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Il sistema immunitario è una complessa rete di mediatori chimici e cellulari che difende
l’organismo da qualsiasi forma di insulto chimico , traumatico o infettivo alla sua integrità . La
caratteristica principale del sistema immunitario è la capacità di distinguere strutture
endogene e esogene che non costituiscono un pericolo e che possono essere preservate “self”
da strutture endogene e esogene che sono nocive per l’organismo e devono essere eliminate
“non self” (sostanze esogene possono essere microrganismi patogeni, sostanze estranee,
mentre quelle endogene per esempio sono cellule proprie dell’organismo che hanno subito
trasformazione neoplastica). Quindi il sistema immunitario è indispensabile per la
sopravvivenza. Un sistema immunitario iperattivo però causa malattie potenzialmente fatali,
ne sono un esempio le reazioni allergiche contro sostanze normalmente innocue o reazioni
contro i nostri tessuti e le nostre cellule (autoimmunità ) conseguentemente alla perdita della
capacità di discriminare una sostanza self e non self. Distinguiamo 2 tipi di immunità :
1. Immunità innata, naturale , aspecifica.
2. Immunità acquisita, adattativa, specifica.
Queste molecole sono analoghe agli anticorpi circolanti nell’immunità acquisita e per questo
vengono detti anti-anticorpi e sono presenti nel sangue circolante e liquidi biologici in
condizioni normali (senza stimoli infiammatori) ma aumentano in modo drammatico durante
la risposta infiammatoria. Alcune molecole (MBL, proteina C reattiva) sono prodotte dal
fegato e la loro produzione aumenta drammaticamente durante infiammazione; altre vengono
prodotte in tessuti extraepatici soprattutto dai macrofagi. Questi recettori circolanti sono in
grado di riconoscere strutture della membrana di agenti microbici. Queste proteine sono di
natura multimerica e ogni monomero riconosce un dominio zuccherino o lipidico. La parete
microbica è riconosciuta da più monomeri della stessa proteina multimerica con un’affinità
con elevata e poco specifica ma con un’avidità estremamente elevata dovuta all’interazione di
+ monomeri con la parete batterica. Oltre a riconoscere strutture microbiche che
costituiscono il materiale non self, alcune di queste molecole riconoscono anche strutture self
alterate. In particolare le pentrassine corte e lunghe riconoscono cellule apoptotiche e
materiale nucleare di cellule morte, facilitando l’eliminazione di queste sostanze prevenendo
l’insorgenza di fenomeni autoimmuni.
Sensori citoplasmatici.
Proteine NOD che identificano costituenti microbiche nel citosol hanno un dominio ricco di
leucine e un dominio TIR.
Organi linfoidi.
Sono tessuti organizzati ricchi di linfociti distinti in:
Organi linfoidi primari o centrali (midollo osseo, timo) ove avviene la maturazione
linfociti T e B che diventano competenti a rispondere agli antigeni.
Organi linfoidi secondari o periferici (linfonodi, milza, sistema immunitario cutaneo,
sistema immunitario associato alle mucose) ove si attivano risposte immunitarie
adattative in risposta alle infezioni. Sono organizzati in modo che antigeni e linfociti si
concentrino così da ottimizzare le interazioni tra queste cellule.
Il timo è situato nel mediastino anteriore. E’ formato da 2 lobi (dx,sx) costituiti da numerosi
lobuli separati da setti fibrosi. Ogni lobulo ha una regione corticale esterna ricca di linfociti T
immaturi (timociti) provenienti dal midollo osseo e una regione midollare interna contenente
macrofagi, cellule dendritiche e linfociti T maturi che attraverso il sangue migrano nei tessuti
linfoidi secondari. Nella zona corticale i timociti maturano stimolati da fattori di crescita
secreti da cellule epiteliali e ormoni timici.
Il sistema immunitario associato alle mucose è localizzato a livello delle superfici mucose del
tratto gastrointestinale e respiratorio dove i linfociti vengono attivati per eliminare antigeni
ingeriti e inalati. Nelle mucose del tratto gastrointestinale i linfociti li troviamo:
STRATO INTRAEPITELIALE (soprattutto CD8+)
LAMINA PROPRIA DELLA MUCOSA (soprattutto CD4+)
PLACCHE DI PEYER: tessuti linfoidi organizzati, situati nell’intestino tenue. Esse sono
circondate da cellule epiteliali specializzate dette cellule M o membranose che
attraverso un meccanismo di transepiteliale trasportano antigeni dal lume intestinale
nelle placche di Peyer. L’appendice e le tonsille hanno follicoli simili alle placche di
Peyer e producono IgA.
Negli organi linfoidi secondari i linfociti T e B si trovano in strutture dette FOLLICOLI situati
nella regione periferica o corticale dei linfonodi. I follicoli ove i linfociti B hanno subito una
stimolazione antigenica, hanno regione centrale detta CENTRO GERMINATIVO. I linfociti T si
concentrano nella zona paracorticale adiacente ai follicoli. I follicoli contengono cellule
dendritiche follicolari che attivano i linfociti B, mentre la zona paracrina corticale contiene
cellule dendritiche che presentano gli antigeni ai linfociti T.
Linfopoiesi.
Avviene nel midollo osseo e nel timo. Le cellule staminali linfoidi pluripotenti presenti nel
midollo producono cellule staminali linfocitarie con 2 destini diversi:
CELLULE STAMINALI LINFOCITARIE RESTANO NEL MIDOLLO e si dividono
producendo linfociti B e NK che subito acquisiscono immunocompetenza e migrano nei
tessuti periferici; più precisamente i NK circolano continuamente nei tessuti periferici
e i B risiedono nei linfonodi, nella milza e nei tessuti linfatici.
CELLULE STAMINALI LINFOCITARIEMIGRANO NEL TIMO dove per effetto di ormoni
timici giungono a maturazione e divengono linfociti T. Questi migrano nella milza,
midollo e altri organi linfoidi.
N.B. 1= Migrando nei tessuti periferici un linfocita conserva la sua capacità di dividersi e
produrre cellule figlie dello stesso tipo e con la stessa specificità antigenica (cellule B
producono cellule B e non T o NK).
Reazioni di ipersensibilità.
I soggetti che sono stati precedentemente esposti a un antigene sono detti sensibilizzati.
L’esposizione a un antigene può in alcuni casi, scatenare reazioni patologiche. Tali reazioni
sono dette di ipersensibilità e indicano una risposta aberrante all’antigene. Le caratteristiche
delle malattie da ipersensibilità sono:
Le reazioni da ipersensibilità possono essere scatenate da antigeni esogeni e endogeni.
