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S. IGNAZIO DI LOYOLA
AUTOBIOGRAFIA
Esercizi spirituali - Studi
S. Ignazio di Loyola
AUTOBIOGRAFIA
Commento di Maurizio Costa S.I.
Edizioni AdP
In copertina: Raffigurazione dell'effigie del Santo per mano divina,
Andrea Pozzo, Chiesa del Gesù, Roma
Testimonianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 25
Capitolo primo
LOYOLA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . )) 37
Capitolo secondo
DA LO VOLA A MONSERRAT ................. . )) 73
Capitolo terzo
MANRESA ................................. . )) 97
Capitolo quarto
IL P ELLE GRINAGGIO A GERUSALEMME ....... )) 167
Capitolo quinto
IL RITORNO DA GERUSALEMME )) 197
Capito sesto
BARCELLONA E ALCALA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 213
5
Capitolo settimo
SALAMANCA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 251
Capitolo ottavo
PARIGI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 277
Capitolo nono
SPAGNA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 232
Capitolo decimo
VENETO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . >> 337
Capitolo undicesimo
ROMA...................................... >> 363
INDICI
6
INTRODUZIONE
7
S. Ignazio di Loyo/a - Autobiografia
8
Introduzione
9
S. Ignazio di Loyola - Autohiografia
IO
lntroduzione
Il titolo
11
S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
Il Redattore
12
Introduzione
Il metodo di composizione
13
S. Ignazio di Loyvla -Autobiografia
14
Introduzione
non venne mai dato alle stampe. L'anno 1567 ci presenta un fatto
decisivo e, purtroppo, gravido di conseguenze negative per la sto
ria del testo dell'A uto b iografia e, ancor più, per la vita della
Compagnia stessa: il terzo Padre Generale dell'Ordine, San
Francesco Borgia, incaricò ufficialmente il Padre Ribadeneira di
scrivere una biografia di Ignazio; in quell'occasione comandò pu
re che si ritirassero dalla circolazione tutte le copie dell'A uto ·
15
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
16
Introduzione
17
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
18
Introduzione
19
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
20
Introduzione
21
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
22
Sigle- Bibliografia
SIGLE E ABBREVIAZIONI
cfr. confrontare.
ed. edizione
23
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
Reg. Regola.
Summ. Hisp. Alfonso de Polanco, Summarium Hispanicum
de origine et progressu Societatis /esu, l 547-
1548, FN I, 146-256.
Vol. Volume.
24
BIBLIOGRAFIA
Edizioni in italiano:
25
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
lgnace de Loyola, Récit écrit par le Père L. Gonçalves aussitot qu 'il l'eut
recueilli de la bouche méme du Père lgnace, trad. par A. Lauras S.J.,
Intr., notes et index par J.-C. Dhòtel S.J., Paris, DDB-Bellarmin, 1988,
pp. 1 99.
lgnatius von Loyola, "Der Bericht des Pilgers", in: lgnatius von Loyola,
Deutsche Werkausgabe: Bd. Il - Griindungstexte der Gesel/schaft Jesu,
iibersetzt von P eter Knauer, Echter, Wiirzburg 1998 (= GGJ), 1-84.
Studi e Saggi:
26
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27
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28
PROLOGO DEL PADRE
LUIS GONçALVES DACÀMARA1
29
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
30
Prologo del Padre Luis Conçalves da Camara
31
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
32
PROLOGO DEL PADRE
GEROLAMO NADAV
33
S. Ignazio di Loyo/a - Autobiografia
34
Prologo del Padre Gerolamo Nadal
35
Capitolo primo
LOYOLA
nascita di Ignazio. Infatti, se egli avesse avuto 26 anni al tempo della fe
rita a Pamplona, sarebbe nato nel 1495, essendo certo che la battaglia,
alla quale si fa allusione in questo paragrafo, avvenne nel maggio 1521.
Alcuni, per evitare di ammettere che Ignazio sia incorso in un errore, ipo
tizzano in lui una doppia conversione: questo dato, secondo costoro, do
vrebbe riferirsi ad una prima conversione che si sarebbe verificata nel
1517 quando Ignazio, dalla corte di Arevalo, passò al servizio del duca
di Najera, viceré di Navarra. Ma le parole del testo «trovandosi in una
fortezza assediata dai Francesi)) legano strettamente i 26 anni alla bat
taglia di Pamplona del 1521. D'altra parte, la data di nascita di Ignazio
è da porsi necessariamente nel 1491 come aveva sempre sostenuto la sua
nutrice, Maria Garin, come prova un atto notarile del 1505 riguardante
la compravendita di un cavallo in cui Ignazio appare come testimone
funzione per la quale si dovevano avere almeno 14 anni di età-, e co
me soprattutto hanno ritenuto i Padri della Compagnia riuniti in Roma
alla morte del santo nel 1556, quando si trattò di stabilire con esattezza
l'età di Ignazio al momento della morte- 65 anni -per scriverlo sul
l'epitat1ìo tombale. Pertanto, è più logico pensare che Ignazio si sia
sbagliato per un difetto di memoria che, come vedremo in altri passi
dell'Autobiografia, non sembra essere molto viva e precisa alla fine
della sua vita (cfr. anche sotto,§ 30, nota 102).
2 Il termine spagnolo "dado" esprime bene lo stato di dedizione e di
schiavitù in cui Ignazio si trovava rispetto alle realtà mondane. La con
versione comporterà un "darsi" o un "essere dato" a Dio, agli esercizi spi
rituali, alle "cose interne" (cfr. Esercizi Spirituali, nn. 348. 44). Non si
tratta solo di un 'affezione o di un sentimento passeggero, ma di uno sta-
37
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo primo - Loyola
rendersF, alla sola condizione che fosse salva la vita, poiché ve
devano chiaramente che non si potevano più difèndere, egli pre-
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Capitolo primo - Loyola
41
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
tere le ossa al loro posto un 'altra volta. Dicevano che esse si tro
vavano fuori posto o perché erano state malamente ricomposte la
prima volta, o perché si erano spostate durante il viaggio, e che
cosi non poteva guarire. Si ripeté quella carneficina. In questa, co
me in tutti gli interventi prima subiti o che avrebbe dovuto subire
in seguito, non disse mai parola, né diede altro segno di dolore se
non stringere forte i pugni13•
42
Capitolo primo - Loyola
43
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
44
Capitolo primo - Loyola
tm> (per capire il «vincere se stessi», cfr. EESS., n. 87: «vincere se stes
si, vale a dire perché la sensualità obbedisca alla ragione e tutte le par
ti inferiori stiano più soggette alle superiori»).
20
Ancora una volta si può notare la forza di carattere di Ignazio e la
sua indipendenza di fronte a tutti, persino di fronte al fratello maggio
re, Martin Garcia, che incontreremo ancora in seguito (cfr. sotto,§. lO,
nota 54; §. 87, nota 4).
21
Nelle Costituzioni della Compagnia di Gesù si parla della pazien
za soprattutto in riferimento alle situazioni di malattia, sia perché in es
se si presenta l'occasione di edificare il prossimo attraverso la testimo
nianza di questa virtù (Es. Gen. , IV, [89]; Cost. , III, [272]. [304]; VI,
[595]), sia perché in questi momenti c'è più pericolo di mancare contro
di essa, data la debolezza della natura umana ( Cost., VI, [595]).
Certamente questi paragrafi del! 'Autobiografia dedicati alle infermità di
Ignazio sono una preziosa chiave di interpretazione dei testi che le
Costituzioni dedicano alle infermità dei membri della Compagnia di
Gesù. l gesuiti hanno, nell'esperienza del fondatore a Loyola, un modello
e criteri molto validi (non certo per le finalità, quanto piuttosto per al
cune modalità e alcuni atteggiamenti interiori), di cui avvalersi per i mo
menti di prova causati dal dolore fisico.
22 S.Ignazio insiste nell'umiliarsi e nel manifestare i propri gusti
corrotti: leggeva libri mondani e falsi, anzi ne era lettore abituale e ap
passionato. Come persona consegnata (nel testo origin ale "dado") alle
vanità del mondo (cfr. sopra§. l, nota 2), non aveva paura di darsi e di
affidarsi a queste letture svianti: erano i libri di quella letteratura caval
leresca allora molto in voga e che Ignazio aveva avvicinato soprattutto
ad Arevalo. Tra essi è da ricordare soprattutto l 'Amadigi di Gaula, al qua-
45
S. Ignazio di Loyola - Autobiograi
f a
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Capitolo primo - Loyola
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
pregnato) nel pensare a queste cose vane, fino al punto da esserne stimolate
l 'immaginazione e l'azione stessa. Tutto l 'uomo ne è coinvolto: pensie
ro, cuore, immaginazione fino all'operatività (cfr. sotto:- "quello che im
maginava fare"). Negli Esercizi Spirituali Ignazio scriverà che "alle
persone che passano da un peccato mortale all'altro, il nemico (Satana)
è comunemente solito proporre piaceri apparenti facendo immaginare di
letti e piaceri dei sensi"(EESS., n. 314), e che, proprio come aveva agi
to con lui a Loyola, "il nemico si comporta come il falso innamorato che
vuole restare segreto e non scoperto" (EESS., n. 326).
29 Da questa confessione di Ignazio circa il modo nel quale pensava
di seguire le vanità del mondo, si può forse cogliere il punto di inserzione
nella sua personalità deli 'interesse che suscita in lui la lettura della Vita
Christi e del Flos Sanctorum, e il motivo per cui questi libri riescono a
far presa su di lui. Ignazio concepisce i suoi ideali mondani in termini di
"fare"(= «quello che doveva fare»), di servizio, di peregrinazione(=
«raggiungere il luogo dove essa risiedeva»), di parole e di discorsi. Ora,
la vita cristiana presentatagli dai due libri è un servizio a Cristo Re eter
no, peregrinando (subito lo materializza a Gerusalemme, il luogo dove
Cristo aveva vissuto e "stava"), compiendo opere per il proprio Signore,
parlando a Lui e di Lui agli altri, ad imitazione di quei "caballeros de
Dios" che furono i Santi. La struttura di fondo è la stessa (''fare", servi
zio, mobilità, peregrinazione, valore della parola), ma l'oggetto verso cui
si indirizza è differente: da una parte la dama, dall'altra Cristo; da una
parte le imprese d'armi, dall'altra le azioni dei santi (cfr. sotto, §.7). La
sua conversione comporterà un cambiamento dell'oggetto della sua ri
cerca, ma non un cambiamento della maniera seguita nel cercare. Si no
ti, inoltre, in questo suo "iminaginare" a proposito della dama, come si
ritrovino vari elementi che Ignazio sfrutterà nella meditazione e nella con-
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Capitolo primo - Loyola
menti del suo spirito. Non cerca di combattere per far trionfare gli uni
piuttosto che gli altri pensieri. Il suo criterio di azione resta ancora quel
lo del «mi piace»: quando si trova stanco e annoiato da un pensiero pas
sa all'altro. Tuttavia, questa completa passività dimostra, almeno, un'i
niziale docilità all'azione del Signore. Dio è paziente e tocca l'anima di
Ignazio anche senza che questi lo desideri positivamente. Non è, però,
nemmeno giusto pensare che Ignazio si ponga come spettatore in posi
zione di perfetta "indifferenza" circa l'oggetto dei pensieri che si scon
trano dentro di lui. Mentre, infatti, desidera positivamente l'oggetto dei
pensieri mondani («le imprese mondane che desiderava compiere») e,
pertanto, si sente ancora affettivamente inclinato verso i pensieri vani,
subisce gli altri, quelli che provengono da Dio; però li avverte e non li
allontana. Ecco il primo passo verso la conversione: aprire la porta al
Signore.
38 In questo paragrafo Ignazio, a distanza di 32 anni, si fa premura di
annotare scrupolosamente quanto avvenne in lui a Loyola dopo la let
tura della Vita Christi e del Flos Sanctorum, riassumendolo in 5 punti:
l 0- Esistenza nel suo animo di una differenza tra i pensieri e i proposi
ti mondani, da una parte, e i pensieri e i propositi santi, dall'altra, o -me
glio ancora- tra lo stato d'animo in cui veniva a trovarsi dopo aver la
sciati i primi pensieri e propositi, e lo stato d'animo in cui si veniva a tro
vare una volta lasciati i secondi. Mentre "esistevano" a livello di pensiero,
gli uni e gli altri procuravano gioia e consolazione; la differenza comincia
quando egli li abbandona e non fa più caso ad essi; 2°- noncuranza di
Ignazio circa tale diversità(«non vi faceva caso, né si fermava a valu
tare tale differenza»); 3°- intervento di Dio, con un dono particolare
dali'Alto («finchè una volta gli si aprirono un poco gli occhi»); 4 o- rea
zione di Ignazio al dono: meraviglia («cominciò a meravigliarsi di que
sta diversità») e riflessione («e a riflettervi sopra»); 5° - frutti della pro
pria riflessione: conoscenza per esperienza delle consolazioni e delle de
solazioni e conoscenza della differenza degli spiriti.
53
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
contro chi cercava in tutti i modi di dissuaderlo dal viaggio(§§. 12. 36.
40. 43), soprattutto dopo difficoltà di ogni tipo(§§. 19. 27. 34), dopo le
luci dali' Alto a Manresa (§§. 27-30) e l'insorgere deli 'interesse aposto
lico (§§. 19. 26. 29) che avevano in parte sbollito «l'odio concepito
contro se stesSO))(§. 12), finalmente Gerusalemme appare ai suoi occhi
di pellegrino(§§. 44-45). Nel frattempo, il suo primo proposito aveva su
bito una trasformazione e si era arricchito, divenendo ferma decisione di
rimanere a Gerusalemme per visitare sempre quei luoghi santi (§ 45 ). .
Ignazio, però, non sa ancora che il suo ideale apostolico, che era già sor
to, si preciserà con maggiore evidenza, fino al punto da scalzare quel
l'ideale materiale-locale che, per amore di Cristo, aveva localizzato nel
la Città Santa. Pensava di aver trovato Cristo, il suo amore, nei luoghi che
il Figlio di Dio santificò con la sua presenza terrena, in modo speciale
nelle sue impronte al monte degli Ulivi(§. 47). Tutto questo era ancora
troppo semplice, troppo umano, troppo facile da capire, troppo esterio
re. C'era ancora molto da purificare. Dio si serve, per incominciare a scio
gliere la sua fermissima e rigida volontà di restare a Gerusalemme(§. 46),
proprio dell'ubbidienza ecclesiastica alla persona del P. P rovinciale dei
Frati francescani, rappresentante dell'autorità della Chiesa gerarchica, il
quale lo rispedì in Europa(§. 46). Gerusalemme, ormai, diventa nella vi
ta di Ignazio una meta che egli non raggiungerà più se non dopo aver at
traversato tante strade d'Europa ed essere giunto a Roma, la sua
54
Capitolo primo - Loyola
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
fantasma, produce un vuoto che lo lascia triste, arido e desolato (cfr. de
scrizione della desolazione nelle Regole del discernimento degli spiriti,
EESS., n. 317). È infatti una relazione alienante, assoluta e non media
trice di una relazione con Dio. Pertanto, non veicolando nulla, quando
scompare lascia il nulla. Amando la cosa creata sulla faccia della terra
in se stessa e non nel Creatore di tutte le cose (cfr. descrizione della con
solazione nelle Regole del discernimento degli spiriti, EESS., n. 31 6 ) e
chiudendosi nella relazione con una creatura, Ignazio non riceve dai
pensieri mondani una vera consolazione. Questa presuppone un'adesio
ne alla realtà, al dato storico e non può -invece- costruirsi sul vuoto, sul
l'irreale, su un desiderio alienante e fuorviante quale può essere quella
assolutizzata, chiusa con una creatura e non aperta a Dio. Nel secondo
caso, quello dei pensieri che nascono dalla lettura delle azioni di S.
Francesco e di S. Domenico, il desiderio di imitazione e di emulazione
-ancorché bisognoso di purificazione- ha un suo fondamento reale. Per
questo si produce nell'animo di Ignazio un effetto positivo e durevole al
di là della permanenza del pensiero: anche quando non pensa più a que
sti esempi, egli rimane contento e allegro (cfr. descrizione della conso
lazione, EESS., n. 316). La relazione con i santi non è alienante: nel ca
so dell'identificazione con i modelli e gli esempi non si dà più alcun giu
dizio o sguardo di approvazione o di disapprovazione. S. Francesco e S.
Domenico non giocano nessun ruolo di lodatori o di censori circa il mo
do in cui Ignazio li imiterà. La relazione immaginaria è sostituita da un'e
semplarità vissuta e reale. Se il pensiero fantastico e irreale alienava e cor
rompeva, l'esempio riporta alla realtà e purifica. Inoltre, la relazione con
i santi non è alienante anche perché fa da mediatrice alla relazione con
Dio. Di qui il carattere relativo di questa relazione, che permette di non
cadere in desolazione perché rimane l'obiettivo ultimo della mediazio
ne: la presenza di Dio che consola. Sotto l'ideale dell'imitazione dei san
ti, Ignazio comincia a esperimentare Dio stesso come presente nella
consolazione e come forza che lo confronta con la realtà, con la verità
vera, quella della sua propria persona. Cosi facendo, nota ancora G.
Wilkens (o. c., 26), «egli percepisce nello stato d'animo dapprima eufo
rico, che però poi si trasforma in desolazione, il carattere ambiguo del-
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
44 I brani, come questo, riportati nel testo con carattere tondo, sono
annotazioni marginali aggiunte dal Padre Luis Gonçalves da Camara al
testo primitivo.
45 Più esattamente Ignazio chiama questa esperienza "lezione", ter
mine usato varie volte nella famosa lettera a Teresa Rajadell del 18 giu
gno 1536 (MI, Epp. l, 99-107): Dio attraverso i fatti si pone come mae
stro di scuola che insegna e guida (cfr. anche sotto, §.27).
46 Il discernimento si orienta verso l'elezione: la scelta di una vita pe
nitente e del pellegrinaggio a Gerusalemme. Questo, però, non avviene
senza una "dilatazione" in chiave storico-temporale della propria esistenza:
l'esperienza presente lo porta a riflettere sul passato per aprirlo poi sul
foturo. Dalla constatazione del suo stato speciale presente, Ignazio pas
sa all'analisi della propria vita vissuta fino ad allora. L a luce dell'oggi
mette soprattutto in rilievo le tenebre di ieri: il suo passato di peccatore
sta dinanzi a lui come un tratto di strada da percorrere perché egli, che
comincia ad essere pellegrino, possa raggiungere Cristo e i santi. L'analisi
del passato gli fa emergere dall'interno la necessità della penitenza.
Prima il desiderio della penitenza e della mortificazione sorge va dal! 'e
sterno, dall'esempio dei santi che egli voleva superare in tutto. Ora na
sce dal! 'interno, dalla constatazione del disordine interiore, dalla necessità
di superare se stesso. Il desiderio di emulazione resta, ma da fine comincia
a diventare mezzo: non si tratta di ingaggiare una lotta tra sé e i santi,
ma tra sé e se stesso. In questo i santi possono essere preziosi alleati per
superare il problema interno. In sintesi si può dire che la maturazione del
Ia dinamica interiore si snodi attraverso i seguenti passi: 1 o- forte espe
rienza al presente; 2°- riflessione sull'esperienza presente; 3°- insegna
menti che si ricavano dall'esperienza presente; 4°- proiezione di questi
insegnamenti su tutta la vita; 5°- analisi di tutta la vita passata alla luce
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visione in questo modo. Una notte, mentre era ancora sveglio, vi
de chiaramente un 'immagine di Nostra Signora52 con il santo
fiorarono nel suo spirito (Es. Gen. , Ilf, [501 ) . Questi desideri di entra
re e di perseverare nella Compagnia devono essere "enteros , cioè ca
"
paci di riempire tutto l'essere anche dal punto di vista temporale: si trat
ta, infatti, di perseverare nell'Ordine per tutta la vita. Il candidato, inol
tre, deve essere interrogato se abbia il desiderio di amare e di abbracciare
quanto Cristo ha amato ed ha abbracciato, cioè tutto il contrario di quel
lo che desiderano gli uomini mondani(onori, stima, fama e grande no
me sulla terra): «vestirsi delle stesse vesti e livrea del Signore per suo
amore e riverenza» e -se non ci fosse offesa per Sua divina Maestà- «in
giurie, false testimonianze, offese ed essere stimato pazzo( ... ) per me
glio imitare e seguire Cristo, via che conduce gli uomini alla vita» (Es.
Gen., IV, [l O l]). È talmente importante questo desiderio che, qualora il
candidato «non abbia in sé desideri così ardenti nel Signore», deve es
sere interrogato se almeno abbia il desiderio di provare tali desideri
(Es. Gen., IV, [102]). Dal gesuita, inoltre, le Costituzioni della Compagnia
di Gesù si attendono che sia un uomo pieno di desideri: essi si devono
manifestare nella tensione alla gloria di Dio, ad ogni virtù, alla propria
perfezione spirituale, alla propria emendazione e al progresso nella via
dello Spirito (Cost., l, [156]; III, [269]; VI, [602]). Devono avere, poi,
come oggetto: la maggior gloria di Dio (Cost., l, [156], VI, [602]), il di
vino servizio (Cost., IV [33]), il bene maggiore e più universale della
Compagnia (Cost., III [2 59], I, [I 56]), la conservazione e lo sviluppo del
la medesima (Cost., IV, [3081 ), la propria correzione spirituale( Cost.,
/11, [26 9 ]), la propria santiticazione e perfezione interiore (Cost., III,
[2 69]); VI, [602]), i frutti spirituali( Cost., VII, [60 5 ]), la crescita nelle
virtù (Cosi., IV, [484]), l'aiuto nelle cose spirituali (Cost., IV, [3431. [409 ]),
l'osservanza delle Costituzioni (Cosi., VI, [602]), la capacità di aiutare
sia la Compagnia (Cost. I, [ 1 56 ] ) che i Superiori (Cost., VII, [6 51]), la
retta e completa informazione (Cost., VI, [551]) ecc ... In particolare i
santi desideri devono animare e riempire la preghiera apostolica del
membro della Compagnia (Cosi., IV, [424]; VII, [638]; IX, [790]).
51 La "confirmatio" nella spiritualità ignaziana ha il doppio signifi
cato di autenticazione-ratificazione da parte di Dio della scelta e del di
scernimento dell'uomo (EESS., n. 183 e spesso nel Diario Spirituale) e
61
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Però, sia il fratello che tutte le altre persone di casa capirono dal
comportamento esterno il cambiamento che si era prodotto nella
sua anima interiormente54•
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Capitolo primo - Loyola
gli venne l 'idea di stra/ciare in breve alcune cose più essenziali del
la vita di Cristo e dei santi, e così, dal momento che già cominciava
ad alzarsi e ad andare in giro per casa, si mise a compilare un li
bro con molta diligenza, scrivendo le parole di Cristo in rosso e
quelle di Nostra Signora in azzurro, su carta lucida e a righe, con
bella calligrafia, perché sapeva scrivere bene57•
Questo libro contava quasi 300 fogli in quarto, scritti per inte-
ro.
Impegnava parte del suo tempo nello scrivere e parte nella pre
ghiera. La consolazione più grande che riceveva era contempla-
65
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do? Ignazio, come già all'inizio della sua convalescenza, quando si è sen
tito sollecitato a dover scegliere tra il seguire i pensieri mondani e ser
vire la dama, da una parte, e il seguire i pensieri suggeriti dalle letture e
le mozioni della grazia a servire Cristo come fecero i santi, dall'altra(§§.
6-8), anche adesso -alla fine della sua convalescenza- si viene a trovare
di fronte ad un bivio: alternativamente, il pensiero e il desiderio di una
vita fissa nella Certosa e il pensiero e il desiderio di una vita nella mo
bilità attraverso il mondo gli vengono ad occupare il cuore e gli appaiono
come mezzi più adeguati al fine che vuole raggiungere. Posto in stato di
discernimento e di elezione, Ignazio avverte la carenza di dati: per ope
rare un retto discernimento è necessario possedere un'informazione il più
completa possibile. La raccolta dei dati, il lavorio della memoria, se lo
fa espletare da un servo (un P. Polanco ... anticipato). Questi, dovendo
si recare a Burgos, poteva prendere le dovute informazioni sulla regola
certosina presso la Certosa di Miralores, ancora oggi esistente vicino a
quella città. La riflessione sui dati raccolti condusse Ignazio ad un giu
dizio positivo su quella regola e questo ebbe influsso sui rapporti futuri
tra la Compagnia di Gesù e l'Ordine Certosino. Ma sul momento non se
ne fece niente; anzi il processo stesso di quell'elezione si arenò (cfr. sot
to,§. 12, nota 63).
63 Non ne jèce tanto caso: così Ignazio esprime come si risolse la ri
flessione sul progetto della Certosa. Anche questo, però, è un punto di
arrivo di un suo discernimento. Il santo stesso richiama nel testo i moti-
68
Capitolo primo - Loyola
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S. Ignazio di Loyo la - Autobiografia
guire una regola come poteva essere quella della Certosa e, l'altra, an
dare solo per il mondo e praticare liberamente le penitenze che vuole. In
questo momento Ignazio percepisce come unica o, almeno, come migliore
forma concreta della propria vocazione la seconda. Egli vuoi essere li
bero, libero -come nota bene Osuna (Amigos en el Senor. p. 9)- di poter
andare da solo, libero per poter fare le penitenze che vuole. Per uno che
era stato schiavo di pensieri mondani e del vano onore del mondo, la pu
rificazione e la conversione è vista ed è vissuta come liberazione, come
un dono-conquista di libertà. Tuttavia inizialmente Ignazio (che era
schiavo del giudizio altrui e dipendente da quello che gli altri potevano
pensare o dire sul suo conto, lodandolo e approvandolo, oppure criti
candolo e disapprovandolo) vive questa libertà come liberazione da ogni
legame, come autarchia assoluta, come capacità di vivere da solo. Dio
lo guida, al principio, verso una vita anacoretica ed eremitica: andare da
solo a Gerusalemme in spirito di penitenza. La vita nella Certosa, con la
soggezione che comporta ad una regola, ha un senso comunitario e, so
prattutto, qualcosa di istituzionale che, per il momento, rimane neces
sariamente fuori del suo orizzonte di vita. Anche più tardi a Barcellona,
a Parigi e perfino a Roma stessa, !'«entrare in religione)) verrà da lui e
dai primi Compagni rifiutato come una realtà che viene a minacciare la
loro vocazione, il loro modo di procedere, lo spirito genuino del loro idea
le di vita nella povertà, nell'umiltà e, soprattutto, nella mobilità al di fuo
ri di strutture esistenti. Anche per Ignazio a Loyola, in sostanza, il so
prassedere all'elezione circa la Certosa è frutto di un inconscio mecca
nismo di difesa o, più esattamente, di un istinto di preservazione del suo
genuino ideale di pellegrino penitente, amante delle austerità, della po
vertà, del nascondimento, dell'umiltà, vissute o da viversi sempre nella
mobilità, al di fuori di schemi comunitari o istituzionali prestabiliti.
Questi, infatti, sono ancora colti da Ignazio come limitanti la piena libertà
alla quale si sente chiamato. Egli vuoi essere un laico -battitore libero
al servizio di Cristo e basta! Di qui il timore di non poter essere se stes
so, nel caso dovesse scegliere di entrare nella Certosa; di qui il lasciar
si invadere tutto ( "toto embebido ) " dal pensiero del pellegrinaggio a
Gerusalemme, a lui in quel momento più connaturale; di qui il trascura
re il pensiero circa la Certosa.
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Capitolo primo - Loyola
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
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Capitolo secondo
DA LOYOLAA MONSERRAT
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S. Ignazio di Loyo/a - Autobiografia
Dal giorno della partenza dalla sua terra si flagellava ogni not
te.
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
particolare: già avevamo visto Ignazio non badare alle circostanze quan
do si riprometteva di imitare i santi e di far penitenze (§.9). Nelle
Costituzioni Ignazio attribuisce grande importanza alle circostanze di tem
po, di luogo e di persona (Cost.,Proemio, [136]; Il, [211 ]. [238]; III, [295];
IV, [343]. [351). [3821. [395]. [462]; VI, [581]; VII, [618]; IX, [746].
