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Francesco Petrarca. Il canzoniere.

Il canzoniere, conosciuto anche con il titolo latino di Rerum Vulgarium,


Fragmenta (frammenti di cose in volgare), è una raccolta poetica costituita da 366 componimenti in lingua
volgare e in metri vari, perlopiù sonetti, ma anche canzoni. Ballate e sestine composti. Le liriche del
canzoniere raccontano l’amore del poeta per una donna chiamata Laura, sulla cui reale esistenza
permangono numerosi dubbi, Petrarca afferma di averla conosciuta nel 1327 ad Avignone e di aver provato
per lei un’attrazione così forte da costringerlo a vivere in un continuo oscillare di sentimenti, esaltazione e
pentimento fino al momento della morte dell’amata avvenuta nel 1348. Il tono dei componimenti a questo
punto cambia sensibilmente, tanto che si è soliti distinguere tra le rime in vita e le rime in morte di Laura.
La sofferenza per la scomparsa dell’amata conduce infatti il poeta a comprendere la fragilità della vita
terrena e rafforza in lui il desiderio di purificazione che rimane però inappagato. Le vicende narrate nei versi
non devono essere considerate come semplici dati autobiografici, perché sono continuamente sottoposti al
filtro della Trasfigurazione letteraria. Lo dimostra il fatto che i personaggi, le situazioni e gli ambienti
descritti sono del tutto privi di concretezza realistica stilizzati. Inoltre escluso dalla poesia del Canzoniere,
qualsiasi riferimento alla storia contemporanea, poiché l’unica dimensione che viene analizzata è
l’interiorità del poeta, la sua esperienza sentimentale, intellettuale e religiosa. Come già nel secretum così
anche in queste poesie si pone in piena evidenza il dissidio interiore che caratterizza la psicologia di
Petrarca, sempre in bilico tra l’aspirazione ascetica all’assoluto e le tentazioni mondane. Soprattutto la
passione d’amore e il desiderio di gloria. Il poeta, aperte con angoscia la fragilità della condizione umana e il
suo tormento consiste proprio nell’incapacità di conciliare il divino con l’umano e di assicurare le cose
terrene, la stabilità delle cose celesti. Ne conseguono una continua inquietudine e un senso di
inappagamento che restano senza soluzione. I conflitti dell’animo e i dubbi dolorosi di Petrarca, se non
possono essere superati nei fatti, trovano però una sorta di compensazione nel classicismo formale che
caratterizza tutta la produzione lirica. Lo stile risulta limpido, equilibrato e armoniosamente perfetto
attraverso formule, cadenze, immagini consacrate dalla letteratura antica. Analogamente il linguaggio viene
modellato sulle strutture morfosintattiche del latino ed è caratterizzato da una selezione rigorosissima dei
vocaboli. Si parla per questo motivo di monolinguismo petrarchesco.

La maggior parte della produzione letteraria di Petrarca è stata composta in lingua Latina, poiché egli era
convinto che questa fosse la vera lingua della cultura. Lo dimostrano, ad esempio, le centinaia di lettere
scritte nell’arco di tutta la vita e ordinate in tre raccolte. Familiari senili. E senza nome. Queste lettere sono
caratterizzate da un’accurata elaborazione formale e le esperienze descritte non sono documenti immediati
di vita vissuta, ma vengono filtrate da una forte tendenza alla Trasfigurazione letteraria attraverso la quale
Petrarca intende proporre sé stesso come il modello ideale di letterato e uomo di cultura. Le pagine più
toccanti contengono una profonda meditazione, l’interiorità dell’autore tormentata da insanabili dubbi e
contraddizioni. L’intento di celebrare la grandezza di Roma e della civiltà classica e la meditazione sulla
fugacità della gloria e sulla vanità delle cose umane si trovano alla base di due opere di genere assai
diverso, la prima, composta tra i 1337 e il 1358, è intitolata Devi. Illustribus gli uomini illustri ed è una
raccolta di biografie di celebri personaggi romani. La seconda è un poema epico intitolato Africa, che viene
composto a partire dal 1339 e tratta come argomento la seconda guerra punica. Nei versi di quest’opera
incompiuta traspare una solida fede nei valori della cultura e della bellezza formale. Nel 1342 Petrarca
comincia poi a scrivere il secretum, un dialogo di argomento morale che si svolge tra l’autore stesso e
Sant’Agostino, il quale rappresenta simbolicamente la coscienza. Il tema centrale consiste nell’analisi del
dissidio insanabile tra il desiderio di una vita ascetica e gli allettamenti della vita mondana, soprattutto il
desiderio di gloria e la passione amorosa. La riflessione dell’autore sulle contraddizioni dell’animo umano
assume un carattere altamente problematico e non approda ad alcuna soluzione definitiva. Appartiene
invece al genere del trattato morale. L’opera, intitolata La vita solitaria, composta intorno al 1346. Petrarca
tenta qui di conciliare la cultura classica e la spiritualità cristiana ed esalta la solitudine come occasione per
praticare l’otium letterario. Lo studio dei classici e la pratica della poesia non rappresentano una distrazione
rispetto alla meditazione religiosa, ma costituiscono un primo passo per elevare l’animo umano verso la
perfezione cristiana. Intorno al 1353 Petrarca compone infine un trattato enciclopedico di argomento
morale, intitolato Rimedi per la buona e la cattiva sorte, nel quale vengono forniti consigli per risolvere i
problemi esistenziali comuni e per dominare le proprie emozioni attraverso l’uso della ragione.

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