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GENERE: romanzo.
Stephen Hawking.
SPAZIO: le vicende si svolgono a New Jork dal 2001 al 2003 e a Dresda dal 1940 al
1945.
Riassunto
Oskar è un bambino di nove anni, geniale, sensibile e complicato. Nel settembre del
2001 ha dovuto fare i conti con la morte del padre, inghiottito dal crollo del World
Trade Center e ora è alla ricerca di un modo per sopravvivere a questa perdita, al
qualche modo attenuare il suo stato di tensione. Intersecata alla storia di Oskar c’è
quella di sua madre, che prova a tenere in piedi i cocci della sua famiglia e della sua
vita, ma soprattutto dei due nonni paterni, anche loro vittime di un atto violento, il
lacerante il loro futuro. Parte centrale del libro è il ritrovamento da parte di Oskar di
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una chiave misteriosa appartenuta a suo padre. E la ricerca ricerca della serratura
guerre, tutte le guerre, hanno sugli esseri umani. Conseguenze spesso invisibili ma
che sono in grado di stravolgere tutto, anche e soprattutto l’amore. Oskar non sa fare i
conti con la morte improvvisa del padre, si sente colpevole perché non ha avuto il
probabilmente rintanato sotto una scrivania poco prima che la Torre Nord crollasse.
Affida così alla ricerca di una serratura la sua salvezza come bimbo e come figlio,
cercando nel suo cammino per le strade di New York di dare un senso alla morte, a
ciò che non c’è più e a quello che resta, come ad esempio sua madre (a tratti
riesce è qualcosa che dovrete leggere, perché davvero le ultime pagine di questo libro
sono roba che bisognerebbe tatuarsi addosso per quanto belle e geniali.
Altro nucleo fortissimo dell’opera (io divido per comodità, ma in realtà è tutto
perfettamente legato) sono le vicissitudini dei suoi due nonni, entrambi vittime della
seconda guerra mondiale, per la precisione del bombardamento di Dresda che spazzò
via tutta la famiglia di lei, compresa Anna, sua sorella maggiore nonché primo (e per
comunicative di compromesso, perché entrambi, dopo quei fatti, sono rimasti con la
per caso tempo dopo a New York) è frutto di questo, lei con “gli occhi guasti” per
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non affrontare la vita, e lui, per lo stesso motivo, ha rinunciato alla parola e usa
taccuini per comunicare. Lui, che si è tatuato un sì e un no sul palmo delle mani
(perché così è più facile esprimere due concetti così imponenti) è fuggito non appena
ha saputo che la moglie era incinta (del papà di Oskar), per poi tornare esattamente
nel periodo degli attacchi alle Torri e riprendere col nipote un filo che (forse) salverà
entrambi. Il racconto di questo rapporto è, a mio parere, il tema più bello, devastante,
così tanto come quelle con protagonisti questi due personaggi. Più di tutte però è la
scena in cui lei scrive la sua vita, tutta la sua vita fino a quel giorno, utilizzando una
macchina da scrivere priva di nastro di inchiostro. Una scena meravigliosa nella sua
Safran Foer è riuscito a condensare il senso del loro rapporto ma in un certo modo
anche il senso delle relazioni in generale, unendo con un filo rosso le macerie di
Dresda a tutte quelle forze sotterranee che spesso (molto, ma molto spesso)
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CONSIDERAZIONI PERSONALI
romanzo che divide e che fatica ad arrivare subito a causa di una narrazione molto
confusionaria (soprattutto nella prima parte) che alterna passato e presente senza
passaggi che invitano a riflettere sul proprio vivere, sul nostro io, sui nostri sensi di
veramente: questo è un libro che va letto, anche se Safran Foer è alla moda e dai suoi
libri viene facile sfornare film, superate le difficoltà iniziali (che poi magari erano