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108,
in "MLN", 108,No.
n.11, (Italian
Italian Issue (Jan.,
Issue, Jan.)1993)
n.1993
Le allegorie di Tozzi
Eduardo Saccone
Pirandello non scrive male secondo Tozzi; solo che la sua "non e una
prosa che prende vita dalle parole, ma sono le parole che prendono
vita da quel che e dentro. [. ..] Parole [...] raschiate, assottigliate,
rese quasi imponderabili; adoprate senza nessun riguardo .. ."3 I1
contrario esatto, si direbbe, di quanto e osservabile invece in Tozzi:
nel quale i significanti non solo sono in piena evidenza, richiamanti
l'attenzione su di se, ma piu in generale il visibile, l'evidenza messa
sotto gli occhi del lettore, si accende di uno splendore-e uno
spessore-iperreale. Per spiegarci meglio: se in effetti l'impressione
del Tozzi che legge Pirandello e spesso quella di "un addentellato
continuo di astrazioni verosimili," l"'impressione di un mondo a-
stratto," con personaggi che potrebbero apparire "addirittura larve
e immagini di supposizioni" se non si indovinassero poi nutriti di
una "diffusa spiritualita," e impossibilitati a "restare nei limiti delle
nostre sensazioni," che comunque "si cambiano immediatamente in
significati trascendenti,"4 l'impressione del lettore di Tozzi e semmai
di un eccesso di sensazioni, i cui limiti non sono mai veramente ecce-
duti, ma ripetutamente sospettati, interrogati, messi alla prova, sem-
pre contemplati con accanimento e devozione, con devozione ac-
canita. Detto altrimenti, la realta che le parole designano acquista si
in Tozzi un "contorno riconoscibile"5 (come non accade in Piran-
dello a suo avviso), ma cio ch'e riconosciuto e precisamente un'al-
terita: il contorno e quello di una "convenzione geniale che s'impone
sempre piu chiaramente"; il contorno, cioe, di un'allegoria.
3 Ibid., p. 253.
4 Ibid., p. 251.
5 Ibid., p. 254.
6 F. Tozzi, Opere, IV, Cose epersone. Inediti e altre prose a cura di G. Tozzi (Firenze:
Vallecchi, 1981), pp. 331-332.
7 Ibid., pp. 332-333.
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gli occhi chiusi.
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Boccaccio o de
mente trarre soltanto da una loro lirica intima e continua le carat-
teristiche di una prosa nuova" (p. 331). E in quello su Con gli occhi
chiusi, al "nuovo romanzo"-di cui questo sarebbe "il primo caso
inventato da me in Italia"-e rivendicato "un concetto lirico della
prosa" (p. 333). Infine, sempre nel corsivo su Bestie, leggiamo: "Per
mezzo di Bestie io ho inteso di dare un libro sinteticamente lirico, con
E ho cambiato l
chie cose della n
sone."17
E sostengo, sicu
per staccarsi dai
possono ne men
fatto cosi. [.. .]
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E in Come legg
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ligenza e della p
(ibid.)
II che non significa poi altro che le parole non sono pigliate "di
squincio": non sono adoperate "con una psicologia approssimativa"
(p. 8). E non e questione di estetica o di purezza linguistica: "Tutte le
parole sono belle lo stesso se adoprate proprio nel momento pro-
pizio; come se fossero corde stonate o intonate" (ibid.). "Qualunque
parola puo essere adoprata se lo scrittore riesce a mettere dentro ad
essa un significato" (pp. 7-8). Per riassumere con le parole stesse
dello scrittore l'assunto del libro:
21 Sia nelle lezioni raccolte in II romanzo del Novecento (Milano: Garzanti, 1971), che
nel saggio del 1963 "Con gli occhi chiusi," poi in G. Debenedetti, Ilpersonaggio uomo
(Milano: II saggiatore, 1970).
22 Si tenga presente, anche se solo per il suo valore di sintomo non esaustivo di una
situazione ben piu varia e complicata, la nota del 28 gennaio del Giornale di bordo di
Ardengo Soffici: "II romanzo, la novella, il dramma sono forme d'arte ibride, tran-
sitorie destinate a sparire per lasciar libero il campo al puro lirismo.-E all'auto-
biografia." [A. Soffici, Giornale di bordo (Firenze: Vallecchi editore, 1921), p. 25.]
grande critic
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Sessantanove,
la prosa # 48
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(che iniziano r
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pesce, un'altra
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# 61, p. 159).
