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L'Altro - Riassunto

Filosofia morale (Università degli Studi Roma Tre)

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Nota bene: questo testo è una sintesi tra il libro e le spiegazioni date dalla
professoressa durante le lezioni. Sono presenti numerosi errori di grammatica perché,
nella fretta, non ho avuto il tempo di correggerlo. Spero vi sia utile.

L'ALTRO
Le categorie su come posso pensare l'Altro sono:
◦ nemico
◦ amico
◦ ospite
◦ fratello

PRIMO racconto sul rapporto con l'altro:


Genesi cap. 4 dedicato a Caino e Abele.
Il motore di divisione è l'INVIDIA. Abele e Caino offriranno doni a Dio
ma egli gradì solo quelli di Abele. Abele non parla mai mentre Caino
parla sempre. La violenza nasce forse da quel DIALOGO sterile, dove
uno parla e l'altro tace, da quel silenzio che è mancanza di coraggio ad
intercettare le esigenze dell'altro.

Alla domanda di DIO "Dov'è tuo fratello?" Caino risponderà con una
domanda "Sono forse io il custode di mio fratello?" ovvero la risposta di
chi non si fa carico dell'altro, non ne è responsabile.

IDENTITA' E DIFFERENZA
Due strutture che si fronteggiano in una relazione e devono trovare un terreno
di incontro in cui ci sia un equilibrio tra la giusta attenzione alla propria
identità e al contempo il rispetto per ogni altra alterità.
Nella variegata riflessione filosofica novecentesca si impone la CATEGORIA
del NON SENZA: quello che caratterizza la nostra esperienza nel mondo è la
relazione con l'altro, senza il quale un uomo non può vivere. L'uomo, dunque,
non è destinato alla solitudine ma è naturalmente esposto all'altro. Aristotele
affermava “l'uomo non può essere felice senza l'altro”.
Il metodo migliore per intessere relazioni giuste è il DIALOGO. Dialogare è un
compito, una disciplina non un carattere innato nell'uomo.

FISIONOMIE DELL'ALTRO
LO STRANIERO di Albert Camus: il protagonista del romanzo è Meursault
è invaso da un pessimismo congenito che lo porta ad essere indifferente a sé
stesso e agli altri. La frase più frequente nel romanzo è “per me è lo stesso”
(partire o restare, sposare Maria o non sposarla) che denota il suo
atteggiamento di passiva indifferenza rispetto alla vita in cui tutti i giorni sono
uguali e tutto è appiattito. Meursault è ripiegato nel nudo presente e trascorre la

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propria vita osservando dal balcone la gente che passeggia la domenica. Un


giorno, però, senza motivo, spara e uccide una persona nella spiaggia di Algeri
e lì incontra in modo rude la società che lo giudica e lo condanna a morte. Ed
anche in prossimità della morte, il protagonista ha una reazione di collera
contro il sacerdote che lo vuole redimere dato che per lui la felicità risiede solo
nell'accettazione del caso e nel disinteresse verso tutto ciò che lo circonda.

L'ESTRANEO Jean-Paul Sartre: Per Sartre il rapporto tra l'io e l'altro è un


evento di reciproca negatività. Secondo Sartre ognuno di noi tende ad
affermarsi IN SE e PER SE ma davanti all'altro il PER SE diventa impossibile
dato che egli, con il suo sguardo mi oggettivizza trasformando il PER SE in
PER l'ALTRO. L'altro mi impedisce, dunque, di essere me stesso e con il suo
sguardo mi provoca vergogna o senso di difesa. Ma, d'altra parte, l'altro è colui
che mi fa prendere coscienza della mia identità anche se al contempo è
l'inferno, perché mi delimita, mi toglie libertà.
▪ “A porte chiuse” opera teatrale ambientata in una stanza senza finestre
né specchi (l'inferno) in cui vi sono tre personaggi (due donne e un
uomo) che attendono di essere torturati. Ben presto si accorgono di
essere lì per torturarsi a vicenda rivangando il loro passato, gli errori, i
desideri e persino i delitti. Imprigionati uno contro l'altro si
accorgeranno che la porta che credevano chiusa e aperta ma nessuno sarà
in grado di lasciare la stanza a causa dei rapporti ambigui che hanno
creato e che gli impediscono di liberarsi.
▪ DIFFERENZE con Camus: l'altro per Sartre è troppo vicino, troppo
soffocante e al contempo estraneo e violento mentre quello di Camus è
lontano e indifferente.

IL PROSSIMO Etty Hillesum: Etty considera ogni altro come prossimo,


come vicino alla sua condizione e per questo da amare. Nel campo di
concentramento lei deciderà di:
▪ non rispondere all'odio con l'odio dato che odiare porta alla distruzione
di sé
▪ ricercare ostinatamente del buono anche in quei luoghi di morte
▪ scaricare la colpa del male su Dio è solo un alibi per non assumersi,
anche come vittime, la propria responsabilità di cura nei confronti del
modo umano
Per Etty l'autentica vicinanza/prossimità con l'altro è quella che fa
dimenticare i propri bisogni per rivolgersi immediatamente alla cura per
gli altri.
▪ DIFFERENZA con Sartre: l'inforno è la mancanza di altri, è il nono
accorgersi che lo sguardo che reciprocamente ci scambiamo è indice del
nostra desiderio di conoscerci e incontrarci.