[754]). Le Costituzioni potranno aiutare il corpo della Compagnia solo
se esse rimarranno aperte ad un pluralismo di determinazioni e di ap
plicazioni concrete, in modo tale da potersi incarnare in norme sempre
più particolari secondo la volontà di Dio. Essa, infatti, si manifesta
diversamente attraverso le varie necessità dei tempi, dei luoghi e delle
persone. Per questo, chi è chiamato a tàr osservare le Costituzioni deve
tener conto, «con la discrezione che la Luce eterna gli darà» ( Cost.,
IX,[746]), di tutte le circostanze particolari. Magis, interiorità, discrezione
e senso delle circostanze, nella spiritualità ignaziana e in quella della
Compagnia, si richiamano mutuamente, tanto che solo nella loro inte
grazione vicendevole, quando sono vissuti tutti insieme, possono dirsi
valori autentici. Con l'ignoranza e la trascuratezza delle circostanze
concrete non può coesistere la tensione del magis autentico, cioè del ma
gis "discreto", del magis che non è disgiunto dalla "mediocridad de la
discreci6n". È la discrezione che fa trovare il "giusto mezzo" delle virtù,
la loro piena verità e autenticità, perché aiuta ad evitare gli estremi op
posti della tiepidezza e del fervore indiscreto di chi «non tiene mo ·
79
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
a parlare di. Nostra Signora16; il moro diceva che pure a lui pare
va vero che la Vergine avesse concepito senza intervento d'uomo,
ma che avesse partorito restando vergine, questo non lo poteva cre
dere, adducendo le ragioni naturali che gli si presentavano alla
mente. Il pellegrino17, nonostante gli avesse portato numerosi ar
gomenti per attestare il contrario, non riuscì a smuover/o da quel
la opinione. Il moro, poi, si allontanò così in.fretta, che egli lo per
se di vista, restando a riflettere su quello che era capitato con quel-
pra,§. 10, nota 52;§. l l;§. 13, nota 3 e alla fine); a mano a mano che
egli rompe i legami con il mondo precedente, sempre più si afferma nel
la sua vita la nuova relazione con Nostra Signora. Nel dire addio al
mondo vecchio, sembra che Ignazio presti particolare interesse e atten
zione a Maria. Con questo vuoi forse egli ricordare ai Compagni la for
za purificatrice di Maria e la funzione di mediazione a Cristo Nostro
Signore esercitata dalla devozione a Nostra Signora?
17 D'ora in avanti nell'Autobiogrqfìa Ignazio si designerà con questo
titolo di pellegrino. Di qui il titolo Racconto del Pellegrino attribuito al
testo in varie edizioni in volgare in questo secolo. Ormai Ignazio si con
sidera pellegrino e tale vuole che sia considerato e si consideri ogni uo
mo, in particolare ogni gesuita: il pellegrino è un uomo in cammino, un
essere storico che non si ferma mai e che segue la via di Cristo; egli va
dove lo portano i suoi pensieri e la sue mozioni, è un uomo in continuo
stato di discernimento e di ricerca della volontà di Dio, di quel Dio che
lo guida attraverso le vie della storia e del mondo (J. Thomas, Il segre
to dei Gesuiti, Casale Monferrato 1988, 55). Si noti che la più antica let
tera di Ignazio che possediamo -quella indirizzata a lnes Pascual in da
ta 6 dicembre 1525 da Barcellona- è da lui firmata «il povero pellegri
no Ifiigo». L'idea del pellegrinaggio ha giocato un ruolo così importan
te nella sua vita, che egli ha voluto che i futuri membri dell'ordine da lui
fondato verificassero e maturassero la loro vocazione nel periodo del no
viziato anche attraverso l'esperimento del pellegrinaggio (Es. Gen. IV, .
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
gere nella mia vita e l'interrogarmi su che cosa ho fatto e tàccio per Cristo
è per arrivare a capire che cosa devo tàre per Lui nel futuro; e,intìne, la
pratica dellaripetizione(nn.62.99.118.119. 120.129.132.134.148.
159.204.208.221. 227.).
19 Si apre una nuova fase nell'itinerario di purificazione di Ignazio:
cominciano ad apparire i primi scrupoli (cfr. sotto,§§.22-25, l'esperienza
degli scrupoli che sarà a fondamento delle Note circagli scrupoli negli
Esercizi Spirituali, nn.345-351 ). S.Ignazio descrive questa nuova espe
rienza, che prende le mosse dalla riflessione sul suo comportamento
con il moro, proprio come descrive lo scrupolo nella nota seconda:
«Dopo aver pensato o detto o fatto una qualsiasi cosa (in questo caso la
conversazione e la discussione con il moro), mi viene dal di fuori l'idea
di aver peccato; a me sembra d'altra parte che non ho peccato,eppure in
tutto ciò mi sento turbato, in quanto dubito e in quanto non dubito. E que
sto è precisamente lo scrupolo» (EESS., n.347). Esso è da distinguersi
bene da ciò che propriamente è un giudizio erroneo, descritto nella no
ta precedente (EESS., n.346). Mentre questo è da detestare radicalmen
te, lo scrupolo autentico «per un certo spazio di tempo giova molto al
l'anima che si applica agli esercizi spirituali; anzi grandemente la puri
fica e la rende limpida, allontanandola molto da ogni parvenza di pec
cato» (EESS., n. 348).La rilettura della conversazione con il moro sca
tena in Ignazio mozioni e desideri: l'idea di non aver fatto il proprio do
vere e di aver peccato per aver permesso quelle affermazioni contro la
verginità della Madonna, suscita scontentezza verso se stesso e indignazio
ne contro il moro. Questo stato, a sua volta, gli origina un duplice desi
derio: quello di difendere l'onore di Maria e quello di inseguire il moro
e prenderlo a pugnalate per le affermazioni che aveva fatto. Subito gli sem-
82
Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
bra che ci sia continuità, nesso logico e coerenza tra i due desideri: l'at
tuazione del secondo gli appare come il mezzo necessario per realizza
re il primo. Ma quello che sarebbe stato un grave giudizio erroneo
(EESS., n. 346), che lo avrebbe condotto ad un autentico delitto preme
ditato, è stato impedito dalla percezione dell'opposizione tra i due desi
deri. Di qui la lotta tra i due desideri. Essa si protrae a lungo e gli lascia
il dubbio sul da farsi. Ignazio viene a trovarsi come di fronte ad un bi
vio, senza sapere dove andare. Il pellegrino è frenato dal dubbio e dal
l'incertezza. Tuttavia questa situazione di scrupolo, certamente doloro
sa, soprattutto per un uomo forte e volitivo come Ignazio, abituato a pren
dere decisioni con facilità, fu la sua salvezza. Infatti, anima cieca qual
era e tutta effusa ali'esterno, generosa, ma anche carente di discrezione
e di discernimento (cfr. sopra,§. 14), aveva bisogno di molta purifica
zione prima di giungere a quell'autentica trasparenza interiore che gli
avrebbe permesso di decidersi secondo i desideri di Dio.
20 L'episodio del moro mostra quanto cieca e carente di interiorità e,
quindi, bisognosa di purificazione, tosse l'anima di Ignazio anche per il
fatto che egli non arriva a prendere una decisione per se stesso, se non
quella di rinunciare alla propria capacità di discernere e quella di rimettersi
alla muta, cioè al concorso fortuito delle circostanze. Ignazio si viene a
trovare di fronte ad un dilemma per lui allora insolubile: i termini della
scelta che deve operare sono così contraddittori che non è possibile una
terza soluzione, neppure quella di non scegliere. Si trova come di fron
te ad un bivio senza la possibilità di fermarsi o di tornare indietro. E il
bivio stradale, che di fatto gli si para davanti tra la strada maestra e la
strada del villaggio, è come il simbolo di numerosi bivi interiori nei qua
li egli viene a trovarsi prima di prendere una decisione. Nel caso concreto
esso si presenta come uno schermo sul quale viene proiettata la situazione
della sua anima indecisa. Altre volte troviamo il pellegrino di fronte a bi-
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
verà definitivamente solo nel Romano Pontefice, la cui vicaria, come ve
dremo, sotto diversi punti di vista, trascende tutte le altre e, nello stesso
tempo, si presenta più interiore e più visibile, più spirituale e più concreta,
di tutte quelle precedentemente incontrate.
22 Rileggendo a distanza di 32 anni l'episodio del moro, Ignazio, die
tro il caso e il concorso fortuito delle circostanze, scorge la volontà di Dio
(«Nostro Signore volle ... » ). Questa gli appare tanto più chiara, quanto più
si consideri -come egli stesso fa notare- che da un punto di vista stretta
mente naturale le circostanze concrete sembravano favorire piuttosto l'al
tra soluzione: il villaggio stava a poco più di 30-40 passi e la strada che
ad esso conduceva era molto larga e molto buona.
23 Si disputa se fosse lgualada (Creixe/1, S. lgnacio de Loyola, l ,
Barcellona, 1922, 48-51; Leturia, P . de, E l gentil hombre liiigo Lopez de
Loyola, Barcellona, 1949, 253) o, come sembra più probabile, Lerida, se
condo la testimonianza deii'Araoz riferita dal Ribadeneira (Vida de san
lgnacio, MI, Scripta l, 725).
24 Appare molto chiaro come, per Ignazio, il pellegrinaggio a
Gerusalemme fosse marcato dall'idea e dallo spirito di penitenza e di po
vertà: l'abito ne doveva essere l'espressione esteriore; Ignazio si prepa
ra la livrea di Cristo (cfr. EESS., n.93 e Es. Gen., IV, [101]; circa il ve
stito nelle Costituzioni, cfr. sotto, §. 49, nota 9).
25 Con "borraccia" traduciamo il termine spagnolo calabacita che,
letteralmente, significa "piccola zucca". Più esattamente si tratta del
piccolo frutto della lagenaria, pianta tropicale delle cucurbitacee che ha
forma di bottiglia e ancora oggi è usato come recipiente per vino (=zuc
ca da vino) o per altre bevande.
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
26
La decisione della veglia d'armi a Monserrat, presa prima di in
contrare il confessore, si pone nel punto di incontro tra la folla di pen
sieri suscitati dalla lettura dei libri di cavalleria (soprattutto del! 'Amadigi
di Gaula, nel quale si descrive in modo vivo e con accenti pii e cristia
ni la veglia d'armi di Esplandiano, figlio di Amadigi, cfr. Leturia, El gen
tilhombre... ,232-233), e i desideri di imitare i santi compiendo imprese
in servizio del suo nuovo Re e Signore, Gesù Cristo, desideri maturati
in seguito alle letture del Flos Sanctorum e della Vita Christi. Non più
cavaliere del mondo, con la veglia d'armi a Monserrat Ignazio vuoi di
ventare cavaliere di Cristo. Per questo, come facevano i novelli cavalieri
prima di iniziare la loro milizia terrena, anche Ignazio vuoi rivestirsi del
le armi di Cristo, vuole indossare l'abito del penitente, povero e umile,
«il suo desiderato vestit m> (A utob §. 17), la «livrea di Cristo» (Es. Gen.,
.,
IV, [IO l]). Quest'ultima espressione coniuga il suo mondo di idee ca
valleresche (la livrea è il vestito adornato con lo scudo e le armi del re
e del signore che il nobile cavaliere è chiamato ad indossare) con l'amore
insorgente per Cristo, il suo nuovo Re e Signore, al cui servizio vuole
porsi. È il vestito di obbrobri, false testimonianze e ingiurie di ogni ti
po (Lainez, FN l, 53; Es. Gen.,IV, [l O l]), il vestito di gala del nuovo sol
dato di Cristo (Nadal, FN l, 392), che si prepara al servizio cristiano «con
le armi della povertà, delle umiliazioni e dell'umiltà» (Nadal, FN Il, 65).
Per questo è necessario lasciare gli abiti di prima: è il rifiuto del mondo
passato. Di esso rimane la struttura naturale; ne sono abbattuti i conte
nuti e il fine. Il cambiamento dei vestiti, segno esterno ed espres-
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
aiuto e delle delusioni ricevute dai confessori per la sua vita spirituale
(cfr. i confessori a Manresa §§. 22. 23. 25. 27 e il frate domenicano a
Salarnanca, §.64) e attraverso il fatto di non trovare in essi una capacità
di ascolto(§§. 34. 37) colta, invece, in una donna (§.37), Dio lo condusse
a distinguere formalmente la tùnzione del confessore da quella del
Direttore Spirituale, il foro interno sacramentale dal foro interno non sa
cramentale, ancorché accumulabili nella stessa persona. Questa prima ri
velazione del proprio interno ad una altra persona in una conversazione
che riveste contemporaneamente la forma di confessione, di rendicon
to di coscienza e di colloquio spirituale, segna in Ignazio l'inizio della
pratica della sua conversazione nella fede, che diverrà in seguito con
versazione apostolica, "principio e fondamento" del tipico ministero
della parola nella vita della Compagnia di Gesù.
31 Cfr. sopra, §.17, nota 27.
91
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
giorni come preventivato e ben presto la sua fuga dalla stima della gen
te viene vanificata dal gran parlare che si fece di lui e di quanto aveva
operato a Monserrat.
33 Cfr. sopra, §.17, nota 26.
34 Cfr. sopra, §.17, nota 27
35 Ancora una volta ci imbattiamo in un bivio stradale sul cammino
del pellegrino. Questa volta non c'è una muta a fargli scegliere Manresa,
ma il criterio dell'umiltà e del nascondimento: esso gioca il ruolo di vi
cario di Dio prima svolto dalla muta. Ci si può interrogare da quali per
sone in concreto Ignazio potesse avere paura di essere riconosciuto e os
sequiato, se avesse preso la strada diretta per Barcellona. Aveva forse pau
ra di incontrare il Papa Adriano VI col suo seguito, nel quale certamen
te si trovavano funzionari della corte di Castiglia a lui ben noti? Il 29 mar
zo 1521, solo 4 giorni dopo i fatti raccontati in questo paragrafo, il Papa
si trovava ancora in Saragozza. Per altri il vero motivo del suo puntare
su Manresa sarebbe dato dal fatto che, nonostante egli dica che era nel
suo piano restare a Manresa pochi giorni -alludendo con questo all'in
tenzione di proseguire subito il suo pellegrinaggio in Terra Santa-, in realtà,
dopo i tre giorni di ritiro a Monserrat, il suo progetto prevedeva anche
un periodo di preparazione spirituale a quanto si accingeva a compiere.
In questa ipotesi sembrava davvero ideale una località isolata e nasco
sta come Manresa, tanto più che si trovava vicina a Monserrat, dove sa
rebbe potuto ritornare con maggiore comodità, per consigliarsi con il suo
confessore benedettino D. Jean Chanon. Di fatto, al di là di tutte le sup
posizioni, resta vero che Ignazio da Monserrat discese direttamente a
Manresa e che, ancora a distanza di più di 30 anni, la scelta di questo pae
se gli apparve come una scelta dell'ultima ora, fuori dei suoi program
mi precedenti e dettata da un motivo di coerenza con le nuove "armi di
92
Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
Cristo", di cui si era rivestito, e con quella novità di vita, con la quale
voleva cancellare il passato di vanagloria e di ricerca di onori.
36 In realtà, la permanenza a Manresa si protrasse per più di l O me
si: dal 25 marzo 1522 al febbraio 1523. Gli studiosi si interrogano su que
sto tàtto. Per alcuni ad arrestarlo così a lungo a Manresa fu la salute ca
gionevole; per altri il ritardo nel viaggio di ritorno verso Roma di Papa
Adriano VI: questo gli avrebbe impedito di ottenere a Roma la benedi
zione per il pellegrinaggio in tempo utile per potersi imbarcare, a Venezia,
sulle ultime navi di pellegrini in partenza in quel 1522; per altri ancora,
la causa principale fu la peste che, proprio in quella primavera del 1522,
costrinse le autorità di Barcellona a proibire agli stranieri l 'ingresso in
città. Forse il ritardo può anche essere spiegato col fatto che a Manresa
Ignazio trovò condizioni favorevoli per la vita di preghiera, di peniten
za e di povertà, con la quale voleva prepararsi al pellegrinaggio.
Certamente questa permanenza risultò provvidenziale e decisiva: attra
verso prove interiori e illuminazioni straordinarie, Dio lo guidò ad una
più piena e matura conversione e purificazione.
37 Si tratta del ricovero dei poveri vecchi e degli infermi, detto ospe
dale di Santa Lucia. Fu lnés Pascual a procurargli in un primo tempo que
sto alloggio, come, più tardi, prolungandosi la sua permanenza, gli ot..:
tenne il posto nel convento dei domenicani. Questa permanenza di
Ignazio nell'ospedale di Santa Lucia nel tempo di Manresa, da lui defi
nito "la sua Chiesa primitiva" (espressione riportata dal Lainez, FN l, 140,
per significare l'inizio della sua vita spirituale e, insieme, lo straordina
rio fervore di quel periodo iniziale), è la prima esperienza che si trova
alla base del 2° esperimento del novizio gesuita. Questi è chiamato a fon
dare la propria vocazione ripercorrendo le esperienze fondamentali del
fondatore. Il testo del! 'Esame Generale ci rivela come Ignazio abbia giu
dicato il valore di queste permanenza negli ospedali e l 'utilità da esse ri
cavate: «il secondo esperimento consiste nel servire in uno o più ospe
dali, per un altro mese... Con questo esperimento si mira ad abbassarsi
e ad umiliarsi maggiormente, e i soggetti devono mostrare di essere per
sone che si sono distaccate completamente dal mondo, dai suoi fasti e
93
S. Ignazio di Loyola - Autobiograjìa
dalle sue vanità, per servire in ogni cosa il proprio Creatore e Signore cro
cefisso per essi» (Es. Gen., IV, [66]).
38 Ignazio parla di "libro". Probabilmente si tratta di quei «quasi 300
fogli in quarto, scritti per intero», nei quali riportava le parole di Cristo
in rosso e quelle di Nostra Signora in azzurro» (cfr. sopra,§. Il), oppu
re di alcuni appunti trascritti su fogli di quaderno, maturati a partire dal
le sue esperienze e riflessioni a Loyola circa la diversità degli Spiriti e
l'elezione (cfr. sopra,§. 8) e che, arricchiti dalle esperienze e riflessio
ni del periodo di Manresa e rielaborati e trasfusi in un nuovo schema, die
dero origine al libro degli Esercizi Spirituali, che andò poi compilando,
a poco a poco, nella sua vita (cfr. sotto,§. 99). Per il momento, però, que
gli appunti hanno significato solo per la sua devozione privata, secondo
la prospettiva prevalentemente, per non dire esclusivamente, individua
listica della sua vita spirituale.
39 Può essere interessante confrontare quello da cui Ignazio era con
solato prima di Monserrat (cfr. sopra,§. 14), con quello che, invece, ora
gli procura consolazione.
40 L'episodio del povero maltrattato, per il quale Ignazio versa lacri
me di compassione, più che far risaltare la bontà del pellegrino, forse è
stato raccontato da Ignazio per dare un esempio, attraverso la propria vi
ta, della pericolosità della "caritas indiscreta". Di fatto, come l'episodio
del moro o come la descrizione spettacolare, ma un po' ingenua, della ve
glia d'armi a Monserrat, questo episodio esemplifica quanto atTermato
dal santo nel§. 14: Ignazio certamente si mostra generoso e magnanimo,
ma, con un po' più di prudenza e di discrezione, avrebbe dovuto preve
dere che il povero sarebbe facilmente finito nelle mani del servo-poliziotto
o di altra gente del monastero, e che -come di fatto avvenne- avrebbe po
tuto essere accusato di furto.
94
Capitolo secondo - Da Loyola a Monserrat
si alla stima della gente, non poté stare a lungo in Manresa sen
za che la gente dicesse grandi cose di lui, essendo giunta l 'eco di
quanto era capitato a Monserrat. Subito lafama crebbe, fino a dir
di più di quello che era: che aveva lasciato un grande patrimonio,
ecc.
95
Capitolo terzo
MANRESA
97
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
cuni passi del racconto relativo al periodo degli scrupoli (per esempio,
cfr. §. 23, dove si dice che gli scrupoli «ormai lo tormentavano da mol
ti mesi», oppure§. 25: «aveva ormai una certa esperienza della diversità
degli spiriti grazie alle lezioni che Dio gli aveva dato>>) non rendono af
fatto semplice una ricostruzione cronologica dei fatti come sono narra
ti nel ristretto spazio di l O mesi e mezzo e, per lo meno, fanno sorgere
dubbi che almeno l'illuminazione del Cardoner, descritta nei§§. 30-31,
abbia storicamente preceduto l'esperienza degli scrupoli, narrata prece
dentemente nei §§. 22-27. Generalmente quasi tutti gli studiosi e agio
grafi del santo ritengono che i fatti siano narrati secondo l'ordine stesso
in cui si sono verificati. Personalmente inclino per la seconda ipotesi, con
Granero (San lgnacio de Loyo/a, Razon y Fe, Madrid, 1967, pagg. 41-
44) e soprattutto con il Lainez (Epistula P. Lainii de Patre Jgnatio, n. l O,
FN l, 80), che pone l'esperienza del Cardoner al termine del primo pe
riodo di quattro mesi della permanenza a Mariresa, e con il Polanco
(Summarium Hispanicum, n. 18, FN l, 1 60 ; cfr. anche FN II, 526). Tra
l'altro essa permette di rispondere meglio e in modo più coerente ai pro
blemi riguardanti l'esperienza e la composizione degli Esercizi Spirituali
che, come si sa, è propria e specifica - anche se non esclusiva- di questo
periodo di Manresa. Se ci si interrogasse perché mai, allora, il testo in
vece riporti l'esperienza del Cardoner dopo l'esperienza degli scrupoli,
molte potrebbero essere le risposte. La più soddisfacente, probabilmen
te, è quella che, richiamandosi all'intenzione fondamentale per cui
Ignazio ha ceduto alle istanze dei compagni di raccontare esperienze del
la sua vita, cioè "per fondare in verità la Compagnia", ravvisa nella tra
sposizione della materia una sua preoccupazione pedagogica in ordine
alla formazione del gesuita e, in genere, dell'uomo spirituale: nella sem
plice narrazione cronologica dei fatti, con la visione del Cardoner col
locata immediatamente dopo il primo periodo marcato da forti austerità
nella povertà e nelle penitenze, e prima del periodo degli scrupoli, c'e
ra pericolo che il lettore o potesse dare un valore positivo a quelle "san
te pazzie", facendole apparire come la disposizione ottimale per dispor
si ai doni di Dio, o non rendesse abbastanza conto della gratuità e del ca-
98
Capitolo terzo - Manresa
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
alle sue inclinazioni (cfr. J'"agere contra" negli Esercizi Spirituali, nn. 16.
319. 325. 351. 12. 13. 324 e nelle Costituzioni: Es. Gen. IV, [82]; Cost.,l,
[101]; III, [265]; VI, [553]). Egli vuole operare una rottura totale col pas
sato, con la sua vita mondana e con il suo stesso rango sociale. Vuole,
per così dire, compensare il suo amore esagerato per l'eleganza e l'ap
parenza esteriore di un tempo, quando erano orientate agli onori e al
l'approvazione da parte degli altri, con un disprezzo del corpo e con una
trascuratezza nella sua figura esteriore, per rompere ogni relazione con
la gente e, in tal modo, per potersi sottrarre alla stima o, in ogni caso, di
minuirne l'influenza sul suo stato d'animo. L'isolamento dall'ambiente,
che in gioventù era stato adottato come mezzo per amore agli onori e per
salvaguardare la propria stima di fronte agli altri (cfr., per esempio, il ca
so dell'infezione al naso raccontato dal Ribadeneira, FN Il, 326), ora vie
ne scelto come mezzo per fuggire onori e stima. Ignazio in questo ma
nifesta ancora mancanza di interiorità: dà ancora troppo peso al portamento
esteriore, non si mostra autenticamente "indifferente" e libero di fronte
ad esso. Egli si vede ancora "guardato" dagli altri. E a questo punto fa
riferimento la tentazione del serpente descritta in questo stesso paragrafo.
4 Alcuni studiosi interpretano questa visione come un'allucinazione
causata dalla cattiva e scarsa nutrizione; sarebbe un po' come l'effetto del
le sue penitenze che gli rovinarono per sempre la salute. Probabilmente
questa interpretazione non è esatta, almeno in tutti i suoi aspetti, perché
questa visione ritornerà anche quando avrà smesso di digiunare e quan
do, alla luce dell'esimia illuminazione del Cardoner, riuscirà a discernere
in essa l'azione dei demonio (cfr. sotto,§. 31 ) Ma, probabilmente, non
.
100
Capitolo terzo - Manresa
101
S. lgiWzio di Loyola - Autobiografia
102
Capitolo terzo - Manresa
della sua vita7, come se gli dicessero dentro l 'anima8: «Come po
trai tu sopportare questa vita per i settanta anni che dovrai vive
re?»9. Ma a questo, pure interiormente, gli ribatté con grande for
za, sentendo che proveniva dal nemico10: «0 miserabile! Puoi tu
scherata nella sua origine: l'idea e il pensiero esplicito(= tu non puoi sop-
103
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
n i-, gli venne un pensiero violento che lo molestò ... » ), certamente non
venne riconosciuta come tale se non dopo la visione del Cardoner (cfr.
sotto, §. 31 ). Era più subdola e nascosta perché il tentatore si presenta
va sotto le vesti di angelo di luce.
12 Alcuni traduttori (per esempio Guerello in: Sant'Ignazio di Loyola,
Autobiografia e Diario Spirituale, Libr. Ed. Fiorentina, Firenze, 1959, pag.
78) e alcuni studiosi (per esempio Wilkens, o. c. , pag. 5 l) sembrano ri
tenere che l 'ingresso in chiesa sia stato il mezzo attraverso il quale
Ignazio rispose al tentatore e superò la prova. Di tàtto il testo spagnolo
dice genericamente: «Y fue esto entrando en una iglesia)) senza specifi
care se "esto" si riferisca alla vittoria sulla tentazione o alla tentazione
stessa. In quest'ultimo caso si tratterebbe di una semplice annotazione
di una circostanza temporale della tentazione, senza alcun riferimento al
modo attraverso il quale il santo la superò.
13 Probabilmente si tratta della chiesa dei domenicani, o della
Cattedrale.
104
Capitolo terzo - Manresa
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
fatto che allora la loro diversità dipendeva da una chiara diversità delle
cause, cioè dai pensieri che le animavano e le originavano - i pensieri se
condo Dio e i pensieri mondani-, mentre qui a Manresa, almeno appa
rentemente, un'identica situazione e occupazione produceva ora aridità,
tristezza e desolazione, e ora, invece, un improvviso senso di liberazio
ne e di leggerezza. Si tratta di un fatto nuovo ed Ignazio ne rimane inti
morito: le inspiegabili e contraddittorie oscillazioni pongono il suo spi
rito nella situazione di chi ha paura di non possedersi e padroneggiarsi
più per l'incapacità di riconoscere le cause delle difficoltà. Tutto questo
lo avvia su un nuovo cammino di ricerca e di discernimento circa il sen
so della propria vita.
17 n testo originale usa il verbo "conversar", termine molto pregnante
nella letteratura spirituale ignaziana (cfr. sopra,§. Il, nota 56 e§. 15, no
ta 15). Probabilmente, quando Ignazio affida al Padre L. Gonçalves da
Càmara i suoi ricordi di Manresa, il termine è già gravido di contenuto
apostolico. In questo caso si potrebbe pensare che Ignazio, usandolo per
connotare una sua attività a Manresa prima dell'esimia illuminazione del
Cardoner, abbia voluto mostrare al lettore come il Signore già stava
preparando il pellegrino a ricevere quello straordinario dono che avreb
be dato un orientamento decisamente apostolico e, poi, comunitario al
la sua vita (cfr. J. Osuna, Amigos e n el Se nor, Roma, 1971, pagg. 12-13 ) .
106
Capitolo terzo - Manresa
78) e il Polanco («non comprendeva quasi nulla e tanto meno era capa
ce di gustare le cose spirituali», Summ. Hisp., FN I, 159; cfr. anche FN
II, 66. 135. 151. 237. 307) sembrano confermarlo.
19
Di questa donna Ignazio darà un giudizio ancora più lusinghiero
nel§. 37, ritenendola l'unica veramente addentro nelle cose dello spiri
to e capace di aiutarlo. Di essa si è persa ogni traccia e non ne conosciamo
nemmeno il nome.
20 Ignazio interpreta la preghiera della donna in modo troppo lette
rale. Egli non capisce ancora che, per diventare "soldato di Cristo", è ne
cessario che Cristo stesso "appaia" nel suo cuore con la grazia del Suo
amore misericordioso. È necessario per lui rispondere alla chiamata del
Re e porsi al Suo servizio. Ma questo non si fa senza l'aiuto della gra
zia, umilmente richiesta e sollecitata attraverso un'offerta totale di sé
107
S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
(EESS., nn. 97. 98) propria di chi, libero da appoggi umani e dal disor
dinato attaccamento alla stima da parte degli altri, può scegliere Cristo
come il suo "Unico" e il suo "Tutto". L'augurio-preghiera della pia don
na, quasi come un preludio di petizione (EESS. , n. 91) prepara e orien
ta Ignazio verso la Contemplazione della Chiamata del Re Eterno che,
di lì a poco, l'illuminazione del Cardoner gli farà esperimentare prima
ancora che capire e pregare. Ma Ignazio lo capirà solo dopo l'esperien
za; per ora, questa "apparizione" di Cristo, invocata dalla donna, egli la
vede ancora secondo il metro umano di un convertito effuso all'esterno,
ancora ignorante e rozzo nelle cose dello Spirito e, pertanto, si spaven
ta vedendosi proporre traguardi fuori dalla propria portata.
