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Sistema Immunitario.

Il sistema immunitario è una complessa rete di mediatori chimici e cellulari che difende
l’organismo da qualsiasi forma di insulto chimico , traumatico o infettivo alla sua integrità . La
caratteristica principale del sistema immunitario è la capacità di distinguere strutture
endogene e esogene che non costituiscono un pericolo e che possono essere preservate “self”
da strutture endogene e esogene che sono nocive per l’organismo e devono essere eliminate
“non self” (sostanze esogene possono essere microrganismi patogeni, sostanze estranee,
mentre quelle endogene per esempio sono cellule proprie dell’organismo che hanno subito
trasformazione neoplastica). Quindi il sistema immunitario è indispensabile per la
sopravvivenza. Un sistema immunitario iperattivo però causa malattie potenzialmente fatali,
ne sono un esempio le reazioni allergiche contro sostanze normalmente innocue o reazioni
contro i nostri tessuti e le nostre cellule (autoimmunità ) conseguentemente alla perdita della
capacità di discriminare una sostanza self e non self. Distinguiamo 2 tipi di immunità :
1. Immunità innata, naturale , aspecifica.
2. Immunità acquisita, adattativa, specifica.

Immunità naturale, innata, aspecifica.


C’è una stretta relazione tra infiammazione e immunità innata; sono infatti 2 processi
intimamente connessi e indistinguibili. Quando l’organismo deve fronteggiare un agente
patogeno o un danno ai tessuti, mette in atto proprio l’immunità innata. Essa è l’impalcatura
del sistema immunitario ed è la prima linea di difesa contro i microrganismi. Si basa su
meccanismi di difesa preesistenti all’infezione, quindi prima che l’organismo entri in contatto
con l’agente patogeno. Caratteristiche:
 E’ più rapida dell’immunità acquisita in quanto si scatena nel giro di poche ore
(immunità acquisita diversi giorni).
 Non riconosce solo elementi non self (agenti infettivi) ma riconosce e rimuove anche
strutture self danneggiate o consumate (eritrociti) o agisce su cellule self che per stress
o a causa di un’infezione esprimono molecole che normalmente non sono espresse
dalle cellule sane e quindi vengono riconosciute come non self.
 Non ha alcun meccanismo di memoria cellulare atto a fornire risposta più efficace e
rapida in seguito all’infezione da parte di uno stesso agente infettivo.
 Effettua una assoluta discriminazione del self dal non self essendo così meno dannosa
dell’immunità acquisita poiché si ha un rischio praticamente nullo di errori che portino
a patologie autoimmuni.
 Non è un meccanismo dissociato dall0immunita acquisita ma contribuisce a stimolarla,
influenzarla tramite mediatori e segnali molecolari.
 L’immunità innata è stimolata da alcune molecole microbiche dette PAMP (profili
molecolari associati ai patogeni) che vengono riconosciute dai recettori specifici
espressi sui fagociti detti PRR (recettori per il riconoscimento dei profili molecolari). I
recettori dell’immunità innata riconoscono circa un migliaio di molecole differenti
(contro i diversi milioni di molecole riconosciute dall’immunità acquisita) perché sono
recettori ereditati pertanto identici in cellule della stessa linea germinativa. Questi
recettori riconoscono una classe di molecole ma non discriminano piccole differenze
tra molecole simili. L’inefficienza dell’immunità innata sta nel fatto che non conferisce
protezione verso nuovi agenti patogeni o molecole che si modificano nel corso
dell’evoluzione. La sua efficacia sta nel fatto che colpisce PAMP estremamente diffusi in
natura e essenziali per la sopravvivenza del patogeno (LPS per esempio). I recettori
dell’immunità innata e anche dell’infiammazione sono nell’ordine di qualche decina e
quindi essendo limitati numericamente e dovendo fronteggiare un ampio spettro di
segnali di danno e pericolo, ogni recettore ha una specificità ampia ed è in grado di
riconoscere maggiori molecole. Le cellule dell’immunità innata e dell’infiammazione
esprimono i PRR (tipo di recettore)
 L’immunità innata esprime i recettori su: MACROFAGI, GRANULOCITI
NEUTROFILI,CELLULE DENDRITICHE, CELLULE NATURAL KILLER. Si avvale inoltre di
recettori circolanti presenti nel sangue e nei liquidi biologici e di recettori di
membrana.

Recettori solubili dell’immunità innata.


Comprendono:
 Fattore C3 del complemento;
 MBL + proteina A + proteina D surfettante= collectine.
 Pentrassine corte (proteina C reattiva) e lunghe.

Queste molecole sono analoghe agli anticorpi circolanti nell’immunità acquisita e per questo
vengono detti anti-anticorpi e sono presenti nel sangue circolante e liquidi biologici in
condizioni normali (senza stimoli infiammatori) ma aumentano in modo drammatico durante
la risposta infiammatoria. Alcune molecole (MBL, proteina C reattiva) sono prodotte dal
fegato e la loro produzione aumenta drammaticamente durante infiammazione; altre vengono
prodotte in tessuti extraepatici soprattutto dai macrofagi. Questi recettori circolanti sono in
grado di riconoscere strutture della membrana di agenti microbici. Queste proteine sono di
natura multimerica e ogni monomero riconosce un dominio zuccherino o lipidico. La parete
microbica è riconosciuta da più monomeri della stessa proteina multimerica con un’affinità
con elevata e poco specifica ma con un’avidità estremamente elevata dovuta all’interazione di
+ monomeri con la parete batterica. Oltre a riconoscere strutture microbiche che
costituiscono il materiale non self, alcune di queste molecole riconoscono anche strutture self
alterate. In particolare le pentrassine corte e lunghe riconoscono cellule apoptotiche e
materiale nucleare di cellule morte, facilitando l’eliminazione di queste sostanze prevenendo
l’insorgenza di fenomeni autoimmuni.

Recettori di membrana dell’immunità innata e dell’infiammazione.


 I recettori per peptidi formilati sono recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a
proteine G. Riconoscono peptidi che iniziano con una formil-metionina (le proteine
batteriche a differenza delle proteine delle cellule eucariotiche iniziano con una
metionina formilata.
 Recettori lettinici come il recettore per il mannosio, riconoscono strutture ricche di
mannosio, presenti sulla parete dei microorganismi.
 Recettori di tipo scavenger “spazzini” riconoscono componenti microbiche oltre a
interagire con lipoproteine alterate.
 Recettori della famiglia TOLL sono il gruppo più importante di recettori dell’immunità
innata (TLC=toll like receptor). Il recettore toll è caratterizzato nella parte
citoplasmatica da un dominio TIR (condiviso sia da recettori toll che dai recettori per
IL-1 ovvero IL-1 R) e da un dominio extracellulare ricco di cisteina e leucina. Nell’uomo
sono stati identificati 10 recettori della famiglia (TLR). Questi recettori sono proteine
trans membrana, che riconoscono diverse componenti microbiche o dell’organismo
danneggiato formando Omo o eterodimeri. Questi recettori sono espressi su
MACROFAGI, CELLULE DENDRITICHE, EPITELIALI, GRANULOCITI, NEUTROFILI.
TLR1/TLR2 e TLR2/TLR6: riconoscono proteoglicani dei gram negativi e costituenti di
funghi, micobatteri.
TLR5: riconosce flagellina dei batteri.
TLR 3: riconosce RNA a doppia elica caratteristica di infezioni virali.
TLR9: riconosce DNA batterico. Di norma i recettori TLR sono recettori capaci di
riconoscere componenti estranee e tale riconoscimento avviene sulla membrana
plasmatica ma nel caso di TLR 9 il riconoscimento avviene nel fagosoma dove vengono
digeriti i batteri e viene quindi esposto il DNA batterico. Quindi i recettori TLR
campionano non solo il mondo esterno alla cellula ma anche i prodotti di digestione
successivi alla fagocitosi.
TLR4 cooperando con CD14 e con la proteina accessoria MDL riconosce componenti
self come la proteina di shock termico e lipopolisaccaridi nella parete dei gram
negativi.
TLR7 e TLR8: riconoscono farmaci.

N.B.1= Dopo il legame recettore/PAMP si ha la trasduzione del segnale con attivazione


trascrizionale di geni coinvolti nell’immunità che codificano per citochine
infiammatorie, chemochine, molecole di adesione all’endotelio.

N.B.2= CD14 è un particolare recettore dell’immunità innata. E’ presente in forma


libera, nei liquidi biologici e in forma associata alla membrana. Non è una proteina
integrale di membrana essendo associata alla membrana plasmatica tramite un ponte
di fosfatidilinositolo. CD14 riconosce componenti della parete batterica come il
lipopolisaccaride dei Gram – e acido lipoteicoico dei gram +. LPS è riconosciuto da una
proteina circolante detta “LPS BINDING PROTEIN” (LBP). LBP “passa” LPS a CD14. In
questo caso, CD14 fa parte di un complesso recettoriali in cui l’elemento chiave per la
trasduzione del segnale cellulare è il TLR4. CD14 è presente solo sulla membrana dei
fagociti anche se nella sua forma libera circolante è capace di presentare LPS ai
recettori TLR4 presenti su cellule prive di CD14 (questo è il caso dell’endotelio
vascolare che esprime TLR4 ma non CD14). Anche le cellule dell’endotelio vascolare, in
questo modo diventano responsive a prodotti microbici.
 Recettori per le opsonine; i leucociti hanno recettori per le proteine di cui sono rivestiti
i microbi. Tra questi abbiamo il recettore FcgammaRI sui fagociti per le IgG; il recettore
CRI che riconosce frammenti del fattore C3 del complemento.

Sensori citoplasmatici.
Proteine NOD che identificano costituenti microbiche nel citosol hanno un dominio ricco di
leucine e un dominio TIR.

L’immunità innata si avvale di:


 BARRIERE NATURALI: fisiche, chimiche, meccaniche. Gli epiteli cutanei, gastroenterico,
respiratorio sono barriere meccaniche che ostacolano la penetrazione dei microbi
provenienti dall’esterno.
 CELLULE NATURAL KILLER (difesa contro virus e batteri), CELLULE DENDRITICHE
che producono interferoni di tipo I, CITOCHINE ANTIVIRALI che inibiscono l’infezione
e la replicazione virale, monociti, macrofagi e neutrofili.
 MOLECOLE SOLUBILI CON LE PROTEINE DEL COMPLEMENTO (attivato da batteri
nella via alternativa e in quella della lectina e da anticorpi nella via classica), MBL e
PROTEINA C REATTIVA rivestono i batteri favorendone la fagocitosi e il LISOZIMA ad
azione battericida.
Immunità Adattativa- Specifica – Acquisita.
 Non è preesistente all’infezione ma viene attivato solo se l’individuo entra in contatto
con un organismo.
 E’ detta Adattativa perché si adatta all’infezione, Acquisita perché si sviluppa dopo il
contatto con l’antigene e Specifica perché attiva una risposta immunitaria antigene-
specifica che consente anche lo sviluppo della memoria immunologica.
 E’ molto più efficace e specifica dell’immunità innata sebbene impieghi tempi più
lunghi per raggiungere la maggior efficienza (7gg). La specificità si deve sia
all’espressione di recettori specifici per l’Ag sui linfociti T (TCR) e su quelli B (BCR), sia
alla capacità delle plasmacellule di produrre numerosi anticorpi.
 I recettori dell’immunità adattativa sono espressi nei linfociti T e B e si parla di
distribuzione di tipo clonale poiché ogni linfocita ha un solo o al massimo 2 recettori.
 Il repertorio recettoriale e anticorpale derivano da meccanismi di riarrangiamento
genico nelle cellule somatiche a cui si deve la capacità dei linfociti e degli anticorpi di
riconoscere Antigeni diversi. Il repertorio di recettori dell’immunità acquisita è
enorme superiore al valore di 10^10 grazie ai meccanismi di riarrangiamento e
pertanto sono in grado di riconoscere diversi milioni di molecole; riconoscono
molecole simili che differiscono anche per un solo amminoacido. Quindi i recettori
sono molto più specifici di quelli dell’immunità innata.
 Anche l’immunità acquisita come quella innata usa recettori di membrana (recettori
dei linfociti T e B) e circolanti (anticorpi).

L’immunità adattativa comprende:


 IMMUNITA’ UMORALE: mediata dai linfociti B che differenziatisi in plasmacellule
secernono anticorpi che si legano a antigeni come virus, batteri, sostanze non self.
 IMMUNITA’ CELLULO-MEDIATA: mediata dai linfociti T originati dal timo.

L’immunità adattativa si divide in:


 IMMUNITA’ ATTIVA: si sviluppa in seguito all’esposizione dell’organismo a un antigene
estraneo. In presenza di un patogeno, i globuli bianchi producono anticorpi capaci di
debellarlo. Se lo stesso patogeno penetrasse una seconda volta i globuli bianchi avendo
già memorizzato gli antigeni del patogeno la volta precedente lo elimineranno subito.
Le malattie memorizzate dai globuli bianchi sono varicella, morbillo, rosolia. Malattie
come raffreddore, influenza, pur essendo memorizzate non possono essere debellate
all’istante dato che il loro genoma varia di volta in volta.
 IMMUNITA’ PASSIVA: E’ indotta da trasferimento di anticorpi da madre a feto
attraverso la placenta della madre o da madre a neonato durante allattamento. Indotta
da somministrazione di vaccini che consentono di stimolare il sistema immunitario
verso un antigene prima che il soggetto entri in contatto con quell’antigene, come nel
caso di vaccini dell’età pediatrica e antinfluenzale. Indotta da somministrazione di
immunosieri in caso di infezioni da tossine letali come il tetano.

Le componenti dell’immunità acquisita sono:


Linfociti (T e B) e cellule presentati l’antigene (APC). Per quanto i linfociti sembrano
indistinguibili sono molto eterogenei e specializzati dal punto di vista strutturale e funzionale:
LINFOCITI BPLASMACELLULAANTICORPO
LINFOCITI TT-HELPER CD4+ATTIVAZIONE MACROFAGI INFIAMMAZIONE
 T CITOTOSSICI CD8+UCCISIONE CELLULA.
I linfociti e le altre cellule immunitarie non risiedono in un tessuto (come la maggior parte
delle cellule dell’organismo) ma sono cellule che migrano negli organi linfoidi e in altri tessuti
del sistema circolatorio e linfatico. Ciò permette ai linfociti di riconoscere i focolai di infezione
e migrare verso di essi. Negli organi linfoidi le diverse classi di linfociti sono segregate
anatomicamente così da interagire reciprocamente solo in risposta alla stimolazione
antigenica. I linfociti maturi che non hanno mai incontrato l’antigene sono detti “vergini” o
“linfociti T nativi”, sono quiescenti e privi di funzioni effettrici. Quando incontrano l’antigene
negli organi linfoidi secondari vengono attivati e i linfociti si differenziano in linfociti effettrici
e linfociti di memoria (questi ultimi circolano nell’organismo e in caso di esposizione allo
stesso antigene vengono rapidamente attivati generando una risposta immunitaria
secondaria, + efficace di quella primaria, utile in caso di infezioni croniche o ricorrenti).

Organi linfoidi.
Sono tessuti organizzati ricchi di linfociti distinti in:
 Organi linfoidi primari o centrali (midollo osseo, timo) ove avviene la maturazione
linfociti T e B che diventano competenti a rispondere agli antigeni.
 Organi linfoidi secondari o periferici (linfonodi, milza, sistema immunitario cutaneo,
sistema immunitario associato alle mucose) ove si attivano risposte immunitarie
adattative in risposta alle infezioni. Sono organizzati in modo che antigeni e linfociti si
concentrino così da ottimizzare le interazioni tra queste cellule.

Organi linfoidi primari.


Midollo osseo è la sede dove attraverso ematopoiesi, originano le cellule ematiche (globuli
rossi, bianchi, piastrine, monociti, linfociti e cellule NK). Il processo dell’ematopoiesi inizia con
una cellula staminale ematopoietica totipotente (oltre alla linea ematopoietica può
differenziarsi in ogni linea cellulare, connettivo, fibroblasti, condroblasti) che quando prende
la via ematopoietica diventa pluripotente. Questa cellula può seguire linee di maturazione
morfologicamente e funzionalmente diversi a seconda del condizionamento determinato dal
tipo di stimolo o mediatore presente. Questa cellula procede verso 2 direzioni:
 LINEA LINFOIDEEMOPOIESI (linfociti B,T, NK)
 LINEA MIELOIDEMIELOPOIESI (piastrine, globuli rossi, monociti).

Nel midollo osseo di depositano anche plasmacellule e linfociti T a lunga sopravvivenza.

Il timo è situato nel mediastino anteriore. E’ formato da 2 lobi (dx,sx) costituiti da numerosi
lobuli separati da setti fibrosi. Ogni lobulo ha una regione corticale esterna ricca di linfociti T
immaturi (timociti) provenienti dal midollo osseo e una regione midollare interna contenente
macrofagi, cellule dendritiche e linfociti T maturi che attraverso il sangue migrano nei tessuti
linfoidi secondari. Nella zona corticale i timociti maturano stimolati da fattori di crescita
secreti da cellule epiteliali e ormoni timici.

Organi linfoidi secondari.


