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[FIRCU][NGCAP2L]LA ormai ripetitiva e, al fondo,

stucchevole discussione sulla faziosità reale o


presunta dei libri di testo, specie quelli di storia,
mi ha invece risvegliato un vecchio interrogativo che
intrigava me e i miei compagni di scuola fin dai tempi
remoti in cui frequentavo il ginnasio. Lo si potrebbe
riassumere con una formula un poco all’americana,
così: ciò che avrei voluto sapere e non mi hanno mai
spiegato. Qui, più che i testi veri e propri, la
questione riguarda l’iniziativa personale degli
insegnanti e le loro pudiche reticenze.

Non so se accada tuttora, e forse i tempi sono


cambiati, ma uno degli aspetti più vistosi della
reticenza riguarda in genere la sessualità, specie se
ambigua. Nella mia ingenuità, io non avevo affatto
capito che, nell’Iliade, Achille e Patroclo sono
amanti (il lamento di Achille dopo la morte di
Patroclo sul fatto che non potrà più baciare le sue
dolci ginocchia veniva sempre espunto); altrettanto si
dica di Eurialo e Niso nell’Eneide.

L’omosessualità di Platone era allora un tabù, non


meno di quella di Giulio Cesare, ironizzata dai suoi
stessi soldati durante il trionfo, con giochi di
parole alquanto pesanti. Che Niccolò Tommaseo fosse di
costumi assai liberi lo appresi molto più tardi,
leggendo la sarcastica definizione data da Manzoni:
«Mezzo giovedì grasso e mezzo venerdì santo». Delle
oscenità dell’Orlando Furioso manco a parlarne. Curzio
Malaparte raccontava di un suo docente gesuita al
famoso Collegio Cicognini di Prato, frequentato anche
da D’Annunzio, il quale sostituiva le ottave erotiche
di Ariosto con altre castigatissime scritte da lui. E
Garibaldi, di cui, secondo un vecchio detto, non si
può parlar male?

La dolce, eroica Anita, compagna della sua vita, era


la moglie di un onesto panificatore sudamericano, al
quale l’Eroe dei due Mondi l’aveva - si immagina
consenziente - rapita. Pare che Edmondo De Amicis
fosse, come si suol dire, uno sporcaccione, mentre di
Vittorio Emanuele II sono sempre trapelate le
innumerevoli avventure cercando però di non insistere
sulla parola «amanti». Il figlio Umberto I non
scherzava, ma si sussurra che neppure la soave
consorte Margherita (alla quale sono tuttora
intitolate molte scuole, mentre personalmente si
dichiarò più volte contraria all’educazione popolare)
fosse al di sopra di ogni sospetto.

E gli eroi? Davvero veniva crudelmente mandato in


trincea un povero mutilato con stampella votato alla
morte, di nome Enrico Toti? Insomma, la censura,
quella più propriamente freudiana, rimane almeno in
parte, e magari con le migliori intenzioni, nella
pratica spicciola dell’insegnamento. Coraggio,
divulgate uno dei più sublimi esempi di amore
travolgente. Si chiama Cantico dei Cantici.

(21 novembre 2000)


Giovedi' 23.11.00

Lanternina Rossa di Guido Ceronetti

Dicono vecchie parole ebraiche – qualcuno mi aiuterà a ritrovarle? – che il Messia verrà nel cuore della catastrofe,
quando proprio vomiteremo le sciagure. Ancora non ci siamo ma non è un conforto.
L’infallibile libro di Giobbe, volando alto come Sofocle, canta: «Perché l’uomo nasce per la sciagura /
Come le aquile per il volo». Ogni nascita è una tragedia, ma qualcuno ci benda gli occhi. Se non
sbaglio, è anche scritto che, nel tempo messianico
(che non è lo stesso della venuta: può essere
parecchio tempo prima, mi pare) gli Ebrei, o tutti,
mangeranno arrosto di Leviatano. E qui l’ipotesi di
Leviatano Pazzo va fatta con premura. Questo mostro
dei mostri di quali mangimi si nutre? Spaventosi, a
base di carni umane. Ed è incontrollabile: passa
qualsiasi frontiera.

L’encefalite spongiforme può travalicare nel mito e di


là non la tira fuori più nessuno. Il sapiente
kabbalista non aveva previsto l’arrosto di Leviatano
Pazzo. Ma, e se fosse già sfuggito ai controlli, se
fosse già in commercio, già sperimentato sui detenuti,
gli scolari, i vecchi degli ospizi aperti
all’Alzheimer? Se fosse già nei cervelli, tutti più o
meno malfermi, il prione di Leviatano Pazzo? I sintomi
non sono certezze...

Tuttavia il cuore della catastrofe messianica sembra


essere l’obiettivo inconscio della pacificazione
tantalica nell’antifrastica Terrasanta. Tra Israeliani
e Palestinesi le nozze sono a portata di mano e nello
stesso tempo la fossa carnaia comune. Volere una cosa
e farne arrivare una opposta è quanto c’è di più
umano, perché il Destino (lo dico sottovoce perché
disturba il palco delle Autorità e l’inquilino
illustre della Papamobile) è nelle nostre mani come la
crescita di una foglia è in quelle di un benzinaio.

L’immagine del formidabile Sansone che spezzando i


pilastri del tempio idolatra seppellisce se stesso
insieme a una turba di Filistim è di una attualità
impressionante e incombente. Se Israele dovesse
scomparire non resterebbe, in quella parte di mondo,
che un cratere di meteorite, dove qualche spettro si
cuocerebbe sulla barbecue un pezzo fetido di Leviatano
Pazzo.

Il Messia non è un tipo prevedibile o malleabile. Per


lui il tempo della venuta può essere quello del giorno
dopo. Invidiabili gli uomini d’azione del genere di
Gino Strada, che nel cuore nero del Leviatano Pazzo
del mondo va incessantemente riparando amputazioni di
scellerate guerre. I piccoli rimedi restano possibili,
i grandi sono da mosche cocchiere. Il dodicesimo
capitolo del libro di Daniele è uno splendente UFO di
un altro cielo, dove gli elicotteri di morte non hanno
accesso.

(23 novembre 2000)

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