Sei sulla pagina 1di 64

ISTITUTO SUPERIORE di SCIENZE RELIGIOSE

“S. Agostino” Pavia – Vigevano

Tesi di Laurea in Scienze Religiose

IRC e musica: una proposta didattica


Cultura religiosa e interdisciplinarità

Relatore: Prof. Giacomo Raffo

Tesi dello studente


Massimiliano Sonsogno

ANNO ACCADEMICO 2013-2014


A Martina, Matilda e Margherita

2
3
INDICE GENERALE ...................................................................... 4

SIGLE E ABBREVIAZIONI ........................................................... 6

INTRODUZIONE ............................................................................ 8

Capitolo primo
CULTURA RELIGIOSA E INTERDISCIPLINARITÁ................... 10
1. IRC come cultura religiosa...................................................... 10
1.1. Il concetto di cultura.................................................. 11
1.2. La cultura religiosa.................................................... 12

2. IRC tra disciplinarità e interdisciplinarità............................... 14


2.1. Multidisciplinarità, pluridisciplinarità,
interdisciplinarità e transdisciplinarità...................... 15
2.2. L’interdisciplinarità nell’IRC.................................... 16

3. IRC tra confessionalità e laicità................................................... 19

4. IRC tra obbligatorietà e facoltatività........................................... 20

Capitolo secondo
MUSICA E RELIGIONE................................................................ 23
1. L’esperienza musicale della religione.................................... 24
1.1. La musica come introduzione alla trascendenza...... 25
1.2. La musica nelle diverse culture religiose................. 26
1.2.1. La musica nell’oriente asiatico................................ 26
1.2.2. L’Islam..................................................................... 27
1.2.3. L’Ebraismo............................................................... 28
1.2.1. Il Cristianesimo........................................................ 29

2.1 L’esperienza religiosa della musica........................................ 31


2.1. I Black spirituals....................................................... 32
2.2. Bach e la riforma....................................................... 33

Capitolo terzo
LA CHIESA E GLI ARTISTI:
DA PAOLO VI A BENEDETTO XVI............................................. 35
1. Paolo VI.................................................................................. 35
1.1. Un’amicizia incrinata............................................... 35
1.2. Un’amicizia ristabilita.............................................. 37

2. Giovanni Paolo II................................................................... 38


2.1. L’esempio del Beato Angelico................................. 38
2.2. La lettera agli artisti e la bellezza che salva............. 40

4
3. Benedetto XVI........................................................................ 42
3.1. L’universalità della bellezza..................................... 43
3.2. Un’amicizia in continuo rinnovamento.................... 44

Capitolo quarto
IRC E MUSICA: UNA PROPOSTA DIDATTICA......................... 46
1. La proposta didattica.............................................................. 46
1.1. L’autoapprendimento............................................... 46
1.2. Un percorso guidato................................................. 47
1.3. Alcuni temi trasversali............................................. 48

CONCLUSIONI ............................................................................. 49

BIBLIOGRAFIA ............................................................................ 52

ALLEGATI..................................................................................... 56

5
SIGLE E ABBREVIAZIONI

Art. articolo, articoli (artt.)


BWV Bach-Werke-Verzeichnis
Irc insegnamento della religione cattolica
Rc religione cattolica
cap. capitolo, capitoli (capp.)
cfr. confronta
DLgs decreto legislativo
DPR decreto del Presidente della Repubblica
IdR insegnante di religione
L. legge
Mons. Monsignore
n. nota, note (nn.)
p. pagina, pagine (pp.)
S.E. Sua Eccellenza

6
7
INTRODUZIONE

La dimensione religiosa è intrinseca al fatto cultu-


rale, concorre alla formazione globale della per-
sona e permette di trasformare la conoscenza in
sapienza di vita. […] Grazie all’insegnamento del-
la religione cattolica, dunque, la scuola e la socie-
tà si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di
umanità, nei quali, decifrando l’apporto significa-
tivo del cristianesimo, si abilita la persona a sco-
prire il bene e a crescere nella responsabilità, a ri-
cercare il confronto ed a raffinare il senso critico,
ad attingere dai doni del passato per meglio com-
prendere il presente e proiettarsi consapevolmente
verso il futuro.
Benedetto XVI1

Negli ultimi anni la scuola è stata oggetto di numerose riforme e ha subito


un rapido e inesorabile mutamento, che forse per troppo tempo è stato solo
auspicato.
Tra le sfide che oggi vengono poste alla scuola e agli insegnanti c’è sicura-
mente l’abbandono di un sistema di insegnamento ormai obsoleto,
un’impostazione monodisciplinare che presenta una disciplina fine a se
stessa, finendo per impoverirne la portata didattica.
L’alternativa che oggi si fa strada nel mondo della scuola porta il nome di
interdisciplinarità, uno strumento per promuovere un sapere unitario, senza
riferirsi solamente alla collaborazione o contaminazione tra discipline diver-
se, ma al carattere interdisciplinare del sapere stesso, un approccio alla real-
tà in cui la persona comprende sé e il mondo.
Anche l’Insegnamento della Religione Cattolica, oggi, è chiamato a ripensa-
re il suo ruolo all’interno della scuola, a definire delle linee pedagogiche e
didattiche, in linea con le finalità della scuola stessa, che le permettano di
superare l’attuale frammentarietà del sapere e, promuovendo la sperimenta-
zione, ad offrire percorsi sempre più attenti alle necessità degli alunni.

1
BENEDETTO XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro degli insegnanti di religione
cattolica, Roma 25 aprile 2009.

8
Può l’IRC farsi carico di questa sfida? Può questa disciplina ripensarsi e
promuovere l’interdisciplinarità? Può, in particolare, recuperare quel legame
profondo tra religione ed arte e utilizzarlo come fonte d’ispirazione per pro-
gettare esperienze didattiche dalla forte valenza interdisciplinare? E, se è ve-
ro che la musica «è la lingua universale di tutti i cuori»2 non potrebbe per
questo essere la più titolata entrare in dialogo con l’IRC?
Il primo capitolo presenta una panoramica su alcuni concetti fondamentali
per comprendere il nuovo compito dell’IdR tra cui quelli di “cultura religio-
sa” e “interdisciplinarità”.
Nel capitolo successivo si cercherà di sintetizzare il rapporto che intercorre
tra l’esperienza religiosa e quella musicale, tra la ricerca di un rapporto col
trascendente e la musica come «linguaggio universale»3. Si cercherà di met-
tere in luce come l’interdisciplinarità tra RC e musica sia fondata quindi sul-
lo stretto legame che unisce queste due esperienze umane.
Nel terzo capitolo verranno presentati alcuni interventi del magistero papale
che mettono in risalto l’intimo legame tra Chiesa e arte, confermando così
quanto la comunità cristiana abbia a cuore la formazione dei suoi membri,
sia degli artisti che dei fruitori dell’arte stessa4.
Nell’ultimo capitolo verrà presentata una proposta didattica che mira a for-
nire agli alunni una chiave di lettura del fenomeno musicale attraverso la
conoscenza del fenomeno religioso e, viceversa, un’interpretazione del sen-
timento religioso attraverso lo studio della sua espressione musicale ed arti-
stica.

2
M.RAPISARDI, Pensieri e giudizi, G.Pedone Lauriel, Palermo 1915, 42.
3
«La musica è un linguaggio universale, una realtà che consente di comunicare, di gettare
“ponti” verso gli altri ed, insieme, di esprimere se stessi, i diversi sentimenti e momenti
della propria vita e della propria anima. Un linguaggio senza tempo, senza territori, né
confini, è la voce di tutta l’umanità, di qualsiasi tempo e luogo» (P.FERRARO, La musica,
linguaggio universale che unisce i popoli, «Servizio Migranti», (2010) 6 ).
4
«E poi vi abbiamo abbandonato anche noi. Non vi abbiamo spiegato le nostre cose, non vi
abbiamo introdotti nella cella segreta, dove i misteri di Dio fanno balzare il cuore
dell’uomo di gioia, di speranza, di letizia, di ebbrezza. Non vi abbiamo avuti allievi, amici,
conversatori; perciò voi non ci avete conosciuto» (PAOLO VI, Omelia durante la messa
degli artisti, Roma 7 maggio 1964).

9
CAPITOLO I

CULTURA RELIGIOSA E INTERDISCIPLINARITÁ

1. IRC come cultura religiosa

Oltre alla legittimità istituzionale garantita dalla legislazione in merito


all’IRC, si può riflettere ulteriormente sul valore della cultura religiosa evi-
denziando il legame tra religione e cultura.

Una scuola che voglia essere all’altezza dei propri compiti educativi e for-
mativi non può né ignorare un aspetto tanto rilevante della cultura come
quello religioso né rifiutarsi di dedicare particolare attenzione ai principi di
una specifica confessione qualora questa contribuisca a definire l’identità
culturale e sociale della nazione nella quale la scuola stessa si trova ad ope-
rare5.

Inoltre il testo neoconcordatario evidenzia come lo Stato

riconosce il valore della cultura religiosa e dichiara utile e opportuno ai fini


del pieno dispiegamento della funzione educativa la presenza di una dialetti-
ca religiosa dalla quale le nuove generazioni possono attingere motivi di ar-
ricchimento e di formazione critica, ovvero strumenti per scelte libere e con-
sapevoli6.

Se la cultura è «il patrimonio pluriforme dello spirito umano (gli animali


non hanno cultura, patrimonio di pensiero, d’arte, scienza, certezze morali,
norme giuridiche, coscienza storica)»7 la religione ne è una delle sue forme.
L’IRC trova la sua giustificazione nel fatto che le domande religiose sono

5
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Cultura e formazione nell'insegnamento della
religione cattolica: atti del Simposio Nazionale su "L' insegnamento della religione
cattolica nella scuola pubblica: per promuovere la cultura religiosa e la piena formazione
dei giovani", Roma, 22-23 gennaio 1988.
6
C. CARDIA, Progetto educativo e fattore religioso, in S. FERRARI, (a cura di), Concordato
e Costituzione. Gli accordi del 1984 tra Italia e Santa Sede, Il Mulino, Bologna 1985, 163.
7
A. AGAZZI, Perché l’insegnamento della religione nella scuola, fascicolo a cura delle
Piccole Apostole della Scuola Cristiana, Istituto Grafica Litostampa, Gorle (BG) 1985, 10.

10
intrinseche all’uomo, alla sua vita e perciò non possono essere ignorate in
ambito educativo. La conclusione è – per Aldo Agazzi – che «la religione
deve esserci e non può non esserci»8. Questa argomentazione giustifica la
presenza dell’insegnamento religioso prima di qualsiasi dettato concordata-
rio.

1.1 Il concetto di cultura

La cultura viene presentata da Giuseppe Mantovani, utilizzando


un’immagine tratta da una storia indiana, come un “elefante invisibile”, una
presenza che ci sovrasta e che coniuga l’imponenza dell’elefante e la fragili-
tà di una libellula9.
«L’elefante, come la dimensione culturale, è realmente invisibile se non si sa
cosa guardare, mentre diventa incombente come una montagna che riempie
l’orizzonte se solo si ha l’idea di quello che si deve guardare»10.
La cultura quindi si mostra all’uomo con la sua duplice natura, da una parte
come un imponente sistema simbolico che sostiene una società e dall’altra
come un frenetico battere di ali di una libellula, simbolo delle infinite espe-
rienze personali di ciascuno.
La cultura è strettamente legata alla società che, mai più di oggi, subisce tra-
sformazioni sempre più incalzanti. La società contemporanea viene spesso
definita come “società in movimento”11, società complessa12, globalizza-

8
Ivi, p. 15.
9
«Narra di un grande elefante che se ne sta davanti ad un saggio immerso nella sua
meditazione. Il saggio lo guarda un po’ “distratto” e pensa: “Questo non è un elefante!”.
Dopo un po’ l’elefante si volta ed incomincia ad allontanarsi lentamente. A questo punto il
saggio incomincia a chiedersi se per caso l’elefante non possa essere in giro. Alla fine
l’animale se ne va. Quando è ormai sparito, il saggio vede le orme che esso ha lasciato e
dichiara con sicurezza: “Qui c’era un elefante!”» (G.MANTOVANI, L’elefante invisibile,
Giunti, Firenze 1988).
10
G.ZUCCARI, L’insegnamento della religione cattolica. Aspetti psicopedagogici e strategie
metodologico-didattiche, Elledici, Torino 20041, 13.
11
«Il termine “movimento” designa una realtà dinamica […] e porta con sé aspetti positivi
ed aspetti negativi. […] sta ad indicare e a sottolineare soprattutto il carattere dinamico
delle ampie, profonde e contrastanti trasformazioni in atto» (ZUCCARI, L’insegnamento
della religione cattolica, p. 15).
12
«Studiare l’andamento di una realtà complessa o il comportamento di un fenomeno
complesso significa, pertanto, scoprire e trattare il più elevato numero di variabili da cui

11
ta13 , consumistica. Una società, quindi che sfugge alla comprensione e che
necessita, mai come in questa temperie, di categorie di interpretazione vali-
de e solide. In quest’ottica l’istruzione, e in particolare la scuola, deve dotar-
si di sistemi teorici e metodologie atte a creare i presupposti per una corretta
lettura della realtà.

1.2 La cultura religiosa

«Fare educazione religiosa oggi, in tempo di pluralismo, non significa limi-


tarsi a introdurre informazioni sulle altre religioni nei programmi di cateche-
si o di insegnamento scolastico»14, ma, cogliendo «il profondo cambiamento
che il concetto stesso di religione, e prima ancora quello di prassi religiosa,
ha subito in questi ultimi decenni»15, proporre una «esperienza squisitamen-
te umana, come acquisizione del “senso del sé” e come paradigma di apertu-
ra all’altro»16. Cercare quindi di attuare nella scuola una vera e proficua cul-
tura religiosa, non dovrà essere ridotto ad una semplice elencazioni di fatti,
ma dovrà essere la proposta di una chiave interpretativa autorevole di lettura
dell’esistente.
In questo senso Brunetto Salvarani fa notare in un suo testo 17 come
l’assenza di una cultura biblico-religiosa limiti in maniera significativa la
conoscenza della letteratura, della musica e dell’arte in genere, nonché di
gran parte della storia dell’occidente. Per questo è auspicabile che l’IRC ri-
pensi, e soprattutto rivaluti, lo spessore culturale di cui è investito e solo
grazie al quale, ad esempio, possono essere compresi capolavori come la
Divina commedia o I promessi sposi.
L’IRC è chiamato quindi a darsi una nuova “identità”, ripensando in una
nuova luce i termini del rapporto educativo: la centralità è data all’alunno

essi dipendono» (ZUCCARI, L’insegnamento della religione cattolica, p. 16).


