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De Vinculis, ovvero l’arte di manipolare il desiderio

Il De Vinculis in generale, così suona il titolo completo dell’opera di Bruno, che traduciamo con Dei
Legami in generale, si presenta al lettore come uno scarno manuale di magia erotico - politica,
costruito attraverso una tripla serie di trenta articoli nei quali il Nolano sciorina un insieme di
pratiche attraverso le quali poter conoscere e dunque controllare il desiderio che veicola le
relazioni interpersonali o, più in generale, il desiderio che muove le relazioni che costituiscono il
consorzio civile.

Rispetto ai Furori, dove l’attenzione di Bruno si concentra sul percorso che l’amante deve
percorrere al fine di pervenire a quel sapere che innescherà la sua trasformazione in eroe, il De
Vinculis si può considerare, con buona approssimazione, come il suo naturale compimento, il cui
fine è quello di trasferire il sapere acquisito da una dimensione soggettiva ad una più ampia
dimensione sociale.
Il Furioso descritto da Bruno è, e lo abbiamo visto, quell’uomo veramente uomo che ha raggiunto
la capacità di esplicare tutte le sue diverse potenzialità dopo essersi vincolato al grande demone
dell’Amore, ed essersi trasformato nell’eroico amante della sua Diana. Tramite la magia di Eros,
esso potrà ridiscendere nel mondo volgare e vivere divinamente…nelle stanze non artificiose di
cavernosi monti, dove admira gli capi de grandi fiumi, dove vegeta intatto e puro da ordinarie
cupidità, dove liberamente conversa la divinità”1
Ora, divenuto padrone del proprio desiderio, potrà finalmente agire con e attraverso quel potente
demone cui si è legato a doppio filo diventandone, in un qualche modo, sua immagine vivente
che, detto in termini più diretti, significa esser diventato
un mago-erotico.
Se, dunque, nei Furori la pratica magica è rivolta principalmente all’interno della psiche umana, nel
De Vinculis il quadro si complica coinvolgendo non più solo il singolo individuo, ma l’intera società
umana.
In sintesi, possiamo dire che in questo sorprendente lavoro Bruno istituisce un nesso sistematico
ed assolutamente originale tra la riflessione sul sapere magico e quella sull’agire politico. Tra
prassi magica e prassi politica esiste, per Bruno, una relazione analogica, fruttando la quale è
possibile, applicare l’effetto prodotto sulla singola persona dalla trasformazione eroica, all’azione
etica in modo da poter lavorare alla costruzione di una filosofia il cui fine sia la trasformazione e la
salvaguardia dell’ intero consorzio umano.
Per molto tempo inedito, abbozzato nel 1590 e mai terminato, trascritto da G. Besler, scolaro
allemanno del Nolano, poco letto e di certo mal interpretato, il De Vinculis meriterebbe oggi un
posto d’onore tra gli innumerevoli e spesso inutili scritti di psico-sociologia di massa, i cui autori,
pur senza esserne coscienti, vi si sono ispirati, mettendo in pratica idee, analisi e metodi indicati da
Bruno in questo strano testo.
Non a caso, del resto, a proposito di questo trattato, si è parlato di “testo macchiavellico” ma
qualora fosse possibile un confronto con il più famoso Principe, la comparazione tra i due scritti ci
darebbe l’immediata sensazione dell’ampiezza, della profondità, della lucidità dell’analisi
psicologica presente nel De Vinculis dove il problema di fondo non si sviluppa attorno alle modalità
dell’utilizzo della forza come strumento coercitivo nei confronti dei sudditi, quanto piuttosto su
come garantirsi quel consenso dei cittadini necessario ai fini d’una efficace azione politica. Non
solo: il consenso che qui si cerca di ottenere non è un consenso indifferenziato, uniforme e valido
per tutti i membri della società, ma al contrario la ricerca pare imperniata sul riconoscimento delle
differenze che distinguono i vari cittadini l’uno dall’altro o delle qualità psicologiche che creano
gruppi omogenei all’interno del consorzio umano e che richiede al mago, come al politico saggio,
l’esercizio di pratiche di persuasione e di coinvolgimento basate non solo su di un “sapere
universale” ma anche e soprattutto su di un’informazione corretta dei desideri che caratterizzano i
singoli, o i diversi raggruppamenti umani o l’intera società.
Se molti re, principi e politici del passato, hanno fatto del Principe di Macchiavelli il loro manifesto
politico, certamente oggi nessuno mai si sognerebbe di emularne le gesta. Solamente noi, uomini
“moderni”, che viviamo in un mondo dove la persuasione di massa agisce ad ogni livello, possiamo

1
Ibid. p. 127
comprendere l’attualità del testo di Bruno, e se dovessimo immaginare una ipotetica campagna
elettorale, non faremmo fatica a credere che nessuno, oggi, si sognerebbe mai di proporre il
modello politico esposto nel Principe, ma che tutti ricorrerebbero volentieri ai sofisticati mezzi di
persuasione e manipolazione psicologica messi in campo nel De Vinculis.
Certo, l’arte della persuasione attuata attraverso vincoli magici non si può improvvisare, dato che
essa necessità per potersi esplicare di una conoscenza approfondita della natura e della psicologia
umana, e, data la scarsità intellettuale dei nostri moderi politici, non corriamo alcun pericolo. Infatti,
né la magia, né la politica possono essere trattate con criteri di carattere puramente empirico.
Sarebbero l’una e l’altra destinate a sicuro insuccesso, e su questo Bruno non ha dubbio alcuno:

