Sei sulla pagina 1di 19

Malattia.

Turbamento della funzione di 1 o + organi in cui si ha modificazione della condizione


omeostatica fisiologica; ciò induce reattività dell’organismo. La malattia è una condizione
dinamica. Se l’agente patogeno non viene controbattuto o eliminato la malattia può culminare
nella morte. Quando l’agente patogeno è eliminato si ha la guarigione. Guarigione potrà essere
completa quando comporta la restitutio ad integrum. Si può poi instaurare una condizione di
equilibrio tra agente patogeno e organismo che rende la malattia cronica.

Patologia Generale.
Scienza che mira a comprendere il come e perché avviene il turbamento dello stato di salute;
mira a comprendere i meccanismi molecolari e cellulari che sono alla base della malattia.
Come viene alterato lo stato di salute, richiede individuazione causa/cause responsabili.
Questa disciplina è detta eziologia.

Salute
Stato di benessere fisico mentale e sociale completo e non l’assenza di malattia.

Eziologia
E’ lo studio delle cause che inducono turbamento persistente dell’omeostasi dell’organismo.
Gli agenti eziologici possono essere cause endogene (insiti nell’organismo) o cause esogene
(presenti nell’ambiente). Una causa di malattia è detta determinante quando da sola provoca
la malattia. E’ detta coadiuvante quando facilita azione di un’altra causa e in tal caso è detta
concausa. Lo studio delle cause di malattia è detta eziologia generale. Inoltre bisogna tener
conto che l’organismo colpito da qualunque agente patogeno può comportarsi in diversa
maniera:
 Recettivo: se ne subisce le conseguenze
 Refrattario se non ne subisce alcuna conseguenza
 Resistente: se in esso sono efficienti meccanismi difensivi come barriere meccaniche e
immunità naturale
 Reattivo: se sono efficienti meccanismi dell’immunità specifica.

Manifestazioni morbose
Fenomeno morboso è la condizione patologica + lieve ed è la deviazione più semplice di un
carattere morfologico, biochimico o funzionale di una cellula, tessuto o organo alla quale può
anche non conseguire alcuna sintomatologia.
Processo morboso: Correlazione di + fenomeni morbosi che in genere compaiono in
successione con caratteristiche che contraddistinguono l’evento come degenerativo,
riparativo, reattivo. (es processo infiammatorio).
Stato morboso: Condizione patologica stazionaria, ben definita. C’è equilibrio tra la
manifestazione patologica e reattività dell’organismo (es. presenza cicatrici, mancanza di un
arto).
Malattia: Condizione dinamica che si manifesta con alterazione anatomo-funzionale di uno o +
organi, turbando condizione omeostatica originaria e inducendo reattività in tutto
l’organismo.
Gli agenti eziologici possono essere fisici, chimici, biologici.
Necrosi.
Evidenziazione strutturale dell’avvenuta morte di gruppi più o meno numerosi di cellule
nell’ambito di un tessuto o organismo vivente. Aspetto morfologico necrosi è il risultato della
denaturazione delle proteine intracellulari e della digestione enzimatica della cellula
danneggiata in maniera letale. Cellule necrotiche non sono in grado di mantenere integrità
della membrana e il loro contenuto viene spesso rilasciato all’esterno causando risposta
infiammatoria del tessuto circostante. Enzimi che digeriscono cellule necrotiche derivano dai
lisosomi delle stesse cellule (autolisi) o dai lisosomi dei leucociti richiamati nella reazione
infiammatoria (eterolisi). Nelle zone necrotiche scompaiono limiti tra le cellule, tessuto si
trasforma in una massa compatta, amorfa, con pochi resti di nuclei isolati. Cellule necrotiche
mostrano accresciuta eosinofilia alla colorazione ematossilina-eosina attribuite in parte alla
perdita di RNA citoplasmatico ( si lega ematossilina e si colora di blu) e in parte dalla presenza
di proteine citoplasmatiche denaturate (si legano eosina si colora di rosso). Cellule necrotiche
sono più trasparenti rispetto alle cellule normali per la perdita di particelle di glicogeno.
Cellule necrotiche sono caratterizzate da:
 Discontinuità membrana citoplasmatica e degli organelli.
 Dilatazione dei mitocondri con comparsa corpi densi e amorfi
 Figure mieliniche intracitoplasmatiche (masse concentriche fosfolipidi derivanti da
membrane cellulari danneggiate).
Le modifiche nucleari assumono 3 aspetti tipici:
 Picnosi: nucleo si riduce progressivamente di volume. Riduzione del volume indica
perdita di materiale nucleare e condensazione cromatina in masse basofile raggrinzite.
 Carioressi: nucleo picnotico si frammenta in diverse parti di grandezza variabile, con il
passare del tempo nucleo cellula necrotica scompare del tutto.
 Cariolisi: dissolvimento completo della cromatina che si disperde nel citoplasma,
cromatina perde la sua basofilia riflettendo probabilmente la perdita di DNA dovuta
alla degradazione enzimatica operata dalle endonucleasi.

Ci sono 4 tipi di Necrosi:


 Necrosi coagulativa (infarto del miocardio): forma più comune. Danno denatura
proteine strutturali ed enzimi, bloccando proteolisi delle cellule morte. Infine le cellule
necrotiche sono rimosse mediante fagocitosi dei detriti cellulari da parte dei leucociti
dell’infiltrato infiammatorio e mediante digestione cellule morte da parte di enzimi
lisosomiali di origine leucocitaria. L’ischemia causata dall’ostruzione di un vaso
determina necrosi coagulativa del tessuto vascolarizzato in tutti gli organi tranne il
cervello. Un’area di necrosi coagulativa è detto infarto. C’è picnosi.
 Necrosi Colliquativa: Osservata in caso di infezioni batteriche o fungine dato che questi
microrganismi stimolano accumulo di leucociti e liberazione di enzimi da tali cellule.
Caratterizzata dalla digestione delle cellule morte e conseguente trasformazione del
tessuto in una massa liquida viscosa. Materiale necrotico mostra colore giallo crema
per la presenza di leucociti morti e prende il nome di pus. La morte ipossica delle
cellule del SNC dà origine a necrosi colliquativa del cervello.
 Necrosi caseosa: Forma alternativa di necrosi coagulativa. E’ riscontrata con maggior
frequenza nei focolai di infezione tubercolare. Termine caseosa è dovuto all’aspetto
biancastro e friabile dell’area necrotica. L’area necrotica si presenta con fori in cui si
accumulano detriti cellulari di aspetto amorfo e granulociti e cellule lisate e
frammentate circondate da zona in cui è presente reazione infiammatoria nota come
reazione granulomatosa. A differenza della necrosi coagulativa, l’architettura tissutale
è irriconoscibile. Nella necrosi caseosa non ci sono neutrofili ma macrofagi perché
l’infiltrato è di tipo granulomatoso. Macrofagi arrivano più lentamente, fagocitano ma
non muoiono come i neutrofili ma producono citochine per richiamare altre cellule, poi
liberano enzimi litici meno distruttivi rispetto a quello dei neutrofilie questi danno al
tessuto consistenza più densa.
 Necrosi Grassa: Indica zone focali di distruzione lipidica in seguito al rilascio di lipasi
pancreatiche attivate dall’organo e cavità peritoneale. Si verifica nella pancreatite
acuta ove gli enzimi pancreatici fuoriescono dalle cellule acinose e sciolgono la
membrana degli adipociti presenti nel peritoneo. Lipasi rilasciate rompono esteri dei
trigliceridi contenenti adipociti stessi. Acidi grassi così prodotti si combinano con il
calcio per dare origine ad aree biancastre simili al calcio.

Cancrena o Gangrena.
Termine necrosi indica morte di un numero più o meno elevato di cellule in un organo o
tessuto, ma se la morte interessa tutte le cellule di un tessuto, di un organo o di un’intera
porzione dell’organismo (es. arto) si usa il termine gangrena o cancrena.
 Cancrena secca: condizione in cui prevalgono fenomeni di evaporazione dei liquidi
a discapito degli eventi litici. Si manifesta soprattutto a carico porzioni distali degli
arti, sia superiori che inferiori in seguito ad alterazioni circolatorie.
 Cancrena umida: condizione in cui non si osservano fenomeni di evaporazione e
può anche comparire in presenza di una persistente gangrena batterica e
infiltrazione di cellule infiammatorie.
 Cancrena gassosa: dovuta a superinfezione di una ferita profonda ed estesa da
parte di batteri anaerobi (clostridi) capaci di liberare quantità significative di CO2.