13
Cfr. ZUCCARI, L’insegnamento della religione cattolica, pp. 19-22.
14
ZUCCARI, L’insegnamento della religione cattolica, p. 27.
15
Ivi.
16
Ivi, p. 28
17
B.SALVARANI, A scuola con la Bibbia, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2001.

12
che apprende18 e che porta con sé le sue domande di senso; l’IRC fornisce
delle risposte attraverso i contenuti propri della disciplina grazie
all’insegnante che facilita l’emergere di questi interrogativi e promuove la
ricerca di una possibile risposta.
Giuseppe Bertagna, nella sua riflessione19, tenta un’ipotesi di lettura della
presenza dell’IRC nella scuola delineando quattro modalità, di per sé non
autoescludentisi, di definizione della cultura religiosa.
Ad una cultura intesa in senso «socio-etno-storico-antropologico»20, defini-
bile come insieme che include le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il co-
stume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo come mem-
bro di una società, viene associato un insegnamento della religione come
storia delle religioni.
Una seconda modalità vedrebbe invece la presenza di una cultura religiosa
intesa come studio comparato delle religioni in cui, dopo essersi avvicinati
ai fenomeni che caratterizzano la cultura religiosa cristiana, musulmana, in-
duista o di altre religioni, si procede ad una comparazione per mettere in lu-
ce gli aspetti di corrispondenza e di differenza, costruendo una specie di let-
tura sinottica delle religioni.
La terza modalità, indicata da Bertagna, intende la cultura religiosa in senso
scientifico-critico-teoretico: Non cerca di spiegare “come stanno le cose”,
ma di considerare criticamente le ragioni per cui si è portati a giustificare la
propria cultura religiosa.
L’ultima modalità, infine, intende la cultura religiosa in senso psicogenetico
e filosofico-pedagogico e cerca di indagare come, dove e quando nasce e si
sviluppa la dimensione della fede e della religione nell’uomo descrivendo la
natura della fede e della religione arrivando a definirla in diversi modi:

18
Cfr. Legge 28 marzo 2003, n.53.
19
G. BERTAGNA, Quale «cultura religiosa» nella scuola? Criteri per uno sguardo alla
situazione italiana ed europea, in L. CAIMI, (a cura di), Autorità e libertà. Tra coscienza
personale, vita civile e processi educativi. Studi in onore di Luciano Pazzaglia, Vita e
Pensiero, Milano 2011.
20
Ivi, p. 350.

13
una pulsione istintuale naturalistica, una serie di emozioni psichiche altret-
tanto naturalistiche, una successione di sentimenti che miscelano natura e
cultura e che servono per dominare ansie e angosce – per esempio, quella
fondamentale e radicale dinnanzi alla morte –, un’integrazione formalizzata
di tutte queste dimensioni a livello logico-riflessivo, la scoperta che tutte
queste spiegazioni non bastano, ma che occorre fare spazio alla possibilità di
un’irruzione gratuita del trascendente nella vita umana e nel mondo per ren-
dere comprensibile la prima e il secondo21.

Questi quattro differenti, seppure integrabili, modi di intendere cultura reli-


giosa e IRC dicono la complessità e contemporaneamente le infinite poten-
zialità di questa disciplina, che deve essere sempre più consapevole degli in-
terrogativi che riceve dagli altri insegnamenti e del contributo che può ap-
portare all’apprendimento di essi.

2. IRC tra discilpinarità e interdisciplinarità

Si può tratteggiare la nascita delle singole discipline come risultato della


formalizzazione delle risposte dell’uomo di fronte alle diverse situazioni.
Questo processo ha richiesto soluzioni sempre più compiute determinando
la parcellizzazione del sapere, in modo da poter meglio riflettere e operare
sulle singole parti22. Dario Antiseri afferma che «non esistono discipline ma
problemi»23.
Un possibile itinerario per ricostruire l’unità è quello di «un’indagine che
tenga conto delle differenze e scopra la ragione e il senso del loro stare in-
sieme, indagine che può, efficacemente, fare perno sull’interdisciplinarità»24.
In questo modo il sapere tornerebbe all’unità, andando a toccare il tema del-
la sostanziale unitarietà del soggetto durante il processo di apprendimento e
nell’analisi della realtà, «un senso complessivo unitario dell’oggetto,

21
Ivi, p. 358.
22
T.RUSSO AGRESTI, Interdisciplinarità e scuola, Le Monnier, Firenze 1976, 13-15.
23
D.ANTISERI, I fondamenti epistemologici del lavoro interdisciplinare, Armando Editore,
Roma 1972, 17.
24
A.VESCOVI, Cultura e interdisciplinarità: quali legami e quali opportunità, «Cquia», 1
(2010), 23.

14
dell’argomento e, più in generale ancora, dell’essere e dell’esperienza tut-
ta»25.
Proprio l’interdisciplinarità ha la possibilità, senza tuttavia negare la validità
delle singole discipline, di

ridestare quella curiosità e quell’audacia intellettuale, quello spirito di aper-


tura e quella disponibilità al confronto, quella consapevolezza della com-
plessità dei problemi e della poliedricità del reale e delle dimensioni
dell’umano, che sono la base stessa della cultura personale26.

La premessa necessaria perché si possa attuare questo ambizioso program-


ma sarà poi necessariamente, da parte del docente, la rinuncia a trincerarsi
dietro alla propria disciplina, chiudendosi e ritenendo esaustivo unicamente
il suo punto di vista.

2.1 Multidisciplinarità, pluridisciplinarità, interdisciplinarità


e transdisciplinarità27

La multidisciplinarità è definita come un semplice accostamento di discipli-


ne diverse, talvolta senza alcun rapporto apparente tra loro in cui le cono-
scenze attinte da due o più settori disciplinari vengono accostate senza che si
arricchiscano scambievolmente. Esiste un’autonomia disciplinare nella so-
luzione del problema senza che però le altre discipline coinvolte ne apporti-
no un beneficio. Un caso di multidisciplinarità è dato dalla redazione di
un’enciclopedia.
La pluridisciplinarità è intesa quale giustapposizione di discipline più o me-
no vicine all’interno di un settore di conoscenze, come il caso di matematica
e fisica in ambito scientifico. In questo caso per la risoluzione di un proble-
ma vengono utilizzati i contributi offerti dalle discipline, senza però preoc-
cuparsi delle problematiche insite negli elementi disciplinari utilizzati a tale

25
C.SCURATI - E.DAMIANO, Interdisciplinarità e didattica, Editrice La Scuola, Brescia
1974, 16.
26
E.AGAZZI, Cultura scientifica e interdisciplinarità, Editrice La Scuola, Brescia 1994, 126.
27
CERI, Interdisciplinarity. Problems of teaching and research in universities, OCSE, Parigi
1973.

15
scopo. L’attenzione è quindi posta unicamente sulla soluzione di un proble-
ma. Un esempio di pluridisciplinarità può essere l’edificazione di un ospe-
dale.
L’interdisciplinarità viene definita come reale interazione fra due o più di-
scipline, arrivando fino ad integrarne concetti, metodologia e procedure. As-
solutamente fondamentale è l’interazione tra saperi che porta un reciproco
arricchimento.
Infine, la transdisciplinarità è la messa in opera di un quadro comune ad un
insieme di discipline. Quello che viene così a formarsi è un sistema senza
frontiere stabili tra le diverse discipline.
Va notato che l’interdisciplinarità non nega in alcun modo la necessità della
specializzazione, resa assolutamente necessaria dall’aumento delle cono-
scenze. Evandro Agazzi definisce il lavoro interdisciplinare con la metafora
del concerto:

in un concerto i vari strumenti non suonano all’unisono, e ciascuno possiede


il proprio timbro; tuttavia nessuno strumento può andarsene per conto pro-
prio, e nemmeno assumere rispetto agli altri una predominanza assoluta
(neppure quando si tratta di un concerto per strumento solista e orchestra); il
concerto è musicalmente tanto più bello quanto più le voci dei diversi stru-
menti vi sono ad un tempo ben individuate e ben fuse28.

Il concerto non è altro che il momento di sintesi che ogni soggetto che ap-
prende realizza, arrivando così all’auspicata unitarietà del sapere che, anche
se vissuta nella socialità, non può che essere personale.
Nella scuola questo particolare tipo di approccio rende lo studente capace di
“suonare” la propria melodia, che, seppure una voce tra tante, conserva il
suo senso e la sua unicità anche senza il resto dell’orchestra. Un lavoro che
non può mai dirsi compiuto, poiché saranno i soggetti, studenti o docenti, a
determinarne il risultato finale.

2.2 L’interdisciplinarità nell’IRC

28
AGAZZI, Cultura scientifica e interdisciplinarità, p. 121.

16
La religione, sia nella sua dimensione universale che nella sua specificità
cattolica, risulta essere, all’interno della scuola, un fenomeno esplorato da
diverse discipline.
Ad esempio lo studio della Lingua (Italiano), nel primo biennio della scuola
secondaria, presenta le diverse tipologie di linguaggio, incontrando quindi
anche il linguaggio religioso: la poesia religiosa, il linguaggio della preghie-
ra e il linguaggio liturgico. Lo studio della Letteratura e delle Arti è denso,
come vedremo più avanti, di contenuti religiosi, che non possono essere
elusi per una corretta comprensione dell’opera d’arte.
L’IRC, da parte sua,

offre il proprio specifico apporto nella esplorazione dei problemi di senso e


di orientamento ai valori della vita. Presenta se stessa come orientamento al
divino e come rapporto esistenziale ad esso. Attraverso l’adesione di fede, la
religione, infatti, offre un sistema di significato complessivo dell’esistenza e
propone uno stile di vita in rapporto a Dio, agli uomini, all’intera realtà esi-
stente29.

In questo ambito l’interdisciplinarità consiste nell’elaborazione di azioni di-


dattiche che mettano gli alunni nelle condizioni di decifrare il fenomeno re-
ligioso da diversi punti di vista. Il fine ultimo, però, è quello di «giungere ad
una sintesi culturale personale»30.
Al termine dell’esperienza, lo studente dovrebbe aver compreso il senso del
fenomeno religioso (sapere) e, possedendo gli strumenti analitici peculiari
delle diverse discipline (saper fare), approcciarlo riferendosi alle metodolo-
gie delle diverse discipline.
Lucillo Maurizio nell’ultima parte del suo articolo, denuncia come, nono-
stante l’interdisciplinarità sia ormai consolidata in ambito scientifico, trovi
difficoltà di applicazione in ambito didattico.

Le ragioni sono molteplici: anzitutto la prassi (da sempre!) di un lavoro didattico ge-
stito individualmente dall’insegnante con una propria metodologia e con propri ritmi
consolidati; la mancanza di interventi calendarizzati, retribuiti e incentivati, dentro a

29
L.MAURIZIO, Alcuni punti nodali per la didattica dell’IRC nella prospettiva della
riforma , «Insegnare Religione», 2 (2005), 16.
30
Ivi.

17
una programmazione interdisciplinare tra docenti di un consiglio di classe o di classi
aperte; la mancanza di buone pratiche sperimentate.
In concreto, nelle scuole è necessario creare delle équipe di lavoro interdisciplinare,
che inizino a progettare insieme. Nel contempo dovranno essere stanziati, da parte
degli organi competenti, finanziamenti adeguati attingendo al fondo di istituto.
Nella prospettiva dell’attuazione della riforma di cui alla Legge 53, l’attività interdi-
sciplinare è favorita dall’individuazione dei «nuclei di aggregazione» di cui parlano
le «Indicazioni nazionali». Può trattarsi di contenuti comuni a più discipline, di pro-
blemi da risolvere, di ricerche, di progetti31.

Utilizzando i dati emersi dalla terza indagine nazionale sull’IRC promossa


dalla CEI32, Romio mostra come il divario tra il livello di interdisciplinarità
raggiunto nelle scuole paritarie e statali faccia «nascere dei sospetti sulla
adeguata comprensione da parte degli IdR, in particolare di quelli della
scuola paritaria, del concetto di interdisciplinarità»33.
E ancora: «Interdisciplinarità non significa che si fa religione anche nella
trattazione delle altre discipline o che la religione diviene un costante punto
di riferimento per le altre discipline»34. Ogni disciplina affronta argomenti
comuni, ma dal proprio specifico punto di vista.
Gli IdR ritengono che i maggiori ostacoli che impediscono la piena discipli-
narità dell’IRC e la sua adeguata integrazione scolastica siano la collocazio-
ne della valutazione dell’IRC fuori pagella, il fatto che l’IRC non sia mate-
ria d’esame, lo scarso apprezzamento della valenza culturale dell’IRC,
l’essere l’IRC sottoposto alla scelta degli alunni, la possibilità data agli
alunni non avvalentisi dell’IRC di uscire da scuola.
Per ovviare a queste difficoltà gli IdR suggeriscono quindi l’accentuazione
della dimensione storico-culturale dell’IRC, l’attribuzione all’IRC di un ca-
rattere più interdisciplinare, l’eliminazione della facoltà di uscire da scuola
per i non avvalentisi.
Roberto Romio, però sostiene che nonostante gli insegnanti di religione sia-
no disposti a interagire e collaborare con altri docenti,

31
Ivi, p. 17.
32
G.MALIZIA - Z.TRENTI - S.CICATELLI (a cura di), Una disciplina in evoluzione. Terza in-
dagine nazionale sull'insegnamento della religione cattolica nella scuola della Riforma,
Elledici, Torino 2005, 312.
33
R.ROMIO, Didattica dell’IRC nella riforma della scuola/2, «Insegnare Religione», 5
(2005), 16.
34
Ivi.

18
non appare con evidenza la consapevolezza che la pratica dell’interdisciplinarità ri-
chiede condizioni didattiche diverse, modalità nuove di condurre il processo di inse-
gnamento-apprendimento. Non risulta chiara la percezione dell’urgenza di nuove
modalità di intervento che sappiano rispondere alla radicale novità delle condizioni
educative: novità il cui prefigurarsi sembrava meglio colto nelle ricerche precedenti.
Così risulta assente la domanda di modelli didattici capaci di dare risposta alle nuove
emergenze educative e didattiche35.