Linfonodi sono organi nodulari, di piccole dimensioni rivestiti da una capsula fibrosa
connettivale. Sono intercalati lungo i vasi linfatici e diffusi in tutto l’organismo. Ogni linfonodo
ha vasi linfatici afferenti e efferenti e attraverso l’ilo del linfonodo penetrano vasi sanguigni e
nervi. Le cellule dendritiche presenti negli epiteli catturano gli antigeni microbici e attraverso
i vasi linfatici li trasportano ai linfonodi, in questo modo gli antigeni dei microbi che
attraversano gli epiteli e colonizzano i tessuti vengono concentrati nei linfonodi drenanti. I
linfonodi agiscono come filtri rimuovendo circa il 99% degli antigeni e purificando la linfa
prima che raggiunga il circolo venoso.
La milza è anch’esso un organo linfoide secondario, delimitato da una capsula connettivale. Le
componenti cellulari situate nella milza ne formano la polpa. La polpa bianca è simile ai noduli
linfatici, essa contiene linfociti T e B. La polpa rossa contiene globuli rossi, macrofagi, cellule
dendritiche e plasmacellule. Qui i microbi e i globuli rossi sono opsonizzati dai macrofagi. La
funzione della milza è quella di filtrare il sangue: le cellule dendritiche circolanti catturano
l’antigene e lo trasportano nella polpa bianca, attivando la risposta immunitaria specifica.

Il sistema immunitario cutaneo è formato da cellule presenti nell’epidermide come


cheratinociti, cellule di Langerhans (cellule dendritiche mature situate nella zona soprabasale
dell’epidermide), linfociti T intraepiteliali (linfociti T CD8+).

Il sistema immunitario associato alle mucose è localizzato a livello delle superfici mucose del
tratto gastrointestinale e respiratorio dove i linfociti vengono attivati per eliminare antigeni
ingeriti e inalati. Nelle mucose del tratto gastrointestinale i linfociti li troviamo:
 STRATO INTRAEPITELIALE (soprattutto CD8+)
 LAMINA PROPRIA DELLA MUCOSA (soprattutto CD4+)
 PLACCHE DI PEYER: tessuti linfoidi organizzati, situati nell’intestino tenue. Esse sono
circondate da cellule epiteliali specializzate dette cellule M o membranose che
attraverso un meccanismo di transepiteliale trasportano antigeni dal lume intestinale
nelle placche di Peyer. L’appendice e le tonsille hanno follicoli simili alle placche di
Peyer e producono IgA.

Negli organi linfoidi secondari i linfociti T e B si trovano in strutture dette FOLLICOLI situati
nella regione periferica o corticale dei linfonodi. I follicoli ove i linfociti B hanno subito una
stimolazione antigenica, hanno regione centrale detta CENTRO GERMINATIVO. I linfociti T si
concentrano nella zona paracorticale adiacente ai follicoli. I follicoli contengono cellule
dendritiche follicolari che attivano i linfociti B, mentre la zona paracrina corticale contiene
cellule dendritiche che presentano gli antigeni ai linfociti T.

Linfopoiesi.
Avviene nel midollo osseo e nel timo. Le cellule staminali linfoidi pluripotenti presenti nel
midollo producono cellule staminali linfocitarie con 2 destini diversi:
 CELLULE STAMINALI LINFOCITARIE RESTANO NEL MIDOLLO e si dividono
producendo linfociti B e NK che subito acquisiscono immunocompetenza e migrano nei
tessuti periferici; più precisamente i NK circolano continuamente nei tessuti periferici
e i B risiedono nei linfonodi, nella milza e nei tessuti linfatici.
 CELLULE STAMINALI LINFOCITARIEMIGRANO NEL TIMO dove per effetto di ormoni
timici giungono a maturazione e divengono linfociti T. Questi migrano nella milza,
midollo e altri organi linfoidi.

N.B. 1= Migrando nei tessuti periferici un linfocita conserva la sua capacità di dividersi e
produrre cellule figlie dello stesso tipo e con la stessa specificità antigenica (cellule B
producono cellule B e non T o NK).

N.B. 2=La capacità di un linfocita di riconoscere uno specifico antigene è detta


immunocompetenza. La capacità di un antigene di innescare una reazione immunitaria è detta
immunogenicità .
Sistema linfatico.
E’ costituito da diversi componenti. La linfa è il tessuto connettivo fluido trasportato e
regolato da tale sistema; è formato da liquido interstiziale simile al plasma ma con minore
concentrazione proteica, linfociti e macrofagi. La linfa è trasportata mediante vasi detti vasi
linfatici, mentre tessuti linfoidi e organi linfoidi specializzati regolano la composizione della
linfa e producono linfociti di vario tipo. Il tessuto linfatico è un particolare tipo di tessuto
connettivo ove predominano linfociti. I noduli linfatici sono aggregati di linfociti fittamente
stipati contenenti una rete di sostegno di fibre reticolari. Hanno aspetto ovalare e spesso si
trovano nelle parete di segmenti cavi del tratto digerente. Non sono circondati da capsula
fibrosa. Hanno spesso al centro, centri germinativi contenenti i linfociti attivati che si stanno
dividendo. Più noduli linfatici sparsi lungo il sistema digerente formano il tessuto linfatico
associato alle mucose. I grossi noduli presenti nella parete della faringe sono chiamate tonsille
(i linfociti qui hanno il compito di rimuovere agenti patogeni che raggiungono la faringe con
l’aria inspirata o con il cibo). Noduli linfatici aggregati formano le placche di Peyer.

Reazioni di ipersensibilità.
I soggetti che sono stati precedentemente esposti a un antigene sono detti sensibilizzati.
L’esposizione a un antigene può in alcuni casi, scatenare reazioni patologiche. Tali reazioni
sono dette di ipersensibilità e indicano una risposta aberrante all’antigene. Le caratteristiche
delle malattie da ipersensibilità sono:
 Le reazioni da ipersensibilità possono essere scatenate da antigeni esogeni e endogeni.
L’uomo vive in un ambiente che brulica di sostanze potenzialmente immunogene. Gli
antigeni esogeni sono quelli presenti nella polvere, pollini, cibi, farmaci, germi. Nelle
sostanze chimiche e in alcuni emoderivati usati a scopo diagnostico e terapeutico. La
risposta immunitaria a antigeni esogeni può assumere varie forme che vanno dal
disturbo insignificante ma fastidioso come il prurito a malattie potenzialmente fatali
come l’asma bronchiale. Anche gli antigeni tissutali endogeni possono scatenare
reazioni immunitarie patologiche, precisamente risposte immunitarie contro antigeni
autologhi sono responsabili di un ampio gruppo si malattie autoimmuni.
 Lo sviluppo di malattie da ipersensibilità (sia allergiche che autoimmuni) spesso si
associa all’eredità di geni predisponenti. I geni HLA e molti geni non HLA sono
implicati nella patogenesi di varie malattie da ipersensibilità .
 Un principio condiviso è che l’ipersensibilità deriva da uno squilibrio tra risposte
effettrici e meccanismi di controllo che di norma limitano tali risposte (vedi dopo
autoimmunità ).

N.B.= Quando una reazione diventa causa di un meccanismo patogenetico che determina la
comparsa nell’organismo di una manifestazione patologica, essa allora assume il ruolo di
reazione immunopatogena.

Distinguiamo 4 tipi di ipersensibilità :


 TIPO I IPERSENSIBILITA’ IMMEDIATA O ANAFILASSI: La risposta immunitaria è
mediata dai linfociti TH2, dalle IgE e dai mastociti e causa il rilascio di mediatori attivi
sui vasi e sul muscolo liscio oltre che di citochine infiammatorie che reclutano cellule
infiammatorie.
 TIPO II IPERSENSIBILITA’ MEDIATA DA ANTICORPI CITOTOSSICI: Anticorpi secreti
danneggiano direttamente le cellule, promuovendone la fagocitosi e la lisi e
danneggiano i tessuti inducendo la flogosi.
 TIPO III IPERSENSIBILITA’ MEDIATA DA IMMUNOCOMPLESSI: le IgG e le IgM si legano
in genere ad antigeni circolanti e gli immunocomplessi antigene/anticorpo si
depositano nei tessuti scatenando la flogosi. L’infiammazione recluta i leucociti
(neutrofili e monociti) che rilasciano enzimi lisosomiali e radicali liberi responsabili
dei danni tissutali.
 TIPO IV IPERSENSIBILITA’ DI TIPO RITARDATO O CELLULO-MEDIATA: I responsabili
del danno cellulare e tissutale sono i linfociti T sensibilizzati (TH1, TH2 e CTL). La
lesione causata dai TH2 rientra tra le reazioni di ipersensibilità immediata e non sono
considerate una forma di ipersensibilità di tipo IV.

Ipersensibilità di tipo I.
E’ una reazione immunologica immediata che avviene in soggetti precedentemente
sensibilizzati da un particolare antigene, pochi minuti dopo la seconda esposizione a quella
specifico antigene. Precisamente la reazione recluta IgE e si verifica dopo che l’antigene si è
legato a anticorpi presenti sui mastociti. Tali reazioni sono dette allergiche e gli antigeni
scatenanti allergeni. L’ipersensibilità immediata si può manifestare come reazione sistemica o
locale: la reazione SISTEMICA è generalmente scatenata dall’iniezione dell’antigene in un
soggetto sensibilizzato. A volte il paziente va in shock in pochi minuti e lo shock può essere
anche fatale. Le reazioni LOCALI sono varie e dipendono dal punto di ingresso dell’antigene.
Possono manifestarsi con gonfiori cutanei (orticaria, allergia cutanea), infiammazioni nasali e
congiuntivali (riniti allergiche e congiuntivite), febbre da fieno, asma bronchiale e
gastroenteriti allergiche (allergie ai cibi). Le reazioni locali si sviluppano secondo queste fasi:
1. REAZIONE IMMEDIATA O INIZIALE: caratterizzata da vasodilatazione, aumento della
permeabilità vasale e a seconda della sede spasmo del muscolo liscio o secrezione
ghiandolare. Queste manifestazioni avvengono entro 5-30 minuti dopo l’esposizione
all’allergene e regrediscono entro 60 minuti.
2. REAZIONE SECONDARIA O TARDIVA: In molti casi (asma bronchiale, riniti allergiche)
compare a distanza di un paio d’ore dalla risposta iniziale e senza ulteriore esposizione
all’antigene. La reazione secondaria detta anche reazione ritardata può durare vari
giorni ed è caratterizzata da un infiltrato mononucleato (eosinofili, neutrofili, basofili,
monociti) con distruzione di tessuti epiteliali e di mucose

I mastociti e i basofili rivestono un ruolo importante nell’immunità di tipo I.


MASTOCITI: Derivano dal midollo e hanno ampia distribuzione tissutale. Abbondano in
prossimità dei vasi sanguigni e delle terminazioni nervose sotto gli epiteli dove avvengono le
reazioni localizzate. Sono ricchi di granuli associati alla membrana plasmatica che contengono
mediatori bioattivi e proteoglicani acidi. I mastociti e anche i basofili sono attivati
dall’aggregazione di recettori ad alta affinità per il frammento Fc delle IgE ma anche da altri
stimoli tra cui:
 Chemochine (IL-8)
 Farmaci.
 Stimoli fisici (calore, freddo)
 Componenti del complemento come fattori C5a/C3a (anafilotossine) che si legano a
specifici recettori di membrana mastocitari.

BASOFILI: Hanno anch’essi come i mastociti granuli citoplasmatici e recettori per la porzione
Fc delle IgE. I basofili però non si trovano nei tessuti ma in circolo e in numero molto ridotto.

Le reazioni di tipi I sono inoltre mediate da IgE che sono la minima frazione delle Ig totali.
Esplicano il loro effetti biologici su vari tipi di cellule:
 Fc-epsilon-RI: recettore ad alta affinità per il frammento Fc delle IgE che lega
avidamente le IgE. Questo recettore è espresso su mastociti, basofili, eosinofili attivati.
Questo recettore è responsabile della trasduzione del segnale.
 Fc-epsilon-RII o CD23 : recettore a bassa affinità espresso su macrofagi, linfociti B e T,
NK e piastrine. Amplifica la risposta delle IgE.

Il meccanismo di questa reazione di ipersensibilità inizia con la presentazione dell’antigene


(allergene) da parte delle cellule dendritiche ai linfociti T helper CD4+ vergini. I linfociti T
helper si differenziano in TH2 che secernono citochine tra cui: IL-4, IL-5, IL-3 e GRCSF.
 IL-4 agisce sui linfociti B inducendo il cambiamento di classe delle immunoglobuline e
la produzione di IgE e promuove la maturazione di altri linfociti TH2.
 IL-3, IL-5, GRCSF: promuovono la sopravvivenza degli eosinofili, effettori importanti
dell’ipersensibilità di tipo I. Le IgE sintetizzate si legano ai mastociti e ai basofili che
hanno recettori ad alta affinità per la porzione Fc delle IgE. Quando un mastocita o un
basofilo munito di IgE è esposto nuovamente a quell’antigene specifico (allergene) si
verificano una serie di reazioni che causano il rilascio di un arsenali di potenti
mediatori responsabili delle manifestazioni cliniche dell’ipersensibilità immediata. Gli
allergeni polivalenti si legano a più di una molecola di IgE e causano aggregazione degli
anticorpi IgE adiacenti. Ciò attiva la trasduzione del segnale a partire dalla porzione
citoplasmatica del recettore per la porzione Fc della IgE.

Questi segnali portano a due processi paralleli e interdipendenti:


 Degranulazione dei mastociti con rilascio di mediatori preformati (primari)
 Neosintesi e rilascio di mediatori secondari come i metaboliti dell’acido arachidonico.

N.B.= L’allergene per poter scatenare reazione immunopatogena deve essere almeno
bivalente legandosi cioè a 2 frammenti Fab delle IgE (IgE sono legate a loro volta tramite
frammento Fc ai recettori specifici per esse sui mastociti). E’ questo il tipo di legame,
formando un ponte tra Ig contigue che innesca il meccanismo di trasduzione del segnale. Gli
allergeni monovalenti, legandosi a un solo frammento Fab non sono in grado di formare un
ponte tra due Ig continue adese alla superficie mastocitaria e quindi non viene innescata la
reazione immunopatogena e non avviene la degranulazione.

Mediatori primari.
Sono preformati e contenuti nei granuli dei mastociti e sono divisi in 4 categorie:
 AMINE BIOATTIVE: ISTAMINA (contrae la muscolatura liscia bronchiale, aumenta la
permeabilità vascolare, aumenta la secrezione delle ghiandole nasali, bronchiali,
gastriche). ADENOSINA causa broncospasma, inibisce aggregazione piastrinica,
aumenta il rilascio di mediatori da parte dei mastociti.
 MEDIATORI CHEMIOTATTICI: fattori chemiotattici per eosinofili e neutrofili.
 ENZIMI: Sono contenuti nella matrice dei granuli e comprendono PROTEASI (chinasi) e
IDROLASI ACIDE. Questi enzimi formano componenti attivate del complemento (C3a).
 PROTEOGLICANI: EPARINA è un noto anticoagulante. I proteoglicani servono per
immagazzinare altri mediatori nei granuli.

Mediatori secondari.
Comprendono 2 sottoclassi: mediatori lipidici e citochine. I mediatori lipidici vengono
prodotti in seguito all’attivazione della fosfolipasi A2, enzima che agisce sui fosfolipidi di
membrana per produrre acido arachidonico. Questo è il precursore da cui derivano
leucotrieni (via della 5 lipossigenasi) e prostaglandine (via della ciclossigenasi).
LEUCOTRIENI: C4 e D4 sono i più potenti vasoattivi e capaci di contrarre la muscolatura liscia.
Sono migliaia di volte più attivi dell’istamina. B4 è un potente chemiotattico per eosinofili
neutrofili e monociti.

PROSTAGLANDINE D2: Causa forte broncospasmo e aumenta le secrezioni mucose.

FATTORE ATTIVANTE LE PIASTRINA: Causa aggregazione piastrinica, rilascio di istamina,


broncospasmo, aumento della permeabilità vascolare e vasodilatazione. E’ chemiotattico per
neutrofili ed eosinofili. Recluta e attiva cellule infiammatorie ed è importante per innescare la
risposta tardiva. Anche se viene prodotta quando è attivata la fosfolipasi A2 non è un prodotto
dell’acido arachidonico.

CITOCHINE: Esse reclutano e attivano cellule infiammatorie. I mastociti producono diverse


citochine tra cui TNF-alfa, IL-1, IL-3, IL-4, IL-5, IL-6, GMCSF. (molte di queste citochine sono
prodotte anche dalle cellule TH2 e provocano la secrezione delle IgE e il reclutamento degli
eosinofili. TNF alfa è una potente citochina che attrae neutrofili ed eosinofili favorendone la
migrazione attraverso i vasi e la loro attivazione nei tessuti. Le cellule infiammatorie che si
accumulano nei siti delle reazioni di ipersensibilità di tipi I producono ulteriori citochine e
fattori che rilasciano istamina e che causano degranulazione dei mastociti.