Adattamenti cellulari.
La cellula normale ha un ambito piuttosto ristretto di strutture e funzioni determinato dallo
stato metabolico, dal differenziamento della cellula e specializzazione. Quindi la cellula
normale soddisfa richieste fisiologiche mantenendo uno stato di equilibrio detto omeostasi.
Sono detti adattamenti le risposte funzionali e strutturali reversibili a stress fisiologici
eccessivi o a stimoli patologici durante i quali vengono raggiunti nuovi equilibri che
consentono alla cellula di sopravvivere e svolgere le proprie funzioni. La risposta adattativa
può tradursi in:
 Aumento delle dimensioni delle cellule (Ipertrofia)
 Aumento del n° di cellule (iperplasia)
 Riduzione della dimensione e attività metabolica (Atrofia)
 Cambiamento del fenotipo cellulare (METAPLASIA).
Se lo stress viene eliminato la cellula torna allo stato originario senza conseguenze deleterie.
Se però l’adattamento non è possibile o limiti vengono superati si verificano una serie di
eventi detti DANNO CELLULARE. Il danno cellulare può essere reversibile se le alterazioni
funzionali e morfologiche una volta che lo stimolo dannoso è cessato scompaiono e tornano le
condizioni iniziali. Se lo stimolo persiste o se grave fin dal principio la cellula va incontro a
danno irreversibile e morte cellulare. Quindi adattamento, danno reversibile e morte cellulare
rappresentano deterioramento progressivo della normale funzione e struttura cellulare.
Stress di tipo diverso possono indurre in cellule e tessuti accumuli intracellulari che si
formano in presenza di disordini metabolici a livello cellulare e di danni cronici. Ci possono
essere accumuli di lipidi, proteine, carboidrati.

Ipertrofia.
Aumento del volume cellulare e quindi delle dimensioni dell’organo. Essa può essere
fisiologica o patologica ed è causata da: aumento della richiesta funzionale, stimolazione da
parte di ormoni o fattori di crescita. Le cellule muscolari striate cardiache e scheletriche ad
esempio rispondono all’aumentata richiesta metabolica con l’ipertrofia. Stimolo più comune
per l’ipertrofia muscolare è l’aumento del carico di lavoro. Nel cuore lo stimolo per l’ipertrofia
è il sovraccarico emodinamico cronico. Ipertrofia cardiaca può raggiungere un limite oltre il
quale ingrossamento della massa muscolare non riesce a compensare aumento del carico. In
questa fase fibre miocardiche vanno incontro a lisi e perdono elementi contrattili miofibrillari.
La morte dei miociti può avvenire per apoptosi o necrosi, insorge così insufficienza cardiaca.
Invece massiva crescita dell’utero in gravidanza è un esempio di ipertrofia ormone-indotta
dovuta alla stimolazione degli estrogeni. Quindi l’ipertrofia può essere indotta dalla
combinazione di sensori meccanici (aumento del carico di lavoro), fattori di crescita (TGF
beta) e agenti vasoattivi (angiotensina).

Iperplasia.
Aumento del n° di cellule in un organo o tessuto che determina aumento della massa.
Iperplasia e ipertrofia spesso si manifestano in concomitanza e possono essere innescati dallo
stesso stimolo esterno. Può essere fisiologica o patologica. Nell’iperplasia fisiologica
distinguiamo:
 Iperplasia ormonale quando c’è aumento delle capacità funzionali di un tessuto in
risposta ad una necessità . Es. proliferazione epitelio ghiandolare mammella femminile
durante pubertà o gravidanza.
 Iperplasia compensatoria quando la massa tissutale aumenta in seguito a danno o
parziale asportazione di tessuto (scopo di trapianto)

Le iperplasie patologiche sono causate dalla presenza in eccesso di ormoni o fattori di


crescita. Iperplasia endometriale ne è un esempio, in questo caso equilibrio tra estrogeni e
progestini risulta alterato determinando accumulo di estrogeni con conseguente iperplasia
delle ghiandole endometriali, Questo causa sanguinamento anomalo di origine mestruale. Il
processo viene comunque mantenuto sotto controllo e regredisce al cessare dello stimolo
ormonale. Questo cmq crea terreno fertile per la proliferazione di cellule tumorali poiché sono
più esposte a cancro dell’endometrio. Infine quindi l’iperplasia è il risultato: della
proliferazione di cellule mature indotta da fattori di crescita e della proliferazione di cellule
staminali adulte presenti nei tessuti.

Atrofia.
Riduzione del volume di un organo o di un tessuto a causa di una diminuzione del n° di cellule
e delle dimensioni. Può essere fisiologica o patologica ed è normalmente presente nello
sviluppo: es. struttura embrionale (notocorda) si atrofizza durante sviluppo fetale e l’utero si
riduce subito dopo il parto. L’atrofia patologica può essere locale o generalizzata.
Cause di atrofia:
 Riduzione carico di lavoro (atrofia da disuso): osserviamo in arto fratturato e
immobilizzato, la muscolatura scheletrica diventa atrofica rapidamente. Processo viene
invertito quando riprende l’attività . Se il disuso si protrae le fibre muscolari si riducono
sia di n° (per apoptosi) sia di volume.
 Perdita dell’innervazione (atrofia da mancata innervazione) Danni a strutture nervose
determinano atrofia delle fibre muscolari da essi innervate.
 Riduzione apporto ematico: ischemia a livello del tessuto porta all’atrofia. Il cervello
può andare incontro ad atrofia a causa di aterosclerosi poiché ridotto flusso ematico.
Tale condizione prende il nome di atrofia senile.
 Nutrizione inadeguata: Se c’è malnutrizione, una volta terminate riserve di grasso,
viene utilizzata muscolatura scheletrica come fonte di energia. Questo comporta
distruzione tissutale (cachessia).
 Perdita stimolazione endocrina: Perdita di stimolazione da parte degli estrogeni dopo
la menopausa, causa atrofia fisiologica dell’endometrio, epitelio vaginale e mammella.
 Pressione Compressione di un tessuto per un certo tempo può causare atrofia.
Esempio l’espansione di un tumore benigno che induce atrofizzazione nei tessuti
limitrofi. Atrofia è dovuta a modificazioni ischemiche determinate dalla
compromissione dell’irrorazione sanguigna dei tessuti per effetto della pressione
esercitata dalla massa in espansione.

Le modifiche cellulari associate all’atrofia sono uguali indipendentemente dalla causa che le
scatena. Si riducono dimensione delle cellule o degli organelli così da ridurre le necessità
metaboliche permettendo comunque la vita della cellula.
Atrofia è indotta da:
 Ridotta sintesi proteica (conseguenza della diminuzione di attività metabolica).
 Aumentata degradazione delle proteine a livello cellulare. Questa degradazione è
espletata dalla via ubiquitina-proteasoma.

In molti casi atrofia si accompagna a un’aumentata autofagia che è il processo attraverso il


quale, le cellule private di nutrienti digeriscono le loro stesse componenti per nutrirsi e
sopravvivere.

Metaplasia.
Modificazione reversibile in cui un tipo cellulare differenziato viene sostituito da un tipo
cellulare differente + adatto a sopportare condizioni ambientali sfavorevoli. La metaplasia
epiteliale più comune è quella da epitelio cilindrico a squamoso che si verifica in risposta a
stimoli irritativi cronici. Nei fumatori epitelio cilindrico ciliato della trachea e dei bronchi e
spesso cambiato con uno squamoso stratificato che è più resistente. Però questo fa perdere
all’apparato respiratorio alcune funzioni protettive svolte dal muco o dalle ciglia dell’epitelio
cilindrico. Inoltre il persistere dello stimolo che predispone alla metaplasia può indurre
trasformazione neoplastica nell’epitelio metaplastico. Metaplasia del connettivo invece
consiste nella formazione di cartilagine, osso, tessuto adiposo in tessuti che non contengono
questi elementi. Es. formazione tessuto osseo nel muscolo (miosite ossificante) può comparire
dopo emorragia intramuscolare. La metaplasia quindi è una riprogrammazione delle cellule
staminali presenti nei tessuti normali o delle cellule mesenchimali indifferenziate presente
nel connettivo.

