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Da

“Campo 22
SETTEMBRE 2019

Urbano” a
oggi:
come è
cambiata
l’arte
pubblica?
ARTE CONTEMPORANEA
di Silvia Conta
Un convegno e una mostra organizzati dalla
Fondazione Antonio Ratti riflettono sull'arte
pubblica di oggi partendo "Campo Umano",
l'evento che nel 1969 trasformò Como per
un giorno. Le parole di Luca Cerizza

Grazia Varisco, Campo Umano (particolare), Foto Ugo Mulas © Eredi


Ugo Mulas. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia
Rumma, Milano-Napoli
Era il 21 settembre 1969 quando l’evento
“Campo Urbano”
Urbano”, a cura di Luciano
Caramel
Caramel, trasformò per un giorno la città di
Como occupando gli spazi pubblici «con
interventi effimeri e spesso spiazzanti per la
cittadinanza e l’opinione pubblica comasca».

«”Campo Urbano” si inserì – ha spiegato


l’istituzione alla stampa – in un più ampio
dibattito tra i curatori e i critici del tempo sugli
eventi espositivi che andavano moltiplicandosi
nelle strade e nelle piazze delle cittadine
italiane tra il 1968 e ‘69. In mezzo ai movimenti
di protesta e antiautoritari sbocciati nel ‘68, e la
conseguente occupazione delle strade da parte
di studenti e lavoratori, “Campo Urbano”, come
altre mostre di questi anni, cercava un nuovo
contatto con la realtà della vita quotidiana e
con un pubblico più ampio dei soli appassionati
d’arte. Una relazione che si rivelò non priva di
ambiguità».

Nell’anniversario di “Campo Urbano” la


Fondazione Antonio Ratti di Como ha
organizzato “CAMPO UMANO – Arte
pubblica 50 anni dopo” , a cura di Luca
Cerizza e Zasha Colah Colah: un convegno di due
giorni a Villa Olmo (21 e 22 settembre, qui il
programma) e la mostra ”Documentare
l’effimero” (nello spazio Borgovico33 di Como,
fino al 26 ottobre) che celebrano «il
cinquantesimo anniversario di quella mostra-
evento, analizzandone successi e fallimenti nel
contesto storico-artistico e sociale dell’epoca.
Allo stesso tempo, il progetto vuole ridiscutere
le possibilità e le forme odierne di arte
pubblica, in uno scenario politico, sociale e
tecnologico in cui l’idea stessa di spazio e di
bene pubblico, il concetto di collettività e
comunità, sono profondamente mutati rispetto
a quegli anni.

Abbiamo posto alcune domande a Luca


Cerizza
Cerizza.

Gli eventi di “Campo Umano” sono


dedicati alla storica manifestazione del
1969. Può ricordarcela?

«Fin dal nome, il nostro progetto rievoca e,


vorrei dire, riattualizza “Campo Urbano”; la
mostra-evento che occupò le piazze e le strade
di Como il 21 settembre 1969. Su invito di
Luciano Caramel artisti, designer, architetti e
musicisti realizzarono interventi per la grande
maggioranza di natura effimera. Tutto avvenne
dalla mattina alla sera: le azioni, istallazioni e
performance di Enrico Baj
Baj, Davide Boriani
Boriani,
Gianni Colombo
Colombo, Gabriele De Vecchi
Vecchi,
Dadamaino
Dadamaino, Luciano Fabro
Fabro, Bruno
Munari
Munari, Giulio Paolini
Paolini, Gianni Pettena
(non invitato), Paolo Scheggi
Scheggi, Grazia
Varisco e molti altri.
Il giorno dopo non era rimasto praticamente
nulla: solo le critiche della stampa locale e le
stupende immagini di Ugo Mulas che
documentò la mostra».

Perché, con la Fondazione Antonio Ratti,


avete ritenuto importante dedicare un
convegno e una mostra all’evento del
1969?

«”Campo Urbano” fu una delle ultime di quella


stagione di mostre in spazi pubblici che
occuparono le cittadine italiane soprattutto tra il
1967 e il 1970. Ci interessava partire da questo
caso storico per riflettere su quello che i suoi
successi e fallimenti ci possono insegnare oggi.
Se la mostra presso Borgovico33 ricostruisce
quella giornata di cinquant’anni fa, il convegno
riunisce molti esperti in materia (storici,
curatori, critici, artisti) per discutere anche delle
possibilità dell’arte pubblica oggi, in un
contesto politico, sociale e culturale dove il
concetto stesso di “pubblico” è profondamente
cambiato».

