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Corso di “Elettronica di Potenza” | Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata

ELETTRONICA DI
POTENZA
Giulia Bontempi

Anno 2019/20

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Corso di “Elettronica di Potenza” | Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata

Ci tengo a precisare che questi sono appunti del corso “Elettronica di Potenza” della
facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma Tor Vergata tenuto dal prof. Stefano
Bifaretti.

Sono state citate le seguenti fonti:

 A. Bellini, S. Bifaretti, S. Costantini, “Elettronica di Potenza”, ARACNE


editrice S.r.l., dicembre 2004
 S. Bifaretti, Slide del corso

Sono rielaborazioni fatte da me per facilitare lo studio e non vanno prese come libri
di testo ufficiali.

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I semiconduttori di potenza
impiegati nei convertitori statici
INTRODUZIONE

I semiconduttori vengono sempre impiegati, al fine di ridurre l’energia dissipata nel


convertitore, in regime di commutazione; vengono cioè fatti funzionare alternativamente in
regime di saturazione e in quello di interdizione. Pertanto, una prima suddivisione dei
semiconduttori impiegati nei convertitori statici può essere effettuata prendendo in
considerazione la possibilità di comandarne, mediante un opportuno circuito di pilotaggio, il
passaggio dallo stato di interdizione a quello di conduzione e viceversa. Sulla base di tale
caratteristica, i semiconduttori di potenza possono venire suddivisi in:

1. Componenti non controllati  Diodi;


2. Componenti di cui è possibile comandare solo il passaggio dallo stato di interdizione a
quello di conduzione, ovvero chiusura o accensione del componente  Raddrizzatori
Controllati al Silicio (Tristori) e Triac
3. Componenti di cui è possibile comandare, oltre alla chiusura, anche il passaggio dallo
stato di conduzione a quello di interdizione, ovvero apertura o spegnimento  Transistor
di potenza (bipolari, ad effetto di campo e IGBT) e GTO

1 DIODI
Il Diodo è il più semplice componente a semiconduttore. Esso è costituito da un’unica giunzione
P-N e presenta due soli terminali, indicati come Anodo (A) e Catodo (K).

Dal punto di vista ideale, il Diodo può essere considerato come un componente in grado di non
opporre alcuna resistenza al passaggio della corrente in un senso (dall’anodo al catodo) e di
opporsi completamente al passaggio della corrente in senso opposto. Il comportamento reale del
Diodo si discosta da quello ideale, sia durante il funzionamento a regime permanente sia durante
quello transitorio.

1.1 CARATTERISTICHE STATICHE (REGIME PERMANENTE)


Quando il Diodo è attraversato da una corrente anodica positiva, la tensione tra anodo e
catodo (caduta diretta) non è nulla ma assume un valore (compreso 0.6 V e qualche V).
Dualmente, quando al Diodo è applicata una tensione negativa (tensione inversa) nel Diodo
fluisce una piccola corrente negativa (corrente inversa).

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Caduta diretta. Nella figura (a) è riportato un andamento tipico della caratteristica reale di
un Diodo polarizzato direttamente ( positiva). La linea tratteggiata è una possibile
approssimazione della caratteristica diretta del Diodo: il comportamento di un Diodo di potenza
polarizzato direttamente può essere schematizzato con una forza elettromotrice (0.8-1 V) con
in serie una resistenza , il cui valore dipende dalla corrente che il Diodo può supportare.

Corrente inversa. Nella figura (b) è riportato un andamento tipico della caratteristica reale di
un Diodo polarizzato inversamente ( negativa). Quando la tensione è negativa ed ha un
valore assoluto minore di , la corrente inversa si mantiene molto piccola. Quando invece la
tensione inversa diventa maggiore di (massima tensione inversa applicabile al Diodo o
tensione di Breakdown) si ha il cosiddetto effetto Zener e la corrente aumenta improvvisamente;
ciò comporta un’elevata dissipazione all’interno del componente. Risulta comunque sempre
necessario imporre che la tensione inversa non superi il valore di Breakdown, altrimenti si
verifica la distruzione del componente.

1.2 COMPORTAMENTO TRANSITORIO


Il comportamento transitorio è connesso al passaggio dalla situazione di non conduzione, o
interdizione, a quella di conduzione (commutazione diretta) e al passaggio dalla situazione di
conduzione a quella di interdizione (commutazione inversa).

Commutazione diretta. Quando ad un Diodo che si trova interdetto viene applicato un


gradino di corrente con un’elevata pendenza (elevata di/dt), la tensione tra anodo e catodo
assume, per un breve intervallo di tempo (tempo di recupero diretto o forward recovery time),
un valore alquanto superiore alla caduta diretta a regime permanente. Nei convertitori statici
di potenza tale fenomeno risulta in genere del tutto trascurabile, in quanto le induttanze
presenti nel circuito limitano la pendenza della corrente applicata al Diodo.

Commutazione inversa. Quando un Diodo passa dallo stato di conduzione a quello di


interdizione, occorre che sia trascorso un breve intervallo di tempo (tempo di recupero inverso
o reverse recovery time) prima che il Diodo acquisti la proprietà di blocco della corrente. Durante
tale intervallo di tempo, la corrente nel Diodo si inverte assumendo un valore negativo. All’inizio
della commutazione, la corrente diminuisce, con una pendenza (di/dt) imposta dal circuito
esterno al Diodo, fino a raggiungere un valore massimo negativo ( ).

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Durante questa prima fase della commutazione, la


tensione applicata al Diodo si mantiene praticamente
nulla; successivamente, ai terminali del Diodo
incomincia a presentarsi una tensione inversa e la
corrente inversa diminuisce portandosi a zero con una
piccola oscillazione, dovuta a fenomeni di risonanza tra
la capacità interna del Diodo e le inevitabili induttanze
presenti nel circuito.

Le formule usualmente impiegate sono ottenute


approssimando l’andamento della corrente inversa con
un triangolo rettangolo e fanno riferimento alla
quantità di carica inversa (recovery stored charge)
fornita dal Diodo durante la conduzione inversa:

= 1.4 =2
/

1.3 DIODI PARTICOLARI


1.3.1 Diodi Schottky
I Diodi Schottky sono basati su una giunzione metallo-semiconduttore il cui principio di
funzionamento è alquanto diverso da quello della giunzione P-N utilizzata per i Diodi
convenzionali. Il catodo è costituito da uno strato di semiconduttore di tipo N sul quale viene
depositato un sottile strato di metallo che forma l’anodo del Diodo. Tale tipo di giunzione non
permette il trasferimento di portatori minoritari dal semiconduttore al metallo; pertanto la
conduzione di corrente avviene solo per mezzo dei portatori maggioritari. Vantaggi:

 Assenza di fenomeni dovuti alla ricombinazione di


portatori, con conseguente aumento della velocità di
commutazione;
 Minore caduta diretta

I Diodi Schottky hanno delle limitazioni sulla massima corrente continuativa che possono
sopportare (75-100 A) e una bassa tensione di blocco inversa (massimo 150 V).

1.3.2 Diodi Zener


I Diodi Zener sono in grado di poter funzionare in maniera
continuativa con una tensione inversa uguale o leggermente
maggiore alla loro tensione di blocco inverso; la caratteristica
principale è quella di mantenere la tensione inversa ad un
valore circa costante.

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1.4 SPECIFICHE FORNITE DAL COSTRUTTORE


1.4.1 Portate
Portate in tensione. Le principali grandezze prese in considerazione sono:

 : massimo picco ripetitivo di tensione inversa sopportabile;


 : massimo picco non ripetitivo di tensione inversa;
 : valore efficace di tensione inversa sopportabile come raddrizzamento monofase.

Portate in corrente. Con riferimento ad una prefissata temperatura di giunzione:

 : corrente continuativa sopportabile;


 : valore efficace di corrente sopportabile;
 : valore di picco sopportabile ogni tanto (picco non ripetitivo);
 : massima temperatura di lavoro della giunzione;
 : resistenza termica tra giunzione e contenitore;
 : potenza dissipata.

1.4.2 Caratteristiche statiche


 : la caduta diretta in funzione della corrente anodica;
 La corrente inversa corrispondente alla massima tensione inversa applicabile.

1.4.3 Comportamento transitorio


 ( ): la resistenza termica transitoria tra giunzione e contenitore, che serve per valutare
il comportamento termico del Diodo in caso di sovraccarichi di breve durata;
 ( ): l’area quadratica di corrente sopportabile in caso di sovraccarico di brevissima
durata.

2 TRANSISTOR BIPOLARI (BJT)


I transistor bipolari vengono fatti funzionare alternativamente in zona di
interdizione (Transistor aperto) o in zona di saturazione (Transistor chiuso).
Tale tipo di funzionamento (indicato come funzionamento in regime di
commutazione), permette di manipolare elevate potenze con una
dissipazione sufficientemente modesta.

Il comportamento ideale di un Transistor funzionante in regime di


commutazione può essere assimilato a quello in un interruttore
(interruttore statico) di cui è possibile comandare, agendo sulla corrente di
base (corrente di pilotaggio), sia l’apertura che la chiusura. Diversamente
da un interruttore elettromeccanico, però, la corrente può circolare nel
Transistor solo in una direzione (dal collettore C all’emettitore E).

Comportamento Comportamento
ideale e reale in zona ideale e reale in
di saturazione zona di
(potenziale di interdizione
saturazione) (corrente inversa)

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2.1 CARATTERISTICHE STATICHE


Le principali cause di scostamento dal comportamento ideale
sono dovute alla caduta diretta, quando il Transistor si trova in
saturazione, e ai fenomeni connessi alle commutazioni. Quando
invece il Transistor è interdetto, purché la tensione applicata
sia minore di quella di blocco, la corrente che lo attraversa
risulta sempre del tutto trascurabile.

Caduta diretta. La tensione che si presenta tra collettore


ed emettitore quando il Transistor lavora in regime di
saturazione dipende dalla sua temperatura di giunzione e dalla
corrente di collettore e anche dalla corrente di pilotaggio.
Nella figura è riportata una famiglia di caratteristiche −
per vari valori della corrente di base.

2.2 COMPORTAMENTO TRANSITORIO


2.2.1 Commutazione dallo stato di interdizione a quello di saturazione
Quando alla base di un Transistor, che si trovava interdetto, viene applicato un gradino di
corrente, durante un piccolo intervallo iniziale di tempo di durata (tempo di ritardo o delay
time), il Transistor continua a rimanere interdetto. Successivamente a corrente di collettore
inizia a crescere fino a raggiungere il valore di
regime corrispondente alla situazione di saturazione
durante il tempo di salita (rise time) , che
rappresenta il tempo necessario affinché la corrente
raggiunga un valore prefissato. In generale, il tempo
di ritardo risulta più piccolo del tempo di salita per
cui i due tempi non vengono riportati
separatamente, ma viene fornito un unico tempo di
commutazione pari alla somma di e .

2.2.2 Commutazione dallo stato di saturazione a quello di interdizione


Quando un Transistor che si trovava in saturazione viene portato in interdizione, la corrente di
collettore non si porta istantaneamente a zero. In un primo intervallo di tempo di durata
(tempo di accumulo o storage time), la corrente permane al valore precedente. Successivamente,
la corrente di collettore inizia a diminuire, con una pendenza praticamente costante; questo
comportamento viene caratterizzato con il tempo di
discesa (fall time) , inteso come la durata di tempo
intercorrente tra l’istante in cui la corrente inizia a
diminuire e quello in cui si annulla. Mentre il tempo
di accumulo rappresenta essenzialmente un ritardo
tra l’istante in cui si comanda l’apertura e quello in
cui il Transistor comincia ad aprirsi, durante il tempo
di discesa il Transistor esce di saturazione; pertanto
al suo interno può prodursi un’elevata dissipazione di
energia.

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2.3 AREA DI SICUREZZA (SOAR)


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Nel funzionamento a regime permanente la zona di impiego di un
Transistor è definita come area di sicurezza (Safe Operating Area).
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In un diagramma, tensione collettore-emettitore corrente di 2
collettore, tale area è limitata da quattro curve:

1. Massima corrente continua sopportabile ( ); 4


2. Massima tensione collettore-emettitore sopportabile ( );
3. Massima potenza dissipabile ( _ = );
4. Breakdown secondario.

La massima corrente continuativa sopportabile è un valore, fornito


dal costruttore, indipendente dalla tensione . Essa è definita sulla
base della massima densità di corrente continuativa sopportabile. La massima tensione
collettore-emettitore sopportabile dipende dalle modalità di pilotaggio. Si fa riferimento alla
, ovvero alla massima tensione sopportabile con il circuito di base aperto (corrente di base
nulla). Altre definizioni di tensione massima sopportabile sono (in ordine crescente):

 se la base è connessa all’emettitore mediante una resistenza di valore prefissato;


 se la base è cortocircuitata verso l’emettitore;
 se la base è polarizzata negativamente, rispetto all’emettitore, con una f.e.m.
prefissata.

La curva di massima potenza dissipabile dipende dal dimensionamento del circuito di


raffreddamento e, in un diagramma logaritmico, ha un andamento lineare. La curva fornita dal
costruttore si riferisce ad una determinata temperatura del contenitore . Per temperature
del contenitore più elevate la potenza dissipabile diminuisce in maniera lineare fino ad
annullarsi in corrispondenza alla massima temperatura ammissibile alla giunzione.

Il breakdown secondario è un fenomeno di degrado termico che si verifica in tutti i Transistor


bipolari al di sopra di una determina tensione quando, a causa del gradiente di tensione lungo
la base, alcuni punti della giunzione collettore-base raggiungono un valore termico instabile.
L’inizio del breakdown secondario si manifesta con una improvvisa diminuzione della resistenza
interna, con conseguente riduzione della tensione .

2.4 SPECIFICHE FORNITE DAL COSTRUTTORE


2.4.1 Dati relativi al comportamento statico
Oltre alle massime tensioni dirette applicabili ( , , , ) e alle massime correnti
sopportabili in funzionamento continuativo ( ) , vengono in genere specificate:

 Massima tensione applicabile tra collettore e base ;


 La massima tensione inversa tra base ed emettitore ;
 La tensione di saturazione base-emettitore , per vari valori di e ;
 La tensione di saturazione collettore-emettitore , per vari valori di e ;
 Il rapporto minimo tra le correnti di collettore e di base che assicura che la tensione di
saturazione si inferiore ad un valore prefissato (ℎ );
 L’andamento della SOAR in funzionamento continuativo e impulsivo, in corrispondenza
ad un pilotaggio del Transistor che mantenga sempre una polarizzazione diretta;
 La corrente di breakdown secondario / in corrispondenza a varie tensioni .

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2.4.2 Dati relativi al comportamento transitorio


Per quanto riguarda il comportamento transitorio, vengono in genere forniti i tempi di
commutazione , , e , in corrispondenza a varie condizioni operative, il valore della
capacità , in corrispondenza a vari valori della tensione , e la resistenza termica
transitoria. Alcune volte viene anche riportato l’andamento della SOAR inversa.

3 TRANSISTOR AD EFFETTO DI CAMPO (MOSFET)


I Transistor bipolari presentano l’inconveniente di avere tempi
di commutazione che, per potenze levate, superano il μs e quello
di richiedere, per garantire una buona saturazione, una corrente
di pilotaggio appena di un ordine di grandezza inferiore alla
corrente di collettore. Tutti questi problemi possono venire
superati, o almeno sostanzialmente ridotti, impiegando una
tecnologia ad effetto di campo (MOSFET, Metal Oxide
Semiconductor Field Effect Transistor).

Il grafico presenta una famiglia di


caratteristiche − , per vari valori
della tensione . La linea tratteggiata,
sovrapposta alle caratteristiche,
delimita la zona, denominata ohmica,
caratterizzata da tensione modeste
da quella attiva. Inoltre, se la tensione
supera quella massima consentita, la
corrente cresce in maniera netta
provocando un’immediata rottura del
dispositivo.

I transistor MOSFET, in zona ohmica, si comportano essenzialmente come delle resistenzae


variabili, il cui valore è controllato agendo sulla tensione di controllo applicata tra Gate e Source.
Quando la tensione di controllo è sufficientemente elevata la resistenza tra Drain e Source si
riduce a valori molto piccoli ( ) , mentre quando la tensione di pilotaggio è nulla la resistenza
tra Drain e Source diventa molto elevata ( ) . La resistenza ( ) assume valori dell’ordine
di un Ω nei componenti adatti a sopportare alte tensioni e basse correnti.

Modello equivalente
Model equivalente
(off-state)
(on-state)

A parità di corrente, un incremento di tempertura provoca un aumento


della reisstenza e quindi delle perdite, al contrario di quanto avviene nei
Transistor bipolari, che presentano tensioni di saturazione
decrescescenti all’aumentare delle temperature di giunzione. Il circuito
equivalente di un MOSFET è notevolmente complesso, ma può essere
semplificato evidenziando le principali capacità presenti in uno ideale,
caratterizzato da tempi di commutazione trascurabili.

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3.1 PRINCIPALI DIFFERENZE TRA MOSFET E BJT


Rispetto ai BJT, i MOSFET presentano il vantaggio di avere tempi di commutazione (e quindi
perdite di commutazione) notevolmente più piccoli e di assorbire, una volta avvenuta la
commutazione, una corrente di pilotaggio estremamente ridotta. Inoltre, i MOSFET non
presentano fenomeni di breakdown secondario; infine i ridotti tempi do commutazione e la
proprietà di avere una resistenza di on con coefficiente di temperatura positivo consentono il
collegamento in parallelo senza particolari accorgimenti. Per contro, almeno per i Transistor ad
alta tensione, la caduta di tensione diretta dei MOSFET è sensibilmente maggiore di quella di
un BJT. I tempi di commutazione dei MOSFET sono essenzialmente dovuti alla presenza di una
capacità tra Gate e Drain; pertanto, per realizzare tempi di commutazione molto ridotti, è
necessario che il circuito di pilotaggio presenti una piccola impedenza serie. I tempi di chiusura
possono venire ridotti anche aumentando la f.e.m. del circuito di pilotaggio. Bisogna però tenere
presente che ogni MOSFET presenta un limite ben preciso alla massima tensione sopportabile
tra Gate e Source (15-20 V) e non sopporta sovratensioni.

4 TRANSISTOR BIPOLARI CON GATE ISOLATO (IGBT)


Per tensioni superiori alle centinaia di V, le prestazioni dei MOSFET
degradano. Si è quindi pensato di realizzare componenti che sfruttino i
vantaggi insiti in entrambe le tecnologie (bipolare e ad effetto di campo),
integrando le due si ottengono gli IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor).

4.1 STRUTTURA DEGLI IGBT


Gli IGBT sono caratterizzati da una tensione compresa tra alcune centinaia e qualche migliaio
di V e da una potenza fino all’ordine di qualche MW. La struttura fisica di un IGBT è ottenuta
dalla combinazione di uno o più BJT con un transistor
ad effetto di campo (di tipo VDMOS). Tale architettura
conferisce al dispositivo la caratteristica di alta
impedenza di ingresso, tipica del MOSFET, e una
capacità di conduzione della corrente simile a quella di
un BJT. Ci si può ricondurre ad un semplice circuito
equivalente: si può constatare che, se si applica al gate
una tensione positiva rispetto all’emettitore, il
MOSFET di ingresso entra in conduzione, polarizzando
direttamente la giunzione base-emettitore del BJT ;
la sua accensione provoca, quindi, la modulazione della
conducibilità, il cui effetto è stato schematizzato con la
resistenza .