“È necessario che chi deve operare sulla realtà facendo uso di vincoli possieda in certo modo una
teoria universale delle cose, per essere in condizione di avvincere l’uomo, che di tutte le cose è,
per così dire, la ricapitolazione[…] A questo pertiene la considerazione dei modi di vita degli
uomini, ora giovani, ora vecchi, ora nel pieno della maturità, oppure nobili, ricchi, potenti, fortunati,
ai quali aggiungi poi i modi di agire degli invidiosi, degli ambiziosi, dei soldati, dei mercanti ed altri
di tal fatta, posto che, nella maggior parte dei casi, sono questi gli uomini chiamati ad amministrare
la cosa pubblica, oppure ad essere utilizzati come mezzi o strumenti, che proprio per questo è
opportuno vincolare a sé. Nulla, insomma, appare estraneo ad una riflessione sulla vita civile in
questa prospettiva ( in quanto gli uomini vincolano o sottostanno ai vincoli o sono essi stessi
vincoli o condizione di vincoli)2.

Con queste parole, poste all’inizio del trattato a mo’ d’introduzione, Bruno ci accompagna nel modo
dei vincoli, dei vincolati e dei vincolanti che, a ben guardare, è il quotidiano mondo delle relazioni
umane rendendoci immediatamente consapevoli del fatto che le relazioni si costruiscono
attraverso attrazioni magiche ( equilibri di poteri direbbe Foucault) e che per conquistare il favore
dei singoli o dell’intera comunità è necessario tener conto di tutta la complessità che caratterizza
tali relazioni, complessità che riguarda, in special modo, la quantità e la qualità dei desideri che
muovono e si muovono nell’anima umana. Da qui la necessità, per chiunque si trovi nella
condizione di dover gestire tali relazioni, d’un’attenta analisi dei meccanismi attraverso il quale il
desiderio agisce e soprattutto una sufficiente conoscenza dei differenti godimenti ai quali aspirano
uomini o donne, nobili o ricchi, soldati o mercanti, senza la quale è impossibile stabilire “legami”
stabili e duraturi.
Al mago, così come all’accorto politico, è richiesta una costante attenzione: essi devono dotarsi,
attraverso la conoscenza dell’arte dei vincoli, d’un intuito sopraffino, teso a riconoscere
immediatamente la multiforme complessità della psicologia del soggetto da vincolare, collocandolo
ipso facto nella categoria di persone a cui socialmente e naturalmente appartiene, fermo restando
che tali categorie non sono date una volta per tutte, ma variano e si mischiano asseconda dei
tempi e dei luoghi specifici nei quali si trova a vivere il soggetto, e che possono anche contrastare
con la sua collocazione sociale. Più il mago sarà abile e veloce nell’utilizzo la sua facoltà intuitiva,
più aumenteranno le sue possibilità di riuscita.
Il modello di riferimento dell’arte dei vincoli, però, non è un’ipotetica società umana, quanto
piuttosto l’intero universo, il quale funziona proprio attraverso una rete di relazioni vincolanti, alla
quale l’arte magica rimanda per potersi esplicare:

“Nell’universo intero possiedono la capacità di vincolare Dio, il demone, l’essere animato, la sorte
o fortuna e in fine il fato”3

Una rete invisibile di energia trama l’ordito su cui si tesse la vita dell’universo, un’energia che
sussiste nel corpo e dal corpo scaturisce. Ed “è proprio questa energia, definita metaforicamente
come “mano che lega” che, con varia preparazione, si piega ed orienta a gettare i suoi lacci”4.

2
G. Bruno, De Vinculis in generale, in Opere Magiche, ed. diretta da M. Ciliberto, a cura di S. Bassi, E. Scapparone, N. Tirinnanzi,
Adelphi, Milano 2003, p. 415
3
Ibid. p. 419
4
Ivi.
Quest’energia è quel principio universale che si manifesta come “energia vincolante”, come “mano
che lega”, ed è dappertutto, in ogni luogo possibile. Esso “feconda la natura…da forma alla
materia…vivifica, addolcisce, diletta e ravviva ogni cosa; ogni cosa ordina, genera, attrae,
accenda; ed ogni cosa muove, rivela, illumina, purifica, riempie di grazia, porta a compimento”.5
Bruno lo chiama Vinculum Vinculorum ossia il “Vincolo dei Vincoli” cioè Eros inteso come forza
primordiale che fa desiderare ed amare ogni ente presente nell’universo.
Così tutto si definisce in rapporto a questo principio erotico che soggiace al mondo come sua
unità, presente anche la dove risulterebbe evidente una sua assenza, vale a dire dove pare
prevale l’odio e la ripugnanza e questo perché, ci dice Bruno:

“tutte le passioni e i vincoli della volontà si riducono e si riferiscono a due, vale a dire all’irascibilità
e alla concupiscenza, cioè all’odio e all’amore; ma l’odio si riduce in fine all’amore, e così l’unico
vincolo della volontà è l’amore[…] L’invidia, infatti, è certo amore di sé…l’indignazione è amore
della virtù…il pudore, il timore null’altro se non amore dell’onestà…Perfinol’odio d’una cosa è se
non amore del suo contrario o del suo opposto. Avrebbe fatto, quindi, già un bel progresso colui
che fosse giunto a quella filosofia o magia che sa occuparsi del vincolo sommo, principale e
generalissimo d’Amore”6.

