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“Come si innamorò di Eloisa e come da ciò ricevette una ferita nella mente e nel corpo”…
Nel corso di queste discussioni tematiche ho spesso alluso a quella condizione di ammutolimento e
di annichilimento cui soggiace, davanti alla teofania del femminile, l’uomo antico. Innumerevoli
potrebbero essere i nuovi menzionati, oltre a Tiresia e Atteone. E ho spiegato come tale
menomazione, tale sparagmòs personale e spirituale si sia riverberato nel culto femmineo della
Furchtbare Gottin (“dea terribile”) medievale, vale a dire la Dama, altiera e giudicante; e per
illustrare come tale macabro archetipo della interazione tra i sessi fosse radicato nella mente
dell’uomo pre-moderno, intendo ora citare il caso peculiare di Pietro Abelardo. Sull’identità di
Abelardo ed Eloisa è inopportuno non tacere; ogni presentazione sarebbe superflua. Ma della loro
vicenda non viene mai sottolineato quel sottotesto primevo del “gioco delle parti” uomo-donna che
(raggiungendo il suo acme proprio nel Medioevo) tende a giustificare la donna, a trarla d’impaccio
e a separarla dall’infamia risultante da una vicenda spiacevole. L’amore clandestino tra il maestro e
l’alunna ha, su ammissione di Abelardo stesso, dei tratti, fin dall’inizio della relazione, di chiara
reciprocità. Vero: Eloisa era appena una fanciulla, e il carisma di Abelardo, ormai una celebrità in
tutta la Francia, non poteva che piegarla, assolvendola da ogni partecipazione criminosa. Eppure,
c’è da osservare che Eloisa è una enfante prodige; a sedici anni padroneggia a menadito il latino, il
greco, e probabilmente anche l’ebraico (come attesta un passo di Pietro il Venerabile, uno dei più
potenti protettori di Abelardo). Mastica meglio dei grandi maestri la retorica e la filosofia; s’intende
di matematica; saggia il fiore di tutte le arti. E lungo tutto il carteggio con Abelardo, mostra (al pari
del suo scaltro ex amante) di conoscere l’arte furbesca del piegare la Bibbia al proprio tornaconto;
mostra, anche dopo essere stata “internata” in convento, di avere un attaccamento morboso ad
Abelardo, del quale egli molto sembra adontarsi. Insomma, Eloisa è (quantomeno a monte della sua
funzione letteraria) donna compiuta e savia, al momento della sua relazione clandestina. Ama un
uomo col quale discetta quasi alla pari, e si duole a lungo della sorte ignominiosa riservata ad
Abelardo (la castrazione, la ferita che Fulberto, zio di Eloisa, ha inferto tramite scagnozzi all’ignaro