21 Questa è la prima volta in cui appare l'uso frequente dei Sacramenti
in Sant'Ignazio. Per quanto riguarda il Sacramento della Riconciliazione,
cfr. sopra, §. 17, nota 29. Circa l'Eucarestia è ben noto come il Diario
Spirituale ne evidenzierà l'importanza e il senso per la sua vita spirituale
quasi ad ogni pagina (cfr. G.A. Suquia, La S. Misa en la espiritualidad
de San lgnacio de L oyola Madrid, 1950, pagg. 265). L'esperienza per
,
108
Capitolo terzo - Manresa
V, [I IO]; Cost., IV, [401 ]), favorendo il maggior frutto spirituale e la mag
giore devozione possibile (Cost., III, [277]; IV, [40 6]) e rispettando in
genere la dimensione apostolica della Compagnia (Cost., VI, [586].
[589]; VII, [624]. [642]. [643]. [644]).
22 L'esperienza degli scrupoli a Manresa, descritta nell'Autobiografia
§. 22-25), si trova alla base delle note degli Esercizi Spirituali che aiu
tano ad accorgersi e a rendersi conto di scrupoli e di altre insinuazioni
da parte del nemico della natura umana (EESS., nn.. 345-351) e alla ba
se di alcune disposizioni delle Costituzioni. Queste ultime rivelano la
preoccupazione di Ignazio di prevenire la malattia degli scrupoli, dan
no per la vita spirituale, che potrebbe sorgere o da mancanza di chiarezza
circa la via da seguire (Cost., Proemio, [136]; IV, [330]), o da legami che
si oppongono ad una vera libertà qi spirito e che potrebbero allontana
re l'individuo dal giusto mezzo necessario per poter discernere secon
do verità (Cost.,II, [235]; IV, [330]; VI, [559]).
23 Cfr. sopra,§. 17.
24 L'alternanza dubbio/certezza è caratteristica dello scrupolo pro
priamente detto (EESS., n. 347). Il dubbio che talora affiora nell'animo
di Ignazio al ricordo dei peccati passati (cfr. sotto,§. 25) di non averne
confessati bene alcuni, si oppone ai momenti di certezza di essere a po
sto, ricordando di essersi confessato con molta diligenza e accuratezza
e di aver messo tutto per iscritto. Questo è il contenuto originario e fon
damentale degli scrupoli di Ignazio a Manresa.
25 Ignazio si preoccupa di annotare fedelmente gli effetti che gli
scrupoli producono nel suo animo: afflizione, insoddisfazione, tribola
zione e angustia, molto danno, affaticamento interiore, tentazione di
suicidio, disgusto della vita. Le note intorno agli scrupoli negliEsercizi
Spirituali sottolineano il turbamento (EESS., n. 347), l 'incertezza o, più
esattamente, l'alternanza dubbio/certezza (EESS., n. 347), ma anche
l'aspetto positivo di purificazione dell'anima (EESS., n. 348).
109
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo terzo - Manresa
cordare29• Fece così, ma, dopo essersi confessato, gli tornarono an
cora gli scrupoli, facendosi le cose ogni volta sempre più sottili,
di modo che egli si veniva a trovare molto afflitto; e, pur renden
dosi conto che quegli scrupoli gli facevano molto danno e che sa
rebbe stato bene sbarazzarsene, tuttavia da solo non riusciva a com
pierlo. Alcune volte pensava che il rimedio sarebbe stato se il suo
confessore gli avesse comandato, in nome di Gesù Cristo, di non
confessarsi più di alcuna cosa passata, e proprio questo deside
rava che il corifessore gli comandasse, ma non aveva il coraggio
di dirglielo30•
so la quale Dio gli fece capire che da solo non sarebbe mai riuscito a li
berarsi dagli scrupoli.
29 Questa direttiva spirituale, ancorché pronunciata da un dotto uo
mo spirituale, si rivela inefficace, anzi diventa un mezzo per rendere sem
pre più sottili gli scrupoli e, conseguentemente, sempre più aggrovigliata
la situazione spirituale interiore di Ignazio.
30 Nonostante tutto, nonostante la desolazione, Ignazio, quasi estra
polandosi e sdoppiandosi (cfr. EESS., n. 185), riesce a discernere un buon
rimedio per risolvere la situazione: l'ordine autoritativo del confessore,
in nome di Gesù, di non confessarsi più dei peccati passati. Ignazio, tut
tavia, non osa nemmeno suggerirglielo. Questa sua riservatezza e di
screzione (eccessiva?) è quella stessa che più tardi, come fondatore
de li 'Ordine, lo porterà a raccomandare ai membri della Compagnia,
nelle Costituzioni, di non maneggiare e di non cercare di manipolare e
influenzare in nessun modo il governo di coloro che il Signore ha pre
posto come superiori alla guida degli altri. Queste raccomandazioni, in
ultima analisi, affondano le loro radici in quell'interiore rispetto verso
Dio del quale esse vogliono essere incarnazione, manifestazione ester
na ed espressione visibile. Tuttavia, sotto questo desiderio di un inter
vento del confessore in nome di Dio, si cela un'aspirazione alla defini
tività, al rinnegamento del passato, ad un perdono completo, dietro al qua
le -a sua volta- si nasconde il desiderio non totalmente retto di rimette
re la propria responsabilità in qualcuno tùori di sé, in un'istanza esteriore
e superiore alla propria coscienza, in un'autorità che lo dispensi dal fa
ticoso lavorio dei discernimento spirituale.
Il l
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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insopportabile per le sue sole forze, privandosi del futuro, che gli appa
re ormai chiuso, insignificante e totalmente tenebroso. Il suicidio appa
re, allora, ad Ignazio come un rimedio per liberarsi dagli scrupoli, il se
sto rimedio, che, purtroppo, però, è anche un terribile veleno che lo coin
volge in una nuova lotta per renderlo innocuo. Ignazio reagisce attraverso
un discernimento morale (cfr. sotto, nota 38), attraverso il ricorso alla pre
ghiera insistente (cfr. sotto,§. 25, nota 44), al digiuno (cfr. sotto,§. 24,
nota 41 ), al confessore e all'ubbidienza a quest'ultimo (cfr. sotto, §. 25,
note 46 e 47), ma soprattutto attraverso un abbandono totale e definiti
vo a Dio, accettando umilmente di essere preceduto dal Suo amore mi
sericordioso (cfr. sotto, §. 25, note 52 e 55).
37 I domenicani costruirono una piccola cappella in onore di S.
Ignazio nel luogo in cui, secondo una loro tradizione, il santo abitò nel
loro convento a Manresa. È difficile, però, reperire il buco nel quale
Ignazio avrebbe voluto gettarsi per uccidersi. Forse, vicino a quella ca
meretta, c'era una cava sotterranea (cfr. FN I, 396-397, nota Il).
38 Quello che trattiene Ignazio dal suicidio è il giudicare che esso è
peccato. Questo giudizio morale gli dava la certezza e, conseguentemente,
la forza di respingere i pensieri di morte come autentiche tentazioni di
Satana. Il proposito di non commettere azione che fosse di offesa al
Signore era ormai così fermo nella sua volontà, da costituire criterio cer
to di discernimento che non può essere scalfito da scrupoli di qualsiasi
genere.
39 L'esperienza dell'efficacia di questa preghiera ripetuta potrebbe es
sere alla base del principio pedagogico della ripetizione, che attraversa
tutti gli Esercizi Spirituali.
40 Questo santo potrebbe essere o S. Paolo eremita, o S. Onofrio, o -
più probabilmente - S. Andrea Apostolo. Di questo santo si racconta nel
Flos Sanctorum, letto da Ignazio a Loyola, che abbia digiunato cinque
giorni per impetrare da Dio la conversione di un certo vecchio Nicola,
vissuto per sessant'anni in stato di peccato. Alla fine il santo avrebbe ot-
115
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
tenuto da Dio la grazia richiesta (cfr. FN I, 397-398, nota 12). Circa il va
lore impetratorio delle penitenze negli Esercizi Spirituali, cfr. n. 87.
41 Il digiuno è il settimo rimedio intentato da Ignazio per liberarsi da
gli scrupoli. Concretamente, per lui è punto di arrivo di un processo di
discernimento e di elezione. Esso matura in un clima di preghiera («una
domenica dopo essersi comunicato»), a partire da una mozione interio
re suscitata da un pensiero che viene dali'esterno ( = la storia del santo
letta nel Flos sanctorum), attraverso una riflessione interiore («dopo
averci pensato un buono spazio di tempo»), nella quale, probabilmente,
l'esperienza storica concreta dell'insufficienza della preghiera, ancorché
necessaria, ma bisognosa di essere corroborata dalla penitenza, si inte
grava con il principio più universale dell'imitazione dei santi, che in con
creto prendeva forma nel caso di S. Andrea (o di S. Paolo eremita, o di
S. Onofrio) .
116
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rimedio "negativo", poco in accordo con quello che Dio è, cioè il Dio
del SI', il Dio della vita, che a poco a poco , sempre di più, desidera ri
velarsi e "apparire" (cfr. sopra, §. 21, nota 20) al cuore del pellegrino. Il
vero rimedio, come vedremo (cfr. sotto, nota 55), consiste in un'azione
positiva, proveniente da Dio e totalmente gratuita del Suo amore mise
ricordioso che è il solo ad operare la salvezza e la liberazione. L'ubbidienza
al confessore, con la conferma dell'approvazione da parte di Dio nei pri
mi due giorni seguenti, ancor più che il digiuno e la stessa preghiera, aiu
ta Ignazio a capire quanto sia fondamentale nella vita spirituale il lasciare
a Dio la guida della propria vita.
49 Cfr. il primo punto della Meditazione dei peccati propri, cioè del
Il Esercizio della I Settimana (EESS., n. 56).
50 È significativo che la ripresa degli scrupoli avvenga proprio durante
la preghiera, al ricordo delle mancanze della vita passata, e che, ancora
una volta, essi si manifestino come incertezze circa l'obbligo di confes
sare peccati già confessati.
51 Con gli scrupoli torna nuovamente la tentazione del suicidio.
Tuttavia ora, più che dalle tribolazioni e dalle angosce, essa sembra na
scere dal disgusto della vita che sta conducendo e da uno stato di vera
depressione psichica, propria di una persona chiusa tra due evidenze in
conciliabili. Infatti, dalla sua esperienza di ubbidienza Ignazio appren
derà che la parola d'autorità non agisce per se stessa come elemento li
beratore, ma unicamente per il fatto che media la grazia di Dio. Gli
scrupoli, in realtà, ritornano anche dopo la sua ubbidienza. Questo dato
induce Ignazio a percepire la contraddizione esistente tra gli scrupoli e
la nuova vita di penitente e di pellegrino, circa la quale aveva la certez
za che gli fosse donata da Dio stesso fin da Loyola e riconfermata a
Manresa soprattutto con Illuminazione del Cardoner. Di qui il dilemma
per Ignazio: o rifiutare il Dio di Loyola e del Cardoner, o rifiutare gli scru
poli (cfr. Wilkens, o.c., pag. 60).
118
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te con i ministri e i capo-uffici, e una parte con se stesso (Cast., IX, [809]).
Anche a proposito degli scolastici nel tempo della formazione, Ignazio
afferma che sarà di aiuto per essi «l'equilibrata ripartizione del tempo per
lo studio, per la preghiera, per la Messa, per le lezioni, per i pasti, per il
sonno e per il resto» (Cost., IV, [435]).
60
In altre analoghe situazioni Ignazio è visitato da luci e da conso
lazioni, che lo distolgono dal compito che è chiamato a svolgere (cfr. sot
to, le illuminazioni e le consolazioni nei primi momenti dello studio del
la grammatica a Barcellona, §§. 54-55; e anche a Parigi, §. 82). Da que
ste esperienze, Ignazio impara che solamente la "consolatio sine causa"
è segno dell'azione di Dio (EESS., n. 330). Anche lo spirito cattivo può
procurare consolazioni per fini opposti a quelli intesi dall'angelo buono,
che vuoi far progredire e far salire l'anima dal bene al meglio (EESS., n.
331 ). Il pellegrino esperimenta in se stesso come l'angelo cattivo possa
trasfigurarsi in angelo di luce e come sia una sua peculiare prerogativa
introdursi in conformità con l'anima devota, per concludere, poi, secondo
i propri piani; insinua, cioè, buoni e santi pensieri conforme all'anima pia
e, poi, a poco a poco, esce vittorioso, trascinandola verso i suoi inganni
occulti e verso le sue perverse intenzioni (EESS., n. 332). Ignazio sma
schera il tentatore e riconosce la presenza del nemico della natura uma
na attraverso un processo di discernimento che porta la sua attenzione sul
corso dei suoi pensieri e delle sue mozioni (EESS., n. 333): prima di tut
to si accorge che luci e consolazioni avvengono nel tempo destinato al
sonno, già di per sé scarso. Passa, poi, in un secondo tempo, a riflettere
su questo fatto, evidenziando altri dati, in particolare di avere dedicato
già molte ore del giorno a trattare con Dio e, in più, di avere a disposi-
122
Capitolo terzo - Manresa
zione tutto il resto della giornata. Questa riflessione mette in crisi la po
sitività di quelle luci e consolazioni; gli nasce il dubbio che esse siano
originate davvero dall'azione di Dio. Ignazio si viene a trovare come di
fronte ad un bivio: dare al sonno il tempo destinato, o essere consolato
ed avere molte luci spirituali. La sua elezione lo porta alla determinazione
di dare al sonno il tempo fissato, perché, dietro la luce delle consolazioni
e delle illuminazioni, egli scorge"la coda serpentina" e il"cattivo fine"
dello spirito malvagio. Satana lo conduce verso realtà in se stesse non
cattive, ma futili o, per lo meno, «meno buone di quella che l'anima si
era proposta di fare prima»(= tempo destinato al sonno; cfr. EESS., n.
334). Queste luci, alla fine, lo avrebbero infiacchito e, probabilmente, lo
avrebbero anche distolto dalla pace riacquistata dopo la tempesta degli
scrupoli (cfr. anche EESS., n. 333.). Probabilmente Ignazio ha voluto ri
cordare nell'Autobiografia questa sua esperienza spirituale per aiutare
i gesuiti a cogliere il fondamento e il senso spirituale delle prescrizioni
riguardanti il tempo da dedicare al sonno contenute nelle Costituzioni (cfr.
soprattutto Cost., III, [30 l]; IV, [339]; ma cfr. anche Es. Gen., IV, [8 l
}; Cost., li/, [294]. [295]; IV, [4351. [436]; VI, [580]; e EESS., n. 84: la
decima addizione che riguarda il modo di regolarsi nella penitenza cir
ca il sonno). Ignazio a Manresa aveva percepito Dio, liberatore dagli scru
poli, come uno che lo sveglia da un sogno. Ora, come acutamente nota
Wilkens, «Ignazio può abbandonarsi al sonno nella convinzione che
Dio non si situa nel prolungamento imposto dal proprio slancio religio
so (Wilkens, o. c. , pag. 61 ). Svegliato da un sogno ad opera di Dio, egli
deve ora abbandonarsi al sonno dove Dio è presente. Liberato dal pec
cato e dalle angosce degli scrupoli, si accorge che Dio vuole che si li
beri anche dall'attaccamento alle consolazioni e alle illuminazioni spi
rituali.
61
Quando, su ordine del confessore, interrompe il digiuno, Ignazio
continua sempre, con assidua fedeltà, l'astinenza dalle carni, che aveva
iniziato fin dai primi tempi del suo soggiorno a Mariresa (cfr. sopra, §.
19).
123
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
zato, gli si presentò dinanzi carne pronta per essere mangiata, co
me se la vedesse con gli occhi del corpo, senza che ne avesse avu
to prima alcun desiderio62• Allo stesso tempo gli venne grande as
senso della volontà perché da allora in poi ne mangiasse; e pur
ricordandosi del proposito di prima, non poteva dubitare su que
sto assenso63, ma poteva solo decidersi di dover mangiare carne.
Quando più tardi ne riferì al suo confessore, questi gli disse di con
siderare se per caso non si tratta<;se di una tentazione; ma egli, do-
62
Il carattere repentino e improvviso della mozione, senza alcuna mo
tivazione o causa precedente, indurrà Ignazio a ritenerla un segno pro
veniente da Dio, ordinato a fargli interrompere l'astinenza (cfr. EESS.,
n. 330).
63 Più volte Ignazio manifesta la sua certezza e fermezza circa il do
vere di interrompere l'astinenza: «non poteva dubitare su questo assen
so, ma poteva solo decidersi di dover mangiare carne», «non poté mai
dubitare di essa». Sembra che si tratti di una scelta, quella di riprendere
a mangiare, fatta in Primo Tempo di elezione, che si verifica «quando Dio
nostro Signore muove e attira tanto la volontà, che l'anima devota, sen
za dubitare né poter dubitare, segue quello che gli viene mostrato»
(EESS., n. 175).
Questa esperienza si pone pure alla base della seconda delle Regole
del discernimento spirituale più proprie per la Il Settimana (EESS., n. 330).
Siccome l'astinenza se l'era imposta lui, essa poteva risultare come un
segno della propria volontà di autosalvarsi; il riprendere a mangiare la
carne è agere contra il precedente orientamento e, pertanto, espressio
ne di una libertà interiore propria di chi si è ormai abbandonato totalmente
a Dio, lasciando che Egli trionfi sulle proprie risoluzioni e decisioni per
sonali. È più meritorio ed espressione di libertà il lasciarsi guidare da Dio,
che la penitenza esterna circa il vitto scelta con propria decisione personale.
Questa esperienza aiuta a comprendere meglio il significato di alcune pre
scrizioni riguardanti il senso e le modalità della penitenza circa il vitto
contenute nelle Costituzioni (per esempio: Es,Gen., IV, [66]. [67]; Cast.,
III, [292]; IV, [453]; VI, [580]; IX, [768]) e delle stesse Regole per or
dinarsi nel vitto contenute alla fine della III Settimana degli Esercizi
Spirituali (EESS., n. 21 0-217).
124
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125
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67 Ancora una volta Ignazio ritorna sulla sua ferma convinzione cir
ca il fatto di essere illuminato e guidato direttamente da Dio.
L'insegnamento interiore dall'Alto gli permette di giudicare con chiarezza
e di non poter dubitare dell'autenticità dell'esperienza, senza correre il
pericolo di offendere Dio.
68 Questa annotazione è preziosa, perché offre una chiave di inter
pretazione circa quello che Ignazio espone nei paragrafi seguenti (§ §.
28-31 ) Il santo, a questo punto, non sembra preoccupato di raccontare
.
126
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127
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to rudimentale dei tre tasti d'organo usata da Ignazio per esprimere l'e
sperienza della quasi-visione della SS. Trinità, da una parte può essere
interpretata come la proiezione psichica dell'emozione esperimentata nel
la profondità del suo "io", data la sobrietà troppo corrispondente alla sua
immaginazione naturale, e, da un 'altra parte, potrebbe essere interpre-
128
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negli Esercizi Spirituali (EESS., nn. 50 58. 59. 224. 252) come modo per
.
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con gli occhi interiori come dei raggi bianchi che scendevano dal
l 'alto84, e benchè questo, dopo tanto tempo, non lo possa spiega
re bene85, tuttavia ciò che egli vide chiaramente con l 'intelletto era
come Gesù Cristo nostro Signore fosse presente in quel Santissimo
Sacramento86•
56-57.
85 Cfr. sopra,§. 29, nota 79. Il testo originale è suscettibile di una dop
pia interpretazione: l o - Ignazio non sa spiegare il fenomeno perché è
passato troppo tempo da quando questo si è verificato (33 o 31 anni);
2° -Nonostante sia passato tanto tempo e, pertanto, Ignazio abbia avu
to modo di ritlettervi molto sopra, di fatto egli non riesce ancora a com
prenderlo bene, ad afferrarne il senso e, quindi, a spiegarlo. Sembra che
la prima interpretazione sia più raccomandabile.
86 Dopo il mistero della Trinità e quello del modo con cui Dio ha crea
135
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
§. 21, nota 21). Polanco attesta che Ignazio, nel processo che subirà a
Salamanca, venne interrogato sul mistero della SS. Trinità e sul «modo
con cui Cristo stava nel Sacramentm> (Summ. Hisp., n. 42, FN l, 176).
Di queste interrogazioni al processo di Salamanca «sulla Santissima
Trinità e sul Santissimo Sacramento, circa il modo con cui l'intendeva»,
si fa pure menzione nell'Autobiograi
f a stessa (cfr. sotto, §. 68).
87
Sotto il quarto punto Ignazio raggruppa molte visioni dell'umanità
di Cristo, disseminate lungo un ampio arco di tempo. Questo fatto co
stituisce una conferma di quanto abbiamo già affermato a proposito del
carattere redazionale dei racconti dei fatti di Manresa e dello scarso in
teresse, da parte di Ignazio, per la successione cronologica degli avve
nimenti. Piuttosto egli è preoccupato di rileggere quanto vissuto 33 (o 3 l )
anni prima a Manresa, per coglierne il significato per se stesso e per i suoi
compagni. Anche circa queste visioni, raccontate nel quarto punto,
Ignazio mette in rilievo: 1°- le circostanze di luogo ("in Manresa", ge
nericamente) e di tempo ("per molto tempo", "mentre stava in orazione);
2°- il tipo e le caratteristiche di queste esperienze spirituali: si tratta, co
me le due precedenti, di esperienze che si indirizzano alla vista (''vede
va", "vide"), più esattamente si tratta di visioni interiori (''con gli occhi
interiori"); ma, diversamente dalle precedenti, non parla in questo caso
di visione intellettuale, non si fa cenno alcuno al carattere ineffabile
dell'esperienza (l'ignoranza, infatti, che Ignazio professa circa queste espe
rienze riguarda solo il numero e la ftequenza di esse); 3°-l'immagine rap
presentativa che l'accompagna («un corpo bianco, non molto grande né
molto piccolo, senza vedere distinzione alcuna di membra»); 4° -l'effetto
che esse producono in Ignazio (la conferma nella fede e il dono della fer
mezza circa le verità rivelate); 5°- l'oggetto o il contenuto della visio
ne: l'umanità di Cristo.
88
Dopo i misteri della Trinità, della Creazione e dell'Eucarestia, nel
la sua visione "discendente" del reale, Ignazio pone l'umanità di Cristo.
Nella spiritualità ignaziana è fortemente sottolineata la dimensione cri
stologica. Il nucleo più interiore dell'atteggiamento teologale di Ignazio
è costituito dalla relazione personale con Cristo. Il Dio di Ignazio è
136
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137
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scinato da un cristiano che serviva al convento del Monte Sion (§. 48),
a La Storta, vicino a Roma(§. 96), e a Roma negli ultimi anni della sua
vita(§. 99). Cfr. anche sotto, §. 52., nota 24.
91 Accanto alle visioni di Cristo mediatore, ma dopo di esse, incon
triamo quelle di Maria, Nostra Signora. Per quanto riguarda la presenza
di Maria nella vita di s. Ignazio e negli Esercizi Spirituali, cfr. sopra, §.
10, nota 52.
92 Ignazio, a oltre trent'anni di distanza, percepisce le visioni di
Manresa come una "confirmatio" da parte di Dio circa l 'itinerario in
trapreso. La "confirmatio" negli Esercizi Spirituali (EESS., nn. 183. 262.)
e nelle Costituzioni (Es. Gen., I, [l ]; IV, [98]; Cost., IV, [346]. [490];
V, [544]; IX, [ 75 9]) è più compiutamente compresa quando la si consi
deri alla luce del processo e della dinamica dell 'elezio ne : è il momento
in cui la scelta, dopo essere stata presa ed offerta al Signore, riceve la sua
ratificazione da parte di un'istanza s uperi ore(in ultima analisi da Dio),
per essere maggiormente corroborata e resa più salda.
93 Anche queste esperienze spirituali, delle quali si parla nel quarto
138
Capitolo terzo - Manresa
139
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
basso, quasi per meglio sintonizzarsi con l'illuminazione o quasi per me
glio introdurre il lettore a cogliere qualcosa di quella straordinaria espe
rienza mistica. Di essa non si descrive il contenuto se non in termini mol
to generici (si parla di «molte cose>>, di «cose spirituali>>, di «cose di fe
de>>, di «cose di lettere», di «molti particolari», e si dice che «tutte le co
se gli apparivano nuove» e che «imparò tanto»). Probabilmente l'illu
minazione abbracciava tutto il reale in una visione architettonica e di in
sieme nella quale le realtà erano colte come in un movimento discendente
dall'alto al basso (le cose della fede prima di quelle riguardanti gli stu
di, gli aiuti ricevuti da Dio prima di tutto ciò che ha imparato e appre
so), quello stesso movimento secondo il quale il santo ha ordinato le vi
sioni di Manresa precedentemente raccontate nei §§. 28 e 29, e lungo il
quale si muove il suo sguardo dal sentiero, dove si trova seduto, al fiu
me che scorre in basso.
97 Nel raccontare questa quinta esperienza, di tutte la più famosa,
Ignazio sembra voler far risaltare: l o - Le circostanze di tempo: «assor
to nelle sue devozioni» (Lainez precisa «al termine dei primi quattro me
si dal suo arrivo a Manresa», Epistula de P. lgnatio, n. l O, FN I, 80); e di
luogo: seduto vicino alla croce che si incontra lungo il sentiero che con
duce alla chiesa del monastero di S. Paolo, distante poco più di un miglio
da Manresa, sopra il fiume Cardoner; 2°- il tipo e le caratteristiche del
l'esperienza mistica: si tratta di un'apertura degli occhi deli 'intelletto, ac
compagnata da comprensione e da conoscenza di molte cose, senza ave
re alcuna visione. L'esperienza del Cardoner, inoltre, presenta un carat
tere di sinteticità e di globalità che non solo la diversifica dalle precedenti,
che si rapportano invece ad un preciso contenuto categoriale (il mistero
della Trinità, o della Creazione, o dell'Eucarestia, o dell'umanità e della
mediazione di Cristo e di Maria), ma addirittura rende impossibile spie
gare i particolari che allora penetrò, sebbene fossero molti. Ancora una vol
ta, anzi, più delle altre volte, è sottolineato il carattere ineffabile dell'e
sperienza. La differenza qualitativa dalle esperienze precedenti, poi, è da
ta dal fatto che, mentre quelle erano visioni e comportavano un riferimento
ad immagini rappresentative che si indirizzavano o ali 'udito (cfr. primo
punto) o alla vista (cfr. secondo-terzo-quarto punto), l'esimia illumina
zione del Cardoner si indirizza all'intelletto e ha effetti superiori; 3°- gli
140
Capitolo terzo - Manresa
ejjètti che produce: essa è una forza trasformante e rinnovatrice che in
duce chiarezza nell'intelletto, sovrabbondanza di luce e di conoscenze nel
lo spirito, capacità di discernimento e forza per la volontà; 4°- il conte
nuto o l'oggetto: è, come abbiamo già visto, descritto con termini molto
generici, quasi per sottolineare l'importanza prioritaria della profondità
e dell'intensità dell'illuminazione in se stessa, tale da comportare una per
cezione sintetica del reale, quasi come una chiave interpretativa e, nello
stesso tempo, capace di rendere nuove tutte le cose. Il contenuto dell'e
sperienza si confonde quasi con gli effetti di rinnovamento che essa pro
duce: dall'esperienza del Cardoner Ignazio esce come uomo nuovo e con
un nuovo intelletto, cioè con una capacità di cogliere le cose con uno spi
rito diverso, e, quindi, di entrare in possesso di un senso e di un signifi
cato più profondo dell'esistenza (cfr. sotto, nota 100).
98 Ignazio vuoi sottolineare la distinzione e la superiorità dell 'illu
minazione del Cardoner rispetto alle altre esperienze mistiche di Manresa,
le quali erano accompagnate da elementi sensibili, frutto, probabilmen
te, della sua immaginazione. Il piano dei sensi non è direttamente inte
ressato in questa nuova e straordinaria esperienza, che raggiunge il suo
"io" molto più in profondità, là dove tutto si semplifica e si unifica.
99 In questa illuminazione non sono interessati solo i misteri della fe
de, ma tutta la realtà. Si tratta di una nuova visione di tutte le cose, di una
conoscenza e di una comprensione più profonda del proprio mondo, del
le realtà dell'ordine naturale e di quelle dell'ordine soprannaturale, di quan
to appreso per via di esperienza e di quanto imparato attraverso lo stu
dio. Come tale, la visione del Cardoner, più che una visione oggettiva
di Dio o di altri misteri della fede, è una visione in Dio di tutte le cose
e comporta un nuovo modo di vedere tutte le cose alla luce divina che
le illumina a partire dal suo intelletto che la riceve. È una visione -sep
pure di visione in questo caso si possa parlare- sintetica o, come è stato
affermato dal Nadal, "architettonica" (Scholia, Prato, 1883, 135): le
realtà, più che nella loro molteplicità, vengono colte nella loro unità in
Dio. Quasi seguendo il suo sguardo dall'alto del sentiero al basso del fiu
me che vede "hondo", egli ha visto tutte le cose nella loro profondità, per
ché viste dall'Alto nelle loro mutue relazioni e nel loro essere collega
te da Dio, dal quale tutte sono viste dipendere e derivare.
