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Recensione-analisi di "Quando Dio era Donna" di Merlin

Stone

Libro: Quando Dio era una donna


Autrice: Merlin Stone
Editore: Venexia Edizioni (Le Civette di Venexia)

“Il testo ormai classico che ha inaugurato un nuovo


sguardo sul passato e ha spinto generazioni di donne a
ripensare alla propria spiritualità ed il proprio ruolo nella
società moderna”

Sinossi: In questa rilettura dei miti religiosi a noi più


vicini, l'autrice narra la storia della Dea che ha regnato
sovrana tra il Mediterraneo e il Medio Oriente, venerata
quale saggia creatrice e fonte di ordine cosmico, e non
solo quale simbolo di fertilità e bellezza come la religione
giudaico-cristiana vorrebbe far credere. Merlin Stone
documenta la lunga fase del contrastato passaggio dai
culti matriarcali a quelli patriarcali, culminati con il
declassamento della Dea a creatura debole e depravata,
come racconta una delle leggende più comuni, quella di
Adamo ed Eva. Questo testo ha influenzato generazioni di
donne, spingendole a ripensare la propria spiritualità e il
proprio ruolo nella società moderna.

Recensione: 5 stelline su 5
Credo che la Venexia Edizioni sia la mia unica casa
editrice preferita: è il terzo libro che leggo edito dalla
Venexia e sono rimasta molto contenta che in Italia si
editassero libri storici, di antropologia culturale e
saggistica, rivolti all’analisi del femmineo; mi dispiace che
altri libri dell’autrice siano inediti nel nostro paese.

“Quando Dio era Donna” ricalca un’analisi matrilineare


della storia umana, purtroppo i dati scritti in nostro
possesso arrivano solo al 7000 a.C., precisando che i primi
agglomerati umani risalgono al 36.000 a.C., con al proprio
vertice sociale una donna che incarnava in terra le
proprietà della Dea Madre.
Nel volume andiamo incontro alle vicende e alle analisi di
varie Πότνια Θηρῶν– Signore degli animali in diverse
culture:

Inanna - dea sumera;


Persefone - dea greca;
Amaterasu - dea nipponica del sole;
Iside/Au Set (Iside è come la chiamarono in Grecia, ma in
egiziano il suo nome è “Au Set”), Nekhbet, Maat, Sekhmet
ed Hator;
il trio arabo lunare Allàt, Manàt, Al Uzzà.

Sono stati molto interessanti le nozioni sulla società


sumera: in quanto alle donne fosse legittimo avere due
mariti, ma non era concesso il contrario; oppure le
condizioni delle naditu, sacerdotesse con cariche
amministrative, finanziarie ed economiche: donne di
grande rilievo sociale che portavano avanti enormi
capitali del Paese.
Merlin Stone analizza il passaggio da matriarcato a
patriarcato con l’arrivo dei “popoli del nord” portando
con un riadattamento dei miti, adeguandoli ad un nuovo
assetto sociale.
Questi popoli ormai instaurati ad Hattusha (odierna
Bogazkoy in Turchia) creano una nuova casta sacerdotale
chiamati “Leviti”: questa èlite culturale gestisce e plasma
molti miti pagani riadattandoli verso una nuova religione
capitanata dal dio ebraico “Yahwèh” (“Il traboccante”
letteralmente).
Non a caso spesso nella religione ebraica e nell’Antico
Testamento, Yahwèh parla dalle montagne come molti
altir miti da cui è tratto:
-Zeus dall’Olimpo;
-Baal dal Monte Saphon;
-Indra ed Aura Mazda dall’Hara.
La professoressa Stone approfondisce il termine
“yahwèh” per dare una collocazione geografica precisa ai
primi adepti di questa nuova religione, facendo caso che
in Turchia sia presente un monte di origine vulcanica
chiamato “Ahhiyawa”.
Dobbiamo tenere ben presente la valenza di suoni simili
in culture diverse, dove la scrittura era usata
strettamente per l’amministrazione e la tradizione orale
era ancora ben diffusa e viaggiava di paese in paese
adattando nomi e miti.