Questo è Il punto nodale da cui s’irradia l’intera speculazione svolta dal Nolano nel De Vinculis,
cioè che l’amore sia il denominatore comune di tutte le passioni, desideri e legami presenti nel
mondo e che la causa di tutte le relazioni in esso possibili, sia attrattive sia disgiuntive, siano solo
varianti di una sola e unica potenza presente nell’universo fin dalla sua origine, generata dal bel
dio alato ed imposta a tutto e a tutti da Venere.
Insomma: tutti siamo in un qualche modo innamorati dato che siamo esseri desideranti e
perseguiamo costantemente il raggiungimento di un godimento; certo, ognuno in modo diverso ed
a volte contrario alla consuetudine, ma tutti ugualmente avvinti dal giogo venereo.
Ma allora, se anche il mago è, senza ombra di smentita, un essere umano, cosa mai lo differenzia
dal resto del consorzio umano?
Su questo punto il ragionamento di Bruno si fa sottile e interessante.
La differenza, dice Bruno, sta nel fatto che il mago-erotico, a differenza dell’uomo comune, è colui
il quale è pervenuto alla capacità di controllare i propri desideri e le proprie passioni mettendoli in
diretta relazione con il proprio intelletto, e allo stesso tempo è in grado di intercettare ed intervenire
sui desideri e sulle passioni altrui.
Il suo interesse di fondo non è la relazione di per sé, quanto il poter sedurre, il crear vincoli, senza
però cadere a sua volta nelle trappole che Eros comunque dissemina sul suo cammino, pur
sapendo che nessun essere animato può sfuggire al cerchio magico del desiderio amoroso.
Ma a questo proposito, l’analisi di Bruno si fa ancora più complessa: nessuno, infatti, può vincolare
alcunché se a sua volta non si lascia vincolare, se cioè non si stabilisce una sorta di “simpatia” tra
colui che vincola e colui che il vincolo lo subisce. Questo vale sia sul piano dei rapporti
interpersonali, sia sul piano dei rapporti sociali.
Ogni soggetto è, per tanto, allo stesso tempo “manipolatore e manipolato”, ma il mago-erotico o,
come meglio lo definisce Bruno, l’animarum venator, cioè il cacciatore di anime, essendo un
profondo conoscitore dell’arte dei vincoli, sa dominare se stesso; in particolare sa gestire in modo
corretto la propria fantasia che è la porta principale dalla quale entrano nel soggetto i vincoli.
È in grado, attraverso questa conoscenza, di agire su due piani tra loro antitetici: da un lato sa
evitare la seduzione altrui, e per far ciò deve abbandonare la filautia, cioè l’amore di sé, dall’altra
deve saper accendere volontariamente, nel proprio apparato fantastico, passioni travolgenti. Deve,
insomma essere un uomo allo stesso tempo caldo-freddo, innamorato-indifferente, continente-
dissoluto.
Torna qui quella valenza pratico-conoscitiva dell’ossimoro che avevamo visto nei furori. Il mago del
De Vinculis è ancora lo stesso Furioso, ma questa volta visto nel suo agire sociale. Il Furioso è ora
il venator animarum perché è un uomo che è divenuto capace di utilizzare quella conoscenza
previamente acquisita che ha mutato la sua anima in un miscuglio di fuoco e ghiaccio, di passione

5
Ivi. p. 421
6
G. Bruno, Theses de Magia, in Opere Magighe, cit., LVI p.399
e di ragione; una conoscenza esperienziale che gli permette di dominare il proprio e l’altrui
desiderio.
Fin qui abbiamo parlato di vincoli senza, però, chiarire cosa essi siano in realtà. Bruno ne da una
definizione, oserei dire, sconcertante, nell’articolo IX della terza parte:

“Il vincolo per Platone è la bellezza o armonia in ciascun genere, per Socrate virtù e grazia
d’animo, per Timeo dominio sull’anima, per Plotino favore di natura, per Teofrasto tacito inganno,
per Salomone fuoco nascosto e acque furtive, per Teocrito eburnea rovina, per Carneade regno
angoscioso, per me tristezza ilare, ilarità triste”7.