L’uomo vive in un ambiente che brulica di sostanze potenzialmente immunogene. Gli
antigeni esogeni sono quelli presenti nella polvere, pollini, cibi, farmaci, germi. Nelle
sostanze chimiche e in alcuni emoderivati usati a scopo diagnostico e terapeutico. La
risposta immunitaria a antigeni esogeni può assumere varie forme che vanno dal
disturbo insignificante ma fastidioso come il prurito a malattie potenzialmente fatali
come l’asma bronchiale. Anche gli antigeni tissutali endogeni possono scatenare
reazioni immunitarie patologiche, precisamente risposte immunitarie contro antigeni
autologhi sono responsabili di un ampio gruppo si malattie autoimmuni.
Lo sviluppo di malattie da ipersensibilità (sia allergiche che autoimmuni) spesso si
associa all’eredità di geni predisponenti. I geni HLA e molti geni non HLA sono
implicati nella patogenesi di varie malattie da ipersensibilità .
Un principio condiviso è che l’ipersensibilità deriva da uno squilibrio tra risposte
effettrici e meccanismi di controllo che di norma limitano tali risposte (vedi dopo
autoimmunità ).
N.B.= Quando una reazione diventa causa di un meccanismo patogenetico che determina la
comparsa nell’organismo di una manifestazione patologica, essa allora assume il ruolo di
reazione immunopatogena.
Ipersensibilità di tipo I.
E’ una reazione immunologica immediata che avviene in soggetti precedentemente
sensibilizzati da un particolare antigene, pochi minuti dopo la seconda esposizione a quella
specifico antigene. Precisamente la reazione recluta IgE e si verifica dopo che l’antigene si è
legato a anticorpi presenti sui mastociti. Tali reazioni sono dette allergiche e gli antigeni
scatenanti allergeni. L’ipersensibilità immediata si può manifestare come reazione sistemica o
locale: la reazione SISTEMICA è generalmente scatenata dall’iniezione dell’antigene in un
soggetto sensibilizzato. A volte il paziente va in shock in pochi minuti e lo shock può essere
anche fatale. Le reazioni LOCALI sono varie e dipendono dal punto di ingresso dell’antigene.
Possono manifestarsi con gonfiori cutanei (orticaria, allergia cutanea), infiammazioni nasali e
congiuntivali (riniti allergiche e congiuntivite), febbre da fieno, asma bronchiale e
gastroenteriti allergiche (allergie ai cibi). Le reazioni locali si sviluppano secondo queste fasi:
1. REAZIONE IMMEDIATA O INIZIALE: caratterizzata da vasodilatazione, aumento della
permeabilità vasale e a seconda della sede spasmo del muscolo liscio o secrezione
ghiandolare. Queste manifestazioni avvengono entro 5-30 minuti dopo l’esposizione
all’allergene e regrediscono entro 60 minuti.
2. REAZIONE SECONDARIA O TARDIVA: In molti casi (asma bronchiale, riniti allergiche)
compare a distanza di un paio d’ore dalla risposta iniziale e senza ulteriore esposizione
all’antigene. La reazione secondaria detta anche reazione ritardata può durare vari
giorni ed è caratterizzata da un infiltrato mononucleato (eosinofili, neutrofili, basofili,
monociti) con distruzione di tessuti epiteliali e di mucose
BASOFILI: Hanno anch’essi come i mastociti granuli citoplasmatici e recettori per la porzione
Fc delle IgE. I basofili però non si trovano nei tessuti ma in circolo e in numero molto ridotto.
Le reazioni di tipi I sono inoltre mediate da IgE che sono la minima frazione delle Ig totali.
Esplicano il loro effetti biologici su vari tipi di cellule:
Fc-epsilon-RI: recettore ad alta affinità per il frammento Fc delle IgE che lega
avidamente le IgE. Questo recettore è espresso su mastociti, basofili, eosinofili attivati.
Questo recettore è responsabile della trasduzione del segnale.
Fc-epsilon-RII o CD23 : recettore a bassa affinità espresso su macrofagi, linfociti B e T,
NK e piastrine. Amplifica la risposta delle IgE.
N.B.= L’allergene per poter scatenare reazione immunopatogena deve essere almeno
bivalente legandosi cioè a 2 frammenti Fab delle IgE (IgE sono legate a loro volta tramite
frammento Fc ai recettori specifici per esse sui mastociti). E’ questo il tipo di legame,
formando un ponte tra Ig contigue che innesca il meccanismo di trasduzione del segnale. Gli
allergeni monovalenti, legandosi a un solo frammento Fab non sono in grado di formare un
ponte tra due Ig continue adese alla superficie mastocitaria e quindi non viene innescata la
reazione immunopatogena e non avviene la degranulazione.
Mediatori primari.
Sono preformati e contenuti nei granuli dei mastociti e sono divisi in 4 categorie:
AMINE BIOATTIVE: ISTAMINA (contrae la muscolatura liscia bronchiale, aumenta la
permeabilità vascolare, aumenta la secrezione delle ghiandole nasali, bronchiali,
gastriche). ADENOSINA causa broncospasma, inibisce aggregazione piastrinica,
aumenta il rilascio di mediatori da parte dei mastociti.
MEDIATORI CHEMIOTATTICI: fattori chemiotattici per eosinofili e neutrofili.
ENZIMI: Sono contenuti nella matrice dei granuli e comprendono PROTEASI (chinasi) e
IDROLASI ACIDE. Questi enzimi formano componenti attivate del complemento (C3a).
PROTEOGLICANI: EPARINA è un noto anticoagulante. I proteoglicani servono per
immagazzinare altri mediatori nei granuli.
Mediatori secondari.
Comprendono 2 sottoclassi: mediatori lipidici e citochine. I mediatori lipidici vengono
prodotti in seguito all’attivazione della fosfolipasi A2, enzima che agisce sui fosfolipidi di
membrana per produrre acido arachidonico. Questo è il precursore da cui derivano
leucotrieni (via della 5 lipossigenasi) e prostaglandine (via della ciclossigenasi).
LEUCOTRIENI: C4 e D4 sono i più potenti vasoattivi e capaci di contrarre la muscolatura liscia.
Sono migliaia di volte più attivi dell’istamina. B4 è un potente chemiotattico per eosinofili
neutrofili e monociti.
L’ANAFILASSI quindi è una grave reazioni allergica a rapida comparsa che può causare la
morte. Nelle forme + gravi si parla di shock anafilattico. E’ causata da una particolare
forma di ipersensibilità (comunemente nota come allergia) verso un allergene.
L’esposizione alla sostanza può avvenire:
Per inalazione (pollini, polvere, forfora di animali).
