conversare, vedere le notizie, fare elenchi di famoso è utile come futura presentazione nel mondo
mansioni per se e gli allievi, controllare fatture e spese. In giapponese del bonsai.
questi primi giorni osservo le persone con le quali dividerò D'altro canto l'allievo non deve pensare, sopratutto
lo spazio nipponico. Il primo è Ba, l'allievo più giovane. quello più giovane. Ba è ancora un adolescente ed è
Tutti gli danno ordini e lui deve eseguire. Oggi come gli altri normale che faccia degli errori e venga rimproverato. Du‐
giorni passati e futuri si è alzato per primo ed ha dato di na‐ rante il mio soggiorno si renderà autore di episodi di‐
scosto due boccate alla sigaretta dentro la sua stanza, poi è vertenti... almeno per me.
partito veloce diretto in cucina dove ha apparecchiato e
pulito. Servirà e mangerà contemporaneamente durante
tutti i pasti della giornata senza perdere tempo. Ba ha la © RIPRODUZIONE RISERVATA
N
ell'interpretazione occidentale il termine "stile" implica il concetto di conformità a una
tendenza specifica. Le caratteristiche stilistiche sono determinate dall’assieme dei tratti
formali che caratterizzano un gruppo di opere, costituito su basi tipologiche o storiche.
Criteri che non hanno alcun riferimento a quello che i giapponesi intendono con la paro‐
la "stile". Un altro equivoco è quello di associare l'aggettivo "giapponese" ai concetti di linearità, puri‐
smo e minimalismo. E’ pur vero che l'arte giapponese non conosce lo sfarzo, è semplice, ma sempre
in termini occidentali perché ciò che definiamo "semplice", per la sensibilità giapponese potrebbe
essere prezioso e sofisticato. Inoltre il termine minimalismo dovrebbe essere sostituito con “chia‐
rezza”. L’architettura e i manufatti artistici giapponesi hanno sempre contorni ben definiti e sono
funzionali, ma proprio l'irregolarità e la casualità sono due delle caratteristiche più evidenti dell'arte
di questo paese.
La peculiarità dell'estetica giapponese si può riassumere in due punti: l'uso oculato dello
spazio e l'asimmetria. Un punto fondamentale è l'asimmetria. La simmetria ha in sé qualcosa di stati‐
co, mentre l'asimmetria comunica un senso di dinamismo e mobilità. Il buddhismo zen ha profonda‐
mente influenzato l'estetica della dinamica in Giappone. Il nucleo del pensiero Zen è il concetto di
“vuoto”, di immateriale. Secondo questa filosofia le cose non hanno materia, tutto fluisce. Le cose
sono soltanto l'insieme dei diversi elementi che, dopo un certo tempo, si disgiungono per creare
nuovi insiemi.
Le conseguenze del pensiero Zen nell'ambito della creatività sono il vuoto nell'area centrale
e l’asimmetria, che suggerisce l'idea di movimento nella partizione dello spazio di stanze, giardini,
composizioni di fiori e disposizione delle vivande. Perfino i numeri pari destano diffidenza e si cerca
di evitarli. L’ordine, secondo il grande poeta e filosofo francese Paul Valéry (1871‐1945), è una
grande e innaturale impresa. Questo concetto base di un pensatore europeo è evidente dalla dispo‐
sizione giapponese dello spazio: negli edifici urbani, nei giardini, in architettura e nelle diverse
espressioni artistiche come pittura, calligrafia e ceramica. L’artista nipponico si pone in rapporto di‐
retto con gli elementi cosmici. Il mondo non è altro che il mondo delle apparenze. Se il soggetto non
ha in sé un punto di riferimento centrale, autonomo, nell'ambito della percezione estetica, è intuitivo
e non produrrà mai forme pianificate, calcolate.
I manufatti artistici occidentali particolarmente preziosi si distinguono generalmente anche