Una definizione poeticamente elegante, filosoficamente pregnante, ma per noi, poveri diavoli che
la leggiamo, risulta quanto meno ermetica. Da tempo, studiando la filosofia del Nolano, ho
imparato a lasciare nelle penombra che si addice loro, gli enigmi di Bruno, cercando di coglierne il
significato senza mai forzarli con la ragione, piuttosto cercando di “sentirli” attraverso un’intuizione
passionale. Ma la natura specifica di questo lavoro mi impone di darne un’interpretazione il più
possibile comprensibile a tutti e, per tanto, è necessario riformulare la domanda e cercare in altri
punti del De Vinculis una risposta più chiara: che cosa è un Vincolo? Da dove proviene? Cosa lo
determina?
In precedenza abbiamo visto come Bruno lo paragoni ad una specie di energia che emana dai
corpi (non solamente da quelli umani ). Ora, questa energia, nella sua essenza invisibile, si
manifesta nel mondo attraverso la “bellezza”, intesa nel senso più ampio del termine: è bella una
forma vista, un sapore gustato, un oggetto toccato, un suono udito, insomma tutto ciò che in noi
diviene memoria e muove il desiderio verso un possibile godimento.
Il termine “bellezza”, però, ci rimanda ad un campo semantico quanto meno indefinito, e per tanto
dobbiamo porci un’ulteriore domanda: cosa è la “bellezza”?
Bruno cerca di definirla differenziando il suo pensiero da quello dei filosofi platonici, anche se è
evidente in tutto il testo il debito da lui contratto nei confronti di Platone.
Ciò che generalmente chiamiamo “bellezza”, è, in un certo qual senso, un’energia che avvince e
genera vincoli e non può consistere, come voleva la tradizione citata, in un’armoniosa proporzione
della forma, eventualmente accompagnata da colori soavi, ma deve trattarsi di un qualcosa di
assai più profondo e di per sé inconoscibile: una raggione incorporea la quale genera un’aura
attorno agli enti che la irradiano in modo instabile ed incostante. La sua potenza e la sua
percezione variano secondo le disposizioni psicologiche di chi la emette e di chi la riceve e del
luogo e del tempo nei quali essa si manifesta.
La si può cogliere non tanto attraverso l’utilizzo delle facoltà visive, quanto piuttosto con la vista
interiore, concentrando l’attenzione su quella sorta di “consenso” che si stabilisce, per via
pneumatica, tra i fantasmi di chi rapisce e di chi è rapito:

“Talvolta non abbiamo motivo di biasimare dal punto di vista razionale, la bellezza di una ragazza,
(o) dal punto di vista dei rapporti civili, le abitudini, i discorsi, i modi o-in generale-le azioni di un
uomo: tuttavia non ci piacciono[…]. Così nella vita civile, un discorso autorevole e solenne, per
quanto sapientemente costruito, se pronunciato da un adolescente, viene giudicato
sfavorevolmente dagli ascoltatori più maturi; poiché sembra nascondere un genere di arroganza;
non diversamente un discorso elegante, suadente e brillante provoca disprezzo, e talvolta suscita
riso e scherno, se pronunciato da un vecchio. E, in generale, nella cura del corpo, nella scelta
delle espressioni e dei modi, altro si addice alla donna matura, altro alla giovane, altro alla
bambina, altro è appropriato al bambino, altro all’uomo, altro al vecchio, altro conviene all’uomo
d’arme, altro all’uomo di legge…”8.

La bellezza è, dunque, un qualche cosa di estremamente variegato, che ci avvince o ci ripugna


secondo tempi e luoghi sempre diversi, adeguandosi a soggetti altrettanto diversi, e se l’arte del
vincolare poggia su di un terreno tanto sdrucciolevole, la sua applicazione risulterà al quanto
complessa, richiedendo al mago l’immediata intuizione del “tipo” di bellezza che eccita il soggetto

7
De Vinculis, cit. p. 507
8
Ibid.III, II, p. 497
da vincolare; bellezza che il mago stesso deve essere in grado di assumere su di sé se vuole
rendere efficaci i suoi “lacci”, i quali sono chiamati a legare uomini o donne, vecchi o giovani, ricchi
o poveri, così diversi tra loro e mossi da desideri tra loro ugualmente diversi:

Non è tanto difficile, credo, vincolare, quanto identificare il vincolo, specie nelle situazioni in cui i
vincoli si riducono più al caso che alla natura o all’arte. Infatti, il vincolo che germina nel corpo non
ha nel corpo nessuna parte definita9.

Gettare vincoli “a caso”, “senza distinguere tra un bello universale e manifesto a tutti gli uomini e
dettato dalla ragione, ed un bello particolare scelto da alcuni e dettato dalla consuetudine,
dall’esperienza e dall’occasione”10 non produce alcunché di buono, così come non produce l’effetto
sperato l’indagine razionale per conoscere il “come” e il “quando” gettarli. Ciò che davvero conta
nell’arte magica del vincolo è la conoscenza intuitiva e passionale, la quale sola consente al
cacciatore d’anime di sapere quale sia il vincolo appropriato onde allacciare a sé una determinata
persona o l’intero consorzio umano, in un luogo ed in un tempo determinato.