In che termini è mutato?

«La sempre più forte privatizzazione,


commercializzazione dello spazio urbano,
come le sempre più sofisticate strategie di
controllo in uso nel capitalismo avanzato,
stanno modificando profondamente le città di
oggi e di domani e le nostre possibilità di
abitarle.
Gli artisti di oggi devono confrontarsi con uno
spazio di intervento che è sempre più
complesso. Se forse hanno meno libertà e
disincanto di allora, dovrebbero possedere una
consapevolezza maggiore e strumenti più
raffinati dei loro colleghi di mezzo secolo prima.
D’altro canto alcuni degli interventi di “Campo
Urbano” (Giuseppe
Giuseppe Chiari e Franca
Sacchi
Sacchi, Ugo La Pietra
Pietra, Gianni Pettena
Pettena,
per esempio) sollevarono questioni ancora oggi
molto attuali sulla relazione tra cittadino e
spazio pubblico».

Su quali aspetti dell’arte pubblica si


concentrerà il convegno?

«Il convegno occuperà due giornate. La prima


(sabato 21 settembre) si concentrerà su
un’analisi di “Campo Urbano” attraverso una
ricostruzione storica della situazione sociale e
politica italiana (Robert
Robert Lumley
Lumley), un’analisi
delle mostre in spazi pubblici in Italia
(Alessandra
Alessandra Acocella
Acocella), la ricostruzione della
sua fortuna critica (Luca
Luca Cerizza
Cerizza) e una tavola
rotonda con alcuni dei protagonisti di
quell’evento, moderata da Alessandra
Pioselli
Pioselli. La seconda giornata (domenica 22)
sposterà l’orologio ad oggi, analizzando gli
sviluppi odierni dell’arte pubblica con una
particolare attenzione alla realtà delle metropoli
e megalopoli europee e asiatiche, attraverso i
contributi di Zasha Colah
Colah, Hou Hanru e
Roberto Pinto
Pinto. Una tavola rotonda con artisti
e studiosi (Massimo
Massimo Bartolini
Bartolini, Cecilia
Guida
Guida, Francesco Jodice e Margherita
Moscardini
Moscardini) discuterà delle possibilità di
intervento nello spazio pubblico oggi».

Parallelamente al convegno ci sarà una


mostra, ce la può descrivere in sintesi?

«La mostra (“Documentare l’effimero”)


ricostruirà le vicende di “Campo Urbano”
attraverso materiali provenienti dagli artisti, in
parte totalmente inediti (come il carteggio tra
Franca Sacchi e Giuseppe Chiari), gli efemera
disegnati da Bruno Munari per l’occasione e
una documentazione video e video-interviste
dell’Archivio Mulas. Oltre a altri materiali di
studio, un ruolo fondamentale lo avranno le
immagini di Gianni Berengo Gardin e Gabriele
Basilico. Saranno in mostra una selezione di
stampe per la maggior parte inedite. Quel
giorno di cinquant’anni fa, tre maestri della
fotografia italiana documentarono l’effimero,
fianco a fianco, per le strade di Como».
Gabriele Basilico, Campo, Urbano, Como, 1969,
©Gianni Berengo Gardin, Courtesy Fondazione
Forma Milano, Contrasto Galleria Milano

Gabriele Basilico, Campo Urbano, 1969, Courtesy


Archivio Gabriele Basilico, Milano

Ugo Mulas, Campo Urbano, Como, 1969, ©Gianni


Berengo Gardin, Courtesy Fondazione Forma Milano,
Contrasto Galleria Milano

Ico Parisi, Contenitore Umano, 1968, Stampa


Fotografica su pannello, Courtesy Fondazione Ratti
Gianni Pettena, Laundry, dettaglio, 1969, Tecnica
mista su carta da spolvero, Courtesy Publi Paolini

Gianni Pettena, Laundry, 1969, Tecnica mista su carta


da spolvero, Courtesy Publi Paolini

Grazia Varisco, Campo Umano (particolare), Foto


Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Courtesy Archivio
Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano-
Napoli
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