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(# 4 e # 59), le
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23 Cfr. in partico
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anello di Moebius
Mi ricordero se
matrimonio; for
volte, scrivevo
(p. 11
Mi ricordero se
e da' miei piedi
(p. 123)
Ma altrove:
Egli e tisico, con il viso giallo e incavato. [.. .] Ella si vergogna di mettersi
una rosa! [.. .] Si conobbero a una birreria, accanto al pubblico passeggio,
di domenica: i tavolini di pietra, rotondi, gli sgabelli di ferro verniciato,
l'orchestrina stonata, diretta dal maestro calvo. Si sposarono. Non escono
quasi mai insieme: ed ella e seguita da un canettaccio bastardo, spelac-
chiato e rattrappito, che dopo ogni trenta metri s'arresta per non cadere
su le gambe di dietro.
(p. 122)
Oppure:
Invidio quel ciabattino che suona cosi bene la chitarra quando non ha piu
voglia di farsi male alle dita con la lesina. Una ventina d'anni, una gamba
sola, e poca voglia di lavorare.
(p. 124)
Ah, si, ella mi ama tanto che mi viene da piangere! E, come se io non
l'avessi amata mai, sento tutt'insieme la voglia di vederla e di mettere la
testa sopra il suo petto. Ma perche soffro cosi, e non vado a trovarla? non
c'e piu la mia casa, i muri si spalancano; ed io mi metto fermo; cosi fermo
da sembrare che le cose si movano. II mio alito fa appannare i vetri della
finestra, ma lo specchio sembra un abisso che divora tutto.
(p. 139)
Ancora:
(p. 140)
Oggi sono rientrato nella chiesa della mia parrocchia. Lo scialbo bianco e
uguale a quindici anni fa: ho creduto riconoscere, su una colonna, vicino
a una panca, una scalcinatura che ogni domenica allargavo sempre di piu
con le unghie. E mi son ricordato dei fiori finti, a mazzolini, portati al
curato dalle due zitelle che andavano sempre insieme e facevano poca
elemosina; e tutti dicevano che erano avare. Oggi mi dispiace d'averle
odiate con feroce avversione, quasi sempre inciampando se mi voltavo a
perseguitarle con gli occhi. E tutte quelle ragazze, forse ora madri, e non
le riconosco, di cui ero un poco innamorato!
(p. 143)
su, a guardar le
un branco di pa
(pp. 1
Piu frequentem
dominare, come del resto c'era da attendersi in un modo che e
fondamentalmente narrativo, come si diceva:
Una sera d'estate mi sedei a pie d'un greppo e cominciai a fumar sigarette
l'una dopo l'altra. Era molto scuro, etc.
(p. 134)
A diciannove anni mi venne l'idea che sarei morto tra qualche mese. [... .]
Con l'ebbrezza della mia adolescenza mi sentivo doventare amico di tutte
le cose. [.. .] La mia malinconia aumentava con la sera. [.. .] E siccome
non potevo mangiare, perche digerivo male, dicevo al contadino, etc.
(pp. 134-35)
M'era venuto il tifo, e la febbre cresceva sempre. [.. .] Una mattina avevo
fame dopo aver preso la solita cucchiaiata di medicina. E non veniva
nessuno. [.. .] Entro un'ape. Etc.
(pp. 147-48)
Con la mia moglie era un affar serio, ogni giorno di piu. [. . .] Una volta, la
minestra mi parve sciocca; anzi, era certamente. Glielo dissi. Mi rispose:
Perche non vai a trattoria? [. . .] Si slanci6; io mi riparai con un braccio
piegato. In questo mentre vedemmo, tutti e due insieme, non so come,
(p. 149)
Dio mio, tutte queste case! Piui in la, piu in la! Arriver6 dove trovare un
poco di dolcezza!
(# 1, p. 117)
(# 53, p. 154)
sola, di farmen
collera; ed ero c
parevano chius
per forza dentr
(p. 121-122)
Gia allora, nell'altro tempo in cui egli "forse [...] non era triste
quanto oggi; e nel suo cuore i sogni non erano come vipere che si
sentono buone" (ibid.),
io avevo in mente di trovare alberi, ed alberi erano da per tutto. Ma quel
cielo, tutto turchino uguale, che mi pareva fossesi chiuso soltanto pochi
momenti innanzi che io arrivassi, mi metteva un rimpianto di sogni.
(ibid.)
(p. 124)
mani,") "ecco in
Ecco che io volev
le cose rifuggiss
tra io e altro, m
violenza violenza
no accostare, o p
egli si espone "a
Podere, "tutte le
(ibid.). L'apertur
esplicitamente in
"tristezza" che "veniva a oscurare definitivamente la sua anima"
(ibid.).27
E invece, "con gli occhi chiusi"?