L’obiettivo è ancora lontano dall’essere raggiunto appieno e, come afferma


Cicatelli all’inizio del suo articolo, «l’Irc dovrà muoversi con attenzione fra
una disciplinarità che non deve diventare una gabbia e un’interdisciplinarità
che non deve essere motivo di nuovo indebolimento»36.
Raccogliamo la provocazione di Piergiorgio Todeschini: nonostante non sia
possibile definire come interdisciplinari alcune semplici collaborazioni tra
discipline, forse è

meglio, per le finalità formative della scuola, che gli insegnanti pratichino
qualche forma di collaborazione e la chiamino anche impropriamente inter-
disciplinarità, piuttosto che non pratichino alcuna collaborazione […] in no-
me dell’impossibilità di applicare l’interdisciplinarità nella sua distillata pu-
rissima concezione37.

Secondo Sergio Cicatelli, la principale responsabilità di ogni insegnante

sta tutta nell’equilibrio da raggiungere tra i due poli della disciplinarità e


dell’interdisciplinarità, comprendendo bene la funzione strumentale della prima e
quella finale della seconda (la disciplina non è il fine della scuola ma serve a
risolvere i problemi che la realtà, nella sua originaria interdisciplinarità, ci pone). Se
si invertono i valori, l’intera azione della scuola è compromessa38.

3. IRC tra confessionalità e laicità

35
Ivi, p. 17.
36
S.CICATELLI, L’Irc tra disciplinarità e interdisciplinarità, «Religione a Scuola», 33 (2004)
1, 31.
37
P.TODESCHINI, L’interdisciplinarità ‘in pratica’, in «Orientamenti Pedagogici», vol. 56 n.
4 (2009), 701.
38
CICATELLI, L’Irc tra disciplinarità e interdisciplinarità, p. 40.

19
L’insegnamento della religione cattolica è quindi una disciplina scolastica
con una sua specifica dignità culturale e formativa, ma gioco forza caratte-
rizzata anche dalla sua confessionalità, sebbene nei contenuti e non nelle fi-
nalità. La confessionalità dell’IRC è motivo di garanzia per chi sceglie tale
insegnamento in quanto si tratta di

conoscere in maniera documentata e con spirito aperto al dialogo il patrimo-


nio oggettivo del cristianesimo, secondo l’interpretazione autentica e integra-
le che ne dà la chiesa cattolica, in modo da garantire sia la scientificità del
processo didattico proprio della scuola, sia il rispetto delle coscienze degli
alunni, che hanno il diritto di apprendere con verità e certezza la religione di
appartenenza39.

Al carattere confessionale di questa disciplina fa da contraltare la sua laicità


quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19, 20 della Costituzione e che non impli-
ca affatto «indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello
Stato per la salvaguardia della libertà di religione »40, valorizzando il plura-
lismo confessionale e culturale.
Il rischio che si corre, senza cercare questo equilibrio tra laicità e confessio-
nalità, è quello di accostare, e a volte confondere, IRC e catechesi.

E’ vero che tra l’IRC e la catechesi esiste una complementarità e si dà un collega-


mento perché hanno un contenuto sostanzialmente comune e si rivolgono alle mede-
sime persone. Ma è anche vero che sono ben distinti nelle finalità e nel metodo.
A scuola di religione non si ripete il catechismo, ma si svolgono programmi stabiliti
in conformità agli obiettivi della scuola e proposti secondo le metodologie proprie
dei diversi ordini e gradi di scuola. L’IRC intende promuovere una ricerca della ve-
rità, offrendo agli alunni tutti quegli elementi culturali che sono necessari per la co-
noscenza della religione cattolica e per l’esercizio di un’autentica libertà di pensiero
e di decisione41.

4. IRC tra obbligatorietà e facoltatività

39
GIOVANNI PAOLO II, Discorso al simposio del Consiglio delle CEE sull’insegnamento
della religione cattolica nella scuola pubblica, Roma 15 aprile 1991, n.5.
40
CORTE COSTITUZIONALE, n. 203/1989.
41
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Insegnare religione cattolica oggi, Roma 6-10
maggio 1991.

20
Una problematica a parte e ancora molto discussa è quella che vede l’IRC
diviso tra obbligatorietà e facoltatività: in basa agli Accordi (1984/1985) tra
Repubblica Italiana e Santa Sede, questa disciplina è fondamentalmente fa-
coltativa (non è opzionale 42 ma curriculare) garantita dalla Stato Italiano
(obbligatoria nell’offerta da parte della scuola, facoltativa nella scelta di av-
valersi o meno da parte delle famiglie e degli alunni). Se scelta, l’IRC di-
venta per l’alunno disciplina curriculare obbligatoria, con obbligo di fre-
quenza e diritto di valutazione.
Nel momento della scelta di avvalersene, le competenze religiose non entra-
no nel merito delle scelte religiose ma diventano lo strumento con cui
l’alunno diventa capace di valutare autonomamente e criticamente una di-
mensione di fatto presente nell’esperienza umana. D’altra parte, va notato,
che la capacità di riflettere sulla dimensione religiosa dell’esperienza umana
non implica alcuna dichiarazione di appartenenza confessionale.
Quello che però è certo è che

per la scuola italiana l’IRC ha un nome privilegiato: “assicurato”, termine stretta-


mente relativo al testo della revisione del 1984, diventato la L. 121/1985. L’articolo
9 c. 2 della legge citata suona: «La Repubblica Italiana, riconoscendo il valore della
cultura religiosa e tenendo conto che i principi del Cattolicesimo fanno parte del pa-
trimonio storico del Popolo Italiano, continuerà ad “assicurare”, nel quadro della fi-
nalità della scuola, l’insegnamento della Religione Cattolica»43.

42
Il termine “opzionale” ricorre comunque in alcuni documenti rendendone a volte equivo-
ca l’interpretazione. «Suscita qualche dubbio la terminologia adottata per identificare l’IRC
nel documento di valutazione, dove è collocato da solo tra gli “insegnamenti obbligatori
opzionali”, a loro volta distinti da altri possibili “insegnamenti facoltativi opzionali”. La
terminologia, a nostro parere, è particolarmente infelice e si presta a qualche equivoco. È
noto infatti che il DLgs 59/04 ha distinto fra un monte ore di base (non definito ma di fatto
obbligatorio), pari a 891 ore annue nella scuola primaria, e una successiva quota di 99 ore
«la cui scelta è facoltativa e opzionale». L’IRC è esplicitamente contemplato nel primo
monte ore e dunque risulta improprio definirlo obbligatorio opzionale non solo per il con-
trasto tra i due aggettivi (che sarebbe comunque conciliabile) ma soprattutto perché le di-
scipline opzionali sono quelle del secondo gruppo e dunque si potrebbe ingenerare facil-
mente confusione. Vista la ridotta disponibilità di aggettivi utili nella lingua italiana,
l’errore si trova forse nel testo del decreto che abbina inutilmente facoltativo a opzionale,
lasciando intendere una sostanziale intercambiabilità dei termini e ponendo le premesse per
la confusione sull’IRC» (S.CICATELLI, Un modello di portfolio, «L’ora di Religione»,
(2004) 7, 2.
43
T.CAPPELLI, Problemi giuridici e amministrativi, «L’ora di Religione», XXV (2006) 1,
48.

21
A questo punto della trattazione si pone il problema di elaborare strategie
didattiche e programmare delle esperienze che riescano a rendere l’IRC ca-
pace di trasmettere una reale cultura religiosa, forte del suo carattere interdi-
sciplinare ma senza rinunciare alle sue peculiarità, mediando tra la confes-
sionalità dei suoi contenuti e la laicità delle sue finalità.
Questo lavoro si è orientato verso una delle esperienze umane che, forse, più
si avvicina a quella religiosa: l’esperienza musicale, «quel linguaggio che
non dice e non nomina le cose, ma le evoca soltanto, le annuncia quasi vo-
lando al di sopra di esse»44.

Musica e religione sono tutte e due dei fenomeni così elementari e nello stesso tem-
po di tale complessità e vastità […] che non è praticamente possibile definirli in ma-
niera precisa. Ciò nonostante è chiaro a tutti che cosa s’intenda con “religione” e co-
sa con “musica” […] Musica e religione sono ambedue – sul piano diacronico (at-
traverso la storia) e su quello sincronico (attraverso i continenti) – dei fenomeni uni-
versali dell’umanità45.

44
A.N.TERRIN, Musica ed esperienza del sacro, «Credere Oggi», VIII (1999) 2, 19.
45
H.KÜNG, Musica e religione. Mozart – Wagner – Bruckner, Queriniana, Brescia 2012, 11.

22
CAPITOLO II

MUSICA E RELIGIONE

Mettendo a tema l’interconnessione tra l’esperienza religiosa e quella


artistica – nello specifico quella musicale – si cercherà di evitare di limitare
l’oggetto del discorso a quello dell’arte sacra. Come afferma Sequeri, che si
è spesso cimentato con questo argomento, in un suo articolo del 1989, il
tema fondamentale è il «rapporto fra l’estetico e il teologico: e non
immediatamente quello dell’arte sacra o dell’argomento religioso
nell’arte»46.
Lo stesso autore muove alla teologia l’accusa di una scarsa attenzione al
tema e di averne compiuto una trattazione «quanto mai rapsodica,
frammentaria47. Per secoli risulta innegabile che «la riflessione ecclesiastica
in materia di estetica – fattasi praticamente inesistente – si riduce per lo più
al profilo pratico-disciplinare della legittimazione religiosa dell’arte» 48 .
L’auspicio di questo teologo è che la teologia torni – o inizi(?) – a
interessarsene perché il teologico e l’estetico possano tornare a trarre
beneficio dalla loro relazione.

Il punto in questione, sempre in termini generali, è in primo luogo il superamento di


quell’ingovernabile miscuglio nel quale si intersecano arbitrariamente scientismo
storicistico e strutturalismo formale con divagazioni estetizzanti e retoriche
emozionali a proposito del significato antropologico e «culturale» dell’espressione
artistica: ciò che avviene in massimo grado a proposito dell’evento musicale.
Trascurando la tenace persistenza, nel campo dell’educazione musicale ad esempio,
di modelli neppure sfiorati dal senso della complessità interdisciplinare
dell’ermeneutica del simbolico49.

46
P.A.SEQUERI, Estetica e teologia, «Ambrosius», LXV (1989) 5, 488.
47
Ivi, p. 489.
48
P.A.SEQUERI, Il teologico e il musicale, «Teologia», X (1985) 1, 311.
49
Ivi, 312.

23
1. L’esperienza musicale della religione

L’antropologo Anthony Wallace, cercando gli elementi costitutivi di una


religione, considera, tra gli altri, proprio la musica50, messa in relazione

con la danza, il canto e l’utilizzo di strumenti musicali. Infatti tutti questi elementi
svolgono un ruolo importante all’interno di molte cerimonie religiose: non solo
come veicolo di messaggi e di preghiere rivolte all’essere soprannaturale, ma anche
come modalità attraverso la quale entrare in contatto con gli spiriti, per esempio
nelle cerimoni “voodo”51.

Quindi, nel tentativo di trovare un’esperienza umana, che possa avere una
qualche attinenza col sentimento religioso, ci si imbatte necessariamente
nell’espressione artistica e, fra tutte, quella musicale sembra essergli legata
in modo ancora più inscindibile.
In ogni religione è possibile infatti riscontrare l’utilizzo della musica nei
miti, nei riti e nelle preghiere, dando così vita a quell’enorme patrimonio
dell’umanità che è la musica sacra e religiosa.

Si va delineando un certo accordo sulla distinzione, valida per oggi, fra musica
"sacra" intesa come il patrimonio secolare di composizioni colte su testi biblici e
liturgici, che costituiscono un’ampia parte della storia musicale in Europa; musica
"religiosa", categoria più vasta e alquanto fluida, caratterizzata da una certa
intenzionalità o ispirazione di tipo religioso, da definire di volta in volta; musica
"liturgica", o rituale, o per il culto, composta su misura per le concrete celebrazioni
di una confessione religiosa, cristiana o altra52.

Se si dovesse trovare una motivazione sintetica del motivo per cui la musica
si trova così connaturata al religioso possiamo citare ancora Sequeri.

La musica è certamente, tra le forme di espressione non verbale, quella che unisce il
minimo di rigidità denotativa col massimo di plasticità connotativa. In questo senso
è la forma espressiva più slegata dai valori del segno (indicare cose, concetti, oggetti,

50
A.WALLACE, Religion. An anthropological view, Random House, New York 1966.
51
M.GATTI - L.BUSSOTTI - L.A.NHAUELEQUE, Africa, afrocentrismo e religione, Aviani &
Aviani, Udine 2010.
52
E.COSTA, Una teologia della musica?, «Credere Oggi», VIII (1999) 2, 9.

24
avvenimenti) e insieme più legata ai valori del simbolo (evocare, alludere, suggerire
il molteplice riflettersi delle cose, degli oggetti, dei concetti, degli avvenimenti
nell’ambito dell’interiorità)53.
1.1 La musica come introduzione alla trascendenza

Nell’articolo di apertura della rivista Concilium, nel numero intitolato “Mu-


sica ed esperienza di Dio”, Mary Collins fa notare quanto gli specialisti che
hanno contribuito con i propri articoli e le comunità di cui frequentano le
tradizioni abbiano in comune «la convinzione che la musica rituale è poten-
te, significativa, mediatrice e trasformatrice. Essa è una via per l’incontro tra
l’umano e il divino»54.
Quella che viene a delinearsi è quindi l’idea di un mezzo di comunicazione,
di espressione umana il cui carattere evocativo non può che trovare terreno
fertile nell’esperienza religiosa, esperienza che spesso manca di parole e
modalità per descrivere o definire il proprio oggetto di culto.

Schneider scopre alcuni passaggi assai significativi per capire l’intreccio originario
di musica e sacro a partire dalle antiche Upanishad. Egli osserva, ad esempio, che la
Chandogya Upanishad parla del fatto che “il mondo fu generato dalla sillaba OM,
che costituisce l’essenza del saman (canto) e del soffio. […] la Chandogya enumera
le differenti tappe che segnano la progressiva materializzazione del mondo a partire
da una musica originaria: il mondo sarebbe l’essenza della musica tradotta in metro
poetico” […] Prajapati, il dio delle origini, il signore delle creature nacque da un
concerto di diciassette tamburi […] E Shiva […] crea il mondo danzando55.

