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Lezioni di

Termodinamica Applicata
Università della Calabria
DIMEG
Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale

Prof. Ing. Vittorio Ferraro


vittorio.ferraro@unical.it
Bibliografia:
• V. Marinelli, G. Oliveti, A. Sabato, “Elementi di Trasmissione del Calore”, Pitagora Editrice,
Bologna.
• L. De Santoli, “Fisica Tecnica Ambientale, Trasmissione del Calore”, Volume secondo, Casa
Editrice Ambrosiana.
• G. Guglielmini, C. Pisoni, “Elementi di Trasmissione del Calore”, Editoriale Veschi.
CONCETTI FONDAMENTALI DELLA CONVEZIONE
Lo scambio termico tra le pareti solide ed i fluidi, e lo scambio
termico all’interno dei fluidi, viene chiamato convezione.

Quando una superficie solida si trova ad una temperatura


maggiore del fluido che la lambisce, le particelle fluide a
contatto con la parete si pongono in equilibrio termico con
essa; le particelle immediatamente adiacenti ricevono calore
per conduzione, ovvero per urti microscopici; i moti
macroscopici del fluido, dovuti a variazione di densità o
all’azione di pompe, ventilatori, ecc., portano a contatto
particelle più calde con particelle più fredde favorendo il
rimescolamento delle particelle a diversa temperatura e
dunque lo scambio termico convettivo.
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Lo studio della Convezione, richiede la conoscenza delle
equazioni della fluidodinamica combinate con il 1° principio
della termodinamica.
Nel moto di un fluido su una superficie solida, la velocità del
fluido è nulla vicino alla parete per poi crescere fino alla
velocità del fluido indisturbato nei punti più distanti dalla
parete.
Il moto delle particelle fluide può essere laminare o
turbolento; nel caso di quest’ultimo si ha uno scambio
termico più efficace, in quanto i vortici turbolenti che si
creano, portano le particelle calde più velocemente a contatto
con quelle fredde.
Lo scambio termico convettivo può avvenire sia all’esterno di
superfici lambite da fluidi che all’interno di condotti percorsi
da fluidi.
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Nella fig. 1 è riportato l’apparato di Reynolds per lo studio
delle traiettorie delle particelle del fluido per i diversi tipi di
moto.

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La convezione può essere:
- naturale: il moto del fluido è dovuto alla variazione della sua
densità a causa della variazione di temperatura;
- forzata: il moto del fluido è dovuto all’azione di un agente
esterno (pompa, ventilatore, ecc).

La potenza termica scambiata tra superficie solida e fluido, è


fornita dall’equazione fondamentale della convezione, detta
anche legge di Newton (1701):

dq  h  dA  (Tp  T ) (1)

dove h è il coefficiente dello scambio termico convettivo


(W/m2 K), TP è la temperatura della parete e T∞ la
temperatura del fluido indisturbato.
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Il problema fondamentale della convezione è la
determinazione di h per tutti i casi di interesse pratico.

Tale coefficiente dipende:


• dal tipo di moto (laminare o turbolento);
• dalla velocità del fluido;
• dal tipo di convezione (naturale o forzata);
• dalla geometria ed orientazione della superficie rispetto
alla corrente;
• dal fatto che il moto del fluido avvenga all’esterno della
superficie o all’interno di condotti.

Nella regione immediatamente vicina alla parete il moto è


sempre laminare ed il calore fluisce per conduzione.

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Il postulato di Fourier si scrive come:

 T 
dq  k  dA    (2)
 n  p
T 
dove è il gradiente termico del fluido sulla parete
n p
e k la conduttività del fluido.
Uguagliando le eqq. (1) e (2) e risolvendo rispetto ad h
si ha:
 T 
k  
 n  p
h
(Tp  T )

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Quindi, h è direttamente proporzionale al gradiente
termico del fluido sulla parete.

Per calcolare h in ogni punto, è indispensabile che sia


noto il gradiente e la differenza tra la temperatura di
parete e quella del fluido.

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CONVEZIONE FORZATA
CONVEZIONE FORZATA SU PIASTRA PIANA

Consideriamo inizialmente il caso di fluido che lambisce


esternamente una piastra orizzontale con velocità uniforme e
particelle fluide dirette parallelamente alla piastra stessa.
Le particelle fluide appena entrano in contatto con la parete
vengono arrestate (da parte della parete stessa) ed a loro
volta fanno rallentare le particelle che scorrono su traiettorie
più distanti, che a loro volta rallentano quelle degli strati
superiori e cosi via finché ad una distanza y=d dalla superficie
l’effetto non diventi trascurabile.

