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Queste sono solo alcune tra le tantissime facce del Giappone antico:
- Gli indumenti tradizionali: i kimono, indossati principalmente per cerimonie ed eventi speciali. La
veste, solitamente in seta, fissata da un'ampia cintura annodata sul retro, chiamata obi, è decorata da
eleganti motivi geometrici o floreali che racchiudono numerosi simboli e sottili messaggi sociali,
comprensibili solo da chi conosce la cultura giapponese.
- Le Geishe: sono intrattenitrici professioniste, dotate di spiccata intelligenza, educazione, cultura e
talento, che vengono pagate per ravvivare e agevolare le occasioni sociali. L’esercizio di questa che è
una vera professione richiede in realtà anni di severa preparazione per poter esser educate
all’apprendimento di numerose nobili arti giapponesi, tra le quali assumono particolare importanza il
canto, le danze tradizionali, i complessi rituali della cerimonia del tè e lo shamisen, uno strumento
musicale a tre corde.
- Il Cha no yu "acqua calda per il tè”, un rito sociale e spirituale tra i più noti della tradizione zen,
conosciuto anche in Occidente come Cerimonia del tè. Il protagonista è il matcha, tè verde
polverizzato, che viene mescolato all'acqua calda con l'apposito frullino di bambù e la bevanda che ne
risulta non è un'infusione, bensì una sospensione: questo significa che la polvere di tè viene consumata
insieme all'acqua. La cerimonia del tè avviene seguendo una determinata procedura piena di simbolismo
che solo il teishu, "chi prepara il tè", conosce alla perfezione.
- Riti e tradizioni dello shintoismo e del buddhismo: i giapponesi sono molto religiosi. Molti giapponesi
aderiscono allo shintoismo, l’antica religione che adorava come divinità i fenomeni della natura e gli
spiriti dei morti e al tempo stesso sono seguaci del buddhismo.
- Il buraku: esistono ancora i tipici villaggi nipponici formati da abitazioni addossate le une alle altre e
raccolte vicino a un tempio scintoista in cui vivono le persone dedite all’agricoltura.
- Le arti marziali: vengono ancora insegnate nelle scuole e durante le feste popolari vengono simulate le
battaglie dei samurai, i guerrieri dell’antica età imperiale.
Per i giapponesi di oggi i rapporti sociali e familiari sono ancora impregnati della
tradizione e ogni momento della vita è legato a un modo di affrontarlo con un certo
cerimoniale. Ci sono particolari formule orali di saluto e particolari gesti, come gli
inchini, nel rivolgersi agli altri con estrema deferenza e in modo appropriato per
ciascun ruolo, che servono per ribadire il rispetto che l’individuo porta nei confronti
delle gerarchie sociali.
In giapponese “omote” indica il viso di una persona ma anche la maschera, la facciata
sociale, l’aspetto pubblico che può essere mostrato.
“Ura” invece è la parte nascosta delle cose e degli uomini, ciò che c’è dietro, la parte
in ombra.
Il formalismo giapponese si esprime anche nel vestire: per esempio, nei luoghi di
lavoro gli uomini vestono rigorosamente in giacca e cravatta, anche in piena estate.
La società giapponese è basata sul senso del dovere (giri), al quale si sacrificano le
emozioni umane al fine di far trionfare l’armonia della collettività.
Ancora oggi, in ogni giapponese, la figura di riferimento è quella del samurai, pronto a
sacrificare il suo amore, per obbedire al proprio Shogun.
La maggior parte dei giapponesi evita il confronto diretto e ha problemi nell’esprimere
le proprie idee e i propri sentimenti, perché ciò che conta è il bene della collettività,
cioè della famiglia, dell’impresa per cui si lavora, della patria.
Tali caratteristiche sono assolutamente positive e invidiabili in ambiti come quello
politico, nel quale la dedizione, l’umiltà e l’onesta che le persone dimostrano sono
uniche, tuttavia, esse rendono il popolo giapponese sostanzialmente frustato, incapace
di quegli slanci vitali per i quali gli italiani sono famosi, invidiati e criticati in tutto il
mondo.