Ma ora avrei voglia di scrivere una novella, i cui personaggi fossero burat-
tini di legno. Io credo che essi possano meglio di noi goder della luce e
dell'altre cose belle. Chi non ha visto quanto piacere hanno quando sono
mossi dai loro fili? Essi recitano volentieri; e sento tutto il baccano che
fanno entro la trama della novella. Inoltre, Rosaura non m'ha ingannato
mai; e il vestituccio se lo cambia pure che voglia io.
(ibid.)
(p. 163)
E, come in tanti altri testi di Tozzi, gli oggetti (gli altri: cose, persone,
bestie) sembrano cospirare, accordarsi in una congiura, una per-
secuzione:
pranzo erano mu
adoprarle ne meno
(ibid.)
Non abitero piu nessuna casa dove non sia anche lei: io la seguir6 con
un'obbedienza che i fanciulli non hanno.
Io non parlero che alla mia mamma.
Ed ella mi ricomprera un paio di piccioni; a cui tagliera le ali, perche
non mi volino via.
(p. 163)
Quell'estate era cosi calda che ne meno in cielo c'era posto per lei. Pareva
che il sole si levasse sempre piu grande, ed era impossible farsi un'idea di
quando sarebbe tramontato.
Siepi polverose, cipressi che parevano per seccarsi, alberi morti, sag-
gine e granturcheti doventati bianchi, fili di ragno cosi lucenti che pa-
revano di metallo che tagliasse le mani, usci screpolati, botti sfasciate, la
terra cosi dura che non la lavorava piu nessuno, i letti dei torrenti senza
libellule e con l'erba appassita, salci che non crescevano pii, gelsi con la
foglia piccola, vomeri lucenti, sassi che scottavan, nuvole rosse come fiam-
me, stelle cadenti!
(p. 138)
Quello a cui con una frusta di salcio avevano fatto un nodo scorsoio e
l'avevano lasciato li ciondoloni; quello infilato, dal ventre, a una canna
aguzzata: la canna riesciva dalla bocca, e il sangue colava giu grosso e
scuro; quello a cui avevano schiacciato con i sassi tutte e quattro le zampe;
quello accecato con i tizzi della brace; quello sbudellato con un colpo di
falcino; quello schiacciato dalle ruote del carro, a posta; quello lanciato in
aria dando un colpo sopra una tavoletta messa in bilico; quello pestato dai
due fidanzati: questi sono i rospi che ho visto morire, silenziosi, con quei
loro occhi che di notte luccicano.
(pp. 127-28)
quilla, ed e inve
perche la realta e
dall'ansioso io-che
spesso, sorpreso:
Quando tutto il co
denti il legno della
zanzara le cui ali p
(p. 124)
(p. 125)
(p. 156)
E quella finestra c
quando il sole si l
Camollia.
Non ho mai saputo chi ci sta.
(p. 152)
Non c'e risposta; irrefutabili, pero, sono "le strida dei porci scannati
ognuno basta ad empire di sangue due secchi" (p. 157). Come indu-
bitabile e il senso, che circola in tutti questi testi, di estraneita: di-
stanza, separazione, esclusione, e persecuzione, cui il soggetto non
vuole tuttavia arrendersi.
(# 68, p. 163)
Oppure:
Quanta solitudine e quanto silenzio anche con il vocio delle donne e dei
ragazzi! Quando le donne di Fontebranda cantano, con quella cadenza
d'una stanchezza tanto dolce!
(# 57, p. 157)
O ancora:
(# 5, pp. 121-22)
33 "E percio non credo piu a niente. E non mi fido ne meno della dolce erba verde,
che ha il torto di non sentire come me questo brivido che mescola la mia nascita con la
mia morte. lo sono furioso di vivere, e vorrei non essere nato" (Cose, in Cose e persone
cit., # 113, p. 201).
34 Cose, in Cose e persone cit., p. 178.
35 Persone # 21, in Cose e persone cit., p. 241.
di escludermi per
(Persone,
In un caso e nell
sione: temuta, d
gli estremi.
E in vece sono se
questo meriggio d
sensazioni mi allo
(Cose, #
"Malfatto della r
te "queste imagi
(Persone, p. 237)
identiche e interminabili attorno a cui la sua anima
si affatica da anni e anni; come se tirassi su una fune che non finisse
mai, o girassi una ruota pensando di vedere dove comincia e dove finisce.
Sono spazi interminabili, fatti innanzi e in dietro; credendo sempre di
giungere a qualche punto. Io durerei per tutta l'eternita.
Alla fine, per farmi smettere, si sfasceranno le cose che tocco; anche la
mia casa si sgretolera perch'io mi decida ad allontanarmi e riposarmi. Ma
io so che mi sara impossibile. Io sono troppo abituato a queste storie
vertiginose, che cominciano e finiscono soltanto nell'eternita. Sono treni
che passano in corsa, e io non posso mai salire.
(Persone, p. 237)
(p. 238)