141
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
100
Più che dalla quantità delle cose conosciute e apprese, che pure so
no molte e ricche di particolari, Ignazio è colpito dalla loro novità. Essa
è frutto dell'illuminazione che, con la sua forza trasformante, gli ha da
to occhi nuovi e lo ha reso uomo nuovo (Lainez: «Cominciò a vedere con
altri occhi tutte le cose», Epistula..., FN I, 80; Nadal: «Totus sibi visus
est in alium virum immutatus, novo ingenio, nova voluntate, nova rerum
omnium et intelligentia et sensu uti», FN Il, 66). Questa esperienza gli
lascia l'intelletto talmente illuminato da sembrargli di essere un altro uo
mo e di avere una mente diversa da quella che possedeva prima (cfr. Nota
aggiuntiva in margine di Luis Gonçalves da Camara). La trasformazio
ne incominciata a Loyola viene a perfezionarsi al Cardoner: non nel sen
so che si debba vedere nel Cardoner il punto culminante della sua vita
interiore o che, dopo di esso, non ci sia stata una crescita e un progres
so nella vita dello Spirito, ma nel senso che questa esperienza marca in
modo decisivo l'orientamento della sua vita futura e costituisce una
nuova e definitiva luce nel proseguimento del suo itinerario spirituale.
Più che un piano concreto da realizzare e da eseguire, Ignazio al Cardoner,
partecipando alla luce di Dio, riceve una nuova mentalità, un nuovo
spirito, un nuovo sistema axiologico e nuovi criteri per orientarsi nella
vita, e la capacità di sapersene avvalere. Non a caso il Lainez, dopo aver
affermato che Ignazio al Cardoner «cominciò a vedere con altri occhi tut
te le cose», aggiunge che cominciò anche «a discernere e a provare gli
spiriti buoni e cattivi>> (Epistula... , n. IO, FN l, 80). Certamente uno de
gli aspetti fondamentali della grazia del Cardoner è questa luce per l'in
telletto, questa luce di discernimento degli spiriti, con la quale imparerà
a scoprire con facilità e sicurezza il passo di Dio nella propria vita futu
ra. Sappiamo dagli scritti dei più stretti collaboratori di Ignazio, soprat
tutto da Gerolamo Nadal (FN l, 307; MHSI, Nadal V, 5; IV, 649) che la
luce del Cardoner si rende concreta negli Esercizi Spirituali e, più pre
cisamente, nelle meditazioni della Chiamata del Re eterno e dei Due
Vessilli.
101
Ancora una volta Ignazio vuoi mettere in primo piano la qualità
e l'intensità dell'illuminazione interiore più che la quantità e la molte-
142
Capitolo terzo - Manresa
plicità delle cose particolari che comprese e venne a conoscere. <d doni
interni -scriverà più tardi nelle Costituzioni (Cast., X, [813 ])- sono quel
li da cui è necessario che derivi l'efficacia per quelli esterni in ordine al
fine che si persegue». Se il Cardoner è alla sorgente e alla base del mo
vimento discendente dall'alto al basso, caratteristico della spiritualità igna
ziana, non meno è alla base della dialettica "interno/esterno", altrettan
to propria della sua visione spirituale: tutti gli aiuti ricevuti da Dio, tut
te le cose apprese e conosciute, proprio perché si collocano rispetto al
l'esperienza interiore della grazia e della luce divina come "realtà ester
ne" rispetto alla "realtà interna", ancorché unite e assommate insieme,
non raggiungono il valore di quanto ricevuto al Cardoner, che per lui ri
marrà sempre punto di riferimento principale e fondamentale, il vero
Principio e Fondamento della sua vita (cfr. EESS., n. 23). È indispensabile,
pertanto, per Ignazio, fondatore della Compagnia, richiamare ai suoi com
pagni e a tutti i membri deli 'Ordine presenti e futuri questo momento de
cisivo della sua esperienza, per ricordare come veramente alla base del
la Compagnia non ci siano leggi scritte, le Costituzioni, o che queste pos
sano essere prese come la descrizione di un piano concreto da eseguire,
quanto piuttosto ci siano la legge interna della carità e dell'amore che di
scende dali'Alto, l 'unzione dello Spirito Santo, la discreta caritas, la lu
ce e l'amore divino che permette di discernere quello che, secondo le cir
costanze di tempo, di luogo e di persona, è meglio per la gloria di Dio e
il bene delle anime.
102 Questo dato, circa l'età di 62 anni che Ignazio si attribuisce in que
sto paragrafo, ha creato molti problemi negli storici e negli agiografi del
santo. Al di là delle date comunemente accettate, relative alla sua nascita
nel 1491 e alla sua morte a 65 anni di età, vi sono divergenze circa il mo
do di interpretare questi 62 anni. Alcuni ritengono che Ignazio sia incorso
in un nuovo errore, come già in apertura del racconto quando si attribui
143
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
26 anni mentre ne aveva già 30. Ritengono, infatti, provato in modo apo
dittico, sulla base di alcune testimonianze del Gonçalves da Càmara e del
Nadal, che la prima intenuzione del racconto da parte di Ignazio al suo
confidente sia intervenuta prima delle narrazioni delle visioni di Manresa
e subito dopo l'esposizione della prova degli scrupoli (praticamente al
§. 27). P ertanto, quando Ignazio racconta la visione del Cardoner, si sa
rebbe durante la seconda tornata di incontri, tra il 9 e il 23 marzo 1555,
l'anno prima della morte. Ignazio avrebbe avuto allora 64 anni e non 62
come, invece, viene affermato nel testo. I fautori di questa opinione tro
vano appoggio alla loro tesi in una lettera del Padre Ribadeneira al P. Nadal
del 24 ottobre 1567 (MHSI, Nada! III, 540), quando viene affermato che
Ignazio, sebbene nella sostanza sia stato fedelissimo, in alcuni partico
lari e nella cronologia talvolta sbaglia, perché alla fine della vita gli ve
niva meno la memoria. Questo del §. 30, come quello dei 26 anni a
Pamplona (§. l, nota 1), sarebbe uno dei casi nei quali il santo sarebbe
incorso in errore circa la cronologia dei fatti. Altri, invece, pur ritenen
do esatta come i precedenti la data dell491 per la nascita di Ignazio, pen
sano che il santo non cada in errore nell'attribuirsi 62 anni al momento
in cui relazione al P. Gonçalves da Camara le sue illuminazioni al
Cardoner. Essi contestano sia chi sostiene che Ignazio sarebbe morto a
63 anni (e quindi nato nel 1493), come per un certo tempo ritenne il P.
Polanco pensando che Ignazio avesse raccontato al Càmara la visione del
Cardoner nel 1555, sia chi preferisce parlare di errore di Ignazio piutto
sto che rinunciare a sostenere che solo dopo l'interruzione del racconto
144
Capitolo terzo - Manresa
che quella cosa così bella non aveva più il colore di prima, ed eb
nell'estate del 1553 e, quindi, nella ripresa della narrazione col 1555 sia
no state raccontate le visioni di Manresa. Per ritenere esatto il dato dei
62 anni affermato da Ignazio, essi pensano che l'interruzione dell'ago
sto 1553 sia avvenuta quando i paragrafi relativi alla visione del Cardoner
erano già stati scritti e, pertanto, dopo il §. 3 1. Sembra più probabile la
prima ipotesi, quella dell'errore da parte di Ignazio. Infatti dal Memoriale
del P. Gonçalves da Càmara, in data 17 febbraio 1555, risulta che
Ignazio, a quell'epoca, non aveva ancora parlato con il suo confidente
della visione del Cardoner perché gli promette che gliene avrebbe par
lato in seguito (Luis Gonçalves da Càmara, Memoriale, n. 137, FN l, 610).
L'interruzione avvenne, pertanto, prima del §. 30; rimane, però, insolu
to a quale punto preciso Ignazio interruppe il racconto nell'estate del 1553
perché non possediamo il testo manoscritto originale.
103
Si tratta della croce del Tort, situata sul sentiero che corre lungo
il fianco del monte, sopra il Cardoner.
104
Cfr. sopra, §. 19, nota 4.
105 È molto significativa questa precisazione: essa manifesta un nuo
vo modo di fare discernimento, effetto della visione del Cardoner. Il mo
vimento dall'Alto spinge verso il basso, fino al ... "basso più basso", fi
no all'estremo annientamento del Crocefisso. È in atto di umiltà e di rin
graziamento ai piedi del suo Signore, annientato per amore e misericordia
sulla croce, che si perfeziona il discernimento. Negli Esercizi Spirituali
il discernimento operato nella II Settimana alla luce dello spirito di po
vertà e di umiltà assimilato nelle meditazioni dei Due Vessilli, delle Tre
Classi e dei Tre Gradi di umiltà, trova la sua conferma nelle meditazio
ni della Passione, in unione con Cristo crocefisso.
106
La luce del Cardoner permette ad Ignazio di discernere con
chiarezza la falsità della luce seducente, dietro la quale egli riconosce
la figura tentatrice di Satana. Di fronte alla chiarezza interna, dono di
Dio, il simbolo delle tentazioni di un tempo si scolora, impallidisce e
viene smascherato e riconosciuto nella sua realtà da Ignazio ormai pu
rificato dalla vana gloria. Circa la relazione antitetica tra "vana gloria"
e "ringraziamento", cfr. Prologo del P. Gonçalves da Camara, n. l, so
pra, pag. 29.
145
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
107 L'esimia illuminazione del Cardoner non è stata solo una grazia
di luce per l'intelletto, ma anche di forza per la volontà. Il dono del di
scernimento che Ignazio riceve attraverso le illuminazioni di Manresa è
strettamente legato all'elezione, alla scelta, perché ad essa è fondamen
talmente orientato. La contemplazione ignaziana non si limita ad una spe
culazione di verità, ma si fa azione, si fa azione di grazia, si fa ringra
ziamento, si fa contemplazione nell'azione. Per questo è coinvolta anche
la volontà, per questo ne è interessata la libertà dell'uomo, che sceglie e
aderisce totalmente alle indicazioni che vengono dali'Alto.
toK
L'illuminazione del Cardoner non immunizza il pellegrino dalla
tentazione precedente: essa, nonostante tutto, rimane (cfr. sotto,§§. 32
e 33). Ma ormai Ignazio possiede la chiave per riconoscerla e per rin
tuzzarla con un moto di superiorità e di disprezzo, diametralmente op
posto a quello di sudditanza, di dipendenza o di ammirazione nella qua
le essa vorrebbe coinvolgerlo (cfr. EESS., n. 351 e n. 325).
109 Se nel raccontare la sua vita Ignazio fosse stato guidato unicamente
da una preoccupazione cronologica, l'episodio narrato sarebbe stato col
locato più opportunamente dopo, al §. 34, quando si fa cenno alla sua gra
ve malattia. Ma egli vuole ora ricordare la prima volta che venne a tro
varsi in pericolo di morte, perché fu proprio in quella occasione che espe
rimentò ancora la tentazione di credersi giusto. Questo racconto serviva
al santo per confermare l'affermazione finale del §. 31, quando annota
che, anche dopo la visione del Cardoner, non cessarono le tentazioni di
vanagloria. Per associazione di idee,poi, al racconto di questa situazio
ne in cui la morte gli si avvicinò, aggiunge nel paragrafo seguente(§. 33)
altri due casi di pericolo grave per la sua vita, patiti negli anni seguenti,
rispettivamente nel 1535 e nel 1550.
146
Capitolo terzo - Manresa
In quel momento gli venne un pensiero che gli diceva: «Sei un giu
sto»110. Questo gli procurava tanta pena che nonfaceva altro che
respinger/o e mettersi innanzi i propri peccati. Questo pensiero lo
faceva soffrire di più che la stessafebbre, ma, per quanto si des
se molta pena per vincer/o, non ci riusciva111• Ma quando lafeb-
147
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
pure, l'infermo deve essere aiutato da parte di quelli di casa con orazioni
fino a che non abbia reso l'anima al suo Creatore. E oltre le diverse per
sone che potranno entrare da lui per assistere alla sua morte, (...),devo
no essere designati in modo particolare alcuni che gli facciano compa
gnia, infondendogli coraggio e ricordandogli quanto può conveniente
mente aiutarlo in quel momentm).
148
Capitolo terzo - Manresa
114 Cfr. sotto, §. 91. Si tratta del viaggio da Valencia a Genova del
l'autunno 1535 che Ignazio intraprese per raggiungere a Venezia i suoi
compagni. Da essi si era separato sei mesi prima a Parigi, per andare a
curarsi la salute nella terra natia secondo i consigli dei medici e degli stes
si coml?agni.
115 E la seconda volta che Ignazio vede la morte vicina dopo la sua
conversione. Le sue reazioni sono ben diverse da quelle manifestate nel
caso precedente: all'atmosfera di lotta e di fatica, subentra ora un at
teggiamento di calma e di serenità, che lo dispone a esaminarsi accura
tamente e a prepararsi alla morte in modo conveniente. Tuttavia, il pro
gresso spirituale di Ignazio di fronte alla stessa situazione di vita, quel
la decisiva perché di fronte alla morte, è soprattutto marcato dal fatto che,
al pensiero di essere un giusto e al timore della pena futura per i propri
peccati, subentrano sentimenti di confusione e di dolore per non aver traf
ficato bene i doni ricevuti da Dio. Alla preoccupazione, incentrata su se
stesso, per il male fatto, e all'orientazione verso il futuro, subentra il di
spiacere del bene non compiuto secondo la destinazione delle grazie di
Dio ricevute nel passato. Verso il futuro egli non si sente più preoccu
pato. «La tentazione primitiva di gloriarsi della propria giustizia, a po
co a poco, si trasforma in certezza di essere giustificato da Dia» (Wilkens,
o. c. , 74); ma questo non avviene senza passare attraverso l'umiltà del
timore filiale, che ingenera confusione e dolore per non essersi sforza
to di «procedere in spirito di amore» (Cast., VI, [547]), con uno spirito
-cioè- costruttivo e positivo, teso al magis, al miglior impiego dei doni
ricevuti da Dio
149
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
116 Ignazio cadde gravemente malato verso la fine del 1550 e rimase
in tale stato di infermità per tutto il mese di gennaio del 1551, al termi
ne del quale rinunciò al generalato e cercò, senza successo, di persuadere
i compagni ad accettare le sue dimissioni . Tutti, infatti, eccettuato il P.
Oviedo, le respinsero categoricamente
1 17 Le reazioni di Ignazio, per la terza volta in pericolo di morte, de
scritte in questo paragrafo dell'Autobiografia, sono ancora una volta di
verse dalle precedenti: allegria, consolazione e lacrime accompagnano
il suo desiderio e il pensiero della morte vicina. La paura di fondarsi sul
la propria giustizia (cfr. il primo caso, sopra,§. 32) non è che il primo
passo della sua ascensione spirituale che, attraverso l'umile confusione
e dolore per l'uso non completamente retto dei doni di Dio, va a culmi
nare, di fronte al pensiero di morire, in una pienezza di consolazione che
solo l'interruzione del pensiero suddetto poteva frenare. Si noti come, an
cora una volta, il dono delle lacrime appaia come ridondanza di un'e
sperienza gioiosa e come effetto di una consolazione interiore inconte
nibile (cfr. sopra, §. 28, nota 72).
118 Cfr. sopra,§. 32. Secondo il Ribadeneira (FN IV, 142) e il Polanco
(FN I, 165 e FN II, 53 l) Ignazio a Manresa sarebbe caduto malato più
volte. Questa, all'inizio dell'inverno 1522-1523, sarebbe la terza.
119
Si tratta, probabilmente, di un figlio di Antonio Benedetto Ferrer
(o Ferrera, come si diceva allora). La madre, Giovanna Ferrer, è spesso
ricordata nei processi di beatificazione del santo tra le sue benefattrici.
150
Capitolo terzo - Manresa
121 Tra di esse certamente vi era Inés Pascual, che lo assistette fin dai
primi giorni dopo il suo arrivo a Manresa,procurandogli l'alloggio in un
primo tempo presso l'ospedale Santa Lucia, e,poi, presso il convento dei
Domenicani. Essa aiutò Ignazio anche in seguito,a Barcellona, nell523
e nel 1525. Dai processi per la beatificazione di Ignazio fatti a Manresa
conosciamo anche il nome di altre signore: Gerolama e Inés Claver,
Michaela Canyelles, Angela Amigant, Brianda de Paguera. Per qualcu
no quest'ultima è da identificarsi con la donna molto spirituale che gli
disse. «Piaccia al mio Signore Gesù Cristo di volervi apparire un gior
no» (cfr.§§. 21 e 37. Cfr. anche sopra,§. 32. 26. 29).
122 Dopo Manresa questi dolori di stomaco accompagneranno Ignazio
per tutta la vita fino alla morte . Anche se sono già stati condotti vari stu
di sulla salute fisica di Ignazio (per esempio: P. Dudon, Saint lgnace de
Loyo/a, Paris, 1934,
582-587; A. Laburu,La salud corpora/ y S.lgnacio
de Loyola, Bilbao, 1956, pag. 157; H. Rahner, Der Kranke lgnatius,
Stimmen der Zeit 158 (1956), 81-90), sarebbe utile ricostruire, in modo
dettagliato, l'andamento della sua salute, seguendo accuratamente l'e
pistolario ignaziano (per quanto si riferisce agli ultimi tre anni di vita,
dal 31 luglio 1553 alla sua morte, possiamo trovare più di 120 annota
zioni o riferimenti al suo stato di salute) e le testimonianze dei suoi pri
mi compagni o stretti collaboratori. Questo lavoro probabilmente verrebbe
a mostrare l'importanza e l'incidenza di questa sua dolorosa esperienza
nella stesura stessa dei passi delle Costituzioni che si riferiscono alla cu
ra della salute, per l'interpretazione dei quali, forse, Ignazio ha voluto
ricordare queste sue prime malattie a Manresa nell A utob iografia (cji:
'
151
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
123
Il fatto di accettare le cure premurose delle donne, che lo assiste
vano giorno e notte durante la sua malattia, è un segno di quella discre
zione e di quel dono del discernimento che Dio gli comunicò attraverso
l'illuminazione del Cardoner, e segno anche di quell'incipiente deside
rio di apostolato, del quale si fa menzione immediatamente dopo. Questo
fatto può essere meglio inteso se lo si colloca in continuità con quanto
già raccontato al §. 29, quando abbandonò gli eccessi di austerità che si
era imposto, perché vedeva i buoni risultati che si producevano nelle per
sone che egli cercava di aiutare. La sua penitenza ora, più che essere at
tenuata, viene interiorizzata: Ignazio impara ad essere passivo (si lascia
convincere e «gli fecero accettare»).
124
Nel racconto di Ignazio il periodo di Manresa si chiude con il ri
ferimento al suo ardente desiderio di contatti con persone che fossero ca
paci «di parlare di cose spirituali». È il frutto più evidente delle visioni
di Manresa e, in particolare, dell'illuminazione del Cardoner. Manresa
e il Cardoner hanno trasformato Ignazio in un uomo nuovo, lo hanno "con
vertito" dali 'imitazione dei santi alla sequela di Cristo Re, inviato dal
Padre, che cerca collaboratori per portare avanti l'opera universale affi
datagli e che invia altri ad aiutare le anime. Manresa e il Cardoner in
nestano nell'umile e povero pellegrino penitente un ardente zelo apostolico.
Alla fine del suo soggiorno a Manresa possiamo distinguere in Ignazio
un doppio ardente desiderio. Prima di tutto c'è il desiderio di apostola
to, cioè di aiutare le anime attraverso il ministero della Parola, median
te la comunicazione di quella pienezza spirituale che i doni dall'Alto ave
vano creato in lui. In questa linea, il suo rapportarsi ad altri non nasce da
un senso di vuoto interiore, come nei primi tempi a Manresa (cfr. sopra,
§. 21, nota 17), quando si trovava privo di «conoscenza delle cose spi
rituali» (cfr. sopra,§. 21, nota 18) e privo di un maestro che istruisse il
suo ingegno ancora rozzo e incolto (cfr. sopra, §. 27). Ora, dopo il
Cardoner, una realtà nuova, il desiderio di aiutare le anime, si innesta nel-
152
Capitolo terzo - Manresa
la sua vita. Esso si svilupperà lungo tutto l'arco della sua esistenza e si
arricchirà anche di una dimensione comunitaria. Di questa dimensione
comunitaria è piccolo seme il secondo desiderio ardente espresso da
Ignazio, quello cioè di trovare persone che fossero capaci «di parlare
di cose spirituali». Questa frase, forse,ci fa capire che il Cardoner non
ha trasformato Ignazio da pellegrino penitente solo in apostolo-laico-so
litario. Infatti il desiderio di intrattenersi con persone spirituali comporta
una connotazione che non è compresa nell'idea di aiutare le anime.
Come interpretarlo? Certamente in una linea diversa da come ne ha
parlato precedentemente quando l'intrattenersi con gli altri o gli era im
posto dall'esterno, oppure - se da lui cercato- era motivato dal deside
rio di trovare rimedio ai suoi mali, come,per esempio, nel caso degli scru
poli (cfr. sopra, §. 22). Sembra piuttosto che ora questo desiderio pro
venga dal bisogno di verificare i propri progressi nella vita spirituale apo
stolica, creando legami per andare sempre più e meglio verso Dio e ver
so gli uomini, e, contemporaneamente, per crescere nel servizio di Dio
e nell'aiuto alle anime. Il fatto di non trovare l'aiuto desiderato, salvo che
in quella donna che l'orienta a Cristo -la sola persona che egli giudica
meritevole di essere detta "spirituale - (cfr. sotto, §. 37), purificherà
Ignazio da visioni troppo umane della dimensione comunitaria dell'a
postolato, la quale deve essere ricevuta prima che conquistata. P ertanto,
essa pure ha bisogno di nascere "dall'Alto", da quel «principale vinco
lo che concorre all'unione dei membri tra di loro e con il loro capo», che
è «l'amore di Dio Nostro Signore>> (Cost., VIII, [671]). Si comincia ad
intravvedere, in queste ultime annotazioni relative al periodo di Manresa,
come è il servizio apostotìco a condurre Ignazio verso l'ideale comuni
tario.
125
Cfr. sopra,§. 9, nota 48. Circa l'ideale gerosolimitano cfr. pure §§.
8. Il . 12. 16. 36. 40-42. 43. 44. 48. Ci si potrebbe interrogare perché
Ignazio, raccontando i fatti di Manresa, non faccia alcun cenno agli
Esercizi Spirituali, né a quelli da lui fatti ed esperimentati, né alla tra
scrizione e alla stesura del testo. N eli' Autobiografia si fa cenno alla ste
sura del testo alla fine del racconto su precisa richiesta del P. Luis
Gonçalves da Càmara (cfr. sotto,§. 99). Si è voluta giustificare questa
153
S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
assenza col fatto che non era necessario insistere su dati ben noti e sui
quali già abbondavano testimonianze dei suoi primi compagni e colla
boratori, come Lainez, Polanco e Nadal. Forse si è più vicini alla realtà
se si risponde che per Ignazio non entrava nel fine deii'Autobiogrqfìa una
registrazione storica ed esatta di tutto quanto avvenuto nella sua vita, ma
che egli intendeva sopra tutto dare un fondamento autentico all'esisten
za della Compagnia, enucleando, tra le varie esperienze di vita, quelle che
avevano maggiore significato e attinenza con il suo carisma di fondato
re. La stesura degli Esercizi Spirituali, che sono indirizzati alle "anime"
e non ai soli gesuiti, riguarda il suo carisma di "uomo della Chiesa" piut
tosto che quello di "fondatore della Compagnia di Gesù".
126 La data della partenza di Ignazio da Manresa per Barcellona, da
cui si sarebbe imbarcato per l'Italia e di lì alla volta di Gerusalemme, può
essere desunta dalla data della Pasqua, giorno nel quale i pellegrini per
la Terra Santa ricevevano la benedizione dal Papa. Nel 1523 la Pasqua
cadde il 5 aprile; ora, secondo i calcoli più probabili, tenendo conto del
la durata del viaggio da Manresa a Barcellona, dei più di 20 giorni di sog
giorno nella città catalana (cfr. sotto, §. 37), dei 5 giorni della traversa
ta in mare da Barcellona a Gaeta (cfr. sotto, §. 38) e dei giorni del tra
vagliato itinerario da Gaeta a Roma, dove giunse la domenica delle
Palme, cioè il 29 marzo, Ignazio dovrebbe aver lasciato Manresa il 17 o
il 18 febbraio 1523 (cfr. FN I, 81, nota 16).
127 La conversione operata dalle visioni di Manresa, soprattutto da quel
la del Cardoner, in un primo tempo sembra soffocare la sua innata sen
sibilità per i valori naturali. l due paragrafi 35. 36 deii'Autobiogrqfia ri
portano il primo momento di un lungo processo di elezione che si attua
nella vita di Ignazio intorno al rapporto dialettico tra l'aiuto di persone,
la "compagnia" di persone e l 'uso di mezzi naturali, da una parte, e la sua
speranza assoluta e totale in Dio solo, dall'altra. Di essa rimarrà traccia
proprio nel centro vitale delle Costituzioni (la Parte Decima), anzi, più
precisamente, nel cuore di esso (i paragrafi 1-3, [812]-[814]), che si tro-
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Capitolo terzo - Manresa
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S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
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Capitolo terzo - Manresa
«Creda V.M. che si è fatto più rumore e si è trattato più per questo ve
scovado che se fosse stato per l'elezione del Papa», (Tacchi Venturi, Storia
della Compagnia di Gesù in Italia, Vol.. 11/2, appendice 12, 671-672).
E anche come Fondatore, al termine della vita finirà per affermare,
proprio nel cuore delle Costituzioni, dopo la sottolineatura della speranza
in Dio solo, che «i mezzi naturali che dispongono lo strumento di Dio
verso il prossimo, universalmente parlando costituiranno un aiuto per la
conservazione e per lo sviluppo di questo corpo», cioè della Compagnia
( Cost., Parte X, n. 3, [ 8 1 4]). È, in fondo, la stessa meraviglia e sorriso,
forse anche un po' ironico e scettico, che facilmente sorge in chi, per la
prima volta, legge la famosa sentenza attribuita ad Ignazio: «Sic Deo fi
de, quasi rerum successus omnis a te nihil a Deo penderet; ita tamen iis
operam omnem admove, quasi tu nihil, Deus omnia solus sit facturus»
(G. Hevenesi, Scinti/lae lgnatianae, Vienna, 1705, 2). La meraviglia è
la stessa, perché fondamentalmente identica è la dialettica alla quale ci
troviamo davanti. L'itinerario del pellegrino circa i problemi della rela
zione tra grazia e natura, tra speranza in Dio solo e aiuto dei compagni
o dei mezzi naturali da Barcellona a Roma è lo stesso di quello che va
dal n. l al n. 3 della Parte Decima delle Costituzioni: è il cammino di un
processo di elezione nella quale ci si trova a scegliere, al termine, quan
to sembra rifiutato all'inizio (perché apparentemente opposto a quanto
scelto all'inizio) e lo si sceglie proprio come incarnazione ed espressione
di quanto scelto all'inizio del cammino: la speranza in Dio solo, alla qua
le non si oppongono più i valori umani e naturali, ma con la quale piut
tosto essi vengono ad integrarsi. È la maturazione nello stile dell'elezione
che ha permesso una vera integrazione spirituale, perché ha portato
Ignazio, come in tanti altri casi concreti (cfr. M. Costa, Aspetti dello sti
le di elezione di S. Ignazio nel/ 'Autobiografia, Roma, CIS, 1973, 54ss.),
ad un'impostazione meno "angolosa" e meno "geometrica" della scel
ta e lo ha indotto a sfumare e ad ammorbidire l'opposizione tra i diver
si termini in gioco, fino ad armonizzarli in una sintesi globale, senza, tut
tavia, sopprimeme la distinzione, ma ordinandoli secondo una chiara ge
rarchia di valori. In questo ha giocato un ruolo decisivo quel dono del
discernimento, frutto principale dell'illuminazione del Cardoner, che lo
157
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
129 I Cardona erano una delle famiglie più nobili della Catalogna.
Giovanna di Cardona, sorella del Duca di Cardona, fu moglie del Duca
di Najera, vicerè di Navarra, presso il quale Ignazio aveva prestato ser
vizio dal 1517 fino alla caduta di Pamplona, quando tù tèrito, nel mag
gio 1521.