Per ingestione (cibi).
Per via transcutanea (farmaci, punture di insetti).
Per contatto o inoculazione.
Anche se non esiste cura definitiva per le allergie a volte si effettua terapia di
desensibilizzazione agli allergeni tramite “vaccino” fornendo al paziente l’allergene in
questione, aumentando le dosi gradualmente e favorendo la formazione di IgG che bloccano
l’allergene prima dell’adesione alle IgE. Oppure si possono somministrare farmaci che
inibiscono i recettori H1 dell’istamina; nelle fasi tardive sono molto efficaci farmaci ad azione
antinfiammatoria come il cortisone che agisce in poche ore.
SHOCK ANAFILATTICO: Non è altro che una reazione allergica molto severa, che si manifesta
sempre in un soggetto sensibilizzato verso un allergene con il quale entra di nuovo in
contatto. E’ molto importante saper riconoscere i sintomi tempestivamente così da arrestare
gli eventi emodinamici che possono causare la morte del paziente. Lo shock è scatenato da
una massiva liberazione di istamina e altri mediatori dell’infiammazione allergica da mastociti
e basofili (alla base c’è sempre interazione tra allergene e le IgE espresse su mastociti e
basofili). E’ opportuno applicare adrenalina tempestivamente e la prognosi è tanto più grave
quanto più breve è il tempo che intercorre tra esposizione all’antigene e comparsa del tipico
quadro dello shock. Di solito lo shock si manifesta in seguito a somministrazione
dell’allergene per via endovenosa.
ANGIOEDEMA:E’ il rapido gonfiore (edema) della cute, delle mucose e dei tessuti sottomucosi.
La cute del volto, di solito intorno alla bocca e la mucosa della bocca, laringe e lingua si gonfia
in un tempo che oscilla da pochi minuti a diverse ore. Il gonfiore può svilupparsi anche alle
mani. Il gonfiore può essere pruriginoso e presente anche diminuzione della sensibilità
dell’area affetta a causa della compressione esercitata sui nervi. La causa più frequente di
angioedema è l’allergia alimentare. L’angioedema è dovuto a deficit della serpina C1- inibitore
che impedisce attivazione della via classica del complemento inibendo plasmina e callicreina
(serpina=inibitore serin-proteasi). Ciò provoca formazione di bradichina i cui effetti sono
analoghi a quelli dell’istamina: ovvero vasodilatazione arteriole, aumento permeabilità
vascolare, contrazione muscolatura liscia.
ASMA BRONCHIALE: E’ una malattia in genere a carattere episodico con attacchi di breve
durata , da alcuni minuti ad alcune ore, al termine dei quali il paziente può riprendersi
completamente dal punto di vista clinico. I fenomeni responsabili dell’asma sono:
Diffuso restringimento dei bronchi di grosso e medio calibro, per contrazione della
muscolatura bronchiale
Secrezione densa a livello dei bronchi.
Edema della mucosa e della sottomucosa.
Reazione trasfusionale.
Si comprende l’importanza, prima di effettuare una trasfusione di deternare il proprio gruppo
sanguigno e di accertarsi della compatibilità del sangue del donatore. Quando infatti un
agglutinina incontra uno specifico agglutinogeno (ovvero anticorpo anti-A in contra
agglutinogeno A, le emazie di un donatore reagiscono con anticorpi preformati dell’ospite che
sono opsonizzate), inizialmente i globuli rossi aderiscono tra loro nel processo definito
agglutinazione e poi vanno incontro a emolisi quindi a rottura. Agglomerati e frammenti
vanno a otturare piccoli vasi a livello renale, polmonare, cardiaco o cerebrale, danneggiando
in modo irreparabile i tessuti privati di irrorazione. Queste reazioni possono essere prevenute
accertando la compatibilità del gruppo sanguigno del donatore e del ricevente.
Eritroblastosi fetale.
E’ una malattia che può colpire il feto di madre Rh-negativo se il feto è Rh-positivo. In
gravidanza si verificano scambi di sangue tra madre e feto anche se le quantità di tali scambi
non sono in grado di innescare una risposta primaria. L’ingresso di cellule ematiche fetali nel
sistema circolatorio materno causano una risposta immunitaria da parte della madre, con
formazione di anticorpi anti D che restano lì. Nel caso in cui la donna abbia una seconda
gravidanza con feto Rh-positivo, gli anticorpi anti-D (Rh) materni, entreranno nel circolo
fetale, riconosceranno eritrociti fetali come estranei distruggendoli. Segue la morte del feto.
Vasculiti.
Infiammazione dei vasi sanguigni associata a danni delle pareti di questi ultimi (comprende
anche l’arterite che colpisce solo le arterie). Vengono classificate in base alla grandezza dei
vasi.
Febbre reumatica.
E’ una malattia infiammatoria acuta e la causa è da riscontrarsi in un agente patogeno
localizzato in gola che causa faringotonsillite: lo streptococco di tipo A. Si manifesta con
un’insufficienza valvolare e un aumento di chemiotassi dei linfociti verso la valvola cardiaca.
L’origine della malattia è da riscontrarsi in un disordine del tipo autoimmune in quanto IgG
prodotte contro antigeni portati dal batterio vanno a interagire con molecole dal punto di
vista strutturale, simile agli antigeni batterici causando danni irreversibili.
Anemia Perniciosa.
E’ dovuta al diminuito assorbimento della vitamina B12 (fattore estrinseco) a causa
dell’assenza del fattore intrinseco intestinale. Anticorpi diretti contro la mucosa gastrica, ne
determinano atrofia: non verrà quindi prodotto il fattore intrinseco (eritropoiesi inefficace,
anemia).
L’azione combinata di questi fattori promuove la fuoriuscita di linfociti e monociti dai vasi nel
sito della reazione di ipersensibilità ritardata. Le cellule T e i monociti, attraversano la parete
vasale con un processo analogo a quello dei neutrofili.
L’ipersensibilità ritardata è un meccanismo fondamentale di difesa contro micobatteri, funghi,
parassiti, punture d’insetto, sostanze chimiche. Oltre ad avere evidenti effetti positivi,
l’ipersensibilità ritardata può anche essere causa di malattia. Ne è un esempio la dermatite da
contatto che è un valido esempio di danno tissutale dovuto ad ipersensibilità ritardata. Può
essere causata da alcuni metalli ( rame, cromo, nickel) o da sostanze vegetali (linfa di mango,
ursiolo che è l’antigene dell’edera. Alla base c’è un meccanismo simile a quello per la
tubercolina. In seguito a una successivo contatto con la pianta (nel caso dell’edera), le cellule
CD4+ TH1, precedentemente sensibilizzata, si accumulano nel derma. Queste cellule poi
migrano verso l’antigene penetrando all’interno dell’epidermide dove rilasciano citochine che
danneggiano i cheratinociti, ne causano la separazione e provocano formazione di vescicole
intra-epidermiche.