“Per noi, dice Bruno, in realtà, sia l’amore sia tutti gli altri sentimenti costituiscono una forma di
conoscenza fortemente pratica: anzi, il discorso, il raziocinio e l’argomentare, con i quali gli uomini
vengono vincolati in sommo grado, non sono da annoverare in nessun caso tra quelle specie
primarie di conoscenza. Per tanto, colui che vuole avvincere si persuada che la ragione non ha né
più numerose né migliori carte per legare, mentre ciò che permette di operare bene è piuttosto una
conoscenza appropriata al genere11”

Saper vincolare presuppone, oltre la precisa conoscenza dei nessi analogici che legano tra loro i
diversi enti presenti nel cosmo, anche di saper lavorare sulle loro differenze, cioè esser dotati della
capacità di discernere e riconnettere i contrari: “ Così realtà varie ammettono vari legami, e il
vincolo dei contrari agisce su soggetti sia diversi che contrari”. Nella vita civile, precisa Bruno, il
vario intrecciarsi di “simpatie” ed “antipatie”coinvolge interi popoli, e questo lo dimostra il fatto che,
ad esempio, Italiani e Tedeschi (l’esempio è di Bruno) hanno in genere un atteggiamento diverso
nei confronti della bellezza; hanno desideri diversi e diverso modo di goderne, e per tanto un
vincolo che si pensi faccia presa si di un italiano non è detto che mantenga la stessa efficacia con
un tedesco. Detto così sembrerebbe semplice, cosa che di fatto non è. Il problema è che molto
spesso si trova nella realtà un italiano con gusti tedeschi e un tedesco con gusti italiani:
determinare delle categorie definite in cui collocare gli individui è un’impresa tutt’altro che scontata,
ed è qui che sta tutta la difficoltà: e a chi vuol vincolare sul piano civile occorre maggiore
accortezza, soprattutto se si indirizza il vincolo ad un individuo specifico, piuttosto che alla
moltitudine. Infatti, è più facile avvincere molti che uno”12

Se poi ricerchiamo la ragione per la quale un vincolo si instaura in modo efficace, la nostra
ambizione resterà senz’altro frustrata: da un punto di vista razionale il vincolo è inspiegabile:
“occulta anche, in massima parte, perfino ai sapienti è la spiegazione dei vincoli” 13. E inspiegabile
rimane il fatto che vincolino più persone la fantasia e l’opinione che non la ragione, perché quelle
agiscono con maggior intensità di questa. E in verità molti, che amano senza ragione, sebbene
non senza l’impulso di una causa, sono certamente vincolati, sebbene ignorano donde si origini il
laccio che li incatena.14
L’unica cosa che pare certa è che l’azione vincolante avviene per virtutem seu potentialem, cioè
attraverso un contatto indiretto, il più delle volte veicolato da parole o immagini che, penetrando nel

9
Ibid. III, III. 499
10
Ibid. III, V, p. 501
11
Ibid. II, XXV, p. 483
12
Ibid. III, V, p.503
13
Ibid. I, XXIII, p. 443
14
Ibid. I, XXII, p. 443
sistema pneumatico dell’individuo, esercitano il loro potere eccitando la facoltà immaginativa
causando così effetti di attrazione o di repulsione, di godimento o di ripugnanza.15
L’udito e la vista, così come il gusto ed il tatto, non sono però che ingressi secondari, o meglio,
strumenti tramite i quali il cacciatore d’anime introduce nella psiche i suoi vincoli. L’ingresso
principale rimane la fantasia, anch’essa, come Eros, chiamata da Bruno Vinculum Vinculorum:
unica e sola porta da cui passare per intervenire sugli affetti e sui desideri altrui, la cui potenza di
vincolare è assoluta e raddoppiata dall’intervento della facoltà cogitativa che, agendo su di essa, fa
si che l’intera anima ne resti avvinta.
A questo punto, il filosofo di Nola ci svela una verità cui noi moderni, soggetti al costante e
onnicomprensivo vincolo messo in atto dai guru del Marketing, siamo ormai assuefatti: il soggetto
o i soggetti da vincolare non richiedono tanto “lacci” veri per essere avvinti, quanto “lacci” apparenti
vale a dire generati dall’opinione. Infatti, l’immaginazione senza verità può vincolare realmente, e
realmente catturare per via immaginativa chi subisce il vincolo […] l’immagine fantastica ha, infatti,
una sua verità e ne consegue che essa agisce realmente, e realmente e potentemente rasta
avvinto chi si lascia incatenare da questa”.16
Questo perché alla facoltà immaginativa e a quella fantastica volentieri si associa la credulitas,
cioè la fede che è un’adesione diretta, non mediata dalla cogitativa, alla presunta verità, e senza
fede - su questo punto tutti i maghi concordano, Bruno compreso - non si da magia. Sia l’operatore
sia il soggetto da vincolare debbono entrambi credere nell’efficacia dell’azione magica, in questo
caso nell’efficacia del vincolo, infatti: non v’è mago, medico o profeta, che possa realizzare
alcunché senza che vi sia nel soggetto una fede preliminare.
L’accostamento mago-profeta in Bruno non è casuale dato che, per il Nolano, le religioni non sono
altro che operazioni di manipolazione di massa, supportate dalla credulitas di intere nazioni.
Tra vincolante e vincolato, però, esiste una differenza sostanziale per quanto riguarda la natura
della fede di cui entrambi sono avvinti. La fede del primo è attiva e voluta, quella del secondo
passiva e indotta: “ è necessario che l’operatore possegga una fede attiva e il soggetto una fede
passiva. Soprattutto l’ultima è richiesta a ogni soggetto, perché senza di essa nessun operatore,
sia naturale, razionale o divino, può realizzare alcunché.17
Il mago, per tanto, possiede una regulata fides che gli permette di agire sulla credulitas altrui, e la
distinzione tra le due è omologa a quella che esiste tra l’eroico furore ed il furore generato
dall’invasamento. La fede del mago è sempre volontaria e non è frutto di un evento esterno, come
può essere un’induzione demoniaca o di un meccanismo puramente naturale: essa non è
vincolante per lui ma vincola gli altri. Tra la fede del mago e quella della massa degli individui la
differenza è evidente e si pone come condizione discriminante tra i due soggetti, fermo restando
che nessuno può vincolare se a sua volta non è vincolato.
Ma il vincolo a cui il mago accetta di sottostare deve essere un vincolo voluto e ragionato e
soprattutto non commisto né a compassione né all’amore del vero e del bene, in modo da evitare
di essere a sua volta legato.
Eccessiva compassione, eccesivo amore della verità, eccessiva philautia, cioè amore di sé, sono
condizioni psicologiche che il mago cerca di evitare perché predispongono l’anima ai lacci di Eros.
Per tanto, il “manipolatore d’anime” sarà tanto più persuasivo, più incrollabile nella sua fede e nella
sua forza persuasiva, se riuscirà ad estinguere in sé stesso la philautia e allo stesso tempo ad
intervenire su quella degli altri. La philautia è, infatti, il fondamento della vincolabilità, e se
qualcuno riuscisse ad estinguere la filautia in un soggetto, acquisterebbe il potere di vincolare e
sciogliere in qualsiasi modo. Al contrario, accesa la filautia, tutte le cose si lasciano stringere e
ridurre più facilmente nei generi di vincoli che sono loro naturali”18.
Ciò significa che maggiore è l’amor proprio in un determinato soggetto e maggiore è la possibilità
per il mago di vincolarlo attraverso quei legami che intervengono sui suoi naturali desideri, ma
minore la possibilità di legarlo o indurlo a desideri di cui non ha esperienza o gli sono estranei per
natura.

