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Tacito nacque a Terni da una famiglia di condizione equestre intorno al 50 d.C.

Sposò la figlia di Giulio Agricola ed ebbe una fortunata carriera politica. Morì
intorno al 117 d.C.
Scrisse il De vita Iulii Agricolae (Agricola), De origine e situ Germanorum
(Germania), Dialogus de oratoribus, Historiae, Annales.
1. Le cause della decadenza dell’oratoria
Il Dialogus de oratoribus non è probabilmente la prima opera di Tacito, ma
è tradizione consolidata partire da essa per disquisire sul poeta.
Lo stile è simile ai letterati che si rifacevano al moderato asianesimo di
Cicerone e infatti a lungo si è dibattuto sulla paternità di quest’opera, e si è
giunti alla conclusione che si tratta probabilmente di un lavoro giovanile di
Tacito, legato alle predilezioni della scuola quintilianea, ma pubblicato
molto più tardi.
Dialogo al quale deve aver assistito da giovane a casa di Curiazio Materno
dove si parla di eloquenza e poesia. Vipstano Messalla parla della
decadenza dell’oratoria e ne indica le cause nel deterioramento
dell’educazione sia familiare che scolastica del futuro oratore, non più
accurata come nei tempi antichi. Materno conclude il discorso affermando
che una grande oratoria forse era possibile solo con la libertà, che regnava
al tempo della repubblica. Diviene anacronistico, in una società tranquilla
come quella imperiale, avere la stessa grandezza dal punto di vista delle
lettere e della fioritura delle grandi personalità. PACE ANZICHE’
INNOVAZIONE LETTERARIA…
2. Agricola e la sterilità dell’opposizione
Verso gli inizi del regno di Traiano, Tacito approfitta del ritorno alla libertà
post tirannide domizianea per pubblicare il suo primo opuscolo storico, che
tramanda ai posteri la memoria del suocero Giulio Agricola secondo lo stile
delle laudationes funebri: dopo un rapido riepilogo della carriera del
protagonista, parla della sua conquista dell’isola di Britannia, luogo in cui il
protagonista fa pubblica esposizione delle sue virtù e memorabili imprese.
Tacito mette in rilievo come egli avesse saputo servire lo stato con fedeltà,
onestà e competenza anche sotto un pessimo principe come Domiziano.
Alla fine Agricola per non macchiarsi di servilismo era anche caduto in
disgrazia presso Domiziano: attraversando incorrotto la corruzione altrui, sa
morire silenziosamente, e sulle reali cause della morte – naturale o ordita
da Domiziano – stende un velo pietoso.
3. Virtù dei barbari e corruzione dei Romani
Gli interessi etnografici sono al centro della Germania: unica testimonianza per
noi di una letteratura specificatamente etnografica, che a Roma doveva godere
di una certa fortuna. E’ stato sottolineato come questo tipo di notizie
all’interno della Germania non derivino da osservazione diretta, ma quasi
esclusivamente da fonti scritte: si è suggerito che egli possa aver tratto la
maggior parte della documentazione dai Bella Germaniae di Plinio il Vecchio.
Tacito segue la fonte con fedeltà, accontentandosi di migliorarne ed
impreziosirne lo stile.
A lungo gli studiosi hanno creduto che Tacito esalti una società, quella dei
barbari, ingenua e primordiale in quanto non ancora corrotta dai vizi raffinati
di una civiltà decadente. Non bisogna però insistere sulla “idealizzazione” delle
popolazioni selvagge: probabilmente esaltando la loro forza e tenacia Tacito
voleva rendere noto a tutti quanto queste popolazioni fossero pericolose
militarmente per l’impero: i Germani, forti, liberi e numerosi potevano
rappresentare una seria minaccia per un sistema politico basato su servilismo
e corruzione. Non stupisce tuttavia che Tacito si addentri anche in una lunga
enumerazione dei difetti di un popolo che gli appare come essenzialmente
barbarico: indolenza, passione per il gioco, tendenza ad ubriachezza e risse,
innata crudeltà.
4. I parallelismi della storia
In seguito scrive le Historiae, una vasta opera storica dove affronta gli
avvenimenti che vanno dal 69 al 96 d.C. (intenzione originaria, a noi sono
pervenuti solo gli anni 69-79). Nel proemio afferma di riservare per la vecchiaia
la trattazione di Nerva e Traiano. Le Historiae parlano dunque di un periodo
cupo, sconvolto da guerre civili e concluso da una lunga tirannide.
1 libro: narrazione regno di Galba, uccisione di quest’ultimo e elezioni di Otone
a Roma e di Vitellio in Germania. Lotta fra i due e successiva lotta fra Vitellio e
Vespasiano. Vespasiano insegue e uccide in Egitto Vitellio mentre suo figlio
Tito affronta i Giudei in Oriente. Libro 6 sacco di Roma e tumulti contro
Vespasiano.
Il 69, anno con cui si apre la narrazione, aveva visto succedersi 4 imperatori
(Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano). Tacito scrive le Historiae a 30 anni di
distanza ma la ricostruzione degli avvenimenti dell’anno dei 4 imperatori
avveniva nel vivo del dibattito politico che aveva accompagnato l’ascesa al
potere di Traiano.
PARALLELISMO NERVA – GALBA
Il predecessore di Traiano, Nerva, si era trovato come Galba ad affrontare una
rivolta di pretoriani; come Galba, aveva designato per adozione un successore.
L’analogia si ferma qui: Galba si era scelto come successore Pisone, Nerva
aveva consolidato il proprio potere associandosi nel governo Traiano.
Probabilmente Tacito aveva fatto parte del consiglio imperiale nel quale si
decise l’adozione di Traiano, e gli fa pronunciare un discorso nel libro in cui
sembra esternare aspetti significativi della sua posizione ideologico-politica.