per il valore del materiale: negli oggetti, per esempio, si tratta di argento, oro, legni pregiati,
porcellana e pietre preziose, nelle arti figurative di colori a olio o bronzo, mentre in architettura di
materiali nobili come il marmo o l'intonaco decorato. Nell’arte shintoista giapponese il valore del
materiale risiede invece nell'essenza non alterata, ma conservata nel suo stato naturale. Sono consi‐
derati pregiati la pietra ruvida, la nervatura del legno con tutte le sue tracce di vita, la paglia e il
bambù, la lacca opaca. Mentre in Occidente l’impegno è rivolto al restauro delle opere d'arte anti‐
che, in Giappone è molto apprezzato il concetto di beauty born by use. Si attribuisce un grande va‐
lore proprio alle tracce visibili lasciate dall'uso, che creano motivi propri, inconfondibili e uno stile
proprio, mentre l'età di un'opera non conta nulla. La domanda "è d'epoca?", cioè originale di un de‐
terminato periodo, tanto spesso ricorrente in Occidente quando si calcola il valore di un oggetto
d'arte, in Giappone è del tutto irrilevante.
Le arti giapponesi hanno le medesime fina‐ è la manifestazione, allo stesso tempo accessibile e
lità della meditazione nel buddhismo zen, che pre‐ sofisticata, di un sostrato culturale. Profonda cono‐
tende di assumere una determinata posizione del scenza della natura, senso del cambiamento e della
corpo. Imparare a sedersi in questa posizione educa mutabilità, austerità zen e funzionalità ritualizzata
anche lo spirito, perché esso segue il corpo. La meta confluiscono per dare come risultato un tipo di spa‐
da raggiungere è l'unità di corpo e spirito, di zio nel quale il Vuoto si fa accogliente e riposante,
soggetto e oggetto. Da questa ricerca di armonia de‐ utile e flessibile. Nello spazio vuoto dell’interno
riva anche la profonda dedizione alle stagioni, ai fio‐ giapponese non è possibile l’oblio. I suoi materiali
ri di ciliegio, ai mutamenti cromatici delle foglie e la naturali ed il suo ordine denotano attesa, vigilia. In
temporalità delle feste che celebrano invaria‐ questo Vuoto sottile e puro, la provvidenza è
bilmente l’impermanenza. latente.
Lo spirito Zen è racchiuso anche negli Arata Isozaki (1931) noto architetto
oggetti esili, silenziosi che arredano stanze serene, giapponese della prefettura di Oita, scrive che “In
per riconquistare la calma dopo una giornata pas‐ giapponese la parola ma è un concetto che
sata fuori. L’arredamento post‐moderno rivaluta e incorpora lo spazio ed il tempo, in termini stretta‐
valorizza lo stile Zen, reinterpretando il passato con mente spaziali; è la distanza naturale tra due o più
un nuovo rigore formale. Il mobile in rovere bianco cose che si trovano in continuità, o lo spazio delimi‐
con un gioco di venature contrapposte. La sedia tato da pilastri e paraventi (la stanza) o, in termini
dalla linea purissima. La grande ciotola in acero la‐ temporali, la pausa naturale o intervallo tra due o
vorata a mano. Una pietra usata come fermacarte. più fenomeni che si succedono in continuità (questa
Un sacchetto o una busta in carta stropicciata lavo‐ definizione è presa dall’Iwanani Dictionary of
rata a mano, trattenuta da uno spago per contenere Ancient Terms). Il Giappone antico non conosceva il
poche parole. Nessuna concessione al superfluo. sistema seriale occidentale di tempo e spazio.
Tutta la semplicità e la raffinatezza racchiusi in que‐ Entrambi, tempo e spazio, erano concepiti come
sti oggetti. E non è un fatto di mode passeggere. intervalli, e ciò si riflette nel Giappone attuale nei
La forma del cerchio rappresenta, come ha concetti di base dell’ambiente e della progettazione