Citotossicità Mediata ad Cellule T.
In questo tipo di ipersensibilità , cellule bersaglio che espongono l’antigene vengono uccise dai
linfociti T CD8+ detti linfociti T citotossici (CTL). Le lesioni tissutali da CTL sono una
componente importante di molte patologie cellulo-mediata, come il diabete di tipo I. Linfociti
T citotossici specifici per antigeni di istocompatibilità giocano un ruolo importante nel rigetto
dei trapianti. In una cellula infetta da virus, i peptidi virali si associano con molecole di classe I
della cellula (MHC classe I). Il complesso viene poi trasportato alla superficie cellulare e
riconosciuto dal TCR dei linfociti T citotossici CD8+. Se la lisi delle cellule infette avviene
prima che la replicazione virale sia completata, l’infezione viene eliminata. Sono noti 2
meccanismi principali di tossicità mediata dalle cellule T:
1. Uccisione dipendente da perforina e granzimi.
2. Uccisione dipendente da Fas e ligando di Fas.
Perforine e granzimi sono mediatori solubili contenuti nei granuli lisosomiali dei CTL. La
perforina può perforare la membrana plasmatica delle cellule bersaglio oggetto dell’attacco
dei linfociti CD8+. In una prima fase, le cellule T CD8+ vengono a contatto con le cellule
bersaglio. Poi si ha polimerizzazione delle molecole di perforina e il loro inserimento nella
membrana cellulare della cellula bersaglio. Questo provoca la formazione di fori passanti nella
membrana, che consentono all’acqua di entrare nella cellula causandone la lisi osmotica. I
granuli dei linfociti contengono anche proteasi dette granzimi, che vengono rilasciate nella
cellula bersaglio attraverso i pori indotti dalla perforina. Una volta all’interno della cellula, i
granzimi attivano i meccanismi apoptotici. Anche la via attivata dal Fas induce apoptosi ma
con un differente meccanismo. I CTL attivati esprimono il ligando del Fas, una molecola
parzialmente omologa al TNF-alfa, che si lega alle cellule bersaglio che esprimono il Fas.
Malattie autoimmuni.
E’ accertato che alla base di diverse patologie umane c’è una reazione immunitaria contro
antigeni self, ovvero una reazione autoimmune. In linea di massima , una malattia per essere
considerata autoimmune deve soddisfare almeno 3 requisiti:
1. Assenza di altre cause note di malattia
2. La reazione immunitaria deve essere specifica per un dato antigene self o tessuto
autologo.
3. La reazione non deve essere secondaria a lesioni tissutali, ma deve essere la causa
primaria di malattia.
Il quadro clinico delle malattie autoimmuni è estremamente vario. Ci sono patologie organo-
specifica in cui l’autoimmunità è diretta contro un singolo organo o tessuto a patologie
sistemiche o generalizzate in cui le reazioni autoimmuni sono diretti contro antigeni diffusi.
Es. di autoimmunità organo-specifica sono il diabete mellito di tipo I, ove i linfociti T e gli
anticorpi autoreattivi sono specifici per le cellule beta del pancreas e la sclerosi multipla, ove i
linfociti T autoreattivi attaccano la mielina del SNC. Esempio di malattia autoimmune
sistemica è il lupus erimatoso, ove vari anticorpi diretti contro DNA, piastrine, globuli rossi, e
complessi proteine-fosfolipidi causano lesioni diffuse in tutto l’organismo. E’ chiaro che
l’autoimmunità deriva dalla perdita della tolleranza immunologica nei confronti di antigeni
self. Bisogna quindi chiarire il concetto di tolleranza immunologica.
Tolleranza immunologica.
La tolleranza immunologica è la mancata responsività dei linfociti nei confronti di un
antigene: è questa la condizione in cui l’individuo è incapace di sviluppare una risposta
immunitaria nei confronti di un antigene specifico. Un individuo in condizioni normali è
tollerante verso i propri antigeni, fenomeno noto come tolleranza verso il self che costituisce
una proprietà fondamentale del sistema immunitario ed è la condizione che ci permette di
vivere in armonia con i nostri tessuti e le nostre cellule. Tutto ciò è possibile perché i linfociti
che riconoscono un antigene self vengono inattivati o subiscono modificazioni sulla specificità
del loro recettore o muoiono per apoptosi. La possibilità che un clone linfocitario riconosca un
antigene self è reale poiché i processi di ricombinazione somatica che sono alla base della
diversificazione e della specificità dei recettori per gli antigeni dei linfociti sono casuali, non
sono influenzati dalla presenza di antigeni e agiscono su una serie di geni fondamentalmente
identici in tutti gli individui. Un clone linfocitario con specificità per un antigene self potrebbe
scatenare una risposta immunitaria contro quell’antigene provocando un danno tissutale e
mettendo a rischio la salute dell’individuo. Questa risposta anomala verso antigeni self può
sfociare in una patologia autoimmune. Un antigene che induce tolleranza è detto tollerogeno
mentre un antigene che induce una risposta immunitaria è detto immunogeno. I meccanismi
responsabili dell’induzione della tolleranza immunologica verso antigeni self sono di 2 tipi:
Tolleranza centrale.
Tolleranza periferica.
Tolleranza centrale.
E’ indotta in linfociti immaturi autoreattivi nei confronti di antigeni self degli organi linfoidi
PRIMARI. Questo permette che non vi siano linfociti B immaturi in grado di reagire contro
antigeni self presenti nel midollo osseo e linfociti T immaturi in grado di reagire contro
antigeni self del timo. Questi linfociti immaturi autoreattivi vengono eliminati o resi
inoffensivi. Precisamente:
Durante la maturazione dei linfociti T, il riarrangiamento dei geni del TCR genera
diversa specificità antigeniche. Si generano così linfociti che esprimono recettori ad
alta affinità per antigeni self. Questi linfociti immaturi vanno incontro ad apoptosi nel
timo, quando incontrano il rispettivo antigene. Questo processo è detto SELEZIONE o
DELEZIONE NEGATIVA e rimuove cloni autoreattivi dalla popolazione di cellule T.