La riduzione a zero della tensione determina lo spegnimento del componente, provocato


dalla pressoché istantanea scomparsa della corrente attraverso il canale del MOSFET in
ingresso. In questa situazione, si viene a trovare con la base aperta e, pertanto, l’eccesso di
portatori minoritari presenti inizia a decadere per ricombinazione. La corrente di uscita
prodotta dai portatori minoritari (corrente di coda) decresce con andamento esponenziale e
costante di tempo pari al tempo di vita dei portatori stessi. Occorre, infine, osservare che in fase
di spegnimento del dispositivo, a causa dell’elevata capacità tra gate e collettore ed in

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corrispondenza a consistenti valori di / , si potrebbero verificare fenomeni di riaccensione.


Per evitare tale inconveniente lo spegnimento del componente deve avvenire applicando una
tensione negativa e dell’ordine di una decina di V.

4.2 CARATTERISTICHE DEGLI IGBT


Le principali caratteristiche che rendono vantaggioso l’impiego degli IGBT sono le seguenti:

 Pilotaggio simile a quello di un MOSFET, cioè un assorbimento di corrente solo durante


le commutazioni;
 Tempi di commutazione molto contenuti rispetto a quelli di un BJT di uguale portata;
 Tensioni massime sopportabili molto maggiori di quelle applicabili ad un MOSFET;
 Minori problemi, rispetto ad un BJT, per soddisfare i requisiti della SOAR inversa.

Le tensioni standard si sono elevate a 600 V e 1200 V e la di saturazione è scesa sotto i 3 V.


In figura sono riportate alcune caratteristiche statiche, nelle vicinanze della regione di
saturazione, di un IGBT avente una massima pari a 1700 V ed una corrente di collettore
massima di 120 A. gli andamenti delle caratteristiche di uscita di un IGBT sono molto simili a
quelle di un Transistor bipolare, pur presentando un’uscita dalla saturazione molto più marcata.

5 RADDRIZZATORI CONTROLLATI AL SILICIO (SCR)

5.1 SEMICONDUTTORI A BANDA LARGA


Negli ultimi anni sono emerse due nuove tecnologie in particolare per diodi e MOSFET e,
probabilmente nel prossimo futuro, anche per gli IGBT:

 Carbite di silicio (SiC)


 Nitrato di gallio (GaN)

Entrambe le tecnologie possono consentire di ridurre le perdite di energia di commutazione a


causa di commutazioni molto rapide e, quindi, aumentare in modo significativo l'efficienza di
conversione totale fino al 99% in alcuni casi.

I dispositivi SiC possono comunemente supportare tensioni fino a 1700 V; I 10kV sono già in
fase di pre-produzione, mentre i primi prototipi di laboratorio sono stati sviluppati per 15 e 24
kV. Tempi di commutazione rapidi (<50 ns) e tempo di recupero inverso trascurabile (per diodi).

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Al contrario, le cadute di tensione diretta sono circa il 10% superiori rispetto ai tradizionali
dispositivi al silicio. I dispositivi GaN in nitruro di gallio (GaN) possono funzionare a frequenze
di commutazione molto elevate (>10 MHz), consentendo di aumentare in modo significativo la
densità di potenza dei convertitori e di tracciare valori più alti della frequenza fondamentale,
ad esempio in più aeromobili elettrici (360-900Hz) o generatori ad alta densità di potenza
(>1kHz). I circuiti di guida sono ancora più complessi.

I Raddrizzatori Controllati al Silicio, chiamati


anche Tiristori, rappresentano il componente
fondamentale per i convertitori di più elevata
potenza e, in generale, per la maggioranza dei
convertitori alimentati in corrente alternata.
Sono dispositivi a semiconduttore a quattro
strati, PNPN, e presentano tre elettrodi: anodo
(A), catodo (K) ed elettrodo di controllo o gate (G).

Dal punto di vista ideale, i Tiristori possono


essere considerati come degli interruttori che
possono condurre in un’unica direzione e di cui è possibile, mediante un opportuno segnale di
pilotaggio applicato all’elettrodo di controllo, comandare la chiusura. Una volta chiuso, il
comportamento di un Tiristore risulta del tutto analogo a quello di un Diodo e non è più
influenzato dalla tensione, o dalla corrente, applicata all’elettrodo di controllo.

5.2 CARATTERISTICHE STATICHE


Il comportamento statico di un Tiristore può essere sintetizzato mediante la caratteristica
esterna riportata in figura, dove la è la corrente che fluisce nel componente e è la tensione
applicata fra anodo e catodo.

Quando la tensione anodica è negativa (tratto 0-1) il comportamento del Tiristore è del tutto
simile a quello di un Diodo polarizzato inversamente. Infatti, se la tensione inversa si mantiene
minore di (tensione di picco) il Tiristore è in stato di interdizione ed è interessato solo da una
piccola corrente di dispersione. Quando la tensione inversa diventa maggiore di , si verifica
un effetto Zener; la corrente inversa sale si verifica la distruzione del componente per
perforazione di una delle giunzioni. Anche se ciò non si verifichi, la possibilità di funzionamento
con tensione inversa maggiore di è limitata dalla massima dissipazione ammissibile per il
componente. Per valori positivi della tensione anodica, se questa viene incrementata lentamente
e se la corrente applicata all’elettrodo di controllo viene mantenuta nulla, fino a quando la
tensione anodica è inferiore alla tensione di picco diretta (tratto 0-2) il Tiristore si mantiene
nello stato di interdizione con una corrente anodica molto piccola (Tiristore aperto). Quando

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invece la tensione anodica diventa maggiore di la corrente anodica sale velocemente fino al
valore (corrente di tenuta o di hold); a questo punto si verifica l’innesco e la tensione decresce
bruscamente portandosi sul tratto 3-4 della caratteristica che corrisponde alla regione ad alta
conduzione (Transistor chiuso). Applicando all’elettrodo di un controllo una corrente positivo,
l’innesco del Tiristore avviene per valori della tensione anodica minori di ; per un opportuno
valore di ( = ∗ ), che dipende dal tipo di Tiristore utilizzato, l’innesco avviene appena la
tensione anodica diventa positiva e la caratteristica statica del Tiristore diviene simile a quella
di un Diodo. Una volta avvenuto l’innesco, se il carico è tale per cui la corrente anodica si
mantiene maggiore della corrente di tenuta il Tiristore si mantiene in zona di alta conduzione
anche se la corrente di pilotaggio viene annullata.

AREA DI FUNZIONAMENTO "POTENZA VS FREQUENZA DI COMMUTAZIONE" PER DIVERSI SEMICONDUTTORI DI POTENZA

6 PROTEZIONI

6.1 PROTEZIONE DEI DISPOSITIVI


I dispositivi a semiconduttore sono abbastanza sensibili sia alle sovracorrenti che alle
sovratensioni. I sistemi di protezione devono tenere conto non solo del singolo componente ma
degli effetti sull'intero circuito di potenza. Esempio: un'interruzione improvvisa della corrente
può causare grandi sovratensioni sui componenti a causa di induttanze parassite nel circuito.
Non è possibile eseguire un'analisi approfondita dei sistemi di protezione a livello di
componente; pertanto vengono forniti solo alcuni suggerimenti generali.

6.2 PROTEZIONE DA SOVRACORRENTE


Le principali cause di sovracorrenti in un componente sono: sovraccarichi o cortocircuiti nel
carico oppure guasti o cortocircuiti nei componenti del convertitore.

Per evitare danni ai componenti possono essere adottate due strategie:

1. Protezioni passive (fusibili e / o interruttori termici);


2. Protezioni attive (azione rapida sul segnale di marcia, solo per interruttori controllati).

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6.2.1 Protezione passiva


La protezione passiva può essere impiegata a livello di circuito e la sua efficacia dipende dal
massimo

 Per grandi (cioè basse induttanze), i fusibili extra veloci sono l'unica protezione passiva
valida. Tali componenti sono realizzati con materiale semiconduttore e il costo è
rilevante. Per garantire la protezione del componente, è necessario che la corrente sia
stata completamente interrotta prima che la sua area quadratica ( ) abbia raggiunto il
valore massimo per il componente.
 Per bassi (cioè alte induttanze nel circuito), può essere sufficiente anche un
interruttore magnetotermico a semiconduttore ultraveloce.

Devono essere considerate le caratteristiche di resistenza termica transitoria.

6.2.2 Protezione attiva


Le protezioni attive sono le più efficaci per i semiconduttori in quanto possono agire in modo
molto rapido aprendo direttamente il circuito di pilotaggio. Possono essere basati sulla corrente
del collettore (tipo diretto) o sulla misura della tensione del collettore-emettitore (tipo indiretto o
metodo di desaturazione) del transistor. Quest'ultimo è più semplice ed economico in quanto
può essere implementato senza la necessità di ulteriori sensori. Una breve descrizione è
riportata nella prossima sezione del driver.

6.3 PROTEZIONI DA SOVRATENSIONI


Le sovratensioni sui componenti spenti possono essere dovute a:

1. l'alimentazione;
2. transitori sulla linea di uscita (ad esempio
a causa di carico induttivo di inserzione/
disinserimento);
3. commutazione o guasto di un dispositivo
diverso nel circuito.

Nei dispositivi controllati possono verificarsi sovratensioni anche durante lo spegnimento. Le


protezioni contro le sovratensioni specificate come nel caso 1 o 2 vengono eseguite globalmente
per l'intero circuito di conversione. Le protezioni contro le sovratensioni specificate come nel
caso 3 devono essere implementate per ciascun dispositivo, collegando in parallelo al dispositivo
un circuito RC o Varistore, un dispositivo specifico specificamente dedicato alla riduzione delle
sovratensioni. Il dimensionamento di RC si basa su: ampiezza della sovratensione, durata della
sovratensione e impedenza tra la fonte di sovratensione e il dispositivo da proteggere.

Un Varistore è un particolare dispositivo a semiconduttore


specificamente dedicato alla riduzione delle sovratensioni che deve
essere collegato in parallelo al dispositivo da proteggere. Il
comportamento di un varistore corrisponde a due diodi Zener
collegati in serie con polarità opposta; la soglia di tensione è
superiore a un diodo Zener classico (diverse centinaia V). Il
dispositivo di alimentazione protetta: | | < .

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7 CIRCUITI DI PILOTAGGIO
Un circuito di pilotaggio (generalmente indicato come Driver) di un semiconduttore di potenza
deve fornire:

1. corrente di pilotaggio in grado di mantenere il dispositivo in saturazione quando lo stato


desiderato è acceso;
2. assicurare una commutazione il più veloce possibile.

Per soddisfare 1. il driver deve fornire una corrente leggermente superiore alla corrente di
saturazione del transistor Per soddisfare 2. il driver deve imporre che il tempo di salita della
corrente di pilotaggio sia inferiore al tempo di salita del dispositivo di potenza. Per ridurre gli
effetti di Cbc, la corrente di pilotaggio durante i transitori deve essere leggermente superiore
alla corrente di stato stazionario. Per evitare accensioni indesiderate, durante lo spegnimento
di un BJT o di un IGBT è necessario applicare una tensione negativa al circuito gate-source.

7.1 ESEMPIO DI UN DRIVER NON ISOLATO


Quando il transistor di potenza (TP) deve
essere acceso, il segnale di comando vi deve
essere logicamente elevato (ad es. + 5V) in
modo da consentire la conduzione dei
transistor , e e l'interdizione del
transistor . La diramazione e è
necessaria per una corrente extra durante
l'accensione TP e una corrente più bassa per
mantenere saturo TP. Quando deve essere
spento vi deve essere logicamente basso (ad
es. + 0V) in modo da consentire la conduzione
del transistor e l'interdizione dei
transistor , e .

In molte applicazioni, per ridurre l'interferenza prodotta dall'accoppiamento capacitivo tra


conduttori diversi, è conveniente disaccoppiare il circuito di comando (segnali a bassa potenza)
dal circuito di potenza. Pertanto, è necessario introdurre una barriera di isolamento galvanico.
La barriera di isolamento può essere ottenuta da un trasformatore o da un accoppiatore ottico.
Il trasformatore viene comunemente utilizzato per trasferire tutta l'energia necessaria per
pilotare il dispositivo di alimentazione.

L'accoppiatore ottico può essere utilizzato solo a livello di segnale in quanto non è in grado di
trasferire energia sufficiente per pilotare direttamente il dispositivo di potenza. Vantaggi
rispetto all'isolamento del trasformatore:

1. Dimensioni ridotte
2. Maggiore velocità operativa ( / )

Il comando di input viene fornito tramite un LED (Vd = 1,5 V @ 10 mA). Tale livello di corrente
non può essere fornito direttamente da un dispositivo a microcontrollore che non ha una capacità
di corrente sufficiente, pertanto è necessario un amplificatore di corrente. Particolare attenzione
al massimo. / supportato deve essere dedicato per evitare perdite di isolamento. I valori
tipici per la barriera di isolamento sono > 2,5 kV e > 30kV/ms per max / .

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Quando gli emettitori (o gli scarichi) di diversi interruttori di


alimentazione non sono collegati insieme, gli alimentatori dei driver
devono essere isolati per evitare cortocircuiti degli emettitori.

7.1.1 Driver isolati Circuiti Integrati


I circuiti integrati standard possono includere funzioni di protezione
avanzate dell'interruttore di alimentazione nonché indicazioni di
stato; hanno bisogno di due alimentatori isolati (uno per il lato scheda
di controllo, uno per il lato dei semiconduttori di potenza).

7.1.2 Esempio di protezione attiva


La protezione si basa sul rilevamento dell'uscita dalla saturazione dell'interruttore di
alimentazione, indicato come Desaturazione. Tale condizione viene rilevata misurando il . Il
circuito di rilevamento è analogico in modo da ridurre l'intervallo di tempo di intervento. La
soglia della tensione di intervento è imposta internamente nell'IC (9 V per ISO 5851). Come
somma della caduta in avanti sul diodo e IGBT _ , quindi + _ = , il
driver scatta e apre l'IGBT. Utilizzando n diodi in serie, è possibile ridurre la soglia di
intervento: _ ( ) =9 − ∙ .

8 COMPORTAMENTO TERMICO
I dispositivi a semiconduttore sono abbastanza sensibili alle alte temperature interne. Pertanto,
è necessario calcolare accuratamente le perdite per scegliere o dimensionare un dissipatore di
calore e consentire di mantenere la temperatura di giunzione al di sotto del massimo consentito.
Le perdite termiche sorte all'interno di un semiconduttore possono essere suddivise come segue:

1. perdite di conduzione dovute alla caduta di tensione diretta


2. perdite di commutazione, da off-state a on-state e viceversa
3. perdite nei circuiti di pilotaggio (solo per dispositivi controllati)
4. perdite dovute alla corrente inversa in off-state.

I contributi più significativi sono 1 e 2, mentre 3 possono essere significativi per alta frequenza
di commutazione e sistemi ad alta efficienza; il contributo 4 è sempre trascurabile.

8.1 DISSIPATORE DI CALORE


I dispositivi del dissipatore di calore possono essere utilizzati con diverse tecniche di
raffreddamento:

 in aria libera con convertitori a bassa potenza (fino a pochi kW);


 in aria forzata per potenze maggiori (circa da 5 a 30 kW, a seconda della tecnologia dei
semiconduttori), al fine di ridurre il dimensionamento dei dissipatori;
 liquido (acqua, olio o glicole etilenico) per applicazioni di media/alta potenza.

Oltre alla riduzione del volume, un altro vantaggio di un sistema di raffreddamento a liquido è
la capacità di mantenere l'aria lontano dai dispositivi elettronici, evitando accumuli di polvere.
L'uso dell'acqua consente un buon scambio termico, ma ha una bassa rigidità dielettrica per
assicurare l'isolamento di alte tensioni; l'olio ha una maggiore rigidità dielettrica, ma una
capacità di trasferimento termico inferiore, mentre il glicole è un buon compromesso.

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8.2 STIMA DELLA TEMPERATURA DI GIUNZIONE


Per la stima della temperatura di giunzione a valori costanti sono
necessarie tre resistenze termiche [°C/W]:

 dalla giunzione alla cassa che dipende dal pacchetto del


dispositivo;
 dalla cassa al dissipatore di calore che dipende dal modo in
cui il dispositivo è fissato al dissipatore di calore;
 dal dissipatore di calore all'ambiente che dipende dal tipo di
dissipatore di calore e dal sistema di raffreddamento (aria o
liquido).

Una volta note le resistenze termiche e la dissipazione di potenza , la temperatura di


giunzione può essere ottenuta mediante la seguente relazione:

= +

Dove è la temperatura ambiente e = + + è


la giunzione con la resistenza termica ambientale. Nota: di
un dispositivo senza dissipatore di calore è maggiore rispetto
all'uso del dissipatore di calore.

8.2.1 Comportamento transitorio


In caso di sovraccarichi di breve durata, è necessario tenere conto delle capacità termiche dei
diversi elementi. Il circuito equivalente mostrato sopra con capacità concentrate è valido solo
per intervalli di tempo relativamente grandi (pochi secondi). Per risultati più accurati su una
scala temporale più piccola, è necessario considerare una suddivisione più fine (6/7 celle RC).

A volte i produttori forniscono la curva di resistenza termica transitoria.

1. Temperatura costante del dissipatore


di calore;
2. Ventilazione forzata ( = 3 / );
3. Raffreddamento ad aria libera.
∆ ( )
( )=

Una volta nota la resistenza termica transitoria, è possibile raggiungere la temperatura di


giunzione per un breve sovraccarico:
= +( − ) ( )

dove è l'intervallo di tempo di sovraccarico, è la temperatura di giunzione alla fine del


sovraccarico temperatura di giunzione prima del sovraccarico, potenza dissipata durante
il sovraccarico, potenza dissipata prima del sovraccarico.

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Convertitori c.c.-c.c. a singolo stadio


CONVERTITORI STATICI

Il convertitore può essere considerato sia come un’apparecchiatura elettronica, che permette il
trasferimento controllato di energia dalla sorgente primaria al carico, sia come un amplificatore,
che consente di applicare al carico la tensione (o la corrente) richiesta dal dispositivo di controllo.
Per quanto concerne l’aspetto energetico, il convertitore preleva energia dalla sorgente primaria
di alimentazione (in generale in corrente alternata) e provvede al suo trasferimento controllato
al motore in corrente continua. Per quanto riguarda, invece, il sistema di controllo il convertitore
si comporta come un amplificatore, che alimenta il motore con una tensione di armatura.

I convertitori CC/CC a stadio singolo vengono utilizzati per fornire un livello di tensione di uscita
diverso da quello di sorgente. Saranno prese in considerazione due configurazioni:

 Convertitori “buck” o “step-down”, in grado di fornire un livello di tensione di uscita


inferiore alla fonte di alimentazione;
 Convertitori “boost” o “step-up” in grado di fornire un livello di tensione di uscita
superiore alla fonte di alimentazione.

1 CONVERTITORI “BUCK” O “STEP DOWN” (TENSIONE DI


USCITA INFERIORE A QUELLA DI ALIMENTAZIONE)

1.1 CARICO PURAMENTE RESISTIVO


Considerando un comportamento ideale del Transistor , il periodo durante il quale il
Transistor viene alternativamente acceso e spento viene suddiviso in due sotto intervalli. Nel
primo intervallo secondario, la cui durata è indicata con , è attivo, quindi la tensione
applicata al carico è = e la corrente di uscita (uguale alla corrente di sorgente)
= / = . Durante il secondo sotto intervallo, la cui durata è uguale a − , la tensione
applicata al carico è = 0 e la corrente di uscita (uguale alla corrente di sorgente) = = 0.