15
G. Bruno, Theses de Magia, cit., XV
16
De Vinculis, cit., II, XXX, p. 489
17
Theses de Magia, cit.
18
De Vinculis, cit. II, XIII, p.469
Una volta che il cacciatore d’anime sia riuscito ad abbassare le difese nel soggetto da vincolare,
deve sforzarsi di individuare il momento opportuno per gettare il proprio laccio, considerando
attentamente quali siano le condizioni psico-fisiche in cui si trova il soggetto e quali siano le
condizioni spazio-temporali che soggiacciono al mutamento che, di volta in volta, trasformano il
soggetto, cercando di scorgere sotto la forma che precede le potenzialità della forma successiva.19
Nessuno, dunque, dice Bruno, si illuda di poter gettare vincoli duraturi, giacché nessun vincolo è
eterno, ma si alternano( nel soggetto vincolato) vicissitudini di prigionia e libertà, di vincolo e
liberazione dal vincolo o, piuttosto, si da passaggio da una specie di vincolo ad un altro.
Gli uomini cambiano continuamente; nuove esperienze provocano nuovi desideri e nuove fantasie
di godimenti. L’abilità del mago allora consiste nel saper anticipare i mutamenti che avvengono
all’interno della psiche umana, leggendo nell’anima altrui, i potenziali nuovi desideri che già
sonnecchiano dentro la sua anima e che necessariamente, alla fine, dovranno manifestarsi.
Ma per tornare a quella che potremmo chiamare la fenomenologia del vincolo vorrei sottolineare
un “precetto” sul quale Bruno insiste a più riprese. Si tratta di rispondere alla domanda: Chi o cosa
vincola?
Coloro i quali s’improvvisano cacciatori d’anime immaginano che siano la loro volontà e la loro
specifica abilità le sole cause dell’attuarsi del vincolo, ma, in verità, così non è.
Nella relazione che si stabilisce tra vincolante e vincolato la vera forza agente nel determinare
l’efficacia del vincolo è la volontà stessa del vincolato, nel senso che chiunque si trova avvinto da
vincoli, in realtà li vuole e li desidera.
Per esemplificare questo passaggio, Bruno usa efficacemente una metafora tratta dai manuali di
strategia militare:

“ chi vincola non riesce a legare l’oggetto del suo vincolo, come un comandante non riesce
facilmente ad espugnare una rocca ben fortificata, se non gli viene aperto un varco da un traditore
che si trova all’interno, o da un alleato che in un qualche modo sia compiacente e si lasci
assoggettare o sia comunque malleabile”20