Antigeni self vengono presentati sotto forma di peptidi associati a molecole MHC dalle
APC presenti anch’esse nel timo, e possono essere riconosciuti da linfociti T
autoreattivi sia CD4+ che CD8+. In alternativa alla selezione negativa alcuni linfociti
CD4+ possono differenziarsi in linfociti T regolatori, coinvolti nell’inibizione e nella
regolazione della risposta immunitaria contro antigeni self. E’ ignoto in base a cosa
l’organismo decida di indurre apoptosi piuttosto che differenziazione di un linfocita
CD4+ in un linfocita T regolatore.
Durante la maturazione nel midollo osseo i linfociti B reagiscono molto intensamente
agli antigeni self e in molti casi viene attuato un processo definito REVISIONE
RECETTORIALE in cui i linfociti B mutano la specificità del loro recettore per
l’antigene; si riattiva il riarrangiamento genico del recettore per l’antigene che porta
all’espressione si nuovi recettori, non autoreattivi. Se la revisione recettoriale non si
verifica, i linfociti autoreattivi vanno in apoptosi, con rimozione dei cloni dannosi dalla
popolazione dei linfociti B maturi.
N.B.= I meccanismi della tolleranza centrale non sono però perfetti. Non tutti gli antigeni self
sono presenti nel timo e quindi i linfociti T che riconoscono tali antigeni self sfuggono alla
selezione negativa e arrivano in periferia. Anche i linfociti B possono sfuggire alla revisione
recettoriale, i linfociti autoreattivi che sfuggono alla selezione negativa possono provocare
lesioni tissutali che se non eliminati o bloccati nei tessuti periferici.
Tolleranza periferica.
E’ indotta in linfociti maturi autoreattivi nei confronti di antigeni self degli organi linfoidi
SECONDARI e nei tessuti periferici, come tale costituisce il meccanismo di tolleranza
periferici, come tale costituisce meccanismo di tolleranza più importante nell’organismo. Vari
meccanismi inattivano linfociti B e T potenzialmente autoreattivi nei tessuti periferici:
ANERGIA: indica inattivazione funzionale prolungata o irreversibile dei linfociti,
indotta dall’incontro con lo specifico antigene in determinate condizioni. L’attivazione
antigene-specifica dei linfociti T richiede due segnali: riconoscimento peptide associato
a MHC sulla membrana dalle APC e segnali costimolatori (interazione CD28 sui linfociti
T e ligandi B71 sulle APC). Senza questi segnali costimolatori il linfocita T riceve
segnale negativo e diventa anergico. Nella maggior parte dei tessuti normali, molecole
costimolatorie non sono espresse o lo sono debolmente. Quindi incontro tra cellula T e
proprio antigene porta a anergia clonale.
SOPPRESSIONE DA PARTE DEI LINFOCITI T REGOLATORI: Questi linfociti hanno ruolo
di bloccare le reazioni autoimmuni. Linfociti T regolatori maturano principalmente nel
timo, ma possono svilupparsi anche in organi linfoidi periferici. I più noti linfociti T
regolatori sono i linfociti T CD4+ che esprimono costitutivamente CD25, la catena alfa
del recettore della IL-2 e il fattore di trascrizione foxp3; sia IL-2 che foxp3 sono
necessari per la maturazione e mantenimento di una popolazione funzionale di
linfociti T regolatori CD4+. Come questi linfociti sopprimano le risposte immunitarie
resta da chiarire. Essa potrebbe avvenire attraverso secrezione citochine
immunosoppressive come IL-10 e TGF-beta, che bloccano attivazione e le funzioni
effettrici dei linfociti.
DELEZIONE CLONALE ATTRAVERSO APOPTOSI INDOTTA DALL’ATTIVAZIONE: I
linfociti T CD4+ autoreattivi possono essere eliminati attraverso segnali che inducono
apoptosi. L’apoptosi innescata dall’attivazione linfocitaria è detta apoptosi da
attivazione. Sono stati identificati 2 meccanismi diversi:
1. I linfociti T autoreattivi esprimono una proteina proapoptotica della famiglia
BCL (proteina BIM) che indurrebbe apoptosi per via mitocondriale.
2. Sistema Fas/Fas-L. I linfociti esprimono Fas (CD 95), una proteina della famiglia
dei recettori del TNF. Il ligando di Fas (Fas-L), una proteina di membrana
strutturalmente omologa alla citochina TNF, è espresso principalmente da
linfociti T attivati. L’interazione Fas/Fas L indurrebbe apoptosi dei linfociti T
attivati attraverso la via dei recettori di morte. E’ stato ipotizzato che la
stimolazione antigenica da parte degli antigeni self indurrebbe nei linfociti T
autoreattivi la coespressione di Fas/Fas-L che porterebbe alla loro eliminazione
mediante apoptosi Fas mediata.
Infezioni.
Molte malattie autoimmuni sono associate a infezioni. Due meccanismi sono stati ipotizzati
per spiegare il rapporto tra infezioni e autoimmunità :
1. Le infezioni possono aumentare l’espressione dei costimolatori nelle APC. Se l’APC sta
presentando un antigene self, il risultato può essere la perdita dell’anergia clonale e
l’attivazione di linfociti T autoreattivi specifici per quell’antigene.
2. Alcuni microbi possono esprimere antigeni con sequenze amminoacidiche comuni ad
antigeni self. La risposta contro questi antigene microbici può attivare i linfociti
autoreattivi (vedi mimetismo molecolare).
Quindi diversi microorganismi come batteri, virus, micoplasmi sono stati chiamati in causa
nell’induzione dell’autoimmunità ma non ci sono effettivamente prove che dimostrino
chiaramente il coinvolgimento di un microrganismo nell’eziologia delle malattie autoimmuni
umane.
MHC di classe I.
Queste molecole sono espresse dalle piastrine e da tutte le cellule nucleate. Sono codificate da
3 loci genici molto vicini: HLA-A, HLA-B, HLA-C. Ogni molecola è un eterodimero costituito da
una catena pesante (44KDa) polimorfa, legata non covalentemente ad un peptide più piccolo
(12 KDa) non polimorfo, la Beta2-microglobulina. Questo peptide è codificato da un gene
localizzato sul cromosoma 15 quindi non dall’MHC. La regione extracellulare della catena
pesante alfa è divisa in 3 domini: alfa1,alfa2,alfa3. I due domini alfa1 e alfa 2 hanno una tasca
ove i peptidi si legano alla molecola MHC (inoltre alfa2 e alfa 3 e beta 2 hanno ponti disolfuro
intracatenari). Le molecole MHC classe I presentano peptidi endogeni derivanti da proteine
citoplasmatiche, come antigeni virali, in genere sintetizzate all’interno della cellula. Cellule che
presentano il complesso peptide/MHC I interagiscono con i linfociti T CD8+ + CCTLI ove il
TCR riconosce il complesso peptide/MHC I, mentre il corecettore CD8 si lega al dominio alfa 3,
non polimorfo della catena pesante alfa. Per l’MHC I, le proteine citoplasmatiche sono
degradate dai proteosomi e trasformate in corti peptidi. Questi vengono poi trasportati nel
R.E. da proteine di trasporto ove si legano alle tasche di legame per l’antigene delle catene
pesanti di classe I neosintetizzate. Dopo a questo complesso si associa la beta2-microglobulina
formano un trimero stabile che sarà trasportato alla superficie cellulare per la presentazione
ai linfociti T citotossici CD8+.