Le reazioni di ipersensibilità di tipo I sono mediate da un’ampia gamma di composti


chemiotattici, vasoattivi e spasmogenici:
 Istamina e leucotrieni sono rilasciati rapidamente da mastociti sensibilizzati e si ritiene
siano responsabili delle intense reazioni della fase iniziale (edema, secrezioni mucose,
spasmo della muscolatura liscia).
 PAF, TNF-alfa, citochine, leucotrieni, preparano il campo per la risposta tardiva
reclutando altri basofili, neutrofili, eosinofili. Queste cellule infiammatorie rilasciano
altri mediatori e causano danno alle cellule epiteliali. Nella fase tardiva della reazione
vengono reclutate gli eosinofili la cui sopravvivenza nei tessuti è favorita da IL-3, IL-5,
GM-CSF (queste derivano dalle cellule TH2 e dai mastociti). Le chemochine eotassina e
RANTES promuovono chemiotassi degli eosinofili. Inoltre gli eosinofili producono la
proteina basica maggiore e la proteina cationica degli eosinofili tossiche per le cellule
epiteliali, leucotriene C4 e PAF che stimolano i mastociti a rilasciare altri mediatori che
amplificano la reazioni per alcuni gg o settimane. Si ritiene che questa fase tardiva della
risposta infiammatoria sia una delle cause principali dei sintomi dell’ipersensibilità di
tipo I come nell’asma allergica. Le cellule reclutate senza ulteriori esposizioni
all’antigene amplificano e producono la risposta infiammatoria. La predisposizione alle
reazioni da ipersensibilità immediata è determinata geneticamente. Il termine atipia
indica predisposizione a sviluppare locali reazioni di ipersensibilità immediata contro
allergeni introdotti per via aerea o alimentare. I soggetti atipici hanno livelli più elevati
di IgE sieriche e di linfociti TH2 producenti IL-4 rispetto alla popolazione generale (il
50% dei soggetti atipici ha familiarità per le malattie allergiche). Le reazioni di
ipersensibilità spesso sono scatenate da temperatura estreme e dall’esercizio, in
assenza di attivazione dei linfociti TH2 e delle IgE. Queste reazioni sono dette “allergia
non atopica”).

IN SINTESI: L’ipersensibilità mediata di tipo I è un disordine complesso causato


dall’attivazione dei mastociti indotta dalle IgE e dal conseguente accumulo di cellule
infiammatore nelle sedi di deposito dell’antigene. Tali eventi sono scatenati
dall’attivazione dei linfociti T helper TH2 che inducono produzione di IgE (che attivano
mastociti), reclutano cellule infiammatorie (soprattutto eosinofili), stimolano la secrezione
mucosa. Il quadro clinico è causato da una reazione flogistica ricca di eosinofili.

L’ANAFILASSI quindi è una grave reazioni allergica a rapida comparsa che può causare la
morte. Nelle forme + gravi si parla di shock anafilattico. E’ causata da una particolare
forma di ipersensibilità (comunemente nota come allergia) verso un allergene.
L’esposizione alla sostanza può avvenire:
 Per inalazione (pollini, polvere, forfora di animali).
 Per ingestione (cibi).
 Per via transcutanea (farmaci, punture di insetti).
 Per contatto o inoculazione.

Distinguiamo 2 tipi di anafilassi:


 ANAFILASSI LOCALIZZATA: Si ha in soggetti atopici ovvero predisposti geneticamente
a sviluppare reazioni anafilattiche locali nei confronti di allergeni inalati o ingeriti con
manifestazioni tipiche dell’allergia alimentare (asma, orticaria, angioedema, febbre da
fieno).
 ANAFILASSI SISTEMICA: Si ha in seguito alla somministrazione di proteine eterologhe
(antisieri) ormoni, enzimi, farmaci, polisaccaridi. La dose dell’antigene può essere
estremamente varia come anche la gravità della sintomatologia. Entro pochi minuti
dall’esposizione compaiono prurito, orticaria, eritema cutaneo seguiti da
broncospasmo e difficoltà respiratorie. L’edema della laringe compromette
ulteriormente la respirazione. Seguono vomito, diarrea, crampi addominali e il
paziente può cadere in uno stato di shock e morire anche nel giro di un’ora.

Allergia – Shock anafilattico – Angioedema.


ALLERGIA: è una malattia del sistema immunitario caratterizzata da un’eccessiva reazione da
parte delle IgE verso sostanze di norma innocue. E’ una forma proprio di ipersensibilità verso
un allergene. Attualmente è definita come forma morbosa dovuta a reazioni di ipersensibilità
di tipo I. Trattamento allergie:
 Inibire la sintesi di IgE da parte dei linfociti B.
 Bloccare i recettori per le IgE sui mastociti così da inibire gli effetti delle IgE.
 Inibire gli eosinofili.
 Inibire la sintesi di mediatori specifici o inibire i loro effetti (antistaminici).

Anche se non esiste cura definitiva per le allergie a volte si effettua terapia di
desensibilizzazione agli allergeni tramite “vaccino” fornendo al paziente l’allergene in
questione, aumentando le dosi gradualmente e favorendo la formazione di IgG che bloccano
l’allergene prima dell’adesione alle IgE. Oppure si possono somministrare farmaci che
inibiscono i recettori H1 dell’istamina; nelle fasi tardive sono molto efficaci farmaci ad azione
antinfiammatoria come il cortisone che agisce in poche ore.

SHOCK ANAFILATTICO: Non è altro che una reazione allergica molto severa, che si manifesta
sempre in un soggetto sensibilizzato verso un allergene con il quale entra di nuovo in
contatto. E’ molto importante saper riconoscere i sintomi tempestivamente così da arrestare
gli eventi emodinamici che possono causare la morte del paziente. Lo shock è scatenato da
una massiva liberazione di istamina e altri mediatori dell’infiammazione allergica da mastociti
e basofili (alla base c’è sempre interazione tra allergene e le IgE espresse su mastociti e
basofili). E’ opportuno applicare adrenalina tempestivamente e la prognosi è tanto più grave
quanto più breve è il tempo che intercorre tra esposizione all’antigene e comparsa del tipico
quadro dello shock. Di solito lo shock si manifesta in seguito a somministrazione
dell’allergene per via endovenosa.

ANGIOEDEMA:E’ il rapido gonfiore (edema) della cute, delle mucose e dei tessuti sottomucosi.
La cute del volto, di solito intorno alla bocca e la mucosa della bocca, laringe e lingua si gonfia
in un tempo che oscilla da pochi minuti a diverse ore. Il gonfiore può svilupparsi anche alle
mani. Il gonfiore può essere pruriginoso e presente anche diminuzione della sensibilità
dell’area affetta a causa della compressione esercitata sui nervi. La causa più frequente di
angioedema è l’allergia alimentare. L’angioedema è dovuto a deficit della serpina C1- inibitore
che impedisce attivazione della via classica del complemento inibendo plasmina e callicreina
(serpina=inibitore serin-proteasi). Ciò provoca formazione di bradichina i cui effetti sono
analoghi a quelli dell’istamina: ovvero vasodilatazione arteriole, aumento permeabilità
vascolare, contrazione muscolatura liscia.

ASMA BRONCHIALE: E’ una malattia in genere a carattere episodico con attacchi di breve
durata , da alcuni minuti ad alcune ore, al termine dei quali il paziente può riprendersi
completamente dal punto di vista clinico. I fenomeni responsabili dell’asma sono:
 Diffuso restringimento dei bronchi di grosso e medio calibro, per contrazione della
muscolatura bronchiale
 Secrezione densa a livello dei bronchi.
 Edema della mucosa e della sottomucosa.

E’ tipico un infiltrato cellulare della mucosa bronchiale costituito da eosinofili, mastociti,


macrofagi, linfociti: il risultato di tutto ciò è la dispnea caratterizzata da difficoltà respiratorie.
L’asma è spesso associata all’atopia (predisposizione genetica di alcuni individui a sintetizzare
IgE in risposta ad uno stimolo antigenico di solito per via inalatoria). Nonostante ciò . Il fattore
che alcuni individui non atopici sviluppino asma mentre altri topici no ha dimostrato che i
meccanismi IgE mediati sono necessari ma non sufficienti nella patogenesi dell’asma. In
pazienti con asma atopico o altre forme di asma allergico, l’inalazione dell’allergene provoca
broncocostrizione immediata, con un picco dopo 15-20 minuti dal contatto con l’allergene e
una ripresa in un’ora circa. Ciò nell’uomo è accompagnato dalla liberazione di istamina, PGD2,
LTC4. Alcuni pazienti vanno incontro a una reazione tardiva con picco 6/8 ore dopo contatto
con allergene e risoluzione in 24 ore. Questa reazione tardiva è associata alla presenza degli
eosinofili. Inoltre nei pazienti con asma atopico, lo scatenamento della reazione si ha in
seguito al contatto con l’allergene verso il quale sono già sensibilizzati: questa forma di asma è
detta ESTRINSECA per sottolineare la diretta relazione tra evento patologico e fattore
ambientale esterno. L’asma non atopico in cui sono coinvolti i meccanismi prima citati è detto
INTRINSECO.

Ipersensibilità di tipo II.


Questa forma di ipersensibilità è causata da anticorpi che riconoscono antigeni di membrana e
della matrice extracellulare. Gli anticorpi (IgG o IgM) riconoscono antigeni intrinseci alle
membrane o alla matrice o antigeni esogeni come metaboliti di farmaci che si legano alle
membrane o alla matrice. In entrambi i casi, le reazioni di ipersensibilità derivano dal legame
di anticorpi a tali antigeni normali o alterati. Tre diversi meccanismi anticorpo-dipendenti
sono coinvolti nell’ipersensibilità di tipo II:
 REAZIONI MEDIATE DAL COMPLEMENTO
 CITOTOSSICITA’ CELLULO-MEDIATA ANTICORPO-DIPENDENTE.
 ALTERATA FUNZIONE CELLULARE MEDIATA DA ANTICORPI.
Reazioni mediate dal complemento.
Ci sono 2 meccanismi attraverso i quali anticorpi e complemento mediano ipersensibilità di
tipo II:
1. LISI DIRETTA: Gli anticorpi IgM o IgG reagiscono con un antigene presente sulla
superficie delle cellule causando attivazione del sistema del complemento e
provocando l’assemblaggio del complesso d’attacco alla membrana (MAC) che
distrugge la cellula attraverso la lisi formando dei veri e propri fori nella cellula
bersaglio. Questo meccanismo citolitico è efficace solo per i batteri a parete cellulare
sottile.
2. FAGOCITOSI: Le cellule diventano sensibili alla fagocitosi o dopo fissazione di anticorpi
o dopo fissazione del frammento C3b opsonizzante sulla superficie cellulare. Queste
forma è tipica di cellule del sangue (eritrociti, leucociti, piastrine), ma gli anticorpi
possono anche essere diretti contro componenti extracellulari (esempio anticorpi anti-
membrana basale del glomerulo). Clinicamente queste reazioni avvengono nelle:
 REAZIONI DA TRASFUSIONE, in cui le cellule di un donatore incompatibile
reagiscono con anticorpi dell’ospite.
 ERITROBLASTOSI FETALE, in cui c’è differenza antigenica tra madre e feto e
anticorpi materni determinando la distruzione degli eritrociti fetali.
 ANEMIA EMOLITICA AUTOIMMUNE, AGRANULOCITOSI O TROMBOCITOPENIA,
in cui un individuo produce anticorpi contro proprie cellule ematiche che
vengono distrutte.
 REAZIONI A FARMACI, ove anticorpi reagiscono con il farmaco, complessato a
antigeni degli eritrociti. La penicillina e i suoi derivati sono apteni (quindi poco
immunogenici) e si legano alle strutture proteiche di membrana dei globuli
rossi. Acquisendo immunogenicità , è stimolata la sintesi di Ig che si legano alle
cellule, determinando la lisi per attivazione del complemento.

Citotossicità cellulo-mediata anticorpo- dipendente.


Queste forme di danno cellulare anticorpo mediato, richiede la cooperazione dei leucociti e
non del complemento (tra queste cellule annoveriamo monociti, neutrofili, eosinofili e cellule
NK). Queste cellule non sensibilizzate e provviste di recettori per la porzione Fc delle Igc, si
legano a cellule bersaglio rivestiti con basse concentrazioni di anticorpi IgG determinandone
lisi. In alcuni casi non vengono coinvolte le IgG ma le IgE (ad esempio nelle citotossicità contro
i parassiti mediata dagli eosinofili). Questo meccanismo è importante per la distruzione di
cellule bersaglio troppo grandi per essere fagocitate, come parassiti, cellule tumorali e svolge
un ruolo di rilievo anche nel rigetto dei trapianti. VAsculiti, malattia reumatica, reazioni verso
antigeni tumorali o di trapianto.

Alterata funzione cellulare mediata da anticorpi.


In questo caso gli anticorpi sono diretti contro recettori di superficie e impediscono o alterano
funzioni cellulari senza causare danno cellulare o infiammazione.
1. MIASTENIA GRAVIS: Anticorpi contro i recettori per l’acetilcolina delle placche
neuromuscolari nei muscoli scheletrici impediscono la trasmissione dell’impulso e
causano astenia muscolare.
2. MALATTIA DI GRAVES: C’è una situazione opposta rispetto ad esempio alla miastenia
gravis ovvero gli anticorpi stimolano funzioni cellulari. In questa patologia, vengono
prodotti anticorpi contro il recettore dell’ormone tireotropo (TSH) presente sulle
cellule epiteliali tiroidee che stimolano il recettore causando ipertiroidismo.
Il gruppo sanguigno di un individuo è determinato dalla presenza o assenza di specifiche
componenti di membrana degli eritrociti. La membrana cellulare di un eritrocita contiene un
certo numero di AGGLUTINOGENI (o antigeni di superficie) e tra i più importanti abbiamo
A,B,D (Rh). Quindi il sangue di tipo A avrà agglutinogeni di tipo A, quello di tipo B
agglutinogeni di tipo B, quello di tipo AB entrambi. Quello di tipo 0 nessuno dei 2. LA presenza
dell’agglutinogeno Rh è indicata con il termine Rh positivo (presente) o Rh negativo (assente).
Si ricordi che, gli agglutinogeni esposti sui propri eritrociti sono ignorati dal proprio sistema
immunitario e pertanto il plasma contiene anticorpi o AGGLUTININE che attaccheranno
agglutinogeni estranei. Mentre il sangue di un individuo di gruppo A, B o 0 contiene già
agglutinine contro antigeni estranei (es. sangue tipo A ha anticorpi anti-B, tipo B anticorpi
anti-A, tipo 0 avrà anti-A e anti-B) senza precedente sensibilizzazione; il sangue di un soggetto
Rh negativo non contiene agglutinine anti Rh, ma tali anticorpi si formano solo in individui
sensibilizzati precedentemente mediante l’esposizione a eritrociti Rh-positivi. Tale
esposizione può avvenire occasionalmente durante una trasfusione ma anche durante una
gravidanza con madre Rh-negativa e feto Rh-positivo.

Reazione trasfusionale.
Si comprende l’importanza, prima di effettuare una trasfusione di deternare il proprio gruppo
sanguigno e di accertarsi della compatibilità del sangue del donatore. Quando infatti un
agglutinina incontra uno specifico agglutinogeno (ovvero anticorpo anti-A in contra
agglutinogeno A, le emazie di un donatore reagiscono con anticorpi preformati dell’ospite che
sono opsonizzate), inizialmente i globuli rossi aderiscono tra loro nel processo definito
agglutinazione e poi vanno incontro a emolisi quindi a rottura. Agglomerati e frammenti
vanno a otturare piccoli vasi a livello renale, polmonare, cardiaco o cerebrale, danneggiando
in modo irreparabile i tessuti privati di irrorazione. Queste reazioni possono essere prevenute
accertando la compatibilità del gruppo sanguigno del donatore e del ricevente.

Eritroblastosi fetale.
E’ una malattia che può colpire il feto di madre Rh-negativo se il feto è Rh-positivo. In
gravidanza si verificano scambi di sangue tra madre e feto anche se le quantità di tali scambi
non sono in grado di innescare una risposta primaria. L’ingresso di cellule ematiche fetali nel
sistema circolatorio materno causano una risposta immunitaria da parte della madre, con
formazione di anticorpi anti D che restano lì. Nel caso in cui la donna abbia una seconda
gravidanza con feto Rh-positivo, gli anticorpi anti-D (Rh) materni, entreranno nel circolo
fetale, riconosceranno eritrociti fetali come estranei distruggendoli. Segue la morte del feto.

Vasculiti.
Infiammazione dei vasi sanguigni associata a danni delle pareti di questi ultimi (comprende
anche l’arterite che colpisce solo le arterie). Vengono classificate in base alla grandezza dei
vasi.

Febbre reumatica.
E’ una malattia infiammatoria acuta e la causa è da riscontrarsi in un agente patogeno
localizzato in gola che causa faringotonsillite: lo streptococco di tipo A. Si manifesta con
un’insufficienza valvolare e un aumento di chemiotassi dei linfociti verso la valvola cardiaca.
L’origine della malattia è da riscontrarsi in un disordine del tipo autoimmune in quanto IgG
prodotte contro antigeni portati dal batterio vanno a interagire con molecole dal punto di
vista strutturale, simile agli antigeni batterici causando danni irreversibili.
Anemia Perniciosa.
E’ dovuta al diminuito assorbimento della vitamina B12 (fattore estrinseco) a causa
dell’assenza del fattore intrinseco intestinale. Anticorpi diretti contro la mucosa gastrica, ne
determinano atrofia: non verrà quindi prodotto il fattore intrinseco (eritropoiesi inefficace,
anemia).

Ipersensibilità di tipo III.


E’ caratterizzata dalla formazione di immunocomplessi (IC) (antigene-anticorpo) che
producono i loro effetti patologici soprattutto scatenando una reazione flogistica nelle sedi di
accumulo. La reazione patologica inizia quando l’antigene si combina con l’anticorpo e ciò può
avvenire nella circolazione (immunocomplessi circolanti) o in localizzazioni extravascolari
dove gli antigeni si possono essere depositati in precedenza (immunocomplessi in situ).
L’antigene che forma l’immunocomplesso può essere:
 ESOGENO (proteina iniettata, antigene virale)
 ENDOGENO (presenti in tracce nel sangue o componenti antigenici situati nelle cellule
e nei tessuti).