130
Nel modo di esporre e di presentare i vantaggi in tàvore della pro
pria soluzione (''partire da solo") e i pericoli dell'alternativa che gli era
stata proposta (''partire con compagni"), appare chiaro come per Ignazio
"partire da solo" equivale a "porre la speranza in Dio solo" e, parallela
mente, "partire con compagni" equivale a "porre la speranza, la fiducia
e l'affetto nei compagni". A questo punto è naturale che il carattere di op
posizione e di assoluta inconciliabilità tra il "partire da solo" e il "parti
re con compagni" si rifletta nell'opposizione assoluta tra "porre la spe-
158
Capitolo terzo - Manresa
nel cuore131• Con tali idee egli desiderava imbarcarsi non soltan
159
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
160
Capitolo terzo - Manresa
bra di non rispettare Dio che, secondo il suo discernimento gli aveva mes
so in cuore il desiderio di povertà e di piena fiducia in Lui e, insieme,
voleva il pellegrinaggio a Gerusalemme. La conditio sine qua non del
padrone della nave è la causa di questi scrupoli; essi diventano, però, il
crogiuolo di cui Dio si serve per purificare il suo modo di intendere la
povertà, mitigandone il rigore esterno, senza che ne venga minima
mente scalfita l'orientazione alla speranza in Dio solo e il totale abban
dono alla Divina Provvidenza. Raccontando questi nuovi scrupoli, co
me subito dopo riferendo delle nuove tentazioni di vanagloria, Ignazio
offre una conferma a quanto già si diceva a proposito della visione del
Cardoner(cfr. sopra, §. 30, nota l 00), che, cioè, non si deve vedere in
essa il punto culminante della sua vita interiore e una luce talmente de
finitiva da escludere, dopo di essa, una crescita e un progresso nella ca
pacità e nello stile di elezione attraverso continue purificazioni e un cam
mino di conversione, di interiorizzazione e di integrazione. Non dobbiamo
credere che il Cardoner abbia confermato in grazia il pellegrino e che il
dono del discernimento ricevuto a Manresa sia stato tale da dispensar
lo da ogni faticosa collaborazione alla grazia nella ricerca della volontà
di Dio. Questo rappresenta un insegnamento e un ammonimento prezioso
per tutti, ma soprattutto per i suoi compagni, membri del nuovo Ordine,
perché ricorda loro che non c'è livello di vita spirituale, o grado di ca
pacità di discernimento della volontà di Dio, che non possa essere superato
e migliorato, anche se a prezzo di lotte e di purificazioni interiori. La con
tinua tensione del magis -in forza del quale ci si deve sforzare «di pro
cedere in spirito di amore e non conturbati dal timore, in modo che tut
ti ci possiamo far animo per non perdere neanche un punto di quella per
fezione che, con la sua divina grazia, possiamo conseguire nell'adem
pimento di tutte le Costituzioni e del nostro modo di procedere nel
S ignore » (Cost., VI, [547])- esige, da parte di ciascuno, «il più grande
e più energico impegno( ... ) nel cercare, nel Signor nostro, un'abnega
zione sempre più grande di se stessi e una continua mortificazione in tut
te le cose possibili» (Es. Gen., IV, [ 103]). Questo è indispensabile per
il gesuita per poter raggiungere meglio quell'ideale dell'imitazione e del
Ia sequela di Cristo povero e umiliato tracciato neli' Esame Generale (cfr.
161
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
che lo prendesse con sè. Una signora, alla quale aveva chiesto l'e
lemosina, gli domandò per dove volesse imbarcarsi. Egli restò un
po' in dubbio se dirglielo, ma alla fine non si arrischiò a dirle al
tro se non che andava in Italia e a Roma139• Ed essa, come spa-
Es. Gen., IV, [101]) sulla linea dello spirito delle meditazioni della
Chiamata del Re eterno e dei Due Vessilli e della considerazione dei Tre
Gradi di umiltà (EESS., nn. 91-98. 136-147. 164-168).
136 In questo caso l'incapacità a prendere una decisione è frutto e con
seguenza degli scrupoli.
137 II confessore si presenta ad Ignazio come ancora di salvezza a cui
affidarsi, non diversamente da come era stata precedentemente la mula
nell'incertezza tra il seguire la strada maestra e il prendere per la strada
del villaggio (cfr. sopra, §. 16, nota 21 ) .
162
Capitolo terzo - Manresa
sopra, §. l, nota 3; §. 19, nota 4; §. 31; §. 32, nota 11 0), quasi egli vo
glia ammonire e mettere in guardia i suoi compagni da questo pericolo
così facile per loro, e richiamar!i al fondamento spirituale della loro vo
cazione, che è l'umiltà. Dietro il problema degli scrupoli, originati da una
non esatta visione della povertà, e dietro il problema della vanagloria,
forse Ignazio in questo paragrafo vuoi riprendere il binomio povertà
umiltà, punto capitale della vocazione dei gesuita e della vita dell'Ordine,
chiamati ad una missione apostolica in povertà e in umiltà, secondo lo
stile roprio della meditazione dei Due Vessilli (cfr. M. Costa, Legge
Religiosa , 164- 169. 220. 230-233; per il binomio povertà-umiltà nel
. . .
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Capitolo quarto
IL PELLEGRINAGGIO A GERUSALEMME
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S. Ignazio di Loyola - Autobiogrqfia
traverso le quali passò San Paolo (2Cor. Il ,23-27) e che, una volta su
perate, furono pure per l'apostolo delle genti oggetto di vanto nel Signore
e strumento dell'azione pedagogica di Dio verso una crescita della spe
ranza teologale e dell'abbandono alla Provvidenza
3 La peste, oltre al pericolo di esserne colpito, rappresenta per Ignazio
un impedimento ulteriore nel suo viaggio attraverso l'Italia: a causa dei
cordoni sanitari posti intorno ai villaggi e alle città, essa viena a limita
re il suo mendicare. Nello stesso tempo, però, permette l'esercizio di at
ti di fiducia che sempre più fanno maturare in lui la desiderata speranza
in Dio solo.
4 È la prima volta che si parla nel racconto di una compagnia che si
forma intorno ad Ignazio e al suo seguito. Essa si realizza in un "unirsi
a lui come compagni", motivato da un identico progetto di stile di vita:
la povertà mendicante, che in questa "compagnia" è il "vincolo di unità".
Questa struttura e questa dinamica presiederà pure alla formazione
dell'Ordine che da lui prenderà inizio. Il progetto di vita in comune in
povertà, mendicando, vissuto insieme alle due donne e ad un ragazzo per
poco tempo, si allargherà e si arricchirà di altri elementi e dati carisma
tici: diventerà una forma di vita stabile con nuovi seguaci uniti dall'amore
di Gesù, intorno al quale gli "amici nel Signore" realizzeranno una nuo
va "compagnia", che sarà appunto detta dal suo capo e centro di unità:
Compagnia di Gesù (cfr. Cast., VIII, [671]).
5 Nel '500 era un fatto davvero insolito che una ragazza indossasse
abiti maschili. Nella versione latina dei Bollandisti (anno 1731) si par
la di «monachae habitm> (in abito da monaca) che interpreta il «mona
chi habitu» (in abito monacale) della versione di P. Annibale Coudret (an
ni 1559-1561).
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Capitolo quarto - l/ pellegrinaggio a Gerusalemme
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Capitolo quarto - Il pellegrinaggio a Gerusalemme
40 Là, tutti quelli che parlavano con lui, sapendo che non ave
va denaro per recarsi a Gerusalemme, cominciarono a dissuaderlo
da quel viaggio, sostenendo con molti argomenti che senza dena
ro era impossibile trovare un passaggio. Ma egli nutriva nel! 'a
nima una grande certezza che non ammetteva dubbi; era certo che,
al contrario, avrebbe trovato il modo di andare a Gerusalemme16•
171
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
sopra, §. l). Come allora la decisione dei "tutti" fa contrasto con l' ele
zione di "lui"; come allora il "buon senso" di coloro che cercano di sviar
lo dal suo proposito va a cozzare contro la sua fermissima volontà, sen
za poterla minimamente scalfire. La differenza è solo data dal fatto che,
mentre a Pamplona Ignazio alle motivazioni dei "tutti" oppone le pro
prie motivazioni, al punto da trascinarli con il suo coraggio e la sua in
trepidezza a combattere e da convincere il governatore alla difesa, qui a
Roma, nella primavera del 1523, oppone una grande certezza interiore
che esclude ogni dubbio, come se la sua elezione di andare a Gerusalemme
senza denaro fosse stata operata in Primo Tempo (cfr. EESS., n. 175:
«quando Dio nostro Signore muove e attrae la volontà in modo tale che,
senza dubitare e senza poter dubitare, l'anima devota segue quello che
gli è mostrato»), oppure in altro modo, ma fosse già stata confermata da
Dio. Il motore primo della sua elezione non è più il fine di procacciarsi
gloria e onori, ma la mozione di Dio percepita nell'interno in modo in
dubitabile. Questa differenza può dare un poco la misura del cammino
spirituale percorso da Ignazio tra il maggio 1521, a Pamplona, e la pri
mavera 1523, quasi due anni dopo, a Roma.
17 La concessione del papa, quasi come una specie di passaporto per
la Terra Santa, giunse ad Ignazio solo due giorni dopo, il martedì santo
31 marzo 1523. Un documento redatto in latino e conservato negli archivi
vaticani riporta la sua richiesta e il permesso di visitare i luoghi santi (FD,
290): Ignazio vi risulta come "Enecus de Loyola, clericus pampilonen
sis diocesis". Questo potrebbe spiegare come mai, in seguito ad un atto
di accusa a suo carico «di crimini enormi, perpetrati di notte, con pre
meditazione, con ronde notturne e a tradimento» per fatti compiuti col
fratello Pedro, sacerdote, nel Carnevale del 1515, quando era ancora ad
Arevalo, egli abbia potuto allora pensare di poter ricorrere alla protezione
del Vescovo di Pamplona, e come, ancora una volta ora a Roma, egli ab
bia voluto approfittare del suo titolo di chierico, ancorché spiritualmen
te orien-tato, in quel momento, in tutt'altra direzione.
18 Ignazio partì da Roma il 13 o il 14 aprile.
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tanto che, per quanti argomenti e timori gli ponessero davanti, nul
la poteva indur/o a dubitare36• Un giorno lo incontrò un ricco spa
gnolo37 che gli chiese che cosa faceva e dove voleva andare.
Conosciuta la sua intenzione, lo condusse a mangiare a casa sua
e poi lo trattenne alcuni giorni, finché non fu tutto pronto per la
partenza. Il pellegrino, già da Manresa, aveva preso l'abitudine
che, quando si trovava a mangiare con qualcuno, a tavola non par
lava mai, se non per dare qualche breve risposta, ma stava ad a�·col-
in Dio solo e dalla certezza interiore che Dio avrebbe trovato il modo di
farlo arrivare a Gerusalemme. Per questo è molto significativo il fatto che
egli non volesse darsi da fare in modo straordinario per procurarsi i
mezzi per la traversata in Terra Santa. È questa certezza il principio che
ispira tutto il suo stile di vita a Venezia: da essa sono marcate la sua po
vertà mendicante, la sua vita solitaria con una presa di distanza soprat
tutto da coloro che lo avrebbero potuto conoscere e, conseguentemente,
aiutare in modo particolare a raggiungere il suo scopo, e la cura per non
strumentalizzare a proprio vantaggio gli atteggiamenti di favore e di
benevolenza di coloro che, avendolo incontrato, sono colpiti e attirati dal
la sua figura (cfr. sotto, nota 38). Sulla permanenza di Ignazio a Venezia
cfr. Maurizio Costa, voce "Venezia", in Diccionario de e.spiritualidad igna
ciana, Bilbao-Santander vol. Il, 1757-1766.
36 Di questa certezza interiore Ignazio aveva già parlato in precedenza
(§. 40), quando si accingeva a lasciare Roma per Venezia e Gerusalemme.
Anche qui, a Venezia, essa esclude non solo ogni dubbio, ma persino ogni
possibilità di dubbio (cfr. EESS., n. 175). Con questa certezza Ignazio an
cora una volta si oppone con forza alle ragioni e ai timori che gli ven
gono presentati e fatti balenare davanti per distoglierlo dal suo proposi
to di recarsi a Gerusalemme.
37 Il nome di questo ricco spagnolo finora è rimasto ignoto. Sappiamo
solo che Ignazio, prima della sua partenza per la Terra Santa, era stato
ospitato da due signori (cfr. sotto, §. 50, nota l O) e che uno dei due era
il senatore Marco Antonio Trevisan, il cui palazzo (oggi Palazzo Cappello)
non distava molto dal porticato di piazza San Marco, sotto il quale
Ignazio passava la notte.
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Capitolo quarto - Il pellegrinaggio a Gerusalemme
dici sulla nave pellegrina43, che partì per prima, e ne restarono ot
to o nove per quella dei governatori44. Quando questa stava per
partire, il nostro pellegrino cadde in una grave malattia dovuta a
febbri violente. Esse lo lasciarono, dopo averlo tormentato per al
cuni giorni. La nave doveva partire proprio il giorno in cui ave
va preso una purga. Quelli di casa chiesero al medico se egli si po
teva imbarcare per Gerusalemme, e il medico disse che, se inten
deva essere sepolto là, si poteva pure imbarcare; ma egli prese
ugualmente posto sulla nave e partì quel giorno stesso. Poi vomitò
tanto che si trovò molto sollevato e cominciò a guarire del tutto45.
In questa nave si commettevano apertamente azioni sporche e
turpi, che egli riprendeva con severità46•
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Capitolo quarto - Il pellegrinaggio a Gerusalemme
tati dal suo ese mpio (Epistula de S. Ignatio, n. 19, FN I, 88). Ignazio tra
tutti i suoi difensori si limita a fare allusione ai soli compagni spagnoli.
Il loro consiglio a tacere, tuttavia, anche se motivato dall'intenzione di
salvario dai progetti di chi gli è avverso, di fatto finisce per porre Ignazio
in una situazione di tensione, perché nemmeno la soluzione politica e di
plomatica degli amici può soddisfarlo: Ignazio non è tipo che si lasci chiu
dere la bocca facilmente. A dispetto del favore e dell'affetto di quanti lo
circondano, appare ancora una volta solo, come del resto aveva sempre
desiderato.
48 Ignazio sfugge alla situazione ostile e alla tensione in cui viene a
trovarsi dopo il consiglio degli amici spagnoli, in un modo umanamen
te inesplicabile. A suo parere, infatti, è Dio che lo ha liberato, volendo
che la nave arrivi velocemente a Cipro, in contrasto con la lenta marcia
tenuta fino a quel momento: a causa dell'assenza di vento per buon
tratto del viaggio, la Negrona entra nel porto di Famagosta solo il 14 ago
sto, un mese esatto dopo la partenza da Venezia.
49 Dal diario di Peter Filssli apprendiamo che la Negrona, lasciato a
Famagosta il neogovematore Niccolò Dolfin, avrebbe dovuto portare i
pellegrini a Beyrut in Siria. Di là, essi avrebbero quindi raggiunto
Gerusalemme attraverso la Galilea e la Giudea. Ma la notizia che la pe
ste aveva colpito la Siria, dissuase il capitano, Benedetto Regazzoni, dal
proposito di proseguire il viaggio. l pellegrini furono costretti a trasfe
rirsi a piedi al porto di Le Saline (attuale Lamaka), distante solo l O le
ghe, e lì imbarcarsi sull'altra nave, la Peregrina, partita per prima da
Venezia i129 giugno. In tal modo Ignazio fu definitivamente liberato dal
l'atteggiamento ostile dell'equipaggio della Negrona: questa volta la pe
ste da ostacolo diventa per Ignazio un alleato. La Peregrina salpò da Le
Saline (Lamaka) verso Giaffa il 19 agosto 1523.
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f a
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Fi.issli e di Filippo Hagan risulta che la visita della Terra Santa ebbe ini
zio il giorno dopo, sabato 5 settembre. Nella prima settimana, fino a ve
nerdì 11, i pellegrini alla visita dei luoghi santi in Gerusalemme(Cenacolo,
Chiesa della Dormizione della Vergine, Chiesa del S. Sepolcro), a
Betania, al Monte degli Ulivi, a Betlemme, alla valle di Giosafat e all'orto
del Getzemani,unirono le classiche pratiche devozionali(processioni, Via
Crucis, Confessione, Comunione, Veglia notturna al S. Sepolcro). Dopo
due giorni di riposo (sabato 12 e domenica 13), dal 14 al 16 i pellegrini
visitarono Gerico e il Giordano. Dal 16 al 22 furono costretti a rimane
re a Gerusalemme nel monastero dei Frati per l'arrivo in città di cava
lieri turchi.
55 La consolazione intensa che accompagna Ignazio nella visita del
la Terra Santa porta a maturazione in lui una doppia elezione: rimanere
sempre a Gerusalemme e aiutare le anime. Se dopo un primo momento,
ancora a Loyola, Gerusalemme poteva apparire come un ideale provvi
sorio (cfr. sopra, §. 8, nota 39; §. 9, nota 49; §. 11, nota 59; §. 12, nota
61), col passar del tempo il suo primo proposito aveva subito una tra
sformazione e si era arricchito, divenendo ferma decisione di rimanere
a Gerusalemme per visitare continuamente quei luoghi santi.
56 La semplicità del suo primo proposito si era arricchita di un nuo
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il suo proposito era molto fermo, e che riteneva di non poter de
sistere dali 'attuarlo per nessuna cosa al mondo, lasciando corte
semente capire che per timore di nulla avrebbe desistito dal suo
proposito, anche se il Provinciale non ne era del parere, purché
non si trattasse di cosa che lo obbligasse sotto pena di peccato65•
Allora il Provinciale disse che essi avevano ricevuto dalla Sede
Apostolica l 'autorità di far partire di lì oppure di farvi restare, a
loro giudizio, chiunque, e di poter scomunicare chi non volesse lo
ro ubbidire. Disse anche che, nel caso spec!fìco, essi giudicava
no che egli non doveva rimanere ecc... 66•
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Capitolo quarto - ll pellegrinaggio a Gerusalemme
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un motivo di fede, solo perché riconosce nel Frate una vera autorità so
pra di lui, un vero superiore. Solo per ubbidienza, egli decide di partire
l'indomani con i compagni pellegrini. Ma questa ubbidienza, lungi dal
l'essere vissuta come un ostacolo al discernimento della volontà di Dio,
è da lui subito vista ed esistenzialmente vissuta come un canale che gli
manifesta meglio proprio quel disegno divino da lui sempre cercato e, per
tanto, come un aiuto al proprio discernimento. Non è sconfessato il
discernimento passato, perché faceva parte di esso quella clausula «pur
ché non si trattasse di cosa che lo obbligasse sotto pena di peccato» (cfr.
sopra, §. 46, nota 65). Ora, come Ignazio stesso scrive negli Esercizi
Spirituali (EESS., n. 42), non solo i dieci comandamenti, ma anche i pre
cetti della Chiesa e gli ordini ("comendaciones") dei superiori possono
obbligare l'individuo sotto pena di peccato. Questa esperienza marcherà
il seguito del suo itinerario spirituale: sempre di più crescerà il senso del
l'ubbidienza e il senso della Chiesa, non in una chiave servile o puramente
razionalistica, o come una necessità di ordine sociologico o di dipendenza
psicologica, ma in una linea sempre più spirituale, come vera esperien
za dello Spirito di Dio che opera nella storia e guida l'uomo e la Chiesa
alla salvezza attraverso strumenti umani.
6R Durante la permanenza a Gerusalemme, Ignazio viveva presso
l'ospedale di S. Giovanni, dove si poteva alloggiare per tutto il tempo che
si voleva con due soli marchetti, e con un'offerta di 5 ducati al giorno ai
Padri francescani per i due pranzi e, una volta al giorno, anche un po' di
vino (G. Switek, o. c., 51). Probabilmente queste spese, come le altre per
le visite ai luoghi santi, erano sostenute per Ignazio dai compagni di pel
legrinaggio.
69 Non è questa l'unica volta che Ignazio annota di essersi lasciato gui
dare nelle sue azioni, a Gerusalemme, dai suoi desideri (cfr. in questo stes
so paragrafo, «gli venne il desiderio di andare a Betfage» ). Sul tema del
desiderio cfr. sopra, §. l , nota 4 e §. l O, nota 50.
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Capitolo quarto - Il pellegrinaggio a Gerusalemme
prio questo egli voleva tornare a vedere70• E così, senza dir nulla
e senza prendere alcuna guida (difiatti quelli che vanno senza un
turco per guida corrono gran pericolo), se la svignò dagli altri e
70 L'oggetto del suo intenso desiderio è il luogo nel quale Gesù ven
ne a trovarsi con i suoi discepoli per l'ultima volta prima di ascendere
al cielo . Prima di partire da Gerusalemme, Ignazio vuole imprimersi be
ne nella mente, nella fantasia e nel cuore le impronte dei piedi di Gesù,
l'ultimo segno che il Maestro divino ha lasciato sulla terra prima di par
tire da essa. Ignazio, come Gesù, sta per partire dalla Terra Santa: la de
cisione del P. Provinciale gli ha ormai dato la certezza che nostro Signore
non vuole che resti in quei luoghi santi. È certamente questo un atto di
profonda devozione ali 'umanità santissima di Cristo da parte di colui che,
attraverso la contemplazione dei luoghi, aveva cercato soprattutto di con
templare la persona stessa di Gesù per maggiormente amarLo e seguirLo
(EESS., n. 104), per identificarsi sempre più con Lui (cfr. la meditazio
ne della Chiamata del Re eterno, EESS., nn. 91-98), in modo da non es
sere sordo alla Sua chiamata, ma sollecito e diligente a compiere la Sua
santa volontà (EESS., n. 91 ). Ignazio, però, a questo punto del suo iti
nerario spirituale, sa dove non deve rimanere, ma non sa dove deve an
dare e che cosa deve fare (cfr. sotto,§. 50). L'ubbidienza lo rituffa in un
nuovo processo di discernimento, per il quale sente la necessità di
un'assimilazione a Cristo più profonda per meglio disporsi a percepire
lo Spirito. Il mistero deli'Ascensione, come mistero-ponte tra la vita ter
rena di Cristo, di cui è l'ultima tappa che quasi precontiene tutte le pre
cedenti, e la Pentecoste, sembra quanto mai indicato per la contempla
zione di Ignazio proprio nel momento in cui sta per terminare il suo pel
legrinaggio alla Gerusalemme terrestre e sta per iniziare un nuovo pel
legrinaggio verso quella Gerusalemme che finora ignora e che deve an
cora discernere, cioè la Roma della Chiesa istituzionale, mistica sposa
di Cristo, in cui prenderà corpo e forma concreta l'ideale mistico del ser
vizio a Cristo, suo Re. Sul monte degli Ulivi Ignazio contempla, come
ultimo segno lasciato da Cristo in terra, le orme dei Suoi piedi. Si trat
ta ancora di camminare, di muoversi, di andare avanti. La partenza da
Gerusalemme non è più vissuta come una frustrazione, ma, con l'aiuto
della contemplazione delle orme di Cristo, come apertura ad una novità
di vita nella consolazione.
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tinuamente Cristo sopra di sé. E questo gli durò sempre con gran
de intensità, finché non giunse al monastero78.
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Capitolo quinto
IL RITORNO DA GERUSALEMME
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era una nave grande alla quale poco si addice la descrizione di «navio muy
pequefio» con la quale Ignazio indica l'imbarcazione sulla quale egli trovò
posto per il ritorno a Venezia. Per identificare la Malepiera con la nave
sulla quale Ignazio compi la traversata verso l'Europa e per ritenere che
tre e non quattro erano le navi in partenza da Cipro per Venezia, biso
gnerebbe ritenere che il «muy pequefio» o «pequefio», che Ignazio at
tribuisce alla sua nave, sia detto non in assoluto, ma in relazione alla na
ve ricca e di grande stazza dell'armatore veneziano e che Ignazio, par
lando di "Puglia" come luogo in cui approdarono dopo I; avventurosa tra
versata, sia incorso in un errore di geografia, confondendo la Puglia
con l'lstria, dove appunto, nel porto di Parenzo, approdò il Fiissli con la
Malepiera.
4 Si tratta di Gerolamo Contarini.
5 Questa battuta del capitano della nave ricca e potente indirettamente
ci fa conoscere in quale stima Ignazio fosse ritenuto dai suoi stessi com
pagni di pellegrinaggio. Certamente essi, in più occasioni, avevano con
statato le sue virtù ed erano rimasti attratti dal suo attegiamento di po
vertà e di mitezza, fino al punto di farsi essi stessi suoi protettori e be
nefattori. C'è stato, pertanto, un cambiamento di atteggiamento nei riguardi
del nostro pellegrino da parte delle persone che gli si trovavano vicino:
non lo considerano più, come nell'andata, un tipo da tenere isolato e un
po' strano o sconsiderato. Ma anche in Ignazio c'è un cambiamento: le
lodi e la stima da parte degli altri sorprendentemente non gli procurano
scrupoli o disagi. Sembra che egli abbia acquistato ormai una certa libertà
interiore di fronte ad esse.
6 Cioè in modo miracoloso e portato dalla Provvidenza. Una pia tra
dizione dice che San Giacomo dalla Palestina sarebbe an dato a
Compostela, facendo la traversata del Mediterraneo su una nave senza
remi e senza vela.
198
Capitolo quinto - Il ritorno da Gerusalemme
7 Una volta di più appare come Ignazio sia ripagato della sua fidu
cia nella Provvidenza. Quando gli amici spagnoli non possono più per
mettersi di pagargli i 15 ducati per il viaggio da Cipro a Venezia, egli tro
va con facilità un posto gratis su una nave. Certamente questa è picco
la e meno confortevole delle altre, ma, all'atto pratico, si mostrerà più
sicura di quella ricca e potente di Gerolamo Contarini, sulla quale gli era
stato rifiutato il passaggio. Dio, nella Sua provvidenza, attraverso l'e
sperienza stessa, nella linea dello spirito evangelico delle Beatitudini (Le.
6, 20-26) e della meditazione dei Due Vessilli (EESS., nni. 136-147), edu
ca Ignazio a non porre la propria fiducia in ciò che è ricco e potente, ma
in ciò che è piccolo, povero e umile.
H Il viaggio di ritorno inizia ai primi di novembre. Restarono in ma
re tutto il mese di novembre e il mese di dicembre.
9 Non raramente Ignazio ne/l 'Autobiografia fa allusione ai suoi abi
ti o al modo di vestirsi dei compagni e degli amici (cfr. §§. 16. 17. 18.
34. 50. 51. 55. 58. 59. 62-64. 66 ... ) Questi passi possono aiutare ad in
.
terpretare meglio i passi delle Costituzioni nei quali è trattato il tema del
vestito. Sono particolarmente significativi, intorno a questo tema, i te
sti della Parte III riguardanti la cura della salute e delle forze fisiche di
quanti si trovano in probazione ([296). [297]), quelli del capitolo 2° del
la Parte VI riguardanti la povertà dei membri già incorporati nella
Compagnia ( [577]. [579]) e un testo del capitolo l o della Parte VIli ri
guardante quello che è di aiuto per l'unione delle persone tra loro in
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Capitolo quinto - Il ritorno da Gerusalemme
va saputo dal segretario del Consiglio dei Dieci, Antonio Milledonne, co
nosciamo anche il nome dell'altra persona: si tratta del senatore vene
ziano Antonio Trevisan.
11 Dieci giuli facevano poco più di un ducato. Questa moneta d'ar-
·
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Capitolo quinto - Il ritorno da Gerusalemme
II Nadal sembra quasi presupporre una scelta di tipo razionale: nelle sue
esortazioni ad Alcalà nel 1561 FN II, 195-197), nel Collegio Romano nel
1557 (FN Il, 6) e a Coimbra nel 1561 (FN Il, 154) e in altri suoi scritti
(cfr. Apologia contra censuram, FN Il, 68; Dialogi pro Societate, FN II,
245), oltre che sottolineare il fatto della coscienza molto viva che Igna
zio aveva della sua totale ignoranza in materia di studi umanistici e teo
logici, adduce come argomenti della sua scelta in favore dello studio il
pericolo di errori e di eresia, la necessità di studiare per poter essere con
cretamente inviato, per poter parlare con autorità oltre che con compe
tenza e per poter svolgere un apostolato efficace, sicuro e tranquillo.
Tutto questo è vero, ma forse il Nadal, preoccupato più di chiarificare
i dati della spiritualità della Compagnia e, in particolare, la dimensione
istituzionale e sacerdotale del suo servizio apostolico nella Chiesa sot
to il Romano Pontefice, che di delineare un rigoroso quadro storico, an
ticipa motivazioni in favore dello studio che affioreranno più chiaramente
nella coscienza e nella vita di Ignazio in un tempo posteriore. Non va tra
scurato, difatti, quel «per un po' di tempo», col quale si potrebbe forse
pensare che l'ideale dello studio possa essere stato concepito da Ignazio,
a quel tempo della sua vita, come provvisorio e di passaggio per un ge
nerico "aiuto alle anime" un poco più qualificato: Ignazio non pensa an
cora certo a studi molto approfonditi e intensi; si accontenta di quello che
è puramente indispensabile. Di fatto, forse, è più esatto pensare che, sep
pure in clima di Terzo Tempo di elezione, come sembra suggerire il ter
mine "inclinazione", che suppone una ricerca e una valutazione dei mo
tivi "pro" e "contra"quello circa il quale si vuoi prendere una decisio
ne, abbia avuto buon gioco anche l'analisi induttiva dell'esperienza sto
rica e contingente: l'esperienza ecclesiale di Gerusalemme aveva fatto
maturare, in forza del comando autoritativo del Provinciale dei francescani,
nonostante l'attrazione spontanea verso la permanenza nella città santa,
la certezza che era volontà di Dio che non restasse in Palestina.