Il valore medio della tensione fornita dal convertitore, che rappresenta l’uscita desiderata per
esso, che può variare da 0 ad , variando il rapporto / , risulta essere:

Durante ciascun intervallo di tempo durante il quale il Transistor conduce, l’energia fornita
al carico risulta:

18
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Pertanto, la potenza trasmessa dalla sorgente al carico, varia linearmente con , ed è pari a:

La figura riporta gli andamenti della tensione e della corrente applicati al carico:

1.1.1 Perdite
Nel caso reale il convertitore presenta perdite di energia suddivise in:

 perdite di conduzione ( ) dovute alla tensione di saturazione dell'interruttore;


 perdite di commutazione ( ) generate dal prodotto, diverse da zero, tra la forma d'onda
di caduta della tensione di commutazione e la forma d'onda corrente durante ciascuna
commutazione.

Indicando con la potenza fornita al carico l'efficienza di conversione h può essere raggiunta
come:
= <1
+ +

1.1.1.1 Perdite dovute alla tensione di saturazione del Transistor


Considerando il funzionamento reale del Transistor, negli intervalli di tempo durante i quali il
Transistor si trova in conduzione la tensione applicata al carico risulta pari ad meno la
caduta ; pertanto occorre sostituire ad il termine − . Considerando soltanto le
perdite in conduzione, la potenza media dissipata nel Transistor e il rendimento di
conversione assumono, pertanto, le espressioni fornite:
− −
= = =
+

1.1.1.2 Perdite dovute alle commutazioni del Transistor


La determinazione delle perdite dovute alle commutazioni del Transistor verrà effettuata
prendendo in considerazione esclusivamente il caso ≫ ; pertanto la caduta sul
Transistor durante la conduzione verrà trascurata. Le perdite per commutazioni sono divise in:

 Perdite durante la chiusura (turn-on):

Quando il Transistor viene pilotato la corrente di


collettore non subisce una variazione improvvisa ma,
esaurito il tempo di ritardo, essa inizia a salire con un
andamento che può, in prima approssimazione,
essere considerato lineare e solo dopo un intervallo di
tempo di durata (tempo di salita) raggiunge il
valore di regime. Indicato con = l’istante in cui il
Transistor inizia a condurre, durante l’intervallo di

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tempo ( , + ) la corrente di collettore assume quindi l’andamento:



( )=

Mentre la tensione , presente tra il collettore e l’emettitore del Transistor, è pari alla
differenza tra la tensione di alimentazione e quella applicata al carico:

( )= − ( )= 1−

Pertanto, l’energia dissipata nel Transistor durante un intervallo di chiusura risulta:

= ( ) ( ) =
6

 Perdite durante l’apertura (turn-off):

Dualmente, quando il Transistor inizia ad aprirsi,


durante un intervallo di tempo di durata (tempo di
discesa) la corrente diminuisce con un andamento che
può essere considerato lineare. Indicato con =
l’istante in cui il Transistor comincia ad aprirsi, durante
l’intervallo ( , + ) la corrente di collettore e la
caduta assumono quindi l’andamento:
− −
( )= 1− ( )= − ( )=

Pertanto, l’energia dissipata nel Transistor durante un intervallo di chiusura risulta:

= ( ) ( ) =
6

La potenza dissipata totalmente sarà:

+ +
= =
6

Normalmente il tempo di discesa è sensibilmente maggiore di quello di salita; inoltre la presenza


di induttanze disperse aumenta il valore della tensione presente ai capi del Transistor durante
l’apertura e quindi l’entità delle perdite. Pertanto, l’energia dissipata durante l’apertura risulta
sensibilmente maggiore di quella dissipata durante la chiusura del Transistor; quando la
frequenza di commutazione è elevata, può risultare conveniente impiegare un opportuno
circuito ausiliario atto a ridurre l’energia dissipata sul Transistor durante la fase di apertura.
Tale circuito consiste essenzialmente in una capacità che, durante l’apertura del Transistor, è
connessa tra il collettore e l’emettitore.

1.2 CARICO INDUTTIVO


Generalmente il carico presenta, in serie alla resistenza , anche un’induttanza . La presenza
dell’induttanza comporta che, durante la fase di apertura del Transistor, la corrente nel carico
non possa portarsi velocemente a zero; è quindi necessario aggiungere al circuito un Diodo

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(chiamato Diodo di libera circolazione) che permetta la circolazione della corrente assorbita dal
carico quando il Transistor si apre. Nel funzionamento ideale la tensione di uscita ha lo stesso
andamento già visto nel caso di carico puramente resistivo. Infatti, durante gli intervalli di
tempo in cui il Transistor conduce la tensione è pari ad mentre, quando il Transistor è
interdetto, la corrente assorbita dal carico o è nulla oppure circola nel Diodo D; in entrambi i
casi la tensione sul carico è nulla. Pertanto, anche nel caso di carico induttivo, il valore medio
della tensione applicata al carico risulta pari a:

Nella configurazione durante il primo sotto intervallo di tempo ( , + ) la forma d'onda della
corrente di uscita si ottiene risolvendo l'equazione differenziale di Kirchoff (I ordine, non
omogeneo) è questa espressione:
( )
= ( )+

Per trovare la soluzione, in un primo step si risolve l’equazione differenziale omogenea


associata, che permette di ottenere il generale integrale ( ):

( )
0= ( )+

( ) ( ) () ( )
− = − ( − ) = ln ( )=
( ) ( )

Per la soluzione particolare ( ) bisogna ricondurci dall’equazione originale

( )
= ( )+

Con la sorgente è costante, se è imposta una corrente costante si può ottenere la soluzione:

( )=

Per cui la soluzione finale è la somma della soluzione generale e quella particolare:

( )
( )= ( )+ ( )= +

Indicato con il valore della corrente nell’istante = in cui il Transistor viene chiuso e con
la durata dell’intervallo di conduzione, durante l’intervallo di tempo ( , + ) la corrente di

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carico assume un andamento esponenziale, tendendo ad / con una costante di tempo pari a
/ , cioè:

( )
( )= + − 1− (1)

Nell’istante = = + , in cui il Transistor viene aperto, la corrente risulta pari a:

( )= = + − 1−

Durante l’intervallo di tempo ( , + ), la tensione è nulla e la corrente diminuisce con un


andamento esponenziale tendendo a zero con la stessa costante di tempo:

(- )
( )= e- (2)

Nell’istante = + in cui il Transistor viene nuovamente chiuso, la corrente risulta pari a:

( - ) ( - )
( + )= = e- = + e- −

Durante il funzionamento a regime permanente, l’andamento della corrente risulta periodico,


con lo stesso periodo della tensione ; pertanto l’intensità della corrente nell’istante iniziale
del nuovo periodo deve essere pari all’intensità nell’istante iniziale del precedente periodo.
Imponente tale condizione (condizione di regime o periodicità) si ottiene:

( - )
+ e- − =

( - )
e- − 1−
= =
1− 1−
Il valore medio ̅ della corrente può essere ottenuto integrando le espressioni (1) e (2) negli
intervalli ( , ) e ( , + ). La sua determinazione risulta facilitata dall’osservazione che, a
regime permanente, il valore medio della tensione applicata all’induttanza è nullo, per cui il
valore medio della tensione che si localizza sulla resistenza è uguale a quello della tensione ;
di conseguenza il valore medio della corrente risulta pari a:

̅ = =

L’induttanza è stata appositamente inserita per ridurre l’ondulazione della corrente, la costa
costante di tempo / è molto maggiore di e i due esponenziali che compaiono nella (1) e (2)
possono essere approssimati con due segmenti di retta. Se la linearizzazione viene effettuata
supponendo che la caduta sulla resistenza di carico possa essere considerata costante e pari
al suo valor medio ̅ , le espressioni (1) e (2) si semplificano in:

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− ̅
⎧ ( )= + ( − ) < <
⎨ ̅
( )= − ( − ) < < +

Di conseguenza i valori e possono essere approssimati come:


( − )
= ̅ −Δ = ̅ +Δ Δ=
2
Lo scostamento Δ, tra valore di picco ed il valore medio della corrente fornita al carico, è
inversamente proporzionale al valore dell’induttanza e risulta massimo quando = /2:

Δ=Δ =
8
Per quanto concerne il dimensionamento del Transistor, si può osservare che (trascurando le
sovratensioni che possono verificarsi durante il transitorio di apertura) la massima tensione
diretta ad esso applicata risulta pari ad mentre il valore di picco risulta:

= ̅ +Δ

In prima approssimazione, il dimensionamento in potenza del Transistor può essere definito


mediante il prodotto tra il valore di picco della tensione applicata tra collettore ed emettitore
e quello della corrente di collettore. Nelle ipotesi semplificative adottate, tale prodotto risulta
pari a:

= ( ̅ + Δ)

Trascurando Δ rispetto a ̅ (Δ ≪ ̅ ), quando l’ondulazione di corrente è piccola, si ha:

≅ ̅ =
⟹ = =
= ̅

Se si considera il rapporto tra la potenza di dimensionamento del Transistor e quella trasferita


al carico si deduce che, a parità di potenza fornita al carico, il dimensionamento del Transistor
risulta tanto più gravoso quanto più piccolo è il valore del rapporto / , cioè quanto più piccolo
è il rapporto tra l valore medio della tensione applicata al carico e la tensione di
alimentazione.

1.2.1 Modello medio

= ̅ ∙ = ̅ ∙
̅
= =
̅

Con (rapporto di modulazione) il rapporto / < 1.

Per quanto riguarda i valori medi di tensioni e correnti, vale la pena notare che il convertitore
si comporta come un trasformatore CC con un rapporto di trasformazione pari a .
̅
= ∙ ̅ =

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1.3 CARICO ATTIVO


In molte applicazioni, il carico del convertitore presenta anche una forza controelettromotrice
, in serie alla resistenza e all’induttanza. Un carico attivo tipico è il circuito di armatura di un
motore in c.c., schematizzando la situazione in cui in parallelo al carico viene posta una capacità,
di valore tale da ridurre l’ondulazione della tensione in uscita a valori praticamente trascurabili.
l’induttanza non fa parte del carico ma viene aggiunta per limitare l’ondulazione di corrente,
mentre la resistenza rappresenta la resistenza dei collegamenti e quella propria
dell’avvolgimento dell’induttore. Molto spesso l’induttanza rappresenta la somma
dell’induttanza propria del carico e di un’induttanza aggiunta appositamente per limitare
l’ondulazione di corrente.

In presenza di carico attivo si possono avere due distinte modalità di funzionamento del
convertitore, a seconda che la corrente fornita dal convertitore sia sempre maggiore di zero
(conduzione continua) oppure che in alcuni intervalli di tempo essa si annulli (conduzione
discontinua).

1.3.1 Conduzione continua


Quando la corrente fornita dal convertitore è sempre maggiore di zero, il funzionamento del
convertitore è del tutto analogo a quello descritto nel caso di carico induttivo: infatti, negli
intervalli di tempo in cui il Transistor è chiuso, la tensione è pari ad mentre, negli
intervalli in cui il Transistor è aperto, conduce il Diodo di circolazione e la tensione di uscita è
nulla. Pertanto, trascurando la caduta di tensione sui semiconduttori, i valori medi della
tensione e della corrente risultano:

− 1
= ̅ = = −

Quando la costante di tempo / è molto maggiore di , le correnti possono essere approssimate


con due segmenti di rette; impiegando la stessa approssimazione già usata nel caso di carico
si ottiene:

− − ̅
⎧ ( )= + ( − ) < <
⎨ + ̅
( )= − ( − ) < < +

( − )
= ̅ −Δ = ̅ +Δ Δ=
2
Affinché si abbia conduzione continua ( > 0) deve essere:

Δ< ̅

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1.3.2 Conduzione discontinua


Quando la conduzione è discontinua, nell’istante = in cui il Transistor si chiude la corrente
è nulla; pertanto, nell’intervallo ( , ), la corrente assume l’andamento:
− ( )
( )= 1−

Trascurando il fenomeno della commutazione, nell’istante = in cui il Transistor viene aperto


inizia la conduzione del Diodo e la corrente diminuisce, e a si annulla. Durante l’intervallo di
tempo ( , + ), la corrente rimane nulla e la tensione è pari a . Pertanto, il valore
medio della tensione di uscita risulta:
+ ( + − )
=

Quando la costante di tempo / è molto maggiore di , è possibile ricorrere all’approssimazione


lineare e l’andamento della corrente nell’intervallo ( , ):

( )= ( − ) < <
+
2
+
( )= − 2( − ) < < +

La tensione e la corrente applicate al carico assumono gli andamenti illustrati:

1.4 PERDITE
1.4.1 Riduzione delle perdite per apertura
Quando inizia a spegnersi, diminuisce linearmente con una pendenza pari a / mentre la
corrente di carico diminuisce con una pendenza inferiore imposta dall'induttore. Quando il diodo
si accende, la corrente di carico inizia a fluire nel dispositivo e la tensione di uscita passa
istantaneamente a zero imponendo quindi = .

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L'energia e la potenza dissipate nel transistor a causa delle perdite di commutazione sono:

= ( ) ( ) = =
2

E le perdite per conduzione sono:

1
= ∙ ( ) = ∙ ̅ < 40

Al fine di mitigare le perdite di energia durante lo spegnimento del transistor senza


compromettere le prestazioni del sistema, è possibile utilizzare due strategie:

 ridurre il tempo di spegnimento dell'interruttore per selezionare un dispositivo più


veloce;
 introdurre un circuito ausiliario (snubber) per evitare che la tensione raggiunga
istantaneamente .

Il circuito snubber può essere sostanzialmente realizzato


collegando un condensatore opportunamente dimensionato, tra
il collettore e l'emettitore del transistor. Quando lo spegnimento
inizia all'istante = , la corrente del collettore inizia a
diminuire linearmente. La differenza tra e la corrente di
carico è compensata dalla corrente del condensatore ia.
Pertanto, la corrente del diodo rimane zero durante l'accensione
dell'interruttore.
( )+ ( )= ( )≅


( )= 1−

− 1 ( − )
( )= ( )− ( )= ⇒ ( )= ( ) =
2

− ( − )
= ( ) ( ) = 1− =
2 24

Valore “trade-off”:

= = → =
2 12

L'energia immagazzinata in alla fine della commutazione e dissipata nel Transistor alla
successiva accensione è:

=
2

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Perdita totale di energia durante lo spegnimento: = +

Il dimensionamento di viene quindi eseguito calcolando e


selezionando il valore commerciale del condensatore appena
sotto il valore calcolato. È necessario un resistore per evitare
che, alla successiva accensione dell'interruttore, l'energia
immagazzinata in sia completamente dissipata nel
transistor.

1.4.2 Riduzione delle perdite per chiusura



( )= ( )− ( )= ( )=

Trascurando la riduzione delle perdite, l’energia


dissipata in chiusura è:

=
2
Per ridurre queste perdite, è necessario connettere in serie con il collettore un induttore ,
selezionando un’induttanza che limita la pendenza di corrente a valori inferiori a / , per cui
abbiamo il valore minimo di induttanza:


> =

Inserendo un induttore extra al successivo spegnimento del Transistor, un’elevata


sovratensione sorgerebbe sull’interruttore. Per limitare la sovratensione, è necessario inserire
una resistenza capace di dissipare l’energia immagazzinata nell’induttore. Per preverire
l’azione della resistenza durante l’accensione, bisogna aggiungere un Diodo . L’energia
immagazzinata nell’induttore quando il Transistor è spento e, così, dissipata nella resistenza
, è:

=
2
Se = ∗
, l’energia dissipata nella resistenza assume il valore minimo:

= =
2

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L’energia dissipata senza aggiunta di induttore è:

=
2
Considerando che > ⟹ >

Aggiungere un induttore non riduce totalmente la


perdita di energia ma evita che queste perdite siano
localizzate nel Transistor. Per ridurre può essere
usata un’induttanza saturabile, assicurando che la Schema del convertitore “buck” con tutti i
saturazione avviene dopo un intervallo di tempo circuiti extra necessari per la commutazione
maggiore di . della riduzione di perdite

1.5 DIMENSIONAMENTO DEI COMPONENTI


I due circuiti di protezione interagiscono tra di loro. Il circuito snubber (RCD) che riduce le
perdite durante lo spegnimento (apertura), produce un incremento di perdite durante
l’accensione (chiusura). Dualmente, l’altro circuito (LRD) aumenta le perdite totali e il voltaggio
applicato al Transistor durante l’apertura. L’interazione tra i circuiti è minore quanto più
grande è il valore di e più piccolo quello di . La scelta di e è eseguita tenendo conto
del valore massimo e minimo del potenziale e corrente sopportabili per il Transistor e i valori
minimi per e ( − ) . Quindi solitamente:
1 1 1 1
= ÷ = ÷ ( − )
4 5 4 5

1.6 MODALITÀ DI CONTROLLO DEL CONVERTITORE: MODULAZIONE A


LARGHEZZA DI IMPULSO (PWM)
La modulazione a larghezza di impulso è la tecnica
di modulazione più utilizzata, in quanto risulta di
facile implementazione e presenta il vantaggio di
mantenere le frequenze delle armoniche presenti
sulla tensione e sulla corrente di uscita sulla
corrente assorbita dal convertitore indipendenti dal
rapporto di modulazione / . In figura è riportato
un semplice circuito mediante il quale è possibile
implementare la modulazione a larghezza di
impulso.

In essa il blocco O rappresenta un oscillatore a dente di sega, il cui segnale di uscita ha


ampiezza e periodo ; tale segnale, portante, è inviato all’ingresso invertente di un
comparatore. All’ingresso non invertente dello stesso comparatore è inviato un segnale continuo

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, modulante, di ampiezza proporzionale al valore desiderato per il valore media della tensione
fornita dal convertitore.

Mediante un successivo stadio di amplificazione il segnale , presente all’uscita del


comparatore, viene quindi impiegato per pilotare l’interruttore del convertitore c.c.-c.c.,
imponendo che questo venga chiuso quando è alto (modulatore > portante) ed aperto quando
è basso (modulatore < portante). In tal modo, la tensione fornita dal convertitore risulta pari
ad quando è maggiore di e pari a zero nella situazione opposta. Effettuando una
semplice proporzione, si ricava la dipendenza da della durata dell’intervallo di conduzione:

= → = =

In generale per realizzare la modulazione a larghezza di impulso si impiegano circuiti integrati,


appositamente costruiti, che, oltre all’oscillatore e al comparatore, contengono anche altri
elementi (amplificatore, operazionali, rivelatori di soglia, limitatori di corrente) in grado di
implementare ulteriori funzioni.

2 CONVERTITORI “BOOST” O “STEP-UP” (TENSIONE DI


USCITA MAGGIORE DI QUELLA DI ALIMENTAZIONE
Lo schema è costituito da un interruttore
statico , un’induttanza , un Diodo e una
capacità di uscita . L’interruttore statico è
ideale e le relative tensione e corrente sono
indicate con e . Si suppone che la corrente
, assorbita dal carico, possa essere ritenuta
cotante ( ( ) = ) e si trascura la caduta sul
Diodo, oltre che sull’interruttore.