Le malattie da immunocomplessi possono essere:


 SISTEMICHE: se gli immunocomplessi si formano in circolo e si accumulano nei vari
organi.
 LOCALIZZATE: in determinati organi come il rene (glomerulonefrite), le articolazioni
(artrite), piccoli vasi cutanei (reazione di Arthus).

L’induzione della patologia da immuno-complessi dipende da:


 CARATTERISTICHE DELL’ANTIGENE: deve essere fortemente immunogeno, presente
in quantità sufficientemente elevata per un periodo di tempo sufficientemente lungo.
 CARATTERISTICHE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI: quelli più voluminosi vengono
rapidamente fagocitati mentre quelli più piccoli tendono a depositarsi.
 CLEARENCE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI: dipende da una fagocitosi efficiente e dai
livelli di complemento.

N.B.= Le malattie da immunocomplessi si manifestano preferenzialmente a carico di rene e


articolazioni che favoriscono la deposizione degli immunocomplessi per particolarità
fisiologiche e caratteristiche anatomiche come lento flusso sanguigno, scarso numero di
fagociti o endotelio fenestrato.

Malattie sistemiche da immunocomplessi.


La malattia da siero acuta è la tipica patologia da immunocomplessi sistemica. Prima era una
complicanza frequente della somministrazione di dosi massicce di antisieri eterologhi (Es.
immunoglobuline di cavallo usate nell’immunizzazione passiva). Attualmente è una malattia
rara ma utile per capire le patologie sistemiche da immunocomplessi. Le malattie sistemiche
da immunocomplessi possono essere suddivisione in 3 fasi:
 FASE 1: FORMAZIONE DEGLI IMMUNOCOMPLESSI: L’introduzione di un antigene
proteico nella circolazione scatena una risposta immunitaria con formazione di
anticorpi in genere entro una settimana dall’inoculo. Questi anticorpi sono liberati in
circolo dove reagiscono con l’antigene circolante residuo formano complessi
antigene/anticorpo.
 FASE 2: DEPOSIZIONE IMMUNOCOMPLESSI: Gli immunocomplessi circolanti si
depositano nei tessuti. I fattori che determinano se gli immunocomplessi si
depositeranno causando malattia non sono del tutto chiari ma sembrano avere un
ruolo chiave lo stato funzionale dei fagociti, le alterazione dei vasi nelle sedi di
accumulo e la dimensione degli immunocomplessi. Immunocomplessi grandi vengono
rapidamente rimossi dalla circolazione del sistema dei fagociti mononucleati e sono
quindi poco pericolosi; quelli più patogeni sono di dimensioni intermedie (formatisi in
lieve eccesso di antigene), questi circolano più a lungo e si legano con minore avidità ai
fagociti. La deposizione nei tessuti è determinata e influenzata da vari fattori come
carica elettrica dell’immunocomplesso, valenza dell’antigene, avidità dell’anticorpo,
affinità dell’antigene per le componenti tissutali. Oltre ai glomeruli renali, i siti in cui gli
immunocomplessi preferiscono depositarsi sono pelle, cuore, articolazioni, piccoli vasi
sanguigni. Affinchè gli immunocomplessi possano uscire dalla circolazione e
depositarsi all’interno della parete dei vasi o all’esterno si deve verificare un aumento
della permeabilità vascolare. Con molta probabilità , ciò avviene quando gli
immunocomplessi si legano a cellule infiammatore tramite i loro recettori per la
porzione Fc per il C3b. Ciò causa rilascio di mediatori vasoattivi e di citochine che
aumentano la permeabilità vascolare. Quando gli immunocomplessi si sono depositati
nei tessuti, inizia una risposta infiammatoria acuta.
 FASE 3: LESIONI TISSUTALI DA IMMUNOCOMPLESSI: L’accumulo tissutale scatena la
flogosi acuta. Dopo circa 10 gg dalla somministrazione dell’antigene, si manifesta il
tipico quadro clinico caratterizzato da febbre, orticaria, atralgie, tumefazione
linfonodale e proteinuria. Il danno tissutale è simile, indipendentemente dal sito di
deposizione dell’immunocomplesso.

Si ritiene che nella patogenesi siamo coinvolti 2 processi:


1. ATTIVAZIONE CASCATA DEL COMPLEMENTO: Il complemento attivato ha molti effetti
proinfiammatori:
 Rilascio di C3b, opsonina che determina la fagocitosi di particelle e organismi;
 Produzione di fattori chemiotattici che guidano la migrazione i leucociti e
monociti (C5)
 Rilascio anafilotossina (C3a , C5a) che causano contrazione della muscolatura
liscia e aumentano la permeabilità vascolare.
 Formazione del complesso d’attacco alla membrana che causa danno alla
membrana cellulare.
2. ATTIVAZIONE DEI NEUTROFILI E DEI MACROFAGI: tramite il loro recettore per la
porzione Fc. Quando molti di questi recettori sono occupati da immunocomplessi, le
cellule suddette si attivano. In entrambi in casi la fagocitosi degli immunocomplessi da
parte dei leucociti richiamati da fattori chemiotattici causa il rilascio e la produzione di
altre sostanze proinfiammatorie come prostaglandine, peptidi con funzione
vasodilatatrice, enzimi lisosomiali come collagene, elastina, proteasi che distruggono la
membrana basale. Il danno tissutale è mediato anche da radicali liberi dell’O2 prodotti
da neutrofili attivati. Le lesioni patologiche delle malattie da immunocomplessi quindi,
sono causate da anticorpi in grado di fissare il complemento (IgG e IgM) e da anticorpi
che legano i recettori per il frammento Fc sui leucociti. L’importanza del complemento
nella patogenesi delle lesioni tissutali è suggerita dall’osservazione che nella fase attiva
della malattia il consumo del complemento causa riduzione dei livelli sierici di C3. I
livelli di C3 infatti vengono usati per monitorare attività della malattia.

Gli immunocomplessi hanno anche altri effetti:


 Causano aggregazione piastrinica.
 Attivano il fattore di Hagemann
Entrambi amplificano la reazione infiammatoria.
La lesione patologica è detta vasculite se la reazione avviene nei vasi sanguigni,
glomerulonefrite se avviene nei glomeruli renali e artrite se avviene nelle articolazioni.
 VASCULITE: accumulo sotto endoteliale di cellule mononucleate, a livello di aorta e
vasi polmonari, necrosi della tonaca media, distruzione della membrana elastica
interna.
 GLOMERULONEFRITE: Proliferazione di cellule endoteliali; restringimento del lume
capillare, scarso accumulo di neutrofili nel glomerulo. Segni tipici del danno renale
sono proteinemia, ipertensione, edema fino a insufficienza renale. Un esempio di
glomerulonefrite da immunocomplessi è la glomerulonefrite post-streptococcica che si
manifesta in seguito a infezioni per lo più delle vie aeree da streptococchi beta
emolitici di gruppo A (Gram +). Infezione provoca l’infiammazione dei glomeruli renali
che non permettono di filtrare e controllare il contenuto delle urine. Tra l’infezione
streptococcica e le tipiche manifestazioni glomerulonefrotiche si ha un periodo di
latenza di alcune settima a diversi anni. Gli anticorpi implicati nella formazione degli
immunocomplessi sono per lo più IgG (a volte IgA o IgM). Gli antigeni streptococcici
che stimolano la produzione anticorpale sono diversi: proteina M, T, componente
carboidratica C, streptochinasi (lisano i coaguli).
 ARTRITE: avviene nelle articolazioni.

N.B. Se la malattia è scatenata dall’esposizione episodica a dosi massicce di antigene (malattia


da siero acuta e forse glomerulonefrite acuta poststreptococcica), gli immunocomplessi
vengono catabolizzati e le lesioni tendenzialmente regrediscono. L’esposizione cronica e
ripetuta dell’antigene causa invece la malattia da siero cronica, tipica ad esempio del LES
(lupus erimatoso sistemico) causato da risposte anticorpali persistenti contro antigeni self.

Malattia localizzata da immunocomplessi.


La reazione di Arthus è una necrosi tissutale localizzate che interessa in genere la cute,
causata da vasculite acuta da immunocomplessi. La reazione può essere indotta
sperimentalmente mediante iniezione sottocutanea di un antigene in un animale
precedentemente immunizzato, che possieda anticorpi circolanti contro quell’antigene.
Diffondendo attraverso le pareti vasali, l’antigene lega gli anticorpi preformati, generando
localmente immunocomplessi di grandi dimensioni che precipitano nella parete dei vasi
causando necrosi fibrinoide. La trombosi sovrapposta aggrava il danno ischemico. La lesione
di Arthus si sviluppa entro qualche ora e raggiunge il massimo tra le 4 e le 10 ore
dall’iniezione. Appare come un’area di edema con grave emorragia seguita in qualche caso da
ulcerazione.

N.B.= Il principale segno istologico della lesione da immunocomplessi è la vasculite acuta


necrotizzante, con necrosi della parete vasale e abbondante infiltrato neutrofilo. Il tessuto
necrotico e i depositi di immunocomplessi, complemento e proteine plasmatiche formano una
massa eosinofila indistinta che nasconde i dettagli cellulari sottostanti, il quadro è detta
NECROSI FIBRINOIDE.

Ipersensibilità di tipo IV.


Le reazione di ipersensibilità cellulo-mediata sono scatenate da linfociti T (CD4+ e CD8+),
attivati dall’antigene (sensibilizzati). L’ipersensibilità di tipo IV comprende:
 Le classiche reazioni di ipersensibilità ritardata innescate dalle cellule T CD4+.
 Le reazioni di citotossicità diretta mediate dalle cellule T CD8+.
E’ il tipo principale di risposta immunologica contro svariati agenti microbici intracellulari (in
particolare Mycobacterium tubercolosis) ma anche contro virus, protozoi e parassiti.

Ipersensibilità di tipo ritardato.


Le reazioni di ipersensibilità ritardata a antigeni esogeni causano reazioni flogistiche
innescate dai linfociti CD4+ però l’ipersensibilità ritardata è responsabile anche delle reazioni
infiammatorie croniche dirette contro antigeni self (autoimmunità ). La reazione flogistica
scatenata dai linfociti T CD4+ è detta “infiammazione su base immune”. Due sottopopolazioni
linfocitarie TH1 e TH17 causano patologie organo-specifiche in cui la flogosi e il danno
principale. Le infiammazioni causate dai TH1 sono dominare dai macrofagi attivati, quelle
causate da TH17 sono dominate dai neutrofili. Le reazioni di ipersensibilità cellulo-mediata
sono caratterizzate da una catena di eventi controllati da citochine.

Proliferazione e maturazione dei linfociti T CD4+: Linfociti T CD4+ vergini, riconoscono i


peptidi presentati dalle cellule dendritiche e secernono IL-2 che funge da fattore di crescita
autocrino stimolando la proliferazione dei linfociti T attivati. I linfociti T attivati maturano in
linfociti TH1 o TH17, in base al tipo di citochine prodotte dalle APC al momento
dell’attivazione. Precisamente:
 APC (macrofagi, cellule dendritiche) producono IL-12 che induce la maturazione dei
linfociti T CD4+ in TH1TH1 producono interferon-gamma che stimola maturazione
di altri linfociti TH1 amplificando la risposta. IFN-gamma attiva i macrofagi
aumentando di gran lunga la loro capacità di uccidere microrganismiaumento
dell’espressione delle molecole MHC-II facilitando la presentazione
dell’antigeneattiva la secrezione di TNF, IL-1, chemochine che inducono
infiammazioneaumenta produzione IL-12 amplificando in tal modo la risposta TH1.
L’attivazione dei macrofagi è essenziale per l’eliminazione degli antigeni ma
l’attivazione protratta causa flogosi cronica e lesioni tissutali.
 APC (macrofagi,cellule dendritiche) producono IL-1, IL-6, IL-23 (simile a IL-12) + TGF-
beta, inducono maturazione dei TH17I linfociti TH17 sono attivati da antigeni
microbici e da antigeni self nelle malattie autoimmuni. I linfociti TH17 attivati
producono IL-7, IL-2 e chemochine e altre citochineTutti questi mediatori solubili
reclutano neutrofili e monociti in loco, amplificando l’informazione. Producono anche
IL-21 che amplifica la risposta dei TH17.

Un esempio classico di ipersensibilità ritardata è la reazione alla tubercolina, scatenata


dall’iniezione sottocutanea del derivato proteico del micobatterio tubercolare. Nei soggetti
precedentemente sensibilizzati, dopo 8-12 ore dall’iniezione compaiono arrossamento e
indurimento nella sede dell’inoculazione; il fenomeno raggiunge il massimo in 24-72 ore e
lentamente scompare. Morfologicamente, ipersensibilità ritardata è caratterizzata ad un
accumulo di cellule mononucleate (soprattutto macrofagi e linfociti T CD4+) intorno a piccole
vene e venule, formando caratteristici manicotti perivascolari. C’è fuoriuscita di proteine
plasmatiche che causano edema e deposizione di fibrina negli interstizi. Questo ultimo
fenomeno è causa principale dell’indurimento caratteristico delle lesioni cutanee da
ipersensibilità ritardata. In presenza di antigeni persistenti e non degradabili come bacillo
tubercolare, l’infiltrato linfocitario iniziale è sostituito nell’arco di 2/3 settimane dai
macrofagi. Questi si trasformano nelle tipiche cellule epitelioidi e l’aggregazione di cellule
epitelioidi circondata da una corona di linfociti è detta granuloma. L’infiammazione con
questo aspetto, tipica dell’ipersensibilità ritardata è detta infiammazione granulomatosa.
Eventi cellulari della reazione alla tubercolina:
 Prima esposizione dell’individuo a bacilli tubercolari.
 Linfociti CD4+ vergini riconoscono peptidi derivanti dai bacilli tubercolari associati a
MHC classe II sulla superficie di monociti o di cellule dendritiche epidermiche ovvero
le APC.
 Questa interazione linfocita T CD4+/APC determina il differenziamento dei linfociti T
CD4+ vergini in TH1. Questo evento è importantissimo considerando che l’induzione
dell’ipersensibilità ritardata dipende in larga misura dalle citochine secrete dai linfociti
TH1. Alcune cellule TH1 entrano nella circolazione e restano nel pool delle cellule T di
memoria per lungo tempo (a volte per anni).

In un individuo precedentemente esposto al bacillo tubercolare, un’iniezione sottocutanea di


tubercolina attiva i linfociti TH1 di memoria, dopo interazione con l’antigene. Questi processi
sono accompagnati dalla secrezione di citochine di tipo TH1 responsabili dell’induzione
dell’ipersensibilità ritardata. Tra queste ci sono:
 IL-12: prodotto dai macrofagi è fondamentale per l’induzione della risposta TH1 e
quindi dell’ ipersensibilità ritardata. Il contatto tra macrofagi e microrganismi, induce
la produzione di IL-12 che guida il differenziamento delle cellule CD4+ vergini in TH1
che a loro volta produrranno altre citochine. IL-12 induce anche secrezione di IFN-
gamma da parte di cellule T e NK. Tale citochina aumenta ulteriormente il
differenziamento delle cellule TH1.
 IFN-gamma: E’ un mediatore importante nell’ipersensibilità ritardata. E’ un potente
attivatore dei macrofagi che induce ulteriore secrezione di IL-12. Dopo attivazione i
macrofagi mostrano maggior capacità di fagocitare. Esprimono maggiori quantità di
molecole di classe II sulla loro superficie, che facilita ulteriormente la presentazione
dell’antigene. Aumenta a loro capacità di uccidere cellule tumorali, secernono fattori di
crescita polipeptidici come PDGF e il TGF-beta, che stimolano proliferazione fibroblasti
e aumentano sintesi di collagene. Dopo attivazione i macrofagi hanno la capacità di
eliminare antigeni dannosi, ma se l’attivazione è persistente risulta fibrosi.
 IL-2: Induce proliferazione cellule T con meccanismo autocrino e paracrino.
 TNF-alfa: ha effetti sulle cellule endoteliali. Aumenta secrezione prostaciclina che causa
vasodilatazione. Aumento nell’espressione di E-selectina che promuove l’aderenza di
linfociti e monociti all’endotelio. Secerne IL-8.

L’azione combinata di questi fattori promuove la fuoriuscita di linfociti e monociti dai vasi nel
sito della reazione di ipersensibilità ritardata. Le cellule T e i monociti, attraversano la parete
vasale con un processo analogo a quello dei neutrofili.
L’ipersensibilità ritardata è un meccanismo fondamentale di difesa contro micobatteri, funghi,
parassiti, punture d’insetto, sostanze chimiche. Oltre ad avere evidenti effetti positivi,
l’ipersensibilità ritardata può anche essere causa di malattia. Ne è un esempio la dermatite da
contatto che è un valido esempio di danno tissutale dovuto ad ipersensibilità ritardata. Può
essere causata da alcuni metalli ( rame, cromo, nickel) o da sostanze vegetali (linfa di mango,
ursiolo che è l’antigene dell’edera. Alla base c’è un meccanismo simile a quello per la
tubercolina. In seguito a una successivo contatto con la pianta (nel caso dell’edera), le cellule
CD4+ TH1, precedentemente sensibilizzata, si accumulano nel derma. Queste cellule poi
migrano verso l’antigene penetrando all’interno dell’epidermide dove rilasciano citochine che
danneggiano i cheratinociti, ne causano la separazione e provocano formazione di vescicole
intra-epidermiche.
Citotossicità Mediata ad Cellule T.
In questo tipo di ipersensibilità , cellule bersaglio che espongono l’antigene vengono uccise dai
linfociti T CD8+ detti linfociti T citotossici (CTL). Le lesioni tissutali da CTL sono una
componente importante di molte patologie cellulo-mediata, come il diabete di tipo I. Linfociti
T citotossici specifici per antigeni di istocompatibilità giocano un ruolo importante nel rigetto
dei trapianti. In una cellula infetta da virus, i peptidi virali si associano con molecole di classe I
della cellula (MHC classe I). Il complesso viene poi trasportato alla superficie cellulare e
riconosciuto dal TCR dei linfociti T citotossici CD8+. Se la lisi delle cellule infette avviene
prima che la replicazione virale sia completata, l’infezione viene eliminata. Sono noti 2
meccanismi principali di tossicità mediata dalle cellule T:
1. Uccisione dipendente da perforina e granzimi.
2. Uccisione dipendente da Fas e ligando di Fas.