Ipoplasia: sviluppo anormale (ridotto o incompleto) di un organo o tessuto. Opposto


dell’iperplasia.
Aplasia: Mancanza dello sviluppo di un organo.
Ipotrofia: diminuzione del volume di un organo o apparato. Differisce dall’atrofia solo per
valutazioni di ordine quantitativo per cui i 2 termini sono usati indifferrentemente.

Cause di danno cellulare.


 Carenza di ossigeno: Ipossia (carenza parziale O2), Anossia (mancanza di O2). Qeuste
sono distinte dall’ischemia che è l’interruzione dell’apparato di sangue arterioso. Nello
stato di ipossia l’ATP può cmq essere prodotto per via glicolitica, mentre ischemia
impedisce non solo afflusso di O2 ma anche dei substrati metabolici compreso il
glucosio. Per questo l’ischemia provoca danno tissutale più velocemente dell’ipossia.
 Agenti fisici (pressione, T, ustioni)
 Agenti chimici (farmaci, insetticidi, erbicidi , inquinanti ambientali). Veleni come
cianuro o mercurio o sostanze semplici come sale e glucosio che inducono danno
cellulare alterando equilibrio elettrolitico delle cellule).
 Agenti infettivi (virus, cestodi, batteri, funghi, parassiti)
 Reazioni immunologiche (reazione anafilattiche e autoimmuni)
 Squilibri nutrizionali.

Esistono molti principi validi per la maggior parte dei tipi di danno cellulare:
 La risposta cellulare agli stimoli lesivi dipende dalla natura del danno, durata e gravità
 Le conseguenze del danno cellulare dipendono dal tipo di cellula danneggiata, dal suo
stato e capacità di adattamento.
 Il danno cellulare è il risultato di vari meccanismi biochimici che agiscono su
componenti cellulari essenziali (componenti + danneggiate sono mitocondri,
membrane cellulari, DNA nucleare.
 Qualsiasi stimolo lesivo è in grado di innescare simultaneamente più meccanismi
interconnessi con effetti deleteri sulla cellula.

Meccanismi Biochimici Generali.

-Deplezione di ATP
Riduzione della sintesi di ATP si verificano sia al danno ipossico che a quello tossico. ATP
viene prodotto in 2 vie: fosforilazione ossidativa nei mitocondri e glicolisi che produce ATP
senza O2, partendo dal glucosio o idrolisi del glicogeno. Principali cause di deplezione sono:
riduzione apporto di O2 e nutrienti, danno mitocondriale, azione di tossine. L’ATP diminuito
ha ampie ripercussioni in molti sistemi intracellulari:
 Attività pompa sodio-potassio ATP-dipendente si riduce, ciò determina accumulo di
sodio dentro e accumulo di potassio fuori che determina entrata d’acquanella cellula
inducendo rigonfiamento cellulare e del R.E.
 E’ alterato il metabolismo. Essendo prodotto meno ATP per alterazione della
fosforilazione ossidativa, tende quindi ad aumentare glicolisi anaerobia. Questo
permette di produrre ATP attraverso metabolismo del glucosio derivante dal
glicogeno. Le riserve di glicogeno esauriscono rapidamente, si accumula acido lattico e
si riduce PH cellulare.
 Distruzione apparato di sintesi proteica con distacco dei ribosomi dal R.E. rugoso con
conseguente riduzione sintesi proteica.

-Danno mitocondriale.
Mitocondri possono essere danneggiati dall’aumento di calcio citosolico, specie reattive
dell’ossigeno, carenza di O2 rendendoli suscettibili all’ipossia e tossine. Due sono le cause di
danno mitocondriale:
 Formazione di un canale a elevata conduttanza nella membrana mitocondriale detto
poro di transizione di permeabilità mitocondriale. Apertura di questi canali causa
perdita potenziale di membrana compromettendo fosforilazione ossidativae
inducendo deplezione di ATP.
 Tra membrana esterna ed interna mitocondri sequestrano varie proteine che possono
attivare apoptosi (caspasi). L’aumento della permeabilità della membrana
mitocondriale esterna determina fuoriuscita di queste proteine nel citosol e la morte
per apoptosi.
-Ingresso intracellulare di calcio
Ischemia e alcune tossine provocano innalzamento livelli di calcio nel citosol, sia
mobilizzandolo da mitocondri e R.E. sia mediante afflusso attraverso la membrana plasmatica.
La maggior concentrazione di calcio causa danno mediante vari meccanismi:
 Accumulo di Calcio nei mitocondri determina apertura del poro di transizione di
permeabilità mitocondriale compromettendo produzione ATP.
 Livelli aumentati di calcio attivano vari enzimi: ATP-asi che degradano ATP,
fosfolipasi responsabili del danno di membrana, endonucleasi che frammentano DNA
e cromatina e proteasi che distruggono proteine di membrana e di citoscheletro.
 I maggiori livelli di calcio inducono apoptosi incrementando la permeabilità
mitocondriale.

-Accumulo di specie reattive e radicali liberi dell’O2 (stress ossidativo).


Radicali liberi sono specie chimiche con un elettrone spaiato sull’orbitale esterno. L’energia
creata da questa configurazione instabile viene liberata attraverso reazioni con le molecole
adiacenti come proteine , lipidi, carboidrati, acidi nucleici. Le specie ROS sono prodotte da
processi di respirazione mitocondriale e produzione energetica, ma vengono degradate da
sistemi di difesa cellulari. Quando livelli di Ros aumentano o difesa non è sufficiente si ha
eccesso radicali liberi responsabile della condizione detta stress ossidativo chiamato in causa
nel danno cellulare, cancro, invecchiamento. ROS sono prodotti anche da leucociti (neutrofili e
macrofagi) che le usano per distruggere microbi, tessuti morti etc.
I radicali liberi si formano:
 Reazioni di ossidazione durante normali processi metabolici.
 Assorbimento energia radiante (raggi X, UV). Radiazioni ionizzanti idrolizzano H2O in
OH- e H+
 Metabolismo enzimatico di sostanze chimiche esogene e farmaci che possono generare
radicali liberi diversi dai ROS ma con effetti simili (CCL4CCL3)
 Metalli come ferro e rame donano o accettano elettroni liberi e catalizzano formazione
radicali liberi come nella reazione di Fenton (H2O2 + Fe2+ Fe3+ + OH + OH-)
 Monossido di azoto può agire come radicale libero e essere convertito in anione
perossinitrito (ONOO-) o in NO” e NO£.

I radicali liberi sono instabili e in genere decadono spontaneamente. Le cellule inoltre hanno
sviluppato meccanismi enzimatici e non per rimuovere radicali liberi e minimizzare il danno:
 Antiossidanti: inattivano radicali liberi. Vitamine liposolubili A,E + acido ascorbico +
glutatione.
 I metalli rame e ferro essendo legati a proteine di deposito e di trasporto (transferrina,
ferritina) sono limitati nella loro funzione di sintesi di ROS.
 Enzimi tra cui: catalasi nei perossisomi scompone H2O2, superossido dismutasi
converte O2- in H2O2. Manganese SOD nei mitocondri e rame zinco SOD nel citosol.
Glutatione perossidasi degrada radicali liberi.

Effetti Dannosi Radicali liberi.


 Perossidazione lipidica di membrana: in presenza di O2, radicali liberi causano
perossidazione dei lipidi della membrana plasmatica e membrana degli organelli.
Interazione tra lipidi e radicali formano perossidi a loro volta instabili e reattivi e
inducono reazione autocatalitica a catena (detta propagazione) che crea danni ingenti
alla membrana.
 Ossidazione proteine: radicali liberi ossidano catene laterali aa, formano legami
crociati proteina-proteina e ossidano intera catena proteica. Ci sarà maggior
degradazione delle proteine da parte del proteosoma con danno all’intera cellula.
Ossidazione delle proteine può danneggiare i siti enzimatici attivi, modificare la
conformazione delle proteine strutturali,accentuare degradazione delle proteine non
ripiegate o ripiegate in modo anomalo.
 Danno al DNA: radicali liberi causano rottura del filamento di DNA o della doppia elica,
formazione di legami crociati tra filamenti di DNA.