Esodo 19:16
Deuteronomio 4:11 – 12
Salmi 10
Salmi 49
Salmi 17
Salmi 88

Nel libro incontriamo vari aneddoti su molti profeti


ebraico-cristiani tra cui San Paolo ed Isaia, promotori di
stupri nei templi pagani, facendo fuori le cosiddette
“qadishtu” – sante, ma tutt’ora questo termine in ebraico
significa solo “prostituta”.
San Paolo è promotore non solo della violenza contro i
peccatori che continuano a vivere secondo un sistema
matrilienare, ma incoraggia lo stupro coniugale, al
rendere una donna solo una serva in casa; incoraggia la
lapidazione verso le donne che osino scandire alcun
suono dalla propria bocca.
Inoltre profeta, incoraggia l’omicidio verso le donne che
si lamentino per la troppa mole di lavoro in casa, gestendo
e modellando una donna utile solo per il sollazzo
maschile.
Paradossalmente mentre l’ebraismo era in diffusione
come setta eversiva e violenta, coesistevano allo stesso
tempo varie religioni dove si adorava ancora la Dea al
centro del pantheon: in un panorama dove la “Santa
Sacerdotessa”, incarnazione della Dea Asherah (in Canaan
questo caso, odierna Libia e un po’ di Siria del Nord) era
colei che fosse libera sessualmente; ma nello stesso
substrato nazionale gli ebrei capitanati dai luviti
imponevano una morale sessuale solo rivolta alle donne,
invadendo, incendiando i templi politeisti, stuprando le
loro sacerdotesse espropriandole dai loro beni,
arricchendosi di enormi capitali (ricordiamo che siamo in
regioni in cui il matriarcato è ancora sostenuto in molte
città come Sidamu/Sodoma).
L’autrice affronta il tema dell’uccisione del serpente
ricorrente in vari miti di molte altre culture:
Era ed i suoi serpenti: Tifone, Pitone e Ladone;
La lotta di Zeus con Tifone;
Marduk e Tiamat;
Il Serpente è costantemente l’incarnazione del femmineo
che viene soppresso incessantemente dall’eroe maschile
con una vincita metaforica del patriarcato sul
matriarcato.
Merlin Stone analizza il mito del giardino dell’Eden e di
Adamo ed Eva argomentando che la nascita del racconto
fosse scritto a tavolino dall’èlite luvita per veicolare il
popolo, utilizzando il serpente - simbolo della Dea che
tenta Eva, una volta morsa la mela Eva apprende la
conoscenza, il significato della vita: la procreazione ed il
controllo su di essa.

Merlin Stone affronta il fatto che all’inizio nel Giardino


Sacro l’albero maledetto non fosse un melo, ma un ficus
sycomorus: nei paesi latini la tradizione ha fatto valenza
sul doppio significato di “malum” che può essere tradotto
sia con “mela” ma anche “male”; l’autrice pensa che si
tratti di un albero di fico dall’avvenimento successivo al
mito biblico: il coprirsi le nudità con le foglie di fico.
La professoressa affronta inoltre la questione
dell’adattamento della “vergine incinta” sostenendo che
una figura così santa e già presente nelle terre canenee ed
hittite siano state manipolate e screditate arrogando a
Maria la condizione di umana accompagnata da suo
figlio.
In molte culture troviamo l’iconografia Santa della Madre
sul trono con il bimbo:

Inanna e Adad;
Ishtar e Teshub;
Arinna e Teshub;
Dhurga e Krishna;
Maha Devi e Brahma.
La parola “vergine” non è da intende come una donna che
non ha mai contratto rapporti sessuali, ma con
“indipendente”: Afrodite stessa una volta l’anno si
immergeva nelle acque ciprigne per purificarsi dai
contatti che ha avuto con gli uomini.

L’autrice affronta anche la figura di Gesù cristo, affiancata


anch’essa a molti miti già coesistenti nel periodo in cui
venne orchestrato, affiancato dai racconti di : Attis,
Adone, Dionisio, Inanna e Dumuzi, Ishtar e Teshub, Iside
ed Osiride, Baal e Astaroth.

Inoltre si analizza anche il nome “Maria”, messo in primo


piano dal mito di Attis: tornato dagli inferi con sua madre
“Ma Rea” che lo aspettava mentre lo piangeva.
Ho Adorato questo libro fino in fondo: incoraggio tutti a
reperire i testi della Venexia Edizioni!
Ve li consiglio caldamente!

-Astarte

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