Se, con un periodo di ripetizione ,


l’interruttore statico viene alternativamente
aperto e chiuso, durante gli intervalli di tempo
(di durata ) in cui l’interruttore è chiuso
l’induttanza si trova alimentata con una
tensione pari a e l’energia in essa
immagazzinata aumenta; durante gli
intervalli di tempo (di durata − ) in cui
l’interruttore è aperto, invece, entra in
conduzione con il Diodo D e la quantità di
energia immagazzinata nell’induttanza
nell’intervallo precedente viene, assieme alla
ulteriore energia fornita dalla sorgente di
alimentazione durante tale intervallo, ceduta
al condensatore e al carico.

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Indicato con = un istante in cui l’interruttore viene chiuso e con e i valori chiusi in
tale istante dalla tensione e dalla corrente che attraversa l’induttanza, nell’intervallo di
tempo ( , + ) durante il quale è chiuso si ha:
( − ) ( − )
( )= + ( )= −

Nell’istante = = + in cui termina la conduzione di , e risultano:

( )= = + ( )= = −

Nel successivo intervallo ( , + ) l’interruttore è aperto mentre conduce il diodo D; il


funzionamento del convertitore è pertanto descritto dal seguente sistema di equazioni
differenziali:
− −
= =

Supponiamo che il valore della capacità sia tale per cui l’ondulazione della tensione di uscita sia
sufficientemente ridotta da produrre un effetto trascurabile sull’andamento della corrente :
( − )( − ) ( − )( − )
( )= − → = −

= → =( − )( − ) → =

Il valore può essere ottenuto imponendo l’uguaglianza tra la quantità di carica che attraversa
il Diodo, durante l’intervallo − , e quella fornita dal carico durante un intero periodo:
( + )( − ) = ̅ −∆
= → ∆ = ; ̅ =
2 = ̅ +∆ 2 −

Affinché la conduzione sia continua deve essere:

∆ < ̅ → <
2 −
In figura sono riportati gli andamenti di , con
l’ipotesi semplificativa, quando il funzionamento del
convertitore è in conduzione continua.

2.1 DIMENSIONAMENTO DELL’INTERRUTTORE STATICO


Quando la corrente di carico è elevata il funzionamento del convertitore è a conduzione continua;
pertanto il dimensionamento dell’interruttore statico sarà effettuato facendo riferimento a tale
situazione. La corrente che attraversa l’interruttore statico assume un valore di picco pari a
; mentre quello della tensione diretta risulta pari a:

= +∆ ∆ =
2

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In cui ∆ rappresenta l’ampiezza dell’ondulazione della tensione di uscita. Il prodotto che


definisce la potenza di dimensionamento dell’interruttore statico risulta:
∆ ,∆ ≈
= ( ̅ + ∆ )( +∆ ) = ̅ =
( − )

Mentre la potenza erogata dal convertitore risulta essere:

= = =

A parità di potenza erogata, quindi, il dimensionamento dell’interruttore statico risulta tanto


più gravoso quanto più grande è il rapporto tra il valore medio della tensione di uscita e la
tensione di alimentazione.

3 CONVERTITORI BIDIREZIONALI
I convertitori bidirezionali possono essere di due tipi diversi: a due o a quattro quadranti. Nel
primo caso, una sola delle grandezze di uscita (tensione o corrente) cambiare di segno, mentre
nel secondo caso, entrambe le grandezze di uscita possono cambiare di segno.

3.1 CONVERTITORI BIDIREZIONALI A DUE QUADRANTI


I convertitori bidirezionali a due quadranti sono ottenuti
dall’unione di due convertitori monodirezionali
(convertitore “buck” riduttore e “boost” elevatore) connessi
in parallelo e fatti funzionare alternativamente, a seconda
del segno desiderato per la corrente di uscita.

Nel caso di tensione in uscita minore di quella di


alimentazione lo schema del convertitore risulta quello in
cui e sono l’interruttore statico e il Diodo del
convertitore “buck”, mentre e sono quelli del convertitore “boost”; l’induttanza è
impiegata da entrambi i convertitori. Quando si desidera trasferire energia dalla sorgente al
carico ( > 0) viene fatto funzionare il convertitore “buck” agendo sulle durate degli intervalli
di conduzione e interdizione di
; viceversa quando si desidera
trasferire energia dal carico alla
sorgente ( < 0 ), viene fatto
funzionare l’altro convertitore
agendo su .

31
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3.2 CONVERTITORI BIDIREZIONALI A QUATTRO QUADRANTI


I convertitori bidirezionali a quattro quadranti possono essere realizzati secondo due strutture
distinte (a ponte o a semiponte) a seconda che la sorgente di alimentazione sia sbilanciata (0, )
o bilanciata (− /2, 0, + /2) oppure (0, /2, ).

3.2.1 Struttura a ponte


Quando si desidera che la tensione sia positiva, si
mantiene chiuso ; in tal modo è chiuso, è
pari ad , mentre, quando è chiuso , è pari a
zero. Viceversa, quando si desidera che sia
negativa, si mantiene chiuso e si agisce su e
. I Diodi , , , servono per permettere la
circolazione della corrente nel carico in tutte le
condizioni operative del convertitore.

Prendendo in considerazione il ramo del ponte costituito da , , e , si può osservare


che quando è chiuso la corrente circola attraverso , se positiva, o attraverso , se
negativa, mentre, quando è chiuso , la corrente circola attraverso , se positiva, o , se
negativa. Pertanto, ogni ramo del ponte può essere considerato come se fosse costituito da due
interruttori, ognuno dei quali permette la circolazione della corrente in entrambe le direzioni.

3.2.2 Struttura a semiponte


La struttura è data da due Transistor e due Diodi antiparalleli, si ha bisogno di due indipendenti
sorgenti. Quando è chiuso , la tensione applicata al carico è pari a + /2, mentre è pari a
− /2 , quando è chiuso . La tensione di uscita non è invece definita se entrambi gli
interruttori statici sono aperti; infatti in tale situazione si ha:

⎧+ <0
⎪ 2
=
⎨− <0
⎪ 2
⎩0 =0

Il controllo della tensione di uscita viene, pertanto, effettuato chiudendo alternativamente i due
interruttori statici.

è ON è ON

=+ =−
2 2
>0 >0

<0 <0

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4 CONTROLLO DEI CONVERTITORI “BUCK”

4.1 REGOLAZIONE DEL POTENZIALE IN USCITA


Un filtro è necessario per ridurre le ondulazioni
di corrente e potenziale ed è progettato per
mantenere circa costante. rappresenta le
perdite per effetto Joule degli avvolgimenti
dell’induttore . In modalità di conduzione continua
il potenziale è proporzionale al valore di
riferimento desiderato . I benefici di un filtro
sono un buon filtraggio di rumore, un’attenuazione
c.c. inferiori e minori perdite, mentre di contro ha
che introduce un picco di risonanza e ha un costo
elevato.

Per dimensionare un regolatore di potenziale, è conveniente usare il modello medio del


convertitore in modo da realizzare una Funzione di Trasferimento ( ) includendo il
convertitore e il modello di carico.
( ) 1
= =
( ) + +1 +2 +

1 1
= ; =
√ 2

( )= = ( )

( )
( )= =
( ) +2 +

Spesso un controllo a circuito


aperto non consente una
regolazione con soddisfacente
errore di stato stazionario sulla
tensione di carico perché
dipende da e , e in forma
addizionale al tipo di conduzione
continua o discontinua, alla
corrente di uscita e alla caduta
di tensione sull’interruttore
statico, sul diodo e sulla
resistenza parassita . Per
ottenere una più accurata
regolazione è necessario
eseguire un controllo a circuito
chiuso sul potenziale .

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4.2 REGOLAZIONE SUL DIMENSIONAMENTO


Poiché il sistema , ( ) si sconsiglia un semplice regolatore con solo l'azione proporzionale in
quanto può portare all'instabilità del sistema. Pertanto, viene utilizzato un regolatore
proporzionale-integrale (PI) che è progettato per assicurare una stabilità di sistema, un

soddisfacente errore di stato stazionario di tracciamento in uscita e una sufficiente velocità di


risposta.
1+ 1
( )= 1+ = =

( ) 1+
( )= = ( ) ( )= =
( ) +2 +

Se il sistema non presenta nessuna radice positiva, nei diagrammi di Bode a circuito aperto TF
è possibile ottenere informazioni sulla stabilità, sull’errore di stato stazionario e sulla larghezza
di banda del sistema di controllo a circuito chiuso.

Osservando il ciclo della corrente, si può notare che il potenziale agisce come un disturbo nel
circuito diretto. I parametri e possono essere scelti in modo tale che la risposta al gradino
a circuito chiuso non presenti alcun superamento. = τ.
1 1
( )= = → ( )= =
1+

Usando questi risultati, il circuito aperto TF del potenziale in uscita può essere trovato:
1+ 1
( )=
1+ 1+

I valori di e sono scelti da avere il circuito di tensione inferiore a quello di corrente e, se


il carico è conosciuto, sulla base del guadagno desiderato e i margini di fase.

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Convertitori c.c.-c.a. (Inverter)


1 INVERTER REALIZZATI CON INTERRUTTORI STATICI

1.1 STRUTTURA A PONTE


Un inverter monofase a ponte impiega la stessa
struttura di potenza dei convertitori c.c.-c.c. a
quattro quadranti. Impiegando tale struttura e
chiudendo durante un semiperiodo gli interruttori
e e durante l’altro semiperiodo gli
interruttori e , la tensione di uscita assume
una forma d’onda di tipo rettangolare (onda
quadra) con ampiezza pari a quella della tensione
di alimentazione. L’onda quadra rappresenta la più
semplice forma d’onda ottenibile da un inverter; in
realtà l’inverter fornisce in genera una forma
d’onda più complessa (forma d’onda modulata)
ottenuta introducendo un opportuno numero di
commutazioni ausiliarie all’interno del periodo.

La distorsione armonica totale (Total Harmonic


Distortion, THD) è un indice di prestazione
ampiamente utilizzato per valutare il contenuto armonico e, quindi, che rappresenta una misura
di vicinanza nella forma tra una forma d'onda e il suo fondamentale. Al fine di ottenere una
forma d'onda di qualità migliore (THD inferiore), l'inverter fornisce una forma d'onda più
complessa (modulata), ottenuta con commutazioni aggiuntive ad ogni semiperiodo.

1.2 STRUTTURA A SEMIPONTE


A differenza di quanto avviene nel caso dei convertitori
c.c.-c.c. la presa intermedia (a tensione /2 ) della
tensione di alimentazione può essere ottenuta mediante
un opportuno partitore capacitivo. I due condensatori
che realizzano il partitore devono avere una capacità
sufficientemente elevata da garantire che la tensione ,
presente tra il punto centrale del partitore e la massa,
non subisco variazione rilevanti durante il
funzionamento dell’inverter. Occorre inoltre che la

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somma delle due capacità sia molto maggiore del rapporto tra l’integrale del valore assoluto
della corrente di carico, esteso ad un semiperiodo, e la tensione di alimentazione.

1 1
= | | <2 | | ≪2
∆ / /

L’impiego di un partitore capacitivo risulta particolarmente conveniente quando il carico è


connesso all’inverter tramite un trasformatore così che l’eventuale presenza di dissimmetrie tra
le durate degli intervalli di conduzione dei due interruttori statici viene automaticamente
compensata da un valore medie di tensione diverso da /2.

A parità di dimensionamento degli interruttori statici, la struttura a semiponte consente di


erogare al carico la stessa corrente fornibile con una struttura a ponte ma con una tensione di
uscita pari alla metà; inoltre, le tecniche di modulazione impiegabili con una struttura a
semiponte (modulazione a due livelli) forniscono un contenuto armonico peggiore di quello
ottenibile con una struttura a ponte (modulazione a tre livelli).

Al fine di evitare cortocircuiti sulla tensione di alimentazione c.c.-c.c. dovuta alla conduzione
concorrente (conduzione incrociata) di due interruttori di alimentazione dello stesso ramo, è
necessario introdurre un intervallo di tempo adeguato (tempo morto) tra il comando OFF di uno
interruttore e il comando ON dell'altro. Un componente di tensione c.c.-c.c. sovrapposto alla
tensione di uscita c.c.-c.a. produce un componente di corrente c.c.-c.a. che può causare
saturazione sui dispositivi magnetici, in particolare quando l'inverter è collegato a un
trasformatore.

1.3 CIRCUITI ATTI ALLA RIDUZIONE DELLE PERDITE DI COMMUTAZIONE


NEGLI INVERTER A TRANSISTOR
Alla struttura base di un ramo di un inverter a Transistor
occorre aggiungere i circuiti atti a limitare le perdite dovute
alle commutazioni dei Transistor di potenza; questi circuiti
devono essere dimensionati prendendo in considerazione le
diverse condizioni operative che possono presentarsi durante
l’apertura e la chiusura del Transistor. Si fa riferimento alle
due distinte situazione, che possono presentarsi quando
l’inverter funziona ad onda quadra a seconda che il carico sia
di tipo induttivo o di tipo capacitivo. Quando il carico è di tipo
induttivo, la corrente fornita dall’inverter risulta sfasata in
ritardo rispetto alla tensione, pertanto, all’atto
dello spegnimento, ogni Transistor si trova a
condurre la corrente assorbita dal carico. Viceversa,
se il carico ha un comportamento di tipo capacitivo
la forma d’onda della corrente assorbita risulta in
anticipo rispetto alla tensione, pertanto, quando un
Transistor viene interdetto, la corrente di carico si
trova a circolare nel diodo posto in antiparallelo al
Transistor stesso.

Queste situazioni sono indicate rispettivamente come: commutazione induttiva e commutazione


capacitiva. Quando l’inverter funziona ad onda quadra tutte le commutazioni sono dello stesso
tipo. Quando la tensione di uscita è modulata, i due tipi di commutazione si presentano

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alternativamente. Il dimensionamento dei circuiti di protezione sarà, pertanto, diverso a


seconda che l’inverter funzioni ad onda quadra oppure con onda modulata.

1.3.1 Funzionamento ad onda quadra con carico induttivo


Quando tutte le commutazioni sono di tipo induttivo, i
Transistor dell’inverter si trovano, durante la fase di
apertura, ad operare in maniera del tutto analoga a quella già
illustrata nel caso del convertitore c.c.-c.c. con carico
induttivo. Viceversa, se l’apertura di un Transistor ( ) e la
successiva chiusura dell’altro Transistor dello stesso ramo
( ) viene fatto intercorrere un intervallo di tempo
sufficientemente lungo, all’atto della chiusura di quest’ultimo
tutta la corrente di carico circola nel Diodo omonimo ( ).
Pertanto, all’atto della chiusura, il Transistor non entra in
conduzione e non è quindi necessario introdurre induttanze
per limitare il / .

Il particolare funzionamento della struttura a ponte, in cui i


due Transistor vengono alternativamente aperti e chiusi,
rende inutile l’impiego delle resistenze atte a dissipare
l’energia immagazzinata nelle capacità del circuito di
protezione. Si prenderà in considerazione il circuito
semplificato, con un’unica capacità, anche se in realtà, per
ragioni di simmetria e per ridurre l’effetto delle induttanze
disperse, è conveniente impiegare due condensatori (di
capacità /2 ) posti direttamente in parallelo ai due
Transistor. t

Indicato con l’istante in cui il Transistor inizia ad aprirsi, durante l’intervallo di tempo
( , ), in cui la corrente nel Transistor e la tensione applicata al condensatore si portano a zero
il fenomeno è uguale come nel caso dei c.c.-c.c. Nell’istante = (il cui valore risulta uguale o
maggiore di + a seconda che il valore della capacità sia minore o maggiore di ) la tensione
di uscita è nulla e tutta la corrente assorbita dal carico attraversa il Diodo . Pertanto,
nell’istante = (con > ) in cui il Transistor viene chiuso, tutta la corrente di carico sta
circolando nel Diodo e la chiusura di avviene a corrente nulla. Successivamente,
nell’intervallo di tempo ( , + /2), il segno della corrente di carico si inverte e inizia a
condurre. Alla successiva apertura di , che si verifica nell’istante = + /2 , la
commutazione avviene in maniera analoga a quella già descritta e, alla fine della commutazione,
la tensione applicata al condensatore risulta nuovamente pari ad .

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1.3.2 Funzionamento ad onda quadra con carico capacitivo


Analogamente al caso di carico induttivo, quando l’inverter funziona ad onda quadra con
commutazioni tutte di tipo capacitivo, il problema della riduzione delle perite di commutazione
risulta semplificato rispetto al caso dei convertitori c.c.-c.c. infatti, in tali condizioni operative,
all’atto dell’apertura, i
Transistor si trovano a
condurre una corrente
nulla e, di conseguenza,
non si hanno perdite di
apertura. Viceversa,
occorre inserire il circuito
induttivo, idoneo a ridurre
le perdite di chiusura.

1.3.3 Funzionamento con onda modulata


La scelta dei circuiti atti a ridurre le perdite di commutazione si complica nel caso di
funzionamento con onda modulata. In questo tipo di funzionamento dell’inverter, infatti, si
susseguono commutazioni di tipo induttivo e commutazioni di tipo capacitivo. Per mettere in
evidenza i problemi che si presentano quando l’inverter funziona con onda modulata si consideri,
inizialmente, il comportamento del circuito in presenza di una commutazione capacitiva. In
queste condizioni operative, nell’istante = , in cui il Transistor viene aperto, la corrente
è negativa e, pertanto, circola nel Diodo . Lo spegnimento di non modifica il funzionamento
del circuito e, fino all’istante = , in cui il Transistor viene chiuso, la tensione applicata al
condensatore rimane pari ad . All’accensione di , quindi, l’energia immagazzinata nella
capacità viene dissipata sul Transistor stesso.

Quando l'inverter viene pilotato con una forma d'onda modulata e costruito utilizzando i moduli
di potenza a semiconduttore (ad es. IGBT o MOSFET collegati nello stesso pacchetto), di solito
non vengono introdotti circuiti di snubber, ma viene utilizzato solo un condensatore collegato in
parallelo al collegamento c.c. per mitigare le sovratensioni all'interno del modulo e fornire
l'energia di avviamento necessaria per eseguire le commutazioni se l'alimentazione c.c. è
collegata troppo lontano.

2 RIDUZIONE DEL CONTENUTO ARMONICO DELLA


TENSIONE DI USCITA
I vari tipi di inverter forniscono una tensione di uscita che, in prima approssimazione, è di tipo
rettangolare. Tale forma d’onda presenta solo armoniche di ordine dispari ed inoltre tutte le
componenti in coseno risultano nulle.

