Sei sulla pagina 1di 3

CAPITOLO 4 - Altri utilizzi: Deepdream, Deepfake Arte o

rielaborazione?
Le nuove frontiere dell’applicazione AI nel mondo dell’arte portano a indagare sia sulla sua possibile
utilità, sia sul ruolo dell’artista al cospetto dei computer. Quando Martin Heidegger scrisse
“Sull’origine dell’opera d’arte” egli parlava di processo creativo che andava ad unire tradizione e
innovazione, ma sicuramente non immaginava che il creatore dell’opera d’arte potesse essere una
macchina in grado di elaborare autonomamente un array di dati finalizzati alla creazione di un
prodotto considerabile artistico. Ora come ora si potrebbe dire di essere arrivati ad un nuovo stato
dell’arte in cui il peso del fattore umano viene messo in discussione quando messo dinanzi ad una
macchina.

4.1 Definire l’arte AI


Solitamente l’intelligenza artificiale viene intesa e approcciata come strumento al servizio dell’essere
umano, basti pensare ai numerosi processi che può compiere e che accorciano i tempi di operazioni
altrimenti dispersive in termini di tempo e denaro come lo smistare curricula vitae o tradurre testi in
altre lingue. Lo stesso approccio può essere applicato al mondo dell’arte definendo l’arte AI come, ad
opera di macchine programmate dell’essere umano, di artefatti o esperienze con una autonomia tale da
venir riconosciute come arte contemporanea dagli addetti ai lavori del mondo dell’arte.

Si potrebbe anche pensare di insegnare al computer le tecniche degli artisti del passato e poi
sottoporre risultato ad esperti del settore e, come nel test di turing di cui si è parlato nel capitolo 2, Se
uno storico scambia un oggetto generato da un computer per un’opera originale di una certa epoca, e
se quell’oggetto non è solamente una copia rielaborata di un lavoro già esistente, allora il computer
supera il test.

4.2 La creatività dell’algoritmo


L’applicazione delle GAN fino a oggi più nota non ha però quasi nulla a che fare con l’arte, ma col
mondo dei meme. In particolare i deep fake: video e foto in cui il volto di una persona nota viene
sovrapposto in maniera quasi indistinguibile al corpo di un’altra e impiegati, per ora, per creare video
virali con false dichiarazioni di politici come Obama, Putin e altri. Un’altra applicazione che sta
prendendo piede è quella delle “persone che non esistono”, in cui un sistema di GAN crea immagini
di volti verosimili ma in realtà inventati dal nulla. Un dettaglio che accomuna tutte le immagini
generate artificialmente è la sensazione onirica che si crea poiché i software di intelligenza artificiale
devono passare attraverso un processo di apprendimento in cui la macchina non è in grado di capire la
forma e il significato di ciò che vede, di conseguenza l’IA tende a produrre cose che solo in parte
somigliano alla realtà. Le immagini create assomigliano quindi alla realtà, ma non la rappresentano.

Questo processo può essere considerato un'esplorazione della creatività che può venire impiegata
nell'addestramento di una GAN. Addestramento che ha un ruolo cruciale perché più vasto e vario è il
database a disposizione della IA più essa avrà margine creativo, allo stesso modo più è ridotto e
omogeneo minore sarà l'autonomia dell'intelligenza artificiale.
4.3 IA Strumento o artista?
Questo non significa che fornire a una GAN un database contenente tutta l’arte visiva creata fino ad
oggi le consentirebbe di produrre opere originali e considerabili arte creata da un’intelligenza
artificiale. Per Marian Mazzone l'IA non sarebbe altro che uno strumento perché l'algoritmo verrebbe
scritto da un essere umano che ne imposterebbe i valori in modo tale da ottenere un risultato quanto
più vicino alla sua visione non lasciando l’algoritmo libero di creare.

L’IA può essere considerata autrice di opere proprie quando la si considera collaboratrice di un agente
umano e anche lì dipende da chi la affianca. Dipende da quale artista si prende in considerazione:
alcuni lavorano molto attivamente con gli algoritmi dell’IA e in questi casi la loro si può considerare
una collaborazione: c’è una comprensione delle capacità della macchina e di cosa sta facendo, c’è
l’idea di come si vuole interagire e c’è l’interesse a creare qualcosa tramite l’interazione con
l’algoritmo. Altri invece usano l’intelligenza artificiale come un semplice strumento.