-Difetti della permeabilità di membrana


Molti fattori danneggiano la membrana:
 Radicali liberi.
 Anomalie del citoscheletro: Filamenti citoscheletrici ancorano la membrana plasmatica
all’interno della cellula. Essi vengono degradati dalle proteasi dopo aumento del Calcio
citoplasmatico e si verifica anche rigonfiamento cellulare, la membrana plasmatica si
distacca ed è più sensibile a rotture e stiramenti.
 Distruzione e inibizione di sintesi dei fosfolipidi: I prodotti derivanti dalla
degradazione dei fosfolipidi, si comportano come detergenti inserendosi nel doppio
strato lipidico e alterando la permebilità . La produzione di fosfolipidi può ridursi o per
alterazione della funzione mitocondriale o per uno stato di ipossia.
 Perdita di aa intracellulari: alcuni Aa come la glicina proteggono cellule ipossiche dal
danno di membrana, ciò suggerisce che la perdita di Aa predispone al danno
strutturale di membrana.

Danno ischemico e Ipossico.


La sequenza di eventi che seguono l’ipossia o l’ischemia riprende molte alterazioni
biochimiche tra quelle elencate. Inizia un danno cellulare reversibile. Non appena la [O2]
intracellulare si riduce (per ipossia o ischemia), si compromette la fosforilazione ossidativa e
si riduce la produzione di ATP. Si verifica:
 Alterazione pompa NA/K, rigonfiamento cellulare e del R.E.
 Aumento del calcio intracellulare che attiva vari enzimi che comporteranno danni a
livello della cellula.
 Distacco dei ribosomi da R.E.
 Alterazioni citoscheletriche con perdita di microvilli e formazione protuberanze
(blebs) sulla superficie cellulare.
 Nel citoplasma compaiono “figure mieliniche”, derivate dalle membrane cellulari in
degenerazione.
 Mitocondri, R.E. e la cellula tutta sono rigonfi.

Se la disponibilità di O2 viene ripristinata, tutte queste alterazioni sono reversibili (può


andare in apoptosi). Se invece l’ischemia persiste si arriva al danno irreversibile e alla necrosi.
Si verifica:
 Rigonfiamento mitocondriale grave (RIGONFIAMENTO TORBIDO): nella matrice
mitocondriale si sviluppano corpi densi, amorfi, di aspetto flocculare, perdono le creste
e non si produce ATP.
 Danno alla membrana citoplasmatica che diventa eccessivamente permeabile e
determinando la fuoriuscita di enzimi, coenzimi, proteine e acidi ribonucleici.
 Rigonfiamento dei lisosomi con rottura delle loro membrane e fuoriuscita dei loro
enzimi nel citoplasma e attivazione di idrolasi acide. I lisosomi contengono DNasi,
RNasi, fosfatasi e proteasi. Questi enzimi digeriscono componenti cellulari e
determinano modificazioni nucleari (picnosi, cariolisi e carioressi).
 Ingresso di calcio nella cellula, in particolare nella zona ischemica riperfusa. La morte
di solito avviene per necrosi, ma l’apoptosi può fornire un contributo, in quanto
molecole proapoplotiche vengono probabilmente liberate da mitocondri danneggiati.

Dopo la morte le componenti cellulari vengono degradate e si verifica una massiva perdita di
enzimi nello spazio extracellulare, mentre macromolecole extracellulari dallo spazio
interstiziale entrano nelle cellule morte. La cellula morta è sostituita da grandi masse di
fosfolipidi sotto forma di figure mieliniche. Queste vengono fagocitate da leucociti o
ulteriormente degradate a acidi grassi. Gli acidi grassi vanno incontro a un processo di
calcificazione. La perdita di enzimi intracellulare è un importante parametro clinico di morte
cellulare es. muscolo cardiaco contiene (DH, CK, transaminasi e troponina più o meno
specifici). Le cellule hanno sviluppato risposte protettive allo stress ipossico, tra queste c’è
l’induzione di un fattore di trascrizione detto fattore 1 inducibile dall’ipossia che favorisce la
formazione di nuovi vasi sanguigni, promuove glicolisi anaerobia e stimola sopravvivenza
cellulare. Inoltre 2 meccanismi seguono il passaggio dal danno reversibile a quello
irreversibile:
1. Impossibilità di rendere reversibile la disfunzione mitocondriale causata dalla marcata
perdita di ATP.
2. Profonde alterazioni nel funzionamento della membrana plasmatica.

Danno da ischemia = Riperfusione.


Il ripristino del flusso ematico in un tessuto ischemico favorisce il recupero delle cellule se il
danno è reversibile, ma tuttavia inutile se le cellule hanno subito danno irreversibile. In
alcune circostanze quando viene ripristinato il flusso sanguigno in cellule andate incontro ad
ischemia ma non morte, paradossalmente il danno è più rapido. Infatti, i tessuti riperfusi
possono perdere ulteriore n° di cellule oltre a quelle danneggiate irreversibilmente
dall’ischemia. CI sono 2 teorie che cercano di spiegare questo meccanismo di danno:
1. Prima ipotesi vuole che cellule strutturalmente intatte e non del tutto necrotiche ma
biochimicamente compromesse perdono la loro totale integrità per riperfusione.
2. Altra ipotesi crede che vengano innescati nuovi processi in grado di provocare danno
durante la riperfusione, facendo morire cellule che altrimenti sarebbero sopravvissute.

Sono stati proposti vari meccanismi:


 Durante riperfusione aumenterebbe produzione di radicali liberi dell’O2 e dell’N da
parte di leucociti, cellule parenchimali e endoteliali. Anche i meccanismi antiossidanti
possono essere compromessi dall’ischemia e favorire accumulo di radicali. Produzione
di radicali liberi nel tessuto riperfuso può essere dovuto a danno mitocondriale che
provoca un incompleta riduzione dell’O2 oppure dipenderà dall’azione delle ossidasi.
 I radicali liberi dell’O2 possono innescare la transizione di permeabilità mitocondriale
che impedisce produzione di ATP.
 Il danno ischemico è associato alla produzione di citochine e aumento dell’espressione
di molecole di adesione da parte delle cellule ipossiche parenchimali e dell’endotelio.
Tali molecole reclutano leucociti polimorfonucleati dalla circolazione verso il tessuto
riperfuso.
 L’attivazione del sistema del complemento può contribuire al danno ischemia-
riperfusione. Anticorpi IgM, per motivi sconosciuti, tendono a depositarsi nei tessuti
ischemici, quando il flusso viene ripristinato, le frazioni del complemento si legano a
tali anticorpi, vengono attivate e inducono ulteriore danno cellulare e una intensa
reazione infiammatoria.

Danno chimico (tossico).


Due principali meccanismi vengono usati per indurre danno dalle sostanze chimiche:
 Alcune sostanze chimiche danneggiano la cellula direttamente legandosi a componenti
molecolari importanti. Nell’avvelenamento da mercurio esso si lega ai gruppi
sulfidrilici della membrana cellulare causando aumento della permeabilità di
membrana e inibizione del trasporto ionico. Il danno maggiore è a carico di cellule che
assorbono, eliminano o concentrano sostanze chimiche: nel caso del mercurio, le
cellule del rene e del tratto gastrointestinale. Il cianuro invece avvelena la citocromo
ossidasi mitocondriale, bloccando la fosforilazione ossidativa.
 Le sostanze tossiche nella maggior parte dei casi non sono attive biologicamente nella
forma originaria e agiscono solo quando sono state convertiti a metaboliti tossici
reattivi. Questa conversione di solito è svolta dalle ossidasi P-480 nel R.E. liscio del
fegato e altri organi. Sebbene questi metaboliti siano in grado di causare danno di
membrana e cellulare tramite legame covalente diretto, il meccanismo più noto
coinvolge la formazione di radicali liberi dell’O2 e conseguente perossidazione lipidica.
L’effetto tossico del CCL4 (tetracloruro di carbonio) è dovuto alla sua conversione da
parte di P-480 al radicale libero tossico reattivo CCL3.

Si riscontrano (alla microscopia ottica) 2 tipi di danno reversibile:


 Rigonfiamento cellulare (degenerazione vacuolare e degenerazione idropica).
 Rigenerazione grassa o steatosi (dovuto ad accumuli intracellulari).