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Nella zona del fluido vicina alla parete, dove la presenza
della parete stessa influenza il campo di velocità del fluido, si
crea lo strato limite idrodinamico, nel quale la velocità del
fluido varia tra 0 sulla parete ed il valore della corrente
indisturbata; lo strato limite idrodinamico ha spessore nullo
sul bordo e crescente lungo la piastra.

Il rallentamento delle particelle fluide è dovuto allo sforzo


tangenziale agente sui piani paralleli alla velocità del fluido.
Lo strato limite può essere completamente laminare o
turbolento. Nel caso di moto turbolento esiste un sottile
sottostrato nelle vicinanze della parete che è sempre
laminare.

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Strato Limite
u
Idrodinamico
Strato Limite di
Idrodinamico
u corrente

u di indisturbata
di(x)
y

ZONA ZONA TURBOLENTA


Xcr ZONA DI
LAMINARE
TRANSIZIONE

Fig. 2 - Profili di velocità per convezione forzata su piastra piana

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Il valore della velocità della corrente indisturbata u∞, viene
raggiunto asintoticamente e si assume come confine dello
strato limite idrodinamico, di spessore di la distanza dalla
parete alla quale il fluido raggiunge una velocità pari al 99%
della velocità della corrente indisturbata.

Supponendo che la parete abbia una temperatura maggiore


di quella del fluido Tp>T∞, si avrà trasmissione di calore
dalla parete al fluido per conduzione attraverso le particelle
del fluido nel caso di strato limite laminare.

Nel caso invece di strato limite turbolento, il calore fluisce


per conduzione nel sottostrato laminare e per trasporto
turbolento e rimescolamento nelle zone più lontane.

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All’interno dello strato limite turbolento è presente, dopo lo
strato limite laminare, un sottostrato intermedio di transizione,
nel quale le traiettorie dei filetti fluidi cominciano ad essere
irregolari.

Se la piastra ha lunghezza sufficiente, lo spessore di questo


strato può diventare talmente grande che le forze viscose
non riescono a smorzare i disturbi e lo strato limite diventa
instabile; dopo una zona di transizione lo strato limite diventa
turbolento ed il suo spessore cresce rapidamente.

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In conseguenza della differenza di temperatura tra la
superficie solida ed il fluido, sulla superficie si forma lo
strato limite termico di spessore dt analogamente allo
strato limite di velocità.

La distanza dalla parete alla quale la temperatura del fluido


indisturbato T∞ non viene influenzata dallo scambio termico
delimita lo strato limite termico.

In generale lo spessore dello strato limite termico dt non


coincide con quello dello strato limite idrodinamico di a meno
che il numero di Prandtl non sia unitario.

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Nella figura 3 è riportato lo strato limite termico per

convezione forzata su piastra piana orizzontale.

All’interno dello strato limite termico avviene lo scambio

termico e si stabiliscono i gradienti di temperatura.

Lo spessore dello strato limite termico dt è la distanza

dalla parete alla quale la temperatura del fluido raggiunge il

99% del valore di temperatura della corrente indisturbata T∞.

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Strato Limite
Termico T

dt
Strato Limite
Termico corrente
T indisturbata
dt 
T
 dt(x)
y

x
Tp Tp

ZONA ZONA DI ZONA


LAMINARE Xcr TRANSIZIONE TURBOLENTA

Fig. 3 - Profili di Temperatura per convezione forzata su piastra piana

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La transizione tra il moto laminare ed il moto turbolento si
ha quando il numero di Reynolds, definito come:

  u  x u  x
Re x   (4)
 

valutato sulla base della distanza x dal bordo della piastra


raggiunge il valore critico Recr=500.000. Nell’eq. (4),  è la
2 
viscosità (N s/m ),  la densità (kg/m ) e  
3 la viscosità

cinematica (m2/s) del fluido.
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Se il numero di Prandtl, Pr, è pari ad 1, lo spessore dello
strato limite idrodinamico di e lo spessore dello strato limite
termico dt, coincidono.

Il coefficiente di scambio termico convettivo h, e quindi lo


scambio termico tra piastra e fluido, è variabile lungo la
coordinata x a causa della variabilità dello strato limite
termico.