Il tema dell’autonomia creativa della macchina è molto meno nuovo di quanto si potrebbe pensare:
oggi si parla sempre dell’arte dell’intelligenza artificiale e in particolare della GAN, ma in verità
questi temi vennero affrontati già negli anni Sessanta da Michael Noll, che nei Bell Labs fu tra i
primissimi a usare calcolatori per produrre immagini, che all’epoca era un’idea bizzarra visto che non
c’erano nemmeno gli schermi ed era necessario stampare il lavoro. Già lui si era posto il problema
della creatività della macchina e del bilanciamento tra controllo e caso. Nella prima opera da lui creata
con il computer – delle linee che uniscono dei punti – Noll inserì nel software un fattore random,
lasciando alla macchina una certa libertà di scelta su quali punti unire prima degli altri. C’era già
quindi questa idea di delegare una parte di volontà, diciamo così, alla macchina.

Lo stesso Mario Klingemann, pur riconoscendo alla macchina un certo grado di creatività, non le
attribuisce però una agency. Klingemann afferma infatti di essere lui stesso a “controllare il processo
artistico in modo indiretto, addestrando il modello su insiemi di dati selezionati e sugli iper-parametri
del modello, e infine operando una selezione, scegliendo tra le migliaia di varianti (…) quella che più
mi parla”. Potrà avere maggiore o minore autonomia, ma sempre uno strumento rimane.

4.3.1 Il caso del Ritratto di Edmond de Belamy


Il Ritratto di Edmond de Belamy che, in seguito all’asta di Christie’s, ha attirato l’attenzione dei media
sulle potenzialità della GAN, scatenando discussioni sulla nascita dell’arte dell’intelligenza artificiale.
Definire così questo ritratto sarebbe senza dubbio
un’esagerazione siccome il collettivo di artisti dietro a
quest'opera ha lasciato poca libertà all'algoritmo
fornendogli circa 14 mila immagini, un numero esiguo, se
si considerano gli standard di altre reti neurali, tutte
fortemente simili tra loro.

Si potrebbe alzare l'obiezione secondo cui l'output


dell'algoritmo, benché addestrato per dare in certo
risultato, sia un esito scontato di un database per nulla
vario.
Che l’output dell’algoritmo – addestrato solo con ritratti ottocenteschi – fosse l’immagine di un
gentiluomo di quel periodo non è il risultato di un lavoro creativo e almeno parzialmente autonomo: è
invece l’esito scontato di un database per nulla vario. Sarebbe come dare in pasto a una IA tutti i
quadri del periodo costruttivista di Cézanne e poi stupirsi perché l’immagine creata – rielaborando i
tratti comuni di ogni opera – ricorda un Cézanne del periodo costruttivista e non sia originale. In
questo caso, però, più che parlare di arte si parla di imitazione, o mimesi, che secondo Platone e
Aristotele è il principale metodo di apprendimento impiegato dal genere umano nel corso della storia,
da qui ci si ricollega all'affermazione di Picasso.

L’elevata quotazione del Ritratto di Edmond de Belamy è legata esclusivamente alla novità. Tutte le
persone che si occupano di arte computazionale hanno giudicato quel lavoro poco interessante dato
che il dataset era troppo ristretto e limitato. È facile fornire al sistema dei ritratti di un certo tipo e poi
avere come risultato qualcosa di identico. Al limite è servito a dimostrare che le persone di Christie’s
non conoscono il modo dell’arte computazionale.

All’altro estremo dello spettro dell’arte dell’intelligenza artificiale si colloca invece Mario
Klingemann, autore di svariate opere create con la GAN tra cui la nota Memories of Passerby I: una
console di legno realizzata a mano al cui interno si trova il cervello dell’intelligenza artificiale che
crea, in continuazione e in tempo reale, volti maschili e femminili sempre nuovi e in costante
mutazione, riprodotti su due schermi. Klingemann non solo sperimenta le applicazioni della GAN in
campo artistico, ma utilizza per l’addestramento un database molto più variegato, introducendo così
una significativa imprevedibilità nel processo generativo.

4.4 Deepfake
4.5 Controversie: ArtStation

Potrebbero piacerti anche