La musica si ritrova in esperienze umane distanti nel tempo e nello spazio.


Oltre a poter essere espressione delle sfrenate passioni umane, oltre ad
essere una forma artistica,

può essere anche espressione, richiamo, introduzione alla trascendenza, al


divino: ciò non vale soltanto per la musica vocale, che parla esplicitamente
di Dio e a Dio. Vale anche per la musica strumentale, che di per sé, tace
Dio56.

53
SEQUERI, Il teologico e il musicale, p. 331.
54
M.COLLINS, Musica e esperienza di Dio, «Concilium», XXV (1989) 2, 15.
55
TERRIN, Musica ed esperienza del sacro, p. 20.
56
KÜNG, Musica e religione, p. 14.

25
La musica, anche oggi, si fa carico di quella che è probabilmente la
missione più importante dell’arte: «indicare una possibilità di trascendenza
della becera mondanità dei nostri giorni»57.
1.2. La musica nelle diverse culture religiose

1.2.1. La musica nell’oriente asiatico

L’India è forse il paese che più di ogni altro ha amato la musica, «si è
immedesimato con essa fino al punto da congiungere strettamente e in
maniera inscindibile concezione filosofica, religiosa, cosmologica e
musicale»58. Sul piano cosmologico il suono costituisce propriamente la
natura di tutta la realtà59.
Per gli indù, gli dei non solo amano la musica, ma sono essi stessi musicisti:
Krishna, ad esempio, si presenta come il più grande suonatore di flauto e
Shiva misura il mondo a passi di danza mentre Sarasvati, Indra, Brahma,
Vishnu e Lamski suonano ciascuno il proprio strumento.

«La stessa distinzione più antica dei Veda contempla il cosiddetto Samaveda
che non è altro che la trascrizione musicale del Rigveda. Dunque si può dire
che il rituale religioso fin dal suo sorgere aveva previsto una parte
musicale»60.

Anche nel buddhismo, la musica ricopre un ruolo di rilievo:

«i buddhisti tibetani ritengono che la musica prepari la mente


all’illuminazione spirituale e danno molto risalto al suono in rapporto al
rituale e alla meditazione. Il mondo si trasforma e si unifica attraverso il
suono»61.

Nella lingua cinese i termini yüo (musica) e lo (serenità) erano espressi dal

57
G.SALVETTI, Il Novecento appartiene a Stravinskij e Schönberg, in «Letture», ottobre
1996, 20.
58
TERRIN, Musica ed esperienza del sacro, p. 20.
59
Per una trattazione del tema si rimanda a G.RIZZARDI, L’uomo interroga se stesso.
Orizzonti di cultura vedica, Pime Editrice, Pavia 2012, 20-26.
60
TERRIN, Musica ed esperienza del sacro, p. 21.
61
Ivi, p. 22.

26
medesimo simbolo grafico.

Sulla musica come gentilezza del cuore, come fiore che sboccia in anime nobili,
esistono copiose testimonianze a cominciare da Confucio, che affermava «La musica
dell’uomo nobile è soave e delicata, mantiene un’atmosfera estatica, desta e ravviva
i moti intimi. Un tale musicista non alberga nel suo cuore né pene né lamenti, e
ignora la violenza »62.

La tradizione musicale cinese muove dal postulato secondo cui il suono non
ha valore in sé, ma è piuttosto l’incarnazione di uno stato d’animo
trasmissibile dal musicista all’ascoltatore, legato profondamente all’armonia
metafisica dell’universo. La musica in Cina è stata sottoposta a una rigida
regolamentazione fin dall’imperatore Wu-ti (141-87 a-C.) proprio perché
viene considerata «sia un efficacissimo strumento pedagogico, sia un mezzo
insostituibile di comunicazione tra il terreno e l’ultraterreno»63 e lo stesso
Confucio consigliava di valutare la bontà dei costumi di un popolo
ascoltando la sua musica.

1.2.2 L’Islam

«O messaggero di Dio – fu domandato un giorno a Maometto da un discepolo – c’è


qualcosa che tu riprovi nella musica o nel canto?». Egli rispose: «In ciò non c’è
nulla che mi trovi contrario. Dì loro però che prima di cantare e dopo aver cantato
recitino il Corano!»64.

La musica nell’Islam, secondo Saccone, è caratterizzata da una latente


conflittualità tra canto sacro e canto profano. Il termine utilizzato da
al-Ghazâlî è samâ’ che, nonostante originariamente significasse “ascolto” o
“audizione”, finisce per indicare il canto, la musica e addirittura la poesia.
«Una forma particolare di samâ’ è la recitazione e l’ascolto del Corano che,
di norma, viene “salmodiato” da cantori professionisti» 65 . Quindi, se si
pensa all’importanza del Corano nell’Islam, è chiaro fin da subito quanto il

62
F.ABBIATI, Storia della musica I, Aldo Garzanti Editore, Milano 1974, 35.
63
Ivi, p. 36.
64
AL- GHAZALI, Il concerto mistico e l’estasi, a cura di A.IACOVELLA, Il leone verde,
Torino 1999, 31.
65
C.SACCONE, La musica nella mistica musulmana, «Credere Oggi», VIII (1999) 2, 82.

27
suono e la musica rivestano un ruolo di primaria importanza nella lettura e
nell’ascolto di questo testo. Al-Ghazâlî lega spesso alla musica una qualche
forma di estasi:

L’ascolto insomma, specialmente se di suoni armoniosi, produce


modificazioni nelle anime, le commuove […] Va da sé, date queste premesse,
che la musica […] vada intesa come strumento per eccellenza di una
“intuizione spirituale”66.

Per il sufi che sia riuscito a raggiungere la perfezione,

non c’è suono che colpisca il suo orecchio senza che egli lo percepisca da Dio e in
Dio. Nel suo caso l’ascolto della musica funge da stimolatore del suo desiderio,
fortifica la sua passione e il suo amore, e infiamma l’acciarino del suo cuore, e fa
emergere in lui degli “stati spirituali” (ahwâl) fatti di “svelamenti” e di “dolcezze” la
cui descrizione non può essere compresa: solo colui che li ha assaporati può dire di
conoscerli67.

Al-Ghazâlî conclude, riguardo alla musica, che

la sua fruizione disordinata, capace di eccitare specie nei giovani lussuria o pensieri
disdicevoli è da ritenersi proibita (harâm); se essa avviene a mero scopo ricreativo o
di trastullo è quantomeno riprovevole (makrûh); è invece permessa (halâl) a colui
che trae innocente piacere dalla “percezione di suoni armoniosi”; mentre essa è non
solo lecita ma addirittura desiderabile “per colui che si lascia guidare dall’amore di
Dio Altissimo” e nel quale il canto e la musica non scatenano lussuria e bassi
desideri bensì “suscitano le più belle qualità”68.

1.2.3 L’ebraismo

«Th.Rejk aveva notato, interrogandosi sui miti d’origine della musica, che la
tradizione ebraico-biblica “è l’unica che non faccia risalire l’invenzione
della musica a un dono divino”» 69 , tuttavia non esiste nella tradizione
biblica una precisa trattazione teologica del fatto musicale.
Il cuore della religione ebraica è il rapporto di elezione del popolo ebraico
da parte di Dio, l’Alleanza, e quindi la risposta a questa chiamata: «In tutte

66
Ivi, pp. 84-85.
67
AL- GHAZALI, Il concerto mistico e l’estasi, p. 52.
68
SACCONE, La musica nella mistica musulmana, p. 88.
69
SEQUERI, Il teologico e il musicale, p. 309.

28
le pagine, la Bibbia insegna che, per diventare se stesso, l’uomo deve
parlare con Dio: con lui si può parlare di tutto (lo si può persino criticare),
con lui si può addirittura litigare»70. Un esempio è quello del libro dei Salmi,
una raccolta di canti, poesie, preghiere che comprendono diversi generi (inni
di lode, suppliche, salmi liturgici, salmi sapienziali e salmi regali), che non
sono altro che una modalità di relazione con JHWH, la celebrazione
dell’alleanza tra Dio e l’uomo, un dialogo ininterrotto col creatore del cielo
e della terra. A dimostrazione di ciò basti notare che il vocabolo hesed
(fedeltà) ricorre più di cento volte nel libro dei Salmi.
E’ interessante constatare come i Salmi contengano una lettura della
condizione umana, che tiene conto di ogni momento della vita, da quello più
gioioso a quello più desolante. I Salmi invitano quindi «l’uomo a "cantare"
la sua vita, non solo in momenti speciali, ma in tutte le occasioni della
quotidianità» 71 , anche in quelle dove la solitudine, il peccato e la
disperazione sembrano avere la meglio sulla speranza.
Come migliaia di anni fa, anche oggi, nonostante il periodo di crisi generale,
«il linguaggio musicale resiste, almeno come il Bunraku giapponese, come
il teatro delle bambole, per il bisogno di esprimere – se non altro – le nostre
emozioni, i nostri slanci, le paure, i traumi»72.

1.2.4 Il cristianesimo

Nel passaggio dall’ebraismo al cristianesimo comparirà stabilmente l’idea


«del musicale come eco o immagine sensibile di una forma trascendente
(spirituale/razionale) del mondo (dell’anima)»73.
La relazione fondamentale tra cristianesimo e musica inizia con la nascita
stessa di questa religione ed è caratterizzata da una tensione interna,

70
G.KANNHEISER, La dimensione religiosa e i grandi perché/6. Non mi va di cantare,
«L'ora di Religione», XII (1993) 3, 9.
71
Ivi, p. 11.
72
TERRIN, Musica ed esperienza del sacro, p. 19.
73
SEQUERI, Il teologico e il musicale, p. 310.

29
da un lato il vigoroso e costante impulso accordato di fatto alla pratica
musicale fino ai massimi livelli; e dall’altro i ricorrenti pronunciamenti
disciplinari di tipo restrittivo e ascetico che accompagnano la vicenda del
costume musicale nell’ambito della liturgia e della preghiera cristiana74.

Per quanto riguarda l’arte in genere, e quindi anche per la musica,


l’influenza esercitata dal cristianesimo sugli artisti stessi, sui temi trattati,
sulle modalità utilizzate, è assolutamente innegabile75.

Per non parlare del fatto che ci sono sviluppi della cultura estetica occidentale che
sono stati direttamente generati dallo sguardo cristiano sul mondo e sulle cose.
Esisterebbe la musica occidentale, certo un caso più unico che raro, senza
l’affezione e la libertà tipicamente cristiana nei confronti della parola sacra [...]? E si
sarebbe essa sviluppata nella complessità della sua tradizione polifonica e armonica
senza lo sguardo tipicamente cristiano che ha insegnato a concepire il popolo non
più come etnia di un solo sangue e di una sola lingua, ma come potenziale ekklesia
di voci diverse e consonanti[...]?76

Successivamente, nel campo della musica della Chiesa si assisterà ad una


progressiva contaminazione tra musica sacra e composizioni scritte a scopo
non liturgico. Questo fu dettato dal fatto che

dopo il Rinascimento non si riuscì più ad individuare un valido veicolo di


comunicazioni con i fedeli (come avvenne invece presso i protestanti con il corale)
[...] La crisi si aggravò in seguito, con l’abolizione del latino come lingua liturgica,
decisa dal Concilio Vaticano II (1965): la sostanziale messa fuori gioco del
repertorio tradizionale pose in tutta la sua urgenza la necessità dell’elaborazione di
un nuovo stile musicale liturgico e sollecitò una radicale revisione dello stesso
concetto di musica sacra.77

Col romanticismo era cambiata la considerazione della musica: veniva


considerata come opera di compositori dotti, soprattutto per l’ascolto, e che

74
Ivi, p. 308.
75
«Nella civiltà occidentale, la musica sacra diede origine, nel Medioevo, alla teoria
modale (a sua volta poggiata sul sistema musicale greco), che è alla base di tutta la serie di
sviluppi che condussero alla polifonia, alla tonalità, all'armonia modernamente intesa: da un
canto meramente monodico (il gregoriano) si passò, infatti, a forme sempre più elaborate di
canto a più voci (scuola di Notre-Dame, scuola fiamminga, polifonia cinquecentesca)».
(Musica sacra, in M.DRAGO - A.BOROLI, L'enciclopedia della musica, De Agostini
(1995), 806-807).
76
SEQUERI, Estetica e teologia, p. 489. Espressioni di tipo polifonico sono comunque
presenti in tradizione di molto precedenti ad esempio nelle isole di Bali e Giava, tra i
Bacango in Africa e tra gli indigeni di Samoa (cfr. F.ABBIATI, Storia della musica I,
pp. 21-22.
77
Musica sacra, in M.DRAGO - A.BOROLI, L'enciclopedia della musica, pp. 806-807.

30
tendeva a configurarsi «come un atto (quasi) religioso: E.Th.A. Hoffmann
scrive, nel 1814, che "nella sua essenza più caratteristica e interiore, la
musica è [...] culto religioso»78.
Dopo il romanticismo, la Chiesa ha cercato in diversi modi di riavvicinarsi
agli artisti e alla musica (ad esempio con alcuni messaggi pronunciati dai
pontefici), cercando di superare l’assurda pretesa di omologazione e rivalu-
tando ogni genere di esperienza religioso-musicale, in linea cioè con quanto
dichiarato nella costituzione sulla sacra liturgia del 1963 che afferma che

in alcune regioni, specialmente delle missioni, si trovano popoli con una


propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita re-
ligiosa e sociale. A questa musica si dia la dovuta stima e il posto convenien-
te, tanto nella educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adat-
tare il culto alla loro indole […] Perciò nella formazione musicale dei mis-
sionari, si procuri diligentemente che , per quanto è possibile, essi siano in
grado di promuovere la musica tradizionale di quei popoli, tanto nelle scuole
quanto nelle azioni sacre79.

2. L’esperienza religiosa della musica

Nei paragrafi precedenti è stato messo in luce quanto sia facile riscontrare
una componente musicale all’interno del fenomeno religioso.
Per giustificare la tesi di una così forte compenetrazione di questi due ambiti,
resta da dimostrare quanto di religioso finisca per lasciare la propria
impronta indelebile nella produzione musicale di un popolo, di un gruppo
religioso o di un singolo artista.
Hans Küng afferma che «senza dubbio, con tutti gli altri fattori sociali e
intellettuali, anche la fede religiosa può influire sia nella composizione sia
anche nella riproduzione e nella ricezione della musica» 80 . A titolo di
esempio, l’autore fa notare come lo scampanio abbia per il credente un
significato che supera di molto quello della semplice acustica o della
fisiopsicologia.