Probabilmente questa stessa esperienza ha fatto maturare in lui una cer
ta presa di distanza dalle consolazioni sensibili e soggettive e l'esigen
za di dare maggiore peso all'aspetto oggettivo della verità e alla di
mensione istituzionale dell'aiuto alle anime, fino allora concepito in
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dava senza alcuna tristezza, anzi tutto allegro e contento25• Egli ave
va l 'abitudine di rivolgersi alle persone, chiunque fossero, dando
del voi: lo faceva per devozione, perché così parlavano Cristo e
gli apostoli ecc ... 26• Mentre percorreva quelle strade, gli passò per
la mente che sarebbe stato bene in quella circostanza abbandonare
quella abitudine e dare al capitano del Signoria, e questo anche
per un certo timore di torture che gli avrebbero potuto infliggere
ecc... Appena, però, si accorse che si trattava di una tentazione,
si disse: «Visto che è così, non gli darò del Signoria, né gli farò
riverenza, né mi toglierò il berretto»27•
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Capitolo quinto - Il ritorno da Gerusalemme
(Es. Gen .. IV, [l O l]). Ignazio accetta le conseguenze della scelta opera-
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Capitolo quinto - Il ritorno da Gerusalemme
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Capito sesto
BARCELLONA E ALCALA
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
sto lascia trasparire le motivazioni della scelta: a quel tempo Ignazio, or
mai trentatreenne, era ancora lontano dal pensare ad uno studio ap
profondito per il quale fossero necessari un impegno e una dedizione to
tale. Pensava di studiare solo «per un po' di tempo»(§. 50, nota 14), quel
tanto necessario per poter esporre iuxta e cclesiasticum morem la ricchezza
dei doni ricevuti a Manresa e nell'orazione, e per rendere in tal modo suf
ficientemente sicuro ed efficace il suo aiuto alle anime (cfr. Nadal,
Apologia contra censuram, FN II, 68). Il pellegrino non voleva affatto
sacrificare sull'altare dello studio il tempo da dedicare alla vita di pre
ghiera, di penitenza, di povertà e di contatto con le anime. Vita intellet
tuale, vita spirituale e vita apostolica: tre forze e tre dimensioni di vita
che Ignazio subito avrebbe voluto far coesistere insieme. Tuttavia, l'a
ver scelto Manresa piuttosto che Barcellona, il frate cistercense, uomo
spirituale, invece di M0 Ardévol, uomo di scienza, sembra manifestare
in Ignazio una preferenza -del resto da lui stesso indicata nelle motivazio
ni della scelta- al «potersi dare con maggiore comodità alle cose spirituali»
prima che allo studio e all'apostolato. Ma, soprattutto, sembra che Ignazio,
piuttosto che sulle esigenze dello studio, ponga un'accentuazione parti
colare sulle pratiche esteriori di orazione e di penitenza, che nel seguito
della sua vita di studente andrà scemando in favore di una maggiore va
lorizzazione del dovere di stato di studente.
L'intuizione di integrare studio e vita spirituale, nel fondo, era sen -
z'altro positiva, ma necessitava di una messa a punto più precisa circa
il modo di operarla. Ignazio aveva ancora bisogno di una lunga azione
educativa da parte di Dio che purificasse e ridimensionasse il suo desi
derio delle "cose spirituali", senza che ne patisse danno la serietà del
l'impegno nello studio e lo stesso spirito di preghiera. Per questo è ne
cessario un doppio movimento: l'uno, di interiorizzazione delle cose spi
rituali, e, l'altro, di valorizzazione in chiave spirituale e di fede dell'a
zione propria dello studente. Ancora un lungo cammino attende Ignazio
prima di arrivare a capire che l'applicazione allo studio è molto esigen
te e assorbe, in un certo senso, tutto l'uomo. Solo più tardi l'integrazio
ne tra vita spirituale e vita di studio arriverà a chiarificarsi nel suo spi
rito e prenderà, allora, corpo nelle disposizioni e nei principi affidati da
215
S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
8 Proprio come a Manresa quasi due anni prima (cfr. sopra, 26, nota
60) e come sarà poi a Parigi (cfr. sotto, §. 82, nota 62), luci interiori e
consolazioni spirituali vengono a distogliere Ignazio dal compito prin
cipale che è chiamato a svolgere. A Manresa si trattava di dormire, a Parigi
di ascoltare le lezioni dei professori, qui a Barcellona di studiare a me
moria in privato la grammatica latina. Certamente la tentazione di stac
carsi dall'impegno richiesto, per rifugiarsi nelle consolazioni spirituali,
trova terreno favorevole nella sua non più giovane età di uomo trentatreen
ne, costretto a cimentarsi con uno studio da ragazzini, oltre che -ben in
teso- nell'attrattiva e nell'inclinazione per le cose spirituali. Perciò era
naturale che, come attesta il Lainez (Epistula de S. lgnatio, FN I, 90-92),
il pellegrino sentisse molta difficoltà nello studio, trattandosi, per di
più, dello studio di grammatica e di realtà umane. Questo spiega come,
nonostante le esperienze precedenti, Ignazio non abbia riconosciuto su
bito nelle luci e nelle consolazioni spirituali la tentazione del nemico del
la natura umana, che si trasfigura in angelo di luce per distoglierlo dal
retto fine (EESS., n. 332).
9 Come a Manresa, Ignazio supera la tentazione attraverso un atten
to processo di discernimento spirituale. Il primo passo è costituito dal ri
conoscere come tentazione, cioè come mozione proveniente dallo spi
rito cattivo, le luci e i gusti spirituali. La constatazione di due dati fon
damentali lo incamminano verso questo punto: prima di tutto il fatto di
non riuscire ad imparare a memoria e, in genere, lo scarso profitto che
consegue nello studio; secondariamente, il confronto tra il suo stato in
teriore al momento dello studio e quello nel momento della preghiera e
della S. Messa: nemmeno in quei momenti spirituali, nei quali l'anima
è maggiormente sensibilizzata e le mozioni, generalmente, si fanno sen
tire più intense, egli si accorge di essere mosso da illuminazioni così vi-
217
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
ve quali quelle provate durante lo studio. Sopra questi tàtti Ignazio in
nesta una lunga riflessione («riflettendovi sopra molte volte))). Attraverso
di essa egli scopre la causa dell'effetto cattivo e sviante costituito dallo
scarso profitto nello studio: è l'angelo cattivo che si presenta sotto for
ma di luce, più nel profumo di incenso che nella puzza di zolfo, e del qua
le «è proprio entrare con l'anima devota e uscime poi insieme con essa:
ossia, portare pensieri buoni e santi conforme a quella certa anima giu
sta, e quindi, a poco a poco, cercare di uscime traendo l'anima ai suoi
celati inganni e alle sue perverse intenzioni)) (EESS., n. 332). Di fatto,
quelle "consolazioni" sviano e distolgono Ignazio da quello che in pre
cedenza si era proposto di fare e finiscono per infiacchirlo (EESS.. n. 333),
proprio nel campo del dovere allo studio, circa il quale avrebbe avuto bi
sogno di incoraggiamento e di forza.
10 Ignazio si mette a pregare non tanto per ottenere da Dio la forza di
allontanare la tentazione, dato che, per quanto si dia da fare con le sue
forze non ci riesce (cfr. sopra, §,54), quanto piuttosto, più in generale,
per far maturare il discernimento verso una decisione operativa effica
ce. Spesso Ignazio raccomanda che tutto il processo di discernimento e
di elezione sia accompagnato da intense preghiere e si attui in un clima
di preghiera (cfr. soprattutto il documento Delibera/io Primorum Patruum,
MI, Const. l, 2 ss).
11
Si tratta di una grande chiesa gotica di Barcellona, situata nelle vi
cinanze del porto. La sua costruzione ebbe termine nel 1383.
12
Il secondo e decisivo passo attuato da Ignazio per allontanare la ten
tazione e per riordinare la propria vita sulla linea di uno studio più serio
ed efficace, è costituito dall'apertura della propria coscienza al suo stes
so professore Gerolamo Ardévol. Le esperienze passate gli hanno inse
gnato che il nemico della natura umana si comporta come un tàlso inna
morato che vuole restare nascosto e non vuole che le sue mene siano re
se manifeste (EESS., n. 326), e ama agire nel fumo e nella confusione
(EESS.,_ n. 140). Ignazio sa che a Satana molto dispiace se colui che è
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
suo ideale apostolico: da personale sta per acquistare una forma sociale
e comunitaria. E con questo a Barcellona assistiamo alla nascita nella vi
ta di Ignazio di quell'ideale comunitario che, attraverso vari tentativi ed
esperienze, prenderà corpo stabile, circa 15 anni dopo, a Roma, nella fon
dazione della Compagnia di Gesù.
17 Generalmente si ritiene che Ignazio, arrivato a Barcellona dalla Terra
Santa nel marzo del 1524, se ne sia partito per Alcalà nel marzo 1526.
Il tempo di "quasi un anno e mezzo", indicato dal pellegrino per la du
rata della sua permanenza ad Alcalà, è interpretato come approssimati
vo: al massimo, infatti, si tratta di 15 mesi, perché si sa per certo che par
ti per Salamanca nel giugno del 1527, una ventina di giorni dopo la sen
tenza del terzo processo comunicatagli il l giugno 1527 (FD, 342-343;
cfr. anche: Polanco, Summ. Hisp., n. 40, FN l, 175, il quale, però, certa
mente sbaglia nel ritenere di soli sette mesi la permanenza del santo in
Alcalà). Incerte rimangono, invece, la data di partenza da Barcellona e
quella di arrivo ad Alcalà. Dai verbali del primo processo contro Ignazio
in quest'ultima città, sappiamo che la moglie del direttore dell'ospeda
le di Antezana, presso il quale il santo fu ospitato, in data 19 novembre
1526, attestò che Ignazio e Callisto da circa 4 mesi si trovavano nella ce
lebre città universitaria. Questo collocherebbe l'arrivo di Ignazio nel lu
glio 1526 e, quindi, la partenza da Barcellona nel giugno, alla fine del
l'anno scolastico. Questa datazione della partenza da Barcellona parrebbe
più plausibile, perché sembrerebbe strano che Ignazio abbia voluto inter
rompere il corso a metà anno, nel mese di marzo.
18 Alcalà di Henares, nella diocesi di Toledo, si trova in Castiglia a
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
gli diede lo stesso consiglio. E così se ne partì solo per Alcalà, seb
bene avesse già alcuni compagnP0, a quanto mi pare. Giunto ad
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
sone più povere. Agli occhi della gente, all'esterno, il gruppo era rico
noscibile dalla pratica del mendicare, dal modo di vestire comune (cfr.
sotto, §. 58, nota 37) e, soprattutto, dalla intensa attività apostolica.
Certamente all'unità del gruppo furono di aiuto anche i tre processi che
Ignazio e i compagni dovettero subire ad Alcalà tra il novembre 1526 e
il giugno 1527 (cfr. sotto, §§. 57 e 58).
21
La vita di povertà di Ignazio passa attraverso diverse tappe.
Inizialmente è caratterizzata da pura mendicità. Per l 0-12 giorni trova
alloggio presso l'asilo dei vagabondi di Santa Maria la Ricca e si dà a chie
dere elemosine per sé, per il proprio sostentamento. Dalla mendicità pu
ra passa ali'ospitalità ne li'ospedale nuovo di Antezana, dove gli viene as
sicurato gratuitamente «corner y beber y candela y cama>> («cibo, bevande,
candela e letto>>, FD, 330), «una camera e tutto il necessarim> (in questo
stesso paragrafo). Non è Ignazio che prende l'iniziativa; egli accetta
l'offerta e l'invito da parte del direttore dell'ospedale, toccato dalle in
giurie e dal disprezzo di cui il santo era stato fatto oggetto da parte di un
chierico con alcuni suoi compagni. Tuttavia Ignazio non smette di men
dicare e di chiedere elemosine, ma, avendo la «camera e il necessario per
vivere>>, egli si fa mendicante per aiutare i più poveri di lui, per essere
loro vicino e per condividerne la vita in pienezza (cfr. sotto,§. 57, nota
32).
22
Sono gli effetti della povertà liberamente scelta. La mendicità vis
suta come scelta appare agli occhi degli esterni una realtà inconcepibi
le, che non può non suscitare disprezzo, umiliazioni e disistima. Ignazio
comincia a verificare nella sua vita quanto aveva domandato al termine
della meditazione della Chiamata del Re eterno (EESS., n. 98) e quan
to la contemplazione evangelica di Cristo povero e umiliato lo aveva con
dotto ad identificare come proprio della pedagogia divina nella medita
zione dei Due Vessilli (cfr. il discorso che Cristo fa ai suoi servi e amici
mentre sta per inviarli a tutti gli uomini per indurii « 1°, ad una somma
povertà spirituale e, se cosi piacesse alla Sua divina Maestà e questa li
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Capitolo se s to - Barcellona e Alcalà
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S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
stolica, e così superficiale e disorganizzato finiva per essere una pura per
dita di tempo e non giovava per nulla alla formazione dell'apostolo. Anche
se negativa, questa esperienza risultò poi utile per il futuro fondatore del
la Compagnia: egli imparò a sue spese quanto sia necessario un meto
do per progredire nell'apprendimento delle materie e nella vita di stu
dio (una vera Ratia Studiarum!), in modo tale che esso risulti efficace
per la formazione del futuro apostolo (cfr. Cast., Parte IV, cap.6°).
Ignazio imparò anche come sia necessario che gli studenti si concentri
no nello studio, non lasciandosi distrarre da impegni e da attività ester
ne, ancorché pie e sante, quali quelle esercitate nel servizio apostolico
a vantaggio degli altri (cfr. Cast., IV, [362]-[365]).
2x Sull'attività apostolica di Ignazio offrono ampio e prezioso mate
riale storico gli atti dei processi che si tennero in Alcalà tra il novembre
del 1526 e il giugno del 1527 (FD, 319-349). Sappiamo che Ignazio e i
suoi compagni, tra i quali soprattutto Callisto, svolgevano il loro lavo
ro apostolico attraverso conversazioni personali o in riunioni a piccoli
gruppi. Può forse interpretarsi in questa luce la distinzione che Ignazio
fa tra "dare esercizi spirituali" e "spiegare la dottrina cristiana"? Non sem
bra che ad Alcalà il pellegrino dia gli Esercizi Spirituali nel senso più pro
prio e più pregnante del termine. Probabilmente si tratta di quei tipi di
Esercizi "leggeri" e più propri della Prima Settimana che sono descrit
ti nell'annotazione 18 (EESS., n. 18), adatti soprattutto per persone più
semplici e senza istruzione o per persone dotate di scarse capacità na
turali. L'insegnamento della dottrina cristiana aveva, invece, una fina
lità di istruzione più oggettiva. Ignazio trattava argomenti di ordine mo
rale, spiegava i Vangeli e la vita di San Paolo o di altri santi, insegnava
a fare l'esame di coscienza ed esortava alla Comunione e alla Confessione
settimanali (FD, 325. 332. 333. 334). Le persone che Ignazio avvicina
va ad Alcalà non erano generalmente di alto rango sociale, come era sta
to prevalentemente a Barcellona, ma piuttosto gente semplice e umile.
Erano di vario tipo e di varie categorie: vedove e spose, signore e signorine
sui 16-17 anni, studenti, chierici e frati. Grazie agli atti dei processi, pos
siamo anche conoscere il nome di almeno una ventina di persone che fre
quentavano Ignazio. Particolarmente significativi furono gli incontri
227
S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
che il santo ebbe per la prima volta con Martino de O lave, allora studente
di Vittoria e, in seguito, novizio in Compagnia nel 1552 e professore di
teologia al Collegio Romano fino alla morte, avvenuta 17 giorni dopo quel
la di Ignazio, e con il sacerdote portoghese Manuel Miona, che Ignazio
stesso scelse come suo confessore e che sarebbe entrato pure lui, più tar
di a Roma, ne11545, in Compagnia, nella quale mori il 4 marzo 1567.
29 L'attività apostolica di Ignazio ad Alcalà produce effetti diversi: da
una parte, «si conseguivano buoni risultati a gloria di Dim>, «molte per
sone pervennero a grande conoscenza e gusto di cose spirituali» e si ve
rificava un grande accorrere di gente dovunque egli spiegasse la dottri
na cristiana, ma, da un'altra parte, si verificano anche mozioni e feno
meni strani che suscitano sospetti e scalpore tra la gente. Questi tàtti gli
procureranno in Alcalà ben tre processi e 42 giorni di prigione. Circa que
sti fenomeni strani, Ignazio nell'Autobiograi
f a parla solo di quanto ca
pitò ad una donna la quale, «volendosi dare la disciplina, non ci riusciva,
come se le trattenessero la mano». Ma, dagli atti dei processi, sappiamo
che, in particolare presso l'uditorio femminile, si verificarono casi di iste
ria, di perdita temporanea della parola, di svenimenti e di perdita totale
della coscienza (FD, 337). In questi fenomeni, che si verificavano in un
contesto religioso di comunicazione spirituale, la gente ravvisava facil
mente la presenza di cause soprannaturali, mentre si tratta di dati che pos
sono anche essere spiegati dal punto di vista puramente psicologico: per
esempio, in alcuni casi, come in quello degli svenimenti e della perdita
di coscienza, si può trattare di una rottura temporanea di contatto con la
realtà in chi, sollecitato a cambiare vita, cerca di prendere le distanze da
un vissuto un tempo desiderato, ma ora avvertito come peccaminoso e
disordinato; oppure, in altri casi, l'atteggiamento riservato di Ignazio nei
riguardi delle donne, può essere stato per alcune di esse, soprattutto per
le più giovani, inconsciamente mosse verso una dipendenza affettiva da
lui, causa di una intensa frustrazione di sentimenti, capace di produrre al-
228
Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
Devo ricordarmi della paura che egli stesso provò una notte.
cuni fenomeni strani (cfr. G. Wilkens, o. c., 114-117). A detta del santo,
interrogato durante il terzo processo il 17 maggio 1527, 5o 6 furono le
donne interessate da questi fenomeni. In quell'occasione Ignazio iden
tifica la causa degli svenimenti nella forte ripugnanza avvertita da esse
di fronte al cambiamento di vita che, da una parte, percepivano dover ope
rare e contro il quale, dall'altra, erano sollecitate ad opporsi da tentazioni
provenienti sia dal demonio che dalle persone deli' ambiente da esse fre
quentato (FD, 339-340). È quasi certo, però, che Ignazio nel suo zelo,
per altro lodevole, ma insieme nella sua ingenuità e nella sua purezza e
trasparenza interiore di uomo fortemente gratificato da doni straordinari,
abbia superato i confini della prudenza da aversi nel trattare con le don
ne, soprattutto dovendo tener conto del contesto concreto del tempo e del
la fragilità e della debolezza psicologica di alcune delle persone che lo
frequentavano. Per questo non si può dire che l'autorità ecclesiastica non
avesse ragioni plausibili nel voler istituire processi per far luce sull'at
tività del pellegrino.
30 Don Diego de Eguia, nativo di Estella in Navarra e imparentato con
Francesco Saverio, in quel tempo era già sacerdote. Più tardi, nel 1540,
entrò in Compagnia e per qualche tempo a Roma fu confessore di S.
Ignazio. Mori a Roma il 16 giugno 1556, proprio un mese e mezzo pri
ma del santo.
31 Si tratta di Miguel de Eguia, tipografo ad Alcalà, noto soprattutto
per aver pubblicato per la prima volta in Spagna l' Enchiridion militis ch
ristiani di Erasmo nel 1525, e per averlo ristampato nel 1526, proprio
quando Ignazio giungeva ad Alcalà. Ignazio ebbe certamente tra le ma
ni il libro di Erasmo: sappiamo dal Càmara (Memoriale, n. 98, FN l, 585)
che il confessore del santo in Alcalà, Manuel Miona (cfr. sopra, nota 28),
consigliò al suo penitente di leggere quel libro circa il quale fervevano
molte discussioni in Spagna in quegli anni. Secondo il Ribadeneira, in
vece, Ignazio avrebbe conosciuto e letto I'Enchiridion militis christiani
a Barcellona. La divergenza tra il Camara e il Ribadeneira riguarda an
che il motivo per cui Ignazio si sarebbe astenuto dalla lettura del libro
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S. Ignazio di Loyola -Autobiografia
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo sesto - Barcellona e Alcalà
cesa con istruttoria, non solo perché appare chiaro da quanto segue che
gli inquisitori vennero ad Alcalà solo per iniziare il processo, )asciandone
il proseguimento e la conclusione al Vicario Figueroa, senza nemmeno
interrogare Ignazio o qualche compagno, ma anche perché dagli atti del
processo, redatti dal notaio Francesco Ximenes, risulta che ufficial
mente alla presenza del Carrasco e del Mejia non si ebbe che l'interro
gatorio di 4 testimoni tenuti a giuramento, e cioè del sacerdote Ferdinando
Rubio, di Beatrice Ramirez, di Giuliano Martinez, custode dell'ospeda
le di Antezana, e di sua moglie Maria. È interessante notare che anche
negli Esercizi Spirituali il termine proceso ritorna due volte (nn. 19. 56),
in entrambi i casi in riferimento alla realtà del peccato: "il processo dei
peccati" comporta e si identifica con un <<richiamare alla memoria tutti
i peccati della vita passata». Il tempo della memoria, nella dinamica del
discernimento è il tempo iniziale, il tempo della raccolta dei dati e del
l'impostazione dell'elezione. Gli inquisitori Carrasco e Mejia nel pro
cesso di Ignazio si arrestano a questo primo momento iniziale. In una let
tera a Giovanni III di Portogallo del 15 marzo 1545 (FN l, 51-54, oppure
MI, Epp. l, 296-298), Ignazio parla di otto processi subiti durante tutta
la sua vita e, in particolare, ricorda che «ad Alcalà de Henares, dopo che
i miei superiori intentarono contro di me tre processi, fui preso e impri
gionato per 42 giorni». Si parla in modo molto improprio quando si di
ce che Ignazio subì ad Alcalà tre processi. Di fatto si danno solo due sen
tenze: la prima fu emessa dal Vicario Figueroa in data 21 novembre 1526
a conclusione del primo processo aperto dagli inquisitori il 19 novem
bre (ed è di questo processo che si parla in questo§. 58; cfr. FD, 322-
331 ); la seconda fu emanata il l giugno 1527, dopo due serie di
interrogatori, considerati comunemente come due processi distinti,
rispettivamente in marzo (il 6.3.1527, FD), 331-333) e in maggio (i
giorni IO. 14. 18.2 1 maggio 1527, FD), 333-343). Tra l'uno e l'altro "pro
cesso", il 18 o il 19 aprile, Ignazio fu posto in carcere, dove rimase per
42 giorni fino alla sentenza definitiva.
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cosa di più interiore; egli, uomo della Chiesa, vuoi essere ·soprattutto si
curo di trovarsi nell'ortodossia.
50 Non sappiamo a che cosa possa alludere questo "pro memoria" del
Camara.
51 Dagli atti dei processi di Alcalà contro Ignazio e i 4 compagni ri
sulta che il secondo processo ebbe inizio il 6 marzo 1527, quasi 4 mesi
dopo la sentenza del primo processo (21 novembre 1526), con le depo
sizioni di Mencia de Benavente, di Anna de Benavente e di Eleonora, fi
glia di Anna de Mena (FD, 331-333). Dagli atti stessi risulta che l'at
tenzione del Figueroa si concentra soprattutto su Ignazio e che non cer
ca più di indagare sulla foggia del vestito, ma piuttosto sull'apostolato
del pellegrino e, più precisamente, sui contenuti dottrinali trasmessi, sul
le persone da lui avvicinate e sul luogo in cui egli è solito incontrare la
gente.
52 È significativo che Ignazio di questo secondo processo nel -
l 'Autobiografìa voglia ricordare solamente l'occasione che l'ha de
terminato, cioè l'imprudenza di una devota, quasi per confermare le rac
comandazioni fatte ai gesuiti sul tratto con le donne affidate alle lettere
o alle Costituzioni stesse (per esempio III, [266]. [267]; cfr. anche sot
to,§. 97, nota 44).
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gli fanno credere che per Dio ne sarebbe uscito, a meno che questo non
tomi a gloria e servizio di Lui. È naturale, allora, che il rifiuto di un av
vocato o di un procuratore sembri la logica scelta a conclusione di un pro
cesso di discernimento per chi ha già inamovibilmente scelto il servizio
di Dio al di sopra di ogni tornaconto personale, e la speranza in Lui so
pra ogni fiducia che si potrebbe riporre nelle proprie capacità o nelle in
dustrie umane. Nella lettera a Giovanni III di Portogallo sopra citata (cfr.
§.58 , nota40), Ignazio scrive che nei primi5 processi da lui subiti, i pri
mi dei quali ad Alcalà, «non ho mai voluto prendere né ho preso altro di
fensore, procuratore e avvocato che Dio, in cui ho posto con la Sua di
vina grazia e favore tutta la mia speranza presente e futura» (MI, Epp.
l, 297 oppure FN I, 52).
59 Per M. si legga Miona.
60 Donna Teresa Enriquez (1456?-1529), moglie di Gutierrez de
Cardenas, detta "la pazza di Dio", era molto nota in Castiglia per la sua
generosità verso i poveri e per i prigionieri, e per la sua devozione al
Santissimo Sacramento. Tra coloro che offrirono il loro aiuto al pellegrino,
il Ribadeneira annovera anche donna Eleonora Mascarenhas (cfr. sotto,
§. 80, nota49).
61
Gli atti del terzo processo di Alcalà riferiscono solo di un interro
gatorio da parte del Figueroa ad Ignazio in data 18 maggio 1527 (FD,339-
340). Per questo alcuni (cfr. per esempio G. Wilkens, o. c. , 120) riten
gono che il santo sia stato incarcerato il2 maggio 1527, in base all'af
fermazione dell'Autobiogrqfìa che pone l'esame del Figueroa dopo 17
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carcere con luP0. Ma il pellegrino gli disse che sarebbe stato me
glio che si presentasse al Vicario71• Questi lo trattò bene e gli dis
se che lo faceva mettere in prigione, perché era necessario che vi
restasse fino al ritorno di quelle donne, per vedere se con la loro
parola avrebbero confermato le deposizioni del pellegrino. Callisto
restò in carcere alcuni giorni, ma il pellegrino, vedendo che gli nuo
ceva alla salute fisica, lo fece uscire per mezzo di un dottore, suo
grande amico72• Dal giorno in cui il pellegrino entrò in carcere,
sotto, §. 95, nota 32). Entrambi i casi sono segno della grande carità di
Ignazio verso i compagni ammalati e un insegnamento per quanto riguarda
la cura e la preoccupazione per la salute dei sudditi da parte dei superiori
(cfr. Cost., III, [303]. [304]; X, [827]).
7° Callisto sembra voler restituire il favore ricevuto il mese precedente,
quando, gravemente ammalato, Ignazio venne a visitarlo a Segovia.
Probabilmente, però, questo suo gesto è anche un segno di quanto fos
se profondo in lui il senso del gruppo, la partecipazione alla causa di
Ignazio e la solidarietà con colui che era universalmente riconosciuto non
solo come il capo, ma anche come la persona nella quale si impersona
va tutto il gruppo. Non ci sono, invece, note le reazioni degli altri tre com
pagni.
71 Il suggerimento di Ignazio al compagno di presentarsi al Vicario
Figueroa può essere interpretato in vari modi. Può intendersi come un sem
plice atto di convenienza e di correttezza procedurale, ma può anche es
sere inteso con Wilkens (o.c., 122) come un'approvazione e una sotto
lineatura del significato che Callisto attribuiva al gesto di volersi ritenere
responsabile dei medesimi atti che gli si imputavano. Anche all'esterno
era conveniente che apparisse la cosciente solidarietà e l'unità di azio
ne tra i membri del gruppo. Dagli atti del processo appare che, anche se
il solo Ignazio è direttamente attaccato, di fatto lo è soprattutto come ca
po di un gruppo e, pertanto, in una certa maniera, tutto il gruppo è mes
so in questione e imputato.