N.B.= Geni TAP, che codificano per componenti dei proteosomi sono stati mappati nella
regione di classe II dell’MHC.
Polimorfismo.
Il sistema HLA ha un elevato polimorfismo, ogni gene MHC ha molte varianti alleliche
distribuite nella popolazione e ogni individuo eredita una serie di alle MHC diversi da quella
della maggior parte degli altri soggetti.
MHC I: Le facce laterali e la base della tasca di legame per i peptidi sono formate da
residui a elevato polimorfismo; La variabilità di questa regione fa si che i diversi alleli
leghino peptidi differenti.
MHC II: il polimorfismo si riscontra a livello della tasca per il peptide, ma formata da
alfa 1 e beta 1.
Antigene indipendente.
Le catene leggere e pesanti delle Ig sono formate da regioni variabili (v) e costanti (c), ognuna
codificata da differenti segmenti genici posti molto distanti tra loro nelle cellule in
configurazione germinale. Nei linfociti B, il riarrangiamento del DNA permette il
ravvicinamento di tali geni. Nell’uomo:
I geni per le catene pesanti sono localizzati sul cromosoma 1
I geni per le catene leggere x sono localizzate sul cromosoma 2
I geni per le catene leggere lambda sono localizzati sul cromosoma 22.
In questo caso invece che esserci un’unica sequenza C, ci sono sequenze C allineate una dopo
l’altra (9segmenti C corrispondenti ai 9 sottotipi di anticorpi), ciascuna corrispondente a un
diverso isotipo. Di solito la cellula esprime un solo isotipo per volta, cominciando dalle IgM.
L’espressione di altri isotipi è dovuta al cambio di isotipo.
Catena pesante.
I geni che codificano per la regione variabile della catena pesante vengono selezionati
attraverso la traslocazione di uno dei geni del gruppo D (diversity). A questo gene viene unito
per traslocazione un gene proveniente dal gruppo J e per delezione è eliminato il DNA
interposto. Un gene V viene unito per traslocazione al segmento DJ formando il complesso
VDJ. Si forma il trascritto primario di RNA i cui geni della regione costante sono separati da un
introne dal complesso VDJ. Per splicing viene eliminato l’introne e il gene della regione
costante si coniuga al trascritto VDJ dando origine all’mRNA della catena m che viene poi
tradotto per formare la proteina m. Per impedire che una molecola anticorpale, possegga due
catene pesanti m con differenti specificità antigenica, il riarrangiamento funzionale di uno dei
2 alleli cromosomici blocca il riarrangiamento sull’altro cromosoma (esclusione allelica delle
catene pesanti delle Ig) Una volta avvenuto il riarrangiamento produttivo dei segmenti genici
della catena pesante, la cellula passa allo stadio pre-B, ove ci sono catene pesanti m a livello
citoplasmatico e viene dato un segnale per l’inizio del riarrangiamento dei segmenti genici per
la catena leggera. Il riarrangiamento dei geni della catena leggera, avviene in maniera simile a
quanto descritto per le catene pesanti e una volta completato segna il passaggio dalle cellule
pre-B in cellule B inattive che esprimono IgM sulla membrana. Il riarrangiamento produttivo
dei geni della catena leggera x avviene per primo e blocca ogni ulteriore riarrangiamento. I
geni della catena leggera lambda, vengono riarrangiati solo in seguito a riarrangiamento non
produttivo dei geni della catena leggera x in entrambi i cromosomi parentali.
Fase Antigene-dipendente.
Inizia con la traslocazione delle Ig dal citoplasma sulla superficie cellulare e evolve con
l’attivazione del linfocita B e la sia espansione clonale. Il passaggio alla sintesi di un diverso
isotipo di Ig, rispetto alle IgM inizialmente prodotte, implica due vie di sintesi:
1. La prima porta alla sintesi di un trascritto UDJ-CmuCsigma che va incontro a un
processo di “splicing alternativo” con sintesi di un mRNA UDJ-Cmu un mRNA VDJ-
Csigma con il risultato che le cellule B mature sintetizzano ed esprimono
simultaneamente IgM e IgD con identica specificità antigenica.
2. La seconda via che determina la sintesi di una diversa classe di Ig, è usata da gran parte
della progenie di un clone stimolato dall’antigene e va sotto il nome di “switch
isotipico”. Il passaggio dalla sintesi delle IgM e IgD a quello di altre classi di Ig è
regolato da un meccanismo di riarrangiamento determinati da regioni di scambio S
poste in posizione 5’ rispetto a ognuno dei geni che codificano per la sintesi delle
regioni costanti delle catene pesanti. VDJ si ricombina a un segmento genico C
appartenente ad un’altra Ig (IgG, IgA,IgE) posto + a valle rispetto a Cmu e Csigma
escindendo il DNA intercalato. In tal modo il cene Cmu e il gene Csigma vengono deleti
e il nuovo gene riunito al complesso VDJ.
Sequenze Rss.
I riarrangiamenti del DNA sono regolati da sequenze conservate di DNA non confinante,
adiacenti al punto in cui avviene la ricombinazione. Queste sequenze comprendono:
Eptanemo (sempre contiguo alla sequenza codificante)
Spaziatore (può essere lungo 12 o 23 nucleotidi).
Nonameno.
La sequenza segnale Eptanemo-spaziatore-nonameno è detta SEQUENZA SEGNALE DI
RICOMBINAZIONE (RSS). Questi RSS sono presenti a monte o a valle dei segmenti V-D-J. La
ricombinazione avviene solo tra geni posti sullo stesso cromosoma. La regola 12/23 afferma
che un gene fiancheggiato da una RSS con uno spaziatore di 12 paia di basi, possa essere
congiunto solo con uno che sia fiancheggiato da una RSS con uno spaziatore da 23 paia di basi.
Meccanismo.
