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Dopo la conquista di Roma da parte della 5ª Armata statunitense del generale Mark Clark il 4 giugno

1944, i comandi degli Alleati si trovarono nella situazione di dover continuare l'inseguimento dei
tedeschi a nord della capitale, benché fin da subito si capì che le forze anglo-americane avevano ormai
perso slancio e coordinazione. Con ogni probabilità il comandante del 15º Gruppo d'armate nel
Mediterraneo, generale Harold Alexander, perse l'opportunità di infliggere ai tedeschi una sconfitta
schiacciante, soprattutto perché il terreno che si estendeva da Roma fino alla Toscana era molto più
aperto e adatto alla guerra corazzata. E se Alexander possedeva quattro divisioni corazzate
perfettamente equipaggiate, la supremazia aerea e abbondanti scorte di carburante e munizioni, il
feldmaresciallo tedesco Albert Kesselring aveva sotto il suo comando forze disorganizzate,
scarsamente mobili e in condizioni d'inferiorità numerica come non era mai successo durante la
campagna d'Italia. La completa distruzione delle forze tedesche non avvenne non tanto perché i
generali alleati si distrassero dal fascino di Roma, ma perché da un punto di vista logistico la città era
una strozzatura che danneggiava le linee di comunicazione alleate. Vi erano poche strade che
dovevano provvedere al rifornimento di troppi militari, e spesso lungo queste direttrici regnavano
ingorghi e caos che fecero il buon gioco delle retroguardie tedesche, le quali riuscirono a ritardare e
ostacolare l'avanzata di un nemico che si rivelò comunque troppo prudente[6]. Inoltre le forze di fanteria
alleate, dall'inizio dell'operazione Diadem, avevano pagato un pesante tributo di sangue: le compagnie
di fucilieri britanniche e canadesi avevano perduto circa il 30% dei loro effettivi tra morti e feriti, mentre
gli statunitensi registrarono perdite ancora più alte, calcolabili all'incirca intorno al 40%. Ma il prezzo più
alto venne pagato dai polacchi del II Corpo di Władysław Anders, i quali durante gli scontri per la
conquista dell'abbazia di Montecassino subirono perdite del 43%; quasi un fuciliere su due era morto o
ferito[7].
Tuttavia la strategia globale degli Alleati non avrebbe potuto essere meglio sincronizzata, né
l'operazione Diadem così ingiustamente ricompensata. Quando scattò l'operazione Overlord il 6
giugno, le forze tedesche in Italia erano in piena ritirata: la 14ª Armata tedesca era stata messa in fuga
e la 10ª era stata ricacciata indietro con gravi perdite di uomini e materiali. Quattro divisioni tedesche di
fanteria erano state ridotte a semplici quadri, rendendo necessario ritirarle per poterle ricostituire,
mentre la 1ª Divisione paracadutisti e le sei divisioni mobili presenti a sud di Roma erano state ridotte a
mal partito. L'istintiva reazione dell'OKW all'operazione Diadem fu quella di prodigarsi immediatamente
in aiuto di Kesselring nonostante l'imminente minaccia di Overlord[8]. Durante le settimane successive
allo sfondamento della linea Gustav, Kesselring ricevette quattro nuove divisioni e un certo numero di
potenti reparti corazzati e di artiglieria: la 16ª Divisione corazzata SS ritornò in Italia dall'Ungheria,
dalla Danimarca e dai Paesi Bassi arrivarono due divisioni della Luftwaffe, rispettivamente la 19ª e la
20ª Divisione, la 42ª Divisione Jäger venne spostata in Italia dalla Slovenia, mentre dalla Francia arrivò
un reggimento corazzato[9].