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Indicata con l’ampiezza dell’onda rettangolare, l’ampiezza della i-esima armonica risulta:

4 4
= sin( ) ( )=

In cui può essere pari ad oppure /2 a seconda del tipo di inverter. Dall’equazione si può
constatare che la terza armonica risulta pari ad un terzo della prima, la quinta pari a un quinto
ecc. È possibile migliorare il contenuto armonico della tensione fornita dall’inverter aumentando
il numero delle commutazioni che vengono effettuate in ogni periodo della tensione di uscita,
cioè applicando un’opportuna tecnica di modulazione. Ad esempio, nel caso di un inverter con
tensione di uscita a due livelli (− , ) introducendo quattro commutazioni ausiliarie in ogni
semiperiodo si ottiene la forma d’onda illustrata in figura in cui i valori degli angoli e
possono essere scelti in modo da ridurre, o da eliminare, alcune armoniche. L’ampiezza dell’i-
esima armonica della forma d’onda modulata così ottenuta risulta:

4 4 4
= sin( ) ( )− sin( ) ( )+ sin( ) ( )

4
= [1 − 2 cos( ) + 2 cos( )]

Se si desidera eliminare le prime due armoniche, cioè la terza e la quinta, occorre scegliere gli
angoli e in modo tale che si abbia:
4 4
[1 − 2 cos(3 ) + 2 cos(3 )] = 0; [1 − 2cos(5 ) + 2cos(5 )] = 0
3 5
Da cui è possibile ricavare che la terza e la quinta armonica risultano praticamente nulle se gli
angoli e sono scelti pari a:
= 0.1313 ≅ 23°29 ; = 0.1851 ≅ 33°20

Sostituendo tali valori nell’equazione si ricavano le ampiezze delle armoniche riportate nella
tabella che presenta:

 Nella prima colonna l’ordine dell’armonica;


 Nella seconda l’ampiezza dell’armonica dell’onda quadra rispetto alla prima ;
 Nella terza l’ampiezza dell’armonica dell’onda modulata rispetto alla prima armonica
dell’onda quadra ;

39
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 Nella quarta l’ampiezza dell’armonica dell’onda modulata rispetto alla prima


armonica dell’onda modulata stessa .

Dalla tabella si può rilevare che l’eliminazione della terza e della quinta armonica comporta una
riduzione dell’ampiezza della prima armonica e un incremento delle ampiezze delle armoniche
di ordine superiore. Tale incremento risulta del tutto ragionevole se si pensa che l’onda
modulata conserva lo stesso valore efficace dell’onda quadra e, essendosi ridotte le ampiezze
della prima, della terza e della quinta armonica, il valore efficace dell’insieme delle altre
armoniche risulta certamente più elevato.

Quando si impiega un inverter con uscita a tre livelli (− , 0, ) risulta conveniente utilizzare
la possibilità di disporre anche della tensione nulla. Introducendo due commutazioni ausiliarie
all’interno di ogni quarto di periodo, si ottiene, pertanto, la forma d’onda modulata illustrata
nella figura; tale forma d’onda presenta un migliore contenuto armonico, infatti il suo valore
efficace è certamente più piccolo di quello dell’onda quadra. Per la forma d’onda a tre livelli
l’ampiezza dell’i-esima armonica risulta pari a:

4 4 4
= sin( ) ( )+ sin( ) ( )= [1 − cos( ) + cos( )]

In questo caso, se si desiderare eliminare le prime due armoniche, occorre scegliere gli angoli
e in modo tale che si abbia:
4 4
[1 − cos(3 ) + cos(3 )] = 0; [1 − cos(5 ) + cos(5 )] = 0
3 5
Se si desidera eliminare le prime due armoniche, occorre scegliere e sono scelti pari a:
= 0.0991 ≅ 17°50 ; = 0.2109 ≅ 37°58

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Sostituendo nell’equazione i valori e forniti, si ricavano le ampiezze delle armoniche.


Confrontando tali risultati con quelli riportati nella tabella precedente, si può constatare che,
come più volte accennato, la modulazione a tre livelli fornisce un contenuto armonico
decisamente migliore, specialmente per quanto concerne le armoniche di frequenza più elevata.
Aumentando il numero delle commutazioni ausiliarie è possibile procedere all’eliminazione di
ulteriori armoniche; in particolare, mantenendo la simmetria mostrata, è possibile eliminare un
numero di armoniche pari al numero delle commutazioni ausiliarie che si verificano nel primo
quarto di periodo. Aumentando il numero delle commutazioni, aumentano le perdite nel circuito
di potenza ed è necessario assicurare che la distanza minima, intercorrente tra due successive
commutazioni, sia compatibile con la struttura del circuito di potenza impiegato.

Inoltre, all’aumentare del numero delle commutazioni, il sistema di equazioni non lineari che
consente di determinare gli angoli di commutazione presenta più di una soluzione e ognuna di
queste fornisce un contenuto armonico diverso, pertanto occorre determinare tutte le possibili
soluzioni e, quindi, scegliere quella che presenta il contenuto armonico più favorevole.

Occorre infine rilevare che la tecnica di eliminazione delle armoniche produce un incremento
dell’ampiezza delle armoniche residue e risulta poco significativo eliminare totalmente
un’armonica se quella adiacente presenta un’ampiezza elevata. Pertanto, risulta in genere
conveniente, specialmente quando il numero di commutazioni ausiliarie presenti nel quarto di
periodo è maggiore di 4 o 5, adottare una diversa procedura per la determinazione degli angoli
di commutazione.

3 VARIAZIONE DELL’AMPIEZZA DELLA TENSIONE DI


USCITA
In molte applicazioni occorre poter variare con continuità l’ampiezza della prima armonica della
tensione alternata fornita dall’inverter, impiegando una delle seguenti tre modalità che
consistono nel:

 variare la tensione continua con cui si alimenta l’inverter;


 applicare alla forma d’onda della tensione fornita dall’inverter un’opportuna tecnica di
modulazione;
 impiegare inverter multipli e sfare il funzionamento reciproco dei vari inverter.

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3.1 VARIAZIONE DELLA TENSIONE CONTINUA


La tensione continua con cui si alimenta l’inverter può essere variata impiegando un
convertitore c.a.-c.c. o c.c.-c.c., a seconda che si disponga di una sorgente di energia in corrente
alternata o in corrente continua. Il principale vantaggio consiste nel poter impiegare, per
qualsiasi valore dell’ampiezza della tensione di uscita, la stessa forma d’onda della tensione
applicata al carico, lasciando inalterato il rapporto tra le ampiezze delle varie armoniche.

Ciò permette di utilizzare la forma d’onda più opportuna, impiegando la tecnica di eliminazione
di armoniche o quella di ottimizzazione. Per contro si hanno i seguenti svantaggi:

 Maggiore complicazione circuitale, dovuta alla necessità di impiegare un altro


convertitore controllato;
 Introduzione di un filtro che permetta di eliminare le componenti alternative della
tensione fornita dal convertitore che alimenta l’inverter (limitazione della velocità di
variazione della corrente continua e, quindi, quella dell’ampiezza della tensione
alternata);
 Quando la rete di alimentazione è in c.c., l’introduzione di un ulteriore convertitore
elimina la caratteristica di bidirezionalità propria dell’inverter;
 Quando la rete di alimentazione è in c.a., l’impiego di un convertitore c.a.-c.c. di tipo
controllato produce un elevato assorbimento di potenza reattiva della rete di
alimentazione quando l’inverter fornisce una tensione di uscita molto ridotta rispetto a
quella massima.

3.2 INVERTER MULTIPLI


Negli inverter multipli la tensione applicata al carico
viene ottenuta come somma delle tensioni fornite dai
singoli inverter e può essere variata sfasando
opportunatamente le varie forme d’onda. Il principale
vantaggio è costituito dalla possibilità di ottenere,
impiegando un numero consistente di inverter, un
contenuto armonico modesto, per qualsiasi valore
dell’ampiezza armonica fondamentale della tensione di
uscita. Per contro, la necessità di dover impiegare dei
trasformatori, per effettuare la somma delle tensioni di
uscita, rende il suo impiego molto oneroso. La figura mostra lo schema di un inverter multiplo,
costituito da due inverter a semiponte, le cui tensioni di uscita sono sommate ponendo i
secondari dei due trasformati in serie tra loro.

La figura (a) mostra gli andamenti delle due


tensioni parziali e e quello della tensione
risultante nel caso in cui l commutazioni
siano in serie tra loro e la (b) in cui le
commutazioni dell’inverter 2 sono sfasate, con
un ritardo pari a ∆ , rispetto alle commutazioni
dell’inverter 1. All’aumentare di ∆ sia il valore
efficace della tensione di uscita che l’ampiezza
della sua prima armonica si riducono fino ad
annullarsi quando ∆ è pari ad un semiperiodo.

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3.3 MODULAZIONE A LARGHEZZA DI IMPULSO


Le tecniche di modulazione a larghezza di impulso (Pulse Width Modulation, PWM) sono
comunemente utilizzate per variare l'ampiezza della prima armonica della tensione di uscita
senza la necessità di alcun controllo della tensione di alimentazione CC. I metodi PWM sono
stati rapidamente sviluppati negli ultimi anni a causa delle rapide evoluzioni dei dispositivi di
potenza e dei circuiti di controllo digitale. L'implementazione di una modulazione tecnica PWM
può essere effettuata con circuiti integrati analogici o digitali. Oggi, quest'ultima soluzione è
stata integrata nei più comuni microcontrollori industriali.

Gli istanti di commutazione degli interruttori del convertitore sono determinati dalle uscite dei
comparatori, cioè dalle intersezioni tra i segnali di controllo (modulazione a sottooscillazione). I
segnali ai comparatori possono essere suddivisi in due diversi tipi di forma d’onda:

 Segnali modulanti, costituiti da sinusoidi isofrequenziali con la tensione desiderata e di


ampiezza proporzionale a quest’ultima;
 Segnali portanti, con andamento triangolare e frequenza alquanto superiore a quella
desiderata per la tensione di uscita.

Le tecniche di modulazione realizzate con dispositivi analogici vengono anche dette a


campionamento naturale, in quanto gli istanti di campionamento delle modulanti non sono
disposti ad intervalli regolari (di durata costante) ma dipendono anche dagli andamenti delle
portanti. La realizzazione della tecnica di modulazione dipende dal tipo di forma che l’inverter
può fornire, ovvero se a due oppure a tre livelli.

3.3.1 Modulazione a due livelli


La sottoscrizione a due livelli è, in genere, impiegata negli inverter monofase a semiponte
oppure per comandare le tre fasi di un inverter trifase a ponte. La sua struttura impiega un solo
comparatore e, di conseguenza, una sola modulante ed una sola portante . L’ampiezza
della modulante, costituita da una sinusoide simmetrica rispetto allo zero, viene scelta
proporzionale a quella desiderata per l’armonica fondamentale della tensione fornita all’inverter
e la sua frequenza viene imposta pari a quella desiderata. La portante ha un andamento
triangolare simmetrico, con un’ampiezza costante ed una frequenza alquanto superiore a
quella della modulante.

L’uscita del comparatore agisce sul circuito di pilotaggio dell’inverter in modo tale che
quest’ultimo fornisca una tensione di uscita pari a + quando > e pari a − quando
< . Si possono mettere in luce dal grafico alcune caratteristiche generali, facilmente

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determinabili mediante un’analisi qualitativa, in funzione


del valore del rapporto tra la frequenza della portante e
quella della modulante: = / .

 irrazionale. La forma d’onda modulata non è


periodica; il suo spettro è quindi di tipo continuo e si
estende anche nel campo delle frequenze inferiori a
quella della modulante;
 razionale non intero. La forma d’onda modulata
è periodica con un periodo multiplo sia di quello della
portante sia di quello della modulante. La tensione
fornita dall’inverter, presenta subarmoniche rispetto
alla modulante e può avere un valore medio diverso
da zero (componente continua);
 intero. La forma d’onda modulata è periodica con
un periodo pari a quello della modulante; essa
presenta solo armoniche di pulsazione multipla di
quella della modulante. Si può effettuare una seconda
suddivisione:
 pari: la tensione modulata non presenta
simmetrie all’interno del periodo; tutte le
armoniche, compresa la componente continua,
possono, quindi essere presenti;
 dispari: la tensione modulata si ripete ogni
semiperiodo, cambiata di segno; pertanto non
presenta né armoniche pari né componente
continua.

Dato che l’inverter funziona a frequenza costante è conveniente scegliere una frequenza della
portante multipla, secondo un numero intero dispari, di quella della modulante. Quando, invece,
si desidera che la frequenza dell’armonica fondamentale presenti un elevato campo di
variazione, se s mantenesse costante il rapporto anche la frequenza media di commutazione
dell’inverter presenterebbe un elevato campo di variazione. In questo tipo di applicazione si
preferisce mantenere costante la frequenza della portante; al variare di , il rapporto varia
assumendo sia valori interi, sia valori razionali non interi, sia valori irrazionali. Risulta quindi
inevitabile l’insorgere di subarmoniche e di una componente continua, che possono produrre
effetti dannosi sul funzionamento del carico; la loro entità può però essere mantenuta
sufficientemente ridotta se si sceglie la frequenza della portante in modo che tale rapporto sia
sempre abbastanza elevato (≥ 9). La determinazione analitica del contenuto armonica della
tensione modulata è data dalla seguente espressione, assumendo come origine dei tempi ( = 0)
uno degli istanti in cui la portante attraversa lo zero con pendenza negativa, la tensione
modulata può essere espressa come:

4 1
( )= sin( + )+ ( , , ) sin + +

 =2 la pulsazione della modulante;


 =2 la pulsazione della portante;
 = / ;
 la fase modulante nell’istante = 0;

44
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0 +
 ( , , ):
+
 funzione di Bessel di ordine ;
 l’espressione è valida solo se ≤ e se > .

I termini che compaiono nell’espressione sono sin( + ) che rappresenta l’andamento


desiderato per la tensione di uscita, cioè una sinusoide, isofrequenziale ed in fase con la
modulante e di ampiezza proporzionale, secondo il coefficiente / , a quella modulante) e a
sommatoria doppia rappresenta la distorsione dall’inverter. Si può osservare che:

 in corrispondenza ad ogni valori pari e dispari di sono presenti armoniche con


pulsazione ± , solo per valori, corrispondentemente, dispari e pari a ;
 l’ampiezza dei termini non nulli di ogni gruppo è direttamente proporzionale a e
inversamente proporzionale ad ;
 per ogni gruppo, l’ampiezza dell’armonica con pulsazione − è identica a quella
dell’armonica con pulsazione + ;
 l’ampiezza dei termini non nulli di ogni gruppo diminuisce al crescere di ; per ogni
gruppo è quindi possibile individuare una banda, centrata attorno a , al di fuori della
quale le armoniche sono di ampiezza trascurabile;
 al crescere di , la larghezza della banda che
comprende le armoniche di ampiezza non
trascurabile aumenta mentre la massima ampiezza
delle armoniche diminuisce;
 per ≥ 9, le bande che comprendono le armoniche
di ampiezza non trascurabile dei gruppi con > 1
non si sovrappongono a quella del gruppo
corrispondente a = 1 ; pertanto per ≥ 9 le
armoniche a frequenza più bassa appartengono
esclusivamente al gruppo caratterizzato da = 1.

È possibile portare l’andamento dell’ampiezza delle armoniche, in funzione di , in maniera del


tutto generale. Dalla figura si rileva che tutte le
armoniche di ordine < − 4 sono del tutto
trascurabili, mentre l’armonica di ordine (la cui
frequenza è pari a ) presenta un’ampiezza che, per
piccoli valori di , è molto maggiore di quella
fondamentale. Si può infine rilevare che, quando ≥
9 , anche l’armonica di ordine + 4 ha un’ampiezza
praticamente coincidente con quella di ordine − 4.

Per la determinazione delle ampiezze delle armoniche sono valide solo se il valore di non
supera quello di . Quando = , l’ampiezza dell’armonica fondamentale (a frequenza ) è
pari a cioè pari a /4 volte corrispondente all’onda quadra; pertanto, se si desidera che
l’ampiezza dell’armonica fondamentale possa variare con continuità, fino a raggiungere il valore
4 / , è necessario impiegare un valore di maggiore di . Quando > , però, il legame
tra e l’ampiezza fondamentale non risulta più lineare e il contenuto armonico peggiora in
maniera consistente. Molto spesso la sottooscillazione viene impiegata in connessione con
un’altra tecnica, che consenta di variare con continuità l’ampiezza della fondamentale tra e
4 / con un contenuto armonico accettabile.

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3.3.2 Modulazione a tre livelli


Gli inverter monofase a ponte possono fornire una tensione a tre livelli (− , 0, ) ; per tali
inverter risulta conveniente utilizzare una diversa tecnica di modulazione, che tragga vantaggio
dalla possibilità di vere tre valori di tensione di uscita. A tale scopo si impiega una struttura
che utilizza due distinti comparatori, uno per ciascun rampo del ponte. Per una prima tecnica,
si utilizza, per entrambi i comparatori, un’unica portante, triangolare asimmetrica, centrata
rispetto al valore /2; viceversa le due modulanti, e m sono costituite da due sinusoidi,
sfasate tra loro di mezzo periodo, con andamento analogo a quello già descritto. Durante i
semiperiodi in cui la modulante > 0 la modulazione viene applicata ad un ramo del ponte
mentre l’uscita dell’altro ramo viene mantenuta negativa; pertanto la tensione fornita
dall’inverter è modulata tra + e 0 . Viceversa, nell’altro semiperiodo la modulazione è
applicata all’altro ramo del ponte e la tensione fornita dall’inverter è modulata tra − e 0.

Esaminando la forma ottenuta in figura, si può osservare che le peculiarità evidenziate per la
modulazione a due livelle sono valide anche in questo
caso, con la differenza che per assicurare- l’assenza di
armoniche pari occorre che il rapporto , tra e , sia
un intero pari anziché dispari. Anche la linearità tra
l’ampiezza dell’armonica fondamentale della tensione
di uscita e quella della modulante è rispettata solo se
è minore di . Per mitigare le armoniche di corrente
e/o tensione al livello richieste dall'applicazione, è
necessario applicare un filtro L o LC passivo tra
l'inverter e il carico. Tuttavia, il dimensionamento di
tali filtri sarà inferiore se viene utilizzata una tecnica
di modulazione.

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4 TRIFASE
La generazione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica sono dotati di sistemi di
alimentazione trifase. Le linee trifase sono alimentate da generatori a tre fili le cui tensioni di
uscita possono essere rappresentate attraverso una forma d'onda sinusoidale a tre con la stessa
frequenza e 120° di sfasamento reciproco. Un sistema trifase è indicato come simmetrico se le
tre tensioni hanno uguale ampiezza e la loro somma è nulla per ogni istante.

 Sequenza positiva − :
1. ( )= cos( + )
2. ( )= cos( + − )
3. ( )= cos( + − )=
cos( + + )
 Sequenza positiva + :
1. ( )= cos( + )
2. ( )= cos( + + )
3. ( )= cos( + + )=
cos( + − )

Un sistema trifase è indicato come equilibrato se le correnti hanno


uguale ampiezza e la loro somma è nulla per ogni istante.La tensione
tra il neutro del generatore e il neutro del carico può essere
calcolata dal teorema di Millman.
+ + ( ) + +
= ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯ =
+ + 3

 Sistema simmetrico collegato a stella:


( )= ( ) ( )+ ( ) ( )+ ( ) ( )=
= cos + cos(2 + + )+
2
+ cos + cos(2 + + + )+
3
2
+ cos + cos 2 − + + =
3
=3 cos
= da fase RMS a voltaggio neutro
= corrente di linea RMS
I termini oscillanti agiscono come un sistema trifase simmetrico, quindi la loro somma è
nulla.

47
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 Carico equilibrato collegato a triangolo:


( )=3 cos
= da fase RMS a tensione di fase
= corrente di fase RMS

In un sistema simmetrico ed equilibrato la potenza istantanea è costante.

4.1 INVERTER TRIFASE


Gli inverter trifase sono comunemente usati in molte
applicazioni, specialmente in media e alta potenza o in
convertitori di frequenza. L’obiettivo è generare tre
tensioni di uscita aventi la stessa forma, la stessa
ampiezza e lo sfasamento reciproco di 120°. Nel caso di
inverter realizzati con interruttori statici la
configurazione trifase è ottenuta impiegando una
struttura a ponte composta da tre rami, del tutto
identici a quelli utilizzati negli inverter monofase.