1. TAGLIO: affinchè possa avvenire il taglio, le regioni RSS devono essere avvicinate
formando delle strutture ad anello che rimarranno stabili per tutto il processo. Si
verificano quindi i tagli alla seconda elica tra gli eptameri e le regioni codificanti: le
proteine deputate a questa azione sono le RAG1 e RAG2 che si assemblano in un
tetramero chiamate ricombinasi V(D)J. Delle due Rag-1 funge da endonucleasi di
restrizione, mentre Rag-2 favorisce l’interazione con altri fattori per la ricombinazione;
insieme contribuiscono a tenere stabile la struttura ad anello. La rottura a doppio
filamento di Rag-1 genera 2 tronconi contenenti i geni posti l’uno di fronte all’altro e la
struttura ad anello tronca. Quest’ultima resta così mentre nei 2 tronconi la
terminazione 3’OH si lega alla terminazione dell’altro filamento generando una
struttura a forcina (hairpin).
2. AGGIUNTA DI NUCLEOTIDI: Dopo il taglio è il momento dell’aggiunta casuale di
nucleotidi che aumenta la diversificazione. Un enzima Artemis, apre la forcina
consentendo a un altro enzima di modificare le basi alle terminazioni. L’aggiunta o
rimozione di nucleotidi è possibile perché Artemis nell’aprire la forcina taglia in modo
asimmetrico , per cui uno dei 2 tratti di DNA è più corto dell’altro e deve essere esteso
con nucleotidi complementari a quello del tratto più lungo. I nucleotidi aggiunti o
rimossi sono detti nucleotidi f e sono codificati da uno stampo. E’ inoltre possibile
l’aggiunta di altri nucleotidi fino a 20 senza stampo grazie all’azione della TclT, questi
sono detti nucleotidi N.
3. UNIONE: Unione dei 2 filamenti che si ricongiungono attraverso il processo fisiologico
di riparazione del DNA a doppio filamento.
Immunoglobuline.
Gli anticorpi (Ab) sono glicoproteine prodotte da cellule del sistema immunitario
(specificamente linfociti B) capaci di combinarsi con un antigene e facilitarne la distruzione.
Un anticorpo è formato da 4 catene polipeptidiche, 2 pesanti H e due leggere L. Sia le catene
leggere che quelle pesanti contengono regioni variabili e regioni costanti e più precisamente:
Ogni catena leggera ha 1 regione variabile all’N-terminale e 1 regione costante al C-
terminale (VL-CL).
Ogni catena pesante ha 1 regione variabile all’N-terminale e 3 regioni costanti al C-
terminale (VH, CH1, CH2, CH3).
La regione costante di una catena pesante, determina la funzione effettrice di una Ig.
La popolazione di anticorpi è fortemente eterogenea (circa 10^9). L’eterogeneità può essere
distinta in 3 livelli:
ISOTIPICA: Questa eterogeneità è quella che consente di suddividere le Ig in classi
secondo la presenza delle diverse catene H e L presenti: una molecola
gamma2lambda2 è detta IgGlambda.
ALLOTIPICA: Gli allotipi varianti di uno stesso isotipo presenti in individui diversi della
stessa specie (polimorfismo genetico), differenza tra 2 IgG.
IDIOTIPICA: Gli idiotipi sono varianti di un allotipo legati alla struttura delle regioni
variabili Fab. Un anticorpo che si lega con un antigene X differisce da uno che si lega ad
un antigene Y.
1. IgE= (1 subunità Y). Sono coinvolte nei processi di resistenza ai parassiti e nelle
allergie: si legano ai mastociti e le inducono degranulazione.
2. IgD= (1 subunità Y). La loro funzione non è ancora perfettamente delineata ma sembra
siano coinvolti nella maturazione dei linfociti B (sono presenti sulla membrana di tali
linfociti).
3. IgM= Sono la prima classe di anticorpi che compare nel siero dopo l’iniezione di un
antigene (l’emivita delle IgM nel siero è di 5/6 gg, circa 3 volte inferiore a quella della
IgG). Le IgM hanno 2 funzioni che rispecchiano le 2 possibili conformazioni in cui
possono essere sintetizzati:
Se vengono prodotte in forma monomerica, si trovano sulla superficie dei
linfociti B naive e funzionano da recettori per l’antigene.
Se vengono prodotte in forma pentamerica ossia come complesso di 5
monomeri legati insieme da ponti disolfurici e una proteina J, vengono secrete
nell’ambiente extracellulare e svolgono opsonizzazione e attivazione del
complemento (hanno notevole affinità per il C1q). Le catene pesanti delle IgM
possiedono una quarta regione costante (CH4) che nelle IgM di membrana,
contiene numerosi aa idrofobici che ancorano la proteina alla membrana.
4. Costituiscono il 15% delle Ig totali nel siero e si dividono in 2 sottoclassi: IgA1
prevalgono nel siero e sono monomeri, IgA2 prevalgono nelle secrezioni esterne (latte,
saliva, muco. Le 2 unità Y sono tenute insieme da ponti disolfurici, una proteina J e un
polipeptide SC. Inoltre:
Sono un sistema di pronto intervento nei confronti dei microrganismi.
Impediscono l’assorbimento di alcuni antigeni contenuti nei cibi impedendo che
essi fungano da allergeni.
Non attivano il complemento attraverso la via classica e fungono poco da
opsonine.
Formano IC con gli antigeni che poi sono trasportati al fegato e catabolizzati.
5. IgG= (1 subunità Y) costituiscono circa l’80% delle Ig totali nel plasma/siero. Sono
prodotte in seguito a reimmunizzazione e sono gli unici in grado di attraversare la
barriera placentare. Si dividono in 4 sottoclassi che attivano in maniera diversa il
complemento. IgG3, IgG1, IgG2 mentre IgG4 non lo attivano. Inoltre neutralizzano
virus, opsonizzano batteri.
Cellule.
I leucociti o globuli bianchi sono cellule situate soprattutto nei tessuti periferici e solo una
piccola frazione è nel sangue circolante. Hanno il compito di difendere il corpo umano
dall’aggressione di agenti patogeni, di rimuovere tossine, sostanze di rifiuto e cellule
danneggiate. Si dividono in:
LEUCOCITI GRANULARI o GRANULOCITI (possiedono grosse inclusioni granulari nel
loro citoplasma).
LEUCOCITI AGRANULARI O AGRANULOCITI (i granuli citoplasmatici si vedono al
microscopio ottico) .
I leucociti hanno vita breve di pochi giorni.
Cellule dendritiche.
Ci sono 2 tipi di cellule con morfologia dendritica, entrambe ricche di processi citoplasmatici
simili a dendriti.