osservato Suzuki, “l’infinito che è il fondamento di del giardino, nelle arti della vita quotidiana, in
tutti gli esseri” (Suzuki, Il maestro zen Sengai, pag. architettura, nelle belle arti, nella musica e ne
42), ma non solamente questo. Tale forma delimita teatro. Tutte queste discipline possono essere chia‐
due spazi: quello esterno, virtualmente infinito, e mate arti del ma” (Arata Isozaki, “Ma: Japanese‐
quello interno, effettivamente finito. Il primo rinvia Space”, in The Japan Architect, pag. 70).
all’origine unitaria e indeterminata che consente la Lo spazio concepito come ma ha un
determinazione dei molteplici esseri. Il secondo aspetto sintattico: è uno spazio referenziale. “In
rinvia all’ambito finito in cui si determinano i singoli Giappone, tutte le cose dipendono dal ma, dallo
esseri particolari. Riferendoci al buddhismo, si può spazio. L’arte del combattimento, l’architettura, la
dire che il primo rinvia al nirvāna, ossia alla condi‐ musica o l’arte stessa di vivere, l’estetica, il senso
zione in cui si è dissolta ogni determinazione, sepa‐ delle proporzioni, la disposizione delle piante in un
razione ed opposizione, mentre il secondo rinvia al giardino dipendono da un insieme di significati
samsāra, ossia alla condizione in cui si danno de‐ collegati tra loro e risultanti dal ma. (…) Dietro ogni
terminazioni, separazioni ed opposizioni. La forma cosa esiste il ma, lo spazio indefinibile che è come
del cerchio mostra anche che in definitiva spazio l’accordo musicale di ogni cosa, l’intervallo giusto e
esterno e interno sono un unico spazio o che, il la sua migliore risonanza”. (Michael Random,
vuoto esterno ha le stesse qualità di quello interno: “Giappone: la strategia dell’invisibile”, Genova,
in questo senso la circonferenza del cerchio li ECIG, 1988, pagg. 173‐175). Il Vuoto, quindi, è un
distingue ma non li separa. Il modo stesso on cui la valore fondamentale per la comprensione dello spa‐
forma circolare viene tracciata con il pennello evi‐ zio. “Lo spazio giapponese è sempre legato a questa
denzia la continuità dello spazio, rifiutando sublimazione del vuoto. Per vivere, infatti, in uno
intenzionalmente di tracciare una circonferenza spazio con la massima libertà possibile, occorre
perfetta. La circonferenza non è mai del tutto chiusa innanzitutto creare il vuoto; in seguito il vuoto sarà
e, quando lo è, la sua forma non è mai perfetta. in qualche maniera occupato, ma la vibrazione del
vuoto e la sua presenza devono restare sensibili”
Il Vuoto. Il Vuoto è il concetto prediletto dal taoi‐ (Michael Random, op. cit. pag. 176).
smo. Ovviamente non c’è nulla di più difficile da La cultura giapponese, ed in particolare la
precisare del Vuoto. Il suo significato non è univoco sua tradizione scintoista, offre una delle concezioni
anzi, affrontato ai differenti punti di vista, si apre a più ricche del Vuoto. La sua qualità consiste nel
diverse accezioni. modulare una cornice speciale per i fenomeni
La potenzialità del Vuoto è definita in mo‐ spirituali, risaltando con il sapiente uso del
do superbo dalla frase di Borges: “Non essere è più Vuoto una particolare forma di trascendenza.
che qualcosa e, in certo modo, essere tutto”. Con Il Vuoto, come attributo del Tao, non è da
questa accezione ormai puramente concettuale, il confondere con il Nulla “cioè il vuoto è
Vuoto diventa il protagonista di spazi concepiti co‐ ciò che non riusciamo a nominare, de‐
me simboli della globalità. finire o concepire. Le costruzioni lo‐
Il Vuoto della casa tradizionale giapponese giche ed intellettuali non possono
riempirlo” (Félix Ruiz de la Puerta, “La