Il rigonfiamento cellulare si verifica quando le cellule perdono la capacità di mantenere


l’omeostasi ionica e osmotica a causa dell’alterato funzionalità delle pompe ioniche ATP-
dipendenti. Esso è la prima manifestazione in quasi tutte le forme di danno. Quando interessa
un cospicuo n° di cellule, determina pallore e aumento del turgore e del peso dell’organo. E’
comunque reversibile.
La degenerazione vacuolare è caratterizzata dalla comparsa di piccole cavità intracellulari
ovali o tonde, apparentemente morte contenenti materiale debolmente eosinofilo. E’ possibile
distinguere la degenerazione vacuolare dalla steatosi in quanto i vacuoli non sono reattivi alle
colorazioni per i lipidi, sono + piccoli degli accumuli lipidici e non dislocano nel nucleo. Si
osserva nel rene, miocardio ma soprattutto nel fegato in quanto le cellule epatiche sono più
vicine al punto di ipossia rispetto ad altre cellule.

La degenerazione idropica è un processo patologico dovuto all'accumulo di acqua all'interno


della cellula. Tale processo è dovuto a un danneggiamento e conseguente difetto delle pompe
Na/K, che porta a un eccessivo accumulo di ioni sodio nel citoplasma, dovendo la pompa Na/K
pompare il sodio fuori e il potassio all'interno del citosol. Questo comporta, a causa
di fenomeni osmotici, un massivo ingresso di acqua all'interno della cellula che può portare
alla sua successiva lisi.
Ipossia.
 Anossia: mancanza di O2
 Ipossia: Tipico delle condizioni patologiche più comuni dovuto a carenze parziali di O2.
Tipi di ipossia:
 Ipossia ipossica: diminuzione della pressione parziale di O2 nel sangue
 Ipossia stagnante: dovuta al rallentamento del flusso sanguigno cui consegue ristagno
di sangue.
 Ipossia anemica: riduzione delle capacità di trasporto di O2 delle emazie a causa di
difetti dell’emoglobina.
 Ipossia istotossica: causata da tossici e veleni che inibiscono i processi respiratori
cellulari.

Ipossia anossica e stagnante sono cause più comuni di degenerazione vacuolare.


Ipossia anemica ha scarsa propensione a produrre degenerazione vacuolare (di solito
presente solo nelle cellule di organi molto vicini al punto di anossia come gli epatociti).
Ipossia istotossica causa rigonfiamento torbido e necrosi cellulare.
In caso di ipossia stagnante protratta o ipossia istotossica le lesioni progrediscono e si
manifestano danni alle membrane sotto forma di rotture e rigonfiamenti. L’aumento di
volume delle cellule è dovuto all’aumento di volume per rigonfiamento dei mitocondri con
riduzione o perdita delle creste, le cellule mostrano quindi granulosità diffusa da cui il termine
RIGONFIAMENTO TORBIDO.
Il rigonfiamento torbido è già un segno di danno irreversibile perché indica una cellula piena
di mitocondri privi di creste.

Accumuli intracellulari.
La presenza di alterazioni metaboliche nella cellula può manifestarsi nell’accumulo di
quantità anomale di diverse sostanze:
I. Componenti cellulari normali: accumuli in eccesso di lipidi, H2O, proteine, carboidrati.
II. Sostanze anormali: possono essere esogene come minerali, prodotti di agenti infettivi o
endogene: prodotti alterati di una sintesi o metabolismo anormali.
III. Pigmenti: Questi accumuli possono essere temporanei, permanenti innocui, tossici e
possono localizzarsi nel citosol, lisosomi o nucleo.
I processi che danno origine a depositi anormali nelle cellule sono 3:

I. Una sostanza endogena normale è prodotta a un ritmo normale o aumentato, ma il


metabolismo non è sufficientemente veloce nel rimuoverla. (es. aterosclerosi o
degenerazione grassa si verifica nel fegato in seguito all’accumulo di trigliceridi, anche
statosi e xantomi.
II. Una sostanza endogena normale o anormale si accumula a causa di difetti
geneticamente determinati o acquisiti che riguardano il suo metabolismo, deposito,
trasporto, secrezione. (Es. gruppo di malattie causate dal difetto genetico di specifici
enzimi coinvolti nel metabolismo di lipidi o carboidrati che provoca formazione di
depositi intracellulari di queste sostanze soprattutto nei lisosomi tesaurismosi,
glicogenosi).
III. Sostanza anomala esogena viene depositata e si accumula perché la cellula non ha
enzimi adatti alla sua degradazione o la capacità di trasportarla in altra sede. (Es.
accumulo di particelle di carbone e sostanze chimiche non metabolizzabili).
Qualunque sia la natura e l’origine dell’accumulo intracellulare, questo implica il deposito di
alcune sostanze nelle singole cellule. Se il sovraccarico è dovuto ad alterazioni sistemiche e
può essere riportato sotto controllo, allora l’accumulo è reversibile. Nelle forme
geneticamente determinate l’accumulo si verifica progressivamente e la cellula può essere
sovraccaricata talmente da causare danni secondari. Ciò porta a morte del tessuto e del
paziente.

Steatosi, Aterosclerosi, Xantomi= 1° meccanismo.


I termini steatosi e degenerazione grassa sono usati per descrivere l’anomalo accumulo di
trigliceridi nelle cellule parenchimali. Si osserva spesso nel fegato perché è l’organo
principalmente coinvolto nel metabolismo lipidico, può verificarsi anche nel cuore, muscolo e
rene. La steatosi è causata da: tossine, malnutrizione proteica, diabete mellito, obesità e
anossia. Diversi meccanismi fanno accumulare trigliceridi nel fegato. Acidi grassi provenienti
dal tessuto adiposo o alimenti ingeriti vengono di norma portati agli epatociti dove vengono
esterificati a trigliceridi, convertiti in colesterolo, fosfolipidi o corpi chetonici. Il rilascio dei
trigliceridi dagli epatociti richiede associazione con apoproteine per formare lipoproteine che
possano viaggiare in circolo. L’accumulo eccessivo di trigliceridi nel fegato deriva da un
difetto a livello di qualunque di questi passaggi dall’arrivo nel fegato degli acidi grassi fino alla
produzione delle lipoproteine.
 Molti difetti sono indotti dall’alcool che determina una sintesi di lipidi.
 Il CCL4 e la malnutrizione diminuiscono la sintesi delle proteine.
 Anossia inibisce ossidazione degli acidi grassi;
 Digiuno aumenta la mobilizzazione dai depositi periferici;

Il significato della degenerazione grassa dipende dalla causa e dall’entità dell’accumulo.


Steatosi lieve, non ha effetti sulla funzione cellulare. Steatosi di maggior entità possono
alterare la funzione cellulare ma fino a quando le funzioni vitali non sono irreversibilmente
danneggiate (avvelenamento da CCL4) la steatosi è reversibile. Se grave porta a morte
cellulare. La steatosi è visibile soprattutto nel fegato e presenta vacuoli chiari nelle cellule
parenchimali. Poiché anche accumuli intracellulari di acqua e glicogeno producono vacuoli
chiari per distinguerli si usano colorazioni diverse. La steatosi nel fegato si presenta
inizialmente con lo sviluppo di piccole gocce rivestite da membrana (liposomi) strettamente
addossate al reticolo endoplasmatico. Inizialmente ci sono piccoli vacuoli intorno al nucleo,
poi essi si fondono e danno origine a formazioni chiare che spostano il nucleo alla periferia
della cellula.

Aterosclerosi.
La maggior parte delle cellule usano il colesterolo per la sintesi delle membrane senza
accumularlo all’interno. CI sono però accumuli che appaiono come vacuoli intracitoplasmatici
e li ritroviamo nell’Aterosclerosi e anche negli xantomi. Nelle placche aterosclerotiche, le
cellule muscolari e macrofagi nella tonaca intima dell’aorta e delle grandi arterie sono pieni di
vacuoli lipidici, costituiti da colesterolo e esteri del colesterolo.