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hx

hx laminare hx turbolento

X Xcr

Fig. 5 - Coefficiente di scambio termico hx

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CONVEZIONE FORZATA ALL’INTERNO DEI CONDOTTI

Si consideri ora il moto di un fluido all’interno di un condotto

a sezione circolare.

La temperatura del fluido è diversa da quella della parete

interna del condotto, che supponiamo uniforme.

Si suppone inoltre che il fluido abbia temperatura e velocità

uniformi all’ingresso del condotto.


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Il regime del moto all’interno di un tubo dipende dal
numero di Reynolds basato sul diametro del tubo:

 u D u D
Re D  
 

• ReD < 2.000 Moto Laminare

• 2.000 <ReD < 10.000 Moto di Transizione

• ReD > 10.000 Moto Turbolento

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Il numero di Reynolds rappresenta il rapporto fra le
forze d’inerzia e le forze viscose:

u2
Re D 
u

D
ed è un numero adimensionale. All’aumentare del numero
di Reynolds le forze d’inerzia crescono rispetto quelle
viscose (che tendono a smorzare i disturbi e rendere stabile
il moto) e per un valore critico del numero di Reynolds i
disturbi trasmessi al fluido non vengono più smorzati ed il
moto diventa turbolento.

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Anche in questo caso, nella zona di imbocco del tubo, ha luogo la
formazione di uno strato limite idrodinamico e termico, analogamente a
quanto avviene sulla piastra.
Nella Figura 6 è mostrato lo sviluppo dello strato limite idrodinamico
per moto laminare.
A differenza della piastra, lo strato limite si sviluppa lungo l’intera
superficie interna del tubo, ed il suo spessore cresce tanto da riempire
l’intera sezione. MOTO
COMPLETAMENTE
LUNGHEZZA
SVILUPPATO
D'IMBOCCO
u

u u
Strato limite
Idrodinamico

Fig. 6 - Sviluppo dello strato limite idrodinamico per moto laminare


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Se le proprietà del fluido sono costanti, rispetto alla
temperatura, nell’intervallo delle temperature in gioco, subito
a valle della riunione degli strati limite il profilo di velocità non
varia più, ed assume un aspetto parabolico, nel caso di moto
laminare, o più schiacciato nel caso di moto turbolento: si
dice allora che il moto è completamente sviluppato.
La zona precedente la sezione a partire dalla quale le
velocità del fluido hanno un assetto costante viene chiamata
lunghezza d’imbocco o lunghezza di assetto.

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CORRELAZIONI PER CONVEZIONE FORZATA
ALL’INTERNO DI CONDOTTI

Il numero adimensionale di Nusselt in questo caso


assume la forma:

hD
Nu 
k

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Moto completamente sviluppato e tubi lunghi
Moto Laminare (ReD < 2.000):
Temperatura di parete uniforme: Nu=3,66
Flusso termico uniforme sulla parete: Nu=4,36
Moto Turbolento (ReD > 10.000) (McAdams):

Nu  0,023  Re D  Pr
0 ,8 n

n  0,3 se Tp  Tf (fluido raffreddato)


n  0,4 se Tp  Tf (fluido riscaldato)

Tutte le precedenti correlazioni sono valide per numeri di


Prandtl compresi fra 0,7 e 100.

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In alternativa si può utilizzare la formula di Colburn:

Nu  0,023  Re0D,8  Pr 0.33

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PERDITE DI CARICO ALL’INTERNO DEI CONDOTTI
FATTORE DI ATTRITO

Un fluido che scorre dentro una tubazione è soggetto alle


cosiddette perdite di carico, ovvero ad un abbassamento
di pressione dovuto agli attriti interni del fluido stesso.
Le leggi che regolano il moto di un fluido non sono
universalmente valide: il modo stesso con cui esso si
muove varia in funzione della sua velocità, della viscosità e
della densità che lo caratterizzano, e del diametro del tubo
entro cui esso fluisce e di conseguenza del tipo di moto
laminare o turbolento.

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Le perdite di carico sono di due tipi:
Distribuite: sono dovute agli attriti che si generano a
causa dello scorrere del fluido nel tubo, perciò sono
presenti (distribuite) ovunque nelle tubazioni.

Concentrate: sono localizzate in un ben preciso punto del


percorso e sono dovute ad ostacoli quali una saracinesca,
una diramazione, un restringimento o un allargamento del
condotto, un gomito ecc.