concepcióne del mundo en el Taoísmo,
pag. 220).
Nello Zen, il vuoto non è consi‐
derato un concetto comprensibile attra‐
verso il processo analitico del
ragionamento, ma un’affermazione
dell’intuizione e della percezione. La re‐
lazione tra forma e spazio deve essere
presentata in modo tale che lo spirito os‐
servatore non si soffermi su uno solo de‐
gli aspetti, ma legga le loro reciproche
necessità, la loro muta relazione. La
forma prende posto nello spazio vuoto in
modo che percepiamo il vuoto come
forma e la forma come vuoto” (Raymond
Thomas, op. cit. pag. 124).
Per quel che riguarda il bonsai,
come ben sappiamo, uno degli elementi
più importanti che costituiscono l’armo‐
nia della pianta à appunto il concetto del
Vuoto, ovvero la presenza di spazi vuoti.
Nel bonsai, talune proporzioni che sono
inerenti all’albero costituiscono il metro
regolare da cui il reale si allontana per
gradazioni impercettibili. Ma questo
argomento va affrontato meglio e in ma‐
niera più profonda.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
G
ià dal titolo del suo libro, alla vecchina ritenuta dai parenti priva di
Leggero il passo sui tatami* lucidità, eppure ancora in grado di
(Einaudi, 2010, pp. 192, comportarsi da perfetta padrona di casa;
13,50), Antonietta Pastore oppure al timidissimo professore che,
sembra voler suggerire una doppia chia‐ consapevole del suo amore impossibile
ve di lettura del volume: da un lato il te‐ per una ragazza americana, acquista tutti
sto si snoda sotto forma di narrazione di gli oggetti che lei ha posseduto per
un viaggio sentimentale all'interno di una sentirla vicina una volta che sarà tornata
cultura ricca di grazia, mentre dall'altro si in patria.
presenta come un'indagine attenta a sve‐ La scrittrice, con grande onestà,
lare gli aspetti più familiari e talora non nasconde i suoi momenti di insoffe‐
contraddittori del popolo nipponico, tesa renza o scoraggiamento dinanzi ai
così a smentire (o per lo meno a piccoli e grandi problemi che ha dovuto
correggere) i numerosi stereotipi in pro‐ affrontare in Giappone nel corso del
posito. tempo, come le difficoltà di apprendi‐
La scrittrice ci racconta con fare mento degli onnipresenti ideogrammi, gli
confidenziale questa realtà formalmente scarti imprevedibili dal galateo occi‐
così lontana da noi ‐ ma umanamente dentale, l'inflessibilità dei regolamenti e LEGGERO IL PASSO SUI
così vicina ‐ ricorrendo a disavventure ed della burocrazia. TATAMI
episodi vissuti in prima persona durante Infine, sono senz'altro da citare
il suo lungo soggiorno in Giappone, che le pagine dedicate all'incontro dell'autri‐
ANTONIETTA PASTORE
non di rado strappano un sorriso. Si deli‐ ce con la letteratura giapponese; un
nea in tal modo, dinanzi ai nostri occhi, incontro avvenuto per caso dopo anni di
un orizzonte inconsueto e inatteso, fatto indifferenza, che il tempo ha fecondato
di superstizioni, credenze bislacche, abi‐ e portato a maturazione: oggigiorno, EINAUDI
tudini in apparenza incomprensibili e infatti, Antonietta Pastore è una delle più
gesti di squisita gentilezza. Protagonisti di prolifiche e competenti traduttrici italia‐
€ 13,50
questi ricordi sono per lo più individui ne.
comuni, conosciuti attraverso esperienze
quotidiane, non di rado incrociati * I tatami sono le stuoie che ricoprono i
soltanto per qualche minuto. pavimenti delle abitazioni giapponesi.
Alcuni di loro, però, sono senza
dubbio destinati a rimanere nella memo‐
ria del lettore: il pensiero corre subito © RIPRODUZIONE RISERVATA
HITOSHI'S WORLD
photo © Hitoshi Shirota
FAMIGLIA: PINACEAE
GENERE: PICEA
NOME COMUNE: ABETE, PECCIO