Perforine e granzimi sono mediatori solubili contenuti nei granuli lisosomiali dei CTL. La
perforina può perforare la membrana plasmatica delle cellule bersaglio oggetto dell’attacco
dei linfociti CD8+. In una prima fase, le cellule T CD8+ vengono a contatto con le cellule
bersaglio. Poi si ha polimerizzazione delle molecole di perforina e il loro inserimento nella
membrana cellulare della cellula bersaglio. Questo provoca la formazione di fori passanti nella
membrana, che consentono all’acqua di entrare nella cellula causandone la lisi osmotica. I
granuli dei linfociti contengono anche proteasi dette granzimi, che vengono rilasciate nella
cellula bersaglio attraverso i pori indotti dalla perforina. Una volta all’interno della cellula, i
granzimi attivano i meccanismi apoptotici. Anche la via attivata dal Fas induce apoptosi ma
con un differente meccanismo. I CTL attivati esprimono il ligando del Fas, una molecola
parzialmente omologa al TNF-alfa, che si lega alle cellule bersaglio che esprimono il Fas.

Malattie autoimmuni.
E’ accertato che alla base di diverse patologie umane c’è una reazione immunitaria contro
antigeni self, ovvero una reazione autoimmune. In linea di massima , una malattia per essere
considerata autoimmune deve soddisfare almeno 3 requisiti:
1. Assenza di altre cause note di malattia
2. La reazione immunitaria deve essere specifica per un dato antigene self o tessuto
autologo.
3. La reazione non deve essere secondaria a lesioni tissutali, ma deve essere la causa
primaria di malattia.

Il quadro clinico delle malattie autoimmuni è estremamente vario. Ci sono patologie organo-
specifica in cui l’autoimmunità è diretta contro un singolo organo o tessuto a patologie
sistemiche o generalizzate in cui le reazioni autoimmuni sono diretti contro antigeni diffusi.
Es. di autoimmunità organo-specifica sono il diabete mellito di tipo I, ove i linfociti T e gli
anticorpi autoreattivi sono specifici per le cellule beta del pancreas e la sclerosi multipla, ove i
linfociti T autoreattivi attaccano la mielina del SNC. Esempio di malattia autoimmune
sistemica è il lupus erimatoso, ove vari anticorpi diretti contro DNA, piastrine, globuli rossi, e
complessi proteine-fosfolipidi causano lesioni diffuse in tutto l’organismo. E’ chiaro che
l’autoimmunità deriva dalla perdita della tolleranza immunologica nei confronti di antigeni
self. Bisogna quindi chiarire il concetto di tolleranza immunologica.

Tolleranza immunologica.
La tolleranza immunologica è la mancata responsività dei linfociti nei confronti di un
antigene: è questa la condizione in cui l’individuo è incapace di sviluppare una risposta
immunitaria nei confronti di un antigene specifico. Un individuo in condizioni normali è
tollerante verso i propri antigeni, fenomeno noto come tolleranza verso il self che costituisce
una proprietà fondamentale del sistema immunitario ed è la condizione che ci permette di
vivere in armonia con i nostri tessuti e le nostre cellule. Tutto ciò è possibile perché i linfociti
che riconoscono un antigene self vengono inattivati o subiscono modificazioni sulla specificità
del loro recettore o muoiono per apoptosi. La possibilità che un clone linfocitario riconosca un
antigene self è reale poiché i processi di ricombinazione somatica che sono alla base della
diversificazione e della specificità dei recettori per gli antigeni dei linfociti sono casuali, non
sono influenzati dalla presenza di antigeni e agiscono su una serie di geni fondamentalmente
identici in tutti gli individui. Un clone linfocitario con specificità per un antigene self potrebbe
scatenare una risposta immunitaria contro quell’antigene provocando un danno tissutale e
mettendo a rischio la salute dell’individuo. Questa risposta anomala verso antigeni self può
sfociare in una patologia autoimmune. Un antigene che induce tolleranza è detto tollerogeno
mentre un antigene che induce una risposta immunitaria è detto immunogeno. I meccanismi
responsabili dell’induzione della tolleranza immunologica verso antigeni self sono di 2 tipi:
 Tolleranza centrale.
 Tolleranza periferica.

Tolleranza centrale.
E’ indotta in linfociti immaturi autoreattivi nei confronti di antigeni self degli organi linfoidi
PRIMARI. Questo permette che non vi siano linfociti B immaturi in grado di reagire contro
antigeni self presenti nel midollo osseo e linfociti T immaturi in grado di reagire contro
antigeni self del timo. Questi linfociti immaturi autoreattivi vengono eliminati o resi
inoffensivi. Precisamente:
 Durante la maturazione dei linfociti T, il riarrangiamento dei geni del TCR genera
diversa specificità antigeniche. Si generano così linfociti che esprimono recettori ad
alta affinità per antigeni self. Questi linfociti immaturi vanno incontro ad apoptosi nel
timo, quando incontrano il rispettivo antigene. Questo processo è detto SELEZIONE o
DELEZIONE NEGATIVA e rimuove cloni autoreattivi dalla popolazione di cellule T.
Antigeni self vengono presentati sotto forma di peptidi associati a molecole MHC dalle
APC presenti anch’esse nel timo, e possono essere riconosciuti da linfociti T
autoreattivi sia CD4+ che CD8+. In alternativa alla selezione negativa alcuni linfociti
CD4+ possono differenziarsi in linfociti T regolatori, coinvolti nell’inibizione e nella
regolazione della risposta immunitaria contro antigeni self. E’ ignoto in base a cosa
l’organismo decida di indurre apoptosi piuttosto che differenziazione di un linfocita
CD4+ in un linfocita T regolatore.
 Durante la maturazione nel midollo osseo i linfociti B reagiscono molto intensamente
agli antigeni self e in molti casi viene attuato un processo definito REVISIONE
RECETTORIALE in cui i linfociti B mutano la specificità del loro recettore per
l’antigene; si riattiva il riarrangiamento genico del recettore per l’antigene che porta
all’espressione si nuovi recettori, non autoreattivi. Se la revisione recettoriale non si
verifica, i linfociti autoreattivi vanno in apoptosi, con rimozione dei cloni dannosi dalla
popolazione dei linfociti B maturi.

N.B.= I meccanismi della tolleranza centrale non sono però perfetti. Non tutti gli antigeni self
sono presenti nel timo e quindi i linfociti T che riconoscono tali antigeni self sfuggono alla
selezione negativa e arrivano in periferia. Anche i linfociti B possono sfuggire alla revisione
recettoriale, i linfociti autoreattivi che sfuggono alla selezione negativa possono provocare
lesioni tissutali che se non eliminati o bloccati nei tessuti periferici.
Tolleranza periferica.
E’ indotta in linfociti maturi autoreattivi nei confronti di antigeni self degli organi linfoidi
SECONDARI e nei tessuti periferici, come tale costituisce il meccanismo di tolleranza
periferici, come tale costituisce meccanismo di tolleranza più importante nell’organismo. Vari
meccanismi inattivano linfociti B e T potenzialmente autoreattivi nei tessuti periferici:
 ANERGIA: indica inattivazione funzionale prolungata o irreversibile dei linfociti,
indotta dall’incontro con lo specifico antigene in determinate condizioni. L’attivazione
antigene-specifica dei linfociti T richiede due segnali: riconoscimento peptide associato
a MHC sulla membrana dalle APC e segnali costimolatori (interazione CD28 sui linfociti
T e ligandi B71 sulle APC). Senza questi segnali costimolatori il linfocita T riceve
segnale negativo e diventa anergico. Nella maggior parte dei tessuti normali, molecole
costimolatorie non sono espresse o lo sono debolmente. Quindi incontro tra cellula T e
proprio antigene porta a anergia clonale.
 SOPPRESSIONE DA PARTE DEI LINFOCITI T REGOLATORI: Questi linfociti hanno ruolo
di bloccare le reazioni autoimmuni. Linfociti T regolatori maturano principalmente nel
timo, ma possono svilupparsi anche in organi linfoidi periferici. I più noti linfociti T
regolatori sono i linfociti T CD4+ che esprimono costitutivamente CD25, la catena alfa
del recettore della IL-2 e il fattore di trascrizione foxp3; sia IL-2 che foxp3 sono
necessari per la maturazione e mantenimento di una popolazione funzionale di
linfociti T regolatori CD4+. Come questi linfociti sopprimano le risposte immunitarie
resta da chiarire. Essa potrebbe avvenire attraverso secrezione citochine
immunosoppressive come IL-10 e TGF-beta, che bloccano attivazione e le funzioni
effettrici dei linfociti.
 DELEZIONE CLONALE ATTRAVERSO APOPTOSI INDOTTA DALL’ATTIVAZIONE: I
linfociti T CD4+ autoreattivi possono essere eliminati attraverso segnali che inducono
apoptosi. L’apoptosi innescata dall’attivazione linfocitaria è detta apoptosi da
attivazione. Sono stati identificati 2 meccanismi diversi:
1. I linfociti T autoreattivi esprimono una proteina proapoptotica della famiglia
BCL (proteina BIM) che indurrebbe apoptosi per via mitocondriale.
2. Sistema Fas/Fas-L. I linfociti esprimono Fas (CD 95), una proteina della famiglia
dei recettori del TNF. Il ligando di Fas (Fas-L), una proteina di membrana
strutturalmente omologa alla citochina TNF, è espresso principalmente da
linfociti T attivati. L’interazione Fas/Fas L indurrebbe apoptosi dei linfociti T
attivati attraverso la via dei recettori di morte. E’ stato ipotizzato che la
stimolazione antigenica da parte degli antigeni self indurrebbe nei linfociti T
autoreattivi la coespressione di Fas/Fas-L che porterebbe alla loro eliminazione
mediante apoptosi Fas mediata.

N.B. = Alcuni antigeni sono inaccessibili al sistema immunitario (sequestrati) perché


localizzati in tessuti non bagnati da sangue e linfa. Questi antigeni self non inducono
tolleranza, ma non sono neanche immunogeni e quindi sostanzialmente ignorati dal sistema
immunitario. Questo è il caso del testicolo, occhio ed encefalo, ovvero “tessuti con privilegio
immunitario”, dato che è difficile indurre risposte immunitarie a antigeni introdotti in questi
distretti. Se però gli antigeni self di questi tessuti entrano in circolo, in seguito ad esempio
traumi o infezioni, possono scatenare risposte immunitarie che causano flogosi cronica e
lesioni tissutali.
Meccanismi alla base di malattie autoimmuni.
Non c’è un singolo meccanismo che possa spiegare tutte le malattie autoimmuni ma ci sono
diversi modi attraverso i quali la tolleranza può essere interrotta, interrompendo lo stato di
non reattività nei confronti degli antiantigeni. La patogenesi delle malattie autoimmuni
coinvolge fattori GENETICI, IMMUNOLOGICI, MICROBIOLOGICI che interagiscono tra loro con
meccanismi complessi solo in parte compresi. Delle 2 forme di tolleranza non ci sono prove
convincenti che la rottura della tolleranza centrale sia causa di immunità . Esistono invece vari
meccanismi attraverso i quali la rottura della tolleranza periferica può contribuire alla
patogenesi delle malattie autoimmuni:
1. ROTTURA DELL’ANERGIA DELLE CELLULE T: L’anergia può essere superata se
le cellule presentanti l’antigene (APC) vengono indotte a esprimere molecole
costimolatorie (B7-1) e a secernere citochine (IL-12) che stimolano produzione
di linfociti TH1. L’induzione può avvenire a seguito di un’infezione con necrosi
tissutale e infiammazione locale.
2. DIFETTI NELL’APOPTOSI INDOTTA DALL’ATTIVAZIONE: L’attivazione
persistente di cellule T potenzialmente autoreattive può portare ad apoptosi
mediante sistema Fas-Fas-L. I difetti in questo meccanismo di apoptosi possono
consentire la presenza e la proliferazione nei tessuti periferici di cellule T
potenzialmente autoreattive.
3. DIFETTI NEI MECCANISMI DI SOPPRESSIONE MEDIATI DALLE CELLULE T: E’
un’idea di cui si ritiene responsabile di malattie autoimmune, la perdita di
linfociti T regolatori capaci di inibire la risposta immunitaria di cellule T
autoreattive.
4. MIMETISMO MOLECOLARE: Alcuni agenti infettivi esprimono epitopi comuni a
antigeni self. Una risposta immune contro tali microrganismi può produrre
reazioni autolesive a causa della reazione con l’antigene self. E’ noto che la
cardiopatia reumatica che segue all’infezione streptococcica si presenta perché
un anticorpo diretto contro la proteina D dello streptococco presenta reattività
crociata con glicoproteine cardiache.
5. ATTIVAZIONE POLICLONALE DEI LINFOCITI: La tolleranza è mantenuta dal
meccanismo dell’anergia clonale. Reazioni autoimmunitarie possono avvenire
se i cloni autoreattivi ma anergici vengono stimolati con meccanismi antigene-
indipendenti. Diversi microrganismi e loro prodotti sono capaci di causare
l’attivazione policlonale (cioè non antigene specifica) delle cellule B. Di questi
prodotti il più studiato è il LPS batterico che induce i linfociti di topo a formare
anticorpi diretti contro il DNA, eritrociti, timociti in vitro.
6. RILASCIO ANTIGENI SEGREGATI: Ogni antigene self che sia completamente
segregato durante lo sviluppo è visto come estraneo e può indurre risposta
immunitaria se introdotta nella circolazione. Gli spermatozoi e gli antigeni
dell’occhio ricadono in questa categoria. Il rilascio dell’antigene non è
sufficiente a causare autoimmunità . E’ indispensabile che vi sia una reazione
infiammatoria e un danno tissutale per consentire induzione di una risposta
immune.
7. SMACHERAMENTO DI ANTIGENI CRIPTICI E DIFFUSIONE EPITOPICA: E’ stato
scoperto che la segregazione molecolare dell’antigene è molto frequente della
segregazione anatomica. Si ritiene che ogni proteina self abbia pochi
determinanti antigenici (epitopi) che vengono effettivamente processati e
presentati alle cellule T. Durante lo sviluppo, la maggior parte delle cellule T
capaci di reagire contro tali epitopi è eliminata nel timo o è resa anergica in
periferia. Al contrario un gran numero di determinanti self non viene
riconosciuto dal sistema immunitario e le cellule T specifiche per questi epitopi
self “criptici” non sono eliminate. Questi linfociti possono causare malattie
autoimmuni, se gli epitopi criptici vengono presentati ad essi in una forma
immunogenica. Diversi fattori potrebbero essere capaci di rendere criptico un
epitopo, tra questo vi è la sua abbondanza, la sua capacità di essere processato
da cellule presentanti l’antigene, la presenza di fattori di costimolazione.
Indipendentemente dallo stimolo iniziale scatenante (infezione da
microrganismi con reattività crociata, rilascio di antigeni segregati , inefficacia
dell’immunosoppressione mediata dai linfociti T) la progressione e la cronicità
della reazione autoimmune sono alimentate dal reclutamento di cellule T
autoreattive, che riconoscono determinanti antigenici self normalmente criptici.

Fattori genetici nell’autoimmunità.


C’è una predisposizione genetica all’autoimmunità . Tra i geni con un’associazione certa
all’autoimmunità , i principali sono i geni HLA. E’ già stata menzionata l’associazione tra i geni
HLA e le malattie (vedi HLA) anche se il meccanismo patogenetico resta oscuro. Si è ipotizzato
che alcuni alleli MHC interferiscono con la delezione clonale dei linfociti T nel timo o con la
maturazione dei linfociti T regolatori, ma nessuna delle 2 ipotesi è stata dimostrata con
certezza. Alcuni soggetti normali ereditati alleli MHC associati a malattie e anche alleli MHC
non associati all’autoimmunità possono presentare antigeni self. Quindi la presenza di
particolari alleli MHC non è di per sé causa di autoimmunità . Studi hanno però dimostrato che
molte malattie autoimmuni sono associate a vari geni non MHC. Ricordiamo 3 associazioni
genetiche interessanti:
 Polimorfismi del gene PTPN-22 (che codifica per una tirosina-fosfatasi) sono associati
all’artrite reumatoide, al diabete mellito di tipo I e altre malattie autoimmuni.
Considerando che queste malattie hanno una prevalenza relativamente elevata, si
ritiene che PTPN-22 sia il gene più frequentemente associato all’autoimmunità .
Probabilmente, le varianti patologiche codificano per una fosfatasi difettosa, incapace
di bloccare completamente le tirosin-chinasi implicate nelle risposte linfocitarie. Ne
risulta una iperattivazione linfocitaria.
 Polimorfismi del gene NOD-2 sono associati alla malattia di Crohn (malattia
infiammatoria intestinale). NOD-2 è un sensore citoplasmatico dei microbi, espresso su
cellule epiteliali. La variante patologica è probabilmente un sensore inefficace nei
confronti dei batteri intestinali, responsabile dell’invazasione e delle reazioni
flogistiche croniche nei confronti di batteri commensali di norma ben tollerati.
 Geni della catena alfa del recettore IL-2 e del IL-7 sono associati alla sclerosi multipla e
altre malattie autoimmuni. Queste citochine potrebbero controllare il mantenimento
della popolazione dei linfociti T regolatori. Tali associazioni genetiche, forniscono
indizi interessanti sulla patogenesi delle malattie autoimmuni, ma la funzione delle
proteine codificare e malattia resta da chiarire.