Come abbiamo già detto, Tacito è convinto che solo il principato è in grado di
garantire la pace e la coesione dell’Impero: già il proemio delle Historiae
sottolinea come dopo la battaglia di Azio la concentrazione del potere nelle
mani di una sola persona si rivelò indispensabile per il mantenimento della
pace. Naturalmente il principe non dovrà essere uno scellerato tiranno come
Domiziano né un inetto come Galba; dovrà invece assommare in sé le qualità
necessarie per reggere la compagine imperiale: unica soluzione praticabile? Il
principato moderato degli imperatori d’adozione.
Stile delle Historiae vario e veloce, non concede all’azione di affievolirsi o
ristagnare. Sa conferire efficacia drammatica alla propria narrazione
suddividendo il racconto in singole scene, è inoltre maestro nella descrizione
delle masse e con gli stati d’animo della folla lascia intendere quello che sia il
clima respirato in una certa occasione.
Nel libro si raccontano per la maggior parte fatti di violenza, di prevaricazione
e di ingiustizia: di conseguenza la natura umana è dipinta in toni cupi. Ciò non
toglie che Tacito sappia tratteggiare in modo abile e vario i caratteri dei propri
personaggi, alternando notazioni brevi a ritratti compiuti, come quello di
Muciano descritto secondo la tipologia del personaggio “paradossale”, cioè
come un miscuglio di operosità e lussuria: eccellente nelle pubbliche relazioni,
ha una reputazione ripugnante nella vita privata. Altra figura ben analizzata è
quella di Otone, dominato da una virtus inquieta e personaggio in costante
evoluzione: nella sua figura avviene uno scarto quando, ormai certo della
disfatta da parte dei vitelliani, decide di darsi una morte gloriosa per
risparmiare allo stato un nuovo spargimento di sangue.
5. Le radici del principato
Terminata l’opera delle Historiae si dedica agli Annales, dove racconta la
storia del principato dalla morte di Augusto alla morte di Nerone ( 16 libri)
1-5 vicende interne ed esterne di Roma come i contrasti tra Tiberio e Pisone
11-13 il principato di Claudio che dopo la morte di Messalina cade nelle
mani del liberto Narciso e della seconda moglie Agrippina che lo fa
avvelenare e fa salire sul trono Nerone
13-16 Il celebre “regno felice” di Nerone durante i primi 5 anni di mancato
con la guida del filosofo Seneca, poi i crescenti rancori e vizi che lo portano
al matricidio e Seneca che si ritira a vita privata; la congiura di Pisone e il
famoso incendio di Roma che si pensa essere stato causato dall’imperatore
stesso.
Negli Annales Tacito parla in toni cupi del principato, visto come storia del
tramonto della libertà politica dell’aristocrazia senatoria e inizio di un
processo di decadimento morale che la rende vogliosa di un servile
consenso nei confronti del principe. Tacito parla però anche della parte
sana della élite politica che continua a dare il meglio sé nel governo delle
provincie e alla guida deli eserciti.
Importanza data alla pathos, drammi messi in scena, forte componente
grafica che permette di scavare nelle pieghe dei personaggi per sondarli in
profondità e portarne alla luce le passioni e le ambiguità che li dominano.
Le passioni dominanti sono quelle politiche: la brama di potere scatena le
lotte più feroci, che si svolgono all’interno del palazzo imperiale; tutte le
altre passioni, erotiche o materialistiche, passano in secondo piano rispetto
alla brama di governare.
Negli Annales si specializza definitivamente nell’arte del ritratto: il vertice è
stato individuato in quello di Tiberio, che si delinea progressivamente
durante il racconto. Perennemente sospettoso, taciturno per l’abitudine a
tenere celati i propri pensieri, talora con impresso sul volto un falso sorriso,
aveva fatto della dissimulazione la prima fra le sue virtù. Tacito ama, in
genere, il ritratto morale più di quello fisico.
6. Le fonti di Tacito
Problema a lungo dibattuto, e non giunto ad una soluzione definitiva.
Sappiamo però per certo che Tacito poté consultare la documentazione
ufficiale: “acta senatus” e “acta diurna populi Romani”, ed aveva a disposizione
raccolte di discorsi di alcuni imperatori. Sappiamo che attinse molto anche dal
genere letterario chiamato “exitus illustrum virorum”: una libellistica di
opposizione che narrava il sacrificio dei martiri della libertà, che avevano
affrontato il suicidio ispirandosi alle dottrine stoiche, che Tacito utilizza x dare
drammaticità al racconto e NON perché fosse ammiratore di questo genere di
suicidio che anzi riteneva inutile e mosso esclusivamente da ambiziosa
ostentazione.

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