1. CELLULA DENDRITICA: esprime alti livelli di molecole MHC di classe II e di molecole
costimolatrici B71 e B72. Sono le principali APC per vari motivi: occupano il posto
giusto per catturare l’antigene ovvero sotto gli epiteli (comune parte di ingresso per
microbi ed antigeni estranei) e nell’interstizio di tutti i tessuti (dove si possono
produrre gli antigeni). Le cellule dendritiche immature nell’epidermide sono le cellule
di Langherans, ricche di recettori che catturano e reagiscono con microbi tra cui TLR e
del mannosio; presentano l’antigene ai linfociti T CD4+.
2. CELLULA DENDRITICA FOLLICOLARE: Si trova nei centri germinativi dei follicoli
linfatici della milza e dei linfonodi ed è dotata di recettori per la posizione Fc delle IgG
e recettori per il C3b catturando antigeni legati agli anticorpi e al complemento.
Antigene.
E’ una sostanza in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario. Può essere di
provenienza ambientale o formarsi all’interno del corpo. Il sistema immunitario uccide o
neutralizza qualsiasi antigene che riconosce come estraneo o potenzialmente dannoso. Gli
antigeni “self” sono tollerati dal sistema immunitario, quelli “non self” vengono classificati
come invasori e possono essere attaccati dal sistema immunitario. Dobbiamo distinguere 2
concetti:
IMMUNOGENO: è uno specifico tipo di antigene ovvero una sostanza in grado di
provocare una risposta immunitaria.
ANTIGENE: è in grado di combinarsi con i prodotti di una risposta immunitaria una
volta che sono stati prodotti.
L’APTENE è invece una molecola a basso peso molecolare (inferiore a 10000 Da) che di per sé
non induce risposta anticorpale (non ha proprietà immunogeniche). Se legato ad un carrier è
in grado di stimolare la formazione di anticorpi specifici a reagire con essi.
N.B.= IL-2 è un fattore di crescita, sopravvivenza e differenziamento dei linfociti T sia effettori
che regolatori.
A questo punto parte dei linfociti T attivati abbandona il linfonodo ed entra nel circolo
sanguigno, altri restano nel linfonodo dove potranno attivare altre cellule.
Le 2 catene sono unite da ponti disolfuro a livello della regione a cerniera. La regione
transmembrana dei TCR è costituita da Aa carichi positivamente come arginina e lisina che
interagiscono con residui di acido aspartico presenti sulle regioni transmembrana delle
proteine CD3 e zeta. La porzione citoplasmatica dei TCR è costituita una breve catena di 5-12
Aa e non può quindi trasdurre il segnale. La trasduzione è resa possibile dell’omodimero zeta
e dal complesso molecolare CD3 (gamma-epsilon/sigma-epsilon) a cui le catene dei TCR sono
legate con legami non covalenti, a livello della porzione citoplasmatica. CD3 + ZZ= complesso
del TCR. Il ruolo del complesso del TCR del TCR è quello di trasmettere all’interno della cellula
il segnale generato dall’interazione tra TCR e MHC/peptide.
CD3= Eterodimero composto da catena alfa-epsilon e sigma-epsilon. Tutti e 3 tipi di
catena hanno nella regione transmembrana residui di acido aspartico che
controbilanciano le cariche positive dei residui di lisina e arginina sulle regione
transmembrana delle catene alfa e beta del TCR. Il dominio citoplasmatico contiene
una sequenza ITAM formata da 2 sequenze Tyr-x-x-Leu. Ci sono quindi tirosine
potenzialmente fosforilabili (x= 6/8 Aa). Le sequenze ITAM sono importanti per la
trasduzione del segnale nel complesso TCR ma sono presenti anche in molecole che
non ne fanno parte.
OMODIMERO Z: è formato da una piccola regione extracellulare contenente almeno 1
cisteina, tramite la quale i 2 monomeri si legano mediante ponti disolfuro. La regione
transmembrana come CD3 contiene acido aspartico. Ha una lunga regione
citoplasmatica provvista di 3 sequenze ITAM.
Il segnale trasmesso dal TCR (conseguentemente alla sua interazione con MHC/antigene)
deve essere associato all’amplificazione derivante da specifici co-recettori CD4 e CD8
(espressi in maniera esclusiva sui due tipi di linfociti). Linfociti T-helper CD4+, riconoscono
l’antigene complessato a MHC di classe II: il co-recettore CD4 espresso sulla membrana
plasmatica del linfocita T-helper si lega alla porzione non polimorfa (dominio beta-2)
dell’MHC di classe II. Quando un linfocita T, tramite il suo recettore YCR riconosce il
complesso MHC – antigene, la trasduzione del segnale avviene ad opera di proteine chinasi:
LCK associata alle code citoplasmatiche di CD4 e CD8, fosforila le tirosine presenti nelle
loro sequenze ITAM.
Fyn fosforila le tirosine delle sequenze ITAM del CD3 e dell’omodimero Z.
Le tirosine fosforilate di zeta, richiamano la tirosin-chinasi ZAP-70 che attiva poi la cascata di
trasduzione del segnale. Altre molecole dette co-stimolatori partecipano all’attivazione dei
linfociti T, ma diversamente dai co-recettori non contattano l’MHC ma altre proteine espresse
sulla APC. Tra queste ricordiamo CD28, espressa sulla membrana plasmatica dei linfociti T,
che interagisce con altre molecole B71/B72 espressa sull’APC. Quindi è affermato che le
cellule T richiedono 2 segnali per l’attivazione:
1. Interazione linfocita T/cellula presentante l’antigene tramite contatto TCR/MHC +
antigene. I co-recettori CD4 e CD8 amplificano il segnale.
2. Interazione CD28/B71 – B72 (co-stimolatore). Questo secondo segnale è molto
importante per l’attivazione del linfocita T. L’assenza del secondo segnale determina la
non-reattività delle cellule T o le induce all’apoptosi.
Un antigene libero penetrato nell’organismo (l’antigene può essere disperso nel circolo
sanguigno e in tal caso è più probabile che verrà catturato dai linfociti B della milza o se è
penetrato attraverso la cute verrà catturato dai linfociti B di un linfonodo o se è stato ingerito
dai linfociti B del MALT), si lega a un linfocita B avente una molecola in grado di riconoscerlo.
L’antigene viene inglobato, trasformato ed esposto di nuovo in superficie legato a MHC classe
II. A questo punto c’è interazione tra linfocit T- helper e (antigene/MHC – II) linfocitaB. Tale
legame induce liberazione interleuchine che inducono il linfocita B a dividersi e differenziarsi.
La divisione continua fino a quando dura la stimolazione da parte dei linfociti T-helper,
mentre la differenziazione trasforma i linfociti B in plasmacellula, che producono anticorpi
che si legheranno a antigeni liberi provocandone la distruzione.