Infezioni.
Molte malattie autoimmuni sono associate a infezioni. Due meccanismi sono stati ipotizzati
per spiegare il rapporto tra infezioni e autoimmunità :
1. Le infezioni possono aumentare l’espressione dei costimolatori nelle APC. Se l’APC sta
presentando un antigene self, il risultato può essere la perdita dell’anergia clonale e
l’attivazione di linfociti T autoreattivi specifici per quell’antigene.
2. Alcuni microbi possono esprimere antigeni con sequenze amminoacidiche comuni ad
antigeni self. La risposta contro questi antigene microbici può attivare i linfociti
autoreattivi (vedi mimetismo molecolare).
Quindi diversi microorganismi come batteri, virus, micoplasmi sono stati chiamati in causa
nell’induzione dell’autoimmunità ma non ci sono effettivamente prove che dimostrino
chiaramente il coinvolgimento di un microrganismo nell’eziologia delle malattie autoimmuni
umane.

Complesso maggiore di istocompatibilità (MHC).


E’ un complesso di geni che codifica antigeni specifici per ciascun individuo, riconosciuti come
estranei da individui della stessa specie. La funzione fisiologica è la presentazione dei
frammenti peptidici derivati dalle proteine in modo che siano riconoscibili e presentate poi a
cellule T. Nell’uomo i geni MHC si trovano in un breve tratto del cromosoma 6, detto appunto
complesso maggiore di istocompatibilità o complesso degli antigeni leucocitari umani (HLA),
così denominato perché le proteine MHC umane sono state inizialmente identificare nei
leucociti. Distinguiamo 3 categorie di geni:
 GENI DI CLASSE I E II: codificano per glicoproteine della superficie cellulare (MHC I/II)
 GENI DI CLASSE III: codificano per componenti del sistema del complemento.

MHC di classe I.
Queste molecole sono espresse dalle piastrine e da tutte le cellule nucleate. Sono codificate da
3 loci genici molto vicini: HLA-A, HLA-B, HLA-C. Ogni molecola è un eterodimero costituito da
una catena pesante (44KDa) polimorfa, legata non covalentemente ad un peptide più piccolo
(12 KDa) non polimorfo, la Beta2-microglobulina. Questo peptide è codificato da un gene
localizzato sul cromosoma 15 quindi non dall’MHC. La regione extracellulare della catena
pesante alfa è divisa in 3 domini: alfa1,alfa2,alfa3. I due domini alfa1 e alfa 2 hanno una tasca
ove i peptidi si legano alla molecola MHC (inoltre alfa2 e alfa 3 e beta 2 hanno ponti disolfuro
intracatenari). Le molecole MHC classe I presentano peptidi endogeni derivanti da proteine
citoplasmatiche, come antigeni virali, in genere sintetizzate all’interno della cellula. Cellule che
presentano il complesso peptide/MHC I interagiscono con i linfociti T CD8+ + CCTLI ove il
TCR riconosce il complesso peptide/MHC I, mentre il corecettore CD8 si lega al dominio alfa 3,
non polimorfo della catena pesante alfa. Per l’MHC I, le proteine citoplasmatiche sono
degradate dai proteosomi e trasformate in corti peptidi. Questi vengono poi trasportati nel
R.E. da proteine di trasporto ove si legano alle tasche di legame per l’antigene delle catene
pesanti di classe I neosintetizzate. Dopo a questo complesso si associa la beta2-microglobulina
formano un trimero stabile che sarà trasportato alla superficie cellulare per la presentazione
ai linfociti T citotossici CD8+.

N.B. = I complessi MHC/peptide sono trasportati in membrana e presentati ai linfociti T CD8+.

N.B.= Geni TAP, che codificano per componenti dei proteosomi sono stati mappati nella
regione di classe II dell’MHC.

MHC classe II.


Sono codificate da una regione detta HLA-D, suddivise in 3 sottoregioni: HLA-DP, HLA-DQ,
HLA-DR. Ogni molecola di classe II è un eterodimero costituito da una catena pesante alfa e
una catena leggera beta associate non covalentemente. Entrambe le catene sono polimorfiche
e ognuna delle 3 sotto regioni HLA-D codifica per uno o più catene alfa o beta. Le due catene
alfa e beta hanno ciascuna 2 domini (alfa1, alfa 2 , beta 1, beta 2) riscontrabili sempre nella
regione extracellulare. A differenza della MHC I le MHC II hanno la tasca di legame data
dall’interazione dei domini alfa 1 e beta 1 di entrambe le catene (in MHC I solo su catena alfa).
Le MHC II sono espresse sulle cellule presentanti l’antigene (APC),cellule dendritiche, cellule
di langherans, macrofagi, linfociti T e B attivati. Il complesso antigene/ MHC II viene
riconosciuto dai linfociti T-Helper CD4+ ove il recettore TCR interagisce con il complesso
peptide /MHC II e il corecettore CD4 con la porzione non polimorfa dell’ MHC di classe II
ovvero beta2. Le proteine internalizzate in vescicole derivanti da patogeni extracellulari e da
proteine solubili vengono idrolizzate negli endosomi e nei lisosomi. I peptidi si assemblano
alle MHC di classe II nelle vescicole (quindi MHC migrano dal R.E. dove si sono formate) e
trasportate sempre nelle stesse vescicole a livello della membrana cellulare per contattare
linfociti CD4+. Quindi le MHC II presentano peptidi esogeni (10-30 aa), mentre le MHC I
presentano peptidi endogeni (8-10 aa).

Polimorfismo.
Il sistema HLA ha un elevato polimorfismo, ogni gene MHC ha molte varianti alleliche
distribuite nella popolazione e ogni individuo eredita una serie di alle MHC diversi da quella
della maggior parte degli altri soggetti.
 MHC I: Le facce laterali e la base della tasca di legame per i peptidi sono formate da
residui a elevato polimorfismo; La variabilità di questa regione fa si che i diversi alleli
leghino peptidi differenti.
 MHC II: il polimorfismo si riscontra a livello della tasca per il peptide, ma formata da
alfa 1 e beta 1.

Geni delle immunoglobuline.


Nell’uomo il repertorio anticorpale è altamente diversificato. Se ogni antigene fosse
riconosciuto da carene immunoglobuliniche codificate da un singolo gene, non basterebbe
l’intero genoma umano. Da un numero limitato di geni viene generato un vasto repertorio
anticorpale. Il processo consta di 2 fasi:
 ANTIGENE INDIPENDENTE
 ANTIGENE DIPENDENTE

Antigene indipendente.
Le catene leggere e pesanti delle Ig sono formate da regioni variabili (v) e costanti (c), ognuna
codificata da differenti segmenti genici posti molto distanti tra loro nelle cellule in
configurazione germinale. Nei linfociti B, il riarrangiamento del DNA permette il
ravvicinamento di tali geni. Nell’uomo:
 I geni per le catene pesanti sono localizzati sul cromosoma 1
 I geni per le catene leggere x sono localizzate sul cromosoma 2
 I geni per le catene leggere lambda sono localizzati sul cromosoma 22.

Catene leggere lambda 30V 4 coppie JC


Catene leggere x 40V 5J1C
Catene pesanti 65V 27D 6J C

In questo caso invece che esserci un’unica sequenza C, ci sono sequenze C allineate una dopo
l’altra (9segmenti C corrispondenti ai 9 sottotipi di anticorpi), ciascuna corrispondente a un
diverso isotipo. Di solito la cellula esprime un solo isotipo per volta, cominciando dalle IgM.
L’espressione di altri isotipi è dovuta al cambio di isotipo.

Catena pesante.
I geni che codificano per la regione variabile della catena pesante vengono selezionati
attraverso la traslocazione di uno dei geni del gruppo D (diversity). A questo gene viene unito
per traslocazione un gene proveniente dal gruppo J e per delezione è eliminato il DNA
interposto. Un gene V viene unito per traslocazione al segmento DJ formando il complesso
VDJ. Si forma il trascritto primario di RNA i cui geni della regione costante sono separati da un
introne dal complesso VDJ. Per splicing viene eliminato l’introne e il gene della regione
costante si coniuga al trascritto VDJ dando origine all’mRNA della catena m che viene poi
tradotto per formare la proteina m. Per impedire che una molecola anticorpale, possegga due
catene pesanti m con differenti specificità antigenica, il riarrangiamento funzionale di uno dei
2 alleli cromosomici blocca il riarrangiamento sull’altro cromosoma (esclusione allelica delle
catene pesanti delle Ig) Una volta avvenuto il riarrangiamento produttivo dei segmenti genici
della catena pesante, la cellula passa allo stadio pre-B, ove ci sono catene pesanti m a livello
citoplasmatico e viene dato un segnale per l’inizio del riarrangiamento dei segmenti genici per
la catena leggera. Il riarrangiamento dei geni della catena leggera, avviene in maniera simile a
quanto descritto per le catene pesanti e una volta completato segna il passaggio dalle cellule
pre-B in cellule B inattive che esprimono IgM sulla membrana. Il riarrangiamento produttivo
dei geni della catena leggera x avviene per primo e blocca ogni ulteriore riarrangiamento. I
geni della catena leggera lambda, vengono riarrangiati solo in seguito a riarrangiamento non
produttivo dei geni della catena leggera x in entrambi i cromosomi parentali.

Fase Antigene-dipendente.
Inizia con la traslocazione delle Ig dal citoplasma sulla superficie cellulare e evolve con
l’attivazione del linfocita B e la sia espansione clonale. Il passaggio alla sintesi di un diverso
isotipo di Ig, rispetto alle IgM inizialmente prodotte, implica due vie di sintesi:
1. La prima porta alla sintesi di un trascritto UDJ-CmuCsigma che va incontro a un
processo di “splicing alternativo” con sintesi di un mRNA UDJ-Cmu un mRNA VDJ-
Csigma con il risultato che le cellule B mature sintetizzano ed esprimono
simultaneamente IgM e IgD con identica specificità antigenica.
2. La seconda via che determina la sintesi di una diversa classe di Ig, è usata da gran parte
della progenie di un clone stimolato dall’antigene e va sotto il nome di “switch
isotipico”. Il passaggio dalla sintesi delle IgM e IgD a quello di altre classi di Ig è
regolato da un meccanismo di riarrangiamento determinati da regioni di scambio S
poste in posizione 5’ rispetto a ognuno dei geni che codificano per la sintesi delle
regioni costanti delle catene pesanti. VDJ si ricombina a un segmento genico C
appartenente ad un’altra Ig (IgG, IgA,IgE) posto + a valle rispetto a Cmu e Csigma
escindendo il DNA intercalato. In tal modo il cene Cmu e il gene Csigma vengono deleti
e il nuovo gene riunito al complesso VDJ.

TH2= switch isotipico per le IgE.


TH1= switch isotipica per le IgG.

Sequenze Rss.
I riarrangiamenti del DNA sono regolati da sequenze conservate di DNA non confinante,
adiacenti al punto in cui avviene la ricombinazione. Queste sequenze comprendono:
 Eptanemo (sempre contiguo alla sequenza codificante)
 Spaziatore (può essere lungo 12 o 23 nucleotidi).
 Nonameno.
La sequenza segnale Eptanemo-spaziatore-nonameno è detta SEQUENZA SEGNALE DI
RICOMBINAZIONE (RSS). Questi RSS sono presenti a monte o a valle dei segmenti V-D-J. La
ricombinazione avviene solo tra geni posti sullo stesso cromosoma. La regola 12/23 afferma
che un gene fiancheggiato da una RSS con uno spaziatore di 12 paia di basi, possa essere
congiunto solo con uno che sia fiancheggiato da una RSS con uno spaziatore da 23 paia di basi.
Meccanismo.
1. TAGLIO: affinchè possa avvenire il taglio, le regioni RSS devono essere avvicinate
formando delle strutture ad anello che rimarranno stabili per tutto il processo. Si
verificano quindi i tagli alla seconda elica tra gli eptameri e le regioni codificanti: le
proteine deputate a questa azione sono le RAG1 e RAG2 che si assemblano in un
tetramero chiamate ricombinasi V(D)J. Delle due Rag-1 funge da endonucleasi di
restrizione, mentre Rag-2 favorisce l’interazione con altri fattori per la ricombinazione;
insieme contribuiscono a tenere stabile la struttura ad anello. La rottura a doppio
filamento di Rag-1 genera 2 tronconi contenenti i geni posti l’uno di fronte all’altro e la
struttura ad anello tronca. Quest’ultima resta così mentre nei 2 tronconi la
terminazione 3’OH si lega alla terminazione dell’altro filamento generando una
struttura a forcina (hairpin).
2. AGGIUNTA DI NUCLEOTIDI: Dopo il taglio è il momento dell’aggiunta casuale di
nucleotidi che aumenta la diversificazione. Un enzima Artemis, apre la forcina
consentendo a un altro enzima di modificare le basi alle terminazioni. L’aggiunta o
rimozione di nucleotidi è possibile perché Artemis nell’aprire la forcina taglia in modo
asimmetrico , per cui uno dei 2 tratti di DNA è più corto dell’altro e deve essere esteso
con nucleotidi complementari a quello del tratto più lungo. I nucleotidi aggiunti o
rimossi sono detti nucleotidi f e sono codificati da uno stampo. E’ inoltre possibile
l’aggiunta di altri nucleotidi fino a 20 senza stampo grazie all’azione della TclT, questi
sono detti nucleotidi N.
3. UNIONE: Unione dei 2 filamenti che si ricongiungono attraverso il processo fisiologico
di riparazione del DNA a doppio filamento.

IPERMUTAZIONE SOMATICA: E’ un processo che introduce un n° considerevole di mutazioni


puntiformi nelle regioni V dei geni riarrangiati delle catene pesanti e leggere. Questo
meccanismo avviene nei linfociti B e non nei T e avviene solo dopo che il linfocita B è venuto
in contatto e attivato dall’antigene. Queste mutazioni puntiformi creano ulteriore variabilità
nell’ambito del clone di linfociti B che si sta espandendo in risposta all’antigene.

Immunoglobuline.
Gli anticorpi (Ab) sono glicoproteine prodotte da cellule del sistema immunitario
(specificamente linfociti B) capaci di combinarsi con un antigene e facilitarne la distruzione.
Un anticorpo è formato da 4 catene polipeptidiche, 2 pesanti H e due leggere L. Sia le catene
leggere che quelle pesanti contengono regioni variabili e regioni costanti e più precisamente:
 Ogni catena leggera ha 1 regione variabile all’N-terminale e 1 regione costante al C-
terminale (VL-CL).
 Ogni catena pesante ha 1 regione variabile all’N-terminale e 3 regioni costanti al C-
terminale (VH, CH1, CH2, CH3).

Le 4 catene si dispongono a formare una Y, la formula di struttura generale di una Ig è H2L2 e


l’unità di base delle Ig ha un peso molecolare di circa 150 KD. Legami deboli e ponti disolfurici
sono coinvolti nella struttura quaternaria. Le zone variabili (costituite da sequenze di aa
variabile) permettono l’interazione con l’antigene e variano da un anticorpo all’altro. Le
regioni costanti variano da una classe di anticorpi all’altra e permettono il superamento di
barriere anatomiche, fissazione del complemento. L’anticorpo riconosce l’antigene a livello
dell’ospite e un antigene può avere 1 o più epitopi riconosciuti da anticorpi diversi. La
struttura delle immunoglobuline è stata chiarita da studi basati sulla digestione enzimatica
delle molecole.
 Sottoponendo Ig a digestione con papaina si ottengono 3 frammenti: 2FAB (catene L e
regioni VH e CH1) che legano gli antigeni; 1 Fc (CH2 e CH3) che scatena la risposta
immunitaria: esso è detto frammento cristallizzabile data la facilità con cui può essere
ottenuto in forma cristallina. E’ coinvolto nell’attivazione del complemento.
 Sottoponendo Ig a digestione con pepsina invece si ottiene un pezzo chiamato (Fab) 2 e
piccoli frammenti Fd. La differenza tra le 2 digestioni enzimatiche è che i 2 enzimi
proteolitici agiscono su diversi punti della molecola.
 Sottoponendo Ig a trattamento con mercaptoetanolo si scindono i legami disolfuro e
quindi le 2 catene H si separano tra loro e dalle catene L. Ottenendo le catene purificate
si è rilevato che:
1. Esistono 2 tipi di catene leggere dette x e lambda differenti per caratteristiche
chimiche e antigeniche. Una Ig non monta mai 2 catene L diverse.
2. Le catene pesanti H sono state suddivise in base a caratteristiche antigeniche in
5 classi: gamma, alfa, mu,sigma, epsilon. Una molecola di Ig non monta mai 2
catene H diverse. Le catene pesanti definiscono le classi di IG (CLASSI
ISOTIPICHE).