Al genere Picea appartengono almeno 35 specie diverse. In generale, hanno


portamento conico o piramidale. La corteccia è squamosa e gli aghi sono
abbastanza piccoli e di colore verde intenso; caratteristiche che rendono queste
piante adatte a diventare bonsai anche di notevole pregio.

PICEA ABIES (ABETE ROSSO) ‐ Questa specie è molto re‐ te bianco. La corteccia, anche in queste piante va
sistente al freddo, infatti si trova in alta montagna. dal rossiccio al marrone, ma gli aghi sono particolari
Possiede aghi di medie dimensioni di colore verde in quanto tendono al blu.
chiaro. La corteccia è rossastra e marrone. PICEA JEZOENSIS (PECCIO DI JEZO, ASIA NORDORIENTALE,
PICEA GLEHNII (PECCIO DI GLEHN, GIAPPONE SETTENTRIO‐ KAMCHATKA, FINO AL GIAPPONE) ‐ Meno resistente di
NALE, SAKHALIN) ‐ Questa è un'altra specie molto uti‐ altre specie, questa picea, molto popolare in
lizzata come bonsai soprattutto in Giappone. La si Giappone, è molto bella e si trova sotto nomi diversi
conosce comunemente anche come Ezo, Edo e abe‐ come: Jezo, Hondo,Yeddo. Predilige una condizio‐
YU‐EN
Sfogliando una vecchia rivista, mi ha incuriosito la
storia di una picea in stile a zattera o netsuranari so‐
prannominata Yu‐en …
…Fu raccolta in natura a Kokugo, un'isola al nord di
Hokkaido
Si è sempre distinta, nel mondo del bonsai, per la
rarità del suo stile e per l'armonia e la proporzione
tra lo spessore dei tronchi, l'altezza e la larghezza. E'
un esempio di equilibrio naturale e, osservando la, si
percepisce la bellezza dei boschi di Picea del nord
del Giappone; senza alcun dubbio la migliore che si
sia mai vista. Dopo la guerra fu acquistata da un
amatore della provincia di Tochiki. Allora il bonsai
presentava sette tronchi. Un altro appassionato, Na‐
gakitsu Sasano, sentì parlare della bellezza di questo
esemplare e volle comprarlo. Così incaricò un
commerciante di sua fiducia di informarsi chi fosse il
suo proprietario ed il prezzo richiesto.
Il commerciante partì ed arrivò al 'dove veniva cu‐
rato l'esemplare: il proprietario del vivaio era Kyuzo
Murata.
I due commercianti fecero da intermediari; acqui‐
rente e proprietario giunsero ad un accordo verbale
di compravendita. Rimasero anche d'accordo di tra‐
sportare la pianta da un vivaio all'altro (vivevano
molto distanti); fecero una sosta nel vivaio di un
amico comune.
Qui Densaburo Osuka, ricchissimo imprenditore nel
territorio di Omiya, vide l'albero e disse "Ora che ho
visto questa meraviglia, non posso permettere che la
portiate a qualcun'altro".
Gli intermediari gli spiegarono che era stato venduto
ad un'altra persona e pertanto avrebbe dovuto
parlare con il nuovo proprietario e così fecero, ma il
signor Sasano non volle venderlo. Venuto però a co‐
noscenza che l'accordo era solo verbale, il signor
Osuka parlò con il vecchio proprietario e lo comprò.