Nel grafico sono riportati gli andamenti delle tre tensioni di fase ( , , ) e della tensione del
centro di stella = riferite alla massa dell0inverter, quando ogni ramo del ponte
funziona ad onda quadra e la sequenza ciclica è 1,2,3. Sono riportati anche gli andamenti delle
tre tensioni concatenate ( , , ) e delle tre tensioni di fase ( , , ), riferite al centro
stella. Come si può constatare, mentre le tensioni fornite dalle singole fasi dell’inverter sono
simmetriche rispetto a /2, le tensioni stellate e quelle concatenate sono, invece, simmetriche
rispetto allo zero. Eseguendo un’analisi armonica si può, inoltre, rilevare che sia le tensioni
stellate che quelle concatenate sono prive di armoniche di ordine tre o multiplo di tre.

 Fase-tensione a terra ( , , )
 Valore medio pari a /2;
 Ampiezza armonica fondamentale =2 / ;
 Ampiezza dell’armonica dispari = / (essendo
nell’ordine armonico).

 Fase-tensione neutra ( , , )

 Valore medio pari a zero;


 Ampiezza armoniche fondamentali pari alla fase-
tensione terra;
 Ampiezza nulla per le terze armoniche e il suo
multipolo;
 Ampiezza delle armoniche dispari pari a = /.

 Fase-tensione di fase ( , , )
 Valore medio pari a zero;
 Ampiezza armoniche fondamentali pari a √3 volte
la fase-tensione terra;
 Ampiezza nulla per le terze armoniche e il suo
multiplo;
 Ampiezza delle armoniche dispari pari a = /.

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Convertitori c.a.-c.c.
I convertitori c.a.-c.c. sono realizzati medianti Tiristori: il loro impiego non comporta l’aggiunta
di circuiti ausiliari di spegnimento, in quanto il problema dello spegnimento è risolto con
l’ausilio della stessa tensione di alimentazione (commutazione naturale). I convertitori c.a.-c.c.
sono stati il primo tipo di convertitori di potenza costruiti con semiconduttori. Tali convertitori
sono ampiamente utilizzati in applicazioni industriali e domestiche a causa della disponibilità
di fonti c.a., nelle versioni monofase e trifase. Possono essere classificati come:

 Convertitori unidirezionali, che impiegano circuiti a diodi nell’interfaccia verso la


sorgente c.a., non consentendo flussi di energia inversa;
 Convertitori bidirezionali, che utilizzano semiconduttori controllati al fine di ottenere un
flusso di potenza bidirezionale.

Le prestazioni dei convertitori c.a.-c.c. sono valutate in termini di qualità della forma d’onda di
uscita e della qualità della potenza di ingresso con riferimento a:

 Fattore di potenza;
 Contenuto armonico della corrente di ingresso.

L’analisi dei seguenti circuiti viene eseguita tenendo conto del comportamento ideale dei
semiconduttori. Un trasformato è generalmente incluso nei circuiti al fine di fornire al
convertitore una tensione di alimentazione diversa dalla tensione di rete regolando il rapporto
d rotazione del trasformatore e isolare il carico dalla fonte c.a. Verranno prese in considerazioni
le seguenti configurazioni: convertitori a semionda, convertitori ad onda intera, convertitori
attivi con diversi tipi di carico e in versione monofase e trifase.

1 CONVERTITORI ALIMENTATI DA RETE MONOFASE

1.1 CONVERTITORI MONOFASE A SEMIONDA


Il convertitore monofase a semionda è il più semplice convertitore c.a.-c.c. ed è costituito, oltre
che dal trasformatore di alimentazione e da un Tiristore. Il suo funzionamento sarà analizzato
considerando dapprima un carico puramente resistivo e, successivamente, un carico resistivo
induttivo.

1.1.1 Carico puramente resistivo


I valori medi delle tensioni e della corrente applicate al carico risultano:
1
= sin ( )= (− cos | )= ; =
2 2

I valori efficaci della tensione applicata al carico e della


corrente che circola nel Tiristori e nel carico possono
essere calcolati mediante le seguenti espressioni:

1
= sin ( )= ; =
2 2

=
2

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Per cui la potenza in uscita, in corrente alternata e costante,


trasferita al carico è pari a:

= = = =
4
L’efficienza (o il rapporto di rettifica) è una figura di merito
che consente di confrontare l’efficacia dei convertitori.
4
= = = 40.5%

Il potenziale in uscita è composto da una componente a


corrente continua e una alternata:

= − = 0.386

Il Fattore di Forma (FF) e il Fattore d’onda (RF) sono espressi dalle forme:

= = 157% = = 121%

Si può osservare che nel secondario del trasformatore circola la stessa corrente di carico. Tale
corrente è unidirezionale e forza il trasformatore a funzionare in modo non simmetrico.
Pertanto, il nucleo magnetico deve essere sovradimensionato per evitare la saturazione. Un
parametro prestazionale correlato al dimensionamento è il Transformer Utilization Factor
(TUF), definito come:

= = = 0.286 = =
√2
Essendo e i valori efficaci di tensione e corrente applicati al secondario del trasformatore.

1.1.2 Carico resistivo induttivo


Quando il carico presenta, in serie alla resistenza , anche
un’induttanza , la conduzione del Diodo è estesa oltre , e
l’angolo di spegnimento diviene + . I valori medi del
potenziale e della corrente forniti dal convertitore risultano:
1
= sin ( )= [1 − cos( + )]; =
2 2

Per determinare l’angolo di spegnimento è necessario ottenere


l’espressione della corrente di uscita del convertitore
dall’equazione differenziale:
( )
sin = ( )+

Con le condizioni iniziali ( )=0

( )
( )= sin( − ) + sin =
+( )

= tan

50
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Il termine dell’inda della corrente di uscita è composto da due termini:

- Un segnale sinusoidale con uno scostamento di fase rispetto alla tensione di


alimentazione c.a., corrispondente alla corrente
ottenuta collegando un carico RL direttamente alla
sorgente c.a.;
- Un termine esponenziale decrescente, con un’ampiezza
iniziale uguale a sin e costante di tempo uguale a
quella di carico, che tiene conto dell’accensione del diodo.

Per determinare l’angolo di deviazione + è necessario


equiparare a zero l’espressione corrente, ottenendo la
seguente equazione trascendentale che non può essere
risolta in modo analitico, ma solo con un metodo numerico
iterativo.

( )
sin( + − ) = − sin

Aggiungendo il diodo a ruota libera , è possibile evitare la tensione di uscita negativa,


aumentando così allo stesso valore del caso di carico resistivo. Si noti che i convertitori che
utilizzano output di diodi a ruota libera sono sempre unidirezionali.

1.1.3 Carico attivo


Quando il carico è attivo, il diodo può condurre per > riducendo
così l’intervallo di conduzione. Il diodo si accende quando:

sin = → = sin

Il diodo si spegne quando: = −



( )= < <

La corrente media di uscita dipende dal rapporto di potenziale: =


/

1
̅ = ( sin − ) ( )
2
1
= [ (cos − cos ) − ( − )]
2

1.2 CONVERTITORI MONOFASE AD ONDA PIENA


In questo caso è necessario il trasformatore con attacco centrale.
Ogni diodo deve essere dimensionato per un picco di tensione pari
al raddrizzatore a doppia onda o a mezza onda. I valori medi di
potenziale e corrente in uscita sono raddoppiati rispetto al
trasformatore a semionda:
1 2
= sin ( )= (− cos | )= ; =
2

51
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Il valore efficace della corrente è calcolato ugualmente al caso a


semionda:

1
= sin ( )= ; = =
√2 √2

E la potenza in uscita trasferita al carico in c.a. e c.c. è uguale:

4 8
= = = = → = =
2
= 81%

Il potenziale in uscita è composto da una componente a corrente


continua e una alternata:

= − = 0.307

Il Fattore di Forma (FF) e il Fattore d’onda (RF) sono espressi dalle forme:

= = 111% = = 48.2%

Si noti che nel secondario del trasformatore circolano alternativamente la stessa corrente di
carico. Se i due secondari sono uguali, il trasformatore funziona in modo simmetrico:

= = = 57.32%
2

= =
2 2
I benefici sono che può essere collegato direttamente alla sorgente senza trasformatore, a causa
della stessa tensione di uscita, il dimensionamento del voltaggio di blocco inverso dei diodi è
pari alla metà della configurazione con presa centrale. Gli svantaggi sono che si hanno 4 diodi
anziché 2, maggiore caduta di tensione diretta in avanti dovuta alla conduzione concorrente di
due diodi e non è adatto per ampiezze di bassa tensione.

1.2.1 Carico attivo


Quando il carico include un’induttanza, il
convertitore può funzionare secondo due modalità:
conduzione continua, conduzione discontinua.
Come per il raddrizzatore a semionda, per
determinare l’angolo di spegnimento è necessario
equiparare a zero l’espressione della corrente ( )
e risolverla tramite metodi iterativi.

52
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1.2.2 Filtro capacitivo


Per ridurre l’ondulazione della
tensione di uscita, è necessario
collegare un condensatore in
parallelo al carico. Durante il
periodo di carica , ( )=
( ). Quando ( ) = i diodi
si spengono poiché diventa zero.
La tensione ( ) durante il
periodo di scarica è:

( )=

E l’ondulazione di tensione picco-picco:

( ) = =
2 2

2 CONVERTITORI C.A.-C.C. ALIMENTATI DA RETE


TRIFASE
L’esame del comportamento dei convertitori trifase sarà effettuato supponendo che il sistema di
alimentazione sia perfettamente simmetrico, cioè che le tre tensioni di fase abbiano la stessa
ampiezza e siano esattamente sfasate tra loro di un terzo di periodo; si supporrà inoltre che
la sequenza ciclica sia , , cioè che la tensione sia sfasata n ritardo di un terzo di periodo
rispetto ad . Anche nel caso di alimentazione trifase, il funzionamento del convertitore è
influenzato dalla natura del carico.

2.1 CONVERTITORI TRIFASE A SEMIONDA


Lo schema di base di un raddrizzatore a semionda trifase è composto da un trasformatore
trifase, con terminale neutro secondario e accessibile collegato a stella e tre diodi che collegano
il carico alle fasi. Diversamente dai circuiti monofase, l'istante di accensione di un diodo non
coincide più con l'attraversamento zero di una tensione di fase ma coincide con l'istante in cui
la tensione di fase corrispondente diventa maggiore delle altre due tensioni di fase. In questo
caso viene attivato quando > ed > , ovvero nell'attraversamento positivo dello zero
della tensione fase-fase.

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Anche in caso di un carico resistivo puro, il convertitore funziona sempre in modalità di


conduzione continua come quando il diodo successivo inizia a condurre, il precedente era in
conduzione. Pertanto, la corrente viene commutata da un diodo a un altro ogni 2 /3 che è
l'intervallo di conduzione. La stessa forma d'onda si ottiene in caso di carico . Il valore medio
della tensione di uscita è:

3 3√3
= sin ( )=
2

Ciò risulta superiore di oltre il 30% rispetto al caso a onda intera monofase ( /2 ), mentre
l' che circola in ogni diodo è inferiore poiché minore è l'intervallo di conduzione. Trascurando
l'ondulazione di tensione:

1 1
= ( )=
2 √3

( ) = − sin =
6 2

2.2 CONVERTITORE TRIFASE A PONTE


Se è il valore di picco della tensione di fase, le tensioni di fase istantanee possono essere
descritte da:
= sin( ) = sin( − 120°) = ( − 240°)

Poiché la tensione di linea porta la tensione di fase di 30°, le tensioni di linea istantanee possono
essere descritte da:

= √3 sin( + 30°) = √3 sin( − 90°) = √3 sin( − 210°)

La tensione di uscita media è rilevata da:


/
2 3√3
= 3 cos ( )= = 1.654
2 /6

dove è la tensione di fase di picco. La tensione di uscita è

/
2 3 9√3
= 3 cos ( ) = + = 1.6554
2 /6 2 4

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In caso di carico RL attivo la


conduzione può essere discontinua a
seconda del rapporto di tensione del
carico = / e / . La zona
discontinua è ridotta rispetto al caso
monofase.

3 CONFRONTO FRA I VARI CONVERTITORI


L'analisi del comportamento dei diversi circuiti di raddrizzatore ha dimostrato che quando la
complessità del circuito aumenta (dalla semionda monofase alla trifase a onda piena), le
prestazioni vengono migliorate. Fino ad ora l'attenzione è stata dedicata alla valutazione del
comportamento dei convertitori dal lato del carico. Gli effetti prodotti dai convertitori sul lato
griglia sono correlati alla forma d'onda corrente assorbita dalla griglia, in particolare:

o Sfasamento tra la tensione di rete e l'attuale armonica fondamentale


o Iniezione di armoniche attuali nella griglia

I parametri di prestazione richiesti per valutare la qualità della potenza dei convertitori sono:

1. Fattore di potenza (PF) cos (talvolta indicato come fattore di spostamento, DF)
2. Fattore di potenza generalizzato
3. THD

Il fattore di potenza cos è definito come


l'angolo di spostamento della tensione di
rete e l'attuale armonica fondamentale.

Il fattore di potenza generalizzato è


definito come rapporto tra la potenza CA
fornita il componente fondamentale e la
potenza apparente generalizzata. Il
termine generalizzato si riferisce a una
forma d'onda non sinusoidale.

= = cos

55
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 cos =1

1
= ( ) =0 ( , , …) =0 =0

/
4 4
= sin( ) ( )=

4
= = 0,9 = → = cos = 0,9
√2


= = = − 1 = 48.43%

Se viene utilizzata un'induttanza sufficientemente grande,


l'ondulazione della corrente di ingresso può essere trascurata, quindi,
il fattore di potenza generalizzato sarà maggiore di quello nella
singola fase, mentre il THD sarà minore:

√6 2 2
= 0,7797 = ( )= = 0,8165
2 3

= cos = 0,9594 = − 1 = 31,08%

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Convertitori collegati alla rete


AC/CC
1. Convertitori PWM
2. Convertitori attivi
3. Correttori dei fattori di potenza

Possono essere convertitori unidirezionali o bidirezionali


(sia singolo-fase che tri-fase)

1 CONVERTITORI AC/CC BIDIREZIONALI A SINGOLA FASE


I convertitori a diodi hanno una tensione di uscita fissa. Per
regolare la tensione di uscita c.c. è necessario utilizzare
interruttori a semiconduttore di potenza controllata. Un
convertitore unidirezionale monofase è ottenuto dal
convertitore a ponte a diodi che sostituisce 2 diodi con 2
interruttori statici.

Se ogni interruttore viene chiuso con un istante di accensione


compreso nell'intervallo 0 − e aperto nell'istante di tempo
= − , la figura mostra le forme d'onda della tensione di
uscita e della corrente di alimentazione. La tensione di uscita
media è:
1 2
= sin( )= cos =

Trascurando l'ondulazione di corrente sul carico, l'armonica


fondamentale che circola nel trasformatore è in fase con la
tensione di rete (fattore di potenza unitario). Il fattore di
potenza generalizzato assume la forma seguente in funzione
dell'angolo di accensione = :

2√2 cos
=
2
1−

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Per basse tensioni di uscita, un convertitore a ponte a diodi ha = 0,9 lo stesso valore assunto
da questa configurazione al massimo =2 /

Una topologia diversa con lo


stesso comportamento del (1) (2)
circuito precedente, ma
utilizzando solo un
interruttore (1). Una tecnica
di modulazione (2) consente
di spostare a frequenze più
elevate il contenuto armonico
e ridurre il dimensionamento
e il volume del filtro di uscita.

Se è richiesta una tensione di uscita superiore a 2 / , è


necessario utilizzare un raddrizzatore boost. Questa soluzione
comunemente nota come PFC (Power Factor Corrector), è un
sistema di conversione a due stadi composto da un
convertitore a diodi e un convertitore boost cc/cc.

I convertitori bidirezionali a quattro quadranti a.c./c.c.


sono realizzati con ponti tradizionali monofase o trifase, in cui
ogni dispositivo statico è composto da un interruttore
completamente controllato (MOSFET, IGBT) e un
diodo antiparallelo. Il valore medio della tensione
c.c. deve essere maggiore del valore ottenuto
rettificando la tensione di alimentazione con un
convertitore a ponte a diodi:
2
>

Da un punto di vista funzionale, il convertitore


bidirezionale collegato alla griglia monofase è composto da tre blocchi in cascata:

1. Nel caso più semplice, il filtro c.a. è un filtro induttivo che consente la riduzione delle
armoniche correnti iniettate nella rete di alimentazione.
2. H-Bridge, implementa la conversione c.a./c.c.
3. Filtro di uscita c.c. la riduzione delle armoniche nella tensione c.c. di uscita.

La progettazione del filtro di ingresso è basata su un contenuto armonico accettabile della


corrente di ingresso del convertitore ed è conforme agli Standard di Rete o alle specifiche
dell'applicazione. Al fine di ridurre il dimensionamento del filtro, altre soluzioni comuni sono:

58
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Per quanto riguarda il filtro di uscita, dobbiamo


osservare che la corrente all'uscita del
convertitore è periodica con un periodo pari alla
metà di quello dell'alimentazione di rete (f) e che
la sua prima tensione armonica (alla frequenza
2 ) è generalmente abbastanza sostanziale.
Pertanto, il filtro risonante deve essere
sintonizzato sulla frequenza 2 in modo da
attenuare le oscillazioni della tensione di uscita a
causa della prima corrente armonica. Il
condensatore consente di attenuare le
armoniche di tensione di ordine superiore.

L'analisi del funzionamento del convertitore verrà


effettuata supponendo che il filtro di uscita sia
stato progettato al fine di trascurare totalmente le armoniche sul lato c.c. In base a questa
ipotesi, se il convertitore funziona sincronizzato con la tensione di rete e con una modulazione a
3 livelli, la tensione all'ingresso del convertitore ha la forma illustrata nella figura seguente.

La cosa fondamentale di è che ha la stessa frequenza del potenziale di alimentazione e


un’ampiezza pari a:
4
=

In cui rappresenta l’indice di modulazione (< 1) e è il numero di commutazioni che si


verificano in un quarto di periodo.

= (−1) cos( )

indica la fase della tensione della prima armonica


rispetto a . è l’angolo di spostamento tra la prima
armonica corrente e . Considerando solo le componenti
alla frequenza fondamentale e scegliendo in fase con
l’asse :
) − sin − cos = 0
− − =0
)− cos + sin = 0

59
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Perciò le ampiezze e delle due componenti della prima armonica della corrente di input,
rispettivamente in fase e in quadratura rispetto alla tensione applicata sono:
sin cos − 4
= cos = cos = =− sin =− sin = =

Se trascuriamo le perdite del convertitore e supponiamo che la


potenza in uscita
sia uguale alla potenza assorbita dall’alimentazione (dove è la
resistenza equivalente):

2 ̅ 2
= ̅ = = = → = =
2

Uguagliando le due espressioni di otteniamo l’espressione della tensione in uscita:

4 sin 2 2 sin
= = → =

È anche possibile ottenere la seguente espressione per la potenza reattiva relativa alla prima
armonica:

4 cos −
= = 2
2 2
Il controllo a circuito aperto di questo convertitore può essere progettato selezionando i valori
di e imponendo, nelle equazioni precedenti, il valore medio della tensione di uscita
desiderata e = 0. Tuttavia, un controllo di corrente a circuito chiuso è in realtà ampiamente
preferito; questo controllo è in grado di adattarsi alle variazioni di ampiezza e frequenza della
tensione della rete di alimentazione e di caricare le condizioni operative. La corrente di
riferimento viene solitamente scelta in fase con la tensione di alimentazione, con un valore di
ampiezza in modo da ottenere il valore desiderato della tensione CC di uscita. È inoltre
necessario un controllo a circuito per la tensione CC di uscita per garantire la regolazione della
tensione di carico. I due circuiti di controllo sono strutturati in una configurazione a cascata.