78
COSTA, Una teologia della musica?, p. 10.
79
SC 119: EV I, 216.217.
80
H.KÜNG, Musica e religione, p. 15.

31
Talvolta l’eredità religiosa rimane visibile nonostante l’esperienza musicale
ne sembri ormai sganciata:

il caso del concerto è emblematico: ha un impianto rituale, con procedure


riconosciute e regole del gioco che variano secondo gli ambienti umani e gli
ambiti musicali: luogo, circostanze, tipo di pubblico, generi di musica,
livello e forme di coinvolgimento81.

2.1 I Black spirituals

Uno dei casi che si possono citare è quello dei Black spirituals. James Cone,
un teologo della liberazione, sostiene che questa tradizione è una testimo-
nianza diretta dell’intima connessione tra il canto e la musica di un popolo e
la sua esperienza di Dio82. Secondo l'autore

per capire la storia della resistenza nera è necessario conoscere anche i Black
spirituals. Sono canti storici che parlano dell’annientamento delle vite nere;
ci raccontano di un popolo nella terra di schiavitù, e di ciò che esso fece per
mantenersi unito e lottare. Ci è stato narrato che il popolo d’Israele non po-
teva cantare i canti del signore in una terra straniera. Ma per i neri, la loro
resistenza dipese dal canto. Attraverso il canto, essi costruirono nuove strut-
ture per la misura dell’identità africana mentre vivevano immersi nella
schiavitù americana, e produssero sia il contenuto che il ritmo per lottare
contro l’asservimento dell'uomo83.

Questo aiuta a capire quanto la conoscenza della religiosità dei neri


d’America aiuti, e in qualche modo vincoli, una corretta interpretazione del
dato musicale.
«La storia nera è uno spiritual!»84. Miles Fisher, sostiene che gli Spirituals,
siano anzitutto “documenti storici”85. La padronanza di una valida chiave di
lettura dei canti di questo popolo, derivante dalla comprensione delle sue ra-

81
COSTA, Una teologia della musica?, p. 9.
82
J.CONE, I Black spirituals. Un’interpretazione teologica, «Concilium», XXV (1989) 2,
60-72.
83
Ivi, p. 62.
84
Ivi, p. 63.
85
M.FISHER, Negro Slave Songs in the United States, Citadel Press, New York 1953,
capp.1-4.

32
dici religiose, si rivela anche necessaria per una possibile lettura storica di
questa espressione artistica.

2.2 Bach e la Riforma

Come l’esperienza degli spiritual non può essere capita senza conoscerne le
motivazioni religiose profonde, così non è possibile comprendere la musica
di Bach senza avere ben chiara la Riforma protestante. La Riforma di Lutero
non consiste soltanto nel dare nuove regole alla liturgia, ma rivoluziona an-
che il concetto di musica sacra inserendovi molte novità. Martin Lutero in-
troduce il volgare nella liturgia riformata, traduce la Bibbia in tedesco. La
nuova concezione della chiesa come sacerdozio universale, rappresenta for-
se il tema fondamentale del pensiero luterano. Anche la musica quindi rien-
tra nella liturgia riformata, con una funzione importantissima. Il corale è una
forma espressiva tipicamente protestante, per riuscire a coinvolgere mag-
giormente il popolo nella liturgia. Lutero traduce i canti popolari in corali,
anche se spesso questi canti erano nati con intenti profani o erotici. L'uso del
corale era contrario ai canoni del cattolicesimo: la Chiesa infatti delegava
l'esercizio della musica soltanto ai musicisti ed agli ecclesiastici. Ma per i
riformatori il canto sacro non doveva essere uno spettacolo, un concerto of-
ferto ai fedeli, ma doveva coinvolgere il cristiano. Il canto aiutava il creden-
te, ai tempi in molti casi incolti, ad apprendere i temi della fede cristiana.
Uno dei più grandi autori del genere corale fu Johann Sebastian Bach.
La cantata Ein’ feste Burg ist unser Gott BWV 80, rappresenta un momento
importante, poiché vede di fronte direttamente la figura del musicista ed il
principale artefice della Riforma protestante, di cui viene musicato uno degli
inni più noti. Fu composta da Bach per la Festa della Riforma, che si celebra
il 31 ottobre.
É una composizione di grande intensità espressiva, esposto nella brillante
tonalità di re maggiore e in ritmo binario (tempo di marcia) per sottolineare
la vittoriosa battaglia dei credenti sotto la guida di Dio, che è pari alla so-

33
lennità dell’occasione e al denso messaggio teologico e spirituale affidato da
Lutero a quello ch’è forse il suo inno più celebre.
È chiaro a questo punto quanto musica e religione si compenetrino e quanto
all’interno dell’uno si trovi la chiave interpretativa dell’altro.
L’insegnamento della religione cattolica ha quindi il dovere di fornire agli
studenti questa chiave interpretativa fondamentale dell’esperienza musicale.
Un percorso interdisciplinare tra musica e IRC non è quindi solo auspicabi-
le, ma addirittura necessario se si vuole ridare dignità culturale a questo in-
segnamento.

34
CAPITOLO III

LA CHIESA E GLI ARTISTI: DA PAOLO VI A BENEDET-


TO XVI

L’obiettivo di questo capitolo è quello di partire dai messaggi rivolti agli ar-
tisti da parte di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI per valorizza-
re lo stretto rapporto che gli stessi papi hanno riscontrato e cercato di incen-
tivare tra la Chiesa e gli artisti.
A partire da queste premesse si comprende allora quanto sia importante tro-
vare metodologie ed esperienze didattiche capaci di legare saldamente il sa-
pere religioso a quello delle varie discipline artistiche. Una programmazione
quindi fortemente interdisciplinare e multidisciplinare che possa presentare
l’IRC come una, e probabilmente imprescindibile, chiave di lettura del fe-
nomeno artistico. Inoltre può diventare uno dei mezzi con cui la Chiesa
forma l’artista credente che partecipa col suo talento specifico alla vita
dell’intera comunità.

1. Paolo VI

Al Magistero dio Paolo VI appartengono sicuramente gli interventi più inci-


sivi e specifici sul rapporto tra Chiesa, arte e artisti. Ancora Arcivescovo di
Milano, il Cardinal Montini aveva già speso molte parole sul tema per solle-
citare gli artisti ad allacciare una rinnovata alleanza con la comunità cristia-
na, soprattutto grazie ad una sua personale sensibilità artistica. L’artista è,
secondo il cardinale, un ponte tra il mondo religioso e spirituale e la società.

1.1 Un’amicizia incrinata

35
In occasione della solennità dell’Ascensione di Nostro Signore, il 7 maggio
1964, Paolo VI si rivolge agli artisti nell’omelia della celebrazione eucari-
stica ad essi dedicata: è un discorso accorato, paterno e molto sentito.
Teatro di questo messaggio è la Cappella Sistina, immenso esempio di ciò
che l’arte ha saputo mettere a disposizione del messaggio e della predica-
zione cristiana. «Non c’è forse luogo che faccia più pensare e più trepidare,
che incuta più timidezza e nello stesso tempo ecciti maggiormente i senti-
menti dell’anima»86.
Con queste parole il Pontefice apre il proprio discorso, chiedendo di non es-
sere turbati né dall’incredibile bellezza artistica della sala, né tanto meno
dalla presenza del Papa stesso, che si presenta come padre «e per tutti ha un
ministero, e per tutti ha una parola»87. Agli artisti poi, specificatamente, di-
chiara: «il Papa è vostro amico»88.
Il motivo che ha spinto Paolo VI a cercare un dialogo e un incontro con gli
artisti viene sintetizzato poco dopo: «Noi abbiamo bisogno di voi» 89 . In
questo modo il Santo Padre intende compiere il primo passo verso
quell’auspicabile riconciliazione, verso la restaurazione di un’amicizia e una
complicità antica che col tempo è andata affievolendosi. La Chiesa ne ha bi-
sogno perché la prerogativa dell’arte «è proprio quella di carpire dal cielo
dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessi-
bilità»90.
L’arte si rivela quindi un mezzo per comunicare quello che l’annuncio cri-
stiano cerca di trasmettere conservando però «il senso della sua trascenden-
za, il suo alone di mistero»91. Come due facce della stessa medaglia, quindi,
l’annuncio della Chiesa e l’espressione artistica si prefiggono lo stesso
obiettivo, che non è altro che il tentativo umano di parlare, seppur con mezzi
propri, della trascendenza di Dio.

86
PAOLO VI, Omelia durante la messa degli artisti, Roma 7 maggio 1964.
87
Ivi.
88
Ivi.
89
Ivi.
90
Ivi.
91
Ivi.

36
Ma il tema è questo: bisogna ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti.
Non è che l’amicizia sia stata mai rotta, in verità; e lo prova questa stessa
manifestazione, che è già una prova di tale amicizia in atto. E poi ci sono
tante altre manifestazioni che si possono addurre a prova di una continuità,
di una fedeltà di rapporti, che testimoniano che non è mai stata rotta
l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti92.

La causa di questa amicizia ormai danneggiata è duplice: da una parte gli ar-
tisti hanno abbandonato la Chiesa e sono andati «lontani, a bere ad altre fon-
tane, alla ricerca sia pure legittima di esprimere altre cose»93, ma dall’altra
anche la Chiesa ha le sue colpe, avendo talvolta messo loro «una cappa di
piombo addosso»94. Paolo VI si dilunga poi in un’accorata richiesta di scuse
elencando le mancanze dimostrate e le occasioni perse in cui invece si sa-
rebbe potuta coltivare una più profonda e proficua amicizia.
Il primo passo verso la riconciliazione, «un grande atto della nuova alleanza
con l’artista»95, è però già avvenuto con la firma della Costituzione sulla Sa-
cra Liturgia promulgata dal Concilio Vaticano II.

1.2 Un’amicizia ristabilita

In occasione della chiusura del Concilio Vaticano II, l’8 dicembre del 1965,
il Pontefice si rivolge nuovamente agli artisti e ribadisce con la stessa forza i
punti cardine del discorso pronunciato nella Sistina: «Oggi come ieri la
Chiesa ha bisogno di voi»96. Paolo VI ricorda che gli artisti ricoprono un
ruolo importantissimo, non sono altro che «i custodi della bellezza nel mon-
do»97. In questo discorso si trovano poi, espressioni celebri e di un’attualità
disarmante:

Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare
nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia nel

92
Ivi.
93
Ivi.
94
Ivi.
95
Ivi.
96
PAOLO VI, Messaggio del Santo Padre Paolo VI agli artisti in occasione della chiusura
del Concilio Vaticano II, Roma 8 dicembre 1965.
97
Ivi.

37
cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo,
che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione»98.
Il pontificato di Paolo VI ha quindi dato il via ad un lento processo di riav-
vicinamento tra Chiesa e gli artisti, come due partner inscindibili in cui
ognuno ha bisogno dell’altro, in cui non c’è arte religiosa se non nella siner-
gia dei due protagonisti.

2. Giovanni Paolo II

Quando Giovanni Paolo II sale sulla Cattedra di Pietro porta con sé, non so-
lo un bagaglio filosofico e teologico imponente, ma anche la sensibilità pro-
pria di un artista che ha sperimentato in prima persona la sintonia tra via ve-
ritatis e via pulchritudinis.
Nella Lettera Apostolica Duodecimum saeculum, in occasione del Dodice-
simo Centenario del II Concilio di Nicea, ribadisce la legittimità delle im-
magini e della loro Venerazione.

Il credente di oggi, come quello di ieri, deve essere aiutato nella preghiera e
nella vita spirituale con la visione di opere che cercano di esprimere il miste-
ro senza per nulla occultarlo. È questa la ragione per la quale oggi come per
il passato, la fede è l’ispiratrice necessaria dell’arte della Chiesa99.

In questo documento viene riaffermato il valore dell’arte per la Chiesa e la


sua singolare missione evangelizzatrice.
Giovanni Paolo II, convinto della necessità di proseguire sulla strada inau-
gurata da Paolo VI dimostra di avere profondamente a cuore il dialogo tra
la Chiesa e il mondo dell’arte. Non si limiterà a sporadici interventi sul tema.
Anzi, elaborerà un documento unico nel suo genere: la Lettera agli Artisti.

2.1 L’esempio del Beato Angelico

I prodromi della celebre Lettera agli artisti possono essere ritrovati


nell’omelia di Giovanni Paolo II in occasione della celebrazione del giubileo

98
Ivi.
99
GIOVANNI PAOLO II, Duodecimum Saeculum, Roma 4 dicembre 1987.

38
degli artisti. In questa occasione il Papa proclama il Beato Angelico «patro-
no presso Dio degli artisti, specialmente dei pittori»100 in un luogo caro al
pittore, la basilica di Santa Maria Sopra Minerva, che conserva la sua tomba
e che sorge accanto al convento dove passò gli ultimi anni della sua vita.
L’omelia prende proprio le mosse dalla vita del frate domenicano che riuscì
così brillantemente ad unire la figura di religioso esemplare a quella di
grande artista: «Figlio spirituale di San Domenico, col pennello espresse la
sua “summa” dei misteri divini, come Tommaso D’Aquino la enunciò col
linguaggio teologico»101. Dopo aver percorso l’intera vita del Beato Angeli-
co, il Papa saluta gli artisti ricordando le parole del Concilio e riproponendo
un tema già caro a Paolo VI: una rinnovata amicizia tra Chiesa e artisti.

