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Sia le scuole delle chiese riformate sia le scuole cattoliche hanno un forte interesse dei problemi religiosi.

Nel rinascimento però si diffondono le utopie pedagogiche, novità grandi verso le tradizioni. Utopia è un
termine che moore conia: rimane la contraddizione della possibile esistenza, del buon luogo, o del non
luogo. Questo fa i conti anche con la tradizione classica, in particolare la repubblica di Platone. Tommaso
moro fu cancelliere di Enrico VIII: aderiva alla chiesa di Roma, non dogmaticamente, per questo fu
condannato a morde. Utopia è divisa in due parti: le due facce di questo concetto, nella prima parte
descrive la realtà del suo tempo, in Inghilterra, in maniera negativa. Moro fa delle critiche alla sua società,
all’indirizzo capitalista che stava prendendo, che produceva diseguaglianza e situazioni di difficoltà sociale.
Parla dell’eccessiva richiesta di pochi, di un lusso inopportuno. La proprietà privata porta a diseguaglianze, il
lavoro è lavoro manuale e contemporaneo, nei giovani, allo studio. Non si studia solo il latino ma anche la
lingua nazionale. Nella sua idea c’era comunque tolleranza religiosa, vengono impedite violenze e violenze
religiose. Nella città del sole ci sono pon sin e mor: i ministri del sole, scritto da campanella. Il capo politico
di questa città è il sole. È una visione piramidale e non proprio democratica. Pon è potenza e presiede alle
armi. Sin è istituzione e presiede a ciò. Ahche in campanella è centrale l’amore per la comunità. Il lavoro è
sia manuale che mentale. L’educazione si sviluppa in questi termini. La città del sole è un dialogo tra
l’ospitalario e un genovese.

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