60
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2 CONTROLLO A CIRCUITO CHIUSO

2.1 CONTROLLO TENSIONE DI CIRCUITO


Il circuito di controllo per la tensione di uscita CC viene implementato mediante un regolatore
PI che garantisce un errore zero costante. L'uscita del regolatore PI rappresenta il valore
di riferimento dell'ampiezza per la corrente di ingresso del convertitore. Questo valore viene
quindi moltiplicato per una funzione modello sinusoidale unitaria sincrona con la tensione di
alimentazione (in modo da ottenere il funzionamento del fattore di potenza unitario). Il modello
sinusoidale viene sintetizzato usando la stima di fase e frequenza della tensione di
alimentazione ottenuta dal PLL. Il riferimento per l'attuale circuito di controllo è quindi:
∗ ∗
= cos( + )

2.2 CONTROLLO CORRENTE DI CIRCUITO


L'attuale circuito di controllo utilizza anche in questo caso un regolatore proporzionale integrale
(PI). L'uscita di questo regolatore rappresenta la tensione di riferimento per il modulatore PWM.
Si noti che il riferimento corrente è, allo stato stazionario, un segnale sinusoidale alla stessa
frequenza della tensione di alimentazione (50Hz); per questo motivo la larghezza di banda
dell'attuale circuito di controllo deve essere sufficientemente ampia da garantire un
soddisfacente inseguimento del segnale di riferimento. Nelle applicazioni pratiche, tuttavia,
devono essere presi in considerazione i ritardi dovuti all'implementazione del controllo e al
ritardo PWM, insieme agli effetti di campionamento. Valori troppo alti per i guadagni del
controller potrebbero anche causare instabilità. Pertanto, anche un design di controllo con una
larghezza di banda elevata produce spesso spostamenti di fase e attenuazione che influiscono in
modo significativo sul tracking dei riferimenti.

2.2.1 Design della corrente di circuito


Data la struttura a cascata dei circuiti di controllo nidificati, i circuiti di corrente interni devono
essere più veloci del circuito di tensione esterno. È buona prassi di progettazione garantire che
la larghezza di banda del circuito di controllo corrente sia almeno 10 volte maggiore di quella

61
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del circuito di controllo tensione. Il design del loop di corrente può essere derivato applicando la
legge di tensione di Kirchhoff al circuito di ingresso:

+ = −

La corrente di ingresso può essere regolata, quindi, controllando la tensione PWM all'uscita del
convertitore. Uno schema semplificato del corrente di circuito ai fini della progettazione del
controllo è:

Se trascuriamo i ritardi e la non linearità tipici di un convertitore di potenza, in una situazione


ideale la tensione di uscita vx sarà uguale allo stato stazionario al segnale di riferimento.
Pertanto, il comportamento del convertitore PWM può essere approssimato da un
blocco di guadagno unitario. Per una modellazione più accurata, se i ritardi introdotti dal
convertitore sono stimati pari a un certo tempo Ts, la funzione di trasferimento del convertitore
può essere rappresentata come:

1−
≅ 4
1+
4
Nel caso di filtri LCL, si deve considerare una TF del secondo ordine introducendo così una
risonanza nel circuito di controllo che deve essere smorzata. Per i filtri LLCL il modello è
ancora valido poiché il LC risonante è sintonizzato sulla frequenza di commutazione.

I parametri PI possono essere calcolati mediante metodi di progettazione classici:

o Prova ed errore
o Zigler Nichols
o Luogo delle radici
o Metodi di risposta in frequenza (diagramma di Bode)
o Metodi di identificazione avanzata (algoritmi genetici, reti neurali ...)
o Cancellazione del polo zero come per i convertitori CC-CC

L'uso di un regolatore PI non è l'unica scelta possibile. È possibile utilizzare qualsiasi tipo e
ordine di controller lineare, pur considerando che in questo caso non si otterrà mai un errore di
stato stazionario zero. Sarà possibile ridurre l'errore di stato stazionario solo aumentando il più
possibile (problemi di instabilità e rumore) la larghezza di banda del circuito di controllo.

La tensione di sorgente Ea agisce come un disturbo nella catena diretta. Per il regolatore PI è
possibile utilizzare le seguenti funzioni di trasferimento:
1+ 1+ 1 1
( )= ( )= =
1+

62
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Se scegliamo = la funzione di trasferimento a circuito aperto e chiuso diventano:


1 1
( )= ( )= =
1+

E la corrente di circuito può essere approssimata a un tempo costante .

2.3 DESIGN DELLA TENSIONE DI CIRCUITO


Quando si determina uno schema semplificato equivalente per la progettazione del circuito di
controllo della tensione, la dinamica del circuito di controllo della corrente interna, essendo
molto più veloce di quella del circuito di tensione esterno, può essere trascurata. In effetti i suoi
effetti transitori sul decadimento del segnale di tensione sono molto rapidi. È quindi una buona
approssimazione supporre che l'ampiezza all’uscita della corrente di circuito, segua in stato
stazionario il riferimento ∗ all'uscita del loop di tensione PI. Per semplificare ulteriormente lo
schema, è anche possibile trascurare la presenza del filtro di uscita LC sul lato CC; In questo
caso lo schema del circuito di controllo della tensione può essere approssimato solo dal
condensatore lato CC e dal carico.

Utilizzando il risultato precedente della progettazione del circuito di controllo corrente, è


possibile considerare il seguente schema a blocchi per il progetto del circuito di tensione avendo
considerato un carico resistivo equivalente .

1+ 1
( )=
1+ 1+

I valori di e dovrebbero essere selezionati in modo tale che la dinamica del circuito di
controllo della corrente interna sia molto più veloce (almeno 10 volte) di quella del circuito di
tensione esterno, sulla base del guadagno e dei margini di fase desiderati.

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3 CONTROLLO DELLA CORRENTE MEDIANTE


CONTROLLORI RISONANTI

Al fine di ottenere un accurato controllo della corrente alla frequenza fondamentale, con
l'attenuazione di tutte le altre frequenze e ottenendo allo stesso tempo un errore di stato
stazionario zero, è possibile emulare lo stesso comportamento che un integratore ha con i segnali
DC, utilizzando un plus proporzionale controller di tipo risonante (PR) sintonizzato sulla
frequenza fondamentale.

( )= +
+
è il guadagno proporzionale, è il guadagno del termine risonante e è la frequenza
angolare risonante da impostare al valore della frequenza della tensione di alimentazione ( =
2 50 su reti a 50 Hz).

Usando questa struttura, il guadagno del controller alla frequenza di risonanza è infinito e, in
anello chiuso, l'errore di stato stazionario è teoricamente zero per i segnali a quella frequenza
di risonanza. Un guadagno troppo elevato può causare problemi di controllo, riducendo il
margine di fase del sistema e la sua robustezza. Tuttavia, il guadagno del termine risonante
deve essere abbastanza elevato da ottenere un errore di stato stabile pari a zero o quasi zero.
Possiamo quindi introdurre il fattore qualità:

=

Dove e sono le frequenze più alte e più basse alle


quali il guadagno del controller è sceso a 0,707 del
valore alla frequenza di risonanza.

( )= +
+ +

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Il design di è una scelta di compromesso: valori elevati di


determinano un guadagno maggiore alla frequenza di risonanza e
una larghezza di banda più stretta attorno a questa frequenza.

o Vantaggi: errore di stato stazionario ridotto e maggiore


selettività del controllo.
o Svantaggi: elevata sensibilità al rumore e possibilità di
comportamento instabile.

Doppie considerazioni possono essere fatte per valori bassi di . Il termine risonante presenta
solo un guadagno molto basso al di fuori della sua banda passante, quindi la risposta ai
transitori desiderata deve essere ottenuta da un accurato progetto di . Il termine è invece
selezionato per migliorare la stabilità del sistema, posizionando gli zeri del sistema in modo da
spingere i poli ad anello chiuso verso posizioni più stabili.

Considerando il convertitore come un blocco di guadagno unitario, la funzione di trasferimento


del sistema in anello chiuso è:

1
− +
+ + +
( )= ∗ =
1
1− +
+ + +

Lavorando sull’equazione otteniamo:

+ + +
( )= ∗ =
+ + + − + + ( + )

+ [ + ]
→∞ ( )= ∗ =
+ [ + ]−[ + ]( + )

: =− → ( )= ∗ = =1

Come si comporta il controller risonante rispetto al disturbo rappresentato dalla tensione di


alimentazione?
1
( )= = +
1
1− +
+ + +

E per i segnali risonanti ( = − ) e nel caso ideale ( → ∞) abbiamo che ( )=0

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Quindi la tensione di alimentazione non influisce sul circuito di controllo con alcun disturbo.
L'errore zero allo stato stazionario e la cancellazione degli effetti di disturbo per i segnali alla
frequenza di risonanza possono essere ottenuti indipendentemente dai valori di progetto di
e e dai parametri di sistema e , garantendo la solidità teorica del controllo.

Molto spesso la tensione di alimentazione è distorta e quindi contiene armoniche a varie


frequenze diverse dalla frequenza di risonanza. Ciò può ridurre l'efficacia del controllo. Un modo
per risolvere questo problema è aggiungere al segnale di riferimento del convertitore un termine
di “feed-forward” rappresentato dalla tensione di alimentazione. In questo modo il suo effetto
sull'attuale circuito di controllo viene annullato.

4 CONVERTITORI AC/CC BIDIREZIONALI TRIFASE


Possono essere evidenziati tre
sottosistemi:

1. Filtro dal lato AC


2. Ponte controllato trifase
3. Filtro dal lato CC

Il trasferimento di energia dalla


rete trifase al lato CC è quasi
continua e l’ondulazione della
corrente di uscita ha una frequenza pari a 6 e l’ampiezza della sua prima armonica è
abbastanza ridotta rispetto al caso a singola fase (filtro risonante in uscita non necessario). Per
questi sistemi trifase abbiamo:

3√3
>

4.1 ESEMPI DI APPLICAZIONI

66
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Sistemi di conversione fotovoltaici


1 MODELLI DI CELLE SOLARI
( ) +
= − −

Dove è la costante di Boltzmann, è il singolo elettrone carico (1-2) il fattore ideale e è la


corrente inversa del diodo. Il circuito elettrico equivalente di una cella solare è composto da un
generatore di corrente, il quale fornisce una corrente proporzionale alla radiazione solare,
un diodo che rappresenta la struttura di semiconduttore e due resistenze e che
rappresentano le perdite per effetto Joule. La corrente e la tensione in uscita generate dai
terminali delle celle possono assumere un unico valore appartenente alla curva statica I-V che
dipende dalla tecnologia della cella, dalla dimensione e dalle condizioni di operazione. La cella
solare al silicone può consegnare una tipica densità di corrente di 46 mA/cm 2, mentre per una
commerciale abbiamo un tipico valore di circa 35 mA/cm2.

I parametri fondamentali in una curva I-V sono:

 La tensione a circuito aperto ;


 La corrente di cortocircuito (Short Circuit) ;
 La tensione e la corrente nel punto di massima potenza .

Per una radiazione e temperatura fisse, è alla massima tensione operativa di una cella
ottenuta a corrente di uscita zero; è la corrente massima che la cella può fornire per = 0
e si può notare che è quasi costante ed uguale a per un vasto range di . Se la radiazione
è uniforme su tutta la superficie della cella, la potenza massima è ottenuta nel punto di massima
potenza (MPP) ed è ( , ). Il fattore di riempimento (FF) è un indice di performance
legato a quanta area curva statica è vicina a quella ideale ed è definita come:

= =

Il modello equivalente può essere semplificato considerando che le resistenze e possono


essere approssimate a . L’unico diodo nel modello statico è valido anche per le celle organiche
se non sono progettate usando silicone nel processo.

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2 MODULI FOTOVOLTAICI
Per ottenere qualche Ampere nella corrente di uscita, tipicamente una cella solare è progettata
in torno ai 15x15 cm; una singola cella in Si può produrre un = 0,6 , più elle solari possono
essere connesse in serie costruendo dei moduli
fotovoltaici (PV Modules). I moduli commerciali in
silicio possono garantire una potenza tipica in un
range di 120-300W con un valore di che va dai
22 (36 celle connesse in serie) fino a 44 (72 celle
connesse in serie) e un valore di nel range 4-8
A. Per costruire un generatore solare, è necessario
connettere più moduli in serie (PV String o Array)
per ottenere la tensione nominale desiderata e in
molte stringe in parallelo per ottenere la potenza
nominale
desiderata.

2.1 EFFETTI D’OMBRA


Se le celle sono connesse in serie all’interno di un
modulo, avranno la stessa corrente; perciò, la più
bassa cella irradiata limita la corrente circolante
nelle altre. Se identifichiamo con “non-
shadowed” e “partially shadowed”. Abbiamo
che:
∗ ∗
≈9 = + → = − <0

Nelle condizioni di radiazione non uniforme, la


cella con polarità inversa dissipa energia, perciò la
sua temperatura aumenta generando la così il
fenomeno “hot-spot” che porta
la cella alla rottura. Per
evitare l’hot-spot, si possono
aggiungere diodi bypass in
parallelo alla cella o un
gruppo di celle in questo modo
con una tensione negativa, la
corrente CA attraversa il
diodo bypass. Si usa un diodo
bypass per ogni modulo
appartenente a una stringa
con effetti d’ombra.

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Si possono distinguere quattro casi: (1)


modulo completamente irradiato, (2) una
cella ombrata in caso di utilizzo di un
diodo bypass per cella, (3) una cella
ombrata in caso di utilizzo di un diodo
bypass per stringa, (4) senza diodo
bypass.

Se viene introdotto un diodo bypass per


ogni cella, la potenza in uscita del modulo è ridotta della
quantità di potenza che la cella ombrata stava producendo
in aggiunta alle perdite introdotto dal diodo bypass. Nei
pannelli commerciali, tipicamente, i diodi bypass sono
introdotti in ogni stringa composta da 18 celle.

2.2 MONITORAGGIO DEL MASSIMO PUNTO DI POTENZA


Come menzionato, la potenza in uscita del modulo cambia in base alle condizioni climatiche e
discrepanze delle condizioni di funzionamento della cella. Per massimizzare l’energia prodotta
dalla sorgente PV, è necessario impiegare un algoritmo di controllo denominato “Maximum
Power Point Tracking” (MPPT). L’MPPT è basato in un sistema a circuito chiuso che
permette l’adattamento dell’impedenza del carico connesso alla sorgente PV. Tale sistema è
implementato nell’interfaccia della potenza elettronica connessa alla sorgente permettendo al
punto di operazione di muoversi in modo che il generatore PV lavori sempre nel MPP. Gli
algoritmi MPPT più popolari basati nel metodo “hill climbing” sono: “INcremental Conductance”
(INC) e “Perturb&Observe” (P&O) e “Adaptive Perturb&Observe”. Il metodo INC è robusto ma
più computazionalmente più complesso del P&O, perciò quest’ultimo è generalmente preferito
per le implementazioni nell’industria dei microcontrollori.

Entrambi gli algoritmi illustrati possono P&O


fallire in caso di condizioni parzialmente
ombreggiate della stringa PV poiché molti
punti di potenza massima locali compaiono
Ogni intervallo di controllo , il punto di operazione della
nella curva P-V quando molti diodi bypass sorgente PV è mosso in direzione (positiva o negativa) per
si accendono (N diodi producono N+1 cambiare tensione o corrente. Così, la potenza istantanea è
calcolata come:
MPPs).
( )= ( ) ( )

( )> ( − 1)

( )= ( − 1) ( )=− ( − 1)

( )= ( − 1) + ( )∙∆

Nella selezione del ∆ dipende il monitoraggio della velocità


del MPP come l’ondulazione attorno ad esso

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3 SISTEMI DI CONVERSIONE DEL FOTOVOLTAICO


Il sistema di conversione solare AC, sia nella versione singola fase che nel trifase, può essere
classificato in tre tipologie:

1. Indipendente, usato per alimentare AC senza la possibilità di connettersi a una rete di


distribuzione;
2. Ibrido, in cui la sorgente PV è impiegata insieme a un generatore indipendente
(solitamente basato sul ICE), senza la possibilità di connettersi a una rete di
distribuzione;
3. Connessa alla rete, in cui tutta o parte dell'energia generata viene iniettata nella griglia
di distribuzione; un carico locale, incluso un accumulo di energia, può essere collegato
all'impianto.

3.1 GENERATORI PV COLLEGATI ALLA RETE


Dal punto di vista dell'elettronica di potenza, i sistemi fotovoltaici collegati alla rete possono
essere classificati come:

1. Singolo stadio: composto solo da un convertitore CC/AC


2. Doppio stadio: composto da un convertitore CC/CC collegato a un convertitore CC/CA

Dal punto di vista dell'isolamento, il sistema può essere implementato:

o senza isolamento galvanico (senza trasformatore)


o con isolamento galvanico [Trasformatore di frequenza di linea (LFT), Trasformatore ad
alta frequenza (HFT) (solo in doppio stadio)]

Nei sistemi a
stadio singolo
l'inverter deve
implementare sia
il controllo di
corrente immesso
nella rete sia
l'MPPT, mentre
nel caso di doppio
stadio tali compiti sono separati. L'intervallo di tensione di MPPT è limitato nei sistemi a stadio
singolo dal valore di tensione CC minimo che consente all'inverter di funzionare ( > tensione
di rete rettificata).

3.1.1 Senza trasformatore


 Benefici: costi, peso e volume inferiori e maggiore efficienza
 Svantaggi: protezione inferiore dal punto di vista della griglia (sistema non isolato) e
tensioni CC più elevate, quindi questa soluzione è più semplice nei Paesi che utilizzano
110 V CA (ad es. USA, Giappone ...)

Nota: alcuni standard degli operatori di sistema del distributore (come ENEL DK5940 in
ITALIA) impongono un isolamento LFT per i generatori fotovoltaici superiore a 20 kWp.

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3.1.2 Isolamento LFT


Rispetto alla soluzione senza trasformatore:

 Benefici: tensioni CC inferiori quando il


rapporto di tensione viene regolato nel
trasformatore e nessun componente CC
iniettato nella griglia
 Svantaggi: costi, peso e volume maggiori e
bassa efficienza

3.1.3 Doppio stadio con isolamento HFT


 Benefici: peso e volume inferiori rispetto a LFT e possibilità di utilizzare convertitori
cc/cc risonanti ad alta efficienza
 Svantaggi: maggiore
complessità dei circuiti e del
controllo del convertitore e
richiede di limitare il
componente DC iniettato nella
griglia

3.2 CONFIGURAZIONE DEGLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI


A seconda del modo in cui i
moduli fotovoltaici sono
collegati al sistema di
conversione, un impianto
fotovoltaico può essere
classificato come:

o Centralizzato (a);
o String (b);
o Multistrings (c).