A tutti dico: “Amici della vera arte, voi siete amici anche nostri”. Nel ripete-
re questa frase dei padri del Concilio nel messaggio agli artisti, il mio pen-
siero pieno di apprezzamento e di ammirazione si estende ad ogni spirito
umano innamorato del bello e all’intero mondo degli artisti, non solo di Ro-
ma e d’Italia, ma di tutti i continenti.102

Giovanni Paolo II mette in evidenza come tutta la celebrazione del Giubileo


cerchi di illuminare i credenti riguardo al rapporto tra «l’opera della Reden-
zione di Cristo con la nostra vita, con la nostra vocazione, con la nostra pro-
fessione»103. In quest’ottica viene appunto letta la figura di fra Angelico,
come prototipo dell’artista credente che riesce a coniugare l’altezza della fe-
de alla grandezza dell’espressione artistica.
Gli artisti, quindi, possono intuire il legame tra la redenzione e la vita di tutti
i giorni proprio accostandosi alla figura del loro patrono, «infatti tutta
l’opera di questo artista di Dio si sviluppa dal profondo del mistero della re-
denzione, dalla sua ricchezza divino-umana»104.
L’ispirazione, necessaria ad ogni artista, è perciò da ricercare nella Sacra
Scrittura, che è stata la fonte di ispirazione dello stesso Angelico, sia per la
100
GIOVANNI PAOLO II, Omelia in occasione della solenne celebrazione del giubileo degli
artisti, Roma 18 febbraio 1984.
101
Ivi.
102
Ivi.
103
Ivi.
104
Ivi.

39
sua vita che per la sua produzione pittorica. Quindi la grazia di Dio trova «il
proprio riflesso nell’agire dell’uomo. E se quell’uomo è un artista, anche nel
suo operare artistico, nella sua creatività»105.
Nella vita di ogni giorno, in ogni azione, nel prodotto del proprio lavoro, in
ogni creazione artistica va ricercato questo riflesso della Grazia.
Ogni uomo è tenuto, nel proprio intimo, a cercare una «adeguata proporzio-
ne tra la bellezza delle opere e la bellezza dell’anima»106, e questo si rende
ancora più necessario nel caso degli artisti.

Uomini dell’arte! Il vostro cuore certamente è nella bellezza delle opere del
genio umano, come pure nella vostra propria creatività. Il mio augurio è che
al tempo stesso voi possiate portare in voi quel senso evangelico di
proporzione, del quale ci parla Cristo, l’artista divino, e il suo discepolo:
l’artista Fra Angelico.107

2.2 La lettera agli artisti e la bellezza che salva

La Lettera agli artisti porta la significativa data della Pasqua di Risurrezione


del 1999, alla vigilia del Giubileo del 2000, ed è dedicata «a quanti con
appassionata dedizione cercano nuove “epifanie” della bellezza per farne
dono al mondo nella creazione artistica»108. Non è solo un discorso diretto
agli artisti, ma il tentativo di esporre un significativo percorso teologico
fondato sulla Trinità: l’artista viene immediatamente accostato all’immagine
di Dio Creatore e invitato a riconoscere nel mistero del Verbo Incarnato
l’essenza stessa dell’arte cristiana disponendosi ad accogliere «il dono di
quelle ispirazioni creative da cui prende inizio ogni autentica opera
d’arte» 109 , che ha la sua origine nell’opera dello Spirito, «il misterioso
artista dell’universo»110.
L’artista che riesce in questo modo a porsi in un atteggiamento di ascolto e

105
Ivi.
106
Ivi.
107
Ivi.
108
Ivi.
109
GIOVANNI PAOLO II, Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli artisti, Roma 4 aprile
1999.
110
Ivi.

40
di meditazione del mistero di Cristo assume appieno la sua responsabilità
sociale, e in particolare ecclesiastica. «Attraverso le opere realizzate,
l’artista parla e comunica con gli altri. La storia dell’arte, perciò, non è
soltanto storia di opere, ma anche di uomini»111. Con queste parole il Papa
polacco conferma quanto il tema dell’uomo sia centrale in tutto il suo
magistero.
Un intero capitolo della lettera è dedicato al tema del bene comune: gli
artisti «rendono anche un servizio sociale qualificato a vantaggio del bene
comune» nel momento in cui scoprono l’esistenza di «un’etica, anzi una
“spiritualità” del servizio artistico, che a suo modo contribuisce alla vita e
alla rinascita di un popolo»112.
Dopo un excursus storico, in cui il Pontefice traccia una breve storia
dell’arte e del suo spesso provvidenziale sodalizio con la Chiesa, si giunge
al punto centrale della lettera: riprendendo il Magistero di Paolo VI e del
Concilio, Giovanni Paolo II propone un rinnovato dialogo, che parte da una
affermazione «La Chiesa ha bisogno dell’arte» 113 , e da un interrogativo:
«L’arte ha bisogno della chiesa?»114.
Il documento si chiude con un appello agli artisti: «La bellezza che trasmet-
terete alle generazioni di domani sia tale da destare in esse lo stupore!»115.
Ognuno di loro è quindi chiamato, davanti a Dio e all’intera comunità cri-
stiana, ad essere responsabile in prima persona dei doni ricevuti.

La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente. E’ invito a gustare


la vita e a sognare il futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può
appagare, e suscita quell’arcana nostalgia di Dio che un innamorato del bello
come sant’Agostino ha saputo interpretare con accenti ineguagliabili.116

111
Ivi.
112
Ivi.
113
Ivi.
114
Ivi.
115
Ivi.
116
Ivi.

41
L’assoluta necessità che questa bellezza venga trasmessa alle future genera-
zioni trova la sua ragione d’essere nel fatto che, come dice il titolo italiano
di un’opera di Tzvetan Todorov, la bellezza salverà il mondo.
Le strade percorse dall’arte, guardando a Cristo Risorto e accompagnati dal-
la Vergine Maria, eterno esempio di bellezza, potranno alla fine aiutare gli
uomini a superare le sfide del nuovo millennio: «la vostra arte contribuisca
all’affermarsi di una bellezza autentica che, quasi riverbero dello Spirito di
Dio, trasfiguri la materia, aprendo gli animi al senso dell’eterno»117.

3. Benedetto XVI

Anche il successore di Giovanni Paolo II si dimostra interessato al tema del-


la bellezza e del rapporto con l’arte, soprattutto con la musica.
Nel Messaggio al Meeting di Rimini del 2002, prendendo le mosse dal Sal-
mo 44 e citando Agostino, Platone e von Balthasar cerca di mettere a fuoco
il rapporto tra bellezza e verità.

La bellezza è certamente conoscenza, una forma superiore di conoscenza


poiché colpisce l’uomo con tutta la grandezza della verità […] La vera cono-
scenza è essere colpiti dal dardo della bellezza che ferisce l’uomo […]
L’essere colpiti e conquistati attraverso la bellezza di Cristo è conoscenza
più reale e più profonda della mera deduzione razionale.118

Nel giugno del 2005, presentando il Compendio del Catechismo della Chie-
sa Cattolica, il Santo Padre torna su questo argomento.

Nel testo sono anche inserite delle immagini […] Immagine e parola
s’illuminano così a vicenda. L’arte «parla» sempre, almeno implicitamente,
del divino, della bellezza infinita di Dio, riflessa nell’Icona per eccellenza:
Cristo Signore, Immagine del Dio invisibile. Le immagini sacre, con la loro
bellezza, sono anch’esse annuncio evangelico ed esprimono lo splendore
della verità cattolica, mostrando la suprema armonia tra il buono e il bello,
tra la via veritatis e la via pulchritudinis.119

117
Ivi.
118
BENEDETTO XVI, La bellezza. La Chiesa, LEV-Itaca, Roma-Castel Bolognese 2005, 11-
26.
119
BENEDETTO XVI, Presentazione del compendio del catechismo della Chiesa Cattolica,
Roma 28 giugno 2005.

42
Il tema centrale è sempre la bellezza di Dio, lo stupore di fronte al Verbo In-
carnato, che si tramuta in una storia personale di amicizia e di amore, dato e
ricevuto, che non porta ad altro che alla gioia.

3.1 L’universalità della bellezza

Il 25 novembre 2008, in un messaggio a Mons. Ravasi, Benedetto XVI par-


tecipa alla discussione sul tema “Universalità della bellezza: estetica ed etica
a confronto”, partendo da un’attenta analisi dell’attualità.
Ciò che sembra emergere, secondo il Pontefice è una vera e propria
«scissione, e talvolta il contrasto, tra le due dimensioni, cioè tra la ricerca
della bellezza, compresa però riduttivamente come forma esteriore, come
apparenza da ricercare a tutti i costi, e la verità» 120. La ricerca della bellezza
avulsa dalla verità crea il rischio di un «mero estetismo, e, soprattutto per i
più giovani, in un itinerario che sfocia nell’effimero»121, che non fa altro che
mascherare un vuoto interiore.
Il Papa mostra la necessità di allargare «gli orizzonti della ragione, ed in
questa prospettiva bisogna tornare a comprendere anche l’intima connessio-
ne che lega la ricerca della bellezza con la ricerca della verità e della bon-
tà»122. Come la ragione non può liberarsi della bellezza se non risultandone
dimezzata, così «la bellezza priva di ragione si ridurrebbe ad una maschera
vuota ed illusoria»123.
Benedetto XVI, nel decennale della sua pubblicazione, non può evitare di
ricordare la Lettera agli Artisti del suo «venerato predecessore»124 e invita
tutti a rileggerla attentamente, a «farne oggetto di una rinnovata riflessione
sull’arte, sulla creatività degli artisti, e sul fecondo quanto problematico dia-
logo tra questi e la fede cristiana, vissuta nella comunità dei credenti»125.

120
BENEDETTO XVI, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al presidente del pontificio
consiglio della cultura, S.E.Mons. Gianfranco Ravasi, Roma 24 novembre 2008.
121
Ivi.
122
Ivi.
123
Ivi.
124
Ivi.
125
Ivi.

43
3.2 Un’amicizia in continuo rinnovamento

A quasi un anno di distanza dal Messaggio a Mons. Ravasi, il 21 novembre


2009, Papa Benedetto XVI incontra di nuovo, dopo 45 anni dallo storico in-
contro con Paolo VI, gli artisti nella Cappella Sistina.
Il motivo che rende questo incontro così necessario è semplice:
«questa amicizia va continuamente promossa e sostenuta, affinché sia auten-
tica e feconda, adeguata ai tempi e tenga conto delle situazioni e dei cam-
biamenti sociali e culturali»126
Ricordando gli interventi dei suoi predecessori, dal discorso di Paolo VI fi-
no alla Lettera di Giovanni Paolo II, ne mostra tutta la grandezza e la pro-
fondità, proprio nel luogo in cui le opere di Michelangelo, del Perugino, del
Ghirlandaio osservano i presenti. Contemporaneamente, però,
«la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché costituisce
lo scenario, solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della Chiesa e
dell’umanità»127.
Nel particolare contesto storico, in cui la speranza sembra sempre più affie-
volirsi e in cui si fa largo la sfiducia, l’uomo si ritrova ad aver smarrito la
via: non si preoccupa più di coltivare la bellezza, ma sfrutta l’intero pianeta
seguendo soltanto la logica del profitto. In questo senso gli artisti sono un
imponente baluardo difensivo.

Voi sapete bene, cari artisti, che l’esperienza del bello, del bello autentico,
non effimero né superficiale, non è qualcosa di accessorio o di secondario
nella ricerca del senso e della felicità, perché tale esperienza non allontana
dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un confronto serrato con il vissuto

126
BENEDETTO XVI, Discorso del Santo Padre Benedetto XVI agli artisti, Roma 21
novembre 2009.
127
Ivi.

44
quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, per renderlo luminoso,
bello.128

L’arte si rivela «una salutare “scossa”»129, che aiuta l’uomo ad aprire gli oc-
chi e lo rende capace di vivere fino in fondo la propria esistenza, anzi, può
rivelarsi addirittura « una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo,
verso Dio»130.

L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i


grandi interrogativi dell’esistenza, con i temi fondamentali da cui deriva il
senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un
percorso di profonda riflessione interiore e di spiritualità. 131

Citando von Balthasar e Simone Weil, Benedetto XVI afferma che «la via
della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento,
l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità […] Il bello è la prova spe-
rimentale che l’incarnazione è possibile »132.
Prima di concludere rivolge anch’egli un appello agli artisti, sintetizzando in
maniera esemplare il percorso avviato da Paolo VI nel 1964.

Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, la possibi-
lità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e
collettiva […] Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli
della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella
bellezza e attraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte,
annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità! E non abbiate paura di
confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i
credenti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso
la Bellezza infinita! La fede non toglie nulla al vostro genio, alla vostra arte,
anzi li esalta e li nutre […] Auguro a tutti voi, cari Artisti, di portare nei vo-
stri occhi, nelle vostre mani, nel vostro cuore questa visione, perché vi dia
gioia e ispiri sempre le vostre opere belle. Mentre di cuore vi benedico, vi
saluto, come già fece Paolo VI, con una sola parola: arrivederci!

128
Ivi.
129
Ivi.
130
Ivi.
131
Ivi.
132
Ivi.

45
CAPITOLO IV

IRC E MUSICA: UNA PROPOSTA DIDATTICA

Dopo essere partiti dalla necessità di ripensare l’IRC come possibile attore
di una progettazione interdisciplinare, si è mostrato come l’esperienza reli-
giosa e quella musicale siano interconnesse. Nei messaggi dei pontefici,
questo legame tra la Chiesa e arte viene ulteriormente valorizzato e indicato
come indispensabile per entrambi.
In quest’ottica, l’insegnante di IRC deve garantire agli studenti le compe-
tenze per poter decifrare l’esperienza musicale sacra o religiosa, anche di
popoli lontani nel tempo e nello spazio, accomunati però dalla comune ri-
cerca del trascendente. L’ora di religione, insomma, fornisce gli elementi
per poter meglio comprendere la musica di ogni tempo legata alla liturgia o
al sacro. Meglio ancora: senza conoscere i caratteri della religiosità
dell’uomo in generale e le loro manifestazioni storiche, non è possibile ac-
costarsi alla musica carpendone i significati profondi.

1. La proposta didattica

Nell’allegato presente al termine di questa trattazione si trova una proposta


di attività pensata principalmente per alunni delle ultime de classi della
Scuola Primaria e per gli studenti della Scuola Secondaria di Primo Grado
(chiaramente con le dovute modifiche può essere proposto anche a classi
superiori o appartenenti a istituti ad indirizzo musicale).

1.1 L’autoapprendimento

L’attività presentata in allegato è un tentativo di fornire agli studenti alcuni


esercizi che portino all’autoapprendimento, cioè all’acquisizione di cono-
scenze o di competenze senza l’ausilio di un insegnante. Il compito

46
dell’insegnante è unicamente quello di proporre alcuni brani musicali. Sa-
ranno gli esercizi proposti a guidare l’alunno verso i punti focali del tema in
questione. Questo non è che un punto di partenza, che necessiterà poi di ul-
teriori attività e sviluppi. Non vuol essere un’attività autoconclusiva, ma
un’esperienza che mostri quanto sia importante possedere la chiave giusta
per decifrare i brani musicali in questione. E questa chiave di lettura la pos-
siede proprio l’insegnante di religione.