LA FILOSOFIA EBRAICA

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LA FILOSOFIA DEL VOLTO Emmanuel Levinas: per Levinas l'altro si


presenta in primo luogo come volto e rivelazione dato che nel volto dell'altro vi
è una traccia del volto di Dio che per noi è inattingibile. Il volto è la presenza
viva dell'altro ed il suo modo di essere è l'andare verso l'io e costringerlo alla
responsibilità verso di lui, ovvero a prendersi cura di lui. Per Levinas la
relazione fra l'io e l'altro si configura come asimmetrica dato che l'io è
responsabile verso l'altro ma non si aspetta il contrario: ciò che muove l'io è
appunto il senso di responsabilità verso l'altro che dalla nudità del suo volto
invoca la necessità di una irrevocabile risposta.

LA SCOPERTA DEL “TU” E IL DIALOGO Martin Buber: Nell'opera “Io


e tu” Buber definisce l'altro come “colui che sta di fronte” ed afferma che non
esiste un io senza tu dato che l'io si costituisce alla presenza del tu, o meglio
l'io prende coscienza di sé quando entra in relazione con l'altro. Accanto alla
coppia “io e tu” va considerata anche un'altra coppia, quella del “io- esso” che
si verifica quando contatto l'altro per un interesse, un bisogno e finisco per
renderlo un oggetto. Lo strumento primario per realizzare la relazione è il
dialogo che Buber che consente all'io di abbandonare le certezze del proprio
mondo e cercare uno spazio condiviso fra me e il tu.

LA FILOSOFIA PERSONALISTA
L'ALTRO COME PROSSIMO E LA SCOPERTA DEL “NOI” Emmanuel
Mounier: Mounier fu uno dei maggiori esponenti della filosofia personalistica
che pone al suo centro il concetto di persona. Per Mounier esistono tre
dimensioni della persona:
• vocazione: il compito che sei chiamato a svolgere
• incarnazione: la nostra esistenza è corporalmente connotata
• comunione: è la dimensione più importante e indica un tipo
di relazione caratterizzata dalla reciprocità del dono. Tale
relazione mi permette di scoprire il noi e di passare da una
società disgregata ad una comunità
Dalla comunione alla comunità=>Communitas=cum-
munus (con dono)
L'altro per Mounier assume i tratti del prossimo che non è solo colui che ha
bisogno di essere curato e consolato ma colui che, come me, è l'altro dato che
ogni uomo uomo è l'altro che da lontano deve diventare vicino, prossimo
appunto. L'altro quindi non è un mio limite ma la condizione necessaria per
fare comunità. La prossimità non è un dato precedente all'incontro ma è ciò che
creo con il rapporto/incontro.

LA RELAZIONE CON L'ALTRO COME ATTO DI LIBERTA' Luigi


Pareyson: Il pensiero di Pareyson è caratterizzato da una declinazione del
personalismo in chiave esistenziale secondo cui io persona posso incontrare e
riconoscere solo a condizione che questo altro si consideri simile a me
all'interno della comune umanità. Per il filosofo l'altro va visto come uno

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stimolo per esercitare la propria libertà dato che la relazione con l'altro non è
una condizione necessaria o inevitabile ma un ATTO di LIBERTA' che non
limita ma potenzia tutte le potenzialità umane.

COME IMPOSTARE LA CONVIVENZA?


Si possono prevedere 3 esiti:
• la negazione della differenza in nome dell'identità: penso l'altro come
identico a me e quindi ne nego la sua differenza integrandolo nella mia
identità
• penso l'altro come differente da me e quindi incompatibile con il mio
orizzonte vitale, dunque qualcuno da eliminare
• penso l'altro come uguale a me eppure da me differente, insieme legati
perché appartenenti alla comune umanità che richiede reciproca
responsabilità, l'uno verso l'altro

RACCONTO BIBLICO DI NOEMI, ORPA E RUT: Narra la storia di tre


donne, l'anziana Noemi e le sue due giovani nuore moabite, rimaste vedove e
povere che decidono di ritornare insieme a Betlemme. Nonostante Noemi abbia
inizialmente accolto volentieri la compagnia delle giovani donne mentre erano
in cammino cambia idea e gli dice di ritornare indietro dalla propria famiglia e
trovare marito. Mentre Orpa obbedisce a quanto detto da Noemi, Rut,
nonostante le insistenze della suocera, sceglie di restare con lei e di legare per
sempre la sua vita con quella di Noemi. Il gesto di Rut va letto come un gesto
di approssimarsi alla vita di Noemi impegnandosi a far propria la sua
prospettiva di vita e di vivere non tanto una con l'altra quanto una per l'altra. In
questo racconto la prossimità si traduce simbolicamente “nell'essere in
cammino”, un cammino che può rivelarsi lungo ed accidentato ma che va
percorso con decisione nell'interno di compiere un movimento in grado di
riempire il vuoto che inevitabilmente si frappone tra l'io e l'altro.

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