Xantomi.
Accumulo intracellulare di colesterolo all’interno dei macrofagi è anche caratteristico di stati
di iperlipidemia ereditaria e acquisita. Gruppi di cellule schiumose si trovano nel tessuto
connettivale sub-endoteliale della cute e dei tendini producendo masse voluminose dette
xantomi.
Tesaurismosi, glicogenosi= 2° meccanismo.
-Tesaurismosi
Sono malattie da accumulo intralisosomiale delle sostanze più varie e presentano alcune
caratteristiche comuni:
 L’enzima interessato deve essere a localizzazione lisosomiale.
 Il materiale si deve accumulare in formazioni circondate da una membrana semplice,
positive per fosfatasi acida.
 Il decorso della malattia è progressivo.
 L’accumulo interessa + organi in contemporanea.
I lisosomi sono elementi indispensabili per il sistema digerente intracellulare e contengono
enzimi idrolitici attivi nell’ambiente acido dei lisosomi e possono secernere proteine in
organelli intracellulari anziché in liquidi extracellulari. Le idrolasi acide scindono molte
macromolecole e se manca un enzima anche il catabolismo del substrato viene alterato e si
accumulano metaboliti in parte degradati. Gonfi di molecole non digerite i lisosomi
aumentano di dimensioni interferendo con le funzioni cellulari causando malattie da
accumulo lisosomiale.

-Glicogenosi.
Questa malattia appartiene al gruppo di malattie da accumulo lisosomiale ed è caratterizzata
da difetti enzimatici nella sintesi e nella degradazione del glicogeno, dando origine a un
accumulo a cui seguono secondariamente danno e morte cellulare.

Negli accumuli intracellulari bisogna citare anche i pigmenti. Sono sostanze colorate e alcune
fanno parte normalmente della cellula (es. melanina), altre sono anormali e si accumulano a
livello intracellulare in circostanze particolari. Possono essere esogeni (provengono
dall’esterno) o endogeni (sintetizzati dal corpo stesso). Il più comune pigmento esogeno è il
carbone che quando inalato viene captato dai macrofagi negli alveoli e trasportato in linfonodi
regionali. Anche il tatuaggio è una forma di pigmentazione esogena in quanto i pigmenti
inoculati, sono fagocitati dai macrofagi del derma rimanendo per tutta la vita. Tra quelli
endogeni abbiamo la melanina di colore bruno, la lipofuscina pigmento insolubile ed è detto
pigmento dell’invecchiamento.

Invecchiamento.
Esso inizia con il concepimento, implica il differenziamento e la maturazione dell’organismo e
delle sue cellule e a un punto non preciso della vita, porta alla perdita progressiva delle
capacità caratteristiche della vecchiaia e termina con la morte. Con l’età si verificano
alterazioni fisiologiche e strutturali in quasi tutti gli organi. L’invecchiamento nei singoli
individui è in gran parte condizionato dal verificarsi di patologie legate all’età , dalla dieta, da
fattori genetici, condizioni sociali, ma esistono solide evidenze circa il fatto che le alterazioni
indotte nelle cellule dall’avanzare dell’età siano una componente importante
dell’invecchiamento dell’intero organismo. Invecchiamento cellulare è il risultato di un
progressivo declino delle funzionalità e della vitalità cellulare dovuto a anomalie genetiche e
all’accumulo di danni cellulari e molecolari dopo esposizione a sostanze esogene.
Due processi sono citati per spiegare l’invecchiamento:
 L’esistenza di un orologio biologico geneticamente determinato che scandisce il tempo
di invecchiamento.
 Gli effetti della continua esposizione a agenti esterni che danno origine a un
progressivo accumulo di danni molecolari e cellulari.
La teoria dell’orologio è stata sviluppata a partire da un semplice modello sperimentale di
invecchiamento. Le cellule dei bambini vanno incontro a un n° di divisioni maggiore di quello
delle cellule di persone anziane. Dopo un n° fisso di divisioni tutte le cellule si arrestano in uno
stato finale di quiescenza, conosciuto come SENESCENZA CELLULARE. Nelle cellule umane
probabilmente l’associazione senescenza-invecchiamento è data dal fatto che a ogni divisione
cellulare si ha un’incompleta replicazione delle estremità dei cromosomi (accorciamento
telomeri) che conduce ad arresto del ciclo cellulare. I telomeri sono brevi sequenze di DNA
ripetuto (TTAGGG nell’uomo) presenti alle estremità dei cromosomi per garantire completa
replicazione e proteggerle da fusione e degradazione. Quando le cellule somatiche si esplicano
una piccola porzione dei telomeri non è duplicata e i telomeri si accorciano progressivamente
estremità cessano di essere protette vengono considerate DNA mutato e c’è l’arresto del ciclo
cellulare. La lunghezza dei telomeri è normalmente preservata dall’aggiunta di nucleotidi
mediata da un enzima chiamato telomerasi. Attività di tale enzima è repressa da proteine
regolatrici che forniscono un meccanismo di controllo della lunghezza dei telomeri, impendo
allungamenti non necessari. Attività delle telomerasi è massima nelle cellule germinali,
presente a livelli + bassi nelle staminali e non è rilevata nella maggior parte delle cellule
somatiche. Man mano che le cellule somatiche si dividono, i loro telomeri diventano corti e
escono dal ciclo cellulare, compromettendo capacità di generale nuove cellule e sostituire
quelle danneggiate. Sia l’accumulo di cellule senescenti, sia deplezione del pool delle cellule
staminali per senescenza contribuiscono all’invecchiamento. Nelle cellule neoplastiche, che
non invecchiano, le telomerasi vengono riattivate e i telomeri restano stabili. Il tempo della
vita cellulare può anche essere determinato oltre che dai meccanismi basati sull’orologio
genetico, dall’equilibrio tra il danno cellulare risultante da eventi metabolici intracellulari e le
risposte molecolari deputate a ripararlo.
Le specie reattive all’O2, prodotti di un metabolismo normale causano modifiche covalenti di
proteine, lipidi, acidi nucleici ma il danno ossidativo può aumentare anche in seguito a
disfunzione mitocondriale, esposizione radiazioni ionizzanti o riduzione dei meccanismi
antiossidanti. Il danno ossidativo che aumenta con il passare degli anni può essere causa di
senescenza e ciò è confermato sia dal fatto che la diversa longevità delle varie specie è
inversamente correlata al grado di produzione mitocondriale dell’O2- sia dal fatto che
iperespressione si enzimi antiossidanti SOD e catalasi allungano la vita. I radicali liberi
possono avere effetti deleteri sul DNA, generando rotture del filamento e rendendo instabile il
genoma, con ripercussioni su tutte le funzioni cellulari. Il danno al DNA è riparato da enzimi
specifici ma alcune alterazioni persistono e si accumulano man mano che la cellula invecchia. I
pazienti affetti da sindrome di Werner hanno invecchiamento precoce: il prodotto del gene
mancante è un’elicasi proteina coinvolta nella duplicazione e riparazione del DNA e in altre
funzioni che richiedono srotolamento. Difetti a carico di questo enzima provocano
accumularsi di alterazioni cromosomiche simili a quelli che si verificano durante
invecchiamento cellulare. Con l’invecchiamento cellulare, si assiste all’accumulo non solo del
danno a carico del DNA ma anche a carico degli organelli e ciò può essere il risultano di un
deterioramento della funzione del proteosoma.

Apoptosi.
E’ una via di morte cellulare indotta da un programma suicida strettamente regolato, in cui le
cellule destinate a morire attivano enzimi che degradano il DNA nucleare e le proteine
citoplasmatiche della cellula stessa.
Aspetti morfologici:
 Riduzione del volume cellulare: la cellula diventa più piccola, citoplasma e organelli
sono addensati.
 Condensazione della cromatina. Aspetto + caratteristico, la cromatina si aggrega in
periferia sotto la membrana nucleare in masse dense di forma e dimensioni variabili. Il
nucleo si rompe in frammenti.
 Formazione di estroflessioni citoplasmatiche sulla superficie cellulare e corpi
apoptotici rivestiti di membrana e contenenti citoplasma e organelli addensati.
 I corpi apoptotici vengono fagocitati dai fagociti e degradati da enzimi lisosomiali da
essi prodotti. Sia i corpi apoptotici che la cellula morta vengono fagocitati, senza che il
contenuto si riversi all’esterno e inneschi reazione infiammatoria (al contrario della
necrosi).
 La membrana plasmatica tende a rimanere integra e intatta nell’apoptosi (non nella
necrosi) e ciò rende la cellula e gli stessi corpi apoptotici bersagli migliori per i fagociti.
Le membrane restano intatte fino alle ultime fasi, poi diventano permeabili ai soluti
che però vengono trattenuti all’interno.
Aspetti biochimici:
 Attivazione caspasi. Caratteristica specifica. Sono enzimi con due proprietà specifiche:
la “c” indica che presentano cisteina nel sito attivo, “aspasi” indica la capacità di
tagliare acido aspartico a posteriori. La famiglia delle caspasi che comprende 10
membri si divide in caspasi iniziatrici (8-9) e caspasi effetrici (3-6) a seconda del ruolo
in cui vengono attivate durante apoptosi. Le caspasi esistono sottoforma di pro-enzimi
e la loro attivazione è subordinata a clivaggio enzimatico. La presenza di caspasi clivate
è un marker di cellule in fase di apoptosi.
 Degradazione del DNA. Cellule apoptotiche hanno rottura caratteristica del DNA in
grossi frammenti, poi si verifica il taglio del DNA da parte di endonucleasi calcio e
magnesio dipendenti in frammenti di dimensioni multiple.
 Alterazione di membrana: la membrana plasmatica delle cellule apoptotiche si
mantiene integra ma subisce variazioni che agevolano il riconoscimento da parte dei
fagociti. Tra questi cambiamenti abbiamo la traslocazione della fosfatidil-serina
(fosfolipide) dallo strato interno a quello esterno dove viene riconosciuta da una
proteina detta annessina V. La colorazione con annessina V è comunemente usata per
rilevare presenza di cellule apoptotiche.