1.2 Un percorso guidato

Nel primo esercizio proposto gli alunni ascoltano cinque brani molto diversi
tra loro (un mantra induista, un canto tribale, il Sanctus dalla K317 di
W. A. Mozart, un canto gospel e un brano del Gen Verde), indicando per
ognuno quattro aggettivi per descriverne le caratteristiche. Successivamente
dovranno collegare ciascun brano alla sua corretta descrizione.
Seguirà una breve lettura in cui si mostra come la musica sia presente in
ogni religione e come questo ci spinga a chiederci quale sia il legame tra
queste due esperienze dell’uomo.
Nel terzo esercizio vengono proposti quattro contributi che associano la mu-
sica alla preghiera, al dialogo con Dio e i ragazzi dovranno riconoscere la
presenza della parola “preghiera” in ognuno dei brani presentati.
Nell’esercizio seguente si cercherà di far arrivare i ragazzi a comprendere
quanto l’idea di Dio influenzi la musica, fino a influenzarne le regole stesse.
Come Zeus scende dall’Olimpo per conquistare la sacerdotessa Io, come nel
quadro di Tiziano scende su una fanciulla sotto forma di pioggia, così la
scala greca è caratterizzata dall’essere discendente. Al contrario, come Gesù
ascende al cielo (nel passo dell’Ascensione degli Atti degli Apostoli e nel
quadro dello stesso Tiziano), così la scala musicale col cristianesimo subisce
una variazione e diviene ascendente.
Nel quinto esercizio viene proposto ai ragazzi l’ascolto del celebre Inno alla
gioia e di una sua versione gospel, Joyfull joyfull, per mostrare come un di-
verso senso religioso spinga ad utilizzare la stessa musica ma caricandola di

47
un senso differente (è il caso di citare l’analogia con l’usanza cristiana di far
proprie le feste pagane cambiandone però l’intenzionalità).
Nell’ultima parte l’obiettivo è quello di rendere consapevoli i ragazzi che
non è possibile capire fino in fondo tutto il patrimonio di musica liturgica
dei grandi musicisti della storia senza riconoscerne la provenienza biblica.
Gli studenti vengono quindi invitati a ricercare nei testi dei brani ascoltati (il
Kyrie dalla messa in DO maggiore di L. V. Beethoven, il Gloria dalla Mes-
sa in SI minore di J. S. Bach, il Sanctus dalla K317 di W. A. Mozart e
l’Agnus dei di G. Bizet) il legame con le Scritture.
La conclusione sarà dunque la consapevolezza che non è possibile com-
prendere l’arte, e in particolare la musica, senza conoscere la fede e la reli-
gione dell’artista o del popolo che con essa si esprime.

1.3 Alcuni temi trasversali

L’utilizzo di questa attività didattica si presta anche all’approfondimento di


temi ad essa trasversali: la differenza fra tradizioni musicali presta il fianco
alla trattazione del tema della “diversità come ricchezza”, lo studio della
musica e dei tempi liturgici può portare a considerare la differenza tra rito
romano e ambrosiano. L’ascolto dell’Agnus dei può essere l’occasione per
introdurre la festa ebraica dello Yom Kippur, il gospel invita inevitabilmente
a parlare della schiavitù dei neri d’America.

48
CONCLUSIONI

Alla luce del fatto che l’IRC necessita di un ripensamento nel tentativo di
confermarne la dignità culturale, si rende ormai indispensabile progettare
percorsi interdisciplinari. La proposta di un percorso che coniughi musica e
religione non è la sola possibile: anzi, proprio grazie alle sue caratteristiche
peculiari, forse nessuna materia quanto l’IRC può presentarsi come partner
indispensabile di ogni altra disciplina curriculare.
Il legame tra l’espressione musicale e il sentimento religioso rende
sicuramente necessario la vicendevole collaborazione di questi due
insegnamenti, tanto da poter dire che l’uno senza l’ausilio dell’altro non può
presentare un sapere unitario su alcuni dei propri temi.
Oltre a proporre i mezzi per una corretta interpretazione del fatto musicale,
le competenze maturate nell’ambito dell’IRC si rendono indispensabili per
una piena comprensione di gran parte dell’esperienza artistica dell’uomo (si
è già fatto notare quanto sia importante conoscere il contesto religioso di
grandi artisti come Dante e Manzoni per riuscire a comprenderli a fondo).
Da parte loro, le discipline artistiche concorrono, ognuna con la propria
specificità, alla trattazione di temi propri anche dell’IRC, nel tentativo di
promuovere quell’unitarietà del sapere che mira alla formazione integrale
dello studente.

La riforma in atto in Italia, che coinvolge scuola e università, chiama in


causa la pastorale ecclesiale, sia per superare forme di stagnazione nel
dialogo culturale, sia per promuovere in modo nuovo l'incontro tra le
intelligenze umane, incentivando la ricerca della verità, l'elaborazione
scientifica e la trasmissione culturale. Si dovrebbe riscoprire anche oggi una
rinnovata tensione all'unità del sapere – quello proprio della uni-versitas –
con coraggio innovativo nel disegnare gli ordinamenti degli studi su un
progetto culturale e formativo di alto profilo, a servizio dell'uomo, di tutto
l'uomo133.

133
GIOVANNI PAOLO II, Messaggio ai partecipanti al VI Incontro Nazionale dei docenti
universitari cattolici, Roma 4 ottobre 2001, n. 4.

49
Anche papa Francesco, parlando ad alcuni studenti, ha ricordato che

la scuola è uno degli ambienti educativi in cui si cresce per imparare a vivere,
per diventare uomini e donne adulti e maturi, capaci di camminare, di
percorrere la strada della vita. Come vi aiuta a crescere la scuola? Vi aiuta
non solo nello sviluppare la vostra intelligenza, ma per una formazione
integrale di tutte le componenti della vostra personalità134.

La scuola ha da sempre il grande compito di preparare gli studenti alla vita,


formarli garantendo loro i mezzi per comprendere il mondo, rivelandosi
quindi come

sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre
riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione.
Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei
suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della
realtà! La scuola ci insegna a capire la realtà. Andare a scuola significa aprire la
mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E
questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si
approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a
imparare, - è questo il segreto, imparare ad imparare! - questo gli rimane per sempre,
rimane una persona aperta alla realtà135.

Imparare ad imparare significa impadronirsi consapevolmente delle proprie


strategie di apprendimento per scegliere quelle più efficaci, per controllare e
guidare il proprio processo di formazione. E’ un’opportunità che permette
alla persona di perseguire obiettivi di apprendimento basato su scelte e
decisioni prese consapevolmente e autonomamente, per apprendere, ma
soprattutto per continuare ad apprendere, lungo tutto l’arco della vita e nella
prospettiva di una conoscenza condivisa e di un apprendimento come
processo socialmente connotato.
Si tratta di una abilità trasversale a tutte le discipline ed ogni insegnante può
insegnare consapevolmente ed intenzionalmente questa fondamentale abilità
cognitiva.
Infine, uno dei compiti primari della scuola è quello di educare

134
FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco agli studenti delle scuole gestite dai
gesuiti in Italia e Albania, Roma 7 giugno 2013.
135
FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco al mondo della scuola italiana, Roma
10 maggio 2014.

50
al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L’educazione non può
essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa
crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. [...] La missione
della scuola è di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del
bello. E questo avviene attraverso un cammino ricco, fatto di tanti
“ingredienti”. Ecco perché ci sono tante discipline! Perché lo sviluppo è
frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la
coscienza, l’affettività, il corpo, eccetera. Per esempio, se studio questa
Piazza, Piazza San Pietro, apprendo cose di architettura, di storia, di
religione, anche di astronomia – l’obelisco richiama il sole, ma pochi sanno
che questa piazza è anche una grande meridiana.! Questo lo insegnava anche
un grande educatore italiano, che era un prete: Don Lorenzo Milani136.

L’auspicio, quindi, è che l’utilizzo di un approccio davvero interdisciplinare


possa essere la leva giusta per scardinare l’idea dominante che fa dell’IRC
una catechesi istituzionalizzata e che possa diventare un insegnamento che
educa al bene, al bello e al vero e che concorre, insieme agli altri, alla
formazione integrale ed unitaria dell’alunno.

136
Ivi.

51
BIBLIOGRAFIA

ABBIATI F., Storia della musica I, Aldo Garzanti Editore, Milano 1974.
AGAZZI A., Perché l’insegnamento della religione nella scuola, fascicolo a
cura delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana, Istituto Grafica
Litostampa, Gorle (BG) 1985.
–, Cultura scientifica e interdisciplinarità, Editrice La Scuola, Brescia 1994.
ANTISERI D., I fondamenti epistemologici del lavoro interdisciplinare,
Armando Editore, Roma 1972.
BEGNI BEDONA P.V. (a cura di), Paolo VI. Su l’arte e agli artisti. Discorsi,
messaggi e scritti (1963-1978), Edizioni Studium, Brescia-Roma 2000.
BENEDETTO XVI, La bellezza. La Chiesa, LEV-Itaca, Roma-Castel
Bolognese 2005.
–, Discorso ai partecipanti all’incontro degli insegnanti di religione
cattolica, Roma 25 aprile 2009.
–, Presentazione del compendio del catechismo della Chiesa Cattolica,
Roma 28 giugno 2005.
–, Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al presidente del pontificio
consiglio della cultura, S.E.Mons. Gianfranco Ravasi, Roma 24 novembre
2008.
–, Discorso del Santo Padre Benedetto XVI agli artisti, Roma 21 novembre
2009.
BERTAGNA G., Quale «cultura religiosa» nella scuola? Criteri per uno
sguardo alla situazione italiana ed europea, in L. CAIMI, (a cura di),
Autorità e libertà. Tra coscienza personale, vita civile e processi educativi.
Studi in onore di Luciano Pazzaglia, Vita e Pensiero, Milano 2011.
CAPPELLI T., Problemi giuridici e amministrativi, «L’ora di Religione»,
XXV (2006) 1.
CARDIA C., Progetto educativo e fattore religioso, in S. FERRARI, (a cura di),
Concordato e Costituzione. Gli accordi del 1984 tra Italia e Santa Sede, Il

52
Mulino, Bologna 1985.
CERI, Interdisciplinarity. Problems of teaching and research in universities,
OCSE, Parigi 1973.
CICATELLI S., L’Irc tra disciplinarità e interdisciplinarità, «Religione a
Scuola», 33 (2004) 1.
–, Un modello di portfolio, «L’ora di Religione», (2004) 7.
COLLINS M., Musica e esperienza di Dio, «Concilium», XXV (1989) 2.
CONE J., I Black spirituals. Un’interpretazione teologica, «Concilium»,
XXV (1989) 2.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Cultura e formazione nell'
insegnamento della religione cattolica: atti del Simposio Nazionale su "L'
insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica: per
promuovere la cultura religiosa e la piena formazione dei giovani", Roma,
22-23 gennaio 1988.
–, Insegnare religione cattolica oggi, Roma 6-10 maggio 1991.
COSTA E., Una teologia della musica?, «Credere Oggi», VIII (1999) 2.
FERRARO P., La musica, linguaggio universale che unisce i popoli,
«Servizio Migranti», (2010) 6.
FISHER M., Negro Slave Songs in the United States, Citadel Press, New
York 1953.
FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco agli studenti delle scuole
gestite dai gesuiti in Italia e Albania, Roma 7 giugno 2013.
–, Discorso del Santo Padre Francesco al mondo della scuola italiana,
Roma 10 maggio 2014.
GATTI M. - BUSSOTTI L. - NHAUELEQUE L.A., Africa, afrocentrismo e
religione, Aviani & Aviani, Udine 2010.
AL- GHAZALI, Il concerto mistico e l’estasi, a cura di A.IACOVELLA, Il leone
verde, Torino 1999.
GIOVANNI PAOLO II, Duodecimum Saeculum, Roma 4 dicembre 1987.
–, Omelia in occasione della solenne celebrazione del giubileo degli artisti,
Roma 18 febbraio 1984.
–, Lettera del Papa Giovanni Paolo II agli artisti, Roma 4 aprile 1999.

53
–, Discorso al simposio del Consiglio delle CEE sull’insegnamento della
religione cattolica nella scuola pubblica, Roma 15 aprile 1991.
GIOVANNI PAOLO II, Messaggio ai partecipanti al VI Incontro Nazionale dei
docenti universitari cattolici, Roma 4 ottobre 2001.
KANNHEISER G., La dimensione religiosa e i grandi perché/6. Non mi va di
cantare, «L'ora di Religione», XII (1993) 3.
KÜNG H., Musica e religione. Mozart – Wagner – Bruckner, Queriniana,
Brescia 2012.
LABRADA M.A. (a cura di), La bellezza che salva. Commenti alla “Lettera
agli artisti di Giovanni Paolo II”, Rialp, Madrid 2006.
MALIZIA G. - TRENTI Z. - CICATELLI S. (a cura di), Una disciplina in evolu-
zione. Terza indagine nazionale sull'insegnamento della religione cattolica
nella scuola della Riforma, Elledici, Torino 2005.
MANTOVANI G., L’elefante invisibile, Giunti, Firenze 1988.
MAURIZIO L., Alcuni punti nodali per la didattica dell’IRC nella prospettiva
della riforma , «Insegnare Religione», 2 (2005).
PAOLO VI, Omelia durante la messa degli artisti, Roma 7 maggio 1964.
–, Messaggio del Santo Padre Paolo VI agli artisti in occasione della
chiusura del Concilio Vaticano II, Roma 8 dicembre 1965.
RAPISARDI M., Pensieri e giudizi, G.Pedone Lauriel, Palermo 1915.
RIZZARDI G., L’uomo interroga se stesso. Orizzonti di cultura vedica, Pime
Editrice, Pavia 2012.
ROMIO R., Didattica dell’IRC nella riforma della scuola/2, «Insegnare
Religione», 5 (2005).
RUSSO AGRESTI T., Interdisciplinarità e scuola, Le Monnier, Firenze 1976.
SACCONE C., La musica nella mistica musulmana, «Credere Oggi», VIII
(1999) 2.
SALVARANI B., A scuola con la Bibbia, Editrice Missionaria Italiana,
Bologna 2001.
SALVETTI G., Il Novecento appartiene a Stravinskij e Schönberg, in
«Letture», ottobre 1996.
SCURATI C.- DAMIANO E., Interdisciplinarità e didattica, Editrice La Scuola,

54
Brescia 1974.
SEQUERI P.A., Estetica e teologia, «Ambrosius», LXV (1989) 5.
SEQUERI P.A., Il teologico e il musicale, «Teologia», X (1985) 1.
TERRIN A.N., Musica ed esperienza del sacro, «Credere Oggi», VIII (1999)
2.
TODESCHINI P., L’interdisciplinarità ‘in pratica’, in «Orientamenti
Pedagogici», vol. 56 n. 4 (2009).
VESCOVI A., Cultura e interdisciplinarità: quali legami e quali opportunità,
«Cquia», 1 (2010).
WALLACE A., Religion. An anthropological view, Random House, New York
1966.
ZUCCARI G., L’insegnamento della religione cattolica. Aspetti
psicopedagogici e strategie metodologico-didattiche, Elledici, Torino 20041.