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Si consideri un tubo rettilineo liscio di sezione circolare di
raggio R, e lunghezza L, all’interno del quale scorre un
fluido di viscosità  in regime laminare (fig. 10).

p1 p2

R
D
r

2
1
L

Il profilo della velocità nella sezione è il seguente:

R 2 dp  r 2 
u (r )   1 2
4 dx  R 

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dp
dove  0 è la caduta di pressione lungo il condotto.
dx
La velocità diventa zero sulla parete (r=R) e massima al
centro (r=0); quindi:
2
R dp
u max 
4 dx

e u(r) diventa:

 r 2 
u (r )  u max 1  2 
 R 
 

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Da questa equazione si evince che nella sezione la velocità
ha andamento parabolico.
La velocità media del fluido u è legata a quella massima
umax dalla relazione:

1 u max
u   u (r ) dA  ....  u 
AA 2

R 2 dp
e di conseguenza si ha: u
8 dx

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L’equazione precedente si può scrivere come:

8  u
dp    dx
R2
che integrata per il condotto di lunghezza finita L della
figura, diventa:

2 2
8  u 8  u
 dp   2
  dx  p 2  p1    2
L 
1 R 1 R
8  u 32    u
 p1  p 2   p  2
L  2
L
R D

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moltiplicando numeratore e denominatore con u   si
ottiene:

 64 u 2 L
 u    u  
L
p  32   
D  u   D 2 Re D D

da cui:

p 2
64 u L 2
u L
    fM  
 Re D 2 D 2 D

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p 64 u L 2
u L 2
 J 
    fM    kg 
 Re D 2 D 2 D  

64
Il termine fM  è chiamato coefficiente (o fattore)
Re D
d’attrito di Moody, e tale espressione è valida per moto

laminare nei tubi.

Si può notare che la perdita di pressione è direttamente


proporzionale al termine L , quindi alla lunghezza relativa
D
del tubo.
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La potenza della pompa per le perdite distribuite è fornita
dall’espressione:

 u2   L 
  fM      
Pd  m W 
 2  D
 

Le perdite di carico concentrate sono direttamente


proporzionali all’energia cinetica del fluido mediante una
costante indicata dalla lettera K:

 p   u2   J 
   K    kg 
    2   
 
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La potenza della pompa per le perdite concentrate e è
calcolabile con l’espressione:

 n   u2 
    Ki    
Pc  m 
 1
  2 
  
W 
n
dove  Ki è la somma dei fattori di tutte le perdite
1
concentrate.

Il termine K, che mantiene il nome di coefficiente d’attrito,

dipende dalla particolare geometria dell’oggetto che

determina la perdita, ed è riportato nella tabella seguente.


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Nel caso di moto turbolento nei tubi lisci, per il calcolo di
fM si può utilizzare la seguente relazione sperimentale:
0,186
fM  Per 10.000  Re D  300.000
Re0D,2

Per moto turbolento nei tubi scabri il coefficiente d’attrito

si ricava mediante l’abaco di Moody, diagramma di origine

sperimentale, in funzione del numero di Reynolds e della

rugosità relativa, e , dove D è il diametro del tubo, mentre


D
e è il valore medio della sua scabrezza (solitamente,

entrambi sono espressi in mm).


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fM=0,028 e/D=0,003

Re=250.000
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Il diagramma di Moody è stato costruito sulla base della
correlazione di Colebrook:

 e  
1  D  2,51 
  2,0  log   
fM  3,7  Re D  f M 

  

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Una correlazione molto utile (in forma esplicita) per il calcolo
del fattore d’attrito è quella di Haaland:

1  e 1,11 6,9 
  1,8  log     Per Re D  20 .000
fM  3,7  D  Re D 

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Aumentando il valore del numero di Reynolds, si entra nel
regime turbolento, ed il diagramma di Moody si divide in più
curve, ognuna delle quali rappresenta un particolare valore
della scabrezza relativa; la curva inferiore si riferisce al caso
del tubo liscio.
Il grafico si usa scegliendo la curva corrispondente alla
scabrezza del tubo in esame e individuando su di essa il
punto la cui ascissa rappresenta il numero di Reynolds del
problema: sull’asse verticale si legge il valore di fM.
Si osservi che le curve in moto turbolento tendono a
diventare orizzontali all’aumentare del numero di Reynolds.
e
Al diminuire di le curve sono vicine tra di loro e tendono
D
a quella dei tubi lisci.
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Diametro Equivalente