Meccanismi di apoptosi.
L’apoptosi è un processo che può essere suddiviso in una fase di inizio dove le caspasi si
attivano cataliticamente e in una fase effettrice dove le caspasi innescano degradazione di
componenti cellulari fondamentali. La prima fase si basa su due vie distinte:
I. Via intrinseca o mitocondriale
II. Via estrinseca o innescata dai recettori di morte.

Via intrinseca o mitocondriale.


Principale meccanismo di apoptosi in tutte le cellule mammifere e svolge un ruolo definito in
molti processi fisiologici e patologici. I mitocondri contengono proteine essenziali per la vita
come il citocromo c, ma se immesse (alcune) nel citoplasma (indizio di cattivo stato della
salute della cellula) innescano l’apoptosi. Il rilascio o meno di queste proteine mitocondriali è
controllato da un delicato equilibrio tra membri pro e anti apoptotici della famiglia BCL
(gruppo di proteine che prendono il nome da BCL2 identificato come oncogene in un linfoma a
cellule B). La famiglia BCL annovera 20 diverse proteine ma la maggior parte di esse ha
funzioni regolatrici dell’apoptosi.
Condizione Vitale:
 Fattori di crescita e segnali di sopravvivenza stimolano la produzione di proteine
antiapoptotiche (BCL2, BCLX, MCL1)
 In condizioni normali queste proteine risiedono nel citoplasma e membrane
mitocondriali controllano la permeabilità mitocondriale impedendo dispersione di
proteine mitcondriali come il citocromo c che possono innescare apoptosi.

Apoptosi:
 Senza segnali di sopravvivenza o con danno al DNA o in caso di stress del R.R. da
proteine ripiegate in modo anomalo, vengono attivati membri della famiglia BCL detti
“proteine BH3-only” nonché definiti sensori di danno.
 Proteine BH3-only attivano effettori proapoptotici BAX e BAK che formano oligomeri
che inserendosi nella membrana mitocondriale interna creano canali attraverso cui
proteine mitocondriali escono dal citoplasma.
 Proteine BH3-only si legano alle molecole antiapoptotiche BCLX e BCL2 inibendole e ne
riducono la sintesi.
 Il risultato di questi effetti è il rilascio del citoplasma di diverse proteine mitocondriali
che attivano le caspasi.
 Citocromo c lega Apaf 1 (fattore attivante le proteasi proapoptotiche) che forma
apoptosoma. Questo complesso lega caspasi 9 che cliva le adiacenti caspasi 9 avviando
un processo di autoamplificazione.
 Altre proteine mitocondriali penetrano nel citoplasma, legano e neutralizzano proteine
citoplasmatiche IAP che di norma inibiscono apoptosi.

Via estrinseca innescata dai recettori di morte.


Questa via metabolica è innescata dal legame dei recettori di morte presenti sulla membrana
plasmatica di diversi tipi cellulari. I RDM sono membri della famiglia dei recettori TNF e
contengono un dominio citoplasmatico implicato nelle interazioni proteina-proteina, detto
dominio di morte perché libera segnali apoptotici. Tra i recettori di morte ricordiamo:
 TNFR1
 Fas
Fas è un recettore di morte espresso in molti tipi cellulari e il suo ligando è il Fas L (espresso
nei linfociti T in grado di riconoscere antigeni self aliminado così: linfociti autoreattivi e da
alcuni linfociti citotossici che uccidono cellule tumorali e infette da virus).
Quando Fas lega Fas L tre o più molecole di Fas si aggregano e i loro domini di morte
citoplasmatici formano un sito di legame per una proteina adattatrice FADD (anch’essa
munita di dominio di morte). FADD lega con il suo dominio di morte la forma inattiva della
caspasi 8 e 10. Vengono reclutate molte pro-caspasi 8 che vanno incontro a clivaggio
reciproco, divenendo attive. Queste attiveranno poi le caspasi effettrici. Questa via di apoptosi
può essere bloccata da una proteina FLIP che non permetto clivaggio procaspasi 8. Alcuni
virus e cellule normali, producono FLIP e si proteggono dall’apoptosi Fas-mediata.
Le caspasi 8 agiscono su una pro-caspasi 3 che viene attivata e trasformata in caspasi 3
effettrice e agisce su substrati sensibili. Uno di questi è la deossiribonucleasi caspasi
dipendente (CAD) che si trova nel citosol legato ad un inibitore. La caspasi 3 distacca
l’inibitore, rilascia le nucleasi che trasloca nel nucleo e inizia la degradazione del DNA. Altri
bersagli delle caspasi sono proteine della matrice nucleare e proteine del citoscheletro.
Fase effettrice.
Sia la via intrinseca che quella estrinseca convergono in una cascata di attivazione delle
caspasi che agiscono nella fase finale dell’apoptosi :
 Nella via intrinseca si attiva la caspasi iniziatrice 9
 Nella via dei recettori di morte/ estrinseca si attivano le caspasi iniziatrici 8 e 10.
Dopo si attivano rapidamente le caspasi effettrici (come 3 e 6) che agiscono su molti
componenti cellulari: clivano inibitore DNasi citoplasmatica attivandola e frammentando il
DNA, degradano componenti strutturali della matrice nucleare promuovendo
frammentazione del nucleo.

N.B. In certi tipi cellulari caspasi 8 non è attiva per agire in modo efficiente su caspasi 3, ma
esercita attività sulla proteina BID presente solo nel citosol. Questa dopo interazione con
caspasi 8 trasloca nel mitocondrio determinando rilascio del citocromo c. Questo stabilisce un
legame con la via intrinseca che di norma è attivata da presenza citochine, fattori di crescita,
danno al DNA e raggi UV.

Rimozione cellule morte.


I corpi apoptotici derivanti dalla disgregazione cellulare, vengono fagocitati dai fagociti. Essi e
anche le cellule apoptotiche subendo alterazioni a livello della membrana cos’ rapidamente
prima che si liberi contenuto cellulare e si inneschi reazione infiammatoria.
 Ricorda ruolo della fosfatidil-serina che altera la membrana plasmatica contribuendo
ad attivare la fagocitosi. Inoltre le cellule secernono fattori solubili che attivano
fagociti.
 Corpi apoptotici esprimono trombospondina, glicoproteina adesiva riconosciuta dai
fagociti; i macrofagi stessi poi producono proteine che legano cellule apoptotiche
destinandole alla fagocitosi.
 Corpi apoptotici si rivestono di anticorpi naturali e di proteine del sistema del
complemento (C1p) che i fagociti sono in grado di riconoscere. La fagocitosi delle
cellule apoptotiche è così efficiente che le cellule morte scompaiono nel giro di minuti
senza lasciare traccia e senza scatenare infiammazione, nemmeno in un contesto di
apoptosi estesa.

L’apoptosi può essere fisiologica o patologica.