 IgG: catena gamma;


 IgM: catena mu;
 IgA: catena alfa;
 IgD: catena sigma
 IgE: catena epsilon

La regione costante di una catena pesante, determina la funzione effettrice di una Ig.
La popolazione di anticorpi è fortemente eterogenea (circa 10^9). L’eterogeneità può essere
distinta in 3 livelli:
 ISOTIPICA: Questa eterogeneità è quella che consente di suddividere le Ig in classi
secondo la presenza delle diverse catene H e L presenti: una molecola
gamma2lambda2 è detta IgGlambda.
 ALLOTIPICA: Gli allotipi varianti di uno stesso isotipo presenti in individui diversi della
stessa specie (polimorfismo genetico), differenza tra 2 IgG.
 IDIOTIPICA: Gli idiotipi sono varianti di un allotipo legati alla struttura delle regioni
variabili Fab. Un anticorpo che si lega con un antigene X differisce da uno che si lega ad
un antigene Y.

Nell’uomo le Ig possono essere suddivise in 5 classi isotipiche secondo la catena pesante


presente. Le catene differiscono tra loro per alcuni caratteri strutturali come n° e posizione di
legami disolfuro e presenza/assenza di una regione a cerniera. Le 5 classi isotipiche hanno
anche diverse sottoclassi:
 IgG= 4 sottoclassi
 IgA= 2 sottoclassi
 IgM, IgE, IgD= non sono suddivise in sottoclassi.

1. IgE= (1 subunità Y). Sono coinvolte nei processi di resistenza ai parassiti e nelle
allergie: si legano ai mastociti e le inducono degranulazione.
2. IgD= (1 subunità Y). La loro funzione non è ancora perfettamente delineata ma sembra
siano coinvolti nella maturazione dei linfociti B (sono presenti sulla membrana di tali
linfociti).
3. IgM= Sono la prima classe di anticorpi che compare nel siero dopo l’iniezione di un
antigene (l’emivita delle IgM nel siero è di 5/6 gg, circa 3 volte inferiore a quella della
IgG). Le IgM hanno 2 funzioni che rispecchiano le 2 possibili conformazioni in cui
possono essere sintetizzati:
 Se vengono prodotte in forma monomerica, si trovano sulla superficie dei
linfociti B naive e funzionano da recettori per l’antigene.
 Se vengono prodotte in forma pentamerica ossia come complesso di 5
monomeri legati insieme da ponti disolfurici e una proteina J, vengono secrete
nell’ambiente extracellulare e svolgono opsonizzazione e attivazione del
complemento (hanno notevole affinità per il C1q). Le catene pesanti delle IgM
possiedono una quarta regione costante (CH4) che nelle IgM di membrana,
contiene numerosi aa idrofobici che ancorano la proteina alla membrana.
4. Costituiscono il 15% delle Ig totali nel siero e si dividono in 2 sottoclassi: IgA1
prevalgono nel siero e sono monomeri, IgA2 prevalgono nelle secrezioni esterne (latte,
saliva, muco. Le 2 unità Y sono tenute insieme da ponti disolfurici, una proteina J e un
polipeptide SC. Inoltre:
 Sono un sistema di pronto intervento nei confronti dei microrganismi.
 Impediscono l’assorbimento di alcuni antigeni contenuti nei cibi impedendo che
essi fungano da allergeni.
 Non attivano il complemento attraverso la via classica e fungono poco da
opsonine.
 Formano IC con gli antigeni che poi sono trasportati al fegato e catabolizzati.
5. IgG= (1 subunità Y) costituiscono circa l’80% delle Ig totali nel plasma/siero. Sono
prodotte in seguito a reimmunizzazione e sono gli unici in grado di attraversare la
barriera placentare. Si dividono in 4 sottoclassi che attivano in maniera diversa il
complemento. IgG3, IgG1, IgG2 mentre IgG4 non lo attivano. Inoltre neutralizzano
virus, opsonizzano batteri.

Cellule.
I leucociti o globuli bianchi sono cellule situate soprattutto nei tessuti periferici e solo una
piccola frazione è nel sangue circolante. Hanno il compito di difendere il corpo umano
dall’aggressione di agenti patogeni, di rimuovere tossine, sostanze di rifiuto e cellule
danneggiate. Si dividono in:
 LEUCOCITI GRANULARI o GRANULOCITI (possiedono grosse inclusioni granulari nel
loro citoplasma).
 LEUCOCITI AGRANULARI O AGRANULOCITI (i granuli citoplasmatici si vedono al
microscopio ottico) .
I leucociti hanno vita breve di pochi giorni.

Leucociti granulari o granulociti.


Si dividono in: neutrofili, eosinofili e basofili.
 NEUTROFILI: Nucleo denso e polilobato di cui il nome polimorfonucleati. Sono
estremamente mobili e sono le prime cellule ad accorrere nel sito di lesione. Hanno
attività fagocitaria molto intensa, attaccando e distruggendo batteri. Hanno vita breve
di 12 ore circa. Dopo aver digerito batteri, patogeni o detriti il neutrofilo muore,
rilasciando sostanze chimiche che richiamano altri neutrofili e altre cellule che hanno
attività antibiotica contro i patogeni.
 EOSINOFILI: Si colorano con eosina, un colorante acido. Nucleo bilobato. Sono cellule
attratte da sostanze estranee che hanno interagito con anticorpi circolanti
(immunocomplessi). Aumentano durante crisi allergiche tipiche delle reazioni
immunitarie da IgE. Hanno un recettore per le IgE e i loro granuli nel citoplasma hanno
istomasi che scinde l’istamina e controlla l’infiammazione.
 BASOFILI: Hanno granuli che si colorano con coloranti basici e contengono istamina
(vasodilatatore) e eparina (coagulazione). Rilasciano altre sostanze chimiche che
stimolano i mastociti e attirano basofili e altri leucociti nell’area. Raggiungono l’area
danneggiata e liberano i loro contenuti.

Leucociti agranulari e agranulociti.


 MONOCITI: Sono i leucociti con maggiori dimensioni. Prima di raggiungere i tessuti
periferici, i monociti restano in circolo per pochi gg. Quando lasciano il circolo
prendono il nome di macrofagi liberi diversi da quelli fissi del connettivo. I macrofagi
liberi sono cellule fagocitarie molto mobili e raggiungono il sito di lesione subito dopo i
primi neutrofili. I macrofagi svolgono funzioni effettrici sia nell’immunità innata
fagocitando e uccidendo i batteri, sia nell’immunità acquisita agendo da cellula
presentante l’antigene (APC) che presenta l’Ag ai linfociti T CD4+.
 LINFOCITI: Hanno poco citoplasma, che circonda un nucleo grande. Sono responsabili
dell’IMMUNITA’ SPECIFICA (capacità dell’organismo di rispondere su base individuale
a un determinato patogeno, batterio o proteina estranea. Distinguiamo:

LINFOCITI B (IMMUNITA’ UMORALE): Originano e maturano nel midollo. Si


differenziano in plasmacellule che secernono anticorpi in grado di distruggere antigeni
localizzati in distretti lontani e in linfociti B di memoria.

LINFOCITI T (IMMUNITA’ CELLULO-MEDIATA): originano nel midollo e maturano nel


timo. Comprendono i linfociti T-helper, T citotossici.

CELLULE NK: dette anche grandi linfociti granulari.

Cellule dendritiche.
Ci sono 2 tipi di cellule con morfologia dendritica, entrambe ricche di processi citoplasmatici
simili a dendriti.
1. CELLULA DENDRITICA: esprime alti livelli di molecole MHC di classe II e di molecole
costimolatrici B71 e B72. Sono le principali APC per vari motivi: occupano il posto
giusto per catturare l’antigene ovvero sotto gli epiteli (comune parte di ingresso per
microbi ed antigeni estranei) e nell’interstizio di tutti i tessuti (dove si possono
produrre gli antigeni). Le cellule dendritiche immature nell’epidermide sono le cellule
di Langherans, ricche di recettori che catturano e reagiscono con microbi tra cui TLR e
del mannosio; presentano l’antigene ai linfociti T CD4+.
2. CELLULA DENDRITICA FOLLICOLARE: Si trova nei centri germinativi dei follicoli
linfatici della milza e dei linfonodi ed è dotata di recettori per la posizione Fc delle IgG
e recettori per il C3b catturando antigeni legati agli anticorpi e al complemento.

Cellule Natural Killer.


Costituiscono il 10-15% dei linfociti circolanti. Non esprimono né TCR ne Ig e sono in grado di
lisare cellule tumorali, infettate da virus e cellule normali senza che ci sia stata precedente
sensibilizzazione. Queste cellule sono identificate da 2 molecole di superficie CD16 e CD56.
CD16 è il recettore per la porzione Fc delle IgG e quindi fornisce alle cellule NK la capacità di
lisare cellule bersaglio rivestite da IgG. Questo fenomeno è detto citotossicità cellulo-mediata
anticorpo dipendente (ipersensibilità di tipo II). L’attività delle cellule NK è regolata
dall’equilibrio tra i segnali attivatori e inibitori trasmessi dai suoi recettori. I recettori
attivatori riconoscono antigeni di membrana indotti da stress di vario tipo; nello specifico le
cellule infettate esprimono molecole MHC-I alterate o non le esprimono affatto determinando
la lisi della cellula. I recettori inibitori invece bloccano le cellule NK impedendogli di attaccare
cellule normali. Questi recettori riconoscono molecole MHC di classe I self, presenti in tutte le
cellule nucleate normali. I recettori attivatori sono molteplici e tra questi la famiglia NKG2D. I
recettori inibitori sono recettori citotossici simili a Ig e recettori CD94 della famiglia delle
lectine. Le cellule NK secernono citochine come (IFN-gamma) che attiva la capacità dei
macrofagi di uccidere patogeni internalizzati.

Antigene.
E’ una sostanza in grado di essere riconosciuta dal sistema immunitario. Può essere di
provenienza ambientale o formarsi all’interno del corpo. Il sistema immunitario uccide o
neutralizza qualsiasi antigene che riconosce come estraneo o potenzialmente dannoso. Gli
antigeni “self” sono tollerati dal sistema immunitario, quelli “non self” vengono classificati
come invasori e possono essere attaccati dal sistema immunitario. Dobbiamo distinguere 2
concetti:
 IMMUNOGENO: è uno specifico tipo di antigene ovvero una sostanza in grado di
provocare una risposta immunitaria.
 ANTIGENE: è in grado di combinarsi con i prodotti di una risposta immunitaria una
volta che sono stati prodotti.

(Quindi immunogenicità è la capacità di indurre risposta immunitaria, antigenicità è la


capacità di combinarsi specificamente con i prodotti finali della risposta immunitaria come
anticorpi etc.). Gli antigeni sono in genere proteine o polisaccaridi e a seconda della loro
complessità possono essere più o meno immunogenici: maggiore è il loro peso molecolare,
maggiore è la loro immunogenicità , inoltre maggiore è la diversità filogenetica delle proteine
maggiore sarà l’immunogenicità . Gli antigeni possono essere esogeni e endogeni. I primi sono
antigeni entrati nel corpo dall’esterno tramite inalazione, ingestione o iniezione. I secondi
sono antigeni che sono stati generati all’interno delle cellule come conseguenza del
metabolismo cellulare normale o a causa di infezione cellulare virale o batterica. Gli antigeni
esogeni si complessano a MHC di classe II e reclutano e richiamano i linfociti T CD4+ mentre
gli antigeni endogeni si complessano a MHC di classe I e richiamano linfociti TCD8+. Le cellule
T secernono tossine che causano la lisi o apoptosi della cellula infettata. Gli antigeni hanno 1 o
più epitopi detti anche determinanti antigenici (si parla anche di mosaico antigenico), laddove
un EPITOPO è quella specifica regione di un antigene che lega uno specifico anticorpo. Un
singolo antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi differenti. Si
distinguono 2 tipi di epitopi:
 EPITOPI SEQUENZIALI: caratterizzati da una specifica sequenza lineare di aa.
 EPITOPI CONFORMAZIONALI: riconosciuti dal sistema immunitario come complessi
tridimensionali. Gli epitopi conformazionali possono essere costituiti da elementi
anche molto distanti tra loro in termini di sequenza primaria (lineare) ma
estremamente vicini a livello di struttura terziaria (tridimensionale) a causa del
ripiegamento che caratterizza molte macromolecole biologiche.

L’APTENE è invece una molecola a basso peso molecolare (inferiore a 10000 Da) che di per sé
non induce risposta anticorpale (non ha proprietà immunogeniche). Se legato ad un carrier è
in grado di stimolare la formazione di anticorpi specifici a reagire con essi.

Il TOLLEROGENO è invece un antigene in grado di indurre tolleranza immunologica, ovvero


induce riattivazione funzionale specifica dei linfociti a causa della sua forma molecolare. Se la
forma molecola viene cambiata, un tollerogeno può diventare immunogeno.
Linfociti T.
Derivano da precursori timici. Costituiscono il 60-70% dei linfociti circolanti. Giocano un
ruolo centrale nell’immunità cellulo-mediata. I linfociti T si distinguono da quelli B e dalle
cellule NK per la presenza di uno specifico recettore presente sulla loro superficie detto T-
CELL receptor (TCR). I linfociti T riescono a riconoscere un antigene solo se esso viene
“presentato” sulla superficie di una cellula complessata al complesso maggiore di
istocompatibilità (MHC) e non quindi nella sua forma solubile. I peptidi espressi sulla cellula
assieme alle proteine dell’MHC non derivano solo da antigeni, ma anche dal metabolismo
cellulare, dopo digestione nel proteosoma e possono quindi essere anche molecole self. I
linfociti hanno funzione effettrice essendo in grado di eliminare cellule tumorali, infette e
organismi patogeni e funzione regolatrice tramite produzione di linfochine , molecole che
regolano la cooperazione cellulare nella risposta immunitaria. Le cellule effettrici hanno la
molecola di riconoscimento CD8 (sono dette cellule CD8+) e sono i linfociti T citotossici; le
cellule regolatrici hanno invece molecole di riconoscimento CD4 (e sono dette CD4+) e sono i
linfociti T helper. Queste molecole ovvero proteine di membrana vengono identificate con la
sigla CD=cluster of differentation e permettono la discriminazione tra i vari linfociti). Linfociti
T helper CD4 + sono regolatori, secernono citochine influenzando ogni cellula del sistema
immunitario comprese cellule T, B, macrofagi e cellule NK. Più precisamente distinguiamo 2
sottopopolazioni: T-helper-1 che sintetizzano IL-2, IFN-gamma, TNF-beta riducendo la
risposta immunitaria cellulo-mediata e stimolando gli stessi macrofagi, cellule T-citotossiche e
NK, aumentando la risposta contro patogeni intracellulari, T-helper-2 attivano la risposta
umorale ovvero la produzione di anticorpi e secernono IL-4, IL-5, (attiva gli eosinofili)
determinando la proliferazione e differenziazione del linfocita B. Si differenziano
plasmacellule che migrano nel midollo e producono gli anticorpi e linfociti B di memoria. Ci
sono anche i linfociti T-helper 17 che secernono l’IL-17 e reclutano neutrofili e monociti e
quindi stimolano l’infiammazione. Linfociti T citotossici CD8+ sono effettori e per poter
svolgere la loro funzione devono attivarsi, stimolati a dividersi e differenziarsi raggiungono lo
stato d maturità dove il linfocita T citotossico si lega a una cellula infetta che espone l’antigene
e mira a ucciderla (ci sono anche i linfociti T regolatori coinvolti nel processo di regolazione,
in senso negativo di spegnimento della risposta immunitaria contribuendo alla tolleranza
periferica). Sia i linfociti T helper che i citotossici, si attivano, potendo svolgere la propria
funzione fisiologica, solo dopo aver interagito con il complesso antigene-MHC di classe I per i
T citotossici, di classe II per i T-helper.

Attivazione dei linfociti T.


Importante è la funzione delle cellule dendritiche che permettono il corretto espletamento
delle funzioni delle cellule della linea linfoide. Le cellule dendritiche infatti:
 Captano proteine virali espulse dalla cellula per presentarle ai linfociti negli organi
linfoidi primari. Le cellule dendritiche quindi catturano gli antigeni di natura proteica
penetrati negli epiteli, li processano legandoli a MHC e li trasportano attraverso il
sistema linfatico ai linfonodi, se invece gli antigeni vengono incontrati nel sangue,
vengono trasportati alla milza. La cellula dendritica viene attivata attraverso complessi
processi di trasduzione del segnale che portano all’espressione di molecole
costimolatorie di membrana, fondamentali per la futura attivazione dei linfociti T.
Questi fungono infatti da secondo segnale (esempio, CD28+ B71/B72) mentre il primo
è l’interazione TCR/antigene + MHC di classe I o II a secondo del tipo di leucocita.
 Svolgono una funzione di smistamento nel timo corticale dei linfociti che potrebbero
rivelarsi dannosi per l’organismo riconoscendo una cellula self come non self avendo
un complesso TCR/CD3 mal funzionante. Giunte così presso gli organi linfoidi
secondari, le cellule dendritiche (ora vere e proprie APC) presentano l’antigene ai
linfociti T naive. Il linfocita T naive attivato inizia a produrre sia IL-2 sia il recettore IL-
2R e in questo modo stimola se stesso per via autocrina a crescere e a dividersi
determinando espansione clonale per lo specifico antigene presentato dalla APC. Se
l’antigene è complessato con MHC di classe I sarà attivato il linfocita CD8+, se sarà di
classe II il lnfocita CD4+.