Sulla scorta di questa verità, il bravo mago dovrà allora cercare di procurarsi degli alleati o dei
traditori all’interno della psiche del soggetto da vincolare, i quali agiscano in sua vece piegando la
volontà del soggetto a proprio vantaggio ed aprendogli le porte della sua fantasia, nella quale
saprà sapientemente introdursi e stringere i nodi.
Questi possibili alleati o traditori sono null’altro che i sensi esterni di cui è dotata la vittima, perché
sono le sue facoltà più facilmente preda della fascinazione. Il mago saprà farseli amici lavorando
su di sé, cioè cercando di compiacerli, ad esempio adeguando la propria immagine all’immagine
della bellezza desiderata dal soggetto da vincolare, oppure potrà utilizzare lo sguardo, o
cospargersi di un profumo gradito, oppure, ma questo è un caso limite adatto solo in circostanze
erotiche, il tatto. Detto così pare semplice, ma, come l’intera arte del vincolare, facile non è. Il
mago, infatti, deve anche tener presente, nel momento del suo “attacco”, quali siano la situazione
emotiva e quella fisica nelle quali si trova il potenziale vincolato, perché queste determinano il
modo in cui i sensi leggono l’esperienza a cui soni sottoposti:

“nel caso specifico, Venere non vincola ne espugna facilmente la rocca quando i vasi sono
svuotati, lo spirito turbato, l’ansia bruciante, mentre spalancano la rocca i vasi gonfi e ingrossati,
l’anima tranquilla, la mente quieta, il corpo in riposo”. Per tanto, dopo aver sorvegliato
l’avvicendarsi di questi custodi e sentinelle, d’improvviso bisogna osare, attaccare, darsi da fare
con ogni mezzo, no desistere. Non altrimenti bisogna comportarsi nell’operare altri generi di
vincolo”21

Tutto ciò si riduce ad un fatto ormai certo: tra vincolante e vincolato si deve instaurare una certa
simpatia, come a dire che nel vincolato deve essere presente un qualche cosa del vincolante.
Devono, insomma, avere un’esperienza che li accomuni, e se il vincolante non ha vissuto

19
Ibid. I, XXVI, p.447
20
Ibid. I, XXVIII, p.449
21
Ivi.
l’esperienza della passione che vuole trasmettere attraverso il suo vincolo, deve procurarsi di farlo,
perché esperienza e vincolo rimandano ambedue ad una memoria: la prima genera desideri, il
secondo ad esso allaccia i propri nodi. Senza questa esperienza comune non si da né sapere né
potere; non domerà la passione chi non l’ha provata, né potrà sfruttarla per vincolare altrui.
Allo stesso modo vale se il potenziale vincolato non ha, in un qualche modo, già vissuto
un’esperienza dalla quale ha potuto trarre un desiderio simile a quello che ora veicola il vincolo che
tenta di sedurlo. A questo proposito, Bruno ci offre un esempio delizioso:

“Una ragazza assolutamente casta e del tutto priva di alcun genere di stimolo erotico, non può
essere indotta alla passione sessuale da nessun artificio o influsso astrale, se prima non viene
toccata, se non viene tastata; se, voglio dire, non si dà una sua collaborazione con la mano di
colui che getta il vincolo, unita ad un influsso che, dalla mano di questi, corre fino a lei[…] in tutti gli
atti, infatti, è necessario in qualche modo un seme, ma non tutti i semi germogliano ovunque. Chi
cercherà non invano di irretire un malato, un vecchio, un frigido, un castrato? Chi invece non
proverà a vincolare chi si trova nella disposizione contraria? La valutazione è del tutto analoga, per
quanto riguarda i legami che si danno nella vita civile”.22

Da tutto quanto abbiamo detto sull’arte del vincolare, la conclusione che possiamo trarre è che si
tratti di una serie di operazioni la cui messa in pratica risulta d’una complessità disarmante per
l’innumerevole varietà dei soggetti e l’infinito numero di vincoli a cui si possono avvincere. Per
tentare una semplificazione è però possibile cercare di disegnare nella propria mente delle
possibili categorie, certo fittizie ed ingannevoli, nelle quali far rientrare gruppi di uomini e donne
considerandone delle possibili affinità, così da facilitare la ricerca del vincolo più efficace da
applicare ad ognuno di essi.
È indubbio che la prima di queste categorie possa riguardare l’età dei soggetti cui il mago rivolge la
propria attenzione, e Bruno, da buon maestro, ne fornisce una dettagliata descrizione:

“I bambini sono soggetti in misura minore ai vincoli degli affetti naturali […] ma a partire dal
quattordicesimo anno cominciano ad essere oggetto di vincoli a tutti gli effetti […] Gli uomini nel
pieno della maturità sessuale, possiedono maggior potenza di seme fecondo e proprio per questo
paiono più adatti ad essere vincolati […] Negli uomini anziani, nei quali le energie sono quasi
spente…i vincoli sono più difficili. E fatte le dovute proporzioni, una situazione analoga si riproduce
generalmente in tutte quelle affezioni dell’anima, nelle quali è dato è dato riscontrare una certa
analogia, opposizione e connessione con la passione amorosa” e ancora: “Nei confronti dei
vincoli, i vecchi sono più costanti ma meno disponibili, i giovani più volubili ma più disponibili;
mentre gli uomini di mezza età si lasciano vincolare adeguatamente, stabilmente, strettamente”23