 Caratteristiche delle piante centralizzate:


 Utilizzo di un solo inverter (basso costo per watt, disponibilità dell'impianto limitata);
 Necessità di bloccare i diodi (maggiori perdite di energia);
 Un MPPT per intero le stringhe parallele (efficienza ridotta a causa di condizioni
operative non corrispondenti delle stringhe);
 Normalmente impiegato per grandi centrali elettriche (> 10 kWp) in configurazione
trifase, quindi è accettabile solo l'isolamento LFT.
 Caratteristiche delle piante da stringa:
 Utilizzo di un inverter solare (singolo o doppio stadio) per stringa (costo più elevato per
watt);
 Nessuna necessità di bloccare i diodi (minori perdite di energia);
 Un MPPT per ogni stringa (estrarre energia massima anche se le stringhe funzionano in
condizioni diverse);
 Maggiore flessibilità e disponibilità dell'impianto.

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 Caratteristiche delle piante strings:


 Utilizzo di un inverter solare (singolo o doppio stadio) per stringa (costo più elevato per
watt);
 Nessuna necessità di bloccare i diodi (minori perdite di energia);
 Un MPPT per ogni stringa (estrarre energia massima anche se le stringhe funzionano in
condizioni diverse);
 Maggiore flessibilità e disponibilità dell'impianto.
 Caratteristiche delle piante multi-stringa:
 Configurazione a doppio stadio (costo più elevato);
 Nessuna necessità di bloccare i diodi;
 MPPT dedicato per ogni stringa;
 Particolarmente adatto per impianti domestici senza trasformatore (<6kWp)
 Isolamento HFT possibile.

3.3 CONVERTITORE A SINGOLO E DOPPIO STADIO COLLEGATO ALLA RETE


Singolo stadio. La struttura di controllo è
praticamente identica a un raddrizzatore PWM,
tranne per la direzione dell'energia e la
procedura MPPT. Il riferimento di tensione CC

è fornito da un algoritmo MPPT che modifica
in tempo reale il punto di funzionamento della
fonte FV in base alle condizioni ambientali,
estraendo così la massima energia.

Doppio stadio. Introducendo uno stadio


convertitore CC/CC (di solito un convertitore
boost), la tensione CC dell'inverter viene
disaccoppiata dalla tensione PV, consentendo
all'MPPT di funzionare in un intervallo più
ampio rispetto a un convertitore a singolo stadio.
L'inverter regola il durante l'iniezione della
corrente alternata in fase con la tensione di rete.
Il convertitore CC/CC funziona con una tensione
di uscita praticamente costante, mentre regola la
tensione al fine di tracciare l'MPP.

3.3.1 Stadio del filtro


Come già elevato per tutti i convertitori collegati alla rete, è necessario introdurre un filtro sul
lato griglia per ridurre il contenuto armonico al livello imposto dagli International Grid
Standards (di solito IEC è l'organizzazione di riferimento adottata dal DSO). Per ridurre il
volume del filtro viene utilizzato
un filtro LCL; è necessaria una
doppia configurazione a T per
ottenere la stessa impedenza
verso terra dei terminali di
uscita dell'inverter.

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3.4 INVERTER SOLARI COLLEGATI ALLA RETE


Funzionalità aggiuntive di inverter solari commerciali

 Monitoraggio della corrente residua: una misura della corrente di terra circolante nelle
capacità parassite tra i moduli e la terra nei sistemi senza trasformatore. Tale corrente può
causare e / o accelerare il fenomeno di degradazione dei moduli indicato come PID
(degradazione indotta potenziale)
 Rilevamento anti-isolamento: un sistema di monitoraggio della rete che consente di rilevare
le disconnessioni della rete e impedire al generatore FV di fornire la rete, situazione che
sarebbe pericolosa per i tecnici della rete
 Strumenti diagnostici per il rilevamento dei guasti dei moduli e/o del convertitore
 Interfacce di comunicazione per monitoraggio locale e/o remoto
 Iniezione di potenza reattiva per le operazioni di supporto alla rete richieste da un DSO

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Azionamenti elettrici
Seconda Legge di Laplace (derivata dalla Legge di
Lorentz):

⃗ = ( ⃗ × ⃗)

Con ⃗ la forza applicata su un conduttore di lunghezza ,


corrente e soggetta a un campo di induzione magnetica .
è proporzionale al seno dell’angolo fra e . Se un conduttore
lineare ha una lunghezza , soggetto a un campo di induzione
magnetica , si muove con una velocità ⃗ , una forza
elettromotrice ⃗ (fem) è indotta nel conduttore a causa di una
variazione di flusso dovuta a una variazione di superficie
(Legge di Lenz):

⃗ = ( ⃗ × ⃗) ∙ ⃗
Il movimento del conduttore con velocità genera una fem
che, se chiusa in un circuito con carico, produce una corrente
. Per mantenere la stessa velocità , si ha bisogno di una
certa potenza meccanica . Idealmente, la potenza
meccanica è uguale a quella elettrica generata.

= = → = = → = → =

La corrente genera una forza che garantisce un


movimento del conduttore con velocità ; come reazione, la
velocità produce una fem opposta alla corrente . Per
mantenere costante si ha bisogno di una potenza elettrica
. Idealmente, la potenza elettrica è uguale a quella
meccanica generata. Gli stessi concetti possono essere
applicati alle macchine rotanti ( velocità angolare e
momento torcente)
= = → = = = → = → =

1 CLASSIFICAZIONE MACCHINE ELETTRICHE

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Una macchina rotante elettrica è composta da:

 Statore (parte fissa)


 Rotore (parte mobile)

Racchiuso in un involucro metallico e separato da una regione (intercapedine d'aria) avente una
permeabilità magnetica costante circa uguale a quella del vuoto. Lo statore e il rotore sono
generalmente costruiti con materiale ferromagnetico, massiccio o laminato a seconda del
flusso magnetico costante o variabile da supportare. La superficie interna dello statore e la
superficie esterna del rotore possono essere cilindriche con diverse fessure per ospitare gli
avvolgimenti isolati (statore e rotore senza salienze). In quest'ultimo caso la macchina è
isotropica in quanto la limatura magnetica non viene modificata sulla base della sua direzione.
Una macchina è anisotropica se lo statore e/o il rotore sono stati progettati con salienze (poli
salienti).

Una macchina rotante elettrica può funzionare in due diverse modalità:

 Motore: la macchina è alimentata da una fonte elettrica (CC o CA) mentre viene applicato
un campo di induzione. Una coppia elettromagnetica viene generata nell'albero.
 Generatore: un motore primo (ad es. Una turbina) genera una coppia all'albero mentre un
campo di induzione viene applicato alle macchine. Una forza elettromagnetica viene
generata nello statore o nel rotore.

1.1 MACCHINA A CORRENTE CONTINUA (CC)


Le macchine a corrente continua sono state ampiamente utilizzate negli azionamenti industriali
a velocità variabile principalmente a causa dei seguenti vantaggi:

 costi inferiori dei convertitori DC-DC quelli AC_DC


 minore complessità del sistema di controllo
 circuito di regolazione indipendente della velocità e della coppia

Svantaggi rispetto agli inverter:

 manutenzione critica dovuta alla necessità di sostituire collettore / spazzole


 peso, volume e costi maggiori
 il collettore limita la massima velocità operativa

Le macchine CC sono caratterizzate da un sistema di raccolta spazzole che produce lo stesso


comportamento di un convertitore CC/AC. Nei motori Wound-Field (WF) il campo magnetico di
eccitazione è prodotto da un avvolgimento di statore (avvolgimento di eccitazione) che può
essere alimentato (con una serie, collegamento parallelo o misto) dagli stessi convertitori di
potenza che forniscono l'avvolgimento del rotore o da una potenza aggiuntiva alimentazione
(motore di eccitazione indipendente). Nei motori a magneti permanenti (PM), il campo
magnetico è prodotto da magneti permanenti inclusi nella struttura dello statore.

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Il principio di base di una macchina a corrente continua


rotante si basa sull'applicazione della legge di Lorentz
applicata a un singolo avvolgimento. L'interazione del campo
magnetico prodotto da un magnete permanente su un
avvolgimento in cui scorre una corrente continua produce due
vettori di Forza uguali e opposti, generando così una coppia.

⃗= ⃗× ⃗ = sin

2 MOTORI PM-CC
La coppia è controllata dalla corrente del rotore. Controllando la tensione
e la corrente del rotore, il motore può funzionare con una coppia massima
costante e con una potenza massima che dipendono linearmente dalla
velocità del rotore.

= + +

= =

= = Ω

3 MOTORI SINCRONI (PM)


I motori sincroni sono alimentati con una tensione
trifase mentre presentano la proprietà di ruotare a
una velocità strettamente legata alla frequenza di
alimentazione. Come per i motori DC, il flusso
magnetico può essere prodotto con avvolgimenti o
magneti permanenti.

A differenza di una macchina a corrente continua, i


magneti permanenti sono posizionati nel rotore (nella
superficie esterna o interna) producendo il campo
magnetico dell'induttore con un numero di poli di
coppia. Lo statore produce un campo magnetico
rotante che genera anche poli magnetici.
L'interazione dei due campi genera forze repulsive
magnetiche che generano la coppia. Anche se un

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PMSM è più complesso di una macchina PMDC, applicando un'opportuna strategia di controllo
è possibile ottenere una relazione lineare tra il modulo della corrente dello statore e la coppia.

= ⃗

4 MOTORI A INDUZIONE
I motori a induzione (o asincroni) sono alimentati con tensione trifase ma, diversamente dai
motori sincroni, la loro velocità di rotazione dipende, oltre alla frequenza di alimentazione, dalla
coppia di carico. L'avvolgimento dello statore trifase è simile a quello di un SM, mentre il rotore
è nella maggior parte dei casi costruito con barre conduttive in cortocircuito (rotore a gabbia di
scoiattolo). Il campo magnetico prodotto dallo statore induce una corrente che circola nel rotore.
L'interazione tra loro genera la coppia meccanica. La macchina a induzione a doppia gabbia
può essere utilizzata con un collegamento diretto alla rete al fine di limitare la corrente e
aumentare la coppia durante il transitorio di avvio. Negli azionamenti a velocità variabile la
macchina a induzione è alimentata da un inverter; pertanto è necessaria un'unica gabbia
appositamente progettata per l'uso con inverter.

4.1 CURVA CARATTERISTICA


La coppia nominale della macchina è il livello di
coppia del rotore a cui la macchina emette la potenza
nominale alla velocità nominale. Questo parametro è
anche noto come coppia a pieno carico. La velocità
nominale, nota anche come velocità nominale o base,
della macchina è la velocità alla quale la macchina è
stata progettata per erogare la potenza .
=

La modalità di potenza costante non può essere


raggiunta con macchine basate su PM poiché
l'indebolimento di campo può essere ottenuto solo con
macchine di eccitazione o IM separate.

5 MOTORI PER I VEICOLI ELETTRICI


La macchina a induzione sarebbe la soluzione più adatta per ottenere una vasta gamma di
regolazione della velocità. Tuttavia, i progressi tecnologici dei PM e dell'elettronica di potenza
consentono macchine ad altissima densità di potenza, quindi negli ultimi anni le PMSM sono
state scelte dai produttori di veicoli elettrici. In particolare, il motore a corrente alternata a
magnete permanente (IPM) è ampiamente utilizzato per i veicoli elettrici.

Le macchine a corrente continua non sono adatte all'applicazione del gruppo propulsore
automobilistico, così come ad altre applicazioni industriali, a causa della necessità di fornire un
servizio regolare e di sostituire le spazzole. Le macchine SPM e IPM hanno un vantaggio
dimensionale rispetto alle SCIM, mentre la SCIM, essendo essenzialmente realizzata in ferro e
rame, presenta vantaggi in termini di costi e robustezza rispetto alle macchine PM. Tuttavia, le
macchine PM corrono il rischio di smagnetizzare i magneti o generare tensioni eccessive in
determinate condizioni di guasto.

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Veicoli elettrici
Diverse opzioni per l'impiego di un motore elettrico di trazione in un veicolo, in particolare:

1. Veicoli elettrici ibridi (HEV)


2. Veicolo elettrico ibrido plug-in (PHEV)
3. Veicolo elettrico a batterie (BEV)

Le soluzioni ibride impiegano nel loro gruppo propulsore un motore a combustione interna e
un motore elettrico, mentre i BEV utilizzano uno o più motori elettrici.

1 VEICOLI ELETTRICI IBRIDI (HEV)


Gli HEV migliorano il risparmio di carburante dei veicoli convenzionali a combustibile fossile
affrontando una serie di fattori critici che incidono sul risparmio di carburante:

1) Il minimo del veicolo viene eliminato, eliminando così il notevole consumo di carburante del
motore
2) L'energia di frenata rigenerativa viene recuperata e immagazzinata nella batteria. In un
veicolo convenzionale, l'energia di frenata viene dissipata come calore dal sistema di
frenatura e persa nel veicolo.
3) La natura di stop-start, bassa velocità e bassa coppia della guida in città è inefficiente per il
veicolo convenzionale, mentre il veicolo ibrido disaccoppia le condizioni di guida dal
funzionamento efficiente del motore immagazzinando e usando l'energia della batteria
quando è efficiente per fare così.
4) Le dimensioni del motore possono essere inferiori in un veicolo ibrido rispetto al veicolo
convenzionale e possono funzionare in modo più efficiente.
5) Una coppia significativa a bassa velocità può essere disponibile in HEV e BEV grazie al
motore di trazione elettrico.

Esistono diversi sistemi ibridi: serie, parallelo e serie-parallelo.

La serie HEV combina l'efficienza della trasmissione del BEV con il carburante ad alta densità
di energia del motore IC. Una serie HEV fa funzionare il motore IC in una modalità ad alta
efficienza e la potenza del motore viene utilizzata come motore principale del generatore
elettrico G; quindi viene utilizzato un convertitore CA/CC per caricare la batteria. Un motore
elettrico M viene infine impiegato per fornire energia meccanica alla trasmissione. Tuttavia,
posizionare due azionamenti elettrici in serie significa che il trattamento dell'energia può essere
più inefficiente del desiderato. L'efficienza complessiva da ben a ruota è il prodotto di
quattro efficienze:
= − × × × −

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L'architettura parallela HEV è stata implementata utilizzando una trasmissione a doppia


frizione (DCT) su veicoli come Honda Fit e Hyundai Ioniq. Il veicolo fa funzionare il motore
quando è efficiente farlo. Il motore o il motore elettrico possono essere direttamente accoppiati
all'asse motore e il motore può essere accoppiato al motore di azionamento per ricaricare la
batteria. L'efficienza complessiva può diminuire man mano che l'energia passa attraverso il
sistema elettrico a causa delle inefficienze in ciascuna direzione quando la batteria viene
caricata e scaricata, in modo simile all'ibrido della serie. L'efficienza complessiva da ben a ruota
è il prodotto di tre efficienze:
= × ×

L'HEV parallelo in serie utilizza in genere un ingranaggio planetario e solare, noto come
trasmissione continua variabile (CVT), per dividere la potenza del motore in modo tale che il
veicolo possa essere controllato in modo ottimale per dirigere la potenza del motore verso la
trasmissione per la propulsione diretta del veicolo o la batteria per l'azionamento elettrico.
L'HEV in serie parallela ha anche due stadi in serie, ma sono necessari solo quando è inefficiente
guidare direttamente dal motore IC, simile all'ibrido parallelo. L'efficienza complessiva da ben
a ruota è la stessa del HEV parallelo.

2 VEICOLO ELETTRICO A BATTERIA (BEV)


Mentre il BEV è molto efficiente nella conversione di energia integrata, l'autonomia della
batteria potrebbe essere limitata a causa della bassa densità di energia della batteria. Il veicolo
viene rifornito di carburante caricando la batteria con energia dalla rete elettrica. Un'efficienza
per la generazione, la trasmissione e la distribuzione dell'elettricità dalla rete pubblica ηgrid di
circa il 40% è una stima ragionevole in quanto molte reti dipendono principalmente dai
combustibili fossili ma integrate da energia nucleare e fonti rinnovabili. L'efficienza complessiva
da ben a ruota per il BEV è:
= × ×

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3 VEICOLO ELETTRICO IBRIDO PLUG-IN (PHEVS)


Un PHEV è un veicolo elettrico ibrido con un pacco batteria che può essere ricaricato dalla rete.
Il PHEV può essere progettato per funzionare in modalità BEV per una distanza significativa.
Un PHEV in esecuzione come BEV funziona in modalità di esaurimento della carica (CD). Un
PHEV che funziona come HEV e mantiene la batteria in uno stato di carica medio funziona in
modalità di mantenimento della carica (CS).

4 SISTEMI DI CARICA EV
Esistono diverse opzioni per la ricarica del veicolo e sono disponibili diverse tecnologie di ricarica
per i veicoli elettrici (EV). Le scelte e le decisioni devono essere prese dai vari produttori,
fornitori di infrastrutture e consumatori in relazione alle seguenti aree: ricarica conduttiva o
wireless/induttiva, ricarica rapida o ad alta potenza, caricabatterie di bordo rispetto a quelli
esterni e ricarica integrale. In particolare:

1. Carica conduttiva
2. Carica wireless/induttiva

I caricabatterie di bordo devono essere


leggeri con densità di potenza elevata
poiché il volume è importante nel
veicolo, quindi vengono utilizzati per le
gamme di bassa potenza. Il vantaggio
principale è che la batteria può essere
caricata ovunque sia disponibile una
presa elettrica CA. I caricabatterie
esterni possono essere costruiti senza
particolari vincoli di volume e peso,
quindi sono generalmente progettati per
grandi gamme di potenza (oltre 100
kW). La ricarica wireless o induttiva non
collega il veicolo alla rete elettrica
mediante un accoppiamento conduttivo
mediante fili di rame. Invece, la magia
dell'accoppiamento del trasformatore
viene utilizzata per accoppiare la
potenza dalla rete al veicolo senza

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contatti conduttivi. Tale approccio può comportare miglioramenti della sicurezza e facilità d'uso
per il consumatore, ma comporta anche notevoli sfide ingegneristiche. Per la ricarica wireless,
la partizione tra i componenti di bordo e quelli esterni del sistema di ricarica si trova all'interno
del trasformatore stesso. Le tariffe wireless possono essere classificate in due tipi:

 ingombro se installato in posizioni fisse (garage o stazioni di ricarica), quindi il veicolo deve
essere fermato in un'area di parcheggio fissa (efficienza fino al 91% per potenza fino a
120kW)
 distribuito se lo stadio principale è installato in molti punti diversi lungo una strada, quindi
il veicolo può essere caricato in movimento. L'efficienza è peggiore del caso in serie (80%)

Diversi standard di ricarica sono emersi o stanno emergendo a livello globale. Uno standard
globale, IEC 62196, è stato sviluppato dalla Commissione elettrotecnica internazionale (IEC) e
funge da ombrello per una serie di standard di ricarica. Lo standard globale copre le basi delle
interfacce di alimentazione e comunicazione, mentre i vari standard di ricarica descrivono le
specifiche meccaniche ed elettriche dei particolari gruppi di spine e prese. I principali standard
di ricarica sono

1) SAE J1772 per l'uso in Nord America e per la ricarica in ca e cc.


2) VDE-AR-E 2623-2-2 per l'uso in Europa e per la ricarica CA monofase e trifase.
3) JEVS G105-1993, noto come CHAdeMo e sviluppato in Giappone, per l'uso globale per la
ricarica in corrente continua ad alta potenza e per la ricarica in CA

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