I condotti percorsi dai fluidi non sono sempre di sezione


circolare. La sezione può essere quadrata, rettangolare,
triangolare, ellittica etc. Tutte le correlazioni viste in
precedenza non possono essere più applicate, specialmente
se il moto è laminare.
Per moto turbolento, sia per il calcolo delle perdite di carico
sia per il calcolo del coefficiente convettivo di scambio
termico h, con una approssimazione del 10÷15% valgono le
relazioni viste prima se al posto del diametro si inserisce il
diametro equivalente così definito:

A
Deq.  4   
 Pb 
dove A è la sezione di passaggio del fluido e Pb il perimetro
solido bagnato dal fluido
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Sezione quadrata:

L2 L
Deq.  4 L
4L
L

Sezione ad anello:

 2
(D  d 2 )
d D
4 (D  d )(D  d )
D eq.  4   Dd
(D  d ) Dd

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CONVEZIONE NATURALE

Consideriamo il problema della convezione naturale sopra


una piastra verticale riscaldata a temperatura uniforme di
piastra Tp, più elevata della temperatura del fluido Tf. La
velocità del fluido non è specificata ed il moto delle particelle
fluide è dovuto alla diminuzione della densità dovuta al
riscaldamento.
Le caratteristiche termofisiche del fluido, che interessano lo
scambio termico, sono la densità , la viscosità , il calore
specifico cp , la conducibilità del fluido k ed il coefficiente di
dilatazione termica b e vanno determinate alla temperatura
del film.
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La densità può essere scritta come:


  0 1  b (Tp  Tf ) 
dove 0 è la densità del fluido alla temperatura Tf.

Il fluido è soggetto alla forza di galleggiamento per unità


di volume:
N
F  (0  )  g  m3 
 
Sostituendo l’espressione della densità nell’equazione
precedente si ha:


F  0  b  g  Tp  Tf  N
 m3 
 
Questa forza ha il valore massimo proprio sulla piastra.
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Nella figura è riportato l’andamento dello strato limite d(x),
della temperatura e della velocità per convezione naturale
su piastra verticale. Tp > Tf

Tp Turbolento
T

Tf

u u=0

d(x)
Trascinamento
x

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Nella convezione naturale il numero adimensionale che
descrive il moto del fluido è il numero di Grashof:

 2  b  g  3
Gr  
 2 
    bg  3

 L  Tp  Tf   2   L  Tp  Tf 
   

Il numero di Grashof rappresenta il rapporto tra il prodotto


della forza di galleggiamento e della forza d’inerzia diviso
per le forze viscose al quadrato:

bgT   Lu 2   2bg L3 T


Gr  
 2u 2  2
 
 L2 
 
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CORRELAZIONI DI SCAMBIO TERMICO
PER LA CONVEZIONE NATURALE SU PIASTRE

PIASTRA VERTICALE

MOTO LAMINARE:
1
hL
Nu L  0,55 (Gr  Pr) 4 (Gr  Pr)  10 9
k

MOTO TURBOLENTO:
2
hL
Nu L   0,021 (Gr  Pr) 5 (Gr  Pr)  10 9
k

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CILINDRI ORIZZONTALI

Per cilindri orizzontali al posto di L nel numero di Grashof


si mette il diametro D esterno del cilindro.

MOTO LAMINARE:
1
hD
Nu D   0,525 (Gr  Pr) 4 10 4  (Gr  Pr)  10 9
k

MOTO TURBOLENTO:

1
hD
Nu D   0,129 (Gr  Pr) 3 10 9  (Gr  Pr)  1012
k
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PIASTRE ORIZZONTALI
Nell’espressione del numero di Grashof si introduce la
lunghezza media della piastra L1  L 2 .
L
FLUSSO ASCENDENTE 2
1
hL
Nu L   0,54 (Gr  Pr) 4 10 5  (Gr  Pr)  2 10 7
k (McAdams)
1
hL
Nu L   0,14 (Gr  Pr) 3 10 5  (Gr  Pr)  2 10 7
k (Bovy and Woelk)
1
hL 4 10 4  (Gr  Pr)  7 1010 (Fujii)
Nu L   0,13 (Gr  Pr) 3
k

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PIASTRE ORIZZONTALI

FLUSSO DISCENDENTE (McAdams)

1
hL
Nu L   0,27 (Gr  Pr) 4 3 10 5  (Gr  Pr)  1010
k

L2

L1

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