Questa storia viene ancora oggi raccontata in


Giappone, e da allora chi vuole veramente comprare
un bonsai non fa nessun accordo, se non scritto. Il
28 novembre del 1957 fu messo all'asta, al bonsai
club di Tokyo, e comparì sulla copertina del catalo‐
go. Fu acquistato da Sakae Hayashi, che lo presentò
quello stesso anno alla 38esima esposizione Kokufu.
Fu scelto inoltre per decorare la reception del nuovo
Governo, nel 1958. In quell'anno gli venne per la
prima volta conferito un nome: Yu‐en (yu: profondo,
scuro; ‐en: rano) .
Nel 1964 venne scelto per addobbare l’inaugurazio‐
ne delle olimpiadi di T okyo. Il suo nuovo proprieta‐
rio era Zoj i T ezuka, che lo aveva comprato da
Saburo Kato. Nel 1968 fu presentato all'esposizione
commemorativa del centenario dell'era lji ed ottenne
uno dei primi premi.
Nel 1980 ricevette il riconoscimento speciale di
opera maestra dalla Nippon Bonsai Association. Con
105 esemplari presentati, solo 96 vennero accettati e
ne di semi‐ombra; gli aghi sono piccoli e di colore verde scuro con un lato
bianco. I giovani germogli sono di colore marrone
PICEA ORIENTALIS ( PECCIO ORIENTALE)‐ Possiede aghi estremamente piccoli e di
un verde intenso; la corteccia è di un colore grigio chiaro. Non molto resi‐
stente, questa specie preferisce condizioni crescita caldo‐umide.
PICEA KOYAMAI (PECCIO DI KOYAMA) ‐ Gli aghi di questo albero di abete rosso
nativo del Giappone, raramente raggiungono il mezzo sono centimetro. È la
specie di abete più rara da trovare in Giappone. Cresce in montagna a gruppi
di 10 ‐ 20 alberi ed è raro trovarli al di fuori del Giappone. Gli aghi sono di
colore verde chiaro; predilige un terreno umido e ricco di torba.

Le picee di solito preferiscono condizioni di pieno sole ad eccezione


di alcune sottospecie. Durante l'estate, con il caldo intenso gli aghi tendono
verso il marrone chiaro; a questa condizione si può ovviare riparando le piante
all’ombra.

IRRIGAZIONE ‐ Poiché queste piante prediligono terreni costantemente umidi, la


corretta irrigazione diventa una pratica essenziale per il loro mantenimento.
Ridurre le irrigazioni in inverno, ma non permettere mai che il terreno si
asciughi completamente; nebulizzare con cadenza giornaliera in primavera e
in autunno, e anche durante il rinvaso assicurarsi che il pane radicale non sia
mai asciutto.

CONCIMAZIONE ‐ Per quanto riguarda le concimazioni, anche le picee seguono


il calendario classico: si prediligono fertilizzanti naturali a lenta cessione con
un titolo più alto di N (naturalmente la titolazione NPK dipende dallo stadio in
cui si trova il bonsai) in primavera quando le temperature iniziano a risalire, e
fertilizzanti a più alto titolo di PK in autunno per consentire alla pianta di irro‐
bustire la struttura rameale e le radici e per essere pronte al risveglio della
nuova stagione vegetativa. Infine, si consigliano due somministrazioni annue di
chelati di ferro.

TECNICHE ‐ Le picee bonsai spesso sono associate allo stile saikei (boschetto) e
hanno esteticamente un impatto notevole, ma in generale si adattano a tutti gli
stili tranne a scopa rovesciata.
Il periodo ottimale per pinzare una picea con le dita è molto breve.
Se si opera nel momento giusto il lavoro sarà piuttosto semplice, se lo si fa
tardi, occorrerà lavorare allo stesso modo, ma con pinze e forbici. Dopo la
pinzatura ci si può aspettare soltanto una seconda vegetazione, ma non ci sarà
una crescita continua.
Lasciare crescere le parti deboli senza pinzarle, per equilibrare il vi‐
gore dell’albero, è molto più importante per questa specie rispetto a qualsiasi
altra. Dopo la prima pinzatura che avviene a metà del mese di maggio, si può
eseguire una seconda dopo circa un mese, lasciando crescere i germogli
interni in modo che si rinforzino e aumentino la compattezza della vegetazio‐
ne. L’applicazione del filo va fatta tra il tardo autunno e l’ inverno.