Apoptosi Fisiologica.
Si verifica normalmente durante lo sviluppo e per tutta l’età adulta e permette eliminazione di
cellule vecchie, dannose non necessarie e mantiene in equilibrio varie popolazioni cellulari nei
tessuti. Essa interviene:
 Nella distruzione programmata delle cellule nel corso dell’embriogenesi
 Involuzione di tessuti ormone-dipendenti in seguito alla cessazione dello stimolo
ormonale (distruzione cellule endometriali durante ciclo mestruale)
 Perdita di cellule nelle popolazioni cellulari proliferanti (linfociti immaturi nel midollo
spinale e nel timo che non esprimono recettori per antigene utili, cellule epiteliali nelle
cripte intestinali con lo scopo di mantenere un n° di cellule costanti (omeostasi).
 Eliminazione dei linfociti autoreattivi potenzialmente pericolosi sia prima che dopo
maturazione.
 Induce morte in cellule dell’ospite che hanno esaurito la loro utilità come i neutrofili
durante risposta infiammatoria acuta e i linfociti al termine di una risposta
immunitaria. Le cellule in questo caso vanno incontro ad apoptosi poiché private dei
segnali di sopravvivenza come i fattori di crescita.
Apoptosi Patologica.
L’apoptosi determina l’eliminazione di cellule che hanno subito danno superiore alla capacità
di riparazione senza indurre alcuna reazione nell’ospite e limitando il danno tissutale. E’
coinvolta quando c’è:
 Danno al DNA: radiazioni, farmaci e ipossia possono causare danni al DNA sia
direttamente sia producendo radicali liberi. Se i meccanismi di riparazione non
riescono a contrastare il danno, la cellula innesca meccanismi che la inducono a morte
per apoptosi. Eliminare la cellula è la migliore alternativa dinanzi al rischio di acquisire
mutazioni rischiose nel DNA danneggiato che potrebbe determinare trasformazione
maligna, se il danno è maggiore portano la cellula a morte per necrosi.
 Accumulo di proteine ripiegate in modo anomalo che comporta una condizione detta
“stress del R.E.” che culmina nella morte per apoptosi.
 Atrofia patologica in organi parenchimatosi in seguito a ostruzione dei dotti
(pancreas,rene)
 Morte cellulare in determinati processi infettivi soprattutto se di natura virale. La
perdita di cellule infette è dovuta all’apoptosi indotta dal virus stesso o alla risposta
immunitaria dell’ospite. (importante risposta dell’ospite alla presenza virale è
rappresentata dai linfociti T citotossici specifici per le proteine virali, che inducono
apoptosi di cellule infette.
L’apoptosi è un fenomeno che in condizioni fisiologiche esercita insieme ai processi di
proliferazione e riparazione del DNA un ruolo di primaria importanza per salvaguardare
costanza numerica delle cellule che formano i vari tessuti e della loro integrità funzionale.
E’ responsabile della comparsa di condizioni patologiche quando, alterata, si manifesta in
termini di eccesso o di difetto o in un momento inopportuno.

Apoptosi e cancro.
La stessa crescita neoplastica è dovuta non solo a un eccessiva proliferazione cellulare ma
anche alla ridotta mortalità cellulare e nella maggior parte dei casi, alla combinazione 2
fenomeni. L’inibizione della morte cellulare è causata dalla mutazione di diversi geni i cui
prodotti sovraintendono alla sua regolazione.

Geni famiglia BCL-2.


Comprende 7 geni i più diretti arbitri dell’attivazione del programma di morte cellulare
programmata. Alcuni codificano per prodotti che bloccano apoptosi (BCL2, BCL-omega,
MCL1) altri per prodotti che la favoriscono (BAX,BAD,BAK,BID). Quindi:
 Sono i livelli relativi di proteine pro e anti apoptotiche che determinano il destino della
cellula.
 Inoltre i deni della famiglia BCL-2 sono in condizioni fisiologiche variamente espressi
nei vari citotipi dell’organismo il che spiega la differente suscettibilità o resistenza ai
segnali apoptotici.
 Non è solo la prevalenza di un gruppo o dell’altro di proteine che condiziona destino
della cellula. Molte proteine codificate dai geni della famiglia BCL-2 possono formare in
vivo e in vitro omodimeri e eterodimeri: BAX-BAX favorisce morte cellulare, BCL-2-
BCL2 favorisce la sopravvivenza, BAX-BCL-2 è inattivo.
 Tuttavia in caso di prevalenza dell’omodimero BAX-BAX l’iperespressione
contemporanea di un gene antiapoptotico come BCL-2 sposta equilibrio verso la
formazione di eterodimeri (BAX- BCL2) con annullamento stimolo apoptotico. Le
proteine proapoptotiche agiscono inducendo formazione megapori sulla membrana
mitocondriale innescando fase effettrice apoptosi. Nella membrana mitocondriale sono
presenti anche proteine antiapoptotiche che espletano varie dfunzioni tra cui quella di
formare eterodimeri con le proteine proapoptotiche e di bloccare attivazione delle
caspasi e rilascio citocromoc.
 La conversione tra controllo alterato dell’apoptosi e sviluppo neoplastico si basa
sull’alterato funzionamento del gene antiapoptotico BCL-2 che può essere considerato
come un peculiare protoncogene il cui prodotto favorisce la sopravvivenza cellulare
(contrariamente agli altri protoncogeni) di favore la replicazione cellulare.
 Nella pratica clinica, la resistenza ai farmaci chemioterapici è dovuta nella maggior
parte dei casi alla iperespressione di BCL-2.
 Il gene BCL-2 è esso stesso responsabile della comparsa di tumori, questo venne
scoperto nei linfomi follicolari a cellule B in cui si verifica nell’80% dei casi una
traslocazione. Il gene BCL-2 localizzato sulla banda q-21 del cromosoma 18 viene
giustapposto sul cromosoma 14 dove è presente gene che codifica catene pesanti delle
Ig con la conseguenza che BCL-2 risultato abnormemente attivato sotto l’influenza
dell’enhancer del gene per le Ig che produce eccesso di BCL-2 che favorisce
sopravvivenza cellulare.

Tp53 (ruolo nell’apoptosi).


Un’alterazione strutturale di qualsiasi tipo sul DNA innesca un segnale a cui consegue
attivazione serintreoninchinasi, in particolare il prodotto del gene fosforila la p53 inducendo
il distacco dal prodotto del gene mdm^2 con il quale è complessata ed è inattivata. C’è
l’aumento di p53 libera in grado di formare omotetrameri previa fosforilazione operata da
altre serin-treoninchinasi. P53 attiva:
 Geni proapoptotici (BAK, BAX) che formano omodimeri proapoptotici che a livello
mitocondriale innescano fase effettrice.
 Geni che codificano per prodotti che fermano il ciclo cellulare (waf1 che codifica per la
p21 che inibisce cdk)
 Geni coinvolti nella riparazione del DNA. L’oncosoppressore RB1 ha un ruolo ambiguo
nella regolazione dell’apoptosi in quanto è in grado di indirizzare la cellula verso la
morte cellulare programmata sia verso la sopravvivenza.
 L’attività antiapoptotica di RB1 è emersa dall’osservazione che i topi KO per questo
gene muoiono a causa di una grave apoptosi.
 Attività proapoptotica dipende dall’inibizione della fosforilazione della p105^RB con
conseguente impedimento del rilascio del fattore di trascrizione ELF. Questo fattore
attiva la trascrizione di geniche facilitano la proliferazione e anche del gene Avj il cui
prodotto è una serin/treoninchinasi che agisce su p53 attivandolo.

C-MYC (ruolo nell’apoptosi).


Abbiamo + volte sottolineato la versatilità della proteina c-myc che determina sia
proliferazione sia differenziazione cellulare. Dati sperimentali hanno dimostrato che
l’incremento della sua espressione può dare alla cellula due segnali equivalenti ovvero
proliferazione e morte cellulare programmata; il verificarsi dell’una o dell’altra dipende dai
segnali successivi che la cellula riceve. Più precisamente:
 Iperespressione di c-myc innesca sopravvivenza quando c’è la contemporanea
espressione di geni antiapoptotici soprattutto BCL-2.
 Iperespressionedi c-my induce apoptosi in caso di deficienza di fattori di crescita come
IGF e PDGF.

In questi eventi è coinvolto anche il gene TP53 che favorisce in certe condizioni l’apoptosi in
quanto il suo prodotto facilita l’espressione del gene proapoptotico BAX e reprime gene
antiapoptotico BCL-2.

Potrebbero piacerti anche