55
ALLEGATI

56
ESERCITAZIONE 1

1) Ascolta i brani proposti dall’insegnante e per ognuno indica 4 parole


che useresti per definirlo.

Brano n° 1 Brano n° 2 Brano n°3


…………… ............……… ……………
…………… ............……… ……………
…………… ............……… ……………
…………… ............……… ……………
Brano n° 4 Brano n° 5
…………… ............………
…………… ............………
…………… ............………
…………… ............………
2) Leggi le spiegazioni riportate e indica a quale dei 5 brani proposti si
riferiscono.

฀ L’Om è il mantra più sacro e rappresentativo della religione induista. E’


considerato il suono primordiale che ha dato origine alla creazione, la
quale viene interpretata come manifestazione stessa di questo suono.
฀ Il Gospel è una musica religiosa Afro-Americana basata su grandi cori
di chiesa cui fa da contraltare un cantante solista. In realtà il genere
cambiò sensibilmente circa 80 anni fa, e affonda le sue radici nelle
forme più spontanee di devozione religiosa delle Chiese dei Santi, che
incoraggiavano i singoli fedeli a "dare testimonianza" parlando e
suonando spontaneamente della loro fede, durante la celebrazione.
฀ La musica liturgica è una musica legata al rituale liturgico e quindi con
una sua specifica funzione. Ad esempio, in ambito cattolico, sono
musiche liturgiche quelle utilizzate per la celebrazione dell’eucarestia.
฀ Il Santo, è un canto Messa cattolica ed è posto all’inizio della preghiera
eucaristica. È usato in quasi tutti i riti delle liturgie cattoliche, ortodosse
e in molte protestanti. Questo canto è un invito rivolto alla Chiesa
terrestre ad unirsi ai cori celesti nella lode al Signore.
฀ Nelle civiltà preistoriche il suono dei tamburi era molto di più di un
semplice mezzo di comunicazione, esso si trasformava in forma di
preghiera simboleggiando lo spirito “che si perde” nell’immenso,
spesso lo spirito/musica era accompagnato da danze in onore delle
divinità in cui la bellezza era simboleggiata dal movimento.

57
ESERCITAZIONE 2

La musica è presente nella mitologia di tutti i popoli primitivi: alcune popolazioni indiane
d’America ritenevano che il loro dio avesse creato il mondo cantando tre volte.
Nella mitologia cinese i primi canti e i primi strumenti erano emanazione delle voci degli
antenati.
Nella Bibbia le mura di Gerico furono abbattute dagli squilli delle trombe delle milizie
d’Israele; il suono dell’arpa di Davide placava la follia del re Saul.
Fantasioso il mito greco di Orfeo, il cui canto placò le potenze infernali.
La musica è inoltre presente nei riti di ogni religione e c’è quindi da chiedersi perché la
musica abbia questa importanza.

3) Sottolinea la parola presente in ognuno dei paragrafi sottostanti e che


spiega il motivo per cui la musica è presente in ogni religione.

a) Abdullah Ibrahim è un pianista e compositore sudafricano. Abdullah


sostiene che la musica che compone e interpreta è preghiera, e che le
sue mani sul pianoforte sono mosse da Allah (Il Sole 24 Ore).

b) La musica è preghiera che non si vale né di parole, né d’immagini, né di


gesti. Pura vibrazione sonora essa dona al compositore di potersi
immergere in quell’abisso incommensurabile di silenzio e di suono -
tale è la musica - che più d’ogni arte avvicina all’eterno e perfetto
risuonare dell’accordo divino (M° della Cappella del Duomo di Milano,
Mons. Luciano Migliavacca).

c) Prima di tutto ringraziarvi per la vostra generosità e il vostro messaggio


di pace, attraverso anche la musica. E la musica è preghiera (Intervista a
Tara Ghandi).

d) Questo concerto ci ha permesso, ancora una volta, di gustare la bellezza


della musica, linguaggio spirituale e quindi universale, veicolo quanto
mai adatto alla comprensione e all’unione tra le persone e i popoli. La
musica fa parte di tutte le culture e, potremmo dire, accompagna ogni
esperienza umana, dal dolore al piacere, dall’odio all’amore, dalla
tristezza alla gioia, dalla morte alla vita. La musica, la grande musica,
distende lo spirito, uscita sentimenti profondi ed invita quasi
naturalmente ad elevare la mente e il cuore a Dio in ogni situazione, sia
gioiosa che triste, dell’esistenza umana. La musica può diventare
preghiera (discorso di Papa Benedetto XVI dopo un concerto in
Vaticano).

58
ESERCITAZIONE 3

4) Ascolta le scale musicali eseguite dall’insegnante (una ascendente e una


discendente), leggi i brani proposti, osserva i due quadri di Tiziano e
poi rispondi al questionario.

LA SACERDOTESSA IO
Vicino a Micena c’era un Tempio sacro ad Hera, ne era sacerdotessa una
giovane di rara bellezza, Io, figlia del dio fluviale Inaco primo re di Argo e
della ninfa meliade Melia. Zeus se ne innamorò e scese spesso dal Cielo per
vederla, tra i due nacque subito un amore. Un giorno però, Hera, volle
vederci chiaro in quanto le troppe assenze del marito iniziarono ad
insospettirla, e scese dal Cielo in cerca del suo sposo. Zeus, vedendo
arrivare Hera, tramutò Io in una candida giovenca; Hera vedendo il marito
accanto ad essa, capì di cosa si trattava e la chiese come dono, Zeus non
poté rifiutare. La regina degli dei mandò la giovenca in un pascolo montano,
sotto la custodia di Argo, figlio di Agenore, soprannominato Tuttòcchi,
perché aveva cento occhi sparsi per tutto il corpo, in modo da poter sempre
controllare la giovenca; per di più Argo non dormiva mai completamente,
perché aveva sempre la metà dei suoi occhi aperti.
Zeus, non potendo accettare la sorte della giovane Io, chiese ad Hermes di
liberare la giovenca a tutti i cosi. Hermes si recò da Argo, sotto le sembianze
di un giovane pastorello, e con l’aiuto di un flauto iniziò a suonare una
noiosissima nenia, per far addormentare ad uno a uno i cento occhi. Quando
ci riuscì tagliò la testa ad Argo e Io fu libera. Hera, che aveva visto tutto
dall’alto del Cielo, raccolse gli occhi di Argo, li dispose sulla coda del
pavone e mandò alla giovenca-Io un tafano perché la pungesse; Io cercò di
scappare e di liberarsi dal tafano, in aiuto le venne Zeus che una volta
liberatala le restituì la sua forma di donna. Tuttavia due corte corna le
rimasero in testa. Da Io nacque Epàfo, che fu re d’Egitto e costruì Menfi. Io,
poi assimilata alla dea egizia Iside, significava la Luna, e Argo dai cento
occhi è il firmamento dalle cento e cento stelle, sotto la cui custodia la Luna
percorre il cielo da oriente ad occidente, senza fermarsi mai.

ATTI 1,6-11
Quelli dunque che erano riuniti gli domandarono: «Signore, è in questo
tempo che ristabilirai il regno a Israele?». Egli rispose loro: «Non spetta a
voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria
autorità. Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi
sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino
all’estremità della terra».
Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola,
accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi
fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si
presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare
verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo,
ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo».

59
Danae - Tiziano

Assunzione della Vergine – Tiziano

60
Che differenza c’è tra la prima scala musicale che hai ascoltato e la seconda?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

Nel racconto del mito di Zeus e Io quale movimento compiono Zeus e Hera?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

Nel racconto dell’Ascensione quale movimento compie invece Gesù?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

Riscontri gli stessi due movimenti anche nelle due opere di Tiziano?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

Ritieni che la scala musicale greca fosse discendente o ascendente?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

E quale cambiamento hanno introdotto i primi cristiani tra la musica greca e

la propria musica liturgica?

………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………

61
ESERCITAZIONE 4

5) Ascolta i brani proposti, leggi la traduzione del testo e rispondi.

O amici, non questi suoni! Gioia, gioia, Signore ti adoriamo


ma intoniamone altri Dio della gloria Signore
più piacevoli, e più gioiosi. dell’amore
Gioia! Gioia! I nostri cuori si schiudono come
Gioia, bella scintilla divina, fiori dinanzi a Te
figlia di Elios, Ave a Te al sole lassù
noi entriamo Si uniscano le nubi dei peccati e
ebbri e frementi, della tristezza
celeste, nel tuo tempio. Conduci il buio del dubbio
Il tuo fascino riunisce lontano
ciò che la moda separò Tu che doni immortale
ogni uomo s’affratella gratitudine
dove la tua ala soave freme. Riempici con la luce del giorno

Qual è il tema principale del primo brano?

………………………………………………………………………………

Qual è il tema principale del secondo brano?

………………………………………………………………………………

Nel primo brano è presente il nome di una divinità. A quale religione

appartiene?

………………………………………………………………………………

A quale religione appartiene invece la divinità presentata nel secondo brano?

………………………………………………………………………………

Perché il secondo brano ha cambiato le parole e il senso del brano originale?

………………………………………………………………………………

62
6) Ascolta il Kyrie tratto dalla messa in Do maggiore di L.V. Beethoven e
unisci le frasi del canto (quindi della liturgia cattolica) alle frasi bibliche.

Mt 15,22
Ed ecco una donna cananea di quei
luoghi venne fuori e si mise a
gridare: «Abbi pietà di me, Signore,
Figlio di Davide. Mia figlia è
gravemente tormentata da un Kyrie eleison
demonio». (Signore pietà)

Mt 17,15 Christe eleison


E gli disse: «Signore, abbi pietà (Cristo pietà)
di mio figlio, perché è lunatico
e soffre molto; spesso, infatti, Kyrie eleison
cade nel fuoco e spesso (Signore pietà)
nell’acqua».

Mt 20,30
E due ciechi, seduti presso la
strada, avendo udito che Gesù
passava, si misero a gridare:
«Abbi pietà di noi, Signore,
Figlio di Davide!»

7) Ascolta il Gloria tratto dalla messa in Si minore di J.S. Bach e unisci le


frasi del frasi del canto (quindi della liturgia cattolica) alle frasi bibliche.

Tb 13,9
Io esalto il mio Dio e celebro il Gloria a Dio nell’alto dei cieli e
re del cielo ed esulto per la sua pace in terra agli uomini di buona
grandezza. volontà .Noi ti lodiamo, ti
Lc 2,14 benediciamo, ti adoriamo, ti
«Gloria a Dio nel più alto dei glorifichiamo, ti rendiamo grazie
cieli per la tua gloria immensa, Signore
e pace in terra agli uomini che Dio, Re del cielo, Dio Padre
egli ama». onnipotente. Signore, Figlio
Gv 3,16 unigenito, Gesù Cristo, Signore
Dio infatti ha tanto amato il Dio, Agnello di Dio, Figlio del
mondo da dare il suo Figlio Padre; tu che togli i peccati del
unigenito, perché chiunque mondo, abbi pietà di noi; tu che
crede in lui non muoia, ma togli i peccati del mondo, accogli
abbia la vita eterna. la nostra supplica; tu che siedi alla
1Gv 2,2 destra del Padre, abbi pietà di noi.
Egli è vittima di espiazione per i Perché tu solo il Santo, tu solo il
nostri peccati; non soltanto per i Signore, tu solo l’Altissimo: Gesù
nostri, ma anche per quelli di Cristo, con lo Spirito Santo nella
tutto il mondo gloria di Dio Padre. Amen.

63
8) Ascolta il Sanctus di W.A.Mozart e unisci le frasi del frasi del canto
(quindi della liturgia cattolica) alle frasi bibliche.

Is 6,3
L’uno gridava all’altro e diceva:
«Santo, santo, santo è il
Signore degli eserciti!»
Ap 4,8
E le quattro creature viventi
avevano ognuna sei ali, ed
erano coperte di occhi Santo, Santo, Santo
tutt’intorno e di dentro, e non il Signore Dio dell’universo,
cessavano mai di ripetere i cieli e la terra sono pieni
giorno e notte: «Santo, santo, della tua gloria,
santo è il Signore, il Dio Osanna nell’alto dei cieli
onnipotente, che era, che è, e
che viene».
Mt 21,9
La folla che andava innanzi e
quella che veniva dietro,
gridava:
Osanna al figlio di Davide!
Benedetto colui che viene nel
nome del Signore!
Osanna nel più alto dei cieli!

9) Ascolta il Sanctus di W.A.Mozart e unisci le frasi del frasi del canto


(quindi della liturgia cattolica) alle frasi bibliche.

Gv 1,29
Il giorno dopo, Giovanni
vedendo Gesù venire verso di Agnello di Dio che togli i
lui disse: «Ecco l’agnello di peccati del mondo,
Dio, ecco colui che toglie il abbi pietà di noi.
peccato del mondo! Agnello di Dio che togli i
Gv 14,27 peccati del mondo,
Vi lascio la pace, vi do la mia abbi pietà di noi.
pace. Non come la dà il mondo, Agnello di Dio che togli i
io la do a voi. Non sia turbato il peccati del mondo,
vostro cuore e non abbia timore. dona a noi la pace.

10) In conclusione

Non è possibile comprendere l’arte, e in particolare la…………………..,


senza conoscere la …………………… dell’artista o del popolo che con
essa si esprime.

64

Potrebbero piacerti anche