MALATTIE ‐ Gli acari sono il problema più grande per i bonsai di picea. Gli
attacchi più massivi si verificano soprattutto durante l’estate ed hanno bisogno
di essere controllati con trattamenti specifici. I primi sintomi evidenti sono
ingiallimento alla base degli aghi più vecchi Naturalmente, piante indebolite
da parassiti hanno difese meno attive nei confronti di insetti e in particolare
dei tarli.
Il cancro da Cytospora è una grave malattia fungina causata da funghi
Cytospora kunzei var. piceae: le spore e i conidi del fungo si propagano attra‐
verso l'irrigazione o in seguito all’uso di attrezzi di potatura non adeguata‐
mente disinfettati. Le ferite degli alberi sono spesso punti di ingresso per i
funghi che di solito attaccano i rami più bassi e poi si propagano verso la parte
più alta. I sintomi più evidenti sono l’imbrunimento degli aghi e la secrezione
di una resina biancastra. Le parti della pianta colpite vanno prontamente eli‐
minate. C’è da dire, comunque, che cytospora difficilmente attacca piante in
perfetto stato di salute.
questo albero fu riconosciuto con il numero 59 . Fu sempre curato da
Saburo Kato e non ebbe molti problemi di salute (per lo meno nessu‐
no che non fosse di normale amministrazione) fino al 1982, quando
per un errore di annaffiatura soffrì di marciume radicale, che causò la
perdita di 1/3 delle radici e di due tronchi. Il resto dell'albero fu re‐
cuperato.
Dopo 20 anni di appartenenza a Zoji Tezuka venne comprato da
Koichi Nakoyatsu, che lo espose alla convention nazionale di Osaka,
nel 1989. Da allora non è stato più esposto; si cerca di mantenere la
sua immagine intatta senza effettuare rimodellature di rilievo.
Questa decisione è stata presa, in quanto un bonsai del genere è
ormai giunto alla sua massima espressione artistica. E' un esemplare
di rara bellezza che difficilmente può essere modificato senza che
perda parte del suo naturale fascino. Ci si può solo augurare che nel
futuro colui che si prenderà cura di questo bonsai, sappia
comprendere sino in fondo il carattere di ogni singolo albero, che
compone la zattera. (K.Onishi)

Saburo and Tomekichi Kato with Ezo Spruce.


(Photo from Thomas S. Elias' Mansei‐en and the Kato Family)

"Per creare un buon bonsai, devi prima costruir‐


e un buon carattere in te stesso"

Tomekichi Kato
RINVASO ‐ Il rinvaso va eseguito ogni due anni su esemplari giovani all’inizio
della primavera, prima che si sviluppi la
nuova vegetazione, o in autunno. Gli esemplari più vecchi (10 anni) possono
essere
rinvasati ogni 5 anni. Utilizzare un terriccio che assicuri il giusto drenaggio ri‐
ducendo il pane radicale di 1/3 o meno. Dopo il rinvaso proteggere le piante
dal pieno sole per alcune settimane. P. jezoensis deve essere lasciato riposare
per 3 mesi dopo il rinvaso prima di qualsiasi intervento di potatura o filatura.

PROPAGAZIONE ‐ I semi hanno bisogno di un pre‐trattamento a freddo, e gene‐


ralmente sono posti in semenzaio in inverno o all'inizio della primavera. I semi
possono essere raccolti dai coni tra settembre e gennaio; le talee, invece, pos‐
sono essere prese in tardo autunno o all'inizio della primavera, ma il loro
attecchimento, molto difficile, può richiedere fino a due anni.

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