N.B.= IL-2 è un fattore di crescita, sopravvivenza e differenziamento dei linfociti T sia effettori
che regolatori.

A questo punto parte dei linfociti T attivati abbandona il linfonodo ed entra nel circolo
sanguigno, altri restano nel linfonodo dove potranno attivare altre cellule.

TCR= T-Cell receptor.


E’ un recettore transmembrana che si trova sulla superficie dei linfociti T, responsabile del
riconoscimento degli antigeni presentati dal complesso maggiore di istocompatibilità . Il
legame tra TCR e complesso MHC/antigene è associato a altri segnali detti co-stimolatori
determinando l’attivazione del linfocita T con conseguente trasduzione del segnale a cui però
non partecipa il TCR. In circa il 95% dei linfociti T, il TCR è un eterodimero costituito da una
catena alfa e una beta, il restante 5% ha un TCR costituito da una catena gamma e una sigma.
(quest’ultimo riconosce direttamente peptidi, lipidi e piccole molecole senza bisogno di
presentazione da parte delle molecole MHC. I linfociti T-gamma-sigma tendono a formare
aggregati sulle superfici epiteliali come cute, mucosa gastroenterica e urogenitale e questo
suggerisce che queste cellule siano sentinelle che proteggono l’organismo dai germi che
cercano di attraversare gli epiteli). Ciascuna catena del TCR ha due domini Ig-like e per questo
appartiene alla superfamiglia delle immunoglobuline. Ogni catena ha:
 Una regione variabile che lega l’antigene (V-alfa , V-beta).
 Una regione costante (C-alfa, C-beta).
 Una regione cerniera.
 Una regione transmembrana.
 Un dominio citoplasmatico.

Le 2 catene sono unite da ponti disolfuro a livello della regione a cerniera. La regione
transmembrana dei TCR è costituita da Aa carichi positivamente come arginina e lisina che
interagiscono con residui di acido aspartico presenti sulle regioni transmembrana delle
proteine CD3 e zeta. La porzione citoplasmatica dei TCR è costituita una breve catena di 5-12
Aa e non può quindi trasdurre il segnale. La trasduzione è resa possibile dell’omodimero zeta
e dal complesso molecolare CD3 (gamma-epsilon/sigma-epsilon) a cui le catene dei TCR sono
legate con legami non covalenti, a livello della porzione citoplasmatica. CD3 + ZZ= complesso
del TCR. Il ruolo del complesso del TCR del TCR è quello di trasmettere all’interno della cellula
il segnale generato dall’interazione tra TCR e MHC/peptide.
 CD3= Eterodimero composto da catena alfa-epsilon e sigma-epsilon. Tutti e 3 tipi di
catena hanno nella regione transmembrana residui di acido aspartico che
controbilanciano le cariche positive dei residui di lisina e arginina sulle regione
transmembrana delle catene alfa e beta del TCR. Il dominio citoplasmatico contiene
una sequenza ITAM formata da 2 sequenze Tyr-x-x-Leu. Ci sono quindi tirosine
potenzialmente fosforilabili (x= 6/8 Aa). Le sequenze ITAM sono importanti per la
trasduzione del segnale nel complesso TCR ma sono presenti anche in molecole che
non ne fanno parte.
 OMODIMERO Z: è formato da una piccola regione extracellulare contenente almeno 1
cisteina, tramite la quale i 2 monomeri si legano mediante ponti disolfuro. La regione
transmembrana come CD3 contiene acido aspartico. Ha una lunga regione
citoplasmatica provvista di 3 sequenze ITAM.

Il segnale trasmesso dal TCR (conseguentemente alla sua interazione con MHC/antigene)
deve essere associato all’amplificazione derivante da specifici co-recettori CD4 e CD8
(espressi in maniera esclusiva sui due tipi di linfociti). Linfociti T-helper CD4+, riconoscono
l’antigene complessato a MHC di classe II: il co-recettore CD4 espresso sulla membrana
plasmatica del linfocita T-helper si lega alla porzione non polimorfa (dominio beta-2)
dell’MHC di classe II. Quando un linfocita T, tramite il suo recettore YCR riconosce il
complesso MHC – antigene, la trasduzione del segnale avviene ad opera di proteine chinasi:
 LCK associata alle code citoplasmatiche di CD4 e CD8, fosforila le tirosine presenti nelle
loro sequenze ITAM.
 Fyn fosforila le tirosine delle sequenze ITAM del CD3 e dell’omodimero Z.

Le tirosine fosforilate di zeta, richiamano la tirosin-chinasi ZAP-70 che attiva poi la cascata di
trasduzione del segnale. Altre molecole dette co-stimolatori partecipano all’attivazione dei
linfociti T, ma diversamente dai co-recettori non contattano l’MHC ma altre proteine espresse
sulla APC. Tra queste ricordiamo CD28, espressa sulla membrana plasmatica dei linfociti T,
che interagisce con altre molecole B71/B72 espressa sull’APC. Quindi è affermato che le
cellule T richiedono 2 segnali per l’attivazione:
1. Interazione linfocita T/cellula presentante l’antigene tramite contatto TCR/MHC +
antigene. I co-recettori CD4 e CD8 amplificano il segnale.
2. Interazione CD28/B71 – B72 (co-stimolatore). Questo secondo segnale è molto
importante per l’attivazione del linfocita T. L’assenza del secondo segnale determina la
non-reattività delle cellule T o le induce all’apoptosi.

Trasduzione del segnale.


Il riconoscimento dell’antigene proteico legato a MHC da parte del complesso del TCR e il
legame dei co-recettori (CD4 o CD8) e dei co-stimolatori (CD28, CD2, CD40) da inizio alla
trasduzione del segnale all’interno della cellula il cui fine è quello di attivare la trascrizione di
geni di norma non espressi nel linfocita T naive e che sono fulcro delle funzioni del linfocita T
effettore. I primi attori nella cascata di segnalazione sono alcune tirosin-chinasi (Fyn e LcK)
che agiscono fosforilando le tirosine presenti sulle sequenze ITAM che ritroviamo sia su CD3
sua nell’omodimero zeta. Precisamente abbiamo 10 sequenze ITAM (3 per ogni catena zeta, 1
per ogni catena dell’eterodimero CD3. Essendo presenti 2 eterodimeri CD3 e un omodimero
zeta ci saranno 10 sequenze ITAM in ogni complesso TCR e venti tirosine fosforilabili. Le
tirosine fosforilate da Fyn e LcK sono siti di attacco per la tirosin-chinasi ZAP-70; dopo
l’attacco ZAP-70 viene ulteriormente fosforilata e attivata da LcK:
 ZAP-70 fosforila tirosine sulla proteina adattatrice transmembrana LAT; spesso viene
reclutata OI3K (fosfatilinositolo 3 chinasi ) che fosforila il PIP2 in PIP 3 che funge da
fosfolipide di ancoraggio per le altre proteine come la fosfolipasi c-gamma (PLC-
gamma).
 La PLC-gamma attiva la PKB, una chinasi fondamentale nella regolazione della
sopravvivenza cellulare non solo dei linfociti.
 La PLC-gamma dopo essere stata fosforilata da ZAP-70 agisce su PIP2, scindendolo in
IP3 e DAG.
 DAG attiva la PKC; IP3 si lega al suo recettore sul RER mobilizzando le riserve di calcio
in esso contenute. Il calcio può legarsi alla calmodulina, una proteina citoplasmatica
che quando è attivata, può a sua volta attivare altri enzimi tra cui la calcineurina, una
fosfatasi che attiva fattori di trascrizione della famiglia NFAT di cui esistono 2 forma
NFAT 1 e 2. L’attivazione questi fattori di trascrizione avviene tramite la rimozione di
gruppi foafato da parte della calcineurina.
 LAT può anche legare la proteina adattatrice Grb2 che a sua volta lega SOS che poi
attiva RAS/MAPK, scambiando GDP con GTP e attivando RAS. RAS attiva la cascata
delle MAP-chinasi e attivera il fattore di trascrizione AP-1.

Generazione del TCR.


La diversità dei TCR è generata dal riarrangiamento somatico dei geni che codificano per le
catene alfa e beta del recettore. Tutte le cellule dell’organismo, anche i progenitori linfocitari,
sono portatrici dei geni TCR in forma germinali che non possono essere espressi come
proteine TCR. I geni del TCR si riarrangiano durante la maturazione nel timo dei linfociti T,
generando un’infinità di combinazioni che possono essere trascritte e tradotte in recettori per
l’antigene funzionali. L’enzima responsabile del riarrangiamento genico è codificato dai geni
RAG1 e RAG2 (geni che attivano la ricombinazione). I difetti ereditari delle proteine RAG
bloccano la maturazione dei linfociti. Ogni linfocita T esprime un solo tipo di TCR con un’unica
specificità ma la popolazione T cellulare complessiva dell’individuo è in grado di riconoscere
un n° enorme di antigeni. E’ importante notare che in tutte le cellule non T dell’organismo
sono presenti geni del TCR non riarrangiati (forme germinali) ma solo nei linfociti T i geni del
TCR sono riarrangiati. La generazione del TCR è un complesso processi di ricombinazione
casuale di diversi segmenti genici presenti nel genoma di ogni linfocita T, cui si aggiunge
l’introduzione volontaria di errori. Entrambe le catene alfa e beta contengono una grande
varietà di geni che codificano per le diverse regioni che lo compongono, le quali vengono
riarrangiate in maniera casuale a comporre le diverse catene di intere parti di DNA smontate,
grazie al contributo di RAG1 e RAG2 e alla presenza di sequenze RSS. Le Tdt
(terminadeossiribonucleotide transferasi) inserisce nella sequenza di DNA delle regioni
palindromiche e delle regioni nuove. La generazione casuale dei TCR, come avviene per la
generazione delle Ig, permette di capire la gamma virtualmente infinita di possibili antigeni
self e non self che potrebbero essere presentati dai MHC. I loci codificanti per le 4 catene del
TCR (alfa, beta, gamma, sigma) sono 3 e collocati sul cromosoma 7 (beta-gamma) e 14 (alfa-
sigma). La struttura dei loci per i del TCR è simile a quella dei loci genici per le Ig e si
riscontrano ancora una volta segmenti L,V,D,J,C. (sigma e gamma non hanno segmenti D).
La diversità del TCR è generata da riarrangiamenti che codificano per le catene alfa, beta,
gamma, sigma. La generazione casuale dei TCR, come avviene per la generazione delle IG,
permette di coprire la gamma virtualmente infinita dei possibili antigeni self e non self che
potrebbero essere presentati dai MHC.

Ricircolazione dei linfociti.


I linfociti circolano continuamente nei tessuti e migrano verso determinate sedi. I linfociti
vergini attraversano gli organi linfatici periferici dove si attivano le risposte immunitarie,
mentre i linfociti effettori migrano nei focolai di infezione e infiammazione. La ricircolazione
linfocitaria è importante soprattutto per i linfociti T: i linfociti T citotossici devono individuare
ed eliminare i germi in qualsiasi tessuto infetto; le plasmacellule restano negli organi linfoidi e
non devono migrare nei focolai di infezione poiché producono anticorpi che vengono
trasportati a distanza nei tessuti. I linfociti T vergini usciti dal timo, migrano nei linfonodi
guidati dal legame tra L-selectina e integrine con i ligandi espressi sulle venule e endotelio
alto (HEV). Nei linfonodi, i linfociti T vergini, possono incontrare antigeni specifici presentati
dalle APC ed essere attivati. I linfociti attivati, effettori e di memoria, migrano nei focolai di
infezione nei tessuti periferici guidati dalla E/P selectina e dalle chemochine secrete nei
tessuti infiammatori.
Linfociti B.
Costituiscono il 10-15 % dei linfociti circolanti. Svolgono un ruolo primario nell’immunità
umorale. Hanno:
 Ig di membrana che fungono da recettore per l’antigene;
 Dopo riconoscimento antigenico si differenziano in plasmacellule producendo
anticorpi e cellule B di memoria.
 Hanno MHC di classe II sulla superficie cellulare presentando l’antigene ai linfociti
CD4+.

Il differenziamento dei linfociti B prevede varie tappe:


1. Differenziamento dei linfociti pro-B (cellula staminale linea linfoide) in pre-B (linfocita
che non esprime Ig di membrana funzionali e non può riconoscere antigeni).
2. Si formano cellule B immature che hanno IgM di membrana e sono in grado di
riconoscere antigeni.
3. Compaiono cellule B mature che esprimono IgM e IgD di membrana aventi uguale
specificità antigenica e stessa regione variabile. Sono presenti sia in circolo che negli
organi linfoidi periferici dove dopo riconoscimento antigenico si trasformano in
linfociti B attivati. Con l’attivazione i linfociti si differenziano in plasmacellule che
producono anticorpi e linfociti B di memoria.

Un antigene libero penetrato nell’organismo (l’antigene può essere disperso nel circolo
sanguigno e in tal caso è più probabile che verrà catturato dai linfociti B della milza o se è
penetrato attraverso la cute verrà catturato dai linfociti B di un linfonodo o se è stato ingerito
dai linfociti B del MALT), si lega a un linfocita B avente una molecola in grado di riconoscerlo.
L’antigene viene inglobato, trasformato ed esposto di nuovo in superficie legato a MHC classe
II. A questo punto c’è interazione tra linfocit T- helper e (antigene/MHC – II) linfocitaB. Tale
legame induce liberazione interleuchine che inducono il linfocita B a dividersi e differenziarsi.
La divisione continua fino a quando dura la stimolazione da parte dei linfociti T-helper,
mentre la differenziazione trasforma i linfociti B in plasmacellula, che producono anticorpi
che si legheranno a antigeni liberi provocandone la distruzione.

B-cell receptor= BCR.


E’ costituito da Ig di membrana (IgM e IgD) che costituiscono la componente del recettore che
lega l’antigene e da alcune molecole co-recettoriali ovvero Ig-alfa e Ig-beta (analoghe al CD3
del TCR: queste molecole non legano l’antigene ma sono utili per la trasduzione del segnale).
Il BCR è coinvolto nel processo di attivazione funzionale della cellula: ogni cellula avrà il suo
BCR specifico originatosi dalla ricombinazione casuale di specifiche porzioni del DNA che
codificano per la porzione variabile del BCR deputata al legame con un antigene specifico
(come per il TCR). E’ il BCR che riconosce, lega e internalizza l’antigene che poi verrà
complessato a MHC-II. La cellula B attivata incontrerà linfocita T-helper. I linfociti B
esprimono anche altre molecole oltre a Ig-alfa, Ig-beta e IgM, come ad esempio la molecola
CD40 che si lega al suo ligando specifico presente sui linfociti T helper. Questa interazione T-
Helper/B è essenziale per la maturazione delle cellule B e la secrezione di anticorpi delle
classi IgG, IgA, IgE. Altre molecole sono i recettori Fc, i recettori del complemento (quello di
tipo 2 CR2 o CD21 è anche il recettore del virus EBV, che infetta facilmente il linfociti B).

Trasduzione del segnale.


Il BCR funge da recettore per l’antigene, avvia la cascata di trasduzione del segnale,
promuovendo la sopravvivenza dello stesso linfocita B e dopo essersi complessato con
l’antigene, viene endocitato negli endosomi che scindono l’antigene in peptidi proteici che
espongono sulla membrana plasmatica per il riconoscimento da parte dei linfociti T. Subito
dopo il legame con l’antigene due o più BCR si avvicinano tra loro. I co-recettori Ig-alfa e Ig-
beta sono legati tra loro da ponti disolfuro e sono unite alle Ig di membrana con legami non
covalenti. Le catene Ig-alfa e Ig-beta hanno nelle code citoplasmatiche sequenze ITAM formate
da 2 sequenze del tipo tyr-x-x-Leu (le stesse sequenze che troviamo nelle proteine CD3 e ZZ).
Ig-alfa e Ig-beta sono associate con legami non covalenti a 3 tirosin-chinasi: Fyn, Lyn e BlK.
Dopo l’aggregazione dei BCR, le 3 tirosin-chinasi fosforilano le tirosine sulle sequenze ITAM di
Ig-alfa e Ig-beta che permettono l’attacco della chinasi Syk. Syk fosforilata dalle 3 tirosin-
chinasi è attivata ed a sua volta fosforila SLP-65 proteina adattatrice. SLP – 65 è coinvolta in 2
vie diverse:
1. Via Ras-MAPK= SLP – 65 attiva Grb-3 (altra proteina adattatrice) a cui si associa fas che
scambia il GDP legato a RAS in forma inattiva con il GTP- Ras attiva la cascata delle
MAP-chinasi che attiveranno il fattore di trascrizione.
2. Via PIP2/PLC= SLP-65 attiva anche la fosfolipasi gamma (PLC-gamma) questo dopo
essersi associata a SLP-65 viene fosforilata da BtK e diventa attiva. Agisce su PIP2
scindendolo in IP3 e DAG (analogo a TCR)
3. IP3 si lega al recettore sul reticolo endoplasmatico rugoso inducendo liberazione di
calcio: l’aumento di calcio citoplasmatico determina attivazione di enzimi che attivano
un’isoforma del fattore di trascrizione NFAT che induce l’espressione di citochine,
migrando nel nucleo.
4. DAG= attiva la PKC-beta che attraverso una serie di eventi a catena, determina la
fosforilazione dell’inibitore dell’NFKB (come IKB) aumentando l’espressione dei geni
che codificano per le citochine.

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