Il generale Alexander si trovava dunque in una situazione strategica molto favorevole e aveva
brillantemente conseguito il primario obiettivo di distruggere il maggior numero di forze nemiche in
Italia; ma egli sapeva che prima della fine di giugno avrebbe dovuto cedere ben sette divisioni,
comprese tutte le combattive truppe francesi che si erano comportate egregiamente durante lo
sfondamento della Gustav, per fornirle alla prevista operazione di sbarco anfibio
in Provenza (operazione Anvil)[10]. A marzo 1944 la programmazione dell'operazione Anvil fu
definitivamente imposta dai comandi statunitensi, nonostante le rimostranze britanniche emerse già alla
fine del 1943 durante le conferenze interalleate al Cairo e a Teheran. Al termine dell'offensiva
primaverile contro la Gustav, la campagna d'Italia sarebbe passata in secondo piano e gli sforzi si
sarebbero concentrati nell'operazione Anvil in qualità di azione diversiva su ampia scala per aiutare
Overlord. Durante l'inverno e la primavera 1944 l'interesse per questo piano passò parzialmente in
secondo piano sia a Londra che a Washington, essendo l'attenzione tutta rivolta sui combattimenti in
corso in Normandia, ma nel mentre il comandante supremo alleato nel Mediterraneo, Henry Maitland
Wilson, propose agli alleati statunitensi alcuni piani che combaciavano con le intenzioni di Washington
di aprire un nuovo fronte in Francia utilizzando truppe prelevate dall'Italia. L'armonia che durante le
conferenze di fine 1943 si era incrinata ora sembrava dunque ristabilita, ma il 6 giugno Alexander
sconvolse i piani di Wilson proponendo un nuovo piano che collimava soprattutto con i desideri
di Winston Churchill e dei capi di stato maggiore britannici ma che per gli statunitensi erano
anatema[11]. Alexander dichiarò che il suo obiettivo primario era quello di «completare l'annientamento
delle forze armate tedesche in Italia e di costringere il nemico ad attingere il più possibile alle sue
riserve, mettendomi così in grado di fornire all'invasione occidentale il massimo aiuto che le mie armate
siano capaci di dare». Egli affermò che le armate di Kesselring erano state così duramente provate che
non sarebbero state in grado di mantenere la linea Gotica senza far affluire da altre zone da otto a dieci
divisioni fresche. All'opposto lui aveva due armate perfettamente organizzate, abili ed esperte, capaci di
condurre operazioni su vasta scala in stretta collaborazione e che potevano contare sull'appoggio delle
numerose forze aeree del Mediterraneo[12].
Alexander stimò che, se gli fosse stato consentito di mantenere in linea le sue armate, avrebbe
raggiunto Firenze nella seconda metà di luglio e avrebbe attaccato la Gotica, qualora Kesselring fosse
riuscito effettivamente ad occuparla, per il 15 agosto. Tali date furono il frutto della relazione del capo di
stato maggiore di Alexander, John Harding, il quale aveva prodotto uno studio molto dettagliato delle
posizioni vulnerabili sulla linea Gotica. Furono individuate tre zone dove attaccare: sulla costa
occidentale, avanzando da Pisa verso Genova lungo un tragitto che però era molto tortuoso; sulla costa
orientale, dove i monti erano più bassi ma dove le strade e i corsi d'acqua correvano in senso
trasversale rispetto alle direttrici d'avanzata; e infine al centro degli Appennini settentrionali, dove le
montagne erano alte e scoscese ma erano presenti buone strade che correvano lungo le valli che dalla
zona di Firenze portavano direttamente a Bologna e nella valle del Po[13]. In questo punto
l'approntamento delle difese tedesche risultavano a uno stadio meno avanzato, e se Alexander avesse
potuto tenere per sé le abili truppe francesi sarebbe stato possibile espugnare la Gotica nel suo punto
più debole, e quindi sfondare nella valle del Po e suggellare la definitiva sconfitta delle forze tedesche
in Italia senza dover attendere le eventuali decisioni per Anvil[14]. Secondo Alexander vi erano quindi
solo due alternative: accettare il suo piano, oppure fermarsi sulla linea Pisa-Rimini onde disimpegnare
truppe per altri teatri operativi, perdendo quindi l'occasione di schiacciare le forze tedesche verso le Alpi
prima che Hitler inviasse i rinforzi. Inoltre così facendo la Germania avrebbe perso le risorse industriali
del nord Italia e ceduto aeroporti molto vicini ai confini del Reich, mentre gli Alleati avrebbero potuto
minacciare il valico di Lubiana e quindi Vienna[15].

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