72 Si ignora il nome di questo medico, amico di Ignazio. È interessante
notare ancora una volta la cura e la preoccupazione del santo per la sa
lute del compagno. Per poterla assicurare in modo efficace, Ignazio non
ha paura e vergogna di ricorrere a raccomandazioni e ad aiuti esterni, e
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76 Gli atti del processo di Alcalà riferiscono che Ignazio accettò la sen
tenza del Figueroa. Egli aveva ben coscienza della sua scarsa istruzio
ne, nonostante dei cinque del gruppo fosse il più preparato. Di questo non
voleva fare mistero con nessuno, nemmeno di fronte a coloro che lo in
quisivano: non era solo un mettere le mani avanti per attirare simpatie,
ma piuttosto un modo di contribuire a fare verità, tanto più necessaria in
una situazione molto confusa qual era quella della Spagna degli anni 1520-
1530. Ignazio, infatti, sapeva che la situazione culturale era marcata da
un clima di sospetto per l'irrompere quasi contemporaneo dell' "il
l uniinismo", dell'erasmismo e delle prime avvisaglie di luteranesimo.
Le difficoltà oggettive di discernere sempre con esattezza l'errore dai se
mi di bene e di verità rendevano più che giustificabile un atteggiamen
to di vigilanza e di freno di fronte alle novità da parte dell'autorità ec
clesiastica. Per questo Ignazio poteva ben comprendere, mettendosi nei
panni del Figueroa, l'opportunità, almeno, se non proprio il senso pie
no, della sentenza. Questo era sufficiente per lui per riconoscerla legit
tima e per sentire il dovere di accettarla.
77 L'accettazione della sentenza, però, non lascia tranquillo Ignazio:
automaticamente essa lo fa ripiombare in un nuovo processo di discer
nimento e di elezione circa l'orientamento della sua vita. La sentenza,
infatti, lo pone di fronte ad un bivio: da una parte, restare ad Alcalà, ma,
conseguentemente, rinunciare ad "aiutare le anime" e intraprendere una
vita di solo studio; dall'altra, portarsi altrove, in una città di studio al di
fuori della diocesi di Toledo (in concreto egli pensa a Salamanca), do
ve non sia obbligato a seguire le prescrizioni della sentenza del l giu
gno emanata dal Figueroa e dove, pertanto, possa continuare ad eserci
tare il servizio apostolico in aiuto agli altri. Il fatto che «gli chiudesse
ro la porta per far del bene alle anime» per il solo motivo di non aver stu
diato e ottenuto diplomi o attestati di buon esito negli studi, e non per
ché il suo insegnamento fosse erroneo o anche solo lacunoso, rende la
seconda ipotesi più verosimile. La sentenza non offre in se stessa alcun
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perché erano già alcuni giorni che i compagni erano là. Gli chie
se il suo nome e, poi, lo condusse dove i compagni alloggiavano.
Quando in Alcalà emisero la sentenza che si vestissero come gli
studenti, il pellegrino disse: «Quando ci avete ordinato di tinge
re i vestiti, lo abbiamo fatto; ma ora questo non lo possiamo fa
re, perché non abbiamo con che comprarli». Allora il Vicario
stesso procurò loro vestiti, berretti e tutto il resto proprio degli stu
denti. E vestiti in quel modo erano partiti da Alcalà. A Salamanca
si confessava da un.frate domenicano in Santo Stefano3• Erano già
l O o 12 giorni che era arrivato, quando un giorno il confessore gli
disse: «i Padri di casa vorrebbero parlarvi»; ed egli rispose: «In
nome di Dio !». «Allora- disse il conjèssore- sarà bene che ve
niate qui a pranzo domenica; ma vi avverto di una cosa: essi vor
ranno sapere molte cose sul vostro conto4)). E così la domenica vi
Alcalà; ma forse, ancor più, il fatto che il gruppo, soprattutto nella per
sona del capo, venisse sottoposto a processi e incarcerazioni, finiva, in
ultima analisi, per fortificarne la coscienza comunitaria e per fame ri
conoscere i componenti dagli altri come "quelli che arrivano da Alcalà",
intimamente uniti tra di loro.
3 Non conosciamo il nome di questo confessore di Ignazio a Salamanca.
Sappiamo che nel 1527 era priore del convento di Santo Stefano dei do
menicani P. Diego di San Pietro. Quando il pellegrino giunse a Salamanca,
questi si trovava assente, insieme ad altri professori che davano lustro
all'Università di quella città, tra i quali il celebre teologo Francesco de
Vittoria: stavano partecipando tutti all'incontro di Valladolid (27 giugno
- 13 agosto), durante il quale si discusse e si prese posizione intorno a
21 proposizioni di Erasmo. Rispetto all'Università di Alca!à, quella di Sala
manca si presentava più conservatrice e meno aperta alle idee nuove. l
domenicani, che dominavano nell'insegnamento filosofico e teologico,
insieme ai francescani, erano i più fieri oppositori di Erasmo, ed ebbe
ro molto peso nell'incontro di Valladolid.
4 L'atteggiamento esteriore di Ignazio e dei compagni aveva già at
tirato l'attenzione dei frati e, probabilmente, aveva ingenerato discussioni
in comunità, forse anche una divisione tra chi era favorevole al gruppo
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Capitolo settimo - Salamanca
e chi nutriva, invece, sospetti nei loro riguardi. L'incontro con Ignazio
e con Callisto non risolverà le discussioni dei frati; anzi, evidenzierà an
cora di più la divisione all'interno del convento (cfr. sotto,§. 66).
5 !in assenza del priore, trattenuto a Valladolid, governava la comu
nità il sottopriore, P. Nicola di San Tonunaso.
6 Il luogo scelto per l'incontro, la cappella, sembra indicare che non
si doveva trattare di una semplice conversazione informate, ma che, al
meno da parte dei frati, l'incontro con Ignazio e Callisto era stato ben con
certato, come se si trattasse di un interrogatorio preliminare in vista di
un vero processo, per il quale era necessario che fossero presenti, vici
no al sottopriore, anche altri come testimoni.
7 Secondo le buone regole della disputa scolastica e dell'umana edu
cazione, il sottopriore inizia da quanto poteva essere "concesso" ad
Ignazio e ai suoi compagni, da quello che era degno di approvazione e
che probabilmente era motivo di appoggio e di stima da parte di quanti
in comunità si mostravano favorevoli al nuovo gruppo. "Predicare al
l'apostolica", cioè alla maniera degli apostoli, era una forma stereotipata,
che già dal secolo IV serviva per designare la vita religiosa. Con San
Domenico, soprattutto, la vita apostolica viene a designare la predicazione
itinerante dei religiosi nella povertà e nella mendicità, secondo il testo
di M t. l O, 9-14. Questa concezione domenicana della vita religiosa apo
stolica si trova anche all'interno della vita della Compagnia che nell'e
sperienza di Ignazio, futuro suo fondatore, andava, a poco a poco, pren
dendo corpo e assumendo contorni sempre più chiari. Questo spiega an
che perché potesse essere molto lodato dai Domenicani il genere e lo sti
le di vita del quale Ignazio e i suoi compagni stavano dando testimonianza
in Salamanca.
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denti; quel suo compagno, per il gran caldo, aveva dato la sotta
na ad un chierico povero. A questo punto il frate disse come tra i
denti, dando segni di disapprovazione.: «Charitas incipit a se
ipsa» (sic)17• Poi, per tornare al nostro racconto, il sottopriore, poi
ché non riusciva a cavare altre parole dal pellegrino, disse:
«Ebbene, restate qui; troveremo bene il modo di farvi dire tutto».
E, detto questo, tutti i frati se ne andarono con una certa fretta.
Siccome in precedenza il pellegrino aveva domandato se voleva
no che restassero in quella cappella, o dove volevano che restas
sero, il sottopriore rispose di restare nella cappella. Subito i fra
ti fecero chiudere tutte le porte e, a quanto pare, presero contat
to con i giudici. Tuttavia i due restarono nel convento per tre
giorni, senza che nulla fosse loro comunicato da parte della giu
stizia; e mangiavano nel refettorio con i_frati. La loro camera, poi,
era quasi sempre piena difrati che venivano ajàr loro visita; il pel
legrino parlava sempre di ciò che gli era abituale; di conseguenza
tra loro c 'era già una certa divisione, perché erano molti coloro
che si mostravano loro affezionati18•
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po, appena si venne a sapere in città che erano stati messi in pri
gione, mandarono loro in carcere l'occorrente per dormire e tut
to il necessario, in abbondanza23• Venivano poi sempre molti a vi
sitar/i, e il pellegrino continuava i suoi esercizi: parlava di Dio
ecc ... 24• Il baccelliere Frias25 venne ad esaminarli separatamente,
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e il pellegrino gli diede tutti i suoi scritti, cioè gli Esercizi, perché
li esaminassero26• E, avendoli interrogati se avessero compagni,
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dal carcere, mentre i due compagni che stavano con loro non fug
girono. Quando al mattinofurono trovati con le porte aperte ed es
si soli senza nessun altro, il fatto diede a tutti molta edificazione
e suscitò molto scalpore in città. E così, subito dopo, assegnaro
no loro come prigione tutto un palazzo, che stava lì vicino42.
nella presenza di uno dei giudici del processo la possibilità che la visi
ta, almeno da parte di uno dei due visitatori, non fosse così amichevole
quale l'atteggiamento di Francesco de Mendoza voleva lasciar intende
re, Ignazio interpreta la domanda ad un livello strettamente spirituale.
Questo gli permette, da un lato, di essere apostolo e di comunicare un im
pegnativo messaggio interiore ed evangelico, attestando il valore della
prova e delle umiliazioni; e, dall'altro, di porsi fuori del terreno di un even
tuale incontro con la giustizia ufficiale nella persona del baccelliere
Frias, che poteva indagare in modo indiretto sull'andamento del carce
re, in genere, o acquisire nuovi elementi e dati utili per la sentenza che
stava per essere pronunciata contro di lui e contro i suoi compagni.
42 Caceres e Arteaga, i due compagni che erano stati messi nelle cel
le inferiori con i prigionieri comuni (cfr. sopra, §. 67), con i tàtti con
fermano quanto Ignazio aveva affermato a parole nella conversazione con
Francesco de Mendoza. L'episodio richiama alla mente quanto capitò a
Paolo e a Sila nel carcere di Filippi (Atti 16,25 ss.).
43 Purtroppo, finora, non si è potuto trovare il testo della sentenza da
nessuna parte.
44 Fondamentalmente la sentenza dei giudici di Salamanca quale è ri
ferita da Ignazio neli'Autobiografia e -nella sostanza- negli scritti dei Primi
Compagni (Lainez, FN l , 96; Polanco, FN l, 176 e FN Il, 551-552;
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tutta la questione per lui era se, una volta finiti gli studi50, sareb
be entrato in religione oppure se ne sarebbe andato così per il mon
do51. Quando gli veniva il pensiero di entrare in religione, subito
gli affiorava il desiderio di entrare in un Ordine decaduto e poco
riformato, per aver in esso occasione, nel caso dovesse.fàrsi reli
gioso, di soffrire di più; insieme pensava che forse Dio così avreb-
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Capitolo settimo - Salamanca
be aiutato quei religiosi52• Dio gli dava una grande fiducia che
avrebbe sopportato bene tutti gli affronti e le ingiurie che gli
avessero fatto53• Siccome, poi, in questo tempo di prigionia a
Salamanca54 non gli erano venuti meno quegli stessi desideri difa-
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-di unire a sé delle persone per «aiutare a riformare gli errori che avvertiva
nel servizio divino» e perché tutti insieme fossero «come piccole trom
be di Gesù Cristo» (Polanco, Summ. Hisp., n. 35, FN l, 170). Egli pen
sava che nella grande università di Parigi egli avrebbe potuto più facil
mente raggiungere questo scopo della formazione di un gruppo di ami
ci e compagni che condividessero il suo stesso stile e ideale di vita. Sempre
.più ci appare chiaro, pertanto, come Ignazio approdi all'ideale co
munitario a partire dall'ideale apostolico e proprio attraverso di esso. È
interessante anche notare come la decisione di andare a Parigi per ag
gregare persone che condividessero il suo stesso progetto apostolico di
vita si rifletta sul piano della vita della Compagnia in un testo fino al 1551
presente nelle Costituzioni, nel quale si elencano vari mezzi di pastora
le vocazionale (MI, Const. , 268. 270, Col. A, apparato critico). Tra di
essi, come terzo mezzo e aiuto per reclutare compagni, Ignazio e Polanco
avevano scritto: «Aiuterà porre residenza in città universitarie, dove
sogliano accorrere e convenire un maggior numero di persone inclina
te agli studi e alle cose spirituali, e più libere dal mondo, e che, quando
fossero chiamate a questo Istituto (=la Compagnia di Gesù), si trove
rebbero più istruite negli studi, che per esso si richiedono; e, dopo le città
universitarie, i luoghi più grandi e dove vi sia più concorso di gente ...».
Anche se tutto il lungo passo, riguardante i mezzi da ricercarsi e da usar
si da parte della Compagnia per cooperare alla chiamata di Dio, per va
ri motivi non è più comparso nel successivo testo B delle Costituzioni,
quello presente alla morte di Ignazio, mi sembra che esso possa illumi
nare la scelta operata da Ignazio a Salamanca di andare a studiare a Parigi,
città universitaria e molto popolata, anche per aggregare compagni a sé
e al gruppo che già con lui in Spagna stava condividendo i suoi ideali di
vita. Forse l'aggiunta «conservare quelli che già aveva» è stata anche sug
gerita dal fatto che non tutto filasse liscio e fosse ben chiarificato tra i 5
membri, o, addirittura, dal fatto che Juanico si fosse già allontanato da
essi per farsi francescano (cfr. sopra, §. 67, nota 27).
57 È il primo segno nell 'Autobiografìa di un certo qual discernimento
comunitario. Dalla decisione presa non risulta che il dividersi, andando
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Ignazio a Parigi mentre gli altri avrebbero aspettato in Spagna, sia da in
terpretarsi come una decisione a sciogliere il gruppo; risulta, anzi, il con
trario. Ignazio, infatti, parte per Parigi con l'intenzione ferma e condi
visa dai compagni di cercare mezzi e modi più opportuni per farsi rag
giungere da loro in Francia, al fine di conservarli e formarli meglio. Egli
parte pensando di lasciare in Spagna un gruppo di amici a lui già forte
mente legati, anche se ancora bisognosi di un'ulteriore formazione e di
studi. Per questo, anche se parte solo, come da Loyola, da Manresa, e da
Barcellona per Gerusalemine, questa solitudine è ben diversa da quella
di 4-5 anni prima.
58 Ancora una volta, come già a Pamplona di fronte ai compagni d'ar
me(§. l), a Loyola di fronte al fratello(§. 12), a Barcellona di fronte agli
amici che lo consigliavano di prendersi un compagno per il pellegrinaggio
a Gerusalemme(§. 35), a Roma di fronte ai conoscenti che cercavano di
dissuaderlo dal viaggio in Terra Santa(§. 40), a Venezia di fronte alla fa
miglia di colui che l'aveva ospitato e al medico interpellato circa l'op
portunità di imbarcarsi dato il suo stato di salute molto cagionevole e com
promesso(§. 43), così ora, a Salamanca, Ignazio dà prova di una gran
de forza di volontà nel saper resistere alle pressioni di chi cerca di con
vincerlo a non partire per Parigi. Non si tratta, lo sappiamo bene, di coc
ciutaggine o di una forza cieca: all'occorenza, infatti, Ignazio sa ritornare
sui suoi passi, come per esempio nel caso del suo incontro col Provinciale
dei francescani a Gerusalemme: di fronte ad un chiaro ed oggettivo se
gnale della volontà di Dio, la sua volontà si manitèsta flessibile, fino al
punto di rinunziare al progetto che ancora poco prima si sentiva in co
scienza obbligato a dover seguire. Per questo si tratta di un'autentica e
illuminata forza di volontà: essa trova nella volontà di Dio stesso il
fondamento, il parametro di confronto e la sorgente, che, quasi come dal
l'interno, la vivifica e la permea.
59 Ignazio parte solo come quando parti da Navarrete per Moriserrat,
staccandosi dai due servi impostigli dal fratello(§. 13), oppure quando
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Capitolo settimo - Salamanca
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mostrerà non dotate di forza di volontà simile, per non dire pari, a quel
la rivelata da Ignazio. La solitudine, durante il lungo viaggio a Parigi, of
frirà ad Ignazio ampi spazi di tempo per riflettere su questo primo tentati
vo comunitario e per chiarificare a se stesso come meglio impostare il
processo di aggregazione di compagni intorno alla sua persona, per il qua
le aveva ricevuto particolari doni dal Signore.
60 A Barcellona si ripete la stessa situazione di opposizione alla sua
partenza che si era verificata poco tempo prima a Salamanca. Della
"elezione" dei conoscenti di Barcellona i l testo deli' A utobiogrqfìa si tà
premura di ricordare non solo la conclusione (=il consiglio, dato ad
Ignazio, di non andare in Francia), ma anche le motivazioni razionali e
le pressioni psicologiche che l'accompagnarono. La guerra tra Spagna
e Francia stava per riesplodere violenta dopo il ritorno di Francesco I in
patria dalla prigionia in terra iberica. È del 12 dicembre 1527 il fallimento
di un tentativo di negoziazione politica degli ambasciatori di Francia e
di Inghilterra con Carlo V per scongiurare la ripresa delle ostilità. In un
clima di guerra apertamente dichiarata, con gli animi surriscaldati con
tro i francesi (gli amici barcellonesi di Ignazio accusano i francesi di vo
ler «emettere allo spiedo gli spagnoli»!), non era proprio il caso che il ba
sco pellegrino si mettesse in viaggio per la capitale francese. Ancora una
volta la fermezza di carattere di Ignazio respinge ogni ostacolo e ogni pres
sione contro la sua decisione.
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PARIGI
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però, che venga mortificata l'attenzione alla singola persona o venga as
solutizzato il fattore "istruzione" a scapito del fattore "educazione"; la
spiccata professionalità e solidità di dottrina nel corpo docente; e, infi
ne, la forte sottolineatura deli' esercizio e della traduzione nella concre
tezza e nella pratica di quanto intellettualmente appreso, come metodo
formativo della personalità e non solo come strumento di controllo e di
verifica fine a se stesso, in forza del quale la persona è obbligata a met
tere in opera, nel processo di educazione e di formazione umana, tutte
le sue risorse e tutte le sue facoltà attraverso un'autentica ginnastica del
lo spirito (cfr. Costa Maurizio, Note sur !es élements .fòndamentaux de
la Pédagogie de la Compagnie de Jèsus, CIS, n. 55, XVIII ( 1987, n.2),
l 03-135).
8 Ignazio a Barcellona è, da una parte, insistentemente pregato da per
sone ragguardevoli di non partire dalla Spagna (cfr. sopra,§. 72), ma con
temporaneamente, dall'altra, trova persone disposte a sostenerlo con
aiuti finanziari, perché possa condurre gli studi a Parigi con una certa age
volezza. Tra queste persone benefattrici vanno ricordate in modo speciale
Isabella Roser e Inés Pascual: esse vennero incontro alle necessità del pel
legrino anche successivamente, durante tutti i suoi sette anni di perma
nenza a Parigi (cfr. MI, Epp., I, 83-84. 90 e FN III, 149. 198).
9 Si discute se il sistema di maneggiare denaro adottato da Ignazio per
tutti gli anni della sua permanenza a Parigi, che escludeva un contatto di
retto con esso, sia da interpretarsi come difesa contro eventuali furti o,
piuttosto, come testimonianza della sua presa di distanza di fronte ad es
so e come segno della sua volontà di essere povero, un po' secondo lo
spirito di San Francesco, che non voleva che i suoi figli portassero de
naro con sé. Certamente questo episodio ci inclina a ritenere che, alme
no inizialmente, appena arrivato a Parigi, fosse più vera la seconda ipo
tesi. Probabilmente questa esperienza, dagli effetti negativi per il suo stu
dio, lo avrà costretto a riflettere e a rivedere le sue opinioni in materia,
per non confondere spirito di povertà con ingenuità. Stupisce il tàtto che,
nonostante tutto, Ignazio abbia voluto andare a visitare il suo compagno
spagnolo a Rouen quando, in partenza per la Spagna, questi cadde ma
lato (cfr. sotto, §. 79).
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In quell'anno 1528 la Pasqua cadde il giorno 12 aprile.
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Capitolo ottavo - Parigi
la somma non aveva già più niente sia per le spese fatte, sia per
il motivo sopra accennato. Perciò fu costretto a mendicare e an
che a lasciare la casa dove stava11•
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Si tratta con molta probabilità di un frate della Certosa di Parigi,
Notre-Dame de Vauvert. Fondata nel l258 e situata vicino all'attuale giar
dino di Luxembourg, era distante poco più di l Km dai Collegi di
Montaigu e di Santa Barbara. Dopo un periodo di decadenza nel seco
lo XV, la Certosa di Parigi, attraverso un lento e silenzioso processo di
riforma, era allora diventata un centro di diffusione spirituale molto
forte. Persino Erasmo, solitamente critico e ironico con tutti i monaci,
riconosce i certosini di Vauvert come modelli di santità e di impegno cri
stiano. Ignazio comincia presto a conoscere e a frequentare la Certosa
di Vauvert, e ad essa indirizza anche i suoi primi compagni di Parigi co
me luogo per la confessione, per l'Eucarestia domenicale, per la lettura
spirituale e per la preghiera personale.
23 Il piano mistico, sul quale Ignazio si era portato, non si rivela rea
le. La soluzione ipotizzata era una elezione "sua" e non "di Dio".
L'impossibilità di trovare un padrone, la quale lo mette nella condizio
ne di disoccupato -un tipo di povero da lui non contemplato!-, lo aiuta
a prendere coscienza che il suo darsi da fare non è una collaborazione
all'azione di Dio: la sua scelta non è sulla rotta dell'Amore che discen
de dali' Alto (EESS., n. 184 ). Ancora una volta l'esperienza concreta co
stringe Ignazio a rinunciare ad una soluzione che permetta la coesisten
za dello studio e di una vita di povertà. Il Signore, come prima gli ave
va chiuso la porta ad una vita da mendicante, ora, attraverso fatti e
situazioni concrete, gli chiude anche ·ta porta ad una vita da studente
lavoratore. Se vuole continuare a studiare a Parigi e, perciò, seriamente,
Ignazio è costretto a cercare altre soluzioni e a restare ancora in clima
di discernimento.
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S. ignazio di Loyola - Autobiografia
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Capitolo ottavo - Parigi
apostolica. Venuto a Parigi, essa era stata troncata sia dalla scarsa co
noscenza del francese, che gli impediva di radunare intorno a sé gruppi
di gente semplice e pia come ad Alcalà e a Salamanca, sia, soprattutto,
dalla decisione di dedicarsi totalmente allo studio, che ormai costituisce
il punto che polarizza e condiziona ogni scelta. Come la povertà, così an
che l'attività apostolica passa in seconda linea di fronte allo studio.
Questo non è una realtà e un'occupazione che si fa insieme ad altre, ma
la realtà, l'occupazione o, meglio, il dovere di stato che si deve adem
piere con un impegno che prende tutto l 'uomo. Se riprende le con
versazioni spirituali, se riprende a dare gli Esercizi Spirituali, questo aiu
to alle anime si colloca su un diverso tipo di rapporto, che comporta an
che, a sua volta, un diverso tipo di uditorio. L'aiuto agli altri è, infatti,
principalmente orientato al reclutamento e alla formazione di compagni,
che già dal tempo della prigionia a Salamanca era visto come mezzo per
conseguire meglio e più pienamente il fine apostolico verso il quale era
teso. Per questo i suoi interlocutori ed esercitanti non sono più docili e
ubbidienti pie donne come a Barcellona e ad Alcalà, ma studenti uni
versitari, compagni di studio. Se dovessimo anticipare e applicare ad
Ignazio a Parigi una terminologia e categorie più proprie della futura vi
ta della Compagnia di Gesù, potremmo dire che Ignazio fa lo scolastico
e il .formatore, ma non l'operaio apostolico nella vigna del Signore. Se
l'apostolato, inteso come dimensione interiore e come zelo sincero per
le anime, rimane sempre presente nel periodo di studi a Parigi, fino al
punto, anzi, da essere motore e anima vivificatrice degli studi stessi -co
me egli vorrà che tale resti per tutto il tempo della formazione dello sco
lastico della Compagnia-, inteso, invece, come attività esterna mate
rialmente cessa e rimane presente come fine da conseguirsi nel futuro.
Anche riguardo all'attività apostolica, come circa la pratica della povertà,
Ignazio cerca un'integrazione, ma la trova secondo lo schema mezzo-fi
ne (studio in vista dell'apostolato) e in linea verticale dal punto di vista
temporale: unità nella successione (studio ora in vista dell'apostolato nel
futuro).
27 Non è da pensare che Ignazio desse un corso di Esercizi Spirituali
a tre persone, bensì che desse Esercizi individualmente a tre persone qua-
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pra, §. 72), ma proprio da parte degli spagnoli. Tredici anni più tardi, in
una lettera del 20 febbraio 1542 a P. Araoz, Ignazio non ha paura di fa
re i nomi di alcuni di questi spagnoli che a Parigi lo avversarono forte
mente in quella circostanza: Pedro de Garay, Bernardino de Sallinas, Pedro
Maluenda e Francesco de Astudillo, tutti del gruppo di Burgos (MI,
Epp. I, 191 ) Essi -come Ignazio riferisce nella lettera- si erano molto ri
.
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Capitolo ottavo - Parigi
gno 1529, è certo che questa minaccia venne annunciata al pellegrino nel
l'estate 1529. L'Autobiografia non ci riferisce quale fu poi l'esito delle
minacce. Dal Lainez (FN Il, 139) e dal Polanco (FN Il, 562-563) sap
piamo che Diego de Gouvea in ottobre, quando già Ignazio era arriva
to al Santa Barbara, voleva di fatto comminare il castigo, anche perché
nel frattempo -come riferisce il Ribadeneira (FN Il, 383-384)- Ignazio
era riuscito a persuadere i compagni di studio a non frequentare nei gior
ni festivi le esercitazioni e le dispute scolastiche, per attendere invece al
l'esercizio della preghiera e ai sacramenti della Confessione e
dell'Eucarestia. Questo il santo lo aveva promosso nonostante i ripetu
ti richiami del Rettore, che di malocchio vedeva diminuire la presenza
degli studenti alla scuola. Polanco e Ribadeneira narrano che, quando già
tutto era stato preparato per la punizione, ad Ignazio venne in mente l'i
dea di recarsi nella camera del de Gouvea per far valere le proprie ragio
ni. Egli fu talmente persuasivo, che il Rettore cambiò il proposito di pu
nire Ignazio in sperticate lodi per lui. Dopo di allora, Diego de Gouvea
si mostrò sempre benevolo verso Ignazio e la Compagnia: sarà proprio
lui il primo a concepire l'idea di inviare alcuni membri della futura
Compagnia nelle Indie Orientali, a raccomandarne l'attuazione e ad ap
poggiarne il progetto presso Giovanni IJI di Portogallo, quando il Fabro,
a nome di tutti, il 23 novembre 1538 manifestò la disponibilità dei Primi
Padri ad essere inviati in quelle terre; e sarà ancora proprio lui a patro
cinare la difesa della Compagnia nella disputa tra la medesima e l'uni
versità di Parigi (FN Il, 379 ss.). Certamente Ignazio era dotato di una
grande forza di persuasione: già l'abbiamo riscontrata a Pamplona nei
rapporti con i suoi compagni d'arme(§. 1), a Loyola con i medici (§.4)
e con il fratello(§§. 12 e 13), tra Gaeta e Roma alle porte di Fondi con
la "Signora di quelle terre"(§. 39), a Roma e a Venezia con coloro che
cercano di dissuaderlo dall'intraprendere il viaggio a Gerusalemme(§§.
40 e 43), a Gerusalemme con il Guardiano del convento dei frati(§. 45),
nei processi di Alcalà e nella formazione del primo gruppo di compagni
in Spagna e, infine, con gli amici e i conoscenti di Barcellona prima di
partire per Parigi (§. 72 ). L'esperienza dello scalpore suscitato dal
comportamento di Peralta, Castro e Amador, unitamente al fallimento del
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S. Ignazio di Loyola- Autobiografia
primo gruppo spagnolo, lo rendeva più prudente circa l'uso di questa for
za di persuasione quando si trattava di formare un gruppo di amici e di
compagni, con i quali condividere lo stesso ideale di vita. Più conscio del
la forza dello strumento degli Esercizi Spirituali, che il Signore gli ave
va messo in mano, Ignazio sarà meno precipitoso nel volerli dare subito
agli amici che più tardi si uniranno a lui in Parigi e che costituiranno il
seme della futura Compagnia di Gesù. Li farà loro esperimentare nel tem
po più propizio e maturo, secondo le esigenze di ciascuno: per esempio,
al Fabro, che conobbe già dal l529, farà attendere ben quattro anni!
4° Cfr. sopra,§. 73, nota 9. L'episodio raccontato in questo paragrafo
capitò nell'agosto-settembre del 1529.