Un’altra categoria possibile riguarda la complessione degli individui da sottoporre a vincolo,


termine questo che oggi tradurremmo volentieri con disposizione psicologica. Infatti:

“I malinconici possono essere vincolati in misura maggiore allo sdegno, alla tristezza, al piacere e
all’amore; essendo infatti più impressionabili, si creano un’immagine più intensa anche del piacere
[…] Per la stessa ragione sono anche più inclini alla contemplazione e al pensiero speculativo, e
sono turbati e scossi con più forza ed intensità. Affini a costoro sono i collerici, rispetto ai quali i
sanguigni sono meno eccitabili e lascivi […] I flemmatici sono meno licenziosi ma più golosi. Resta
tuttavia stabilito che ognuno di loro fa la sua parte in ossequio alla natura: infatti i malinconici sono
vincolati dalla loro maggiore forza di immaginazione, i sanguigni dalla loro facilità di produzione di
seme e dal calore del loro temperamento, i flemmatici dalla maggior ricchezza di umore, i collerici
da una sorta di prurito o stimolo più forte e acuta di spirito caldo”.24

22
Ibid. III, X, p.509
23
Ibid. II, XVI, p.473
24
Ibid. II, XVII, p.475
Altre categorie, naturalmente, sono possibili, ad esempio riguardanti il sesso o la condizione
sociale, ma Bruno si limita a queste due invitando l’eventuale adepto a costruirsele ragionando per
analogia agli esempi dati.

Per concludere questo excursus sul De Vinculis in generale, forse non molto ortodosso ma, credo,
esaustivo nel dare l’idea di cosa frullasse nella mente del Nolano quando si accinse a mettere nero
su bianco il suo sapere erotico, vorrei tornare all’inizio. La scienza dei vincoli si riduce, in definitiva,
ad un solo e unico teorema, la cui tesi preliminare afferma che l’Eros, la pulsione erotica,
costituisce il fondamento di tutte le relazioni possibili nell’universo cosi come il motore di ogni
azione sia politica sia magica. Chi non è affetto da tale vincolo, se mai esistesse, non ha di che
temere, sperare, gloriarsi, insuperbirsi, osare, disprezzare, accusare, scusare, umiliarsi, emulare,
adirarsi e aprire la porta ad altri sentimenti del genere25.
Conoscere l’arte dei vincoli, cioè conoscere i segreti di Eros, è una faccenda seria, perché, ci dice
Bruno, non si deve giudicare troppo lontana dalle norme della vita civile, dal momento che è
straordinariamente più estesa di quanto attiene alla mera norma della vita civile26.
Mirare al “consenso” è la parola d’ordine del De Vinculis, sia nei rapporti interpersonali sia in quelli
sociali, sfruttando la capacità di distinguere, volta per volta, gli strumenti più adatti ad ottenerlo.
Certo, e questo è innegabile, la dose di cinismo e di dissimulazione di cui questo testo è infarcito,
risulta imbarazzante ma l’esperienza ci insegna che oggi, nel mondo del mercato “libero” più
nessuno se ne fa un problema.
Con almeno trecento anni di anticipo, Bruno ci ricorda che il consorzio umano è dominato dalle
passioni più elementari, oscure e talvolta torbide, spesso ignote nelle loro dinamiche profonde, ma
sulle quali è possibile agire attraverso la conoscenza della psiche umana, dei suoi meccanismi e
delle sue pulsioni nonché, ma questo è stato obliato, attraverso un sapere universale delle
vicissitudini della natura, anche se, tutto ciò, forse non è “eticamente corretto”.

Alla fine di questo lavoro vi propongo di riformulare la domanda iniziale: è davvero scomparsa la
magia, oggi, o forse i maghi hanno solamente cambiato il loro abito, rivestendo i panni di coloro i
quali si occupano di indagini di mercato, di relazioni pubbliche, di propaganda, di informazione?

“Chi vincola non unisce a sé l’anima se non l’ha rapita, non la rapisce se non l’ha avvinta, non
l’avvince se non si congiunge a lei, non si congiunge se non la raggiunge; non la raggiunge se non
attraverso il moto, non si muove se non per impulso; non si accosta a lei se non inclina, anzi,
declina verso di lei, non inclina se non è mossa da desiderio e appetito; non appetisce se non
conosce, non conosce se l’oggetto non si fa presente, in figura o simulacro, ai suoi occhi, ai suoi
orecchi, al suo sguardo del senso interno…27

Con le dovute riserve e precauzioni, non vi pare che questa piccola summa ben figurerebbe come
breve introduzione ad un testo di Marketing o di un manuale del Bravo Venditore o del politico
efficace?
Chissà, forse aveva ragione Bruno quando parlava di eterna vicissitudine e, forzando leggermente
il suo pensiero, forse anche la magia è di natura vicissitudinale. Torna e ritorna,

-Fine-

25
Ibid. III, I, p.493
26
Ivi.
27
Ibid. II, XXIX, p.451
.

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