41 Circa la visita al compagno spagnolo che gli aveva dilapidato tut
ti i soldi e che giaceva malato a Rouen (nel testo italiano "Ruano" e in
quello spagnolo "Ruan") in procinto di imbarcarsi per la Spagna, si so
vrappongono almeno due elezioni: l'una riguarda propriamente l'attua
zione del desiderio di visitarlo e di aiutarlo, l'altra il modo di attuare il
viaggio, cioè l'andare scalzo, senza mangiare e bere, in spirito di peni
tenza. La prima elezione non necessita di un vero processo di discerni
mento: di fronte al bisogno di una persona che gli chiede aiuto, Ignazio
non sta molto tempo a riflettere se sia opportuno o meno rispondere al
la richiesta, e non prende in considerazione le qualità e i meriti della per
sona e neppure il suo comportamento nei propri riguardi. Gli basta sa
pere che si tratta di una persona nel bisogno. Ignazio è principalmente
ed evangelicamente mosso da un motivo di carità e di aiuto fraterno, e
da uno spirito che rasenta l'ingenuità e lo fa certamente apparire ben di
verso dallo scaltro e astuto stratega caro ad una certa storiografia avversa
al santo e non ancora del tutto scomparsa. Piuttosto Ignazio sembra dav
vero ingenuo nello sperare di poterlo ancora guadagnare alla sua causa.
Questa seconda motivazione permette di vedere come, nell'animo di Igna
zio, l'increscioso episodio della dilapidazione delle sue risorse finanziarie
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Capitolo oftavo - Parigi
campi et parlar· con Dio etc . . . 45. Et albergò quella sera con un po
vero mendico a un hospitale, riavendo caminata quel giorno l 4 le
gue; l'altro giorno andò ad albergare ad un pagliaro; il terzo dì
andò a Ruano: tutto questo tempo senza mangiar' né bere, et scal
zo, come haveva ordinato46• In Ruano consolò lo ùifermo et lo aiutò
a metter/o in nave per andar' in Spagna; et gli dette lettere, indi
rizzando/o alli compagni che erano in Salamanca, cioè Ca/isto, et
Caceres et Arteaga47.
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per la corte del re di Portugallo, acciò potesse haver ' una bursa
di quelle che il re di Portugallo dava in Parigi. Donna Leonor det
te le lettere a Calisto, et una mula su la quale andasse, et quatri
ni per le spese. Calisto se n'andò in la corte del re di Portugallo;
ma alla .fine non venne a Parigi; anci, tornando in Spagna, se
n 'andò all'India dello imperatore'51 con una certa donna spirituale.
Et dipoi, tornato in Spagna, andò un 'altra volta alla medesima
India, et all'hora tornò in Spagna ricco, etfece in Salamanca me
ravigliar tutti quelli che lo conoscevano prima. Caceres ritornò in
Segovia, che era sua patria, e là incominciò a viver 'di tal modo,
che pareva haver smenticato del primo proposito52.
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55 Cfr. sopra,§. 78, nota 37. Il Polanco (FN l, 192) ricorda che, tra
coloro che osteggiarono Ignazio a Parigi, c'era anche il Dottor Ortiz.
Questi, in seguito, come ricorda anche il Lainez(FN I, 114), contro ogni
previsione fu molto caritatevole verso i compagni di Ignazio quando, nel
1537, essi scesero a Roma da Venezia per ottenere da Paolo III il pas
saggio per Gerusalemme. Il medesimo Pedro Ortiz, poi, nel 1538, a
Montecassino, fece gli Esercizi Spirituali per40 giorni sotto la guida di
retta di Ignazio (cfr. sotto,§. 98), e, in seguito, si mostrò sempre molto
benevolo e ben disposto verso la Compagnia.
56 In questo caso non fu un vero processo contro Ignazio, come ac
cadde, invece, ad Alcalà e a Salamanca e, più tardi, a Parigi stessa(§. 86),
a Venezia(§. 93) e a Roma(§. 98). L'inquisitore, presso il quale Ignazio
era stato accusato, era il domenicano Matteo Ory, allora priore del con
vento di San Domenico.
57 Circa il titolo di magister noster, cfr. sopra, §. 78, nota 38.
58 Il corso di Arti (o di Filosofia) iniziava il 1 ottobre, festa di San
Remigio. Siamo nell'anno 1529, 20 mesi dopo l'arrivo di Ignazio a
Parigi, quando egli si stava trasferendo al Collegio Santa Barbara, del qua
le era allora Rettore Diego de Gouvea (cfr. sopra,§. 78, note 38 e 39).
Siccome era ormai deciso ad affrontare gli studi di filosofia con serietà
e con totale dedizione, il pellegrino non voleva essere stornato, nel suo
impegno, da faccende extrascolastiche, soprattutto da eventuali proces
si. Per questo prende l'iniziativa di presentarsi spontaneamente all'in
quisitore, per sollecitare una rapida soluzione della questione relativa ai
fatti di Castro e di Peralta. Ancora una volta dall'atteggiamento di Igna
zio emergono la decisa volontà che sia fatta chiarezza e una piena di-
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sefossero prima passate, per poter meglio attender' alli suoi stu
dii. Ma lo inquisitore non lo chiamò più, se non che gli disse che
era vero che gli h avevano parlato de fatti suoi, etc.
sponibilità verso l'autorità giudiziaria che deve indagare su di lui, già no
tate ad Alcalà (§. 61) e a Salamanca (§§. 67-68) e che noteremo in se
guito nei processi di Parigi del 1535 (§. 86) e di Roma (§. 98). Per l 'u
niversità di Parigi la facoltà di Arti era il fiore ali' occhiello: era stata la
prima ad essere costituita, aveva fatto la fama dell'Università, ad essa spet
tava la nomina del Rettore. È soprattutto durante il corso di Arti che Ignazio
sperimenta il valore del Modus parisiensis. Ne rimane cosi colpito e am
mirato da raccomandare, in una lettera del giugno 1532, al fratello Martin
Garcia di non aver dubbi ad inviare il figlio Emiliano a studiare a Parigi,
perché «in questa università farà più frutto in quattro anni che in qual
siasi altra, che io conosca, in sei» e, ancora, perché «credo che in nes
suna altra parte della cristianità voi possiate trovare tante possibilità di
formazione come in questa università» (MI, Epp. l, 78). Il corso di Arti
durava tre anni e mezzo e si articolava su tre corsi fondamentali: il pri
mo era dedicato all'arido studio della logica formale sulle Summulae di
Pietro Ispano; nel secondo si studiava la Logica di Aristotele, e nel ter
zo la Fisica, la Metafisica e l'Etica del grande filosofo greco. Al termi
ne, un doppio esame -pubblico, il primo, e in privato, ma più severo, il
secondo- apriva la porta al titolo di "licenziato" in Arti e, successivamen -
te, al dottorato in Arti, in forza del quale lo studente riceveva il grado di
magister artium. Ignazio ottenne la licenza in Arti il 13 marzo 1533 (FD,
390-391 ), mentre il diploma di Maestro o Dottore in Arti porta la data di
ben due anni più tardi, il 14 marzo 1535 (FD, 387. 395-397). Se già la
licenza comportava non poche spese, molto più costoso era ottenere il gra
do di Maestro. Questo spiega perché il "povero" Ignazio attese due an
ni prima di conseguirlo. Alcuni compagni, invece, l'ottennero a poca
distanza di tempo dal conseguimento della licenza: per esempio, il Fa
bro sei mesi dopo e Francesco Saverio addirittura dopo soli pochi gior
ni (FD, 386. 388).
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
desse il suo stesso ideale e stile di vita. Non essendo ancora a conoscenza
del fallimento del gruppo spagnolo (Callisto,Oiceres e Arteaga), pensa
che per il momento sia sufficiente dedicare il tempo libero dallo studio
a curare la conservazione di questo primo gruppo, senza volersi impe
gnare per aggregare nuovi compagni. Del resto il gran chiasso e le ac
cuse a proposito della vicenda di Peralta,di Castro e di Amador lo spin
gevano verso questa stessa linea di prudenza e di riservatezza.
62 Superate le difficoltà esterne,contro il suo proposito di studio im
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Capitolo ottavo - Parigi
zo degli Exercitii65•
Ignazio si era messo d'accordo con Maestro Fabro che, durante il tempo
di studio, non avrebbero parlato di cose spirituali, perché, come si met
tevano a farlo, subito si trovavano così presi dalla conversazione che si
dimenticavano di Aristotele, della sua logica e della sua filosofia» (De ac
tis Patris nostri Ignatii, FN Il, 384-385; cfr. anche Cost., IV, [361]-[362].
[384]). Per amore allo studio, intrapreso in vista dell'apostolato nel fu
turo, Ignazio prende le distanze anche dalle luci e dalle consolazioni spi
rituali.
63 Pietro Fabro è il primo dei suoi seguaci del 3° gruppo, di quello de
cisivo che perseverò e che venne a costituirsi come Compagnia di Gesù.
Nacque a V illaret (Alta Savoia) il 13 aprile 1506. Al Collegio Santa
Barbara fu compagno di camera di Ignazio, col quale si intese subito, tan
to da aprirgli la sua coscienza delicata e, un anno e mezzo dopo, da se
guido nella povertà e nel suo stile e progetto di vita. Nel frattempo, il 15
marzo 1530, aveva ottenuto la licenza in Arti e sei mesi dopo il dotto
rato. Ignazio, edotto dall'esperienza negativa della fretta usata con
Castro, con Peralta e con Amador, prima di dargli gli Esercizi Spirituali
(fu all'inizio del 1534 mentre il Fabro stava per terminare gli studi teo
logici), attese ben quattro anni. Il Fabro venne ordinato sacerdote il 30
maggio dell534 e celebrò la prima Messa il 22luglio seguente. Sarà pro
prio lui, l'unico sacerdote del gruppo, a celebrare il 15 agosto la S.
Messa, durante la quale Ignazio e i primi compagni emisero il famoso
Voto di Monmartre (cfr. sotto,§. 85).
64 Francesco Saverio, nato il 7 aprile 1506 nel castello di Xavier
(Navarra), venne a Parigi nel 1525. Il 15 marzo 1530 ottenne la licenza
in Arti, e, solo pochi giorni dopo, prese il dottorato. Con questo, a soli
24 anni, venne a far parte del corpo insegnante e ottenne la facoltà di in
segnare in un Collegio della Sorbona. A differenza del Fabro, Francesco
Saverio, spendaccione e ambizioso oltre le sue reali possibilità, inizial
mente si pose in un atteggiamento di difesa di fronte ad Ignazio, anche
se si sentiva affascinato da quel compagno di camera che gli procurava
uditori alle lezioni e, soprattutto, denaro. «Conosceva Ignazio -scrisse di
lui il Polanco-, ma aveva con lui poca affinità dal punto di vista spirituale»
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S. Ignazio di Loyola - Autobiografia
(FN Il, 565). Ignazio riuscì a conquistarlo con molta pazienza: fu nella
prima metà del 1533 che il Saverio si decise alla conversione di vita e a
seguire Ignazio nell'ideale di aiutare il prossimo. Siccome era impegnato
nell'insegnamento al Collegio Dormans-Beauvais, il Saverio poté fare
gli Esercizi Spirituali solo nel settembre del 1534, dopo il Voto di
Montmartre (15 agosto).
65 Questa è l'affermazione più chiara contenuta nell'Autobiografia a
riguardo dell'origine del gruppo di Amici nel Signore, che sarà a fonda
mento della futura Compagnia di Gesù. I futuri primi compagni di Gesù
sono quelli che Ignazio «guadagnò a servitio di Dio per mezzo degli
Exercitii». Nel 1534, oltre al Fabro (gennaio-febbraio) e al Saverio (set
tembre), fecero gli Esercizi Spirituali Alfonso Salmeron, Giacomo Lainez,
Nicola Bobadilla e Simon Rodriguez. Furono guidati personalmente, uno
ad uno, da Ignazio. Attraverso questa esperienza il pellegrino non li
"guadagna a sé", ma al Signore Cristo Gesù. Il nuovo gruppo viene a fon
darsi sul! 'unità e sulla convergenza intorno ali 'unico e identico ideale di
sequela a Cristo Re, in uno stile di povertà e umiltà, sotto l'azione del
lo Spirito Santo, in ordine ad un aiuto universale alle anime da esercitarsi
nella piena disponibilità e mobilità apostolica. Questo ideale viene con
cepito, maturato e scelto durante l'anacoretica esperienza degli Esercizi
Spirituali fatta da ciascuno all'insaputa dei progetti degli altri. Il grup
po resterà saldo, perché fondato non più sul fascino personale di Ignazio,
come il Io gruppo spagnolo, ma sulla meta comune, sull'ideale che tut
ti concordemente vogliono perseguire e, ancor più, sulla persona di
Gesù a lungo meditata e contemplata (cfr. Cost., VIII, [671]). Tuttavia
resta sempre vero che nel gruppo la figura di Ignazio occupa, fin dal prin
cipio, il posto principale, non solo in virtù dell'età (nel 1534, ai 43 anni
di Ignazio, fanno riscontro i 28 del Fabro e del Saverio, i più anziani dei
sei, e i 19 del Salmeron, il più giovane), ma soprattutto per il tàtto di es
sere stata la guida dei diversi corsi di Esercizi e la persona nella quale e
attraverso la quale erano maturate le relazioni tra di loro. Attraverso gli
Esercizi Spirituali si è determinata una specie di generazione spirituale
non solo nei riguardi dei singoli come individui, ma, in un certo qual sen
so, anche del gruppo in quanto tale. In forza di essa i sei compagni lo ri
conosceranno sempre come il loro Padre, all'unanimità 7 anni dopo lo
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quello si spende uno scudo, alcuni molti poveri non lo possono fa
re. Il peregrino cominciò a dubitare seria buono che la pigliasse72•
Et trovandosi molto dubbio et senza rissolutione, si deliberò met
ter la cosa in mano del suo maestro73, il quale consigliandoli che
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Ignazio fa qui allusione alla decisione che portò il gruppo al Voto
di Montinartre ( 15 agosto 1534). Essa maturò attraverso un prolungato
discernimento in comune con gli a l t r i s e i c o m p a g n i. Il t e s t o
dell'Autobiogrqfìa riferisce solo i n parte quello che fu allora deciso e quel
lo che fu oggetto del Voto del 15 agosto 1534. Al Voto di Montmartre
Ignazio e i primi compagni arrivano avendo ben fisso nel cuore un idea
le di vita preciso. Esso era maturato soprattutto nell'esperienza degli
Esercizi Spirituali fatti con Ignazio personalmente e indipendentemen
te gli uni dagli altri, ma anche attraverso lo stile di vita condotto comu
nitariamente dal gruppo, soprattutto secondo le linee evangeliche delle
meditazioni della Chiamata del Re Eterno e dei Due Vessilli. Esso si può
sintetizzare nell'espressione «peregrinatio apostolica comunitaria in
aiuto alle anime»: come gli apostoli furono inviati da Cristo a predica
re in povertà, in umiltà e gratuitamente, così Ignazio e i primi compagni
concepiscono il desiderio di andare qua e là per il mondo "all'apostoli
ca", cioè evangelizzando alla maniera degli apostoli, cercando sempre
la maggior gloria di Dio e l'aiuto più efficace alle anime. Di questo idea
le essi ormai, a Parigi, facevano un progetto stabile di vita. Servizio di
Dio, sequela di Cristo, "magis", aiuto alle anime, universalismo, mobi
lità apostolica, povertà, umiltà e abnegazione, insieme con il desiderio
di compiere in tutto la volontà di Dio, erano elementi ormai definitiva
mente acquisiti. Dove, però, vivere la "peregrinatio"? Dove essere pel
legrini? Dove pellegrinare? Probabilmente nel discernimento in comu
ne sarà stato Ignazio a trascinare gli altri a pensare a Gerusalemme e al
la Palestina, dove Cristo aveva percorso strade, attraversato città e vil
laggi e dove aveva compiuto il mistero di salvezza "in aiuto alle anime",
per tutti gli uomini. Ignazio aveva fallito una prima volta da solo; non
voleva fallire una seconda volta con il gruppo di compagni e di amici.
Il gruppo comincia a "vivere" le esperienze del fondatore.
Il Voto di Montmartre è la concretizzazione e l'espressione di questo
ideale. Durante la riflessione in comune, su alcuni punti nel gruppo si era
andata formando chiarezza e unanimità; su altri c'era ancora incertezza
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stava sempre più prendendo una chiara fisionomia (servizio a Cristo, uni
versalismo, mobilità apostolica, aiuto alle anime, unione nel servizio apo
stolico da esercitarsi con uno stile di povertà e di umiltà, "magis" ... ),e
dall'altra, le note e le caratteristiche della persona del Romano Pontefice,
considerata nelle sue relazioni con Cristo (il Papa è il Vicario di Cristo)
e con la Chiesa (il Papa è il capo universale della Chiesa, mistica sposa
di Cristo).
81
Messo in stato di discernimento e di elezione dalla malferma salu
te, dall'inefficacia dei rimedi tentati e usati, e dal conseguente consiglio
dei medici e dei compagni di recarsi in Spagna nel suo paese natio,
Ignazio, alla fine, arriva alla decisione di distaccarsi dai compagni e di la
sciarsi da essi persuadere, non -però- in forza del solo motivo del ricu
pero della buona salute. È significativo che il discorso circa il progetto
del suo ritorno in Spagna e circa la maturazione della sua decisione al ri
guardo, sia interrotto e inframezzato dal racconto del Voto di Montmartre.
Sembra che Ignazio, nel riferirlo a questo punto, voglia quasi manifestare
il motivo che gli fece superare i dubbi e le difficoltà a proposito dei suo
distacco dai compagni. Il Voto di Montmartre lo tranquillizza, perché be
ne mostra la differenza abissale esistente tra la situazione del gruppo di
compagni in Spagna alla sua partenza da Salamanca e quella del gruppo
dei compagni, dal quale stava ora per distaccarsi, a Parigi. I compagni di
Salamanca erano ancora troppo dipendenti dal fascino che egli esercita
va su di loro; quelli di Parigi, invece, dopo il voto fatto a Dio di povertà,
di castità e di pellegrinare insieme a Gerusalemme, erano Amici nel
Signore, legati da un comune progetto di vita, che aveva in Cristo il suo
principale vincolo di unità e di coesione. Doveva, quindi, essere lascia
ta cadere ogni esitazione proveniente dalla paura di un dissolvimento del
gruppo.
Il testo manifesta in modo esplicito una motivazione certamente de
terminante la decisione di Ignazio di affrontare il viaggio: l'aiuto da dar
si ai compagni e amici spagnoli che avevano alcuni affari ancora da ri
solvere in Spagna. Se ne ha una conferma nella Vita Patris lgnatii di un
autore anonimo (composta intorno al 1567), quando si afferma che «Ì com
pagni di P. Ignazio dissero che avevano non pochi aftàri da sistemare, ma
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Capitolo ottavo - Parigi
P. Ignazio non permise loro di partire per paura che si potessero ritira
re, essendo ancora deboli. Pertanto stabilirono che lo stesso P. Ignazio
si recasse in Spagna, e risolvesse gli affari a loro nome, e così potesse
anche ricuperare un poco la salute fisica grazie all'aria nativa» (FN Il,
439). A tutti questi motivi del viaggio di Ignazio si può aggiungere an
cora quello suggerito dal Polanco: nella decisione del pellegrino di re
carsi nella sua patria avrebbe giocato pure il suo desiderio di offrire mo
tivi di edificazione proprio là dove, nella sua gioventù, aveva dato scan
dalo ed era stato, per molti, causa di cattivi comportamenti (FN II, 568).
�2 Ci troviamo di fronte ad uno dei vari casi di discernimento e di ele
zione comunitaria che altre fonti presentano come abituali nello stile di
vita del gruppo dei compagni a Parigi. La comunità di amicizia e di fra
ternità che si sta formando tra i sette è una comunità senza superiore ge
rarchico e formata da persone che non vivono insieme. Mantengono, però,
una intensa comunicazione gli uni con gli altri, insieme pregano e insieme
cercano di scoprire progressivamente la volontà di Dio sopra di loro, at
traverso un dialogo fraterno e in un discernimento comunitario. Queste
esperienze comuni andranno sempre più creando coesione tra i membri
dei gruppo e, soprattutto, faranno sempre più maturare la convinzione che
è Dio, e non Ignazio, il fondamento che ha dato inizio e vita al gruppo,
e colui che lo conserva e lo sviluppa attraverso un cammino che essi van
no via via scoprendo sempre più chiaramente. A Parigi i primi compa
gni prevedono che Ignazio li avrebbe preceduti tutti a Venezia. Di fatto
Ignazio giunse nella città lagunare alla fine di dicembre dei 1535, un an
no e pochi giorni prima di loro.
83 In un discernimento comune nei primi mesi del 1535, oltre le de
cisioni riguardanti il viaggio di Ignazio in Spagna, i primi compagni sta
biliscono la data della loro partenza da Parigi per il 25 gennaio 153 7, fe
sta della Conversione di San Paolo. A questa decisione essi arrivano, te
nendo presente, da una parte, le esigenze di alcuni che dovevano anco
ra portare a termine gli studi intrapresi, e, dall'altra, il desiderio di non
procrastinare oltre il 153 7 la loro partenza per Gerusalemme, già deci
sa nei discernimenti comunitari del 1534 che portarono al Voto di
Montmartre.
84 Di fatto, le vicende della guerra tra Francesco l e Carlo V costrin-
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siderare il loro gruppo quasi come una setta segreta: egli non ha timore
di dire che ha compagni. Piuttosto, sentendosi responsabile della loro sor
te, se ci fosse qualcosa di meno retto o da condannare nello spirito del
gruppo, l'offrirsi all'inquisitore per sollecitare una sentenza, può signi
ficare un "Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano" (Gv.
l 8, 8). Infine, se si fosse trattato di accuse a riguardo degli Esercizi
Spirituali, poteva risultare utile una nuova conferma da parte dell'auto-
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R?
Il motivo che in questo processo parigino, come in altre circostanze
(cfr. per esempio a Roma, sotto,§. 98, note 9 e 13), ha guidato Ignazio
a insistere perché il processo aperto contro di lui fosse portato regolar
mente a termine e ne venisse emessa formale sentenza finale, si deve ri
cercare nel suo desiderio che fosse eliminato qualsiasi sospetto che po
tesse diminuire l'efficacia dell'apostolato suo e dei compagni, o potes
se offuscare l'ortodossia degli Esercizi Spirituali.
Per questo egli non si accontenta delle parole dell'inquisitore Liévin,
né delle sue lodi circa il libro degli Esercizi, né della semplice dichia
razione verbale che nelle accuse «non vedeva esservi cosa d'importan
za)) e neppure delle scu
se a voce per il processo intentato contro di lui. Ignazio si reca con tan
to di notaio e di testimoni a casa dell'inquisitore, perché siano messe per
iscritto, in un documento del quale possa eventualmente anche avvaler
si nel futuro, le attestazioni di Valentino Liévin. Purtroppo, anche que
sto documento non ci è pervenuto. Tuttavia, quasi due anni dopo, in oc
casione di un nuovo processo al quale viene sottoposto in Venezia (cfr.
sotto, §. 93, nota l), Ignazio ottiene da parte dell'allora inquisitore di
Parigi, Thomas Laurency, che al tempo del processo parigino del 1535
era segretario di Valentino Liévin, un documento attestante che il suo pre
decessore «aveva condotto un 'inquisizione sulla vita, sui costumi e sul
la dottrina di Ignazio di Loyola; che non si era in lui trovato nulla che
non fosse cattolico e cristiano)). È attestato nello stesso documento:
«noi abbiamo conosciuto il suddetto Loyola e il maestro Pietro Fabro,
e abbiamo visto alcuni dei loro compagni vivere sempre in modo virtuoso
e secondo la verità cattolica, e non abbiamo mai notato nulla se non quel
lo che conviene a persone cristiane e molto buone. Inoltre, gli Esercizi
che dà il suddetto Loyola, per quanto ne siamo a conoscenza, ci sembrano
cattolici)) (FD, 524).
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SPAGNA
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e religiosa della popolazione (cfr. problema del gioco delle carte, problema
delle concubine dei preti e di altri uomini, problema della mendicità, so
stegno ai poveri, suono dell'Avemaria ... ) . In base agli atti dei processi
di beatificazione del 1595, alle iniziative di I g n azio ricordate
nell'Autobiografia,si puo a ggiungere l'azione da lui esercitata per ri
conciliare dissidenti, per regolarizzare matrimoni, per risolvere contro
versie che si trascinavano da molti anni, come, ad esempio, quella famosa
tra i preti di Azpeitia e le monache del Convento della Concezione, det
te lsabelitas, conclusa poi felicemente con accordo scritto, in data 18 mag
gio 1535, che porta la firma di Ignazio stesso (FI), 392-439). Nella vita
del santo ad Azpeitia vediamo anticipata in sintesi quella che sarà più tar
di l'attività propria della Compagnia, come se si trattasse di una prima
missione del gruppo degli Amici nel Signore, futuri Primi Compagni di
Gesù, nella persona della loro guida. Probabilmente, come il pellegrinaggio
a Gerusalemme, anche queste esperienze apostoliche condotte da Ignazio
ad Azpeitia in spirito di povertà e di umiltà hanno esercitato un non in
significante influsso sul testo delle Costituzioni relativo agli esperimenti
del Noviziato, soprattutto sul secondo, sul quinto e sul sesto (Es. Gen. .
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come sono il predicare ecc ... » (Cost., V, [528]). Il pericolo che l'inse
gnamento della dottrina cristiana ai fanciulli potesse essere dimenticato
e trascurato dalla Compagnia era presente nell555, quando Ignazio dettò
l' autobiogrqfia, come è presente oggi alla soglia del 2000, dopo quat
tro secoli e mezzo di vita dell'Ordine. L'importanza di questo ministe
ro per la Compagnia è anche attestata dalla raccomandazione che se ne
fa nelle Fonnule del/ 'Istituto (cfr.
Bolla Regimini militantis Ecclesiae, [2].
[3] e [5], MI, Const. I, 25-26. 28; Bolla Exposcit Debitum, [2] e [3], Ibid.,
374. 376), in numerosi altri testi preparatori delle Costituzioni e ancora
nelle stesse Costituzioni, dove si ricorda che il gesuita, eletto rettore di
un collegio, deve insegnare la dottrina ai fanciulli per un periodo di 40
giorni personalmente (Cost., IV, [437]) o attraverso un sostituto, qualo
ra l'edificazione o altro motivo valido sembri raccomandarlo, ma sem
pre «dopo aver trattato la cosa col Provinciale e se costui sarà dello stes
so parere)) (Cost., IV, [438]).
11 La reazione del fratello maggiore è dettata dal senso di umiliazione
e di dispetto nel vedere un Loyola, per di più dottore in Arti a Parigi, ab
bassarsi ad un tipo di insegnamento così poco onorifico ai suoi occhi e
agli occhi della sua gente. Da qui si comprende sempre meglio il valo
re contestativo, la dura presa di posizione contro le mancanze di umiltà:
l'insegnare la dottrina ai fanciulli comporta uno spirito di servizio, na
scosto e gratuito, del tutto estraneo a quella smania di "apparire", che gio
ca un ruolo decisivo nella società odierna, non meno che al tempo di
Ignazio nell'ambiente della famiglia dei Loyola.
12 Mentre a Salamanca aveva dichiarato al vice priore dei Padri do
menicani che egli e i compagni non predicavano, ma unicamente parla
vano delle cose di Dio e per di più alla buona (cfr. sopra,§. 65), qui ad
Azpeitia, dopo gli studi a Parigi, Ignazio non si fa alcuno scrupolo a pre
dicare apertamente e in pubblico, anche davanti a un gran numero di per
sone, come attestano gli atti del processo di beatificazione del 1595.
Ignazio è ancora un laico, ma la linea apostolica sacerdotale della sua vo-
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La gravità dell'abuso non era data solamente dal fatto della diffu
sione del concubinato in sé, ma, ancor di più, dal comportamento sfac
ciato delle concubine, e persino delle concubine dei preti, che ostenta
vano apertamente la loro situazione e pretendevano di apparire, nel lo
ro portamento esteriore, come donne sposate. Gli atti del processo di bea
tificazione del 1595 parlano di tre donne di malaffare che Ignazio riu
scì a convertire e a strappare al vizio. Ma di fronte al dilagare dell'abu
so delle ragazze che si coprivano il capo ancorché non sposate e di
fronte alle conseguenze che ne derivavano per la moralità di tutta la so
cietà, Ignazio avvertiva che non era sufficiente un'azione di conversio
ne individuale. Si imponeva come necessaria un'azione che andasse a toc
care le strutture stesse della società corrotta e, pertanto, anche la pro
mulgazione di leggi che troncassero il male alla radice. Più precisamente
era necessario far osservare e mettere in atto leggi già esistenti, che pre
vedevano pene pecuniarie e I' espulsione dal territorio diAzpeitia per le
donne che si coprivano la testa per un marito illegittimo. L